Notizie su Israele 102 - 6 giugno 2002


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In quel giorno il residuo d'Israele e gli scampati della casa di Giacobbe smetteranno di appoggiarsi su colui che li colpiva, e si appoggeranno con sincerità sul SIGNORE, sul Santo d'Israele. Un residuo, il residuo di Giacobbe, tornerà al Dio potente.

(Isaia 10:20-21)


CONTRIBUTI GIORNALISTICI ALL'ANTISEMITISMO


di Miriam e Sergio Della Pergola

La seconda intifada passerà alla storia non solo per i tragici eccessi del terrorismo e per le sue drammatiche conseguenze politiche, ma anche per la sconcertante incompetenza e parzialità emersa nei canali di informazione, stampata e televisiva. I media si sono in buona parte schierati da una parte sola, quella palestinese, contravvenendo al principio fondamentale della buona stampa che richiederebbe una netta separazione fra la notizia e il commento editoriale. Nelle centinaia di articoli sul medio-oriente apparsi su giornali italiani di tutte le tendenze politiche, sono pochi i segni di equidistanza o perfino di simpatia nei confronti di Israele. Per lo più la stampa italiana, attraverso corrispondenti, inviati speciali, editorialisti, si è schierata unilateralmente a favore dei Palestinesi, anche se vi sono stati molti interventi di segno opposto, alcuni clamorosi (Oriana Fallaci), altri più sereni e analitici.

Ecco alcuni esempi, scelti fra i tanti, dei 13 modi della contraffazione dell'opinione pubblica di questi ultimi mesi.

1. Ignoranza: Per cominciare, stravolte la storia e la geografia. Proclama Eugenio Scalfari (Repubblica, 31.3): "Mentre scriviamo mezzi corazzati di Tsahal si stanno ammassando ai valichi della striscia di Gaza e in Galilea attorno a Betlemme". Ovviamente, Betlemme si trova in Giudea.

2. Conformismo: Si lavora in gruppo su uno stesso copione e a volte sembra di essere tornati alle veline dell'infausto regime. Stessi titoli, stessi contenuti. Ed eccone alcuni: "Assalto dei soldati israeliani", "Arafat drammatico assedio", "Arafat barricato", "Sharon attacca, Arafat prigioniero", "Ultimatum di Israele, Arafat chiede aiuto". Notizie di agenzia sono passate su La Stampa e sul Corriere (2.4) con lo stesso identico testo ("Un gruppo di giornalisti italiani è bloccato nella Chiesa della Natività") e perfino i medesimi errori di stampa.

3. Imprecisione: Un esempio di approssimazione (Repubblica, 12.3): "L'ultimo bersaglio è un autobus israeliano che stava passando vicino alla cittadina di Shlomi a due passi dal confine dal Libano. Il mezzo è stato colpito da numerose fucilate che hanno ucciso almeno otto passeggeri." In realtà i morti sono cinque guidatori e passeggeri di auto diverse di passaggio sulla strada, un soldato che rispondeva al fuoco, e finalmente i due arabi autori della strage.

4. Confusione: Titoli e testi non fanno bene capire chi ha fatto che cosa a chi. Per esempio (Repubblica, 17.3): "Israele, spari contro la pace". Chi ha sparato? Sottotitolo: "Due attentati in poche ore". Chi è stato? Sopratitolino: "Gli ennesimi fatti di sangue mentre l'inviato Zinni cerca di avviare faticosamente una tregua" ("ennesimi", ossia che noia; i "fatti di sangue" andrebbero bene anche per una lite fra vicini di casa.) Finalmente nel sottotitolino: "Un palestinese spara sulla folla: 2 morti, 10 feriti".

5. Distorsione: Si parla spesso di kamikaze palestinesi. "Kamikaze contro un bus nella capitale" (Repubblica, 17.3). Era giapponese o forse di nazionalità sconosciuta il kamikaze? Ma kamikaze vuol dire "soldato che si uccide contro altro soldato", non contro autobus civili.

6. Insinuazione: L'uso delle virgolette vuole mettere in dubbio l'affidabilità delle tesi israeliane. Tipica la menzione di un presunto "terrorismo" dei palestinesi. Altro esempio (Repubblica, 9.3): "A Khan Yunes, nel sud della striscia di Gaza, elicotteri hanno bombardato e distrutti un edificio abbandonato che serviva "regolarmente" per i palestinesi come postazione per tirare contro coloni e soldati israeliani". Le virgolette però scompaiono quando si cita una ragazza palestinese che "interveniva per denunciare i soprusi israeliani" (Repubblica, 13.3).

7. Inversione: Cambiando l'ordine dei fattori, il prodotto cambia e l'aggredito diventa aggressore. Esempio (Ansa, 2.4): "Le artiglierie israeliane alla frontiera con il Libano hanno aperto il fuoco contro una cittadina libanese nel sud". Cos'è successo in realtà? I Hezbollah sferrano attacchi contro Israele nel sud del Libano: immediata risposta di Israele. Altro esempio (La Stampa, 17.3): "Un palestinese che aveva sparato sui passanti a Kfar Saba è stato ucciso da agenti israeliani; morta anche una cittadina israeliana". La sequela reale: Un palestinese spara sui passanti a Kfar Saba, uccide una donna, e viene poi ucciso dalla polizia.

8. Invenzione: Notizie vengono create senza verifica delle fonti. L'esempio più clamoroso è la storia del Padre salesiano ucciso e quindi risuscitato, apparsa su tutti i maggiori giornali. Ecco la drammatica escalation dell'agenzia cattolica MISNA (2-3.4): "Jacques Amateis, padre salesiano italiano 65 anni, è stato ucciso stamane a Betlemme in un attacco dell'esercito israeliano", "Colpito proprio durante la funzione religiosa, mentre diverse suore sarebbero rimaste ferite", "Era in medio oriente dal 1961 il salesiano ucciso stamani", "Salesiano ucciso: si tratta per il recupero del cadavere". Improvvisamente però "Non è Amateis il sacerdote ucciso", cosa che farebbe credere che vi sia un altro sacerdote ucciso (che invece non c'è). Il redivivo don Amateis, intanto, rilascia interviste.

9. Processo alle intenzioni: La notizia di un fatto effettivamente accaduto appare spesso accanto a quella su un fatto non ancora avvenuto. Esempio (Repubblica, 28.3): "Attacco a un insediamento, scatta la rappresaglia". L'attacco palestinese è già accaduto nei pressi di Nablus, provocando quattro morti ebrei. La rappresaglia israeliana contro Nablus è prevista nell'articolo ma non è avvenuta. La foto che accompagna l'articolo, beninteso, non si riferisce al fatto già avvenuto bensi' a quello previsto e mostra dei soldati con didascalia: "Israele prepara la rappresaglia". Riviviamo l'indimenticabile prima pagina del Corriere del 15.1.1991, alla vigilia della Guerra del Golfo. La foto sotto il titolo a nove colonne "Ultimo giorno, il mondo trema" mostra soldati in una base aerea israeliana. La didascalia dice: "Le forze israeliane sono in allarme nella base di Ramat David". L'attacco aereo israeliano lo stiamo ancora aspettando, i 39 missili irakeni su Israele invece ce li ricordiamo bene.

10. Demonizzazione: La nozione di "coloni" addita una sottospecie umana, legittimo obiettivo di sparatorie, attentati e uccisioni e per cui non c'è ne' pietà ne' comprensione anche se si tratta di donne e bambini. La parola "coloni" evoca colonie e colonialismo, e sarebbe più esatto parlare di israeliani residenti nei territori. Fra gli infiniti esempi (Repubblica, 28.3) "Un palestinese uccide 4 persone in una colonia vicino a Nablus". Si omette, invece, che si trattava di quattro membri della stessa famiglia uccisi nel salotto di casa.

11. Caricatura simbolica: Frasi come "I soldati con la stella di Davide; i carri con la stella di Davide" non corrispondono ad alcuna realtà e intendono solo estraniare Israele di fronte all'opinione pubblica. Non vi è nessun Magen David (stella di Davide) sulle divise o sull'equipaggiamento pesante dell'esercito israeliano (appare invece sul fianco degli aerei da caccia). Ma Forattini non lo sa, e La Stampa gli tiene bordone pubblicando i suoi schizzi.

12. Due pesi e due misure: Scrive Bernardo Valli (Repubblica, 4.3) a proposito della strage nel quartiere di Beit Israel a Gerusalemme abitato da ebrei religiosi contrari al movimento sionista: "Una strage non è mai giusta, ma compierla in quel luogo, per reagire alle repressioni ordinate da Sharon, è stato ancora più ingiusto". E dunque, in altro luogo, un po' meno ingiusto. Quando si ammazzano civili israeliani si parla genericamente di violenze da entrambe le parti. Quello che conta è la "dissacrazione israeliana dei luoghi santi", non il sequestro della Natività da parte di duecento Palestinesi armati. L'Osservatore Romano, organo del Vaticano, parla di "sterminio" per definire quello che Zahal sta facendo in Cisgiordania. Ma come descrivere la tragica "ultima

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cena" di Pesach? La strage di Netanya del 27.3 (28 morti e oltre 100 feriti) viene così liquidata (Repubblica, 29.3): "Dopo l'attentato di ieri sera nel centro di Netanya che ha provocato la morte di venti persone, Israele assedia Ramallah e prepara la rappresaglia mentre Arafat tenta di trattare e annuncia la disponibilità al cessate il fuoco". La tragedia di Netanya scompare presto dalle cronache. Non fu così con l'eccidio "di circa 30 fedeli musulmani" compiuto da un estremista ebreo a Hebron nel 1994 e menzionato da allora infinite volte.

13. E finalmente l'iconografia: Le fotografie che regolarmente accompagnano le notizie su internet raffigurano scene e personaggi e possono venire classificate a seconda dei contenuti come pro-palestinesi, pro-israeliane, o neutrali. Un primo sondaggio delle notizie apparse nella edizione internet della Repubblica nel mese di Marzo 2002 rivela un totale di 65 immagini, di queste contestualmente pro-palestinesi 39 (60%) (vittime di fuoco israeliano, truppe israeliane che sparano o assediano, manifestanti italiani pro-palestinesi, il fotografo Ciriello, Arafat); contestualmente filo-israeliane 16 (25%) (vittime di attentato palestinese, palestinesi armati o in allenamento, Sharon); contestualmente neutrali 10 (15%) (politici americani, Kofi Anan, il Papa, Ciampi). Limitando la scelta alle sole immagini di palestinesi e israeliani le foto sono 40: 29 (73%) pro-palestinesi e 11 (27%) pro-israeliane. Queste immagini includono una serie di sei fotografie che descrivono "l'uccisione a sangue freddo di un kamikaze palestinese" (Repubblica, 12.3). Nessuna immagine ha mai descritto la preparazione a sangue freddo di attentati dinamitardi nei laboratori dei bombaroli palestinesi. Per la stampa italiana, evidentemente, il fatto che non si vede non è mai esistito.

(ricevuto da Marilena Lualdi, 02..06.02)



L'"ORIZZONTE POLITICO" OFFERTO AI TERRORISTI


Un paradosso inquietante

da un articolo di Evelyn Gordon

    Se c'e' una cosa su cui praticamente tutto il mondo, oggi, concorda e' che Israele non avra' mai la sicurezza finche' non offrira' ai palestinesi un "orizzonte politico" e non porra' fine alla "occupazione". Non c'e' giornale al mondo, Israele compreso, dove non si affermi continuamente questo concetto. Non c'e' dichiarazione di politico, anche israeliano, che non lo ripeta in continuazione. C'e' solo un problema: in termini di esperienza concreta, questa affermazione non regge alla prova dei fatti.
    In realta', Israele ha goduto di un grado di sicurezza accettabile giusto quanto era in pieno controllo dei territori di Cisgiordania e Gaza. E' stato solo dopo gli Accordi di Oslo, quando Israele ha iniziato a ritirare le proprie forze da queste aree, che il terrorismo e' aumentato fino a livelli senza precedenti nella storia del paese.
    Nei primi due anni e mezzo dopo la firma degli Accordi di Oslo (1993), il terrorismo palestinese ha mietuto tante vittime israeliane quante ne aveva mietute in tutti i dieci anni precedenti, compresi gli anni della prima intifada. Cinque anni dopo la firma degli Accordi, il bilancio di vittime del terrorismo aveva gia' superato quello dei dodici anni peggiori del periodo pre-Oslo, vale a dire gli anni in cui Yasser Arafat guidava la lotta dal suo mini-stato terrorista in Libano (1970-1982): anni durante i quali si erano registrati i massacri degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco e dei bambini israeliani nella scuola di Ma'alot, oltre al clamoroso dirottamento aereo su Entebbe.
    Questo, naturalmente, prima ancora di arrivare ai 500 israeliani uccisi dal terrorismo palestinese negli ultimi 20 mesi.
    In tutto, circa 800 israeliani sono stati assassinati ad opera del terrorismo palestinese dal settembre 1993 a oggi, quasi cinque volte di piu' dei 162 uccisi nel periodo 1970-1982.
    Inoltre, le peggiori ondate di terrorismo si verificano esattamente nei periodi in cui e' piu' evidente un "orizzonte politico", vale a dire quando ci si muove con piu' evidenza verso la realizzazione di uno stato palestinese indipendente. Nei giorni esaltanti del governo Rabin, mentre avveniva il riconoscimento ufficiale dell'Olp, il ritiro da Gaza e da pezzi importanti della Cisgiordania e un congelamento pressoche' totale delle attivita' edilizie negli insediamenti, il numero di vittime del terrorismo palestinese fu cinque volte piu' alto che nel successivo periodo del governo Netanyahu, che aveva invece ripreso le attivita' edilizie negli insediamenti e drasticamente frenato il processo di ritiro. Poi, naturalmente, le peggiori violenze palestinesi sono esplose proprio quando Ehud Barak aveva offerto uno stato palestinese su piu' del 90% della Cisgiordania, con lo sgombero di vari insediamenti e Gerusalemme est come capitale.
    Non e' difficile spiegare questo apparente paradosso. Se qualcuno vuole fare del terrorismo, maggiori margini di indipendenza non fanno che facilitargli il compito in vari modi. E i palestinesi, abbastanza chiaramente, e' proprio questo che vogliono. [...]

(Jerusalem Post, 27.05.02)



IL GRAN MUFTI DI GERUSALEMME AUSPICA NUOVI ATTENTATI SUICIDI



JERUSALEM / ABU DHABI - Il capo dei musulmani in terra santa si è di nuovo espresso in favore degli attentati suicidi contro civili israeliani. Il Gran Mufti di Gerusalemme, Ekrima Sabri, ha giustificato e auspicatato gli omicidi dei "Martiri".
    Questa volta Sabri ha fatto le sue dichiarazioni al giornale "Al Bayan", diffuso nell'Emirato arabo Abu Dhabi.
    Il Mufti è famoso per le sue rabbiose dichiarazioni contro gli Ebrei e contro lo Stato d'Israele. Nelle sue prediche aveva già chiamato lo Stato d'Israele "un tumore maligno" che "deve essere estirpato". Stando a quello che dice, il Mufti è orgoglioso di "non avere mai stretto la mano a un ebreo".
    Quando, durante l'ultima visita del Papa a Gerusalemme, avrebbe dovuto incontrare i rabbini di Israele, Sabri non vi andò. Gli accordi di Oslo li ha chiamati "il primo passo verso la conquista di Jaffa e Haifa", due città israeliane della costa.
    Questa persona esercita il suo ufficio religioso non perché è un brillante teologo, ma perché è stato nominato Gran Mufti dal premio nobel per la pace Yasser Arafat.

(Israelnetz.de, 04.06.2002)



CRESCE IL NUMERO DEGLI ATTACCHI TERRORISTICI CONTRO ISRAELE


HAIFA - Dal 1948, anno della fondazione dello Stato d'Israele, ci sono stati 2434 attacchi palestinesi contro Israeliani. Questo afferma uno studio del "Centro per studi sulla sicurezza nazionale" in Haifa.
    Nell'anno scorso gli esperti hanno registrato una crescita degli attacchi del 300 per cento, in confronto con gli anni '90. E sempre più spesso gli attacchi sono venuti dal movimento Fatah, appartente all'OLP del capo Arafat.
    Negli anni dal 1990 fino al 1999 circa la metà degli attacchi terroristici sono stati eseguiti dalle organizzazioni islamiche radicali Hamas e Jihad islamica. Per il 7 percento degli attacchi la responsabilità è stata assunta da Fatah. Per quest'anno già il 40 per cento degli attacchi va sul conto dell'organizzazione Fatah di Arafat. Il 28 percento dei casi è stato rivendicato da Hamas.


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