Notizie su Israele 118 - 16 agosto 2002


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Sulle tue mura, Gerusalemme, io ho posto delle sentinelle; non taceranno mai, né giorno né notte. Voi che destate il ricordo del SIGNORE, non abbiate riposo, non date riposo a lui, finché egli non abbia ristabilito Gerusalemme, finché non abbia fatto di lei la lode di tutta la terra.

(Isaia 62.6-7)


LE OPINIONI DEGLI ISRAELIANI SULLA SITUAZIONE ATTUALE

Riportiamo i risultati di un'inchiesta apparsa sul quotidiano israeliano "Yediot Aharonot" del 9 agosto scorso . Sono stati interrogati 500 cittadini israeliani aventi diritto al voto (compresi gli arabi israeliani). Il margine di errore è +/- 4,5 percento.


Ariel Sharon è un Primo Ministro affidabile?

Sì: 63%
No: 34%
Nessuna risposta: 3%


Ha fiducia che Sharon possa guidare la nazione con successo?

Sì: 57%
No: 42%
Nessuna risposta: 1%


Che voto darebbe a Sharon per il suo lavoro come Primo Ministro?

Buono: 63%
Cattivo: 37%


Se oggi ci fossero le elezioni, quale lista voterebbe?
(in rosso è indicata l'attuale ripartizione dei seggi nella Knesset)

Partito Laburista (Shimon Peres): 19
26
Likud (Ariel Sharon): 31
19
Schas (religiosi ortodossi): 13
17
Meretz (estrema sinistra): 9
10
Yisrael b´Aliah (Sharansky): 3
6
Shinui (laici): 12
6
Partito Nazionale Religioso: 6
5
Yahadut Hatora: 5
5
Unione Nazionale/Yisrael Beiteinu: 8
8
Una Nazione: 2
2
Scelta Democratica: 1
0
Partito Arabo: 11
10


Sharon ha un programma politico?

Sì: 36%
No: 55%
Nessuna risposta: 9%


Il governo di Sharon sa come si combatte il terrorismo?

Sì: 36%
No: 60%
Nessuna risposta: 4%


Chi è che sta vincendo la battaglia da quando è al governo Sharon?

Israele: 30%
I palestinesi: 33%
Nessuno: 30%
Entrambi in uguale misura: 1%
Nessuna risposta: 6%


La distruzione delle case dei familiari degli attentatori suicidi è efficace nella lotta contro il terrorismo?

Sì: 63%
No: 30%
Irrilevante: 2%
Nessuna risposta: 5%


Fino a quando andrà avanti il terrorismo?

Circa ancora un anno: 28%
Due o più anni: 53%
Nessuna risposta: 19%


Cambierà nel prossimo futuro la frequenza degli attentati terroristici?

Diminuirà: 16%
Aumenterà: 67%
Non cambierà: 4%
Nessuna risposta: 13%


Ha paura di rimanere ferito in un attentato terroristico?

Sì: 77%
No: 22%
Nessuna risposta: 1%


Il governo di Sharon costruirà il muro di separazione (tra Israele e i territori occupati)?

Sì: 25%
In gran parte: 26%
In piccola parte: 28%
Non costruirà il muro: 14%
Nessuna risposta: 7%


Chi preferirebbe al vertice del Partito Laburista?

Ben-Eliezer: 26%
Ramon: 12%
Amram Mitzneh: 49%
Nessuno dei nominati: 8%
Nessuna risposta: 5%


Chi preferirebbe al vertice del Likud?

Sharon: 51%
Netanjahu: 11%
Silvan Shalom: 12%
Nessuno dei nominati: 14%
Nessuna risposta: 12%



E' COMINCIATO IL PROCESSO CONTRO BARGHOUTI


Mercoledì [14 agosto] è cominciato il processo contro il top-terrorista Marwan Barghouti, che comanda le organizzazioni di Yasser Arafat "Fatah" in Giudea e Samaria, tra cui anche l'organizzazione terroristica "Tanzim" e le "Brigate Martiri di Al-Aqsa". E' considerato una delle principali figure dell'attuale intifada e si pensa che sia lui quello che sta dietro a innumerevoli attentati terroristici. Barghouti è accusato di omicidio, tentato omicidio, istigazione all'omicidio, cospirazione, appartenenza ad un'associazione terroristica, aiuto all'omicidio e attività in un'organizzazione terroristica. L'accusa indica Barghouti come "capoterrorista, le cui mani sono sporche del sangue di dozzine di attentati terroristici" . E' stato arrestato nel corso dell'operazione militare "Muraglia di Difesa" a Ramallah, a metà aprile di quest'anno.
    
Marwan Barghouti
Barghouti è entrato nella sala superaffollata del tribunale di Tel Aviv gridando: "La rivolta vincerà!", alzando trionfante le mani ammanettate. Poi è passato dall'ebraico all'inglese e ha descritto sé stesso come un uomo pacifico, che ha fatto ogni tentativo per raggiungere la pace tra Israele e i palestinesi.  Il procuratore generale Eljakim Rubinstein ha deciso di mettere Barghouti davanti a un tribunale civile, invece che a un tribunale militare, perché in questo modo il pubblico può seguire il processo e ai terroristi dell'OLP può essere inviato un chiaro segnale di intimidazione. Barghouti rischia la condanna all'ergastolo.
Vicino a Barghouti siedono due sui rappresentanti, Nasr Aweis e Nasr Abu Hamid, anche loro in stato d'arresto presso gli israeliani. L'accusa li ha convocati entrambi come testimoni contro il loro ex capo.
    Lo svolgimento del processo durerà tre settimane. Il processo-Barghouti è il primo di questo genere contro un palestinese di alto rango davanti a un tribunale israeliano. In Israele c'è grande attesa che nel corso del processo vengano alla luce altre prove del coinvolgimento dell'Autorità Palestinese nelle macchinazioni terroristiche.

("ICEJ-Nachrichten" - direkt aus Jerusalem, 15.08.02)



CORAGGIOSA ALIA' DI EBREI AMERICANI


Finalmente "a casa"
   
di Fiamma Nirenstein
   
Non era facile immaginare quello che è accaduto il 9 luglio all'aeroporto Ben Gurion, ovvero che 400 ebrei americani e canadesi [ved. Notizie su Israele n°104] scendessero da un aereo della compagnia El Al per restare, per diventare cittadini dello Stato col peggior record di terrorismo del mondo (sì, peggiore di quello americano dopo le Twin Towers, perché in proporzione numerica, gli uccisi dal terrorismo qui corrisponderebbero a 35mila americani).
    Sono passati 18 mesi dall'inizio dell'Intifada, sono passati ormai una decina d'anni da quando fu proclamata la fine del sionismo classico, quello per cui, semplicemente, il cuore tende verso Sion e la promessa "l'anno prossimo a Gerusalemme" è nutrita di progetti reali. L'aliah era diventata sinonimo di fuga da realtà difficili, salvo che per qualche gruppo a volte eccessivamente ideologizzato; per la massima parte si era trattato appunto di Etiopi, Falasha Mura in fuga dalla fame e dalle persecuzioni, o di Russi e in genere di abitanti della vecchia URSS spaventati (a ragione) dall'atmosfera caotica, misera e antisemita che agita le loro zone. Prima ancora, c'era stata la fuga dai Paesi arabi, circa un milione di profughi fino agli anni Settanta, e poi quasi esauritasi naturalmente.
    Disoccupazione, emarginazione, violenze: questo aveva portato gli ebrei a immigrare negli anni. Con il processo di pace, molti giornalisti, politici e intellettuali israeliani decisero che era giunta l'era del postsionismo, per il quale in fondo non interessava tanto agli israeliani che gli ebrei venissero tutti "a casa", come si diceva, ed era invece forse meglio che seguitassero a fornire una sponda da lontano, a casa loro.
    Le motivazioni che sono state portate avevano carattere economico, l'idea di fondo era che tanto faticare per costruire lo Stato doveva finalmente sfociare in una situazione di normalità, in cui le porte non fossero spalancate a qualsiasi ebreo di qualsiasi età, in qualsiasi stato di salute o mentale, ma eventualmente socchiuse. Si parlò anche di emendare la legge del ritorno, ma la Knesset capì, fortunatamente, che sarebbe stato un disastro morale di dimensioni epocali se gli ebrei avessero osato proporre dei criteri di discriminazione. Proprio gli ebrei, discriminati e selezionati tante volte, e così recentemente. Il postsionismo seguitò a essere una corrente ideologica, ma senza effettive conseguenze pratiche. Finchè l'Intifada, la sofferenza del terrore, ha restituito una sensazione di bisogno, di solitudine; lo snobismo neosionista è finito, si è cominciato a desiderare, sopra a ogni altra cosa, una visita, una telefonata, qualcuno che dicesse "sono qui per restare".
    L'immigrazione da oltre Oceano era sempre stata una chimera; sugli americani, si era spesso detto che venivano in pochi e con spirito da cow boy, e questo è in parte vero, anche se è una visione parziale e piena di pregiudizi, che ignora come invece essi abbiano portato anche un'élite appassionata di scienziati, studiosi, accademici, esperti, e anche un rapporto con la loro patria d'origine molto utile a Israele. Comunque adesso sono stati loro, gli yankee, a sbarcare in 400 (tanti, in un giorno solo) definitivamente "a casa". Così hanno detto arrivando in Israele: "Finalmente a casa". Non sono spinti dal bisogno, anche se li aiuteranno misure speciali di sistemazione; sono di svariate estrazioni, non hanno paura di adattarsi anche in età matura a una situazione così problematica, una situazione di guerra e di lutti. Chi di noi lo farebbe, chi lo farà, oggi? Eppure l'ebraismo europeo avrebbe tanto da offrire, come ripete sempre Aleph Beth Yehoshua, in termini di cultura, di grazia, di arte. E questi doni sono una riposta così importante quando dall'altra parte la voce che risuona più alta è quella delle esplosioni; tenere alta la bandiera della democrazia e della civiltà di fronte al pericolo di vita sarebbe un compito degno dei nostri millenni di civiltà diasporica, una di quelle missioni di tikkun che salvano il mondo.
    Gli USA con i loro 400 immigranti hanno fatto un grandissimo regalo a Israele, la gente è grata e sorpresa. E viene da pensare che gli ebrei americani sono in grado di questo coraggioso idealismo sionista anche proprio in quanto americani, e non solo in quanto

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ebrei. Nella posizione del presidente Bush, nel suo discorso del 24 giugno, non c'era furbizia o cinismo, i due componenti psichici che consentono talora all'Europa di giustificare, di "comprendere" il terrorismo; Bush, anzi, ha avuto il grande coraggio intellettuale di collegare per la prima volta in modo programmatico e pragmatico l'idea che la pace con i palestinesi possa avanzare solo se nei Territori si introdurranno elementi di democrazia, se Arafat smetterà di tiranneggiare (almeno in parte) il suo popolo volgendolo alla guerra terrorista, se in generale l'area mediorientale conoscerà dei mutamenti non superficiali ma basilari: il cambiamento del regime iracheno, la rivoluzione popolare che già da tempo arde sotto la cenere in Iran. E' un punto di vista rivoluzionario per la sua novità e per l'inusitata onestà con cui un uomo politico, il più importante del mondo, ha saputo pronunciarlo. Da noi, in Europa, due più due non fa quasi mai quattro. In America, invece, sì. E' così per Bush, è così per molti americani e anche per gli ebrei americani. Si sono detti "Israele è in pericolo"; si sono chiesti "come si fa a dare una vera mano"; si sono risposti "con l'aliah". Una volta in Israele, ci saranno quelli di destra, quelli di sinistri, i poveri, i ricchi, i contenti e gli scontenti. Ci saranno le madri che piangono, i militari in guerra, le bombe che esplodono. Ci sarà la gratitudine di chi si sente solo. E' così semplice e così difficile. Non è fantastico per tutto il popolo ebraico? Non abbiamo da imparare, noi, europei così intelligenti?

(da "Shalom", mensile ebraico di informazione e cultura, agosto 2002)



EBREI E CRISTIANI MANIFESTANO INSIEME PER ISRAELE


   
   Ebrei e cristiani manifestano insieme nella Città Vecchia di Gerusalemme
Ebrei e cristiani hanno marciato insieme martedì scorso [13 agosto] tenendosi per mano nel quartiere ebraico della Città Vecchia di Gerusalemme per esprimere sostegno a Israele nell'attuale conflitto con i palestinesi.
    Più di mille dimostranti si sono riuniti nella zona ebraica, ristrutturata dopo che Israele ha riconquistato la Città Vecchia di Gerusalemme nella guerra dei sei giorni del 1967.
    Il gruppo era formato da residenti, studenti stranieri, vittime del terrorismo, turisti e 250 nordamericani venuti per partecipare al programma di 72 ore che include visite alle vittime del terrorismo e ai loro familiari.
    La manifestazione è stata organizzata da Rabbi Shmuel Goldin di Englewood, New Jersey. La maggior parte dei partecipanti alla manifestazione veniva dagli Stati Uniti, ma erano presenti anche cristiani ed ebrei  provenienti da Canada, Europa, Australia, Sud Africa e Sri Lanka.
   La guida turistica dello Sri Lanka, Rodney Koelmeyer, ha detto che questo è il dodicesimo pellegrinaggio che ha guidato quest'anno in Terra Santa. "Siamo stati e continuiamo ad essere sostenitori di Israele", ha detto Koelmeyer. "Nonostante tutta la cattiva pubblicità, noi continuiamo ad avere fiducia".

(ICEJ News Service 14.08.02)



L'EUROPA NON VUOLE VEDERE


AMBURGO/GERUSALEMME - Nuovi documenti dimostrano che l'Unione Europea (UE) con i suoi aiuti economici all'Autorità Palestinese (AP) ha indirettamente finanziato il terrorismo contro Israele. L'UE però si difende da questi rimproveri - che tuttavia diventano sempre più evidenti, come mostra il settimanale amburghese "Die Zeit" nella sua edizione n°34.
    Secondo l'articolo di "Die Zeit" [scritto da Thomas Kleine-Brockhoff, autore   di "Arafat lancia bombe, l'Europa paga", ved. Notizie su Israele n°111], i responsabili dell'UE - soprattutto il Commissario di Politica Estera Chris Patten - ignorano i documenti di prova presentati da Israele. I documenti scritti sono stati sequestrati dalle forze israeliane di sicurezza negli uffici dell'AP a Ramallah e in altre città, e messi a disposizione della Commissione Europea. In essi vengono nominati numerosi attentatori che hanno compiuto i loro attentati in Israele non come persone private, ma al servizio del capo dell'OLP Arafat, e per questo hanno ricevuto il loro compenso dall'AP. L'Autorità Palestinese di Arafat riceve di nuovo circa 10 milioni di euro al mese dalle casse dell'Europa.
     La Commissione Europea invece rigetta ogni accusa. Il 19 giugno scorso il Commissario europeo Patten ha detto davanti al Comitato del Parlamento Europeo che la Commissione Europea ha "esaminato accuratamente" i documenti e "non ha trovato nessuna prova, ripeto: nessuna prova, che gli aiuti economici europei siano stati usati in modo diverso da quanto concordato", ha detto Patten.
    Ma secondo i politici e gli ufficiali di sicurezza israeliani da tutto l'insieme vengono fuori ben altri fatti. Le autorità israeliane hanno arrestato come mandante dell'attentato alla festa Bar-Mizwa in Hadera del 17 gennaio 2002 il palestinese Nasser Awis. "Awis ha 32 anni, è membro del movimento Fatah di Arafat e capo regionale della sua ala militare, le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, che orgogliosamente hanno rivendicato l'attentato. E' stato accertato che come impiego principale Awis è ufficiale del servizio di sicurezza. Come militante terrorista al servizio dello stato riceve una parte del suo stipendio dai denari provenienti dalle tasse europee", scrive "Die Zeit".
    Anche il caso di Awis è contenuto - come dozzine di altri casi simili - nella raccolta di documenti che Israele ha trasmesso alla Commissione Europea. Nonostante questo, in una presa di posizione della Commissione Europea si dice: "Non esiste alcuna prova che una qualsiasi persona coinvolta in attività terroristiche sia stata reclutata dalle forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese".
    I diplomatici europei a Gerusalemme hanno pronta una singolare spiegazione, scrive "Die Zeit". Nel caso si sia trovato un attentatore palestinese, o un suo mandante, di cui sia stato provato che era al servizio dell'Autorità Palestinese, si dice che potrebbe essere un "terrorista da dopolavoro", uno che ha perso la testa dopo il servizio.
    Da altri documenti viene fuori che Arafat era informato degli attentati dei suoi gruppi radicali, e che ha continuato a finanziare le sue milizie anche con soldi che provenivano dall'UE. "Quelli che decidono in Europa dovrebbero provare 'preoccupazione e grande pena", si dice in Israele. Ma fino ad ora sembra che le autorità europee non si accorgano di nulla.

(Israelnetz, 14.08.02)

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Affinché i lettori potessero farsi una propria opinione sui documenti trasmessi da Israele alla Commissione Europea, "Die Zeit" li ha messi tutti a disposizione in lingua originale (inglese). Riportiamo le indicazioni date dal settimanale affinché anche i lettori italiani possano farsi un'idea personale.

Documento 1
"International Financial Aid to the Palestinian Authority Redirected to Terrorist Elements".
Documentazione del servizio segreto militare israeliano (IDF/MI) del 26 maggio 2002 che costituisce la base dell'argomentazione israeliana. E' stata presentata per la prima volta a Tel Aviv il 4 giugno 2002.

- Documento 1 - Parte 1 (ca. 1,4 MB)
- Documento 1 - Parte 2 (ca. 1,1 MB)
- Documento 1 - Parte 3 (ca. 1,4 MB)

Documento 2
"The Palestinian Authority Employs Fatah Activists Involved in Terrorism and Suicide Attacks".
Documentazione del servizio segreto militare israeliano (IDF/MI) con cui si vuole mostrare che impiegati dell'amministrazione palestinese pagati con soldi provenienti da tasse europee sono coinvolti nel terrorismo.

- Documento 2 - Parte 1 (ca. 941 KB)
- Documento 2 - Parte 2 (ca. 1,0 MB)

Documento 3
"The Al Aqsa Martyrs Brigades' (on the US State Department list of terror organisations) and the Fatah Organisation are one and the same, and Yasser Arafat is their leader and commander".
Documentazione del servizio segreto militare israeliano (IDF/MI) con cui si vuole dimostrare il collegamento tra le autorità dell'Autonomia Palestinese e la cellula terroristica Al-Aqsa.

- Documento 3 - Parte 1 (ca. 800 KB)
- Documento 3 - Parte 2 (ca. 730 KB)
- Documento 3 - Parte 3 (ca. 760 KB)

Documento 4
L'Unione Europea ha rigettato le accuse israeliane del giugno 2002 come infondate. L'UE si è espressa per la prima volta nei dettagli a seguito di una richiesta di informazioni presentata da "Die Zeit" il 24 luglio 2002. Il documento è stato consegnato a "Die Zeit" il 26 luglio 2002 nella "European Commission Technical Assistance Office (West Bank, Gaza Strip)" a Gerusalemme Est.

- Documento 4 (ca. 536 KB)

Documento 5
Dopo questo "Die Zeit" si è rivolta il 29 luglio al governo israeliano pregandolo di prendere posizione sulla risposta europea e di spiegare le contraddizioni.

- Documento 5 (ca. 217 KB)

Documento 6
Ci si può chiedere, tra l'altro, quanto sia stata attenta la sorveglianza del Fondo Monetario Internazionale (IMF) sulle spese dell'Autorità Palestinese. Qui sotto un discorso del rappresentante dell'IMF nel cosiddetto  "Ad Hoc Liasion Committee Meeting" in Oslo il 25 aprile 2002.

- Documento 6 (ca. 827 KB)

Documento 7
L'UE si sforza di di collegare il suo budget di aiuto ai palestinesi con una maggiore trasparenza del flusso di denaro all'interno del budget palestinese. Scambio epistolare tra il Commissario Europeo Patten e il capo dell'AP Arafat e i suoi ministri nel luglio 2002.

- Documento 7 (ca. 578 KB)

Documento 8
"IMF Supervision of the PA Budget".
Un'analisi classificata come "segreta" dell'esercito israeliano. Critica il ruolo del Fondo Monetario Internazionale partendo dall'osservazione della corrente di denaro del bilancio pubblico dell'Autorità Palestinese.

- Documento 8 (ca. 617 KB)

Documento 9
"Comments on documents".
Documenti interni della Commissione Europea in cui si cerca di controbattere le accuse israeliane del Documento 8.

- Documento 9 (ca. 294 KB)

Documento 10
"Accounting and Accountability: Defining Donor Requirements for Palestinian Reform".
Un primo studio sugli aiuti economici all'Autorità Palestinese, pubblicato il 18 luglio dal Washington Institut for Near East Policy. Autore: Matthew Levitt.

- Documento 10


IL PATRIMONIO DI ARAFAT


GERUSALEMME - Nei suoi 73 anni di vita il capo palestinese Yasser Arafat ha ammucchiato un considerevole patrimonio. Secondo informazioni del servizio segreto militare israeliano i conti del capo dell'OLP arrivano all'incirca ad una cifra di 1,3 miliardi di euro.
    Secondo quello che ha riferito martedì scorso a Gerusalemme il capo del servizio segreto militare israeliano, generale Ahron Ze´evi, Arafat controlla la stragrande maggioranza dei soldi dell'Autorità Palestinese (AP). In questo anche la nomina del nuovo Ministro delle Finanze Salem Fayed non ha cambiato niente. Secondo informazioni del servizio segreto, persone di stretta fiducia, come il consigliere finanziario Muhammed Rashid, fanno arrivare ancora soldi al capo dell'OLP. Su questi movimenti anche Fayed non ha nessun controllo.
    Secondo le stime di Ze´evi, nei mesi scorsi all'interno dell'Autorità Palestinese Arafat è stato isolato da molti leader dell'AP. Secondo diversi osservatori politici, il capo dell'OLP è riuscito fino ad ora a mantenere il potere nelle sue file solo grazie alla corruzione. Per questo gli serve avere a disposizione un considerevole patrimonio.

(Israelnetz, 14.05.02)



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