Notizie su Israele 177 - 28 maggio 2003
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«Guardati dal fare alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per andare, perché non diventino, in mezzo a te, una trappola.» (Esodo 34:12) FINO ALL'ULTIMO PROFUGO Un'altra tacca di Sarah Honig Il 19 aprile del 1936 è stata una data cruciale per questo paese. Cominciò come un qualsiasi altro giorno lavorativo, tranne per il fatto che nei vari quartieri di Giaffa diversi uomini diffusero la voce che quattro arabi, tre uomini e una donna, erano stati macellati a Tel Aviv e i loro cadaveri insanguinati e fatti a pezzi erano stati portati dalle autorità locali in ospedale. In pochi minuti, come in una manovra orchestrata meticolosamente, a migliaia piombarono minacciosamente sul quartier generale della potenza mandataria britannica. Le autorità britanniche cercarono di calmare gli animi scortando una delegazione per tutto l'ospedale per far vedere che non c'erano corpi martoriati. Ma non si questionavano le prove. I fatti erano creduti veri senza bisogno di prove. Gli agitatori giuravano di aver visto i corpi e folle esagitate erano convinte che l'assenza del "corpo del delitto" non smentiva il crimine, voleva solo dire che la polizia aveva nascosto i cadaveri. Grida feroci, "itbach el-yahud", "ammazzate gli ebrei", risuonarono per le strade. La folla eccitata era sul piede di guerra, pronta a vendicarsi su Tel Aviv. Così cominciò la grande rivolta araba, durata tre anni, che causò migliaia di morti e, paradossalmente, fortificò lo stato ebraico a livello embrionale, che sarebbe nato una decina di anni dopo. L'aggressione araba contro gli ebrei era basata su una palese menzogna, ma nessuno cercò di appurare la verità. La menzogna, se creduta, diviene realtà. Un realtà fraudolenta quando prende vita da sola. Se nutrita, cresce, si moltiplica e diventa un premessa assiomatica per un senso cocente di ingiustizia e per passioni accese. La menzogna vincola chi la propaga. Accuse fasulle emarginano coloro che ne vengono irretiti. Gli arabi finirono vittime della loro stessa rivolta. Uccisero i loro stessi fratelli e rovinarono la loro economia. È stato un disastro autoprodotto, precursore di quello più grande che doveva venire quando sette stati arabi attaccarono il neonato stato di Israele. Lo stato ebraico sarebbe poi stato biasimato per essere sopravvissuto e avrebbe riempito coloro che volevano distruggerlo di ancor più frustrazione ed ira biliosa. Invece di diminuire l'odio genocida si sarebbe amplificato a dismisura per 55 anni. Dal momento dell'attacco fallito, gli arabi ricordano ogni anno la data gregoriana della nascita di Israele, il 15 maggio, come il giorno della Catastrofe (Al-Nakba). Dipingono se stessi come innocenti colpiti da un' enorme calamità, e continuamente oppressi, senza alcuna colpa da parte loro. Chiedono un'altra chance, un ritorno all'inizio, probabilmente per recuperare le perdite dell'aggressione infruttuosa e ricominciare da dove hanno smesso. Anche quest'anno non è stato un'eccezione. Yasser Arafat ha fatto di tutto per rendere più erta la vana strada verso la pace. Come i diffusori di false notizie di Giaffa che testimoniavano crimini mai commessi, Arafat, puntuale come sempre, ha tenuto un fiero discorso per far penetrare nelle case il messaggio che lo stato ebraico è stato concepito nel peccato "ordito da un complotto imperialista" e "nato in un giorno maledetto" e che quindi è illegittimo. Ha promesso che "fino all'ultimo profugo tornerà alla sua casa legittima." Alle masse è stato di nuovo ricordato che sono la parte lesa, che Israele è colpevole per le loro sofferenze e deve ripagarle. Ancora una volta la verità non era all'ordine del giorno. L'organizzazione di Hanan Ashrawi "Miftah" (Iniziativa Palestinese per la Promozione del Dialogo globale e della Democrazia) ha emesso un comunicato stampa per sottolineare la giornata di "al-Nakba" dicendo che "55 anni fa Israele ha espulso con la forza e illegalmente 900.000 palestinesi". Oggi, sostiene Miftah, "ci sono più di 5 milioni e mezzo di rifugiati palestinesi". Un paragrafo e la cifra cambia da "quasi 800.000" nel 1948 a "quasi 5 milioni" oggi. Secondo un altro comunicato di un paio di giorni dopo, 737.000 profughi sarebbero stati privati dei loro beni nel 1948, ma il loro numero oggi arriva fino a 6,5 milioni! Ma perché cavillare su statistiche ovviamene malleabili? Tutte queste polemiche non sono più reali dei cadaveri del 1936 e, come quelli, servono solo come metodo pungolo. Si stima che 1.200.000 arabi vivessero ad ovest del fiume Giordano nel 1948 e quelli di Giudea e Samaria restarono dov'erano (circa 600.000), così come restarono altri 140.000 in Israele. È quindi impossibile che ci siano stati tutti questi rifugiati. Ma perfino cifre assurde possono essere aumentate. Nemmeno tutti i profughi riconosciuti erano palestinesi genuini. L'UNRWA conferì lo status di rifugiato a qualsiasi lavoratore arabo immigrato da qualsiasi paese del Medioriente che dicesse di aver lavorato nel paese fra il 1946 e il 1948. Gli immigrati erano attirati dai più distanti angoli del mondo arabo dalla "prosperità" generata dagli ebrei ed erano particolarmente numerosi nelle zone costiere, da dove fuggirono la maggior parte dei profughi. Eppure gli ebrei dei paesi arabi, che vivevano in quei paesi da molto prima che fossero conquistati dagli arabi, non furono mai ritenuti profughi. Essi furono costretti ad abbandonare molte più proprietà di quelle che gli arabi abbandonarono in Israele. Inoltre, i rifugiati palestinesi sono indistinguibili da quelli che andarono a vivere in quella parte di Palestina che divenne Transgiordania nel 1922 e poi Giordania. Non furono esiliati, ma si trasferirono soltanto a qualche chilometro di distanza, nel villaggio più vicino. L'insistenza sul "diritto al ritorno" è un eufemismo per inondare Israele con milioni di arabi ostili e porre fine all'indipendenza ebraica. Non si dice quanti pretenderebbero di usufruire di questo diritto. Secondo le stime elastiche nessun profugo sarebbe mai morto o emigrato. Washington ha reso la sua "mappa" una perdita di tempo quando vi ha messo il "diritto al ritorno". Nessuno stato può accettare diktat esterni su chi può essere ammesso e quanti, soprattutto Israele, per il quale è una questione di vita o di morte. Israele ha chiesto di farlo non perché lo ritenga giusto, ma perché i santimoniosi europei e gli altri guardiani della coscienza pensano che sia giusto. Ma non funzionerà. Non ci sarà pace finché un leader arabo non oserà dire al suo popolo che hanno subito un lavaggio del cervello per più di un secolo, vittimizzati da menzogne piuttosto che dall'ingiustizia ebraica. Finché gli arabi si sentiranno parte offesa, non si placheranno finché non avranno ucciso l'ultimo ebreo su questa terra. Arafat, che ha convocato il suo premier diverse volte ogni giorno per fargli capire chi è il capo, continua ad alimentare le fiamme delle menzogne e Abu Mazen non le spegnerà. Entrambi continuano a inventare accuse, come l'uomo che alla fine fornì agli abitanti di Giaffa nel 1936 la prova definitiva del crimine ebraico: infilò le mani nel sangue di due ebrei uccisi e martoriati e corse per strada urlando: "Ecco il sangue che gli ebrei ci hanno spillato" e la furia omicida si scatenò ancor di più. (Israele-dossier 20 maggio 2003 - trad. Valentina Piattelli - da livuso) LA ROAD MAP E' MOLTO PEGGIORE DEGLI ACCORDI DI OSLO Tendere un laccio I superbi hanno predisposto per me lacci e funi, mi hanno teso una rete sull'orlo del sentiero, hanno preparato tranelli per me. (Salmo 140:5). Dopo aver dichiarato Guerra al Terrorismo, gli Stati Uniti hanno combattuto per abbattere i governi pro-terroristi in Afghanistan e in Iraq. Ora si sono messi in mente di inventare un nuovo Stato Terroristico chiamato "Palestina". Gli Afgani sono stati liberati dal governo dei Talebani e gli Iracheni da quello di Saddam Hussein, ma gli arabo-palestinesi sono stati consegnati al governo di Arafat e di quelli come lui. Per la guerra in Iraq, Israele ha aiutato gli Stati Uniti con armi e tecnologia, polizia segreta, addestramento per le forze speciali, ed altri contributi poco conosciuti. L'OLP, che aveva celebrato con gioia gli attacchi dell'11 settembre, ha riversato sugli Stati Uniti beffe, derisioni, proteste, minacce e odio. Come risultato si è colpito Israele e premiato l'OLP con la tortuosa Road Map di Pace. Varie analisi degli effetti su Israele hanno fatto definire la Road Map un "disastro", "inferno", "tradimento", "la cosa peggiore per Israele dopo la Carta Bianca Inglese del 1939", "suicidio assistito" e "Olocausto a puntate". La Road Map è stata anche comparata agli accordi di Oslo, definendola persino "Ritorno ad Oslo", ma quest'analogia non è ragionevole, perché ci sono molte differenze fra gli Accordi di Oslo attuati quasi dieci anni fa e l'attuale Road Map che il Quartetto intende mettere a punto: Oslo è stata una scelta politica fatta da un governo israeliano libero seppur mal guidato. Roadmap è stata imposta ad Israele da entità straniere, fra cui i suoi nemici più ostili in Europa e nelle Nazioni Unite. Oslo non richiedeva la creazione di uno stato OLP nel territorio di Israele. Roadmap l'ha richiesta, e anche subito. Oslo non definiva la presenza di Israele nel territorio di Israele/Sede Nazionale Ebrea come una "occupazione". Roadmap la definisce tale e ne chiede la fine. Perciò, accetta e accentua esclusivamente le pretese arabe, ignorando totalmente i diritti legali, storici e morali di Israele. Oslo non limitava né tanto meno negava il diritto degli ebrei a vivere, lavorare e costruire le proprie dimore in Giudea e in Samaria. Roadmap restringe severamente questo diritto e punta verso un'eventuale espulsione degli ebrei. (Il divieto specifico alla "crescita naturale" in queste comunità si applicherebbe persino ad una famiglia che vorrebbe aggiungere una stanza alla sua casa. Un ufficiale del Dipartimento di Stato ritiene che questo divieto impedisce ad Israele di riparare le antiche sinagoghe distrutte deliberatamente durante l'occupazione Giordana). Oslo non privava Israele di nessuna parte della sua antica capitale Gerusalemme, né tanto meno del suo santissimo territorio del Monte del Tempio. Roadmap ignora la verità riassunta da un teologo cristiano che "Gerusalemme è santa perché gli ebrei la rendono santa". Oslo riservava ad Israele il controllo della sicurezza nelle regioni amministrate dall'OLP. Roadmap proibisce ad Israele di avere una presenza in quelle regioni o di effettuare azioni difensive contro il terrorismo e le aggressioni da esso derivanti. (Se attaccato, gli sarà cortesemente permesso di protestare con i Supervisori Esteri della Roadmap). Oslo non metteva in questione l'indipendenza di Israele come stato sovrano. Roadmap in pratica ha messo tutti i problemi della sua difesa più vitale sotto il controllo di monitor stranieri. Ad Israele è stato proibito non solo di fare la sua politica, ma persino di esprimere le sue preoccupazioni più vitali, e gli è stato ordinato di "cessare le provocazioni contro i palestinesi". Oslo non stabiliva i confini del "cessate il fuoco" del 1948 per limitare Israele (non l'ha fatto neppure la molto mal citata risoluzione 242). Roadmap prevede un ritorno a quei confini ristretti e vulnerabili, nonostante tutte le promesse contrarie fatte precedentemente da Stati Uniti e Inghilterra. Oslo non apriva le porte di Israele ad un'inondazione di arabi pieni di odio. Roadmap raccomanda il "piano Saudita", che pretende il "diritto al ritorno" per milioni di persone. |
Oslo non permetteva né conferenze internazionali né interferenze estere. Roadmap ha in programma due conferenze internazionali, ove i non-amici di Israele ne detteranno il destino. (A Time to Speak N°29 , maggio 2003) PER I RELIGIOSI MUSULMANI LE DONNE POSSONO FARE ATTENTATI SUICIDI Lo sceicco Jusuf al-Qaradawi, il Decano egiziano per gli studi islamici all'Università di Katar ha dato ufficialmente la sua benedizione agli attentati suicidi femminili. Come reazione all'attentato suicida della settimana scorsa in Afula, compiuto dal 19enne Hiba Daraghmeh, al-Qaradawi ha spiegato che la partecipazione di donne ad atti di martirio in "Palestina" appartiene alle "più lodevoli azioni di onore a Dio". Secondo al-Qaradawi i giuristi musulmani sono d'accordo nel dire che in caso di un attacco nemico a parti del territorio musulmano la "Jihad" (guerra santa) diventa un obbligo per ogni persona. "Quest'obbligo arriva al punto che una donna deve entrare nella Jihad anche senza il permesso di suo marito, e un figlio senza l'approvazione dei suoi genitori", ha detto il religioso. L'esecuzione di un attentato autorizza anche all'infrazione del divieto islamico per le donne di viaggiare senza un parente maschio e senza un copricapo. In accordo con queste dichiarazioni dottrinali, nelle ultime settimane sono state diffuse circolari nelle università e nelle scuole dei territori contesi (Giudea, Samaria e Gaza) per reclutare attentatori suicidi femmili e contattare donatori in Siria, Iran, Libia e nel mondo occidentale. Il quotidiano israeliano di sinistra "Haaretz" ha citato lunedì una circolare del gruppo terroristico "Jihad islamica": «Darin, Wafa, Ajat e Andalib (le prime quattro attentatrici suicide dell'intifada) non erano né brutte né infelici, come tentano di sostenere i calunniatori sionisti. Erano top-studentesse universitarie che stavano bene. Progettavano di formare famiglie che avrebbero partecipato alla guerra santa. Hanno partecipato alla "Jihad" per sostenere gli uomini che combattono contro il nemico che ha infranto ogni regola di decoro, un nemico che assale bambini e adulti, uomini e donne. Queste combattenti sono "chiocce", e sono capaci sia di combattere e lanciare bombe, sia di allestire mobili e case». In campi di addestramento in Gaza vengono sistematicamente preparate ragazze e donne dai 16 ai 24 anni alla loro mortale missione. (ICEJ-NACHRICHTEN, 26.O5.2003) RAPPORTI TRA L'IRAN E I MEMBRI DI AL-QAIDA In un articolo sul quotidiano londinese in lingua araba di proprietà saudita Al-Sharq Al-Awsat, il corrispondente 'Ali Nouri Zadeh ha citato una fonte iraniana secondo la quale, al contrario delle smentite dell'Iran, alcuni dirigenti di Al-Qa'ida si trovavano in Iran e sono andati via dopo gli attentati di Riyadh. Quelli che seguono sono estratti dell'articolo: L'esodo dei leader di Al-Qa'ida dall'Iran "Una fonte iraniana vicina alla direzione della Guardia [Rivoluzionaria] ha rivelato l'esodo collettivo di alcuni capi dell'organizzazione Al-Qa'ida, in seguito agli attentati della settimana scorsa a Riyadh. La fonte ha chiarito che alti funzionari della Guardia sono stati licenziati dagli importanti incarichi che ricoprivano dopo che si è scoperto che avevano protetto i membri di Al-Qa'ida." "Al-Sharq Al-Awsat è stato informato che Seif Al-'Adel, il quale secondo alcuni rapporti era un comandante militare di Al-Qa'ida, Sa'ad Osama bin Laden, e un alto funzionario di Al-Qa'ida di nome Abu Khaled hanno lasciato l'Iran mercoledì 14 Maggio 2003, insieme ai loro uomini, e si prevede che altri membri di Al-Qa'ida e Ansar Al-Islam partiranno per l'Afghanistan nei prossimi giorni, nella tripla convergenza di frontiere di Iran, Pakistan e Afghanistan." La smentita iraniana "Alti funzionari americani hanno dichiarato che l'ordine di compiere i recenti attentati terroristici a Riyadh è arrivato da Seif Al-'Adel. Tuttavia, l'Iran ha affermato ieri [20 Maggio 2003] di essere determinato nel combattere il terrorismo, in particolare Al-Qa'ida. Il portavoce del Ministro degli Esteri iraniano Hamid Reza Asafi ha dichiarato ad una conferenza stampa che non c'è armonia fra l'Iran ed Al-Qa'ida, e ha negato le accuse americane secondo le quali dei membri di Al-Qa'ida si trovavano in Iran. Secondo il suo parere, l'Iran avrebbe agito in conformità con i suoi obblighi nei confronti delle risoluzioni dell'ONU se si fosse imbattuto nei membri di Al-Qa'ida... Ha affermato inoltre che 'L'Iran non ha intenzione di condurre negoziati con gli Stati Uniti...'" L'Iran ha espulso membri di Al-Qa'ida anche a febbraio "Nel Febbraio 2003, il Ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharrazi ha dichiarato che l'Iran aveva espulso dal proprio territorio più di 500 infiltrati sospettati di essere legati ad Al-Qa'ida. Alcune fonti hanno collegato l'espulsione da parte dell'Iran dei membri di Al-Qa'ida ai colloqui informali dell'inizio della settimana tenuti dal Generale Mohsen Rezai, ex comandante della Guardia Rivoluzionaria ed attuale segretario del Consiglio delle Opportunità, con personaggi americani vicini all'amministrazione Bush. Una fonte vicina al movimento riformista dell'Iran ha affermato che il Presidente iraniano Mohammad Khatami stava dietro [all'espulsione dei membri di Al-Qa'ida]; Khatami, ha dichiarato, ha recentemente ricevuto informazioni da un paese arabo amico dell'Iran e vicino agli Stati Uniti relative alla presenza della rete terroristica di Al-Qa'ida a Tehran, Meshhed, e Zahedan." "La fonte ha aggiunto che Khatami è rimasto stupito dall'informazione e ancora più [stupito] dai dettagli, e ha incaricato il Ministro dell'Intelligence Ali Yunesi e uno dei comandanti delle forze armate di scoprire dove si trovassero i membri di Al-Qa'ida. E' emerso che Seif Al-'Adel, Sa'ad Osama bin Laden, e Abu Khaled vivevano in una speciale foresteria della Guardia [Rivoluzionaria] nella regione di Namk Abroud, dove in passato avevano vissuto alcuni diplomatici, catturati dagli studenti [dei] sostenitori di Khomenei all'inizio della rivoluzione, [i quali vi erano stati] tenuti in ostaggio fino alla fine del periodo rivoluzionario." "Senza contare i risultati del convegno in Grecia o le chiare istruzioni di Khatami per porre fine alla presenza di Al-Qa'ida in Iran, ci sono segnali che la dirigenza iraniana abbia preso molto sul serio i recenti avvertimenti americani. Secondo un deputato vicino a Khatami, il Presidente è fiero delle sue buone relazioni con la dirigenza saudita e le considera uno dei più importanti risultati della propria presidenza, e quindi non permetterà a nessuno di mettere a rischio queste relazioni proteggendo i membri di Al-Qa'ida e sostenendoli finanziariamente e moralmente - anche se questo significa un confronto pubblico con i gruppi estremisti all'interno della Guardia Rivoluzionaria e il sistema di sicurezza, che sono soggetti alla sorveglianza di Al-Vali Al-Faqih [Khamenei]. Secondo il deputato, il consiglio di sicurezza nazionale dell'Islamic Shura Council sta studiando attentamente e sotto ogni punto di vista le informazioni riguardanti i movimenti di Al-Qa'ida, cosa di cui sono a conoscenza alcuni dei comandanti della Guardia Rivoluzionaria..." (1) --------------- Note: (1) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 21 Maggio 2003. (The Middle East Media Research Institute, 21.05.20037) NOTIZIE DAI TERRITORI DELL'AUTONOMIA PALESTINESE Hamas rifiuta la tregua. In un assalto ad un autobus nella striscia di Gaza di venerdì pomeriggio [23 maggio] nove israeliani hanno avuto ferite leggere o mediamente gravi. La responsabilità dell'attacco è stata rivendicata dall'organizzazione terroristica Hamas. Poco prima i capi di Hamas nella striscia di Gaza, Abdel Asis Rantisi, Mahmud Sahar e Ismail Haniyeh aveva respinto la pressione del primo ministro palestiese Mahmud Abbas a cessare gli attacchi terroristici in Israele. L'incontro tra il nuovo governo palestinese e Hamas è stato il primo da quando Abbas ha assunto l'incarico tre settimane fa. Al colloquio ha preso parte anche il segretario per la sicurezza Mohammed Dahlan. (Ma,ariv). Arafat assicura il sostegno alle famiglie degli "shadid". Yasser Arafat ha assicurate alle famiglie degli "shadid" (martiri, ossia attentatori suicidi) la continuazione del sostegno. Questo ha riferito il giornale arabo Al Ayyam il 20 maggio 2003. Rappresentanti dell'"Associazione Nazionale delle Famiglie Palestinesi Shadid" hanno espresso ad Arafat, il 19 maggio 2003, le grandi difficoltà finanziarie in cui si trovano le famiglie. Durante l'incontro Arafat si è schierato dalla parte delle famiglie ed ha assicurato a loro il suo "ininterrotto sostegno". Per decisione di Arafat ogni filiale dell'Associazione Nazionale adesso riceve un'aggiuntiva iniezione finanziaria di circa 70.000 dollari per far fronte alle difficili condizioni di vita. (Al Ayyam). (Israelische Botschaft in Berlin, 26.05.2003) IL NUOVO TESTAMENTO DIVENTA MATERIA D'ESAME GERUSALEMME - In Israele, a partire dal prossimo anno scolastico cristiani, musulmani e drusi all'esame di diploma potranno essere esaminati sui propri scritti religiosi. Fino ad ora tutti gli studenti israeliani dovevano frequentare la materia "Bibbia ebraica". Secondo quanto riferisce il giornale "Ma'ariv", questa regola era stata introdotta nel 1954. Di conseguenza dal nono anno scolastico fino al dodicesimo - cioè l'ultimo - era obbligatoria la materia "Bibbia ebraica", con conseguente esame finale. Adesso Ronit Tirosh, la direttrice del Ministero del Culto, ha reso noto che da oggi la regola è stata tolta. Quindi gli studenti cristiani riceveranno l'insegnamento nella materia "Nuovo Testamento" e su questa verranno anche esaminati. La stessa cosa varrà anche per i musulmani riguardo al Corano. Gli studenti drusi dovranno invece continuare ad essere esaminati, come gli ebrei, sulla Bibbia ebraica. D'altra parte nell'esame di diploma vengono svolti dei lavori che riguardano il modo di vita dei drusi. In questo modo anche gli studenti ebrei avranno la possibilità di imparare qualcosa su questa minoranza. (Israelnetz Nachrichten, 27.05.2003) MUSICA E IMMAGINI INDIRIZZI INTERNET Helping Israel |