Notizie su Israele 189 - 5 agosto 2003


<- precedente    seguente ->                                                                                                                                                 indice
«Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io seminerò la casa d'Israele e la casa di Giuda di semenza d'uomini e di semenza d'animali. Avverrà che, come ho vegliato su di loro per sradicare e per demolire, per abbattere, per distruggere e per nuocere, così veglierò su di loro per costruire e per piantare», dice il SIGNORE.

(Geremia 31:27-28)



GLI ACCORDI ARABO-ISRAELIANI E LE LORO INTERPRETAZIONI


Sharon dice: "Non dobbiamo fare errori"

Il Primo Ministro Ariel Sharon, di ritorno dagli Stati Uniti, ha partecipato a una cerimonia in onore dei diplomati dell'Istituto della Sicurezza Nazionale.
    Ha dichiarato che bisognava evitare di fare errori e il più grande errore da non fare riguarda gli accordi diplomatici, anche se le violazioni commesse dalla parte avversa sono piccole. Ha portato come esempio gli accordi firmati da Francia e Gran Bretagna con la Germania negli anni 30. La Gran Bretagna ha chiuso gli occhi, e questo ha condotto alla guerra.

*
Sharon chiude gli occhi

Shaul Mofaz, Ministro della Difesa, e Mohammed Dahlan, incaricato della sicurezza interna dell'Autorità Palestinese (AP), non sono arrivati ad un accordo nel loro incontro di mercoledì sera [30 luglio]
    
Mohammed Dahlan e Shaul Mofaz
riguardo al nuovo trasferi- mento di responsabilità di città della Giudea-Samaria. [...]
    Responsabili del servizio di sicurezza israeliano hanno detto: «Non c'è crisi, ma non siamo arrivati ad un accordo».
    L'incontro tra i due uomini si è svolto a Neve Ilan, vicino a Gerusalemme, ed è durato circa quattro ore. E' avvenuto in seguito alla promessa fatta a George Bush dal Primo Ministro Ariel Sharon, di affidare ai palestinesi il controllo di altre città.
    Shaul Mofaz ha mostrato a Dahlan delle informazioni che rivelano la ripresa del terrorismo, e precisamente la produzione di razzi Kassam, e ha preteso che l'AP prenda misure concrete contro il terrorismo. Dahlan ha risposto che si conformava al piano, ma che l'AP aveva le sue priorità»
    Poco prima dell'incontro Dahlan aveva rifiutato di accogliere la richiesta israeliana di disarmare le organizzazioni terroristiche. «La nozione di infrastruttura terroristica è un concetto israeliano e noi non l'accettiamo. Noi non arresteremo i militanti e non ci confronteremo con loro fino a che dura il cessate-il-fuoco», ha affermato.
   
(Arouts 7, 31.07.2003)

___________________

Nota di commento

Ricordiamo una delle clausole della Road Map che avrebbero dovuto essere osservate entro il maggio 2003:
    «L'apparato di sicurezza dell'Autorita' Palestinese, debitamente riorganizzato e rinnovato, dovra' intraprendere operazioni efficaci, mirate e prolungate, volte a confrontarsi con chiunque risulti coinvolto in atti terroristici, e dovra' altresi' smantellarne le reti e le relative infrastrutture. Cio' implica la confisca di armi illegali e il consolidamento delle forze di sicurezza, dissociati da ogni possibile connivenza con il terrorismo e la corruzione.»
L'incaricato dell'apparato di sicurezza dell'Autorità Palestinese, Mohammed Dahlan, ha risolto il problema respingendo il concetto stesso di terrorismo palestinese, come un'idea israeliana. Il terrorismo palestinese insomma non esiste. Non c'è quindi nulla da confiscare, nulla da smantellare: gli israeliani si accontentino del fatto che i "militanti" palestinesi per ora hanno deciso di non sparare. Se il governo Sharon accetta questa lettura della Road Map, significa che vuol chiudere gli occhi davanti alle inadempienze degli accordi fatti con i palestinesi, esattamente come fecero Francia e Gran Bretagna con la Germania negli anni '30. M.C.



ARAFAT CONTINUA A PROTEGGERE I TERRORISTI RICERCATI


Il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat ha ritrattato domenica la sua precedente decisione di espellere 17 terroristi palestinesi che da mesi trovano rifugio nel suo quartiere generale Mukata (a Ramallah) e trasferirli sotto custodia a Gerico.
    La decisione di Arafat di permettere ai 17 ricercati di restare nell'edificio sotto la sua protezione ha fatto seguito a forti pressioni e pesanti minacce da parte dell'ala militare del Fatah, il movimento presieduto da Arafat e di cui fa parte anche il primo ministro palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Le Brigate Al Aqsa hanno infatti minacciato di porre fine alla "hudna" (tregua provvisoria e condizionata) dichiarata dalle maggiori fazioni armate palestinesi alla fine di giugno, e di riprendere in grande stile gli attentati anti-israeliani qualora la decisione di espulsione non fosse stata revocata. Gia' sabato notte terroristi delle Brigate Al Aqsa hanno aperto il fuoco contro postazioni e veicoli militari israeliani a Ramallah, Tulkarm e Jenin.
    Le Brigate Al Aqsa pretendono totale immunita' e impunita' per i 17 ricercati, fra i quali figura anche Kamel Ghanem, responsabile d'aver progettato un doppio attentato suicida in Israele dopo l'inizio della "hudna".
    Il portavoce di Arafat Nabil Abu Rudaineh ha dichiarato che l'Autorita' Palestinese sta cercando un luogo sicuro per tutti i palestinesi ricercati dalle forze di sicurezza israeliane: "Vogliamo proteggerli - ha detto - Vogliamo impedire che vengano arrestati o uccisi dagli israeliani". La Road Map prevede che l'Autorita' Palestinese cooperi nell'opera di smantellamento delle organizzazioni terroristiche, mediante confische di armi e arresti di terroristi, come primo passo e condizione essenziale per procedere con il processo di pace.
    Funzionari dell'Autorita' Palestinese e membri delle Brigate AL Aqsa sostengono che Arafat non deve ripetere "l'errore" fatto l'anno scorso quando accetto' l'accordo sul confino a Gaza e in Europa per i terroristi che si erano asserragliati nella Basilica della Nativita' di Betlemme e l'accordo sulla detenzione in un carcere palestinese a Gerico sotto sorveglianza anglo-americana per i membri del Fronte Popolare responsabili dell'omicidio del ministro israeliano Rehavam Ze'evi, anch'essi nascosti per qualche tempo nel Mukata di Arafat. I due accordi vennero raggiunti grazie alla mediazione di Stati Uniti e Unione Europea.

(Jerusalem Post, israele.net, 04.08.2003)
   


HAMAS PROGETTAVA UN ATTENTATO CONTRO SHARON


Lo Shin Bet ha annunciato l'arresto di alcuni arabi israeliani. Sono accusati di essere complici dei terroristi palestinesi che hanno assassinato 23 israeliani in due attentanti compiuti a Gerusalemme.
    Gli uomini sono abitanti del quartiere est di Gerusalemme e sono titolari di una carta d'identità israeliana. Hanno dunque approfittato della loro nazionalità israeliana per fare numerosi viaggi di andata e ritorno tra Gerusalemme e l'ufficio di Hamas a Hebron. Oltre alle attività di terrorista che gli sono attribuite, Omar Sharif (purtroppo non è l'attore) ha spiegato agli inquirenti il piano dell'attentato che volevano fare contro Sharon.
    Questo arabo israeliano, di 19 anni, era un addetto alla manutenzione nell'Università Ebraica di Gerusalemme, al campus di Guivat Ram. Poiché lavorava molto vicino alla residenza di Ariel Sharon, era stato incaricato dai capi terroristi di Hamas a Hebron di notare gli spostamenti del Primo Ministro.
    Sembra che Hamas ha impedito per "ragioni tecniche" di compiere l'attentato contro il convoglio di automobili che accompagna ogni giorno Sharon nei suoi spostamenti.
    Sharif ha indicato agli inquirenti dello Shin Bet che in quanto israeliano si recava regolarmente e senza problemi a Hebron. Là egli progettava i suoi compiti con Hamas per l'eliminazione del Primo Ministro. Poi Sharif tornava sempre senza bagagli al suo domicilio di Gerusalemme. Sharif è tra l'altro un parente prossimo di Abdallah Kawasmé, uno dei capi terroristi di Hamas a Hebron.
    Nella stessa linea di indagini, gli inquirenti hanno appreso dalla bocca di Samer Ahmed Atrash di altri progetti di attentati. Atrash, anche lui un arabo israeliano in arresto, ha guidato il terrorista kamikaze che ha commesso l'attentato dell'autobus numero 6, il 18 maggio scorso.
    Atrash ha fatto altre rivelazioni: preparava un attentato contro l'anziano ministro Shlomo Benizri. E come complice, spiava gli spostamenti di Benzri a Gerusalemme, per progettare il colpo.
    Diversi altri crimini erano stati presi in considerazione da questi terroristi di Hamas. Atrash ha anche rivelato che un terrorista kamikaze doveva far esplodere una carica che portava addosso nella sala delle feste di un kibbuz.
    Un altro complice doveva, da parte sua, mettere del veleno nei prodotti di un negozio di dolciumi di Beit Shemes, in cui lavorava.
    Questi arabi israeliani, reclutati da Hamas, a loro volta erano diventati dei progettatori e dei reclutatori di altri terroristi.
   
(Arouts 7, 04.08.20037)

   

IL PUNTO SULLO STATO DI AVANZAMENTO DELLA ROAD MAP


Il cinema di Gaza

di Antimo Marandola

    Un volta a Gaza c'erano tre cinema dove la gente andava a vedere pellicole di dubbio gusto ma che contribuivano a distrarre. Poi vennero i fondamentalisti islamici e con la cortina dell'Intifada approfittarono per dare fuoco alle sale perché il cinema e i film sono una bestemmia per la religione islamica. Fin qui nulla che possa sorprenderci dopo la proibizione dei giradischi e delle televisioni di cui abbiamo avuto notizia dall'Afganistan dei Talebani. Anche a Gaza ha prevalso la furia iconoclastica ma è un problema interno della cultura islamica …. Un pizzico di curiosità è sorto spontaneo quando si è notato che le sale cinematografiche erano tre ma alle fiamme purificatrici e catartiche ne sono state affidate solo due. E la terza, perché no? E qui viene la notizia che ha suscitato l'interesse e l'articolo: la terza sala non è stata incendiata perché è di proprietà del fratello di Arafat!
    Ma allora gli incendiari hanno un Corano che in Italia chiameremmo Cencelli e cioè è duro e puro con i signor nessuno ma che non si azzarda a dar fuoco al cinema del fratello del capo cosca, capo della cupola mafiosa!!! Anche tra i serissimi preti dell'islam vale la regola di essere forti e brutali con i deboli e vigliaccamente servili con i forti…?
    Nessuno più di noi italiani può capire questi fondamentalisti sotto padrone. A Palermo questo Corano di cosca mafiosa lo applicano da centinaia di anni e anche lì chi fa uno sgarro al capo mandamento viene massacrato in piazza.
    Ironia a parte, questo piccolo episodio tratto dal mare di gangsterismo che caratterizza la vita nei territori Olp, è particolarmente significativo per dimostrare ancora una volta che non esiste il mafioso buono come non esiste il palestinese indipendente. Non cè palestinese religioso o laico, islamista o panarabista, violento o tollerante che possa muovere un dito senza che il bandito Arafat abbia dato il permesso o l'ordine a seconda delle circostanze. Come è successo in questi giorni con il sequestro di Haider Eshd Governatore di Jenin. Tutti lo cercavano e nessuno lo trovava. Dopo cinque ore ha parlato Arafat e Haider Eshd è ricomparso dal nulla con le conorarie provate al punto che da oggi in poi staranno in assoluto relax: basterà ubbidire ciecamente al capo macelleria.
    Ma proviamo a fare il punto sullo stato di avanzamento della Road Map. Nelle prime 10 settimane in cui Abu Mazen è stato primo ministro ed è stata pubblicata la Road Map, in Israele c'è stato un totale di 304 attacchi terroristici arabo-palestinesi o tentati attacchi, in cui 50 persone sono state uccise e 315 ferite. Inoltre, oggi l'hudna viene usata ampiamente dalle organizzazioni terroristiche per rifornire e ricostruire le loro infrastrutture, terribilmente danneggiate dall'esercito israeliano, che stava vincendo la guerra contro il terrorismo prima che il signor Bush e il signor Powell si intromettessero.
    Entro maggio 2003 la Road Map prevedeva che i palestinesi avrebbero dovuto mettere fine al terrorismo il che significava il completo disarmo di tutte le bande ma è realisticamente possibile? Non lo è tecnicamente se a dover realizzare il disarmo sono i poliziotti palestinesi che quando non sono in servizio militano con entusiasmo nelle bande che dovrebbero andare a disarmare, ma, cosa più importante, tra i palestinesi nessuno lo vuole fino in fondo. A parte le esplicite dichiarazioni di Hamas e Jihad islamica che si sono dichiarate pronte a rincominciare se l'Autorità palestinese proverà a disarmarli rimane aperto il problema della cattura dei criminali che sono ancora all'interno della Muqata, graditi ospiti del loro pari Arafat, mentre tutti si sbracciano a parlare di liberare quelli che con tanta fatica e sangue sono stati già arrestati e messi in condizione di non nuocere nelle carceri israeliane. Bisogna ricordare che l'attuale calo degli attentati è solo temporaneo e nero su bianco i terroristi di tutte le risme hanno detto chiaro e tondo che massimo alla metà di settembre torna tutto come prima. Purtroppo c'è da immaginare che sarà tutto peggio di prima dopo questa bella riorganizzata che si stanno dando.

prosegue ->
I detenuti invece una volta liberati, mica tornano in carcere allo scadere della tregua!!
    Ahmed Sukkar condannato per l'esplosione di un ordigno nel centro di Gerusalemme nel 1975, che provocò la morte di 14 persone ed il ferimento con varie mutilazioni di 60 persone, compresi molti bambini, è stato festeggiato da Arafat come se fosse un eroe nazionale e fin qui non c'è da meravigliarsi: è scandaloso che sia stato fatto uscire dal carcere.
    E' stato scritto: "È stato il Primo Ministro Rabin a coniare il termine orwelliano "sacrificio per la pace", parlando degli attacchi terroristici. È stato Barak a continuare ad assorbire gli attacchi terroristici con un sospiro di rassegnazione, dicendo che "non gli avrebbero comunque impedito di perseguire la pace". Ed ora il Primo Ministro Sharon ci dice che la mancanza di reciprocità negli accordi con i palestinesi, di qualunque genere essi siano, "non lo dissuaderanno" dal bloccare ciecamente gli insediamenti, in cambio di nulla. "E' vero che la pace si fa con i nemici ma dopo averli costretti alla ragione!
    Come si può pensare di fare la pace con una banda di criminali che ha il culto della morte? E non solo contro Israele ma anche contro la gente del proprio popolo!
    Per approfondire tale aspetto torna utile leggere il rapporto sulla pena di morte nel mondo di Nessuno tocchi Caino, edito da Marsilio (Rapporto sulla pena di morte nel mondo 2003)
    Dal rapporto apprendiamo che "Nel 2002 almeno 48 palestinesi sospettati di aver collaborato con Israele sono stati linciati o fucilati da militanti palestinesi che sono andati a prenderli nelle loro case, nei commissariati, nel carcere in cui erano detenuti o nelle aule di giustizia in cui erano processati… Molti di loro erano stati già processati per collaborazionismo e condannati a morte o a lunghe pene detentive…". Ripeto erano stati condannati in alcuni casi a pene detentive, ma poi arrivano i militanti e decidono di linciarli il che la dice lunga sul valore che i palestinesi danno alla giustizia, alle leggi scritte, alle regole in generale. L'unica dimensione veramente riconosciuta è la violenza e la morte.
    Ed ancora: " Tutte le sentenze capitali, prima di essere eseguite, devono essere approvate dal presidente dell'autorità palestinese Yasser Arafat".
    "Organizzazioni palestinesi per i diritti umani stimano che oltre 190 palestinesi sono stati incarcerati nelle prigioni della striscia di Gaza con l'accusa di essere dei collaboratori d'Israele….Alcuni di loro, condannati dopo processi durati solo poche ore, sono stati giustiziati dai plotoni d'esecuzione della polizia di Arafat. Decine di altri sono stati linciati o fucilati da militanti palestinesi… Altri 11 collaborazionisti sono stati condannati a morte dalla stessa corte speciale (sic) nel 2002 e sono tutt'ora detenuti nei bracci della morte delle prigioni palestinesi…."
    Ci fosse stato un cane di manifestante che in Europa o nel mondo avesse acceso un fiammifero per tutti questi poveri disgraziati. No, per questi palestinesi non si manifesta. Alla sinistra piacciono solo quelli che massacrano gli ebrei!
    Cerchiamo di non dargli una mano facendo patti con loro.

(Ebraismo e dintorni, luglio 2003)



COLONIA ESTIVA PER ISTRUIRE ARABI ISRAELIANI AL «MARTIRIO»


«E' bello morire per la propria patria, per la propria terra....» Questa frase non è uscita da una manifestazione di Hamas a Gaza, ma dalla bocca di un monitore arabo israeliano di un campo di vacanze in Galilea.
    L'esistenza di questa "Colonia del ritorno" è stata rivelata mercoledì [30 luglio] dalla catena di televisioni Arutz 10.
    Shama Wakim, una bambina di 10 anni, mostrava con fierezza il suo ciondolo rappresentante la terra d'Israele coperta da una bandiera della Palestina: «E' la carta della Palestina», spiegava. «E io ho un medaglione dell'Intifada», dichiarava un'altra bambina mostrando una collana che rappresentava un ragazzo che gettava sassi.
    Il monitore domanda ai bambini dove devono ritornare gli ebrei, e loro rispondono: «Ritorneranno da dove sono venuti: dalla Polonia, dalla Russia».
    «Noi viviamo sotto l'occupazione israeliana a Haifa, nei territori. Qui è Palestina, dal Giordano fino al mare», dichiara un altro monitore: «Noi continueremo la nostra lotta fino alla vittoria e alla liberazione della Palestina».
    Nel quadro delle attività della colonia, i bambini imparano ad ammirare "l'eroismo" dei terroristi, come Yehia Ayache. Cantano canzoni che lodano le loro azioni, e i terroristi che hanno commesso attentati suicidi sono chiamati "i coraggiosi shaidim".
    Una delle canzoni preferite dai bambini chiede bombe al posto di cibo: «Non vogliamo farina, non vogliamo pesce, vogliamo bombe, la potenza delle bombe».
    La colonia estiva, frequentata da circa 300 arabi israeliani, è divisa in gruppi, ciascuno dei quali porta il nome di un campo profughi in Israele, in Giordania o in Libano. I capi dei gruppi terroristi sono le "star" dei bambini. Uno degli organizzatori della colonia, Muhammad Kanana, stima che tutti questi bambini vogliono diventare "shaidim": «Le cose stanno così tra gli arabi». Secondo lui, lo scopo di questa colonia è di liberare i bambini da tutti i messaggi ricevuti a scuola, diretta dal sistema educativo sionista.
    Il Ministero dell'Educazione ha annunciato che invierà degli ispettori a verificare quello che si insegna in questa colonia estiva, e che ne esigerà la chiusura se l'inchiesta di Arutz 10 sarà confermata dagli ispettori.
   
(Arouts 7, 31 luglio 2003)

*

Notizia del giorno dopo

    La polizia ha arrestato in Galilea quattro organizzatori di campi estivi con l'accusa di sedizione e istigazione. I quattro stavano dirigendo un campo che avevano chiamato "Campo degli Shaidim" per bambini e ragazzi arabi israeliani. La catena TV 10 dice che il campo ha lo scopo di "togliere dalla testa dei ragazzi la propaganda del sistema educativo sionista".
    Dopo essere arrivata al campo, la polizia ha avuto la sorpresa di scoprire che uno degli organizzatori è un attivista ebreo di sinistra di Haifa, età 48 anni, che è stato accusato già 150 volte di sedizione e istigazione. La polizia l'ha arrestato, insieme agli altri tre, e ne sta ricercando un altro.
    Il campo è organizzato per ragazzi tra i 6 e 15 anni, e ha 200 partecipanti. Il Ministro dell'Educazione Limor Livnat ha detto che questi campi "basano il loro tremendo contenuto di istigazione e odio sullo stesso materiale che è stato visto in campi simili organizzati dall'Autorità Palestinese e parzialmente sostenuti dalle Nazioni Unite". Come esempio ha portato "I campi boy scout degli shaidim".
   
(Arutz 7, 1 agosto 2003)



SCENE DI VITA IN ISRAELE


Zohar, il golfista cieco che vince tutti i tornei.

di Francesco Battistini


CESAREA (Israele) - Prima cosa, maneggia un po' la pallina. La soppesa, la stringe. La fa piazzare per il colpo. Il tee è deserto, un vento leggero soffia dal mare. Zohar si bagna il dito, studia le folate. «Mazza 3!» ordina: pronti, eccola qui. Le mani sulle spalle, cinque passi corti, il portamazze d'una vita accompagna il campione dalla golf cart al punto giusto, lo gira verso la bandierina laggiù: «Questa è la direzione - gli sussurra - la buca sta a 650 metri. E' tutta erba, niente ostacoli.
    Attento al lato destro, c'è una macchia d'alberi. E, dietro, della sabbia».
    Zohar s'addressa con calma. Bascula il bacino. Prova una volta, a vuoto, una carezza al prato per saggiare il terreno. Un altro passetto in avanti, così va bene: la mazza è sulla traiettoria giusta. Un movimento deciso.
    Via! La pallina vola a perdita d'occhio, l'occhio nostro.
    «Com'è?» sbuffa Zohar. «Buono, sei a una decina di metri dalla buca». Un sorriso. Mica male per qualsiasi giocatore. Un gran colpo, per un golfista che a ogni percorso, su ogni palla, in mille partite se la deve vedere con un inesorabile, immodificabile handicap: essere cieco.
    Con le sue camminate sul green, in questo buio che trova oltre ogni siepe, Zohar Sharon è un eroe che sta facendo sognare Israele più di Ariel Sharon con la sua Road Map. A 50 anni, dopo averne passati dieci a imparare e a disperarsi e ad allenarsi sodo e a riprovare, Zohar ha conquistato le testate sulle pagine sportive: in poche settimane ha vinto i due più prestigiosi tornei di golf del Paese, i Maccabiah Games e la sfida del Gaash Golf Club e ha stracciato 220 avversari, tutti israeliani e tutti vedenti. «Zohar è la dimostrazione che in questo sport si può sfidare il numero uno e vincere» sprizza enfasi e orgoglio Alon Ben David, direttore del Cesarea Golf Club (fondato da un Rotschild) che ha dato al campione cieco le prime scarpine chiodate: «Non ha chance coi grandissimi, ma è in grado di sfidare qualunque ottimo golfista d'Europa o d'America. Per gli ebrei di tutto il mondo, Cesarea è la Mecca del golf: Zohar è il nuovo profeta».
    La mazza di Cesarea è un ebreo d'origine yemenita. Con un passato comune a molti, in queste zone: gran parte della sua famiglia fu sterminata dagli arabi, nel 1949, e fino a 23 anni Zohar è cresciuto con l'unica vocazione del soldato. «Ero un paracadutista artificiere - racconta -. Nel 1976, in un'operazione militare, c'è stata un'esplosione e sono diventato così: senza vista, mezzo sordo. Mi hanno dato una pensione, un accompagnatore. E ho dovuto reinventarmi la vita». Due matrimoni, due figli, la prima terapia è stata la pittura: opere esposte a Tel Aviv e a New York, i giudizi lusinghieri dei critici, un quadro menzionato alla Biennale di Venezia.
    «Però non ero un Leonardo - ride -. Avevo bisogno di farcela, farcela davvero in qualcosa. Un giorno, mi dicono che in questo golf club c'è un programma di recupero per militari menomati in guerra e per vittime di attentati. Ero scettico: il green di Cesarea è un posto per ricchi, ci vengono i ministri, uno come me poteva entrarci giusto a fare il giardiniere. All'inizio è stato difficilissimo: tentavo e ritentavo, zappavo il prato, sollevavo nuvole di sabbia e non colpivo la pallina nemmeno per sbaglio. A un certo punto ho anche smesso, mi sembrava tutto inutile. Volevo seppellirmi, sparire. Finché non ho deciso di riprovarci, per l'ultima volta». Imparare da cieco ha richiesto tenacia. E qualche trucco speciale: «Il mio allenatore mi legava le mani alla mazza, non doveva spostarsi neanche una falange. Oppure mi metteva attaccato a una colonna di ferro: se non tenevo immobile la testa, ci sbattevo contro.
    Che davanti ci sia la pallina non è importante, mi diceva, per te quello che conta sono solo il movimento e la potenza: e allora, per fare i muscoli, giù colpi a un pneumatico». Altro segreto: mai pensare a quanto sia piccola, quella sferetta bianca. «Se rifletto sulle vere dimensioni di quel che devo centrare, non ho alcuna possibilità: io m'immagino sempre di colpire un pallone da football con una racchetta da tennis».
    Oggi che ce l'ha fatta, per giocare Zohar ha bisogno di due cose soltanto: l'inseparabile «caddie» Shimshon Lévy, 42 anni, l'amico etiope che vede per lui e gli suggerisce dove e come tirare; l'accompagnatore Dylan, un golden retriever di cinque anni che conosce ogni angolo del green, scodinzola di buca in buca e sa distinguere una palla provvisoria da una imbucata. «Hanno molta pazienza - spiega Zohar - perché io mi alleno dieci ore al giorno e non faccio differenza se c'è luce o c'è buio. A volte, li tengo qui fino a sera tardi». Il campione cieco è il più veloce di tutti a completare il percorso: «Sono avvantaggiato, non vedo cose che tolgono la concentrazione». A occhi aperti, Zohar sogna un giorno di ricevere una lezione da Tiger Woods, il Maradona del golf: «Sarei disposto a portargli un anno la sacca delle mazze». Una volta è stato in un club delle Marche, ricorda, e la cosa che l'ha colpito di più è stato il rumore: «Voi italiani parlate in continuazione, prima e dopo il colpo. Peccato: il silenzio è fondamentale».
    Cesarea è un paradiso di verde, gabbiani, rumore delle onde. Un'oasi lontana dall'intifada: «Abito a dieci minuti dal golf, non vado in molti posti. Ma isolarsi, ignorare è impossibile: mia figlia è militare, mio fratello fa l'artificiere, io ascolto sempre la radio. A questo Paese ho dato gli occhi, spero servano a riavere la pace. Voto per la destra, sono uno che non ha mai voluto mollare. Ma adesso siamo tutti stanchi. I palestinesi si riprendano tutti i Territori che vogliono: in cambio, mi lascino il mio green ». Non ha mai giocato con un arabo, dice, perché non c'è mai stata occasione: «Mi piacerebbe una sfida a golf, nel nome di questa tregua. Però contro un palestinese handicappato, come me. Arafat andrebbe benissimo - Zohar si allarga in una risata -: ha il Parkinson, gli trema la mano. Lo batto di sicuro».

(Il Corriere della Sera, 28-7-2003)



MUSICA E IMMAGINI

Siman Tov - The Solid Band


INDIRIZZI INTERNET


About Israel

Ebraismo Laico Umanistico




Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte.