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Notizie su Israele 202 - 15 ottobre 2003

1. Voci contraddittorie sull'intesa israelo-palestinese
2. Arafat sarebbe all'origine dell'accordo di Ginevra
3. Un'abominevole iniziativa
4. Un'inchiesta di Maariv sul governo israeliano
5. Reseconto di un testimone oculare dei combattimenti di Rafah
6. Il discorso di Sharon alla festa delle capanne cristiana
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 44:21-23. «Ricòrdati di queste cose, o Giacobbe, o Israele, perché tu sei mio servo; io ti ho formato, tu sei il mio servo, Israele, tu non sarai da me dimenticato. Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola; torna a me, perché io ti ho riscattato. Cantate, o cieli, poiché il SIGNORE ha operato! Giubilate, o profondità della terra! Prorompete in grida di gioia, o montagne, o foreste con tutti gli alberi vostri! Poiché il SIGNORE ha riscattato Giacobbe e manifesta la sua gloria in Israele!

1. VOCI CONTRADDITTORIE SULL'INTESA ISRAELO-PALESTINESE



Yossi Beilin e Abed Rabbo
Secondo le prime indiscrezioni, la cosiddetta "intesa di Ginevra" o "accordo svizzero" - una bozza di documento per un definitivo accordo di pace israelo-palestinese elaborato da alcuni rappresentanti palestinesi ed esponenti dell'opposizione israeliana - prevederebbe fra l'altro l'abbandono da parte palestinese della pretesa di esercitare il cosiddetto "diritto al ritorno" (dei profughi e di tutti i loro discendenti) all'interno dello Stato di Israele. In cambio i palestinesi si vedrebbero riconosciuta la sovranita' sul Monte del Tempio (o Spianata delle Moschee) a Gerusalemme, sotto la supervisione di enti internazionali. Il quartiere ebraico della Citta' Vecchia di Gerusalemme e il Muro Occidentale (o muro del pianto), addossato al Monte del Tempio, resterebbe invece sotto sovranita' israeliana.
    Tuttavia lunedi' l'ex ministro palestinese Hisham Abd al-Raziq, che ha partecipato ai negoziati ufficiosi, avrebbe smentito al quotidiano palestinese Al-Quds che la bozza comprenda anche la rinuncia al cosiddetto "diritto al ritorno". Il parlamentare israeliano Haim Oron, anch'egli protagonista dei colloqui, ha subito ribadito che, approvando la bozza di intesa, i palestinesi avrebbero effettivamente accettato di risolvere la questione dei profughi "al di fuori dei confini di Israele". La bozza prevederebbe l'ingresso in Israele solo di un limitato numero di profughi su basi umanitarie, mentre gli altri verrebbero assimilati nei paesi dove vivono o nell'Autorita' Palestinese e riceverebbero compensazioni economiche.
    Membri della delegazione israeliana ai negoziati ufficiosi, rientrando domenica da colloqui avuti con rappresentanti palestinesi ad Amman (Giordania), hanno dichiarato che il risultato dell'iniziativa sara' pubblicato e firmato ufficialmente nel corso di una conferenza internazionale che avra' luogo a Ginevra fra poche settimane. Il ministero degli esteri svizzero ha finanziato i colloqui informali, durati piu' di due anni. La conferenza potrebbe aver luogo il 4 novembre, anniversario dell'assassinio di Yitzhak Rabin. Da qui alla data della conferenza le due parti intendono promuovere una vivace campagna per guadagnare consensi fra le rispettive popolazioni. E' previsto fra l'altro l'invio del testo per posta a tutti i cittadini israeliani. Non e' chiaro chi finanzierebbe tale operazione, ne' quali iniziative siano previste per informare allo stesso modo la popolazione palestinese.
    Il primo ministro israeliano Ariel Sharon domenica ha energicamente criticato l'iniziativa affermando che essa ostacola gravemente la possibilita' di far avanzare veri negoziati verso un accordo di pace concreto. Secondo quanto riferisce la tv israeliana Channel Two, il neo primo ministro palestinese Ahmed Qureia (Abu Ala) e il suo governo d'emergenza provvisorio avrebbero intenzione di adottare la bozza di accordo informale come "base" per i futuri negoziati.
    Il parlamentare laburista Amram Mitzna, il capo laburista sconfitto nelle ultime elezioni politiche israeliane, ha preso parte ai colloqui e ha dichiarato che la bozza prevede un ritiro israeliano sulle linee del 1967 ad eccezione di tre blocchi di insediamenti, comprendenti tre quarti degli israeliani che vivono nei territori, che resterebbero sotto governo israeliano.
    Ai colloqui ufficiosi hanno preso parte, fra gli altri, l'ex ministro Yossi Beilin, l'ex presidente del parlamento Avraham Burg e i parlamentari Amram Mitzna (laburista) e Haim Oron (Meretz) per la parte israeliana; Yasser Abed Rabbo e Nabil Qassis per la parte palestinese. Altre personalita' coinvolte nell'iniziativa sono lo scrittore israeliano Amos Oz, l'ex capo di stato maggiore israeliano Amnon Lipkin-Shahak e due leader palestinesi affiliati alla milizia Tanzim di Fatah, Kadoura Fares e Mohammed Khourani.
    "La bozza offre soluzioni per una composizione definitiva di questioni come lo status di Gerusalemme est, le frontiere, la creazione dello stato palestinese, il diritto al ritorno dei profughi costretti a lasciare la Palestina nel 1948", ha dichiarato il vice ambasciatore palestinese in Giordania Atallah Khairi.
    La bozza si basa principalmente sulle intese delineate nei negoziati di Taba (gennaio 2001) durante le ultime settimane del mandato del primo ministro israeliano Ehud Barak, e sui parametri indicati nel dicembre 2000 dal presidente USA Bill Clinton per la divisione di Gerusalemme.
    "Israele ha un governo democraticamente eletto ed e' il governo che si occupa di queste cose - ha dichiarato il ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom - Ogni altra cosa e' puramente virtuale. Non mi aspettavo niente di piu' da coloro che ci portarono agli accordi di Oslo, i cui folli errori stiamo pagando ancora oggi cosi' pesantemente". Critiche all'iniziativa sono venute anche dal ex primo ministro laburista Ehud Barak, che ha parlato di "un accordo illusorio che chiaramente danneggia gli interessi di Israele", e dal ministro del Likud Dan Naveh: "L'opposizione conduce negoziati coi palestinesi dietro le spalle del governo - ha dichiarato Naveh - mentre siamo impegnati in un grave conflitto, in una dura guerra contro il terrorismo palestinese diretto e incoraggiato da alcuni di coloro con cui l'opposizione si incontra. Il governo ha buone ragioni per evitare di negoziare, oggi, con la gente di Arafat che sta dietro alla campagna di terrorismo degli ultimi tre anni".

(israele.net, 13.10.2003 - dalla stampa israeliana)



2. ARAFAT SAREBBE ALL’ORIGINE DELL’ACCORDO DI GINEVRA

di Mark Tobiass

Yasser Arafat non vuole che sia ufficialmente attribuito a lui quello che molti palestinesi pensano sia una concessione. L’OLP insorge contro il modo in cui è stato condotto l’affare. In Israele i laburisti sono sempre più lacerati. Quanto a Yossi Beilin, spera di trarre beneficio politico da tutta questa faccenda apprestandosi ad annunciare la creazione del Partito social-democratico.

Dopo l’incontro israelo-palestinese dello scorso week-end, che dovrebbe concretizzarsi il 4 novembre prossimo con la firma dell’«Accordo di Ginevra», Abdel Razek (ex ministro palestinese incaricato del dossier dei prigionieri, e uno dei due principali rappresentanti palestinesi che hanno negoziato gli accordi con il trio israeliano Beilin-Burg-Mitzna) indica che la delegazione palestinese ha agito di propria iniziativa e per suo conto. Dichiarazione in totale contraddizione con quella di Yasser Abed Rabbo, numero uno della delegazione palestinese. Per l’ex Ministro dell’Informazione che ha fatto parte del governo palestinese, Yasser Arafat era non soltanto informato delle trattative in corso, ma ha apportato il suo sostegno, così come Abu Ala e Mahmud Abbas. Detto questo, le “intese” sono state oggetto di vive critiche da parte di membri del Comitato esecutivo dell’OLP, che sono insorti soprattutto per il modo in cui è stato portato avanti tutto questo affare. Precisamente, hanno voluto sapere se la delegazione aveva effettivamente un mandato per negoziare, ma Arafat è rimasto evasivo su questo punto. Questo perché il Presidente dell’Autorità Palestinese non vuole attribuire a sé stesso quello che agli occhi di molti palestinesi sembrano essere delle concessioni, come la questione del diritto al ritorno dei profughi e le concessioni territoriali, in particolare nella regione di Gerusalemme.


Il sostegno dell’Egitto

    In ogni caso, Abed Rabbo e Yossi Beilin si sono recati ieri [13 ottobre] al Cairo per ottenere il sostegno dell’Egitto alla loro iniziativa.. Ossama el Bazs, consigliere politico del presidente Mubarak, e il capo della diplomazia egiziana, Ahmed Mahler, gli hanno promesso di caldeggiare «l’accordo» presso delle capitali arabe ed europee. Avevano già ottenuto fin dall’inizio il sostegno del ministro giordano degli Affari Esteri, Marwan Muacher, che si è impegnato a tentare di convocare una riunione della Lega Araba per far appoggiare l’iniziativa, soprattutto dai Sauditi.
    La missione evidentemente non sarà facile: Faruk Kadumi, considerato come il capo della diplomazia dell’OLP, è insorto contro l’«Accordo di Ginevra» durante una riunione della Conferenza islamica in Malesia. Secondo lui, la delegazione palestinese che ha negoziato non ha assolutamente rappresentatività. Una dichiarazione che ha peso perché, nei fatti, è l’OLP che è responsabile dei negoziati politici, e non il gabinetto dell’Autorità Palestinese. E poi tutti i gruppi di opposizione nei Territori hanno sparato a zero sugli artefici palestinesi delle intese, qualificati da Hamas come usurpatori, e suscettibili di essere tradotti davanti alla giustizia, ha aggiunto la Jihad islamica. Dalla parte dei giornali arabi, «Shark al-Awsat» titola in prima pagina: Arafat si felicita (dell’accordo), Sharon denuncia. Quanto ai quotidiani palestinesi, «El Ayam» e «El Hayat El Jedida», riferiscono anche loro in prima pagina la visita di Yasser Abed Rabbo e Yossi Beilin al Cairo, riprendendo le dichiarazioni di Abed Rabbo secondo cui l’Autorità palestinese sostiene la sua iniziativa.
    Come analizzare tutte queste informazioni e reazioni contraddittorie nel mondo arabo? Una sola cosa s’impone alla mente: Yasser è sicuramente all’origine di questo ballon d’essai, ma, com’è sua abitudine, ne assumerà la paternità o lo rigetterà secondo i suoi interessi del momento.
    
    
Gli interessi politici di Beilin

    In ogni caso, dal lato israeliano è Yossi Beilin che sembra ottenere il massimo vantaggio da questa iniziativa. E’ riuscito a seminare zizzania nel campo laburista. Matan Vilnai ha tagliato il passo a Ehud Barak dichiarandosi molto critico. Haim Ramon aveva rifiutato fin dall’inizio di associarsi all’impresa. Non apprezza le concessioni territoriali avanzate da Beilin e teme soprattutto che sia controproducente entrare adesso nei dettagli di un accordo. Tra i favorevoli del partito, solo Burg e Mitzna si sono lasciati trascinare da Beilin. Quest’ultimo, che ha lasciato il partito [laburista] dopo aver perso credito nelle ultime elezioni interne, tra un mese annuncerà ufficialmente la creazione del Partito social-democratico, di cui è il promotore e alla testa del quale spera di essere eletto fra tre mesi. Di fatto, tutto questo affare non poteva cascare meglio per lui, al fine di dare corda alle sue ambizioni politiche personali.

(Proche-Orient.info, 14.10.2003)



3. UN'ABOMINEVOLE INIZIATIVA

L’«Altalena» s’incaglia a Ginevra

di François Médioni

Ho lungamente esitato prima di consacrare un articolo ai famosi accordi di Ginevra che, come ha fatto giustamente notare Avigdor Lieberman [Ministro delle Infrastrutture nel governo Sharon, ndr], avrebbe meritato di essere firmato a Monaco.
    In effetti, questo non-avvenimento meritava che si parlasse di lui?
    E poi, constatando che una parte della sinistra sta orchestrando una campagna per gonfiare questo affare, m’è parso che sarebbe dannoso lasciare che questa sinistra s’arroghi il monopolio dell’idea. Inoltre, si tratta di un’eccellente opportunità per fare il processo a una certa sinistra.
    Ho fatto subito l’accostamento tra questo accordo e un avvenimento della guerra d’Indipendenza. Menahem Begin, che rifiutava di fondere l’Irgun con l’Haganà, aveva preso a nolo il cargo «Altalena» per importare clandestinamente delle armi destinate alla sua organizzazione. Ben Gurion aveva immediatamente dato l’ordine d’andare a confiscare quelle armi, perché soltanto lo Stato deve avere il monopolio della forza militare e del suo uso. Sedici membri dell’Irgun furono uccisi durante gli scontri, dopo che Begin si era rifiutato di consegnare le armi.
    La gestione della guerra come della pace sono un monopolio dello Stato. Nonostante questo, una certa «sinistra» s’è arrogata il diritto di condurre dei negoziati privati in disprezzo di tutte le abituali regole di funzionamento di un Stato e in violazione di tutti i principi democratici.
    Chi sono questi «negoziatori»? Yossi Beilin ha perso il suo seggio alla Knesset nelle ultime elezioni, Amram Mitzna è responsabile della disfatta storica dei laburisti, Avraham Burg si è sempre di più isolato pubblicando recentemente il suo pamphlet sulla fine del sionismo. Queste persone dunque non hanno assolutamente nessuna legittimità democratica, perché sono stati sconfessati severamente dalla maggioranza.
    Sono stati battuti sulle loro idee, la loro filosofia e la loro politica. Sono stati battuti perché hanno fallito su tutta la linea. Il crollo di Oslo, che è certamente uno dei più gravi errori di Israele, è un fatto interamente loro. Hanno scelto gli interlocutori, hanno firmato questi accordi e conducono i negoziati quando il processo di “pace” è sprofondato.
    La politica di Oslo è fallita perché consisteva nel voler firmare un accordo di pace con dei “partner” che non hanno mai avuto l’intenzione di fare la pace nemmeno un secondo. E’ fallita anche perché si fondava sulla menzogna. Oslo è stata venduta per una campagna di marketing che mirava a presentare il processo come una pace garantita e gli oppositori di Oslo come pericolosi bellicisti. I terroristi arabi hanno capito male e hanno inteso questa menzogna come la prova che Israele stava per affondare, e come una possibilità di fare avanzare le proprie pedine verso la distruzione di Israele.
    Gli autori di questo accordo si lanciano adesso in una nuova operazione di marketing. Ma questa volta, poiché non hanno potuto convincere gli elettori ad aderire ai loro progetti utopici, tentano di conquistare il potere fuori dalle urne, passando attraverso delle pressioni esterne. Eli Barnavi, supporter di questa iniziativa, lo riconosce quando grida nei media francesi che non ci si può aspettare niente da Sharon e che deve venire tutto dall’esterno.
    Non vogliono ammettere che i principi degli accordi di Oslo sono sbagliati. Arafat e la sua cricca, come gli islamisti, non vogliono uno Stato arabo che viva in pace con Israele. Non vogliono capire che non li convinceranno mai del contrario attraverso negoziati. Anche la sinistra francese ha negato la realtà parlando di sentimento d’insicurezza, ma parlare di sentimento di volontà di sterminio come ha fatto in un certo modo questa sinistra pacifista, ha avuto delle conseguenze molto più tragiche: più di 800 morti a tutt’oggi e un’economia disastrata.
    Questa nuova iniziativa è abominevole, perché condurrà alla creazione di uno Stato arabo che evidentemente perseguirà il terrorismo. E’ tanto più controproducente perché può far pensare ai terroristi che Israele sta per cedere. Questa iniziativa è addirittura patetica perché dimostra che certe persone sono totalmente incapaci di imparare la lezione dai loro fallimenti e non vogliono vedere che hanno a che fare con un avversario, crudele, barbaro, razzista e imperialista che non capisce altro che la forza bruta.
    Tuttavia, per la sua tradizione questa sinistra dovrebbe poter comprendere la parte avversa. Ma è incapace di dar prova della necessaria empatia e considera quindi i “palestinesi” come una specie di israeliani con cui vorrebbe regolare un litigio.
    In ogni caso, questa iniziativa dà parzialmente ragione a Avraham Burg: segna davvero la morte di un certo sionismo: il suo.
    Sharon deve comportarsi con questa sinistra come ha fatto Ben Gurion in un’epoca in cui la sinistra era responsabile. Deve punire duramente quelli che mettono in pericolo la sicurezza d’Israele e farli giudicare per tradimento.

(Guysen Israël News, 14.10.2003)

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4. UN'INCHIESTA DI MAARIV SUL GOVERNO ISRAELIANO

Sharon in difficoltà

I violenti attacchi contro la “sinistra traditrice” e il “sovversivo Partito Laburista” sono un chiaro segno della difficile situazione politica di Sharon. Il Primo Ministro avverte, e i risultati di un'inchiesta condotta questa settimana da Maariv lo confermano, che il suo charme sta gradualmente perdendo efficacia.

di Chemi Shalev

Alla domanda riguardante la “soddisfazione”, che in ogni inchiesta viene posta, Sharon questa settimana ha toccato un punto di minimo. La tendenza decrescente, avvertibile fin dall’inizio del suo secondo periodo di governo, è aumentata nelle ultime settimane. Sharon si trova sul cammino verso il basso, e alcuni sono dell’opinione che abbia ormai superato il punto di non ritorno.
    Dopo tre anni in cui gli si è concesso credito, l’opinione pubblica comincia adesso a giudicare Sharon dai risultati. E i suoi voti sono molto cattivi. Ironicamente, continua ad essere il candidato preferito per l’ufficio di Primo Ministro, come in tutte le inchieste, ma sembra sempre di più che sia la scelta del male minore.
    Di particolare importanza è il fatto che la maggioranza dell’opinione pubblica (55%) è convinta che il governo non sappia come affrontare il terrorismo e che la maggior parte della popolazione (71%) vive in una continua paura del terrorismo. La speranza che Sharon riesca a portare pace, o almeno un po’ di sicurezza, è definitivamente scomparsa.
    Il risultato più sorprendente di questa inchiesta: il 70% della popolazione di Israele ha dichiarato di aver digiunato allo Yom Kippur. Le persone quest’anno sembrano aver capito che a loro ormai non resta altro che pregare.

(NahostFocus, 14.10.2003)



5. RESOCONTO DI UN TESTIMONE OCULARE DEI COMBATTIMENTI DI RAFAH

 
  Soldati e carri armati israeliani si radunano fuori del campo profughi di Rafah in una pausa delle operazioni di combattimento.


I tappabuchi a Rafah

di Ilan Tsadik

RAFAH - Approfitto di qualche ora di riposo che ci è stata accordata per in- formarvi sull’operazione in grande scala che si sta svolgendo in questo mo- mento sotto i miei occhi a Rafah.
    Da ieri sera forze importanti sotto il comando del generale Ofer, comprendenti numerosi carri e trasporti di truppe, hanno cominciato a portare allo scoperto e a demolire i tunnel scavati sotto la frontiera con l’Egitto.
    Secondo le informazioni a nostra disposizione, in queste ultime settimane i palestinesi hanno realizzato tra 10 a 14 gallerie, attraverso le quali fanno transitare ogni sorta di materiale da guerra. Il nostro intervento si è reso necessario per il fatto che nuove armi hanno preso queste vie sotterranee. Queste armi comprendono: grandi quantità di esplosivo per la fabbricazione delle cinture dei kamikaze e delle auto esplosive, tubi lancia-razzi Katiuscia di fabbricazione russa, missili anti-carro e missili anti-aereo individuali.
    Allo stato maggiore di Tzahal si teme che queste armi servano a rinfocolare l’intifada modificandone gli equilibri strategici. Poiché in seguito questi materiali saranno in parte trasferiti in Cisgiordania, possono minacciare i nostri elicotteri, e soprattutto potrebbero facilmente essere usati dai palestinesi contro apparechiature civili.
    I combattimenti sono molto duri, i difensori di Rafah capiscono che Israele è impegnato in un’operazione decisiva, hanno gettato tutte le loro forze nella mischia (questo mi ricorda che perderò il primo incontro della Coppa del mondo di rugby, cosa che m’infastidisce moltissimo). Oltre che di armi automatiche e di qualche mitragliatrice pesante, i miliziani fanno uso di trappole esplosive che hanno nascosto da molto tempo in punti nevralgici della città di Rafah, come anche di granate anti-carro e di RPG.
    Inoltre il nemico fa un uso cinico e criminale della presenza di decine di civili che hanno piazzato intorno ai combattenti. Ho visto con i miei occhi, questa mattina, un miliziano tirare un razzo RPG contro un carro armato, circondato, difeso [il miliziano] da una decina di civili, tra cui 4 o 5 ragazzi di meno di 10 anni.
    Due formazioni di commandos sono all’opera dalla nostra parte e avanzano nelle strette stradine di Rafah, alcune delle quali non sono più grandi di un metro e mezzo. Le istruzioni impartite e commentate dagli ufficiali prima del combattimento sono molto severe. I soldati hanno ricevuto l’ordine di risparmiare ad ogni costo i civili e i membri delle ONG che sono lì per proteggere la prosecuzione dell’intifada e per silurare gli accordi della Road Map. Gli ordini stabiliscono che i soldati possono servirsi di armi in una zona in cui ci sono civili soltanto “nel caso che la loro vita sia direttamente e incontestabilmente in pericolo”.
    Ogni persona in buona fede che assistesse alla battaglia sarebbe sbalordito nel vedere i rischi enormi che si assumono i nostri uomini al fine di risparmiare i non combattenti. Non credo che ci sia un altro esercito che in condizioni simili agirebbe con lo stesso rispetto per la vita umana. Questa attenzione è evidente, questa mattina, a Rafah.
    Detto questo, ho visto parecchi miliziani cadere sotto i nostri colpi. Alle otto le cifre ufficiali parlavano di 5 morti e di una ventina di feriti nel campo avversario. Credo, da parte mia, che queste cifre siano inferiori alla realtà. I palestinesi hanno annunciato la morte di un ragazzo di 12 anni nei combattimenti, e di 2 miliziani.
    Nonostante il nostro avanzamento, alle 8.30 non avevamo ancora scoperto dei tunnel. Sembra che questi sbocchino nella seconda linea delle costruzioni, al di là della prima arteria parallela alla frontiera egiziana. Parlando dell’Egitto, è chiaro che, nonostante gli sforzi diplomatici che mirano a far rispettare un cessate-il-fuoco globale, oggi quella nazione è l’unica nutrice dell’intifada, in armi e munizioni. Da quello che possiamo constatare, ci sono camion interi che attraversano i tunnel scavati sotto il canale di Suez e sono scaricati nella parte egiziana di Rafah. Sembra anche che l’accesso alle gallerie palestinesi dal lato sud si faccia a cielo aperto, sotto il naso dei soldati egiziani, se non con la loro partecipazione logistica.
    Nelle discussioni che ho avuto con gli ufficiali israeliani, nessuno capisce perché il governo israeliano e quello degli Stati Uniti non riescono a far interrompere questo traffico di morte dal Presidente Mubarak. Qui, in ogni caso, l’ipocrisia regna sovrana.
    Il lavoro che deve intraprendere Israele per tagliare il cordone ombelicale che rifornisce di armi le organizzazioni terroristiche - riconosciute come tali dal Quartetto internazionale - avrebbe potuto essere effettuato dalle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese nel quadro del piano della Road Map. Gli uomini di Mohammad Dahlan avevano ben distrutto 3 dei tunnel di contrabbando in un’operazione ampiamente diffusa dai media, ma dopo lo smantellamento del governo Abbas da parte di Yasser Arafat, le operazioni di foraggiamento non sono mai state così numerose ed efficaci. Per prevenire ogni incomprensione, sono le bande tribali locali agli ordini della Mukata, rinforzate dai combattenti di Arafat, che scavano i tunnel, li difendono e organizzano la logistica del traffico delle armi.
    Dal lato israeliano, sempre fino alle 8.30, ora della fine della mia osservazione, si contava un ferito leggero, colpito da una scheggia a un piede. Il soldato è stato curato sul posto e ha insistito per raggiungere di nuovo la sua unità nel combattimento.
    L’operazione in corso è partita per durare diversi giorni, “fino alla distruzione completa di tutti i tunnel”, mi hanno detto. Dietro di me e dietro il mio computer portatile, che in questo parapiglia sembra l’arma più ridicola, il crepitio delle pallottole non cessa un istante. Il paesaggio è grigio-sporco, non si distingue la sabbia dalla polvere grassa, che dà a tutte le cose un aspetto oleoso. Detto questo, i soldati che mi circondano hanno un morale d’acciaio. Sono convinti che tutti chiamano “il loro lavoro” a Rafah è indispensabile sotto tutti gli aspetti. Hanno l’impressione di limitare i rischi che minacciano i civili ebrei ed arabi d’Israele e di operare nel quadro delle disposizioni internazionali per far cessare la guerra.
    Se qualcuno gli dicesse che in certi paesi del mondo cosiddetto libero li descrivono come dei criminali sanguinari, o, come nel “Le Figaro”, come una specie di nazisti mandati qui per praticare la deportazione dei civili palestinesi, non mi crederebbero. Riderebbero, mi prenderebbero in giro e, peggio ancora, mi impedirebbero poi di addormentarmi.
    Il solo punto positivo che trovo nel trascorrere il mio week-end in questa cloaca ardente è che eviterò la ritrasmissione di domani sera dell’incontro Francia-Israele [perso per 3 a 0 da Israele, ndr]. Chi è che ha detto che un soldato di Tzahal non ha mai avuto una fifa blu?

(UPJF, 10.10.2003



6. IL DISCORSO DI SHARON ALLA FESTA DELLE CAPANNE CRISTIANA



GERUSALEMME - Per la festa delle capanne sono arrivati a Geru- salemme centinaia di cristiani. Domenica sera [12 ottobre] , in una manifestazione della “Inter- national Christian Embassy Jerusalem”, il Primo Ministro Ariel Sharon ha ringraziato i visitatori per la solidarietà con il suo popolo.
    Seguono alcuni estratti del discorso di Sharon, documentati da Israelnetz.
    
«Cari amici, benvenuti a Gerusalemme, la capitale del popolo ebraico negli ultimi tremila anni, l’unita e indivisibile capitale dello Stato d’Israele per sempre.
    Voi siete qui perché i vostri cuori e le vostre anime vi hanno portato nel paese della Bibbia. Grazie perché siete venuti e avete mostrato la vostra solidarietà. La vostra presenza qui manda un messaggio forte al mondo, e la vostra amicizia è importante per noi.
    Israele è un luogo unico al mondo. Quando voi arrivate qui, non avete bisogno di una guida turistica, perché avete in mano la Bibbia.
    Negli ultimi tre anni abbiamo dovuto affrontare una guerra che ci è stata imposta dai palestinesi. Ma la guerra non è cominciata tre anni fa; è cominciata più di 120 anni fa. Le sue radici affondano nel rifiuto del mondo arabo di accettare e adattarsi al fatto che il popolo ebraico ha il diritto di primogenitura per uno Stato ebraico democratico nella nostra patria originaria, nella culla del popolo ebraico.
    La guerra terroristica non è riuscita a spezzare il nostro spirito, ma noi siamo decisi a fare in modo che lentamente arrivino a riconoscere che con la violenza, il terrorismo e l’incitamento non otterranno niente. Devono capire che Israele non cederà alla violenza e al terrorismo, non cederà mai.
    Israele è un paese che cerca la pace. Noi cerchiamo la pace. Per un’autentica e durevole pace che duri per generazioni siamo disposti a fare dolorosi sacrifici, ma non a rischio della sicurezza del popolo d’Israele. In ciò che riguarda la nostra sicurezza - e questo l’ho detto chiaramente ai leader del mondo - Israele non è disposto a fare nessun compromesso o cedimento. Perché sappiamo bene che Israele - anche se è un piccolo, minuscolo paese - è l’unico posto al mondo in cui gli ebrei hanno il diritto e la capacità di difendersi con le proprie forze. Io sento che la mia responsabilità storica è di proteggere il popolo ebraico. Per quel che riguarda il popolo ebraico, non faremo nessuna concessione, di nessun tipo, né ora né in futuro.
    Gerusalemme è una città della pace. Gerusalemme compare 677 volte nella Bibbia (ebraica). Sion, nel senso di Gerusalemme, compare altre 154 volte, e il nome del re Davide compare 1.083 volte. Soltanto dopo che Gerusalemme nel 1967 è stata riunita con il suo Tempio come centro, è stata garantita la libertà di culto in tutti i luoghi sacri. Cristiani, musulmani, ebrei e altri hanno potuto liberamente pregare senza subire pressioni. E posso dirvi che questa libertà continuerà soltanto se i luoghi sacri resteranno sotto il nostro controllo.
    Sapete, se guardate i titoli e le immagini dei media, avete l’impressione che Israele sia un paese che ha successo soltanto nel campo della sicurezza: tutto il resto è polvere e sangue. Ma c’è un’altro lato di Israele di cui non si parla molto, un lato che è oltre il paesaggio, la società, la cultura o le origini più importanti: le persone.
    Siamo una meravigliosa società, che si basa sulla democrazia e sulla libertà; uno Stato che è nello stesso tempo ebraico e democratico, l’unica democrazia in Medio Oriente. Le nostre poderose conquiste nelle scienze naturali, in medicina, in high tech, come anche in agricoltura, musica, in materie scientifiche e letterarie sono ben conosciute nel mondo. E spero che verrà il giorno in cui saremo noti per questi risultati che abbiamo ottenuto. Spero e prego che venga questo giorno.
    Noi adempiamo la profezia biblica della riunione degli ebrei nella nostra patria originaria. Abbiamo accolto milioni di ebrei immigrati da 102 paesi, che parlavano 82 diverse lingue. Ne accoglieremo ancora altri.
    Il vostro aiuto e il vostro sostegno ci sono preziosi. Abbiamo molti compiti davanti a noi, ma il vostro aiuto è importante per noi, affinché i nostri sogni possano realizzarsi. Mi dispiace di non potervi vedere [a causa delle forti luci], ma vi posso sentire [fragorosi applausi]. Sapete, ogni persona - e quindi anch’io - ogni tanto ha delle preoccupazioni. Voi sapete che qui dobbiamo affrontare molte preoccupazioni, ma adesso credo che ho bisogno di avere più spesso le vostre visite. Devo vedervi e udirvi più spesso.
    Nonostante i compiti e gli ostacoli, sono sicuro che noi guardiamo con ottimismo in avanti. Uniti e con il vostro sostegno possiamo realizzare le speranze e i sogni di pace, sicurezza e benessere in tutto il paese.
    Passerei volentieri tutta la serata con voi. Mi dispiace, ma non ho ancora finito la mia giornata, anche se ho bisogno delle voci che adesso sento.
    Voglio di nuovo ringraziarvi molto perché siete venuti. Vi ringrazio tanto per la vostra solidarietà e per la vostra fede nel paese, nello Stato ebraico, in cui tutte le nostre speranze e sogni nel futuro si realizzeranno. Sono ottimista, credo che raggiungeremo tutte le nostre speranze e sogni.»

(Israelnetz Nachrichten, 13.10.2003



MUSICA E IMMAGINI

Lagur Ethka


INDIRIZZI INTERNET


Jewish World Review

International Christian Embassy Jerusalem



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