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Notizie su Israele 214 - 16 dicembre 2003 |
1. Menachem Begin, Jimmy Carter e la Linea Verde 2. L'ultima forma di antisemitismo: l'odio contro il sionista 3. Quello che dicono i capi di Hamas su Israele 4. Fatti significativi e inosservati che avvengono in Israele 5. Palestinesi addolorati per la cattura di Saddam 6. Lettera al Presidente della Repubblica Francese 7. Musica e immagini 8. Indirizzi internet |
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1. MENACHEM BEGIN, JIMMY CARTER E LA LINEA VERDE
Jimmy Carter fu messo a tacere di Yehuda Avner Il testo che segue è il commovente resoconto, fatto da un testimone oculare, di un incontro avvenuto nel 1977 alla Casa Bianca tra Menachem Begin e Jimmy Carter. Lautore, Yehuda Avner, è stato ambasciatore di Israele nel Regno Unito e consigliere di quattro primi ministri israeliani, tra cui Menachem Begin. L'articolo è apparso la prima volta nel settembre scorso sul "Jerusalem Post", e nella presentazione che abbiamo letto su un altro sito si dice: Come tutti i ministri israeliani da Ben Gurion a Shamir, e contrariamente a quelli che sono venuti dopo, Menachem Begin aveva fede, visione strategica, spina dorsale di fronte alle pressioni, e una politica ispirata a principi di lungo respiro invece che una tattica guidata da immediate e gratificanti convenienze". Jimmy Carter, il coltivatore di noccioline, dirigeva in modo austero la Casa Bianca. Coerente con le sue radicate convinzioni calviniste, si era immedesimato nel ruolo di cittadino-presidente. Aveva abolito il Saluto al Presidente, ridotto nettamente il budget per i ricevimenti, venduto lo yacht presidenziale, sfoltito la flotta di limousine, e, in generale, teneva lontano dal suo palazzo ogni tipo di frivolezze e pretenziosità. Si portava sempre da solo la borsa. Così, quando nel luglio 1977 accolse alla Casa Bianca il Primo Ministro Menachem Begin con una vistosa, regale cerimonia, con 19 colpi a salve di saluto, una sfilata di tutte le forze armate e una coreografica parata di pifferi della Army Old Guard Fife e di tamburi dei Drum Corps nella livrea bianca dellEsercito Rivoluzionario, i media si chiesero a ragione se questa gentilezza era oro puro o semplice adulazione. Lambasciatore americano Samuel Lewis pensava che ci fosse un po di entrambe le cose: Il presidente è convinto che da Begin si otterrà qualcosa di più con il miele che con laceto, disse. I colloqui infatti ebbero un discreto avvio. I due leader e i loro consiglieri si scambiarono i punti di vista su questioni cruciali come la pace israelo-araba, lillegittima azione sovietica nel Corno dAfrica, la minaccia dellOLP nel sud del Libano. Poi ci fu la pausa. Il presidente e il premier sorserggiavano il caffè in silenzio, studiandosi a vicenda come per tacito consenso, in preparazione di quello che sarebbe avvenuto dopo. E quello che avvenne dopo fu una presentazione estremamente dettagliata del credo del Likud sui diritti inalienabili del popolo ebraico su Eretz Israel. Essendo quello il primo summit tra un premier del Likud e un presidente americano, Menachem Begin era deciso a far sì che Jimmy Carter ascoltasse con le sue orecchie la voce di quello che lui rappresentava. Il Segretario di Stato, Cyrus Vance, una persona di solito molto tranquilla, cominciò un ad agitarsi un po quando sentì dire che Israele non avrebbe rinunciato né alla Giudea, né alla Samaria, né alla striscia di Gaza. Obiettò che questo avrebbe vanificato tutti i piani di pace per la conferenza di Ginevra. E anche il presidente pensava la stessa cosa. Carter indossò la maschera delleducazione e rimase immobile ad osservare i suoi appunti scritti in ordinata calligrafia, vincolato alla sua responsabilità di inquilino della Casa Bianca. Ma dalle sue mascelle serrate si poteva capire che tratteneva lirritazione. Nel suo acuto accento georgiano dopo poco disse: Signor Primo Ministro, la mia impressione è che la sua insistenza sui vostri diritti in Cisgiordania e a Gaza potrebbe essere interpretata come un indizio di mala fede. Potrebbe essere unevidente manifestazione della vostra volontà di rendere permanente loccupazione militare di quelle aree. Questo farebbe cadere ogni speranza di trattative. Sarebbe incompatibile con le mie responsabilità di Presidente degli Stati Uniti se non glielo dicessi nel modo più chiaro e schietto possibile. Signor Begin, gridò con unesasperazione che accendeva i suoi azzurri occhi di ghiaccio, non ci può essere nessuna occupazione militare permanente di quei territori conquistati con la forza. Noi funzionari israeliani, seduti attorno alla tavola delle conferenze nella Sala del Consiglio dove si teneva la riunione, ci scambiavamo sguardi con la coda dellocchio. Ma Begin si era ben preparato a quellincontro con il Presidente del post-Watergate e del rinnovamento morale: Carter, il predicatore con tendenza allautogiustizia. Si appoggiò allo schienale, e con occhi ingannevolmente miti alzò lo sguardo sopra il capo del Presidente, fissando lantico lampadario di bronzo che pendeva sulla grande tavola di quercia. Non stava per perdere le staffe. Sapeva che lui e il Presidente si muovevano su traiettorie differenti, e che il confronto sullinsediamento nella biblica Terra Promessa era senza sbocchi. Carter era un osso duro, come lui. Non si sarebbe piegato. Tuttavia, doveva fare qualcosa per persuadere quelluomo pronto a giudicare, che pensava di avere il compito di raddrizzare le cose, quellenergico decisionista con la mente empirica di un ingegnere. Doveva cercare di convincerlo che lui voleva veramente e onestamente la pace, e che i territori non erano soltanto una questione di diritti storici, ma anche di sicurezza vitale. Così, quando tornò a posare lo sguardo su Carter il suo atteggiamento era grave e deciso. Signor Presidente, disse, voglio dirle qualcosa di personale, non su di me, ma sulla mia generazione. Quello che lei ha udito poco fa riguardo ai diritti del popolo ebraico sulla Terra di Israele, a lei può sembrare accademico, teorico, perfino discutibile. Ma non alla mia generazione. Per la mia generazione di Ebrei, questi legami eterni sono verità irrefutabili e incontrovertibili, antiche come il tempo che è trascorso. Essi toccano il cuore stesso della nostra identità nazionale, perché noi siamo unantica nazione che torna a casa. La nostra è come una generazione biblica di sofferenze e coraggio. Siamo la generazione della Distruzione e della Redenzione. Siamo la generazione che si è risollevata dallabisso senza fondo dellinferno. La sua voce era magnetica, il suo tono profondo e pensoso, come se attingesse a generazioni di ricordi. Lardore di quel linguaggio provocò lintensa attenzione di tutta la tavola. Eravamo un popolo senza speranza, signor Presidente. Siamo stati dissanguati, non una o due volte, ma per secoli e secoli, sempre di nuovo. Abbiamo perso un terzo del nostro popolo in una generazione: la mia. Un milione e mezzo di loro erano bambini: i nostri. Nessuno è venuto in nostro soccorso. Abbiamo sofferto e siamo morti da soli. Non abbiamo potuto fare niente. Ma adesso possiamo. Adesso possiamo difendere noi stessi. Improvvisamente si alzò in piedi, con la faccia dura come lacciaio. Ho una carta, disse con decisione. Un assistente aprì bruscamente una carta di un metro per due tra i due uomini. Non cè niente di speciale da dire su questa carta, continuò Begin. E una normale carta del nostro paese, che mostra la vecchia linea di armistizio che esisteva fino alla Guerra dei Sei Giorni, la cosiddetta Linea Verde. Fece correre il dito lungo la vecchia frontiera che arrivava serpeggiando fino al centro del paese. Come vede, i nostri cartografi militari hanno semplicemente indicato linfinitesima misura di profondità difensiva che abbiamo avuto in questa guerra. Si appoggiò sulla tavola e indicò la zona montagnosa colorata in marrone scuro che copriva il settore nord della carta. I Siriani occupavano la cima di questi monti, signor Presidente. E noi eravamo in basso. Il suo dito indicò le alture del Golan e si fermò poi sulla stretta striscia verde di sotto. Questa è la valle di Hula. E larga appena 10 miglia. Dalla cima di queste montagne loro cannoneggiavano le nostre città e i nostri villaggi, giorno e notte. Carter osservava, con la mano sotto il mento. Lindice del Primo Ministro si mosse verso sud, in direzione di Haifa. La linea dellarmistizio è distante appena 20 miglia dalla nostra più grande città portuale, disse. Poi arrivò a Netanya: Qui il nostro paese si riduce ad un'esigua cintura larga meno di 10 miglia. Il Presidente annuì. Capisco, disse. Begin però non era sicuro che lui capisse. Il suo dito tremava e la sua voce rimbombava: Nove miglia, signor Presidente. Inconcepibile! Indifendibile! Carter non fece alcun commento. Il dito di Begin si posò poi su Tel Aviv e cominciò a martellare la carta: Qui vivono milioni di Ebrei, 12 miglia da unindifendibile linea di armistizio. E qui, tra Haifa al nord e Ashkelon al sud - il suo indice andava su e giù lungo la pianura costiera - vivono i due terzi di tutta la nostra popolazione. E questa pianura costiera è così stretta che unincursione di una colonna di carri armati potrebbe dividere in due il paese in pochi minuti. Perché chi tiene queste montagne - e il suo dito picchiava sulle colline di Giudea e Samaria - tiene in pugno la vena giugulare di Israele. I suoi occhi scuri e attenti percorsero le facce impietrite dei potenti uomini che sedevano davanti a lui, e con la convinzione di uno che aveva dovuto lottare per ogni cosa che aveva ottenuto, dichiarò seccamente: Signori, da queste linee non si torna indietro. Con un vicinato così crudele e spietato come il nostro, nessuna nazione può rendersi così vulnerabile e sopravvivere. Carter si piegò in avanti per ispezionare meglio la carta, ma continuò a non dire niente. I suoi occhi erano indecifrabili come lacqua. Signor Presidente, continuò Begin in un tono che non ammetteva repliche, questa è la carta della nostra sicurezza nazionale, e uso questo termine senza enfasi e nel senso più letterale. E la carta della nostra sopravvivenza. La differenza tra il passato e il presente sta proprio qui: sopravvivenza. Oggi gli uomini del nostro popolo possono difendere le loro donne e i loro bambini. Nel passato non hanno potuto. Infatti, hanno dovuto consegnarli ai loro carnefici nazisti. Siamo stati terziati, signor Presidente. Jimmy Carter alzò la testa: Che significa questa parola, signor Primo Ministro? Terziati, non decimati. Lorigine della parola decimazione è uno su dieci. Quando una legione romana si rendeva colpevole di insubordinazione, uno su dieci veniva passato a fil di spada. Nel nostro caso è stato uno su tre: terziati! Poi, con occhi umidi e voce risoluta, ostinata, pesando ogni parola, dichiarò: Signori, io faccio un giuramento davanti a voi nel nome del Popolo Ebraico: QUESTO NON SUCCEDERÀ MAI PIÙ! E si lasciò cadere sulla sedia. Strinse le labbra che cominciavano a tremare. Fissò la carta, lottando per trattenere le lacrime. Serrò i pungni e li premette così forte contro la tavola che le sue nocche diventarono bianche. Rimase lì, a capo chino, col cuore rotto, dignitoso. Un silenzio di tomba si fece nella sala. Afferrato dalla sua personale memoria dellinfernale Shoà, Begin guardava oltre Jimmy Carter, con uno strano riserbo negli occhi. Era come se il suo sguardo penetrasse quel nato di nuovo, quel Presidente battista del sud, partendo dallinterno di sé stesso, da quel profondo, intimo luogo ebraico di infinito lamento e eterna fede: un luogo di lunga, lunga memoria. Lì si era rifugiato, in compagnia di Mosè e dei Maccabei. Il Presidente Carter abbassò la testa e rimase in un atteggiamento di rispettoso, gelido silenzio. Gli altri guardavano altrove. Improvvisamente si fece udire il ticchettio dellantico orologio sulla mensola di marmo del cammino. Uneternità sembrava che passasse tra un tic e laltro. Il silenzio pesava. Come un colpo di fulmine era arrivata la notizia della determinazione nazionale a non tornare mai più indietro da quelle linee. Gradualmente, con movimenti lenti il Primo Ministro si drizzò in tutta la sua altezza e la stanza riprese vita. Delicatamente Carter suggerì di fare una pausa, ma Begin disse che non era necessario. Aveva fatto il suo dovere. (Jerusalem Post, 12.09.2003, con autorizzazione) 2. L'ULTIMA FORMA DI ANTISEMITISMO: L'ODIO CONTRO IL SIONISTA Scappate ebrei, scappate! di Deborah Fait Correva l'anno 1391 quando per le comunità ebraiche di Castiglia e di Aragona incomiciarono le persecuzioni più crudeli e devastanti mai organizzate prima di allora dalla cristianità: migliaia di ebrei bruciati sui roghi, migliaia di ebrei furono sottoposti a conversioni forzate, migliaia di ebrei tentarono di fuggire sparpagliandosi un po' dovunque. Nel 1478, grazie a Ferdinando di Castiglia e Isabella d'Aragona, con uno sponsor d'eccezione, Papa Sisto IV, nacque ufficialmente l'Inquisizione ed ebbe inizio uno dei periodi più crudeli, lunghi e penosi del martirio imposto agli ebrei e uno dei fenomeni più strani e tristi della storia ebraica europea: il marranesimo. La storia degli ebrei d'Europa è trascorsa tra un'espulsione e l'altra, tra una persecuzione e l'altra ma in Spagna essi avevano radici profonde, avevano raggiunto posizioni prestigiose e lasciato tracce di cultura, civiltà e di economia talmente importanti da influenzare la storia e la vita del continente fino ai nostri giorni. Nel 1492 gli ebrei di Spagna furono espulsi e il 2 agosto, 9 di Av, ancora oggi giorno di lutto, salutarono i loro morti e in alcuni casi anche i loro vivi, i conversos, e lasciarono la terra amata con un dolore tale da non essere mai più cancellato. Fuggirono, costretti ad abbandonare i loro beni e le loro case, i ricordi e le radici e arrivarono in Nord Africa, in Turchia, nelle Americhe. Vagarono attraverso l'Europa. l'ebreo errante. Un popolo costretto a diventare nomade. Scappate ebrei, scappate . Scappate. La vita dei marrani fu, se possibile, ancora più stressante e pericolosa. L'ebreo sapeva di essere preso prima o poi, era quasi rassegnato, il converso sperava di no, credeva di essere bravo a fingere e a recitare la parte del cristiano. Questa tenue speranza rendeva la paura più insopportabile. Quattrocento anni di terrore, inestinguibile terrore di essere scoperti, in Spagna e altrove, riconosciuti come ebrei e messi in un piccolo forno di metallo sotto il quale il boia accendeva un bel fuoco. Era questa la punizione per i marrani che involontariamente si tradivano, venivano denunciati e portati davanti a quegli inquisitori col cappuccio in testa. Non il rogo, punizione considerata troppo umana per chi offendeva Cristo. Per i marrani c'era il forno dove venivano infilati a forza, vivi, urlanti e legati. Le comunità ebraiche d'Europa furono distrutte e i sopravissuti dovettero scegliere tra un esilio dopo ogni esilio e il marranesimo. Scappate ebrei. Scappate, scappate. Nel 1834 fu abolita l'Inquisizione ma il fenomeno del marranesimo non finì mai e, con orrore, ci siamo resi conto che dura tuttora. La caccia agli ebrei sembra essere lo sport preferito in Europa e questo popolo martirizzato ha sempre dovuto inventarsi tutti i trucchi possibili per non farsi riconoscere e salvare i propri figli dai forconi, dai pogrom, dalle decapitazioni, dagli stupri fino ad arrivare alla battuta di caccia finale, la più grande, quella che avrebbe dato più soddisfazione ai predatori, quella che ebbe inizio negli anni 30/40 del secolo appena trascorso. Quanti ebrei si convertirono al cristianesimo nel tentativo di salvarsi, quanti ebrei si finsero di pura razza ariana e battezzarono i loro figli per salvarli ma ancora una volta niente servì se non la fuga. Scappate ebrei, scappate. Scappate. Quelli che non riuscirono a fuggire finsero inutilmente di non essere ebrei. Erano tedeschi, italiani , francesi, polacchi, danesi, cosa avevano di diverso dagli altri? Ma anche questa volta li attendeva un forno, più grande , più moderno naturalmente, e furono di nuovo condannati a bruciare e a diventare cenere. Siamo nel terzo millennio. Il terzo millennio. Abbiamo avuto Michelangelo, l'Inquisizione, Mozart e la Shoà. Pensavamo, speravamo che l'Europa non odiasse più, che tutto il male fosse finito, niente più persecuzioni, niente più marrani, basta fughe, basta basta basta! Invece l'odio è sempre vivo e palpitante. Questa volta non c'entra Cristo, non c'entra nemmeno la razza. Questa volta c'è un Paese che non viene accettato, cui non si da il permesso di difendersi, una Nazione che si vuole distruggere. L'odio questa volta non è solo contro il giudeo, né soltanto contro l'ebreo, l'odio è contro il sionista. L'antisemitismo è sempre pieno di risorse. Ebrei dove siete? vogliamo uccidervi, dobbiamo uccidervi, vi odiamo. Dove siete ebrei ? Ecco, là c'è uno colla Kippà in testa, forza , dagli al sionista, bastonatelo, ammazzatelo. Il Rabbino di Francia consiglia agli ebrei di farsi marrani ancora una volta. Nascondetevi ebrei, mettetevi un berretto in testa, non fategli capire che siete "quel" popolo. Scappate. Scappate. Scappate.......lasciate questa Europa che pure amate appassionatamente, scappate ebrei. "Vietato l'ingresso a spie, omosessuali ed ebrei" . Le scritte ritornano, tornano le fughe, la paura, il terrore. Non vi salverà nascondere la Kippà né farvi marrani perché i servi della kafiah, i buonisti, i pacifisti vedono il vostro sguardo, lo conoscono bene, lo hanno studiato per 20 secoli. Quello sguardo vi tradisce. Vi ha sempre tradito. Lo hanno detto, lo dicono ancora, vi riconosceranno sempre.Avete lo sguardo da ebreo, ebrei, scappate. (Informazione Corretta, 13.12.2003) 3. QUELLO CHE DICONO I CAPI DI HAMAS SU ISRAELE «La sparizione dIsraele è una realtà storica naturale e ineluttabile» Il quotidiano Maariv, nella sua edizione di martedì 9 dicembre, cita |
degli estratti di unintervista accordata dal capo del dipartimento politico di Hamas, Khaled Mashal, al giornale arabo Al Hayat. Nellincontro il capo terrorista ha detto che la sua organizzazione non vuole buttare a mare gli ebrei, considerandolo un cliché ormai fuori moda, e ha fatto sapere che Hamas non ha più l'obiettivo di uccidere ebrei. Ma dopo questi propositi apparentemente rassicuranti ha precisato che la sparizione dIsraele non è soltanto il desiderio dei palestinesi, degli arabi o dei musulmani, ma che si tratta di una realtà storica naturale e ineluttabile. Ha poi ricordato i rapporti tra Hamas e Yasser Arafat, assicurando che sono cordiali, e che legami profondi uniscono la sua organizzazione anche alla Jihad islamica. Affrontando infine la questione dellintifada armata, Mashal ha detto che i palestinesi hanno riportato numerosi successi e hanno dimostrato la loro capacità di indebolire il nemico. E ha concluso: Se potessimo mettere fine alloccupazione senza spargimento di sangue, perché no? Ma la logica storica ci dimostra che questo è irrealizzabile». (Arouts 7, 10.12.2003) *
La Jihad è lunico modo per riprendere al nemico sionista i diritti che ci ha rubato, ha continuato il leader di Hamas. Fra poco Israle soccomberà e sparirà. Lintifada ha costretto più di 700.000 israeliani a lasciare Israele, perché continua a ricevere pesanti colpi. Rantisi ha anche criticato lIniziativa di Ginevra. Lui respinge quel contratto, perché è stato siglato da israeliani e palestinesi non ufficiali. Il documento rappresenta una pericolosa rinuncia ai diritti del popolo palestinese, ha sottolineato il leader di Hamas. Hamas continuare a perseguire la scelta della Jihad e della resistenza per la liberazione della Palestina dalloccupazione israeliana. (Israelnetz.de, 15.12.2003) 4. FATTI SIGNIFICATIVI E INOSSERVATI CHE AVVENGONO IN ISRAELE Il mufti di Gerusalemme vieta ai palestinesi di rinunciare al "ritorno" Due settimane dopo aver emesso una fatwa (editto religioso) che vieta ai musulmani di lavorare alla costruzione della barriera difensiva fra Israele e Cisgiordania, il mufti di Gerusalemme Ikremah Sabri, nominato sette anni fa da Yasser Arafat, ha annunciato il divieto per tutti i palestinesi di rinunciare al cosiddetto "diritto al ritorno" (dei profughi e di tutti i loro discendenti all'interno di Israele anche dopo la nascita dello stato palestinese). In un'intervista al sito arabo israeliano arabs48.com, il mufti di Gerusalemme ha anche detto che e' proibito accettare indennizzi economici in cambio della rinuncia al "diritto al ritorno". "Il diritto di tornare nelle proprie case passa ai figli e ai nipoti - ha sostenuto Sabri - e nessuna persona o ente e' autorizzato a interferire con questo diritto o ad abbandonarlo. Tutta la terra di Palestina [Israele compreso] non e' in vendita perche' e' waqf, patrimonio religioso islamico. Accettare soldi in cambio della terra significa venderla e questo e' proibito da fatwa precedenti [che vietano la vendita di terra da parte di islamici ad ebrei]. Voglio sottolineare - ha concluso il mufti dell'Autorita' Palestinese - che un diritto resta valido per sempre e non svanisce con il tempo, ne' con le circostanze politiche e internazionali. Se non sono in grado oggi di ottenere questo diritto, questo non significa che io vi abbia rinunciato". La scorsa settimana un'analoga fatwa che vieta la rinuncia al "sacro diritto al ritorno" era stata emessa dal Consiglio degli Studiosi Religiosi [islamici] Palestinesi. (israele.net, 11.12.03 - dalla stampa israeliana) *
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