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Notizie su Israele 216 - 29 dicembre 2003

1. La sconvolgente forza dell'odio
2. Il presepe e il muro
3. L'organo ufficiale dell'Autorità Palestinese solidarizza con Saddam
4. La lotta degli intellettuali arabi per la libertà
5. Parole e intenzioni di Ariel Sharon
6. Un milione di turisti in Israele, molti i pellegrini cristiani
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Aggeo 2:6-9. Così infatti parla il Signore degli eserciti: “Ancora una volta, fra poco, io farò tremare i cieli e la terra, il mare e l’asciutto; farò tremare tutte le nazioni, le cose più preziose di tutte le nazioni affluiranno e io riempirò di gloria questa casa”, dice il Signore degli eserciti. “Mio è l’argento e mio è l’oro”, dice il Signore degli eserciti. “La gloria di questa casa sarà più grande di quella della casa precedente”, dice il Signore degli eserciti. “In questo luogo io darò la pace”, dice il Signore degli eserciti».
1. LA SCONVOLGENTE FORZA DELL'ODIO




Terremoto di odio in Iran...
6.3 della scala Richter


Commenti da Israele

di P.H. Szmulewicz


- Quanti? 40.000 morti.
- E dove? In Iran.
- Che è successo? Un terremoto.
- Che si può fare? NIENTE.

L'Iran accetta l'aiuto da tutto il mondo, ma non dall'"entità sionista".
L'entità sionista siamo noi.
Sabato sera guardavamo la televisione. Si fa fatica a guardare il disastro, con le donne che gridano, gli uomini che piangono, e altri che smuovono la terra con semplici picconi.
Purtroppo ci sono due disastri: il terremoto e ... l'odio.
Un odio così forte nell'epicentro del dolore, è qualcosa che supera la capacità di comprensione.
L'odio si esprime in tante forme.
E' arrivato il modello 2004.
Devastato dal suo odio per Israele, l'Iran è pronto a sacrificare... quello che si potrebbe salvare.
Il sacrificio, sempre il sacrificio. Dobbiamo averlo già visto da qualche parte.
Il sacrificio più inumano che sia possibile, al fondo estremo dell'inumanità, ... è già qui.
Per dirlo alla maniera di Shakespeare:
"C'è qualcosa di marcio nel regno ..." dell'Islam.

Ma senza rendersene conto, dal profondo di questo orrore l'Iran ha assegnato dei punti a Israele, perché affrettandosi a rifiutare il suo aiuto l'Iran ha dimostrato che Israele sarebbe stato
il primo a essere presente sul terreno,
il primo a essere efficace,
il primo a dispiegare la sua forza per salvare delle vite.
Tre punti per Israele.

Sento rullare il motore degli aerei.
Ci hanno fermato in tempo.
Non c'è che da ricordare con quale rapidità ha funzionato quell'ospedale da campo in Ruanda.
Non c'è che da ricordare le squadre di salvataggio inviate immediatamente in Turchia per salvare degli esseri umani, sì, degli esseri umani inghiottiti dalla terra.
L'Iran e i suoi amici sono stati decisamente i primi quanto a efficacia nell'esibizione del loro odio. Questa forza inumana che germina sotto la terra.
Davanti a te sono la vita e la morte. Scegli la VITA.

Forse non domani, ma dopodomani saranno in grado di accettare un aiuto dall'entità sionista. Dal più profondo di questa oscurità, soltanto l'aiuto per qualche vita.
Fanno pena, questi poveri popoli che muoiono di odio.
Perché nessuno ha insegnato loro a vivere.

Terremoto in Iran... 6.3 sulla scala... dei valori.

(Guysen Israel News, 28.12.2003)




2. IL PRESEPE E IL MURO




di Deborah Fait

    È passata Hannuka', è finito il Natale, le due festività che si accavallano, una ebraica e l'altra cristiana. La prima è la festa delle luci e del miracolo che viene dal coraggio, la seconda dovrebbe essere la festa dell'amore che ricorda la nascita di Gesù, l'ebreo Joshua ben Josef, venuto, secondo la tradizione cristiana, a salvare il mondo.
    Gli ebrei trascorrono le loro feste in casa, e' una questione privata, molto intima. Per Hannukà si accendono le candele, una ogni sera per otto sere, si fanno regali ai bambini e si raccontano le antiche storie di Israele, sempre storie di dolore e di morte ma anche storie di grande coraggio e amore per la propria terra.
    Festività quasi nascoste, quelle ebraiche, prive di consumismo e di troppa pubblicità, grande discrezione dovuta forse all'antica abitudine di non disturbare la sensibilità dei cristiani per non suscitare la loro reazione un tempo molto pericolosa.
    Solo da qualche anno in alcune città d'Italia si prepara una grande Hannukià, un grande candelabro, in qualche piazza e gli ebrei accendono le candele pubblicamente, circondati dalla popolazione cattolica che li guarda con curiosità e che in alcuni casi partecipa con affetto e simpatia.
    Natale è tutt'altra cosa, è un'esplosione di festa in tutto il mondo cristiano, le città sono una sinfonia di luci multicolori, decorazioni, musiche, Babbi Natale, presepi. Tutti devono essere coinvolti e non importa se non tutti sono cattolici. Natale e' internazionale e interreligioso!
Eppure, nonostante tanti bei discorsi di amore e tolleranza, ci si accorge che la sensibilità non e' altro che un optional, il rispetto anche, l'amore inesistente, infatti vediamo che a Fiuggi il presepio della chiesa parrocchiale e' stato circondato da un muro e un cartello spiega: "Gesù nato a Betlemme, oltre il muro" Con questo vogliamo dire che le barriere tagliano fuori il messaggio di fratellanza della Natività".
    Chissà di quale fratellanza parla il parroco della Chiesa Regina Pacis di Fiuggi. Forse la sua idea di fratellanza dipende dai "fratelli" o forse nessuno gli ha detto che la tanto aborrita barriera salva gli israeliani da morte sicura per mano dei palestinesi tanto cari alla chiesa cattolica.
    Un altro presepio, in un'altra città italiana, aveva tra le statuine un piccolo Arafat. Idiozia? ignoranza? stupidita'? Ipocrisia? Forse semplicemente il solito virus dell'odio contro l'ebreo, soprattutto l'ebreo israeliano e sionista , cittadino di un Paese che osa difendersi con tutti i mezzi a disposizione dall'aggressione di quel popolo, adottato dall'occidente cristiano, che ne vuole la distruzione.
    Amore? dove' sta l'amore che predica il Papa ogni settimana da San Pietro? Di quale amore parla? Da quando in qua' e' ammesso amare gli assassini e odiare coloro che vogliono e devono difendersi? Con quale ipocrisia si condanna la barriera che Israele deve costruire per non far entrare le belve assetate di sangue e non si parla mai, né si è mai condannato, il muro che, in Irlanda, separa da decenni la popolazione cristiana da quella protestante?
    E perché non si abbattono le mura Vaticane? Non ci sono più i barbari che minacciano la città del Papa, i barbari sono in quella che chiamano Terrasanta, per gli ebrei Terra Promessa, e minacciano le vite degli israeliani, dei bambini israeliani, dei civili. Sono questi i barbari del XX secolo, quelli che vestiti di giubbotti pieni di esplosivo e di chiodi salgono sugli autobus e uccidono per odio.
    I barbari sono quelli laggiù in Iran che, con i ventimila morti dell'ultimo terremoto, rifiutano l'aiuto dell'entità sionista.
    Questi sono i barbari, signor Parroco di Fiuggi, e Israele deve difendersi da tanto odio, se non lo capisce ho pena per lei, Parroco!
    Amore? Si, ho visto Amore ma l'ho visto in Israele, non in Italia.
    L'ho visto nei quartieri dei lavoratori stranieri di Tel Aviv dove il sindaco, ebreo, di una città ebraica, nel paese degli ebrei, ha mandato tanti Babbi Natale a distribuire dolci e regali ai cristiani.
    Ho visto amore a Gerusalemme, Capitale di Israele, dove per un'intera giornata sono stati distribuiti dagli ebrei centinaia di alberi di Natale GRATIS ai cittadini cristiani della Città.
    Questo e' Amore e rispetto, non il muro intorno al presepio di Fiuggi.
    Sono gli ebrei, questi perfidi ebrei israeliani tanto odiati, che, dopo decenni di guerre arabe e dopo questi ultimi tre anni di terrore palestinese, sanno ancora mandare messaggi di Amore e rispetto a chi risponde solo con odio e calunnie!
    E lo fanno senza retorica, senza pubblicità ma con la dignità e l'eleganza dei veri signori, quelli di antico, antichissimo lignaggio.

(Informazione Corretta, 28.12.2003)




3. L'ORGANO UFFICIALE DELL''AUTORITÀ PALESTINESE SOLIDARIZZA CON SADDAM HUSSEIN




Il giornale Al Hayat Al Jazira, organo ufficiale dell'Autorità Palestinese, il 17 dicembre scorso ha pubblicato un annuncio in cui esprime la sua simpatia al direttore iracheno Saddam Hussein. Il comunicato è in prima pagina, accanto a una fotografia del tiranno.
    Il testo comunica che gli amici del partito Baath a Hebron esprimono la loro solidarietà al dirigente iracheno Saddam Hussein, "che ha dimostrato tenacia davanti all'arroganza dell'invasore nel corso della sua cattura". E prosegue: "Noi giuriamo di seguire il suo esempio rispettando gli stessi principi, e di continuare la lotta fino al momento in cui saranno respinti gli occupanti in Iraq e in Palestina".
    Rivolgendosi direttamente a Saddam Hussein, il comunicato si esprime in questi termini: "Lei resterà il nostro eroe, il simbolo della dignità araba in nome dei figli della Palestina".
    Nel seguito gli autori denunciano con virulenza la "messa in scena" dei media americani nel riportare l'arresto di Saddam Hussein, qualificandola come "umiliazione inflitta a tutta la nazione araba". E proseguono dichiarando che "questa esperta direzione conserverà la sua superiorità nonostante la prigionia, e sarà sempre degna, come sempre è stata in tutta la sua vita, per il suo popolo, la sua nazione e la Palestina. Egli resterà nella coscienza di tutti i combattenti iracheni e palestinesi che conducono la guerra santa, e di tutti i militanti dei movimenti di liberazione nel mondo."

(Arouts 7, 18.12.2003)




4. LA LOTTA DEGLI INTELLETTUALI ARABI PER LA LIBERTÀ




In un articolo comparso sul quotidiano londinese in lingua araba Al-Hayat (1) il famoso commediografo liberale egiziano Ali Salem ha spiegato come sia necessario un cambio di mentalità per la transizione da uno stato di guerra a uno stato di pace. Basandosi a volte sul freudiano ‘Totem e Tabù’, Salem descrive la recente isteria collettiva di Kartum, Sudan, per la presunta scomparsa dei genitali maschili (2). L’incidente, dice, si accompagna alla campagna condotta da elementi dell’elite araba contro la normalizzazione e la pace con Israele. Seguono alcuni passi dell’articolo:


Quando si parla di pace si diffonde l’isteria

“Giornali arabi hanno recentemente riportato da Kartum la notizia che un gran numero di cittadini si sono recati nelle stazioni di polizia per lamentare la perdita di virilità o l’atrofia improvvisa del loro pene. Alcuni hanno anzi riferito che il pene stesso era scomparso [come conseguenza di una stretta di mano a uno straniero] …”

“La polizia arrestò dei sospetti che avevano ammesso di aver dato la mano ad alcune persone, ma ha smentito recisamente che essi fossero la causa di ciò che era avvenuto ai querelanti. La polizia si valeva dell’assistenza di medici, che determinarono che lo stato delle vittime era normale, essendo la causa del problema psicologica, e che non era scomparso il pene di nessuno, come si lamentava. Si trattava piuttosto di un grave caso di atrofia dovuto a un improvviso spavento …”

“Tuttavia il numero delle lamentele aumentava, e la gente si asteneva dal dare la mano. Molti mariti, pur non avendo dato la mano a nessuno, coglievano l’occasione di defilarsi dal loro dovere verso le mogli …”

“Ci troviamo di fronte a una chiara situazione di isteria su una guerra collettiva.Tale isteria non si manifesta in tempo di guerra, ma si diffonde come una piaga quando si raggiunge un accordo di pace o quando se ne profila uno all’orizzonte. Dopo anni di guerre civili … la paura diventa una delle componenti fondamentali del sistema psicologico e mentale umano … Dal momento che non è possibile in tempo di guerra combattere il nemico solamente sulla base dell’odio, ci deve essere un sentimento di disprezzo per il nemico, e questo disprezzo viene alimentato dalla propaganda di guerra sulla natura infida del nemico, i suoi atti abominevoli, la sua disumanità … “

“Ma come ha fatto a scoppiare questo fenomeno nella forma di paura collettiva per la perdita della virilità?”


Paura del contatto fisico con lo straniero

“Bisogna ammettere che la coscienza popolare concepisce gli elementi fisici della mascolinità come la rappresentazione della virilità di uno. Un uomo può perdere la libertà e i diritti come essere umano senza provare umiliazione o dolore. Si può trasformare in bugiardo, imbroglione, fannullone senza provare senso di disonore. Ma: nella debolezza sessuale lui vede la sua fine come essere umano. La vede come l’annichilimento del suo essere.Lo slogan che gli rintrona in testa è: io faccio sesso, ergo esisto; eppure c’è un nemico all’esterno per distruggermi. Il nemico è infido, un uomo di inganno e stregoneria, perciò sguinzaglia i suoi stregoni che facciano il lavoro. (In altre società, il nemico sguinzaglia ragazze malate di aids.) (3). In una frazione di secondo, l’immaginario collettivo ritorna indietro di decine di migliaia d’anni e vede il nemico come un tabù. Quindi lui punisce se stesso con la più grande punizione conosciuta dall’uomo, a livello psicologico – la castrazione – perché appunto ha dato la mano [ossia ha toccato] il tabù. Ci troviamo di fronte alla più classica delle nevrosi, la fobia del contatto …”


Paura della normalizzazione con un paese vicino

“Questa è una breve analisi del fenomeno a livello psicologico … a livello politico, assistiamo a una chiara situazione di resistenza alla normalizzazione col nemico, non in quanto nemico, ma in quanto tabù in un contesto completamente avulso da qualsivoglia considerazione di razionalità, consapevolezza, responsabilità, politica, legge o pubblico interesse.”

“Questo è esattamente quanto è successo al produttore Khaled Hajar, che ha prodotto l’unico film egiziano al Film Festival del Cairo. La storia risale a dieci anni fa, quando il mondo apprese dei trattati di Oslo fra israeliani e palestinesi e aumentarono le speranze di una pace vera e giusta in Medio Oriente, e Khaled Hajar osò apparire nel film inglese, ‘Il golfo fra di noi’, che racconta un’improbabile love story fra un uomo arabo e una donna ebrea.”

“Quando il film venne proiettato in Egitto nel 1994, fu violentemente

prosegue ->
attaccato con l’accusa che puzzava di incoraggiamento alla normalizzazione. Da allora Hajar è stato qualificato come il ‘tifoso della normalizzazione’.”

“Dieci anni dopo, con l’aiuto di alcuni amici, egli riuscì a produrre un altro film ‘L’amore delle ragazze’, che non ha niente a che fare con la normalizzazione. Gli organizzatori del Film Festival del Cairo cercavano un film egiziano, indipendentemente dalla sua qualità, ma non ne trovarono perché i cinematografari erano occupati con le supreme questioni politiche della regione.Perciò si dovettero accontentare del film di Hajar, ma non senza aver prima preso le necessarie precauzioni. Pretesero che scrivesse che lui non è un ‘tifoso della normalizzazione’, che combatte la normalizzazione e che non è mai stato in Israele né ci andrà mai in futuro.”

“Tuttavia, questo atto scritto di pentimento non produsse alcuna patente di approvazione, come era successo ai suoi predecessori per tutto il corso della lunga storia dell’inquisizione e della caccia alle streghe. Perciò si organizzarono dimostrazioni e incontri di protesta contro gli organizzatori del festival, perché avevano accettato un film prodotto da un sostenitore della normalizzazione. Una volta di più ci troviamo di fronte a un caso di fobia da contatto. Egli non ha toccato il nemico; egli ha toccato un’idea che ha ricordato il nemico. Egli ha toccato quell’idea dieci anni fa. Da nessuna parte sulla faccia della terra c’è modo di purificarsi dalla contaminazione che colpisce quando si è toccato un tabù, né pubblico atto di pentimento, né confessione scritta …”

“Anche se usate tutte le facoltà mentali e tutti gli strumenti della logica, non c’è mezzo di capire cosa vuole questa gente. Chiedono di togliere l’unico film egiziano dal festival, privandolo così della sua ragion d’essere? Chiedono di privare il produttore del suo diritto di lavorare perché dieci anni prima ha preso parte a un film ’che può essere letto’ come sostegno alla normalizzazione?”


La vera questione: la transizione alla libertà politica ed economica

“La verità è che ci sono reali e potenti ragioni per questo modo d’agire, che non hanno niente a che vedere con la pace, con Israele e le normali relazioni con quello stato … “

“La questione è la lotta contro il passaggio alla libertà politica ed economica. E’ una lotta che trova il suo sostegno principale nel sistema burocratico egiziano.”

“In un paese dal governo centralizzato ci deve essere un nemico, ci deve essere una guerra mentale e ci deve essere un manipolare il popolo dall’alto per affrontare il nemico. In questa atmosfera, aumenta il prezzo delle grandi parole e alte grida. Non è necessario acquisire grandi abilità nelle professioni. Basta solo coraggio rivoluzionario. Ecco perché diminuisce il numero delle persone qualificate, lo standard di vita della gente precipita, e il giornalista-leader, l’artista-leader e l’intellettuale-leader salgono in auge mentre l’artista creatore, il giornalista che cerca la verità e l’intellettuale che si interessa al presente scompaiono.”

“In una situazione di trasparenza e una transizione a una libera economia che trae profitto dalla protezione della legge e dello stato, i prezzi della gente sono determinati secondo le leggi del mercato. Il tuo prezzo salirà solo se la gente ha bisogno di quello che tu hai da offrire, e non perché qualcuno ti obbliga a farlo. Per questa ragione un gran numero di intellettuali e tutta la gamma dei gruppi estremistici rivoluzionari, hanno scoperto che la transizione alla libertà politica ed economica li spoglia della protezione: non solo, ma ha loro inferto un colpo mortale.”

“Siccome è inconcepibile che tale transizione avvenga senza che prima ci si sbarazzi dello stato di guerra mentale, il nemico che ha attirato il maggior numero di strali sono stati il trattato di pace israelo-egiziano, gli accordi di Oslo e altre trattative all’orizzonte. Costoro avevano bisogno di allungare la durata della vita facile che il paese concedeva loro. Ci devono essere spettacoli e film che nessuno vede, storie che nessuno legge, e istigatori intellettuali che sono esperti nell’oscurare la vita della gente. Ci deve essere una lotta fino all’ultimo respiro per mantenere in vita le idee rivoluzionarie che sono fallite dovunque sul pianeta, e ciò richiede l’eterna permanenza in vita del nemico … per continuare la lotta contro la transizione alla libertà politica ed economica.”


Note:
(1) Al-Hayat (Londra), 5 novembre 2003
(2) Si veda MEMRI Special Dispatch 593
(3) Queste voci comparvero in passato sui giornali egiziani.
    
(The Middle East Media Research Institute, dicembre 2003)




5. PAROLE E INTENZIONI DI ARIEL SHARON




Nella mente di Sharon

di Daniel Pipes


In un popolare discorso della scorsa settimana, il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha apparentemente fatto una plateale inversione di marcia. Ma chissà come bisogna valutare questo cambiamento.

Sharon ha annunciato che alla road map, un piano americano che prevede che i negoziati tra Israele e i palestinesi portino a un accordo, non rimangono che "alcuni mesi" di vita. Se "i palestinesi continueranno ancora a non assolvere il loro compito nell'ambito della realizzazione della road map," ha ammonito il Primo Ministro, "Israele comincerà a provvedere alla sicurezza unilaterale annullando gli impegni coi palestinesi".

Questo "Piano di Disimpegno," egli ha spiegato, includerà "il re-dislocamento dell'esercito israeliano lungo nuove linee di sicurezza e un mutamento nella distribuzione degli insediamenti" per ridurre il numero degli israeliani che vivono in mezzo ai palestinesi. La sicurezza verrà garantita "dall'esercito israeliano, da recinzioni e da altri ostacoli fisici".

Probabilmente l'elemento più sorprendente di questo discorso – giacché è fortemente in contrasto con le idee di lunga data di Sharon – è stata la dichiarazione riguardo i civili israeliani che vivono in Cisgiordania e a Gaza: "Non vi sarà alcuna linea di costruzione oltre a quella già esistente, né espropriazioni di terre o speciali incentivi economici, e non si provvederà nemmeno a costruire nuovi insediamenti".

Sebbene sia stato presentato con cura, in modo energico e perfino un po' bellicoso, il Piano di Disimpegno manda tre messaggi disfattisti:

*


Il terrorismo palestinese funziona. Nonostante proseguano gli atti e i tentativi di violenza ai danni degli israeliani (24 attacchi suicidi sono stati sventati solo dal 24 ottobre 2003), il piano soddisfa alcune esigenze fondamentali per i palestinesi: maggiori territori controllati dall'Autorità Palestinese, la rimozione dei blocchi stradali a protezione degli israeliani e lo smantellamento di alcune abitazioni ebraiche in Cisgiordania e a Gaza. Sharon sembra essere fiducioso che le concessioni rabboniranno la bestia.

*


Israele è in ritirata. Sharon ha presentato il suo piano come fosse un ultimatum per i palestinesi, ma, per quanto sia stato fattivamente celato, il suo contenuto è una capitolazione. Secondo Ziad Abu Amr, uno studioso e politico palestinese, sebbene i palestinesi radicali assistano al dibattito in Israele, illustrino e si rendano conto delle concessioni che sono state loro offerte, "non ritengono che si tratti di un favore da parte del governo Sharon, ma lo considerano una conseguenza della loro lotta".

*


Gli israeliani hanno paura. Gli ostacoli passivi – i muri, i blocchi stradali, le zone demilitarizzate, etc. – posseggono l'utilità tattica di ridurre gli incidenti e di delimitare il territorio. Ma a livello strategico sono inutili; incapaci di risolvere il conflitto israelo-palestinese. Nessuna recinzione, per quanto alta possa essere, per quanto scavata in profondità, elettrificata e monitorata, è in grado di vincere una guerra. Al contrario, costruire un muro implica rannicchiarsi dietro di esso, nella speranza che il nemico non colpisca. E il ripararsi è indice per i palestinesi del trovarsi in una posizione di vantaggio e che Israele è sulla difensiva.

Valutato per quello che sembra, il discorso di Sharon equivale a un errore di primaria importanza; la sua linea politica disfattista ha avuto effetto, spronando i palestinesi a una maggiore violenza e ritardando in tal modo la risoluzione del conflitto arabo-israeliano.

Ma ciò significa valutare questo discorso come veritiero. Consideratemi scettico riguardo a ciò che Sharon voglia realmente dire, dal momento che questo contraddice duramente le sue idee risapute, ad esempio, sulla necessità di Israele di avere il controllo della Cisgiordania. (Nel 1998, quando era ministro degli esteri, spinse gli israeliani a "conquistare ancora più colline, a estendere il territorio. Ogni cosa conquistata, rimarrà nelle nostre mani. Ogni cosa che non conquistiamo rimarrà nelle loro mani"). Il discorso della scorsa settimana sembra riflettere gli imperativi momentanei, e non gli obiettivi di lungo termine.

Il che rivela che Sharon, da Primo Ministro, ha una duplice audience: i palestinesi che egli vuole convincere del fatto che la violenza ai danni degli israeliani è controproducente e si serve di dure rappresaglie contro il terrorismo per ottenere questo; il pubblico israeliano e il presidente Bush con cui vuole essere in buoni rapporti, dando dimostrazione di essere diplomatico.

Non è stato semplice mantenere al contempo questa duplice linea di condotta più o meno contraddittoria: Sharon ci è riuscito tramite una performance virtuosa di azioni ben ponderate, combinate a concessioni modificabili.

Non pretendo di sapere che cosa passi nella mente del Primo Ministro – e lui non me lo dice – ma ho il sospetto che il discorso della scorsa settimana equivalga ancora a un'altra concessione, stavolta rivolta a un pubblico israeliano che esige qualcosa di più attivo e di più immediato della penosamente annosa politica di deterrenza. Sharon, un accorto politico che sa quando deve piegarsi, ha delineato un piano che penso abbia poca voglia di realizzare.

(New York Sun, 23 dicembre 2003)




6. UN MILIONE DI TURISTI IN ISRAELE, MOLTI I PELLEGRINI CRISTIANI




Il milionesimo turista del 2003 e' giunto in Israele mercoledi' all'aeroporto internazionale Ben-Gurion su un volo Continental Airlines dal New Jersey, accolto dal ministro israeliano per il turismo Binyamin Elon con una breve cerimonia per l'accensione della quarta candela delle feste di Hannukkah.
    Per la fine dell'anno si prevede che saranno giunti in Israele 1.050.000 turisti, pari a un aumento del 22% rispetto agli 862.000 turisti dell'anno 2002. Nell'anno 2000, prima dello scoppio dell'ondata di terrorismo palestinese, Israele aveva ospitato 2,7 milioni di turisti.
    Secondo Rafi Ben-Hur, alto funzionario del ministero del turismo, quest'anno i turisti che hanno visitato Israele sono stati soprattutto pellegrini evangelici, ebrei e, piu' di recente, pellegrini cattolici. In termini economici, ogni centomila turisti si traducono in 4.000 posti di lavoro, dei quali circa mille negli hotel. L'aumento di 200.000 turisti previsto per la fine di quest'anno significhera' un incremento di circa 400 milioni di dollari del Pil israeliano.
    Oggi in Israele vivono circa 142.000 cristiani, pari al 2,1% della popolazione totale. Lo riferisce l'Ufficio Centrale di Statistica israeliano in occasione del Natale 2003. La maggior parte dei cristiani israeliani (115.400) sono arabi, e per il 98% vivono nei centri urbani. La maggioranza di loro (84.000) vive nel nord del paese, 20.000 di essi nella citta' di Nazareth. Piu' di 14.000 sono i cristiani che vivono a Gerusalemme, 16.500 a Haifa, 8.000 a Shfaram.
    Nel frattempo, l'Autorita' israeliana per le Antichita' ha dato notizia del rinvenimento di una serie di manufatti di piu' di duemila anni fa, risalenti al periodo Asmoneo del Secondo Tempio. I reperti - tra cui i resti di un mikve' (bagno rituale ebraico), utensili di bronzo e altri metalli, monete, candele e un recipiente di pietra per olio decorato con shofar (corni rituali ebraici) - sono stati rinvenuti durante scavi archeologici in corso poco fuori il lato meridionale delle mura della Citta' Vecchia. Eli Shukrun, che dirige gli scavi iniziati sei mesi fa, ha detto che sussistono speranze di trovare la continuazione del tracciato della strada erodiana che correva vicino al Muro Occidentale (detto del Pianto). All'epoca del Secondo Tempio, l'epoca in cui visse Gesu' di Nazareth, questa area si trovava all'interno delle mura di Gerusalemme. Tutta quest'area e' destinata a diventare un parco archeologico attorno alle mura della Citta' Vecchia.
    
(israele.net, 25.12.03 - dalla stampa israeliana)




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