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Notizie su Israele 236 - 23 aprile 2004

1. Ecclesiastico protestante vieta una conferenza su Israele
2. Abbandona l'Islam e diventa cristiano evangelico
3. Il piano di disimpegno di Sharon
4. Contrasti tra ebrei ortodossi ed ebrei messianici
5. Per un memoriale della Shoah alla stazione di Milano
6. Uccidere israeliani non giova ai palestinesi
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Osea 3:4-5. I figli d’Israele staranno per parecchio tempo senza re, senza capo, senza sacrificio e senza statua, senza efod e senza idoli domestici. Poi i figli d’Israele torneranno a cercare il Signore, loro Dio, e Davide, loro re, e ricorreranno tremanti al Signore e alla sua bontà, negli ultimi giorni.
1. ECCLESIASTICO PROTESTANTE VIETA UNA CONFERENZA SU ISRAELE




BADEN-BADEN - A Johannes Gerloff, teologo e giornalista tedesco che lavora con l'associazione dei media cristiani KEP, con sede in Gerusalemme, non è stato consentito di parlare nella chiesa
Johannes Gerloff
protestante di Baden-Baden. Così ha deciso il decano della circoscrizione ecclesiastica di Baden-Baden [tradizionale protestantesimo storico di Stato], Sieghard Schaupp in accordo con i parroci protestanti locali.
La conferenza su Israele di Gerloff, programmata per 1° maggio nella chiesa protestante di Baden-Baden, è stata inaspettatamente impedita dalla comunità ecclesiastica locale con una lettera inviata all'organizzazione della manifestazione. Come motivazione del rifiuto, il decano Sieghard Schaupp si è richiamato a una recensione su internet in cui il libro di Gerloff "Insediamenti ebraici - crimini di guerra o compimento di profezie bibliche?", viene massicciamente criticato e considerato "non obiettivo e non equilibrato".
I tentativi di Gerloff di chiarire differenze e pregiudizi non hanno avuto successo, riferisce il KEP. Davanti alla richiesta di Gerloff, il decanato di Baden-Baden ha dichiarato di non aver nessun interesse ad un colloquio.
    "Il decano si richiama ad un'unica opinione espressa su Johannes Gerloff, che tra l'altro è piena di obiettivi errori e non è informata sul lavoro dell'associazione dei media cristiani", ha detto Wolfgang Baake, direttore amministrativo del KEP e di Israelnetz. Baake vede nel comportamento di Schaupp un tentativo senza precedenti di chiudere la bocca a un giornalista.
    Il tema annunciato da Gerloff "L'Israele attuale. Punto caldo del Medio Oriente. Informazioni di prima mano", sarà da lui esposto in una sala di una casa di cura di Baden-Baden.
    
(ICEJ-Nachrichten, 20.04.2004)




2. ABBANDONA L'ISLAM E DIVENTA CRISTIANO EVANGELICO




Da terrorista palestinese a cristiano sionista
    
di Michael Freund
    
    Un ex terrorista palestinese, che aveva preso parte ad attacchi contro gli israeliani nella metà degli anni ’70, è diventato ora un attivista cristiano a favore di Israele negli Stati uniti, come parte del suo processo di “pentimento” per le azioni passate.
    “Il mio primo obiettivo è dare forza al popolo ebraico, dare incoraggiamento, liberarli dall’idea di creare uno stato palestinese”, ha dichiarato Walid Shoebat durante un’intervista telefonica al Jerusalem Post dalla sua casa nella West Coast. “Sono cambiato. Ora sono sionista. Mi lego al Dio di Israele”, ha dichiarato.
    Shoebat, che è nato nel 1960 da padre palestinese musulmano e madre americana cristiana, ha ricevuto un’educazione musulmana ed ha trascorso gran parte della sua giovinezza nel villaggio di Beit Sahur, fuori da Betlemme, e più tardi a Gerico. Da bambino, a scuola, gli è stato insegnato ad odiare gli ebrei.
    “Ricordo che a scuola cantavo: “Gli arabi sono i beneamati, gli ebrei sono cani”. Ci veniva insegnato che gli ebrei sono discendenti delle scimmie e dei maiali”, ricorda.
    Come risultato della sua educazione, Shoebat credeva anche che l’Olocausto non fosse mai avvenuto. “Guardavo le trasmissioni sull’Olocausto alla TV israeliana durante lo Yom HaShoah (celebrazione nazionale dell’Olocausto, si tiene in Israele il 19 aprile, n.d.T.) ridendo e mangiando popcorn, perché non credevo fosse davvero accaduto. Pensavo fosse un falso. Mi chiedevo dove avessero preso quegli attori così magri per interpretare le vittime”, dice ora con rincrescimento.
    Dopo poco tempo Shoebat iniziò a prendere parte ad attività anti israeliane, esercitandosi nell’attaccare gruppi di dimostranti. “Quando ero un ragazzo, ero coinvolto in diverse risse e proteste, in particolare tra i 14 e i 18 anni. Gettavo pietre ai rabbini che pregavano al Muro del Pianto e protestavo sul Monte del Tempio”. Dopo essere stato inserito in un gruppo terrorista, Shoebat acconsentì a prendere parte al suo primo attacco. “Mi hanno affidato una pagnotta piena di esplosivo, e la mia missione era di distruggere la filiale della Banca Leumi a Betlemme.”
    Ma quando arrivò sul posto, vide un gruppo di bambini che giocavano lì fuori ed ebbe dei ripensamenti.” Tirai la bomba sul tetto della banca. Scappai via, e poi udii l’esplosione. Mi scioccò enormemente.”
    La seconda azione terroristica avvenne nel 1970, quando Shoebat ed alcuni amici picchiarono un soldato israeliano quasi a morte, a Betlemme. Presero il soldato mentre stava rincorrendo un ragazzino che lanciava pietre. “Noi lo afferrammo, lo picchiammo con un bastone, e lui cominciò a sanguinare copiosamente. Lo abbiamo quasi ucciso”, dice Shoebat con la voce tremante per l’emozione dei ricordi. “Aveva un manganello in mano , l'ha usato e in qualche modo è riuscito a scappare”.
    Shoebat in seguito fu arrestato per altri reati ed è stato in prigione in Israele per alcuni mesi. A 18 anni si è trasferito negli Stati Uniti, dove è diventato un attivista a favore della Palestina a Chicago, e raccoglieva fondi per l’OLP.
    Ma nel 1993, dopo aver sposato una donna cattolica che aveva cercato di convertire all’Islam, la sua vita prese una piega inaspettata. Quando sua moglie insistette affinché lui provasse le sue affermazioni sul fatto che gli ebrei avessero distorto le parole della Scrittura e dei profeti, Shoebat comprò una Bibbia e si mise a leggerla.
    L’esperienza, riferisce, gli aprì gli occhi, portandolo ad abbandonare l’Islam e a diventare cristiano evangelico.
    “I musulmani dicono di credere nei profeti, quali Mosè e Davide, ma non sanno che cosa dicono realmente. L’unico modo per saperlo è leggere la Bibbia”, asserisce. Quando la sua famiglia seppe della sua conversione, fu ripudiato e minacciato di morte, e Shoebat è sicuro che l’OLP stia attualmente progettando la sua esecuzione.
    Nonostante tutto, è determinato a fare ammenda per il suo passato.”Cerco di essere perdonato per quello che ho fatto. Il mio unico sogno era quello di distruggere il popolo ebraico e lo Stato di Israele.”
    Ora invece dice: “Voglio lottare per Israele da entrambe le prospettive, quella teologica e quella politica. Israele non deve essere mai diviso”, insiste. Aggiunge poi: ”Sono molto sionista. Credo che il Sionismo sia il processo che riporta gli ebrei nella loro terra. Mi definisco un cristiano sionista”. Shoebat ha cominciato a tenere delle conferenze nel Nord America, chiedendo a tutti di appoggiare Israele ed il suo possesso della Giudea, di Samaria e della striscia di Gaza, e rifiuta categoricamente l’idea di uno stato palestinese.
    “Prego affinché continui l’”occupazione” di Israele, così da poter avere pace. Se ci uniamo ad Israele e diciamo di voler essere parte di un Israele più grande, potremmo essere un grande popolo. I palestinesi potrebbero essere il più grande popolo del Medio Oriente.”.
    Ma perché questo accada , afferma Shoebat, devono esserci dei cambiamenti fondamentali nella società palestinese, dato che una intera generazione di giovani palestinesi è stata educata ad odiare gli ebrei. “L’occupazione vera non è quella di Israele che starebbe usurpando la terra agli arabi. La vera occupazione è quella delle menti dei palestinesi, ai quali viene insegnato ad odiare gli ebrei.”
    “Il mio obiettivo è quello di tornare in Israele e vivere lì, ed avere un programma di ripristino della libertà mentale dei palestinesi, insegnare loro a pensare di nuovo.”
    Afferma che questo è essenziale affinché vi sia pace nella regione.
    “Il popolo ebraico non parla quanto dovrebbe, così lo farò io”, dichiara. ”Israele è uno stato piccolo, e gli stati arabi sono dei giganti. Nonostante ciò - conclude- se i sionisti resistono, vinceranno. Sono sicuro che vinceremo.”

(trad. di F .Dragani, www.uncuoreperisraele.net)

(Jerusalem Post, 13 febbraio 2004)




3. IL PIANO DI DISIMPEGNO DI SHARON




Questo il testo completo del piano di disimpegno dalla striscia di Gaza e da una parte della Cisgiordania comunicato alla stampa il 18 aprile 2004.
    

1. Linee generali

    Israele e' impegnato per il processo di pace e aspira ad arrivare a una soluzione concordata del conflitto sulla base del principio "due stati per due popoli", lo stato di Israele come stato del popolo ebraico e uno stato palestinese come stato del popolo palestinese, nel quadro dell'attuazione della prospettiva indicata dal presidente Bush [nel discorso del 24 giugno 2002].
    Israele si preoccupa di far progredire e di migliorare la situazione attuale. Israele e' giunto alla conclusione che attualmente non esiste un interlocutore palestinese affidabile con cui possa fare progressi nel processo di pace bilaterale. Di conseguenza, Israele ha sviluppato un piano di disimpegno unilaterale basato sulle seguenti considerazioni:
    I. Lo stallo imposto dalla situazione attuale e' dannoso. Per uscire dallo stallo, Israele deve avviare iniziative indipendenti dalla cooperazione palestinese.
    II. Il piano condurra' a un miglioramento delle condizioni di sicurezza, perlomeno a lungo termine.
    III. Il concetto secondo cui qualunque futura composizione definita non prevedera' citta' o villaggi israeliani nella striscia di Gaza. D'altra parte, e' chiaro che in Cisgiordania vi sono zone che faranno parte dello stato di Israele, comprese citta', cittadine e villaggi, aree e installazioni di sicurezza e altri luoghi di interesse particolare per Israele.
    IV. Il trasferimento dalla striscia di Gaza e dalla Samaria settentrionale (come indicato nella mappa) ridurra' le frizioni con la popolazione palestinese e comportera' un potenziale miglioramento dell'economia e delle condizioni di vita palestinesi.
    V. La speranza e' che i palestinesi colgano l'occasione creata dal disimpegno per interrompere la spirale di violenze e tornare a impegnarsi nel processo negoziale.
    VI. Il processo di disimpegno servira' a cancellare attribuzioni di responsabilita' a Israele per i palestinesi nella striscia di Gaza.
    VII. Il processo di disimpegno non pregiudica gli accordi israelo-palestinesi. Le intese pertinenti continueranno a essere applicate.
    VIII. Quando la parte palestinese dimostrera' la volonta', la capacita' e l'attuazione in concreto della lotta contro il terrorismo e delle riforme istituzionali previste dalla Road Map, allora sara' possibile tornare al dialogo e al tavolo negoziale.


2. Elementi principali

I. Striscia di Gaza
    1) Israele sgombrera' la striscia di Gaza, comprese tutte le cittadine e i villaggi israeliani che vi esistono, e si riposizionera' al di fuori della striscia di Gaza.Cio' non comprende il dispiegamento militare nell'area di confine tra la striscia di Gaza e l'Egitto (la "Philadelphi Route"), come specificato piu' oltre.
    2) Una volta completato questo processo, non vi sara' piu' alcuna presenza permanente di civili o di forze di sicurezza israeliane nelle parti di territorio della striscia di Gaza che saranno state sgomberate.
    3) Di conseguenza non vi sara' piu' fondamento per sostenere che la striscia di Gaza e' territorio occupato.
    
II. Cisgiordania
    1) Israele sgomberera' un'Area Settentrionale della Samaria (vedi mappa), compresi quattro villaggi e tutte le installazioni militari, e di riposizionera' al di fuori dell'area sgomberata.
    2) Una volta completato questo processo, non vi sara' piu' alcuna presenza permanente di civili o di forze di sicurezza israeliane nell'Area Settentrionale della Samaria.
    3) La manovra permettera' la continuita' territoriale per i palestinesi nell'Area Settentrionale della Samaria.
    4) Israele migliorera' le infrastrutture dei trasporti in Cisgiordania al fine di agevolare la continuita' dei trasporti palestinesi.
    5) Il processo agevolera' le attivita' economiche e commerciali palestinesi in Cisgiordania.
    6) Barriera di sicurezza: Israele continuera' a costruire la barriera di sicurezza, in conformita' con le pertinenti decisioni del governo.Il tracciato terra' conto di considerazioni umanitarie.

    
3. Situazione della sicurezza dopo il disimpegno

I. Striscia di Gaza
    1) Israele custodira' e monitorera' il perimetro di territorio esterno alla striscia di Gaza, continuera' a mantenere esclusiva autorita' sullo spazio aereo di Gaza e continuera' ad esercitare attivita' di sicurezza nel mare di fronte alla costa della striscia di Gaza.
    2) La striscia di Gaza sara' smilitarizzata e priva di armamenti la cui presenza non sia conforme agli accordi israelo-palestinesi.
    3) Israele si riserva il proprio inalienabile diritto all'autodifesa, sia preventiva che reattiva, compreso quando necessario l'uso della forza a fronte di minacce provenienti dalla striscia di Gaza.
II. Cisgiordania
    1) Una volta completato lo sgombero dall'Area Settentrionale della Samaria, non restera' alcuna presenza militare israeliana permanente nell'area.
    2) Israele si riserva il proprio inalienabile diritto all'autodifesa, sia preventiva che reattiva, compreso quando necessario l'uso della forza a fronte di minacce provenienti dall'Area Settentrionale della Samaria.
    3) In altre aree della Cisgiordania continueranno le attuali attivita' di sicurezza. Comunque, circostanze permettendo, Israele prendera' in considerazione la riduzione di tali attività nelle citta' palestinesi.
    4) Israele operera' per ridurre il numero di posti di blocco all'interno della Cisgiordania.


4. Installazioni militari e infrastrutture nella striscia di Gaza e nell'Area Settentrionale della Samaria

In generale saranno smantellate e rimosse, ad eccezione di quelle che Israele decidera' di lasciare e trasferire ad un altro soggetto.


5. Assistenza ai palestinesi sulla sicurezza

Israele concorda che, in coordinazione con esso, vengano forniti consulenza, aiuto e addestramento alle forze di sicurezza palestinesi per l'adempimento del loro compito di combattere il terrorismo e mantenere l'ordine pubblico, ad opera di esperti americani, britannici, egiziani, giordani o altri, in accordo con Israele. Nessuna forza di sicurezza straniera puo' entrare nella striscia di Gaza o in Cisgiordania senza coordinamento e approvazione d'Israele.


6. L'area di confine fra striscia di Gaza ed Egitto (Philadelphi Route)

    Inizialmente Israele continuera' a mantenere una presenza militare lungo il conflitto tra striscia di Gaza ed Egitto (Philadelphi route). Questa presenza e' una necessita' di sicurezza essenziale. In certi luoghi, considerazioni di sicurezza possono richiedere un ampliamento dell'area in cui viene condotta l'attivita' militare.
    Successivamente verra' preso in considerazione lo sgombero da quest'area. Lo sgombero dall'area dipendera', fra l'altro, dalla situazione di sicurezza e dal grado di cooperazione con l'Egitto nel creare un accomodamento alternativo affidabile.
    Se e quando le condizioni permetteranno lo sgombero da quest'area, Israele sara' disposto a considerare la possibilita' di istituire un porto marittimo e un aeroporto nella striscia di Gaza, in conformita' con intese da concordare con Israele.


7. Citta' e villaggi Israeliani

    Israele si sforzera' di lasciare intatti beni immobili relativi a cittadine e villaggi israeliani. Il trasferimento di attivita' economiche israeliane ai palestinesi comporta una potenzialita' di significativo miglioramento dell'economia palestinese. Israele propone che venga istituito un ente internazionale (sulla falsariga dell'AHLC) che, con l'accordo di Stati Uniti e Israele, ricevera' da Israele il possesso di proprieta' che resteranno in loco e stimera' il valore di tali beni.
    Israele si riserva il diritto di richiedere che si tenga conto del valore economico dei beni lasciati nelle aree sgomberate.


8. Infrastrutture civili e intese

    Infrastrutture relative ad acqua, elettricita', scarichi e telecomunicazioni che servono i palestinesi resteranno al loro posto. Israele si sforzera' di lasciare al loro posto le infrastrutture relative ad acqua, elettricita' e scarichi che attualmente servono cittadine e villaggi israeliani. In generale, Israele permettera' la continuazione delle forniture di elettricita', acqua, gas e benzina ai palestinesi, in conformita' con le attuali intese. Resteranno in vigore altre intese oggi in atto, come quelle relative alle sfere idrica ed elettromagnetica.


9. Attivita' delle organizzazioni internazionali

    Israele riconosce la grande importanza della continua attivita' delle organizzazioni internazionali che assistono la popolazione palestinese. Israele coordinera' delle intese con queste organizzazioni per facilitare tali attivita'.


10. Intese economiche

    In generale, le intese economiche attualmente in atto tra Israele e i palestinesi resteranno nel frattempo in vigore. Tali intese comprendono, fra l'altro:
    I. l'ingresso di lavoratori in Israele in conformita' ai criteri esistenti
    II. l'ingresso e l'uscita di beni tra striscia di Gaza, Cisgiordania, Israele e l'estero
    III. il regime monetario
    IV. intese su tasse e dogane
    V. intese su poste e telecomunicazioni.
    A lungo termine, in linea con l'interesse che ha Israele nell'incoraggiare una maggiora indipendenza economica palestinese, Israele conta di ridurre il numero di lavoratori palestinesi che entrano in Israele. Israele appoggia lo sviluppo di fonti di impiego nella striscia di Gaza e nelle aree palestinesi della Cisgiordania.


11. Zona industriale di Erez

    La zona industriale di Erez, situata nella striscia di Gaza, da' lavoro

prosegue ->
a circa 4.000 lavoratori palestinesi. La continua operativita' della zona e' prima di tutto un chiaro interesse palestinese. Israele considerera' la continuazione dell'operativita' della zona sulle basi attuali, a due condizioni:
    I. l'esistenza di appropriate intese sulla sicurezza
    II. l'esplicito riconoscimento da parte della comunita' internazionale che la continua operativita' della zona sulle basi attuali non verra' considerata come continuazione del controllo d'Israele sull'area.
    In alternativa, la zona industriale verra' trasferita alla responsabilita' di un ente palestinese o internazionale concordato.
    Israele cerchera' di esaminare, insieme all'Egitto, la possibilita' di creare un'area industriale congiunta nella zona tra la striscia di Gaza, l'Egitto e Israele.


12. Passaggi internazionali

    I. Il passaggio internazionale tra striscia di Gaza e Egitto
    1) Continuera' l'accomodamento attuale
    2) Israele e' interessato a spostare il passaggio nella zona "dei tre confini", approssimativamente due chilometri a sud dell'attuale collocazione. Cio' va attuato in coordinamento con l'Egitto. Tale mossa permetterebbe di estendere le ore di operativita' del passaggio.
    II. I passaggi internazionali tra Cisgiordania e Giordania: Continueranno gli accomodamenti attuali.


13. Il punto di passaggio di Erez

    La parte israeliana del punto di passaggio di Erez sara' spostata in un luogo all'interno di Israele secondo un calendario da stabilire separatamente.


14. Calendario

    Il processo di sgombero e' programmato per essere completato entro la fine del 2005. Gli stadi dello sgombero e il calendario dettagliato saranno resi noti agli Stati Uniti.


15. Conclusione

    Israele conta su un vasto sostegno al piano di disimpegno da parte della comunita' internazionale. Questo sostegno e' essenziale al fine di portare i palestinesi a rispettare nel concreto il loro dovere di combattere il terrorismo e attuare le riforme, permettendo cosi' alle parti di tornare al tavolo negoziale.

     Impegni degli Usa come parte del piano di disimpegno

1. Il 14 aprile con una lettera presidenziale gli Stati Uniti si sono assunti i seguenti impegni:
    - Mantenere il principio fondamentale del governo secondo cui nessun processo politico con i palestinesi avra' luogo prima dello smantellamento delle organizzazioni terroristiche, come previsto dalla Road Map.
    - Impegno americano che non verra' esercitata alcuna pressione politica su Israele affinche' adotti altri piani oltre alla Road Map e che non vi saranno negoziati politici con i palestinesi finche' non rispetteranno i loro impegni sulla base della Road Map (piena cessazione di terrorismo, violenza e istigazione; smantellamento delle organizzazioni; cambio di leadership e attuazione di riforme complessive nell'Autorita' Palestinese).
    - Inequivocabile riconoscimento americano del diritto di Israele a confini sicuri e riconosciuti, che siano confini difendibili.
    - Riconoscimento americano del diritto di Israele a difendersi, da se' e ovunque, e salvaguardia del suo potere deterrente contro ogni minaccia.
    - Riconoscimento americano del diritto di Israele di difendersi da attivita' terroristiche e organizzazioni terroristiche dovunque siano, comprese le aree da cui Israele si sara' ritirato. - Inequivocabile posizione americana circa i profughi, secondo cui non vi sara' ritorno di profughi in Israele.
    - Posizione americana secondo cui non vi sara' ritorno alle linee del 1967 sulla base di due considerazioni principali: importanti centri di popolazione israeliana e attuazione del criterio confini difendibili.
    - Posizione americana secondo cui importanti centri di popolazione israeliana saranno in ogni caso parte di Israele. Tutte le restanti aree di Giudea e Samaria saranno soggette a negoziato.
    - Gli Stati Uniti pongono chiare condizioni per la creazione di un futuro stato palestinese e dichiarano che lo stato palestinese non sara' creato finche' le organizzazioni terroristiche non saranno smantellate, finche' la leadership non sara' sostituita e non saranno completate riforme complessive nell'Autorita' Palestinese.

2. Le lettere del presidente Bush al primo ministro israeliano e del primo ministro israeliano al presidente Bush costituiscono parte del complessivo piano di disimpegno. Queste intese con gli Stati Uniti saranno valide solo se il piano di disimpegno sara' approvato da Israele. Lo scambio di lettere tra il presidente Bush e il primo ministro israeliano, nonche' la lettera del capo ufficio del primo ministro al consigliere Usa per la sicurezza nazionale vengono allegate a questo piano e ne costituiscono parte integrante.

3. Secondo la Road Map adottata dal governo d'Israele, Israele si e' assunto un certo numero di impegni riguardo allo smantellamento di avamposti non autorizzati, limiti alla crescita degli insediamenti ecc. Nel quadro dei negoziati con gli americani, tutti i precedenti impegni d'Israele su tali questioni davanti all'amministrazione americana sono stati inclusi nella lettera del capo ufficio del primo ministro al consigliere Usa per la sicurezza nazionale.
    
(Ministero degli esteri israeliano, 18.04.04 - israele.net)






4. CONTRASTI TRA EBREI ORTODOSSI ED EBREI MESSIANICI




ARAD - Nella città di Arad, a ovest del Mar Morto, vivono da decenni degli ebrei che credono in Gesù. Adesso si sono verificati forti contrasti tra gli ultra-ortodossi (Haredim) e gli ebrei messianici.
    Secondo quello che riferisce il quotidiano "Yediot Aharonot" di domenica scorsa [18 aprile], venti famiglie appartengono alla comunità ebreo-messianica. Alcuni di loro vivono ad Arad da trent'anni. Gli Haredim riproverano loro di indurre i giovani a cambiare religione. Qualche giorno fa hanno dimostrato in un parco davanti alla casa di un'ebrea che è membra di una comunità messianica.
    Il rabbino capo ashkenazita di quella città, Ben-Zion Lipsker, ha invitato i "bugiardi" a lasciare la città. "Non vogliamo nessuna attività missionaria" e altre frasi simili erano scritte sugli striscioni.
    "Distribuiscono materiale di propaganda che invitano a cambiare religione", ha detto Rabbi Lipsker a "Yediot Aharonot". "Siamo decisamente contrari. Seducono i giovani ad avvicinarsi alla loro religione. Per questo si mimetizzano da ebrei. Se almeno portassero una croce al collo, si saprebbe che si tratta di cristiani".
    E ha aggiunto: "Non saremo mai d'accordo con un'attività missionaria tra gli ebrei nella nostra città. Quello che lo sceicco Ahmed Yassin voleva fare appendendo i nostri corpi, loro vogliono farlo con le nostre anime e le nostre vite".
    I membri della comunità messianica si sentono esposti ad una persecuzione da parte degli Haredim. "Noi lavoriamo e serviamo nell'esercito, e così i nostri figli", ha detto Jakim Pigras, uno dei responsabili della comunità. "La maggior parte di noi sono ebrei, ma la nostra fede è un po' diversa. La fede non si può imporla con la forza o venderla per denaro. Chi pensa diversamente, non ha ancora capito che cos'è la fede."

(Israelnetz Nachrichten, 19.04.2003)





5. PER UN MEMORIALE DELLA SHOA' ALLA STAZIONE DI MILANO




Dal sito "binario 21" riportiamo il testo della pagina iniziale.

Perché un memoriale
Milano Stazione Centrale, 1944
    
    Il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano una umanità dolente, composta di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età e condizione sociale, veniva caricata tra urla, percosse e latrati di cani su vagoni bestiame.
    All’alba di una livida domenica invernale più di 600 persone avevano attraversato la città svuotata partendo dal carcere di San Vittore su camion telati e avevano raggiunto i sotterranei della Stazione Centrale con accesso da via Ferrante Aporti.
    Tutti loro, braccati, incarcerati, detenuti per la sola colpa di esser nati ebrei partivano per ignota destinazione. Fu un viaggio di 7 giorni passati tra sofferenza e ansia
    I bambini da 1 a 14 anni erano più di 40, tra di loro Sissel Vogelmann di 8 anni e Liliana Segre di 13. La signora Esmeralda Dina di 88 anni era la più anziana.
    All’arrivo ad Auschwitz la successiva domenica 6 febbraio circa 500 fra loro vennero selezionati per la morte e furono gasati e bruciati dopo poche ore dall’arrivo.
    Dal binario 21 era già partito un convoglio con quasi 250 deportati il 6 dicembre del 1943, ne sarebbero partiti altri fino a maggio del 1944.
    
    Il binario 21 è ancora lì. Oggi in disuso e forse destinato ad essere soppiantato da un centro commerciale o da una discoteca.
    Per offrire a Milano e alle sue giovani generazioni un memoriale della Shoah e un centro multimediale per la prevenzione del pregiudizio, del razzismo e dell’antisemitismo è dunque nato un comitato composto da enti e professionisti che trasformeranno questo sotterraneo in un luogo di meditazione e di vita.
    Già centinaia di milanesi hanno firmato per la loro adesione a questa iniziativa che darà alla nostra città un luogo della Memoria alla Stazione Centrale.
    Aiutiamo i nostri più giovani concittadini a crescere in un mondo più solidale e libero dal pregiudizio.
    Contro gli orrori della storia recente, contro l’oblio, contro l’indifferenza, per un futuro migliore vi chiediamo di dare la vostra adesione alla raccolta di firme per il Memoriale della Shoah a Milano.
    



Dal Binario 21 facciamo partire un futuro migliore.

Per visitare il sito e firmare la petizione.





6. UCCIDERE ISRAELIANI NON GIOVA AI PALESTINESI




Gli effetti contrari del terrorismo anti-israeliano

di Daniel Pipes

    Il giorno dopo che le truppe israeliane hanno ucciso il loro secondo leader nel giro di un mese, l'organizzazione terroristica islamista Hamas, fa buon viso a cattiva sorte. Gli israeliani "sono dei sognatori" se pensano che così facendo indeboliscono Hamas, ha annunciato Ismail Haniyeh a una folla di oltre 70.000 partecipanti al funerale di Abdel Aziz Rantisi. "Ogni volta che muore un martire", ha asserito Haniyeh, "Hamas si rafforza".
    I palestinesi ricorrono da lungo tempo a questa specie di montatura e di esaltazione dei propri pregi. Ad esempio, nel maggio 2002, l'ultima volta che l'esercito israeliano ha recato un danno concreto alla macchina bellica palestinese, Khaled Meshaal di Hamas ha annunciato che la devastazione israeliana è stata in realtà "una vittoria palestinese che ha sollevato il morale della nostra gente". Per non essere da meno, Yasser Arafat, dell'Autorità Palestinese, in quell'occasione ha affermato: "Più rovina vedo, più forte divento".
    Può darsi che questi leader si stiano illudendo fingendo che la disfatta sia una vittoria, ma sempre più palestinesi si stanno rendendo conto dell'amara realtà di perdere la guerra. Il loro umore si è incupito dal febbraio 2001, quando il primo ministro Ariel Sharon arrivò al potere, deciso a dimostrare che la violenza contro Israele non è efficace.
    Le conseguenze hanno colpito a fondo la vita palestinese. Un residente di una città di 5.000 abitanti della Cisgiordania, ha raccontato al quotidiano londinese Times che la sua città è rimasta "isolata dal mondo, e perfino dagli altri villaggi. Il coprifuoco inizia ogni giorno alle ore 18.00 e le ronde israeliane passano quotidianamente a verificare che esso sia rispettato".
    Il prolungato isolamento ha portato a un considerevole declino economico. Recenti dati emessi dall'Autorità Palestinese mostrano che l'84% della popolazione palestinese vive in povertà: come precisato dalla Banca Mondiale, quattro volte tanto la percentuale di popolazione, prima che i palestinesi intensificassero la violenza alla fine del 2000. Gli abitanti dell'Autorità Palestinese sono 3.500.000 e la loro economia produce due miliardi e mezzo di dollari l'anno, con una media di reddito annuale pro capite di 700 $ (U.S.).
    Una ricerca condotta nel 2003 dalla Banca Mondiale ha stimato che gli investimenti nell'Autorità Palestinese sono diminuiti da un miliardo e mezzo di dollari, nel 1999, a 140 milioni di dollari, nel 2002. Nel 2003, le Nazioni Unite si sono accorte che i palestinesi si sono dedicati all'agricoltura - producendo da soli il loro cibo - invece di continuare a svolgere dei lavori sofisticati.
    Nel commentare la situazione, l'inviato speciale delle Nazioni Unite nella regione, Terje Roed-Larsen, definisce "distrutta" l'economia palestinese.
    (Detto questo, le condizioni non dovrebbero essere esagerate. Gli aiuti stranieri sono di 800 milioni di dollari l'anno, che portano il reddito pro capite annuale a quasi 1.000 $ - ovvero quasi uguale a quello della Siria e più alto di quello dell'India e di poco inferiore a quello di alcuni Paesi sub-sahariani. Pertanto i palestinesi non sono affatto la popolazione più povera del mondo.)
    Insomma, la dura linea politica di Sharon ha dimostrato che il terrorismo danneggia gli interessi palestinesi più di quanto leda quelli israeliani. Ciò ha indotto alcuni analisti, profondamente ostili a Israele, ad ammettere che la "seconda intifada" è stata un grave errore. La violenza "è per l'appunto andata in tilt", dice Sari Nusseibeh, rettore della Al-Quds University. Il giornalista Graham Usher la definisce "un disastro totale". "Un crimine ai danni del popolo palestinese", aggiunge un diplomatico arabo.
    Dopo l'esecuzione di Ahmed Yassin, l'altro leader di Hamas, avvenuta il mese scorso, sessanta palestinesi di primo piano hanno esortato alla moderazione in un'inserzione pubblicata su un quotidiano, sostenendo che gli atti di violenza provocherebbero delle dure reazioni da parte di Israele che ostruirebbero le aspirazioni a costruire una "Palestina indipendente". Piuttosto, i firmatari chiedono "una tranquilla e prudente intifada".
    Anche i palestinesi comuni sono arrivati alla conclusione che uccidere gli israeliani non reca loro alcun giovamento. "Abbiamo sprecato tre anni per niente, questa rivolta non ha portato a nulla", afferma il venticinquenne Mahar Tarhir, proprietario di un grande magazzino di alluminio. "Rabbia e disillusione hanno rimpiazzato lo spirito combattente che un tempo animava il movimento palestinese", dichiara Soraya Sarhaddi Nelson, un reporter di Knight Ridder.
    Per quanto riguarda gli israeliani, fin dal luglio 2003, gli alti vertici militari erano giunti alla conclusione che Israele stesse per ottenere la vittoria. In modo pungente, l'analista israeliano Asher Susser, in un numero arretrato del Middle East Quarterly, ha arguito che "è fallito" lo sforzo palestinese di spezzare lo spirito israeliano attraverso il terrorismo, e che il ricorrere alla forza "è stato un errore madornale, il peggiore che i palestinesi abbiano mai compiuto dal 1948".
    In tale contesto, eliminando celermente due capibanda di Hamas, di fila, aumentano le percezioni palestinesi di quanto sia forte la volontà di Israele di difendere se stesso, di quanto sia lungo il suo braccio militare, e di come il terrorismo sia sbagliato a livello tattico. Probabilmente altri palestinesi capiranno che è arrivato il momento di riconoscere l'esistenza dello Stato ebraico.

(New York Sun, 20 aprile 2004 - Archivio di Daniel Pipes)





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