<- precedente seguente --> pagina iniziale arretrati indice



Notizie su Israele 239 - 13 maggio 2004

1. Versione palestinese dei lavori forzati
2. Preghiera rabbinica contro il piano di Sharon
3. La minaccia dell'Islam «moderato»
4. Lo spirito di morte e violenza degli albori dell'Islam
5. L'educazione islamica impartita ai palestinesi
6. Truman minacciò Ben Gurion per la questione dei profughi
7 Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Ezechiele 20:33-37. Com’è vero che io vivo, dice DIO, il Signore, con mano forte, con braccio disteso, con furore scatenato, io regnerò su di voi! Vi condurrò fuori dai popoli, vi raccoglierò dai paesi dove sarete stati dispersi, con mano forte, con braccio disteso e con furore scatenato; vi condurrò nel deserto dei popoli e verrò in giudizio con voi a faccia a faccia; come venni in giudizio con i vostri padri nel deserto del paese d’Egitto, così verrò in giudizio con voi, dice DIO, il Signore; vi farò passare sotto la verga e vi rimetterò nei vincoli del patto.

1. VERSIONE PALESTINESE DEI LAVORI FORZATI




Se i responsabili palestinesi delle organizzazioni terroristiche non esitano a usare dei ragazzi per trasformarli in bombe umane all'interno d'Israele, c'è da meravigliarsi se li si vede sfruttare degli adolescenti affamati per scavare i tunnel a Rafiah che servono al contrabbando di armi dall'Egitto?
    Molto spesso in missione in questa città del sud della striscia di Gaza confinante con l'Egitto, i soldati di Tsahal si sforzano di scoprire quelle lunghe gallerie sotterranee che passano sotto la frontiera e servono a trasportare armi dall'Egitto. Interessandosi più da vicino alla questione dopo aver sorpreso all'opera dei palestinesi che poi si sono arresi, hanno fatto recentemente due scoperte importanti: il materiale utilizzato è dei più perfezionati e le "talpe" laboriose che scavano giorno dopo giorno queste gallerie sono spesso degli adolescenti che vivono nella più grande miseria.
    I capi di Tsahal hanno riconosciuto che queste catture fatte dai soldati sono una fonte molto importante di informazioni sui metodi utilizzati dai palestinesi per costruire i loro tunnel. "Molto spesso sono giovani di 17 anni, messi sotto la sorveglianza di un uomo di Fatah, che scavano per cinque ore di seguito, mangiando e dormendo sul posto, senza vedere il giorno in cui possono terminare il lavoro", ha testimoniato un responsabile militare sul sito internet di Ma´ariv.
    Un'altra versione dei metodi palestinesi... Si troverà un'organizzazione internazionale o un media straniero che si decida a denunciare queste pratiche? I bulldozer di Tsahal che distruggono i tunnel sembrano indignare più l'opinione pubblica internazionale dell'utilizzo di ragazzi e adolescenti in azioni terroristiche.
    
(Aroutz 7, 11.05.2004)





2. PREGHIERA RABBINICA CONTRO IL PIANO DI SHARON




GERUSALEMME - Il piano di ritiro unilaterale del Primo Ministro israeliano Ariel Sharon viene variamente considerato dalla popolazione israeliana. Adesso l'ex deputato della Knesset, Rav Hanan Porat, ha scritto una preghiera in cui chiede aiuto a Dio per i coloni.
    "La preghiera deve far nascere nei nostri cuori la consapevolezza che la battaglia per gli insediamenti non è solo politica e non riguarda soltanto la sicurezza", ha detto Porat al quotidiano "Yediot Aharonot". "E' una battaglia spirituale che riguarda i santi della nazione e i fondamenti della nostra fede. Chi muove la sua mano per sradicare insediamenti dalla loro terra, colpisce non solo i coloni, ma anche l'eredità ebraica e la preghiera di generazioni."
    Il rabbino, che fino al 1999 ha rappresentato il Partito Nazionale Religioso e l'Unione Nazionale nella Knesset, ha criticato Benyamin Netanyahu e il Ministro (donna) dell'Educazione Limor Livnat. I due, dopo diversi giorni di riflessione, hanno approvato il piano di sgombero.
    "Peccato per loro", ha detto Porat. "Hanno fallito. Livnat ha dimostrato di essere di pasta frolla. Mi dispiace molto per il ministro Livnat, per il suo pensiero non ebraico e non sionistico. Netanyahu è stato sempre una banderuola. Ma può ancora succedere che l'opinione pubblica dal basso dica qualcosa di diverso. Niente è ancora deciso."
    Il sessantenne rabbino ha invitato gli israeliani a recitare la sua preghiera e a diffonderla nelle sinagoghe. "Io credo nella forza della preghiera", ha detto il rabbino.
    Il testo della preghiera:
    "Padre nostro in cielo, roccia e redentore d'Israele, benedici i tuoi diletti figli che risiedono nel tuo santo paese ed edificano la loro terra, dal Negev fino al Golan e dal Giordano fino al mare, e tra questi anche i tuoi cari figli che si mantengono fedeli e costanti in Giudea, Samaria e nella striscia di Gaza.
    Padre nostro, nostro Re che riconduci il tuo popolo e riporti i figli nel loro paese! Ti preghiamo, fortifica il loro spirito e incoraggia il loro cuore affinché possano restare saldi di fronte ai nostri nemici che vengono contro di noi e attentano alla nostra vita. E anche quelli che hanno intenzioni cattive nei loro riguardi e vogliono allontanarli dalla loro terra. Distruggi presto i loro piani e maledici i loro progetti, affinché i tuoi amici siano salvati e possano abitare con sicurezza il loro paese.
    Signore del mondo, fa' sapere che nel tuo mondo ci sono persone che tu ami. E mantieni a noi quello che hai promesso attraverso il tuo profeta Amos: 'Io li pianterò nella loro terra e non saranno mai più sradicati dalla loro terra' (Amos 9:15) ora e sempre".

(Israelnetz Nachrichten, 19.04.2004)





3. LA MINACCIA DELL'ISLAM «MODERATO»




Odio sorridente

di Bob Westbrook
    
    Ancora una volta, il mondo viene sfidato dall’odio verso gli ebrei da parte di un nemico potente. La comunità islamica mondiale è eccezionalmente unita nel suo odio verso il popolo ebraico ed Israele. Cosa possiamo imparare dalla storia su tale minaccia?
    Pensare alla barbarie dell’Olocausto pone molte domande e perplessità sul comportamento della cosiddetta “gente normale”. E’ la prova di come l’umanità sia capace di compiere mostruosità su larga scala. Ma non sono stati dei mostri a commettere queste atrocità. E’ stata la gente comune.
    L’incongruità di coloro che infliggevano indescrivibili sofferenze, senza alcuna pietà, durante il giorno, e poi tornavano a casa la sera ad abbracciare i propri figli, dimostra la capacità umana di dividere il male in compartimenti stagni. Quando le ideologie malvage giustificano le atrocità, i vicini sorridenti possono tranquillamente razionalizzare la brutalità e l’odio.
    Ci vuole una grande ideologia di superiorità per giustificare gli omicidi di massa. Se l’obiettivo è glorioso, tutti i metodi per ottenerlo sono accettabili. Tali ideologie non sono stranezze nella storia. Una di esse esiste al giorno d’oggi. Abbastanza stranamente, o forse no, gli ebrei sono l’obiettivo primario – anche se non l’unico- anche questa volta.
    L’omicidio di massa inizia con l’odio di massa, e l’odio di massa inizia con la giustificazione ideologica. Per i nazisti, era il sogno del dominio ariano che fomentava l’odio di massa. Oggi, la minaccia consiste in un altro tipo di dominio: il dominio islamico del mondo.
    Ancora una volta è la gente comune che si giustifica per l’odio di massa, basato sull’integralismo islamico.
    Di recente, ho conosciuto alcuni musulmani con i quali ho conversato a lungo. Sono persone geniali, amichevoli. Ma non appena la conversazione si sposta sul terrorismo, i tipi comuni si trasformano in maligni apologhi di ideologie enormi e malvage. Persone gradevoli fino ad un momento prima mi dicono di come sarebbero felici se potessero mettersi addosso delle bombe ed uccidere gli israeliani. Normali cittadini, mi spiegano come aspirino a demolire il governo democratico nella nazione in cui risiedono, e a stabilire una teocrazia islamica al suo posto.
    L’esistenza di Israele come nazione è il loro fattore di unione e di raccolta, così come l’esistenza degli ebrei in Europa lo era per i nazisti. Discutendo con un musulmano di mia conoscenza, egli ha detto: “I musulmani di tutto il mondo vogliono andare in Filistia ( Palestina) e combattere gli ebrei. Io stesso andrei e li ucciderei. E’ gradito ad Allah.”
    Quando i nostri vicini cominciano a sembrare i portavoce di Hamas, dobbiamo affrontare la realtà. L’Islam moderato è un’utopia. L’obiettivo di tutti i musulmani, anche di coloro che non prenderebbero le armi ora nella Jihad (anche se tale distinzione dipende più dalle situazioni e dalle tattiche che non da altri fattori) è la sottomissione del mondo alla loro religione.
    E’ il significato di Islam, sottomissione.
    Ho chiesto ad una mia cara amica, una ex musulmana che ora è una cristiana nata di nuovo, cosa ne pensa della distinzione tra Islam radicale ed Islam moderato.La mia amica è nata in Pakistan ed ha vissuto in Siria, Giordania, Stati Uniti ed Inghilterra. Mi ha risposto che tale distinzione è priva di fondamento, non importa quanto pacifici ed amichevoli possano sembrare alcuni musulmani. Alcuni possono non essere violenti, ma l’obiettivo è lo stesso, perché esso costituisce il tema centrale della loro religione. Gli stessi impulsi oscuri si trovano nei cuori di tutti i seguaci di Mohammed, afferma.
    Ai giorni nostri, dove pluralismo e tolleranza sono considerati i più alti ideali, criticare una religione è tabù. E’ un tabù da infrangere. Se non esaminiamo con obiettività di cosa tratta l’Islam, se non controbattiamo le sue bugie, se non denunciamo i pericoli insiti in esso, stiamo permettendo ad una influenza insidiosa di infiltrarsi fra di noi.
    Il cosiddetto Islam “moderato” è una minaccia tanto quanto quello fondamentalista, forse anche di più, perché guadagna terreno in maniera subdola. La Jihad è un dovere di ogni musulmano, ma in nazioni in cui essi non hanno sufficiente influenza, tale da permettere loro il totale controllo, l’approccio è differente. E’ dottrina islamica ufficiale il fatto che, in tali casi, il controllo deve essere acquisito in maniera graduale, attraverso modalità universalmente accettate, finchè non vi siano le condizioni per una Jihad violenta.
    Le moschee integraliste e le madrasse del Medio Oriente hanno avuto un grande successo nell’esportare il loro odio nel mondo occidentale. In paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra, la tipica predica del venerdì in moschea contiene veri e propri incitamenti all’odio verso gli ebrei e verso chiunque li sostenga.
    Va di moda al momento, per tutti quelli che covano pregiudizi anti israeliani, dare la colpa del fatto alle politiche attuali in Medio Oriente. Alcuni segmenti della comunità giornalistica sono ansiosi di puntualizzare il fatto che l’odio verso l’America nasce dalla percezione che l’America appoggia Israele.
    Certo: anche i nazisti odiavano chi aiutava gli ebrei. Il problema non è l’aiutare Israele, ma è l’odio verso questo paese.
    Dobbiamo svegliarci e renderci conto della serietà della minaccia islamica. La loro ideologia di odio e dominio si è sparsa, come un’infezione. Stanno mettendo in atto pazientemente una strategia a lungo termine di dominio del mondo. Come i Nazisti prima di loro, uno dei loro temi centrali è la demonizzazione degli ebrei. Li aiuteremo nei loro piani, smettendo di aiutare Israele?
    Se saremo davvero capaci di combattere la minaccia islamica è incerto. Se un dottore vede i sintomi, e li ignora, come potrà curare la malattia? Se anche noi vediamo i sintomi, ma li ignoriamo, non faremo forse aumentare l’infezione? Come possiamo non parlare? Noi non combattiamo l’odio con l’odio, ma con la verità. La verità è che l’Islam ha tenuto crudelmente in ostaggio milioni di persone, a causa del suo modo di pensare distruttivo. Non è una buona religione come dicono, ma una trappola piena d’inganno.
    Anche se non sappiamo se l’infezione verrà curata, sappiamo però come reagire agli attacchi islamici agli ebrei. Così come ci sono stati dei coraggiosi che si sono opposti al nazismo, pagando un prezzo altissimo, anche noi prendiamo posizione contro la minaccia islamica. Non possiamo permettere alle loro manovre di indebolirci, pensando che l’assecondarli non farà di loro una minaccia. Assecondarli produrrà l’effetto opposto. E se scegliamo di assecondarli, stiamo violando tutti i principi della bontà, della nobiltà, del resistere all’ingiustizia.



Bob Westbrook vive in Florida ed è un fotografo professionista, uno scrittore e un consulente. Scrive articoli dal punto di vista del Sionismo Cristiano, cercando di incoraggiare i cristiani a sostenre Israele. E’ il moderatore della sezione Profezie bibliche del sito Israel My Beloved e l’autore di Trumpet Sounds.

(trad. F. Dragani, collaborazione con www.uncuoreperisraele.net)

(Israelinsider, 19.04.2004)





4. LO SPIRITO DI MORTE E VIOLENZA DEGLI ALBORI DELL’ISLAM




In un articolo dal titolo ‘Fin dall’assassinio di ‘Uthman [il Terzo Califfo]’ pubblicato sul quotidiano londinese in lingua araba Al Sharq Al Awsat, il celebre scrittore e dotto letterato sudanese Al Tayyib Salih condanna l’uso da parte degli estremisti islamici di mezzi violenti per raggiungere i loro scopi. Questa è la traduzione dell’articolo: (1)


‘Se mi uccidete è come se vi puntaste la spada alla gola’

“E’ come se la profezia fatta dalla nostra grande guida ‘Uthman Ibn ‘Affan (2), possa Allah averlo in grazia, nell’anno 35 o 36 dell’Egira si fosse realizzata. Egli pronunciò questa profezia quando la massa selvaggia che veniva da lontane regioni del regno, dall’Egitto e dall’Iraq, irruppe nella sua casa con l’intenzione di ucciderlo.”

“Il Califfo disse loro: ‘Se mi uccidete è come se vi puntaste la spada alla gola e allora Allah non la toglierà fino al Giorno della Resurrezione. E se mi uccidete, non sarete mai uniti nella preghiera e non spartirete mai il bottino fra di voi e Allah non eliminerà mai la discordia in mezzo a voi’.”

“Il Califfo ‘Uthman, possa Allah averlo in grazia, era stato, per usare un termine contemporaneo, un califfo democraticamente eletto. Riuniva in sé tutte le doti richieste per essere il Comandante dei Fedeli. Era famoso e amato. Fu uno dei primi musulmani ed era imparentato per via di matrimonio col Profeta, possa Allah pregare per lui e dargli la pace. Apparteneva alle più insigni famiglie di Quraysh e fu il compagno del Profeta che più di ogni altro spese le sue ricchezze per aiutare l’Islam. I giorni del suo regno furono giorni di prosperità e benessere. I più antichi compagni del Profeta erano contenti di lui come lo era il popolo di Medina e tutti erano d’accordo nel giurargli fedeltà.”


‘Il suo assassinio fu come distruggere il simbolo del consenso nella nazione islamica’

“Tuttavia, ciò non lo salvò da questi criminali. Essi lo assassinarono e questo assassinio fu come distruggere il simbolo del consenso nella nazione islamica, e la profanazione della sua santità e il fare a brandelli la veste veneranda del timore reverenziale senza il quale chi è governato non può amare chi sta sopra di lui. Questa veste è tessuta spontaneamente, da libere genti, di loro propria scelta, che la conferiscono a una persona che scelgono in mezzo a loro, in modo tale che questa persona diventerà, nonostante i suoi difetti, il simbolo della loro volontà collettiva. Questa persona diventa un’idea ben più grande delle sue limitate capacità personali. Quando una nazione è contenta di lui, essa è in effetti contenta di se stessa.”

“Si trattò di sfrontatezza demoniaca da parte di questi criminali. Essi profanarono la casa del Califfo – il pio, orante, osservante califfo – mentre sedeva sul tappeto di preghiera leggendo il Santo Corano. Essi lo uccisero e ne versarono il sangue sul testo sacro, e tagliarono le dita di sua moglie che cercava di proteggerlo col suo corpo.”

“Con questo misfatto essi oltrepassarono ogni limite e calpestarono tutto quanto è sacro. E infatti dopo questo crimine noi vediamo come questa spaventosa sfrontatezza sia ricorrente in tutta la storia islamica fino a oggi.”

“E’ come se i criminali che uccisero ‘Uthman siano gli stessi identici criminali che assassinarono l’Imam Ali a Kufa, e che uccisero Hussein, nipote del Profeta, possa Allah pregare per lui e dargli pace, a Karbala. Sono gli stessi che profanarono la santità di Medina, città del Profeta, al tempo degli

prosegue ->
Ommayadi, e che scagliarono pietre sulla Ka’ba , e osarono profanare la santità della sacra moschea della Mecca nel 20° secolo (3). Sono come spiriti del male che si incarnano in differenti individui in differenti periodi della storia.”


‘Gli elementi di questo primo caso di sedizione sono gli stessi che suscitarono ricorrenti casi di sedizione’

“Inoltre, gli elementi di questo primo caso di sedizione sono gli stessi elementi che suscitarono ricorrenti casi di sedizione. La rabbia collettiva è una combinazione di poca verità e molta menzogna, e ambigui leader che stregano il cuore dei creduloni e alimentano la fiamma delle rivendicazioni e mani aliene che tramano complotti nell’ombra col solo scopo di minare le fondamenta della società.”

“In quel primo caso di sedizione essi pretendevano di chiedere giustizia e invitavano a un cambiamento dell’ordine politico. Ma non si servirono dei mezzi pacifici offerti loro dall’Islam. Non fecero ricorso alla saggezza e al buon consiglio e all’operare per la creazione di un nuovo consenso con lo scopo di determinare un cambio pacifico. [Al contrario], essi si buttarono alla cieca dalla luce dell’Islam al più efferato dei mezzi – ossia la violenza gratuita. Essi rovesciarono il regime, ma essi non sapevano come né erano in grado di costruirne uno nuovo. Essi furono appropriatamente descritti da Hassan Ibn Thabit, che disse: ‘Voi abbandonate rapinando la via maestra e ci assalite vicino alla tomba di Maometto?’.” (4)

“Quando gli eminenti compagni del Profeta e i saggi della comunità si riebbero [dal colpo dell’assassinio di ‘Uthman] e giurarono fedeltà al nuovo califfo, che anche aveva in sé tutti i necessari requisiti e più, i musulmani erano ormai divisi e non sarebbero mai più stati riunificati fino a oggi.”

‘Stiamo assistendo al ritorno con maschere diverse di quegli stessi spiriti del male’

“E adesso stiamo vedendo oggi quegli stessi spiriti del male che ritornano con maschere, costumi e forme diverse, che usano un nuovo linguaggio con diverse lingue, e imbracciano strumenti di distruzione capaci di altra distruzione e di altro esteso male. Dietro di essi stanno altri malvagi, ancor più ambigui e di ancor più astuta malizia. Questo è il male nascosto contro cui le persone ragionevoli devono unirsi, come per purificarsene il corpo. E a questo si può giungere solo con la saggezza, la prudenza, la conoscenza, onestamente e apertamente. O è così o sicuro deterioramento.”

Note:
(1) Al Sharq Al Awsat (Londra), 24 aprile 2004.
(2) Il Terzo Califfo ‘Uthman Ibn ‘Affan regnò dal 644 al 656 e sposò, consecutivamente, due delle figlie del Profeta Maometto.
(3) Si riferisce alla presa di controllo della Ka’ba nel 1987 da parte dei pellegrini iraniani, che si concluse con centinaia di morti nel luogo più sacro dell’Islam.
(4) Hassan Ibn Thabit (morto attorno al 660) era noto come il ‘poeta laureato’ del Profeta Maometto.

(The Middle East Media Research Institute, 6 maggio 2004)





5. L'EDUCAZIONE ISLAMICA IMPARTITA AI PALESTINESI




Libri dell'odio pagati anche dall'Europa

di Ernesto Galli della Loggia
    
    Perché un giovane palestinese decide a un tratto di diventare una bomba umana e di andare a seminare morte in una pizzeria o su un autobus di Israele? Per molte ragioni, naturalmente; ma tra di esse un posto rilevante spetta di sicuro anche al sistema educativo cui quel giovane è sottoposto. Si tratta di un sistema educativo imbevuto di pregiudizi e di menzogne anti-israeliane e anti-ebraiche che l’Autorità palestinese ha impiantato nelle scuole sotto la sua giurisdizione, frequentate dalla foltissima popolazione studentesca (900 mila ragazzi e ragazze su 3 milioni circa di abitanti) che vive nella striscia di Gaza e in Cisgiordania.
    Scuole — è bene ricordarlo — che Arafat amministra in seguito agli accordi di Oslo del 1993-1994 servendosi anche per esse degli imponenti aiuti finanziari della comunità internazionale: più di sette miliardi di dollari dal 1994 al 2002 (una cifra assai superiore comparativamente a quanto destinato dal piano Marshall al Vecchio Continente nel dopoguerra) coperti per oltre il 50 per cento dall’Unione Europea.
    Il sistema scolastico palestinese ha assorbito più del 12 per cento dell’ammontare di questa somma, e tra i Paesi donatori l’Italia ha svolto e svolge un ruolo di primo piano, occupandosi in particolare proprio dello sviluppo del programma scolastico palestinese.
    Ignoro se un ufficio del nostro ministero degli Esteri o di qualche altro ministero abbia seguito tale programma, ma è certo che, se ve n’è stato uno, il suo responsabile dovrebbe forse qualche spiegazione all’opinione pubblica italiana per l’uso menzognero e ferocemente antiebraico che è stato fatto del denaro del contribuente italiano.
    Ne sono una prova i manuali scolastici che da anni l’Autorità palestinese va introducendo nelle sue scuole al posto dei vecchi manuali giordani ed egiziani (che pure per parte loro non scherzavano) e sui quali ci informa adeguatamente un rapporto redatto da Yohanan Manor, vice-presidente del Center for Monitoring the Impact of Peace (Cmip), una ong americana specializzata nell’esame dei testi adoperati nelle scuole dei Paesi arabi: rapporto che leggo in francese con il titolo Les manuels scolaires palestiniens: une génération sacrifiée, Berg International éditeurs, 2003.
    L’elencazione degli errori, delle omissioni e delle vere e proprie falsità ammannite agli studenti palestinesi dalle loro scuole è davvero impressionante. È degno di nota, tanto per cominciare, che in nessun testo si spenda una sola parola sugli accordi di Oslo o si menzioni mai il processo di pace. Ancora più significativo, però, è il fatto che dappertutto si passi nel più assoluto silenzio (o si neghi addirittura) l’esistenza nella regione di luoghi santi della religione ebraica. Nei manuali palestinesi, come in tutti quelli arabi, anche Abramo è presentato come «un monoteista musulmano e non idolatra» . L’intento evidente è quello di contestare alla radice che gli ebrei abbiano mai avuto con quelle terre un qualche rapporto, affinché così il sionismo possa essere dipinto, per l’appunto, come una «creazione delle potenze imperialistiche nel cuore della Terra Araba, al fine di procurarsi una base in grado di aiutarle contro i Paesi arabi vicini» , nonché venir additato insieme al nazismo come «l’esempio più evidente di ideologia razzista e di discriminazione esistente al mondo» .
    Ci sono così tutte le premesse per negare nella maniera più assoluta non solo la legittimità ma perfino la stessa esistenza fisica dello Stato di Israele che infatti è letteralmente e vigorosamente cancellato da tutte le carte geografiche che costellano questi testi (su 28 carte neppure una fa eccezione), così come del resto Israele non viene mai neppure citata con il suo nome. Si parla infatti solo e sempre di «Palestina araba» e si dice, per esempio, che «il Negev costituisce la metà della superficie della Palestina» . Si arriva al punto di cancellare la dizione in ebraico «Eretz Israël» da un francobollo emesso all’epoca del mandato britannico che riportava la suddetta dizione accanto a quella in arabo e a quella in inglese di «Palestine» .
    Come ci si può immaginare i termini «ebreo» , «sionista» e «israeliano» sono usati in modo assolutamente intercambiabile, e così nel manuale La nostra lingua araba si può tranquillamente leggere: «Perché abbiamo il dovere di lottare contro gli ebrei?», o in Educazione islamica: «Il tradimento e la malvagità sono alcuni dei tratti tipici degli ebrei. Bisogna dunque diffidarne» . Con tali premesse non meraviglia che ai giovani palestinesi venga proposto un esercizio come il seguente: «Spiegare le ragioni che hanno indotto gli europei a perseguitare gli ebrei»; al quale quesito il manuale in questione (Storia degli arabi e del mondo moderno) suggerisce le risposte del caso (per esempio «l’inclinazione degli ebrei al fanatismo razziale e religioso» ) arrivando alla conclusione che comunque «la persecuzione fu auspicata dagli ebrei stessi» al fine di realizzare la «sionizzazione degli ebrei del mondo» .
    Del resto non a caso un vago impegno sottoscritto nel duemila da alcuni Paesi arabi e dall’Autorità palestinese per inserire la Shoah nei loro programmi di insegnamento suscitò una sollevazione generale presso le rispettive opinioni pubbliche, e non a caso tale sollevazione si indirizzò contro la «cultura della pace» definita una versione americana della globalizzazione, il cui scopo sarebbe stato «la cancellazione della memoria delle nazioni, del loro retaggio nazionale e della loro storia» .
    In armonia con questo apprezzamento per la «cultura della pace» i manuali dove studiano i giovani palestinesi presentano la Jihad come «il dovere religioso di ogni musulmano maschio o femmina» sottolineando come «i combattenti Jihad martiri sono le persone più onorate dopo i profeti» . La glorificazione del martirio e del martire (shahid) è esplicitamente inclusa tra gli obiettivi pedagogici del sistema di istruzione agli ordini di Arafat, il quale — è bene ricordarlo — è stato per parecchi anni proprio ministro dell’Educazione dell’Autorità palestinese. Si legge a chiare lettere in un manuale per gli allievi dell’ottavo livello: «I vostri nemici cercano la vita, voi cercate la morte. Essi cercano le carogne con cui riempire i loro stomaci vuoti, voi cercate un giardino grande come il Cielo e la Terra. Non temete di affrontarli, poiché la morte non è amara nella bocca del credente» .
    Tutto questo — lo ripeto — è stampato, distribuito e insegnato a spese anche di chi sta leggendo in questo momento queste righe attraverso la Commissione europea, nonché un’agenzia apposita delle Nazioni Unite, l’Unrwa. Quest’ultima per la verità ha fatto, sì, qualche tempo fa un timido tentativo di reagire, ma ha rapidamente battuto in ritirata dopo gli attacchi della stampa egiziana che per bocca dell’autorevole «al- Ahram» ha attaccato violentemente la sempre detestatissima «cultura della pace» a suo dire predicata dall’Unesco, nonché il connesso progetto educativo consistente nel voler «camb iare i programmi scolastici dei Paesi arabi per suscitare nei giovani l’avversione alla guerra e dare un’immagine accettabile di Israele» . Comunque l’Unrwa — va detto dietro pressione del Congresso Usa — un tentativo almeno di reagire alle falsificazioni antisemite alle quali vengono educati i ragazzi e le ragazze palestinesi lo ha fatto; il commissario europeo Chris Patten, invece, neppure quello. Si è ipocritamente trincerato dietro il particolare tecnico che Bruxelles si limita a finanziare la produzione e la stampa dei manuali ma non può permettersi alcuna ingerenza né nella loro redazione né nel loro uso: un esempio memorabile, come si vede, di quella dedizione ai valori della democrazia e della verità di cui l’Unione Europea proclama da sempre di essere una rocca inespugnabile.
    
(Corriere della Sera, 06.05.2004)





6. TRUMAN MINACCIO' BEN GURION PER LA QUESTIONE DEI PROFUGHI




WASHINGTON - Dopo la fondazione dello Stato d'Israele, fra l'allora Presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman e il Primo Ministro israeliano Ben Gurion ci furono più volte grandi tensioni. Questo risulta dai diari da poco scoperti del primo ambasciatore degli USA in Israele, James McDonald.
    Dai diari risulta che Truman minacciò di rompere le relazioni con Israele se il governo non avesse permesso il rientro nel paese di un certo numero di profughi palestinesi. Come risposta, i dirigenti israeliani proposero di permettere il ritorno di centomila palestinesi. Il 9 giugno 1948 McDonald venne a conoscenza delle minacce di Truman. "E' abbastanza noto che dal 1948 al 1950 Truman ebbe problemi con gli israeliani", ha detto lo storico Severin Hochburg del museo Olocausto a Washington. "Ma la tensione era molto più grande di quello che in generale si supponeva".
    Nel dicembre 1948, l'esercito israeliano fece una puntata offensiva nel Negev contro le truppe egiziane. Secondo McDonald, Truman usò a questo proposito espressioni come "pesanti conseguenze" e "ripensamento delle nostre relazioni con Israele". Il Presidente temeva che per le puntate israeliane nel territorio egiziano la Gran Bretagna potesse entrare nei combattimenti.

Il presidente Truman con Ben Gurion e Abba Eban

    Un altro problema era la preoccupazione degli USA che Israele potesse scivolare dentro l'alveo comunista. Nel novembre 1948, McDonald dovette convincere l'allora Segretario di Stato americano George Marshall che il sospetto comunista non aveva consistenza. Dai diari emerge anche che l'ambasciatore influenzò la decisione di Ben Gurion di mettersi dalla parte degli USA nella questione della Corea. Dopo di che fu chiaro a tutti che Israele stava dalla parte dell'Occidente.
    McDonald proveniva dallo Stato dell'Ohio e aveva studiato storia a Harvard. Già nel 1933 aveva avvertito della minaccia che incombeva sugli ebrei da parte dei nazionalsocialisti. Dopo aver incontrato alcuni uomini di Hitler, annotò: "Le occasionali espressioni che questi uomini usavano quando parlavano degli ebrei, erano tali da far rabbrividire, perché nessuno potrebbe parlare in quel modo di un popolo, anche se fosse completamente degenerato".
    Dal 1933 al 1935 McDonald occupò la carica di Alto Commissario presso la Società delle Nazioni per i profughi dalla Germania. Dal 1946 lavorò nel Comitato di Ricerca anglo-americano per la Palestina. Dai suoi diari risulta che apprezzava molto i dirigenti sionisti come Ben Gurion o il primo Presidente di Israel Chaim Weizmann.
    Come riferisce il servizio di informazioni ebraico JTA, i diari sono stati scoperti negli Stati Uniti già nel 2003. Adesso il museo Olocausto a Washington li ha presentati ufficialmente. Nel complesso i libri contengono 12.000 pagine.
    
(Israelnetz Nachrichten, 26.04.2004)




7. MUSICA E IMMAGINI




Waltz




8. INDIRIZZI INTERNET




Koby Mandell Foundation

Israel News from Jerusalem Newswire




Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte.