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Notizie su Israele 318 - 27 ottobre 2005

1. Antisemitismo alla Buchmesse di Francoforte
2. La Madonna come Regina della Palestina
3. Persecuzioni e intelligenza
4. Intervista a Jonathan Bassi
5. Una partita a scacchi contro uno che gioca a dama
6. Testimonianza di un ebreo del Gush Katif
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 62:1-2. Per amor di Sion io non tacerò, per amor di Gerusalemme io non mi darò posa, finché la sua giustizia non spunti come l’aurora, la sua salvezza come una fiaccola fiammeggiante. Allora le nazioni vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore pronunzierà.
1. ANTISEMITISMO ALLA BUCHMESSE DI FRANCOFORTE




Ammazzate gli ebrei, annientate Israele: appelli espliciti, ma il mondo tace

di Federico Steinhaus

Frankfurter Buchmesse
Il complotto ebraico per dominare il mondo ricompare nel mondo islamico senza preavvisi e senza che vi sia una particolare occasione per riesumarlo. E' una teoria che preesiste alla creazione di Israele, che usa immagini e concetti presi di peso dal bagaglio nazi-fascista e zarista, e che pertanto va classificata come apertamente ed esplicitamente antisemita. E' un'accusa che pervade da tempo l'intero Islam, che viene spregiudicatamente usata dal mondo politico istituzionale e da quello della cultura ufficiale, e che i media popolari (televisione e radio) veicolano non meno dei media di settore (stampa di partito o di governo, riviste accademiche).
    I due episodi di questi giorni sono di una grande evidenza, ed hanno caratteristiche che li rendono particolarmente allarmanti.
    Sul palcoscenico più prestigioso della cultura, nel tempio dell'editoria mondiale, la Buchmesse di Francoforte, l'Iran aveva ottenuto uno spazio rilevante e molto visibile, che da solo era più vasto di quello occupato dall'insieme dei paesi facenti parte della Lega Araba.
    Questo spazio era stato in parte occupato da pubblicazioni statali di propaganda, redatte in inglese per renderle comprensibili a tutti. Citiamo qualche estratto: "Jewish Conspiracy" riporta per esteso i "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" ed una illustrazione del "Grande Israele" sotto forma di un serpente che include Egitto, Siria, Libano, Giordania, Iraq, pezzi di Turchia e dell'Arabia Saudita. Il Dipartimento delle Relazioni Internazionali dell'Iran spiega nelle pagine successive che si vuole svelare "il vero volto satanico del nemico", il sionismo che è "un tumore mortale" e che pertanto va annientato. "Le Nazioni Unite sono il sionismo. E' il supergoverno che viene spesso citato nei Protocolli dei Savi Anziani di Sion".
    Presentando un'altra pubblicazione, "L'ebreo internazionale" di Henry Ford, il Dipartimento per le Traduzioni e Pubblicazioni dell'Organizzazione della Cultura Islamica dell'Iran - dopo un appello al misericordioso Allah - spiega che "il potere del parassita ebreo è costantemente aumentato. Il pericolo ebraico, che oggi si chiama sionismo, minaccia non solo una nazione, ma tutta l'umanità". Molte sono le note a piè di pagina, alcune delle quali giustificano il modo in cui Hitler si difese da questo pericolo.
    Mohammad Taqi Taqipour in un libro pubblicato, come gli altri, dallo stato afferma che ben presto Israele sarà cancellato dalle carte geografiche.
    Queste pubblicazioni non rappresentano nulla di diverso da quanto siamo abituati a trovare nel mondo arabo, e che alcune ambasciate - in primo luogo quella dell'Arabia Saudita - esportano a piene mani. Ma è la prima volta, a quanto ci consta, che una tale quantità di materiale antisemita viene presentato esplicitamente come prodotto da uno stato, e che per farlo ci si serva della più prestigiosa vetrina della cultura che esista al mondo.
    Il secondo esempio, documentato da MEMRI e da PMW, riguarda un programma televisivo messo in onda nel periodo di maggiore ascolto, il Ramadan, dalla televisione giordana Al-Mamnou.
    Si tratta di una serie prodotta dalla televisione siriana, già programmata nel 2003, sempre durante Ramadan,dalla televisione degli Hezbollah Al-Manar e l'anno successivo da due canali televisivi iraniani, che col titolo "Al-Shahat" (la Diaspora) racconta la storia del sionismo dal punto di vista della realizzazione dei principi di dominazione del mondo illustrati nei Protocolli e che vi include l'accusa di impastare le azzime col sangue di bambini cristiani.
    Annunciando questo programma il direttore della rete televisiva ha detto che esso sarebbe stato divulgato anche in altri stati arabi ed in Italia (!!!).
    Ecco alcuni passaggi dei dialoghi:
    Amschel Rothschild, morente, suddivide l'Europa fra i suoi figli e dice: "Dio ci ha onorati, noi ebrei, con la missione di dominare il mondo mediante l'uso del denaro, della scienza, della politica, assassinando, usando il sesso ed ogni altro mezzo...Dio ci ha promesso che ci vendicheremo di coloro che ci hanno esiliati e li distruggeremo. Questo è il motivo per cui ci ha ordinato di creare uno stato ebraico in esilio...Dovrete restare uniti per distruggere l'Europa, stato dopo stato...". Egli affida la Germania ad Anselm, l'Austria a Solomon, la Gran Bretagna a Nathan, la Chiesa di Roma a Carl, la Francia a James, e fa loro giurare che domineranno questi paesi.
    In una scena successiva il governo mondiale ebraico decide di assassinare lo zar Alessandro III allo scopo di indurre la Germania a scatenare una guerra mondiale. Ancora un salto cronologico, ed il governo mondiale ebraico decide di scatenare la seconda guerra mondiale allo scopo di stabilire un impero ebraico per il popolo eletto nella terra promessa: "Nel nome del governo globale ebraico, io decido di iniziare la guerra europea in Serbia. Quest'anno qui e l'anno prossimo a Gerusalemme" conclude con il tradizionale saluto religioso Lord Rothschild. Nel 1940 lo stesso governo decide di aiutare Hitler nello sterminio degli ebrei tedeschi: " Dobbiamo aiutare Hitler ad annientare gli ebrei, perché solo così potremo costringere gli ebrei ad abbandonare i paesi non ancora occupati da Hitler e ad immigrare nella Terra Promessa...Nessun ebreo che viva confortevolmente in Europa considererà altrimenti di poter venire qui a meno che non sia minacciato di estinzione...Dobbiamo tutti collaborare per accentuare l'annientamento degli ebrei per realizzare il nostro sogno di un grande impero nella terra promessa".
    Anche l'uccisione di un bambino cristiano per impastare col suo sangue le azzime pasquali è resa attraverso i dialoghi di rabbini e di ebrei osservanti, che illustrano drammaticamente tutti i passaggi dalla scelta del bambino al suo rapimento ed alla uccisione, fino al godimento nell'assaggiare quelle azzime"più saporite e più sante di tutte le altre".
    Il mondo della politica tace. Il mondo della cultura tace. Non stiamo denunciando, per l'ennesima volta, la disinformazione e la manipolazione delle notizie ad opera di questo o quel giornale; stiamo denunciando comportamenti che in molti stati sono considerati perseguibili penalmente, stiamo denunciando una propagazione di antisemitismo e di odio antiebraico ad opera di governi (anche considerati moderati come la Giordania) che si ispirano a temi tradizionali di una cultura religiosa importante come quella dell'Islam e che usano antiche menzogne fabbricate dai regimi più sanguinari della vecchia Europa oltre che dall'antigiudaismo cristiano. Stiamo denunciando appelli ad annientare uno stato sovrano non solamente riconosciuto dall'ONU ma voluto dall'ONU.
    Le istituzioni politiche e culturali, le anime belle sempre pronte ad indignarsi, dove sono?

(Informazione Corretta, 24 ottobre 2005)





2. LA MADONNA COME REGINA DELLA PALESTINA




Nostra Signora di Palestina

A Maria, palestinese di nascita, ebrea di etnia e cristiana di religione, nel 1920 fu solennemente consacrata la diocesi di Gerusalemme. In quell’occasione, nella basilica cattedrale del Santo Sepolcro, il patriarca latino Luigi Barlassina invocò per la prima volta la Madonna come Regina della Palestina. Proclamata patrona dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme nel 1994 da Giovanni Paolo II, Nostra Signora Regina di Palestina ha un suo santuario a Deir Rafat, a metà strada circa tra Gerusalemme e Tel Aviv. Il luogo, posto a una trentina di chilometri da Gerusalemme, si trova vicino alla regione dei biblici Filistei, nella zona che vide le gesta di Sansone. A cinque chilometri sorge la città di Beit Shemesh. Da qui, dice il primo libro di Samuele (1 Sam 6, 1), passò l’Arca dell’Alleanza che, dopo essere caduta nelle mani dei secolari nemici di Israele e averli terrorizzati con la sua potenza, venne riconsegnata in fretta e furia ai legittimi proprietari. Nel 1847 il b. Pio IX aveva ripristinato l’antico patriarcato latino a Gerusalemme e questo aveva acquistato alcuni lotti di terreno nella zona di Deir Rafat. Qui, nella seconda metà dell’Ottocento, cominciarono i lavori per il santuario, che però venne consacrato ufficialmente solo nel 1928 per via degli eventi della Grande Guerra e la dissoluzione dell’impero ottomano. La volta, le pareti e le porte recano il saluto dell’angelo, “Ave Maria”, in duecentoottanta lingue diverse. La più illustre figlia della Palestina è lei, Maria di Nazaret. Finché dura, con l’aria che tira da quelle parti. www.rinocammilleri.it

(Il Giornale, 25 ottobre 2005)

NO COMMENT!





3. PERSECUZIONI E INTELLIGENZA




«Ebrei più intelligenti, lo dice il Dna». Lo studio che divide l’America

Rivolta della comunità scientifica: «Tesi pericolosa e razzista»

di Alessandra Farkas

NEW YORK — «Oppenheimer, Einstein, Freud, Marx, Kafka, Bellow, Levi-Strauss, Allen, Dylan: la storia degli ultimi duecento anni è costellata da una miriade di scienziati, pensatori e intellettuali ebrei», recita il controverso studio intitolato The Natural History of Ashkenazi Intelligence. «Nonostante gli ebrei costituiscano un mero 0,25% della popolazione mondiale e solo il 3% di quella Usa—prosegue— essi rappresentano il 27% di tutti i premi Nobel e il 50% dei campioni mondiali di scacchi».
    Il motivo? «Gli ebrei hanno un quoziente di intelligenza più elevato, a causa delle continue persecuzioni che li hanno costretti ad affinare l'intelletto per sopravvivere», replicano gli autori del saggio, Henry Harpending e Gregory Cochran. I due studiosi dell'Università dello Utah che l'estate scorsa hanno sollevato un vespaio, spedendo a varie riviste scientifiche Usa la loro ricerca dove sostengono che la presunta superiorità intellettuale degli ebrei ha una base genetica.
    Ma quella che all'inizio sembrava solo l'ennesima querelle medico-scientifica destinata al dimenticatoio, ha finito per scatenare un furioso dibattito negli Stati Uniti dopo la decisione della prestigiosa casa editrice Cambridge University Press di pubblicare lo studio sia online, sia nel suo bimestrale Journal of Biosocial Science entro l'anno prossimo. L'annuncio ha conferito autorevolezza istantanea ad uno studio screditato da dozzine di storici, evoluzionisti ed esperti di Dna, ma al quale la stampa ufficiale—dal New York Times all'Economist — ha accordato uno spazio inaspettatamente ampio. Forse imbaldanziti dai riflettori, Harpending e Cochran hanno deciso di tornare all'attacco, premendo l'acceleratore sugli aspetti più controversi del loro studio.
    «Nel Dna degli ebrei ashkenaziti c'è la prova della loro intelligenza superiore—dichiarano i due studiosi al New York Magazine, che dedica loro la copertina del suo ultimo numero —. Le malattie genetiche tipiche degli ebrei ashkenaziti, quali il Tay-Sachs e il Niemann-Pick, sono collegate e anzi responsabili dell'intelletto superiore di tali soggetti». Per suffragare la loro tesi, i due citano uno studio di Steven Walkley, neuroscienziato all'Albert Einstein College of Medicine, che mostra un aumento notevole di dendrite — i trasmettitori dei neuroni — nel tessuto cerebrale di individui affetti da Tay-Sachs e Niemann- Pick. «Nel percorso genetico- evolutivo, l'intelligenza degli ebrei si è sviluppata in tandem con certe malattie genetiche — teorizzano — come risultato della discriminazione subita nei ghetti dell'Europa medievale ».
    Senza quella auto-difesa cromosomica, ipotizzano i due ricercatori, gli ebrei ashkenaziti non sarebbero mai riusciti a sopravvivere. «Soprattutto se si considera che gli unici mestieri che erano autorizzati a svolgere nell’Europa medievale, dove l'usura era vietata ai cristiani — mercante, esattore delle tasse, banchiere —, richiedevano doti matematiche e un quoziente d’intelligenza superiore alla media». Ma la tesi è confutata dall’establishment scientifico americano come «pericolosa» e «razzista». «E' scienza da strapazzo—punta il dito Harry Ostrer, capo del programma di genetica umana della New York University — non in quanto provocatoria, ma piuttosto perché si tratta di pessima genetica e ancor peggiore epidemiologia».
    Molti temono l'uso strumentale dello studio da parte degli ideologi dell'estrema destra, che cercano una giustificazione scientifica alle loro tesi razziste sin dai tempi lontani di Louis Agassiz. Quando il noto biologo elaborò le famigerate «tipologie razziali» alla base della schiavitù, nel 1850. «Il risvolto della medaglia è chiaro — punta il dito lo storico Sander Gilman —: l'intelligenza degli ebrei è alla base della paranoia anti-semita sin dal sedicesimo secolo, quando Lutero affermava che i dottori ebrei erano così intelligenti, da aver ideato un veleno che poteva uccidere un cristiano in meno di un giorno».
    E se i bambini ebrei spesso finiscono per essere i primi della classe, concordano storici, antropologi e genetisti, il motivo è un altro. «Se dovessi scegliere tra geni ebrei e madri ebree, sceglierei queste ultime — afferma David Goldstein, direttore del Center for Population Genomics and Pharmacogenetics alla Duke University —. Sono loro che hanno dato vita alle tante barzellette sull'intelligenza degli ebrei». Come quella, famosissima, usata anche da Woody Allen in un film: «Sai quando un feto ebreo diventa umano? Quando si laurea in medicina ».

(Corriere della Sera, 19 ottobre 2005)





4. INTERVISTA A JONATHAN BASSI




«Per la pace di Israele ho sgomberato i morti»

di Guido Vitale

In fondo alla valle del Giordano, l'unico angolo del pianeta dove il deserto cede il passo al verde, un ebreo veneziano e un ebreo triestino si tengono il muso. Assieme hanno combattuto le guerre per difendere Israele, assieme hanno dato un contributo determinante alla costruzione del kibbutz Sde Eliahu dove abitano, assieme si sono appassionati di politica e di economia. Uno a capo del ministero dell'Agricoltura a Gerusalemme e di alcuni fra i gioielli industriali delle biotecnologie israeliane, l'altro alla testa del movimento dei coltivatori che praticano le metodologie biologiche. Le cose hanno cominciato a guastarsi da quando Jonathan Bassi ha accettato l'incarico del primo ministro Ariel Sharon di coordinare l'evacuazione dei coloni dalla striscia di Gaza. Nel nome della ragion di Stato il suo ufficio ha organizzato la rimozione di 8000 persone, la distruzione di migliaia di strutture e abitazioni, persino il trasloco di un cimitero. La prima fase dell'operazione è stata portata a termine in maniera brillante. Mario Levi, solidale con i coloni, non glielo ha perdonato. E sui prati brillanti dove stanno le villette delle due famiglie è sceso il gelo.
    
Alcuni, signor Bassi, le rivolgono nel suo Paese un'accusa imbarazzante. Aver organizzato la deportazione di 1.700 famiglie di ebrei. E si dice che, dopo le minacce degli estremisti, per muovere la scorta che la accompagna bastino a malapena due vetture. Come si sente?
«Queste ultime settimane - risponde, di passaggio a Milano dove ha tenuto un intervento al teatro Dal Verme - sono state molto faticose. Il disimpegno è stato un momento drammatico, ma tutto è andato bene».
    
Il suo incarico si è ora concluso?
«No. I coloni che hanno dovuto abbandonare Gaza dovranno essere indennizzati e ricollocati all'interno dei confini nazionali».

Quale è stato il momento più drammatico?
«Ho segnato il destino di 8mila persone, ho pianificato la distruzione di strutture agricole che io stesso avevo contribuito a costruire. Il disimpegno è stato un grande trauma nazionale, ma anche la dimostrazione che Israele ha la forza di prendere decisioni coraggiose, di applicarle in modo equilibrato, di non farsi intimidire da nemici ed estremisti. Sembrerà strano, ma forse il passaggio più difficile è stato il trasferimento del cimitero ebraico di Gush Katif».

Anche i morti opponevano resistenza?
«Ho dovuto trattare con 48 famiglie che avevano seppellito lì i loro figli. Convincerli ad accettare una sistemazione alternativa. La legge ebraica

prosegue ->
impone il rispetto assoluto dei cadaveri e ogni cautela per evitare il rischio di eventuali profanazioni che certo non sarebbero mancate dopo il nostro ritiro. L'esercito ha mobilitato centinaia di esperti solo per compiere quest'opera pietosa».

Lei ha portato in salvo 8.000 coloni abituati a non farsi sopraffare da un milione e mezzo di arabi ostili. Quanti uomini hanno utilizzato le forze armate?
«Circa 30 mila. Tutti hanno dimostrato una straordinaria solidità psicologica».

A Gerusalemme si dice che un premier molto impegnato come Sharon dedichi circa 100 ore l'anno ad ascoltare i suoi consigli. Cosa avete da dirvi?
«Sharon l'ho conosciuto da giovane. Dopo tanti anni si è impadronito della maggiore qualità: la pazienza. Ascoltare con calma il parere degli esperti, ponderare ogni decisione. E una volta assunta una determinazione portarla a termine, senza guardare in faccia a nessuno. Gaza era solo il primo passo, il grande laboratorio della trasformazione che attende il M. O. Quando all'orizzonte spunterà un interlocutore palestinese credibile sarà il momento di restituire almeno parte della Cisgiordania e di creare uno Stato palestinese».

Sarà lei a occuparsene?
«C'è tempo, ci vorranno anni. E alla pace serviranno partner che per il momento non esistono».

Ma presto o tardi il disimpegno arriverà anche lì?
«Non ne sarei tanto convinto».

Perché?
«Gaza è stata abbandonata perché non rientrava negli interessi strategici israeliani. Per la Cisgiordania il discorso è molto diverso. Se la pace verrà e sarà una pace seria si farà valere piuttosto un principio diverso. In Israele vive in pace e prosperità una consistente minoranza di arabi. Se una minoranza di ebrei vorrà vivere in tutta sicurezza all'interno dello Stato che i palestinesi dicono di voler fondare questo dovrà essere possibile».

Il successo in un'operazione tanto difficile e delicata come il disimpegno ha costituito per lei la maggiore soddisfazione?
«Vengo da una famiglia veneziana. Mia moglie da una famiglia ferrarese. I nostri genitori sono sfuggiti per caso alla distruzione della guerra. La maggior parte dei loro congiunti no. Mi piace lavorare. Ma la mia soddisfazione e la nostra risposta al destino sono i sei figli che abbiamo avuto, i nipoti e i pronipoti».

E quante persone vi tocca mettere a tavola quando arrivano i nipotini?
«Almeno una sessantina».

(Libero, 21 ottobre 2005 - da Informazione Corretta)





5. UNA PARTITA A SCACCHI CONTRO UNO CHE GIOCA A DAMA




Politichese
    
di Marc Haviv
    
Questa mattina, quinta vigilia di festa di Succot, mi alzo pieno d’amarezza. Il giorno prima avevo passato una giornata magnifica a Méron, sulla tomba di Rabbi Shimon Bar Yochaï, in occasione del taglio di capelli del figlio di un mio amico.
    Volevo rendervi partecipi di alcuni momenti emozionanti della nostra presenza miracolosa sulla nostra terra, perché ogni minuto che viviamo qui è un miracolo. Ed ecco invece che alle 18 vengo a sapere ancora una volta che un attentato assassino ha fatto tre morti. La magia delle feste di Tichri, la costruzione delle Succoths si sono improvvisamente oscurate. E proprio questa mattina nel notiziario sento la frase che da un po’ di tempo mi fa urlare sistematicamente.
    Shaul Mofaz dichiara «che l’Autorità Palestinese non fa il necessario». Basta, basta, basta! Sono ormai più di mille morti e sempre questo ossessionante ritornello, segno di una profonda impotenza. Questa frase ripetuta migliaia di volte. Ma in fondo, che cosa si aspettavano i nostri illustri soldati dirigenti?
    Mr Mofaz, lei si sbaglia completamente, l’Autorità Palestinese fa molto bene il suo lavoro. Il migliore anestesista del migliore degli ospedali sarebbe un giovane principiante esterno di fronte al gigante anestesista denominato Autorità Palestinese. Poco importa se il capo della clinica si chiama Arafat, Abu Mazen o in tutt’altro modo, quelli fanno il loro lavoro e il paziente comincia a sentire gli effeti di un’anestesia altamente efficace. La prova: sono già riusciti a fare un’amputazione indolore, quest’estate. Che cosa vi aspettate, signor Ministro della Difesa?
    Qualche mese fa avevo scritto un articolo, “Poker di sangue”, e purtroppo non mi ero affatto sbagliato. La nuova frontiera di Gaza è una gruviera. La radio israeliana annuncia di più: questa mattina sono i palestinesi che controlleranno il punto di passaggio di Rafiah!!!
    Sulle stesse onde radio, sempre questa mattina, apprendo che al Qaida ha deciso di concentrare le sue azioni un po’ di più su Israele, e che almeno dieci delle sue teste pensanti sono arrivate in «viaggio d’affari» nella striscia di Gaza!!!
    Eh sì, il frutto è maturo, e al Qaida spera di coglierlo.
    Il governo d’Israele sa con precisione che la nuova intifada si sta preparando che andiamo così verso una catastrofe, e allora mente, nasconde la verità o la distilla secondo quello che giudica necessario.
    Tre settimane fa un razzo Qassam è caduto sul ranch di Sharon, vicino alla tomba di sua moglie. Noi lo veniamo a sapere soltanto adesso. Perché? Perché è un missile che, anche se caduto contemporaneamente agli altri 50 su Sderot, dà più fastidio degli altri. Il ranch di Sharon è molto più lontano da Gaza (circa 15 km). E allora? Ebbene, i palestinesi hanno dunque la capacità di tirare dei Qassam a lunga gittata che si affretteranno ad utilizzare nella prossima fase che comincerà fra poco, secondo certe fonti e secondo LA logica.
    Pensate davvero che dopo una «vittoria» nel sud del Libano, una «vittoria» nella striscia di Gaza, gli assassini palestinesi si arresteranno su una strada così buona?
    La soluzione di questa mattina, del governo israeliano:
    «Impedire a tutte le auto palestinesi di circolare, devono soltanto usare i trasporti pubblici.» Anzitutto, quelli che domenica hanno ucciso circolavano con targhe israeliane. Secondo, quanto tempo può durare questo? Una settimana, un mese? Anche se la volontà dello Stato d’Israele fosse di prolungare la cosa per diversi mesi, i nostri amici per la pace e il cancro (cancer), pardon il concerto (concert) delle nazioni, riprenderebbero la loro crociata antioccupazione illegittima a favore di questi poveri palestinesi che soffrono...
    E il peggio è che l’uomo della strada palestinese soffre davvero questa situazione.
    Ben presto i punti «vincenti» che Sharon, Peres e tutta la crema ben pensante credono di aver segnato, ridiventeranno dei malus. Il governo israeliano sarà di nuovo un paria, Sharon ridiventerà un assassino e tutti gli ebrei dei persecutori di un «popolo senza difesa».
    I diplomatici di tutti i paesi avranno di nuovo bisogno urgente di andare alla toletta ad ogni intervento di un rappresentante israeliano all’ONU, i consumatori di tutto il mondo riprenderanno la lente per fare i loro acquisti e ricercare, per boicottarli, i prodotti Made in Israel. Andranno a perfezionare le loro nozioni di geografia per sapere dove si trova Maalé, Adumim, Gilo o Kohav Ashahar, prima di acquistare dei prodotti.
    Andate, signori Sharon, Peres, Mofaz e tutti quelli che ci governano, di destra e di sinistra, andate a spiegare questa mattina ai genitori di Oz Ben Méir (z’l), un giovane abitante di Maon dell’età di 15 anni, e dei due cugini Matat Adler (z’l) e Kineret Adler (z’l) che devono essere pazienti e che è il prezzo da pagare per la loro politica e che probabilmente saremo obbligati a continuare su questa strata e a battere dei record di... morti ebrei dopo la Shoah e NEL PAESE DEGLI EBREI.
    Non so quante volte, su Guysen, ho detto e ridetto queste cose. So che lo Stato d’Israele è fisicamente forte, ma questa forza non serve assolutamente a NIENTE e i nostri nemici lo sanno perfettamente.
    Quando uno dice a suo figlio: «Se mi fai arrabbiare t’ammazzo», sa bene che non è vero. Qui è lo stesso, la forza dell’entità palestinese è che Israele non andrà mai a sganciare una bomba di una tonnellata come gli americani in Iraq o in Afghanistan.
    Sapete qual è il numero di morti in Afghanistan durante l’attacco americano o nel corso delle due guerre in Iraq? Ma i risultati sono lì, questi due paesi hanno votato «democraticamente», per quanto si può fare in questi paesi. Avranno una costituzione, e per arrivare lì ci sono volute parecchie decine di migliaia di morti.
    Israele potrebbe risolvere in 30 secondi cronometrati il problema del terrorismo palestinese, ed è proprio per questo che non lo faremo mai. E i nostri nemici lo sanno.
    Noi, gli ebrei, non abbiamo mai massacrato nessuno, né col machete né con bombe atomiche tattiche. La nostra forza fisica dunque non serve a niente. Prima o poi si dovrà cambiare tecnica. Ogni altra «tecnica» passerà obbligatoriamente attraverso il passaggio di non preoccuparsi di quello che allora diranno le nazioni.
    Ma questa è un’altra storia, e Mr Peres è troppo «costard cravate» per ragionare in ebraico, quello della Bibbia, quello del Re David, di Giosuè, Gedeone e tutti i grandi strateghi che hanno costruito e che hanno salvato Israele.
    Noi giochiamo una partita a scacchi con un avversario che gioca a dama. Da una parte una strategia da matematico a chi perde muore, con un passaggio di pedoni che ne pagano il prezzo di sangue. Dall’altra una teoria molto più semplicistica e del tutto efficace: avanzamento di pedoni, con il vantaggio che hanno già «fatto una dama» con 1,5 milioni di soldati che dormono, pronti a «mangiare» in diagonale non appena possibile.
    Per il momento noi siamo «SCACCO»!

(Guysen Israël News, 17 ottobre 2005)






6. TESTIMONIANZA DI UN EBREO DEL GUSH KATIF




TRE MOMENTI DI ETERNITÀ
nel giorno dell'espulsione da Nizarim.


Ci sono momenti che ci uniscono con l'Eternita'. Attimi che un individuo sente entrare profondamente nel suo essere. Molti di questi attimi sono successi negli ultimi giorni di vita del Gush Katif. Vi raccontero' tre di questi attimi accaduti nel giorno dell'espulsione e che illumineranno il resto della mia vita.

MOMENTO DI SCIACRIT (mattino)
L'ultimo sciacrit nel giorno dell'espulsione. Tutto sembra cosi' normale, tutto fiorisce, e' impossibile pensare che tutto cio' tra poco non esistera' piu'.
Durante la lettura della Torah penso che questa sara' probabilmente l'ultima volta che la benedizione "che ci hai scelto" risuonera' in questo Tempio.
Quando sono stato chiamato a salire alla lettura della Torah mi sono avvicinato ed ho incominciato a dire la benedizione. Le parole mi si sono spezzate in gola e non riuscivo a parlare. E' vietato pero' fermarsi, mi sono detto, siamo obbligati a continuare a vivere. Ma com'e' possibile quando tra poco tutto finira' distrutto? Piango dentro di me.
Ma la Torah, penso, non si puo' distruggere, la Sua forza ci sosterra' e ci ridara' vigore. Adesso la Torah deve parlare, quindi devo benedire. Ho quindi incominciato a dire "Benedetto sii Tu o Signore". Ma la nostra situazione attuale mi fa di nuovo piangere e m'interrompo. Ma la Torah mi rida' coraggio e proseguo "che ci hai scelto". Dentro di me il presente e' in conflitto con l'Eternita', il pianto con la speranza, il silenzio con la benedizione. Cosi', poco a poco, parola dopo parola, pronunciai la benedizione ed i versi della Torah risuonarono nella Sinagoga.

MOMENTO DI MINCA (pomeriggio)
A minca e' gia' tutto cambiato, niente e' piu' com'era prima. I soldati sono impegnati nel tremendo ed ingrato compito di distruzione. Tutto sembra cosi' pazzesco, cosi' irrazionale. Ma il mio interesse privato e' cosa di ben poca importanza. Sentii dentro di me che tutta la Nazione stava vivendo ore difficilissime, ore che entreranno nell'animo del Popolo ed influenzeranno il nostro futuro. Quello che sta accadendo qui ora non e' cosa d'importanza personale. Tutto il tempo mi ricordai delle parole di Rav Kook che gl'individui che restano feriti in guerra sono come dei giusti le cui pene espiano per le colpe della collettivita'.
Le guerre possono succedere quando ci sono esseri malvagi che amano la distruzione ma possono essere anche uno dei mezzi usati da D. o per dirigere il mondo. Cio' mi ha assai rincuorato, in quelle ore cosi' dolorose mi sono sentito come un soldato che stava difendendo la sua Terra. Cio' mi aiuto' a vedere la sofferenza della collettivita', facendo passare in secondo piano quella mia. La Redenzione e' come il parto ed in Essa ci sono molte contrazioni dolorose, capii che mi stavo trovando in uno dei momenti di maggior intensita' di una di queste. Il Signore ci ha messo alla prova, l'abbiamo superata, non siamo scappati e non ci siamo piegati. La fede ci ha dato la forza. Quando e' arrivato il momento di pregare minca mi sono sentito puro e senza colpe come il Giorno di Kippur. Mi sono sentito molto vicino a D. o ed ho pregato per noi e per tutto il popolo ebraico. Ho pregato nel mio posto, posto da anni a me abituale, ho riversato il mio animo davanti al Creatore, non molte volte ho pregato con tanto fervore.

IL MOMENTO DOPO ARVIT (sera)
Tutto e' finito. Andiamo incontro ad un futuro incerto. A notte fonda scendemmo dagli autobus che ci hanno condotto lontani dalle nostre case e rimasi commosso nel vedere come molti cari fratelli, per dimostrarci tutta la loro solidarieta', ci stavano aspettando per esserci a fianco per aiutarci e sostenerci nelle prime ore della nostra nuova esistenza. Tra costoro c'era un vecchio ebreo ortodosso di Bnei Berak che mi venne incontro con varie figliole. Mi racconto' che paragona la nostra espulsione a quella dalla Spagna, la stessa ingratitudine. Ci pensava a pezzi, vede invece di ebrei affranti e piangenti persone col morale alto e cio' lo stupisce e me ne chiese ragione.
Gli risposi che il Popolo d'Israele ha vissuto un momento dificilissimo, ma che soltanto i beni materiali ci possono essere tolti perche' la fede e' sempre con noi e ci sostiene. Rimase assai commosso e mi disse che cio' era forse facile per noi ma che lui non era abituato a vedere una fede simile.
Capii, allora, che abbiamo un nuovo grande incarico. I demoralizzati non siamo noi ma la maggioranza della popolazione che essendo demoralizzata demoralizza gli altri. Questo e' il momento di tirar fuori tutte le forze disponibili, noi dobbiamo ricambiare l'aiuto materiale offertoci aiutando i nostri fratelli a superare la loro lunga e profonda demoralizzazione. Questo vuole il Signore da noi.

PROSEGUIRE CON GIOIA
Ora e' arrivata hag hasuccot zman simcatenu (la festa delle capanne tempo della nostra gioia). Non abbiamo piu' le nostre care e belle sinagoghe dove pregare e le nostre amate case dove festeggiare ma ci resta la gioia piu' grande, quella dei nostri cuori che non ha limiti.
Sia una gioiosa festa di succot per tutti i Figli d'Israele.

Un ebreo del Gush Katif

(MEAT MIN HAOR N. 302, 21/10/05; liberamente tratto e tradotto dall'ebraico da Eleazar Ben Yair)






7. MUSICA E IMMAGINI




Shabbat Shalom Yerushalayim




8. INDIRIZZI INTERNET




HonestReporting

Profecy Today




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