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Notizie su Israele 328 - 6 gennaio 2006

1. Il dopo Sharon
2. Effetto Sharon sulla Borsa israeliana
3. L'Iran cerca la bomba atomica
4. Israele rinuncia a dividere un villaggio conteso
5. Intervista a Rav Adin Steinsaltz
6. Completato il Manto dell'Efod del Sommo Sacerdote
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Zaccaria 1:14-15. Allora l’angelo che parlava con me disse: «Grida e di’: Cos“ parla il Signore degli eserciti: "Io provo una gran gelosia per Gerusalemme e per Sion; provo un grande sdegno contro le nazioni che se ne stanno ora tranquille e che, quando io m’indignai un poco contro di essa, contribuirono ad accrescere la sua disgrazia".
1. IL DOPO SHARON




La politica di Israele tornerà al passato

di Daniel Pipes

Il premier israeliano Ariel Sharon è stato colpito da una gravissima emorragia cerebrale e la sua lunga carriera politica sembra a dir poco essere compromessa. Cosa comporterà ciò per la politica israeliana e per i rapporti arabo-israeliani?
    Fondamentalmente, ciò segna un ritorno alla vita di sempre.
    Sin dal 1948, anno di nascita dello Stato di Israele, la vita politica israeliana è dominata da due visioni in merito ai rapporti con gli arabi, rappresentate (in base agli attuali nomi dei due schieramenti) dal Partito Laburista, a sinistra, e dal Likud, a destra.
    I laburisti hanno argomentato a favore di una maggiore flessibilità e di un atteggiamento più accomodante nei confronti degli arabi, il Likud ha ritenuto opportuno adottare una posizione più inflessibile. Ognuno degli 11 premier israeliani proveniva da questi due partiti, e nessuno di essi apparteneva ai numerosi altri schieramenti politici. Il Likud e il Partito Laburista, pur avendo subito un declino di popolarità di lunga data, hanno continuato ad essere i cardini e i dominatori della vita elettorale israeliana.
    E questo sino a sei settimane fa. Il 21 novembre scorso, Sharon ha lasciato il Likud per formare un nuovo partito chiamato Kadima. Egli ha scelto di compiere questo passo radicale per due motivi: poiché le sue idee in merito ai palestinesi si erano distanziate dalla linea politica nazionalista del Likud, come mostrato dal ritiro – avvenuto a metà del 2005 – dell'esercito israeliano e dei civili da Gaza, e giacché, a causa della sua accresciuta popolarità, egli si riteneva all'altezza di fondare un partito a sua immagine.
    La sua mossa è stata mirabilmente tempestiva e ben riuscita. Immediatamente, i sondaggi hanno mostrato come Kadima sia riuscito a soppiantare il Partito Laburista e il Likud. Il più recente sondaggio condotto lunedì da Dialogue, e pubblicato ieri, ha mostrato vincitore Kadima che ha ottenuto 42 seggi sui complessivi 120 della Knesset, il Parlamento israeliano, seguito dal Partito Laburista con 19 seggi e dal Likud con appena 14 seggi.
    Lo sbalorditivo successo di Kadima ha messo a soqquadro la politica di Israele. Gli storici cavalli di battaglia sono stati così tagliati fuori e si è speculato in merito al fatto che Sharon potesse formare un governo senza persino prendersi il disturbo di allearsi con l'uno o con l'altro.
    Ancor più sorprendente è apparsa l'autorità personale di Sharon in seno a Kadima; Israele non aveva mai assistito alla comparsa di un siffatto uomo forte. (E di rado è successo in altre mature democrazie; un'altra eccezione è rappresentata dal caso di Pim Fortuyn nei Paesi Bassi.) Sharon è riuscito a portarsi rapidamente dietro nel nuovo partito illustri politici laburisti, likudisti e appartenenti ad altri schieramenti che hanno poco in comune, a parte la disponibilità a seguire la sua guida.
    Si è trattata di un'impresa audace, ambiziosa, virtuosistica e acrobatica, una di quelle che riuscirà a durare solo a condizione che Sharon mantenga il tocco magico. Oppure se si rimette in salute.
    Sin dal principio ho espresso il mio scetticismo verso Kadima, definendolo a una settimana dalla sua fondazione come un'iniziativa tendente a sfuggire alla realtà che "cadrà tanto rapidamente come è sorto e si lascerà alle spalle un misero retaggio". Se la carriera di Sharon è finita, sarà così anche per Kadima. Egli lo ha creato, lo ha guidato, ha deciso la sua linea politica, e nessun altro è adesso in grado di controllare i suoi elementi fissipari. Senza Sharon gli elementi che compongono Kadima se ne torneranno alle loro vecchie case nel Likud, nel Partito Laburista e altrove. Con un tonfo, la politica di Israele torna alla normalità.
    Nelle elezioni di marzo, il Likud che in precedenza era previsto suscettibile di attestarsi al terzo posto, sembra essere il partito che maggiormente avrà da guadagnare dall'uscita dalla scena politica di Sharon. Infatti i membri di Kadima provengono in modo sproporzionato dalle sue file e adesso il Likud, sotto l'efficace leadership di Benjamin Netanyahu, plausibilmente avrebbe buone possibilità di rimanere al potere. Le prospettive del Likud sembrano sempre più promettenti visto che il Partito Laburista ha appena eletto un nuovo leader radicale e inesperto, Amir Peretz.
    In linea di massima, l'improvvisa svolta a sinistra della politica di Israele nella scia della svolta personale di Sharon a sinistra si fermerà e probabilmente sarà perfino ribaltata.
    Riguardo ai rapporti israelo-palestinesi, Sharon ha commesso degli errori madornali negli ultimi mesi. In particolare, il ritiro israeliano da Gaza è stata una conferma per i palestinesi del fatto che la violenza funziona, provocando un fuoco di sbarramento di missili sul suolo israeliano e l'infiammarsi del clima politico.
    Dal momento che Israele tende a tornare a uno stadio più normale della propria vita politica, nel quale nessun politico godrà della popolarità di Sharon, le azioni del governo saranno nuovamente tenute sotto stretta sorveglianza da parte dell'opinione pubblica. Può darsi che ne risulterà una linea politica nei confronti dei palestinesi più realista e meno incline a sfuggire alla realtà e probabilmente vi sarà persino un movimento di avanzamento a favore di una risoluzione del conflitto israelo-palestinese.

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Postscriptum all'articolo del National Post

Un sondaggio condotto da Radio Israele il 4 gennaio – prima del ricovero di Sharon – chiedeva agli intervistati: "Se Ariel Sharon non fosse il leader di Kadima alle prossime elezioni, come voteresti?"
I risultati sono stati i seguenti: 18 voti a favore del Partito Laburista, 16 per il Likud e 13 per Kadima.
Non è disponibile il voto espresso per gli altri partiti.

(National Post, 5 gennaio 2006 - dall’archivio di Daniel Pipes)





2. EFFETTO SHARON SULLA BORSA ISRAELIANA




L’incertezza è il peggior nemico per i mercati finanziari. Ne sa qualcosa la Borsa di Tel Aviv che ha risposto con una pioggia di vendite al grave ictus che ha colpito il primo ministro israeliano Ariel Sharon. Il premier è stato ricoverato durante la notte e operato d’urgenza per un’emorragia celebrale.
Una situazione già complessa di per sé, resa ancor più preoccupante dalle imminenti elezioni politiche che avranno luogo il 28 marzo. E così è la preoccupazione il sentimento più diffuso non solo tra i cittadini, ma anche tra gli operatori di Borsa. L’indice Tel Aviv 25 ha chiuso con una flessione del 3,93%, dopo essere arrivato a perdere quasi sei punti percentuali.
Le vendite non hanno risparmiato nessun settore ma a fare maggiormente le spese di questo giovedì nero sono stati soprattutto i titoli bancari. Un brutto colpo per il listino israeliano che va a interrompere un periodo di forte crescita per la Borsa locale. I nuovi massimi storici raggiunti mercoledì scorso hanno fatto eco a un 2005 da ricordare.
Complice un’economia in crescita per il quinto anno consecutivo, gli ultimi dodici mesi si sono conclusi con un rialzo dell’indice di riferimento del 33%. Ora invece le cose si fanno più difficili, come dimostra anche lo scivolone registrato oggi dalla valuta locale. Lo Shekel si è mosso infatti in deciso ribasso, segnando a metà pomeriggio una flessione dell’1,6%: il calo più consistente dallo scorso 8 agosto.
Al di là dell’iniziale reazione di mercati finanziari, a preoccupare maggiormente gli esperti è il clima di incertezza che anche nei prossimi giorni continuerà a dominare la scena economica e finanziaria.
Il Kadima, partito guidato da Ariel Sharon, era dato come favorito per le prossime elezioni ma ora le cose si rimettono seriamente in discussione. Oltre che fondatore della formazione politica, il premier israeliano ne è stato fin ora anche l’anima: un ruolo che difficilmente potrà tornare a ricoprire anche se dovesse riuscire a superare questo momento critico.

(miaeconomia, 5 gennaio 2006)





3. L’IRAN CERCA LA BOMBA ATOMICA




LONDRA - L'Iran sta cercando di ottenere in segreto la tecnologia e le competenze necessarie per costruire un ordigno nucleare in una campagna di acquisti che va dall'Europa alla Corea del Nord e agli ex stati sovietici. Lo scrive oggi il quotidiano britannico Guardian, citando un rapporto di una non precisata agenzia di spionaggio europea.
Le 55 pagine del rapporto, che reca la data del primo luglio 2005, raccolgono materiale proveniente dalle agenzie britannica, francese, tedesca e belga ed è stato usato per esporre la questione ai ministri dei governi europei.
La divulgazione del rapporto arriva mentre permane l'impasse tra Iran e Occidente sul programma nucleare di Teheran.
Gli Stati Uniti e l'Unione europea temono che il programma per il nucleare civile iraniano nasconda il tentativo di costruire la bomba atomica. L'Iran dice di aver bisogno della tecnologia nucleare per generare elettricità.
Il rapporto fatto filtrare al giornale sostiene che l'Iran ha un programma avanzato per acquisire competenze ed equipaggiamento nel settore atomico.
Dice anche che Siria, Pakistan e Corea del Nord fanno parte di un mercato nero globale di componenti di armamento illecito.
Il documento afferma che l'Iran ha creato una rete di società fiduciarie, intermediari ed accademici, il cui compito è di trovare informazioni e materiali necessari per l'arsenale nucleare, biologico e chimico, scrive il Guardian.
Secondo il giornale, il documento rende conto in dettaglio dei tentativi di Teheran di costruire un missile capace di colpire Israele e il sud dell'Europa.
Scienziati iraniani stanno costruendo gallerie del vento e tecnologia per la navigazione e comprando marchingegni per la puntatura necessari per i missili di precisione, riporta sempre il documento.
Il rapporto conclude dicendo che alcuni scienziati a Teheran stanno facendo acquisti per assemblare un nuovo missile balistico con "richieste di importazione e acquisizioni... registrate quasi ogni giorno", scrive il Guardian.

(Reuters, 4 gennaio 2006)





4. ISRAELE RINUNCIA A DIVIDERE UN VILLAGGIO CONTESO




TEL AVIV - Israele ha rinunciato al suo progetto di innalzare un muro tra le due parti del villaggio di Ghajar, attualmente situato lungo la frontiera provvisoria tra Israele e Libano ma storicamente appartenente al territorio siriano. La decisione, confermata oggi dalla radio di Stato israeliana, è stata presa dal premier Ariel Sharon dopo aver consultato il ministro della Difesa e responsabili dell'esercito. Ghajar è una località siriana posta sulle pendici nord-occidentali delle Alture del Golan occupata dalle truppe israeliane nel 1967 durante la guerra 'dei Sei giorni' e oggi abitata da un migliaio di persone. In seguito al ritiro di Tsahal dal Libano del sud nel maggio 2000 Ghajar è stata pero inclusa, col beneplacito dell'Onu, nei territori contesi tra Libano e Israele e la linea di demarcazione tra i due stati ('Linea Blu') da allora divide in due il villaggio: nella parte meridionale, sotto l'autorità diretta da Israele, gli abitanti hanno ottenuto la cittadinanza israeliana, in quella settentrionale invece, controllata di fatto dagli uomini di Hezbollah, gli abitanti sono rimasti 'apolidi' (siriani sotto occupazione ma non libanesi).
    Il piano israeliano prevedeva il raggruppamento di tutti gli abitanti con cittadinanza israeliana nella parte sud del villaggio, l'erezione di un muro di divisione permanente e la conseguente distruzione di decine di abitazioni che oggi sorgono lungo la 'Linea Blu'. Questo, sostenevano le autorità israeliane, per evitare il pericolo di infiltrazioni di uomini di Hezbollah in Israele. Proprio in virtù del suo statuto di villaggio conteso, Ghajar è infatti ormai rimasto l'unico passaggio aperto di tutta la frontiera provvisoria israelo-libanese dove in passato le guardie di frontiera dello Stato ebraico hanno più volte registrato l'ingresso illegale di combattenti del Partito di Dio e di trafficanti di droga e armi.Si stimava che con la divisione permanente del villaggio, circa 400 persone avrebbero dovuto abbandonare le loro case e le loro terre: ma costoro hanno rifiutato le compensazioni previste dal governo Sharon alla stregua di quelle decise per i coloni di Gaza. "Non siamo coloni sionisti ma siamo cittadini arabi siriani" si legge in un comunicato diffuso due giorni fa dal 'comitato degli abitanti di Ghajar' e di cui una copia è giunta ad Aki-Adnkronos International. "Non vogliamo alcun rimborso dagli occupanti che non hanno alcun diritto di decidere il nostro destino. Non cederemo un palmo delle nostre terre: queste sono nostre da centinaia di anni".In ogni caso, Tel Aviv ha deciso in accordo con la popolazione locale di rafforzare la sorveglianza delle vie d'accesso al settore meridionale del villaggio e di fare pressioni sulla comunità internazionale perché il Libano si impegni ad assumere il controllo di fatto del sud del Libano, nella striscia meridionale ancora oggi controllata dagli uomini di Hezbollah.Nel luglio 2004 il premier israeliano Ariel Sharon aveva incaricato una speciale commissione di preparare uno piano dettagliato per la divisione di Ghajar e per la conseguente annessione della sua parte meridionale. Ma già nell'estate del 2002 le truppe di Tsahal avevano di fatto diviso il villaggio erigendo un reticolato di filo spinato tra le due parti e annunciando la spartizione. Era seguita una violenta protesta degli abitanti del villaggio e in uno sciopero della fame di massa. Le autorità israeliane furono così costrette a rinunciare per il momento al progetto di annessione e il passaggio di frontiera tornò ad

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essere aperto. Come allora, la questione di Ghajar rimane quindi aperta, proprio come il punto di passaggio che collega la parte meridionale a quella settentrionale.

(Aki-Adnkronos International, 4 gennaio 2006)





5. INTERVISTA A RAV ADIN STEINSALTZ




Rav Adin Steinsaltz, nato a Gerusalemme nel 1937, è un’eminente figura spirituale del mondo ebraico che ha consacrato la sua vita alla redazione della gigantesca edizione in ebraico moderno del Talmud.

Quel testo sacro privo di dogmi

di Susanna Nirenstein

Rav Adin Steinsaltz
Innanzitutto annuncia a chiare lettere che si è stufato di rispondere sempre alle stesse domande, lo scandisce sorridendo sotto i baffi e la barba bianca e rossa, tra le pejot ballonzolanti degli ebrei ortodossi ashkenaziti, in un inglese dal forte accento israeliano, mentre passa in questo viaggio straordinario a Roma da una conferenza in Vaticano su "Scienza e fede" ad una al collegio rabbinico, e infine a registrare un programma con il rabbino Benedetto Carucci a RaiTre per "Uomini e profeti" in cui ci affacciamo a curiosare. «Vorrei delle domande nuove, che so, di zoologia!, domande intelligenti!» ci dice subito. Ma che ci possiamo fare se il rabbino Adin Steinsaltz, anche se è nato in Israele da una famiglia socialista e laica, dopo aver studiato Fisica e Chimica, ha dedicato gran parte dei suoi 68 anni di vita al mastodontico lavoro di tradurre in un ebraico comprensibile a tutti (le parti aramaiche da un lato, e dall´altro mettendo la punteggiatura che segnala le vocali dell´ebraico, aggiungendo chiarimenti e chiose) il Talmud Babilonese, e buona parte di quello gerusalemitano (per poi a loro volta tradurli o farli tradurre nelle lingue di mezzo mondo)? Che ci possiamo fare se è uno dei massimi conoscitori dell´ebraismo e in Italia è da poco uscito il suo Cos´è il Talmud (Giuntina, pagg. 372, euro 20)? Il tema qui, è uno, e per niente semplice, il Talmud, oggetto misterioso, tanto oscuro da essere stato censurato e messo al rogo nell´Europa cristiana del Medioevo e dell´età moderna centinaia di volte.
Quel che tutti credono di sapere, diremmo, è che il Talmud è il commentario della Bibbia. Ma non è affatto così. Il Talmud consiste in circa 2711 pagine che sunteggiano la legge ebraica orale, non la Bibbia: c´è dunque la Mishnà, ovvero l´halakhà (il codice normativo, anche questo trasmesso sul Sinai ma non per scritto) in ebraico e il suo commento, il Talmud propriamente detto, o Ghemarà, scritto in un dialetto aramaico-ebraico, ovvero una sintesi delle discussioni dei maestri, i chakhamim, sul testo della Mishnà stessa, perché il Talmud è l´unico libro sacro al mondo che non solo ha permesso (e permette), ma incoraggiato (e incoraggia) ogni domanda, ogni dubbio, e ammesso (e ammette) risposte discordanti. Non è un testo banalmente giuridico: il Talmud, dice Steinsaltz, «raccoglie la saggezza del popolo ebraico accumulata nel corso di migliaia di anni, perché fu prima trasmessa e studiata oralmente e poi, trascritta e sunteggiata prima dal rabbino Yehuda Hanasi nel II secolo dell´era contemporanea per essere poi completata (ma mai chiusa) con i commenti fatti dai saggi nei successivi 300 anni: sono norme sì, ma anche leggenda, filosofia, logica e pragmatismo, personaggi, storia e scienza, aneddoti e humor. Non c´è soggetto che il Talmud consideri troppo strano, o remoto, o troppo bizzarro per essere studiato», da come acquistare una cosa, a come affrontare il nemico, a come trattare il periodo mestruale, o il sesso,... per non parlare delle regole sul Sabato e sul cibo kosher.

Rabbino Steinsaltz, quando, parlando di ebrei, li si definisce il popolo del libro, si pensa alla Bibbia (la Torah). Lei invece ha detto più volte che il libro fondamentale dell´ebraismo è il Talmud. Perché?
«Innanzitutto non siamo stati noi a chiamarci "popolo del libro". Sono stati i musulmani a definire "popolo del libro" coloro che avevano la Rivelazione divina scritta. Non ha niente a che fare con l´essere colti o meno. Insomma se ci vogliono dare questo nome, grazie mille, ma noi non l´abbiamo inventato. In secondo luogo, se dobbiamo dire da un punto di vista formale qual è il libro più importante nell´ebraismo questo è senz´altro la Bibbia. Ma se guardiamo al lato operativo, il Talmud non è uno scritto individuale, è stato creato dalla collettività, e, a sua volta, ha creato il popolo. La Bibbia è la prima pietra del giudaismo, il Talmud è il pilastro centrale».

Che significa?
«Il Talmud è il più grande archivio e deposito delle leggi orali ebraiche, che vanno dai tempi della Bibbia sino a circa mille anni dopo la scrittura della Bibbia. La prima parte, scritta e pubblicata intorno all´anno 200, contiene l´insieme delle leggi orali. Si chiama Mishnà, che significa ripetizione. La seconda parte, Talmud Ghemarà, è una discussione dialettica di ciò che è contenuto nella prima parte. Insistere in questa discussione è stata la più importante attività creativa degli ebrei negli ultimi 1500, anche 2000 anni».

Perché ci fu il bisogno di trasformare la legge orale in legge scritta?
«I leader sapevano che si annidava il pericolo e volevano preservare quell´immenso patrimonio. La diaspora era iniziata. Solo la legge scritta e i testi scritti hanno la possibilità di essere trasferiti da un posto all´altro. Era l´unico modo per sopravvivere».

Non ha perso la flessibilità insita in una legge orale?
«Ne ha mantenuta moltissima. Il Talmud è una discussione aperta intorno ai temi contenuti nella legge. Non è una mera esposizione di regole da seguire: tutte le posizioni al riguardo vengono definite, ridefinite e modificate: e il bello è che alla fine la questione può rimanere così, senza soluzione».

Cos´è che ha impaurito del Talmud? Perché la cristianità l´ha tanto censurato, gettato ai roghi? Proprio per questa sua assenza di dogmi?
«Non posso rispondere, non è la mia gente che l´ha censurato e bruciato. Dovrebbe porre la domanda al Vaticano. Il fatto è che per i cristiani l´esistenza degli ebrei era un grande problema pratico e teologico. Volevano metterli in difficoltà, obbligandoli a certi mestieri, imponendogli certi segni, chiudendoli nei ghetti. Il Talmud era la spina dorsale della cultura ebraica, lo bruciarono a Milano come a Roma o in Francia. E bruciarlo, vietarlo, servì: la vitalità ebraica si affievolì per secoli».

E´ possibile essere ebrei senza il Talmud?
«Se essere ebrei significa che i maschi vengano circoncisi è chiaro che puoi farlo senza il Talmud. Ma se essere ebrei è qualcosa che si allunga nella vita privata e ancor più nella vita di una persona come parte della comunità, l´esperienza ci dice che non è possibile».

Eppure lei per la sua traduzione del Talmud è stato criticato.
«Come in fisica così nel mondo ebraico: ad ogni azione corrisponde una reazione. Sì, sono stato criticato. Rendere così accessibile il Talmud è un atto, un gesto che in qualche modo cambia una tradizione che, specie ai tempi della trasmissione orale, era ristretta a una cerchia limitata, al maestro e ai discepoli. Gli altri rimanevano fuori e c´è ancora chi pensa nel mondo ebraico che questa sia la condizione migliore, in qualche modo più sicura. Aprire quel circolo chiuso è un atto rivoluzionario, e necessariamente a qualcuno non piace. Ma io dell´ebraismo non vedo tanto il modello chiuso quanto il fatto che siamo una delle pochissime culture in cui tutti i membri della comunità, e non solo gli specialisti, o il clero e i sacerdoti, sono obbligati a studiare e a conoscere».

Il Talmud a riguardo cosa direbbe?
«Citerò un chakham: io qui vedo un principio, adesso voi andate e studiate».

(La Repubblica, 28 dicembre 2005)





6. COMPLETATO IL MANTO DELL’EFOD DEL SOMMO SACERDOTE




Il Makhon Hamikdash (Istituto del Tempio) è un’organizzazione ebraica con sede a Gerusalemme che ha fra i suoi programmi la riproduzione degli arredi sacri e degli strumenti che due millenni fa venivano utilizzati per le offerte sacrificali, in attesa che questi possano essere usati quando verrà ricostruito il Tempio sul Monte Sion. Recentemente ha annunciato il completamento di un indumento del Sommo Sacerdote.

Il Me'il Techelet
Il Manto Blu del Sommo Sacerdote

L’Istituto del Tempio ha il piacere di annunciare il completamento del Me'il Techelet - il Manto Blu [violaceo, secondo qualche traduzione italiana, ndt] - del Sommo Sacerdote. Questo manto è il risultato di più di tre anni di ricerche e di accurato lavoro. Ma ancora di più, è l’adempimento di un preciso comandamento - che fino ad ora era rimasto inadempiuto dal tempo della distruzione del secondo Tempio Santo. Per la prima volta, dopo circa duemila anni, è stato creato un simile indumento.
Il manto blu adesso è in mostra nella sede centrale dell’Istituto del Tempio a Gerusalemme, e si aggiunge all’efod e al pettorale del Sommo Sacerdote. Questi indumenti sono per il momento esposti al pubblico in attesa del tempo in cui saranno rimessi in uso quando avverrà la ripresa dei compiti sacerdotali nel Tempio Santo. Immagini del manto possono essere osservate cliccando qui.
    "Farai anche il manto dell’efod, tutto di color violaceo. Esso avrà, in mezzo, un’apertura per passarvi il capo; l’apertura avrà intorno un orlo tessuto, come l’apertura d’una corazza, perché non si strappi. All’orlo inferiore del manto, tutto intorno, farai delle melagrane di colore violaceo, porporino e scarlatto; in mezzo a esse, tutt’intorno, porrai dei sonagli d’oro: un sonaglio d’oro e una melagrana, un sonaglio d’oro e una melagrana, sull’orlo del manto, tutto intorno. Aaronne se lo metterà per fare il servizio; quando egli entrerà nel luogo santo davanti al SIGNORE e quando ne uscirà, si udrà il suono, ed egli non morirà." (Esodo 28:31-35, vers. Nuova Riveduta)
L’utimo versetto è di difficile comprensione: “... quando egli entrerà nel luogo santo davanti al SIGNORE e quando ne uscirà, si udrà il suono, ed egli non morirà." Si può dimostrare infatti che l’oro puro non produce suono. Come possono questi sonagli d’oro essere uditi “quando egli entra nel Luogo Santo”? Ma in realtà il significato della parola ebraica kolo è “la sua voce”. Il versetto in realtà si riferisce alla voce del Sommo Sacerdote stesso che prega all’interno del Luogo Santo a favore di se stesso e della nazione di Israele. E’ vietato al Sommo Sacerdote entrare nel Luogo Santo senza essere completamente vestito con l’intera serie degli indumenti sacerdotali. Ogni mancanza di completezza nell’abbigliamento del Sommo Sacerdote lo renderebbe colpevole agli occhi del Cielo, D-o non voglia! Il suo servizio nel Santuario è invalido senza gli indumenti che devono essere esattamente come prescritto dalla Torah, fin nel più piccolo particolare. Questo versetto quindi fa capire che il manto blu, con le sue settantadue melagrane e i settantadue sonagli lungo il bordo inferiore, completa i prescritti indumenti e garantisce al Sommo Sacerdote il permesso di entrare nel Luogo Santo, rimanere davanti al D-o di Israele, e rivolgersi all’Onnipotente come rappresentante dell’intera nazione di Israele.
La nostra preghiera all’Istituto del Tempio è che il completamento del manto blu possa far avvicinare il giorno della ricostruzione del Tempio Santo e della ripresa del Servizio Divino. Nel frattempo, noi proseguiamo nei nostri sforzi di adempiere i comandamenti di D-o, continuando a preparare tutti gli indumenti e gli utensili per il tempo in cui saranno necessari. [...]

Con benedizioni da Gerusalemme
Rabbi Chaim Richman  -  Yitzchak Reuven
The Temple Institute
PO Box 31876
Jerusalem, Israel 97500

(The Temple Institute, 22 dicembre, 2005)





MUSICA E IMMAGINI




David, Melekh Yisrael




INDIRIZZI INTERNET




Pratique de l’histoire et dévoiements négationnistes

The Galilee Experience




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