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Notizie su Israele 342 - 14 aprile 2006 |
1. Israele mostra documenti su legami Anp-terrorismo
2. Israele e le elezioni in Italia 3. Antisemitismo sui media egiziani 4. Ucciso per aver venduto edificio a ebrei 5. I tedeschi volevano portare l'Olocausto in Palestina 6. Legami tra sport e nazismo in Germania 7. Un collegio per donne ortodosse 8. Musica e immagini 9. Indirizzi internet |
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1. ISRAELE MOSTRA DOCUMENTI SU LEGAMI ANP-TERRORISMO
GERUSALEMME - Proseguendo nella sua campagna contro l'Autorità nazionale palestinese (Anp) e il suo presidente Yasser Arafat, Israele ha mostrato oggi nuovi documenti che, a suo dire, provano l'esistenza di stretti legami tra questi e organizzazioni terroristiche palestinesi. I documenti sono parte dell'ingente materiale raccolto da Israele nel corso delle perquisizioni condotte negli uffici dei vari organi dell'Anp nelle città autonome palestinesi
Il colonnello Miri Eisin, dell'intelligence militare, in un incontro con la stampa ha detto che da uno spoglio solo iniziale di una grande quantità di documento raccolti a Jenin è emersa in modo inconfutabile la prova di una stretta cooperazione dei servizi di sicurezza palestinesi con Hamas, la Jihad islamica e Tanzim, organo legato ad al Fatah, la maggiore organizzazione palestinese. Hamas, Jihad islamica e le Brigate dei martiri di Al Aqsa - queste ultime legate a Tanzim - si sono assunte la responsabilità di tutti gli attentati che hanno colpito la popolazione israeliana. Da un altro documento risulta, secondo l'ufficiale, che almeno tre attentati suicidi condotti l'anno scorso e quest'anno in Israele sono stati frutto di operazioni congiunte di Hamas, Jihad e Al Fatah. Il ministro per la sicurezza interna Uzi Landau, in una conferenza stampa a Gerusalemme, ha affermato a sua volta che documenti sequestrati l'anno scorso dalla polizia nell'Orient House, rappresentanza ufficiosa dell' Anp a Gerusalemme est, dimostrano che Arafat ha usato fondi dell' Anp per pagare attivisti di Tanzim dopo che questi gli avevano detto di aver attuato attacchi contro Israele. L'allora direttore dell'Orient House, Faisal Husseini, ministro dell'Anp per Gerusalemme (morto l'anno scorso per un infarto) è stato, secondo Landau, in rapporti epistolari con agenti che gli avevano chiesto fondi per finanziare attacchi contro Israele. (Red) (Kataweb News, 14 aprile 2006) 2. ISRAELE E LE ELEZIONI IN ITALIA Israele: in pericolo il rapporto con l'Italia di Ariela Piattelli Il cambio di premier rischia di alterare i rapporti tra i due Stati: «Martedì potremmo aver perso un buon amico», scrive il «Jerusalem Post» ROMA - Gli israeliani sono preoccupati. Si preoccupano delle sorti del nuovo governo italiano perché Berlusconi è stato uno tra i più grandi amici di Israele. Guardano all'Italia con attenzione, alla sua politica estera, poiché sanno che la posta in gioco è alta: l'Italia negli ultimi anni ha avuto un ruolo chiave nelle vicende dello Stato ebraico. Nessuno può dimenticare che è stato proprio il governo Berlusconi a fare pressioni per inserire Hamas nella lista di organizzazioni terroristiche all'Unione Europea. Alla luce del risultato elettorale, che se confermato potrebbe cambiare le carte in tavola, il dibattito si apre nei maggiori quotidiani israeliani. Ancora nessun commento ufficiale poiché si attendono certezze. «Sembra che martedì Israele abbia perso un buon amico» così inizia l'articolo di Hilary Leila Krieger sul Jerusalem Post di ieri intitolato «Italy's Prodi may not be Israel-friendly». Alcuni analisti israeliani, secondo il JP, sostengono che un governo di sinistra non metterebbe necessariamente in crisi le relazioni tra Israele ed Italia. Altri analisti vedono invece prefigurarsi la possibilità di un cambiamento dei rapporti. Nei commenti e nelle analisi vige l'assoluta prudenza. C'è l'ala moderata della sinistra, composta anche da personalità che hanno dimostrato amicizia verso lo Stato ebraico (Fassino, Rutelli, Veltroni), ma c'è anche l'ala più estrema dello schieramento che dovrebbe governare l'Italia, che ha sempre avuto qualche difficoltà a comprendere le ragioni di Israele. L'esperto Mario Sznajder dell'Hebrew University di Gerusalemme assicura che gli interessi dell'Italia resteranno gli stessi: «Loro dovranno avere rapporti cordiali con Israele, se vogliono avere una qualche influenza in Medio Oriente» dice Sznajder. Anche il quotidiano Yediot Ahronot dedica largo spazio alle elezioni italiane. Nel commento di ieri di Avi Pazner, che paragona la vicenda elettorale italiana a quella statunitense Bush-Gore nel 2000, emergono interrogativi sulla stabilità di un governo composto da molte anime. «È stato un periodo d'oro per le relazioni tra Italia ed Israele» ha detto Avi Pazner facendo riferimento al governo Berlusconi. «Sono anche sicuro che il rapporto creato con Israele continuerà, e spero che continui allo stesso livello». Spetterà allo Stato ebraico privilegiare il dialogo con i moderati amici come Fassino, Rutelli, Veltroni. Sulla stessa linea l'Ambasciatore d'Israele Ehud Gol: «Le calde relazioni tra i due Stati continueranno - dice Gol alla radio militare israeliana -. Forse non nello stesso stile e nella stessa forma. Anche la maggior parte dei membri della coalizione di Prodi sono consci dell'importanza delle relazioni con Israele. Sanno che l'Italia potrà svolgere un ruolo centrale in ogni futuro processo politico in Medio Oriente solo se avrà una politica equilibrata e misurata con ambedue le parti in conflitto». Ma le incognite sono ancora molte, Fiamma Nirenstein, corrispondente della Stampa da Gerusalemme, teme che Prodi non sarà bendisposto come Berlusconi nel comprendere che Israele deve difendersi dal terrorismo e spingerà affinché lo Stato Ebraico ceda la maggior quantità di territorio possibile. Israele guarda quindi all'Italia prodiana con prudenza. (Il Giornale, 13 aprile 2006) * * *
Ministro esteri di Hamas plaude a vittoria di Prodi Il ministro palestinese degli Affari Esteri, Mahmud al-Zahar, si è congratulato con il leader del centro-sinistra Romano Prodi per la vittoria alle elezioni politiche italiane. Zahar, che ha definito una "posizione positiva" quella di Prodi verso il nuovo governo palestinese guidato da Hamas, ha sottolineato "il coraggio e la spiccata coscienza politica" del Professore. Qualità, queste, che secondo Zahar potrebbero contribuire a "convincere quei paesi dell'Unione Europea ancora indecisi se continuare a sostenere il popolo palestinese e mantenere i contatti col suo governo democraticamente eletto". Il ministro palestinese si è poi augurato che 'Prodi riesca a correggere l'errato assunto politico europeo nei confronti del popolo palestinese e del suo governo eletto e che ciò si traduca concretamente nel rispetto per l'autodeterminazione del nostro popolo e l'accettazione della sua scelta democratica". Il capo della diplomazia palestinese ha quindi esortato "i paesi della Ue a tornare sui propri passi e a rispettare la scelta popolare, anziché avallare progetti di estorsione politica che isolano e affamano la popolazione", mettendo in evidenza che "la legittimità della causa palestinese deve essere il movente di ogni attività nella regione che mira a porre fine all'occupazione israeliana, alla formazione di uno stato indipendente con capitale Gerusalemme e al miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei cittadini, perché vivano una vita libera e dignitosa come gli altri popoli del mondo". (AprileOnLine, 14 aprile 2006) 3. ANTISEMITISMO SUI MEDIA EGIZIANI "Gli ebrei uccidono i bambini" Messaggi esplicitamente antisemiti su un sito web rivolto ai bambini, gestito dai Fratelli Musulmani egiziani. "Lo sapevi?" si legge nel sito Gli ebrei che occupano la nostra terra e i nostri luoghi santi in Palestina progettano di conquistare il resto dei paesi musulmani e di creare una Grande Israele dal Nilo all'Eufrate. Vogliono anche scavare la tomba del nostro beneamato Profeta [Mohammed, Maometto]". Lo riferisce un documento diffuso dal Middle East Media Research Institute (MEMRI) che mostra ancora una volta un quadro inquietante di antisemitismo e in generale di istigazione all'odio in Medio Oriente, fino al livello di frasi come: "Assassinio di bambini, parte integrante della religione ebraica". Questa volta, tuttavia, gli autori non si concentrano solo sugli ebrei, ma anche sui cristiani, invocando il jihad (guerra santa) e rivendicando persino il possesso della Spagna. Il tutto in un sito web per bambini che compare anche sulla pagina principale dei Fratelli Musulmani egiziani. Il sito si apre con le lodi del jihad, mentre una delle pagine principali, tutta coperta con lo slogan: "Il Profeta combatte il jihad", dice: "Il Profeta ha combattuto un jihad contro gli infedeli e gli ipocriti e li ha sconfitti. L'infermo è il loro destino". Il sito contiene anche la celebrazione della lotta armata in Afghanistan e in Iraq, e dice che l'Afghanistan "è attualmente sotto occupazione dell'America, che aspira a impadronirsi di tutto il mondo islamico". Dopo la sezione che celebra il jihad, compaiono sezioni con messaggi antisemiti come ad esempio: "Sapevate che spesso i criminali ebrei maledirono il nostro maestro? Sapevate che gli ebrei hanno cercato molte volte di assassinare il nostro beneamato messaggero [Mohammed, Maometto], ma che Allah lo ha salvato dai loro tentativi? Sapevate che la corruzione e l'eversione nel mondo sono il risultato di atti e complotti ad opera degli ebrei, che hanno interesse a deviare la gente dalla via di Allah?". Il sito parla anche della "mia grande terra patria" e menziona Andalusia e Spagna, dicendo che fanno parte della terra patria musulmana insieme a luoghi come Egitto, Damasco, la moschea di al-Aqsa sul Monte del Tempio, Istanbul, la Bosnia-Herzegovina, le isole moldave. (YnetNews, 12.04.06 - da israele.net) 4. UCCISO PER AVER VENDUTO EDIFICIO A EBREI Aver venduto un edificio a Gerusalemme Est agli ebrei: è per questo motivo che sarebbe stato assassinato un arabo israealiano a Gerico, in Cisgiordania. Il corpo della vittima, riferisce l'edizione online del quotidiano israeliano 'Yedioth Ahronoth', è stato ritrovato oggi e le autorità hanno subito dato il via alle indagini. Secondo fonti palestinesi, l'omicidio dell'uomo sarebbe stato rivendicato dalle Brigate dei martiri di al Aqsa. Durante la notte appena trascorsa le forze di sicurezza israeliane - spiega il giornale - sarebbero state informate da un palestinese del fatto che un abitante di Gerusalemme Est era stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel centro di Gerico. Poco dopo gli agenti della polizia hanno ritrovato il corpo della vittima nella città della Cisgiordania.Dal giorno in cui aveva venduto l'edificio del quartiere a-Tur di Gerusalemme Est l'uomo aveva iniziato a ricevere minacce da alcuni gruppi di palestinesi. Dal canto loro, i familiari della vittima hanno detto agli inquirenti l'edificio "incriminato" non è stato venduto direttamente agli ebrei, ma a terzi. Secondo fonti palestinesi citate dal quotidiano, l'uomo avrebbe ceduto l'edificio di quattro piani ad alcuni ebrei con la mediazione di un avvocato per oltre 1,5 milioni di dollari. Con la vendita, precisano le fonti, per la prima volta gli ebrei hanno acquistato uno stabile nel quartiere a-Tur di Gerusalemme. (Agenzia Radicale, 13 aprile 2006) 5. I TEDESCHI VOLEVANO PORTARE L'OLOCAUSTO IN PALESTINA 1942, il piano segreto di Hitler di Andrea Tarquini BERLINO - Se nella battaglia di El Alamein avesse vinto l´Asse nazifascista anziché gli Alleati, tutto era pronto per portare a termine l´Olocausto anche in Palestina. L´Afrika Korps di Rommel avrebbe occupato la Terra Santa, e una squadra della morte delle Ss schierata in segreto ad Atene occupata era pronta a entrare in azione. Con le camere a gas mobili e l´aiuto dei nazionalisti arabi, avrebbe sterminato gli ebrei che si erano rifugiati in Medio Oriente per scampare alla Shoah. E Israele non sarebbe mai nato. Lo rivela un nuovo libro, appena uscito in Germania. «Tedeschi-ebrei-genocidio. L´Olocausto come Storia e attualità», s´intitola l´opera degli storici Klaus Michael Mallmann e Martin Cueppers edita da Mallmann e da Jurgen Matthaeus. Il piano dell´Einsatzgruppe Palaestina restò segreto dal 1942 a oggi. Era stato elaborato a Berlino, forse nella quiete della romantica villa sul Lago Wannsee dove nel 1942 i massimi gerarchi nazisti progettarono la «Soluzione finale», il genocidio totale del popolo ebraico. Incontri a porte chiuse avevano riunito Adolf Eichmann, l´architetto dell´Olocausto, e Walter Rauff. Cioè l´ufficiale delle Ss che aveva sviluppato e lanciato in azione le camere a gas mobili, montate su camion Opel o Mercedes, usate nei territori dell´Unione Sovietica e della Jugoslavia occupati dai nazisti. A Rauff, il Fuehrer e Eichmann avevano affidato il comando sul campo. Il suo Einsatzgruppe fu inviato nel totale segreto ad Atene occupata. Non era uno schieramento sicurissimo: sulle montagne elleniche, partigiani monarchici e comunisti riforniti dalla Royal Air Force davano battaglia alla Wehrmacht. Ma Atene era il porto più vicino alla Palestina in mano all´Asse. Rauff doveva solo dare tempo all´Afrika Korps, guidata dal leggendario maresciallo Erwin Rommel, la «volpe del deserto». Sbaragliati gli inglesi a El Alamein, i soldati di Rommel avrebbero facilmente preso Alessandria, il Cairo e la Palestina sotto mandato britannico. A quel punto, i killer di Rauff sarebbero arrivati dalla Grecia con tutte le |
loro macabre attrezzature di sterminio. Il mezzo milione di ebrei che in
Palestina cominciava a fondare i Kibbutz (i villaggi-cooperative), i partiti democratici, le organizzazioni paramilitari progenitrici dello Stato d´Israele, non avrebbero avuto alcuna chance. Gli ebrei di Palestina avevano sì istituzioni politiche sviluppate, un gruppo giovanile (la Hashomer Hatzair) e organizzazioni paramilitari: la Haganah, più vicina ai progressisti, e la Irgun Zvai Leumi, più conservatrice. Ma poche armi leggere non sarebbero valse a nulla contro le Panzerdivisionen di Rommel. Dalla loro, i tedeschi avevano anche la massima autorità palestinese araba di allora, il Gran Muftì di Gerusalemme Mohammed Amin el-Husseini, lontano parente di Yasser Arafat. El-Husseini si era rifugiato a Berlino, dove si era conquistato un ruolo di partner del Ministero degli Esteri. Il suo obiettivo dichiarato era «la rimozione dei centri nazionali ebraici in Palestina». In molti incontri, ne aveva discusso con Eichmann offrendo ogni collaborazione. Le rivelazioni di Mallmann e Cueppers gettano un´ombra anche sulla figura di Rommel, finora celebrato ovunque come eroe di guerra, non compromesso politicamente col nazismo. Tanto che per la sua vicinanza alla congiura degli ufficiali del 20 luglio 1944 (il fallito attentato contro Hitler) fu costretto dalla Gestapo a togliersi la vita. La vicenda umana di Rommel andrà forse riconsiderata. La storia di allora, come è noto, non andò secondo i piani del Reich. Nel generale Bernard Law Montgomery, il feldmaresciallo Rommel trovò un degno avversario. I «topi del deserto», i reparti speciali dello Special Air Service, fanterie britanniche, sudafricane e indiane fermarono l´Asse ad El Alamein. Dove morirono anche cinquemila soldati italiani mandati al macello da Mussolini. Nei cieli, la Raf, squadriglie americane e sudafricane, indiane e della Francia libera ebbero la meglio sulla Luftwaffe e sulla Regia aeronautica. Dopo la guerra, poi, Eichmann si rifugiò in Argentina. Con un´azionesegretissima, un commando del Mossad, l´intelligence israeliana, lo sequestrò e lo portò in Israele su un cargo DC4 della Heyl Ha´Avir, l´aviazione di Gerusalemme, mascherato con contrassegni civili. Eichmann fu processato, condannato a morte e giustiziato mediante impiccagione (Repubblica, 9 aprile 2006) 6. LEGAMI TRA SPORT E NAZISMO IN GERMANIA La Germania ricorda il calcio sotto la svastica A due mesi dall'inizio dei mondiali, la Federazione tedesca ammette i legami sempre negati col nazismo, quando i giocatori ebrei furono messi fuori gioco e un allenatore con la tessera del partito divenne ct della nazionale. Un paese riscrive la sua storia calcistica tra leggenda e vergogna. di Matteo Patrono A due mesi dal calcio d'inizio, la Germania è già in piena febbre mondiale. A Berlino, davanti alla sede del Reichstag, stanno costruendo uno stadio per tutti quei tifosi senza biglietto che vorranno seguire le partite su un megaschermo a due passi dal Parlamento. Lì dentro, i deputati sono impegnati da mesi in un'aspra discussione sulla necessità di utilizzare l'esercito a difesa della Coppa. Dopo il tracollo con gli azzurri (1-4), avevano chiesto a gran voce che il ct Juergen Klinsmann riferisse sulla crisi del calcio tedesco ma solo l'invito ufficiale del cancellire Angela Merkel ha convinto l'ex interista a tornare in patria e abbandonare l'amata California, dove pretendeva di allenare la nazionale via email. Finalmente a casa, Klinsmann ha restituito il sorriso ai tifosi rifilando 4 gol in amichevole ai suoi amici americani e venerdì ha risolto l'infinita diatriba del portiere, annunciando di aver scelto l'ex milanista Lehmann al posto del vecchio Kahn. Tuttavia secondo i sondaggi, un solo tedesco su cinque crede in un successo dei bianchi ai mondiali. Quell'uno poi è Papa Benedetto XVI, che per sua stessa ammissione non ha mai capito un granché di pallone. In mezzo a tale caos, la Federazione calcistica tedesca ( DFB, Deutscher Fussball-Bund) ha organizzato ieri a Bad Boll, nel sud del paese, una conferenza intitolata «Il calcio sotto la svastica». Non un raduno di hooligans neonazisti, che purtoppo c'è già stato nelle settimane scorse a Bramau per pianificare i disordini della prossima estate. Bensì un incontro con tifosi, giornalisti e studenti per fare i conti col proprio passato. Quello che 70 anni fa piegò le pedate agli ordini del Führer, voltando le spalle ai calciatori di origine ebraica e affidando la panchina della nazionale a un tecnico con la tessera del partito nazista. «Come l'industria, le banche, la chiesa e il resto della società tedesca - ha detto il ministro degli Interni, Wolfgang Schaeuble - anche il calcio non ebbe il coraggio di schierarsi contro il regime. C'è voluto molto tempo per ammetterlo ma meglio tardi che mai. Si tratta di un'esperienza liberatoria. Si può ancora imparare dal passato». Dopo aver sempre negato i propri legami con Hitler, 5 anni fa la DFB ha aperto per la prima volta i suoi archivi a uno studioso dell'Università di Mainz, Nils Havemann. Il quale ha ricostruito scrupolosamente la storia del calcio tedesco sotto il Nazismo, scrivendo un libro che porta lo stesso titolo della conferenza di Bad Boll e inchioda la Federazione (che lo ha finanziato) alle sue responsabilità. «La maggior parte dei dirigenti della DFB - scrive Havemann - contribuì alla stabilità del regime e dunque merita di condividere parte della colpa per la guerra, la persecuzione e la distruzione provocate dal Nazismo. Sebbene solo in pochi avessero sposato ufficialmente le dottrine razziste di Hitler, quasi tutti si dimostrarono fiancheggiatori consenzienti e opportunisti, per ignoranza o ambizione professionale». In coincidenza con l'ascesa del Fuhrer nel 1933, i membri della DFB dichiararono fuori gioco tutti i calciatori di origine ebraica e di simpatie comuniste, anticipando le espulsioni decise di lì a poco nei confronti di sindacati e organizzazioni studentesche. La prima vittima della nazificazione del calcio tedesco fu il grande Julius Hirsch, bomber del Karlsruhe e della nazionale, costretto ad abbandonare il club, deportato e ucciso nel campo di sterminio di Auschwitz. Nello stesso periodo l'allenatore Sepp Herberger s'iscrisse al partito nazista e nel giro di pochi anni arrivò a guidare la nazionale che salutava il pubblico col braccio teso. La portò fino al trionfo mondiale del 1954, la vittoria sull'Ungheria per 3-2 che passò alla storia come il Miracolo di Berna, il primo sorriso del dopo guerra tedesco. La leggenda di Herberger, ha fatto notare Havemann, va riscritta. Perché il commissario tecnico si spese a favore della propaganda nazista, obbligando i suoi giocatori a prendere parte al film «La grande partita» (1941), pagato e voluto dal governo. Nessuno, nel calcio tedesco di quegli anni, ebbe una carriera folgorante come la sua. «Qualcuno penserà che è troppo tardi per chiedere scusa - ha dichiarato ieri il copresidente della DFB, Theo Zwanziger - che lo facciamo solo per i mondiali. Ma anche se questo fosse vero non importa. Dobbiamo ricordare la seduzione di una dittatura criminale. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte al nostro passato». Pochi giorni fa un tribunale tedesco ha accolto la richiesta del difensore del Werder Brema, Patrick Owomoyela, di bloccare la diffusione di un delirante libretto del partito nazionaldemocratico (i neonazisti dell'NPD) che ritraeva la sua maglia numero 25 della nazionale sopra la scritta «Bianco non è solo il colore della maglia. Per una vera selezione nazionale». Owomoyela, figlio di un immigrato nigeriano nato ad Amburgo, ha già giocato undici volte con la Germania e continuerà a farlo anche ai mondiali. (Il Manifesto, 10 aprile 2006) 7. UN COLLEGIO PER DONNE ORTODOSSE La prima classe di studentesse Quello che il Collegio per donne ortodosse, istituito nel 2001, sta provocando in modo del tutto silenzioso nella popolazione ortodossa israeliana può essere assolutamente definito come una rivoluzione. Il fatto però non è avvenuto senza la copertura e la benedizione dell'ex Rabbino Capo sefardita Ovadia Josef. Vivaci critiche erano state sollevate dopo la fondazione del Collegio da parte dei rabbini ashkenaziti, ma le critiche però lentamente si sono spente perché Rabbi Josef rappresenta il più noto maestro della Torah degli ebrei sefarditi. E' scomparso il timore che donne colte, la cui qualificazione equivale a un diploma di scuola superiore e che studiano scienze sociali, debbano di conseguenza abbandonare il loro stile di vita ortodosso. Dina Bar-Shalom, figlia di Ovadia Josef, ha fondato il Collegio e lo dirige. Poco tempo fa le 44 studentesse del primo corso hanno festeggiato, nel Centro Internazionale dei Congressi in Gerusalemme, la conclusione dei loro studi in Assistenza Sociale. I festeggiamenti sono avvenuti in una cornice di grande sollenità e fanno capire che nella popolazione ortodossa, conservatrice e provincialmente limitata, sta avvenendo una lenta ma radicale trasformazione.
La dottoressa Tami El-Or, antropologa nell'Università Ebraica di Gerusalemme, specializzata in "Donne, conoscenza e religione" ed esperta nel settore della formazione di donne ortodosse, ha detto di essere contenta: «Per la prima volta la comunità ortodossa si è assunta pubblicamente il rischio di assegnare alle donne dei diplomi riconosciuti anche dalle università». Una delle attuali diplomate è Hadassah, che prima ha frequentato la scuola per ragazze ortodosse Bet-Jaacov. Fa sapere che tutte le sue amiche le avevano consigliato lo studio nel nuovo Collegio. Un padre ha dichiarato che questa sera è una delle più felici della sua vita. Aveva mandato sua figlia nel Collegio su raccomandazione del suo Rabbino. «Queste giovani donne, con il loro retroterra ortodosso, nella loro professione di assistenti sociali diventeranno migliori delle loro colleghe secolari.» Nel suo discorso Dina Bar-Shalom ha detto: «Noi cerchiamo con molto sforzo di creare un ambiente di studio attraente per le studentesse della scuola ortodossa Bet-Jaacov. Le ragazze di 18 e 19 anni che arrivano al Collegio hanno bisogno anche di nutrimento spirituale. Una gran parte del nostro programma è dedicata quindi allo studio dell'ebraismo. Oltre a questo, naturalmente anche le scienze sociali e la psicologia hanno un posto preciso, ma non le scienze umane [Geisteswissenschaften].» Attualmente il collegio femminile, che quest'anno si è ampliato con quattro nuove aule, ospita 400 studentesse, con una pari percentuale al 50% di sefardite e ashkenazite. Oltre all'assistenza sociale, altri settori di studio offerti sono la logopedia e la tecnica per laboratori medici. Il Rabbino Josef ha preso parte alla cerimonia e ha benedetto le diplomate augurando loro un buon successo nel lavoro.
(israel heute nr. 331, aprile 2006) 8. MUSICA E IMMAGINI Yerushalayim Shel Zahav 9. INDIRIZZI INTERNET Communities in Judea, Samaria, Gaza Coast and Jordan The Jerusalem School of Synoptic Research Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte. |