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Notizie su Israele 379 - 21 febbraio 2007

1. Una ferita non ancora guarita
2. La lotta «a difesa della moschea al-Aqsa»
3. La verità dei fatti
4. In previsione di un nuovo conflitto
5. Una ricercatissima rarità
6. L'antisemitismo non ha bisogno di prove
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Ezechiele 28:25-26 - Così parla DIO, il Signore: Quando avrò raccolto la casa d'Israele in mezzo ai popoli fra i quali essa è dispersa, io mi santificherò in loro davanti alle nazioni, ed essi abiteranno il loro paese, che io ho dato al mio servo Giacobbe; vi abiteranno al sicuro; costruiranno case e pianteranno vigne; abiteranno al sicuro, quando io avrò eseguito i miei giudizi su tutti quelli che li circondano e li disprezzano; e conosceranno che io sono il Signore, il loro DIO.
1. UNA FERITA NON ANCORA GUARITA




Che fine hanno fatto gli abitanti di Gush Katif
evacuati dalla Striscia di Gaza?


di Antoinette Brémond

In una serra di Gush Katif
prima della distruzione
I 24 villaggi di Gush Katif non esistono più da un anno e mezzo, a parte qualche pezzo di muro e qualche ferraglia. Ma i villaggi? Ma le 24 comunità raggruppate attorno alla loro sinagoga, che certamente vivevano insieme da 35 anni?
    Il disimpegno è riuscito, se si vuole... le persone sono andate via tutte, per amore o per forza. Questo grazie a una meticolosa preparazione dei soldati e dei responsabili. Ma è giocoforza prendere atto che l'accoglienza, la sistemazione di queste 8800 persone, donne, uomini e bambini, senza contare le tombe... è stato tutto preparato molto poco e molto male. Dopo mesi passati in internati, in villaggi per vacanze, in alberghi o perfino sotto delle tende, adesso tutti sono sistemati in piccole case prefabbricate, in caravan. Accanto ad ogni villa-caravan un container dove da un anno e mezzo sono ammucchiati mobili, elettrodomestici e oggetti personali, spesso molto rovinati dal sole dei mesi scorsi.
    Era evidente fin dall'inizio del progetto che le famiglie di Gush Katif volevano restare unite. Ricominciare da un'altra parte, ma insieme. Se i villaggi di pietra non esistevano più, i villaggi umani, le comunità, esistono ancora, ed è insieme che cercano, là dove sono, anche provvisoriamente, di continuare il loro modo di vita molto fraterno e comunitario, basato su valori spirituali e sull'educazione dei figli.
    Delle 1677 famiglie sradicate, 85% continuano a vivere in comunità, e 98% sono ancora in locali provvisori. Attualmente sono suddivisi in 23 posti, in maggioranza nella regione di Ashkelon. Citiamo semplicemente le 171 famiglie ad Ashkelon e anche le 490 famiglie a Nitsan, questa importante località creata nell'agosto 2005 tra Ashkelon e Ashdod e composta unicamente da caravan. 231 sono sistemati a Yad Biniamin, tra Ashkelon e Gerusalemme. Alcuni kibbutzim e moshaivim della regione hanno messo a loro disposizione dei terreni per la sistemazione dei caravan.
    In Giudea-Samaria ci sono soltanto 45 famiglie. Di queste, la maggioranza si trova in Galilea, 167 hanno scelto di vivere individualmente in affitto.
    Ogni comunità di Gush adesso sa dove andrà a stabilirsi e a ricostruire. Ma a causa delle difficoltà e dei ritardi amministrativi, fino ad ora non è iniziata alcuna costruzione di edifici, e rare sono anche le infrastrutture collocate. Quanti anni dovranno restare ancora in quegli alloggi provvisori? cinque anni, sette anni?

Lavoro
Il 30% degli ex abitanti di Gush viveva di agricoltura. In 35 anni avevano sviluppato un'alta tecnologia, esportando i loro prodotti in tutto il mondo per centinaia di milioni di dollari. Il governo aveva promesso di sistemarli altrove, ma niente di definitivo è stato ancora fatto. E tuttavia, su 220 famiglie di agricoltori, 38 sono riuscite a reinvestire i loro fondi in culture di gerani, legumi o piante, in particolare nella regione del Negev. Su 700 famiglie che lavoravano nel mondo degli affari, 150 hanno ritrovato un impiego. 51% degli abitanti di Gush sono dunque disoccupati, e di conseguenza sono obbligati a usare i soldi che erano stati loro assegnati per la costruzione del loro alloggio definitivo.

Educazione
I 3400 ragazzi di Gush hanno perso in maggior parte un anno di scuola, traslocati come sono stati da una scuola all'altra per più di un anno. Alcuni hanno cambiato scuola sette volte. I 780 giovani di Gush sono stati disseminati in 94 istituzioni. Mischiarsi con dei ragazzi, dei giovani che non hanno vissuto né il «nido caldo» di Gush Katif né il dramma del disimpegno, non è stato facile, qualche volta impossibile.

Il comitato
Per coordinare gli sforzi di diverse comunità e permettere a delle comunità ebraiche e cristiane d'Israele e dell'estero di aiutare moralmente e finanziarmente, è stato costituito il Comitato di Gush Katif, con a capo il rabbino Ygal Kaminetsky e il coordinatore internazionale Dror Vanunu. Il loro scopo è chiaro: lavorare in collaborazione con il governo per risolvere i diversi problemi di queste comunità, risolvere i problemi sociali ed educativi, e trovare soldi. Per esempio, recentemente la comunità ebraica di Yuston e l'Ambasciata cristiana di Gerusalemme hanno offerto insieme una somma rilevante che ha permesso di creare a Nitsan uno spazio di giochi per bambini.

Un museo
Dire e non dimenticare il lavoro e la vita di queste 8800 persone che hanno edificato e sviluppato questa regione di Gush Katif sulle dune di sabbia. Dire e non dimenticare il loro sforzo sionista di far rifiorire il deserto. Raccontare la storia di queste comunità che hanno sopportato fatiche, terrorismo, incertezza e sviluppo di una vita fraterna basata sulla Torah. Ecco il progetto in corso.

Riflettere e trasmettere
Il disimpegno rimane una ferita. Le questioni fondamentali sono ancora là. Perché? Come guarire da questa lacerazione, come creare un avvenire migliore e trasmetterlo ai nostri figli? Un opuscolo è stato stampato a questo scopo, per aiutare le comunità a riflettere sul senso di questa prova e sulle nuove possibilità che si aprono davanti a loro.

(Un Echo d'Israèl, 8 febbraio 2007 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





2. LA LOTTA «A DIFESA DELLA MOSCHEA AL-AQSA»




Il Muro del Tempio appartiene ai musulmani

da un articolo di Roee Nahmias

Il Muro Occidentale (in ebraico semplicemente Kotel, il Muro), impropriamente noto in ambiente non ebraico come Muro del Pianto, è quanto rimane del contrafforte occidentale delle corti del Secondo Tempio ebraico, ampliate da Erode il Grande nel I sec a.e.v.
    "Il Muro Occidentale in tutte le sue varie parti, strutture e porte, e tutti i vari nomi con cui vengono chiamate le sue parti, strutture e porte – ha dichiarato lo sceicco Raed Salah, leader della fazione Nord del Movimento Islamico israeliano – appartiene al complesso della moschea di al-Aqsa" [edificata a partire dal 674 e.v.].
    "Il Muro Occidentale – ha aggiunto Salah – fa parte del torrione occidentale di al-Aqsa, che l'establishment israeliano falsamente e surrettiziamente chiama Muro del Pianto. Il Muro è parte integrante della santa moschea di al-Aqsa".
    Non si tratta di dichiarazioni recenti. Vennero fatte all'epoca in cui l'allora primo ministro israeliano Ehud Barak in una stanza di Camp David cercava disperatamente di arrivare a un accordo di pace con il governo dell'Autorità Palestinese allora guidato da Yasser Arafat. Da allora Salah non ha cambiato posizione, tanto è vero che queste sue parole si possono leggere tuttora sul sito web del suo Movimento.
    Ci sono due elementi chiave che sono emersi in occasione dei recenti fatti a Gerusalemme, entrambi preoccupanti per Israele.
    Il primo è che Salah si sta affermando come un importante leader islamico, grazie alla sua presunta lotta "a difesa della moschea di al-Aqsa". Oggi viene già comunemente indicato nel mondo arabo come "lo sceicco di al-Aqsa".
    Il secondo è che, ormai, spostare anche il più piccolo sasso in tutta un'area che comprende il Monte del Tempio e dintorni significa scatenare questo genere di reazioni: anche quando si tratta di lavori del tutto secondari di semplice riparazione nel luogo frequentato da chi visita il Muro Occidentale. Sono lavori destinati a suscitare sempre e comunque l'accusa che "Israele sta attentando all'Haram al-Sharif (Monte del Tempio), profanando un luogo santo islamico".
    I lavori di ammodernamento alla rampa che sale alla Porta Mughrabi, all'esterno del Monte del Tempio, non erano considerati in questo modo dal Movimento Islamico israeliano finché non si è presentato sul posto Raed Salah a proclamare che il progetto faceva parte di un più ampio complotto israeliano volto alla distruzione della moschea.
    Secondo i sermoni di Salah che si possono leggere sul sito web del suo movimento, gli ebrei non hanno assolutamente alcun legame con il "Muro al-Buraq", come i musulmani chiamano il Muro Occidentale (una tesi, questa, che anche Arafat cercò di sostenere durante i negoziati a Camp David nel luglio 2000, suscitando l'indignazione dello stesso presidente Usa Bill Clinton). "E la Porta Mughrabi fa parte delle mura occidentali della moschea di al-Aqsa", dice Salah nel sermone numero 32 pubblicato sul web.
    Salah si scaglia anche contro l'idea di accettare la sovranità israeliana sul Muro Occidentale in cambio della sovranità islamica sul Monte del Tempio, e etichetta come "traditori" coloro che sono disposti a prendere in considerazione la possibilità di permettere agli ebrei un accesso al Muro Occidentale. "Colui che afferma che gli ebrei o l'establishment israeliano hanno un qualunque diritto su al-Aqsa, anche su una sola pietra, compie un'abominevole aggressione, dice una falsità senza alcun fondamento" afferma Salah, e aggiunge: "Se un palestinese, un arabo o un musulmano accetta questo, costui è un traditore contro Allah e il suo Profeta".
    La controversia attuale non è l'unica. L'anno scorso Salah e i suoi seguaci lanciarono una campagna contro la costruzione a Gerusalemme di un "Museo della Tolleranza" sostenendo che veniva costruito su un vecchio cimitero musulmano. Campagne analoghe sono state lanciate contro una quantità di luoghi a Safed e a Giaffa dove, secondo il Movimento Islamico, edifici "ebrei" sarebbero stati costruiti a danno di rovine di luoghi santi islamici.
    Oggi la statura dello sceicco Salah come nuovo leader dei musulmani sta crescendo sensibilmente, a dispetto del fatto che egli viva in Israele. Secondo i suoi seguaci, il suo aspetto apparentemente modesto, il suo contegno e i suoi abiti semplici contribuiscono molto al suo successo. Ormai viene citato quotidianamente dai mass-media arabi come una vera stella nascente nel firmamento islamista.

(YnetNews, 18 febbraio 2007 - da israele.net)





3. LA VERITA' DEI FATTI




I lavori sulla spianata

di Fiamma Nirenstein

Di nuovo la spianata delle Moschee Al Aqsa e di Omar arde di presagi di scontri fatali, di giochi politici interni al mondo palestinese e arabo, di nuovo la supposizione che Israele voglia impossessarsene o danneggiarla rischia di insanguinare il mondo. Lo spunto è quello della ricostruzione di un ponte che porta dal Muro del Pianto fino alla porta di Mugrabi, cento metri più in alto, e sostituire una passerella pericolante. Le manifestazioni hanno già raggiunto il Kashmir, dove venerdì si è svolta una violenta marcia per "salvare la moschea di Al Aqsa" minacciata dal "potere sionista". L'eccitazione può diventare simile a quella causata dalle vignette su Maometto, e stavolta poiché lo spunto politico è legato a un simbolo religioso molto controverso e concreto, alla terza moschea nella scala dei luoghi sacri musulmani (prima vengono la Kaasba alla mecca e la Moschea del Profeta a Medina) e mette in gioco l'odio antisraeliano, sta diventando un'altra accusa del sangue. Il segnale più duro l'ha dato il discorso del capo del movimento islamico degli arabi israeliani Sceicco Raed Salah quando venerdì ha chiamato all'Intifada per "salvare" la Moschea e ha aggiunto che "la storia di Israele è inzuppata di sangue, gli ebrei vogliono ricostruire il loro tempio mentre il nostro sangue è sui loro abiti,sulle loro soglie, nel loro cibo e nella loro acqua".
    Qualsiasi cosa dica,quando gli inviati del governo Turco invitati da Ehud Olmert per verificare le accuse giungeranno davanti all'orrida passerella simile a una lunga pagoda vietnamita la spianata delle Moschee, troveranno quello che chiunque può constatare andando a vedere di persona: non c'è verità nelle accuse volte a Israele. Le Moschee, bellissime, se ne stanno sulla spianata tranquille, vuote di turisti perché l'WAQF, che sotto il governo congiunto di giordani e palestinesi controlla i monumenti islamici e ne gestisce la conservazione e il management,ha deciso che solo i musulmani che vanno a pregare possono entrare, se non in casi particolari e selezionati (due settimane or sono sono entrata insieme a un gruppetto di giornalisti stranieri). Il ponte è del tutto fuori della Moschea, posa su territorio israeliano, la causa della sua ricostruzione è legata a uno smottamento causato dalla neve che mette a rischio il Muro del Pianto, uno delle mura perimetrali, e non toccherà in niente la Spianata. Quello che però è evidente è che gli israeliani non rinunciano a mettere il naso, sia pure solo sulla parte di loro giurisdizione (fu Israele, comunque, a stabilire anche dopo che nel 67 Gerusalemme fu conquistata che l'WAQF avrebbe seguitato a essere la padrona di casa sui luoghi sacri) nella zona in cui, insieme al Muro del pianto, risiedono le maggiori memorie archeologiche di tutta la storia ebraica, dal regno di David fino alla conquista romana e alla distruzione del secondo Tempio, sotto e intorno la Spianata delle Moschee.
    Il piano di ristrutturazione del ponte avrebbe forse dovuto essere presentato al pubblico in maniera più articolata e ragionata, ed è per questo che il sindaco di Gerusalemme ha sospeso i lavori temporaneamente quando tutti hanno capito che la tempesta stava arrivando, ma anche se il piano fosse stato discusso per un anno, gli islamisti ne avrebbero fatto una scusa per scontri fatali in ogni caso, certo unificanti dopo gli scontri Fatah-Hamas. La passeggiata di Ariel Sharon nel 2001, autorizzata dall'WAQF, è stata fatta passare alla storia palestinese come una vicenda di violazione mortale che ha portato all'Intifada dei terroristi suicidi; l'apertura di un tunnel sotterraneo preesistente da parte di Netanyahu nel 1996 fu una causa di rivoluzione micidiale, con morti e feriti a decine da ambedue le parti. Adesso ecco un'altra storia fatale che non esiste.
    Qual è dunque la verità? "La verità "dice il professor Dore Gold ex ambasciatore di Israele all'ONU e capo del Jerusalem Center for Public Affairs autore di un nuovo libro su Gerusalemme "è che, dopo un lungo periodo in cui era pacifico anche per i musulmani che le Moschee sorgessero dove un tempo sorgeva il Tempio degli Ebrei distrutto dai romani nel 70 dopo cristo (ne troviamo ampia traccia nei loro scritti, e persino in un libro di Haj Amin al

prosegue ->
Husseini, il muftì che odiava gli ebrei tanto da diventare grande amico di Hitler) è stata infiltrata nella mente islamica la convinzione che quello sia un luogo di esclusiva appartenenza musulmana "dai tempi" così scrivono e dicono "della creazione del mondo, di Adamo ed Eva" e che la presenza ebraica è stata inventata ai danni dell'Islam". "La negazione dell'esistenza del Primo e del Secondo Tempio, oltre a essere ridicola" dice furioso il famoso archeologo Dani Barkay" è parte di una autentica degenerazione culturale post moderna, dove i fatti non contano ed è vero ciò che mi fa comodo. L'importanza di Gerusalemme, il fatto stesso che Cristo sia nato e sia stato crocifisso a Gerusalemme, che Mohammed abbia pregato per un periodo volto a Gerusalemme, è legato al preminente potere temporale e spirituale degli ebrei e dei loro Templi. Per me si tratta di un negazionismo ancora peggiore di quello di chi nega l'Olocausto, perché non ci sono testimoni vivi né fotografie, ne film a colpire la fantasie del pubblico, ma solo la follia della ripetizione della negazione di fatti noti e comprovati. Essa serve solo a delegittimare la presenza ebraica in Israele e a Gerusalemme". La verità dei fatti ogni studioso e anche ogni persona di buon senso la sa, basata su testimonianze sia storiche (da Flavio Giuseppe allo storico greco Strabone, vissuti ambedue al tempo della distruzione del tempio, a una quantità di testimonianze che confermano le descrizioni bibliche) che di ritrovamenti archeologici. Se Arafat avesse visitato l'arco di Tito, in cui sono scolpiti le tragiche figure degli ebrei che portano a spalla candelabri e altri oggetti asportati dal Grande Tempio ebraico di Gerusalemme e marciano incatenati a Roma nel corteo trionfale dopo la conquista del tempio, forse avrebbe evitato la famosa figuraccia, quando, a Camp David, disse a Clinton che "il Tempio degli ebrei, tutti lo sanno, era un mito". Clinton per la prima volta perse la sua proverbiale bonomia e lo apostrofò di fronte a tutti:"La diffido dal ripetere una simile stupidaggine, per favore" disse sostanzialmente.
    Sul Monte del Tempio (Ha ha Bait per gli ebrei, Haram el Sharif per gli arabi, ovvero Nobile Santuario) in genere identificato col Monte Moriah, il figlio di David re Salomone costruì il Primo tempio circa tremila anni fa, demolito poi da Nabucodonosor di Babilonia nel 586 a C. A Babilonia in un esilio già enormemente pieno di quella nostalgia che destò, fra gli altri, la sensibilità di Giuseppe Verdi ("Va pensiero"..) gli ebrei tornarono a Gerusalemme e ricostruirono il tempio nel 535 che fu poi esteso dai re Seleucidi, gli Asmonei e poi nel primo secolo dopo Cristo da Erode Primo, che ne fece una delle meraviglie del mondo, oggetto di pellegrinaggi testimoniati in ogni dove. Gesù vi fece il suo Bar Mitzva e il suo pellegrinaggio con Maria e Giuseppe, e ancora si vedono gli scalini da cui salì al Tempio e le botteghe da cui cacciò i mercanti. Flavio Giuseppe racconta che il "Tempio era incredibile", magnifico di marmi e di legni profumati, il Santo dei Santi in mezzo al terrapieno circondato da immense mura, intorno un porticato monumentale, più grande dell'Acropoli di Atene. La Bibbia descrive minutamente i luoghi, gli ornamenti, i riti. Erode fece costruire il terrapieno che oggi sostiene la spianata delle Moschee e di cui un fianco è oggi il Muro del Pianto, e nel cui ventre sono contenute probabilmente rovine che non si possono vedere se non in piccola parte camminando nelle gallerie che costeggiano il perimetro sotto terra. Dopo la grande distruzione romana e un periodo di abbandono e di ricostruzioni parziali durante le dominazioni bizantina, persiana, ummayyade, Abasside, dei Crociati etc, con la conquista musulmana nel 638, poco più tardi la bellissima Qubbat al Sakra fu costruita su pianta ottagonale,un santuario e non una moschea, ricca di mosaici, vetrate, tappeti, colori affascinanti e sacre memorie del Profeta, che vi volò dalla Mecca sul suo cavallo Al Buraj. Nel '94 la cupola d'oro fu restaurata a spese dei giordani con i palestinesi padroni di casa della Spianata. La Moschea di Al Aksah che sembra una grande basilica, fu costruita nel 1035, ornata di bellissimi doni di tutto il mondo musulmano. La bellezza della grande terrazza è imponente, e si capisce bene l'amore dell'Islam per quello che essi ritengono uno dei loro loro luoghi santi fondamentali. Quello che non si capisce è il tentativo di obliterazione totale della presenza ebraica che pure grida la sua potentissima storia, dato che proprio là, sotto le belle moschee, il silenzio e il vuoto mistico del Santo dei santi,gridava il suo messaggio monoteista al mondo per la prima volta. Gli scavi archeologici ebraici si concentrano tutti fuori del perimetro delle Moschee, mentre tonnellate di ogni tipo di rifiuti, in cui gli archeologi proclamano la indispensabile testimonianza e quindi, oggi, il disastro, sono stati scavati con ruspe e gettati a mucchi mentre l'WAQF ha compiuto i suoi scavi per costruire una terza moschea sotterranea, le "stalle di Salomone". E' pesante e sorprendente il silenzio degli organismi internazionali, che dovrebbero imporre con la loro autorevolezza una cooperazione archeologica che consenta alla cultura mondiale di accedere a tutte le possibili verità archeologiche e storiche.

(Il Giornale, 18 febbraio 2007)





4. IN PREVISIONE DI UN NUOVO CONFLITTO




Hezbollah forte più di prima

di Giorgio Raccah

Gli Hezbollah libanesi hanno rinnovato il loro arsenale bellico, parzialmente distrutto da Israele nel conflitto della scorsa estate, e sono ora forti come prima e anche più di prima. Questa pessimistica valutazione è stata espressa oggi ai membri della commissione esteri e difesa della Knesset dal capo dell' ufficio ricerche del servizio informazioni militari, generale Yossi Baidatz. "Gli Hezbollah stanno ora costruendo una capacità di fuoco più grande di quella che avevano prima della guerra" ha detto Baidatz, citato dal portavoce della commissione.
    Le affermazioni di Baidatz non sono apparentemente piaciute al ministro della difesa Amir Peretz, presente alla seduta, che, secondo quanto è stato riferito, ha cercato di sfumarle, sostenendo che Baidatz aveva inteso riferirsi al 'potenziale' militare degli Hezbollah. La forza di un nemico, ha poi aggiunto Peretz, è "qualcosa di più della semplice conta dei razzi in suo possesso". Ma questa apparente discrepanza tra le affermazioni di Baidatz e di Peretz non è sfuggita ai membri della commissione che non hanno nascosto il loro stupore. L'attuale governo israeliano, davanti alle critiche nel paese per i deludenti risultati del conflitto, si è difeso sostenendo che uno dei suoi successi è la distruzione di parte dell'arsenale militare degli Hezbollah, oltre alla demolizione della rete di fortini e di bunker lungo il confine e l' arrivo di una forte forza dell' Unifil in sud Libano.
    Tuttavia la valutazione di Baidatz è stata confermata da una fonte non sospetta: lo stesso leader degli Hezbollah, lo sceicco Hassan Nasrallah, lo scorso venerdì, ha apertamente ammesso che i guerriglieri si stanno riarmando in previsione di un nuovo conflitto con Israele. "Noi non nascondiamo - ha detto - che abbiamo le armi, che stiamo completando i nostri preparativi per qualcosa di più grande e di più pericoloso e che stiamo spostando le armi verso il fronte". Nello scorso conflitto, aperto da Israele in reazione all' uccisione di otto suoi soldati e al rapimento di altri due in un attacco degli Hezbollah sul confine col Libano, i guerriglieri sciiti hanno sparato centinaia di razzi di vario calibro sulle città israeliane nel nord e contro le truppe, uccidendo 158 israeliani, in maggioranza soldati, e costringendo due milioni di persone a scendere nei rifugi. I libanesi uccisi nei bombardamenti israeliani sono stati circa 1.200, in maggioranza civili.

(Ansa, 19 febbraio 2007)





5. UNA RICERCATISSIMA RARITA'




Toaff, il libro contestato sbarca su eBay
base d'asta: dai 100 ai 300 euro


ROMA - Ormai introvabile nelle librerie, dopo essere stato ritirato dallo stesso autore, il libro Pasque di sangue - Ebrei d'Europa e omicidi rituali, di Ariel Toaff, ha comunque come sua ultima vetrina eBay, dove sono attualmente all'asta sei copie arrivate, al momento, ad una cifra compresa tra 100 e 300 euro. Il volume, ricordiamolo, è scomparso dalle librerie - e la casa editrice ne ha sospesa la stampa - dopo le durissime contestazioni da parte della comunità ebraica, offesa dalla riproposizione della tesi su gruppi di ebrei che avrebbero compiuto, secoli fa, sacrifici umani.
Ma ora questo testo approda sul web. Per due delle copie in vendita il prezzo attuale è di 126 euro (contro i 25 del prezzo di copertina), ma se si calcola che la scadenza prevista è rispettivamente di cinque e due giorni è prevedibile che il prezzo del libro possa lievitare ancora molto. Per altre copie in vendita sul sito, infine, il prezzo è invece fissato all'asta rispettivamente a 200 Euro e a 250 Euro, mentre per chi volesse acquistarle subito i venditori richiedono da 270 a 300 euro.
Il Mulino, che ha sospeso la diffusione del libro di Ariel Toaff il 15 febbraio, dopo la tempesta che si è abbattuta sul volume e sul suo autore, aveva stampato Pasque di sangue in tremila copie, e stava per farne una seconda edizione.
Motivo del ritiro del volume, il fatto che al suo interno si parla dell'uso di sangue cristiano quale ingrediente del pane azzimo nella "pesach" ebraica non come un'invenzione antisemita, ma come un fatto storicamente probabile. Cosa che ha fatto provocare la reazione della comunità ebraica e della stessa università Bar Ilan di Tel Aviv, dove Toaff insegna, fino a spingere lo studioso a ritirare il libro e a chiedere scusa.

(La Repubblica, 20 febbraio 2007)

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Come volevasi dimostrare. Il libro ritirato dal commercio è diventato una ricercatissima rarità. Farà parte anche questo del complotto ebraico per arrivare a dominare il mondo? Prima o poi qualcuno lo dirà. M.C.





6. L'ANTISEMITISMO NON HA BISOGNO DI PROVE




Poiché siamo ebrei

da un articolo di Sever Plocker

Perché abbiamo ucciso Gesù. Perché non crediamo in Gesù. Perché abbiamo prestato a interesse. Perché abbiamo firmato un patto con demoni e stregoni. Perché abbiamo creato il Sinedrio (supremo organo giuridico) che governa segretamente il mondo intero. Perché abbiamo macellato animali secondo la macellazione kasher. Perché abbiamo sognato di tornare in Terra Santa e a Gerusalemme. Perché abbiamo perfidamente diffuso malattie fra i cristiani e i musulmani. Perché abbiamo mangiato pane azzimo a Pasqua. Perché abbiamo mangiato pane azzimo impastato col sangue di bambini non ebrei. Perché abbiamo inventato il comunismo. Perché abbiamo inventato il capitalismo. Perché abbiamo tradito i paesi in cui vivevamo nella Diaspora come la Francia, la Russia e l'Iraq. Perché siamo una quinta colonna, una minoranza isolata e testarda, ed anche perché cerchiamo di assimilarci, celando la nostra diversità. Perché abbiamo usurpato i lavoratori non ebrei e gli industriali non ebrei. Perché siamo sporchi e perché siamo puliti. Perché siamo. Perché siamo ebrei.
L'antisemitismo non ha bisogno di prove né di testimoni su cui costruire le sue accuse. L'antisemitismo non risulta da caratteristiche che il popolo ebraico ha o non ha. Come scrisse Jean Paul Sartre, l'antisemitismo è una patologia mentale dell'antisemita. é la sua via di fuga dalle durezze di una realtà che non è capace di affrontare. Gli ebrei non sono che il capro espiatorio del debole e del fallito, del perdente e del codardo. Se anche gli ebrei non fossero esistiti, ha scritto Sartre, gli antisemiti li avrebbero inventati.
Lo sforzo di sconfiggere l'antisemitismo rintuzzando le accuse degli antisemiti è futile e umiliante. Dovremmo forse andare da una casa antisemita all'altra a dimostrare che non abbiamo le corna e la coda, e che non facciamo rituali segreti nelle notti di luna, e che i Protocolli dei Savi di Sion sono un falso, e che non massacriamo bambini non ebrei per impastare le azzime pasquali con il loro sangue? E che non lo facevamo neanche 530 anni fa? […]
Gli antisemiti non hanno bisogno di nessun libro per giustificare l'odio verso di noi. Il loro odio verso gli ebrei nasce dal loro interno, non dalla apparenza esteriore degli ebrei.
Il popolo ebraico ha fondato il suo stato per realizzare il suo diritto nazionale e dare una casa e un rifugio a tutti gli ebrei ovunque si trovino. é nostro dovere reagire con tutte le nostre forze nel caso in cui nemici e persecutori tentino nuovamente di farci del male. Per tutto il resto, compresi i perversi intrighi ideati contro di noi nel corso della storia, non è un problema nostro: è un problema delle nazioni in cui ancora oggi allignano vecchie e nuove forme di antisemitismo.

(YnetNews, 19 febbraio 2007 - da israele.net)

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«Il nocciolo della questione ebraica sta nel fatto che gli ebrei ci sono. L'esserci degli ebrei è il problema. Ma è un problema delle altre nazioni, che nel loro rifiuto di Israele manifestano la loro profonda, radicale ribellione a Dio. Perché Dio ha scelto Israele.»

(da "Dio ha scelto Israele", di M. Cicchese, ed. CDM Italia, TO)





MUSICA E IMMAGINI




Hiye Tov




INDIRIZZI INTERNET




Friends of Gush Katif

Shavei Israel




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