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Notizie su Israele 405 - 29 ottobre 2007

1. Un rapporto di Amnesty International
2. Sondaggio d'opinione fra israeliani e palestinesi
3. Protesta laica in Israele
4. Guerra archeologica
5. A colloquio con il rabbino Adin Steinsaltz
6. Libri
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Salmo 65:1-4. A te spetta la lode, o Dio che dimori in Sion! A te il compimento delle promesse. A te, che esaudisci la preghiera, verrà ogni creatura. Mi opprime il peso delle mie colpe, ma tu perdonerai i miei peccati. Beato chi sceglierai e accoglierai, perché egli abiti nei tuoi cortili! Noi ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sante del tuo tempio.
1. UN RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL




Hamas contro Fatah: Una lunga scia di abusi a Gaza e in Cisgiordania

di Carlo M. Miele

Durante la guerra civile nella Striscia di Gaza

I combattimenti tra fazioni di Hamas e Fatah a Gaza nel corso di quest'anno hanno causato 350 vittime palestinesi e hanno aperto la strada per una lunga scia di abusi, sia nella Striscia che in Cisgiordania. A sostenerlo è Amnesty International (AI) in un rapporto pubblicato oggi.
    Nel documento dell'organizzazione per i diritti umani le responsabilità di quanto sta accadendo sono equamente divise tra le due fazioni palestinesi. Dopo la presa del potere – si legge nelle 57 pagine intitolate "Territori palestinesi occupati dilaniati dalle lotte intestine" - Hamas è ricorsa in maniera crescente alle detenzioni arbitrarie e alla tortura, e ha permesso alle sue forze di colpire dimostranti pacifici a essa ostili, così come giornalisti. Al tempo stesso, in Cisgiordania le forze di sicurezza legate al presidente dell'Autorità palestinese (Ap) Mahmoud Abbas hanno incarcerato in maniera arbitraria centinaia di sostenitori del movimento islamico, mentre hanno chiuso un occhio sugli abusi (sequestri, incendi dolosi e altri attacchi) commessi da quelli di Fatah.
    "Sia i leader dell'Ap che quelli di Hamas devono assumere misure immediate per interrompere il circolo di impunità che continua ad alimentare abusi" ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del programma di AI per il Medio Oriente, secondo cui "la lotta intestina in corso tra Fatah e Hamas sta avendo effetti disastrosi sulle vite dei palestinesi, specialmente nella striscia di Gaza, limitando i diritti umani ed esacerbando la crisi umanitaria causata dai blocchi e dai raid dell'esercito israeliano".
    Secondo il rapporto, i combattimenti nella Striscia hanno raggiunto livelli senza precedenti durante l'anno passato, e hanno raggiunto l'apice nel giugno scorso. In questa fase, sia le forze di sicurezza dell'Ap che quelle di Hamas "hanno mostrato un aperto disprezzo per la sicurezza della popolazione civile, lanciando attacchi indiscriminati e scontri a fuoco sconsiderati nei quartieri residenziali".
    Nonostante alcuni iniziali miglioramenti dal punto di vista della sicurezza dopo la presa del potere da parte di Hamas – afferma AI – alla fine dei conti la situazione a Gaza non è migliorata: "La decisione del presidente Abbas di sospendere le operazioni delle forze di sicurezza dell'Ap e delle istituzioni giudiziarie della Striscia di Gaza in seguito alla presa del potere di fatto da parte di Hamas ha creato un vuoto legale e istituzionale. Ciò ha lasciato via libera ad Hamas per istituire un apparato di sicurezza e legale parallelo – che però manca di personale adeguatamente istruito, meccanismi di responsabilità e tutela". Il risultato è stata la diffusione delle detenzioni arbitrarie e della tortura sui prigionieri.
    Situazione analoga in Cisgiordania, dove "gli abusi dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza dell'Ap sono comuni, anche se molto meno pubblicizzati" per volontà della comunità internazionale, decisa a sostenere gli esponenti di Fatah in vista della prossima conferenza sul futuro del Medio Oriente.
    Qui, le principali vittime sono i sostenitori di Hamas o i presunti tali, colpiti con detenzioni arbitrarie, maltrattamenti e tortura. Tutti questi crimini sono rimasti impuniti – denuncia AI - cosi come gli incendi dolosi e i danneggiamenti perpetrati sulle abitazioni dei militanti islamici e le loro organizzazioni commerciali o umanitarie.
    Guardando allo stato di cose attuale, il rapporto dell'ong sottolinea le responsabilità dell'Ap, ma anche quelle della comunità internazionale, che dovrebbe "ritenere tutte le formazioni palestinesi responsabili per gli stessi standard di diritti umani" e "garantire che la popolazione della Striscia di Gaza non venga punita per le posizioni e le azioni dell'amministrazione di fatto di Hamas".

(Osservatorio Iraq, 25 ottobre 2007)





2. SONDAGGIO D'OPINIONE FRA ISRAELIANI E PALESTINESI




Palestinesi: la paura di fronte alla violenza interna supera quella di Israele

Di recente sono stati presentati i risultati di un sondaggio d'opinione svolto parallelamente fra israeliani e palestinesi. Alcune risposte degli intervistati palestinesi destano stupore.

Il sondaggio d'opinione è stato svolto dall'Istituto Harry S. Truman per la promozione della pace presso l'Università ebraica di Gerusalemme e dal Centro palestinese per i sondaggi d'opinione a Ramallah. Lo scopo del sondaggio era di scoprire l'atteggiamento dell'opinione pubblica, sia israeliana che palestinese, di fronte a temi quali la stabilità nella regione, le minacce alla pace e all'ordine, la possibilità dello stazionamento di truppe internazionali nella regione come anche i progetti di pace per il Medio Oriente degli Stati Uniti e dell'Arabia Saudita. A Israeliani e Palestinesi è inoltre stato chiesto un giudizio sul proprio governo. Il risultato forse più sorprendente è stata la risposta dei Palestinesi alla domanda su quale considerino la minaccia più grande: il 56 per cento degli intervistati ha risposto che giudica la situazione palestinese interna, gli scontri sanguinosi e l'attuale anarchia la massima minaccia per il loro popolo; il 21 per cento giudica la crescente povertà il maggior pericolo e soltanto il 12 per cento è del parere che l'occupazione israeliana e la politica degli insediamenti rappresentino la maggior fonte di pericolo. Il restante 10 per cento teme l'instabilità dovuta al boicottaggio e alle sanzioni internazionali e l'1 per cento non ha un parere preciso. È interessante che il 23 per cento di tutti i Palestinesi intervistati afferma di non essere fiero di appartenere al popolo palestinese e che la grande maggioranza di loro dubita che verrà fondato uno stato palestinese nei prossimi cinque anni. Anche a tal riguardo la responsabilità non è stata attribuita soltanto a Israele, infatti, molti interrogati sono consapevoli che una causa importante è l'instabilità interna alla regione palestinese. Contemporaneamente è risultato chiaro che molti Palestinesi hanno perso la fiducia nel presidente Abbas.
Il 40 per cento afferma che, nel caso di elezioni, non si presenterebbe neppure alle urne, mentre fra quelli che voterebbero, il numero dei sostenitori di Abbas è ancora diminuito. Il 54 per cento dei Palestinesi giudica che la democrazia, sotto forma di Autonomia Palestinese, sia fallita a causa della rivolta violenta nella Striscia di Gaza attuata da Hamas. AN

(Notizie da Israele, Nr.4 - 2007)





3. PROTESTA LAICA IN ISRAELE




«Basta con la circoncisione»

di Davide Frattini

GERUSALEMME — Udi vorrebbe far causa ai genitori per quello che gli hanno tolto. Trentotto anni fa, quando aveva otto giorni. Eran, se potesse, tornerebbe indietro. Così ha deciso di «risparmiare» almeno il figlio. Di non circonciderlo. Di non cedere alle pressioni della madre («è la legge religiosa»), di non ascoltare i fratelli («stai commettendo un'ingiustizia verso il bambino»). «Adesso sono felice per lui. Il piccolo Tal potrà provare qualcosa che io non ho mai sentito».
    Eran fa l'avvocato, vive in Galilea, non si definisce un ribelle. «Anzi, da adolescente non sono mai stato indisciplinato, un sovversivo. Le mie scelte hanno sempre seguito la corrente principale ». Fino a due anni fa, quando è arrivato un figlio maschio e lui ha deciso di andare contro una corrente molto forte. «Io e mia moglie abbiamo cambiato idea due giorni prima della cerimonia. Volevo che l'intervento venisse compiuto da un chirurgo, non dal mohel (specializzato nel rituale, ndr). Cercando notizie su Internet, ho cominciato ad avere i primi dubbi, ho cominciato a pensare che un'operazione per rimuovere parte dell'organo sessuale fosse assurda. Temevo che Maya volesse circonciderlo a ogni costo, ma quando le ho raccontato le mie paure mi ha rivelato di essere rimasta traumatizzata dal brit milah del suo primo maschio, nato in un altro matrimonio ».
    Nel sito web allestito per diffondere informazioni sulla sua scelta, Eran cita una frase dello scrittore Meir Shalev: «Esiste un fenomeno davvero strano in questo Paese. Com'è possibile che ebrei laici, senza vincoli — e includo me stesso — che mangiano cibo non kosher con piacere e senza pensarci due volte, che lavorano durante lo Shabbath, continuino a rispettare questo comandamento. Sembra che le ragioni siano più forti delle pressioni sociali o delle motivazioni igieniche. Non ho una risposta al mistero ». Ronit ha trovato la sua. «Tutte le altre tradizioni stanno scomparendo. Così la gente si tiene stretta questa, perché è più facile. Lo fai una volta e non ci pensi più. Soprattutto, lo fai a qualcun altro. È come pagare il conto, poi te ne puoi andare libero. Non ho voluto insegnare a mio figlio che per essere connesso a questa società deve mutilarsi».
    Ronit ha fondato l'organizzazione Kahal. Riunisce i genitori di bambini non circoncisi e offre consigli agli indecisi. «Da quando l'associazione dei pediatri americani — spiega al quotidiano Maariv uno degli attivisti — ha dichiarato nel 1999 che non ci sono ragioni sanitarie per la pratica, è cresciuto il numero di chi si rifiuta. Nel Paese, ci sono oggi tremila bambini non circoncisi». Nella sua campagna, il gruppo deve combattere il parere della maggior parte dei medici israeliani. «Da un punto di vista scientifico — spiega l'urologo Pinchas Livneh a Maariv —è provato che gli uomini possono solo trarre benefici dall'intervento». E anche quello di un ex presidente degli Stati Uniti come Bill Clinton, che qualche anno fa ha sponsorizzato la circoncisione per combattere la diffusione dell'Aids.
Il 97 per cento degli israeliani — secondo un sondaggio di Yedioth Ahronoth, il giornale più diffuso — è ancora convinto che la tradizione vada rispettata (e per il 78 per cento va rispettata perché è «un dovere base per ogni ebreo»). «Eppure quel 3 per cento è destinato a crescere — commenta Eran —. Siamo una minoranza, ma rappresentiamo un fenomeno». Sei mesi fa, Eran e Maya sono stati intervistati per il Canale 2, pubblico, telegiornale delle otto, sabato sera. «Prima sarebbe stato impensabile trattare un argomento così controverso, quando la maggior parte degli israeliani sta guardando la televisione», commenta Ari Libsker. Che nel 2000 aveva provato a infrangere il tabù con un documentario. «I produttori di Canale 2 hanno acquistato i diritti e poi hanno deciso di non metterlo in onda perché hanno scoperto che raccontavo le storie di chi si ribellava alla norma. Dopo le proteste, lo hanno trasmesso all'una di notte».
    Andare in televisione, farsi riconoscere, dire il proprio cognome è ancora un passo difficile. Le mamme temono che i figli vengano tormentati a scuola o all'asilo. Respinti perché «diversi»: è il dubbio più grande per i genitori. «È inevitabile pensare alla doccia in caserma durante il servizio militare — dice Eran —. O alle reazioni delle ragazze. In ogni caso, preferisco lasciare a lui la possibilità di scegliere, quando sarà grande».

(Corriere della Sera, 25 ottobre 2007)

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Dalla Bibbia:

"Poi Dio disse ad Abraamo: «Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso. Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi. All'età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza. Quello nato in casa tua e quello comprato con denaro dovrà essere circonciso; il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne. L'incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto»." (Genesi 17:9-14).





4. GUERRA ARCHEOLOGICA




Scoperti resti del primo Tempio sulla spianata delle moschee

di Jean-Marie Allafort

Durante l'installazione di linee elettriche sulla spianata del Tempio, non lontano dal duomo della Roccia, gli archeologi israeliani incaricati di sorvegliare i lavori hanno scoperto dei resti di oggetti risalenti a circa 2700 anni fa, cioè al periodo della fine del primo Tempio.
    Secondo il quotidiano Maariv, all'angolo sud-est dell'attuale spianata delle moschee sono stati scoperti frammenti di ciotole di argilla decorate secondo gli usi del primo Tempio, una figurina di argilla, dei vasetti per versare l'olio, dei resti rotti di un oggetto che probabilmente serviva come decorazione a un utensile più importante, dei noccioli d'oliva e dei frammenti di ossa d'animali.
    L'importanza di questa scoperta sul piano storico e archeologica sta nel fatto che gli oggetti si trovavano sulla spianata stessa e non nei dintorni, e nel fatto che senza alcun dubbio risalgono alla fine del periodo del primo Tempio. «I resti dimostrano che in questo luogo c'era un'attività nel 7° e nell'8° secolo

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avanti Cristo», spiega Yuval Baruch, responsabile del dipartimento delle Antichità a Gerusalemme, sottolineando che sul luogo non è stato possibile effettuare nessuno scavo perché le autorità del Waqf si sono formalmente opposte.
    La scoperta più interessante è senza alcun dubbio un pezzo di figurina in argilla che era utilizzata nei culti pagani. Figurine simili sono state scoperte in molti scavi archeologici a Gerusalemme e in Giudea. Questo non deve sorprendere perché molte volte i profeti hanno rimproverato a Israele di praticare i culti dei pagani, anche a Gerusaleme e nel Tempio costruito da Salomone.
    I noccioli d'oliva saranno prossimamente analizzati al carbonio 14, come anche i resti di ossa di montone e di capra.
    Già nel 1999 le autorità musulmane avevano intrapreso dei lavori sulla spianata del Tempio e avevano gettato i frantumi e i calcinacci nella valle del Kidron. In quell'epoca gli archeologi avevano già trovato numerose prove di un culto in quel luogo risalente al periodo del primo Tempio.
    Il deputato arabo israeliano e capo religioso del movimento islamico d'Israele, Ibrahim Sarsur, ha reagito con rabbia all'annuncio della scoperta: «E' arrivato il momento di fermare tutte queste menzogne che pretendono di stabilire un legame tra gli ebrei e la spianata della moschea di Al Aqsa. Dal 1967 Israele ha fatto tutto, ha scavato dappertutto senza poter dimostrare un qualsiasi legame tra gli ebrei e questo posto dell'Islam.»
    
(Un Echo d'Israèl, 26 ottobre 2007 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





5. A COLLOQUIO CON IL RABBINO ADIN STEINSALTZ




Gli antisemiti sono malati di mente

di Adin Steinsaltz, rabbino e scrittore

Adin Steinsaltz
Rabbino Adin Steinsaltz, perché ha dedicato gran parte della sua vita alla divulgazione del Talmud?
«L'ho studiato, ristudiato e mi sono fatto coinvolgere. Ho capito che avevo l'abilità di far sì che tutti potessero capirlo».

Che cos'è così importante in questo testo?
«E' il pilastro, la colonna centrale dell'ebraismo. Non c'è nessun altro libro come quello, sia per i contenuti sia per come è scritto. E' un libro che cerca di raccontare, per fare un esempio, la matematica in poesia; cerca di descrivere la politica e la scienza con uno stile simile a quello dell'Ulisse di Joyce. Il punto principale del libro è una sorta di discussione, un dialogo dove si cerca sempre la verità, la cosa giusta».

E' difficile vivere a Gerusalemme?
«E' facile per me, è l'unico posto dove mi sento veramente a casa: negli altri posti mi sento uno straniero, ma non solo fuori da Israele, magari anche a Tel Aviv. A Gerusalemme amiamo il colore delle pietre, gli alberi, gli odori, la gente, ma questo non ha nulla a che fare con quello che faccio».

Quanto accade accanto a lei non la fa soffrire?
«Certo. Ma purtroppo in questo mondo l'unico posto veramente immune da tutto è la luna e non so ancora per quanto tempo».

Israele lo considera un Paese speciale?
«E' vero che ci sono moltissime difficoltà, però è una scelta. Ma non è nemmeno facile guidare un'automobile a Roma o a Milano: se uno vuole stare in pace e tranquillità assoluta ci sono molti cimiteri che ci attendono».

E gli ebrei nel mondo?
«Sono unici: alcuni li amano, altri li odiano. La mia definizione è che un ebreo è come tutti gli altri, se non di più. Forse è più umano di altri, nel senso che ha moltissime debolezze e molte forze; forse siamo diventati l'essenza e questa è la ragione per cui ci odiano o ci invidiano o non ci possono vedere».

Da che cosa nasce l'antisemitismo?
«E' un mistero, forse una malattia mentale. In uno strano modo un vero antisemita è interessato agli ebrei come gli ebrei stessi. La gente crede che gli ebrei siano dovunque, dappertutto, fa parte di un sentimento ambivalente. Si pensa che abbiamo molto potere: vorrei che fosse vero».

Gli americani sono veramente i migliori amici degli ebrei?
«Per loro è più facile, perché siamo come una delle tante tribù in un mondo misto che forma l'America. Politicamente gli Stati Uniti sono amici ma quanto durerà questo? L'amicizia in politica è solo una parola».

Che rapporti ha lei con le altre religioni?
«A volte amichevoli, altre neutrali. E in altri momenti c'è animosità».

Per esempio con l'Islam?
«In senso di pura teologia l'Islam è la religione più vicina all'ebraismo. L'antisemitismo musulmano credo venga più dall'Europa, non è interno alla religione musulmana stessa. Oggi però è diventato un problema che non ha a che vedere con la religione, ma con la politica».

Ha paura dell'Iran?
«Certo, per ragioni che non capisco, gli iraniani ci odiano e hanno mezzi di esprimerlo. Fa paura avere un nemico così, non so che cosa succederà, il mondo cambia ogni giorno, gli iraniani possono avere la stessa ragione per mettere una bomba su Roma perché hanno verso i cristiani, in termini teologici, rapporti assai complessi: pensano talvolta che i cristiani siano pagani, ma questo non vuol dire che faranno qualcosa».

Crede che oggi l'antisemitismo sia cresciuto?
«Oggi il mondo musulmano cerca di portare altre persone con sé in questa battaglia, ma la situazione degli ebrei in Europa è molto migliore di quanto non lo sia mai stata; però c'è sempre nel sottofondo una gelosia, un'animosità repressa. Questo viene da una tradizione atavica, perché siamo sempre ricordati come diversi».

Come guarda il mondo di oggi un rabbino e uno scrittore come lei (da Utet è appena uscito il libro «Parole semplici»?
«C'è una spiegazione nel Talmud dove si parla del rapporto tra saggezza e credenza in Dio: e se c'è troppa saggezza rispetto alla credenza di Dio, rischia però di diventare una cosa pericolosa. Il mondo di oggi ha più potere che saggezza, possiamo fare molte cose ma non abbiamo abbastanza saggezza per bilanciare le cose. Abbiamo conoscenze straordinarie ma non saggezza, abbiamo troppa conoscenza e non sappiamo cosa farne».

Ma che rapporto c'è tra religioni, scienza e tecnologia?
«Sono sedute in angoli diversi e non si parlano. La religione non è un pericolo per i musulmani, forse è un pericolo per se stessi, per loro, ma si può avere una bomba atomica islamica e quando uno è matto può usarla contro gli altri in modo indiscriminato e folle».

Allora ci troviamo in pericolo?
«Sì, perché ci sono mani di ogni genere che posseggono le armi».

(La Stampa, 21 ottobre 2007) o





6. LIBRI




A colloquio con la storica francese Marie-Anne Matard-Bonucci, autrice di un nuovo studio sulla persecuzione degli ebrei da parte del fascismo.

Antisemitismo, un germe sempre in agguato

«Il pregiudizio razzista impregnava già il regime di Mussolini, ma dopo il '37 il modello divenne la Germania nazista»

di Riccardo Calimani

Marie-Anne Matard-Bonucci insegna all'Università di Grenoble II in Francia ed è l'autrice di una nuova opera sul tema dell'antisemitismo, del razzismo e del nazifascismo uscita da poco nel suo paese: "L'antisémitisme et la persécution des juifs", edizioni Perrin. Un tema storico che può vantare una ricca e documentata bibliografia, oltre ai numerosissimi film usciti sul tema negli scorsi decenni. Abbiamo intervistato la professoressa Matard-Bonucci.

Un nuovo libro sull'antisemitismo fascista in un campo in cui la ricerca è stata feconda in questi ultimi anni. In che cosa si distingue il suo modo di vedere rispetto alle opere precedenti?
«Dopo i libri importanti di Renzo De Felice, Meir Michaelis, Michele Sarfatti e di altri ancora le nostre conoscenze sull'antisemitismo fascista sono diventate più precise. I due primi avevano messo l'accento sull'autonomia dei provvedimenti italiani rispetto alla volontà dei tedeschi. Sarfatti ha studiato la persecuzione in tutta la sua ampiezza privilegiando il punto di vista delle vittime e dimostrando che la legislazione razziale era stata applicata con zelo e con severità... Da parte mia mi sono sforzata di comprendere perchè, dopo aver lasciato tranquilli gli ebrei fino al 1937-1938 il regime ha addottato brutalmente le leggi razziali. Quasi subito, il regime ha tentato di inventare una tradizione di antisemitismo politica e razziale anche se nessuno ci credeva. Mi sembra che la storia dell'antisemitismo fascista debba essere integrata in una storia più vasta dei totalitarismi: conviene reintrodurre la Germania in questo quadro. Quando Mussolini adotta le leggi razziali, compie questo atto all'interno di un rapporto di suggestione verso la Germania nazionalsocialista. Non riceve alcuna sollecitazione dal suo alleato, ma guarda in quella direzione».

In che cosa la prospettiva di una studiosa francese può essere utile per capire meglio questo aspetto della storia italiana?
«Avendo lavorato anche sulla storia dell'antisemitismo in Francia, è evidente che dentro di me ho fatto tesoro di questa esperienza. Colpisce molto da questo punto di vista la differenza di atteggiamento e di comportamenti nei due paesi. Quando il regime di Vichy arriva al potere in Francia, l'antisemitismo è fondato su una tradizione antica e potente con radici politiche e sociali. Prima del fascismo in Italia non vi furono nè leghe nè partiti antisemiti nè vi era quella diffusione capilare di testi antisemiti già pubblicati in Francia sin dai tempi dell'affaire Dreyfus e poi negli anni Trenta. La letteratura antisemita in Italia era ben poca cosa rispetto a quella esistente in Francia o in Germania».

Quale fu veramente il ruolo giocato da Mussolini?
«Prima del 1938 Mussolini era già stato impregnato di stereotipi antisemiti, nell'ambito di una cultura socialista e nazionalista. Una volta al potere divenne maestro nell'arte di dire e di disdire, di cambiare i suoi discorsi a seconda di chi fossero i suoi interlocutori e del loro contesto. Per l'antisemitismo è stata la stessa cosa: certe dichiarazioni non lasciano dubbi sui suoi pregiudizi antisemiti e il fatto che ebbe una amante ebrea Margherita Sarfatti non cambia nulla. Ma quello che importa non sono le sue dichiarazioni, ma quello che fece veramente: solo nel 1937 decise di andare avanti nel suo progetto di discriminazione. La razza era diventata per lui una vera risorsa politica».

Quali furono allora i modi di adozione delle leggi razziali in assenza di una tradizione di antisemitismo politico e di una pressione favorevole da parte della società?
«Non credo alla tesi di un impegno di amicizia nei confronti della Germania - non dimentichiamo che l'italia non era ancora un partner debole in questa alleanza - nè alla continuità con il razzismo della guerra di Etiopia portato avanti dagli stessi fascisti. Il "momento antisemita italiano" rispose a necessità congiunturali e strutturali di un regime la cui natura politica era votata alla mobilitazione permanente e la cui finalità era quella di creare un nuovo uomo fascista, un ideale difficile da raggiungere».

In quale misura questa strategia ha portato frutti?
«L'adozione delle leggi razziali permette di capire come un impulso trasmesso dall'alto si sia propagato fino agli strati più bassi della società. È impressionante constatare che in qualche mese l'antisemitismo diventa una questione che riguarda l'intera nazione e che vi sono coinvolte le organizzazioni fasciste, le amministrazioni pubbliche da quelle ministeriali a quelle dei consigli comunali o delle grandi città sia dove esistevano comunità ebraiche da secoli, sia dove essi erano un piccolo numero sia dove non esistevano affatto... In qualche mese, partendo praticamente da zero, il regime forgiò una dottrina antisemita eterogenea e composita che si rifaceva a quella del pensiero razzista tedesco. Con la Repubblica Sociale Italiana, la deportazione fu cosi facilitata».

Quale l'insegnamento di questa pagina di storia?
«Lottare contro il razzismo e l'antisemitismo è necessario, ma non sufficiente per evitare che queste situazioni si riproducano. È necessaria una educazione civica forte nutrita di valori e del senso delle istituzioni; l'una non deve essere separata dall'altra».

(Il Gazzettino Online, 22 ottobre 2007)





7. MUSICA E IMMAGINI




Klezmer Dances




8. INDIRIZZI INTERNET




Musée d'art et d'histoire du Judaìsme

Jerusalem: G-D's Eternal City




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