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Notizie aprile 2011

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Hamas smentisce, i nostri leader non lasciano la Siria

La leadership di Hamas non intende lasciare Damasco. Lo ha annunciato un dirigente del movimento isalmico palestinese, dopo che si erano diffuse voci su un possibile trasferimento in Qatar e l'apertura di una sede in Egitto in seguio alle rivolte in atto in Siria. La fonte, citata dalla radio israeliana, ha negato entrambe le notizie, apparse sul giornale panarabo edito a Londra al-Hayat.
Secondo il quotidiano, il Qatar avrebbe acconsentito ad accogliere Khaled Mashaal e altri dirigenti di Hamas, ma non l'ala militare del partito. La scelta di Doha sarebbe arrivata, secondo le fonti palestinesi di al-Hayat, dopo il rifiuto di Egitto e Giordania. Pur non essendoci una spiegazione esplicita per la presunta scelta di lasciare la Siria, la motivazione piu' probabile appare l'instabilita' provocata dalle rivolte contro il presidente Bashar al-Assad.

(Aki, 30 aprile 2011)

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Leader di Hamas lascia la Siria per trasferirsi in Qatar

I leader militari si trasferiranno nella Striscia di Gaza

Khaled Meshaal
ROMA, 30 apr. - Khaled Meshaal, leader del movimento islamico palestinese Hamas, lascerà Damasco per trasferire il suo ufficio politico in Qatar. Stando a quanto riferisce il quotidiano arabo al Hayat, citato oggi da Haaretz, il Qatar ha accettato di accogliere Meshaal e gli altri dirigenti di Hamas dopo che Egitto e Giordania hanno rifiutato di offrire loro ospitalità. Tuttavia, l'emirato ha fatto sapere che non intende accogliere i leader militari del partito, che si trasferiranno nella Striscia di Gaza.
Gli oltre 15 membri dell'ufficio politico di Hamas operano in esilio a Damasco dal 1999. Il quotidiano arabo non spiega perchè Hamas avrebbe deciso di lasciare la Siria, all'indomani dell'accordo di riconciliazione raggiunto con il partito moderato di Fatah che controlla la Cisgiordania. Hamas e Fatah hanno raggiunto un accordo al Cairo per formare un governo composto da personalità indipendenti, in vista di nuove elezioni presidenziali e legislative da tenersi entro un anno. L'intesa verrà sottoscritta da Meshaal e dal presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen mercoledì prossimo nella sede della Lega araba al Cairo.

(TMNews, 30 aprile 2011)

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Hamas condiziona l'accordo

Il Presidente Simon Peres ha commentato, in una serie di interviste, il recente accordo tra Fatah ed Hamas. "Israele vorrebbe vedere la gente palestinese diventare unita in nome della pace -ha dichiarato Peres - questo non è un accordo ma una spaccatura.
Hamas è un'organizzazione terroristica riconosciuta. I termini prevedono che Hamas non debba modificare il suo statuto che chiede, tra l'altro, la distruzione di Israele. Hamas è un ramo dell'Iran. L'Iran, Hamas e gli Hezbollah vogliono un'unione per la guerra mentre Mahmud Abbas vuole un'unione per la pace. Il Presidente Peres, in una richiesta personale rivolta ad Mahmud Abbas ed alla direzione di Fatah ha dichiarato: "Mi rivolgo ai miei amici alla guida di Fatah: unitevi per la pace, non fate compromessi, non permettete una divisione che legittimi la distruzione e l'odio. Noi eravamo e siamo a favore della pace e ci siamo impegnati per la soluzione dei due-stati". Il Presidente ha infine aggiunto: "Le Nazioni Unite, a Settembre, non possono accettare o riconoscere un'organizzazione terroristica come Stato".

(FocusMo, 30 aprile 2011)

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Israele, nessun colloquio con il governo Fatah-Hamas

Lo ha annunciato il forum dei sette ministri chiave del governo di Netanyahu

Il forum dei sette ministri chiave del governo israeliano non terra' colloqui con il governo congiunto Fatah-Hamas che verra' formato dopo che le due fazioni rivali hanno firmato un accordo di massima per la riconciliazione nazionale. La decisione contrasta con un comunicato emesso in precedenza dal presidente palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas), che affermava che il governo continuera' i negoziati di pace con Israele nonostante la tregua.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, quello della Difesa Ehud Barak e altri ministri del forum hanno tenuto una serie di consultazioni oggi sugli sviluppi nella leadership dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp), alla fine dei quali hanno decisio di non tenere colloqui con il governo di Hamas o con suoi rappresentanti. ''Se la situazione cambia e Hamas cambia le sue posizioni e riconosce Israele, allora vedremo'', ha detto una fonte politica riferendo quanto deciso dal forum. ''Non ci saranno colloqui o negoziati con i palestinesi fino a quando la situazione non si chiarisce'', ha proseguito la fonte.

(Aki, 30 aprile 2011)

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La trappola islamista sta per chiudersi su Israele

di Angelo Pezzana

Che Israele viva in uno stato di allarme nel timore che Hamas allunghi i tentacoli sull'intera Cisgiordania, è più che comprensibile, la debole autorità rappresentata da Abu Mazen verrebbe spazzata via da una parodia elettorale utile soltanto a legittimare un secondo colpo di Stato, come già avvenutoa Gaza nel 2005. Con gli Stati democratici soddisfatti perché, comunque, Hamas le elezioni le aveva indette e vinte. Il resto non ha mai contato, Abu Mazen ha dimostrato in tante occasioni che il suo interesse a un accordo con Israele è uguale a zero.La stessa cecità la stiamo verificando oggi in Egitto dove, defenestrato Mubarak, il potere è nelle mani di una cricca divisa tra esercito e fondamentalisti, con l'intenzione di capovolgere quello status quo che finora aveva garantito l'equilibrio nella regione. L'alleanza dell'Egitto con l'Iran, attraverso la ripresa dei rapporti diplomatici, la riapertura (ieri) del valico di Rafah, che normalizza la relazione con Gaza, la disponibilità a contribuire alla fine della lotta tra Anp e Hamas, ben sapendo che significa la prevalenza del secondo sul primo, sono segnali che avrebbero dovuto allarmare l'occidente. Che invece si dimostra interessato solo alle rivolte di piazza. Ma il vero cambiamento nel mondo islamico è l'estensione dell'influenza di Teheran. Israele si muove con cautela, anche se non rinuncia a parlare chiaro. Netanyahu l'ha detto ad Abu Mazen, con Israele la pace si può fare,ma se i palestinesi saranno rappresentati da un governo il cui fine è la distruzione dello Stato ebraico, sappia che sarà sua la responsabilità di ciò che potrà accadere. La riunificazione con l'entità terrorista di Gaza metterà fine all'illusione di chi vedeva in Abu Mazen un leader in grado di dare vita a uno Stato islamico moderato. Cosa già più che evidente anche dal progetto di auto-determinazione che lo stesso Abu Mazen ha dichiarato di voler sottoporre al voto dell'Onu a settembre. Scontato il voto dei Paesi islamici, c'è il sì di alcuni sudamericani come quello di molti europei, da sempre schierati coi palestinese. Un voto che andrà contro tutte le risoluzioni internazionali, che prevedono, tra l'altro, ai confini con Israele uno Stato palestinese pacifico anche perché smilitarizzato. Una condizione inesistente: Hamas da Gaza, non fa che lanciare missili contro Israele. A chi si chiede quale interesse abbia Abu Mazen a suicidarsi politicamente, sarà bene ricordare quanto nel mondo islamico l'odio contro gli ebrei prevalga su qualsiasi altro ragionamento, dall'alleanza con Hitler durante la seconda guerra mondiale, all'abbraccio con i tiranni di Teheran oggi.

(Libero, 30 aprile 2011)

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New York: Mitzvah tanks portano le sinagoghe in strada


La città di New York è considerata la capitale del meltin' pot, una delle metropoli dove convivono persone dalle origini più variegate, sparse agli angoli del pianeta: europei, asiatici, africani, oltre agli americani stessi (che, se vogliamo, in effetti anche loro provengono da molto lontano). La conseguenza di questa convivenza è la compresenza di moltissime abitudini, tradizioni e religioni diverse; e non sempre è facile per le città riuscire ad ospitarle adeguatamente tutte quante. Ma la comunità ebraica di New York ha trovato una soluzione.

(Attualità Tuttogratis, 30 aprile 2011)

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Convegno "Tesori nascosti" a Imola

IMOLA (BO) - Da giovedì 2 a domenica 5 giugno si terrà un convegno sul tema "Tesori nascosti: l'interpretazione delle Sacre Scritture nel primo secolo" organizzato da Alleanza Messianica Italiana presso l'hotel Holimpia di Imola (Bo) in via Carlo Pisacane 69. Il convegno aprirà alle 15 del giovedì e si concluderà dopo il pranzo della domenica.

(Alleanza Messianica Italiana, aprile 2011)

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A Milano la mostra "Italia-Israele. I Sensi del Mediterraneo"

In occasione del decimo anno dell'Associazione degli Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv. La mostra è finalizzata a promuovere il dialogo e la conoscenza reciproca tra Italia e Israele

MILANO, 29 aprile 2011 - L'Associazione degli Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv festeggia il decimo anniversario della sua fondazione con una importante mostra dal titolo "Italia-Israele. I Sensi del Mediterraneo" che avrà luogo dal 3 al 22 Maggio 2011 presso la Fondazione HangarBicocca di Milano.
La mostra è finalizzata a promuovere il dialogo e la conoscenza reciproca tra Italia e Israele, attraverso la rappresentazione e l'interpretazione del tema del Mediterraneo, luogo simbolo dell'incontro tra differenti culture.
Un evento di alto respiro culturale che coincide con i festeggiamenti dei 150 anni della proclamazione dell'Unità d'Italia.
La ricorrenza del decimo anniversario della Associazione A.M.A.T.A. - che dal 2001 con la propria attività sostiene il fondamentale ruolo della cultura per favorire la pace in Medio Oriente - è un'occasione preziosa per ricordare, oltre l'importante ruolo didattico e culturale del Museo d'Arte
Contemporanea di Tel Aviv, anche l'importanza di uno scambio culturale tra Italia e Israele, paese quest'ultimo che, nel corso dei 63 anni della sua esistenza, ha dovuto affrontare un complicato processo di integrazione, senza distinzione di nazionalità, lingua, razza, colore o religione.
L'Arte, pur conoscendo nazione, non conosce frontiere.
Una riflessione di grande valore e importanza che si svolge non a caso sulle rive del Mediterraneo, i cui "sensi" vogliamo vivere e intendere, oggi più che mai, come promessa di cambiamento, di civiltà e di pace.
Degli oltre 100 artisti che hanno partecipato a un bando di concorso promosso da A.M.A.T.A. con un progetto di un'opera di pittura, scultura, video o fotografia, la Giuria italiana ha selezionato 10 opere di giovani artisti italiani e 9 di giovani artisti israeliani, sulla base dell'attinenza al tema dei "sensi del Mediterraneo", nella doppia accezione di "significati" e "sensazioni"e della loro valenza artistica.
"Ancora una volta l'arte apre la strada al dialogo e alla cooperazione. - scrive il Sindaco del Comune di Milano Letizia Moratti nella prefazione del catalogo - Il Mediterraneo ne ha bisogno. Milano e Israele sono già al servizio di questa collaborazione: il solo che possa costruire davvero una pace, una convivenza e uno sviluppo duraturi".
"La mostra mette in luce il ruolo vitale e decisivo di A.M.A.T.A. che coltiva e mantiene i forti legami culturali che esistono tra Israele e l'Italia. - afferma il Sindaco di Tel Aviv Ron Huldai - Questa esposizione è una perfetta dimostrazione che questo legame è vivo e saldo ed io non ho dubbi che questo importante progetto rinforzerà ulteriormente le relazioni culturali tra i nostri due paesi mediterranei, Israele e Italia".

La Giuria, presieduta dal Presidente degli Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv Anna Sikos, è composta da: Piero Addis, Jean Blanchaert, Maria Giuseppina Caccia Dominioni, Andrea Fustinoni, Roberto Morese, Giulia Puri Negri, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
I vincitori italiani sono: Francesca Arri, Roberta Baldaro, Claudio Beorchia, Roberta Bernasconi, Francesco Bertocco - Matteo Cremonesi, Simone Crestani, Valentina Ferrandes, Andrea Nevi - Eleonora Beddini, Micol Roubini - Lorenzo Casali, Gianluca Russo.
I vincitori israeliani sono: Oren Ben Moreh, Michal Blumenfeld, Tarin Gartner, Reuven Israel, Talia Israeli, Guy Yanai, Sharon Pazner, Anat Rozenson, Ester Schneider.
L'esposizione proseguirà a Santa Margherita Ligure (GE) dal 2 giugno al 30 agosto 2011 e a Tel Aviv in autunno.
La mostra è patrocinata dall'Ambasciata Italiana, dall'Istituto Italiano di Cultura d'Israele, dall'Ambasciata Israeliana in Italia, dalla Regione Lombardia, dai Comuni di Milano, Tel Aviv e Santa Margherita Ligure e con l'Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana.
La mostra è a cura di Martina Corgnati.
Catalogo Skira

Apertura al pubblico:
da martedì a domenica: ore 11 - 19, tranne giovedì dalle ore 14,30 alle 22.
Lunedì: chiusura
Ingresso libero

Info: HangarBicocca Tel. 02 66111573
Come raggiungere l'HangarBicocca: http://www.hangarbicocca.it

(MI-Lorenteggio, 29 aprile 2011)

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L'accusa degli studiosi: "Il presidente palestinese? Un negazionista"

Mahmoud Abbas è un negazionista? L'accusa, grave, tira in mezzo nientemeno che il presidente dell'Autorità nazionale palestinese. E mette il politico nella stessa categoria dei vari David Irving e Mahmoud Ahmadinejad. Proprio in un momento delicato per i palestinesi, a pochi giorni dalla firma dello storico accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas.
E allora. Scrivono gli studiosi del Center for Near East Policy Research che in una sorta di dissertazione di dottorato, Abbas ridimensiona - a tratti nega - le proporzioni dell'Olocausto. Il presidente dell'Anp, accusa il direttore del centro, David Bedein, «riduce il numero delle vittime e accusa il Sionismo di aver collaborato con i Nazisti».
Il documento firmato da Abbas sarebbe stato ultimato nel 1982 in una università sovietica e pubblicato nel 1984 con il titolo «L'altro verso: la relazione segreta tra Nazismo e Sionismo». «Se è ragionevole pensare che il numero delle vittime di religione ebraica durante l'Olocausto abbia raggiunto i sei milioni - ha scritto nel documento Abbas - è altrettanto probabile ritenere che il loro numero non superi il milione». E ancora: «Sembra che l'intenzione dei Sionisti sia quello di ingigantire il numero delle vittime per poi trarne il maggior vantaggio possibile sul fronte dei consensi internazionali».
Quindi l'argomento più scottante: quello della collaborazione. «C'è stata una partnership tra i Nazisti di Hitler e la leadership del movimento Sionista. Sono stati questi ultimi a dare il permesso a ogni razzista nel mondo, a partire da Hitler, di trattare gli ebrei come loro meglio preferivano. Così da garantirsi il flusso d'immigrazione verso la Palestina». Insomma: secondo Abbas, l'Olocausto sarebbe stato organizzato anche grazie al Sionismo.

(Falafel Cafè, 29 aprile 2011)

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Maiori: all'ambasciatore di Israele le chiavi della città

L'ambasciatore è stato accolto dal sindaco Antonio Della Pietra e dall'intero consiglio comunale nel salone di Palazzo Mezzacapo, dove ha ricevuto le chiavi della città, come gesto simbolico di amicizia legata alla storia antica di Maiori.

Maiori
COSTA D'AMALFI - Stamane l'ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir, ha reso omaggio alla cittadina di Maiori in segno d'amicizia e per ringraziare del dono ricevuto in occasione del disastroso incendio della riserva naturale del monte Carmelo. L'amministrazione comunale, in occasione del nefasto evento, si dichiarò addolorata per il disastro umano ed ambientale e donò allo stato d'Israele un piccolo bosco di 100 alberi per contribuire al rimboschimento della zona colpita.
L'ambasciatore è stato accolto dal sindaco Antonio Della Pietra e dall'intero consiglio comunale nel salone di Palazzo Mezzacapo, dove ha ricevuto le chiavi della città, come gesto simbolico di amicizia legata alla storia antica di Maiori. Infatti la cittadina maiorese fu sede di una piccola comunità ebraica nel 13o e nel 14o secolo nella zona del Lazzaro e successivamente nel 15o in via Casa Imperato.
Alla fine della cerimonia ufficiale, l'ambasciatore di Israele in Italia è stato accompagnato a visitare, nel centro storico del paese, l'antico insediamento. Qui si è soffermato in preghiera, davanti alla lapide apposta nel 1998 per ricordare la presenza della comunità ebraica, sulla quale sono incisi due versetti della Torah in italiano e in ebraico, scelti da Elio Toaff, rabbino di Roma dell'epoca. La visita consolida un legame già forte tra Maiori e la comunità israeliana.

(Il Foglio Costa d'Amalfi, 29 aprile 2011)

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Imprese italiane nel mondo - Italia/Israele

Incontro Presidente Regione Puglia/Ambasciatore Israele

"In questi anni abbiamo costruito occasioni importanti di riappropriazione delle radici di ebraismo che sono dentro la storia della Puglia". Così il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a margine dell'incontro avuto oggi con l'Ambasciatore dello Stato d'Israele in Italia Ghideon Meir. Era presente l'Assessore al Mediterraneo Silvia Godelli.
"Con il Festival della Cultura ebraica - ha spiegato Vendola - abbiamo prodotto una semina, perché quell'evento conteneva in sé l'idea che i rapporti economici, commerciali, istituzionali devono essere inseriti in un contesto di conoscenza delle culture, dei costumi e di amicizia tra i popoli". Ancora oggi, secondo Vendola, in un'Europa che conosce i veleni dell'antisemitismo, "conoscere la cultura ebraica è un antidoto fondamentale a una delle più odiose forme di intolleranza".
"Poi - ha continuato il Presidente della Regione Puglia - c'è una gamma assai variegata e ricca di possibilità di relazioni. Israele è un Paese che ha fatto investimenti straordinari sin dalla sua nascita, sull'innovazione. Un Paese che ha trasformato aree desertiche in luoghi produttivi e in giardini, un Paese che si confronta col tema mondiale del governo del ciclo dell'acqua, dell'energia, dei rifiuti con pratiche di avanguardia. Penso che la possibilità di sviluppare reciprocamente le attività turistiche e la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale siano altri elementi importanti di una relazione che con la mia visita in Israele può raggiungere un punto di svolta".

(Italian Net Work, 29 aprile 2011)

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Hamas mangiatutto

Hamas non si è fatto sfuggire l'occasione ghiotta, ha finto un ritrovato accordo con i nemici di Fatah (nella Striscia di Gaza, di proprietà di Hamas, gli uomini del presidente Abu Mazen sono stati finora sterminati, letteralmente), ha dato credibilità al nuovo Egitto tanto per impensierire ancora di più l'occidente ed è tornato ad avere un ruolo "legittimo" nel momento in cui è iniziata la corsa all'Onu per il riconoscimento unilaterale dello stato palestinese. Un piano perfetto, aiutato dai media sempre bendisposti a celebrare "passi avanti verso la pace". Questo non è un passo verso la pace, questo è un modo per togliere di mezzo Fatah e Abu Mazen e spezzare le già tenui speranze di trattativa con Israele. Hamas e Fatah non possono andare d'accordo. Non è che hanno avuto scaramucce in passato che ora cercano di digerire in nome di un ideale comune. La loro è una rivalità intrinseca, profonda, insuperabile. Il gruppo che spadroneggia nella Striscia di Gaza vuole lo scontro con Israele, non accetta alcuna trattativa, lancia razzi, detiene il soldato Shalit, conta sull'instabilità nella regione per colpire Gerusalemme il prima possibile. Il gruppo che spadroneggia in Cisgiordania fa affari con Israele, grandi affari, stringe la mano al premier Netanyahu, accetta la mediazione americana. Non ci sono punti di contatto, non è una fusione, è un'opa ostile. Il più forte mangerà il più debole, e chi sia il più forte non c'è nemmeno bisogno di spiegarlo. Per Israele le cose si stanno mettendo davvero male. Non soltanto c'è una ormai cronica incomprensione con l'alleato americano (questo mese Netanyahu torna per l'ennesima volta a Washington, chissà se finalmente ci sarà qualche chiarimento), non soltanto c'è un medio oriente in totale rivolgimento, ma ora c'è pure l'iniziativa all'Onu messa in piedi da Abu Mazen e caldeggiata non soltanto dai soliti amici palestinesi delle Nazioni Unite, ma anche da "insospettabili", come i francesi di Sarkozy. Con tutta probabilità il voto si terrà a settembre, all'Assemblea generale, e i numeri ci sono già. Abu Mazen ha preparato le basi per un accordo internazionale, Hamas ne sfrutterà il bottino. Non è difficile immaginare come.

(Il Foglio, 29 aprile 2011)

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Ecco cosa c'è dietro l'accordo tra Hamas e Fatah.

di Gian Micalessin

L'Egitto molla gli Stati Uniti e Israele per mettere pace fra i palestinesi. L'accordo è un calcio a Obama che rimane così escluso dalla partita diplomatica più cruciale. Il premier della Cisgiordania Salam Fayyad, filoamericano, è stato tenuto allo oscuro di tutto

Quando due mesi e mezzo fa si sbarazzò di un Hosni Mubarak diventato ormai ingombrante il presidente Barack Obama pensava di aver fatto un grande affare. Immaginava d'essersi guadagnato la riconoscenza dei nuovi vincitori. S'illudeva d'aver fatto la scelta giusta per preservare il ruolo degli Stati Uniti in Medio Oriente. Il trattato di riconciliazione tra Hamas e Fatah mediato in gran segreto dal nuovo ministro degli Esteri egiziano Nabil Araby è la prova più evidente degli errori di calcolo della Casa Bianca. E la prova di come le nuove autorità egiziane non intendano collaborare con i vecchi alleati, ma guardino, invece, a una nuova politica di contrapposizione con Israele.
    Con quell'accordo tessuto in gran segreto l'Egitto allunga un calcio ad Obama, lo esclude dalla più cruciale partita diplomatica e punta ad assumere il controllo della questione palestinese. Con quella
  
Ahmadinejad e Mahmoud Zahar
mossa l'Egitto non minaccia soltanto di chiudere per sempre qualsiasi speranza di pace negoziale, ma rischia di consegnare anche la Cisgiordania ad Hamas confermando, indirettamente, le tesi di quanti in Israele giudicano inutile la ripresa delle trattative di pace. Del resto l'accordo tessuto da Nabil Araby, uno dei ministri del nuovo esecutivo più ostile a Israele, non prevede né il riconoscimento dello Stato ebraico, né la rinuncia alla lotta armata, né l'accettazione degli accordi di pace di Oslo.
    «Il nostro programma non include né negoziati con Israele né il suo riconoscimento», - chiarisce Mahmoud Zahar, uno dei leader di Hamas protagonista della trattativa con Fatah e con gli egiziani. L'accordo in cinque punti prevede, invece, la creazione di un governo provvisorio, la nascita di una forza di sicurezza comune e l'ingresso di Hamas nell'Olp, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina nella quale da sempre è egemone Fatah.
    Dopo le elezioni parlamentari del 2006 vinte dal gruppo integralista e la battaglia per il controllo di Gaza combattuta nel 2007 fondamentalisti e l'Anp si erano di fatto spartiti i territori palestinesi. Il tentativo di riconciliazione messo a punto da Nabil Araby punta invece a riunificare la Gaza fondamentalista di Hamas e la Cisgiordania laica di Fatah. Il progetto non prevede però né un ruolo per gli Stati Uniti, né uno spazio negoziale con Israele.
    Non a caso la prima vittima dell'accordo è il primo ministro dell'Autorità Palestinese Salam Fayyad. Il premier, considerato l'uomo di fiducia di Washington e il garante degli aiuti per centinaia di milioni di dollari versati all'Anp dal Congresso statunitense, è stato tenuto all'oscuro dell'iniziativa e non troverà posto nel nuovo governo provvisorio. Meno chiara la scommessa di Mahmoud Abbas. Accettando il piano egiziano il presidente palestinese punta forse a vendicarsi di una Casa Bianca colpevole di non aver bloccato l' espansione degli insediamenti rilanciata dal governo israeliano di Benjamin Netanyahu, ma rischia di siglare la propria condanna a morte politica. Il ritorno di Hamas al di fuori dei recinti di Gaza rischia di far cadere vaste aree della Cisgiordania in mani fondamentaliste allargando l'influenza iraniana e spingendo Israele a reagire pesantemente ad eventuali attacchi messi a segno da quei territori. Il colpo definitivo a qualsiasi possibilità di pace si nasconde nella postilla che prevede l'entrata di Hamas nell'Olp.
    Grazie a quell'intesa l'organizzazione fondamentalista potrebbe assumere il controllo dell'organizzazione garante degli accordi di Oslo e decretarne la cancellazione. Un piano esattamente speculare a quello dei Fratelli Musulmani e delle altre organizzazioni fondamentaliste che in Egitto sognano cancellazione della pace con lo stato ebraico firmata nel 1979 dal presidente Anwar Sadat. Così Egitto e Palestina potranno compiere un balzo all'indietro d'oltre 30 anni e tornare insieme all'antica e rimpianta contrapposizione con Israele.

(il Giornale, 29 aprile 2011)


Sullo stesso argomento riferisce, con grande soddisfazione, un sito pro-Hamas

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Disperso da Hamas un corteo per celebrare la riconciliazione Hamas-Fatah

GAZA, 28 apr - I servizi di sicurezza di Hamas hanno disperso la scorsa notte a bastonate un corteo organizzato nel centro di Gaza City per festeggiare il raggiungimento di un accordo di riconciliazione fra lo stesso Hamas e Al Fatah. Lo ha denunciato il Centro palestinese per i diritti umani, Pchr-Gaza. Secondo Pchr-Gaza, decine di persone si sono raccolte spontaneamente nella Piazza del Milite Ignoto per celebrare l'evento. Ma la reazione degli agenti di Hamas e' stata brutale, denuncia la Ong palestinese.

(ANSA, 28 aprile 2011)

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L'accordo fra Hamas e Fatah mette in crisi le relazioni fra Autorità palestinese e Israele

Samir Qumsieh, giornalista cattolico di Betlemme, vede nella proposta un tentativo di Hamas per affrontare gli effetti della crisi siriana. Il governo di unità nazionale non sana le ferite fra le due fazioni. Ancora lontana l'ipotesi di una creazione dello Stato Palestinese.

Samir Qumsieh
BETLEMME - La proposta di un governo di unità nazionale fra Hamas e Fatah è un duro colpo ai rapporti fra autorità Palestinese e Israele e rischia di allontanare le poche possibilità di una futura creazione di uno Stato palestinese. È quanto sostiene Samir Qumsieh, direttore dell'emittente cattolica di Betlemme Al Mahed Nativity tv, che ad AsiaNews sottolinea come la mossa di Hamas serva in realtà per poter affrontare gli effetti della crisi che sta scuotendo Siria ed Egitto.
Qumsieh fa notare che l'accordo fra le due fazioni politiche, divise dal 2007, non prevede alcun tipo di relazione con il governo israeliano, che potrebbe fare dei passi indietro per non permettere la creazione di uno Stato palestinese guidato da elementi estremisti. Nethanayou è infatti preoccupato e ha chiesto ad Abu Mazen di scegliere fra Hamas e Israele, esortandolo a portare avanti i colloqui evitando il movimento islamista, che dal 2007 guida la Striscia di Gaza. Secondo Qumsieh, la proclamazione di un governo di coalizione con Hamas farebbe saltare tutte le relazioni iniziate in questi anni fra Autorità palestinese e Tel Aviv. Fra questi l'ipotesi per una futura riduzione dei controlli sul confine con la Cisgiordania e il congelamento degli insediamenti.
"Io penso che questo accordo non sanerà le divisioni presenti fra Fatah e Hamas - sottolinea Qumsieh - e porterà la Palestina in una situazione molto critica". "Sono convinto - aggiunge - che il futuro governo non durerà molto". Il giornalista è pessimista rispetto alla futura creazione di uno Stato palestinese, nonostante l'appoggio di alcuni Paesi occidentali. " Dubito che in un futuro prossimo ci sarà uno Stato palestinese - afferma Qumsieh - anche se il desiderio di tutti i palestinesi è di vivere in un Paese democratico e con elezioni libere".

(AsiaNews, 29 aprile 2011)

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Egitto, prossima apertura valico Rafah

IL CAIRO, 29 apr. 2011 - Il Valico di Rafah al confine con la Striscia di Gaza sarà riaperto dopo 4 anni. L'annuncio è stato dato dal ministro degli Esteri egiziano Nabil al-Arabi all'emittente tv Al Jazeera. La decisione sarebbe stata presa per alleggerire il blocco israeliano sui territori palestinesi, dopo gli ultimi incidenti nella zona. Il ministro ha inoltre definito "vergognosa" la scelta di "sigillare" il passaggio che solo per motivi umanitari veniva aperto occasionalmente.
Il valico sarà aperto entro dieci giorni, ha assicurato al-Arabi, e potrà così garantire la libera circolazione di beni e persone in uscita o in direzione della Striscia di Gaza, senza il controllo di Israele. Per molti questa scelta è stata interpretata come una presa di distanza definitiva dalla vecchia politica egiziana, incarnata da Hosni Mubarak.

(Italia-News, 29 aprile 2011)

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L'interruzione delle import dall'Egitto: 1.5 milioni di dollari al giorno, causa interruzione gas

La stima è stata diffusa dal ministero delle Infrastrutture israeliano in seguito al nuovo stop delle forniture di carburante deciso due giorni fa dal Cairo, dopo che una nuova esplosione ha coinvolto il gasdotto che corre sotto al Sinai e collega i due Paesi.
E' stato il secondo attacco del genere dall'inizio delle proteste anti-regime in Egitto: il primo risaliva allo scorso 5 febbraio. Da allora, le forniture erano state sospese fino al 15 marzo, e ora sono state nuovamente congelate. La società di Stato Israel Electric Corporation (Iec), primo fornitore di energia elettrica in Israele, dovrà dunque acquistare gas naturale dalle compagnie che gestiscono il giacimento israeliano Yam Tethys, pagando un prezzo più alto rispetto al quello - molto contenuto - del carburante egiziano. E proprio basandosi su questa differenza di costi il ministero ha fatto i suoi calcoli. Il ministro, Uzi Landau, ha anche chiesto una riunione di emergenza per accelerare lo sviluppo di fonti di approvvigionamento energetico alternative al flusso egiziano, che negli ultimi mesi è stato disponibile a singhiozzo.

(FocusMo, 29 aprile 2011)

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Sondaggio: 48% degli israeliani favorevoli a uno Stato palestinese

A condizione di mantenere blocchi di colonie

GERUSALEMME, 29 apr. - Quasi il 50% degli israeliani ritiene che Israele debba "riconoscere uno Stato palestinese a condizione di mantenere in Cisgiordania blocchi di colonie". E' quanto emerge da un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano israeliano Yediot Aharonot.
Il 48% delle persone interpellate è favorevole a riconoscere lo Stato palestinese, mentre il 41% ritiene che Israele "debba opporsi con forza a qualsiasi proclamazione di uno Stato palestinese, anche a costo di uno scontro con le Nazioni Unite". Inoltre, il 53% degli israeliani pensa che il premier Benjamin Netanyahu dovrebbe presentare un "piano per risolvere il conflitto con i palestinesi a costo di importanti concessioni", mentre il 42% è contrario.
Il sondaggio è stato realizzato prima dell'annuncio dell'accordo di riconciliazione tra Hamas e l'Autorità palestinese del presidente Abu Mazen. La ricerca è stata effettuata da un istituto indipendente su un campione di 500 persone, e ha un margine di errore del 4,5%.
Di fronte allo stallo dei negoziati, i palestinesi mirano a ottenere il riconoscimento internazionale del loro Stato lungo i confini del 1967 all'Assemblea generale dell'Onu di settembre. A fine maggio, Netanyahu interverrà davanti al Congresso americano e, secondo i media israeliani, dovrebbe presentare un'iniziativa di pace.

(TMNews, 29 aprile 2011)

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Israele premia Riccardo Bertoli di Brevivet

L'Ente del Turismo ha riconosciuto il suo impegno sulla destinazione

Il direttore dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo, Tzvi Lotan, ha ringraziato Riccardo Bertoli, dg Brevivet, per il suo costante impegno a favore della destinazione Israele e soprattutto per i risultati di crescita del flusso di pellegrini dall'Italia verso il paese. A Bertoli è stato consegnato un attestato che è anche un dono legato alla natura e un tangibile riconoscimento.
"A Riccardo Bertoli vanno il nostro più sincero ringraziamento e l'espressione della nostra grande stima ed il nostro apprezzamento per l'impeccabile professionalità con cui ha ideato linee innovative che hanno portato ad una costante crescita del turismo religioso in Israele" si legge nell'attestato.

(Clicknews, 29 aprile 2011)

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Diminuisce il tasso di disoccupazione in Israele

Dati pubblicati oggi dall'Ufficio centrale delle Statistiche mostrano che la percentuale dei cittadini israeliani senza un impiego si è ulteriormente abbassata nei primi mesi del 2011, raggiungendo nel corso del mese di febbraio il 6 per cento (192mila persone). La tendenza positiva continua da mesi: ormai, il numero dei disoccupati nello Stato ebraico è vicino a quel 5.9% che fu registrato nel 2008, e che ancora oggi rappresenta un record, ovvero il tasso di disoccupazione più basso di sempre per Israele.

(FocusMo, 29 aprile 2011)

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Le preoccupazioni dei vicini siriani

I vicini della Siria iniziano a contemplare la possibilità di un futuro senza la famiglia Assad a capo di Damasco. Hezbollah per esempio, il movimento sciita libanese considerato il braccio destro di Teheran in Medio Oriente, sostiene che il presidente Bashar al-Assad si trovi davanti ad un'insurrezione armata fomentata da fanatici musulmani salafiti e sunniti.
Hezbollah ha accolto con gioia il rovesciamento dei regimi tunisino ed egiziano e sostenuto con forza le proteste del Bahrain contro l'ingerenza militare dell'Arabia Saudita. E' invece evidente la mancanza di entusiasmo mostrata nei riguardi dell'ipotesi in cui il regime di Assad ceda alle proteste. Significherebbe infatti perdere il sostegno del governo siriano, secondo alcuni il principale canale per la fornitura di armi al movimento sciita. L'Iran, altrettanto preoccupato, considerando la Siria il principale alleato in una regione a maggioranza sunnita, ha definito le rivolte un "complotto sionista". Eppure Israele sembra avere troppa paura di un cambiamento dello status quo. La paura di fondo è che il partito Baath possa essere sostituito da un gruppo più radicale o comunque da un governo debole, non in grado di dominare le rivendicazioni dei fondamentalisti.

(FocusMo, 28 aprile 2011)

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Classifica mondiale della felicità: Israele ok, Palestina ko

Soldatesse israeliane
Certo, a danesi, svedesi e canadesi va di lusso. Però anche gl'israeliani non se la passano male. Almeno a leggere l'ultimo rapporto Gallup sulla felicità della popolazione. Gli abitanti dello Stato ebraico sono settimi. Felici, felicissimi di vivere in questo piccolo Paese, anche se al confine premono antisemiti, terroristi, islamici dal grilletto facile. E anche se all'interno la classe dirigente non sempre dà motivi per essere ottimisti.
Secondo la Gallup, il 63% degl'israeliani si dice soddisfatto. La stessa percentuale dei neozelandesi. Qualche chilometro più in là, invece, ai palestinesi va molto male. Solo uno su sette si dice felice di vivere in zone come la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. In generale, tenendo conto solo del mondo arabo, i più contenti vivono negli Emirati Arabi Uniti (55%).
I più contenti, come scritto prima, sono i danesi (più di sette su dieci). A sorpresa, dopo i primi tre posti, troviamo il Venezuela di Chavez. Lo stesso Chavez che negli ultimi tempi ha preso di mira Israele e ha abbracciato - non solo politicamente - l'iraniano Ahmadinejad. Gli statunitensi si classificano dodicesimi.
E le europee? Non è che se la passino granché. Almeno secondo la classifica Gallup. Agli ultimi posti della classifica mondiale - su 124 paesi esaminati - c'è il Portogallo, con la stessa percentuale di soddisfazione dei palestinesi. Complice la crisi, soprattutto. Nemmeno la Grecia sorride (solo uno su cinque è contento). L'Italia si piazza al 33esimo posto. Dopo Cipro, El Salvador e Guatemala. Francia e Germania, invece, stanno leggermente meglio. Chiude il ranking mondiale il Ciad. Soltanto l'1% della popolazione s'è detto contento.

(Falafel Cafè, 28 aprile 2011)

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Fuori dal ghetto, il 1848 degli ebrei

di Manuel Disegni - Tommaso De Pas

TORINO - Finalmente italiani! Nel 1848 l'editto di Carlo Alberto permette agli ebrei di godere di tutti i diritti civili e, quindi, di uscire dai ghetti.
Ieri sera, al Teatro Gobetti di Torino, la prima del recital teatrale "Fuori dal ghetto. Il 1848 degli ebrei", tratto dall'omonimo volume di Giorgina Arian Levi e Giulio Disegni.
Per la regia di Pietra Selva, musica e poesie di Primo Levi e Paul Celan si sono alternate a letture, riprese dal libro, su cosa significò la promulgazione dello Statuto Albertino per le minoranze religiose, in particolare per quella ebraica.
Tullio Levi, presidente della Comunità Ebraica di Torino, ha voluto sottolineare come questo percorso che ha portato gli ebrei italiani fuori dai ghetti sia stato non solo frutto di una concessione del sovrano, bensì di una autoemancipazione, e ha quindi voluto ricordare la figura di Rav Lelio Cantoni, Rabbino Capo di Torino dal 1833 fino alla sua morte, avvenuta nel 1857, "l'uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto", che ha saputo guidare la Comunità Ebraica della sua città nella rivendicazione dei propri diritti civili.
Il Comune di Torino, rappresentato dall'assessore Marta Levi, ha infine voluto ringraziare la Comunità Ebraica per il notevole contributo apportato alla celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia; anni che hanno visto la minoranza ebraica uscire finalmente dai ghetti, dopo secoli di segregazione, e conquistare quei diritti civili propri di ogni cittadino.

(Notiziario Ucei, 28 aprile 2011)

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Esplosione nel Sinai. Come farà Israele senza il gas egiziano?

di Anna Momigliano

Le fiamme dal gasdotto egiziano
La notizia è questa: il gasdotto che trasportava gas naturale dall'Egitto a Isreale è fuori uso, a causa di un'esplosione avvenuta nella penisola del Sinai. Secondo fonti israeliane, si tratta di un atto di sabotaggio da parte di membri delle tribù beduine che abitano nell'area, forse aiutati da gruppi palestinesi. È la seconda volta, in questo anno, che si verifica un incidente simile: un'altra esplosione nella penisola del Sinai aveva momentaneamente sospeso la fornitura di gas naturale a Israele lo scorso febbraio.
Israele per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico è in gran parte dipendente dal vicino Egitto. Che in base a un accordo di 15 anni siglato nel 2008 fornisce circa 1,7 miliardi di metri cubi di gas ogni anno.
Il problema è che in molti, in Israele, considerano questa dipendenza poco saggia dal punto di vista strategico. O, peggio ancora, poco affidabile, visto che dopo la recente rivoluzione egiziana i rapporti tra i due Paesi, finora assolutamente pacifici, rischiano di subire dei cambiamenti. Specie adesso che le autorità del Cairo hanno aperto un'indagine su sospetti di corruzione nella gestione delle esportazioni di gas a Israele da parte del precedente governo di Hosni Mubarak.
Adesso il governo israeliano pensa a correre ai ripari, ad affrancarsi, nel limite del possibile, dalla dipendenza egiziana: "Il Paese deve essere pronto a una situazione in cui la fornitura di gas dall'Egitto dovesse essere interrotta," ha detto il ministro delle Infrastrutture, il conservatore Uzi Landau. Facile a dirsi, ma difficile a farsi, almeno nel breve-medio termine.
Sul lungo termine, invece, esistono possibilità concrete che Israele diventi un Paese energicamente indipendente, se non un esportatore. Infatti negli ultimi due anni sono stati scoperti degli importanti giacimenti di gas naturale al largo delle coste israeliane: nel 2009 il giacimento Tamar che, una volta iniziata la produzione (2015), dovrebbe coprire i consumi interni del paese per circa trent'anni. Nel 2010 è stato scoperto il giacimento Leviathan di maggiori dimensioni, il quale dovrebbe consentire a Israele, quando sarà operativo a fine decennio, di diventare un paese esportatore di gas naturale.

(Panorama, 28 aprile 2011)

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Caro Erdogan, perché non mandi in Siria un'altra "Freedom Flotilla"?

La voce dei dissidenti siriani

di Farid Ghadry

E' agghiacciante il pensiero di quante persone stiano morendo come mosche nelle strade della Siria e accettare che i feriti siano costretti a nascondersi nelle case dei privati per paura di essere catturati o per sottrarsi ad esecuzioni a sangue freddo. E' agghiacciante immaginare che processioni funebri, cerimonie fatte per stringersi nel cordoglio per un morto, siano state teatro di sparatorie nelle quali tante sono state le vittime. E' agghiacciante pensare che persone detenute siano state torturate e sepolte in fosse comuni e che, ciononostante, la comunità internazionale si sia dimostrata disposta solo a estendere qualche parolina di consolazione.
Gente, dov'è finita la vostra coscienza? E' la domenica di Pasqua, per amor di Dio. E poi ci sono le convinzioni di Erdogan il quale è convinto che Gaza viva in una condizione tragica con le sue genti sotto l'assedio e la tirannia di Israele mentre i siriani, oppressi sotto il pugno del suo amicone Assad, godrebbero di benessere e democrazia. Dov'è la sua flottiglia umanitaria per la Siria, mister Erdogan? I nostri feriti, bersagli dei cecchini del suo caro amico Assad, non possono andare all'ospedale per paura di essere uccisi seduta stante o di essere arrestati, andando comunque incontro a morte certa da tortura. O forse ciò non coincide con la sua nozione di tragedia umana? Mi dica, forse lei pensa che gli abitanti di Gaza siano delle persone migliori dei siriani? Assad è forse troppo suo amico per disturbarlo?
E dove sono i palestinesi di Hamas che sembrano dimenticare le tragedie di tutti gli altri eccetto le proprie? Dove sono le loro voci oggi? In futuro non aspettatevi che i siriani vengano più in vostro aiuto. Quando arriveranno le elezioni, faremo in modo che la fratellanza musulmana paghi il prezzo del vostro silenzio. E dov'è il re Abdullah d'Arabia Saudita? Che razza di leader è quello che governa sulla Mecca e su Medina, impaurito persino dalla sua stessa ombra? E perchè le giovani tigri della casa degli al-Saud non riescono a rovesciare un ottantenne aggrappato al potere come un paziente che si dimena per riavere il suo ossigeno? Vi siete forse adagiati nella vostra opulenza? Sveglia Bandar bin Sultan, questa è la tua ora. Dove sono gli altri leader arabi? E la Lega Araba? E quei codardi che danno banchetti per celebrare i loro debordanti conti in banca mentre la nostra gente muore sotto i loro occhi?
Questa rivoluzione è per ogni età e contro ogni oppressore arabo - e non arabo - della regione. Questa rivoluzione è contro Assad, i mullah in Iran, quello sventurato che è l'attuale re d'Arabia Saudita. Questa rivoluzione è contro il fanatismo di Hezbollah, complice nell'uccisione dei siriani e contro i Pasdaran iraniani che istruiscono Assad su come trarre profitto dalla morte. Questa rivoluzione siriana non morirà mai finantoché non avremo messo sotto tutti i leader arabi.

(l'Occidentale, 28 aprile 2011 - trad. Edoardo Ferrazzani)

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I veicoli elettrici al centro dell'accordo strategico tra Better Place e China Southern Grid

L'amministrazione municipale di Guangzhou firma l'accordo per sostenere la nuova partnership

Nel corso della cerimonia che si è svolta oggi in Israele in occasione della firma dell'accordo con personalità di Guangzhou, Better Place ha annunciato un accordo strategico con China Southern Power Grid Co. (CSG), l'ottava centrale elettrica per dimensioni nel mondo, secondo la classifica Fortune Global 500. L'accordo, incentrato su progetti congiunti per la produzione di auto elettriche e di infrastrutture nelle aree servite da CSG, rappresenta un ulteriore passo avanti per i veicoli elettrici dotati di batterie sostituibili in Cina. Secondo i termini sottoscritti, entro la fine dell'anno le aziende apriranno una stazione di ricambio batterie e un centro di formazione a Guangzhou e procederanno, nel contempo, alla formalizzazione di una joint-venture.
Il testo originale del presente annuncio, redatto nella lingua di partenza, è la versione ufficiale che fa fede. Le traduzioni sono offerte unicamente per comodità del lettore e devono rinviare al testo in lingua originale, che è l'unico giuridicamente valido.

(ANSA, 28 aprile 2011)

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Corteo al Cairo per chiedere la rottura dei rapporti con Israele

E interrompere le esportazioni di gas

IL CAIRO, 27 apr. - Decine di egiziani si sono radunate vicino all'ambasciata di Israele al Cairo, per chiedere all'Egitto di troncare le relazioni con Israele e interrompere le esportazioni di gas verso lo stato ebraico.
La manifestazione è avvenuta alcune ore dopo che sconosciuti hanno sabotato, per la seconda volta in tre mesi, il gasdotto egiziano alimentando Israele e la Giordania, provocando di nuovo l'interruzione dell'approvvigionamento dei suoi due principali clienti nella regione. I manifestanti, radunati su un ponte vicino all'ambasciata, hanno scandito lo slogan "il popolo chiede l'annullamento della normalizzazione" delle relazioni con Israele e "il gas deve cessare", alludendo alle esportazioni egiziane di gas naturale verso lo stato ebraico.
Uno dei manifestanti, il blogger di sinistra Hossam el Hamalawy, ha segnalato che questa manifestazione è stata organizzata in reazione alle dichiarazioni del presidente israeliano Shimon Peres, che aveva salutato la rivolta che ha portato alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak lo scorso 11 febbraio. "Peres ha recentemente pubblicato un comunicato che invita la gioventù egiziana a standardizzare (le sue relazioni con Israele) e questa è la risposta della gioventù egiziana", ha spiegato.
Secondo Hamalawy, i dimostranti sono stati incoraggiati dal sabotaggio del gasdotto. "Certamente, tutti se ne rallegrano. Se il governo non taglia (il gasdotto), lo farà il popolo", ha detto. L'attacco si è verificato due settimane dopo la decisione delle nuove autorità in Egitto di rivedere tutti gli accordi sul gas, anche con lo stato ebraico, e di aprire indagini su controversi contratti di vendita del gas a Israele. L'Egitto è il primo Paese arabo ad aver stretto la pace con Israele nel 1979, un gesto salutato dalla Comunità internazionale ma impopolare in seno alla popolazione, molto critica con la politica israeliana riguardo ai palestinesi.

(TMNews, 27 aprile 2011)

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Negev: 80 milioni di Nis per un nuovo impianto idrico

Un nuovo impianto per il riciclaggio dell'acqua sta per sorgere nel Negev. Il progetto - del valore di 80 milioni di NIS, circa 16 milioni di euro - porta la firma congiunta del ministero della Difesa israeliano e del consiglio regionale interessato (Ramat Negev).
La struttura sarà in larga parte finanziata dallo Stato, anche perché le risorse idriche che consentirà di risparmiare saranno destinate in parte a un nuovo campo di addestramento che l'esercito è intenzionato a costruire nel deserto. Migliaia di soldati vi verranno alloggiati entro la fine del 2013. Alcuni giorni fa, il capo del governo, Benjamin Netanyahu, aveva spiegato che la prossima realizzazione di questo nuovo campo punta a incentivare lo sviluppo della regione, e non solo: consentirà anche di liberare dalle strutture militari attualmente presenti i dintorni di Tel Aviv, i quali saranno a loro volta convertiti in terreni edificabili. Inoltre, l'impianto di riciclaggio fornirà, nella prima fase operativa, trecentomila metri cubi di acqua purificata, che sarà utilizzata per l'irrigazione dei campi di olivi locali.

(FocusMo, 27 aprile 2011)

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Tel Aviv: oggi città internazionale

Prima città moderna costruita in Israele, Tel Aviv è diventata oggi centro dell'economia e della cultura nazionale.
Tel Aviv è la città che non dorme mai, una metropoli attiva 24 ore al giorno, con le sue spiagge, i suoi mercati, la vita notturna famosa in tutto il mondo., i suoi esclusivi centri commerciali; ma Tel Aviv è anche una città carica di storia e tradizione.
Il Comune di Tel Aviv Jaffa ha lanciato recentemente un'iniziativa di carattere nazional - comunale per posizionare la città come "global city". Il concetto di "global city", città internazionale, si riferisce ad una città all'avanguardia nel campo dell'economia, della cultura e del sociale.
La Global City Administration è l'organo responsabile del collocamento di Tel Aviv come città leader a livello internazionale il cui lavoro è ampiamente illustrato nel sito: www.tel aviv.gov.il/english/GlobalCity.htm
La Global City Administration ha ospitato recentemente 15 editori e scrittori della rivista Time Out, nota in tutto il mondo. Agli editori provenienti da importanti città come New York, Londra, Madrid, Barcellona, San Paolo, Amsterdam, Mosca, Città del Capo, Lisbona, Budapest, Bombay e Hong Kong, sono stati illustrati i molteplici aspetti della città di Tel Aviv. I loro articoli sono stati pubblicati su un'edizione speciale intitolata "Time Out Tel Aviv Global City", con ampia diffusione a livello internazionale.Tale rivista è un valido strumento per il settore che riesce ad evidenziare al meglio i punti di forza della città e del paese.

(Area Agenzia Stampa, 27 aprile 2011)

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Lo Tsunami dell'Onu

di Francesco Lucrezi, storico

A quanto pare nel prossimo mese di settembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite potrebbe discutere e approvare (presumibilmente, con una larga maggioranza) una proposta di riconoscimento unilaterale, "senza se e senza ma", di uno Stato palestinese. Ciò, commenta Sergio Della Pergola, sul l'Unione informa di giovedì 21 aprile, potrebbe avere l'impatto di un vero e proprio "tzunami politico", dal quale è necessario non farsi trovare impreparati. "Speriamo - commenta il demografo - che esistano… i meccanismi di pianificazione politica in grado di attenuare le conseguenze negative dell'ondata d'urto, e anzi capaci di trasformarla in un'ondata di energie positive. Certo non potrà valere la giustificazione udita in altre circostanze: siamo stati colti di sorpresa".
    Nel condividere appieno le preoccupazioni di Della Pergola, siamo però, purtroppo, più scettici riguardo alla possibilità di ricavare da tale evento delle possibili "energie positive". E' del tutto evidente, infatti, che tale proposta è concepita esclusivamente con un intento politico di delegittimazione dello Stato ebraico, senza un benché minimo desiderio di contribuire a una soluzione positiva del conflitto. Sul piano giuridico la risoluzione non potrà significare assolutamente nulla, non essendo nel potere delle Nazioni Unite "fare" o "disfare" gli stati, e non potendo mai dipendere l'esistenza di uno stato da un riconoscimento esterno, per quanto autorevole. Il diritto internazionale si basa sul principio dell'effettività, e la realtà giuridica di uno stato sovrano si fonda esclusivamente sul dato di fatto della sua esistenza, intesa come autosufficienza, autonomia e funzionalità ("affinché un ente di diritto internazionale possa dirsi sovrano, occorre che esso integri i requisiti di un'organizzazione di Governo che eserciti effettivamente e indipendentemente il proprio potere su una comunità territoriale, a nulla rilevando il riconoscimento da parte di altri stati, che è un atto privo di conseguenze giuridiche" [Cass. Pen., Sez. III, 17/9/2004, n. 49666]).
    L'esistenza di Israele, per esempio, non dipende affatto, giuridicamente (come pure talvolta erroneamente si legge) dalla Risoluzione 181 del 29 novembre 1947 delle Nazioni Unite, che sancì la divisione della Palestina in due entità statali, una ebraica e una araba, ma dal suo antichissimo diritto storico, dal mai interrotto legame di appartenenza tra popolo ebraico ed Erez Israel e, soprattutto, dal fatto che lo Stato ebraico ha dimostrato nei fatti, con le proprie forze, di esistere, nonostante la contraria volontà di tutti i suoi vicini. Ciò che è accaduto per Israele, non è invece accaduto per la Palestina, e i motivi sono ben noti. Ma la Risoluzione 181, come si tende a dimenticare, prevedeva la nascita di due stati, non di uno solo, e stabiliva con chiarezza che sarebbero stati uno ebraico, l'altro arabo. Solo in seguito, con un'assurda e capziosa distorsione del concetto di 'profughi', l'idea è stata rimessa in discussione, e si è contestato il diritto all'esistenza di uno "Stato ebraico". Perché, invece di pensare a una nuova risoluzione, non ci si interroga sulle ragioni del fallimento di quella del 1947? O perché, semplicemente, non si cerca una soluzione pacifica nell'ambito dello spirito della 181? Che bisogno c'è di una nuova "Risoluzione 2011"? I motivi, purtroppo, sono chiari come il sole: se la 181 auspicava una soluzione bilanciata del conflitto, nella tutela dei diritti di tutte le parti, la nuova Risoluzione stabilirà che uno Stato palestinese esisterà "comunque, a prescindere". Non si sa su quali territori, con quali cittadini, con quali strumenti, ma esisterà. E non, purtroppo, "accanto" (come tutti vorrebbero), ma "contro" Israele (sul cui diritto all'esistenza, chi lo sa). Che bisogno avranno, le autorità palestinesi, di sedersi a un tavolo di trattativa, per ottenere qualcosa? Dovranno semplicemente 'prendersi', con qualsiasi mezzo, ciò che sarà già, a tutti gli effetti, 'loro'.
    Giusto, quindi, urgente cercare di contenere gli effetto deleteri dello 'tsunami'. Ma non sarà facile, perché questa risoluzione non assomiglierà minimamente alla 181 del 1947. E non vorremmo peccare di eccessivo pessimismo, richiamando, nel cercare un possibile precedente, la famigerata Risoluzione 3379, del 1977: se questa, infatti, equiparò il sionismo al razzismo, la prossima cercherà di trasformare Israele in una sorta di "anti-stato", abusivamente "sovrapposto" al legittimo, amatissimo stato di Palestina.

(Notiziario Ucei, 27 aprile 2011)

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Attivisti preparano flotilla per Gaza con 15 barche e 1500 persone

ISTANBUL - Gli attivisti si stanno preparando per una nuova missione diretta verso la Striscia di Gaza e hanno annunciato che un convoglio di 15 navi cariche di aiuti partirà intorno al 31 maggio con 1500 persone a bordo. La Flotilla sarà due volte più grande di quella attaccata e perquisita un anno fa dalle forze israeliane, con nove persone che vennero uccise su una barca turca. Gli organizzatori sperano di partire intorno al 31 maggio, anniversario del raid mortale, ma dicono che la data potrebbe essere posticipata. Huseyin Oruc, portavoce di un gruppo di aiuto islamico in Turchia, ha detto oggi che una coalizione internazionale di 22 organizzazioni non governative prevede di inviare le 15 navi. L'obiettivo è quello di rompere l'embargo israeliano di Gaza. Secondo il Paese ebraico qualsiasi tentativo di raggiungere Gaza via mare ha lo scopo di provocare violenza.

(Blitz quotidiano, 27 aprile 2011)

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Giovani Ebrei: "L’on. Calabria intervenga sul saluto romano dei giovani Pdl di Vicenza"

ROMA, 27 apr - "Un gesto inqualificabile". Così Daniele Regard, Presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, commenta il saluto romano dei giovani del Pdl di Vicenza durante la festa del 25 aprile.
"Nel giorno della liberazione del nostro paese dalla dittatura nazifascista, addolora vedere come rappresentanti della Giovane Italia "festeggino" con la bandiera della Rsi e con un gesto che rievoca tristi ricordi".
"Siamo certi che il dialogo portato avanti in questi anni con i dirigenti giovanili del Pdl sia stato fruttuoso - prosegue Regard - per questo auspichiamo un intervento della coordinatrice nazionale l'on. Annagrazia Calabria che prenda le distanze in modo netto e inequivocabile da parte de la Giovane Italia contro certi intollerabili nostalgismi che offendono la memoria nostra e di tutti."

(IRIS press, 27 aprile 2011)

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Egitto, attaccato gasdotto nel Sinai

di Francesco Cappello

Una violenta esplosione ha scosso un terminal di gas naturale nel Nord del Sinai nei pressi del confine tra Israele ed Egitto. La detonazione, a opera di ignoti sabotatori, è avvenuta presso il gasdotto di Al Sabil vicino a El Arish, una città a 30 chilometri dal confine con Israele.
Uomini armati avevano piazzato altri esplosivi presso il terminal, ma non sono riusciti a detonare poiché le valvole che controllano il flusso di gas dal terminal principale a Port Said, sulla costa mediterranea, sono state chiuse per soffocare le fiamme. I residenti nei pressi del gasdotto sono fuggiti dalle loro case temendo altre esplosioni.
"Il gasdotto colpito permette le forniture di gas a Israele e verso la Giordania", hanno dichiarato alcuni funzionari di sicurezza che preferiscono rimanere anonimi e che hanno fornito alcune informazioni in modo riservato ai rappresentanti della stampa estera. In risposta all'attacco sul gasdotto, il vice ministro degli Esteri, israeliano, Danny Ayalon ha affermato che Israele deve lavorare, d'ora in poi, per trovare le proprie fonti di energia:
«Alla luce dell'instabilità regionale, dobbiamo accelerare la produzione e la ricerca do gas naturali israeliani al fine di raggiungere l'indipendenza energetica» ha concluso Ayalon.
E la Israel Electric Corporation, compagnia elettrica israeliana, ha anche annunciato che è pronta a continuare a fornire energia elettrica e utilizzare fonti energetiche alternative, in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente.
Lo scorso mese, sei uomini armati avevano preso di mira un altro gasdotto nel Sinai ma le forze di sicurezza presenti erano riuscite a far fuggire gli attentatori. E ancora nel mese di marzo, l'esercito egiziano aveva schierato centinaia di soldati insieme a quelli già presenti a nord della penisola del Sinai a guardia del gasdotto.

(il Quotidiano Italiano, 27 aprile 2011)

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Dal 7 al 9 maggio torna la Festa del Libro Ebraico

Ferrara e il suo ampio e suggestivo Chiostro di S. Paolo si apprestano ad ospitare la seconda edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia e la prima Notte Bianca Ebraica d'Italia. Dal 7 al 9 maggio 2011 il cuore storico della città estense sarà lo scenario di numerose iniziative ed itinerari che daranno vita a un clima di grande suggestione.
In questa grande Festa promossa dal MEIS - Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah - con il supporto organizzativo di Ferrara Fiere, la curiosità e l'interesse degli spettatori saranno vivacizzate da convegni, proposte culturali, mostre, momenti musicali e visite guidate ai principali monumenti della presenza ebraica a Ferrara e ai luoghi che ripercorrono la vita e i romanzi di Giorgio Bassani....

(Master Viaggi, 27 aprile 2011)

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Israele: iniziano i lavori della più grande centrale elettrica

Iniziano i lavori di costruzione della più grande centrale elettrica privata israeliana. Il cantiere è stato affidato alla Wood Group plc., compagnia con sede in Scozia, dalla società Dorad Energy Ltd. Il contratto - del valore di 870 milioni di dollari - è stato firmato giorni fa: e per Wood Group si tratta della prima volta in Israele.
Gli impianti sorgeranno nei pressi di Ashkelon, nel sud del Paese, su terreni di proprietà della Eilat Ashkelon Pipeline Company Ltd. Il progetto comprende dodici turbine azionate da gas naturale e destinate a produrre 840 megawatt di elettricità, pari a circa l'8 per cento del fabbisogno elettrico del Paese. Wood Group ha fatto sapere che per realizzare questa centrale sarà necessario assumere altri 300 impiegati; quasi tutti saranno israeliani. I lavori, hanno aggiunto gli scozzesi, verranno ultimati nel 2013. «La nostra azienda - ha commentato il responsabile per Israele, Shlomo Cohen - considera questo progetto la pietra miliare per una futura espansione nello Stato ebraico. E' una sfida e una svolta allo stesso tempo».

(FocusMo, 26 aprile 2011)

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Israele-ANP: sale la tensione dopo la morte del nipote del ministro Livnat

Sale la tensione fra Israele e l'Autorità nazionale palestinese dopo l'uccisione di un ebreo religioso a Nablus (Cisgiordania) ed il ferimento di altri quattro suoi compagni in un incidente che ha visto coinvolta una pattuglia di agenti dell'Anp. La zia della vittima, il ministro per l'istruzione Limor Livnat (Likud) si è detta "sconvolta per questo attentato omicida". Ma formalmente nè il governo israeliano nè le forze armate qualificano la sparatoria come un attentato intenzionale da parte dell'Anp. Il governatore militare di Nablus, Jibril al-Bakri, ha aperto un'inchiesta e ha sottoposto ad interrogatorio gli agenti che hanno aperto il fuoco "in direzione di veicoli israeliani sospetti, entrati a Nablus senza alcun preavviso". All'origine dell'incidente c'è la consuetudine di gruppi di ebrei religiosi di pregare nella Tomba di Giuseppe (il figlio del patriarca biblico Giacobbe, consigliere di un Faraone) malgrado essa si trovi in una zona autonoma palestinese. Là l'ingresso ai civili israeliani è vietato: in casi particolari comitive sono ammesse, ma solo con una scorta militare.

(FocusMo, 26 aprile 2011)

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Tel Aviv nel segno di Arthur Rubinstein

Tel Aviv sarà la sede del 13o Concorso internazionale di piano Arthur Rubinstein che si terrà nelle date 13 - 26 maggio 2011. Creato nel 1973 da Jan J. Bitritzky in memoria del Maestro Arthur Rubinstein, il concorso che si svolge ogni tre anni, promuove le carriere di giovani e talentuosi pianisti. Il Premio Arthur Rubinstein e altri premi vengono conferiti a giovani maestri pianisti i cui talenti rivelano eccezionali capacità musicali e abilità nell'eseguire interpretazioni versatili e artisticamente convincenti di opere che vanno dal pre-classico al contemporaneo. Quest'anno il concorso presenterà composizioni scritte da due autori israeliani di primo piano - Paul Ben Haim (1897-1984) e Josef Tal (1910-2008) - le cui opere non sono mai state eseguite nei precedenti concorsi di Rubinstein.

(mondointasca, 26 aprile 2011

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18-20 giugno 2011: missione imprenditoriale in Israele

Iniziativa rivolta ai settori agroalimentare, casa, tecnologie per ambiente ed energia. Adesioni entro il 6 maggio

La missione sarà coordinata da Aries, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Trieste per l'internazionalizzazione, e organizzata con la collaborazione del desk Israele di Aries attivo presso la Camera di Commercio italo-israeliana di Tel Aviv, con il patrocinio di Unioncamere.
La missione è rivolta in particolare ad operatori dei settori Sistema casa (edilizia/arredo), Agroalimentare (prodotti certificati e non certificati kosher), Tecnologie per ambiente & Energia, e prevede due giornate di incontri B2B tra le imprese italiane e quelle israeliane, per rafforzare i rapporti commerciali o individuare nuove opportunità di business in Israele.
Il costo ad azienda è di 500 euro + IVA e comprende:

• servizio di informazioni preliminari sul Paese;
• ricerca e selezione dei partner locali;
• organizzazione di agende personalizzate di incontri tra aziende;
• assistenza di personale specializzato;
• trasferimenti di gruppo da e per l'aeroporto.

La scadenza per l'invio delle adesioni è fissata per il 6 maggio.
I company profile aziendali pervenuti verranno inviati al Desk Aries in loco per una prima valutazione sulle potenziali opportunità commerciali e di collaborazione industriale sul mercato israeliano. In caso di valutazione positiva, alle aziende sarà richiesta l'adesione formale all'iniziativa e il contestuale versamento della quota di adesione.

Per info:
Aries Trieste: natasa.ljubojev@ariestrieste.it; tel. 040 6701251
Ufficio estero - CCIAA Parma: estero@pr.camcom.it; tel. 0521/210280-246

(newsfood.com, 26 aprile 2011)

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Primavera araba? Macché è il boom di Israele

La sorpresa: nei giorni in cui cala il rating delle finanze Usa, aumenta quello di Tel Aviv. L'economia è cresciuta di 50 volte nel Dopoguerra. E ora la scoperta di giacimenti di gas ricchissimi, di cui due terzi sono esportabili

di Vittorio Dan Segre

Fra le sorprese di questa settimana ve ne è una che sembra un pesce d'aprile: una società di rating minaccia di abbassare la credibilità finanziaria degli Stati Uniti mentre eleva quella di Israele. Anche se esistono dubbi sul valore di queste valutazioni è legittimo chiedersi cosa giustifichi l'aumento della credibilità finanziaria dello stato ebraico. Israele è presentato dalle sinistre e dagli arabi come un paese razzista e instabile in cui è doveroso disinvestire. Cosa induce a credere nella crescente solidità finanziaria di un paese in guerra da più di 60 anni, privo di frontiere e di capitale riconosciuti e che ancora nel 1984 soffriva di una inflazione del 445%? È la scoperta di gas sottomarino che corona una economia aumentata di 50 volte in sessanta anni.
   Le cause di questa crescita «cinese» sono analizzate da due giornalisti, Dan Senor e Saul Singer, in un libro pubblicato dal prestigioso Council of Foreign Relations di New York intitolato Start Up Nation, «La storia del miracolo economico di Israele». Libro che in pochi mesi ha venduto centomila copie ed è stato tradotto in diecine di lingue. Non sarà l'oggetto di questo articolo ma è curioso notare che non menziona la scoperta di queste fonti di energia. Forse per non pubblicizzare un fatto che ha ricevuto sinora pochissima attenzione.
   Comunque stiano le cose, alla base dello sviluppo economico israeliano e del «segreto» del suo potenziale energetico c'è il boicotto arabo. Ha spinto da un lato Israele a cercare metodi per superarlo e dall'altro ha per anni impedito alle società petrolifere legate ai paesi di interessarsi al suo potenziale energetico. Quasi 500 trivellazioni condotte da Israele in 50 anni non hanno dato che miseri risultati mentre l'interesse per i giacimenti di gas era limitato dall'abbondanza e basso prezzo del petrolio. Solo nel 1999 la società israeliana Delek e quella texana Noble Energy scoprirono e chiamarono Noa il primo giacimento sottomarino dotato di 7,6 miliardi di mc di gas. Poca roba, ma ad esso seguì la scoperta dei giacimenti sottomarini di Tamar, Dalit e Leviatan con un potenziale di 3,4 trilioni di mc di gas. Due terzi sono esportabili, dopo aver coperto le necessità israeliane. Gli effetti si fanno sentire. La Società elettrica israeliana, convertita dal carbone al gas, ha risparmiato 55 miliardi di dollari e diminuito il costo dell'energia elettrica dell'11%. La dipendenza dalle forniture di gas egiziano è di fatto cessata. La battaglia fra il governo e i gruppi privati che hanno sviluppato questo tesoro sottomarino è terminata con un compromesso che permette allo stato di aumentare gradatamente le basse royalty (12%) fissate nel 1952 e creare un fondo sovrano per garantire l'investimento dei guadagni nella ricerca scientifica, nella politica sociale e sanitaria.
   Le ricadute politiche e strategiche sono enormi specie nel momento in cui l'intero Medio oriente è sconvolto dalla rivoluzione araba. Grazie alla firma con Cipro per la spartizione e lo sfruttamento del fondo marino (accordo che ha irritato la Turchia) e la possibilità di creare in Grecia centri di liquefazione del gas israeliano, Israele si rivela fonte sicura di idrocarburi per l'Europa, indipendentemente dal beneplacito russo e arabo. Trasforma, soprattutto, lo stato ebraico in asset per l'Occidente piuttosto che in problema. La disponibilità di larghe entrate permette al governo di Gerusalemme di liberarsi dai debiti, di immaginare politiche più generose e meno sospettose nei confronti tanto della minoranza araba israeliana (1,3 milioni) quanto dei palestinesi a cui sarà possibile offrire una partnership energetica capace di rinforzare la volontà di cooperazione piuttosto che quella di distruzione e vendetta.
   Nel momento in cui tutti i paesi sono obbligati dal disastro atomico giapponese a ripensare le loro politiche nucleari; in cui i governi arabi sono obbligati dalle rivolte popolari ad abbandonare la politica della stabilità legata alla dittatura in cambio del sostegno internazionale; la trasformazione di Israele da cliente a fornitore di energia e da fulcro di crisi a modello democratico di sviluppo multiculturale e multireligioso non è solo un «miracolo» economico. È una speranza che nessuno ha diritto di spegnere.

(il Giornale, 26 aprile 2011)

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Egitto: un sondaggio boccia gli accordi con Israele

L'accordo di pace stilato tra Egitto e Israele va interrotto. E' quanto sostiene la maggior parte della popolazione egiziana secondo un sondaggio condotto dal Pew Research Center, centro di ricerca con sede negli Stati Uniti, secondo cui il 54% degli egiziani è favorevole alla fine del trattato di pace. Il sondaggio è stato condotto su mille egiziani tra il 24 marzo e il 7 aprile. L'accordo a cui si fa riferimento è stato firmato nel 1979 e prevedeva che l'esercito israeliano si ritirasse dalla Penisola del Sinai, nella parte in territorio egiziano, che Israele aveva occuoato nel 1967.
Secondo i dati raccolti, inoltre, solo il 15% degli intervistati è a favore di strette relazioni tra Egitto e Stati Uniti, il piu' antico e forte alleato di Israele. Per il 43% degli interpellati, invece, tra i due Paesi dovrebbe esserci una certa distanza.

(Aki, 26 aprile 2011)

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Quelli che scambiano i nemici per amici

I fatti, che sono duri come le pietre, quasi sempre, si incaricano di smentire, anche se con estrema crudezza, le illusioni, le distorte credenze e i falsi miti, che l'uomo si costruisce e per i quali spende gran parte della propria esistenza.
Le idee, violentemente antisioniste, che animarono l'esistenza di Vittorio Arrigoni sono nettamente inconciliabili con le mie, fieramente schierate a difesa del libero e democratico Stato d'Israele e della giustizia storica della permanenza degli ebrei nella Terra dei loro Padri. Se, di fronte alla morte, è d'uopo avere un sentimento di pietà e di compassione, non può esserci che decisa repulsione davanti all'aberrazione militante di un uomo che, senza se e senza ma, per insulsi ideologismi, ha scambiato le vittime per i carnefici e invece si è schierato con la barbarie. Arrigoni era offuscato da una dura e decisa fumisteria antisionista e antiebraica, che, mascherata da un fuorviato e sghembo pacifismo a senso unico, lo aveva portato, assieme ad altri elementi smarriti di pensiero, ad andare nel Gazistan, a fianco degli assassini di Hamas....

(Avanti!, 26 aprile 2011)

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Quando libertà è sinonimo di immoralità

di Emanuel Segre Amar

La libertà di pensiero e di parola, la possibilità di manifestare dissenso, la facoltà di operare le proprie scelte sono, indiscutibilmente, l'essenza della democrazia. E siamo dunque ben lieti che nel democratico e libero stato di Israele tutto ciò sia garantito. Accade tuttavia, a volte, di avere l'impressione che alcune scelte superino decisamente il segno, se non della legalità, quanto meno del senso morale. È accaduto quando un gruppo di rabbini ultraortodossi sono andati ad abbracciare Ahmadinejad in segno di solidarietà per il suo proposito di annientare Israele. Ed è successo di nuovo in questi giorni.
Dopo la strage della famiglia Fogel (ricordiamo, accanto ai genitori Udi e Ruti, i piccoli Yoav, Elad e Hadas di appena 3 mesi), molti sono andati a visitare i "coloni" di Itamar e, soprattutto, a portare un segno di solidarietà ai tre giovanissimi sopravvissuti Tamar, Roi e Yishai. Purtroppo, e lo scrivo con grande dolore, altri hanno fatto una scelta molto diversa: sono andati ad alleviare il dolore delle famiglie che vivono nel villaggio vicino a Itamar, ad Awarta. La ragione è molto semplice: la polizia israeliana, conoscendo il DNA degli assassini, ed intuendo che questi venissero proprio da Awarta, hanno prima esaminato il DNA di tutti i residenti, e, successivamente, hanno avuto l'arroganza di arrestare i colpevoli, Muhammad Awad, il figlio Amjad e il nipote Hakem. A questo punto alcuni membri delle associazioni ebraiche Nashim L'Shalom (Donne per la pace), Gush Shalom (Il blocco per la pace) e Adam Lelo Gvulot (Uomo senza confini), hanno preferito portare la loro solidarietà proprio alla famiglia Awad, facendosi fotografare con la inconsolabile madre (e zia) dei due assassini che, a suo parere, non avrebbero saputo uccidere neppure una gallina (è opportuno ricordare che, dopo la prima strage, accortisi di aver dimenticato Hadas, che si era messa a piangere, sono tornati sui loro passi per compiere meglio la loro opera, e, il giorno successivo, sono andati, come se niente fosse, a scuola).
Dopo questa visita ebbero la sfrontatezza di definire "pogrom" l'azione della polizia israeliana. Pogrom? Sì, proprio pogrom! È ben vero che, quando questi nostri correligionari andarono a Awarta, la polizia israeliana non aveva ancora ufficializzato le ragioni degli arresti; ma non è forse quanto succede in ogni nazione civile, dove si rispettano le leggi del codice e non quelle del clan?
Credo che davvero noi tutti dobbiamo, indipendentemente dal nostro pensiero politico (di destra o di sinistra, filo o anti sionista che sia), riflettere attentamente: il mondo tutto quanto, e non solo Israele (al momento governato da Netanyahu) sta di fronte a una guerra che uomini senza scrupoli, ma con mezzi economici senza pari, ci hanno dichiarato. Chi non lo capisce non potrà, domani, avere un trattamento diverso da quello riservato agli amici dei nazisti e dei fascisti. Ma a costoro, fin da oggi, deve andare tutto il nostro disprezzo, sperando che riescano a comprendere ed a ravvedersi, prima che sia troppo tardi.

(ilblogdibarbara, 25 aprile 2011)

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«Molto presto, Allah volendo, Roma sarà conquistata»



Vedere per credere

(Informazione Corretta, 25 aprile 2011)

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Pattuglia dell'Anp spara sui fedeli ebrei. Ucciso il nipote di un ministro del Likud: 4 feriti

Alta tensione in Cisgiordania dopo l'uccisione di un ebreo religioso, il nipote del ministro per l'istruzione Limor Livnat (Likud) che si è detta "sconvolta per questo attentato omicida". L'incidente sulla Tomba di Giuseppe, una pattuglia di agenti dell'Anp ha aperto il fuoco

NABLUS - Sale la tensione fra Israele e l'Autorità nazionale palestinese dopo la uccisione di un ebreo religioso a Nablus (Cisgiordania) e il ferimento di altri quattro suoi compagni in un incidente che ha visto coinvolta una pattuglia di agenti dell'Anp. La zia della vittima, il ministro per l'istruzione Limor Livnat (Likud) si è detta "sconvolta per questo attentato omicida". Ma formalmente né il governo israeliano né le forze armate qualificano la sparatoria come un attentato intenzionale da parte dell'Anp. Il governatore militare di Nablus, Jibril al-Bakri, ha aperto un'inchiesta e ha sottoposto a interrogatorio gli agenti che hanno aperto il fuoco "in direzione di veicoli israeliani sospetti, entrati a Nablus senza alcun preavviso".
L'incidente All'origine dell'incidente c'é la consuetudine di gruppi di ebrei religiosi di pregare nella Tomba di Giuseppe (il figlio del patriarca biblico Giacobbe, consigliere di un Faraone) malgrado essa si trovi in una zona autonoma palestinese. Là l'ingresso ai civili israeliani è vietato: in casi particolari comitive sono ammesse, ma solo con una scorta militare. All'alba di oggi tre veicoli con a bordo una quindicina di membri della setta ortodossa-nazionalista Breslav sono entrati a Nablus all'insaputa dell'esercito e si sono trovati a breve distanza da una pattuglia dei servizi di sicurezza palestinesi. In una prima fase sono stati sparati in aria colpi di avvertimento e i due primi veicoli si sono dati alla fuga. Gli agenti - secondo la versione israeliana, che è ancora al vaglio dell'Anp - hanno aperto il fuoco sul terzo veicolo. Ben-Yosef Livnat - il nipote del ministro - è stato colpito a morte. L'uomo, di 25 anni, lascia la moglie e quattro figli. I suoi funerali sono iniziati nella tarda mattinata in un clima di collera anche perché nel frattempo i coloni hanno appreso che dimostranti palestinesi hanno appiccato il fuoco agli arredi della Tomba di Giuseppe, provocando danni materiali.

(il Giornale, 24 aprile 2011)

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Viaggio a Itamar, ultimo baluardo

Un mese fa la strage dei Fogel. Nessuno è fuggito dopo il massacro. La colonia è divenuta il simbolo d'Israele. La comunità romana "adotta" la bimba sopravvissuta.

di Giulia Funaro

Quanti ne arrivano al giorno, Haim? «Ieri ne sono venuti duemila. Da tutta Israele. Ci hanno portato la solidarietà, il loro abbraccio. Vedi, anche se l'opinione pubblica è divisa sugli insediamenti, dopo gli attentati ci si stringe come in una famiglia. Il massacro di un mese fa ha sconvolto tutti gli israeliani. Nemmeno un animale può uccidere in quel modo orrendo dei bambini durante il sonno». Non c'è neanche un semaforo ad Itamar. Solo una rotatoria. Con la macchina si fa su e giù sulle colline dove i soldati vigilano giorno e notte. Tra una casa e l'altra, passando per le scuole, i vigneti, e gli edifici dove gli artigiani fanno formaggio e imbottigliano il vino. Ci abitano 960 persone per 180 famiglie, religiosi e laici. Haim Weiss ha cinquantotto anni è il direttore dell'insediamento. Incastonato tra tanti insediamenti arabi (ai piedi delle alture c'è anche Nablus), Itamar, fondato trent'anni fa, si stende su dieci chilometri quadrati. Vicino al centro la casa dove la famiglia Fogel è stata massacrata dai terroristi palestinesi. Una casa come le altre, a pochi passi da quella dove nel 2002 si consumò il massacro degli Shabo. A poco più di un mese dall'attentato ad Itamar, durante il Pesach (la Pasqua ebraica) arrivano gli autobus di gente che vuole portare la solidarietà agli abitanti. Sono tornati anche il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici e un gruppo di ebrei romani con i loro bambini. L'insediamento è stato più volte nel mirino dei terroristi. In dieci anni sono state assassinate ventidue persone. C'è pure un cartello in ricordo delle vittime con su scritto «la gioventù di Itamar non si spezza».
   «Ci fu anche un attentato in una scuola: entrarono i terroristi nel centro sportivo e cominciarono a sparare sui ragazzi. Ne morirono tre. Vorremmo vivere in pace, ma loro (i vicini palestinesi) non ce lo permettono - dice Haim -. Per noi è un dato di fatto che vivono qui vicino, non li vogliamo "eliminare". Ma loro vogliono uccidere noi. Non vogliono vederci qui perché siamo ebrei, e ci odiano. L'unico modo per sopravvivere è far sentire la nostra autorità, per questo chiediamo allo Stato d'Israele più sicurezza. Servono telecamere ovunque e un piano speciale per difenderci. Ci vuole autorità, se abbassiamo la guardia i nostri nemici ne approfittano». Haim è sempre in contatto con i familiari dei tre bambini sopravvissuti al massacro dei Fogel. Tamar, la bambina di dodici anni che quel venerdì sera è miracolosamente mancata all'orrendo appello dei terroristi, torna ad Itamar due volte a settimana per studiare nella stessa scuola, con le sue amiche. «I bambini ora sono con i nonni a Gerusalemme. Non possono tornare qui, non hanno più una famiglia - spiega Haim -. Hanno dovuto prendere decisioni difficili, ma per ora mi sembra la scelta migliore». Dal quel terribile venerdì sera, eccetto gli orfani dei Fogel, nessuno ha fatto le valigie. «La gente qui ha il proprio lavoro e sta bene. La comunità è molto unita, nelle grandi città come Gerusalemme e Tel Aviv non è così. Poi, dove vuoi andare? Non si può scappare dal terrore. Qualche settimana fa i terroristi hanno colpito anche a Gerusalemme...». Beni ospita la delegazione romana nel suo giardino per il tradizionale barbecue di Pesach. I terroristi gli hanno ucciso un figlio soldato di ventidue anni ad Ariel, una città vicino ad Itamar. «Io sono più fatalista... quello che deve succedere, succede- dice Beni -. Prima dell'Intifada avevamo contatti con i nostri vicini palestinesi. Molti erano amici miei. Per questo oggi parlo perfettamente arabo. Con l'Intifada tutto è cambiato».
   La delegazione della comunità romana si presenta a casa di Beni con un album di disegni fatti dai bambini delle scuole ebraiche per i loro "colleghi" di Itamar. «Quando siamo venuti la prima volta, subito dopo il massacro, abbiamo portato agli abitanti di Itamar un gesto di solidarietà e una piccola somma - racconta Pacifici -. Poi un membro della nostra Comunità si è offerto di garantire gli studi di Tamar Fogel fino all'università. Durante la visita abbiamo ricevuto dai bambini alcuni disegni per i ragazzi delle nostre scuole. Così "i nostri" hanno ricambiato. Adesso siamo tornati qui con le famiglie e i bambini perché abbiamo stabilito un rapporto umano con queste persone e per dimostrare che non bisogna avere paura. Dobbiamo stare vicino agli abitanti di Itamar». Un atto di solidarietà umana, dunque. «Sì, ma portiamo anche la nostra solidarietà politica, perché loro abitano nel cuore dell'ultimo baluardo». In che senso? «Qualcuno vuole farci credere che il problema della pace del Medio Oriente passa per le "colonie", termine che innanzitutto respingo. Gli insediamenti sono dei luoghi dove gli israeliani hanno deciso di vivere anche se in mezzo a posti ad alta densità araba, come tanti arabi vivono in molte città israeliane tra cui Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa. Io ho maturato delle idee nuove riguardo gli insediamenti». Quali? «Penso all'indomani dal ritiro dal Libano. Quella scelta coraggiosa di Barak portò alla guerra del 2006, all'intensificarsi del lancio dei missili su Israele, e alla salita al governo di un esercito irregolare, gli Hezbollah. Anche il ritiro da Gaza ha portato alle stesse vicende. In quella circostanza, come sempre, abbiamo sostenuto la scelta di pace del Governo e pianto insieme agli israeliani che si ritiravano. A Gaza oggi non c'è alcun tipo di contenzioso, eppure da li continuano ad arrivare missili sulle città israeliane. Adesso c'è l'ultimo baluardo, gli insediamenti».
Quindi? «Se qualcuno vuole raccontarci la favola che la pace si farà una volta che saranno restituiti i confini del '67, allora questo qualcuno vive a "nel Paese delle Fiabe". Tutto il mondo arabo che è intorno ad Israele, ma anche lontano da esso, ha l'obiettivo di cancellare lo Stato Ebraico dalla cartina geografica. Il loro obiettivo, come è stato ieri per Arafat, non è avere uno Stato palestinese indipendente (che potevano ottenere nel '48 all'indomani della risoluzione dell'ONU), ma soltanto distruggere Israele. Noi continueremo a sostenere le scelte d'Israele. E torneremo presto ad Itamar: da un fatto tragico abbiamo costruito una collaborazione che andrà avanti nel tempo. Stiamo lavorando a molti scambi culturali e progetti condivisi».

(Il Tempo, 24 aprile 2011)

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Itamar, la gemma delle colline

di Deborah Fait

Quando gli amici della Comunita' ebraica di Roma mi hanno scritto per avvisarmi che era prevista una visita a Itamar chiedendomi se volevo parteciparvi, il mio siiiiiii e' arrivato attraverso l'etere da Israele a Roma, prima della mia email affermativa!
   Si, ho gridato, vengo anch'io, certo!
   E' arrivato il giorno fatidico e ci siamo incontrati a Tel Aviv, ho rivisto vecchi amici e ho avuto il piacere di riabbracciare Riccardo, l'attivissimo giovane presidente rieletto della Comunita' Ebraica di Roma che non incontravo dall'epoca della mia aliya'.
   Tra Riccardo e me c'e' sempre stato un feeling speciale e anche se ci siamo incontrati poche volte l'ho considerato sempre un grande amico e un grandissimo sionista innamorato di Israele.
   Riccardo e' uno che ha Israele nel cuore, come tutti gli amici presenti all'incontro ed e' stato un piacere grande e una consolazione non doversi difendere , per una volta, da frasi del tipo "ma perche' non gli date i territori...ma perche' non gli date Gerusalemme...ma perche'...perche....assassini...occupazione....".
   Amici innamorati di Israele. Ebrei innamorati di Israele. Italiani innamorati di Israele.
   Stupendo!
   Siamo arrivati a Itamar attraversando un paesaggio che a me, triestina, ricordava molto il Carso, colline a vegetazione bassa cosparse di pietre bianche, qualche boschetto, ogni tanto una casa isolata, attraversiamo dei villaggi arabi e infine ecco la zona di Itamar, nella regione di Gav Zahar in Samaria, una zona molto grande, terribilmente pittoresca, biblica e misteriosa, aria frizzante e leggera e abitata da persone semplicemente meravigliose.
   E' di questo che voglio parlare, degli abitanti di Itamar, ebrei israeliani che hanno scelto di vivere qui, in questo avanposto di Israele, nel cuore della Samaria, che, secondo molti, dovrebbe essere abbandonato per diventare parte di uno stato palestinese.
   Ebrei descritti dai media italiani come "coloni", gente violenta, cattiva, barbuta, religiosamente fanatica. Bene, e' vero, ho visto barbe di tutti i tipi, lunghe, corte, inesistenti, come dovunque nel mondo. Ho incontrato invece persone solari, buone, entusiaste, dagli occhi ridenti, non ho sentito una sola parola di odio, non una.
Persone che non e' facile incontrare nel resto del mondo, persone che davano pace solo a guardarle, pace e sicurezza. Seduta la' , in quel giardino davanti a un geranio talmente grande da sembrare una buganville, a poche centinaia di metri da un villaggio arabo, mi sentivo felice e sicura.
   Eravamo nel cuore di Israele e quel cuore batteva nei petti della gente di Itamar.
   E' venuto ad accoglierci Benny e ci ha portati a casa sua dove abbiamo incontrato la moglie, un figlio che adesso fa il soldato (il maggiore e' stato ucciso da un kamikaze) e la vecchia mamma, Aliza, che mi ha raccontato la sua storia per la quale servirebbe scrivere un libro, alla quale si riempivano gli occhi di lacrime ogni volta che nominava il nipote ucciso e continuava a sussurrare alla sua memoria "amen amen amen" .
   Non ho sentito una parola di odio contro gli arabi, non una anche se ne avrebbero tutto il diritto, nell'arco di poche ore ho realizzato con angoscia che tutte le persone incontrate avevano qualche morto ammazzato da piangere eppure i loro occhi erano limpidi, tristi ma senza odio, i loro sorrisi amari e rassegnati ma quello che era tangibile e' l'amore di queste persone per la vita, per il lavoro, per la Terra, per Israele.
   Israele e Speranza. Glielo vedevi scritto in fronte.
   Per chi viene dalla realta' italiana non e' semplice rendersi conto che ogni persona che incontri ti puo' parlare di un suo parente o amico ammazzato violentemente dai palestinesi.
   Benni, sua moglie e la nonna Aliza piangono un ragazzo che per salvare il suo battaglione si e' gettato addosso al kamikaze di turno saltando per aria con lui.
   Nati, un altro giovane conosciuto a Itamar, e' sposato con una ragazza rimasta vedova durante lo sgombero di Gush Katif e mentre il marito moriva lei era incinta.
   Due giovani belli e sorridenti con due bambine dalle treccine bionde, le guance bianche e rosse come Heidi.
   Nati e' un "ragazzo delle colline", fa parte di quel gruppo di giovani che i media italiani e i blogger demonizzano con grande foga chiamandoli violenti, razzisti, accusandoli di andare a sradicare centinaia di ulivi palestinesi.
   Ho detto proprio questo a Nati "Lo sai che in Italia vi vedono come il demonio?"
   Lui ha sorriso scuotendo la testa tra l'ironico e il rassegnato.
   " E' vero che andate a distruggere gli uliveti dei palestinesi? "
   Altro sorriso questa volta meno ironico e mi ha risposto con sincerita' "hai visto quanti villaggi arabi abbiamo qua intorno? Ti pare che rischieremmo la vita andando a sradicare alberi dei palestinesi? Non faremmo in tempo a toccarne uno che saremmo morti".
   Si , i villaggi arabi la' intorno sono tanti e sono grandi, inoltre organizzazioni filo-palestinesi come Bt'selem sono sempre la' che girano per provocare, per accusare, per creare violenza...sti pacifisti del cavolo che vengono da tutto il mondo, col loro carico di odio, solo per provocare e per cogliere la minima reazione di questi ragazzi che vogliono solo lavorare e difendere casa, casa, casa loro ! Casa loro, gli arabi hanno i loro villaggi e nessuno li disturba. I nostri vogliono avere le loro case e vivere in pace, nient'altro.
   Nati, ve lo devo descrivere amici, alto, fiero, bello come il sole, capelli lunghi biondi , barba bionda, occhi neri, un paio di spalle da gladiatore e due mani che coprivano quasi completamente il corpicino della bambina che teneva in braccio.
   Un uomo pacifico e forte, un ragazzo di Itamar, un ragazzo di queste colline verdi come smeraldi, di questa Terra di Israele che tutti si aspettano venga consegnata agli arabi.
   Nati e tutti gli altri sono qui per difenderla, non per aggredire. Cosa possono fare di male 200 famiglie? Perche' danno fastidio 200 famiglie di ebrei? Famiglie fatte di mamme, papa' e bambini. Perche' gli arabi devono avere la voglia di ammazzarli? Perche'?
   Nati continua a raccontare, dice che fino agli accordi di Oslo, i rapporti cogli arabi erano buoni, poi, nel momento in cui hanno capito di poter avere tutta la terra, gli "amici" di un tempo si sono rivoltati, diventando violenti e sono incominciati i problemi e i morti ammazzati.
   Abbiamo salutato Nati, la moglie e le due bimbe, li ho guardati allontanarsi con ammirazione e un certo groppo in gola pensando all'ingiustizia della vita, all'odio che questi giovani e coraggiosi pionieri ebrei suscitano nel mondo occidentale. Odio assurdo e furente, irragionevole.
   Non ho potuto fare a meno di pensare a un altro giovane, santificato dai media perche' stava dalla parte dei terroristi, gli stessi media che diffamano Nati e tutti i ragazzi delle colline perche' dai terroristi si difendono.
   Abbiamo fatto un bellissimo giro per le colline, siamo arrivati a 866 metri di altezza , un punto da dove si vedeva il giume Giordano e il Mar Morto. Sotto di noi , a valle, un grande villaggio arabo, in lontananza la Tomba di Giuseppe, quella che nel 2000 fu completamente distrutta e bruciata dai palestinesi. Oggi e' stata ricostruita ma non vi si puo' andare se non scortati dall'esercito. Incontriamo fattorie che coltivano il biologico, che hanno allevamenti di capre, pollame, tutto bio, fattorie unifamiliari ognuna con un morto da piangere.
   Arye, Gilad,Shlomo, Harel,Yair, Meir, Rachel, David, Avi, Gilad e altre vittime, un lungo elenco di vittime del terrorismo palestinese.
   Bambini, quale infame puo' entrare in una casa e ammazzare dei bambini a coltellate? I tre piccoli bambini Fogel insieme ai loro genitori non sono stati i primi ad essere ammazzati, a poche villette dalla casa della Famiglia Fogel, anni fa, un altro massacro, la famiglia Shabo. Un terrorista e' entrato in casa, ha ammazzato la mamma e tre dei suoi figli, una quarta, sopravvissuta, e' rimasta senza gambe.
   Rachel, Zvika, Neriah, Avishai z''l. e Yoseph Twito z"l corso ad aiutarli e ucciso con un colpo in testa.
   Nessuno di queste vittime stava facendo la guerra, erano in casa, giocavano, lavoravano, tornavano in famiglia, studiavano, li hanno uccisi perche' ebrei.
   La villetta della Famiglia Fogel, e' chiusa, sul prato ancora qualche giocattolo, sul cancello la bandiera di Israele. I bambini sopravvissuti vivono con i nonni a Gerusalemme e Tamar, la piu' grande, viene ogni giorno nella sua vecchia scuola, la sera torna a Gerusalemme.
Il popolo di Itamar e' forte, ha molta pazienza e sa che la strada sara' dura e difficile.
   Quei giovani belli, sani e coraggiosi mi sono rimasti nel cuore.
   Nonna Aliza e le sue lacrime per il nipote morto prima di lei a causa dell'odio di altri giovani, non potro' dimenticarla.
   Meravigliosi ebrei, fieri, a schiena dritta che ti guardano dritto negli occhi, sorridenti.
   Shalom , hanno detto, mica tante smancerie. Shalom, Toda', un stretta di mano, un gran sorriso.
   Itamar, la Gemma delle colline, era ormai alle nostre spalle mentre viaggiavamo verso Tel Aviv e pensavo che la sua gente, il nostro Popolo, chiede una cosa sola: essere aiutata a restare in Erez Israel.
   Li penso e sorrido con amore e speranza.
   Anche un po' di tristezza.

(Informazione Corretta, 24 aprile 2011)

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Pasqua ebraica a Borgo Egnazia

Centinaia di ospiti per l'evento.

di Alfonso Spagnulo

FASANO (BR) - Particolare Pasqua per la splendida struttura di Borgo Egnazia a Savelletri di Fasano. Il resort a 5 stelle fasanese, infatti, sta ospitando la Pesach Italy 2011, ovvero le celebrazioni della Pasqua ebraica. Centinaia di ebrei, da ogni parte del mondo, si sono dati appuntamento per festeggiare l'appuntamento religioso che quest'anno è concomitante con quella cristiana. L'evento, organizzato da Avi e Belinda Netzer, vede la partecipazione, pare, anche di personalità di spicco. Si vocifera, infatti, che tra gli ospiti presenti ci siano anche i famosi registi Joel ed Ethan Coen e il produttore Arthur Cohn.
Il Pesach viene festeggiato dalla popolazione ebraica per ricordare l'esodo e la liberazione del popolo israelita dall'Egitto. Vengono allestiti banchetti e realizzati piatti tipici ebrei. I partecipanti a questa celebrazione già da giorni hanno voluto visitare le bellezze del nostro territorio. Sia Fasano centro che le sue zone di villeggiatura sono state mete prescelte in attesa della giornata di oggi quando, come detto, sarà celebrata la Pasqua ebraica. In realtà, durando la Pesach ben otto giorni, la struttura di Borgo Egnazia è pressoché monopolizzata da giorni da questo evento. Ma la celebrazione della Pasqua ebraica non è il solo motivo per cui il territorio di Fasano ospita personaggi importanti. Nelle diverse strutture alberghiere della zona si registra il tutto esaurito in questi giorni di festa. Il primo timido approccio dell'estate ha fatto sì che tanti turisti scegliessero proprio Fasano come meta di vacanza. Naturalmente il riserbo sui nomi dei vip presenti è alto ma è facilmente ipotizzabile che personaggi famosi siano ospiti delle tante strutture alberghiere extra-lusso della zona.

(Gofasano.it, 24 aprile 2011)

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Egitto, i Fratelli Musulmani chiedono l'introduzione della legge islamica, proteste

di Raffaele Carcano

Nei giorni scorsi il sito Jihad Watch ha diffuso dichiarazioni di Mahmoud Ezzat, guida suprema dei Fratelli Musulmani, che manifestavano la volontà del gruppo di stabilire uno stato islamico in Egitto, quando il suo Partito della Libertà e della Giustizia avrà raggiunto una diffusa popolarità. L'altro leader Saad al-Husseiny ha dichiarato che il governo islamico avrebbe introdotto prontamente la sharia. Parole che, scrive l'edizione inglese del quotidiano egiziano Al Masry al Youmi, hanno immediatamente suscitato preoccupazione nelle chiese cristiane (che hanno deciso di non invitare i leader della Fratellanza alle celebrazioni della Pasqua) e degli altri partiti, che hanno parlato di "pesante arretramento" da parte del gruppo rispetto alle posizioni espresse durante i moti che hanno portato alla caduta del presidente Hosni Mubarak. Le dichiarazioni sono state criticate anche all'interno dei Fratelli Musulmani (la ex vice-guida suprema Mohamed Habib ha sostenuto che non è questo il momento di discutere di certe questioni), mentre uno dei leader, Hamdi Hassan, le ha ridimensionate, affermando che la stampa le ha riportate "inaccuratamente", e che vi è una "erronea comprensione" della legge islamica.

(UAAR, 24 aprile 2011)

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Egitto, ripresa la fornitura di gas naturale verso Israele

L'Egitto ha ripreso la fornitura di gas naturale verso Israele dopo un'interruzione dovuta a un'esplosione nel gasdotto del Sinai avvenuta a febbraio nella città di El Arish. Lo riferiscono fonti ufficiali della Ampal-American Israel Corporation, precisando che all'inizio il rifornimento di gas sarà nei limiti inferiori rispetto alla norma. «Le quantità iniziali di gas fornite alla East Mediterranean Gas Company (e di conseguenza ai clienti israeliani, ndr) saranno inferiori rispetto alle quantità previste dal contratto, ma poi si arriverà a quelle stipulate», si legge in un comunicato della compagnia. «La diminuzione è dovuta a ragioni tecniche in quanto potrebbe essere pericoloso procedere con il pieno carico senza verificare che il gasdotto sta lavorando normalmente», prosegue il testo. L'Egitto fornisce a Israele circa il 40 per cento del gas che consuma.

(L'Unico, 23 aprile 2011)

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L'accusa di Hrw: in Palestina giornalisti picchiati e arrestati senza motivo

L'autorità palestinese ha più di un problema con la libertà d'informazione. E chi ci va di mezzo sono sempre loro: i giornalisti. Picchiati, messi dietro alle sbarre, minacciati. Solo perché stavano facendo il loro mestiere.
A lanciare un'accusa pesante all'Anp guidata da Mahmoud Abbas è l'ultimo dossier di Human Rights Watch. Che oltre a fare un'analisi degli ultimi mesi, elenca tutti i casi di violenza contro i cronisti palestinesi in Cisgiordania e Striscia di Gaza.
Scrive Hrw che molti giornalisti sono stati maltrattati e arrestati senza un motivo. Nella maggior parte dei casi le autorità di pubblica sicurezza palestinesi hanno sequestrato tutto il materiale: appunti, microfoni, telecamere, attrezzi per il montaggio video, antennine satellitari.
Uno dei fatti più gravi s'è verificato nella Striscia. Dove un gruppo di uomini armati appartenenti ad Hamas ha fatto irruzione nell'ufficio di corrispondenza dell'agenzia britannica Reuters e ha sequestrato i pc, schiaffeggiato i giornalisti, minacciato con armi alcuni di loro. A uno è andata un po' peggio: portato alla finestra gli è stato detto che l'avrebbero gettato giù, verso una morte sicura. Per fortuna si è trattato soltanto di un'intimidazione. L'ennesima.
In tutti questi casi (o quasi) l'Autorità nazionale palestinese viene accusata da Hrw di non aver mosso un dito in difesa degli operatori dell'informazione e di non aver mai punito gli abusi della polizia. Forse perché, scrivono nel dossier, un giornalismo troppo intraprendente nei territori fa male al processo di riconciliazione tra Hamas (a Gaza) e Fatah (in Cisgiordania).
Per tutto questo Human Rights Watch chiede a Unione Europea e Stati Uniti di inserire una clausola nell'accordo di finanziamento e rafforzamento delle forze di sicurezza palestinesi che preveda sanzioni nei confronti di tutti quei militari che dovessero essere ritenuti responsabili degli abusi contro i giornalisti.

(Falafel Cafè, 23 aprile 2011)

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Arthur Rubinstein", concorsi e musica al centro della cultura di Israele

MILANO - La musica ancora una volta al centro della cultura e degli interessi d'Israele. Tel Aviv ospita il 13o concorso internazionale di piano "Arthur Rubinstein". Tel Aviv sarà la sede del 13o Concorso Internazionale di Piano Arthur Rubinstein che si terrà nelle date 13 - 26 maggio 2011. Creato nel 1973 da Jan J. Bitritzky in memoria del Maestro Arthur Rubinstein, il concorso che si svolge ogni tre anni, promuove le carriere di giovani e talentuosi pianisti.
Il Premio Arthur Rubinstein ed altri premi vengono conferiti a giovani maestri pianisti i cui talenti rivelano eccezionali capacità musicali ed abilità nell'eseguire interpretazioni versatili e artisticamente convincenti di opere che vanno dal pre-classico al contemporaneo.
Quest'anno il concorso presenterà composizioni scritte da due autori israeliani di primo piano - Paul Ben Haim (1897-1984) e Josef Tal (1910-2008) - le cui opere non sono mai state eseguite nei precedenti concorsi A. Rubinstein.

(Cinquew.it, 23 aprile 2011)

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Il Negev: la promessa dell'avvenire (in francese)



(Guysen TV, 21 aprile 2011)

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Israele: attentato di Hezbollah in vista, la tv dà dettagli

TEL AVIV - Nuovi dettagli su un attentato anti-israeliano che sembra in fase di avanzata realizzazione nell'area del Mediterraneo da parte degli Hezbollah libanesi con l'assistenza di Guardiani della rivoluzione iraniani sono stati diffusi in serata dalla televisione di Stato di Israele. Basandosi su informazioni di intelligence, l'emittente ha confermato che il 'cervello' dell'operazione e' Tallal Hamyah, ex braccio di destro di Imad Mughnyah (il comandante militare degli Hezbollah ucciso in un attentato nel febbraio 2008). Al suo fianco agiscono,secondo la tv israeliana: - Ahmed al-Fayed (''un sunnita convertitosi allo sciismo); - Ali Nagem al-Aladin (''il confezionatore dell'ordigno nel fallito attentato in Azerbaigian'', nel 2008); - Malek Obeid (''uno degli organizzatori degli attentati anti-israeliani ed anti-ebraici in Argentina, nonche' in un attentato fallito in Thailandia''); - Majed a-Zarir (''un esperto nella contraffazione di documenti''); - Sallah Kamal; - Naim Khreis (Haris), ''un uomo di affari con la cittadinanza brasiliana'' - il turco Mehmet Taharorlu (o Tahar-Oglu). L'Apparato di sicurezza esterna degli Hezbollah guidato da Hamyah e' in grado di agire a tutto campo in diversi continenti grazie al sostegno delle 'Forze al-Quds' dell'Iran, ha affermato la televisione israeliana secondo cui l'attentato in questione potrebbe essere questione di giorni ma ancora non e' noto dove potrebbe avere luogo. ''Da parte iraniana c'e' la preoccupazione di cancellare le proprie impronte digitali per non provocare una crisi con il Paese coinvolto'', ha affermato un esperto della emittente.

(Blitz quotidiano, 22 aprile 2011)


Per i credenti che amano Israele, un male così chiaramente annunciato in anticipo può essere un invito alla preghiera.

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Israele: 'Hezbollah libanesi pronti all'attacco'

I servizi israeliani lanciano l'allarme:"Possibile attentato contro obiettivo israeliano nel Mediterraneo". Rivelati i nomi di cinque capi di Hezbollah. - L'allarme giunge direttamente dal Mossad, i servizi segreti israeliani che, con una mossa del tutto inconsueta, rivelano cinque nomi di dirigenti Hezbollah libanesi, in procinto di organizzare un attacco terroristico contro obiettivi israeliani. L'azione dovrebbe scattare proprio in occasione della Pasqua ebraica, che vedrà la partenza di 65 mila israeliani verso i Paesi affacciati sul bacino del Mediterraneo. Secondo fonti di sicurezza di Tel Aviv i preparativi logistici sarebbero già iniziati e coinvolgerebbero Talal Hamyah, indicato come il comandante per la sicurezza esterna, Ahmed al-Fayed, Naim Haris, un uomo d'affari libanese, Ali Nagem al-Adin, esperto di esplosivi e il turco Mehmet Taharorlu. Molti esperti considerano l'annuncio del Mossad una mossa strategica per dissuadere Hezbollah dal compiere possibili atti di ritorsione per l'eliminazione di Imad Mughnyah, il capo militare sciita ucciso in un'esplosione a Damasco nel febbraio 2008.

(PeaceReporter, 22 aprile 2011)

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In Israele è già febbre per l'Europeo Under 20

La Federazione Pallavolo di Israele è già pronta per organizzare l'edizione 2011 del Campionato Europeo Under 20, che si terrà a Tel Aviv dal 27 al 30 luglio.
Un nuovo campo è stato recentemente allestito a Rabin Square, che è situata proprio nel cuore della capitale dello Stato: la piazza pubblica cittadina più grande anni fa era conosciuta come Kings of Israel Square ed era teatro di manifestazioni politiche, sfilate, comizi ed altri pubblici eventi.
Nel 1995 il suo nome fu cambiato dopo che il Primo Ministro di Israele, Yitzhak Rabin, vi fu assassinato: tornando all'evento agonistico, la sabbia necessaria per il campo da gioco è stata direttamente portata dalla spiaggia vicina e per 8 giorni tutti i giocatori e le giocatrici della nazionale israeliana di beach-volley hanno cercato di convogliare il massimo numero di spettatori: il risultato è stato che centinaia di persone hanno affollato le tribune e si sono perciò degnamente preparate, in un riuscito "antipasto", per il grande evento continentale di luglio.
Yaniv Noyman, Segretario Generale della Federazione Pallavolo di Israele, ha dichiarato: " C'è molto interesse a livello nazionale per questa disciplina. Israele ha le condizioni climatiche più adatte ed ottimali per disputare partite, durante tutto l'anno e noi fin d'ora stiamo cercando di catalizzare il massimo interesse verso uno sport così spettacolare.
Ci aspettiamo tanti appassionati durante tutto il torneo e siamo sicuri che, grazie al livello tecnico dei giocatori presenti, la manifestazione sarà un vero successo sotto ogni punto di vista !".

(Beach Volley Magazine, 22 aprile 2011)

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Un modo concreto di aiutare Israele

di Redazione

Traduciamo una parte di una lettera che abbiamo ricevuto da un evangelico che vive ed opera in Gerusalemme.
    La moglie del pastore della nostra comunità, Sandy Shoshani, è una delle responsabili di Bead Chaim (Pro Life) qui in Israele. Ogni domenica pomeriggio Sandy va sulla strada, nei posti dove i soldati si raccolgono dopo il week-end per tornare nelle loro basi. Sandy ha un occhio particolare per le donne che hanno problemi di aborto, le interpella, e ne riceve in risposta una buona dose di insulti - ma più tardi le stesse donne ritornano da lei. Qui si svolge un meraviglioso lavoro nel privato.
    Come conduttori di comunità noi ci incontriamo a Gerusalemme nei locali di Bead Chaim e qui troviamo un'intera galleria di fotografie dei "nostri baby", cioè bambini nati come frutto del lavoro di Sandy e delle sue collaboratrici. Nella nostra comunità abbiamo un numero superiore alla media di ragazze madri, che in seguito sono arrivate alla fede e naturalmente hanno diversi problemi, dal momento che manca una sana struttura di famiglia...
    Qualche tempo fa ho avuto un colloquio con Sandy e ho notato che adesso lei si trova davanti a un bivio: o continua ad impegnare tempo nel lavoro sulla strada (e si tenga presente, per inciso, che è anche madre di sette figli e moglie di un pastore), oppure va in giro a raccogliere soldi per questo lavoro. Io stesso le ho detto di essere contrario a che lei adesso cominci anche un viaggio di servizio. Quindi le ho detto: «Scrivi qualcosa sul tuo lavoro». Lei l'ha fatto, e il suo testo è riportato qui sotto. Il suo concreto desiderio sarebbe di trovare giornali e riviste in cui possa inserire la sua propaganda. Bead Chaim è disposta a pagare per questo - ma forse si troveranno anche redattori che non si limitano a deprecare le percentuali di aborti in Israele, ma fanno anche qualcosa di pratico contro.
Riportiamo in una pagina a parte il testo di Sandy Shoshani, in modo che possa essere trasmesso più facilmente anche ad altri. Il testo rimane in inglese, perché è in quella lingua (o eventualmente in tedesco) che bisognerebbe mettersi in contatto con Sandy Shoshani.

Shoshani’s Letter

(Notizie su Israele, 22 aprile 2011)

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Il cimitero ebraico di Viadana abbandonato nel degrado e nell'incuria

Appello degli studiosi e del presidente della comunita ebraica mantovana, Fabio Norsa, per salvare l'antico cimitero. Tombe coperte dall'erba e tutt'intorno palazzi di recente costruzione. A Viadana, inoltre, la sinagoga è inglobata in una casa.

di Francesco Romani

Il cimitero ebraico di Viadana
VIADANA - Due studiosi bresciani e un viadanese, con il presidente della comunità israelitica mantovana, Fabio Norsa, lanciano un appello: salvare il cimitero ebraico. Un piccolo gioiello incastonato nel cuore della città che versa in stato pressocché d'abbandono, circondato dai palazzi in costruzione nonostante il Comune lo dovesse trasformare in parco pubblico. «Invece è stato usato anche come latrina» lamenta il presidente della comunità ebraica Fabio Norsa.
Il cimitero di via Paralupa ha lapidi antiche settecentesche, in ebraico mentre l'ultima sepoltura è degli anni Cinquanta. Da allora la fiorente comunità viadanese si è estinta. Negli anni Ottanta nuovi quartieri hanno stretto d'assedio il camposanto. Il sindaco Meneghini s'impegnò a trasformare il cimitero in parco pubblico, mentre la comunità ebraica rinunciava al diritto sulla distanza cimiteriale.
Ma mentre il cantiere ha potuto proseguire, la trasformazione in parco non è mai avvenuta. Anzi, lo stato d'abbandono è evidente. Per questo due studiosi bresciani, Andrea Bellelli e Marco Bertagna, entrambi 30enni, hanno deciso di lanciare un appello al Comune.
«Mi interesso di cose ebraiche - dice Belleli, parente del console italiano a Tel Aviv Gloria Bellelli - ma lo stato d'abbandono del cimitero di Viadana è terribile. Il cancello d'ingresso è divelto e l'interno è uno scempio. Molte tombe sono aperte, con ossa anche sparse. Chiunque può saccheggiare. Lanciamo un appello a chiunque vincerà le elezioni. Per il rispetto dei valori storici della cultura, salvate quel cimitero».
Bertagna è laureato in ebraico e specializzato a Ravenna con Mauro Perani di Castel Goffredo in conservazione dei beni culturali ebraici. «Il cimitero di Viadana l'ho conosciuto con l'università nel 2008. È triste vederlo in mezzo a un cantiere con le palazzine che sorgono a ridosso delle mura di cinta. Lascia perplesso lo stato d'abbandono.
Lapidi rotte, sarcofagi spezzati, segni di vandalismi. Mancanza d'attenzione per una presenza importante con le lapidi più antiche che sono in ebraico, dalla fine del '700. Noi chiediamo che il Comune se ne faccia carico, anche per la sicurezza dei cittadini». Un appello che anche lo storico locale Luigi Cavatorta condivide.
La sinagoga. Se il cimitero ebraico risale perlomeno al Cinquecento anticamente era circondato da campi ed orti, la sinagoga, nel cuore del ghetto era individuata dalle vie San Filippo e Bonomi. Ospitava la ricca comunità dedita ai commerci e alle attività finanziarie fin dai tempi dei Gonzaga. Il luogo di culto era rappresentato dalla sinagoga.
Ai primi dell'Ottecento, la costruzione di un nuovo tempio fu affidato al casalasco Carlo Visioli, architetto che edificò anche la sinagoga di Sabbioneta. Ma il progetto di una grande sinagoga in stile neoclassico non fu mai terminato. Gli arredi del tempio furono nascosti durante le persecuzioni antisemite mentre gli stabili furono acquistati dalla famiglia Marcheselli che ancor oggi la possiede. Dopo un secolo di chiusura, è stata riaperta eccezionalmente al pubblico nel 2004 durante il festival lodoviciano.

Foto

(Gazzetta di Mantova, 22 aprile 2011)

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Sondaggio Haaretz: l'israeliano più amato è Peres

TEL AVIV - L'esponente politico piu' amato in Israele e' il Capo dello stato Shimon Peres (88 anni) che in un sondaggio curato da Haaretz riceve espressioni di consenso dal 72 per cento degli intervistati, mentre solo il 20 per cento lo critica. Il giornale nota che fra la popolazione araba di Israele l'apprezzamento verso Peres tocca il 78 per cento. Dopo Peres i piu' stimati sono il presidente della Knesset Reuven Rivlin (Likud) e il governatore della Banca d'Israele Stanley Fisher, entrambi con il 60 per cento dei consensi. In questo sondaggio i principali esponenti del governo ricevono invece pareri prevalentemente negativi. Solo il 38 per cento sono soddisfatti del premier Benyamin Netanyahu, mentre il 53 per cento lo critica. Analogamente il ministro degli esteri Avigdor Lieberman riceve solo il 40 per cento dei consensi, mentre i pareri critici raggiungono il 52 per cento. Fanalino di coda del governo, in questo sondaggio, e' il ministro della difesa Ehud Barak: solo il 30 per cento apprezza il suo lavoro, mentre il 63 per cento lo trova insoddisfacente.

(Blitz quotidiano, 22 aprile 2011)

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Gli italiani difendano le figlie dei musulmani, o saranno complici

di Magdi Cristiano Allam

Un'altra ragazzina pachistana picchiata dal padre perché troppo bella. Invece di denunciarlo, gli assistenti sociali cercano di "mediare". Ma se davanti alla violenza non interviene la giustizia, il Paese rischia di inchinarsi alla "sharia".

Lo sanno gli italiani che di fatto sono assoggettati alla sharia, la legge coranica, ogni qual volta ci scontriamo con le posizioni intransigenti degli islamici? Che siamo proprio noi a rassegnarci facendo primeggiare la sharia sulle nostre leggi, a discapito del rispetto dei diritti fondamentali della persona, perché sostanzialmente siamo ingenui, ignoranti, pavidi e persino ideologicamente collusi? Che siamo proprio noi a scegliere di sottometterci a un'ideologia disumana che viola i valori non negoziabili che sono il fondamento della nostra comune umanità (la sacralità della vita, la dignità della persona, la libertà di scelta) perché essenzialmente noi abbiamo paura di loro?...

(il Giornale, 22 aprile 2011)

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Tv israeliana: Hezbollah vuole colpire obiettivi israeliani all'estero

TEL AVIV, 21 apr. - Gli Hezbollah libanesi stanno progettando di attaccare obiettivi israeliani all'estero. Lo riferisce la tv israeliana Channel 2, che cita fonti della sicurezza. I piani per gli attacchi sarebbero "gia' in atto", secondo quanto riporta la tv israeliana, che pero' non fa riferimento a bersagli specifici. Le azioni degli Hezbollah sarebbero una vendetta per l'assassinio di Imad Mughniyeh, il capo delle operazioni del gruppo sciita, ucciso a Damasco nel 2008, per il quale Hezbollah accusa Israele.

(Adnkronos, 21 aprile 2011)

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Usa e Germania con Israele chiedono stop a Freedom Flottilla

NEW YORK, 21 apr. - Stati Uniti e Germania, nel corso di una sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, hanno preso posizione contro l'annunciato varo di una nuova 'Freedom Flottilla' che nella seconda meta' di maggio tentera' di forzare il blocco navale israeliano per raggiungere le coste di Gaza. Nel corso della sessione, l'ambasciatore israeliano all'Onu, Meron Reubon, riferendo sulla situazione in Medio Oriente, ha sottolineato che alcuni dei gruppi e degli individui che faranno parte della flottiglia "hanno molti legami con Hamas e altre organizzazioni terroristiche".

(Adnkronos, 21 aprile 2011)

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Arrigoni ucciso da chi voleva difendere, e basta

di Claudio Alberti

Parlando della puntata di Qui Radio Londra del 15 aprile

È vero, la morte di Arrigoni è stata struggente, e non può che suscitare pietà. Ma concordo che la pietà non può portare a nascondere che Arrigoni combatteva dalla parte sbagliata. Chi sta con Hamas, chi non si dissocia in pieno da un'organizzazione che ha instaurato una dittatura, e ha come suo obiettivo la distruzione di Israele, non può, secondo me, essere definito un pacifista, perché fa esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare chiunque voglia la pace e la stabilità in Medio Oriente.
Chi la pensa come la pensava Arrigoni (che chiamava gli israeliani "ratti", quando era particolarmente polemico), in queste ore non ha la minima difficoltà ad incolpare Israele di responsabilità morale per aver causato il clima che ha portato alla violenza mortale contro il volontario italiano: in realtà è probabilmente il contrario. Il gruppo salafita è nato e cresciuto nelle stesse case e nelle stesse strade di Hamas, radicalizzando il suo stesso odio e innalzando le sue stesse aspirazioni. Arrigoni è stato ucciso da quelli che voleva difendere. Il resto, sono solo chiacchiere.

(Roma MMXI, 16 aprile 2011)

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Senza notizia

Il Tizio della Sera legge il giornale. Anche oggi, la regola dei morti grandi e piccoli. Coi titoli di scatola e col trafiletto. Non si è mai capito come vada. Questo fatto gli riempie le vene e i capillari, sale tutto un rigurgito di sangue e il viso diventa color barbabietola. I morti, scusa, sarebbero di eguale misura. Straricchi e strapoveri, partono tutti e due. Quel povero italiano con il cappellino, che sembrava un pescatore siciliano, era famoso. Prima non gli stava simpatico per via di certe parole che lasciamo perdere, poi gli ha fatto una gran pena nella foto dove lo tengono per i capelli come fosse pollame. E gli fa ancora pena per l'altra cosa: che lo hanno tradito quelli che amava più di tutto al mondo. Proprio loro lo hanno sbranato. Di lui non hanno dato proprio la notizia che tutti vorrebbero conoscere, gli ultimi pensieri di un poveruomo. E poi ci sono i morti senza notizia, eppure la loro morte sarebbe una notizia: c'erano e non ci sono più, e secondo il Tizio c'è differenza. I senza notizia più recenti stanno a Gaza. Sono quelli che fanno il mestiere velocissimo dello scudo. Li mettono nei depositi di armi travestiti da casa normale, a ricevere le bombe di Israele e loro partono per quel viaggio. La cosa funziona così: appositi razzi sono sparati sulle cittadine dell'entità sionista, loro muoiono e il mondo vede chi sono gli Israeliani. I senza notizia ricevono l'elemosina di un trafiletto e non hanno i soliti nomi, Omar, o magari Mohammed. hanno delle cifre. Un giorno 10, uno 8. A seconda dei morti. Alla fine della fila ci sono i senza notizia israeliani. Il nome si conoscerebbe perché lì ne parlano, poi qui no perché sono morti rari e poi perché sono israeliani. D'altra parte, se fanno in tempo a scappare in cantina e non muoiono mai, è chiaro che i giornali si distraggono. L'altro giorno è morto un senza notizia israeliano. Aveva sedici anni. Non se n'è accorto nessuno, a parte lui. Il razzo di Gaza è arrivato, lui era seduto in autobus e non poteva mica scappare. Lo hanno portato in ospedale e dopo qualche giorno, hai visto, è morto. Anzi, non hai visto: niente alla Tv e niente sui giornali. Neanche il nome e la cifra era troppo piccola: 1. Era Daniel Wiplich. Lui e i civili palestinesi sono sepolti più nei media che nella tomba.
Il Tizio della Sera

(Notiziario Ucei, 21 aprile 2011)

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Palestina e Israele riunite nel nome dello sport

«Se la road map politica tra Israele e Palestina si è fermata, quella sportiva continua, e passa per Roma».

Con queste parole il vicepresidente del Cio, Mario Pescante, ha presentato il conferimento della Lupa capitolina ai Comitati olimpici nazionali di Israele e Palestina, in occasione del 2764o Natale di Roma. Questa sera infatti, nel corso del concerto all'Auditorium «Lo sport per la pace», il sindaco di Roma Gianni Alemanno, consegnerà il riconoscimento a Zvi Varshaviak, presidente del Comitato olimpico Israeliano e a Jibril Rajoub, suo omonimo palestinese, che hanno univocamente auspicato la «libera circolazione degli atleti e la loro partecipazione a tutte le manifestazioni sportive del mondo». «Si tratta - ha spiegato il sindaco - di un importante avvicinamento tra i due Comitati. Non è la prima volta che lo sport arriva prima della diplomazia. Questo è il grande sogno di Roma: essere tutti fratelli nel Mediterraneo». Dan. Pic.

(Il Tempo, 21 aprile 2011)

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Israele: approvato il trasferimento di basi militari nel Negev

Il Parlamento israeliano ha approvato un piano da 19 miliardi di NIS (poco meno di 4 miliardi di euro) per spostare nel deserto del Negev le basi militari e i campi di addestramento di Tzahal, l'esercito israeliano, situati attualmente nella regione del Centro.
Il progetto dovrebbe essere portato a compimento nel 2018. Nei prossimi sette anni circa 25mila soldati saranno inviati nel sud del Paese. Una misura che, secondo il Primo ministro, Benjamin Netanyahu, offre due vantaggi: «Decentralizzare la popolazione e permettere alle regioni meridionali di svilupparsi». Oltre cinque chilometri quadrati di terreni situati nei dintorni di Tel Aviv saranno dunque liberati, e venduti come lotti edificabili.

(FocusMo, 21 aprile 2011)

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Missione imprenditoriale di Unioncamere in Israele (18-20 giugno 2011)

La Camera di Commercio di Latina, unitamente ad Aries (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Trieste), con il patrocinio di Unioncamere, organizza una missione imprenditoriale in Israele dal 18 al 20 giugno 2011.
L'iniziativa, condivisa con le altre strutture del sistema camerale italiano e importanti istituzioni e partner locali è sviluppata attraverso il Desk Israele di Aries attivo presso la Camera di Commercio italo - israeliana di Tel Aviv, ed intende supportare le imprese italiane che desiderano rafforzare i rapporti commerciali o individuare nuove opportunità di business in Israele.
Il mercato israeliano sta divenendo sempre più appetibile per l'economia Italiana, come testimoniato dalle numerose iniziative di cooperazione economica e scientifica bilaterale; in particolare, l'Italia è il quarto fornitore di Israele con una quota di mercato pari a 2,4 Mld $, equivalente al 4,2% del totale delle importazioni israeliane. Nell'ambito dell'Unione Europea, dunque, l'Italia si conferma uno dei maggiori partner di Israele.
La missione è rivolta ad operatori dei settori Sistema casa (edilizia/arredo), Agroalimentare (prodotti certificati e non certificati kosher), Tecnologie per ambiente & Energia e Turismo, di cui si allega nota informativa.
Il programma prevede:

18 giugno Partenza dall'Italia per Tel Aviv
19 giugno Incontri b2b con aziende israeliane
20 giugno Proseguimento b2b - In serata rientro in Italia

La quota di partecipazione per azienda è pari a € 500,00 + IVA 20% e comprende:
• servizio di informazioni preliminari sul Paese;
• ricerca e selezione dei partner locali;
• organizzazione di agende personalizzate di incontri tra aziende;
• assistenza di personale specializzato;
• trasferimenti di gruppo da e per aeroporto.

La quota non comprende le spese di interpretariato, viaggio, vitto e alloggio. Sarà possibile richiedere ad Aries di fornire il servizio di interpretariato a pagamento e acquistare un pacchetto viaggio e soggiorno.
Le aziende interessate a partecipare alla missione in oggetto devono inviare, via fax, entro e non oltre venerdì 6 maggio p.v, la scheda aziendale compilando accuratamente il profilo d'impresa, necessario per la ricerca di interlocutori.
I company profile aziendali pervenuti verranno inviati al Desk Aries in loco per una prima valutazione sulle potenziali opportunità commerciali e di collaborazione industriale sul mercato israeliano. In caso di valutazione positiva, alle aziende sarà richiesta l'adesione formale all'iniziativa e il contestuale versamento della quota di adesione.

Per informazioni
Camera di Commercio di Latina
Nasi Maria
Tel.0773 672259
maria.nasi@lt.camcom.it

(Camera di Commercio Latina, 21 aprile 2011)

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UNDER 16. Torneo delle Nazioni, Italia-Israele 2-1

di Marco D'Amato

Dopo il pareggio con la Russia, l'Italia ha sconfitto 2-1 Israele nella seconda gara del Torneo delle Nazioni. Gli azzurrini sono andati sotto nel punteggio dopo una manciata di secondi a causa di un gran gol di Ramzi. I ragazzi di Antonio Rocca hanno attaccato per tutto il match e sono stati premiati nel finale prima dal pareggio di Aramu su calcio di punizione, poi, in pieno recupero, dal gol-vittoria di Rovini su splendida azione personale. Oggi l'ultima sfida della prima fase contro i padroni di casa della Slovenia.

(Romanews, 21 aprile 2011)

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Da una ricerca israeliana: troppe vitamine rendono difficile il concepimento

Assicurare al feto un corretto apporto di vitamine è molto importante per garantirgli uno sviluppo sano e una nascita regolare, tuttavia secondo uno studio scientifico assumere questi preziosi elementi in quantità eccessive può essere controproducente per chi cerca una gravidanza.
Si parla quindi di antiossidanti, fondamentali per combattere l'invecchiamento e per contrastare i famosi radicali liberi, ma anche per mantenere fertile l'apparato riproduttivo di una donna. Tra gli antiossidanti più comuni ci sono la vitamina C e la E, contenute in diverse tipologie di frutta e verdura.
La connessione tra le vitamine e la fertilità è stata oggetto di una ricerca guidata dal professore israeliano Nava Dekel, a capo di un team di esperti del Weizmann Institute of Science di Rehovot. L'effetto collaterale di un abuso di vitamine è legato proprio al concepimento, che potrebbe essere compromesso perché queste sostanze sono in grado di influenzare l'ovulazione.
Questa teoria nasce da una sperimentazione che ha coinvolto alcuni topi femmine, la cui attività fertile si è quasi bloccata in seguito alla somministrazione di antiossidanti. L'esatto legame tra radicali liberi e concepimento è stato illustrato da uno degli autori dello studio.
"Queste molecole sono fondamentali nel processo di ovulazione perché l'infiammazione che provocano è parte integrante del processo. I supplementi vitaminici usati nei paesi occidentali rallentano probabilmente l'invecchiamento e prevengono alcuni tumori, ma le donne in età fertile dovrebbero fare attenzione a non abusarne".
Potrebbe essere la presenza di un elemento come il perossido di idrogeno a rendere difficoltoso il concepimento, perché agisce analogamente alla luteina, ormone fondamentale per indurre il copo femminile all'ovulazione.
Ecco quindi il monito di Dekel, che ribadisce come gli antiossidanti abbiano effetti positivi e potenzialmente negativo soprattutto nelle donne in età ancora fertile.
"Gli antiossidanti sono utilizzati nel mondo occidentale in mega-dosi come se fossero la fontana della giovinezza, per tenerci più giovani e più sani e per prevenire il cancro. Ma io proporrei di fare attenzione in antiossidanti, in particolare devono prestare attenzione le donne più giovani quando desiderano essere fertili e creare una famiglia".

(DireDonna, aprile 2011)

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Tumori: scienziati israeliani sviluppano un “test del respiro”

ROMA, 20 apr - Ricercatori dell'Israel Institute of Technology hanno realizzato il prototipo di un ''test del respiro'' in grado di percepire in anticipo i segnali del cancro sui pazienti. L'innovazione, a cui e' dedicato uno studio sul British Journal of Cancer, e' stata sperimentata su 80 volontari, tra i quali 24 con cancro testa-collo, 24 con cancro al polmone e un gruppo di controllo composto da 36 soggetti sani.
Il test si basa su un ''naso elettronico'' che intercettata emissioni biochimiche associate all'esordio della malattia con una semplice analisi del respiro dei pazienti. ''Avevamo gia' dimostrato in un piccolo studio preliminare che il 'breath test' puo' individuare alcuni modelli di molecole che si trovano nei pazienti'', spiega Hossam Haick.
I primi risultati sono incoraggianti, ma bisognera' aspettare alcuni anni perche' lo strumento diagnostico entri nella pratica clinica.

(ASCA, 20 aprile 2011)

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L'industria del turismo in Israele tiene nonostante le rivolte nella regione

GERUSALEMME - L'industria del turismo in Israele resiste nonostante le turbolenze nella regione, che hanno causato un forte calo delle visite nei vicini Paesi arabi. In contrasto con quanto accade in Egitto e Giordania, il numero di turisti che visitano lo Stato ebraico sembra essere costante, secondo gli esperti del turismo. "Le prenotazioni dei tour operator danno buone prospettive per il 2011", ha detto il ministro del Turismo Stas Misezhnikov ad Associated Press. Con i suoi luoghi santi e le sue spiagge sul Mediterraneo, Israele è da tempo una calamita per il turismo. Gli stranieri hanno portato circa 4,4 miliardi di dollari nell'economia del Paese nel 2010, rispetto ai 3,3 miliardi dell'anno precedente, secondo i dati del governo. Dopo un anno record con più di 3,4 milioni di visitatori nel 2010, Israele sperava di attirarne almeno 4 milioni quest'anno. Ami Etgar, capo dell'associazione di tour operator Israel Incoming, ha detto che la cifra probabilmente non sarà così alta, ma si aspetta che si mantenga costante o scenda leggermente, a non meno di 3,2 milioni nel 2011.

(Blitz quotidiano, 20 aprile 2011)

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Il gatto del rabbino parlerà anche sul grande schermo!

Il gatto del rabbino, titolo originale "Le chat du rabbin", è forse l'opera più famosa di Joann Sfar, fumettista francese che, proprio con questo fumetto, ha raggiunto il successo mondiale. La storia, che si svolge in Algeria, narra le vicende del gatto di un rabbino che, dopo aver mangiato un pappagallo, acquista la parola. Da quel momento in poi inizieranno "le sofferenze" del povero rabbino costretto a sopportare le assurde richieste del gatto. L'animale, infatti, pretenderà di celebrare il proprio Bar Mitzvah, la cerimonia ebraica che conferisce ai ragazzi la responsabilità etica e morale delle proprie azioni inserendoli nel mondo degli adulti, e chiederà al rabbino di insegnargli la Torah e di fare di lui un buon ebreo. Le leggi, le regole e le usanze ebraiche, viste dagli occhi del gatto, appaiono però così rigide e, a volte, così contorte da risultare assurde per un'anima libera come quella del felino. L'espediente del gatto parlante serve a Sfar proprio per fornire un punto di vista diverso, libero, disincantato sulle tradizioni ebraiche e sulla vita degli uomini in generale. L'autore francese dimostra di saper gestire questo stratagemma con molta ironia e perspicacia. Ironia e perspicacia che speriamo di ritrovare nel film in uscita nelle sale francesi il primo giugno 2011.
Dalle prime immagini che si trovano sulla rete il film sembra prendere spunto, soprattutto, dal primo e dall'ultimo volume dell'opera di Sfar; in tutto i volumi sono cinque. Il primo è quello in cui il gatto acquista la parola e vuole celebrare il Bar Mitzvah, l'ultimo descrive il viaggio che il rabbino, accompagnato dall'inseparabile gatto, da un giovane russo capitato ad Algeri per errore e da un nobile russo decaduto che si è trasferito lì dopo la caduta dello Tzar, compie per trovare una leggendaria città nel cuore dell'Africa nella quale, si dice, abitino la popolazione ebraica più antica del mondo.
Dalle stesse immagini pare che al film sia stata data un'impostazione un po' troppo infantile, o meglio che, nonostante il cinismo e il materialismo del gatto siano stati mantenuti inalterati, alcune battute sono esattamente quelle del fumetto, lo stile dei disegni e certe espressioni appaiono realizzate affinché il film possa essere adatto ad un pubblico di bambini. Come dicevo, le immagini sono poche ed è ancora troppo presto per dare giudizi così netti, quindi aspetterò di averlo visto per decidere se la realizzazione di questo ennesimo film tratto da un fumetto è riuscita o no.


(Paperblog, 20 aprile 2011)

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Israeliani e palestinesi uniti nello sport a Roma

Una pace sportiva, simbolica ma efficace per dimostrare il valore dello sport e la forza di aggregazione che porta con sè. Due delegazioni, quella israeliana e quella palestinese, si sono sedute intorno allo stesso tavolo, in Campidoglio, per presentare l'evento amichevole che si terrà domani in occasione del Natale di Roma all'auditorium Parco della Musica. Per il 2764/mo Natale di Roma, infatti, è stato organizzato il concerto «Lo sport per la pace», che inizierà alle 21. Durante la manifestazione il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, conferirà la Lupa capitolina ai presidenti dei comitati olimpici israeliano e palestinese, Zvi Varshaviak, e Jibril Rajoub. Il vicepresidente del Cio, Mario Pescante, durante la presentazione della kermesse, ha salutato con piacere un'occasione che rappresenta «la prima volta che le delegazioni si incontrano fuori dalle solite sedi istituzionali». «La road map politica per chiudere questa tragica storia che fa soffrire due popoli - ha aggiunto - si è fermata. Ma quella sportiva va avanti».

(L'Unico, 20 aprile 2011 - Falafel Cafè, 20 aprile 2011)


La notizia compare in modo identico nei due siti, ma nessuno dei due dichiara di averla ripresa da altri.

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Pietra tombale di Hamas sul caso Arrigoni

di Paolo della Sala

Voilà, come avevo anticipato, il sistema giudiziario di Gaza è inesistente: i processi si fanno col kalashnikov.
Trovato un colpevole, il problema era sentire da questi la sua versione dei fatti.
Ma ora con l'uccisione di uno dei sospettati e il "suicidio" di Abdel Rahman "Il Giordano" (la famiglia non ci crede affatto), nessuno più parlerà.
Arrigoni aveva lavorato con e "per" Hamas. Impossibile fare qualsiasi cosa a Gaza senza l'assenso consenso di Hamas...
Come ho scritto sabato sul Secolo XIX, gli è stato fatale avere aderito alle richieste del movimento 15 marzo. Soprattutto questo genere di presa di posizione.
Difficile dire che a quel punto il potere ha deciso d'amblée di eliminare una persona considerata a quel punto come testimone scomodo. Chi può saperlo e dirlo?
Di sicuro, da quel momento Arrigoni è rimasto isolato e senza "appoggi". Sono stato in zone simili a Gaza, e so cosa significa avere l'Ok invisibile del potere: puoi andare nei peggiori posti e nessuno ti tocca, misteriosamente, mentre i tuoi colleghi tornano in hotel come minimo rapinati e con tagli di coltello.

(La pulce di Voltaire, 20 aprile 2011)

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Vittorio Arrigoni. Diffamato da "fuoco amico"

di Dimitri Buffa

Altro che Mossad. Quando questa brutta storia dell'omicidio del povero volontario pacifista Vittorio Arrigoni sarà chiusa la verità che verrà fuori parlerà di tradimenti e di messinscene....

(l'Opinione, 20 aprile 2011)

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Israele: Expro vince contratto trivellazione nel Tamar

La compagnia petrolifera britannica Expro International Group Ltd. ha vinto un contratto di trivellazione nel giacimento israeliano offshore Tamar.
Expro offre pacchetti di servizi di supporto, a partire dalla fase delle esplorazioni preliminari, alle aziende attive nell'industria petrolifera. In Israele si occuperà sia di operazioni di scavo di profondità, sia di piani di esplorazione ulteriore dei fondali marini di cui la società texana Noble Energy Inc. - che ha firmato il contratto con Expro - detiene la licenza di sfruttamento, insieme al partner israeliano Delek. Entro il 2013, hanno già annunciato i vertici delle due aziende, il gas di Tamar sarà commercializzabile. Ma per restare nei tempi serve un aiuto dal Vecchio Continente: dalla Gran Bretagna arriveranno esperti, know-how, tecnologie di scurezza ed equipaggiamenti. Un servizio che vale 27 milioni di dollari. Attualmente, Expro è attiva in Africa, Golfo del Messico e Brasile: ma quello firmato con Noble è il contratto più grande mai realizzato dalla compagnia nell'area del Mediterraneo. Un'espansione commentata con entusiasmo dal dirigente Expro per questa regione, Keith Palmer. «La nostra esperienza - ha dichiarato il manager - ci mette in un'ottima posizione per conquistare nuovi mercati. Una vittoria significativa per la divisione Europa della nostra azienda».

(FocusMo, 20 aprile 2011)

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Convegno "Tesori nascosti" a Imola

IMOLA (BO) - Da giovedì 2 a domenica 5 giugno si terrà un convegno sul tema "Tesori nascosti: l'interpretazione delle Sacre Scritture nel primo secolo" organizzato da Alleanza messianica italiana presso l'hotel Holimpia di Imola (Bo) in via Carlo Pisacane 69. Il convegno aprirà alle 15 del giovedì e si concluderà dopo il pranzo della domenica.
Come nelle precedenti conferenze di Alleanza messianica italiana l'obiettivo è di approfondire la vita, la testimonianza, il culto della chiesa degli Atti degli Apostoli. Verranno affrontati argomenti quali: l'interpretazione delle Scritture, le scuole e l'attitudine verso le Scritture al tempo del Signore. «A fronte - dichiarano gli organizzatori - d'incrostazioni storiche che hanno deviato e nascosto un'autentica interpretazione scritturale, oggi assistiamo a una rinascita degli studi ermeneutici e storici che ci riportano al tempo degli apostoli. Il relatore, Joseph Shulam, tratterà anche il tema del rinascente movimento messianico di cui è autorevole rappresentante in quanto stimato studioso, rabbino e pastore in Israele. Joseph Shulam è autore di tre voluminosi commentari biblici: del libro degli Atti, di Romani e di Galati, dunque in grado di farci sentire il profumo della Chiesa del tempo apostolico».
L'Alleanza messianica italiana dal 2002 si occupa «di organizzare convegni, viaggi in Israele, sostenere il popolo di Dio in tempi di terrorismo, ma soprattutto di creare un ponte di comunione tra la "Chiesa gentile" e i giudei credenti in Gesù. Si presta, inoltre, a tenere incontri di studio o consulenze su temi messianici alle chiese e ai cristiani che ritengano fondamentale "essere innestati sull'albero d'ulivo", Israele».
La quota di partecipazione per l'intero convegno è di 140 euro; per una giornata, compreso il pernottamento, 50 euro; un pasto, previa prenotazione, 15 euro. Per i bambini sotto i 12 anni: metà prezzo. L'ingresso alle riunioni è libero (gradita un'offerta volontaria).

Le iscrizioni sono richieste entro il 15 maggio.
Per informazioni: tel. 333/5301800 - 333/8514498 - 071/2900977;
email: gmelchisedek@tiscali.it; sito web: www.jeshurum.org

(evangelici.net, 19 aprile 2011)

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Lettera dall'Iraq: "Ci hanno indottrinato contro Israele"

Il sito web in lingua araba del ministero degli esteri israeliano ha ricevuto sabato scorso una lettera da un iracheno che si dice costernato per il fatto che lui e i suoi concittadini hanno subito "un lavaggio del cervello contro Israele". L'autore del messaggio aggiunge che i recenti attentati di Hamas contro civili israeliani hanno suscitato in lui un sentimento di "vergogna" per essere arabo e musulmano.
"Per tanto tempo - dice la lettera - abbiamo creduto che gli israeliani fossero pericolosi barbari, a causa del lavaggio del cervello che abbiamo subito durante il regime di Saddam Hussein; ma ora vedo come gli arabi vengono massacrati in modo ignobile e vergognoso da governanti sunniti e sciiti".
Il messaggio è stato pubblicato dal ministero degli esteri israeliano sul suo sito web in lingua araba, visitato da utilizzatori di internet in tutto il mondo.
L'autore della lettera prosegue dicendo d'aver aperto gli occhi dopo aver visto medici israeliani che si prodigavano per curare una ragazzina palestinese. "Ciò che ha catturato la mia attenzione - scrive - è stato l'ospedale israeliano che ha curato la ragazzina palestinese malata di cancro. E ho visto il film sul pianista ebreo che ha tanto sofferto al tempo di Hitler" aggiunge, riferendosi con ogni probabilità a "Il Pianista" diretto nel 2002 da Roman Polanski.
L'iracheno dice che ha iniziato a studiare la storia degli ebrei e che spera di poter visitare un giorno Israele "per sconfiggere la paura inculcata in me dal lavaggio del cervello secondo cui gli israeliani sarebbero barbari e il loro paese uno stato terrorista". E conclude: "Dopo aver visto il terrorismo all'opera in Iraq e il terrorismo che Hamas e palestinesi fanno contro di voi, ho incominciato a vergognarmi d'essere arabo e musulmano".

(YnetNews, 18 aprile 2011 - da israele.net)

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Non c’entra direttamente con Israele, ma esprime una fantasia napoletana che ha qualcosa in comune con quella degli ebrei israeliani.

Portici, sfogliatelle in regalo per gli automobilisti virtuosi

Il dolce sinonimo di multa diventa ora un premio

Un buono per i buoni, è la particolare iniziativa della polizia municipale di Portici, che ha deciso di regalare, a chi risulta in regola al controllo dell'auto, una sfogliatella, il dolce noto in tutto il mondo ma che in gergo partenopeo è anche sinonimo di contravvenzione....

(TMNews, 19 aprile 2011)

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Israeliano il PC per disabili che si comanda con il pensiero

ROMA, 19 apr - Ideato il primo computer ''hands-free'' per favorirne l'uso da parte dei disabili senza bisogno dell'uso delle mani: messo a punto da un gruppo di ricercatori della Ben-Gurion University di Beer-Sheva of the Negev, in Israele, il software si basa su una tecnologia innovativa che potrebbe consentire alle persone di usare il pc con il solo uso delle onde cerebrali, senza ne' mouse, ne' tastiera.
Il dispositivo si basa sull'uso di un casco in grado di connettere l'attivita' cerebrale degli utenti con il computer. ''La tecnologia - spiega Rami Puzis, che ha partecipato alla ricerca - e' stata progettata per aiutare coloro che sono portatori di handicap fisici e non riescono a manipolare un mouse o una tastiera''.

(ASCA, 19 aprile 2011)

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L'Iran nomina il primo ambasciatore al Cairo dal 1979

L'Iran ha nominato l'Ambasciatore al Cairo, il primo dopo oltre 30 anni. Teheran ruppe i suoi rapporti con Il Cairo nel 1979, quando l'Egitto riconobbe lo Stato di Israele. Stando a quanto riportato da Press Tv, la nomina di Ali Akbar Sibouyeh è giunta al termine dei negoziati condotti dal ministro degli Esteri iraniano Ali Akbar Salehi con il suo omologo egiziano Nabil al-Arabi. Il ministro egiziano aveva sollecitato, all'inizio di aprile, una ripresa dei rapporti diplomatici con l'Iran.
Durante i 30 anni di Presidenza di Hosni Mubarak, l'Egitto ha sempre guardato con sospetto all'Iran, soprattutto per i suoi rapporti con il gruppo palestinese di Hamas, legato ai Fratelli musulmani egiziani, il principale partito di opposizione. Il portavoce del ministero degli Esteri del Cairo, Menha Bakhoum, ha però ricordato che l'Egitto di Mubarak aveva mantenuto una sua rappresentanza a Teheran e aveva un ambasciatore che operava da Dubai. Lo stesso portavoce ha sottolineato al Wall Street Journal come l'apertura all'Iran non stia ad indicare un'affinità verso la politica iraniana, quando piuttosto un'iniziativa del governo egiziano volta a ridefinire il ruolo del Paese sullo scenario internazionale. "Il ruolo dell'Egitto non può essere sottovalutato - ha detto Bakhoum - ma quel ruolo negli ultimi decenni, negli ultimi 30 anni, è stato sminuito. Se succede qualcosa ora, credo sia mirato a riconquistare quella posizione che abbiamo avuto per anni". Negli ultimi anni, ricorda il quotidiano Usa, l'Egitto aveva infatti perso la posizione di principale mediatore diplomatico nella regione mediorientale, proprio per la sua distanza dall'Iran, a favore di altri attori regionali, quali Qatar, Siria e Arabia Saudita.

(FocusMo, 19 aprile 2011)

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Israele - Oggi Pasqua ebraica, rafforzata la sicurezza

Iniziano celebrazioni,attivita' e informazione ridotte al minimo

TEL AVIV, 19 apr - Misure di sicurezza rafforzate, ma anche un'atmosfera di relativa quiete, fanno da sfondo oggi in Israele alle celebrazioni del primo giorno della Pasqua Ebraica (Pesach), che rievoca la narrazione biblica della fuga degli ebrei dalla schiavitù d'Egitto. Attività e informazione sono ridotte al minimo, i giornali non escono e i festeggiamenti - iniziati con la cena di ieri, a base di classico pane azzimo e senza cibi lievitati - si svolgono prevalentemente in famiglia.

(ANSA, 19 aprile 2011)

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Fiorello Provera a Catherine Ashton: urgente fare pressioni su Hamas

Catherine Ashton
ROMA, 19 apr - «Incalzare Hamas affinché permetta, da subito, che il soldato israeliano Gilat Shalit, rapito cinque anni fa, venga visitato dalla Croce Rossa e subordinare i futuri rapporti dell'Alto rappresentante con le autorità locali e la visita nella striscia di Gaza al rispetto dei diritti garantiti dal diritto internazionale». Questa la richiesta ufficiale avanzata all'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton, con una lettera ufficiale firmata dal presidente della Commissione affari esteri Gabriele Albertini, dal primo vicepresidente, Fiorello Provera, e dal secondo Ioan Mircea Pascu, oltre che dal presidente della Delegazione per le relazioni con Israele, Bastian Belder.
«Era stato un preciso impegno, assunto poco più di un mese fa, durante la visita in Israele della delegazione del Parlamento europeo, davanti a un padre affranto perché da oltre cinque anni non ha notizie del figlio caduto nelle mani di Hamas».
Gli europarlamentari, dopo aver incontrato i più alti esponenti del governo di Tel Aviv, avevano voluto ascoltare il genitore di Shalit facendo propri il suo dolore e le sue preoccupazioni, fino a garantire un intervento europeo per sbloccare la situazione. «In questo momento di grande dolore per l'uccisione di Vittorio Arrigoni, che condanniamo nella maniera più assoluta - scrivono - non dovremmo dimenticare la vicenda del soldato Gilat Shalit, franco-israeliano, catturato il 25 giugno del 2006 da Hamas, sul territorio israeliano, e da allora detenuto in un luogo sconosciuto nella striscia di Gaza». Nella lettera viene fatta menzione della risoluzione adottata dal Parlamento europeo nel marzo del 2010, con la quale se ne chiedeva l'immediato rilascio, deplorando l'assenza di notizie sulle sue condizioni. In aperta violazione alla convenzione di Ginevra, Shalit non può comunicare con la sua famiglia, per questo è necessario ribadire la richiesta che egli venga visitato da volontari della Croce Rossa internazionale affinché siano rese note le sue condizioni di salute».

(AGENPARL, 19 aprile 2011)

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Palestinesi 'disillusi' dalla situazione dei diritti umani

OSLO - Ma'an. Domenica, i ricercatori della norvegese Fafo hanno pubblicato i risultati della loro ultima indagine sulla Palestina, i quali mostrano che, nonostante i palestinesi sostengano i loro leader, sono tutt'altro che soddisfatti delle circostanze in cui vivono.
Una panoramica del sondaggio ha mostrato che i palestinesi sono più preoccupati per diritti umani e per il livello di corruzione, e hanno poca fiducia nei tribunali o in altre istituzioni pubbliche.
Secondo Ma'an, il sondaggio ha dimostrato che, se le elezioni si svolgessero oggi, Fatah potrebbe ricevere più sostegno elettorale rispetto ad Hamas, sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. Tuttavia, il 35% non parteciperebbe alle elezioni e il 14% non ha deciso per chi votare.
La riconciliazione fra Hamas e Fatah è considerata come la questione più saliente che deve essere affrontata dalle autorità, seguita dal miglioramento della situazione economica e dalla creazione di posti di lavoro.
L'andamento del sondaggio rileva che i leader palestinesi, dal 2005, godono di un moderato e relativamente stabile livello di fiducia popolare. Tuttavia, nel 2007, in Cisgiordania si è registrato un aumento di consenso verso il primo ministro Salam Fayyad, con una corrispondente riduzione di fiducia nel governo di Gaza di Ismail Haniyeh.
Fafo ha svolto il sondaggio a febbraio 2011.

(Infopal, 19 aprile 2011)

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Vittorio Arrigoni, Isf: "C'è l'Iran dietro le tensioni in Hamas che hanno portato all'omicidio"

FIRENZE - " C'è l'Iran dietro allo scontro interno ad Hamas che ha probabilmente causato l'omicidio di Vittorio Arrigoni".
Lo afferma il presidente di ISF (Information Safety and Freedom ), associazione internazionale per la libertà di stampa, Stefano Marcelli. "L'intervento iraniano sui vertici di Hamas - continua Marcelli - è stato denunciato nei giorni scorsi dal presidente palestinese Abu Mazen che ha lanciato al governo di Gaza una proposta di dialogo per la riappacificazione interna. Il no di Hamas alla proposta, secondo Abu Mazen, sarebbe stato imposto dalla fazione filo-iraniana che fa capo a Jaled Meshaal, il segretario politico da tempo esiliato a Damasco, detentore dei finanziamenti di Teheran al movimento. Sarebbe invece favorevole alla proposta di Fatah il governo con sede a Gaza. Di qui il violento scontro interno, ora attribuito a non meglio identificate cellule salafite, che, con l'omicidio di Arrigoni, ha voluto mettere in seria difficoltà il governo di Gaza e arrestare definitivamente il tentativo di ricomposizione politica in seno alla comunita' palestinese ".
"In alcune dichiarazioni rese alla Afp tre giorni fa - continua la nota di Isf -, il presidente Abu Mazen ha accusato direttamente Teheran : ' Se sono divisi, è perché lo ha deciso l'Iran. L'Iran dice loro di fare questo e quest' altro, e loro obbediscono ricevendo in cambio dei soldi ".
Secondo Fatah, il capo del governo di Gaza Ismail Haniyeh aveva invitato Abu Mazen per un incontro, ma sarebbe stato bloccato dalla direzione militare che fa capo a Jaled Meshaal". L'Isf ricorda inoltre che "Vittorio Arrigoni era un sostenitore della riappacificazione fra palestinesi e si era più volte espresso criticamente sulla gestione della Striscia da parte di Hamas. Appena appresa la notizia del suo omicidio, Abu Mazen aveva parlato di 'una pagina oscura della storia palestinese"'.

(Blitz quotidiano, 19 aprile 2011)

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L'utopia acceca anche RaiNews

di Lisa Palmieri-Billig *

RaiNews24 si è resa responsabile di una seria violazione della deontologia professionale al limite della calunnia, avendo subito indiziato (senza indizi) gli ebrei "religiosi" e Israele per l'assassinio orribile di Vittorio Arrigoni, prima di essere smentito da Hamas stesso.
   Come rileva giustamente Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, la morte tragica di questo giovane attivista italiano è da attribuire all'odio cieco di una indottrinazione ideologica totalizzante della stessa intensità quale l'ideologia di odio verso Israele che Vittorio Arrigoni scambiava per pacifismo e impegno per la giustizia.
    In ambedue i casi, l'essere umano e il "restare umani" cui egli inneggiava vengono annientati da un'utopia etica per la cui realizzazione si giustifica che l'uomo sia usato come mezzo e non come fine. Tristemente, è la benda dei preconcetti (benché di segno diverso) che rende ciechi alla realtà, ad accomunare vittima e carnefice in un dolorosissimo gioco delle parti.
    Arrigoni, e evidentemente anche sua famiglia e i suoi amici, odiava Israele al punto tale che non voleva transitarvi "neanche da morto" perché lo considerava lo Stato e il popolo responsabile in toto per le sofferenze dei palestinesi di Gaza. Invece l'oggetto dell'odio della "scheggia impazzita" di Hamas è "la civiltà occidentale e la modernità", accusate di "immoralità", un odio fortissimo che offusca la percezione dei singoli esseri umani e che non sa nemmeno distinguere fra un amico e un nemico del suo popolo.
    Ma in questo quadro della nostra odierna realtà, bisogna soffermarsi anche sulle gravi responsabilità di diversi esponenti della stampa italiana. Sotto il pretesto della ricerca della verità e della giustizia, ci si permette di insinuare bugie che fanno comodo alla propria tesi politica, che portano alla demonizzazione di Israele e di conseguenza sempre più lontano da una mediazione per la pace israelopalestinese a cui si dice di voler arrivare.
   ;Appena saputo del rapimento e conseguente assassinio, RaiNews24 (che va in onda anche in lingua araba) trasmette un'intervista con Maurizio Fantoli Mirella, amico e collaboratore di Vittorio Arrigoni. L'intervistatrice Annamaria Esposito inizia con l'indirizzare i sospetti verso un sito dell'estremismo ebraico e Mirella replica che "tutto fa pensare" che "l'odio che lui suscitava nell'estremismo di destra israeliano può essere la causa dell'omicidio" e "probabilmente molti dei miei amici filopalestinesi già supponevano che dietro questo omicidio ci fossero i servizi segreti israeliani, oppure gli estremisti di destra israeliani", e che questi movimenti "non sanno minimamente cos'è la democrazia, non sanno minimamente cos'è la civiltà e mi sembra assurdo che parlino a nome della loro religione, insultano la loro religione…".
   E mentre il loro "processo" all'estremismo ebraico e al governo di Israele continua, su RaiNews24 gira il video del povero prigioniero Arrigoni insanguinato, con una scritta in arabo che scorre, minacciando la sua morte e con parole di incitamento a "combattere con la spada" per la Guerra Santa nel nome del Signore (Allah) dicendo "Alzatevi per la vittoria della vostra religione; combattete i vostri nemici ebrei, i loro alleati e coloro che li difendono; fatelo in fretta perché il paradiso, grande come i cieli e la terra, vi attende.
   "Questo si, che è un insulto alla religione, ma RaiNews24 non se ne accorge, eppure trasmette anche in lingua araba.


* Corrispondente di "The Jerusalem Post" e rappresentante in Italia dell'American Jewish Committee

(l'Opinione, 19 aprile 2011)

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I coloni israeliani vittime di serie B

Le verità scomode scompaiono dai giornali Ignorato l'arresto dei palestinesi assassini di Itamar.

di Maurizio Piccirilli

Autocensura. Meglio non far conoscere la ferocia degli «amici». I palestinesi, per molta stampa italiana, sono solo vittime. Infatti quando, come è accaduto per il massacro di Itamar vengono arrestati due palestinesi rei confessi di aver sgozzato tre bambini, uno in culla, è meglio ignorare la notizia. Soprattutto se questa arriva dopo l'altra verità scomoda: la morte di un italiano che ha sposato la causa di Hamas, ucciso a Gaza per mano degli uomini di Hamas.
   La questione israelo-palestinese è complessa e non a caso è un conflitto tra i più lunghi della storia moderna. È lecito schierarsi. Coraggiosa la scelta di Vittorio Arrigoni che, coerente con le sue idee, ha deciso di stabilirsi a Gaza City e condividere le difficoltà dei palestinesi. Meno rispetto ha l'ipocrisia di coloro che sono pronti a puntare il dito e intingere la penna nell'inchiostro dell'odio a senso unico. In uno stato di guerra permanente è difficile fare distinguo, ma è altrettanto vero che la barbarie va condannata. E la strage della famiglia Fogel nell'insediamento di Itamar rientra in questo ambito. Non è stato il lancio di razzi per rispondere all'occupazione israeliana a ucciderli. Non è stato un conflitto a fuoco tra miliziani e soldati della Tsahal. La strage di Itamar è stata l'azione brutale di due studenti di 18 e 19 anni che volevano diventare «shahid». Due palestinesi che vivevano nella West Bank che sognavano di diventare mujaheddin, guerrieri santi. Uccidendo tre «pericolosi» israeliani di tre mesi, quattro e undici anni.
   Una verità scomoda che racconta la ferocia e la violenza cieca, tranquillamente ignorata dalla stampa italiana. Appena un accenno alla fine dell'articolo su Arrigoni ne Il Messaggero. Gli altri quotidiani, da Repubblica, a Stampa, a Unità e al Corriere della Sera l'hanno ignorata. L'ha ignorata anche Il Giornale sempre pronto a schierarsi a favore di Israele. A volte la scelta di campo è tutta italiana. Fa parte dei giochi di potere e delle fazioni di casa nostra. E si perde la capacità di testimoniare i fatti. Così come la vicenda di Vittorio Arrigoni perde spazio sulla stampa libera e intellettualmente superiore. È difficile raccontare cosa si celi dietro certe morti assurde, seppur in una regione del mondo dove l'odio è il nutrimento quotidiano.
   La Palestina di Hamas non è quella dell'Anp. C'è chi cerca il dialogo e chi vuole cancellare Israele. E poi ci sono i qaedisti che sognano l'Emirato di Palestina prodromo del ritorno del Califfato in tutta la Mezzaluna fertile. Un tuffo nel Medio Evo in nome dell'interpretazione distorta del pensiero di Maometto. Gli amici italiani della Palestina, di Gaza, cosa pensano dei diritti delle donne nella Striscia? Delle libertà individuali? Gli universitari a fine marzo hanno tentato una protesta a Gaza City sull'onda della Rivoluzione dei gelsomini: la polizia di Hamas li ha malmenati e arrestati così come fa quella del dittatore Assad in Siria o Gheddafi in Libia. Ma è meglio ignorare. I rapitori di Vittorio Arrigoni lo hanno accusato di introdurre a Gaza «costumi occidentali» e la «modernizzazione».
   Tra l'altro Arrigoni era animatore di un gruppo di giovani palestinesi su Faceboook e i salafiti di Gaza poco tempo fa hanno distrutto alcuni internet point. Nella Striscia della milizia islamica il traffico di droga, di farmaci e di aiuti internazionali è il business più diffuso. Abu Khaled, l'uomo indicato come il trafficante di uomini che tiene prigionieri centinaia di eritrei nel Sinai, è un uomo di Hamas: controlla una rete di tunnel tra Gaza e l'Egitto, rilascia interviste da Gaza. Questi sono i personaggi che ispirano i giovani palestinesi a uccidere i bambini e lanciare razzi contro gli scuolabus. Il mito del kamikaze viene inculcato sin da piccoli. Un esempio? «Lotta con il martirio perché il martire è l'essenza della Storia»: con questa frase dell'ayatollah Khomeini prende il via un filmato di 52 minuti, prodotto da Hezbollah, dove si esalta la figura del «kamikaze» dove si vedono ragazzini di 7-8 anni con dei kalashnikov in mano. Ieri si celebrava Pesach, il passaggio dalla schiavitù verso la libertà. Un sogno per tanti in Medio Oriente. Non li aiuta un Occidente che racconta mezze verità.

(Il Tempo, 19 aprile 2011)

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Israele, nuovo membro del CERN

di Francesco Calderone

E' di ieri la notizia che il governo israeliano ha approvato l'entrata del paese nel novero dei membri del CERN (lett. in origine Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire), l'organizzazione europea per la ricerca nucleare con sede a Ginevra, nota alle cronache tra le altre cose per il suo acceleratore di particelle Large Hadron Collider, il più grande e potente al mondo, e per essere stato il luogo in cui è nato il World Wide Web.
Il CERN, finora composto da venti membri, tutti paesi europei diciotto dei quali membri dell'Unione Europea (fanno eccezione Norvegia e Svizzera), apre così le sue porte al primo paese extraeuropeo, Israele, che vede riconosciuto il suo ruolo nell'ambito della ricerca nucleare acquisendo quindi lo status di membro associato dopo venti anni di partecipazione in qualità di osservatore: "un riconoscimento della capacità degli scienziati israeliani", ha commentato il primo ministro Benjamin Netanyahu.
Fino a ieri ai venti membri del CERN si aggiungevano sei paesi in qualità di osservatori (USA, Russia, India, Turchia, Giappone e appunto Israele), due paesi, Romania e Serbia, per i quali sono in corso le procedure per l'ammissione, e una trentina di altri stati che hanno collaborato con l'organizzazione pur non facendone parte (Pakistan e Corea del Sud potrebbero diventare osservatori a breve).
Il fatto che il nuovo membro sia proprio Israele non può non aver incontrato dubbi e perplessità, anche all'interno del CERN stesso: da una parte i timori francesi per la temuta concorrenza che l'ingresso di un paese come Israele nel CERN potrebbe implicare nell'ambito dell'industria hi-tech, dall'altra motivi di opportunità politica sollevati dalla Svizzera in riferimento all'occupazione israeliana dei territori palestinesi.
Il percorso comunque ormai si è avviato e Israele sarà, dopo due anni come membro associato, membro effettivo del CERN a partire dal 2013; una testimonianza della mission dell'organizzazione che vuole essere "un laboratorio di pace", un luogo di incontro per scienziati di paesi diversi che collaborano in vista di fini più alti che non meritano di essere inquinati da atavici odii, siano essi di matrice politica o religiosa.

(techNews, 18 aprile 2011)

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Minore il supporto dei palestinesi ad operazioni militari contro Israele

Cala il numero dei palestinesi convinti che sparare missili da Gaza contro Israele aiuti la loro causa. Il dato è emerso da uno studio diffuso ieri del Centro di comunicazione e media di Ramallah, che mette a confronto le cifre di oggi con quelle di un'analoga indagine del 2009. Il risultato mostra come, in generale, il supporto dei palestinesi a «ogni tipo di operazione militare» contro lo Stato ebraico sia notevolmente diminuito, e nello specifico sottolinea che il lancio di ordigni contro il territorio israeliano ha oggi la metà dei fautori rispetto a due anni fa. Stando al sondaggio, dall'ultima guerra di Gaza (2008-2009) «la percentuale di palestinesi che si oppone ad attacchi militari contro Israele è cresciuta dal 38.1 per cento del gennaio 2009 a 51.8 per cento dell'aprile 2011». Mentre nello stesso periodo il numero di sostenitori degli attacchi «si è ridotto dal 53.3 per cento al 37.1 per cento attuale». Il lancio di razzi è stato indicato tra le tipologie di aggressione meno popolari. Due anni fa «il 50.8 per cento dei palestinesi reputava che fosse utile»; oggi invece questa percentuale «si è ridotta a 25.4 per cento, mentre il 37.3 per cento degli intervistati è convinto che, al contrario, queste aggressioni danneggino i loro interessi nazionali». Prevedibilmente, sull'argomento le opinioni pubbliche palestinesi di Gaza e Cisgiordania sono divise. Se nei Territori la via militare piace ormai solo a una minoranza, nella Striscia ottiene ancora il consenso del 45.5 per cento degli abitanti.

(FocusMo, 18 aprile 2011)

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Pasqua con la 'quinoa': buona, nutriente, senza glutine e pure kosher

La quinoa
ROMA - Un pranzo di Pasqua originale ma allo stesso tempo all'insegna della tradizione? Basta scegliere la quinoa, cereale coltivato da oltre 5mila anni sugli altipiani pietrosi delle Ande, tra 3800 e 4200 metri.
La quinoa, scrive il New York Times, sta riscuotendo un grande successo tra i salutisti, soprattutto negli Stati Uniti. Contiene fibre e minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco, ma anche proteine vegetali e grassi in prevalenza insaturi, cioè quelli che fanno bene. La quinoa, inoltre, è completamente priva di glutine, e quindi particolarmente adatta per i celiaci.
Dopo millenni di pane azzimo e patate, negli ultimi decenni anche gli ebrei osservanti hanno iniziato ad utilizzare la quinoa per cambiare il pranzo pasquale. Questo perché la quinoa sarebbe anche kosher, cioè pura secondo le leggi giudaiche.
Ma il dibattito sulla purezza o meno della quinoa è acceso tra i rabbini. Al Pomegranate, una grande drogheria kosher nella zona ortodossa Midwood, a Brooklyn, sono molti i dubbi dei consumatori.
Sulla quinoa ci sono due visioni contrapposte: alcuni rabbini sostengono che vada bene, altri la guardano con sospetto. Ma tutti sono concordi nel ritenere che lo sua conformità alla legge giudaica nel pranzo pasquale dipenda da come il cereale è stato raccolto e trasportato. La risposta definitiva quindi, scrive il New York Times, non arriverà finché un rabbino non andrà in Bolivia a controllare le operazioni di raccolta e trasporto della quinoa. Ma per arrivarci ci vorranno quattro giorni di cammino sulle montagne, e certo la cosa non sembra facilmente attuabile.
La quinoa era sconosciuta al Medio Oriente ai tempi dell'esodo degli ebrei dall'Egitto raccontata nella Bibbia: in quell'occasione, non avendo il tempo per attendere la lievitazione del pane, crearono per la prima volta il pane azzimo. E benché non facesse quindi parte della loro dieta, non è neppure iscritta nella lista dei cereali proibiti durante il pranzo di Pasqua. Per questo motivo la Star-K of Baltimore, una delle compagnie leader nella certificazione kashrut, dal 1977 sostiene che la quinoa sia kosher per la Pasqua ebraica.

(Blitz quotidiano, 18 aprile 2011)

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Netanyahu: Primavera araba può diventare inverno iraniano

Premier: C'è il rischio che un gruppo islamista prenda il potere

GERUSALEMME, 18 apr. - La "primavera araba" rischia di diventare "un inverno iraniano". A sostenerlo è il premier israeliano Benjamin Netanyahu, in un'intervista esclusiva alla France presse.
"Quello che speriamo di vedere è la primavera europea del 1989", ha detto il premier, facendo riferimento al crollo del sistema comunista nell'Europa orientale. Ma "potrebbe anche avvenire che la primavera araba si trasformi in un inverno iraniano", ha aggiunto, con il rischio che si ripeta la rivoluzione islamica del 1979 in Iran. I leader israeliani hanno più volte denunciato il rischio di uno scenario "all'iraniana", in cui le organizzazioni vicine al regime di Teheran sfruttano le sommosse in atto per prendere il potere o esercitare una forte influenza su chi governa.
"In una situazione di caos, un gruppo islamista organizzato può prendere il controllo dello Stato - ha dichiarato Netanyahu - è successo in Iran e può succedere altrove". Israele considera oggi l'Iran, che sostiene il gruppo Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, come la sua principale minaccia, soprattutto a causa del suo programma nucleare. "Se viene meno il livore dell'Iran o se il regime viene sottoposto alla stessa pressione degli altri regimi della regione, allora ci sarà una possibilità di pace e di sviluppo - ha aggiunto Netanyahu - l'Iran ha già conquistato metà della società palestinese grazie al suo intermediario, Hamas. E se il regime iraniano cadesse, non passerebbe molto tempo prima che Hamas lo seguisse".

(TMNews, 18 aprile 2011)

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Bimbi sgozzati in nome di Hamas

Arrestati i responsabili del massacro di Itamar: sono due studenti palestinesi.

Volevamo diventare shahid, martiri, per la causa palestinese. I due arrestati per il massacro di Itamar hanno confessato. Sono due studenti, cugini, Hakim Mazen Awad di 18 anni e Amjad Mahmad Awad di 19. Sono stati catturati ieri mattina ad Awarta, un villaggio della Cisgiordania, vicino all'insediamento ebraico di Itamar dove lo scorso 11 marzo hanno massacrato la famiglia Fogel. Madre, padre e tre bambini, da tre mesi a 11 anni, accoltellati con brutalità. A scoprire la strage era stata un'altra figlia di 12 anni, sopravvissuta ala strage perché fuori con gli amici. Lo scena era raccapricciante: sangue dappertutto e i corpi dei bimbi trafitti da più pugnalate.
La caccia agli assassini era scattata immediatamente e per giorni l'Idf, l'esercito, lo Shin Bet e la polizia israeliana hanno setacciato i villaggi della Cisgiordania. Perquisite case e interrogate centinaia di persone. Ieri all'alba l'epilogo della caccia. I due studenti palestinesi hanno confessato senza mostrare alcun rimorso. Hanno detto di aver agito per odio verso gli israeliani e perché volevano «morire da martiri». Il racconto reso alle autorità israeliane mostra un cinismo e una crudeltà senza pari. Hakim Mazen Awad e Amjad Mahmad Awad hanno detto che, dopo essersi «infiltrati» a Itamar, sono prima entrati nella casa, in quel momento disabitata, di un colono dove hanno rubato un fucile M16 eun giubbotto antiproiettile. Incoraggiati dal fatto di non essere stati scoperti hanno poi raggiunto la casa della famiglia Fogel con l'intento di rubare un'altra arma. Forzato l'ingresso, hanno prima accoltellato a morte due fratellini, Elad, di 4 anni, e Yoav di 11. Sono poi entrati nella stanza dei genitori, Ehud e Ruth che, dopo un'iniziale disperata resistenza sono stati sopraffatti e mortalmente accoltellati. Sono usciti, ma fuori stava passando una pattuglia israeliana così, i due assassini hanno messo a verbale, sono rientrati in casa. È a quel punto che hanno sentito piangere un bambino, Hadar di tre mesi, temendo che potesse richiamare l'attenzione dei soldati, lo hanno sgozzato nella culla. Nei giorni successivi al massacro, saputo che la famiglia aveva altri figli, i due palestinesi hanno ammesso nell'interrogatorio che, se lo avessero saputo li avrebbero attesi per uccidere anche loro. Secondo le forze di sicurezza israeliane il massacro è frutto di un'iniziativa individuale ispirata dalla volontà di fare il salto verso le milizie combattenti. E, infatti, i due assassini tornati a Awarta hanno chiesto l'aiuto di uno zio, Salah Awad, membro del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che li ha aiutati a nascondere le armi consegnandole a un abitante di Ramallah e a bruciare gli abiti sporchi di sangue. Anche i due complici sono stati arrestati.
Le indagini sono state particolarmente scrupolose. Quando lo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano, ha circoscritto l'area e individutato il villaggio di Awarta come nascondiglio dei presunti assassini, l'esercito israeliano ha compiuto ripetuti rastrellamenti e decine di fermi. Tutti sono stati obbligati a fornire le impronte digitali e campioni di Dna. A tutt'oggi, secondo il sindaco del villaggio, Hasan Awad, sono ancora in stato di fermo 71 uomini. L'uccisione della famiglia Fogel ha suscitato un'ondata di orrore in Israele ed è stata condannata anche da diversi dirigenti dell'Anp, inclusi il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) e il premier Salam Fayyad. In una reazione a caldo, il governo israeliano ha deciso la costruzione di centinaia di unità abitative in alcuni insediamenti in Cisgiordania.

(Il Tempo, 18 aprile 2011)

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I palestinesi uccidono i loro sostenitori

di Daniel Pipes

Si osservi come i palestinesi uccidano i gruppi e i sostenitori che si uniscono a loro per aiutarli a realizzare il sogno di eliminare Israele.
  • Malcolm Kerr, rettore dell'Università americana di Beirut, fu ucciso nel gennaio 1984, forse da palestinesi.
  • Ziva Goldovsky, un "pacifista" israeliano di 18 anni, venne strangolato e il suo corpo fu dato alle fiamme nell'agosto 1988 da un amico della sua ragazza palestinese.
  • Angelo Frammartino, un italiano, fu ucciso accoltellato a Gerusalemme Est nell'agosto 2006 da qualcuno affiliato alla Jihad islamica palestinese.
  • Juliano Mer-Khamis, un cittadino israeliano, fu ucciso ai primi di aprile del 2011 a Jenin da degli sconosciuti.
  • Vittorio Arrigoni, un altro italiano, venne ucciso a Gaza da un gruppo salafita che lo teneva in ostaggio.
Commenti: 1) Queste uccisioni riassumono perfettamente la pazzia e la depravazione della società palestinese, di certo, la più insana al mondo, con la sua industria del suicidio, la celebrazione dei terroristi e il suo culto di morte. 2) Conformemente al suo stato patologico, essa divora altresì i suoi ammiratori.

(National Review Online, aprile 2011)

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Arrigoni, non chiamatelo pacifista

di Emilio Fabio Torsello

Invitava quanti avessero in casa dei cani a ''sguinzagliare le bestie eroiche contro i coloni''

Per favore, non chiamatelo pacifista. Vittorio "Vik" Arrigoni, il cui rapimento e la morte improvvisa e violenta hanno scioccato il Paese era un attivista, non un pacifista. Ammetterlo non significa sminuirne l'impegno, il coraggio, l'onestà. Il pacifismo, infatti, non fa distinzioni, non odia una parte a favore di un'altra, non stringe la mano a gruppi come Hamas, nella lista nera del terrorismo di Onu e Unione europea, non ignora vicende come quelle del soldato Shalit. Il pacifismo - ammetterete - è un'altra cosa.
Vittorio, invece, era un attivista pro-Palestina, uno che ad Israele (come a Saviano) non le mandava certo a dire, anzi, odiava a tal punto lo Stato ebraico da invitare quanti avessero in casa dei cani a "sguinzagliare le bestie eroiche contro i coloni" o chiedere di spedirgli urgentemente della "kriptonite antisionista", oppure, ancora, sottolineava come "disgustoso è sinonimo di sionista". Sul suo blog, Arrigoni scriveva di non aver mai letto autori favorevoli al dialogo con i palestinesi, come Amos Oz e Abraham Yehoshua, definendo le loro pagine "sporche di sangue".
Adesso la madre di Vik chiede che il corpo del figlio non transiti neppure per pochi minuti dall'aeroporto di Israele. Una volontà che cozza contro qualsiasi reale intenzione - anche simbolica - di pacifismo e dialogo tra le parti. Per certi aspetti un'occasione mancata. Qui non si vuole affermare la ragione o il torto tra i due Stati ma semplicemente evidenziare una distorsione tutta mediatica. Per rispetto a Vittorio e ai suoi ideali, dunque, per favore, non chiamatelo pacifista.

(Diritto di critica, 18 aprile 2011)


Un certo tipo di etichetta vorrebbe che non si parli male di un morto. Come norma generale potrebbe essere accettata, se non ci fosse chi pubblicamente ne parla bene in modo assolutamente inaccettabile. L’articolo riportato sopra si si limita a precisare che per l’assassinato non è corretto parlare di pacifismo, noi aggiungiamo che si tratta di puro e semplice antisemitismo. Questo sembra essere stato il suo ideale, e forse per questo la sua figura sta riscuotendo tanta simpatia. M.C.

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Israele chiude i territori per la durata della Pasqua

GERUSALEMME - Tutti i valichi tra Israele e la Cisgiordania resteranno chiusi a partire dalla mezzanotte di oggi fino alla mezzanotte del 26 aprile, cioe' per la durata delle feste di Pasqua. Quest'anno la Pasqua ebraica, che comincia domani sera, e quella cristiana sono pressoche' coincidenti. Il portavoce militare israeliano, nel darne notizia, ha detto che i valichi resteranno comunque aperti nei casi umanitari, di persone che hanno urgente bisogno di cure mediche, e per i cristiani palestinesi in possesso dei necessari permessi.

(Blitz quotidiano, 17 aprile 2011)

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Morto il ragazzo ferito dal razzo contro la scuolabus

GERUSALEMME - Daniel Wiplich, 16 anni, il ragazzo israeliano ferito oltre una settimana fa nello scoppio di un razzo lanciato da Gaza contro lo scuolabus sul quale viaggiava, vicino al kibbutz Saada, a ridosso del confine con la Striscia di Gaza, e' morto oggi pomeriggio nell'ospedale di Bersheva dove era stato trasportato gia' in fin di vita. Lo hanno riferito i media locali. Il tiro del razzo contro lo scuolabus, sul quale si trovavano solo Wiplich e l'autista, aveva provocato una dura reazione militare israeliana contro obiettivi palestinesi a Gaza che aveva causato la morte di 19 persone, tra miliziani e civili. I palestinesi a loro volta avevano sparato decine di razzi contro Israele, causando solo lievi danni. Dopo tre giorni di scambi a fuoco e' entrata in vigore una nuova fragile tregua. .

(Blitz quotidiano, 17 aprile 2011)

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Se "Vik" è un esempio e l'alpino Miotto no

di Fausto Biloslavo

Due pesi e due misure per gli italiani uccisi dai terroristi o caduti in guerra: all'ultrà del pacifismo di sinistra vogliono dare il Nobel, mentre "è bene non fare un eroe" del soldato morto in Afghanistan per portare la pace

La Chiesa lo «santifica» e in rete lo candidano al premio Nobel per la pace. La strada per trasformare Vittorio Arrigoni in un eroe dei due mondi è spianata. Non partecipiamo al processo di beatificazione, però siamo convinti che davanti alla morte bisogna sempre inchinarsi. Nonostante le sue discutibili idee ricordiamo Arrigoni come un italiano vittima del terrorismo. Anzi, di una «barbarie» per usare le giuste parole del presidente Giorgio Napolitano.
Con la stessa decisione ci chiediamo perchè Vik da Gaza, rispetto ad altre vittime del terrorismo o delle guerre, stia diventando una specie di icona, un morto di serie A. L'aureola di pacifista aiuta, ma abbracciare il premier di Hamas, Ismail Haniyeh, non significa proprio stringere un ramoscello d'ulivo.
Matteo Miotto
Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha «santificato» Arrigoni con un comunicato. Pochi mesi fa il vescovo di Padova, Antonio Mattiazzo, aveva commentato malamente il rientro in patria della salma del giovane alpino Matteo Miotto, ucciso in Afghanistan. «Andiamo piano però con l'esaltazione retorica, non facciamone degli eroi. Vanno lì con le armi, quelle non sono missioni di pace» dichiarava il presule evitando di presenziare ai funerali del caduto.
Non solo: qualche genio del politicamente corretto aveva sbianchettato da una fotografia di Miotto, sul suo blindato con un tricolore, il vecchio stemma sabaudo. Tutti i giornali italiani hanno pubblicato la foto di Arrigoni che sventola la bandiera palestinese, come se fosse una medaglia. E nessuno si chiede se fare lo scudo umano fra i palestinesi, organizzare flottiglie della «libertà» verso Gaza, aderire a gruppi astiosamente anti israeliani siano «armi» non meno insidiose di quelle vere.
Sembra quasi che l'alpino Miotto, che seguiva le orme del nonno con la penna nera, e i tanti caduti nelle guerre di «pace» degli italiani siano morti di serie B rispetto all'ultrà pacifista. Se poi sei dichiaratamente di sinistra, come Arrigoni, la beatificazione è garantita. Una storia già vista con Fabrizio Quattrocchi il contractor, che non ha mai avuto il tempo di sparare un colpo in Irak, ma è stato ammazzato come un cane dallo stesso genere di tagliagole che ha fatto fuori Arrigoni. Bollato come uno sporco mercenario, morto addirittura di serie Z, da non ricordare, anche se davanti agli assassini non piegò la testa e disse: «Vi faccio vedere come muore un italiano». Per fortuna se ne è accorto l'allora presidente Ciampi, che gli ha concesso la medaglia d'oro al valor civile.
Su Il Foglio e il Corriere della sera di ieri si levava qualche voce fuori dal coro dei peana per l'eroe pacifista, che è stato preso ad esempio al festival del giornalismo di Perugia. Arrigoni scriveva per il Manifesto e pure questo aiuta. Per oltre vent'anni Almerigo Grilz, il primo giornalista italiano morto in guerra dalla fine del secondo conflitto mondiale, nel 1987 in Mozambico, è stato un morto dimenticato. Un paria della categoria, perchè non aveva il pedigree politico giusto al momento giusto. Prima di scegliere i reportage di guerra, con uno spirito d'avventura molto simile a quello di Arrigoni, era uno dei capi nazionali del Fronte della Gioventù. A causa del suo passato da «fascio» è sempre stato una vittima di serie B. Solo due anni fa il nostro sindacato ha riconosciuto che pure Grilz va ricordato. Proprio per evitare per sempre due pesi e due misure onoriamo le vittime delle guerre e del terrorismo, pur nella loro diversità, solo in quanto figli della stessa patria, l'Italia.

(il Giornale, 17 aprile 2011)

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Quell'odio anche dopo la morte: «La bara non passi da Israele»

di Gabriele Villa

Per non avere niente a che fare. Nemmeno da morto. Quasi che una bara, con dentro un uomo che ha fatto della causa palestinese la sua missione di vita, rischi di venire contaminata dal solo passaggio in territorio israeliano. C'è qualcosa che stona, riguardo alla tragica fine di Vittorio Arrigoni rapito e ucciso a Gaza City da estremisti salafiti, anche e soprattutto sul «dopo» quella sua fine assurda.
     C'è un discutibile rituale che sembra inzuppato di un odio atavico contro una parte. E quella «parte» è Israele, che con Vik, come lo chiamavano gli amici palestinesi, che dal 2008 aveva scelto Gaza come sua vera patria, non deve e non può aver nulla a che fare. Non deve avere nemmeno il privilegio o la possibilità di inchinarsi al passaggio della sua bara. Eppure la pietà non ha, come non dovrebbe avere mai, colore né bandiere. Ma tant'è. La richiesta alla Farnesina fatta da mamma Egidia Beretta Arrigoni, il sindaco di Bulciago, è stata esplicita quanto univoca: la bara del suo Vittorio dovrà passare tramite il valico egiziano di Rafah, per poi proseguire verso l'Italia. E per svolgere quelle formalità che la burocrazia impone, un legale italiano è partito ieri per il Cairo per conto della famiglia Arrigoni. Non ha fatto mistero di questa scelta la rocciosa sindachessa del paesino lecchese, dal dna comunista, che ha sempre camminato sulla stessa strada del figlio Vittorio. «Vogliamo che la salma di Vittorio passi per l'Egitto per rispetto alla sua memoria e alla sua battaglia contro le politiche israeliane nei territori palestinesi». Battaglia che gli costò anche provvedimenti di fermo da parte delle autorità israeliane e brevi periodi di detenzione.
     Ma nel post mortem del volontario brianzolo c'è anche un altro «dettaglio» che stona. Stona quel tentativo inutile e un po' penoso di accreditare la strampalata tesi che dietro alla sua uccisione ci sia stato chissà quale complotto sionista-imperalista, quando invece c'è soltanto l'azione barbara di un gruppo di barbari assassini. Uno dei gruppi ultraintegralisti salafiti della Striscia di Gaza ha infatti confermato ieri all'agenzia Ansa la responsabilità di una loro cellula «fuori controllo». Il portavoce, che parlava a nome di al-Tawhid wal-Jihad, una della fazioni salafite più note di Gaza, ispirate ad Al Qaida, ha negato che l'azione sia stata ordinata dai vertici del gruppo. «È stata una iniziativa incomprensibile, compiuta da una cellula impazzita, che contrasta con l'insegnamento dell'Islam e i nostri interessi», ha precisato. Confermando anche la notizia, le milizie di Hamas hanno arrestato «almeno tre militanti» salafiti nell'ambito di indagini che proseguono con controlli e retate a tappeto.
    E, a proposito di ricostruzioni fantasiose dietro la morte di Vittorio Arrigoni, occorre dire che alcuni esponenti di Hamas (che governa la Striscia) non hanno mancato di richiamarsi in queste ore alla retorica anti-israeliana, accusando gli assassini di «fare il gioco del nemico sionista». Resta il fatto che, complessivamente, sono già tre le persone arrestate a Gaza accusate a vario titolo di un coinvolgimento diretto nella sconcertante esecuzione di giovedì: due erano ancora in organico nei servizi di sicurezza di Hamas. Tra loro l'esecutore materiale del delitto, che ha già confessato di aver strangolato Arrigoni con le sue mani, con un cavo metallico. La salma potrebbe arrivare già oggi in Italia, ma a Roma dovranno essere sbrigate una serie di formalità e quindi, come ha riferito il parroco Don Fabrizio, i funerali a Bulciago, cui assisteranno anche una delegazione palestinese, si svolgeranno martedì o mercoledì.

(il Giornale, 17 aprile 2011)

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La scomparsa di Israele

di Elena Loewenthal

In questi giorni concitati per il Medio Oriente e il Maghreb affacciato sul Mediterraneo, Israele è un osservatorio molto particolare. Dotato di una duplice prospettiva che è come una lente bifocale in contraddizione solo apparente. Le notizie e i sommovimenti sono percepiti per un verso nella loro dimensione strettamente geografica, di grande vicinanza.
Israele è nell'occhio del ciclone, esattamente al centro di quell'immenso movimento che parte dall'Africa settentrionale e attraversa il mondo arabo dalla Tunisia alla Libia, lo Yemen, l'Egitto, la Siria e non pochi altri Paesi. Questa vicinanza fisica si accompagna, nella percezione dei media e nel modo in cui nello Stato ebraico vengono lette e interpretate le notizie, a una sorta di inedito distacco. Non è questione di priorità o dimensioni dei titoli, è qualcosa di più profondo. La vicinanza fisica da una parte e la distanza mentale dall'altra, risolvono la contraddizione in una specie di prudente stupore. Nella consapevolezza che qualcosa sta cambiando....

(La Stampa, 17 aprile 2011)

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Arrigoni: killer lavoravano in Hamas

In organico nei servizi di sicurezza

Emergono altri dettagli sulla morte del volontario italiano Vittorio Arrigoni. Erano in organico nei servizi di sicurezza di Hamas i due salafiti arrestati nella Striscia di Gaza. La cellula che avrebbe gestito direttamente il rapimento e l'uccisione di Arrigoni sarebbe stata composta in totale da cinque persone, tutte militanti salafiti, ma almeno in parte provenienti dalle file di Hamas.

(TGCOM.it, 16 aprile 2011)

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Arrigoni: riscatto da un milione di dollari

Il gruppo salafita al-Tahwid al-Jihad, colpevole dell'assassinio di Vittorio Arrigoni, avrebbe chiesto un milione di dollari al governo di Hamas per il rilascio del volontario italiano, oltre alla liberazione del comandante Abdel Walid al-Maqdisi. Lo ha rivelato una fonte a condizione di anonimato, citata dal quotidiano palestinese Resalah, vicino ad Hamas. "I rapitori hanno chiesto un riscatto di un milione di dollari e hanno avanzato la richiesta ad Hamas attraverso un intermediario", ha affermato la fonte, citata da 'Risalah'. La notizia, incastonata in una cornice di scarsa chiarezza, va adaggiungersi alle altre già poco chiare relative alla tragica vicenda. I miliziani di al-Tahwid al-Jihad (Monoteismo e Jihad) sembrano non essere i veri responsabili dell'omicidio. La triste storia continua.

(World on focus, 16 aprile 2011)

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Quel pacifista ultrà che odiava Israele

di Fausto Biloslavo

Pipa stile comandante Marcos, berretto alla Lenin con l'inseparabile spilletta della bandiera palestinese, incurante di sfidare gli israeliani come scudo umano di pescatori e contadini nella striscia di Gaza, Vittorio Arrigoni, era un ultrà pacifista. Adesso che è stato ucciso, dai tagliagole dell'Islam duro e puro, lo dipingono come un piccolo eroe dell'informazione o un illuminato cooperante senza paura. Davanti alla sua tragica morte è doveroso abbassare il capo, ma Arrigoni non era il San Francesco di Gaza. Piuttosto un idealista estremo, filo palestinese con i paraocchi, anti israeliano all'eccesso e un po' anarchico, a tal punto che gli hanno affibbiato «utopia» come soprannome.
    L'ho incontrato nel 2009, con le macerie ancora fumanti dell'offensiva «Piombo fuso» contro la striscia di Gaza. Stava in piedi, con l'inseparabile pipa, in mezzo a un campo a 800 metri dalle postazioni israeliane, nella zona off limits. Faceva da scudo umano ai contadini palestinesi e da un momento all'altro mi aspettavo che gli sparassero. Sulle nefandezze di Hamas sorvolava e vedeva solo il «massacro e l'occupazione colonialista israeliana».
   Durante i bombardamenti su Gaza ha raccontato in diretta la ferocia della guerra. Più che un giornalista indipendente, un minimo obiettivo, era una fonte preziosa, ma terribilmente di parte.
   A Gaza, dove viveva, non faceva il cooperante all'Alberto Cairo, soprannominato l'angelo della Croce rossa internazionale a Kabul. Aiutava, sì, ma alla sua maniera, con uno slancio militante a favore della causa palestinese, che lo ha fatto diventare scudo umano per vocazione e utopista per scelta. I suoi miti erano Nelson Mandela, Ghandi, Martin Luter King, ma su Facebook scriveva cose terribili e astiosamente anti israeliane. Arrigoni è riuscito a prendersela anche con lo scrittore non certo reazionario, Roberto Saviano, che ha osato alzare il ditino a favore della democrazia di Tel Aviv.
   Trentasei anni, lombardo, mi spiegava che seguiva le orme «dei nonni partigiani, che sapevano cose fosse l'occupazione nazi fascista» paragonandola a quella della Palestina. Durante la guerra un sito sionista ha incitato l'aviazione israeliana a farlo fuori. Una volta è stato pure arrestato. Ieri c'è chi lo ha salutato con un folle e macabro «arrivederci» sostenendo che ha raccolto «la gratitudine araba».
   Da 12 anni Arrigoni girava a sprazzi il mondo come «attivista non violento». Se fosse rimasto a fare l'autista magazziniere dalle parti di Lecco non avrebbe scritto un libro sui massacri, veri e presunti, di Gaza tradotto in quattro lingue. Nella striscia era arrivato nel 2008 con la prima avanguardia della famosa e criticata Freedom flottiglia.
   Arrigoni aderiva al Movimento di Solidarietà Internazionale, ong estrema votata alla causa palestinese. Come Giuliana Sgrena e le due Simone in Irak si sentiva probabilmente fra amici a Gaza, che mai gli avrebbero torto un capello. Solo ultimamente aveva cominciato a seguire da vicino i blogger anti Hamas, che sognavano un cambiamento nella striscia come in Tunisia ed Egitto. I fondamentalisti non ci hanno pensato troppo a sbatterli in galera.
   Antimilitarista convinto Arrigoni probabilmente si rivolta nella tomba davanti alla dichiarazione del capo di stato maggiore dell'Esercito sulla sua morte. Secondo il generale Giuseppe Valotto l'ultrà pacifista era animato «in fondo dagli stessi valori e principi dei nostri soldati e dallo stesso scopo: quello di servire la collettività, sia essa nazionale sia, nel caso specifico, la collettività palestinese». Siamo sicuri che la pensino proprio così i soldati in trincea in Afghanistan stufi marci delle accuse dei pacifisti o delle scritte ignobili come «10, 100, 1000 Nassiryah»?
   Al di là delle sue idee giuste o sbagliate, Arrigoni ha fatto una terribile fine pure a causa del passaporto che aveva in tasca. Per questo motivo è giusto ricordarlo come un italiano vittima del terrorismo, con la sua frase simbolo: «Restiamo umani, Vik da Gaza City».

(il Giornale, 16 aprile 2011)

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I maestri dell'odio incolpano l'Italia

di Fiamma Nirenstein

La Ong cui apparteneva la vittima ha sempre sostenuto gli islamisti. E ora che gli si sono rivoltati contro, se la prende col governo italiano e con Israele. Una pericolosa equazione ideologica

Ci sono tre o quattro cose chiare e tuttavia difficili da digerire nell' orribile omicidio di Vittorio Arrigoni. La prima naturalmente è la crudeltà della pubblica esecuzione di un giovane uomo che aveva famiglia e amici. E ciò è chiaro. Ma non lo è la patente realtà che gli assassini siano jihadisti islamici di Gaza. Avrebbero potuto essere afghani, o iracheni. Nel 2002 Daniel Pearl fu ucciso a Karachi con metodi analoghi perché era ebreo, 2004 l'americano Nick Berg in Irak fu decapitato in video per, dissero gli jihadisti, «dare un chiaro messaggio all'Occidente »; Fabrizio Quattrocchi perché «nemico di Dio, nemico di Allah» e Arrigoni, come dicono i suoi carnefici nel video con la scritta che scorre,perché«diffondeva a Gaza il malcostume occidentale» e «l'Italia combatte i Paesi musulmani». Si ripete molto che Hamas, di cui Arrigoni era amico, ha condannato il delitto. Ma in realtà non importa se gli assassini sono iscritti a Hamas oppure no. Lo sono stati, lo saranno, lo sono... Anche Al Qaida, che a Gaza c'è, è meglio o peggio accolta a seconda dei momenti. Ma Hamas è sempre padrona di Gaza.
   Suo è il rapimento di Shalit, sua la distruzione armata del campo di ricreazione dell'Onu per bambini non confacente ai dettami islamici, suo l'arresto di 150 donne con l'accusa di stregoneria e l'assassinio di alcune, sua l'acquisizione nella legge della pena di morte, la fustigazione, il taglio della mano, la crocifissione. Sua l'uccisione del libraio Rami Khader Ayyad, cristiano di 32 anni che vendeva Bibbie. Magari non sono tutti iscritti a Hamas quelli che compiono queste operazioni, o quelli che manda a sparare i missili Kassam contro Israele, mentre a volte li trattiene. E a volte reprime i giovani salafiti come ha fatto nei giorni scorsi in piazza. Hamas è un movimento, un partito, uno Stato integralista, nel suo statuto stabilisce che vuole la distruzione dello Stato ebraico, lo sterminio degli ebrei e la sottomissione di tutto il mondo al califfato islamico. Le frange salafite e quelle più legate alla Fratellanza musulmana in Egitto, di maggiore o minore influenza iraniana o qaidista residenti nella Striscia, si associano e si dissociano. Il fattoche Hamas adesso li disconosca non ha nessunissima importanza.
   Per capire la morte del giovane italiano è invece importante afferrare che essa è stata innescata dallo spurio mescolamento dei suoi ideali umanitari con la causa di Gaza integralista, dalla sua vita mescolata a quella dei suoi potenziali nemici nell'illusione di accattivarseli.
   Non c'è simpatia stabile da parte di un integralista. Solo la sua idea di Dio conta. La Gaza di Hamas, dove Arrigoni viene ucciso, per come la conosciamo è sempre terra incognita. Arrigoni amava i palestinesi, ma restava un estraneo. Per quanto uno possa combattere per uno Stato palestinese è poi difficile vivere con chi spara missili sui civili, indossa cinture di tritolo, distribuisce caramelle quando viene uccisa a Itamar una famiglia israeliana di cui fanno parte un bambino di tre mesi, uno di quattro anni, uno di nove. È un punto teorico molto importante: quando vai a Gaza, come in Afghanistan, devi sapere bene che la nostra concezione della vita, con tutti i suoi difetti e le sue falle, è tuttavia così carica di valore in sé che ci è difficile accedere l'idea che un terrorista suicida, o la madre di terrorista suicida, o un gruppo di amici che magari vedi tutti i giorni, possano attribuirle valore a seconda di una scala che vige solo secondo la sharia e l'interpretazione del potere vigente. Puoi morire perché sei ebreo, perché sei italiano, o cristiano, perché sei un apostata, o un corrotto occidentale... la fantasia estremista, non ci si può illudere, elide amici e sodali. Per quanto uno si sia speso contro«il potere sionista» e abbia usato per gli ebrei l'appellativo «ratti»(purtroppo Arrigoni l'ha fatto, e questo tuttavia non può cambiare la pietas per lui e la sua famiglia), niente vale se sgarri rispetto a una norma non tua, che resterà indistinta fino alla lama del coltello. L'islamismo politico può ammiccare, ma poi uccide, anche se nessuno di noi, gente della cultura ebraico-cristiana, lo può, oggi, capire.
   E dunque, è intellettualmente triste e anche pericoloso che una manifestazione davanti al Parlamento incolpi Israele e l'Italia della morte di Arrigoni; o che l'Ism, Ong filopalestinese cui Arrigoni apparteneva, dia «responsabilità morali allo Stato d'Israele». Queste reazioni sembrano uscire da uno shock di perdita o da un cieco odio ideologico. Ma più ancora colpisce, con tutto il sincero rispetto per la figura del presidente della Repubblica, che nel suo giusto comunicato di cordoglio Giorgio Napolitano, invece di biasimare l'integralismo islamico, chieda la «ricerca di una soluzione negoziale al conflitto che insanguina la regione». Con la stessa coerenza, avrebbe potuto invocare qualsiasi altra buona causa: la lotta alla fame nel mondo o alla prostituzione infantile. Invece ecco che si richiama Israele a qualche misteriosa responsabilità. Ma la colpa è dell'integralismo islamico, che c'entra tirarci dentro il dolente testimone e vittima di questo grande problema comune?

(il Giornale, 16 aprile 2011)

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L'odio di sé dei gentili

di Marcello Cicchese

Dall'articolo del Corriere della Sera "La guerra sbagliata del pacifista nemico di Israele” di Pierluigi Battista:
    "Arrigoni aveva consacrato se stesso alla causa palestinese, con un'adesione totalizzante, assoluta, mistica, senza riserve, dubbi, sfumature. Una causa che ai suoi occhi si identificava con un odio altrettanto assoluto nei confronti dello Stato di Israele, descritto e demonizzato nel suo blog come l'espressione di ogni nefandezza, la manifestazione di uno scandalo storico che non ammetteva mediazioni e non concedeva nulla, ma proprio nulla, alle ragioni del Nemico. «Demonizzazione» , in questo caso, è più di una metafora. Nel suo blog Arrigoni invocava la dannazione per i «demoni sionisti» che agitavano gli orrori dello «Stato ebraico» . Aveva trattato Roberto Saviano, colpevole di aver aderito a una manifestazione a difesa di Israele, come un «propagandista dei crimini» . Definiva il sionismo «disgustoso» . Scomunicava al Fatah come una centrale di «venduti alla causa di Israele» . Condannava Shimon Peres come un mostro che «bruciava bambini con il fosforo bianco» . Non aveva mezze misure, chiaroscuri, sfumature. Ha detto una volta: «Io i libri di Yehoshua, Grossman e Oz non li leggo perché sono sporchi di sangue» . Proprio così: «Sporchi di sangue» . Oggi dobbiamo provare pietà per come lo hanno ucciso, ma Arrigoni non aveva pietà per Gilad Shalit, il giovane israeliano ostaggio da oltre 1700 giorni dei carcerieri di Hamas, e diceva che gli appelli per Shalit «intasano l'etere» , moleste e ripetitive invocazioni per salvare una vita. «Restiamo umani» , amava dire Arrigoni. Ma certe volte il fanatismo ideologico ispira ineluttabilmente parole disumane."
Gli ebrei sanno bene quel che dicono quando parlano di "odio di sé", cioè di quel sentimento di autodisprezzo che può spingere qualcuno di loro a odiare il proprio popolo e a desiderare di non farne parte.
Meno noto è l'odio di sé dei gentili, cioè quel sentimento di disprezzo che si nutre verso gli ebrei, e oggi verso Israele, senza accorgersi che è un impulso autodistruttivo. "Israele siamo noi", è il titolo di un recente libro di Fiamma Nirenstein. In quel testo il noi dell'autrice sta ad indicare la civiltà occidentale, ma in senso più ampio potrebbe essere applicato a tutta l'umanità. Israele ci rappresenta tutti. Odiarlo significa odiare noi stessi, perché il male desiderato contro di lui si abbatterà inevitabilmente contro di noi. E' sempre accaduto così, dagli egiziani che volevano affogare i maschi ebrei e sono morti affogati nelle acque del Mar Rosso, al perfido Haman che voleva impiccare Mardocheo ed è rimasto impiccato lui, fino al volgare antisemita nazista Julius Streicher che prima di mettere la testa nel cappio ha esclamato: "Purim 1946".
A Vittorio Arrigoni è accaduto qualcosa di simile. I suoi familiari hanno chiesto che la sua salma tornasse in Italia senza passare per Israele. Questo esprime bene il sentimento che l'ha mosso mentre era in vita: l'odio contro Israele. E questo è anche il motivo per cui molti, anche se certamente non tutti, ne esaltano la figura. La sua fine è come una parabola. Ma quanti la capiranno?

(Notizie su Israele, 16 aprile 2011)

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Con Summit nasce una voce di verità su Israele e il medioriente

Dopo i grandi successi partecipativi della maratona "Per la verità, per Israele", organizzata da Summit e dalla Friends of Israel Initiative lo scorso 18 ottobre 2010 (da cui è scaturita un'iniziativa editoriale che ha raccolto gli oltre 63 interventi della maratona per le edizioni Eri Rai) e l'ottimo seguito - oltre 200 persone - dell'incontro sul futuro delle rivolte arabe dello scorso 22 Marzo - "Israele di fronte alle rivoluzioni del mondo musulmano: speranza o pericolo?" - l'associazione Summit ha finalmente incontrato il mondo istituzionale italiano. Fondata dall'attuale vice-presidente della commissione esteri della Camera, Fiamma Nirenstein, giovedì sera Summit ha mollato gli ormeggi di fronte a una platea di più di settanta persone tra donne e uomini delle istituzioni, giornalisti, professionisti e semplici cittadini, invitati a partecipare alla serata.
Summit è un nuovo centro di ricerca e divulgazione di politica internazionale, che concentrerà le proprie iniziative scientifiche e politiche sui tragici dilemmi di sicurezza che scuotono la regione mediorientale e con i quali il regime democratico d'Israele è confrontato. Alla serata di Summit hanno preso parte tanti uomini e donne delle istituzioni. C'erano il vice-presidente della Camera dei Deputati, Rocco Buttiglione, la sotto-segretaria alla Salute, Eugenia Roccella, l'ex sotto-segretaria agli Esteri e oggi deputata Pdl, Margherita Boniver, solo per citare alcuni. Questi tre esponenti in particolare hanno offerto il proprio sostegno pubblico con sentiti e partecipati interventi di fronte alla platea di invitati dalla neonata associazione. E poi interventi del direttore del Tempo, Mario Sechi, del presidente delle comunità ebraiche di Roma, Riccardo Pacifici, del sindaco di Salemi e prossimo conduttore Rai, Vittorio Sgarbi.
L'associazione Summit - e la comunità di persone che la animano - ambisce a offrire un nuovo punto di vista su Israele e riaffermare la verità su un conflitto che vede opposti lo Stato ebraico e le dirigenze palestinesi accanto ai governi della regione mediorientale tutta. Summit offrirà una voce indipendente, argine a quella frequente rappresentazione mediatica anti-israeliana - resa possibile da tv internazionali schierate, agenzie onusiane filo-palestinesi, elite culturali europee soi-disant progressiste invischiate di antisemitismo travestito da antisionismo - che vuole Israele Stato paria, assassino e colonizzatore. Israele è l'unica democrazia del medioriente e l'unica regime in cui il concetto di stato di diritto abbia un qualche significato nell'intera regione mediorientale. La nascita di Summit rappresenta, insomma, l'ennesimo sforzo - stavolta tutto italiano - in una battaglia culturale, prima ancora che morale, tesa alla riaffermazione di un degno principio di verità quando si parla della nazione ebraica. Summit combatterà la sua battaglia, con apporti scientifici independenti e autorevoli opinioni, dentro e fuori le istutuzioni. Ma soprattutto tra le elite nazionali italiane ovvero nella comunità dove le decisioni vengono assunte.
Ma il significato politico della nascita di Summit risiede soprattutto nello sforzo più generale di sensibilizzazione dell'opinione pubblica italiana messa sempre sovente di fronte alle implicazioni della questione mediorientale e al dramma dell'unica democrazia nella regione: Israele. Ma non sarà solo un canto su Israele: Summit ha infatti l'ambizione di cimentarsi anche su tematiche che hanno a che fare con i regimi dell'intera regione mediorientale, soprattutto in una fase politica come questa contraddistinta da forti, e spesso violente, pressioni dal basso nei regimi arabi. Come accaduto in Egitto e Tunisia per intenderci. Si tratta di rivolte libertarie che non hanno ancora meta certa. Quel che sappiamo è che si tratta di una o più generazioni di uomini e donne - tunisine, egiziane, siriane e arabe in generale - che stanno cercadno il loro spazio di libertà e democrazia all'interno delle loro società. C'è il rischio pero' che queste rivolte che hanno portato a benefici risultati - come la destituzione di due autocrati come Ben Ali e Mubarak - rischiano potenzialmente di trasformarsi in regimi ancora più tremendi. Il caso iraniano resta, ahinoi, vivo monito. Anche le implicazioni delle rivolte arabe e i loro sviluppi, Summit ambisce anche a dare all'opinione pubblica nazionale un nuovo e più libero punto di vista sui grandi cambiamenti che negli anni a venire senza dubbio interesseranno la regione mediorientale tutta.
La battaglia per la verità è appena iniziata. Summit è nata per vincerla.

(l'Occidentale, 16 aprile 2011)

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Si stava aspettando soltanto il momento. E’ arrivato quasi subito. Il momento in cui qualcuno avrebbe detto che "dietro" ci sono gli ebrei. Chi ha voluto l’uccisione di Arrigoni? Gli islamisti? Sciocchezze. E’ Israele la causa della morte del “pacifista” italiano. Parola di Hamas. E dei suoi amici. M.C.

Arrigoni, Hamas: "Solo Israele trae vantaggio dalla sua morte"

GAZA, 15 apr. - "Solo Israele trae vantaggio dalla sua uccisione". E' questo il commento del portavoce di Hamas a Gaza, Fouzi Barghou, che alla tv satellitare 'al-Arabiya' ha commentato l'uccisione dell'italiano Vittorio Arrigoni. "Dietro questo omicidio a Gaza, come dietro quelli di altri attivisti stranieri uccisi in Cisgiordania, c'e' sempre la mano del nostro nemico - ha affermato - in modo diretto o in modo indiretto come in questo caso c'e' Israele dietro questi omicidi perche' solo loro si avvantaggiano di queste situazioni. La morte di Arrigoni e' un colpo per noi perche' spinge gli attivisti internazionali e i volontari che solidarizzano con la nostra causa a rimanere lontani da Gaza".

(Adnkronos, 15 aprile 2011)

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Arrigoni, Hamas: "Uccisione per scoraggiare la flottiglia"

TEL AVIV - Dietro all'uccisione del volontario italiano Vittorio Arrigoni c'e' anche l'intento di scoraggiare nuove flottiglie di attivisti stranieri verso Gaza: lo ha sostenuto, in una intervista alla radio militare israeliana, Ribhi Rantisi, un esponente di Hamas a Gaza. Arrigoni era giunto a Gaza oltre due anni fa a bordo di una imbarcazione che trasportava aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. Una nuova 'flottiglia' internazionale di aiuti dovrebbe puntare verso Gaza verso la fine di maggio. Polemizzando implicitamente con informazioni divulgate dall'intelligence di Israele, Rantisi ha sostenuto che a Gaza ''non ci sono membri di al-Qaida''. Ha aggiunto che il gruppo 'al-Tahwid wal-Jihad' che ha organizzato il rapimento di Arrigoni e' composto da ''elementi conosciuti ed isolati'' a Gaza. ''Non c'era alcun motivo per rapire ed uccidere un attivista che sosteneva la causa palestinese. La condanna di Hamas e' totale'', ha precisato Rantisi.

(Blitz quotidiano, 15 aprile 2011)

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Arrigoni, Hamas: Israele dietro l'omicidio di Vittorio

Consigliere di Hanyeh: Punisce chi vuole aiutare popolo palestinese

ROMA, 15 apr. - Dietro l'omicidio del cooperante italiano Vittorio Arrigoni, sequestrato e ucciso ieri nella Striscia di Gaza da un gruppo salafita, c'è la mano di Israele. Lo ha affermato ai microfoni di RaiNews24 Ahmad Yousef, consigliere politico del premier palestinese Ismail Haniyeh.
"Abbiamo studiato la situazione e abbiamo capito che solo Israele poteva avere un vantaggio da un crimine di questo genere", ha detto Yousef al telefono da Gaza sottolineando che in questo modo Israele "punisce le persone che mostrano solidarietà verso il popolo palestinese e che stanno cercando di interrompere l'assedio a Gaza". Secondo il consigliere del premier palestinese, "Israele vuole fermare tutti coloro che cercano di aiutare la gente della Striscia di Gaza".
"Probabilmente", ha ipotizzato Yousef, "Israele è riuscita a infiltrarsi in questo gruppo e a commettere l'omicido" in associazione con salafiti. "Questo è l'unico modo per intimorire le persone che vogliono venire a Gaza per solidarietà come il movimento di Arrigoni". La strategia israeliana è chiara, ha continuato Yousef, "dividere i palestinesi, conquistare i territori e danneggiare il movimento di Hamas".

(TMNews, 15 aprile 2011)

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Arrigoni, Tradardi: "E' colpa del governo israeliano"

ROMA, 15 apr - ''La situazione dev'essere precipitata nella notte. Se la polizia di Hamas ha individuato il luogo, evidentemente c'e' stata una reazione da parte del gruppo di rapitori che ha portato alla morte di Vittorio''. Lo ha dichiarato Alfredo Tradardi, coordinatore di ISM-Italia, il movimento per cui era attivista Vittorio Arrigoni, in un'intervista a R101.

''I lati oscuri di questa vicenda sono prevalenti”
Attendiamo ulteriori informazioni nel corso della giornata di domani'', prosegue Tradardi. Che accusa poi il governo israeliano: ''Riteniamo che la responsabilita' morale e politica della morte di Vittorio sia del governo israeliano e di tutti i suoi complici. Questo puo' apparire una forzatura, ma noi non possiamo dimenticare che Gaza e' un campo di concentramento a cielo aperto dal 2006. E quindi la situazione all'interno di Gaza e' caratterizzata da una grande tensione. Cosi' come non possiamo negare che ci siano tensioni in corso nel mondo arabo. Israele e' stata apparentemente in silenzio, in verita' opera in varie forme per uscire da un'impasse politica notevole. Nelle ultime settimane sono avvenute diverse uccisioni di palestinesi in attacchi diversi con droni e altre armi. Gaza e' infatti un territorio di sperimentazione di nuove armi da parte degli israeliani'', conclude Tradardi.

(ASCA, 15 aprile 2011)


Ai cultori di dietrologia si può offrire anche un’altra possibilità di studio: Hamas. Arrigoni aveva osato manifestare simpatia per le proteste giovanili contro i governanti di Gaza.

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Il camaleontismo palestinese e il daltonismo israeliano

I Salafiti rivendicano l'uccisione di Vittorio Arrigoni

di Vittorio Pavoncello

Con l'uccisione di Vittorio Arrigoni un nuovo gruppo armato, i Salafiti, si affaccia sulla scena mondiale per il conflitto Palestino-israeliano, sebbene con l'uccisione di Arrigoni intendessero fare rivendicazioni contro Hamas.
Da ciò che viene riportato dai media il nuovo gruppo disporrebbe di circa 11mila unità sul territorio contro le 25mila di Hamas. I Salafiti accusano Hamas di essere troppo vicina all'occidente e alle sue politiche, e si propone come nuova entità in alternativa alla blanda politica di Hamas. Mi chiedo ora, come già notai anni fa, quando finirà tutto questo camaleontismo da parte palestinese?
Israele ha accettato l'OLP come interlocutore sebbene questo avesse la distruzione dello stato d'Israele nella carta costitutiva; Israele ha in seguito iniziato a dialogare con Hamas come rappresentante dei palestinesi sebbene anche questi avessero nella carta costitutiva la distruzione dello stato d'Israele; ora che con Hamas, sebbene fra mille difficoltà, si profila una apertura ai reciproci riconoscimenti spunta un nuovo gruppo che un domani, attraverso elezioni, potrebbe divenire un leggittimo rappresentante dei palestinesi, mantenendo sempre nei suoi progetti la distruzione d'Israele. Insomma, c'è di fondo un camaleontismo palestinese che sembra non aver fine e con il quale Israele deve di volta in volta confrontarsi e riconoscere come colore leggittimo. Quando inizia a profilarsi che il colore palestinese sia finalmente divenuto uno ecco che questo cambia improvvisamente. Visti allora i continui cambiamenti di colore non potrebbe anche darsi il caso che Israele sia affetta da daltonismo e che vada aggravando questa sua particolarità visiva troppo sollecitata dai caleidoscopici mutamenti dei palestinesi?
Una delle caratteristiche del camaleonte è di non avere orecchie . sarà per questo che i palestinesi pur cambiando di colore non intendano comprendere ragioni?

(l'ideale, 15 aprile 2011)

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Gaza, lancio razzi contro Israele interrompe tregua

GERUSALEMME - Un gruppo palestinese ha lanciato oggi due razzi sul territorio di Israele, ponendo così di fatto fine a una tregua nelle violenze da quando nei giorni scorsi era scattato un cessate-il-fuoco informale grazie alla mediazione dell'Onu e dell'Egitto.
Israele risponde spesso ad attacchi di questo tipo con incursioni aere sulla Striscia di Gaza, controllata dai fondamentalisti di Hamas.
Un portavoce della polizia israeliana ha detto che due razzi sono stati sparati verse la città di Ashdod e Ashekelon, nel sud di Israele, ma non hanno causato né danni né feriti.
La violenza è scoppiata la settimana scorsa, quando militanti di Hamas hanno sparato una granata anti-carro attraverso la fontiera contro un bus scolastico, ferendo gravemente un adolescente israeliano. Israele ha risposto con attacchi aerei e terrestri, provocando la morte di 19 palestinesi.
Da Gaza gruppi militanti hanno sparatao almeno 140 razzi contro Israele in quattro giorni di combattimenti, prima della tregua scattata domenica.

(Reuters, 15 aprile 2011)

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Israele privatizza il porto di Eilat

Il porto di Eilat
Presto il porto d Eilat non sarà più nelle mani dello Stato ebraico. Israele vuole privatizzare lo scalo sul Mar Rosso.
La decisione è un risultato diretto della riforma delle istituzioni portuali del 2005, che ha trasformato i tre principali porti del Paese - Eilat, Haifa, Ashdod - in società autonome, potenzialmente privatizzabili. Il processo di privatizzazione del porto più meridionale d'Israele è iniziato la scorsa settimana, quando l'Autorità per le imprese pubbliche ha invitato gli imprenditori interessati all'affare a dichiararsi. Il bando di gara ufficiale è atteso per la fine dell'anno, ma i termini generali del futuro accordo sono già noti. Lo Stato è intenzionato a cedere il 100 per cento delle azioni della Eilat Port Company per 15 anni; passato questo periodo, il nuovo proprietario potrà rinnovare il contratto per altri 10 anni. L'opzione è però vincolata: il privato dovrà, infatti, aver raggiunto un certo livello di attività commerciale per poterla esercitare. In caso contrario, la licenza verrà data ad altri. Indiscrezioni di stampa hanno rivelato che il prezzo stimato per aggiudicarsi la gestione del porto si aggira intorno ai 20-28 milioni di euro. Entusiasta della manovra il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz: «Privatizzare il porto di Eilat - ha dichiarato - farà crescere l'import-export israeliano, e farà bene alla nostra economia». Più preoccupate, invece, le rappresentanze sindacali. «Non siamo contrari alla privatizzazione in sé - ha dichiarato il principale sindacato israeliano, Histadrut -, ma chiediamo garanzie per i lavoratori portuali». E anche dalla Difesa state sollevate forti obiezioni contro il progetto. I legali del ministero hanno chiesto di «fermare» il processo in corso in quanto finora nessuno avrebbe mai menzionato loro la possibilità di estendere il contratto a venire per ulteriori dieci anni. I militari seguono con grande attenzione quanto accade a Eilat, perché nei pressi del porto commerciale e turistico si trova una base della Marina che la prossimità con l'Egitto rende molto importante dal punto di vista strategico.

(FocusMo, 15 aprile 2011)

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Gaza, rapito pacifista italiano, il video

Vittorio Arrigoni, cooperante e volontario italiano, pacifista simbolo in Israele per le sue battaglie pro-palestina è stato rapito a Gaza da un gruppo islamico salafita la Brigata Mohammed Bin Moslama. Preoccupante l'ultimatum. I sequestratori in un video postato su "You Tube" hanno minacciato di uccidere il volontario italiano se il governo di Hamas non libererà i detenuti salafiti entro 30 ore a partire dalle 10 italiane di oggi.

(Italia-News.it, 14 aprile 2011

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Il testo del video del sequestro di Vittorio Arrigoni

Grazie a Dio nessuna ostilità se non sugli oppressori.
Che la preghiera di Dio sia sul profeta Maometto.
Dio ci ha insegnato tramite il compagno del profeta Ben Meslama di rapire questo prigioniero italiano Victor, colui che è entrato nella nostra terra solo per spargere disordine e male alla gente e al paese e dietro di lui il Paese della miscredenza, l'Italia, quel paese che combatte Dio e con le sue truppe che sono sulla terra dell'Islam.
Noi rivendichiamo questo rapimento e chiediamo al cosiddetto governo di Hanyeh, che combatte la sharia secondo gli ordini di Dio e perseguita i suoi fedeli monoteisti la liberazione totale e incondizionata di tutti i detenuti della Salafia Jihadista e il primo di loro lo sceicco combattente Hisham Al Saidini alias Abu Al Walid al Makdsi.
Sappiate, o voi: che gli allievi dell'imam, il giusto, Abu Annur Al Makdsi e i combattenti dello sceicco Abdulla Al Muhajir e gli uomini del leone Mutaaz Daghmash e gli studenti dello sceicco Abu Al Walid al Makdsi non hanno perso il sentiero... e non hanno dimenticato il sangue dei loro capi e dei loro sceicchi...
E noi da qui indirizziamo il nostro messaggio ai giovani salafiti jihadisti nella gloriosa Gaza di combattere e togliere da voi l'oppressione di coloro che vi governano perchè voi avete permesso, allora correte a combattere il vostro nemico dagli ebrei e coloro che li aiutano e che li proteggono, correte verso il paradiso, grande quanto i cieli e la terra dove c'è pace e felicità per l'umanità.
Vi avvisiamo, se non vengono eseguite in fretta le nostre richieste entro 30 ore dalla data del 14/04/2011, dalle 11 del mattino, eseguiremo la sua condanna a morte.

(PeaceReporter, 14 aprile 2011 - trad. Lemnaouer Ahmine)

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Google vuole un motore capace di dispiacersi

di Marco Viviani

Se per un istante si lasciano sul terreno i problemi i colossi dei motori di ricerca, tra sentenze e accuse dei concorrenti, e si guarda ai progetti futuri, le grandi società della silicon valley non smettono di stupire. Come ad esempio il finanziamento di Google all'Università di Tel Aviv per un progetto ai limiti del metafisico: un algoritmo del "mi dispiace".
Il progetto del professor Yishay Mansour è semplice (a parole): ideare degli algoritmi in grado di aiutare un computer a fare tesoro delle imprecisioni di un risultato per fare meglio nel risultato immediatamente successivo. L'idea è nata per migliorare le prestazioni delle macchine quando si tratta di bilanciare il carico dei server, gestire i pacchetti, valutare tutte le variabili e prendere la decisione migliore possibile.
"Siamo in grado di cambiare e influenzare il processo decisionale dei computer in tempo reale. Rispetto agli esseri umani, i sistemi di aiuto automatico possono velocemente elaborare tutte le informazioni disponibili per stimare il futuro - che si tratti di una guerra o di offerte su un sito di aste online, un improvviso picco di traffico verso un sito Web o la richiesta di un prodotto a larga scala."
Naturalmente un computer non è capace di rammaricarsi (per quanto ne sappiamo), ma si può misurare la distanza tra un risultato voluto e il risultato effettivo, che può essere interpretato tramite algoritmo come "rammarico virtuale".
Per quale motivo una tecnologia del genere dovrebbe interessare a Google? Alcuni commentatori della blogosfera pensano che l'obiettivo di Mountain View sia migliorare prodotti come AdSense e AdWords, cioè il settore della pubblicità, che si basa su dinamiche predittive che vanno costantemente confrontate con la realtà.
Ma anche il motore di ricerca stesso potrebbe beneficiare di questa tecnologia, che ha l'ambizione di anticipare tutte le variabili possibili azzeccando sempre la migliore, andando a migliorare il rapporto domanda-risposta-utente in modo forse oggi inimmaginabile.

(oneweb2.0, 15 aprile 2011)

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Italiani in Israele - Eletto il nuovo Comitato Direttivo alla Dante di Gerusalemme

Si e' tenuta in data di ieri, nei locali dell'Associazione Dante Alighieri di Gerusalemme, l'Assemblea Generale dei soci, durante la quale, non solamente si e' esaminato l'operato dell'Associazione durante l'anno 2010, ma e' stato anche eletto il nuovo Comitato Direttivo.
   Dopo le relazioni della Direttrice la sig.ra Alisa Vardi Benabu, del Commercialista Sandro Di Porto e del Presidente uscente il Cav. Dott. David Patsi, si e' aperto un dibattito con tutti i presenti, in special modo con i professori di lingua italiana; da tutti e' arrivata la richiesta di permettere alla Dante Alighieri di Gerusalemme, di aggiornarsi con i tempi, e di fare piu' pubblicita' per l'insegnamento della lingua italiana, facendo uso dei mezzi moderni quali posta elettronica, internet, facebook e cosi' via dicendo.
   A parte i normali corsi di italiano per studenti, da alcune settimane la Dante Alighieri di Gerusalemme ha iniziato dei corsi di italiano, destinati a giovani di 16 e 17 anni, e cio' alla luce dell'accordo stipulato , grazie all'intervento e all'accordo stipulato dall'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv, con il Ministero dell'Educazione israeliano, che ha accettato di inserire la lingua italiana come materia facoltativa per gli esami di maturita'.
   Tra le problematiche discusse, e da affrontare, quella delle ricerca di una nuova sede, piu' moderna, piu' facilmente accessibile alle persone anziane, con possibilta' di parcheggio nelle vicinanze.
   Nel frattempo il Comitato Direttivo della Dante Alighieri, con la cerchia dei suoi volontari, sta completando i preparativi in vista del Percorso Culturale che si terra' a Gerusalemme dal 5 maggio e sino al 28 giugno; quest'anno il Percorso Culturale avra' come oggetto ed argomento l'Alto Adige, e il tutto con il patrocinio dell'Ambasciata d'Italia in Israele e delle Regione Alto Adige/Sudtirol, e con la collaborazione della Fondazione Cassa di Risparmio, Bolzano, l'Azienda Energetica spa Bolzano, l'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e Haifa, dell'Istituto Van Leer di Gerusalemme, del Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme e del Comites d'Israele. La serata d'apertura che si terra' giovedi' 5 maggio, vedra' la presenza dell'Ambasciatore d'Italia a Tel Aviv Luigi Mattiolo, del Console Generale d'Italia a Gerusalemme, Luciano Pezzotti, della dott.ssa Carmela Callea Direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e del dott. Giovanni Pillonca, Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Haifa.
   Al termine dell'Assemblea e' strato eletto un nuovo Comitato Direttivo che e' risultato cosi' composto: David Patsi, Asher Sellah, Jenin Dorf, Beniamino Lazar,Anna Hamelski, Dan Bahat, Viviana Sacerdoti Di Segni, Alessandro Roifer. Alla Presidenza e' stato rieletto il Dott. Cav. David Patsi.
   La giornata della Dante - spiega la nota del Comites - si terra' quest'anno in data 28 maggio 2011, presso il Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme, che anche quest'anno mettera' a disposizione la sua prestigiosa sede e il giardino per i festeggiamenti della Dante e della chiusura dell'anno scolastico 2010/2011.

(Italian Network, 14 aprile 2011)

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A maggio la 'Festa del libro ebraico' e del Meis

Il presidente del Museo nazionale dell' ebraismo e della Shoah, Riccardo Calimani, esprime l'importanza dell'evento: "Sarà il punto di forza per vedere quant' é e quanto è stato vitale il mondo ebraico

FERRARA, 14 aprile 2011 - In città arriva la Festa del libro ebraico e Museo nazionale dell' ebraismo e della Shoah (Meis). La prima, in programma a Ferrara dal 7 al 9 maggio, sarà l'occasione per "trasmettere l'importanza" del Meis che, una volta completato, sara' "centro di studio, formazione e ricerca di storia, tradizione, testimonianza ebraica".
Cosi' l'ha definito oggi il suo presidente Riccardo Calimani presentando le due iniziative insieme al presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna. Un'occasione nella quale Calimani ha annunciato l'incarico di consulente scientifico del Meis - che ora ha la sua progetto - ad Ada Chiara Zevi e l'ingresso di Bice Migliau nel Comitato scientifico del museo.
"Il Meis - ha detto Calimani - sara' il punto di forza per far vedere quanto e' stato, ed e', vitale il mondo ebraico e di quanto esso nella storia sia stato agganciato all'Italia e all'Europa". "Nelle nostre intenzioni non sara' un museo rivolto solo al passato - ha detto Gattegna - ma un centro vivo che vuole parlare di un popolo vivo e non degli ebrei come di un popolo al passato".
Per quanto riguarda la Festa del libro ebraico - giunta alla sua seconda edizione patrocinata dal Mibac, dalla Regione Emila Romagna e dal Comune di Ferrara - comincera' nella sera di sabato / con la "prima notte bianca ebraica italiana" in cui i visitatori saranno coinvolti in varie iniziative culturali. Poi mostre come "Una storia di carattere. 150 anni di stampa ebraica" o la rassegna dei libri al Chiostro di S.Paolo, l'altra mostra 'Ebrei e Risorgimento'. Palazzo Diamanti, gioiell della citta', sara' la sede della mostra "Meis: architetture per un museo" i cui saranno esposti i progetti vincitori e le proposte progettuali avanzate dal mondo dell'architettura nazionale e internazionale.

(Il Resto del Carlino, 14 aprile 2011)

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Israele: Iron Dome è stato attivato

La Cupola di ferro è stata collocata. Israele non teme più Hamas.Iron Dome, il nuovo sistema antimissile messo appunto dall'esercito israeliano, ha recentemente intercettato e fatto esplodere in aria otto degli ultimi missili lanciati contro Israele dai militanti palestinesi della Striscia di Gaza.
Costato poco più di 200 milioni di dollari, Iron Dome è l'orgoglio della tecnologia militare israeliana e dovrebbe porre fine alla guerra missilistica messa in atto da gruppi terroristici palestinesi contro le città israeliane del sud. Il sistema d'intercettazione balistica è stao progettato dalla Rafael Advanced Defence Systems, l'autorità israeliana per la ricerca tecnologica militare.

(FocusMo, 14 aprile 2011)

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Fuorisalone 2011, PromiseDesign new design from Israel dal 12 al 18 aprile

Una mappatura caleidoscopica e vitale del design israeliano contemporaneo. Le tendenze contemporanee del design israeliano, all'insegna dell'innovazione, della sperimentazione e di metodi di produzione originali e innovativi; più di 50 autori per oltre 65 progetti espositivi

di Daniele Ferriero

MILANO - Un titolo dal sapore programmatico introduce all'interno della mostra. Patrocinata dall'Ufficio Culturale dell'Ambasciata di Israele in Italia e dal Ministero degli Esteri israeliano, l'esposizione si costituisce come una mappatura del design contemporaneo israeliano. Dopo la prima edizione del 2005 presso la Triennale di Milano, PromiseDesign è qui per rispondere a quelle stesse domande che era stata in grado originariamente di suscitare.
Presentando le diverse tendenze israeliane, la mostra si struttura secondo dinamiche in parte inedite. L'impressione è quella di un caleidoscopio vivace e vitale, sorretto e stimolato, piuttosto che deteriorato, da un mercato non ancora giunto alla sua più felice maturazione.
Tutt'altro che casuale, la scelta di dividere l'evento per aree di progettazione rispecchia l'andamento di una storia industriale e artistica ben precisa. Testimonia inoltre in diretta il passaggio verso la realizzazione autentica di una promessa: il design israeliano visto come una realtà complessa che si è deciso di dividere in Industria, ricerca, Auto-produzione, Craft design, Back to Primitive e Nature. La classificazione ovviamente non vuole cedere il passo a schematismi automatici, quanto invede desidera offrire la possibilità di un appiglio culturale e concettuale ai processi in atto.
Di particolare interesse sono le sezioni dedicate al design sperimentale, all'autoproduzione e produzione in piccole serie. In questi ambiti diventa evidente come la spinta all'innovazione vada necessariamente di pari passo a un percorso di confronto con le eventuali limitazioni del mercato o dell'industria spicciola. È naturale allora la nascita e formazione di micro-imprese o campagne di autopromozione, così come la produzione di pezzi unici o metodi lavorativi che prevedano la realizzazione di prodotti home-made. In questo senso appare naturale che in molteplici casi il lavoro s'instauri persino nell'ottica della coppia, come ad esempio riscontrato nell'esperienza di Talila Abraham e marito.
Non è da meno il versante che spinge sul recupero e sulla reinvenzione del mondo arcaico. Presenze singolari e difficilmente omologabili quali quella di Shai Barkan, intervenuto con l'istallazione di uno spazio abitativo realizzato solo in piani di cemento, a sottolineare un'essenzialità delle forme, strutture e funzioni concettualmente rilevante. Da ricordare anche il lavoro di Yakov Kaufmaan, che plasma maschere d'ascendenza primitivista a partire da pallet di truciolato. O ancora Lena Dubinski e Ami & Dov, dediti al recupero di una manualità primitiva eppure intimamente connessa alla contemporaneità.
L'esposizione, curata da Ely Rozenberg e Vanni Pasca, vince la sua sfida in virtù di uno spazio al tempo stesso intimista e multiculturale. L'allestimento brilla di luce propria in virtù delle scelte specifiche dei materiali e degli oggetti presenti, rimarcando ancora una volta che PromiseDesign è qualcosa più di una promessa.

Dove: Milano, circuito Ventura-Lambrate, via Ventura 15
Quando: 12 aprile - 18 aprile 2011
Orari: dalle 10,00 alle 20,00
Opening Night: mercoledì 13 dalle 19,00 alle 23,00
Biglietti: Ingresso gratuito
E-mail: promisedesign2011@gmail.com

(CronacaMilano, 14 aprile 2011)

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Sciopero degli impiegati Unrwa a Gaza

GAZA - Ieri, nella Striscia di Gaza, tutti i servizi e gli uffici dell'Agenzia Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa) si sono fermati.
La protesta è stata indetta contro il licenziamento di alcuni lavoratori e la disattesa richiesta di altri di un avere contratto indeterminato.
Le scuole Unrwa nella Striscia di Gaza - con circa 1,5 milioni di studenti - ieri sono rimaste chiuse e, allo stesso modo, le cliniche locali (Unwra) hanno fermato i propri servizi.
In una conferenza stampa svoltasi proprio di fronte alla sede dell'Agenzia dell'Onu, Suhail al-Hindi, presidente del sindacato di questi lavoratori a Gaza ha dichiarato di non poter tollerare trattamenti di disparità tra i dipendenti, e ha chiesto all'Unwra di rivedere la decisione di licenziare alcuni impiegati che erano stati sottoposti a un processo giudiziario dalla Magistratura palestinese, per essere infine dichiarati innocenti.
Ma le parole di al-Hindi si sono estese anche ad altre questioni di disaccordo con la gestione Unwra. Condannando l'inserimento dell'insegnamento dell'Olocausto nelle scuole palestinesi - così come aveva programmato l'Unwra - al-Hindi ha replicato: "E' la questione palestinese che i nostri studenti devono apprendere nelle scuole".

(Infopal, 14 aprile 2011)

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Tempi duri per gli agricoltori israeliani

L'Ufficio centrale delle statistiche d'Israele ha annunciato che nel 2010 la produzione di frutta e verdura è diminuita del 14 per cento.
Il settore, spiegano gli analisti, ha sofferto significativamente per la scarsità di piogge dello scorso anno, e per le restrizioni imposte dal ministero dell'Ambiente sulla quantità di acqua utilizzabile per l'irrigazione. La produzione minore ha determinato un guadagno inferiore per gli agricoltori: il prodotto nazionale lordo del settore agricolo ha perso il 5.4 per cento rispetto all'anno precedente. Ma anche per i consumatori quella appena trascorsa non è stata una buona annata: i prezzi di verdura e frutta hanno fatto registrare un aumento medio del 16 per cento.

(FocusMo, 14 aprile 2011)

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Germania: sopravvissuto di Sobibor chiede clemenza per Demjanjuk

Jules Schelvis
Jules Schelvis, un 90enne olandese sopravvissuto all'Olocausto, ha chiesto oggi clemenza per John Demjanjuk durante un'udienza del processo contro il presunto boia di Sobibor, accusato di concorso nell'eccidio di quasi 28 mila ebrei nel 1943.
Schelvis, che aveva già testimoniato al processo nel dicembre 2009, ha chiesto un verdetto di colpevolezza contro il coetaneo Demjanjuk, sottolineando però che l'anziano ucraino non dovrebbe essere condannato perché ha già scontato nove anni di carcere.
Durante una testimonianza resa a fine 2009, Schelvis aveva raccontato di avere perso a Sobibor 18 familiari, tra cui la moglie di 22 anni e i suoceri.
Il mese scorso, il pubblico ministero del tribunale di Monaco di Baviera ha chiesto sei anni di reclusione per Demjanjuk, rispetto alla pena massima prevista di 15 anni di carcere.

(swisscom, 13 aprile 2011)

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I grandi capitali e i fondi d'investimento scommettono sull'ingegno israeliano

Dati forniti dalla Israel Venture Capital Association (IVC) mostrano come nel primo trimestre dell'anno in corso 140 startup israeliane hanno raccolto 479 milioni di dollari: ovvero, la somma più alta registrata per periodi analoghi negli ultimi due anni.
La percentuale di crescita rispetto all'ultimo quarto del 2010 è pari al 39 per cento, e ancora più significativo è il paragone con il primo trimestre del 2010. Allora le startup israeliane ottennero fondi per 234 milioni di dollari, il che significa che oggi i finanziamenti sono aumentati del 105 per cento. Ottantasette compagnie hanno ricevuto più di un milione di dollari l'una; guardando nel dettaglio, 20 sono state finanziate con somme pari a 5-10 milioni, 11 hanno ottenuto 10-20 milioni e tre hanno raccolto oltre 20 milioni. «Il primo trimestre del 2011 - ha commentato l'amministratore delegato del centro ricerche dell'IVC, Koby Simana - ha fatto registrare un incremento sorprendentemente ampio del capitale raccolto dalle aziende high-tech d'Israele. La gran parte di questi soldi arriva da fondi d'investimento stranieri, che in questi tre mesi hanno finanziato le startup israeliane il triplo rispetto al quarto precedente. La buona notizia, dunque, è che le compagnie high-tech nazionali sono riuscite a soddisfare i propri bisogni finanziari attraendo sempre di più capitali non israeliani». Tra le aziende più finanziate si contano quelle attive nel campo delle biotecnologie (a cui è stato destinato il 27% del totale) e in internet (18%), i produttori di software (16%) e di semiconduttori (12%), le società di comunicazione (11%) e di clean-tech (8%).

(FocusMo, 13 aprile 2011)

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Francia: Gli ebrei possono fare il test d'ingresso all'università in un altro orario

E scoppia la polemica

PARIGI - L'Eliseo è finito sotto accusa per aver concesso a una decina di studenti ebrei strettamente osservanti di fare un esame di ammissione universitario in orario diverso dai 13.000 candidati secondo quanto scrive l'Ansa.
Il motivo? L'esame è fissato per le giornate della Pasqua ebraica, il 20 e 26 aprile prossimi. I dieci ragazzi hanno chiesto di poter fare l'esame non a partire dalle 8 del mattino, come gli altri, ma dalle 22 alle 2 dopo mezzanotte.
Il secondo giorno di esame partirà per loro come per gli altri, dalle 8 del mattino. I candidati che dovrebbero essere posticipati saranno sorvegliati strettamente durante tutto il giorno prima dell'inizio del loro esame, per evitare che giungano loro notizie dell'esame che gli altri stanno sostenendo. La prova è valida per l'ammissione alle Grandes Ecoles, il livello più alto e selettivo del sistema scolastico francese.

(Blitz quotidiano, 13 aprile 2011)

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La Pasqua ebraica arriva in Giappone

Da Tokyo a Fukushima, nei prossimi giorni, si mangeranno noodles kasher. Per gli ebrei è arrivato quel periodo dell'anno in cui bisogna liberare la dispensa dai cibi lievitati e fare una scrupolosa pulizia in casa. Pesach, la Pasqua ebraica, è alle porte. La ricorrenza, detta anche Festa della Libertà, ricorda la fuga degli israeliti, schiavi, dall'Egitto, e il loro arrivo nella Terra Promessa dopo decenni di peregrinazione da uomini liberi.
   Le prescrizioni religiose prevedono che nelle case non vi sia neanche una briciola di chametz (cibi lievitati), e lo stesso vale per negozi, supermercati e ristoranti che tengono a conservare il certificato di kasherut. Da giorni, i negozi non rinnovano gli ordini di pasta e simili ai propri fornitori e applicano forti sconti per cercare di smaltire le scorte. Un saldo selvaggio, che gli israeliani chiamano scherzosamente la "guerra di Pesach". Altri ricorrono a un escamotage: contratti di vendita temporanei - ma perfettamente kasher - dei cibi proibiti o addirittura degli stessi esercizi commerciali che vengono ceduti, per una settimana, a non-ebrei. Trascorsa la festa, i vecchi proprietari ne tornano in possesso. Tradizionalmente, per esempio, il villaggio arabo di Abu Gosh acquista virtualmente tutti i farinacei di Gerusalemme e dintorni. Ma quest'anno le cose andranno diversamente, almeno in parte. Pasta, riso e co. finiranno direttamente in Giappone, nelle cucine delle zone più colpite da terremoto e tsunami.
  
   I volontari di alcune organizzazioni israeliane non-profit, come My Israel, hanno deciso in accordo col ministero degli Esteri di spedire al Paese del Sol Levante tutto lo chametz che riusciranno a raccogliere. In questi giorni di crisi, infatti, il Giappone sta soffrendo anche una penuria di farina e noodles. Il presidente di My Israel, Ayelet Shaker, ha spiegato: «Vogliamo aumentare il senso dell'impegno reciproco non solo all'interno della società israeliana o ebraica, ma anche rispetto alle altre nazioni». Le spedizioni saranno effettuate dal ministero; il cibo verrà imballato in cassette che saranno poi stipate nei prossimi voli per il Giappone, accompagnate da un biglietto: «Da Israele con amore». Non tutti, però, sono animati dallo stesso senso di solidarietà. Per molti, tour operator in testa, la ricorrenza prossima è soprattutto occasione di business.
   Il viaggio in Israele per celebrare la festa è una tradizione che ha radici lontane: anticamente, a Pesach gli ebrei si recavano in pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme. La versione odierna del pellegrinaggio comprende hotel a cinque stelle e ogni confort immaginabile. Compagnie di viaggio come Kosher Cruise propongono vacanze ad hoc, offrendo al turista religioso pacchetti all-inclusive per trascorrere «una vacanza davvero kasher», ma allo stesso tempo «al top del lusso». Insomma: anche il settore turistico indossa la kippah, in questo periodo dell'anno. E se è vero che le vacanze kasher hanno un loro mercato anche negli altri mesi, a Pesach possibilità e offerte si moltiplicano, e le agenzie specializzate registrano sempre un picco nel numero dei clienti.
   Il ministero del Turismo israeliano, invece, in questi giorni sembra concentrare gli sforzi per attrarre visitatori cristiani. «Abbiamo progettato eventi speciali in varie zone della città - spiegano dal ministero -, le nostre previsioni parlano di almeno 100mila turisti cristiani in procinto di arrivare». Ma oltre al turismo c'è di più: e gli agenti di viaggio non sono gli unici a trarre profitto dalla Festa della Libertà. Curiosa l'iniziativa del sito internet haggadot.com, che offre ai propri utenti la possibilità di realizzare un racconto di Pesach personalizzato. La prima sera del Seder, a cena, si legge la Haggadah di Pesach, il racconto epico della sortita dall'Egitto. Grazie a questo sito, la narrazione viene resa domestica, arricchita con dettagli conosciuti solo dai membri di una certa famiglia o comunità: storie personali che si fondono con la storia di un intero popolo, in modo da «esercitare maggiore appeal sui partecipanti alla cena». A spiegarlo è la fondatrice di haggadot.com, Eileen Levinson, che sottolinea come questo strumento sia utile anche per riavvicinare alla festa gli ebrei meno religiosi. Per rendere il Seder più «vibrante, ispirato, partecipato», sostiene Levinson, è concesso quasi tutto: anche trasformare l'Haggadah in una striscia a fumetti.

(FocusMo, 13 aprile 2011)

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Gaza, presto un nuovo video di Shalit

Hamas esige 'prezzo' adeguato da Israele

GAZA, 13 APR - Una rivista che esprime le posizioni di Hamas, a-Risala, anticipa che i rapitori di Ghilad Shalit potrebbero rilasciare presto un nuovo video del soldato israeliano catturato da un commando palestinese nel 2006, dopo quello divulgato un anno e mezzo fa. Ma Israele, avverte a-Risala, dovrebbe pagare 'un prezzo' adeguato. Nell'occasione precedente, Israele accetto' di rilasciare 19 detenute palestinesi ed ottenne in cambio un filmato di due minuti che mostrava il militare in buone condizioni.

(ANSA, 13 aprile 2011)

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Una cartolina per Shalit

di Francesco Lucrezi, storico

La disumana crudeltà della prigionia di Gilad Shalit, che dura ormai da quasi cinque, lunghissimi anni, nel totale disprezzo di ogni forma di umanità e di morale, di qualsivoglia tipo di diritto (penale, militare, internazionale, di pace, di guerra o di altro tipo) l'uomo sia mai stato capace di inventare, sia pure nelle più estreme condizioni di brutalità e sopraffazione, è - o dovrebbe essere - una spina nel fianco di qualsiasi spirito civile, qualcosa che dovrebbe levare il sonno a chiunque abbia in sé un minimo di coscienza. E' evidente che, dal punto di vista dei terroristi sequestratori, la vita del giovane soldato rappresenta una merce preziosa, e non soltanto per la prospettiva della gigantesca contropartita richiesta nello scambio, che assicurerebbe loro uno straordinario successo politico, militare e di immagine nel confronto contro Israele, ma anche per l'evidente obiettivo (da considerare, in ogni caso, pienamente raggiunto) di alzare sempre più il muro di ostilità e incomunicabilità tra il popolo israeliano e quello palestinese. Tutti i palestinesi, secondo Hamas, devono tenere presente che non c'è alcuna alternativa al linguaggio della forza e della violenza, e tutti gli israeliani - anche quelli che continuano, tra mille difficoltà, a organizzare iniziative umanitarie a favore della popolazione civile di Gaza - devono sapere che, al di là della frontiera, per loro non ci sono che irriducibili nemici. Chi critica il cosiddetto 'muro' difensivo di Israele, finge di non vedere il gigantesco muro di odio eretto da Hamas: coloro che continuano a invocare l'agognata pace tra Israele e Palestina, e a lamentare lo stallo nei colloqui bilaterali, come se Hamas non esistesse, che ruolo immaginano, nel futuro Medio Oriente 'pacificato', per i carcerieri di Shalit?
Abbiamo già avuto modo di annotare, di fronte al dilemma posto dalla trattativa, che la ragione e il cuore sembrerebbero suggerire opzioni diverse. Se il governo israeliano è chiamato all'arduo compito di conciliare entrambe le cose, il comune cittadino può, però, fare sentire la sua semplice voce, dare una piccola, importante manifestazione di solidarietà. Per farlo, può essere sufficiente inviare una cartolina a Gilad Shalit, in cui gli si augura, semplicemente, di tornare presto a casa. Natan Sharansky, attualmente Presidente della Jewish Agency (e, com'è noto, per lunghi anni prigioniero, in quanto dissidente, nelle carceri sovietiche), nel corso di una pubblica manifestazione organizzata a Tel Aviv lo scorso 10 dicembre, ha sottolineato come tale piccolo gesto possa essere importante: anche se, naturalmente, Shalit non riceverà mai i messaggi, molti, in Italia, in Israele e a Gaza, sapranno che il giovane prigioniero non è stato dimenticato, non lo sarà mai. Un gesto ingenuo, probabilmente, e certamente non risolutivo (si potrebbe temere, addirittura, che la persistente attenzione internazionale possa contribuire a mantenere alto il "prezzo di scambio"). Ma è un gesto, in ogni caso, che ci eviterà di andare a dormire, la sera, come se niente fosse, come se non esistesse, in un certa località, un ragazzo innocente, sigillato - da ormai un quinto della sua vita - in una stanza. E i suoi sequestratori, forse, capiranno che, almeno su di un piano, hanno sbagliato i loro calcoli, contribuendo a rendere ancora più forte, in tutti gli amici di Israele, il sentimento di solidarietà e appartenenza.
Scriviamo, dunque. L'indirizzo? Gilad Shalit, Military Prison, Gaza City, Palestinian Territory (Israel)

(Notiziario Ucei, 13 aprile 2011)

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Una squadra di "preghiera" su richiesta a Gerusalemme

Batya Burd al Muro del Pianto
GERUSALEMME - Alcuni vogliono una moglie. Altri dei figli, una cura miracolosa per qualche malattia o un aiutino al conto in banca. I credenti che invocano l'intervento divino possono cercare aiuto per loro preghiere con un minimo di 80 dollari su un sito web di Gerusalemme che dispone di una squadra di 35 agenti che pregano "su richiesta" in uno dei luoghi più sacri dell'ebraismo al posto di chi non può andarci di persona. Batya Burd, ebrea osservante che vive nella Città Vecchia di Gerusalemme, ha organizzato il business di deleghe per fornire soccorso spirituale e — come dice lei — miracoli ai fedeli raccogliendo nel frattempo fondi per le persone che dedicano la loro vita agli studi biblici. La trentatreenne, che ha lasciato una carriera di avvocato in Canada per tornare in Israele, riceve molte mail con richieste da tutto il mondo, compone preghiere personalizzate per ogni cliente e poi gli assegna un "agente". Questo recita la preghiera presso il muro occidentale di Gerusalemme — che era parte dell'antico complesso del tempio ebraico — ogni giorno per 40 giorni. "Quando ho guardato quello che serviva a Gerusalemme ho capito che si trattava più che altro di sostegno economico, mentre i bisogni delle persone che non vivono qui sono più che altro spirituali", ha detto Batya. "(La mia idea) è stata un modo di unire le due cose". Finora ha composto preghiere per 700-800 persone, e ha raccontato che grazie a lei si sono compiuti diversi miracoli, tra cui un uomo che ha incontrato la sua anima gemella, una donna che ha vinto la lotteria e due persone che dicono di essere guarite dal cancro dopo le preghiere. Batya crede ferventemente nel potere della preghiera e sfida gli scettici e provare prima di criticare. "Più sinceramente credi in qualcosa, più Dio lascia che accada". Il minimo per le offerte è di 2 dollari al giorno, che vanno all' "agente" che si reca a pregare al muro. Con un totale di 720 dollari ci si assicura una preghiera esclusiva al muro e presso una sinagoga della Città Vecchia. Con una richiesta speciale e almeno 1.800 dollari si hanno 10 uomini che pregano insieme per 40 giorni nei sotterranei del muro, zona dove non è permessa la preghiera pubblica.

(Reuters, 13 aprile 2011)

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Maratona a Gaza: UNRWA spera in grande affluenza

Le Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA) auspica un'elevata partecipazione alla Gaza Marathon che si terrà il 5 maggio prossimo a Gaza.
La maratona è parte di un progetto di raccolta fondi per l'UNRWA. per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi sperano che il territorio costiero porterà centinaia - se non migliaia - di prendere parte alla prima volta di Gaza Marathon, il 5 maggio, la maratona si svolge in gran parte come una raccolta di fondi per UNRWA `S giochi quinto estive annuali. "L'idea è quella di una raccolta fondi per i giochi estivi a Gaza. Organizziamo questi eventi ogni estate per circa 250'000 bambini. - ci saranno attività sportive e culturali che mirano a distrarre i piccoli che vivono quotidianamente una situazione di tensione e violenza",ha affermato, Chris Gunness, portavoce dell'Unrwa.

(FocusMo, 13 aprile 2011)

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Israele riapre un varco con la Striscia di Gaza

GAZA - Israele ha riaperto oggi un varco commerciale con la Striscia di Gaza, governata dai fondamentalisti di Hamas, che era rimasto chiuso per sette giorni a causa dei combattimenti, ha annunciato un portavoce israeliano.
Israele aveva chiuso il Kerem Shalom durante un'ondata di violenze in cui militanti di Hamas avevano sparato un razzo anti-carro contro un bus scolastico, ferendo gravemente un adolescente israeliano, e lo Stato ebraico aveva risposto con una serie di attacchi aerei, uccidendo 19 palestinesi.
Le violenze si sono fermate da quando domenica scorsa i mediatori egiziani dell'Onu sono riusciti a ottenere una tregua informale.
"Il varco ha riaperto per le normali attività", ha detto Amir Koren, un portavoce dell'ufficio di coordinamento militare israeliano che sovrintende ai varchi di frontiera di Gaza.
Gli operatori commerciali di Gaza dicono che camion provenienti da Israele hanno trasportato mangime per animali e che generi alimentari di base dovrebbero arrivare poi successivamente.
Ieri, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione (Unrwa), che fornisce aiuto a oltre due terzi della popolazione di gaza, composta da 1 milione e mezzo di persone, ha detto che 172 autocisterne cariche di petrolio, zucchero e farina aspettavano di poter entrare nella Striscia.
Gaza ha un varco verso l'Egitto nel punto più meridionale, Rafah, ma i beni commerciali passano solo attraverso il terminal israeliano. I contrabbandieri trasportano invece beni attraverso tunnel scavati lungo la frontiera desertica con l'Egitto.

(Reuters, 13 aprile 2011)

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MEIS Architetture per un museo

Ferrara, Palazzo dei Diamanti 8 maggio - 12 giugno 2011

FERRARA - Domenica 8 maggio 2011, alle ore 11.00, nell'ambito della seconda edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia, inaugura a Palazzo dei Diamanti a Ferrara MEIS. Architetture per un museo, una mostra interamente dedicata ai cinquantadue progetti che hanno partecipato al Concorso di Progettazione per il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara.
Il concorso, bandito dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia Romagna, si era posto come finalità l'individuazione del miglior progetto destinato a recuperare alla città il complesso delle ex Carceri di via Piangipane a Ferrara per farne un museo atto a "illustrare l'originalità della storia ebraica italiana nel contesto del più vasto ambito europeo e mediterraneo promuovere attività culturali volte a mettere a frutto, per il presente e per il futuro, il patrimonio di saperi, attività, idee ed esperienze, testimoniate dalla più che bimillenaria presenza ebraica in Italia".
Per ottemperare a queste finalità, nel 2006 è stata istituita la Fondazione MEIS, alla quale partecipano il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Comune di Ferrara, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC).
La Giuria del Concorso - composta dal prof. Roberto Bonfil, dagli Arch. Guido Canali e Margherita Guccione, dall'Arch. Prof. Carlo Magnani e presieduta dall'Arch. Carla Di Francesco, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia Romagna, - ha concluso i suoi lavori nel gennaio 2011, dopo aver accuratamente visionato cinquantadue proposte fatte pervenire da gruppi di progettisti di tutto il mondo.
Il tema del concorso era di per sé delicato per la richiesta dell'Ente banditore di trasformare l'ex complesso delle carceri di via Piangipane in un luogo aperto alla città, reinserendo nella nuova configurazione architettonica almeno una porzione significativa dell'edificio preesistente. Il concorso comprendeva, infatti, la definizione dello spazio architettonico: il riuso del vecchio carcere di Ferrara e degli spazi accessori - ad esclusione della palazzina che dà su via Piangipane -, la progettazione di nuovi spazi aperti o chiusi, l'allestimento del museo e delle modalità di presentazione degli argomenti prescelti. Il museo, inoltre, dovrà basare la sua attività sul supporto anche della tecnologia e della multimedialità.
Compito dei concorrenti è stato dunque quello di progettare una struttura in grado di trasformarsi in museo e centro di produzione culturale dedicato alla storia ed all'attualità dell'Ebraismo in Italia, nell'ambito di un dialogo tra antico e nuovo che si è rivelato il vero punto focale delle proposte.
Il risultato - un variegato e significativo panorama di ben cinquantadue soluzioni progettuali - sarà visibile nella mostra che Palazzo dei Diamanti ospiterà dall'8 maggio, rendendo possibile, da un lato, la comprensione del contesto urbano di riferimento, dall'altro l'approfondimento delle peculiarità dell'architettura scelta per il nascente Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah.
Accanto al progetto vincitore - aggiudicato dallo Studio Arco Architettura di Bologna, capogruppo del team di progettazione, "per la qualità della soluzione proposta che vede un intervento misurato e flessibile, di grande permeabilità urbana" - sarà quindi possibile visionare gli altri cinquantadue progetti che hanno concorso al bando, in un lungo e interessante viaggio all'interno di proposte variegate ma di grande impatto e interesse architettonico.
La mostra MEIS. Architetture per un museo, che resterà aperta sino al 12 giugno (dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 18.00; aperture straordinarie lunedì 9 maggio e giovedì 2 giugno), è organizzata e promossa da MiBAC - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia Romagna, dal Comune di Ferrara, dalla Fondazione Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah.

Info e prenotazioni:
Call center Ferrara Mostre e Musei
Palazzo dei Diamanti
Tel. 0532.244949
Fax. 0532.203064
diamanti@comune.fe.it

(Civita News, 13 aprile 2011)

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Israele: nuovi concorrenti nel settore telecomunicazioni

MIRS Communications Ltd. e Xfone si sono aggiudicati una licenza per fornire servizi di telefonia mobile in Israele, aumentando la concorrenza in un mercato controllato da tre operatori principali.
MIRS avrebbe pagato 705 milioni di shekel (204 milioni dollari) per la licenza e Xfone, 710 milioni shekel, ha affermato oggi il Ministro delle Comunicazioni. MIRS e Xfone entreranno dunque in concorrenza con gli operatori israeliani Cellcom, Partner Communications Co. e Bezeq. "Investimenti come questi dimostrano che si ripone fiducia nel mercato delle telecomunicazioni israeliane", ha riferito in una conferenza stampa il ministro delle Comunicazioni Moshe Kahlon.

(FocusMo, 13 aprile 2011)

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Incontro con un sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti

VELLETRI - Il giorno 15 aprile 2011 si terrà nell'aula Magna dell'Istituto di istruzione superiore "Via Luigi Novelli" un incontro con il signor Samuel Modiano, sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti. Al racconto della toccante esperienza, farà seguito una breve cerimonia che vedrà la messa in loco nel giardino della scuola di 12 alberi della memoria, in ricordo dei 12 ebrei veliterni vittime della violenza nazista. Varie scuole, numerose autorità e i rappresentanti della Comunità Ebraica sono stati invitati dai ragazzi dell'Istituto che, preparati dai loro insegnanti in tal senso, seguiranno, coordineranno e parteciperanno in modo attivo ad entrambi gli eventi per testimoniare che il nostro futuro non può che formarsi su una precisa presa di coscienza del nostro passato.

(Castellinews, 13 aprile 2011)

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Dalla Toscana un pacchetto turistico tra Israele e Palestina

FIRENZE, 12 apr - Haifa e Acco, Gerico e Nablus.
Quattro citta' mediorientali, due israeliane e due palestinesi, che Regione Toscana e ong 'Coopera' hanno preso a esempio per dimostrare che ''reciproca comprensione, riconciliazione e coesistenza pacifica sono possibili''.
La 'strada' che collega i quattro centri (famosi per la loro storia antica ma anche per alcuni prodotti specifici: datteri, monili in argento e in bronzo, saponi, artigianato tessile), e' adesso percorribile anche grazie a un nuovo prodotto turistico che i partner del programma di cooperazione internazionale 'Med Cooperation' - finanziato da Unione Europea, Monte Paschi Siena e diversi enti locali toscani - stanno lanciando nel mercato dei viaggi.
'Il viaggio possibile' (questo il nome del pacchetto turistico nato dal progetto di cooperazione internazionale) ha l'ambizione di portare turisti italiani interessati alle ''tracce della storia e della rinascita''.
Tecnicamente affidato ad 'Argonauta Viaggi' la proposta si sviluppa su cinque date di partenza, con una durata di 8 giorni, quota individuale di partecipazione a partire da 1.320 euro, minimo 24 partecipanti.
''Un tipo di turismo diverso che ha anche la speranza di educare alla pace'', sottolinea il presidente Enrico Rossi.

(ASCA, 12 aprile 2011)

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E' Tel Aviv la città più verde d'Israele

Tel Aviv
Lo assicurano i ricercatori dell'Heschel Center for Environmental Learning and Leadership, centro studi israeliano che lavora per favorire uno sviluppo sostenibile del Paese.
Gli esperti dell'Heschel Center hanno stilato una classifica delle località più eco-friendly, esaminando il livello d'impegno e sensibilità di diverse città israeliane nei confronti dell'ambiente, e valutando le varie iniziative (comunali e di privati cittadini) per incentivare il rispetto e la preservazione della natura. Moltissime le variabili prese in esame, come la questione energetica - risparmio di energia e utilizzo di risorse rinnovabili -, la partecipazione pubblica, la gestione ambientale, i programmi educativi, l'uso di biciclette e altri mezzi di trasporto non inquinanti, il riciclo di acqua e rifiuti. Seconda e terza classificate, dopo Tel Aviv, Kfar Saba e Raanana; Givatayim è invece fanalino di coda.

(FocusMo, 12 aprile 2011)

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Israele: in calo investimenti dei fondi

Il ritmo degli investimenti effettuati dai fondi israeliani attivi nel settore del venture capital nel corso degli ultimi anni è progressivamente rallentato: alcuni di questi hanno diminuito l'erogazione di capitali, mentre altri non hanno avuto a disposizione fondi da impiegare: rispetto al 2007, i nuovi investimenti medi per fondo si sono ridotti da 7 - 8 a 2 - 3 l'anno.
Metà dei fondi venture capital israeliani non ha effettuato nuovi investimenti nel 2010, nel 2009 la percentuale era stata del 42 per cento, secondo quanto affermato dalla Israel Venture Capital Association nello studio "Most active venture capital funds in Israel", di recente pubblicazione. Il 69 per cento dei 75 nuovi investimenti effettuati in Israele nel 2010 proveniva da fondi israeliani, il resto da fondi stranieri: la gruaduatoria è guidata da Evergreen Venture Partners con sei nuovi investimenti, seguita da Battery Ventures e Pontifax Fund, con cinque l'uno. Gemini Israel Funds, Genesis Partners, Cedar Fund, e Carmel Ventures hanno effettuato quattro investimenti, Pitango Venture Capital solo tre.
Il 32 per cento dei nuovi investimenti riguardava l'avvio di start-up, rispetto al 35 per cento del 2009. Il 25 per cento dei primi investimenti è stato effettuato in start-up legate a Internet, il 23 per cento in compagnie software: tali percentuali rispecchiano quelle del 2009.

(Portalino.it, 12 aprile 2011)

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Il governo di Israele investirà 40 milioni in fondo biotecnologico

Il Ministero della Finanza e il Ministero dell'Industria, Commercio e Lavoro hanno firmato in data 6.4.2011 un accordo con la ditta "Orbimed" per la costituzione di un fondo di investimento per il settore biotecnologico.
L'ammontare di questo nuovo fondo nella fase iniziale sarà pari a 200 milioni di US$ con una partecipazione di 40 milioni da parte del governo israeliano e il resto sarà messo a disposizione da "Orbimed". La ditta e' riuscita a raccogliere 160 milioni di US$ dal settore privato, piu' del doppio dei requisiti della gara (76 milioni di US$). Orbimed, che ha vinto la gara pubblicata dal Governo, e' l'impresa di investimento piu' grande nel settore delle scienze della vita che gestisce investimenti di oltre 5 miliardi di US$. Il fondo investirà nel campo delle scienze della vita, sopratutto nel bio-farma, che e' stato identificato dal Governo come un campo che ha eccellenti basi in Israele, non ancora sfruttati. L'Orbimed ha aperto una rappresentanza in Israele e la sua attività sarà seguita da tre partner israeliani - Nissim Darwish, Erez Haimovich e Anat Naschitz.

(FocusMo, 12 aprile 2011)

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Turchia, arrestato leader di al-Qaeda e 40 militanti

Colpita anche l'organizzazione degli Hezbollah

In una maxi-operazione delle forze antiterrorismo, è stato arrestato Halis Bayancuk, considerato il leader di al-Qaeda in Turchia, oltre a 40 militanti del suo gruppo terroristico e degli Hezbollah turchi. Lo ha riferito l'emittente televisiva Trt.
Al-Qaeda è responsabile dell'attentato che nel 2003 fece 60 morti a Istanbul e provocò il ferimento di altre centinaia. Il gruppo di Hezbollah, che non ha legami con l'omonima formazione sciita libanese, è emersa negli anni Ottanta, quando ha preso di mira con una serie di attacchi soprattutto la comunità curda del sud-est.

(PeaceReporter, 12 aprile 2011)

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I riti e le tradizioni della «Pesach», la Pasqua ebraica

di Ariela Piattelli

Se in questi giorni vi è capitato di passeggiare nel quartiere del vecchio ghetto, avrete certamente notato una certa concitazione. Gli ebrei romani erano in prima linea nei negozi specializzati kosher a fare scorta di cibi per la Pasqua. Questa sera, nelle case di tutti gli ebrei del mondo, si celebra infatti il «Pesach», la Pasqua ebraica, che dura otto giorni. È una festività lieta, molto importante, ricordata anche come «la festa della libertà», proprio perché commemora la fine della schiavitù d'Egitto.
La storia dell'Esodo è ben nota, gli ebrei guidati da Mosè lasciarono l'Egitto in fretta, tanto da non avere il tempo di far lievitare il pane, di qui il divieto assoluto nei giorni del Pesach di mangiare cibi lievitati e persino di possederli in casa. L'azzima (pane non lievitato) sostituisce il pane nel corso degli otto giorni. Nel periodo che precede la festa gli ebrei si dedicano ad una scrupolosa pulizia nelle case, per eliminare ogni traccia di cibi lievitati (si cambiano anche i piatti, le pentole, e le posate) e così nasce in realtà l'usanza delle «pulizie di Pasqua». Si inizia quindi oggi con una cena chiamata «Seder» (in italiano «ordine») a base di vivande a cui viene attribuito un valore simbolico: mentre si legge il racconto dell'Esodo in lingua aramaica («Haggadah»), si consumano i cibi che simboleggiano il dolore della schiavitù e la gioia della libertà. Come l'erba amara, l'uovo sodo (l'uovo nell'ebraismo è simbolo della continuità della vita), il vino, e il pane azzimo, simbolo della durezza della schiavitù. E se le limitazioni ed i divieti dei precetti religiosi rappresentano in realtà uno stimolo per sbizzarrirsi ai fornelli, sarà curioso notare come molti piatti caratteristici della tradizione culinaria giudaico-romanesca siano stati studiati proprio per il Pesach. I pomodori al riso, l'agnello pasquale ad esempio, ed essendo i carciofi una verdura di stagione, non possono mancare sulla tavola i celebri «carciofi alla giudia». Tra i primi piatti più graditi spicca la zuppa di azzime con l'uovo, poi ci si sbizzarrisce con una varietà notevole di risotti cucinati con verdure di stagione, proprio perché per i giorni del Pesach è proibita la pasta di farina di grano.
I dolci rappresentano sicuramente il piatto forte della Pasqua ebraica: «le pizzarelle con il miele», pasta di azzime fritta con uva passa e pinoli, le «ciambellette» e gli «amaretti» hanno molto successo, al punto tale da essere venduti tutto l'anno nelle pasticcerie kosher. Questa tradizione culinaria è rimasta sempre viva nel corso dei secoli. Gli ebrei romani, anche nei periodi storici più difficili, non hanno mai rinunciato a festeggiare il Pesach, proprio perché la storia dell'Esodo rappresenta in ogni epoca il valore assoluto della libertà.

(il Giornale, aprile 2011)

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CONVEGNO INTERNAZIONALE

Ebrei dell'Italia centrale. Dallo Stato Pontificio al Regno d'Italia

Evento - Giov, 14/04/2011 - 15:00 - Ven, 15/04/2011 - 09:30
Luogo  - Salone d'Onore, Palazzo Donini, Corso Vannucci 96, Perugia

L'Associazione Italia Israele di Perugia, in collaborazione con l'ISUC e con il patrocinio del Comune di Perugia e della Regione Umbria, in occasione del 150o anniversario dell'unificazione italiana, ha organizzato il convegno internazionale "Ebrei dell'Italia centrale. Dallo Stato Pontificio al Regno d'Italia". La prima sessione dei lavori si svolgerà il 14 aprile a partire dalle ore 15.00, presso il Salone d'Onore di Palazzo Donini (Corso Vannucci 96, Perugia). Saranno presenti per i saluti istituzionali, Catiuscia Marini, Presidente della Regione Umbria, e Andrea Cernicchi, Assessore alla Cultura del Comune di Perugia. Gli interventi tematici della giornata saranno affidati a Ariel Toaff dell'Università di Bar Ilan (figlio dell'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff), Francesco Santucci storico, Giovanna Giubbini dell'Archivio di Stato di Ancona, Mafalda Toniazzi dell'Università di Firenze, Michele Cassandro dell'Università di Siena e Serena di Nepi de "La Sapienza". La seconda sessione si svolgerà, invece, il 15 aprile a partire dalle ore 9.30, presso la Sala delle Lauree della Facoltà di Scienze della Formazione in Piazza Ermini 1 a Perugia. Gli interventi saranno affidati a relatori di altrettanto alto profilo: Marina Caffiero de "La Sapienza", Maria Luisa Moscati Benigni saggista, Letizia Cerquiglini dell'Università di Pisa, Luciana Brunelli dell'Università di Perugia, Paolo Pellegrini dell'Istituto per le ricerche storiche sull'Umbria meridionale e Maria Luciana Buseghin saggista.

(Il sito di Perugia, 12 aprile 2011)

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Simboli ebrei in passerella: sì o no?

di Carolina Rimondi

Tra le sfilate di questi giorni, alla Mercedes Benz Fashion Week di Mosca, ce n'è stata una di cui si sta parlando e dibattendo. Quella del designer Saint Bessarion, che divide il pubblico per la chiara ispirazione alla cultura ebraica.
Le modelle hanno presentato la stagione Autunno/Inverno 2011-2012, indossando i cappelli caratteristici degli ebrei ortodossi, con le "peot" (ciocche di capelli che crescono tra le orecchie e la tempia) lasciate ricadere sui lati, proprio come insegna la Bibbia.
Una scelta offensiva per i fedeli? O un innocente riferimento alla cultura religiosa, a cui la moda è solita ispirarsi?
Ciò che è sicuro è che non si tratta della prima volta in cui il fashion system guarda ai simboli ebrei: prima di Saint Bessarion anche Jean Paul Gaultier ed H&M avevano fatto parlare di sé per questo motivo. Il primo dedicò un'intera sfilata a questa cultura, i secondi riprodussero un "tallit" (il mantello usato dai fedeli per pregare) vendendolo come un comunissimo scialle.
Situazioni simili, le possiamo riscontrare guardando a religioni differenti: rosari e icone cristiane sono stati citati più volte dai fashion designer nelle loro creazioni. Ma anche il velo musulmano ha trovato posto in passerella, rivisitato - tra gli altri - da Alexander McQueen per Givenchy nel 1997 e da Hussein Chalayan un anno dopo.

(Style.it, 12 aprile 2011)

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Arte israeliana, tra Oriente e Occidente

Israele, il contemporaneo tra sperimentazione e memoria

di Giorgia Calò
    
Israele è un paese di piccole dimensioni, un luogo dove si cerca continuamente un incontro tra Medio Oriente e Occidente, dove il passato e il presente si toccano modellando lo stile e i costumi di un popolo eterogeneo, composto prevalentemente da immigrati. L'espressione creativa israeliana prende vita proprio dalla commistione di diverse culture, e forse è questo il punto di maggiore forza dell'arte locale che presenta da un lato una ricerca legata alla tradizione, dall'altro uno sperimentalismo poliedrico. Prima di entrare nel vivo della questione è bene fare una precisazione, non confondere l'arte israeliana con un'arte religiosa, essa al contrario è quanto di più laico e sperimentale si possa trovare.
L’arte israeliana nasce ancor prima della nascita dello stato, nel 1906, con l’apertura dell’accademia dell’Arte e dei mestieri Bezalel a Gerusalemme, voluta dall’artista di origine bulgara Boris Schatz per caratterizzare la cultura del futuro paese, tanto che vengono invitati a insegnare artisti ebrei con l’intento di dar vita a uno stile propriamente autoctono....

(Insideart, 12 aprile 2011)

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Israele: il sistema Iron Dome sarà finanziato dagli Usa

La Casa Bianca finanzierà quattro nuove batterie di Iron Dome, il sofisticato sistema di difesa anti-missile israeliano. «La promessa fatta dal presidente Barak Obama lo scorso anno sarà mantenuta», hanno assicurato fonti di Washington riportate oggi dalla stampa dello Stato ebraico. La notizia arriva all'indomani di un fine settimana segnato da una pioggia di razzi sparati da Gaza contro Israele. Ottanta ordigni circa sono stati lanciati in tre giorni contro i centri vicini al confine con la striscia palestinese governata da Hamas, e contro Beer Sheva, nel Negev. L'aviazione israeliana ha risposto con raid ripetuti che hanno causato diverse vittime. E non solo: per la prima volta, una batteria di Iron Dome, che era stata dispiegata giorni fa nei pressi di Ashkelon, ha intercettato ed eliminato un missile nemico, colpendolo mentre era ancora in aria. Gli Stati Uniti verseranno al governo israeliano 205 milioni di dollari, in aggiunta agli oltre tre miliardi di aiuti militari già stabiliti. La cifra servirà per costruire quattro nuove batterie, che secondo le previsioni più ottimistiche dovrebbero essere pronte all'inizio del 2012. Ma è possibile, anticipano da Gerusalemme, che in un futuro prossimo lo Stato ebraico chieda a Washington altro denaro per espandere la "cupola di ferro". L'Iron Dome è un progetto congiunto dell'azienda israeliana parastatale Rafael e della Raytheon Company, importante aziende americana del settore della difesa, nonché primo produttore al mondo di missili teleguidati. L'innovativo sistema anti-missile, il cui funzionamento è ormai comprovato, sta suscitando l'interesse crescente di governi stranieri: tanto che c'è una possibilità concreta che, tra qualche tempo, Israele possa decidere di esportarlo.

(FocusMo, 11 aprile 2011)

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Ebrei romani, confermato Pacifici

La 'Lista Per Israele' vince le elezioni con il 47,5%. 'Hazak' il 30,72% con 1052 voti; 'Efshar' il 22,23% con 761 voti

ROMA - "Per Israelè, la lista di Riccardo Pacifici ha vinto le elezioni per il rinnovo del Consiglio e della presidenza della Comunità ebraica romana. Con il 47,5% (1.611) - in base al nuovo regolamento elettorale - Pacifici guadagna il premio elettorale e si conferma così presidente della Comunità ebraica romana. Lo si apprende dal sito della Comunità ebraica romana. Le altre liste hanno ottenuto i seguenti voti: 'Hazak' il 30,72% con 1052 voti; 'Efshar' il 22,23% con 761 voti. (segue)
ELEZIONI ANTICIPATE - Quelle conclusesi oggi - con l'esito del voto - erano elezioni anticipate, causate dalle dimissioni in blocco, lo scorso novembre del passato anno, dei consiglieri del gruppo di minoranza 'Per i giovani insieme' che nell'attuale tornata elettorale si sono presentati con la nuova lista 'Hazak'. Pacifici - in base al nuovo regolamento elettorale varato dall'ultimo congresso dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane - avendo superato la sua lista il 45% dei voti espressi ha guadagnato così il premio di maggioranza ed è automaticamente nuovo presidente della Comunità romana, la più numerosa di quelle italiane.
«CONGRATULAZIONI» - Messaggi di congratulazioni e di augurio di buon lavoro sono arrivati a dal presidente della provincia di Roma e dal sindaco della capitale a Riccardo Pacifici, confermato alla presidenza della comunità ebraica romana. «Rivolgo a Riccardo Pacifici le felicitazioni e l'augurio di buon lavoro per la sua conferma alla guida della comunità ebraica di Roma», dichiara in una nota il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti. «Alla Comunità ebraica di Roma ci lega - aggiunge Zingaretti - un rapporto di collaborazione forte, ricco di idee e di progetti. Ma oggi posso dire che sicuramente con Riccardo, anche sul piano personale, continuerò a lavorare con la passione e lo spirito di collaborazione che caratterizza il nostro rapporto ormai da molti anni». E a sua volta Gianni Alemanno dichiara in una nota «A nome di tutta la città faccio gli auguri di buon lavoro a Riccardo Pacifici, riconfermato oggi alla guida della più antica comunità ebraica di Europa. Pacifici è una personalità autorevole, capace di fare del dialogo il punto di riferimento. Negli anni trascorsi del suo mandato ha proiettato con entusiasmo e competenza la comunità ebraica romana nel dibattito civile». Congratulazioni a Riccardo Pacifici per la conferma dell'incarico arrivano dal vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo. «Una personalità autorevole - commenta Cutrufo - che ha sempre promosso la via del dialogo e del confronto nella rappresentanza della comunità ebraica romana, la più antica del mondo occidentale e parte essenziale di questa città».

(Corriere della Sera - Roma, 11 aprile 2011)

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Fertilità femminile a rischio con l'abuso di integratori vitaminici

I ricercatori israeliani del Weizmann Institute of Science di Rehovt lanciano un allarme che riguarda l'abuso di integratori vitaminici. Non quindi il normale apporto quotidiano nella dieta di una persona, ma un vero e proprio eccesso che a quanto pare potrebbe mettere a rischio la fertilità femminile. La scoperta è frutto di una sperimentazione animale che mette nel mirino l'eccesso di antiossidanti.

(NanoPress, 11 aprile 2011)

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Su YouTube immagini del processo ad Eichman

Israele ricorda momento di svolta in memoria collettiva

GERUSALEMME - Yad Vashem, il museo di Israele sull'Olocausto, ha annunciato di aver trasferito su You Tube oltre 400 ore di immagini del processo che nel 1961/62 si tenne a Gerusalemme contro il criminale nazista Adolf Eichmann, esecutore dei piani di sterminio di sei milioni di ebrei. Il progetto, illustrato oggi dai media, rientra fra le varie iniziative pubbliche, accademiche, informative e di rievocazione promosse in Israele (come anche in Germania e in altri Paesi) per commemorare il 50/mo anniversario di uno dei processi del secolo: inaugurato a Gerusalemme proprio l'11 aprile del 1961.
I filmati delle udienze, spesso altamente drammatiche per le dolorose testimonianze rese dai sopravvissuti dei lager, sono visibili su You Tube anche nella traduzione in inglese del dibattimento, L'iniziativa è parte di un più ampio progetto varato al principio dell'anno dallo Yad Vashem e Google di rendere accessibili su internet tutti i documenti del museo dell' Olocausto.
Gli Archivi di Stato di Israele, inoltre, hanno pubblicato su internet oltre un centinaio di documenti concernenti la cattura, il processo e l'esecuzione di Eichmann. Rapito in Argentina nel 1960 da un commando del Mossad, il 'burocrate dello sterminio' venne portato in segreto in Israele dove fu processato e condannato a morte il 15 dicembre 1961. Eichmann, le cui domande di grazie vennero respinte dal presidente Yitzhak Ben Zvi, fu impiccato il 31 maggio 1962. Subito dopo il corpo fu cremato e le ceneri disperse in mare, oltre i limiti delle acque territoriali dello Stato ebraico. Per molti israeliani il processo Eichmann - le cui udienze furono trasmesse in diretta dalla radio - fu il primo contatto ravvicinato con la Shoah.
In precedenza il loro approccio era stato "unidimensionale", caratterizzato da una incomprensione di fondo sull' ampiezza della Shoah e sulla terribile esperienza vissuta dai superstiti. Quell'evento - oggetto ancora oggi di approfondimenti sofferti e interpretazioni non sempre univoche - rappresentò "una svolta" nella memoria collettiva, hanno ricordato in questi stessi giorni con espressione identica uomini di governo come l'attuale premier Benyamin Netanyahu, storici anticonformisti come Tom Segev e protagonisti dell'epoca come l'anziano ex capo del Mossad Rafi Eitan, componente del commando che agì in Argentina. L'esecuzione di Eichmann fu preceduta da un tormentato dibattito in Israele, che coinvolse anche i vertici politici e culturali del paese, tra chi - come David Ben Gurion - chiedeva l'attuazione della sentenza e i fautori della clemenza.

(ANSA, 11 aprile 2011)

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Prove di tregua fra Israele e Hamas.

Ma la Lega araba chiede una no-fly zone su Gaza

GERUSALEMME - Una no-fly zone per Gaza. È quanto chiederà la Lega araba alle Nazioni unite, per impedire all'aviazione israeliana di bombardare l'area. A dichiararlo il segretario generale della Lega Moussa, proprio mentre sembrano calare le violenze degli ultimi giorni e da più parti si parla di volontà di tregua.
Tra giovedì e sabato sono stati almeno 120 i razzi e i colpi di artiglieria sparati contro Israele; 18 palestinesi sono stati uccisi e quasi 70 feriti, da quando un missile anti-carro lanciato da Hamas ha colpito un autobus, ferendo gravemente un adolescente in Israele. E ieri Hamas ha arrestato diverse persone, sospettate di essere «collaborazionisti».
Ma proprio ieri è stata raggiunta una «intesa di principio» per una sospensione delle ostilità fra Israele e Hamas, grazie agli sforzi della diplomazia egiziana, di alcuni Paesi europei e dell'emissario dell'Onu Serry. È calata l'intensità del fuoco palestinese e non si segnalano più nuovi raid dell'aviazione israeliana, né voli di F-16 o di droni, né cannoneggiamenti. Nessuno sembra volere una escalation negli scontri. «Ma se gli attacchi palestinesi contro civili o militari israeliani dovessero proseguire - ha avvertito il premier Netanyahu - Israele colpirà Hamas in maniera ancora più dura». E in una riunione del Gabinetto di sicurezza è stato ordinato all'esercito di «continuare a operare contro i terroristi per fermare i lanci di razzi».

(il Giornale, 11 aprile 2011)

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Week-End di tensioni (in francese)



(Guysen TV, 10 aprile 2011)

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Quei diabolici ebrei e le loro diavolerie salva-vita

di David Horovitz

   Quei diabolici ebrei! Fanno di tutto per renderci così difficile ucciderli.
   Hanno portato via tutti fino agli ultimi padre, madre e bambino dalla striscia di Gaza, dove ci era più facile colpirli. Hanno ritirato anche l'esercito, fino all'ultimo carro armato e soldato. L'unico soldato israeliano rimasto in tutta la striscia di Gaza, da cinque anni a questa parte, è l'ostaggio Gilad Shalit.
   Alcuni di loro pensavano che così facendo avrebbero saziato le nostre brame. Imbecilli. Pensavano che la "comunità internazionale" ci sarebbe saltata addosso (come fa con Gheddafi) se fossimo andati avanti ad attaccarli e ucciderli anche dopo che si erano ritirati da Gaza. Stupidi. Chiaro che non abbiamo nessuna intenzione di fermarci, ed è chiaro che nessuno farà nulla per fermarci. Non ci fermeremo finché non saremo riusciti a terrorizzarli e cacciarli da tutta la Palestina. E non è che ne facciamo un segreto: è scritto a chiare lettere nella nostra carta costitutiva.
   Ma, santo cielo, non se ne vanno tanto facilmente. Ed evidentemente tengono in gran conto la vita umana. Persino quella della nostra gente. Noi ci danniamo per assicurarci che i nostri combattenti siano sempre circondati da donne e bambini, prima che aprano il fuoco, e per assicurarci che siano indistinguibili dai civili, tutti senza uniforme. E questi ebrei insistono con quel maledetto vizio di non aprire il fuoco se non sono ragionevolmente sicuri di colpire soltanto i nostri uomini (ora lo ammette persino Goldstone). Incredibile: noi facciamo di tutto perché resti uccisa gente comune, e loro fanno di tutto perché non succeda. Ma che razza di mondo alla rovescia è mai questo? Ma come fanno a sapere chi sono i nostri combattenti? Pensate alla quantità di risorse che spendono per assicurarsi di non colpire la gente sbagliata! Grazie al cielo il resto del mondo è troppo stupido o troppo ottuso per rendersi conto di quello che succede, e non ha ancora capito che noi piazziamo deliberatamente la nostra gente sulla linea di tiro, mentre questi ebrei fanno di tutto per non colpirla.
   E la loro, di vita? Come dicevo, sta diventando sempre più difficile ucciderli. Hanno approntato sistemi di allarme e di pre-allarme, e rifugi, e stanze di sicurezza rinforzate, e blocchi di cemento protettivo, e servizi medici di pronto soccorso eroici e fantastici. Si immagini se anche noi adottassimo quel genere di misure: più nessuno dei nostri resterebbe ucciso, e allora dove andremmo a finire? Ora che ci penso, non avremmo bisogno di adottare nessuna di quelle misure se solo la smettessimo di sparargli addosso. In fondo, non sono mica loro a sparare per primi. Ma se noi smettessimo di sparare, come potremmo continuare a lamentarci davanti al mondo di quei cattivi dei sionisti? Come potremmo mantenere dalla nostra parte l'Onu e tutti quegli altri creduloni sprovveduti? Come potremmo continuare ad alimentare fra la nostra gente la febbre dell'odio anti-ebraico? Come potremmo continuare a servire la nostra nobile e sanguinaria causa?
   E poi - che siano dannati loro e le loro invenzioni tanto intelligenti - non si sono accontentati degli allarmi e dei rifugi. Ora se ne sono venuti fuori con questa diavoleria della "cupola di ferro". In un milione di anni non avremmo mai pensato che funzionasse: un congegno per sparare razzi contro i nostri razzi, facendoli fuori direttamente in cielo. Sì, proprio così, qui non si tratta di Xbox o di Playstation. E dire che l'ultima volta che ho guardato, c'era un cielo piuttosto vasto, là fuori. Eppure - che io sia dannato - ce l'hanno fatta. Dieci dei nostri razzi sono scoppiati nel bel mezzo del cielo solo negli ultimi due giorni. Che schifo! Questa volta eravamo sicuri che saremmo riusciti a realizzare qualche succoso ammazzamento, con quella raffica di lanci (120 in 48 ore). Voglio dire: loro stessi dicevano che il sistema non è ancora perfettamente a punto, che è ancora in fase sperimentale, i loro mass-media prendevano in giro i progettisti, come se fossero stati certi che era tutto inutile.
   A volte, giuro, comincio a chiedermi se il padre eterno non sia per caso dalla loro parte. Pazzesco, vero? Non so cosa mi stia capitando. Ma guardiamo ai fatti. Quest'ultimo fine settimana abbiamo avuto un Grad che si è abbattuto vicinissimo agli uffici di un kibbutz, un altro a pochi passi da una scuola di Ofakim: e neanche una vittima. Poco prima, giovedì scorso, vicino al kibbutz Sa'ad avremmo potuto colpire uno splendido scuolabus tutto giallo pieno di scolari, che sembrava fatto apposta per essere facilmente centrato, e invece macché: erano appena scesi quasi tutti appena prima che lo colpissimo, e tutto quello che abbiamo fatto è ferire un adolescente e l'autista.
   Cosa? Come dite? Provare, noi, a mettere da parte le armi e interiorizzare la sacralità della vita umana? Sciocchezze. E poi magari mi chiederete anche di fare la pace con loro, di riconoscere che hanno diritto di vivere qui, di costruire uno stato accanto al loro, di dare alla nostra gente un futuro migliore, di lasciar perdere guerra, e violenza, e morte, e uccisioni e provare a concentrare le nostre attenzioni su qualcosa di più positivo e costruttivo. No, questo mai. Lo dico e lo ripeto: mai e poi mai.

(YnetNews - da israele.net , 11 aprile 2011)

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L’ufficiale delle SS che arrestò Anna Frank diventò 007 per la Germania Ovest

E' emerso da ricerche di un giornalista in archivi Cia e nazisti

ROMA, 11 apr. - L'ufficiale delle SS che scovò e fece arrestare Anna Frank ha lavorato nel dopoguerra per i servizi segreti della Germania federale. Lo rivela oggi il settimanale tedesco Focus, citando le ricerche condotte dal giornalista Peter-Ferdinand Koch negli archivi nazisti e della Cia, e che saranno il contenuto del libro "Enttarnt" ("Smascherato"). Karl Josef Silberbauer era uno degli agenti della Gestapo che nel 1944 riuscirono a catturare Anna Frank e la sua famiglia ad Amsterdam dopo aver ricevuto una soffiata. La ragazza ebrea, 15 anni, morì di tifo l'anno successivo nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il suo diario, scritto nel periodo in cui si nascondeva, è diventato uno dei libri più famosi sulla persecuzione degli ebrei nella Germania nazista. Una volta finita la guerra, l'ufficiale SS che collaborò alla sua cattura cominciò a lavorare per i servizi della Germania federale (Bundesnachrichtendienst, BND) come informatore e reclutatore. Nel suo libro, il giornalista Koch sostiene che furono circa 200 gli agenti dell'apparato di sicurezza del Reich di Hadolf Hitler che decisero, in tempi diversi, di collaborare con il BND. Silberbauer morì nel 1972, a 61 anni.

(TMNews, 11 aprile 2011)

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Design Museum Holon

Il nuovo polo culturale vicino a Tel Aviv ospita la mostra Post Fossil by Li Edelkoort

Il Design Museum Holon
Piccola città industriale di 200.000 abitanti, Holon, spuntata dalla sabbia nei sobborghi di Tel Aviv, ha deciso di darsi una ripulita e vestire i panni di polo intelettuale del Paese. Da area urbana piuttosto anonima, oggi è un importante punto di riferimento per la cultura in Israele, dalla spiccata identità creativa grazie alle iniziative e alle nuove strutture realizzate: The Israel Children's Museum, il museo di cartoni animati diretto da Galit Gaon, nonché il prestigioso Istituto di Tecnologia e Design. Inoltre, la scelta di costruire il primo museo del design in Israele proprio ad Holon, ha generato un effetto Bilbao creando in poco tempo la trasformazione di una città semi sconosciuta in un centro nevralgico per la contemporaneità. Il museo spunta da un contesto di edifici mediocri, tra cui la Holon Mediatheque, del 2004, tanto straordinaria per i contenuti (Isreali Design Centre, un teatro e una biblioteca materiale ed una immateriale), quanto scarsa per il suo aspetto esteriore in chiave post modern.
   Il Design Museum Holon, inaugurato nel febbraio del 2010, è stato comissionato direttamente a Ron Arad, designer israeliano di nascita e londinese d'adozione. Tra i best seller di Arad troviamo la nastriforme Bookworm per Kartell (1993), la Tom Vac chair per Vitra (1997) e in scala urbana italiana l'Atelier Notify a Milano, l'Hotel Duomo a Rimini e lo Showroom Maserati a Modena. l museo è il suo primo lavoro in terra d'origine, ciò spiega la poco patriottica risposta alla domanda:
   "Sei felice di essere in Israele?"
   "Sì, perché mi dà la possibilità di andare a trovare più spesso mio padre. E se potessi costruire un incredibile teatro a Den Haag, sarei ugualmente contento".
   La risposta comunque, non incide sul risultato, perché l'eccezionale edificio, più che un intervento architettonico, è una vera e propria opera d'arte, sbalorditivo per le sue forme fluide, i materiali di ultima generazione impiegati ed in particolare per il budget, di appena 12 milioni di Euro.
L'impatto visivo dall'esterno è fortissimo, accentuato dalle sfumature di rosso dell'acciaio Cor-ten ossidato in contrasto con l'azzurro acceso del cielo Mediterraneo.
   Fondamentale l'apporto dell'azienda lombarda Marzorati-Ronchetti, per la fornitura, la lavorazione e l'assemblaggio dell'acciaio speciale, che compone gran parte dell'esterno della struttura di 3.700 metri quadrati. Gli interni proporzionati a dimensione d'uomo con aperture, altezze ridotte e spazi raccolti, danno al visitatore un'atmosfera di quiete ed un'immediata sensazione di libertà, stimolanti per scoprire e conoscere nuove cose e nuovi ambienti, soffermandosi in tutta calma. L'accesso al museo è attraverso un cortile interno, ombreggiato dal solaio della sala principale.
Rampe di scale e passerelle curvilinee invitano a salire, scendere ed esplorare gli spazi: la Lower Gallery di 210 metri quadrati interrati, il piccolo 'Design Lab' al pian terreno di appena una quarantina di metri quadrati, dedicato ai designer residenti e a workshop.
   Fino al 25 di aprile ospita una micro-mostra sulla Collezione Farnesina Design, voluta dal Ministero degli Affari Esteri come patrimonio storico e vetrina dell'Italian style. Tra gli oggetti selezionati per la mostra pezzi di Pesce, Schweizer, Baleri, Poli, Bertoia e molti altri.
   Decisamente d'avanguardia, la mostra Post Fossil, fino al 30 aprile, che occupa la Lower Gallery e la sala principale di 490 metri quadrati al primo piano. Curatrice Lidewij Edelkoort, che offre una parentesi per esplorare i nuovi processi creativi del design del XXI secolo, dove il futuro si ispira esteticamente all'arcaico, con materiali organici e tecniche poetiche di secoli passati. Tra le opere di 63 designer e artisti contemporanei provenienti da 12 Paesi, spiccano i lavori di Marijn van der Poll, con Do Hit (del 1999), Emiel van Boekel con Artificial Mammoth (2009), Samuel Ben Shalom con Mad Cow (2011), Eric Klarenbeek, con The Floating light project (2004), assieme a numerosi altri progetti, tra i quali alcuni inediti.
   Appena arrivato da Londra, Jacob Peres, nuovo addetto stampa internazionale del museo, afferma: "Il nuovo museo intende sfidare idee e preconcetti circa quello che un museo di design dovrebbe o potrebbe fare, invitando i curatori attualmente più interessanti e stimolanti ed offrendo così, un modo diverso per investigare e reinterpretare il design".

(Vogue, 11 aprile 2011)

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Cooperazione: Cisgiordania, corso intensivo di tecniche chirurgiche

ROMA, 11 apr - In Cisgiordania la Cooperazione Italiana ha finanziato al 70% il progetto "Supporto alle strutture chirurgiche palestinesi mediante l'uso di tecniche laparoscopiche e mini-invasive", all'interno del quale si è svolto fra Nablus e Hebron un corso intensivo sull'utilizzo di tali tecniche nel campo della chirurgia ginecologica. Il progetto promosso, finanziato al 70% dalla Dgcs con un contributo di circa 897 mila euro, e gestito dall'Ong Aispo in collaborazione col ministero della Sanità palestinese e in consorzio con l'Ong Gvc, mira al miglioramento delle condizioni di salute della popolazione palestinese grazie ad un incremento quantitativo e qualitativo delle capacità diagnostiche e terapeutiche connesso all'utilizzo delle tecniche laparoscopiche, attraverso la fornitura di macchinari tecnici e la formazione di personale medico. Oltre ai benefici diretti per la popolazione palestinese, si offre un'importante opportunità, ai circa 200 medici coinvolti in tale progetto, di apprendere nuove tecniche e acquisire nuove competenze grazie all'attività formativa svolta in loco da medici italiani. Il corso, della durata di cinque giorni, ha visto la presenza di numerosi medici palestinesi, i quali hanno potuto informare i colleghi provenienti da tutta la Cisgiordania delle ultime novità riguardanti le tecniche e le procedure di laparoscopia. E' quanto si legge in un approfondimento della Farnesina.

(Agenzia Parlamentare, 11 aprile 2011)

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Letterati con radici ebraiche

CASALE MONFERRATO - Una domenica alla comunità ebraica di Casale Monferrato per scoprire la grande letteratura Italiana del '900: sarà per la gradevole frescura del Cortile delle Api in una giornata insolitamente torrida di aprile, sarà per l'importanza dell'oratore, ma sono venuti in tanti il 10 aprile per ascoltare il professor Gianni Abbate raccontare di Saba, Svevo, Bassani e altri autori dalle radici ebraiche.
Al di là dell'utile "ripasso" delle pagine più belle della nostra cultura la lezione rivela connessioni interessanti: ad esempio le origine ebraiche di Svevo (il vero nome era Aron Hector Schmitz) possono aver giocato un ruolo fondamentale nella profondità psicologica di tutta la sua opera.
La prossima settimana l'attività della Comunità Ebraica e della sinagoga prevede l'apertura del polo museale e della Sinagoga nei consueti orari di visita.

(Il Monferrato, 11 aprile 2011)

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Hamas e l'Egitto vogliono una guerra a Gaza?

di Paolo della Sala

Amr Moussa
Soltanto nella giornata di sabato su Israele sono piovuti 24 missili Grad e 50 colpi di mortaio, tutti lanciati da Gaza... e cosa di tutto ciò è arrivato in Europa?
Che il segretario della Lega Araba Amr Moussa, deus ex machina del nuovo regime egiziano, ha chiesto che l'Onu imponga una no fly zone su Gaza. Vabbe' che la "comunità internazionale" ormai si beve ogni panzana, ma se davvero si vuole imporre la pace, allora insieme alla no fly zone, si dovrebbe imporre una not shot zone da Gaza.
L'Europa si è già dimenticata che nelle settimane che hanno preceduto questa stagione di bombardamenti sul Negev israeliano si sono consumate alcune stragi davvero vergognose, come il macello di una famiglia ebrea: bambini uccisi nel silenzio di Bruxelles e della "comunità internazionale".
Amr Moussa già ora evidentemente sta allentando ad arte i controlli dei tunnel del Sinai, da dove arrivano i rifornimenti illegali ai terroristi (come definirli altrimenti?). Moussa è vicino (ma non allineato, va detto) alle posizioni dei Fratelli musulmani e Hamas, e quindi cerca di ottenere una laurea magna cum laude alle spese di Israele, diventando così il leader del Medio Oriente, oltre che dell'Egitto. Nella zona accorre anche la Turchia con un proprio piano di pace... tra Hamas e l'Autorità palestinese (i turchi non sono interessati a una pace tra Ramallah e Gerusalemme, evidentemente). Si veda ad esempio il recente caso delle armi chimiche di Gheddafi distrutte da un raid israeliano in Sudan, arrivate dalla Libia e destinate a Gaza, con l'aiuto di agenti iraniani.
Nell'ombra c'è anche il tentativo di prendere la guida della rivolta contro Assad in Siria (la rivolta siriana vede tra i protagonisti anche l'ala dei Fratelli musulmani siriana). Dopo di che Israele sarebbe di nuovo circondato da nazioni decisamente ostili, invertendo l'onda degli ultimi anni, in cui i sunniti dell'Arabia hanno avuto un riavvicinamento (occulto) con Israele, in funzione anti Iran.
In questi giorni l'Arabia starebbe annullando l'acquisto di armi statunitensi per 60 miliardi $.
Il silenzio sulle "provocazioni" di questi giorni è il miglior modo per arrivare a una nuova guerra e spostare tutto l'asse del Medio Oriente a favore di un disastro colossale. A monte, l'incapacità di disinnescare la mina iraniana. In fondo, l'ondata di rivolte arabe potrebbe "anche" essere letta come una guerra commerciale contro Pechino (che solo in Libia aveva 50 mega infrastrutture in realizzazione, con 30.000 operai cinesi impiegati presso Gheddafi). Le ambizioni geopolitiche mondiali di Pechino possono essere ridimensionate, mentre è molto più difficile dare scacco matto al re di Teheran.

(La pulce di Voltaire, 10 aprile 2011)

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A New York lezione di Talmud sul treno

Manager, impiegati e professionisti che si incontrano ogni giorno sul treno per Manhattan: sono i pendolari del Talmud, ebrei newyorkesi che invece di dormire o leggere il giornale, aprono un volume del Talmud e studiano insieme. Da Inwood fino alla Penn station, sotto la guida del rabbino Pesach Lerner, pendolare come loro, cinquanta minuti di lezione in una carrozza ferroviaria, sempre la stessa, adibita ad aula scolastica. E' il servizio di apertura della puntata di Sorgente di vita di questa sera che prosegue con Erri De Luca, scrittore prolifico e appassionato conoscitore della Bibbia che presta la penna alla figura di Mosè, protagonista del suo ultimo libro "E disse". Ne viene fuori un Mosè adulto e poco eroico, stanco, appena sceso dal monte Sinai. Un racconto che si snoda lungo il filo dei dieci comandamenti nella solitudine di un uomo, profeta e primo alpinista.
Segue un'intervista a Shel Shapiro: sotto i riflettori da oltre cinquant'anni, leader del gruppo dei Rokes, volto e voce assai noti ancora oggi, racconta la sua vita, la sua famiglia di origine russa, l'originale rapporto con la sua identità ebraica, e l'attenzione al mondo dei giovani e della musica.
Infine la legge in discussione al Parlamento sul cosiddetto testamento biologico: alla luce della tradizione ebraica una riflessione di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e medico.
Sorgente di vita va in onda domenica 10 aprile alle ore 1,20 circa su RAIDUE.
La puntata sarà replicata lunedì 11 aprile alla stessa ora e lunedì 18 aprile alle ore 9,30 del mattino.

(Notiziario Ucei, 10 aprile 2011)

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In Israele rivivrà la ferrovia ottomana

Cento anni fa le sue carrozze trasportavano soldati e spie del calibro di Lawrence d'Arabia attraverso la biblica valle di Jezreel.

  
Tra cinque anni potrebbero essere turisti e pellegrini a lasciare il porto di Haifa diretti a Beit She'an (o Baysan) lungo il tratto israeliano della storica ferrovia ottomana dell'Hejaz che collegava Damasco a Medina. Il ministero dei Trasporti israeliano ha infatti indetto la prima gara d'appalto per ricostruire le rotaie e i ponti distrutti fino ad Afula, una cittadina a metà strada del tracciato. La speranza è che, una volta completata, la ferrovia possa essere prolungata fino alla vicina Giordania.
   L'unità del Medio Oriente passa anche attraverso locomotive e strade ferrate. Almeno è quello che si augurano le autorità israeliane dando un nuovo impulso al progetto, già avviato nel 2005 e poi rimasto sulla carta. Particolarmente interessati all'opera sono i giordani, che a lavori ultimati e con l'accordo di Israele potrebbero utilizzare la linea ferroviaria per trasportare le merci dirette in Europa, passando per il porto di Haifa, evitando così il lungo tragitto fino al porto di Aqaba, sul Mar Rosso.
   La conclusione dei lavori è prevista per il 2016 quando i treni potranno finalmente ripercorrere i 60 chilometri del tracciato storico e terminare la loro corsa a Beit She'an. A quel punto basterebbe rimettere in sesto il ponte Re Hussein per unire le due sponde del Giordano e far arrivare i passeggeri alla cittadina giordana di Irbid. Ma collegare il Mar Mediterraneo al suk di Damasco o alla moschea di Medina resta ancora un sogno.
   Voluta dal sultano Abdul Hamid II, la Jezreel Valley Railway congiungeva Damasco con Haifa e rappresentava l'alternativa strategica e politica al porto di Beirut, allora sotto l'influenza francese. In realtà la linea fu solo un ramo della più importante ferrovia dell'Hejaz. Il fatto che collegasse in poche ore i popoli arabi sparsi nella regione la fece diventare il bersaglio preferito degli attacchi dell'Haganah (le forze dei difesa ebraiche in Palestina create ancora prima che nascesse, nel 1948, lo Stato di Israele - ndr) quando scoccò il momento dell'indipendenza dello Stato ebraico.
   A boicottare la storica ferrovia ottomana che collegava Damasco con Medina invece erano le truppe arabe guidate da Lawrence d'Arabia. Con i suoi 1.300 chilometri attraverso deserti, città carovaniere e fastose capitali da Mille e una notte, l'Hejaz Railway portava migliaia di pellegrini musulmani nella città natale di Maometto. Il paragone con l'Orient Express è ormai solo un ricordo visto che da Damasco ormai parte solo un treno alla settimana diretto ad Amman.

(La perfetta letizia, 10 aprile 2011)

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Gaza: ancora vittime civili, bombe e missili

TEL AVIV - In una delle giornate più violente degli ultimi mesi, l'esercito israeliano e le milizie palestinesi di Gaza si sono affrontati a più riprese a tutto campo, lungo l'intera linea di demarcazione fra la Striscia e Israele.
Una giornata in cui a Gaza si sono contati almeno sei nuovi cadaveri (che sono andati ad aggiungersi ai cinque di ieri) e in cui per la seconda volta in due giorni è entrato in azione l'avveniristico sistema israeliano di difesa missilistica "Cupola di ferro". All'origine della violenza l'attacco sferrato giovedì dal braccio armato di Hamas con un razzo anticarro Kornet contro uno scuola-bus in transito nel Neghev. Un adolescente israeliano che si trovava a bordo è sospeso fra la vita e la morte. «Gli spari contro un autobus per bambini significa l'attraversamento di una linea rossa» ha detto il premier Benyamin Netanyahu. «chiunque cerca di colpire bambini ha "il proprio sangue sulla testa"»: termine ebraico che significa che è passibile di morte.
Per tutta la giornata l'aviazione israeliana ha dato la caccia ai lanciatori palestinesi di razzi. Due di essi, membri di Hamas, sono stati colpiti a morte a Khouza (presso Khan Yunes). Poco dopo, in seguito ad una nuova sfuriata di razzi sul Neghev, l'aviazione ha localizzato altre due cellule a Farrahin (Khan Yunes). Ma il fuoco israeliano ha colpito due donne (madre e figlia) e un contadino.

(Corriere Canadese, 10 aprile 2011)

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Un esponente di Hamas ucciso era coinvolto nel sequestro di Shalit

GERUSALEMME - Il comandante locale di Hamas ucciso la scorsa notte insieme a due guardie del corpo da un raid aereo israeliano fu una figura chiave nella cattura del caporale Gilad Shalit, prigioniero dal 2006 nella Striscia di Gaza. Lo riferiscono fonti militari israeliane. Tayser Abu Snima, secondo le fonti, fu "direttamente e fisicamente coinvolto" nel sequestro del militare.
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(AGI, 10 aprile 2011)

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Gaza, da Israele e Hamas sì a tregua, ma con condizioni

Entrambi chiedono che la controparte realizzi cessate il fuoco

GERUSALEMME, 10 apr. - Israele e il movimento Hamas al potere a Gaza si sono detti pronti a mettere fine ai combattimenti, i più mortali dal 2009 a oggi, a condizione che ciascuno rispetti una tregua. Le due parti sembrano dunque pronte a interrompere l'escalation militare.
Israele è pronto a "fermare" i raid contro i gruppi armati palestinesi di Gaza, se questi attueranno un cessate-il-fuoco, ha dichiarato alla radio pubblica il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, che ha rinviato a data da destinarsi una visita che doveva effettuare a Washington. E' la prima volta che un responsabile dello stato ebraico ipotizza una tregua dall'inizio di questa nuova ondata di violenza, iniziata giovedì dal lancio di un missile anticarro contro uno scuolabus che ha gravemente ferito un ragazzo in Israele. Da allora, diciotto palestinesi sono stati uccisi e quasi settanta feriti, secondo fonti mediche palestinesi. Le vittime sono membri di organizzazioni paramilitari ma anche civili. Si tratta del bilancio più grave dalla fine dell'offensiva israeliana "Piombo fuso" contro la striscia di Gaza nel dicembre 2008-gennaio 2009 (1.400 palestinesi e 13 israeliani uccisi).
Tuttavia, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha minacciato raid "molto più duri" se i lanci da Gaza contro il sud di Israele dovessero continuare. "Se continuano gli attacchi criminali contro soldati o civili israeliani, la reazione di Israele sarà molto più dura", ha informato Netanyahu in apertura del Consiglio dei Ministri. Da parte sua il ministro incaricato degli Affari strategici, Moshe Yaalon, un falco, ha espresso "la speranza che questo round di confronto sia sul punto" di produrre risultati. "Auspico che Hamas abbia imparato le lezioni e abbia compreso quale prezzo elevato abbia dovuto pagare", ha detto Yaalon alla radio militare. Un capo dell'ala militare di Hamas, Tayssir Abou Sneimah, è stato ucciso nei raid israeliani di ieri.
Hamas che ha decretato uno stato d'emergenza nei Territori, si è detta - per la terza volta dalla fine di marzo - "pronta a una tregua" a condizione che Israele fermi "la sua aggressione", secondo un portavoce del movimento islamista a Gaza. "Il nostro messaggio all'occupante (israeliano) è che risponderemo con un tregua a qualunque tregua" decisa da Israele, ha dichiarato il portavoce Sami Abu Zuhri.

(TMNews, 10 aprile 2011)

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Libia, l'antisemitismo (senza ebrei) dei rivoluzionari

I ribelli: «I carri armati di Gheddafi sono costruiti in Israele». E «Iehud» è l'offesa che si fa a Gheddafi

di Lorenzo Cremonesi

Dal nostro inviato AJDABYA - La Nato sbaglia obbiettivi e colpisce le camionette del rivoluzionari? Niente paura, loro hanno una spiegazione. «Sono piloti ebrei. Il Mossad aiuta Gheddafi», affermano quasi fosse un fatto assodato, indiscutibile. Come del resto è evidente che Gheddafi sia figlio di una donna ebrea e per giunta prostituta, elemento questo che in se stesso spiegherebbe la sua perfidia, il suo desiderio di derubare il popolo libico, la sua doppiezza. I più fantasiosi aggiungono che il padre sarebbe stato un «fascista italiano».
Sulla linea del fronte tra la cittadina petrolifera di Brega e quella sul nodo stradale di Ajdabya quando le bombe nemiche cadono più fitte e il rischio di una nuova ritirata si fa imminente, i soldatini in erba giustificano la superiorità avversaria dicendosi a vicenda che «i carri armati di Gheddafi sono costruiti in Israele, persino le tavolette di cioccolato dei suoi carristi vengono da Tel Aviv». Ma non si scoraggiano. «Dopo Brega, Sirte e Tripoli libereremo Gaza e Gerusalemme», sostenevano venerdì tra i gipponi fermi ai lati della strada, una decina di chilometri dalle pattuglie avanzate di Gheddafi.

Antisemitismo contro Gheddafi
ANTISEMITISMO SENZA EBREI - Curioso questo antisemitismo senza ebrei. Gli slogan della rivoluzione libica ne sono uno specchio fedele. Sui muri di Bengasi la parola "Iehud", ebreo in arabo, si spreca. I bambini disegnano dovunque la matematica del disprezzo: stella di Davide più croce uncinata uguale Gheddafi. Oppure una sola, grande stella, con nel cuore marcata di odio la parola "Mohammar". Al Cairo l'immagine di Mubarak era stata distorta con corna e denti aguzzi in quella di diavolo sovrastato dall'immancabile "Iehud". Qui lo stesso avviene con quella del Colonnello. Troneggia nella vie del centro di Bengasi, di fronte alle vecchie basi militari, sui muraglioni attorno al porto, soprattutto nei corridoi del tribunale, diventato uno delle sedi del governo rivoluzionario temporaneo. E' talmente diffusa che occorre uno sforzo di concentrazione per farci caso. "Iehud" sta sugli edifici-simbolo più odiati della dittatura: la sede della polizia, le celle dove si torturava, le ville di Gheddafi, le abitazioni dei suoi fedelissimi. Nelle librerie "Mein Kampf" resta il testo più diffuso. Ma sin qui nulla di nuovo. E' dall'epoca di Nasser che il libello hitleriano accompagna nel mondo arabo la vulgata composta da antisionismo laico, pregiudizio razziale e odio religioso.

LA CONVIVENZA - Da molti decenni ormai l'antica tradizione di convivenza tollerante tra ebraismo sefardita e civiltà islamica ha cessato di esistere in Medio Oriente. La novità è che il tradizionale atteggiamento anti-sionista, in voga sin dagli anni Trenta ed esploso dopo il 1948, resta invariato anche tra i ranghi della rivolta che chiede libertà, democrazia e guarda ai modelli di vita occidentali come obiettivi da raggiungere. «E' tutta colpa della propaganda anti-isrealiana che è stata martellante durante i 42 anni della dittatura», minimizzano all'università di Bengasi. In realtà il fenomeno appare fortemente radicato nella cultura e nei modi di pensare del Paese. Molto più profondo degli slogan di Gheddafi. Vi si trova un misto di pregiudizio religioso anti-giudaico e odio per Israele che proprio la nuova libertà imperante nelle regioni della rivoluzione fa proliferare ulteriormente. «E' il Mossad che con la Cia detta gli equilibri del Medio Oriente. Lo stesso Gheddafi venne sostenuto da loro ai tempi del golpe contro re Idris nel 1969», afferma sicuro tra i tanti e in perfetto italiano Sadik al Ghallal, noto commerciante locale i cui figli hanno ruoli dirigenziali nel nuovo governo a Bengasi. Curioso, perché la pur antichissima comunità ebraica libica (se ne trovano le prime tracce tra le Pentapolis nella Cirenaica del terzo secolo Avanti Cristo) iniziò a lasciare il Paese appena dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tra il 1948 e il 1951, circa 31.000 ebrei libici immigrarono in Israele sotto la minaccia dei pogrom. Appena dopo la guerra del 1967 ne partirono altri 7.000, con l'assenso di re Idris e la collaborazione della marina militare italiana. Due anni dopo, appena salito al potere Gheddafi ordinò la confisca dei beni ebraici. Nel 1974 solo 20 ebrei erano segnalati a Tripoli. Dal 2003 sembra non se sia rimasto neppure uno.

(Corriere della Sera, 9 aprile 2011)

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Gaza, sparati trenta colpi mortaio verso sud di Israele

Non hanno provocato né vittime né danni

GERUSALEMME, 9 apr. - Una trentina di proiettili di mortaio sparati dalla striscia di Gaza hanno colpito questa mattina il sud di Israele, senza provocare né vittime né danni in occasione della terza giornata di scontri con Hamas. Lo ha annunciato la radio militare israeliana.
Una ventina di colpi sono esplosi nel sud dello stato ebraico, mentre una decina di razzi modello Grad hanno raggiunto settori situati vicino alle città di Ashdod Beersheba e Kyriat Gat, ha precisato la radio. Secondo la radio pubblica, il nuovo sistema di difesa antimissile Iron Dome ("Cupola di ferro") ha intercettato cinque razzi di questo tipo da ieri sera.
La radio pubblica ha inoltre precisato che la maggior parte dei 700mila abitanti del sud di Israele hanno trascorso la notte tra venerdì e sabato in covi o parti "protette" della loro abitazione, concepite per resistere a esplosioni.
Le brigate Ezzedine al Qassam, il ramo militare di Hamas che controlla la striscia di Gaza, come pure le brigate al Quds, il ramo militare della Jihad islamica, un gruppo radicale palestinese, hanno rivendicato con dei comunicati questi colpi di proiettili di mortaio e di razzi.
Nella striscia di Gaza, un palestinese è stato ucciso da una granata di un tank israeliano questa mattina a est della città di Gaza: è salito così a dodici il numero di palestinesi uccisi da venerdì in incursioni israeliane, secondo quanto appreso da fonti mediche palestinesi.

(TMNews, 9 aprile 2011)

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Hamas ha invocato la 'terza intifada' contro Israele

La fazione islamico-radicale al potere nella Striscia di Gaza, ha lanciato un appello per la sollevazione popolare in Cisgiordania contro gli ultimi ''crimini di guerra'' di Israele.

GAZA, 9 aprile 2011 - In un comunicato ufficiale Hamas, la fazione islamico-radicale al potere nella Striscia di Gaza, ha invocato oggi una ''terza intifada'' in Cisgiordania, ora sotto il controllo dei moderati dell'Anp, contro quelli che definisce gli ultimi ''crimini di guerra'' di Israele.
Nel documento, Israele viene accusato di essere responsabile dell'escalation di questi ultimi giorni (la piu' sanguinosa dall'offensiva 'Piombo Fuso' di oltre due anni fa), segnata da numerosi attacchi delle fazioni palestinesi radicali contro il territorio israeliano e da un'ondata di rappresaglie.
Il comunicato ripropone toni duri e minacciosi, dopo l'effimero annuncio di un ripristino della tregua fatto dagli stessi vertici politici di Hamas due sere fa a nome di almeno una parte dei vari gruppi armati. Annuncio rimasto peraltro sulla carta, come diversi altre volte nel recente passato, con la dissociazione della Jihad Islamica e di altre fazioni, ma anche la rivendicazione di nuovi lanci di razzi e proiettili di mortaio fatta ancora ieri e stanotte dallo stesso braccio armato di Hamas (Brigate Ezzedin al-Qassam).
Toni duri anche da Israele: il ministro dell'Educazione, Gideon Saar, ha avvertito che il suo Paese non tollererà più lanci di razzi dalla Striscia di Gaza e continuerà a bombardare l'enclave palestinese finchè non cesseranno.
"Continueremo", ha dichiarato alla radio, non permetteremo lanci sporadici o turbative alla vita dei nostri cittadini".

(Quotidiano.net, 9 aprile 2011)

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Usa, esploso ordigno davanti a una sinagoga a Santa Monica

LOS ANGELES - Un ordigno rudimentale è esploso davanti a una sinagoga e a una scuola ebraica a Santa Monica, in California. Si sono rotte delle finestre della Chabad House Lubavitch, ma non ci sono feriti. Il portavoce della polizia Jay Trisler ha detto che c'è già un sospettato: si tratta di Ron Hirsch, un uomo che trascorreva spesso del tempo davanti alle sinagoghe e ai centri della comunità ebraica per chiedere elemosina. La polizia lo sta cercando e lo ha descritto come "estremamente pericoloso". A causa dell'esplosione, un tubo di 300 chili è entrato in una casa dove un bambino stava dormendo e ha spinto la polizia a evacuare diversi isolati. Gli investigatori in precedenza avevano detto che l'esplosione era stata causata da un incidente industriale e non volontariamente.

(Blitz quotidiano, 9 aprile 2011)

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Tumori: scoperte da ricercatori israeliani due molecole causa di metastasi

WASHINGTON - Per molti tipi di cancro a uccidere il paziente non e' il tumore originale, ma le metastasi che si espandono nel resto del corpo. I ricercatori israeliani della Yeshiva university hanno scoperto che per riuscire a viaggiare nell'organismo queste cellule hanno bisogno di due molecole, che potrebbero essere utilizzate come obiettivo per evitare questo fenomeno. Le due molecole individuate dallo studio, pubblicato dalla rivista Current Biology, si chiamano 'p190RhoGEF' e 'p190RhoGAP', e regolano l'attivita' di 'RhoC', un enzima che permette alle cellule tumorali di formare gli invadopodi, delle protrusioni che permettono alle metastasi di uscire dalle cellule e iniziare il loro viaggio nel sangue.
"Questo enzima ha dimostrato di essere correlato positivamente con la motilita' del tumore sia in vitro che in vivo - scrivono i ricercatori - e queste due molecole potrebbero essere sfruttate per bloccare la capacita' del cancro di sviluppare le metastasi".

(AGI, 8 aprile 2011)

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Italia 150: convegno sull'ebraismo nei territori dello Stato Pontificio

PERUGIA, 8 apr. - "Ebrei dell'Italia centrale: dallo Stato Pontificio al Regno d'Italia" e' il tema del convegno internazionale organizzato a Perugia dall'Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea (Isuc) e dall'Associazione Italia-Israele di Perugia (con il patrocinio della Regione Umbria e del Comune di Perugia), nell'ambito delle iniziative per il 150ì¿? dell'Unita' d'Italia. Il convegno si svolgera' il 14 e 15 aprile. Lo scopo dell'iniziativa e' quello di approfondire la conoscenza della storia dell'ebraismo nei territori dello Stato Pontificio ed aprire nuove prospettive di ricerca sulla vita delle comunita' in esso presenti, prendendo come termini cronologici di riferimento i tre secoli che intercorrono dalla costituzione dei ghetti nel Cinquecento alla loro apertura, avvenuta con l'annessione al Regno d'Italia.(AGI) Pg2/Mav

(AGI, 8 aprile 2011)

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Gli oggetti riciclati degli israeliani Junktion



La gallery che vedete comprende una parte dei prodotti realizzati dallo Studio Junktion di Tel Aviv. Si tratta di oggetti riciclati e rivisitati, rifiuti e rottami (junk, appunto) riportati a nuova vita con una solida progettualità, parecchia creatività e un pizzico d'ironia.
Junktion "crede che al mondo ci siano già oggetti a sufficienza e cerca di utilizzare le risorse esistenti, a volte trovando spunti in ciò che gli altri non trovano più interessante": vecchie valigie che diventano cassetti, tubi e manopole trasformate in allegri attaccapanni, vecchi telefoni colorati che si prestano a diventare lampade o casse stereo.
Cassette della frutta, vecchie bombole a gas, cassetti di ogni genere e ogni altro tipo di oggetto dimenticato, in attesa di diventare una creazione unica e originale, affollano il loro studio, al porto di Jaffa, che si presta anche a ospitare artisti e designer. Il prossimo giugno poi le creazioni di Junktion approderanno a Parigi per una tappa del temporary design shop Rafsoda.

(DesignerBlog, 8 aprile 2011)

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Hamas annuncia tregua con Israele

GAZA, 8 apr. - Al termine di un'ennesima giornata di violenze, il movimento islamico Hamas, alla guida nella Striscia di Gaza, ha concordato ieri con la gran parte degli altri movimenti palestinesi di osservare una tregua con Israele a partire da ieri sera.
"Siamo in contatto con le fazioni palestinesi per fermare l'escalation sionista. Abbiamo ricevuto una risposta positiva dalla maggior parte di loro", ha affermato il ministro dell'Interno di Hamas in un comunicato. Il cessate il fuoco è stato confermato anche da un rappresentante della Jihad islamica, movimento radicale legato ad Hamas: "Sappiamo che questa misura è stata presa in contatto con i paesi arabi, per fermare l'escalation israeliana contro Gaza".
Ieri, il lancio di un missile da Gaza aveva ferito gravemente un ragazzino israeliano. Per rappresaglia, Israele ha bombardato la Striscia, causando la morte di quattro palestinesi.
Il capo del governo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, ha dichiarato di voler evitare una riedizione dell'operazione israeliana "Piombo fuso" che nel gennaio 2009 era costata la vita a 1.440 palestinesi e a 13 israeliani.

(TMNews, 8 aprile 2011)

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Gaza-Israele - razzo centra scuolabus: lampi di guerra, strage sfiorata

Strage sfiorata, oggi, nel Neghev israeliano, dove un sofisticato razzo anti-carro puntato dalla Striscia di Gaza ha centrato un mezzo pubblico adibito a scuolabus ferendo in modo grave un ragazzo di 16 anni e mancando di pochi minuti l'appuntamento micidiale con altri 30 studenti: scesi giusto alla fermata prima. Un attacco a freddo - condannato in serata con durezza dagli Stati Uniti - che innalza di molto il livello dello scontro e che ha già innescato una nuova sequenza di rappresaglie, dalla terra e dal cielo, a cavallo del confine della paura fra Israele e l'enclave palestinese controllata dagli islamico radicali di Hamas. L'ultima fiammata di violenza ha lasciato stavolta i suoi segni su una corriera gialla sventrata per strada in prossimità del kibbutz di confine di Nahal Oz: trapassata da parte a parte, per lungo, da un ordigno scagliato con ogni probabilità con un lanciamissili a spalla. Un tiro al bersaglio deliberato, secondo i servizi di sicurezza israeliani, date le dimensioni e le tinte accese del veicolo. Un tiro che solo per un caso fortuito si è abbattuto su un mezzo semivuoto, crivellando di schegge (anche alla testa) il solo passeggero rimasto, un adolescente, ferendo alle gambe l'autista, frantumando i finestrini e facendo volare i pelouche lasciati a bordo per gli scolari più piccoli. I soccorritori del Magen David, equivalente israeliano della Croce Rossa, hanno raccontato d'aver trovato il ragazzo ferito privo di conoscenza, in una pozza di sangue, e di averlo rianimato prima del trasbordo in elicottero verso l«ospedale.
   L'allarme, nel frattempo, era scattato in tutte le località di confine, fra sirene e corse nei rifugi. Mentre il botta e risposta faceva già sentire altri boati. È durato per ore, intervallato da brevi pause: con le prime ritorsioni dell'artiglieria e degli elicotteri israeliani; una nuova pioggia di razzi e colpi di mortaio dalla Striscia (inclusi due missili Grad intercettati per la prima volta in volo, alle porte della cittadina costiera di Ashkelon, da una batteria del neonato sistema anti-missile 'Iron Domè); e, infine, nuove ondate di raid aerei su Gaza City e Rafah.
   Il bollettino di 'guerrà dà conto per ora di almeno 5 persone uccise e numerose altre ferite nell'enclave palestinese. Ma anche di una casa danneggiata a Ein Hashelosha (sud Israele). A Gaza, fra gli obiettivi colpiti dagli F-16 con la Stella di Davide, si segnalano installazioni delle Brigate Qssam (braccio armato di Hamas) e di altre fazioni radicali. Fazioni che avevano giurato vendetta dopo la recente 'esecuzionè di due miliziani di spicco in un'incursione aerea israeliana seguita all'improvvisa recrudescenza di tiri dalla Striscia delle settimane precedenti. E che sembrano avervi dato seguito con un atto provocatorio come l'aggressione a uno scuolabus, come testimonia la rivendicazione serale delle Brigate Qassam. Ad aggravare la percezione israeliana dell'accaduto c'è poi il fatto che l'attacco è stato eseguito con un lancia-razzi (o Rpg): uno strumento letale, a puntamento laser, che - secondo voci circolate nella stessa Gaza - potrebbe far parte di uno stock di armi nuove di zecca, di fattura o provenienza iraniana. Armi che riaccendono l'inquietudine di Israele. Espressa in queste ore dal monito del premier Benyamin Netanyahu (»non esiteremo a intraprendere ogni azione necessaria, offensiva e difensiva, per proteggere il nostro Paese e per proteggere i nostri cittadini«, ha detto da Praga); dall'appello solenne all'Onu del presidente Shimon Peres, per un intervento internazionale contro l'escalation; e, soprattutto, dall'ordine impartito dal ministro della Difesa, Ehud Barak, alla forze armate a reagire »rapidamente« e con »tutti i mezzi« utili.
   Fra le possibili risposte alla minaccia sfuggente degli Rpg, l'esercito sta già pianificando di schermare la linea di demarcazione con la Striscia con elementi come collinette artificiali, filari di alberi, palizzate. La vera sfida si estende tuttavia su orizzonti ben più complessi e lontani, dalla caccia alla rotta delle armi a quella agli specialisti di balistica. Bersagli a cui sembrano ricondursi la recente cattura di un ingegnere di Gaza nella remota Ucraina; o il raid aereo fantasma che in Sudan, non più di due giorni fa, potrebbe aver messo nel mirino proprio uno degli armieri di Hamas.

(L'Unico, 7 aprile 2011)

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Cisgiordania: attore arabo-ebreo ucciso da Hamas, lo rivela il fratello

TEL AVIV - Hamas è responsabile della uccisione dell'attore arabo-ebreo Juliano Mer-Khamis (42 anni) crivellato di colpi giorni fa all'ingresso del "Teatro della Libertà" da lui fondato a Jenin (Cisgiordania). Lo ha affermato il fratello, Spartacus Mer, in un'intervista radio.
"Già 20 anni fa - ha aggiunto - Hamas aveva minacciato di morte anche mia madre", l'attivista ebrea Arna Mer-Khamis che a Jenin aveva avviato una attività teatrale per favorire la comprensione fra i giovani israeliani e palestinesi. Arna, una sopravvissuta alla Shoah, era sposata con un dirigente comunista arabo di Haifa, Saliba Khamis.
Mercoledì si era appreso dai servizi di sicurezza palestinesi che i sospetti principali per la uccisione di Mer-Khamis convergono su un ex miliziano delle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al-Fatah) poi passato nelle fila di Hamas. Costui, a quanto pare, è ancora sottoposto ad interrogatori. Juliano Mer-Khamis è stato sepolto ieri accanto alla tomba della madre, in un kibbutz nel nord di Israele, alla presenza di migliaia di persone. In precedenza la sua salma era stata esposta a Haifa (Israele) e a Jenin, in Cisgiordania.

(Blitz quotidiano, 7 aprile 2011)

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Israele: domenica, giorno di riposo?

La domenica potrebbe diventare giorno di riposo in Israele. La proposta, che circola da anni a più riprese, è stata rilanciata con decisione dal ministro per lo Sviluppo di Negev e Galilea, Silvan Shalom, e sembra aver guadagnato anche il favore del governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer.
Shalom propone che uffici e negozi restino chiusi la domenica, come accade in gran parte del mondo, e che in cambio vengano aperti di venerdì mattina, fino alle 13 d'inverno e alle 14 d'estate, in accordo con l'inizio dello shabbat, che comincia al tramonto di venerdì. «Il fine settimana lungo - sostiene il ministro - galvanizzerà la produttività e migliorerà la nostra efficienza attraverso una migliore coordinazione con l'estero». I giornali locali fanno sapere oggi che il governatore Fischer valuta favorevolmente questa possibilità, e che anche i sindacati, interpellati da Shalom, stanno meditando. Intanto, è già arrivato il nulla osta della Borsa di Tel Aviv: «La Borsa esiste per servire l'economia israeliana, e non vice versa», ha dichiarato l'amministratore delegato, Sam Bronfeld.

(FocusMo, 7 aprile 2011)

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Saviano allo Yedioth: "Dal nonno ebreo ho imparato a raccontare"

Esce in questi giorni 'La bellezza e l'inferno' in ebraico

Roberto Saviano
ROMA, 7 apr. - Roberto Saviano parla delle sue radici ebraiche in un'intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, che ieri gli ha dedicato due pagine in occasione dell'uscita in ebraico del suo secondo romanzo ("La bellezza e l'inferno", 2009). Il talento a raccontare le storie, Saviano dice di averlo ereditato dal nonno Carlo: "I genitori di mia madre erano ebrei, e io sono cresciuto sulle ginocchia del nonno che ha contribuito moltissimo alla mia educazione" spiega lo scrittore, "mi rivedo ad ascoltare le sue storie quando avevo tre anni, ha continuato fino ai miei 15". Saviano cita a memoria la frase dei Salmi che il nonno gli ripeteva sempre: "Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo". E continua: "Una volta da bambino andai a dormire e mi resi conto che quel giorno non avevo pensato a Gerusalemme, ero spaventato, ero sicuro che avrei perso il braccio destro e avrei smesso di parlare". Nonno Carlo, racconta Saviano allo Yedioth, non era religioso ma "la tradizione ebraica è comunque entrata nella casa. Il sabato (Shabbat, la festa del riposo per gli ebrei, ndr) era un giorno particolare, anche se mio padre era cattolico e il nostro giorno di riposo era la domenica". Soltanto da adulto, l'autore di Gomorra ha compreso il senso di alcune abitudini, che allora gli sembravano stranezze. "A Pasqua il nonno buttava dell'acqua sul pavimento, poi attraversava la stanza come a separare l'acqua in due lati, e io camminavo dietro di lui facendo lo stesso. Quando veniva la Pasqua cristiana onoravamo le radici di mio padre. Nella mia famiglia le due religioni hanno sempre convissuto" dice ancora Saviano. Nell'intervista al quotidiano israeliano, parla anche dell'incontro di due anni fa a Gerusalemme con il presidente Shimon Peres e delle sue prese di posizione pubbliche a favore dello Stato ebraico. "Ho imparato cosa vuol dire essere vicino alla democrazia israeliana - dice - posso accettare dure critiche alla politica del governo israeliano, soprattutto quella degli ultimi anni, ma questo non ha niente a che vedere con il riconoscimento della legittimità Israele", con la libertà di espressione o con la sua capacità di garantire uno stato di diritto. "Ho detto soltanto che Israele ha altri aspetti, oltre al confitto militare, come la sua capacità di accogliere minoranze etniche e la sua apertura verso gli omosessuali, in particolare quelli arabi; il riconoscimento del diritto dell'altro e del diverso". Queste posizioni hanno attirato critiche, attacchi, minacce. "Ci sono stati commenti violenti tipo Saviano è filo-israeliano e quindi un criminale, o 'una persona che lotta contro la mafia sostiene la mafia israeliana'. Sono arrivati a fare delle magliette con il mio volto sopra e la scritta 'quest'uomo è sionista'. Su Internet hanno scritto Saviano uguale Israele uguale mafia". Rispetto ai tanti attacchi subiti per i più svariati motivi negli ultimi anni, questi lo hanno sorpreso: "Non ho mai offeso nessuno, ho parlato del diritto di Israele a esistere e ho sottolineato il mio riconoscimento della democrazia israeliana. Quando scrivi con certi toni polemici ti aspetti reazioni dure, in questo caso non me le aspettavo. Quando poi si arriva all'antisemitismo, capisci che i commenti non riguardano nemmeno quello che ho detto ma al fatto stesso che ero intervenuto".

(Apcom, 7 aprile 2011)

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Attacco da Gaza a Israele: 2 feriti, fra cui un minore. Il giovane versa in condizioni critiche

NAHAZ OL (Israele), 7 apr. - Due persone sono state ferite, fra cui un minorenne in maniera grave, nel sud di Israele, da un proiettile lanciato dalla Striscia di Gaza che ha colpito un bus scolastico. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza israeliana.
Il giovane che versava in condizioni critiche ha ricevuto i primi soccorsi sulla strada mentre un'altra persona è rimasta ferita in a maniera lieve. Mentre i soccorsi si precipitavano per portare assistenza alle vittime nei pressi del kibbutz di Nahal Oz, almeno altri sei proiettili di mortaio si sono abbattuti nei dintorni, secondo un fotografo dell'Afp.
Il bus giallo, riportava a casa i bambini da scuola. Il tipo di proiettile ancora non è stato accertato. Secondo fonti di sicurezza israeliane, si è trattato di un missile anticarro lanciato dai dintorni di Gaza City. Secondo le stesse fonti, il bilancio sarebbe stato più pesante se la maggior parte degli studenti non fosse scesa alla fermata precedente. Poco dopo, dei proiettili di mortaio israeliani si sono abbattuti in una zona est della città di Gaza, nei pressi della frontiera con Israele, facendo almeno un morto e quattro feriti.

(TMNews, 7 aprile 2011)

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Smantellata cellula terroristica filo Hamas

I servizi di sicurezza israeliani, dello Shin Bet hanno reso noto che Una cellula filo-Hamas composta da almeno cinque attivisti islamici arabi residenti nell'area di Gerusalemme est e dintorni è stata smantellata nelle ultime settimane Secondo lo Shin Bet i cinque pianificavano una serie di attentati nell'area di Gerusalemme. Stando all'inchiesta, finora coperta dal segreto, il gruppo si sarebbe costituito tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009, all'epoca dell'offensiva militare israeliana contro la Striscia di Gaza, l'enclave palestinese controllata dagli integralisti di Hamas. E proprio a Hamas si sarebbe rivolto per avere assistenza. Secondo lo Shin Bet, la cellula ha in seguito incassato da Hamas un finanziamento di 10.000 dinari giordani - consegnati da un incaricato di Gaza a Jihad Atun, uno dei componenti del quintetto - oltre alla promessa di altri 20.000 dinari. Fra le iniziative messe in cantiere dal gruppo, vi sarebbe stato un attacco sul modello della sanguinosa sparatoria contro la yeshiva (scuola rabbinica) Mercaz Harav nella quale, un paio di anni fa, furono uccisi a Gerusalemme 8 studenti ebrei ortodossi. Il primo dei cinque sospetti finito in manette risulta essere stato un fratello di Jihad Atun, arrestato sin da febbraio con l'accusa d'avere confezionato l'ordigno rudimentale poi esploso in un cassonetto dell'immondizia lungo la strada che porta all'insediamento ebraico di Ghilo: episodio costato a un netturbino l'amputazione di alcune dita.

(Notiziario Ucei, 7 aprile 2011)

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È Yom Hazikaron, anticipata la finalissima di Eurolega

di Adam Smulevich

Alla fine ha vinto il buon senso. E così la richiesta del Maccabi Tel Aviv di spostare l'orario della finalissima per fare in modo che non coincida con Yom Hazikaron, ricorrenza in cui viene reso omaggio ai soldati uccisi e alle vittime del terrorismo, è stata accolta dal comitato organizzatore della Final Four di Eurolega in programma a Barcellona dal 6 all'8 maggio. La finalissima si svolgerà quindi alle 16.30 (17.30 ora di Israele) e non più alle 20.45 inizialmente previste. Il club di Tel Aviv aveva minacciato di disertare la Final Four se le sue richieste non fossero state accolte visto che in occasione di Yom Hazikaron è vietata la pratica di attività sportive in segno di rispetto per la solennità della giornata. Soddisfazione è stata espressa da dirigenti e staff tecnico del Maccabi. "Sono grato ai nostri dirigenti che hanno lavorato duro per risolvere il problema - spiega l'allenatore David Blatt - ma anche alla Federazione che ci è venuta incontro facendo la cosa che era più giusto fare in questo momento". Risolta la controversia organizzativa, il quintetto israeliano dovrà ora prepararsi al meglio per conquistare l'accesso alla sfida che mette in palio l'Europa del basket. Il nome della squadra contro cui duellare in semifinale sarà noto questa sera al termine dello spareggio che nei quarti di finale del torneo vede opposte Real Madrid e Valencia. Comunque vada una sfida in salsa spagnola.

(Notiziario Ucei, 7 aprile 2011)

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Il Maccabi Tel Aviv e le Final Four

di Eduardo Lubrano

C'è una squadra di basket che è una leggenda dello sport. Europeo e non. Si chiama Il Maccabi Tel Aviv . Ha vinto 5 volte la Coppa dei Campioni di basket. Ha prodotto giocatori fantastici ed ha riassunto intorno a sé lo spirito di un popolo eternamente in lotta per continuare ad esistere. Ricco e competente, il Maccabi Tel Aviv è un esempio e quando alza la voce nel mondo del basket europeo tutti lo ascoltano.
Per la settima volta negli ultimi 11 anni si è qualificato alle Final Four dell'Eurolega, in programma a Barcellona dal 6 all' 8 maggio. Ma proprio l'8 maggio in Israele si ferma tutto perché si celebra la giornata del Ricordo dei caduti e delle vittime del terrorismo di Israele. Si chiama Yom Hzriakon.
Dunque se la squadra si dovesse qualificare per la finale, prevista proprio l'8 maggio non scenderà in campo per rispetto della festività nazionale.
Il Maccabi ha perciò chiesto all'Eurolega di anticipare la finale al sabato, cioè al 7, ma per far questo bisogna mettere d'accordo tv, sponsor, organizzazione e le altre squadre coinvolte nelle Final Four.
Conoscendo la determinazione e la serietà di quelli del Maccabi non c'è da dubitare che in caso di rifiuto da parte dell'Eurolega, gli israeliani non si presenterebbero nemmeno alla semifinale.
E questo sarebbe una sconfitta, non solo per il basket ma per tutto il mondo dello sport che, ancora una volta, dimostrerebbe di non poter esistere senza il denaro di sponsor e tv. Il mondo dello sport, ad altissimo livello, ha costi elevatissimi ed è entrato nella logica dello spettacolo globale. Perciò, per coprire quei costi serve la pubblicità, serve la tv, servono gli sponsor. La richiesta del Maccabi appartiene ad un'altra epoca, però ha ragione di essere perché anche il grande circo dello sport deve portare rispetto per le identità nazionali.
Sarà interessante vedere quale decisione verrà presa per capire se in qualche parte del mondo sportivo palpita ancora un'anima.

(Il Journal, 6 aprile 2011)

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«Non c'è modo di risarcire Israele dal danno del rapporto Goldstone»

Intervista a Fiamma Nirenstein di Edoardo Ferrazzani

"Se avessi saputo quel che so oggi, la relazione Goldstone sarebbe stata un documento differente", ha scritto il giudice sud-africano, Richard Goldstone in un editoriale apparso sul Washington Post. Incaricato nel 2009 dal consiglio Onu per i diritti umani (consesso principe dell'antisemitismo onusiano) di condurre una indagine conoscitiva sul conflitto di Gaza tra Hamas e Israele, la relazione che Goldstone sottoscrisse, finì col dipingere Israele - al solito - come lo Stato che uccide indiscriminatamente i civili; lo Stato pariah che viola i diritti dei poveri palestinesi; lo Stato dei ricchi e cattivi ebrei che uccidono i poveri e buoni palestinesi di Gaza. Un'abiura che lascia l'amaro in bocca a tanti. Ne abbiamo parlato con l'on. Fiamma Nirenstein, vice-presidente della commissione affari esteri della Camera. "Goldstone dovrebbe girare di città in città in Israele, scrivere una nuova relazione e chiedere perdono alle genti israeliane", ha affermato la deputata.

- On. Nirenstein, il giudice Goldstone ha sconfessato la sua stessa relazione sulla guerra di Gaza. Che cosa significa questo per Israele?
   Mi vien voglia di invertire la domanda e chiedere che cosa abbiano rappresentato tutte quelle pagine di accuse, 575 in tutto, che dipingevano Israele come un paese 'criminale' di guerra? Pagine che sono costate manifestazioni antisemite in giro per tutta Europa nelle quali si gridava: "Hamas! Hamas! Ebrei a gas". Sono costate mozioni di odio nei parlamenti delle varie nazioni di Europa contro Israele.

- In Israele il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha chiesto all'Onu di annullare l'intera relazione Goldstone. E' la mossa giusta a suo parere?
   Certo. Adesso l'Onu deve dire ''ci siamo sbagliati" e altrettanto dovrebbe fare il giudice Goldstone. Sarebbe la cosa giusta, anche se credo che l'Onu non lo farà mai perché sia il consiglio per i diritti umani che l'organizzazione nel suo insieme sono ormai delle armi da usare contro lo Stato di Israele, sempre e comunque.

- L'Italia fortunatamente votò contro la relazione Goldstone in seno al consiglio dei diritti umani Onu quando essa fu approvata.
   L'Italia fu magnifica in quell'occasione e lo fu perché capimmo che approvare quella relazione sarebbe stato un crimine contro la verità. A breve troveremo il modo di ricordare alla Camera che avevamo ragione e che il ministro Frattini ben fece a istruire la rappresentanza italiana in consiglio per un voto contrario alla relazione. L'azione di Israele fu una mera azione difensiva a risposta degli oltre 13,000 missili sparati da Hamas sul territorio israeliano. A dispetto di quel che affermava la relazione Goldstone, Israele prima di attaccare Gaza, avvertiva i civili con volantini e telefonate per impedire che vi fossero vittime. Senza dimenticare le 'cantonate' di Goldstone che nella sua relazione scambiò per vittime civili quelli che in realtà erano dei miliziani di Hamas: 564 in tutto. E poi membri della jihad islamica, forze di sicurezza, elementi di Fatah, tanti combattenti finirono per essere contabilizzati dalla relazione Goldstone come morti civili. Insomma il giudice preferì dare retta alle associazioni più ferocemente anti-israeliane, privando così l'opinione pubblica mondiale di una onesta analisi di quello che era ed è diventata Gaza da quando Hamas la governa. Da qui sono nate tutte le flottiglie e l'idea che Gaza sia una piccola fortezza sotto assedio da parte di Israele. Ma sia chiaro che se Gaza è sotto assedio, lo è da parte di Hamas.

- On. Nirenstein, oramai la relazione Goldstone ha già arrecato danno a Gerusalemme. Può Israele ottenere una vera riparazione?
   Sarò categorica: non esiste possibilità che Israele possa vedersi risarcito in qualche modo per il torto arrecatogli. Goldstone dovrebbe girare di città in città in Israele, scrivere un altro rapporto di 570 pagine e forse questo rappresenterebbe un minimo modo di fare ammenda per il torto che ha inflitto alle genti di Israele. Non si tratta solo di un danno di immagine. E' un problema di delegittimazione. E' la riduzione di Israele alla condizione di Stato pariah, con caratteri non troppo dissimili dagli stereotipi dell'antisemitismo europeo. E' un'altra forma di "accusa del sangue". Lo stereotipo europeo voleva gli ebrei fruitori del sangue umano per motivi rituali; l'attualizzazione di quell'immagine è composta dagli israeliani che colpiscono volantariamente i civili palestinesi. Nel caso della guerra di Gaza, però i civili palestinesi o erano militanti armati di Hamas oppure scudi umani. Purtroppo Israele ha cercato in tutti i modi di risolvere il problema degli scudi umani. Questo è quello che accade nelle guerre asimmetriche. E anche di questo Goldstone non tenne contro all'epoca della stesura della sua relazione. Perché se bastasse non avere una divisa per essere un civile, dovremmo affermare che i talebani in Pakistan e Afghanistan sono dei civili. Anche loro non hanno la divisa. Ma la mancanza di un uniforme, non rende in per sé civili.

(l'Occidentale, 6 aprile 2011)

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L'ebraismo in Italia: lievito della società nazionale in termini di cultura e libertà civili

L'ebraismo in Italia, è stato , e per certi versi lo è ancora come il lievito della società in termini di cultura e libertà civili. Quante conquiste che oggi diamo per scontate le si debbono al ruolo essenziale della comunità ebraica alla società italiana.

LODI - In questi mesi, complice il 150o anniversario della proclamazione del Regno d'Italia, è con profondo piacere che il Risorgimento , ed il processo che portò all'unificazione della Nazione, ha avuto una nuova linfa e un nuovo interesse. Questo, non ci deve far dimenticare che l'impegno che si è assunto quest'anno non deve terminare con esso, ma anzi deve essere portato avanti e maggiormente vissuto in ogni ambito della vita: In prima battuta, ovviamente nelle scuole, attraverso una analisi e una maggior conoscenza dei valori identitari della Nazione, con uno studio della storia della bandiera e dell'inno nazionale. A questo proposito, come avviene in molte nazioni, il tricolore, potrebbe trovare una degna collocazione all'interno di ogni aula, e l'inizio dell'anno scolastico , come la sua chiusura, potrebbe essere salutato con l'inno nazionale.
Ma, ancora di più questo sentimento di sincero patriottismo che è andato crescendo, e che ancora oggi è testimoniato dalle bandiere esposte sui balconi nelle nostre città, lo si potrebbe ancora di più approfondire mettendo in luce il ruolo, non secondario che le minoranze religiose, a partire da quella ebraica, hanno dato al nostro Paese.
L'ebraismo in Italia, è stato , e per ceti versi lo è ancora come la lievito della società in termini di cultura e libertà civili. Quante conquiste che oggi diamo per scontate le si debbono al ruolo essenziale della comunità ebraica alla società italiana.
Infatti, se non secondario, fu il contributo ebraico alla nascita della stessa nazione italiana , la stessa costruzione dello Stato vide tra i suoi protagonisti, uomini che provenivano dalle fila dell'ebraismo italiano.
Da sempre la comunità ebraica italiana, ha rappresento un baluardo fondamentale per la salvaguardia delle libertà e credo che questo merito andrebbe maggiormente riconosciuto con un adeguato approfondimento nei testi scolastici, nei quali poco o nulla si conosce del ruolo insostituibile del prezioso apporto dato al nostro Paese.

(informazione.it, 6 aprile 2011)

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Territori Palestinesi: lanciato il primo fondo di investimento

Lanciato il primo fondo d'investimento che punta a promuovere l'information and communication technology (Ict) nei Territori palestinesi. Sadara Ventures-The Middle East Venture Capital Fund è stato presentato ieri, a Ramallah, alla presenza del premier dell'Autorità nazionale palestinese, Salam Fayyad.
I fondatori, Yadin Kauffman e Said Nashef, hanno raccolto 28 milioni di dollari, e prevedono di riuscire ad arrivare presto alla cifra di 50 milioni. Molti degli investitori che partecipano all'impresa non sono palestinesi; tra di loro, si annoverano nomi di primissimo piano dell'economia mondiale, come Google, Cisco Systems, la Banca europea degli investimenti - che con cinque milioni di euro è il primo investitore - e il Fondo per lo sviluppo economico del miliardario ungherese-americano George Soros. Il fondo appena inaugurato finanzierà almeno dodici start-up palestinesi, ma non si conoscono i dettagli. «Abbiamo appena iniziato le operazioni - ha commentato Nashef -, preferiamo aspettare finché non avremo un quadro completo delle varie opportunità». Sadara Ventures, ha aggiunto il manager, investirà in media in tre compagnie all'anno: tutte saranno aziende palestinesi emergenti nei settori di internet, telefonia mobile e software.

(FocusMo, 6 aprile 2011)

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Le rivolte popolari in Medio Oriente e Israele


Cosa cambia per Israele dopo l'ondata di rivolte nel Mediterraneo? Ne hanno discusso a Parigi, nella due-giorni organizzata dalla European Jewish Union, parlamentari della Knesset, politologi e docenti universitari.
Al centro dei lavori la tutela della identità ebraica, alla luce dei grandi cambiamenti come le rivolte nell'Africa del Nord e in Medio Oriente. E ciò non solo nei paesi non democratici come spiega il politologo Alexander Zanzer.
Alexander Zanzer, analista:
"La sfida per Israele non riguarda la sua democrazia,è capire piuttosto che potrebbero esserci nuove voci democratiche. Finora Israele aveva paura dell'ignoto. Gli Israeliani hanno paura di chi andrà al potere, temono che ci saranno pseudo -democrazie che in otto mesi cambieranno pelle: di fronte a loro si presenteranno barbuti, con tuniche nere e kalachnikov, questa è la loro paura. Non penso che questo accadrà, perché televisione e social network hanno cambiato la percezione della realtà"
La velocità con cui gli avvenimenti si modificano è un bene ma non per tutti.
Il conflitto non viene meno, e per Israele il rischio per la propria sicurezza rimane. Anastassia Michaeli, deputata alla Knesset.
Anastassia Michaeli, deputata della Knesset
"A volte anche la firma di un trattato non porta alla pace nella realtà, in Israele ci sono ancora attacchi terroristici e ancora sopravviviamo, è terribile,. Non dobbiamo sopravvivere, ma vivere pienamente in un mondo pacifico".
La sfida lanciata dalle rivolte popolari riguarda anche i paesi democratici, chiamati a interrogarsi su come proteggere la comunità rispettando le differenze.

(euronews, 5 aprile 2011)

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Sul Web la verità sull'esecuzione di Adolf Eichmann

di Aldo Baquis

TEL AVIV - L'esecuzione del gerarca nazista Adolf Eichmann - uno degli episodi storici più drammatici nella storia di Israele - provocò lacerazioni nei vertici politici e culturali dello Stato ebraico. In extremis, intellettuali importanti chiesero un atto di clemenza al Capo dello Stato Yitzhak Ben Zvi. Ma il premier David Ben Gurion ebbe l'ultima parola ed Eichmann fu così mandato al patibolo.
Questi momenti palpitanti tornano alla ribalta oggi, a 50 anni esatti dal processo al «manager» nazista della `Soluzione finale ‘ della questione ebraica, con la pubblicazione su internet da parte degli Archivi di Stato di Israele, su archives.org.il di un centinaio di documenti relativi alla sua cattura in Argentina (1960), al processo (1961) e alla sentenza capitale (1962).
Fra quelli divulgati ci sono anche due testi scritti in cella dallo stesso Eichmann: le sue Memorie (che sperava di poter pubblicare in Germania, per finanziare il processo) e un componimento autobiografico (`Goetzen‘), con le riflessioni successive al processo.
Gli archivi hanno pubblicato anche il contenuto dei suoi colloqui con l'avvocato difensore tedesco, Robert Servazius, in cui ammette fra l'altro di aver fatto ricorso ad abbondanti dosi di alcol dopo aver assistito a fucilazioni di massa di ebrei e di aver visto lo sterminio di altri ebrei ad Auschwitz.
Per molti israeliani, rileva l'Archivio, il processo Eichmann fu il primo contatto ravvicinato con la Shoah. In precedenza il loro approccio era stato «unidimensionale», caratterizzato da una incomprensione di fondo verso la sua ampiezza e verso i superstiti.
Israele avrebbe dunque seguito come ipnotizzato i dibattimenti processuali: al termine sarebbe divampato il dibattito se eseguire la sentenza capitale. Da un lato, rivela adesso l'archivio, c'era chi si offrì volontario per impiccare Eichmann, animato dalla esigenza di vendicare congiunti uccisi dai nazisti. Ma c'era anche una forte corrente di intellettuali che, per ragioni di principio, si opponeva strenuamente. «Noi non vogliamo che questo aguzzino ci porti al punto che dalle nostre fila esca un boia. Se lo facessimo, elargiremmo all'aguzzino una specie di vittoria, una vittoria che non vogliamo» scrivevano nel maggio 1962 a Yitzhak Ben Zvi alcuni degli intellettuali più rispettati di Israele. Fra questi: il filosofo Martin Buber, lo scienziato Hugo Berman, il ricercatore Gershom Sholem e venti altri ancora.
Il dissenso - si apprende ancora da questi drammatici documenti - entrò perfino nella stanza del governo. Il laburista Levy Eshkol (futuro premier) e il nazional-religioso Yosef Burg elevarono la loro voce contro la esecuzione, per ragioni sia di carattere morale che pratico. Ma Ben Gurion - che aveva `pilotato‘ il processo da vicino, talvolta tenendo d'occhio anche considerazioni di politica interna - impose il proprio volere ed Israele mandò Eichmann alla forca. Come le vittime nei campi di sterminio, sarebbe stato poi cremato. Le sue ceneri furono infine disperse in mare.

(La Stampa, 5 aprile 2011)

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L'anti-sionismo è finito. In Libia e all'ONU

di Gianluca Sadun Bordoni

Per una volta, il centro-destra liberale è unito, e su un tema di primaria importanza come Israele. Mentre l'attenzione di tutti è infatti centrata sulla Libia e sul destino di Gheddafi (peraltro uno dei più feroci oppositori di Israele), un fatto all'apparenza minore, ma di grande valenza simbolica, ci riporta alla guerra di Gaza del 2009.
A causa di quella guerra, Israele finì sul banco degli accusati per i presunti crimini di guerra. Clamoroso fu soprattutto che il rapporto del Consiglio dell'Onu per i diritti umani, che voleva inchiodare Israele alle sue presunte responsabilità, avesse come principale estensore un giudice sudafricano ebreo, Goldstone. Forse qualcuno ricorderà l'eco di quel rapporto nella stampa di sinistra italiana, che mostrò allora tutto il suo livore - diciamo così - 'anti-sionista'.
Bene. La notizia è ora che Goldstone ha - nella sostanza - ritrattato. Con un articolo sul "Washington Post" ha dichiarato che, alla luce di quanto sappiamo ora, le conclusioni da lui tratte erano sbagliate, e l'equiparazione tra i crimini commessi da Hamas e quelli israeliani era infondata.
Bene ha fatto Israele a chiedere che quel rapporto dell'Onu venga ritirato. Bene hanno fatto alcuni giornali americani, come il "Wall Street Journal", a chiedere a Goldstone di ritirarsi dalla vita pubblica. Per quanto riguarda l'Italia, sarebbe già qualcosa se la sinistra 'anti-sionista' facesse autocritica.
E per quanto riguarda Gheddafi: egli disse, appena un anno fa, che "Israele scomparirà come un granello di sabbia". Il vaticinio, forse, gli si sta ritorcendo contro.

(Generazione Italia, 5 aprile 2011)

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L'analisi Goldstone fa mea culpa e finalmente è onesto con Israele

di Vittorio Dan Segre

L'ammissione al Washington Post fatta dal giudice Goldstone, redattore del dirompente rapporto anti israeliano sull'operazione contro Gaza (operazione lanciata in risposta al lancio - nel corso di mesi - di 4.000 missili da parte di Hamas in cui perirono 1.400 palestinesi e 13 israeliani) di essersi sbagliato nelle sue conclusioni e di non aver sufficientemente denunciato le responsabilità palestinesi, è un atto di onestà da parte del giurista sudafricano che forse indica un primo segno dell'evoluzione dell'opinione pubblica internazionale nei confronti dello stato ebraico a seguito delle rivoluzioni in corso nel mondo arabo.
   Se questo rapporto sulla base del quale l'Onu preparava una violenta condanna di Israele verrà «cestinato» come chiede Gerusalemme è da vedere. L'interesse del mondo arabo islamico e delle sinistre occidentali nel delegittimare Israele è troppo radicato per essere cancellato dalla coraggiosa ammissione del proprio errore di un giudice che, per di più è ebreo e dunque considerato automaticamente di parte. Ma questo gesto di onestà potrebbe avere interessanti ricadute politiche nel momento della confusa rivoluzione araba contro i regimi dittatoriali (anti israeliani e antisemiti anche se due, Egitto e Giordania, in pace formale con Israele). Una rivoluzione che per la prima volta non ha bruciato bandiere israeliane nelle piazze né dato a Israele e agli ebrei la colpa di quanto succede.
   Una ricaduta potrebbe interessare la Turchia, paese che ha fatto della operazione israeliana contro Gaza e l'abbordaggio della nave turca Marmara (che voleva romperne l'embargo) le cause ufficiali del suo allontanamento dallo storico alleato israeliano. Le cause di questo rovesciamento di rapporti (che tuttavia non è ancora arrivato alla rottura) sono legate a ben altre ragioni: la crescita del fondamentalismo islamico in Turchia, l'ambizione del regime turco di ripristinare l'influenza mondiale se non il potere regionale dello scomparso impero ottomano, il desiderio di sostituirsi all'Egitto e all'America come mediatore nella questione palestinese, l'attrazione economica del mercato islamico, ecc. Potrebbe tuttavia essere l'occasione per Ankara di abbassare i toni di una critica esagerata contro Israele che comincia ad avere effetti negativi in Europa (avvicinamento militare di Israele alla Grecia, Bulgaria e Cipro, avversari storici della Turchia) e in America (ripristino della condanna per le stragi turche contro gli Armeni).
   Una seconda possibile ricaduta sul piano dell'immagine potrebbe essere l'uso della «confessione» del Giudice Goldstone, da parte di Israele per controbattere le menzogne palestinesi e non palestinesi concernenti le sue responsabilità per i mali del mondo arabo islamico. La radicata menzogna che il conflitto israelo palestinese - nonostante la sua importanza e le responsabilità israeliane - sia come da 150 anni proclama il libello antisemita zarista dei Protocolli dei Saggi di Sion, il «malefico controllo ebraico sulla società internazionale».
   Una terza, non meno importante ricaduta, potrebbe essere la dimostrazione che i popoli arabi non sono meno capaci - anche se storicamente in ritardo - di lottare per la loro libertà, la dignità e il progresso economico. Tre valori che Israele ha scritto con successo sulla sua bandiera. Essi potrebbero diventare la base di una intesa - più solida di quella stipulata con regimi dittatoriali - di reciproca collaborazione. Quella collaborazione che l'Emiro Feizal, leader della rivolta araba nella prima guerra mondiale, aveva stipulato con il Dr Haim Weizman, presidente dell'organizzazione sionista, a Akaba nel 1919 auspicando il comune interesse per il risveglio nazionale ebraico e arabo. Il solo su cui sarà un giorno possibile fondare e sviluppare la pace nel Medio oriente.

(il Giornale, 5 aprile 2011)

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Israele ribadisce preoccupazioni su fornitura di missili supersonici dalla Russia alla Siria

Come previsto in un accordo del 2007

Un missile P-800 "Yakhont"
TEL AVIV - Nel corso di una conferenza organizzata da "Ria Novosti", l'ambasciatore israeliano a Mosca Dorit Golender ha ribadito che Israele è contraria alla fornitura dei missili Yakhont alla Siria, prevista in un accordo firmato fra i due Paesi nel 2007.
Israele, così come gli Usa, ha più volte espresso le proprie preoccupazioni riguardo l'approvigionamento, che prevede la vendita di diversi sistemi missilistici Bastion armati di missili SS-N-26 Yakhont, temendo un rafforzamento difensivo della Siria e la possibilità che questi armamenti cadano nelle mani degli Hezbollah, preoccupazioni che -ha riferito Golender- sarebbero aumentate in seguito alla visita in Russia del primo ministro Benjamin Netanyahu lo scorso mese.
Sia gli Stati Uniti che Israele hanno più volte tentato di far rescindere l'accordo, ma senza successo: la Russia ha a più riprese affermato che l'accordo verrà rispettato ed è anzi in fase di implementazione.
I missili da crociera antinave supersonici anfibi SS-N-26 Yakhont, noti anche come Oniks P-800, hanno una gittata di 300 chilometri, sono in grado di trasportare una testata da 200 kg e di volare diversi metri sopra la superficie dell'acqua, caratteristica che lo rende più difficile da intercettare.

(Avionews, 5 aprile 2011)

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Investitori stranieri continuano ad acquistare BOT israeliani.

Dati forniti dalla Banca d'Israele mostrano che gli speculatori che risiedono fuori dal Paese alla fine di febbraio possedevano 47.23 miliardi di NIS (circa 9.5 miliardi di euro). In percentuale, questa cifra corrisponde al 36 per cento del totale dei titoli emessi: mai una quantità così alta di buoni del Tesoro israeliani era stata in mani straniere. La corsa dei non-israeliani ai titoli dello Stato ebraico si è intensificata nel gennaio del 2010: alla fine dello scorso anno, investitori esteri ne possedevano il 28 per cento, rispetto al 5 per cento registrato alla fine del 2009. Le differenze tra i tassi d'interesse in Israele, Stati Uniti ed Europa (dove la percentuale è minima) hanno incoraggiato questo assalto. Questo flusso di capitale è in parte responsabile del recente apprezzamento dello shekel. la moneta locale, che tanti problemi ha causato agli esportatori israeliani. Nel suo resoconto annuale, diffuso la scorsa settimana, la Banca d'Israele ha lanciato un monito, sottolineando come, nel passato anche recente, «l'arrivo copioso di capitali da Paesi sviluppati ha iper-galvanizzato l'attività economica di certi mercati emergenti. Una situazione che, più di una volta, si è conclusa con una crisi. Da questo noi abbiamo tratto una lezione importante: le forze del mercato, da sole, non possono garantire che il tasso di cambio sia appropriato al livello di produttività e di competitività».

(FocusMo, 5 aprile 2011)

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Conferenza sul tema "Israele e il problema demografico"

PERUGIA - Conferenza del Professor Ofir Haivry dell'Istituto di Filosofia, Teoria politica e religione, Shalem Centre di Gerusalemme 16,40 presso la sala delle Adunanze della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'università degli studi di Perugia, Piazza Francesco Morlacchi. Promossa dall'Associazione Italia Israele di Perugia....

(Radio Radicale.it, 4 aprile 2011)

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Basket: Eurolega, forse forfait Maccabi

Chiesto anticipo orari Final Four. In Israele c'e' Yom Hazikaron

PARIGI, 4 apr - Il Maccabi Tel Aviv ha chiestoall'Eurolega di anticipare gli orari della Final Four di basketin calendario dal 6 all'8 maggio a Barcellona. Motivo dellarichiesta israeliana la concomitanza delle celebrazioni del YomHazikaron, il giorno della memoria dei caduti in guerra e dellevittime del terrorismo, che si celebra ogni anno in quei giorni.Il Maccabi ha gia' fatto sapere che se le sue richieste nonverranno accolte non partecipera' alla Final Four

(ANSA, 4 aprile 2011)

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Lettere e diari per raccontare la persecuzione degli ebrei in Italia

PALERMO, 4 apr. - La persecuzione degli ebrei in Italia, dalle leggi razziali del 1938 al ritorno dei pochi sopravvissuti dai campi di sterminio tra il 1945 e il 1946, raccontata attraverso la voce delle vittime, ''registrata'' giorno per giorno in centinaia di lettere e diari per lo piu' inediti dell'epoca. La 'bufera' razziale in Italia e' raccontata nell libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri, pubblicato da Einaudi col titolo ''Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945''. Il volume e' stato presentato oggi alle 16, nella Sala convegni del Cral Banco di Sicilia, a Palermo, da Lino Buscemi, dalla storica Lucia Vincenti e da Rita Bacchi, presidente dell'Ulite.
Il libro raccoglie anche molti diari e lettere scritti dagli ebrei italiani e stranieri reclusi dal regime fascista in numerose localita' di confino e nei campi d'internamento dell'Italia Meridionale, in particolare nei due piu' grandi, allestiti a Campagna in provincia di Salerno e a Ferramonti in Calabria. Gli autori delle lettere e dei diari sono sia personaggi noti, come Umberto Saba, Gino Luzzatto, Leone Ginzburg, Vittorio Foa, Emanuele Artom, Emilio Sereni, Leone Ginzburg e Primo Levi, sia 'persone comuni' uomini, donne e bambini di tutta Italia e di ogni ceto sociale.
La raccolta e' frutto di un'accurata ricerca durata anni negli archivi pubblici, privati e di famiglia in Italia e all'estero. Le lettere sono state trovate in centinaia di archivi privati e di famiglia e sono state consultate anche importanti collezioni, come quella napoletana di Gianfranco Moscati, donata all'Imperial War Museum di Londra. Ne viene fuori un libro che, come osservano i due autori nell'introduzione, e' ''un affresco storico che assume un significato particolare anche perche' costituito di parole scritte dalle vittime di una persecuzione e di un crimine che il nazifascismo voleva mettere a tacere ed annientare, e che invece sono arrivate fino a noi, lasciandoci traccia tangibile, prova storica inconfutabile e memoria indelebile di cio' che e' stato''.

(Adnkronos, 4 aprile 2011)

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Inaugurata in Israele la prima stazione di cambio batterie per auto elettriche

Better Place, l'azienda di Shai Agassi che insieme a Renault sta realizzando in Israele la rete di stazioni di servizio per auto elettriche, ha inaugurato il primo punto automatizzato di sostituzione delle batterie dei modelli a zero emissioni, nella città di Ekron. La stazione, che già da ora è aperta a tutti gli acquirenti di una Renault Fluence Z.E., è in grado di sostituire un pacco batterie esausto con uno carico al 100% nel giro di tre minuti.
I piani di Better Place parlano dell'installazione di circa 200 stazioni di questo tipo e di programmi simili che negli anni a venire saranno avviati in altri paesi. Come vedete dal video, la stazione automatizzata si attiva con la lettura di una card: al proprietario, che resta a bordo della vettura, viene offerta la suggestiva possibilità di osservare le operazioni su uno schermo di fronte all'auto.



(auto blog.it, 4 aprile 2011)

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Israele: progetto impianto di riciclaggio

A Gerusalemme riciclare conviene. Il comune si sta impegnando per trovare una soluzione duratura al problema impellente, ma finora sempre accantonato, della spazzatura.
La compagnia municipale dell'acqua e una sua sussidiaria, incaricata di gestire le fogne e curare gli spazi verdi, incontreranno nei prossimi giorni diverse società straniere per cercare di promuovere il progetto di costruzione di un vasto impianto di riciclaggio nella città, probabilmente nei pressi della zona industriale di Atarot. Le società - la maggior parte europee - dovranno spiegare i propri metodi e tecnologie di lavoro, e il comune valuterà con chi stringere un accordo. La municipalità di Gerusalemme raccoglie ogni giorno 1.300 tonnellate di spazzatura, la quantità più grande di tutto il Paese. Ad oggi, la maggior parte viene stipata nella discarica del vicino villaggio arabo di Abu Dis, dove i rifiuti non vengono sottoposti a nessun trattamento speciale: il che negli anni ha suscitato a più riprese le proteste di associazioni ecologiste. Fonti della compagnia dell'acqua hanno dichiarato che, dopo un lungo periodo di stallo in cui la soluzione al problema spazzatura della città veniva rimandata continuamente, l'attuale sindaco, Nir Barkat, ha invece dato disposizioni affinché la costruzione dell'impianto di smaltimento proceda speditamente. Nei piani del primo cittadino, la struttura dovrebbe separare i vari tipi di rifiuti - plastica, carta, vetro, legno, metallo - e utilizzare l'umido per produrre metano. «L'idea è quella di trasformare questo pugno nell'occhio ambientale in una risorsa per generare energia rinnovabile», ha dichiarato l'amministratore delegato della compagnia municipale, Moshe Klachin. «E' il primo progetto del genere in Israele - ha sotolineato il dirigente - e abbiamo il forte sostegno anche del ministero dell'Ambiente».

(FocusMo, 4 aprile 2011)

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Israele: al via trivellazione giacimenti offshore Myra e Sarah

L'accordo per iniziare a trivellare i giacimenti offshore Myra e Sarah è vicino. La compagnia petrolifera israeliana Modiin Energy LP e Israel Land Development Company Energy Ltd. (ILDC Energy, sussidiaria della statale Israel Land Development Co.), hanno firmato una lettera d'intenti con un operatore di trivellazioni offshore, il cui nome non è stato rivelato, ma che indiscrezioni di stampa locale descrivono come un «attore dominante del settore».
Le negoziazioni per giungere a un accordo finale stanno dunque avanzando, e gli esperti prevedono che nel giro di alcuni mesi le trivelle entreranno in azione nei due giacimenti. «Stiamo procedendo in accordo con i nostri piani di avviare trivellazioni di esplorazione entro la fine dell'anno», ha confermato l'amministratore delegato di ILDC Energy, Ohad Marani. Myra e Sarah si trovano nello specchio d'acqua compreso tra Israele e Cipro; negli ultimi anni, questo bacino è stato teatro di importanti scoperte energetiche. Poco più a nord di questi due giacimenti, ve ne sono altri due - Tamar e Dalit - che contengono quantità di idrocarburi pari a decine di miliardi di dollari. Infine, sempre a metà strada tra le coste israeliane e quelle cipriote, è stato fatto l'ultimo, importante ritrovamento: Leviathan. Potenzialmente, il giacimento più grande mai scoperto finora nel Mediterraneo. E che, sembra, potrebbe addirittura trasformare lo Stato ebraico in una potenza energetica.

(FocusMo, 4 aprile 2011)

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Malcontento dell’Autorità Palestinese per i ripensamenti di Richard Goldstone

Giorni fa Richard Goldstone, ex capo della missione di inchiesta dell'Onu sul conflitto di Gaza, ha dichiarato di essersi probabilmente sbagliato nel suo rapporto precedente. In risposta, il giorno 3 Israele ha chiesto all'Onu di annullare il rapporto di inchiesta sul conflitto di Gaza e ha deciso di prendere misure diplomatiche per "far invertire o ridurre al minimo" le ripercussioni causate dal rapporto.
Lo stesso giorno l'Autorità Nazionale Palestinese ha espresso forte risentimento per la retromarcia di Goldstone, dichiarando che i ripensamenti di Goldstone non cambieranno la credibilità del rapporto.

(CRI online, 4 aprile 2011)


E’ naturale che ai dirigenti palestinesi il rapporto Goldstone appaia credibile, dal momento che sono disposti a credere a tutto quello che va contro Israele. Credibilità e verità in questi casi non hanno niente da spartire.

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Robintour, itinerario in bus tra Israele e Palestina

Marco Ricchetti, il presidente di Robintur, ha lanciato alla Bmt di Napoli i viaggi tra Paesi in contrasto, ovvero ad esempio una settimana tra Israele e Palestina in successione, per comprendere le diversità tra i due popoli, la loro storia e favorire un processo di integrazione. In particolare alla Bmt è stato presentato il pacchetto "Argonauta, il viaggio possibile", otto giorni e sette notti tra Akko, Haifa, Nablus, Gerico, Gerusalemme e Tel Aviv viaggiando in pullman.

(Tranivel Quotidiano, 4 aprile 2011)

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Brain Forum a Milano su iniziativa dell'Università di Gerusalemme

La possibilità di colorare i singoli neuroni è la base di tutta la moderna ricerca nel campo delle neuro-scienze. A scoprire la prima tecnica di colorazione dei neuroni è stato un italiano, Camillo Golgi, che fu anche uno dei primi assessori alla salute a Pavia nell'Italia appena unificata. A lui, nel centocinquantenario dell'Unità d'Italia, è dedicato il BrainForum "Il colore del pensiero".

Quest'anno, su iniziativa principalmente dell'Università di Gerusalemme, il BrainForum si tiene a Milano, il 4 e 5 aprile, e vede la partecipazione - fra gli altri - di importanti studiosi e ricercatori israeliani dell'Università di Gerusalemme:
Idan Segev, dell'Interdisciplinary Center for Neural Computation
Eilon Vaadia, professore di fisiologia
Arnold Rosin professore emerito di medicina e geriatria alla Hadassah Medical School
Marta Weinstock Rosin, professoressa di farmacologia.
Da Israele, parteciperà anche Yadin Dudai, professore di neurobiologia al Weizmann Institute

"Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione nella conoscenza del cervello - spiega Viviana Kasam, presidente BrainCircleItalia - E' importante che tutti, non solo gli addetti ai lavori, siano informati di ciò che sta succedendo, perché il cervello è ciò che ci rende uomini, e la possibilità di tenerlo in forma ed espanderne le capacità, e di curare le malattie neuro-degerative, è alla base del nostro benessere. Lo scorso anno il BrainForum ha riscosso un grande successo, e questo ci ha spinti ad ampliare il nostro progetto con nuove iniziative. BrainForum 2011 è integrato da una mostra open-air di straordinarie gigantografie del cervello, colorate secondo la tecnica Brainbow, che rimarrà esposta dal 12 marzo al 12 aprile in Corso Vittorio Emanuele a Milano, e dalla produzione di un libro "La Rivoluzione del Cervello", distribuito gratuitamente alle famiglie e agli studenti delle scuole superiori, al quale hanno collaborato illustri scienziati, per spiegare in termini semplici e divulgativi i misteri del cervello".

(Fuori dal ghetto, 4 aprile 2011

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Le tensioni con gli arabi figlie di un complotto

Intanto le monarchie del Golfo denunciano "ingerenze" di Teheran

TEHERAN - Un "complotto" degli Usa, Israele e altri Paesi occidentali: così l'Iran ha spiegato ieri l'impennata nelle tensioni con le monarchie arabe del Golfo seguite alle proteste in Bahrain, con un duro scambio di accuse tra Teheran e questi Paesi, timorosi di quelle che definiscono "ingerenze" della Repubblica islamica. E intanto la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, torna ad affermare che l'origine delle rivolte nei Paesi arabi è da ricercare nella rivoluzione islamica del 1979 a Teheran, ribadendo quindi il sostegno alle rivolte, tranne che in Siria, tradizionale alleata della Repubblica islamica in funzione anti-occidentale e anti-israeliana.
«Gli Usa, il regime sionista (Israele, ndr) e coloro che sostengono i loro obiettivi non vogliono che i Paesi islamici siano uniti e quindi cercano di seminare discordia», ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Ramin Mehman-Parast, mentre è attesa in serata a Riad una riunione dei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo - Arabia Saudita, Kuwait, Oman, Emirati arabi uniti, Qatar e Bahrain - in cui dovrebbero essere sottolineate quelle che vengono definite «le ingerenze dell'Iran» nella regione. Le tensioni tra le due sponde del Golfo vanno crescendo da quando l'Iran ha protestato contro la repressione di proteste dell'opposizione in Bahrain, Paese a maggioranza sciita ma guidato da una dinastia sunnita, e l'intervento di truppe saudite per aiutare a mettere fine alla rivolta. Nei giorni scorsi, inoltre, in Kuwait tre persone, di cui due iraniani e un kuwaitiano, sono state condannate a morte per spionaggio in favore di Teheran e lo stesso Kuwait ha annunciato l'espulsione di diplomatici iraniani, denunciando una cospirazione contro la propria sicurezza. Il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, Abdellatif al-Zayani, ha affermato che «la continuazione delle ingerenze dell'Iran negli affari interni dei Paesi del Consiglio costituisce una minaccia per la sicurezza e la stabilità regionali». Dichiarazioni che confermano come le relazioni tra Teheran e le dirimpettaie monarchie arabe, sempre venate diffidenza dalla rivoluzione iraniana di 32 anni fa, stiano toccando nuove punte di ostilità.

(Corriere Canadese, 4 aprile 2011)

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Il «Gran Vinitaly 2011» a una cantina di Israele

VERONA - È israeliano il miglior produttore di vino del mondo. L'edizione 2011 del Concorso enologico internazionale premia Golan Heights Winery, fondata nel 1983 a Katzrin, Israele. È la prima volta, si legge in una nota di Veronafiere, che il Premio speciale Gran Vinitaly va a un'azienda israeliana. La Golan Heights Winery al Vinitaly, che quest'anno si svolgerà con quasi 4.000 espositori da giovedì 7 a lunedì 11, ha raccolto riconoscimenti nelle edizioni del Concorso 2004 e 2006: Gran Medaglia d'oro.
La cantina israeliana ha convinto i 105 giurati, scelti fra autorevoli enologi e giornalisti di settore per l'anteprima al 45o Vinitaly, affermandosi tra 3.720 bottiglie presentate da più di 1.000 aziende di 30 Paesi. La manifestazione si è svolta con il patrocinio dell'Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, dell'Union Internationale des Oenologues, dei ministeri dell'Agricoltura e dello Sviluppo in collaborazione con Assoenologi e Ice.
Il Concorso si conferma come il più selettivo e rigoroso del mondo, con un numero di medaglie assegnate, 71, contenuto rispetto al totale dei partecipanti. Da regolamento, i produttori che si sono aggiudicati una medaglia potranno apporre l'etichetta «Concorso Enologico Internazionale 2011», sulle partite dei vini vincitori. Complessivamente, sono stati 1.042 i diplomi di Gran Menzione assegnati: i primi 20 vini di ogni categoria e gruppo che hanno ottenuto il miglior punteggio, sono stati rivalutati da tre commissioni diverse. Tra questi, quelli che hanno ottenuto le migliori performance, sono stati rispettivamente insigniti con Gran Medaglia d'Oro, Medaglia d'Oro, Medaglia d'Argento e Medaglia di Bronzo. Sono state attribuite 16 Gran Medaglie d'Oro, 17 d'Oro, 19 d'Argento e 18 di Bronzo.
«A conferma di una marcata internazionalità», commenta Giuseppe Martelli, dg di Assoenologi, «quest'anno i vini stranieri registrano percentualmente una presenza forse superiore a quella italiana nei primi quattro premi che caratterizzano il Concorso».
Due aziende hanno vinto il Premio speciale Vinitaly Nazione 2011, attribuito al produttore di ogni Paese che ha ottenuto il maggior punteggio in base alla somma delle valutazioni riferite ai migliori tre vini insigniti del diploma di Gran Menzione. L'italiana Azienda agricola G. Milazzo - Terre della Baronia Spa di Campobello di Licata (Agrigento), che si aggiudica anche il premio "Vinitaly Regione 2011", e la spagnola Bodegas Marques de Carrion S.A. - Cabastida - Alava.
Tra le aziende che si sono aggiudicate la seconda edizione del Premio speciale «Vinitaly Regione 2011», che incorona il produttore di ogni regione che ha ottenuto il miglior risultato in base alla somma dei punteggi più alti riferiti ai tre migliori vini che hanno ottenuto la Gran Menzione, per il Veneto c'è la Cantina Valpolicella Negrar Sca. Assegnato anche il Premio speciale «Banca Popolare di Verona», al vino Trentino doc Vin Santo Arele 1999 di Cavit.

(L'Arena.it, 3 aprile 2011)

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Israele chiede ai suoi cittadini in Sinai di rientrare immediatamente

GERUSALEMME - Israele ha invitato i suoi cittadini a "lasciare immediatamente il Sinai e tornare nel proprio Paese" a causa di "piani terroristici di rapire israeliani e di usarli come moneta di scambio". Il fatto segue l'attacco aereo israeliano che nella notte ha ucciso tre palestinesi, che secondo l'esercito erano "una squadra terroristica di Hamas che stava pianificando rapimenti" in Israele e nella zona egiziana del Sinai. Hamas, che controlla Gaza, ha rilasciato un comunicato in cui conferma che i tre erano membri del gruppo e promette vendetta.

(Blitz quotidiano, 3 aprile 2011)

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Rapporto Goldstone, il giudice ci ripensa e corregge il tiro

di Valerio Mieli

Richard Goldstone
"Oggi sappiamo molto di più su quello che è successo nella guerra di Gaza del 2008-2009 di quanto sapevamo quando ho presieduto la Missione d'inchiesta nominata dal Consiglio dei diritti umani, che ha prodotto quello che è stato conosciuto come il Rapporto Goldstone. Se avessi saputo allora quello che so adesso, il Rapporto sarebbe stato un altro documento".
Con queste parole Richard Goldstone, in un suo articolo apparso sull'autorevole The Washington Post, spiega il perché di un Rapporto a senso unico. Una inaspettata e tardiva retromarcia dopo il discredito gettato sullo Stato di Israele e l'operazione Piombo Fuso. Scontato il compiacimento del Governo israeliano.
   "Quel rapporto deve essere messo da parte una volte per tutte", ha affermato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. "Sono sempre stato sicuro che la verità sarebbe venuta un giorno alla luce", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. "Auspico che adesso il giudice trovi il modo di pubblicare una versione aggiornata e corretta di quel rapporto falso e distorto", ha affermato dal canto suo il ministro della Difesa Ehud Barak.
   "Lo scopo del Rapporto non è mai stato approvare una conclusione scontata contro Israele", scrive infatti Goldstone nel suo articolo e confessa: "Ho insistito sulla modifica del mandato originario approvato dal Consiglio dei diritti dell'uomo, che è stata distorta contro Israele. Sono sempre stato chiaro che Israele, come qualsiasi altra nazione sovrana, ha il diritto e il dovere di difendere se stessa e i suoi cittadini contro gli attacchi provenienti dall'estero e dall'interno".
   Ma il giudice ha anche ribadito che la relazione ha trovato prove di "potenziali crimini di guerra" e "forse crimini contro l'umanità" commessi sia da Hamas che da Israele e ha ritenuto opportuno avviare le indagini. La differenza, ha però affermato, anche alla luce dei nuovi documenti in suo possesso è "l'intenzionalità", "i crimini commessi da Hamas sono stati voluti, va da sé infatti che i suoi razzi sono stati consciamente e indiscriminatamente indirizzati contro obiettivi civili". E si è detto dispiaciuto di non avere avuto per tempo le prove della non intenzionalità dell'uccisione di civili da parte dei soldati israeliani. "Per evitare decisioni sbagliate era stato chiesto alle parti in causa di indagare in modo trasparente e in buona fede sui crimini commessi" e "sono rammaricato che Israele non abbia collaborato apertamente fin da subito alle nostre indagini". La relazione finale da parte del Comitato di esperti indipendenti delle Nazioni Unite - presieduta dall'ex giudice di New York, Mary McGowan Davis - che ha fatto seguito alle raccomandazioni del Rapporto Goldstone ha rilevato che "Israele ha dedicato notevoli risorse per indagare sulle oltre 400 accuse di cattiva condotta operativa a Gaza "mentre" Hamas non hanno condotto alcuna indagine sul lanci di razzi contro Israele".
   E' evidente purtroppo quando si parla di Israele che un ripensamento di questo genere possa essere vittima di strumentalizzazioni. E infatti c'è già chi insinua che la retromarcia di Goldstone sia legata alle pressioni a cui a suo tempo è stato sottoposto da diverse comunità ebraiche, in particolare in Sudafrica. Ma il portavoce militare israeliano Avi Benyahu esclude categoricamente tale ipotesi e afferma, anche riferendosi alla decisione di Israele di non cooperare a suo tempo con la Commissione Goldstone- visto che il suo mandato appariva viziato da pregiudizi - che le forze armate israeliane inoltrarono egualmente le informazioni rilevanti "mediante vie traverse, di seconda e terza mano". Benyahu ha quindi sostenuto che non solo Hamas a Gaza ma anche gli Hezbollah nel Libano meridionale usano "per ideologia" la popolazione civile come uno scudo umano da frapporre davanti alle forze armate israeliane a protezione dei propri miliziani.

(Notiziario Ucei, 3 aprile 2011)

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Goldstone dispiaciuto

di Sergio Minerbi

Il noto rapporto Goldstone, che accusava l'esercito israeliano di crimini di Guerra durante l'operazione Piombo fuso nella striscia di Gaza, era infondato. Questo lo sapevamo già, ma lo afferma ora lo stesso autore del rapporto, il giudice Richard Goldstone, in un suo articolo sul Washington Post. Per essere corretto egli dovrebbe chiedere una revisione ufficiale del suo rapporto sottoposto all'infame Commissione dei diritti dell'uomo dell'ONU a Ginevra. "Mi rincresce non aver avuto a disposizione tutti i fatti che avrebbero influito sulle conclusioni che facevano riferimento a crimini di guerra" egli ha scritto. Ottimo, anche se ora dobbiamo chiederci se compiranno lo stesso atto di pentimento battendosi il petto, i consueti denigratori di Israele, ossia coloro che in Italia, ebrei e non ebrei, hanno sostenuto le false accuse. E una morale anche per Israele: non boicottare mai un'inchiesta, anche se di parte.

(Notiziario Ucei, 3 aprile 2011)

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Netanyahu premerà sull’Onu per annullare il rapporto Goldstone

GERUSALEMME - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato oggi che lancerà una campagna internazionale per spingere le Nazioni Unite ad annullare il cosiddetto "rapporto Goldstone", cioè il dossier durissimo su Israele a proposito della guerra di due anni fa nella Striscia di Gaza. Netanyahu ha detto di aver intrapreso l'iniziativa dopo che il giurista Richard Goldstone, autore della relazione, aveva fatto marcia indietro dalle accuse rivolte a Israele di aver preso di mira i civili deliberatamente, scrivendo sul Washington Post che con il senno di poi la sua relazione sarebbe stata molto diversa. Secondo il 'rapporto Goldstone' sia Israele che Hamas potevano aver commesso crimini di guerra e possibili crimini contro l'umanità, conclusioni che avevano offeso Israele. Durante la campagna nella Striscia di Gaza, iniziata nel dicembre del 2008 e durata circa tre mesi, furono uccisi 1400 palestinesi, comprese centinaia di civili, e 13 israeliani.

(Blitz quotidiano, 3 aprile 2011)

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Vinitaly: è israeliano il miglior vino del mondo

La cantina israeliana Golan Heights Winery ha trionfato su 3.720 bottiglie

La cantina vincitrice
VERONA, 2 apr - E' israeliano il miglior produttore di vino del mondo. L'edizione 2011 del Concorso enologico internazionale ''Gran Vinitaly'' ha premiato la cantina Golan Heights Winery, realta' relativamente giovane, fondata nel 1983 a Katzrin (Israele).
E' la prima volta che il riconoscimento del Premio speciale del Vinitaly viene assegnato dai giurati ad una cantina israeliana. La cantina israeliana si e' affermata su una concorrenza di 3.720 bottiglie presentate da piu' di 1.000 aziende vitivinicole di 30 Paesi del mondo.

(ANSA, 2 aprile 2011)

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Il mondo "sottosopra" di Chagall a Verona

Sono molti gli approcci possibili all'opera di Chagall: la relazione con i movimenti d'avanguardia a cui si e' accostato nel corso della sua vita, ma da cui si e' poi sempre distinto per originalita'; i temi legati alle sue origini russe ed ebraiche e i relativi contenuti spirituali; la sua capacita' di servirsi di tecniche miste per superare le frontiere fra pittura e grafica. Questa mostra ha scelto di indagare le affinita' che l'artista condivise con i Surrealisti - anche loro seguaci della "rivoluzione" e del sovvertimento dei valori stabiliti - e il forte sentimento della sua identita' religiosa.
Osservando le opere di Chagall si puo' cogliere la peculiarita' che contraddistingue l'universo dell'artista: i personaggi, gli animali, gli oggetti che popolano paesaggi complessi spesso sfidano la legge di gravita'. Il mondo che Chagall raffigura e', nel vero senso del termine, un mondo "sottosopra" in cui ''il tempo non ha sponde'', per riprendere il titolo di un quadro degli anni trenta, nel quale fidanzati, sposi, rabbini, musicisti, orologi a pendolo, carretti, asini, galli e il pittore stesso - che si e' ritratto tante volte nelle sue tele - si abbandonano ad audaci acrobazie come i circensi, altro soggetto che l'artista raffigura tanto volentieri. (segue)

(Adnkronos, 2 aprile 2011)

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Priebke, la rabbia di Pacifici: «Ora basta derisioni, intervengano le istituzioni»

Protesta dopo la foto dell'ex gerarca nazista al ristorante. Alemanno: ripristinare la legalità. Zingaretti: niente benefici

ROMA - Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma dichiara tutta la sua indignazione e rabbia per le foto pubblicate dal settimanale Oggi, che ritraggono Erich Priebke a cena in un ristorante romano il giorno dopo le celebrazioni dell'anniversario della strage delle Ardeatine, e lancia un appello alle istituzioni: «Siamo arrivati al capolinea e diciamo basta. La derisione e la sfida sono qualcosa che non possiamo accettare. Alziamo la nostra voce e ci uniamo al coro delle proteste, perché intervegano le istituzioni, militari, civili o politiche. Si pronuncino, e ci dicano se siamo soli in questa battaglia».
Non è la prima volta che l'ex gerarca nazista, ai domiciliari, viene fotografato per le strade a spasso con la sua scorta. Ma stavolta, dice Pacifici, «è arrivato il momento di dire basta. Le proteste dei familiari delle vittime sono un atto dovuto - dice Pacifici - per un eccidio che ha coinvolto uomini di diverse fedi, estrazioni, ebrei, militari, uomini di chiesa, oppositori politici, passanti. È stato uno spaccato di vittime che rende la condivisione di questa Memoria, come ha ricordato il presidente della Repubblica Napolitano, un fatto di unità nazionale. Adesso siamo stanchi di essere presi in giro. Queste foto sono un'ulteriore sfida, un tentativo di ingannare la giustizia, l'Italia, vittima del nazismo e del fascismo, e di deridere la storia scegliendo una data alquanto simbolica - il giorno dopo le commemorazioni della strage -. Presentandosi in un ristorante, accede ad un diritto riservato ai cittadini liberi. Non lo possiamo tollerare».
Alemanno: «È inquietante che a pochi giorni dalla cerimonia di commemorazione delle 335 vittime dell'eccidio delle Fosse Ardeatine compiuto il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione naziste, Erich Priebke - ex ufficiale delle SS - condannato agli arresti domiciliari, possa andare al ristorante nella città, offendendo la sensibilità dei familiari delle vittime e di tutti coloro che non dimenticano gli orrori perpetuati dal nazi-fascismo durante l'occupazione di Roma. Chiediamo, a tutte le autorità competenti, che venga ripristinata la legalità garantendo gli arresti domiciliari di questo criminale», dice in una nota il sindaco di Roma.
Zingaretti: «Il criminale nazista Erich Priebke sorpreso al ristorante, mentre avrebbe dovuto essere agli arresti domiciliari, è un fatto grave che ripugna alla coscienza e offende lo spirito e il senso civile del nostro Paese - afferma il presidente della Provincia di Roma - Erich Priebke deve scontare la sua pena detentiva agli arresti domiciliari senza sconti nè benefici, per questo chiedo con forza che le autorità competenti siano rigorose nella piena applicazione della condanna stabilita dal tribunale».

(Il Messaggero, 2 aprile 2011)

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Raid israeliano su Gaza: muore comandante di Hamas

Morti altri due miliziani. L'attacco aereo nella notte nei pressi di Gaza City: un missile avrebbe colpito un auto.

GAZA - Nella notte un attacco aereo israeliano ha ucciso tre palestinesi membri di Hamas, che si trovavano a bordo di un'auto nei pressi di Gaza City. Secondo testimoni il missile ha colpito la macchina in marcia poco prima delle 2 ora locale. Il portavoce del ministero della Salute di Gaza, Adham Abu Salmia, ha confermato che tre uomini sono stati uccisi e uno è rimasto ferito. Fra le vittime c'è anche un comandante delle brigate Ezedin al-Qassam di Hamas.
LE VITTIME. L'uomo è stato identificato in Ismail Lubbad e, secondo fonti giornalistiche locali, era uno dei comandanti militari nella zona di Gaza. Con lui sono rimasti uccisi il fratello, Abdallah Lubbad e un terzo miliziano, Muhammed Daya. Hamas ha affermato che si tratta di un episodio "molto grave" e ha avvertito che Israele "ne subirà le conseguenze".
LA DINAMICA DELL'ATTACCO. Secondo quanto riporta la portavoce dell'esercito israeliano "un aereo ha colpito una squadre terroristica del gruppo terroristico Hamas che stava pianificando di condurre rapimenti". La donna sostiene che il gruppo stesse organizzando gli attacchi in occasione della ricorrenza della Pasqua ebraica alla fine del mese, oltre che in Israele, anche nella zona egiziana del Sinai. Hamas, che controlla Gaza, ha rilasciato un comunicato in cui conferma che i tre erano membri del gruppo e ha definito l'attacco "un crimine", promettendo vendetta.

(tg1 online, 2 aprile 2011)

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Il mondo “sottosopra” di Chagall a Verona

Sono molti gli approcci possibili all'opera di Chagall: la relazione con i movimenti d'avanguardia a cui si e' accostato nel corso della sua vita, ma da cui si e' poi sempre distinto per originalita'; i temi legati alle sue origini russe ed ebraiche e i relativi contenuti spirituali; la sua capacita' di servirsi di tecniche miste per superare le frontiere fra pittura e grafica. Questa mostra ha scelto di indagare le affinita' che l'artista condivise con i Surrealisti - anche loro seguaci della "rivoluzione" e del sovvertimento dei valori stabiliti - e il forte sentimento della sua identita' religiosa.
Osservando le opere di Chagall si puo' cogliere la peculiarita' che contraddistingue l'universo dell'artista: i personaggi, gli animali, gli oggetti che popolano paesaggi complessi spesso sfidano la legge di gravita'. Il mondo che Chagall raffigura e', nel vero senso del termine, un mondo "sottosopra" in cui ''il tempo non ha sponde'', per riprendere il titolo di un quadro degli anni trenta, nel quale fidanzati, sposi, rabbini, musicisti, orologi a pendolo, carretti, asini, galli e il pittore stesso - che si e' ritratto tante volte nelle sue tele - si abbandonano ad audaci acrobazie come i circensi, altro soggetto che l'artista raffigura tanto volentieri. (segue)

(Adnkronos, 2 aprile 2011)

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La scrittrice israeliana Liebrecht all'Unical

La shoah vista attraverso gli occhi dei figli e dei nipoti di chi questa immane tragedia ha vissuto in prima persona. Un punto di vista certamente diverso rispetto a come viene usualmente trattato questo argomento, ma fondamentale per comprendere quanta influenza abbia avuto l'Olocausto nella cultura ebraica.
Un importante contributo in tale direzione è stato offerto oggi, nella sala stampa dell'Università della Calabria, dove si sono tenuti degli incontri con la scrittrice israeliana Savyon Liebrecht, autrice di due libri avvincenti e di successo, "Prove d'Amore" e "Le Mele del Deserto". La scrittrice, per la prima volta in Calabria e molto nota in Israele, rappresenta appunto la seconda generazione dei sopravvissuti alla Shoah. Un autore capace di esprimere al meglio, tra la consapevolezza di un presente difficile e la memoria del terribile passato vissuto attraverso il racconto dei genitori, sia il dramma dell'Olocausto che le peculiarità della moderna società israeliana.
Il primo seminario ha avuto inizio alle 11.30 con i saluti del Preside delle Facoltà di Lettere e di Scienze Politiche, Guerino d'Ignazio. Subito dopo si è tenuta, alla presenza di molti studenti universitari, una tavola rotonda moderata dal Prof. Paolo Coen, ideatore e organizzatore dell'evento insieme ai Prof.ri Francesco Bossio, Alessandro Gaudio, Bruna Mancini e Giovanna Vingelli.
Il secondo seminario, dalle 15.00 alle 17.00, realizzato con la collaborazione dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria è iniziato con i saluti del Prof. Manlio Gaudioso, del Prof. Giuseppe Spadafora e della Dott.ssa Angela Riggio, Direttore Coordinatore dell'Ufficio III dell' Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria. E' Seguito l'incontro con la scrittrice incentrato sulla sua esperienza di vita e di lavoro come testimone della seconda generazione di sopravvissuti alla Shoah. Al termine l'autrice ha risposto alle domande dei presenti (in particolare professori delle scuole primarie e secondarie di primo e di secondo grado della Calabria).
Nella mattina di domani, infine, la Liebrecht prima di rientrare a Roma visiterà il campo di concentramento di Ferramonti, vicino a Tarsia, accompagnata dal Prof. Carlo Fanelli e dal Direttore del Museo, Francesco Panebianco.

(strill.it, 1 aprile 2011)

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Da Israele pressioni su Mosca per lo stop a uno stato palestinese

Convincere la Russia a "non sostenere il piano Ue per la creazione di uno stato palestinese entro i confini del 1967": e' questo l'obiettivo di trattative segrete intavolate da alti rappresentanti del governo israeliano a Mosca. A riferirlo e' il quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui nella capitale russa si sono svolti incontri a cui hanno preso parte il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e il consigliere del primo ministro israeliano, Isaak Molkho. Il funzionario israeliano, nei due giorni di visita, ha preso contatti anche con il responsabile del settore Medio Oriente presso il ministero degli Esteri russo, Sergej Jakovlev. Secondo Haaretz, Israele ha messo a conoscenza di Mosca un progetto "con cui fare avanzare il processo di pace con i palestinesi".

(Affaritaliani.it, 1 aprile 2011)

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Israele: ottimi risultati per Delek Group Ltd.

Le società di esplorazione che appartengono a Delek Group Ltd., una delle maggiori compagnie petrolifere israeliane, hanno registrato ottimi risultati per il 2010.
Avner Oil and Gas, che rappresenta il dipartimento di esplorazione energetica della società, e Delek Drilling LP, che esegue le trivellazioni, hanno entrambi riportato percentuali di crescita a due cifre. I profitti di Delek Drilling sono cresciuti del 30 per cento, raggiungendo i 50 milioni di dollari, rispetto al 38.3 del 2009. Ancora meglio ha fatto Avner Oil, le cui entrate nette sono aumentate del 32 per cento, passando dai 37.5 milioni di dollari del 2009 ai 49.5 dello scorso anno. I vertici delle due società costole dello stesso gruppo concordano nell'individuare la ragione di questi successi nell'incremento delle vendite del gas naturale estratto dal giacimento Yam Tethys alla società di Stato Israel Electric Corporation, primo fornitore di energia elettrica nel Paese. Sia Avner Oil che Delek Drilling possiedono una quota (15.625 per cento ciascuno) del giacimento Tamar, il cui gas dovrebbe essere commercializzato entro il 2013, rendendo Israele indipendente per almeno una ventina di anni. E non solo: le due società detengono infatti anche il 22.67 per cento di Leviathan, il giacimento potenzialmente enorme scoperto di recente a largo di Haifa, e il 23 per cento di Yam Tethys.

(FocusMo, 1 aprile 2011)

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'Libertà e civiltà', a Nello Rega le chiavi della città di Sassuolo

Il giornalista di Televideo otterrà il riconoscimento domani alle 17 all'Auditorium Pierangelo Bertoli

MODENA, 1 aprile 2011. Il giornalista di Televideo Nello Rega ha ricevuto le chiavi della città di Sassuolo. Il Comune, già in prima linea nel portare avanti il rispetto delle leggi e della Dichiarazione Universale dei diritti dell'Uomo, ha ritenuto doveroso concedere il riconoscimento al giornalista, che ha subito un attentato a colpi di arma da fuoco lo scorso 7 gennaio nel Potentino e rivendicato dal movimento sciita Hezbollah.
Un'onorificenza che vuole ancora una volta essere un segno di solidarietà e di "scorta mediatica" a un uomo che, a causa del suo libro, "Diversi e Divisi - Diario di una convivenza con l'Islam" (scritto con Raffaele Gerardi, che ha curato anche i disegni presenti nel testo), ha ricevuto numerose minacce oltre ai colpi di pistola.
La battaglia che il giornalista di Televideo porta avanti è un percorso di civiltà, legalità e diritti - scrive il Comune di Sassuolo - Una battaglia per la libertà, che, paradossalmente, lo costringe ad una vita blindata. Per questo motivo domani alle 17 nell'Auditorium Pierangelo Bertoli Nello Rega sarà insignito di questo riconoscimento.
Nel corso dell'evento sarà presentata un'iniziativa popolare per ribadire l'illegalità del burqa in Italia e la necessità del rispetto delle leggi dello Stato in tutto il territorio nazionale. Si tratta di un impegno che vede uniti il Sindaco di Sassuolo, Luca Caselli, l'avvocato Loredana Gemelli, che segue i casi di Hina e Saanà (uccise per mano dei propri familiari, perché volevano vivere "all'occidentale") e lo stesso Nello Rega.

(il Resto del Carlino, 1 aprile 2011)

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Grido d'allarme delle Comunità ebraiche: "Antisemitismo in aumento in Spagna"

Grido di allarme lanciato dalla Federazione delle Comunità ebraiche di Spagna (FCJE) e dal Movimento contro l'intolleranza: "In Spagna si sta verificando da alcuni anni un pericoloso aumento dell'antisemitismo. E la crescita di atteggiamenti antisemiti è legata sopratutto al Web". "Quello che è illegale nella stampa non è illegale in internet", ha avvertito il presidente della Fcje Jacobo Israel. Dal canto suo il presidente del Movimento contro l'intolleranza ha invece affermato che ogni anno si producono nel Paese "circa 400 incidenti antisemiti" su 4.000 considerati di stampo xenofobo o razzista e la crisi economica "sta alimentando il razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e la islamofobia", e poi denuncia: "La Spagna "non sta facendo quello che dovrebbe in materia di lotta contro l'antisemitismo". Le organizzazioni, in maniera congiunta, hanno chiesto una riforma del codice penale che preveda fra l'altro la chiusura dei siti web con contenuti antisemiti e l'istituzione di procuratori specializzati nei reati di odio e antisemitismo in ogni regione spagnola.

(Notiziario Ucei, 1 aprile 2011)

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Gas nervino dalla Cirenaica ad Hamas e Hizbollah

Ufficiali dell'esercito ribelle libico avrebbero venduto a Hizballah e Hamas migliaia di armi (proiettili di mortaio etc.) contenenti armi chimiche come gas nervino e iprite.
Le WMD facevano parte dell'armamento bellico di Gheddafi (già noto), caduto in mano dei ribelli.
La notizia è riportata in esclusiva da Debka file: Israele ovviamente è preoccupata dalla fornitura di armi di distruzione di massa a organizzazioni terroristiche che agiscono nel suo territorio.
I ribelli avrebbero consegnato almeno 2000 proiettili di artiglieria, contenenti iprite e gas nervino, in cambio del pagamento di diversi milioni di dollari.
I servizi di intelligence USA e israeliano avrebbero tracciato la consegna delle armi, trasportate dalla Cirenaica verso il Sudan per mezzo di convogli controllati da agenti iraniani e da militanti di Hizballah e Hamas.
Non sembra che le armi abbiano raggiunto il Libano o la Striscia di Gaza, in attesa del momento e del mezzo migliore utile a evitare che le armi vengano distrutte da un attacco USA e dell'IDF. I gas potrebbero anche essere caricati su droni, arrivati recentemente in Libano dall'Iran, e quindi lanciati da un aereo su Israele.
L'operazione è gradita all'Iran perché permette di armare i suoi alleati senza un diretto coinvolgimento. Agenti iraniani sarebbero arrivati a Bengasi a fine febbraio, allo scopo di definire l'acquisto e il trasporto delle armi chimiche fuori dalla Cirenaica, dove erano state sottratte dalle caserme di Gheddafi conquistate dai ribelli.
Militanti di hizballah e Hamas sarebbero arrivati a Bengasi nella prima settimana di marzo, come spiega il responsabile Nato James Stavridis, il quale ha confermato al Senato americano la presenza di jihadisti nella rivolta libica, a partire da Al Qaida e Hizbollah (Stavridis ha tuttavia negato che la dirigenza dei ribelli sia contigua o simpatizzante di gruppi integralisti)

(La pulce di Voltaire, 1 aprile 2011)

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Esplosione udita presso la casa di Tzipi Livni

Un'esplosione di natura ancora incerta, che non ha provocato vittime, è avvenuta nella tarda mattinata nelle vicinanze dell'abitazione della leader del partito centrista Kadima, Tzipi Livni, in un rione residenziale di Tel Aviv.
Il sito web di Maariv precisa che la zona è stata isolata dalla polizia e che anche agenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, cercano di far luce sull'episodio.
Al momento della esplosione, la Livni - che guida la opposizione in parlamento - non si trovava nella propria abitazione.

(swisscom, 1 aprile 2011)

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Ricercatori israeliani: il muco può trasportare i farmaci anti-tumori

Il muco e' una porta aperta alle sostanze inquinanti, favorisce malattie banali ma anche l'accesso a tossine legate ai tumori. Sfruttando questo ''tallone di Achille'', i ricercatori della Tel Aviv University pensano di poter utilizzare le proprieta' molecolari del muco per trasportare con piu' facilita' farmaci antitumorali direttamente nelle cellule.
La mucina, proteina viscosa che compone il muco, ha infatti la capacita' di intrappolare le molecole - comprese quelle inquinanti - che altrimenti non si scioglierebbero in acqua, per questo dette anche idrofobe. Lo studio, guidato da Michael Gozin e pubblicato su Chemical Research in Toxicology, e' ancora nelle prime fasi ma punta a utilizzare le mucose per ''facilitare la penetrazione dei farmaci idrofobi nel corpo, sia attraverso le vie respiratorie che attraverso lo stomaco''.

(ASCA, 1 aprile 2011)

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Israele: sondaggio politico

Cresce la popolarità del partito del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, il Likud, e degli altri partiti di destra e ultra-destra d'Israele.
E' il dato che emerge da uno studio commissionato dal giornale economico Globes e pubblicato oggi. Lo studio mostra anche che gran parte del pubblico nazionale non è infastidito, né preoccupato per lo scandalo che sta colpendo il questi giorni il Primo ministro, accusato di aver finanziato impropriamente alcuni viaggi internazionali, e di non avere giustificato in modo soddisfacente la provenienza di certe donazioni ricevute durante la campagna elettorale del 2008. Anche il partito nazionalista-ultrà Yisrael Beitenu, guidato dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, esce bene dal sondaggio, che gli attribuisce un seggio in più (da 15 a 16), mentre Ichud Leumi, altra formazione di destra e nazionalista, guadagna ben due seggi, passando virtualmente da quattro e sei. In tutto, la Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, conta 120 parlamentari. Mantengono lo status quo sia il partito religioso Sahas, attualmente nella coalizione di governo e che detiene 11 seggi, sia il Nuovo partito Religioso Nazionale (3 seggi). Guardando all'opposizione, se le elezioni si tenessero oggi, Kadima, partito centrista guidato da Tzipi Livni, otterrebbe un seggio in più - da 27 a 28. Pessimi, invece, i risultati del partito laburista. I dati raccolti da Globes gli attribuiscono solo 7 seggi anziché i 13 ottenuti nel 2009. La decisione dell'ex leader di partito, Ehud Barak, di entrare nella coalizione di governo guidata da Netanyahu non ha certo giovato alla principale formazione della sinistra israeliana. La scissione interna avvenuta alcuni mesi fa - quando lo stesso Barak se n'è andato, fondando il partito dell'Indipendenza - ha contribuito ad affossare ulteriormente il Labur, relegandolo ai minimi storici in termini di consenso. Ma la sortita in solitaria non ha portato fortuna neanche al ministro della Difesa ex laburista: secondo il sondaggio, gli Indipendenti non conquisterebbero oggi nemmeno un seggio.

(FocusMo, 1 aprile 2011)

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Notizie archiviate

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