L'intellettuale francese, leader della Novelle Philosophie Bernard Levy in merito alla polemica emersa sul tema dell'incontro promosso da Ecole Normale Supérieure di Parigi su "Boicottare Israele" ha sentenziato che è un argomento assurdo. "Sono sempre a favore del dibattito, dello scontro di opinioni - quindi, non della censura - ha dichiarato Bernard Levi in una lettera pubblicata sul Huffington Post - non approvo la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni ") il tema principale della riunione alla Ecole Normale, che sinceramente trovo, calunniosa, bellicosa, anti-democratica.
In primo luogo perché bisogna boicottare i regimi totalitari, non le democrazie. Si può boicottare il Sudan, colpevole dello sterminio di una parte della popolazione del Darfur. Si può boicottare la Cina, colpevole di massicce violazioni dei diritti umani in Tibet e altrove. Si può e si deve boicottare l'Iran di Sakineh e Jafar Panahi, i cui leader sono diventati sordi al linguaggio del senso comune e del compromesso. Si può anche immaginare, il boicottaggio, di quei regimi arabi in cui ai cittadini la libertà di espressione è vietata e punita col sangue. Uno non boicotta l'unica società del Medio Oriente dove gli arabi leggono una stampa libera, dimostrano quando vogliono farlo, mandano i rappresentanti liberamente eletti al parlamento e godono dei loro diritti di cittadini. Indipendentemente da ciò che si pensa delle politiche del Governo di Israele, non si può boicottare l'unico Paese nella regione dove gli elettori hanno il potere di sanzione, modificare e invertire la posizione del Governo . E in ogni caso - ha continuato Levi - questa campagna di boicottaggio è in realtà indifferente alla posizione del governo del signor X o Y. non è a conoscenza, né si cura di sapere, di ciò che i cittadini israeliani pensino, ad esempio, della ripresa della costruzione degli insediamenti in Cisgiordania. Non importa un fico secco delle richieste, dei parametri, delle condizioni reali di pace tra i cittadini in questione e dei loro vicini palestinesi. Di questi ultimi, delle loro aspirazioni, dei loro interessi, delle loro speranze e del modo in cui il regime di Hamas ha distrutto quelle speranze a Gaza, non dice niente. Indipendentemente da ciò che dicono i suoi promotori , l'unico vero obiettivo di questa campagna di boicottaggio è delegittimare Israele in quanto tale. Tutto ciò è deplorevole - ha concluso Levi -e, ancora una volta, indiscutibile. Presentare i promotori di questo discorso di odio come vittime la dice lunga sullo stato attuale di confusione - intellettuale e morale - di un unico mondo occidentale che si auspicava guarito dal suo peggiore passato criminale".
Il ministro degli esteri norvegese ha avuto contatti segreti con Hamas
di Antonio Scafati
Il ministro degli esteri norvegese Jonas Gahr Store ha avuto diverse conversazioni segrete con Khaled Meshaal, uno dei leader di Hamas. Store inizialmente aveva negato di aver avuto qualunque tipo di contatto informale con Hamas, ma è stato smentito: l'emittente televisiva norvegese TV2 ha infatti raccolto la testimonianza dello stesso Meshaal, il quale non ha lasciato spazio ai dubbi: "Si, ho avuto diverse conversazioni al telefono con il ministro degli Esteri della Norvegia".
Messo alle strette, Store ha ammesso di aver avuto contatti con Meshaal tra il febbraio e il maggio del 2007. Giovedì sera, sul suo sito web, il ministro ha spiegato che sin dalla primavera del 2007 la Norvegia lavora per far sì che si instauri un governo di unità tra Fatah e Hamas, e lo scopo delle telefonate era solo quello di comunicare ad Hamas le riflessioni dell'opinione pubblica mondiale, sostenere la necessità di rispettare gli accordi internazionali e l'integrità dello stato israeliano.
Queste le motivazioni. Ma l'opposizione norvegese è insorta lo stesso. I contatti tra un ministero norvegese e una formazione ritenuta terroristica hanno indignato i partiti di destra. Siv Jensen, leader del Fremskrittspartiet, ha detto che quello che sta venendo a galla "è molto grave". Jensen ha dichiarato che attraverso questi negoziati segreti con Hamas il ministro Store ha di fatto mentito al Parlamento. Altrettanto severa la valutazione di Erna Solberg, che guida l'altro partito di opposizione, l'Hoyre: secondo la Solberg, la politica norvegese in Medio Oriente non ha mai comportato, non comporta e non deve comportare un contatto politico diretto con Hamas.
L'imbarazzo per Store e per tutto l'esecutivo socialdemocratico è tanto anche perché a dicembre Wikileaks aveva pubblicato alcuni documenti di diplomatici Usa. In questi dispacci si leggeva che nonostante il governo di Oslo lo negasse, i contatti con Hamas lasciavano supporre una certa simpatia della Norvegia nei confronti di Hamas.
Presentazione del volume nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea
FERRARA - E' promossa dalla Fondazione Museo Nazionale dell'ebraismo Italiano e della Shoah la presentazione del volume "Storia della Shoah in italia" (Utet, 2010), in programma oggi pomeriggio alle 16.30 nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. L'appuntamento sarà moderato dal coordinatore del Meis Gaetano Sateriale e arricchito dalle relazioni di Simon Levis Sullam (Università di Oxford), Michele Sarfatti (direttore CDEC, Milano) e Antonella Salomoni (Università della Calabria).
'Storia della Shoah in Italia' è un'opera in due volumi, composta da 50 saggi d'autore che approfondiscono, con ricchezza di dati e testimonianze, temi connessi all'Olocausto in Italia. Il coordinamento dell'opera è a cura di Marcello Flores; Simon Levis Sullam; Marie-Anne Matard Bonucci; Enzo Traverso. Il I volume "Le premesse, le persecuzioni, lo sterminio", analizza le radici dell'antisémitismo italiano, la svolta del fascismo del 1938, il periodo buio delle deportazioni fino alla fine della guerra. Il II volume "Memorie, rappresentazioni, eredità", prende le mosse dalla fine del conflitto e cerca di esplorare il complesso percorso che ha sottratto la Shoah al silenzio e all'oblio del dopoguerra italiano, facendone a poco a poco un momento cruciale della nostra visione del passato.
Egitto: Israele chiede all'Occidente di ridurre le critiche a Mubarak
Il governo di Israele tramite un messaggio informale diffuso sabato notte tra i suoi ambasciatori nei paesi alleati, chiede all'Occidente mettere freno alle critiche al presidente Mubarak. Lo scrive il quotidiano di Gerusalemme Haaretz.
L'intento israeliano, prosegue l'articolo, è convincere le maggiori potenze alleate che la stabilità in Egitto è nell'interesse sia dell'Occidente che del Medio Oriente.
L'Egitto è stato il primo paese a firmare un accordo di pace con Israele nel 1979 in cambio de ritiro totale dell'esercito israeliano dai territori egiziani, realizzato nel 1982.
"Il trattato di pace esiste nell'interesse generale del paese, qualunque sia il regime. Questo perché gli Stati Uniti hanno garantito all'egitto oltre due miliardi di dollari all'anno di aiuti economici e militari"
Intanto anche i turisti israeliani, che come altri hanno atteso con pazienza di ripartire, cominciano a rientrare in patria su richiesta del governo, il primo ad aver ordinato il rimpatrio di diplomatici e turisti di viaggi organizzati
Il presidente replica all'esperto del progetto vincitore del concorso: non sarà lui a riempire il Meis
FERRARA - Il nuovo direttore scientifico della Fondazione Meis sarà nominato «entro il mese di febbraio» e toccherà a lui pilotare i contenuti del futuro museo dentro l'i nvolucro disegnato dagli architetti che hanno vinto il concorso per il progetto. A dare l'annuncio è stato ieri il presidente, Riccardo Calimani, che ha così seccamente replicato ad Ariel Toaff. Il controverso esperto ebraico del progetto vincente, infatti, aveva parlato sul Corriere di «mio museo» riempendolo di idee sue.
Il "ritorno" del figlio dell'ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff, dopo il libro "Pasque di sangue" che secondo alcuni era acqua al mulino dell'antisemitismo, ha riempito mezza pagina di Corriere di ieri. Il museo, secondo il docente dell'università di Tel Aviv, si articolaerà in tre blocchi architettonici.
Nel primo saranno illustrate «la cultura, le tradizioni e le tappe della vita ebraica da un punto di vista generale: la circoncisione, il matrimonio, la morte, la maggiore età religiosa, le regole alimentari, le festività. Il secondo sarà dedicato alla storia dell' ebraismo italiano, il terzo alla Shoah».
Dovrebbero essere richiamati il rapporto tra mondo ebraico e società italiana, rappresentato da personaggi come Immanuel Romano, poeta coevo di Dante, a Servadio di Bertinoro (il maggior commentatore della legge orale, Mishnah), il madrigalista secentesco Salomone Rossi, lo scienziato mantovano Abramo Colorni, i grandi autori ebrei Italo Svevo, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Carlo Levi e Primo Levi. «Toaff ha esagerato» è il commento di Calimani, affidato ad un'agenzia, «lui è solo il consulente del progetto vincitore ma a oggi non c'è nessuno che possa parlare a nome del progetto culturale che è complessivo».
Il presidente anticipa invece che il museo racconterà la storia degli ebrei in Italia, «una vicenda che dura da 22 secoli perchè, come pochi forse sanno, gli ebrei sono arrivati a Roma prima dei papi». Una fiammata polemica tra due personalità che dovranno, a partire dalle prossime settimane, lavorare fianco a fianco per completare il progetto con i contenuti espositivi. La polemica dimostra comunque l'effervescenza che cresce attorno al Meis.
Alessandro Cambi, leader dello studio romano Scape responsabile della parte architettonica, ha definito così i tempi: entro l'anno il progetto esecutivo, partenza lavori nel 2012 e conclusione nel 2015. Uno in più di quanto sperato, poichè nel progetto c'è scritto «realizzabile in due anni».
Egitto - Striscia di Gaza, Hamas chiude la frontiera
Guardie egiziane avrebbero abbandonato le postazioni
RAFAH , 30 gen. - Il movimento estremista palestinese di Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, ha chiuso la frontiera con l'Egitto: già da venerdì i funzionari egiziani avrebbero infatti abbandonato i loro posti in seguito alle manifestazioni antigovernative in corso nel Paese. Secondo fonti palestinesi sarebbe inoltre stato sospeso il contrabbando delle merci dall'Egitto, e gli abitanti della Striscia avrebbero iniziato ad immagazzinare combustibile per timore di un'interruzione dell'approvvigionamento. Israele da parte sua ha rafforzato il dispositivo di sorveglianza della frontiera per timore che la situazione non favorisca l'infiltrazione di terroristi o immigrati clandestini. (fonte Afp)
Siracusa, dopo 500 anni si celebrano stamane 2 matrimoni con rito ebraico
Rav Isaac Ben Avraham
Nella città di Siracusa la presenza ebraica affonda le sue radici al tempo della Magna Grecia e si interrompe con la cacciata degli ebrei effettuata nel 1492 da parte dei sovrani spagnoli,
A testimonianza della forte presenza ebraica, basti ricordare che sul finire del XV secolo, la popolazione ebrea in Sicilia si aggirava sulle 35.000 presenze distribuite in sei citta'.
A Palermo e Siracusa si toccavano le punte piu' alte con circa 5.000 persone.
"Da poco piu' di due anni la sinagoga a Siracusa, che riesce ad ospitare circa 70 unita', testimonia la nostra presenza attiva in Sicilia dopo 500 anni. Questo e' un fatto di notevole importanza - dichiara ' Isaac Ben Avraham, al secolo Stefano Di Mauro, rabbino capo della sinagoga di Siracusa e gia' fondatore della Jewish Congrecation of America.
Isaac Ben Avraham cappellano per la fondazione ebraica di Miami e capo rabbino sino al 2007 della Congregazione Ortodossa B'Nai Isaac in North Miami Beach in Florida, negli Usa è venuto dagli Stati Uniti di America poco piu' di due anni fa.
"Sono tornato a Siracusa - ha raccontato il Rabbino Ben Avraham nel corso di un'intervista rilasciaqta all'ADN Kronos - dove sono nato 72 anni orsono, sotto la pressione di mia moglie che voleva stabilirsi in Sicilia dopo aver ammirato insieme l'Isola in viaggio di nozze".
"I miei piani erano diversi - rivela con una punta di ironia - avrei infatti trascorso sei mesi l'anno in Israele, a Gerusalemme, e gli altri sei mesi a North Miami Beach in Florida dove ero a capo di una sinagoga".
"Anche se sono trascorsi quasi tre anni, dal rientro devo dire che a Siracusa siamo comunque sulla buona strada ed oggi riusciamo a celebrare ben due matrimoni dopo oltre500 anni.
Stamane infatti alle ore 9 nella Sinagoga di via Italia 88, due coppie, una proveniente da Catania e l'altra da Ravenna, si uniranno in matrimonio con rito ebraico.
"Un evento che si verifica per la prima volta qui dopo 5 secoli - ha dichiarato il Rabbino capo - nella stessa città dalla quale lo scorso anno siamo ripartiti per riappropriarci della nostra storia".
Il 25 marzo 2010, infatti, è stata costituita, con sede a Siracusa, la Federazione delle Comunità ebraiche del bacino del Mediterraneo guidata dal medico Roque Pugliese puntando alla rinascita dell'ebraismo nell'Italia meridionale e a Malta.
La Federazione ha il compito di rappresentare e tutelare gli ebrei, di stipulare intese e di stringere alleanze, rapporti ed adesioni con altre organizzazioni internazionali e nazionali con analoghi scopi
Siracusa è una delle poche città in Italia ad avere avuto Il quartiere della giudecca, una sorta di grande quadrilatero, riservato alla comunità ebraica.
Egitto - Netanyahu: "difendere i rapporti di pace"
Stabilità e sicurezza della regione le parole d'ordine del premier israeliano: La pace con l'Egitto dura da 30 anni, "Occorre difendere quelle relazioni".
GERUSALEMME - "Il nostro obiettivo è di garantire che i rapporti di pace con l'Egitto, che durano da decenni, continuino ad esistere. Seguiamo la situazione con la massima attenzione", queste le parole con cui il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha aperto la seduta del Consiglio dei Ministri.
"Durante questo fine settimana - ha riferito Netanyahu - ho conversato con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e con il segretario di Stato Hillary Clinton, mi sono consultato con i ministri Ehud Barak (Difesa) e Avigdor Lieberman (Esteri), nonchè con i responsabili dell'intelligence". In questa fase, secondo il premier israeliano, "Gli sforzi devono essere concentrati al fine di mantenere la stabilità e la sicurezza nella nostra regione. La pace con l'Egitto dura da 30 anni, occorre difendere quelle relazioni".
"Da parte nostra - ha proseguito Netanyahu - dobbiamo dar prova di responsabilità e di autocontrollo. Per questa ragione ho chiesto ai ministri di non esprimersi" sulla crisi egiziana. Domani il cancelliere tedesco Angela Merkel arriverà in Israele per una seduta congiunta dei due governi. "Consideriamo la Germania un'ancora centrale in Europa ed ovviamente discuteremo anche della situazione creatasi nella regione".
Per ora c'è musica folk israeliana, alcune lezioni intere sulla Torah e anche un gatto che suona il pianoforte con le sue zampette. Ma in questo nuovo sito non c'è posto per Shakira. E nemmeno per Rihanna o Lady Gaga. Perché quel che conta è che niente vada contro i precetti religiosi. Anche se si propone come l'alternativa a YouTube.
Dopo anni di attacchi, scomuniche, critiche e analisi, alla fine è arrivato "Glatube", la versione kosher del principale sito di condivisione dei video. Nonostante il divieto religioso di usare Internet.
In realtà "Glatube" (ora solo in ebraico) non ha nulla a che fare con l'azienda americana. A partire dalla grafica, semplice e primitiva. Ma nelle intenzioni di chi l'ha creato - Sharon Bokobza - tra qualche mese dovrebbe diventare il sito più visitato dalla comunità degli ebrei ultraortodossi. Non solo israeliana.
Bokobza è uno studente alla scuola religiosa (yeshiva) Shuvu Banim e ha deciso di venire incontro a quegli ebrei religiosi che usano il web. «È proprio come YouTube», spiega il ragazzo. «Ma con un'eccezione: non c'è promiscuità». Niente video di donne, insomma. Tantomeno di donne poco vestite. «Glatube è pensato soprattutto per quelli che stanno entrando nel mondo religioso, ma vogliono anche sentire un po' di musica», continua Bokobza.
I video caricati sul sito sono poco più di mille. Ogni file, prima di essere messo in rete, viene visto e analizzato da "supervisori kosher" che si assicurano di non trasmettere filmati con contenuto promiscuo, violento oppure osceno.
«In realtà non è che vietiamo tutto. Semplicemente non diamo visibilità ai video dove ci sono delle donne», chiarisce Bokobza. Un esempio? «Se in un filmato ci sono immagini di donne oppure parti femminili, non necessariamente intime, purtroppo quel video non potrà essere caricato». Il divieto vale anche per i videoclip con canzoni cantate dalle ragazze.
di rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano
L'altra sera, nel Tempio Maggiore di Roma, a conclusione delle manifestazioni del Giorno della Memoria, si è tenuto un incontro con i sopravvissuti ai Lager nazisti. Uno degli ex-deportati ha raccontato dell'immensa gioia che provò nel vedere le decine di sentinelle tedesche morte nelle torrette attorno al campo di Dachau, appena liberato dalle truppe anglo-americane. Ovviamente, la riflessione che qui propongo non è un giudizio su questo episodio, né sull'averlo raccontato davanti a migliaia di persone. Nessuno si può permettere di giudicare gli atti, i pensieri, i sentimenti di chi è sopravvissuto all'inferno, né durante la permanenza nei campi né dopo. Neanche chi nei campi c'è stato può parlare riguardo ad altri che hanno vissuto esperienze simili, perché ogni caso è sempre un caso a sé. Tuttavia, ci si può chiedere se l'applauso che ha fragorosamente accompagnato le parole dell'ex-deportato fosse appropriato. La Bibbia scrive: "Non gioire mentre il tuo nemico cade e quando egli inciampa il tuo cuore non si rallegri" (Proverbi 24, 17).
Si potrebbe obiettare che nel calendario ebraico ci sono, apparentemente, diverse feste a ricordo della sconfitta dei nemici del popolo d'Israele. In realtà, spiega Rabbi Meir Simcha Hakohen (1843-1926) nel commento "Meshekh Chokhmà", non è affatto così. Il settimo giorno di Pesach è festa solenne e in questo giorno in effetti avvenne il passaggio degli ebrei nel Mar Rosso con conseguente sconfitta dei soldati egiziani che affogarono fra i flutti. Ma, scrive il Meshekh Chokhma, la festa fu comandata ben prima dell'uscita dall'Egitto (vedi Esodo 12, 16), proprio per insegnarci che il motivo della festa non è la sconfitta del nemico. Dopo tutto, poteva anche darsi che il Faraone decidesse di non ordinare al proprio esercito di inseguire gli ebrei che fuggivano. In questo caso gli ebrei sarebbero usciti in pace, gli egiziani non sarebbero morti, e il settimo giorno sarebbe comunque stato un giorno festivo. Aggiunge il Meshekh Chokhma che a causa della morte degli egiziani non si recita in forma completa l'Hallel (i salmi di lode) negli ultimi giorni di Pesach, e cita il noto midrash secondo cui D-o dice agli angeli (che avrebbero voluto fare grande festa): "Le Mie creature affogano nel mare e voi cantate?" (Talmud bavlì, Meghillà 10b). Discorso analogo si può fare per le feste di Chanukkà e Purim, in cui non si festeggia la sconfitta dei nostri nemici ma la riconsacrazione del Santuario di Gerusalemme e il raggiungimento della pace e della salvezza.
D-o non gioisce quando i malvagi soccombono (e i nazisti non c'è dubbio che fossero dei resha'im assoluti). Tanto meno lo dobbiamo fare noi, anche quando assistiamo alla loro morte. Chi ha commesso colpe, deve essere giudicato dai tribunali (e da D-o nell'aldilà). Se il nemico muore in battaglia o per qualsiasi altro motivo, però, non possiamo gioirne. Uno dei motivi per cui gli ebrei sono stati in esilio in Egitto è per insegnarci tutta una serie di norme che concernono il rapporto con gli altri uomini e affinché impariamo a tenere un comportamento corretto.
Scheda - Fratelli musulmani, la storia del movimento
I Fratelli Musulmani ("Ikhwan Muslimun" in arabo), la principale forza d'opposizione in Egitto, sono un movimento islamico proibito ma tollerato nel Paese, fondato nel 1928 dal maestro elementare Hassan Al Banna, il movimento islamico più antico e diffuso in tutto il mondo arabo. L'obiettivo del movimento era quello di introdurre e di seguire i dettami della Sharia, la legge islamica, con un ritorno all'Islam non corrotto dall'Occidente e di presentarsi al tempo come movimento sociale, fondando scuole e ospedali.
Nel 1948 l'allora primo ministro egiziano Mahmud Fahmi Nokrashi ne ordinò la dissoluzione. Poco dopo venne assassinato da un adepto dei Fratelli musulmani. La loro guida, Al Banna, venne a sua volta ucciso due mesi dopo da uomini ritenuti vicino al governo o da sostenitori del premier assassinato. La confraternita è illegale in Egitto dal 1954, quando venne accusata di avere tentato di assassinare l'allora presidente Gamal Abdel Nasser. Negli anni che seguirono la repressione colpì duramente i Fratelli, e nel 1966 venne impiccato il loro ideologo e figura di maggior spicco, Sayyid Qutb. Il loro status non è mai cambiato: illegali, ma tollerati fin dalla metà degli anni '70, al punto di mandare regolarmente deputati in Parlamento, anche se denunciano continuamente ondate di arresti contro loro membri e sostenitori.
Nel 1987 per aggirare il divieto la confraternita utilizzò il sotterfugio di presentarsi insieme al piccolo Partito socialista del lavoro. Nelle elezioni legislative del 2005 si presentarono come indipendenti e per la prima volta arrivarono a 88 deputati (in precedenza ne avevano una ventina), un quinto del totale. Lo stesso hanno fatto nelle ultime, del 28 novembre scorso, ritirandosi però dal secondo turno del 5 dicembre in segno di protesta contro quelli che denunciavano come brogli e restando così fuori dal parlamento. Dopo avere tenuto un profilo basso nei primi giorni della protesta, la Fratellanza ha deciso di partecipare in massa alle manifestazioni da venerdì scorso dopo l'arresto, la notte precedente, di molti dirigenti del movimento. Ieri hanno lanciato un appello a una "transizione pacifica" in Egitto e sono stati definiti oggi da Mohammed El Baradei "gruppo islamico conservatore ma non ha niente a che vedere con l'estremismo".
Egitto: palestinesi di Gaza valicano il confine in assenza di controlli
IL CAIRO, 29 gen. - Decine di palestinesi di Gaza stanno attraversando in queste ore il valico di Rafah, al confine tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, usando anche i tunnel illegali, approfittando dell'assenza di controlli della polizia nella zona. Secondo l'inviato ad al-Arish della tv 'al-Jazeera', circolano notizie della presenza di decine di miliziani islamici palestinesi che, approfittando del caos in cui versa la sicurezza egiziana, si stanno infiltrando in Egitto.
Rivolta e situazione sarebbe in mano a beduini in nord Sinai
RAFAH , 29 gen - E' stato di allerta nella parte palestinese di Rafah, la localita' ai margini del Sinai divisa in due fra l'Egitto e la Striscia di Gaza, controllata dagli islamico-radicali di Hamas. La linea di demarcazione e' presidiata dal lato palestinese dalle milizie di Hamas. La sommossa, nel nord del Sinai, sarebbe stata monopolizzata dalle tribu' beduine. Voci parlano di un bilancio di 12 morti a Rafah egiziana e di 20 in tutto il Sinai settentrionale.
Abbas telefona a Mubarak per esprimere solidarietà
RAMALLAH, 29 gen. - Il presidente dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas ha telefonato al leader egiziano Hosni Mubarak per esprimere "la sua solidarieta' con l'Egitto e l'impegno alla sua sicurezza e stabilita'". Lo riferisce un comunicato diffuso dall'ufficio di Abbas, aggiungendo che il leader dell'Anp "auspica che Dio benedica l'Egitto e il suo popolo che e' sempre stato a fianco del popolo palestinese".
Israele "monitora" e paventa la rivoluzione al Cairo
Timore che un regime estremista prenda il controllo dell'esercito
ROMA, 29 gen.Ufficialmente, il governo israeliano non commenta la situazione in Egitto ma monitora strettamente gli eventi nel paese confinante con cui firmò la pace nel 1979. Ma secondo fonti citate dal quotidiano israeliano Yediot Aharonot, l'esecutivo dello Stato ebraico è seriamente preoccupato dall'idea di trovarsi a fianco una rivoluzione potenzialmente destabilizzante e potrebbe 'rivedere la propria politica di sicurezza'. Il primo ministro conservatore Benjamin Netanyahu ieri ha annunciato che non intende schierarsi politicamente. Ogni due ore circa il ministero degli Esteri - guidato da Avigdor Lieberman - presenta un rapporto al premier ed è in contatto continuo con l'ambasciatore israeliano in Egitto, Yitzhak Levanon, che al momento rimane al Cairo.
"Non è un segreto" continua la fonte, un funzionario della sicurezza, "che l'esercito israeliano è concentrato su certi teatri d'azione e lì si riversa gran parte delle risorse". Per ora l'Egitto non è un fronte d'attenzione; se dovesse diventarlo in futuro, l'esercito dovrebbe ripensare le proprie strategie e sguarnire altri teatri. "Questo non vuol dire che l'Egitto diventerebbe subito un paese nemico, ci mancherebbe", aggiunge la fonte.
La preoccupazione più immediata di Israele riguarda i possibili sviluppi sulla frontiera fra l'Egitto e Gaza, dove le forze egiziane lavorano per bloccare il contrabbando di armi verso il territorio controllato da Hamas, un impegno che potrebbe indebolirsi.
La seconda preoccupazione, secondo la fonte, riguarda il futuro dell'esercito di Israele: migliaia di carri armati, centinaia di caccia, decine di navi, "Un esercito occidentale in ogni senso che gode di aiuti americani. Se ci fosse un regime estremista a prenderne il controllo, la posizione di Israele muterebbe radicalmente" commenta il funzionario.
In biblioteca musica concentrazionaria. Domenica visite nel centro storico
Iscrizione alla Giudecca a Trani
Proseguono le iniziative messe in campo dall'assessorato alla cultura del Comune di Trani in occasione del mese della memoria. Nel pomeriggio di sabato (ore 17.30), nella sala convegni della biblioteca di Trani, si svolge la manifestazione Musica dell'uomo di domani, antologia di musica concentrazionaria per coro maschile, scritta nei campi di concentramento civili e militari durante la seconda guerra mondiale.
La manifestazione è a cura del pianista Francesco Lotoro. Con lui, si esibisce il consort vocale Diapente di Roma diretto da Lucio Ivaldi e composto da Giacomo Cellucci, Gabriele Giorgi, Fabrizio Giovannetti, Amlteo Luciano Massa e Ugo Tarquini. Segue un dibattito sul tema Per non dimenticare. Intervengono Francesco Lucrezi (docente universitario e studioso di ebraismo) ed Andrea Lovato (assessore alla cultura del Comune di Trani). Nel corso del dibattito, è previsto un approfondimento sulle tematiche della memoria in ricordo di Vincenzo Pappalettera, autore del libro Tu passerai per il camino, vincitore del premio Bancarella del 1966.
Domenica pomeriggio (ore 17) è prevista una visita guidata alla Trani ebraica (non si paga). Avraham Zecchillo (di Puglia Ebraica) percorrerà il cuore antico di Trani, il centro storico e la Giudecca, partendo dal Castello svevo, dove è allestita la mostra documentaria sulla presenza ebraica in Puglia. Durante l'iniziativa (patrocinata dal Fai, sezioni di Bari e di Andria-Trani-Canosa) e dall'associazione Puglia Ebraica, sarà presentato un concorso rivolto alle scuole pugliesi a cura di Mariapina Mascolo.
Shoah: i canti ebraici di Cracovia domani alla Filarmonica Romana
ROMA, 29 gen. - Un tuffo indietro nel tempo per rivivere le atmosfere di Kazimiers, il quartiere ebraico di Cracovia. Lo propone domani alle 18 nella Sala Casella l'Accademia Filarmonica Romana, che, per il suo secondo appuntamento legato alle iniziative per la Giornata della Memoria, ospita il concerto ''Gli alberelli di Kazimierz. Canzoni del quartiere ebraico di Cracovia'' con la voce di Marta Bizon, nota attrice polacca e interprete del repertorio della musica klezmer, che sara' accompagnata al pianoforte da Olek Brzezinski. Lo spettacolo sara' condotto da Valentina Lo Surdo.
Le canzoni interpretate dalla Bizon fanno vivere al pubblico le atmosfere del quartiere ebraico di Cracovia, e del mondo degli Ebrei di tante altre citta' in Polonia, cancellato dalla storia. Sara' un concerto-omaggio dedicato a Leopold Koz?owski-Kleinman, definito ''l'ultimo klezmer della Galizia'', compositore, musicista, arrangiatore, erede delle secolari tradizioni musicali (il nonno era titolare della piu' celebre orchestra klezmer in tutta Galizia e lo zio Naftuli Brandwein, virtuoso del clarinetto, e' stato acclamato il re dei klezmer negli Stati Uniti), e autore di numerose canzoni che saranno presentate nel corso del concerto di domani.
Marta Bizon, attrice formatasi presso l'Accademia Teatrale di Cracovia, apprezzata per le interpretazioni di canzoni d'autore ha nel repertorio oltre 200 brani in diverse lingue. Da oltre 10 anni abita a Kazimierz vivendo profondamente il quartiere e la sua atmosfera unica. Li' ha conosciuto Koz?owski e sotto la sua guida si e' avvicinata e poi appassionata alla musica klezmer.
Mostra dedicata a "L'offesa della razza razzismo e antisemitismo dell'Italia fascista"
BOLOGNA - 70 anni fa, nell'autunno del 1938, il regime fascista varava i primi provvedimenti discriminatori nei confronti degli ebrei, avviando un processo che li avrebbe infine esclusi dalla vita pubblica, impoveriti ed emarginati socialmente rendendoli sempre più insicuri e oggetto di violenze. Pochi anni dopo la Repubblica sociale italiana radicalizzò la persecuzione degli ebrei e contribuì alla Shoah rastrellando e concentrando gli ebrei.
La mostra documentaria "L'offesa della razza, razzismo e antisemitismo nell'Italia fascista" ricostruisce in forma semplice e diretta questa pagina oscura della nostra storia e rammenta l'ampia base di pregiudizi razziali che veicolati da scuola e propaganda circolavano nell'Italia fascista. Basti pensare alle pratiche discriminatorie e alla legislazione segregazionista maturate nell'ambito delle politiche coloniali dell'Italia, in Libia e nell'Africa Orientale.
La mostra itinerante, promossa dall'IBC in collaborazione per questa edizione con l'ANPI Savena e il Quartiere Savena è ospitata a Bologna, fino al 1 febbraio prossimo, nel Centro Civico di via Faenza.
Egitto - Analisti israeliani: "Viviamo su un vulcano"
La rivolta rischia di essere strumentalizzata dagli estremisti islamici
ROMA, 28 gen. - Gli israeliani seguono con preoccupazione quanto sta avvenendo in Egitto, dove da quattro giorni migliaia di persone manifestano contro il regime del presidente Hosni Mubarak. Se al momento non ci sono reazioni ufficiali da parte del governo, gli analisti locali - riporta il Jerusalem Post - avvertono che si tratta di una situazione che potrebbe riservare grossi rischi per la sicurezza di Israele.
"Dobbiamo capire che viviamo su un vulcano" ha detto Yaacov Amidror, generale riservista dell'esercito israeliano, sottolineando che "le condizioni possono cambiare da un giorno all'altro, dobbiamo chiederci qual'è il peggiore scenario".
Il timore, per gli analisti, è che la rivolta, iniziata da attivisti pro-democrazia, possa essere alla fine strumentalizzata a loro vantaggio dagli estremisti islamici. "Ci sono ragionevoli possibilità che una rivoluzione abbia luogo in Egitto e chi i Fratelli musulmani salgano al potere" ha osservato ad esempio Giora Eiland, ex consigliere per la sicurezza nazionale e research fellow all'Institute for National Security Studies all'Università di Tel Aviv (INNS). "Questo sarebbe negativo non solo per Israele ma per tutte le democrazie" ha proseguito Eiland. "Il vero scontro in Egitto non è tra Mubarak e gli esponenti pro-democrazia, ma tra Mubarak e i Fratelli musulmani".
Shlomo Brom, direttore del programma per le relazioni israelo-palestinesi presso l'INNS, ritiene invece che sia impossibile sapere ora cosa accadrà: "E' vero che si sentono voci pro-democrazia, ed è positivo, ma non sappiamo come andrà a finire" ha detto Brom. "Anche in Tunisia, dove gli islamisti sono deboli non sappiamo come andrà a finire. Non possiamo scordarci che in Iran, alla fine degli anni '70, la rivolta contro lo shah fu iniziata dai giovani filo-democratici ma alla fine fu sopraffatta dagli estremisti".
Egitto - Manuale di rivolta: come abbattere il regime di Mubarak
TEL AVIV - Il quotidiano israeliano Maariv ha pubblicato oggi nel proprio sito web un documento di 26 pagine, corredate da fotografie e disegni illustrativi, che presenta come "Il manuale della rivolta" che potrebbe incombere in queste ore sul regime di Hosni Mubarak. Il titolo del documento è: "Cosi gestirete la rivolta in maniera saggia". Gli estensori del documento - scrive il giornale - si prefiggono di "abbattere il regime di Mubarak, annullare il regime di emergenza e costituire un nuovo governo, non militare".
L'abbattimento del regime di Hosni Mubarak e la sua sostituzione con un nuovo esecutivo che abroghi "le leggi di emergenza" in Egitto è l'obiettivo che si prefiggono gli autori di un 'Manuale della rivolta' attribuito ad alcuni oppositori egiziani e giunto nella redazione del quotidiano israeliano Maariv. Il nuovo esecutivo si dovrebbe basare "sulla giustizia, sulla libertà e sulla costituzione di un governo non militare", si legge nel documento. Gli obiettivi immediati della insurrezione - aggiungono gli anonimi autori del testo, che è scritto in arabo e che sarebbe dall'Egitto - sono le sedi delle maggiori emittenti radio-televisive e il palazzo presidenziale di Mubarak. Il testo é accompagnato da fotografie aeree del Cairo e da frecce che indicano il flusso delle masse, verso i loro obiettivi. Il testo ottenuto da Maariv riporta anche indicazioni destinate ai dimostranti sulle tattiche da usare di fronte agli apparati di sicurezza.
Giorno della memoria. Striscioni contro Israele a Bari città
di Ninni Perchiazzi
BARI - Hanno scelto il Giorno della memoria per tentare di infangare la storia tragica di milioni di persone, vittime della follia dell'Olocausto. Autori ancora ignoti hanno appeso al ponte XX Settembre, due lenzuoli con scritte dal chiaro intento antisemita, che offendono lo Stato di Israele per la politica ritenuta di aggressione attuata nella questione palestinese. «Ieri piangeva, oggi massacra» affiancato da un ancor più esplicito «Israele boia»: entrambi scritti con la vernice spray nera e rossa sullo sfondo immacolato dei lenzuoli hanno campeggiato per buona parte della mattinata di ieri sul ponte situato al termine del centralissimo corso Cavour fino a quando non sono intervenuti gli agenti della Digos, che li hanno rimossi.
Un gesto vigliacco che peraltro banalizza la gravità di quanto accaduto nel corso della seconda guerra mondiale con lo sterminio sistematico del popolo ebraico operato dall'esercito tedesco, accomunandolo alla politica, per quanto criticabile, di uno Stato sovrano. Al momento, non è stato individuato chi possa aver partorito tale idea, né il gesto è stato rivendicato, ma in questura ritengono che possano essere responsabili dell'azione gruppi appartenenti alla cosiddetta sinistra antagonista ovvero la frangia estrema della sinistra.
«Le indagini sono in corso - spiega Michele De Tullio, dirigente della Digos - per individuare autori e contesto che sembrano riconducibili alla sinistra estrema». In passato, in città, non si ricordano altri episodi del genere. E la scelta di esporsi in occasione della celebrazione del Giorno della memoria appare particolarmente significativa.
«Di certo non si tratta di una bravata - aggiunge De Tullio - ma di un atto compiuto da gente che evidentemente mastica attività politica ». E a corroborare l'ipotesi che non possa essere una goliardata di cattivo gusto fatta da studenti, c'è anche un altro dettaglio.
Accanto alla scritta «Israele Boia» è stato collocato un simbolo molto simile a un fascio oppure a una mezza croce uncinata, entrambi stilizzati, con l'intenzione di attribuire il conseguente aggettivo allo stato sionista. La Digos, oltre a tentare di decodificare tale emblema, sta anche verificando l'esistenza di telecamere nella zona, in modo da poter identificare gli autori, che, con ogni probabilità hanno agito nel cuore della notte per appendere i due lenzuoli senza essere visti.
Foggia - Presentata un'enciclopedia di musica concentrazionaria
di Piero Russo
FOGGIA - Nell'anniversario della liberazione dei deportati nel campo di sterminio di Auschwitz il conservatorio "Umberto Giordano" di Foggia ha presentato l'enciclopedia discografica in 48 CD-volumi della musica concentrazionaria, cioè la musica che gli internati suonavano, componevano e ascoltavano nei campi di concentramento. Nata nel conservatorio di Foggia grazie all'opera altamente professionale del maestro Francesco Lotoro, questa preziosa Enciclopedia, contiene oltre 4.000 opere musicali recuperate nei Lager. I musicisti presenti nell'opera appartengono a qualsiasi estrazione professionale ed artistica: si tratta di ebrei, cristiani, rom, sinti baschi, quaccheri e geovisti. Negavano di essere musicisti e componevano di nascosto, per evitare di finire in cella o nelle camere a gas, come il praghese Ivan Karel, che scrisse le sue opere su fogli di carta igienica incollati tra loro e che, con l'aiuto di un guardiano, venivano portati fuori dal carcere. La musica concentrazionaria è una delle più importanti eredità della storia, ricevute dalla tragica fenomenologia delle deportazioni e della Shoah e certamente indispensabile da tramandare alle generazioni che non hanno assistito agli eccidi del nazismo.
Sequestro Shalit: una delegazione di Hamas in Siria
Una delegazione di Hamas discuterà l'ultima proposta di scambio di prigionieri per il rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit con i capi dell'organizzazione politica a Damasco. Lo riporta il quotidiano pan-arabo con sede a Londra Al-Hayat, che all'inizio del mese aveva scritto che il mediatore tedesco Gerhard Conrad era stato per due giorni nella Striscia di Gaza per colloqui con i leader di Hamas. In quell'occasione un funzionario del movimento islamico spiegò che Conrad aveva presentato una serie di nuove proposte per giungere a un accordo. Un'altra tappa della vicenda, iniziata nel giugno del 2006 con il rapimento di Shalit, verrà quindi scritta la prossima settimana con la missione di Hamas a Damasco per discutere della nuova proposta con il leader politico del movimento, Khaled Meshal. Il quotidiano precisa che il mediatore egiziano tornerà presto a Gaza per ascoltare la risposta ufficiale di Hamas alle ultime proposte.
Nella polveriera del Mediterraneo arriva la flotta iraniana
In un bacino del Mediterraneo reso sempre più incandescente dalle rivolte popolari nordafricane e dalla crisi libanese si inserirà presto un nuovo elemento di tensione: la flotta iraniana. Con un tempismo sospetto, mentre a Beirut il nuovo premier scelto da Hezbollah, Najib Miqati, riceveva l'incarico di formare il governo, a Teheran il vice comandante della Marina, ammiraglio Gholam-Reza Khadem Bigham, annunciava l'intenzione di inviare per la prima volta navi da guerra nel Mediterraneo.
Bigham ha parlato di "due o quattro navi da guerra e logistiche" che resteranno almeno un anno nel Mediterraneo dove "oltre a condurre esercitazioni, raccoglieranno informazioni di intelligence nella regione" aggiungendo che successivamente alle navi saranno affiancati alcuni sottomarini in fase di costruzione in Iran, probabilmente mini-sub idonei a trasportare squadre di incursori e sabotatori.
Una valutazione che induce a ritenere che la flotta iraniana sembra voler mantenere una presenza costante nel Mediterraneo, utilizzando i porti libanesi e siriani.
Già da due anni le forze navali di Teheran sono uscite dalle acque domestiche del Golfo Persico e del Mare Arabico per schierare un paio di fregate (La Decima Flottiglia) nel Golfo di Aden nell'ambito delle operazioni internazionali contro i pirati somali. Ma il gruppo navale che verrà inviato nel Mediterraneo, guidato dalla nuova fregata Jamaran (prima di una serie interamente Made in Iran) rappresenta una vera e propria provocazione militare nei confronti di Israele e un supporto militare ai movimenti Hezbollah e Hamas sostenuti con denaro e armi dall'Iran.
A Gerusalemme si teme che l'invio della flotta costituisca solo il primo passo in vista dello schieramento di reparti terrestri e aeronautici iraniani in Libano, Paese privo di una vera aeronautica militare, aumentando così i rischi di scontri con i jet israeliani che sconfinano regolarmente nei cieli libanesi per tenere sotto controllo gli arsenali di Hezbollah.
Nei mesi scorsi proprio Israele aveva inviato almeno uno dei suoi tre sottomarini tipo Dolphin nelle acque del Mare Arabico, portando i missili imbarcati (che si dice abbiano anche capacità nucleari) a tiro delle coste iraniane. Teheran ora intende rispondere per le rime ostentando capacità militari a lungo raggio.
L'unica incognita per l'arrivo della squadra navale iraniana nel Mediterraneo è rappresentato dall'Egitto. Consentirà o meno il passaggio delle navi di Teheran attraverso il Canale di Suez?
Iran: nasce Wikifiqh, enciclopedia online del diritto islamico
TEHERAN, 28 gen. - Si chiama 'Wikifiqh' il grande portale web sul diritto islamico nato da pochi giorni su iniziativa del Centro di Informazione e Documentazione Islamica di Teheran. 'Wikifiqh', il cui nome ricalca quello della nota enciclopedia online 'Wikipedia', è un portale specializzato in religione musulmana, in cui è possibile consultare migliaia di nozioni inerenti in particolare il diritto islamico (fiqh in arabo). Un'area del sito è dedicata a intellettuali e filosofi che, dopo essersi registrati, possono partecipare a confronti e dibattiti su tematiche riguardanti l'Islam. E' disponibile inoltre una ricca raccolta inerente il diritto e la giurisprudenza islamici. L'indirizzo di 'Wikifiqh' è www.islamicdoc.org. Per ora è disponibile la sola versione in farsi, mentre pagine in inglese e arabo sono in arrivo.
Basket - Eurolega da incubo, Roma bocciata in Israele
Israele come le Forche Caudine e il quintetto del coach Saso Filipovski è andato al tappeto irrimediabilmente; la serataccia capitolina si è conclusa con un pesantissimo passivo per i giallorossi del cesto: 99-58, dopo la sconfitta casalinga al debutto contro Lubiana.
Roma resta ancorata a quota 0 punti all'ultimo posto nel Girone F, nell'altra gara del raggruppamento il Barcellona l'ha spuntata sulla sirena finale a Lubiana per 67-68. Eurolega assai deludente per le italiane, considerando il momento no della Montepaschi Siena battuta dal Real Madrid.
Israele è stata scelta come nazione ospitante dei Campionati Europei Under 21 UEFA del 2013 durante la prima giornata della prima riunione del 2011 per il Comitato Esecutivo UEFA.
Il Comitato Esecutivo UEFA ha chiuso oggi la prima giornata della prima riunione del 2011 sotto la supervisione del presidente della UEFA, Michel Platini.
In cima all'agenda il voto da parte degli aventi diritto del Comitato Esecutivo per scegliere la nazione ospitante dei Campionati Europei Under 21 UEFA 2011/13. Si è deciso che sarà Israele a ospitare il torneo.
I candidati in corsa erano cinque - Bulgaria, Repubblica Ceca, Inghilterra, Israele e Galles.
Il sorteggio per le qualificazioni ai Campionati Europei Under 21 UEFA 2011/13 si terrà alla Casa del Calcio Europeo di Nyon giovedì 3 febbraio alle 12.00CET.
Il Comitato Esecutivo continuerà la propria riunione domani, iniziando con la visita del Commissario dell'Unione Europea per l'educazione, cultura, multilinguismo e gioventù, Androulla Vassiliou.
Netanyahu ricorda alla Knesset il giorno della Memoria
Come ogni anno in occasione del giorno della Memoria, il primo ministro israeliano Netanyahu si è rivolto alla Knesset: "Oggi dopo sessantasei anni seguiti all'orrore, siamo qui a Gerusalemme, capitale eterna della nostra Nazione. A distanza di tanto tempo, posso affermare che la prima lezione che abbiamo imparato è questa: siamo qui, nel nostro Paese sovrano, nella nostra Capitale.
Tuttavia, pur essendosi interrotte le atrocità, la risalita verso l'auto-difesa è stata difficile, ma alla fine abbiamo ripristinato un esercito efficiente. La Shoah ha quasi dimezzato il numero degli ebrei nel mondo, che attualmente, nonostante la lentezza dell'incremento dei tassi di crescita della popolazione, sarebbero dovuti essere trenta milioni e non soltanto 13,5. Ciò è accaduto anche a causa dell'assimilazione, che ha condotto ad una generale perdita d'identità. Per questo motivo tutti i progetti che portiamo a termine, sono destinati principalmente ai giovani ebrei all'estero, fondamentali per il nostro futuro. Credo che una cosa sia chiara. L'anti-semitismo è ancora vivo nel mondo, sebbene tutti pensino che si sia concluso con l'Olocausto, al termine della Seconda Guerra Mondiale.Questo è il motivo per cui dobbiamo combattere a livello internazionale. Mi congratulo con il mio amico Silvan Shalom, che in qualità di ministro degli Esteri ha incoraggiato un'importante risoluzione delle Nazioni Unite.Una risoluzione che è stata applicata in molti Paesi; un risultato importante e per certi versi anche unico. L'odio generale per gli ebrei accende un fuoco generale e approfitto di questo momento per ringraziare il mondo che ha voluto ricordare con una data, un crimine così atroce".
L'allarme di Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo:
Dopo la seconda guerra mondiale, il tasso di antisemitismo, sto parlando di episodi di antisemitismo nel mondo, era più o meno stabile solo dopo il 2009 questo numero è raddoppiato.
Abbiamo due tipi di antisemitismo. Uno è quello classico, che è in crescita. Ci sono dei cicli, come per le crisi economiche. E normalmente gli ebrei sono responsabili di tutto.
- Alla vigilia dell'anniversario della liberazione di Auschwitz, ci colleghiamo in diretta con Bruxelles dove troviamo Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo. Grazie per essere con noi.
Sono passati 66 anni, Moshe Kantor perché dovremmo ricordare?
Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo:
"Quello che sta accadendo nell'Europa di oggi porta a focalizzare la nostra attenzione su quanto l'Olocausto ci ha insegnato.
Dopo la seconda guerra mondiale, il tasso di antisemitismo, sto parlando di episodi di antisemitismo nel mondo, era più o meno stabile; solo dopo il 2009 il numero è raddoppiato.
Abbiamo due tipi di antisemitismo. Uno è quello classico, che è in crescita. Ci sono dei cicli, come per le crisi economiche. E normalmente gli ebrei sono responsabili di tutto.
Ma c'è anche un altro tipo di antisemitismo che si sta manifestando solo adesso, si tratta dell'anti-israelismo.
Le radici di questo Antisemitismo le troviamo in Medioriente, in Iran".
- Parlando del presidente iraniano Ahmadinjad, proprio lui ha detto di voler cancellare Israele dalle carte geografiche. Secondo lei, le sue minacce sono prese sul serio?
"Purtroppo è preso sotto gamba. Anche Hitler fu sottovalutato. Chi lo prese seriamente? Un piccolo artista di scarso successo, un austriaco, chi lo prese seriamente? Tutti lo consideravano un pazzo. Cosa è successo dopo che scrisse il Mein Kampf, che stabilì le leggi di Norimberga e altre cose messe a punto con la Soluzione Finale e l'Olocausto.
La storia oggi si ripete, Ahmadinejad, con le sue minacce, la minaccia dell'arma nucleare, rivolta non solo contro lo stato di Israele, ma contro gli ebrei, è in definitiva una minaccia contro l'Unione europea e la sua civiltà".
- In poche parole, la lezione non è stata imparata, stando a quanto lei dice?
"La lezione per l'Unione europea dovrebbe semplicemente questa.
Vediamo oggi un programma di boicotaggio nei confronti di Israele, uno stato democratico, alleato dell'Unione europea. Cosa che dovrebbe essere vietata per legge. Nessuna discriminazione per uno stato democratico per nessun paese europeo".
Ci sono molti modi per raccontare la giornata della memoria
"Quando il bombardamento fu finito, i nazisti entrarono nello shtetl. Misero in fila tutti quelli che non erano annegati nel fiume. Gli srotolarono davanti una Torah. 'Sputate' dissero, 'sputate, altrimenti '. Poi chiusero tutti gli ebrei nella sinagoga." Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata "Di questo Shmiel, naturalmente, avevo qualche notizia: era il fratello maggiore di mio nonno, ucciso con la moglie e quattro bellissime figlie dai nazisti durante la guerra. Shmiel. Ucciso dai nazisti." Daniel Mendelsohn, Gli scomparsi
Quando si parla di letteratura e Shoah la mente degli italiani corre subito a Primo Levi, autore della più celebre testimonianza sulla "vita" nel campo di concentramento di Auschwitz Birkenau. Curiosando tra gli scaffali delle librerie, magari a ridosso della Giornata della Memoria, ogni lettore verrà però colpito dalla quantità di libri dedicati allo sterminio nazista: tralasciando molti saggi storici scritti a posteriori, quasi non si contano le testimonianze firmate da chi è stato direttamente toccato dalla Shoah. Dal Diario di Anne Frank a La notte di Elie Wiesel, che al pari di Se questo è un uomo sono considerati classici del genere, passando per opere meno celebri come I protocolli di Auschwitz dello slovacco Rudolf Vrba (che scrive nel 1944 dopo una fuga rocambolesca dal campo polacco), oggi la memoria è saldamente affidata a libri immortali. Con buona pace dei nazisti, determinati a cancellare ogni traccia degli ebrei e dei propri crimini....
L'avversione nei confronti degli ebrei coinvolge molti under 30 in particolare al Nord. Il dato emerge da un'indagine realizzata dall'istituto di ricerche IARD-Swg di Trieste per la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Piu' di due giovani italiani su 10 provano pulsioni antisemite, ma quasi la meta' dei ragazzi e delle ragazze italiane (47%) dimostra una ''forte simpatia'' per gli ebrei. Il dato emerge da un'indagine realizzata dall'istituto di ricerche IARD-Swg di Trieste per la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, presentata nell'audizione dell'Osservatorio della Camera dei Deputati sui fenomeni di xenofobia e razzismo nel 2010.
Nel ''bacino'' antisemita si riconosce un 6% marcatamente estremista, per cui l'avversione nei confronti degli ebrei risulta decisamente piu' forte e radicata. Tra i simpatizzanti per gli ebrei si aggiunge una quota piu' contenuta (31%) il cui livello di propensione nei loro confronti e' ''moderato''.
Tra i giovani italiani, tuttavia, il 71% non ha mai avuto rapporti diretti con gli ebrei. Nel bacino antisemita tale quota raggiunge il 76% e la maggior parte di questi ragazzi dichiara di non aver avuto dei contatti solo perche' non e' mai capitato, mentre solo il 7% lo ha deciso scientemente.
Fra i ragazzi che dimostrano pulsioni antisemite e che hanno avuto contatti con degli ebrei (24%), e' il 30% ad affermare che la qualita' del rapporto e' stata negativa, contro un 32% che ne parla bene e di un 38% che non lo connota ne' in un senso ne' nell'altro.
Gli ''antisemiti under 30'' sono in prevalenza maschi (60%) e toccano tutte le fasce di eta' a partire dai 18 anni. Rispetto all'area geografica, emerge che al Nord l'antipatia nei confronti delle persone di religione ebraica e' molto piu' radicata che in altre zone e interessa il 43% dei giovani residenti. Quasi il 60% appartiene alla realta' studentesca o e' laureato.
Parte dell'antipatia per il popolo ebraico trova le sue fondamenta nel fatto che essi si pongono con maggior lealta' verso il loro mondo piu' che verso il Paese in cui vivono: a pensarla cosi' e' il 38% degli intolleranti (il 51% tra gli antisemiti estremi). Appaiono invece meno convinti (21%) del fatto che gli ebrei abbiano avuto un'influenza negativa sulla cultura e sulla civilta' cristiana.
L'intolleranza della fetta antisemita degli under 30 si esplica anche in un atteggiamento di chiusura verso alcune situazioni, soprattutto l'idea di avere una figlia che fa coppia con un ebreo (51%), quota che scende leggermente (48%) se la cosa riguarda un figlio maschio.
A seguire, la sensazione di avere un capo ebreo per il 38% dei giovani antisemiti, che vivrebbero invece con piu' tranquillita' il fatto di avere un collega ebreo (29%). Poco accettate, ma piu' tollerate, le situazioni che contemplano un vicino di casa ebreo (35%) o la possibilita' di sedere alla stessa tavola durante la cena (29%).
Non basta ricordare la barbarie nazista: anche oggi c'è chi minaccia Israele di distruzione di massa. Se si vuole che il massacro del Ghetto di Varsavia non ritorni mai più, bisogna agire di conseguenza
Non possiamo più celebrare il Giorno della Memoria semplicemente ricordando sia pure con tutto il cuore e la migliore buona volontà. Questo è un Giorno della Memoria di battaglia. L'illusione che la storia del mondo marci progredendo, ci ha illuso che "mai più" non fosse un auspicio, ma una constatazione. Invece, è una battaglia durissima. L'Onu, nato sulle ceneri della Shoah, è stato innanzitutto costruito per garantire che la politica o l'incitamento per il genocidio siano proibiti secondo la legge internazionale. Le convenzioni dell'Onu contro il genocidio lo prevedono. Ma nella realtà, abbiamo visto cos'è accaduto in Cambogia, in Darfur, in Rwanda, abbiamo visto i tentativi di genocidio in Tibet e in Bosnia... Quanto all'incitamento, ormai è cibo quotidiano, e basterebbe un tribunale internazionale per giudicarlo come di dovere, ma nessuno lo fa.
Due volte durante il mio lavoro di giornalista in Medio Oriente ho ritirato come tutti negli appositi centri la maschera antigas. Nel '91 mi sono rifugiata in una camere di sicurezza approntata in casa, nel 2003 l'ho preparata nel ripostiglio di casa mia con teli di nailon e scotch lungo la porta. Mio marito e io ci siamo attrezzati con tute di plastica adatte a uscire resistendo a un eventuale attacco chimico o biologico, per andare a coprire le notizie. Di fatto nel 1991 Israele fu attaccata dai missili di Saddam che fecero morti e feriti; nel 2003 l'attacco americano a Saddam non gli dette il tempo di rispondere. Ma le maschere, poi distribuite di nuovo per paura di attacchi sterminatori col gas inodore e incolore che brucia la pelle e distrugge i polmoni col botulino o con l'antrace, si aggiungono all'impegno continuo nel costruire rifugi per ogni casa, ogni scuola, ogni ospedale. Israele brevetta senza sosta nuovi servizi di pronto soccorso e di evacuazione di massa, sperimenta catene mediche e paramediche veloci, dota gli ospedali di grandi sotterranei antiatomici. La popolazione compie esercitazioni per il caso, unico al mondo, che come minacciato a chiare lettere in televisione, sui giornali, su Internet, all'assemblea generale dell'Onu che nemmeno ha pigolato una risposta, di una distruzione di massa, ovvero di un nuovo sterminio degli ebrei. Ogni famiglia nello Stato ebraico riceve dal postino come normale posta brochure aggiornate su cui - illustrate con pacifiche immagini di papà, mamma e bambini - si descrive l'eventualità di attacchi missilistici e atomico. Il Paese degli Ebrei è divorato dalle spese di difesa militare, di scudi spaziali. È orribile scriverlo nel Giorno della Memoria, dopo che già molti ne sono trascorsi da quando la minaccia all'esistenza stessa di Israele è diventata quasi un luogo comune: «Israele è un albero ammarcito da sradicare» «gli ebrei sono un popolo puzzolente»; «Come ha detto l'Imam, Israele deve essere cancellata dalla carta geografica»; «Dopo la seconda guerra mondiale gli ebrei stabilirono uno stato artificiale, falso, fittizio»; «Devono sapere che si sta avvicinando l'ultimo giorno della loro vita»; «Fra gli ebrei ci sono sempre stati coloro che hanno trucidato i profeti di Dio e che si sono opposti alla giustizia e alla rettitudine. In tutta la storia questo gruppo religioso ha inflitto i peggiori danni alla razza umana, e si è organizzato per complottare contro le altre nazioni e gli altri gruppi etnici per causare crudeltà, malizia e malvagità»; «E se un ebreo si nasconderà dietro un albero o una pietra, essi chiameranno "o figlio dell'Islam vieni e uccidi l'ebreo che si è nascosto qui dietro"». Queste oscene esternazioni, spesso uniti ad affermazioni che negano la stessa esistenza della Shoah, potete scegliere, sono uscite dalla bocca di leader, imam, militanti del terrorismo, che in Iran percorrono sicuri la strada verso la bomba atomica e si sono dotati di missili Shahab del raggio fra i 1300 e i 2000 chilometri; che come gli Hezbollah libanesi hanno una potenza balistica di 60mila missili di ogni gittata che gli sono stati consegnati dalla Siria e dall'Iran; che, come Hamas a Gaza oltre a schiere di terroristi suicidi assemblano armi balistiche sempre più perfezionate capaci di raggiungere Tel Aviv.
Noi cerchiamo, tramite la sacrosanta conservazione della memoria dei sopravvissuti, di ricordare che all'origine dello sterminio degli ebrei c'è una struttura psicologica e propagandistica che delegittima la stessa esistenza degli ebrei, l'attacco a Israele è sempre più strutturato con gli stessi elementi, le stesse accuse di complottiamo, di sete di sangue, di vorace passione per il potere e per il danaro che hanno consentito e promosso il genocidio degli ebrei descrivendoli come esseri subumani, indegni di vivere. È ormai semplicemente impossibile sostenere che l'attacco a Israele sia legato alla critica alla sua politica quando si verifica che l'anno scorso gli attacchi agli ebrei europei hanno superato quelli immediatamente precedenti alla Seconda guerra mondiale. L'antisemitismo non è cresciuto a causa della critica allo Stato d'Israele, è la delegittimazione dello Stato di Israele che è cresciuta a causa, e di concerto, con l'antisemitismo, sempre più nutrito dall'integralismo islamico. Anche questo ci è difficile denunciare. Ma è questo il compito di chi ha negli occhi le immagini del bambino del Ghetto di Varsavia con le mani in alto. Volete che non succeda "mai più"? Dovete guadagnarvelo.
TEL AVIV - Cresce il numero di sopravvissuti della Shoah costretti in Israele a ricorrere all'aiuto di istituzioni pubbliche o private per tirare avanti. Lo rivela la Fondazione per il sostegno alle vittime dell'Olocausto in un rapporto pubblicato in occasione della Giornata internazionale della Memoria, ripreso oggi da diversi giornali israeliani. Secondo il rapporto, in Israele vivono ancora 208.mila superstiti dell'orrore nazista. E 60.000 di loro sono stati costretti a richiedere nel 2010 il sussidio della Fondazione, trovandosi in difficoltà economica o, in qualche caso, in condizioni di semi-indigenza.
La percentuale dei bisognosi, sottolinea la stampa, è cresciuta del 160% negli ultimi cinque anni, malgrado nel frattempo siano venute a mancare 56.000 persone scampate allo sterminio: nel 2005 il numero di coloro che avevano chiesto assistenza economica non superava infatti quota 23.000.
La Giornata internazionale della Memoria, che coincide con l'anniversario della liberazione del lager di Auschwitz compiuta dai soldati sovietici, è ricordata in Israele solo indirettamente. Lo Stato Ebraico commemora infatti autonomamente le vittime della Shoah in una data diversa, a maggio.
Roma - Shoah, scritte di insulti contro la comunità ebraica
Le ingiurie firmate 'Militia' sono apparse in via Leonina, via Cavour e via Tasso. Solidarietà da Pd, Pdl e dalla presidente della Regione
Scritte contro il Giorno della Memoria ed altre contenenti insulti nei riguardi del presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. Siglate 'Militia' e realizzate con vernice nera, a via Leonina sono comparse le scritte '27/01 non c'è memoria!' e 'Pacifici continui a meritare il fosforo bianco'. In via Cavour altre due scritte: 'Israele non esiste' e 'Niente memoria per le bugie'. Sui muri di via Tasso, dove è situato il Museo storico della Liberazione, sono comparse altre scritte: '27 niente memoria a via Tasso' e 'via Tasso uguale bugia'. I carabinieri hanno avvisato l'ufficio del decoro urbano per la rimozione delle scritte. Sulla vicenda indagano i carabinieri.
"Ora basta, da troppo tempo la capitale è teatro di atti di intolleranza e violenza che non possiamo più accettare. Le scritte comparse nel rione Monti, alla vigilia delle celebrazioni del 'Giorno della memoria' sono un atto vergognoso, compiuto da chi vuole deliberatamente ignorare la storia. Sono un'offesa profonda alla memoria di tutti coloro che hanno sofferto e continuano a portare le cicatrici di quegli anni terribili". E' quanto afferma il vice presidente del Senato e commissario del Pd Lazio Vannino Chiti. "Alla comunità ebraica romana e al suo presidente Riccardo Pacifici - aggiunge - va la mia più completa solidarietà".
Solidarietà a Pacifici e alla comunità ebraica è stata espressa anche da Renata Polverini. La presidente della Regione ribadisce "ferma condanna contro questi vergognosi episodi a cui rispondiamo rafforzando l'impegno che tutti portiamo avanti perchè la memoria dell'Olocausto sia più viva che mai, perchè i nostri giovani non si lascino sedurre da queste vigliaccate ma siano essi stessi protagonisti attivi di una cultura della tolleranza, testimoni della storia e della sue atrocità come la Shoah e artefici di un futuro in cui certe barbarie non debbano mai più accadere".
Libano, gli assassini di Hariri non vogliono che suo figlio salga al governo
Miqati, sostenuto da Hezbollah, oggi incontrerà gli ex primi ministri e domani comincerà le consultazioni con i gruppi parlamentari per formare il suo esecutivo - Gli assassini di Rafiq Hariri, l'ex premier libanese ucciso in un attentato nel 2005, non vogliono che suo figlio, Saad Hariri, stia al potere. È quanto ha affermato lo stesso primo ministro libanese uscente Harari in un'intervista al New York Times. "Chiunque abbia ucciso Rafiq Hariri nel 2005 non vuole che io stia al potere", ha affermato il premier uscente. "Ciò che sta accadendo oggi è che stanno provando a raggiungere un obiettivo che tentano di ottenere dal 2005", ha affermato Hariri, non aggiungendo ulteriori dettagli a riguardo. Ieri il presidente della repubblica libanese, Michel Suleiman, ha incaricato Najib Miqati, indicato e appoggiato dal gruppo sciita Hezbollah, di formare un nuovo governo. Miqati oggi incontrerà gli ex primi ministri e domani comincerà le consultazioni con i gruppi parlamentari per formare il suo esecutivo.
Shalom: "Non lasciate che il Libano diventi ostaggio di Iran e Hezbollah"
Il vice premier israeliano Sylvan Shalom ha lanciato oggi un appello alla comunità internazionale perché si faccia qualcosa per impedire che Hezbollah e Iran prendano "in ostaggio il Libano", dopo la designazione del miliardario sunnita Najib Mikati per formare un nuovo governo. "La comunità internazionale deve fare di tutto per impedire" che il Libano diventi ostaggio dell'Iran e di Hezbollah "che - ha ribadito Shalom - non è una semplice organizzazione terroristica ma una organizzazione terroristica controllata dall'Iran".
I soldati che salvarono i perseguitati dalle truppe tedesche. Anticipazione del documentario di History Channel
di Francesco Specchio
I ragazzi dell'Esercito italiano, gente superiore alla media: «Eravamo sotto l'occupazione degli italiani. La cosa migliore che ci sia mai capitata...». Così, con quest'enfasi, l'ebrea Lya Quitt ricorda il periodo in cui, in fuga dalle persecuzioni naziste, trovò rifugio a Saint Martin Vesubie a nord di Nizza. Fino al settembre '43, insieme a lei, 1500 ebrei vennero ospitati in questo piccolo paese delle Alpi Marittime francesi, finito sotto il controllo del nostro esercito. A raccontarne la storia è il documentario Vacanza dall'Olocausto che History (canale 407 di Sky, stasera alle 21) trasmette per la Giornata della Memoria. La storia è bellissima. Nel '42, temendo lo sbarco degli anglo-americani, tedeschi e italiani occupano anche il sud della Francia, che appartiene a Vichy. I nostri gestiscono l'area dalle Alpi a Nizza, che include anche la Corsica. Molti ebrei fuggono nella zona di occupazione italiana per sfuggire ai nazi. Ma le nostre truppe non li perseguitano. Anzi. Lì si parla francese, italiano, polacco, tedesco e yiddish. Gli ebrei si integrano perfettamente; organizzano partite di calcio, la sera ballano insieme, le donne imparano le canzoni italiane e i maschi sfidano i nostri in incontri di boxe. Ev sorge una sinagoga. Dieci mesi di tolleranza che farebbero la fortuna di uno sceneggiatore tv...
"Mea culpa" delle ferrovie francesi: deportammo ebrei
PARIGI - Dalla ex stazione dei treni di Bobigny, nella periferia di Parigi, più di 20.000 ebrei furono deportati verso i campi della morte tra il 1943 ed il 1944, senza mai fare ritorno. Quella stazione, in disuso ormai da anni, sarà ora restaurata per diventare un luogo di memoria della Shoah. Ed è anche il luogo dove oggi, la Sncf, la società ferroviaria francese, ha riconosciuto le sue responsabilità nelle deportazioni naziste.
Il "mea culpa" del presidente della Sncf, Guillaume Pepy, era da alcuni mesi diventato inevitabile. Minacciato di venire escluso dalle gare d'appalto per la costruzione di linee ad alta velocità in Florida ed in California, il gruppo, già dallo scorso novembre, ha fatto un gesto di apertura nei confronti di chi l'accusa di aver partecipato alla deportazione di 76.000 ebrei. I due Stati americani hanno di fatto preteso che l'azienda francese facesse luce sulla questione prima di partecipare alle gara d'appalto, la cui posta in gioco economica è notevole.
Oggi Pepy, sottolineando che l'azienda aveva agito all'epoca sotto il giogo dell'occupante tedesco, ha ammesso che la Sncf fu "un ingranaggio della macchina nazista sterminatrice". "Sotto costrizione, certo - ha detto il presidente della SNCF - la nostra azienda ha condotto questi treni alla frontiera. Lo ha fatto".
Ayalon: dichiarazioni unilaterali non aiutano i palestinesi
Il vice ministro degli Esteri Danny Ayalon ha reagito al recente riconoscimento da parte del Perù di uno Stato palestinese e alla "promozione" ad ambasciata della delegazione dell'Autorità palestinese. "Sfortunatamente, mentre queste dichiarazioni unilaterali sono in gran parte senza senso e negative per i negoziati, contribuiscono al tempo stesso ad alimentare le attese crescenti nella leadership palestinese", ha detto Ayalon.
"Comunque, noi tutti sappiamo che le bolle strumentali finiscono sempre con l'esplodere, alimentando di conseguenza questa politica insostenibile".
"Ogni dono gratuito che i palestinesi ricevono dalla comunità internazionale non impedisce la loro recalcitrante strategia massimalista. Possiamo vedere un collegamento tra la recente ondata di riconoscimenti e un indurimento della posizione palestinese".
Il vice ministro degli esteri chiede altresì alla comunità internazionale di aiutare i palestinesi a tornare al tavolo dei negoziati. "Ogni nazione che volesse assicurare la pace e la sicurezza nella nostra regione dovrebbe riflettere profondamente su come contribuire a centrare questi importanti obiettivi", ha continuato Ayalon. "Solo una soluzione dei negoziati permetterà ai palestinesi di realizzare le loro aspirazioni nazionali; quindi tutto ciò che essi pensano di poter ottenere stando lontano dal tavolo dei negoziati è nociva per la pace".
Ayalon ha anche affrontato la tattica palestinese. "Se i palestinesi avessero impiegato in negoziati positivi un decimo degli sforzi che usano per fare dichiarazioni unilaterali prive di senso e politiche di guerra in forum multilaterali, allora potremmo aver fatto effettivamente molta strada nei negoziati".
Roma - La scuola Garibaldi riscopre il passato: 'riammessi' tre ex-alunni ebrei
Consegnati riconoscimenti dal presidente del Municipio IX, Susi Fantino, alle vittime della violenza e delle leggi razziali fasciste del 1938 che, proprio in quell'anno, furono all'allontanati dall'istituto. Le targhe sono state date a Enzo Di Castro, Isaia Sermoneta e Ester Eermoneta
di Sara Grattoggi
Isaia Sermoneta, sua sorella Ester Sermoneta
e al centro Enzo Di Castro
ROMA - Dopo 73 anni torna alla luce la storia di 3 ex-alunni della scuola elementare Garibaldi, vittime delle leggi razziali.
Tutto è partito da una ricerca realizzata dall'istituto, su iniziativa dell'insegnante Fabiola Di Caccamo, in collaborazione con l'A. V. I onlus (Agenzia per la Vita Indipendente) e l'Archivio storico della Comunità ebraica di Roma.
Lo studio ha passato al setaccio i registri scolastici degli anni 1937-38 e 1938-39, individuando 344 nominativi di alunni promossi, ma non iscritti all'anno successivo.
Il dato, incrociato con l'Archivio storico della Comunità ebraica, ha consentito agli studiosi di rilevare che in quell'elenco vi erano bambini di religione ebraica che, dopo le leggi razziali del 1938, erano stati allontanati dalla scuola.
Tre di loro - Enzo Di Castro, Isaia Sermoneta ed Ester Sermoneta - sono dunque stati rintracciati e si sono trasformati in preziosi testimoni di quella dolorosa vicenda, incontrando gli attuali alunni della scuola.
Il Presidente del Municipio IX, Susi Fantino, ha consegnato loro, questa mattina, tre targhe commemorative. "Si è trattato di una vera e propria operazione di archeologia sociale - ha spiegato, riferendosi al progetto della scuola Garibaldi - Si è riportata alla luce una storia di violenze e di soprusi sepolta nella polvere degli archivi. Una storia che ci parla di un passato neanche così lontano che può ancora insegnarci molto".
"Siamo lieti di aver supportato questa iniziativa - ha aggiunto - e faremo di tutto affinché i protagonisti di una delle stagioni più buie della storia italiana raccontino, sopratutto alle giovani generazioni, cosa vuol dire vivere in un Paese dove la libertà e diritti vengono calpestati".
Lo shekel, la moneta locale, continua a guadagnare terreno sul dollaro, e già si registrano le prime, dolorose conseguenze. Uno studio realizzato tra gli esportatori iscritti all'associazione degli industriali dello Stato ebraico ha fatto emergere che dall'aprile 2009, ovvero da quando la valuta israeliana ha iniziato ad accrescere il proprio valore su quella americana, il Paese ha perso in totale 3.3 miliardi di dollari.
Il danno nelle esportazioni ammonta a circa 2.3 miliardi di dollari, e non solo: la scarsa competitività dello shekel ha avuto un'eco anche nel mercato domestico, generando perdite superiori al miliardo di dollari. Metà delle compagnie che hanno partecipato allo studio hanno dichiarato che il momento di rottura è stato nel 2010: la valuta è diventata talmente forte da non essere più conveniente. E nel 2011 potrebbe andare ancora peggio, hanno lamentato dozzine di aziende, che temono un'ulteriore erosione nei margini di profitto dell'export. «Nel 2010 i guadagni derivati dalle esportazioni sono calati del 15 per cento - si legge nella ricerca -, avevamo iniziato a recuperare tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010, ma questo trend positivo si è interrotto nell'ultimo semestre dello scorso anno». Preoccupato si è detto anche Ruby Ginel, direttore della divisione economica dell'associazione degli industriali: «Lo shekel troppo forte distrugge la capacità degli esportatori israeliani di competere sul mercato internazionale, e allo stesso tempo di fare fronte ai prodotti a buon mercato importati nello Stato ebraico. Il risultato è una perdita di clienti e vendite, sia a livello internazionale che nazionale». Per cercare di tutelare le esportazioni, nel 2010 la Banca d'Israele ha iniziato a intervenire sul mercato, acquistando dollari per calmierare la differenza con la moneta israeliana. In passato il governatore dell'istituto, Stanley Fisher, si era detto più volte contrario a questo tipo d'interventi: ma l'impennata dello shekel nell'ultimo anno e mezzo lo ha convinto a rivedere le proprie posizioni. Per gli esportatori israeliani, però, non è ancora abbastanza. Il provvedimento è insufficiente, dicono, e chiedono a gran voce al governo di «intervenire in maniera più incisiva».
PALERMO - Il 27 gennaio del 1945 il campo di sterminio di Auschwitz veniva liberato. Da allora questa data è diventata "Il giorno della Memoria". Per non dimenticare quel giorno, a Palazzo Sant'Elia in via Maqueda, a Palermo, è in programma la mostra "Middle Yeast": ventidue artisti israeliani, o comunque legati alla cultura israeliana, attraverso centoventi opere, tra pitture e sculture, installazioni e video, racconteranno il percorso artistico di un paese dai forti conflitti storico-religiosi, ma anche dai grandi fermenti culturali. La mostra, curata da Daniela Brignone, sarà visitabile fino al 5 marzo. E' promossa dalla Provincia con la collaborazione dell'ambasciata Israeliana a Roma e con il patrocinio dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane.
Arkia Express, sorta di sezione low cost della compagnia israeliana Arkia Israel Airlines, annuncia il suo nuovo volo per Tel Aviv, meta sempre più gettonata dal turismo internazionale.
Si parte da Fiumicino, con il primo volo fissato per l'ancora lontano 2 settembre e frequenza bisettimanale. I prezzi partono, al momento, da circa 180 euro.
Annuciata la riapertura di un cunicolo sotteraneo sotto Gerusalemme
Convoglierà l'acqua dal Monte del Tempio verso la piscina di Siloe, passando vicino la Spianata delle Moschee. Possibili attriti - Dopo sette anni di scavi, Israele ha annunciato la riapertura di un vecchio tunnel sotterraneo che verrà utilizzato per incanalare e far defluire l'acqua dall'area del Monte del Tempio di Gerusalemme verso la piscina di Siloe. Il cunicolo congiunge la Porta dell'Immondizia (la porta delle mura della Città Vecchia più vicina al Muro del Pianto), e raggiunge la Piscina di Siloe, attraversando i sotterranei degli alloggi del rione palestinese di Silwan. La stampa israeliana teme manifestazioni da parte del popolo palestinese, in quanto il cunicolo passa vicino all'area della Spianata delle Moschee, sottolineando però che gli scavi non hanno mai minacciato la loro sicurezza e stabilità. Secondo il giornale Maariv, in passato, i pellegrini che giungevano a Gerusalemme potevano fluire dell'acqua che scorreva nel tunnel, lungo 600 metri. Successivamente, il cunicolo è andato in disuso, riempiendosi di detriti e terriccio. Intanto, aggiunge Maariv, la polizia ha annunciato lo stato di allerta. Nei giorni scorsi infatti il quartiere di Silwan è stato attraversato da uno scontro fra palestinesi e agenti di polizia israeliana, alimentato dalla tensione dovuta all'espansione, al suo interno, di un insediamento ebraico, chiamato "Ir David", la città del re Davide.
L'ambasciatore israeliano illustra gli aiuti di Israele per il sisma di Haiti
Amos Radian
PERUGIA, 25 gen - ''Haiti: un anno dopo il terremoto. L'aiuto di Israele: una storia personale''. Questo il titolo della conferenza dell'Ambasciatore israeliano Amos Radian prevista alla Facolta', unitamente all'Associazione Italia-Israele di Perugia e all'Associazione Italiana ''Amici del Technion''. L'Ambasciatore Radian ha guidato in prima persona le operazioni umanitarie israeliane ad Haiti, colpita dal sisma del 13 gennaio 2010. Un'esperienza attuata in sinergia con i distaccamenti dell'esercito israeliano, personale medico e paramedico, ingegneri, unita' cinofile e di assistenza per l'identificazione e la ricerca dei dispersi. Il team israeliano di aiuti, spiega una nota dell'ateneo, e' stato tra i primi ad arrivare sul posto ed il primo a riattivare il servizio ospedaliero, nell'urgenza di prestare soccorso ai malati e ai feriti, allestendo unita' di radiologia, di terapia intensiva, di pediatria, un pronto soccorso, sale operatorie e un reparto maternita' e trattando piu' di 500 casi ogni giorno. L'intervento israeliano ha interessato anche la costruzione di tendopoli e cisterne per l'acqua fuori dalla capitale, la distribuzione di beni di prima necessita', medicinali e materiale ospedaliero e il salvataggio di persone estratte ancora vive dalle macerie.
Si commemora la Shoah, ma non si vuole vedere cosa minaccia oggi Israele
di Giorgio Israel
Giusto ricordare cosa accadde nei lager, ma è più importante denunciare l'antisemitismo e l'antisionismo crescenti
La vigilia della «Giornata della Memoria» ci mette di fronte alla constatazione paradossale che il modo migliore per spiegare il passato - lo sterminio degli ebrei europei di settant'anni fa - è prendere atto delle minacce del presente. Qualsiasi cosa si pensi delle politiche dello Stato di Israele, non si può non constatare che nessun altro Paese al mondo - nemmeno Paesi in cui avvengono fatti ben più gravi - è soggetto alla minaccia di distruzione. E si tratta di una minaccia molto concreta: migliaia e migliaia di missili circondano ormai Israele e ogni parte del suo esiguo territorio può essere colpita. Il Paese si attrezza a vivere sottoterra: si scavano rifugi ovunque, dove poter vivere per mesi, ed è in costruzione il più grande ospedale sotterraneo del mondo. Questo assedio è diretto da un Paese, l'Iran, che sta per dotarsi dell'arma atomica, e il cui presidente Ahmadinejad non fa passare giorno senza minacciare di estirpare Israele dalla faccia della terra; e che oltretutto è il campione del negazionismo.
Questa è la realtà che bisognerebbe illustrare nel «Giorno della Memoria»: spiegare come si prepari una strage di massa, un genocidio, come quello del passato. Bisognerebbe spiegare come il silenzio e la viltà possano facilitarne la realizzazione; spiegare che l'ONU invece di decretare solennemente che nessuno Stato da essa riconosciuto può essere minacciato di annientamento, che la comunità internazionale non lo consentirà, tace e si guarda dal condannare le folli dichiarazioni del dittatore iraniano. Bisognerebbe raccontare che un gruppo di personalità europee, tra cui due ex-presidenti del consiglio italiani, Romano Prodi e Giuliano Amato, hanno chiesto sanzioni contro Israele, senza dire una parola sulle concrete minacce di distruzione che pesano su di esso e tantomeno condannare Ahmadinejad e il suo negazionismo del passato e del presente.
Invece di parlare di questa realtà documentabile, nella «Giornata della Memoria» si fanno celebrazioni spesso ritualistiche e di scarsa efficacia, visto che tutti gli indicatori attestano la crescita dell'antisemitismo. Spesso vengono proposte lezioni di storia scarsamente comprensibili per le scolaresche chiamate ad ascoltarle. Molti degli oratori non hanno alcuna idea di quale sia la consapevolezza storica degli studenti della disastrata scuola di oggi. Magari se ne escono dicendo «Dopo l'8 settembre...», senza rendersi conto che, se quella non è la data di compleanno di un amico o di un parente, per la maggior parte dei ragazzi non vuol dire nulla. Troppi non si rendono conto che termini come «Seconda Guerra mondiale» non dicono quasi niente ai più. In alcuni casi, le scolaresche vengono validamente preparate dai loro professori. Ma in alcuni casi la preparazione serve a inculcare la menzogna che gli ebrei stanno infliggendo ai palestinesi quel che hanno sofferto loro nel passato. C'è chi coglie l'occasione per tenere comizi politici. L'anno scorso partecipai a una manifestazione in cui alcuni oratori colsero l'occasione per condannare con veemenza l'Italia come un Paese da sempre razzista, fascista, infame come nessun altro al mondo, il che serviva a «spiegare» perché oggi il Paese sia berlusconiano... Uscendo di là non solo mi ripromisi di non partecipare più a simili manifestazioni, ma mi chiesi quali conseguenze potevano avere quelle parole irresponsabili.
Cosa passerà per la mente di un quindicenne che si sente dire che il suo Paese è la sentina della terra, che i suoi genitori, nonni, parenti e amici sono stati i peggiori criminali razzisti della terra, tutti, senza esclusione alcuna? E quali conseguenze psicologiche può avere l'associazione mentale dello sterminio degli ebrei con una simile autocondanna senza appello?
Per questo, per i cattivi usi che se ne fa, per le ipocrisie sul presente e sulle reali minacce che sovrastano gli ebrei vivi, per la cattiva abitudine di fare della «Giornata della Memoria» una kermesse cui ogni istituzione vuol partecipare, magari con buone intenzioni, ma senza essere consapevole della dinamite che sta manipolando, sarebbe necessaria fare una grandissima attenzione al modo con cui si promuovono le iniziative e selezionarle con gran cura.
Un tema connesso e di cui si discute molto in questi giorni è la proposta di rendere la negazione della Shoah (ovvero dello sterminio nazista degli ebrei) un reato punibile per legge. A mio avviso, questa proposta è animata dalle migliori intenzioni ma è sbagliata. Essa rischia di aprire la strada a una coda di richieste analoghe e, in fin dei conti, non prive di fondamento. Perché non dovremmo considerare un reato la negazione dell'esistenza del Gulag? Eppure quante volte (anche in rispettabili convegni universitari) si sente profferire la tesi oscena che il Gulag era, alla fin fine, nient'altro che un'istituzione lavorativa? O persino cavillare sul numero di morti nel Gulag, proprio come fanno i negazionisti della Shoah? E perché non dovrebbe essere sanzionabile la negazione dello sterminio degli armeni, o la negazione del genocidio del Rwanda? Non è parimenti vergognoso negare l'esistenza di campi di lavoro forzato in Cina e gli stermini di tante minoranze (in particolare dei cristiani) in tante parti del mondo? È vergognoso, come girare la testa dall'altra parte di fronte alla minaccia genocida che pende su Israele. D'altronde l'immensa gravità della Shoah non costituisce una ragione per considerare la negazione di altri delitti come un fatto irrilevante.
È peraltro evidente il rischio di introdurre precedenti capaci di ledere la libertà di opinione. La storia non può diventare materia da dirimere nei tribunali, senza contare l'effetto controproducente che può avere il continuo dibattimento pubblico che si avrebbe delle tesi negazioniste, offrendo loro tribune insperate. Piuttosto, il soggetto che dovrebbe assumere un ruolo fondamentale in questo contesto è il mondo culturale, universitario e, più in generale, dell'istruzione.
Cosa si dovrebbe pensare di un docente che insegni che Napoleone non è mai esistito o che il teorema di Pitagora è falso? In questo periodo, in cui si fa un gran parlare di valutazione, un docente del genere dovrebbe essere sanzionato nella carriera. Qui, l'incompetenza si somma all'atto moralmente abietto di negare un crimine contro l'umanità.
Come può un'istituzione educativa abdicare al suo compito, e girare la testa dall'altra parte di fronte a una violazione di criteri minimi di serietà scientifica commessa con finalità indegne? Le istituzioni educative dovrebbero essere richiamate - eventualmente con la formulazione di codici deontologici - a comportamenti consoni alla loro funzione. Il resto appartiene al dibattito pubblico, in cui la verità ha la forza di affermarsi da sola, a condizione che non ne venga intralciata la diffusione con comportamenti omissivi o addirittura complici della menzogna.
TEL AVIV - Gettate in pasto alla piazza mediatica - e cavalcate con grande scandalo dalle forze radicali ostili al processo di pace - le prime «rivelazioni»dei 1.600 documenti segreti del bottino di Al Jazeera sulle presunte offerte «senza precedenti» fatte (invano) a Israele su Gerusalemme un paio d'anni fa dai moderati dell'Autorità palestinese (Anp) svelano in realtà ben poco di clamoroso.
Ma un contraccolpo pesante sono destinate ad assestarlo comunque: esponendo le «colombe» all'imbarazzo e al pubblico ludibrio, fornendo ai «falchi» l'occasione d'alzare il tiro e allontanando ancor di più le già labili speranze di rilancio di quel negoziato diretto che l'amministrazione Usa di Barack Obama invoca da mesi fra incertezze, fallimenti, stop and go. «In quelle carte non c'è nulla di totalmente nuovo», sottolinea da Ramallah Hani Al-Masri, uno dei più accreditati analisti politici palestinesi, secondo il quale la bufera è almeno in parte artificiale. Più preoccupata appare invece la stampa israeliana, che intravede rischi incombenti per la stabilità dell'Anp.
"Un epitaffio per l'ebraismo tedesco. Da Halle a Gerusalemme"
L'opera del filosofo ebreo Emil Fackenheim. La presentazione avverrà nell'aula magna dell'Ateneo di Messina
MESSINA - Sarà presentato giovedì 27 gennaio 2011, alle ore 9.30 nell'aula magna dell'Università degli Studi, il libro dal titolo "Un epitaffio per l'ebraismo tedesco. Da Halle a Gerusalemme", un'autobiografia filosofica di Emil Ludwig Fackenheim.
Il volume è edito da Giuntina e si avvale della prefazione della prof.ssa Paola Ricci Sindoni mentre la traduzione dell'opera è stata curata da Giovanna Costanzo e Lucrezia Piraino.
L'evento letterario si inserisce nell'ambito del seminario sul tema "Memoria e Shoah" organizzato dal Dipartimento di Storia e Scienze umane dell'Ateneo messinese, in collaborazione con il Liceo classico "La Farina" e coincide con l'annuale ricorrenza della "Giornata della Memoria".
Alla kermesse parteciperanno autorevoli esperti: Fabio Rossi, linguista; Antonio Baglio, storico e Nino Carabellò, professore di filosofia.
A guidare l'incontro sarà Paola Ricci Sindoni, docente di Filosofia morale ed esperta del pensiero ebraico.
Emil Ludwig Fackenheim, filosofo, nacque ad Halle (Germania) nel 1916; arrestato e internato nel campo di concentramento di Sachsenhausen (1938), fu ordinato rabbino a Berlino nel 1939. Sopravvissuto ai campi di concentramento fuggì dapprima in Scozia e poi in Canada nel 1940 dove insegnò nella facoltà di filosofia dell'Università di Toronto.
Nel 1986 emigrò a Gerusalemme, dove morì il 19 settembre 2003
Fackenheim fu un grande studioso della filosofia tedesca, in particolar modo Hegel; successivamente approfondì il pensiero ebraico, filosofico e teologico dell'epoca successiva alla Shoah.
"Un epitaffio per l'ebraismo tedesco. Da Halle a Gerusalemme" partendo da un'esperienza personale si sofferma su una approfondita analisi teologico-filosofica dell'olocausto. L'autore, partendo dalla sua vita, ha voluto vivisezionare i tratti peculiari dell'ebraismo tedesco e riparare ciò che la persecuzione nazista aveva cercato di annientar
CASLANO (Svizzera) - "Profezia biblica e le radici dell'antisemitismo" è il tema dell'incontro organizzato da Ebenezer Ticino che si tiene venerdì 4 febbraio alle 20.15 presso il Centro evangelico Patmos (via Camparlungo, 28) a Caslano (Svizzera).
«Con la parola antisemitismo - spiegano gli organizzatiori - si indicano i pregiudizi e gli atteggiamenti persecutori nei confronti degli ebrei. Durante secoli e secoli il popolo ebraico è stato denigrato, odiato e perseguitato in tutte le nazioni, fino ad oggi, e la sopravvivenza stessa di questo popolo è un miracolo».
«Presenteremo una breve esposizione storica e un'analisi del fenomeno dal punto di vista teologico e biblico per ricercare quali sono le radici e gli obiettivi dell'antisemitismo».
La serata è aperta a tutti, al termine sarà offerto un rinfresco.
Per informazioni: tel. 0332/1801468, 0041(0)91/2080321;
e-mail: ticino@ebenezer.ch
Accordo siglato davanti al segretario dell'Onu, Ban Ki-moon
LOSANNA, 25 gen - Israele allenera' i palestinesi per le Olimpiadi del 2012. L'accordo e' stato siglato oggi a Losanna nella sede del Comitato olimpico internazionale davanti al segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha incontrato il presidente del Cio, Jacques Rogge. Mediatore dell'accordo Mario Pescante, vicepresidente e 'Ministro degli Esteri' del Cio, anche lui presente a Losanna, il quale ha commentato: ''E' un accordo storico''.
Zevi - Di Segni: Era anima laica dell'ebraismo italiano
"Tullia Zevi ha rappresentato con eleganza un'anima laica dell'ebraismo italiano. È stata una grande leader ed una grande ebrea italiana, immersa nella realtà politica del Paese". Lo ha detto il rabbino capo Riccardo Di Segni parlando della 92enne scomparsa al termine delle esequie nel cimitero del Verano a Roma. Alla cerimonia hanno partecipato anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno ed il presidente della Provincia Nicola Zingaretti. Il primo cittadino della Capitale ha voluto sottolineare due aspetti nella figura di Tullia Zevi: "Il valore della comunità di cui ha rappresentato uno dei grandi spiriti e la sua proiezione a livello nazionale ed internazionale. Inoltre - ha sottolineato Alemanno - con la sua testimonianza ha fatto conoscere i valori universali dell'ebraismo ed è riuscita a trovare ponti e capacità di dialogo". "Tullia Zevi coniugava allo stesso tempo capacità e dialogo: due doti sempre più rare", è stato invece il ricordo della donna tracciato dal presidente Zingaretti. Fra le tante personalità presenti alle esequie di questa mattina c'erano anche Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah e Renzo Gattegna presidente dell'Ucei che ha voluto sottolineare la cultura, l'ironia, lo stile e la raffinatezza della 92enne scomparsa.
Usa: credibile il rapporto israeliano sulla flottiglia
WASHINGTON - Per gli Usa e' "credibile e imparziale" il rapporto israeliano che scagiona i commando per il raid contro la flottiglia umanitaria turca diretta a Gaza. Azione che ha provocato la morte di 9 persone e ha incrinato i rapporti tra Turchia e Israele. Lo ha affermato Philip J. Crowley, portavoce del Dipartimento di Stati Usa, secondo cui gli israeliani hanno condotto "un'inchiesta credibile, imparziale e trasparente".
Pubblicato il rapporto della Commissione d'Inchiesta sulla Mavi Marmara
Il congelamento delle relazioni turco-israeliane sembra destinato a continuare. La Commissione d'inchiesta israeliana, presieduta dal giudice Jacob Turkel, ed istituita per esaminare la legittimità dell'assalto avvenuto lo scorso 31 Maggio nei confronti della turca Mavi Marmara a largo di Gaza, ha infatti assolto senza riserve lo Stato Israeliano. L'organo istituzionale ha pubblicato ieri un rapporto preliminare, in cui dimostra che l'operazione avvenuta ai danni dalla flottiglia umanitaria turca, che ha provocato nove vittime, è stata inconfutabilmente legale.
Turkel, che nel corso dell'inchiesta si è avvalso della testimonianza di oltre 39 soggetti coinvolti direttamente nell'incidente interpellando anche il personale del traghetto turco, ha dichiarato: "I soldati israeliani che hanno abbordato la Marmara hanno agito legalmente e per legittima difesa". Per garantire e dimostrare alla comunità internazionale l'imparzialità delle indagini, il cui risultato finale combacia con quello fornito dall'esercito israeliano a luglio, la Corte ha esteso l'autorità dei lavori anche a due membri esterni, (grandi esperti di questioni mediorientali): l'ambasciatore Reuven Merhav e il Professor Miguel Deutch. Come si evince dal documento le conclusioni si dividono in due parti. La prima consiste in una ricostruzione della vicenda, fornendo un'analisi delle circostanze, la legittimità del blocco avvenuto in acque internazionali e le azioni degli attivisti presenti sull'imbarcazione. La seconda descrive invece il quadro normativo generale di diritto internazionale in cui la vicenda s'inserisce, al fine di stabilire la conformità del comportamento dell'esercito Israeliano alle leggi globalmente riconosciute .La cosiddetta "Freedom Flottilla" trasportante aiuti umanitari ed altre merci, tra cui un carico di 10.000 tonnellate di calcestruzzo, è stata intercettata il 31 maggio 2010 in acque internazionali dalla marina israeliana, mentre tentava di forzare il blocco di Gaza. L'operazione navale israeliana, aspramente criticata dall'opinione pubblica internazionale, è stata denominata "Operazione Brezza Marina", e si è scagliata contro la nave più grande della flotta, la Mavi Marmara appunto. Dalle registrazioni delle telecamere di sicurezza presenti sul traghetto, a cui il rapporto fa più volte riferimento, si distinguono i soldati israeliani calatisi dagli elicotteri, dall'equipaggio munito invece di bastoni e coltelli. Il blocco della Striscia di Gaza, consistente in sanzioni economiche rivolte all'ANP imposte da Israele ed Egitto, è in vigore dal giugno 2007.
Boom di blog a Gaza, il Web crea laccesso alla comunità internazionale
E' un vero boom di social media quello che si è registrato nel 2010 a Gaza, dove in un solo anno sono stati creati piu' di 50 blog. Un modo per rientrare a far parte di una comunita' globale dalla quale, altrimenti, i palestinesi della Striscia sarebbero esclusi. E' quanto spiega Sharif Al Sharif, 27 anni, che ha launciato il suo blog nel 2006 quando i blogger di Gaza si potevano contare sulle dita di una mano. Senza alcuna agenda politica, Sharif spiega di aver creato il suo blog ''solo perché volevo essere ascoltato. Quando ho iniziato il blog ho sentito di avere una presenza in questa vita, anche se era solo una presenza digitale. Scrivevo per essere riconosciuto''.
Nel suo blog, Sharif ha scritto della sua esperienza di vita quotidiana a Gaza, della musica ascoltata, dei film visti, di tutto cio' che lo ha colpito. Sempre in un contesto dove tutto è mischiato con la polirica e le crisi umanitarie. ''Tutto qui è mischiato con la politica, che è nell'aria. Non puoi non pensarci'', ha spiegato all'Irin, l'agenzia stampa delle Nazioni Unite. La piu' grande soddisfazione per un blog di Gaza, dove in 360 chilometri quadrati vivono 1,5 milioni di persone, è comunicare con una folta comunita' online, spiega Sharif. ''Come giovane palestinese, non hai la possibilita' di vivere come tutti gli altri. Così ti crei una 'vita su Internet' per recuperare cio' che hai perso''
Sostenitori di al-Fatah tentano un assalto alla sede di al-Jazeera a Ramallah
RAMALLAH, 24 gen.- Un gruppo di sostenitori di Fatah, il partito del presidente dell'Autorita' palestiense mahmoud Ababs, ha tentato oggi di prendere d'assalto la redazione della tv araba 'al-Jazeera' a Ramallah. Secondo la stesa emittente qatariota, la polizia dell'autorita' nazionale palestinese e' riuscita pero' a fermarli.
Il gruppo dirigente del partito e l'Anp hanno accusato la tv araba di aver complottato contro il governo di Ramallah diffondendo documenti nei quali l'Autorita' viene accusata di aver fatto concessioni "senza precedenti" su Gerusalemme agli israeliani nel corso delle trattative di pace.
Dopo il successo ottenuto dalla manifestazione ciclistica della scorsa edizione , il Tour d'Israele 2011 offre ai partecipanti ciclisti la scelta tra 2 proposte accattivanti: un tour su strada e un tour fuori strada.
Il tour d'Israele su strada si svolge dal 7 al 10 marzo e sarà seguito dalla gara fuori strada che si terrà dal 30 marzo al 2 aprile 2011.
I tours attraverseranno siti con panorami stupendi, unici nel loro genere e così diversi tra loro che accompagneranno i ciclisti durante il loro percorso nella terra della Bibbia, percorso che va dalle cime nevose del Monte Hermon alle spiagge soleggiate di Eilat sul Mar Rosso.
Il primo percorso si estende su 613 km e attraversa regioni, città, luoghi biblici e le terre del vecchio e del nuovo Testamento. Il tour passa anche dalle colline della Galilea con la magnifica vista di Masada, fortezza leggendaria, le distese del deserto del Neghev, le coste del Mar Mediterraneo, Nazareth e il Mar di Galilea, Gerusalemme, Beersheva, la Valle del Giordano e il Mar Morto.
Sono previsti pernottamenti presso centri agricoli, ostelli e alberghi.
La gara termina nella città balneare di Eilat sul Mar Rosso dove i partecipanti potranno godersi un meritato riposo e rilassarsi in questo bellissimo luogo vacanziere.
Il tour fuori strada che si svolge dal 30 marzo al 2 aprile è più impegnativo e inizia dalle alture del Golan a nord e termina alla punta meridionale della foresta del Monte Carmel. Il tour prevede un percorso di 360 km, con delle arrampicate per un totale di 7000 metri, nei più bei scenari naturali del nord d'Israele.
Il montepremio è di 15.000$ per la gara su strada e 10.000$ per la gara fuori strada.
Quel sacerdote che da solo salvò centinaia di ebrei
Don Leto Casini rischiò la vita per aiutare i perseguitati. Lo scrittore Valdemaro Casini ora gli dedica un libro
Il Giorno della Memoria si può onorare anche ricordando gli eroi senza volto che durante la guerra e le leggi razziali hanno aiutato gli ebrei a sfuggire ai loro aguzzini.
Uno di questi è don Leto Casini, sacerdote mugellano che per assistere gli ebrei fu più volte incarcerato, picchiato e minacciato di morte. Ne salvò centinaia dalla deportazione e per questo è stato decorato con medagli d'oro dal presidente della Repubblica e dichiarato Giusto tra le Nazioni dallo Stato d'Israele.
A lui e alla sua vicenda ha appena dedicato un libro lo scrittore fiorentino Valdemaro Casini, già autore di molti libri sul fascismo e la Resistenza, intitolato "La speranza oltre l'angoscia" (Edizioni Medicea). A don Leto il Comune di Firenze ha dedicato una strada e a Firenzuola, il suo paese di nascita, il consiglio regionale ha donato una targa ricordo. "Il mio racconto", spiega Valdemaro Casini, "vuol rendere omaggio a tutti coloro che, laici o religiosi, per salvare ebrei, omosessuali e zingari dalla furia persecutrice, bestiale e disumana dell'odio razzista non esitarono a rischiare la vita riscattando così dall'ignavia quegli italiani che rimasero indifferenti di fronte alla tragedia che si andava consumando sotto i loro occhi. O, peggio, vi collaborarono".
Il coraggio di dire che l'antisionismo è antisemitismo
di Fiamma Nirenstein
Il nuovo saggio di Pierluigi Battista affronta di petto tutti i pregiudizi contro il popolo e lo Stato ebraico. Chi "spara" su Tel Aviv poi non dice nulla per ciò che accade in Cina e nel Darfur
È un evento straordinario il nuovo libro di Pierluigi Battista Lettera a un amico antisionista (Rizzoli, pagg. 120, euro 17,50). Le élite europee e americane si sono contagiate le une con le altre in un demente biasimo per Israele, in cui non esiste né logica né storia, ma da cui, paludata di studi, numeri, belle parole e mezze parole, esce l'idea che Israele sia un Paese che sarebbe meglio non esistesse. Anzi, che forse domani non esisterà. Anzi, che verrà distrutto. Battista distrugge invece la perversione intellettual-politica di massa dell'odio antisionista in cinque brucianti capitoli e la rivela per quello che è: antisemitismo....
Storico incontro tra i rappresentanti sportivi dei due Paesi. In vista dei Giochi di Londra 2012 Israele consentirà agli atleti palestinesi di allenarsi nei propri impianti
Il panorama sportivo internazionale ha offerto negli ultimi giorni diversi avvenimenti degni di nota. A La Molina, in Spagna, si sono conclusi ad esempio i campionati mondiali di snowboard, disciplina molto seguita dal pubblico giovanile, con il nostro Roland Fischnaller che ha conquistato una prestigiosa medaglia di bronzo nel gigante parallelo. A Melbourne, in Australia, sono invece in pieno svolgimento gli Australian Open, primo importante appuntamento della lunga stagione tennistica, con la nostra Francesca Schiavone finora splendida protagonista. Forse, però, l'evento di carattere sportivo più rilevante di questi ultimi giorni si è svolto a Losanna, in Svizzera. E non ha visto impegnati grandi atleti quanto piuttosto grandi dirigenti.
Nella sede del Comitato olimpico internazionale (Cio) si è svolto, infatti, uno storico incontro tra i rappresentanti dei comitati olimpici di Israele e Palestina a cui tutti i presenti hanno partecipato «con spirito costruttivo ed in un clima di vera cooperazione», come recita un comunicato ufficiale diffuso al termine della riunione. In sostanza, i rappresentanti sportivi dei due Paesi, nonostante tutte le difficoltà ancora esistenti nel complicatissimo processo di pacificazione tra i due Stati, hanno stabilito di lavorare insieme, condividendo le rispettive difficoltà in campo sportivo per poi produrre proposte concrete da avanzare alle proprie autorità politiche. «Noi crediamo che attraverso lo sport si possa fare la differenza, ed oggi abbiamo fatto un primo passo in tal senso», ha affermato Efraim Zinger, segretario generale del comitato olimpico israeliano.
Nel corso dell'incontro si è anche parlato delle continue difficoltà incontrate dagli atleti dei due Paesi nel riuscire a gareggiare in competizioni internazionali ospitate da determinate nazioni. Israele e Palestina, tra l'altro, sono gli unici Paesi che, pur avendone diritto, sino ad ora non hanno mai preso parte ai Giochi del Mediterraneo, una manifestazione sportiva che si disputa ogni quattro anni dal 1951 e a cui partecipano tutte le nazioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo più alcuni paesi, sempre facenti parte di questa aerea, privi però di uno sbocco diretto al mare (come ad esempio San Marino e Serbia). Già dalla prossima edizione, in programma in Grecia nel 2013, potrebbero esserci importanti novità in tal senso.
Jacques Rogge, inoltre, ha annunciato che anche il Cio si darà da fare attivamente, in particolare mettendo da subito in atto un programma a lungo termine di assistenza allo sport palestinese (vari esperti affiancheranno atleti, tecnici, ma anche manager, così da migliorare la promozione della pratica sportiva e la diffusione dei valori dello sport tra la popolazione). Tra due mesi è programmato un nuovo incontro per verificare i risultati raggiunti e per continuare il dialogo tra le due nazioni. Nel frattempo, un risultato concreto è già arrivato: i responsabili dello sport Israeliano hanno infatti annunciato che sarà permesso agli atleti palestinesi di allenarsi da subito negli impianti di Israele!
Ai Giochi di Pechino del 2008, i palestinesi presenti furono solo quattro. Adesso, anche grazie all'aiuto degli "storici nemici" israeliani, il sogno di vedere un numero maggiore di atleti della Palestina in gara alle Olimpiadi di Londra del prossimo anno non sembra più così impossibile da realizzare.
Israele protesta contro l'aumento del costo del gasolio
Il Dipartimento di ricerca della Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, ha pubblicato il suo primo resoconto speciale sull'argomento, mettendo in luce come l'inizio di questo anno abbia fatto registrare l'aumento delle tasse e dei costi del greggio, determinando un'impennata dei prezzi per i consumatori.
Rispetto all'Europa - si legge nello studio - in Israele il gasolio costa il 25 per cento in più; il che, in euro, significa che mentre nei Paesi europei occidentali un litro di carburante si acquista in media con 1.15 euro, nello Stato ebraico fino a fine 2010 servivano 1.41 euro, e oggi addirittura 1.52 euro. Secondo i ricercatori di Stato, il prezzo del gasolio dipende da tre fattori: il prezzo del petrolio, i margini di guadagno delle compagnie energetiche e le tasse. L'analisi comparata del mercato energetico israeliano rispetto a quello di 15 Paesi dell'Europa occidentale ha fatto emergere che i consumatori israeliani pagano circa l'80 per cento in più di quelli europei per il trasporto e la distribuzione del carburante, e non solo: in Israele anche le tasse sono più alte del 18 per cento. «Queste percentuali - ha commentato Carmel Shama, parlamentare del Likud, il partito del premier Netanyahu, oltre che presidente del Dipartimento - si riferiscono a dicembre 2010, prima che il governo imponesse un ulteriore aumento della pressione fiscale». Il resoconto sottolinea infine che negli ultimi sei anni il prezzo del gasolio è salito in Israele del 53 per cento. Ancora peggiore la situazione del disel: dal gennaio 2005 il prezzo è cresciuto del 97 per cento.
Le leggi razziste in Italia, storie di famiglie, immagini di documenti originali, foto di famiglia, estratti di articoli di leggi, è quanto riproduce l'interessante mostra curata dal piemontese Franco Debenedetti Teglio, dal titolo " 17 novembre 1938 -Lo Stato italiano emana le leggi razziali" che giunge oggi a Roma, alla Biblioteca nazionale centrale, dove è stata inaugurata dal presidente della Comunità Ebraica della Capitale, Riccardo Pacifici, dal professor Marcello Pezzetti, dallo scrittore Mario Avagliano il cui volume " Gli Ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938 - 1945" edito da Einaudi,è stato presentato ieri sera al palazzo della Cultura.
Il curatore della mostra, all'epoca della persecuzione razzista è un bimbo che vive insieme alla sua famiglia il dramma di dover scappare di luogo in luogo, alle prime avvisaglie di pericolo di essere riconosciuti come appartenenti alla "razza ebraica", ma è solo in età matura che questo drammatico passato torna prepotentemente nella vita di Debenedetti che inizia a scrivere racconti, ad interessarsi alle vicende della Shoah e ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi per spiegare il dramma delle leggi razziste.
- Signor Debenedetti come è nata la mostra che presenta oggi a Roma?
Non sono uno storico ed ho un passato da perito meccanico, le biblioteche civiche torinesi conoscevano la mia storia, sapevano che mi interessavo di queste cose e nel settembre 2008 mi chiesero di realizzare una piccolissima mostra sulle leggi razziste. Il tempo che avevo a disposizione era pochissimo ed i fondi per realizzarla inesistenti, ma mi sono subito messo al lavoro, inviando centinaia di mail in tutta Italia per reperire il materiale.
Da novembre 2008 a febbraio 2009, la mostra è stata esposta con buon successo di visitatori alla Biblioteca civica centrale di Torino per poi trasformarsi in mostra itinerante Carmagnola, Casale Monferrato, Buttiglieri, dove viene ospitata nelle scuole e in altri enti, quattrocento giorni di esposizione.
- Di che cosa si compone la mostra?
La mostra si compone di diciotto pannelli, (inizialmente erano quattordici). Storie inedite o poco conosciute di alcune famiglie ebraiche fra cui Cingoli, Vitale, Pacifici, Weisz, Debenedetti, tagliacozzo, per dirne alcune, costituiscono la struttura portante di questa mostra che si concentra nel periodo storico che va dal 1938 al 1945.. A fianco alle storie vi sono immagini di documenti originali dell'epoca, foto di famiglia, estratti di articoli di legge che hanno determinato il singolo accadimento. Vi è poi un pannello in cui ho riprodotto una sintesi di tutte le leggi razziste promulgate durante gli anni della persecuzione e poi vi è una serie di pannelli letterari sul tema della paura con contributi di Primo Levi, Amos Oz ed altri scrittori ed infine alcuni pannelli storici, per mostrare i provvedimenti di Mussolini.
- Quale è l'intento di questa mostra?
Si parla tanto di Shoah ma quello delle leggi razziste è un capitolo della nostra storia scarsamente conosciuto, in particolare dai giovani. L'intento è quello di sollecitare la riflessione sugli effetti devastanti che ebbero sulla maggioranza delle famiglie ebraiche italiane le leggi razziste. Esse furono promulgate dal regime fascista nel 1938 su iniziativa autonoma "tutta italiana". Gli ebrei che erano pienamente integrati nel tessuto sociale, economico e culturale della loro patria, l'Italia, e che avevano partecipato attivamente e con grandi meriti a tutte le vicende della nostra recente storia, dal risorgimento alla prima guerra mondiale, si sono ritrovati a un tratto privati dei diritti civili, del diritto al lavoro e successivamente del diritto alla vita, grazie a leggi e normative emanate dallo stato di cui facevano parte. Gettare un fascio di luce su questi drammatici eventi mi sembra doveroso.
IL CAIRO - Il ministro dell'Interno egiziano ha dichiarato oggi che un gruppo palestinese collegato ad al Qaida è responsabile dell'attacco sanguinoso del primo gennaio ad una chiesa copta di Alessandria d'Egitto.
«Abbiamo le prove decisive del loro atroce coinvolgimento nell'ideazione e nell'attuazione di questo infame atto terroristico», ha detto alla tv il ministro Habib al Adli, definendo il gruppo con il nome 'Esercito palestinese dell'Islam'. L'attentato alla chiesa cristiana copta di Alessandria, la notte dell'ultimo dell'anno, è costato la vita a 22 persone.
La crisi politica libanese sarà oggi al centro di consultazioni convocate dal premier israeliano Benyamin Netanyahu con i ministri a lui più vicini e con i responsabili alla sicurezza. Lo ha anticipato Radio Gerusalemme.
In una intervista alla emittente, il vicepremier Silvan Shalom (Likud) ha affermato che la possibile nomina di un nuovo premier gradito agli Hezbollah - in sostituzione di Saad Hariri - rappresenterebbe uno sviluppo "pericoloso per Israele" e destabilizzante per il mondo intero perchè, a suo parere, approfondirebbe il controllo iraniano sul Libano.
Secondo l'ex capo di stato maggiore Amnon Lipkin-Shahak non fa invece molta differenza se gli Hezbollah siano al governo o all'opposizione "perchè in realtà essi dispongono comunque di immensi magazzini di armi in Libano e mantengono un avamposto iraniano al confine di Israele". Lipkin-Shahak ha lamentato che l'esercito nazionale libanese "non è un fattore". In ogni caso non sarebbe in grado di confrontarsi con gli Hezbollah i quali restano, a suo parere, "la forza più militante e dominante in Libano".
Per la Commissione israeliana il blocco di Gaza è legale
Israele ha agito nel rispetto della legalità con il blocco navale della striscia di Gaza, secondo la commissione di inchiesta israeliana presieduta dall' ex giudice della Corte Suprema Yaacov Tirkel.
GERUSALEMME, 23-01-2011 - Israele ha agito nel rispetto della legalità con il blocco navale della striscia di Gaza, secondo la commissione di inchiesta israeliana presieduta dall' ex giudice della Corte Suprema Yaacov Tirkel.
Le conclusioni della commissione sono state approvate da tutti i suoi membri, inclusi i due osservatori stranieri che hanno assistito a tutte le sedute. Lo ha riferito la radio pubblica israeliana.
C'è una stanchezza della memoria e anche un suo appannamento. Dopo un decennio, come altre scadenze del calendario pubblico, il giorno della memoria è in affanno. Il senso comune dirà che esagero e che stando al calendario delle iniziative, alla mobilitazione nelle scuole, ai "viaggi della memoria" non si potrebbe pensare che a un futuro radioso. Non ne sono convinto. L'Italia adotta il 27 gennaio come giorno della memoria, ma non si dota di una data che fa parte della propria storia nazionale (come in Francia). Perché? Perché ritiene che la Shoah non sia parte della sua storia (al massimo ritiene che sia accaduta nel suo territorio) e perché non vuol fare i conti con la propria storia.
Anp non dichiarerà unilateralmente lo Stato palestinese
Presidente Anp Abu Mazen: serve cooperazione israeliana
ROMA, 22 gen. - L'Autorità Nazionale palestinese non procederà unilateralmente a dichiarare la nascita di uno Stato palestinese: lo ha affermato il presidente dell'Anp, Abu Mazen, in un'intervista rilasciata alla rete satellitare araba Al Jazeera.
"Così come stanno le cose, uno stato palestinese potrà essere costituito solo con la cooperazione israeliana", ha ammesso Abu Mazen, che ha avvertito tuttavia della possibilità di ripercussioni anche gravi se il processo di pace non avrà fatto registrare progressi entro il prossimo settembre, comprese le possibilità di "una nuova Intifada o di una sollevazione popolare".
Il Presidente dell'Anp ha infine criticato l'Amministrazione Obama per non essere riuscita a porre un freno all'espansione edilizia negli insediamenti ebraici, risolvendo così una delle questioni che di fatto bloccano i negoziati: "Avrebbero potuto fare molto di più, ma non ci sono riusciti".
Shoah: Zingaretti, auguri a Salmoni' distribuiremo il suo libro nelle scuole
ROMA, 22 gen. - "A nome mio e dell'Amministrazione provinciale voglio fare gli auguri di buon compleanno a Romeo Salmoni', uno dei pochissimi ebrei romani sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, che con i suoi racconti e i suoi diari ha ispirato anche Roberto Benigni per il film premio Oscar 'La Vita e' bella' e ha deciso di pubblicarli in un libro, 'Ho sconfitto Hitler', in uscita il 24 gennaio a cura del progetto 'Storia e Memoria' della Provincia di Roma". E' quanto dichiara in una nota il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti. "Lunedi' a Palazzo Valentini siamo fieri e orgogliosi di presentare questo volume che tutti, soprattutto i giovani, dovrebbero leggere".
"Per questo -prosegue Zingaretti- abbiamo deciso di distribuirlo gratuitamente nelle scuole del nostro territorio. E' fondamentale infatti non dimenticare mai la tragedia della Shoah e leggere i racconti dei sopravvissuti per comprendere fino in fondo l'orrore di quei giorni. Alla presentazione del libro,- conclude Zingaretti- in programma lunedi' 24 gennaio alle ore 10 presso la Sala del Consiglio di Palazzo Valentini, oltre a Romeo Salmoni' saranno presenti anche il Rabbino Capo della Comunita' Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, il presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, il Direttore della Fondazione del Museo della Shoah di Roma, Marcello Pezzetti e lo storico Umberto Gentiloni".
Energie rinnovabili, ambiente e Ict, le opportunità in Israele
ROMA, 21/01/2011 - "Nuovi orizzonti per il sistema produttivo del Lazio" è il tema sotto il quale il prossimo 27 gennaio, presso Sviluppo Lazio, si parlerà delle opportunità di internazionalizzazione nei settori ICT e ambiente, in Israele.
In tema di energie rinnovabili, ambiente e Ict, l'Israele presenta un altissimo livello di innovazione e ricerca, con una solida attività di ricerca e sviluppo, condotta da istituzioni accademiche, incubatori tecnologici e società commerciali.
Saranno presenti rappresentanti dell'Ambasciata di Israele in Italia che raccoglieranno anche eventuali manifestazioni di interesse per la partecipazione alla Eilat-Eilot Renewable Energy, 4th international conference & exhibition, in programma ad Eilat (Israele) dal 22 al 24 febbraio 2011.
L'ultimo saluto a Sonia, la moglie del presidente Peres
«Il nostro è stato un amore a prima vista. Averla incontrata è stata la maggior fortuna della mia vita. Il nostro amore resterà fino al giorno in cui chiuderò gli occhi». È un capo dello Stato commosso e molto triste Simon Peres. E di fronte alla bara della moglie Sonia, morta giovedì 20 gennaio, all'età di 87 anni, hanno potuto consolarla poco o per niente le tante dimostrazioni d'affetto nei confronti dell'uomo più amato d'Israele.
La cerimonia funebre - molto semplice, proprio com'è nello stile dei Peres - si è tenuta venerdì mattina nel villaggio agricolo di Ben Shemen. La location l'ha scelta la stessa Sonia. È qui, tra Tel Aviv e Gerusalemme, più di sessant'anni fa la donna aveva incontrato per la prima volta Simon Peres.
«Quel giorno - ha detto Peres - vidi di fronte a me un'adolescente che curava il giardino. Era scalza, aveva una grande treccia e pantaloncini corti. Mi colpì il suo volto, dalle linee scavate, come quelle di una statua greca». Nell'elogio funebre Peres ha sottolineato il grande carattere della moglie e la determinazione ad aiutare in segreto quanti, nella società israeliana, avevano maggiori necessità. «Non amava i beni materiali. Erano gli ideali i suoi beni».
Quando tre anni fa Peres venne eletto capo di Stato, Sonia preferì non seguirlo nella residenza ufficiale e restò nel modesto appartamento familiare a Tel Aviv. La notizia del decesso della moglie è stata comunicata a Pere mentre era impegnato a Gerusalemme in un incontro con il ministro francese degli esteri Michel Alliot-Marie. La sua reazione, stando a quello che scrivono i quotidiani israeliani, è stata molto sofferta.
A confortare il presidente d'Israele alla cerimonia funebre, oltre a un'intera nazione, c'erano le più alte personalità politiche dello Stato ebraico: il premier Benyamin Netanyahu, i ministri Ehud Barak (Difesa) e Avigdor Lieberman (Esteri) e Tzipi Livni, la leader di "Kadima", il più grande partito d'opposizione (e anche quello più votato alle elezioni del 2009).
Testimone dell'olocausto si racconta in municipio a Bra
Incontro con Bianca Hessel martedì 25 gennaio alle 17
Un incontro a Bra (CN) per riflettere, a quasi settant'anni di distanza, sulle atrocità dell'Olocausto. La cosa sarà possibile con una testimone d'eccezione, in arrivo direttamente da Tel Aviv, proprio nei giorni in cui ci si appresta a celebrare il "giorno della memoria". Nell'ambito del ciclo di incontri organizzati in municipio con alcuni protagonisti diretti dei grandi avvenimenti della storia, Bianca Hessel Shlesinger sarà ospite nella sala consiliare del palazzo municipale della città della Zizzola martedì 25 gennaio 2011 dalle ore 17.
Dopo alcuni incontri che, nella stessa giornata, la vedranno impegnata nelle scuole cittadine, in un momento pubblico aperto alla cittadinanza la signora Shlesinger racconterà l'esperienza vissuta della sua famiglia nel periodo di persecuzione degli ebrei, in un appuntamento che sarà introdotto dal sindaco Bruna Sibille e dal presidente del consiglio comunale, Fabio Bailo. Nello specifico, Bianca Hessel racconterà la sua infanzia, trascorsa anche a La Morra, dove la famiglia Oberto ospitò lei e la sua famiglia dopo che, nel 1941, furono costretti a lasciare Zagabria prima e Lubiana poi. Il tranquillo eroismo della famiglia della frazione Rivalta del comune langarolo, valsero alla famiglia Oberto il titolo di "Giusti tra le nazioni". L'ingresso è libero
Gaza - Israele approva il progetto tedesco per un impianto di trattamento delle acque
ROMA, 21 gen - Le autorità israeliane hanno dato il loro ok a tutti gli elementi di un progetto tedesco per la riabilitazione e l'espansione dell'impianto di trattamento delle acque reflue a Gaza. L'iniziativa, perciò, finanziata con fondi tedeschi verrà avviata quanto prima. Finora, infatti, le fogne nella Striscia non sono dotate di impianti di depurazione e sfociano in mare. Ciò, anche a causa delle correnti, crea problemi alle coste di Gaza e a quelle israeliane. "Il progetto per l'impianto di trattamento delle acque nell'area centrale di Gaza - ha affermato il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle - rappresenta un investimento a lungo termine essenziale se vogliamo migliorare le condizioni di vita della popolazione nella Striscia. Il corretto funzionamento delle infrastrutture è uno dei requisiti chiave per un futuro migliore dell'area. E non è solo nell'interesse della popolazione locale, ma anche in quello degli israeliani".
L'iniziativa sarà la più importante tra i progetti della Cooperazione tedesca nella Striscia di Gaza e a favore del suo avvio si erano già espressi diverse volte sia Westerwelle sia il titolare del ministero dello Sviluppo, Dirk Niebel. Inoltre, il capo della diplomazia di Berlino aveva visitato l'impianto fognario esistente a Gaza l'8 novembre scorso durante una visita in Israele e nei Territori occupati. In quell'occasione aveva chiesto che fossero rese più semplici le condizioni delle esportazioni. Lo stato ebraico, infatti, è molto rigido nei riguardi delle merci che transitano da e verso la Striscia di Gaza per motivi di sicurezza. Allo stesso tempo, però, non ha mai posto veti alla costruzione dell'impianto, riservandosi il tempo necessario per studiare i progetti.
Inserita il 21/1/2011 alle 14:32 nella categoria: Israele
BIELLA - Si tiene domenica 23 gennaio dalle 10 alle 12.30 "Biella per il Giorno della memoria", tavola rotonda organizzata dalla locale Chiesa evangelica della Riconciliazione presso la Sala conferenze Biverbanca (via Carso, 15).
"Biella per il Giorno della memoria" si propone, come sottolineano gli organizzatori, di «svolgere un lavoro di approfondimento, di diffusione e di conoscenza dei valori del mondo ebraico attraverso percorsi di riflessione sulla Shoah e il pregiudizio sugli ebrei nella storia e nell'attualità», con l'obiettivo di «aprire la cultura ebraica alle nostre nuove e vecchie generazioni dando spinta e stimolo per ulteriori e future riflessioni e approfondimenti».
Alla tavola rotonda, che si svolge con il patrocinio della Comunità ebraica di Vercelli e delle istituzioni locali, è attesa la presenza di autorità e studiosi italiani e israeliani per confrontarsi sul ricordo dell'Olocausto e sul modo in cui se ne conserva la memoria.
Paolo Jugovac, direttore editoriale di evangelici.net, modererà i lavori che si apriranno con gli interventi del segretario di Presidenza del Senato Lucio Malan, del direttore della Christian Allies Caucus, Giuseppe Platania, del vice-ministro dell'industria e del commercio israeliano Orit Noked.
Adriana Goldstaub del centro di documentazione ebraica contemporanea relazionerà sui "modelli di pregiudizio sugli ebrei nella storia e nell'attualità".
La chiusura della tavola rotonda è affidata ad Alberto Antonello, responsabile della chiesa organizzatrice.
Nel pomeriggio, alle 17, la giornata avrà un seguito musicale presso il teatro sociale Villani di Biella con un concerto di musica klezmer, a ingresso libero, del gruppo Mishkalè.
Per informazioni: tel. 377/1766973; e-mail: cedrbiella@gmail.com
Salvò dai nazisti 669 bimbi ebrei: Prima mondiale del film su di lui
"Schindler" inglese Winton ha 101 anni, oggi in sala a Praga
Sir Nicholas Winton
PRAGA - Prima mondiale oggi a Praga del film documentario, con una parte recitata, "Nickyho rodina" (La famiglia di Nicky). La storia dei 669 bambini ebrei che, alla vigilia della seconda guerra mondiale, si salvarono dall'Olocausto, grazie a un cittadino inglese - Nicholas Winton, 101enne, presente oggi in sala - il quale, nella Cecoslovacchia occupata dai nazisti riuscì a farli partire con dei treni speciali e a farli accogliere da famiglie della Gran Bretagna.La pellicola, del regista slovacco Matej Minac, frutto di una coproduzione alla quale ha partecipato anche la Tv pubblica ceca Ceska televize e il ministero della Difesa della Repubblica ceca, è stata presentata in una sala gremita di giornalisti e fotografi.Fra i presenti anche alcune decine degli autentici protagonisti di quella storia, coloro che ancora oggi compongono la famiglia allargata di Winton.La vicenda di questo "Schindler britannico", è rimasta sconosciuta sino agli anni '80, quando fu scoperta da sua moglie che trovò casualmente in casa una vecchia documentazione del tempo. "Ogni marito delle avere i suoi segreti" è solito scherzare Wilton spiegando il riserbo tenuto per tanti anni.
Allora, nel 1938, quando era un giovane intermediario di borsa, giunse a Praga su invito di un amico che lavorava in un comitato di soccorso per rifugiati della Cecoslovacchia.
Winton, consapevole della tragedia che stava per scoppiare in Europa, si diede subito da fare per organizzare il piano di salvataggio, soprattutto per trovare famiglie disposte a ricevere i piccoli profughi cecoslovacchi. Si rivolse a una serie di governi, ma solo la Gran Bretagna, accettò di accogliere i bambini.
Complessivamente, attraverso i Winton Tansports (questo il nome col quale sono passati alla storia quei viaggi ferroviari), riuscì a mettere in salvo 669 bambini, tutti fra i 6 e i 12 anni, quasi tutti ebrei. In tutto otto trasporti. La partenza dell'ultimo convoglio, il più numeroso, quello con 250 bambini, fu bloccato dallo scoppio della guerra.
Winton - già insignito dell'Ordine di Tomas Garrigue Masaryk (la più alta onorificenza della Repubblica ceca) nel 1998, dall'allora presidente Vaclav Havel - è stato nuovamente proposto oggi per la consegna del Premio Nobel per la pace, attraverso una lettera di nomina firmata da più di 100 mila cittadini e consegnata all'ambasciatore norvegese a Praga. A promuovere l'iniziativa sono stati gli allievi della scuola elementare di Kunzak (un villaggio della Boemia meridionale) intitolata al nome di Winton.
CIO - A Losanna primo storico incontro fra Israele e Palestina
Regia di Rogge: i comitati olimpici nazionali lavoreranno insieme
ROMA, 20 gen. - I comitati olimpici di Israele e Palestina si sono incontrati oggi per la prima volta a Losanna, presso il quartier generale del CIO. Il comitato olimpico internazionale è stato infatti il promotore dello storico incontro fra i due paesi. Incontro che è frutto della visita tenuta lo scorso ottobre dal presidente Jacques Rogge nei paesi del Medio Oriente. In quell'occasione i comitati olimpici israeliano e palestinese accettarono l'invito di Rogge. Nel meeting tenuto a Losanna le parti hanno affrontato diversi temi, ovviamente relativi ai rapporti dei due paesi con lo sport. Al centro della discussione, ovviamente, il sempre delicato tema della modalità che determinano la libertà di movimento di atleti, tecnici, dirigenti e materiali delle federazioni sportive palestinesi, al pari dell'accoglienza nel paese delle delegazioni straniere. I due comitati olimpici hanno riconosciuto le difficoltà che al momento regolano questo tipo di relazioni e promesso di lavorare insieme per produrre proposte e meccanismi che possano migliorare la situazione, Proposte che saranno poi avanzate alle autorità dei due paesi. E, sempre sotto la spinta del CIO, entro i prossimi due mesi verrà fissato un nuovo incontro che permetterà di fare il punto sui progressi. Nel meeting tenuto oggi dal CIO era in agenda anche lo sviluppo delle misure già esistenti a supporto dello sviluppo dello sport in Palestina, con la conferma dell'impegno del comitato olimpico internazionale, che metterà a disposizione del paese esperti che possano assistere a tutto campo, non solo atleti e tecnici, ma anche gli amministratori, le federazioni palestinesi. A breve termine, è stata però posta un'altra priorità: consentire agli atleti palestinesi la possibilità di inseguire il sogno della qualificazione olimpica per i Giochi di Londra 2012. Proprio per questo scopo il comitato olimpico israeliano si metterà a disposizione per offrire opportunità di allenamento agli atleti palestinesi.
GERUSALEMME, 20 gen. - E' morta oggi la moglie del presidente israeliano Shimon Peres, Sonia, nella sua casa di Tel Aviv. Aveva 87 anni. Nata in Polonia, Sonia aveva conosciuto il marito dopo che entrambi avevano compiuto l'Aliyah (immigrazione ebraica) in Israele.
Sonia Peres appariva raramente in pubblico, preferendo mantenere un ruolo dietro le quinte durante i 60 anni di carriera politica del marito. Aveva deciso di restare a Tel Aviv e di non trasferirsi alla residenza presidenziale di Gerusalemme.
Ebrei francesi contro le celebrazioni per il cinquantenario della morte di Celine
PARIGI, 20 gen . - Questo anniversario non s'ha da celebrare. E' polemica in Francia per l'inserimento dello scrittore Louis-Ferdinand Celine (1894-1961) in un libro dedicato al calendario ufficiale delle commemorazioni del 2011. Jean Favier, presidente dell'Alto comitato delle celebrazioni nazionali ufficiali, ha curato un elenco che cita anche un'omaggio da rendere all'autore di ''Viaggio al termine della notte'' e ''Morte a credito'' il prossimo 1 luglio, giorno esatto in cui cade il cinquantenario della morte dello scrittore di pamphlet accusato di antisemitismo. Contro questo inserimento non si sono fatte attendere violente critiche.
Israele, UBS acquista il 5% della banca statale Leumi Bank
UBS, che oltre ad essere la più grande banca svizzera, la UBS è una delle più grandi del mondo, ha vinto una gara pubblica per l'acquisto del 5% delle azioni della banca statale israeliana Leumi. Le azioni sono state acquistate al prezzo di 1.3 miliardi di NIS (circa 370 milioni di dollari). Il ministro delle finanze israeliano Yuval Steinitz ha commentato l'acquisizione definendola un grande successo e un segnale della fiducia accordata all'economia e alla robustezza finanziaria del paese.
Fino a mercoledì, la quota statale della banca era pari all'11%; ora è rimasto il 6,5 % in holdings. L'imprenditore Shlomo Eliahu detiene il 10% ed è il maggiore azionista. Delle tre principali banche israeliane, Leumi, Discount e Hapoalim, la Leumi è stata l'ultima ad essere privatizzata. E tuttavia la privatizzazione non implica un rapporto diverso con i clienti.
Un Memoriale per la Shoah al binario 21 della Centrale
MILANO - È partita la sottoscrizione popolare lanciata dalla Provincia di Milano per completare la trasformazione del Binario 21 della Stazione Centrale, quello dal quale partirono i convogli degli ebrei milanesi deportati nei campi di concentramento nazisti, in un «Memoriale della Shoah». L'appello di Palazzo Isimbardi, lanciato il 16 gennaio dalle colonne del Corriere della Sera, «ha smosso le acque», come ha commentato il presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach. «Il presidente Podestà ha smosso le acque con una spinta che si sta rivelando molto forte - ha aggiunto -. Dopo l'articolo sul Corriere abbiamo visto muoversi il mondo della scuola, attraverso un'iniziativa del Carlo Porta e di altre cinque scuole, e ieri ho ricevuto la comunicazione della Filt-Cgil Lombardia che ha deliberato uno stanziamento a favore del Memoriale. Evidentemente è qualcosa che era sentito e che aveva solo bisogno di uno stimolo»....
Domenica il primo rapporto della Commissione israeliana sulla flottiglia
GERUSALEMME, 20 gen - La Commissione d'inchiesta israeliana incaricata di esaminare gli aspetti giuridici legati all'assalto avvenuto contro una flottiglia umanitaria a largo di Gaza nel maggio dello scorso anno, pubblichera' domenica il suo primo rapporto preliminare sulla vicenda. Lo ha reso noto una fonte ufficiale.
''La commissione pubblichera' la prima parte di un suo rapporto sulla legittimita' del blocco navale intorno a Gaza, nonche' sulle azioni condotte dall'esercito israeliano e dai passeggeri'', ha detto il portavoce della commissione, Ofer Lefter, all'Afp.
La commissione, presieduta dal giudice Yaakov Tirkel, e' stata istituita a luglio dal governo per far luce sulla legittimita' dell'assalto, avvenuto il 31 maggio all'alba, contro il traghetto turco Mavi Marmara da parte della marina israeliana in acque internazionali.
Israele è lenta a riformare la propria aviazione civile
Tel Aviv, Israel - Il governo Usa ritiene che il livello di sicurezza aerea del settore sia tra i più bassi al mondo
L'aeroporto Ben Gurion
L'aeroporto internazionale di Tel Aviv con le sue poderose "Fortificazioni" è considerato da molte compagnie aeree al top per quanto riguarda la sicurezza con robot, veicoli speciali, videocamere a circuito chiuso e profilatura dei passeggeri. Insomma: tutto concorre a creare sicurezza e a prevenire gli attacchi terroristici. Ma dietro ciò ci sono delle falle per quanto riguarda un altro tipo di sicurezza: quella di chi vola e dei suoi aeromobili.
Già, perché il governo degli Stati Uniti ha posizionato la "Safety" (questo termine inglese intende sempre la sicurezza ma quella legata all'incolumità di chi vola ed è differenziato da "Security", che è quella di cui si parlava prima, legata al terrorismo o ai reati) di Israele ai livelli più bassi al mondo, paragonabile a quella di Paesi come il Bangladesh, il Congo, Haiti o lo Zimbabwe.
In passato, in almeno un paio di occasioni l'aeronautica militare israeliana avrebbe scambiato degli aerei di linea con degli aerei militari nemici. E molti piloti temono che un giorno un aereo commerciale possa essere abbattuto per errore.
"Questa è una cosa intollerabile per l'aviazione civile internazionale" ha detto Giovanni Bisignani, capo di quella Iata (International Air Transport Association ). "Per questo motivo, la safety è stata abbassata di livello".
Ma altre accuse arrivano anche dalle stesse autorità del Paese mediorientale: un'agenzia di controllo israeliana recentemente ha accusato il governo di procedere a rilento nel definire delle linee guida per trovare una soluzione ai problemi di safety che affliggono l'aeroporto internazionale "Ben Gurion" di Tel Aviv.
Sotto accusa la vecchia tecnologia, piste troppo corte, spazio aereo affollato e utilizzato sia dagli aerei commerciali sia da quelli militari, e un'autorità per l'aviazione civile che non funziona come dovrebbe.
Fatto sta che il declassamento a "Categoria 2" impedirà alle compagnie aeree israeliane di aumentare i collegamenti con gli Stati Uniti e di sottoscrivere accordi di code-sharing con vettori d'oltre Atlantico. "E questa cosa costerà in reputazione e danneggerà i vettori" ha detto Bisignani.
Intanto i lavori per migliorare la sicurezza (intesa come safety) stanno iniziando e prevederanno l'impiego di nuovi radar di terra, l'estensione di una delle 3 piste del "Ben Gurion" e la costruzione di una nuova torre di controllo. Ma gli addetti ai lavori ritengono che tali lavori stiano andando avanti troppo lentamente.
Bisignani e la Iata hanno criticato anche il programma di sicurezza (intesa stavolta come security) che è in fase di sperimentazione dal ministero dei trasporti che richiede ai piloti degli aerei di linea in avvicinamento a Israele di digitare un codice segreto che confermi la loro identità. Solo allora sarà possibile dare l'autorizzazione all'atterraggio.
Il programma -ancora in fase di test- vuole far sì che gli aerei diretti nel Paese non rappresentino una minaccia. In 2 occasioni -ad aprile 2009 e luglio 2010- altrettanti jet civili sono stati intercettati da caccia israeliani perché i piloti avevano digitato in maniera sbagliata tale codice.
"L'origine e la parola" è il titolo dell'incontro odierno presso la sede centrale del Cnr a Roma, con cui si conclude il ciclo di appuntamenti "Dialoghi in Biblioteca", organizzati dal direttore dell'Ufficio divulgazione, relazioni istituzionali e Urp del Cnr, Pio Cerocchi.
Secondo la formula sperimentata con successo nei precedenti incontri, una personalità del mondo della cultura "esterno" al Cnr si confronta con uno studioso "interno". A dialogare sui fondamenti e l'evoluzione dell'ebraico e dell'italiano sono chiamati oggi Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, e Pietro Beltrami, direttore dell'Opera del vocabolario del Cnr (modera Cinzia Caporale).
Forse non è casuale che quest'ultimo appuntamento cada in piena celebrazione del centocinquantenario dell'Unità d'Italia. Non c'è tratto identitario di un popolo più della sua lingua e attraverso la sua storia, si riflette la storia del popolo che la parla. Come spiega Cerocchi, Di Segni e Beltrami proveranno a chiarire come abbia fatto l'ebraico, che ha quasi il doppio degli anni del latino, non solo a sopravvivere, ma anzi a sostenere l'identità di un popolo, nonostante i diciannove secoli trascorsi dagli ebrei senza patria. E come il latino, invece, abbia oggi quasi completamente esaurito la sua funzione, avendo cominciato a cedere spazi a favore delle diverse lingue volgari circa mille anni fa. «Nell'Italia medioevale non c'era un'unica lingua italiana nazionale, ma tante lingue diverse» - spiega Beltrami - rintracciabili in letteratura, nelle traduzioni di classici latini, perfino nella stesura di statuti. «La lingua italiana come la intendiamo oggi ha una sua codificazione forte nel '500 con l'opera di Pietro Bembo - prosegue Beltrami. È la lingua dei dotti, basata su una lingua scritta del '300, quella di Dante, Petrarca e Boccaccio». Diverso il destino della lingua ebraica, rimasta per secoli «strumento letterario e di comunicazione tra le comunità ebraiche nei vari luoghi - ricorda Di Segni. Era la lingua delle preghiere, ma anche quella in cui si scrivevano i codici » che trae la sua forza dal fatto che per la cultura ebraica la parola è fondante.
Nella Bibbia Dio creò il mondo proprio attraverso la parola. E questo - sottolinea Di Segni - ha lasciato un'impronta forte nella tensione a «capire il senso delle cose indagando le parole».
Fino a scoprire che queste storie sono incidenti e che esiste un punto d'incontro tra ebraico e lingue locali che ancora ci parla della storia dei popoli: «Il giudeo romano - ricorda Di Segni - nel suono è più vicino al napoletano che al romano, perché così era il dialetto romanesco originario».
Milano: rabbini dal mondo discutono sulla famiglia ebraica
Rabbini a confronto
Non capita ogni giorno che importanti rabbini israeliani ed italiani si incontrino per discutere sulle questioni che pone l'Halacha e concordare verso un'efficace linea comune. Tutto questo è invece accaduto domenica 9 gennaio 2011 presso il Beth Haknesset dell'Hotel Marriott di Milano in una conferenza realizzata su iniziativa di Rav Levi Hazan, responsabile dell'OGL (Organizzazione Giovanile Lubavitch).
L'incontro era incentrato su tutte le tematiche inerenti "La famiglia ebraica" (matrimonio, conversioni, kashrut ecc ). Ma come è nata l'idea di quest'evento? "Perché non avviene così di frequente poter discutere con calma e a porte chiuse di questioni calde. Specie con rabbini di diversa estrazione e provenienza", spiega rav Hazan. Nell'estate dello scorso anno Rav Hazan si era recato in Israele alla sede dell'RCE (Rabbinical Centre of Europe), associazione che ha sede a Bruxelles, uffici operativi a Gerusalemme e che fornisce numerosi servizi ai rabbini in Europa. Prendendo i contatti necessari aveva iniziato ad organizzare questo seminario.
Domenica al Marriott si sono così ritrovati insieme rabbini come Rav Yirmiyahu Menachem Cohen, Presidente del Tribunale Rabbinico di Parigi Rabbi Avraham Yosef rabbino capo di Holon e Rav Mordechai Neugroschel, un grande studioso di ebraismo e filosofia. Presenti al seminario anche Rav Gershon Mendel Garelik, Presidente del Tribunale Rabbinico di Milano, Rav Alfonso Arbib, rabbino capo della comunità di Milano, Rav Giuseppe Laras, Rav Alberto Somekh e tanti altri per un totale di 40 rappresentanti.
Come ha ben spiegato Rav Aryeh Goldberg: "E' stato molto bello vedere dozzine di rabbini sedersi vicino e discutere di questioni così importanti. Siamo riusciti a creare un dialogo dinamico, ricco e sono sicuro che, negli anni a venire, sia i rabbini partecipanti sia le loro comunità beneficeranno dei frutti di questa conferenza" A seguire infine una cena a cui ha presenziato, fra gli altri, il Presidente della Comunità Ebraica di Milano, Roberto Jarach. L'incontro è stato molto apprezzato da tutti i partecipanti, che hanno concordato sulla necessità di ripetere eventi simili, in modo che le varie voci presenti nell'ebraismo possano discutere insieme e dare risposte comuni ai grandi problemi posti dalla nostra difficile modernità. Ma i risultati veri del meeting? Top secret.
Dopo 52 ore di lavoro i tecnici del Comune di Modena hanno ricomposto la stele per le vittime dell'olocausto, danneggiata dai vandali la notte di San Silvestro.
di Elena Benassi
Dopo 52 ore di lavoro i tecnici del Comune di Modena hanno ricomposto la stele per le vittime dell'olocausto, danneggiata dai vandali la notte di San Silvestro. 64 i frammenti che sono stati ricollocati. Domenica 23 gennaio, alle 10, durante una cerimonia, verrà restituita al parco e alla città. Il sindaco Pighi, nell'occasione, suggerisce agli studenti che partiranno con un Treno per Auschwitz, di portare una foto della stele ricostruita, come segnale che Modena non intende dimenticare.
Un albero per i "Giusti"
Chi salva una vita salva il mondo intero. E loro di vite ne hanno salvate tante, rischiando la propria per aiutare gli Ebrei, strappandoli allo sterminio. Stiamo parlando dei "Giusti tra le Nazioni", non-ebrei che hanno agito in mondo eroico, insigniti di una speciale medaglia con inciso il loro nome, aggiunto agli altri presenti nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme. A Don Arrigo Beccari, Odoardo Focherini, Sisto e Alberta Gianaroli, Antonio Lorenzini, Giuseppe Moreali, Don Benedetto Richeldi e Don Dante Sala, i comuni di Castelfranco, Carpi, Sassuolo, Vignola, Pavullo, Modena, Finale Emilia e Mirandola hanno dedicato la piantumazione di un albero, poiché tale pratica nella tradizione ebraica indica il desiderio di ricordo eterno per una persona cara. E così, il 27 gennaio, Giorno della memoria, Modena ricorda i suoi Giusti tra le nazioni con la messa a dimora di un albero di ulivo in 8 scuole della provincia, con cerimonie rivolte agli studenti delle classi prime, alla presenza delle autorità e di rappresentanti delle Comunità ebraiche. L'appuntamento è per le 12, mentre alle 15, presso il Palazzo della Provincia, si terrà un'altra cerimonia: l'inaugurazione di una targa commemorativa in memoria degli 8 modenesi riconosciuti "Giusti tra le Nazioni".
Nella striscia di Gaza, stando al quotidiano di Israele Maariv
TEL AVIV, 19 gen - Alcune cellule armate attive nella striscia di Gaza sono dirette e sostenute dagli Hezbollah libanesi. Lo afferma il quotidiano israeliano Maariv secondo cui queste cellule - spesso composte da ex elementi di al-Fatah - dipendono dalla 'Unita' 1800' degli Hezbollah che fomenta la lotta armata palestinese contro Israele. Da fonti di sicurezza palestinesi Maariv ha appreso che a dirigere la 'Unita' 1800' ci sono due 'vecchie conoscenze' di Israele: Qeis Obeid e Samir Quntar.
Washington: per la prima volta sventola la bandiera della Palestina
Ma i repubblicani polemizzano: «Fa parte del piano per manipolare l'opinione pubblica internazionale»
La bandiera palestinese
a Washington
MILANO - Per la prima volta martedì a Washington è stata innalzata la bandiera dell'Autorità nazionale palestinese. L'autorizzazione era stata concessa nello scorso agosto dall'amministrazione americana quando l'ufficio di rappresentanza era stato elevato di grado a delegazione generale, ma si era dovuto attendere l'ok del proprietario dell'edificio. È stato il capo della missione diplomatica negli Stati Uniti, Maen Areikat, a issarla ufficialmente nella sede della delegazione palestinese affermando di sperare che «il sostegno degli Usa ci concretizzi in atti concreti verso il riconoscimento dello Stato palestinese».
POLEMICHE USA - P.J. Crowley, portavoce del ministero degli Esteri americano, ha precisato che non ci sarà alcun cambiamento nello status della legazione diplomatica palestinese e che gli Usa si oppongono a una dichiarazione di indipendenza unilaterale. Ma il presidente repubblicano della commissione Affari esteri della Camera Ileana Ros-Lehtinen, ha affermato che tutto ciò è «una tappa del piano palestinese per manipolare l'opinione pubblica internazionale per il rinoscimento diplomatico del futuro Stato mentre prosegue il rifiuto a negoziare e a riconoscere l'esistenza di Israele come Stato democratico ebraico». La missione palestinese negli Usa fa parte degli Accordi di Oslo del 1993.
La tecnologia israeliana farà volare i droni brasiliani
I droni brasiliani voleranno grazie alla tecnologia israeliana. Aeroeletronica, controllata della compagnia di Haifa Elbit Systems, ha firmato un contratto con l'aviazione del Brasile per fornire supporto hi-tech per una nuova flotta di 450 velivoli senza pilota.
L'amministratore delegato della Elbit Systems, Joseph Ackerman, ha dichiarato: «Questo nuovo progetto consolida ulteriormente i nostri rapporti con l'aviazione brasiliana, e spero che conduca a nuovi potenziali clienti nel Paese, in America Latina e nel resto del mondo». L'interesse dell'azienda israeliana per lo Stato sudamericano sembra essere cresciuto notevolmente negli ultimi tempi. Nei primi giorni di gennaio era stata diffusa la notizia che la Aeroeletronica si era aggiudicata un accordo del valore di 260 milioni di dollari con l'esercito di Brasilia per dotare alcune centinaia di mezzi di terra con torrette che, a differenza di quelle tradizionali, possono essere manovrate a distanza, elettronicamente. E non solo. A fine dicembre 2010 la Elbit Systems ha anche acquistato due compagnie brasiliane specializzate nella produzione di strumenti informatici militari, come software per missili e simili. Si tratta della Ares Aeroespecial e Defesa e della Periscopio Equipamentos Optronicos. Insomma: mentre le relazioni politiche tra Tel Aviv e Brasilia non stanno certo vivendo la loro stagione più rosea, in seguito al riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del Brasile (insieme agli altri membri del mercato comune sudamericano Mercosur), gli accordi commerciali tra lo Stato maggiore brasiliano e i privati israeliani vanno invece a gonfie vele.
Giornata amara per il sindaco laburista di Tel Aviv, Ron Hulday, che al termine della giornata di lavoro ha scoperto che la sua bicicletta, lasciata all'ingresso del municipio, era stata rubata. Hulday ha denunciato il fatto attraverso la propria pagina su Facebook e con un messaggio su Twitter. Alla stampa il primo cittadino ha spiegato di utilizzare la bicicletta per muyoversi in città, perché nel pesante traffico metropolitano essa risulta essere più agile e razionale.
Convinto assertore della diffusione delle biciclette in città - anche per favorire la salute pubblica - Hulday ha fatto approntare nei marciapiedi del centro speciali corsie dedicate ai ciclisti. Ma ancora, a quanto pare, non è riuscito a escogitare un sistema capace di sconfiggere i sempre più arditi ladri di biciclette.
A Palazzo Chigi la firma per l'avvio al 'progetto Talmud'
ROMA, 19 gen - Il Talmud, dopo inglese e tedesco, verra' tradotto anche in italiano. Con la sottoscrizione di un protocollo d'intesa, prende il via il ''Progetto Talmud''. Lo firmeranno venerdi' a Palazzo Chigi la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell'istruzione e l'universita', il Consiglio nazionale delle Ricerche e l'Unione delle Comunita' Ebraiche italiane. Il progetto consiste nella traduzione dall'aramaico in italiano del testo scritto nel IV secolo. Il Talmud e' la piu' importante opera della cultura ebraica. Con la Bibbia, rappresentano i pilastri dell'ebraismo.
Il Progetto si sviluppera' su un arco di 5 anni e verra' condotto in collaborazione tra le Comunita' Ebraiche italiane, il Collegio Rabbinico italiano ed il Consiglio nazionale delle Ricerche.
Il Protocollo d'intesa verra' firmato da Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Mariastella Gelmini, Ministro dell'istruzione, Luciano Maiani, Presidente del Cnr, Renzo Gattegna, Presidente delle Unioni Ebraiche, Riccardo Di Segni, Presidente del Collegio Rabbinico italiano.
Seguira' una conferenza stampa a Palazzo Chigi per illustrare i dettagli del Progetto.
Al Manzoni i tre fratelli Cohen: Anat (sax tenore e clarinetto), Yuval (sax soprano) e Avishai (tromba)
di Fabrizio Guglielmini
MILANO - I fratelli nel jazz fanno tornare alla memoria pagine celebri degli Heath Brothers (Jimmy, Percy e Albert «Tootie»), la premiata ditta Marsalis (Branford e Wynton) e i tre Jones (Elvin, Thad e Hank) solo per citare i più famosi. A rinnovare questa tradizione «di famiglia» arrivano i «3 Cohens», tre fratelli israeliani con il talento per gli strumenti a fiato. In scena al Manzoni per il primo appuntamento del 2011 di «Aperitivo in concerto», Anat (sax tenore e clarinetto), Avishai (tromba) e Yuval (sax soprano) presentano un live con composizioni che oscillano fra le melodie israeliane (non soltanto il klezmer ma anche influssi di sapore mediorientale) e un'energica improvvisazione post bop.
Dalla loro i «3 Cohens» hanno la lunga gavetta nei jazz club di Tel Aviv, un'esperienza che ha aperto loro la strada ai palcoscenici internazionali, primi fra tutti quelli newyorkesi. Se le qualità strumentali di Anat (soprattutto al clarinetto) sono note agli appassionati, il suono d'insieme del sestetto conferma la riuscita dell'album «Braid» con un'ottima coesione sia sui tempi veloci sia su atmosfere più meditative. I solisti non disdegnano sortite di sapore più sperimentale, avventurandosi nel jazz informale di stampo contemporaneo. La tromba di Avishai e il soprano di Yuval assecondano arrangiamenti in cui il virtuosismo raramente è fine a se stesso, cercando invece immediatezza ed espressività anche in architetture armoniche ambiziose. Completano la formazione il piano di Aaron Golberg, la batteria di Eric Harland e il contrabbasso di Omer Avital, anch'egli impegnato da oltre un decennio sulle scene newyorkesi.
«3 Cohens». «Aperitivo in concerto». Teatro Manzoni. Ore 11. Via Manzoni 42. Tel. 02.76.36.901. Euro 12/15 più prevendita. Domenica 23
Chi vede il Mossad persino dietro gli animali-spia
L'ultimo arruolato è un avvoltoio, e ce lo garantisce la stampa saudita. Il Mossad lo ha spedito nei cieli del regno per fare la spia, prova ne è (quale controspionaggio fantastico hanno da quelle parti) che il volatile porta un braccialetto con scritto "Tel Aviv University".
Di recente il Mossad ha arruolato parecchi animali: c'è lo squalo che davanti alla costa del Sinai azzanna solo i turisti non israeliani. Mica è scemo a mordere i suoi. Serve a rovinare il turismo e quindi l'economia egiziana. Ci sono i topi che invadono a Gerusalemme est le case degli arabi e solo quelle: le abitazioni degli ebrei godono di derattizzazione preventiva.
C'è poco da ridere: le teorie della cospirazione sono puro incitamento all'omicidio e devastano la mente araba riempiendola di cretinate, lo spiega anche Fouad Adjami, studioso libanese eminente. Diffuse senza sosta da tv e giornali sostenute da imam e politici, ecco le ultime imprese del Mossad :la strage dei Copti ad Alessandria e in Irak per sollevare i cristiani contro il mondo islamico; il lavoro della Corte Internazionale che individua negli hezbollah i colpevoli dell'assassinio del presidente Rafik Hariri nel 2005, per sovvertire il Libano; la divisione del Sudan, per togliere al mondo islamico il predominio dell'Africa; gli scontri in Yemen; le persecuzioni dei palestinesi in Irak; un progetto di Israele di distruggere la Moschea di Al Aqsa e costruire un Terzo Tempio sulle sue rovine. Questa, la riporta il quotidiano ufficiale dell'Autorità Palestinese definendo il piano "un complotto satanico". Quello solito, come quando gli ebrei hanno distrutto le Twin Towers, o, questa è la più trendy, hanno creato Al Qaida. Ma, scusate, e un bravo psicanalista?.....
Stampa, prosegue la fuga del free press "Israel ha-Yom": è il giornale più letto del Paese
Un tabloid gratuito contro tutti. E letto più di tutti. Nonostante le sue aperte simpatie nei confronti del governo Netanyahu. È quel che succede in queste settimane in Israele. Dove "Israel ha-Yom", di cui è proprietario Sheldon Adelson, «il più ricco ebreo al mondo».
Il free press pro-governativo continua a rafforzarsi e - durante la settimana - allarga il proprio margine di vantaggio rispetto al principale rivale, "Yedioth Ahronoth" (che vince nelle edizioni del fine settimana). Lo ha rilevato una ricerca sull'«esposizione» del pubblico ai mezzi di comunicazione israeliani, curata dall'Istituto internazionale Tgi.
Nel secondo semestre del 2010 "Israel ha-Yom" si è aggiudicato il primo posto con una «esposizione» al pubblico del 37,4 per cento. Seguono "Yediot Ahronoth" (34,9), "Maariv" (13,9) e "Haaretz" (6,8). Fra di loro, "Israel ha-Yom" è l'unico a essere diffuso gratuitamente anche se di recente "Yedioth Ahronoth" ha avviato la distribuzione di una propria edizione ridotta e gratuita nei mezzi di trasporto di massa.
Nel fine settimana, nel secondo semestre 2010, "Yedioth Ahronoth" ha mantenuto il primo posto con un 43,1 per cento di «esposizione» al pubblico, seguito da "Israel ha-Yom" (30,3), "Maariv" (15,9) e "Haaretz" (8,0).
Il free press formato tabloid è stato lanciato nel luglio 2007 (quando nel resto del mondo iniziava il periodo nero della stampa gratuita) con l'intento di fornire al lettore israeliano «un'informazione più patriottica». Il suo clamoroso sorpasso di "Yedioth Ahronoth" è avvenuto nella prima metà del 2010 e anche nei mesi successivi, secondo Tgi, "Israel ha-Yom" ha continuato ad avanzare. Di questo passo, temono i giornalisti israeliani di sinistra, il quotidiano di Adelson rischia di stravincere dal lunedì alla domenica.
Il presidente della Provincia Regionale di Agrigento, Eugenio D'Orsi, si dice molto soddisfatto dell'inciontro avuto domenica con gli industriali israeliani che hanno mostrato interesse verso l'aeroporto di Agrigento. "Hanno detto - ha dichiarato D'Orsi - che sarebbero ben contenti di partecipare alla realizzazione dell'impianto e di occuparsi successivamente della sua gestione, ritenendo che l'impresa sarebbe sicuramente produttiva anche sul piano economico". Prima di firmare l'accordo, però, D'Orsi attende che la Kpgm advisor, società del ministero dell'Economia consegni la relazione sul business plan che sta predisponendo.
Salam Fayyad, premier nel "governo" dell'Autorità nazionale palestinese, ha annunciato ieri nel corso di una conferenza stampa presso la Muqata di Ramallah la strategia fiscale a cui intende attenersi in futuro.
Ai giornalisti che gli chiedevano quale supporto il suo governo intendesse dare alle famiglie meno abbienti e ai disoccupati, e se l'assistenzialismo sarebbe stato finanziato dai contribuenti palestinesi o dai donatori, Fayyad ha risposto così: «Se non vogliamo dipendere dagli aiuti allora bisogna aumentare necessariamente le tasse. Delle due l'una». Il Primo ministro, che peraltro un tempo lavorava come economista per la Banca mondiale, ha sottolineato che il costo della vita nei Territori è cresciuto del 40 per cento dal 2001, mentre gli stipendi sono aumentati del 50 per cento circa nello stesso periodo. E' il miracolo economico della Cisgiordania, determinato in buona parte dalle donazioni estere, che in tanti hanno osservato. Ma c'è anche un altro lato della medaglia. La questione degli aiuti per il popolo palestinese, che può contare sul sostegno di circa una quarantina di Paesi, è infatti molto controversa. Chi lavora nella cooperazione ammette (a microfoni spenti) che l'economia dei Territori è drogata da questo imponente flusso di danaro: il quale, del resto, non sempre viene impiegato per finanziare progetti economici o sociali. Serve anche a foraggiare i funzionari corrotti della pubblica amministrazione, indebolendo agli occhi dei palestinesi l'affidabilità e la levatura politica dell'attuale dirigenza. L'intento dichiarato di Fayyad è dunque quello di tentare di spezzare questo circolo malato. Obiettivo ambizioso, ma che certo, se dovesse concretizzarsi, segnerebbe un passo avanti fondamentale nella costruzione delle istituzioni palestinesi a cui il premier si sta dedicando dal 2007, anno del suo insediamento.
Nuove indiscrezioni confermerebbero che la paternità del worm più chiacchierato del 2010 va ascritta all'asse Washington-Gerusalemme. Lo dice il New York Times
ROMA - Stuxnet, il worm telematico che nell'ultima parte del 2010 ha preso di mira il programma nucleare iraniano aprendo le porte a una nuova era per la cyber-war mondiale, sarebbe il frutto di una "joint venture" militare tra USA e Israele tesa a colpire Teheran.
Stando a quanto sostiene il New York Times, esperti e ufficiali confermano ancora una volta quello che già era noto da tempo: il coinvolgimento di Gerusalemme nell'affaire Stuxnet - con la possibile assistenza di Washington - era apparso sin da subito molto più che plausibile, vista l'estrema sofisticatezza della minaccia informatica e l'obiettivo dichiarato degli apparati di controllo industriale impiegati nelle centrali nucleari iraniane.
Il worm è stato creato da ufficiali statunitensi e israeliani, dice il NYT, con il contributo - consapevole o meno - di Gran Bretagna e Germania. Non bastasse questo, sostengono le fonti del quotidiano statunitense, Stuxnet è risultato essere particolarmente efficace nel raggiungimento dei suoi obiettivi perché Israele ne ha potuto testare le qualità "dal vivo".
Inaugurazione della mostra documentaria »Sulle tracce dell'eredità ebraica in Slovenia«, presentata dall'autore, dott. Janez Prenk, e conferenza del dott. Marjan Tos, direttore della Sinagoga di Maribor, dal titolo »Gli Ebrei sloveni: tra oblio e ricordo« venerdì, 21 gennaio 2011, alle ore 18 presso la Villa Coronini di Sempeter.
La mostra e la conferenza sono due eventi di estrema rilevanza nel Goriziano e al contempo fungono da introduzione a numerose manifestazioni che si terranno in Slovenia in occasione della Giornata internazionale della Memoria delle vittime dell'Olocausto.
L'Ente coordinatore nazionale dell'intero progetto è la Sinagoga di Maribor, mentre il Comune di Sempeter-Vrtojba, assieme alla Società storica della Primorska Settentrionale (Zgodovinsko drustvo za Severno Primorsko) partecipa al progetto in qualità di co-organizzatore degli eventi nel Goriziano.
Oltre agli eventi citati, domenica 23 gennaio verrà organizzata alle ore 15 una visita guidata alla sinagoga, al museo ebraico ed al quartiere ebraico di Gorizia, mentre venerdì 28 gennaio alle 18 si terrà una visita guidata della mostra seguita dalla conferenza del dott. Renato Podbersi dal titolo »La persecuzione degli Ebrei nel Goriziano durante l'Olocausto«.
Le manifestazioni in Slovenia si svolgono sotto il patrocinio onorario del signor Samuel Zbogar, Ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Slovenia.
Nel mirino dei vandali a Montréal anche una scuola e un asilo
MONTRÉAL - Tre sinagoghe, una scuola e un asilo della comunità ebrea di Montréal sono diventati, nel fine settimana, bersaglio del lancio di sassi. Tre episodi inquietanti che hanno scosso la comunità ebraica locale e fatto scattare l'allarme antisemitismo.
Secondo la polizia, infatti, che ha aperto un'inchiesta, non si tratta di casi casuali e scollegati: gli attacchi alle istituzioni ebraiche avrebbero un fine e sarebbero legati l'uno all'altro. Ieri l'ordine locale della B'nai Brith ha scritto un comunicato stampa per esprimere la propria preoccupazione in cui ha citato anche passati episodi di antisemitismo. Secondo i membri del B'nai Brith, gli attacchi del fine settimana sono il segno di una vera e propria campagna di odio nei loro confronti. Ma a destare particolare preoccupazione nella comunità, si legge, è stato il lancio di sassi contro l'asilo.
Non ci sono testimoni oculari, ma la polizia spera di trarre elementi utili per le indagini dalle immagini raccolte dalle videocamere di sorveglianza collocate nelle vicinanze. Nel comunicato i membri della B'nai Brith hanno lanciato un monito agli stessi inquirenti: è il momento di riprendere in mano le carte sugli attacchi passati alle istituzione ebraiche locali, magari proprio quelli che erano stati archiviati come episodi isolati. La loro tesi, infatti, è che la comunità di Montréal sia diventata bersaglio di episodi antisemiti. Il pensiero vola subito all'incendio del 2004 della scuola United Talmud Torah School, avvenuto proprio prima della Pasqua ebraica, un "ricordo molto doloroso" come si legge nel comunicato. L'incendio destò un grande scalpore e la notizia si guadagnò titoli sui giornali di tutto il mondo. Due persone del posto finirono in manette, Sleiman El-Merhebi e Simon Zogheib mentre ci fu una vera e propria gara di solidarietà per la ricostruzione della scuola.
Rabbino Di Segni: Dalla Chiesa provocazioni e incidenti
"Ogni anno, guardandosi indietro, si raccolgono i cocci di incidenti e provocazioni, che negli ultimi mesi non sono state poche": così il rabbino capo della comunità ebraica di Roma a proposito della odierna giornata del dialogo ebraico-cristiano. "Oggi, 17 Gennaio, i cattolici italiani celebrano la Giornata dedicata al dialogo ebraico cristiano - scrive Di Segni sul notiziario quotidiano delle comunità ebraiche italiane - che si svolge da qualche anno secondo un programma definito che prevede in varie città delle riflessioni a due voci su uno dei dieci comandamenti. Non è un dialogo semplice e persino una riflessione a confronto su un testo biblico può essere messa a rischio, come è avvenuto in passato. In realtà il dialogo è una situazione in perenne difficoltà, con gli ottimisti e i pessimisti, i costruttori e i disfattisti". "Ogni anno - afferma il rabbino capo di Roma - guardandosi indietro, si raccolgono i cocci di incidenti e provocazioni, che negli ultimi mesi non sono state poche. Come quando - prosegue Di Segni, in risposta a un mai citato Vittorio Messori, in riferimento alla nota polemica sul ruolo di Pio XII di fronte alla Shoah - poco tempo fa si denunciava, un po' minacciosamente, che 'tra il popolo delle parrocchie ma anche nella Gerarchia cresce l'insofferenza per l'ostinazione con cui alcuni settori del mondo ebraico alimentano la leggenda nera su Pacelli'. Il dialogo è forse anche questo, riuscire a far capire che dall'altra parte c'è qualcuno che continua a ragionare con la propria testa, anche se l'ostinazione con cui lo fa può far 'crescere' una 'insofferenza' che in realtà non si è mai sopita".
Ricercatori israeliani e americani scoprono un nuovo algoritmo
I piccoli moscerini della frutta hanno ispirato ad un gruppo di ricercatori informatici un nuovo algoritmo per la comunicazione tra nodi. In particolare, è stato il modo con cui si forma il sistema nervoso di questi insetti a fornire il modello, descritto in uno studio pubblicato dalla rivista Science.
Per oltre tre decenni il team scienziati, composto da membri statunitensi e israeliani, ha cercato di rendere più efficiente la distribuzione di dati nelle reti informatiche, che attualmente utilizza una gerarchia di funzione dei vari computer, basata sul numero di connessioni attive tra i computer stessi e che richiede una mappatura continua della rete stessa per sapere numero e posizione degli elaboratori connessi.
La soluzione trovata è «così intuitiva - spiega Noga Alon dell'università di Tel Aviv - che mi meraviglia che nessuno ci sia arrivato in tutti questi anni». Il sistema sensoriale dei moscerini è paragonabile a una rete di distribuzione dei dati ma si sviluppa in modo tale che queste gerarchie di distribuzione si sviluppano in base al tempo e non al numero di connessioni, e le cellule nervose non hanno bisogno di sapere come e se sono collegate ad altre cellule.
Basandosi su questo sistema, i ricercatori hanno creato un algoritmo di distribuzione che, «anche se ha dei tempi più lenti - conclude Bar Joseph -, è più efficiente e robusto» ed è ottimo per reti in cui il numero e la posizione dei nodi non è esattamente definita, come nel caso di sensori dispersi nell'ambiente.
GERUSALEMME, 17 gen - Un razzo sparato da militanti di Gaza ha colpito il sud di Israele senza causare feriti ne' danni. Si tratta del primo attacco dall'annuncio di una tregua da parte di gruppi armati palestinesi.
Mercoledi' scorso infatti alcune fazioni dei militanti di Gaza avevano stabilito un periodo di tregua.
Cattedrale della Francia occupata dai tedeschi: Hitler come Erode
ROMA, 17 gen. - Nella chiesa di St Jacques a Montgeron, a sud di Parigi, nel 1941, quando la Francia era già occupata dalle truppe naziste, venne realizzata una grande vetrata in cui Adolf Hitler era raffigurato nei panni di un re Erode assetato del sangue degli ebrei. Ma il particolare - che per ovvi motivi non venne pubblicizzato ai tempi della realizzazione dell'opera - non è stato notato sino ad oggi. Il parroco di Montgeron, parlando al Daily Mail conferma la cosa. Padre Dominique Guerin spiega che esaminando la vetrata si vede bene come il personaggio raffigurato mentre abbatte la sua spada contro Saint Jacques (che rappresenta gli ebrei) sia Hitler. La "pettinatura - spiega - è quella del leader nazista ma i famosi baffi sono coperti dalla spada"
Uno studio: il 60% del Pil palestinese è costituito dalle donazioni degli stranieri
Come farà il futuro Stato a pagare tutte le spese per il suo funzionamento? La domanda, che supera la fase della creazione di una nuova entità territoriale, preoccupa più di qualche autorità. Perché quando nascerà - per davvero - lo Stato palestinese i problemi saranno tanti. A partire dall'economia.
L'analista israeliano Eyal Ofer, insieme a Adam Roiter, ha calcolato che il 60% del Prodotto interno lordo palestinese - negli anni 2009 e 2010 - era costituito da donazioni esteri di Stati Uniti, Unione europea, Nazioni Unite e Banca mondiale. Presi i valori reali, le donazioni sono più che raddoppiate dal 2006 a oggi.
Tradotto: l'autorità palestinese riesce a vivere solo grazie all'aiuto estero. E la popolazione - sia essa della Cisgiordania che della Striscia - è quella che, al mondo, riesce a ricevere più aiuti di tutti. Più delle popolazioni colpite dalle calamità naturali o dalle crisi politiche. In numeri, secondo lo studioso Ofer, l'Anp ha ricevuto per ogni suo cittadino una media di mille dollari all'anno. «In queste condizioni, non si può parlare di un'economia palestinese», sottolinea il dossier.
Un dipendente dell'Autorità nazionale palestinese mostra il suo stipendio mensile, finanziato in gran parte dalle donazioni straniere (Mohammed Ballas / Ap Photo)
«Un'economia può funzionare anche con le donazioni», spiega Ofer, «ma a patto che questi soldi vengano investiti nello rafforzamento delle istituzioni, nello sviluppo, nella produzione e nell'infrastruttura. Ma non sembra il caso dell'Autorità nazionale palestinese».
Nel 2000, secondo i calcoli, il peso delle donazioni estere costituivano il 10,47% del Pil. Un decennio dopo quel valore è arrivato al 60%. L'anno della svolta è stato il 2007. Quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza e quel che restava dell'Autorità palestinese aveva bisogno urgente di rafforzarsi agli occhi della Cisgiordania per non lasciarlo in mano agli estremisti islamici.
Gli autori, infine, danno una stoccata al premier palestinese Salam Fayyad. «Mentre il primo ministro si vanta degli alti tassi di riscossione dei tributi, dimentica di dire che l'operazione è svolta non da un'organizzazione palestinese, ma dal ministero israeliane delle Finanze». È quest'ultimo che, una volta raccolto il denaro - circa 1,4 miliardi di dollari all'anno - si preoccupa di trasferirlo alle casse dell'Autorità nazionale palestinese.
Tel Aviv: acquirenti disposti a pagare sempre di più per una proprietà in loco
Un nuovo studio condotto dall'Ufficio centrale di statistica rileva che gli acquirenti di case, in Israele, sono disposti a pagare molto di più per avere un indirizzo di Tel Aviv. Dall'analisi di mercato effettuata, risulta che sono in molti ad ambire ad una proprietà a Tel Aviv,e a spendere molto di più in percentuale sul proprio stipendio per ottenerla. Per questo motivo i prezzi sono aumentati più che in qualsiasi altra città del Paese, comprese le sue periferie.
Il Partito laburista è in crisi da stamane, da quando cioè il suo capo Ehud Barak, ministro della Difesa, lo ha abbandonato creando un partito nuovo denominato "Indipendenza" insieme ad altri quattro deputati. Rimangono nel vecchio partito laburista otto deputati tra i quali i Ministri Herzog, Braverman e Ben Eliezer. Per il momento la coalizione governativa di Beniamin Netanyahu può continuare a sussistere col sostegno per il momento di 66 deputati su 120, ma già si parla di elezioni anticipate nel 2012.
La frammentazione della vita politica israeliana porta fatalmente alle elezioni e sono rari i governi che siano riusciti a terminare tutto il loro mandato. Per di più le trattative di pace sono praticamente arenate e la distanza fra qualsiasi governo israeliano e i palestinesi è tale da dare ben poche speranze. Il sorgere di Avigdor Liberman è un fattore supplementare che impedisce di poter giungere a un accordo coi palestinesi i quali oggi sono ben lontani dall'accettare ipotesi concrete e preferiscono continuare a sognare di ottenere col sostegno internazionale la Palestina tutta intera.
Netanyahu tenta di barcamenarsi fra tendenze opposte in seno al suo governo e mi sembra come quel ciclista che pur stando fermo spera di rimanere in sella. A più lungo termine se non si trova la formula per un accordo coi palestinesi si affaccia fatalmente l'ipotesi di uno stato binazionale.
Nell'immediato il ministro laburista Herzog ha già annunciato le sue dimissioni dal Governo e molto probabilmente gli altri due ministri Ben Eliezer e Braverman lo seguiranno. C'è chi sogna l'unione della sinistra in un grande partito per la pace e la giustizia sociale ma temo che ciò sia un sogno di difficile realizzazione. Barak si riferisce a David Ben Gurion ma della sua grandezza rimane ben poco ai politici odierni. Rimarrà ministro della Difesa nel governo di Netanyahu il quale era al corrente in anticipo delle intenzioni di Barak. Si ha l'impressione che Barak abbia preferito il portafoglio della Difesa all'alternativa della gelida opposizione, tanto più che svaniscono le probabilità di un accordo coi palestinesi.
Storia e Tv: Da Eichmann a Priebke, si riapre la caccia al nazista
di Matteo Sacchi
Su History Channel una miniserie racconta la sciarada internazionale sulle tracce dei seguaci di Hitler
«Fu una operazione grossolana. Ma, come spesso accade, sono le operazioni grossolane quelle che riescono meglio». Così uno degli agenti del Mossad - che la sera dell'11 maggio 1960 catturò il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann - riassume nella prima puntata di Nazi Hunter (in onda questa sera alle 22 su History channel) quella che è forse è l'azione più famosa di uno dei servizi segreti più famosi ed efficienti del mondo. Sì, perché se Israele è Israele lo deve anche al fatto che i suoi 007 sono riusciti a catturare uno dei responsabili della «soluzione finale» a migliaia di chilometri da Gerusalemme, nonostante tutti i suoi sforzi per nascondersi (abitava in una bettola isolata in un clima di assoluta paranoia). E non si trattò semplicemente di catturarlo: la squadra di specialisti, capitanata da Rafi Eitan, riuscì a drogare Eichmann, che per gli argentini era (almeno ufficialmente) il signor Riccardo Klement, e a caricarlo su un areoplano dell'ElAl (la compagnia di stato israeliana) che aveva portato dei diplomatici a Buenos Aires. Eichmann fu fatto passare per un assistente di volo che aveva bevuto troppo, gli agenti presero il posto dei diplomatici che rimasero a terra.
Ma questa incredibile storia raccontata da arzilli vecchietti (oltre allo stesso Rafi Eitan anche Avrham Bendor e Zvi Aharoni il primo che riuscì a fotografare Eichmann per identificarlo) che vengono aiutati nella narrazione da filmati di docu-fiction molto accurati, non è l'unica chicca della miniserie che ricostruisce alcuni degli episodi salienti di quella che è stata la più grande sciarada internazionale del secondo Novecento: la caccia internazionale che ha contrapposto i nazisti in fuga a uomini come Simon Wiesental. Nella seconda puntata l'attenzione si concentrerà sul caso di Erich Priebke rifugiatosi a San Carlos de Bariloche, città argentina ai piedi delle Ande. Un luogo ideale: fondata nel 1895 da tedeschi e italiani provenienti dalla provincia bellunese ha un aspetto da presepe tirolese e un germanofono passava totalmente inosservato. Tanto che Priebke, diversamente da Eichmann, non fece sforzi enormi per nascondere il suo passato (essere cercato dagli italiani, in effetti, è molto diverso che essere cercato dal Mossad). Ci pensò a rintracciarlo il giornalista americano Sam Donaldson, assieme ad un'agguerritissima troupe dell'Abc. Una volta identificato lo raggiunsero per strada facendogli una bruciante intervista relativa all'eccidio delle Fosse ardeatine. Immagini che ancora oggi hanno una forza narrativa enorme, con il vecchio ufficiale che si difende sostenendo di aver obbedito agli ordini e l'anchorman americano che lo incalza. Come la vicenda si sia trascinata in seguito è noto tra sentenze e controsentenze della giustizia del nostro Paese. In Israele su Eichmann dubbi ne ebbero meno. Lo processarono lo impiccarono e lo cremarono. Le ceneri vennero messe in un secchio e gettate in mare aperto. Il secchio fu sciacquato molto accuratamente con acqua di mare perché nulla di lui tornasse a terra.
Vice premier: paura che ritornino movimenti islamici espulsi
GERUSALEMME, 16 GEN - In seguito alla sollevazione del popolo tunisino e alla fuga del presidente Ben Ali, Israele teme per la sorte delle relazioni informali intessute con la Tunisia. Lo ha riferito la radio militare. In un'intervista all'emittente, il vice premier Silvan Shalom ha detto: 'ci sono timori sul futuro, e in particolare ci si chiede se la Tunisia manterra' il proprio carattere. Esiste il pericolo - secondo Shalom - che movimenti islamici che sono stati espulsi dal presidente Ben Ali ritornino'.
Insegnare la Memoria - Un seminario e Roma e a Milano
Una settimana di studio full immersion è quella organizzata dal Centro pedagogico del dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Scuola internazionale di Yad Vashem (ISHS, nell'immagine a fianco) che coinvolgerà prima a Roma e poi a Milano gli insegnanti e i direttori della rete delle Scuole ebraiche guidati da Leah Roshkowsky responsabile per l'educazione scolastica e universitaria della ISHS.
Nel corso delle sessioni, si farà riferimento, in ebraico e in italiano, e particolare attenzione all'aspetto didattico e non solo contenutistico con specifico riferimento anche alle fasce di età i cui contenuti sono indirizzati.
Le giornate di studio romane che si svolgono al Centro bibliografico Ucei, prevedono due diversi seminari, uno di livello avanzato e l'altro di livello iniziale, il primo dei quali ha preso avvio questa mattina con il saluto del rav Roberto Della Rocca direttore del dipartimento Educazione e Cultura Ucei e Odelia Liberanome, coordinatrice del Centro pedagogico e che prevede due temi di approfondimento: il ghetto ebraico, la sua nascita, il confronto fra i ghetti di Varsavia, Lodz e Vilna, la sua visione attraverso gli occhi di un soldato tedesco, il modo in cui lo si può insegnare ai ragazzi di scuola primaria e la Shoah, il concetto di "soluzione finale" e come fu possibile attuarla, i dilemmi "dell'ebreo credente" e quelli della dirigenza rabbinica.
Martedi 18 gennaio inizierà, invece, il seminario di livello iniziale rivolto all'approfondimento dello studio della didattica della Shoah con particolare riguardo ai seguenti punti: dall'antisemitismo moderno alla nascita dell'ideologia nazista, racconti e testimonianze sulla persecuzione ebraica in Germania,, didattica della Shoah e dell'antisemitismo attraverso la lettura del testo " Volevo volare come una farfalla", i Giusti fra le Nazioni.
La formazione in Italia degli insegnanti della rete delle scuole ebraiche, da parte della Scuola Internazionale di Yad Vashem prevede anche una fase seminariale a Milano. Il progetto è stato curato dall'insegnante Ruth Keret, con l'aiuto dei professori Esterina Dana e Mino Chamla, in collaborazione con il Centro Pedagogico e prevede due mattinate di studio con i ragazzi di quarta e quinta superiore in preparazione al viaggio della Memoria, un incontro aperto a tutti gli insegnanti della scuola ed un ultimo incontro di formazione con gli educatori che accompagneranno gli studenti al viaggio.
Il progetto di Milano è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione per la Scuola della Comunità Ebraica di Milano. l.e.
Da domani su History 'Nazi Hunters: a caccia di nazisti'
Ogni lunedì alle 22, a partire da domani
ROMA, 16 gen. - 'Un momentito, senor'. Con queste parole Peter Malkin, agente del Mossad, attira l'attenzione di Adolf Eichmann e lo cattura in Calle Garibaldi a Buenos Aires. È la sera dell'11 maggio del 1960: finisce in questo modo la lunga latitanza di uno dei più famosi criminali di guerra nazisti. La storia di questa cattura compiuta dai servizi segreti israeliani viene adesso raccontata, attraverso momenti di fiction, immagini di archivio e interviste ai protagonisti, nel primo episodio di 'Nazi Hunters: a caccia di nazisti'. In onda su History (Sky 407) ogni lunedì alle 22, a partire da domani, la serie di otto documentari racconta le ricerche effettuate per scovare i più importanti criminali della Seconda Guerra Mondiale: da Josef Mengele ad Erich Priebke a Klaus Barbie.
Nucleare. NYT: "Israele ha testato un virus informatico contro l'Iran"
Israele, secondo il New York Times (Nyt), ha testato il virus informatico Stuxnet che avrebbe sabotato centrifughe nucleari iraniane rallentando la capacità di Teheran di sviluppare armi atomiche.
Il quotidiano americano, parlando di uno sforzo congiunto di Israele e Usa per contrastare le ambizioni nucleari iraniane, precisa che i test del virus informatico sono stati condotti durante "gli ultimi due anni" nella super-protetta centrale nucleare israeliana di Dimona, nel deserto del Neghev.
Citando fonti anonime di intelligence e militari, il Nyt precisa inoltre che gli israeliani hanno fatto girare centrifughe virtualmente identiche a quelle in azione nell'impianto di Natanz dove l'Iran cerca di arricchire l'uranio che la comunità internazionale teme serva a fini militari. "Per controllare il virus, devi conoscere le macchine", ha detto un esperto americano di intelligence: "La ragione per cui il virus è stato efficace è che gli israeliani l'hanno testato".
Le centrifughe iraniane sono state afflitte da blocchi da quando c'è stato un rapido incremento dei processi di arricchimento di uranio nel 2007 e nel 2008 e specialisti del settore della sicurezza hanno ipotizzato che il programma nucleare iraniano sia stato preso di mira in attacchi sostenuti da entità statali usando Stuxnet.
Il Nyt riferisce che responsabili statunitensi e israeliani si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni sul virus informatico. Il mese scorso un giornale aveva riferito che il servizio segreto israeliano (il Mossad) nega di essere responsabile di Stuxnet ma aveva anche aggiunto che quello tedesco (il Bnd) non è convinto da questa smentita.
I rabbini verso la resa. Per diventare ebreo basta fare il servizio militare
di Giovanni Longoni.
Ovadia Yosef
Essere figli di madre ebrea, essere circoncisi, accettare e rispettare i comandamenti (le 613 mitzvot). Tutto con l'approvazione del Gran Rabbinato di Gerusalemme. Ai requisiti classici per diventare ebrei, lo Stato di Israele, stretto dalla necessità di trovare braccia per la difesa e per l'economia, ne sta affiancando uno nuovo: fare il servizio militare. Sono 4mila infatti i soldati di Tsahal, le forze armate con la stella di Davide, che sono diventati ebrei "sul campo". Anche se la loro vicenda ha scatenato uno scontro all'interno del governo e della società. Quasi tutti sono immigrati di provenienza russa, arrivati dopo la caduta del Muro di Berlino, quando Gorbaciov aprì i cancelli e lasciò partire molte famiglie di ascendenza giudaica. Solo che in molti casi l'ascendenza era così lontana nel tempo, il sangue di Abramo così diluito in quello delle mille etnie dell'impero sovietico, che di quel milione di fratelli delle tribù ritrovate molti erano goim (non ebrei) belli e buoni, con al massimo un trisavolo uscito da uno shtetl e spesso imbevuti dell'antisemitismo russo-sovietico e alcuni addirittura con sentimenti di estrema destra. Risultato paradossale: a Tel Aviv e nei centri maggiori si iniziano a conoscere addirittura i gruppuscoli neonazisti. Ma il problema più grande non sono i pochi matti ma è quello di integrare la massa dei nuovi arrivati, farne degli Israeliani. Fra i nuovi arrivati si distingue presto Avigdor Liberman nato a Kishinev, oggi in Moldavia, che nel 1999 fonda il partito "Yisrael Beiteinu" (che significa Israele è la nostra Patria) proprio coi voti degli immigrati russi, aspiranti ebrei israeliani. Oggi è proprio questa formazione che sostiene il valore kosher delle conversioni fatte dall'esercito e porta avanti la battaglia politica per l'approvazione di una legge che sancisca almeno l'efficacia di quelle 4mila "ebreizzazioni" contro l'opposizione dei rabbini ortodossi. Liberman ha guadagnato l'appoggio del suo primo ministro Benjamin Netanyahu, che vuole "normalizzare" gli immigrati, ma all'interno della coalizione di governo la situazione è tesissima, data la presenza anche dei raggruppamenti politici di impostazione religiosa. Dall'altra parte della barricata ci sono l'Alto rabbinato, gli ortodossi e i loro rappresentanti alla Knesset. Appare così di grande importanza la presa di posizione di ieri da parte del rabbino Ovadia Yosef, leader spirituale dello Shas, partito degli ortodossi sefarditi che sostiene il governo Netanyahu. Ovadia Yosef, che in vita sua ha pure fatto il rabbino nelle forze armate, dopo giorni in cui i suoi colleghi del comitato messo su dal rabbino capo sefardita Shlomo Moshe Amar litigavano senza arrivare a una soluzione, ha preso in mano la situazione dichiarando che le conversioni sono legittime. È la parola fine alla controversia? Non proprio: le liti e le discussioni - dentro e fuori la Knesset - continuano furiose. D'altra parte, questo è Israele.
Hezbollah ha aperto una crisi politica che potrebbe avere ripercussioni molto pericolose. Il Tribunale Internazionale dell'ONU sta indagando sull'omicidio dell'ex premier Rafiq Hariri.
Mercoledì Hezbollah ha ritirato i suoi ministri dal governo libanese, facendo cadere l'esecutivo di Saad Hariri e dando inizio a una crisi politica che potrebbe avere ripercussioni molto serie sulle condizioni del paese e sulla stabilità dell'intera area. Per capire che cosa sta succedendo è necessario ripercorrere alcune delle ultime tappe politiche attraversate dal paese, e analizzare meglio quali sono i soggetti coinvolti.
Che cos'è Hezbollah
Hezbollah è un partito politico libanese (letteralmente «Partito di Dio») di ispirazione musulmana sciita, con un'ala militante armata. Fu fondato nel 1982, dopo l'invasione israeliana del Libano, inglobando gruppi di resistenza come la Jihad islamica. Gli Stati Uniti lo hanno incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche. L'ala militare ha conquistato ampio seguito in tutto il Libano dopo la guerra con Israele nel sud del paese, nell'estate del 2006, quando i suoi miliziani tennero testa all'esercito israeliano. Ma alle ultime elezioni, nel giugno 2009, il partito ha conquistato soltanto 13 seggi su 120. È entrato nel governo di unità nazionale, con due ministri, ma lo ha poi abbandonato nei giorni scorsi. Il movimento fornisce anche prestazioni sociali - scuole, sanità, sovvenzioni agricole - alla popolazione sciita del Libano.
Perché Hezbollah ha ritirato i suoi ministri
La scelta di Hezbollah ha a che fare con l'omicidio dell'allora premier libanese Rafiq Hariri, padre dell'attuale primo ministro Saad Hariri. Il Tribunale internazionale dell'ONU sta infatti indagando sul suo assassinio ed è praticamente certo che nelle richieste di incriminazione siano inclusi i nomi di alcuni influenti dirigenti di Hezbollah, coinvolti come mandanti o esecutori dell'attentato del 14 febbraio del 2005. Il movimento sciita pretende che il governo di Beirut prenda le distanze dal Tribunale dell'ONU e ne ignori le decisioni, perché lo considera «al soldo di Israele e degli Stati Uniti», ma l'attuale premier Hariri - figlio dell'Hariri ucciso nel 2005 - si è rifiutato di accettare le richieste dell'opposizione.
Il governo di Saad Hariri
Saad Hariri è il leader di un movimento politico filo-occidentale conosciuto come "14 marzo". La sua coalizione include esponenti liberali, cristiani e drusi (seguaci di una dottrina di derivazione musulmana fondata nell'XI secolo in Egitto) e propone un Libano moderno e neutrale rispetto alle appartenenze religiose. Al contrario di quello che sostiene Hezbollah, per cui il Libano dovrebbe essere una roccaforte della lotta anti-israeliana.
Il rischio di un conflitto armato
Hezbollah continua a insistere sull'intoccabilità del suo arsenale, che si pensa sia dotata di circa 50mila missili donati da Siria e Iran. I sostenitori del movimento 14 marzo vorrebbero che venisse smantellato e hanno ottenuto l'appoggio da alcuni stati occidentali - tra cui gli Stati Uniti - per sostenere e rafforzare l'esercito nazionale. Il premier Hariri finora ha sempre cercato di evitare di provocare Hezbollah sul tema delle forze militari e andare incontro ai suoi leader ricucendo almeno parzialmente i rapporti con la Siria, che erano stati tagliati subito dopo l'omicidio di suo padre. La Siria è sempre stata accusata di volersi intromettere negli affari del Libano e in quell'occasione addirittura sospettata di avere partecipato all'omicidio del premier, che era stato al potere per cinque volte. Hezbollah ha condotto una campagna martellante sulla popolazione sciita, convincendo i suoi sostenitori che il Tribunale dell'ONU è corrotto dalle potenze occidentali e che le indagini dovrebbero essere abbandonate in nome della pace e dell'unità nazionale. Ma Hariri non sembra disposto ad accettare nessun compromesso su questo punto.
Il nuovo governo
Michel Sleiman, presidente del Libano, ha chiesto a Hariri di restare in carica finché il paese non avrà formato un nuovo governo e al momento si sta consultando con i vari rappresentanti del Parlamento per capire chi potrebbe essere nominato come prossimo premier. Lunedì dovrebbero iniziare le consultazioni ufficiali per creare il nuovo esecutivo.
Marya, il cuore degli israeliani vince sulla burocrazia
Marya
Marya, 10 anni, potrà restare in Israele per curarsi. Assieme al padre e al fratello, che non la lasciano mai sola, ha ottenuto il permesso di residenza. A concederlo, il ministro dell'Interno Ishai. Appena la notizia si è diffusa, molti occhi si sono riempiti di lacrime di gioia all'ospedale di Gerusalemme, dove da 5 anni è ricoverata.
Marya è una bambina palestinese di Gaza.. Il cielo le è letteralmente crollato addosso, la mattina del 20 maggio del 2006, quando un missile israeliano ha centrato l'auto di un terrorista, a pochi metri dalla sua. L'onda d'urto le ha portato via la madre, la nonna e un fratello. Lei è stata tirata fuori dalle lamiere in fin di vita e trasferita in Israele. Ce l'ha fatta, ma è rimasta paralizzata dal collo in giù.
Gli ospedali di Gaza non sono attrezzati per le cure di cui ha bisogno. Per le autorità israeliane un dilemma. Da un lato il timore di stabilire un precedente, concedendole la residenza. Dall'altro la pressione dell'opinione pubblica, favorevole ad una soluzione umanitaria.
Alla fine hanno vinto le ragioni del cuore su quelle di stato.
Marya ha ottenuto la residenza temporanea. Tra qualche tempo diventerà cittadina israeliana a tutti gli effetti. In ospedale ha imparato l'ebraico. E da tre anni ogni mattina va a scuola . Con ottimi risultati, assicurano gli insegnanti, soprattutto in matematica.
Gaza, caccia alle streghe di Hamas, 150 arresti nel 2010
I dirigenti di Hamas sono impegnati in una sistematica 'caccia alle streghe' e nel 2010 a Gaza sono state fermate 150 donne colpevoli di aver fatto ricorso a sortilegi di vario genere.
In un simposio tenuto in questi giorni a Gaza è stato affermato che agli occhi di Hamas le attività di queste donne rappresentano un vero pericolo sociale, anche perché rischiano di "disgregare le famiglie", di provocare divorzi e di causare sperperi di denaro. Talvolta inoltre le loro attività hanno anche risvolti criminali. Una campagna di sensibilizzazione contro "le streghe" è stata dunque lanciata mediante la affissione di vistosi cartelli nelle moschee, nelle università e negli uffici pubblici frequentati da donne.
La problematicità della questione era emersa ancora lo scorso agosto quanto in una strada nel centro di Gaza era stata uccisa a colpi di arma da fuoco Jabryieh Abu Ghanas, 62 anni, una donna ritenuta attiva nel campo dei "sortilegi" e della produzione di "bambole voodoo". Quell'assassinio aveva destato grande allarme nelle organizzazioni palestinesi di difesa dei diritti civili, al-Mezan e Pchr-Gaza.
A quanto risulta di fronte alle donne sospette di stregoneria per ora Hamas non usa comunque il pugno di ferro. Esse sono indotte a sottoscrivere un impegno ad abbandonare per sempre le loro pratiche, ritenute incompatibili con l'Islam. A quanto pare questo provvedimento si è rivelato sufficiente e finora non si ha notizia di alcuna presunta "strega" in stato di detenzione nelle prigioni di Hamas.
Almeno un 35% di cittadini arabi residenti a Gerusalemme est preferirebbe restare in Israele, anche a costo di trasferirsi, piuttosto che diventare cittadino d'un futuro Stato palestinese. Solo il 30% preferirebbe diventare cittadino d'una Palestina sovrana . Un 40% si dichiara inoltre disposto a trasferirsi in altre aree di Israele per ottenere la cittadinanza, se il proprio quartiere diventasse palestinese; e un 27% dice di essere pronto al contrario a spostarsi entro i confini di un'ipotetica Palestina indipendente se Gerusalemme est rimanesse israeliana.
Sondaggio: gli arabi di Gerusalemme preferiscono essere cittadini israeliani
Il futuro di Gerusalemme è considerato una delle questioni chiave del contenzioso e dei negoziati israelo-palestinesi, nonché uno degli ostacoli più significativi al raggiungimento di un accordo di pace definitivo fra le parti. Tuttavia, sul versante palestinese coloro che vivono a Gerusalemme pare che per lo più abbiano già fatto la loro scelta in materia, ed è una scelta che la dirigenza dell'Autorità Palestinese a Ramallah potrebbe non apprezzare.
Un sondaggio d'opinione condotto dalla American Pechter Middle East Polls per conto del Council on Foreign Relations insieme a Nabil Kukali, direttore del Palestinian Center for Public Opinion, rivela che se Gerusalemme venisse divisa, nel quadro di un accordo di pace fra Israele e futuro stato palestinese, gli arabi di Gerusalemme est preferirebbero rimanere sotto sovranità israeliana.
Il sondaggio, che comprendeva gli abitanti dei diciannove quartieri prevalentemente arabi di Gerusalemme est, indica anche che la loro opposizione alla prospettiva di una divisione della città è così forte che in maggioranza preferirebbero trasferirsi in una nuova casa all'interno dei confini d'Israele piuttosto che vivere sotto l'autorità di uno stato palestinese. Lo studio mostra inoltre che i palestinesi che vivono a Gerusalemme sono interessati a conservare la loro carta d'identità israeliana e continuare a godere dei servizi sociali e sanitari garantito dallo stato.
Circa il 35% degli intervistati ha affermato che la cittadinanza israeliana è preferibile, contro il 30% che sceglierebbe quella del futuro stato palestinese. Un altro 35% dice di non sapere o di non voler rispondere alla domanda.
E cosa dicono i vicini? Alla domanda la gente del proprio quartiere preferirebbe diventare cittadino palestinese o israeliano, il 31% ritiene che la maggior parte dei propri vicini preferirebbe essere cittadino palestinese, mentre il 39% ritiene che i vicini preferirebbero essere cittadini israeliani. Anche in questo caso c'è un 30% che dice di non sapere o di non voler rispondere.
A quanto risulta dal sondaggio, la maggior parte degli arabi palestinesi che abitano a Gerusalemme est sarebbe pronta a spingersi molto avanti pur di conservare la carta d'identità blu dello stato d'Israele: il 40% dice che sarebbe disposto a traslocare per rimanere cittadino israeliano, nel caso il suo quartiere passasse sotto sovranità palestinese. Per contro, solo il 27% dice che, nel caso contrario in cui il quartiere rimanesse sotto sovranità israeliana, sarebbe disposto a traslocare verso un'area sotto autorità palestinese.
Come motivazione, oltre ai benefici sociali, coloro che prediligono la cittadinanza israeliana menzionano soprattutto la possibilità di muoversi liberamente all'interno di Israele, il reddito più elevato e le migliori opportunità di lavoro. Invece quasi tutti quelli che optano per la cittadinanza palestinese citano ragioni di ordine nazionalistico e patriottico come motivazione principale.
"Suppongo che la dirigenza palestinese non sarà troppo contenta di questi risultati - dice ad Ha'aretz David Pollock, senior fellow del Washington Institute che ha supervisionato e analizzato la ricerca - Ma penso che i risultati siano molto attendibili e solidi. Ho personalmente supervisionato la ricerca a Gerusalemme, lo scorso novembre, e li reputo molto affidabili". Pollok aggiunge di ritenere che "il principale motivo per cui si presta così poca attenzione all'opinione della gente che vive a Gerusalemme è che molti temono le risposte a queste domande. Anche dal punto di vista di Israele - aggiunge - il messaggio è a due facce. Da una parte costituisce probabilmente una gradita sorpresa il fatto che un'alta percentuale di palestinesi di Gerusalemme preferisce non dividere la città; dall'altra, tuttavia, circa la metà degli abitanti di Gerusalemme est ritiene di subire una dose significativa di discriminazione. Le autorità israeliane dovrebbero dunque risolversi ad integrare veramente questi 270.000 palestinesi. Esiste una netta discrepanza - conclude lo studioso - fra ciò che presumono i decisori politici, in Israele e nei territori, circa i palestinesi di Gerusalemme est, e ciò che questi ultimi vogliono effettivamente. Penso che tutti, israeliani, palestinesi e altri arabi, dovrebbero prestare molta attenzione a questi risultati".
(YnetNews, Haaretz, 13 gennaio 2011 - da israele.net)
Blacklist ebrei, indagini su "tracce" italiane di neonazisti
Si concentrano sulle "tracce" virtuali lasciate in Italia dagli estensori delle blacklist di ebrei influenti, le indagini della polizia postale, d'intesa con la Procura di Roma. A due giorni dalla notizia della pubblicazione delle liste antisemite, l'attività degli investigatori si concentra sugli autori italiani del gesto. Simpatizzanti del movimento neonazista che si ritrova nel forum americano Stormfront, i cui server sono ospitati in Florida. Molti degli utenti che frequentano queste pagine virtuali, hanno lasciato loro "orme telematiche" su siti italiani - e, quindi, soggetti alle leggi italiane (inclusa quella Mancino che punisce gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista). Spesso hanno utilizzato anche gli stessi nickname, e persino pubblicato alcune loro foto personali. E le indagini, adesso, si concentrano proprio su queste "disattenzioni" dei seguaci del neonazismo.
Hamas incrementa le forze di sicurezza per garantire la tregua
Il movimento islamico di Hamas ha ordinato ai suoi comandanti di rafforzare la presenza di forze di sicurezza al confine tra la Striscia di Gaza e Israele in modo da garantire che sia rispettata la tregua dichiarata con lo Stato ebraico.
Il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha emesso oggi l'ordine, dopo una ripresa delle violenze tra i militanti palestinesi e i militari israeliani nelle ultime settimane. Hamas ha rispettato ampiamente il cessate il fuoco informale stabilito dopo l'offensiva israeliana su Gaza due anni fa.
A infrangere la tregua sono stati invece gruppi militanti minori che hanno condotto attacchi sporadici. Temendo rappresaglie israeliane, negli ultimi giorni Hamas ha chiesto a questi gruppi di ristabilire la calma.
Fonti ufficiali di Hamas hanno detto che il dispiegamento di forze ha come obiettivo quello di evitare ulteriori lanci di missili contro Israele. Lo Stato ebraico considera Hamas responsabile di qualsiasi attacco proveniente dalla Striscia di Gaza.
Israele: lanciato un sistema innovativo per il monitoraggio dei call center
La compagnia israeliana Tikal Networks, specializzata in alta tecnologia, ha lanciato un sistema unico ed innovativo per il controllo della qualità dell'organizzazione dei centri servizi al pubblico.
La società, una delle aziende guida della rivoluzione VOIP (la tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione Internet) nelle comunicazioni in Israele, sta lanciando un sistema che permetterà di valutare i tempi di risposta e la qualità del servizio dei call center. Il meccanismo è in grado di misurare accuratamente i tempi di risposta dei centri di assistenza negli uffici governativi ed altre organizzazioni. L'amministratore delegato di Tikal Network, Alex Argov, ha dichiarato che molte aziende dispongono del servizio al pubblico. "Noi offriamo un sistema che simula le chiamate in entrata, calcola il tempo di risposta e la qualità dell'assistenza fornita dal dipendente" ha affermato.
ANCONA, 13 gen - ''Mi auguro che il processo di integrazione gia' completamente raggiunto possa arricchirsi in futuro di ulteriori momenti di collaborazione in attivita' sociali e culturali''. Cosi' il presidente dell'Assemblea legislativa delle Marche, Vittoriano Solazzi, nell'incontrare stamani il presidente della comunita' ebraica di Ancona, Bruno Coen, e il vicepresidente, Remo Morpurgo. La visita, si legge in una nota dell'ente, si e' svolta in un clima cordiale. Tra gli argomenti affrontati l'appuntamento, il 27 gennaio, con la Giornata della memoria, ed i numerosi eventi in ricordo della Shoah in programma nelle Marche. Coen ha anche illustrato al presidente Solazzi le iniziative della Comunita' ebraica di Ancona, una delle piu' antiche e significative in Italia. La presenza degli ebrei nel capoluogo dorico e' ricordata gia' prima del Mille. Agli inizi del Novecento la comunita' di Ancona contava 1.800 persone, oggi sono circa 400, a causa dell'emigrazione e delle persecuzioni razziali.
Gaza - Fazioni assicurano a Hamas lo stop del lancio di razzi
I militanti di alcune fazioni minori della galassia radicale palestinese attive nella Striscia di Gaza hanno assicurato in queste ore ai dirigenti di Hamas - il movimento al potere nella Striscia - di voler interrompere i lanci di razzi e gli attacchi contro Israele al fine di evitare ritorsioni militari israeliane su larga scala. La notizia è trapelata a tarda sera a Gaza a margine d'una riunione.
Hamas aveva già ripetutamente invitato nei giorni scorsi le altre fazioni oltranziste a rispettare la tregua di fatto instaurata nei confronti di Israele dopo l'offensiva militare Piombo Fuso di due anni fa. Tregua oggetto peraltro di violazioni ricorrenti, intensificatesi nelle ultime settimane.
A convincere i più riottosi sarebbe stato tuttavia infine un avvertimento preciso giunto in settimana ai gruppi palestinesi della Striscia da esponenti politici e di apparato egiziani, i quali risulta abbiano ventilato il rischio concreto e non lontano di un'ulteriore offensiva militare israeliana a largo raggio - una sorta di bis di Piombo Fuso - laddove l'escalation di scontri e incidenti di confine fosse proseguita.
Israele ha più volte fatto sapere di considerare Hamas - in quanto forza dominante a Gaza - responsabile ultimo di ogni azione ostile contro il territorio israeliano proveniente dalla Striscia. E negli ultimi giorni - sulla scia di un rinnovato stillicidio di attacchi - ha rivolto per bocca del premier, Benyamin Netanyahu, e del ministro della Difesa, Ehud Barak, l'ammonimento esplicito a "non mettere alla prova" la propria determinazione alla "autodifesa".
Bologna - Nasce il piccolo Tempio dei saperi ebraici
Nei sotterranei di via Finzi si sta lavorando sui resti di una domus romana ritrovata. Diventerà un centro di culto e di cultura con un percorso aperto alle visite della città. Previsti biblioteca, archivio storico, ristorante kasher, vasca rituale. Costo 600 mila euro
di Paola Naldi
BOLOGNA - Nascerà sui resti di un'antica e prestigiosa domus romana, nell'ipogeo sotto la sinagoga di via Finzi, il nuovo Tempio piccolo dedicato ai riti religiosi ebraici quotidiani. Ma non solo. L'ampio spazio sotterraneo, circa 400 metri quadrati, verrà restaurato e rivalorizzato creando un vero e proprio centro di culto e di cultura dove si condenseranno i diversi aspetti della vita ebraica. Accanto al luogo di preghiera, che ha un particolare valore affettivo per la comunità, si troveranno infatti l'archivio storico, una biblioteca-centro riunioni, una nuova vasca rituale (fondamentale passaggio di purificazione per le famiglie ebraiche), e poi si risalirà fino a via Gombruti con nuovi locali che dovrebbero ospitare un punto di ristoro kasher, fino ad oggi mancante a Bologna.
La domus romana
Il progetto di riqualificazione è affidato allo studio Bet Architetti, di Daniele De Paz, Giacomo Ricci con la consulenza di Andrea Morpurgo, e sarà realizzato nella sua prima tranche grazie ai fondi (260mila euro) provenienti dalla Legge 175/2005 a tutela dei beni ebraici. "Il progetto totale dovrebbe costare circa 600mila euro ma stiamo già contattando soggetti privati, come la Fondazione del Monte, che potrebbero essere interessati a sostenerlo" ha commentato Daniele De Paz insieme ai suoi colleghi. Intanto a febbraio inizieranno i lavori del primo lotto che dureranno per circa sei-sette mesi.
"In occasione dei restauri della Sinagoga nel 2002 condotti dall'architetto Serchia sono emersi i resti di questo domus romana, studiata e restaurata della Soprintendenza - spiegano i curatori del progetto -. Da quanto emerge si può dedurre che si trattasse della casa di una famiglia importante, che aveva al suo interno delle terme, come lasciano supporre le pavimentazioni con una lunga bordatura, un pozzo, con un sofisticato sistema idraulico e di riscaldamento. Sono stati rinvenuti mosaici, lasciati in loco e diversi oggetti di uso quotidiano".
Lo scavo presenta diverse stratificazioni, da una prima età imperiale al V - VI secolo d. C., che continueranno ad essere visibili perché coperte semplicemente con una pavimentazione a griglia metallica. Ma i muri perimetrali lasciano supporre che la domus avesse un'estensione maggiore di quanto si vede ora e nella seconda tranche di lavori potrebbero essere fatti saggi per verificare quanto ancora si nasconde nel sottosuolo. Intanto si renderà fruibile l'ipogeo, con il ripristino dei muri e delle volte che risalgono a tempi ben più recenti, e con l'installazione di un sofisticato impianto di aerazione e climatizzazione curato da Efaistos. "A progetto ultimato avremo un percorso, da via Finzi a via Gombruti, in cui si concentreranno le diverse esperienze della comunità ebraica e che potrà essere fruito anche dall'intera città o dai turisti - aggiungono gli architetti -. Si partirà dal "sapere", si attraverserà la zona del bagno rituale, collocato in una nuova posizione più baricentrica, e si arriverà al "sapore" della cucina kasher". In questo modo si va ad esplorare e ad indagare la storia e le radici della comunità ebraica bolognese che qui trova ancora la sua parte più viva.
"In molte città italiane la comunità ebraica si identifica con un luogo storico dove si trova la sinagoga, circondata da servizi, botteghe, ristoranti. A Bologna la storia è un po' diversa e se il ghetto ebraico, dove risiede il MEB, è testimonianza di presenze antiche, intorno a via Gombruti si è sviluppata la storia recente, a partire dall'Ottocento, dopo secoli di distacco. Una storia che ancora continua e che ora avrà un'immagine rafforzata".
La tv palestinese da giorni sta mandando in onda una specie di "pubblicità regresso" sponsorizzata anche dal governo e dal ministero degli affari esteri di Madrid che invita a boicottare le merci israeliane. L'ha scoperta e messa in rete l'organizzazione benemerita di Itamar Marcus, "Palestinian Media Watch".
Noi italiani che abbiamo l'anno scorso vissuto il caso di Forum Palestina e del tentativo di far fare la stessa cosa, poi abortito, a Coop e Conad, possiamo consolarci: c'è qualcuno in Europa che è peggio di noi in materia di anti semitismo e dintorni. Tra coloro che hanno promosso l'iniziativa c'è anche l'Aecid, l'organizzazione governativa spagnola che si occupa di aiuti ai paesi in via di sviluppo e tematiche umanitarie.
Che cosa c'è nello spot che dura esattamente 58 secondi e si può vedere in un link. Si vede un bambino palestinese che si reca al supermercato e chiede in arabo sottotitolato in inglese delle patatine israeliane. Un altro cliente fa presente che stanno mettendo nelle città cartelli che invitano al boicottaggio delle merci israeliane.
Quello che sta alla cassa dice che lui "non può fare a meno di distribuirli al pubblico perché la gente gli chiede e perché in certi casi sono meglio dei beni palestinesi". Il bambino insiste, si reca nello scomparto delle "chip" e ne prende in mano un pacco dicendo: "voglio le patatine di Israele".
Poi si sente il crepitare di una mitragliatrice che, per la paura, fa cadere di mano al bambino il pacco appena comprato di patatine israeliane mentre se ne sta ormai uscendo dal negozio. A quel punto il bambino si convince e dice: "non voglio prodotti di Israele, voglio prodotti palestinesi".
Della serie: lo sfruttamento intensivo dell'infanzia per fini ignobili. Lo spot volge al termine e si vedono passare in rapida sequenza i promotori di questa campagna degna di Goebbels. Poi nel fotogramma finale si specifica che lo sport sarebbe stato trasmesso d'accordo con il governo spagnolo, con il ministero degli affari esteri, con l'Aecid e con la ong pagnola Acsur oltre che con il progetto Caanan "per lo sviluppo di una Gerusalemme palestinese".
Una cosa che fa accapponare la pelle e da cui si spera che il governo Zapatero si affretti a prendere le distanze o a smentirne la sponsorizzazione. Neanche le Università inglesi dal boicottaggio accademico facile si erano mai spinte fino a questo punto. Uno spot che passa sulla tv palestinese, tra un cartone animato anti semita e una serie sui Protocolli dei savi di Sion è veramente troppo.
Una lista contro noi ebrei non riuscirà mai a zittirci
di Fiamma Nirenstein
Un sito antisemita legato al Ku Klux Klan pubblica l'elenco degli italiani filosionisti. Ed è la prova che neanche la Shoah cancella il razzismo.Quando Ilan Halimi scomparve il 21 gennaio 2006 dal negozio dove lavorava, si indagò per ogni dove: una pista di donne, una di droga, una di sporchi commerci. Nessuno cercò quel ragazzo ebreo di 24 anni dove avrebbe dovuto cercarlo: in una banlieue dove per 24 giorni un gruppo di estremisti islamici antisemiti lo torturò fino a ucciderlo. Stavano uccidendo il loro ebreo, lo credevano ricco quel commesso di un negozio di forniture elettroniche, chiedevano un riscatto impossibile per una mamma che ho abbracciato quando mi ha detto: «Nessuno mi ha creduto quando spiegavo che dovevano seguire la pista antisemita». Eppure già si assalivano nelle strade di Europa le ragazze con la stella di David al collo e gl i uomini con la kippà, già si gridava «Hamas hamas gli ebrei al gas» nelle strade di Londra e di Berlino, le edizioni del Mein Kampf e dei Protocolli dei Savi di Sion vomitate sui mercati europei da importatori mediorientali diventavano popolari come le serie televisive in cui un ebreo faceva togliere gli occhi a una bambina musulmana per trapiantarli su un ragazzino ebreo. Già si sapeva che gli incidenti antisemiti insieme, e mai disgiunti per il modo e per il contenuto, da quelli antisionisti, crescevano fino a superare quelli precedenti al 1939, e che da noi il 54% degli italiani pensa qualcosa di poco piacevole degli ebrei.
Ma l'antisemitismo è nella mentalità comune una bazzecola da ridere: chi è quel demente, dice il comune buon senso, che dopo Hitler può pensare che sussistano le teorie della cospirazione sugli ebrei che vogliono dominare il mondo, la demonizzazione dei giudei devoti al male, che permanga la mitomania di un potere esclusivo, sovrannazionale, ri cchissimo, volto a dominare il mondo? Eppure quel demente è qui con noi, accanto a me che sto in quella lista demenziale. Si adopera come un Golem rincretinito, un Frankestein ubriaco che però sa usare la scala mondiale di Internet, e così io faccio parte di una congiura per dominare il parlamento italiano, sono un agente del Mossad, sono un settler finanziato dal governo israeliano, sono una parte della cospirazione che ha distrutto le Twin Towers, odio gli arabi, odio i poveri, i bambini, odio la libertà di opinione odio tutti. Sono una pedina e anche una burattinaia giudeoplutomassonica, sono israelo-americana e dominerò il mondo schiacciando degli innocenti con uno stato di apartheid la cui preferenza va a uccidere i bambini. Sono anche una riccona, una diabolica cospiratrice, un'essere ignobile che in una parola, è degno di morire. E' la delegittimazione che attacca oggi frontalmente gli ebrei e lo Stato d'Israele. La mia faccia «deve essere cancellata» dicono sul loro sito dove mi mettono in fila con tanti amici e anche con tante persone di cui non condivido le idee, e lo ripetono senza tregua in tante occasioni, come quando un loro leader, che non nomino, su internet si chiede «Cosa fare alla Nirenstein» e risponde che ci vorrebbe un volontario kamikaze per sistemarmi. La Commissione per l'Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo della Camera, che ho contribuito a fondare, è ritenuta, sullo stesso sito, una longa manus filosionista e tutti i suoi membri, uno a uno, sono nel mirino.
E' un decennio preciso che mi accompagnano alcuni bravi poliziotti, io so sulla pelle che cosa è l'antisemitismo odierno. Per prima cosa, è ciò che era: si serve dei medesimi «Protocolli» e degli altri testi base di costruzione della Shoah. Si è aggiornato con la Carta di Hamas, con Ahmadinejad, con una messe infinita di antisemitismo mediorientale che si è mescolato a quello neonazista, e fa un tutt'uno. La demonizzazione degli ebrei e di Israele si serve degli stessi stereotipi che ho elencato prima. Il restyling di certi temi classici sotto forma di esaltazione «liberal» dei diritti umani, per esempio la continua, ossessiva denigrazione d'Israele che l'Onu compie da quando definì il sionismo «razzismo», ricicla vecchie idee eliminazioniste. Israele e gli ebrei non hanno legittimità in un mondo dominato da maggioranze automatiche e da ONG terzomondiste. Ma queste idee sono sempre più esposte dai loro portabandiera: Ahmadinejad promette di distruggere gli ebrei e, in Europa, ormai gli si fa eco. La riformulazione "liberal" dell'antisemitismo, senza sottovalutare il neo-nazismo, è il suo nuovo passpartout.
Per chi avesse qualche interesse a sapere come mi sento, il mio animo è tranquillo. Non credo che riusciremo a battere l'antisemitismo, mai. L'antisemitismo è un problema dell'antisemita, non mio, una sua miserabile distorsione della realtà. Io lo combatterò perché non mi danneggi, non perch é si redima. Personalmente, di certo non sarò meno ebrea per fargli piacere. Nella bildung gli ebrei tedeschi immaginarono di integrarsi e spegnere il fuoco antisemita, gli ebrei fascisti sperarono di acquietarlo, gli ebrei liberal immaginano che quanto più pacifisti si mostrano tanto meno l'antisemitismo li tormenterà.Anche il sionismo ha immaginato che, piegandosi a una ipotetica normalizzazione, l'antisemitismo venisse fermato, o almeno mitigato. E' stato un fallimento. Contro l'antisemitismo vale solo la lotta frontale delle idee, vale l'integrità di un'identità che da più di 4000 anni costruisce l'idea della responsabilità dell'uomo di fronte a un Dio unico e invisibile, plasma una società di vita e di diritti umani, e oggi ha costruito, dopo indicibili sofferenze, un piccolo Stato democratico. Peccato per gli antisemiti, è bellissimo essere ebrea.
Ghilad Sharon, figlio dell'ex premier israeliano Ariel Sharon, ha aderito al il partito di maggioranza relativa all'opposizione fondato dal padre nel 2005, Kadima (centro), e intende candidarsi alle elezioni in programma nel 2013. Ne parla oggi il quotidiano Yedioth Aharonoth, ricordando che Ghilad, uomo d'affari di 45 anni che finora aveva preferito restare lontano dalla luce dei riflettori e le attività pubbliche, era stato, dietro le quinte, uno dei consiglieri del padre negli anni in cui questi era a capo del governo.
Il fratello Omri era invece stato deputato del Likud, negli anni in cui Ariel Sharon era stato leader del partito e primo ministro (2001-2006); in seguito a uno scandalo riguardante i finanziamenti illegali alla campagna elettorale del padre nelle elezioni interne del Likud nel 1999, condannato nel 2006 a otto mesi di reclusione, aveva poi dovuto dimettersi dalla Knesset
Per funzionari europei Gerusalemme est dovrebbe essere trattata come la capitale palestinese
ROMA, 13 gennaio '11 - "L'Unione europea dovrebbe trattare Gerusalemme Est come la capitale palestinese": questa è la raccomandazione emersa da una «cover note» proveniente dagli inviati europei in Palestina.
La notizia è filtrata poche ore dopo la demolizione dello storico Shepherd Hotel, effettuata domenica 9 gennaio e che ha fatto sollevare critiche e condanne internazionali. Il report dei funzionari europei sottolinea il pericolo che le numerose attività d'insediamento israeliane nei territori occupati possano minare la base per la soluzione del conflitto israelo-palestinese: la creazione di uno stato palestinese indipendente.
Viene, infatti, sottolineata l'importanza cruciale ricoperta dalla città di Gerusalemme, la quale possiede in nuce le essenze del conflitto: territorio, nazionalità e religione. I funzionari diplomatici europei sostengono che il processo di annessione di porzioni di territorio di Gerusalemme Est all'interno dello Stato d'Israele continua imperterrito. Una simile situazione può essere altamente conflittuale e può comportare, se non fosse fermata con urgenza, ad un affievolirsi della probabilità che Gerusalemme Est diventi la futura capitale dello Stato Palestinese. Questo si scontra direttamente con i propositi di pace basati sulla "soluzione dei due stati" con Gerusalemme come futura capitale condivisa.
Inoltre, grande attenzione è posta nei riguardi delle continue espansioni degli insediamenti, demolizioni, sfratti, politiche educative ineguali e accesso al sistema sanitario non egualitario portati avanti da Israele. Le politiche israeliane, interconnesse tra loro, continuano ad ostacolare e indebolire il ruolo cruciale di Gerusalemme Est nella politica, economia, vita sociale e culturale palestinese.
Vista la situazione, potenzialmente foriera di conflittualità, i funzionari europei raccomandano all'UE «azioni specifiche», tra cui: 1) i politici e i funzionari dell'UE dovrebbero rifiutare di visitare uffici o edifici governativi israeliani che si trovano nella Gerusalemme Est occupata; 2) ai coloni israeliani che utilizzano la forza per abitare nelle aree di Gerusalemme est dovrebbe essere interdetta l'entrata all'interno dell'Unione Europea: 3) in caso di demolizioni o sfratti illegali di famiglie palestinesi dovrebbe essere assicurata la presenza dell'UE, presenza che dovrebbe essere mantenuta pure nei tribunali israeliani per quanto concerne casi analoghi;4) in caso di arresto o intimidazione da parte di autorità israeliane nei riguardi di attività pacifiche di stampo culturale, sociale o politico l'UE dovrebbe garantire il proprio intervento.
Riguardo alla possibilità che tali azioni vengano messe in atto dall'Unione Europea non vi è certezza. La fuga del documento non è stata commentata da parte degli organi europei e non si è certi se tali raccomandazioni verranno adottate o meno.
I continui insediamenti israeliani (prontamente condannati dalla comunità internazionale), il popolo palestinese che scalpita per ottenere il riconoscimento internazionale di Stato indipendente, una situazione altamente esplosiva nella Striscia di Gaza e un Presidente Obama che vuole raggiungere al più presto un accordo di pace duraturo stanno mettendo sempre più sotto pressione il governo guidato da Netanyahu.
(Fuoritutto, 13 gennaio 2011)
"Viene, infatti, sottolineata l'importanza cruciale ricoperta dalla città di Gerusalemme, la quale possiede in nuce le essenze del conflitto: territorio, nazionalità e religione." Come volevasi dimostrare, il conflitto troverà il suo punto di scontro cruciale nella città di Gerusalemme. E' indispensabile allora prendere fin d'ora posizione: Gerusalemme è e deve restare capitale eterna e indivisibile di Israele. Senza se e senza ma. M.C.
Le prospettive israeliane in campo energetico non sarebbero luminose. Questa è l'opinione di Marc Coroler, vicepresidente per l'Europa centrale e per gli esteri della Schneider Electric, una grande società internazionale di gestione dell'energia con sede a Rueil-Malmaison, in Francia. Coroler, è stato in Israele per incontrare clienti e funzionari e per verificare l'efficienza del progetto energetico Schneider.
Durante l'incontro, in un'affermazione molto forte ha ammesso che il Paese attualmente importa la maggior parte della propria energia e dovrebbe aspettarsi scarsità di energia elettrica entro il 2013. I funzionari israeliani hanno descritto gli obbiettivi energetici israeliani per il 2020: ridurre il consumo di energia del 20% e fare il 10% della produzione di energia verde.
Il premier Netanyahu rende pubblica la sua busta paga: "Guadagno 3.500 euro al mese"
In una democrazia, funziona così. Si fa una domanda. Si dà una risposta. Vedere alla voce "Israele". Dove, dopo le numerose mail dei cittadini, l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha reso noto la busta paga del capo del governo. E l'ha fatto sulla pagina ufficiale di Facebook.
A dicembre, lo stipendio - lordo - di Netanyahu è stato di 43.952,29 mila shekel, poco più di 9.500 euro. Cifra che, al netto delle tasse e dei contributi, arriva supera di poco i 3.500 euro. Nello specifico: 3.900 euro di tasse sul reddito, 802 per l'assicurazione obbligatoria, 684 per i contributi pensionistici e 602 per l'assicurazione sanitaria.
Certo, un po' di privacy è stata conservata. Ma, spiega lo staff, solo limitata a dati come il numero della carta d'identità, le coordinate bancarie, i dati della compagnia di assicurazioni, i fondi di capitale, l'imposta sul reddito nazionale e l'identificativo dell'assicurazione».
In tutto, Netanyahu guadagnano poco rispetto ai suoi colleghi. Una frazione rispetto alla busta paga del primo ministro di Singapore (che tocca uno stipendio annuale di 2 milioni di euro). Ma, ci tengono a precisare sempre dall'ufficio del premier israeliano, «Netanyahu ha l'alloggio gratuito, il rimborso spese per i viaggi istituzionali all'estero e per i trasporti nazionali».
Nella notte tre raid aerei israeliani a Gaza. In risposta agli ultimi attacchi con razzi Qassam
GERUSALEMME, 12 gen. - Le forze israeliano hanno compiuto tre raid aerei nella notte nel centro della Striscia di Gaza. Lo ha detto un portavoce militare, precisando che sono stati colpiti "centri di attività terroristiche", in risposta agli attacchi con razzi e colpi di mortaio contro il sud di Israele.
Israele considera Hamas come "il solo e unico responsabile degli attacchi, anche se non ha rivendicato la responsabilità". Nelle ultime settimane i gruppi armati palestinesi hanno intensificato i lanci di razzi contro le comunità israeliane nel deserto del Negev, e le forze israeliane stanno rispondendo con raid aerei che ieri hanno provocato la morte di un membro della Jihad islamica. La Striscia di Gaza è controllata dal 2007 da Hamas. Ieri sera il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha avvertito che i gruppi armati palestinesi "faranno un terribile errore se metteranno alla prova la nostra volonta e il nostro popolo".
Egitto a Hamas: con il lancio di razzi si rischia la guerra a Gaza
GAZA - Il Cairo avverte Hamas che, se non smettera' di lanciare razzi su Israele, Tel Aviv potrebbe scatenare una nuova guerra contro Gaza. A rivelarlo sono alcune fonti legate sia ai palestinesi che all'Egitto. "L'Egitto - sostengono queste fonti - ha detto ad Hamas che la situazione di Gaza e' molto simile a quella precedente il dicembre 2008", quando Israele lancio' un'offensiva di tre settimane contro l'organizzazione radicale con base nella Striscia .
Lesercito avverte: Tel Aviv obiettivo da colpire in caso nuova guerra
Tel Aviv sarebbe l'obiettivo da colpire se scoppiasse una nuova guerra. A lanciare l'avvertimento è stato il comadante delle forze di difesa della regione, Adam Zussman.
"Tel Aviv è di nuovo in pericolo - afferma Zussaman, secondo quanto riporta il sito del quotidiano Haaretz - In qualunque scenario di guerra, sarà colpita da numerosi missili, missili mirati e letali. In ogni caso il nostro addestramento per gestire questo rischio è migliorato". Sia Tel Avivi che la città portuale di Haifa furono colpite dagli attacchi del 1991. "Sappiamo che la città sarà colpita in un prossimo round. Non sappiamo se questo avverrà nel primo giorno di un'eventuale guerra, questa è una decisione del nemico e ne ha le capacità".
Il comandante fa sapere che le forze israeliane hanno sollecitato le municipalità a sviluppare dei piani di emergenza. "La regione di Dan è chiaramente la più minacciata" ha incalzato Zussman. "Tutti i distretti sono nel mirino del nemico, ma le organizzazioni terroristiche hanno capacità e motivazioni per colpire la regione". Questa volta, ha osservato, "a differenza della seconda guerra contro il Libano e dell'operazione Piombo Fuso c'è una grande quantità di armi a lunga gittata, che sono molto più letali e noi sappiamo cosa possono provocare i missili e i razzi in termini di vittime e distruzione di edifici e infrastrutture".
Netanyahu: "La sicurezza è la chiave per arrivare alla pace"
«La sicurezza è la chiave per arrivare alla pace». Non ha dubbi il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ieri nel corso della tradizionale conferenza di inizio anno con la stampa straniera ha ribadito questo concetto di base in diverse forme. «Israele - ha argomentato il Primo ministro - si è ritirato dal sud del Libano e da Gaza, e quale risultato abbiamo ottenuto? L'uno è la roccaforte di Hezbollah, dall'altra sparano missili contro i nostri civili. Prima di pensare a un eventuale ritiro dalla Cisgiordania, dobbiamo avere la garanzia che non stiamo commettendo per la terza volta lo stesso errore».
Parlando ai giornalisti, Netanyahu ha poi elencato quelli che secondo lui sono stati i fatti principali dell'anno appena concluso; tra questi, il capo di governo ha dato particolare risalto all'affare Wikileaks, soprattutto alle rivelazioni relative all'Iran, e alla crescita economica «impressionante» dei Territori palestinesi. «Wikileaks - ha detto, affrontando il primo punto - ha rivelato che la preoccupazione numero uno dei Paesi del Medio Oriente sono i piani nucleari di Teheran, non il processo di pace tra israeliani e palestinesi. Certo - ha sottolineato il premier -, tutti vogliamo la pace, Israele in testa. Ma la principale paura a livello regionale riguarda l'Iran, un regime di cui è nota la natura brutale». E per distogliere il regime degli ayatollah dalla corsa verso la bomba atomica «le sanzioni imposte dalla comunità internazionale, che pure stanno avendo un impatto notevole, non bastano», ha sostenuto Netanyahu. «L'unico modo per costringere l'Iran a sospendere i propri progetti è convincerlo che un attacco militare, magari guidato dagli americani, è un'opzione credibile». Oltre a Teheran, l'arcinemico sempre in cima alla lista delle priorità israeliane, l'altro grande capitolo affrontato dal premier è stato, com'è ovvio, il processo di pace. Dopo aver assicurato: «Il 2011 mostrerà finalmente chi vuole davvero la pace», Netanyahu ha aggiunto che il suo impegno in quanto Primo ministro per arrivare a un'intesa con l'Autorità nazionale palestinese è sotto gli occhi di tutti. «Abbiamo rimosso numerosi check-point per rendere più semplice la vita dei palestinesi della Cisgiordania, e questa maggiore facilità nei trasporti ha contribuito all'impressionante crescita economica dell'area». Il "miracolo economico" dei Territori (stime recenti parlano di una crescita attorno al 7 per cento) sarebbe dunque in parte frutto anche di sforzi israeliani, e questo per il Primo ministro è una «prova tangibile» della buona volontà dello Stato ebraico. Del resto, anche l'attuale dirigenza palestinese, soprattutto del Primo ministro, Salam Fayyad, è convinta che la pace passi prima di tutto per il benessere economico. E un'altra prova di buona volontà - ha aggiunto il premier - è il fatto che quest'anno Israele «ha tolto ogni restrizione all'importazione di merci a Gaza, fatta eccezione per le armi, e stiamo facilitando anche le esportazioni». Il premier ha spiegato che proprio il timore che Hamas possa rifornire i propri arsenali con armi provenienti dall'estero (Iran e Siria in testa) ha invece determinato il mantenimento del blocco navale. «Senza sicurezza - ha ribadito una volta di più -, la pace è impossibile».
ROMA, 12 gen - ''Non esistono parole per esprimere la vergognosa lista di ebrei italiani influenti pubblicata sulle pagine italiane del forum neonazista americano. Una lista doppiamente infamante, non solo per la matrice razzista che ne e' alla base, ma anche perche' richiama alla memoria lo spettro di quell'assurda e insensata ossessione per la lobby ebraica che ha provocato l'uccisione di milioni di ebrei per mano del nazismo''. Lo riferisce in una nota Aldo Forte, assessore alle Politiche sociali e Famiglia della Regione Lazio.
''Mi auguro che il sito venga oscurato al piu' presto - conclude Forte - e vengano identificati tutti coloro che, dietro la maschera virtuale di un nickname, si siano resi colpevoli di questo terribile atto''.
Neonazisti, la lista della vergogna. "Ecco i nomi degli ebrei italiani"
Gli elenchi pubblicati su un sito web: "Sono facce da cancellare". La legge aggirata grazie ai server negli Usa. Ma gli autori possono essere rintracciati. Ci sono manager, giornalisti, scrittori e personaggi del mondo dello spettacolo
di Marco Pasqua
ROMA - Elenchi di ebrei italiani "influenti", dall'economia ai media, ma anche nel mondo dello spettacolo. Decine di nomi e cognomi di imprenditori, artisti e giornalisti, citati in virtù delle loro (vere o presunte) origini ebraiche. Questa blacklist dell'odio antisemita compare a più riprese - con un'escalation di aggiornamenti in questi ultimi giorni - sulle pagine italiane del forum neonazista americano Stormfront, fondato nel 1995 da Don Black, ex leader del Ku Klux Klan.
Da Gad Lerner a un magistrato milanese del processo Mills, gli attacchi dei neonazisti non risparmiano nessuno. Ci sono Roberto Saviano (nato, come ha spiegato lo stesso scrittore in un'intervista, da madre di origine ebraica) e Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo L'espresso. Il sito è ospitato su un server americano, ma gli utenti che firmano molti post e si nascondono dietro a nickname di ispirazione nazionalsocialista, sono spesso italiani individuabili dalla polizia postale. Come è avvenuto nel 2008, quando un blog pubblicò una blacklist di docenti universitari ebrei: la pagina venne oscurata, e il responsabile italiano denunciato per violazione della legge sulla privacy, della legge Mancino e per diffamazione.
Gli elenchi figurano in una discussione online dal titolo "Il giudaismo internazionale". Scopo del forum animato dagli adepti virtuali del Klan del Ventunesimo secolo, è quello di mettere in evidenza il potere che gli ebrei "hanno acquisito in campo economico, descrivendo la situazione nelle varie nazioni del mondo". Dietro a questo lavoro, spesso basato su grossolane ricerche sul web (ci si ispira anche alla lista di cognomi ebraici pubblicata dal sito Holywar, altro punto di riferimento degli antisemiti), c'è l'ossessione di scovare la cosiddetta "lobby ebraica".
L'analisi parte dall'estero, e si concentra sui vertici di istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Federal Reserve o le grandi case cinematografiche di Hollywood ma passa anche in rassegna le personalità ebraiche entrate a far parte dello staff di Barack Obama, e non risparmia i creatori di Google e il fondatore di Facebook. Molto articolata la sezione relativa agli ebrei che, in Italia, occupano posizioni sociali di rilievo. Si cita la famiglia di Alain Elkann, ma anche Antoine Bernheim, ex presidente di Assicurazioni Generali e Susanna Tamaro (cresciuta in una famiglia di origini ebraiche).
Una delle liste più nutrite è quella dei giornalisti, di carta stampata e televisione. Oltre a Gad Lerner, uno dei bersagli preferiti (viene definito "faccia da cancellare") insieme alla deputata del Pdl Fiamma Nirenstein, vi compaiono, tra gli altri, Paolo Mieli, Clemente J. Mimun, e molti giornalisti dei tg pubblici ma anche del Tg5 (fino ad una segretaria di redazione del Tg3). Una ventina sono i nomi del mondo dello spettacolo, come Joele Dix e Luca Barbareschi. I neonazisti puntano anche il dito contro gli istituti di statistica "in mano agli ebrei": tra gli esempi riportati quello di Renato Mannheimer, a capo dell'Ispo.
Un post è dedicato ai vertici di Borsa Italiana (i membri del Cda ebrei sono indicati in neretto), mentre in un altro figura la foto di un magistrato milanese. Un appello pro-Israele è il pretesto per raccogliere nomi: viene, infatti, trascritta una parte dei 500 firmatari, in prevalenza giornalisti e politici. Le firme vengono definite "interessanti e rivelatrici" delle loro origini.
La finalità di queste vere e proprie liste di proscrizione è spiegata da un utente che si firma "Stielhandgranate 24" (nome della granata da lancio del Reichswehr): "Il dovere di ogni nazionalsocialista è quello di scovare l'ebreo camuffato, partendo dal vicinato, verificarne la reale fattura giudaica incrociando dati con reali osservazioni e diffondere la notizia in maniera capillare in modo che il giudeo possa risultare in qualche modo evidenziato a vita, con l'intento di ledere la sua posizione monopolizzatrice".
Il ministro Barak minacciato in un video sul web: "Vogliamo la tua testa su un palo"
«La testa di Barak attaccata su un palo». Il video che gira in rete non si perde in mille parole. Rende pubblico da subito l'obiettivo finale: la morte dell'uomo. E Barak non è uno qualsiasi, ma il ministro israeliano della Difesa, leader del partito laburista (al governo con Netanyahu) ed ex premier.
Il filmato in cui si auspica l'uccisione del ministro, lungo alcuni minuti, ha destato scalpore in Israele. E attribuisce la volontà di vedere «la testa di Barak attaccata su un palo» al solista di un complesso israeliano di musica punk-anarchica, che però non viene identificato.
Non è il primo video del genere. Ma il secondo nel giro di poche ore. Il giorno prima, infatti, era stato divulgato un altro filmato in cui si auspicava l'uccisione di un responsabile della magistratura israeliana, il vice procuratore generale dello Stato ebraico, Shay Nitzan. L'uomo sarebbe entrato nel mirino degli estremisti ebrei dopo aver ordinato la scorsa settimana l'apertura di un'inchiesta di polizia nei confronti di 170 persone aderenti a un gruppo che su Facebook appare sotto la scritta «Morte a tutti gli arabi».
In apparenza i due filmati sono stati prodotti dalle stesse persone, che vengono ricercate dai servizi di sicurezza. Secondo la radio di Stato, uno dei presunti autori ha telefonato oggi ai suoi studi per spiegare di aver inteso solo mettere in guardia dalla radicalizzazione dello scontro politico in Israele e di non aver inteso minacciare in alcun modo nè Barak nè Nitzan.
RAMALLAH, 11 gen - Reparti dell'esercito israeliano hanno arrestato a Salfit, in Cisgiordania, un noto esponente locale di Hamas, Omar Abdel Razeq. I soldati hanno sequestrato il telefono cellulare e il computer personale di Abdel Razeq, che in passato e' stato ministro palestinese della finanze nel primo governo di Ismail Haniyeh. La notizia, riferita dall'agenzia di stampa palestinese Maan, e' stata confermata dalla radio militare.
Abdel Razeq era stato gia' arrestato da Israele nel 2006 e rilasciato due anni dopo.
Il ministro israeliano della difesa Ehud Barak ha lanciato oggi un avvertimento a Hamas affinché metta fine ai continui lanci di razzi contro il territorio israeliano. "Che non ci mettano alla prova. In definitiva, se i lanci proseguiranno, ci saranno molte più vittime dall'altra parte del confine", ha detto Barak durante un sopralluogo fra gli insediamenti israeliani a ridosso della Striscia di Gaza.
A Gaza un dirigente di Hamas ha dichiarato oggi che la sua organizzazione è interessata a mantenere la tacita tregua in corso con Israele.
Poco dopo l'intervento di Barak, un aereo senza pilota israeliano ha colpito con un razzo un motociclista palestinese, che è rimasto ucciso, a Khan Yunes (a sud di Gaza). Si tratta di Muhammed Jamil al-Najar, un membro delle brigate al-Quds della Jihad islamica. Secondo Israele, proprio miliziani della Jihad islamica hanno moltiplicato negli ultimi tempi i lanci di razzi contro Israele.
Roma - Secondo appuntamento con le pietre d'inciampo
di Lucilla Efrati
Seconda edizione del progetto Memorie d'inciampo a Roma, posto sotto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica e promosso dall'Associazione nazionale ex deportati (Aned), dall'Associazione nazionale ex internati (Anei), dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec), dalla Federazione delle amicizie ebraico cristiane italiane, dal Museo storico della Liberazione, organizzato da Incontri internazionali d'arte e curato da Adachiara Zevi.
A distanza di un anno domani e dopodomani, l'artista Tedesco Gunter Demnig ideatore degli stolpersteine, le pietre d'inciampo delle dimensioni standard di 10 centimetri per 10, rivestiti di ottone e sulle quali viene inciso il nome il cognome del deportato, anno di nascita, data e luogo di deportazione e, quando nota, data di assassinio nei campi di concentramento nazisti, sarà a Roma per partecipare alla lunga cerimonia di posizionamento di 54 nuovi stolpersteine che si aggiungono ai 30 che sono stati installati nel 2010.
Esempi di stolpersteine
Alla conferenza stampa che si è svolta questa mattina alla Casa della Memoria e della Storia,il progetto è stato presentato al numeroso pubblico che affollava la sala dalla curatrice Adachiara Zevi, seguita degli interventi degli storici Bruno Tobia, Alessandro Portelli e Paola Corcos moderati da Annabella Gioia, mentre Stefano Gambari, responsabile della Casa della Memoria e della Storia, ha parlato dello "sportello" aperto alla casa della Memoria e della Storia per facilitare quanti intendono ricordare familiari o amici deportati attraverso la collocazione di uno stelpersteine davanti alla loro abitazione. "Nell'ultimo anno, ha spiegato Gambari, sono pervenute 88 richieste, ma di esse 34 risultavano incomplete o mal compilate, mentre 54 schede erano state compilate correttamente e saranno queste le nuove pietre d'inciampo che saranno posizionate nei prossimi due giorni". Domani mattina, quindi, a partire dalle 9.30 le 54 pietre d'inciampo saranno installate via via, in un lungo percorso che si snoderà lungo cinque Municipi romani, partendo da Trastevere in via Goffredo Mameli, 47 per ricordare Eugenio e Giacomo Spizzichino per concludersi giovedì sera alle 19 in via Germanico, 96 nel XVII Municipio, in memoria di Giuseppe Efrati, Clara Baroccio Efrati e Augusto Efrati.
All'iniziativa "Memorie d'inciampo" è affiancato un progetto didattico: ogni Municipio, coadiuvato dal Progetto Memoria della Fondazione Cdec e dal Centro di Cultura della Comunità Ebraica di Roma, dalla Federazione nazionale insegnanti, dall'Istituto romano per la Storia d'Italia dal fascismo alla Resistenza e dal Museo storico della Liberazione di via Tasso, sceglie alcune scuole affidando loro la ricerca storica sui deportati alla cui memoria sono dedicate le pietre d'inciampo.
Per maggiori informazioni sul progetto si può consultare il sito www.memoriedinciampo.it
Palestina: personale della sicurezza di ritorno nella striscia di Gaza
Il 10 gennaio, il portavoce del settore di sicurezza dell'Autorità Nazionale Palestinese Adnan ha affermato che l'ANP ha deciso di far tornare nella striscia di Gaza alcune decine di addetti alla sicurezza.
Lo stesso giorno, Adnan ha detto ai media che il gruppo di addetti alla sicurezza appartiene all'ANP, ed è stato costretto a lasciare la striscia di Gaza dopo che Hamas ne ha ottenuto il controllo con la forza. Egli ha aggiunto che l'ANP presta molta attenzione alla striscia di Gaza, e non intende separare i residenti locali da quelli delle altre zone palestinesi, per cui ha deciso di rimandare i personali di sicurezza a Gaza.
Il pittore che sfida la legge di gravità (e il furore rivoluzionario) approda nella Città Eterna. Con una mostra visionaria, audace e sognante, tra mucche verdi, asini gialli, musica e poesia
ROMA - Immaginate un mondo in cui mucche verdi e orologi a pendolo volano nel cielo e i rabbini si abbandonano ad audaci acrobazie circensi. È l'universo capovolto di Marc Chagall, artista ebreo di origine russa, celebrato a vent'anni dalla sua scomparsa in una mostra visionaria al Museo dell'Ara Pacis di Roma fino al 27 marzo. Quasi 140 opere, tra dipinti e disegni, alcuni dei quali inediti, per sovvertire la realtà e trascinare i visitatori in un "Mondo Sottosopra".
Una fiaba russa fatta di zar e dervisci, zingari suonatori di violino, asini e galli, dove ciò che è proibito nella quotidianità si avvera sulla tela, non per forza in seguito a catastrofi o tragici sconquassi, bensì, più felicemente, sulla scia dell'incanto e del piacere. La visione del pittore non sfida solo la legge di gravità e l'ordine classico dei piani spaziali, ma rovescia radicalmente i valori condivisi con furore rivoluzionario. «La Russia si copriva di ghiaccio. Lenin l'ha messa sottosopra, proprio come io ribalto i miei quadri», spiegava lo stesso Chagall negli Anni Venti. A questa carica di morte e violenza fa però da contrappeso un'armonia fatta di musica e poesia - secondo l'artista gli unici veri motori del cambiamento -, come avviene in particolare in Resistenza-Resurrezione-Liberazione (il trittico della Rivoluzione).
Bandita come "arte degenerata" dalla Germania nazista, l'opera di Chagall è una continua esplorazione delle possibilità del vagabondare, una deriva sognante che sconfina talvolta nel disorientamento. Il pittore stesso attraversò da apolide gli sconvolgimenti del Novecento, muovendosi per l'Europa solitario ma tenace come un biblico ebreo errante. Ed è forse questo simbolo di instabilità l'immagine più riuscita di Chagall, artista e uomo intrinsecamente precario come il violinista dei suoi quadri, che suona il suo strumento in equilibrio sul tetto, guardando il mondo a testa in giù.
I vizi dei calciatori? Li svela il Mossad del pallone
Schedati 50 mila giocatori di 45 Paesi. «Aiutiamo le società a proteggere i loro investimenti»
TEL AVIV - È bravo, ma è matto. È matto, ma è bravo. Da quando esistono il calcio e il calciomercato, i calciatori viziati e viziosi, il dilemma dei presidenti è sempre quello: come pagare il genio senza farsi ripagare in sregolatezza? È possibile schivare i campioni che, posteggiata la Ferrari, ci danno dentro col Ferrari? O quelli che, più che l'avversario, preferiscono saltare in discoteca? I mezzi per tutelarsi sono antichi: gli osservatori coi loro rapporti, il veterano dello spogliatoio con le sue soffiate... Ci sono pure i pedinamenti e le intercettazioni, come imparò Bobo Vieri. E alla fine ci sono le spie israeliane: una società di sicurezza e consulenza, nome Im-Scouting, che da un paio d'anni veglia giorno e notte, possibilmente più la notte, sulla vita pubblica e soprattutto privata di campioni in erba o sulla via dell'imbrocchimento....
Israele supera i due miliardi in energie rinnovabili
Puntare sulle energie rinnovabili? Altro che spirito ecologico: «E' un business che in Israele supera i due miliardi di dollari all'anno». A parlare è Astorre Modena, giovane imprenditore italo-israeliano che ha fiutato l'affare anni fa, diventando il protagonista di una storia di successo a basso impatto ambientale. Nel 2007, con 25 milioni di dollari raccolti fra un gruppo di imprenditori italiani, Modena creò un fondo per investire in quattro società specializzate in sole, vento e acqua.
Molto presto la sua intuizione si rivelò vincente: e oggi la Terra Venture Partners è annoverata tra i tre più importanti fondi israeliani nell'ambito della cosiddetta "cleantech", la tecnologia pulita. Un settore che, anno dopo anno, attira investimenti sempre maggiori, «con un volume d'affari che cresce del 10-20 per cento a seconda dello specifico segmento di mercato», assicura l'imprenditore. Che aggiunge: «Lo Stato ebraico è stato indicato da tempo come la nuova Silicon Valley: e il paragone è certo valido. Gli americani ci hanno preceduti di qualche anno sulla strada dell'economia verde, ma ora Israele si sta mettendo al passo. Creare imprese - dichiara ancora Modena - è diventato uno sport nazionale. I giovani imprenditori tecnologici sono i nuovi eroi d'Israele». La loro parola d'ordine, l'ultima in ordine di tempo, non è più "information technology"(It), vale a dire la tecnologia legata alle comunicazioni e allo sviluppo di software, bensì "energy technology" (Et): la tecnologia che permette uno sviluppo sostenibile basandosi sullo sfruttamento delle energie rinnovabili. «Negli ultimi tre o quattro anni - spiega l'imprenditore -, verso questo settore sono state spostate risorse e competenze. E il processo è tuttora in atto, intaccato solo in piccola parte dalla crisi economico-finanziaria internazionale». Ad attirare gli investitori sono i margini di crescita, potenzialmente superiori a quelli attuali - peraltro già significativi -, e la fama d'Israele, «conosciuto in tutto il mondo come il Paese dello start-up, dell'innovazione». «Il governo israeliano - sostiene ancora Modena - dovrebbe spingere l'acceleratore in questa direzione, incoraggiando con decisione lo sviluppo di nuove tecnologie, che sarebbero poi esportabili». Ma bisogna fare attenzione alla strategia degli incentivi che si sceglie di seguire. «Pensiamo, per esempio, al solare fotovoltaico. Non basta limitarsi a concedere incentivi a chi installa panelli fotovoltaici sul tetto della propria casa o azienda: in Germania ci sono pannelli solari ovunque, però le cifre del business sono limitate. Per moltiplicare i guadagni, tanto in termini economici che ambientali, Israele deve puntare sul know-how. Gli aiuti pubblici dovrebbero essere elargiti tenendo ben presente questo obiettivo».
Netanyahu: gli israeliani hanno il diritto di vivere ovunque a Gerusalemme
GERUSALEMME, 10 gen. - Gli israeliani hanno il diritto di vivere ovunque a Gerusalemme. Cosi' Benjamin Netanyahu ha risposto a Hillary Clinton, secondo la quale gli insediamenti israeliani "minano gli sforzi per la pace" in Medio oriente. Il segerario di Stato americano era intervenuto dopo che i bulldozer israeliani avevano spianato la strada alla costruzione di 20 nuove abitazioni per coloni a Gerusalemme Est, in esecuzione di un nuovo progetto di costruzione. Per far posto alle nuove unita' abitative e' stato abbattuto, come annunciato da piu' di un anno, l'hotel Shepherd, un tempo residenza dell'ex Gran Mufti di Gerusalemme Amine al Husseini. In un comunicato diffuso dall'ufficio del premier israeliano non ci sono riferimenti diretti alle dichiarazioni della Clinton, ma si precisa che "non ci si dovrebbe aspettare che Israele imponga un divieto all'acquisto di proprieta' private a Gerusalemme da parte degli ebrei".
Nel corso della sua lunga carriera, iniziata all'alba degli anni Settanta al fianco di alcuni grandi nomi del folk americano tra cui John Baez, è stata protagonista assoluta di un nuovo genere di musica ebraica, resa accessibile al grande pubblico grazie alla traslazione di preghiere, insegnamenti e testi sacri all'ebraismo in melodie orecchiabili e moderne.
Ora la voce della cantante e compositrice statunitense Debbie Friedman si è spenta per sempre in un ospedale della California meridionale.
Nata nel 1952 nello Stato di New York, Debbie ha vissuto parte della sua vita in Minnesota dove la famiglia si era trasferita nella seconda metà degli anni Cinquanta. Vastissima la sua attività musicale con oltre 20 album prodotti e centinaia di concerti sulle scene di tutto il mondo. Tutto questo nonostante un terribile compagno di viaggio, la sclerosi multipla, con cui ha dolorosamente imparato a convivere accettando i limiti imposti dalla malattia.
I suoi brani sono ancora oggi colonna sonora per tutto l'ebraismo statunitense e in particolare per una moltitudine di sinagoghe americane appartenenti alla corrente riformata e conservative. La sua composizione più nota, un commovente Mi Shebeirach (la preghiera ebraica della guarigione) è molto conosciuta anche in ambienti non ebraici, ulteriore riprova della valenza ecumenica del talento della Friedman, un talento che non conosceva ostacoli culturali e religiosi e che Debbie ha sempre utilizzato per indirizzare messaggi universali che andassero a toccare le corde più profonde dell'anima.
Il senso di quaranta anni di attività è raccolto in alcune recenti considerazioni rilasciate sulle pagine del sito ufficiale www.debbiefriedman.com
"Dall'inizio della mia carriera - spiega Friedman ai suoi fan - ho sempre cercato di aiutare gli altri a vedere nella preghiera un conforto spirituale sia nella buona che nella cattiva sorte. Mi piace pensare che la gente possa iniziare la propria giornata con il cuore spalancato al mondo". Apprezzata dai critici musicali e grandi produttori, in vita Friedman ha ricevuto numerosi riconoscimenti.
L'influente settimanale Forward l'aveva recentemente inserita tra le 50 personalità ebraiche più influenti al mondo. Tra i brani di maggior successo, oltre al già citato Mi Shebeirach, figurano alcune melodie modulate in funzione delle differenti festività, come Not By Might, I am a Latke e Miriam's
Song. Nel 2004 la regista Ann Coppel realizza un film documentario sulla vita di Debbie Friedman intitolandolo non a caso A Journey of the Spirit.
La notizia della sua morte ha suscitato reazioni commosse, in particolare negli ambienti della comunità
riformata statunitense.
"Debbie Friedman - ha dichiarato il presidente della Union for Reform Judaism Eric Yoffie - è stata un patrimonio per il nostro movimento e una personalità dal grande carisma. Venticinque anni fa gli ebrei nordamericani avevano dimenticato la capacità di cantare. Grazie a lei siamo riusciti a recuperare il gap.
Friedman ha avuto molta influenza nei movimenti giovanili e nelle sinagoghe. La recente rinascita culturale ebraica in America è in buona parte merito del suo entusiasmo".
Sulla stessa lunghezza d'onda il New York Times che scrive: "Debbie Friedman ha creato un genere musicale potente e di grande impatto".
E' stato approvato in Israele un budget di 800 NIS per fronteggiare le emergenze del paese. 350 NIS verranno usati per migliorare il servizio nazionale antincendio e gli altri 350 NIS verranno usati per un servizio di pronta assistenza per i terremoti.
Tale servizio prevede l'apertura di centri di accoglienza nel paese con la possibilità di evacuare 400,000 persone. I nuovi servizi saranno pubblicizzati dal Ministro della Pubblica Sicurezza, nello specifico il servizio per i terremoti sarà presidiato dal Ministro Beni Begin, geologo.
Per la prima volta, General Motors investe in un'azienda israeliana
Il gigante americano delle automobili ha firmato un accordo commerciale del valore di cinque milioni di dollari con la Powermat, che produce una sorta di tappetino in grado di ricaricare cellulari, MP3 e altri gadget elettronici durante i tragitti in macchina.
Il ritrovato, frutto di una sofisticatissima tecnologia wireless, inedita fino a pochi anni fa, quando nacque la Powermat: un'ulteriore start-up israeliana che conquista investitori oltreoceano, dunque. Il tappetino, che porta lo stesso nome dell'azienda, è in grado di ricaricare sino a tre apparecchi alla volta e viene già esportato negli Stati Uniti da un paio d'anni. «Nel 2009 - spiega Ran Poliakine, fondatore e amministratore delegato di Powermat - abbiamo venduto agli americani circa 750mila pezzi. Cifra che si è rapidamente moltiplicata: nel 2010 le vendite hanno raggiunto quota cinque milioni, oggi siamo presenti in 30mila negozi». A partire dal prossimo anno, le vetture prodotte da GM potranno avere Powermat in dotazione; è già stato annunciato che la prima auto ad esserne fornita sarà la Volt, un modello elettrico. Gil Golan, direttore del laboratorio GM in Israele (attivo da due anni), oltre che capo di General Motors Ventures nel Paese, ha commentato così l'affare: «La nostra compagnia è convinta che lo Stato ebraico sia luogo di innovazione tecnologica: non è un caso se ha scelto puntare su Israele, insieme alla Silicon Valley, per i propri investimenti». Una «sostanziale» parte degli introiti che deriveranno dal contratto appena siglato con la Powermat, aggiunge Golan, sarà reinvestita in Israele, in altre industrie tecnologiche locali. «Stiamo esaminando diverse compagnie, e credo che con alcune di esse nei prossimi mesi matureranno accordi», assicura il dirigente. Del resto, l'interesse crescente di GM verso il dinamismo delle imprese israeliane era stato provato già alcuni mesi fa: in giugno, ad Herzliya, piccolo centro poco distante da Tel Aviv, è stata infatti organizzata la prima edizione di una conferenza sull'innovazione nel settore automobilistico; conferenza che, nelle intenzioni degli organizzatori, tra cui figura anche il colosso statunitense, è destinata a diventare un appuntamento fisso, con cadenza annuale. In quell'occasione, il vicedirettore del settore ricerca e sviluppo di GM, Alan Taub, aveva sottolineato nel proprio discorso l'importanza del laboratorio israeliano («Ne siamo orgogliosi»), spiegando anche: «Lo scopo della venuta di General Motors in Israele è quello di sfruttare l'ampio bagaglio di tecnologia, informazioni e conoscenza di questo Paese».
Raid di Israele nella Striscia di Gaza, nessun ferito
GERUSALEMME, 10 gen. - L'aviazione israeliana ha bombardato stanotte due obiettivi nella Striscia di Gaza: lo ha annunciato il portavoce delle forze armate dello stato ebraico. Queste incursioni hanno riguardato obiettivi che rappresentano "centri di attività terroristiche", ha detto il portavoce, precisando che il raid ha avuto luogo in ritorsione al lancio di razzi e proiettili di mortaio dalla Striscia di Gaza verso Israele durante il fine settimana. Al momento non si hanno notizie di vittime o feriti. Israele considera Hamas come "solo e unico responsabile di questi lanci anche se non ne rivendica la responsabilità", ha affermato il portavoce. Secondo un bilancio dell'esercito israeliano, 235 razzi e proiettili di mortaio sono stati lanciati contro Israele dall'inizio del 2010. (fonte afp)
Hamas tratta con le altre fazioni per fermare il lancio di razzi su Israele
I dirigenti di Hamas a Gaza hanno avviato una serie di trattative con le altre fazioni armate della Striscia di Gaza per porre fine al lancio di missili verso il territorio israeliano. Secondo quanto riporta il quotidiano arabo 'al-Quds al-Arabi', i dirigenti di Hamas hanno avviato queste trattative nel timore di una nuova offensiva militare israeliana su Gaza, simile a quella dell'operazione 'Piombo fuso' di due anni fa.
Ayman Taha, uno dei dirigenti del gruppo islamico, spiega che "sono in corso trattative con tutte le formazioni armate presenti nella zona per convincerle a rispettare la tregua". Nelle ultime due settimane le fazioni armate palestinesi hanno notevolmente aumentato il lancio di razzi verso lo Stato ebraico, mentre Israele ha ripreso i raid contro la Striscia palestinese che dall'inizio di dicembre hanno provocato la morte di 13 palestinesi.
GERUSALEMME - Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza e' finito sud di Israele, nel deserto occidentale del Neghev, senza causare feriti. Lo ha riferito un portavoce dell'esercito israeliano. Da sabato sono stati sparati da Gaza verso il territorio israeliano sette proiettili, tra razzi e colpi di mortaio. Uno di questi ha ferito tre lavoratori thailandesi e un colono ebraico in un kibbutz .
Gaza - Israele minaccia una nuova offensiva se continuano i lanci
Vice premier Shalom non esclude una nuova operazione "Piombo Fuso"
GERUSALEMME - Dei ministri israeliani hanno minacciato una nuova offensiva contro la Striscia di Gaza se gli attacchi con razzi e obici contro il sud di Israele, intensificatisi negli ultimi tempi, non cesseranno."Non è escluso di lanciare una seconda operazione 'Piombo Fuso' se l'escalation di violenza continua, anche se nessuno lo vuole", ha avvertito Sylvan Shalom, vice Primo ministro citato dalla sua portavoce. "Se necessario, Israele inasprirà la sua risposta. A mio avviso tutte le opzioni sono aperte", ha aggiunto Shalom. "E' del tutto evidente che la situazione è divenuta intollerabile", ha dichiarato da parte sua il ministro dell'Informazione, Yuli Edelstein, che appartiene come Shalom al partito Likud del capo del governo, Benjamin Netanyahu. "E' arrivato il momento di adottare una politica di tolleranza zero", ha rincarato il ministro delle Infrastrutture nazionali, Uzi Landau, del partito di estrema destra Israel Beitenu.Il deputato del Partito laburista Amir Peretz, ex ministro della Difesa, che vive a Sderot, nei pressi della Striscia di Gaza, ha detto da parte sua che "l'azione dell'esercito israeliano deve essere più incisiva, anche se al momento non vi sono le condizioni per una conflagrazione globale".Gli attacchi con razzi e obici da parte di gruppi armati palestinesi da Gaza sul sud di Israele si sono intensificati nelle ultime settimane, provocando dei feriti. Israele ha risposto con dei raid aerei. Due anni fa, l'esercito israeliano aveva lanciato una devastante offensiva, denominata "Piombo fuso" con l'obiettivo di far cessare i lanci di razzi e proiettili di mortaio verso il suo territorio.
Contatti con gruppi armati palestinesi per evitare una reazione
GERUSALEMME, 9 gen - Hamas ha avviato contatti con i gruppi armati palestinesi a Gaza per cercare di convincerli a cessare i tiri di razzi sul territorio israeliano per prevenire una nuova reazione militare di Israele. I lanci nelle ultime settimane si sono accentuati. Lo ha riferito l'esponente di Hamas Ayman Taha, secondo il quale il movimento islamico 'sta cercando di tenere la situazione sotto controllo, sollecitando tutte le fazioni a rispettare l'intesa nazionale' di cessare i tiri.
Nazismo, nuovo libro denuncia: 250mila ebrei uccisi in marcia
La storia del nazismo ci offre un altro tremendo capitolo, lo sterminio durante le marce forzare degli ultimi mesi di guerra di 250mila ebrei, massacrati nelle citta' tedesche dai fanatici di Hitler e dalla popolazione.
A raccontarlo e' lo storico Daniel Blatman, della Hebrew University di Gerusalemme, nel suo libro che esce la settimana prossima in Germania, "Le marce della morte 1944/45 -
L'ultimo capitolo dello sterminio nazista", di cui lo Spiegel ha pubblicato ampi stralci.
Uno degli episodi piu' feroci, registrato dopo la liberazione dalle truppe britanniche, riguarda il massacro avvenuto l'8 aprile 1945 a Celle, nei pressi di Hannover, in cui 300 prigionieri furono "eliminati come bestie" con un colpo alla nuca da poliziotti, milizia civile e giovani della Hitlerjugend, la gioventu' hitleriana.
Lo storico israeliano scrive che "piu' la guerra si avvicinava alla fine, piu' visibile era la presenza degli internati in mezzo della popolazione e con tanto maggiore regolarita' i civili tedeschi partecipavano (ai massacri, ndr)". Il libro spiega che nella fretta di evacuare i campi di concentramento di Majdanek, Gross-Rosen ed Auschwitz, davanti all'avanzata dell'Armata Rossa di Stalin, le SS avevano costretto gli ebrei imprigionati a compiere micidiali marce forzate dalla Polonia verso la Germania nel gelido inverno del 1945. Lo studioso calcola che tra gennaio e maggio 1945 perirono o vennero massacrate durante queste "marce della morte" oltre 250mila persone, gettate in fosse comuni lungo le strade della Bassa Sassonia, della Baviera e del Meclemburgo.
Blatman racconta che l'11 aprile 1945 a Luneburgo un gruppo di poliziotti e cittadini diede la caccia ai prigionieri riusciti a fuggire da un treno bombardato e li fece fucilare.
Lo storico cita anche lodevoli eccezioni di contadini, che nascosero e salvarono molti prigionieri, ma in generale gli scampati ai bombardamenti o ai lager finirono massacrati. E' il caso della citta' di Gardelegen, dove molti volontari andavano a caccia dei prigionieri con le divise a strisce da internati vantandosi di voler "ammazzare le zebre". I disgraziati caduti nelle loro mani vennero poi rinchiusi in un fienile cosparso di benzina e incendiato con il lancio di granate.
Chi riusci' afuggire fu spietatamente abbattuto con il risultato che alla fine solo 25 prigionieri sopravvissero, ma oltre mille vennero massacrati. Nel commemorare le vittime di questo terribile massacro pochi giorni dopo, il comandante della 102.ma divisione di fanteria americana, colonnello George P. Lynch, pronuncio' queste parole: "Alcuni diranno che i responsabili di questo crimine furono i nazisti, altri daranno la colpa alla Gestapo, ma la responsabilita' e' della popolazione tedesca".
GERUSALEMME, 9 GEN - C'e' tensione nell'ufficio di Netanyahu per le fughe di notizie riservate. Il premier ha chiesto l'intervento dello Shin Bet, la sicurezza interna. Le fughe di notizie che hanno fatto infuriare Netanyahu riguardano l'interesse di Israele ad acquistare componenti per una centrale nucleare e il contenuto di una telefonata con Putin sulla vendita di missili russi. Interrogati i piu' stretti collaboratori del premier. Yediot Ahronot conclude: 'A Gerusalemme non c'e' piu' un leader'.
ROMA, 9 gen. - L'ex premier israeliano Ariel Sharon, in coma da cinque anni, mostra alcuni timidi segni di reazione vitale, scrive sul suo sito la Welt. Secondo il suo medico personale, intervistato dalla televisione israeliana, il paziente, 82 anni, reagisce ai pizzichi sulla pelle e apre gli occhi.
Ariel Sharon era stato colpito da un grave ictus cerebrale, la sera del 4 gennaio 2006. L'allora premier venne ricoverato d'urgenza in un ospedale di Gerusalemme e, secondo alcuni medici, è in coma irreversibile.
Israele demolisce ex hotel-simbolo dei palestinesi
GERUSALEMME - Nel quartiere arabo di Sheikh Jarrah e' strata aviata la demolizione dell'ex Hotel Sheperd, un simbolo per i palestinesi perche' nella prima meta' del '900 ospitava il Gran Mufti' di Gerusalemme Haj Amin al- Husseini. Al suo posto saranno costruiti 20 appartamenti destinati a israeliani, nel contesto dei progetti di sviluppo di un nuovo rione ebraico, Shimon ha-Zadik. Acquistato negli anni '80 da un imprenditore americano legato alla destra israeliana, l'Hotel Sheperd e' stato al centro di una lunga contesa giudiziaria .
Eichmann fu scovato nel '52, ma 007 tedeschi lo coprirono
Adolf Eichmann in una foto del 1956, prima di essere
catturato
dai servizi segreti israeliani
BERLINO, 8 gen. - I servizi segreti tedeschi conoscevano dal 1952 il nascondiglio segreto in Argentina di Adolf Eichmann, ma non fecero nulla per farlo arrestare. A rivelarlo e' la Bild, che dopo un ricorso al tribunale amministrativo federale e' riuscita ad avere accesso a una parte del dossier di migliaia di pagine microfilmate, raccolte dai servizi tedeschi (Bnd) sul regista dello sterminio di sei milioni di ebrei. La storica Bettina Stangneth, che sta per pubblicare ad aprile un libro su Eichmann, ha affermato che i documenti sono "una cosa sensazionale". "I servizi segreti tedesco-occidentali sapevano gia' 8 anni prima dell'arresto dove si nascondeva Eichmann, un fatto finora sconosciuto", ha spiegato. Eichmann era stato rapito da un commando israeliano l'11 maggio 1960 nei pressi di Buenos Aires e condotto segretamente in Israele, dove 12 giorni dopo il premier Ben Gurion aveva rivelato che l'esecutore della "soluzione finale" decisa da Hitler si trovava ormai dietro le sbarre in un carcere del suo Paese. Adesso si scopre che Eichmann avrebbe potuto essere catturato almeno 8 anni prima, se i servizi tedeschi non avessero di fatto coperto la sua fuga. Su un documento del Bnd del 1952 scovato dalla Bild e' scritto infatti che "EICHMANN non si trova in Egitto, ma vive sotto il nome falso di CLEMENS in Argentina. Il suo indirizzo e' noto al direttore del giornale tedesco 'Der Weg', pubblicato in Argentina". In effetti Eichmann viveva indisturbato sotto il nome di "Ricardo Klement" nel Paese sudamericano, in cui era riuscito a far arrivare dall'Austria anche la moglie ed il figlio. Bild scrive che "proprio in quel momento il servizio segreto tedesco-occidentale ottenne informazioni sul nascondiglio di Eichmann, ma non fece nulla per catturare l'autore della 'soluzione finale'". Alla cattura dell'Obersturmbannfuehrer si arrivo' invece dopo che nel 1958 lo stesso Bnd informo' un agente segreto americano, come hanno rivelato documenti della Cia resi pubblici nel 2006. L'11 aprile 1961 inizio' a Gerusalemme il processo ad Eichmann, che si concluse con la condanna a morte pronunciata il 15 dicembre dello stesso anno. Dopo che il 29 maggio 1962 la condanna era stata confermata in appello, Eichmann venne impiccato il 31 maggio 1962 .
GAZA - Si conosce già quasi tutto dei beni e del denaro in entrata a Gaza. Un flusso ininterrotto che scorre attraverso più di 800 tunnel scavati sotto il confine con l'Egitto, per un valore compreso tra i 600 e gli 850 milioni di dollari ogni anno, secondo i dati di un rapporto uscito ieri per il Washington Institute for Near East Policy. Ma a Gaza non ci sono soltanto il cemento, il carburante e i borsoni di denaro in entrata. Il lato meno raccontato della storia è quello che va in senso contrario: il flusso impetuoso di denaro in uscita verso il mondo esterno per circa 750 milioni di dollari ogni anno. Grazie ai tunnel e ai trasferimenti bancari il denaro arriva a depositi sicuri nei paesi del Golfo persico e in Europa. La nuova classe benestante di Gaza, in maggioranza legata ad Hamas che esercita un controllo ferreo sulla distribuzione interna degli aiuti e della ricchezza, non vuole tenere i propri soldi dentro Gaza e preferisce spostarli subito all'estero. E a dispetto di questa somma enorme di denaro in uscita, quello che rimane è ancora troppo rispetto alle occasioni di investimenti disponibili dentro Gaza: nel febbraio 2009, per esempio, le banche palestinesi si sono rivolte alla Banca centrale di Israele con una strana richiesta: depositare il loro denaro in eccesso in Israele. Da dove arriva tutto questo denaro? Non tutto dal commercio attraverso i tunnel. Anzi, il flusso maggiore è quello che scorre attraverso i trasferimenti bancari. Secondo funzionari del sistema bancario palestinese, almeno 2 miliardi di dollari sono stati trasferiti alle banche di Gaza ogni anno da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia. Secondo il primo ministro palestinese Salam Fayyad, la cifra è anche superiore: il 54 per cento del budget dell'Autorità nazionale palestinese per il 2010, 13,7 miliardi di dollari, è andato a Gaza. A questa somma si aggiungono i 450 milioni di dollari dell'Onu e i soldi di 160 organizzazioni non governative di aiuto straniere. E, ovviamente, i finanziamenti politico-militari dall'Iran, per almeno 100 milioni ogni anno. Grazie a questi conti, Hamas può pagare più salari di quanto non riesca l'Anp.
E' pronta Ebraica Channel, la web-tv per la Comunità ebraica
Servizio di Rosa Pugliese
ROMA - Daniele Massimo Regard, neo-eletto Presidente Ugei (Unione Giovani Ebrei Italiani), ha in mente di creare un organo di informazione verso l'esterno, per far conoscere a tutti il mondo ebraico. Così a breve, promette, partirà Ebraica Channel. L'idea è quella di produrre 10 programmi al giorno.
Antichi manoscritti della Bibbia rivelano una storia sconosciuta
di Roberta De Carolis
Gli ebrei hanno letto la Bibbia in greco per molto più tempo di quanto finora si pensasse: a riverlarlo alcuni manoscritti (diversi dei quali sono frammenti) di un'antica sinagoga in Egitto, portati a Cambridge alla fine del XIX secolo. I cosiddetti 'manoscritti di Cairo Genizah' sono stati conservati finora nella biblioteca dell'Università di Cambridge.
Un progetto finanziato dall'Arts & Humanities Research Council (AHRC), e in via di sviluppo presso il Centre for Advanced Religious and Theological Studies (CARTS) ha raccolto tutto il materiale online, rendendo per la prima volta accessibile agli studiosi sia il testo che l'analisi.
"La traduzione della Bibbia dall'ebraico al greco, avvenuta fra il III e il I secolo avanti Cristo è stato uno dei più duraturi successi per la civiltà ebraica - afferma Nicholas de Lange, professore di Studi Ebraici della Facoltà di Teologia e di Studi del Medio ed Estremo Oriente - Lo stesso Cristianesimo non si sarebbe diffuso come invece è successo".
Finora si pensava che gli ebrei non usassero il greco per le letture pubbliche nelle sinagoghe e per gli studi privati. Invece l'analisi sistematica di questi manoscritti, svolta dallo stesso de Lange, ha portato alla scoperta che 1000 anni dopo la traduzione originale i testi scritti in greco sopravvivevano nelle sinagoghe di lingua greca, nell'Impero Bizantino e anche altrove.
Manoscritti ritrovati in altre librerie confermano quello che si è scoperto a Cambridge, tanto che ormai è chiaro come una varietà di traduzioni in greco fossero diffuse tra gli ebrei nel Medioevo.
Capo uscente del Mossad: "Iran nucleare non prima del 2015"
Meir Dagan
L'Iran non riuscirà a produrre un ordigno nucleare prima del 2015, se si potrà contare sul fatto che le attuali pressioni internazionali nei suoi confronti resteranno inalterate. Questa la valutazione espressa da Meir Dagan, capo uscente del Mossad, nella cerimonia di passaggio delle consegne al suo successore Tamir Pardo.
Lo riferisce il quotidiano Yediot Ahronot, aggiungendo che secondo Dagan Israele dovrebbe eventualmente intraprendere una operazione militare contro le infrastrutture atomiche in Iran "solo se si trovasse con una spada al collo". Il giornale aggiunge che, nel suo discorso di commiato dopo aver trascorso otto anni alla guida del Mossad, Dagan ha fatto il punto su una serie di questioni scottanti per Israele.
1. Hezbollah - il suo "potenziale di fuoco", ossia il numero dei suoi razzi, supera oggi "quello del 90% di tutti gli Stati al mondo". La morte del suo capo di stato maggiore Imad Mughnyeh (ucciso quattro anni fa in un attentato) ha rappresentato un duro colpo da cui Hezbollah comincia a riprendersi solo ora. La maggior parte degli incarichi di Mughnyeh sono passati a Mustafa Bader a-Din. Altre sue incombenze sono svolte da Hassan Lakis, Tallal Hamyeh e in parte anche dal leader della organizzazione, Hassan Nasrallah.
2. Siria - Israele deve condizionare la ripresa di negoziati di pace ad un impegno del presidente Bashar Assad di disarmare gli Hezbollah ed annullare il patto di difesa con l'Iran.
3. Egitto - Il regime di Hosni Mubarak è saldo, e saprà superare il suo avvicendamento al potere.
4. Pakistan - Il suo armamento nucleare rischia di cadere nelle mani di elementi islamici estremisti.
Lega: vicino a quella degli ebrei una stele anche per i nazi-fascisti
"Chiudiamo con il passato e guardiamo con più serenità al futuro" dice la Lega Nord. Che poche righe più sotto lancia una proposta destinata, invece, a riaccendere le polemiche e riaprire vecchie ferite. I consiglieri provinciali Denis Zavatti, Stefano Corti, Lorenzo Biagi e Livio Degli Esposti in un ordine del giorno, che sarà presentato mercoledì in aula, chiedono che venga eretta una stele "A perenne ricordo di tutti i Caduti modenesi della Guerra Civile 1943-1945".
Un monumento per commemorare, dunque, sacerdoti, contadini, avversari politici passati per le armi dai partigiani. Ma anche - e qui sta il punto delicato - repubblichini di Salò e collaborazionisti filo-nazisti: i cosiddetti "vinti" che qualcuno vorrebbe equiparati ai "vincitori", secondo un filone di pensiero piuttosto fiorente.
L'idea dei tre consiglieri del Carroccio ha anche un altro elemento che non mancherà di suscitare reazioni: la stele "per tutti i Caduti della Guerra Civile" andrebbe collocata accanto a quella che ricorda le vittine dell'Olocausto, quella presa a martellate la notte di Capodanno nel parco della Resistenza, in largo Montecassino.
Così, nell'idea della Lega Nord, dovrebbero convivere il ricordo degli ebrei morti nei lager nazisti e il ricordo dei nazi-fascisti. Quelli che prima condivisero le leggi razziali, che cacciarono gli ebrei dalla vita civile, e che poi contribuirono ai rastrellamenti nei ghetti e alle deportazioni nei campi di sterminio. "Volontà di guardare al futuro" è il titolo della proposta della Lega Nord. E nel futuro prossimo si può immaginare cosa porterà il progetto del Carroccio modenese: altre polemiche.
Il gruppo consigliare del carroccio parte - per lanciare la sua "provocazione" - dal danneggiamento della stele con la stella di Davide. "La Lega Nord intende esprimere la più ferma e sentita condanna del gesto vandalico e auspica che gli autori del gesto siano identificati e quindi sottoposti a un lungo periodo di impegno in lavori socialmente utili e magari anche faticosi". E poichè tempi duri si avvicinano - scrivono i tre consiglieri - "sarebbe opportuno chiudere la stagione degli odi e della violenza per ritrovare, anche a livello locale, un senso di appartenenza comune". Per questo la Lega Nord devolverà un gettone di presenza per finanziare i lavori di riparazione della stele, a patto che anche tutta la giunta faccia lo stesso, visto che il presidente e gli assessori hanno "stipendi più che discreti", non miseri gettoni di presenza.
E poi il finale. Ecco l'ultino capoverso dell'ordine del giorno che sarà sottoposto al consiglio provinciale la prossima settimana: "Nella logica di chiudere con il passato e guardare con più serenità al futuro, chiediamo che i soldi raccolti vengano utilizzati anche per l'edificazione di una nuova stele da apporre nello stesso luogo 'A perenne ricordo di tutti i Caduti modenesi della Guerra Civile 1943-1945'". (g.g.)
JABALIYA (Striscia di Gaza) - Il numero 2 di Hamas a Gaza, Mahmud Zahar, come il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, sostiene che l'Olocausto e' una "menzogna" degli ebrei. "La bugia secondo cui (gli israeliani) sono vittime di un olocausto (lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti durante la II Guerra Mondiale) e una menzogna che si e' sbriciolata con l'olocausto di Beit Hanun, l'olocausto di Al-Fakhura e tutti gli altri olocausti commessi dal nemico sionista" .
La Corte suprema sancisce la legittimità della separazione dei sessi nei trasporti pubblici
Gli autobus separati in base al sesso sono legali in Israele. Dopo quasi due anni di polemiche che hanno contrapposto religiosi, scrittori, gruppi di femministe e non solo, oggi si è pronunciata la Corte Suprema israeliana stabilendo che non è illegale un servizio di trasporti pubblici su autobus in cui i posti riservati alle donne sono separati da quelli per gli uomini, a condizione però che la separazione avvenga solo su base volontaria. La Corte, che ha così risposto a un appello di gruppi ebraici liberali, ha pure affermato che in nessun caso la separazione potrà essere coercitiva e ha chiesto al tempo stesso che siano adottati rigorosi e frequenti controlli per verificare che a una donna, che così vuole, sia permesso sedere accanto a uomini. L'iniziativa era nata spontaneamente alcuni anni fa nei rioni omogenei ultraortodossi dove avevano cominciato ad operare una trentina di autobus. I rabbini avevano fatto notare che la difesa della modestia in pubblico imponeva la separazione dei viaggiatori nei sovraffollati autobus pubblici. Gli ultraortodossi avevano anche motivato tale separazione, le donne in fondo al mezzo e gli uomini davanti, per evitare «tentazioni sessuali». Nel 2008 la scrittrice Naomi Ragen, assieme al Centro per il pluralismo ebraico, si era rivolta alla Corte Suprema affinchè esaminasse le cosiddette 'Linee Timoratè. Oltre a sollevare questioni di carattere etico e morale, diverse persone avevano lamentato problemi pratici, come ad esempio l'acquisto del biglietto che diventava un vero e proprio rebus in quanto le donne salendo dalla parte posteriore del veicolo non riuscivano a raggiungere l'autista, non potendo attraversare la parte riservata agli uomini. I nuclei familiari erano anche costretti a separarsi,a spartire la prole,mentre anziani a volte viaggiano in piedi anche se l'altra metà del mezzo era vuota. Nel 2009 la Egged, una compagnia che gestiva le corse interne delle corriere israeliane in regime di semimonopolio, aveva fatto ricorso con successo dinanzi al ministero dei Trasporti sostenendo che i mezzi alternativi non avevano le licenze previste, ma qualche mese dopo i rabbini erano riusciti nel loro obiettivo ottenendo un bus separato dopo essersi rivolti a una piccola società di trasporto locale regolarmente registrata. Ma le polemiche non si erano fermate. Una decina di intellettuali israeliani avevano poi lanciato un appello dicendosi contrari all'istituzionalizzazione di tali mezzi pubblici divisi per sesso. Tra questi il poeta Natan Zach, gli scrittori A.B. Yehoshua e Haim Guri, oltre al politologo Zeev Sternhell. Secondo il quotidiano Haaretz, l'urgenza dell'appello derivava dall'imminenza di una ratifica da parte del ministero israeliano delle attuali nove linee private, urbane ed interurbane, di autobus con posti divisi per sesso al loro interno. Alla loro protesta si era unita anche un'organizzazione femminista israeliana preoccupata del fatto che «dopo aver imposto la segregazione dei sessi negli autobus i rabbini avrebbero poi proceduto ad imporla anche nei luoghi di lavoro e negli uffici pubblici». Il 27 ottobre del 2009 una commissione del ministero israeliano dei Trasporti, che aveva presentato un ponderoso rapporto in merito dalla Corte Suprema di Gerusalemme, aveva stabilito però che gli autobus segregati degli ebrei ortodossi erano illegali e comportavano gravi discriminazioni. Infine il pronunciamento della Corte suprema di oggi. Soddisfazione è stata espressa dagli ambienti liberali che hanno sottolineano che i giudici hanno insistito sul diritto delle donne di sedersi ovunque nell'autobus. Ma anche gli ambienti rabbinici si sono detti abbastanza contenti perchè in sostanza gli 'autobus segregatì vengono accettati dalla Corte Suprema, sia pure a malincuore e sia pure per un anno di prova. Adesso la 'battaglià fra giudici e rabbini passa negli stessi autobus dove si vedrà se davvero le disposizioni dell'alta Corte sapranno prevalere sulla pressione sociale.
Le cinque più assurde teorie cospirazioniste sul Mossad
Il servizio segreto israeliano si è reso protagonista di operazioni spregiudicate, ma alcune non sono vere
Il Mossad, il servizio segreto israeliano, è noto da sempre per la sua efficienza e la spietatezza. Questo mito si deve al fatto che nel corso della sua storia il Mossad ha effettivamente condotto operazioni elaborate e spregiudicate, spesso fuori dalla legalità. La più famosa è quella con cui l'intelligence israeliana ha eliminato quasi tutti i dodici responsabili degli attentati di Monaco. Durante le Olimpiadi del 1972 alcuni esponenti del movimento terrorista palestinese Settembre Nero fecero irruzione negli alloggi olimpici degli atleti israeliani uccidendone due e prendendone in ostaggio altri nove. L'operazione del Mossad è iniziata nel 1973 e si è conclusa nel 1988: a parte un terrorista ucciso da un rivale e un altro deceduto per morte naturale, tutti gli altri sono stati rintracciati e uccisi dagli agenti del Mossad.
Un'altra operazione entrata nella leggenda è l'operazione Entebbe. Il 27 giugno del 1976 un volo proveniente da Tel Aviv venne dirottato da quattro terroristi. I dirottatori, due palestinesi e due tedeschi, fecero atterrare l'aereo a Bengasi, in Libia: lì restarono per sette ore e liberarono una donna. Poi decollarono nuovamente, stavolta diretti in Uganda, dove speravano di ottenere appoggio dal dittatore ugandese Idi Amin. Amin in effetti li aiutò e fece atterrare l'aereo. I dirottatori chiedevano la liberazione di 40 palestinesi detenuti in Israele. Rilasciarono gli ostaggi, eccetto gli israeliani, gli ebrei e l'equipaggio dell'aereo, che decise di restare. Il Mossad nel frattempo rintracciò l'azienda che aveva costruito il terminal in Uganda, che era israeliana. Prelevò alcuni dei suoi tecnici, li portò in una località segreta e fece costruire loro una replica esatta dell'aeroporto. Gli ostaggi rilasciati collaborarono e fornirono informazioni e dettagli sull'organizzazione dei dirottatori. Poi partì il raid. Quattro aerei militari atterrarono in Uganda, di notte e senza l'aiuto della torre di controllo. Una Mercedes nera si avviò verso l'aeroporto, simulando la visita del presidente Amin allo scopo di distrarre ugandesi e militari. Il finto corteo presidenziale arrivò al terminal dove erano rinchiusi i passeggeri. Lì si aprirono gli sportelli delle auto: gli israliani uscirono dai loro mezzi, fecero irruzione nel terminal e urlarono - in ebraico - di stare giù. Gli ostaggi si gettarono a terra, i terroristi restarono in piedi. Alla fine del raid, sei dirottatori vennero uccisi. Dei 103 ostaggi, soltanto tre morirono: uno ucciso per errore dagli israeliani, gli altri due colpiti dagli ugandesi. Gli israeliani persero un solo uomo (il fratello dell'attuale premier Netanyahu, tra l'altro).
Questa fama però ha portato al Mossad anche il millantato coinvolgimento in decine di teorie complottiste: di fatto non esiste teoria cospirazionista che non veda, al centro o come comprimario, un ruolo del Mossad. Per stare alla più recente: secondo vari quotidiani pakistani e mediorientali il Mossad sarebbe dietro Wikileaks. Ma ce ne sono molte altre. Alcune tra le più fantasiose e improbabili sono riportate in un articolo pubblicato da Joshua E. Keating su Foreing Policy. Eccole.
Gli avvoltoi di Sion
Questa settimana in Arabia Saudita le forze dell'ordine hanno preso in custodia un avvoltoio. Una sua zampa era legata a un braccialetto con su scritto "Università di Tel Aviv". Gli scienziati israeliani hanno spiegato che il volatile faceva parte di uno studio sulle migrazioni, ma la popolazione locale ha dichiarato alla stampa che l'avvoltoio era in realtà parte di un complotto sionista. La teoria è stata ripresa da blog e siti internet egiziani che hanno sostenuto che Israele stava addestrando degli uccelli per spiare i paesi arabi. Gli scienziati israeliani hanno ribadito che molti altri uccelli impiegati nella ricerca avevano raggiunto l'Arabia Saudita; la maggior parte sembra essere morta, ma un avvoltoio starebbe ancora svolazzando vivo e vegeto - senza dubbio trasportando informazioni d'importanza vitale per lo stato di Israele.
Gli squali di Israele
Lo spunto per questo complotto israeliano ai danni dell'Egitto sarebbe stato fornito dal film "Lo squalo", prodotto nel 1975 dal noto regista - ovviamente ebreo - Steven Spielberg. La trama del film è diventata realtà lo scorso inverno al largo delle coste egiziane del Mar Rosso, quando uno squalo ha attaccato cinque turisti uccidendone uno. Secondo parte della stampa egiziana, sarebbero stati proprio gli israeliani a introdurre uno squalo in quella zona, per danneggiare il turismo del paese. Un sub di Sharm el Sheik infatti ha affermato durante un programma televisivo che non solo gli squali non nuotano abitualmente in quelle acque, ma che un suo amico sub aveva recentemente trovato un piccolo squalo con un GPS attaccato sulla schiena: l'apparecchio indicava che l'animale stava per essere introdotto in mare egiziano. I biologi marini egiziani hanno respinto la teoria cospirazionista, mentre il governatore della regione del Sinai meridionale si era detto possibilista. Foreign Policy riporta anche una notizia - forse non molto attendibile - sulla fine dello squalo: sarebbe stato ucciso da un turista serbo ubriaco che l'avrebbe travolto gettandosi a bomba da un trampolino.
I metallari maccabei
Secondo la stampa turca il Mossad avrebbe messo in scena l'esibizione di un gruppo rock tedesco pur di offendere la Turchia. Lo scorso giugno la Turchia ha ospitato una tappa del Sonisphere Festival, un grosso evento di musica metal. Negli stessi giorni in cui si svolgeva il raduno musicale, la Freedom Flotilla tentava di forzare il blocco di Gaza e nove attivisti turchi venivano uccisi dai soldati israeliani. Il festival si è trovato improvvisamente al centro di polemiche di carattere politico. Il concerto era stato organizzato dalla società Purple Concerts, con sede in Germania ma gestione israeliana. Questo semplice fatto ha portato il quotidiano turco Vakit a sostenere che dietro al festival c'era lo zampino del Mossad: il concerto "era una presa in giro dei cittadini che avevano perso la vita per mano del governo israeliano". L'articolo criticava anche la presenza di alcol durante il concerto e l'esibizione dei Rammstein che, secondo il giornale, "incoraggiano la violenza, il masochismo, l'omosessualità e altre perversità". Come fa notare Foreign Policy, non c'è niente che richiami una cospirazione sionista come un gruppo di tedeschi che urla davanti a una massa di persone.
Il social network è una spia
Non pensate di non far parte anche voi di un complotto planetario ingegnato dal Mossad. A cosa pensate che serva Facebook se non a localizzare le persone per poi ingaggiarle in operazioni speciali gestite dai servizi segreti occidentali? Non per niente Mark Zuckerberg, l'inventore di Facebook, è ebreo. L'idea è sostenuta da una tv iraniana in un video messo online lo scorso novembre. Viene anche citato un articolo modificato con Photoshop, in realtà mai pubblicato, del britannico Indipendentnewspaper, in cui si spiega che l'obiettivo di Facebook è attrarre spie che lavorino per Israele e per gli Stati Uniti.
Capitan Mutanda, agente di Israele
Umar Farouk Abdulmutallab è il giovane nigeriano che aveva cercato di far saltare in aria un aereo decollato da Amsterdam e diretto a Detroit: era il giorno di Natale del 2009 e il terrorista aveva nascosto gli esplosivi nelle mutande, fatto che gli valse il soprannome di 'underwear bomber'. Secondo un rapporto della tv di Stato iraniana l'attentato sarebbe stato in realtà organizzato dal Mossad in collaborazione con l'intelligence indiana. È infatti risaputo che India e Israele sono ottimi partner commerciali e sono legati da un trattato militare. La tv iraniana sostiene che una compagnia israeliana addetta alla sicurezza, aiutata da un cittadino indiano, avrebbe permesso ad Abdulmutallab di imbarcarsi sul volo privo di passaporto. Un'ulteriore prova fornita dalla tv iraniana sarebbe la presenza di un altro passeggero sull'aereo che avrebbe continuato a filmare il terrorista anche dopo che questi aveva tentato di far saltare gli esplosivi. Sempre secondo il servizio televisivo, la Nigeria -- paese natale di Abdulmutallab -- sarebbe controllata di nascosto dall'esercito israeliano e dal Mossad. La tv iraniana ha anche riportato un parere dell'analista militare Gordon Duff (secondo cui anche Wikileaks sarebbe frutto di un complotto israeliano): nello Yemen, dove il terrorista era stato addestrato, nonc 'è alcuna presenza di Al Qaida, eccezion fatta per alcune cellule fasulle impiantate da Guantanamo per volere dell'ex presidente degli Stati Uniti George Bush.
Turchia: altro che Iran, i nemici di Ankara sono Usa e Israele
I maggiori nemici dei turchi sarebbero gli Usa e Israele: è quanto risulta da un sondaggio d'opinione condotto dall'istituto turco Metropoll e reso noto il 5 gennaio.
Stando alla ricerca, effettuata a dicembre su un campione di 1.504 persone, il 43% degli intervistati ritiene che gli Usa costituiscano la maggiore minaccia straniera per il loro paese, musulmano ma laico, alleato di Washington e membro della Nato dal 1952.
Il secondo paese considerato una minaccia per la Turchia è, secondo il 23% degli intervistati, Israele. Stando al 63% delle persone interrogate, il governo di Ankara dovrebbe congelare i rapporti con lo Stato ebraico mentre secondo un 28% tali relazioni dovrebbero essere approfondite.
L'Iran, che secondo molti paesi occidentali si starebbe fornendo di armi nucleari, è considerato una minaccia solamente dal 3% degli intervistati. Infine la Grecia, tradizionale "nemica" della Turchia, sarebbe avvertita come una minaccia concreta soltanto dal 2% dei turchi.
Il rabbino e il prefetto uniti: "Odio inspiegabile. Un gesto criminale"
MODENA - «Non riesco a immaginare la ragione di un odio così profondo. Proprio non ci riesco: hanno colpito più volte la Stella di Davide, quasi a volerla cancellare del tutto, estirparla. Perchè tanto accanimento contro il simbolo di una religione?» Dice così il rabbino di Modena, mentre passa con la punta del dito sul "Maghèn David", lo 'scudo di Davide' come recita la Bibbia, che da millenni è il simbolo che protegge il popolo ebraico. Il suo sgomento, nel parco della Resistenza dove si trova la lapide danneggiata, è più forte dell'indignazione e anche della sorpresa. «Un gesto di questa gravità non era mai successo a Modena - continuo - E' estraneo alla tradizione di simpatia e tolleranza che tutta la cittadinanza ha manifestato alla nostra comunità nel corso degli anni. Lo sa? Tante persone ci hanno manifestato la loro vicinanza, l'attenzione con cui seguono vicende come questa. Ma resta l'interrogativo senza risposta: perchè proprio qui? In questa città? Vede, guardando solo le foto non mi ero accorto delle martellate che si sono accanite a lungo contro quel simbolo; ma qui, davanti a questo monumento sfregiato, si rimane proprio senza parole».
Vicino a lui, nel parco della Resistenza a cavallo tra via Morane e via Vaciglio, ci sono il prefetto e il suo vice, Ventura, il questore Margherito e la vicepresidente della Comunità ebraica modenese, Tiziana Ferrari. Insieme hanno formato una piccola delegazione che ieri mattina si è recata presso il piccolo monumento fatto a pezzi nella notte di Capodanno. La lapide che ricorda le vittime dei campi di concentramento era già stata danneggiata nel 2004, poche settimane dopo essere stata installata; immediatamente è stata ripristinata, con gli adeguati rinforzi in metallo e plexiglas, per proteggerla da altri danneggiamenti. Ma oggi, a sei anni di distanza, qualcun altro si è armato di un pesante martello, forse da muratore, per distruggerla deliberatamente, metodicamente.
I pezzi rotti sono stati recuperati e verranno rimessi insieme, com'erano e dov'erano. con nuove protezioni. E' pure certo, come dice il rabbino Goldstein, che dopo le preghiere del sabato e la lettura di un brano del Pentateuco, ci sarà a fine rito un momento di riflessione comune. «Sarà un modo informale per parlarne all'i nterno della comunità» dice.
«Visto che è successo nella notte di Capodanno speravamo che fosse qualcosa di meno grave, il gesto isolato di un balordo - aggiunge Tiziana Ferrari - Ogni tanto c'è sempre qualcuno che con le scritte o in altro modo prende di mira gli ebrei. Ma qui davanti vediamo che c'è stato un accanimento particolare. E' veramente difficile pensare a una bravata. Se dovessi fare una valutazione mi verrebbe da dire che è l'aggressione più grave».
Della stessa opinione anche un netturbino che passa nelle vicinanze: «Troppi giovinastri - dice - bivaccano da queste parti e danneggiano anche panchine e luci».
Finora in effetti il gesto non è stato rivendicato da nessuno. Ma il prefetto Basile taglia corto: «E' un atto criminale e vigliacco - dice - E' più che vandalismo. Qui potrebbe scattare la legge Mancino che punisce sino a quattro anni chi istiga all'odio o alle discrinazioni razziali».
«Sul Sinai si sta consumando un dramma nel dramma». Le parole di don Mosé Zerai, il sacerdote eritreo che da oltre un mese sta sostenendo la causa di centinaia di connazionali sequestrati in Egitto, tradiscono la tensione delle ultime ore. Gli scontri a fuoco tra le forze di polizia di Rafah, la cittadina in cui sono detenuti ancora decine di africani, hanno causato due morti nella sola giornata di domenica.
Oltre al giovane agente egiziano ucciso dai trafficanti durante una sparatoria, anche un eritreo avrebbe perso la vita nel corso di un'analoga operazione di polizia, condotta sempre al confine con Israele. Il giovane sarebbe stato colpito mentre tentava di attraversare la frontiera da una pattuglia di guardia, in una zona non molto distante rispetto a quella in cui si consumava lo scontro a fuoco che è costato la vita al poliziotto egiziano. La notizia, che era filtrata già martedì, è stata riferita ieri integralmente da alcune Ong che operano sul posto e stanno seguendo la difficile trattativa tra le autorità locali e le bande criminali del Sinai. «Ci eravamo illusi che le forze di polizia locali avessero modificato il loro modo di operare, iniziando a perseguire i predoni - ha spiegato il copresidente del gruppo EveryOne, Matteo Pegoraro -. Evidentemente la circolare ministeriale che imponeva alle forze dell'ordine di non sparare sui rifugiati non ha avuto seguito».
Il rischio di episodi di violenza in campo aperto rende ovviamente più difficile la soluzione del negoziato in tempi brevi, col minor danno possibile per le persone in ostaggio. La situazione più grave è quella di alcune donne sottoposte a violenza da parte dei carcerieri: sei in particolare sarebbero in condizioni critiche. Dei 40 uomini liberati dai trafficanti, invece, 16 sono ufficialmente arrivati in Israele, Paese divenuto ormai méta obbligata per chi dall'Africa, in fuga dal proprio Paese, vuole chiedere asilo politico rinunciando a un viaggio pieno di insidie verso l'Europa.
«Di un centinaio di persone non sappiamo nulla - continua don Mosé - ed è assai probabile che siano stati spostati in un'altra località, non lontana dal luogo di detenzione iniziale». È proprio in direzione di nuovi possibili nascondigli, anche sotterranei, che si starebbero indirizzando le ricerche delle forze dell'ordine. Le bande di trafficanti che comprano e vendono esseri umani, nella zona, sono circa una ventina e intorno ad esse è fiorito un business dell'orrore assai florido, che va dalla riduzione in stato di schiavitù di donne e bambini al mercato della prostituzione fino al traffico di organi. Un dramma nel dramma, che si consuma lontano dagli occhi del mondo.
FERRARA - E' il progetto più ambizioso e importante dell'XXI secolo per Ferrara, il Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, ed un conforto non da poco verificare che si sta muovendo nella direzione giusta. L'interesse internazionale è confermato dal numero di adesioni al bando per la progettazione preliminare: sono arrivati ben 53 progetti, più 3 fuori tempo massimo.
L'attivismo della Direzione regionale dei beni culturali, la stazione appaltante che custodisce i 12,4 milioni rimasti dopo le prime spese, è invece testimoniato dalle coperture di cantiere che sono spuntate in questi giorni di fronte all'ex carcere di via Piangipane. Stanno in effetti per partire i lavori di recupero della palazzina fronte strada, che sarà la sede della Fondazione Meis.
Il taglio del nastro per il museo? «Contiamo di appaltare il primo lotto nel 2012» dice la direttrice regionale Carla Di Francesco. Significa prepararsi a festeggiare non prima del 2014, ma almeno ci sono ragionevoli certezze di poter concludere l'opera....
Il Tizio della Sera legge su un forum del mattino di ispirazione glocal che i 23 morti e 70 feriti di Alessandria d'Egitto sono opera dei servizi segreti israelo-americani. Il Tizio è sconcertato dall'opera segreta dei servizi segreti israelo-americani che ufficialmente non esistono, ma è anche vero che se sono segreti non lo sa nessuno che esistono. E' anzi probabile che più una cosa è segreta, maggiormente essa esiste. Anche se, pensa il Tizio, la segreta responsabilità ebraica di tutto è pubblica da mo'. Per fare un esempio, dice a sé stesso che fa colazione, lo sanno tutti che la responsabilità della crisi economica nel Peloponneso è dei sefarditi di Cipro. Ma fino ad oggi era un segreto inviolato che Israele e Stati Uniti siano un solo Stato velato dall'esistenza di due parlamenti che sono uno, e da due presidenti che poi sono lo stesso, anche se per motivi di chiarezza segreta uno è bianco e l'altro nero. Eppure i glocal hanno intuito tutto, pensa il Tizio: Usa e Israele sono lo stesso Stato. Ci deve anche essere un tunnel segreto che per comodità parte dalla Stanza Ovale e siccome a Gerusalemme c'è sempre traffico, giunge solo alla porta di Giaffa. Obama lo usa sempre perché la mattina gli piace fare colazione con la pitta imbottita. L'unica cosa, si domanda il Tizio intingendo tre gocce al cioccolato nella tazza di latte, è come facciano dei glocal a essere che ne so di Rieti e sapere tutto del Cairo. Non è mica acile. Una volta all'aeroporto di Peretola, il Tizio ha conosciuto una di Dallas che sapeva dove fosse il bagno ma non che esistesse l'Italia.
Il Tizio della Sera
I rappresentanti di non meno cinque imprese di lobby israeliane, si sono recati alla Knesset per affrontare l'argomento delle royalties sulle risorse naturali del Paese.
"Invece di discutere sulla percentuale di profitto che il governo dovrebbe ottenere dallo sfruttamento delle ampie riserve di gas che si trovano in fondo al mare, bisognerebbe esortare i lobbisti delle società di gas a parlare in termini d'industria del blu e del bianco" hanno dichiarato.
"L'odio razziale è ancora vivo ed il 27 gennaio, giornata della memoria, dopo questo fatto acquisterà ancora più importanza". Lo ha detto questa mattina il rabbino di Modena, in visita, assieme al Prefetto e al Questore, alla stele danneggiata nella notte di Capodanno.
di Elena Benassi, Sabrina Ronchetti
MODENA - Un gesto di disprezzo e di odio perpetrato con lo scopo di cancellare un importante simbolo della memoria e che ha lasciato la comunità ebraica modenese sgomenta e sdegnata. Oggi il rabbino, accompagnato da Prefetto e Questore, ha effettuato un sopralluogo alla stele nel parco vittime dell'Olocausto, seriamente danneggiata a martellate nella notte di San Silvestro. Un rettangolo di granito verde che porta impressa una frase di Primo Levi tratta da "Se questo è un uomo", inaugurato nel gennaio del 2004 in occasione della Giornata della memoria e già preso di mira una prima volta poche settimane dopo. Entro la prossima giornata della memoria, che si celebrerà il 27 gennaio, la stele verrà di nuovo riparata. Così la città intera potrà dare un segnale forte di condanna ad un atto vandalico che non ha giustificazioni e per il quale esiste una grave conseguenza penale.
- E da Carpi riparte il treno per Auschwtiz
Partirà martedì 25 gennaio da Carpi 'Un treno per Auschwitz', il convoglio di studenti diretto all'ex campo di sterminio in occasione del Giorno della memoria per ricordare le vittime della Shoah. Un viaggio simbolico che, a ogni edizione, risveglia sentimenti e forti emozioni nei giovani partecipanti e nei loro accompagnatori, un percorso che unisce il campo di concentramento di Fossoli con il lager polacco. Alla partenza del treno , gli studenti saranno salutati dal presidente dell'assemblea legislativa dell'Emilia Romagna Matteo Richetti, dal sindaco di Carpi Enrico Campedelli e dal presidente della Fondazione Fossoli Lorenzo Bertuccelli. L'arrivo è previsto per mercoledì 26 a Cracovia dove il programma di visite e di incontri entrerà nel vivo. Già il 26 l'appuntamento con Paolo Nori e con Massimo Zamboni della Filarmonica di Cracovia incentrato sul libro dello scrittore parmense 'Noi la farem vendetta?. Giovedì 27 gennaio è prevista la visita al campo di Auschwitz e, in serata, gli studenti parteciperanno a un dibattito con lo scrittore Carlo Lucarelli che, da diversi anni, segue il progetto della Fondazione Fossoli. Memoria e musica con tre degli storici fondatori dei Modena City Ramblers: Stefano Cisco Bellotti, Alberto Cottica e Giovanni Rubbiani. Il giorno dopo visita al campo di Birkenau con una cerimonia al monumento internazionale e la fiaccolata. Sabato 29, ultimo giorno, la comitiva visiterà la Cracovia ebraica quindi in treno rientrerà a Carpi con un bagaglio di racconti e di esperienze che non si dimenticano.
Dal sito "Il Barbiere della Sera" riportiamo la traduzione di un manifesto diffuso via internet da alcuni giovani di Gaza. La notizia era già apparsa alcuni giorni fa, e adesso qualcuno ne ha tradotto il testo in italiano. La versione che qui presentiamo è leggermente "detersa", ma il senso amaro del contenuto è rimasto inalterato.
Messaggio da Gaza - Otto ragazzi e la guerra
Otto giovani palestinesi - cinque ragazzi e tre ragazze - hanno pubblicato via Internet, e ovviamente in modo anonimo, un Manifesto dei Giovani di Gaza per il Cambiamento, nel quale denunciano le condizioni in cui sono costretti a vivere e spiegano quello che vogliono e soprattutto quello che non vogliono più, senza peli sulla lingua. Nella Striscia di Gaza oltre il 50% della popolazione ha meno di 18 anni.
Il titolo esprime in linguaggio espressivo l'equidistante stanchezza di questi giovani verso tutti gli elementi politici in gioco: Hamas, Israele, Fatah, Onu, Unwra. Usa!
Noi, i giovani di Gaza, siamo stufi di Israele, di Hamas, dell'occupazione, delle violazioni dei diritti umani e dell'indifferenza della comunità internazionale!
Vogliamo urlare per rompere il muro di silenzio, ingiustizia e indifferenza, come gli F16 israeliani rompono il muro del suono; vogliamo urlare con tutto il potere delle nostre anime per sfogare l'immensa frustrazione che ci consuma per la situazione in cui viviamo; siamo come pidocchi stretti tra due unghie, viviamo un incubo dentro un incubo, dove non c'è spazio né per la speranza né per la libertà.
Il testo prosegue elencando le cose di cui i giovani si sono mortalmente stufati:
di rimanere imbrigliati in questa guerra politica; delle notti nere come il carbone con gli aerei che sorvolano le nostre case; dell'uccisione di contadini innocenti nella zona franca, colpevoli solo di stare lavorando le loro terre; degli uomini barbuti che se ne vanno in giro con i fucili abusando del loro potere, picchiando o incarcerando i giovani colpevoli solo di manifestare per ciò in cui credono; del muro di vergogna che ci separa dal resto del nostro paese tenendoci ingabbiati in un pezzo di terra grande quanto un francobollo; di chi ci dipinge come terroristi, fanatici fatti in casa con le bombe in tasca e il maligno negli occhi; dell'indifferenza da parte della comunità internazionale, i cosiddetti esperti in esprimere sconcerto e stilare risoluzioni, ma codardi nel mettere in pratica qualsiasi cosa su cui si trovino d'accordo; di vivere imprigionati dagli israeliani, picchiati da Hamas e completamente ignorati dal resto del mondo.
C'è una rivoluzione che cresce dentro di noi, un'immensa insoddisfazione e frustrazione che ci distruggerà a meno che non troviamo un modo per canalizzare questa energia in qualcosa che possa sfidare lo status quo e ridarci la speranza.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso facendo tremare i nostri cuori per la frustrazione e la disperazione è stata quando il 30 Novembre gli uomini di Hamas sono intervenuti allo Sharek Youth Forum, un'organizzazione di giovani molto seguita (www.sharek.ps), con fucili, menzogne e violenza, buttando tutti fuori, incarcerando alcuni esponenti e proibendo allo Sharek di continuare a lavorare. Alcuni giorni dopo, alcuni dimostranti davanti alla sede dello Sharek sono stati picchiati, altri incarcerati.
Stiamo davvero vivendo un incubo dentro un incubo. E' difficile trovare le parole per descrivere le pressioni a cui siamo sottoposti.
Siamo sopravvissuti a malapena all'Operazione Piombo Fuso, in cui Israele ci ha bombardati di brutto con molta efficacia, distruggendo migliaia di case e ancora più persone e sogni. Non si sono sbarazzati di Hamas, come speravano, ma ci hanno spaventati a morte per sempre, facendoci tutti ammalare di sindrome post-traumatica visto che non avevamo nessuno posto dove rifugiarci.
Siamo giovani dai cuori pesanti. Ci portiamo dentro una pesantezza così immensa che rende difficile anche solo godersi un tramonto. Come possiamo godere di un tramonto quando le nuvole dipingono l'orizzonte di nero e orribili ricordi del passato riaffiorano alla mente ogni volta che chiudiamo gli occhi? Sorridiamo per nascondere il dolore.
Ridiamo per dimenticare la guerra. Teniamo alta la speranza per evitare di suicidarci qui e adesso. Durante la guerra abbiamo avuto la netta sensazione che Israele voglia cancellarci dalla faccia della terra. Negli ultimi anni Hamas ha fatto di tutto per controllare i nostri pensieri, comportamenti e aspirazioni. Siamo una generazione di giovani abituati ad affrontare i missili, a portare a termine la missione impossibile di vivere una vita normale e sana, a malapena tollerata da una enorme organizzazione che ha diffuso nella nostra società un cancro maligno, causando la distruzione e la morte di ogni cellula vivente, di ogni pensiero e sogno che si trovasse sulla sua strada, oltre che la paralisi della gente a causa del suo regime di terrore. Per non parlare della prigione in cui viviamo, una prigione giustificata e sostenuta da un paese cosiddetto democratico.
La storia si ripete nel modo più crudele e non frega niente a nessuno.
Abbiamo paura. Qui a Gaza abbiamo paura di essere incarcerati, picchiati, torturati, bombardati, uccisi. Abbiamo paura di vivere, perché dobbiamo soppesare con cautela ogni piccolo passo che facciamo, viviamo tra proibizioni di ogni tipo, non possiamo muoverci come vogliamo, né dire ciò che vogliamo, né fare ciò che vogliamo, a volte non possiamo neanche pensare ciò che vogliamo perché l'occupazione ci ha occupato il cervello e il cuore in modo così orribile che fa male e ci fa venire voglia di piangere lacrime infinite di frustrazione e rabbia!
Non vogliamo odiare, non vogliamo sentire questi sentimenti, non vogliamo più essere vittime. BASTA! Basta dolore, basta lacrime, basta sofferenza, basta controllo, proibizioni, giustificazioni ingiuste, terrore, torture, scuse, bombardamenti, notti insonni, civili morti, ricordi neri, futuro orribile, presente che ti spezza il cuore, politica perversa, politici fanatici, stronzate religiose, basta incarcerazioni! DICIAMO BASTA! Questo non è il futuro che vogliamo!
Vogliamo tre cose. Vogliamo essere liberi. Vogliamo poter vivere una vita normale. Vogliamo la pace. E' chiedere troppo? Siamo un movimento per la pace fatto dai giovani di Gaza e da chiunque altro li voglia sostenere e non si darà pace finché la verità su Gaza non venga fuori e tutti ne siano a conoscenza, in modo tale che il silenzio-assenso e l'indifferenza urlata non siano più accettabili.
Questo è il manifesto dei giovani di Gaza per il cambiamento!
Inizieremo con la distruzione dell'occupazione che ci circonda, ci libereremo da questo carcere mentale per riguadagnarci la nostra dignità e il rispetto di noi stessi. Andremo avanti a testa alta anche quando ci opporranno resistenza. Lavoreremo giorno e notte per cambiare le miserabili condizioni di vita in cui viviamo. Costruiremo sogni dove incontreremo muri.
Speriamo solo che tu - sì, proprio tu che adesso stai leggendo questo manifesto! - ci supporterai. Per sapere come, per favore lasciate un messaggio o contattaci direttamente a freegazayouth@hotmail.com.
Vogliamo essere liberi, vogliamo vivere, vogliamo la pace.
(Il Barbiere della Sera, 5 gennaio 2011 - trad. Chiara Baldini)
Da Netanyahu ok a 5.250 nuovi permessi per lavoratori palestinesi
GERUSALEMME, 5 gen. - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dato il suo consenso alla proposta di aumentare il numero dei permesso di lavoro in Israele per i palestinesi. Come scrive il Jerusalem Post, il piano e' stato formulato dal ministro dell'Industria, del Commercio e del Lavoro, Benjamin Ben-Eliezer, che ha chiesto il rilascio del permesso di lavoro nello Stato ebraico a quattromila palestinesi della Cisgiordania da destinare al settore edile e 1.250 da impiegare nel settore agricolo, per un totale di 5.250 lavoratori.
Il piano sara' discusso domenica dal governo, ma il ministero di Ben-Eliezer ha gia' fatto sapere che, oltre a Netanyahu, anche il ministro della Difesa, Ehud Barak, e quello della Casa e dell'Edilizia, Ariel Atias, daranno il loro via libera. "Oltre all'aiuto che dara' al settore dell'edilizia e a quello agricolo, questo processo e' anche un passo avanti importante nelle relazioni tra noi e i palestinesi", ha detto Ben-Eliezer. Inoltre, ha aggiunto il ministro, "i lavoratori palestinesi, al contrario degli altri stranieri, tornano ogni sera nelle loro case e questo per noi e' preferibile".
I recenti massacri in Egitto, Irak e Nigeria trovano la loro giustificazione nel testo sacro dei musulmani Dove è scritto chiaramente che l'obiettivo finale è creare un mondo in cui le altre fedi siano messe sotto tutela
Come fermeremo le uccisioni di cristiani nel mondo islamico, come si evita la prossima strage in Irak, in Turchia, nelle Filippine, in Nigeria, ovunque alberghino gruppi islamisti? Prima di tutto, chiamandole per nome e cognome: non si tratta di «intolleranza religiosa» ideologica, non di casuali «gruppi di fondamentalisti» né di «alcuni terroristi». Se si guarda la carta geografica, è ormai maculata da stragi espulsioni, rapimenti, chiese vandalizzate... È il mondo islamista nella sua vasta, massiccia terribilità che colpisce i cristiani, e la responsabilità è di chi per opportunismo o per paura di rappresaglie sui cristiani ha ritenuto che col silenzio avrebbe pacificato gli aggressori. Il fatto che appena il Papa ha protestato chiamando il mondo islamico «mondo islamico» il Mufti di Al Azhar abbia esclamato «ingerenza», la dice lunga sul paradosso dell'atteggiamento dell'islam istituzionale: che sarà mai qualche morto, taccia il secolare nemico romano.
Se lo si chiede al teologo e professor padre Peter Madros, oggi al Patriarcato di Gerusalemme, per tanti anni direttore della scuola dei Freres a Betlemme, un sacerdote che ha combattuto la decimazione dei cristiani a Betlemme senza fare sconti anche agli israeliani, pure egli mi indica chiaro, per capire, il testo del Corano: «Dopo pagine sulla concordia che deve vigere, pur nella sottomissione dei cristiani e degli ebrei che (versetto 9/29) devono comunque pagare la Gizia (la tassa per i non musulmani, ndr) se non abbracciano l'Islam, c'è un altro verso rivelatore (5/51): non lasciatevi dominare né dagli ebrei né dai cristiani».
Il nodo è tutto qui:il mondo islamista è determinato a costruire un mondo in cui i due comprimari siano tenuti in stato di sottomissione culturale, religiosa, politica. Ed è invece accaduto negli ultimi sette secoli che il mondo occidentale abbia preso il sopravvento, dichiarando così, nell'interpretazione bigotta di vaste organizzazioni e persino di Stati interi, come l'Iran, una guerra contro l'Islam che deve ancora essere vinta. Naturalmente non tutti la pensano così, ma le bombe fanno rumore, mentre la buona volontà non si sente. Nel 1919 la rivoluzione egiziana portava per egida una bandiera verde con la mezzaluna e la croce. Sia i musulmani che i cristiani erano parte di una rivoluzione nazionalista contro il colonialismo britannico. Ma le elite dei nostri decenni, spaventate anche dall'omicidio di Sadat che aveva concluso la pace con Israele, hanno lasciato spazio a un processo di islamizzazione strisciante che pacificasse i gruppi più aggressivi, come la Fratellanza Musulmana. I libri di testo nelle scuole rappresentano oggi l'Egitto come un Paese solo islamico e includono testi anticristiani. Il trapianto di organi fra musulmani e cristiani è proibito per una decisione del sindacato dei dottori, che come altri è dominato dalla Fratellanza Musulmana. Il governo recentemente ha bloccato la costruzione di una scala in una chiesa copta, e i copti, continuamente aggrediti (8 furono uccisi un anno fa) non esistono in politica benché siano il 10 per cento della popolazione. Mubarak, che così facendo tiene a bada la Fratellanza tanto che l'ha emarginata alle ultime elezioni, fa come l'Arabia Saudita, lo Yemen, la Siria, la Giordania e più lontano il Pakistan: crede di domare il domatore, che invece viene messo in grado di sguinzagliare il suo odio a piacimento, mettendo a repentaglio anche la sua leadership.
Le televisioni iraniane, libanesi, turche... hanno accusato i "sionisti" della strage di Capodanno. Ma sì, perché non cercare di colpire almeno un po' gli ebrei anche in questa occasione? È nello stile della casa: dal pogrom Farhud di Bagdad nel 1941 in cui furono uccisi 180 ebrei, e poi in Libia (130 morti), e poi in Turchia (tre attacchi alle sinagoghe dall'86 a oggi, 47 morti) a tutte le violenze che hanno causato la fuga di quasi tutti gli ebrei, il mondo islamico ha fatto fuggire da 600mila a un milione di ebrei. Profughi irriconosciuti dall'Onu, come i cristiani fuggiti dallo stesso mondo in cui ormai la popolazione cristiana, una volta quella originale, è ridotta al 6 per cento.
In tutto sono 40 i profughi eritrei liberati dai trafficanti di uomini del Sinai dopo aver pagato un riscatto di 8mila dollari a testa, ma solo per 16 di loro è arrivata la conferma dell'arrivo in Israele. Alcuni hanno chiamato direttamente don Mosè Zerai, sacerdote eritreo direttore dell'agenzia Habeshia, altri sono stati rintracciati nei centri di detenzione in Israele dagli operatori della ong Physicians for human rights. «Al momento non sappiamo dove sono finiti gli altri, non abbiamo notizie sulla loro sorte.
Così come non ho avuto notizie dai 15 liberati a fine anno - commenta il sacerdote -. Non sappiamo se sono in salvo o se sono stati fermati dalla polizia egiziana e poi consegnati alle ambasciate dei loro Paesi». Così come non si hanno notizie delle cento persone che sono state separate dal resto del gruppo all'inizio di dicembre: «Anche in questo caso non abbiamo informazioni: possono essere stati venduti a un altro gruppo di trafficanti o trasferiti in un altro carcere sotterraneo - aggiunge don Mosè Zerai -. Anche questo fatto mi angoscia».
Resta alta la preoccupazione per le venti persone che non hanno i mezzi per pagare la somma richiesta dai sequestratori per i quali c'è il rischio elevato che vengano venduti come schiavi o vengano sottoposti all'espianto dei reni. «Vogliamo evitare a tutti i costi che ciò accada. Ma purtroppo nessuno è intervenuto per salvare queste persone», commenta amaramente don Mosè Zerai.
Dal deserto del Sinai arriva, intanto, la notizia di un intervento da parte della polizia egiziana contro i trafficanti di uomini. Domenica scorsa gli agenti hanno attaccato alcuni trafficanti intenti a condurre un gruppo di migranti africani verso il confine con Israele; nello scontro a fuoco i beduini (che, secondo fonti della sicurezza egiziana a Rafah, trafficavano anche droga) hanno ucciso un poliziotto di vent'anni. La notizia è stata diffusa dal gruppo EveryOne.
«Non sappiamo ancora se i migranti appartengano al gruppo detenuto da oltre un mese a Rafah -spiega Roberto Malini, co-presidente del gruppo -. L'intervento della polizia egiziana contro i trafficanti è un fatto nuovo e positivo: forse sono arrivate nuove direttive in questo senso». Molto più frequenti i casi in cui la polizia di frontiera ha sparato ai profughi mentre tentavano di attraversare la frontiera.
Lunedì un altro episodio di violenza che ha visto coinvolto un altro giovane. Secondo quanto riferito dalle fonti della sicurezza egiziana a Rafah, l'agente è intervenuto per impedire che un gruppo di migranti africani entrasse in Israele dal Sinai: i trafficanti hanno aperto il fuoco e colpito il ragazzo. I profughi invece sono riusciti a fuggire.
Topolino arriva ad Haifa: un nuovo parco divertimenti Disney verrà costruito a breve nei pressi della città israeliana, nel nord del Paese. Oltre a giostre e attrazioni, il complesso conterà anche 25 sale cinematografiche, distribuite su oltre ottanta chilometri quadrati; secondo i preventivi, il costo del progetto è di 130milioni di euro.
A realizzarlo saranno la New Lineo Cinemas Ltd, di proprietà della famiglia Edery, e il gruppo Shamrock Holdings, conosciuto come "braccio degli investimenti" della Walt Disney Company. Il vasto cantiere sarà aperto (su terreni privati) a poca distanza dal Cinemall, un centro commerciale dotato di ben 23 schermi cinematografici. Il sindaco della città, Yona Yahav, ha dichiarato: «Questo progetto esprime la fiducia degli investitori internazionali nei nostri piani per trasformare la zona di Haifa in un'area business-friendly. Il nostro lavoro - ha aggiunto il primo cittadino - è iniziato con l'assistenza del comune alla costruzione del Cinemall, e con il miglioramento dello stesso centro commerciale. Inoltre, abbiamo implementato una funivia che trasporta i passeggeri fino al Technion (l'Istituto israeliano della tecnica, uno dei poli di eccellenza del Paese, ndr) e all'università». E non solo: il dinamismo del sindaco della terza città israeliana per importanza e popolazione si traduce anche in altri progetti. Il comune ha infatti speso oltre 350 milioni di dollari per rifare strade e infrastrutture, e altri 400 milioni per realizzare il tunnel che attraversa il Monte Carmel, inaugurato di fresco. Quest'anno, poi, inizieranno le corse della metropolitana leggera, quasi ultimata, mentre continuano i lavori per il tram, che sulla carta sarà pronto in due anni. «Tra gli obiettivi finali di questo piano generale di rinnovo della città - ha aggiunto Yahav - c'è la riqualificazione del porto, che finora veniva sfruttato molto poco ed era diventato un ambiente poco raccomandabile. Ma noi siamo decisi a sfruttarne a pieno il potenziale, per attirare investimenti stranieri».
Ragazzi arabi a Sur Baher imparano a cantare: "Possa il nostro sangue essere sparso"
di Itamar Marcus e Nan Jacques Zilberdik
Un terrorista di Hamas arrestato il mese scorso perché stava progettando di sparare un missile in uno stadio sportivo a Gerusalemme, era un residente del quartiere Sur Baher a Gerusalemme est.
Uno scorcio di mondo dell'educazione a Sur Baher , Gerusalemme Est, è stato recentemente messo a disposizione dalla TV di Hamas. Una trasmissione ha fatto vedere come ai bambini di Gerusalemme nella Islamic Riyad (Gardens of) Al-Aqsa School sia stato insegnato a cantare di desiderare la morte: "Possa il nostro sangue essere sparso."
Davanti alle telecamere hanno cantato:
"Quanto è forte l'esercito di Al-Aqsa.
Io sono un soldato, e difendo la sua area protetta.
Quanto preziosa è la terra di Al-Aqsa.
Io darò la mia vita per suo amore."
Questo filmato di bambini piccoli che cantano e a cui sono state insegnate queste parole nella Islamic Riyad (Gardens of) Al-Aqsa School a Sur Baher è apparso in un programma documentario dal titolo "Le nozze degli shahid '(martiri')", sulla TV Al-Aqsa di Hamas:
In passato anche la TV dell'Autorità palestinese ha mostrato bambini nelle scuole palestinesi che recitano poesie esaltanti la morte per martirio, in cui si trovavano, per esempio, parole come queste:
"Ho lasciato che la mia terra bevesse il mio sangue,
Io amo la via del martirio".
[TV di AP (Fatah), 14 novembre 2008]
*
PMW ha documentato la promozione della Shahada (martirio) per bambini e adulti fatta sia da Fatah sia da Hamas.
Quello che segue è la trascrizione delle parole di canti di bambini arabi istruiti a Sur Baher, Gerusalemme Est:
[Scritta sulla scuola:] "The Islamic Riyad (Gardens of) Al-Aqsa Schools - Sur Baher" (Gerusalemme)
Bambini che cantano a scuola:
"Quanto sono belli i giardini di Al-Aqsa.
Io sono una gemma in cima ai suoi colli."
Video di bambini che fanno il segno "V", mentre altri cercano di nascondere il viso perché hanno in mano sassi e pallottole.
"Quanto è forte l'esercito di Al-Aqsa.
Io sono un soldato, e difendo la sua area protetta".
I bambini cantano in aula:
"Sulla via di Allah noi procediamo alzando la bandiera.
Possa la gloria della religione (l'Islam) ritornare, e possa il nostro sangue essere versato".
[TV di AP (Fatah), 10 dicembre 2010]
(Palestinian Media Watch, 4 gennaio 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
GAZA, 4 gen 2011 - Con il volto coperto e armi pesanti in pugno, un gruppo di militanti palestinesi si esercita in un'area circondata da dune di sabbia nella Striscia di Gaza. Gridano "Allahu Akbar", "Dio e' grande", prima di sparare i loro colpi, preparandosi a combattere contro il nemico di sempre, Israele. Sono tutte donne, addestrate al jihad accanto ai militanti uomini, pronte a sparare, a lanciare bombe o farsi esplodere.
Il gruppo fa parte delle Brigate Salah ad-Din, uno dei gruppi militanti attivi a Gaza, e la Cnn ha avuto la rara opportunita' di filmarle e intervistarle. Cinque di loro appaiono sedute intorno a un tavolo carico di fucili, lanciarazzi e mine. Un velo copre interamente il loro viso, lasciando scoperti solo gli occhi. "Sono stata addestrata e sono pronta a essere un attentatore suicida contro i soldati israeliani", dice una di loro, che non ha dubbi sul fatto che gli attentati siano compatibili con il Corano.
"Sul cammino del Profeta - dice - si combatteva e ci si scontrava". Un'altra donna regge con una mano coperta di anelli un lanciagranate. Si dice certa che presto ci sara' una nuova guerra con Israele, a cui afferma di essere pronta a partecipare.
Un'altra dice di combattere per il bene dei suoi figli, che la notte bagnano il letto per paura dei raid aerei israeliani. "Faccio tutto per i miei figli - dice, impugnando un fucile mitragliatore AK-47 - perche' possano avere una vita felice, che e' un diritto di tutti i bambini". Il gruppo, che si trova in un posto segreto in cui la reporter della Cnn e' stata condotta con gli occhi bendati, spiega che tra loro ci sono donne di tutte le eta', dai 20 ai 50 anni. Assicurano che le adesioni ai gruppi militanti di donne palestinesi aumentano sempre piu'. Risale a quattro anni fa un attentato condotto a Gaza contro soldati israeliani da una donna di 64 anni, rimasta alla storia come la kamikaze piu' anziana di sempre. La donna si fece esplodere vicino a un gruppo di militari, ferendone due e perdendo la vita.
Il 3 gennaio a Ramallah, Cisgiordania, migliaia di membri e sostenitori del Movimento di liberazione nazionale palestinese (Fatah) hanno tenuto una grande manifestazione per commemorarne il 46o anniversario della fondazione dell'organizzazione.
Rappresentando il leader di Fatah e il presidente dell'Autorità Nazionale palestinese Mahmoud Abbas, il segretario generale alla presidenza dell'Autorità Nazionale Palestinese, Tayeb Abdul Rahim, ha lanciato un appello affinché gli USA sostengano la parte palestinese nella formazione di uno Stato palestinese indipendente sulla base della linea della guerra del 1967, così da risolvere il conflitto israelo-palestinese durato mezzo secolo. Tayeb Abdul Rahim ha ribadito che la sospensione di tutte le forme di costruzione di insediamenti ebraici nei terreni occupati è il presupposto della ripresa dei negoziati di pace tra Palestina e Israele.
Energia solare: al via il più grande impianto privato israeliano
La società israeliana IC Green Projects ha dichiarato di aver inaugurato un nuovo progetto energetico solare da 2 MW, che si propone di essere il più importante parco ad energia solare di proprietà privata mai realizzato nel Paese. L'impianto servirà a produrre energia elettrica da distribuire a nuclei familiari presenti nel territorio meridionale di Israele, nel rispetto di un contratto già stipulato a suo tempo.
Il Ministro delle Infrastrutture del Paese ha altresì annunciato di voler proseguire nella strada di accompagnamento della crescita del comparto ad energia solare, e che, per tale motivo, lancerà cinque nuove gare per la realizzazione di altrettanti parchi ad energia solare per un volume energetico complessivo di 50 MW.
Il governo ha inoltre approvato pochi giorni fa dei piani per incrementare la realizzazione di stazioni ad energia solare in tutta la nazione, sperando che questo possa contribuire al raggiungimento dell'obiettivo - datato 2020 - di ottenimento di almeno il 10% dell'energia elettrica totale da fonti pulite.
La IC Green Projects, parte integrante di Israel Corp, una delle holding più importanti del Paese, ha affermato infine che l'impianto fotovoltaico ha avuto un costo di circa 8,5 milioni di dollari, e che ha potuto contare sul supporto finanziario della Israel Discount Bank, una delle tre banche più grandi della nazione.
Ottime notizie per l'industria automobilistica in Israele: i dati del 2010, raccolti dall'Associazione nazionale degli importatori di veicoli e freschi di pubblicazione, mostrano un incremento del 25.3 per cento sulle vendite di vetture, per un totale di 216.430 immatricolazioni. Commercianti e importatori parlano di cifra record, e si fregano le mani.
Soddisfazione più che comprensibile: nel 2009 erano state acquistate appena 172mila auto. Solo in dicembre, 18.748 veicoli sono stati venduti, corrispondenti a un incremento del 8.3% rispetto allo stesso mese del 2009. A vincere la medaglia d'oro del miglior venditore in Israele è stata la Mazda. Un risultato che ha sorpreso ben pochi: sono quindici anni che le auto della casa giapponese si aggiudicano il titolo di veicoli più amati dagli israeliani. Circa 32mila le vetture Mazda vendute nel corso dell'anno che si è appena chiuso, ovvero il 2% in più rispetto al 2009. Strabilianti anche i risultati della Hyundai: sebbene sia solo al secondo posto per numero di vendite in assoluto (30.500 unità), questa azienda ha realizzato una crescita nel mercato israeliano pari al 51% in appena dodici mesi. Terza classificata, Toyota ha venduto 22.289 vetture (+ 21% rispetto al 2009). Il modello più richiesto nel 2010 è la Mazda3 (oltre i 20mila acquisti), ma anche la Toyota Corolla ha riscosso un buon successo: ne sono state acquistate 13.700. Tra tutte le automobili vendute, quelle destinate ad uso privato sono 181.526; e anche da questo punto di vista, lo scorso anno ha visto una crescita percentuale poderosa, circa il 25% in più rispetto al 2009.
Tutti gli indici in salita per lo stato ebraico che scopre anche nuovi giacimenti di gas
di Dimitri Buffa
La notizia buona del 2011, che lo Stato di Israele può sbattere in faccia agli antisemiti di tutto il mondo, a partire da quelli di sinistra che si mascherano da anti sionisti o anti israeliani, è che quest'anno il paese ha registrato uno dei più alti tassi di crescita di tutto il Medio Oriente (in ciò imitato dai palestinesi "pacifici" della Cisgiordania, che da quando si sono divorziati da Hamas vivono nel benessere, ndr): piu; 4,5%.
Inoltre piove sul bagnato, o meglio va loro anche l'acqua per l'orto, perché recentemente è stato anche scoperto uno dei più grossi giacimenti di gas metano per un valore superiore ai 95 miliardi di dollari. Dandone notizia l'altra sera in Tv il ministro del Tesoro israeliano quasi piangeva per la felicità.
Insomma nonostante i gufi delle varie Freedom flottille, e gli armatori ideologici nostrani, lo stato ebraico in pochi anni, da quando nel 2004 con il muro difensivo ha trovato la cosiddetta "quadra" contro il terrorismo, è riuscito a fare riprendere la propria economia che negli anni della seconda Intifada era precipitata in una crisi paragonabile a quella che oggi vivono l'Italia e buona parte dell'Europa.
Il giacimento di gas per la cronaca è stato trovato ad Haifa, in pieno territorio israeliano, e difficilmente qualcuno potrà fare il furbo invocando i mitici "confini di prima della guerra del 1967". Anche perché Haifa è dentro quei confini. Per chi non lo ricordasse, a proposito di confini e paci scomode dopo guerre stravinte, gli israeliani dopo la guerra dei Sei Giorni del giugno 1967, avevano conquistato il Sinai, un pezzo di deserto da reminiscenze bibliche, scoperto poi pieno di petrolio oltre che di beduini dediti al traffico di armi e droga.
Ebbene nel 1977 dopo la firma del trattato di pace con l'ex presidente Anwar el Sadat (assassinato nel 1981 per questo motivo dai fratelli musulmani dell'epoca, tra cui al Zawahiri) tutti i giacimenti di petrolio del Sinai tornarono all'Egitto, che fino a quel momento non si era neanche accorto di averli.
Quale Stato al mondo si sarebbe comportato così dopo una guerra vinta e oltretutto combattuta per legittima difesa? La risposta è semplice: nessuno. Se pensiamo che Saddam Hussein fece gasare 20 mila curdi non per impedire loro di essere tali ma perché sapeva che nella zona di Kirkuk ci sono i giacimenti petroliferi più ricchi dell'Iraq, abbiamo la dimensione etica della cosa.
Tornando a Israele e alle buone notizie che la riguardano, quest'anno la sua economia ha registrato la più veloce crescita in Occidente, almeno secondo il rapporto dell'Ufficio centrale di statistica (Cbs). Più precisamente il prodotto nazionale lordo è cresciuto del 4,5% nel 2010, secondo i dati e le stime Cbs con uno 0,5% in più rispetto alle previsioni.
Ciò a fronte di solo il 2,7% negli altri 33 paesi dell'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse). Israele è uno Stato membro dell'Ocse solo dallo scorso settembre. Ed è andato meglio degli altri Paesi europei (e mediorientali) anche nel tasso di occupazione: il tasso di disoccupazione è stato infatti del 6,7%, rispetto all'8,3% registrato di media negli altri Paesi in questione.
Le statistiche Cbs hanno notato questi trend nell'economia israeliana nel corso del 2010: c'è stato un rallentamento delle esportazioni a partire dal terzo trimestre dell'anno appena passato, dopo l'accelerazione della crescita registrata dal secondo semestre del 2009 in avanti, inoltre anche la rapida crescita dei consumi privati aveva cominciato a rallentare, in compenso però è cresciuto il risparmio dei singoli, tutto indirizzato sul mattone e così c'è stato un boom del mercato immobiliare, ma basato sull'investimento mirato e non sui debiti e quindi al riparo da eventuali bolle.
Se calcoliamo che solo nel 2009, nonostante il grande crollo economico mondiale, l'economia israeliana era cresciuta dello 0,8% ( contro il 4,2% del 2008), abbiamo le dimensioni del miracolo israeliano. Quest'anno appena trascorso, poi, il Pil pro capite è cresciuto del 2,7%, contro un calo del 1,1% registrato l'anno prima.
Nell'Ocse nel suo complesso, questo anno il Pnl pro capite era cresciuto solo del 2,3%. La vera rivincita contro i pregiudizi anti israeliani, le freedom flottillas, le dichiarazioni pazzesche di alcuni uomini politici europei e anche italiani è tutta qui: un vero becca e porta a casa.
Israele: il comitato di Sheshinki si è espresso sulle possibilità di sfruttamento delle risorse
Il Comitato di Sheshinski ha emesso ieri la sua decisione finale sulla possibilità di sfruttare il gas naturale trovato in territorio israeliano, entrando in conflitto con il Consiglio per il controllo della Knesset.
Lo Stato dovrebbe aumentare la propria quota dai ricavi gassiferi e petroliferi futuri. Secondo il Comitato si dovrebbe passare dal 30 percento odierno, al 60%, una percentuale già inferiore a quella che aveva raccomandato nel suo rapporto intermedio.
Gerusalemme, arrestati due palestinesi che lavoravano al consolato britannico
Accusati di traffico d'armi: avrebbero aiutato membri di Hamas nella preparazione di un attentato allo stadio di Tel Aviv
Due palestinesi che lavorano al consolato britannico di Gerusalemme sono stati arrestati con l'accusa di traffico di armi nell'ambito di un'inchiesta su un progettato attentato contro uno stadio di calcio di Tel Aviv. L'annuncio è stato dato ieri da fonti ufficiali israeliane e confermato da un portavoce del Foreign Office a Londra, stando al quale le autorità britanniche hanno chiesto chiarimenti a quelle dello stato ebraico. Lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano, ha fatto sapere che due esponenti di Hamas, ieri sono stati incriminati per avere pianificato un attacco contro il 'Teddy Stadium' di Tel Aviv, dove gioca le sue partite casalinghe la squadra del Beitar. I palestinesi del consolato britannico sono accusati di avere aiutato i due uomini di Hamas a procurarsi delle armi. Secondo le autorità israeliane, l'attacco contro lo stadio doveva essere portato con un razzo ma finora non ne è stata trovata traccia. Pare che il piano fosse ancora alla fase preliminare. La tensione nei Territori palestinesi occupati continua a salire, mentre si rincorrono voci di nuove, imminenti operazioni militari contro la Striscia di Gaza.
I suoi progetti politici restano in parte incompiuti
TEL AVIV, 4 gen - Colpito da un grave ictus cerebrale, la sera del 4 gennaio 2006 l'allora premier Ariel Sharon fu ricoverato d'urgenza in un ospedale di Gerusalemme e versa tuttora in un coma che secondo i medici e' irreversibile.
Il drammatico episodio seguiva mesi di intensa attivita' politica per il coriaceo primo ministro, che aveva 77 anni. Sharon respira in maniera autonoma, tiene gli occhi aperti, ogni tanto sembra stringere la mano a persone che forse riconosce.
Oggi il doppio tributo israeliano, mentre per il giorno 28 si è prenotata la Francia
Già note alcune proposte dentellate: qui la francese, disponibile dal 28 gennaio.
Anche l'Italia ricorderà l'"Anno internazionale della chimica", emettendo - salvo cambiamenti, sempre possibili - l'11 settembre un dentello da 1,00 euro.
Manca tempo, dunque, ma già ora qualche altro Paese ha svelato le proprie carte. Come Israele, che oggi lancia una coppia di esemplari da 4,20 e 6,10 shekel, mentre il turno della Francia arriverà il 27 gennaio in prevendita e il 28 in distribuzione generale: proporrà un 87 centesimi, stampato su supporto normale e autoadesivo.
In entrambi i casi si è preferito, invece di abbandonarsi a soggetti generici o al semplice logo, puntare a circostanze precise.
Tel Aviv cita tutti i tre connazionali insigniti del premio Nobel, sia pure indirettamente poiché ancora in vita. Nelle vignette, infatti, figurano i risultati delle loro ricerche: l'ubiquitina, utile per eliminare le proteine danneggiate o inutili, e il ribosoma, organello che ha un ruolo importante nella sintesi proteica. Gli studi hanno fruttato il prestigioso riconoscimento, attribuito nel 2004 agli israeliani Aaron Ciechanover e Avram Hershko (quest'ultimo di origine ungherese) e allo statunitense Irwin Rose, nel 2009 all'indiano Venkatraman Ramakrishnan, allo statunitense Thomas Arthur Steitz e all'israeliana Ada Yonath.
Anche Parigi ricorda una scienziata che vinse, addirittura due volte (nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica), il Premio: Maria Curie, più volte celebrata oltralpe e soprattutto dalla Polonia, dove nacque.
L'"Anno" è stato deciso nel dicembre 2008 durante la 63a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ne ha affidato la responsabilità all'Unesco e all'Unione internazionale della chimica pura ed applicata (Iupac). "La chimica -spiegano dall'Onu- è fondamentale per la nostra comprensione del mondo e dell'universo". Inoltre, le trasformazioni molecolari sono essenziali alla produzione di cibo, medicine, carburante, innumerevoli manufatti e prodotti. L'"Anno" sarà un'occasione per celebrare l'arte e la scienza chimica e il loro contributo fondamentale alla conoscenza, alla tutela dell'ambiente e allo sviluppo economico. Servirà, al tempo stesso, a richiamare l'attenzione sul "Decennio delle Nazioni Unite dell'educazione allo sviluppo sostenibile", in svolgimento fra il 2005 e il 2014.
Oltre al centenario del secondo trionfo registrato da Maria Curie, nel 2011 cade il centesimo anniversario dell'Associazione internazionale delle società chimiche (Iacs), cui è succeduta la stessa Iupac, "create per affrontare il bisogno della comunicazione scientifica a livello internazionale e di una cooperazione tra chimici, stabilendo nomenclatura e terminologia uniformi".
Morto il fratello di Abu Mazen, condoglianze dal leader di Hamas
NABLUS, 4 gen. - Atta Abbas, fratello del presidente dell'Autorita' nazionale palestinese, Mahmoud (alias Abu Mazen), e' morto ieri a Damasco. A riferirlo e' l'agenzia palestinese Wafa. Alto esponente di Al Fatah, Atta "sognava di vedere la Palestina liberata con Gerusalemme sua capitale": cosi' il leader dell'Autorita' palestinese lo ha ricordato in un comunicato ufficiale in cui ha salutato "il grande fratello combattente che e' andato a unirsi alle carovane dei martiri del nostro paziente popolo pieno di fede". Il primo ministro di Hamas, Ismail Haniyeh, ha chiamato per telefono il 'rivale' Abu Mazen per esprimergli le sue condoglianze. Si tratta della prima conversazione tra i due leader dal 2007, quando Hamas prese il potere nella Striscia di Gaza.
Da Israele a San Biagio per pregare sulla sua tomba
di Giorgio Carnaroli
ARGENTA (FE) - Salvò un'intera famiglia di ebrei dall'invio al campo di concentramento dicendo che erano cristiani, che li aveva battezzati lui. E sabato, primo giorno dell'anno, a distanza di più di sessant'anni da quel eroico gesto, due giovani discendenti della famiglia Moscati, hanno voluto rendere omaggio al salvatore dei loro cari: il parroco d'allora don Antonio Rasi. Un gesto di grande umanità che ha avuto come momento commovente, la visita all'interno del cimitero di San Biagio, davanti alla lapide posta sul sagrato della chiesa del paese e anche nel parco dietro le scuole. Un'area verde che l'amministrazione comunale di Argenta, in pieno accordo con l'allora consiglio di partecipazione e ad alcuni cittadini - primo fra tutti Rino Nicoletti - ha voluto intitolare proprio all'allora parroco di San Biagio. Nel maggio 2008, di fronte all'intera comunità, si tenne infatti la cerimonia di inaugurazione alla presenza del sindaco Giorgio Bellini con a fianco il rabbino capo di Ferrara, Luciano Caro. E' stata una visita lampo quella fatta da due fratelli - un uomo ed una donna accompagnati da moglie e marito, provenienti appositamente da Israele -, il tutto si è svolto grazie soprattutto alla maestra di San Biagio Itala Centofanti che da anni tentava di organizzare questo incontro riuscendoci appunto il primo giorno di quest'anno. Una vera sorpresa anche per Rino Nicoletti che non ha mai dimenticato il 'suo' parroco don Antonio che ha guidato la parrocchia di San Biagio dal 1930 al 1965. Ma come Nicoletti tutti i sanbiagesi non hanno dimenticato questo prete che di fronte ai soldati tedeschi disse che i componenti della famiglia Moscati erano stati battezzati da lui. Una bugia che risultò determinante tant'è che, di fronte all'insistenza dei tedeschi che chiedevano la documentazione dei battesimi, don Antonio Rasi rispose che non poteva rilasciargliela se non dietro l'autorizzazione del vescovo. E così la famiglia Moscati - marito, moglie e tre figli - potè rimanere nascosta in parrocchia. Ebbene, uno dei tre figli che si chiamava Umberto, ha avuto due figli: un uomo ed una donna, gli stessi che il primo giorno dell'anno sono venuti appositamente a San Biagio per rendere omaggio a don Antonio Rasi. Un prete che non solo salvò questa famiglia dal campo di concentramento ma s'impegnò anche per realizzare l'asilo intestato a Maria Teresa Balla vedova Cogolli. Così pure a San Biagio non dimenticano l'impegno che questo prete diede per il teatrino, per gli orfani e appunto, l'ospitalità agli ebrei. Un parroco con un cuore immenso, tant'è che venne chiamato il prete dei poveri.
Nei primi 11 mesi del 2010 oltre 3 milioni di visitatori giunti nel Paese
Sono buoni i dati del turismo italiano verso Israele nel periodo gennaio-novembre 2010. Novembre è stato un mese da record, con 287.814 arrivi da tutto il mondo che rappresentano un incremento del 19% rispetto allo stesso mese del 2009 e un incremento del 9% rispetto al 2008.
Dall'Italia sono 10.193 i visitatori che hanno fatto registrare una crescita del 9% rispetto al mese di novembre del 2009 e del 25% rispetto al novembre 2008. Positivi anche gli arrivi dall'inizio dell'anno: da gennaio a fine novembre sono 3.024.335 i visitatori giunti in Israele provenienti da tutto il mondo che rappresentano una crescita del 24% rispetto allo stesso periodo del 2009 e del 9% rispetto allo stesso periodo del 2008. "La crescita del flusso turistico è il risultato del successo riportato dalle attività marketing realizzate dal Ministero Israeliano del Turismo", ha spiegato il ministro Misekhnikov.
I dati non conteggiano il flusso di pellegrini giunti nel paese per festeggiare Natale e la fine del 2010.
Israeliano e neonazista: arrestato dopo una latitanza di tre anni
Nelle foto che i membri della gang si scattavano a vicenda ci sono tutti gli elementi tipici dell'iconografia neonazista: braccio destro alzato, teste rasate, facce arrabbiate. L'elemento di novità sta nel fatto che in questa banda fossero tutti israeliani: nei loro "raid" picchiavano persone inermi.
Il leader del gruppo, Dmitri Bogotich, ora è stato arrestato dalle autorità di Gerusalemme dopo essere stato estradato dal Kirghizistan. Altri 8 membri del gruppo erano finiti in cella nel 2007.
L'uomo, 24 anni, sarebbe, secondo le accuse, a capo del gruppo Patrol 36: i militanti si riunivano e in gruppo uscivano la sera, dopo la mezzanotte, a caccia delle loro vittime. Poi, le violenze a senzatetto, religiosi, gente di colore, immigrati, omosessuali, a questo va aggiunta anche la profanazione di alcune sinagoghe.
La scoperta di quella organizzazione aveva all'epoca, nel 2007, destato grande clamore, in Israele e all'estero. Bugatich era riuscito a fuggire in Russia con la madre e nei suoi confronti Israele aveva spiccato un mandato di cattura internazionale. Alcuni giorni fa è stato fermato in Kirghizistan e oggi, 3 gennaio, scortato da agenti della polizia israeliana, è stato ricondotto in aereo a Tel Aviv e arrestato.
Secondo il sito 'Pogrom.org.il' - che documenta i fenomeni di "antisemitismo in Israele" attribuiti in genere ad immigrati originari dalla Russia - al momento di massima attività facevano parte di Patrol 36 decine di giovani. Ma nel 2008 il suo leader e altri esponenti del gruppo sono stati condannati a pene detentive (da uno a sette anni) e le attività del gruppo sono cessate. A quanto pare Bugatich - figlio di due scrittori, cresciuto in una famiglia della buona borghesia - era uno degli animatori di 'Patrol 36? e colui il quale ne documentava le attività, con filmati divulgati su YouTube assieme con simboli di stampo nazista.
Il 24enne Regard neopresidente dei giovani ebrei italiani
"Bene Napolitano su giovani generazioni"
"Il 1 gennaio 2011, si è insediato il nuovo Consiglio direttivo dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, con presidente Daniele Massimo Regard, 24 anni, romano". Così una nota dell'Ugei. Il Consiglio, d'intesa con il neoeletto presidente, ha affidato le due vicepresidenze rispettivamente ai consiglieri Benedetto Sacerdoti (Padova) e Davide Lascar (Firenze). Il presidente, durante la prima riunione di consiglio, ha auspicato una sinergica e fruttuosa collaborazione tra il nuovo organico Ugei e le varie istituzioni dell'ebraismo italiano e straniero. "Il buono stato di salute dell'ebraismo italiano di oggi coincide sempre più, necessariamente, con la rinnovata sensibilità, l'interesse, l'impegno e la attenta promozione delle varie realtà giovanili, tanto a livello nazionale che nelle singole comunità". Queste le parole programmatiche di Daniele M. Regard, che ha aggiunto: "Come giovane italiano condivido, assieme a tutto il Consiglio Ugei, l'opinione illustre espressa dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a proposito di un investimento continuo e potente a favore delle giovani generazioni, ringraziandolo di cuore".
Al Qaeda minaccia i cristiani a Gaza, conversione o morte
"Lo status della 'Gente del Libro' a Gaza ora è cambiato. O si convertono all'Islam o devono essere uccisi". È quanto si legge in un comunicato della formazione armata salafita di Gaza denominata 'Organizzazione di al-Qaeda e del Jihad - terra degli avamposti' inviata oggi al sito informativo palestinese 'Hala.ps'.
La cellula di al-Qaeda attiva a Gaza ha annunciato di non considerare più i cristiani che risiedono nella striscia come 'Gente protetta' (come previsto dalla sharia) perché "hanno violato il patto con i musulmani e si sono alleati con i crociati che sono in guerra con l'Islam". Secondo i terroristi palestinesi "i cristiani hanno ormai violato ogni patto con i musulmani e il loro status non rispetta le condizioni previste dalla legge islamica per il riconoscimento di 'Gente protetta'. Non possiamo considerarli come i cristiani del passato perché ora loro stessi non rispettano i musulmani che vivono nei loro paesi. Ci troviamo in una fase in cui i paesi crociati stanno portando avanti una guerra contro l'Islam".
I seguaci palestinesi di Osama Bin Laden criticano inoltre il governo di Hamas che controlla la striscia di Gaza perché ha condannato a morte un miliziano salafita accusato di aver ucciso un cristiano di Gaza. "Questo provvedimento contrasta con la sharia - concludono - perché Maometto disse che non si può uccidere un musulmano che ha ucciso un miscredente".
Internet sta diventando l'arma più efficace dei nemici della democrazia
di Federico Steinhaus
Sono sempre molte le occasioni che si presentano per ragionare sulle vicende del rapporto fra Israele ed i suoi vicini, e quasi sempre le riflessioni sono amare. Quando non vi sono momenti di conflitto armato emerge chiaro il tentativo di delegittimare l'esistenza di Israele sotto il profilo storico-religioso, non potendolo fare su quello giuridico (difatti, come si potrebbe delegittimare uno stato voluto dalle Nazioni Unite?); il metodo oggi più diffuso fra i nemici di Israele (incluse le Nazioni Unite) è quello di negare l'ebraicità di reperti archeologici appartenenti alle narrazioni bibliche, quali la tomba dei Patriarchi ed il Muro occidentale del secondo Tempio, o di personaggi quali Gesù e Maimonide. Difatti, questo il ragionamento, se gli ebrei non hanno alcun legame con quella terra che si chiama Palestina o Terra Santa, non hanno neppure un motivo per rivendicare il diritto a farne la propria patria. La democrazia totale ed incontrollabile di Internet anche da questo punto di vista sta diventando l'arma più efficace proprio dei nemici della democrazia.
Internet assume, nel contesto della regione e dei conflitti che la agitano, un' importanza in crescente espansione. La rete del terrorismo ha imparato molto in fretta a farne un uso sofisticato e funzionale alle sue finalità di diffusione capillare del "verbo", e grazie all'uso spregiudicato di tutti gli strumenti che la rete mette a disposizione sta producendo un numero imprecisabile di cosiddetti cani sciolti o terroristi-fai-da-te, che destabilizzano un sistema democratico più di quanto possano farlo attentati in grande stile.
You Tube e Facebook sono oggi gli strumenti di comunicazione più utilizzati dai jihadisti. Anwar al-Awlaki (un imam nato negli Stati Uniti, ispiratore gli attentati del 2007 a Fort Dix, del 2009 a Fort Hood
Anwar al-Awlaki
e di quello di Natale su un aereo presso Detroit) è sicuramente il personaggio dominante dei video postati su You Tube per mostrare, con le immagini di attentati e videoclips jihadiste, la potenza del terrorismo islamista (lui da solo ha 1910 video postati). Lo scorso 14 maggio una donna, Roshonara Choudry, ha accoltellato un deputato inglese, Stephen Timms, dopo aver ascoltato per 6 mesi i messaggi di Al-Awlaki che l'hanno trasformata da una musulmana ben integrata qual'era in una attivitsta di Al Qaeda. E lo scorso 8 dicembre un altro giovane, Muhammad Hussain (Antonio Martinez il suo nome vero), è stato arrestato per aver progettato un attacco contro un centro di reclutamento americano dopo aver visto il sito di Revolution Muslim: aveva espresso su Facebook il suo desiderio di morire come un martire.
Di Facebook si serve anche una comunità on line, Jihad Al-Ummah, per propagandare la guerra santa; poche ore dopo l'attentato di Stoccolma con un'autobomba nelle vie dello shopping prenatalizio il forum jihadista Shumukh Al-Islam ha pubblicato la foto dell'attentatore, Timur Abd Al-Wahab. Il sito salafita e jihadista Minbar Al-Tawhid Wal-Jihad per parte sua dichiara che è legittimo uccidere i cristiani, che non sono più protetti dallo stato di dhimmi (tollerati): dopo l'uccisione di 52 persone in una chiesa di Bagdad (31 ottobre), di questo proclama si vedono i risultati nefasti in molte parti del mondo islamico.
Gli analisti e storici che si occupano di antisemitismo sottolineano che la persecuzione degli ebrei è sempre antesignana di una estensione delle persecuzioni nei confronti anche del resto dei cittadini, in altre parole che prima si tolgono diritti agli ebrei, poi man mano a tutti. Si direbbe che nel caso della cristianofobia islamica questo assioma venga confermato, e c'è solo da augurarsi che se ne rendano conto quanti hanno la responsabilità istituzionale di opporvisi. Voglio ricordare cosa scrisse il pastore Martin Niemöller a proposito del nazismo: "Prima vennero per gli ebrei e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero per i comunisti e io non dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i sindacalisti e io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa".
Chiudiamo con una notazione meno cupa. Internet serve anche ad altro, e talvolta vi si trovano chicche inaspettate. Così il sito del mitico Mossad (mossad.gov.il) nella sua versione in ebraico offre lavoro come se cercasse elettricisti o idraulici: "Il ruolo dei tuoi sogni", questo è l'amo che gettano e magnificano il ruolo che - dicono - richiede fantasia e passione per le sfide, un lavoro diverso e particolare, un incarico non di routine e dinamico che richiede numerosi viaggi all'estero Hai l'opportunità, aggiungono, di creare una realtà nella quale sarai tu ad avere un ruolo centrale. Potrai influenzare direttamente e realizzare la tua missione personale di patriota.
Servizi di Israele sventano un attacco contro lo stadio di Gerusalemme
Due terroristi volevano colpire "Teddy Stadium" durante la partita
GERUSALEMME, 2 gen. - I servizi segreti israeliani hanno sventato un attentato terroristico contro uno stadio di calcio a Gerusalemme. Lo rivelano i servizi di sicurezza interna dello Stato ebraico, Shin Bet, in un comunicato, precisando che sono stati arrestati un palestinese e un arabo israeliano. Nell'operazione di intelligence sono state fermate anche altre tre persone accusate di aver venduto armi ai due principali sospetti, Moussa Hamada e Bassem Omari, nel passato militatni di Hamas e dei Fratelli musulmani a Gerusalemme. Secondo l'accusa, l'obiettivo dei due uomini era quello di lanciare un razzo sul "Teddy Stadium", il principale impianto di Gerusalemme Ovest (la parte israeliana della città santa), durante un incontro di calcio, secondo lo Shin Bet.
Il processo parigino alla "banda dei barbari" che rapì, torturò e uccise un giovane ebreo
di Elena Lattes
Youssouf Fofana, il 4 marzo 2006, giorno del suo arresto
in Costa d'Avorio
Iniziato il 25 ottobre scorso si è concluso recentemente il processo in appello alla "banda dei barbari", quel gruppo che all'inizio del 2006 rapì e torturò fino ad ucciderlo Ilan Halimi, 23enne ebreo parigino. Le udienze, come quelle in primo grado, si sono tenute a porte chiuse (poiché due degli imputati erano minorenni all'epoca dei fatti), contrariamente a quanto era stato chiesto dalla parte civile.
Nonostante Youssouf Fofana, capo della banda e il più violento, non fosse presente (aveva rinunciato al ricorso in appello), l'atmosfera è stata tesa durante tutto il processo e alcune udienze sono statesospese; un giurato è svenuto quando sono state riesposte le condizioni di detenzione e le torture subite da Ilan; non sono nemmeno mancati episodi di aggressioni fisiche: uno dei rapitori Jean Cristophe Soumbou, in una delle udienze, ha sferrato un pugno a Jerome R. uno dei carcerieri e primo interpellato nel processo, definendolo "sporco traditore". Il padre di quest'ultimo a sua volta ha restituito il pugno al mittente.
Le condanne risultate da questo appello sono leggermente più pesanti delle precedenti per sette dei 17 accusati della banda. A Jean-Christophe Soumbou e Samir Aìt-Abdelmalek, considerato il braccio destro del capo Youssouf Fofana, hanno dato tre anni in più (18 anziché quindici).
Confermate le pene dei minorenni all'epoca dei fatti. In particolare ad Emma, la ragazza che servì da esca, sono stati dati 9 anni.
La corte ha altresì riconosciuto il carattere antisemita degli atti compiuti, ma secondo Emilie Frèche, autrice, insieme alla signora Ruth Halimi, mamma del ragazzo, del libro "24 giorni. La verità sulla morte di Ilan Halimi" tradotto anche in italiano, il caso è stato trattato come un semplice fatto di cronaca.
"Alcuni sostengono - dice la scrittrice in un'intervista - che l'equazione ebreo = denaro sia appropriata e non sia un pericoloso pregiudizio. Per questo penso che la Francia si sia privata di un processo pedagogico. Se la storia raccontata nel libro ha commosso la gente è perché si parla della sofferenza di una mamma che è universale e tutti vi si possono riconoscere. Solo in questo modo è stato possibile far passare il messaggio. Ma se il processo non si fosse svolto a porte chiuse tutti si sarebbero potuti rendere conto che chiunque dei nostri figli potrebbe un giorno far parte della 'Banda dei Barbari', come essi stessi si sono definiti.
La tentazione di barbarie esiste in ciascuno di noi. Tutti avrebbero potuto vedere che l'antisemitismo comincia a partire dal momento in cui si decide di andare su e giù per i negozi di boulevard Voltaire alla ricerca di ebrei invece che per quelli di un'altra zona di Parigi. È per questo che Ruth avrebbe voluto un processo pubblico. L'antisemitismo non riguarda gli ebrei, ma riguarda tutti noi. Se un nero viene ucciso a causa del colore della sua pelle, mi sentirei coinvolta in quanto essere umano.
Desidererei esserne informata e non vorrei che il delitto venisse annunciato soltanto davanti al Consiglio rappresentativo delle associazioni dei neri (in francese CRAN). Se una donna è massacrata perché è una donna, spero ugualmente che ci siano degli uomini interessati al caso".
Altri hanno deplorato l'indulgenza della corte nei confronti di Emma, l'esca.
Soddisfatta, invece, l'avvocato della parte civile, Sig.ra Szpiner: "tutti i carcerieri hanno avuto un aggravamento della pena" (fino ad un massimo di 3 anni in più).
Cristianofobia - Pacifici e Di Segni: non restiamo indifferenti
ROMA, 2 gen. - "Le notizie che ci arrivano da Alessandria d'Egitto ci impongono a non rimanere indifferenti di fronte ad una tragedia che colpisce i cristiani in paesi che vanno dal Sudan alla Nigeria, dall'Iraq e fino a Gaza", affermano in una nota congiunta Riccardo Pacifici, presidente della Comunita' ebraica di Roma e Riccardo Di Segni, Capo Rabbino della Comunita' ebraica di Roma, "Aderiamo con convinzione all'iniziativa proposta dall' amministrazione cittadina per ribadire il ruolo di Roma Capitale, quale luogo di confronto, rispetto e modello tra le diverse confessioni della nostra citta'. Come un anno fa, quando ricevemmo in Sinagoga Papa Benedetto XVI", concludono Pacifici e Di Segni, "ribadiamo la nostra preoccupazione per le atroci condizioni di violenze che alcune comunita' cristiane nel mondo sono costrette a vivere".
Modena - Distrutta la lapide che ricorda le vittime dei lager
MODENA, 1 gen 2011 - Ignoti hanno distrutto durante la notte la lapide che nel Parco della Resistenza ricorda le vittime dei campi di sterminio nazisti. Informato dell'accaduto dal questore, il sindaco Giorgio Pighi ha commentato: "Un gesto inqualificabile di razzismo e di disprezzo, concepito da qualche mente delirante che ignora la storia e i principi della civile convivenza".
La lapide, inaugurata il primo febbraio 2004, era gia' stata distrutta nelle settimane successive e ricostruita dal Comune lasciando volutamente in evidenza i segni dell'atto vandalico.
"Per la seconda volta - prosegue Pighi - ci troviamo di fronte ad un gesto che esprime disprezzo nei confronti delle vittime di una pagina tragica della storia del Novecento, che ha visto l'annientamento di 6 milioni di ebrei nei campi di sterminio. Purtroppo anche l'Italia ha dato il suo infame contributo, con l'approvazione delle leggi razziali del 1938.
La cultura dell'odio - conclude il sindaco di Modena - e' ancora presente e bisogna rafforzare gli anticorpi per evitare che, nella mente di qualche delirante, il razzismo di oggi contro gli stranieri si fondi con il razzismo di ieri contro il popolo ebraico". Gia' nella mattinata di oggi, l'assessore comunale ai Lavori pubblici Antonino Marino ha attivato gli uffici del Servizio logistica e manutenzione per recuperare i frammenti della lapide e procedere al ripristino. "Anche in questo caso - precisa l'assessore - la lapide sara' ricostruita lasciando in evidenza i segni di un atto vandalico che esprime disprezzo per le persone e per la storia".
(AGI, 1 gennaio 2011)
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L'Anpi: "Sentimenti razzisti e fascisti ancora presenti"
MODENA, 2 gen 2011 - L'Associazione Nazionale Partigiani e Antifascisti di Modena, commentando in una nota la distruzione della stele che ricorda in città le vittime dei lager, ha espresso "profonda indignazione di fronte all'offesa recata alla memoria di chi ha subito grave danno e ingiurie, al popolo ebreo". La lapide è stata gravemente danneggiata dai vandali nella notte tra venerdì e ieri al Parco della Resistenza, e il Comune ha già avviato la procedura per la sua riparazione.
"Ancora una volta - ha sottolineato la presidente di Anpi Modena, Aude Pacchioni - si è voluto colpire un simbolo e un segno di memoria caro ai modenesi. Ciò non cambia la verità storica, ma rafforza la convinzione che sentimenti razzisti e fascisti sono ancora presenti e che contro questi occorre continuare l'impegno civile e democratico".