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Notizie maggio 2010

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Nirenstein: La crisi è dovuta alle provocazioni subite da Israele

"Esprimo dispiacere per i morti e i feriti. Purtroppo la provocazione, portata a Israele da un gruppo che con un'organizzazione pacifista ha poco ha che fare, ha raggiunto lo scopo di creare una grave crisi. Quello che e' accaduto e' il tragico risultato di un'azione di disturbo nei rapporti internazionali da parte di gruppi simpatizzanti di Hamas". Cosi' si e' espressa la parlamentare del PdL Fiamma Nirenstein, vicepresidente della commissione Esteri della Camera, in una dichiarazione all'ADNKRONOS sull'assalto della marina militare israeliana alla nave della Freedom Flotilla diretta verso la Striscia di Gaza.
"Israele aveva offerto a questi gruppi di ispezionare le loro navi, in modo da assicurarsi che ad Hamas non venissero portate armi o esplosivi e si era offerta poi di consegnare i doni che dicevano di portare ai destinatari. Ma loro hanno rifiutato. Quando gli israeliani hanno raggiunto la prima nave della pattuglia turca, dove era concentrata la leadership movimentista formata da persone che sarebbe molto difficile definire attivisti di pace, e' cominciata l'aggressione fisica nei confronti dei militari israeliani.
Secondo le cronache israeliane ci sarebbero stati anche dei tentativi di linciaggio ai danni dei soldati di Gerusalemme, portati con coltelli, gas e spranghe di ferro e si sono registrai spari da parte dei naviganti, tanto che due soldati israeliani versano in questo momento in gravi condizioni. A quel punto, i soldati israeliani hanno risposto. Quello che e' accaduto e' increscioso ma dipende da un micidiale estremismo internazionale. Andare a portare aiuti a Gaza, che in questo momento e' uno staterello guidato da un'organizzazione terroristica che vuole distruggere Israele ed e' contraria anche ai suoi fratelli palestinesi di Fatah, e' un gesto irresponsabile da parte del governo turco che ha aiutato le organizzazioni della flottiglia. Ora si attendono i risultati di un'inchiesta gia' avviata da Israele".

(Il popolo della libertà, 31 maggio 2010)



"Pacifista" islamico in missione "umanitaria" sulla flottiglia (foto Haaretz)

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«Era come un linciaggio pianificato»

Gli attivisti internazionali a bordo della flottiglia (che intendeva forzare il blocco israelo-egiziano anti-regime di Hamas a Gaza) hanno aperto il fuoco sui soldati israeliani mandati ad abbordare le navi, dopo che la flottiglia aveva ignorato l'ordine di fermarsi. È quanto hanno spiegato lunedì mattina fonti delle Forze di Difesa israeliane. Secondo le fonti, gli attivisti internazionali "avevano preparato un vero e proprio linciaggio" dei soldati saliti a bordo delle navi intorno alle 2.00 di lunedì mattina dopo che, alcune ore prima, era stato impartito l'ordine di fermarsi o di farsi scortare dalle navi israeliane fino al porto di Ashdod.
Secondo le Forze di Difesa israeliane, nel violento scontro che ne è seguito vi sarebbero stati almeno 10 attivisti morti e sei soldati israeliani feriti, alcuni anche da armi da fuoco (uno versa in condizioni critiche).
Dopo essere saliti a bordo delle navi, i militari hanno incontrato una violenta resistenza da parte di passeggeri armati di pugnali, bastoni, spranghe di ferro e alcune armi da fuoco. I soldati hanno inizialmente fatto ricorso a mezzi anti-sommossa non letali per disperdere la folla, ma alcuni attivisti sono riusciti a impadronirsi dell'arma di un militare e hanno aperto il fuoco, scatenando la reazione e la sanguinosa escalation.
"Era come un linciaggio pianificato - ha detto uno dei soldati - Questi erano tutto meno che attivisti pacifisti".
Le Forze di Difesa israeliane dicono che le navi saranno comunque scortate nel porto di Ashdod dove, nonostante le violenze, il carico di aiuti, dopo la dovuta ispezione, verrà trasferito alla striscia di Gaza via terra, attraverso i valichi di frontiera usati normalmente ogni giorno per far arrivare nel territorio controllato da Hamas tonnellate di beni necessari.
Nei gironi scorsi gli attivisti della flottiglia avevano ripetutamente annunciato che non avrebbero opposto nessuna resistenza all'eventuale intervento delle Forze di Difesa israeliane.

(Jersualem Post, 31 maggio 2010 - da israele.net)

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Poteva Israele evitare la sfida e lasciar passare la flottiglia? No, non poteva

di Ugo Volli

Cari amici, volete capire freddamente che cos'è successo stamattina nella acque davanti a Israele? Ripensate alla famosa frase di Clausewitz: la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. La politica consiste nel cercare di accumulare consenso con gesti simbolici e discorsi, di negoziare alleanze, di imporre così degli obiettivi e di realizzarli sul terreno. La guerra sostituisce ai discorsi le azioni fisiche e punta soprattutto a indebolire il nemico, a metterlo in difficoltà, per acquisire così un vantaggio. Nel caso di Gaza l'obiettivo politico immediato è stabilire la legittimità di Hamas e della sua "lotta"; quello più a lungo termine, naturalmente, la distruzione di quell'entità "estranea" (Sergio Romano) che è Israele. La guerra non sono più i carri armati e non ancora i missili balistici e le atomiche; oggi sono i razzi Kassam, gli attentati e le azioni che indeboliscono la capacità israeliana di autodifesa.
La spedizione delle navi turche e degli attivisti di sinistra verso la Striscia è stato un atto di questa guerra, freddamente calcolato e organizzato in maniera militare. L'obiettivo dei "pacifisti" armati che le popolavano non era affatto assistere la popolazione: in quel caso avrebbero accettato le forme di trasporto indiretto dei materiali proposte da Israele. Quello era solo un pretesto. Il punto era "rompere il blocco", cioè aprire la strada a un futuro comodo rifornimento di armi pesanti per Hamas e alla sua possibilità di proiettarsi all'esterno; oppure obbligare Israele a intervenire, come ha fatto, danneggiando ancora la sua immagine internazionale, isolandolo, indebolendolo. Come si è espresso nei giorni scorsi un capo di Hamas, "noi abbiamo vinto comunque, o riapriamo il porto di Gaza, oppure smascheriamo Israele".
In termini militari questa si chiama guerra asimmetrica, ed è la strategia dei palestinesi da sempre. Di fronte a una forza militare maggiore si compiono azioni che colpiscono la normalità della vita quotidiana (gli attentati alle fattorie degli anni Cinquanta, i dirottamenti degli anni Sessanta, le stragi all'estero, gli attentati suicidi, i rapimenti e i razzi), non pensando che questo modifichi l'equilibrio militare, ma facendo sì che il nemico si trovi nell'"alternativa del diavolo" di non reagire al terrorismo che minaccia la sua popolazione e quindi logorare la sua stessa esistenza o presentarsi come oppressivo, violento e inumano. E' quel che è accaduto negli ultimi anni con la guerra in Libano, con quella di Gaza e oggi con la flottiglia allestita dai turchi. Lo scopo è delegittimare Israele, renderlo incerto sul suo stesso territorio, trasformarlo in una stato paria. Purtroppo in buona parte questo è già successo. In questa guerra asimmetrica hanno una parte importantissima le organizzazioni internazionali (pensate al consiglio dei diritti umani dell'Onu e al giudice Goldstone), le organizzazioni "umanitarie" che agiscono in maniera unilaterale, gli intellettuali e i giornalisti che invece di spiegare quel che accade producono pregiudizi e demonizzazioni. Chi legge Informazione Corretta sa bene come queste forze della guerra asimmetrica dell'informazione siano massicciamente schierate.
Poteva Israele, come hanno suggerito i soliti noti di Haaretz e dintorni, evitare la sfida e lasciar passare la flottiglia? No, non poteva. Se Hamas realizzasse l'obiettivo tattico di avere libero accesso all'esterno senza controlli israeliani - il senso della "rottura del blocco" voluta dai "pacifisti" è questo - in mezzo al Mediterraneo si stabilirebbe un santuario terroristico, una base armata inattaccabile per l'islamismo combattente, l'equivalente della Somalia o delle valli tribali del Pakistan. Anche l'Egitto, che certo non vuol bene a Israele, tiene bloccata Gaza: perché è il solo modo per contenere una minaccia terrorista globale (a parte la riconquista della Striscia, che sarebbe stata opportuna già l'anno scorso, quando Olmert e Barak non ebbero il coraggio di andare fino in fondo - ma oggi dopo Goldstone e con Obama al potere è praticamente impossibile). Fra i due rischi, un'ennesima demonizzazione globale e la liberazione strategica di Hamas, Israele ha scelto giustamente il male minore e ha mandato i suoi ragazzi ad affrontare, col minor uso della forza possibile, "pacifisti" armati e militarmente organizzati.

(Informazione Corretta, 31 maggio 2010)


«Delegittimare Israele», proprio questo è l’obiettivo dell’antisemitismo giuridico. Chi appoggia Israele non solo per motivi di affezione o simpatia, ma perché convinto della legittimità biblica, storica e politica dell’esistenza di questo Stato, sarà forse addolorato e preoccupato per le possibili conseguenze dolorose di quanto è avvenuto in queste ore, ma sarà confermato nella necessità ancora più impellente di mantenersi con decisione dalla parte dello Stato ebraico. M.C.

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Ong turca diretta a Gaza era stata bandita da Israele nel 2008

ROMA, 31 mag. - Insani Yardim Vakfi (Ihh), la ong turca alla guida della "Freedom Flottilla" diretta verso la Striscia di Gaza, e' un'organizzazione umanitaria attiva in oltre cento Paesi. Israele l'ha bandita nel 2008 per la sua partecipazione alla "Union of Good", unione di 50 organizzazioni islamiche internazionali, che fornisco sostegno ad Hamas, e dopo la pubblicazione, nel 2006, di un Rapporto a cura del "Danish Institute for International Studies", dal titolo, "Il ruolo delle organizzazioni umanitarie islamiche nel reclutamento e finanziamento del terrorismo internazionale".
Nel Rapporto, firmato dallo studioso americano Evan Kohlman, si sottolineava il ruolo svolto da alcune ong, come Ihh, che alla attivita' ufficiale di supporto umanitario affiancherebbero, piu' o meno occasionalmente, quella di militanza attiva in favore di organizzazioni terroristiche. Il centro studi israeliano "Intelligence and Terrorism Information Center", negli ultimi tempi ha ripetutamente puntato il dito contro Ihh, in particolare per il suo sostegno finanziario ad Hamas.
Secondo l'Intelligence and Terrorism Information Center, la ong turca, per meglio gestire le proprie attivita' pro Hamas, ha anche aperto un ufficio nella striscia di Gaza. Si cita anche l'incontro, avvenuto nel gennaio del 2009 tra il leader di Ihh, Bulent Yildirim, e Khaled Mashaal, capo dell'ufficio politico di Hamas a Damasco. Nelle scorse settimane, le forze di sicureza israeliane avevano arrestato in Cisgiordania l'attivista turco Izzet Shahin, sospettato di essere un membro di Ihh, e successivamente lo avevano espulso.

(Adnkronos, 31 maggio 2010)

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Il nodo di Gaza - Minerbi: "Facile parlare con il senno del poi"

di Rossella Tercatin

Le notizie su quello che è accaduto nella notte tra la Marina dell'esercito israeliano e le navi della Freedom Flotilla rimbalzano ancora confuse, e centinaia di voci si alzano in tutto il mondo per condannare Israele, senza conoscere con precisione i fatti, come ha dichiarato alla Bbc un portavoce del Ministero degli Esteri israeliano.
Sergio Minerbi, diplomatico israeliano di origine italiana, già ambasciatore d'Israele presso la Comunità europea a Bruxelles, oggi professore universitario e commentatore di diverse testate giornalistiche, tra cui il giornale dell'ebraismo italiano "Pagine Ebraiche", da Gerusalemme esprime le prime valutazioni su uno degli episodi più drammatici e destinati a far discutere degli ultimi anni.

- Ambasciatore, come spiegare quello che è successo?
- In realtà la situazione non è ancora chiara. Quello che è certo è che i soldati israeliani che dovevano ispezionare le navi della Freedom Flotilla si sono trovati davanti persone tutt'altro che pacifiche. Gli attivisti a bordo hanno tentato di linciarli, con coltelli, bastoni e armi da fuoco. Sono state rinvenute pistole e molte munizioni. I soldati hanno reagito. Ci sono stati feriti, si parla di una ventina di morti. Ma è troppo presto per dire di più.

- Intanto sui giornali di tutto il mondo si parla di 'assalto' dell'esercito israeliano alle navi pacifiste, e Hamas esorta all'Intifada davanti a tutte le ambasciate israeliane. Secondo il suo parere, si rischia un'escalation?
- Hamas è consapevole che una nuova Intifada o guerra non convenga a nessuno. Non credo quindi ci saranno particolari conseguenze. Certo è che da Gaza, Hamas continua a lanciare razzi, gli ultimi due giorni fa. Quello che sarebbe importante che i leader e l'opinione pubblica mondiale comprendessero, è che non c'è crisi umanitaria a Gaza. Tutti i giorni, compreso stamattina, 160 autocarri portano nella Striscia cibo e medicine. Anche nel caso della Flotilla, Israele ha offerto più volte di far sbarcare il carico ad Ashdod, e poi trasferirlo a Gaza. Ma questa proposta non è stata accettata. Perché? Come ha spiegato la portavoce dell'organizzazione, che guarda caso è rimasta a Cipro, questo non sarebbe stato possibile perché le navi non trasportano semplicemente generi alimentari e medicinali, ma materiale che compare sulla lista nera israeliana. Come il cemento, che serve per costruire i bunker. Altro che intenzioni pacifiche.

- Dal punto di vista mediatico però questa operazione sta già avendo grosse conseguenze. Non si sarebbe potuto gestire meglio la situazione sin dall'inizio?
- È facile parlare con il senno del poi, ma in questo caso non credo ci fossero molte alternative. La Freedom Flotilla aveva due obiettivi, è chiaro, da un lato danneggiare Israele dal punto di vista mediatico e dall'altro introdurre a Gaza materiale proibito. Questo andava impedito. Difficile immaginare qualcosa di diverso.

- Questo episodio di inserisce nel quadro delle relazioni sempre più delicate tra Israele e Turchia.
- La verità è che da due anni a questa parte il primo ministro Erdogan ha deciso di trasformare il suo paese in uno stato islamico e si è mosso di conseguenza. Sono le sue intenzioni a contare davvero. Dopo questa svolta, la Turchia si è avvicinata a Iran e Siria e la tensione con Israele ha iniziato a crescere. I fatti di questi giorni non sono che una manifestazione della nuova rotta, non rappresentano una novità nei rapporti tra Israele e Turchia di per sé.

- Quali conseguenze dovrà aspettarsi Israele dal punto di vista dei leader politici e dell'opinione pubblica mondiale?
- Io direi semplicemente 'more of the same'. Chi è disposto ad ascoltare le nostre ragioni, continuerà a farlo, chi è contro di noi avrà una scusa in più per rimanere tale. Dal mio punto di vista il problema vero è un altro. Il mondo non vuole rendersi conto che Gaza oggi è governata da un regime terroristico. Hamas non vuole la pace, né accetterà mai il riconoscimento di Israele. La comunità internazionale, Unione europea in primis, continua ad aiutarli attraverso le organizzazione non governative. E questo non aiuta la pace.

(Notiziario Ucei, 31 maggio 2010)

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La «guerra» in Medio Oriente si riscalda

TEL AVIV - La «guerra» in Medio Oriente si riscalda. «Israele ha dislocato tre sommergibili con missili Cruise a testata nucleare a ridosso dell'Iran», scrive il «Sunday Times» a Londra riprendendo un giornale israeliano; Netanyahu ha spiegato a Berlusconi che la Siria ospita basi di Hezbollah e la milizia è armata di missili Scud puntati contro Israele; un giornale israeliano «scopre» una strana base nel nord della Siria: fotografie satellitari dimostrerebbero la presenza di strutture che potrebbero nascondere, ipotizza l'autore dell'articolo, impianti militari segreti che, aggiunge, potrebbero ospitare le «armi di distruzione di massa» di Saddam Hussein. Nei giorni precedenti l'attacco americano all'Iraq, giravano voci riguardo al probabile trasferimento di componenti nucleari e armi chimiche dall'arsenale del dittatore iracheno alla Siria. Voci mai confermate. L'atmosfera torbida e cupa di quasi dieci anni fa sembra essere piombata sulla regione. Nei prossimi giorni, il premier israeliano sarà a Washington. È la sua terza visita e spera di venir trattato meglio di quanto non in passato. Obama gli vuole parlare: la firma americana sul documento che chiede a Israele di aprire il suo arsenale atomico agli ispettori dell'Aiea è stato definito dalla stampa israeliana uno «schiaffo in faccia». Netanyahu cercherà di portare il discorso lontano dalle trattative con i palestinesi e dalle esortazioni della comunità internazionale a parlare con la Siria. La minaccia vera, dirà ancora, è l'Iran. E Israele, come avverte l'anonimo ufficiale citato dal «Sunday Times», non intende stare a guardare. Almeno uno dei tre sottomarini di fabbricazione tedesca - Dolphin, Tekuma, e Leviathan - è già nell'Oceano indiano. Deve raccogliere informazioni, può mettere a terra in territorio iraniano agenti del Mossad e, soprattutto, è capace di lanciare missili Cruise a testata nucleare con una gittata di 1500 chilometri. L'avvertimento è chiaro. Israele un anno fa bombardò a sorpresa una «centrale nucleare siriana» in costruzione. Le strutture fotografate dai satelliti spia e quelle «a disposizione di Hezbollah» sono già nel mirino.
«Israele ha dislocato tre sommergibili con missili Cruise a testata nucleare a ridosso dell'Iran», scrive il «Sunday Times» a Londra riprendendo un giornale israeliano; Netanyahu ha spiegato a Berlusconi che la Siria ospita basi di Hezbollah e la milizia è armata di missili Scud puntati contro Israele; un giornale israeliano «scopre» una strana base nel nord della Siria: fotografie satellitari dimostrerebbero la presenza di strutture che potrebbero nascondere, ipotizza l'autore dell'articolo, impianti militari segreti che, aggiunge, potrebbero ospitare le «armi di distruzione di massa» di Saddam Hussein. Nei giorni precedenti l'attacco americano all'Iraq, giravano voci riguardo al probabile trasferimento di componenti nucleari e armi chimiche dall'arsenale del dittatore iracheno alla Siria. Voci mai confermate. L'atmosfera torbida e cupa di quasi dieci anni fa sembra essere piombata sulla regione. Nei prossimi giorni, il premier israeliano sarà a Washington. È la sua terza visita e spera di venir trattato meglio di quanto non in passato. Obama gli vuole parlare: la firma americana sul documento che chiede a Israele di aprire il suo arsenale atomico agli ispettori dell'Aiea è stato definito dalla stampa israeliana uno «schiaffo in faccia». Netanyahu cercherà di portare il discorso lontano dalle trattative con i palestinesi e dalle esortazioni della comunità internazionale a parlare con la Siria. La minaccia vera, dirà ancora, è l'Iran. E Israele, come avverte l'anonimo ufficiale citato dal «Sunday Times», non intende stare a guardare. Almeno uno dei tre sottomarini di fabbricazione tedesca - Dolphin, Tekuma, e Leviathan - è già nell'Oceano indiano. Deve raccogliere informazioni, può mettere a terra in territorio iraniano agenti del Mossad e, soprattutto, è capace di lanciare missili Cruise a testata nucleare con una gittata di 1500 chilometri. L'avvertimento è chiaro. Israele un anno fa bombardò a sorpresa una «centrale nucleare siriana» in costruzione. Le strutture fotografate dai satelliti spia e quelle «a disposizione di Hezbollah» sono già nel mirino.

(Il Mattino, 31 maggio 2010)

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Disarmo: Obama a Netanyahu, la sicurezza di Israele non è a rischio

TORONTO - Barack Obama ha fornito 'inequivocabili rassicurazioni' a Netanyahu che la sicurezza di Israele non e' a rischio. Lo riferiscono fonti dell'uffico del premier israeliano, preoccupato ddel sostegno Usa alla dichiarazione della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Il documento chiede allo Stato ebraico di aderire al Tnp, ponendo le sue atomiche - mai dichiarate - sotto il controllo dell'Aiea.

(AGI, 30 maggio 2010)


«La sicurezza di Israele non è a rischio». Se lo dice Obama, Israele può essere tranquillo. Ved. il riferimento al «Processo di pace» riportato sopra.

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Tono minore al rito del figlio di Rahm Emanuel

Per destra è responsabile della politica Usa negativa per Israele

GERUSALEMME, 30 giu - L'estrema destra israeliana non e' riuscita a turbare a Gerusalemme la cerimonia di Bar Mitzvah del figlio del braccio destro di Obama. Tuttavia e' riuscita a imporre un tono minore. Il rito per l'assunzione dei diritti e doveri religiosi e sociali si e' svolto in un'area appartata del Muro del Pianto e sotto la protezione di decine di poliziotti.
Per l'estrema destra il capo di Gabinetto Rahm Emanuel influenzerebbe il presidente degli Stati Uniti in modo negativo per Israele.

(ANSA, 30 maggio 2010)

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"Visita la Siria", pubblicità su un giornale israeliano

Resti di Palmira
Un vistoso annuncio pubblicitario che magnifica le bellezze archeologiche della Siria viene pubblicato (in forma anonima) su una pagina intera del quotidiano israeliano Yediot Ahronot, mentre fra i due Paesi resta elevata la tensione militare.
"La Siria, a partire da 329 dollari, inclusi il volo, un albergo a tre stelle e il noleggio di un'automobile per quattro giorni" offre il testo che mostra un'immagine delle rovine archeologiche di Palmira (200 chilometri a nord di Damasco), presentata col suo antico nome di Tadmor.
Secondo storici antichi, Tadmor sarebbe stata fondata tremila anni fa dal biblico re Salomone. Ma ricercatori moderni ritengono che possa trattarsi di un errore di identificazione. I cittadini israeliani non possono entrare nel territorio siriano e dunque l'obiettivo dell'insolito annuncio pubblicitario resta per il momento indecifrabile.

(Blitz quotidiano, 30 maggio 2010)

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Gaza, la "flotta pacifista" rifiuta di aiutare Shalit

CESAREA (Israele) — S'è stancato d'allargare le braccia. «Sono quattro anni che vivo di delusioni. Questa è solo una in più...». Sono quattro anni che Noam Shalit, ogni giorno, cerca d'inventarsi qualcosa per non far dimenticare suo figlio Gilad, il caporale israeliano che Hamas tiene ostaggio a Gaza. «Le provo tutte».
Ieri sera un sit-in a Cesarea, davanti alla villa dove il premier Bibi Netanyahu si ritira per il weekend. L'altroieri, un approccio ai pacifisti della Freedom Flotilla, la flotta di navi pacifiste che sta tentando di forzare il blocco navale israeliano e di portare aiuti nella Striscia. Da Bibi, una manifestazione simbolica come tante altre. Dai pacifisti, la speranza d'un aiuto più concreto: «Mi hanno deluso — dice papà Noam —. Avevo proposto loro uno scambio: la mia famiglia vi sostiene e voi, quando incontrate i leader di Hamas, chiedete che mio figlio sia visitato dalla Croce rossa. In quattro anni, contro ogni convenzione internazionale, nessuno l'ha mai potuto vedere. Avevo preparato anche dei pacchi e delle lettere, un aiuto umanitario elementare. Ci speravo. Invece i pacifisti hanno risposto di no: "Il nostro obiettivo è solo di rompere l'assedio". Credo che il loro obiettivo sia solo provocare: vanno là a sostenere Hamas, non ad aiutare la gente».
Free Gaza, not Shalit. Più o meno stessa ora del sit-in di Cesarea, il gran capo islamico Ismail Haniyeh s'è presentato nel porticciolo dell'Hamastan in un tripudio di bandiere turche, per elogiare «il coraggio di Ankara nel rompere la sua amicizia con Israele e nel sostenere l'impresa storica di questa flotta contro la pirateria sionista». Era lì per accogliere i pacifisti, cinque navi, 10mila tonnellate d'aiuti e cemento, 500 volontari da quaranta Paesi, compresi il vescovo Hylarion Capucci e lo sceicco Raed Sallah, la Nobel per la pace Màiread Corrigan-Maguire e pure un gruppetto d'italiani. Attesa vana: alla fine anche i turchi, che per giorni hanno sponsorizzato la spedizione, che ancora ieri si sbilanciavano nel paragonare le vittime di Gaza a quelle dell'11 settembre (parole del premier Tayyip Erdogan), pure loro hanno cominciato a fare difficoltà. La Flotilla è rimasta nella parte turca di Cipro, quella che la comunità internazionale non riconosce, e ha dovuto rimandare a stamane il blitz su Gaza: gli organizzatori vorrebbero imbarcare una ventina d'eurodeputati e di sopravvissuti alla Shoah, sperando così di mettere in difficoltà la Marina israeliana.
Sarà un caldo D-Day, oggi. «Li intercettiamo, li denunciamo, li rimandiamo indietro», promette il viceministro Danny Ayalon. Da Gerusalemme, il governo parla di «rozza trovata pubblicitaria» e promette di non andare troppo per il sottile: al porto di Ashdod sono pronti migliaia di soldati e poliziotti, centinaia di tende bianche e una quarantina di bus per i pacifisti che verranno arrestati. L'ultima volta, li hanno dovuti trattenere una settimana.
Stavolta, si vogliono tempi più rapidi: gli aiuti saranno consegnati a Gaza via terra e via Onu. Anche se, ironizza il governo israeliano, il fatto che nella Striscia ci sia un 80% di persone che sta male, il fatto che il cibo passi per i tunnel, non significa che si faccia davvero la fame: il consiglio «ai molti giornalisti presenti a Gaza è di visitare la nuova piscina inaugurata» da Hamas o di cenare al raffinato Roots Club et Restaurant, «dove cucinano un ottimo filetto alla Strogonoff e la crema di spinaci». Allusioni a un'informazione ritenuta troppo schierata. «Cattivo gusto», dicono le Ong. In una vicenda, papà Shalit insegna, dove buon gusto e sensibilità sono ormai in ostaggio.

(Corriere della Sera, 30 maggio 2010)

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Quei "pacifisti" che corrono in soccorso dei terroristi Hamas

Non è del tutto chiaro se la flottiglia sedicente "umanitaria" che, all'insegna dello slogan "Free Gaza" punta a forzare tra domenica e lunedì' il blocco anti-regime di Hamas sulla striscia di Gaza, sia genuinamente votata alla libertà di Gaza. Il suo principale obiettivo sembra essere piuttosto quello di delegittimare il diritto di Israele a tutelarsi da "Hamas-stan": lo stato fondamentalista islamico creato a Gaza da quando Israele nel 2005, come gesto di pace, ritirò da quel territorio tutti i suoi militari e tutti i suoi 8.000 civili, smantellando le diciassette comunità ebraiche che vi erano sorte, e Hamas, due anni più tardi, vi ha preso il potere con un sanguinoso colpo di stato....

(israele.net, 30 maggio 2010)

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Ginettaccio sarà ricordato nel «Giardino dei giusti»

Gino Bartali salvò molti ebrei dall'Olocausto. Ci sono le prove

Per l'avvio delle procedure che potrebbero portare il museo israeliano dell'Olocausto a piantare nel «Giardino dei Giusti» un albero in memoria di Gino Bartali manca solo una nuova testimonianza
diretta: il racconto di un'altra persona salvata grazie alle gesta del campione di ciclismo. Lo spiega Sara Funaro, psicologa, che insieme al figlio del ciclista, Andrea, si occupa della questione. Negli anni 1943-'44, durante gli allenamenti tra Toscana, Umbria e Emilia Romagna, Bartali nascondeva nella bici documenti falsi per salvare la vita agli ebrei. «Negli anni scorsi», spiega Funaro, «il rabbino capo della comunità ebraica di Firenze Rav Joseph Levi ha raccolto una serie di documenti e articoli di giornale. L'ambasciata israeliana disse che servivano anche delle testimonianze. Ne abbiamo trovate due. Una è quella di Giulia Donati, un'anziana fiorentina che adesso vive in Israele: durante la guerra con la famiglia era nascosta in Versilia e un giorno vide arrivare Bartali con i documenti. L'altra è quella di suor Eleonora, del convento di San Quirico di Assisi, dove erano rifugiati molti ebrei e dove Bartali andava spesso a recapitare carte d'identità false». Adesso serve solo un'altra testimonianza di una persona che, come la signora Donati, è stata salvata grazie a Bartali. «Siamo fiduciosi di trovarla», conclude Sara Funaro. «In ogni caso, fra un po' noi la documentazione la invieremo ugualmente. Niente vieta che venga accolta lo stesso». Sarebbe l'ennesima vittoria del campione rivale di Fausto Coppi.

(Il Giornale di Vicenza, 30 maggio 2010)

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Lieberman, le navi degli attivisti verso Gaza sono un atto di propaganda violenta

GERUSALEMME, 28 mag. - La flotta di navi della "Freedoom Flotilla" che intende sbarcare a Gaza per portare 10mila tonnellate di aiuti umanitari rappresenta "una violenta propaganda contro Israele". E' quanto ha dichiarato oggi il ministro israeliano degli Esteri Avigdor Lieberman, sottolineando che il governo "non permettera' violazioni della nostra sovranita'". Il ministro ha poi aggiunto che a Gaza "non c'e' una crisi umanitaria".
Le dichiarazioni di Lieberman arrivano mentre Israele si prepara a bloccare nove navi con a bordo 700 attivisti filopalestinesi provenienti soprattutto da Turchia, Grecia e Irlanda. La Freedom flotilla dovrebbe arrivare domani pomeriggio nelle acque della Striscia di Gaza, ma il governo israeliano ha gia' fatto sapere che intende fermare le imbarcazioni appena si saranno avvicinate a meno di 20 miglia della costa. Secondo Israele, superare questo limite significa violare la legge internazionale dato che l'accordo di pace ad interim del 1995 assegna il controllo di queste acque allo stato ebraico. Le navi, spiegano gli israeliani, saranno condotte nel porto di Ashdod e gli stranieri saranno poi rimandati nei loro paesi di origine.

(Adnkronos, 29 maggio 2010)

Guida turistica offerta da Israele ai partecipanti della "Freedom Flotilla" pro Hamas

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Condizionatori, vestiti e mercati pieni di cibo. Gaza non è affamata

di Angelo Pezzana

Panetteria a Gaza
Non è mica vero che il giornalismo italiano pende dalle labbra dell'influente - è l'aggettivo che ne precede sempre il nome - Financial Times. Da citare sempre quando l'influente quotidiano economico esprime giudizi su Berlusconi, oppure sulla situazione economica italiana, allora l'articolo, il titolo, una frase almeno, li troviamo puntuali sulla maggior parte dei nostri giornali. Che si abbeverano a quei giudizi, ritenendoli il Vangelo dell'etica professionale. Se così fosse sempre, non importa quale l'argomento in causa, per quanto bislacca, una sua logica potrebbe anche averla, mentre invece no, ci sono alcuni argomenti sui quali neppure l'influente FT riesce a smuovere la fede cieca, pronta e assoluta che la maggior parte dei nostri media ha nella vulgata pro-palestinese, in modo particolare quando si parla di Gaza, che è per definizione "una fogna a cielo aperto", dove la gente "muore di fame perché il blocco israeliano impedisce che arrivino i rifornimenti", un posto dove mancano in sostanza i generi di prima necessità, e che quindi per "sopravvivere" ha sempre bisogno dei miliardi degli aiuti internazionali. Che poi vengano impiegati da Hamas per acquistare armi da usare contro Israele, beh, è un aspetto secondario di quasi nessun rilievo. Ma torniamo all'influente quotidiano inglese, che ha stampato una settimana fa un lungo reportage da Gaza, e che non è stato ripreso da nessun organo di informazione, nemmeno dal Sole24Ore, che è pure il cugino italiano. Il suo inviato a Gaza ha scoperto che nella Striscia si trova ogni ben di Dio, in primo luogo il cibo, del quale straripano le bancarelle sulle pubbliche piazze, ma anche automobili, televisori, frigoriferi coreani, impianti di aria condizionata cinesi, insieme a ogni altro genere di beni di consumo. Tutto questo grazie ai circa 300 tunnel che dal confine con l'Egitto permettono l'ingresso a Gaza di un contrabbando che ha concesso a un ristretto gruppo di "importatori" di arricchirsi enormemente. Sotto gli occhi vigili di Hamas, ovviamente, che però reclama gli aiuti internazionali perchè il suo popolo "muo - re di fame". Ci riesce difficile immaginare che il servizio di Tobias Buck apparso il 24 maggio possa essere sfuggito all'occhio attento di chi si ispira alle pagine di quel giornale per rinvigorire la propria etica professionale. Eppure è andata così, neanche una riga, Gaza continua ad essere priva di cibo se non partono in soccorso navi cariche di "aiuti", per rompere "l'isolamento voluto da Israele". Allora informiamo almeno i nostri lettori, che nella settimana dal 2 all'8 maggio, secondo quanto informa il "Coordi - namento delle Attività governative nei Territori", sono entrate a Gaza le seguenti derrate: 1,535,777 di litri di gasolio per il funzionamento
Legumi a Gaza
della centrale elettrica; 293,796 litri di benzina per auto; 917 tonnellate di gas per uso domestico; 76 camion di frutta e verdura; 91 camion di farina; 33 camion di carne, pollame e pesci; 39 camion di prodotti di latte; 112 camion di cibo per animali; 26 camion di prodotti per l'igiene; 48 camion di abbigliamento abbigliamento e scarpe; 30 camion di zucchero; 7 camion di medicine e strutture tecniche di laboratorio; 1 camion di latte in polvere e cibi per neonati. In più 370 malati, con personale di accompagnamento, sono entrati in Israele per essere curati; 93 palestinesi sono entrati in Israele per motivi vari, 191 appartenenti a varie Ong sono entrati a Gaza e 192 ne sono usciti. Questi sono i numeri di una sola settimana, e danno l'idea di quanto Gaza sia una "prigione a cielo aperto", come recita la narrativa abituale. Il Finacial Times è meglio ignorarlo, se può aiutare a capire meglio quanto accade nella Striscia, perchè è bene che la propaganda rimanga intatta, i ruoli devono restare quelli di sempre, i palestinesi poveri e "occupati" e gli israeliani i cattivi, che devono continuare ad essere bombardati senza protestare, e,soprattutto, dovrebbero aprire i confini, via i controlli, gli ostacoli, entrino pure i terroristi fanatizzati a farsi esplodere, e Hamas continui ad aumentare il suo arsenale di armi, visto che la guerra a Israele è l'unico motivo della sua esistenza.

(Libero, 29 maggio 2010)

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Israele accusa: ipocrita l'accordo sul nucleare

GERUSALEMME, 29 mag. - Israele ha denunciato "l'ipocrisia" della dichiarazione finale della Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) che ha invitato lo Stato ebraico a aderire al Trattato e a mettere le sue testate nucleari, mai dichiarate, sotto il controllo dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. "Questo accordo ha il marchio dell'ipocrisia", ha lamentato un alto funzionario del governo israeliano, "si menziona solo Israele mentre si tace su Paesi come India, Pakistan e Corea del nord che hanno armi nucleari, o, fatto ancora piu' grave, l'Iran, che sta cercando di ottenerle". Per Israele l'omissione di ogni riferimento all'Iran "e' ancora piu' sconvolgente tenuto conto che negli ultimi mesi l'Aiea ha rivelato sempre piu' informazioni sul carattere militare dei programmi iraniani". Di segno opposto la valutazione dell'Iran. Il suo rappresentante all'Aiea, Ali Asghar Soltanieh, ha definito le decisioni della Conferenza che si e' conclusa venerdi' a New York come "un passo avanti verso un mondo senza armi atomiche". Positivo anche il giudizio della Casa Bianca: il presidente americano, Barack Obama, ha accolto con favore "un accordo che prevede tappe equilibrate e realistiche che faranno avanzare la non proliferazione, il disarmo e l'utilizzo pacifico dell'energia nucleare".

(AGI, 29 maggio 2010)

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Basket - Galil Elyon abbatte il Maccabi ed è Campione d'Israele!

Per la seconda volta negli ultimi tre anni il Maccabi Tel Aviv perde incredibilmente la finalissima del campionato israeliano cedendo le armi di fronte ad un Gilboa Galil Elyon pressoché perfetto. Perfetto come la post-season giocata dal team del centro-nord Israele, una prorompente cavalcata senza sconfitte (cappotto nei quarti ad Ashkelon, poi Gerusalemme e appunto Maccabi abbattute nella Final Four) culminata con il primo storico titolo di Campione di Stato per la giovanissima società nata solamente due stagioni or sono dalla fusione fra Hapoel Galil Elyon (che già nel 1993 era riuscito nell'impresa di sconfiggere Tel Aviv in finale) e Hapoel Gilboa.

(Basketnet.it, 29 maggio 2010)

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Quando sotto l'etichetta si cela il boicottaggio

Dietro la «tracciabilità» una campagna mirata contro uno Stato

di Pierluigi Battista

Nell'Italia che gioca e minimizza con le parole, un boicottaggio prende le forme di un'aggrovigliata questione di «tracciabilità», e una campagna mirata all'ostracismo politico ed economico di uno Stato diventa un banale problema di etichetta, un diverbio a distanza sui prodotti a denominazione di origine controllata.
E invece la guerra Coop (e Nordiconad) contro i prodotti israeliani dell'Agrexco si è rivelata nel giro di poche ore per quello che era: un caso politico, una disputa che al boicottaggio ha sommato un'inedita minaccia di contro-boicottaggio. Altro che «tracciabilità». Ora, stipulato l'accordo (o la tregua), i prodotti ortofrutticoli tornano sui banconi della Coop. La quale Coop ha trovato stavolta in Internet, nei blog, nei social network, un ostacolo insormontabile per la sua strategia di minimizzazione. Dicevano che non era «boicottaggio», che era solo una questione di precisione e di lealtà di mercato, che i clienti dovevano sapere che dietro il «made in Israel» c'erano anche i prodotti raccolti e lavorati dal gigante agro-alimentare Agrexco nei Territori occupati che, come è noto, non sono ancora uno Stato palestinese, ma sicuramente non sono Stato di Israele. Però l'Agrexco ha ribattuto che quei prodotti coprivano solo lo 0,4 per cento del totale e che se c'era da adeguare l'etichetta ai canoni fissati dalle norme Ue, allora non avrebbero opposto alcun impedimento. E allora, c'era bisogno che la Coop stilasse un annuncio tanto impegnativo, nientemeno che la liberazione dei propri scaffali dai prodotti israeliani, alcuni di incerta origine? Non potevano rivolgersi direttamente all'Agrexco, come poi è stato fatto, ma solo dopo l'improvvido, e catastrofico, annuncio del boicottaggio? E poi, sicuri che non era proprio, esattamente «boicottaggio»?
I responsabili della Coop dicono di no, che non è mai stato boicottaggio. Ma poi si scopre che sul sito dell'ong «Stop Agrexco» ci si compiaceva nei giorni scorsi per «l'importante risultato della campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni» (tutto con le maiuscole) «contro l'apartheid israeliano». Solo una «questione di etichetta» o quell'accenno all' «apartheid israeliano» non denuncia forse un'intenzione politica un po' meno, per così dire, tecnicistica? «Boicottaggio», ecco comparire, ripetutamente e ossessivamente dai suoi promotori, la parola proibita. Così come compare, sullo stesso sito, la sequenza di azioni dimostrative che in un paio di mesi hanno vigorosamente convinto la Coop ad adottare improvvisamente la decisione ora rientrata: manifestazioni ai supermercati Coop di Largo Agosta e di Via Laurentina a Roma; manifestazioni davanti alla Coop di Pisa, Coop Italia di Casalecchio di Reno, davanti alle Coop di Pesaro e Jesi tramite l'organizzazione «Campagna Palestina Solidarietà Marche», e così via. Molto spesso comparivano volantini in cui si deplorava «il governo israeliano che si è ripetutamente macchiato di crimini contro la guerra e l'umanità». Sempre compariva la parola proibita, «boicottaggio»: quella che la Coop ha sempre negato, quella che basta dare un'occhiata a un po' di filmati presenti sull'ubiqua e onnipresente YouTube per scoprirne il marchio «Boycott!», con i militanti che indossano la stessa maglietta inneggiante alla «Palestina libera», le stesse scene degli scaffali con i prodotti israeliani presi di mira, lo stesso linguaggio molto aggressivo.
La strategia della minimizzazione, lo sradicamento della parola «boicottaggio» dal lessico della Coop, non hanno retto stavolta alle reazioni che hanno avuto soprattutto sui blog il loro canale di informazione: in modo «trasversale», sia sulla destra che sulla sinistra. Una sinistra che, in un'accorata lettera aperta firmata tra gli altri da Furio Colombo, Emanuele Fiano e Gianni Vernetti, si è interrogata stupefatta sulle ragioni che hanno indotto un'organizzazione «progressista» come la Coop ad assecondare la campagna anti-israeliana, sottovalutando l'impatto emotivo, e il risveglio di memorie orribili, dell'estromissione dei prodotti «ebraici» dagli scaffali di un negozio. Una destra che ha visto Fiamma Nirenstein tra i principali artefici del contro-boicottaggio e che tramite il ministro degli Esteri Frattini si è espressa con un aggettivo, «razzista», dal sapore inequivocabile. Su Facebook sono nati gruppi denominati «Coop boicotta i prodotti di Israele? Noi boicottiamo la Coop» e «Io non compro né alla Coop né alla Conad» che hanno raccolto miglia di adesioni. È comparsa addirittura la tragica foto della sorridente italiana del 1938 che spensieratamente esibisce il cartello «Questo negozio è ariano» sulla vetrina della sua bottega. Si sono scritte lettere aperte a Luciana Littizzetto, testimonial della Coop. La reazione comunicativa della Coop non ha funzionato, a cominciare dalla rassicurante pagina di pubblicità acquistata sui giornali per allontanare dal marchio Coop il fantasma del «boicottaggio ». Oggi si sigla, obtorto collo, un accordo con l'Agrexco. E lo schieramento anti- boicottaggio si ritrova, bipartisan, per un'ultima manifestazione di protesta davanti a un supermercato Coop. Un clamoroso autogoal, nel migliore dei casi. Una ferita aperta con una parte dell'opinione pubblica che non si riconosce nella martellante campagna anti-israeliana

(Corriere della Sera, 29 maggio 2010)

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Striscia di Gaza: sei raid israeliani, nessuna vittima

L'aviazione israeliana ha effettuato questa notte sei raid aerei nella Striscia di Gaza. Lo rendono noto testimoni e responsabili dei servizi di sicurezza palestinesi, secondo i quali non risultano vittime.
Gli aerei israeliani avrebbero portato cinque attacchi nella parte sud della Striscia, presso Rafah e la frontiera egiziana, mentre un altro raid avrebbe colpito un quartiere situato a est della città di Gaza.
I raid sono stati effettuati in risposta a dei recenti tiri di razzi verso il sud di Israele. Lo ha detto un portavoce dell'esercito israeliano confermando solo due dei sei raid di cui hanno riferito testimoni e responsabili dei servizi di sicurezza palestinesi.
Obiettivi dei due attacchi, ha precisato il portavoce, sono un tunnel di collegamento tra Israele e il sud della Striscia di Gaza e una fabbrica di armi nel nord della Striscia. Nelle ultime settimane, si sono verificati diversi incidenti al confine tra Israele e la Striscia di Gaza.

(Blitz quotidiano, 29 maggio 2010)

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Libano - Hezbollah si arma in Siria, scoperto un nascondiglio segreto

The Times ha visto immagini di un compound per armi ad Adra

ROMA, 28 mag. - Il movimento sciita libanese Hezbollah starebbe trasferendo un intero arsenale da nascondigli segreti in Siria alle sue basi operative in Libano. E' quanto riferisce oggi una fonte delle sicurezza citata dal Times, precisando che i miliziani libanesi sarebbero in possesso anche di missili terra-terra.
I giornalisti del quotidiano ha avuto modo di visionare delle immagini satellitari di uno di questi siti, un compound nei pressi della città di Adra, a nordest di damasco, dove i militanti hanno stabilito una delle loro basi principali.
Tutto l'equipaggiamento militare, spiga il Times, arriverebbe dalla Siria, ma anche dall'Iran - via mare - attraverso i porti del Mediterraneo, o via aerea, tramite l'aeroporto di Damasco. Le armi sarebbero poi trasferite in depositi di Hezbollah.
La nuova rivelazione del Times giunge in un momento di forte tensione in Medio Oriente. Israele ha più volte accusato la Siria di armare Hezbollah con missili Scud. Le autorità di Damasco e di Beirut hanno più volte smentito la notizia, ritenendo che lo stato ebraico stia preparando il terreno per una nuova offensiva nel sud del Libano.

(Apcom, 28 maggio 2010)

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Gli evangelisti della religione anti-Israele inneggiano al loro dio

Una buona notizia: continua il boicottaggio ai prodotti dei territori occupati

Continua lo stop alla vendita di prodotti agricoli provenienti dai territori occupati (colonie sioniste) in nei supermercati Coop e Nordiconad. Questa e' la risposta efficace contro Carmel-Agrexco, il principale esportatore mondiale di frutta di Israele e delle colonie israeliane in Cisgiordania.
C'è una campagna mondiale di pressione sulle aziende della grande distribuzione, partita lo scorso gennaio grazie alla coalizione Stop Agrexco. Da tempo oltre 90 associazioni lavorano con l'obiettivo comune di opporsi all'insediamento dell'azienda israeliana in Europa. In Italia, clienti e soci Coop e associazioni attive nella campagna hanno già inviato molte lettere di protesta alle riviste dei consumatori Coop per chiedere a Coop e Conad di ritirare dalla vendita le merci prodotte nelle colonie dei territori occupati. Giorno clou il 30 marzo, Giornata della Terra Palestinese e del BDS Day con manifestazioni, sit-in e azioni informative nei supermercati di molte città italiane (ignorati dalla stampa di regime).
Gli attivisti e le attiviste di Stop Agrexco invitano tutti e tutte a partecipare a questa lotta per il rispetto del diritto internazionale, e la libertà e l'autodeterminazione del popolo palestinese, contro la crudele rappresaglia di uno stato invasore che sfocia puntualmente in sanguinose aggressioni a un popolo reso povero e disarmato, giustamente costretto a lottare con ogni mezzo per riprendersi il territorio sottratto.

(Reset Italia, 28 maggio 2010)

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Le Coop non si spiegano

di Dimitri Buffa

Comprare un'intera pagina del "Corriere della sera", la 12 dell'edizione di ieri, per riuscire a non aggiungere nulla a quanto già scritto dagli altri giornali, e in primis da "L'opinione", nei giorni scorsi a proposito di questo assurdo comportamento ai danni delle merci provenienti da alcune zone dello stato di Israele. La "Coop" si spezza ma non si spiega e intanto, in questo clima anti-israeliano, tra boicottaggi, equilibrismi linguistici e campagne di odio vere e proprie, come quelle promosse da "Stop Agrexco" e da "Forum Palestina", cominciano ad arrivare le minacce di morte o le promesse di una "nuova vita dopo la conversione ad Allah" ai membri del comitato parlamentare per l'indagine conoscitiva sull'antisemitismo. A cominciare da Fiamma Nirenstein ma comprendendo tutti gli altri membri: Paolo Corsini (Pd), Renato Farina (Pdl), Raffaele Volpi (Lega Nord) ed Enrico Pianetta (Pdl). Ad esempio su holywar.org si invita alla "resistenza contro i servi della mafia ebraica che difendono lo stato nazista di Israele e che criticano l'antigiudaismo razzista". Tra i reprobi si distingue l'ex editorialista dell' "Avvenire" Maurizio Blondet. Le minacce al comitato non sono sempre così esplicite e dirette. Molti siti pubblicano frasi intimidatorie camuffate da allusioni esplicite: "Dobbiamo pregare per la conversione di Fiamma Nirenstein e la sua salvezza in un altro mondo". O anche :"Occorre una kamikaze dell'anima che si lasci morire per la salvezza dell'anima di Nirenstein". Insomma questa è l'atmosfera che si respira. Il comunicato della Coop, per il quale si sono spesi una cinquantina di migliaia di euro per metterlo in grande rilievo sul "Corsera", è un capolavoro di ipocrisia. Prima si spiega che "i punti vendita Coop distribuiscono regolarmente i prodotti provenienti da israele". E si dice che l'allarme lanciato sarebbe "ingiustificato". Ma il secondo capoverso smentisce il primo: "..Coop è abitualmente rifornita di merci provenienti dai territori dello stato di Israele, e solo su datteri ed erbe aromatiche sono in corso ulteriori verifiche". Se l'italiano e la logica non sono quindi un'opinione "non tutti i prodotti" provenienti da Israele sono distribuiti da Coop. La Coop dialoga con questi pseudo utenti dei propri supermercati, professionisti dell'istigazione al boicottaggio, con lettere scritte dal loro responsabile qualità dove si usa il "voi" per giunta con la maiuscola, roba che nemmeno per chiedere un mutuo in banca. Ma il danno di immagine della Coop, e anche della Conad (che però almeno ha fatto una precipitosa marcia indietro "senza se e senza ma") sta diventando ogni giorno più evidente.
Ieri proprio dal Comitato di indagine sull'anti-semitismo della Nirenstein era arrivato un secco comunicato: "Oggi a piena pagina su alcuni quotidiani troviamo una dichiarazione della Coop che afferma che sui propri scaffali si trovano i prodotti israeliani da loro "regolarmente distribuiti". La Conad a sua volta ci ha fornito analoghe assicurazioni… le Coop e le Conad avevano, infatti, risposto positivamente (come per altro ancora risulta dal sito di "Stop Agrexco") all'invito di un gruppo di Ong anti-israeliane ad eliminare tutti i prodotti provenienti dello stato ebraico per il sospetto che lo 0,4% dei prodotti importati dalla società "Agrexco", provenisse dai territori contesi del West Bank." "Non ci risulta - sottolinea il comunicato - che questo puntiglio di tracciabilità sia applicato a nessun altro stato fornitore di queste catene e constatiamo dunque che almeno le Coop seguitano ad applicare un elemento di discriminazione nei confronti dello Stato d'Israele. Elemento ribadito ancora oggi nell'annuncio sui quotidiani, nel quale è riportato che su alcune merci sono in corso ulteriori verifiche". E ieri c'è stato anche un appello alla senatrice a vita Rita Levi Montalcini, di religione ebraica, nonchè all'attrice Luciana Littizzetto, beneficiaria di soldi della Coop per la propria Fondazione e volto della pubblicità per la stessa catena, affinchè prendano posizione su questa brutta vicenda. Un appello affinchè "chiedano a Coop e NordiConad di desistere da una scelta 'suicida". "La posizione - aggiungono - è talmente faziosa che non merita neppure di essere discussa". Secondo i firmatari, "il provvedimento di Coop e NordiConad dovrebbe piuttosto applicarsi a tutti i Paesi dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, dove la censura non permette al mondo e neppure alle organizzazioni umanitarie di verificare le condizioni di vita della popolazione". La lettera è firmata da Vito Kahlun (responsabile giovanile del Pri), Maurizio Gasparri (capogruppo PDL al Senato), dai deputati del Pdl Benedetto Della Vedova, Aldo Di Biagio, Fiamma Nirenstein, Andrea Orsini ed Enzo Raisi, dal deputato dell'Api Gianni Vernetti, dal giornalista ed ex deputato Pd Peppino Caldarola, da Piercamillo Falasca (Vice-presidente di Libertiamo), da Angelo Moscati (presidente Bene berith giovani), da Carmelo Palma (direttore di Libertiamo.it), dal giornalista Angelo Pezzana, da Giuseppe Maria Piperno (Presidente Unione dei Giovani Ebrei Italiani), da Filippo Rossi (direttore Farefuturo webmagazine), da Sergio Rovasio (segretario dell'Associazione Radicale "Certi Diritti", da Alberto Tancredi (presidente Associazione Romana Amici d'Israele) e da Sofia Ventura dell'Università di Bologna. Da notare il fatto che neanche un esponente del Pd o dell'Idv abbia per ora sottoscritto l'appello.

(l'Opinione, 28 maggio 2010)

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Israele riapre la Statale 443 ai palestinesi, un'arteria strategica

Un'importante arteria che collega la zona centrale di Israele a Gerusalemme, la Statale 443, è stata oggi riaperta al traffico automobilistico palestinese su ordine della Corte Suprema israeliana.
Quasi dieci anni fa, all'inizio dell'Intifada, i responsabili militari avevano deciso di precludere l'ingresso nell'arteria ai veicoli palestinesi provenienti dalla Cisgiordania per il ripetersi di attentati condotti da miliziani palestinesi a bordo di veicoli in transito. In quegli attentati erano rimasti uccisi diversi civili israeliani. In seguito però organizzazioni umanitarie hanno fatto ricorso alla Corte Suprema sostenendo che di fatto si era creata sul terreno una strada "apartheid" per soli veicoli israeliani.
I giudici hanno quindi ordinato all'esercito di prendere provvedimenti adeguati per consentire adesso il transito anche di veicoli palestinesi. Fonti locali precisano che da oggi gli automobilisti palestinesi potranno percorrere lungo la Statale 443 una quindicina di chilometri, circa un terzo della sua lunghezza.
Posti di blocco militari sono stati istituiti alle due estremità di questo tratto (i villaggi palestinesi di Beit Sira e Beit Ur a-Tahta) per ispezionare i veicoli palestinesi. Secondo le fonti, nelle prime ore di "apertura" solo pochi veicoli palestinesi sono transitati in quell'arteria.

(l'Occidentale, 28 maggio 2010)

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Firenze - Cento giovani per il Maccabi Day

L'appuntamento è per domenica mattina alle ore 10.30 alla Virgin Active di Rovezzano, paradiso fitness e centro sportivo che rappresenta la meta quotidiana di migliaia di fiorentini desiderosi di scaricare su un tapis roulant o in piscina le tensioni accumulate al lavoro. Nelle prossime ore circa 130 ragazzi dagli 8 ai 14 anni, provenienti da varie Comunità ebraiche italiane, raggiungeranno il capoluogo toscano per il Maccabi Day, una giornata di giochi e gare organizzata dalla Federazione Italiana Maccabi in collaborazione con l'Ufficio Giovani Nazionale (Ugn) UCEI, il Dipartimento Educativo dell'Assessorato ai Giovani della Comunità ebraica di Roma e la Comunità ebraica di Firenze. Giochi senza frontiere 2010, questo il sottotitolo alla manifestazione che si ispira (non solo nel nome e nel formato ma anche nel logo) al popolare programma andato in onda sul piccolo schermo fino al 1999, è pensato per varie tipologie di partecipanti, di gusti e abilità differenti. Gli sport previsti per il GSF kasher vanno dal calcetto al mini basket, passando per mini volley, corsa sulla distanza dei 50 metri e tiro alla fune. In programma anche due curiose fusioni tra discipline agonistiche molto differenti nelle dinamiche: basket/tennis e calcio/tennis. Le squadre in lizza saranno miste. Come omaggio per tutti i partecipanti una maglietta e un cappellino in ricordo della giornata. Mauro Di Castro, tra gli organizzatori del Maccabi Day e assessore alle attività socio-culturali della Comunità ebraica di Firenze, spiega: "Questa iniziativa vuol essere solo la prima di tante che portino Firenze ad essere il centro delle attività degli enti e dei movimenti ebraici giovanili italiani".

(Notiziario Ucei, 28 maggio 2010)

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Israele: nasce la lobby degli ebrei moderati contro gli attacchi degli ultra-ortodossi

GERUSALEMME, 27 mag. - Una lobby che prema sul Parlamento israeliano per reagire a tutti gli attacchi e le azioni violente contro gli ebrei moderati da parte di gruppi ultra-ortodossi. Si chiamera' 'Lobby per l'uguaglianza civile e il pluralismo' ed e' stata fondata, riporta il 'Jerusalem Post', da undici membri della Knesset appartenenti ai partiti Kadima, Labor e Meretz. Lo scopo e' di sensibilizzare i colleghi su tematiche come la lotta alla coercizione in materia religiosa, la parita' di diritti nell'esercito e nell'amministrazione, il supporto alla scuola statale.

(Adnkronos, 27 maggio 2010)

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Celiachia: stretta correlazione con la psoriasi?

Sappiamo da anni che la psoriasi è una delle più diffuse malattie autoimmuni, sappiamo meno che la stessa patologia può associarsi ad un'altra malattia su base immunitaria, quale di fatto è la celiachia. Ad essere di questo avviso, ricercatori israeliani che hanno pubblicato i riscontri del loro lavoro sul British Journal of Dermatology.

(tanta salute, 27 maggio 2010)

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Netanyahu: "L'Islam radicale sarà sconfitto"

PARIGI - In un'intervista esclusiva a Le Figaro, il primo ministro israeliano Netanyahu ha deciso di rispondere, in occasione dell' entrata di Israele nell' OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e, prima dell' incontro con Barack Obama a Washington previsto martedì prossimo, alle domande del quotidiano francese

- Quali sono le relazioni fra Israele e Francia?
-
Il mio rapporto personale con Nicolas Sarkozy è molto amichevole. Ci conosciamo da anni e apprezzo il suo interesse per Israele. Capita di avere divergenze occasionali, ma c'è fraternità tra noi. Noi apparteniamo alla comunità delle nazioni libere, e l'entrata di Israele nell'OCSE è il simbolo di tutto questo.

- Recentemente un gruppo che comprendeva numerosi rappresentanti della comunità ebraica in Francia e in Europa, ha criticato in una lettera aperta la politica del vostro governo. Qual è la sua reazione?
-
Penso che vadano fuori strada. Io, il primo giorno che ho assunto l'incarico, ho chiesto la ripresa dei colloqui di pace con i palestinesi. Ho riconosciuto nel mio discorso alla Bar-Ilan l' idea di due stati per due popoli e sono a favore della pace con uno Stato palestinese smilitarizzato che riconosca Israele come Stato ebraico. Abbiamo aperto centinaia di dighe in Cisgiordania per facilitare la ripresa economica dei palestinesi. Purtroppo, non ci sono state misure di reciprocità da parte loro. In realtà, hanno fatto il contrario. Si rifiutano di riprendere i colloqui diretti e la ripresa di un dialogo. Hanno cercato di bloccare l'adesione di Israele all'OCSE e hanno chiesto l'espulsione di Israele dalle Nazioni. Tutto questo va contro lo spirito di pace. Un esame obiettivo dovrebbe piuttosto portare gli ebrei in quanto ebrei, non francesi o europei, a tornare ad una mente più pacifica, anziché condannare Israele.

- Gli USA vogliono la creazione di uno stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale. La sua posizione su questo tema si è evoluta?
- Una percezione diffusa in alcuni ambienti in Europa e altrove, è che la questione di Gerusalemme e la presenza di comunità israeliane in Cisgiordania, sia la causa del conflitto. Ma questo conflitto effettivamente iniziato nel 1920, dura da più di cinquant'anni, prima ancora che vi fosse un insediamento israeliano in Cisgiordania. La vera causa del conflitto non è la questione dei territori occupati da Israele nel 1967. A noi è stato chiesto, e lo accettiamo, di riconoscere uno stato palestinese come governo legittimo del popolo palestinese. Però come è possibile che i palestinesi si rifiutano di riconoscere lo Stato del popolo ebraico? È qui che la vera causa di questo conflitto, ed è qui che sta anche la soluzione. Senza un trattato di pace non si risolverà nulla.

- Cosa si aspetta dai palestinesi per riprendere i colloqui?
-
Non pongo alcuna condizione per riprendere i negoziati . Ma ci sono due elementi fondamentali per raggiungere la pace, e per persuadere gli israeliani a fare concessioni significative.
- Il primo è che i palestinesi riconoscano lo Stato ebraico. La nascita di uno stato palestinese deve coincidere con la creazione di una pace duratura e non con la permanenza del conflitto.
- Il secondo punto è che lo Stato palestinese sia smilitarizzato. Non possiamo ripetere la tragica esperienza del sud del Libano e di Gaza. Il riconoscimento dello stato ebraico dai palestinesi e la smilitarizzazione della Cisgiordania sono le due condizioni essenziali per la pace.

- E'sicuro che Hezbollah non abbia missili in Libano?
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Iran e Hezbollah hanno cercato di fomentare le tensioni e di convincere la Siria che ci stavamo preparando un attacco. Tutto questo è stato una messa in scena. Il nostro obiettivo è la pace con i nostri vicini, compresi Siria e Libano. Purtroppo, l'Iran e la Siria continuano a fornire armi a Hezbollah. Negli ultimi quattro anni, le consegne massicce di armi a Hezbollah sono aumentate. Abbiamo intercettato una nave carica di 200 tonnellate di armi e razzi, pronti ad esplodere contro civili israeliani. Questo è un elemento destabilizzante.

- La Francia e gli Stati Uniti si sono recentemente avvicinati alla Siria. In quali condizioni riprenderanno i negoziati con Damasco?
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Ho sollevato la questione con il presidente Sarkozy. Il principale ostacolo ai negoziati con la Siria è la sua insistenza sul fatto che si è concluso prima ancor prima di cominciare. Si tratta di un'idea abbastanza strana. Questo è l'ostacolo principale.

- Un accordo sta emergendo tra Washington, Mosca e Pechino per nuove sanzioni contro l'Iran. Crede nell'efficacia di queste sanzioni?
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Il pericolo di un Iran nucleare che mini la pace e la stabilità non è solo in Medio Oriente, ma in tutto il mondo. L'Iran sostiene movimenti terroristici in Israele, nel Libano e a Gaza, e potrebbe farlo anche in Asia o in Europa. I terroristi non possono sviluppare loro stessi armi nucleari. Ma i regimi che li sostengono possono fornire loro missili e quant' altro. Il pericolo più grande che il mondo deve affrontare è quello di evitare che regimi islamici acquisitino armi nucleari. Un'arma nucleare iraniana o un rilevamento di talebani militanti in Pakistan deve essere evitato con ogni mezzo da parte della comunità internazionale.

- La Turchia, forte alleato e partner d'Israele, è diventata molto critica nei suoi confronti. Questo la preoccupa?
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Penso che la direzione generale della politica turca e il suo atteggiamento verso Israele siano le conseguenze di un cambiamento più profondo in questo Paese, e non le sue cause. Noi preferiamo relazioni pacifiche e produttive, come quelle che abbiamo mantenuto nel corso degli ultimi due decenni, e che potremmo riprendere. Ma la decisione spetta ai turchi. Ci auguriamo che si rendano conto dell'importanza nel proseguire la collaborazione con Israele.
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- Qual è il significato economico e politico dell'ingresso di Israele nell'OCSE?
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Israele ha intrapreso una trasformazione importante, che non è stata pienamente apprezzata dai mezzi di informazione. Israele è diventata una delle potenze del mondo tecnologico e ora è solo dopo gli Stati Uniti e il Canada nella ricerca, nell'innovazione e nell'istruzione. Abbiamo registrato una crescita spettacolare e un potenziale economico che può svilupparsi maggiormente attraverso lo scambio di tecnologie a vantaggio dell'intero OCSE.
Una sfida attuale è quella di sviluppare la situazione economica dei palestinesi e dei nostri vicini. La cooperazione tra Israele, i palestinesi, la Giordania e l'Egitto - e, chissà, forse un giorno la Siria e il Libano - potrebbe contribuire a migliorare la condizione di tutti.

- Quale ruolo potrebbe lasciare nella storia di Israele?
- Israele è un paese diverso dagli altri. E' l'unico paese al mondo ad essere minacciato di distruzione. Nessuno vuole cancellare la Francia dalla mappa, questa è solo una peculiarità dello stato ebraico. Il popolo ebraico ha pagato un prezzo terribile a causa del fallimento. Cosa possiamo immaginare quando sentiamo Nasrallah (leader di Hezbollah, ndr) e Ahmadinejad (il presidente iraniano, ndr) parlare di cancellare Israele? Questo non è un concetto astratto. Il Primo Ministro di Israele ha la missione primaria di garantire la sopravvivenza dello Stato ebraico, perché la storia non darà una seconda possibilità agli ebrei. La mia responsabilità è quella di raggiungere una pace realistica. Questo significa una pace che va al di là delle dichiarazioni di buona fede e di un pio desiderio, e ciò dovrebbe tradursi in forti garanzie di sicurezza.

- Si è descritto come un falco pragmatico. Ma è più "falco" o più "pragmatico"?
-
Il Medio Oriente è una regione pericolosa in cui l'unica pace duratura è una pace da difendere. Dobbiamo affrontare tale la sfida. Ho fiducia nel futuro. Ma ci sono forze reazionarie, come quelle dei radicali islamici che si oppongono alla nuova civiltà tecnologica e moderna. Io credo l'Islam radicale sarà sconfitto e con esso tutte le altre ideologie fanatiche.

(ilmediterraneo.it, 27 maggio 2010)

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Israele riapre ai palestinesi un'importante strada in Cisgiordania

TEL AVIV, 27 mag. - Israele riapra' domani al traffico palestinese, dopo otto anni di divieto, un'importante strada che collega Ramallah a diversi villaggi della Cisgiordania. Lo ha annunciato oggi l'esercito israeliano. La Road 443, che corre a nord della principale arteria stradale fra Tel Aviv e Gerusalemme, era stata chiusa ai palestinesi nel 2002 dopo attacchi di uomini armati contro automobilisti israeliani. Da allora i palestinesi sono stati costretti a far ricorso a piccole strade secondarie di villaggio in villaggio, fino a Ramallah.

(Adnkronos, 27 maggio 2010)

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"Serve una stella gialla sulla merce?" Da Israele la replica alla Coop

Parla il direttore di "Agrexco", bandita dai supermercati

di Giulio Meotti

"Cos'altro dovrei fare, stampare una stella gialla sulle nostre scatole?". A colloquio con il Foglio è Shimon Alchasov, direttore amministrativo del colosso israeliano Agrexco, la principale azienda dell'ortofrutta dello stato ebraico al centro di un movimento mondiale di boicottaggio. Il manager liquida così la decisione di Coop e Conad di bandire i prodotti "made in Israel" della Agrexco: "Non era mai accaduto che una azienda europea decidesse di non ordinare i nostri prodotti mischiando affari e politica".

Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha parlato di "scelta razzista". Un coro critico e bipartisan si è levato anche in Parlamento contro la scelta delle due grandi catene italiane di non distribuire nei loro supermercati il marchio Agrexco, nei confronti della quale è in corso un movimento di contrapposizione globale, dicono per problemi di "tracciabilità commerciale" dei prodotti provenienti dai territori contesi dal 1967. E allora niente più agrumi Jaffa e frutta Jordain Plains, neanche vini del Golan. L'intero "made in Israel" rischia di subire un brutto colpo. C'è allora chi, come il deputato bolognese Enzo Raisi, annuncia: "Scelta razzista, straccio la mia tessera da socio". Si sono fatti sentire anche deputati del Partito democratico come Emanuele Fiano e Roberta Della Seta.

L'iniziativa delle catene italiane va ad aggiungersi al boicottaggio delle università israeliane da parte di quelle inglesi, alla campagna per il ritiro degli investimenti fatti da fondi di pensioni inglesi o scandinavi, e alla campagna anti israeliana delle chiese protestanti modellata su quella contro l'apartheid sudafricano. "Non abbiamo avuto perdite finora dal boicottaggio in Europa perché questa della Coop è stata in assoluto la prima volta", ci dice Alchasov. "Non era mai successo che un'azienda non ordinasse nostri prodotti in nome della politica. Così facendo la Coop ha dato un enorme contributo al boicottaggio. Credo che la loro posizione sia più che altro naif, non hanno capito che è una trappola".

Il boicottaggio economico della Cisgiordania rischia di avvelenare fin dagli esordi i negoziati indiretti riavviati nei giorni scorsi dalla mediazione americana per tentare di scongelare il processo di pace. A innescare lo scontro è stata la decisione dell'Anp, formalizzata di recente per decreto da Abu Mazen, d'imporre un boicottaggio capillare in tutta la Cisgiordania palestinese contro i prodotti degli insediamenti. La decisione in passato era stata più volte rinviata, per non danneggiare gli interessi della manovalanza araba che lavora nelle comunità ebraiche. L'accusa rivolta alla compagnia parastatale Agrexco è che produca proprio nelle "colonie" del West Bank. "Dagli insediamenti nella valle del Giordano non importavamo nulla verso l'Italia, dove arrivano invece i nostri pompelmi, l'avocado e i meloni", ci dice Alchasov. "Soltanto lo 0,4 per cento del nostro prodotto arriva dalle comunità nella valle del Giordano e lì diamo lavoro a tantissimi palestinesi. E' l'unico lavoro che hanno e ne sono da sempre grati. Si capisce allora come la Coop abbia ceduto all'ideologia. E rischia di far perdere il lavoro a tanti arabi nostri operai. L'Agrexco nasce per dare lavoro a tutti senza distinzione, arabi ed ebrei, cristiani e musulmani, bianchi e neri, siamo a servizio dell'agricoltura nel mondo. Nella valle del Giordano siamo gli unici datori di lavoro presenti, arrivano ogni giorno anche operai dal confine giordano".

L'agricoltura israeliana ha insegnato al mondo come irrigare a goccia, impartendo lezioni su come far fiorire di prodotti indispensabili il deserto (come le serre di Gaza distrutte dopo il ritiro). "Facciamo miracoli con l'acqua", dice Alchasov. "In Sicilia si usano le nostre tecniche, i nostri pomodorini ciliegini sono ovunque. I nostri tecnici aiutano i coltivatori diretti in Africa e America Latina". Agrexco dice di operare nel rispetto della normativa europea. "In ogni cartone delle nostre merci c'è scritta la provenienza e il campo di produzione. Stiamo rispettando a pieno le leggi europee e l'Unione europea prevede il divieto di ogni boicottaggio. Non c'è pace senza buona economia. Senza lavoro, i palestinesi finiranno nel terrorismo. E' quello che vuole Coop Italia?".

(Il Foglio, 27 maggio 2010)

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Israele - La politica e la cultura contro la Coop-Conad

Rita Levi Montalcini e Luciana Littizzetto chiedano a Coop e NordiConad di "desistere dalla scelta suicida che farebbe più danni agli italiani che a Israele". Lo si legge in una lettera aperta e sottoscritta da una quindicina tra parlamentari, personalità della cultura e del giornalismo, rivolta al premio Nobel per la Medicina che "per la sua Fondazione di ricerca accetta fondi della Coop" e all'attrice torinese che
Littizzetto testimonial della Coop
"presta il suo volto alla pubblicità della catena di supermercati" che ha deciso di sospendere la commercializzazione dei prodotti israeliani, provenienti dai territori occupati. "La posizione è talmente faziosa - si legge nella lettera - che non merita neppure di essere discussa. Preso tal quale, il provvedimento di Coop e NordiConad dovrebbe piuttosto applicarsi a tutti i Paesi dove non sono rispettati i diritti umani fondamentali, le libertà individuali violate o inesistenti, dove la censura non permette al mondo e neppure alle organizzazioni umanitarie di verificare le condizioni di vita della popolazione, specialmente dei detenuti, dove non c'è libertà di parola, di stampa, di opinione (...) dove la contestazione è repressa nel sangue e i manifestanti torturati, dove i bambini sono costretti a fare i soldati o gli schiavi nelle produzioni low cost e le donne fatte abortire quando portano in grembo una femminuccia".
"Forse Coop e NordiConad -domanando i firmatari dell'appello- rifiutano di approvvigionarsi di prodotti iraniani e cinesi o dei tanti paesi del mondo dove queste violenze sono cronaca quotidiana? Con una distribuzione Israele-free, sembra quasi che Coop e NordiConad vogliano venderci l'ideologia del politicamente corretto un tanto al chilo e con lo sconto soci". L'appello è promosso Vito Kahlun, responsabile politiche giovanili Pri, ed è sottoscritto tra gli altri dai parlamentari del Pdl Maurizio Gasparri, Benedetto Della Vedova e Fiamma Nirenstein, dal deputato dell'Api Gianni Vernetti , e da Peppino Caldarola, giornalista ex deputato del Pd.

Ecco i firmatari
Vito Kahlun, responsabile politiche giovanili Partito Repubblicano Italiano
Maurizio Gasparri, capogruppo PDL al Senato
Benedetto Della Vedova, deputato PDL
Aldo Di Biagio, deputato PDL
Fiamma Nirenstein, deputato PDL
Enzo Raisi, deputato PDL
Andrea Orsini, deputato PDL
Gianni Vernetti, deputato API
Peppino Caldarola, giornalista ex deputato PD
Sergio Rovasio, segretario associazione redicale "Certi Diritti"
Piercamillo Falasca, vice-presidente di Libertiamo
Angelo Moscati, presidente bene berith giovani
Carmelo Palma, direttore di Libertiamo.it
Angelo Pezzana, giornalista
Giuseppe Maria Piperno, presidente Unione dei giovani ebrei italiani
Filippo Rossi, direttore farefuturo webmagazine
Alberto Tancredi, presidente associazione romana amici d'Israele
Sofia Ventura, politologa Università di Bologna

(affaritaliani.it, 27 maggio 2010)

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Coop compra pagine sui giornali: "Prodotti israeliani su scaffali"

«Sui nostri scaffali trovate i prodotti israeliani: sono accanto ai nostri valori di qualità, rispetto e volontà di non discriminare». Così la Coop che ha acquistato una pagina su alcuni quotidiani si difende dalle accuse di aver boicottato la distribuzione di prodotti israeliani. «I punti vendita Coop distribuiscono regolarmente i prodotti provenienti da Israele - si legge ancora - per questa ragione, le strumentalizzazioni e interpretazioni non corrette di questi giorni sono ingiustificate. Il boicottaggio è un'azione del tutto estranea a Coop che da sempre opera seguendo ipropri valori: solidarietà, eticità, cooperazione e trasparenza. Coop - continua - è abitualmente rifornita di merci provenienti dai territori dell Stato di Israele, e solo su datteri ed erbe aromatiche sono in corso ulteriori verifiche». «Verifiche eseguite per dare ai consumatori la garanzia di un'informazione completa sull'origine dei prodotti stessi al momento prevista dalla stessa Ue a livello amministrativo e fiscale. - conclude - Anche per questi, comunque, siamo fiduciosi di trovare una soluzione in tempi rapidi».

(Leggo, 27 maggio 2010)

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Marcia indietro inutile e tardivo

di Dimitri Buffa

Il "day after" della pensata politically correct di Coop e Conad, che si sono sentite in dovere di rispondere alle istigazioni di "Stop Agrexco" e di "Forum Palestina", tese a boicottare i prodotti agricoli provenienti da Israele, rassicurando queste due organizzazioni che i loro negozi non avrebbero più esposto prodotti provenienti da Giudea e Samaria, visto che non era possibile distinguerli dai prodotti "made in Israel", è stato all'insegna della toppa che è peggiore del buco. La Conad in una lunga lettera smentisce di avere messo in opera boicottaggi e parla di "stagione dei pompelmi israeliani ormai finita" nonché di "forniture" che "proseguiranno regolarmente". La Coop e la Conad, però, di fatto hanno sospeso l'esposizione di prodotti la cui tracciabilità non sarebbe chiara e al proposito Andrea Ronchi, ministro finiano per le politiche europee, ieri in un'intervista a "Il Giornale" ha parlato di "distinguo e precisazioni" che però non risolvono il problema. Aggiungendo che le "strutture distributive devono stare attente a non cadere nella trappola di chi cavalca il condizionamento indiretto per cui tutto ciò che viene da Israele è guardato con diffidenza". Condizionamento in cui almeno la Coop è invece caduta in pieno, basta leggere la lettera di Zucchi a quelli di "Stop Agrexco", scritta con un ossequio che non si usa neanche verso i direttori di banca che ti devono concedere un mutuo. Pesanti poi le dichiarazioni del ministro degli Esteri Franco Frattini da Washington, che ha accusato di razzismo sia chi compie questiii tentativi di boicottaggio anti israeliano sia chi vi soggiace per opportunismo, pavidità o conformismo politically correct. Per Frattini quanto fatto da Coop e Conad è "un'iniziativa che introduce nella dinamica del mercato un elemento di razzismo estremamente pericoloso". E ha aggiunto: "scegliere un prodotto sulla base della provenienza e non della qualità rischia di innescare dinamiche di tipo razzista, a maggiore ragione in questo caso, in cui la questione viene fatta con riferimento ai prodotti israeliani, perché sono ebrei". Insomma "una iniziativa pericolosa e affrettata che accomuna questioni politiche ed economiche e danneggia lo sviluppo dell'intera area". Cosa questa notata anche dal senatore Luigi Compagna, un liberale vero che milita nel Pdl: "nel furore antisionista che la anima, la sinistra italiana non si accorge di colpire, offendere e mortificare migliaia di lavoratori palestinesi che a quei prodotti hanno lavorato. Incredibile come sull'argomento l'onorevole Bersani finora non abbia avuto nulla da dire".

(l'Opinione, 27 maggio 2010)

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Israele: "La missione navale è una provocazione, ed è inutile"

Mentre otto imbarcazioni navigano attraverso il Mediterraneo alla volta della striscia di Gaza nel quadro di una "missione d'aiuto" europea, il colonnello Moshe Levi, comandante dell'Ufficio di coordinamento delle Forze di Difesa israeliane per il distretto di Gaza ha spiegato mercoledì ai giornalisti che nel territorio controllato da Hamas non si registra carenza né di cibo né di attrezzature.
"Questa missione navale - ha detto Levi - è un atto puramente provocatorio, e totalmente inutile alla luce delle cifre che indicano che la situazione umanitaria nella striscia di Gaza è buona e stabile". Levi ha spiegato che Israele permette il trasferimento all'interno del territorio di numerose merci e prodotti, a parte naturalmente quei materiali che possono essere usati da Hamas per le sue attività terroristiche.
Secondo dati forniti dall'establishment della sicurezza israeliana, a Gaza entrano decine di camion ogni giorno (attraverso i valichi di frontiera controllati). Nel 2009 sono entrate più di 738.000 tonnellate di prodotti alimentari. Le foto sulla stampa locale mostrano mercati pieni di frutta, verdura, formaggi, spezie, pane e carne. Nel primo trimestre del 2010, sono entrate 94.500 tonnellate di rifornimenti su 3.676 camion: 48.000 tonnellate di alimentari, 40.000 di grano, 2.760 di riso, 1.987 di vestiti e calzature, 553 di latte in polvere e cibo per neonati. Ogni settimana le Forze di Difesa israeliane coordinano il trasferimento nella striscia di Gaza di centinaia di camion con 15.000 tonnellate di rifornimenti. Nei mesi scorsi i camion hanno consegnato, fra l'altro, più di 1.200 tonnellate di medicinali e attrezzature mediche e quasi 17 milioni di litri di gasolio. "Non ci risulta nessuna carenza in alcun settore - ha detto Levi - Autorizziamo l'ingresso nella striscia di Gaza di diversi generi di attrezzature, così come l'esportazione da Gaza di prodotti locali. Naturalmente non viene permessa l'entrata di tutto ciò che può essere utilizzato da Hamas per rafforzare le sue capacità militari".
Dai dati risulta inoltre che, l'anno scorso, Israele ha autorizzato l'uscita dalla striscia di Gaza di 6.000 palestinesi affinché ricevessero cure mediche in Israele o in Giordania. Nessun limite viene posto da Israele all'ammontare di farmaci e di prodotti alimentari che entrano nella striscia di Gaza. Un responsabile della sicurezza ha aggiunto che in alcuni casi Israele permette anche il trasferimento di materiali che potrebbero potenzialmente essere usati da Hamas, pur di non ostacolare l'opera delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali.
Secondo i dati a disposizione delle Forze di Difesa israeliane, lo scorso anno il tasso di disoccupazione nella striscia di Gaza, pur elevato, è sceso al livello più basso degli ultimi dieci anni (38% contro il 48% di pochi anni fa).

(YnetNews, 26 maggio 2010 - ripreso da israele.net)

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Angola, sei bambini in Israele per operazioni al cuore

LUANDA, 26 mag. - Sei bambini angolani hanno lasciato il paese per andare in Israele dove subiranno interventi di cardiochirurgia. Il viaggio e' stato possibile grazie al progetto 'Salviamo il cuore di un bambino', frutto dell'accordo tra la Fondazione angolana Lr Arte e Cultura e l'ong israeliana 'Save a Child's Heart'. Negli ultimi cinque anni gia' 48 i bambini hanno beneficiato del progetto.
All'iniziativa collabora l'Ospedale pediatrico di Luanda.

(AGI, 26 maggio 2010)

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Boicottando le aziende israeliane si condannano i territori al sottosviluppo

di Giordano Masini

La polemica nata in questi giorni attorno all'ipotesi, comunicata con toni trionfalistici da alcune associazioni pacifiste, che Coop e Conad avessero aderito ad una campagna di boicottaggio dei prodotti di aziende israeliane con impianti nei territori occupati, ipotesi che pare essere finora smentita solo da Conad, suggerisce alcune riflessioni.
Lo sviluppo e le opportunità di crescita dei territori occupati, così come di qualsiasi altra zona disagiata del mondo, deriva dagli investimenti che le imprese decidono di fare in quelle zone. Solo questo può creare posti di lavoro, maggior reddito procapite, sviluppo ed emancipazione. Per i territori occupati è una straordinaria fortuna la presenza delle imprese israeliane, una fortuna che in genere non hanno le altre zone non ancora pacificate del pianeta, dove in genere nessuno va a rischiare i propri soldi. Certo, le imprese israeliane possono investire in Cisgiordania, al di qua e al di là della green line, grazie allo stato di relativa sicurezza garantito dall'esercito israeliano.
E non potrebbe essere altrimenti: quando, nel 2006, gli israeliani abbandonarono la striscia di Gaza, lasciarono a disposizione dei palestinesi serre ed impianti all'avanguardia, che avrebbero fatto la fortuna di chiunque. Ebbene, questi impianti furono distrutti da Hamas nel giro di pochi giorni, e questo più di ogni altra cosa ha condannato gli abitanti di Gaza all'indigenza. Il fatto che sui siti delle associazioni pacifiste che sostengono il boicottaggio si parli di sfruttamento dei palestinesi da parte delle aziende israeliane in cerca di profitti, la dice lunga sul senso della realtà e sulla matrice ideologica di queste campagne che purtroppo stanno avendo successo un po' in tutta Europa, in questo caso sospinte anche dal vento dell'antisemitismo arabo: lo stesso terzomondismo marxista che individua negli investimenti stranieri la causa del sottosviluppo e non la sua più efficace medicina.
Chi oggi vorrebbe che le aziende israeliane abbandonassero i territori occupati, vorrebbe in realtà condannare i palestinesi della Cisgiordania allo stesso destino di quelli di Gaza: senza opportunità, senza lavoro, e con la magra soddisfazione di poter strumentalmente additare Israele come capro espiatorio per le loro disgrazie. Un bel risultato. Dovremmo rifletterci quando sentiamo i dirigenti della Coop parlare di modalità di tracciabilità commerciale che risolvano
    "l'esigenza di un consumatore che voglia esercitare un legittimo diritto di non acquistare prodotti di determinate provenienze."
Chi ha a cuore l'emancipazione dei palestinesi e lo sviluppo della loro terra dovrebbe acquistare proprio quei prodotti, piuttosto che boicottarli.

(Chicago-Blog, 26 maggio 2010)

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L'antisemitismo sul web adesso prende di mira i parlamentari italiani

di Fabrizia B. Maggi

In Italia, la lotta all'antisemitismo sul Web inizia ad essere scomoda a molti. Se non fosse così, non si spiegherebbe perché una serie di siti Web si sono infuriati in seguito ad un servizio sul pericolo di questo fenomeno, nel mondo ma anche in Italia, trasmesso qualche giorno fa dal programma "Meridiana" di RaiNews24.
L'intervista alla vicepresidente della commissione Esteri della Camera, Fiamma Nirenstein, e le parole di Stefano Gatti, rappresentante dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico, sembrano aver irritato le sensibilità di tutti quegli amministratori di siti che promuovono posizioni antisemite e si augurano l'eliminazione dello Stato d'Israele. I responsabili di tali pagine Web si sono irritati al punto da pubblicare minacce e insulti - "velati" il giusto per evitare una denuncia - contro alcuni dei membri del "Comitato d'Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo", a cura della Commissione Esteri e Commissione Affari Costituzionali, ma in particolare contro la Nirenstein, rea di essere ebrea.
Sui siti incriminati non manca proprio nulla. Dalla negazione dell'Olocausto alle tesi complottiste sull'11 Settembre e il ruolo del coinvolgimento del Mossad negli attacchi alle Twin Towers. Lunghi sproloqui sul pericolo che rappresentano tutt'oggi gli ebrei in Europa e sul ruolo attuale dello Stato d'Israele in Medio Oriente, dipinto nel migliore dei casi come l'erede del Nazismo. Svastiche ben in vista, dunque, e continui riferimenti ai Protocolli dei Savi di Sion, un falso documentale prodotto nei primi anni del XXo secolo utilizzato per giustificare lo sterminio nazista e russo degli ebrei.
"Da mesi la Nirenstein s'è messa alla testa di una vasta operazione israeliana per ridurre al silenzio i siti Internet sgraditi". E' quanto scrive lo scrittore e giornalista italiano Maurizio Blondet sul suo sito "Effedieffe" invitando i suoi lettori, oltre che "a pregare per la conversione alla fede cattolica" della deputata - tra l'altro, di religione ebraica -, a trovare - udite, udite - un "guerriero" o un "kamikaze" che "offra la sua vita per la salvezza eterna della Nirenstein".
Ma ce n'è un po' per tutti. Siti come "Kelebek", "Holywar" e "WebNostrum", definiscono "servi", con tanto di nome e cognome, ciascuno dei parlamentari membri del Comitato d'Indagine. Anche i mass media sarebbero complici del complotto sionista: tra questi, viene preso particolarmente di mira Radio Radicale, "sempre all'avanguardia nel sostegno del razzismo ebraico". Per Paolo Corsini, deputato del Pd, "non si tratta solo di una minaccia e un appello all'aggressione personale, visto che ci sono le schedature di ciascun membro del comitato, ma anche alla libera iniziativa parlamentare".
"Il fatto più preoccupante - prosegue il deputato del Pdl Renato Farina - è che in questo momento c'è un incontro perfetto tra le tesi dell'estrema destra e quelle dell'estrema sinistra", unite contro un unico obiettivo: Israele. E non solo si incontrano estremismi politici, ma anche quelli religiosi: "In alcuni siti, l'odio viene mascherato con vesti religiose, spesso adottando lo stesso linguaggio cattolico denunciato da papa Ratzinger per contrastare i Lefebvriani".
E' proprio per mettere fine a questo tipo di pericolose dissennatezze - che culminano poi in minacce e, talvolta, atti di vera e propria istigazione alla violenza e all'odio - che il Parlamento italiano si sta muovendo in questi giorni. "Nonostante le minacce, continueremo a lavorare - assicura la Nirenstein, presidente del comitato - non ci arrenderemo. Stiamo studiando a fondo come fermare l'odio antisemita che corre sul Web e vedremo se le leggi che esistono possono essere ritoccate". Nel 1995, infatti, esistevano nel mondo appena 5 siti che incitavano all'odio contro Israele; dieci anni dopo se ne contano più di 8mila. "La risposta - rimarca la deputata del Pdl - non può essere solo nazionale, perché se grazie alla legge Mancino è possibile in Italia oscurare un sito che incita all'odio razziale o religioso, è anche vero che lo stesso sito può essere riaperto all'estero". Non a caso, dalle colonne del sito di Blondet, si annuncia un prossimo trasferimento del server in Iran, un Paese definito "più libero" dell'Italia. (Forse i ragazzi dell'Onda Verde avrebbero qualcosa da dire al riguardo.)
Ma che fare per arrestare il fenomeno? Sul tavolo del Comitato d'Indagine c'è, in primis, l'urgente firma e ratifica da parte del governo italiano di un protocollo del Consiglio d'Europa sulla lotta antisemita in Internet, tralasciato dal 2003 e che coinvolge oltre 47 Paesi a cooperare in questo settore. Poi, si studieranno i margini per modificare le leggi vigenti e, in particolare, la legge Mancino sulla discriminazione razziale, etnica e religiosa in modo da salvaguardare il Web dall'istigazione alla violenza antisemita. Perché se è vero che la libertà d'espressione è un diritto democratico, il linguaggio dell'odio non lo è affatto.

(l'Occidentale, 26 maggio 2010)

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La Siria ha 1.000 missili puntati contro Israele

GERUSALEMME, 26 mag. - La Siria ha mille missili balistici puntati contro Tel Aviv e altre citta' israeliane ed Hezbollah ha altrettanti razzi pronti a colpire il territorio dello Stato ebraico. Lo riporta Debkafile. Fonti militari hanno riferito la preoccupazione di Gerusalemme per il trasferimento siriano di gran parte del stock di missili balistici a propellente liquido a Hezbollah, mentre Damasco lavora giorno e notte alla produzione di missili balistici a propellente solido. A queste linee di produzione lavorano anche ingegneri ed esperti militari nordcoreani.
La produzione militare di Damasco si inserisce, secondo fonti di intelligence occidentali, in una strategia di unificazione dei comandi militari di Siria, Iran, Hezbollah e Hamas nel caso di una guerra con Israele. Dai primi di marzo sarebbe operativo un comando unico centrale, diretto da Teheran ma con sede a Damasco. La decisione di metterlo in piedi, afferma Debka, sito buone entrature nei servizi segreti israeliani, fu presa il 25 febbraio scorso nella capitale siriana durante una cena alla quale parteciparono Mahmoud Ahmadinejad, Hasan Nasrallah e Bashar Assad. In quell'occasione si decise il "compito principale" del comando: impegnare Israele su piu' fronti ed evitare che da Teheran, Damasco, Gaza e dal sud del Libano siano sparati missili contro le stesse citta' israeliane e nello stesso tempo. I razzi a propellente liquido, infatti, sono piu' lenti e impiegano da 50 minuti a un'ora per raggiungere l'obiettivo. Un lasso di tempo rischioso per le postazioni nel sud del Libano e per Gaza perche' Israele avrebbe tutto il tempo di reagire e colpire. Un attacco su tre o quattro fronti, invece, non darebbe alle forze armate dello Stato ebraico il tempo e lo spazio di difendersi e contrattaccare.
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(AGI, 26 maggio 2010)

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Frattini: "Coop contro israeliani"

"Il boicottaggio dei loro prodotti è razzista"

Un'iniziativa che "introduce nella dinamica del mercato un elemento di razzismo estremamente pericoloso". Così il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha commentato da Washington la decisione di Coop e Conad di sospendere la vendita di alcuni prodotti ortofrutticoli israeliani provenienti dai Territori palestinesi occupati.
Si tratta, ha proseguito il ministro, di una "iniziativa pericolosa e affrettata" che "accomuna questioni politiche ed economiche e danneggia lo sviluppo dell'intera area". E ha aggiunto: "Scegliere un prodotto sulla base della provenienza e non della qualità rischia di innescare dinamiche di tipo razzista", a maggiore ragione in questo caso, "in cui la questione viene fatta con riferimento ai prodotti israeliani, perché sono ebrei".
Tra l'altro, ha sottolineato Frattini, "nei Territori occupati lavorano decine di migliaia di palestinesi, quindi questa iniziativa può incidere sull'economia dei Territori che dà lavoro ai palestinesi". Secondo il titolare della Farnesina, bisogna piuttosto "continuare a rafforzare l'impegno per la pace".

(TGCOM, 26 maggio 2010)

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Fiamma Nirenstein: Le minacce non fermeranno il comitato contro l'antisemitismo

"Le minacce? Le vedo come una vittoria, perche' significa che stiamo lavorando bene". Lo ha affermato Fiamma Nirenstein, presidente del Comitato di indagine conoscitiva sull'Antisemitismo, rispondendo cosi' alle minacce apparse su diversi siti internet contro di lei e i 29 membri del comitato.
Nirenstein ha denunciato i gravi atti e ha spiegato che "sul web, in diversi siti, oltre a minacce 'esoteriche' alla mia persona, si attacca il lavoro della nostra commissione, e dunque il Parlamento. Questo e' inaccettabile. Io sono il bersaglio preferito delle loro invettive, perche' sono ebrea. Mi vedono come una sorta di capo della 'mafia ebraica', ma nel mirino ci sono anche altri componenti del comitato. Per alcuni di questi ultimi, l'accusa rivolta e' di essere al soldo di Israele, altri vengono invece ritenuti agenti del Mossad. Quanto a me un sito arriva ad auspicare l'intervento di un 'kamikaze dell'anima' che possa salvare la mia anima. Questo, al di la' del linguaggio, a me pare un invito ad agire.
Ma continueramo a lavorare -assicura il presidente del comitato- non ci arrenderemo. Stiamo studiando a fondo come fermare l'odio antisemita che corre sul web e vedremo se le leggi che esistono possono essere ritoccate. Nel 1995 esistevano nel mondo 5 siti che incitavano all'odio contro Israele, oggi se ne contano piu' di 8.000. La risposta non puo' essere solo nazionale, perche' se grazie alla legge Mancino e' possibile in Italia oscurare un sito che incita all'odio razziale o religioso, e' anche vero che lo stesso sito puo' esere riaperto all'estero. E gia' ora qualcuno parla di riaprire siti nel 'libero Iran', aggirando i controlli".

(Il popolo della libertà, 26 maggio 2010)

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Striscia di Gaza, terroristi mettono una bomba su un carretto: muore un asino

L'animale trainava il mezzo su cui era stato posizionato un carico esplosivo. Non si registrano feriti nell'attentato, dal momento che il carretto era senza conducente.

GAZA, 26 maggio 2010 - Un asino è morto a seguito dell'esplosione del carretto che trainava, nei pressi della striscia di Gaza. Nessun ferito coinvolto nella detonazione, avvenuta lo scorso martedì, dal momento che il carretto era senza guidatore.
L'attentato, per cui sono stati usati 200 kg di dinamite, è riconducibile ad un gruppo terroristico filosiriano. La polizia israeliana sta indagando per risalire ai responsabili.

(Cavallo Magazine, 26 maggio 2010)


Peccato per il povero asino! Il drone palestinese ha bisogno di essere messo a punto.

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La barba di Herzl

di Francesco Lucrezi

Alquanto in sordina, nel nostro Paese, è passato il centocinquantesimo anniversario (2 maggio) della nascita di Theodor Herzl. Eppure, se c'è un uomo di cui si possa dire, senza tema di smentita, che abbia "fatto la storia" (smentendo la pessimistica considerazione di Braudel, secondo cui l'uomo si illuderebbe di poter "fare la storia", in quanto sarebbe sempre, al contrario, la storia a "fare gli uomini"), questi è sicuramente lui. E, l'ha fatta, diversamente da tutti i grandi condottieri e regnanti, di tutti i tempi (i vari Cesari e Napoleoni, per non dire Hitler, Stalin ecc.), con la sola forza della fede, del pensiero e della parola, senza mai ordinare che si compisse un solo atto di forza o che si versasse una sola stilla di sangue.
Come illustrato in un articolo di David Tarkover, apparso in un inserto speciale di Haaretz, pubblicato il 30 aprile, in occasione dell'anniversario, il padre del sionismo divenne una leggenda vivente già nel corso delle sua breve vita, diventando oggetto di uno straordinario culto della personalità, e la sua immagine fu riprodotta infinite volte, sugli oggetti più disparati (quadri, arazzi, tazze, tappeti, pacchetti di sigari, orologi, medaglie ecc.), come simbolo del nuovo ideale che infiammava gli animi degli ebrei di Europa, da Londra a Parigi, da Varsavia a Odessa a San Pietroburgo. Spesso tali ritratti non erano di altissima qualità, ma la loro esecuzione era facilitata dal fluente barbone di Herzl, la cui riproduzione non lasciava margini di dubbio sull'identità del personaggio effigiato, cosicché sovente gli artisti procedevano, semplicemente, col tratteggiare una grande barba nera, limitandosi a pochi lineamenti approssimativi per il resto del volto. Il ritratto di Herzl, così, divenne la più diffusa e riconoscibile icona del sionismo, la prima vera "bandiera di Israele", mezzo secolo prima che Israele nascesse. Tanto che, nel 1900, in occasione di un ricevimento offerto a Londra da Sir Moses Montefiore, in occasione del quarto Congresso Sionista, un ufficiale inglese ebbe a dire: "La pubblicità del sionismo dipende completamente dalla bellezza del suo presidente. Se Herzl si tagliasse la barba, il sionismo finirebbe".
Un'esagerazione, probabilmente. Ma è senz'altro vero che Herzl, oltre ad avere creato il sionismo e ad avere permesso - quarantaquattro anni dopo la sua morte - la nascita dello Stato di Israele, è stato fra i primi ad avere mostrato, nella storia moderna, non solo la forza della personalità, ma anche dell'immagine, al servizio di un'idea. Un'idea che (a differenza di tutte le altre che hanno animato il Novecento, spesso rivelatesi tragiche illusioni) conserva ancora intatto il suo fascino, la sua forza, la sua razionalità. Ringraziamo, a centocinquant'anni dalla sua nascita, il suo creatore. E anche, perché no, la sua barba.

(Notiziario Ucei, 26 maggio 2010)

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Israele, simulazione d'attacco missilistico

Le sirene hanno risuonato in tutto il paese ma non tutti sono scesi nei rifugi

Gas mask fashion
L'urlo delle sirene si è udito stamane in tutto Israele nel quadro di una preannunciata esercitazione, volta a preparare il Paese ad attacchi missilistici.
Con il suono delle sirene, alle ore 11 locali, la popolazione è stata esortata a scendere nei rifugi o ad entrare nelle più vicine aree protette e a restarci per una decina di minuti. La radio e la televisione hanno interrotto i programmi per trasmettere gli avvisi di scendere nei rifugi. A prima vista solo una parte della popolazione ha rispettato le istruzioni; inoltre, sono state segnalate aree in cui non si sono sentite le sirene. Nell'odierna esercitazione sono state simulate anche operazioni disoccorso e di estrazione di persone dalle macerie di case colpite e il coordinamento tra i servizi di pronto soccorso. Allo tempo stesso sono stati aperti i centri per la distribuzione di maschere antigas. Un ufficiale, citato dal quotidiano Haaretz, ha però detto che nei depositi ci sono maschere sufficienti per il 60% degli abitanti e che non sono ancora stati stanziati i fondi per il restante 40% della popolazione.
L'esercitazione, cominciata la scorsa domenica e denominata Punto di Svolta n.4, è giunta quest'anno alla sua quarta edizione e ha assunto un carattere di particolare importanza in considerazione della rapida crescita del numero di razzi e missili di vario tipo, ormai in grado di colpire tutto il paese, nelle mani degli Hezbollah, di Hamas, della Siria e dell'Iran con i quali un conflitto è ritenuto possibile.

(RSI.ch, 26 maggio 2010)

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«Non facciamo il gioco di razzisti e antisemiti»

di Gaia Cesare

Ministro Andrea Ronchi, i prodotti israeliani spariscono dagli scaffali di Coop e Conad. È o no un boicottaggio?
«Voglio lasciare il beneficio della buona fede. Ma quello che sta accadendo si inserisce in un quadro più ampio. I grandi soggetti della distribuzione devono sapere che è in corso un boicottaggio dell'Anp (Autorità nazionale palestinese, ndr) che mira a impedire la vendita dei prodotti israeliani».

Le cooperative italiane sostengono che il loro non è boicottaggio ma che le etichette delle merci provenienti dai Territori non specificano la provenienza. Un pretesto?
«Io credo che in Italia ci sia stata superficialità su questa vicenda, le strutture distributive devono stare attente a non cadere nella trappola».

Che trappola?
«Quella di chi intende allargare la politica del boicottaggio palestinese e cavalca il condizionamento psicologico indiretto per cui tutto ciò che viene da Israele è guardato con diffidenza».

E la questione della tracciabilità delle etichette?
«Il rispetto delle regole e delle direttive europee deve essere assoluto. Ma stiamo attenti a non appigliarci a cavilli e fare il gioco di chi cavalca l'atteggiamento anti israeliano».

Non è la prima volta che in Italia si attuano iniziative del genere. Lei già in passato aveva criticato questa linea.
«Nel febbraio dell'anno scorso un centinaio di soci Coop di Firenze sottoscrisse una lettera per sapere quali fossero gli articoli di produzione israeliana in commercio. E poco prima era scattata la proposta di boicottaggio dei negozi degli ebrei romani dopo i bombardamenti a Gaza».

Il consumatore non ha diritto di esercitare una scelta per lanciare un segnale?
«Non credo ci possa essere una persona con un minimo di sensibilità democratica pronta a rifiutare un negozio o un prodotto solo perché israeliano. Sono follie antistoriche e razziste».

Razzismo dunque?
«Farei una distinzione. Le cooperative per superficialità non si sono rese conto del pressing che hanno subìto e che ha una matrice più lontana. Prendo atto della presa di posizione della Conad, per esempio, che ha negato qualsiasi forma di boicottaggio. Ma se guardiamo fuori dal nostro Paese l'atteggiamento anti israeliano è diffuso».

È una vecchia storia che si ripete dunque?
«È così, pensi a quando andammo in Israele con Berlusconi per il bilaterale e si ipotizzò l'inizio di un percorso al cui termine ci fosse l'entrata di Israele nell'Unione europea. Subito si alzarono i primi no».

Perché secondo lei?
«Perché c'è ancora una parte della cultura europea sconfitta dalla storia e dai numeri che legge le vicende del Medio Oriente con la lente deformata dall'antisionismo».

Che fare per combatterla?
«Alzare l'asticella dell'attenzionalità, dell'emarginazione dei violenti, di destra e di sinistra, perché la questione dell'antirazzismo deve essere una pietra miliare».

(il Giornale, 26 maggio 2010)

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"La Coop dovrebbe pensare alla pace economica fra Israele e Palestina"

Intervista a Shimonal Alchasov di Roberto Santoro

La Coop e la Conad sono state invitate da un gruppo di Ong e associazioni (Attac, Pax Christi, Federazione della Sinistra, Fiom Cgil, Forum Palestina, Un Ponte Per, Ebrei contro l'occupazione, Donne in Nero) a togliere dai loro scaffali le derrate agricole israealiane importate dalla società Agrexco, perché provenienti dai Territori della Giudea e della Samaria. Ne parliamo con Shimonal Alchasov, direttore amministrativo dell'azienda israeliana, convinto che una scelta del genere finirebbe per influenzare negativamente la "pace economica" in Medio Oriente.

Dottor Alchasov, Coop e Conad smentiscono di aver indetto un "boicottaggio" ai danni di Israele ma sono state pesantemente attaccate da alcuni politici italiani
Preferirei non parlare di politica. Lavoro dal '73 in Agrexco, ho vissuto in Francia e anche nel vostro Paese. La nostra azienda si occupa di esportare derrate agricole che vengono da produttori ebrei, cristiani, musulmani. Noi pensiamo alla qualità del prodotto, non alle questioni politiche.

Coop e Conad effettivamente sostengono di voler evitare che sugli scaffali arrivi merce non etichettata e di cui, dunque, non si può stabilire l'esatta provenienza e qualità
Le dico una cosa: la nostra azienda esporta molto prodotti in Italia, dai pompelmi all'avocado, ma la quantità di merce che arriva da quelle che Lei ha definito "Colonie" si aggira intorno allo 0,4 per cento del totale. A parte qualche erba aromatica, onestamente mi sembra di poter dire che nel vostro Paese non arrivano derrate agricole coltivate nei territori di Giudea e Samaria.

Allora perché tanto clamore?
Conad o Coop sono aziende che hanno un grosso giro d'affari e non mi stupirebbe se alla fine scoprissero di non aver neppure comprato uno dei prodotti "incriminati". Il rischio per loro è che da qui in avanti ogni risposta che daranno sull'argomento si presterà a pericolose strumentalizzazioni.

Il senatore Furio Colombo ieri ha detto che il linguaggio di Coop e Conad è "ipocrita" e ricorda "le scuse usate dai nazisti per perseguitare gli ebrei"
So che la Coop ha una lunga storia nell'economia italiana e che si è sempre impegnata a fondo per tutelare i consumatori. Non credo che la decisione presa dai gruppi italiani sia stata un pretesto per nascondere chissà cos'altro… mi è sembrato piuttosto un errore di ingenuità.

Come uscire da questi fraintendimenti?
So solo una cosa avendo vissuto in Italia. Il vostro non è un Paese razzista. E in ogni caso l'Unione Europea prevede il divieto di ogni forma di boicottaggio

Si parla tanto di "pace economica" fra israeliani e palestinesi. Fatti del genere non rischiano di complicare le cose?
Se Coop e Conad decideranno di non richiedere più i nostri prodotti noi non glieli invieremo. Ma la verità è un'altra: gran parte del nostro personale parla arabo ed è palestinese. Se i nostri prodotti non saranno più esportati significa che anche molti palestinesi perderanno il lavoro e questo potrebbe spingerli tra le braccia del terrorismo.

Qual è la soluzione allora?
Non c'è pace senza un'economia che funziona.

(l'Occidentale, 26 maggio 2010)

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Dal sito che promuove il boicottaggio

Campagna di boicottaggio della società agrexco

L'Europa, l'ONU e la Comunità Internazionale considerano le colonie israeliane costruite su Territorio Palestinese non solo illegali, ma un serio impedimento alla pace in Medioriente. Eppure la colonizzazione di vaste aree della Cisgiordania continua, sottraendo altra terra, risorse e lavoro ad una popolazione già da decenni sotto la morsa dell'occupazione militare israeliana. Inoltre il Governo Israeliano si è ripetutamente macchiato di crimini di guerra e contro l'umanità, denunciati e condannati da istituzioni come l'ONU, l'Europa e da ONG come Amnesty International e Human Rights Watch. Comprare prodotti di provenienza israeliana, specialmente se dalle colonie, significa sostenere in modo diretto e consapevole questo regime di Apartheid. Per questo invitiamo i consumatori italiani a dare un contributo concreto, partecipando al boicottaggio della società israeliana di esportazione Agrexco Ltd.

Agrexco Ltd è il principale esportatore di prodotti agricoli israeliani, commercializzando il 70% di frutta, verdura, fiori e erbe aromatiche prodotte in Israele e nelle colonie costruite in territorio Palestinese. Con il marchio "Carmel", l'Agrexco commercializza il 70% di tutta la frutta e verdura prodotta dalle colonie nei Territori Occupati, come ammesso dalla stessa società durante un procedimento penale in Inghilterra. Molte di queste colonie si trovano nella Valle del Giordano, la regione più fertile della Cisgiordania, di cui il 95% è occupato da colonie illegali, piantagioni coloniali e basi militari. L'80% dei prodotti della Carmel-Agrexco viene esportato e venduto in Europa, dall'estate 2009 anche attraverso il porto italiano di Vado Ligure (Savona). In base agli accordi commerciali EU-Israele, i prodotti Israeliani godono di agevolazioni fiscali, ovvero sono esenti dal pagamento delle tasse doganali. In una recente condanna della Corte di Giustizia Europea è però emerso che molti prodotti delle colonie, che non dovrebbero godere di queste esenzioni, vengono etichettati come provenienti da Israele così da essere illecitamente esportati a costi minori. Il risultato e' che i frutti di un sistema illegale e di violazioni delle leggi internazionali finiscono sulle nostre tavole a prezzi ingiustamente più bassi e concorrenziali. E' ora di dire basta!

Boicottiamo i frutti dell'Apartheid Israeliano!
Boicottiamo la Carmel-Agrexco

(Stop Agrexco Italia, 26 maggio 2010)


Tentare di contrastare esternazioni come queste con argomentazioni razionali è cosa vana. Questa è religione. Religione che, come quella islamica, richiede ai suoi adepti il sacro dovere di combattere contro la più grave forma d’ingiustizia presente nel mondo: lo Stato d'Israele. Sono contro Israele perché il loro dio è contro il Dio d'Israele. Ma poiché esiste un solo Dio che ha creato i cieli e la terra, alla fine si vedrà: “Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra, scompariranno di sulla terra e di sotto il cielo” (Geremia 10:11).

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I boicottaggi? Hanno fatto grande Israele

di R.A. Segre

Col boicottaggio Israele è abituato a convivere sin da prima della creazione dello Stato quando ancora al tempo del Mandato britannico, le merci degli ebrei di Palestina erano boicottate dalla Lega araba, fondata nel 1944. In tempi più recenti si è aggiunto il boicottaggio delle università israeliane da parte di università inglesi - ultimamente sudafricane - e una campagna per il ritiro degli investimenti fatti da fondi di pensioni inglesi o scandinavi, o dalle Chiese protestanti nel corso di un'estesa campagna anti israeliana modellata su quella contro l'apartheid sudafricano.
Per quanto irritanti, queste forme di boicottaggio non solo non hanno avuto effetto ma hanno prodotto quello contrario, stimolando l'iniziativa di un piccolo paese che per motivi strategici ha fondato la sua politica sul principio della qualità contro quantità. Altre ragioni hanno contribuito a far fallire il boicottaggio arabo. Ad esempio la condanna di molti governi, Italia inclusa, di accettarlo. D'altra parte è difficile mantenere il boicottaggio contro uno Stato che con sette milioni di abitanti ha un commercio estero superiore a quello di tutti i 21 Stati arabi (petrolio escluso) messi assieme e si trova al terzo posto mondiale (dopo Stati Uniti e Cina) in fatto di creatività industriale. (Senza il pentium israeliano nessun computer funzionerebbe).
L'arma anti israeliana del boicottaggio quasi universalmente spuntata sembra invece paradossalmente funzionare quando è usata dagli ebrei ortodossi in Israele e da fuori di Israele. Sono stati loro a far scomparire dalle fermate degli autobus in Israele la propaganda di abiti, lingerie, cibo, gioielli promossi con foto di donne anche se solo un po' scollate. Sono stati loro a imporre alla società aerea nazionale di non volare nei giorni di sabato religiosamente festivi; a bloccare il movimento delle linee nazionali di autobus (all'infuori della città «rossa» di Haifa) e dei trasporti ferroviari nei giorni in cui la Bibbia - e l'interpretazione rabbinica - impone il riposo. Il che non ha certo fermato - e in molti casi aumentato - gli spostamenti in auto dei privati, o l'allargamento del numero dei negozi, ristoranti e luoghi pubblici che in base alla differenti autonomie municipali, restano aperti il sabato. Ci sono però stati altri casi in cui il boicottaggio degli ortodossi ha dimostrato la sua forza. Per esempio il boicottaggio, accompagnato da manifestazioni e lanci di pietre, contro il laboratorio a Gerusalemme del gigante tecnologico Intel, (vitale per l'economia israeliana) terminato con un compromesso che permette solo a personale non ebreo di lavorare il sabato. È facile comprendere da dove nasca la «forza d'urto» economica degli ortodossi. È la forza che nasce da un'assoluta obbedienza della comunità ultraortodossa - quella che in ebraico si chiama dei Haridim (i pii, i tremanti di fronte al volere divino) - alle decisioni dei loro rabbini, anche se il loro peso economico non supera il 10%. È però una percentuale che ha effetto, se diretta contro una specifica istituzione economica, bancaria, industriale aperta alla logica della concorrenza. Ma cosa succede quando il tribunale rabbinico di uno dei segmenti più religiosamente radicali dell'arcipelago religioso israeliano sfida la Borsa. Ordinando, ad esempio, di investire dalle società quotate in Borsa, in Israele. Un libretto di «istruzioni per l'uso» distribuito recentemente dal Badatz - l'alta autorità giuridica ultra ortodossa - spiega che è proibito detenere o comprare azioni collegate con «strumenti di investimento, specialmente fondi di pensione, che traggono profitti dal commercio nel sabato o persino - che Dio non voglia - il giorno di Kippur o da canali televisivi pieni di sudiciume e pubblicità oscena... in cui sei inconsciamente parte». Il libretto continua specificando che attratti da promesse di alti guadagni si diventa senza saperlo coinvolti in società sussidiarie a peccaminose di fondi di investimento. Menziona ad esempio, la grande compagnia di cemento Nesher, quella dei trasporti aerei cargo Maman «che operano di sabato come se fossero giorni feriali» e persino «azioni innocenti» della Banca Leuni partner nella catena di mode Fox... o Strauss che con la Coffee Togo opera di sabato». Secondo un'inchiesta condotta da una società di pubblicità ortodossa, questo settore della popolazione israeliana controlla capitali di risparmio e investimenti del valore di 500 milioni di dollari all'anno. Saranno sufficienti a piegare il «mostro» della Borsa? È tutto da vedere anche se le perdite registrate nel corso del mese e che gli economisti legano a cause internazionali stanno convincendo non pochi ortodossi che anche in questo campo di battaglia il Signore sa da che parte stare.

(il Giornale, 26 maggio 2010)

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La Coop boicotta Israele? Senza dubbio, una scelta sbagliata

Un supermercato che si mette a fare geopolitica. E così non aiuta i palestinesi

di Federico Brusadelli

Esempio di disgustoso boicottaggio
Su Facebook è già nato il gruppo di chi boicotta il boicottaggio: "Io non compro né alla Conad né alla Coop", minacciano. E non hanno tutti i torti, in effetti. Perché la decisione della grande catena italiana di supermercati, che ha ceduto alle pressioni di decine di associazioni filopalestinesi e ha scelto di togliere dai suoi scaffali i prodotti Agrexco (principale esportatore agricolo israeliano), è sinceramente ingiustificabile.
Certo, dalla Coop si affrettano a precisare che non è una mossa anti-israeliana, ma una scelta resa obbligata da «una modalità di tracciabilità commerciale che non risolve l'esigenza di chi vuole esercitare un legittimo diritto di non acquistare prodotti di determinante provenienze, dato che l'informazione non è presente in etichetta». Solo per questo, spiegano, si è deciso «sospendere gli approvvigionamenti di merci prodotte nei territori occupati e quindi valutare se esistano possibilità di specificare maggiormente l'origine del prodotto, al fine di consentire per il consumatore finale una reale distinzione tra i prodotti made in Israel e quelli eventualmente provenienti dai territori occupati».
Eppure il messaggio che arriva da questa operazione (magari involontario, a voler essere generosi) è semplice, quasi propagandistico: boicottare Israele. E il boicottaggio è sempre un'arma sgradevole, scivolosa, un piano inclinato che pende quasi sempre verso forme ben più gravi di intolleranza ed esclusione. Lo è quando viene agitato verso paesi che pure lo meriterebbero (l'Iran e la Cina, per esempio, i cui prodotti dovrebbero essere ben più "inquinati" agli occhi di chi dice di avere a cuore i diritti umani), figurarsi quando nel mirino finisce una democrazia come Israele.
Così dopo il boicottaggio accademico e culturale, si propone il boicottaggio alimentare. E spiace che a prestarsi a questo gioco pericoloso non siano frange di estremisti fuori controllo, ma una realtà aziendale importante e diffusa nel nostro paese. La Conad però smentisce tutto: "Non è in atto alcuna attività di boicottaggio da parte di Conad; a lanciare campagne di boicottaggio sono le associazioni delle diverse parti in causa che vorrebbero coinvolgere e condizionare Conad, come ben si evince dalle oltre 600 pagine web; come già precisato nella nota diffusa ieri alle agenzie, Nordiconad non ha intrapreso alcuna azione di boicottaggio, ma ha solo richiesto informazioni al fornitore;quanto sia strumentale questa vicenda lo testimonia il fatto che il prodotto in questione - il pompelmo proveniente da Israele - ha una sua stagionalità che, come ben sanno gli operatori, si è conclusa ad aprile; quando le produzioni di pompelmo saranno nuovamente disponibili, le forniture proseguiranno regolarmente; Conad, contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di informazione, non ha mai sospeso forniture di prodotti - ortofrutta o altro - da Israele". Meglio così. Perché avrebbero rischiato di farsi del male da soli, senza aiutare affatto la causa dei palestinesi (giusta, quando è tesa a migliorare la condizione di sofferenza di un popolo, e non al "contrasto" in forme più o meno violente ) che vivono nei "territori occupati". Ai quali sarebbe il caso, oltretutto, di consigliare qualche nuovo avvocato.

(FF webmagazine, 25 maggio 2010)

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Razzismo on line: scoperti 1200 siti, +40% sul 2008

Con l'esplosione di Faceebook e dei social network, sono aumentati i siti razzisti e antisemiti sul web

ROMA - Con l'esplosione di Faceebook e dei social network, sono aumentati i siti razzisti e antisemiti on line. L'allarme arriva dal consigliere sulla sicurezza informatica del Viminale, Domenico Vulpiani, sentito dalle commissioni Affari Costituzionali ed Esteri della Camera che stanno conducendo un'indagine conoscitiva sull'antisemitismo on line. I dati forniti dal Viminale, secondo quanto si apprende, non lasciano infatti dubbi: nel 2009 i siti e i gruppi di discussione di natura razzista scoperti e monitorati dalla Polizia sono stati 1.200, rispetto agli 800 dell'anno precedente. Dunque un incremento del 40%, da non sottovalutare anche in considerazione delle difficoltà di intervenire per rimuovere i siti dalla rete. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di pagine in cui si trovano materiali di propaganda razzista e antisemita, mentre in alcuni casi gli investigatori hanno scoperto video e canzoni di chiaro stampo razzista. Nel corso dell'audizione, sempre secondo quanto si apprende, Vulpiani avrebbe fornito anche un elenco delle indagini condotte dalla polizia postale, tra cui quella che ha consentito di individuare e denunciare il soggetto che mise in rete una lista di oltre 150 professori di origine ebraica. Ai commissari Vulpiani avrebbe anche spiegato la difficoltà per le forze di polizia di intervenire di fronte a casi come questi, sostanzialmente per due motivi. Il primo è che è molto difficile distinguere se le tesi espresse nella maggioranza di questi siti rientrino nella libertà di espressione delle opinioni o se si tratti di qualcosa in cui si possono riscontrare ipotesi di reato, e dunque intervenire. Il secondo, grande, problema per gli investigatori è che la totalità dei siti individuati sono appoggiati su server all'estero e dunque la legislazione italiana non può intervenire. Senza contare il fatto che una volta che si riescono a chiudere siti e gruppi di opinione, gli stessi rinascono spesso identici nei contenuti ma con nomi leggermente diversi e facilmente rintracciabili dai propri utenti. Ai commissari il consigliere del Viminale avrebbe dunque sottolineato la necessità di adeguare la legge Mancino del 1993 alle nuove esigenze investigative e allo stesso tempo l'importanza di accelerare la collaborazione di polizia e giudiziaria con gli altri paesi e con le stesse società che gestiscono i social network, come di fatto già avviene tra la Polizia postale italiana e Facebook.

(ANSA, 25 maggio 2010)

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La cricca delle Coop che boicotta Israele

Spariscono dai supermercati i prodotti coltivati nelle colonie ebraiche: Cooperative operaie e Conad le prime ad aderire alle "sanzioni". E' la penosa novità di voler condannare simbolicamente un Paese a morire di fame.

di Fiamma Nirenstein

Qualche anno fa è cominciata così
È uscito da poco un libro che spiace non sia stato ancora tradotto in italiano: si chiama The Israeli Test e l'autore, George Gilder, sofisticato economista che gode di fama internazionale, spiega che il mondo deve a Israele in termini di scienza dell'agricoltura, medicina, software, una prodigiosa, inverosimile quantità di gratitudine. Il mondo sarebbe molto peggiore senza l'aiuto di questo piccolo Paese impegnato nella sua quotidiana lotta di sopravvivenza. C'è chi lo capisce, ed ha così superato l'Israeli test. Ma molti di più invece, poiché ottusi dall'ideologia, non sono in grado di superare l'esame: è il caso delle Coop, il consorzio nazionale delle cooperative di consumatori, e della Conad che piamente hanno ieri piegato la fronte sotto le pressioni di un gruppo di Ong e associazioni varie che hanno chiesto loro di boicottare i prodotti israeliani agricoli importati dalla società Agrexco, perché lo 0,4% di questi prodotti, non contrassegnato col marchio dei lebbrosi come nei sogni delle Ong, potrebbe invece provenire dai Territori della Giudea e della Samaria.
Questo ha reso agli occhi dei fanatici delle Coop e della Conad indispensabile gettare giù dagli storici scaffali delle Coop tutti quanti i prodotti israeliani. Non ha importanza, come vorremmo che dicesse ad alta voce ai suoi amici delle cooperative rosse Bersani, che per coltivare quella frutta e quella verdure da sessant'anni gli israeliani, tutti gli israeliani, si sono spaccati la schiena senza risparmio, che hanno insegnato a tutto il mondo come irrigare a goccia, dare lezioni su come far fiorire di prodotti indispensabili persino il deserto. Che importa di fronte a un mostro detto colono che, qualcuno forse se lo ricorda, a Gaza, lasciò le sue serre piene di fiori e pomodori ciliegia, ed esse furono consegnate ai palestinesi e immediatamente fatte a pezzi dalla rabbia di Hamas. I coltivatori del West Bank per la Coop devono crepare di fame con le loro famiglie come i contadini ucraini ai tempi di Stalin. I prodotti israeliani sono inquinati per le cooperative di «violazioni dei diritti umani», come dicono quelli del gruppo «Stop Agrexo»: ma sarebbe interessante sapere se per i prodotti cinesi, e che so, di molti paesi orientali, del Medio Oriente e dell'Africa viene fatto lo stesso esame «diritti umani». Altrimenti c'è da pensare che qualcosa non vada proprio con Israele. Il «direttore qualità» della Coop dottor Mario Zucchi afferma di «avere esaminato con attenzione» la richiesta del gruppo che in occasione della «Giornata della Terra» ha «coordinato la sua azione» in vari supermarket della Coop e della Conad: ne fanno parte le ong Attac, Pax Christi, Federazione della Sinistra, Fiom Cgil, Forum Palestina, Un Ponte Per (quello delle due Simone) e non possono mancare anche due gruppi di ebrei antisraeliani, sempre utilissimi, l'Eco, ebrei contro l'occupazione, e le Donne in Nero. In genere tra le lobby contro i rapporti fra Ue e Israele e per il disinvestimento ci sono attivisti che non dormono mai, boicottatori full time che si dedicano a una continua campagna di delegittimazione di Israele accusato di tutti i peggiori crimini, apartheid, crimini contro l'umanità... il fine ultimo è la cancellazione dello Stato ebraico.
C'è chi non ha voglia di rendersene conto, ma la sinistra italiana più rocciosa si è da tempo avventurata su questa strada, è storia vecchia. Ma che le grandi, storiche catene di supermarket si alleassero al crimine di condannare simbolicamente e teoricamente Israele a morire di fame, è una penosa novità. Oltretutto boicottare coerentemente Israele significa buttare alla spazzatura una valanga di invenzioni indispensabili. Chi ha il coraggio, per restare alle scoperte recenti, butti quella dell'esame del sangue che classifica per curarla la sclerosi multipla, il congegno che ristora l'uso di arti paralizzati, la nuova invenzione che aiuta i bambini con disturbi gravi a respirare nel sonno, le recenti cure dell'Alzheimer, la riparazione del Dna, l'eliminazione delle manifestazioni del Parkinson. Se si vuole boicottare Israele con coerenza bisogna eliminare il telefonino, i cui moderni miglioramenti sono figli della sede israeliana della Motorola, e anche il computer, i cui stupefacenti sviluppi sono stati pensati dalla Intel in Israele... e questo è un piccolo spicchio della realtà. Avanti dunque ai boicottatori, che la Coop e la Conad restino nel mondo della menzogna sinistrese, su di loro permane la vergogna di aver disprezzato il contributo irrinunciabile che Israele dà al mondo.

(il Giornale, 25 maggio 2010)

Le ragioni degli "amanti della pace"

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Il mio partito "non ama" Israele alla faccia della democrazia

di Adam Atef

Sono sofferente e imbarazzato se penso che in meno di una settimana sono stati pubblicati due articoli, uno di ANSA del 12/05 e l'altro dell'Unità del 15/05, dove lo stato democratico di Israele viene attaccato e infangato ingiustificatamente dal mio partito, il Pd. Proprio il 2 Maggio, in occasione del Yom Hazmaut (62 anni dalla nascita di Israele), è stato invitato il vice presidente nazionale del Pd, Ivan Scalfarotto e la rappresentante milanese Alessia Potecchi, che hanno accettato e sono stati accolti a braccia aperte, per costruire un rapporto di conoscenza profonda fra il partito, la comunità Ebraica e il mondo dell'associazionismo intorno alla comunità. Quello che maggiormente mi imbarazza, è che, dopo anni di impegno che mi ha portato a costruire un rapporto fra la comunità Ebraica e il Pd, con la speranza che oggi finalmente si potesse iniziare a raccogliere i frutti di un dialogo che era stato accuratamente coltivato. Purtroppo la mia gioia non è durata a lungo, perché i frutti sono caduti insieme all'albero che il Senatore Roberto Della Seta ha sradicato con la sua dichiarazione all'ANSA dove accusa Israele di non rispettare i diritti umani o di voler ostacolare le organizzazioni che operano per difendere tali diritti. Inviterei il senatore ad informarsi meglio in tema di diritti umani, perché per quello che mi risulta, i cittadini israeliani vengono maltrattati, discriminati e mal guardati da secoli senza nessuna valida giustificazione, solo perché sono ebrei. Ricordo anche al senatore che in nome della libertà e della democrazia della quale anche lui gode, sono stati sacrificati oltre 6 milioni di Ebrei di ogni età. Un senatore della Repubblica che parla in quel modo, mette in difficoltà il solido rapporto che esiste fra Italia e Israele perché molti cittadini che leggono le sue parole, possono benissimo crederci, questo può solo aumentare l'odio ingiustificato invece di far crescere la pace, cosa di cui abbiamo infinitamente bisogno. Riferendomi all'articolo del giornalista dell'Unità Umberto De Giovannangeli, che ha intitolato "La guerra sporca di Gaza", posso dire che il titolo giusto sarebbe dovuto essere "La sporca guerra contro Israele" perché in realtà è questo che stanno facendo i "Nuovi Comunisti Italiani". Non spreco troppe parole per comunicare con persone che per i loro scopi personali, hanno convenienza ad infangare Israele che risulta essere l'unico vero stato democratico del Medio Oriente. Premetto che nello scrivere tutto questo, ho sempre cercato di contenere la mia rabbia per non offendere nessuno, anche se molte persone meriterebbero degli insulti, ma uno dei principi che mi sono stati trasmessi non mi consentono di rispondere agli insulti con altrettanti insulti. Chi ha buon senso lo usi per chiedere scusa ufficialmente a Israele e alla comunità ebraica mondiale. Io mai mi rassegnerò, continuerò a cercare di comunicare con il Pd fino a quando finalmente riusciranno a capire chi sono gli ebrei e che cos'è lo stato democratico di Israele.

(l'Opinione, 25 maggio 2010)

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Nel mirino anche società ferroviarie

Dall'Inghilterra all'Australia, dalla Francia all'Italia. La mobilitazione internazionale contro Israele non è nuova e quella italiana (che ieri ha ottenuto per la prima volta un risultato concreto) ma si inserisce in un contesto di protesta mondiale che dal 2005 chiede la fine dell'occupazione nei Territori occupati palestinesi facendo leva sul boicottaggio di prodotti, sul ritiro di investimenti e sull'applicazione di sanzioni nei confronti dello Stato ebraico. La più nota campagna a livello internazionale è stata attuata nei confronti di Veolia, società coinvolta nella costruzione del treno di collegamento tra Gerusalemme Est occupata e le colonie israeliane. La campagna ha visto coinvolti comuni di tutto il mondo, che hanno deciso di ritirare gli accordi con la compagnia in segno di protesta nei confronti del progetto ferroviario. Anche negli Stati Uniti la mobilitazione è stata forte. Tra le iniziative più recenti, il senato degli studenti dell'ateneo di Berkeley ha votato per il ritiro degli investimenti dell'università in compagnie impegnate nell'occupazione militare dei Territori palestinesi.

(il Giornale, 25 maggio 2010)

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Israele - Tumore alla prostata: e se a provocarlo fosse la luce artificiale?

Chi lo direbbe, fra le tante minacce alla nostra salute in fatto di inquinamento atmosferico, acustico, per citare i più noti, ne esiste un altro più subdolo e se vogliamo incredibile pure da immaginare; stiamo parlando dell'inquinamento luminoso.
Verrebbe da dire… che c'azzecca la luce con l'inquinamento e relativi danni per l'organismo…. C'azzecca, c'azzecca eccome, perché non è soltanto il problema rappresentato dalle tante luci delle città che di notte hanno mandato in pensione l'atmosfera struggente dei bagliori del firmamento abilmente invocata da diverse poesie… il problema semmai è quello di vedere conclamato il fenomeno in vere e proprie patologie che riguarderebbero il sesso maschile.
A sostenerlo, stavolta, uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Haifa, in Israele, che avrebbe constatato come l'eccessiva esposizione alla luce artificiale notturna sul maschio induca il tumore alla prostata. Per giungere a ciò si è voluto studiare l'incidenza della neoplasia nelle diverse città della terra, evidenziando che laddove si viva in luoghi meno illuminati l'incidenza della neoplasia è bassa, visto che si contano 67 casi su centomila residenti uomini.
Laddove invece l'irraggiamento artificiale sia medio, aumenta l'incidenza del tumore del 30%, mentre dove la luce è eccessiva si giunge ad una percentuale davvero allarmante, ovvero pari all'80% .
A questo punto ci si interroga…. quale sarà mai la causa? Parrebbe che questa consisterebbe nella minore produzione di melatonina, ovvero, quell'ormone implicato del ciclo sonno-veglia che, se alterato, modifica le difese naturali dell'organismo.

(Tanta Salute, maggio 2010)

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Pericoli e provvedimenti

di Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

Non servirebbero molti commenti. Alcuni giorni fa le forze dell'ordine hanno organizzato un blitz nei locali frequentati dagli aderenti al gruppo "Militia", poche decine di persone che si ispirano esplicitamente al nazismo e all'antisemitismo. Tra le intercettazioni telefoniche connesse all'indagine ce ne sono di veramente agghiaccianti. Il leader del movimento lascia intendere di voler attaccare il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici - al quale esprimo solidarietà - già costretto a vivere sotto scorta. Le parole sembrano costituire una minaccia esplicita, e leggere quelle frasi provoca un brivido, poiché se ne coglie la ferocia, l'insensatezza, ma anche la disperazione.
A ben vedere è proprio questo l'aspetto decisivo della questione, insieme tranquillizzante e spaventoso: queste frange di delinquenti sono effettivamente ridotte a una marginalità politica non solo nella destra istituzionale, ma persino, direi, in quella estrema (sebbene non manchino ammiccamenti riprovevoli a tutti i livelli). Nel caso di Militia si ha a che fare con non più di alcune decine di persone. Ma è proprio l'irrilevanza politica che deve renderci accorti: queste persone hanno poco o nulla da perdere, e possono provocare danni anche molto seri.
Infine, per la cronaca, vale la pena notare altri due aspetti: se fosse in vigore il ddl sulle intercettazioni in questi giorni all'esame del Parlamento, quest'inchiesta non sarebbe mai giunta al termine. Il numero di giorni consentito per intercettare, infatti, non sarebbe bastato. Il secondo elemento è che, al momento, tutti gli inquisiti sono a piede libero: sebbene penso che ci si debba generalmente rallegrare in presenza di misure cautelari ridotte, mi pare che in questa occasione lo iato tra il pericolo e il provvedimento sia davvero un po' troppo dilatato.

(Notiziario Ucei, 25 maggio 2010)

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Targa all'orientalista Tucci. Gli ebrei: fu un antisemita

L‘interrogazione di un gruppo di deputati Pd ai ministri Bondi e Maroni con le critiche alla decisione del Comune di intitolare uno slargo a Giuseppe Tucci, che nel ‘38 fu tra i firmatari del "Manifesto sulla razza"

di Giovanna Vitale

Giuseppe Tucci
ROMA - Ha pianto ieri Miriam Grego, vedendo la targa che l‘assessore alla Cultura Umberto Croppi scoprirà stamattina per intitolare lo slargo tra il Museo di zoologia (da lei coordinato) e l‘Istituto per l‘Africa e l‘Oriente, a Giuseppe Tucci: grande esploratore e orientalista, ma anche firmatario nel ‘38 del Manifesto sulla razza. «È come sale su una ferita mai rimarginata», spiega questa ebrea 60enne che sa cos‘è l‘Olocausto: «I genitori di mia madre e 17 persone per parte di padre sono morti ad Auschwitz». Un grido di dolore raccolto da un gruppo di deputati del Pd.
In una interrogazione indirizzata ai ministri dell‘Interno e della Cultura, gli onorevoli Verini, Fiano, Morassut, Touadi e Coscia chiedono «se il Governo non ritenga quantomeno inopportuna la scelta di Tucci come ispiratore della targa da esporre nel Museo Zoologico di Roma, soprattutto in un momento quale quello che stiamo vivendo, in particolare nella capitale, ma in realtà in tutto il territorio nazionale, che vede crescere un clima di nostalgie fasciste che spesso cercano visibilità politica attraverso azioni intimidatorie e violente».
Sono preoccupati, i parlamentari democratici. E proprio per questo cauti, decisi a non sollevare alcuna polemica strumentale. Al punto da chiedere ai ministri Maroni e Bondi se quel Giuseppe Tucci cui oggi il Campidoglio intitolerà una strada è lo stesso che «insieme ad altre 180 personalità sottoscrisse nel 1938 il "Manifesto sulla razza"» sul quale si sarebbe poi basata «la Dichiarazione sulla razza licenziata dal Consiglio nazionale del fascismo il 6 ottobre 1938, fondamento delle gravissime discriminazioni antiebraiche disposte dal regime».
Un‘iniziativa che porta un po‘ di sollievo al «grande dolore» di Miriam Grego. Che comunque resta: quella targa, come un‘offesa. «A me sembra terribile che il Campidoglio dia una tale onorificenza a una persona che ha avallato le leggi razziali», sussurra. «Considerando che io sono ebrea, che non ho mai conosciuto i miei nonni deportati ad Auschwitz insieme ad una ventina tra zii e cugini, una cosa così non si può dimenticare. Io non voglio. E nemmeno i giovani. La memoria è un dovere, non può essere riscritta»

(la Repubblica - Roma, 25 maggio 2010)

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Albertini accusa la missione Ue: «È filopalestinese»

Veleni, fughe di notizie e trappole diplomatiche. Sono gli ingredienti di una spy story in salsa europea andata in scena nei paludati corridoi dell'Europarlamento. Protagonista suo malgrado, Gabriele Albertini, l'ex sindaco di Milano ora presidente della Commissione Affari esteri a Strasburgo.
La storia diventa pubblica con un articolo sull'Eu Observer in cui si citano stralci di una lettera che Albertini aveva inviato al funzionario Europeo Silvio Gonzato e a un ristrettissimo numero di colleghi. Nel messaggio, l'ex primo cittadino annuncia che rifiuterà di partecipare alla delegazione europea in partenza per una importante missione a Strasburgo. L'articolo riporta anche le dure accuse di Albertini ai toni che il viaggio va assumendo: «Più che una missione di pace, mi sembra che si stia preparando una missione di propaganda anti israeliana!». Nell'aula di Strasburgo c'è subito una deputata filo araba pronta a cogliere la palla al balzo, è la franco-tunisina Malika Benarab-Attou, dei Verdi francesi, lesta a chiedere addirittura l'impeachment per Albertini.
Ma come è nato il caso? Facciamo un passo indietro fino ai preparativi per la delicata missione partita ieri per Gerusalemme e nata con una duplice veste: da un lato contribuire al tentativo di riaprire le trattative di pace e dall'altro controllare l'uso dei 500 milioni di euro di aiuti erogati dall'Unione all'Anp, a fronte di una richiesta di altri 200. Ed è per questo che la delegazione di 25 parlamentari, che Albertini doveva guidare, comprende anche i presidenti delle commissioni Budget e Sviluppo. Una missione dunque destinata a prendere contatto sia con autorità palestinesi che israeliane.
Durante i preparativi però, il parlamentare del Pdl nota alcune «incongruenze» organizzative rispetto ai propri viaggi del passato, che però crede concordate con gli israeliani. Non è così, ma Albertini lo scopre solo quando l'ambasciatore israeliano presso l'Ue chiede di incontrarlo. Ran Curiel fa notare che il lavoro della delegazione ruota tutto su Gerusalemme Est, la zona che i palestinesi rivendicano come capitale del proprio futuro Stato, non è previsto di incontrare il sindaco (israeliano) di Gerusalemme né esponenti della Knesset. Inoltre si pretende di passare il confine per andare a Gaza, cosa che Tel Aviv non ha permesso finora a nessun politico, tranne Lady Ashton e Ban Ki Moon. Albertini somma le perplessità di Curiel alle proprie: le Ong con cui si sono previsti incontri sono quasi tutte anti governative o filo palestinesi, idem per i parlamentari che compongono la delegazione, con troupe tv al seguito.
Ce n'è abbastanza per fare due più due: «È chiaro che era tutto preparato per realizzare un'azione di propaganda anti israeliana».
La conferma arriva quando, in una riunione con la delegazione, l'ex presidente del Parlamento di Strasburgo Hans-Gert Poettering respinge le richieste di Albertini di modificare alcuni dettagli del viaggio e gli chiede di censurare pubblicamente l'atteggiamento del governo israeliano, in una delicata fase di negoziazioni e alla vigilia della partenza per Gerusalemme.
«Non sono stato io a far trapelare la mia lettera - commenta Albertini - ma confermo la mia posizione e credo che la missione così concepita, ancor prima che faziosa, sia un errore». All'ex sindaco sono arrivati messaggi di solidarietà da Frattini e da esponenti del mondo ebraico di ogni latitudine. Diversi altri parlamentari si sono ritirati dalla missione.

(il Giornale, 25 maggio 2010)

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Federviaggio: in Israele per sviluppare sia l'outgoing che l'incoming

"L'Italia ha un export importante verso Israele e sarebbe un successo esportarvi anche il turismo, anche in funzione degli accordi bilaterali fatti tra i due Paesi". Così Maria Concetta Patti, in qualità di presidente di Federviaggio, ha commentato ieri la decisione di debuttare proprio in Israele con il primo meeting della federazione. "Vi partecperanno i livelli più alti dei tour operator associati, in tutto 35 rappresentanti, tra direttori, presidenti ed a.d. Incontreremo operatori locali sia incoming che outgoing, perchè vogliamo sviluppare entrambi i flussi. Israele è un Paese "nuovo", di tendenza, e noi lo vogliamo sviluppare al di là degli storici operatori specializzati nel religioso.
E' d'accordo naturalmente Tzvi Lotan, direttore dell'Ente del turismo israeliano, che in questo viaggio accompagnerà la delegazione. "Abbiamo bisogno di un nuovo approccio per aumentare il turismo non religioso - spiega -. Attualmente siamo a quota 125mila italiani, il mio obiettivo è arrivare 150mila nel 2010 e 200mila nel 2012". Di contro, gli israeliani che vengono in Italia sono circa 250mila.
Il viaggio si svolgerà dal 27 al 30 maggio.

(Guida Viaggi, 25 maggio 2010)

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Rahm Emmanuel in Israele per il Bar Mitzvah del figlio

GERUSALEMME, 24 mag. - La diplomazia si muove anche attraverso l'uso di simboli, soprattutto nel mondo ebraico. Rahm Emmanuel, capo di gabinetto di Barack Obama, ha festeggiato in Israele il bar mitzvah (il rito ebraico che segna il passaggio alla maturita') del figlio e nell'occasione incontrera' anche il presidente israeliano, Shimon Peres, il premier, Benyamin Netanyahu, e il ministro della Difesa, Ehud Barak .

(AGI, 24 maggio 2010)

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Israele, smentisce l'offerta di armi nucleari al Sudafrica

Pubblicato rapporto sul Progetto Chalet: un accordo militare tra Peres e il regime dell'apartheid - Israele smentisce le accuse pubblicate sul quotidiano britannico The Guardian sull'offerta di armi nucleari al governo del Sudafrica, durante l'apartheid, nel 1975. L'accordo è stato reso pubblico dall'accademico nordamericano Sasha Polakow-Suransky, che la scorsa settimana ha pubblicato il libro"L'Alleanza Segreta" sul rapporto tra i due Paesi. Polakow-Suransky ha trovato riferimenti su un incontro tra l'allora ministro della Difesa israeliano, Shimon Peres, e il suo omologo sudafricano P.W. Botha in un documento che era soggetto a segreto di stato e che è stato recentemente declassificato. "Non c'è alcuna verità nel reportage del Guardian", ha affermato Ayelet Frisch, portavoce del presidente israeliano Peres. "Questa storia è sbagliata e infondata", ha aggiunto. Nel testo di Polakow-Suransky emerge che l'accordo tra Israele e Sudafrica, noto con il nome in codice di Progetto Chalet, non andò a buon fine perché Botha ritenne l'operazione troppo costosa e perché non vi era certezza che l'allora primo ministro, Yitzhak Rabin, avrebbe dato la sua approvazione. Le notizie pubblicate sul Guardian, se confermate, gettano una nuova luce sulla capacità nucleare di Israele, che non ha ancora dichiarato ufficialmente la sua potenza. Gli osservatori ipotizzano che lo stato ebraico abbia almeno 200 testate nucleari a Dimona. Inoltre, cambia anche il ruolo del governo israeliano nei negoziati per la proliferazione del nucleare in Medioriente che si terranno a New York questa settimana. Israele ha sempre sostenuto che saprebbe gestire il potenziale atomico in maniera consapevole e responsabile, al contrario dell'Iran.

(PeaceReporter, 24 maggio 2010)

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Israele si esercita contro i missili, Siria e Libano nervosi

dal corrispondente Filippo Landi

GERUSALEMME 24/05/10 - Nello Stato ebraico è in corso da ieri un vasto test di difesa antimissilistica che comporta una mobilitazione generale e prove di fuga nei rifugi da parte della popolazione civile. La simulazione prevede la risposta ad un attacco con centinaia di testate (forse anche chimico-batteriologiche)lanciate dagli Hezbollah dal Libano e da Hamas dalla Striscia di Gaza. L'esercitazione, che durerà stavolta 5 giorni, provoca nervosismo nel Paese dei Cedri ma anche in Siria. Gerusalemme ha tentato comunque, con Netanyahu, di tranquillizzare i vicini arabi.

(Giornale Radio Rai, 24 maggio 2010)

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Made in Israel "boicottato". Coop e Conad "no" ai prodotti alimentari

di Edoardo Spera

ROMA, 24 mag - Niente più prodotti alimentari che arrivano dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania sugli scaffali italiani. I supermercati Coop e Conad (Nordiconad) hanno detto "no" al marchio Agrexco. Principale esportatore di prodotti agricoli israeliani, con il marchio Carmel, Agrexco commercializza il 70 per cento di tutta la frutta e verdura prodotta dai territori occupati. Dei prodotti Carmel-Agrexco, circa l'80 per cento - secondo il portale internet di "Stop Agrexco", rete nata in occasione dell'incontro nazionale svoltosi a Pisa il 3 e 4 ottobre 2009 e che ora coinvolge decine di associazioni sotto il grido "boicottiamo i frutti dell'Aparthied israeliano - viene esportato e venduto in Europa. L'iniziativa si inserisce tra gli eventi organizzati in tutto il mondo a sostegno della causa palestinese per la ricorrenza del 30 marzo, giornata della terra, quest'anno dedicata alla campagna di boicottaggio disinvestimento e sanzioni contro Israele. Secondo i promotori del "boicottaggio", l'Europa, l'Onu e la Comunità Internazionale considerano le colonie israeliane costruite su Territorio Palestinese non solo illegali, ma come un serio impedimento alla pace in Medioriente. I prodotti Carmel - si legge sul sito della società israeliana - possono essere trovati nei supermercati di tutto il mondo. Dall'Europa occidentale e orientale fino all'America Latina e al Nord America. Ma non solo: anche in Giappone, Singapore e Hong Kong.
Da quanto si apprende la Coop ha precisato in una lettera a "Stop Agrexco" che la decisione del "no" ai prodotti israeliani non dipende dalla provenienza dei prodotti, ma "da una modalità di tracciabilità commerciale che non risolve l'esigenza del consumatore che vuole esercitare un legittimo diritto di non acquistare prodotti di determiante provenienze. Dato che l'informazione non è presente in etichetta". Motivo per cui è stato deciso di "sospendere gli approvvigionamenti di merci prodotte nei territori occupati e quindi valutare se esistano possibilità di specificare maggiormente l'origine del prodotto, al fine di consentire per il consumatore finale una reale distinzione tra i prodotti made in Israel e quelli eventualmente provenienti dai territori occupati". Una cosa è certa: per Coop "non si tratta di un boicottaggio verso Agrexco o Israele", dato che la scelta "spetta al consumatore". La rete italiana s'inserisce nel movimento mondiale che dal 2005 chiede la fine dell'occupazione israeliana nei Territori occupati palestinesi e fa appello allo strumento del boicottaggio, del ritiro degli investimenti e delle sanzioni nei confronti d'Israele.

(il Velino, 24 maggio 2010)

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La Coop e la Conad non venderanno più prodotti agricoli israeliani

di Dimitri Buffa

La campagna di odio antiisraeliano di Forum Palestina, unita alla burocrazia del "politically correct" a ogni costo, tipica delle dirigenze della Coop e della Conad, sono riuscite a ottenere un brillante risultato: la fine dell'importazione di prodotti agricoli "made in Israel" . Che poi questi prodotti, distribuiti in Italia dalla Carmel -Agrexco, comprendano anche quelli prodotti in Giudea e Samaria, cioè territori definiti "occupati" (in realtà "contesi", ndr) dai boicottatori anti israeliani di professione, solo per lo 0,4%, è cosa che poco importa chi promuove oggi le stesse campagne contro i commercianti ebrei che venivano fatte nell'Eurpa di Hitler.
Siccome le etichette non sono chiare, dicono i responsabili qualità e prodotto di Coop Italia, 'abbiamo pensato bene' di "sospendere del tutto gli approvvigionamenti di merci prodotte nei territori occupati e quindi valutare se esistano possibilità di specificare maggiormente l'origine del prodotto, al fine di consentire per il consumatore finale una reale distinzione tra i prodotti made in Israel e quelli eventualmente provenienti dai territori occupati." Che poi questo sia un danno in primis ai non pochi arabi israeliani e palestinesi che lavorano i medesimi prodotti agricoli prodotti in Giudea e Samaria, ancorchè pari solo allo 0,4% dell'intero prodotto agricolo esportato verso l'Italia, è cosa che a Forum Palestina non importa.
Loro dovevano boiccotare i prodotti agricoli israeliani e Coop e Conad sono stati d'accordo.
Maurizio Zucchi
La lettera della Coop è firmata dal direttore qualità Maurizio Zucchi, un burocrate che, si capisce anche da come scrive, relaziona in realtà decisioni non sue, e da Gianlugi Covili per la Nordiconad, che è il gruppo cooperativo con funzione di centro di acquisto e distribuzione di Conad che opera in nord Italia. Incredibile proprio la lettera firmata da Zucchi per i luoghi comuni e le semplificazioni che descrive dettagliatamente in un testo che l'azienda ha spedito al gruppo di boicotattori internazionali dell'agricoltura isareliana che fanno capo alla associazione "Stop Agrexco Italia - Coalizione italiana contro l'Agrexco", con sede a Casalecchio di Reno e che poi risultano essere uan sorta di terminale italiano della "Coalition Contre Agrexco", locata in Francia.
Ci si lamenta tanto e giustamente delle scritte anti semite nelle grandi città come Roma. I cui insulti poi si estendono per proprietà transitiva a chi si è dimostrato, o semplicemente si dichiara, "amico di Israele", persino al sindaco Gianni Alemanno (con quel po' po' di passato fascista che si ritrova), ma poi se le grandi aziende cooperative che distribuiscono in Italia i prodotti alimentari si comportano così, che cosa c'è da stupirsi?
Scrive tra l'altro Zucchi della Coop, rivolgendosi in maniera più che ossequiosa ai gruppi tra cui Forum Palestina che hanno prodotto questa ignobile campagna di boicottaggio:
    "In risposta alla Vostra lettera del 30 marzo 2010 ed a quanto da Voi manifestatoci nel corso dell'incontro del 6 maggio, siamo a comunicarVi quanto segue.
    Vi ringraziamo della disponibilità al confronto e per le informazioni che ci avete reso disponibili in merito alla grave situazione esistente nei territori occupati, che ci confermano alcune segnalazioni pervenuteci anche dalla nostra base sociale.
    Abbiamo ritenuto doveroso chiedere informazioni anche ad Agrexco, che ha accettato di
    rispondere, pur non essendo un nostro fornitore e non avendo nei nostri confronti nessun
    legame contrattuale."
Notare le maiuscole con cui si da del "voi", tipiche delle lettere che si inviano ai fornitori o alle banche.
Zucchi riporta anche la risposta del distributore "boicottato", la Agrexco, interpellato all'uopo con prontezza degna di miglior causa, e alla fine trae le proprie singolarissime conseguenze:
    "L'azienda interpellata ci ha così risposto: il 99,6% della merce esportata da noi, proviene dallo stato di Israele vero e proprio; lo 0,4% restante proviene invece dai coltivatori della Giudea e Samaria.
    Tali prodotti sono contrassegnati nei documenti che accompagnano la merce, in modo da indicarne l'origine del luogo di provenienza così come richiesto dai regolamenti in vigore presso la Comunità Europea. La documentazione che accompagna la merce proveniente dalla Giudea e dalla Samaria indica il luogo di origine ed i dazi che si debbono pagare.."
Tuttavia questa trasparenza non basta e il pretesto per accodarsi alle richieste di boicottaggio viene dato dalla mancata indicazione tra gli ingredienti dei prodotti della loro origine esatta di coltivazione:
    "Abbiamo analizzato con attenzione questa comunicazione e se da un lato notiamo la distanza dei numeri in merito all'effettiva produzione nelle zone occupate, dall'altra tuttavia concordiamo con quanto da Voi segnalato, come cioè questa modalità di tracciabilità commerciale non risolva l'esigenza di un consumatore che voglia esercitare un legittimo diritto di non acquistare prodotti di determinate provenienze, in quanto l'informazione - pur seguendo il prodotto dal punto di vista doganale e fiscale - non è tuttavia presente in etichetta."
Ergo? "Pertanto, proprio per salvaguardare il consumatore nella sua libertà di scelta rispetto a ciò che acquista", arriva la decisione di aderire implicitamente alla campagna di boicottaggio.
Da notare che in tempo di crisi tutto ciò avrà un costo per i lavoratori. Che, sia in Israele, sia nei territori contesi, sia in quelli "occupati", subiranno una forte ricaduta in termini occupazionali.
E anche in Italia il contraccolpo di questo stop alle esportazioni alimentari israeliane metterà a rischio molti posti di lavoro, almeno nel medio -lungo periodo.

(l'Opinione, 25 maggio 2010 - ripreso da Informazione Corretta)


Indirizzi a cui rivolgersi per informazioni e critiche:

Coop: tel. 800-805580
Coop Consumatori Nordest: tel. 800-849085, fax 0522-519287, servizio.clienti@nordest.coop.it
Coop Lombardia: tel. 800-016706, filodiretto@lombardia.coop.it
Coop Centro Italia: info@centroitalia.coop.it
Coop Estense: tel. 800-850000, filodiretto@mu.estense.coop.it
Unicoop Tirreno: tel. 800-861081, filodiretto@unicooptirreno.coop.it
Conad: Soc. Coop. - Via Michelino, 59 40127 Bologna - tel. 051 508 111, fax 051 508 414

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Caschi blu in Palestina?

di Anna Momigliano

Una missione di peacekeeping in Palestina? Perché no. Stando alle indiscrezioni apparse sulla stampa israeliana, sarebbe proprio questa una delle nuove idee che stanno facendo capolino nei colloqui indiretti tra israeliani e palestinesi, che stanno riprendendo in questi giorni.
L'idea non è poi così male. A quanto ne so io, è una soluzione che farebbe comodo al presidente palestinese Abu Mazen e al suo fragile governo di Ramallah, prima ancora che agli israeliani. Ma da qui a dire che tutte le parti in causa saranno in grado a metterla in pratica nel migliore dei modi… Beh, ne passa parecchio.
Per il momento, è meglio evitare di farsi illusioni. Infatti siamo ancora alla fase dei negoziati indiretti, dove sono soprattutto gli americani a fare da intermediari: l'inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente George Mitchell incontra periodicamente i leader israeliani e palestinesi, per poi cercare di mediare come può. Anche diplomatici europei fanno la spola in modo analogo. Quasi certamente, prima di potere avere risultati sul campo bisognerà attendere che palestinesi e israeliani siano disposti a parlarsi direttamente. E io sono, ahimé, molto scettica.
Detto questo, il piano ha un senso: piazzare una forza di pace (presumibilmente, ma non necessariamente, delle Nazioni Unite) nella Cisgiordania, onde permettere all'esercito israeliano di ritirarsi e ai palestinesi di avere una maggiore autonomia, se non addirittura un loro Stato - e, se chiedete a me, sarebbe ora! Da notare che stiamo parlando solamente della Cisgiordania, che è ancora sotto il controllo dell'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, e non della Striscia di Gaza, dove regna la milizia fondamentalista Hamas.
Questo farebbe sentire più sicuri gli israeliani, che così avrebbero qualche garanzia sul fatto che, una volta ritirato l'esercito, la Cisgiordania non si trasformerebbe automaticamente in una rampa di lancio per razzi contro i civili di Gerusalemme. Israele infatti ha paura di ritirarsi perché i precedenti non sono dei migliori: quando nel 2005 sono state smantellate tutte le colonie e gli avamposti militari a Gaza, i fondamentalisti ne hanno approfittato per lanciare sempre più razzi su Israele.
Ma, soprattutto, questo farebbe sentire più sicura anche l'Autorità nazionale palestinese. Il problema di Abu Mazen, infatti, è che ha molta difficoltà a controllare il suo stesso territorio. C'è il rischio concreto che Hamas o altre forze estremiste tentino un golpe. Avere dei Caschi Blu in casa, ridurrebbe il rischio di un colpo di Stato. Almeno in teoria. Quanto alla pratica, raramente le cose vanno in base ai programmi. Specie in Medio Oriente.

(Panorama, 24 maggio 2010)

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"Bartali aiutò centinaia di ebrei"

Il campione fiorentino potrebbe diventare un "Giusto" d'Israele: avviata la pratica

di Michele Bocci

Gino Bartali potrebbe entrare a far parte dei "Giusti" del museo israeliano dell'Olocausto. Il campione di ciclismo ha salvato centinaia di ebrei italiani e proprio in questi giorni è arrivato allo Yad Vashem di Gerusalemme un prima testimonianza dell'impegno del suo impegno. La storica Sara Funaro da tempo sta lavorando sull'impegno di Bartali a favore di alcune centinaia di perseguitati ma fino ad ora non aveva avuto riscontri diretti. A riferire l'esistenza della nuova testimonianza è il bollettino dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, ventilando appunto la possibilità che un domani Gino Bartali possa trovare posto tra i "Giusti" del museo israeliano dell'Olocausto.
La testimonianza è a firma di Giulia Donati, fiorentina residente in Israele, la quale ha ricordato in una memoria inviata allo Yad Vashem che il ciclista avrebbe aiutato la sua famiglia recapitando, nascosti nel sellino e nel manubrio della sua bicicletta, documenti falsificati. Secondo quanto risulta dalle ricerche della Funaro, il ciclista avrebbe approfittato dei suoi giri di allenamento tra Toscana e Umbria per fare la sua parte in una rete di salvataggio che aiutò a scampare al massacro circa 800 ebrei, con base al convento di suore di san Quirico.

(la Repubblica - Firenze, 24 maggio 2010)

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OyOyOy: happening di giovani ebrei con Jonathan Kashanian per concludere la prima parte

CASALE MONFERRATO - Gli ebrei delle diaspora si sono sempre salutati con augurio particolare: "l'anno prossimo a Gerusalemme". Parafrasando si potrebbe dire che l'ultimo augurio dei giovani, ebrei e no, legati ad OyOyOy! domenica sera, sia stato: "l'autunno prossimo a Casale Monferrato". Certo, la piccola cittadina del Piemonte non è la terra promessa, ma ha saputo creare qualcosa di unico e ricercato da un pubblico speciale. Lo ha dimostrato ancora una volta domenica sera, quando per la conclusione della prima parte del Festival di Cultura Ebraica si sono ritrovati in tanti alla libreria del Labirinto per assistere al dialogo tra Jonathan Kashanian e Sarah Kaminski sul tema 'Essere giovani a Gerusalemme oggi'. "E proprio dedicata ai giovani - come ha ricordato Antonio Monaco - presidente di Monferrato Cult sarà la ripresa di OyOyOy ad ottobre con un programma altrettanto fitto di appuntamenti". Intanto bilancio positivo per questa prima parte che, anche in questa edizione, ha dimostrato di essere un efficacie un ponte tra culture differenti, missione per cui è stato concepito dagli organizzatori di Monferrato Cult e per cui è sostenuta da Regione Piemonte, Fondazione Casa di Risparmio di Alessandria, Comune di Casale Monferrato e da tante grandi e piccole associazioni culturali, sia a Casale che negli altri comuni in cui opera.
Complessivamente le mostre siglate dal Festival (alcune delle quali ancora in corso) in queste tre settimane hanno raggiunto diecimila visitatori e almeno 1000 sono le persone che hanno partecipato agli incontri e ai concerti a Casale e nelle città vicine tra cui Alessandria, Vercelli, Trino, Fossano e
visitato sinagoghe e complessi ebraici aperti in nove comuni del Piemonte. Se si dovesse trovare un tema per questa prima parte di Oyoyoy forse sarebbe proprio quello dell'ultimo incontro: "La vita in Israele" è stata protagonista di tante pellicole della rassegna cinematografica ad Alessandria (che si conclude il prossimo venerdì 28 maggio), nelle parole del grande clarinettista Giora Feidman e di tanti altri protagonisti del Festival
Gli appuntamenti di quest'ultima settimana però hanno esordito con l'arte: giovedì proprio alla libreria del Labirinto Luigi Mantovani ha decifrato tutto il peculiare mondo dei simboli di Mondino in una conversazione intitolata "Crostacei, orologi, cabalisti, filosofi".
Sempre pubblico molto interessato anche per il terzo appuntamento con il Cinema israeliano ad Alessandria che ha presentato 'La vita secondo Agfa' (Ha-haym al pi Agfa) del regista Assi Dayan (1992), introdotto come sempre con grande competenza da Nuccio Lodato. E a proposito di Israele è uno degli stati con il più alto numero di vegetariani (a Tel Aviv sono quasi il 25% della popolazione). Questo si collega al Festival che ha varato da qualche anno il programma GiustoGusto per una cucina non solo etica e responsabile nei confronti degli animali, ma anche rispettosa di tutte le tradizioni culturali.
Ecco perché uno degli incontri più attesi di questa edizione è quello che si è svolto sabato pomeriggio a Palazzo Guasco ad Alessandria dal titolo 'Gli animali sono miei amici e io non mangio i miei amici' con gli interventi dell'assessore provinciale Rita Rossa, Silvia Berni responsabile provinciale LAV e del medico nutrizionista Luciana Baroni.
Un'occasione per presentare il libro per ragazzi di Rudy Roth. 'lndovina chi c'e' nel piatto? Ecco perche' non mangiamo gli animali", e annunciare che questa peculiare scrittrice sarà in Italia ad ottobre. Iniziativa coraggiosa, infatti questo libro, pubblicato dalle Edizioni Sonda, è l'unico che cerca di spiegare ai bambini; come non mangiare carne o almeno ridurne il più possibile il consumo fa bene alla propria salute e anche alle risorse del pianeta. I bambini presenti lo hanno capito anche interagendo con l'illustratore Andrea Musso che ha realizzato alcuni divertenti disegni partendo proprio dalle illustrazioni della Roth. L'incontro è stata anche un'occasione per le autorità della provincia nella persona dell'assessore Rita Rossa di ringraziare gli organizzatori di OyOyOy "Perché il festival con i suoi eventi porta uno spaccato di cultura. Io credo che sia l'orizzonte della cultura quello che può riunire quello che è molto disunito, per una migliore convivenza"
Domenica invece si è parlato di Vino nel Cortile delle Api della Comunità Ebraica di Casale Monferrato con Victoria Acick, medico e grande esperto di tradizione ebraica. L'ebraismo dà un immenso valore al vino, come medicina e succo della vita ed acquista significato sacro in quanto tutte le feste vengono santificate col vino…e le feste ebraiche sono tante. Accanto a Victoria un altro protagonista di questa edizione di OyOyOy: Roberto Robotti. E' uno dei fondatori dell'associazione "Gan Ha Gefen. Turismo ebraico in Monferrato", in quanto il Piemonte nel mondo è uno dei luoghi d'Europa dove c'è la più alta concentrazione di siti ebraici. E' stato lui in collaborazione con il ristorante la Torre a preparare tutti gli speciali rinfreschi, apprezzatissimi dal pubblico con cui si è concluso praticamente ogni incontro compresi quelli di domenica. Una collaborazione che si auspica possa continuare, magari istituendo corsi di cucina ebraica.
E infine l'appuntamento conclusivo: un piccolo happening di giovani curiosi di sapere come sia davvero Israele: apparentemente un luogo difficile da comprendere e da vivere secondo quello che ci rimandano i telegiornali, e anche secondo il primo capitolo de La vita graffiata di Tamar Verete-Zehavi. Il libro che ha fatto da spunto per questa chiacchierata è il diario di una adolescente israeliana che in un attentato kamikaze, da parte di una giovane donna palestinese, rimane ferita e perde la sua migliore amica. Le parole della scrittrice, lette da Sara Leporati, diventano un tentativo di comprendere le ragioni dell'odio e quelle dell'amore e coincidono con un viaggio di pochi chilometri ma di grande intensità per dare un senso alla propria vita. Jonathan Kashanian, conosciuto dal grande pubblico per il Grande Fratello e per Chiambretti Night firma la prefazione del libro tradotto da Sarah Kaminski e lo fa con grandi meriti di competenza essendo nato in Israele da genitori ebrei iraniani, terra dove torna almeno cinque volte l'anno: "Possiamo immaginarci un posto dove si vive nella paura - spiega - e invece no, lì i ragazzi credono nel futuro più che in Italia. C'è molto senso della comunità rurale, come qui in Monferrato. Si ha voglia di divertirsi tutti insieme. Per chi vive lì un arabo non è sempre un nemico, ma la persona con cui lavori o che frequenti nel tempo libero. Poi arriva l'attentato o l'incursione dell'esercito e si crea imbarazzo. Quello che però si percepisce in questo momento è la stanchezza di continuare a combattersi, di continuare ad odiarsi".
Poi l'ultimo brindisi con vino e cibo kasher e l'augurio di ritrovarsi ad ottobre per continuare questo e tanti altri affascinanti discorsi.

(Il Monferrato, 24 maggio 2010)

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A settembre il giornale per i piccoli delle comunità ebraiche

'Pagine ebraiche', il mensile delle comunità ebraiche italiane, lancia una versione per bambini - 'David' il nome provvisorio - e a parlarne per primo è l''Osservatore romano'. "L'appuntamento è per settembre, in tempo per l'apertura del prossimo anno scolastico", si legge sul prossimo numero di 'Pagine ebraiche'. "Numeri zero, ipotesi grafiche, e docenti, rabbini, giornalisti, dirigenti scolastici, esperti di pedagogia e i formidabili disegnatori che già collaborano con il giornale dell'ebraismo italiano sono a confronto per ragionare su cosa questa nuova testata avrà da dire". "Avrà un piede nella fantasia e un piede nell'informazione", ha spiegato all''Osservatore Romano', il giornale vaticano, Guido Vitale, direttore del mensile dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. "L'iniziativa - aggiunge - non vuole essere solo un gesto concreto di attenzione per le giovani generazioni e un 'investimento' sul futuro, ma anche segnare l'inizio di un più ampio lavoro di coordinamento tra le scuole ebraiche italiane e le ventuno comunità ebraiche, grandi o piccolissime, presenti in Italia".

(Apcom, 24 maggio 2010)

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Israele si prepara al peggio...

di Alberto Stabile

Al via un'imponente esercitazione militare difensiva
    Nelle retrovie israeliane è iniziata oggi una grande esercitazione di carattere difensivo, probabilmente la più estesa nella storia del paese, concepita per mettere alla prova i sistemi di protezione civile nell'eventualità di un massiccio attacco missilistico, anche non convenzionale, da uno o più fronti.
L'esercitazione, battezzata "Punto di svolta n.4", era prevista da tempo: è la quarta nel suo genere e proseguirà per cinque giorni. Mercoledì, al suono di sirene, l'intera popolazione israeliana dovrà chiudersi per una decina di minuti nei rifugi o in locali protetti. Nel tentativo di impedire malintesi, Israele ha illustrato le modalità dell'esercitazione agli addetti militari di vari paesi ai quali ha chiesto di aggiornare gli Stati vicini. Ciò nonostante gli Hezbollah libanesi hanno annunciato ieri la mobilitazione dei loro miliziani, per far fronte a possibili situazioni di emergenza.

Simulazioni a tutto campo
    Fra le simulazioni previste, figurano attacchi a tappeto contro le retrovie israeliane come quelli condotti dagli Hezbollah nell'estate del 2006, quando oltre 4'000 razzi Katyuscia esplosero nel Nord di Israele, e come quelli del 2008-9 quando i miliziani di Hamas lanciarono contro il Neghev centinaia di razzi Grad e Qassam. Tra i tanti scenari ipotizzati, figura pure la simulazione di attacchi non convenzionali, con la distribuzione di maschere antigas, lo sgombero di intere località e l'allestimento di ospedali da campo.

(RSI.ch, 23 maggio 2010)

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Gaza, estremisti islamici distruggono un campo estivo Onu per i bambini

GAZA, 23-05-2010 - Volevano ''impedire la corruzione dei bambini''. La corruzione dell'occidente, s'intende. Cosi', estremisti islamici armati si sono accaniti a Gaza su in grande campo estivo dell'Unrwa, l'ente delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, in fase di allestimento. E i bambini palestinesi, che avrebbero potuto avere un po' di svago non potranno piu' farlo. Tutto distrutto.
Fonti locali riferiscono che decine di uomini dal volto coperto sono piombati in nottata nel rione di Sheikh Ajalin, hanno sparso benzina sulle tende erette dall'Unrwa e sui giochi e hanno dato alle fiamme l'intero accampamento.
I guardiani sono stati legati e hanno ricevuto, in segno di intimidazione, buste che contenevano proiettili.
Ogni estate sulle spiagge di Gaza vengono organizzati campi estivi, sia da Hamas sia da altre organizzazioni, fra cui appunto l'ente delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi.
Fonti locali riferiscono oggi da Gaza di un diffuso senso di indignazione perche' quei campi sono una attesa occasione di sollievo per le famiglie piu' povere, che si avvalgono di loro per garantire ai figli svago e pasti caldi.

(RaiNews24, 23 maggio 2010)

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Turchia in aiuto della striscia di Gaza contro il culto della morte

di Andrea Bandolin

La Striscia di Gaza è una un pezzo di terra situato nella parte occidentale dell'Israele affacciata sul mare, territorio palestinese confinante con appunto Israele a est e Egitto a sud e presto Stato unico e con libera indipendenza; per il momento però, Hamas, gruppo terroristico integralista, comanda la maggior parte degli affari inerenti alla Striscia.
Il problema che sta sorgendo oggi in quella fascia territoriale sono inerenti agli aiuti umanitari promessi e attuati, ma solo in apparenza, che sulla carta vedono dei dati ufficiali allarmanti e poco dignitosi.
Nel 2008 sono entrati nei confini di Gaza 606 camion volti ad aiutare la popolazione in forte disagio dopo la guerra del 2009, nel frattempo aveva tirato su alla ben e meglio delle case "abusive", ma nel 2009 i camion ammontano al 900% in più, 5300.
Di questi camion, anche se gli informatori ufficiali dicono che sia tutto ok, nessuno è arrivato a destinazione, ma ha virato la sua corsa verso il Governo di Hamas che li ha gestiti per incrementare i propri introiti e successivamente per rivendere tali aiuti alla popolazione, rincarando ovviamente il prezzo.
Israele e il suo esercito ha bombardato continuativamente Hamas, ancor più nell'ultimo periodo, colpendo di riflesso anche la popolazione che ha subito molte perdite. La popolazione però a quanto pare rimane tra due fuochi.
A Rafah infatti sono state demolite molte case, spiega Miasar Gan una donna che ha perso la propria abitazione. Il motivo dell'abbattimento delle 30-40 case pare sia l'abusività di tali abitazioni, ma molti pensano che questo sia un modo semplice per mantenere il terrore del "democraticamente eletto" Hamas. Il sindaco continuerà l'opera di smantellamento.
Hamas infatti ha da sempre esercitato un "Governo" volto al controllo delle menti dei palestinesi e alla soggiogo territoriale, nonché alla crescita di giovani martiri palestinesi. Noto anche il programma che cerca nuovi talenti.
Al Aqsa è la principale emittente televisiva palestinese di Hamas e ogni lunedì pomeriggio manda in onda un programma per bambini chiamato The Gift (Il dono o I dotati). Il programma non è come il nostro Amici, Italia's got Talent o X-Factor, ricercatori di talenti nell'arte, ma una trasmissione che ricerca abili guerrieri nella Guerra Santa.
Un episodio di questo programma è stato postato su Youtube e tratta dell'inizio dell'anno scolastico che vede un bambino di soli due anni, Hamhad, elogiato per le sue abilità nella Jihad.
L'episodio, oltre a far vedere immagini di repertorio dove ragazzini sfilano con la bandiera di Hamas e presentato da due bambini che spiegano l'importanza del sacrificio e dei martiri (Shaids), mostra il suddetto ragazzo di due anni.
Mentre una canzone crea il sottofondo "dimostrate ai bombardamenti che il fuoco non ci può consumare", il bambino bardato completamente con tuta mimetica e maschera per coprire il viso, imbracciando il fucile, da dimostrazioni di appostamenti, posizioni per aprire il fuoco e mimetizzazione.
Il tanto citato culto della morte di Hamas è proprio questo. Reclutare fin dall'infanzia possibili shaids per gettarli nella mischia della Jihad, bombardandoli con programmi per adolescenti camuffati da messaggi subliminali.
Intanto la Turchia e il suo presidente Recep Tayyp Erdogan ha annunciato che la settimana prossima porterà con delle navi, politici, giornalisti e artisti per dare supporto morale e umanitario alla popolazione palestinese e per contrastare l'operato di Hamas.
Nonostante la lotta tra Israele e la Striscia di Gaza, lo stesso Stato ebraico vorrebbe fermare l'avanzata della flotta turca, ma ciò farebbe occorrere una battaglia navale, opzione poco valutata dall'esercito israeliano.
Intanto una flotta di rimostranti ha già detto che scenderà in mare portando striscioni inneggianti all'arrivo dei turchi, chiedendo loro che si faccia luce su Hamas e sulla quantità di attentati commessi e all'oppressione esercitata sulla popolazione.
Oltre a questa situazione a dir poco indegna, la Arab Bank, una delle più importanti banche del mondo arabo, ha annunciato la chiusura delle sue tre filiali nella Striscia di Gaza. La notizia sarebbe abbastanza normale se non fosse che la banca era l'unico contatto finanziario con il mondo palestinese, quello che portava aiuti umanitari alla zona.
Ci si aspetta che questa decisione possa essere manovrata per chiudere almeno il presenzialismo di Hamas nell'utilizzo degli aiuti umanitari, mentre la Turchia giudica l'operato nella Striscia e Israele continua la lotta contro lo Stato che richiede la sua indipendenza.

(NewsNotizie.it, 23 maggio 2010)

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Reazione di Israele alla prigionia di Shalit a Gaza

Presto una legge limitera' i diritti ai detenuti palestinesi

GERUSALEMME, 23 mag - In Israele si profila una limitazione dei diritti di visita ai detenuti palestinesi.La commissione ministeriale per le questioni legislative ha dato l'ok alla proposta di legge denominata legge Shalit. Uniche eccezioni previste, gli incontri con i legali e le ispezioni della Croce Rossa Internazionale.La proposta e'in reazione al fatto che il soldato Ghilad Shalit e' da 4 anni prigioniero di Hamas a Gaza senza ricevere alcun tipo di visita.

(ANSA, 23 maggio 2010)

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Gaffe sulla Shoah: gli ebrei di Milano si infuriano e bocciano i finiani

di Alberto Giannoni

MILANO - Parte con una gaffe l'operazione-radicamento territoriale di «Generazione Italia», la corrente di Gianfranco Fini. Il caso scoppia a Milano, dove una sparata sull'immigrazione, uscita dall'aria finiana, fa infuriare la comunità ebraica, innescando poi un giallo sull'organizzazione interna del gruppo, già piuttosto in affanno.
Tutto nasce con l'intervento firmato «Generazione Italia circolo di Milano», che a proposito delle politiche governative sull'immigrazione, e del permesso di soggiorno a punti in particolare, accusa: «Il nostro Paese è retrocesso a 70 anni fa, quando governanti senza scrupoli mantenevano il loro potere facendo leva su razzismo e pregiudizi». Un giudizio tanto pesante che neanche la sinistra più antagonista se lo sarebbe mai sognato. La cosa non sfugge alla comunità ebraica milanese. Passano poche ore e il portavoce del tempio Beth Shlomo, che ha sede nella galleria Vittorio Emanuele ed è erede della sinagoga di Ferramonti, fondata in un campo di internamento durante il fascismo, reagisce: «Sommessamente - dichiara Davide Romano - sottolineo come paragoni tra le cosiddette leggi razziali prodotte dal fascismo e le leggi sull'immigrazione attuali - la cui critica è legittima, sia chiaro - siano quantomeno impropri». «Paragonare il fascismo alla situazione attuale - aggiunge - non solo è eccessivo e fuorviante, ma rischia di banalizzare quella tragica esperienza». Dopo un augurio a Generazione Italia «per un'attività lunga e proficua», i dirigenti del tempio auspicano «che aiuti il Paese a ragionare, pesando le parole. Fin dall'inizio». Nessuna ostilità per i finiani, dunque, lo stesso portavoce della sinagoga due anni fa come segretario generale dell'associazione «Amici di Israele» ha conferito al presidente della Camera un premio di «amicizia».
Ma Generazione Italia deve correre ai ripari. Il coordinatore regionale, Giuseppe Valditara, tuona: il «fantomatico circolo milanese di Generazione Italia» - dice - «non ha alcuna legittimazione ufficiale». «Si tratta di qualche cialtrone o provocatore». E allude a «qualcuno che vuol mettere zizzania». Valditara ribadisce che il permesso di soggiorno a punti è «sacrosanto». Il responsabile organizzativo dell'associazione, Fabio Mastroberardino si sofferma sul giallo: i circoli di Generazione Italia - spiega - sono «in una fase di spontaneismo». Oggi in effetti «chiunque può aprire un circolo, bastano 10 amici con la tessera, ma non tutti avranno la ratifica da Roma». E infine garantisce: «Quando ci sarà una linea politica più precisa dettata dalla dirigenza tutto sarà più... controllato, diciamo così».

(il Giornale, 23 maggio 2010)

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Provocazioni

di Ugo Volli

C'è un pazzo criminale dalle parti di Teheran che vuole la bomba atomica per ammazzare i miei parenti, i parenti dei miei parenti e molti altri che stanno in Israele. Ci sono un sacco di matti in giro che profanano le tombe dei miei cugini, dei cugini dei miei cugini e di molti altri, in Germania, in Francia, in Polonia, in Grecia. Ci sono dei dementi a Roma che parlano di ammazzare il mio amico Riccardo Pacifici. Criminali bruciano le sinagoghe, come quella di Creta e di Worms, dove mi fermerei volentieri a pregare. Quelle italiane le lasciano stare, per il momento, solo perché protette da della polizia, metal detector, bravi ragazzi che fanno la sicurezza. In Australia e in Scozia, in Norvegia e naturalmente nei paesi arabi, seri manager e scapestrati attivisti dei diritti umani boicottano le merci prodotte grazie al lavoro di gente come me, proprio perché è come me, sempre in quel paese che il pazzo criminale vuol cancellare dalla carta geografica. Cercano di far chiudere le banche che vi lavorano, spesso riescono a ottenere che cantanti e attori non vadano a far spettacolo lì. Le riviste scientifiche e i congressi non accettano i contributi dell'università dove sono andato a lavorare gratuitamente le ultime estate, e neanche delle altre università consorelle. Umberto Eco spiega che non è d'accordo col boicottaggio, ma solo perché molti universitari dissentono dalle politiche del governo. E io che vi consento, merito dunque di essere boicottato per questo? Sarei curioso di sentirlo dire proprio da Eco, con cui ho lavorato per tanti anni. Se non come ebreo, come sionista merito dunque il boicottaggio? Non mi pubblicherebbe sulla sua rivista, perché in Israele avrei votato per Netanyahu? O si era espresso male? Tutti matti, tutti incapaci di parlare con chiarezza? Solo equivoci? No. Un gruppetto di autodefiniti intellettuali che sarebbero in fondo anche loro miei cugini, ma quando gli scappa distingue fra il proprio spirito illuminato e il popolo bue nazionalista e tribalista, mi spiega che questa faccenda è tutta colpa mia (non solo mia, naturalmente, ma anche mia), che devo tornare alla ragione e fare quel che un governo straniero mi dice di fare per il mio bene, cioè arrendermi. Il pericolo non viene tanto dal di fuori, mi spiegano gli illuminati, quello principale sono io e chi la pensa come me, perché siamo colonialisti e pensiamo che Gerusalemme sia un luogo ebraico. Tutta colpa mia se mi boicottano, mi bruciano le sinagoghe, mi profanano le tombe. E anche se quel pazzo dalle parti di Teheran (e i suoi amici a Damasco, Beirut, Gazah, Ramallah, Tripoli eccetera eccetera) aspettano solo di leggere il necrologio collettivo di quelli come me. Se io fossi più buono, se non facessi muri ma ponti, se mi ritirassi dietro la linea verde, se non facessi resistenza quando cercano di farmi fuori, se non mi divincolassi... se non la prendessi come un fatto personale... Va bene, capisco, accetto di suicidarmi come vogliono gli illuminati. Ma se poi viene fuori che anche la mia tomba è una provocazione?.

(Notiziario Ucei, 23 maggio 2010)

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"Noi ebrei, stanchi e arrabbiati, pronti a un'altra via Domodossola"

Angelo Sermoneta, detto "Baffone", rievoca gli scontri del '92 e avverte: "Basta con gli attacchi". L'anima dura del Ghetto racconta la rabbia dei giovani pronti a battersi. "Sono passati sessant'anni e la storia non cambia. Non abbiamo paura"

di Gabriele Isman

La sede di Movimento Politico Occidentale assaltata nel '92
"C'è rabbia nel Ghetto. Una ventina di giorni fa io e Riccardo Pacifici abbiamo dovuto fermare un gruppo di ragazzi che voleva attaccare di nuovo le loro sedi, farne una nuova via Domossola". A parlare è Angelo Sermoneta, detto Baffone, 62 anni, anima del Circolo I ragazzi del '48, nei dintorni del Portico d'Ottavia, e anima dura della comunità ebraica romana, presieduta da Pacifici.

In via Domossola, il 5 novembre 1992 un centinaio di ragazzi della comunità, in risposta a precedenti provocazioni dei neofascisti, assalì la sede del Movimento politico occidentale - guidato da Maurizio Boccacci fino allo scioglimento nel 1993, dopo l'entrata in vigore della legge Mancino - causando due feriti e diversi danni alle strutture. Per la città fu un pomeriggio di tensione e di panico. Diciotto anni dopo, Boccacci è di nuovo indagato per le scritte offensive di Militia, e nelle intercettazioni di aderenti al movimento emerge il piano per colpire Pacifici. "Via Domossola per loro, sconfitti dalla Storia, è stata una Caporetto. Gli portammo via anche la bandiera. Alcuni ragazzi della comunità erano pronti a partire. Erano tanti, ed erano già nei box con i motorini: noi li abbiamo convinti a desistere, li abbiamo fermati" dice Sermoneta, al termine dello shabat, il sabato ebraico.

L'anima politica - Pacifici - e quella d'azione - Baffone - unite per placare i più arrabbiati della loro comunità: "La violenza è sbagliata - dice ancora Sermoneta - ma io capisco che faccia male trovarsi insultati e minacciati dai neofascisti. Siamo stanchi di vedere le svastiche, le scritte offensive, la nostra memoria offesa dagli stessi personaggi senza cervello che riescono ad attirare ragazzini esaltati in nome di ideali perdenti. Sessant'anni dopo è sempre la stessa storia". Pacifici l'aveva detto: "Chi immagina l'ebreo impaurito, sbaglia di grosso". Sermoneta conferma: "Mai avuto paura, loro non sono niente". E davanti agli ultimi annunci di Militia - "noi non ci fermiamo" - la risposta di Sermoneta è durissima: "Stiano in campana. Non vogliamo sostituirci a polizia e carabinieri, la giustizia faccia il suo corso, ma se disgraziatamente non dovessero pensarci loro, noi sappiamo chi sono e dove abitano. Gli ebrei sono stanchi, e anche arrabbiati. Abbiamo tempo e modo per rispondere a ogni provocazione".

(la Repubblica, 23 maggio 2010)

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Presto 'Pagine ebraiche' per bimbi, ne parla 'Osservatore Romano'

A settembre il giornale per i piccoli delle comunità ebraiche

ROMA, 23 mag. - 'Pagine ebraiche', il mensile delle comunità ebraiche italiane, lancia una versione per bambini - 'David' il nome provvisorio - e a parlarne per primo è l''Osservatore romano'.
"L'appuntamento è per settembre, in tempo per l'apertura del prossimo anno scolastico", si legge sul prossimo numero di 'Pagine ebraiche'. "Numeri zero, ipotesi grafiche, e docenti, rabbini, giornalisti, dirigenti scolastici, esperti di pedagogia e i formidabili disegnatori che già collaborano con il giornale dell'ebraismo italiano sono a confronto per ragionare su cosa questa nuova testata avrà da dire".
"Avrà un piede nella fantasia e un piede nell'informazione", ha spiegato all''Osservatore Romano', il giornale vaticano, Guido Vitale, direttore del mensile dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. "L'iniziativa - aggiunge - non vuole essere solo un gesto concreto di attenzione per le giovani generazioni e un 'investimento' sul futuro, ma anche segnare l'inizio di un più ampio lavoro di coordinamento tra le scuole ebraiche italiane e le ventuno comunità ebraiche, grandi o piccolissime, presenti in Italia".

(Apcom, 23 maggio 2010)

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Israele - Albertini lascia la missione Ue: è anti israeliana

L'europarlamentare: "Scenario polemico e propagandistico"

Gabriele Albertini
Gabriele Albertini, parlamentare europeo del Pdl e presidente della commissione Affari esteri, ha deciso di non partecipare più a un viaggio ufficiale in Israele e a Gaza, in cui era capo delegazione, in programma dal 24 al 28 maggio prossimi. Secondo l'ex sindaco di Milano la missione, composta da 25 eurodeputati delle Commissioni Sviluppo, Budget e Affari Esteri, avrebbe preso una piega propagandistica e anti israeliana dopo il divieto da parte dello Stato ebraico di entrare a Gaza attraverso il proprio territorio. Israele ha preso questa decisione sia perché si tratta di una delegazione politica e non diplomatica, sia per alcune scelte dei deputati europei (dal luogo in cui la delegazione avrebbe voluto incontrare alcuni esponenti palestinesi (Gerusalemme est) alle Ong da vedere), erano considerate troppo schierate. I deputati hanno ceduto su alcuni punti (è stata aggiunta ad esempio una visita ad una delegazione del Parlamento israeliano) ma non su altri, come gli incontri con esponenti palestinesi a Gerusalemme est. "Questo insieme di situazioni - spiega Albertini ad Apcom - mi ha portato a pensare che invece di essere una missione di pace si trattasse di una missione di propaganda anti israeliana e a questo punto a dissociarmi dalla funzione di capodelegazione". Albertini aveva proposto di dividere la delegazione: Sviluppo e Budget in visita nei territori palestinesi, passando attraverso l'Egitto, "per controllare come sono stati spesi gli oltre 500 milioni di euro all'anno che la comunità europea elargisce" e la commissione Affari esteri, presieduta dallo stesso Albertini, concentrata su Gerusalemme. "Questo non è avvenuto perché non si è potuta scindere la delegazione - ha detto - e a questo punto è rimasto in campo lo scenario conflittuale, polemico e propagandistico che, oso immaginare, avverrà nel corso della missione" ha dichiarato Albertini secondo cui molti dei deputati della delegazione hanno dimostrato, con alcune loro dichiarazioni in passato, una posizione "tendenzialmente, non assolutamente, non filo israeliana". La dissociazione di Albertini ha portato alla convocazione d'urgenza della Commissione affari esteri nel corso della quale alcuni deputati hanno minacciato la mozione di sfiducia nei suoi confronti.

(Apcom, 22 maggio 2010)

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La flotta turca verso Gaza aiuta l'Iran

di Fiamma Nirenstein

Stavolta Israele ha proprio diritto di dire «mamma li turchi». Dieci vascelli turchi vogliono raggiungere la settimana prossima la costa di Gaza per portare quello che essi chiamano aiuto umanitario. In realtà, portano un gesto di solidarietà e legittimazione a Hamas, che domina Gaza con violenza integralista nei confronti della propria gente e di Israele, che ha giurato di distruggere. A Gaza chiamano il prossimo avvento della flottiglia «l'Intifada delle navi». La Turchia è l'unico Paese che assiste l'organizzazione delle navi. La prepara la IHH (Fondazione di Soccorso umanitario turco): il premier Recep Tayyp Erdogan ha incontrato gli organizzatori e ha reso pubblico il suo «sostegno per rompere l'assedio di Gaza». Sulle navi viaggeranno membri del governo turco, artisti, giornalisti: tutto quello che serve a rendere la spedizione intoccabile.
Israele è in grave imbarazzo: fermare un così grande gruppo di navi richiederebbe una vera battaglia navale, e lo Stato ebraico non ne ha nessuna voglia. Nei porti israeliani ci si prepara di malavoglia, senza sapere bene che cosa si potrà fare oltre a incrociare nelle acque appartenenti al Paese, e intanto a Herzeliya, porto di pescherecci e di yacht, una contro flottiglia di volontari cerca di prepararsi alla meglio a prender il mare con striscioni che chiedano alle navi turche di ricordare chi sia Hamas, quanti attentati terroristici abbia compiuto e perché Israele non può consentirle, come del resto anche gli egiziani, libero movimento.
Ha provato a dirlo all'ambasciatore turco il vicedirettore generale del settore Europa del ministero degli Esteri, Naor Gilad, pregandolo di smetterla con le violazioni della legge israeliana e di chiedere ai cittadini turchi di non imbarcarsi. Ma le cose procedono. Nessun sostegno umanitario è mai stato offerto dalle stesse organizzazioni che oggi partono verso Gaza alla popolazione di Sderot o di Ashkelon, bombardate per anni dai missili qassam provenienti dalla Striscia, né si sono mai occupati degli uomini di Fatah cacciati da Gaza con le loro famiglie o uccisi sul posto, e tantomeno dei cristiani perseguitati e uccisi in loco. Ma la Turchia ha ormai preso una deriva islamista che la rende un partner naturale per Hamas, e questo risulta inquietante nel momento in cui il mondo dovrebbe fidarsene dopo che, assieme al Brasile, ha contratto con l'Iran un accordo per il trasferimento a casa sua di quasi una tonnellata e mezzo di uranio arricchito al 3,5% scavalcando le decisioni dell'Aiea e del Consiglio di Sicurezza.
Ma perché la Turchia, ormai dal giorno in cui Erdogan a Davos attaccò Shimon Peres, ha messo in piedi un'escalation di azioni antisraeliane fino a sostenere Hamas in molte circostanze? La risposta sta nelle frequenti visite a Teheran e a Damasco che collocano Erdogan su un asse opposto a quello moderato che sotto l'ala degli Stati Uniti conta fra i suoi l'Egitto e l'Arabia Saudita, antagonisti rispetto al processo di iranizzazione del Medio Oriente, e ha avuto uno sviluppo nella recente visita strategica di Dimitry Medvedev.
Il presidente russo nei giorni scorsi ha visitato sia la Siria sia la Turchia tenendo anche colloqui sulla costruzione di reattori nucleari. L'incontro con la Siria e con la Turchia, amici dell'Iran, avviene in un momento in cui l'Amministrazione americana punta le sue carte sul Medio Oriente moderato, e sul depotenziamento dell'asse filo iraniano. La Siria è stata molto corteggiata a questo scopo, e il processo di pace fra Israele e i palestinesi, in cui Obama tanto si impegna con i colloqui gestiti da George Mitchell, può avere qualche chance soltanto se Hamas non mette in crisi la gestione di Abu Mazen. Obama è nemico di Hamas, la sua legittimazione ne danneggia il disegno mediorientale. Ma ecco che avanza un asse strategico diverso, che vuol promuovere Hamas e proporre tutta un'altra linea mediorientale: fa capo a Medvedev che ha recentemente ospitato a Mosca Khaled Mashal, e anche ai suoi nuovi alleati Assad di Siria ed Erdogan.
È una questione di egemonia contrapposta all'America. Nei loro recenti incontro hanno ripetuto all'unisono che Hamas è una forza eletta senza la quale non si va da nessuna parte. Ed ecco che dalla Turchia parte la flottiglia: Israele si mangia le unghie, Erdogan e Hamas sono contenti, e il cielo è sempre più blu.

(il Giornale, 22 maggio 2010)

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Abu Mazen pronto a scambiare alcuni territori con Israele

Ma sulla quantità ancora non c'è intesa

RAMALLAH, 22 mag. - Abu Mazen è pronto a scambiare alcuni territori con Israele, ma la distanza resta sempre sulla quantità di territorio al centro dell'intesa. Lo ha indicato lo stesso presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp).
Abu Mazen ha parlato dopo due cicli di negoziati indiretti, sotto la mediazione degli Stati Uniti, con lo stato ebraico. Il primo ha affrontato il tema delle frontiere e degli accordi di sicurezza tra Israele e uno stato palestinesi. Israele ha rivolto una serie di domande a cui i palestinesi si stanno preparando a rispondere.
Al leader dell'Anp sono stati chiesti lumi sulle indiscrezioni che sia disposto a trattare più terra che in passato. Abu Mazen ha semplicemente risposto che non c'è ancora intesa sulla quantità. Israele vuole annettere la maggior parte degli insediamenti ebraici costruiti sui territori rivendicati dai palestinesi.

(Apcom, 22 maggio 2010)

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Israele: morto Moshe Greenberg, grande esegeta dei libri biblici

Moshe Greenberg
Lo storico e scrittore israeliano Moshe Greenberg, uno dei maggiori studiosi della Bibbia, specialista dei libri profetici dell'Antico Testamento, è morto nella sua casa di Gerusalemme all'età di 81 anni. Greenberg è stato il primo esegeta a conquistare l'Israel Prize per gli studi biblici.
Greenberg è stato lo studioso che ha colmato il gap tra i commentari degli antichi saggi ebrei e quelli moderni, avviando una nuova esegesi biblica. Era professore alla Università Ebraica di Gerusalemme e si è occupato anche delle sacre scritture come genere letterario.
Fondamentali sono i due volume di commento che Greenberg ha dedicato al Libro di Ezechiele, in cui mostra tra l'altro come la proibizione di uccidere divenne un tabù insuperabile con la religione abramitica. È autore anche di saggi e articoli sui libri di Giona, Isaia, Geremia, Osea e Amos. Nel 1994 la sua prestigiosa carriera accademica di professore e ricercatore fu ricompensata con l'Israel Prize, il massimo riconoscimento culturale dello stato israeliano.

(swissinfo.ch, 21 maggio 2010)

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Militia: Cutrufo, accertare le responsabilità

ROMA, 21 mag. - "L'antisemitismo e' figlio dell'ignoranza". Lo afferma Mauro Cutrufo, vicesindaco di Roma, che rivolge "un plauso ai Ros per la brillante operazione compiuta. Nessuno puo' pensare che minacciare il prossimo sia un esercizio scevro da responsabilita'. Solidarieta' a Riccardo Pacifici nei confronti del quale sarebbero state progettate anche azioni violente, al sindaco Alemanno e a tutta la comunita' ebraica e romena oggetto di tali attenzioni". Cutrufo si dice certo che "le forze dell'ordine faranno luce al piu' presto sulle responsabilita' di ciascuno facendo seguire, ad una accusa formale, una conseguente condanna".

(AGI, 21 maggio 2010)

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Operazione contro 'Militia' per raid antisemiti, 4 indagati

Le accuse: apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico e violazione della Legge Mancino. Le indagini hanno consentito di contestare di aver prospettato azioni violente contro Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità ebraica romana, e di aver annerito le "pietre di inciampo", poste in Piazza Rosolino Pilo, in memoria delle vittime della persecuzione nazista in Roma.

ROMA, 21-05-2010 - Questa mattina i Carabinieri del ROS hanno eseguito perquisizioni di locali e personali, su mandato dalla Procura della Repubblica di Roma, contestualmente ad avvisi di garanzia nei confronti di quattro appartenenti all'organizzazione di estrema destra "Militia" responsabili di apologia del fascismo, diffusione di idee fondate sull'odio razziale ed etnico e violazione della Legge Mancino, con azioni contro la comunità ebraica romana e la figura del sindaco della citta' di Roma, Gianni Alemanno. Uno degli indagati è un ex appartenente all'organizzazione eversiva Ordine nuovo.
I decreti di perquisizione e i contestuali avvisi di garanzia sono stati emessi dalla Procura della Repubblica di Roma nei confronti di quelli che gli investigatori definiscono "soggetti con un radicato inserimento negli ambienti dell'estremismo politico di destra". L'indagine del Ros, coordinata dal pool antiterrorismo della procura romana, avrebbe in particolare consentito di raccogliere elementi tali da poter contestare ai quattro esponenti di 'Militia' vari reati ed episodi specifici.

Ideate azioni violente contro Riccardo Pafifici
Le indagini svolte dai ROS hanno consentito di contestare ai quattro indagati di aver prospettato azioni violente contro Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità ebraica romana, aver annerito le "pietre di inciampo", poste in Piazza Rosolino Pilo, in memoria delle vittime della persecuzione nazista in Roma.

Scritte e striscioni
Addebitate a Militia striscioni e scritte murarie come "Alemanno con l'Anpi? Il piu' infame di tutti quanti" o
Scritte di qualche mese fa
"25 aprile non ho tradito. Onore Rsi" o ancora "Lode e gloria ai fascisti. Morte ai partigiani".
A fine gennaio, presunti esponenti di Militia avevano imbrattato i muri della città con scritte contro Israele, eppoi quelli del Museo di via Tasso con scritte antisemite del tenore di "Olocausto = propaganda sionista"' e '"27-01, ho perso la memoria'", ma erano stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza: tre ragazzi sui 20-25 anni; uno di loro aveva anche tracciato una croce celtica con lo spray e danneggiato a colpi d'ascia la targa del museo. A giugno dell'anno scorso, invece, aderenti a Militia avevano esposto striscioni pro Ahmadinejad sulla Tangenziale Est, "contro il porco sionista".

(RaiNews24, 21 maggio 2010)

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Haaretz: "In Italia torna di moda il fascismo"

L'analisi del quotidiano israeliano: nel Nord ospitati raduni di estrema destra, con afflusso da tutta Europa. Un fenomeno collegato alla crescita della Lega: "In questo clima i sostenitori della destra non si vergognano di esprimere posizioni razziste"

In Italia "il fascismo torna di moda". E' l'allarme lanciato oggi (21 maggio) dal quotidiano israeliano Haaretz, che offre un'analisi su alcuni fenomeni nel Nord del nostro paese. In particolare, sottolinea i recenti episodi di cronaca a Milano: "Una città nota nel mondo come capitale della eleganza europea", scrive il giornale, che recentemente ha ospitato un torneo di calcio dedicato alla memoria di Sergio Ramelli, attivista del Fronte della Gioventù ucciso da rivali politici nel 1975. Il torneo è stato patrocinato dal Comune - che solo dopo ha preso la distanze - e hanno aderito dieci organizzazioni di estrema destra.

Domani (22 maggio) è prevista nel capoluogo lombardo una manifestazione del Fronte Nuovo, con partecipazione di attivisti di estrema destra che arriveranno dall'Ungheria e dalla Francia. La settimana prossima, sempre a Milano, si tiene il concerto della formazione di estrema destra "Hammerskin": anche qui si teme l'afflusso di neonazisti da tutto il continente. Haaretz collega questi fenomeni alla forte crescita della Lega: il partito vuole creare un'entità politica autonoma nel Nord "per un'Europa cristiana", spiega, poco tempo fa un attivista dello schieramento ha dichiarato in televisione: "L'Italia agli italiani, africani ed ebrei fuori" (i giovani padani ad Annozero, ndr). Insomma, "nel clima politico attuale, i sostenitori della destra non si vergognano più di esprimere posizioni razziste". Il successo della Lega, secondo questa tesi, permette alle forze di estrema destra di tornare sulla scena, anche se hanno un'agenda politica diversa.

(RaassegnaOnline, 21 maggio 2010)

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Israele manda in mare la contro-Flotilla

Domani decine di yacht mostreranno cartelli contro la Turchia

TEL AVIV, 21 maggio 2010 - Centinaia di israeliani a bordo di decine di yacht lasceranno il porto di Herzliya domani alle 10 ora locale (le 9 in Italia) per manifestare in mare aperto, con cartelli sul genocidio degli armeni e la repressione dei curdi, contro la Turchia e la Freedom Flotilla in viaggio verso Gaza sotto embargo israeliano. Lo riferisce il quotidiano di Tel Aviv "Yediot Ahronot".
L'intento, spiega il giornale, è quello di "imbarazzare" Ankara e di dimostrare che lo Stato ebraico non resta a guardare mentre la spedizione pacifista è in navigazione verso la Striscia di Gaza con l'intento dichiarato di rompere il blocco navale israeliano. «Siamo fiduciosi che la stampa internazionale passerà questoo messaggio ai turchi», ha dichiarato l'organizzatore della «controFlotilla», Guy Bechor.
La Marina militare israeliana da parte sua ha reso noto che la prossima settimana, quando è previsto l'arrivo della Freedom Flotilla, dichiarerà la fascia di mare davanti alle coste di Gaza «area militare chiusa», lasciando intendere che potrebbe usare la forza per fermare la missione navale internazionale.
E' salito nel frattempo a nove il numero delle navi pacifiste guidate dal cargo da 1.200 tonnellate «MV Rachel Corrie» decise a rompere il blocco di Gaza e a portare aiuti e materiali di prima necessità alla popolazione palestinese. Un comunicato degli organizzatori della Freedom Flotilla, diffuso dalla «Rete romana di solidarietà con il popolo palestinese», afferma che non serviranno a fermare la spedizione gli avvertimenti lanciati da Israele. Un portavoce del Free Gaza Movement, uno dei partner della coalizione «Freedom Flotilla» che in passato ha inviato 8 missioni navali verso Gaza, ha dichiarato: «Non ci hanno intimidito finora e non ci intimidiranno neanche questa volta».

(Nena News, 21 maggio 2010)

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In Israele, a Masada. Dove va in scena il Nabucco

Nell'antica fortezza di Erode Daniel Oren dirigerà il capolavoro di Verdi. Un'occasione per scoprire i luoghi più affascinanti della Terra Santa. Da Ein Bokek, sul Mar Morto, alle caverne nella roccia di Qumran

Daniel Oren
Masada, Israele: un torrione di roccia che si eleva per 400 metri sul deserto di Giudea con vista spettacolare sul Mar Morto. E sulla cima del torrione la Fortezza, che fu un sontuoso palazzo di Erode e rifugio degli ultimi ribelli durante la seconda conquista romana. Nessun teatro meglio di Masada poteva mettere in scena il Nabucco, capolavoro verdiano che racconta l'esilio babilonese del popolo ebraico. L'opera sarà in scena con effetti speciali di suoni, luci e fuochi, dal 3 al 5 giugno. Uno straordinario evento, una celebrazione della musica nella cornice naturale della montagna di Masada, ai piedi della celeberrima Fortezza. A dirigere la Israel Symphony Orchestra Rishon Le Zion, la bacchetta di Daniel Oren, mentre l'interpretazione sarà affidata a Maria Guleghina e Paata Burchuladze e ai cantanti dell'Israeli Opera Chorus....

(viaggi24, 21 maggio 2010)

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Oyoyoy per la Giornata Nazionale della Lettura

Domenica incontro di giovani ebrei attorno al libro "La vita Graffiata" di Verete-Zehavi

CASALE MONFERRATO - "Se mi vuoi bene regalami un libro" è questo lo slogan della Giornata Nazionale per la promozione della lettura istituita dal Governo Italiano. Una iniziativa a cui aderisce attivamente anche il Festival di Cultura Ebraica OyOyOy! in svolgimento a Casale Monferrato e altri 9 comuni del Piemonte.
Da non perdere domenica 23 maggio alle ore 18,30, alla Galleria-Libreria "Il Labirinto" di Casale (Via Benvenuto Sangiorgio 4), si parte dal volume La Vita Graffiata di Tamar Verete-Zehavi (Edizioni Sonda) per dibattere il tema Essere giovani a Gerusalemme oggi in un piccolo meeting di giovani ebrei italiani. A guidarli ci sarà l'artista Jonathan Kashanian (molto popolare per una sua partecipazione al Grande Fratello) e la scrittrice Sarah Kaminski. Mentre Sara Leporati leggerà pagine de La vita graffiata.
Il libro di Verete-Zehavi racconta in forma di diario la storia di Ella, ragazza israeliana che perde la gioia di vivere dopo aver visto morire la sua migliore amica in un attentato kamikaze a Gerusalemme. Pagina dopo pagina è costretta a interrogarsi sul tema dell' odio degli uomini, per riuscire a ritessere la trama della sua vita, ormai irreparabilmente «graffiata» nel corpo e nell'anima. Per i lettori questo percorso diventa una storia importante per riflettere sul tema della violenza e dell'odio vissuti direttamente e non solo attraverso le immagini lontane trasmesse dai media, per capire il mondo esterno e fornire ai ragazzi nuovi strumenti di autocoscienza e consapevolezza.

L' intero programma del festival è disponibile sul sito www.oyoyoy.it, informazioni allo 0142 461516.

(Blogolandia, 21 maggio 2010)

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Economia: è Israele la nuova tigre, nel 2010 stimata crescita del 4% (MF)

MILANO (MF-DJ) -- Un'economia in continua crescita, una forte presenza di fondi di venture capital e una smisurata fiducia nella liberta' imprenditoriale. Si puo' riassumere cosi' il miracolo economico che ha interessato Israele negli ultimi 15 anni. Al punto che, la scorsa settimana, lo Stato medio orientale e' diventato il 32* Paese membro dell'Ocse, l'organizzazione che comprende le economie piu' sviluppate del globo. Neppure lambita dalla crisi, Israele nel 2009 non ha subito alcun contraccolpo al pil e per il 2010 le prospettive di crescita economica sono nell'ordine del 4%. "E' una questione culturale che ha permesso negli anni di sviluppare sempre di piu' il concetto dell'iniziativa imprenditoriale", ha spiegato Jon Medved, ceo di Vringo, nel corso del seminario "L'economia in Israele e nei territori dell'Autorita' Nazionale Palestinese".
Solo nel 2008, si legge in MF, e' stato registrato lo start up di ben 480 societa', con un investimento di 2 mld usd mentre nel 2009 i nuovi deal sono stati 447. Per rendersi conto della situazione, basti pensare che nel 2009 l'Italia si e' fermata a quota 79. Un ruolo importante, in questo scenario, e' sicuramente svolto dai fondi di venture capitalism presenti in Israele, che ad oggi capitalizzano circa 14 mld usd. Un altro dato che e' emerso nel corso del convegno riguarda la classifica dei Paesi per societa' quotate sull'indice Nasdaq. Ebbene dopo Usa e Cina il terzo posto e' occupato proprio da Israele. red/gt

(Borsa Italiana, 21 maggio 2010)

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Dai tunnel il rigore fiscale entra anche a Gaza

di Roberto Bongiorni

Per Ziad Zaza è la cosa più naturale. «Che dirle? Qualsiasi cittadino nel mondo non gradisce le tasse. E ogni governo del mondo cerca di trovare i mezzi per proteggere i suoi cittadini dai danni del fumo. Come avviene in Europa. Se la gente riduce il consumo di tabacco le spese sulla nostra sanità saranno più basse. Cosa ci trovate di tanto strano?».
Se non è strano è tuttavia curioso. Perché le tasse di cui ci parla il vicepremier di Hamas, nonché ministro dell'Economia, graverebbero su buona parte del milione e mezzo dei palestinesi di Gaza, molti
Mercato a Gaza
dei quali vivono con due dollari al giorno nei campi profughi. E perché i prodotti tassati, tra cui le sigarette, non sono altro che merci di contrabbando, quindi illegali, che arrivano quotidianamente dall'Egitto attraverso i tunnel. Ziad Zaza sdrammatizza, ma i suoi avversari sostengono che il giro di vite sui contribuenti non è che l'estrema, impopolare misura per far fronte alla crisi finanziaria del governo di Hamas.
A Gaza le cose stanno cambiando. Per accorgersene basta poco, meno di 15 minuti. Il tempo per lasciarsi alle spalle l'impenetrabile valico israeliano di Erez, percorrere a piedi la "no man's land", un fazzoletto di terra lungo circa un chilometro cosparso di macerie, e arrivare al check point di Hamas. All'interno di un gabbiotto di ferro un funzionario in divisa, con una barba islamica ben curata, controlla il passaporto, annota le generalità su un vecchio computer e poi chiede il luogo di pernottamento. Tanto zelo è già una novità. La sorpresa, però, arriva quando una guardia ispeziona la valigia. Si sofferma su una bottiglietta d'acqua, chiede, storpiandone il nome, se sia vodka. Senza attendere risposta apre il tappo e annusa il contenuto. Dalla fine dello scorso Ramadan, gli stranieri che hanno cercato di introdurre alcolici nella Striscia, per uso personale, si sono visti svuotare il contenuto davanti ai loro occhi.
È solo uno dei tanti segnali. Negli ultimi mesi su Gaza grava una cappa pesante. Gli uomini dell'intelligence sono molto più numerosi e diffidenti. I bagnini, armati di fischietto, rimproverano chi non indossa una maglietta, anche se sta facendo il bagno. La polizia vigila affinché i simpatizzanti di Fatah non formino capannelli per strada. Altri poliziotti controllano ogni giorno l'uscita dei mille tunnel che si distendono al confine tra la Striscia e l'Egitto. Due gli obiettivi: riscuotere le tasse sui prodotti autorizzati e confiscare quelli proibiti.
La lista delle merci vietate si allunga ogni settimana. Viagra, alcol, film stranieri erano banditi già da tempo. Ma ora lo sono anche l'import via tunnel di motociclette e alcuni farmaci, tra cui il Tramdo, un antinfiammatorio popolarissimo a Gaza perché, se assunto in grandi dosi, dà un effetto simile alla morfina. In aprile ne hanno sequestrate un milione e 700mila pillole per poi incendiarle pubblicamente. Gli internet caffè lavorano sotto l'occhio vigile degli ispettori. Il 25 aprile i poliziotti di Hamas hanno interrotto il primo grande concerto hip-hop organizzato a Gaza. La prima motivazione: non avevano i permessi. La seconda: questioni morali.
Quasi sottovoce, al riparo da orecchie indiscrete, diversi palestinesi di Gaza confessano di sentirsi in un regime. Sono trascorsi oltre quattro anni da quando il movimento islamico Hamas, a sorpresa, trionfò nelle elezioni politiche, formando in marzo un governo ostile a Israele. E quasi tre anni da quando in una veloce guerra lampo le sue milizie sconfissero le forze di sicurezza del partito Fatah divenendo padrone della Striscia. La data che segna la grande la scissione dei Territori palestinesi. In parecchi dubitavano che Hamas sarebbe riuscita a governare per più di un anno. Non è andata così. «Molti palestinesi - ci spiega il noto economista indipendente Omar Shaban - votarono Hamas perché volevano un cambiamento e non perché si sentissero ideologicamente vicini.
Oggi sono delusi. Fino al 2006 il movimento erogava servizi per la popolazione, cure mediche, cibo. Una sorta di welfare per colmare le lacune dei pessimi servizi erogati dall'Autorità palestinese. Ora ha cambiato priorità. Non distribuisce più cibo e servizi come prima, ma si comporta come un operatore
Autorità di Gaza
finanziario: investimenti sul lungo termine, operazioni speculative su terreni e immobili». Corre voce che alcuni membri acquistino a nome proprio, ma per conto del movimento, appartamenti che restano disabitati in attesa di essere rivenduti. Il che provoca rabbia tra le migliaia di palestinesi che hanno perso la casa durante l'offensiva israeliana su Gaza (gennaio 2009) e ora vivono nelle tende.
Quanto alle nuove tasse e alla ripresa delle imposte dirette, la gente non le ha proprio digerite. Ala al-Shawa non le ha pagate e dice che non le pagherà. Quando lo incontrammo, nel 2007, il suo internet caffè era stato preso di mira da un gruppo islamico che in tre giorni ne distrusse 40. Ha appena aperto un piccolo supermercato, piuttosto sguarnito. «E ora mi hanno chiesto di pagare mille shekel (265 dollari) per la licenza e altri 500 per altre tasse. Se mi trovano un posto di lavoro adatto alla mia laurea - finanza - lascio subito questo lavoro». Diversi abitanti del quartiere di Daraj, nel centro di Gaza City, dicono di non avere i soldi per pagare. Che siano meccanici, piccoli imprenditori, venditori ambulanti di ortaggi, hanno quasi tutti ricevuto gli avvisi di pagamento. Il vicepremier di Hamas sdrammatizza: «A causa dell'assedio israeliano - spiega - il governo di Gaza ha congelato la raccolta delle tasse e delle imposte per tre anni.
Da tre mesi abbiamo iniziato a riattivarle, ma sono a carico solo delle categorie che possono permettersi di pagarle. E quelle sui prodotti riguardano beni non essenziali». Per un popolo di tabagisti come i palestinesi l'aumento del 30% del prezzo delle sigarette è comunque un duro colpo. «Da una settimana abbiamo chiesto una tassa di 3 shekel per ogni pacchetto, mentre il governo di Ramallah (in Cisgiordania) ne intasca 7,4. Quanto alla benzina l'aumento è irrilevante ed è un prelievo per offrire lavoro temporaneo ai disoccupati. Le licenze, infine, sono di competenza delle municipalità. Le imposte sul reddito le chiediamo solo ai dipendenti statali, per gli altri c'è flessibilità. Tra sconti e esenzioni - non abbiamo chiesto le tasse per rinnovare i permessi a tutti quelli danneggiati dall'ultima guerra - di tasse praticamente non ne raccogliamo».
Anche sulle finanze Ziad Zaza ostenta sicurezza: «Il budget per mantenere le istituzioni è di 25 milioni di dollari l'anno. Riceviamo questi soldi da paesi amici. Che sono molti, e non solo musulmani». Naturalmente via tunnel. «Occorre distinguere - precisa Shaban - tra il movimento di Hamas e il governo. È il governo ad avere problemi finanziari non il movimento, c'è indipendenza tra i due in termini di finanze».
Nessuna crisi, né finanziaria, né politica. E nessuna persecuzione degli oppositori, ribatte Hamas. Ma una visita a Zakaria I. al-Agha offre un'altra versione. È lui il responsabile più alto del comitato esecutivo dell'Olp a Gaza. Dirige l'ufficio per gli affari dei rifugiati. Zakaria espone subito il decalogo dei divieti: «Vietato esporre bandiere di Fatah, vietato tenere aperti gli uffici, radunarsi per strada, organizzare comizi, anche in casa. Pena l'arresto: 36 nostri membri si trovano ancora in prigione senza capo d'accusa. I nostri deputati non possono recarsi in Parlamento. Votano le loro leggi senza di noi». «La situazione dei diritti umani si sta deteriorando con il passare dei mesi», precisa Hamdi Shaqura, uno dei direttori del Palestinian Centre for Human Rights. Fosse solo la politica. Ala al-Shawa potrebbe chiudere un occhio. Così anche sulle restrizioni alla libertà, di cui non vuole parlare, forse per paura. Ma le tasse, quelle proprio no.

IL PESO DEL POTERE

L'ascesa di Hamas
Hamas è un'organizzazione religiosa islamica palestinese di carattere paramilitare e politico, fondata nel 1987 come appendice dei Fratelli Musulmani egiziani. Ha guadagnato popolarità creando ospedali, scuole, biblioteche e altri servizi sociali
La progressiva trasformazione e ascesa di Hamas è segnata dal successo in numerose elezioni locali. Nel gennaio 2006, con un successo a sorpresa alle elezioni parlamentari palestinesi, Hamas sconfigge al-Fatah. Nel 2007 scaccia Fatah dalla Striscia di Gaza. Il risultato è la spaccatura in due del potere politico palestinese: Gaza ad Hamas, la Cisgiordania a Fatah

Misure impopolari
Per far fronte a quella che molti osservatori definiscono ormai una crisi finanziaria, il governo di Hamas ha ripreso a riscuotere imposte e ha imposto tasse su diversi prodotti che arrivano dall'Egitto attraverso i tunnel. Lo scontento popolare è stato immediato, ma Ziad Zaza, vicepremier di Hamas e ministro dell'Economia (nella foto) minimizza i provvedimenti: «Tra sconti ed esenzioni, praticamente non raccogliamo tasse»
Tra i prodotti di contrabbando tassati ci sono le sigarette importate dall'Egitto, aumentate di circa il 30% e la benzina. Di recente anche le macchine sono sottoposte a tasse molto elevate, fino a 10mila dollari ciascuna.

(Il Sole 24 Ore, 21 maggio 2010)

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Un privilegio inutile

di Anna Segre

Anche per quest'anno i ragazzi che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica correranno il rischio di ritrovarsi a fine anno scolastico con un punto in meno di credito rispetto ai loro compagni. Non ho le competenze giuridiche per commentare la decisione del Consiglio di Stato, comunque immagino che la storia non finirà qui. Intanto nelle scuole pubbliche si parla di religione cattolica molto meno di quanto ci si potrebbe aspettare in un paese in cui una maggioranza schiacciante dei cittadini è cattolica e la Chiesa fa sentire così forte la propria voce nel dibattito pubblico. Un esempio per tutti: nella mia scuola gli insegnanti di latino raramente arrivano a trattare gli autori cristiani (con l'eccezione della sottoscritta, ebrea). Nelle stesse ore di religione i ragazzi sembrano occuparsi di ogni argomento possibile e immaginabile (dalla bioetica alla Shoah), e in mezzo a questi la religione cattolica vera e propria (Bibbia, teologia, feste, ecc.) sembra diluirsi e perdere le proprie specificità. Insomma, non si percepisce una grande necessità, né da parte degli allievi né da parte degli insegnanti, di approfondire davvero le "radici cristiane". E allora perché tutto questo chiasso per difendere un privilegio che agli stessi privilegiati non sembra interessare più di tanto?

(Notiziario Ucei, 21 maggio 2010)

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Usa: in videogame un robot stermina bambini, esplode la polemica

ROMA, 20 mag. - Ha scatenato una vera e propria bufera di polemiche, in Israele e tra le comunita' ebraiche di tutto il mondo, la diffusione sul web di un videogioco i cui contenuti sono stati giudicati antisemiti. 'Drawn Together-I.s.r.a.e.l. Attack', questo il nome del gioco, si ispira a un omonimo cartoon 'politicamente scorretto', sul genere del piu' noto 'South Park', ed e' possibile trovarlo sul sito di Comedy Central, emittente televisiva del gruppo statunitense Viacom, in onda in molti paesi. L'ondata di polemiche riguarda in particolare due personaggi del videogame, i cui nomi piu' che allusivi sono 'Jew Producer' e 'I.s.r.a.e.l.'. Il primo ha un altoparlante al posto della testa e fallisce puntualmente nel tentativo di uccidere altri personaggi del gioco. 'I.s.r.a.e.l.' e' invece un sanguinario robot killer, il cui nome e' l'acronimo di 'Intelligent Smart Robot Animation Eraser Lady'. Il suo compito e' portare a termine il lavoro in cui 'Jew Producer' ha fallito, obiettivo che raggiunge puntualmente seminando distruzione e uccidendo bambini. Abraham Foxman, presidente della Lega Antidiffamazione, ha inviato una lettera ai dirigenti di Comedy Central, tv seguita soprattutto dai piu' giovani, affermando che "il videogioco e altri in cui compare 'Jew Producer' incoraggiano la diffusione degli stereotibi contro gli ebrei e Israele"

(Adnkronos, 20 maggio 2010)

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Ancora un drone da Israele

ROMA, 20 maggio - Uno degli specialisti più avanzati nel settore degli aeromobili senza equipaggio è la Malat, divisione delle Israel Aerospace Industries. Ad essa si deve una famiglia di teleguidati dal costo contenuto, chiamati "I-View", ai quali si è aggiunto recentemente l'"I-View" Mk.50.
Si tratta di un drone tattico, idoneo a missioni di sorveglianza, acquisizione dei bersagli e direzione del tiro dell'artiglieria, capace di decollare automaticamente mediante catapulta e di essere recuperato, sempre in modo autonomo, tramite paracadute. Con un'apertura alare di 4 metri ed un peso al decollo di 65 kg (dei quali 10 costituiscono il carico di missione), è il più piccolo tra i droni di questa famiglia ed è destinato ad operazioni a livello di brigata o di squadre di "special forces".
Come standard il Malat "I-View" Mk.50 è offerto con un doppio sensore optronico/infrarosso "MiniPOP" ma può essere adattato facilmente anche a dotazioni specifiche sottoposte dall'acquirente. L'intero sistema prevede una stazione di guida (per un operatore più il responsabile della missione) e due aeromobili, il tutto può essere caricato su un veicolo tattico classe "Hummer", a sua volta trasportabile in volo mediante un aereo come il C-27 J o il C-130. Il drone ha un raggio d'azione di 50 km, può raggiungere 4.575 m di quota e ha un'autonomia di sei ore.

(Agenzia Fuoritutto, 20 maggio 2010)

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L'Italia sostiene il patrimonio culturale palestinese

ROMA, 20 mag - In occasione della Giornata mondiale della Diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, proclamata dalle Nazioni Unite e in agenda il 21 maggio, l'Unità tecnica locale (Utl) della direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina a Gerusalemme sostiene la valorizzazione del patrimonio culturale tangibile e intangibile nei Territori Palestinesi. Le iniziative in fase di attivazione sono il Jericho master plan e il Teatro e arti multimediali: strumenti di Pace (Tam), che sta per giungere alla sua seconda annualità. Per quanto riguarda la città millenaria di Gerico, il progetto di Master plan intende invece valorizzarne storia e morfologia, fornendo strumenti di integrazione con l'attuale conformazione paesaggistica ed urbanistica. Entrambe le iniziative si collocano in una strategia complessiva che punta ad istituire innovativi rapporti di collaborazione tra esperti italiani e palestinesi.
Tanto più, come sostiene il direttore dell'Utl di Gerusalemme, Gianandrea Sandri, che la "risorsa cultura si va progressivamente affermando come veicolo di sviluppo economico sostenibile in linea con la piena realizzazione e la promozione dei diritti umani nei Territori Palestinesi". Il patrimonio culturale, archeologico e naturalistico ha infatti qui più che altrove "una forte valenza e un alto potenziale per lo sviluppo economico palestinese, coadiuvato dalla ripresa del turismo religioso. Esistono concrete opportunità per differenziare l'offerta turistica, anche alla luce di consolidate esperienze italiane di successo - ha sottolineato Sandri - aggiungendo percorsi naturalistici e percorsi archeologico-culturali alternativi a quelli classici da rendere più competitivi per il settore turistico palestinese. Ad esempio valorizzando la Valle del Giordano ricca di beni culturali, paesaggistici e naturali".

(il Velino, 20 maggio 2010)

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L'Italia forma i membri della commissione elettorale palestinese

ROMA, 20 mag - Via libera al progetto della Cooperazione italiana che mira alla trasparenza e al potenziamento della partecipazione popolare al voto in Cisgiordania, in vista delle elezioni regionali palestinesi di luglio. L'iniziativa, finanziata dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo (Dgcs) della Farnesina nell'ambito della "Good Governance", punta alla formazione di responsabili e coordinatori all'interno di una Commissione elettorale centrale palestinese con il ruolo di veicolare corrette informazioni circa le procedure di voto e garantire il maggior coinvolgimento possibile dei cittadini alle consultazioni locali. L'11 maggio scorso si e' svolto l'"Exchange of letters" (la firma di documenti ufficiali) tra l'Unità tecnica locale (Utl) della Dgcs a Gerusalemme e la Commissione elettorale palestinese per il via libera definitivo alle attività. Si tratta di un "processo partecipativo che vede il coinvolgimento della società civile e delle Ong locali per informare anche gli abitanti dei villaggi più remoti della Cisgiordania", precisano gli esperti della Cooperazione italiana.
A questo proposito, le attività "verranno realizzate tramite la formazione di formatori responsabili della promozione dei processi elettorali". L'iniziativa si inserisce nel quadro del Palestinian reform and development plan (Prdp), definito dal ministero del Piano e dello sviluppo amministrativo palestinese per il triennio 2008-2010 e sottoposto alla comunità internazionale durante la Conferenza di Parigi del 17 Dicembre 2007.

(il Velino, 20 maggio 2010)

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Sindacato Australia, no a prodotti da Israele

Protesta contro gli insediamenti, pressioni sull’intero sindacato


SYDNEY, 20 mag - Il sindacato costruzioni, foreste, miniere e energia australiano boicotta i beni prodotti da Israele nei territori palestinesi occupati L'esecutivo del sindacato (Cfmeu) di 150 mila iscritti, riunito ieri sera a Sydney, ha votato per l'adesione alla Campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, in protesta per le politiche 'illegali' di insediamenti, impegnandosi a premere per l'adesione dell'intero movimento sindacale australiano e del partito laburista, che e' al governo

(ANSA, 20 maggio 2010)

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Israele-Siria, sito web lancia il dialogo

TEL AVIV, 20 mag - Mentre resta in questi mesi molto elevata la tensione fra Israele e Siria, alcuni intellettuali siriani ed israeliani hanno presentato adesso un nuovo sito web (OneMideast.Org) in cui dibattono diversi aspetti di un possibile accordo di pace. Uno degli animatori è il siro-canadese Camille Otrankji, che ha di fronte l'israeliano Yoav Stern, un giornalista del quotidiano Haaretz. A quanto si è appreso, già da un anno giornalisti, accademici ed esperti delle due parti si sono scambiati in forma privata una serie di messaggi, che adesso prendono forma compiuta nel nuovo sito. La loro speranza è di innescare un dialogo di pace ancora più vasto. Per rendere il dibattito più frizzante, nella pagina di apertura vengono proposte due liste di '20 obiezioni alla pace': una con l'ottica israeliana, l'altra con l'ottica siriana. Accanto ad ogni 'obiezione' c'è uno spazio che ospita osservazioni critiche della controparte. Per stimolare la curiosità reciproca, il sito ospita inoltre una serie di immagini panoramiche e turistiche dei due Paesi.

(ANSA, 20 maggio 2010)

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Un laico nuovo portavoce del Tempio Beth Shlomo

Davide Romano, un ebreo laico, è il nuovo portavoce del Tempio milanese Beth Shlomo, piccola sinagoga del centro di Milano. Già presidente nazionale dell'Unione giovani ebrei italiani, segretario dell'associazione Amici di Israele e animatore della Brigata Ebraica al corteo del 25 aprile, Romano assume l'incarico di responsabile della comunicazione del tempio. «Sono un ebreo laico e proprio per questo - commenta - sono doppiamente onorato di questa nomina. È una conferma di come certi confini culturali e mentali, come quelli tra laici e religiosi, vadano e possano essere abbattuti».
«Per combattere il razzismo e l'antisemitismo - aggiunge ancora Romano - è indispensabile abbattere i muri del pregiudizio. La sinagoga Beth Shlomo vuole non solo abbattere quei muri, ma mostrare come oltre quelle barriere ci siano porte spalancate al confronto e al dialogo. Basta avere il coraggio di aprirle. Sono, siamo qui per questo». Il tempio Beth Shlomo è l'erede della Sinagoga di Ferramonti (Cosenza), costituita in un campo di internamento durante il fascismo. Poi trasportata a Milano dagli Alleati per divenire primo punto di riferimento della città per gli ebrei sopravvissuti alla Shoah.
La Comunità ebraica di Milano, che proprio martedì ha rinnovato il proprio Consiglio con la vittoria della lista Ken guidata da Roberto Jarach, ha il proprio tempio centrale in via della Guastalla. I suoi numerosi gruppi interni hanno però dato vita nel corso degli anni a numerosi oratori minori, che seguono riti diversi, italiano, sefardita, sefardita-orientale e ashkenazita o tedesco come il Beth Shlomo.

(il Giornale, 20 maggio 2010)

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A Roma seminario su "Economia in Israele e nei Territori"

Economisti a confronto domani al Cnel

Si svolgerà domani a Roma, presso la Sala Biblioteca del Cnel, un seminario internazionale su "Economia in Israele e nei Territori dell'Anp", a cui parteciperanno economisti israeliani, palestinesi, statunitensi e intaliani. Il seminario, che inizierà alle 14.30, è promosso dall'associazione Appuntamento a Gerusalemme e dall'Istituto Bruno Leoni, con il patrocinio del Cnel e il sostegno della Fondazione Euromid. Lo riporta un comunicato diffuso dai promotori. "Se il processo di pace tra israeliani e palestinesi sembra arenato - afferma il comunicato -, se lo scenario diplomatico e negoziale sembra scontrarsi con ostacoli che oggi appaiono di difficile superamento, è possibile ricercare una strada diversa per la pace? E' realistico ipotizzare che la costruzione dal basso di una società civile e di un'economia fiorente nei territori palestinesi, si dimostri un fattore più potente delle difficoltà politiche, spianando la strada a una collaborazione di fatto fra i due popoli? E che ruolo può avere l'Europa in questa prospettiva? Ecco alcuni degli interrogativi su cui si confronteranno i partecipanti al seminario: studiosi e protagonisti dell'economia nazionale e internazionale, provenienti da Israele, Cisgiordania, Usa, Gran Bretagna e Italia". Tra i partecipanti ci sono Bruna Ingrao, economista all'Università "La Sapienza" di Roma; George Gilder, autore di un recente saggio di successo "The Israel Test" , in cui esamina il ruolo della libera impresa per la sicurezza e la prosperità di Israele, Saad Khatib, attuale Consigliere del Ministero dell'Economia Palestinese; Jonathan Medved, imprenditore; Amos Ron, consulente di progetti innovativi; Matthew Sinclair economista inglese, fa parte del think tank britannico TaxPayers' Alliance. Il seminario verrà concluso da una tavola rotonda fra gli italiani Marco De Benedetti top manager nel settore delle Tlc, Mario Carlo Ferrario avvocato e investment banker in campo internazionale, Giampaolo Galli, Docente di Economia e Finanza delle Assicurazioni presso l'Università Luiss-Guido Carli di Roma e Direttore Generale di Confindustria.

(Apcom, 19 maggio 2010)

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Domani alla Tenda di Modena un nuovo appuntamento con la pace

"Estraneo a casa mia, Gerusalemme" di Sahera Dirbas è il film documentario girato per i 40 anni dalla Guerra dei sei giorni e strettamente legato anche agli eventi del 1948, quella che per i palestinesi è la "Nakba", la catastrofe. Il film sarà proiettato giovedì 20 maggio alle 21.30 alla Tenda di viale Molza. Protagonisti del video, una produzione totalmente indipendente, sono otto palestinesi che originariamente vivevano nella zona ovest, ebraica, di Gerusalemme, e che furono costretti ad abbandonare le loro case quando gli israeliani entrarono in quella parte della città nel 1948. La serata, ad ingresso libero, è curata dall'associazione Overseas nell'ambito del programma "Verso la marcia per la pace Perugia Assisi". Infatti, le iniziative promosse dall'assessorato alla Cooperazione internazionale e dal Tavolo della Pace del Comune di Modena continuano anche dopo la Marcia della Pace che si è svolta domenica 16 maggio e ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di modenesi. Alla marcia ha aderito anche il Comune di Modena, il cui gagliardetto ha raggiunto Assisi portato dai ciclisti della Paciclica.

(Sassuolo 200, 19 maggio 2010)


"... otto palestinesi che originariamente vivevano nella zona ovest, ebraica, di Gerusalemme, e che furono costretti ad abbandonare le loro case quando gli israeliani entrarono in quella parte della città nel 1948". A chi non verrebbe in cuore un moto di compassione per i poveri palestinesi spietatamente cacciati dalle loro case e di indignazione per i brutali invasori ebrei? E quand'è che si comincerà a compatire i poveri tedeschi cacciati nel 1945 dalle loro case in Slesia, Pomerania, Prussia orientale, dove vivevano da secoli, braccati e violentati dai feroci russi sovietici? Qualcuno ha già cominciato a farlo.

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Hamas demolisce le case dei palestinesi, ma sui giornali non fa notizia

di Dimitri Buffa

Non solo condanne a morte, come quelle eseguite ieri, ma anche case dei dissidenti buttate giù per rappresaglia o palazzi espropriati a forza a poveri abitanti dei villaggi intorno a Rafah per poi darli alla nomenklatura di Hamas. Quando le notizie da Gaza riguardano i terroristi, quelli che l'Ansa chiama pudicamente "miliziani", difficilmente in Italia esce una riga sui giornali.
Eppure anche ieri quei galantuomini di campagna del movimento terroristico che ormai da quasi cinque anni si è impadronito di Gaza, vessando la popolazione civile palestinese peggio di come abbia fatto la mafia in Sicilia negli ultimi 50 anni, hanno eseguito ben tre esecuzioni capitali di altrettanti cosiddetti "collaborazionisti" con Israele. Ma questo ormai è pane quotidiano a Gaza e per siffatti motivi oggi come oggi se la popolazione avesse ancora la libertà di votare di certo non rifarebbe l'errore che nel 2005 dopo la morte di Arafat e il ritiro degli israeliani ha portato all'attuale situazione.
Quello che invece pochi sanno è che sono già a decine le case distrutte dai soldati di hamas e che centinaia di residenti palestinesi sono ormai senza più un tetto sulla testa. Secondo l'ong secondoprotocollo.org, che ha da poco redatto un rapporto in tal senso a firma di Miriam Bolaffi, tutto ciò sarebbe "il risultato della nuova politica di rigore imposta dal gruppo terrorista di Hamas nella Striscia di Gaza". Le case nei comunicati vengono definite "abusive" o "senza permessi", ma non si tratta di quel tipo di demolizioni che in tanti auspicano anche in Italia, bensì molto più semplicemente rappresaglie contro chi dissente.
Ovviamente siccome non si tratta delle case dei parenti dei kamikaze islamici o dei terroristi, che vengono fatte dall'esercito israeliano, raramente, per non dire mai, si trova traccia di questo diffusissimo fenomeno nei media italiani ed europei.
La fonte della ong è il sito israeliano YNETnews, del gruppo di Yedioth Aronoth, che ha raccolto nei giorni scorsi le testimonianze di alcuni residenti nella Striscia di Gaza, i quali hanno raccontato che "un certo numero di ruspe accompagnate da militanti armati di Hamas hanno provveduto alla demolizione di decine di case nella città meridionale di Rafah perché a loro dire sarebbero state costruite su suolo pubblico e senza i necessari permessi".
C'è la storia, ad esempio, di Miasar Gan, una donna di 54 anni, che si è trovata dalla sera alla mattina senza più un tetto sulla testa. La donna ha detto che "per anni Hamas ha parlato di riforme e di cambiamento invece adesso distrugge le nostre case".
Il suo vicino di casa, tale Nazira Abu Jara, 56 anni, ha riferito che "le poliziotte di Hamas hanno anche duramente picchiato la donna con dei bastoni perché a loro dire non rispettava i dettami islamici nell'abbigliamento."
Secondo altri testimoni le case distrutte sarebbero tra le 30 e le 40 e da ieri sono riprese le demolizioni. Ai residenti non è stato dato nemmeno il tempo di mettere al sicuro i propri averi, e così si possono vedere centinaia di palestinesi aggirarsi tra le macerie delle loro case distrutte in cerca di ogni cosa recuperabile.
Altre fonti riferiscono come dietro questa decisione ci sia un esproprio mascherato dei terreni migliori, occupati da famiglie non militanti in Hamas in un territorio, quello di Rafah, dove risiede la maggior parte della nomenclatura di Hamas. Insomma "la cricca" locale. E in tanti si chiedono come reagiranno adesso anche le ong filo palestinesi, anti israeliane "senza sé e senza ma", sempre pronte a denunciare le demolizioni del "perfido" esercito con la stella di Davide sulle uniformi. Faranno finta di non vedere come hanno fatto finora?
Di certo da loro ieri non è arrivata neanche una parola sulle esecuzioni da parte dei guerriglieri dei presunti collaborazionisti israeliani di cui sopra, che poi Hamas ha affermato essere stati condannati anche per omicidio.

(l'Opinione, 19 maggio 2010)

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L'Anp boicotta i prodotti delle colonie

Boicottare i prodotti delle colonie. Comincia in Cisgiordania una campagna di sesibilizzazione per danneggiare la produzione proveniente dagli insediamenti ebraici. Un'iniziativa che interesserà tutte le città palestinesi, almeno nelle intenzioni dell'Autorità Nazionale Palestinese che ha lanciato la campagna. Abdel Hafeez Nofal, Ministro dell'Economia palestinese:
"Tutti i palestinesi sono coinvolti nel boicottaggio dei prodotti degli insediamenti. Siamo convinti che tutte le fazioni politiche palestinesi debbano impegnarsi e la nostra iniziativa andrà avanti casa per casa".
Una campagna di boicottaggio era già partita a fine 2009. Ora circa 3000 giovani palestinesi cominciano un vero porta a porta distribuendo volantini informativi. Una delle principali organizzazioni di coloni, 'Yesha', in un comunicato ha definito l'iniziativa "un atto terroristico". Sono circa mezzo milione gli ebrei che vivono negli oltre 120 insediamenti di Cisgiordania e Gerusalemme Est.

(euronews, 19 maggio 2010)

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Chomsky attacca Israele ma fa l'amico dei dittatori

di Fiamma Nirenstein

Noam Chomsky
Ok, sia che l'ordine provenisse dall'alto o che si sia dato troppo da fare uno di quei giovanotti che al confine di Israele stanno sempre spasmodicamente attenti a chi entra (magari questo era uno studente che aveva letto i libri del professore), sarebbe stato meglio che il professore del Mit (Minnesota State University) Noam Chomsky fosse andato a tenere la sua conferenza a Bir Zeit, Ramallah. Chi lo avesse ascoltato lo avrebbe pleonasticamente applaudito con frenesia quando avesse detto che Israele è uno stato di apartheid, una colonia americana, sostanzialmente nazista, e avrebbe battuto le mani ancora più forte quando avesse sostenuto che Hamas è un'organizzazione non solo legittima ma anche indispensabile per la pace in Medio Oriente. Chomsky lo dice, lo scrive, lo ripete senza sosta, e quindi impedirgli, domenica, di avviarsi attraverso Israele sulla strada per Ramallah (Netanyahu nega, per la cronaca, di averlo mai ordinato) gli ha solo consentito di ripetere al mondo che Israele è un Paese totalitario e razzista - anzi, stalinista - e di avere una grande eco in tutto il mondo. Non a caso si riporta purtroppo, che Chomsky è «uno degli autori viventi più citati», che rimbalza di sito estremista in sito estremista, che se lo bevono i professorini di sinistrissima e gli islamisti in galabya. Stavolta lo ha difeso tutta l'opinione pubblica mondiale. Non c'è telegiornale o quotidiano (il Teheran Times si è dato molto da fare, ma anche tutti i giornali israeliani o americani) che non abbia posto la grande questione della libertà di espressione. E hanno ragione: Chomsky aveva diritto di andare a raccontare ai palestinesi tutte le sue fumisterie.
Ma se per un attimo valesse un principio di verità, allora diremmo che quelle di Chomsky non sono mai state semplicemente opinioni, ma feroci, infiammatori proclami politici tesi a spingere gli animi alla violenza innanzitutto verso il suo proprio Paese, gli Stati Uniti, e in secondo luogo verso il suo popolo di origine, quello ebraico.
Se ne guardate la foto di colto ottantenne, così magro, ispirato, elegantemente casual anche quando abbraccia (il 26 agosto del 2009) Hugo Chavez che cita dottamente il suo libro di odio antiamericano «Hegemony or servival» dopo, per capire chi è il professore, dovete ascoltare le sue parole: «È facile scrivere... Ma è difficile creare un mondo migliore, ed è così eccitante visitare il Venezuela e poter testimoniare che un mondo migliore è stato creato». Per lui il Venezuela è migliore perché si contrappone oggi in prima fila all'odiato, feroce imperialismo americano (Chomsky ce l'ha anche con Obama); ma è solo una delle sue ultime passioni, insieme all'Iran e a Hamas: prima ha tenuto per tutti quelli che l'America ha combattuto, per ogni totalitarismo e terrorista sul campo. Il regime comunista sovietico, la Cina di Mao, il regime Cubano, i vietcong, i terroristi islamici... Naturalmente oggi è un fan della corsa al nucleare dell'Iran, che ritiene legittima e doverosa («L'Iran è percepito come una minaccia perché non ha ubbidito agli ordini degli Usa... Militarmente la sua minaccia è irrilevante»). Gli piacciono molto anche tutti quelli che ce l'hanno con gli ebrei. No, non ha dimenticato il padre William Chomsky, studioso di Torah che gli impediva di parlare l'yiddish, la lingua degli ebrei della diaspora, e gli impose l'ebraico, suo primo expertise nel campo della linguistica. Tutto quanto il suo cuore e le sue argomentazioni sono dalla parte dei palestinesi («...quelli che si denominano sostenitori di Israele sono di fatto sostenitori della sua degenerazione morale e quindi, alla fine, della sua prossima distruzione»), non ha dubbio che Israele sia uno stato illegittimo e di apartheid, e che non sia altro che la longa manus in Medio Oriente del male assoluto, gli Usa. Più di tutto resta stupefacente tuttavia la sua reazione, pur dopo decenni di battaglie antiamericane, all'attentato delle Twin Towers: purtroppo ebbe immensa diffusione la sua teoria che l'America se l'era voluta, che qualsiasi cosa Bin Laden avesse fatto, era una risposta alla ben peggiore criminalità americana. Sì, è uno scandalo che Chomsky non sia andato a ripeter tutte le sue teorie a Bir Zeit (cui però ha parlato in collegamento). Ma più ancora che si scambi la diffusione delle sue idee per libertà di opinione.

(il Giornale, 19 maggio 2010)

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Ebrei: da domani il Shavuot, la festa dei 10 comandamenti e delle primizie

Nella Torah, ''Shavuot'' e' descritta come una festivita' agricola ed e' messa in relazione con la mietitura. Nella Torah orale e' considerata soprattutto come la festa della rivelazione sul monte Sinai, che secondo la tradizione avvenne proprio il 6 di Sivan. Nelle Sinagoghe si legge il libro di Ruth, poiche' la vicenda narrata in esso si svolge proprio durante la mietitura e anche perche' la conversione all'ebraismo di Ruth, la Moabita, e' paragonata all'accettazione della Torah da parte del popolo Ebraico.
A ''Shavuot'', a parte la modifica della preghiera ordinaria e l'astensione dal lavoro, non esistono precetti veri e propri da osservare, ma piu' che altro usanze e tradizionali che si sono diffuse e consolidate nel corso del tempo. Una tra tutte e' quella dello studio della Torah durante la notte, in ricordo della rivelazione sul monte Sinai. Altre usanze prevedono il consumare prodotti caseari come il latte e il formaggio e la decorazione delle case e delle Sinagoghe con motivi floreali.

(Adnkronos, 18 maggio 2010)

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Israele respinge Chomsky

di Michael Sfaradi

A Noam Chomsky, intellettuale ebreo americano noto per le sue critiche nei confronti di Israele, è stato negato il permesso, dalla dogana al confine con la Giordania, di entrare nello stato ebraico.
Chomsky avrebbe dovuto tenere una conferenza in una riunione di odiatori di Israele che analizzano la situazione mediorientale da un solo punto di vista: quello palestinese.
Secondo alcune fonti la sua conferenza era stata programmata a Tel Aviv, ma quando i funzionari della dogana hanno capito che la destinazione era verso i territori palestinesi, hanno creduto bene di rispedire il soggetto al mittente.
"Negare l'ingresso a qualcuno perché deve tenere una lezione a Ramallah e non a Tel Aviv è qualcosa che può accadere solo in un Paese stalinista", è stato il commento di Chomsky, e anche se il ministero dell'Interno ha giustificato il tutto come un malinteso, anche perché Chomsky, come cittadino statunitense, non ha bisogno di visti per entrare in Israele. L'accaduto, però, spiega che la misura della pazienza israeliana nei confronti dei suoi denigratori è colma.
E' decisamente salito il livello di attenzione da parte delle autorità israeliane nei confronti di coloro (e Chomsky non è il solo, la lista è lunga) che da troppo tempo cementano le loro fortune letterarie, musicali, teatrali, politiche e chi più ne ha più ne metta, con l'odio e la critica, spietata e a senso unico che sfora spessissimo in diffamazione nei confronti dei governi dell'unica democrazia mediorientale.
Detto questo è logico ora aspettarsi che coloro che fino ad oggi hanno operato propaganda denigratoria nei confronti dello Stato ebraico troveranno maggiori difficoltà, almeno per quello che riguarda il loro lavoro, all'interno di Israele.
Non c'è "stalinismo" in queste reazioni, anche perché le libertà permesse da sempre in Israele sono impensabili in qualsiasi altro angolo del Medioriente. L'origine va piuttosto ricercata nei continui boicottaggi, maldicenze, calunnie e falsi che ormai da troppi anni vengono ripetuti da Chomsky e compagni e che, con il tempo, almeno per i meno informati, sono diventati una verità acquisita.
Se come dicono alcune fonti la conferenza era stata programmata a Tel Aviv, perché cambiarne la destinazione in corso d'opera, non era il caso di essere sinceri fin dall'inizio o Chomsky e la delegazione che lo accompagnava avevano qualche cosa da nascondere?

(l'Opinione, 18 maggio 2010)

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Maor Buzaglo
Inter, da Israele arriva Maor Buzaglo

di Luca Talotta

Si chiama Maor Buzaglo, ha solo 22 anni ed è uno dei giocatori più talentuosi di Israele. Due anni fa venne acquistato, dal Maccabi Tel-Aviv, per la cifra record di due milioni di euro dal Maccabi Haifa. Guadagna circa 500.000 euro a stagione e ha un contratto che scadrà solo nel 2013.
L'estate scorsa l'Aston Villa offrì 2,5 milioni per lui, ma il Maccabi ne chiese 4 e nulla si fece. Quest'anno, però, il ragazzo lascerà Israele e pare che l'Inter sia vicina all'acquisto. Il giocatore è da tempo sul taccuino degli scout dell'Inter e, come appreso da calciomercato.com, ci sono già dei negoziati tra l'agente del giocatore, Oved Kraus, e alcuni emissari dell'Inter.
In base ad un accordo tra il Maccabi e il ragazzo, Buzaglo può lasciare Israele per cinque milioni di euro. Ha giocato sinora 50 gare per il Maccabi segnando 13 reti.

(Calciomercato.com, 18 maggio 2010)

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Hamas criticata a Gaza per le demolizioni di case

GAZA - Il governo islamico di Hamas che controlla la Striscia di Gaza ha demolito una serie di case palestinesi che sostiene siano state costruite senza permesso, dando adito a dei fastidiosi paragoni con il nemico di sempre Israele.
"Hamas ha dimostrato di essere identica all'occupazione israeliana", ha detto oggi Ahmed Assaf, portavoce del rivale movimento politico Fatah del presidente della Palestina Mahmoud Abbas. Fatah ha perso il controllo della Striscia di Gaza nel 2007.
Domenica, Hamas ha fatto abbattere una serie di case -- 11, tutte costruite illegalmente, secondo le sue stime, 26 secondo alcuni residenti -- a Rafah, nella parte meridionale della Striscia, lungo il confine con l'Egitto.
Le forze israeliane avevano effettuato diverse demolizioni nella stessa area durante una rivolta palestinese iniziata nel 2000, sostenendo che le abitazioni fungessero da nascondiglio per i miliziani.
Hamas si è difesa dicendo che le critiche hanno una motivazione politica, e il sindaco di Rafah Issa al-Nashar ha detto che il governo di Gaza continuerà ad eseguire demolizioni contro "quanti costruiscono proprietà private su territorio dello stato" per farne affari.
Hamas ha iniziato a raccogliere tasse e a rafforzare le norme sulla proprietà, per rafforzare il controllo sulla Striscia, ma suscitando da più parti la rabbia dei residenti.

(Reuters, 18 maggio 2010)

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Hezbollah loda la posizione di Erdogan contro Israele

BEIRUT, 17 mag. - Il movimento libanese sciita Hezbollah accoglie con entusiasmo quella che definisce "una posizione storica" del primo ministro turco Recep Tayyp Erdogan contro Israele. "Elogiamo il coraggioso passo di Erdogan nell'affrontare l'oppressione di Israele verso i palestinesi e la causa araba" si legge nel comunicato di Ali Fayad, membro di Hezbollah. "Omaggiamo il primo ministro Erdogan che ha guadagnato il consenso arabo e islamico, soprattutto sul commento che concerne al Aqsa Mosque" si legge nel documento.

(Adnkronos, 18 maggio 2010)

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"Innovazione per una vita migliore", Israele all'Expo 2010

di Rossella Tercatin

Un grazioso frutteto di alberi d'arancia offre riparo al visitatore accaldato dalla calura estiva. Una volta all'ombra dei rami carichi di frutta, gli alberi cominciano a bisbigliare. In cinese.
Non si tratta di un sogno, ma del benvenuto ai turisti che si accingono a visitare il primo padiglione israeliano della storia a un'esposizione universale. Complici i sempre più intensi rapporti commerciali tra Gerusalemme e Pechino, nel 2007 Israele ha firmato la sua partecipazione all'Expo di Shanghai, che ha preso il via in questi giorni. "Better city - Better life", città migliori per una vita migliore, il tema che propone l'edizione di quest'anno, pronta a raccontare al mondo la nuova Cina, attenta alle esigenze dell'uomo e della natura, almeno nelle dichiarazioni d'intento.
Un binomio che sicuramente Israele conosce bene, ponendosi da sempre all'avanguardia nella ricerca e utilizzo di energia pulita e risorse rinnovabili, esempio assoluto di come la tecnologia, se ben impiegata, possa migliorare la vita dell'uomo nel rispetto della natura.
Il padiglione "Innovation for better life", che si estende per oltre 2000 metri quadrati, è stato realizzato dall'architetto israeliano Haim Dotan, la cui madre è nata proprio a Shangai. Due sinuose strutture, rispettivamente in pietra e vetro, si avvolgono a vicenda, come due conchiglie, o due mani che si stringono. Spiega il suo sito, haimdotan.com, che le due forme allacciate "simboleggiano una quieta conversazione tra uomo e terra, tra uomo e uomo, tra nazione e nazione" e rappresentano il "dialogo tra umanità e natura, passato e futuro, effimero ed eterno".
Per accedere al complesso, alto 24 metri, si attraversa appunto il Giardino sussurrante (Whispering garden), in cui cinquanta alberi da frutto bisbigliano in cinese e inglese, a creare il contatto diretto tra il visitatore e l'ambiente circostante. Si celebra così l'importanza della natura per lo Stato d'Israele, ma anche i grandi risultati ottenuti per quanto riguarda i sistemi d'irrigazione, vitali per un paese in cui l'acqua scarseggia.
All'interno della struttura, la Sala della luce (Hall of Light), e la Sala dell'innovazione (Hall of Innovation) mostrano poi i successi israeliani in campo tecnologico. Attraverso centinaia di schermi è possibile ascoltare bambini israeliani, scienziati, medici, inventori, che raccontano le proprie idee e le proprie speranze per il futuro.
Isaac Herzog, Ministro del welfare e dei Servizi sociali, rappresentante del governo israeliano all'inaugurazione dell'Expo, ha dichiarato di essere rimasto molto impressionato dal calore dell'accoglienza ricevuta e "dal grandissimo interesse verso il nostro stand che consentirà a tanta gente di scoprire che quella d'Israele è una storia di successo sotto tanti aspetti diversi".
Le stime degli organizzatori sembrano dargli ragione. Sono tre milioni e mezzo i visitatori previsti per il padiglione israeliano, fino al 31 ottobre 2010, giorno in cui calerà il sipario sull'Expo di Shanghai, in attesa di rialzarsi nella nostra Milano fra cinque anni.

(fuori dal ghetto, 18 maggio 2010)

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La storia di Palatucci nelle scuole

Un fumetto sull'eroe della Resistenza è stato distribuito alle scuole superiori di Parma

Un racconto a fumetti per ricordare la vita di Giovanni Palatucci: è questo il volume che, grazie al sostegno della Fondazione Cariparma, è stato recentemente diffuso presso le scuole secondarie di primo e secondo grado di Parma e provincia.
Una iniziativa editoriale di particolare significato e curata dall'"Associazione Giovanni Palatucci" - presieduta da Mons. Pietro Iotti -, associazione dedicata a conservare e trasmettere la figura di uno tra i più importanti protagonisti della Resistenza, quel Palatucci che, Questore di Fiume negli anni del secondo conflitto mondiale, salvò dalla deportazione più di cinquemila cittadini ebrei, evitando loro l'applicazione delle leggi razziali nazi/fasciste: per tale, eroica attività, Palatucci fu internato nel campo di concentramento di Dachau, dove morì nel 1945.
E proprio in occasione del centenario della sua nascita (1909-2009), un libro a fumetti - L'ultimo Questore - è nato per raccontare alle giovani generazioni la vera storia del funzionario irpino, Medaglia d'Oro al merito civile conferita nel 1995 dal Governo Italiano e "Giusto fra le Nazioni".

(parmadaily.it, 18 maggio 2010)

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Casale - Il clarinetto di Feidman incanta OyOyOy

Giora Feidman è stato il protagonista indiscusso del secondo week end di OyOyOy Festival, dove ha incantato i casalesi con il suo modo di fare così speciale. Lo ha dimostrato fin dal mattino nell'incontro con la stampa organizzato da Monferrato Cult all'Hotel Candiani e il pomeriggio durante la visita in sinagoga dove ha chiesto di pregare e lo ha fatto alla sua maniera intonando con il suo clarinetto "Eloim Eloim" e, per finire, la sera quando è salito sul palco di un Municipale gremito di gente arrivando dal fondo della sala. Il re del Klezmer, nato in Argentina nel 1936, ha suonato per 18 anni nella Orchestra Sinfonica di Tel Aviv, ama l'Italia e dichiara che se Verdi fosse nato a Buenos Aires avrebbe composto tanghi. Svolge la sua attività concertistica (circa 200 concerti all'anno) in tutto il mondo, ma soprattutto in Germania dove vive. Nel 1993 è stato chiamato da Steven Spielberg per suonare nella colonna sonora del film "Schindler's List". Suona con bocchini in cristallo Pomarico costruiti in Italia, in controtendenza con gli altri clarinettisti di fama internazionale che suonano con bocchini in ebanite.
Durante questo concerto si concede interamente, il pubblico lo ascolta come rapito. Rispetto al concerto di 15 anni fa, questo con la formazione degli archi è più vario e non solo di suono. Feidman sembra ora più intenso, più attento a calibrare gli effetti che lo hanno reso famoso. È sempre magicamente in grado di colorare ogni nota esattamente come vuole lui con la sola pressione di labbra e gola e chiede al pubblico di non applaudire quando decide di chiudere il primo tempo con l'Ave Maria di Gounod suonata da solo.
Ma l'incontro con Feidman non è stato il solo momento significativo di questo secondo fine settimana di OyOyOy, una vera fucina intellettuale, che ha visto il mescolarsi di letteratura storia musica e pittura. Una grande affluenza di visitatori ha affollato le mostrededicate a Marc Chagall, Aldo Mondino e Lele Luzzati sparse fra il Castello, la Comunità Ebraica e la libreria Il Labirinto, dove è stato presentato fra gli altri il libro di Elena Casotto "Pittori ebrei in Italia 1800-1938". A condurre la discussione e l'analisi del libro il critico d'arte Carlo Pesce, ma è importante sottolineare come al centro dell'incontro c'è l'opera del pittore italiano Gerolamo Navarra (che visse anche a Casale Monferrato, ospitato dalla Comunità Ebraica). Un personaggio singolare che rappresenta l'anello di congiunzione tra la pittura tout court e la pittura ebraica. Il compositore Giulio Castagnoli, la violoncellista Erika Patrucco e la lettrice Ilaria Ginepro sono invece riusciti a rendere tridimensionali le pagine del libro "Ereditate la verità" di Anite Lasker Walfish edito da Mursia, mentre la sinagoga di Casale Monferrato ha ospitato il dibattito moderato da Silvana Mossano che ha fatto seguito alla presentazione de "L'inferno dentro" (Sonda), il libro verità che Moreno Gentili ha raccolto da una serie di confessioni che vengono ricondotte a Ludwig, personaggio volutamente inventato dall'autore per concentrare tutta una serie di verità forti e crudeli. Dalle parole dell'altro relatore Andrea Testa si è appreso che purtroppo anche Casale ha avuto i suoi carnefici, tra cui un capitano delle SS, in servizio nel campo di sterminio di Trieste, per cui Testa fa notare che il lavoro di Gentili potrebbe avere una continuazione con testimonianze di casalesi.

(Notiziario Ucei, 18 maggio 2010)

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Salone del libro 2010, Amos Oz vince il premio internazionale

Amoz Oz
Allo scrittore israeliano va la prima edizione del "Premio internazionale Salone del Libro".
Hanno scelto i visitatori del Salone tra una rosa di tre nomi, tra cui anche Carlos Fuentes e Paul Auster. Alla fine ha vinto Amos Oz, sembra con un buon margine, che riceverà un premio di 25 mila euro per "l'impegno per la letteratura".
Lo scrittore israeliano, non presenta a Torino, riceverà il premio in Ottobre quando sarà in Italia per tenere delle lezioni magistrali e delle conferenze in Piemonte.
Nell'edizione dedicata alla memoria gli organizzatori del Salone hanno deciso di inaugurare il nuovo "Premio Internazionale", e hanno dato al pubblico la possibilità di scegliere tra tre autori, selezionati da una commissione di esperti, molto noti al pubblico ma apprezzati anche dalla critica. Alla fine ha prevalso lo scrittore israeliano, autore di numerosi bestseller che raccontano il popolo d'Israele dall'interno, le frustrazioni e i dubbi, i difetti e le paure. Un costante viaggio dentro la memoria storica dello Stato di Israele, alla ricerca della via giusta per il futuro.

(Corriereweb.net, 18 maggio 2010)

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Hamas, giustiziati tre palestinesi accusati di omicidio

GAZA CITY, 18 mag - Il movimento radicale islamico di Hamas, al potere a Gaza, ha eseguito la condanna a morte di tre palestinesi accusati di omicidio. Lo ha reso noto il ministero dell'Interno tramite un comunicato.
''Questa mattina il ministero dell'Interno dopo aver completato tutte le procedure legali ha eseguito la pena di morte su tre uomini che hanno commesso omicidi'', si legge sulla nota.
Nei processi i tre ''hanno avuto tutto il diritto di difendersi con l'aiuto dei loro avvocati e dei membri delle loro famiglie'', scrive il ministero sul comunicato.
''Fino a pochi istanti prima dell'esecuzione della condanna'', si legge nel testo, le famiglie delle vittime hanno avuto la possibilita' di perdonarli, accettando il prezzo del sangue, ovvero un risarcimento in denaro, cosi' come prevede la legge islamica.
La condanna ignora i ripetuti appelli delle organizzazioni che si battono per i diritti umani.
Il mese scorso due palestinesi, condannati a morte per aver ''collaborato'' con Israele, sono stati giustiziati.

(ASCA, 18 maggio 2010)

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Grecia, profanano a Rodi il monumento dell'Olocausto ebraico
    
ATENE (18 maggio) - Sconosciuti hanno profanato il monumento all'Olocausto ebraico sull'isola di Rodi, distruggendone la Stella di Davide e danneggiando un lato della struttura in granito. La polizia locale, secondo quanto rende noto l'agenzia Ana, ha aperto un'inchiesta sull'atto di vandalismo, il secondo in due anni e che segue di pochi giorni quello a Salonicco dove tre persone sono state fermate perchè sospettate di aver appiccato il fuoco ad una tomba e imbrattato con scritte antisemite altre sepolture e le mura del locale cimitero ebraico.
Il governo ha denunciato con toni duri quest'ultima ennesima espressione di antisemitismo registrata in Grecia. Nei mesi scorsi gesti simili erano avvenuti al cimitero ebraico di Ioannina e sull'isola di Creta dove per due volte era stata bruciata parte dell'antica e unica sinagoga di Hania. David Saltiel, presidente del Consiglio centrale della comunità ebraica di Salonicco ha affermato di ritenere che l'attacco al cimitero della seconda città greca ed altre azioni simili siano state incoraggiate dalla passata decisione di un tribunale «di assolvere uno scrittore neonazista (Costas Plevris) che aveva incitato ad azioni di violenza contro gli ebrei greci». La scorsa settimana un monumento all'Olocausto è stato inaugurato nel centro di Atene, con la partecipazione della locale comunità ebraica e delle autorità della città.

(Il Messaggero, 18 maggio 2010)

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Il Libano batte Israele nella "guerra dell'hummus"

di Marco Di Donato

Non missili, carri armati e bombardamenti aerei, ma olio, ceci, pasta di sesamo, limoni ed aglio. Dieci tonnellate non è il peso di una sofisticata bomba, ma la quantità di hummus che è stata prodotta da ben trecento cuochi provenienti da tutto il Libano riuniti nella città di Fanar per battere il Guinnes World Record (Gwr) per l'hummus più grande del mondo. Primato detenuto, fino al 10 maggio scorso, dagli chef della città israeliana di Abu Gosh.
In base a quanto certificato dal Gwr circa 4 mesi fa, per rompere il predominio israeliano, i libanesi dovevano superare il peso di cinque tonnellate.
Non solo. Sempre a Fanar, nello stesso giorno della preparazione dell'hummus, i cuochi libanesi hanno conseguito un altro primato mondiale, sfornando oltre 800 mila falafel per un peso totale di oltre cinque tonnellate.
La questione di natura strettamente culinaria non ha ovviamente tardato a divenire una diatriba politica. La parte libanese ha infatti apertamente accusato Tel Aviv di volersi appropriare delle tradizioni culinarie arabe e non a caso ha celebrato il conseguimento dei due nuovi record alla stregua di una vittoria militare. Molte testate on-line hanno aperto con titoli come "Il Libano ha vinto la guerra dell'hummus" dimostrando come la questione sia fortemente sentita a livello nazionale.
Sull'esempio della Grecia (dal 2002, Atene è l'unica autorizzata ad utilizzare il termine feta per indicare quel determinato tipo di formaggio), le autorità libanesi hanno chiesto all'Unione Europea di registrare l'hummus come piatto tradizionale esclusivamente di origine araba al fine di evitare che il mercato commerciale israeliano possa appropriarsene vendendolo come un proprio prodotto.
Del resto "la guerra dell'hummus" fra Libano ed Israele non era sconosciuta alle cronache regionali. Già due anni fa alcuni uomini d'affari di Beirut come Fadi Abboud, presidente dell'Associazione degli industriali libanesi, aveva pronunciato parole di fuoco contro Israele accusandolo testualmente di "non voler rubare solo la terra, ma anche le nostre tradizioni e la nostra cultura".
Secondo Abboud, Israele avrebbe derubato le cucine arabe anche di piatti tradizionalmente libanesi o palestinesi come la baba ghannouj, una purea di melanzane, e la tabbouleh, un'insalata mista principalmente composta di prezzemolo tritato e pomodori.

(Osservatorio Iraq, 17 maggio 2010)

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Quel Nabucco che sfida il deserto

Gli ingredienti per un evento indimenticabile ci sono tutti.

di Mara Vigevani

L'opera ebraica di Verdi, il Nabucco, in cui il re Babilonese Nabucco distrugge il Tempio a Gerusalemme e manda in esilio i bambini di Israele a Babilonia, e alla fine cerca il perdono del Dio degli ebrei e restituisce loro la libertà. Diretta da uno dei più importanti direttori d'orchestra del momento, Daniel Oren, sicuramente il più importante di religione ebraica. Dirigerà l'orchestra «The Israel Symphony Orchestra Rishon Le Zion» mentre Maria Guleghina e Paata Burchuladze saranno gli interpreti principali. Il tutto contornato dalla suggestive fortezza di Masada. È li che ancora oggi le reclute dell'esercito israeliano vengono condotte per pronunciare il giuramento di fedeltà: «Mai più Masada cadrà», in ricordo della resistenza dei mille ebrei, nel 70 a.C., che rimasero assediati da diecimila legionieri romani per due anni fino a preferire il suicidio di massa piuttosto che cadere nelle mani del nemico. «Ho avuto questa idea mentre ero in aereo», racconta al quotidiano israeliano Yedioth Hana Monitz, direttrice dell'Opera Israeliana, «il legame tra Masada e il suo mito e la storia cosi fortemente ebraica del Nabucco mi ha subito affascinata» . Anche per lo stesso Oren rappresentare il Nabucco in una tale cornice è particolarmente emozionante: «Verdi ha compreso i due bisogni più importanti dello spirito umano: avere una casa, e in quella casa sentirsi liberi». Non è la prima volta che Masada diventa palcoscenico, ma mai con un'opera di queste dimensioni. Le tribune potranno ospitare 6500 posti, divise in 7 parti, verranno usati 40 tonnellate di materiale e 40 generatori, sono piu di duemila gli operai che stanno lavorando giorno e notte ormai da settimane. Oltre a cavalli, cammelli e un enorme numero di comparse. Un costo elevatissimo, milioni di dollari, coperti in parte dalla Banca Discount, la banca israeliana sponsor dell'opera. Sono almeno 4000 I turisti che arriveranno in Israele per ascoltare il Nabucco e pernotteranno negli alberghi del Mar Morto. «È la prima volta nella storia di Israele che dei turisti verrano per assistere ad uno spettacolo culturale» racconta Monitz.

(Il Tempo, 17 maggio 2010)

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Da un sito pro Hamas

Parlamentari palestinesi e italiani alle celebrazioni della Nakba

GAZA - Parlamentari palestinesi e italiani hanno partecipato in videoconferenza alle iniziative per celebrare il 62o ricordo della Nakba palestinese.
Da parte palestinese ha partecipato la parlamentare Huda Na'im, del gruppo "Cambiamento e Riforma", vicino a Hamas, mentre da parte italiana hanno partecipato parlamentari e responsabili italiani, oltre a esponenti della comunità palestinese in Italia. [...]

(Infopal, 17 maggio 2010)


Nell'articolo non sono fatti i nomi dei parlamentari italiani che hanno partecipato a queste celebrazioni. Sarebbe interessante conoscerli. Nell'intervista con Fiamma Nirenstein citata nella notizia qui sotto si parla anche di questo sito Infopal.

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Antisemitismo on line: una nuova sfida

Il fenomeno dell'antisemitismo sul web, soprattutto con la diffusione dei social network, rappresenta uno degli aspetti allarmanti dell'antisemitismo odierno. Le manifestazioni di odio e pregiudizio antiebraico si moltiplicano nella rete. Intervista di Valeria Pannuti all'Onorevole Fiamma Nirenstein, Vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera, che presiede il Comitato d'Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo e a Stefano Gatti, dell'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea).

(RaiNews24, 17 maggio 2010)

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Germania: attentato incendiario alla storica sinagoga di Worms

La storica sinagoga di Worms
BERLINO, 17 mag. - Un attentato incendiario contro la storica sinagoga di Worms e' stato commesso alle 1.40 della notte scorsa, ma i pompieri immediatamente intervenuti sono riusciti a spegnere l'incendio, che ha provocato solo l'annerimento di alcuni muri esterni. L'inchiesta aperta dalla procura cittadina ha permesso di stabilire che l'attentato e' stato eseguito dando fuoco a diversi contenitori di liquido infiammabile deposti in vari punti dell'edificio. La sinagoga di Worms, costruita originariamente nel dodicesimo secolo, e' una delle piu' antiche della Germania, anche perche' nella citta' esisteva una delle maggiori comunita' ebraiche. I nazisti avevano completamente incendiato l'edificio nel corso della "Reichspogromnacht", la notte dei cristalli del 1938, devastando successivamente le rovine che erano rimaste in piedi. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la sinagoga era stata ricostruita utilizzando in parte i materiali originari ed era stata di nuovo aperta al culto nel 1961.

(AGI, 17 maggio 2010)

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Iran: "In Turchia 1200 chili di uranio". Israele: "Ankara raggirata da Teheran"

Siglata l'intesa anche con il Brasile per ottenere combustibile a fini civili. Ahmadinejad: "Ora si riapra il negoziato". Poi l'annuncio: "Continuiamo arricchimento al 20%". Aiea: "Nessuna notifica". Ue: "Non basta"

TEHERAN - L'Iran è pronto a inviare in Turchia 1.200 chili del suo uranio leggermente arricchito nel quadro di uno scambio per ottenere combustibile per il suo reattore a fini medici di Teheran: lo ha confermato il portavoce del ministero degli affari Esteri, dopo la notizia dell'intesa raggiunta con Ankara e il Brasile sul nucleare.
"Nel quadro di questo accordo, la Turchia sarà il luogo per lo stoccaggio dell'uranio leggermente arricchito", ha detto Ramin Mehmanparast. "Informeremo questa settimana l'agenzia internazionale per l'energia atomica. La quantità di questo scambio è pari a 1.200 chilogrammi" di uranio arricchito al 3,5%, ha aggiunto. Lo scambio avverrà in territorio iraniano. Subito dopo la firma dell'intesa è arrivato dal ministero degli Esteri l'annuncio che comunque l'Iran continuerà ad arricchire l'uranio al 20%.
L'accordo per il momento rafforza la posizione di Teheran, tanto che il presidente Ahmadinejad ha immediatamente rilanciato: "A seguito della firma dell'intesa sullo scambio di combustibile nucleare, è tempo che le nazioni del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gb e la Germania) aprano colloqui con l'Iran basati sulla onestà, la giustizia e il rispetto reciproco", ha detto Ahmadinejad dopo la sigla dell'accordo con Brasile e Turchia.
L'accordo è stato formalmente siglato questa mattina. La Turchia e il Brasile, membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, si sono offerti di mediare nella crisi che oppone i Paesi occidentali all'Iran sulla questione della produzione di nucleare - a fini civili, secondo Teheran, mentre gli Usa e l'Europa temono che si preparino armi nucleari - che era in una fase di stallo. Gli Stati Uniti e la Russia hanno di recente rinnovato la propria minaccia di imporre nuove sanzioni. Ipotesi che la stessa Turchia oggi ha escluso, affermando che dopo l'accordo "non c'è più bisogno di nuove sanzioni" contro Teheran.
L'Aiea, agenzia per l'energia atomica delle Nazioni Unite che è incaricata di monitorare le dotazioni nucleari di tutti i Paesi, ha dichiarato di non aver per ora ricevuto "alcuna notifica" dell'accordo. Ancora cauta l'Unione europea. Il ministro degli Esteri Ue, Catherine Ashton, ha dichiarato che l'accordo "può costituire un passo nella giusta direzione", ma non è sufficiente: "Non risponde a tutte le inquietudini" della comunità internazionale a proposito del programma nucleare iraniano.
Fermamente negativa invece la prima reazione israeliana all'accordo. Secondo una fonte del governo, Teheran ha "raggirato" Ankara e Brasilia. Sulla stessa linea la posizione del governo britannico, come fa sapere in una nota il sottosegretario agli Esteri britannico, Alistair Burt, precisando che il lavoro sulle risoluzioni che impongano altre sanzioni "deve continuare" fino a quando Teheran non dimostrerà alla comunità internazionale di avere "intenzioni pacifiche".

(la Repubblica, 17 maggio 2010)

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Hamas detta condizioni

Gerusalemme potrebbe autorizzare un blitz per liberare Gilad Shalit, il soldato delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) catturato il 25 giugno 2006 da un commando palestinese a Kerem Shalom, kibbutz non lontano dall'omonimo varco al confine con l'Egitto e la Striscia di Gaza. Sembra infatti che, per paura di un'imminente azione di forza, i carcerieri costringerebbero il soldato israeliano a cambiare rifugio anche due volte alla settimana e, per eliminare ogni forma di collaborazione con il nemico ed evitare possibili fughe di notizie sui nascondigli usati, le forze di sicurezza palestinesi avrebbero dato il via ad una massiccia ondata di arresti...

(altrenotizie, 17 maggio 2010)

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L'ortodossia [ebraica] italiana

di Donatella Di Cesare, filosofa

Ma davvero essere ortodossi significa essere rigidi e antiquati? Avere certezze assolute? Rimanere ciechi di fronte ai mutamenti del mondo? Sordi alla cultura circostante? Immobili e fermi - quasi medievali insomma? Definizioni di questo genere sono emerse negli ultimi giorni, in modo neppure molto larvato. Agli esordi dell'emancipazione l'ebraismo europeo ha conosciuto la divisione della "riforma" che ha trovato terreno fertile nella Germania della Haskalà. E molto illuminista è l'atteggiamento di chi vuole riformare. Perché si reputa soggetto autonomo e sovrano che, ricorrendo ai lumi della ragione, può passare al vaglio la tradizione. Ma perché mai quella regola antiquata? E quella mitzvà così inspiegabile? E perché non cambiare qui e là i testi, anche quelli millenari? Non sorprende che il movimento abbia attecchito nel paese della Riforma per eccellenza, la Germania, e da lì sia poi sbarcato negli Stati Uniti. L'umanesimo italiano, che si è protratto fino oltre il Settecento - basti pensare a Vico - e ha avuto tra i suoi esponenti anche rabbini illustri, fino a Elia Benamozegh, ha costituito in Italia un argine. Perché ha insegnato non solo a diffidare della ragione (che è del singolo e si pretende universale), ma a interrogare la tradizione nella consapevolezza che già la domanda innova. Il che ebraicamente si traduce in quella temimùth del "faremo" che precede l'"ascolteremo". Diverso è dunque l'atteggiamento verso la Legge. Compiere una mitzvà può dischiudere una dimensione prima sconosciuta; non compierla può rinviare ai propri limiti. E il riconoscimento dei propri limiti fa parte dell'umanesimo ebraico.
La tradizione dell'ortodossia italiana, flessibile, umana, "soft" - come dicono gli stranieri che la conoscono e l'apprezzano - è un bene prezioso, insieme dell'ebraismo e della cultura italiana, che dovrebbe essere riconosciuto e valorizzato molto di più.

(Notiziario Ucei, 17 maggio 2010)

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Israele, sgombero di tombe antiche

Arrestati 15 ultraortodossi, protestavano contro trasferimento

GERUSALEMME, 16 mag -La polizia israeliana ha arrestato ad Ashkelon 15 manifestanti ultraortodossi che protestavano per il trasferimento di tombe antiche.La polizia e' stata costretta a impiegare nell'operazione centinaia di agenti. Il governo sotto la pressione dell'opinione pubblica ha autorizzato il trasferimento delle tombe da un terreno situato presso l'ospedale Barzilai. All'inizio il progetto e' stato fermato per le proteste ultraortodosse, poi e' stato dato l'ok per quelle di cittadini e media.

(ANSA, 16 maggio 2010)

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Clima: studio per salvare i coralli del Mediterraneo e del Mar Rosso

BRUXELLES, 16 mag - Per cinque anni una 'task force' di ricercatori italiani ed israeliani studiera' alcune specie di coralli nel Mediterraneo e nel Mar Rosso per riuscire a capire le loro possibilita' di sopravvivenza nel corso del prossimo secolo e quindi la salute delle popolazioni presenti. Il progetto, chiamato ''CoralWarm'', cerchera' di comprendere le reazioni delle specie ai cambiamenti di clima, elaborando un modello matematico per prevedere come varieranno le popolazioni nel prossimo secolo, individuando quelle piu' resistenti e quelle piu' a rischio estinzione. ''Il progetto ha vinto un finanziamento di 3,3 milioni di euro dal Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC) - spiega Erik Caroselli, ricercatore dell'Universita' di Bologna - che e' il piu' ampio mai aggiudicato per uno studio sui coralli e i cambiamenti climatici in Europa, di fronte ad una concorrenza di oltre 1.500 candidature. Solo l'1% di queste proposte ha ricevuto i fondi''. A guidare lo studio, che partira' ufficialmente da Tel Aviv il prossimo giugno, sono Giuseppe Falini, del Dipartimento di Chimica e Stefano Goffredo del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale, entrambi dell'Universita' di Bologna. Dal lato israeliano il capofila e' invece Zvy Dubinsky, della Bar-Ilan University, con una partecipazione del laboratorio palestinese dell'Al Quds University di Gerusalemme est, che fara' le analisi chimiche delle acque del Mar Rosso.

(ANSA, 16 maggio 2010)

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L'Hapoel esulta in Israele

Un gol di Eran Zahavi in pieno recupero consente all'Hapoel Tel-Aviv di battere 2-1 il Beitar Jerusalem e di soffiare il titolo al Maccabi Haifa, che non va oltre il pareggio contro il Bnei Yehuda Tel-Aviv.

di Ofer Ronen-Abels

Un gol di Eran Zahavi in pieno recupero consente all'Hapoel Tel-Aviv FC di battere 2-1 il Beitar Jerusalem FC e di soffiare il titolo al Maccabi Haifa FC, che non va oltre il pareggio contro il Bnei Yehuda Tel-Aviv FC.
L'Hapoel festeggia così la doppietta stagionale, dopo aver conquistato la coppa nazionale in settimana contro il Bnei Yehuda. Il gol di Zahavi permette al club di Tel Aviv, in dieci uomini dal 29', di agganciare in vetta il Maccabi e di conquistare il suo 13esimo titolo nazional in virtù di una migliore differenza reti.
Il capitano dell'Hapoel Walid Badier, che a 36 anni ha centrato la prima doppietta dela sua carriera, ha dichiarato: "Abbiamo sempe creduto di poter cancellare i due punti di vantaggio che ci separavano dal Maccabi e sono felice che ci siamo riusciti". Il tecnico Eli Gutman ha aggiunto: "Non avevo mai pianto per il calcio, perciò questa è una prima volta per me. E' stato un autentico susseguirsi di emozioni, ma questo gruppo merita tutta la considerazione del mondo".

(UEFA.com, 15 maggio 2010)

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La Sinagoga di Firenze partecipa alla Giornata Internazionale dei Musei

La Sinagoga di Firenze
Il 18 maggio, come ogni anno, l'ICOM celebra la Giornata Internazionale dei Musei, il tema di questa edizione è "I musei per l'armonia sociale". La Sinagoga e il Museo Ebraico di Firenze partecipano organizzando visite guidate gratuite in italiano e in inglese. Per l'occasione le visite guidate saranno incentrate, oltre che sull'illustrazione delle bellezze storico-artistiche del monumento, sulla conoscenza della cultura ebraica e delle sue tradizioni, toccando così i temi del confronto e delle diversità culturali.

L'offerta per il mantenimento della Sinagoga e del Museo Ebraico è € 5,00 (intero); € 4 (gruppi); € 3 (studenti).
Orario di apertura: 10-18.

La Sinagoga inaugurata nel 1882 è considerata una delle più importanti in Europa. L'atmosfera all'interno, creata dagli affreschi in stile moresco e dallo splendore dei mosaici, è sorprendente. Il Museo Ebraico, allestito su due piani, conserva arredi per le cerimonie sinagogali databili dalla fine del XVI secolo fino al XVIII secolo e oggetti di devozione domestica. Recentemente la Sinagoga e il suo giardino sono stati restaurati, il monumento è stato inoltre dotato di un impianto di illuminazione pubblica.

(055news.it, 15 maggio 2010)

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Gerusalemme: slow tour

Sabato lento, tramonto di velluto. E i pellegrini? Tutti nel neo tunnel. Non fate come Twain: a Gerusalemme ci vuole tempo

di Lorenzo Cremonesi

Machane Yehuda
Non fate come Mark Twain, se volete visitare Gerusalemme. Lo scrittore americano si fece prendere da quella che noi oggi chiameremmo la "sindrome di Gerusalemme". Ci arrivò nell'estate del 1867 intruppato in un gruppo di ricconi americani decisi a visitare il Mediterraneo a tappe forzate con una delle prime crociere tutto compreso.
L'avete capito: per Gerusalemme ci vuole tempo. Il primo approccio sarebbe meglio farlo addirittura senza guida. Magari una cartina, giusto per non perdersi del tutto. Ma dando occhiate solo furtive, tanto per capire a un certo punto come tornare in albergo. La città è divisa in due. È una nozione geografica, ma soprattutto politica. Il momento più tipico per la parte ebraica è il sabato mattina. Senza traffico, i negozi chiusi, la gente che va in sinagoga. Gli ortodossi che con passo veloce e nervoso si dirigono al Muro del Pianto. Si può allora fare capolino per le viuzze di Meah Shearim (letteralmente "Le cento porte"), la zona ortodossa.
Tra le zone più "trendy" è il vecchio mercato della zona occidentale, Machane Yehuda, con il nuovo ristorante omonimo. Popolare, ma ottimo. Per i vini si va da Avi Ben, il negozio più noto è a Rechov Hillel, non lontano dal Centro Stampa.
Avvicinandosi invece alla Città Vecchia, il locale più suggestivo è Lavan, il ristorantino della Cineteca con la grande terrazza che d'inverno viene chiusa a vetrate.
Spostandosi nella parte araba, uno dei luoghi più noti è il Jerusalem Hotel, con ristorante annesso non distante dalla Damascus Gate. Non troppo costoso, ma di qualità e stile. Tanto che viene spesso scelto da chi non trova posto al leggendario American Colony.
Visitando la parte antica c'è una novità, non ancora registrata da tutte le guide. Da qualche tempo è stato aperto il tunnel che corre lungo le fondamenta del Muro del Pianto sino alla via Dolorosa.
Un "must". Ma va prenotato il biglietto con largo anticipo.

(LeiWeb, 15 maggio 2010)

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L’Egitto apre il valico di Rafah per 3 giorni, 8mila persone lasceranno Gaza

IL CAIRO, 15 mag. - L'Egitto ha deciso l'apertura per tre giorni, fino a lunedi', del valico di Rafah, al confine con la Striscia di Gaza, per consentire l'ingresso in Egitto di circa ottomila palestinesi. E' quanto si apprende da una nota della Palestinian Border Crossing Corporation (Pbcc), l'ente che si occupa della gestione dei transiti di frontiera del Territorio controllato dal movimento di resistenza islamico Hamas. ''Circa ottomila palestinesi, tra malati, studenti, uomini d'affari - si legge - entreranno in Egitto da sabato a lunedi'''.

(Adnkronos, 15 maggio 2010)

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Polemica sul rabbino "licenziato". Di Segni: "Sono riflessi politici"

Dura la sentenza d'appello che ha accolto la richiesta della comunità ebraica torinese

di Vera Schiavazzi

Rav Alberto Somekh
Qualcuno la chiama "spigolosità", qualcun altro si dibatte tra "rigidità", "inconciliabilità" e altri sinonimi. Resta il fatto che dopo due anni di contese (ma in realtà la lite è iniziata fin dal 2001) la Comunità ebraica di Torino ha ottenuto la revoca del suo Rabbino capo, Alberto Somekh. E che la sentenza d'appello (era stato lo stesso Somekh a ricorrere contro la prima decisione e ottenere la formazione di un collegio di saggi, che ha invece scelto, a maggioranza, di confermarla) utilizza ben 23 pagine per sottolineare come tutti gli addebiti mossi al religioso appaiono fondati: non ha favorito le conversioni, ha creato un clima di disaffezione e di difficoltà tra i singoli membri e la Comunità, ha dato l'impressione di voler avere rapporti solo con una parte degli ebrei torinesi, i più osservanti, trascurando gli altri anziché aiutarli. E per rimarcare come i problemi non siano collegati a un'ostilità tra persone, o tra il rabbino e l'attuale consiglio della Comunità, i saggi hanno scritto: "La conflittualità ha caratterizzato i rapporti tra le parti nonostante l'avvicendarsi di cinque diversi Consigli e di quattro diversi presidenti, tutte figure note e apprezzate dell'ebraismo italiano diverse tra loro". I comportamenti "scomposti e inappropriati" attribuiti al rabbino hanno minato "il prestigio del suo ruolo", ed è mancata la volontà di trovare soluzioni ai problemi locali, dalle conversioni dei minori nati da matrimoni misti all'organizzazione di corsi e di servizi rituali come quello sulla kasherut (il cibo conforme alla tradizione ebraica).
In conclusione, "non è stata la Comunità a voler indurre Rav Somekh a comportamenti lassisti contrari alla Halakhà (la legge, ndr) ma il Rabbino a mostrarsi purtroppo inadeguato, a parere autoritario e non autorevole". E ieri, mentre Somekh partecipava apparentemente sereno a un seminario dedicato ai giovani delle Comunità italiane, le reazioni si sono moltiplicate. Il presidente dell'Unione delle Comunità Renzo Gattegna ha gettato acqua sul fuoco: "La contrapposizione tra le parti non è stata fondata su due diverse concezioni religiose. Altrettanto errato e fuorviante sarebbe affermare che in qualche modo sia stata messa in discussione la serietà, l'impegno o il prestigio morale del rabbino". Ma i suoi sforzi non sono stati imitati da tutti: il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha parlato di "riflessi politici legati al rinnovo dei vertici di alcune Comunità", mentre il presidente della Comunità romana Riccardo Pacifici ha provocatoriamente proposto un'immediata collaborazione a Somekh: "Se la vicenda resterà confinata a Torino bene, ma se qualcuno vorrà emulare le gesta di questa Comunità sapremo con chi schierarci". E a difesa del rabbino torinese si è schierata anche la Consulta dei rabbini italiani. Un fatto è certo: politico o religioso che sia, il "caso" non può essere ridotto al cattivo carattere di un singolo, anche perché problemi come quelli delle conversioni e della trasmissione della tradizione ai giovani esistono un po' ovunque. E lunedì sera l'assemblea della Comunità, aperta a tutti gli iscritti e presieduta da Tullio Levi, si annuncia assai vivace.

(la Repubblica - Torino, 15 maggio 2010)

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L'estrema destra in Parlamento con la divisa dei nazisti magiari

Gabor Vona
BUDAPEST — Si è tenuta ieri la seduta inaugurale del nuovo Parlamento ungherese: il presidente Laszlo Solyom ha nominato primo ministro Viktor Orban, leader del partito di centrodestra Fidesz vincitore alle elezioni dell'11 e 25 aprile. Per la prima volta in Parlamento, il partito dell'estrema destra nazionalista «Jobbik», che con 48 deputati rappresenta il terzo gruppo: al momento di giurare sulla Costituzione, il leader e capogruppo Gabor Vona si è presentato vestito con il giubbotto della Guardia Ungherese, ala paramilitare del partito messa al bando dalla giustizia, con il simbolo dei Crocefrecciati, i nazisti magiari del 1944. Come preannunciato, prima di entrare in aula i deputati di Jobbik avevano giurato sulla sacra corona ungherese. I socialisti hanno condannato la provocazione. Proteste anche fuori dal Parlamento.

(Corriere della Sera, 15 maggio 2010)

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L'Assemblea dei Rabbini esprime solidarietà all’ex Rabbino Capo di Torino Somekh

E' in linea con le normative comuni a tutti, contestazioni eccessive

ROMA, 14 mag. - Solidarieta' all'ex Rabbino Capo di Torino Rav Alberto Somekh, sollevato dall'incarico. Ad esprimerla e' l'Assemblea dei rabbini d'Italia. "L'Assemblea dei rabbini d'Italia - afferma - non puo' che stigmatizzare la sovraesposizione mediatica dell'atto conclusivo della lunga diatriba tra la comunita' Ebraica di Torino e il suo Rabbino Capo, Rav Alberto M. Somekh, argomento di estrema delicatezza che coinvolge un Maestro d'Israele e indirettamente la sua famiglia".
"E' inoltre estremamente grave che la questione sia stata incentrata su una supposta eccessiva severita' di Rav Somekh su questioni di Halakha' (normativa ebraica) - sottolinea l'Assemblea dei Rabbini d'Italia - Il Rabbino Somekh non si discosta in nulla dalla linea normativa accettata da tutti i Rabbini italiani, dal Rabbinato europeo e dal Rabbinato Centrale d'Israele. Non era questo il tema del contendere, bensi' una questione piu' di ambito pastorale".
L'Assemblea dei Rabbini d'Italia teme inoltre che "una valutazione superficiale o parziale di questa sofferta vicenda possa ledere gravemente la dignita' di tutte le persone coinvolte; esprime la sua solidarieta' a Rav Alberto Moshe' Somekh e auspica un futuro che possa rasserenare gli animi di tutti".

(Adnkronos, 14 maggio 2010)

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14 maggio 1948 - Nascita d'Israele

ISRAELE 14 maggio 2010 . Con lo scadere del mandato britannico sulla Palestina nasce lo stato d'Israele, proclamato il 14 maggio 1948 dal premier David Ben Gurion. La nuova nazione riesce ad aver ragione dell'attacco concentrico da parte di tutti gli stati arabi confinanti, guadagnandosi agli occhi del mondo il diritto all'esistenza.



(Mediterraneonline.IT, 14 mag 2010)

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Da un sito pro Hamas

Scavi israeliani vicino alla piscina sultano Sulayman a Gerusalemme

Al - Quds (Gerusalemme) occupata - Pic. L'autorità israeliana delle antichità ha avviato recentemente un progetto di realizzazione di scavi vicino all'ampia piscina del sultano Sulayman, a ovest della città vecchia di Gerusalemme, nella zona attualmente conosciuta come Jouret al-Innab.
Gli scavi hanno permesso il ritrovamento dei resti di un ponte costruito dal sultano arabo Mohammed Bin Qalawun in epoca mamelucca, com'è stato comprovato da un'iscrizione incisa sullo stesso ponte, che scomparve all'inizio del secolo scorso. Gli scavi hanno anche riportato alla luce i canali idrici che servivano a rifornire la città vecchia e la moschea di Aqsa con l'acqua della piscina.
L'autorità israeliana delle antichità e direttore degli scavi, Yehiel Zelinger, come sempre, mercoledì ha dichiarato che questo ponte arabo è stato costruito su rovine ebraiche, risalenti al periodo del secondo tempio, e ha aggiunto che i canali sono stati costruiti nell'epoca di Asmone per dotare il secondo tempio di acqua.
Israele sostiene di continuo, dopo gli scavi che svelano antichità arabo-islamiche, che questi ritrovamenti sono stati costruiti su luoghi santi ebraici risalenti all'epoca del primo e secondo tempio; tutto questo nel tentativo di convincere il mondo che i monumenti islamici di Gerusalemme sono stati eretti su resti ebraici, anche se non è mai stata presentata alcuna prova a sostegno a queste affermazioni.

(Infopal, 14 maggio 2010)


I perfidi giudei cercano di convincere il mondo ignaro che “i monumenti islamici di Gerusalemme sono stati eretti su resti ebraici”. E il mondo ci casca. Una vera fortuna che adesso ci siano i seguaci di Hamas, dentro e fuori la sacra terra islamica, a difendere la verità storica. Il tempio ebraico non è mai esistito. E' vero che i cristiani citano un antico documento in cui è scritto: “Gesù entrò nel tempio, e ne scacciò tutti quelli che vendevano e compravano; rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi. E disse loro: «É scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”, ma voi ne fate un covo di ladri». Ma è evidente che quel cosiddetto tempio era una moschea. E i ladri erano palestinesi.

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OyOyOy: il grande clarinettista Giora Feidman

di Luigi Angeiino

CASALE MONFERRATO - Appuntamento clou del Festival di cultura ebraica OyOyOy: domenica 16 maggio alle 20,30 arriva al Teatro Municipale d Giora Feidman per quello che è ad oggi la sua unica tappa italiana del 2010. Il musicista universalmente considerato come il massimo virtuoso del clarinetto klezmer terrà un concerto con il Gershwin String Quartett.
L'ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.
Giora Feidman nasce il 25 marzo 1936 a Buenos Aires da una famiglia ebrea originaria dell'Europa dell'Est.
Il padre e il nonno sono entrambi musicisti. Il giovane Feidman cresce con la musica nel sangue e a 18 anni è clarinettista al Teatro Colon di Buenos Aires, considerato il tempio della musica classica dell'intera America Latina. Nel 1957 si trasferisce nello stato di Israele e suona per 18 anni nell'Orchestra Filarmonica di Tel Aviv, partecipando a tournee mondiali con direttori del calibro di Leonard Bernstein, John Barbirolli e Zubin Metha. Nell'anno 1993 è stato chiamato da Steven Spielberg per suonare nella colonna sonora del film Schlinder List. Nell'estate del 2005 in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi a Colonia, è stato invitato personalmente dal Papa a suonare sul palco come solista di fronte a 800 mila persone. È conosciuto internazionalmente come il Re del Klezmer, musicale di tradizione ebraica originaria dell'est europeo.
Il nome del quartetto che accompagna Giora deriva dall'eccezionale primo violino Michel Gershwin che ha ricevuto riconoscimento internazionale nel 1988 vincendo la "David Oistrach Competition"; gli altri musicisti sono Natalia Rheitel (violino), Juri Gilbo (viola), e Kira Kraftzoff (violoncello). Giora Feidman e il Gershwin Quartett sono da tempo legati da una profonda relazione artistica.
I quattro archi, che suonano assieme dal 1990, non hanno concentrato la propria attività su di un unico stile, epoca o compositore. Tanto la musica classica, quanto quella moderna, jazz o latina, sono pietre miliari dei loro concerti. Non senza ragione, la critica ne loda l'alto livello professionale, il forte impatto emotivo emanato durante i concerti e l'interpretazione, così come la brillantezza della realizzazione nell'affrontare impervi virtuosismi tecnici.


Altri appuntamenti
A Casale continuano le mostre dedicate a tre artisti ebraici: La bibbia di Marc Chagall al Castello con 101 acqueforti del famoso pittore russo (sabato e domenica, 10-23); il Tempo di Mondino alla libreria Il Labirinto (via Benvenuto Sangiorgio) e l'esposizione delle opere di Lele Luzzati ancora al castello (sabato e domenica 10-19,30)e nella Sala mostre della Comunità Ebraica (solo domenica) in vicolo Salomone Olper.
Il 14 maggio proprio la mostra di Mondino alla libreria il Labirinto diventa l'occasione per discutere di 'Pittori Ebrei in Italia tra l'800 e il '900' con Elena Casotto e Carlo Pesce.
Ad Alessandria venerdì 14 alle ore 21 (Sala Cultura & Sviluppo Piazza De André 76) la proiezione del film 'Matrimonio in Bianco' di Hayim Bouzaglo. Introduce Nuccio Lodato.
Sabato 15, alle 18, a Il Labirinto toccante appuntamento con la musica: si intitola 'Il Violoncello e l'orchestra di Auschwitz' e ripercorre le memorie di Anita Lasker Wallfisch attraverso le parole e la musica del compositore Giulio Castagnoli e della violoncellista Erika Patrucco. Ricordiamo inoltre che sabato tutto il complesso della Sinagoga e dei Musei della comunità ebraica (Museo dei Lumi e Museo degli Argenti) avrà un'apertura notturna straordinaria dalle 21,45 alle 23,45. Conferenza, mostra e concerto domenica a Trino (v. pag. 17). Domenica alle 17,30, in Sinagoga a Casale Le testimonianze dei carnefici: dialogo tra lo storico Alberto Cavaglion e lo scrittore Moreno Gentili introduce Silvana Mossano. Nel cortile delle api mercatino di cose ebraiche, libri, musica, cibo e vino.

(Il Monferrato, 14 maggio 2010)

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Israele: i fallimenti dell'American-style culinario...

di Nicky Blackburn

Sono parecchie le catene di fast food e caffetterie di stile americano che nel corso degli anni hanno mangiato la polvere in Israele: Starbucks, Dunkin' Donuts, Wendy's, Ben & Jerrry's.
Forse è per via dei prezzi esosi o forse perché, dato che qui abbiamo ritmi di vita diversi, c'è un altro gusto nel cibo e nelle bevande. E non si tratta necessariamente di aromi in senso gastronomico ma piuttosto di un tocco di storia, di orgoglio e misticismo racchiusi nelle ricette e che vanno a formare quel crogiolo culinario che è poi la nostra cucina.
Così mentre Israele tende ad avere una chiara preferenza verso tutto ciò che è americano, quando si parla di alimentazione pensiamo di essere più bravi. La conferma di questa teoria proviene dal recente annuncio secondo cui dopo 20 anni di odiosi panini kosher alla griglia, Burger King sta riducendo gradualmente la sua presenza in Israele lasciando il posto a Burger Ranch, versione locale del fast food americano.
Orgad Holdings, concessionario locale di Burger King dal 2005, ha rilevato Burger Ranch l'anno scorso dal gruppo Paz, nel ramo carburanti, che a sua volta l'aveva acquisita oltre 10 anni fa da una famiglia sudafricana emigrata in Israele, che aveva aperto il primo fast food Burger Ranch sul finire degli anni '70.
Ricordo di essere andato in aereo fino a Eilat, dai proprietari, a metà degli anni '90 per un servizio sull'apertura del primo fast food all'interno di un albergo. Essendo cresciuto con Burger King e McDonald's, trovavo i panini di Burger Ranch discreti ma certamente non all'altezza della concorrenza americana.
Tuttavia nel comunicato stampa pubblicato la settimana scorsa su The Jerusalem Post, Orgad dichiara che in base a studi recenti lo stile israeliano degli hamburger versione Burger Ranch è di gran lunga più popolare del Burger Ranch americano. Perciò, dal mese d'agosto, i 53 Burger King sparsi per il Paese si uniranno ai 55 Burger Ranch per formare una gigantesca dinastia burger.
E così ora anche Burger King andrà ad aggiungersi agli altri giganti americani che approdano in Israele con un forte spirito di conquista e finiscono invece per essere conquistati...

(La Stampa, 14 maggio 2010 - trad. Maria Grazia Pozzi)

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Via il rabbino "integralista"

Dopo anni di litigi la commissione voluta dalla comunità ebraica dimissiona Somekh. «Troppo ortodosso nell'interpretazione delle regole» È la prima volta che accade in Italia.

di Maria Teresa Martinengo

TORINO . Alla fine, la comunità ebraica torinese ha revocato il mandato di rabbino capo ad Alberto Somekh, arrivato a Torino da Milano nel lontano '92. Ieri sera il consiglio della comunità ha preso atto del rigetto del ricorso presentato dal dottor Somekh dopo la «sfiducia» arrivata ormai due anni fa. Una sfiducia determinata dall'eccessiva rigidità nell'osservanza delle regole e delle prescrizioni che fanno parte della tradizione. Tra gli episodi noti, anche l'aver negato il «bar mizvah» - la celebrazione dell'ingresso nell'età adulta - al nipote di Primo Levi e il rifiuto di celebrare funerali a famiglie non veramente osservanti.
«Una vicenda dolorosa, che evidenzia la divisione che esiste nella comunità». È l'unico commento che ieri qualche membro della comunità, circa 900 persone, si è sentito di fare. Dai diretti interessati «no comment». Gentile, ma deciso a non rilasciare dichiarazioni il rabbino, telefono staccato per il presidente della comunità Tullio Levi.
A rigettare il ricorso inoltrato da Somekh dopo che il consiglio della comunità torinese lo aveva sollevato dall'incarico è stata una commissione istituita dall'Unione delle Comunità Ebraiche italiane. Ieri sera ad informarne ufficialmente il consiglio della comunità torinese è stato il presidente Levi. In realtà, l'iter per arrivare ad una sostituzione di Somekh non sarà breve. Per ora Somekh dovrebbe restare a Torino anche se non con il ruolo di rabbino capo.
Gli ebrei torinesi costituiscono da sempre una comunità molto laica e poco ortodossa, aperta alle innovazioni e all'accoglienza, come dimostra la sua scuola, vivace e ricca di iniziative di dialogo con il quartiere di San Salvario, a cui tutti possono iscriversi a prescindere dall'appartenenza religiosa. Proprio questa sua caratteristica è una delle ragioni del dissenso del rabbino.
Somekh, che ha fatto parte del Comitato Interfedi di Torino 2006, discende da una famiglia ebrea iraniana di antiche tradizioni negli studi religiosi e gli è riconosciuto un notevole carisma spirituale oltre che l'assoluto rispetto dell'ortodossia in tutte le sue manifestazioni. Ma la ragione principale che ha determinato l'appoggio alla sua revoca dal ruolo di Rabbino capo (mantenendogli per altro incarico e mansioni) da parte della maggioranza della comunità è la scarsa sensibilità che dimostrerebbe nei confronti delle persone, delle loro situazioni complesse, dell'impossibilità ad aderire alle regole nell'educazione dei figli, dei matrimoni misti e così via. Comportamenti che hanno allontanato dalla sinagoga un gran numero di persone.
Per comprendere che cosa abbia attraversato la comunità ebraica in questo tempo, sono utili le parole del consigliere Manfredo Montagnana ricordate da Giulio Tedeschi in www.hakeillah.com nel febbraio scorso: «Esistono posizioni divergenti, ma attenzione: non sui rapporti con il rabbino bensì sulla natura stessa della Comunità e sul diritto di appartenervi... Il radicale mutamento è iniziato oltre dieci anni fa quando il Rabbino Somekh ha cominciato ad assumere comportamenti e ad avviare azioni in netto contrasto con la storia e la cultura della Comunità ebraica di Torino».
Per Tedeschi, però, «è strano veder posto a motivo d'una sanzione non un preciso fatto, ma la cronaca di quindici anni... Diventa la cronaca vissuta di come si è potuto convivere, e crescere molto insieme...».

(La Stampa, 14 maggio 2010)

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Contrapposizioni non fondate su concezioni religiose diverse
e decisioni che non giustificano strumentali reazioni emotive

di Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha dichiarato:

"Il due febbraio 2009 il Consiglio della Comunità ebraica di Torino decise la revoca di rav Alberto Moshe Somekh dal ruolo e dalle funzioni di rabbino capo.
Il 3 aprile 2009 lo stesso rav Somekh ha notificato l'atto di impugnativa e ha quindi chiesto l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 30 comma 2 dello Statuto dell'Ucei e la costituzione dell'apposito collegio.
Questo collegio dopo aver svolto una lunga fase istruttoria ed aver approfondito le ragioni e gli argomenti dedotti dalle parti, assistite dai rispettivi legali, ha deciso di respingere il ricorso del rabbino.
La questione deve essere mantenuta nei suoi giusti limiti, che sono quelli della soluzione del caso in esame attraverso valutazioni inerenti dinamiche comunitarie, comportamenti, attitudini, incomprensioni e conflitti che hanno riguardato la vita comunitaria torinese.
Sarebbe errato e fuorviante che da questa dolorosa e singola vicenda, che non ha precedenti nell'ambito dell'ebraismo italiano, si traessero deduzioni e conclusioni inappropriate, infondate, o estensive.
La contrapposizione tra le parti non è stata fondata su due diverse concezioni religiose, in quanto, al contrario, esse come persone e come enti vivono e operano nell'ambito dell'ebraismo ortodosso italiano e applicano le regole tradizionali dell'ebraismo italiano. Altrettanto errato e fuorviante sarebbe affermare che in qualche modo sia stata messa in discussione la serietà, l'impegno o il prestigio morale del rabbino, al quale viene riconosciuta grande cultura, grande statura di studioso e grande capacità didattica. Per non creare artificiose e deleterie fratture nell'ambito dell'ebraismo italiano è necessario che si accantonino le reazioni emotive, si prenda esatta conoscenza della documentazione prodotta e si operi per prevenire l'eventualità che si di ripresentino in futuro situazioni simili".

(Notiziario Ucei, 14 maggio 2010)

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Israele contro i libri di Amos Oz

Amos Oz
I licei religiosi israeliani hanno deciso di eliminare Amos Oz dai programmi scolastici.
Il motivo della scelta sarebbe che i libri dello scrittore israeliano, e in particolare "Michael mio", del 1968, contengono pensieri "immmodesti". Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, che riporta la notizia, sarebbero state soprattutto le memorie della protagonista di "Michael mio" ad aver portato gli insegnanti a questa decisione.
La preoccupata conferma è arrivata da un dirigente del ministero dell'istruzione che ha dichiarato che negli istituti nazional-religiosi si nota negli ultimi tempi una crescente "chiusura" di fronte al mondo laico.
Sono tanti gli autori che ne hanno fatto le spese, pur essendo ritenuti in passato di importanza fondamentale: Sofocle, la cui "Antigone" fa riferimento a questioni di incesto legate alla storia di Edipo e a "riti idolatri". Ma anche Lev Tolstoj, che in "Anna Karenina" descrive scene di infedeltà coniugale e un suicidio. E ancora Isaac Bashevis Salinger, che nel libro "Lo schiavo" descrive l'amore fra un ebreo e una contadina cristiana.
Yediot Ahronot precisa che la cultura laica europea non è comunque scomparsa del tutto nei programmi di studio di queli licei nazional-religiosi. Restano infatti nei programmi alcuni racconti brevi di Franz Kafka e di Anton Chekov.

(Blitz quotidiano, 13 maggio 2010)

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I funerali della stilista Roberta di Camerino

di Michael Calimani

VENEZIA - Si sono svolti oggi a Venezia i funerali di Roberta di Camerino, all'anagrafe Giuliana Coen Camerino. Creatrice di moda, fondatrice di uno dei marchi italiani più famosi nel mondo. Presenti alla celebrazione in Ghetto oltre a parenti e amici anche Giorgio Orsoni, neoeletto sindaco di Venezia, Vittorio Levis, Presidente della Comunità Ebraica e altri esponenti del Consiglio.
Il sindaco Orsoni ha espresso il suo dolore per la morte di un'amica e di una grande imprenditrice veneziana: "Esprimo il cordoglio personale e quello dell'intera Amministrazione perché scompare una figura importante per Venezia, figura di cui questa città sentirà la mancanza. Stilista, creativa, imprenditrice, Giuliana ha contribuito a diffondere il nome di Venezia e del Made in Italy in tutto il mondo".
La griffe, dedicata alla figlia Roberta acquistò notorietà nel dopoguerra grazie alla produzione di accessori e abiti di moda, in particolare ai tailleur con decorazioni in stile trompe-l'oeil, ai foulard e alle borse, molte delle quali ideate durante il periodo della fuga in Svizzera dalla natìa Venezia a causa delle persecuzioni naziste e della promulgazione delle leggi razziste.
Tornata nel capoluogo veneto nel 1945 aprì un piccolo laboratorio nell'Istituto di Rieducazione situato alle Zitelle, attivando un servizio di reinserimento per ragazze emarginate nel mondo del lavoro sartoriale. Successivamente prese residenza a Lugano, mantenendo comunque i contatti con la sua città natale e con la comunità ebraica lagunare.
Molti i successi conseguiti negli anni. Nel 1956 la stilista viene premiata con l''Oscar della Moda, il Neiman Marcus Award e nel 1963 sfila per la prima volta nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze. Risale invece agli anni '70 l'accordo firmato con la Mitsubishi Corporation per la diffusione del marchio nel sud-est asiatico. All'inizio degli anni '80 il volume d'affari della casa di moda veneziana ammonta a dodici miliardi di lire e il Whitney Museum of America Art decide di dedicare a Roberta di Camerino una retrospettiva con i disegni delle sue creazioni. Infine da ricordare anche la pubblicazione nel 1981 di una sua autobiografia intitolata "R come Roberta", scritta insieme al giornalista Marco Mascardi e pubblicata da Mondadori.

(Notiziario Ucei, 13 maggio 2010)

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Hamas: spostiamo Shalit in un nuovo covo 2 volte a settimana

GAZA, 13 mag. - "Spostiamo il caporale Gilad Shalit in un covo nuovo due volte alla settimana per evitare che Israele lo liberi con un'azione di forza". E' quanto rivela una fonte interna alle brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, citata dal giornale arabo 'al-Quds al-Arabi'.
Secondo la fonte, i miliziani che gestiscono il sequestro del soldato israeliano rapito a Gaza nel giugno del 2006, temono un imminente blitz dell'esercito dello Stato ebraico e dunque si spostano continuamente all'interno della Striscia per portare l'ostaggio in rifugi diversi "anche per il timore che spie israeliane presenti tra la popolazione palestinese possano individuarlo".
I capi di Hamas sostengono inoltre di aver "sventato numerose azioni condotte da spie israeliane presenti tra la popolazione palestinese che tentavano di seguirci e di scoprire dove stavamo portando il nostro prigioniero".
I dirigenti del gruppo islamico hanno respinto l'appello per la liberazione di Shalit lanciato ieri a Damasco dal presidente russo, Dmitri Medvedev, durante un colloquio con il leader in esilio di Hamas, Khaled Mashaal. Secondo quest'ultimo, non e' possibile liberare il caporale israeliano senza un "accordo ragionevole sullo scambio di prigionieri con Israele".

(Adnkronos, 13 maggio 2010)

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Svezia, aggredito l'autore delle vignette su Maometto

L'Università di Uppsala
Incidenti sono scoppiati ieri all'università di Uppsala, in Svezia, quando alcuni militanti musulmani hanno interrotto una conferenza sulla libertà di espressione di Lars Vilks, un disegnatore svedese già minacciato di morte per una vignetta del 2007 in cui raffigurava Maometto con il corpo di un cane. Lo stesso Vilks ha detto di essere stato colpito con una testata ma di non avere riportato ferite. Il vignettista, citato dal sito del quotidiano Aftonbladet, ha detto di essere stato colpito da un uomo, che lo ha mandato a sbattere contro il muro, rompendogli gli occhiali.
Nei tafferugli che sono seguiti, e ai quali hanno preso parte altri musulmani in sala, un agente della polizia è rimasto contuso e due persone sono state fermate. Gli incidenti sono avvenuti ieri. Le immagini, riprese con un cellulare e postate sul sito di Aftonbladet, mostrano diverse persone, tra cui donne velate, in piedi mentre inveiscono contro Vilks e gridano «Allah u Akbar» (Dio è grande). Di seguito, si vedono poliziotti che cercano di riportare la situazione sotto controllo e che bloccano a terra almeno una persona, mentre le grida in sala continuano.
Da quanto è possibile capire dalle immagini, gli incidenti sono scoppiati quando il vignettista Vilks ha mostrato un filmato intitolato «Allah o gay-bar», in cui alla voce del muezzin che chiama alla preghiera seguono note di hard rock e si vedono giovani uomini gay che si baciano. L'omosessualità è illegale in diversi Paesi musulmani e in altri, come l'Iran, è anche passibile della pena di morte.

(il Giornale, 13 maggio 2010)

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Israele a rischio di collasso

Molti i "nullafacenti" tra i 35 e i 54 anni. Soprattutto arabi e ortodossi ebrei, che rappresentano il 30% della popolazione. La disoccupazione continua a salire, ma il Paese non puo' permetterselo. Rapporto tra debito e PIL pari al 78%.

Non si tratta solo di Stati Uniti, Europa - periferica e non - e Giappone. Anche Israele si deve preoccupare della propria situazione fiscale, anzi forse Tel Aviv e' messa persino peggio, dal momento che migliaia di persone decidono di non lavorare, perche' il sostegno del governo da' loro la possibilita' di farlo.
Secondo quanto riferito al Los Angeles Times dall'economista Ben-David, circa un uomo su cinque di eta' compresa tra i 35 e i 54 anni, un gruppo che "non ha scuse" per non lavorare, non fa parte della forza lavoro. Una cifra che ha del clamoroso.
Si tratta infatti di un numero il 60% piu' alto della media di qualsiasi altro Paese dell'OCSE, come si legge sulla rivista Forbes. La disoccupazione per scelta e' molto popolare in particolare in alcuni sottostrati della popolazione: quasi il 27% degli arabi e il 65% degli ultraortodossi ebrei non lavorano. Dal 1970 il tasso di disoccupazione per gli uomini ultraortodossi e' triplicato.
Peccato che questo sottostrato della popolazione sia quello che sta crescendo con piu' intensita'. Oggi infatti arabi e ultraortodossi rappresentano insieme poco meno del 30% dell'intera popolazione di Israele, ma riempiono circa la meta' delle scuole.
Se tale trend dovesse protrarsi nel tempo, i bambini arabi e ultraortodossi potrebbero riempire il 78% delle classi israeliane. "Cio' finirebbe per far fallire le banche", ha dichiarato l'economista. "Siamo su un percorso che alla lunga non e' sostenibile".
Il rapporto tra debito e PIL e' gia' al 78%, una cifra molto vicina al preoccupante 80% della Francia.
Dal punto di vista demografico, i problemi sembrano molto piu' gravi di quelli degli Stati Uniti e con tutta probabilita' presto saranno piu' preoccupanti anche di quelli con cui deve fare i conti l'Europa.
Come fa ad esserci un gruppo di persone in cui il 65% degli uomimi non lavora? I programmi del governo offrono sussidi agli studi religiosi e questo potrebbe spiegare molte cose. Ma attaccare gli eccessi in questo tipo di programmi sociali e' probabilmente un po' fuorviante.
Il lato positivo della medaglia e' che il deficit di bilancio governativo dovrebbe essere pari a solo il 4% del PIL quest'anno e che la disoccupazione e' piu' bassa di quella degli Usa e dell'area euro.
L'economia e' destinata a crescere del 4% quest'anno. Finora a tenere a galla Israele e' stata proprio un'economia competitiva, che potrebbe avere molto a che fare con il fatto che il Paese ha il piu' alto livello di intensita' di Ricerca e Sviluppo del mondo (ovvero il rapporto tra R&D e PIL).
Ovviamente molte cose stanno cambiando in un'economia indubbiamente molto dinamica e alcune classi sociali potrebbero anche continuare ad accettare il fatto di dover pagare perche' altri studino religione, ma da un punto di vista economico appare abbastanza pericoloso mantenere una porzione cosi' ampia di persone "nullafacenti".
Forse il problema si puo' risolvere modernizzando un'idea che alla sua nascita aveva sicuramente dei buoni propositi (aiutare le persone a studiare religione).

(Wall Street Italia, 13 maggio 2010)

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Dalle leggi razziali e la fuga fino alla rinascita a Venezia

Giuliana Coen
C'è un unico momento buio nella storia di Giuliana Coen alias Roberta di Camerino. Ed è stato il "buco nero" delle persecuzioni razziali, le famigerate leggi contro gli ebrei firmate da Vittorio Emanuele III di Savoia e da Benito Mussolini. Ma anche in quel periodo tragico, lei Giuliana Coen, figlia di Alberto, celebre avvocato, volontario della Prima guerra mondiale, tra gli ideatori della prima zona industriale di Venezia tanto da impiantarci una fabbrica di colori, vissuto nel milieu di una agiata famiglia ebraica, e di Lucia Alpron, sapeva trovare i momenti luminosi.
«Uno di questi - ricorda il figlio Ugo, architetto noto in città - fu la maturità al Marco Polo, una scuola che amava e dalla quale venne scacciata con le leggi razziali. Ma nonostante questo lei amava quella scuola, riuscì a sostenere la maturità da persona intraprendente, vivace e aperta che era». Ma c'è anche un altro momento ancora più difficile ed è all'indomani del suo matrimonio con Guido Camerino, dirigente della Bnl. I due si sposarono con rito ebraico nel 1942 e l'anno dopo nasce Ugo.
Dopo il conflitto sarà la volta di Roberta. «Furono momenti difficilissimi - ricorda oggi Ugo - Sposarsi con tutti i rischi di quel momento. Era un periodo drammatico. Gli ebrei dovevano fuggire per sopravvivere. E un aiuto fondamentale ci fu dato da Anacleto Ligabue, il padre di Giancarlo, celebre imprenditore veneziano. Poi, quando fu possibile, ci rifugiammo in Svizzera, a Lugano. Una nazione alla quale mia madre fu sempre riconoscente e dove ancora risiedeva. Ed è stato Oltralpe che mia madre cominciò a lavorare confezionando borse. Ed è da lì che nacque poco a poco la sua griffe».
Dopo la guerra, all'alba del 1945, il rientro a Venezia. E qui Giuliana ripagò Anacleto Ligabue che l'aveva salvata, testimoniando a suo favore durante un Tribunale del Popolo che intendeva processarlo per "collaborazionismo" con il fascismo. Subito dopo fu una corsa al successo, costruito con attaccamento a Venezia con la voglia di fare del bene, di partecipare al tessuto sociale cittadino. Roberta di Camerino fu anche l'«inventrice» delle sfilate di moda, ormai diventate una tradizione. «La prima in assoluto fu all'Hotel Cipriani nel 1954 - dice Ugo - Poi acquistò la Polveriera delle Vignole e la trasformò per le sfilate di moda».
E sono gli anni delle glorie mondiali, del successo con la consapevolezza di usare materiali e prodotti di artigianato veneziano (velluto, pelli intrecciate, perle, merletto, tessuti, doratura), della collaborazione con due ditte come Bevilacqua e Rubelli. «Era in possesso di un grande archivio - conclude Ugo - e si era in questi giorni in trattativa per trasferire parte di esso ai Musei civici. Non ha fatto in tempo. Ora vedremo quello che si potrà fare».

(Il Gazzettino.it, 12 maggio 2010)

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Israele: torna in carcere Vanunu, rivelò l’esistenza dell’atomica

GERUSALEMME, 12 mag. - La Corte Suprema israeliana ha disposto che Mordechai Vanunu, il tecnico che rivelo' al mondo nel 1986 l'esistenza dell'atomica dello Stato ebraico, dovra' tornare in carcere per tre mesi. Vanunu, infatti, dopo aver scontato 18 anni di carcere, si e' rifiutato di svolgere la pena accessoria del servizio civile a Gerusalemme ovest, la parte israeliana della citta' Santa, perche' teme per la sua incolumita'. Vanunu aveva chiesto in alternativa di svolgere lo stesso incarico nella parte araba di Gerusalemme .

(AGI, 12 maggio 2010)

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Sequestrato a dicembre un aereo nordcoreano con armi per Hamas

Lo ha rivelato il ministro degli Esteri, Liberman

TOKYO, 12 mag. - L'aereo nordcoreano carico di armi sequestrato a dicembre a Bangkok doveva raggiungere Hamas e Hezbollah. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, in visita in Giappone.
Il capo della diplomazia dello stato ebraico ha rivelato che Corea del Nord, Siria e Iran stanno collaborando come nuovo "asse del male" e rappresentano la maggior minaccia alla sicurezza mondiale, perchè stanno assemblando e diffondendo armi di distruzione di massa.

(Apcom, 12 maggio 2010)

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L’Autorità Palestinese nega a Israele il diritto di esistere

Il mondo di AP senza Israele


Narratore palestinese: “Io sono da Giaffa, io sono da Haifa (città israeliana), io sono da Acri (città israeliana), il sono da Nazaret (città israeliana), io sono da Gimzu, io sono da Zakariya (villaggio israeliano), Io sono da Ein Kerem (Gerusalemme Est).
Da dove siete voi [israeliani]? Da dove siete? Da dove siete?
Natralmente siete dall’Ucraina; naturalmente siete dalla Germania, dalla Polonia, dalla Russia, dall’Etiopia, i Falasha (peggiorativo per ebrei etiopici).
Perché avete rubato la mia patria e avete preso il mio posto? Per favore, vi chiedo di ritornare nella vostra patria originaria, in modo che io possa ritornare nella mia patria originaria; tornate nella vostra patria!”

Dalla TV dell'Autorità Palestinese (Fatah), 4 e 7 maggio 2010

(Palestinian Media Watch)

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Appelli e controappelli

di Francesco Lucrezi

L'"Appello alla ragione", promosso dal gruppo "JCall", a cui ha aderito un considerevole numero di intellettuali ebrei francesi (fra cui Bernard Henry-Levy e Alain Finkelkraut), con l'invito al governo israeliano a impegnarsi in un'inversione di tendenza nelle contestata politica delle costruzioni - oggetto di severa critica da parte di un successivo "controappello" a sostegno del governo di Gerusalemme ("Con Israele, con la ragione", promosso da Fiamma Nirenstein), a sua volta bersaglio di critiche, poi controcriticate ecc. ecc., in un'inarrestabile spirale polemica - appare, al di là delle specifiche argomentazioni e parole adoperate, tutte legittime e tutte opinabili, decisamente sbagliato, per tre distinte ragioni:
1) Il diritto di critica è non solo sacrosanto, ma anche salutare. Esso è esercitato costantemente, nei confronti delle scelte politiche di Israele, dagli stessi cittadini israeliani, e da chiunque abbia a cuore le sorti di quel Paese, e non si deve mai confondere la legittima critica con l'odio o la delegittimazione. Un 'appello', però, è qualcosa di diverso da, per esempio, un articolo di giornale, un discorso, un comizio, in quanto, per definizione, pretende non solo di descrivere la realtà, ma anche di incidere sulla stessa, invitando qualcuno a fare qualcosa. In presenza di un conflitto, un appello, per apparire ragionevole ed equilibrato, dovrebbe quindi rivolgersi a tutte le parti contrapposte, e non solo ad una di esse, a meno che non sia evidente che i torti siano solo ed esclusivamente da un lato. C'è qualcuno, dotato di un minimo di coscienza, che possa sostenere che nel conflitto medio-orientale i torti siano tutti e solo di Israele? E l'argomento secondo cui ognuno dovrebbe fare pressioni presso i propri amici, ebrei con ebrei e arabi con arabi, non regge, per l'assoluta mancanza di par condicio: chi ha mai visto un appello arabo o islamico, a favore del dialogo e contro la violenza, rivolto a Hamas, Hezbollah, Iran ecc.?
2) Uno dei problemi più pesanti che fanno ostacolo a qualsiasi spiraglio di soluzione è, da sempre, l'atteggiamento assolutamente vittimistico, revanscista e vendicativo radicato nel mondo islamico, per cui ogni idea di pace passa unicamente attraverso l'espiazione di colpe, vere o presunte, di Israele e dell'Occidente, senza mai un briciolo di autocritica riguardo alle politiche violente e aggressive praticate dai vicini di Israele. È evidente come un appello "di ebrei" teso a fare cambiare la politica israeliana non possa che ulteriormente rafforzare la - già solidissima, peraltro - convinzione che gli arabi debbano soltanto attendere riparazioni, scuse, pagamenti e quant'altro, senza, da parte, loro, impegnarsi neanche in un minimo gesto di buona volontà. E ciò, piaccia o non piaccia, non potrà che allontanare ulteriormente qualsiasi prospettiva di pace.
3) L'appello si rivolge essenzialmente a un pubblico europeo, proprio in un momento in cui l'Europa sembra nuovamente quantomeno fredda verso le ragioni di Israele, si va profilando un pericoloso isolamento diplomatico internazionale di Gerusaleme e aumentano, in modo allarmante, in tutto il Continente, i segnali di intolleranza e antisemitismo (si veda l'ingresso nel Parlamento europeo di partiti politici dichiaratamente xenofobi e neonazisti, o l'impressionante diffusione dei siti antiebraici su internet). In tale contesto, una pubblica sconfessione del governo di Israele, presentata come "critica degli ebrei europei allo Stato ebraico", non potrà che rafforzare tutti gli argomenti dei nemici e 'antipatizzanti' di Israele, che vedranno in essa una sorta di "prova del nove" delle colpe dello Stato ebraico, criticato 'perfino' dagli ebrei. Eloquente prova di tale atteggiamento, per esempio, un inquietante articolo di Sandro Viola su Repubblica del 5 maggio, in cui si attende la risposta di Israele all'appello come la dimostrazione netta e incontestabile della disponibilità o meno dello Stato ebraico ad accettare un percorso di pace, e si esprime il sinistro timore che un mancato accoglimento delle ragioni degli appellanti possa "servire da alibi ad una torva, odiosa - ma vasta, molto vasta - riapparizione dell'antisemitismo".

(Notiziario Ucei, 12 maggio 2010)

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Sui tetti di Gerusalemme

Grande spiegamento di agenti a Gerusalemme e in modo particolare dentro la Città Vecchia, dove si trovano i maggiori Luoghi Sacri delle tre religioni monoteiste in occasione del 43/o anniversario della 'riunificazione' di Gerusalemme. L'annuale ricorrenza di Israele e' marcata da cerimonie e discorsi dei leader politici del Paese e da una serie di manifestazioni che si svolgono nella citta'. La piu' importante si svolgera' nel pomeriggio nel sito che va col nome di Collina delle Munizione, teatro nel giugno del 1967 di una sanguinosa battaglia tra soldati giordani e israeliani. Sono previsti discorsi del presidente Shimon Peres e del premier Benyamin Netanyahu.

(RaiNews24, 12 maggio 2010)

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Chiusa per terrorismo

di Dimitri Buffa

Arab Bank era uno dei pochi sportelli ancora aperti nella Striscia di Gaza. In questa filiale le Ong accreditavano gli stipendi per i loro operatori, da ora non sarà più così, a causa dei "prelievi", o meglio delle rapine, di Hamas
La scorsa settimana in uno dei pochi sportelli bancari che ancora rimangono aperti a Gaza si erano presentati alcuni uomini armati chiedendo di ritirare ben 400 mila dollari di quelli depositati nel fondo delle tasse pagate sui depositi bancari all'Anp dai cittadini residenti. Da quelle parti funziona così, e non si chiamano rapine ma "prelievi". Magari un po' forzosi. Per questo motivo, e per evitare di finire nel mirino delle autorità internazionali che da tempo si sono date dei "global standard" a proposito del denaro di dubbia provenienza e nelle rimesse che sono sospette di nascondere finanziamenti al terrorismo internazionale, da una settimana hanno chiuso nella Striscia i due principali sportelli della Arab Bank e presto chiuderà anche il terzo e ultimo. La fonte della notizia è il settimanale economico israeliano "Calcalist", che è il quotidiano economico pubblicato dal gruppo che possiede anche Yedioth Aronoth. La notizia è stata poi ripresa in Italia dal sito della ong secondoprotocollo.org che è una di quelle specializzate in Italia nella diffusione di notizie scomode e poco politically correct. Notare che a Gaza e nella West Bank, dove per ora la banca continuerà a mantenere i propri sportelli, la Arab Bank ha una tradizione che data dal 1930, cioè dalla sua stessa fondazione quando i paesi che oggi si chiamano Israele, Libano, Siria e Territori Palestinesi, erano tutti contenuti nella provincia dell'impero ottomano che si chiamava Palestina e che era all'epoca gestita sotto il mandato britannico. Insomma una vera e propria istituzione fatta scappare a gambe levate dai terroristi di Hamas e dalle bande armate che dominano la Striscia dopo il ritiro israeliano e dopo la fuga dell'Anp in seguito a una sanguinosa guerra civile tra palestinesi che seguì il putsch degli uomini di Ismail Hanyiha del 2006. Il colpo per Hamas sarà in prospettiva quasi micidiale. Arab Bank era infatti l'unico istituto di credito che nella Striscia di Gaza rispettava, sia pure solo formalmente, gli standard internazionali e per questo era l'unico canale usato per il trasferimento dei soldi dall'estero all'interno della Striscia. Per lo stesso motivo era anche l'unico canale usato dalle agenzie umanitarie per il trasferimento di fondi per gli stipendi alle persone che operano nella Striscia di Gaza.
Alla base della decisione presa dai vertici della grande banca araba ci sarebbe, come si accennava, proprio il timore di sanzioni per la gestione "allegra" dei trasferimenti di fondi dall'estero ad alcune agenzie umanitarie, denari che poi sarebbero finiti nelle mani del movimento terrorista. Ma non solo, Ynetnews, citando fonti all'interno della Striscia di Gaza, racconta che negli ultimi tempi Hamas avrebbe richiesto alla Arab Bank il pagamento di tutto il denaro raccolto con la tassazione sui movimenti bancari. Soldi che normalmente venivano trasferiti alla Autorità Nazionale Palestinese presso la sede della stessa banca di Ramallah. La scorsa settimana uomini armati di Hamas erano anche entrati nella filiale di Gaza della Arab Bank pretendendo la consegna di 400.000 dollari frutto, secondo loro, della tassazione dei movimenti bancari. Insomma se in Italia Fassino sognava una banca e la Lega tenta ancora oggi di far parte del salotto buono nel board di Intesa San Paolo, a casa loro quelli di Hamas nelle banche ci entrano direttamente con il kalashnikov. Probabilmente quell'episodio è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. E che sommata ai diversi rapporti internazionali dell'Fmi, che indicavano la Arab Bank come il terminale di tutta una serie di spericolate operazioni finanziarie a favore di Hamas e mascherate dietro al paravento degli "aiuti umanitari", deve avere convinto il management centrale di una delle più importanti banche arabe del mondo a farla finita con Gaza e Hamas. Nella Striscia di Gaza restano ora solo due banche locali, la Bank of Palestine e la Islamic Bank, che però non garantiscono alcuno degli standard internazionali richiesti per poter ricevere bonifici dall'estero. Le banche estere infatti non possono inviare denaro a questi due istituti in quanto gli stessi sono privi di qualsiasi sorveglianza sulla effettiva destinazione dei soldi. La chiusura delle filiali della Arab Bank pone di fatto fine ad anni di operazioni finanziarie semi delinquenziali, spesso nascoste da finanziamenti ad alcune organizzazioni umanitarie che poi giravano il denaro direttamente nelle mani di Hamas con il paravento di voler sostenere programmi di emergenza e di sussistenza alla popolazione. C'è ora da valutare quale sarà la reazione nel breve periodo dei terroristi che governano Gaza e che tengono in ostaggio il povero caporale Gilad Shalit ormai da quasi quattro anni.

(l'Opinione, 12 maggio 2010)

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Galilea, inaugurato il Centro Nazionale Restauro israeliano "Città di Roma"

È stato inaugurata oggi nella città vecchia di Acco, l'antica S. Giovanni d'Acri, in Galilea, la nuova sede del Centro Nazionale di Restauro israeliano intitolato alla "Città di Roma". L'edificio storico che ospita il centro è stata riqualificato grazie a una donazione del sindaco della Capitale Gianni Alemanno, che ha devoluto a tal fine la somma ricevuta dalla prestigiosa Fondazione Dan David nel maggio 2009 come premio alla città di Roma. Alla cerimonia hanno partecipato il sovraintendente ai Beni Culturali del Comune di Roma, Umberto Broccoli, l'ambasciatore italiano in Israele, Luigi Mattiolo, il direttore generale della Israel Antiquities Authority, Shuka Dorfman, il direttore generale della Old Acre Development Company, Dudu Harari, il vicedirettore della Società Economica del Comune di San Giovanni d'Acri, Ben Miyus, il custode di Terra Santa, padre Gianbattista Pizzaballa. La nascita di un Centro di Restauro nazionale israeliano, sotto la direzione della Sovrintendenza locale, la Israel Antiquities Authority, con il patrocinio, la consulenza e il sostegno dell'Italia, è un passo fondamentale nel settore del restauro israeliano, che fino ad oggi non ha avuto centri propri di formazione professionale. Lo comunica il Campidoglio. "Voglio sottolineare come l'alto contributo della cultura possa tenere uniti i popoli del mediterraneo. Questo importante progetto, iniziato dal Ministero per i Beni Culturali - ricordo il lavoro del Prof. Giuseppe Proietti - è stato chiuso esattamente un anno fa da noi con il direttore Shuka Dorfman. Da cittadino romano, provo una forte emozione nel vedere in terra di Israele una targa dedicata alla Città di Roma". È il commento di Broccoli, presente all'inaugurazione. "Siamo orgogliosi di rinsaldare il legame che esiste tra Roma e questa terra ricca di storia millenaria con un centro scientifico di valore per tutta la comunità", dichiara il sindaco Alemanno. "Qui, a San Giovanni d'Acri, uno dei gioielli archeologici più importanti di Israele, l'alto livello di competenza raggiunta dagli studiosi italiani nel settore del restauro sarà il fiore all'occhiello della collaborazione tra Istituzione italiane e israeliane. Il premio Dan David ha contribuito così ad avvicinare due città universali e impegnate per la conservazione dei beni comuni - conclude il Sindaco - siano essi materiali, come i beni archeologici, sia preziosi e immateriali come la pace".

(omniroma.it, 12 maggio 2010)

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Maggio 1940, il flop francese

di Marco Unia

«La strana disfatta<+tondo_bandiera>» è il titolo che Marc Bloch, storico ed eroe della Resistenza, diede al suo saggio scritto in presa diretta durante la sconfitta della Francia nella Seconda Guerra Mondiale. Una sconfitta tanto inspiegabile quanto rapida, che portò i francesi ad arrendersi all'invasione tedesca nel volgere di un mese- dal 10 maggio al 22 giugno 1940, quando fu firmato l'armistizio con il Terzo Reich.
Da allora sono passati settant'anni ma la memoria pubblica e la storiografia francese ritornano costantemente a confrontarsi con quegli eventi, che rappresentano per molti «la più grande tragedia della Francia nel XX secolo», alla ricerca delle spiegazioni di un fallimento che ha intaccato il prestigio politico e militare d'oltralpe. Che la ferita sia ancora aperta e bisognosa di cure lo dimostra l'interesse che stanno riscuotendo in questi mesi i numerosi saggi storiografici usciti sull'argomento, in particolare i lavori di Max Gallo - 1940, de l'abîme à l'espérance - e di Jean-Pierre Azema - 1940, l'année noire.
Entrambi i lavori si caratterizzano per l'onestà intellettuale con cui affrontano sia il tema della sconfitta che della collaborazione con il nazionalsocialismo, evitando di cadere nella retorica resistenziale che fa di De Gaulle e dei suoi uomini l'unica rappresentazione della vera Francia, minimizzando così le responsabilità morali e politiche della Terza Repubblica e del successivo governo di Vichy.
La sconfitta militare, che per lungo tempo è stata interpretata come una resa quasi necessaria di fronte alla superiorità qualitativa e quantitativa dei mezzi bellici a disposizione dei tedeschi, è presentata dai due storici sotto una luce diversa, come effetto e simbolo della crisi delle istituzioni e della politica, che riverberò sul piano della conduzione militare e sulle capacità di resistere dei cittadini francesi. Per quanto possa apparire sconcertante il sentimento pacifista-che si tradusse in quegli anni in un forte movimento d' opinione - è indicato come una delle cause fondamentali della sconfitta, perché i politici, i militari e la popolazione si preoccuparono maggiormente di evitare un conflitto sanguinoso che di salvaguardare l'onore della nazione sottoposta all'attacco hitleriano.
L'ecatombe della Prima Guerra Mondiale e la convinzione che quest'ultima sarebbe stata «la guerra che avrebbe posto fine a tutte le guerre» paralizzarono la Francia, incapace di rispondere all'aggressività e allo spirito bellicista del Terzo Reich. Sul piano strettamente politico il fallimento militare è interpretato dai due storici come il risultato di un sistema parlamentare instabile e incapace di decidere, minato in profondità dall'esperienza fallimentare del Fronte Popolare e indebolito dalla presenza in ruoli chiave di uomini inetti al comando.
Nonostante l'umiliazione suscitata dalla disfatta militare, sono i passaggi successivi- la resa e l'armistizio- che continuano a turbare le coscienze dei francesi perché se è vero che «une certaine idée de la France» non è morta con l'ascesa al potere di Pétain è però indiscutibile che in quel governo «si sono manifestate tutte le malattie che affliggevano la Francia».
Con la votazione che assegnava i pieni poteri a Pétain, i parlamentari francesi posero fine alla storia repubblicana del loro paese e ai principi democratici ai quali si ispirava. Gallo e Azema sottolineano infatti l'autonomia del regime classista, gerarchico e autoritario di Vichy, che non fu esclusivamente uno stato fantoccio a servizio dell'invasore, ma che si dotò autonomamente di una legislazione dai tratti xenofobi e antisemiti, portando a compimento quelle tendenze razziste, antirepubblicane e antiebraiche che percorrevano la Francia già dai tempi dell'affare Dreyfus.
E in questo periodo sarà solo De Gaulle e il gruppo di "France Libre" a ridare dignità ad una nazione sull'orlo dell'abisso, inverando le parole di Bloch che all'indomani della sconfitta dichiarava «spero che avremo altro sangue da versare, anche se sarà quello delle persone che più amo - non parlo del mio cui non attribuisco tanta importanza».

(Avvenire, 12 maggio 2010)

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Demjanjuk, l'"Eichmann" che evitò la forca grazie al Kgb

ROMA, 11 mag - Un quarto di secolo dopo Adolf Eichmann, di cui ricorre il cinquantenario della cattura, toccò a John Demjanjuk, essere processato in Israele per crimini nazisti. Estradato dagli Stati Uniti nel 1986, come previsto da un'apposita legge del 1950 nei confronti di nazisti e collaborazionisti, Demjanjuk venne condannato all'impiccagione nel 1988 dopo essere stato riconosciuto come l'"Ivan il Terribile" del campo di sterminio di Treblinka, responsabile dell'assassinio di 800 mila ebrei. Cinque anni dopo, però, la Corte Suprema israeliana annullò la condanna all'indomani della comparsa di alcuni documenti del Kgb dai quali non solo emergeva l'impossibilità di confermare che Demjanjuk fosse stato a Treblinka, ma addirittura che "Ivan il Terribile" risultava essere un'altra persona identificata come Ivan Marchenko. Scarcerato nel 1993, rientrò negli Stati Uniti dove gli fu concessa nuovamente la cittadinanza. Nato in Ucraina nel 1920 con il nome di Ivan e arruolatosi nell'Armata Rossa, Demjanjuk fu catturato dall'esercito tedesco nel 1942 e da prigioniero di guerra si "convertì" in guardia volontaria del lager di Sobibor, in Polonia, dove durante la Seconda guerra mondiale furono sterminati oltre 200 mila ebrei provenienti da tutta Europa. Caduto il nazismo, Demjanjuk riuscì a farsi riconoscere lo status di vittima e rifugiato di guerra, tanto da ottenere l'autorizzazione, nel 1952, a emigrare negli Stati Uniti dove trasformò il proprio nome da Ivan in John, si sposò, ebbe tre figli e lavorò come meccanico nell'Ohio.
Demjanjuk ha perso la nazionalità americana nel 2002 per aver mentito sul proprio passato, non avendo mai mostrato pubblicamente segni di pentimento per la sua supposta partecipazione all'Olocausto. Nel dicembre 2008 le autorità giudiziarie tedesche hanno ritenuto un tribunale di Monaco competente a giudicare Demjanjuk, dal momento che questi aveva vissuto vicino la capitale della Baviera nel 1952, poco prima di emigrare negli Usa. Al militare ucraino naturalizzato statunitense è stata imputata la morte di 27.900 ebrei nei sei mesi durante i quali ricoprì il ruolo di guardia volontaria del lager di Sobibor. Nel marzo 2009 è stata concessa la sua estradizione dagli Stati Uniti alla Germania. Lo scorso novembre, a Monaco di Baviera, davanti a centinaia di giornalisti di tutto il mondo si è aperto il secondo processo contro John Ivan Demjanjuk. Un processo che la difesa definisce un "secondo martirio", dopo quello celebrato in Israele negli anni Ottanta, e fino ad ora rallentato dalle condizioni fisiche dell'imputato 89enne: diverse udienze sono già saltate perché lo stato di salute di Demjanjuk non gli consente di essere trasportato dall'istituto penitenziario di Stadelheim, dove si trova rinchiuso, all'aula del tribunale.

(il Velino, 11 maggio 2010)

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Informazione o propaganda?

Propaganda o informazione? Quando c'è una guerra, specie una guerra come quella tra Gaza e Gerusalemme, la questione è davvero complessa. E la tv è un'arma a doppio taglio. Tutto nasce dalla storia della morte del piccolo Mohammed Al Dura, a Gaza nel 2000, e filmata in diretta da France 2. Una sequenza diventata l'icona della II Intifada palestinese, nonché oggetto di una violenta polemica: è vera quella sequenza o è una messa in scena orchestrata dai palestinesi? E se è vero che il piccolo è morto chi l'ha ucciso?

Guerra, bugie & tv
Rai Storia, ore 21

(Corriere della Sera, 11 maggio 2010)

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In Italia l'antisemitismo più forte in estrema sinistra

Mannheimer: 12% italiani fortemente antisemita; 56% estraneo a qualsiasi pregiudizio

di Federico Punzi

ROMA, 11 mag - A fronte del 56 per cento degli italiani che si dice "estraneo" a qualsiasi tipo di pregiudizio nei confronti degli ebrei, e del 12 per cento che "respinge fortemente" questi pregiudizi, esiste un altro 12 per cento della popolazione che mostra tutti gli atteggiamenti classificati come "antisemitismo". Un sentimento che appartiene soprattutto a chi si definisce di "estrema destra" e di "estrema sinistra", ma oggi, al contrario che in passato, "più forte" nell'estrema sinistra. E' il risultato di un sondaggio d'opinione illustrato oggi da Renato Mannheimer, presidente dell'Ispo, dinanzi al Comitato di indagine sull'antisemitismo, costituito presso le Commissioni Affari costituzionali ed esteri della Camera.

Mannheimer ha premesso di aver condotto la sua indagine su tre distinte forme di antisemitismo. Una prima tipologia di antisemitismo che si può definire "tradizionale", legata per lo più a "questioni di carattere religioso", per cui gli ebrei sono ancora visti come "deicidi" e gente di cui comunque "non ci si può fidare". In questo tipo di pregiudizi, e non negli altri due, si riconosce il 10 per cento degli italiani. Tra di loro "più cattolici", "più di destra che di sinistra", ma con un lieve divario, solo dell'8%. E si tratta, osserva il ricercatore, di persone che coltivano una forte diffidenza anche nei confronti di altre minoranze. Alla seconda categoria di "antisemiti" appartengono coloro i quali rimproverano agli ebrei di far parte di "un gruppo organizzato che trama contro il resto della società", di "controllare a loro vantaggio i media, la finanza e politica", e di essere "più fedeli a Israele" che alla nazione in cui vivono. In questi pregiudizi, e non nelle altre due tipologie prese in esame, si riconosce l'11 per cento degli italiani. C'è poi un terzo atteggiamento classificato come antisemitismo, legato alle politiche dello Stato di Israele. Non da parte di coloro che "legittimamente criticano le posizioni di Israele", spiega Mannheimer, ma di quanti "estendono agli ebrei le responsabilità del governo israeliano", li criticano per il loro "eccessivo e acritico appoggio a Israele", li rimproverano di "strumentalizzare la Shoah" e li accusano di comportarsi "come nazisti" contro i palestinesi. Questa terza tipologia di antisemitismo emerge, non associata alle altre due, nel 12 per cento degli intervistati, con una maggiore "accentuazione" tra coloro che si definiscono "di sinistra".

C'è poi un 12 per cento di italiani che condivide tutti e tre questi pregiudizi. Un antisemitismo "più accentuato nelle estreme" dell'arco politico, osserva Mannheimer, "sia nell'estrema destra che nell'estrema sinistra", ma che è "più forte nell'estrema sinistra" con una prevalenza del 25 per cento del campione. Una "novità di questi ultimi decenni", secondo Mannheimer, il quale comunque fa presente che nel resto d'Europa l'antisemitismo è molto più diffuso e che in Italia nei confronti di altre minoranze esiste un pregiudizio maggiore.

(il Velino, 11 maggio 2010)

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Ebrei nel ghetto di Roma

di Paolo Calabro

"Un volume importante": così nella Premessa il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, caratterizza "La presenza ebraica a Roma e nel Lazio. Dalle origini al ghetto" (Esedra, 2009), curato da Rita Padovano.
Perché vi contribuiscono studiosi noti e stimati, ma soprattutto perché viene portata alla luce - tramite il recupero dell'imponente documentazione archivistica disponibile - una fetta di storia della comunità ebraica romana ("caso del tutto particolare nella storia della diaspora occidentale, come insediamento ebraico ininterrotto da 21 secoli", sottolinea ancora Di Segni) di grande interesse, dalle origini a Rinascimento (fino alla bolla Cum nimis absurdum di papa Paolo IV, che istituisce il ghetto ebraico) non solo per lo specialista.
Storia, non cronaca. Lo studio si sofferma infatti non soltanto sulla narrazione dell'evoluzione della comunità, ma riserva attenzione agli aspetti inerenti alla cultura e al culto della stessa; in un discorso che fluisce parallelamente - si può ben dire, vista la quantità delle riproduzioni offerte - alle immagini e che dà luogo a un risultato tanto suggestivo quanto intellettualmente pregnante. In più, schede tematiche vengono riservate al rapporto tra gli ebrei e personaggi storicamente rilevanti (Cola di Rienzo, Pier Damiani) o all'approfondimento di argomenti specifici al di fuori del testo (il calendario ebraico e le sue ricorrenze; le origini e lo sviluppo dell'ASCER, Archivio storico della Comunità ebraica di Roma; le differenze tra Torà scritta e Torà orale).
L'indagine si conclude con l'osservazione della curatrice che nonostante le avversità, la comunità ebraica di Roma è riuscita a conservare nel tempo valori e simboli della propria cultura. Un elogio della tenacia, da un lato; ma anche l'appello a una speranza che, nonostante tutto, nonostante tutto sembri passare inesorabilmente in questa nostra "modernità liquida" (Bauman), ciò che è saldo e ben radicato riesce a rimanere.

"La presenza ebraica a Roma e nel Lazio" è un volume della collana "Toledoth", ideata e curata da Michele Borsa, stampato su carta di pregio, rilegato finemente e con moltissime illustrazioni in quadricromia. Contributi di Daniela Pacchiani ("Le origini della presenza ebraica a Roma e nel Lazio"), Anna Esposito ("Gli ebrei di Roma nel Medioevo e nel Rinascimento"), Umberto Longo ("Da Gerusalemme a Roma. Il papato e l'eredità ebraica tra XI e XII secolo"), Serena Di Nepi ("Riti e tradizioni") e un'Appendice di Silvia Haia Antonucci e Pierina Ferrara ("L'Archivio storico della Comunità ebraica di Roma: uno strumento per la ricerca sulla popolazione ebraica romana"); ogni capitolo è chiuso da una nutrita bibliografia. Pubblicato con il patrocinio del Consiglio della regione Lazio, della Provincia di Frosinone, dell'Università degli Studi "Aurel Vlaicu" di Arad (Romania), della Comunità ebraica di Roma, dell'Associazione culturale "Le 5 Scole" e dell'ASCER.
Rita Padovano è laureata in Pedagogia con indirizzo storico. È socio onorario della Camera di Commercio italo-americana di Chicago (USA) e Senatore accademico onorario dell'Università degli Studi "Aurel Vlaicu" di Arad (Romania), che nel 2009 le ha conferito la laurea honoris causa in Scienze umanistiche. Ha pubblicato libri e coordinato diverse ricerche con la casa editrice Esedra. Dal 2004 è Presidente dell'Associazione culturale Progetto Arkés.

Curatrice: R. Padovano
Titolo: La presenza ebraica a Roma e nel Lazio. Dalle origini al ghetto
Editore: Esedra
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 32 euro
Pagine: 280

(il Recensore, 11 maggio 2010)

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Gli aiuti umanitari li gestisce Hamas

di Dimitri Buffa

A Gaza nel 2009 sono arrivati aiuti umanitari pari al 900 per cento in più di quelli degli anni precedenti, segno che Israele sta facendo passare quasi tutto. Ciò nonostante Hamas, aiutato in ciò dall'ignavia quando non dalla complicità della maggior parte delle quasi 600 ong operanti nella Striscia, continua ad affamare la popolazione e a riservare per sé la maggior parte dei privilegi economici ed alimentari, utilizzando gli aiuti come arma di ricatto per convincer tutti a stare dalla parte del terrorismo islamico. E taglieggiando i commercianti nella stessa maniera con cui operano in Sicilia, Calabria e Campania, la mafia, la 'ndrangheta e la camorra. Tutto nero su bianco in un rapporto intitolato "Gaza 2010", redatto dalla ong Secondo Protocollo, e segnatamente dalla operatrice umanitaria Miriam Bolaffi. Il rapporto integrale contenente i nomi dei testimoni e delle Ong che hanno partecipato alla stesura dello studio oltre ad altre informazioni riservate e non divulgabili è stato inviato in data 23 aprile 2010 alle Nazioni Unite, all'ufficio per gli affari umanitari dell'Unione Europea e a diversi Stati donatori. Tra cui l'Italia. Si legge, nelle "conclusioni" di questo testo di una ventina di pagine, che "L'Opinione" ha potuto vedere in esclusiva, che "nonostante il considerevole aumento degli aiuti umanitari immessi nella Striscia di Gaza durante il 2009 e nei primi mesi del 2010, la popolazione continua a non beneficiarne. Le Ong, gli organismi internazionali e le associazioni non fanno niente per impedire ad Hamas di controllare il flusso e la distribuzione degli aiuti umanitari, anzi, in alcuni casi si possono considerare "compiacenti" cedendo volontariamente al gruppo terrorista il controllo degli aiuti in cambio del permesso di rimanere nella Striscia di Gaza come "presenza passiva" volta più che altro a portare molti benefici di immagine ad Hamas e pochi benefici diretti alla popolazione".
"Su questo - si legge nel rapporto - il silenzio delle Ong presenti nella Striscia di Gaza, unito al silenzio sulla destinazione finale degli aiuti umanitari, pesa come un macigno". Il fatto stesso che negli ultimi mesi "le richieste di trasferirsi in Cisgiordania da parte di residenti a Gaza siano aumentate enormemente" la dice lunga sulla condizione di vita della popolazione palestinese della Striscia di Gaza". "All'irrigidimento negli ultimi mesi da parte di alcuni paesi donatori per quanto riguarda l'invio di aiuti umanitari e all'aumentato controllo da parte dell'Egitto sul mercato clandestino che passa attraverso i tunnel disseminati ovunque lungo il confine tra Gaza ed Egitto - si legge ancora nel rapporto di Secondo Protocollo - Hamas ha risposto con l'introduzione di una tassa estorsiva diretta a tutti quei commercianti che non sono affigliati al meccanismo degli aiuti umanitari e che per la loro struttura non dipendono dall'ingresso di materiale clandestino attraverso i tunnel". Secondo molte testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza, la maggioranza della popolazione non voterebbe per Hamas se si dovesse andare a nuove elezioni mentre la maggioranza di coloro che li ha votati nelle elezioni del 2006 non lo rifarebbe e "dissente fortemente dalla linea politica di Hamas anche se non lo può fare apertamente". Per quanto riguarda le Ong presenti nella Striscia di Gaza, il giudizio di Secondo Protocollo è chiaro e forte: "sembrano più intente a fare politica pro Hamas, piuttosto che a sostenere la popolazione in difficoltà o a implementare progetti di sviluppo pur avendone i mezzi".
Hamas inoltre non ha dato alcuna spiegazione "in merito al matrimonio collettivo tenutosi a Gaza il 30 luglio 2009", dove, "secondo immagini e testimonianze, uomini adulti di Hamas avrebbero preso in sposa bambine in tenera età". Il quadro che emerge da questa indagine "è una Striscia di Gaza spaccata in due, dove da un lato vi è la maggioranza della popolazione letteralmente prigioniera di Hamas e senza alcuna prospettiva per il futuro, mentre dall'altro vi è una forte minoranza rappresentata da Hamas che vive tra il lusso e senza alcuna privazione". Anche l'economia della Striscia di Gaza risente di questo "doppio binario", "per cui ci troviamo di fronte ad un settore economico anche questo diviso in due, con una 'economia di Gaza' che è quella della gente che tenta di sopravvivere, ed una 'economia di Hamas', completamente diversa da quella di Gaza e volta sostanzialmente a garantire i privilegi alla nomenclatura di Hamas e ai suoi affigliati ai vari livelli". L'embargo e le limitazioni imposte da Israele (e anche da parte dall'Egitto) per ragioni di sicurezza, hanno poca influenza. Hamas "usa in maniera strumentale dette limitazioni come una vera e propria arma politica appoggiato in questo dalla buona parte delle Ong". Il rapporto si chiude con una dura reprimenda proprio verso le ong: "Ci risulta onestamente difficilmente credibile che chi è sul territorio non veda questa situazione e che, soprattutto, non la denunci. Ci risulta difficile soprattutto accettare l'idea che gli aiuti umanitari composti principalmente da 'materiale atto a soddisfare i bisogni primari della popolazione vengano sistematicamente consegnati e fatti gestire ad Hamas". Adesso chi ha orecchie per intendere intenda, perché in questo rapporto alla immaginazione viene lasciato ben poco.

(l'Opinione, 11 maggio 2010)

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Israele, successo diplomatico: diventerà membro dell’OCSE

Il Ministro degli Esteri palestinese, accusa: "le restrizioni israeliane in Cisgiordania sono contrarie ai principi del libero commercio proposti dall'organizzazione"

Israele entrerà a far parte dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), in base a un voto unanime espresso lunedì scorso dai 31 stati membri. Fonti diplomatiche confermano che anche Estonia e Lituania hanno ricevuto un invito per unirsi all'OCSE.
"L'adesione di Israele rappresenta un nuovo capitolo per la nostra organizzazione" - ha dichiarato il Segretario Generale OCSE, Angel Gurría - "e conferma la nostra vocazione a confrontarci con le sfide globali." Per Israele, diventare un paese membro dell'OCSE è decisamente vantaggioso: dovrebbe favorire il commercio con l'estero, attirare investimenti internazionali e aumentare il prestigio dello Stato a livello mondiale.
L'Autorità Nazionale Palestinese, guidata dal primo ministro Salam Fayyad, ha criticato duramente la votazione dell'OCSE. Il Ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki ha chiarito in una lettera che: "accettare Israele come paese membro significa dare legittimità alle politiche razziste e aggressive praticate contro la popolazione palestinese." Secondo il ministro, "i posti di blocco israeliani e le altre restrizioni imposte in Cisgiordania, stanno danneggiando l'economia palestinese e sono contrari ai principi del libero commercio proposti dall'OCSE."
Israele sarà uno degli stati membri più poveri dell'OCSE. Per rispettare i parametri dell'organizzazione, il governo israeliano dovrà impegnarsi a raggiungere i livelli educativi degli altri paesi e ridurre gli alti indici di povertà della comunità degli Arabi Israeliani e di gran parte degli ebrei ortodossi.

(PeaceReporter, 11 maggio 2010)

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Chagall, l'ebreo che ha incontrato Cristo nel "miracolo" del quotidiano

di Grazia Massone

 Marc Chagall, Les amoreux de Vence
Chagall l'ebreo, Chagall il visionario, Chagall il russo che aveva scelto di vivere in Occidente. Ma soprattutto Chagall il pittore, l'unica categoria che comprendeva ogni aspetto della sua poliedrica personalità. L'ebreo russo Moshe Segal cambiò addirittura nome per integrarsi nel mondo occidentale, ha mantenuto fino all'ultimo istante della sua vita questo sguardo meravigliato sulla realtà. Una vita lunga la sua, giunta fino a 98 anni. Settanta dei quali passati lontano dalla sua patria, l'amata Vitebsk (una piccola città dell'attuale Bielorussia).
Nato nel 1887 e morto nel 1985 nel paese di Saint-Paul-de-Vence, aveva scoperto l'arte quasi per caso, come racconta nella sua autobiografia La mia vita. Un compagno di classe, in quinta, vede un suo disegno appeso nella stanza e gli dice: «Senti, ma tu sei dunque un vero artista?». Chagall tenta di farsi spiegare chi sia un artista, ma l'amico se ne va senza dire nulla. Per Chagall è una folgorazione, lo svelarsi della vocazione. Così il giovane ebreo di Vitebk si rammenta di aver visto in paese l'insegna di una scuola di pittura e si iscrive.
Da qui inizia una lunga carriera che lo porterà a San Pietroburgo, poi nella Parigi di Picasso e dei cubisti. Non sono questi i suoi punti di riferimento, bensì Renoir, Monet, Van Gogh, Gauguin; e soprattutto i maestri antichi che incontra nelle sale del Louvre: Rembrandt, Chardin, Gericault. A Parigi frequenta un gruppo di out-sider accomunati dalla provenienza straniera e alcuni anche dall'appartenenza al popolo ebraico, come Modigliani e Soutine. Parigi vuol dire per lui la scoperta del repertorio di immagini cristiane, che vede in gran copia nei musei e nelle chiese. Chagall aveva già infranto la regola ebraica che proibisce la raffigurazione dell'uomo e degli esseri viventi in genere, in ottemperanza al precetto contenuto in Deuteronomio 5, 8: "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra".
Aveva scelto la pittura, ma l'aveva riempita di simboli ebraici. Come il protagonista del romanzo di Chaim Potok (Il mio nome è Asher Lev) dipinge non tanto per la bellezza quanto per la verità, la verità di sé e del suo popolo al quale sempre dichiarerà di appartenere. È inseguendo la verità che Chagall incontra l'"ebreo" Cristo e tutto quello che da lui è derivato.

(ilsussidiario.net, 11 maggio 2010)

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Medvedev e Assad incontrano il capo dell'ufficio politico di Hamas

Il leader del Cremlino in visita a Damasco

MOSCA, 11 mag. - Il presidente russo Dmitri Medvedev e il collega siriano Bashar al Assad hanno incontrato a Damasco il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Mashal. Lo riferisce la portavoce del Cremlino, Natalya Tymakova, secondo cui Medvedev ha colto l'occasione per sottolineare l'importanza di ripristinare "l'unità tra palestinesi", superando il conflitto tra Hamas e Fatah. E anche per chiedere la liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito a Gaza nel 2006.
Il presidente russo è oggi a Damasco, dove ha portato al collega siriano un messaggio del presidente israeliano Shimon Peres e da dove ha lanciato un'esortazione agli Usa a fare di più per il processo di pace in Medio Oriente.

(Apcom, 11 maggio 2010)

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L'inglese si impara meglio da professori non madrelingua

WASHINGTON - Professore madrelingua addio, l'inglese si impara meglio da un insegnante con una pronuncia non perfetta. È questa la sorprendente conclusione di un studio realizzato da un professore di psicologia, Zohar Eviatar (Università di Haifa), e pubblicato sul Journal of Psycholinguist Research, secondo il quale gli studenti che imparano una seconda lingua da un insegnante che ha un accento simile al proprio apprendono più rapidamente e con meno fatica.
Il fatto è che gli studenti, dovendo impiegare tempo ed energia per capire su quello che dice il professore magari con un perfetto accento oxfordiano, possono concentrarsi, con minore frustrazione, sull'apprendimento delle regole e delle strutture della lingua, sostiene lo psicologo israeliano.
Lo studio viene ripreso oggi in un articolo del Washington Post per confutare la recente decisione dell'Arizona, lo stato che ha appena varato una severissima legge in materia di immigrazione criticata dall'amministrazione Obama, di rimuovere dalle classi piene di ragazzi ispanici che cercano di imparare l'inglese professori con un forte accento ispanico.
Applicate in Arizona, conclude, il Post le teorie del professor Eviatar implicherebbero che i bambini immigrati potranno imparare meglio l'inglese da professori a loro volta immigrati.

La cosa interessante della ricerca dell'università di Haifa - che si concentra non solo sull'apprendimento di una seconda lingua, ma in generale sui meccanismi dell'apprendimento collegati alla lingua parlata - è che è stata condotta da un team di ricercatori con il background linguistico più vario: oltre Eviatar, che è bilingue inglese e ebraico, Raphiq Ibrahim, un arabo israeliano che parla ebraico con accento arabo e Mark Leikin che viene dell'ex Unione Soveitica ed ha conservato il suo accento russo.
Anche il campione di studenti su cui è stata condotta la ricerca rappresentano uno spaccato linguistico interessante: 20 che parlano ebraico dalla nascita, 20 sono immigrati da paesi dell'ex Unione Sovietica e 20 sono arabi israeliani che parlano ebraico dall'età di sette anni. Per i test sono stati realizzate registrazioni delle frasi in ebraico con quattro diversi accenti, la pronuncia pura, l'accento arabo, quello russo e quello inglese. Ed è risultato che se i madrelingua potevano capire al volo ogni frase a prescindere dall'accento, gli altri gruppi capivano più rapidamente quelle con l'accento simile al proprio.
«Se sei arabo, comprenderai l'inglese meglio se insegnato da un professore di origine araba - conclude Eviatar - se hai l'accento spagnolo ed il tuo professore ha l'accento cinese sarà più difficile concentrarsi sui tuoi studi, è la cosa migliore imparare da un'insegnante che ha un accento simile al proprio, altrimenti aumenta il lavoro degli studenti».

(La Stampa, 11 maggio 2010)

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Gaza Kids: le mini doll dei bambini di Gaza realizzate a mano

Gaza Kids é una serie di doll realizzate a mano da Cupco, con sede in Australia, con la collaborazione del brand americano Poketo. Cupco con le sue bambole fa satira sull'assurda e ridicola natura della società moderna. Un esempio sono queste mini bambole (10x20cm) , i bambini di Gaza, prime vittime del conflitto tra arabi e israeliani. Sono, più piccole delle classiche Cupcodolls. I modelli che vedete sul sito sono le mini-doll disponibili ma usciranno anche altri due modelli nei prossimi mesi (uno con le ali e un altro con le zanne), in totale usciranno 27 nuove mini-bambole.
Le bamboline hanno la testa staccabile, quindi se acquistate due modelli potrete scambiare le loro teste come più vi piace . Nella parte posteriore stampata a mano c'è la dicitura: "Real Arabic"( vero arabo!). In più nella confezione ci saranno anche degli adesivi e dei gadgettini. Le doll sono in vendita su Cupco Shop a 40$ l'una.

(Toysblog.it, 11 maggio 2010)

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Nucleare - L'Aiea non farà paralleli fra i programmi di Israele e di Iran

Il 7 giugno discuterà anche programmi dello Stato ebraico

ROMA, 11 mag. (Apcom) - L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) non ha intenzione di tracciare un parallelo fra i programmi nucleari israeliani a quelli iraniani: lo hanno reso noto fonti diplomatiche citate dal quotidiano israeliano Ha'aretz; l'Aiea si riunirà infatti il 7 giugno prossimo per discutere anche sui programmi nucleari di Israele:.
Fonti dell'Aiea hanno tuttavia sottolineato che l'agenda - di cui l'Associated Press ha ottenuto una bozza - potrebbe subire dei cambiamenti prima della riunione. Lo Stato ebraico - che non è firmatario del Patto di non proliferazione - non ha mai confermato né smentito di possedere armi atomiche, né ha mai permesso agli ispettori dell'Agenzia di visitare i propri impianti. L'Aiea di fatto ha sempre affermato di voler agire sulla base di una effettiva esistenza degli arsenali atomici di Israele, accreditato dagli esperti di circa 200 testate.

(Apcom, 11 maggio 2010)

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Iran-Israele: abbiamo le capacità militari per colpire Teheran

Vicepremier Ya'alon: l'attacco è la miglior forma di difesa

ROMA, 10 mag. - Israele ha le capacità tecnologiche e militari per colpire i siti nucleari iraniani: lo ha affermato il vicepremier dello Stato ebraico, Moshe Ya'alon, le cui dichiarazioni sono state riportate dal quotidiano israeliano Ha'aretz.
Ya'alon, intervenuto a una conferenza sul potere dell'arma aerea, ha sottolineato come le capacità raggiunte da Israele "possano essere impiegate per la guerra contro il terrorismo a Gaza, per una guerra contro gli attacchi missilistici dal Libano, per una guerra contro le forze convenzionali siriane, e anche per una guerra contro uno Stato geograficamente distante come l'Iran".
"Per quel che mi riguarda, l'attacco rimane la miglior forma di difesa", ha concluso Ya'alon, secondo il quale lo Stato ebraico di trova de facto in guerra con l'Iran dato il sostegno di Teheran a gruppi come la palestinese Hamas e il libanese Hezbollah.

(Apcom, 10 maggio 2010)

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Ebraismo, lezione sulla festa di Shavuoth

Presso la sinagoga Scolanova di Trani

Nella sinagoga Scolanova
Nell'imminenza della festa di Shavuoth (a Trani quest'anno comincia dalle ore 20.28 di martedi 18 maggio e termina alle ore 21.33 di giovedi 20 maggio), il hazan di Trani Michele Avraham De Prisco tiene una lezione preparatoria.
Shavuoth è la festa delle settimane e viene celebrata il 6 e 7 di Sivàn, 50esimo giorno dopo Pesach (la Pasqua ebraica) alla chiusura del periodo dell'Omer. Mentre a Pesach si festeggia la liberazione materiale dalla schiavitù d'Egitto, a Shavuoth si festeggia la liberazione spirituale attraverso il dono della Torà; perciò Shavuòt è detta anche Chag Mattan Torà (festa della donazione della Torà). La relazione tra le due feste ben si rapporta a una caratteristica costante della fede ebraica sempre rivolta al duplice aspetto della vita umana: terrena e spirituale. Questo spiega anche la definizione di Shavuoth come Chag haKazzir (festa delle primizie, della mietitura).
Le primizie vengono considerate del Signore perché i primogeniti appartengono a Dio e quindi anche i primi frutti della terra. È questa l'unica festa in cui vige l'uso di portare fiori al Tempio poichè si narra che, quando fu donata la Torà, l'aria emanava profumo di fiori. La cena di Shavuoth comincia molto tardi, dopo l'uscita delle tre stelle. L'usanza askenazita, rispettata anche presso altri minhagim (riti) vuole che si mangino cibi a base di latte perché, come il bambino attinge a primo nutrimento il latte materno, così noi nasciamo alla vita spirituale attingendo a primo nutrimento la Torà, paragonata al latte. Durante la cena di Shavuòt vengono consumati due pani che rappresentano le due Tavole della Legge. È uso altresì riunirsi sino a notte inoltrata per un limud (studio).

(traniweb, 10 maggio 2010)

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Come cambia l'antisemitismo

di Rossella Tercatin

Come cambia l'antisemitismo? Quali sono le forme in cui oggi si manifesta? E soprattutto, con quale approccio occorre contrastarlo?
A cercare di dare una risposta a queste domande è stato un convegno organizzato da Comunità Ebraica di Milano, Fondazione Centro di documentazione contemporanea, Associazione Hans Jonas e Associazione Italia Israele.
Dopo il saluto del presidente della Comunità Leone Soued, ha introdotto gli interventi David Meghnagi dell'Università di Roma Tre. Il professor Meghnagi ha suggerito di analizzare il fenomeno dell'antisemitismo sotto diversi aspetti, le sue forme classiche, le nuove derive e in particolare le sue manifestazioni nel web e infine il rapporto fra Israele e le Nazioni Unite. "Israele è l'unico Stato al mondo nato per volontà dell'Onu, eppure è quello che riceve il maggior numero di condanne in assoluto - ha sottolineato - Non ha diritto a far parte di una organizzazione regionale, né che venga il suo turno a sedere nel Consiglio di sicurezza. Lo Stato degli ebrei è diventato l'ebreo degli Stati".
Adriana Goldstaub e Betti Guetta, dell'Osservatorio del pregiudizio antiebraico del Cdec sono invece entrate nei dettagli della situazione del nostro paese.
La dottoressa Goldstaub ha parlato delle forme e dei veicoli di diffusione dei pregiudizi antiebraici, in particolare i movimenti di estrema destra ed estrema sinistra, alcuni ambienti cattolici integralisti, vicini al movimento lefebvriano, e il fondamentalismo islamico. Betti Guetta ha evidenziato che, sebbene in Italia il numero di episodi di antisemitismo sia molto minore che negli altri stati europei, esiste una preoccupante tendenza di legittimazione sociale dell'antisemitismo che, dopo la Shoah, sembrava scomparsa per sempre. "Grazie a Internet trovare materiale antisemita e negazionista è diventato semplice - ha chiarito - Queste idee, che spesso appaiono rivestiste da un'autorità pseudo scientifica circolano liberamente e vengono assorbite da molta gente, specie fra i giovani. Così si crea nella percezione di tanti una sorta di diritto a essere antisemiti, anche perché la conoscenza di persone di religione ebraica, e sull'ebraismo in generale, è scarsa".
In questo modo è più facile dare vita a manifestazioni come le due conferenze dell'Onu contro il razzismo di Durban I e Durban II nel 2001 e 2009, dove due incontri per parlare di diritti umani sono diventati il palcoscenico contro Israele, per Stati che questi diritti li calpestano quotidianamente.
A raccontare la sua esperienza in queste conferenze e in particolare in quella del 2009 a Ginevra è stato Hillel Neuer direttore esecutivo della Un Watch, organizzazione che si occupa di vigilare dell'aderenza dell'Onu alle sue stesse Carte fondamentali. Neuer ha ricordato il successo dell'iniziativa che l'Un Watch ha promosso in parallelo in quei giorni, il Geneva Summit for Human Rights, Tolerance and Democracy, in cui sono intervenuti dissidenti di tanti paesi in cui i diritti umani sono costantemente violati, oltre che figure di rilievo del panorama culturale e politico mondiale, chiudendo con una speranza "I giorni di Ginevra hanno dimostrato che se siamo uniti, intelligenti e ben organizzati, possiamo davvero fare la differenza".

(Notiziario Ucei, 10 maggio 2010)

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Vulcano Islanda: la nuvola verso Tel Aviv

Riunione per decidere eventuale sospensione dello spazio aereo

TEL AVIV, 10 mag - Si sta avvicinando anche ad Israele la nuvola con la polvere del vulcano islandese in eruzione. Lo scrive il sito web Ynet. A quanto risulta in Israele, la nuvola dovrebbe passare sopra Cipro nel pomeriggio e proseguire nella nottata in direzione di Israele. Convocata una seduta di emergenza dal ministero dei Trasporti e i responsabili del traffico aereo per decidere la eventuale sospensione dei voli nello spazio aereo di Israele.

(ANSA, 10 maggio 2010)

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La "rivoluzione culturale" in Palestina è ancora molto lontana

di Roberto Santoro

Nel fine settimana l'Autorità nazionale palestinese si è riunita decidendo di riprendere il dialogo, per ora indiretto, con Israele: i "proximity talks". La mediazione dell'inviato speciale americano Mitchell ha ottenuto quindi il primo risultato concreto da quando è iniziata la politica obamiana dei piccoli passi: sbloccare lo status quo successivo a "Piombo Fuso", la guerra di Gaza, che aveva interrotto i rapporti fra le rispettive diplomazie, e ricreare le condizioni per le trattative del processo di pace. Hamas, che continua a controllare la Striscia, ha contestato duramente la decisione di Abu Mazen. La spaccatura all'interno del mondo palestinese, dunque, non è finita. Esistono "due" palestine, ognuna con la sua politica verso Israele.
Nel corso di decenni, l'OLP è riuscita a fare molto per i palestinesi. E' passata da una prima fase di "nativismo armato" ad una seconda fase partitica, nazionalista, in grado di promuovere la 'causa' a livello planetario, immune alle concessioni diplomatiche; poi, con la costituzione dell'Autorità Nazionale, si è cominciato a dare delle fondamenta istituzionali all'idea di Patria, costruendo un edificio ancora debole, ma che un giorno, come ha detto Netanyahu, diventerà lo stato palestinese.
Mitchell per adesso non si cura di Gaza, concentrandosi sulla West Bank, ma in realtà anche fra i negoziatori dell'ANP scarseggiano le idee nuovea. La stessa decisione di riprendere i talks sembra un modo per sfruttare la lentezze e le indecisioni americane: farsi avanti, mostrarsi disponibili al negoziato, per poi tirarsi indietro la momento giusto. Una strategia nota quella palestinese, un po' meno se pensiamo agli Usa. Guardando le immagini dell'ultima riunione dell'ANP, quella in cui è stato dato il via libera ai talks, ci renderemo conto che l'età media dell'esecutivo di Abu Mazen è sulla sessantina d'anni, e anche di più, il che vuol dire che si tratta di uomini politici che appartengono, ideologicamente e dal punto di vista della loro storia personale, a una generazione vecchia, prigioniera di una visione datata del conflitto, che non è detto coincida più con i bisogni materiali del popolo palestinse.
I leader usano parole d'ordine stonate rispetto al vocabolario di cui avrebbe bisogno una moderna democrazia, nel momento in cui sta costituendo come stato. Perfino i "maverick" della politica palestinese, come l'intellettuale e attivista Barghouti (secondo solo ad Abu Mazen nelle ultime elezioni), che si definisce un nonviolento e viene corteggiato dalla grande stampa internazionale (di questi giorni una lunga intervista a Foreign Policy), ricorrono ai soliti cliché sulla resistenza palestinese: l'apartheid, un repertorio che non ha perso il suo appeal ma sembra ormai separato dall'attualità, dalle esigenze della Palestina di domani (quelle della crescita economica, ad esempio).
I giovani palestinesi lamentano l'incapacità delle classi dirigenti di trovare soluzioni nuove a problemi antichi. Il malumore cresce e questo potrebbe essere il segno che qualcosa è destinato a muoversi: una 'rivoluzione democratica' in Palestina? Riconoscere che Isreale è uno stato ebraico? Rompere l'unità palestinese puntando su un accordo separato che escluda Hamas? Sono solo alcune domande, nell'eventualità che i proximity talks possano sbocciare in un vero negoziato tra palestinesi e israeliani.

(l'Occidentale, 10 maggio 2010)

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La ferita del Sud

di Donatella Di Cesare

Sono cominciati i festeggiamenti per l'unità d'Italia. Tra le dolorose separazioni che restano c'è, per l'ebraismo italiano, quella tra il centro e il nord, da un canto, e il vuoto che dall'altro si apre a sud di Napoli. Questa linea di demarcazione viene ormai considerata con una certa ovvietà, una rinuncia condiscendente e accomodante. Il sud, quello degli ebrei espulsi nel 1511, o degli ebrei rimasti e convertiti, dei marrani, sembra un po' consegnato al suo destino. Non diversamente da quanto ha fatto e fa la politica "nazionale". D'altronde, se il capitolo dei marrani si chiuderebbe tra il Cinquecento e il Seicento, perché occuparcene? E poi i colpevoli sono loro. Torna infatti, e viene ripetuta, l'accusa antica rivolta ai marrani: quella dell'ipocrisia e della finzione. La loro "dualità" peserebbe insomma ancora. Per non parlare poi del fatto che si tratterebbe di quantità irrisorie. Eppure basterebbe pensare al caso della Calabria. Non solo alla grande tradizione qabbalistica, a Chaim Vitale calabrese. Ma a tutto quello che è rimasto dopo. In un libretto di poche pagine, intitolato "Gocce" (Giuntina 2009), Nocera ha raccolto alcune testimonianze. Spicca quella su Benedetto Musolino, il "sionista calabrese", protagonista del Risorgimento italiano ma anche rivoluzionario europeo, che nel 1851 scrisse: "Gerusalemme ed il Popolo Ebreo. Progetto da rassegnarsi al Governo di Sua Maestà Britannica" in cui auspicava - ben prima di Herzl - la fondazione di uno Stato ebraico e la rinascita della lingua ebraica. Certo, ormai è tardi. Mentre subito dopo la Shoà i primi rabbini tedeschi si precipitavano a Mallorca per salvare quello che restava dei marrani (e lì oggi fiorisce una comunità), l'Italia meridionale si svuotava con la grande emigrazione. Sono rimasti nei paesi sulle colline - da Caulonia a Gerace, da Siderno a Grotteria - i quartieri chiamati "judeca". Pietre di sinagoghe distrutte o inglobate in chiese o altri edifici, ma anche e soprattutto scintille ebraiche in quei discendenti di marrani, e marrani a loro volta - più consapevolmente di quanto non si creda. Chissà che questa data, un anniversario che richiama paradossalmente l'altro, l'unità nazionale che rinvia al gherush che divise il meridione dagli ebrei, non sia l'inizio di una nuova presenza ebraica nel sud.

(Notiziario Ucei, 10 maggio 2010)

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Israele, Estonia e Slovenia nell'Ocse

Fondata nel 1961, l'Ocse riunisce al momento 31 membri "legati ai principi della democrazia e dell'economia di mercato". Il ministro delle finanze israeliano, Youval Steinitz: un "successo storico".

L'adesione di Israele, Estonia e Slovenia all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e' stata "formalmente convalidata" stamani. L'ha affermato una fonte Ocse.
Fondata nel 1961, l'Ocse riunisce al momento 31 membri, secondo il suo sito, "legati ai principi della democrazia e dell'economia di mercato".
L'adesione dei tre paesi, che avevano aperto i negoziati nel 2009, e' stata "formalmente convalidata questa mattina al consiglio degli ambasciatori dell'Ocse", ha spiegato la fonte.
Il consiglio degli ambasciatori riunisce i rappresentanti dei 31 paesi dell'organizzazione. "La cerimonia ufficiale d'adesione avra' luogo il 27 maggio a Parigi, alla presenza del primo ministro francese Francois Fillon e dei rappresentanti" dei tre paesi.
Il ministro delle finanze israeliano, Youval Steinitz, parlando alla radio, ha definito l'ingresso di Israele un "successo storico" che da' al paese una legittimita' come stato economicamente avanzato. E ha aggiunto che l'accordo per l'adesione e' stato il frutto di 4 anni di sforzi.

(RaiNews24, 10 maggio 2010)

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I negoziati indiretti sono catastrofici

Lo dice Hamas che continua ad opporsi alle trattative

GAZA, 9 mag - L'opposizione totale alla ripresa di qualsiasi tipo di negoziati con Israele e' stata ribadita anche oggi da Hamas a Gaza. Sull'odierno avvio di colloqui indiretti dell'Anp con il governo di Netanyahu mediati dagli Usa, il portavoce di Hamas Fawzi Barhum ha detto che sono un 'passo catastrofico per i palestinesi che sara' certo sfruttato dell'occupante', cioe' Israele. Ieri da Damasco la direzione politica di Hamas aveva bollato i negoziati come 'un crimine politico' dell'Anp.

(ANSA, 9 maggio 2010)

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Vogliamo il calcio, non la guerra

di Rosanna Picoco

L'embargo che da più di mille giorni soffoca la Striscia di Gaza, fa si che una popolazione, che ha voglia di vivere e andare avanti, faccia emergere uno spirito resiliente, in grado di trovare soluzioni alternative per affrontare la quotidianità.
E così è stato anche per questa iniziativa sostenuta dall'UNDP: la Gaza World Cup. Impossibilitati a lasciare la Striscia per poter seguire il campionato del mondo che inizierà il prossimo mese in Sudafrica, i gazawi hanno deciso così di creare il loro campionato mondiale. Partecipano le stesse nazionali che si sfideranno in terra africana, oltre alle "nazionali" di Palestina, Egitto e Giordania. I calciatori sono per la maggior parte palestinesi, ma fanno parte delle varie squadre gli operatori umanitari che lavorano nella Striscia, entusiasti dell'idea di contribuire a questa iniziativa.
La cerimonia di apertura si è svolta domenica 2 maggio e la finale si svolgerà la prossima domenica, le date sono state stabilite per non creare "concorrenza" ai Mondiali di Sudafrica 2010. Il premio sarà una coppa costruita da un artigiano locale e realizzata con il ferro e le macerie di cui la Striscia è piena.
Le partite si svolgono nei due stadi di Gaza, Palestina e al-Yarmuk, affollati di gente, che da tempo non seguiva dal vivo una partita. Tutti gli eventi completamente gratuiti, un'occasione per uomini e per donne, tutti invitati a partecipare e festeggiare insieme.
"Attraverso questo torneo vogliamo dire al mondo che i gazawi stanno giocando il loro sport preferito nonostante l'assedio e la sofferenza", queste le parole di Ibrahim Abu Salim, direttore della Lega Calcio palestinese.
L'obiettivo di questo torneo è quello di riaccendere i riflettori sulla situazione di Gaza e sui giovani, speranza per il futuro. Il progetto dell'UNDP è dedicato proprio ai giovani della Striscia di Gaza per permettere loro di mandare un messaggio di pace e di creatività all'intero mondo.
La nazionale palestinese è stata purtroppo sconfitta durante la prima partita dalla nazionale italiana, ma ciò non ne fa la squadra perdente.
La squadra italiana a Gaza
«Ho accettato volentieri di prendere parte alla Gaza World Cup - ha detto Gianluca De Luigi, il cooperante della Ong Cric di Reggio Calabria che si è procurato il calcio di rigore che ha dato la vittoria all'Italia -, spero che questa iniziativa sportiva serva in qualche modo a riportare lo sguardo del mondo sulla Striscia di Gaza che sta affrontando una situazione difficilissima ma che purtroppo trova sempre meno spazio sui media».
Lo sport come un ponte che avvicina e che fa incontrare, che comunica e annulla le differenze.

(Sanvitoinrete.it, 9 maggio 2010)


L’embargo e l’assedio dei cattivi israeliani, le sofferenze dei poveri palestinesi; i palestinesi che giocano a calcio e vogliono la pace, mentre gli israeliani... già, chissà che cosa vogliono gli israeliani. Forse come sport preferito hanno il tiro al bersaglio dei palestinesi. Ecco come si può fare subdola disinformazione anche dando una notizia che in sé è positiva. Che i palestinesi giochino a calcio invece di lanciare missili su Israele e mandare i figli a farsi saltare in aria per ammazzare ebrei non può che far piacere, soprattutto agli israeliani. Ma qualcuno dovrebbe pur dire ai palestinesi che se Hamas continua a ripetere che il suo obiettivo è la distruzione di Israele, questa è guerra. Ed è una guerra di cui i palestinesi devono lamentarsi con i loro capi, non con i giornalisti. M.C.

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Hamas offre il perdono ai collaborazionisti confessi

Nel contesto della lotta ingaggiata contro quanti sono sospettati di collaborazionismo con Israele - culminata di recente con l'esecuzione di due persone - il governo di Hamas a Gaza offre adesso un periodo di indulgenza a quanti si consegneranno spontaneamente alle autorità di Gaza.
Il portavoce del ministero degli interni di Hamas, Ihab al-Ghussein, ha precisato che i collaborazionisti che vogliono autodenunciarsi avranno tempo fino al 10 luglio. Potranno anche utilizzare a questo scopo i buoni servigi dei capi-clan delle loro famiglie, di esponenti religiosi o di dirigenti di partiti politici. La segretezza sarà garantita e costoro avranno diritto ad attendersi un perdono.
Ma quanti fossero scoperti invece in una data successiva "dovranno affrontare i rigori della legge", ha avvertito il portavoce. La esecuzione dei due palestinesi accusati di collaborazionismo ha destato proteste internazionali nei confronti di Hamas ed è stata condannata anche da organizzazioni umanitarie palestinesi.

(Blitz quotidiano, 9 maggio 2010)

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Demolizione di un collegio rabbinico

In Cisgiordania ordinata dal ministro della difesa Barak

TEL AVIV, 9 mag - E' stata ordinata la demolizione di un collegio rabbinico che raccoglie gli estremisti radicali del movimento dei coloni in Cisgiordania. L'ordine e' stata emesso dal ministro della difesa israeliano Ehud Barak, anche in reazione a gravi incidenti avvenuti di recente nella colonia di Yitzhar. Lo ha riferito la televisione commerciale Canale 10 secondo cui i dirigenti del collegio rabbinico hanno gia' anticipato che faranno tutto il possibile per sventare la minaccia incombente.

(ANSA, 9 maggio 2010)

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Atlete con il velo nella Striscia di Gaza

Velo, tuta e scarpe da ginnastica, pronte a scattare sulla linea di partenza: 40 ragazze palestinesi hanno partecipato al campionato di atletica di Al-Aqsa. Si tratta di un evento quasi unico nella striscia di Gaza, dove i militanti di Hamas sono contrari al fatto che le donne facciano sport. Le atlete si sono cimentate nelle gare di velocità sui 100, 400 e 1.500 metri e nel salto in lungo.


(La Stampa, 9 maggio 2010)

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Hamas vuole fermare i negoziati

di Valeria Pannuti

GERUSALEMME - Hamas chiude le porte al dialogo. L'associazione estremista palestinese, che controlla la Striscia di Gaza, prende posizione contro i negoziati con Israele. Definendoli assurdi. L'autorita' nazionale palestinese non dovrebbe approvare i negoziati, fa sapere Hamas: in questo modo legittimerebbe l'occupazione dei suoi territori. Lo riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz.
La presa di posizione del movimento arriva nel giorno in cui il comitato esecutivo dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina si incontra per discutere l'approvazione dei negoziati mediati dagli Stati Uniti.
Ieri era stato il Fronte popolare per la liberazione della Palestina a pronunciare un secco 'no' ai negoziati indiretti, definendoli "malati e assurdi, a prescindere dal fatto che siano diretti o indiretti".
Il presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha già dato un generico via libera ai negoziati indiretti e anche la Lega Araba ha assunto la scorsa settimana la stessa posizione. Ma un provvedimento formale è atteso dalla riunione di oggi.
Hamas ha recentemente scioccato l'opinione pubblica, destando dure critiche fra gli stessi dirigenti di Gaza, con un crudele cartone animato sul soldato israeliano Gilad Shalit, sequestrato quasi quattro anni fa. Immagini che la dicono lunga sui codici comunicativi dell'organizzazione estremista.
Liberate i prigionieri palestinesi o il giovane Shalit tornerà morto, questo il messaggio.
Il filmato mostra il padre di Gilad Shalit (Noam) che invecchia nella trepida attesa di riabbracciare il figlio prigioniero a Gaza. Nel filmato Noam Shalit e' ormai un vecchio ricurvo e con la barba bianca quando finalmente gli viene annunciato il ritorno a casa del figlio: ma quando si apre il valico di confine, si trova di fronte solo una bara.
Noam, tradito e disperato grida ''no!'' quando si vede recapitare il suo feretro
Hamas vorrebbe che fossero rimessi in liberta' un numero notevole di terroristi. Fra questi, gli organizzatori di gravi attentati che hanno insanguinato le citta' israeliane nelle prime fasi della Intifada.
E i difetti di civilita' di Hamas e la chiusura in una cultura di morte si possono leggere anche in una novita' inaugurata di recente dal gruppo estremista: la fucilazione dei collaborazionisti.
Le autorita' di Hamas nella Striscia di Gaza hanno giustiziato il 15 aprile due palestinesi accusati di collaborazionismo con Israele. Nonostante gli appelli delle organizzazioni per i diritti umani, per i due uomini, arrestati nel gennaio 2009, non c'è stato niente da fare.

(RaiNews24, 8 maggio 2010)

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Alghe contro pressione alta, colesterolo e malattie cardiache

I vegetali acquatici per promuovere la salute dell'apparato cardiocircolatorio

Arriva dalle alghe un possibile aiuto conto i problemi di pressione alta e colesterolo che possono essere dannosi per la salute di cuore e arterie.
Gli scienziati israeliani della Ben-Gurion University di Negev, guidati dal professor Zvi HaCohen hanno scoperto che le alghe di un nuovo ceppo chiamate IKG-1 pare siano l'unico tipo di alga mutante di acqua dolce in grado di produrre significative quantità di un acido grasso polinsaturo detto DGLA (acido diomogammalinolenico). Le alghe in questione sono in grado di accumulare questo acido fino al 15% del loro peso secco.
Questo acido grasso polinsaturo, già noto per le sue proprietà antinfiammatorie, fa parte del gruppo di acidi grassi essenziali noti come omega-6 o PUFA. Tuttavia, in natura, il DGLA appare solo come prodotto intermedio nella biosintesi di altri composti e non è possibile trovarlo in concentrazioni adeguate o apprezzabili.
A detta dei ricercatori pochi studi clinici sono stati eseguiti sugli effetti e le proprietà di questo acido. Il loro studio ha permesso di scoprire che le alghe IKG-1 sono un importante serbatoio di dell'acido DGLA e possono essere utilizzate come complemento nel trattamento dei problemi legati alla pressione alta, al colesterolo e, quindi, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

(La Stampa, 8 maggio 2010)

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Le foto compromettenti scattate dai nazisti riaprono il dibattito sul collaborazionismo

L'immagine di un bordello tedesco in un «mikvè», il bagno rituale ebreo, riassume i temi cari alla propaganda nazista nella Francia occupata, evoca il collaborazionismo dei francesi. È una delle inedite foto scattate dai nazisti che Cecile Desprairies ha scoperto negli archivi tedeschi, cui «Liberation» dedica un inserto, in attesa della mostra del 12 ottobre. Ed è probabile che la notizia getti scompiglio oltralpe: la storica ha scoperto «tanti francesi, mai disturbati, che devono la loro carriera a quei tempi neri».

(il Giornale, 8 maggio 2010)

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La beffa Onu: «La minaccia viene da Israele»

di Fiamma Nirenstein

Avrebbe dovuto essere il momento critico in cui tutti gli occhi si sarebbero fissati sull'obiettivo di far cessare l'Iran dalla preparazione della bomba atomica, in cui l'Iran sarebbe stato affrontato in modo decisivo, e invece è stata una memorabile, paradossale settimana di successi per Ahmadinejad, invitato a New York in occasione della Conferenza per la revisione del trattato di non proliferazione nucleare dell'Onu. All'apertura in pompa magna già si è svolto uno stravagante testa a testa alla pari, che certo Ahmadinejad sognava, fra il presidente iraniano e Hillary Clinton. Il presidente iraniano sdottoreggiava minacciosamente sui gravi rischi che il mondo corre a causa degli Usa e di Israele, e ha sfidato di nuovo tutti sul nucleare: «Anche se le sanzioni non saranno benvenute, non le temiamo e la nazione iraniana non se ne lascerà fermare». Insomma, seguiterà con l'atomica. Perché non dovrebbe? Dagli eventi e dalle voci sulle possibili decisioni del Consiglio di Sicurezza sembra che l'Iran potrà seguitare ad arricchire il suo uranio senza troppi impicci.
Alla conferenza si sarebbe dovuto verificare la capacita dell'Npt di obbligare coloro che ne fanno parte a seguirne le regole, ovvero l'efficienza delle ispezioni alle strutture nucleari nel garantire l'equilibrio strategico del mondo. Buone ragioni per mettere sotto inchiesta, naturalmente, l'Iran. Ma la conferenza è avvenuta nel generale clima di denuclearizzazione che Obama suggerisce al mondo. Questo clima di pace però non ha funzionato per affrontare il tema del regime che unisce alla costruzione accertata di impianti segreti una strategia di armamenti e di alleanze quanto mai aggressiva; è invece stato funzionale al lancio di una campagna contro Israele di cui l'Egitto è il leader. L'Egitto è arrivato alla Conferenza dopo aver convinto gli Usa ad abbracciare, come poi di fatto è avvenuto, la proposta di un «Medio Oriente denuclearizzato». Ovvero ad affrontare come uno dei temi centrali il tema dell'atomica israeliana. Gli Usa hanno appena evitato che la conferenza chiedesse sanzioni contro Israele per il loro rifiuto di firmare l'Npt. Ma mercoledì si sono uniti ai quattro membri permanenti del Consiglio di sicurezza per firmare un documento per un Medio Oriente nuclear free. Subito dopo il nuovo direttore generale Yukiya Amano ha scritto una lettera all'Aiea, l'agenzia di controllo dell'energia atomica, per chiederle consiglio su come costringere Israele a iscriversi all'Npt. E sembra che Gli Stati Uniti siano d'accordo per una prossima conferenza non contro il nucleare iraniano, ma contro quello israeliano. Ovvero: mentre si sta creando una situazione terribilmente minacciosa, mentre l'Iran si affretta verso la bomba ormai a portata di mano, la Siria è stata fermata mentre costruiva una centrale con l'aiuto della Nord Corea, e soprattutto mentre di fronte all'imminente minaccia di un Iran nucleare, l'Egitto, l'Arabia Saudita, la Turchia, i Paesi del Golfo cominciano a sviluppare un loro arsenale nucleare, gli Usa si lasciano irretire nella dimensione propagandistica della liberazione del Medio Oriente dal nucleare. E lo diventerà sempre di più se l'Iran non verrà fermato. Perché è vero che Israele nasconde in una nuvola di vaghezza il suo nucleare che tutti pensano saldamente basato a Dimona da quarant'anni, ma è altrettanto vero che in questi decenni, nonostante tante guerre e tante aggressioni, esso non ha mai minacciato nessuno, ovvero che si tratta di un nucleare difensivo.
L'ultima stravaganza della nuova moda iraniana è stata venerdì sera una cena assai ben frequentata offerta dal ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki per le quindici nazioni che fanno parte del Consiglio di Sicurezza. Non sarebbe stato molto più sensato invece che la riunione dell'Npt si fosse concentrata e si concentrasse sull'Iran?
Alla cena di Mottaki, dove molti diplomatici lodavano la possibilità di avere un franco scambio di idee, l'ambasciatore giapponese Yukio Takasu si è spinto a dire, molto audace davvero, che l'Iran ha il diritto di perseguire capacità nucleari per scopi pacifici. Insomma, al solito basta dire Onu e si può stare sicuri. Del prossimo disastro.

(il Giornale, 8 maggio 2010)

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Angeli e demoni nei cieli di Gerusalemme

In mostra tremila anni di fede, magia, superstizione ebraica

di Aldo Baquis

La ciotola protettiva che invocava
dall'angelo Sarfiel la protezione della
casa di Kafnay Ben Imma
GERUSALEMME - Diavoli di secolare perfidia, angeli sempre pronti a sottoporsi al servizio di persone di eccezionale levatura morale, amuleti di comprovata efficacia nella prevenzione di sventure, ricette sofisticate per la confezione di pozioni amorose o di pupazzi di cera mediante i quali mettere in ginocchio nemici e rivali: sono l'oggetto di una provocatoria mostra su tremila anni di riti e magia ebraica inaugurata a un passo dalla Knesset, l'edificio del parlamento di Gerusalemme che incarna il moderno Stato d'Israele.
Intitolata 'Angeli e Demoni', la mostra va visitata con adeguata circospezione. A scanso di equivoci, gli organizzatori consigliano vivamente di "entrare col piede destro" nel Museo delle Terre della Bibbia che l'ha organizzata. Che la magia sia stata sempre ripudiata dai maestri della dottrina ebraica ufficiale, è cosa nota. Che comunque fra gli ebrei ci siano sempre stati nei millenni elementi indisciplinati pronti a dedicarsi a pratiche esoteriche è pure testimoniato con abbondanza di prove. Lo stesso re Salomone, noto per la sua oceanica sapienza e l'asserita capacità di conversare con gli animali, non disdegnava - secondo leggende del primo millennio a.C. - il ricorso a forze inquietanti: lo avrebbe appreso fra gli altri anche il diavolo Ashmodai, costretto dal monarca a sollevare le pesantissime pietre necessarie a innalzare le mura del Tempio di Gerusalemme.
Fra i reperti più antichi in mostra vi è una bolla dell'ottavo secolo a.C. che presenta quattro lettere ebraiche: L-L-H-SH. Anche l'israeliano moderno comprende rabbrividendo che apparteneva a un 'Lohesh', ossia a 'colui il quale sussurra' benedizioni o maledizioni. Per la difesa delle abitazioni ebraiche nella Mesopotamia del V secolo vi era la pratica di disporre ciotole all'ingresso della casa con l'apertura rivolta verso il basso. All'interno, in una stretta spirale, era tracciata una formula magica in ebraico-aramaico che nelle intenzioni doveva incuriosire gli spiriti maligni e farli precipitare via-via sempre più in basso nella ciotola, sempre più storditi, fino a trovarsi a tu per tu con un vindice angelo protettore: ad esempio l'angelo Sarfiel, convocato a proteggere l'abitazione di un certo Kafnai Ben Imma. In secoli a venire si sarebbe creduto che la semplice evocazione di quattro angeli specializzati (Sanoi, Sansoi, Samangaluf e Samangalon) sarebbe bastata per proteggere la vita dei nascituri dalle trame di Lilith, la divinità delle tenebre scacciata dal Giardino dell'Eden.
Nella mostra l'attenzione di molti è polarizzata da una canottiera scoperta mezzo secolo fa durante scavi archeologici nel deserto della Giudea, nella grotta-nascondiglio dei guerriglieri ebrei di Bar Cochbà, che negli anni 132-135 d.C sfidarono le legioni romane. "Proprio là fu ritrovata la canottiera di un bambino - spiega all'ANSA Yehuda Kaplan, uno dei curatori dell'evento. - E' la prima volta che viene esposta. Il suo interesse deriva dal fatto che, oltre alla ottima conservazione, consente di vedere i nodi che aveva ai lati". Gli studiosi sapevano di quella antica superstizione, ma coi loro occhi non l'avevano mai vista prima: al capo dei nodi erano racchiusi un grano di sale, una scheggia di rame, un frammento di bitume. Il tutto a protezione del piccolo. Dalle finestre della Knesset i parlamentari vedono il Museo dove sono esposti gli amuleti e i testi magici e, forse, sorridono con sufficienza pensando alle superstizioni dei loro antenati. Ma il sorriso si gela sulle labbra quando ci si ricorda che proprio una maledizione cabalistica (la 'Pulsa de Nura') fu pronunciata (e pubblicamente annunciata) da rabbini ostili alla pace e cari all'ala ultrà del movimento dei coloni una settimana prima dell'uccisione di Yitzhak Rabin (1995).
E sei mesi prima dell'ictus che colpì Ariel Sharon (2006). Secondo Kaplan, nei secolari manoscritti in mostra non ci sono formule del genere. O se ci sono - fra le pagine d'antichi testi scritti da rabbini cabalisti in un'arcana 'Lingua degli Angeli' mai decifrata - non sono state ancora comprese.

(ANSA, 8 maggio 2010)

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Salone del Libro: polemiche per il premio a Oz

Parte da Torino una nuova campagna di boicottaggio culturale a Israele

TORINO, 7 mag - Ancora una volta il Salone del Libro e' al centro delle polemiche mosse dagli intellettuali universitari, come il filosofo Vattimo.Nel 2008 le polemiche scoppiarono quando Israele fu il paese ospite.Ora e' la nomina, tra i 3 finalisti del nuovo Premio Salone Internazionale del Libro, dello scrittore israeliano Amos Oz. Scrittore, secondo l'associazione pacifista ISM, vicino al potere e mirato ad avvallarne [sic!] le politiche violente e razziste nei riguardi di tutto cio' che non e' ebreo.

(ANSA, 8 maggio 2010)

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Libano - Israele prepara una nuova guerra secondo la stampa kuwaitiana

L'attacco scatterebbe appena sarà localizzato il nascondiglio del leader di Hezbollah, Nasrallah - Israele sarebbe pronto a dichiarare guerra al Libano nel momento in cui si scoprisse il luogo dove si nasconde Sayyed Hassan Nasrallah, leader del movimento sci'ita Hezbollah. A riportare oggi la notizia è stato il giornale kuwaitiano Al Rai al Aam, citando anonime fonti occidentali. Israele considera fondamentale la decapitazione del movimento, che gode del sostegno iraniano e siriano: "metà della battaglia sarebbe già vinta". Nasrallah vive in un luogo segreto dallo scoppio della seconda guerra in Libano nel 2006. Hezbollah ha più volte dichiarato di essere uscita da quei 34 giorni di conflitto più forte di prima e di essere in possesso di missili a lunga gittata in grado di colpire ovunque all'interno di Israele. Lo Stato ebraico ha di recente accusato la Siria di aver fornito ad Hezbollah missili balistici Scud. Damasco ha respinto le accuse. Le fonti citate da Al Rai al Aam affermano inoltre che sarebbe "divenuto impossibile per Israele rimanere in silenzio di fronte alle capacità di Hezbollah" e che lo Stato ebraico potrebbe ricorre ad una guerra preventiva.

(PeaceReporter, 8 maggio 2010)

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Centinaia di firme per l'appello di Fiamma Nirenstein in risposta a "JCall"

Fiamma Nirenstein
In poco piu' di due ore ha raccolto oltre 400 firme, tra cui quelle di numerosi personaggi di rilievo internazionale, l'appello in risposta a "JCall", lanciato oggi da Fiamma Nirenstein, giornalista e parlamentare Pdl, dal Foglio, dal sito Informazione Corretta e da L'Occidentale.
Tra i primi firmatari compaiono Paolo Mieli, Giuliano Ferrara, Alain Elkann, Enrico Pianetta, presidente dell'Associazione parlamentare di Amicizia Italia-Israele, Riccardo Pacifici, presidente della comunita' ebraica romana, Dore Gold, ex ambasciatore di Israele all'Onu, il filosofo francese Shmuel Trigano, Norman Podhoretz, scrittore americano ed ex direttore di Commentary Magazine, la studiosa americana Phyllis Chesler, il professor Giorgio Israel, i giornalisti Angelo Pezzana, Giancarlo Loquenzi, Giulio Meotti e Carlo Panella e numerosi parlamentari.
L'appello, diffuso anche in inglese e francese, vuole essere una risposta a "JCall", il gruppo di intellettuali francesi che pochi giorni fa ha presentato al Parlamento europeo un documento chiamato "Appello alla ragione", in cui si oppone all'odierna politica israeliana e rivendica il diritto, mai negato, di criticare Israele.
"Con Israele, con la ragione", cosi' e' intitolato l'appello promosso oggi, sostiene invece le ragioni di Israele contro il rifiuto arabo che blocca ogni percorso di pace. Si ripropone inoltre di creare in Europa un movimento di sostegno alle ragioni di Israele come premessa basilare per un reale ed effettivo percorso di pace.

(RaiNews24, 7 maggio 2010)

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I palestinesi si confermano favorevoli a negoziati con Israele

Un sondaggio evidenzia che la maggioranza vuole la ripresa delle trattative, si oppone al lancio dei razzi Qassam da Gaza contro Israele e allo scoppio di una terza intifada, si fida più di Fatah che di Hamas e n caso di elezioni voterebbe per il candidato di Fatah.

GERUSALEMME - La maggioranza dei palestinesi (il 60,8%) è a vari livelli a favore della ripresa di negoziati indiretti con Israele, si oppone al lancio dei razzi Qassam da Gaza contro Israele e allo scoppio di una terza intifada (72,2%), si fida più di Fatah (53,0%) che di Hamas (15,0%) e n caso di elezioni voterebbe per il candidato di Fatah.
Sono i dati più significativi che emergono dal più recente sondaggio compiuto dal Palestinian Center for Public Opinion (PCPO), un ente indipendente che dal 1994 studia l'opinione pubblica palestinese, diretto da Nabil Kukali, cristiano, che è anche professore alla Hebron University, in Cisgiordania.
I palestinesi confermano, dunque, di essere a favore dei negoziati con Israele e sono decisamente convinti di sostenere trattative che fossero favorite da un congelamento anche temporaneo degli insediamenti. Il 15,4% è "fortemente" e il 45,4% "abbastanza" d'accordo, contro il 9,0% che èè del tutto contrario e 20,5% che "piuttosto contrario". Più in generale, il 15,1% dice di "sostenere con forza" l'idea dei negoziati, il 42,9 di essere "abbastanza favorevole", contro il 20,8% che "piuttosto contrario", il 13,3 che "decisamente contrario" e un 9,7 che "non sa". La maggioranza dei favorevoli appare comunque minore del 73,6% che lo stesso Centro registrò in un sondaggio del febbraio del'anno passato.
Decisamente contraria appare invece l'opinione pubblica palestinese allo scoppio di una terza intifada: il 72,2% si oppone e solo il 22,8% è a favore. Negativa anche la risposta alla domanda se riprendere I lanci dei razzi Qassam da Gaza. Il 30,6% è "fortemente contrario" e il 31,6 è "piuttosto contrario", mentre l'11,1 è "decisamente" e il 18,0 "abbastanza" a favore dei lanci.
L'atteggiamenti verso i negoziati appare riflettersi anche nella fiducia verso gli esponenti politici e le intenzioni di voto. Così, il 53,0% dice di aver fiducia negli uomini di Fatah, mentre il 15% dà credito a Hamas. Significativo un 26,3% che dice di non fidarsi di nessuno dei due gruppi. Un altro 5,7% è "indeciso".
Il 49,7% dei palestinesi è comunque "soddisfatto" di come Mahmoud Abbas sta guidando l'Autorità palestinese, mentre il 32,5% non lo è e un 17,8% rifiuta di rispondere. L'atteggiamento appare confermato anche nell'ipotesi di elezioni presidenziali. Il 32,9% confermerebbe Abbas, seguito da Marwan Barghouthi, il leader di Fatah in progione in Israele. Solo terzo, nelle intenzioni di voto, il leader politico di Hamas, Ismael Haniyyeh (12.4 %). Lo seguono Mohammad Dahlan (4.1 %), Mustapha Barghouthi (2.6 %), Tayseer Khaled (1.2 %), Mahmoud Zahhar (1.0 %) e altri.

(AsiaNews, 7 maggio 2010)

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Vicolo cieco per i colloqui di pace con i palestinesi

GERUSALEMME, 7 mag. - I negoziati tra israeliani e palestinesi sono destinati a scontrarsi contro un muro di mattoni perche' nessun leader palestinese accettera' quello che Yasser Arafat ha respinto a Camp David 10 anni. E, allo stesso tempo, nessun primo ministro israeliano offrira' di piu'. E' questa la tesi che il vice premier israeliano e ministro per lo sviluppo regionale Silvan Shalom ha espresso in un'intervista rilasciata al quotidiano 'The Jerusalem Post'.

(Adnkronos, 7 maggio 2010)

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Scoperto il gene dello stress che ci fa ingrassare

WASHINGTON, 7 mag. - Potrebbe essere lo stress della vita moderna a spingerci a mangiare piu' cibi grassi e zuccherati, facendoci ingrassare. Almeno secondo un gruppo di ricercatori dell'Istituto Weizmann di Israele, dopo aver scoperto il 'gene dell'ansia' che, quando 'acceso', provoca stress e aumenta la nostra voglia di mangiare dolciumi e cibi grassi. "Abbiamo dimostrato che le azioni di un singolo gene in una sola parte del cervello possono avere effetti profondi sul metabolismo di tutto il corpo", ha detto Alon Chen, neuroendocrinologo che ha coordinato lo studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. "In sostanza, lo stress potrebbe farci diventare grassi", ha sottolineato. "Lo stress influenza sicuramente ogni sistema del corpo", ha detto Chen. "Non solo provocando ansia, depressione e disturbi da stress post-traumatico, ma influenzando sindromi metaboliche come l'obesita'", ha aggiunto. Nello studio i ricercatori hanno scoperto che c'e' un 'interruttore genetico dello stress' che sembra portare a diabete e a obesita'. I ricercatori israeliani hano creato un proprio metodo per cambiare l'attivita' di questo gene nel cervello, provocando il rilascio di una proteina chiamata 'Ucn3'. Hanno quindi scoperto che l'aumento dei livelli di Ucn3 provoca ansia e cambiamenti nel metabolismo. Con l'aumento dei livelli di Ucn3, gli organismi dei topi (su cui e' stato condotto lo studio) utilizzano piu' zuccheri e meno acidi grassi, e crescono i ritmi metabolici, mostrando i primi segni del diabete di tipo 2. Secondo i ricercatori, grazie a questa scoperta, gli scienziati possono lavorare alla realizzazione di farmaci che combattino lo stress e l'ansia, e di conseguenza anche l'obesita' e le malattie a essa correlate. .

(AGI, 7 maggio 2010)

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Peres a Mitchell: La priorità per Israele è la sicurezza

"Dovrà essere la questione al centro dei colloqui indiretti"

ROMA, 7 mag. - Il presidente israeliano Shimon Peres ha incontrato oggi l'inviato Usa per il Medio Oriente, George Mitchell, al quale ha ribadito che Israele è favorevole a un accordo che preveda la nascita di uno Stato palestinese indipendente al fianco dello Stato ebraico, aggiungendo che la questione della sicurezza di Israele dovrà comunque essere al centro dei colloqui indiretti tra israeliani e palestinesi. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz.
Mitchell è arrivato nella regione all'inizio della settimana per lanciare i colloqui indiretti tra le due parti, primo passo per la ripresa del negoziato di pace, sospeso ormai da un anno e mezzo. Nel corso dell'incontro di oggi, Peres ha detto che la sicurezza è la questione più importante, alla luce dell'escalation di attacchi con razzi Qassam dalla Striscia di Gaza, seguita al ritiro israeliano dal territorio palestinese nell'estate del 2005.
Dopo l'incontro con Peres, Mitchell ha incontrato il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, e sempre oggi vedrà il presidente palestinese Abu Mazen a Ramallah, in Cisgiordania.

(Apcom, 7 maggio 2010)

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L'Israele dei nostri giorni raccontato da Nicola Seu

di Stefano Magni

Il libro del giovane autore, contrariamente a quello che il lettore medio si potrebbe aspettare, non parla di guerra, di pace, di palestinesi e di terrorismo
Nicola Seu, dottorando all'università di Vienna, classe 1978, ha deciso di vivere e studiare per un anno in Israele. Lo ha fatto in un periodo tutt'altro che tranquillo, a cavallo fra due guerre. E' arrivato all'indomani della Seconda Guerra Libanese ed è ritornato in Italia poco prima che scoppiasse il conflitto con Hamas a Gaza. Dalla sua esperienza nello Stato ebraico ha ricavato un libro, presentato ieri alla Libreria Claudiana di Milano, "Diario di Israele" (edito da Albatros). Ma, contrariamente a quello che il lettore medio si potrebbe aspettare, "Diario di Israele" non parla di guerra, di pace, di palestinesi e di terrorismo. Su quei temi c'è già una vasta letteratura, più una produzione sterminata di servizi giornalistici. Seu ha deciso, in questo caso, di andare controcorrente e di presentarci Israele per quello che è realmente, nella vita pacifica di tutti i giorni. "Volevo fare qualcosa di completamente diverso" - ci spiega - "quando si nomina Israele si parla solo, o quasi, di conflitto mediorientale, della sua politica. E nella maggior parte dei casi sono analisi di parte. Io volevo descrivere ciò di cui si parla meno".

Una volta tornato in Italia, quando parla di Israele con un nostro connazionale, quale è l'impressione che ne ricava?
L'immagine che ne hanno dipende dallo schieramento politico, non ne parlano come se fosse un Paese reale. Tendenzialmente quelli di sinistra (e di una certa destra) vedono Israele come uno Stato crudele. Quelli di centro-destra, ma soprattutto quelli filo-americani, ne parlano bene a priori. Ma questo, soprattutto, perché in Italia arrivano quasi esclusivamente racconti, immagini, libri e analisi sul conflitto mediorientale. E spesso, troppo spesso, si parla con luoghi comuni.

E quando parla di politica con italiani ed europei che sono in Israele, per turismo o lavoro, di solito cosa le dicono?
Una ricercatrice tedesca, che ho incontrato in un pub, dopo aver parlato con me di politica per qualche minuto ha tirato fuori con questo ragionamento: che quello che i nazisti avevano fatto agli ebrei, ora gli ebrei lo stavano facendo ai palestinesi. Non è un discorso che si sente sporadicamente. Direi che è piuttosto diffuso, più di quanto si possa immaginare. Certo che la maggioranza delle persone che attaccano Israele continuano a vivere lì e a godere della piena libertà di espressione, critica e stampa. Non ci pensano nemmeno di farlo dalla Palestina o da un Paese arabo, perché non lo potrebbero fare. Sono veramente pochi quelli che hanno provato a vivere da entrambe le parti e continuano a dire cose del genere. Questa ragazza tedesca era seduta con me in un pub a bere una birra: non avrebbe mai potuto farlo in un qualsiasi altro Stato mediorientale. Il paragone fra Israele e Germania nazista è impensabile per chiunque viva ad Haifa o a Tel Aviv. Si tratta di idee preconcette, di cui si è già convinti prima ancora di partire.

Per Israele, definisce spesso la società come un tessuto "complesso". Quali sono i principali elementi di complessità?
Israele ha una popolazione ancora molto ridotta, circa 6 milioni di persone, che vive in spazi ridottissimi, in un territorio grande quanto la Sicilia, forse anche meno. E nonostante le dimensioni piccole, lì c'è dentro di tutto: arabi, circassi, beduini, drusi, cristiani (a loro volta divisi in tutte le confessioni), musulmani, ebrei provenienti da tutti i Paesi del mondo… a loro volta divisi in migliaia di sette, ortodossi, laici, atei. C'è di tutto. C'è da chiedersi come facciano tutte queste diversità, anche radicali, a coesistere senza far scoppiare una guerra civile. A Haifa avevo vicini di casa russi, arabi, cristiani, musulmani, ebrei ortodossi e laici. E' un fattore che non può passare inosservato. Ed è un caso unico in tutto il Medio Oriente.

Lei è stato anche in Cisgiordania, Autorità Palestinese. Ha notato altrettanta complessità?
In Cisgiordania non ho visto niente di simile: sono tutte città arabe. Di ebrei non se ne vede nemmeno l'ombra. È una società prevalentemente musulmana. I cristiani c'erano, ora sono pochissimi. A Betlemme erano il 90%, fino a non molto tempo fa. Ora sono circa il 30%.

(l'Opinione, 7 maggio 2010)

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La nuova arma contro Israele si chiama M-600

TEL AVIV, 6 mag - La stampa israeliana ha oggi diffuso la notizia che la nuova minaccia da parte degli Hezbollah libanesi nei confronti di Israele si chiama M-600. Sono moderni missili con una gittata di 300 chilometri, di fabbricazione siriana, forse sulla base di tecnologia iraniana. Rispetto ai missili Scud-C - di cui nelle settimane scorse era stata riferita in Israele e su alcuni mezzi di stampa arabi una fornitura da parte della Siria a favore della milizia di Hassan Nasrallah - gli esperti israeliani affermano che quella degli M-600 è una minaccia molto superiore. Il quotidiano Israel ha-Yom precisa che dalla Siria gli Hezbollah hanno già ricevuto centinaia di missili M-600. Si tratta di missili che possono montare una testata di mezza tonnellata di esplosivo. "Gli Scud-C - ha detto alla Knesset (parlamento) un responsabile dell' intelligence - sono solo la punta di un iceberg nelle forniture siriane agli Hezbollah". In teoria almeno, potrebbero essere utilizzati anche per attacchi non convenzionali. Il motivo principale di preoccupazione per i vertici militari israeliani, aggiunge Haaretz, è la loro precisione che è ritenuta molto superiore a quella degli Scud-C. In un attacco a sorpresa, dunque, i filo-iraniani Hezbollah potrebbero colpire dal territorio libanese anche la sede del ministero della difesa a Tel Aviv. Questi missili possono essere sparati in rapida successione. Avvalendosi di combustile solido, i preparativi di lancio sono relativamente ridotti: cosa che rende più problematica la loro distruzione a terra da parte della aviazione israeliana. Secondo gli esperti, anche se Israele dispone di un sistema efficiente di missili anti-missile, nel caso di un attacco massiccio non ci sarebbe la certezza di una "difesa ermetica" nelle retrovie israeliane.

(Notiziario Ucei, 6 maggio 2010)

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Una tipica mamma ebrea, una tipica storia ebraica

di Federico Steinhaus

Clara Haya Hammer
Pochi giorni fa è morta a Gerusalemme, a 99 anni, Clara Haya Hammer.
Chi era? Chi ha visto un celebre film di Woody Allen sa cos'è una "Yiddish Momme", una di quelle mamme iperprotettive ed onnipresenti che imperavano nei ghetti e negli shtetl dell'Europa centrale (ma non solo lì). Clara era diventata una Yiddish Momme dei poveri.
Nata in Russia nel 1910, era sopravvissuta ad un pogrom in Ucraina ed era fuggita con la famiglia in Romania. Affamati, ammalati, talvolta imprigionati, sono infine andati a rifugiarsi in Palestina, dove per tre anni erano vissuti in una tenda. La mamma, che si era ammalata di tubercolosi, morì due anni dopo, quando Clara aveva 14 anni.
Molti anni dopo, Clara oramai vedova e pensionata era in fila dal macellaio, a Gerusalemme, e vide che questi dava ad una giovane ragazza un sacchetto pieno di grasso e pelle di pollo. Incuriosita, chiese se in quella famiglia avessero tanti gatti. Il macellaio le rispose che quegli avanzi servivano alla famiglia della ragazza, una famiglia povera, per preparare la minestra per il Sabato: erano in tanti, ed il padre era in dialisi.
Clara sui due piedi chiese al macellaio di dare a quella famiglia, ogni settimana, due polli e mezzo chilo di tacchino a sue spese. Fu l'inizio della sua missione. Rabbini, operatori sociali, vicini di casa cominciarono a raccontarle storie di famiglie povere, e Clara si fece carico di aiutarle con del cibo. Polli o, per chi fosse vegetariano, altri alimenti. Cominciarono ad aiutarla familiari ed amici con donazioni, poi la notizia si sparse e ne arrivarono altre da tutto il mondo. Per trent'anni Clara organizzò la catena di aiuti dal suo soggiorno, per trent'anni rispose con un biglietto di ringraziamento ad ogni donatore.
Sono oltre 250 le famiglie che settimana dopo settimana ricevono questo prezioso aiuto, carico di affetto e solidarietà. Le tre figlie e le nove nipoti della "Chicken Lady" di Gerusalemme, come veniva oramai chiamata Clara, hanno deciso di continuare la sua opera, che costa 10.000 dollari al mese. La CNN le ha dedicato un servizio speciale il 4 maggio. A 98 anni aveva ricevuto il "dottorato onorario in gentilezza" dalla Yeshiva University, 8 anni prima il premio della buona cittadinanza dal municipio di Gerusalemme.

(Informazione Corretta, 6 maggio 2010)

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Abu Mazen: Hamas sta ammassando armi in Cisgiordania

ROMA, 6 mag. - Il presidente palestinese Abu Mazen ha accusato oggi i rivali di Hamas di introdurre armi in Cisgiordania, il territorio sotto il suo controllo. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. "(Hamas) sta punendo chi lancia i razzi dalla Striscia di Gaza (contro Israele), ma allo stesso tempo sta ammassando armi in Cisgiordania", ha detto Abu Mazen in una intervista al quotidiano arabo pubblicato a Londra, A-Sharq al Awsat. Le forze di sicurezza palestinesi trovano regolarmente questi arsenali, ha detto ancora il presidente palestinese, aggiungendo che il popolo palestinese non è interessato alla resistenza armata, nonostante le esortazioni dello scorso mese da parte di Siria e Libia a riprendere la violenza e tagliare i contatti con Israele. "Noi sosteniamo la resistenza nazionale e invitiamo al boicottaggio dei prodotti provenienti dagli insediamenti, ma ciò non significa che noi incitiamo (alla violenza) contro Israele". La Cisgiordania è controllata dall'Autorità Palestinese, mentre la Striscia di Gaza è governata da Hamas, che nel giugno 2007 ha preso il potere con un golpe ai danni dell'Anp.

(Apcom, 6 maggio 2010)

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Ripensare il Risorgimento

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Ieri allo scoglio di Quarto il Presidente della Repubblica Napolitano ha aperto i festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia. Tra i Mille di Garibaldi c'erano, come è noto, alcuni ebrei, in misura decisamente superiore alla loro proporzione numerica in Italia. Ma quando i Garibaldini arrivarono a Napoli la sede locale (unica in Italia) del Banco Rothschild, intorno alla quale era rinata una piccola comunità ebraica, chiuse i battenti per sempre per non avere a che fare con dei sovversivi. La partecipazione ebraica al Risorgimento è stata ampia e convinta, ma probabilmente non da tutti condivisa con lo stesso entusiasmo. C'è stato poi un eccesso di retorica che è costato caro ai tempi del fascismo con la spaccatura tra i diversi modi di sentirsi italiani ed ebrei. Oggi immagino che la stragrande maggioranza degli ebrei italiani consideri utile e opportuna la celebrazione dell'unità d'Italia, come una festa che li riguarda direttamente. Per questo sarebbe importante portare alle celebrazioni il contributo di un serio dibattito storico sui modi di partecipazione ebraica al processo unitario, con tutti i tormenti identitari che ha determinato. Secondo i nostri mistici nel corpo di ognuno di noi abitano più anime: sono cinque, per la Kabalà classica, molte di più secondo Moshè Chaym Luzzatto. Almeno una di queste, probabilmente, parla italiano.

(Notiziario Ucei, 6 maggio 2010)

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Clegg: Ammiro Israele, ma sì a critiche al suo governo

ROMA, 6 mag. - "Ho una profonda ammirazione per lo Stato di Israele e la sua gente": Lo ha detto in un'intervista al quotidiano israeliano Haaretz Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici britannici e rivelazione della campagna elettorale delle ultime settimana (in Gran Bretagna si svolgono oggi le elezioni politiche, e il partito di Clegg potrebbe anche affermarsi come seconda forza scavalcando i Laburisti).
Clegg, accusato in passato di essere ostile verso Israele, ha chiarito di essere invece un suo profondo ammiratore, pur riservandosi il diritto di criticare il governo israeliano quando lo ritiene necessario. "Bisogna distinguere chiaramente tra Israele e la popolazione ebraica da un lato e certe azioni del governo israeliano dall'altro", ha detto. "Se ho delle critiche da fare le concentro solo su queste azioni".
Il candidato Lib Dem ha affermato anche di essere contrario ad aprire un dialogo con Hamas, "fino a quando Hamas continuerà a sostenere una ideologia di violenza e terrore". Tuttavia, ha aggiunto, "non comprendo la strategia israeliana riguardo alla Striscia di Gaza".

(Apcom, 6 maggio 2010)

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La grande nuvola

II colloqui indiretti tra Israele e Palestina sono già una noia. Se ne presagisce l'amara inutilità. L'ossequio al loro svolgimento è legato al fatto di soddisfare il gusto etico-estetico di Obama, la sua idea tenue, quasi fanciullesca, di una democrazia planetaria poggiata sul carattere tenace degli uomini di buona volontà. E' questa la politica estera della più grande potenza mondiale. Noia nella noia, la stampa rovescia su Israele le solite accuse precostituite. La struttura ricorda quella dei tormentoni del varietà, che sono in pratica i ritornelli comici di uno spettacolo, quelli che danno il segnale quasi meccanico della risata: il pubblico ride e vuol dire che, come un buon motore, il tormentone funziona. Qui il tormentone sono i titoli dei giornali. Le parole proclamano didascalicamente che gli ebrei hanno torto; allora il pubblico dello spettacolo crede di avere delle idee, e dice compiaciuto: Israele ha torto, e porca miseria, io penso. Perché i giornali vellicano la vanità umana, inseguendola nei suoi atroci scantinati. Prendiamo il caso del quartiere di Gerusalemme est di cui parlano tutti i media perché Israele vuole costruirvi e perché alla stampa serve sempre un buon tormentone su Israele. Nessuno, come abbiamo detto in altre occasioni, conosce l'antica storia ebraica del quartiere, ma tutti sono pronti a riconoscere la lesione procurata al diritto palestinese. Attraverso il fantastico tormentone del quartiere est tutti possono capire con facilità che Israele ha torto. Negli uffici, molti giocano al ministro degli esteri e spiegano il M.O. ai colleghi. Ci sono aziende in cui all'ora di pranzo l'80 per cento degli impiegati aprono il pacchetto con il panino al tonno e maionese, e il 50 per cento di loro sono ministri degli esteri con delega su Israele e il tonno e capperi. Poi il tormentone svanirà, qualcuno farà notare che l'argomentazione del quartiere est di Gerusalemme era inconsistente. Poco importa, i media faranno spalluccia. Diranno: è inutile riparlarne. C'è invece un più grande tormento. L'immensa nuvola nera che non se ne va dai cieli della Storia. L'antisemitismo.

Il Tizio della Sera

(Notiziario Ucei, 6 maggio 2010)

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La Siria ha inviato missili M600 a Hezbollah

GERUSALEMME - La Siria ha inviato missili terra a terra M600 ai terroristi di Hezbollah in Libano lo scorso anno. Lo riferiscono ufficiali israeliani della Difesa oggi. Questi missili di fabbricazione siriana, un clone dell'iraniano Fateh-110, hanno un raggio d'azione di 300 chilometri.
Se lanciati dal sud del Libano, chiariscono i militari, sarebbero in grado di raggiungere Tel Aviv. Era stato il presidente israeliano Shimon Peres il primo ad accusare la Siria di inviare missili Scud a lungo raggio a Hezbollah, rendendo così i terroristi libanesi in grado di colpire le città israeliane.
Ieri, poi, il capo dell'intelligence israeliana, il brigadiere generale Yossi Baidatz, ha detto alla Knesset che "oggi Hezbollah ha missili di ogni tipo" e che il trasferimento di armi non è sporadico, ma riflette una politica di lungo termine da parte di Teheran e Damasco.
Il gruppo libanese, ha aggiunto Baidatz, è piu' forte oggi che nel 2006, quando si è combattuta la guerra con Israele. Gli "Hezbollah del 2010 sono molto differenti dagli Hezbollah del 2006 in termini di capacità militari", ha spiegato.

(RaiNews24, 5 maggio 2010)

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Iran, per le calciatrici niente velo: basta la cuffia

Ad agosto ai primi giochi olimpici giovanili di Singapore le calciatrici iraniane non indosseranno il velo, ma una cuffia che copra tutti i capelli. Potrebbe essere una svolta dopo le battaglie della Fifa e della Federcalcio iraniana per adeguare i dettami islamici all'abbigliamento sportivo.
Le atlete però dovranno comunque dimenticare i pantaloncini occidentali, per loro ci sarà una tuta che nasconde tutto il corpo fino ai piedi.
La Federazione internazionale, in un comunicato citato dalla televisione iraniana in inglese PressTv, ha detto che i responsabili dello sport della Repubblica islamica hanno accettato che le giocatrici scendano in campo non con il velo, che la Fifa rifiutava, bensì con "una cuffia che copra la testa fino all'attaccatura dei capelli senza scendere sotto le orecchie e senza coprire il collo".
Il presidente della Federcalcio iraniana, Ali Kafashian, citato dall'agenzia Isna, ha confermato che è allo studio "una tenuta speciale, con l'aiuto di stilisti locali", che permetta alle atlete di giocare opportunamente coperte pur rinunciando al velo. La decisione di lavorare a un compromesso, ha aggiunto Kafashian, è stata presa dopo un incontro da lui avuto il mese scorso a Ginevra con il presidente della Fifa, Joseph Blatter.
Lo sport femminile è stato promosso in Iran fin dalla metà degli anni '90 con l'impegno attivo di Faezeh Hashemi, figlia dell'ex presidente pragmatico Akbar Hashemi Rafsanjani. Le atlete iraniane possono partecipare ad eventi internazionali solo a patto che venga assicurata l'osservanza dell'abbigliamento islamico, per esempio nel tiro a volo alle Olimpiadi.

(Blitz quotidiano, 5 maggio 2010)

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''La costruzione di Israele. Da Nili a Klein''

'La costruzione di Israele. Da Nili a Klein' è il tema dell'incontro che si terrà domenica 9 maggio ore 11.30 presso la sinagoga di Casale Monferrato nell'ambito di Oyoyoy, festival internazione di cultura ebraica giunto alla sua quinta edizione.
Relatore dell'incontro, il giornalista Massimo Lomonaco, autore de La caccia di Salomon Klein (Mursia 2010, pagg. 488, euro 18,00), il romanzo che riporta finalmente in luce una pagina di storia rimasta segreta per oltre sessant'anni: il piano per sterminare gli ebrei in Palestina, voluto da Hitler, progettato da Heinrich Himmler e messo in opera dal tenente colonnello delle SS Walter Rauff.
"Non si capisce l'attuale questione israelo-palestinese se non si accetta di capire la complessità storica che l'ha generata. In un romanzo si possono raccontare verità che altrimenti sarebbe difficile spiegare," dice Lomonaco. "I miei personaggi sono costruiti sulle contraddizioni: Klein è un ebreo tedesco che non parla l'ebraico, i nazisti parlano l'arabo e l'ebraico, gli arabi parlano inglese. La storia dell' Einsatz Egypt è una spy story perfetta, praticamente già scritta sui libri di storia dai quali sappiamo come andò a finire a El Alamein. Io ho concentrato l'attenzione narrativa sulle retrovie, sulle spaccature all'interno della compagine ebraica dove già allora si confrontavano politiche diverse sul futuro. Ma soprattutto mi interessava cogliere nella finzione letteraria lo stato nascente di Israele, quel momento in cui un popolo di profughi prende coscienza di sé, come accade al mio personaggio Salomon Klein".
La caccia di Salomon Klein è un salto nel passato della nazione ebraica colta in un momento cruciale della sua storia: siamo nel 1942 alla vigilia della battaglia di El Alamein. Le armate di Rommel e di Montgomery stanno per affrontarsi e in Palestina - allora protettorato britannico - vivono 500 mila ebrei, i più fortunati di loro sfuggiti alle persecuzioni naziste in Europa. Un popolo che ancora non è nazione e sul quale incombe la morsa dell'alleanza delle forze dell'Asse con i movimenti nazionalisti arabi guidati dal Gran Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini. È allora che un commando di SS si infiltra oltre le linee nemiche con l'obiettivo di preparare la strada alla macchina dello sterminio. Ben Gurion progetta il Piano del Nord, una nuova Masada, nel caso l'Afrika Korps sconfigga gli inglesi e dilaghi in Egitto e poi in Palestina. Lomonaco inserisce nella realtà storica un personaggio di fantasia, Salomon Klein, che ha il compito di sventare i progetti del commando. È un ebreo tedesco, fuggito dalla Germania nazista nel 1933 e nell'operazione di controspionaggio, affidatagli da Ben Gurion, vive un percorso di formazione che lo porterà a fare pace con il suo passato e a sposare la causa dello Stato ebraico.
Durante l'incontro di Casale Monferrato, l'attrice Caterina Deregibus Ayelè leggerà alcuni passi del romanzo.
Seguirà un aperitivo kasher GiustoGusto, a cura di Gan ha Gefen. .

(Il Monferrato, 5 maggio 2010)

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Unità e pluralità

di Francesco Lucrezi

Nel momento in cui tutta l'Italia si stringe festosamente intorno al Rabbino Emerito di Roma Elio Toaff, in occasione del suo novantacinquesimo compleanno, segnaliamo le interessanti considerazioni svolte venerdì 30 aprile, presso l'Università di Bar Ilan - in una lezione rivolta a un gruppo di studenti e docenti di diritto italiani, in viaggio di studio in Israele - da Tsippy Levin Byron, poetessa israeliana molto nota e apprezzata, in patria e all'estero, nonché rabbina "secolare umanistica", riguardo alle distinzioni tra le diverse forme di osservanza religiosa ebraica nei diversi Paesi.
Tanto in Israele, quanto in Italia e negli Stati Uniti, ha osservato la Levin Byron, si può assistere alla presenza di una larga maggioranza di ebrei laici e secolarizzati (sganciati, nei comportamenti quotidiani, da una rigida osservanza dei precetti mosaici, e pienamente integrati, nella vita civile, accanto ai concittadini gentili), accanto a minoranze (cospicue in Israele e negli Stati Uniti, molto meno in Italia) di ebrei religiosi (impropriamente detti 'ultraortodossi'), tendenti a respingere molti aspetti della modernità e a condurre una vita sostanzialmente separata dai non ebrei, distinguendosi da loro anche nell'aspetto esteriore e nell'abbigliamento.
A tale situazione corrisponde, negli Stati Uniti, anche una molteplicità di rabbinati (ortodosso, conservativo, ricostruzionista, riformato, secolare), con differenze anche sostanziali sul piano del culto e delle indicazioni etiche e comportamentali (p. es., in materia di diritti civili, bioetica, interpretazione delle Scritture ecc.). In Israele, nonostante la prevalenza numerica di ebrei non praticanti, una posizione dominante è ancora assicurata al rabbinato ortodosso (sefardita e aschenazita) dalla tutela dello status quo, risalente alla dominazione turca e poi al mandato britannico, che fu decisa dai padri fondatori al momento dell'indipendenza, ma le richieste di aperture e modifiche, con un riconoscimento anche giuridico delle competenze delle altre componenti rabbiniche, si fanno più frequenti, e incontrano nella società maggiore accoglienza e attenzione.
In Italia la situazione è diversa, in quanto non figurano alternative al rito ortodosso, e ciò in quanto, ha spiegato la Levin Byron, esso ha saputo sviluppare, nel nostro Paese, una singolare capacità di "autoriforma" e di adattamento, tale da eliminare sul nascere l'esigenza di scissioni e fratture. Il merito di tale unità è, certamente, dell'insieme degli ebrei italiani, attraverso le varie generazioni, ma, in particolar modo, delle loro guide spirituali: prima fra tutte, nei decenni del dopoguerra, quella di Toaff. E un ebraismo unito è certamente stato, per lui, un regalo di compleanno particolarmente gradito.

(Notiziario Ucei, 5 maggio 2010)

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Ecco il naso artificiale che sente gli odori

Si chiama "eNaso": un sistema elettronico capace di prevedere quanto gli odori siano gradevoli. Questa è la novità proposta da un gruppo di ricercatori israeliani, sostenuta dall'Unione Europea e dal Centro Europeo per la Ricerca (CER). I risultati potrebbero potenzialmente portare a nuovi metodi per lo screening degli odori e per il monitoraggio ambientale. In questo studio, gli scienziati dell'Istituto delle scienze Weismann e del Centro medico Edith Wolfson, entrambi in Israele, sostengono che la percezione della gradevolezza di un odore è naturalmente collegata alla sua struttura molecolare, mentre le differenze percettive legate a fattori personali o culturali possono essere legate solo a contesti specifici.
Per collaudare lo strumento il team ha condotto una ricerca in cui è stato chiesto a un gruppo di israeliani di dare un voto a una selezione di odori usando una scala da 1 a 30, da "molto gradevole" a "molto sgradevole". Il gruppo di ricerca ha usato i risultati di questi test per sviluppare un algoritmo di gradevolezza degli odori che hanno poi programmato nell‘eNaso. I ricercatori hanno quindi usato l'eNaso così programmato per dare un voto a una serie di odori sconosciuti. Per scoprire se la comprensione dell'eNaso di cosa abbia un buon odore collimi con l'opinione di un naso umano, gli scienziati hanno chiesto a un secondo gruppo di israeliani (che non avevano partecipato alla prima parte dell'esperimento) di dare un voto a questi nuovi odori. Gli scienziati hanno riscontrato che i voti dati dal dispositivo sulla gradevolezza degli odori erano per oltre l‘80 per cento simili a quelli dati dagli esseri umani. I giudizi dell'eNaso erano inoltre precisi per oltre il 90 per cento nel discriminare tra odori decisamente gradevoli o sgradevoli.

(Il Secolo XIX, 5 maggio 2010)

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La stampa israeliana contro Goldstone, "razzista" durante l'apartheid

Nessuno è immune dalle ombre del proprio passato: sembrerebbe questa la lezione che Israele vuole dare ad uno sei suoi figli più noti. Richard Goldstone, padre dell'omonimo Rapporto, sarebbe stato protagonista di condanne a sfondo razzista nei confronti dei neri in Sud Africa.
Godstone, giudice sudafricano di origini ebraiche, è conosciuto per aver firmato le seicento pagine del Rapporto con cui definiva l'operazione Piombo Fuso a Gaza "una grave violazione del diritto umanitario internazionale".
Lui, ebreo vissuto nel Sud Africa dell'apartheid, sin dalla nomina a capo della commissione su Piombo Fuso, si dichiarò "turbato, in quanto ebreo, di essere stato proposto a capo della commissione". Nonostante questo, non ha esitato a condannare Israele.
Goldstone accettò l'incarico "perché credo profondamente nello Stato di diritto e nel diritto bellico, e nel principio secondo il quale in un conflitto armato si debba compiere il massimo sforzo per non arrecare danno ai civili".
Con la sua sentenza su quei 22 giorni di bombe buttate sulla Striscia a cavallo del 2009, con i loro 1300 morti, fece contenti molti palestinesi, compresi gli esponenti di Hamas, ma si attirò le critiche di Gerusalemme, che ora torna all'attacco.
Il quotidiano Yediot Ahronot tira fuori gli anni dell'apartheid, sostenendo che all'epoca Goldstone comminò diverse pene di morte nei confronti di imputati neri, solo in un secondo momento graziati dall'ascesa al potere di Nelson Mandela.
Non solo. Secondo il quotidiano, il giudice sudafricano - al Tribunale Penale Internazionale dal 1994 - avrebbe anche condannato alcuni imputati alla fustigazione.
Interpellato in proposito, Goldstone si è difeso limitandosi a dire d'aver applicato le leggi dell'epoca e di averlo fatto con tutta l'equanimità possibile, senza aggiungere di suo alcuna discriminazione fra bianchi e neri.

(Blitz quotidiano, 5 maggio 2010)

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Israele potrebbe vietare le visite ai detenuti legati ad Hamas

Le visite nelle carceri israeliane ai detenuti palestinesi legati ad Hamas potrebbero essere vietate. Almeno fino a quando non verrà liberato il caporale Gilad Shalit, catturato nel giugno 2006 nella striscia di Gaza.
In queste ore la proposta presentata dal deputato del Likud Danny Danon (Likud) dovrebbe ottenere il sostegno del Comitato ministeriale israeliano per la legislazione; successivamente verrà presentata alla Knesset (il parlamento) dove ha buona possibilità di diventare legge.
In caso di approvazione, quella che è stata già definita "legge Shalit" consentirebbe ai detenuti palestinesi di ricevere solo le visite della Croce Rossa Internazionale e degli avvocati.

(Osservatorio Iraq, 4 maggio 2010)

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Odio, insulti, falsità. L'orrore antisemita dilaga su Internet

Milano, allarme del Centro di documentazione ebraica: "Cospirazioni giudaiche, racket sul traffico d'organi, aumento di siti negazionisti"

di Stefania Consenti

Una svastica disegnata su un muro
a Roma
MILANO, 4 maggio 2010 - È boom dell'antisemitismo online. Se nel '95 ne esisteva solo uno, oggi nel mondo si contano 8mila siti e blog antiebraici. Una miriade di spazi nel social network, forum e chat che ripropongono gli orrori classici dell'odio antisemita con l'aggravante della pervasività del mezzo. E, in Italia, tra i 40 e i 50 quelli di rilievo.
A dare l'allarme è l'Osservatorio dell'antisemitismo del Cdec di Milano (Centro di documentazione ebraica contemporanea). Una puntuale rassegna di siti antisemiti è stata presentata da Stefano Gatti, dell'Osservatorio, ascoltato come esperto, insieme ad Andrè Oboler, giovane ricercatore australiano, in un'audizione in Parlamento nell'ambito dell'Indagine conoscitiva sull'antisemitismo, svolta dalle Commissioni Esteri e Affari Costituzionali congiunte.
"Sul web si trova di tutto — precisa Gatti che ha suddiviso i siti in quattro gruppi —. C'è un classico sito catto-integralista come Holy War, che ripropone, tra l'altro, il falso storico dei Protocolli dei Savi di Sion. E ci sono pagine web che presentano il tema della cospirazione giudaica per impadronirsi del mondo. Siti anticonciliari. Nostalgie ariane. Siti apertamente negazionisti. L'agenzia Infopal, sulle cui pagine web si parla anche di 'pulizia etnica sionista'. Fino ad arrivare a spazi online che diffondono la calunnia che vedrebbe gli ebrei impegnati in un racket internazionale del traffico di organi".
Gruppi sdoganati da internet. Prima scrivevano su riviste di settore, difficili da divulgare e soprattutto da acquistare. Si pensi al film Süss l'ebreo, proibito in Germania e Francia e facilmente scaricabile dalla Rete in tutte le lingue. Come ha spiegato anche Oboler, "l'impatto dei social media è 50 volte più potente rispetto ai mezzi convenzionali della carta stampata".

Oboler ha studiato l'aspetto della diffusione dell'antisemitismo online a livello globale sviluppando un concetto di 'Antisemitismo 2.0', cioè la sempre più diffusa accettazione nel mondo di internet dell'antisemitismo, o di altri atteggiamenti discriminatori che la società reale in cui viviamo ha imparato a ripudiare. Uno fra i siti più gettonati è Holy War, gestito da un italo-norvegese. Ricco di materiale antiebraico e vignette terribili, è da più di 15 anni online. L'Osservatorio del Cdec (le cui ricerche sono finanziate anche con i proventi dell'8 per mille all'Ucei, Unione delle Comunità ebraiche italiane) ha censito anche i siti negazionisti, cresciuti negli ultimi anni. Nove quelli più corposi. E Marcello Pezzetti, storico della Shoah, auspica che il nuovo Museo della Shoah non si occupi soltanto di Memoria, ma anche di denunciare e combattere ogni forma di antisemitismo.

(Quotidiano.net, 4 maggio 2010)

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Fiamma Nirenstein, presidente della Commissione sull'antisemitismo

"Come ai tempi del nazismo. Contro gli ebrei escalation di violenze". "Serve una legge specifica per arginare le pagine web: quelle parole non si cancellano come le scritte sui muri. E poi un'educazione specifica".

di Stefania Consenti

MILANO, 4 maggio 2010 - "L'antisemitismo è oggi ai livelli più alti mai registrati dalla Seconda Guerra Mondiale e nel mondo sono aumentati gli episodi di violenza. Nel 2009 sono stati registrati 1129 episodi violenti di antisemitismo, il doppio di quelli avvenuti nel 2008, che erano stati 559. E il fenomeno dell'antisemitismo online, specie con la costante diffusione dei social network, è uno degli aspetti più rilevanti dell'antisemitismo odierno".

Parole chiare quelle pronunciate da Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati (Pdl) e presidente della Commissione d'Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo.

- Quindi come pensate di correre ai ripari?
- "Ci vuole una legge specifica per l'online. E dobbiamo fare in modo di creare dei meccanismi legislativi che abbiano carattere globale. Perché è chiaro che se chiudi un sito in Italia, te lo ritrovi all'estero".

- C'è la legge Mancino del '93.
- "Non basta. Certo, ci consente di chiudere i siti ma non di vietare che vengano aperti in altre latitudini".

- A che punto siete con l'iter legislativo per la nuova legge?
- "L'ultima audizione che abbiamo tenuto nell'Aula della Commissione Esteri insieme ai colleghi della Commissione Affari Costituzionali, ha suscitato grande interesse. Ne abbiamo anche molte altre in programma a partire dalla prossima settimana. Per esempio, ascolteremo anche il sociologo Renato Mannheimer, poi anche la polizia postale. E Dina Porat, direttrice del Centro studi Stephen Roth Institute di Tel Aviv. Per finire anche Robert Wistrich, fondatore del Vidal Sasson Center di Gerusalemme. Ma se mi chiede che legge faremo, non lo so. Stiamo lavorando per verificare come poter affrontare alcune delle questioni più spinose, come per esempio il problema del dominio di un sito che come dicevo se è registrato all'estero, comporta questioni di extraterritorialità e di cooperazione giudiziaria tra gli Stati per chiudere un sito antisemita".

- Insomma, pare di capire che è difficile far cancellare da un 'wall' di facebook una scritta come 'sporco ebreo'.
- "Già. Mentre se la stessa scritta apparisse sotto casa mia sarebbe più veloce, grazie alle polizia, cancellarla e forse trovare anche i colpevoli".

- Come si spiega la crescita dell'antisemitismo?
- "Ha a che fare con la globalizzazione perché è stata importata una quantità di antisemitismo che non è di origine cattolica, cristiana ma di origine islamista, distribuita attraverso una forma virulenta di odio antiisraeliano. C'è questa confusione, su cui noi stiamo lavorando alacremente, dell'antisemitismo antiisraeliano che diventa antigiudaico. Un esempio: quando si accusano i soldati israliani di traffico degli organi dei ragazzi palestinesi, beh questi qui sono stereotipi tipicamente antiebraici. Si propaganda l'ebreo assetato di sangue e avido di denaro".

- C'è anche un problema educativo.
- "Direi che è anche uno dei problemi da affrontare nella nostra società, quello più importante. Dobbiamo riuscire a promuovere un'educazione specifica in modo che anche le giovani generazioni sappiano orientarsi nel mare magnum dei siti dell'odio. Pensi ad un ragazzo di quindici anni che navigando nella Rete si trova davanti ai siti che riportano menzogne antisemite. Che strumenti ha per difendersi? Come fa a distinguere fra storia e menzogna? Per questo è necessaria un'attenzione di tipo istituzionale, per non trattare con leggerezza o sminuire il fenomeno dell'antisemitismo."

(Quotidiano.net, 4 maggio 2010)

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La festa per i 95 anni di Elio Toaff

Novantacinque anni, e per celebrarli, una fondazione che porterà il suo nome e diffonderà la cultura ebraica, un libro firmato da Anna Foa, e una mostra con sue foto e documenti aperta al pubblico da domani al 29 giugno. C'erano davvero tante persone ieri sera all'hotel Hilton a festeggiare Elio Toaff, rabbino della comunità ebraica romana dal 1951 al 2001.

(la Repubblica, 4 maggio 2010)

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Israele valuta un maggior trasferimento della sicurezza alla polizia dell'Anp

Potrebbe pattugliare armata anche località vicine a Gerusalemme

ROMA, 4 mag. - Israele sta vagliando la possibilità di trasferire alla polizia dell'Autorità Nazionale palestinese la responabilità della sicurezza in alcune località cisgiordane come Abu Dis: è quanto riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz.
L'ipotesi - che prevede la possibilità per i poliziotti palestinesi di prestare servizio armato - fa parte del pacchetto di iniziative che potrebbe accompagnare la ripesa dei negoziati indiretti fra lo Stato ebraico e L'anp, prevista nei prossimi giorni.
Fonti della sicurezza palestinese hanno confermato che gli Stati Uniti hanno chiesto ad Israele di trasferire all'Anp una quota maggiore della sicurezza in alcune località, oltre a rilasciare alcuni detenuti e rimuovere dei posti di blocco per facilitare gli spostamenti.
Fino ad oggi Israele non ha mai permesso alla polizia dell'Anp di pattugliare armata località vicine a Gerusalemme come Abu Dis: un accordo in tal senso potrebbe quindi indicare un importante progresso nelle trattative.

(Apcom, 4 maggio 2010)

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A Casale Monferrato per il Festival OYOYOY!

Quattro mostre in contemporanea su tre autori dal segno molto vicino.

Esiste un'arte ebraica che attraversa il Novecento fino ai giorni nostri? Probabilmente sì, a giudicare dal singolare confronto che OyOyOy!, il Festival di Cultura Ebraica che si svolge da cinque anni a Casale Monferrato e dintorni, ha organizzato a partire dal 7 maggio, mettendo a confronto le opere di Chagall con quelle di Aldo Mondino e Emanuele Luzzati.
Tre autori in quattro sedi differenti per esplorare oltre alle opere pittoriche anche alcuni dei siti più belli di un'antica capitale che nello stesso fine settimana accoglie anche Riso & Rose, festa che trasforma Casale in un grande happening all'aperto di fiori, sapori e suggestioni.
Il percorso inizia con l'inaugurazione della mostra su Chagall venerdì 7 maggio alle 19.00 nel suggestivo Castello Paleologo (una fortezza sulla piazza centrale risalente al XV secolo e appena restaurata); oltre 100 incisioni che illustrano temi ed episodi biblici (qualcuno interpretato anche con l'ingenuo divertimento che contraddistingue tutta l'opera del pittore Russo ).
Mondino e Luzzati, scomparsi entrambi di recente, hanno un legame profondo con Casale. Aldo Mondino nella sua casa atelier in Monferrato (Casazza di Altavilla, ndr.) ha riscoperto molto del suo ebraismo avvicinandosi anche alla Comunità di Casale, dove esiste una delle più belle e antiche sinagoghe d'Europa. La sinagoga casalese è stata molto frequentata anche dallo scenografo Emanuele (Lele) Luzzati che proprio per Oyoyoy! aveva disegnato il logo e il premio.
La mostra dedicata ad Aldo Mondino si inaugurerà sabato 8 Maggio alle ore 18 alla Galleria Libreria Il Labirinto in Via Benvenuto Sangiorgio 4.
Luzzati avrà il suo spazio in Sinagoga e nel foyer del settecentesco Teatro Municipale. A partire da sabato 8 Maggio potremo vedere Emanuele Luzzati, illustratore, affiches ed illustrazioni a cura del Museo Luzzati di Genova al Foyer del Teatro Civico.
Domenica 9 Maggio alle 11 nella Sala Mostre della Sinagoga sarà inaugurata la mostra Il mondo ebraico di Emanuele Luzzati: acqueforti, disegni, tessuti, ceramiche.
Ma quello che è più interessante è vedere appunto le affinità tra questi tre autori, il modo in cui interpretano la Torah, dipingono i rabbini, con pezzi particolari come l'orologio che va al contrario con numeri e lettere ebraiche con cui Mondino gioca con la cabala. L'impressione è che ci sia davvero un filo comune e che questo sia un' ironia tipicamente ebraica su come prendere le cose della vita.
Per approfondire questi aspetti, venerdì 14 Maggio alle 18.30 alla Galleria Il Labirinto di Via Benvenuto Sangiorgio : Pittori ebrei in Italia tra '800 e '900 con la storica dell'arte Elena Casotto ed il critico Carlo Pesce.
Ricordiamo che l'ingresso a tutti gli eventi è gratuito.

(Il Monferrato, 4 maggio 2010)

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Festa al Museo delle Terre della Bibbia


Dal 23 al 28 maggio il Museo delle Terre della Bibbia di Gerusalemme celebra i propri 18 anni con sei giorni di visite guidate, conferenze ed eventi sulla cultura, la storia e i tesori archeologici di Israele e del Vicino Oriente Antico. I tour saranno guidati da archeologi, con una lezione di Sir John Boardman, uno dei maggiori esperti mondiali di archeologia classica, professore all'Università di Oxford, e un tour attraverso tutte le nuove esposizioni del museo sotto la guida del curatore. Il 18o anniversario del Museo sarà festeggiato con una cena di gala giovedì 27 maggio durante la quale si renderà omaggio al fondatore del museo, Batya Borowski, per il suo ottantesimo compleanno. Particolare rilevanza sarà data ai siti di Beith Shean, Cesarea e a quello di Khirbet Qeiyafa che ha rivelato una città fortificata in Giudea fin dal tempo di re Davide

(mondointasca.org, 3 maggio 2010)

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L'Arena di Verona si dedica alla musica Yiddish

La musica Yiddish incanta l'Arena di Verona. Yiddish è la varietà di tedesco parlato dagli ebrei dell'Europa centro-orientale. Esistono infatti una cultura ebraico-tedesca ed una più 'orientale'. In questa ultima soprattutto è nata una musica che contiene elementi del folclore tedesco e poi polacco, ungherese, rumeno, ecc., ai quali si uniscono antiche formule di canto e preghiera ebraiche, una base tonale che mescola modi antichi ebraici, modi medievali europei, modi arabi, acquistando un sapore del tutto particolare. E' detta klezmer (lett. 'suonatore ambulante') dal nome dato ai musicisti popolari, una musica per piccole bande, dedicata soprattutto alle danze e alle feste, ma anche con momenti più rituali (matrimoni, ecc), che ispirò la produzione di operette musicali - teatrali e che ebbe il suo momento d'oro nel periodo che precedette la seconda guerra mondiale.
Molti musicisti furono vittime della Shoa e molti altri si trasferirono altrove, ad es. negli USA, dove influenzarono considerevolmente i generi musicali popolari, nell'epoca di auge del musical. D'altro canto già in precedenza musicisti ebrei avevano lavorato negli USA, fra tutti G.I. Gershwin. La strumentazione classica dei klezmorim è dunque quella della piccola banda: piano, ottoni, legni, il violino, qualche percussione o batteria. I ritmi vanno dai tradizionali valzer, polche e marce, ad altri più peculiari, come freilachs e niggunim.
Esiste una ampia discografia reperibile per quanto concerne la musica yiddish o Klezmer. Tra gli interpreti di rilievo: The Klezmatics (gruppo statunitense, con forti coloriture jazzistiche); The Klezmorim (altro gruppo USA); il clarinettista argentino-israeliano Giora Feidman, oppure il pianista e compositore polacco Leopold Kozlowski, uno degli ultimi 'veri' klezmer dell'Europa orientale. In Italia, accanto ad alcuni musicisti, spicca il lavoro dell'attore e cantante Moni Ovadia, di cui sono reperibili CD, videocassette e libri. Da alcuni anni operano in Italia numerosi gruppi locali. Tra questi si segnala Klezroym, prevalentemente dedito al klezmer, ma con incursioni nell'area sefardita e con proposte originali.
Venerdì 7 maggio, al Teatro Camploy, avrà luogo il terzo appuntamento di VeronaContemporanea 2010, dedicato alle intersezioni della musica Yiddish, una sorta di excursus nel mondo della musica ebraica: dai suoi influssi, nella tradizione classica e contemporanea di tipo accademico, alle forme più tradizionali, nelle sue coniugazioni klezmer e sefardita, fino ai suoi punti di contatto con la tradizione araba del Marocco.
La conversazione con il pubblico, sottoforma di tavola rotonda, intitolata "Percorsi e incontri di un popolo che canta", inizierà alle ore 16.00, con un intervento dello storico Ariel Toaff (figlio dell'ex rabbino capo di Roma e docente all'Università di Tel Aviv), affiancato dal musicologo Andrea Gottfried e dalla cantante sefardita, di origine spagnola, Evelina Meghnagi, interprete e studiosa della tradizione musicale ebraica, sefardita e yemenita. Questo incontro è stato realizzato in collaborazione con il Festival Eterotopie di Mantova.
Alle ore 18.00 seguirà un concerto di musica da camera del '900, con un percorso di composizioni di autori legati al mondo ed alla cultura musicale ebraica o comunque ispirati a temi e modi di quella tradizione, con un programma musicale non solo suggestivo ma di rara esecuzione: il Trio op. 57 su temi ebraici di Dmitri Shostakovich, il Quintetto di Alfred Schnittke, e il Quintetto di Ernest Bloch, pagina affascinante e di alto contenuto emotivo. Il programma sarà eseguito dal Quartetto d'archi dell'Arena di Verona -composto da Gunther Sanin, Vincenzo Quaranta (violini), Luca Pozza (viola) e Sara Airoldi (violoncello),- e dal pianista Leonardo Zunica.
Alle ore 21.00 lo spettacolo sarà dedicato all'indagine delle diverse tradizioni della musica ebraica e delle sue 'intersezioni', in particolare con la musica araba, con la Klezmerata Fiorentina (Igor Polesitsky, violino Riccardo Crocilla, clarinetto, Francesco Furlanich, fisarmonica, Riccardo Donati, contrabbasso) che, suonerà assieme all'ensemble del violinista marocchino Jamal Ouassini (con Aziz Riahi, cantante e percussionista proveniente dal Marocco e Merkouris Evaggelos, cantante e liutista greco), con interventi della cantante Evelina Meghnagi.

(Affaritaliani.it, 3 maggio 2010)

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Da un sito pro Hamas

Missile della resistenza sbaglia bersaglio e uccide giovane palestinese.

GAZA - Combattenti della resistenza palestinese di una fazione sconosciuta hanno mancato un obiettivo, ieri notte, colpendo invece una casa di Khan Younis e ferendo gravemente un giovane, che poi è morto in ospedale. Lo hanno riferito fonti a Gaza.
Il diciottenne Ibrahim Sulaiman Malalha è stato portato all'ospedale "Nasser" di Khan Younis, per poi essere trasferito all'Ospedale Europeo della città di Gaza, in condizioni critiche. Questa mattina è stato dichiarato morto.
I medici hanno confermato che altri due sono stati portati all'ospedale di Khan Younis cure mediche.
Ulteriori fonti hanno aggiunto che i combattenti della resistenza si stavano addestrando in un campo fuori città, quando il missile ha sbagliato traiettoria.

(Infopal, 3 maggio 2010)


Combattenti della resistenza hanno sparato un missile della resistenza che ha percorso una traiettoria della resistenza e ha colpito per sbaglio un giovane palestinese di cui non si dice se era anche lui un giovane della resistenza. Ma in ogni caso è morto. Il termine "resistenza" piace molto ai propagandisti occidentali dell'islamico Hamas. Ha un effetto nobilitante e un suono gradevole in certe orecchie. Ma la realtà è un'altra.

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Italdata è Smart!

a cura di Salvatore Guadagni

Siglato l'accordo con la società Israeliana TADSEC, leader internazionale nel settore "Homeland Security" per l'ingresso sul mercato italiano della piattaforma SMART (Security Management Art)."
SMART è una piattaforma applicativa di security management(SMART-Platform) che utilizza strumenti di videosorveglianza intelligenti e proattivi e che consente la gestione a 360o delle problematiche di sicurezza attraverso una serie di software integrati e modulari . L'ambito di applicazione spazia dalla prevenzione del crimine comune e del vandalismo, alle più sofisticate attività di antiterrorismo, fornendo strumenti di indubbia utilità per l'ordine pubblico e la sicurezza in generale. SMART nasce dalla nota esperienza in ambito prevenzione e security degli specialisti Israeliani e consente l'applicazione di regole standard per l'individuazione automatica del pericolo e la produzione di allarmi che permettono agli operatori di intervenire in modo tempestivo ed efficace, svincolandoli dalla osservazione continua degli eventi via monitor. SMART si fonda, infatti, sulle più avanzate tecnologie di Video Data Mining quali il "Semantic Indexing" e l'"Event Detection from the Association Perspective". SMART è oggi utilizzato con successo in molte aree di importanza strategica in tutto il mondo. Significativo il progetto presso il Ministero della Difesa di Israele, con l'istallazione di numerose piattaforme per la gestione della sicurezza sia nelle aree urbane che in strutture industriali definite come obiettivi sensibili. SMART-Platform integra e completa le soluzioni Italdata nell'ambito delle Centrali Operative per il monitoraggio e/o controllo della mobilità e del territorio, potenziando l'efficacia delle soluzioni proposte ed espandendo il campo di applicazione delle stesse. La prima istallazione di SMART in Italia sarà realizzata a Benevento, per la protezione dell'Arco di Traiano, importantissimo sito di interesse storico ed artistico, nell'ambito di un progetto condotto in partnership con K.E.S (KNOWLEDGE ENVIRONMENT SECURITY srl - spin off dell'Università degli Studi del Sannio), società partner di Italdata. Il progetto consentirà il monitoraggio del sito e la protezione dagli atti vandalici al fine di preservare intatta un'opera di grande pregio per la città.

(Data manager online, 3 maggio 2010)

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Parata ebraica in Germania per la prima volta dalla fine della II Guerra Mondiale

BERLINO - Una parata ebraica si è tenuta in Germania alla quale hanno partecipato oltre 1500 persone. L'occasione è la ricorrenza di Lag BaOmer.
La parata, composta da una festosa sfilata di carri attarverso il distretto di Charlottenburg, dove molti ebrei vivevano prima dell'avvento del regime nazista, è stata organizzata dalla comunità ortodossa Chabad Lubavitch ed hanno partecipato una ventina di associazioni ebraiche.
A quanto ha spiegato il rabbino Yehuda Teichtal, che guida la comunità, la parata servirà a mostrare come sia ora fiorente la vita ebraica in Germania, dopo gli orrori dell'Olocausto.
Parate di Lag BaOmer si tengono regolarmente anche a Londra, Parigi e New York. La festività, durante la quale si usa in Israele accendere dei falò, ricorda la fine di una pestilenza.

(Chabad Lubaviitch Italia, 3 maggio 2010)

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Nimes, ottuagenario ebreo aggredito fuori da sinagoga

Nuovo episodio di antisemitismo

MONTPELLIER, 3 mag. - Nuovo episodio di antisemitismo in Francia. Un ottuagenario di religione ebraica è stato aggredito con candelotti di gas lacrimogeno sparati ad altezza uomo, ieri a Nimes, nel sud del paese, nei pressi di una sinagoga anch'essa imbrattata con scritte antisemite. Lo ha detto oggi il presidente della comunità ebraica di Nimes, Paul Benguigui. L'aggressione sarebbe stata compiuta da tre uomini "che parlavano molto male il francese", e che si sono poi allontanati "tranquillamente", ha detto Benguigui. La porta della sinagoga era stata imbrattata con la scritta "Nike lé juif" ("Fotti l'ebreo"). La scorsa settimana un altro episodio è avvenuto in pieno centro a Strasburgo, dove un uomo di 43 anni che indossava una kippa (il tradizionale copricao ebraico) è stato accoltellato da due uomini.

(Apcom, 3 maggio 2010)

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E' iniziata la Gaza World Cup. L'Italia ha battuto la Palestina

La 'Gaza World Cup' e' stata concepita per offrire a milione e mezzo di palestinesi due settimane di calcio internazionale che, per la complessa situazione politica della Striscia, gli sarebbe negato perché non potrebbero andare in Sudafrica.

GAZA - C'e' aria di mobilitazione nella tifoseria di Gaza per l'inizio dell'attesa 'Gaza World Cup' che si aprira' in un noto stadio della Striscia con un confronto fra la Palestina e l'Italia.
La 'Gaza World Cup' e' stata concepita come una iniziativa volta ad offrire due settimane di calcio internazionale per il milione e mezzo di palestinesi che, per la complessa situazione politica della Striscia, non potranno recarsi a giugno in Sudafrica per assistere ai campionati mondiali.
Gli organizzatori hanno dunque raccolto l'adesione di 200 giocatori di calcio palestinesi e di altrettanti stranieri residenti nella Striscia, per lo piu' dilettanti. Sono state cosi' composte 16 squadre nazionali che si contenderanno il trofeo, che sara' assegnato il 15 maggio nello stadio al-Yarmuk (Gaza) davanti a decine di migliaia di spettatori. La manifestazione e' stata organizzata dalla Federazione calcistica palestinese con la Undp, una agenzia delle Nazioni Unite.
In un clima di kermesse, davanti a migliaia di spettatori riversatisi nello stadio Palestina di Gaza, una selezione di giocatori per lo piu' italiani ha sconfitto oggi la selezione locale per 1-0 nella partita di inizio del 'Gaza World Cup. La vittoria della compagine italiana (composta per lo piu' da cooperanti che aiutano la popolazione di Gaza) e' giunta su un calcio di rigore battuto da un calciatore locale, Said Sabber, incluso fra gli 'azzurri' come rinforzo.
L'evento sportivo e' stato salutato con grande soddisfazione dalla popolazione locale che ha sostenuto a gran voce i propri beniamini (che indossavano una maglia con i colori nazionali palestinesi), mentre in cielo venivano lanciati palloncini colorati.
''L'Italia - ha notato il cooperante italiano Vittorio Arrigoni, oggi in veste di stopper nella selezione scesa in campo - e' molto amata dai tifosi di calcio a Gaza. Per loro questa e' stata una giornata di festa''.
L'esecutivo di Hamas non e' direttemente coinvolto anche se il suo leader Ismail Haniyeh e' stato in passato un apprezzato giocatore di calcio.
Gli appassionati palestinesi hanno intanto appreso che la nazionale dell'Egitto ha deciso, per la prima volta, di giocare contro una selezione palestinese in un gesto di solidarieta' politica. Il match, a quanto ha reso noto il responsabile dell'associazione calcistica palestinese Jibril Rajub, avra' luogo all'inizio di agosto allo stadio Faisal Husseini nel rione di a-Ram, pochi chilometri a nord di Gerusalemme.

(Quotidiano Nazionale, 3 maggio 2010)

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Guido Podestà: «Rafforziamo il legame di fratellanza tra italiani e israeliani»

MILANO, 2 mag. - "Ho partecipato con gioia alla Festa di Israele perche' da sempre sono vicino al popolo ebraico, allo Stato di Israele e alla cultura giudaico-cristiana che rappresenta le radici della nostra storia. Un compleanno speciale per lo Stato di Israele perche' ogni anno e' una conquista poter dire ''ci siamo''. Soprattutto per il popolo israeliano, da sempre assediato e coinvolto in guerre politiche e religiose che hanno imposto situazioni continue di minaccia e violenza". Queste le parole del Presidente della Provincia di Milano, On. Guido Podesta', durante il 62o Yom Hazmaut, l'anniversario della costituzione dello Stato di Israele che si e' svolta oggi ai Giardini Guastalla di Milano.
"Con la visita in Israele anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha confermato il legame di fratellanza tra il popolo italiano e quello israeliano. La festa di oggi - prosegue - e' anche un'occasione per fare un bilancio e per chiederci cosa possiamo fare di piu' per avvicinare italiani e israeliani".
"Sono gia' in corso relazioni tra Provincia di Milano e i rappresentanti delle Istituzioni israeliane per avviare una visita istituzionale".

(Adnkronos, 2 maggio 2010)0)

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Berlusconi a Toaff: Modello per la coscienza morale e civile del Paese

"Valori ebraismo a base nostre radici, mio punto riferimento"

ROMA, 2 mag. - "Il suo esempio e il suo impegno nella promozione dei valori dell'ebraismo, che sono alla base delle nostre comune radici, sono sempre stati per me un costante punto di riferimento nella mia attività di governo". Lo scrive il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato a Elio Toaff per i suoi 95 anni in cui esprime "i più sinceri auguri per il suo compleanno insieme ai sentimenti della mia più profonda stima ed amicizia".
"Proprio mentre il rispetto dei valori della tolleranza e del rispetto reciproco, per i quali lei si è sempre battuto, sono oggetti di ricorrenti attacchi da parte di diverse forme di estremismo - scrive ancora il premier - la sua opera costituisce un modello irrinunciabile per la coscienza morale e civile del nostro paese. Un sincero e profondo grazie - conclude Berlusconi - per l'esempio di altissima civiltà che lei offre a tutti noi".

(Apcom, 2 maggio 2010)

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Ottantatré studenti alla scoperta della vecchia Sinagoga di Saluzzo

Un giovane studente del liceo Liceo Arimondi di Savigliano (CN), ha fatto pervenire questo breve e interessante resoconto della visita che la scolaresca ha fatto alla Sinagoga di Saluzzo.

SAVIGLIANO - Oggi non ci troviamo a scuola, come al solito, per le consuete lezioni curricolari, ma in piazzetta Galateri per prendere il pullman e partire alla volta di Saluzzo/Staffarda per una lezione itinerante di religione .
Scendiamo a Saluzzo e siamo in un quartierino dalle viuzze strette; girato un angolo, ci troviamo in un piccolo complesso condominiale dove troviamo la Sinagoga: chi avrebbe mai pensato che in una piccola palazzina si sarebbe potuto trovare un tempio?
Dopo aver indossato la kippah, tipico copricapo che deve essere messo dai maschi per rispetto delle tradizioni ebraiche, ci siamo accomodati su delle panche e abbiamo ascoltato una guida spiegare le caratteristiche della religione ebraica e le particolarità di questa sinagoga. Siamo stati catapultati nella realtà poco conosciuta e affascinante che è quella del popolo ebraico, per secoli perseguitato e reso orfano di una terra in cui vivere.
Dopodiché siamo ripartiti verso l'abbazia cistercense di Staffarda. Muniti di audioguide ci siamo immersi nella visita dell'edificio: sembrava che ogni pietra volesse raccontare anni di storia passata, dove il tempo si è fermato.
Un grazie al professor di religione Franco Magliano, agli accompagnatori professoressa Laura Albertini e al preside professor Pasquale Iezza che hanno condiviso con noi una giornata alternativa e ci hanno fatto scoprire che le cose belle non si trovano solo a centinaia di chilometri di distanza, ma vicino a casa nostra.

(targatocn.it, 2 maggio 2010)

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Peres insiste: la Siria ha passato Scud a Hezbollah

"Israele sa con certezza che missili Scud precisi e di lunga gittata sono stati forniti dalla Siria agli Hezbollah": lo ha ribadito oggi il capo dello stato israeliano Shimon Peres, ricevendo nella propria residenza la ministra degli esteri danese Lene Espersen. Lo ha riferito radio Gerusalemme.
"La Siria - ha proseguito Peres - deve cessare di comportarsi ed esprimersi in maniera ambigua. Il suo sostegno al terrorismo non può essere celato oltre". Nei giorni scorsi la Siria ha negato a più riprese di aver fornito Scud agli Hezbollah mentre il leader di quella organizzazione, Hassan Nasrallah, ha preferito sottolineare in termini generali il diritto per la sua milizia di munirsi di tutti gli armamenti ritenuti necessari.
Peres ha poi affermato che la Corea del Nord è divenuta una specie di "emporio duty-free" per missili a lunga gittata e tecnologie nucleari. "Armamenti pericolosi raggiungono l'Iran, che si rafforza e che finanzia ed appoggia i micidiali covi del terrorismo mondiale, con in testa gli Hezbollah libanesi".
Il capo dello stato israeliano ha invece espresso ottimismo per le prospettive di pace con i palestinesi, alla luce dell' imminente avvio di negoziati indiretti mediati dagli Stati Uniti. "La situazione si è sbloccata. I divari fra le due parti non sono grandi - ha detto Peres. - Noi siamo interessati alla costituzione di uno Stato palestinese stabile ed indipendente accanto ad Israele".

(ticinonews.ch, 2 maggio 2010)

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Hezbollah: armarci è un nostro diritto

Israele: "La Siria fornisce loro missili"

Il leader degli Hezbollah libanesi, Hassan Nasrallah, ha detto che il suo movimento "ha il diritto legittimo e morale" di dotarsi delle armi di cui ha bisogno ma non ha voluto precisare se il gruppo, come sostiene Israele, sia dotato di missili Scud. "Non siamo tenuti nè a confermare nè a smentire se abbiamo o meno ricevuto certe armi", ha detto Nasrallah in un comunicato diffuso a Beirut.

(TGCOM.it, 2 maggio 2010)

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Gheddafi: Israele scomparirà come un granello di sabbia

Il leader libico invita Obama a una maggiore incisività in Medio Oriente

ROMA, 2 mag. - Per il colonnello libico Moammar Gheddafi Israele "scomparirà come un granello di sabbia" se non si arriverà a creare uno stato democratico in cui israeliani e palestinesi godano di uguali diritti. In una lunga intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il numero uno libico, dopo aver riconosciuto al Presidente degli Stati Uniti di non aver compiuto finora "passi falsi", lo invita ad agire con maggiore incisività in Medio Oriente. Per questo Gheddafi suggerisce a Barack Obama di "iniziare con il controllo di Israele e con la soppressione delle sue armi di distruzione di massa - solo allora riuscirà a spuntarla con l'Iran e ad avere successo in tutta la regione". Se questo non accadrà e se non nascerà uno stato democratico, allora continueranno ad incombere "guerra e battaglie: allora Israele risulterà perdente e scomparirà come un granello di sabbia in mare".

(Apcom, 2 maggio 2010)

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Notizie archiviate

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