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Notizie marzo 2009

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Sito arabo: Soldato israeliano Shalit trasferito in Sudan

Sarebbe prigioniero in un "covo d'inteligence iraniana"

ROMA, 31 mar. - Il soldato israeliano Gilad Shalit, rapito da miliziani palestinesi nel giugno del 2006, sarebbe stato stato trasferito nel Sudan. Lo sostiene il foglio elettronico panarabo Elaph che senza citare le sue fonti, afferma che il caporale si troverebbe in "un covo" dell'intelligence iraniana nel paese arabo. Dopo il recente raid aereo contro una carovana d'auto che secondo l'intelligence israeliana stavano trasportando armi al movimento radicale palestinese Hamas, il Sudan, si ritrova di nuovo in primo piano come un territorio utile per i traffici del movimento radicale islamico palestinese Hamas con gli ayatollah di Teheran. Infatti, Khudair Taher autore dell'articolo del foglio edito a Londra, ricorda di essere stato, "lo scorso 16 gennaio il primo ad avere svelato il contrabbando di armi tra l'Iran e Hamas" attraverso i territori sudanesi. Secondo il giornalista, nel timore di un azione di commandos dell'esercito israeliano per la liberazione dell'ostaggio, una volta scoperto il luogo della sua prigionia, Hamas, "aiutata da uomini dei servizi segreti iraniani", avrebbe portato Shalit fuori della striscia di Gaza attraverso i tunnel sotterranei che la collegano con l'Egitto. Una volta nel deserto del Sinai, l'ostaggio sarebbe poi stato portato nel Sudan e "attualmente" sarebbe "detenuto in un covo dell'intelligence" di Teheran.

(Apcom, 31 marzo 2009)

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"E' troppo rigido". La comunità ebraica sfiducia il rabbino

Una lacerazione dolorosa, sofferta: il Consiglio della Comunità Ebraica ha votato a maggioranza la revoca del mandato di Rabbino capo a Alberto Somekh, in carica dal 1992. All‘origine della rottura, l‘estremo rigore del rabbino, che secondo gran parte di una Comunità tradizionalmente ì''laica‘ sarebbe responsabile del ''disamore" di molti ebrei torinesi....

(la Repubblica, 31 marzo 2009)

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Gaza: false le accuse ai soldati israeliani?

di Giovanni De Sio Cesari

GERUSALEMME, 31marzo 2009 - Secondo quanto riportato dall'edizione di oggi del Jerusalem Post sarebbero infondate le accuse di assassinii e vandalismi riferite da alcuni soldati israeliani e pubblicate dal quotidiano israeliano Haaretz e ampiamente ripresi da tutta la stampa mondiale.
Il giudice-avvocato generale Avichai Mandelblit ha infatti discolpato il IDF (esercito israeliano) e chiusa l'inchiesta militare sulle presunte violazioni dei diritti umani nella recente operazione"Piombo fuso" a Gaza.
L'inchiesta ha accertato che le cosi dette testimonianze erano solo della voci ed erano state deliberatamente esagerate.
In particolare, dall'inchiesta, è risultata falsa la testimonianza secondo cui era stato dato ordine a un soldato di uccidere una anziana donna palestinese: infatti il soldato che ha riferito l'episodio ha ammesso di non aver assistito direttamente all'episodio ma di averne solo sentito parlare: l'inchiesta ha invece accertato che effettivamente era stato aperto il fuoco contro una donna palestinese sospettata di essere una attentatrice suicida ma dopo che ripetutamente le era stato intimato l'alt.
Anche l'episodio della madre uccisa insieme ai suo figli risulta falso: i soldati israeliani spararono invece in diverse direzioni verso uomini che potevano appartenere ad Hamas ma non colpirono affatto i civili.
Non abbiamo modo di conoscere se la versione del Jerusalem Post sia più fondata di quella di Haaretz: ma poiché abbiamo riportato la seconda, per imparzialità e correttezza, riportiamo anche la prima, in particolare per quanto riguarda gli episodi specifici riferiti precedentemente.

(Italianotizie, 31 marzo 2009)

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Uova e vernice contro il Comune di Milano

Palazzo Marino
MILANO - Lancio di fumogeni e di uova con vernice rossa contro l'ingresso di palazzo Marino. Autori dell'atto di protesta sono stati una trentina di manifestanti pro-Palestina, che si sono dati appuntamento in piazza Scala. Il gruppo filopalestenise, che ha inneggiato all'intifada, ha urlato slogan del tipo: «Contro Israele fascista, stato terrorista» e ha scagliato micce e vernice rossa contro l'ingresso del Comune. Sono anche stati accesi alcuni fumogeni rossi.
Alcuni rappresentanti del gruppo sono entrati in Consiglio comunale ed hanno assistito a una parte della seduta, dalle poltrone del settore riservato al pubblico. Hanno portato con sé le bandiere di Hamas, suscitando la reazione di altre persone sedute nello stesso settore. I manifestanti hanno provato a esporre uno striscione con la scritta «Boicotta» e il riferimento della stella di Davide, subito fatta ritirare dai commessi. Ai consiglieri sono anche stati distribuiti alcuni volantini contro l'accordo firmato dall'Italia con Israele.

(il Giornale, 31 marzo 2009)

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Sudan - Decine di jet israeliani attaccarono un convoglio di armi

Lo rivelano fonti della sicurezza israeliana

ROMA, 31 mar. (Apcom) - L'attacco dello scorso gennaio in Sudan contro un convoglio che trasportava armi dirette ad Hamas, il gruppo che controlla la Striscia di Gaza, è stato compiuto da "decine di jet israeliani". Lo dicono fonti ben informate della sicurezza israeliane, citate da Time Magazine. Il raid voleva essere un messaggio di avvertimento all'Iran e agli altri avversari, per mostrare le capacità dell'intelligence israeliana e la volontà di Israele di compiere azioni anche lontano dai suoi confini, per difendersi da minacce esterne.
Le fonti hanno detto che il convoglio, formato da 23 camion, trasportava armi iraniane (razzi ed esplosivi) al gruppo estremista palestinese, per fronteggiare l'offensiva israeliana a Gaza, lanciata il 27 dicembre e cessata il 18 gennaio. Gli F16 israeliani hanno bombardato il convoglio in due riprese, protetti da altri F15, pronti a intervenire se le forze sudanesi fossero entrate in azione.
Dopo il primo attacco, droni dotati di videocamere hanno mostrato che il convoglio non era stato completamente distrutto, e quindi gli F16 hanno compiuto un secondo giro di bombardamenti. Le fonti hanno negato ogni coinvolgimento di jet americani: "Agli americani era stato detto che Israele avrebbe compiuto un raid aereo in Sudan, ma loro non sono stati coinvolti", hanno affermato le fonti. L'attacco è stato preparato dopo che il Mossad era venuto a sapere che l'Iran stava pianificando l'invio di un carico di armi ed esplosivi da 120 tonnellate, inclusi razzi Fajr3 e missili anti-carro. "Israele ha avuto meno di una settimana per organizzare tutto", hanno aggiunto le fonti.

(Virgilio Notizie, 31 marzo 2009)

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Ebrei contro il film di Al Jazeera: «È antisemita»

di Alberto Giannoni

Quel film è antisemita». L'accusa è pesante. Per gli Amici di Israele il 19o Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina (a Milano dal 23 al 29 marzo), ha presentato e proiettato un documentario tutto ispirato a tesi pregiudizialmente contrarie agli ebrei e ad Israele.
Protesta Davide Romano, segretario degli Amici di Israele: «A fianco dei soliti film volti a dare un'immagine negativa di Israele - a cui, per inciso, siamo ormai abituati se non assuefatti - c'è un documentario particolarmente offensivo chiamato "Yahud arab... aswat ghaier masmua", ovvero "Ebrei arabi... voci non ascoltate"». Il film, del 2006, è del regista Sobhi Darbashim, ed è prodotto dalla tv satellitare Al Jazeera. Il film - secondo i filoisraeliani - è animato da una tesi «negazionista»: nega le persecuzioni subite dagli ebrei nei Paesi arabi: «Una tesi che «ferisce profondamente la comunità ebraica e l'intera città», commenta Romano. «Con il taglia e cuci - secondo gli Amici di Israele - si cerca di falsificare la storia della persecuzione degli ebrei nei Paesi arabi a partire dalla metà del Novecento. Scompaiono perfino i pogrom, vere e proprie sommosse popolari dove intere famiglie di ebrei - spesso nell'indifferenza se non sotto l'incitamento delle autorità arabe - venivano prese dalle loro case e trucidate brutalmente, sgozzate, per la sola colpa di professare la religione di Mosè».
Il Festival ha avuto sponsor e patrocini importanti. «Ministero, Regione, Provincia, Comune. Un po' di attenzione in questi casi non guasterebbe», conclude Romano.
Gli organizzatori, del Coe, il Centro di orientamento educativo, un'associazione cattolica, rispondono che lo spirito del festival è proprio il contrario: «Dialogo e pace». «Niente di antisemita - assicura una dei promotori, Gabriella Rigamonti - ma quel film era inserito in una delle sette sezioni, "Occhio arabo sul mondo occidentale". Cosa ci interessa oggi? Io credo il punto di vista del mondo arabo-musulmano sulla nostra realtà. Ma è un punto di vista, può piacere o meno, può rappresentare o meno la realtà, ma noi non sposiamo nessuna tesi».

(il Giornale, 31 marzo 2009)

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La Gran Bretagna apre a Hezbollah per ottenere la liberazione di ostaggi

Trattative segrete in corso da due anni

ROMA, 31 mar. - Il governo di Londra ha deciso di avviare un dialogo con Hezbollah, il gruppo integralista libanese, per ottenere in cambio il rilascio di cinque ostaggi britannici "dimenticati" in Iraq. Secondo quanto riporta oggi il Corriere della Sera, il prezzo da pagare per la Gran Bretagna prevede inoltre "il rilascio, con l'assenso americano, di una decina di militanti sciiti coinvolti in agguati e attentati in Iraq. Non semplici mujaheddin ma personaggi di peso, maestri dell'intrigo e delle operazioni coperte". "La trattativa è in corso da due anni - precisa il quotidiano di Via Solferino - e, come spesso è accaduto nelle vicende degli ostaggi, potrebbe riservare sorprese in qualsiasi momento. Ma fonti diplomatiche ritengono che il negoziato sia giunto a un momento decisivo". A seguito dell'apertura all'Hezbollah, è stato invitato a Londra - e sarà ricevuto anche in Parlamento - Hussein Hajji Hassan, esponente di spicco del gruppo sciita filo-iraniano. L'ipotesi del baratto, riferisce ancora il Corriere della Sera, ha però "suscitato critiche non solo in ambienti americani ma anche sulla stampa araba sunnita. Qualche commentatore, inquieto per le trame di Teheran nella regione, ha accusato l'Hezbollah di ingerenza negli affari interni iracheni".

(Apcom, 31 marzo 2009)

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Fini, antisemitismo mascherato oggi da antisionismo

ROMA. "Oggi l'antisionismo si nasconde sotto il volto apparentemente meno pericoloso dell'antisionismo", e per questo va combattuto. Lo ha sottolineato il presidente della Camera Gianfranco Fini ricevendo stasera al teatro Valle di Roma il premio 'Le eccellenze per Israele dalle mani del presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) Renzo Gattegna. Fini ha ricordato di aver "chiesto e ottenuto dalla destra politica, la mia parte, di fare i conti con il proprio passato. di pronunciare parole chiare di condanna del fascismo e delle leggi razziali e di alzare la bandiera della solidarietà contro ogni forma di discriminazione".

(Il Tempo, 31 marzo 2009)

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Frattini: Europa troppo poco attenta contro l'antisemitismo

Inviteremo comitati olimpici Israele e Palestina a Pescara 2009

ROMA, 30 mar. (Apcom) - L'Europa "è ancora troppo poco attenta a reagire con forza alle accuse verso israele che sconfinano nell'antisemitismo". Lo ha detto il ministro degli Esteri Frattini dal palco del Teatro Valle dove questa sera ha ricevuto un premio nell'ambito della cerimonia "Le eccellenze per Israele" promossa dall'ambasciata di Israele a Roma e dall'associazione Israele 60 in occasione dei 60 anni di Israele.
Il titolare della Farnesina ha tacciato l'Europa di essere "troppo silenziosa" e, ha aggiunto, "se si è silenziosi si è anche complici". Frattini ha quindi ricordato la posizione del governo italiano in occasione della conferenza Durban II: "Noi non siamo complici, abbiamo alzato la voce in solitudine. Poi grazie a noi l'Europa ha aperto gli occhi e si è trovata dietro l'Italia a dire che non ci devono mai più essere frasi contro Israele in un testo delle Nazioni Unite".
Secondo Frattini tuttavia bisogna "lavorare per fare un ulteriore passo avanti". Il ministro degli Esteri ha fatto riferimento ai Giochi del Mediterraneo che si terranno in luglio a Pescara: "Rispettiamo le regole Cio ma non si può negare agli atleti israeliani e palestinesi il diritto di competere perchè altrimenti non sarebbero più giochi di sport ma competizioni con una punta di odio".
Quindi il ministro ha ribadito che "il governo italiano chiamerà i comitati olimpici palestinesi e israeliani a Pescara affinchè dicano insieme che non ci possono essere giochi del Mediterraneo senza Israele e Palestina".

(Virgilio Notizie, 31 marzo 2009)

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Yoram Ortona, Trani e la Giornata Europea della Cultura Ebraica

Yoram Ortona, consigliere Ucei con delega alla Giornata europea della cultura ebraica e ai beni culturali, spiega "le emergenze del patrimonio artistico ebraico".

«E' inutile negarlo, le situazioni d'emergenza nei beni culturali ebraici in Italia non sono poche: nei giorni scorsi ho fatto un sopralluogo alla sinagoga di Pisa che ha subito gravi danni al tetto, alla volta e alle strutture a causa d'infiltrazioni d'acqua piovana». Ad affermarlo è l'architetto Yoram Ortona, consigliere Ucei con delega alla Giornata europea della cultura ebraica e ai beni culturali, confermando così un quadro emerso dai numerosi articoli apparsi su "moked.it". Fino a qualche mese fa Ortona si è occupato del centro-nord, ora la delega si è ampliata anche al meridione....

(Trani online, 31 marzo 2009)

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Chiusa l’orchestra palestinese che suonò per i sopravvisuti della Shoah

Lo decide l'autorità palestinese che governa il campo

JENIN, 30 mar. (Ap) - Le autorità palestinesi preposte al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, hanno disposto la chiusura di un'orchestra giovanile che ha suonato per i sopravvissuti dell'Olocausto in Israele. Il responsabile del campo, Adnan Hindi, ha affermato che i ragazzi hanno sbagliato a suonare per i sopravvissuti e ha definito l'Olocausto una "questione politica". Al direttore d'orchestra, Wafa Younis, è stato proibito l'accesso al campo di Jenin. L'orchestra giovanile palestinese aveva suonato per un gruppo di anziani sorpavvissuti dell'Olocausto mercoledì scorso nella città israeliana di Holon.

(Apcom, 30 marzo 2009)

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L'analisi di Federico Steinhaus

Una fiammella di speranza, subito spenta dal gelido vento dell'estremismo

La somma di due eventi positivi può sfociare in un risultato devastante? Nel mondo arabo sì, a quanto pare. Nel campo profughi di Jenin, tristemente noto a chiunque segue le vicende della regione, è stata formata una piccola orchestra di 13 musicisti dagli 11 ai 18 anni, maschi e femmine. Questa piccola orchestra ha deciso di chiamarsi "Strumenti a corda della pace". Già questa notizia da sola ha la capacità di aprire i nostri cuori alla speranza: ma allora non tutti i giovani sono stati avvelenati nell'animo dalla propaganda dell'odio a loro dedicata dalla televisione e dalle scuole palestinesi? Evviva! Ma non basta. Questa orchestra è andata a suonare a Holon, in Israele, per un gruppo di sopravvissuti alla Shoah. Magnifico! Commovente! I primi brani eseguiti sono stati la canzone araba "Noi cantiamo per la pace" e due brani per violini e tamburi arabi. Un brano è stato perfino dedicato al soldato Shalit, rapito da Hamas 1000 giorni or sono. Già. Ma al rientro a Jenin le autorità politiche palestinesi hanno sciolto questa orchestra "di pace", la cinquantenne direttrice del gruppo Wafa Younis è stata espulsa dal campo profughi ed il suo appartamento è stato chiuso. Leaders ed attivisti del campo profughi hanno affermato che l'Olocausto è un "problema politico" e che la partecipazione dei bambini al concerto rappresentava "una questione pericolosa" in quanto si contrapponeva alla identità culturale e nazionale palestinese. "Elementi sospetti" si celavano dietro questa vicenda allo scopo di sminuire l'eroismo dei residenti del campo profughi durante l'invasione israeliana del 2002. Il portavoce di diversi gruppi politici del campo, Ramzi Fayad, ha condannato questo evento affermando che esiste una ferma opposizione a qualsiasi forma di normalizzazione con Israele.

(Informazione Corretta, 30 marzo 2009)

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Shoah. Testimoni raccontano il grande inganno della deportazione

 
Samuel Modiano, Shlomo Venezia e Piero Terracina
CRACOVIA, 30 mar. - Sami Modiano, Shlomo Venezia, Piero Terracina: i 240 ragazzi delle scuole romane in viaggio ad Auschwitz con la Provincia di Roma hanno ascoltato attenti, nonostante fosse la fine di una giornata molto impegnativa, i racconti dei tre sopravvissuti ai campi di sterminio.
Ieri sera, in una sala dell'hotel di Cracovia gremita fino a costringere qualcuno a restare fuori, i tre testimoni della Shoah che accompagnano gli studenti hanno raccontato l'angoscia e la sofferenza della loro deportazione verso Auschwitz. Una sofferenza che lascia ferite ancora aperte. Per Terracina, ad esempio, che si era rifiutato di tornare ad Auschwitz con il sindaco Alemanno.
    I tre sopravvissuti raccontano storie diverse nei particolari, ma uguali nell'orrore. Modiano, che fece il viaggio più lungo: un mese per giungere da Rodi ad Atene e da Atene ad Auschwitz. Venezia, prelevato con la sua famiglia ad Atene dopo aver visto la deportazione a Salonicco. E Terracina, "tradito a Roma da due fascisti che decisero di vendere me e la mia famiglia per 5 mila lire, consapevoli che ci avrebbero spedito a morte certa".
    Gli studenti chiedono ai testimoni di quella tragedia se gli ebrei avessero provato mai a ribellarsi. E Terracina spiega che "non è vero che non ci siamo ribellati: ci sono state rivolte nel ghetto di Varsavia e in tutta la Polonia, per esempio, 1000 ebrei italiani parteciparono alla Resistenza, 100 morirono in battaglia. Ma io e la mia famiglia - spiega Terracina - cosa potevamo fare? I tedeschi sono arrivati nel nostro nascondiglio armati fino ai denti, con mitra e bombe a mano".
    È lo storico Marcello Pizzetti a spiegare dunque ai ragazzi che "i media non mettono in evidenza la resistenza ebraica", e che "il successo della deportazione nazista fu dovuto a due fattori: il grande inganno di far credere agli ebrei che sarebbe stato dato loro un posto di lavoro, non dicendo dove li stessero portando; e il fatto di prelevarli insieme alle famiglie: nessuno avrebbe tentato di fuggire lasciando soli i membri più deboli del nucleo".
    Fu così per Modiano, ad esempio: "Arrivati a Salonicco nei vagoni piombati e pieni dei nostri escrementi - racconta - da una delle finestre vidi un ferroviere mio amico d'infanzia che controllava i treni. Quando mi guardò impallidì, e mi disse sottovoce di scappare da quel treno perchè dove ci portavano saremmo stati uccisi tutti.
    Quella notte stessa provai a scappare dal treno in corsa - prosegue - ma fui fermato dalle grida di un anziano parente, il quale mi fece capire che non potevo lasciare lì la mia famiglia, e che il destino dei miei cari sarebbe stato anche il mio".
    Per tutti, Modiano, Venezia e Terracina, il ricordo più orrendo e vivido è quello del viaggio nei vagoni piombati e, nel caso di Modiano, anche nella stiva di una nave da Rodi ad Atene: in tutti i casi si trattava di carri da bestiame, "con gli escrementi delle bestie ancora lì dentro".
    Ritornano, nella memoria dei tre sopravvissuti, i pianti dei bambini, le sofferenze delle donne incinta, il caldo asfissiante, l'odore acre degli escrementi umani, la sete patita da 90 persone stipate in un vagone con solo 100 litri d'acqua per un viaggio inteminabile, le poche pause in cui i vagoni venivano aperti per buttare fuori gli escrementi e i morti.
    Terracina, in particolare, si commuove e sta quasi per piangere quando ricorda le parole di suo padre, appena usciti dal carcere di Regina Coeli, dove presero le impronte a tutta la famiglia: "Papà ci chiese perdono, non so di cosa poi, e ci disse 'ragazzi, mi raccomando, siate uomini e non perdete mai la dignità".
    Aveva capito che questo era il pericolo maggiore, ma come si fa a mantenere dignità quando si muore di fame? C'è stato chi lo ha fatto, anche ad Auschwitz, pagando con la tortura e la morte". Il racconto di Terracina, iniziato con l'arresto del 7 aprile del '44, si ferma al 24 maggio di quello stesso anno, quando per gli ebrei deportati insieme a lui si aprirono le porte di Birkenau.
    Oggi, varcata la soglia dei campi di sterminio insieme con gli studenti delle scuole romane, il racconto dei sopravvissuti a quell'orrore riprenderà proprio da quei giorni.

(Diregiovani, 30 marzo 2009)

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"Nascono nuovi gruppi neonazisti". L'allarme del presidente Pacifici

"Ci sono gruppi neonazisti che si stanno ricostituendo a Roma: si tratta di militanti appartenenti a forze politiche che partecipano anche a competizioni elettorali. Un evento singolare in un paese in cui è vietata la ricostituzione del partito fascista". Lo ha detto il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici che ha visitato il campo di concentramento di Birkenau nell'ambito del viaggio della memoria organizzato dalla Provincia di Roma per 240 studenti.
Si tratta di gruppi che "dichiarano - ha spiegato Pacifici dopo una cerimonia di commemorazione delle vittime dell'Olocausto morte nel campo - che il presidente della comunità ebraica a Roma è il loro peggior nemico e che continuano nella solita menzogna di sminuire e negare la Shoah.
Per questo dobbiamo portare avanti l'impegno di continuare a tramandare le memorie di questi fatti. Quando i sopravvissuti non ci saranno più dovremo essere all'altezza di fare nostre le loro testimonianze".
Pacifici ha sottolineato che "gli ebrei non piangono, non mendicano pietà e non hanno bisogno del museo della Shoah per ricordare. Raccontiamo queste storie per evitare che ad altri succedano ciò che è successo a noi 70 anni fa".

(la Repubblica, 30 marzo 2009)

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Israeliani e palestinesi uniti... per una rapina

Il crimine non sempre paga ma qualche volta unisce. Domenica 29 marzo la polizia palestinese ha arrestato due componenti di una strana banda di rapinatori, colpevole di aver svaligiato una banca di Ramallah. Con grande sorpresa gli investigatori hanno scoperto che il gruppo, formato da sei persone, non comprendeva solo palestinesi ma anche un israeliano.

- Colpo gobbo a Ramallah
  La rapina, messa a segno nella mattina di martedì 24 marzo, è considerata una dei più audaci atti criminosi compiuti recentemente in Cisgiordania. Realizzata in uno dei quartieri più protetti di Ramallah, l'irruzione negli uffici della Arab Bank non è però andata a buon fine come progettato dall'assortito gruppo di criminali. La polizia palestinese ha arrestato infatti due malviventi, che hanno immediatamente confessato: così si è scoperto che la banda, composta da sei persone, comprendeva anche tre arabi israeliani e un ebreo israeliano che si è rivelato essere la mente del gruppo. Le forze dell'ordine sono riuscite inoltre a recuperare parte del bottino, pari a 27 mila dinari giordani, circa 38 mila dollari.

- La dinamica
  Secondo l'agenzia di stampa Maan News, era da un mese e mezzo che il gruppo teneva d'occhio la Arab Bank di Al-Bireh, nei pressi di Ramallah. L'operazione, organizzata in Israele, aveva poi scavalcato i confini coinvolgendo anche due palestinesi della West Bank, proprio quelli arrestati domenica scorsa dalla polizia. Gli arabi israeliani e l'ebreo, dopo la rapina, sono invece riusciti a tornare tranquillamente in Israele con una macchina carica di soldi e di armi di vario genere, fra cui varie pistole con silenziatore e un fucile M16. Adesso sono ricercati dalle autorità israeliane.

- Fratellanza preoccupante
  Secondo la polizia palestinese la coordinazione fra criminali arabi e israeliani potrebbe essere un segnale preoccupante per il rafforzamento della criminalità in Cisgiordania. Intanto però un risultato è stato ottenuto sul fronte della collaborazione fra le forze di sicurezza: gli investigatori palestinesi hanno passato subito i risultati ai colleghi israeliani, cui adesso tocca arrestare gli altri quattro rapinatori. G. V.

(IFG online, 30 marzo 2009)

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Sudan - Gli Usa minacciano nuovi raid aerei contro il traffico d'armi verso Gaza

A gennaio una carovana di trafficanti era stata bombardata vicino a Port Sudan

Gli Stati Uniti avrebbero avvertito il governo di Khartoum della possibilità di nuovi raid aerei per bloccare il contrabbando di armi dal territorio sudanese alla Striscia di Gaza. Lo hanno dichiarato fonti del governo sudanese citate dal giornale panarabo Al-Sharq al-Awsat.
Lo stesso avvertimento, secondo il quotidiano che ha sede a Londra, era avvenuto a gennaio prima di tre raid aerei compiuto contro carovane di camion ritenuti carichi di armi. Nei bombardamenti, avvenuti nel giro di pochi giorni nella zona desertica vicino a Port Sudan, nel nord-est del Paese, sarebbero morte decine di persone. Secondo il governo sudanese gli attacchi siano stati condotti da droni israeliani a lungo raggio, probabilemnte i nuovi 'Heron'. Inizialmente era stato detto che si trattava invece di caccia Usa decollati dalla vicina base Usa di Gibuti.
Pochi giorni prima di questi raid, gli Stati Uniti avrebbero avvertito Khartoum del fatto che era in corso un monitoraggio nella zona da parte dei servizi d'intelligence, per ottenere informazioni sul traffico di armi che attraverso il deserto del Sinai arrivano fino alla Striscia di Gaza, controllata dal movimento di resistenza islamico Hamas. Stando alla fonte, Washington avrebbe chiesto al Sudan di porre subito fine alle attività di contrabbando all'interno dei propri confini.
Sfidando il mandato di arresto internazionale per i crimini di guerra in Darfur, il presidente sudanese Omar Al-Bashir oggi è arrivato in Qatar per prendere parte al vertice della Lega Araba che si apre domani a Doha.

(PeaceReporter, 30 marzo 2009)

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Domani Netanyahu presenterà la lista dei ministri

GERUSALEMME, 30 mar. - Il premier incaricato israeliano, Bibi Netanyahu, ultima oggi la lista dei ministri che sara' sottoposta domani sera alla Knesset. Dalle indiscrezioni filtra che si trattera' di uno dei governi piu' numerosi nella storia dello Stato ebraico, con una trentina di portafogli per soddisfare le richieste dei tanti partiti che lo formano. La maggioranza dell'esecutivo - formata dal Likud, dai laburisti e da vari partiti di destra - e' di 69 seggi su 120.
La poltrona piu' controversa e' certamente quella degli Esteri, prenotata dal leader anti-arabo di Israel Beitenu, Avigdor Lieberman. Alla Difesa sara' confermato il ministro della Difesa, Ehud Barak. I timori maggiori riguardano il futuro ydel processo di pace, alla luce delle reticenze di Lieberman e dello stesso Netanyahu sulla possibilita' di arrivare a una soluzione con due Stati.

(AGI, 30 marzo 2009)

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In miseria lo svizzero che salvò il tesoro degli ebrei

Ha il sapore amaro di una favola triste la vicenda di Christoph Meili, il guardiano notturno dell'Ubs di Zurigo celebrato in tutto il mondo per avere, 12 anni fa, reso pubblico il grande scandalo dei fondi ebraici dormienti nelle banche svizzere. Dopo essere stato accolto dagli Stati Uniti come un eroe, ora si ritrova a dover tornare in patria, quella Confederazione elvetica che lo ha incriminato per violazione del segreto bancario e che ha dovuto sborsare 1,25 miliardi dollari per rimborsare le associazioni ebraiche....

(Libero-news.it, 30 marzo 2009)

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La manovra a tenaglia dell'Iran

di Alex Fishman

L'Iran sta di fatto imponendo a Israele un confronto militare diretto. E non stiamo parlando solo degli esagerati impeti verbali del presidente Mahmoud Ahmadinejad o del progetto nucleare iraniano. Finora l'Iran ha condotto una guerra d'attrito contro Israele attraverso i suoi agenti: Hezbollah, Hamas e altri gruppi palestinesi. Ora la guerra sta toccando nuove vette: diventerà impossibile ignorarle continuando ad affrontare solo gli agenti locali.
Stando a notizie di stampa, un paio di mesi fa le forze aeree israeliane avrebbero bombardato in Sudan un convoglio carico di missili a medio raggio con una gittata da 70 km, probabilmente modello Fajar 3. Non è un missile piccolo. Si tratta in effetti di un missile che gli iraniani stanno producendo specificatamente per la striscia di Gaza in modo che possa essere smontato in diverse parti e introdotto clandestinamente attraverso i tunnel che assicurano il passaggio del traffico d'armi verso Gaza. È lo steso modo in cui vennero prodotti i razzi Grad destinati a Gaza: modelli smontati, made in Iran, destinati al traffico clandestino.
Il quadro diventa sempre più chiaro: gli iraniani puntano a istituire una base di lancio di missili sul versante sud di Israele che sia in grado di coprire tutta la regione centrale di Dan (la piana costiera con Tel Aviv). Non si tratta di paranoia: vale a dire che la strategia "a tenaglia" per stringere lo stato di Israele contemporaneamente da nord e da sud fa dell'Iran un nemico concreto, e non teorico. Diventa sempre meno possibile continuare a incolpare solo Hezbollah e Hamas, un po' come quel tizio che le chiavi, perse in una strada buia, le cercava sotto un lampione perché lì è più facile.
Gli iraniani stanno investendo non solo in ambito non convenzionale, ma anche in campo convenzionale, con lo scopo di eliminare lo stato di Israele o perlomeno di rendere la vita in Israele insostenibile (che è poi la stessa cosa).

(YnetNews, 29 marzo 2009 - da israele.net)

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Giochi del Mediterraneo, Frattini riceve l'ambasciatore di Israele

Stato ebraico apprezza sforzi per partecipazione israeliani

ROMA, 29 mar. (Apcom) - L'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir ha incontrato oggi il ministro degli Esteri Franco Frattini per discutere della partecipazione israeliana ai Giochi del Mediterraneo. L'ambasciatore ha ringraziato il titolare della Farnesina per "la determinazione e gli sforzi profusi personalmente", al fine di assicurare la futura partecipazione dello Stato d'Israele ai Giochi del Mediterraneo, e ha espresso l'assenso israeliano alla proposta del ministro Frattini per una sorta di "Road Map" che porti all'inclusione dello Stato d'Israele e dell'Autorità nazionale palestinese in questo importante evento, "partendo proprio con l'invito dei presidenti dei comitati olimpici israeliano e palestinese alla cerimonia di apertura dei giochi di Pescara". "Questa lodevole e benvenuta iniziativa del governo italiano", si legge in un comunicato dell'ambasciata, "potrà porre fine a lunghi anni di sistematica discriminazione nei confronti d'Israele per ragioni politiche che dovrebbero essere assolutamente estranee a un contesto sportivo, il quale dovrebbe, invece, avvicinare le persone e i popoli". Dopo le polemiche per la mancata presenza dello Stato ebraico a Pescara, Frattini ha auspicato nei giorni scorsi che questi siano gli ultimi "Giochi del Mediterraneo senza la nazionale israeliana" e "senza quella palestinese". Frattini ha ricordato la scorsa settimana, in un'intervista al Corriere della Sera, che una soluzione regolamentare "non ci può essere" perché i Giochi hanno un regolamento preciso. E questo "prevede per i nuovi ingressi una maggioranza dei due terzi che Israele non ha avuto in passato e non avrebbe ora". Secondo il ministro, se gli atleti si diranno disponibili, "di fronte alle due delegazioni sportive che si presentano assieme, metteremo con le spalle al muro la politica dei veti incrociati". E a quel punto "l'Italia dirà di sì, e voglio vedere chi dirà no", ha precisato.

(Apcom, 29 marzo 2009)

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Israele: carcere più duro per i detenuti di Hamas

Ridotti "privilegi" per detenuti di organizzazioni estremiste

GERUSALEMME, 29 mar. - Le autorità carcerarie israeliane hanno indurito le condizioni di detenzione dei prigionieri appartenenti all'organizzazione estremista palestinese di Hamas: lo hanno reso noto fonti governative dello Stato ebraico. Una commissione creata dal ministro della Giustizia uscente Daniel Friedman aveva infatti raccomandato una "riduzione dei privilegi dei detenuti di Hamas e della Jihad Islamica" per quel che concerne il cibo, l'accesso ai mezzi di informazione e il diritto di visita - eccezion fatta per quelle degli operatori del Comitato Internazionale della Croce Rossa (Cicr). Il governo del premier uscente Ehud Olmert ha deciso di iniziare ad applicare alcune delle raccomandazioni della commissione visto anche l'impasse nei negoziati per il rilascio di Gilad Shalit, il militare israeliano sequestrato dalle milizie nel giugno del 2006 e ancora prigioniero nella Striscia di Gaza. (Fonte Afp)

(Apcom, 29 marzo 2009)

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Israele: Egitto più efficace nel contrasto di traffico d’armi

Shin Bet: ma il contrabbando nella Striscia di Gaza continua

GERUSALEMME, 29 mar. - L'Egitto sta dimostrando una "maggiore efficacia" nel contrasto al contrabbando di armi nella Striscia di Gaza: lo ha affermato il responsabile dello Shin Bet, i servizi segreti interni israeliani, Yuval Diskin. Diskin, che ha parlato nel corso del consiglio dei Ministri svoltosi questa mattina - l'ultimo presieduto dal premier uscente Ehud Olmert - ha tuttavia sottolineato che nonostante gli sforzi del Cairo il traffico di armi nella Striscia continua. Secondo i dati forniti da Diskin dalla fine delle operazioni milatari israeliane nella Striscia l'Egitto ha sequestrato "45 tonnellate di materiale di uso bellico, 22 tonnellate di esplosivo e decine di razzi e missili anticarro o antiaerei". (fonte Afp)

(Apcom, 29 marzo 2009)

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Palestinesi e israeliani uniti in rapina a banca

RAMALLAH - Il crimine e' stato piu' forte delle divergenze politiche in Cisgiordania, dove banditi palestinesi hanno rapinato una banca con un'operazione orchestrata da un delinquente israeliano. Un segnale che preoccupa la polizia locale, che parla di pericolose nuove tendenze del crimine organizzato nei territori palestinesi. A Ramallah un gruppo di sei uomini armati ha assaltato un istituto bancario, portando via un bottino di 30mila dollari.

(la Repubblica, 29 marzo 2009)

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Attaccando Israele l'Europa attacca ciò a cui ha rinunciato

Il polverone sollevato dalle presunte accuse contro Tzahal si sta dissolvendo, come era prevedibile. Eppure ha riempito pagine su pagine dei nostri giornali, chi risarcirà Israele del danno subito? L’l'intervista di Giulio Meotti a Dan Segre mette ordine nella disinformazione.

di Giulio Meotti

Vittorio Dan Segre
ROMA. "Quando nel 1939 facevo la guardia alla mia scuola di agricoltura, l'ordine era di sparare solo se attaccati". Vittorio Dan Segre, veterano della guerra d'Israele del 1948, è d'accordo con il capo di stato maggiore, Gabi Ashkenazi, quando dice che le Forze di Difesa israeliane hanno il più alto standard morale al mondo. Il Jerusalem Post pubblica dichiarazioni di alti esponenti dell'esercito secondo cui le testimonianze di attacchi gratuiti contro i civili a Gaza, che hanno fatto il giro del mondo, sono "categoricamente false". Lo dimostreranno. Con Dan Segre, scrittore e a lungo diplomatico israeliano, parliamo dell'unico esercito che impone al soldato di disubbidire se riceve ordini disumani. E' Tsahal, l'esercito ebraico.
A mia conoscenza, non c'è un solo caso in cui un soldato ha detto: 'Ho fatto'. E' tutto riferito. Questa campagna non è partita dagli amici d'Israele, ma da una scuola premilitare alla testa della quale c'è Dani Zamir, noto per idee antisraeliane. E' incredibile poi che le denigrazioni provengono da un'Europa che ha cessato di combattere e fa dei suoi eserciti degli specialisti. Israele è un paese dove ancora si è disposti a morire per la patria e lo si fa in libertà. L'Europa, o forse bisogna dire l'Eurabia, attacca quello cui ha rinunciato. C'è molta invidia, non c'è niente di peggio di vedere che qualcuno che non si ama ha ragione".
    I soldati israeliani sono educati al Tohar HaNeshek ("purezza delle armi"), usare le armi secondo regole morali. L'espressione fu coniata dal pioniere socialista Berl Katzenelson. "Gli israeliani in sessant'anni non hanno commesso un solo stupro di donne palestinesi. E' incredibile. Israele è l'unico paese che da cento anni è in guerra non per conquistare miniere, ma per difendersi. Il nome dell'esercito è Forze di difesa d'Israele, l'idea nasce dalla Haganah, il principio assoluto era la difesa, non l'attacco. Durante la rivolta araba del 1936 ebbe un nome specifico: Havlagah, 'controllati', non diventare come gli altri. C'è un elemento tolstojano nella tradizione collettivista israeliana, riprende il concetto gandhiano per cui il rapporto con il nemico è come quello dell'uomo col serpente: se lo si guarda si diventa prima o poi come lui.
    Nel dna del sionismo c'è l'idea che siamo qui per costruire qualcosa di diverso. E' difficile in una guerra di cent'anni mantenere la purezza dei principi, le armi non sono mai pure, nessuno è mai nato in battaglia. Ma l'esercito è alla ricerca, come il paese, di un equilibrio fra opposte tendenze. Come si fa ad avere una democrazia in guerra? Come si fa a combattere senza odiare?". Da più parti, come Christopher Hitchens, a lungo legato a Edward Said, si accusa l'esercito israeliano di essere teocratico. "Sciocchezze, l'esercito è il riflesso della popolazione. Non si può continuare a dire che si vuole uno stato ebraico ma che debba essere ateo e idolatra. I soldati religiosi sono l'espressione militare di quello che si vede davanti al Muro del Pianto, si passa dallo stato nazionale degli ebrei allo stato nazionale ebraico. Cento paracadutisti religiosi hanno abbandonato una festa perché una donna cantava. Si stupisce solo chi ritiene che sia obbligatorio vedere ogni giorno in tv la copulazione. Non vedo ragione per allarmarsi se qualcuno dice: 'A me non piace questo schifo e me ne vado'".
    E' il problema mai risolto dell'identità israeliana. "Uno stato nazionale che secondo alcuni è nato nel 1948 con una legittimità fissata da un voto di maggioranza dell'Onu, che come dicono gli arabi, è stato 'creato' e quindi può essere 'eliminato'. Come si è cercato di fare. Israele è invece nato prima della Shoah e prima del voto delle Nazioni Unite. Come dice il suo atto fondativo, Israele è la realizzazione del sogno profetico di un popolo che ha quattromila anni di vita e un messaggio universale di monoteismo aristocratico morale. Ciò disturba chi considera il divino e la morale esclusi dalla politica. E' l'eterna lotta fra il monoteismo e l'idolatria. In un momento in cui l'occidente diventa sempre più ostile all'idea stessa del divino concentra l'odio su quel paese che ha realizzato la marcia inversa dell'Europa.
    Dando un significato nuovo a due ideologie idolatriche: il socialismo e il nazionalismo, riunite dal nazionalsocialismo nella distruzione totale di un popolo che voleva dare a queste due idee, come Mazzini e Tolstoj, una dimensione di doveri superiori ai diritti". Segre parla della fine della "rivoluzione francese ebraica". "Israele aveva creato una società di ebrei non sacra. Come la Francia. Il sionismo è stato la rivoluzione francese ebraica. Ma questa società ebraica non sacra non è più accettabile. E si passa allo stato ebraico, Israele come laboratorio straordinario di coesistenza fra il sacro e il non sacro nella democrazia".
    Nel 1948 l'esercito nacque con un'autentica ossessione del legame col popolo: umano, egualitario e giusto. "E' un'armata popolare, per lunghezza della leva e riserva, è un esercito-scuola che assorbe immigrazione. Israele non ha militarismo, l'uomo a cavallo, non ha accademie e non le ha mai volute. Gli ufficiali vengono dalla gavetta e vanno in pensione a 45 anni". Eppure stampa e intellettuali fanno lauti paragoni fra Tsahal, le SS e l'Oas francese. "E' la continuazione, sotto forma differente, della fobia contro l'ebreo. Sempre diverso dagli altri, soprattutto in guerra.
    I soldati israeliani non sono le bande del Sudan, non sono i brutalizzatori della Cecenia, non sono i caschi blu olandesi a Srebrenica. Nessun paese al mondo durante la guerra porterebbe i nemici nei propri ospedali". Come a Gaza. L'idea che l'ebreo armato sia diverso è forse legato al mistero della sopravvivenza. "E' la tradizione antimilitare ebraica, è dall'esposizione nei secoli alla sofferenza che nasce la sensazione del dover usare le armi per pura difesa. Arnold Toynbee disse che uno dei maggiori crimini del nazismo è aver obbligato gli ebrei a vivere con le armi in mano".

(Il Foglio, 28 marzo 2009 - ripreso da Informazione Corretta)

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Gaza, fermati e poi rilasciati esponenti del Fatah

La polizia del governo di fatto di Hamas nella striscia di Gaza ha fermato oggi per interrogatori tre esponenti di Al Fatah, tra i quali l'ex ministro dell'Autorità palestinese Abdel Rahman Hamad.
Un portavoce del locale ministero dell'interno ha detto che i tre sono stati rilasciati dopo essere stati interrogati in quanto sospettati di aver preso parte a un "raduno illegale" dentro l' università di Gaza.
Hamas ha preso il potere con la forza nella Striscia nel giugno del 2007 dopo aver cacciato da tutte le posizioni di potere le forze fedeli all' Autorità palestinese e al Fatah.
Tentativi tuttora in corso per una riconciliazione tra Hamas e Fatah, mediati dall' Egitto, non hanno finora avuto successo.

(swissinfo.ch, 28 marzo 2009)

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Arcivescovo brasiliano: la Shoah uccise più cattolici che ebrei

    Dadeus Grings
BRASILIA, 28 mar. - In Brasile l'arcivescovo di Porto Alegre, Dadeus Grings, ha negato che "gli ebrei siano stati le vittime principali dell'Olocausto". Il triste primato, per il presule, spetta in realta' a cattolici e zingari: "Gli ebrei parlano di sei milioni di persone uccisi. Ma quanti cattolici sono state vittime dell'Olocausto? Sono stati 22 milioni in tutto", ha spiegato monsignore Grings in un'intervista alla rivista "Press & Advertising". L'arcivescovo ha poi aggiunto che "le vittime piu' grandi furono gli zingari perche' - ha spiegato - sono stati sterminati". Le parole di monsignor Grings, 72 anni, arcivescovo di Porto Alegre dal 2001, rischiano di riacuire la tensione tra Santa Sede e comunita' ebraiche proprio quando si erano ormai sopite le polemiche per il ritiro della scomunica al vescovo lefevbvriano negazionista Richard Williamson.

(AGI, 28 marzo 2009)

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Settanta musulmani straziati da un kamikaze in una moschea di Jamrud, in Pakistan

Una notizia atroce, ma seriale, un dejà vu.

Di quante migliaia di vittime abbiamo già letto in questi ultimi anni? Ma questa strage merita più attenzione, perché spiega tutto e smentisce tutte le teorie che vogliono il terrorismo islamico come «reazione», sbagliata, a «colpe» dell'Occidente. Teorie che ora circolano - ahimé - anche alla Casa Bianca. La notizia di Jamrud infatti, va scritta così: titolo «50 musulmani uccisi da musulmani», occhiello, «Kamikaze entra in una moschea, guarda negli occhi i correligionari e ne fa strage nel momento più sacro del culto perché "apostati"». Nell'articolo, infine, va spiegato che in quella regione non si è mai visto un americano, né un israeliano e che i musulmani di Jamrad sono stati sterminati perché «apostati» per avere negato appoggio ai Talebani pakistani. Stessa, identica motivazione alle stragi di 50-80.000 musulmani algerini da parte dei musulmani terroristi dal 1991 a oggi (di nuovo, in assenza assoluta di americani o israeliani). L'attentato di Jamrud, come decine di attentati in moschee precedenti, spiegano che il terrorismo islamico è innanzitutto vicenda interna all'Islam, e se si guarda alle più di 100.000 vittime del terrorismo islamico (includendovi l'Algeria), si nota che il 98%, al minimo è composto da musulmani e che americani, israeliani e europei sono a stento il 2%. Il dramma è che questo carattere non «reattivo» del terrorismo islamico, comporta conseguenze che sfuggono al mondo progressista e soprattutto all'amministrazione Obama. La prima è che l'eventuale nascita dello Stato di Palestina non avrà nessun influenza sul terrorismo islamico che ha dinamiche innanzitutto interne alla umma. La seconda è che vi è un rapporto biunivoco tra la presa del fondamentalismo islamico e il terrorismo islamico. E qui Obama rischia il disastro. Il New York Times ha infatti appena rivelato che i Talebani pakistani sono sostenuti da ufficiali dei Servizi pakistani. Notizia che riporta alle responsabilità di un consigliere molto ascoltato di Obama. Zibgniew Brzezinski che nel 1977 convinse Carter ad appoggiare il golpe in Pakistan del generale Zia ul Haq che riformò lo stato seguendo all'ideologia del «Khomeini sunnita», al Mawdudi, e lo trasformò in uno stato fondamentalista (l'apostasia vi è punita con la morte, così come la blasfemia). Brzezinski, insomma è corresponsabile politico pieno della presenza ai vertici dei Servizi pakistani di complici dei Talebani, proprio perché non ha afferrato il nesso tra il fondamentalismo dei generali che appoggiò nel 1977 (che impiccarono il padre di Benazir Bhutto) e i terroristi da loro protetti (furono quei generali a «inventare» i Talebani in Afghanistan). In questa strage, dunque, tutto si condensa: il dramma che si consuma dentro un Islam straziato e violento e l'incomprensione dell'Occidente, non delle sue colpe, ma delle sue complicità ignave col fondamentalismo islamico, che partorisce terrorismo.

(Il Tempo, 28 marzo 2009)

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Hezbollah si finanzia grazie a narcotrafficanti messicani

Il gruppo integralista sciita libanese di Hezbollah ha rafforzato i suoi collegamenti col cartello della droga messicano e piu' volte ha usato questi contatti per operazioni di attraversamento clandestino del confine dal Messico agli Stati Uniti, sostiene il quotidiano Washington Times in un servizio in esclusiva.
Il giornale, citando funzionari Usa anti-droga, afferma che Hezbollah ha sfruttato i legami con i trafficanti messicani soprattutto per svolgere a sua volta operazioni di contrabbando di droga (per finanziare le sue operazioni in Medio Oriente) piuttosto che per infiltrare terroristi negli Usa.
Hezbollah conta sui finanziamenti degli espatriati sciiti e sui traffici di droga per rastrellare il denaro necessario alle sue attivita', afferma il quotidiano.
Il gruppo e' molto attivo nel traffico di droga in Paraguay, Argentina e Brasile ma in tempi piu' recenti anche il confine tra Messico e Stati Uniti e' entrato nel mirino delle attivia' del gruppo, secondo il Washington Times.

(ADUC Droghe, 28 marzo 2009)

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Mubarak non parteciperà al vertice arabo di Doha

Fonti: il Qatar ha avuto posizioni anti-egiziane

IL CAIRO, 28 mar. - Il presidente egiziano Hosni Mubarak non parteciperà al vertice arabo di Doha, che si terrà lunedì e martedì a Doha. Lo ha annunciato oggi al Cairo il capo della diplomazia egiziana Ahmed Aboul Gheit. Non sono state fornite spiegazioni ufficiali, ma fonti diplomatiche nella capitale egiziana hanno spiegato all'Afp che questa assenza è dovuta al fatto che l'Egitto rimproverà al Qatar le sue "posizioni anti-egiziane, tenute in particolare durante l'offensiva israeliana" nella Striscia di Gaza (27 dicembre-18 gennaio). "L'Egitto sarà rappresentato al summit arabo di DOha dal ministro degli Affari giuridici e parlamentari Moufid Chelab", ha detto alla stampa Aboul Gheit. Anche il ministro degli Esteri egiziano non parteciperà alla riunione dei capi delle diplomazie arabe, in programma oggi a Doha. (fonte Afp)

(Apcom, 28 marzo 2009)

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Chirac lancia il progetto Aladino contro il negazionismo

Da diffondere nel mondo arabo musulmano

Jacques Chirac
ROMA, 27 mar. (Apcom) - L'ex presidente francese Jacques Chirac ha lanciato oggi assieme ai rappresentanti di 30 paesi riuniti nella sede dell'Unesco un programma educativo per lottare contro il negazionismo dell'olocausto nel mondo arabo-musulmano. Il progetto, sostenuto dalla Fondazione per la memoria della Shoah, punta a rendere disponibili, in lingua araba, persiana e turca, informazioni oggettive sullo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, sulle relazioni tra ebrei e musulmani e sulla cultura ebraica. Per raggiungere questo obiettivo è stato creato un sito internet che presenta in cinque lingue (arabo, persiano, turco, inglese e francese) la storia della Shoah, del popolo ebreo e delle relazioni tra i musulmani e gli ebrei nel corso dei secoli. Una biblioteca digitale permetterà la consultazione on line di alcuni libri tra cui "Se questo è un uomo" di Primo Levi e "Il diario di Anne Frank", tradotti per la prima volta in arabo e persiano.

(Apcom, 27 marzo 2009)

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Israele: nessun accordo su lista per scambio prigionieri

Lo riferisce una fonte anonima dell'ufficio di Olmert

GERUSALEMME, 27 mar. (Apcom) - Dall'ufficio del premier israeliano Ehud Olmert fanno sapere che non è stato raggiunto ancora alcun accordo nei negoziati indiretti con Hamas su un possibile scambio di prigionieri. La parte israeliana sta ancora aspettando che Hamas elimini dalla lista i nomi di alcuni detenuti che Israele non intende liberare e presenti quindi un nuovo elenco ai mediatori egiziani.
Sarebbe questa la risposta di Israele a certi rapporti diffusi di recente secondo cui ci sarebbero stati "grandi progressi" nei colloqui con Hamas, che chiede il rilascio di oltre mille prigionieri palestinesi, tra cui 450 specificati per nome, in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, sequestrato nel 2006 da palestinesi legati al gruppo islamico. Anche il gruppo che fa campagna per il rilascio di Shalit fa sapere di non aver avuto alcuna notizia di progressi nei negoziati.
La scorsa settimana, dopo un intenso giro di incontri a Il Cairo, gli sforzi di mediazione egiziani sono stati vanificati dalle parole di Olmert contro Hamas, accusato di complicare i negoziati respingendo le "generose" offerte di Israele e avanzando domande "estreme". Hamas rispedisce al mittente le accuse e attacca Israele sostenendo che finora non ha ancora ricevuto una controfferta seria. Su 450 prigionieri segnalati con nome, lo Stato di Israele sarebbe d'accordo al rilascio di 320, ma questa soluzione rischia di saltare con l'arrivo al governo di Benyamin Netanyahu, che potrebbe presentare il nuovo esecutivo alla Knesset già mercoledi' prossimo, alleato con il Labour ma anche con il temuto partito di estrema destra Yisrael Beitenu e con il partito religioso ortodosso Shas.

(Virgilio Notizie, 27 marzo 2009)

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Con Barak e Netanyahu Israele è in buone mani

di Fiamma Nirenstein

Sull'ala di un aereo della Sabena alcune figure in tutta bianca si schiacciano contro la parete del velivolo per evitare di essere visti dai finestrini dai terroristi palestinesi che lo hanno sequestrato con tutto il carico di passeggeri. È una foto in bianco e nero del 1972. In un attimo gli uomini appostati sull'ala con le armi in pugno, balzeranno all'interno e libereranno gli ostaggi. Fra loro si identificano Ehud Barak, comandante dell'unità Sayeret Matchal, e Bibi Netanyahu, uno dei suoi uomini. Una coppia di eccellenza, di idee completamente diverse, intellettuali e guerrieri, l'uno bravo economista, l'altro stratega eccezionale, che quali che siano le critiche nei loro riguardi, ogni Paese vorrebbe avere nella sua classe dirigente.
Adesso la squadra la guida Netanyahu, ed è quella del governo. Ma Barak è ancora insieme a lui, nel ruolo di ministro della Difesa, con l'intenzione di difendere Israele. Proponiamo l'immagine della Sabena non certo per sollevare inutili emozioni, ma per spiegare quello che sta succedendo oggi in Israele evocandone la storia e cercando così di evitare che si strologhi su destra e sinistra in maniera tutta europea e disadatta a quel Paese. Il governo Netnayahu-Barak-Lieberman viene descritto nelle cronache come un ircocervo animato tuttavia da malvage opinioni di destra, tipiche di Netanyahu, e mal coperte dalla foglia di fico di Barak, mentre "l'oltranzista" Lieberman sogghigna nell'ombra, certo di riuscire a fare la sua politica "razzista".
Adesso guardiamo alle cose come stanno. Netanyahu ha sin dal primo momento cercato di formare un governo di unità nazionale, innanzitutto rivolgendosi a Tzipi Livni. Non voleva foglie di fico, ma unità nazionale per un Paese in pericolo. La Livni, anche se Bibi prometteva di condividere le linee di Annapolis e della Road Map, ha preferito restar fuori per far la figura di un eroe pacifista di fronte a un governo ristretto di destra. Ma Barak, pur provenendo da un partito di sinistra, è riuscito a convincere la sua maggioranza che ci sono due motivi importanti per accettare la proposta di entrare nel governo: all'opposizione il Labour non ha niente da guadagnare se non essere schiacciato dalla Livni, mentre al governo avrà un ruolo importante che può ricostituirne la forza perduta. E soprattutto che al governo può contribuire in un compito essenziale per cui occorre l'unità nazionale: difendere il Paese dal pericolo iraniano mentre la bomba atomica è in vista, e i suoi alleati Hezbollah e Hamas minacciano Israele sempre meglio armati e determinati a distruggere lo Stato ebraico.
Bibi deve conquistare Obama e gli europei per convincerli a applicare sanzioni decisive. Bibi sa che la presenza di Barak sarà utile; e che, alla peggio, lo sarà la sua esperienza strategica. Bibi e Barak sono insieme dunque per affrontare insieme il grande rischio. Lieberman a sua volta viene chiamato "oltranzista" con superficialità, perché ha puntato la campagna sul problema del crescente rifiuto dello Stato Ebraico da parte degli arabi israeliani, e della loro rilevante collaborazione con i terroristi: da qui la richiesta che dichiarino fedeltà. Non si conosce nessuna dichiarazione razzista di Lieberman. È un pragmatico conservatore che ha talora ipotizzato scambi territoriali in cui le parti abitate da arabi vadano ai palestinesi e quelle abitate dagli ebrei a Israele. Ciò non piace agli arabi israeliani, ma è tutt'altro che irragionevole. Del resto l'idea dello swap è sempre presente in tutti colloqui di pace.
Infine: il nuovo governo rifiuta l'idea di due Stati per due popoli, si dice. Ma questa formula è in tutta l'opinione pubblica corrosa dal rifiuto di fatto da parte dei palestinesi e del mondo arabo in genere alle ripetute offerte di Israele e alla sua stessa esistenza. Dopo tanti tentativi (di Rabin, di Barak, di Sharon...) i fatti hanno avuto la meglio: il grande rifiuto di Arafat a Camp David o l'atteggiamento di Hamas dentro Gaza liberata sono la spiegazione del declino della formula magica, insieme alla mancanza di interlocutore attendibile. Con chi trattare? A quale leader fare riferimento per ripristinare la road map? Al fragile Abu Mazen? Ai feroci capi di Hamas? Non sarà forse più fruttuoso, come suggerisce Netanyahu, cercare di favorire in ogni modo una costruzione civile e politica che possa fare dei palestinesi un interlocutore vero? Nè Bibi, nè Barak, nè Lieberman sono contro una pace con i palestinesi: sembrano piuttosto ammaestrati dai palestinesi stessi a non abbandonarsi ai bei sogni.

(il Giornale, 27 marzo 2009)

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Israele ha effettuato un test di un nuovo sistema anti-Qassam

Sarà pronto entro il 2010

ROMA, 27 mar. (Apcom) - Israele ha effettuato con successo un test del nuovo sistema di difesa anti-missile, il sistema "Iron Dome", in grado di bloccare i razzi a corto e a medio raggio del tipo di quelli utilizzati dai miliziani palestinesi di Gaza e da Hezbollah. Lo ha annunciato con un comunicato il ministero della Difesa israeliano, che ha definito il test una "pietra miliare". Fonti della difesa hanno detto che il sistema, che costerà oltre 200 milioni di dollari, sarà pronto entro il 2010.

(Apcom, 27 marzo 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 27 mar. (Apcom) - I principali quotidiani arabi di stamane mettono in primo piano temi diversi tra loro: al Quds al Arabi apre sul raid aereo israeliano nel Sudan e si interroga: "è il frutto dell'intesa Rice-Livni per impedire l'arrivo di armi a Hamas?"; al Hayat, titola che "l'Emiro saudita di al Qaida al confine siriano-iracheno si è consegnato" alle autorità di Riad; al Aharam, apre sulla richiesta dell'Egitto di "un immediata e permanente apertura dei valichi di Gaza".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, "Israele fa intendere di avere compiuto il raid contro un convoglio nel deserto in Sudan e minaccia altri simili in qualunque parte" del mondo. Il giornale si interroga: "E' stato il primo frutto dell'accordo di sicurezza tra Livni e Rice per impedire il contrabbando di armi a Hamas?".
Gaza, "Hamas ha arrestato un miliziiano della Jihad idslamica dopo scontri tra le Brigate al Aqsa e soldati israeliani avvenuti a Khan Yunis". "L'Unione Mondiale dei giornalisti chiede a Hamas di facilitare la partenza in Egitto di un grippo di giornalisti palestinesi per partecipare ad un corso".
Darfur, "l'aereo di al Bashir, anzichè in Etiopia come era stato annunciato atterra in Libia".
Giordania, per combattare le violenze negli stadi "vietati i cori sugli spalti e la polizia istituisce un reparto speciale per controllare i tifosi". "Dopo avere rotto i rapporti con il governo il Consiglio islamico in Gran Bretagna accusa Londra di interferenze".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, "l'Emiro saudita di al Qaida nella zona di confine tra la Siria e l'Iraq si consegna alle autorità" del suo Paese.
Libano, "In un messaggio intimadatorio al Tribunale internazionale di Hariri, spari contro le auto di due giudici libanesi", e il premier Fuad Siniora definisce l'incidente, "un attentato all'autorità dello stato e delle sue istituzioni".
Arabia saudita, "per la prima volta nella storia del Regno, celebrazione ufficiale della giornata internazionale del teatro". "Voci di finanziamenti dai paesi del Golfo ai talebani".
Iraq, fonti tribali svelano che la ripresa degli attentati nel paese, sono dovuti al fatto che "al Qaida è riuscita a infiltrarsi nella rete di infrmatori creata dalle forze Usa per proteggere i consigli di Risveglio" le milizie tribali che comattano l'organizzazione terroristica.

AL AHARAM - quotidiano semi-ufficiale dell'Egitto, "Mubarak ribadisce la necessità di porre fine alla sofferenza dei palestinesi e l'Egitto mette in guardia il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro l'ebraizzazione di Gerusalemme e la provocazione dei musulmani e chiede a Israele un immediata e permanente apertura dei valichi di Gaza", intanto, Human Rights accusa: "Tel Aviv ha commesso crimini di guerra contro i civili a Gaza". "Il Pentagono conferma il raid aereo israeliano contro il Sudan" e il premier Olmert: "non esiste posto nel mondo che non possiamo raggiungere e colpiremo ovunque".

(Apcom, 27 marzo 2009)

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Ebrei Usa contro vignetta "anti-semita"

WASHINGTON, 26 mar. - Gli ebrei americani hanno definito "orrendamente antisemita" una vignetta sull'ultima operazione israeliana contro Gaza pubblicata mercoledi' da vari quotidiani statunitensi. L'illustrazione - firmata da Pat Oliphant, noto cartoonist vincitore nel 1967 di un Premio Pulitzer- mette in relazione la 'stella di David' con l'immaginario nazista: nel disegno appare una figura in uniforme che marcia facendo il passo dell'oca e impugna una spada in una mano mentre con l'altra spinge la 'stella a sei punte' su una ruota; il 'sigillo di Salomone' ha i denti aguzzi e punta verso una donna, con in braccio un bimbo, etichettata 'Gaza'. Secondo il Simon Wiesenthal center, la vignetta diffama e demonizza Israele, richiamando la propaganda nazista: "Furono vignette come queste a ispirare l'odio contro milioni di persone negli anni '30 e a creare la piattaforma per il genocidio nazista", ha commentato in un comunicato il Centro che ha chiesto ai periodici di cancellarla dalle pagine web.

(AGI, 26 marzo 2009)

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Israele, nuovo sistema anti-missile

Dovrebbe neutralizzare il 95% dei razzi

GERUSALEMME - Israele ha effettuato con successo il collaudo di un innovativo sistema di difesa da razzi e missili, secondo quanto hanno annunciato stasera i media locali citando fonti della difesa. A quanto si è appreso il sistema, denominato Kipat Barzel (Cupola di ferro), consiste in un radar in grado di intercettare e calcolare esattamente le coordinate di un razzo in arrivo e di un missile che gli viene lanciato contro ed esplode dopo averlo intercettato.
Nell'esperimento il sistema è riuscito a distruggere in volo un razzo di tipo Grad, simile a quelli lanciati da Hamas a Gaza contro le città di Ashkelon e Ashdod, razzi in grado di colpire obiettivi distanti 40 e più chilometri.
A quanto si è appreso Israele conta di rendere operativo il nuovo sistema già l'anno prossimo. Kipat Barzel dovrebbe essere in grado di neutralizzare il 95% dei razzi lanciati contro Israele e di assicurare così un'effettiva protezione contro i razzi in possesso degli Hezbollah in Libano e di Hamas a Gaza.

(Corriere del Ticino, 26 marzo 2009)

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Sudan: L’attaco israeliano è un messaggio per l'Iran

I raid lanciati per colpire il convoglio di armi destinate a Hamas

ROMA, 26 mar. - L'attacco in Sudan contro un convoglio di armi destinate ad Hamas, condotto dall'aviazione israeliana ad oltre 1400 chilometri di distanza dai suoi confini, altro non è che un "messaggio all'Iran", secondo un'analisi proposta oggi dal quotidiano israeliano Haaretz. "Nonostante le sue pecche, il primo ministro uscente Ehud Olmert, ha dimostrato la sua ferrea determinazione nel condurre operazioni militari in territorio nemico", scrive Haaretz. Il presupposto è che l'Iran abbia cercato di fornire ad Hamas i missili Fajr, il cui utilizzo da Gaza avrebbe costituito "un'arma che sposta gli equilibri", secondo la terminologia delle forze armate israeliane. Durante l'ultima guerra a Gaza, Hamas era riuscito a contrabbandare nella Striscia razzi con una gittata doppia rispetto ai razzi artigianali solitamente usati. Se fosse riuscito anche ad ottenere i Fajrs, avrebbe potuto puntare addirittura su Tel Aviv. "Ciò che Israele voleva far intendere all'Iran con questa operazione - argomenta Haaretz - è che possiede un'intelligence eccezionale, una ferrea volontà di correre anche grossi rischi e, soprattutto, la capacità di colpire obiettivi anche molto lontani dal territorio israeliano". "Adesso l'Iran sa tutto questo - scrive Haaretz - se le informazioni sono vere, l'attacco in Sudan è stato un importante messaggio di deterrenza da Israele all'Iran". Secondo il ministro dei Trasporti sudanese, Mabrouk Mubarak Salimono, sono due i raid aerei lanciati lo scorso gennaio da jet dell'aviazione israeliana in territorio sudanese e avrebbero causato la morte di 800 persone. Dai microfoni di al Jazeera, il ministro ha precisato che gli attacchi hanno preso di mira un convoglio nel deserto, vicino alla città orientale di Port Sudan. Le vittime sono migranti sudanesi, somali, etiopi ed eritrei, ha aggiunto, precisando che a suo parere il convoglio non trasportava armi.

(Apcom, 26 marzo 2009)

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Razzo su Sderot, nuovo allarme in Israele

Le sirene di allarme hanno risuonato oggi nella città israeliana di Sderot e la popolazione è corsa nei rifugi, secondo quanto riferiscono fonti locali. Pochi istanti dopo, aggiungono le fonti, è stata udita una forte esplosione. Secondo le prime informazioni, un razzo sparato da Gaza è esploso in una zona agricola vicina, senza provocare danni.

(Il Secolo XIX, 26 marzo 2009)

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Dall'archivio prende vita il ghetto di Varsavia

Prima dell'occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale gli ebrei di Varsavia erano 360mila (e tre milioni e mezzo in tutta la Polonia). Caduto il Reich ne sopravvivevano poche migliaia. Una tragedia immane, concentratasi in pochi anni dentro il ghetto di Varsavia, istituito dal regime nazista nel 1940 nella città vecchia. Una tragedia di cui la Storia tramanda la memoria «generale» - la costruzione del muro, la distruzione e le devastazioni che culminarono nei mesi di aprile-maggio del '43 con la rivolta repressa tra il sangue le macerie dalle SS - ma della quale si era perso il ricordo delle singole persone. Fino a oggi.
Venti scatole di latta, chiuse con lo spago, piene di foto e documenti dentro le quali c'è la «voce» degli ebrei del Ghetto di Varsavia che torna dal passato. Disperso per decenni tra Europa, Usa e Israele, l'archivio perduto di quegli uomini e di quelle donne è stato infatti riassemblato da uno storico del Trinity College del Connecticut, Samuel Kassow. Ma soprattutto il merito di aver permesso a quelle voci di tornare a farsi sentire spetta a Emanuel Ringelblum: studioso e attivista politico, ebreo polacco, che ideò e organizzò l'archivio....

(il Giornale, 26 marzo 2009)

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Israele: sviluppato su soldati il vaccino contro l'antrace

GERUSALEMME, 25 mar. - Israele e' il primo Paese al mondo ad aver sviluppato un vaccino efficace contro l'antrace, con cui proteggere l'intera popolazione. Lo rilevano i siti web delle principali testate sottolineando che il vaccino e' stato testato in segreto in collaborazione con gli Stati Uniti all'inizio degli anni '90 su dei soldati. In particolare furono selezionati 4029 cavie umane potenziali ma i test vennero effettuati su 716 militari 'volontari', ai quali pero' non erano stati svelati tutti i rischi connessi all'inoculazione del vaccino. Lo ha confermato il ministero della Difesa costretto in serata dall'Alta corte di giustizia a svelare alcuni particolari del progetto di ricerca nome in codice 'Omer 2'. Da allora11 'volontari' soffrirono di effetti collaterali.
Gli esprimenti vennero effettuati nel centro per la guerra batteriologica di Nes Tziona nelle vicinanze di Tel Aviv. Il batterio dell'antrace e' letale se usato come arma batteriologica. La sua prima apparsa sul teatro di guerra avvenne adopera di Saddam Hussein.

(AGI, 26 marzo 2009)

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Raid israeliano in Sudan contro un convoglio carico di armi diretto a Gaza

Un convoglio carico di armi sarebbe stato bombardato lo scorso gennaio da caccia israeliani in Sudan. E' quanto rivela l'emittente televisiva 'Cbs', dopo che due giorni fa un quotidiano egiziano aveva dato notizia di un presunto raid di caccia statunitensi in Sudan contro un convoglio di armi.
Secondo la ricostruzione della televisione statunitense, che non è stata confermata né smentita dallo Stato ebraico, il convoglio era diretto in Egitto e le armi sarebbero poi arrivate, attraverso il deserto del Sinai, nella Striscia di Gaza, controllata dal giugno del 2007 dal movimento di resistenza islamico Hamas. Il convoglio sarebbe stato composto da 17 camion e nel raid sarebbero morte 39 persone.
Stando a quanto si legge invece sul 'Sudan Tribune', l'intelligence israeliana avrebbe intercettato il convoglio a nordovest della città di Port Sudan. I camion, si legge, erano diretti verso Nord e il raid sarebbe avvenuto "in una zona desertica" nei pressi della zona di Mount al-Sha'anoon.
La 'Cbs' ricorda che Israele e Stati Uniti, dopo l'avvio dell'operazione militare lanciata alla fine dello scorso anno dallo Stato ebraico contro la Striscia di Gaza, hanno siglato un accordo in cui è previsto un maggiore impegno nella lotta alcontrabbando di armi che arrivano poi nel Territorio controllato da Hamas.
E il quotidiano israeliano 'Ha'aretz' ricorda il protocollo d'intesa firmato negli ultimi giorni dell'operazione 'Piombo fuso' contro la Striscia di Gaza, lanciata il 27 dicembre scorso e conclusasi 22 giorni dopo, dal ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni e dall'allora segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Il documento prevede un aumento della cooperazione nel tentativo di bloccare il traffico di armi dall'Iran verso Hamas attraverso il Sudan.

(RaiNews24, 26 marzo 2009)

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La storia della Sinagoga in 260 volti

CASALE MONFERRATO - Immaginatevi una storia fatta di volti, 40 anni di volti Alcuni famosi in tutto il mondo altri meno conosciuti, ma ugualmente importanti perché tutti hanno incrociato la loro vita con un luogo unico.
E' questo il modo con cui la comunità ebraica di Casale Monferrato ha scelto di ricordare i 40 anni dai restauri che hanno restituito la Sinagoga alla città alla fine degli anni '60.
Domenica alle ore 11 del mattino ci sarà l'inaugurazione ufficiale di questa inedita esposizione: due delle pareti della sala mostre nel Ghetto saranno dedicate ad un ricordo visivo con ben 260 foto, primi piani di volti tra i quali sarà facile riconoscere quelli di Lea Rabin, Rita Levi Montalcini, il presidente della repubblica Ciampi... tanto per citare alcuni dei visitatori illustri che si sono recati in Sinagoga, ma i casalesi non faticheranno a ritrovare anche i tanti loro concittadini che si sono adoperati perché capolavoro dell'arte e della memoria potesse continuare a vivere nella loro
città.
Il resto della esposizione sarà dedicato a memorialia come i giornali di quel fatidico 1969 o le foto che mostrano come piano piano l'oro e l'argento che rivestivano il tempio ritornavano alla luce sotto le pazienti mani dei restauratori primo tra tutti Pietro Vignoli.
Per ricordare ci si affiderà anche a due video: il primo realizzato dall'istituto Leardi ripercorrerà la storia della comunità Casalese e del monumento il secondo opera dell'architetto Giulio Bourbon (che curò il recupero del complesso e la sistemazione del Museo Ebraico) sarà un excursus sulle visite eccellenti e sui momenti più importanti vissuti dalla Comunità Casalese.
La mostra sarà visitabile (ingresso libero) per tutta la domenica e fino a venerdì 3 aprile su prenotazione.

(Il Monferrato, 25 marzo 2009)

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USA contatta la Germania per espellere criminale nazista

di Vittoria Pirro

                      John Demjanjuk
Gli Stati Uniti hanno contattato la Germania per ottenere i documenti di viaggio per organizzare l'espulsione verso il paese di John Demjanjuk, 88 anni, sospettato di essere uno degli ultimi grandi criminali di guerra nazisti.
John Demjanjuk, chiamato Nikolaiewich Ivan Demjanjuk, nato in Ucraina, riuscì ad emigrare dalla Germania, dove aveva vissuto senza essere riconosciuto, negli Stati Uniti nel 1952. Alla fine degli anni 70 riconosciuto da alcuni ex detenuti del campo di sterminio di Sobibor, uno dei tre campi di sterminio nazisti costruiti nell'ambito dell'Operazione Reinhard, ossia il progetto di sterminio degli ebrei in Polonia, venne spogliato della sua cittadinanza americana e nel 1986, Israele riuscì ad ottenere la sua estradizione. Il 25 aprile 1988, Demjanjuk venne condannato a morte a Gerusalemme, ma la Corte suprema israeliana annullò la condanna, nel 1993, ritenendo che non vi fossero prove sufficienti per garantire che Demjanjuk fosse "Ivan il terribile" di Sobibor.
Nonostante il fatto che 18 testimoni avevano individuato Demjanjuk come "Ivan il terribile", la Corte ha fatto valere i suoi documenti del KGB, secondo i quali "Ivan il terribile" era stata un'altra persona. Contemporaneamente, la Corte stabilì che non vi è dubbio, tuttavia, che Demjanjuk fosse una guardia del campo di concentramento. Dopo sette anni di carcere, Demjanjuk ritornò negli Stati Uniti, e dopo aver riottenuto la cittadinanza ne fu privato nel 2002. Adesso ha uno status di straniero in attesa di espulsione.
Ora, alla luce della nascita di altre prove, l'accusa del Tribunale distrettuale di Monaco, ha preparato la nuova accusa. Nel febbraio 2009 è stato accertato l'autenticità della scheda originale di Demjanjuk di appartenenza alla SS. La Germania l'11 marzo ha emesso il mandato di arresto contro l'uomo sospettato di essere stato una guardia al campo di sterminio di Sobibor, dal 27 marzo 1943 a fine settembre 1943 e di avere assistito all'uccisione di almeno 29.000 ebrei.

(Qui News, 25 marzo 2009)

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Jerusalem Post: "Un suicidio assistito"

Secondo la stampa israeliana il partito laburista è scosso da minacce di scissione

GERUSALEMME - Il partito laburista israeliano sta vivendo uno dei momenti più drammatici della sua vita e potrebbe perfino compiere quello che il Jerusalem Post non ha esitato impietosamente a definire un "suicidio assistito". La maggior parte della stampa israeliana lo descrive come un partito ormai in malinconico e irreversibile declino. Il dibattito in seno al Congresso laburista, se aderire a un governo di coalizione guidato dal leader del Likud (centro-destra) Benyamin Netanyahu, al fianco di partiti di estrema destra, o, in nome dell'ideologia, preferire i banchi dell'opposizione, investe infatti l'anima stessa e i principi di base di un partito che dalla sua costituzione si è sempre orgogliosamente considerato "nato per il potere". La minaccia di una scissione tra i seguaci di Barak e gli avversari interni appare reale. «Indipendentemente dall'esito del voto al Congresso il partito laburista è finito», ha scritto il Jerusalem Post per il quale «oggi si conclude il suo ruolo storico». Ridotto ad appena 13 deputati, il minimo storico, il partito laburista - che nei suoi momenti di maggior fortuna era arrivato a occupare (con la vecchia denominazione di Mapai) 47 seggi sui 120 della Knesset - ha una storia che, attraverso fusioni e scissioni con altri partiti, ha le sue origini nei lontani anni Trenta, prima della nascita di Israele (avvenuta nel 1948). Nel 1930 infatti nasce come Mapai, partito a sua volta frutto dalla fusione di due formazioni di sinistra, Hapoel Hatzair e Ahdut HaAvodà. Il Mapai è stato il partito dominante e di maggioranza relativa nella vita politica di Israele, prima della sua costituzione e nei trent'anni successivi, e ha avuto tra i suoi leader figure storiche come Ben Gurion. Al potere in tutti i governi e in tutte le posizioni chiave dal 1948 al 1977, il Mapai nel 1968 si trasforma in Schieramento laburista, frutto del raggruppamento con altri due partiti Mapam e Ahduth HaAvodà. Il 23 gennaio 1968 si costituisce il Partito Laburista, un raggruppamento formato dal Mapai, Ahdut HaAvodà e Rafi, al quale successivamente aderisce il Mapam. Nel 1977 la vittoria della destra, guidata dal suo carismatico leader Menachem Begin, vede per la prima volta i laburisti passare ai banchi dell'opposizione. Torneranno brevemente a guidare per due anni il governo di unità nazionale nato nel 1984 dall'alleanza col Likud di Yitzhak Shamir, nel 1992 quando, guidati da Yitzhak Rabin, vinceranno le elezioni, e di nuovo nel 1999 col governo di Ehud Barak. Ma si tratta di successi temporanei. La tendenza al declino del partito si conferma nel corso degli anni. Il partito si sposta su posizioni di centro e si allontana dall'ethos collettivista che era stato dominante. Pur restando membro dell'Internazionale Socialista sostiene politiche economiche che differiscono di poco da quelle del Likud. Al declino inoltre contribuiscono fattori demografici, il crescere di peso della componente sefardita della popolazione e degli immigrati di origine russa, la delusione per l'insuccesso del processo di pace con i palestinesi.

(Corriere Canadese, 25 marzo 2009)

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Il matematico Beppo Levi emigrò in Argentina perché ebreo

Sabato 28 dalle 15,30 alle 18 si terrà, al Museo dell'emigrazione, un convegno dedicato alla figura di Beppo Levi.
Nato a Torino nel 1875, morto a Rosario in Argentina nel 1961, Levi fu un insigne matematico (allievo di Corrado Segre); già professore nelle Università di Cagliari, Parma e Bologna, emigrò in Argentina nel 1939 a causa delle leggi razziali fasciste.
A Rosario fondò e diresse l'Istituto di matematica della facoltà di Scienze matematiche. Il suo apporto nella logica, nell'insiemistica, nella geometria algebrica e nell'analisi matematica lo hanno reso figura di spicco molto conosciuta all'estero. Sua moglie, Albina Bachi, era profondamente attaccata alla Val Pellice e vi tornò. Oggi è sepolta a Torre Pellice.
Sabato 28 interverrà il sen. Mirella Giai, eletta nella circoscrizione America Meridionale. Seguiranno due interventi (di Angelo Merletti e Daniela D'Oria) sulla figura di Levi matematico e sugli aspetti attuali dei suoi insegnamenti nella scuola primaria. Infine Elvio Fassone interverrà su "Le garanzie della Costituzione rispetto alle discriminazioni", partendo dalla vicenda delle leggi razziali.
Il Museo dell'emigrazione conserva gli originali di alcuni suoi scritti. Tra questi anche una serie di accorate lettere scritte al fratello Francesco da Torre Pellice, in cui racconta le sue difficoltà ad espatriare, dense di lucide riflessioni.

(l'eco del chisone, 25 marzo 2009)

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Rassegna di stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 25 mar - I principali quotidiani arabi mettono in evidenza il discorso del sovrano saudita in occasione dell'apertura della sessione annuale del parlamento di Riad. al Sharq al Awsat, apre con il suo appello: "Una nazione che fa la guerra a se stessa non realizza conquiste". Spazio anche all'accordo Barak-Natanyahu, al Quds al Aarbi, sottolinea: "senza l'impegno di riconoscere il principio di due stati e due popoli".

AL SHARQ AL AWSAT - giornale panarabo edito a Londra, dedica l'apertura al discorso del sovrano saudita al parlamento di Riad: "il custode dei due luoghi sacri: le conquiste non si realizzano in una nazione che fa la guerra a se stessa... e le nostre sfide sono regionali e mondiali". Daufur, il segretario del Consiglio degli ulema sudanesi: "la nostra fatwa che vieta al Bashir di andare all'estero, non è stata sollecitata da nessuno". Ma il presidente sudanese, colpito da un mandato di d'arresto dalla Corte penale dell'Aia, dopo il viaggio in Ertria "arriva oggi in Egitto per colloqui con Mubarak". Iraq, il ministro del Petrolio, "Sharistani: Erbil (capoluogo del governo autonimo curdo) non ci consegna il petrolio che viene estratto nel Kurdistan". "E' un italiano il presidente del Tribunale Hariri". "In caso di fallimento del dialogo" palestinese al Cairo, "al Fatah minaccia di formare 'un governo dell'Olp'".

AL QUDA AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, titola in apertura: "Natanyahu riesce a includere 'i laburisti' nel suo governo senza riconoscere il principio di due stati per due popoli". Secondo fonti palestinesi, "l'Egitto vieta a 3 esponenti di Hamas di entrare in territorio egiziano". Una fatwa islamica, "vieta l'acquisto di centinaia di pecore destinate a Gaza in contrabbando e sequestrate e messe all'asta dalla autorità egizane". "al Bashir oggi in Cairo e Doha rinnova l'invito per la sua partecipazione al vertice arabo, ed al Zawahiri (in un nmessaggio in rete) ai sudansei: preparatevi alla guerriglia contro l'occidente". Kurdistan, "il Pkk repinge l'ultimatum di Talabani di lasciare l'Iraq e definisce le sue dichiarazioni in merito 'un danno per l'unità dei curdi'". Iran, "Khatami esorta l'occidente a lasciare l'Afghanistan".

AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, apre sul discorso del sovrano saudita, "Re Abdullah: continueremo nella nostra intifada (ribellione) contro la scissione (del mondo arabo) fino a quando non sarà rimossa", il sovrano "ha ribadito l'esistenza di ambizioni internazionali e regionali che hanno 'mire sospette'", e "ha sottolineato la gravità delle divergenze tra palestinesi". Israele, "aderendo al governo, Barak, butta la scialuppa di salvataggio a Natanyahu". Libano, "Washington vincola i suoi aiuti al risultato delle elezioni e il presidente italiano del Tribunale Hariri annuncia l'approvazione dele regole di procedura" processuale. Iran, dopo il ritiro della candidatura di Khatami, "incertezza nella file dei riformisti per la battaglia elettorale".

(Apcom, 25 marzo 2009)

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Sanità: collaborazione tra la Regione Lombardia e Israele

MILANO, 24 mar. - (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Si conclude oggi, con la cerimonia di consegna dei diplomi, il corso di formazione sulla gestione delle maxi-emergenze che 24 tra medici e operatori sanitari lombardi stanno frequentando dal 10 marzo a Tel Aviv, in Israele. "Ho voluto essere presente all'importante traguardo di questi nostri professionisti - ha affermato l'assessore alla Sanita' della Regione Lombardia, Luciano Bresciani - che hanno avuto la generosita' di andare ad acquisire la teoria e la pratica per affrontare eventi di emergenze di massa, che speriamo non capitino mai, per garantire la sicurezza dei cittadini", spiega in una nota regionale.
"Dopo aver frequentato questo corso - aggiunge l'assessore - i nostri operatori saranno chiamati a formare gli altri nostri professionisti del sistema di emergenza e urgenza, cosi' da garantire su tutto il territorio regionale uniformita' di qualita' ed eccellenza nella gestione di eventuali emergenze". L'iniziativa e' frutto dell'accordo di cooperazione sanitaria per il triennio 2008-2010, firmato dal presidente lombardo Roberto Formigoni, affiancato da Bresciani, con il ministro della Sanita' di Israele, Yaakov Ben Yizri, il 17 marzo 2008 in occasione della missione lombarda nel Paese. Oggetto dell'intesa lo scambio di informazioni, conoscenze e documentazioni su medicina di emergenza e del trauma, telemedicina e tecnologie mediche.
Il corso sulla gestione delle emergenze e' stato preceduto da un workshop strategico tenutosi dal 27 al 30 ottobre 2008 a Milano, con la partecipazione, oltre che dei responsabili delle aziende socio-sanitarie lombarde, anche dei vertici della sanita' israeliana. L'incontro ha permesso di confrontare i due sistemi, per approfondire i punti di interazione e di cooperazione. Tra questi il tema della gestione delle emergenze. Il sistema di Israele e' considerato infatti tra i piu' innovativi e tecnologicamente avanzati al mondo. Da qui il corso di Tel Aviv, organizzato dal Comitato scientifico israeliano guidato da Moshe Revach (presidente dell'Authority del trauma e delle maxiemergenze dello Stato di Israele). Domani, annuncia inoltre la Regione, l'assessore Bresciani incontrera' i massimi rappresentanti della sanita' israeliana per un aggiornamento e uno scambio di informazioni tecniche, utili a studiare e perfezionare ulteriori sviluppi operativi dell''alleanza' con Israele.

(Libero-news.it, 24 marzo 2009)

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«Così mi salvai dall'eccidio delle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944)»

Le Fosse Ardeatine oggi
Quel giorno, oggi, è distante 65 anni esatti, ma Alberto Sed l'eccidio delle Fosse Ardeatine lo ricorda come se fosse avvenuto ieri. Era ancora un ragazzino nel marzo del 1944, quando la vita di quelli come lui, gli ebrei, aveva un prezzo inserito in un tariffario: 5mila lire se uomo, 3mila se donna, mille lire se bambino. E la sua storia di doppio superstite, prima al massacro compiuto a Roma dai nazisti ai danni di 335 italiani, più tardi al campo di concentramento di Auschwitz, è raccontata nel libro «Sono stato un numero», da poco pubblicato da Giuntina (168 pagine, 15 euro). Lo ha scritto Roberto Riccardi, ufficiale dell'Arma e giornalista, direttore della rivista Il Carabiniere. Nell'ottobre del 1943, avvisato dai vicini, Alberto era riuscito a scampare a una retata tedesca nel Ghetto e si era rifugiato in un magazzino nei pressi di Porta Pia. Lì viveva con la madre, le tre sorelle piccole e il nonno, quando all'alba del 21 marzo le camicie nere bussarono alla sua porta. Qualcuno lo aveva tradito, li avevano venduti e furono portati via. «Poco dopo il nostro arresto - racconta Sed - in via Rasella i partigiani avevano compiuto un attentato e i tedeschi stavano scegliendo a Regina Coeli i prigionieri da fucilare per rappresaglia. Noi eravamo altrove per puro caso, il giorno in cui ci avevano catturati, il carcere era pieno. Ci portarono al convento di San Gregorio, all'Orto Botanico, erano sicuri che non saremmo mai scappati». Dei colpi sparati alle Fosse Ardeatine Alberto sarebbe finito certamente vittima, invece ne udì soltanto un'eco lontana. La sua discesa agli inferi, però, era appena cominciata: lui e la sua famiglia furono portati a Fossoli e, di lì, a Birkenau, il campo peggiore del comprensorio di Auschwitz. La madre fu destinata subito al gas insieme con la bambina più piccola; quanto alle altre due sorelle, Angelica fu sbranata dai cani, aizzati contro di lei dalle SS durante un sadico gioco, mentre Fatina, di 13 anni, fu sottoposta nel lager ai crudeli esperimenti di Mengele, il «dottor morte». Tornerà a casa segnata per sempre insieme con Alberto, anche lui sopravvissuto all'orrore grazie a un espediente: quello di fare il pugile per il divertimento delle guardie. In premio riceveva qualche buccia di patate o di mele e incassava scariche di pugni da ex professionisti, «ma almeno - dice stringendosi nelle spalle - di botte non si moriva».

(il Giornale, 24 marzo 2009)

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Dopo 10 giorni di tregua razzo sparato da Gaza contro Israele

GERUSALEMME - Per la prima volta dopo dieci giorni di tregua, militanti palestinesi della striscia di Gaza hanno sparato un razzo contro la zona sud di Israele, non causando tuttavia ne' vittime ne' danni. Il razzo ha colpito una zona disabitata a diversi chilometri dal confine con i territori governati da Hamas. Dalla fine dell'offensiva contro Gaza, sono stati almeno 190 i razzi o colpi di mortaio sparati contro il territorio israeliano, mentre l'esercito di Tel Aviv ha effettuato diversi raid aerei di risposta.

(ASCA-AFP, 24 marzo 2009)

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Armi nucleari: gli ebrei americani sono divisi sulla strategia da utilizzare con Teheran

Gli ebrei americani sono profondamente divisi sull'atteggiamento che l'amministrazione Washington dovrebbe tenere nei confronti dell'Iran nel caso il paese si dotasse di armi nucleari: se il 41 per cento sosterrebbe infatti l'idea di un attacco, il 40 per cento si opporrebbe ad esso. Non si pronuncia il 16 per cento delle persone interpellate per l'inchiesta commissionata dalla lobby pro-Israele 'J Street' a Washington.
Dallo stesso sondaggio - riferisce 'Ha'aretz' - emerge che la stragrande maggioranza degli ebrei americani (76 per cento) e' a favore della soluzione dei due stati come ipotesi per porre fine al conflitto in Medio Oriente e che il 72 per cento sostiene i primi passi compiuti dall'amministrazione Obama per cercare di sbloccare il negoziato.
Il 76 per cento definisce poi Obama un sostenitorie di Israele, mentre il 69 per cento concorda sul fatto che la sua visione positiva puo' consentire al processo di pace di fare progressi.
Il 69 per cento del campione e' contrario alle posizioni del leader di Yisraele Beiteinu, Avigdor Lieberman, nei confronti della miniranza araba in Israele. E il 32 per cento afferma che la nomina di Lieberman ad un incarico di spicco del futuro governo indebolira' il proprio legame con Israele.

(Clandestinoweb, 24 marzo 2009)

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«Benigni non meritava l'Oscar»

Simone Veil riapre la polemica su «La vita è bella». E attacca anche Spielberg

BERLINO — E' una scia lunga, chissà quando finirà, quella che Roberto Benigni ha alzato più di dieci anni fa con La vita è bella. Mettere al cinema l'Olocausto è difficile. Solleva onde, passioni, memorie. E si porta dietro le stroncature. L'ultima, forse la più netta e forse anche la più dolorosa per il film che vinse l'Oscar nel 1999, arriva più di dieci anni dopo. In un'intervista a un quotidiano tedesco, Simone Veil, figura politica e morale europea di primo piano, ha detto che l'opera è «assolutamente scadente», non meritava il Premio....

(Corriere della Sera, 24 marzo 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 24 mar. - I principali giornali arabi di questa mattina, mettono in primo piano l'assassinio del numero due dell'Olp in Libano avvenuto in un attentato a Sidone. Al Sharq al Awsat, pubblica un intervista al portavoce delle forze nato in Afghanistan: "le armi per i talebani passano attraverso i confini iraniani". AL

SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, dedica l'apertura al ritorno della violenza nel Libano: "Il ministro degli Interni palestinesi: l'assassinio del capo di al Fatah è più grande della questione dei campi" d'accoglienza di profughi palestinesi. Iraq, il presidente turco "Gul a Baghdad: collaboreremo con voi in cambio della cacciata del Pkk". Afghanistan, il portavoce delle forze Isaf: "il contrabbando d'armi per i talebani passa attraverso i confini iraniani". Darfur, "alla sua prima visita all'estero dopo il mandato d'arresto dell'Aia, al Bashir: le vostre decisioni sono inchiostro su carta". Crisi finanziaria mondiale, "piano di Washington di un trilione di dollari per salvare le banche dai titoli tossici".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, dedica l'apertura all'"ultimatum al partiro dei lavoratori curdi in Turchia", lanciato dal presidente iracheno, il curdo, Jalal Talabani durante la visita a Baghdad del presidente turco Gul: "deponete gli armi per sempre, oppure lasciate l'Iraq". In aperta sfida alla Corte penale internazionale, il presidente sudanese, "al Bashir visita l'Eritrea, ma è giallo sulla sua presenza al summit di Doha". Esponenti di Hamas che partecipano al dialogo inter-palestinese nel Cairo: "siamo sotto sequestro fraterno dagli egiziani, un ufficiale d'intelligence per ogni commissione ci permette incontri con l'esterno solo durante la pausa del caffe". Arabia saudita: "il sovrano blocca il suo corteo per ascoltare un sit-in di neo laureati che chiedevano un impiego"; e "il Gran Muft?, su teatro e cinema afferma: 'distraggono la nazione dal progresso'". "le autorità egiziane bloccano 560 capi di bestiame destinati alla striscia di Gaza".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, apre sull'attentato che ieri ha ucciso il numero due dell'Olp in Libano: "estesa condanna libanese; Abu Mazen lo definisce crimine terroristico, e le accuse indicano Israele", come mandante. Iraq, il presidente turco Abdullah "Gul supera lo storico complesso di Ankara verso i curdi e Talabani avvisa i ribelli del Pkk di lasciare il paese". Iran-Usa, "Washington inizia a tastare le intenzioni di Teheran per entrare in un dialogo senza rinunciare ai principi: incentivi che comprendono combustibile nucleare a basso costo in cambio di collaborazione regionale e rinuncia all'arricchimento" dell'uranio.

AL AHRAM - giornale egiziano semi-ufficiale, titola in apertura: "le Nazioni Unite accusano Israele, per la prima volta ufficialmente, di crimini di guerra durante la guerra di Gaza: L'organizzazione mondiale conferma che l'Esercito d'Israele non ha fatto distinzione tra gli obbiettivi militari e quelli civili" e "un'organizzazione medica americana: i soldati israeliani hanno aperto il fuoco decine di volte contro ospedali e cliniche". "la polizia israeliana arresta lo Sheikh (palestinese di Gerusalemme) Raid Salah e l'Egitto critica il divieto imposto da Israele sul Festival 'Gerusalemme capitale della Cultura'", organizzato dagli arabi della città santa.

ASSAFIR - giornale libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, apre aull'assassinio del numero due dell'Olp in un attentato nel sud del Paese e titola: "Kamal Medhat prima di raggiungere il martirio: 'mi vogliono morto'". 'Assafir' annuncia la pubblicazione per "domani la prima intervista sul Libano" con il presidente siriano Bashar ASsad.

(Apcom, 24 marzo 2009)

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Soldati e ufficiali israeliani respingono le accuse di immoralità

Sono molti i soldati israeliani che hanno preso parte alla controffensiva anti-Hamas del gennaio scorso nella striscia di Gaza che respingono pubblicamente le accuse di condotta immorale mosse nei giorni scorsi. "Non credo proprio che ci fossero soldati che cercavano di uccidere palestinesi senza ragione", dice Assaf Danziger, 21 anni, della Brigata Givati, rimasto ferito tre giorni prima della conclusione delle operazioni. "Quello che è accaduto laggiù - continua - non era piacevole per nessuno. Noi desideravamo che finisse il prima possibile, e cercavano di evitare qualunque contatto con civili innocenti". Secondo Danziger, ai soldati erano stati dati ordini specifici di aprire il fuoco solo contro terroristi armati o persone che ponevano una minaccia. "Non ci sono stati casi di vandalismo gratuito in nessuno degli edifici che abbiamo occupato. Abbiamo fatto solo quello che era indispensabile. Nessuno ha sparato apposta ai civili, i civili ci passavano accanto liberamente".
Un altro soldato della brigata paracadutisti che ha preso parte al conflitto definisce "sciocchezze" le accuse. "E' vero - dice - che in guerra la moralità può essere interpretata in molti modi e che ci sono sempre degli idioti che si comportano in modo sbagliato. Ma la stragrande maggioranza dei soldati ha rappresentato Israele con onore e con un alto grado di moralità. Ad esempio, in tre separate occasioni il mio comandante di compagnia ha controllati le borse dei suoi uomini perché non vi fosse nulla di rubato. Chi aveva preso anche le cose più piccole, come delle caramelle, veniva severamente redarguito. Ci era proibito dormire nei letti dei palestinesi anche quando non avevamo un altro posto, e non abbiamo toccato il loro cibo anche quando non avevamo avuto abbastanza da mangiare per due giorni di seguito"....

(israele.net, 24 marzo 2009)

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A Gerusalemme nascono i bus separati per sesso

di Giannino della Frattina

Ecco l'apartheid sessuale. Siamo in Israele e si parte dai bus, con posti separati per uomini e donne. Succede a Gerusalemme dove, dopo un primo tentativo andato a vuoto, entra ora in funzione la linea di autobus speciali. A pretenderla, e pure con forza, sono stati i religiosi ultraortodossi che, in ossequio ai dettami più rigidi dei loro testi sacri, hanno preteso una rigorosa separazione dei due settori. Basta promiscuità. D'ora in poi ci sarà un'area riservata agli uomini e una per le sole donne: maschi di qua e femmine di là. Sembra impossibile perché parliamo del terzo millennio, eppure funziona proprio così.
Le corse, già in funzione, collega dallo scorso venerdì i rioni abitati dagli ebrei ortodossi con la fermata antistante il Muro del Pianto, o Muro Occidentale, il luogo di preghiera per eccellenza dell'ebraismo. Ma anche uno dei posti più frequentato dai turisti di tutto il mondo.
Nata dall'iniziativa di un sodalizio denominato Comitato Mehandrin di Terra Santa, il nuovo servizio trasporta i fedeli gratis nel rispetto delle regole della più severa dottrina segregazionista. Gli ultraortodossi - secondo i quali ci sarebbero almeno 20mila persone interessate al progetto tra quelle che ogni giorno si spostano dai loro quartieri residenziali al Muro del Pianto per pregare - ci avevano già provato il mese scorso. Ma la Egger, compagnia che gestisce le corse interne delle corriere israeliane in regime di semimonopolio, aveva fatto ricorso con successo dinanzi al ministero dei Trasporti, sostenendo che i mezzi alternativi non avevano le licenze previste.
Ma si è trattato soltanto di uno stop momentaneo perché gli ebrei ultraortodossi non ci hanno pensato due volte prima di ritornare alla carica. Questa volta, però, con successo perché i religiosi si sono rivolti a una piccola società di trasporto locale regolarmente registrata che, come spiega Binyamin Mark, del Comitato Mehandrin, «non si è fatta intimidire da vane minacce». E conta anzi di moltiplicare in tempi brevissimi il numero dei bus dove uomini e donne viaggeranno separatamente.

(il Giornale, 23 marzo 2009)

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Giochi del Mediterraneo. Frattini: "Sono gli ultimi senza Israele"

"Quelli di Pescara saranno gli ultimi Giochi del Mediterraneo senza la nazionale israeliana e quella palestinese". Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in un'intervista al Corriere della Sera, spiega quale sarà l'iniziativa che potrebbe portare ad una svolta della situazione attuale definita "paradossale" e anche all'apertura di una "road map della pace nel Mediterraneo".
Durante la cerimonia inaugurale dei Giochi, il ministro prevede l'organizzazione di un incontro pubblico, nel quale il presidente del Comitato olimpico israeliano e quello del Comitato olimpico palestinese "si dicano pronti a partecipare assieme alla prossima edizione", spiega Frattini.
Occorre, secondo il titolare della Farnesina, "trovare una soluzione che venga dalla base, dagli atleti e dalle federazioni che dicano: siamo pronti a competere sul terreno sportivo invece che con le mitragliatrici".
Il risultato dell'iniziativa sarà positivo, secondo Frattini che aggiunge "di fronte alle due delegazioni sportive che si presentano assieme - dice il ministro che oggi incontrerà il commissario straordinario per i Giochi - metteremo con le spalle al muro la politica dei veti incrociati". La Palestina, conclude il ministro, "deve diventare uno Stato, credo che Israele abbia compreso che non ci sarà sicurezza senza uno Stato palestinese indipendente".

(l'Occidentale, 23 marzo 2009)

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Yemen - Un condannato a morte per contatti con Israele

Altri due a pene carcerarie

SANA'A, 23 mar. - Uno yemenita, processato con l'accusa di aver comunicato via internet con il Primo ministro israeliano, Ehud Olmert, per complottare contro lo Yemen, è stato condannato a morte. Lo ha reso noto una fonte giudiziaria di Sana'a aggiungendo che ad altre due persone coinvolte nella vicenda sono state inflitte pene detentive. Bassam al Haidari, 26 anni, è stato condannato alla pena capitale, Imad al Rimi, 23 anni, a cinque anni di prigione e Abdallah al Mahfal, 24 anni, a tre anni, secondo il verdetto del tribunale antiterrorismo di Sana'a dove erano sotto processo dal 10 gennaio, con l'accusa di "contatti con un Paese nemico". "E' ingiusto e il giudice è ingiusto", ha gridato il terzo accusato mentre i primi due sono rimasti impassibili alla lettura della sentenza. I tre hanno subito impugnato il verdetto. Secondo l'atto d'accusa, Bassam al Haidari ha "preso l'iniziativa d'inviare una email al Primo ministro dell'entità sionista nella quale scriveva: 'Noi siamo l'Organizzazione della Jihad islamica e voi siete ebrei. Ma voi siete onesti e noi siamo pronti a tutto'". L'atto di accusa afferma inoltre che Bassam al Haidari, alias Abu Ghaith, aveva in seguito "ricevuto la risposta del Primo ministro dell'entità sionista nella quale era scritto: "'Noi siamo pronti a sostenervi'". La vicenda era stata resa nota nell'ottobre 2008 dal presidente Ali Abdallah Saleh in persona, che in quell'occasione aveva anche annunciato lo smantellamento di "una cellula terrorista" legata, secondo lui, ai servizi segreti israeliani. L'atto di accusa situa i contatti fra queste tre persone e Israele nel periodo fra il maggio e il settembre 2008. La questione dei contatti con Israele è critica nello Yemen dove l'opinione pubblica e le autorità sono ostili allo Stato ebraico e molto solidali con i palestinsi. (con fonte Afp)

(Apcom, 23 marzo 2009)

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Attentato Haifa 'opera di Hezbollah'

TEL AVIV - Potrebbero esserci gli Hezbollah libanesi dietro il fallito attentato di sabato sera al centro commerciale Lev ha-Mifratz di Haifa, dove per un difetto tecnico una potente autobomba è esplosa solo in minima parte senza provocare vittime. Lo riferisce oggi con grande evidenza il quotidiano israeliano Haaretz, che cita in merito fonti qualificate dell'Autorità nazionale palestinese. Secondo queste fonti, da tempo elementi sciiti cercano di reclutare in Cisgiordania militanti di al-Fatah, Hamas e Jihad islamica per realizzare un vistoso attentato, in ritorsione all'uccisione del comandante militare degli Hezbollah Imad Mughniyeh, avvenuta un anno fa a Damasco. Le autorità israeliane hanno intanto imposto una severa cortina di riserbo sull'andamento delle indagini. Secondo la polizia l'automobile utilizzata per l'attentato era stata rubata a Gerusalemme e in un secondo tempo le era stata cambiata la targa. Al suo interno erano stati nascosti circa 100 chilogrammi di esplosivo. Gli attentatori avevano poi lasciato l'auto accanto al muro esterno di un cinema, nell'intento di far crollare l'edificio e di vedere gli spettatori sepolti sotto le macerie. "La potenza delle deflagrazione avrebbe dovuto eguagliare quella di 10-15 kamikaze" ha detto un artificiere della polizia. Ieri il premier Ehud Olmert ha affermato che l'attentato è stato compiuto da una organizzazione ben articolata, probabilmente con sostegni in Cisgiordania, e ha evocato in merito Hamas. Un dirigente di Hamas, Ayman Taha, ha replicato di non sapere chi abbia organizzato l'attentato che, ha precisato, "va comunque salutato come una operazione eroica"

(ANSA, 23 marzo 2009)

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Netanyahu, accordo con ultra-ortodossi dello Shas

Coalizione raggiunge i 53 seggi, in attesa dei Labour

GERUSALEMME, 23 mar. (Ap) - Il primo ministro designato Benjamin Netanyahu è sempre più vicino alla formazione del nuovo governo d'Israele. Il leader della destra israeliana ha raggiunto un accordo di coalizione con gli ultra-ortodossi dello Shas: un'intesa che gli permette di poter contare, al momento, sul sostegno di 53 dei 120 deputati della Knesset.
Secondo quanto riferito dal quotidiano Haaretz, in cambio del suo ingresso nella coalizione di governo, lo Shas avrebbe il controllo di quattro ministeri. Il capo del partito, Eli Yishai, diventerebbe il nuovo ministro dell'Interno e vice premier, Ariel Atias sarebbe il ministro dell'Edilizia. Yitzhak Cohen, poi, sarebbe messo a capo del nuovo dicastero per le religioni mentre Meshulam Nahari sarebbe ministro senza portafoglio nell'ufficio del primo ministro.
Adesso il leader del Likud è impegnato nel tentativo di coinvolgere nella coalizione di governo anche altri gruppi religiosi e il partito Laburista, guidato dall'ex ministro della Difesa Ehud Barak.
I laburisti sarebbero decisivi per la maggioranza di governo, potendo contare su 13 seggi in parlamento. Il movimento si riunirà martedì per mettere ai voti l'eventuale ingresso nel governo di Netanyahu.

(Virgilio Notizie, 23 marzo 2009)

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La nuova strategia Usa umilia i Paesi arabi moderati

di Fiamma Nirenstein

  
È stato molto interessante osservare il linguaggio corporeo del presidente Obama mentre mandava il suo messaggio di pace all'Iran e quello di Alì Khamenei mentre gli rispondeva. Il primo fervoroso, intento, con le mani e con gli occhi, a mostrare la maggiore simpatia possibile; il secondo ieratico, alieno dalle forme, occupato solo dal suo scopo divino. E lo ha snocciolato calmo e lento, spiegando in sostanza che gli Usa devono mostrare nei fatti, e non con le parole, rispetto.
Ciò vuol dire che Obama, per essere amico dell'Iran, deve smettere di ostacolare la costruzione della bomba atomica, ormai allo stadio ultimo dell'arricchimento o al primo di assemblamento, a seconda di fonti americane o israeliane.
Comunque ormai basta poco tempo perché tutto il mondo sia sotto la minaccia atomica degli ayatollah. Essere amico dell'Iran, dice inoltre in sostanza Khamenei, significa abbandonare l'insopportabile abitudine di difendere l'esistenza di Israele e lasciare che si compia sul popolo ebraico la soluzione finale più volte annunciata da Ahmadinejad.
Vuole anche dire abbandonare, come del resto si legge già nel discorso di Obama, ogni distinzione tra il governo teocratico e autoritario, che impicca gli omosessuali e rinchiude i dissidenti, e il nobile popolo iraniano che ha dato molte volte segno di volersi ribellare.
Obama, dunque, ha avuto un sostanziale «no», ma non lo accetterà come risposta. Per esempio, Hillary Clinton terrà probabilmente duro nel suo invito all'Iran alla conferenza per l'Afghanistan: evidentemente non turba Obama il fatto di scontentare gravemente tutti i Paesi moderati arabi su cui fino ad oggi gli Usa avevano puntato le speranze per un Medio Oriente equilibrato.
Infatti, chiamare Ahmadinejad al desco internazionale è azione che dispiace assai agli egiziani, ai sauditi, ai libanesi e ai palestinesi moderati, e tutti quanti hanno invitato più volte Ahmadinejad a starsene fuori dal campo di Gaza, del Libano e perfino dal Bahrein, che l'Iran rivendica come suo.
La profferta di pace obamiana, seguita dall'affettato «no» di Khameni, esalta alle stelle l'integralismo islamico militante, anche perché tutti gli amici e i famigli dell'Iran seguitano a ricevere segni di incoraggiamento, mentre le prime pagine dei giornali occidentali applaudono.
Nella generale amnistia ideologica in corso, infatti, Assad gioisce perché il processo per l'omicidio del leader libanese Rafik Hariri, di cui erano accusate le massime gerarchie siriane, legate all'Iran da sempre, verrà certo edulcorato contro la falsa promessa di Assad stesso di aprirsi a un processo di pace con Israele.
E mentre l'Aiea individua sul terreno siriano i resti di una struttura atomica, e si definisce chiaramente l'assistenza iraniana al progetto, si mandano due inviati americani a Damasco; inoltre, l'Inghilterra ha fatto in questi giorni profferte agli Hezbollah, longa manus iraniana e siriana, mentre Nasrallah di nuovo promette la distruzione di Israele insieme alla sua vittoria nelle prossime elezioni di giugno in Libano; Hamas, legata come è agli iraniani, rifiuta l'accordo con Fatah e chiama Abu Mazen traditore solo che accenni a un accordo con Israele, sicura che tanto l'Iran le darà conforto anche economico.
La strategia americana di questo momento, dunque, umilia i moderati perché esalta gli estremisti. E soprattutto mette Israele in una condizione di incertezza vitale così seria da poterlo spingere a un gesto estremo.
È una strategia saggia? A noi pare alquanto avventurista, anche perché ogni giorno di salamelecchi occidentali viene usato dagli ayatollah per costruire la bomba e tessere una frenetica tela diplomatica per la vittoria dell'islam. L'apertura americana può creare un'ondata di trionfalismo islamico in tutto il mondo: Obama adesso farebbe bene a trovare il modo di smorzarlo.

(il Giornale, 22 marzo 2009)

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E' morta Marisa Di Porto, romana, sopravvissuta ai campi di sterminio

di Marco Giovannelli

ROMA (22 marzo) - Aveva fatto del silenzio la bandiera del suo dolore e fino a ieri, quando è morta, Marisa Di Porto non aveva parlato con nessuno della sua terribile esperienza nei campi di sterminio nazisti. Marisa Di Porto è scomparsa ieri pomeriggio in silenzio così come era vissuta. «Sembra un paradosso - commenta Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana - ma quel silenzio è la migliore lezione per coloro che minimizzano o negano l'Olocausto». Marisa di Porto era stata deportata a 15 anni nel campo di sterminio di Auschwitz, matricola A5361. Quel terribile viaggio lo aveva fatto insieme alla madre, due sorelle e un fratello. Nessuno tornò da Auschwitz, tranne lei. Il padre, invece, riuscì a fuggire dal rastrellamento del Ghetto ma venne arrestato il 23 marzo del '44 e venne ucciso il giorno dopo alle Fosse Ardeatine.
Al ritorno da Auschwitz, Marisa Di Porto conobbe Giuseppe Di Porto, un altro deportato, e si sposarono insieme a un'altra coppia di ebrei romani, legati dalla stessa terribile storia di deportazione e di atrocità vissute nei lager. La signora Marisa aveva tre figli, uno dei quali vive in Israele, mentre il maggiore dei tre, Settimio, è tra i fondatori dell'associazione "Figli della Shoah" e fa parte dei soci fondatori del Museo della Shoah.
Il feretro, tra le 13,30 e le 14, passerà lunedì davanti alla sinagoga e al Portico d'Ottavia, com'è consuetudine, per poi raggiungere il cimitero di Prima Porta dove verrà celebrato il funerale.
Al dolore della famiglia si è unita la Comunità ebraica romana, il presidente della Regione Lazio Marrazzo e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «La sua perdita è due volte tragica per tutti noi ha detto quest'ultimo -. Ci ha lasciato non solo una donna amata dalla comunità ebraica e dalla città di Roma, ma una testimone delle persecuzioni nazifasciste, della deportazione degli ebrei del Ghetto e delle leggi razziali. Una testimonianza che la signora Di Porto non ha mai espresso a parole ma che ha scelto di tenere in un riserbo totale. Il suo silenzio ci trasmette in modo più toccante di ogni parola l'evidenza di una tragedia così grande per il popolo ebraico, per Roma e per tutta l'umanità». «Marisa Di Porto, sopravvissuta e testimone dei campi di sterminio nazisti, è stata una di quelle persone che ha vissuto l'orrore dell'Olocausto e che ha portato con sè, per tutta la vita, il tragico ricordo delle atrocità subite - ha invece detto il presidente della Regione Lazio Pietro Marrazzo -. L'unico confidente al quale è riuscita a raccontare la sua esperienza è stato il marito Giuseppe, testimone dell'iniziativa il "Trofeo della Memoria" che ha portato alcuni ragazzi del Lazio a visitare Auschwitz». Al cordoglio delle isituzioni si è aggiunto anche Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma.

(Il Messaggero, 22 marzo 2009)

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Giochi del Mediterraneo, corteo pro Israele

di Maurizio Caprara

ROMA — Sotto la neve che cadeva su corso Umberto a Pescara, per chiedere la fine dell'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo c'erano ieri, secondo gli organizzatori, 200 persone. Promossa sulla rete di Facebook da un gruppo nato apposta («Contro l'esclusione di Israele dai giochi del Mediterraneo a Pescara »), appoggiata da liberali e radicali locali, la manifestazione rientrava in una campagna in vista delle gare tra atleti di 23 Paesi previste a Pescara dal 26 giugno al 5 luglio. «Ci ha portato la sua solidarietà una consigliera regionale del Pd, Marinella Sclocco », racconta Enzo Biassoni, uno degli organizzatori. Domani il commissario del governo per i Giochi Mario Pescante si incontrerà con il ministro degli Esteri Franco Frattini. Ma la soluzione desiderata dai manifestanti non è alle porte.
Le possibilità sono tre: o tutto continuerà come prima o l'Italia compirà uno strappo o verrà ripreso un percorso per la partecipazione di atleti israeliani e palestinesi, destinati a restare comunque fuori per quattro anni. «L'ho detto a Pescante: è incredibile che nel XXI secolo i Paesi europei rientrino in un progetto che boicotta Israele e si arrendano al mondo arabo», afferma l'ambasciatore dello Stato ebraico a Roma Gideon Meir. «Non è un problema italiano, tutti gli Stati europei dovrebbero dire: non andiamo a giochi mediterranei senza Israele », sostiene. A chi fa notare che a queste gare, inaugurate nel 1951 in Egitto, non partecipano neppure i palestinesi, Meir risponde: «Anche se non sono uno Stato, non siamo contro la loro ammissione ».
La lista dei 23 Paesi va dall'Algeria alla Turchia, passa per la Libia e persino San Marino, privo di coste. «Con Frattini ci sentiamo ogni giorno », racconta il commissario Pescante. «Noi dell'organizzazione non possiamo né escludere né ammettere nessuno. Per le ammissioni lo statuto impone una maggioranza dei due terzi degli Stati e quattro anni di osservazione per verificare se i nuovi rispetterebbero le norme, ad esempio niente boicottaggi», spiega Pescante, deputato del Pdl. «Le gare nacquero per un dialogo europei- arabi. Da anni provo ad aprirle a Israele e palestinesi, ammessi dal '96 alle Olimpiadi », aggiunge. Poi sospira («Con certi metodi le Olimpiadi si sarebbero fermate al '36») e dice: «Si potrebbero non fare i Giochi. Ma ne vale la pena?».
Nello suo partito c'è chi non lo esclude. Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl, sostiene: «Esiste una procedura lunga, Pescante non ce l'ha con Israele. Per questo serve uno strappo, come il ritiro dalla Conferenza dell'Onu sul razzismo. L'Italia potrebbe subordinare la sua presenza a una clausola: se ci sono tutti i Paesi mediterranei». Partita aperta. Finale da vedere.

(Corriere della Sera, 22 marzo 2009)

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Israele, le denunce dei soldati erano in parte infondate

GERUSALEMME, 22 mar - Sono infondate, almeno per gli episodi più gravi, le denunce dei soldati emerse nel Seminario militare Rabin riguardo l'operazione Piombo fuso a Gaza e riportate con grande rilievo dai media israeliani e stranieri. Ad affermarlo è il quotidiano Maariv sulla base di una prima indagine interna condotta dall'esercito. Nei giorni scorsi la stampa aveva riferito che, secondo i militari, nel corso dell'operazione vi erano state scarsa considerazione per la popolazione civile e atti gratuiti di vandalismo. Fonti militari, scrive Maariv, affermano invece che le uccisioni descritte dai militari - quella di una donna con i suoi due figli, e quella di un anziana donna avvistata con un binocolo - non sono avvenute. Le denunce dei militari si baserebbero su voci risultate infondate.
"Durante l'operazione Piombo Fuso c'era certamente il 'grilletto facile' - ha dichiarato a Maariv un ufficiale che ha combattuto a Gaza - Indubbiamente sono rimasti uccisi civili palestinesi non coinvolti nei combattimenti. Ma non c'é mai stato alcuno sparo intenzionale verso civili innocenti".

(Notiziario Ucei, 22 marzo 2009)

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Israele, polizia in allerta dopo il fallito attentato di Haifa

TEL AVIV - La polizia israeliana ha sensibilmente elevato lo stato di allerta dopo il fallito attentato terroristico di ieri in un centro commerciale di Haifa, dove è stata neutralizzata un'autobomba carica con decine di chilogrammi di esplosivo. Per un difetto tecnico, é deflagrata solo una minima parte dell'ordigno e artificieri della polizia sono così riusciti a neutralizzare la minaccia. Se la autobomba fosse esplosa del tutto avrebbe potuto provocare, secondo la polizia, una strage di grandi dimensioni visto che in quel momento nel centro commerciale Lev ha-Mifraz si trovavano migliaia di persone. L'attentato è stato rivendicato da un gruppo misterioso, 'I liberi della Galilea'. Ma i servizi di sicurezza ritengono che si tratti di una rivendicazione fasulla. L'allarme della polizia é dovuto al timore che nelle ultime settimane stia prendendo forma una nuova ondata terroristica palestinese. La settimana scorsa due agenti di polizia sono stati uccisi in un agguato in Cisgiordania e in precedenza un'altra volante della polizia era stata attaccata a Gerusalemme da un palestinese alla guida di una ruspa.
L'ordigno ad alto potenziale avrebbe potuto causare "un disastro". Lo ha detto oggi il premier israeliano Ehud Olmert parlando al Consiglio dei ministri. "Non è finita in tragedia perché l'esplosivo non è deflagrato (completamente) - ha sostenuto Olmert -, ma ... si è trattato di un attcco terroristico a tutti gli effetti e secondo tutte le intenzioni". "Ciò che è successo a Haifa è stato un miracolo e non dobbiamo prenderlo con leggerezza", gli ha fatto eco il ministro dell'Edilizia, Zeev Boim. Il centro commerciale è stato riaperto stamattina al pubblico, dopo i rilievi notturni, ma l'episodio ha indotto le forze di sicurezza israeliane a elevare l'allerta terrorismo al massimo grado.

(ANSA, 22 marzo 2009)

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La nuova strategia Usa umilia i Paesi arabi moderati

È stato molto interessante osservare il linguaggio corporeo del presidente Obama mentre mandava il suo messaggio di pace all'Iran e quello di Alì Khamenei mentre gli rispondeva. Il primo fervoroso, intento, con le mani e con gli occhi, a mostrare la maggiore simpatia possibile; il secondo ieratico, alieno dalle forme, occupato solo dal suo scopo divino. E lo ha snocciolato calmo e lento, spiegando in sostanza che gli Usa devono mostrare nei fatti, e non con le parole, rispetto.
Ciò vuol dire che Obama, per essere amico dell'Iran, deve smettere di ostacolare la costruzione della bomba atomica, ormai allo stadio ultimo dell'arricchimento o al primo di assemblamento, a seconda di fonti americane o israeliane.
Comunque ormai basta poco tempo perché tutto il mondo sia sotto la minaccia atomica degli ayatollah. Essere amico dell'Iran, dice inoltre in sostanza Khamenei, significa abbandonare l'insopportabile abitudine di difendere l'esistenza di Israele e lasciare che si compia sul popolo ebraico la soluzione finale più volte annunciata da Ahmadinejad....

(il Giornale, 22 marzo 2009)

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Ue minaccia di boicottare la conferenza Onu sul razzismo

BRUXELLES - L'Unione europea minaccia di ritirare la sua partecipazione alla conferenza dell'Onu sul razzismo del mese prossimo se sarà modificata la dichiarazione finale, unendosi ai timori di altri paesi che l'evento sia usato per diffondere messaggi antisemiti.
L'Italia, unico tra i paesi Ue, ma anche Israele e Canada, si sono già ritirati dalla seconda conferenza mondiale contro il razzismo, che si svolgerà dal 20 al 24 aprile a Ginevra, per i timori che le nazioni arabe usino l'evento contro Israele. Gli Stati Uniti e l'Australia hanno detto che stanno valutando di boicottare l'evento.
"Le voci principali erano molto scettiche sulla direzione dei documenti preparati per la conferenza", ha detto il ministro degli Esteri ceco Karel Schwarzenberg dopo che i ministri degli Esteri Ue hanno discusso oggi del meeting di Ginevra.
"Probabilmente invieremo ora dall'Ue un nostro suggerimento e se i documenti della conferenza saranno in linea con questo, resteremo, altrimenti ci sarà un forte invito a ritirarsi", ha detto Schwarzenberg, che ha presieduto i colloqui di oggi.
"Alcune delle parole (nelle bozze dei documenti della conferenza) sono considerate antisemite", ha detto un diplomatico Ue.
L'Ue è anche preoccupata per il riferimento alla diffamazione contro la religione. "L'Ue pensa che questo non abbia nulla a che fare con i diritti umani", ha detto il diplomatico a Reuters.
Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto di essere preoccupato che la conferenza "possa essere strumentalizzata per dichiarazioni di una sola parte sul conflitto mediorientale".
"Ho promesso che cancelleremo la nostra partecipazione se nei prossimi giorni non ci sarà un cambiamento nella bozza", ha detto il ministro ai giornalisti a Bruxelles.
Gli Stati Uniti hanno detto che non parteciperanno alla conferenza se la dichiarazione finale non sarà radicalmente modificata e Israele chiede il boicottaggio dell'evento.
Le questioni della libertà di parola e dell'antisemitismo sono state poste dai paesi occidentali, inclusi gli Stati Uniti, tra le condizioni per la loro partecipazione all'incontro, anche chiamato Durban II.
L'Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay, che presiederà la conferenza, ha cercato di riassicurare gli animi, sostenendo che i timori sull'antisemitismo sono infondati.
Ma i diplomatici sostengono che il ricordo dei cortei contro gli ebrei alla prima conferenza Onu sul razzismo a Durban nel 2001 sono ancora forti e che i timori di nuove manifestazioni sono aumentati dopo le proteste in Europa per la guerra di Israele contro i militanti palestinesi a Gaza.

(Reuters, 22 marzo 2009)

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Netanyahu tenta di rassicurare l'Egitto su Lieberman

Dopo gaffe del futuro ministro Esteri israeliano contro Mubarak

GERUSALEMME, 22 mar. - Alcuni emissari del futuro primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu hanno incontrato dei dirigenti egiziani per rassicurarli su un'eventuale nomina agli Esteri dell'ultranazionalista Avigdor Lieberman. E' quanto si apprende da un comunicato ufficiale. Lieberman, leader del partito di estrema destra Yisrael Beitenu, aveva scatenato una polemica con l'Egitto in ottobre, affermando che il presidente Hosni Mubarak poteva "andarsene al diavolo" per via del rifiuto di quest'ultimo ad andare in visita ufficiale in Israele. "Persone dell'entourage di Netanyahu e Lieberman hanno preso contatto con gli egiziani per spiegare loro che l'arrivo di Lieberman al ministero gli Esteri non deve costituire un motivo di tensione fra i due Paesi" si sottolinea nel comunicato del gabinetto di Netanyahu. Nella nota, sempre su questo tema, si fa riferimento a un "incontro avvenuto mercoledì scorso fra il futuro direttore del Consiglio di sicurezza nazionale Uzi Arad e l'ambasciatore egiziano in Israele" Yasser Reda. Anche il vice-segretario di Yisrael Beitenu, Dany Ayalon, destinato a occupare l'incarico di viceministro degli Esteri, ha assicurato in un'intervista alla radio pubblica israeliana che il suo partito "intrattiene rapporti diretti con dirigenti egiziani di massimo livello sia in Israele sia al Cairo". "Le discussioni in atto costituiscono una buona base per il proseguimento di rapporti di lavoro eccellenti fra i due Paesi" ha aggiunto Ayalon, senza ulteriori dettagli. Primo Paese arabo ad aver concluso la pace con Israele, l'Egitto sta svolgendo un ruolo-chiave come intermediario fra Israele e Hamas sulla possibilità di un cessate il fuoco permanente a Gaza e la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit. Il Cairo sta tentando anche di riconciliare le fazioni rivali dal lato palestinese. Per il momento, però, questi sforzi non hanno avuto alcun risultato. Secondo i media egiziani, l'Egitto avrebbe minacciato di boicottare le cerimonie previste mercoledì prossimo in Israele per celebrare il 30esimo anniversario della firma dell'accordo di pace fra lo Stato ebraico e l'Egitto. Il Cairo intenderebbe così esprimere il suo malcontento sulla futura nomina di Lieberman agli Esteri e il suo rifiuto a rivolgere agli egiziani pubbliche scuse, scrive sempre la stampa locale. (fonte Afp)

(Apcom, 22 marzo 2009)


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Israele vieta le cerimonie per Gerusalemme capitale della cultura araba

Abu Mazen inaugura il programma oggi a Betlemme

Avi Dichter
GERUSALEMME, 21 mar. - Il ministro della Sicurezza Interna di Israele, Avi Dichter, ha ordinato alle forze di polizia di impedire a Gerusalemme e nello Stato ebraico le cerimonie organizzate oggi dai palestinesi per inaugurare il programma di "Gerusalemme capitale della cultura araba", una iniziativa promossa dall'Unesco per favorire la cooperazione culturale nel mondo arabo. Israele considera unilateralmente l'intera Gerusalemme, compresa la parte araba della citta' che ha occupato nel giugno 1967, la sua capitale "eterna e indivisibile" e proibisce lo svolgimento all'interno della citta' ogni attivita' dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen. I palestinesi da parte loro considerano il settore arabo di Gerusalemme la capitale del loro futuro Stato indipendente, nel quadro di un accordo defintivo di pace con Israele. Il ministro Dichter sostiene che le iniziative dell'Anp per "Gerusalemme capitale della cultura araba" siano una violazione degli accordi di Oslo tra Israele e palestinesi raggiunti nel 1993. Ha percio' ordinato il dispiegamento di ingenti forze di polizia nella citta' ma a Nazareth - il centro abitato arabo piu' importante in Israele - dove sono previste iniziative e cerimonie per Gerusalemme. "Questa reazione da parte del governo e' inconcepibile, in fondo e' solo una iniziativa culturale", ha commentato il sindaco di Nazareth, Rames Jaraisi. "Gerusalemme capitale della cultura araba" era programmata per lo scorso gennaio ma e' stata rinviata a causa dell'offensiva militare lanciata da Israele contro Hamas a Gaza. A distanza di due mesi, oggi a Betlemme il presidente Abu Mazen, alla presenza di tutti i ministri del governo dell'Anp e di alcuni rappresentanti di Paesi arabi, dara' inizio alle celebrazioni che prevedono seminari, mostre, spettacoli musicali e di danza, con la partecipazione di studiosi e artisti di diversi Paesi. Ad aggiungere tensione all'evento c'e' anche la spaccatura tra Hamas e Fatah, il partito di Abu Mazen. Da Gaza il movimento islamico ha fatto sapere di considerare legittime soltanto le iniziative per Gerusalemme organizzate dal suo governo.

(Apcom, 21 marzo 2009)

COMMENTO - Proclamare Gerusalemme capitale della cultura araba è il colmo della sfacciataggine.

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Perché l'esercito israeliano è sotto accusa e cosa significa per noi

Secondo alcune testimonianze rilasciate da soldati israeliani nell'ambito di un corso di formazione dell'Esercito, riportate dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz, nel corso di Piombo Fuso le forze di Tsahal si sarebbero rese colpevoli di atti che non fanno fatica a rientrare sotto la definizione di crimini di guerra. Il novero delle "confessioni" dei veterani di Gaza include racconti di fuoco a raffica nelle case, donne e bambini freddati da cecchini per banali difetti di comunicazione fra reparti, disprezzo per i palestinesi in quanto tali, atti di vandalismo e scherno nelle loro abitazioni.
La linea di difesa utilizzata da Israele per difendersi dalle periodiche accuse circa l'eticità del comportamento di Tsahal si impernia solitamente su tre punti....

(l'Occidentale, 21 marzo 2009)

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Giochi del Mediterraneo: in piazza contro l'esclusione di Israele

L'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo 2009 in programma in Abruzzo dal 26 giugno al 5 luglio ha fato scendere in piazza i rappresentanti di Abruzzo Liberale e dei Liberali radicali.
"Israele dovrebbe essere nel Comitato internazionale dei giochi del Mediterraneo - ha dichiarato il presidente di Abruzzo Liberale, Alessio Di Carlo - il veto incrociato di alcuni Paesi arabi ha di fatto impedito anche alla Palestina di partecipare. Il rimbalzo di responsabilità fra il Commissario, Mario Pescante, e il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, non è stato un bel vedere".

(la Repubblica, 21 marzo 2009)

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Italia e Israele firmano una "Dichiarazione congiunta per la cooperazione spaziale"

Saggese: "Un accordo di valore storico"

(WAPA) - Ieri a Roma, presso la sede dell'Agenzia spaziale italiana, è stata firmata una ''Dichiarazione congiunta per accrescere la cooperazione spaziale a scopi pacifici'' con l'agenzia spaziale israeliana (Isa - Israelian Space Agency), alla presenza del direttore Isaac Ben-Israel, del commissario straordinario Enrico Saggese, del consigliere per le attività spaziali del ministro della Difesa, Marco Airaghi, e di numerosi esponenti delle imprese e delle istituzioni spaziali israeliane.
    "E' un accordo di valore storico, il primo di questo tipo fra i due Paesi -ha commentato Saggese- con Israale abbiamo interessi comuni che dovrebbero portarci a realizzare missioni congiunte".
    Gli obiettivi della cooperazione sono l'esplorazione spaziale a fini di ricerca scientifica l'osservazione della Terra e le sue applicazioni (incluse il Sar e le tecnologie iperspettrali), le telecomunicazioni spaziali e l'uso di apparati e infrastrutture di terra.
L'accordo prevede anche lo scambio tra ricercatori e docenti dei rispettivi Paesi e delle rispettive industrie nazionali. La firma segue la visita in Israele di una delegazione dell'Asidel dal 7 al 9 gennaio scorsi, durante la quale il commissario straordinario Saggese aveva incontrato i vertici dell'ente israeliano e il presidente Shimon Peres. (World Aeronautical Press Agency - 21-Mar-2009 10:18)

(Avionews, 21 marzo 2009)

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Hamas invita Obama a una svolta in politica mediorientale

E minaccia nuovi sequestri se Israele non dimostra flessibilità

ROMA, 21 mar. - In un'intervista rilasciata dal suo bunker a sud di Damasco Khaled Meshaal, leader politico di Hamas, dice di voler "aprire un nuovo capitolo con gli Usa e l'Europa". Meshaal invita il neopresidente Barack Obama a cambiare radicalmente la politica degli Stati uniti nel Medio Oriente. Alla luce dei fallimenti dei suoi predecessori, il leader di Hamas suggerisce a Washington di non lasciare il processo di pace mediorientale nelle sole mani degli attori locali, sottolineando come solo un intervento degli Stati uniti possa influire veramente sulla politica israeliana. "Vogliamo aprire un nuovo capitolo con gli Usa e l'Europa", ha detto Meshaal al quotidiano australiano The Sidney Morning Herald, e "siamo pronti a fare la nostra parte per trattare con Washington e con l'Europa. Ma deve trattarsi di un negoziato serio sui diritti dei palestinesi". Meshaal chiede all'Occidente di abbandonare la sua decisione di isolare Hamas fin quando il movimento islamico non capitolerà di fronte ai diktat di Israele: "Hanno imboccato la strada sbagliata e l'approccio sbagliato", afferma, senza lesinare critiche ai primi passi compiuti sia dal Segretario di stato Usa, Hillary Clinton, che dall'inviato speciale di Obama in Medioriente, George Mitchell. Poi Meshaal lancia una minaccia: se Israele non dimostrerà maggiore flessibilità nei confronti delle richieste di Hamas per la liberazione del soldato Shalit, altri soldati israeliani verranno rapiti.

(Apcom, 21 marzo 2009)

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Iran - Mano tesa di Obama: in Israele basso profilo ma forti timori

Per analisti la mossa Usa allontana l’attacco di Israele alle centrali dell’Iran

GERUSALEMME, 20 mar. (Apcom) - Ostenta serenita' il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor. Contattato da Apcom, spiega che "la scelta di Obama di tendere la mano all'Iran e' una decisione che riguarda solo e soltanto gli Stati Uniti e nella quale Israele non intende interferire". E ricorda anche che il ministro degli Esteri uscente, Tzipi Livni, ha precisato in varie occasioni che "Israele non e' contro il dialogo tra Washington e Teheran ma chiede soltanto che si svolga con obiettivi chiari e tempi precisi per non offrire agli iraniani l'opportunita' di guadagnare tempo e di portare avanti i loro programmi nucleari". Dietro questa apparente tranquillita' tuttavia si nasconde la preoccupazione di Israele per un'apertura americana all'Iran che, pur ampiamente attesa, segna una frattura netta con la linea intransigente portata avanti dall'ex presidente George Bush.
"Il nostro governo naturalmente deve tenere conto delle regole della politica e della diplomazia e non puo' certo criticare frontalmente le scelte di un alleato prezioso come gli Stati Uniti. Ma e' facile immaginare i timori che la scelta di Obama genera nei nostri dirigenti", ha detto ad Apcom l'analista Mordechai Kedar del centro di studi strategici "Besa" di Tel Aviv.
Con un videomessaggio in inglese sottotitolato in farsi, definito da piu' parti "di storica portata", diffuso la scorsa notte in occasione della festivita' iraniana del Nowruz, Obama ha offerto al popolo iraniano prima ancora anche al regime degli ayatollah di mettere fine a trent'anni di tensioni fortissime e di aperta ostilita', in nome di un "comune futuro" e un avvenire "di nuovi scambi, parternariato e commercio".
Tra i principali obiettivi dell'apertura di Obama c'e' quello di dare sostegno alle forze moderate iraniane che, alle elezioni del prossimo giugno sperano di riuscire a far eleggere un loro candidato al posto dell'inflessibile presidente Mahmoud Ahmadinejad, avversario implacabile di Israele e Usa. Ma anche quello di indurre i dirigenti iraniani a ridimensionare i programma nucleari (ufficialmente solo civili) che tante preoccupazioni generano in Occidente.
"In Israele sono convinti che l'Amministrazione Usa non abbia piena consapevolezza della pericolosita' e dell'ambiguita' dell'Iran", ha spiegato Kedar, "Teheran ha mire espansionistiche e vuole prendere il controllo del Golfo. Non e' solo Israele ad essere preoccupato dei programmi atomici degli ayatollah ma l'intero mondo arabo sunnita che teme il revival sciita innescato proprio dagli iraniani".
"Gli israeliani - ha proseguito Kedar -, dai dirigenti politici fino all'uomo della strada, ritengono che Obama si sia mosso troppo in fretta. Non avrebbe dovuto tendere la mano agli iraniani adesso, senza aver ottenuto prima nuove dure sanzioni internazionali contro Teheran per mettere sotto pressione Ahmadinejad e (l'ayatollah) Khamenei e costringerli ad accettare un dialogo che deve portare all'interruzione dei programmi nucleari avviati dall'Iran".
Il passo compiuto da Obama e' destinato inevitabilmente a pesare anche nelle scelte di Israele. Lo Stato ebraico non ha escluso di poter usare la sua aviazione militare per colpire le centrali nucleari israeliani per impedire che Teheran produca bombe atomiche oltre ad energia per usi civili. L'inizio di un dialogo tra Iran e Usa costringerebbe Israele a rinunciare, per lungo tempo, all'opzione militare.
Cio' mentre nelle prossime settimane in Israele ci sara' il passaggio delle consegne tra il governo centrista uscente e quello di destra (forse allargato ai laburisti) guidato dal leader del Likud, Benyamin Netanyahu, fautore dell'approccio duro verso l'Iran. Un governo di cui sara', con ogni probabilita', ministro degli Esteri l'ultranazionalista Avigdor Lieberman, che durante la campagna elettorale ha invocato l'uso della forza contro Teheran.
"Per Netanyahu la gestione della questione iraniana sara' uno dei nodi piu' difficili - ha concluso Kedar -, il suo governo rispetto a quello uscente avrebbe meno esitazioni a dare il via libera ad un attacco contro le centrali atomiche iraniane ma Obama non approvera' mai un'azione di forza israeliana mentre la sua Amministrazione e' impegnata a cercare una svolta positiva nelle relazioni con l'Iran".

(Virgilio Notizie, 20 marzo 2009)

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«Obama volterà le spalle a Israele»

Un ex ufficiale del servizio segreto Usa ha riferito che il governo di Obama è sulla strada di interrompere i buoni rapporti con Israele e potrebbe perfino fare un passo in direzione dello scioglimento dello Stato d'Israele. A condizione di poter rimanere anonimo, il funzionario del servizio segreto ha parlato con Douglas Hagmann del Northeast Intelligence Network. «Dal mio livello nel servizio segreto, negli ultimi anni sono arrivato alla conclusione che presto Israele sarà lasciato completamente solo a se stesso... o peggio». Questo non avverrà in un momento drammatico, ma nello spazio di un paio di anni, in modo che non si possa accorgersene subito. Il governo Obama si sta già preparando a dare un maggior sostegno ai paesi arabi.

(israel heute, 20 marzo 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Franceschini alla comunita' ebraica: il vostro modello di integrazione e' un esempio

ROMA, 20 mar. (Adnkronos) - Dario Franceschini ha incontrato il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni,e il presidente della comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. Una visita che, ha detto il leader del Pd, "e' stata una delle prime cose che ho voluto fare da segretario perche' penso che il contributo della cultura ebraica e il vostro modello di integrazione potranno servire nei prossimi anni a creare una societa' basata sulla cultura dell'accoglienza e della soliderieta'".
Franceschini si e' intrattenuto in un lungo colloquio con Di Segni e Pacifici, poi ha visitato la Sinagoga e il museo ebraico e quindi ha ricordato il suo impegno per istituire un analogo museo a Ferrara, la sua citta', sede di una storica comunita' ebraica che ha visto personaggi illustri come Giorgio Bassani. "In passato ho avuto due occasioni in cui sono stato molto orgoglioso di collaborare con la vostra Comunita': quando sono stato assessore alla Cultura del Comune di Ferrara e poi in Parlamento quando come primo firmatario di una proposta del 2001, che ebbe un'approvazione bipartisan, per la creazione di un museo della Shoah a Ferrara''. Museo poi diventato della cultura ebraica, mentre quello di Roma e' dedicato in modo piu' specifico alla Shoah.
Il segretario del Pd, inoltre, ha sottolineato come sia importante "non smarrire la memoria". Una frase che si e' sentita spesso ma che oggi assume un senso piu' forte prche' "il tempo passa e per i bambini di oggi quei fatti sembrano appartenere a un'epoca lontanissima. Invece sono fatti drammaticamente vicini di cui va conservata la memoria". Da parte loro, Di Segni e Pacifici hanno ringraziato Franceschini per la visita, "E' importante che ci sia comunicazione tra la comunita' ebraica e una forza politica fondamentale per la cultura italiana" come il Pd, ha detto il rabbino.Questo non equivale "a una scelta di campo", ha aggiunto Pacifici, ma si inserisce nella tradizione di dialogo e confronto che ha sempre avuto la Comunita' ebraica di Roma.

(Libero-news.it, 20 marzo 2009)

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"Vedrete, il nuovo governo israeliano stupirà gli scettici"

Quale governo formerà Benjamin Netanyahu ? Riuscirà nel suo tentativo di convincere Tzipi Livi, con la sua Kadima, a entrare nel nuovo esecutivo? Oppure il leader del Likud sarà "costretto" a una alleanza con il solo blocco di destra, capitanato dal numero uno di Yisrael Beiteinu, Avigdor Lieberman? Ci sono ancora possibilità che si formi un governo di unità nazionale ? E se ciò, non avvenisse, Israele rischierebbe l'isolamento internazionale? Domande, quesiti, che rimbalzano da Gerusalemme alle principali capitali (e cancellerie) internazionali....

(Panorama, 20 marzo 2009)

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L'Italia esclude Israele dai Giochi. E io protesto

di Nicola Forcignanò

Caro Direttore, ti informo: domani io non ci sarò, mi prendo un giorno di ferie e vado a Pescara a manifestare contro l'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo. Immagino tu stia rileggendo - incredulo - le prime righe di questa lettera. Hai capito bene: vado a Pescara a manifestare insieme con un gruppo di «amici» conosciuti su Facebook, come me e anche più di me indignati per la decisione del comitato organizzatore della manifestazione che, per non scontentare il mondo arabo, ha deciso di lasciare a casa gli atleti israeliani. Decisione salomonica: anche quelli palestinesi. Nemmeno Ponzio Pilato sarebbe riuscito a fare di meglio per non affrontare il problema: hanno eliminato il problema. Infatti, nella lunga storia di questa mini Olimpiade, i due Stati non hanno mai potuto iscriversi. E ogni volta che ci hanno provato, una serie di voti contrari dei Paesi che s'affacciano sul «mare nostro» e che compongono il comitato organizzatore, gli hanno chiuso la porta in faccia. Così, sempre....

(il Giornale, 20 marzo 2009)

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Ex nazista estradato in Austria è accusato di crimini di guerra

Josias Kumpf
Gli Stati Uniti hanno deportato in Austria un uomo accusato di crimini di guerra durante il periodo nazista. La notizia è stata annunciata oggi dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. Josias Kumpf, 83 anni , in qualità di guardia e membro delle SS avrebbe partecipato il 3 novembre 1943 al massacro di 8.000 ebrei a Trawniki, campo di lavoro in Polonia. Josia Kumpf è stato anche una guardia del campo di concentramento di Sachsenhausen in Germania.
"Josias Kumpf, per sua stessa ammissione, era di guardia, con l'ordine di sparare ad eventuali superstiti prigionieri che tentavano di fuggire al massacro che stavano compiendo le SS" dice il sostituto procuratore generale Rita M Glavin.
Il Dipartimento di Giustizia ha affermato che Kumpf ha riferito che il suo incarico era quello di guardare le vittime che erano ancora in vita e di impedire la loro fuga. Il suo lavoro è stato quello di "sparare per uccidere" se cercavano di scappare.
Kumpf nato in Serbia era immigrato subito dopo la seconda guerra mondiale dall'Austria negli stati Uniti dove ottenne la cittadinanza nel 1964. Ciò che pende maggiormente sul suo capo di imputazione è il periodo quando fu guardia al campo di Trawniki in Polonia, dove in un solo giorno il 3 novembre, 1943 furono eliminati 8000 ebrei, tra uomini donne e 400 bambini. Il sostituto procuratore generale M. Rita Glavin ha detto che "Il giudice ne ha ordinato l'espulsione da parte degli Stati Uniti verso l'Austria e questo è un segno del lungo sforzo da parte del governo americano per garantire che le persone che hanno partecipato a crimini contro l'umanità non trovino rifugio in questo paese". Kumpf quindi è accusato di aver preso parte all'operazione "Aktion Erntefest", azione perfettamente riuscita volta all'eliminazione di 42000 ebrei in soli due giorni in 3 diversi campi di concentramento della Polonia orientale. Kumpf immigrato negli Stati Uniti dall' Austria nel 1956, è diventato poi cittadino degli Stati Uniti nel 1964. Nel 2003, l'ufficio per indagini speciali (OSI) e la US Attorney's Office per il Distretto Orientale del Wisconsin hanno portato alla luce il passato del sig. Kumpf. Il Tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Orientale del Wisconsin ha ordinato la revoca della sua cittadinanza nel mese di maggio 2005. L'estradizione di Kumpf e il suo trasferimento in Austria è il risultato di sforzi congiunti da parte dei dipartimenti di giustizia dello Stato e della Homeland Security su vari fronti. L'OSI porta avanti la sua battaglia per indagare, individuare e poi intraprendere azioni legali contro i partecipanti a crimini nazisti che risiedono negli Stati Uniti. La nascita di questo ufficio di indagini speciali (OSI) risale al 1979, da allora ha portato alla luce 107 casi di persone residenti negli Stati Uniti, accusate di crimini nazisti.

(NuovaPolonia, 19 marzo 2009)

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Raid Israele su Siria: una spia informò su sviluppo nucleare

Iraniano passò informazioni a Cia su programma Iran-Corea Nord

GINEVRA, 19 mar. (Ap) - E' stata una spia a rivelare agli Stati uniti che l'Iran, assieme alla Corea del Nord, stava finanziando la costruzione di un'arma nucleare in Siria. Lo scrive oggi, in un lungo e documentato articolo, la Neue Zuercher Zeitung, autorevole quotidiano svizzero, spiegando il retroscena dell'attacco aereo israeliano del settembre scorso contro il sito nucleare segreto di Al Kibar, in Siria.
Il colpaccio della Cia risale al febbraio del 2007: il consigliere per la sicurezza dell'ex presidente iraniano, Mohammed Khatami, per lunghi anni anche titolare della Difesa, generale Ali Reza Asghari, ha cambiato fronte e si è messo a disposizione dei servizi segreti americani. Oltre ad innumerevoli informazioni sullo stato dell'arte del programma nucleare iraniano, Asghari ha fornito un'informazione del tutto nuova, una "sorpresa": l'Iran finanzia - ha rivelato Asghari - un progetto nucleare in Siria. "Nessuno dell'intelligence americana aveva sentito una cosa del genere", scrive la NZZ. "E anche in Israele, prontamente informato, sapevano nulla".
Il rapporto sul quotidiano elvetico è stato scritto da Hans Ruehle, ex capo dello staff del Ministero della Difesa tedesco.

(Virgilio Notizie, 19 marzo 2009)

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Durban 2, Israele e Stati Uniti ribadiscono: non partecipiamo

di Daniel Mosseri

ROMA, 19 mar - L'ultimatum dell'Ue su Durban - o passa il nuovo documento di principi o i Ventisette non partecipano alla conferenza che si apre il 20 aprile - non ha fatto cambiare idea né a Israele né agli Usa sul processo di revisione del documento approvato dall'Onu a Durban nel 2001. I due Paesi, preceduti di oltre un anno dal Canada, hanno annunciato che non parteciperanno all'appuntamento di Ginevra. Parlando al VELINO una fonte del ministero degli Esteri di Gerusalemme ha affermato che da parte dello Stato ebraico "c'è fortissimo apprezzamento per lo sforzo compiuto dall'Italia di modificare il documento preparatorio di Durban 2". Tuttavia, ha spiegato, la tabula rasa fatta dagli olandesi dei 245 paragrafi contro i quali aveva puntato il dito il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, "ci riporta sostanzialmente agli esiti di Durban 1", la conferenza delle Nazioni Unite contro le discriminazioni razziali che si concluse con la condanna di Israele, delle sue politiche e del sionismo. "Con il rischio - ha spiegato la fonte - che quello che si è cercato di fare uscire dalla porta rientri dalla finestra. Infatti - ha ribadito il diplomatico - il nuovo documento fa diretto riferimento alla risoluzione che la conferenza approvò nel 2001". Documento, per Israele, "del tutto inaccettabile".
Stessa reazione da parte del Dipartimento di Stato Usa a Washington: "Restiamo del tutto contrari al contenuto e alla forma del documento di Durban 2 - ha affermato un portavoce -. Gli Stati Uniti sono impegnati contro il razzismo e ogni forma di discriminazione. Per questo ribadiamo che la nostra partecipazione (al processo di revisione, ndr) è limitata alla presenza di alcuni osservatori". A esprimersi in favore del testo sul quale hanno trovato l'accordo i Ventisette è stata invece l'alto commissario Onu per i Diritti Umani. Navi Pillay ha parlato di "un punto di svolta essenziale" fatto segnare dalla bozza. "Adesso - ha affermato Pillay - disponiamo di una buona e solida base per permettere agli Stati di accedere alla fase finale che porterà alla conferenza. Spero davvero che il nuovo testo segni la svolta che era richiesta per raggiungere il consenso (tra i Paesi occidentali e gli altri membri del Consiglio dei Diritti umani di Ginevra, ndr) su un testo che offra aiuto a centinaia di gruppi e a milioni di individui vittime del razzismo e altre forme di intolleranza in tutto il mondo". Pillay ha anche sollecitato gli Stati "dall'astenersi da comportamenti politicizzati e polemici su questioni particolari" e a lavorare insieme "per un risultato di successo".

(il Velino, 19 marzo 2009)

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Molta ipocrisia nel testo purgato di Durban II

di Michael Sfaradi

Il documento olandese, che nei desideri europei dovrebbe andare a sostituire la dichiarazione di base della conferenza contro il razzismo denominata Durban 2, è stata accolta dall'Unione Europea.
Uno dei portavoce del Ministero degli Esteri olandese Maxime Verhagen ha detto che i "punti fermi" europei sono chiari e non lasciano spazio a nessuna interpretazione assicurando che il documento ha avuto il beneplacito dagli altri partner.
La formalizzazione della posizione dei 27 Stati membri agli altri paesi che fanno parte del Consiglio dei Diritti Umani è ora compito dei funzionari della Repubblica Ceca che è attualmente alla Presidenza Europea.
Il bello deve però ancora arrivare perché non possiamo sapere quale sarà la reazione dei paesi africani ed asiatici (blocco arabo musulmano in particolare) perché non bisogna possedere la sfera di cristallo per prevedere quale sarà la loro presa di posizione nei confronti di un'Europa che prima minaccia il boicottaggio a casa di un documento a lei sgradito e poi "pretende" anche di sostituirlo. Da Bruxelles si fa comunque sapere che non ci sono ripensamenti e che tutto è legato alla reazione che seguirà la presentazione della proposta olandese, se verrà accettata l'Unione europea parteciperà alla conferenza, in caso contrario seguirà l'esempio di Canada, Stati Uniti e Israele e la boicotterà. Per fare da contro-altare le Nazioni Unite hanno reso noto che dal testo preparatorio originale della conferenza ginevrina sono stati aboliti tutti i riferimenti ad Israele e non è stato chiarito se, per arrivare ad un'intesa, si lavorerà sul testo europeo oppure se si tratterà di una semplice operazione di cosmetica sul primo documento. Sembra, il condizionale è d'obbligo, che saranno eliminati: ogni riferimento specifico a un paese, la frase "diffamazione religiosa" (probabilmente a seguito delle vignette su Maometto), non saranno menzionati le discriminazioni verso l'omosessualità, (contrari la maggior parte degli Stati islamici, qualche paese africano e, naturalmente, il Vaticano).
È comunque positivo che per una volta l'Europa abbia fatto quello che ci si aspetta da lei, e cioè il mettersi in gioco unita e non in ordine sparso. Anche se il documento europeo condanna senza mezzi termini ogni forma di razzismo, discriminazione, xenofobia e intolleranza precisando che le vittime, in ogni parte del mondo, debbono godere degli stessi diritti di attenzione e protezione, mettendo in risalto la profonda preoccupazione per l'aumento in tutto il mondo di violenze nei confronti di minoranze religiose , si intravede all'orizzonte un "braccio di ferro" fra i due blocchi che saranno impegnati, nei prossimi giorni, in estenuanti trattative pur di trovare un compromesso che soddisfi le esigenze di tutti i partecipanti. Rimane però la sensazione che una conferenza su un tema che riguarda l'umanità intera dovrebbe essere affrontata con uno spirito diverso, uno spirito di collaborazione e di ricerca di soluzioni che portino gli uomini a vivere uno accanto all'altro. Con questi "attacchi preventivi" che portano a "compromessi iniziali" è difficile credere che si riesca a raggiungere un qualche risultato degno di nota e, purtroppo, dopo le infinite ed inutili chiacchiere e quando le luci della "ribalta ginevrina" si spegneranno la diffidenza verso i "diversi", gli atti di razzismo, di antisemitismo, di xenofobia e le "guerre sante" contro gli "infedeli" di tutti i tipi saranno ancora tutte lì a rendere più brutto il mondo in cui viviamo.

(l'Opinione, 19 marzo 2009 - ripreso da Informazione Corretta)

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Flp conferma: rinviati i negoziati Hamas-Fatah, nessuna intesa

La notizia era stata anticipata da al Jazeera

IL CAIRO, 19 mar. (Ap) - I negoziati di riconciliazione tra Hamas e al Fatah sono stati rinviati senza raggiungere un accordo su un governo palestinese di unità nazionale. Lo ha indicato il segretario generale del Fronte di liberazione della Palestina (Flp), confermando un'anticipazione della tv satellitare araba al Jazeera.
Le due parti, riunite al Cairo sotto la mediazione dell'Egitto, si sono lasciate in attesa della prossima sessione di negoziati: lo ha affermato Wasel Abu Youssef. Secondo Azzam al Ahmed, membro di al Fatah, le discussioni riprenderanno al termine del vertice arabo previsto a fine marzo.
Il segretario generale del Flp ha spiegato che i principali punti di negoziato non sono stati risolti, in particolare la realizzazione di un governo provvisorio giudicata indispensabile per la ricostruzione della striscia di Gaza dopo l'operazione militare israeliana di gennaio. Le discussioni sono inoltre bloccate sull'applicazione da parte di Hamas dei precedenti accordi conclusi con Israele.
Fawzi Barhoum, uno dei responsabili del movimento della resistenza islamica, ha dichiarato che la sua organizzazione "non si impegnerà" mai a rispettare questi accordi o a riconoscere Israele.

(Virgilio Notizie, 19 marzo 2009)

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Onu - Israele promette più tutela per minoranze e prigionieri

In corso sessione su Israele a Consiglio diritti umani Onu

GINEVRA, 19 mar. (Apcom) - Israele non intende abolire ufficialmente la pena di morte, nonostante questa sia nei fatti sospesa dal 1962, quando venne applicata nei confronti del criminale nazista Adolf Eichmann. Ma lo stato ebraico, afferma l'ambasciatore israeliano a Ginevra Ahharon Leshno-Yaar, vuole comunque andare incontro alle richieste avanzate dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite per migliorare gli standard di trattamento dei prigionieri e delle minoranze.
Nel corso della sua relazione, Leshno-Yaar non ha fatto alcun riferimento alla situazione dei territori occupati palestinesi, suscitando l'ira di molti rappresentanti di paesi arabi o musulmani, e determinando così il rinvio a domani dell'adozione del rapporto su Israele.
Israele "prende atto delle raccomandazioni volte ad intensificare i suoi sforzi per assicurare che i diritti umani vengano rispettati nella lotta al terrorismo", ha affermato Leshno-Yaar promettendo impegni per migliorare il rispetto delle minoranze e per facilitare la rappresentanza femminile nella società, nonché per incrementare la percentuale della minoranza araba fra i dipendenti pubblici.
Rispondendo alle richieste presentate dalla Danimarca, Gran Bretagna e Canada sulle condizioni carcerarie e su presunti casi di tortura, Leshno-Yaar ha garantito che Israele si sforzerà di andare incontro agli obblighi internazionali.
E' la prima volta che Israele compare davanti al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite di Ginevra, recentemente incaricato di verificare ogni quattro anni i risultati raggiunti da ogni Paese membro.
Sempre a Ginevra sono in corso i lavori preparatori della prossima conferenza Onu contro il razzismo (detta Durban II), già boicottata - fra gli altri - da Stati Uniti, Italia e Israele proprio perché la prima versione della dichiarazione finale conteneva frasi anti-semite e attacchi contro lo Stato ebraico.

(Virgilio Notizie, 19 marzo 2009)

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Razzismo, summit Onu: no di Israele alla nuova bozza russa

ROMA (18 marzo) - «La sostanza rimane la stessa, si tratta solo di cambiamenti cosmetici». Israele boccia il nuovo documento della dichiarazione finale della conferenza dell'Onu contro il razzismo e la xenofobia, la cosiddetta Durban II, il programma a Ginevra il prossimo 20 aprile. Il testo corretto è stato elaborato da una ommissione presieduta dalla Russia, allo scopo
di prevenire ogni boicottaggio.
Israele insoddisfatta. Secondo quanto riferisce il sito web del quotidiano Haaretz, citando una fonte autorevole del ministero degli Esteri, «il primo articolo del nuovo documento riafferma la dichiarazione contenuta nel Durban I e cioè che Israele è uno stato razzista. Ciò - prosegue la fonte - porta a pensare che l'essenza è rimasta la stessa». Questo nuovo documento, sottolinea la stessa fonte, «è un trucco diplomatico che punta a confondere i problemi, facendo rientrare dalla finestra le critiche a Israele uscite dalla porta».
La Ue aveva preparato un nuovo testo messo a punto dall'Olanda. Dinanzi alla proposta russa rimane ferma la posizione del ministrod egli esteri Franco Frattini: o il testo olandese, o ci ritiriamo dalla conferenza.

(Il Messaggero, 19 marzo 2009)

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Conferenza sul razzismo, così l'Italia ha vinto

La vittoria politica è evidente, anche se c'è ancora un trucco politico seminascosto che deve essere smascherato. Il documento di preparazione della «conferenza dell'Onu contro il razzismo», prevista per il 20 di aprile a Ginevra, è stato modificato cedendo alla pressione internazionale. Come si sa gli Usa, il Canada, Israele, e, ultima ma certo non meno importante, l'Italia avevano dichiarato che il documento di preparazione della conferenza «contro il razzismo» era moralmente osceno e che non avrebbero partecipato. Poi, i 27 Paesi dell'Unione Europea, seguendo l'esempio dell'Italia e sulla base di un documento olandese, hanno dichiarato in coro che o si cambiava il documento o nessuno sarebbe andato. Infatti il documento preparatorio, stilato dalla commissione presieduta dalla Libia, si accaniva su Israele in termini di autentico antisemitismo, chiamandolo Stato di apartheid, accusandolo di razzismo, definendolo solo lui e non, che so, l'Iran o la Corea del Nord, «un grave pericolo per la pace».
Insomma, si abbandonava all'estremismo che nel settembre 2001, durante la prima conferenza di Durban applaudiva Arafat, Mugabe, Fidel Castro, condannava Israele e l'America (mentre lo ong fiancheggiatrici marciavano sotto i ritratti di Bin Laden, bruciavano le bandiere americana e israeliana), minacciava di distruggere l'Occidente «imperialista e schiavista». Fu un'autentica ondata di odio nel nome dell'Onu mentre il tema del razzismo veniva del tutto ignorato: quattro giorni dopo le Twin Towers venivano attaccate. Durban fu il manifesto ideologico dell'11 settembre e un inno alla distruzione di Israele. Ora, il documento di preparazione di Durban 2, ripercorreva fino a ieri la stessa strada: Israele uno Stato mostro, proibita la critica alle religioni (basta ricordare le vignette su Maometto per capire di cosa stiamo parlando), l'omofobia non ritenuta una forma di discriminazione. Il tutto in 47 pagine per 200 paragrafi di blaterazioni anti-occidentali. Ora, dopo la defezione americana e la richiesta europea, sull'onda italiana, di cambiare tutto minacciando la defezione, il documento consta di 17 pagine, elimina i riferimenti a Israele stato razzista, non parla più di religione.
Una vittoria per Frattini che ha avuto il coraggio di dichiarare che esiste uno standard morale che non può mai essere violato. Sull'antisemitismo e sulla violazione delle libertà di opinione e di espressione, non si può fare compromesso alcuno: sarebbe una sconfitta della nostra storia e della nostra stessa cultura. I Paesi europei, ora soddisfatti della resa del comitato preparatorio della conferenza, sono in fase di osservazione. Si tratta di evitare brutti scherzi dell'ultima ora, mentre molti Paesi arabi dichiarano che non cederanno. In più però c'è ancora un problema: il nuovo documento «riafferma la dichiarazione di Durban e il programma di azione come fu adottato alla conferenza mondiale contro il razzismo». In quella dichiarazione si scriveva che i palestinesi sono vittime del razzismo israeliano, e Israele risulta l'unico Paese dell'Onu colpevole di razzismo. La bozza odierna che divide i punti fra «negoziabili» e «non negoziabili» mette il vecchio testo di Durban fra i non negoziabili. Non crea sorpresa dunque che i negoziatori palestinesi i siano dichiarati soddisfatti dei risultati ottenuti e che Israele sembri intenzionata a respingere il nuovo testo. Le parole offensive che non si trovano nel nuovo documento sono reperibili in quello vecchio: è questo che adesso deve essere eliminato.

(il Giornale, 19 marzo 2009)

COMMENTO - Dunque la nuova bozza Onu di Durban 2 non nomina Israele, ma dice che continua a valere quello che è scritto nella dichiarazione di Durban 1. Come dire: se proprio volete non ripetiamo che Israele è uno stato razzista, ci limitiamo a osservare che lo abbiamo detto nel passato e che quella dichiarazione continua a valere nel presente.

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Sconfortante Pescante

di Alessio Di Carlo

E' abbastanza sconfortante constatare che la manifestazione sportiva internazionale in programma a Pescara nel giugno di quest'anno - vale a dire la XVI edizione dei Giochi del Mediterraneo - salga agli onori della cronaca di queste settimane per ragioni che con lo sport hanno davvero poco a che fare.
Circa due mesi fa, infatti, per iniziativa di alcuni quotidiani nazionali quali il Corriere della sera e Il Giornale e per merito dell'Associazione "Abruzzo Liberale" è stata sollevata la questione della irragionevole esclusione dai Giochi di Israele e Palestina.
L'insistenza con cui il tema è stato costantemente proposto e riproposto nel corso di queste settimane ha fatto sì che il caso assumesse proporzioni tali da divenire, a poche settimane dall'inizio dei Giochi, una vera e propria gatta da pelare per il Comitato Organizzatore.
Fin dall'istituzione dei Giochi (1951), israeliani e palestinesi sono stati estromessi dal novero dei partecipanti per effetto di una "regola non scritta che vuole che i due Paesi entrino a far parte della famiglia mediterranea contemporaneamente, mai in solitaria": così almeno ha ritenuto di poter liquidare la questione il Presidente del Comitato Organizzatore, Amar Addadì, nel corso di una conferenza stampa di qualche settimana fa.
Dunque, nonostante i Paesi partecipanti siano diventati ben ventitrè nell'edizione in programma quest'anno a fronte dei soli dieci della prima edizione, la "regola non scritta" del Comitato non sembra patire eccezioni.
La pilatesca presa di posizione del Presidente Addadì non poteva certo placare le polemiche e così è toccato l'altro ieri a Mario Pescante, commissario straordinario dei Giochi, tentare di mettere una pezza. "Ci sono stati dei veti incrociati, ma la responsabilita' di questa decisione non è del mondo dello sport ma della politica".
"Non è vero - ha aggiunto Pescante - che lo sport non ha fatto nulla in merito, Israele partecipa alle competizioni sportive, gioca le Coppe europee di calcio, in questo caso c'è il problema dei Giochi del Mediterraneo, qui non ce l'abbiamo fatta, ma siamo più avanti come sport rispetto alla politica".
Una pezza, verrebbe da dire, peggio del buco: Pescante scarica le responsabilità sulla politica ed evoca le Coppe Europee di calcio (che c'entrano?) e non spiega cosa il Comitato avrebbe fatto per ammettere i membri esclusi.
Il tentativo di buttare tutto in politica di Pescante non è piaciuto al Ministro degli Esteri che ha definito "assurda" l'esclusione di israeliani e palestinesi.
Ma, soprattutto, il titolare della Farnesina ha ricordato che questa "non è una decisione che spetta al governo o al Parlamento italiano, ma alle autorità sportive che devono avere la propria autonomia".
"Israele e i palestinesi non hanno mai partecipato ai Giochi del Mediterraneo", ha ricordato il ministro, "perche' il Comitato olimpico si e' dato delle regole autonome che non sono modificabili né dai governi né dai Parlamenti". Per ammettere un nuovo Stato è necessaria "una maggioranza qualificata" che "per i veti incrociati", ha osservato Frattini, "non si è mai raggiunta".
L'ipotesi in cui non si dovesse giungere ad un accordo, ha concluso Frattini, sarebbe da ascrivere alla "responsabilità degli Stati membri del Comitato sportivo che il governo potrebbe limitarsi a constatare con rammarico".
A noi pare che quello che sembra uno classico esempio di scaricabarile tra Pescante e Frattini celi in realtà il maldestro tentativo del commissario - che peraltro rispetto alla politica cui rimpalla ogni responsabilità non sembra proprio estraneo, considerato che ricopre il ruolo di deputato da tre legislature - di liquidare una questione che avrebbe richiesto ben altro impegno da parte di tutto il CIGM.
La politica, dal canto suo, ha già svolto un ruolo importante con la presa di posizione del Ministro Frattini. Ed altrettanto importante sembra la presa di posizione dell'intero Consiglio Regionale d'Abruzzo che proprio in queste ore si appresta a votare una risoluzione che invita il Comitato a riconsiderare la possibilità di riammettere israeliani e palestinesi.
Intanto, per iniziativa dell'Associazione Abruzzo Liberale si svolgerà sabato prossimo a Pescara, con inizio alle 11,00, una manifestazione di protesta contro l'esclusione di Israele alla quale hanno aderito personaggi della politica e del giornalismo del calibro di Fiamma Nirestein, Carlo Panella, Marco Taradash, Francesco Nucara, Benedetto Della Vedova, Lanfranco Turci, Pia Locatelli, Paolo Guzzanti, Arturo Diaconale, e tanti altri.
Di più, almeno in questa fase, alla politica non sembra si possa chiedere.

(Abruzzo Liberale, 19 marzo 2009)

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Deputati italiani e greci incontrano Meshaal a Damasco

Khaled Meshaal
DAMASCO, 18 mar - Il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, ha incontrato oggi a Damasco una delegazione di parlamentatri greci e italiani, in quello che e' il secondo incontro di questo genere in cinque giorni.
Meshaal aveva gia' incontrato sabato a Damasco degli eurodeputati, in particolare britannici e irlandesi, nonostante il movimento islamista figuri da settembre 2003 nella lista delle organizzazioni terroriste dell'Unione europea.
Al termine del suo incontro con Meshaal, Georgios Anastopoulos, il deputato greco che guidava la delegazione, ha spiegato in una conferenza stampa di essere venuto per ''affermare la solidarieta' dei popoli greco e italiano al popolo palestinese'' e informarsi sulla situazione nei territori palestinesi.
Anastopoulos ha espresso il suo sostegno agli ''sforzi di riconciliazione'' tra Hamas e il movimento rivale Fatah del presidente dell'Anp Mahmoud Abbas.
Durante la stessa conferenza stampa, un membro dell'ufficio politico di Hamas, Sami Khater, si e' detto ''contento'' della visita dei parlamentari, un ''passo coraggioso che prelude a una maggiore apertura'' dei Paesi occidentali nei confronti del gruppo islamista.
Khater ha inoltre esortato Israele a ''rimuovere l'embargo'' imposto alla Striscia di Gaza.

(ASCA-AFP, 18 marzo 2009)

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Hamas premia con 3 mila dollari chi sposa una 'vedova martire'

Ma dal movimento islamico palestinese arriva una debole smentita

ROMA, 18 mar. (Apcom) - Tre mila dollari di premio per chi sposa una vedova di un martire palestinese. Sarebbe questo 'l'incentivo' stabilito da Hamas per incoraggiare i giovani che a causa della tradizione islamica di sposarsi solo con ragazze vergini sono poco inclini a contrarre il matrimonio con una donna "già sposata". La notizia diffusa da un sito palestinese e rilanciata oggi dai grandi giornali arabi, viene parzialmente smentita da un esponente del movimento radicale islamico che governo al Striscia dal giugno 2006.
Lunedì scorso, il sito palestinese Aafaq, aveva spiegato l'iniziativa con la "volontà di Hamas ad attenuare le sofferenze e dare stabilità alle giovani donne che hanno avuto il marito ucciso nell'ultima guerra" con Israele. All'uomo sposato che fa domanda sono richieste "capacità finanziarie per mantenere due oppure più mogli"; "buone referenze religiose e morali"; d'obbligo anche la disponibilità a "mantenere i figli " della nuova sposa.
Debole la smentita del movimento islamico palestinese: Interpellato dalla tv al Arabiya, Ismail Radwan, portavoce di Hamas ha affermato che il suo il suo movimento non ha "intrapreso un progetto del genere" ne di avere "destinato fondi per le vedove dei caduti dell'ultima guerra", ma non ha escluso che "alcune associazioni islamiche" possono avere promosso degli "incentivi" per favorire i matrimoni.

(Virgilio Notizie, 18 marzo 2009)

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Una scuola elementare dove si insegna solo in lingua ebraica e inglese

di Maurizio Molinari

A Hollywood, Florida, ha aperto i battenti "Ben Gamla", la prima scuola elementare pubblica degli Stati Uniti dove si insegna solo in lingua ebraica e inglese. Il 90 cento degli alunni sono ebrei, il 50 per cento figli di israeliani e, essendo pubblica, è aperta a tutti. Gli alunni apprendono la storia di Anna Frank, Harry Houdini e Albert Einstein assieme a quella di Washington, Jefferson e Lincoln. Il boom di iscrizioni si deve al fatto che è gratis e, in tempo di crisi, così molte famiglie tendono a lasciare le scuole ebraiche private per quella pubblica.

(Notiziario Ucei, 18 marzo 2009)

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Uccise tre israeliani con bulldozer, la sua casa sarà demolita

La Corte Suprema ha autorizzato il provvedimento del governo

GERUSALEMME, 18 mar. (Ap) - La Corte Suprema di Israele ha autorizzato la demolizione della casa di un palestinese, che con un bulldozer si lanciò a tutta velocità contro un autobus affollato nel centro di Gerusalemme uccidendo almeno tre persone e ferendone altre quarantacinque.
L'attacco avvenne lo scorso luglio su una delle principali strade di Gerusalemme. Quattro mesi dopo, il governo di Israele decise di abbattere la casa del responsabile, il 29enne Hussam Dwikat, che si trova nella parte araba di Gerusalemme. L'uomo fu ucciso durante l'attacco.
Suo padre, Taysir Dwikat, aveva deciso di inoltrare appello contro l'ordine di demolizione, a suo giudizio una pena sproporzionata. L'esecutivo dello stato ebraico sosteneva che la demolizione della casa avrebbe scoraggiato ulteriori attacchi.
Oggi, la Corte Suprema israeliana ha pronunciato un verdetto che riconosce fondata la tesi del governo.

(Virgilio Notizie, 18 marzo 2009)

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Focus Trinakria denuncia l'esclusione di Israele e Palestina dai giochi del Mediterraneo

Sembrerebbe che i palestinesi saranno esclusi dalla partecipazione ai prossimi giochi del Mediterraneo che si svolgeranno a Pescara a partire dal 26 giugno prossimo. Focus trinacria, Think tank del sicilianismo e dell'indipendentismo progressivo siciliano, valuta in modo negativo il fatto che Israele e con essa i palestinesi siano stati esclusi dalla partecipazione ai giochi.
Le motivazioni addotte se fossero quelle lette e cioè che la presenza di Israele va "evitata"per paura di un possibile boicottaggio, ai giochi, da parte dei Paesi musulmani sarebbero gravi quanto davvero incredibili....

(EcodiSicilia, 18 marzo 2009)

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La comunità ebraica russa teme per il suo futuro. A rischio la missione degli stranieri

Espulsi due rabbini perché svolgevano attività missionaria avendo solo visti turistici. Medvedev afferma di non voler interferire negli affari religiosi. Il ministero della giustizia annuncia una nuova legge per regolamentare l'attività missionaria degli stranieri.

MOSCA (AsiaNews/Agenzie) - La comunità ebraica russa teme per il suo futuro nella Federazione. Il rabbino capo di Russia, Berel Lazar afferma che le recenti espulsioni di due rabbini stranieri sono "un segnale molto deprimente" e che "per la prima volta in molti anni" la comunità ebraica è preoccupata per il suo avvenire nel Paese.
Lazar (nella foto col presidente russo Medevedev) ha manifestato la sua preoccupazione in seguito alle espulsioni dei rabbini Zvi Hershcovich di Stavropol e Yisroel Silberstein di Primorye. Cittadini statunitensi entrati in Russia con visto turistico, i rabbini svolgevano attività missionaria senza l'adeguato permesso di residenza concesso a chi entra nella Federazione con scopi religiosi.
I rabbini si sono difesi affermando che, senza di loro, le comunità ebraiche sarebbero rimaste senza guida. La Federal Jewish National and Cultural Authority ha sottolineato che la presenza di religiosi stranieri sul territorio della Federazione "è complicata dal fatto che la lista delle professioni per ricevere un visto di lavoro non contempla il clero". L'organizzazione ebraica cita i casi di oltre 30 persone, rabbini e sacerdoti cattolici e protestanti, che dal 1998 al 2003 sono stati espulsi dalla Russia. Il tema dei visti per i religiosi è un problema annoso al centro di ripetute polemiche. Con Putin al Cremlino e Alessio II alla guida della Chiesa ortodossa il mancato rinnovo dei permessi di soggiorno è stata l'arma con cui le autorità russe hanno espulso dalla Federazione missionari di diverse confessioni. L'annus horribilis è stato il 2002, in cui anche diversi sacerdoti cattolici hanno dovuto lasciare il Paese per la generica accusa di proselitismo. Tra questi i parroci di Vladimir, padre Stefano Caprio, Jaroslavl', padre Stanislaw Krajnjak, e Rostov sul Don, padre Eduard Mackewicz, oltre al vescovo ordinario della diocesi siberiana di San Giuseppe a Irkutsk, monsignor Jerzy Mazur.
Nonostante il presidente Medvedev ripeta di non voler interferire negli affari religiosi, la sua decisioni di accentuare il legame del Cremlino con la Chiesa ortodossa e alcune azioni del ministero della giustizia nei confronti di religioni e confessioni cristiane minoritarie, fanno temere il ritorno ai tempi del 2002. Il rischio è quella di azioni dimostrative che ribadiscano il pur legittimo primato dell'ortodossia mettendo in atto una stretta sulla libertà religiosa delle altre comunità di credenti.
Il 12 marzo, a pochi giorni dalle espulsioni di Zilbershtein e Hershcovich, il Ministero della giustizia russo ha annunciato un progetto di legge per regolamentare l'attività missionaria. Sergej Milu?kin, capo dipartimento delle relazioni con le organizzazioni non commerciali presso il Ministero della Giustizia, ha affermato: "Anzitutto, vogliamo precisare il concetto stesso di attività missionaria inoltre, verranno poste le condizioni della sua realizzazione, e i parametri della responsabilità amministrativa per la missionarietà illegale".
Il progetto di legge sarà presentato al governo entro la fine dell'anno e riguarderà soprattutto i predicatori stranieri. Il funzionario del ministero della giustizia ha anticipato che la nuova normativa contemplerà anche casi come quello di Zilbershtein e Hershcovich. "Gli stranieri che predicano in Russia con un visto turistico in tasca - ha affermato Milu?kin - devono aspettarsi l'estradizione dal Paese per violazione della legislazione sui migranti, come pure una bella multa".

(AsiaNews, 18 marzo 2009)

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Nelle torbide acque dell'Onu l'Italia ha nuotato davvero bene.

Se l'Olanda si è rammentata di essere il paese di Anna Frank ed ha proposto finalmente all'Europa di non rassegnarsi ad una Durban II, lo si deve al nostro governo, che pure da qualcuno due settimane fa era stato definito troppo «appiattito» sugli USA per pesare davvero fra gli europei.

Nel 2001 Durban I doveva essere «laboratorio di pace». La conferenza dell'Onu fu, invece, una sguaiata esibizione di antisemitismo: dell'ebraismo si volle negare ogni rispettabilità religiosa e culturale. Gli ambasciatori dei paesi europei presenti alla conferenza si riunirono per varare un elaborato e sofferto comunicato. Vi si esprimeva qualche preoccupazione per come andavano svolgendosi i lavori, ma si decideva di parteciparvi comunque, a differenza delle delegazioni americane e canadesi, per una incoercibile disponibilità europea a veder pacificato il Medio Oriente. Con quel comunicato l'Europa allora sfidò il ridicolo e soprattutto si distanziò da quanti da Durban se ne erano andati. Il mondo era alla vigilia dell'11 settembre e non essersi «appiattiti» sugli Usa in una occasione del genere certo non fu un trionfo politico e diplomatico. In vista di Durban II, che si terrà a fine aprile a Ginevra, Frattini ha pensato bene di non incappare nella retorica dell'europeismo di maniera, ma di dettare egli un comportamento, per non dire un codice, ai colleghi ministri degli esteri. Il testo scaturito dai lavori preparatori era anche stavolta intriso di antisemitismo ed in quanto tale avverso ai valori dell'Europa civile. Anzi Durban II sembrerebbe riuscire a far di più e di peggio: comprimere l'occidentale libertà di espressione per subordinarla in via preventiva al dovere di rispettare le religioni altrui (l'islamismo, s'intende, non certo l'ebraismo). Insomma, l'Onu pretenderebbe che la libertà venisse dopo e non prima della tolleranza, cioè, che non fosse essa stessa matrice e garante di pluralismo. Nessuno quanto Franco Frattini, che aveva tre anni fa contribuito a disincagliare la nave della Commissione Europea dagli scogli della polemica sulle vignette danesi, è parso in questa circostanza il ministro giusto al posto giusto. In Europa l'antisemitismo non può essere oggetto di diplomazia. Se Ginevra fosse una riedizione di Durban, si avrebbe la peggiore sconfitta dei principi del multilateralismo delle Nazioni Unite: quelli del 1948, della Carta di San Francisco, certo non quelli che consentirono trent'anni fa all'Onu di farsi dettare la linea dall'arafattismo di Waldheim. In questi giorni poi in Israele si discute seriamente dell'ipotesi di un ingresso nell'Unione Europea e nella Nato. Sarebbe importantissimo: al di là del realizzarsi di quel che Pannella ha più volte prospettato in questi anni di «antisionismo», potrebbe essere per l'Europa civile un modo per ritrovare la sua autentica ragion d'essere. Così come sono, le Nazioni Unite non hanno titolo per chiedere all'Europa di abdicarvi.

(Il Tempo, 18 marzo 2009)

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Dahlan ad Hamas: non dobbiamo riconoscere Israele

Ex uomo forte di Gaza: Fatah non lo ha mai fatto

Muhamad Dahlan
ROMA, 18 mar. (Apcom) - Dopo un lungo silenzio torna a parlare Muhamad Dahlan, ex comandante delle forze di sicurezza di al Fatah ed ex uomo forte della Striscia di Gaza. In una intervista a Palestina tv, l'emittente ufficiale dell'Autorità Palestinese, Dahlan ha detto che Hamas non deve riconoscere il diritto all'esistenza di Israele, perchè al Fatah non lo ha mai fatto. Come sottolinea oggi il Jerusalem Post, da quando 15 anni fa si è aperto il processo di pace mai un alto dirigente di al Fatah aveva detto che il suo gruppo non riconosce Israele.
Dal giugno 2007, da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza estromettendo le forze fedeli al presidente palestinese Abu Mazen, Dahlan ha tenuto un profilo basso. Ha cominciato a farsi rivedere in pubblico durante la recente offensiva israeliana a Gaza contro Hamas, e venerdì scorso è stato visto pregare in una moschea a Ramallah, accanto ad Abu Mazen. Secondo fonti di Fatah, queste apparizioni indicano che Dahlan vuole tornare sulla scena per giocare un ruolo di primo piano in un futuro governo post-Abu Mazen.
Nell'intervista alla tv palestinese, Dahlan ha smentito la notizia secondo cui Fatah avrebbe posto come pre-condizione ad Hamas per la formazione di un governo di unità nazionale il suo riconoscimento di Israele. "Voglio ribadire che non abbiamo chiesto ad Hamas di riconoscere il diritto all'esistenza di Israele, anzi, abbiamo chiesto ad Hamas di non farlo perchè Fatah non lo ha mai fatto". Dahlan ha infatti ricordato che quando furono firmati gli accordi di Oslo nel 1993, fu l'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) a riconoscere Israele, e non Fatah.
Fatah è comunque la principale fazione dell'Olp. La seconda è il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. "Riconosciamo il fatto che l'Olp ha riconosciuto il diritto all'esistenza di Israele", ha proseguito Dahlan, ma "noi non siamo vincolati (a questa posizione) come gruppo della resistenza".

(Virgilio Notizie, 18 marzo 2009)

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"Non ci si può fidare di Hamas e Hezbollah"

I gruppi terroristi possono accettare una tregua di 30 anni e violarla dopo 30 giorni.

Sia Hamas che Hezbollah continueranno a perseguire la distruzione di Israele e dunque non bisogna accordare loro alcuna legittimazione. Lo ha affermato lunedì Amos Gilad, capo dell'Ufficio Diplomatico e di Sicurezza del ministero della difesa israeliano, intervenendo a un convegno dell'Interdisciplinary Center di Herzliya.
Questi gruppi terroristi, ha spiegato Gillad, sono "tanto zelanti da dire esplicitamente ciò che pensano: che Israele non ha diritto di esistere". Sia Hamas che Hezbollah sono "entità caratterizzate da una visione del mondo assurdamente estremista, ma sono assai flessibili in termini di tabella di marcia. Per loro non esistono né la sconfitta né la resa". Quando subiscono un duro colpo, come ad esempio con la controffensiva israeliana dello scorso gennaio nella striscia di Gaza, "possono anche accettare un accordo temporaneo. Ma, dal punto di vista del loro sistema di valori, si sentono sempre pienamente in diritto di violare un tale accordo in qualunque momento, non appena si sentano forti abbastanza per farlo. È quello che è successo con il cessate-il-fuoco precedente - continua l'alto responsabile della sicurezza israeliano, che si era personalmente occupato delle trattative che avevano portato alla "tregua" mediata dal Cairo - Vi posso dire che quel cessate-il-fuoco era illimitato e non è vero che fosse limitato a sei mesi, come sostiene Hamas. L'hanno violato semplicemente perché pensavano che Israele fosse debole e che non sarebbe rientrato a Gaza. Si tratta di gruppi che possono tranquillamente accettare delle 'tregue' di trent'anni e violarle dopo trenta giorni. Si sbaglia chi pensa che accordi di tal genere possano servire da base per dei seri negoziati. Non dovremmo mai cadere nella tentazione di intavolare negoziati strategici con Hamas".
A proposito della disponibilità recentemente manifestata dalla Gran Bretagna di intavolare un dialogo con Hezbollah, Gilad ha ribadito: "Prendo atto che vi sono soggetti nel mondo occidentale che prendono in considerazione un dialogo con i gruppi terroristi nel tentativo di convincerli, ma non cambia nulla: con quei gruppi è possibile arrivare a un accordo, ma non dobbiamo mai pensare che questo possa portare a veri trattati di pace".
YnetNews ha chiesto al relatore se il recente discorso nel quale il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah ha lasciato intendere una disponibilità a intavolare colloqui con gli Stati Uniti rappresenti un mutamento di posizione. "Hamas e Hezbollah - ha risposto Gilad - sono aperti a qualunque genere di dialogo: per loro la legittimazione è estremamente importante. Se il mondo occidentale mostrerà disponibilità a riconoscerli, loro naturalmente accetteranno volentieri. Questo è ciò che intendeva dire Nasrallah. Ma questo non li farà cambiare, e ai loro occhi Israele resterà sempre un obiettivo da distruggere".

(YnetNews, 16 marzo 2009 - da israele.net)

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Israele potrebbe usare missili balistici contro l'Iran

di Dan Williams

GERUSALEMME - Israele potrebbe utilizzare missili balistici contro le strutture nucleari dell'Iran nel caso decidesse di sferrare un attacco preventivo, reputando troppo rischiosi i raid aerei. Lo riferisce un rapporto di un gruppo di esperti di Washington.
Si crede che Israele sia dotato di missili Jericho capaci di colpire l'Iran con un margine di errore di poche dozzine di metri dall'obiettivo. Queste armi non hanno inoltre gli inconvenienti degli aerei da guerra, i limiti di carburante e i pericoli per i piloti.
Desumendo dalle asserzioni degli esperti che i Jericho più avanzati possono portare testate da 750 kg, Abdullah Toukan del Centro di Studi Strategici Internazionali ha detto che 42 missili sarebbero sufficienti a "danneggiare gravemente o demolire" i maggiori siti nucleari dell'Iran a Natanz, Esfahan e Arak.
"Se il Jericho III sarà sviluppato del tutto e la sua precisione sarà davvero così elevata, allora questa possibilità sarà molto più fattibile rispetto all'utilizzo di aerei da combattimento" ha detto nel rapporto del 14 marzo intitolato "Studio su un possibile attacco israeliano contro le Centrali Nucleari dell'Iran".
Israele, che nel 1981 ha bombardato con i suoi jet il reattore nucleare dell'Iraq e nel 2007 ha sferrato un attacco simile in Siria, ha fatto capire che potrebbe impedire con la forza all'Iran di fabbricare la bomba atomica.
Ma molti esperti pensano che i siti iraniani siano troppo distanti, dispersi e fortificati per gli aerei da guerra israeliani.
Israele non conferma né nega di avere missili Jericho, in linea con la sua politica "ambigua" in merito al suo arsenale atomico.

(Reuters, 17 marzo 2009)

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Pakistan - Per le donne iniziano i divieti con la Sharia nella Swat Valley

di Qaiser Felix

Non possono muoversi da sole, parlare in pubblico ed il velo diventa obbligatorio. Le scuole femminili rischiano la chiusura definitiva. Le comunità cattoliche e protestanti temono per il loro futuro e molti abbandonano la regione. Il capo delle milizie talebane minaccia i nuovi giudici: chi non applica la sharia in modo corretto verrà destituito subito.

PESHAWAR - Da ieri le corti islamiche hanno preso in mano l'amministrazione della giustizia nella Swat Valley. Con l'entrata in vigore della sharia nel distretto di Malakand le donne non possono più muoversi da sole, parlare in pubblico ed il velo diventa obbligatorio. Le scuole femminili, per lo più legate ai missionari, ma frequentate per il 95% da ragazze musulmane, rischiano la chiusura definitiva dopo gli attentati esplosivi negli ultimi mesi che, pur non causando vittime, hanno reso impossibile a circa mille studentesse di frequentare le lezioni.
Per le comunità cattoliche e protestanti presenti nella regione, circa mille persone, si profila un futuro difficile. Impiegati come manovali e spazzini, o presso gli ospedali e le scuole dei missionari, temono il clima di discriminazione e molti hanno già lasciato le loro case per spostarsi in altre città e zone in cui non vive la sharia. Dall'inizio dell'anno i talebani hanno compiuto centinaia di attentati contro scuole, negozi di musica e cd, barbieri e attività pubbliche e commerciali ritenute anti-islamiche
Con l'introduzione della cosidetta Nizam-e-Adl Regulations 2009, sono decaduti i tribunali e di giudici civili ed il loro posto è stato preso dal sistema dei Qazis, i giudici islamici che rispondono alla legge coranica.
Sono sette, per ora, i tribunali approvati nello Swat dopo l'accordo tra le milizie talebane del Tehreek-i-Nafaz-i-Shariat-i-Muhammadi (Tnsm) ed il governo del presidente Asif Ali Zardari. Sono stabiliti nei due distretti di Dir e in quelli di Buner, Malakand Agency, Shangla, Kohistan e Chitral.
Iftikhar Hussain, ministro per le comunicazioni della North West Frontier Province (Nwfp), ha affermato che i nuovi tribunali saranno da modello per gli altri distretti della provincia in cui non sarà necessaria l'approvazione presidenziale per l'instaurazione di corti islamiche.
Dando l'annuncio dell'entrata in vigore definitiva della sharia, Sufi Muhammad, capo delle milizie Tnsm, ha spiegato che i tribunali islamici risponderanno ad una nuova corte suprema, la Darul Qaza, per cui sono già stati selezionati due dei tre giudici che la compongono. Sufi ha anche affermato che i qazis che non applicheranno nel modo corretto la sharia saranno subito sostituiti.
L'Alta corte di Peshawar ha espresso preoccupazione per le minacce del capo del Tnsm e chiesto alle autorità della Nwfp di garantire la sicurezza dei giudici.

(AsiaNews, 17 marzo 2009)

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Israele venga riammessa subito ai Giochi del Mediterraneo

La Coppa Interamnia di Teramo sia di esempio a tutti. Anche ai Paesi Arabi

di Nicola Facciolini

TERAMO - L'antisemitismo bussa di nuovo alla porta d'Italia, o meglio d'Abruzzo. La Politica, quella vera, della diplomazia verace, oggi ha un sacro dovere da compiere: ammettere lo stato di Israele subito ai Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009. Sarebbe la prima volta in assoluto nella storia dei Giochi, ma anche la volta buona per la nuova politica mediterranea dell'Italia. Il Presidente Silvio Berlusconi e il Presidente Gianni Chiodi, insieme, lo possono fare.
La Coppa Interamnia di Teramo (che in questi lunghe 4 decadi ha dato l'esempio con i suoi dirigenti, tra cui annoveriamo l'amico Presidente Pierluigi Montauti, patron della Coppa, invitando squadre giovanili di Israele e Palestina alle competizioni di pallamano Teramo, nei primi giorni di luglio) sia di esempio a tutti nel mondo. Anche ai paesi arabi più "ostili" ad Israele.
L'Europa, o meglio l'Eurabia (ricordate quanto fossero profetici i libri di Oriana Fallaci) non può permettersi la resa incondizionata e definitiva ai signori del petrolio e del gas naturale: e le regole internazionali dei Giochi parlano chiaro. Inutile ripeterle. Israele non parteciperà ai Giochi di giugno 2009? E' semplicemente scandaloso.
Gli Abruzzesi non ci stanno. I Teramani non ci stanno. La pace tra Palestinesi e Israeliani, quella vera, comincia dallo sport: i giovani lo sanno che non stiamo parlando a vanvera. Non si tratta di "populismo mediterraneo" ma di una visione del mondo basata sul rispetto e la dignità reciproca di ogni popolo e nazione su questa Terra.
Abbiamo combattuto in questi ultimi 60 anni una feroce guerra contro l'antisemitismo, l'antisionismo, l'antigiudaismo, contro le famigerate leggi razziali del 1938, contro le dittature del XX Secolo. Commemoriamo la Shoah ogni anno, in memoria degli oltre 6 milioni di ebrei sterminati in Europa dalla follia nazi-fascista in deportazioni, fucilazioni, camere a gas, campi di concentramento e omicidi gratuiti di donne, giovani, vecchi e bambini. E oggi assistiamo alla resa dell'Europa.
Invece di proteggere Israele e la Palestina, inserendole di diritto nella Unione Europea, che facciamo? Li abbandoniamo al loro tragico destino. Perché? Per paura, per viltà, per tragica consapevole impotenza politica ed economica? Se lo tengano il petrolio e il gas naturale: abbiamo l'idrogeno infinito dell'Universo come fonte d'energia. Dettiamo finalmente le regole del nuovo ordine mondiale basato sul rispetto incondizionato dei Diritti Umani inalienabili.
E cominciamo a farlo dall'Abruzzo. Personalmente i Giochi di Pescara 2009, senza Israele, non hanno più alcun senso. Invito le donne e gli uomini di buona volontà a riflettere ed a pensare altrettanto. Per audacia? No, per coerenza. Io sono sionista, amico di Israele, l'unica Democrazia del Medio Oriente. Oggi sono Israeliano di diritto.

(TeramoNews, 17 marzo 2009)

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Falliti i negoziati per il rilascio di Shalit

Sono falliti i negoziati indiretti tra Israele e Hamas al Cairo per il rilascio di Gilad Shalit, il caporale israeliano catturato dal movimento islamico nel giugno del 2006. Secondo quanto riferito dal quotidiano 'Haaretz', il premier Ehud Olmert annuncerà ufficialmente, durante la riunione straordinaria del governo prevista per le 14,00 locali (le 13,00 in Italia), che "Israele ha tentato il possibile", ma che Hamas ha fatto fallire i negoziati dopo aver imposto condizioni "impraticabili". Alla riunione di governo saranno ascoltati i due negoziatori israeliani di ritorno dal Cairo, Ofer Dekel, inviato speciale di Olmert, e il capo dello Shin Bet, Yuval Diskin.
I due hanno gia' riferito al premier che Hamas è tornata sulle posizioni di un anno fa. Secondo alcune fonti interne ai negoziati, Dekel e Diskin avevano inoltrato un'offerta finale al movimento islamico, ma quando i negoziatori egiziani sono tornati con la controfferta di Hamas, i due sono rimasti scioccati. "Hanno avanzato le richieste di chi non vuole arrivare a una soluzione", hanno riferito a Olmert al loro rientro in Israele la scorsa notte.
"Hanno fatto retromarcia rispetto alle richieste iniziali e, nonostante le nostre offerte generose, vogliono di piu'", aveva spiegato Olmert dopo aver incontrato i negoziatori. Il premier israeliano aveva posto la liberazione di Shalit come precondizione per una tregua duratura a Gaza. Secondo indiscrezioni, nell'offerta dello Stato ebraico vi sarebbe stato il rilascio di diversi prigionieri palestinesi, come richiesto da Hamas, a patto pero' che venissero trasferiti in Siria e non nei Territori. Hamas chiederebbe in cambio il rilascio di 450 detenuti palestinesi, compresi alcuni responsabili dell'uccisione di israeliani.

(Affaritaliani.it, 17 marzo 2009)

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Due terzi israeliani favorevoli a scambio prigionieri

In cambio di liberazione soldato Gilad Shalit

GERUSALEMME, 17 mar. (Ap) - Due terzi degli israeliani sono favorevoli alla liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi in cambio del soldato Gilad Shalit, prigioniero da oltre 1.000 giorni di Hamas nella Striscia di Gaza. Lo rivela un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano israeliano, Yediot Aharonot, ma condotto prima dell'annuncio dello stallo dei negoziati al Cairo tra Israele e Hamas. Il 69% si è detto favorevole, il 22% contrario.
Ieri il premier uscente Ehud Olmert aveva accusato Hamas di aver "inasprito" le sue posizioni e di aver presentato "richieste estremiste" nel corso dei negoziati al Cairo. Il premier ha convocato una riunione del consiglio dei ministri oggi pomeriggio per spiegare i dettagli delle discussioni in corso.
Il sondaggio dell'Istituto Dahaf è stato condotto su 506 persone e prevede un margine d'errore del 4,4%.

(Virgilio Notizie, 17 marzo 2009)

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La conferenza contro il razzismo e l'antisemitismo dilagante

di Arduino Rossi

La conferenza dell'Onu Durban II sul razzismo sta mettendo a dura prova la pazienza dell'Europa: l'Olanda sta stilando un nuovo testo senza riferimenti anti ebraici. Il ministro degli Esteri della Repubblica Ceca, Karel Shwarzenberg, presidente di turno Ue al termine del Consiglio Esteri ha dichiarato: "Daremo dei suggerimenti per modificare il documento di preparazione, ma se esso non sarà modificato ci sarà un forte appello per ritirarsi dalla conferenza".
Il nostro Ministro degli Esteri Franco Frattini è soddisfatto: "Era quello che volevamo........per frasi aggressive e antisemite". il ministro degli Esteri Tedesco Frank-Walter Steinmeier sottolinea: "Il documento preparatorio per il momento suggerisce che all'ordine del giorno non sia solo il razzismo, ma che la conferenza potrebbe essere sviata, con prese di posizione parziali sul conflitto in Medio Oriente, o con l'obiettivo di condannare alcune posizioni europee o americane a proposito del mondo arabo-musulmano".
I Francesi per bocca del ministro Bernard Kouchner vogliono la libertà di parola: ".....riferimenti alla diffamazione delle religioni, perché questo concetto non è compatibile con quelli di libertà d'espressione e di coscienza....ogni stigmatizzazione di Israele in quanto tale".
Purtroppo questa conferenza è però dominata da gruppi politici appartenenti a realtà non democratiche. In una fase di crisi si cerca un nemico esterno da additare come il colpevole di tutti i guai: è terribile che in una conferenza internazionale una parte dei membri riproponga ancora gli israeliani, Israele e gli ebrei come qualcosa da combattere, da paragonare al razzismo.
Da noi l'estrema destra e l'estrema sinistra hanno posizioni simili contro il sionismo, il movimento che voleva ridare al popolo di Israele una patria nella terra promessa, quella biblica.
Che ha a che vedere tutto questo con il razzismo?
Perché non si può esprimere un parere nei confronti di qualsiasi religione di questo mondo senza essere accusati di essere degli sporchi razzisti?
Da che pulpito viene la predica?
Da governi e da gruppi che non rispettano neppure la libertà individuale di coscienza, che non concedono neppure il diritto di mutar fede religiosa.
No, questa volta la nostra debole Ue si sta impuntando contro qualcosa di assurdo, perché se c'è un popolo che ha subito il torto del razzismo è quello ebraico, se esiste una nazione che ha sempre patito per poter vivere la proprio fede religiosa è quella di Israele.
Il razzismo c'è su questa terra, ma spesso non ha un solo colore, ma molti: c'è un odio profondo tra gruppi etnici, che definisco tribale, primitivo, istintivo.
Le vittime sono sempre le minoranze, in ogni caso e in tutte le situazioni: lottare contro l'antisemitismo serve per allontanare l'orrore del passato e poi non ci scordiamo che il popolo di Israele non rimarrà in silenzio, con le mani in mano in caso di aggressione.
Gli ebrei non sono più disposti a subire senza reagire, giustamente: tutte le intimidazioni non possono che aizzare i loro timori.
Un popolo che ha patito un genocidio quando si trova assediato potrebbe reagire in modo sconnesso, proprio contro la pace.

(Agenfax, 17 marzo 2009)

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Mostra dell'Istituto di Storia Ebraico di Varsavia

L' Istituto Ebraico di Storia di Varsavia ha annunciato ieri che, si terrà una mostra dall'1 al 7 Aprile presso il parlamento europeo di Bruxelles.
Una nuova mostra dove vi saranno foto e documenti che, rappresentano la storia di 1000 anni di vita e cultura ebraica in Polonia. Con vecchi dipinti e fotografie, la mostra ricorderà come gli ebrei trovarono rifugio in Polonia durante il Medio Evo, dopo essere stati espulsi da molte parti d'Europa. La mostra è stata voluta fortemente da Ryszard Czarnecki parlamentare europeo, per portare a conoscenzala la storia che pochi conoscono, degli Ebrei prima dell'olocausto in Polonia. "La gente in Occidente conosce certamente l'Olocausto, ma non sa cosa vi era prima di questo evento in Polonia" ha detto Czarnecki. "Gli ebrei hanno avuto un ruolo importante per la creazione dello Stato polacco, per la sua economia, l'architettura, la cultura e l'arte".
Una galleria ricorderà personaggi di spicco del mondo ebraico in Polonia come il regista Roman Polanski, il campione di scacchi Akiba Rubinstein e il pianista Artur Rubinstein. La mostra è uno dei numerosi sforzi fatti dal leader polacco per la lotta contro gli stereotipi che la Polonia sia un paese di anti semiti.

(NuovaPolonia, 17 marzo 2009)

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Durban: Conferenza sul razzismo e il rifiuto italiano

di Elena Lattes

Alla fine del prossimo aprile, si terrà a Ginevra la "seconda puntata" della conferenza mondiale sul Razzismo organizzata dall'Onu e dalla sua commissione dei diritti umani, il seguito del convegno che si tenne a Durban nel 2001, pochi giorni prima degli attentati dell'11 settembre. L'Italia, prima in Europa, insieme a Stati Uniti Canada e Israele, vedendo che l'impostazione non si discostava da quella di 8 anni fa, ha deciso di non parteciparvi per evitare di avallare l'esaltazione del terrorismo, dell'antisemitismo, della misoginia e dell'omofobia.
In seguito a questa decisione presa dal ministro degli Esteri Frattini in rappresentanza del nostro Paese, si è svolto alla biblioteca del Senato un dibattito a cui hanno partecipato alcuni giornalisti, politici ed esperti di terrorismo, organizzato dall'associazione parlamentare Italia-Israele in collaborazione con Appuntamento a Gerusalemme e Una Via per Oriana.
Frattini ha spiegato che è giusto discutere di razzismo e xenofobia in ambito internazionale e la sede migliore è, o meglio dovrebbe essere, l'Onu. E' per questo che l'Italia si rallegrò quando alla fine degli anni novanta venne programmata la Conferenza Mondiale sul Razzismo, ma poi a Durban, nel 2001, quel progetto fu usato (e abusato) per condannare Israele e l'ebraismo fino a sconfinare nell'antisemitismo.
Nel documento preparatorio di quest'anno - continua il ministro - su duecentocinquanta paragrafi ce ne sono cinque riguardanti soltanto Israele e i palestinesi e solo un contesto regionale è citato. Israele viene definito l'unico pericolo per il mondo, (l'unico margine di discussione in questo campo, durante i lavori, era tra "serious threat", cioè grave minaccia e "threat" cioè semplicemente "minaccia") ribaltando la storia e arrivando ad affermazioni inaccettabili. Si tenta di vietare il diritto di critica alle religioni e alcuni diritti fondamentali della persona.
L'Italia, perciò, non uscendo, si sarebbe resa complice di queste violazioni. Non è stata, tuttavia una resa, né un abbandono, ma un gesto forte nella speranza di poter aiutare, anche con l'esempio, i Paesi arabi e dittatoriali a procedere verso regimi più democratici.
Il libero dibattito è positivo, ma non si può accettare che si mettano in discussione o che ci si metta a negoziare sul diritto all'esistenza di qualcuno. Se noi cediamo ora, ha concluso Frattini, la prossima volta ci troveremo a negoziare sui diritti delle donne o dei bambini....

(Agenzia Radicale, 16 marzo 2009)

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Durban 2 - Accordo Ue: nuovo testo o pronti a lasciare - punto

La soddisfazione di Frattini: E' quello che voleva l'Italia

BRUXELLES, 16 mar. (Apcom) - La Ue, a quanto sembra, ha trovato, e rapidamente, una posizione comune sulla conferenza Onu "Durban 2" sul razzismo. I ministri degli Esteri dei Ventisette riuniti oggi a Bruxelles hanno trovato un'intesa su un testo alternativo proposto dall'Olanda per la Conferenza di fine aprile a Ginevra; testo che soddisfa in particolare l'Italia, che, prima di ogni altro Paese della Ue, si era ritirata dal consesso antirazzista perchè non condivideva il documento della conferenza nella parte in cui parla di Israele.
Il testo olandese, che a quanto sembra dovrà essere ancora un po' limato nei dettagli, secondo quanto ha spiegato Franco Frattini, è di 20-25 paragrafi, contro i 250 del testo ora in discussione e "non menziona temi offensivi come approcci antisemiti o limitazioni alla libertà di espressione".
"Il collega olandese ce lo ha letto durante il vertice di oggi e ci siamo trovati tutti concordi", ha spiegato Frattini, aggiungendo che se questo testo non sarà approvato, non solo l'Italia, ma diversi altri Paesi Ue sono pronti a lasciare la Conferenza. Tra questi Paesi ci sono, ha detto il ministro, "Danimarca, Polonia, Estonia, Germania e ovviamente l'Olanda".
Gli altri Paesi non hanno ancora detto esplicitamente cosa faranno, e dovrebbero deciderlo al momento opportuno. "Se la Conferenza agirà conformemente al nostro testo resteremo, se sarà altrimenti, ci sono appelli molto fermi a ritirarci tutti"; ha detto il presidente di turno del Consiglio Ue, il ceco Karel Schwarzenberg.
Il tedesco Frank-Walter Steinmeier conferma le parole di Frattini, pur senza riferirsi esplicitamente al testo olandese, e spiega che "se non si arriva ad una modifica sostanziale del testo in discussione chiederemo (alla Ue, ndr) di lasciare la Conferenza". Posizione condivisa anche dalla Gran Bretagna e dalla Svezia, mentre la Francia è meno esplicita sull'abbandono della Conferenza, pur chiedendo con decisione di cancellare le frasi che accusano Israele di razzismo.
Frattini si dichiara molto felice per la piega che stanno prendendo le cose. L'Italia, prima tra i Paesi Ue, aveva detto che avrebbe abbandonato Durban 2 se il testo fosse rimasto quello presentato all'inizio della discussione, come hanno fatto anche Usa e Canada. "Il gesto dell'Italia - ha detto il ministro - ha smosso le acque torbide del non-negoziato e molti Paesi hanno chiesto un testo radicalmente nuovo. Questa è la soluzione che l'Italia voleva, sono assolutamente soddisfatto", dice, aggiungendo che tra i Ventisette "nessuno ha detto che voterà il testo originale, e l'Ue si ritrova unita su un testo alternativo perchè finalmente c'è stata una discussione politica".
Una discussione che Frattini non si attendeva così gravida di soluzioni positive. In mattinata, entrando alla riunione, il ministro aveva infatti affermato che "sarà difficile (trovare una posizione unitaria, ndr). Io spero che la posizione europea sia quella che l'Italia auspica: cambiare radicalmente il testo senza continuare a negoziare su quel documento", aveva spiegato Frattini, indicando che l'Italia avrebbe voluto "avere un documento molto ristretto, 15-16 paragrafi. Se questo sarà spero che oggi si esca allo scoperto", aveva concluso, senza sapere di essere 'profeta'.
Il dibattito sul punto si è infatti aperto durante il pranzo, e molti paesi sono usciti allo scoperto illustrando le loro riserve. Finchè l'olandese Maxime Verhagen Alor non ha tirato fuori la sua proposta, leggendola ai colleghi che ne hanno apprezzato in particolare la sinteticità.

(Virgilio Notizie, 16 marzo 2009)

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Onu: la Santa Sede partecipera' alla conferenza sul razzismo

CITTA' DEL VATICANO, 16 mar. - A quanto apprende l'ADNKRONOS anche la Santa Sede partecipera' alla Conferenza delle Nazioni Unite sul razzismo che si svolgera' alla fine del mese di aprile a Ginevra. La conferenza che viene chiamata ''Durban II'' in riferimento alla precedente conferenza che si svolse nell'omonima citta' sudafricana, ha suscitato polemiche in ragione di una bozza preparatoria di cui alcuni contenuti sono stati giudicati antisemiti da Stati Uniti, Canada e Italia. La santa Sede aveva gia' partecipato all'altra conferenza sul razzismo che era stata accompagnata da analoghe polemiche.

(Il Tempo, 16 marzo 2009)

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Ku Klux Klan, nazisti e skinheads crescono in Usa

Mentre in superficie Obama mostra un forte processo di integrazione razziale, sotto traccia emergono e si sviluppano in modo preoccupante spinte e gruppi razzisti di ogni tipo.
L'idea della superiorità bianca colpisce tutte le minoranze, ma oggi è principalmente indirizzata nei confronti dei 'latinos', pù che contro gli afromaericani. L'immigrazione ispanica è vista come responsabile dell'aumento della disoccupazione causata della crisi. L'ondata di odio è confermata dall'Fbi, che ha registrato un aumento di omicidi razzisti contro i 'latinos' del 40 per cento rispetto al 2003.
Sono tante le piccole organizzazioni disperse nell'immenso territorio americano, dagli skinheads che dileggiano Obama chiamadolo 'President Obongo' e che si concentrano nelle zone rurali del Missouri, ai neonazisti e ai membri del Ku Klux Klan e delle sue diverse diramazioni, fino ai separatisti neri antisemiti, che urlano contro gli ebrei per le strade della costa orientale. L'odio di gruppo sta diventando preoccupante ed è cresciuto nel 2008. L'anno scorso sono stati censite 926 cellule attive, mentre erano 888 nel 2007. Nel 2000 erano solo 602. razzisti-in-usa.
Oltre alla crisi economica anche il dibattito nazionale in materia di immigrazione ha favorito lo sviluppo del razzismo organizzato. Poi il successo di Barack Obama e l'elezione del primo presidente nero hanno ulteriormente irrobustito il fenomeno. Secondo alcune fonti Fbi il nuovo capo della Casa Bianca ha ricevuto più minacce di qualsiasi altro candidato alle presidenziali e molti bianchi sono stati arrestati per aver detto che lo avrebbero assassinato o si stavano organizzando per farlo.
Il razzismo non si limita ai bianchi. Anche un gruppo di afroamericani, fortemente antisionisti e convinti che gli ebrei siao creature del diavolo e che meritano la morte o la schiavitù, sono in azione negli Usa....

(inviatospeciale, 16 marzo 2009)

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Torna la violenza in Cisgiordania

Uccisi due poliziotti israeliani

GERUSALEMME (15 marzo) - Torna la violenza in Cisgiordania. Due poliziotti israeliani sono stati uccisi nell'area di Massua nella Valle del Giordano. Sono le prime vittime dopo la fine dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza a gennaio. I due sono stati investiti da colpi di armi da fuoco mentre si trovavano in auto da un gruppo di uomini non identificati. A riferirlo Micky Rosenfeld, portavoce della polizia secondo cui la dinamica dell'attacco non è ancora accertata ma si sospetta si tratti di un possibile attentato di matrice palestinese.
I servizi di emergenza di Israele hanno riferito di aver trovato l'auto della polizia israeliana ribaltata con un poliziotto deceduto: i tentativi di rianimare l'altro si sono rivelati vani.
Il gruppo palestinese «Imad Mughniyeh», dal nome del comandante hezbollah ucciso il 12 febbraio 2008 a Damasco, ha rivendicato con una telefonata all'agenzia France Presse l'uccisione dei due poliziotti israeliani in Cisgiordania.
Il gruppo aveva già colpito il 2 luglio 2008: un palestinese a bordo di un buldozer si lanciò nel centro di Gerusalemme a Jaffa street contro auto in coda causando la morte di tre persone e il ferimento di 45. Le autorità siriane incolparono Israele dell'uccisione di Mughniyeh ma il governo dello Stato ebraico ha sempre negato qualsiasi responsabilità.

(Il Mattiino, 15 marzo 2009)

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In mostra al museo dell'Olocausto le ultime opere del Kafka polacco

A Gerusalemme esposti per la prima volta i frammenti di affreschi dipinti nel 1942 da Bruno Schultz, lo scrittore e pittore ebreo che fu ammazzato da un ufficiale delle Ss per ripicca contro un collega che gli aveva ucciso un servo.

Autoritratto di Bruno Schultz
Quasi settant'anni dopo la sua uccisione per mano di un ufficiale delle SS, lo scrittore e pittore Bruno Schultz desta emozione fra gli israeliani: il Museo della Shoah Yad Vashem espone per la prima volta le sue ultime opere grafiche.
Sono frammenti di affreschi, realizzati mentre la sua vita era appesa a un filo, che descrivono un mondo fiabesco. Ma fra gnomi e fate i pennelli di Schultz, in un estremo atto ribellione, seppero insinuare volti cari all'artista, una riproduzione in minimi termini del suo mondo spazzato via dalla guerra. «Si tratta di un caso quasi unico nella Shoah, ossia di un artista ebreo che sia stato costretto a realizzare opere artistiche su commissione di tedeschi» ha detto all'Ansa la responsabile del Museo di Yad Vashem, Yehudit Inbar. «In quella occasione - ha aggiunto - Schultz superò se stesso».
Nato nel 1892 a Drohobycz (nella parte della Galizia oggi compresa nel territorio ucraino), Schultz aveva presto mostrato doti spiccate sia nelle arti figurative sia nella letteratura. Il suo libro Le botteghe color cannella avrebbe scosso decenni dopo lo scrittore israeliano David Grossman (che gli ha dedicato un capitolo nel libro Vedi alla voce: amore). Schultz viene anche definito il Kafka polacco, sia perché tradusse Il processo in lingua polacca sia perché si sentiva in sintonia con intellettuali molto apprezzati dell'epoca fra i quali, oltre allo stesso Kafka, Max Brod e Witold Gombrowicz.
Per quanto terribilmente tragiche, le sue vicende personali ebbero anche aspetti grotteschi. Con l'occupazione tedesca di Drohobycz, durante i rastrellamenti di massa che interessarono la popolazione ebraica, Schultz trovò un provvisorio riparo nella villa di un ufficiale delle SS, Felix Landau. Questi gli ordinò di affrescare la stanza dei figli con immagini ispirate a fiabe. Landau voleva Biancaneve? L'artista ne produsse una bellissima che aveva i tratti della sua ex governante, Adele. Landau voleva un cocchiere alla guida di una carrozza? Dentro alla impeccabile divisa Schultz mise se stesso. Landau voleva i Sette nani? Schultz li disegnò, come richiesto: uno, dotato di una barba fluente, aveva il volto di suo padre. Fece anche una strega: un altro autoritratto del pittore divenuto schiavo. Accadeva così che di notte, quando i figli del gerarca nazista si abbandonavano ai loro sogni, erano a loro insaputa circondati dal piccolo mondo privato di Bruno Schultz.
Il 19 novembre 1942 era pronto alla fuga, essendo riuscito a procurarsi documenti falsi. Ma Landau aveva appena ucciso un ebreo che fungeva da servo a un altro ufficiale delle SS e questi, in ripicca, uccise Schultz. In un'orgia di sangue in quei giorni furono uccisi nella zona 20 mila ebrei.
Gli affreschi sbiadirono e poi, dopo la guerra, furono coperti da uno strato di calce. Tornarono alla luce solo decenni dopo, durante le riprese di un documentario. «Mandammo in Galizia il nostro migliore restauratore, David Shenhav. Il loro recupero fu un'operazione molto complicata», ricorda Inbar. La stampa scrisse allora che la rimozione degli affreschi si era svolta in segreto come un'operazione di commando, che le autorità ucraine era rimaste all'oscuro. Alla fine di febbraio, all'inaugurazione della mostra a Yad Vashem, non è mancato comunque dall'Ucraina il direttore del Museo di Drohobycz, accanto a un commosso Grossman che ha parlato a lungo del proprio debito personale verso lo scrittore ucciso.
Un epilogo che forse Schultz avrebbe trovato degno di un romanzo.

(il Giornale, 15 marzo 2009)

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Livorno è oggi capitale dell'ebraismo italiano

di Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Oggi Livorno può definirsi "capitale" dell'ebraismo italiano: ospita infatti una seduta del Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e nel pomeriggio, con il patrocinio di Comune e Provincia, si tiene un convegno sulla bioetica dal punto di vista ebraico, organizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura dell'UCEI con la collaborazione della Comunità ebraica livornese. A chiudere la giornata, la neonata sezione locale del Benè Berith riceve la visita del Presidente europeo Weinberg.
Non posso nascondere la mia soddisfazione per questa massiccia dose di attività ebraica che viene immessa questa domenica a Livorno e ciò non solo per meri motivi campanilistici. Circa un'iniziativa sulla bioetica, da realizzare appunto nella città labronica, ebbi modo di parlare con Rav Gianfranco Di Segni (uno dei principali relatori della giornata) al Moked di Forte dei Marmi. Tema oggi più che mai in evidenza, quello della bioetica, è importante far rilevare pubblicamente come vari possano e debbano essere gli attori di un confronto su questo terreno. Livorno, città storicamente aperta alle varie culture a partire da quelle che ne posero le fondamenta, è indubbiamente una città particolarmente idonea a raggiungere questo scopo.
La seduta in loco del Consiglio dell'Unione dimostra invece, al pari di analoghe iniziative svolte altrove, attenzione da parte dell'UCEI alle realtà ebraiche del territorio e volontà di coinvolgimento anche delle "piccole" Comunità.
Benvenuti quindi a Livorno!

(Notiziario Ucei, 15 marzo 2009)

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«Israele può sparire tra 20 anni»

Un rapporto segreto della Cia rivela che Isarele rischia di scomparire nei prossimi 20 anni.

Il dossier mette l'accento sulla deriva che può travolgere Israele con il ritorno dei profughi al momento della ceazione dei due stati: uno palestinese e uno israeliano in quella piccola regione. La Cia sostiene che dei 500mila israeliani con passaporto Usa molti sono pronti a lasciare Israele in caso di pericolo. Una digregazione sul modello che ha colpito il Sud Africa dopo la fine dell'apartheid e dell'Unione Sovietica. Mau. Pic.

(Il Tempo, 15 marzo 2009)

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Ore decisive per il caso Shalit, Israele valuta lo scambio con Hamas

Stasera governo ascolta i negoziatori inviati al Cairo

GERUSALEMME, 15 mar. (Apcom) - Ore e giorni decisivi per uno scambio di prigionieri tra Hamas e Israele, e forse per la libeazione di Gilad Shalit. Stasera i due negoziatori dello stato ebraico inviati al Cairo informeranno il governo degli ultimi sviluppi del caso del soldato rapito e tenuto prigioniero a Gaza dal 2006. Che le sorti del giovane Shalit saranno al centro di una riunione governativa, stasera, è stato confermato dal premier uscente Ehud Olmert in apertura dell'incontro settimanale del gabinetto israeliano. "I miei emissari rientreranno stasera e faranno un resoconto durante la riunione governativa", ha detto Olmert, "il governo riceverà le ultime informazioni e in funzione delle circostanze e di tali informazioni, decideremo se bisogna decidere, e in che modo".
Il ministro dell'Interno, Meir Sheetrit, da parte sua ha fatto notare che il colloqui al Cairo tra il negoziatore Ofer Dekel e il capo dei servizi di sicurezza interni, Yuval Diskin, sono cruciali per prendere una decisione su Shalit."Oggi si deciderà, in senso buono o cattivo. Spero in quello migliore", ha dichiarato, precisando che in questi ultimi giorni sono stati fatti "sforzi importanti per arrivare a un accordo. Hamas comprende che i giorni sono contati." Sheetrit ha messo in guardia dal cambio di posizione che potrebbe arrivare con il prossimo governo Netanyahu: "l'attuale governo è pronto ad accettare un accordo, nessuno può dire cosa accadrà quando sarà rimpiazzato".
I due inviati israeliani sono da ieri al Cairo per colloqui sotto l'egida egiziana, nell'ottica di uno scambio di prigionieri in cambio della liberazione di Shalit. Il movimento palestinese chiede la liberazione di un migliaio di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, compresi vari implicati in sanguinosi attentati.

(Virgilio Notizie, 15 marzo 2009)

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"L'Iran, tra due anni avrà la bomba"

L'Iran potrebbe produrre una bomba atomica entro un anno o due. È il parere espresso da Vladimir Dvorkin, direttore del centro di ricerche dell'Accademia russa delle scienze di Mosca. Dvorkin, che è un ex generale ed ha preso parte ai colloqui russo-americani sul disarmo nel 1970 e nel 1980.

L'esperto interrogato da alcuni giornalisti su quanto l'Iran possa essere considerato vicino alla realizzazione di un'arma atomica, ha risposto «si può parlare di uno o due anni». Le affermazioni di Dvorkin, che ha precisato di parlare a titolo personale e non a nome del governo russo, contraddicono quanto fin qui sostenuto sia dall'intelligence statunitense che dalle fonti ufficiali russe, secondo le quali Teheran non ha la possibilità di realizzare, antro tempi così brevi, un'arma nucleare.
«In senso tecnico - ha aggiunto l'esperto - ciò che potrebbe fermarli è la mancanza di abbastanza uranio a livello di arma. Considero questo - ha detto ancora - una significativa minaccia che l'Iran, che ha del tutto ignorato tutte le risoluzioni e le sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza, come Stato nucleare divenga intoccabile, permettendogli di allargare il suo sostegno» a organizzazioni come Hamas e Hezbollah. Ufficialmente, la diplomazia russa ha minimizzato i timori israeliani e statunitensi che l'Iran sia sul punto di realizzare un'arma atomica e ha opposto resistenza alle richieste di più dure sanzioni su Teheran, a causa del suo discusso programma nucleare. Il regime degli ayatollah continua a sostenere che esso ha finalità esclusivamente pacifiche e ha anche ricevuto l'aiuto di Mosca per realizzare la centrale di Bushehr, completato e attualmente in fase di collaudo.
All'inizio del mese, il rapporto annuale dell'Agenzia dell'Onu per l'energia atomica ha accusato Teheran di aver nascosto 209 chili di uranio, aggiunendo di non aver potuto realizzare alcun «sostanziale» progresso nell'inchiesta tesa a capire se il programma atomico di Teheran ha aspetti militari. «Purtroppo - si legge nel rapporto - l'Agenzia non è stata in grado di realizzare sostanziali progressi a causa della continua mancanza di cooperazione da parte dell'Iran per quanto riguarda le questioni che danno origine alle preoccupazioni sulla possibile dimensione militare del programma».

(Il Tempo, 15 marzo 2009)

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Fonti politiche israeliane: non è escluso un governo unità nazionale

Tzipi Livni
Fonti politiche coinvolte nelle trattative per la formazione del nuovo governo israeliano hanno riferito a Ynet - l'edizione online dello Yedioth Ahronoth - che si sta valutando anche la possibilita' di formare un governo di unita' nazionale, che includa il partito centrista Kadima e il Partito laburista.
Le fonti hanno detto che negli ultimi giorni sono stati avviati dei contatti tra i leader del Likud, di Kadima e del Partito laburista, attraverso un mediatore segreto, per esplorare la possibilita' di formare un governo di unita' nazionale. Il presidente israeliano Shimon Peres e' a conoscenza di questi sviluppi.
Le elezioni del 10 febbraio scorso sono state vinte di misura dal Kadima di Tzipi Livni, che si e' aggiudicato 28 seggi, ma Peres ha conferito l'incarico di formare il governo a Benjamin Netanyahu, leader del Likud (seconda forza alla Knesset con 27 seggi), poiche' puo' disporre di una chiara maggioranza parlamentare formata dai partiti di destra. Netanyahu ha immediatamente lanciato un appello a tutti i partiti per entrare in un governo di unita' nazionale, ma la leader di Kadima, Tzipi Livni, aveva inizialmente escluso questa possibilita'. Negli ultimi giorni, come hanno riferito le fonti, e' stata presa di nuovo in considerazione questa possibilita', e si sta discutendo su una eventuale rotazione tra Livni e Netanyahu nella carica di primo ministro.

(RaiNews24, 14 marzo 2009)

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Libano: Hezbollah ''non riconosceremo mai Israele''

Il movimento sciita libanese Hezbollah "non riconoscerà mai" Israele e pertanto respinge le condizioni per una "apertura" nei suoi confronti da parte della nuova amministrazione Usa, ha detto il suo segretario generale, Sayyed Hassan Nasrallah. "La nuova posizione americana per un dialogo con Hezbollah è basata su due condizioni: il riconoscimento di Israele e l'abbandono della violenza. Hezbollah è pronto ad avviare il dialogo con gli Usa? Se sì, anche noi abbiamo le nostre condizioni: come Hezbollah non potremo mai riconoscere Israele" ha detto citato oggi dalla stampa di Beirut Nasrallah, aggiungendo "nè ora, nè tra mille anni".

(L'Unione Sarda, 14 marzo 2009)

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No alla ricostruzione di Gaza

Gli aiuti occidentali serviranno solo a rafforzare Hamas

di Efraim Inbar

La campagna in atto per la ricostruzione di Gaza, dove è al potere l'organizzazione radicale islamista di Hamas, è pura follia strategica. E' inoltre molto improbabile che possa dare risultati efficaci. E, date le attuali circostanze, è anche immorale.
Da quando Hamas ha preso il controllo di Gaza nel giugno 2007, gran parte della comunità internazionale si è convinta che il modo migliore per sostenere il leader dell'Autorità Palestinese (AP) più moderata, Mahmoud Abbas, fosse quello di assicurare un sostegno economico ai suoi feudi nella West Bank. E' stato detto, infatti, che in questo modo sarebbe stato chiaro per ogni palestinese come Hamas fosse la "parte cattiva", incapace di portare prosperità. Un percorso del genere mirava a convincere ogni palestinese di quanto fosse poco saggio sostenere l'organizzazione radicale islamista. Seguendo tale logica, l'AP è riuscita nel tempo ad ottenere un sostegno economico senza precedenti da ogni parte del mondo....

(l'Occidentale, 14 marzo 2009)

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Accordo Usa e Paesi europei contro traffico armi a Gaza

Saranno intercettati in mare i carichi di armi

ROMA, 14 mar. (Apcom) - Le fonti hanno precisato che i nove Paesi, tutti membri della Nato, non saranno obbligati a partecipare a nessuna azione particolare. Saranno comunque impiegate unità navali per intercettare carichi di armi, saranno condivise le informazioni tra i nove e saranno esercitate pressioni diplomatiche.
Lo stop del flusso di armi verso Gaza è un nodo cruciale per il raggiungimento di un cessate il fuoco duraturo nella Striscia, dove nel mese di gennaio l'esercito israeliano ha condotto una massiccia offensiva per fermare i lanci di razzi Qassam contro il Negev occidentale.

(Virgilio Notizie, 14 marzo 2009)

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Macchie rosse deturpano ancora la facciata della Sinagoga di Pisa

di Paola Zerboni

PISA - Le cinque macchie rosse deturpano ancora la facciata della Sinagoga di via Palestro, dopo la scorribanda della notte fra il 12 e il 13 gennaio scorsi, quando ignoti vandali scagliarono contro l'edificio uova svuotate e riempite di vernice. Un attentato preceduto dalla comparsa, in altri punti della città, di scritte antisioniste ed inneggianti alla resistenza palestinese. Un attentato senza firma né rivendicazioni, che destò molto scalpore in città dove mai, prima di allora si erano registrati episodi simili. La Digos pisana, incaricata delle indagini, ritenne subito il raid collegato alle contestazioni in atto contro l'operazione «Bronzo fuso» in atto sulla striscia di Gaza, con la ripresa delle ostilità fra arabi e israeliani. Ma al di là del gesto vandalico in sé, a destare allarme fu il fatto che gli ignoti teppisti erano riusciti a portate a segno il loro raid indisturbati, nonoistante la Sinagoga sorga in una delle zone più frequentate delle notti pisane, a due passi dal teatro Verdi, da pub e locali e perdipiù a metà strada fra la caserma dei carabinieri di via Verdi e il Tribunale.

IN ATTESA dell'intervento di restauro della facciata — per il quale, lo ricordiamo, Palazzo Gambacorti annunciò la volontà di accollarsi le spese di imbiancatura — intanto sono arrivate le telecamere, installate giovedì all'angolo della facciata deturpata. L'occhio elettronico del «grande fratello inquadra sia il lato della Sinagoga che dà sul teatro Verdi, sia l'altro versante di via Palestro, comprendendo nel suo raggio visivo anche il marciapiede sottostante e l'altro lato della strada.

IL MODELLO di telecamera è identico a quello installato lo scorso agosto in piazza Sant'Ombono, dopo le lamentele di residenti e commercianti e le sollecitazioni del Comitato civico «Sicurezza e legalità», che aveva addirittura ventilato l'ipotesi di organizzarsi in ronde, per riportare la quiete e l'ordine pubblico in uno dei luoghi più ''caldi'' del centro cittadino sotto il profilo degli schiamazzi notturni, delle risse e dello spaccio di droga.

ANCHE via Palestro non è da meno. E, infatti, raid vandalico ai danni della Sinagoga a parte, anche qui i residenti e i titolari degli esercizi pubblici affacciati sulla strada, da tempo segnalano situazioni di degrado e pericolo. Colpa, dicono, dei gruppi di giovani che si radunano in strada, anche ben oltre l'orario di chiusura di pub e locali, lasciando dietro di sé una scia di sporcizia e disturbano il sonno di chi vi abita. E la telecamera della Sinagoga non avrà solo la funzione di proteggere il luogo di culto, ma anche di scoraggiare i '' bivacchi'' e lo spaccio di droga.

(La Nazione, 14 marzo 2009)

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Onu - Lontana posizione comune Ue su Durban 2, in agenda lunedì

L'Italia unico Paese europeo ad aver annunciato il boicottaggio

ROMA, 13 mar. (Apcom) - Su richiesta tedesca ci sarà anche il dossier 'Durban II' sul tavolo dei ministri degli Esteri Ue, quando si vedranno lunedì prossimo a Bruxelles per il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne (Cagre). L'Italia è il primo - e al momento l'unico - Stato europeo ad essersi ufficialmente chiamato fuori dai lavori preparatori della Conferenza Onu sul razzismo, in programma a Ginevra dal 20 al 24 aprile (dopo il boicottaggio di Israele, Canada e Stati Uniti). Ma fra i Ventisette c'è un fronte che avanza nella stessa direzione - in prima linea ci sono Regno Unito, Danimarca e Olanda - le cui consultazioni si stanno intensificando negli ultimi giorni: il ministro degli Esteri olandese Maxime Verhagen ha già annunciato che al Cagre chiederà ai Ventisette di "ritirare tutti i loro ministri dalla conferenza Onu se il documento non sarà radicalmente modificato". Altrimenti seguirà l'Italia con "un boicottaggio unilaterale".
Fatta eccezione per questa possibile fuga in avanti degli olandesi, dalla ministeriale di lunedì non dovrebbero comunque uscire grandi novità sul tema, soprattutto perché nella stessa giornata è attesa una nuova bozza di dichiarazione della Durban II. E' quindi molto probabile che le capitali europee si prendano del tempo per consultare l'ultima versione del testo prima di un confronto politico vero e proprio, che potrebbe avvenire al prossimo incontro informale fra i capi delle diplomazie il 27 e 28 marzo, a Hluboka nad Vlatavou nella Repubblica ceca, o già al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi.
Non è un caso, quindi, che Praga - alla presidenza di turno - cerchi di mantenere per ora un basso profilo sull'argomento e l'abbia inserito nell'agenda del Cagre fra i diversi temi che verranno brevemente discussi nella colazione di lavoro fra i ministri. Il boicottaggio unilaterale italiano voleva essere un "forte segnale politico" per alcuni punti della dichiarazione considerati "inaccettabili", che riguardano la questione israelo-palestinese e la diffamazione religiosa, come ha precisato il ministro degli Esteri Franco Frattini in parlamento questa settimana. E si è pronti a "rientrare nel negoziato" solo se il testo sarà "modificato radicalmente", ipotesi quest'ultima che molte fonti diplomatiche europee tendono d'altronde a escludere.
Finora, ha confermato il capo della diplomazia alle Camere, "quel documento è stato impermeabile a cambiamenti di sostanza" ed è questa la ragione per cui "non abbiamo ritenuto costruttivo continuare il negoziato sul non negoziabile". La disponibilità italiana al dialogo comunque resta, così come vanno avanti le riunioni di coordinamento a Ginevra con i partner Ue, sottolineano fonti della Farnesina. Frattini ha assicurato di aver sentito personalmente in questi giorni i ministri di diversi paesi Ue come Olanda, Danimarca, Belgio, Regno Unito e Francia, che "nella sostanza - ha riferito - condividono le 'linee rosse' poste dall'Italia".
La Danimarca ne ha aggiunte un paio: oltre all'antisemitismo e gli attacchi contro Israele, ritiene "inaccettabili" l'abuso della religione per prevaricare i diritti individuali e la menzione nel testo di circostanze che potrebbero giustificare la violenza contro omosessuali. L'Italia è certa che molti governi europei siano schierati dalla sua parte e c'è "l'auspicio che il nostro esempio possa convincere anche altri partner" suggeriscono dalla Farnesina, dove si guarda con favore a un'approndita riflessione in sede comunitaria ma si considera quella di lunedì come una "tappa interlocutoria".
Pochi giorni fa, Frattini si è lamentato che "ancora una volta, purtroppo, su Durban II l'Europa non c'è. Io non sono disponibile - ha dichiarato in un'intervista al Riformista - a restare in silenzio quando si tratta di principi fondamentali della Carta europea, e il rifiuto totale dell'antisemitismo lo è". Il traguardo di una posizione comune dell'Europa sulla conferenza contro il razzismo è quindi ancora molto lontano, ma è probabile che l'Italia non continuerà a ballare da sola ancora per molto. Se si arriverà a una decisione comunitaria, comunque, questo accadrà a ridosso della contestata conferenza delle Nazioni Unite. Lo slogan italiano per il momento resta: "Coordinamento europeo certamente sì, assistere come testimoni silenziosi a un negoziato inconcludente 'no'".

(Virgilio Notizie, 13 marzo 2009)

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Scritte sui muri della Sinagoga, Intervengono gli Ebrei di Trani

Francesco Lotoro, Responsabile culturale della Sezione Ebraica di Trani: «Solo la cultura della solidarietà può sconfiggere gli imbecilli.»

Francesco Lotoro
«Anche se ormai di dominio pubblico, val la pena rammentare ciò che lunedì scorso, giorno di Purìm del calendario ebraico, alcuni vandali e scriteriati (diversamente, non si sa come definirli) sono stati capaci di commettere ai danni di uno dei siti storici più belli di Trani,ossia la Sinagoga Scolanova, la più antica d'Europa e sede della locale comunità ebraica. L'intera scalinata e i muri della Sinagoga imbrattati di frasi idiote scritte con vernice nera, il ballatoio prospiciente l'ingresso alla Sinagoga colmo di feci umane, la scalinata ammorbata di urine, scarti di pizza e bottiglie di birra. Già precedenti volte disseminato di siringhe e preservativi; e, ritengo, ci si possa fermare qui per ritegno. Ogni commento è superfluo. Non è tuttavia superfluo ricordare che, dato il reiterarsi di episodi simili (sino allo scempio di lunedi scorso), la Comunità ebraica abbia da diversi anni presentato domanda ai competenti uffici comunali per la sistemazione di un cancelletto alla base della scalinata; cancelletto che, oltre a scoraggiare ogni intrusione notturna nel sito, non deturperebbe affatto la bellezza dello stesso. Da giorni riceviamo attestati di solidarietà (non ultimo quello del consigliere comunale Caffarella) oltre al notevole impegno dell'Assessore alla Cultura Prof. Andrea Lovato, presente in Sinagoga lunedì scorso e subito attivatosi per porre rimedio all'incidente. Nell'anno in cui Trani è stata prescelta città capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica (il prossimo 6 settembre), quello che è accaduto non solo è intollerabile ma va perseguito sotto ogni profilo; questi barbari della nostra epoca hanno non soltanto offeso la nostra comunità (si ricorda che la scalinata della Sinagoga è già luogo sacro) ma hanno deturpato un luogo di proprietà comunale e di interesse internazionale. Noi Ebrei pugliesi ci consideriamo fortunati a poter vivere la nostra ebraicità a Trani, città ormai consegnata alla posterità come luogo di alta civiltà e pacifica convivenza di culture e pensieri. A ragione di ciò, quella di Trani è la Comunità ebraica più "aperta" d'Italia, con continue visite di turisti, scuole e istituti superiori, laureandi che scendono da ogni parte d'Italia per scrivere tesi sulla rinascita ebraica di Trani; siamo per natura accoglienti, anteponendo ciò alle più fondamentali regole di sicurezza che legittimamente caratterizzano tutte le altre comunità ebraiche in Italia e all'estero (la maggior parte di esse apre solo per il culto e con presidii delle forze dell'ordine).
Auspichiamo la vicinanza di cittadini e Istituzioni agli Ebrei tranesi, perché solo la cultura della solidarietà può sconfiggere gli imbecilli.»

Francesco Lotoro
Responsabile culturale della Sezione Ebraica di Trani

(Trani online, 13 marzo 2009)

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Chi ha paura degli ebrei

Odiati per invidia? No, la follia antisemita ha nelle sue radici qualcosa di più profondo

Abraham Yehoshua

Si intitola Il labirinto dell'identità il volume di scritti politici di Abraham Yehoshua che esce oggi da Einaudi (pp. 122, e11). Raccoglie sette saggi, quasi tutti inediti, in cui lo scrittore israeliano - autore di romanzi celebri come L'amante, Il signor Mani, Un divorzio tardivo, Viaggio alla fine del millennio, Il responsabile delle risorse umane, Fuoco amico - si interroga sulla natura dell'identità ebraica, sulle sue componenti, sulle sue particolarità, sui cambiamenti ai quali è andata incontro in Israele rispetto a quella consolidatasi nei secoli della diaspora. Ne anticipiamo uno stralcio, dal saggio «Un tentativo di riconoscere e di comprendere la radice dell'antisemitismo».

Fra tutti i tentativi di comprensione dell'antisemitismo ritengo che quello di Leo Pinsker - secondo il quale alla base dell'odio per gli ebrei sta la paura - si avvicini di più alla verità. Il fatto che Pinsker fosse medico gli permetteva forse una visione più equilibrata dei fattori scatenanti dell'antisemitismo, in cui, intuitivamente, riconosceva i sintomi di una malattia mentale del singolo, prima che motivazioni religiose, sociologiche, economiche e politiche. Pinsker riportò quindi il problema su un piano individuale, ponendolo solo in un secondo tempo su uno collettivo. È infatti facile constatare che in una società in cui sussistono condizioni socio-economiche equilibrate vi sono individui animati da sentimenti piò antisemiti di altri. Persino nella Germania nazista, dove vigeva una politica ufficiale di odio e di persecuzione verso gli ebrei, molti cittadini, stando alle testimonianze, disapprovavano e rifiutavano quell'ideologia e le fantasie antisemite, per quanto non osassero ammetterlo apertamente. Allo stesso modo, per esempio, per secoli, cristiani devoti e osservanti sono rimasti immuni dal virus dell'antisemitismo, mentre altri loro correligionari, altrettanto devoti e osservanti, ne sono stati contagiati. Questo significa che il Cristianesimo non è in sé causa di antisemitismo (per quanto possa rinfocolarlo) ma vi sono altri motivi, derivanti dall'interazione tra l'ebreo (vero o immaginario) e il gentile. Motivi che agiscono a livello individuale prima che a livello sociale. Nel suo famoso trattato Autoemancipazione, pubblicato a Berlino nel 1882 (solo tre giorni dopo che Wilhelm Marr coniasse per la prima volta il termine «antisemitismo» per definire l'odio verso gli ebrei), Pinsker parla della paura suscitata da questi ultimi. E così scrive con accento un po' lirico: «L'ebreo è considerato morto dai vivi, straniero dai cittadini, vagabondo dagli stanziali, mendicante dai ricchi, ricco sfruttatore dai poveri, apolide dai patrioti e odiato antagonista da tutti»....

(La Stampa, 13 marzo 2009)

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Territori palestinesi: Hamas condanna il lancio di razzi verso Israele

Per la prima volta Hamas ha condannato il recente lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele dicendo che "questo non è il momento adatto per attacchi di questo tipo".
In una nota diffusa dal ministero degli Interni della Striscia, il movimento palestinese ha precisato di non aver nulla a che fare con gli attacchi in questione e di aver avviato un'inchiesta con l'obiettivo di rintracciare i responsabili.
Una precisazione giunta mentre al Cairo sono in corso dall'inizio di questa settimana colloqui per la riconciliazione tra fazioni palestinesi e la creazione di un governo di unità nazionale.
Fonti interne ai movimenti e ai partiti che partecipano agli incontri in Egitto hanno confermato che i negoziati procedono e che i rappresentanti di Hamas e Fatah stanno cercando un compromesso che riduca le distanze tra le rispettive posizioni sui colloqui di pace con Israele e il rilascio dei prigionieri.
L'Egitto, impegnato in una difficile opera di mediazione tra i palestinesi e nei negoziati di pace tra questi ultimi e lo stato ebraico, ha ribadito più volte che qualsiasi governo frutto delle consultazioni dovrà accettare i precedenti accordi di pace con Israele.
Fonti di stampa locale riferiscono che le autorità egiziane si aspettano di trovare entro oggi un'intesa sul prossimo governo di unità in modo da firmare un accordo complessivo entro fine mese; il Cairo avrebbe inoltre già avviato i preparativi per una cerimonia ufficiale da tenere il 30 marzo alla presenza del presidente egiziano, Hosni Mubarak.
Intanto, i delegati palestinesi stanno lavorando in cinque diverse commissioni, per la formazione di un governo di unità nazionale, l'organizzazione di nuove elezioni, la riforma dei servizi di sicurezza, il ripristino di misure di fiducia reciproca tra le diverse fazioni e la creazione di un ruolo per Hamas all'interno dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp).

(Internationalia, 13 marzo 2009)

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Tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani

Maryam Namazie
Cosa ci facevano un migliaio di persone, il sette marzo 2009, in corteo a Londra da Trafalgar Square a Red Lion Square? Fra loro c'erano persone con questi nomi strani: Sohaila Sharifi e Maryam Namazie (Equal Rights Now - Organizzazione contro la discriminazione delle donne in Iran), Yasmin Alibhai-Brown (giornalista, presidente dei Musulmani britannici per una democrazia laica), Yasaman Molazadeh (campagna "Una legge per tutti"), Pragna Patel (cofondatrice di Southall Black Sisters e Donne contro il fondamentalismo), Sargul Ahmad (presidente Campagna internazionale contro le leggi in vigore nel Kurdistan iracheno). Hanno chiamato la manifestazione "Raduno antirazzista contro le leggi basate sulla religione". Hanno aperto l'incontro con queste parole: «Una volta che si cominci a frammentare la società, quando si permette a gruppi sociali di applicare standard diversi rispetto alla legge, quel che si ottiene sono ingiustizie profonde, e sono quasi sempre le donne a soffrire di tali ingiustizie».
Queste le parole di Fariborz Pooya, presidente dell'Associazione iraniana per la laicità: «L'introduzione della 'sharia' nel sistema legale britannico equivale al tradimento nei confronti di migliaia di donne e bambini, perché li lascia alla mercé di gruppi politici».
Queste le parole di Maryam Namazie: «Non ce ne staremo in disparte, mentre il governo britannico condanna un grosso segmento della nostra società a finti tribunali e regressione, per corteggiare l'islamismo politico qui o altrove. Cresceremo in numero e forza, sino a che i tribunali religiosi scompariranno ovunque».
Queste le parole di Parisa, a cui fu respinta la richiesta di divorzio da un marito violento: «Dieci anni della mia vita se ne sono andati grazie alle leggi basate sulla sharia. Voglio che questo finisca. Aiutatemi a fermarlo. Semplicemente non è giusto. Io avevo uno zio che mi amava e che mi ha aiutata a fuggire, ma che ne sarà delle altre che non hanno possibilità di scappare? L'ho visto così tante volte, così tante».
Maria G. Di Rienzo
(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 13 marzo 2009)

(Tellus Folio, 13 marzo 2009)


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Durban 2, l'Italia non negozia con chi vuole distruggere Israele

La decisione di Franco Frattini di abbandonare i lavori della conferenza Onu detta Durban 2 ha un pregio fondamentale (e spiace che un amico di Israele come Piero Fassino stenti a coglierla). Questa conferenza infatti conferma un dato di fatto di cui le diplomazie stentano a prendere atto: la scomparsa di Israele è oggi considerata un programma praticabile da un platea incredibilmente vasta di paesi.
Non la lotta, anche dura, per imporre a Israele la nascita dello Stato di Palestina, ma proprio la scomparsa dalla faccia della terra dello Stato ebraico è oggi, di nuovo, all'ordine del giorno.
Non solo i 54 stati dell'Organizzazione del Coniglio islamico, non solo l'Iran e Hezbollah e Hamas, ma anche molti dei 153 paesi Non Allineati, in testa il Venezuela di Chavez a la Cuba di Castro (ma anche la Bolivia e tanti altri) considerano praticabile la fine dello Stato di Israele. Peggio ancora: l'irresponsabile aiuto tecnico-industriale della Russia di Putin alla costruzione dell'atomica iraniana e le scelte e alleanze della Cina in Sudan e in Africa, stanno lì a dimostrare che queste due potenze non considerano affatto un tabù questa prospettiva....

(l'Occidentale, 13 marzo 2009)

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Ambasciatore israeliano: l'Europa segua l'Italia su Durban2

Meir a convegno con il ministro degli Esteri Franco Frattini

Gideon Meir e signora
ROMA, 12 mar. (Apcom) - "Mille volte grazie all'Italia per la linea adottata su Durban 2: spero che l'Europa segua la strada aperta da Roma". Lo ha dichiarato l'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir rivolto al ministro degli Esteri Franco Frattini, esprimendo grande soddisfazione per la scelta italiana di boicottare la conferenza Onu sul razzismo - che si terrà dal 20 al 24 aprile a Ginevra - perché la bozza della dichiarazione finale contiene frasi giudicate "antisemite" e contrarie alla libertà di espressione.
A un convegno organizzato dall''Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele' intitolato 'Durban 2: una conferenza antisemita contro la democrazia', Meir ha sottolineato che il governo italiano ha "levato la propria voce contro una conferenza che rischia di essere teatro di un rinnovato attacco contro Israele e il suo diritto a esistere". "In questo modo - ha aggiunto il diplomatico - l'Italia ha rinnovato la sua tradizione democratica", in un contesto come quello occidentale dove purtroppo sono ancora "in molti" a negare allo Stato ebraico il suo diritto all'esistenza.

(Virgilio Notizie, 12 marzo 2009)

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Shoah - Rabbini di Israele: e' ora di insegnarla nelle scuole cattoliche

CITTÀ DEL VATICANO, 12 mar. (Apcom) - E' "certamente" il momento giusto per un accordo tra Chiesa cattolica ed ebrei per introdurre l'insegnamento della Shoah come materia obbligatoria nelle scuole cattoliche di tutto il mondo. Se ne dice convinto il rabbino Shear-Yashuv Cohen, capo della delegazione del Gran Rabbinato di Israele ricevuta stamane in Vaticano dal Papa. I rabbini israeliani hanno formulato la loro richiesta direttamente al Papa. "Mi permetta di suggerire di prendere in considerazione l'ipotesi che la storia e l'importanza morale della Shoah divengano, a futura memoria, una materia obbligatoria nel curriculum degli studenti di tutte le scuole cattoliche in giro per il mondo". Il Papa, a quanto riferito dal rabbino Cohen in una conferenza stampa successiva all'udienza, avrebbe mostrato di voler "prendere in considerazione" la proposta. "Non posso esprimermi per il Papa - ha precisato il rabbino all'incalzare delle domande dei giornalisti - ma se devo giudicare dalle sue reazioni e dal suo sorriso, era molto positivo".

(La7, 12 marzo 2009)

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Giochi Mediterraneo: Assenza di Israele, il 21 sit-in di protesta

Un sit-in di protesta per l'assenza di Israele dai Giochi del Mediterraneo "Pescara 2009".

Si terrà sabato 21 marzo, alle 11, davanti all'ufficio di presidenza del Comitato dei Giochi, a Pescara, in corso Umberto n.113. Tra le motivazioni "la persistente chiusura anche del presidente Addadi nei confronti della richiesta di ammissione di Israele". Lo annunciano Alessio Di Carlo, presidente di Abruzzo Liberale, ed Enzo Biassoni, fondatore del gruppo Facebook "Israele esclusa dai Giochi del Mediterraneo". Tra le personalità che hanno aderito Fiamma Nirestein, Marco Taradash, Arturo Diaconale, Benedetto Della Vedova, Paolo Guzzanti, Paolo Pillitteri.

(la Repubblica, 12 marzo 2009)

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Onu. Rabbini di Israele al Papa: il Vaticano critichi Durban II

Inserire memoria di Shoah in curriculum di scuole cattoliche

CITTÀ DEL VATICANO, 12 mar. (Apcom) - I rabbini israeliani chiedono al Papa che il Vaticano critichi apertamente la dichiarazione della conferenza Onu sul razzismo 'Durban2' in ragione del suo contenuto "evidentemente antisemita".
"Mi permetta di menzionare la nostra profonda preoccupazione sul carattere evidentemente antisemita del testo proposto per la conferenza dell'Onu di Durban", ha detto il rabbino capo Shear-Yashuv Cohen ricevuto stamane in Vaticano, "che oltre a ignorare il significato e le lezioni della Shoah, punta il dito contro lo Stato di Israele con critiche pregiudiziali, ignorando volontariamente coloro che compiono discriminazioni istiuzionalizzate e violazione dei diritti umani. Apprezziamo il ruolo costruttivo dell'osservatore vaticano nel tentare di resistere alla distorta dichiarazione - prosegue il capo della delegazione del Gran Rabbinato di Israele - e speriamo che la Santa Sede farà sentire la sua voce nel deplorare questo attacco allo Stato ebreo".
Il rabbino Cohen ha espresso apprezzamento per la condanna di ogni negazionismo della Shoah pronunciata dal Papa dopo il caso del vescovo lefebvriano Richard Williamson, e aggiunge: "Mi permetta di suggerire che la Sua considerazione sul fatto che l'importanza morale e la storia della Shoah siano 'memoria futura' divenga una materia nel curriculum degli studenti di tutte le scuole cattoliche in giro per il mondo".

(Virgilio Notizie, 12 marzo 2009)

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L’indice di fiducia degli israeliani nelle istituzioni pubbliche

di Sergio Della Pergola

Una nuova indagine pubblicata in questi giorni in Israele sulla fiducia di cui godono le maggiori istituzioni pubbliche preposte al rispetto della legge rivela i sintomi di una preoccupante erosione che accomuna i settori ebraici e arabi del paese. La Corte Suprema, che è stata sempre l'ente di maggiore prestigio nella democrazia israeliana, è ancora l'istituzione che gode del maggiore rispetto nella popolazione ebraica, ma la percentuale di fiducia cala dall'80% nel 2000 al 53% nel 2009. Se la flessione è notevole, la Corte Suprema si difende tuttavia meglio rispetto al sistema giudiziario in generale che gode oggi di un indice di fiducia del 37%, rispetto al 61% nel 2000. La fiducia nella polizia scende poi al 19% nel 2009, contro il 32% nel 2000. Un risultato sorprendente della stessa indagine riguarda la popolazione araba israeliana, il cui atteggiamento rispetto alle istituzioni dello Stato d'Israele era in passato più critico rispetto alla popolazione ebraica. Anche in questo settore è in corso un'erosione della fiducia nei confronti dei maggiori centri della legalità, ma oggi la fiducia è relativamente maggiore rispetto agli ebrei. L'indice di approvazione nel 2009 è del 57% per la Corte Suprema, del 36% nei confronti dei tribunali in generale, e del 23% nei confronti della polizia. Una spiegazione di questi dati, in generale non molto lusinghieri, va cercata nelle lungaggini procedurali in tribunale e nell'alta percentuale di reati che rimangono impuniti - mali comuni ad altre democrazie. Ma per lo meno l'opinione pubblica dice con chiarezza che in Israele questi problemi non sono inquinati da discriminazione su base etnica o religiosa.

(Notiziario Ucei, 12 marzo 2009)

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Hamas accusa altro gruppo di lanciare razzi contro Israele

GAZA, 12 mar. - (Adnkronos/dpa) - Hamas accusa un altro gruppo palestinese di lanciare razzi contro Israele e promette di fermarli. Hamas "non c'entra con i missili che vengono lanciati da Gaza. Vengono sparati al momento sbagliato, confermiamo che i servizi di sicurezza stanno seguendo chi e' dietro questi missili", ha affermato il ministero degli Interni del movimento islamico che controlla la Striscia di Gaza. La dichiarazione e' giunta dopo che un nuovo gruppo, chiamato Hezbollah della Palestina, ha rivendicato i lanci di razzi degli ultimi giorni. Fonti di Hamas affermano che "Hezbollah della Palestina e' un nome falso usato da piu' di una parte per portare avanti azioni contrarie ad un accordo nazionale". Hamas e' al momento impegnato in un dialogo di riconciliazione assieme a Fatah, il partito del presidente Mahmoud Abbas, ed altre fazioni palestinesi, per la formazione di un governo di unita' nazionale.

(Il Tempo, 12 marzo 2009)

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Ebraismo e sanità: accordo raggiunto

Una sanità a misura di paziente religioso, per i cattolici ricoverati, non è una novità. Da oggi però sarà una certezza anche per i pazienti di religione ebraica che vengono ricoverati in Lombardia, dopo l'accordo sottoscritto l'11 marzo 2009 dall'assessore alla Sanità di Regione Lombardia, Luciano Bresciani, e dal presidente della Comunità ebraica di Milano, Leone Soued.
«L'accordo - ha spiegato Bresciani - prevede innanzitutto che Regione Lombardia sensibilizzi le Aziende Sanitarie e le strutture di ricovero e cura lombarde perché possa essere effettuato un servizio di assistenza religiosa e spirituale ai degenti ebrei (e ai loro familiari)». Tale servizio dovrà essere svolto dai Ministri di culto ebraico nominati in base alle legge che regola i rapporti tra lo Stato italiano e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane. La Comunità ebraica di Milano indicherà per ogni struttura uno o più Ministri di culto. Il presidente Soued, che ha assicurato la massima diffusione dei contenuti dell'intesa presso la Comunità ebraica, ha stimato tra 200 e 250 il numero di richieste da gestire in un anno.
Le strutture sanitarie potranno inoltre offrire la possibilità ai pazienti ebrei di ricevere pasti kasher prodotti da servizi facenti capo alla Comunità ebraica che rispettino le normative igienico alimentari HACCPP. Sarà compito di ciascuna struttura stipulare accordi specifici in questo senso e indicare nella propria carta dei servizi questa opportunità. Compatibilmente con la disponibilità di spazi adeguati, le strutture sanitarie individueranno luoghi da adibire a funzioni religiose ebraiche di preghiera collettiva o alla veglia dei defunti. Nell'ambito dei percorsi formativi di umanizzazione, potranno essere inoltre messe a disposizione anche nozioni specifiche sull'assistenza ai pazienti ebrei.
«L'attuazione dell'accordo - ha aggiunto Bresciani - non comporta alcun onere finanziario per la Regione o per le strutture di ricovero e cura. Eventuali costi saranno a carico della Comunità ebraica».

(Varese News, 12 marzo 2009)

COMMENTO - La laicità dello Stato italiano è sempre stata messa in forse dalla presenza ingombrante della Chiesa Cattolica. I privilegi a lei concessi, in certi casi vergognosi come nel caso legislazione che riguarda i docenti di religione, hanno portato all’elargizione di contentini di varia natura concessi ad altre confessioni religiose. Anche se in questo caso può far piacere che gli ebrei godano di una particolare assistenza religiosa all’interno degli ospedali, resta il fatto che un’altra discriminazione si aggiunge nei confronti di chi non è né cattolico né ebreo. Oltre a questo, bisogna aspettarsi che fra poco si faranno avanti i musulmani a esigere particolari trattamenti conformi alle loro esigenze religiose. Che le strutture sanitarie pubbliche, oltre ad avere il compito di assistere i cittadini nelle questioni terapeutiche che a loro competono, debbano preoccuparsi anche di trovare “spazi adeguati” e ambienti adatti alle richieste religiose dei pazienti, non sembra un fatto di cui rallegrarsi. M.C.

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Barak Obama non taglierà gli aiuti militari promessi ad Israele

Un alto ufficiale statunitense ha dichiarato che l'esercito israeliano non resterà privo dei fondi statunitensi

Il presidente Barak Obama non ha intenzione di tagliare i 30 miliardi di dollari in aiuti militari promessi a Israele per il prossimo decennio.Lo riferisce un alto ufficiale statunitense a Radio Israele. Il militare ha però aggiunto che la nuova amministrazione di Washington si attende dal nuovo governo israeliano di Benjamin Netanyahu, il riavvio dei negoziati di pace con i palestinesi. L'aumento degli aiuti militari era stato accordato tra il primo ministro uscente israeliano Ehud Olmert e Nicholas Burns, ex sottosegretario di Stato Usa per gli affari politici. Radio Israele, citando ancora la sua fonte rimasta anonima, ha affermato che se Hamas entrasse nel governo palestinese senza accettare le condizioni imposte dal Quartetto di pace in Medio Oriente - Stati Uniti, Unione Europea, Nazioni Unite e Russia - l'amministrazione Obama non tesserà rapporti con il governo palestinese. Intanto proseguono i colloqui del Cairo tra Hamas e Fatah per la formazione del nuovo governo di unità nazionale. I rapporti tra le due fazioni erano state interrotte nel 2006, quando Hamas vinse le elezioni.

(PeaceReporter, 12 marzo 2009)

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Razzismo, Frattini: testo conferenza Onu è da cambiare in toto

ROMA - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha difeso oggi in Parlamento la scelta dell'Italia di ritirarsi, unico tra i paesi Ue, dai negoziati in vista della conferenza Onu sul razzismo, in quanto il documento in discussione "è immodificabile e da respingere in toto".
"Non si può andare avanti con un negoziato su un testo inemendabile", ha detto Frattini alle commissioni Esteri di Camera e Senato.
L'Italia critica alcune frasi contro Israele contenute nel documento che dovrebbe essere adottato dalla seconda Conferenza mondiale contro il razzismo, prevista a Ginevra dal 20 al 24 aprile. Inoltre, il ministero degli Esteri dice di avere "forti perplessità" verso la parte che stigmatizza la "diffamazione religiosa", in quanto potenzialmente lesive del diritto alla libertà di espressione.
Oltre a Israele, anche Stati Uniti e Canada hanno annunciato che boicotteranno la Conferenza, se il testo non cambierà.
"Ma da ottobre a marzo abbiamo avuto la percezione che niente sia cambiato", ha detto Frattini ai parlamentari. "Non si può negoziare su quanto non è negoziabile, né ci prestiamo ad un negoziato di facciata".
Israele e gli Usa si erano già ritirati dalla prima conferenza Onu contro il razzismo a Durban, in Sudafrica, nel 2001, per protestare contro il tentativo di equiparare il sionismo al razzismo.
Frattini ha aggiunto che il dialogo con i colleghi europei, che ancora partecipano ai lavori diplomatici in vista della conferenza, non si è mai interrotto a Ginevra, ma si è lamentato perché gli altri paesi della Ue non hanno reagito all'unisono alle frasi anti-israeliane.
"Su questo argomento l'Europa non c'è stata e continua a non esserci", ha detto il ministro.
Soltanto se venisse messo a punto un nuovo testo della conferenza "breve e depurato di tutti gli aspetti aspetti estranei alla lotta al razzismo, all'intolleranza e alla discriminazione", l'Italia potrebbe prendere in considerazione la possibilità di tornare al tavolo negoziale, come ha riferito una fonte diplomatica.

(Reuters, 11 marzo 2009)

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Lettera immaginaria di Adolf Hitler all'Italia

di Ruggero Guarini

ROMA, 11 mar - Brava, bravissima Italia. - Ma lo sai che nemmeno io, nel 1936, con tutta la mia incrollabile fede antisemita e tutto l'immenso potere di cui disponevo allora, riuscii a evitare, come avrei voluto, la partecipazione di sportivi neri o ebrei alle Olimpiadi che quell'anno si tennero a Berlino? E invece tu, senza nemmeno un briciolo di qualsiasi fede, e senza nemmeno un'oncia di vero potere, sei riuscita a superarmi proprio sul difficile terreno dei rapporti fra Sport e Razzismo. Quale nuovo eroico sangue sta dunque scorrendo nuovamente nelle tue vecchie vene di antica mia amica e alleata?
Mi riferisco, ovviamente, alla maschia fermezza e prontezza con cui, al magnanimo scopo di onorare l'orgoglio musulmano, e le sue giuste minacce di rappresaglie e massacri nello stile di Settembre Nero, hai deciso di escludere Israele dai quei Giochi Mediterranei che si svolgeranno a Pescara nel giugno prossimo.
Questa tua improvvisa prova di coraggio, anzi di autentica audacia, è naturalmente sembrata a qualche tuo nuovo amichetto di gusti giudaizzanti un indizio di viltà e pavidità. A me sembra invece l'espressione di un'oscura ma profondissima voglia di indurmi a perdonarti i mille tradimenti e i mille affronti con cui, negli ultimi sessantasei anni - ossia fin da quell'infame 8 settembre del '43, in cui passasti di botto dal campo dei miei alleati a quello dei miei nemici - hai tentato astutamente di rifarti un look antifascista e antinazista.
Brava, bravissima, ma… ancora un piccolo sforzo! Dopo aver scacciato gli ebrei dai Giochi di Pescara, potresti, per esempio, espellerli da tutto il tuo paese. Allora sì che potremo - mia bella traditora - ridiventare amici.

(il Velino, 11 marzo 2009)

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Shoah, arresto per Demjanjuk. Monaco: ''Ha ucciso 29mila ebrei''

John Demjanjuk, 88 anni, detto ''Ivan il terribile'' vive attualmente negli Stati Uniti: recentemente la Corte Suprema americana ha rifiutato una sua richiesta di appello contro sentenze che spianavano la strada alla sua deportazione verso l'Ucraina. Il tribunale di Monaco lo accusa di complicità nell'uccisione di almeno 29 mila ebrei, tra cui 1.900 tedeschi, nel campo di concentramento di Sobibor. Demjanjuk è arrivato in Usa nel 1952. Ex operaio in una fabbrica d'auto ed ex cittadino americano diventato apolide - nel 2002 ha perso la cittadinanza americana, dopo che un tribunale aveva accertato il suo ruolo nei lager - dal 1977 è impegnato in un braccio di ferro con il dipartimento della Giustizia Usa, che vuole rimandarlo in Europa. Già estradato in Israele e condannato a morte come ex sorvegliante nel lager di Treblinka, nel 1993 tornò in libertà: la Corte suprema di Israele lo assolse per mancanza di prove sulla sua identità.
    Secondo un portavoce del ministero della giustizia tedesco, sul mandato d'arresto spiccato dalla procura di Monaco di Baviera, la Germania ha ora due possibilità: "O Demjanjuk è espulso dagli Stati Uniti, arriva in Germania e il mandato d'arresto può essere eseguito", oppure la giustizia tedesca fa una "domanda di estradizione". "Siamo orgogliosi della reazione delle autorità bavaresi - ha detto da parte sua Efraim Zuroff, direttore del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme, l'istituto che dà la caccia ai criminali nazisti - e si spera che finalmente questo macellaio possa ricevere la punizione che merita per i suoi crimini. E' una giornata importante per la giustizia", ha aggiunto Zuroff. Il mandato d'arresto costituisce un'ulteriore tappa verso un processo in Germania per Ivan Demjanjuk, ucraino di nascita, uno degli ultimi grandi ricercati per i criminali nazisti ancora in vita.

(L'Unione Sarda, 11 marzo 2009)

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Venezuela - Pressioni di Israele per fermare l'antisemitismo

Il governo israeliano ha chiesto l'intervento di 15 Paesi

ROMA, 11 mar. (Apcom) - Il governo israeliano sta facendo pressioni sul presidente venezuelano Hugo Chavez, affinché il governo di Caracas adotti delle misure per fare fronte agli episodi di antisemitismo che si sono registrati di recente in Venezuela.
Secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz, il ministero degli Esteri israeliano lo scorso fine settimana ha chiesto a 15 Paesi, che mantengono regolari rapporti diplomatici con Venezuela e Israele, di interessarsi a questa questione con interventi ad alto livello presso il governo venezuelano. Gerusalemme è costretto a fare ricorso a intermediari internazionali perchè il Venezuela ha rotto i rapporti diplomatici con Israele lo scorso gennaio, in risposta all'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza contro Hamas.
"C'è stato una significativa eruzione di antisemitismo lì, e noi vogliamo inviare un messaggio al presidente venezuelano attraverso diversi canali, per fargli sapere che noi giudichiamo molto gravi questi episodi", hanno detto fonti governative israeliane. "Vogliamo fargli sapere che per noi Chavez è responsabile per l'incolumità e il benessere della comunità ebraica".
Israele ha chiesto assistenza, tra gli altri, a Brasile, Argentina,Russia e Spagna, il cui ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos si recherà presto a Caracas. Moratinos, su richiesta del governo israeliano, incontrerò anche i rappresentanti della comunità ebraica locale, che conta circa 15mila membri.
A Gerusalemme sono convinti che le pressioni stiano già dando i primi frutti, con la polizia venezuelano che ha arrestato recentemente diverse persone sospettate di essere coinvolte nelle violenze anti-semite delle ultime settimane. Membri della comunità ebraica di Caracas, parlando in condizione di anonimato, hanno detto ad Haaretz che Chavez ha favorito la diffusione di sentimenti antisemiti, e a loro giudizio il presidente venezuelano, se lo volesse, potrebbe stroncare questo fenomeno dando precisi ordini alle sue forze di sicurezze. Ma attualmente "c'è un'atmosfera di intimidazione contro gli ebrei", ha detto un membro della comunità.
L'episodio più grave è avvenuto nel mese di gennaio, durante l'offensiva israeliana a Gaza, quando è stata attaccata da un gruppo di vandali la principale sinagoga di Caracas. Diversi ebrei sono stati successivamente aggrediti, e due settimane fa è stato lanciato un ordigno contro la sede della comunità ebraica nella capitale venezuelana.

(Virgilio Notizie, 11 marzo 2009)

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Arriva Facebook in arabo e in ebraico

di Francesco Tortora

MILANO - Facebook alla conquista del Medioriente. Dopo essere diventato il social network più famoso in Occidente, in questi giorni la compagnia fondata da Mark Zuckerberg sta lanciando due nuove versioni, una in arabo e una in ebraico. Lo scopo della società di Palo Alto è chiaro: attrarre i milioni di giovani internauti che vivono nei territori mediorientali. C'è da dire che Facebook è già molto famosa nel mondo arabo. In Egitto vanta 900.000 utenti, in Arabia Saudita 250.000 e in Libano 300.000. Tuttavia le due nuove versioni dovrebbero rendere ancora più popolare il social network perchè permetteranno ai tanti cittadini arabi e israeliani che non conoscono l'inglese di utilizzarlo nella loro lingua madre.

SUCCESSO DI UTENZA. I dirigenti di Facebook sono certi che le nuove versioni si trasformeranno velocemente in un successo di utenza: l'arabo infatti è parlato da oltre 250 milioni di persone, mentre l'ebraico è la lingua ufficiale dei 7 milioni di cittadini che vivono in Israele. Per riuscire a portare a termine i due progetti la società ha assunto 870 traduttori israeliani e 850 persone che parlano l'arabo. Entrambe le versioni, infatti, oltre alle classiche difficoltà di traduzione, presentano diversi problemi grammaticali e linguistici. Ad esempio, a differenze degli idiomi occidentali, le parole arabe ed ebraiche si scrivono da destra a sinistra mentre alcuni verbi si coniugano diversamente a seconda che il soggetto sia maschio o femmina

DIFFICOLTA' E FUTURO. La più soddisfatta delle due nuove versioni appare Ghassan Haddad, direttrice locale di Facebook: «Per la prima volta gli arabi potranno usare Facebook scrivendo nella loro lingua madre» afferma al Guardian di Londra. «Queste nuove versioni presentano una potenzialità enorme». La direttrice sottolinea anche le enormi difficoltà che i programmatori hanno incontrato nella progettazione: «Un'altra grande sfida è stata quella della grafica. Tutti gli elementi presenti nella pagina devono essere adattati ad una scrittura che si legge da destra a sinistra». Ma i dirigenti di Facebook assicurano che le novità non finiranno con queste due nuove versioni. Sebbene il popolare social network sia disponibile già in 40 diverse lingue, migliaia di traduttori stanno lavorando affinchè 60 nuove versioni di Facebook siano pronte per il prossimo futuro.

(Corriere della Sera, 11 marzo 2009)

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Washington garantirà aiuti militari a Israele

Funzionario Usa: 30 mld di dollari in 10 anni nonostante crisi

ROMA, 11 mar. (Apcom) - Il presidente statunitense Barack Obama non taglierà i 30 miliardi di aiuti militari promessi a Israele per i prossimi dieci anni nonostante la crisi economica mondiale. Lo ha rivelato oggi alla radio israeliana, scrive Haaretz, un alto funzionario dell'amministrazione americana parlando sotto anonimato.
Gli aiuti militari erano stati promessi al premier israeliano uscente Ehud Olmert dall'allora sottosegretario di Stato per gli affari politici, Nicholas Burns, nell'agosto del 2007. Il funzionario americano ha poi detto che se il movimento radicale islamico di Hamas formerà un governo di unità nazionale con Fatah senza accettare le condizioni di pace decise dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Unione europea, Stati Uniti e Russia), Washington non vorrà avere niente a che fare con questo esecutivo palestinese.
Al momento Hamas sta negoziando al Cairo con la supervisione dell'Egitto per arrivare a un governo di unità nazionale con il partito Fatah del presidente dell'Anp Abu Mazen e altre fazioni. Il Quartetto si aspetta che Hamas riconosca il diritto di esistere di Israele, rinunci alla violenza e accetti la soluzione dei due Stati per pone termine al conflitto mediorientale.

(Virgilio Notizie, 11 marzo 2009)

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Cuneo: l'ambasciatore israeliano in Italia in visita a Cuneo

di Piero Lunati

CUNEO - In viaggio in Piemonte, ha fatto tappa anche a Cuneo l'ambasciatore israeliano in Italia Gideon Meir. Accompagnato dal Consigliere politico Rami Hatan e dalla moglie, docente in materie bibliche all'Università Gregoriana di Roma, Meir è arrivato ieri nel capoluogo dopo una sosta a Cherasco dove ha visitato la sinagoga cittadina. Presso la sala riunioni del Lovera Palace, l'ambasciatore ha partecipato all'incontro organizzato dall'Associazione Italia-Israele, rappresentata dal Presidente Carlo Benigni. Nella sua esposizione, Meir ha toccato argomenti di stretta attualità, parlando di questioni di politica interna israeliana e politica internazionale. In particolare, Meir ha ritenuto improponibile il paragone tra il leader di destra Avigdor Liberman, Segretario del partito 'Israel Beitenu' ('Israele Casa Nostra') ed il movimento terrorista di Hamas. "Libermann - ha spiegato l'Ambasciatore - agisce nell'ambito delle istituzioni democratiche".
Meir ha avuto poi parole di apprezzamento per la posizione presa dall'Italia e dal ministro degli Esteri Franco Frattini nei confronti delle frasi antisemite contenute nella bozza di dichiarazione della Conferenza Onu sul razzismo Durban II, richiamando l'Europa ad un ruolo ed a posizioni più decise nella politica mediorientale e nei confronti dell'Iran che, per l'ambasciatore, rappresenta una minaccia per Israele, ma anche per i paesi arabi moderati.
All'incontro hanno preso parte esponenti delle istituzioni e del mondo culturale cuneese con, tra gli altri, il Capogruppo del P. D Mauro Mantelli, l'assessore provinciale alla Cultura Vito Valsania, il Preside del Liceo Classico di Cuneo Franco Russo.

(Il Monferrato, 11 marzo 2009)

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Culto ebraico e piatti kosher in corsia, accordo in Lombardia

L'assistenza religiosa non pesera' sulle tasche del sistema sanitario regionale. Eventuali costi, assicura Soued, "saranno a carico della comunita' ebraica". L'accordo, chiarisce Bresciani, "prevede innanzitutto che la Regione sensibilizzi le aziende sanitarie e le strutture di ricovero e cura lombarde perche' possa essere effettuato un servizio di assistenza religiosa e spirituale ai degenti ebrei (e ai loro familiari)".
Un servizio che sara' di competenza di ministri del culto ebraico nominati in base alla legge che regola i rapporti fra Stato e comunita' ebraiche. Ne verra' indicato almeno uno per ogni struttura. E verra' messo a disposizione dei pazienti un numero telefonico a cui rivolgersi per richiedere il servizio. Non solo: le strutture sanitarie lombarde potranno offrire un menu kosher agli assistiti ebrei. Pasti prodotti da servizi che fanno capo alla comunita' ebraica e rispettosi delle normative igienico alimentari.

(Libero-news.it, 11 marzo 2009)

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A Gerusalemme protesta per la liberazione di Gilad Shalit

a cura di Anna Rolli

Secondo quanto riportato dal quotidiano del Kuwait "al Jarida" esisterebbe un filmato recente di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito da Hamas nel 2006, quando aveva 19 anni, e del quale non si hanno più notizie certe. Il video dimostrerebbe la sua buona salute. In Israele, un alto funzionario dell'ufficio del premier uscente Ehud Holmert ha confermato che il governo dello Stato ebraico è impegnato ad assicurare il rilascio di Gilad Shalit e che proseguirà con i suoi sforzi fino alla fine del mandato, negando però di essere a conoscenza dell'esistenza del video.
Secondo la ricostruzione del giornale kuwaitiano che cita fonti palestinesi, Abu Marzuk, numero due dell'ufficio politico di Hamas, avrebbe ottenuto il video durante una visita recente nella striscia di Gaza da Ahamad Jabari, leader del braccio armato di Hamas (le brigate Ezzedine al Qassam). La settima corsa, lo stesso "al Jadira" aveva parlato di una lettera scritta da Gilad ricevuta anche in questo caso tramite Jabari e da consegnare al ministro degli esteri siriano Walid al Muallem.
Il video e la lettera non verranno diffusi fin quando non si saranno registrati significativi progressi nei negoziati tra Hamas e Israele per arrivare a un accordo per uno scambio di detenuti .
I gruppi di terroristi Hamas ed Hezbollah, come anche l'Iran e molti paesi musulmani, non aderiscono alla convenzione di Ginevra che, a livello internazionale, tutela i diritti umani dei prigionieri di guerra, bisogna inoltre ricordare che Hamas, in cambio di Gilad Shalit, richiede la scarcerazione di centinaia di palestinesi detenuti in Israele per aver commesso crimini contro civili e che, da parte sua, Israele pone la liberazione del giovane soldato come condizione prima per arrivare a qualsiasi accordo di cessate il fuoco permanente nella striscia di Gaza e per l'apertura dei valichi.
Nel frattempo i coniugi Aviva e Naom Shalit, genitori di Gilad Shalit, per protesta, sono accampati da due giornia Gerusalemme in una tenda, di fronte alla casa del primo ministro Ehud Holmert .
Una delle prime persone a recarsi da loro, per manifestare la propria solidarietà, è stata Karnit Goldwasser, moglie di Ehud Goldwasser, il soldato israeliano ucciso dopo essere stato rapito dagli Hezbollah e il cui corpo è stato restituito alla famiglia nel 2008, in cambio del criminale palestinese Samir Kuntar, condannato all'ergastolo, in Israele, per avere orrendamente assassinato nel 1979, a Naharya, t ra gli altri,un giovane papà insieme alla figlioletta di quattro anni.
Yvonne Arad, figlia di Ron Arad, il pilota israeliano rapito nel 1986 e sparito nel nulla, si è recata, a sua volta, dai genitori di Gilad Shalit. La giovane donna, durante un'intervista alla televisione israeliana, ha dichiarato di aver deciso di farsi avanti e di parlare in pubblico allo scopo di aiutare un'altra famiglia, perché non debba provare la stessa sensazione provata dalla sua, la sensazione che sia stata perduta l'opportunità per portare a casa il proprio familiare. Yvonne ha rimproverato il governo e il primo ministro per non essere stati capaci di liberare Gilad Shalit. Lo scambio deve essere realizzato a qualsiasi prezzo, ha concluso, perché Gilad è ancora vivo e per Israele è fondamentale salvaguardare i propri valori umani. Anche il ministro della difesa Barak si è recato in visita privata dai due coniugi.
Ieri, Naom Shalit, il papà di Gilad, si è dichiarato incoraggiato dal gran numero di persone, centinaia e centinaia, che continuano a recarsi nella tenda per stringere la sua mano e per manifestare la propria solidarietà.

(Agenzia Radicale, 11 marzo 2009)

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Sderot, inaugurato parco giochi blindato

Costato 5 milioni di dollari

ROMA, 10 mar. (Apcom) - La località israeliana di Sderot - una delle più colpite dai missili palestinesi lanciati dalla Striscia di Gaza - ha inaugurato un parco giochi blindato dotato di campo da calcetto e videogiochi - oltre a una mezza dozzina di rifugi e un sistema di preallarme.
Come spiega il quotidiano israeliano Ha'aretz, la struttura è stata ricavata da un magazzino ed è costata 5 milioni di dollari, forniti dal Jewish National Fund - Us; in grado di ospitare 500 persone, è divisa in due aree separate, una per gli alunni dell'asilo e delle elementari e una per quelli delle scuole medie e del liceo: inoltre può essere all'occorrenza trasformata in discoteca.
Fino ad oggi sono otto i residenti di Sderot - che si trova a pochi chilometri dal confine con la Striscia di Gaza e che conta 24mila abitanti - uccisi dai razzi palestinesi, mentre i feriti sono centinaia.

(Virgilio Notizie, 10 marzo 2009)

COMMENTO - La differenza tra Hamas e Israele:


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Aerei spia nei cieli dell'Iran, forse tentativo di sabotaggio del satellite Omid

Il riuscito lancio del 3 febbraio scorso del satellite iraniano Omid è avvenuto in condizioni di grande tensione, con alcune ore di ritardo rispetto ai programmi. Poco prima del lancio infatti sono penetrati nello spazio aereo iraniano due aerei senza pilota dotati di potenti apparecchiature elettroniche che da alta quota hanno severamente disturbato gli ultimi preparativi a terra. Lo riferisce il quotidiano israeliano Haaretz secondo cui i responsabili del lancio sono allora ricorsi ad un sistema di comunicazione di emergenza, mentre i comandanti militari verificavano la opportunità o meno di abbattere gli aerei senza pilota. Il lancio è avvenuto infine con sette ore di ritardo ed è stato coronato da successo. Il giornale israeliano basa questa ricostruzione su informazioni apparse su una agenzia di stampa iraniana. Meir Javedanfar, un esperto di questioni iraniane, ha detto al giornale che è presumibile che gli aerei senza pilota fossero israeliani. «La guerra di intelligence contro l'Iran diventa sempre più intensa» ha affermato. «È possibile che il suo scopo sia non solo di ostacolare lo sviluppo militare iraniano, ma anche di imbarazzarne la leadership ed accrescere la pressione su di essa».

(ilsussidiario.net, 10 marzo 2009)

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L'ambasciatore di Israele in Sinagoga

di Luigi Angelino

L'ambasciatore Ghideon Meir al Museo dei Lumi
CASALE MONFERRATO (AL) - "E' la sinagoga pià bella del mondo - e ne abbiamo viste tante-... Senz'altro molto più bella di quelle - e sono tante - di Israele".
Così l'ambasciatore israeliano in Italia Ghideon Meir e la moglie Amira Cohen, docente universitaria a Gerusalemme e alla Gregoriana di Roma si sono espressi al termine della visita alla Comunità ebraica di Casale Monferrato
L'invito a visitare il complesso di vicolo Salomone Olper era venuto della comunità circa un anno fa in occasione del Salone del libro di Torino, dove proprio vicino allo spazio dedicato alla letteratura Israeliana era rappresentato anche il festival di cultura Ebraica Oyoyoy!
Invito che è stato raccolto in occasione della festa ebraica di Purim che ha portato l'ambasciatore in Piemonte per qualche giorno.
E martedì, il diplomatico, super scortato, è arrivato in vicolo Salomone Olper alle 11,15 ed è stato ricevuto dal vice presidente nazionale Ucei Claudia De Benedetti e dal presidente e vice presidente della comunità casalese Giorgio Ottolenghi ed Elio Carmi
Bellezza inaspettata quella della Sinagoga e dell'Arca Santa coi suoi decori in oro da far subito dire alla prof. Choen "Sono emozionata, ho la pelle d'oca...". Poi la visita è proseguita, approfondita, al Museo ebraico - nei matronei del tempio. e a quello dei Lumi, nel forno delle azime.
Nella sala mostre infine indirizzo di saluto da parte del sindaco Paolo Mascarino, del vice Gianni Crisafulli, del prefetto Castaldo e dal presidente della Provincia Paolo Filippi. L'ambasciatore ha ribadito la bellezza del luogo "Non basta questo poco tempo per apprezzarlo, vi ritornerò al Kippur e starò una giornata a Casale", poi particolare simpatico, ma anche sinonimo di un mondo che è lontano dalla pace, ha ringraziato la scorta "in questo momento abbiamo bisogno di protezione, purtroppo è la vita...". L'ambasciatore era accompagnato dal suo Vice-Ministro Rami Hatan.

(Il Monferrato, 10 marzo 2009)

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Compagnia israeliana trasforma il traffico in fonte di energia

di Ari Rabinovitch

Un'azienda emergente israeliana di energia vuole trasformare l'irritante traffico dell'ora di punta in una fonte di elettricità.
Innowattech, affiliata dell'Istituto di Tecnologia Technion di Israele, sostiene che generatori speciali posizionati sotto strade e autostrade possano raccogliere dai veicoli di passaggio energia sufficiente a produrre grandi quantità di elettricità.
Questi generatori contengono un materiale che produce elettricità quando gli viene applicata una forza meccanica come la pressione delle ruote dei veicoli che passano.
Il processo, noto come piezoelettricità, viene già usata da anni su scala più ridotta, per esempio per accendere i barbecue o nei pavimenti delle discoteche che si illuminano con la pressione dei passi.
Uri Amit, presidente di Innowattech, ha detto che quella implementata dalla sua azienda sarà la maggiore applicazione di piezoelettricità mai vista fino ad ora: un km di una sola corsia di autostrada potrà infatti fornire fino a 100 kw di elettricità, sufficiente a dare energia a circa 40 case.
Questa tecnologia però è soggetta ad alcune limitazioni dal momento che può raccogliere un'elevata quantità di energia solo da strade molto trafficate. Ma Amit ha argomentato che in ogni caso il picco della domanda di energia nelle ore del mattino e della sera coincide con il traffico intenso all'inizio e alla fine della giornata lavorativa.
"Possiamo produrre elettricità ovunque ci sia una strada trafficata usando energia che solitamente viene sprecata", ha detto Amit.
La prima sperimentazione, ha aggiunto, inizierà nei prossimi mesi su 30 metri dell'autostrada fuori da Tel Aviv, e progetti simili potrebbero partire a livello internazionale nel 2010.
Efstathios Meletis, direttore del dipartimento di Scienze Materiali e Ingegneria all'Università del Texas di Arlington, ha definito la tecnologia di Innowattech una "buona idea teoricamente fattibile".
Ma, ha aggiunto, potrebbero sorgere dei problemi nell'implementazione e nella coordinazione necessaria per posizionare i generatori sotto grandi tratti di strada e binari ferroviari.

(Reuters, 10 marzo 2009)

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Noam Shalit: Temo che mio figlio non torni mai piu'

Soldato israeliano nelle mani di miliziani palestinesi da 3 anni

Noam Shalit
ROMA, 10 mar. (Apcom) - "E' triste che dopo tre anni dal rapimento di mio figlio dobbiamo venire qui e chiedere a Ehud Olmert di prendere decisioni per farci restituire nostro figlio". Lo ha affermato il padre di Gilad Shalit, il soldato israeliano dal 25 giugno 2006 nelle mani dei miliziani paletsinesi, in un'intervista al quotidiano spagnolo El Mundo.
Domenica scorsa, i genitori di Gilad Shalit, Noam e Aviva, si sono accampati davanti alla casa del primo ministro israeliano uscente Ehud Olmert, a Gerusalemme, annunciando che non si muoveranno di lì fino a quando loro figlio, non sarà liberato.
"Dopo tre anni, mi suona un po' patetico. Non penso che Olmert ci abbia dimenticato ma da quando mio figlio è stato rapito non è cambiato nulla", ha detto Noam, "Abbiamo riposto tutta la fiducia nel governo affinché ottenga la liberazione ma non è arrivata. Credo che Gilad non ritorni mai più".

(Virgilio Notizie, 10 marzo 2009)

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Lombardia - Al via supporto religioso per ebrei in ospedale

Domani firma tra Regione e presidente Comunità ebraica milanese

MILANO, 10 mar. (Apcom) - L'assessore alla Sanità di Regione Lombardia, Luciano Bresciani, sottoscriverà domani, mercoledì 11 marzo, con il presidente della Comunità ebraica di Milano, Leone Soued, un accordo per il servizio di assistenza religiosa nelle strutture sanitarie di ricovero e cura lombarde. Dopo la firma i contenuti dell'intesa saranno illustrati alla stampa.
Nella stessa occasione, l'assessore Bresciani presenterà anche un'altra iniziativa di Regione Lombardia: gli Stati Generali territoriali del sistema sanitario, un ciclo di incontri con istituzioni, operatori e cittadini che toccherà tutte le province (a partire da venerdì 13 marzo a Sondrio) e che ha lo scopo di fare il punto della situazione e raccogliere osservazioni e istanze.
L'appuntamento è previsto per le 11.30, nella Sala Gonfalone del palazzo della Regione, in via Fabio Filzi, 22 a Milano.

(Virgilio Notizie, 10 marzo 2009)

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Israele, Diskin: Destra o centro pace lontana, scoglio profughi

ROMA, 10 mar (Velino) - Un governo di destra ma non estremista, con Benjamin Netanyahu alla sua testa, Kadima verso la scissione e la pace con i palestinesi ancora lontana: "Non finché io campo. E non ho intenzione di suicidarmi domani". Questo lo scenario "più probabile" della politica israeliana abbozzato al VELINO dal professor Avraham Diskin, preside della Facoltà di Scienze politiche all'Università ebraica di Gerusalemme. Le elezioni per il rinnovo dei 120 seggi della Knesset si sono tenute in Israele il 10 febbraio scorso. Vincitori: Kadima (centro) con 28 seggi, Likud (conservatori) con 27 e Israel Beitenu (destra laica e russofona) con 15. E ancora: bene l'arcobaleno dei partiti religiosi e nazionalisti, male i laburisti nazionalisti, peggio il resto della sinistra mentre sono sostanzialmente stabili i partiti arabi a dispetto della bassa affluenza. Come è noto il capo dello Stato Shimon Peres ha affidato al leader del Likud, Benjamin (Bibi) Netanyahu, l'incarico di formare il governo. Ma a un mese dalla chiusura delle urne una maggioranza chiara ancora non c'è e solo due giorni fa lo stesso Bibi ha affermato che i colloqui per la formazione del nuovo governo "sono ben lontani dalla fine"....

(il Velino, 10 marzo 2009)

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Rassegna di stampa araba

Titoli delle prime prime pagine

ROMA, 10 mar. (Apcom) - Il dialogo inter-plaestinese che riparte oggi dal Cairo, in primo piano sulla stampa araba di oggi: Per al Quds al Arabi, "gli Usa considerano al Fayyad alternativa adeguata ad Abu Mazen", ma Hamas rifiuta. In evidenza le "profonde divergenze" sul confine tra Iraq e Iran rivelata dal ministro degli Esteri di Baghdad, Hoshyar Zebari.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, mette in primo piano l'accusa della Jihad islamica palestinese: "Hamas ha torturato nostri miliziani e li ha costretti a firmare impegni di non lanciare missili" contro Israele. Sudan, "Khartoum ha 4 opzioni legali per contrastare le accuse a Omar al Bashir". Interpellato dal giornale dopo il suo rilascio, l'esponente dell'opposizione sudanese, al Turabi, con chiara allusione al mandato d'arresto a al Bashir, afferma: "Continuo a stare dalla parte della Giustizia internazionale". Intanto, un avvocato di Khartoum chiede una Fatwa (editto religioso) per uccidere Ocampo", il procuratore del tribunale artefice dell'incriminazione del presidente sudanese. Il ministro degli Esteri iracheno, rivela "grandi divergenze sul confine con l'Iran e sul percosrso di Shatt al Arab", il grande fiume del sud dove confluiscono il Tigri e l'Eufrate. Libano, "ministro della Finanza: 50mila dollari, il debito di ogni famiglia".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sulla ripresa del dialogo inter-palestinese: "L'America considera al Fayyad (premier dimissionario del governo dell'Anp) un'alternativa adeguata a Abu Mazen e non riconoscerà un esecutivo se non sarà lui il presidente", ma "Hamas ribadisce il suo rifiuto", intanto, "al via in Cairo i lavori delle commissioni per il dialgo". Iraq, il premier "al Maliki rinnova il suo invito agli oppositori di fare ritrorno in patria e Abdel al Mehdi (vice presidente iracheno) ha incontrato a Baghdad un esponente del partito al Baath"del defunto presidente iracheno. "Diplomatici: Prima di interrompere le relazioni con l'Iran, il Marocco si è consultato con l'Arabia saudita". Arrivato a Gaza a alla guida di una carovana di aiuti umanitari, il deputato bitannico, "George Galloway elogia la 'resistenza' e 'il primo ministro eletto della Palestina'", Ismail Haniyeh."Polemiche a Praga per una proposta di creare uno stato per i zingari simile a quello di Israele nella Palestina". Giordania, "un ministro donna subisce il furto del suo personale computer".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, apre sull'Iraq: il vice presidente Adel Abdel Mehdi "ha incontrato a Baghdad un esponente baathista", l'ex partito di Saddam Hussein e l'ex vice presidente Ezzat al Douri, che ha raccolto l'erdità del defunto rais di Baghdad, "mette in guardia dai tentativi di dividere il partito". Intanto "Zebari parla di profonde divergenze sui confini iraniani con l'Iraq e su Shat al Arab tra". "Dilaogo inter-plestinese al Cairo: clima positivo, ma le divergenze sono tante". "Hamas si muove per impedire alla Jihad islamica di lanciare razzi" su Israele. Intanto, "un sondaggio rivela che Hamas vince davanti a al Fatah". Afghanistan, l'opposizione considera l'invito di Obama per il dialogo come una sconfitta militare degli Usa e gli chiede di ritirare le truppe" dal Paese.

AL AHRAM - principale quotidiano egiziano, titola: "Il dialogo nazionale palestinese comincia oggi i suoi lavori nel Cairo: accordo entro 10 giorni su: riconciliazione; governo d'unità; elezioni; e Olp".

AL VEFAGH - giornale iraniano edito in lingua araba, durante il ricevimento di un ministro tunisino, il presidente Ahamdinejad accusa "i nemici non potranno intaccare i legami tra i paesi musulmani" e sostiene che "una rete organizzata diffonde notizie false sull'Iran per danneggiare la reputazione di Teheran". Il presidente siriano, "Bashar Assad: la questione del nucleare iraniano non è materia del Consiglio di Sicurezza dell'Onu". "Mentre Islamabad definisce 'fraterni'i legami con l'Iran, Ankara tenta di attenuare le tensioni tra Teheran e Washington e Kabul si dice favorevole alla partecipazione dell'Iran alle trattative per l'Afghanistan".

(Virgilio Notizie, 10 marzo 2009)

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Gaza: razzi su Israele

Due razzi sono stati lanciati questa mattina dal nord della Striscia di Gaza verso il sud di Israele senza provocare vittime. Lo riferiscono fonti dell'esercito israeliano. Uno dei razzi è esploso vicino ad un kibbutz danneggiandone il recinto, mentre l'altro si è abbattuto su un campo. Dal cessate il fuoco tra Israele e Hamas, in vigore dal 18 gennaio, sono stati lanciati oltre 150 razzi da Gaza verso Israele che ha risposto con diversi raid aerei.

(L'Unione Sarda, 10 marzo 2009)

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Un'ingiustizia eliminare Israele dai Giochi

di Redazione del Giornale

Caro Granzotto, quest'anno il nostro Paese organizzerà a Pescara i Giochi del Mediterraneo e, come avviene ormai sin dal 1951, anche questa volta a Israele sarà negata la partecipazione, per il persistere del veto dei Paesi Arabi. Ritengo che ciò non sia più accettabile, essenzialmente per 2 motivi. Il primo perché lo Stato di Israele è da tutti ritenuto una consolidata democrazia nell'area mediorientale; il secondo perché, essendo l'Italia il Paese organizzatore di questa manifestazione, appare del tutto inopportuno che siano altri a imporci l'elenco dei Paesi da autorizzare a prendere parte alla manifestazione stessa. Ho lanciato un'iniziativa su Facebook, «Israele deve partecipare ai Giochi del Mediterraneo», che in pochissimo tempo ha già raccolto molte adesioni. Confido in un suo autorevole sostegno affinché possa essere scongiurato il persistere di un'ingiustizia che, tra l'altro, non faciliterebbe il rasserenamento degli animi tra le comunità palestinesi e israeliane. Ma, anzi, potrebbe rendere più difficile il sospirato raggiungimento di una pace duratura.

(il Giornale, 9 marzo 2009)

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Tennis - Israele festeggia la vittoria sulla Svezia: Sconfitto l'odio

Il match di Davis a porte chiuse, tra proteste e manifestazioni

GERUSALEMME, 9 mar. (Ap) - Israele ora ci crede, cominciando già a sognare una nuova impresa nei quarti di finale contro la Russia. Il successo per 3-2 conquistato ieri a Malmo, in Coppa Davis contro la Svezia, ha un sapore del tutto speciale alla luce della decisione delle autorità locali di disputare il confronto a porte chiuse per motivi di sicurezza, a causa della recente offensiva nella striscia di Gaza. I giocatori israeliani hanno dovuto fare i conti con un clima di tensione, alimentato sabato da alcuni manifestanti che reclamavano la sospensione del confronto, lanciando sassi e petardi (dieci persone sono state arrestate dalle forze dell'ordine). Il punto decisivo è stato firmato da Harel Levy al termine di una partita molto combattuta contro Andreas Vinciguerra: 6-4, 4-6, 6-4, 3-6, 8-6. "Hanno sconfitto l'odio" ha titolato oggi il quotidiano Yediot Ahronot, mentre l'ex capitano della squadra israeliana di Davis e attuale allenatore di Levy, Oded Yaakov, ha chiarito: "Il fatto di sentirsi isolati, di sapere che tutti fuori dall'impianto protestavano contro di te, ha trasmesso una motivazione maggiore alla squadra. Penso sia naturale. In una situazione come quella vuoi dare il massimo e giocare ancora meglio del solito per la tua nazione e la tua bandiera". Sulla stessa lunghezza d'onda Andy Ram, in campo nel doppio di sabato: "Le proteste e le espressioni di odio hanno soltanto incrementato le nostre motivazioni. La Russia? E' una squadra di calibro completamente diverso, ma tutto è possibile".

(Virgilio Notizie, 9 marzo 2009)

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Le terre piemontesi attraggono il turismo israeliano

TORINO - 9 marzo 2009 - Le montagne olimpiche, le città d'arte, i laghi, le località collinari e i sapori unici regionali: sono le eccellenze sulle quali il Piemonte punta per attrarre il turismo israeliano. Con questo obbiettivo il Centro Estero per l'Internazionalizzazione (Ceipiemonte), su incarico dell'Assessorato al Turismo della Regione Piemonte, ha recentemente avviato un progetto di co-marketing con alcuni tour operator israeliani. Un risultato importante ottenuto alla prima partecipazione piemontese all'IMTM (International Mediterranean Tourism Market) di Tel Aviv (11-12 febbraio), una delle più importanti fiere del turismo del Medio Oriente. La missione, volta a proporre i gioielli turistici ed enogastronomici del territorio, è stata coordinata da Ceipiemonte, su incarico dell'Assessorato al Turismo della Regione Piemonte e in collaborazione con l'Israel-Italy Chamber of Commerce & Industry. La fiera è stata l'occasione per presentare il Piemonte e per incontrare in particolare, 9 potenziali trade partner, precedentemente individuati, uno dei quali, interessato alle montagne olimpiche e alle attività principalmente legate alla neve, sarà probabilmente ospitato in Piemonte nelle prossime settimane di marzo, mentre gli altri saranno coinvolti nello sviluppo e nell'implementazione di pacchetti per il tempo libero. Per rafforzare l'immagine del Piemonte e delle sue ricchezze turistiche ed enogastronomiche inoltre, nel mese di giugno sarà organizzato un educational tour rivolto alla stampa israeliana, che comprenderà un percorso alla scoperta del vino nelle Langhe e nel Monferrato. Forte di un'economia in rapida espansione, il turismo israeliano è un mercato particolarmente interessante per il Piemonte, caratterizzato da un livello culturale medio-alto e da una buona capacità di spesa. Il grande interesse per le mete estere negli ultimi anni ha subito un notevole incremento, soprattutto nei riguardi dell'Europa, che rappresenta il 60% delle destinazioni del turista israeliano, un turista che si muove in media 4 volte l'anno e si slega dalle logiche stagionali. L'Italia, che da sempre attrae i turisti israeliani per l'arte, la cultura, la gastronomia e le bellezze naturali, rappresenta una delle mete privilegiate: soltanto nel 2007, la presenza è stata stimata in circa 350.000 arrivi e 700.000 presenze alberghiere annue.

(Quotidiano del Nord, 9 marzo 2009)

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Corsi di sicurezza per la protezione delle sinagoghe

In aumento il numero di ebrei che si reca in Israele per la formazione antiterroristica

In un articolo odierno, il quotidiano israeliano Maariv riferisce del sempre crescente numero di ebrei che si recano in Israele per seguire corsi di perfezionamento della sicurezza delle proprie istituzioni religiose.
Dopo l'attacco a Mumbai, dello scorso novembre, in cui è stato coinvolto il centro religioso della setta ebraica Chabbad, in Israele si organizzano corsi per la protezione dei luoghi di culto ebraici. I corsi non prevedono un addestramento paramilitare, ma si concentrano sulla sorveglianza degli edifici, sul controllo dei documenti di chi accede alle strutture e sull'identificazione tempestiva di eventi sospetti. La stampa israeliana ha riferito di un clima di viva preoccupazione a causa del diffondersi di sentimenti antisemiti legati all'operazione Piombo Fuso conclusasi a metà gennaio.

(PeaceReporter, 9 marzo 2009)

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Sondaggio gb: 1/4 degli studenti inglesi ignora che cosa sia Auschwitz

Auschwitz: una marca di birra, una festività religiosa o un tipo di pane. Sono alcune delle risposte date da alunni britannici di età compresa fra gli 11 e i 16 anni, che dimostra una scarsa comprensione dell'Olocausto - pure materia di studio in tutti i corsi delle scuole medie e superiori.
Come riporta il quotidiano britannico The Daily Mail, si tratta di una ricerca commissionata dal Centro Culturale Ebraico di Londra, i cui risultati non sono molto incoraggianti: se il 10% degli alunni si dichiara incerto, l'8% afferma trattarsi di un Paese confinante con la Germania, il 2% una marca di birra o una festività religiosa e l'1% un tipo di pane.
Inoltre, il 60% degli studenti ignora che la Soluzione finale fosse il piano di sterminio nazista degli ebrei, mentre il 20% ritiene che si trattasse delle trattative per mettere fine alla Seconda guerra Mondiale: solo il 37% sa che la Shoah era costata la vita a milioni di ebrei, molti peraltro sottostimando la cifra delle vittime.

(Clandestinoweb, 9 marzo 2009)

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Festività Purim, Israele impone blocco Cisgiordania

Per rischio attentati

GERUSALEMME, 9 mar. (Ap) - Le autorità militari israeliane hanno imposto un blocco di tre giorni in Cisgiordania che impedirà ai palestinesi di entrare nel territorio dello Stato ebraico durante le festività di Purim, che termineranno alla mezzanotte di mercoledì; eccezioni sono previste per urgenze mediche ed altri casi umanitari.
Le autorità militari considerano le festività religiose ebraiche come periodi a particolare rischio di attentati terroristici e in tali occasioni impongono regolarmente il blocco dei Territori.

(Virgilio Notizie, 9 marzo 2009)

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Tennis: Ram, a Malmoe momento triste per sport e Israele

Andy Ram
TEL AVIV, 8 mar. - (Adnkronos/Dpa) - "Un momento triste per il tennis, per lo sport e per Israele". Andy Ram non nasconde l'amarezza per le proteste che ieri hanno fatto da sfondo all'incontro di coppa Davis fra Svezia e Israele a Malmoe. La sfida si sta giocando a porte chiuse per motivi di ordine pubblico. All'esterno dell'impianto, centinaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso contro la politica israeliana e l'offensiva nella Striscia di Gaza. L'impianto della Baltiska Hall che ospita l'incontro ieri era protetto da cordoni di polizia.
Non sono mancati momenti di tensione, anche se le manifestazioni nel complesso si sono svolte in maniera pacifica. Ram ha giocato e perso il doppio conclusivo della prima giornata. L'israeliano si dice amareggiato per "il clima da guerra" che si respirava nella prima giornata dell'incontro a Malmoe. "Questi eventi hanno completamente cambiato la mia opinione della Svezia", scrive Ram in un articolo pubblicato oggi dal quotidiano israeliano Yediot Achronot, "dubito che avro' ancora voglia di tornare qui". L'incontro Svezia-Israele, valido per il primo turno del Gruppo Mondiale di coppa Davis, vede in vantaggio la Svezia per 2-1. Oggi sono in programma gli ultimi due singolari.

(IGN, 8 marzo 2009)
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Ultim'ora

Israele elimina la Svezia nel 'bunker' di Malmoe

Sela e Levy vincono gli ultimi singolari, vittoria in rimonta per 3-2

MALMOE (Svezia), 8 mar. (Ap) - Israele ha sconfitto in rimonta la Svezia per 3-2 superando il primo turno del World Group di Coppa Davis. A Malmoe, in Svezia, la selezione ospite si è aggiudicata il confronto grazie alle vittorie ottenute nei singolari odierni da Dudi Sela e Harel Levy. Sela ha sconfitto Thomas Johansson in cinque set per 3-6, 6-1, 4-6, 6-4, 6-2, mentre Levy ha piegato in cinque partite Andreas Vinciguerra con i parziali di 6-4, 4-6, 6-4, 3-6, 8-6.
L'intero confronto tra le due squadre, iniziato venerdì, è stato disputato a porte chiuse per motivi di sicurezza legati alle annunciate dimostrazioni anti-israeliane. Ieri un folto gruppo di dimostranti ha tentato di forzare il cordone della polizia per entrare nell'arena: gli scontri hanno portato al fermo di circa cento persone ed a dieci arresti. Nel corso dei tafferugli, che non hanno portato a ferimenti, un agente di polizia ha estratto un'arma da fuoco senza esplodere colpi.

(Virgilio Notizie, 8 marzo 2009)

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Rafah, scontri tra agenti egiziani ed attivisti di Ong britannica

IL CAIRO, 8 mar. - (Adnkronos/Dpa) - Gli attivisti, di diverse nazionalita', dell'organizzazione 'Viva Palestina' che fa capo al deputato britannico George Galloway si sono scontrati con le forze di sicurezza egiziane nella cittadina di al Arish, nei pressi del confine con Gaza. Gli scontri sono scoppiati dopo che le autorita' egiziane hanno negato al convoglio di aiuti di attraversare il valico di Rafah, che collega l'Egitto ai territori palestinesi.
Galloway, al quale per molto tempo e' stato negato il visto di accesso in Egitto per aver definito il presidente Hosny Mubarak un "criminale internazionale" per non aver aperto il valico di Rafah in modo permanente, e' arrivato ieri al Cairo per unirsi al convoglio di aiuti da lui organizzato che giovedi' e' entrato in Egitto dalla Libia. Prima degli scontri Galloway, insieme ad altri attivisti, si era incontrato a Rafah con esponenti del partito di governo egiziano il Partito nazionale democratico.
I componenti della missione umanitaria pero' non hanno accettato le condizioni poste dagli egiziani: ingresso subito a Gaza per Galloway e gli altri attivisti, ma non per il convoglio di aiuti - che comprende 12 ambulanze, un camion dei vigili del fuoco ed aiuti per un valore di 1,4 milioni di dollari - per il quale sarebbe stato necessario coordinarsi con le autorita' israeliane. Tornati ad al Arish sarebbero poi iniziati degli scontri con la polizia egiziana, in cui due attivisti sono rimasti feriti.

(Libero-news.it, 8 marzo 2009)

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Iran - Intelligence Israele: è già in grado di fare bomba atomica

Possiede conoscenze e materiali sufficienti per dotarsene

GERUSALEMME, 8 mar. (Apcom) - I servizi segreti militari di Israele ritengono che l'Iran sia ormai in grado di costruire una bomba atomica. Lo avrebbe detto il generale Amos Yadlin, capo dell'intelligence militare, nel corso di una riunione a porte chiuse del governo israeliano, secondo quanto hanno riferito fonti coperte dall'anonimato.
Secondo Yadlin, l'Iran ha ormai superato la "soglia tecnologica": questo non significa che abbia già la bomba, ma che possiede le conoscenze e i materiali necessari a farla. Anche da parte degli alti gradi militari degli Stati Uniti c'è la stessa convinzione.

(Virgilio Notizie, 8 marzo 2009)

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I genitori di Shalit accampati per protesta di fronte alla casa di Olmert

GERUSALEMME, 8 mar. - (Adnkronos/Dpa) - I genitori di Gilad Shalit si sono accampati per protesta di fronte l'abitazione del premier uscente israeliano Ehud Olmert. Aviva e Noam Shalit chiedono che Olmert prima di lasciare il governo chiuda l'accordo per il rilascio del figlio caporale dell'esercito israeliano catturato da Hamas nel giugno del 2006 nella Striscia di Gaza.
"Chiediamo ad Olmert ed al governo israeliano di salvare Gilad prima che sia troppo tardi" ha affermato alla radio israeliana il padre del giovane militare israeliano. Da parte sua Olmert ha dichiarato di ritenere controproducenti questo tipo di proteste: "la domanda e' a che cosa possano servire" ha detto, sottolineando che Shalit e' in mano a rapitori inumani e senza scrupoli e cedere alle loro richieste non farebbe altro che peggiorare le cose.
Hamas ha chiesto il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi in cambio della liberta' del militare israeliano. Mentre il governo israeliano ha posto il rilascio di Shalit come precondizione di qualsiasi accordo di cessate il fuoco permanente a Gaza e si rifiuta di aprire i valichi con la Striscia prima di una sua liberazione.

(Libero-news.it, 8 marzo 2009)

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Abu Mazen: sono deciso a formare governo con Hamas

Tutti i governi devono accettare precedenti impegni palestinesi

RAMALLAH (Cisgiordania), 8 mar. (Ap) - Il presidente palestinese Abu Mazen è deciso a formare un governo di coalizione con i rivali di Hamas, nonostante le profonde divergenze fra le due parti. Lo ha detto lo stesso leader dell'Autorità nazionale palestinese all'indomani dell'annuncio delle dimissioni del Primo ministro palestinese Salaam Fayyad con l'esplicito obiettivo di spianare la strada ad un nuovo governo di unità nazionale.
Nella città cisgiordana di Ramallah oggi Abu Mazen ha sottolineato che ogni nuovo governo deve accettare i precedenti impegni presi dai palestinesi fra cui il riconoscimento dello Stato di Israele.

(Virgilio Notizie, 8 marzo 2009)

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Conferenza per Gaza: facile pensare che nulla cambierà

Settantun capi di Stato e di governo sono tornati a casa dall'Egitto al termine della conferenza internazionale dei donatori per la ricostruzione di Gaza lasciando dietro di sé l'impressione che tutto resterà come prima. I palestinesi bombardano Israele e Israele risponde con attacchi aerei che mercoledì hanno ucciso uno dei capi della Jihad islamica, responsabile del lancio dei razzi. Nessun accordo è intervenuto per la distribuzione dei 4 miliardi di dollari promessi dai Paesi donatori: Hamas non vuole che essi siano distribuiti tramite il governo di Abu Mazen in controllo della Cisgiordania e Israele non sembra disposto a riaprire i valichi con Gaza....

(il Giornale, 8 marzo 2009)

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Svezia - Malmo, scontri tra manifestanti anti-Israele e polizia

Cinque persone arrestate, non si ha notizia di feriti

MALMO, 7 mar. (Ap) - Scontri tra attivisti anti-israeliani e polizia a Malmo, in Svezia, dove si sta giocando il match di Coppa Davis tra la nazionale svedese e quella israeliana. Gli incontri si giocano a porte chiuse per ragioni di sicurezza, ma almeno settemila persone si sono date appuntamento oggi nella cittadina svedese per protestare contro la recente offensiva militare condotta dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza.
La manifestazione di protesta si è svolta pacificamente nel centro di Malmo, fino a quando un gruppo di attivisti di estrema sinistra ha cercato di forzare il cordone di polizia messo a protezione dello stadio del tennis, lanciando sassi e petardi. Gli agenti in tenuta antisommossa hanno respinto gli attivisti a colpi di manganello. Non si hanno notizie di feriti, ma il portavoce della polizia Lars Hakan Lindholm ha detto che almeno cinque persone sono state arrestate.

(Virgilio Notizie, 7 marzo 2009)

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Giochi senza Israele, un'occasione persa

La motivazione ufficiale è pilatesca: siccome essi non partecipano ai Giochi del Mediterraneo dal 1951, non sono stati invitati nemmeno stavolta. E già che c’erano, per evitare rogne gli organizzatori hanno evitato di chiamare anche i palestinesi...

di Xavier Jacobelli

NÉ ISRAELE né i palestinesi parteciperanno ai Giochi del Mediterraneo (Pescara, 26 giugno-5 luglio). Per quanto riguarda gli atleti ebrei, la motivazione ufficiale è pilatesca: siccome essi non partecipano alla manifestazione dal 1951, non sono stati invitati nemmeno stavolta.
E già che c’erano, per evitare rogne gli organizzatori hanno evitato di chiamare anche i palestinesi, così in Abruzzo tutti saranno più tranquilli e chissenefrega se sarà stata sprecata un’occasione preziosa. Tutto questo avviene mentre il governo italiano annuncia che, in segno di protesta, diserterà la conferenza contro il razzismo, in programma a Ginevra a metà aprile perché, come già accadde a Durban, in realtà si trasformerà in un festival mondiale dell’antisemitismo e del negazionismo, su ispirazione di buona parte delle nazioni islamiche, Iran in testa. Una volta tanto e sorprendendo tutti, a cominciare da se stesso, l’esecutivo di Berlusconi ha preso un’iniziativa importante in politica estera dove, peraltro, glissa sul Tibet che martedì 10 marzo ricorderà il primo anniversario del massacro cinese a Lhasa.
Per i Giochi del Mediterraneo, invece, nessuno da Roma ha informato il comitato organizzatore di Pescara, dove, per non sapere né leggere né scrivere, hanno ignorato sia Israele sia i palestinesi. Il nostro sito internet «www.quotidiano.net» ha ricostruito l’ultima schizofrenia politico-sportiva di cui è teatro un Paese che, per bocca del suo premier, sa essere tanto amico di Israele quanto dei palestinesi, ai quali nei giorni scorsi a Sharm el Sheik, il Cavaliere in persona ha promesso aiuti per 100 milioni di dollari da impiegare nella ricostruzione di Gaza.
I Giochi del Mediterraneo sarebbero stati un’opportunità per trasformare un evento sportivo in un incontro di pace. Anche perché, dalla strage ai Giochi di Monaco ’72 in poi, gli sportivi israeliani hanno dovuto subire ignobili boicottaggi e razzistiche discriminazioni che devono finire. Nella stessa misura in cui gli atleti palestinesi hanno il diritto di rappresentare il loro popolo dovunque questo sia possibile. Frattini faccia una telefonata a Pescara e chiarisca le idee al Ponzio Pilato di turno. Non è mai troppo tardi per mostrare di avere coraggio.

(Quotidiano.net, 7 marzo 2009)

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Onu: Cicchitto, su 'Durban II' non dobbiamo aspettare Sarkozy

ROMA, 7 mar. (Adnkronos) - ''Il ministro Frattini ha fatto benissimo a decidere il ritiro dalla Conferenza di Durban II, in seguito ad un indegno documento. Non c'e' soltanto il problema dell'attuale risoluzione; c'e' anche il problema di Durban I, che ha prodotto un indegno manifesto di razzismo e di antisemitismo, oltre a quello che si prepara per Durban II. Fassino dimentica che il Parlamento italiano si e' gia' pronunciato in modo chiarissimo, ne' siamo tenuti per forza ad aspettare cosa decide Sarkozy". Lo dice il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto.
"Quando sono in ballo questioni di principio di questo spessore - aggiunge Cicchitto - l'attendismo opportunistico non e' condivisibile. Di conseguenza la decisione del Governo italiano e' stata giustissima e ci auguriamo che non ci siano passi indietro''.

(Libero-news.it, 7 marzo 2009)

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«Avete fatto bene a muovervi per primi»

«Si sta preparando una trappola nella quale si vorrebbe veder cadere i Paesi democratici»

Tutti ricordiamo la Conferenza Onu sul razzismo di Durban, nel 2001, che si concluse qualche giorno prima dell’11 settembre. La conferenza si svolse nella città dello stesso nome, in Sud Africa, sotto l'egida delle Nazioni Unite. E tutti abbiamo presente nella memoria il terribile spettacolo offerto dai rappresentanti delle Organizzazioni non governative, le Ong, che si incontrarono lì, a Durban appunto, in linea di principio per fustigare l'intolleranza e il razzismo e che, in realtà, si trovarono d'accordo sul fatto che nel mondo esistesse un solo Stato razzista e che quello Stato era Israele. E io non posso dimenticare lo stupore, ben presto la disperazione, che colse le delegazioni dei sopravvissuti al genocidio ruandese, dei militanti per la democrazia nello Zimbabwe, della casta indiana degli intoccabili, dei pigmei, dei superstiti dei massacri in Sudan quando si resero conto che la loro sorte non rappresentava alcun interesse agli occhi dei crociati altermondialisti che avevano fatto man bassa sulla Conferenza e, in materia di discriminazione, non avevano ormai cura che di un caso esemplare: quello dei popoli le cui disgrazie potessero essere imputate all'Occidente in generale e agli «americano- sionisti» in particolare....

(Corriere della Sera, 7 marzo 2009)

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Libano-Usa: nessuna ripresa dei contatti con Hezbollah

Confermata posizione dopo annuncio di Londra su avvio relazioni

ROMA, 7 mar. (Apcom) - La posizione degli Stati Uniti nei confronti del movimento sciita Hezbollah non è cambiata e, dunque, non è ancora giunto il momento di una ripresa dei contatti con il gruppo libanese. Lo hanno precisato ieri fonti autorevoli del dipartimento di Stato, dopo la decisione britannica di stabilire nuove relazioni con Hezbollah nell'ambito degli sforzi internazionali per convincere il movimento al disarmo.
Fonti diplomatiche statunitensi, citate dal quotidiano Haaretz, hanno comunque segnalato la volontà di Washington di seguire con attenzione gli sviluppi dell'iniziativa di Londra.
Ieri il ministro degli Affari Esteri britannico, David Miliband, aveva annunciato la decisione del suo governo di riprendere i contatti con Hezbollah. "In Libano, Hezbollah ha un esponente nell'esecutivo e noi abbiamo approvato contatti di basso profilo con loro in modo che sia assolutamente chiara la nostra determinazione per la reale applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che chiede tra l'altro lo scioglimento delle milizie" armate, aveva detto Miliband.

(Virgilio Notizie, 7 marzo 2009)

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Onu: razzismo, Francia e Vaticano saranno a conferenza, l'Italia no

di Luigi Ambrosino

ROMA - Il Vaticano e la Francia non seguono l'Italia e gli Stati Uniti su 'Durban II'. La Santa Sede ha confermato oggi infatti di voler partecipare alla seconda conferenza dell'Onu su razzismo e xenofobia che si terra' dal 20 al 24 aprile a Ginevra; cosi' come fara' Parigi, che ha invocato anzi una posizione comune dell'Unione europea. Ieri era stato il ministro degli Esteri Franco Frattini ad annunciare da Bruxelles il ritiro della delegazione italiana dai lavori preparatori a causa delle ''frasi aggressive di tipo antisemita'' contro lo stato di Israele contenute nella bozza di dichiarazione finale. Frasi inaccettabili, ha ribadito anche oggi in mattinata il titolare della Farnesina: per far rientrare l'Italia ''si devono cancellare quelle espressioni dichiaratamente antisemite e quelle frasi che inducono all'intolleranza'', ha esortato Frattini, aggiungendo - prima della presa di posizione di Parigi - che anche altri stati europei come Francia, Olanda e Danimarca nutrono ''grandi dubbi'': ''Spero seguiranno il nostro esempio'', era stato il suo auspicio. L'Italia - dopo la bocciatura di Stati Uniti e Canada delle settimane scorse - e' stato infatti il primo paese europeo a boicottare ufficialmente la Conferenza. Ma perplessita' su un'iniziativa che - come quella del 2001 a Durban - rischia di trasformarsi in una 'gogna' per Israele sono diffuse un po' nelle cancellerie di tutta Europa: tanto che lunedi' scorso anche il primo ministro francese Francois Fillon aveva avvertito che il suo Paese era ''pronto a ritirarsi''. In serata, invece, il cambio di rotta. La Francia non ha intenzione di abbandonare i lavori preparatori, ha fatto sapere il portavoce del Quai d'Orsay Eric Chevallier: ''Abbiamo preso atto dell'annuncio italiano, ma in questa fase pensiamo che sia importante essere all'interno del processo di preparazione di Durban II per far si' che non degeneri in tensioni invece di andare verso la difesa dei diritti umani'', ha spiegato il portavoce. ''Vedremo - ha aggiunto - se si potra' privilegiare una posizione europea''. Parigi vuole cercare quindi di modificare dall'interno i lavori preparatori, coordinati dalla Libia con la partecipazione di Iran e Cuba. La stessa cosa che evidentemente vorrebbe fare il Vaticano: ''Bisognera' vedere quale sara' il testo definitivo - ha detto all'ANSA mons. Silvano Maria Tomasi, nunzio presso l'Onu di Ginevra -: si sta lavorando ad una nuova bozza piu' breve e con modifiche. Si deve andare avanti con cautela, vedendo se certe obiezioni saranno accolte''. I negoziati certo vanno avanti, anche se trovare una mediazione rispetto ad una bozza che per adesso accusa Israele di ''crimini contro l'umanita' '', ''discriminazioni razziali'' contro i palestinesi e di ''minacciare la pace internazionale e la sicurezza'' appare - almeno al momento - difficile. ''Ci sono piu' di sei settimane prima della Conferenza e c'e' ancora tempo di elaborare un testo accettabile per tutti'', e' convinto comunque Rupert Colville, portavoce dell'Alto commissario Onu per i diritti umani. Dopo l' ''apprezzamento'' espresso ieri da Israele, in Italia intanto la decisione di Frattini raccoglie il plauso del collega della Difesa Ignazio La Russa (''Avrei fatto lo stesso, fa onore all'Italia'') e dell'Unione delle comunita' ebraiche italiane (Ucei): ''Esattamente come e' accaduto con la prima Conferenza di Durban del 2001 - ha spiegato il presidente Renzo Gattegna - governi di Paesi che negano i piu' elementari diritti umani, hanno la guida di una conferenza che dovrebbe essere contro il razzismo e che invece gia' nei documenti preparatori replica tesi razziste'' per ''demonizzare Israele''.

(ANSA, 6 marzo 2009)

COMMENTO - "Bisognera' vedere quale sara' il testo definitivo - ha detto all'ANSA mons. Silvano Maria Tomasi, nunzio presso l'Onu di Ginevra -: si sta lavorando ad una nuova bozza piu' breve e con modifiche. Si deve andare avanti con cautela...” In fatto di “cautela” in cose come queste il Vaticano è sempre stato maestro. Basta pensare a Pio XII con la Germania di Hitler.

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Fuori Israele e i palestinesi. Fiamma Nirenstein: "Atto che fa male alla pace"

L'evento sportivo internazionale (Pescara 26 giugno-5 luglio) coinvolge i 23 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ma si svolgeranno senza Israele e senza gli atleti dell'Autorità Palestinese. Per evitare grane, gli organizzatori non li hanno invitati

di Eleonora Grossi

PESCARA, 6 marzo 2009 - "E' un gesto che fa male alla pace". A parlare è Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e vicepresidente della commissione Esteri della Camera. La Nirestein nei giorni scorsi ha presentato un'interrogazione parlamentare per capire come sia possibile che nei Giochi del Mediterraneo, in programma il prossimo giugno a Pescara, non si annoverino tra i paesi partecipanti né lo Stato di Israele né l'Autorità palestinese, cioè le due realtà che più di altre avrebbero bisogno di trovare un punto d'incontro.
Da Pescara gli organizzatori dicono di avere le mani legate: "Noi non abbiamo escluso nessuno, perché Israele non fa parte del Comitato". E la portavoce dell'Ambasciata israeliana in Italia spiega che "sì, non è stata fatta domanda all'edizione del 2009 dei Giochi: ma solo perché ce ne fu già rifiutata una in Spagna, dove ai Giochi di Almeria del 2005 tutti i paesi arabi votarono no all'ingreso di Israele nel Comitato. Perché presentarne un'altra?".
Ma anche se il motivo è un precedente rifiuto, dall'Abruzzo spiegano che comunque è facoltà del comitato internazionale decidere l'ingresso di un paese ai Giochi. Ed è su questo che l'onorevole Nirenstein contrattacca: "So che l'onorevole Mario Pescante (che guida i Giochi di Pescara assieme all'onorevole Sabatino Aracu) non ha nulla contro Israele. So anche però, che se il ministro Frattini ha scelto di non andare ad una conferenza promossa dall'Onu, Pescante potrebbe anche prendere una posizione più coraggiosa, scuoterre gli animi e far sì che il comitato internazionale si renda conto di quello che questa situazione rappresenta: una grandissima prevaricazione, e un atto di indecenza politica. Un atto che fa male alla pace".
Se l'intento di queste 'olimpaidi' era quello di rappresentare l'occasione per unire tutti i popoli del mare nostrum insomma, c'è un pezzo mancante. Anzi due, visto che neanche l'Autorità palestinese vi parteciperà. Ma, come successe per Pechino, dove tutte le proteste pro Tibet non spostarono di una virgola la macchina organizzatrice, così anche a Pescara l'esclusione da parte dei Paesi Arabi di Israele rischia di non fare rumore.

(Quotidiano.net, 6 marzo 2009)

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Cassazione: e' reato dire ad un ebreo 'questa non e' la tua terra'

ROMA, 6 mar. - (Adnkronos) - E' reato tirare in ballo gli ebrei in contrapposizione ai nostri connazionali. Rischia una condanna per ingiuria. Parola di Cassazione che ha convalidato la condanna prevista dall'articolo 594 c.p. nei confronti di Otto S., un 50enne di Trieste che si era rivolto al suo datore di lavoro di origine israeliana dicendogli: "Questa non e' terra di ebrei, questa e' l'Italia e tu devi rispettare il codice civile".
Il dipendente, tra l'altro annota la sentenza 10358 della V Sezione penale era stato lincenziato ma l'episodio incriminato non era stato utilizzato dal dirigente in relazione all'espulsione. In ogni caso piazza Cavour, convalidato la decisione del Tribunale di Trieste, ha evidenziato che legittimamente dall'espressione e' stata ricavata "una valenza ingiuriosa percjhe' si contrapponeva la 'terra degli ebrei', o un paese ebreo, a un paese civile, l'Italia, 'terra dove si rispettano le leggi', quindi equiparando la terra degli ebrei ad una terra incivile dove vigeva l'arbitrio".
Stesso responso era stato espresso dal Tribunale di Trieste il 7 marzo del 2008 in riforma della sentenza del giudice di pace della stessa citta'. Inutilmente Otto S. ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo fra l'altro l'inattendibilita' del datore di lavoro di origini ebree. Piazza Cavour ha respinto il ricorso e evidenziando che "il motivo relativo alla credibilita' della persona offesa non e' elemento idoneo per ritenere inattendibile la stessa", ha sottolineato che "il significato spregiativo" dell'espressione 'terra di ebrei' "era voluto perche' Otto S. sapeva che Oozi C., titolare dell'impresa dove il primo prestava servizio, era nato in Israele ed era di madrelingua ebraica".

(Libero-news.it, 6 marzo 2009)

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Mauritania, il governo dà 48 ore per chiudere l'ambasciata di Israele

Il personale dell'ambasciata di Israele in Mauritania ha lasciato la sede diplomatica dopo che il paese africano ha intimato loro di partire entro 48 ore. Lo riferiscono testimoni e un alto funzionario mauritano.

"Le autorità mauritane hanno dato al personale dell'ambasciata israeliana di Nouakchott 48 ore per lasciare il Paese", ha detto il dirigente.
Le relazioni diplomatiche con la Mauritania, uno dei soli tre paesi arabi che hanno rapporti pieni con lo Stato ebraico, sono diventate tese dopo che Israele ha lanciato l'offensiva militare contro la Striscia di Gaza a fine dicembre.
A gennaio, la Mauritania ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele per consultazioni, un passo che secondo un consigliere del governo nordafricano era il primo verso l'interruzione delle relazioni.

(Reuters, 6 marzo 2009)

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Israele e i giochi del Mediterraneo

di Francesco Vergani

Come se lo stato di Israele non esistesse. Alla Ahmadinejad: come se il suo nome fosse stato cancellato dalla faccia della terra. Israele è (ancora una volta, da sempre) fuori dai Giochi del Mediterraneo.
Escluso dalla manifestazione non tanto dall'Italia che pure organizza la XVI edizione dai Giochi, in programma a Pescara dal prossimo 26 giugno al 5 luglio, ma per effetto di un boicottaggio in sede di Comitato internazionale per i Giochi del Mediterraneo, e ancora in fase d'adesione allo stesso organismo, da parte del Comitato olimpico israeliano. La cui domanda d'iscrizione al Cijm - peraltro, richiesta ufficiale nemmeno formalizzata - otterrebbe per tutta risposta uno scandaloso, scontatissimo no da parte di altre rappresentanze nazionali già comprese nell'organismo. Tra le più influenti: quelle di Algeria, Egitto, Libano e Siria. Quando per queste, non per niente delegazioni affiliate e riconosciute al/dal Cio, ancora dal 1951 (I edizione dei Giochi) l'importante non è vincere, è non far partecipare Israele.
D'altronde la questione politica è talmente complessa, e del resto interessa un ambito internazionale, che mi sembra sbagliato porla in termini ultimativi, per giunta in extremis a quattro mesi dall'inizio dei Giochi". Raffaele Pagnozzi è vicepresidente del Cijm. "Nel medio termine, certo, lavoriamo per arrivare a un compromesso" annuncia parlando la stessa lingua dei membri europei del Comitato, in testa Francia, Italia e Spagna. Tre componenti che da almeno un decennio a questa parte, sembrano realmente intenzionate a fare risultato. Riaprendo una partita storica. "Altrimenti, il rischio serio è quello d'interrompere (anche) il dialogo sportivo, lealmente agonistico, tra le due rive del Mediterraneo". Concorda nel merito Mario Pescante, nel Cio dal 1994 e nello sport da una vita. Oggi deputato Pdl nonché Commissario straordinario per l'organizzazione dell'evento Pescara 2009, delegato dal Governo. Pescante al Corsera del 28 febbraio: "Ma poi, perché assegnare allo sport il compito di risolvere i problemi dell'umanità?" aggiunge, lamentandosi con il giornale per il titolo "Anche l'Italia esclude l'Israele".
Vorrei rassicurare gli amici israeliani. Chissà mai: arrivederci già a Volos 2013, prossima edizione dei Giochi del Mediterraneo, in Grecia. Ma soprattutto vorrei rassicurare i lettori: l'Italia non esclude e non ha mai escluso nessun atleta e nessun Paese dalle competizioni sportive che si svolgono nel nostro Paese. Solo, esistono delle regole internazionali che vanno rispettate. Una di queste regole è che per l'ammissione ai Giochi del Mediterraneo ci vuole una maggioranza qualificata delle 23 nazioni aventi diritto. Come organizzatori non abbiamo potere di intervenire".

(l'Occidentale, 6 marzo 2009)

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Turchia e Israele, dopo Gaza prove di riconciliazione

A Bruxelles colloquio fra Ministri esteri Babacan e Livni

ROMA, 5 mar. (Apcom) - I capi delle diplomazie turca e israeliana, Ali Babacan e Tzipi Livni, si sono incontrati a margine del vertice dei Ministri degli Esteri della Nato svoltosi oggi a Bruxelles per cercare un riavvicinamento dopo le polemiche provocate dalla recente operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza.
Come riporta il quotidiano israeliana Ha'aretz, l'incontro è stato tenuto riservato per paura che una fuga di notizie potesse mandare a monte il colloquio. I due dirigenti hanno constatato l'importanza dei legami fra i due Paesi e si sono impegnati perché continuino i contatti ad alto livello.
Turchia e Israele vantano una solida cooperazione economica e militare che nessuno dei due Paesi ha interesse a danneggiare; più a rischio può apparire il ruolo turco di mediazione fra lo Stato ebraico e Paesi come la Siria, ma lo stesso premeir turco Recep Tayyip Erdogan ha assicurato che Ankara - anche su insistenza dell'Onu - è disposta a riprendere i suoi sforzi diplomatici per la pace in Medio Oriente su richiesta delle parti.

(Virgilio Notizie, 6 marzo 2009)

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Razzismo No dell'Italia a Durban 2

di Fiamma Nirenstein

L'Italia non andrà alla infame conferenza detta Durban 2 cosiddetta «contro il razzismo». L'ha annunciato ieri il ministro Franco Frattini alla ministra israeliana Tzipi Livni ed è una notizia che farà da battistrada al resto di Europa, da dove, timidamente (dalla Francia, dall'Olanda) nei giorni scorsi, già si levavano voci di sdegno per l'antisemitismo plateale del documento preparatorio. Stati Uniti, Canada e Israele erano per ora i soli che avevano avuto il coraggio di dire "no" a un documento di linee programmati che ispirato dai paesi islamici, specie dalla Libia e dall'Iran, presidente e vicepresidente nel lavoro preparatorio, che di nuovo inchiodava Israele all'antico slogan del 1975 che fu risoluzione dell'Onu poi cancellata: sionismo eguale razzismo.
La conferenza che si terrà a Ginevra su iniziativa dell'Onu a metà aprile porta ancora invece quell'indelebile marchio di antisemitismo e antiamericanismo che nei giorni della prima conferenza, tenutasi a Durban all'inizio del settembre 2001, fu la rivelazione ideologica dell'odio che portò subito dopo all'11 settembre.
A Durban i delegati di tutti i Paesi del mondo convennero al Palazzo dei Congressi per ascoltare le invettive di Mugabe, di Arafat, di Fidel Castro; le Ong marciavano in cortei che brandivano l'immagine di Bin Laden e dichiaravano Israele «Stato razzista» e «Stato di apartheid». Fu una apocalisse demonizzante che ha lasciato pesanti segni sulla struttura dell'antisemitismo contemporaneo, che segnando con marchio di criminalizzazione morale Israele e gli ebrei, li rende indegni di vivere, proprio come vorrebbe l'Iran odierno. La preparazione di Durban 2 ha fatto da filo conduttore alla propaganda jihaidista di questi anni.
L'Italia ha preso la sua decisione, che dimostra che il linguaggio politico internazionale quando è dissennato, quando è pregno di eco jihadiste, quando fa da cassa di risonanza alla politica dell'odio non trova un consenso mondiale automatico. L'Italia, con il coraggio del primo pioniere europeo, stabilisce qui i limiti del discorso politico decente e ammissibile, e quello antisemita non vi rientra.

(il Giornale, 6 marzo 2009)

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Londra pronta a colloqui con Hezbollah

LONDRA, 5 mar. - (Adnkronos/Dpa) - Londra e' pronta a colloqui con il movimento sciita libanese Hezbollah. A scriverlo e' il 'Guardian' citando funzionari del Foreign Office. Il sottosegretario agli Esteri Bill Rammel ha informato i parlamentari che il governo autorizzera' contatti "selezionati con cura' con l'ala politica di Hezbollah, rappresentata nel parlamento libanese. Funzionari del Foreign Office precisano che la decisione non costituira' un precedente per colloqui con Hamas. "Abbiamo riesaminato la nostra posizione di non avere contatti con Hezbollah", hanno reso noto al Foreign Office, "alla luce - hanno proseguito, secondo quanto riferisce il 'Guardian' - dei recenti piu' positivi sviluppi politici in Libano, ivi compresa la formazione di un governo di unita' nazionale che vede la partecipazione di Hezbollah. Stiamo esplorando contatti a livello ufficiale con l'ala politica di Hezbollah".

(Il Tempo, 5 marzo 2009)

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Gerusalemme, torna il terrorismo una ruspa contro auto della polizia

Un tassista e un poliziotto hanno sparato: l'attentatore è morto. Nella cabina di guida ritrovata una copia del Corano

GERUSALEMME - Una ruspa si è schiantata contro un'auto della polizia e poi contro un autobus vuoto a Gerusalemme. L'autista, un palestinese, poco dopo l'assalto, è stato ferito dai colpi d'arma da fuoco esplosi da un tassista e da un agente delle forze di sicurezza israeliane. L'uomo è morto per ferite riportate. La polizia non ha diffuso il nome del presunto terrorista che non portava con sé documenti, ma ha fatto sapere che a bordo della ruspa c'era una copia del Corano aperta.
L'episodio è avvenuto nella zona sud di Gerusalemme, nei pressi del frequentato centro commerciale Malkha, poco dopo le 13 ora locale. Nell'attacco due agenti sono rimasti feriti ma non sono in gravi condizioni. L'autobus non trasportava passeggeri e la strage è stata dunque evitata.
Fonti della polizia israeliana hanno descritto una scena spaventosa, con il trattore che dopo aver agganciato la vettura della polizia l'ha trascinata lungo il viale e l'ha fatta ribaltare due volte spingendola contro un autobus vuoto fermo nel traffico. Un tassista che ha assistito alla scena ha sparato quattro colpi di pistola contro l'uomo; la polizia, intervenuta poco dopo, lo ha neutralizzato definitivamente, spiega il quotidiano Haaretz. Fonti della sicurezza hanno definito l'episodio "un attentato terroristico".
Il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat ha proposto la demolizione della casa del palestinese, una tattica utilizzata dai vertici israeliani che ha suscitato nei giorni scorsi le critiche della comunità internazionale, a cominciare da quelle del segretario di Stato Usa Hillary Clinton.
Si tratta del quarto attacco di questo genere a Gerusalemme in appena nove mesi. Il 2 luglio scorso un palestinese aveva ucciso tre israeliani e ne aveva feriti altri 45 attaccando bus e auto nel centro di Gerusalemme, prima di essere ucciso dalla polizia. Tre settimane dopo, un altro palestinese era stato ucciso in un analogo attacco in cui rimaste ferite 16 persone.
A settembre, infine, un palestinese di Gerusalemme est era stato ucciso dopo che aveva lanciato la sua auto contro alcuni soldati israeliani diretti al Muro del Pianto. I responsabili degli attacchi provenivano tutti da Gerusalemme est, dove i residenti palestinesi hanno carte di identità israeliane e possono muoversi liberamente in Israele.

(la Repubblica, 5 marzo 2009)

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Israele, crisi colpisce high-tech vanto del Paese

Persi 5000 posti di lavoro in ultimi mesi

ROMA, 5 mar. (Apcom) - La crisi globale non risparmia in Israele il settore dell'high-tech, fiore all'occhiello dell'economia nazionale. La stampa locale riferisce che solo in questi ultimi giorni diverse centinaia di impiegati in questo settore hanno appreso, senza alcun preavviso, di non avere piu' un lavoro. Dall'inizio della recessione mondiale circa 5mila lavoratori nell'industria tecnologica israeliana hanno perduto la loro occupazione.
La Comverse Technology ha annunciato un piano che prevede il taglio immediato di circa 200 posti di lavoro, la Flextronics ha inviato lettere di licenziamento ad oltre 200 dipendenti nel suo centro di Ofakim, due mesi dopo averne licenziati altre centinaia nella sede di Migdal Haemek. E aspettano di essere posti in "mobilita'" 1.050 impiegati e operai delle industrie Vishai, Tower, Alliance e Gibor.
Le pagine dei giornali oggi sono piene oggi delle storie personali di ingegneri elettronici e tecnici specializzati che fino a un anno fa credevano di essere al riparo da qualsiasi crisi economica alla luce del successo internazionale dell'high-tech israeliano. Il quotidiano Maariv, riferendo le valutazioni fatte da alcuni esperti, arriva a prevedere la perdita di 10mila posti di lavoro. Da parte loro i disoccupati dell'high-tech sanno che non riusciranno a trovare una nuova occupazione in tempi brevi mentre gli ammortizzatori sociali ed economici previsti dalla legge israeliana daranno solo garanzie minime e limitate nel tempo.
La tensione nel frattempo cresce nelle fasce piu' deboli della popolazione. Ieri ad Hatzor Haglilit, in Galilea, decine di creditori, fornitori e lavoratori hanno saccheggiato il supermarket locale della catena Birkat Hashem, pochi minuti dopo l'annuncio ufficiale della sua chiusura definitiva. La polizia non e' intervenuta. L'assalto al supermercato e' avvenuto a poche centinaia di metri dall'industria alimentare Pri-Galil, fortemente indebitata con le banche, che e' riuscita ad evitare il licenziamento dei suoi operai dopo essere stata acquistata dalla concorrente Hetzi Hinam.
Esprimendo soddisfazione per la positiva conclusione del caso della Pri-Galil, il leader del sindacato Histadrut, Ofer Eini, ha tuttavia sottolineato che la crisi e' gravissima e che serve l'impegno di tutti gli israeliani per evitare che a pagarne i costi piu' alti siano i lavoratori.
Il saccheggio di ieri ad Hatzor Haglilit rappresenta un serio campanello d'allarme - ha avvertito Danny Bremer del quotidiano Yisrael Hayom - il nuovo governo dovra' esser pronto ad affrontare una crisi economica e sociale che non ha precedenti e che potrebbe avere sviluppi inquietanti".

(Virgilio Notizie, 5 marzo 2009)

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Israele: rapporto pubblicato da Lancet è solo propaganda

"Hamas investe nella violenza e non nella sanità pubblica"

Londra, 5 mar. (Ap) - Per il governo israeliano il rapporto pubblicato oggi dalla prestigiosa rivista medica The Lancet sulla situazione sanitaria nei territori palestinesi è solo "propaganda". Nel rapporto si afferma che l'assistenza sanitaria in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è "frammentata e incoerente", e che circa il dieci per cento dei bambini palestinesi ha problemi legati alla crescita, una percentuale che in alcune aree di Gaza sfiora il 30 per cento.
"I tassi di mortalità infantile non sono diminuiti rispetto agli altri paesi arabi", ha spiegato la dottoressa Hanan Abdul Rahim, della Birzeit University, una delle ricercatrici del progetto. "I bambini che hanno problemi legati alla crescita sono in aumento. La malnutrizione cronica causa difficoltà e rallentamento nello sviluppo fisico e cognitivo", ha spiegato ancora Abdul Rahim. Secondo il responsabile della ricerca, il dottor Awad Mataria, "il caos politico è una delle ragioni del fallimento del sistema sanitario, ma la situazione è stata esasperata e perpetuata sotto l'occupazione".
Le autorità israeliane contestano i risultati della ricerca. Il portavoce del governo di Gerusalemme, Mark Regev, ha detto che si tratta solo di "propaganda spacciata per rapporto medico". L'alto tasso di mortalità nella Striscia di Gaza, ha spiegato il portavoce, non dipende da Israele. "Quanto di tutto ciò è dovuto al regime di Hamas? Invece di investire nella sanità pubblica, hanno investito nella violenza" ha aggiunto Regev. Per il portavoce l'influenza di Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è stata benefica, dal momento che molti palestinesi sono stati curati negli ospedali israeliani.

(Virgilio Notizie, 5 marzo 2009)

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Conferenza Onu sul razzismo, si ritira anche l'Italia: «Frasi antisemite in bozze»

Frattini: «La decisione sarà revocata se modificati due punti inaccettabili». No anche da Stati Uniti e Canada

ROMA - Anche l'Italia, seguendo l'esempio degli Stati Uniti e del Canada, boicotterà la conferenza Onu «Durban II» sul razzismo prevista a Ginevra dal 20 al 25 aprile, contestando le «frasi aggressive e antisemite» contenute nella bozza di dichiarazione finale. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Franco Frattini dopo un incontro bilaterale con la collega israeliana Tzipi Livni a margine del Consiglio Esteri Nato a Bruxelles. «La delegazione italiana non parteciperà al seguito dei lavori di Durban II» ha detto Frattini, spiegando che la decisione potrà essere revocata se il testo - che attualmente contiene «almeno due parti inaccettabili» - verrà modificato. Secondo il titolare della Farnesina, anche Danimarca, Francia, Olanda e Belgio sono pronti a ritirare le proprie delegazioni. Il premier Francois Fillon ha detto che la Francia «non accetterà che lo Stato d'Israele sia stigmatizzato, che la sua politica venga calunniata, e se necessario si ritirerà».

PLAUSO DI ISRAELE - Un portavoce del ministero degli esteri a Gerusalemme, Andy David, ha detto che Israele «si rallegra di questa decisione dell'Italia che si è resa conto che da questa conferenza nulla di positivo potrà emergere». Soddisfatta Margherita Boniver, deputata del Pdl e presidente del Comitato parlamentare Schengen, Europol e Immigrazione: «Dall'esperienza deleteria della prima sessione di Durban si era capito che l'intenzione di Paesi come la Libia e l'Iran era ed è di trasformare la conferenza in un grande palcoscenico, teatro di un'orgia di antisemitismo ed anti-occidentalismo, capace di rivoltare platealmente la realtà». Il sottosegretario agli Esteri Enzo Scotti ha detto che la conferenza di Durban «costituisce un'occasione unica di fare il punto sui nostri sforzi nella lotta al razzismo e alla discriminazione e di rinnovare il nostro impegno in materia. È fondamentale che i negoziati non deviino da questo obiettivo. Se tale sarà il caso l'Italia è pronta a continuare a impegnarsi in questo processo. Non possiamo permettere che questa occasione cada preda di altre priorità politiche o ideologiche»....

(Corriere della Sera, 5 marzo 2009)

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Pescante dal palco dell'Ussi sul caso Israele: «Lo sport ostaggio della politica»

In occasione del Congresso nazionale dell'Ussi in corso di svolgimento a Montesilvano, il Commissario Straordinario dei Giochi Mario Pescante è tornato sull'ammissione di Israele e Palestina ai Giochi del Mediterraneo, ribadendo che si tratta di «una questione solo politica» con «lo sport ostaggio della politica e di interessi che vanno oltre l'aspetto agonistico».

Pescante ha quasi ironizzato, dicendo che «solo dopo sessant'anni ci si accorge che Israele non ci sarà. Ci accusano di non aver voluto i due Paesi, senza sapere che già a Bari tentammo di farli ammettere, ma non fu possibile perchè ai voti il Comitato generale dei 23 Paesi membri del Cijm non fu unanime. Bisogna capire - ha proseguito Pescante -, ma si fa solo finta di non capire, che in questa situazione lo sport non c'entra nulla. Chi dice questo - ha proseguiro - mente, sapendo di mentire». Parlando poi della macchina organizzativa, il Commissario Straordinario ha specificato che si sta lavorando in maniera intensa per regalare all'Abruzzo una edizione memorabile. Ieri il Comitato del Cijm (guidato da Addadi) ha visitato lo Stadio Adriatico e le piscine Le Naiadi. P.R.

(Il Tempo, 5 marzo 2009)

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L'Iran minaccia Israele

di Antonio Rispoli

Ancora una volta, l'Iran minaccia Israele. Questa volta è stato il capo dei Pasdaran, che ha minacciato l'utilizzo di missili sulle basi nucleari di Israele.
In realtà gli iraniani sono estremamente preoccupati, perchè appare quasi certo un violento attacco aereo contro Teheran da parte di aerei con la Stella di David. Tuttavia, essendo periodo di campagna elettorale, più o meno tutti i contendenti si fanno belli minacciando Israele (non costa niente dirlo, attira elettori e comunque si è impotenti) e quindi gioco forza devono assumere questi atteggiamenti machisti. Tuttavia vorrei tranquillizzare i sostenitori di Israele che leggeranno questo articolo: se anche dall'Iran qualcuno impazzisse e lanciasse dei missili, Tel Aviv ha un doppio schieramento di missili antimissile tale che nessun missile può colpire il territorio israeliano. Inoltre Israele, che ha più di 100 missili a testata nucleare già pronti, attivi e puntati, può radere al suolo l'Iran senza battere ciglio.

(Julienews.it, 4 marzo 2009)

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Gruppo di palestinesi e israeliani insieme in Svizzera

LOSANNA - Una trentina di israeliani e palestiensi, fra cui diversi ex combattenti feriti, passano insieme una settimana in Svizzera. Fanno parte del gruppo Wounded Xrossing Borders, che si propone di "gettare ponti" tra i popoli al di là della guerra e dell'odio.
"La mia convinzione è che non ci sia una soluzione militare al conflitto", ha testimoniato oggi a Losanna Soulaiman, un palestinese: "sono di Ramallah. Sono stato incarcerato per dieci anni, dall'età di 14 anni. Fra gli israeliani che sono qui ci sono ex soldati e un guardiano di prigione. Immaginate come sia difficile".
Per Soulaiman, come per l'israeliano Gadi, seduto allo stesso tavolo, il dialogo è tuttavia "il solo modo per arrivare alla pace". Il gruppo mira a stabilire un rapporto di fiducia tra i due popoli: "Fra gli israeliani, alcuni parlano in modo diverso rispetto ad alcuni mesi fa", afferma Gadi.
Il gruppo Wounded Xrossing Borders esiste da oltre un anno, ma i suoi membri non avevano potuto incontrarsi dopo lo scoppio della guerra a Gaza. Invitati dall'associazione Coexistences, una trentina di loro hanno trovato in Svizzera un terreno neutrale dove dialogare, lontano dal conflitto israelo-palestinese.
Arrivati domenica a Ginevra, soggiorneranno fino all'8 marzo a Cret-Bérard, nel canton Vaud. La delegazione è stata ricevuta oggi a Losanna dal consigliere di Stato Philippe Leuba. Essa ha pure incontrato alcuni medici dell'Ospedale universitario vodese (CHUV) e membri di organizzazioni internazionali.

(swissinfo.ch, 4 marzo 2009)

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Abbas: Teheran smetta d'interferire nei nostri affari

RAMALLAH, 4 mar. (Adnkronos) - Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha accusato oggi l'Iran di favorire le divisioni fra palestinesi. "Da quando gli iraniani sono entrati nelle questioni palestinesi, hanno lavorato soltanto per approfondire il solco, li esortiamo a smettere d'interferire nei nostri affari perche' approfondiscono soltanto la disputa", ha detto Abbas a Ramallah dopo il suo colloquio con il segretario di Stato americano Hillary Clinton. L'Iran sostiene Hamas, il movimento islamico che ha assunto con la violenza il controllo della Striscia di Gaza. Oggi a Teheran si teneva un summit sulla questione palestinese alla quale hanno partecipato esponenti di Hamas, la Jihad islamica e il partito sciita libanese Hezbollah.

(Il Tempo, 4 marzo 2009)

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"Israele, miracolo in mutazione". Parla Aharon Appelfeld

Aharon Appelfeld
Parlare di Israele con lo scrittore Aharon Appelfeld è come chiedere a un padre di parlare del proprio figlio prediletto. Nessun altro lo conosce meglio e a legarli è un amore ancestrale, incline alla virtù dell'indulgenza. Lunedi sera Appelfeld ha presentato al Centro culturale di Milano il suo nuovo romanzo "Paesaggio con bambina" (Guanda), in cui la piccola Tsili sopravvive all'Olocausto e trascina attraverso l'inferno le membra innocenti verso la fragile speranza della Palestina.
"Israele rappresentava la speranza -spiega Appelfeld al Foglio -, per i sopravvissuti all'Olocausto di trovare un luogo dove sentirsi in qualche modo amati. E' come un uomo che, procedendo a ritroso, ritornasse nel ventre della propria madre. Appelfeld preesiste a Israele, nella lingua ebraica dei suoi libri la medesima parola, "Ha'aretz", convoglia il duplice concetto di Palestina e Stato di Israele. La sua opera è un disseppellimento delle identità che lo porta fino al vertice - un vertice rovesciato, che scava piuttosto che innalzarsi- della ricostruzione della lingua ebraica, dimenticata ma non perduta. "L'ebraico non è una lingua artificiale, semplicemente è una cosa che gli ebrei hanno dimenticato. Non è artificiale perché tutti gli ebrei l'hanno sempre usata con due scopi: lo studio e la preghiera, gli aspetti più profondi dell'appartenenza. Si trattava soltanto di riportare alla luce il suo uso nel parlato, e la cosa sta avvenendo. Per me sentir parlare l'ebraico in Israele è un miracolo". Ma Israele non è un monolite, negli anni è molto cambiato. Il suolo sacro di Gerusalemme si è allontanato da Tel Aviv, città secolarizzata, completamente avvinta dalla logica occidentale. In mezzo, la zona grigia dove si pratica l'arte della normalità, con i suoi flussi vitali e le ondate migratorie. "Molti ebrei di Gerusalemme sono ultra ortodossi, ma questo non significa che tutta la popolazione viva l'appartenenza allo stesso modo. Ma la storia di Gerusalemme è un incrocio fra tre storie ed è quasi impossibile da spiegare; Invece Tel Aviv esprime bene i présupposti dello stato di Israele, che è un progetto secolare". Lo scrittore nativo di Czernowitz, nell'attuale Ucraina, si spinge fino al controverso abbraccio fra identità religiosa e secolarismo: "Semplicemente gli ebrei non hanno mai avuto una domanda sulla propria identità, perché questa è sempre sopravvissuta, anche nella diaspora. Con la creazione di Israele gli ebrei non cercavano di colmare un vuoto di identità, ma semplicemente speravano di avere un luogo dove trovare riparo dopo la tragedia. Un'idea laica e inclusiva che si trova ora a fare i conti con un'immigrazione massiccia, specialmente da parte degli ebrei russi che dopo il collasso dell'Unione Sovietica - ma "un po' di comunismo gli è rimasto attaccato"- sono diventati una presenza imponente sul territorio israeliano. Basta pensare a Israel Beiteinu, il partito nazionalista del moldavo Avigdor Lieberman, oggi terza forza politica del Paese. La migrazione fa parte della natura di questa terra e il fattore particolare dei russi sta nel fatto che sono per la maggior parte ebrei secolarizzati che conservano legami flebili con la tradizione religiosa. Questo ha anche un riflesso politico, ma non lo considero in modo particolare. C'è da dire poi che la destra nazionalista guadagna consensi in tempo di guerra, mentre io credo che nel giro di qualche anno la sinistra di stampo socialista tornerà a essere una forza significativa".

(Il Foglio, 4 marzo 2009)

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L'esercito di Israele arruola i disabili

Svolta dopo quasi sessant'anni: i primi due sono un ragazzo ed una ragazza down

Per quasi sessant'anni i giovani disabili che avevano raggiunto l'età per essere arruolati sono stati automaticamente riformati. Ma oggi, per la prima volta, nell'esercito di Israele, uno dei più forti, più armati e più addestrati del mondo, entrano due ragazzi down: sono Shimrit Kroiteru e Gilad Rozdial.
Shimrit, testimonial e pioniera di questo progetto, è salita sul podio della festa annuale di Akim, l'organizzazione che ha lottato per ottenere questo diritto per i volontari disabili, e davanti al microfono ha detto che che l'esercito la sta trattando come ogni altro soldato e che farne parte, oltre ad essere il suo sogno, ha aumentato la sua sicurezza e la sua capacità di svolgere piccoli compiti: «Il primo giorno non sapevo cosa avrei dovuto fare. Ma adesso ho imparato ed è tutto più facile».
Gilad è stato invece scelto per presentare, durante la festa, un omaggio al presidente Shimon Peres e l'espressione di pura delizia sul suo volto non aveva prezzo.
«L'esperimento pilota ha già provato che le persone con handicap mentale possono contribuire allo sviluppo delle forze difensive israeliane» ha detto il generale Ami Zamir, responsabile del progetto - aggiungendo che altre 50 saranno arruolate nel corso dell'anno.
«Saranno dispiegati a Sar-El, una unità volontaria che attrae gente da tutto il mondo per aiutare a pulire, sistemare e gestire le scorte nei magazzini militari. Altri 40 saranno arruolati nel corso del prossimo anno e saranno mandati nelle unità i cui comandanti hanno indicato la propria disponibilità a partecipare al progetto».

(La Stampa, 4 marzo 2009)

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Iran, Khamenei: "Israele è un cancro"

"Olocausto solo un pretesto"

"L'Olocausto è stato un pretesto per creare lo Stato di Israele, che è un cancro". Lo ha detto la Guida suprema iraniana, ayatollah Ali Khamenei, aprendo a Teheran una "Conferenza internazionale di sostegno alla Palestina". Khamenenei, contraddicendo la sua fama di moderato, ha anche affermato: "La resistenza è l'unico modo per salvare la Palestina".
Il leader iraniano ha ribadito il suo sostegno al ritorno di tutti i profughi palestinesi e a un referendum sul futuro del territorio dello stato ebraico. Khamenei ha parlato in apertura di un summit alternativo a quello di Sharm el Sheikh sulla ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dall'incursione israeliana conclusa il 18 gennaio scorso.
Khamenei si è dichiarato contrario a qualsiasi trattativa fra palestinesi e israeliani, affermando che il popolo palestinese potrà ottenere risultati solo attraverso "la Jihad dei combattenti". "C'è gente - ha detto Khamenei - secondo la quale l'unico modo di salvare la Palestina sono le trattative. Ma trattative con chi? Con un regime usurpatore e deviato? Con gli Usa e la Gran Bretagna, che hanno creato questo cancro?".

(TGCOM.it, 4 marzo 2009)

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Presentato a Gerusalemme il catalogo dei manoscritti ebraici conservati dal Vaticano

Presentato ieri a Gerusalemme il catalogo dei manoscritti ebraici conservati dalla Biblioteca Apostolica Vaticana presso la National Library of Israel dal cardinale archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa (! ndr) Raffaele Farina....

(ItaliaLavoroTV, 4 marzo 2009)

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Trani, il 9 marzo gli ebrei pugliesi celebreranno il Purìm

Presso la Sinagoga Scolanova attraverso la prima lettura del Rotolo di Ester

Purìm è una festa non istituita dalla Torà in ricordo della salvezza del popolo ebraico a opera della regina Ester. Circa 2500 anni fa molti Ebrei esuli in Babilonia tornarono in Eretz Israel guidati da Ezra e Nehemia.
Tuttavia molti altri Ebrei scelsero di restare sotto Achashverosh (Assuero), re di Persia e Media. Assuero, dopo aver ripudiato la sua prima moglie fece convocare a corte le più belle ragazze delle 127 province sulle quali egli regnava; fu scelta una ragazza ebrea, Ester (il nome ebraico era Hadassa che significa mirto) che andò in sposa al re.
Ester era stata cresciuta da suo cugino e tutore Mordechai ma di entrambi il re ignorava che fossero parenti ed Ebrei.
Un giorno Mordechai seppe che alcuni servi congiuravano per uccidere il re: avvertì Ester e il complotto fu sventato.
In segno di gratitudine il re ricompensò Mordechai....

(Bat24ore.it, 3 marzo 2009)

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Coppia arabo-israeliana canterà per la pace all'Eurovisione

Un duetto arabo-israeliano che è stato selezionato dopo numerose controversie per rappresentare Israele nel Concorso Eurovisione della Canzone, si esibirà in una canzone di pace scelta dai compagni israeliani.

Il pezzo, "Your eyes", cantato dall'artista ebrea Achinoam Nini, meglio nota all'estero come Noa, e DA Mira Awad, arabo-cristiana di Israele, ha ricevuto il maggior numero di voti tra i quattro in gara alle selezioni andate in onda sulla televisione israeliana.
"La gente vuole credere in qualcosa" ha detto Nini a Canale Uno della tv israeliana parlando della canzone, che ha un testo in lingua ebraica, araba e inglese, e nel ritornello dice "deve esserci un altro modo".
Awad, criticata da alcuni palestinesi quando ha annunciato per la prima volta il suo progetto di rappresentare Israele nel corso della guerra durata tre settimane nella Striscia di Gaza a gennaio, ha risposto: "ci sono persone che ci hanno sostenuti, e mi rivolgerò a loro".
Il presidente di Israele Shimon Peres ha detto di ammirare le due cantanti -- il primo duetto multietnico a partecipare alla gara da decenni -- "per quello che stanno facendo per il loro popolo e per la pace".
Gli arabi israeliani, per la maggior parte palestinesi e loro discendenti rimasti in Israele dopo la guerra del 1948, costituiscono circa il 20% della popolazione di Israele, a maggioranza ebraica.
Il concorso Eurovisione di quest'anno si terrà a Mosca dal 12 al 14 maggio.

(Reuters, 3 marzo 2009)

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Ashqelon, scuole chiuse per paura dei razzi di Hamas.
Centinaia di camion in marcia verso Gaza

Ai confini della Striscia di Gaza, secondo fonti militari israeliane, una pattuglia ha notato diversi miliziani palestinesi, probabilmente intenti a deporre un ordigno. Per allontanarli i soldati hanno fatto ricorso ad armi leggere e anche ad alcuni colpi di mortaio. Non si ha notizia di vittime.
Ieri da Gaza era stato sparato un razzo contro la città israeliana di Ashqelon. Oggi, per il secondo giorno consecutivo, le scuole di Ashqelon restano chiuse in quanto i genitori degli allievi ritengono che non garantiscano la necessaria protezione dai razzi di Hamas.
Malgrado la tensione prosegue anche oggi il transito di aiuti umanitari dai valichi di ingresso a Gaza. Fonti militari israeliane precisano che nella giornata transiteranno 200 camion di aiuti destinati alla popolazione palestinese. Attraverso un altro valico arriverà a Gaza del gasolio.

(RaiNews24, 3 marzo 2009)

A Ashqelon arrivano razzi

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Appelfeld: "Il genocidio può ripetersi"

LA MEMORIA e la parola: una speranza per il futuro" è il tema della "Lectio magistralis" che stasera alle 21 a Milano Aharon Appelfeld terrà nella sede del Centro culturale di Milano, di area Comunione e Liberazione. Un'opportunità per ribadire il no dei cattolici ad ogni forma di negazionismo, tristemente tornato di attualità dopo le recenti esternazioni del vescovo lefevriano Williamson.
Da parte sua lo scrittore israeliano non condivide la frenesia mediatica che ha fatto rimbalzare quelle intemperanze sui giornali di tutto il mondo. «Il negazionismo è una forma di antisemitismo» taglia corto «e c'è sempre stato, io non m'interesso alle provocazioni dei singoli individui che periodicamente riprendono l'argomento. Il mio intervento non vuole essere una risposta a tali attacchi: parlo volentieri davanti a qualsiasi pubblico, sia esso composto da cristiani, da musulmani o da ebrei»....

(Il Secolo XIX, 3 marzo 2009)

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Iran - Negoziati con Usa, Israele indica 'paletti' a Clinton

Lo sostiene il quotidiano Haaretz

ROMA, 3 mar. (Apcom) - Israele intende presentare a Hillary Clinton una serie di "punti irrinunciabili" che vuole che gli Stati Uniti "inglobino" nel loro dialogo con l'Iran sul suo programma nucleare. Lo scrive il quotidiano israeliano Haaretz.
Il segretario di stato americano è arrivato ieri notte nello stato ebraico e ha in agenda per oggi vari incontri con le autorità. Questi "paletti" sono stati formulati congiuntamente dai ministeri degli Esteri e della Difesa e il primo ministro designato, Benjamin Netanyahu, ne è stato prontamente messo al corrente. Il documento suggerisce a Israele di assumere un atteggiamento positivo nei confronti del dialogo pianificato tra Washington e Teheran, ma propone soluzioni per minimizzare quelli che sono ritenuti rischi insiti in simili negoziati. Di seguito i punti principali.
1) Qualunque dialogo deve essere sia preceduto sia accompagnato da sanzioni più aspre nei confronti dell'Iran, all'interno e all'esterno della struttura del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Altrimenti, i negoziati sono soggetti a essere percepiti tanto dall'Iran quanto dalla comunità internazionale come approvazione al programma nucleare di Teheran;
2) Prima che il dialogo cominci, gli Stati Uniti dovrebbero formulare un piano di azione con Russia, Cina, Francia, Germania e Gran Bretagna in merito a come agire se i colloqui fallissero. In particolare, deve esserci un accordo sul fatto che con il naufragio dei negoziati scatteranno sanzioni internazionali molto dure nei confronti della repubblica islamica;
3) Deve essere fissato un limite temporale per i colloqui, per impedire all'Iran di acquistare semplicemente tempo per completare il suo sviluppo nucleare. I negoziati dovrebbero inoltre essere definiti come "opportunità unica" per Teheran;
4) La tempistica è cruciale e gli Stati Uniti dovrebbero valutare se abbia senso intavolare dei colloqui prima delle elezioni presidenziali iraniane, previste per giugno.
I punti irrinunciabili sono stati approvati dal primo ministro Ehud Olmert, dal ministro degli Esteri Tzipi Livni e da quello della Difesa Ehud Barak durante un vertice che si è svolto la settimana scorsa. Tutti e tre dovrebbero ricordarli nei rispettivi incontri odierni con Hillary Clinton.

(Virgilio Notizie, 3 marzo 2009)

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Clinton: lavoreremo con qualsiasi nuovo governo Israele

Ha incontrato a Gerusalemme presidente Shimon Peres

GERUSALEMME, 3 mar. (Ap) - Clinton, alla prima visita in Medio Oriente da capo della diplomazia statunitense, ha parlato dopo aver incontrato a Gerusalemme il presidente israeliano Shimon Peres.
Il segretario di stato ha spiegato che gli Stati Uniti lavoreranno con qualunque governo "rappresenta la volontà democratica della popolazione israeliana".
Il leader del Likud, Benjamin Netanyahu, sta formando il nuovo governo di coalizione e dovrebbe giurare da primo ministro nell'arco di settimane. Clinton incontrerà più tardi il primo ministro israeliano designato.

(Virgilio Notizie, 3 marzo 2009)

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Pescarabia 2009, interrogazione dell'onorevole Nirenstein

"Ho presentato oggi un'interrogazione urgente al Governo per sapere se non si ritenga opportuno intervenire immediatamente affinche' la delegazione israeliana sia invitata ai Giochi del Mediterraneo 2009 di Pescara. L'esclusione di Israele, sin dall'istituzione dei Giochi nel 1951, e' accettata - afferma in una nota Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera - come condizione per evitare il boicottaggio della manifestazione da parte dei Paesi arabi. Oggi, poi, questa decisione avalla di fatto, anche se non intenzionalmente, l'atteggiamento razzista tenuto dagli Emirati Arabi Uniti, che hanno di recente escluso la tennista Shahar Peer dal torneo Wta di Dubai, per il solo motivo di avere il passaporto israeliano. E, sempre per rimanere in tema, e' stato gia' annunciato che la sfida Israele-Svezia della Coppa Davis prevista dal 6 all'8 marzo a Malmoe, avverra' a stadio vuoto per "motivi di sicurezza".
"I motivi di sicurezza non giustificano in nessun modo l'esclusione dello stato ebraico dai Giochi del Mediterraneo ne' da qualsiasi altro avvenimento sportivo: lo sport deve essere tenuto separato dalla politica. Riteniamo che scelte di questo genere certifichino l'idea, continuamente suggerita dall'Iran in primis, per cui Israele e' uno Stato inesistente o destinato all'inesistenza, e quindi alla distruzione. E cio' nel momento in cui preoccupanti statistiche ci rivelano che gli episodi antisemiti in Europa sono aumentati nel 300 per cento nel corso della recente guerra tra Israele e Hamas. Di certo non regge nemmeno la giustificazione che anche il team palestinese e' stato escluso dai Giochi del Mediterraneo: anzi, di questo ci doliamo moltissimo, ritenendo ancora piu' grave che una manifestazione sportiva attraverso la quale sarebbe stato possibile esaltare l'idea di pace dando rilievo alla presenza israeliana insieme a quella di tutti i suoi vicini arabi, diventi invece una occasione per ribadire l'antagonismo e l'odio".

Le dichiarazioni dell'onorevole Nirenstein sono state commentate con favore dal Segretario del PRI, On. Francesco Nucara.
Per il Leader dell'Edera, l'esclusione di Israele "e' una discriminazione inaccettabile. Il governo deve porre immediatamente rimedio ad un'esclusione ingiustificabile che costituirebbe un grave precedente per la nostra storia, gia' profondamente ferita dal tentato boicottaggio alla fiera del libro di Torino".

(Abruzzo Liberale, 3 marzo 2009)

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Torna a crescere in Europa la paura dell'antisemitismo

Negli ultimi mesi in Europa sono tornati ad aumentare i fenomeni di antisemitismo, che invece erano calati nel 2007-2008. E' l'allarme lanciato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti umani, che ha sede a Vienna, e ha presentato un rapporto sull'antisemitismo dal 2001 al 2008.
"Questa recente ripresa degli incidenti anti-semitici - ha detto il direttore dell'Agenzia
Morten Kjaerum - e' una ragione di grande preoccupazione. E' troppo presto per trarre conclusioni, ma vi sono indicazioni che l'aumento potrebbe in parte dipendere dalla situazione in Medio Oriente, nonche' dalla crisi finanziaria globale". Proprio per mettere a fuoco questo aspetto, l'Agenzia annuncia di aver lanciato un studio sull'effettivo impatto dell'attacco a Gaza sull'antisemitismo in Europa, che dovrebbe
esser pronto all'inizio del 2010.
Kjaerum sottolinea che "tutti hanno il diritto di sentirsi sicuri e protetti, a prescindere dalla propria fede religiosa o origine etnica. I leader politici e delle comunita' in tutta l'Unione hanno l'obbligo di chiare che l'intolleranza e l'aggressione in qualsiasi forma e' inaccettabile".
Il rapporto denuncia inoltre che "un numero significativo" di stati membri non ha registri ufficiali, e in molti casi neppure informali, ne' statistiche sugli incidenti di antisemitismo. Quanto in particolare all'Italia, il rapporto si limita a poche righe, in cui
cita alcuni episodi di cronaca e a citare un sondaggio pubblicato nel maggio 2008 da 'L'Unita", secondo il quale per il 23% degli intervistati gli ebrei non possono essere considerati "completamente italiani".

(RaiNews24, 2 marzo 2009)

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Da Durban 2001 a Ginevra 2009: è questa la lotta dell'Onu contro il razzismo?

di Federico Steinhaus
Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Durban 2001
Penso che tutti gli addetti ai lavori abbiano un ricordo molto vivido della conferenza contro il razzismo tenutasi a Durban nel settembre del 2001.
Il tema nobilissimo della lotta contro il razzismo era stato stravolto ad opera di molte delle ONG presenti al Forum in una serie di accuse rivolte contro Israele e solo contro Israele fino a degenerare in una fisica caccia all'ebreo che sconvolse chiunque ne fosse stato testimone. Charles Graves di Interfaith International, alla conferenza di Durban aveva persino avallato come giustificati gli attacchi suicidi contro civili israeliani, che in quel periodo stavano arrivando all'apice della violenza.
Nell'aprile del 2008 oltre 100 delle ONG rappresentate a Durban nel 2001 hanno sottoscritto un documento nel quale tra l'altro si afferma che "gli osservatori sono stati scioccati dalle violazioni procedurali nei processi preparatori e di redazione delle bozze, dal trattamento razzista che includeva violenza, esclusione ed intimidazione nei confronti di partecipanti ebrei, e dall'abuso di terminologie specifiche dei diritti umani nel documento riferito al conflitto israelo-palestinese". La stessa alta commissaria dell'ONU per i diritti umani , Mary Robinson, ha denunciato "l'atmosfera carica di odio e perfino razzista" in senso antisemita presente al Forum delle ONG di Durban e ha pertanto rifiutato di sostenere la dichiarazione finale emersa da quel Forum (che, ricordiamo, era avvenuto sotto l'egida dell'ONU).
Siamo ora alla vigilia della Conferenza denominata Durban II, che comincerà a Ginevra il 20 aprile e avrà il compito di monitorare i risultati conseguiti (o i fallimenti) nel campo dei diritti umani dal 2001 a oggi.
Da anni oramai gli stati e le ONG del mondo islamico stanno alacremente lavorando alla elaborazione di documenti che contengano, mediante un uso attento delle parole, accuse infamanti nei confronti di Israele e portino alla delegittimazione di fatto, se non de jure, dello stato ebraico.
Genocidio, pulizia etnica, crimini contro l'umanità, apartheid sono parole che si ricorrono nei documenti che dovranno confluire in quello conclusivo. Oltre ad Israele non vi è neppure un solo stato, dei 191 membri dell'ONU, che sia menzionato come razzista o sistematico violatore dei diritti umani.
Una delle conferenze preparatorie, riunita a Ginevra dal 6 al 17 ottobre 2008 e presieduta dalla Libia (!), ha visto le ONG partecipanti dividersi sul tema delle accuse ad Israele e all'occidente contenute, ad esempio, nell'agenda proposta dall' Organizzazione della Conferenza Islamica. BADIL (Centro risorse per la residenza palestinese ed i diritti dei rifugiati) , finanziata tra l'altro dall'Irlanda, dalla Norvegia,, dalla Svizzera, ha accusato Israele di "sistematica pulizia etnica". Altri incontri non ufficiali di ONG che dibattevano sull'opportunità di chiedere alle Nazioni Unite, come già nel 2001, un Forum delle ONG che affiancasse quello degli stati, hanno portato ad aperti attacchi nei confronti dei rappresentanti delle ONG ebraiche. Un attivista di una ONG presente a Ginevra ha dichiarato che "noi abbiamo dei problemi con i filo-israeliani. Condanneremo l'occupazione della Palestina. Noi sappiamo chi siete e dove trovarvi. Noi... sappiamo tutto di voi".
Può essere utile ricordare, a questo punto, come è composto il Consiglio dell'ONU sui Diritti Umani, recentemente rinnovato allo scopo di evitare le clamorose cadute di credibilità e autorevolezza verificatesi in passato.
Un nigeriano ne è il presidente, diplomatici dell'Azerbaijan, delle Filippine, dell'Argentina e del Canada sono vicepresidenti. Nel Consiglio siedono fra altri rappresentanti dell'Angola, del Camerun, della Cina, di Cuba, dell'Indonesia, del Madagascar, della Malaysia, del Nicaragua, del Pakistan, della Russia, dell'Arabia Saudita, del Senegal, dell'Ucraina. Il comitato incaricato di preparare la conferenza di Ginevra denominata per semplicità Durban II è presieduto dalla Libia; cubano è il suo portavoce, iraniano un membro dell'esecutivo. Insomma, la garanzia del risultato è assicurata a priori.
Coloro che - stati e ONG, ma anche media e istituzioni culturali - hanno veramente a cuore il rispetto dei diritti umani possono difendersi da questo assalto che viene accuratamente preordinato contro chiunque difenda Israele o non sia disposto a mettere Israele, e solo Israele, sul banco degli accusati?
Vi è chi ha scelto la via della non partecipazione a Durban II, come gli Stati Uniti, il Canada, l'Italia e ovviamente Israele. E' un modo per sottolineare la mancanza di imparzialità e di credibilità della conferenza, per delegittimarla a priori. E vi è anche chi parteciperà, vigilando però sui quattro punti comunemente indicati come la linea rossa oltre la quale si entra nel terreno minato dell'antisemitismo e della demonizzazione del solo Stato di Israele:
1) accusare il solo Israele di infamanti violazioni dei diritti umani
2) includere nel documento finale la clausola che vieta la diffamazione delle religioni, che mediante un suo uso strumentale impedirebbe di criticare l'estremismo religioso islamista
3) elencare in ordine di importanza di una serie di forme di razzismo, con l'islamofobia come quella principale: pur essendo una grave manifestazione di intolleranza l'islamofobia, già denunciata anche al Forum dell'OSCE di Bucharest (giugno 2007) come forma di razzismo, va posta sullo stesso piano di tutte indistintamente le forme di razzismo,senza graduatorie
4) la soppressione dal documento della conferenza del 2001 della menzione della giornata di commemorazione della Shoah e della condanna dell'antisemitismo.
I diritti umani e chi genuinamente li esercita e difende non devono in alcun modo diventare gli ostaggi prediletti di chi al contrario li stravolge e usa solo per fomentare odio. E' successo a Durban otto anni fa, non deve ripetersi a Ginevra fra 7 settimane.

(Notiziario Ucei, 2 marzo 2009)

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Giordania: i movimenti islamici, dentro e fuori dal paese, preoccupano Amman

Il re di Giordania 'Abd Allah II ha recentemente emesso un decreto per rimuovere il capo del General Intelligence Department (GID), Muhammad Dahabi. Dopo il rischioso tentativo di disgelo nei rapporti della monarchia con il partito palestinese di Hamas e con le fazioni islamiche presenti nel regno, il governo giordano ha fatto retro marcia nella strategia del contenimento. Tornando al tradizionale allineamento con Fatah, Amman persegue la politica di marginalizzazione dell'IAF, principale partito islamico d'opposizione, uscito sconfitto dall'ultima tornata elettorale del 2007. Il GID torna al suo limitato ruolo di controllore della sicurezza interna, accantonando per il momento tattiche regionali.

(Equilibri, 2 marzo 2009)

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L'Europa deve spegnere le tv jihadiste che istigano all'odio

di Mark Dubowitz e Roberta Bonazzi

Nonostante la loro vasta campagna propagandistica, Hamas - e due anni fa anche l'Hezbollah - hanno subito delle devastanti sconfitte militari che hanno indebolito la loro capacità di attaccare Israele con dei razzi. Queste organizzazioni terroristiche sostenute dall'Iran, però, stanno dispiegando un'altra arma pericolosa nella loro guerra contro le democrazie occidentali: le emittenti televisive terroristiche.
Grazie ai network satellitari arabi come al-Manar, la tv degli Hezbollah, e al-Aqsa, quella di Hamas, le televisioni possono ancora diffondere il loro odio e l'incitamento all'odio nei salotti europei, radicalizzando gli immigrati musulmani presenti in tutto il Vecchio Continente. Al-Manar, però, non è solamente un mero strumento di propaganda. Fondato nel 1991 dalla guerriglia di Hezbollah, è un'arma operativa nelle mani di una organizzazione terroristica che diffonde la morte.
Subito dopo la lettera firmata nel 2006 dalla maggioranza del Senato americano (tra cui anche Barack Obama e Hillary Clinton), e diretta all'allora presidente George W. Bush, il Dipartimento del Tesoro statunitense ha definito al-Manar un'entità "Specially Designated Global Terrorist". Questa definizione inseriva, per la prima volta, uno strumento mediatico nella stessa lista di cui fanno parte al Qaeda, Hamas e l'Hezbollah....

(l'Occidentale, 2 marzo 2009)

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Gaza, si infittisce il lancio dei razzi

Si infittiscono i lanci di razzi palestinesi da Gaza verso il territorio israeliano. Nella nottata ne sono stati lanciati sei, che hanno colpito la città di Sderot (Neghev) provocando danni a due edifici. Stamane ne è stato sparato un altro ancora. Nella città israeliana di Ashqelon (120 mila abitanti), a nord della striscia di Gaza, le scuole restano chiuse su iniziativa dei genitori. A loro parere, gli edifici scolastici non sono più in grado di garantire protezione di fronte ai razzi potenziati sparati adesso da Hamas. Ieri il premier Ehud Olmert ha minacciato una risposta "decisa e severa" che metta fine agli attacchi da Gaza. Ma essa ancora non si è espressa, a quanto pare anche per le avverse condizioni meteorologiche. Alcuni osservatori osservano oggi sulla stampa che forse il governo israeliano ha deciso di rinviare eventuali operazioni militari a Gaza per non influenzare negativamente l'esito del vertice economico internazionale in corso a Sharm el-Sheikh (Egitto). Malgrado la forte tensione sul terreno i valichi commerciali fra Israele e Gaza restano parzialmente aperti anche oggi. Vi transiteranno, secondo fonti militari israeliane, circa 200 camion con aiuti umanitari alla popolazione palestinese.
    CASE NEI TERRITORI. Il movimento pacifista israeliano 'Pace Adessò afferma che il ministero israeliano per l'edilizia ha progettato la costruzione di case in Cisgiordania e a Gerusalemme per complessivamente 300 mila israeliani. Se questi piani saranno realizzati, il numero dei coloni nei Territori raddoppierà. 'Pace Adessò precisa che si tratta in tutto di 73.300 unità abitative, 15.000 delle quali sono già state approvate. Il movimento aggiunge che in particolare viene progettata la costruzione di migliaia di unità abitative nella zona E-1, fra Gerusalemme e l'insediamento città di Maaleh Adumim, in Cisgiordania, in direzione di Gerico. Si tratta di un progetto che allarma molto la leadership palestinese perché a suo giudizio separerebbe di fatto la Cisgiordania settentrionale da quella meridionale.

(L'Unione Sarda, 2 marzo 2009)

COMMENTO - Mentre la caduta di razzi palestinesi su Israele viene riportata dai media come se si trattasse di grandine o di altro fenomeno naturale, la costruzione di case di ebrei in Cisgiordania assume sempre un aspetto di abiezione morale. Resta ancora da capire perché la presenza di ebrei in un eventuale futuro stato palestinese debba essere considerata scandalosa, quando nello Stato ebraico d’Israele ci sono intere regioni a maggioranza araba.

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Gaza, conferenza per la ricostruzione. Berlusconi: «Da noi 100 mllioni di dollari»

L'obiettivo è mettere insieme almeno 2,8 miliardi di dollari per finanziare un piano di sostegno economico

CAIRO - È iniziata a Sharm El Sheikh, con un intervento del presidente egiziano Hosni Mubarak, la conferenza internazionale per la ricostruzione di Gaza e per il rilancio dell'economia palestinese sei settimane dopo la fine dell'operazione israeliana contro Hamas (27 dicembre-18 gennaio). Sono presenti circa 80 delegazioni. L'obiettivo è mettere insieme almeno 2,8 miliardi di dollari (oltre 2,2 miliardi di euro) per finanziare un piano di ricostruzione del territorio palestinese e di sostegno economico messo a punto dall'Anp del presidente Abu Mazen. Lunedì mattina il leader palestinese ha avuto un colloquio bilaterale con il premier Silvio Berlusconi, prima dell'intervento di quest'ultimo in plenaria nelle vesti di co-sponsor del summit. Presenti anche il presidente francese Nicolas Sarkozy, il segretario di Stato americano Hillary Clinton, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea Javier Solana e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Intanto non cessano le tensioni nella Striscia, dove domenica sono stati lanciati razzi contro il sud di Israele. Il premier uscente israeliano Ehud Olmert ha minacciato una «reazione severa».
    MUBARAK - «In questo momento la priorità è quella di arrivare a una tregua nonostante i passi indietro fatti da Israele - ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak aprendo i lavori - Gaza è parte integrante dei territori occupati e durante la guerra ha subito forti danni. Noi come comunità internazionale possiamo fare molto per la ricostruzione dei servizi essenziali e per far ritornare la vita normale in questa città. La questione della ricostruzione è parte essenziale dell'iniziativa egiziana per porre fine alle violenze a Gaza. Gli sforzi egiziani continuano ancora oggi per far entrare aiuti umanitari a Gaza ma ora la vera priorità è l'arrivo ad un accordo per la tregua tra palestinesi e israeliani e nonostante il venir meno degli israeliani, e la sua volontà di inserire la tregua nella trattativa per lo scambio dei prigionieri, noi speriamo che possa cambiare la sua posizione».
    BERLUSCONI - Durante il suo intervento, Berlusconi ha promesso che l'Italia stanzierà cento milioni di dollari: «L'Europa farà la sua parte come il mio Paese. Annuncio 100 milioni di dollari come contributo italiano per la sola ricostruzione di Gaza». Il premier ha sottolineato che è necessario creare due Stati, quello palestinese accanto a quello israeliano, che vivano in pace e sicurezza attraverso governi di unità nazionale. Gli israeliani - ha concluso - si diano «un governo capace di volere la pace e di assumersi i sacrifici che la pace comporta», i palestinesi si riconcilino e si riconoscano in un governo che abbia in Abu Mazen la spinta «a una pacificazione che la storia impone». Berlusconi ha detto che il piano Marshall è una delle priorità del G8 e ha prospettato un collegamento tra il mar Rosso e il mar Morto: «È importante per tutti gli Stati della regione perché ogni anno il livello del mar Morto scende in modo definitivo. È un piano voluto anche da Mubarak e che noi presenteremo al G8 e al G14».
    900 MLN DA USA - Il Consiglio di cooperazione dei paesi del Golfo ha annunciato che destinerà 1,65 miliardi di dollari, mentre gli Stati Uniti verseranno all'Autorità nazionale palestinese 900 milioni, dei quali solo 300 andranno a Gaza, mentre 200 serviranno per aiutare i bilanci dell'Anp da tempo in rosso e 400 saranno destinati ad aiutare il programma di sviluppo economico della Cisgiordania. Hillary Clinton ha sottolineato che gli aiuti statunitensi «non potranno essere svincolati dal processo di pace». «Non vogliamo solo ricostruire ciò che gli israeliani hanno distrutto - ha spiegato il ministro per la Programmazione dell'Anp, Samir Abdullah al-Khita - ma vogliamo intervenire su tutti i problemi dell'economia locale combattendo in primo luogo la povertà, la disoccupazione e il deficit economico». Sono 34.270 le abitazioni distrutte parzialmente nel recente conflitto, altre 3.875 vanno ricostruite dalle fondamenta; secondo l'Onu ci sono 25.110 famiglie che hanno bisogno di una casa.

(Corriere della Sera, 2 marzo 2009)

COMMENTO - Anche in questo caso si parla della ricostruzione di Gaza come se ci fosse stato un terremoto. Se si dovesse dire qualcosa di più, molti direbbero che il disastro non è dovuto al terremoto ma alla crudelta israeliana. Di passaggio, distrattamente, si fa sapere che “domenica sono stati lanciati razzi contro il sud di Israele.” Naturalmente questo non viene messo in alcuna relazione con il disastro. Chissà se a qualcuno verrà l’idea di fare in modo che le case palestinesi, oltre che essere ricostruite, non siano di nuovo distrutte. Un’idea potrebbe essere questa: si dica chiaramente: “Arriveranno gli aiuti, ma al primo razzo che parte si ferma tutto”.

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Peres all'Europa: 'Rischio che Hamas intercetti gli aiutì

GERUSALEMME - Altolà di Shimon Peres, in vista del vertice sulla ricostruzione della Striscia di Gaza, in programma domani a Sharm el Sheikh. Il presidente israeliano mette in guardia i Paesi europei dal rischio che Hamas possa appropriarsi degli aiuti. "L'esperienza del passato - ha fatto sapere attraverso un comunicato - ci ha insegnato che numerosi fondi messi a disposizione dall'Europa a titolo di aiuto allo sviluppo per i palestinesi sono finiti in mano ai terroristi". (Agr)

(The Instablog, 1 marzo 2009)

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Avigdor Lieberman: "Una cittadinanza responsabile in Israele"

Ci troviamo alla soglia di un nuovo governo in Israele, sono orgoglioso dei nostri successi come partito politico. Israel Beitenu è riuscito a crescere da partito di nicchia per gli olim russi fino a diventare il terzo partito della Knesset. Come può essersi verificato tutto questo? E ancor più importante, come possiamo far buon uso del nostro successo elettorale.
Nel corso dell'operazione "Piombo fuso" a Gaza, sono rimasto sgomento dalle richieste di distruzione dello Stato di Israele e di rinnovati attentati suicidi cui inneggiavano i leader arabi israeliani nelle riunioni in favore di Hamas. Nonostante "la cittadinanza responsabile" sia sempre stata una componente della nostra linea di partito, mi sono reso conto che questo era un argomento da porre in testa alle questioni da affrontare.
Alle discussioni che hanno preceduto il voto, il rappresentante del partito palestinese Balad, Awad Abed Al Patah, ha dichiarato: "Le elezioni sono uno degli strumenti che abbiamo a disposizione per combattere il sionismo entro le proprie mura". Siamo stati gli unici politici ebrei a reagire, attraverso la proposta di una rigorosa legislazione che espellesse quei leader politici che desideravano distruggere lo Stato.
Nella mia adozione di una posizione che non ammette scuse sui doveri di cittadinanza, ho avuto solidi modelli di comportamento da ogni parte del mondo. Il ministero dell'interno britannico, ad esempio, ha di recente stilato nuove leggi facendo della cittadinanza responsabile una componente essenziale per quanti che desiderano diventare cittadini inglesi. I candidati dovranno trascorrere un periodo di prova durante il quale dovranno dimostrare di essere capaci di contribuire alla comunità. Negli Stati Uniti, coloro che richiedono un permesso di soggiorno e di lavoro devono prestare un giuramento con cui affermano di adempiere ai diritti e ai doveri dei cittadini.
Alcuni giornalisti hanno sostenuto che io stia proponendo criteri di acquisizione della cittadinanza che altri Paesi applicano solo per concedere la cittadinanza agli immigrati e non ai nativi. A queste critiche rispondo che questa è una distinzione irrilevante da fare quando si dibatte di cittadinanza responsabile. Per gli immigrati gli inglesi chiamano in causa gli attentati terroristici del 2005? Un impegno al rispetto dei diritti e delle responsabilità che scaturiscono dallo status di cittadino dovrebbe essere fatto rispettare a ciascuno indipendentemente dal luogo in cui è nato.
Nonostante la mia posizione riguardo alla "cittadinanza responsabile" sia condivisa da molti israeliani, le élite intellettuali non hanno potuto, ovviamente, approvare tutto questo. "Razzista" e "fascista" son state le reazioni.
Mi trovo ora a capo del più eterogeneo partito della Knesset, quattro dei nostri primi dieci membri eletti alla Knesset sono donne. Tre dei primi dieci membri eletti alla Knesset hanno disabilità fisiche. Hamad Amer è il pilastro della comunità drusa. Anastassia Micaeli è la prima ebrea convertita a entrare alla Knesset. E David Rotem è un religioso sionista che vede Israel Beitenu come supporto agli ebrei religiosi.
In ogni caso, Israel Beitenu non ha nulla da obbiettare alla non violenta espressione di opinioni. Sono i discorsi violenti che creano un danno evidente e che ci rifiutiamo di tollerare. Mi riferisco per esempio al sindaco arabo della città israeliana di Sakhnin, che durante l'operazione "Piombo fuso" ha detto: "Mi rivolgo alla gente di Gaza per dire loro: non arrendetevi, fermateli con il vostro sangue per riuscire a costruire lo Stato di Palestina, la cui capitale sarà Gerusalemme. Lunga vita alla Palestina, la cui capitale sarà Gerusalemme e viva i suoi martiri".
Un'altra definizione che mi è stata attribuita è di essere di "estrema destra" o "ultranazionalista". Voglio che lo Stato di Israele continui a essere sionista, ebraico e democratico. Non c'è niente di "estremo" o di "ultra" in questi ideali. Anch'io sostengo la creazione di uno stato palestinese indipendente. Vedo con favore il contributo che proviene dal fiorire delle minoranze che vivono in Israele.
Noi non chiediamo agli arabi israeliani di prender parte al sogno sionista. Chiediamo loro di accettare il fatto che Israele è uno Stato ebraico. L'unico al mondo. E' anche l'unico Stato democratico nel Medio Oriente. Il più avanzato in ambito tecnologico, sanitario e sul fronte dell'istruzione. Se coloro che mettono in pericolo Israele con la violenza e con il terrore focalizzassero invece la propria attenzione nel rendere migliore la vita quotidiana, l'istruzione, le infrastrutture, la salute, noi tutti potremmo avere una vita migliore.
Se sarò parte del nuovo Governo, auspico la collaborazione con il Presidente statunitense Barak Obama, sono consapevole che le relazioni fra Stati Uniti e Israele devono essere forti come sempre e che i nostri valori condivisi renderanno il nostro rapporto di amicizia indistruttibile.

Avigdor Lieberman presidente di Israel Beitenu
Copyright "Jewish Week" - "Moked"
(versione italiana a cura di Lucilla Efrati)

(Notiziario Ucei, 1 marzo 2009)

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L'Iran, il Coni e la Conferenza sul razzismo

di Giorgio Israel

Quel che non è pensabile fare nei confronti di alcun paese appare possibile con Israele. L'"alto" rappresentante europeo Solana, abbandonando ogni diplomazia, ammonisce che Netanyahu primo ministro sarebbe un guaio. Tutti mettono bocca sulla composizione che dovrebbe avere il nuovo governo israeliano. E i commentatori non sono da meno. Cristopher Hitchens si scaglia sul Corriere della Sera con parole di fuoco contro Avigdor Lieberman, sentina dell'universo: neanche un decimo di questa violenza viene usata nei confronti dei propositi di distruzione di Israele del fronte iraniano.
A questo proposito appariva sconcertante la decisione dell'amministrazione statunitense di partecipare alla preparazione della Conferenza di Ginevra sul razzismo (la cosiddetta Durban 2) per "raddrizzarla" e tentare anche per questa via un dialogo col fronte estremista capeggiato dall'Iran. Raddrizzare le gambe un cane al confronto è un'impresa realistica. La bozza preparatoria della Conferenza è talmente allucinante da far impallidire Durban.
Per fortuna, le ultime notizie dicono che l'amministrazione Obama ha deciso di ritirarsi dalla Conferenza, avendo evidentemente constatato che non c'è nulla da fare. Frattanto, nella stessa ottica con cui si sperava di raddrizzare le gambe della Conferenza sul razzismo, il ministro Frattini si accinge ad aprire una trattativa con Ahmadinejad, senza ottenere nessuna concessione preliminare, neppure quella di smettere di parlare della distruzione di Israele e di tenere propositi negazionisti. In questo contesto che cosa deve fare il Presidente del Coni Pescante? Si adegua al comportamento del governo italiano che si macchia della colpa di subire l'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo. Quantomeno poteva stare zitto.

(Notiziario Ucei, 1 marzo 2009)

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L'Iran, il Coni e la Conferenza sul razzismo

di Giorgio Israel

Quel che non è pensabile fare nei confronti di alcun paese appare possibile con Israele. L'"alto" rappresentante europeo Solana, abbandonando ogni diplomazia, ammonisce che Netanyahu primo ministro sarebbe un guaio. Tutti mettono bocca sulla composizione che dovrebbe avere il nuovo governo israeliano. E i commentatori non sono da meno. Cristopher Hitchens si scaglia sul Corriere della Sera con parole di fuoco contro Avigdor Lieberman, sentina dell'universo: neanche un decimo di questa violenza viene usata nei confronti dei propositi di distruzione di Israele del fronte iraniano.
A questo proposito appariva sconcertante la decisione dell'amministrazione statunitense di partecipare alla preparazione della Conferenza di Ginevra sul razzismo (la cosiddetta Durban 2) per "raddrizzarla" e tentare anche per questa via un dialogo col fronte estremista capeggiato dall'Iran. Raddrizzare le gambe un cane al confronto è un'impresa realistica. La bozza preparatoria della Conferenza è talmente allucinante da far impallidire Durban.
Per fortuna, le ultime notizie dicono che l'amministrazione Obama ha deciso di ritirarsi dalla Conferenza, avendo evidentemente constatato che non c'è nulla da fare. Frattanto, nella stessa ottica con cui si sperava di raddrizzare le gambe della Conferenza sul razzismo, il ministro Frattini si accinge ad aprire una trattativa con Ahmadinejad, senza ottenere nessuna concessione preliminare, neppure quella di smettere di parlare della distruzione di Israele e di tenere propositi negazionisti. In questo contesto che cosa deve fare il Presidente del Coni Pescante? Si adegua al comportamento del governo italiano che si macchia della colpa di subire l'esclusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo. Quantomeno poteva stare zitto.

(Notiziario Ucei, 1 marzo 2009)

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Olmert: "Basta razzi o reagiremo"

Israele minaccia nuove ritorsioni

"Se da Gaza proseguirà il lancio di razzi, la reazione di Israele sarà dolorosa, aspra e senza compromessi, fino a quando le organizzazioni terroristiche comprenderanno che non siamo disposti a rassegnarci". Lo ha affermato il premier Ehud Olmert, aprendo la seduta settimanale del Consiglio dei ministri. Olmert commentava il ripetersi di lanci di razzi palestinesi, circa una decina negli ultimi giorni.

(TGCOM.it, 1 marzo 2009)

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Quando antirazzismo fa rima con antisemitismo

di Fiamma Nirenstein

Obama non ci andrà, ed è una grande notizia. Chi c'era, come è capitato a questa cronista, sa che cosa è stato e quanto sia importante che gli Usa abbiano fatto la cosa giusta. A Durban, in Sud Africa, nel 2001, giusto alla vigilia dell'11 settembre, la scena stessa era paradossale: una selva di follie antiamericane e antisemite celebrava quella che avrebbe dovuto essere una conferenza contro il razzismo... Cortei di Ong che affiancavano la conferenza dell'Onu marciavano sotto ritratti di Bin Laden urlando slogan jihadisti e bruciando bandiere americane, se appariva un ragazzo che indossava una kippà la caccia all'uomo si faceva inseguimento; nei corridoi dello stadio, sede delle Ong, poco lontano dal Palazzo dei Congressi, si distribuivano volantini in cui gli israeliani venivano chiamati nazisti, gli americani boia e sfruttatori; Israele era divenuto uno Stato di apartheid con astuto riferimento al Sud Africa in cui ci trovavamo....

(il Giornale, 1 marzo 2009)

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UE spaccata sulla conferenza Onu sul razzismo

GERUSALEMME, 28 feb. - L'Unione europea e' divisa sulla partecipazione alla conferenza Onu contro il razzismo prevista a Ginevra per il prossimo aprile. Secondo fonti diplomatiche Onu citate dal quotidiano israeliano 'Haaretz', alcune capitali europee potrebbero seguire l'esempio di Washington e rifiutarsi di partecipare alla conferenza, anche se e' improbabile che ci sia un boicottaggio dell'Unione europea in toto. Il dipartimento di Stato ha gia' fatto sapere che non partecipera' a una manifestazione che rischia di trasformarsi in un'occasione per attaccare Israele, una posizione che secondo una fonte diplomatica occidentale citata dal quotidiano israeliano ha messo in difficolata' alcuni Paesi europei. Il Canada e ovviamente Israele hanno gia' detto che non parteciperanno ai lavori che si terranno in Svizzera dal 20 al 25 aprile. La decisione americana e' stata salutata con favore in Israele. "Sotto la foglia di fico della lotta conto il razzismo" ha detto Tzipi Livni, "questa conferenza e' palesemente antisemita e anti-israeliana. La decisione degli Usa dovrebbe essere da esempio per gli altri Paesi che condividono i nostri valori". Durante la prima conferenza, che si tenne a Durban pochi giorni prima degli attacchi dell'11 settembre, Usa e Israele abbandonarono i lavori in segno di protesta contro una risoluzione proposta dai Paesi arabi che equiparava il termine "sionismo" alla parola "razzismo".

(AGI, 1 marzo 2009)

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Notizie archiviate

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