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Notizie novembre 2010
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Gaza, aperto un valico con Israele per l'ingresso di merci e aiuti
E' stato aperto stamani il valico di Kerem Shalom, nel sud della Striscia di Gaza lungo il confine con Israele, per consentire l'ingresso di merci, carburante e aiuti umanitari nel Territorio controllato dal movimento di resistenza islamico Hamas. E' quanto riferisce l'agenzia di stampa palestinese 'Maan', precisando che tutti gli altri transiti sono chiusi. Raed Fattouh, funzionario dell'Autorita' nazionale palestinese incaricato della gestione dei valichi, ha spiegato che dal transito dovrebbero passare 210 camion carichi di beni destinati agli abitanti di Gaza.
Dalla Striscia, invece, dovrebbero uscire due camion carichi di fragole, nell'ambito di un progetto per l'esportazione dei prodotti promosso dal governo olandese per sostenere i coltivatori palestinesi. Tra i materiali che entreranno a Gaza, ha spiegato Fattouh, ci sono anche alcuni sacchi di cemento destinati all'Unrwa per progetti di ricostruzione.
(Adnkronos, 30 novembre 2010)
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Israele: "tendenzioso" il rapporto Ong sul blocco a Gaza
Secondo Israele lingresso di camion con merci aumentato del 92%
GERUSALEMME, 30 nov. - L'esercito israeliano ha definito oggi "tendenzioso" e "parziale" il rapporto presentato da 21 organizzazioni non governative che chiede la revoca integrale del blocco israeliano nella striscia di Gaza. "Le affermazioni di queste organizzazioni sono tendenziose, cariche di pregiudizi e di fatto inducono in errore" dice un comunicato dell'esercito israeliano.
Il rapporto siglato da varie Ong tra cui Amnesty International, Oxfam, la Fédérazione internazionale dei diritti dell'uomo e il Norwegian Refugee Council, chiede "un'azione internazionale rinnovata per garantire la fine immediata e senza condizioni del blocco" di Gaza.
Replicando al rapporto l'esercito israeliano dice che dopo la decisione di alleggerire il blocco in giugno il numero di camion carichi di merce e derrate autorizzati da Israele a entrare nella zona è aumentato del 92%.
(Apcom, 30 novembre 2010)
Le moralistiche Ong internazionali chiedono in modo perentorio a Israele di togliere il blocco a Gaza. Stranamente, non sembrano interessate a conoscere i motivi per cui Israele blocca. Non dicono: bisogna togliere il blocco perché i motivi addotti da Israele sono inconsistenti; e neppure assicurano che, se anche tali motivi avessero qualche consistenza, ci penserebbero loro a vanificare le intenzioni poco lodevoli di Hamas. Esigono soltanto che Israele tolga il blocco a Gaza. Punto e basta. Ma poiché non possono dire di non conoscere le dichiarate intenzioni distruttive di Hamas, né di non sapere quali siano i motivi per cui Israele insiste testardamente nel mantenere il blocco, significa che in sostanza le moralistiche Ong si sentono in sintonia con le ragioni e le intenzioni di Hamas. In fondo, la dichiarata volontà di distruggere Israele non è in contrasto con gli alti principi della moralità internazionale. Immorale è lostinata volotà di continuare a vivere di Israele. M.C.
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Sono più numerose le guide Israeliane che tornano a Betlemme
Staas Misezhnikov, Ministro israeliano del Turismo, ha espresso la sua profonda soddisfazione in merito al successo riportato dal progetto pilota lanciato in collaborazione con l'Autorità Civile di Betlemme, che autorizzava il ritorno delle guide israeliane a Betlemme.
Va ricordato che alla gara d'appalto a cui hanno partecipato 500 guide e autisti israeliani, solo 50 sono stati scelti inizialmente per partecipare al progetto pilota che ha preso il via lo scorso 21 giugno.
Oggi, alla luce dei risultati positivi ottenuti dall'attuazione del progetto pilota e a seguito delle numerose e pressanti richieste avanzate dalle guide israeliane per poter far parte di tale progetto, si è deciso, dopo le valutazioni effettuate dal Comando Centrale israeliano e dall'Amministrazione Civile di Betlemme, di estendere a 200 unità il numero delle guide israeliane che parteciperanno al progetto.
Il Ministro israeliano del turismo ha elogiato il Comitato delle Guide Israeliane e i responsabili dell'Autorità Palestinese per la loro collaborazione che ha reso possibile la realizzazione del progetto pilota. Misezhnikov ha affermato che "la collaborazione con i responsabili del turismo dell'Autorità Palestinese è di grande importanza per migliorare l'immagine della Terra Santa, mèta sicura per i turisti e i pellegrini in viaggio per Israele provenienti da tutto il mondo".
Tzvi Lotan, direttore dell'Ufficio del Turismo a Milano, si è dichiarato molto soddisfatto dall'esito positivo ottenuto dal progetto pilota, poiché ha affermato, "è un'ottima occasione per consentire ai sempre più numerosi pellegrini italiani che si recano in Terra Santa di approfondire la propria conoscenza dei luoghi della fede e di proseguire la loro visita a Betlemme con le stesse guide professionali che li avevano accompagnati nelle visite in Israele. Oltre 133.000 turisti e pellegrini dall'Italia si sono recati in Israele dall'inizio dell'anno a fine ottobre, e sarà sempre nostro compito intensificare i nostri sforzi per soddisfare tutte le richieste che ci pervengono affinché cresca sempre di più il flusso delle visite in Israele".
(Travelling Interline, 30 novembre 2010)
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Ma Israele festeggia: "Su Teheran i sauditi la pensano come noi"
GERUSALEMME Le oltre duemila turbine che lavorano per arricchire l'uranio iraniano non turbano i sonni solo a Israele, bersaglio predestinato di un eventuale attacco nucleare iraniano, ma anche alla gran parte dei leader arabi. Lo dimostrano i documenti del Dipartimento di Stato rivelati da WikiLeaks. E il governo di Gerusalemme ieri sera se ne è compiaciuto apertamente. «Quelle carte - ha detto il premier Netanyahu - dimostrano che sono in tanti a condividere le nostre preoccupazioni, soprattutto sull'Iran». La sensazione è condivisa anche dagli organi di stampa: «La minaccia iraniana non è affatto una paranoia tutta israeliana - si legge sull'editoriale di Yediot Ahronot, il principale quotidiano del Paese - ma un incubo per tutti i leader del mondo, da Riad a Mosca ». Tale è la soddisfazione per le rivelazioni che il quotidiano azzarda: «Se WikiLeaks non esistesse, avremmo dovuto inventarlo». La sintonia sulla minaccia iraniana che emerge dai documenti segreti è totale. Come si legge in uno dei cablo "riservati" inviati dall'ambasciata americana di Tel Aviv al Dipartimento di Stato, nel giugno del 2009 il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak disse all'inviato Usa John Burns che restava «una finestra di pochi mesi », fino alla fine del 2010, per un attacco convenzionale contro l'Iran per distruggere il suo programma nucleare. Dopo, avvertiva Barak, «ogni azione militare porterebbe a danni collaterali inaccettabili». Posizione condivisa anche dall'Egitto: «L'Iran è una minaccia, il diavolo che dobbiamo eliminare», dicono funzionari di altissimo livello del potere egiziano ai loro interlocutori americani, che poi diligentemente riferiscono a Washington. Sono esattamente le stesse considerazioni che addirittura l'anno prima nell'aprile del 2008 portano il re saudita Abdullah a chiedere al generale americano David Petraeus di attaccare e distruggere gli impianti nucleari iraniani, «di tagliare senza esitazioni la testa del serpente». La minaccia atomica iraniana per gli equilibri del Medio Oriente è stata ripetutamente paventata da gran parte dei governanti mediorientali. Nel giugno del 2006 il presidente yemenita Saleh, in un colloquio con un responsabile dell'ambasciata Usa a Sana'a, sosteneva che «è interesse di tutte le nazioni impedire lo sviluppo del programma nucleare iraniano». E nel giugno 2009 il principe Mohammed Bin Zayed capo della Difesa degli Emirati Arabi disse che non c'è tempo da perdere «per fermare il programma nucleare degli ayatollah».
(Juventuslive.it, 30 novembre 2010)
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Wikileaks - Netanyahu: "Posizione di Israele più forte"
di Adam Smulevich
Wikileaks continua a tenere col fiato sospeso governanti, politici e cittadini comuni. Di ora in ora le rivelazioni sulla classe politica internazionale si arricchiscono infatti di dettagli imbarazzanti che suscitano reazioni più o meno forti da parte dei diretti interessanti. Tra i temi dibattuti più intercettati dagli hacker di Wikileaks spicca la questione mediorientale con i suoi mille e intricati risvolti che vanno dal processo di pace israelo-palestinese ai rischi della corsa al nucleare iraniano. Il quadro che sta emergendo con la pubblicazione dei file divulgati dagli uomini di Assange apre a scenari nuovi per il Medio Oriente tra cui una singolare alleanza che vede Israele e mondo arabo sullo stesso fronte in chiave anti-iraniana e sminuisce i timori dei politici israeliani che immaginavano una cattiva connotazione del paese e delle sue istituzioni. Netanyahu si è beccato la non certo piacevole etichetta di "leader elegante che non mantiene le promesse" ma se paragonata alle rivelazioni ben più sgradevoli che interessano altri potenti, la sua figura non ha subito particolari ripercussioni negative. Lo stesso Netanyahu è intervenuto nelle scorse ore in occasione dell'incontro annuale degli editori israeliani rassicurando politici e cittadini su eventuali polveroni mediatici causati dai file di Wikileaks e anzi sottolineando come l'immagine dello Stato di Israele ne esca rafforzata. "I documenti segreti finora pubblicati da Wikileaks - ha detto il primo ministro israeliano - non avranno ripercussioni sul nostro paese e sui suoi politici perché la differenza tra quello che i politici israeliani affermano nelle discussioni private con la diplomazia statunitense e quello che dicono alla popolazione è minima". Netanyahu ha poi sottolineato come in altre situazioni il gap si sia rivelato di gran lunga maggiore riferendosi in particolare ai leader di alcuni paesi dell'area mediorientale che hanno dimostrato una linea di pensiero pubblica e privata molto discordante sulla questione iraniana. Emblematico secondo Netanyahu il caso di quei governi che pubblicamente si appigliano al conflitto israelo-palestinese per giustificare l'ostilità iraniana e che in privato invece incitano gli Stati Uniti ad attaccare Ahmadinejad. Grazie ai file divulgati da Wikileaks ad esempio è adesso di dominio pubblico il fatto che il re saudita Abdallah abbia più volte chiesto agli americani di "tagliare la testa al serpente" ponendo fine al suo programma nucleare e che le preoccupazioni di Abdallah siano condivise dal re Hamad del Bahrain ("Questo programma deve essere fermato, il pericolo di lasciarlo andare avanti è maggiore rispetto al pericolo di arrestarlo"), dal ministro della Difesa degli Emirati arabi che paragona Ahmadinehad a Hitler, dal leader yemenita Abdullah Saleh che non ha nascosto il suo timore per una possibile espansione militare dell'Iran e da molti altri governanti e regnanti arabi. "Adesso il mio auspicio - ha concluso Netanyahu esortando i leader dei paesi del Medio Oriente ad esprimersi pubblicamente sull'Iran - è che il teorema secondo cui Israele è un ostacolo alla pace possa venire meno e che si riesca a dimostrare che gli interessi nostri e di molti paesi arabi possono coincidere".
(Notiziario Ucei, 30 novembre 2010)
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A capo del Mossad un veterano dell'intelligence
di Ugo Tramballi
GERUSALEMME. È una specie di nemesi. Tamir Pardo è nominato nuovo capo del Mossad il giorno in cui il mondo delle spie e della diplomazia non sa se ridere o temere che la segretezza sia una tecnica del passato. In fondo Israele e i suoi servizi non ne escono così male: il gossip universale di WikiLeaks rivela che non erano in pochi a temere gli iraniani.
Pardo sostituisce Meir Dagan che verso la fine di otto onorati anni di servizio alla guida dei servizi segreti esterni (quelli interni sono lo Shin Bet) era incorso nel caotico e pletorico assassinio di un capo di Hamas a Dubai. Ma WikiLeaks ora ci spiega che Dagan aveva proposto agli Usa un piano in cinque fasi per far cadere Ahmadinejad. Niente di scandaloso: anche il re saudita e quello del Bahrein avevano chiesto agli americani di «schiacciare la testa del serpente». Per questo l'addio a Dagan non è un siluro ma un regolare avvicendamento.
Come è ovvio di Pardo si sa solo quello che si può sapere: quasi nulla. Un tempo del capo del Mossad non si conosceva nemmeno il nome. Come dice Bibi Netanyahu che lo ha nominato, e ribadisce il ministro della Difesa Ehud Barak, Pardo è l'uomo giusto al posto giusto. «Per molti anni» è stato parte essenziale di diverse «unità operative»: cioè ha lavorato sul campo. Quindi ha avuto incarichi di concetto accanto a Dagan e a qualche suo predecessore. Netanyahu e Barak sono due vecchi compagni d'armi. Nella vita ufficiale, prima di quella segreta, Pardo è stato nelle Sayeret Matkal, l'Unità di ricognizione dello stato maggiore: i reparti speciali per definizione. Il suo primo comandante era Yoni Netanyahu, il fratello maggiore di Bibi, il capo e l'unica vittima dell'operazione Entebbe. Il suo secondo fu Barak: con un grado inferiore, allora nelle Sayeret c'era anche il giovane Bibi. Insieme hanno liberato ostaggi e ucciso nemici.
Come tutti gli israeliani anche il capo del Mossad avrà idee personali sulla pace e la guerra con i palestinesi. Ma non le sa nessuno. Le cariche principali militari e civili della sicurezza israeliana sono politicamente trasversali. Solo quando vanno in pensione, per legge sei mesi dopo le dimissioni, possono scegliere un partito, candidarsi in parlamento, diventare ministri e, con qualche raro precedente, anche premier. Una vita passata in battaglia o nei segreti più profondi dello stato non sempre svelano le loro idee politiche. Alcuni di loro alla fine diventano anche pacifisti.
(Il Sole 24 Ore, 30 novembre 2010)
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La festa ebraica delle luci
Giovedì a Sabbioneta l'accensione della lampada di Hanukkàh
È in programma giovedì 2 dicembre alle 18.30 in piazza Ducale a Sabbioneta, l'accensione pubblica della lampada di Hanukkàh. Saranno Fabio Norsa e Emanuele Colorni, rispettivamente presidente e vicepresidente della Comunità Ebraica di Mantova ad accendere il candelabro e a spiegare il significato della tradizionale festa ebraica delle luci.
La festa di Hanukkàh (inaugurazione) dura otto giorni e trae le sue radici da un episodio storico avvenuto nel 165 a.C. quando, a seguito di un miracolo (durante la riconsacrazione del Tempio una piccola quantità di olio durò per otto giorni) fu proclamato che si festeggiasse l'avvenimento, per tutti i tempi.
Ancora oggi gli ebrei accendono i lumi di un candelabro per otto sere: la prima si accende un solo lume, poi per otto volte, si aggiunge un lume in più, accendendo da sinistra a destra.
«E' un evento straordinario per Sabbioneta - spiegano gli organizzatori - che, come già Roma ed altre città, propone la gioiosa ricorrenza ebraica che bene si affianca all'atmosfera delle prossime festività di fine anno.
La storia di Sabbioneta, per ben cinque secoli, è stata positivamente influenzata dalla presenza della comunità ebraica. La Sinagoga ed il cimitero restano a testimonianza della presenza di una comunità perfettamente integrata che portò sempre grandi benefici culturali ed economici alla Città che oggi l'Unesco ha dichiarato Patrimonio dell'Umanità». Al termine della cerimonia, alla quale presenzieranno le autorità locali, sarà possibile visitare la Sinagoga restaurata. Saranno distribuiti dolci ai bambini. Info 0375 52039.
La festa della luce per gi ebrei è anche l'occasione dello scambio di regali per i bambini, un po' come il Natale dei cristiani.
(Gazzetta di Mantova, 30 novembre 2010)
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Comunità Ebraica di Torino, domani Hanukka - Festa delle Luci 2010
La Comunità Ebraica di Torino organizza, in occasione della festa di Hanukka - La Festa delle Luci, l'accensione in piazza del primo lume di un grande candelabro e l'inaugurazione di un'istallazione luminosa a tema.
In tutte le metropoli da Roma a New York, l'accensione del candelabro in piazza rappresenta un momento di condivisione spirituale e gioiosa della Festa delle Luci, che celebra la vittoria dei Maccabei sui greci, nell'anno 169 a.e.v e il miracolo dell'ampolla d'olio rinvenuta durante la purificazione del Tempio di Gerusalemme, saccheggiato e profanato dai greci. I sacerdoti, per riconsacrare il Tempio, si apprestarono ad accendere il candelabro a sette bracci, la Menorah, ma la quantità di olio puro in loro possesso non sarebbe stata sufficiente. Secondo le cronache fu allora che avvenne il miracolo e la piccola ampolla bastò per otto giorni.
Quest'anno l'accensione del primo lume si svolgerà in Piazzetta Primo Levi alla presenza di Rav Eliyhau Birnbaum, Rabbino capo della Comunità Ebraica di Torino e di Tullio Levi, Presidente della Comunità Ebraica di Torino.
Porteranno un saluto le autorità religiose invitate, i rappresentanti della Città di Torino e della Circoscrizione 8 - San Salvario.
A sottolineare il valore gioioso della festa di Hanukka, i bambini della scuola ebraica Colonna e Finzi accenderanno i loro candelabri e parteciperanno con canti e balli.
Per l'occasione verranno offerti ai partecipanti dolcetti tipici della tradizione ebraica.
(Eco di Torino, 30 novembre 2010)
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Israele approva il piano nazionale di riduzione dei gas serra
LIVORNO. Il governo israeliano ha approvato ieri il Piano nazionale di riduzione dei gas serra che nei prossimi 10 anni prevede investimenti per circa 2,2 miliardi di sheqel (598 milioni di dollari). La siccità ha incrinato anche la sicumera nucleare della produzione energetica israeliana e il sospiro di sollievo energetico tirato dopo le recenti scoperte di gas nel Mediterraneo: secondo il giornale internet Ynet i meteorologi israeliani hanno confermato che nel 2010 le precipitazioni nell'area sono state le più basse dal 1962 e novembre è stato il mese più secco da 50 anni.
Israele sta investendo anche nel solare fotovoltaico, in quello a concentrazione e nell'eolico, ma probabilmente gli sheqel previsti non basteranno, il piano approvato sembra molto più ambizioso e costoso, almeno a leggere un comunicato del governo che informa che «il piano comprende la riduzione del consumo di elettricità delle famiglie, il rinnovamento degli edifici pubblici e residenziali per aumentare l'efficienza energetica e delle campagne di sensibilizzazione».
Il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, ha spiegato che «Gli ultimi mesi secchi, tra i quali novembre che è stato il mese più secco della storia del Paese, sono un avvertimento per tutti noi che il cambiamento climatico non è meno minaccioso della sicurezza. In un Paese che soffre di una grave mancanza d'acqua, è una lotta essenziale».
(greenreport.it, 29 novembre 2010)
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Profughi eritrei nel Sinai, Everyone e Habeshia: "Marchiati a fuoco e sotto tortura"
Dramma umanitario nel Sinai. L'Agenzia Habeshia, il Gruppo EveryOne e il Circolo Generazione Italia MI - Sez. Diritti Umani hanno appena ricevuto notizie tragiche dalla regione sul confine fra Egitto e Israele, dove 80 eritrei sono tenuti in schiavitù dai trafficanti di esseri umani, incatenati mani e piedi. Nonostante l'appello diramato dalle citate organizzazioni umanitarie ai governi di Egitto e Israele, oltre che al Parlemento Ue e all'ONU, non è partita alcuna missione di soccorso, non si è alzato alcun elicottero, non sono scattate le dovute indagini. I profughi vengono continuamente maltrattati e sono stati marchiati a fuoco come bestie, una brutalità finalizzata a chiedere soldi ai parenti che vivono in Occidente. Chiedono un aiuto subito prima di essere uccisi, come è già avvenuto in passato in situazioni simili.
La nostra richiesta di aiuto ai governi Europei, al Parlamento e alla Commissione Ue, all'UNHCR, affinché intervengano con urgenza estrema per salvare le vite di queste persone che sono stremate, mentre i loro carcerieri sono sempre più violenti, è ora quasi disperata.
"Bisogna fare pressione sul governo Egiziano che intervenga a liberare i rifugiati dalle mani di questi trafficanti," chiede il sacerdote eritreo don Mussie Zerai.
L'Agenzia Habeshia insieme a EveryOne, Generazione Italia e alle ong che si impegnano in questa difficile missione, si appellano al Governo italiano: "Salvate la vita a questi profughi Eritrei, Etiopi, Somali e Sudanesi. Non restate inerti. Stiamo gridando per dare voce a questi nostri fratelli costretti a stare in catene, sotto tortura. Chi ha a cuore la dignità umana, i diritti in violabili della persona umana, agisca secondo le proprie funzioni, con coraggio e umanità". Sulla vicenda, è stata finora presentata un'interrogazione al Senato al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri dall'on. Pietro Marcenaro (PD).
(Articolo 21, 29 novembre 2010)
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Tamir Pardo sarà il nuovo direttore del Mossad
Per succedere all'attuale, che andrà in pensione a dicembre
GERUSALEME, 29 nov - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha nominato alla guida del servizio di intelligence israeliano, Mossad, un veterano del servizio, Tamir Pardo, per succedere all'attuale direttore che andrà in pensione a dicembre.
"Tamir Pardo ha ricoperto per numerosi anni incarichi importanti nell'ambito del Mossad di cui è stato il numero due", ha indicato un comunicato dell'ufficio del primo ministro. Secondo la stampa avrebbe partecipato all'operazione del 1976 a Entebbe, in Uganda. Meir Dagan, che ha diretto il Mossad per otto anni (una durata particolarmente lunga), lascerà l'incarico a dicembre.
"Il primo ministro ha sottolineato che Tamir Pardo aveva un'esperienza di decine di anni in seno al Mossad e la sua convinzione è che fosse l'uomo capace di dirigere l'organizzazione nei prossimi anni, che presenteranno allo stato di Israele numerose sfide", ha aggiunto il comunicato, che non ha dato altri dettagli biografici.
La stampa ha evidenziato che il nuovo capo del Mossad aveva lavorato insieme con Yoni Netanyahu, fratello del primo ministro israeliano, in particolare nel 1976 durante una spettacolare operazionedelle forze speciali israeliane a Entebbe (Uganda) per liberare un centinaio di passeggeri di un aereo dell'Air France, dirottato da pirati dell'aria filo-palestinesi.
(Apcom, 29 novembre 2010)
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Gli ebrei romani
di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Circolano idee strane sugli ebrei romani, oggetto di un'ipertrofica attenzione mediatica e da qualche tempo anche caso letterario. Un noto scrittore ha spiegato che dopo lo sterminio nazista si è sviluppato un complesso di inferiorità nelle famiglie romane più religiose che le ha spinte a emulare modelli di osservanza estranei, importando "divieti da secoli scomparsi dalla nostra tradizione": si parla delle regole alimentari, del Sabato, del Kippur, della lacerazione per il lutto. E questa "radicalizzazione" produce "nelle anime più laiche e illuministe della Comunità un moto di irrisione e insofferenza". Bisognerebbe meglio riflettere sul semplicismo di queste analisi. Perché se è vero che a Roma (come nel resto del mondo) c'è stata una fuga in massa dall'osservanza, questo fenomeno corrisponde a un periodo storico ben preciso, la seconda metà dell'ottocento, in cui anime belle e meno belle si sono scrollate di dosso il "giudaismo tribale". Ed è anche vero che insieme alla fuga c'è stato un distacco dalla cultura tradizionale, che ha portato alla nascita di un mito, quello di un ebraismo romano staccato dal resto del mondo ebraico dai tempi di Tito, con una sua Torah, o un suo pallido residuo, tutta speciale, chissà in cosa consistente, che per secoli non avrebbe osservato neppure il Kippur. Non c'è bisogno di essere illuminati, ma solo un po' lucidi, per riconoscere in questa grande bufala mitica il prodotto di una singolare commistione di ignoranza e spocchia classista.
(Notiziario Ucei, 29 novembre 2010)
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La Russia interessata alla società di telecomunicazioni israeliana ECI Telecom
La Russia potrebbe comprare il gigante delle telecomunicazioni israeliano ECI Telcom. Lo rivela il sito d'informazione russo Cnews, aggiungendo che l'iniziativa è partita dal proprietario della compagnia, il noto businessman Shaul Shani.
È stato lui a scrivere una lettera al presidente Dimitri Medvedev per proporgli l'affare in questi termini: «Voglio portare la sua attenzione sul fatto che stiamo pensando di vendere il 100% delle azioni ECI per 2.5 miliardi di dollari, e le consiglio di considerare l'acquisto della compagnia». La missiva avrebbe ottenuto il suo scopo: secondo indiscrezioni di stampa, Medvedev e i suoi starebbero infatti valutando attentamente i pro e i contro della proposta, e anzi certe fonti affermano che una trattativa sarebbe già iniziata. A far subodorare a Shani la possibilità che la Russia sia disposta a sborsare i 2.5 miliardi di dollari - il doppio circa di quello che l'affarista israeliano pagò quando acquistò la ECI nel 2007 per 1.24 miliardi -, sarebbe stata un'organizzazione russa per l'assistenza finanziaria, che ha preso contatto con l'affarista israeliano già da qualche tempo. Mikhail Asipov, vicepresidente dell'organizzazione, sta spingendo apertamente per l'acquisto: «La ECI - ha dichiarato Asipov in un'intervista a Cnews - è l'unica compagnia di telecomunicazioni estera che ha accettato di rivelare le sue tecnologie e i suoi codici alla Russia». E questo è un aspetto fondamentale del deal, con potenzialità notevoli: «Se la acquisissimo - ha spiegato il vicepresidente -, potremmo combinare quelle tecnologie e quel know-how con gli strumenti di altre compagnie come la MFTI e la Supertel, ma anche con il lavoro dei centri studi della nostra intelligence, creando così un polo di ricerca e sviluppo in grado di soddisfare le esigenze nazionali in materia di sicurezza». Prospettiva a cui la Russia guarda con estremo interesse: tanto che, sebbene non ci sia ancora niente di certo sul tavolo (a parte l'intenzione di Shani di vendere, e possibilmente ai russi), diversi commentatori si dicono già sicuri che l'affare andrà in porto.
(FocusMo, 29 novembre 2010)
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Eternit: gli uomini che sapevano tutto
Dopo l'udienza di oggi, non è più consentito alcun dubbio: sin dalla fine degli anni Sessanta, tutti sapevano della pericolosità dell'amianto, e nessuno ha fatto nulla.
Per consacrare tale drammatica e fondamentale verità, è stato chiamato il prof. Barry Castleman. Che ha parlato dall'alto della sua competenza globale e pluridecennale, resa immortale dalla corposa opera da lui dedicata all'argomento: la quale lo rende uno dei pochi personaggi che possono citare da un Vangelo scritto da loro stessi ("dal Vangelo secondo me", come si dice con una punta di cinematografica ironia).
Ma quale è stato l'apporto concreto al processo - e alla storia - dell'odierna deposizione del prof. Castleman?
Nella seconda guerra mondiale, mentre sei milioni di ebrei morivano nei campi di concentramento, tutti sapevano tutto e nessuno fece nulla. Le industrie tedesche continuarono a sfruttare i prigionieri dei Lager come manodopera gratuira; Winston Churchill continuò a esternare il suo antisemitismo nel suo ricco epistolario; papa Pio XII non si oppose al rastrellamento del ghetto di Roma; le autorità svizzere continuarono a respingere ai confini gli ebrei che tentavano di fuggire dalla Germania; l'aviazione alleata utilizzò le inequivocabili ricognizioni aeree del campo di Auschwitz per uno e due bombardamentini poco più che simbolici.
Tutte queste circostanze sono state storicamente accertate con un tasso medio-alto di attendibilità. Ma non sono mai state strombazzate più di tanto; forse perché manca qualcosa come un video sonoro in cui Churchill e papa Pacelli deliberino fianco a fianco la propria inazione, avendo sotto il naso le foto aeree di Auschwitz e di fronte a sé i rappresentanti delle industrie tedesche e del governo svizzero.
Ecco la funzione svolta dall'odierna deposizione del prof. Castleman: le cui parole hanno svolto esattamente il ruolo di un'ipotetica foto del genere (sul cui clamore storico sarebbe difficile misurare le parole
).
Spesso, nella storia come nella vita di ognuno di noi, una verità è chiara e lampante. L'infedeltà del coniuge, la disonestà di un socio in affari, il tradimento da parte un amico. Ma una parte di noi si rifiuta di crederci, usando come scusa l'inesistenza della relativa prova irrefutabile. E, per non sbagliare, anche quando la si potrebbe trovare non vi si prova affatto.
Così, fino a questo momento nella storia della Eternit si era potuti girare intorno alla verità, nonostante essa trasudasse da ogni poro della maxiaula 1 del Palazzo di Giustizia, e dai muri di ognuno degli stabilimenti Eternit in questione.
Da oggi, la drammatica verità è ufficialmente sotto gli occhi di tutti. I quali tutti non potranno esimersi dal tenerne conto. Le conseguenze saranno sicuramente più emotive che processuali; ma è sempre meglio che niente, e soprattutto meglio tardi che mai. Un po' come per figli e nipoti dei prigionieri di Auschwitz, vedendosi arrivare i magri risarcimenti dalle industrie tedesche che sfruttarono nonni e papà.
(Zipnews.it, 29 novembre 2010)
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Israele prepara una campagna di pubbliche relazioni in Europa
Contattata anche l'ambasciata a Roma
Il ministero degli Esteri israeliano sta preparando una vasta campagna di pubbliche relazioni in Europa, per migliorare l'immagine del Paese. Lo hanno reso noto fonti diplomatiche. In questo senso sono state impartite istruzioni a una serie di ambasciate, tra cui quella a Roma; le altre sedi allertate sono quelle di Londra, Berlino, Madrid, Parigi, L'Aja, Oslo e Copenaghen. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il bilancio del ministero per le pubbliche relazioni in queste otto capitali è stato raddoppiato. Ogni ambasciata ha ricevuto come consegna di preparare una lista di almeno mille persone, in ciascuna di queste capitali, fino al 16 gennaio. Le rappresentanze diplomatiche israeliane dovrebbero contattarli e tenerli informati sui recenti sviluppi politici, contando sul loro aiuto disinteressato per prendere la difesa dello stato ebraico. Si tratterebbe tanto di membri della comunità ebraica, di cristiani filo-israeliani, di giornalisti, di ricercatori e di uomini politici.
(Apcom, 28 novembre 2010)
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Israele-Germania: visita del presidente tedesco Wulff
Il presidente tedesco Christian Wulff ha cominciato oggi una visita ufficiale di quattro giorni in Israele, nel corso della quale avrà colloqui con i massimi esponenti del governo e dell'opposizione. Wulff sarà anche a Betlemme, dove vedrà il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas).
Nel rispondere stamane a Gerusalemme a un indirizzo di benvenuto del presidente Shimon Peres, Wulff ha ribadito l'impegno della Germania all'esistenza di Israele in pace e in sicurezza. Al tempo stesso, secondo Wulff, la migliore garanzie di pace e sicurezza per Israele potrà venire dalla costituzione di uno stato palestinese al fianco di Israele nel contesto di un accordo di pace equo e generale. Israele, ha aggiunto, deve a questo fine anche affrontare la questione degli insediamenti ebraici nei territori palestinesi.
La visita di Wulff, che è nato dopo la seconda guerra mondiale, intende esternare l'impegno della generazione tedesca del dopoguerra a continuare il dialogo e le relazioni speciali allacciate con Israele.
Peres ha sottolineato l'importanza che Israele attribuisce alle relazioni con la Germania senza però mai scordare il tragico passato rappresentato dalla Shoah.
Wuff, che stamane ha visitato lo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto, in compagnia di giovani tedeschi, vedrà nei prossimi giorni il premier Benyamin Netanyahu, del quale sarà ospite a cena, la leader dell'opposizione Tzipi Livni e esponenti del mondo accademico e culturale, come lo scrittore David Grossman.
(ticinonews.ch, 28 novembre 2010)
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Israele: approvata la costruzione di un centro di detenzione per immigrati illegali
GERUSALEMME, 28 nov. - Il governo israeliano ha approvato la costruzione di un centro di detenzione per i migranti che arrivano illegalmente nel Paese, provenienti dall'Egitto. "Dobbiamo fermare l'ingresso di massa di infiltrati illegali che cercano lavoro", ha detto il primo ministro Benyamin Netanyahu all'apertura del consiglio dei ministri, affermando che si tratta di centri "simili a quelli che esistono in Olanda, Italia, Spagna e altri paesi".
Secondo il primo ministro israeliano, l'ondata di immigrati minaccia i posti di lavoro israeliani e potrebbe cambiare il carattere del Paese. Netanyahu ha tuttavia sottolineato che i "rifugiati di guerra" continueranno ad essere accolti nel paese.
Il centro di detenzione dovrebbe essere pronto fra sei mesi. Gli immigrati illegali vi rimarranno fino a quando non potranno essere espulsi nel paese d'origine o in quello di transito. Migliaia di migranti entrano ogni anno in Israele attraverso la penisola del Sinai, con la complicita' di trafficanti beduini. La settimana scorsa e' iniziata la costruzione di una barriera alla frontiera, lunga 240 chilometri.
(Adnkronos, 28 novembre 2010)
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Wikileaks: Israele, allerta elevata
Cresce in Israele la tensione per la imminente pubblicazione su Wikileaks dei documenti segreti del Dipartimento di Stato statunitense degli ultimi quattro anni.
"Allarme Imbarazzo" titola Maariv, mentre il filogovernativo 'Israel ha-Yom' avverte che c'è da temersi una vera "Chernobyl diplomatica".
Il diffuso Yediot Ahronot titola allarmato: "I segreti di Israele vengono svelati". Al giornale risulta che fra l'altro stanno per essere divulgati: analisi del carattere del premier Benyamin Netanyahu e del ministro della difesa Ehud Barak; trascrizioni dettagliate degli incontri di lavoro avuti da funzionari statunitensi con il Capo del Mossad Meir Dagan; e anche informazioni "delicate" - possibilmente, sull'Iran - che provengono dall'Intelligence militare di Israele (Aman).
Alcuni analisti non escludono che altri motivi di imbarazzo potrebbero scaturire da rivelazioni sulla natura delle relazioni fra l'Ambasciata degli Stati Uniti a Tel Aviv ed esponenti politici israeliani, di governo e di opposizione. Altri evocano la possibilità che i documenti denuncino la esistenza di 'talpe' americane fra i funzionari israeliani. Il Dipartimento di Stato ha già avvertito nei giorni scorsi i dirigenti israeliani che una parte dei documenti che si trovano in mano di Wikileaks riguardano effettivamente le relazioni bilaterali.
(swisscom, 28 novembre 2010)
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Calcio, una squadra israeliana ingaggia un attaccante arabo
"Il calcio avvicina le persone in tutto il mondo": con queste parole il giovane attaccante Jad Sarsur spiega oggi la decisione di indossare la maglia del 'Betar Ariel', la squadra di una città-colonia israeliana in Cisgiordania di 20 mila abitanti.
Jad Sarsur, precisa il quotidiano Yediot Ahronot, è un arabo israeliano che adesso farà la spola fra la sua città di Kfar Kassem e l'insediamento nei Territori occupati. Sarsur - che ha già giocato in diverse squadre arabe israeliane - assicura di essere stato accolto a braccia aperte ad Ariel e di aver indossato con orgoglio la nuova maglia sui spicca il simbolo del movimento nazionalista ebraico 'Betar': un candelabro a sette bracci. A Gerusalemme i tifosi della squadra locale del Betar sono noti per le loro tendenze di destra e si oppongono all'ingaggio nella loro squadra di giocatori arabi: ma ad Ariel, assicura Sarsur, l'atmosfera è rilassata e nei suoi confronti non è stata mostrata alcuna animosità. Il calciatore ha anche criticato quegli attori teatrali israeliani che si sono rifiutati di esibirsi nel nuovo Palazzo della cultura di Ariel, in quanto si trova in zone occupate militarmente. "I boicottaggi - replica Sarsur - sono sbagliati e negativi". Il 'Betar Ariel' partecipa a un campionato di 'Serie C' e, secondo Yediot Ahronot, mantiene stretti rapporti di collaborazione con altre squadre arabe, fra cui quelle Kfar Kassem e di Tira, in territorio israeliano. Sarsur, da parte sua, continua ad allenare la squadra giovanile di Kfar Kassem e sogna di diventare un giorno un allenatore importante. I dirigenti del 'Betar Ariel' affermano che Sarsur "è già parte della nostra famiglia" e assicurano che il giocatore parteciperà non solo agli allenamenti e alle partite "ma sarà anche invitato alle feste private".
(L'Unione Sarda, 28 novembre 2010)
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E in vetta alla hit parade finisce una canzone sulla guerra
È da tre settimane in vetta alla classifica. È la canzone più ascoltata d'Israele. L'autore ha solo 22 anni, si chiama Idan Amedi, si è piazzato secondo all'ottava edizione di "Kokhav Nolad" ("È nata una stella", una sorta di "X Factor") ed è un ex soldato dell'esercito israeliano.
E proprio sull'esercito si concentra la sua canzone «Il dolore dei guerrieri». Dove «guerrieri» (lochamim in ebraico) è usato da Amedi per esaltare i soldati «che combattono ogni giorno e rischiano la vita» e per differenziarli dagli altri soldati, quelli che il cantante ritiene inferiori «perché stanno seduti tutto il giorno dietro alle loro scrivanie e in uffici con l'aria condizionata».
I critici sono divisi sulla canzone. C'è chi la esalta perché per la prima volta fa luce sul doppio volto dell'esercito israeliano. Ma c'è anche chi la boccia, dicendo che piace al pubblico solo perché le note sono melodrammatiche.
Idan Amedi ha servito nel reparto del Genio. Universalmente conosciuto come quello che disarma le mine, ma che guida anche i D9, i potenti bulldozer che di solito demoliscono le case palestinesi e sradicano gli uliveti. Leonard Berberi
(Falafel Cafè, 27 novembre 2010)
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Il Talmud sarà tradotto in italiano. I rabbini di Roma coordinano il team
E domani a Campo de' Fiori cerimonia per ricordare il rogo dei testi sacri ebraici, nel 1553
di Gabriele Isman
È uno dei testi sacri dell'ebraismo, ma non è mai stato tradotto in italiano. Ora manca soltanto la firma del ministro dell'Istruzione Gelmini per partire, poi serviranno cinque anni di lavoro - con un team di 30 persone - per una versione nella nostra lingua del Talmud babilonese, parola che significa "discussione", "insegnamento": un compendio di 6 mila pagine divise in 40 volumi, "che contiene più domande che risposte" spiega il rabbino di Gerusalemme Adin Steinsaltz, che recentemente, e dopo 40 anni di lavoro, ha completato la traduzione del testo dall'aramaico in ebraico moderno.
Per Steinsaltz "il Talmud è un mondo di domande. Oggi viviamo negli interrogativi e avere un rapporto con questi libri è avere un rapporto con i saggi che vi hanno portato i loro contributi. Attraverso gli interrogativi si può rompere anche lo scetticismo, e per questo il Talmud è un grande monumento a quanto può essere importante porsi delle domande". Giovedì scorso rav Steinsatlz ha tenuto un'applaudita lectio magistralis alla Sapienza: "Abbiamo occupato l'università" commenta sorridendo Riccardo Di Segni, il rabbino capo di Roma.
La traduzione in italiano, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio, sarà coordinata dal collegio rabbinico della capitale, e la firma della Gelmini non pare un problema: "Ci hanno promesso che arriverà a breve" dice ancora Di Segni. "Parlare di Talmud a Roma - aggiunge Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana - significa riaprire una ferita mai chiusa". Nel settembre del 1553 infatti, nel giorno del Capodanno ebraico, a Campo dè Fiori fu acceso un rogo in cui furono bruciata migliaia di volumi del Talmud e di altri testi sacri dell'ebraismo. "Con quell'episodio - dice Pacifici - iniziò la campagna antiebraica e partì il declino delle nostre comunità".
L'odio passò anche per la chiusura del ghetto di Roma con una bolla di Paolo V - nel 1555, appena due anni dopo l'episodio di Campo dè Fiori - che finirà soltanto il 20 settembre del 1870, con la presa di Porta Pia e l'apertura dei cancelli del ghetto. "Per questo come comunità, abbiamo deciso di rendere il 20 settembre una nostra festa" dice Pacifici. Domani intanto alle 17 il rogo del Talmud sarà ricordato - e in qualche modo sanato - con una cerimonia a Campo dè Fiori: nella piazza in cui nel 1600 fu bruciato Giordano Bruno, sarà presente anche il sindaco Alemanno.
Mercoledì prossimo sarà anche Hanukkah, la festa delle luci, una celebrazione importante per gli ebrei: "I primi rapporti tra Roma e Gerusalemme risalgono al 140 avanti Cristo, con uno scambio di lettere in cui si prometteva pace eterna. Poi il rapporto è cambiato, passando anche per Campo dè Fiori. Il fuoco - dice ancora Stainseltz - può distruggere, ma può essere anche speranza. La celebrazione in quella piazza sarà un punto di partenza: possiamo cambiare il significato della Storia". E per chi fosse curioso di ascoltare quest'uomo che ha dedicato quarant'anni della sua vita a tradurre il Talmud, domani alle 20.30 si terrà un incontro pubblico al centro Pitigliani con Gad Lerner.
(la Repubblica - Roma, 27 novembre 2010)
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Italia-Israele: esercitazione aerea in Sardegna
A ''Vega 2010'', hanno partecipato 38 velivoli di vario tipo nella Base aerea di Decimomannu
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Un caccia multiruolo israeliano F-15 B/D "Baz" pronto per una
missione di volo sui cieli della Sardegna durante l'esercitazione
aerea italo-israeliana ''Vega 2010'' che si e' svolta dal 16 al 26
Novembre |
TEL AVIV - Una esercitazione congiunta di due settimane dell'aeronautica militare israeliana assieme con quella italiana si e' conclusa in Sardegna . Lo ha reso noto un portavoce militare a Tel Aviv. Il portavoce ha precisato che da Israele hanno preso parte due squadroni di F-15 della base di Tel Nof (a sud di Tel Aviv) e due squadroni di F-16 della base di Nevatim (Neghev). Per la prima volta in esercitazioni del genere e' stato impiegato anche un 'Eitam' G550, il drone di maggiori dimensioni costruito finora in Israele. ''L'esercitazione - ha affermato il portavoce - e' stata condotta per mantenere le capacita' operative dell'Aeronautica militare israeliana e per addestrare gli equipaggi in spazi aerei vasti e non familiari''. Esperienze come questa, ha aggiunto, consentono all'aviazione israeliana di imparare da quelle straniere e di familiarizzarsi con le tattiche militari della Nato. Il portavoce ha rilevato che l'esercitazione era stata programmata da tempo.
All'esercitazione aerea italo-israeliana, chiamata in codice ''Vega 2010'', hanno partecipato oltre 600 militari e 38 velivoli di vario tipo che si sono rischierati nella Base aerea di Decimomannu, sede del Reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo. Le missioni di volo, studiate allo scopo di confrontare differenti tecniche di impiego, garantire l'addestramento avanzato e lo scambio di esperienze fra equipaggi italiani e israeliani, si sono svolte tutte in spazi di mare aperto ad est della Sardegna e sono state concepite, informano dalla direzione della ''Vega 2010'', in maniera tale da ridurre al minimo le ricadute negative per il traffico aereo civile nel vicino scalo di Elmas e il disturbo per le popolazioni. Gli israeliani hanno schierato due squadroni di caccia multiruolo F-15 B/D ''Baz'' della base di Tel Nof (a sud di Tel Aviv) e due squadroni di F-16 B ''Netz'' della base di Nevatim (Neghev). Per la prima volta gli israeliani hanno impiegato in un'esercitazione un velivolo Gulfstream G550 in versione Airborne Early Warning (AEW) per il controllo aereo elettronico. Per l'Italia hanno partecipato i Tornado ECR del 50/o Stormo, gli F-16 A ''Fighting Falcon'' del 37/o Stormo, gli Amx ''Ghibli'' del 32/o Stormo, un MB-339A adibito al controllo meteo, e gli Eurofighter ''Typhoon'' del 4/o Stormo
(ANSA, 27 novembre 2010)
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Yemen: il nuovo crocevia del terrorismo islamico
di Costantino Pistilli
Ufficiali dell'esercito yemenita hanno rivelato al britannico Telegraph che membri del gruppo terrorista somalo al-Shabaab sono stati arrestati in un campo profughi allestito dal governo di Sana'a. Il pericolo per lo Yemen è l'infiltrazione di cellule terroristiche legate ad al Qaeda insediatesi in Somalia. "I campi profughi come quello di Al-Kharaz, che oggi ospita 18.000 rifugiati somali, potrebbero diventare il terreno di reclutamento per radicali islamici. Per le strade di Aden, ormai, è facile incontrare gente Shabaab", ha aggiunto un altro ufficiale.
Per il governo del presidente Abdullah Saleh quello dei profughi sta diventando una spina nel fianco. Siamo in un paese dove già si contano ottocentomila rifugiati e il 70% arriva dalla Somalia: in otto ore si traversa il Golfo di Aden e si lascia la brutale guerra civile del loro paese. Sulle coste yemenite, però, oltre alle vittime arrivano anche i carnefici. Per arginare l'infiltrazione dei terroristi dial-Shabaab, Sana'à renderà più difficile ai rifugiati di chiedere asilo: si sta esaminando una proposta di legge per abrogare automaticamente lo status di rifugiato a chiunque arrivi dalla Somalia mentre si cerca il sostegno della comunità internazionale. Una decisione che ha trovato dura opposizione da parte delle associazioni umanitarie ma che per ora sembra essere l'unica arma a disposizione del presidente Saleh per tagliare le teste all'Idra del terrorismo islamico....
(l'Occidentale, 27 novembre 2010)
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Il nuovo ingresso del cimitero ebraico di Bologna
di Paola Naldi
È una lunga parete rivestita di acciaio, dall'aspetto ossidato e arricchita da iscritte in ebraico ed in italiano, il nuovo intervento che sottolinea l'ingresso al cimitero ebraico presso la Certosa. Ieri c'è stata l'inaugurazione ufficiale, dopo circa sei mesi di lavoro, alla presenza del rabbino capo Alberto Sermoneta, del commissario del Comune Annamaria Cancellieri e di una rappresentanza di cittadini. Un'occasione importante perché, come ha sottolineato Sermoneta, in questo modo la comunità ebraica «ha rinsaldato la relazione con la civiltà che la circonda, passo avanti per un processo di dialogo sempre più profondo». Il cimitero ebraico è stato istituito nel 1867, dopo il processo di «Emancipazione», ma non aveva una sua commutazione dovendo condividere, in maniera confusa, l'ingresso con il campo 1971 della stessa Certosa. Grazie ai fondi della Legge 175/2005 che permette la riqualificazione dei beni ebraici è iniziata un'operazione complessa di rivalutazione dell'intero cimitero, con il ripristino di 89 lapidi nel 2007 (per 150mila euro) e oggi con l'inaugurazione del nuovo ingresso (costato 85mila euro)
(la Repubblica - Bologna, 27 novembre 2010)
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Il presidente tedesco Christian Wulff in Israele con figlia
"Simbolo" responsabilità Olocausto anche di generazioni future
BERLINO, 26 nov. - Il presidente tedesco Christian Wulff sarà in visita per quattro giorni in Israele "per dare al più presto un segnale del grande valore attribuito ai rapporti tedesco-israeliani". Wulff, che sarà accompagnato dalla figlia maggiore Annalena, visiterà anche i Territori palestinesi.
Il presidente 51enne, primo capo di stato tedesco nato nel dopoguerra a recarsi in Israele, sottolineerà la particolare responsabilità della Germania per i crimini nazisti e per l'Olocausto. Una responsabilità che peserà anche sulle generazioni future: per questa ragione, "simbolicamente", la figlia 17enne sarà al fianco di Wulff durante la visita al memoriale di Yad Vashem.
Domenica Wulff incontrerà il collega israeliano Shimon Peres e il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. Lunedì seguiranno colloqui con la leader dell'opposizione, Tzipi Livni e poi una cena con il premier, Benjamin Netanyahu. Martedì il presidente tedesco visiterà i Territori palestinesi dove avrà un incontro con il presidente dell'Autorità, Abu Mazen.
(Apcom, 26 novembre 2010)
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Facebook e i social network sono la nuova vetrina dell'antisemitismo
di Dimitri Buffa
Guai a mettere una foto di "Playboy" su "facebook": trovi facilmente il represso o la repressa sessuale che ti segnalano e i burocrati di Zuckerberg ti chiudono in 48 ore senza nemmeno consultare la casa madre. Stessa cosa se hai troppe amicizie, o se ne chiedi troppe. Solo se fondi una pagina negazionista dell'Olocausto o predichi l'odio contro gli ebrei (sebbene Zuckerberg si professi ateo ma nato e cresciuto in una famiglia di origini e tradizioni ebraiche) puoi stare al sicuro: le burorazie del social network per antonomasia sono molto più lente in tal caso e gruppi e pagine vengono chiusi con solerzia molto minore.
Sarà anche per questo che tutta la rete internet è ormai sommersa da gruppi, pagine e siti anti semiti. E che aumentano di anno in anno. Infatti se nel '95 ne esisteva solo uno, oggi nel mondo si contano 8mila siti e blog antiebraici. Una miriade di spazi nei social network, forum e chat che ripropongono gli orrori classici dell'odio antisemita con l'aggravante della pervasività del mezzo....
(l'Opinione, 26 novembre 2010)
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E' di David Gerstein la lampada che accende la Hanukka di Casale
Presentazione di Daria Carmi e Luigi Cerutti - I 'Lumi' da Parigi a Roma
CASALE - Come ogni anno in occasione della festa di Chanukkah un famoso artista internazionale sta per arrivare a Casale. Una visita che comincerà il 28 novembre con lo scopo di accrescere la già straordinaria collezione del Museo dei Lumi e dall'altra parte regalare insieme ad essa anche l'emozione di una mostra all'interno del complesso della Sinagoga di via Salomone Olper.
L'artista scelto per questa edizione della "Festa delle lamoade'' è DAVID GERSTEIN, israeliano (nato a Gerusalemme, 1944), famoso per le sue installazioni parietali, costituite da lastre di acciaio sagomate, dipinte a mano e sovrapposte su due o più livelli per formare veri e propri bassorilievi. Opere che raccolgono successi di critica, di pubblico e di mercato. La sua presenza a Casale avviene grazie alla collaborazione con la ERMANNO TEDESCHI GALLERY che già in passato ha realizzato grandi eventi per la città e per la locale Comunità Ebraica....
(Il Monferrato, 26 novembre 2010)
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Wikileaks - Usa e Israele,possibili tensioni da nuove rivelazioni
LAmbasciata a Tel Aviv ha avvertito il governo dello Stato ebraico
ROMA, 26 nov. - La possibile diffusione da parte del sito di Wikileaks di migliaia di comunicazioni diplomatiche statunitensi potrebbe rivelarsi fonte di imbarazzo e ripercuotersi sulle relazioni bilaterali con alcuni Paesi,k fra i quali Israele: è quanto pubblica il quotidiano israeliano Ha'aretz.
L'Ambasciata statunitense a Tel Aviv avrebbe infatti avvertito il governo dello Stato ebraico sulle possibili rivelazioni; sebbene i messaggi non siano classificati come documenti con un alto livello di segretezza, l'Amministrazione Obama non ne conosce il contenuto preciso.
Si tratterebbe per la maggior parte di relazioni inviate da sedi diplomatiche statunitensi nell'arco degli ultimi cinque anni e includono - oltre alle analisi degli specialisti sulla situazione nel Paese ospite - anche i resoconti di colloqui con dirigenti politico, imprenditori o giornalisti.
(Apcom, 26 novembre 2010)
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Sport e solidarietà - Il Maccabi Italia regala una speranza
È partito questa mattina da Fiumicino un carico speciale per Israele. Palloni, scarpe da ginnastica, tute e maglie da gioco del Maccabi Italia sono infatti in viaggio con destinazione Petah Tikwa dove Claudio Pavoncello li consegnerà ai bambini del reparto oncologico dell'ospedale Schneder insieme a maglie e sciarpette delle squadre italiane più rappresentative donate da Attilio Bondì, Alberto Fiano e Alfonso Haddad. L'iniziativa del Maccabi Italia è sostenuta dalla compagnia aerea israeliana El Al che si è presa carico del trasporto e della consegna della merce all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. L'ospedale Schneider è una delle strutture ospedaliere più grandi e funzionali del Medio Oriente. Al suo interno sono ospitati malati e degenti di ogni provenienza, circa il 40 per cento dei bambini del reparto oncologico è di etnia palestinese o religione cristiana. "Vogliamo far sentire la nostra vicinanza e il nostro affetto a questi sfortunati ragazzi - spiega il presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello - con la speranza di poter regalare loro un sorriso e una speranza. Il nostro è un messaggio di tolleranza tra popoli ed etnie diverse. Da sempre siamo in prima linea contro il razzismo e continuiamo la nostra opera convinti che lo sport sia un meraviglioso veicolo di pace e tolleranza che riesce laddove qualsiasi altra forma di diplomazia rischia di fallire". L'iniziativa di questi giorni è la prosecuzione di una serie di attività organizzate dal Maccabi Italia nel recente passato. Già due anni fa una comitiva di bambini malati di cancro dello Schneider era stata portata in visita prima a Trigoria nel ritiro della Roma e poi a Formello in quello della Lazio. I giocatori delle due squadre capitoline avevano interrotto l'allenamento per regalare alcuni momenti di spensieratezza ai bambini. Spalletti li aveva presi in braccio uno a uno mentre Totti aveva abbandonato le sedute di fisioterapia a cui si sottoponeva in quei giorni per dirigersi in tutta fretta al campo. Qualche mese dopo inoltre c'era stato l'abbraccio di alcuni rappresentanti del Maccabi Italia con i bambini di Sderot, cittadina israeliana bersaglio costante dei razzi sparati dalla vicina Striscia di Gaza. Le magliette dei campioni della Roma e della Lazio portate dalla delegazione italiana avevano scaldato il cuore dei ragazzi e allontanato momentaneamente l'incubo dei qassam. Adesso la grande battaglia di solidarietà del Maccabi Italia prosegue con l'ospedale Bambin Gesù di Roma. Per contribuire al mercatino che verrà allestito all'interno della struttura ospedaliera domenica 5 dicembre, la federazione dello sport ebraico italiano metterà in vendita magliette, tute, palloni e altro materiale sportivo. I proventi delle vendite serviranno a pagare un alloggio a quei genitori che non possono permettersi di pagare un albergo per stare vicino ai propri bambini. as
(Notiziario Ucei, 26 novembre 2010)
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19 Kislev: Rav Lazar a Parigi
PARIGI - Rav Moshe Lazar da Milano è stato l'ospite d'onore al grande raduno del 19 di Kislev a Parigi nel circo invernale con oltre 3000 persone.
Rav Lazar non è nuovo a Parigi, era già stato mandato dal Rebbe 50 anni prima quando si stava trasferendo a Milano.
La serata è iniziata con una nota negativa quando tutto il circo è stato evacuato per un falso allarme bomba.
Oltre a Rav Lazar hanno parlato il rabbino capo di Parigi e il presidente della comunità ebraica.
(Chabad.Italia, 26 novembre 2010))
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Israele pronto ad autorizzare le esportazioni da Gaza
GERUSALEMME, 25 nov. - Israele si appresta ad autorizzare le esportazioni dalla Striscia di Gaza a condizione che le merci siano controllate dall'Autorità nazionale palestinese (Anp). "Prevediamo di autorizzare il passaggio in territorio israeliano di prodotti da esportazione provenienti da Gaza verso la fine del primo trimestre 2011, a condizione che i prodotti non presentino una minaccia per la sicurezza", ha dichiarato il portavoce dell'amministrazione militare nei territori palestinesi, comandante Guy Inbar. Israele vieta le esportazioni da Gaza da quando Hamas ne ha preso il controllo nel giugno 2007. Lo Stato ebraico pretende che per lasciare Gaza le "merci siano ispezionate da agenti dell'Anp", ha precisato il comandante Inbar, spiegando che si tratta di impedire l'infiltrazione di "terroristi palestinesi" o di prodotti pericolosi. "E' possibile perché già oggi coordiniamo le importazioni di prodotti verso Gaza con degli agenti dell'Anp", ha aggiunto. Una ripresa delle esportazioni "potrà avvenire solo gradualmente", ha concluso, aggiungendo che Israele innalzerà la capacità quotidiana di trasferimento dei camion, nei due sensi, da 250 a 400.
(Apcom, 25 novembre 2010)
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Conferenza sulla tecnologia, cooperazione Italia-Israele
L'Italia sta moltiplicando gli sforzi a livello per incrementare il volume d'affari con Israele nel settore della ricerca e innovazione tecnologica orientate al mercato.
Rientrano in questa prospettiva i due giorni di lavori che si sono appena chiusi a Tel Aviv, articolati in due eventi: la conferenza "Tecnology Transfer" e il secondo "Forum italo-israeliano", organizzati dall'ambasciata italiana. Ad entrambi hanno partecipato rappresentanti dei due Paesi (per l'Italia c'era anche il ministro degli Esteri, Franco Frattini), tecnici, industrie e soprattutto istituti di credito. «Le banche non si muovono facilmente - hanno sottolineato fonti diplomatiche italiane -, ma in questo periodo storico l'Italia ha un deficit d'innovazione e ricerca, chi vuole investire in questi ambiti deve guardare all'estero. E Israele è il Paese delle start-up». Non bisogna poi dimenticare che tra Italia e Stato ebraico c'è già una cooperazione molto intensa a livello scientifico: tanto che un anno fa è stato inaugurato congiuntamente dai presidenti Napolitano e Peres il "Biennio della cooperazione italo-israeliana nella scienza e nella tecnologia". «L'Italia - spiega un funzionario della nostra ambasciata a Tel Aviv - è il primo partner d'Israele in Europa in questo campo; il salto che stiamo cercando di fare adesso è quello di utilizzare questo sostrato di relazioni così solido per trasformarlo terreno fertile per le imprese». Molti dei principali gruppi industriali italiani hanno partecipato all'evento, che ha già dato alcuni frutti concreti: ad esempio, è stato firmato un protocollo d'intesa tra l'Agenzia spaziale italiana e l'Agenzia spaziale israeliana che realizzeranno insieme due nuovi satelliti per l'osservazione della Terra.
(FocusMo, 25 novembre 2010)
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Olanda: mandato d'arresto europeo contro un criminale nazista
Per ottenerne l'estradizione. Fu responsabile morte di 22 ebrei
BRUXELLES, 25 nov - L'Olanda ha lanciato un mandato d'arresto europeo contro Klaas Carel Faber, un criminale nazista, condannato in Olanda e che vive in Germania. Faber e' nell'elenco dei quattro super ricercati dal Centro Simon Wiesenthal. L'obiettivo dell'Olanda e' aprire una procedura di estradizione del criminale nazista che ha 88 anni, era gia' stato condannato a morte nel 1947 per la morte di 22 ebrei. La pena e' stata pero' comminata in carcere a vita. Nel 1952 e'poi evaso dal carcere di Breda.
(ANSA, 25 novembre 2010)
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La popolazione ebraica nel mondo
di Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
Secondo un nuovo rapporto di ricerca che ho pubblicato questa settimana, nel corso dell'ultimo anno il numero degli ebrei nel mondo è aumentato di 80.000 persone e ha raggiunto un totale stimato a 13.428.000. L'incremento è interamente dovuto alla crescita di Israele la cui popolazione ebraica è giunta a 5.704.000, su un totale di 7.552.000 abitanti. Di questi, 313.000 sono membri non ebrei di famiglie ebraiche immigrate, e oltre un milione e mezzo sono arabi. Nel resto del mondo, il numero degli ebrei è sceso quest'anno di 15.000 unità. Israele rappresenta oltre il 42 per cento del totale mondiale, grazie a una popolazione ebraica ancora giovane con un'età mediana di poco oltre i 30 anni e 2,9 figli in media per donna. Nella Diaspora l'età mediana è ben oltre i 40, e il numero di figli ebrei è ben al di sotto dei 2. Il 42 per cento di tutti gli ebrei nella Diaspora si sposano con partners non ebrei. Ma anche Israele ha le sue preoccupazioni demografiche. L'intera popolazione presente sul suolo dalle rive del Mediterraneo al fiume Giordano ha raggiunto la cifra notevole di 11.445.000, inclusi 2.200.000 palestinesi in Cisgiordania e 1.470.000 a Gaza, oltre a 222.000 lavoratori stranieri. Rispetto a questo grande e diverso aggregato umano - maggiore rispetto a paesi come la Svizzera, l'Austria, la Svezia, il Belgio, il Portogallo e la Grecia - la popolazione ebraica costituisce il 49,8 per cento (appena meno della metà!), che diventano il 52,6 per cento se si incorporano gli oltre 300.000 parenti oriundi non di religione ebraica. Se si escludono Gaza - dove non vi è presenza israeliana - e la realtà provvisoria dei lavoratori stranieri, la maggioranza ebraica con gli oriundi sale al 61,7 per cento, e se si escludono anche i palestinesi della Cisgiordania, tale maggioranza sale al 79,7 per cento. L'intero documento può essere scaricato dal sito della North American Jewish Data Bank.
(Notiziario Ucei, 25 novembre 2010)
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L'Iran con l'atomica imiterà il regime di Kim
di Fiamma Nirenstein
Guardate bene la Corea del Nord volgendo il cannocchiale verso il futuro, e vedrete Teheran. Guardate i tormenti dei dissidenti nordcoreani e vedrete la lapidazione delle donne iraniane, considerate la determinazione nordcoreana nell'imporre al mondo il suo regime nazista con lo spauracchio della bomba atomica e vedrete chiaro il programma di Ahmadinejad.
Forse la più spaventevole testimonianza che nel mondo contemporaneo sia dato ascoltare è quella di un sopravvissuto al campo di concentramento nordcoreano: chi scrive ne ha avuto l'occasione, e qui si dirà soltanto che la storia di torture, di uccisioni, di fame (spiace assai ricordarlo) fino all'antropofagia dentro le famiglie dei prigionieri, sono altrettante indicazioni di quanto quel regime basi la sua sopravvivenza sul terrore. Il totalitarismo di quel tipo, però, sa di non piacere, di avere dei nemici che lo vogliono morto perché lo considerano pericoloso. Ed ecco la sua assicurazione sulla vita: la bomba atomica. Quando ce l'hai puoi fare quello che ti pare e uscirne solo con qualche parolina di biasimo. In Corea del Sud il bilancio è ormai di quattro morti, di cui due civili, e di diciotto feriti, le esplosioni sono state veri atti di guerra: ma Ban Ki Moon si limita a essere «molto preoccupato», Obama sostiene che «l'incidente è grave», tutti e due chiedono «alle parti», mentre si sa benissimo che l'unica parte aggressiva è quella del Nord, di «agire con moderazione»; la Germania pure è «preoccupata» e il Giappone «si prepara per qualsiasi eventualità». Tutti si preoccupano, ma dalle reazioni del mondo il regime di Pyongyang capisce che si tratta di una preoccupazione che somiglia alla paura e che è per questo che i toni sono morbidi; il Consiglio di Sicurezza per ora non si muove e di fatto la Corea del Sud viene abbandonata a se stessa con tante raccomandazioni di stare calmo.
È la bomba atomica, stupido. Un giorno questo accadrà anche con l'Iran, il giorno in cui il regime degli ayatollah avrà pronte le sue testate atomiche puntate su Israele, sull'Europa e oltre. L'Iran spesso reclama alcune isole del Golfo Persico, e con la bomba atomica il Golfo intero risveglierà i suoi appetiti; l'Irak, il naturale nemico dell'Iran, tremerà di paura a rischio continuo di invasione, mentre l'Arabia Saudita che sarà certamente «molto preoccupata», tuttavia non scenderà in campo e si limiterà ad accelerare gli sforzi per diventare quanto prima un Paese nucleare a sua volta. Lo stesso farà, a ogni buon conto, l'Egitto, anch'esso Paese sunnita, e la Giordania, ma senza far rumore, per non irritare gli ayatollah atomici. E Israele avrà per vicini i rappresentanti degli iraniani sia a sud che a nord. Gli Hezbollah potranno usare i loro missili senza paura della risposta israeliana, e anche Hamas, a sud, mirerà su Tel Aviv senza temere l'esercito israeliano, adagiata su un tappeto persiano fatto di neutroni.
Non è un caso che Pyongyang e Teheran vadano d'accordo, unite in quello che giustamente viene chiamato l'asse del male: la loro natura totalitaria le rende aggressive e pazzoidi. Per loro non funziona la teoria detta "MAD" quella Mutual Assured Destruction, che trattene gli USA e l'URSS da colpirsi. La loro natura stessa, i loro passionali culti li rendono di fatto adoratori della violenza, fino alla distruzione del mondo.
(il Giornale, 25 novembre 2010)
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Autorità islamiche revocano il divieto di dialogo con gli ebrei
Il Jerusalem Post riferisce di un proclama emesso da un gruppo di eminenti studiosi dell'Università di Al Azhar, la più antica università islamica al mondo con sede al Cairo, col quale implicitamente viene revocato il divieto al dialogo con gli ebrei. Nel proclama non si fa esplicita menzione degli ebrei ma secondo il portavoce del gran Mufti del Regno Unito e studioso di Al Azhar Sceicco Mohammed Elsharkawi, il riferimento agli ebrei nel messaggio non è poi così difficile da interpretare. "Bisogna tener conto - ha detto - del fatto che si tratta di questioni molto delicate ... Non posso rivelare quanto difficile sia stato formulare il documento. Le persone che hanno portato avanti questo documento sono incorse in grandi rischi e perciò sono state molto caute. C'é già un dialogo con i cristiani perciò chiunque abbia un briciolo di cervello può capire ciò che si è voluto dire". Il rabbino Marc Schneier, vice presidente del Congresso Ebraico Mondiale, ha affermato che "la decisione è una pietra miliare per la quale Al Azhar merita di essere elogiata".
(FocusMo, 25 novembre 2010)
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Shoah: Alemanno e Polverini alla commemorazione di Lello Perugia
ROMA, 25 nov. - Una processione funebre si e' svolta questa mattina intorno alla Sinagoga di Roma per ricordare Lello Perugia, uno degli ultimi sopravvissuti ad Auschwitz, ex comandante partigiano e medaglia d'oro alla Resistenza, scomparso martedi' sera all'eta' di 91 anni. Alla cerimonia erano presenti il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici e alcuni rappresentanti dell'Anpi.
"E' importante che la trasmissione di conoscenza ai giovani non si interrompa con la morte degli ultimi deportati - ha detto il sindaco Alemanno - Lello Perugia e' stato anche un combattente, deportato dall'abruzzo quando era sulle montagne a combattere. Aveva scelto la via della lotta e della resistenza, pur sapendo cosa rischiava". Alemanno ha quindi sostenuto la necessita' di accelerare l'iter per introdurre il reato di negazionismo, "perche' quando accade che un professore o qualcuno che svolge un ruolo pubblico si abbandona a questi atteggiamenti, non ci sono norme precise con cui reagire".
"Nel negazionismo si nasconde sempre una radice di antisemitismo - ha concluso il sindaco - Non e' una questione di liberta' di idee, ma di rifiutare logiche di razzismo che non possono piu' esistere nella nostra citta' e nel mondo". Il presidente Polverini ha sottolineato come le istituzioni "abbiano il dovere di raccogliere l'impegno e la storia dei testimoni per trasferirli alle nuove generazioni. Il loro sacrificio merita il nostro impegno".
(Adnkronos, 25 novembre 2010)
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Israele, record di turisti nel 2010. A batterlo è stato un religioso brasiliano
Quand'è arrivato erano tutti lì ad aspettarlo. C'era uno striscione, un sacco di addetti all'ufficio turistico nazionale e addirittura il ministro del Turismo. Per non parlare di fotografi, telecamere e microfoni. Solo che l'ospite eccellente non sapeva di esserlo. E quando è sceso ha dovuto faticare non poco per capire - e farsi convincere - che tutti quei personaggi sconosciuti erano lì soltanto per lui.
Il fortunato è un prete brasiliano partito da San Paolo e arrivato all'aeroporto internazionale "Ben Gurion" di Tel Aviv. Un uomo festeggiato per non aver fatto nulla. Se non per esser stato registrato come il visitatore numero 3.000.001, battendo così il record di turisti che hanno visitato lo Stato ebraico nel giro di un anno.
Al religioso - che faceva parte di una comitiva di evangelisti - sono stati donati una menorah e, cosa più sostanziosa, sei giorni di vacanza in Israele da spendere nel 2011. Ovviamente gratis.
Il ministro del Turismo, Stas Misezhnikov, ha stimato che alla fine di quest'anno, i turisti avranno superato quota 3,4 milioni. Quasi settecentomila in più rispetto al 2009 e quattrocentomila più di due anni fa. Leonard Berberi
(Falafel cafe', 24 novembre 2010)
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Aerospazio: Asi avvia una cooperazione con unagenzia israeliana
ROMA, 24 nov - L'Agenzia Spaziale Italiana e l'Agenzia Spaziale Israeliana avviano una cooperazione destinata alla realizzazione due nuovi satelliti per l'osservazione della terra. Il protocollo d'intesa e' stato firmato a Tel Aviv dal presidente dell'ASI Enrico Saggese e dal presidente dell'Agenzia Israeliana Isaac Ben-israel nell'ambito del forum italo-israeliano per la cooperazione nella ricerca, iniziativa organizzata dall'Ambasciata Italiana a Tel Aviv, alla presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini.
''L'intesa tra le due agenzie spaziali - spiega l'ASI - prevede la realizzazione di due satelliti con l'impiego di tecnologia congiunta per l'osservazione iperspettrale della terra. I due satelliti saranno collocati nella stessa orbita della costellazione italiana COSMO-SkyMed e quindi integreranno le osservazioni radar con osservazioni nell'infrarosso visibile e ultravioletto per numerose applicazioni, compresi monitoraggio ambientale, mappatura geologica, sicurezza e gestione dei rischi ambientali''.
''L'accordo - ha sottolineato il presidente dell'ASI Enrico Saggese - consente di integrare le tecnologie che i due Paesi hanno sviluppato nel settore, indispensabili per la costruzione dei due satelliti di medie dimensioni, le cui specifiche tecniche verranno definite da un gruppo tecnico-scientifico congiunto, che verra' istituito nei prossimi giorni''.
(ASCA, 24 novembre 2010)
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Israele: firmato un accordo per vent'anni di fornitura di energia fotovoltaica
Israele ha firmato un accordo per 20 anni di fornitura di energia fotovoltaica (del valore di quasi 69 milioni di dollari) con la Ventura Sun, joint venture tra la Arava Power Company e il kibbutz Ketura. Anche il colosso dell'ingegneria Siemens gioca una parte importante nell'affare, che dovrebbe diventare operativo a partire dal prossimo maggio: la multinazionale tedesca, che ha acquisito lo scorso anno il 40% delle quote della Ventura Sun, fornirà materiali e project management.
L'accordo è il primo del genere in Israele; secondo gli analisti, potrebbe inaugurare una nuova epoca di importanti contratti nel settore dell'energia rinnovabile tra lo Stato ebraico e la rete dei kibbutz. «Come tutte le novità - ha ammesso il ministro israeliano delle Infrastrutture, Uzi Landau - anche questo processo ha incontrato alcune difficoltà». Ma ora l'accordo è finalmente siglato, e «questa nuova iniziativa ci aiuterà ad andare avanti e crescere». «Abbiamo spianato la strada a chi verrà dopo di noi - ha dichiarato l'amministratore delegato di Arava Power, Jon Cohen -, e non è mai facile essere pionieri, in un settore pionieristico e in uno Stato pionieristico». Adesso che la via è stata aperta, la Israel Electric Corporation (fornitore nazionale di energia elettrica) prevede che presto verranno presentati all'incirca altri 200-300 progetti su media e larga scala che coinvolgono l'energia solare e che attualmente sono ancora in fase di progettazione. Da parte sua, il governo israeliano si è fissato l'obiettivo di coprire il 5% del proprio fabbisogno energetico tramite ricorso alle energie rinnovabili entro il 2014, e di arrivare a quota 20% entro il 2020. E dunque ha tutto l'interesse a spingere sull'acceleratore: tanto che, secondo anticipazioni della stampa locale, a breve il ministro Landau dovrebbe annunciare un pacchetto di agevolazioni e sgravi fiscali per attrarre investitori e incentivare ulteriormente progetti e start-up in questo settore.
(FocusMo, 24 novembre 2010)
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Israele: l'esercito usa Facebook per stanare le finte ortodosse
Le ragazze che si dichiarano haredì sono esonerate del servizio militare.I militari, diffidenti, le spiano su internet
In Israele il servizio militare è obbligatorio per tutti i ragazzi e ragazze maggiori di 18 anni e prevede un addestramento di tre anni per gli uomini e due per le donne. Una delle motivazioni che portano all'esonero dal duro servizio di leva è di stampo religioso: le donne che affermano di essere ebree ortodosse, di nutrirsi esclusivamente di cibi kosher e di onorare lo shabbata possono scampare il servizio militare. Ma da qualche tempo l'esercito ha smesso di credere sulla parola e si è messo a fare l'investigatore privato. Usando Facebook.
OCCHIO AI CAMBI DI STATUS - Quale migliore strumento per ficcare il naso nella vita privata delle giovani ragazze in età di leva se non il celebre social network? Il Capitano Arye Shalicar ha affermato che usando questo strumento sono state un migliaio le donne sbugiardate. "Se vedete qualcuno che aggiorna lo status durante lo shabbat (che inizia il venerdì sera e si protrae fino a sabato notte) sicuramente non è ebreo ortodosso". Chi si fa fotografare in ristoranti non kosher o indossando abiti succinti (o normali, visto che la dottrina ebraica ortodossa non permette neanche i jeans) mente per evitare la leva.
EVENTI ESCA - Ecco quindi che l'esercito israeliano si affida a vere e proprie agenzie di investigazione che stanano le false ortodosse invitandole ad eventi fasulli durante lo shabbat e smascherandole quando cliccano su "parteciperò" o "forse parteciperò" (ma quanti di noi hanno fatto lo stesso un milione di volte senza avere poi nessuna intenzione di partecipare?).
Lecito o non lecito (per adesso non pare che vi siano alcune polemica riguardo alla sistematica violazione della privacy praticata dall'esercito e dagli Sherlock assoldati) sono già 1000 le ragazze beccate e che, in via teorica, potrebbero essere incriminate e incarcerate mentre quelle che, dal momento della richiesta di esenzione riescono a nascondere la verità per 60 giorni riescono a farla franca (per legge). Ricerche statistiche rilevano che nel 2020 gli esoneri per motivazioni ultra-religiose raggiungeranno il 60%: forse la caccia alle streghe su FB riuscirà a pure a rimpinguare le caserme ma non aiuterà certo a ridare lustro ad un servizio che è sempre meno appetibile agli occhi dei giovani israeliani.
(Giornalettismo, 24 novembre 2010)
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Ci mancava la festa per chi dà del razzista a Israele
di Fiamma Nirenstein
Sembra impossibile che ci venga ripresentata ancora questa minestra con tutto il suo veleno, che sembrava ormai mitridatizzato. Ma l'Onu è sempre superiore alle aspettative, e ci ripresenta come fosse un piatto prelibato, a dieci anni di distanza, un remake del famigerato Durban 1, quella conferenza dell'Onu contro il razzismo che si trasformò, fra l'orrore generale, in una conferenza razzista contro Israele e gli americani. Allora, stupefatti dopo gli interventi di Mugabe, Fidel Castro, Arafat che maledivano l'Occidente colonialista e gli ebrei razzisti, se ne andarono i canadesi, gli americani, gli israeliani....
(l'Occidentale, 24 novembre 2010)
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L'Hamas progetta attentati contro ANP
Cellule del braccio armato di Hamas sono state incaricate di compiere attentati al fine di destabilizzare l'Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania. Lo ha affermato ieri in un'intervista radio il portavoce dei servizi di sicurezza dell'ANP, generale Adnan Dmeiri.
Commentando la recente neutralizzazione di una cellula di Hamas incaricata - secondo l'Anp - di attentare alla vita del governatore di Nablus Jibril al-Bakri, Dmeiri ha affermato che altre cellule analoghe sono state neutralizzate in altre località della Cisgiordania.
«Il loro intento - ha sostenuto - era di colpire l'ANP, non le forze di occupazione» israeliane. Si tratta di trame «di carattere regionale», ha avvertito il funzionario.
Da parte sua Hamas, da Gaza, ha denunciato gli arresti di suoi militanti avvenuti in Cisgiordania. L'ANP, secondo Hamas, «continua ad impedire la libertà di espressione». Hamas ha già negato, nei giorni scorsi, di aver tentato di compiere attentati contro l'ANP.
Il capo dell'esecutivo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, ieri ha comunque criticato ancora una volta la disponibilità dell'ANP a negoziare con Israele, cosa che a suo parere «mette a rischio gli interessi nazionali dei palestinesi».
(swisscom, 24 novembre 2010)
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Shoah: morto a Roma Lello Perugia, il cordoglio di Alemanno
ROMA, 24 nov. - ''Con la scomparsa di Lello Perugia viene meno uno degli ultimi testimoni della Shoah''. Lo dichiara in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, riferendosi alla morte di Lello Perugia, ex deportato ad Auschwitz.
''La sua figura di ex partigiano ebreo e di sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz ha costituito un punto di riferimento soprattutto per i giovani - sottolinea Alemanno - che hanno potuto conoscere la storia di un uomo straordinario che ha incarnato il prototipo di ebreo vittima non passiva della persecuzione''.
''Ai familiari di Perugia - conclude il sindaco - rivolgo le mie condoglianze e il profondo sentimento di vicinanza anche a nome di tutta la citta' di Roma".
(Adnkronos, 24 novembre 2010)
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La pace fra Israele e Palestina spiegata con Angry Birds
Cosa succede quando i maiali verdi e i pennuti esplosivi si siedono a un tavolo per trovare un accordo
"Eretz Nehederet" è uno dei programmi televisivi più seguiti in Israele, quest'anno alla sua ottava edizione Angry Birds è il videogioco in cui alcuni maiali verdi, brutti e cattivi hanno rubato le uova a un gruppo di agguerriti pennuti che vogliono vendicarsi. È uno dei giochi più scaricati in assoluto per iPhone e da un po' di tempo ha anche una versione per iPad.
Negli ultimi giorni la sua popolarità è stata sfruttata dal programma satirico israeliano "Eretz Nehederet" (letteralmente, «Un paese meraviglioso»), che ha mostrato un video in cui la lotta tra maiali e pennuti viene usata per raccontare l'eterna lotta tra israeliani e palestinesi e quello che succede quando provano a sedersi intorno a un tavolo e avviare un processo di pace.
"Eretz Nehederet" è uno dei programmi televisivi più seguiti in Israele, quest'anno alla sua ottava edizione. Il video è stato trasmesso in prima serata nella puntata di venerdì scorso e dopo essere stato diffuso su Youtube è stato visto più di 500mila volte in tre giorni.
(ilPost, 23 novembre 2010)
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Netanyahu: "Referendum prima di ogni ritiro"
Il parlamento israeliano ha approvato un progetto di legge che imporrà nuove rigorose condizioni prima del discusso ritiro dalle alture del Golan e Gerusalemme est. Il disegno di legge richiede una maggiornaza di due terzi alla Knesset. Se il quorum non dovesse essere raggiunto la proposta sarà oggetto di un referendum nazionale.
In un comunicato diffuso dal suo ufficio, Netanyahu ha difeso il progetto di legge, ritenendo che impedirebbe "accordi di pace irresponsabili". In compenso, "permetterà ogni accordo che risponde agli interessi nazionali di Israele, con un potente sostegno popolare", ha sottolineato. Gli analisti politici dicono che la mossa potrebbe rendere più difficoltose le trattative per la pace e rallentare il ritiro nei territori. Approvato con una maggioranza di 65 a 33, è stato sostenuto dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che ha detto: "confido nell'opinione pubblica israeliana, consapevole e responsabile, e so che al momento di decidere supporterà un accordo che risponda agli i nteressi nazionali ed alle esigenze di sicurezza".
(FocusMo, 23 novembre 2010)
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Regno Unito: violenza e morte nelle scuole di 'Sharia'
di Federica Matteucci
Amputazione di mani e piedi per i ladri, pena di morte per la sodomia ed esecuzione capitale per gli omosessuali, a scelta tra lapidazione, rogo e lancio dalla rupe. Queste sono solamente alcune delle linee guida che si insegnano nella "scuole di sharia" d'Oltremanica (circa 40 a Londra), dove l'estremizzazione della legge islamica è una materia a tutti gli effetti con tanto di libri di testo cruenti e smaccatamente antisemiti corredati di schemi e disegni dettagliati per non lasciare nel dubbio le giovani menti.
E non c'è da stupirsi se come compito a casa venga chiesto ai bambini di elencare le "riprovevoli caratteristiche" che definiscono gli ebrei, detti alternativamente "maiali" o "scimmie". Con l'intento di imparare i principi basilari riguardo le proprie radici, non è raro che i bambini musulmani (si stima siano almeno 5mila) partecipino ai "weekend school" nicchie di istruzione privata e indipendente, part-time e con programmi extra scolastici.
E in questi istituti, che in virtù del loro statuto indipendente riescono ad eludere i controlli di Ofsted, l'organo deputato a garantire gli standard di qualità negli istituti del Regno Unito, è facile sconfinare nell'estremizzazione. Lo ha reso noto un documentario firmato Bbc che, andato in onda ieri durante il programma Panorama, ha sollevato, come era facile prevedere, un vespaio di polemiche.
Il primo a prendere la parola e a mostrare tutto il suo disappunto in proposito è stato il ministro dell'istruzione Michael Gove che ha affermato: "Non voglio intervenire sul programma scolastico di un altro Paese, ma sia chiaro che non possiamo tollerare materiale antisemita nelle scuole del Regno Unito. Ofsted ha già iniziato a lavorare in tale campo e presto mi comunicherà quale sia il modo migliore per controllare queste scuole".
Intanto l'ambasciata saudita a Londra respinge le accuse e cade dalle nuvole sostenendo di non essere al corrente di quanto accade in queste scuole. Peccato però che proprio uno degli istituti presi di mira dall'inchiesta appartenga al suo governo e che il Saudi Cultural Bureau non abbia fatto mistero di aver dato il suo placet all'insegnamento della materia.
Se qualcuno come l'ambasciatore saudita se l'è presa con la Bbc protestando in una lettera "è dannosamente fuorviante discutere parti dei libri estrapolate dal loro contesto culturale, storico e linguistico", qualcun altro come la think thank Policy Exchange non ha esitato a puntare il dito contro il governo stigmatizzando la liberalizzazione voluta dai conservatori e l'apertura del sistema scolastico ad accademie e istituti gestiti dai privati cittadini che non farà che aumentare il rischio di estremismo tra i banchi.
(Agenzia Radicale, 23 novembre 2010)
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Vietato accusare Hezbollah, si rischia la guerra
di Fausto Biloslavo
La tv canadese rivela nuove prove contro le milizie sciite per l'attentato mortale all'ex premier Rafik Hariri E adesso si teme che la sentenza del Tribunale Onu delle prossime settimane possa scatenare nuove violenze
Il cerchio si stringe attorno ad Hezbollah per l'assassinio dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, ma l'incriminazione della milizia sciita da parte del Tribunale speciale dell'Onu rischia di far scoppiare la guerra civile. Un'inchiesta giornalistica della Cbc news, la Rai canadese, ha rivelato che le prove raccolte «puntano intensamente al fatto che gli assassini venivano da Hezbollah».
Il sunnita Hariri, padre dell'attuale primo ministro, fu ucciso in un attentato il 14 febbraio 2005. In una prima fase era stata incolpata la Siria, vicina a Hezbollah, che non voleva mollare il controllo del Libano. Incroci dei tabulati telefonici e rapporti degli investigatori resi noti dalla Cbc dimostrano che sarebbero stati coinvolti decine di uomini del partito armato sciita.
Il filo d'Arianna che porta dritto ai responsabili dell'attentato inizia a snodarsi con il certosino lavoro di Wissam Eid, un capitano della sicurezza libanese. Il giovane ufficiale è il primo a raccogliere i dati dei telefonini presenti il giorno di San Valentino a Beirut, nella zona della strage. Eid individua la cosiddetta «squadra rossa», composta da otto persone. La cellula che ha materialmente realizzato l'attentato. Il gruppo di fuoco comunicava con una rete esterna e tutti i telefonini coinvolti hanno smesso di esistere subito dopo l'esplosione. Grazie a un errore di Abd Al Majid Al Ghamloush, tecnico elettronico che lavora per Hezbollah, sono individuati i primi due operativi del Partito di Dio, i fratelli Hussein e Mouin Khreis. Non soltanto: il capitano scopre che i telefonini sospetti erano collegati a linee fisse del Grande ospedale del Profeta, nel sobborgo Sud di Beirut controllato da Hezbollah. Da tempo l'ospedale è sospettato di celare un comando operativo dei miliziani sciiti.
Il filo telefonico porta a una serie di cellulari governativi utilizzati da membri di Hezbollah per i loro incarichi istituzionali.
Il Partito di Dio è oggi all'opposizione in Parlamento, ma controlla una decina di ministri del governo di unità nazionale del giovane Hariri. I rapporti di Eid arrivano agli investigatori del Tribunale dell'Onu, ma finiscono dimenticati in un cassetto. Nel 2007 le Nazioni Unite incaricano una società inglese di studiare d incrociare i dati telefonici. Si scopre così che Eid aveva ragione e si contatta l'ufficiale libanese. Otto giorni dopo il suo primo incontro con gli investigatori internazionali il capitano è ucciso in un attentato.
La Cbc, citando documenti dell'inchiesta dell'Onu, punta il dito, come «talpa» di Hezbollah, contro il colonnello Wissam Al Hassan, oggi a capo dell'intelligence libanese. Guarda caso l'ex collaboratore di fiducia di Hariri il giorno della strage si è salvato per un esame all'università. Il colonnello sospettato era in costante contatto con Hussein Khalil, braccio destro del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah e Wafik Safa, che guida la sicurezza interna del Partito di Dio. Proprio Khalil ha annunciato sabato che «il Libano potrebbe precipitare nel caos». L'11 novembre, Nasrallah ha messo in guardia che «taglierà le mani» a chi cercherà di accusare il partito sostenendo che si tratta di un complotto israeliano. Per la Cbc, il Tribunale ha individuato nomi della squadra responsabile dell'attentato. Entro fine anno si attendono incriminazioni che coinvolgeranno Hezbollah.
Il figlio di Hariri è il primo a temere le novità dell'inchiesta che potrebbero far riesplodere scontri armati fra i suoi sunniti e i miliziani sciiti. Nel Sud del Libano gli stessi caschi blu, compresi gli italiani, che fanno da cuscinetto dopo la guerra del 2006 con Israele, rischiano di diventare bersaglio. O di rimanere a guardare lo scoppio della violenza, perché non hanno il mandato per intervenire. Fazioni e privati cittadini fanno incetta di armi. Hariri sabato sarà a Teheran per incontrare il presidente Mahmoud Ahmadinejad, padrino di Hezbollah. Il principe saudita Abdel Aziz bin Abdullah è volato a Damasco per trovare un compromesso. Secondo il piano dei mediatori, Hariri sarebbe pronto a sconfessare i risultati dell'inchiesta, se coinvolgessero Hezbollah, per evitare la guerra civile.
(il Giornale, 23 novembre 2010)
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In Israele si è svolto il Beach Volleyball Festival
Migliaia di persone hanno partecipato nello scorso week-end alla festa del beach-volley che si è tenuta nell'area del vecchio porto a Tel Aviv, Israele.
Un'esperienza sportiva davvero originale, dove i colori incantevoli e suggestivi della locazione hanno fatto da contorno ad un torneo amatoriale e al team nazionale che ha partecipato all'evento, impreziosito ulteriormente da un caratteristico gruppo musicale brasiliano.
La capitale dello stato di Israele si è rivelata scenario perfetto per il beach, confermando come la disciplina abbia un grosso potenziale di sviluppo in questo paese, che già possiede tutti gli ingredienti per praticarlo adeguatamente. Dopo il Festival del Beach-Volley, tutti gli organizzatori sono convenuti nell'intendimento di cercare nell'immediato futuro la promozione ulteriore di appuntamenti del genere, caratterizzati da un'atmosfera così magica come in questa occasione.
Le gare sono iniziate alle 10 di mattina con un torneo amatoriale, si diceva: 15 i teams partecipanti, ognuno composto da tre giocatori.
Le iscrizioni si erano chiuse largamente in anticipo, visto il grandissimo numero di giocatori che avevano dato la propria adesione (e che stavano superando il limite massimo prefissato, che poteva garantire una regolare svolgimento nei tempi previsti): alla fine poi le fasi agonistiche del tabellone sono state variate all'ultimo momento per accogliere le ultime squadre ammesse.
I vincitori finali sono stati Yoav Bar/Nathaniel Dickstein e Torner Asabirinsky, che hanno superato 21-17 il trio costituito da Ran Simantov/Omar Marshanski e Igor Litvin.
A seguire spazio alle ragazze della nazionale israeliana: ed è stata la volta di un match esibizione, che ha viste opposte Moran Create/Gisela Rodriguez contro Nitzan Gepstein e Jennifer Goose. Una gara dagli identici contenuti è stata organizzata anche per gli uomini, con la partecipazione di giocatori indoor del Maccabi, tra i quali Ironi Madera, Ogor Gurevich ed Igor Ongrovsky.
Grande la partecipazione del pubblico, si evidenziava all'inizio: era la prima volta che qui si assisteva ad una manifestazione del genere e la Volleyball Association del Comune di Tel Aviv sta considerando l'opportunità si rendere l'appuntamento un evento fisso nel calendario stagionale, con un campionato amatoriale che si possa disputare anche in più week-end.
Dal canto suo, la Federazione Pallavolo di Israele sta analizzando la possibilità di ospitare nel prossimo futuro, sempre a Tel Aviv, una tappa del Campionato Europeo.
Yaniv Noyman, Presidente della Volleyball Association di Israele, ha dichiarato : "In tutto il mondo, come noto, il beach-volley sta diventando lo sport più diffuso. Si espande rapidamente e non c'è alcun ragione contraria che, in un paese come il nostro, dove ci sono spiagge stupende e tempo ideale alla pratica, possa ostacolare la sua crescita. Abbiamo deciso di sviluppare un progetto rilevante e fondato, che coinvolgerà tantissime persone, speriamo sempre in maggior numero. Il successo di oggi ci dà tanta forza a riguardo e ci rende felici, tutto il nostro lavoro si orienterà in questa direzione, per far sì che il beach diventi davvero protagonista assoluto nella nostra nazione !".
(Beach Volley Magazine, 23 novembre 2010)
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Altro muro per Israele, stavolta con l'Egitto
Contro terroristi, immigrati e traffico di droga. Queste le ragioni che hanno spinto Israele a lanciare la costruzione di un ennesimo muro.
Il cantiere, stavolta, si apre alla frontiera con l'Egitto. Tempo previsto per la realizzazione, 18 mesi. Costo, almeno 270 milioni di euro.
Dopo la barriera con la Cisgiordania, ora 240 chilometri di cemento si stenderanno anche dal Mar Rosso alla striscia di Gaza.
Israele parla di pericolo demografico, con un flusso di clandestini triplicato in un anno.
"La barriera a sud", ha detto Marc Regev, portavoce del governo israeliano, "serve a proteggere Israele dal contrabbando di droga e dall'immigrazione clandestina".
E sarebbero 2 milioni e mezzo gli africani pronti a varcare la frontiera che ora sarà protetta.
L'Egitto non ha nulla in contrario. Le critiche semmai sono interne: con muri ovunque, dicono i media israeliani, rischiamo l'isolamento, circondati da un oceano di nemici.
(euronews, 22 novembre 2010)
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Israele-Sud Corea, accordo piccole e medie imprese
Il Presidente israeliano Peres parteciperà domani alla cerimonia indetta per la firma del Memorandum of Undestanding (MoU) tra Israele e la Sud Corea. Il MoU prevede la creazione di un capitale comune tra i due Paesi pari a 150 milioni di dollari, al fine di favorire la cooperazione economica e il business tra i due Stati.
L'accordo, giunto anche grazie agli accordi presi a Seul durante la visita di Peres nel giugno scorso, sarà ratificato anche dal Ministro dell'Industria Ben-Eliezer e, per la Corea del Sud, da Kim Dongsum, Amministratore dell'Autorità sulle piccole e medie imprese.
(FocusMo, 22 novembre 2010)
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Israele apre ai privati il suo mercato elettrico "solare"
Annunciata ieri la firma di un contratto ventennale di Power Purchase Agreement tra la Keturah Sun, di proprietà della Arava Power, e la Israel Electric Corp grazie al quale le due aziende immetteranno l'energia elettrica solare prodotta nel Kibbutz Ketura direttamente alle linee di alimentazione della IEC
Una svolta fortemente voluta anche dal governo quella che è stata annunciata ieri dal ministro delle infrastrutture israeliano Uzi Landau che ha approvato la chiusura di un contratto di Power Purchase Agreement - PPA (un contrato legale siglato tra un provider che rappresentato da un produttore elettricità e un host che è l'acquirente dell'energia n.d.r.) tra la Keturah Sun, di proprietà della Arava Power, e la Israel Electric Corp (IEC). Il contratto, che ha una validità ventennale e un valore stimato di circa 250 milioni di NIS, circa 50 milioni di euro, consentirà a Ketura Sun e Arava Power di fornire energia elettrica solare prodotta nel Kibbutz Ketura che sarà poi portata direttamente alle linee di alimentazione della IEC.
Il ministro Landau, durante la cerimonia della firma, non ha nascosto la sua soddisfazione: "Abbiamo dovuto affrontare una strada con molti ostacoli ma siamo finalmente arrivati al punto di aprire questa finestra importante per i produttori di energia da fonti rinnovabili, e ora non ci resta che andare avanti con grande motivazione".
Una dichiarazione a cui subito ha fatto eco quella del CEO di Arava Power, Jon Cohen: "Nonostante tutte le difficoltà siamo determinati a portare avanti questa "rivoluzione solare" in Israele. La nostra compagnia è un pioniere nella produzione di energia da fonte solare su campi di media e grande estensione e quello del Kibbutz Ketura è solo il primo di una lunga serie di progetti nelle regioni di Arava e Negev". Una firma storica che anche il presidente di Arava Power Yosef Abramowitz ha accolto con grande slancio: "Stiamo facendo la storia: il progetto di Ketura project è solo uno delle dozzine di altri progetti che consentiranno allo Stato di Israele di diventare un centro d'eccellenza per la produzione di energia da fonte solare".
(Rinnovabili.it, 22 novembre 2010)
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Ghajar: meglio occupati che libanesi
di Lorenzo Trombetta
Siriani che ricevono acqua e luce da Israele e che lavorano in aziende nemiche, occupano il suolo libanese protetti dai soldati Onu. Questo lo scenario che si rischia in caso di ritiro israeliano.
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La parte nord di Ghajar, delimitata dai recinti israeliani, vista dal Libano
subito dopo la guerra dell'estate 2006I |
BEIRUT - Il consiglio di Difesa israeliano ha deciso il 17 novembre il ritiro dalla parte nord di Ghajar, località siriana occupata nel 1967 che negli anni si è estesa verso nord in Libano, e che dal 2000 è formalmente divisa in due dalla Linea Blu di demarcazione tra lo Stato ebraico ed il paese dei Cedri (sullo status di Ghajar si veda quanto scritto su Limes lo scorso 8 novembre).
Dalla Francia, dagli Usa, dall'Onu e dalla Russia plaudono alla decisione di Israele, che si avvia così a rispettare, con un ritardo di soli quattro anni, una delle numerose risoluzioni Onu (nel caso specifico un articolo della n.1701 del 2006) che le impongono il ritiro dalle varie terre arabe occupate.
Le cancellerie straniere sembrano però ignorare la complessità del rebus di Ghajar, e il politicamente corretto impone a tutti di gioire della decisione di Israele.
Osservando la questione più da vicino viene da pensare che il mantenimento dello status quo sia forse la soluzione migliore. Che, almeno per il momento, sarebbe meglio che le truppe dello Stato ebraico rimangano a occupare illegalmente quel mini fazzoletto di terra libanese.
Ma si proceda con ordine, partendo dalle certezze:
- Il Libano non accetterà di cedere a Israele quella parte di territorio.
- Gli abitanti di Ghajar, che si oppongono fermamente alla divisione del loro villaggio, non accetteranno di ritirarsi dalle case da loro abusivamente costruite in Libano negli anni dell'occupazione israeliana del sud del Paese dei Cedri (1978-2000).
- La parte sud del villaggio è invece indissolubilmente legata alla questione delle alture siriane del Golan e rimarrà sotto occupazione israeliana ancora per molto altro tempo.
Stando così le cose, per gli abitanti di Ghajar solo l'occupazione israeliana di entrambe le parti del villaggio garantisce la sua indivisibilità, nonché la continuità territoriale tra il centro abitato, i servizi pubblici, i luoghi istituzionali e le terre coltivate.
Ancora non si conoscono i dettagli del piano di ridispiegamento, ma da quanto trapelato dai mezzi d'informazione di Tel Aviv e Beirut, e dalle ultime affermazioni dei responsabili di Unifil e del ministero degli Esteri dello Stato ebraico, lo scenario più probabile è il seguente:
- Israele continuerà a fornire i servizi essenziali (acqua, luce, gas, assistenza sanitaria) ai residenti della parte nord.
- Tra questi, chi non vive dei frutti della propria terra continuerà a lavorare presso le aziende israeliane dove è attualmente impiegato, e vedrà quindi assicurata la propria mobilità tra la parte nord e il resto della Galilea israeliana.
- Tutti i residenti di Ghajar avranno libertà di movimento tra la porzione nord e quella sud, dove si concentrano tra l'altro la scuola, il pronto soccorso, il centro sportivo.
- Circa 150 caschi blu dell'Unifil si sostituiranno agli israeliani per assicurare la sicurezza della parte nord ed erigeranno un reticolato tra le due porzioni, lasciando un unico ingresso aperto ma sorvegliato all'altezza della sede del Comune, che si trova al limite delle due zone.
Se ritiro sarà, quale titolo fareste all'ipotetico vostro giornale?
Ispirato da Lina Wertmüller, ho pensato a questo: "Abitanti siriani di Ghajar, che ricevono acqua e luce da Israele e che lavorano in aziende israeliane, occupano il suolo libanese protetti dai soldati Onu". In quanti lo leggerebbero?
In ogni caso, a Tel Aviv, Beirut, Parigi, Washington e New York sembrano dimenticare che le duemila anime di Ghajar, dopo quarant'anni in Israele, non hanno alcuna intenzione di perdere i loro servizi - essenziali - per far piacere ai politici.
Professano la loro appartenenza alla Siria perché sanno che per ora, come per il prossimo futuro, non c'è nessuna speranza che il Golan torni sotto la sovranità di Damasco. Sulla carta sono leali alla madrepatria siriana, ma dal 1981 (anno dell'approvazione alla Knesset della legge sull'annessione delle terre del Golan) sono di fatto cittadini israeliani.
Viene in mente, a proposito, una nota barzelletta diffusa a Damasco sin dagli anni Ottanta.
Un soldato siriano e uno israeliano si incontrano lungo il confine. L'israeliano deride il siriano: "Noi abbiamo luce 24 ore su 24, telefoni sempre funzionanti, televisori a colori
". Il siriano riflette e poi risponde fiero: "Ma noi abbiamo il partito Baath!". L'israeliano, pensieroso, lascia la postazione. Il giorno dopo torna e annuncia con fierezza al siriano: "Da oggi anche noi abbiamo il partito Baath
ma non abbiamo più luce, telefono, televisore
".
Analogamente, gli abitanti di Ghajar rifiutano ogni progetto di annessione al Libano prima di tutto perché sanno che all'ombra dei Cedri non avrebbero più assicurati elettricità, gas, acqua, istruzione e assistenza sanitaria.
Perché sanno che persino nei quartieri "bene" di Beirut la luce è razionata, il gas bisogna acquistarlo privatamente in bombole da campeggio, e l'acqua viene dispensata a pagamento da autocisterne private nei lunghi mesi di siccità.
Per non parlare del diritto a ricevere le cure mediche: in Libano solo i senza tetto ricorrono agli ospedali pubblici, e se non si ha un'assicurazione si rischia di esser respinti dalle costose strutture private.
I residenti di Ghajar vogliono continuare a lavorare in Israele perché nel vicino Libano, in quanto stranieri vissuti per decenni "sotto occupazione" e che hanno avuto "rapporti col nemico", non potrebbero godere dei pieni diritti civili.
E sarebbero comunque guardati come sospetti collaborazionisti dal resto della popolazione del sud, per lo più fedele al movimento sciita anti-israeliano Hezbollah.
Nonostante questa verità, il deputato Qassem Hashem del partito Baath libanese eletto nel distretto di Shebaa, ha invitato gli abitanti di Ghajar a fare "pressioni sul nemico israeliano perché si ritiri dal loro villaggio".
Citato venerdì 19 novembre dal quotidiano an-Nahar, Hashem ha ignorato l'evidenza, affermando che i residenti di Ghajar "sono prima di tutto e in fin dei conti cittadini arabi", e che "dallo Stato libanese riceveranno la protezione e il trattamento riservato ai cittadini libanesi".
Questo è proprio quel che temono i siriani-israeliani di Ghajar.
(limes, 22 novembre 2010)
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Yad Vashem, identificati due terzi degli ebrei uccisi nell'Olocausto
GERUSALEMME, 22 nov. - Sono stati ormai identificati circa i due terzi degli ebrei uccisi dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo ha annunciato oggi il Memoriale Yad Vashem a Gerusalemme, spiegando che negli ultimi dieci anni il numero dei nomi registrati nei propri archivi e' raddoppiato, passando da due a quattro milioni. "Il processo di digitalizzazione ci ha aiutato molto", ha detto ai giornalisti Haim Gertner, direttore degli archivi del Memoriale.
(Adnkronos, 22 novembre 2010)
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Papa - Ebrei francesi e statunitensi criticano la difesa di Pio XII
Rosen: Non parlò neppure dopo la guerra. Crif: Storici contrari
ROMA, 22 nov. - La difesa che il Papa fa del suo predecessore Pio XII nel libro-intervista 'Luce del mondo' solleva le critiche delle comunità ebraiche francesi e statunitensi. "Bisogna veramente riconoscere che è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei", afferma Benedetto XVI a proposito del Pontefice della seconda guerra mondiale. "E' desolante che il Papa ha considerato necessario formulare un giudizio su Papa Pio XII mentre egli stesso ammette che non ci sono documenti e archivi disponibili per un giudizio completo", ha dichiarato Abe Foxman, direttore nazionale dell'Anti Defamation League negli Usa. "Ci sono certamente argomenti sufficienti per respingere le accuse di immobilismo da parte di Pio XII al momento in cui la vita degli ebrei e di altri era in pericolo", ha detto il rabbino David Rosen, direttore degli affari inter-religiosi dell'American Jewish Commitee. "Eppure non solo Pio XII non ha mai direttamente messo in discussione il regime nazista sulla questione dello sterminio degli ebrei ma, cosa più grave, non ha mai espresso pubblicamente condanne, né il proprio rammarico, dopo la fine della seconda guerra mondiale". L'opinione del Papa, afferma in una nota il Consiglio rappresentativo degli ebrei di Francia (Crif) "non è condivisa da nessuno storico serio". "E' un peccato - afferma il presidente del Crif Richard Prasquier - che il Papa non si sia peritato di analizzare i lavori degli storici, alcuni dei quali recenti. La storia è lì. Dice che Pio XII non si è mai espresso in modo diretto. L'assenza di parole forti di questo Papa mi sembra estremamente grave. Anche dopo la guerra, in nessun discorso, non ha neppure menzionato lo sterminio degli ebrei. Eppure non c'erano più rischi di rappresaglie. Molti ebrei sono stati salvati grazie agli sforzi di molti membri della Chiesa cattolica, ma il ruolo diretto di Pio XII in questa opera resta ipotetico. Il vicepresidente dell'organismo francese di rappresentanza degli ebrei, Meywe Habib, definisce "assordante" il silenzio di Pio XII e chiede a Benedetto XVI di "aprire gli archivi del Vaticano".
(Apcom, 22 novembre 2010)
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Papa - Rabbino Di Segni: Fissa limiti stretti al dialogo con gli ebrei.
"Il dibattito sui condom lo ha fatto passare in secondo piano"
ROMA, 22 nov. - Non c'è "nulla di nuovo" nelle recenti parole del Papa sulla preghiera del venerdì santo per la conversione degli ebrei, ma esse "stabiliscono limiti abbastanza stretti al dialogo con gli ebrei", secondo il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.
Di Segni è intervenuto stasera ad un convegno organizzato dall'Amicizia ebraico-cristiana dedicato al tema della 'Teologia della sostituzione'. "La teologia della sostituzione è viva e vegeta e sta dappertutto", ha detto il rabbino. "Nella sua forma aggressiva, essa può essere molto pericolosa dal punto di vista storico-politico. Con le leggi razziali illustri rappresentanti della Chiesa dissero che deploravano la persecuzione ma che essa avveniva perché gli ebrei persistevano ostinati nelle loro idee. La teologia della sostituzione può divenire il sostegno teologico alla sofferenza degli ebrei". In secondo luogo questa teologia, che teorizza la sostituzione della alleanza di Israele con Dio con la nuova alleanza della Chiesa cristiana, "rappresenta una pietra di inciampo nel dialogo con pari dignità", ha detto Di Segni. Infine, essa "non consente ai cristiani di comprendere avvenimenti della nostra epoca come il ritorno degli ebrei nella loro terra. È quanto avvenuto nel recente Sinodo sul Medio Oriente. Ma questo ritorno è il corononamento delle promesse bibliche per il popolo ebraico".
In riferimento alle anticipazioni uscite in questi giorni sul libro-intervista del Papa, Riccardo Di Segni ha sottolineato che "la questione del profilattico sta facendo passare in secondo piano le dichiarazioni sugli ebrei". No comment del rabbino capo di Roma sulle frasi relative alla controversa figura di Pio XII che - ha detto Benedetto XVI - "come nessun altro ha salvato tanti e tanti ebrei".
(Apcom, 22 novembre 2010)
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