Allora quelli che temono l'Eterno si son parlati l'uno all'altro e l'Eterno è stato attento ed ha ascoltato; e un libro è stato scritto davanti a lui, per conservare il ricordo di quelli che temono l'Eterno e rispettano il suo nome.
Malachia 3:16

Attualità



Iscriviti alla newsletter
Nome:     
Cognome:
Email:      
Cerca  


Ofra Haza

Inizio - Attualità
Presentazione
Approfondimenti
Notizie archiviate
Notiziari
Arretrati
Selezione in PDF
Articoli vari
Testimonianze
Riflessioni
Testi audio
Libri
Questionario
Scrivici

  



















Predicazioni
Il Re dei Giudei
Il Re dei Giudei

Dalla Sacra Scrittura

MATTEO 2
  1. Or essendo Gesù nato in Betleem di Giudea, ai dì del re Erode, ecco dei magi d'Oriente arrivarono in Gerusalemme, dicendo:
  2. Dov'è il re de' Giudei che è nato? Poiché noi abbiam veduto la sua stella in Oriente e siam venuti per adorarlo.
  3. Udito questo, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui.
  4. E radunati tutti i capi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informò da loro dove il Cristo doveva nascere.
  5. Ed essi gli dissero: In Betleem di Giudea; poiché così è scritto per mezzo del profeta:
  6. E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei punto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un Principe, che pascerà il mio popolo Israele.
  7. Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s'informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparita;
  8. e mandandoli a Betleem, disse loro: Andate e domandate diligentemente del fanciullino; e quando lo avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo.
  9. Essi dunque, udito il re, partirono; ed ecco la stella che avevano veduta in Oriente, andava dinanzi a loro, finché, giunta al luogo dov'era il fanciullino, vi si fermò sopra.
  10. Ed essi, veduta la stella, si rallegrarono di grandissima allegrezza.
  11. Ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra.
  12. Poi, essendo stati divinamente avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, per altra via tornarono al loro paese.
GIOVANNI 18
  1. Poi, da Caiàfa, menarono Gesù nel pretorio. Era mattina, ed essi non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e così poter mangiare la pasqua.
  2. Pilato dunque uscì fuori verso di loro, e domandò: Quale accusa portate contro quest'uomo?
  3. Essi risposero e gli dissero: Se costui non fosse un malfattore, non te lo avremmo dato nelle mani.
  4. Pilato quindi disse loro: Pigliatelo voi, e giudicatelo secondo la vostra legge. I Giudei gli dissero: A noi non è lecito far morire alcuno.
  5. E ciò affinché si adempisse la parola che Gesù aveva detta, significando di qual morte doveva morire.
  6. Pilato dunque rientrò nel pretorio; chiamò Gesù e gli disse: Sei tu il Re dei Giudei?
  7. Gesù gli rispose: Dici tu questo di tuo, oppure altri te l'hanno detto di me?
  8. Pilato gli rispose: Son io forse giudeo? La tua nazione e i capi sacerdoti t'hanno messo nelle mie mani; che hai fatto?
  9. Gesù rispose: il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perch'io non fossi dato in mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui.
  10. Allora Pilato gli disse: Ma dunque, sei tu re? Gesù rispose: Tu lo dici; io sono re; io sono nato per questo, e per questo son venuto nel mondo, per testimoniare della verità. Chiunque è per la verità ascolta la mia voce.
  11. Pilato gli disse: Che cos'è verità? E detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei, e disse loro: Io non trovo alcuna colpa in lui.
  12. Ma voi avete l'usanza ch'io vi liberi uno per la Pasqua; volete dunque che vi liberi il Re de' Giudei?
  13. Allora gridaron di nuovo: Non costui, ma Barabba! Or Barabba era un ladrone.
Marcello Cicchese
ottobre 2019

Come cerva che assetata
Come cerva che assetata

Dalla Sacra Scrittura

SALMO 42
  1. Come la cerva desidera i corsi d'acqua,
    così l'anima mia anela a te, o Dio.
  2. L'anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente;
    quando verrò e comparirò in presenza di Dio?
  3. Le mie lacrime sono diventate il mio cibo giorno e notte,
    mentre mi dicono continuamente: «Dov'è il tuo Dio?»
  4. Ricordo con profonda commozione il tempo in cui camminavo con la folla
    verso la casa di Dio, tra i canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa.
  5. Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me?
    Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio.
  6. L'anima mia è abbattuta in me; perciò io ripenso a te dal paese del Giordano,
    dai monti dell'Ermon, dal monte Misar.
  7. Un abisso chiama un altro abisso al fragore delle tue cascate;
    tutte le tue onde e i tuoi flutti sono passati su di me.
  8. Il Signore, di giorno, concedeva la sua grazia,
    e io la notte innalzavo cantici per lui come preghiera al Dio che mi dà vita.
  9. Dirò a Dio, mio difensore: «Perché mi hai dimenticato?
    Perché devo andare vestito a lutto per l'oppressione del nemico?»
  10. Le mie ossa sono trafitte dagli insulti dei miei nemici
    che mi dicono continuamente: «Dov'è il tuo Dio?»
  11. Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me?
    Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio.
SALMO 43
  1. Fammi giustizia, o Dio, difendi la mia causa contro gente malvagia;
    liberami dall'uomo falso e malvagio.
  2. Tu sei il Dio che mi dà forza; perché mi hai abbandonato?
    Perché devo andare vestito a lutto per l'oppressione del nemico?
  3. Manda la tua luce e la tua verità, perché mi guidino,
    mi conducano al tuo santo monte e alle tue dimore.
  4. Allora mi avvicinerò all'altare di Dio, al Dio della mia gioia e della mia esultanza;
    e ti celebrerò con la cetra, o Dio, Dio mio!
  5. Perché ti abbatti, anima mia? Perché ti agiti in me?
    Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è il mio salvatore e il mio Dio.
Marcello Cicchese
gennaio 2008

Vanità delle vanità
Vanità delle vanità, tutto è vanità

Dalla Sacra Scrittura

ECCLESIASTE 1
  1. Parole dell'Ecclesiaste, figlio di Davide, re di Gerusalemme.
  2. Vanità delle vanità, dice l'Ecclesiaste, vanità delle vanità, tutto è vanità.
  3. Che profitto ha l'uomo di tutta la fatica che sostiene sotto il sole?
  4. Una generazione se ne va, un'altra viene, e la terra sussiste per sempre.
  5. Anche il sole sorge, poi tramonta, e si affretta verso il luogo da cui sorgerà di nuovo.
  6. Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione; va girando, girando continuamente, per ricominciare gli stessi giri.
  7. Tutti i fiumi corrono al mare, eppure il mare non si riempie; al luogo dove i fiumi si dirigono, continuano a dirigersi sempre.
  8. Ogni cosa è in travaglio, più di quanto l'uomo possa dire; l'occhio non si sazia mai di vedere e l'orecchio non è mai stanco di udire.
  9. Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c'è nulla di nuovo sotto il sole.
  10. C'è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda, questo è nuovo?» Quella cosa esisteva già nei secoli che ci hanno preceduto.
  11. Non rimane memoria delle cose d'altri tempi; così di quanto succederà in seguito non rimarrà memoria fra quelli che verranno più tardi.
  12. Io, l'Ecclesiaste, sono stato re d'Israele a Gerusalemme,
  13. e ho applicato il cuore a cercare e a investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo: occupazione penosa, che Dio ha data ai figli degli uomini perché vi si affatichino.
  14. Io ho visto tutto ciò che si fa sotto il sole: ed ecco tutto è vanità, è un correre dietro al vento.
  15. Ciò che è storto non può essere raddrizzato, ciò che manca non può essere contato.
  16. Io ho detto, parlando in cuor mio: «Ecco io ho acquistato maggiore saggezza di tutti quelli che hanno regnato prima di me a Gerusalemme; sì, il mio cuore ha posseduto molta saggezza e molta scienza».
  17. Ho applicato il cuore a conoscere la saggezza, e a conoscere la follia e la stoltezza; ho riconosciuto che anche questo è un correre dietro al vento.
  18. Infatti, dov'è molta saggezza c'è molto affanno, e chi accresce la sua scienza accresce il suo dolore.

ECCLESIASTE 2
  1. Io ho detto in cuor mio: «Andiamo! Ti voglio mettere alla prova con la gioia, e tu godrai il piacere!» Ed ecco che anche questo è vanità.
  2. Io ho detto del riso: «É una follia»; e della gioia: «A che giova?»
  1. Perciò ho odiato la vita, perché tutto quello che si fa sotto il sole mi è divenuto odioso, poiché tutto è vanità, un correre dietro al vento.

ECCLESIASTE 12
  1. Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto dell'uomo.

1 PIETRO 1
  1. E se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l'opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno;
  2. sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri,
  3. ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia.
  4. Già designato prima della creazione del mondo, egli è stato manifestato negli ultimi tempi per voi;
  5. per mezzo di lui credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria affinché la vostra fede e la vostra speranza fossero in Dio.
  6. Avendo purificato le anime vostre con l'ubbidienza alla verità per giungere a un sincero amor fraterno, amatevi intensamente a vicenda di vero cuore,
  7. perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la parola vivente e permanente di Dio.
  8. Infatti, «ogni carne è come l'erba, e ogni sua gloria come il fiore dell'erba. L'erba diventa secca e il fiore cade;
  9. ma la parola del Signore rimane in eterno». E questa è la parola della buona notizia che vi è stata annunziata.

1 CORINZI 15
  1. Quando poi questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: «La morte è stata sommersa nella vittoria».
  2. «O morte, dov'è la tua vittoria? O morte, dov'è il tuo dardo?»
  3. Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge;
  4. ma ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo.
  5. Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Marcello Cicchese
8 ottobre 2006

La prova della fede
La prova della fede

Dalla Sacra Scrittura

GIACOMO 1
  1. Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse nel mondo: salute.
  2. Fratelli miei, considerate una grande gioia quando venite a trovarvi in prove svariate,
  3. sapendo che la prova della vostra fede produce costanza.
  4. E la costanza compia pienamente l'opera sua in voi, perché siate perfetti e completi, di nulla mancanti.
  5. Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.
  6. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là.
  7. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,
  8. perché è di animo doppio, instabile in tutte le sue vie.
  9. Il fratello di umile condizione sia fiero della sua elevazione;
  10. e il ricco, della sua umiliazione, perché passerà come il fiore dell'erba.
  11. Infatti il sole sorge con il suo calore ardente e fa seccare l'erba, e il suo fiore cade e la sua bella apparenza svanisce; anche il ricco appassirà così nelle sue imprese.
  12. Beato l'uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano.
Marcello Cicchese
1 ottobre 2006

L’enigma Gesù
L’enigma Gesù

Dalla Sacra Scrittura

MARCO 15
  1. E venuta l'ora sesta, si fecero tenebre per tutto il paese, fino all'ora nona.
  2. E all'ora nona, Gesù gridò con gran voce: Eloì, Eloì, lamà sabactanì? il che, interpretato, vuol dire: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
  3. E alcuni degli astanti, udito ciò, dicevano: Ecco, chiama Elia!
  4. E uno di loro corse, e inzuppata d'aceto una spugna, e postala in cima ad una canna, gli diè da bere dicendo: Aspettate, vediamo se Elia viene a trarlo giù.
  5. E Gesù, gettato un gran grido, rendé lo spirito.
  1. Ed essendo già sera (poiché era Preparazione, cioè la vigilia del sabato),
  2. venne Giuseppe d'Arimatea, consigliere onorato, il quale aspettava anch'egli il Regno di Dio; e, preso ardire, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù.
  3. Pilato si meravigliò ch'egli fosse già morto; e chiamato a sé il centurione, gli domandò se era morto da molto tempo;
  4. e saputolo dal centurione, donò il corpo a Giuseppe.
  5. E questi, comprato un panno lino e tratto Gesù giù di croce, l'involse nel panno e lo pose in una tomba scavata nella roccia, e rotolò una pietra contro l'apertura del sepolcro.
ATTI 1
  1. Nel mio primo libro, o Teofilo, parlai di tutto quel che Gesù prese e a fare e ad insegnare,
  2. fino al giorno che fu assunto in cielo, dopo aver dato per lo Spirito Santo dei comandamenti agli apostoli che avea scelto.
  3. Ai quali anche, dopo ch'ebbe sofferto, si presentò vivente con molte prove, facendosi veder da loro per quaranta giorni, e ragionando delle cose relative al regno di Dio.

  4. E trovandosi con essi, ordinò loro di non dipartirsi da Gerusalemme, ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, la quale, egli disse, avete udita da me.
  5. Poiché Giovanni Battista battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo tra non molti giorni.
  6. Quelli dunque che erano radunati, gli domandarono: Signore, è egli in questo tempo che ristabilirai il regno ad Israele?
  7. Egli rispose loro: Non sta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riserbato alla sua propria autorità.
  8. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra.

  9. E dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo tolse d'innanzi agli occhi loro.
  10. E come essi aveano gli occhi fissi in cielo, mentr'egli se ne andava, ecco che due uomini in vesti bianche si presentarono loro e dissero:
  11. Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù che è stato tolto da voi ed assunto dal cielo, verrà nella medesima maniera che l'avete veduto andare in cielo.

  12. Allora essi tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell'Uliveto, il quale è vicino a Gerusalemme, non distandone che un cammin di sabato.
  13. E come furono entrati, salirono nella sala di sopra ove solevano trattenersi Pietro e Giovanni e Giacomo e Andrea, Filippo e Toma, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d'Alfeo, e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo.
  14. Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui.
Marcello Cicchese
dicembre 2019

Salmi 124, 129
Salmo 124
  1. Se non fosse stato l'Eterno
    che fu per noi,
    lo dica pure ora Israele,
  2. se non fosse stato l'Eterno
    che fu per noi,
    quando gli uomini si levarono
    contro noi,
  3. allora ci avrebbero inghiottiti tutti vivi, quando l'ira loro
    ardeva contro noi;
  4. allora le acque ci avrebbero sommerso, il torrente sarebbe passato sull'anima nostra;
  5. allora le acque orgogliose sarebbero passate sull'anima nostra.
  6. Benedetto sia l'Eterno
    che non ci ha dato in preda ai loro denti!
  7. L'anima nostra è scampata,
    come un uccello dal laccio degli uccellatori;
    il laccio è stato rotto, e noi siamo scampati.
  8. Il nostro aiuto è nel nome dell'Eterno,
    che ha fatto il cielo e la terra.

Salmo 129
  1. Molte volte m'hanno oppresso dalla mia giovinezza!
    Lo dica pure Israele:
  2. Molte volte m'hanno oppresso dalla mia giovinezza;
    eppure, non hanno potuto vincermi.
  3. Degli aratori hanno arato sul mio dorso,
    v'hanno tracciato i loro lunghi solchi.
  4. L'Eterno è giusto;
    egli ha tagliato le funi degli empi.
  5. Siano confusi e voltin le spalle
    tutti quelli che odiano Sion!
  6. Siano come l'erba dei tetti,
    che secca prima di crescere!
  7. Non se n'empie la mano il mietitore,
    né le braccia chi lega i covoni;
  8. e i passanti non dicono:
    La benedizione dell'Eterno sia sopra voi;
    noi vi benediciamo nel nome dell'Eterno!
Marcello Cicchese
31 maggio 2015

Dio con gli uomini
Dio abiterà con gli uomini

Dalla Sacra Scrittura

Apocalisse 21:1-3
  1. Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c'era più.
  2. E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere giù dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
  3. E udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo (skene) di Dio con gli uomini! Egli abiterà (skenao) con loro, ed essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio."
Esodo 25
  1. E mi facciano un santuario perch'io abiti (shachan) in mezzo a loro.
  2. Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del tabernacolo (mishchan) e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti.
Esodo 29
  1. Sarà un olocausto perpetuo offerto dai vostri discendenti, all'ingresso della tenda di convegno, davanti all'Eterno, dove io v'incontrerò per parlare qui con te.
  2. E là io mi troverò coi figli d'Israele; e la tenda sarà santificata dalla mia gloria.
  3. E santificherò la tenda di convegno e l'altare; anche Aaronne e i suoi figliuoli santificherò, perché mi esercitino l'ufficio di sacerdoti.
  4. E abiterò (shachan) in mezzo ai figli d'Israele e sarò il loro Dio.
  5. Ed essi conosceranno che io sono l'Eterno, l'Iddio loro, che li ho tratti dal paese d'Egitto per abitare (shachan) tra loro. Io sono l'Eterno, l'Iddio loro.
Giovanni 1
  1. E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato (skenao) per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come quella dell'Unigenito venuto da presso al Padre.
Luca 17
  1. Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà:
  2. "Eccolo qui", o "eccolo là"; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi.
Giovanni 1
  1. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l'ha conosciuto.
  2. È venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto:
  3. ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome.
Matteo 18
  1. Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.
1 Corinzi 3
  1. Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
  2. Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi.
Giovanni 14
  1. Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me!
  2. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che vado a prepararvi un luogo?
  3. Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi".
Marcello Cicchese
novembre 2016

Io vi darò riposo
  «Io vi darò riposo»

  Matteo 11:28-30
  Venite a me, voi tutti
  che siete travagliati ed aggravati,
  e io vi darò riposo.
  Prendete su voi il mio giogo
  ed imparate da me,
  perch'io sono mansueto ed umile di cuore;
  e voi troverete riposo alle anime vostre;
  poiché il mio giogo è dolce
  e il mio carico è leggero.

Marcello Cicchese
ottobre 2015

Tempi difficili
Negli ultimi giorni
verranno tempi difficili


Seconda lettera di Paolo a Timoteo

Capitolo 3
  1. Or sappi questo: che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili;
  2. perché gli uomini saranno egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, irreligiosi,
  3. senza affezione naturale, mancatori di fede, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene,
  4. traditori, temerari, gonfi, amanti del piacere anziché di Dio,
  5. avendo le forme della pietà, ma avendone rinnegata la potenza.
  6. Anche costoro schiva! Poiché del numero di costoro sono quelli che s'insinuano nelle case e cattivano donnicciuole cariche di peccati, e agitate da varie cupidigie,
  7. che imparano sempre e non possono mai pervenire alla conoscenza della verità.
  8. E come Jannè e Iambrè contrastarono a Mosè, così anche costoro contrastano alla verità: uomini corrotti di mente, riprovati quanto alla fede.
  9. Ma non andranno più oltre, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti, come fu quella di quegli uomini.
  10. Quanto a te, tu hai tenuto dietro al mio insegnamento, alla mia condotta, ai miei propositi, alla mia fede, alla mia pazienza, al mio amore, alla mia costanza,
  11. alle mie persecuzioni, alle mie sofferenze, a quel che mi avvenne ad Antiochia, ad Iconio ed a Listra. Sai quali persecuzioni ho sopportato; e il Signore mi ha liberato da tutte.
  12. E d'altronde tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati;
  13. mentre i malvagi e gli impostori andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti.
  14. Ma tu persevera nelle cose che hai imparate e delle quali sei stato accertato, sapendo da chi le hai imparate,
  15. e che fin da fanciullo hai avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti savio a salute mediante la fede che è in Cristo Gesù.
  16. Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia,
  17. affinché l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona.

Capitolo 4
  1. Io te ne scongiuro nel cospetto di Dio e di Cristo Gesù che ha da giudicare i vivi e i morti, e per la sua apparizione e per il suo regno:
  2. Predica la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo.
  3. Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d'udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie
  4. e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole.
  5. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, soffri afflizioni, fa' l'opera d'evangelista, compi tutti i doveri del tuo ministero.
Marcello Cicchese
luglio 2015

Il libro di Giobbe
Giobbe: una questione di giustizia

La figura di Giobbe viene di solito messa in relazione con il problema della sofferenza. Dallo studio del libro su cui si basa la seguente predicazione emerge invece che l’angoscioso tormento in cui si dibatte Giobbe non è dovuto all’inesplicabilità del problema della sofferenza, ma al crollo di un pilastro che aveva sostenuto fino a quel momento la sua vita: la fede nella giustizia di Dio. Le “buone parole” con cui i suoi amici cercano di metterlo sulla buona strada lo spingono sempre di più sul ciglio di un baratro in cui corre il rischio di cadere e perdersi definitivamente: il pensiero di essere più giusto di Dio.

Marcello Cicchese
novembre 2018

Testo delle letture

1.6 Or accadde un giorno, che i figli di Dio vennero a presentarsi davanti all'Eterno, e Satana venne anch'egli in mezzo a loro.
   7 E l'Eterno disse a Satana: 'Da dove vieni?' E Satana rispose all'Eterno: 'Dal percorrere la terra e dal passeggiar per essa'.
   8 E l'Eterno disse a Satana: 'Hai tu notato il mio servo Giobbe? Non ce n'è un altro sulla terra che come lui sia integro, retto, tema Iddio e fugga il male'.
   9 E Satana rispose all'Eterno: 'È egli forse per nulla che Giobbe teme Iddio?
 10 Non l'hai tu circondato d'un riparo, lui, la sua casa, e tutto quello che possiede? Tu hai benedetto l'opera delle sue mani, e il suo bestiame ricopre tutto il paese.
 11 Ma stendi un po' la tua mano, tocca quanto egli possiede, e vedrai se non ti rinnega in faccia'.
 12 E l'Eterno disse a Satana: 'Ebbene! tutto quello che possiede è in tuo potere; soltanto, non stender la mano sulla sua persona'. - E Satana si ritirò dalla presenza dell'Eterno.


1.20 Allora Giobbe si alzò e si stracciò il mantello e si rase il capo e si prostrò a terra e adorò e disse:
   21 'Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo tornerò in seno della terra; l'Eterno ha dato, l'Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell'Eterno'.
   22 In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di mal fatto.


2.E l'Eterno disse a Satana:
   3 'Hai tu notato il mio servo Giobbe? Non ce n'è un altro sulla terra che come lui sia integro, retto, tema Iddio e fugga il male. Egli si mantiene saldo nella sua integrità benché tu m'abbia incitato contro di lui per rovinarlo senza alcun motivo'.
   4 E Satana rispose all'Eterno: 'Pelle per pelle! L'uomo dà tutto quel che possiede per la sua vita;
   5 ma stendi un po' la tua mano, toccagli le ossa e la carne, e vedrai se non ti rinnega in faccia'.
   6 E l'Eterno disse a Satana: 'Ebbene esso è in tuo potere; soltanto, rispetta la sua vita'.
   7 E Satana si ritirò dalla presenza dell'Eterno e colpì Giobbe d'un'ulcera maligna dalla pianta de' piedi al sommo del capo; e Giobbe prese un còccio per grattarsi, e stava seduto nella cenere.
   8 E sua moglie gli disse: 'Ancora stai saldo nella tua integrità?
   9 Ma lascia stare Iddio, e muori!'
10 E Giobbe a lei: 'Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo d'accettare il male?' - In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.


3.1 Allora Giobbe aprì la bocca e maledisse il giorno della sua nascita.
   2 E prese a dire così:
   3 «Perisca il giorno ch'io nacqui e la notte che disse: 'È concepito un maschio!'
   4 Quel giorno si converta in tenebre, non se ne curi Iddio dall'alto, né splenda sovr'esso raggio di luce!
   5 Se lo riprendano le tenebre e l'ombra di morte, resti sovr'esso una fitta nuvola, le eclissi lo riempiano di paura!


3.11 Perché non morii nel seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dalle sue viscere?
   12 Perché trovai delle ginocchia per ricevermi e delle mammelle da poppare?
   20 Perché dar la luce all'infelice e la vita a chi ha l'anima nell'amarezza,
   23 Perché dar vita a un uomo la cui via è oscura, e che Dio ha stretto in un cerchio?


9.20 Fossi pur giusto, la mia bocca stessa mi condannerebbe; fossi pure integro, essa mi farebbe dichiarar perverso.
   21 Integro! Sì, lo sono! di me non mi preme, io disprezzo la vita!
   22 Per me è tutt'uno! perciò dico: 'Egli distrugge ugualmente l'integro ed il malvagio.
   23 Se un flagello, a un tratto, semina la morte, egli ride dello sgomento degli innocenti.
   24 La terra è data in balìa dei malvagi; egli vela gli occhi ai giudici di essa; se non è lui, chi è dunque'?


13.7 Volete dunque difendere Iddio parlando iniquamente?


19.5 Ma se proprio volete insuperbire contro di me e rimproverarmi la vergogna in cui mi trovo,
    6 allora sappiatelo: chi m'ha fatto torto e m'ha avvolto nelle sue reti è Dio.
    7 Ecco, io grido: 'Violenza!' e nessuno risponde; imploro aiuto, ma non c'è giustizia!


24.12 Sale dalle città il gemito dei morenti; l'anima de' feriti implora aiuto, e Dio non si cura di codeste infamie!

24.22 Iddio con la sua forza prolunga i giorni dei prepotenti, i quali risorgono, quand'ormai disperavano della vita.

24.25 Se così non è, chi mi smentirà, chi annienterà il mio dire?


27.5 Lungi da me l'idea di darvi ragione! Fino all'ultimo respiro non mi lascerò togliere la mia integrità.
    6 Ho preso a difendere la mia giustizia e non cederò; il cuore non mi rimprovera uno solo dei miei giorni.


31.35 Oh, avessi pure chi m'ascoltasse!... ecco qua la mia firma! l'Onnipotente mi risponda! Scriva l'avversario mio la sua querela,
    36 ed io la porterò attaccata alla mia spalla, me la cingerò come un diadema!
    37 Gli renderò conto di tutti i miei passi, a lui mi avvicinerò come un principe!


1.6 Or avvenne un giorno, che i figli di Dio vennero a presentarsi davanti all'Eterno, e Satana venne anch'egli in mezzo a loro.


16.19 Già fin d'ora, ecco, il mio Testimonio è in cielo, il mio Garante è nei luoghi altissimi.
    20 Gli amici mi deridono, ma a Dio si volgon piangenti gli occhi miei;
    21 sostenga egli le ragioni dell'uomo presso Dio, le ragioni del figlio dell'uomo contro i suoi compagni!


19.25 Ma io so che il mio Vendicatore vive, e che alla fine si leverà sulla polvere.
    26 E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Iddio.
    27 Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno gli occhi miei, non quelli d'un altro... il cuore, dalla brama, mi si strugge in seno!


9.32 Dio non è un uomo come me, perch'io gli risponda e che possiam comparire in giudizio assieme.
  33 Non c'è fra noi un arbitro, che posi la mano su tutti e due!


42.7 Dopo che ebbe rivolto questi discorsi a Giobbe, l'Eterno disse a Elifaz di Teman: 'L'ira mia è accesa contro te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me secondo la verità, come ha fatto il mio servo Giobbe.


32.1 Quei tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe perché egli si credeva giusto.
     2 Allora l'ira di Elihu, figliuolo di Barakeel il Buzita, della tribù di Ram, s'accese:
     3 s'accese contro Giobbe, perché riteneva giusto se stesso anziché Dio; s'accese anche contro i tre amici di lui perché non avean trovato che rispondere, sebbene condannassero Giobbe.


32.13 Non avete dunque ragione di dire: 'Abbiam trovato la sapienza! Dio soltanto lo farà cedere; non l'uomo!'
 14 Egli non ha diretto i suoi discorsi contro a me, ed io non gli risponderò colle vostre parole.


33.1 Ma pure, ascolta, o Giobbe, il mio dire, porgi orecchio a tutte le mie parole!
   2 Ecco, apro la bocca, la lingua parla sotto il mio palato.
   3 Nelle mie parole è la rettitudine del mio cuore; e le mie labbra diran sinceramente quello che so.
   4 Lo spirito di Dio mi ha creato, e il soffio dell'Onnipotente mi dà la vita.
   5 Se puoi, rispondimi; prepara le tue ragioni, fatti avanti!
   6 Ecco, io sono uguale a te davanti a Dio; anch'io, fui tratto dall'argilla.
   7 Spavento di me non potrà quindi sgomentarti, e il peso della mia autorità non ti potrà schiacciare.
   8 Davanti a me tu dunque hai detto (e ho bene udito il suono delle tue parole):
   9 'Io sono puro, senza peccato; sono innocente, non c'è iniquità in me;
 10 ma Dio trova contro me degli appigli ostili, mi tiene per suo nemico;
 11 mi mette i piedi nei ceppi, spia tutti i miei movimenti'.
 12 E io ti rispondo: In questo non hai ragione; giacché Dio è più grande dell'uomo.
 13 Perché contendi con lui? poich'egli non rende conto d'alcuno dei suoi atti.
 14 Iddio parla, bensì, una volta ed anche due, ma l'uomo non ci bada;
 15 parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti;
 16 allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti,
 17 per distoglier l'uomo dal suo modo d'agire e tener lungi da lui la superbia;
 18 per salvargli l'anima dalla fossa, la vita dal dardo mortale.
 19 L'uomo è anche ammonito sul suo letto, dal dolore, dall'agitazione incessante delle sue ossa;
 20 quand'egli ha in avversione il pane, e l'anima sua schifa i cibi più squisiti;
 21 la carne gli si consuma, e sparisce, mentre le ossa, prima invisibili, gli escon fuori,
 22 l'anima sua si avvicina alla fossa, e la sua vita a quelli che danno la morte.
 23 Ma se, presso a lui, v'è un angelo, un interprete, uno solo fra i mille, che mostri all'uomo il suo dovere,
 24 Iddio ha pietà di lui e dice: 'Risparmialo, che non scenda nella fossa! Ho trovato il suo riscatto'.
 25 Allora la sua carne divien fresca più di quella d'un bimbo; egli torna ai giorni della sua giovinezza;
 26 implora Dio, e Dio gli è propizio; gli dà di contemplare il suo volto con giubilo, e lo considera di nuovo come giusto.
 27 Ed egli va cantando fra la gente e dice: 'Avevo peccato, pervertito la giustizia, e non sono stato punito come meritavo.
 28 Iddio ha riscattato l'anima mia, onde non scendesse nella fossa e la mia vita si schiude alla luce!'
 29 Ecco, tutto questo Iddio lo fa due, tre volte, all'uomo,
 30 per ritrarre l'anima di lui dalla fossa, perché su di lei splenda la luce della vita.
 31 Sta' attento, Giobbe, dammi ascolto; taci, ed io parlerò.
 32 Se hai qualcosa da dire, rispondi, parla, ché io vorrei poterti dar ragione. 33 Se no, tu dammi ascolto, taci, e t'insegnerò la saviezza».


34.29 Quando Iddio dà requie chi lo condannerà? Chi potrà contemplarlo quando nasconde il suo volto a una nazione ovvero a un individuo,
 30 per impedire all'empio di regnare, per allontanar dal popolo le insidie?
 31 Quell'empio ha egli detto a Dio: 'Io porto la mia pena, non farò più il male,
 32 mostrami tu quel che non so vedere; se ho agito perversamente, non lo farò più'?
 33 Dovrà forse Iddio render la giustizia a modo tuo, che tu lo critichi? Ti dirà forse: 'Scegli tu, non io, quello che sai, dillo'?
 34 La gente assennata e ogni uomo savio che m'ascolta, mi diranno:
 35 'Giobbe parla senza giudizio, le sue parole sono senza intendimento'.
 36 Ebbene, sia Giobbe provato sino alla fine! poiché le sue risposte son quelle degli iniqui, 37 poiché aggiunge al peccato suo la ribellione, batte le mani in mezzo a noi, e moltiplica le sue parole contro Dio».


35.9 Si grida per le molte oppressioni, si levano lamenti per la violenza dei grandi;
 10 ma nessuno dice: 'Dov'è Dio, il mio creatore, che nella notte concede canti di gioia,
 11 che ci fa più intelligenti delle bestie de' campi e più savi degli uccelli del cielo?'
 12 Si grida, sì, ma egli non risponde, a motivo della superbia dei malvagi.
 13 Certo, Dio non dà ascolto a lamenti vani; l'Onnipotente non ne fa nessun conto.
 14 E tu, quando dici che non lo scorgi, la causa tua gli sta dinanzi; sappilo aspettare!
 15 Ma ora, perché la sua ira non punisce, perch'egli non prende rigorosa conoscenza delle trasgressioni,
 16 Giobbe apre vanamente le labbra e accumula parole senza conoscimento».


36.8 Se gli uomini son talora stretti da catene, se son presi nei legami dell'afflizione,
   9 Dio fa lor conoscere la lor condotta, le loro trasgressioni, giacché si sono insuperbiti;
 10 egli apre così i loro orecchi a' suoi ammonimenti, e li esorta ad abbandonare il male.
 11 Se l'ascoltano, se si sottomettono, finiscono i loro giorni nel benessere, e gli anni loro nella gioia;
 12 ma, se non l'ascoltano, periscono trafitti da' suoi dardi, muoiono per mancanza d'intendimento.
 13 Gli empi di cuore s'abbandonano alla collera, non implorano Iddio quand'egli li incatena;
 14 così muoiono nel fiore degli anni, e la loro vita finisce come quella dei dissoluti;
 15 ma Dio libera l'afflitto mediante l'afflizione, e gli apre gli orecchi mediante la sventura.
 16 Te pure ti vuole trarre dalle fauci della distretta, al largo, dove non è più angustia, e coprire la tua mensa tranquilla di cibi succulenti.
 17 Ma, se giudichi le vie di Dio come fanno gli empi, il giudizio e la sentenza di lui ti piomberanno addosso.
 18 Bada che la collera non ti trasporti alla bestemmia, e la grandezza del riscatto non t'induca a fuorviare!


37.1 A tale spettacolo il cuor mi trema e balza fuor del suo luogo.
   2 Udite, udite il fragore della sua voce, il rombo che esce dalla sua bocca!
   3 Egli lo lancia sotto tutti i cieli e il suo lampo guizza fino ai lembi della terra.
   4 Dopo il lampo, una voce rugge; egli tuona con la sua voce maestosa; e quando s'ode la voce, il fulmine non è già più nella sua mano.
   5 Iddio tuona con la sua voce maravigliosamente; grandi cose egli fa che noi non intendiamo.


38.1 Allora l'Eterno rispose a Giobbe dal seno della tempesta, e disse:
   2 «Chi è costui che oscura i miei disegni con parole prive di senno?»


42.1 Allora Giobbe rispose all'Eterno e disse:
   2 «Io riconosco che tu puoi tutto, e che nulla può impedirti d'eseguire un tuo disegno.
   3 Chi è colui che senza intendimento offusca il tuo disegno?... Sì, ne ho parlato; ma non lo capivo; son cose per me troppo maravigliose ed io non le conosco.
   4 Deh, ascoltami, io parlerò; io ti farò delle domande e tu insegnami!
   5 Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora l'occhio mio t'ha veduto.
   6 Perciò mi ritratto, mi pento sulla polvere e sulla cenere».


42.12 E l'Eterno benedì gli ultimi anni di Giobbe più de' primi.


42.16 Giobbe, dopo questo, visse centoquarant'anni, e vide i suoi figli e i figli dei suoi figli, fino alla quarta generazione.
    17 Poi Giobbe morì vecchio e sazio di giorni.

Il lebbroso purificato
Il lebbroso purificato
  1. Ed avvenne che, trovandosi egli in una di quelle città, ecco un uomo pieno di lebbra, il quale, veduto Gesù e gettatosi con la faccia a terra, lo pregò dicendo: Signore, se tu vuoi, tu puoi purificarmi.
  2. Ed egli, stesa la mano, lo toccò dicendo: Lo voglio, sii purificato. E in quell'istante la lebbra sparì da lui.
  3. E Gesù gli comandò di non dirlo a nessuno: Ma va', gli disse, mostrati al sacerdote ed offri per la tua purificazione quel che ha prescritto Mosè; e ciò serva loro di testimonianza.
  4. Però la fama di lui si spandeva sempre più; e molte turbe si adunavano per udirlo ed essere guarite delle loro infermità.
  5. Ma egli si ritirava nei luoghi deserti e pregava.
Marcello Cicchese
novembre 2015

Io vi lascio pace
Io vi lascio pace

Giovanni 14:27
  Io vi lascio pace; vi do la mia pace.
  Io non vi do come il mondo dà.
  Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.

Giovanni 16:33
  Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me.
  Nel mondo avrete tribolazione;
  ma fatevi animo, io ho vinto il mondo.

Matteo 11:28-30
  Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati,
  e io vi darò riposo.
  Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me,
  perch'io sono mansueto ed umile di cuore;
  e voi troverete riposo alle anime vostre;
  poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero.

Marcello Cicchese
febbraio 2016

Salmo 62
Salmo 62
  1. Solo in Dio l'anima mia s'acqueta;
    da lui viene la mia salvezza.
  2. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza,
    il mio alto ricetto; io non sarò grandemente smosso.
  3. Fino a quando vi avventerete sopra un uomo
    e cercherete tutti insieme di abbatterlo
    come una parete che pende,
    come un muricciuolo che cede?
  4. Essi non pensano che a farlo cadere dalla sua altezza;
    prendono piacere nella menzogna;
    benedicono con la bocca,
    ma internamente maledicono. Sela.
  5. Anima mia, acquétati in Dio solo,
    poiché da lui viene la mia speranza.
  6. Egli solo è la mia ròcca e la mia salvezza;
    egli è il mio alto ricetto; io non sarò smosso.
  7. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
    la mia forte ròcca e il mio rifugio sono in Dio.
  8. Confida in lui ogni tempo, o popolo;
    espandi il tuo cuore nel suo cospetto;
    Dio è il nostro rifugio. Sela.
  9. Gli uomini del volgo non sono che vanità,
    e i nobili non sono che menzogna;
    messi sulla bilancia vanno su,
    tutti assieme sono più leggeri della vanità.
  10. Non confidate nell'oppressione,
    e non mettete vane speranze nella rapina;
    se le ricchezze abbondano, non vi mettete il cuore.
  11. Dio ha parlato una volta,
    due volte ho udito questo:
    Che la potenza appartiene a Dio;
  12. e a te pure, o Signore, appartiene la misericordia;
    perché tu renderai a ciascuno secondo le sue opere.
Marcello Cicchese
agosto 2017

Salmo 22
Salmo 22
  1. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché te ne stai lontano, senza soccorrermi, senza dare ascolto alle parole del mio gemito?
  2. Dio mio, io grido di giorno, e tu non rispondi; di notte ancora, e non ho posa alcuna.
  3. Eppure tu sei il Santo, che siedi circondato dalle lodi d'Israele.
  4. I nostri padri confidarono in te; e tu li liberasti.
  5. Gridarono a te, e furono salvati; confidarono in te, e non furono confusi.
  6. Ma io sono un verme e non un uomo; il vituperio degli uomini, e lo sprezzato dal popolo.
  7. Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo:
  8. Ei si rimette nell'Eterno; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce!
  9. Sì, tu sei quello che m'hai tratto dal seno materno; m'hai fatto riposar fidente sulle mammelle di mia madre.
  10. A te fui affidato fin dalla mia nascita, tu sei il mio Dio fin dal seno di mia madre.
  11. Non t'allontanare da me, perché l'angoscia è vicina, e non v'è alcuno che m'aiuti.

  12. Grandi tori m'han circondato; potenti tori di Basan m'hanno attorniato;
  13. apron la loro gola contro a me, come un leone rapace e ruggente.
  14. Io son come acqua che si sparge, e tutte le mie ossa si sconnettono; il mio cuore è come la cera, si strugge in mezzo alle mie viscere.
  15. Il mio vigore s'inaridisce come terra cotta, e la lingua mi s'attacca al palato; tu m'hai posto nella polvere della morte.
  16. Poiché cani m'han circondato; uno stuolo di malfattori m'ha attorniato; m'hanno forato le mani e i piedi.
  17. Posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano e m'osservano;
  18. spartiscon fra loro i miei vestimenti e tirano a sorte la mia veste.
  19. Tu dunque, o Eterno, non allontanarti, tu che sei la mia forza, t'affretta a soccorrermi.
  20. Libera l'anima mia dalla spada, l'unica mia, dalla zampa del cane;
  21. salvami dalla gola del leone. Tu mi risponderai liberandomi dalle corna dei bufali.

  22. Io annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea.
  23. O voi che temete l'Eterno, lodatelo! Glorificatelo voi, tutta la progenie di Giacobbe, e voi tutta la progenie d'Israele, abbiate timor di lui!
  24. Poich'egli non ha sprezzata né disdegnata l'afflizione dell'afflitto, e non ha nascosta la sua faccia da lui; ma quand'ha gridato a lui, ei l'ha esaudito.
  25. Tu sei l'argomento della mia lode nella grande assemblea; io adempirò i miei voti in presenza di quelli che ti temono.
  26. Gli umili mangeranno e saranno saziati; quei che cercano l'Eterno lo loderanno; il loro cuore vivrà in perpetuo.
  27. Tutte le estremità della terra si ricorderan dell'Eterno e si convertiranno a lui; e tutte le famiglie delle nazioni adoreranno nel tuo cospetto.
  28. Poiché all'Eterno appartiene il regno, ed egli signoreggia sulle nazioni.
  29. Tutti gli opulenti della terra mangeranno e adoreranno; tutti quelli che scendon nella polvere e non posson mantenersi in vita s'inginocchieranno dinanzi a lui.
  30. La posterità lo servirà; si parlerà del Signore alla ventura generazione.
  31. 31 Essi verranno e proclameranno la sua giustizia, e al popolo che nascerà diranno come egli ha operato.
Marcello Cicchese
settembre 2016

L'intoppo
L’intoppo che fa cadere nell’iniquità

Ezechiele 7:1-4
  1. E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini:
  2. 'E tu, figlio d'uomo, così parla il Signore, l'Eterno, riguardo al paese d'Israele: La fine! la fine viene sulle quattro estremità del paese!
  3. Ora ti sovrasta la fine, e io manderò contro di te la mia ira, ti giudicherò secondo la tua condotta, e ti farò ricadere addosso tutte le tue abominazioni.
  4. E l'occhio mio non ti risparmierà, io sarò senza pietà, ti farò ricadere addosso tutta la tua condotta e le tue abominazioni saranno in mezzo a te; e voi conoscerete che io sono l'Eterno.

Ezechiele 8:1-13
  1. E il sesto anno, il quinto giorno del sesto mese, avvenne che, come io stavo seduto in casa mia e gli anziani di Giuda erano seduti in mia presenza, la mano del Signore, dell'Eterno, cadde quivi su me.
  2. Io guardai, ed ecco una figura d'uomo, che aveva l'aspetto del fuoco; dai fianchi in giù pareva di fuoco; e dai fianchi in su aveva un aspetto risplendente, come di terso rame.
  3. Egli stese una forma di mano, e mi prese per una ciocca de' miei capelli; e lo spirito mi sollevò fra terra e cielo, e mi trasportò in visioni divine a Gerusalemme, all'ingresso della porta interna che guarda verso il settentrione, dov'era posto l'idolo della gelosia, che eccita a gelosia.
  4. Ed ecco che quivi era la gloria dell'Iddio d'Israele, come nella visione che avevo avuta nella valle.
  5. Ed egli mi disse: 'Figlio d'uomo, alza ora gli occhi verso il settentrione'. Ed io alzai gli occhi verso il settentrione, ed ecco che al settentrione della porta dell'altare, all'ingresso, stava quell'idolo della gelosia.
  6. Ed egli mi disse: 'Figlio d'uomo, vedi tu quello che costoro fanno? le grandi abominazioni che la casa d'Israele commette qui, perché io m'allontani dal mio santuario? Ma tu vedrai ancora altre più grandi abominazioni'.
  7. Ed egli mi condusse all'ingresso del cortile. Io guardai, ed ecco un buco nel muro.
  8. Allora egli mi disse: 'Figlio d'uomo, adesso fora il muro'. E quand'io ebbi forato il muro, ecco una porta.
  9. Ed egli mi disse: 'Entra, e guarda le scellerate abominazioni che costoro commettono qui'.
  10. Io entrai, e guardai: ed ecco ogni sorta di figure di rettili e di bestie abominevoli, e tutti gl'idoli della casa d'Israele dipinti sul muro attorno;
  11. e settanta fra gli anziani della casa d'Israele, in mezzo ai quali era Jaazania, figlio di Shafan, stavano in piedi davanti a quelli, avendo ciascuno un turibolo in mano, dal quale saliva il profumo d'una nuvola d'incenso.
  12. Ed egli mi disse: 'Figlio d'uomo, hai tu visto quello che gli anziani della casa d'Israele fanno nelle tenebre, ciascuno nelle camere riservate alle sue immagini? poiché dicono: - L'Eterno non ci vede, l'Eterno ha abbandonato il paese'.
  13. Poi mi disse: 'Tu vedrai ancora altre più grandi abominazioni che costoro commettono'.

Ezechiele 14:1-11
  1. Or vennero a me alcuni degli anziani d'Israele, e si sedettero davanti a me.
  2. E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini:
  3. 'Figlio d'uomo, questi uomini hanno innalzato i loro idoli nel loro cuore, e si sono messi davanti l'intoppo che li fa cadere nella loro iniquità; come potrei io esser consultato da costoro?
  4. Perciò parla e di' loro: Così dice il Signore, l'Eterno: Chiunque della casa d'Israele innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità, e poi viene al profeta, io, l'Eterno, gli risponderò come si merita per la moltitudine dei suoi idoli,
  5. affin di prendere per il loro cuore quelli della casa d'Israele che si sono alienati da me tutti quanti per i loro idoli.
  6. Perciò di' alla casa d'Israele: Così parla il Signore, l'Eterno: Tornate, ritraetevi dai vostri idoli, stornate le vostre facce da tutte le vostre abominazioni.
  7. Poiché, a chiunque della casa d'Israele o degli stranieri che soggiornano in Israele si separa da me, innalza i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nella sua iniquità e poi viene al profeta per consultarmi per suo mezzo, risponderò io, l'Eterno, da me stesso.
  8. Io volgerò la mia faccia contro a quell'uomo, ne farò un segno e un proverbio, e lo sterminerò di mezzo al mio popolo; e voi conoscerete che io sono l'Eterno.
  9. E se il profeta si lascia sedurre e dice qualche parola, io, l'Eterno, sono quegli che avrò sedotto il profeta; e stenderò la mia mano contro di lui, e lo distruggerò di mezzo al mio popolo d'Israele.
  10. E ambedue porteranno la pena della loro iniquità: la pena del profeta sarà pari alla pena di colui che lo consulta,
  11. affinché quelli della casa d'Israele non vadano più errando lungi da me, e non si contaminino più con tutte le loro trasgressioni, e siano invece mio popolo, e io sia il loro Dio, dice il Signore, l'Eterno'.
Marcello Cicchese
ottobre 2016

Salmo 125
Salmo 125
    Canto dei pellegrinaggi.
  1. Quelli che confidano nell'Eterno
    sono come il monte di Sion, che non può essere smosso,
    ma dimora in perpetuo.
  2. Gerusalemme è circondata dai monti;
    e così l'Eterno circonda il suo popolo,
    da ora in perpetuo.
  3. Poiché lo scettro dell'empietà
    non rimarrà sulla eredità dei giusti,
    affinché i giusti non mettano mano all'iniquità.
  4. O Eterno, fa' del bene a quelli che sono buoni,
    e a quelli che sono retti nel loro cuore.
  5. Ma quanto a quelli che deviano per le loro vie tortuose,
    l'Eterno li farà andare con gli operatori d'iniquità.
    Pace sia sopra Israele.
Marcello Cicchese
luglio 2017

La pazienza dl Dio
La pazienza di Dio e la nostra speranza
Poiché siamo stati salvati in speranza. Or la speranza di ciò che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, noi l'aspettiamo con pazienza (Romani 8.25).

Marcello Cicchese
settembre 2017

Salmo 23
Salmo 23
  1. L'Eterno è il mio pastore, nulla mi manca.
  2. Egli mi fa giacere in verdeggianti paschi, mi guida lungo le acque chete.
  3. Egli mi ristora l'anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome.
  4. Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga sono quelli che mi consolano.
  5. Tu apparecchi davanti a me la mensa al cospetto dei miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca.
  6. Certo, beni e benignità m'accompagneranno tutti i giorni della mia vita; ed io abiterò nella casa dell'Eterno per lunghi giorni.
Marcello Cicchese
settembre 2017

Il corpo dell'umiliazione
Il corpo della nostra umiliazione
Siate miei imitatori, fratelli, e riguardate a coloro che camminano secondo l'esempio che avete in noi. Perché molti camminano (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), da nemici della croce di Cristo; la fine dei quali è la perdizione, il cui dio è il ventre, e la cui gloria è in quel che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra. Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove anche aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, in virtù della potenza per la quale egli può anche sottoporsi ogni cosa.
Filippesi 3:17-21
Marcello Cicchese
giugno 2016

Una mente rinnovata
Il rinnovamento della mente
Vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, accettevole a Dio, il che è il vostro culto spirituale. e non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio, la buona, accettevole e perfetta volontà.
Romani 12:1-2
Marcello Cicchese
gennaio 2017

Salmo 90
Salmo 90
  1. Preghiera di Mosè, uomo di Dio.
    O Signore, tu sei stato per noi un rifugio
    di generazione in generazione.
  2. Prima che i monti fossero nati
    e che tu avessi formato la terra e il mondo,
    da eternità a eternità tu sei Dio.
  3. Tu fai tornare i mortali in polvere
    e dici: Ritornate, o figli degli uomini.
  4. Perché mille anni, agli occhi tuoi,
    sono come il giorno d'ieri quand'è passato,
    e come una veglia nella notte.
  5. Tu li porti via come una piena; sono come un sogno.
    Son come l'erba che verdeggia la mattina;
  6. la mattina essa fiorisce e verdeggia,
    la sera è segata e si secca.
  7. Poiché noi siamo consumati dalla tua ira,
    e siamo atterriti per il tuo sdegno.
  8. Tu metti le nostre iniquità davanti a te,
    e i nostri peccati occulti, alla luce della tua faccia.
  9. Tutti i nostri giorni spariscono per il tuo sdegno;
    noi finiamo gli anni nostri come un soffio.
  10. I giorni dei nostri anni arrivano a settant'anni;
    o, per i più forti, a ottant'anni;
    e quel che ne fa l'orgoglio, non è che travaglio e vanità;
    perché passa presto, e noi ce ne voliamo via.
  11. Chi conosce la forza della tua ira
    e il tuo sdegno secondo il timore che t'è dovuto?
  12. Insegnaci dunque a così contare i nostri giorni,
    che acquistiamo un cuore saggio.
  13. Ritorna, o Eterno; fino a quando?
    e muoviti a pietà dei tuoi servitori.
  14. Saziaci al mattino della tua benignità,
    e noi giubileremo, ci rallegreremo tutti i giorni nostri.
  15. Rallegraci in proporzione dei giorni che ci hai afflitti,
    e degli anni che abbiamo sentito il male.
  16. Apparisca l'opera tua a pro dei tuoi servitori,
    e la tua gloria sui loro figli.
  17. La grazia del Signore Dio nostro sia sopra noi,
    e rendi stabile l'opera delle nostre mani;
    sì, l'opera delle nostre mani rendila stabile.

Marcello Cicchese
31 dicembre 2017

Dal Salmo 119
Salmo 119
  1. L'anima mia è attaccata alla polvere;
    vivificami secondo la tua parola.
  2. Io ti ho narrato le mie vie e tu m'hai risposto;
    insegnami i tuoi statuti.
  3. Fammi intendere la via dei tuoi precetti,
    ed io mediterò le tue meraviglie.
  4. L'anima mia, dal dolore, si strugge in lacrime;
    rialzami secondo la tua parola.
  5. Tieni lontana da me la via della menzogna,
    e, nella tua grazia, fammi intendere la tua legge,
  6. io ho scelto la via della fedeltà,
    mi son posto i tuoi giudizi dinanzi agli occhi.
  7. Io mi tengo attaccato alle tue testimonianze;
    o Eterno, non lasciare che io sia confuso.
  8. Io correrò per la via dei tuoi comandamenti,
    quando m'avrai allargato il cuore.

Marcello Cicchese
19 luglio 2018

Il giorno del riposo
Il giorno del riposo

Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' in essi ogni opera tua; ma il settimo giorno è giorno di riposo, sacro all'Eterno, che è l'Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figlio, né la tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero che è dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l'Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò l'Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l'ha santificato.

Esodo 20:8-11

Marcello Cicchese
dicembre 2014

Perché siete così ansiosi?
«Perché siete così ansiosi?»

Dal Vangelo di Matteo

CAPITOLO 6
  1. Nessuno può servire a due padroni; perché o odierà l'uno ed amerà l'altro, o si atterrà all'uno e sprezzerà l'altro. Voi non potete servire a Dio ed a Mammona.
  2. Perciò vi dico: Non siate con ansiosi per la vita vostra di quel che mangerete o di quel che berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?
  3. Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutrisce. Non siete voi assai più di loro?
  4. E chi di voi può con la sua sollecitudine aggiungere alla sua statura anche un cubito?
  5. E intorno al vestire, perché siete con ansietà solleciti? Considerate come crescono i gigli della campagna; essi non faticano e non filano;
  6. eppure io vi dico che nemmeno Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro.
  7. Or se Dio riveste in questa maniera l'erba de' campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà Egli molto più voi, o gente di poca fede?
  8. Non siate dunque con ansiosi, dicendo: Che mangeremo? che berremo? o di che ci vestiremo?
  9. Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; e il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose.
  10. Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte. 34 Non siate dunque con ansietà solleciti del domani; perché il domani sarà sollecito di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.
Marcello Cicchese
dicembre 2015


Israele festeggia la sconfitta del virus

di Fiamma Nirenstein

Il miracolo della vaccinazione, come nella storia ha eliminato il vaiolo, la difterite, il tetano, la polio, porterà alla liberazione dal Covid.
   Questo succede oggi in Israele, e deve essere di grande incoraggiamento per il mondo. Israele ha perso 6mila persone; da un picco di 79 perdite al giorno a gennaio adesso siamo a 16 morti al giorno. Non è finita, ma cala ogni giorno. Da dicembre, accolti dal primo ministro letteralmente trepidante, gli aerei di Pfizer e Moderna hanno portato i flaconi gelati all'aeroporto Ben Gurion e subito una macchina determinata, inventiva, si è messa in moto fra errori e stalli (le celebrazioni dei religiosi, il sospetto dei villaggi arabi). Ma come durante la guerra dei Sei Giorni, Israele ha colpito per primo e ha vinto l'esercito composito del terribile nemico: «Trenta volte mi ha chiamato, sì, letteralmente. Mi ha travolto il suo atteggiamento ossessivo», sorride il ceo Pfizer Albert Bourla. «Una volta gli ho detto Primo ministro sono le tre di notte. Mi ha spiegato - dice Bourla - perché Israele era il Paese più adatto per la missione del vaccino: né grande né piccolo, 9 milioni di abitanti, servizi sanitari capillari, organizzazione ferrea, deciso alla sopravvivenza». Gliel'ha spiegato Benjamin Netanyahu stesso, mentre dalla tv mostrava come si indossa la maschera, come ci si lava le mani, implorando di rimanere a casa per tre lockdown.
   Israele è stata ossessiva negli ordini e nelle multe anche se le manifestazioni si sono moltiplicate, il personale incaricato ha agito come una madre italiana, l'esercito ha mobilitato le reclute. Nel distribuire le dosi, dopo la scala per età, si rispondeva sempre «sì». E così oggi Tel Aviv balla per le strade, va al ristorante e al teatro con la patente verde. Esagera, anche se la prudenza è ancora indispensabile. Già si progetta l'eliminazione delle maschere ed è permesso, all'aperto, riunire cento persone. Al ristorante e al teatro si progetta la verifica rapida per chi non ha patente. Gli aeroporti sono ancora semichiusi, ma in Grecia, a Cipro e in Georgia si può andare in vacanza...
   Certo, non si assiste alla sparizione del virus per magia, ma allo storico evento della vittoria del vaccino. Giorno dopo giorno, dal 20 di dicembre si è vaccinato il 90% degli ultra cinquantenni, il 51 fra i 16 e i 19 (gli allievi delle scuole), il 69 fra i 20 e i 29, il 46 fra i 30 e i 39 e l'81 fra i 40 e i 49. Sono 4,2 milioni che hanno ricevuto ambedue i vaccini, 5,1 milioni la prima dose. L'Rt è sceso allo 0,76 e il tasso di positività è caduto al 2,4%.
   Funzionerà? Dipende dal buon senso oltre che dalle varianti: il carattere israeliano ha più inventiva e chutzpa, la speciale impudenza per cui Netanyahu chiamava Bourla alle 3 di notte. Ma Israele ha un ruolo di leader mondiale nella vicenda: lo dimostra l'attenzione dei media; l'alleanza con vari stati europei per progettare una strategia futura; la distribuzioni dei propri vaccini in altri Paesi; i vaccini ai palestinesi. Il giorno del mio vaccino, ho avvertito in modo molto diretto il senso di missione storica nell'ambulatorio, la comune costruzione della salvezza. Che sia subito anche in Italia.

(il Giornale, 16 marzo 2021)


*


Israele è già ora il «rosh hagoim»?
  • Il miracolo della vaccinazione ... porterà alla liberazione dal Covid.
  • Questo succede oggi in Israele, e deve essere di grande incoraggiamento per il mondo.
  • Certo, non si assiste alla sparizione del virus per magia, ma allo storico evento della vittoria del vaccino.
  • Israele ha un ruolo di leader mondiale nella vicenda: lo dimostra l'attenzione dei media
  • Il giorno del mio vaccino, ho avvertito in modo molto diretto il senso di missione storica nell'ambulatorio, la comune costruzione della salvezza.
Dichiarazioni altisonanti, quasi di tono biblico, quelle di Fiamma Nirenstein nell'articolo che precede. E' un inno alla capacità dell'uomo di pervenire alla "comune costruzione della salvezza" accettando il ruolo di Israele come "leader mondiale nella vicenda" dopo che si è compiuto sulla sua terra "il miracolo della vaccinazione" che profeticamente "porterà alla liberazione dal Covid". Il senso della "missione storica" di Israele è stato "avvertito in modo molto diretto" dalla giornalista nell'ambulatorio il giorno del suo vaccino.
   Si proclama dunque, in un linguaggio profetico, la leadership di Israele nella guerra, dichiarata fin d'ora vittoriosa, che attualmente coinvolge l'intero pianeta.
   Trattandosi di profezia, sia pure in forma laica, si giustifica allora la domanda: Israele è già ora il «rosh hagoim»? Che significa? si chiederà qualcuno. L'autrice lo sa molto bene. Ma per tutti è bene chiarire che «rosh hagoim" è un'espressione che compare nella Bibbia e significa «capo delle nazioni». Dunque sta proprio scritto che Israele è il capo delle nazioni? si chiederà allarmato qualcuno. Sì, sta scritto. E dove? Nel libro del profeta Geremia. Ma in che contesto, a quale proposito? chiederà giustamente chi vuole fare verifiche testuali.
    Χ›Χ™ Χ›Χ” אמר Χ™Χ”Χ•Χ” Χ¨Χ Χ• ΧœΧ™Χ’Χ§Χ‘ Χ©ΧžΧ—Χ” Χ•Χ¦Χ”ΧœΧ• בראש הגוים
    Χ”Χ©ΧžΧ™Χ’Χ• Χ”ΧœΧœΧ• Χ•ΧΧžΧ¨Χ• Χ”Χ•Χ©Χ’ Χ™Χ”Χ•Χ” אΧͺ גמך אΧͺ שאריΧͺ Χ™Χ©Χ¨ΧΧœ


    Così parla l'Eterno: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe e mandate grida per il capo delle nazioni; proclamate, cantate lodi e dite: O Eterno, salva il tuo popolo, il residuo d'Israele (Geremia 31:7).
Ma a chi è rivolto questo invito? A tutti i popoli, alle "isole lontane" che rappresentano i gentili:
    O nazioni, ascoltate la parola dell'Eterno, e proclamatela alle isole lontane, e dite: 'Colui che ha disperso Israele lo raccoglie, e lo custodisce come un pastore il suo gregge' (Geremia 31:10).
Si tratta dunque di una parola profetica che annuncia per Israele un futuro di gloria a cui parteciperanno con gioia le altre nazioni, ma sarà Dio a far entrare nella storia questo futuro, non certo l'opera dell'uomo. E sarà Dio che stabilirà Israele come «capo delle nazioni», ma dopo che tutto il programma di salvezza e giudizio sarà compiuto, per Israele prima e per tutti gli altri dopo.
   Suona male dunque la presentazione di un Israele trionfante che si mette a capo di un programma di salvezza per tutto il mondo. Anticipare i tempi con le proprie forze e solo per i propri scopi è altamente rischioso per tutti, in primo luogo per Israele. "Io però non credo in Dio, quindi il discorso non m'interessa", dirà qualcuno. Il discorso comunque però non è chiuso, perché se la cosa interessa Dio, prima o poi interesserà anche quel qualcuno. M.C.

(Notizie su Israele, 16 marzo 2021)


Gli israeliani alle urne il 23 marzo, scenari possibili

Come andrà quello che suona come un nuovo referendum pro o contro il più longevo primo ministro dello Stato ebraico: Benjamin Netanyahu? Il quadro è più che mai complesso. Cosa immaginano i sondaggi?

di Giorgio Bernardelli

Manca poco più di una settimana in Israele al nuovo appuntamento con il voto. E quella che si va profilando è la più strana tra le quattro elezioni che si sono succedute nell'arco di appena due anni. Perché lo schema - è vero - è sempre lo stesso: siamo all'ennesimo referendum pro o contro Benjamin Netanyahu. Ma stavolta il mosaico è davvero molto complicato. E non sarà facile anche solo leggere i risultati che la sera di martedì 23 usciranno dalle urne.
   Intanto: se siete rimasti fermi al testa a testa tra Netanyahu e Benny Gantz siete fuori strada. Dopo il suicidio politico commesso in primavera accordandosi con il Likud l'ex generale sarà già tanto se col suo partito riuscirà ad entrare alla Knesset superando la soglia di sbarramento del 3,25 per cento. Gantz è ormai fuori dai giochi; però non esiste un vero sostituto. O meglio: i sondaggi danno le forze che giurano di non allearsi con Netanyahu come maggioritarie, ma in un fronte estremamente frammentato e composto da formazioni incompatibili tra loro. Quella che dovrebbe raccogliere più consensi è Yesh Atid (C'è un futuro), partito centrista di impronta laica guidato da Yair Lapid, ex giornalista televisivo in politica ormai da una decina d'anni. Ma per la sua avversione ai partiti religiosi ebraici per riuscire a togliere lo scettro a Netanyahu dovrebbe mettere insieme uno schieramento che va dall'ex Likud (e leader del neonato partito Nuova Speranza) Gideon Sa'ar ai pacifisti del Meretz. Un'impresa decisamente difficile.
   Anche Netanyahu, però, ha poco da stare tranquillo. Perché è vero, non ci sono dubbi sul fatto che tra una settimana sarà ancora lui il leader del partito di maggioranza relativa nel parlamento israeliano. Ma Bibi contava di capitalizzare nelle urne il consenso per l'operazione vaccini anti Covid-19, su cui ha puntato tutto (compresa la possibilità di svicolare il processo sulle tre accuse per corruzione che proprio la pandemia in questi mesi ha rallentato). Invece i sondaggi non sembrerebbero dargli ragione: dovrebbe fermarsi sotto quota 30 seggi sui 120 della Knesset. E in un sistema proporzionale puro come è quello israeliano vorrebbe dire ricominciare per la quarta volta a comporre un altro puzzle difficilissimo. Dalla sua il Likud ha certamente i voti dei due partiti religiosi: lo Shas (sefardita) e Giudaismo unito nella Torah (aschenazita). Anche Yamina, il partito di Naftali Bennett, quasi certamente tornerebbe all'ovile. Solo che i voti di queste quattro formazioni da sole anche stavolta difficilmente basteranno.
   Per questo Netanyahu ha puntato molto su un nuovo partito ancora più a destra di Yamina: si chiama Partito Religioso Sionista ed è frutto dell'alleanza tra Bezalel Smotrich - quarantenne popolarissimo nel mondo dei coloni - e l'ultranazionalista Itamar Ben-Gvir di Oztma Yehudit, il partito che si rifà all'ideologia apertamente razzista di Meir Kahane. La scommessa di Bibi è che passino la soglia di sbarramento e gli diano i voti necessari per arrivare all'agognata quota 61.
   Anche questo scenario, però, al momento è molto in forse: il Partito Religioso Sionista dovrebbe entrare sì alla Knesset, ma togliendo seggi a Yamina e ai due partiti religiosi.
   A quel punto a Netanyahu rimarrebbe solo l'ultimo jolly, quello più sorprendente: il partito arabo Ra'am, uscito dalla Lista Araba Unita e in corsa in solitaria a queste elezioni. Il suo leader Mansur Abbas - in aperta contrapposizione ad Ayman Odeh (il leader della Lista Araba Unita ndr) - in nome di un ipotetico «pragmatismo» nell'interesse degli arabi israeliani che vivono nel nord di Israele, in questi ultimi mesi ha più volte ventilato la possibilità di un appoggio esterno a Netanyahu a determinate condizioni. Anche per questo - come raccontavamo già qualche settimana fa - Bibi in questa campagna elettorale ha puntato molto sugli arabi israeliani. Ma non si vede come neanche lui possa riuscire a tenere insieme i voti di Itamar Ben-Gvir e Mansur Abbas.
   Attenzione, però: Israele ha una lunga storia di sondaggi pre-elettorali sbagliati. E questa volta è tutto ancora più difficile; ci sono, infatti, ben quattro formazioni vicinissime alla soglia di sbarramento. Basta dunque una manciata di voti in più o in meno per ciascuna a cambiare di molto la partita. Riaprendo o chiudendo molti giochi. Con un ultimo particolare a complicare ulteriormente la scena: il 24 luglio finirà il mandato del presidente israeliano Reuven Rivlin che per legge non è rieleggibile. Dunque, comunque vada, sarà la Knesset che tra pochi giorni uscirà dalle urne a scegliere il suo successore.

(Terra Santa, 15 marzo 2021)


Locali aperti e niente mascherine. In Israele funziona già tutto

di Paola Pellai

Te ne accorgi subito. Tel Aviv è una città senza passato, ma vertiginosamente proiettata nel futuro. Una distesa enorme di grattacieli ed altrettanti in costruzione. Impossibile non stupirsi se si pensa che la città è stata fondata solo nel 1909 da un gruppo di residenti della vicina Giaffa, oggi un suo sobborgo. In poco più di un secolo Tel Aviv è diventata un centro di potere finanziario e politico, a livello internazionale. Ha mezzo milione di abitanti, il 96% sono ebrei, il 3% arabi musulmani e l'1% arabi cristiani. Lo slancio verso il futuro è stato determinante in tempi di pandemia. «Non c'è e non ci sarà l'obbligo di vaccinazione in Israele e non ci saranno sanzioni personali per chi non si vaccina» ribadì un mese fa Yuli Edelstein, il ministro della Sanità, specificando però che avrebbe rischiato il carcere chiunque avesse tentato di falsificare il Green Pass, la certificazione che testimonia la doppia immunizzazione. Non c'è stata imposizione eppure Israele ha onorai concluso il suo piano vaccinale, con oltre 5 milioni di abitanti messi al sicuro e liberi di frequentare palestre, ristoranti, concerti e persino di tomare allo stadio. In Israele la campagna vaccinale è iniziata il 19 dicembre 2020 perché «è l'unico modo per fare ripartire la nostra economia» dichiara drastico il primo ministro Benjamin Netanyahu. E così mentre da noi si perdevano tempo e soldi in inutili Primule e deprimenti spot di Giuseppe Tornatore per la Rai, in Israele si agiva. Vaccinazioni senza burocrazia, direttamente nelle aziende, nei centri commerciali, addirittura all'Ikea e nei tradizionali luoghi della movida.

 LOCALI APERTI
  Da noi i locali sono demonizzati, a Tel Aviv il vaccino te lo somministrano al bancone di sette pub alla moda senza l'ansia della prenotazione e con tanto di birra in omaggio. Sembra un altro mondo e fa rabbia pensare che, dal 16 ottobre 1997, Tel Aviv è gemellata con Milano. Il sindaco Sala poteva fare tesoro di tante indicazioni ed invece ancora oggi si limita ad esprimere «ottimismo per il futuro di Milano ma preoccupazione per questo periodo che ci attende». Eppure bastava copiare... Come a scuola Tel Aviv è il simbolo di come un Paese considerato "difficile" possa funzionare in sicurezza, anche se intorno ha una polveriera legata a tensioni geopolitiche mai risolte. Persino la Farnesina ti mette in guardia se vuoi metterti in viaggio verso Israele. La realtà è che la paura ti lascia nel momento stesso in cui ci atterri. Il Ben Gurion di Tel Aviv è l'aeroporto più sicuro al mondo, nonostante i 15 milioni di transiti annuali che poco alla volta stanno riprendendo, dopo il blocco dei voli per la pandemia. Qui è impossibile arrivare o ripartire con istinti kamikaze o da dirottatore. Da qui non esci o non entri se sei schedato come pericoloso. Sanno tutto di te già 24 ore prima perché devi fornire in anticipo le generalità e i dati del passaporto. Una volta atterrato non c'è nulla di te che passi inosservato o non sia monitorato. Ti fanno domande di ogni tipo, ti controllano la postura, la gestualità e la prontezza nelle risposte a domande che spesso entrano nella privacy. Alla fine ti etichettano il passaporto con un adesivo: è un codice a barre dove la combinazione numerica indica la tua pericolosità, da 1 a 6.

 REGOLE RISPETTATE
  Tel Aviv non è Milano: funziona e cresce perché ci sono regole rispettate per dovere e magari pure perché Dio ti guarda. La verità è che sui mezzi pubblici tutti pagano il biglietto e tutti hanno un posto a sedere. Non ci sono senzatetto in giacigli di cartone a trascorrere la notte sui marciapiedi. Ci sono i semafori ma non i lavavetri. La raccolta della plastica è fatta senza chip ma semplicemente per coscienza. La spiaggia è libera, tenuta pulita anche nelle giornate di brutto tempo e con attrezzature a prezzo municipale per chilometri e chilometri. II turista è il valore aggiunto delle proprie risorse e, come tale, non è considerato un pollo da spennare ma un patrimonio da salvaguardare. E così, ad esempio, la tassa di soggiorno negli hotel la pagano soltanto i residenti in Israele. Una scelta vincente considerati i 4,6 milioni di turisti stranieri del 2019 (ultimo dato che fa testo), record storico, con l'11% in più rispetto all'anno prima ed entrate per 6 miliardi di euro.

 SOLDATI SORRIDENTI
  Certo, il primo giorno a Tel Aviv lo trascorri a prendere le misure a quei soldati sorridenti con la faccia da bambino che imbracciano un'arma e che incontri ovunque. Ma proprio ovunque. Seduti al tuo fianco in autobus, a passeggio sulla spiaggia, al museo ad ammirare il tuo stesso quadro impressionista, al chiosco dei falafel... Ed è strano come la sensazione cambi con il passare delle ore. All'inizio ti sembra sempre che possa partire un colpo accidentale, in seguito hai la certezza che quelle stesse armi sono il valore aggiunto alla tua tranquillità. In Israele la leva militare è obbligatoria per uomini (32 mesi) e donne (24) al compimento del 18° anno di età. Se ti sottrai, diventi automaticamente un trasgressore. Tel Aviv è così un esercito a cielo aperto, stimolato dalla stessa città ad ostentare le divise. Ad esempio, l'unica gratuità al locale museo dell'arte è per i militari che indossano la divisa. Chi è militare ma ci arriva senza indossarla ha diritto solo alla riduzione del biglietto.

 COPERTURA TOTALE
  L'esercito israeliano, l'Idf, è dal 1948, l'anno della sua creazione, la forza militare più potente del Medio Oriente: può contare su 180mila uomini e donne in servizio attivo e quasi 450mila riservisti richiamabili alle armi, oltre ad un investimento del 6,5% del Pil nazionale. Non è un caso che proprio l'esercito israeliano sia stato il primo al mondo a raggiungere l'immunità di gregge (con oltre l'85%) per il Covid. I soldati fanno da esempio e da traino ad una vaccinazione che, senza mezzi termini, è stata proposta come il solo mezzo per risollevarsi: il tasso di disoccupazione del 15,4 nel 2020 è destinato a scendere quest'anno all'8,6% nella previsione di una vaccinazione completata e della totale riapertura di ogni attività economica entro maggio. II Covid non ha fermato le oltre 6000 startup né cancellato il 4,3% del Pil investito in ricerca e sviluppo. Lo Stato ha una visione strategica ed imprenditoriale, pubblico e privato collaborano per il bene comune. Alla fine la guerra la stanno vincendo loro, confermando che il Covid lo puoi battere solo con le "armi" giuste. Altro che Primule...

(Libero, 15 marzo 2021)


Sviluppiamo un vaccino assieme. Israele tende la mano all'Italia

In Israele si sta sviluppando un farmaco che dovrebbe essere disponibile entro l'estate. L'ambasciatore Eydar annuncia: "Proporrò al governo italiano di partecipare alla fase finale

di Silvia Bosco

La scorsa primavera "è stato firmato un memorandum d'intesa tra l'Istituto di Biologia di Ness Ziona e il Careggi Medical Center di Firenze, e so che è in corso un dialogo proficuo tra gli scienziati delle due istituzioni, sullo sviluppo di farmaci per il coronavirus". A dichiararlo è stato l'ambasciatore di Israele a Roma, Dror Eydar, durante il webinar "Vaccini: il modello Israele contro l'emergenza Covid", organizzato dall'Intergruppo parlamentare Italia-Israele, in collaborazione con l'ambasciata di Israele a Roma.
   All'evento - tenutosi in un contorno di cronaca che vede il sequestro preventivo d'urgenza sul tutto il territorio nazionale di un lotto AstraZeneca e l'annuncio di un accordo per la produzione del russo Sputnik in Italia - hanno partecipato anche il responsabile della task force anti-Covid del Maccabi Healthcare Services, Arnon Shahar, il senatore Lucio Malan (Forza Italia), presidente dell'intergruppo parlamentare Italia-Israele, e l'onorevole Marco di Maio (Italia Viva).
   Il dialogo tra Italia e Israele (che ha vaccinato più della metà della sua popolazione e sta andando verso un ritorno alla normalità) per condividere esperienze nella lotta al coronavirus va avanti da circa nove mesi, attraverso incontri settimanali di aggiornamento tra i ministeri della Salute dei due Paesi, ha detto Eydar. Che ha sottolineato anche che "è utile per imparare gli uni dagli altri".
   La nuova frontiera della collaborazione bilaterale nella lotta al Covid-19 potrebbe riguardare anche lo sviluppo di un nuovo vaccino, ha spiegato. "In Israele si sta lavorando a sviluppare un vaccino, e speriamo che sia disponibile entro l'estate. È mia intenzione proporre al governo italiano di partecipare alla fase finale dello sviluppo di questo vaccino", ha detto. Nel prossimo futuro, Israele sarebbe lieto di "condividere le informazioni con il nuovo governo sia per quanto riguarda i vaccini, sia su come uscire dalla crisi economica che sta colpendo tutti noi sulla scia della pandemia". "Vogliamo anche promuovere il programma Green passport per l'ingresso in Italia di persone vaccinate in Israele e viceversa, senza necessità di isolamento".
   Durante il webinar l'esperto Shahar ha parlato anche dell'efficacia dopo 14 giorni dalla seconda dose del vaccino Pfizer in Israele: è emersa una capacità di prevenire lo sviluppo della malattia sintomatica severa e la mortalità del 94-98 per cento. "Sono numeri strepitosi", ha evidenziato. Infine, in merito al dibattito nato sulla correlazione tra decessi e somministrazione del vaccino Astra-Zeneca, l'esperto ha chiarito: "Non ci possiamo aspettare che non ci siano effetti collaterali. Non ci dobbiamo spaventare per un effetto collaterale. Bisogna basarsi su numeri, sulla scienza".
   Sempre oggi Nachman Ash, coordinatore anti-Covid di Israele, ha spiegato alla radio militare che la durata dell'immunità offerta dai vaccini è ancora sconosciuta, ma "probabilmente sarà più lunga di sei mesi". Dipenderà, ha detto, dai risultati delle prove, dai dati epidemiologici, dalla capacità dei vaccini di proteggere, da tutti i nuovi ceppi, e dalla misura in cui le persone vaccinate vengono contagiate dal virus. Per ora, tuttavia, ha osservato, ci si aspetta che la durata venga estesa oltre l'attuale durata di sei mesi anche se non è ancora certo.
   
(Formiche.net, 15 marzo 2021)


Lettera aperta a Gabriele Nissim e agli esponenti delle Comunità ebraiche italiane

di Maryan Ismail, Ambasciatrice di Gariwo

Dopo la morte di mio fratello ambasciatore Yusuf Mohamed Ismail Bari-Bari, avvenuta a Mogadiscio il 27 Marzo 2015, per mano dei jihadisti somali di Al Shabaab, iniziai un percorso di racconto e confronto con l'amico Gabriele Nissim, presidente di Gariwo.
  Gariwo è l'acronimo di The Righteous Worldwide Onlus, una Fondazione che dal 1999 promuove la conoscenza del coraggio civico dei Giusti, persone che in più parti del mondo hanno protetto e salvato gli ebrei perseguitati dal folle disegno di sterminio dell'ideologia nazi-fascista, ma non solo, ispirandosi a Yad Vashem in Israele.
  Il valore che Gabriele Nissim sostiene è che "il Bene sia un potente strumento educativo e serve a prevenire genocidi e crimini contro l'umanità". Un messaggio potente di fratellanza e sorellanza umana universale che la mia famiglia, con il martirio di mio fratello, ha contribuito a costruire e diffondere con un tributo altissimo e che, ovviamente, ho sposato immediatamente.
  Ammiro e voglio bene al fratello Nissim, a cui avevo già espresso le mie perplessità e imbarazzi sulla Carta della Memoria che trovavo molto confusa per la presenza di concetti e indirizzi che includono temi tra loro irriducibili, che per gravità e delicatezza richiedono di essere trattati separatamente e in maniera specifica, il che certamente non esclude rimandi e comparazioni.
  Tra questi, in particolare, vi è la questione della Giornata della Memoria, che, pur avendo certamente anche un valore universale, serve anzitutto e fondamentalmente per contrastare l'antisemitismo, non riducibile in alcun modo al solo nazifascismo e oggi in rapida crescita con forme nuove e da parti diverse.
  L'antisemitismo è un male specifico, non è razzismo. L'antisemitismo deve essere combattuto per quello che è, con i suoi discorsi, i suoi luoghi comuni, le sue allusioni, i suoi non detti e le sue strategie.
  La Giornata della Memoria, se non affrontata specificamente, risulta paradossalmente ambigua ed inefficace proprio sul piano dell'antisemitismo contemporaneo.
  Anche il razzismo, crimine orrendo, ha le sue strategie e la sua storia. Per contrastarli e tentare di disattivarli entrambi, devono essere conosciuti senza generalizzazioni o riduzioni dell'uno all'altro; e, se talora i linguaggi e le modalità di odio si sovrappongono, è vitale capire in quale contesto, come, quando e perché.
  È per questa e altre ragioni che considero insidiosa, in alcuni suoi punti, la Carta della Memoria.
  Non solo: le altre Memorie, come quelle del Genocidio Armeno, oppure, specifica e ancora diversa, quella dell'infame e crudele deportazione sistematica in schiavitù di milioni e milioni di africani, condotta dalle potenze occidentali per oltre due secoli e con perfetta abominevole contabilità, meritano rispetto e ricordi specifici, senza essere indebitamente sussunte nella Giornata della Memoria della Shoah.
  Il problema non è la "concorrenza" tra le Memorie o - peggio- l'usarne una perché le altre siano a traino, ma il coinvolgimento reciproco in Memorie diverse, debitamente e distintamente onorate e ricordate.
  Cedere proprio su questo punto crea confusione, perché è riduttivo, scientificamente poco serio, politicamente azzardato e, ancor prima, iniquo e devastante.
  Di recente, la polemica e la confusione sono state ulteriormente esacerbate da un articolo giornalistico e da un post di Antonio Ferrari.
  Anzitutto, in quanto donna, mi ferisce profondamente la misoginia e la volgarità del machismo senescente e ariano del giornalista Antonio Ferrari, anch'egli come me, ambasciatore Gariwo. Credo che, solo per questa sua odiosa uscita, oltre alle scuse a noi signore di ogni etnia e fede, sia inconciliabile la sua presenza con quella di ogni ambasciatrice e sostenitrice Gariwo. Ne va della nostra dignità e pari opportunità riconosciute dalla Costituzione Italiana e dallo stesso statuto di Gariwo.
  In questi mesi di letture delle critiche alla Carta della Memoria -mosse da molti esponenti dell'ebraismo italiano, ma non solo- e successivamente alle reazioni suscitate dal già citato articolo di Ferrari, faccio mie le considerazioni di Rav David Sciunnach, del rabbino Giuseppe Momigliano, nonché del Rav Alfonso Arbib presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana e Rabbino Capo di Milano, che ho sentito personalmente più volte.
  È per me inaccettabile come somala mussulmana che cerca di dialogare, confrontarsi e collaborare in maniera credibile con il mondo ebraico, che, proprio tra le personalità interne o vicine a Gariwo, segnalate sul quel sito istituzionale, vi siano persone contigue al movimento e all'ideologia che promuove il BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele), storicamente legato alla Fratellanza Islamica, Hamas e Hezbollah.
  Stupisce che su tutte queste commistioni e non detti, ostacolo a qualsiasi forma di chiarezza per la costruzione della pace in Medio Oriente, Africa e sempre più nelle nostre società plurietniche e plurireligiose europee, Gariwo non si tuteli da forme insidiose di pensiero o da persone che fanno dichiarazioni quantomeno problematiche.
  Al riguardo, non posso che condividere l'amara sorpresa del rabbino Sciunnach circa il pubblico silenzio di Milena Santerini, specie a fronte dell'articolo di Ferrari e delle accuse vergognose da costui rivolte indistintamente alle comunità ebraiche e a molti loro rispettabili esponenti e membri, anzitutto in ragione, come è stato osservato, del suo mandato governativo di coordinatrice per la lotta all'antisemitismo, nonché a fronte del suo passato impegno parlamentare proprio nella Commissione europea uguaglianza e non discriminazione.
  Non solo. Stupisce assai che le comunità ebraiche abbiano sottovalutato la pericolosa incidenza di certe prospettive ambigue e confuse della Carta della Memoria, come pure di certe personalità coinvolte in questa importante istituzione, non solo per se stesse ma per tutta la collettività civica e civile.
  Come ambasciatrice di Gariwo auspico che venga avviata fattivamente una profonda e significativa rivisitazione di certe posizioni e pratiche sinora invalse, in maniera che Gariwo possa rafforzarsi, non entrare in contraddizione con se stessa, come sta accadendo, e non perdere il sostegno, oltreché mio, del principale e "naturale" partner e riferimento, ossia le comunità ebraiche, che hanno inevitabilmente rinvenuto nell'amalgama insidie, talune surrettizie altre dichiarate.
  A vent'anni dalla nascita di Gariwo, e per consegnarla al meglio al futuro, suggerisco all'amico Gabriele di trarre un bilancio franco degli obiettivi conseguiti, come pure di individuare e prontamente correggere, dando segnali tangibili e inequivocabili, le inevitabili storture che il tempo, gli impegni e il non risparmiarsi talora possono ingenerare senza che ce ne si sia resi conto.
Salam, Shalom, Pace,

Maryan Ismail

(Bet Magazine Mosaico, 15 marzo 2021)


Praga apre ambasciata a Gerusalemme. Ira dell'Autorità Palestinese e Lega Araba

Il ministero degli Esteri palestinese ha definito la mossa di Praga "un palese attacco al popolo palestinese..."

L'Autorità Palestinese (AP) e la Lega Araba hanno condannato l'apertura da parte della Repubblica Ceca di un ufficio diplomatico a Gerusalemme come una violazione del diritto internazionale.
  Giovedì Praga ha aperto una filiale a Gerusalemme della sua ambasciata israeliana, che si trova a Tel Aviv.
  All'inaugurazione ha partecipato il primo ministro ceco Andrej Babis, due settimane dopo che Israele aveva inviato 5.000 dosi di vaccino Moderna COVID-19 alla Repubblica Ceca nell'ambito di un programma di "diplomazia del vaccino" che in seguito è stato sottoposto a controllo legale ed è stato congelato.
  Sabato il ministero degli Esteri palestinese ha definito la mossa di Praga "un palese attacco al popolo palestinese e ai suoi diritti, una flagrante violazione del diritto internazionale", e ha detto che danneggerebbe le prospettive di pace.
  Al Cairo, il segretario generale della Lega araba Ahmed Aboul Gheit ha dichiarato in un comunicato: "Lo status giuridico di Gerusalemme sarà influenzato dalla decisione di un Paese o di un altro di aprire uffici di rappresentanza. Gerusalemme est è una terra occupata ai sensi del diritto internazionale ".
  Sottolineando che l'ufficio di Gerusalemme non era un'ambasciata, il ministero degli Esteri ceco ha affermato che aveva lo scopo di rafforzare la partnership strategica di Praga con Israele e migliorare i servizi per i cittadini cechi lì.
  "L'istituzione dell'ufficio non ha alcun impatto sulla volontà della Repubblica Ceca di sviluppare ulteriormente le relazioni politiche ed economiche con l'Autorità Palestinese", ha detto.
  Gerusalemme rimane al centro del conflitto decennale in Medio Oriente, con l'AP che insiste che Gerusalemme Est - occupata illegalmente da Israele dal 1967 - dovrebbe servire come capitale di uno stato palestinese.
  Giovedì, parlando accanto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Babis ha detto che Praga è un "partner strategico" di Israele, ricordando come dopo il 1948 la Cecoslovacchia l'ha aiutata a mantenere la sua ritrovata indipendenza inviando consegne di aerei da combattimento.
  Alla cerimonia di inaugurazione, Babis ha detto che "rappresenta un'altra pietra miliare nella nostra cooperazione, dimostra che vediamo l'importanza di questa grande città".
  Solo due paesi hanno ambasciate a pieno titolo a Gerusalemme: gli Stati Uniti - dopo che l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rotto con decenni di politica statunitense per riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele - e il Guatemala.
  La Repubblica Ceca è uno dei più forti sostenitori di Israele nell'Unione Europea.
  Sebbene supporti formalmente una soluzione a due stati al conflitto israelo-palestinese, il mese scorso è stato nominato in una decisione preliminare del Tribunale penale internazionale come uno dei paesi che sostengono l'argomento di Israele secondo cui il tribunale non dovrebbe indagare sui crimini di guerra nei palestinesi occupati. territori.
  Babis ha detto giovedì che il suo paese considera la decisione della Corte penale internazionale di procedere con un'indagine come "sfortunata", aggiungendo: "Sebbene rispettiamo l'indipendenza del tribunale, la Repubblica Ceca non considera la Palestina uno stato, quindi la corte non ha giurisdizione su di esso. "
  Il mese scorso, Israele e Kosovo hanno stabilito rapporti diplomatici, con il paese a maggioranza musulmana che ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele.
  All'epoca, il ministro degli Esteri israeliano disse di aver approvato la "richiesta formale del Kosovo di aprire un'ambasciata a Gerusalemme".
  Il Kosovo ha anche affermato di essere pronto a istituire la sua missione israeliana a Gerusalemme, in cambio del riconoscimento di Israele, poiché cerca di legittimare ulteriormente la sua dichiarazione di indipendenza dalla Serbia e dallo stato del 2008.

(ilformat, 15 marzo 2021)


Israele: aperta ufficialmente ambasciata Kosovo a Gerusalemme

PRISTINA - E' stata ufficialmente aperta a Gerusalemme l'ambasciata del Kosovo in Israele. Lo ha annunciato in una nota il ministero degli Esteri di Pristina, spiegando che la decisione è la conseguenza dell'instaurazione di rapporti diplomatici con lo Stato ebraico il primo febbraio e di un summit Kosovo-Serbia che si tenne alla Casa Bianca lo scorso settembre.
"Il ministero degli Affari esteri e della Diaspora annuncia che è stata ufficialmente aperta a Gerusalemme l'ambasciata del Kosovo nello Stato di Israele", si legge nella nota. Il Kosovo diventa così il primo Stato europeo e a maggioranza musulmana a stabilire la sua ambasciata a Gerusalemme. Analoga decisione l'hanno già presa Stati Uniti e Guatemala mentre tutti gli altri Paesi hanno la loro rappresentanza diplomatica ufficiale a Tel Aviv.

(Adnkronos, 14 marzo 2021)


Lo sprint di Israele sui vaccini: anche l'esercito raggiunge l'immunità di gregge

di Gregory Marinucci

Israele si sta rivelando un modello sul fronte della campagna vaccinale di contrasto al nuovo Coronavirus, mostrando anche come i dati del contagio siano in netto miglioramento. Solo pochi mesi fa lo Stato israeliano risultava uno dei più martoriati dalla pandemia, costretto ad un lockdown e a sottoporre i cittadini a misure forti di prevenzione. Con l'arrivo dei vaccini la situazione è cambiata e nel giro di poche settimane Israele ha raggiunto il record per la percentuale di popolazione più alta ad essere stata sottoposta a vaccino, che ha portato ad una drastica riduzione dei casi di contagio da Covid-19 e dando il via ad un graduale e costante ritorno alla normalità.
   Non solo, in breve tempo Tel Aviv può fregiarsi di un altro grande risultato: essere il primo Paese con l'esercito che ha raggiunto l'immunità di gregge dal Sars-Cov-2. A dare la notizia è il generale dell'Israel Defence Forces (IDF) Itzik Turgeman, direttore del settore di logistica e tecnologia: "Dopo 10 settimane posso affermare che l'Idf è il primo al mondo a raggiungere l'immunità di gregge". Attualmente, la percentuale di militari vaccinati si attesta all'81%, che dovrebbe raggiungere l'85% entro la prossima settimana. Questo significa che l'esercito potrà avviarsi ad un ritorno alla graduale routine tipica del periodo antecedente alla pandemia, anche se per un certo periodo di tempo dovranno comunque mantenere le diverse disposizioni di prevenzione, come il mantenimento del distanziamento sociale e l'utilizzo della mascherina. Naturalmente, anche nel corpo di difesa nazionale ci sono elementi che rifiutano la vaccinazione. Secondo il Jerusalem Post l'8% dei militari ha rifiutato di farsi vaccinare, anche se nella percentuale, oltre ai contrari a livello ideologico, sono compresi soggetti come donne incinte che non possono vaccinarsi per motivi di salute.
   Sul fronte del contagio generale, si conferma il calo drastico dei casi e dell'indice di contagio. Nella giornata di mercoledì si sono contati 2.802 nuovi casi di contagio di 24 ore su centomila tamponi effettuati, con un rapporto pari al 2,9% e l'indice R che si assesta su un rassicurane 0,85%. Dei dati appena citati il totale dei casi gravi si assesta sulle 645 unità, mentre i decessi sono stati "solo" quindici. In totale, su una popolazione di poco più di nove milioni di abitanti, cinque milioni sono i cittadini che hanno ricevuto almeno una dose, mentre quelli che hanno completato il ciclo con la seconda dose sono oltre quattro milioni, con un ritmo di 100mila dosi somministrate al giorno.
   Inoltre, la somministrazione sperimentale del siero Pfizer a ragazzi al di sotto dei 16 anni prosegue con ottimi risultati. Secondo quanto riportato dal sito israeliano Ynet, la sperimentazione è stata approvata su soggetti con particolari situazioni cliniche e maggiormente esposti a dure conseguenze in caso di contagio da Covid-19: in particolare casi di obesità, diabete, serie malattie cardiache e polmonari, tumori e immunodepressione. Inoltre, la vaccinazione di tali soggetti era stata prima approvata dal Comitato vaccini del Ministero della Sanità israeliana, oltre che dal medico curante.
   Sul fronte della prevenzione, invece, il comune di Tel Aviv ha adottato una misura inedita, introducendo l'obbligo per insegnati e personale scolastico di presentare un documento di certificazione di avvenuta vaccinazione, il famoso Green Pass. In alternativa a questo documento i dipendenti scolastici potranno presentare un certificato di avvenuta guarigione dal Covid-19 o un tampone negativo effettuato nelle 72 ore precedenti. Sarà lo stesso governo cittadino a farsi carico della verifica delle richieste di accesso presentate da chi abbia rifiutato il test o il vaccino, al fine di preservare la salute degli studenti e dell'esplosione di nuovi focolai in una delicata fase di svolta come quella che lo Stato israeliano sta fortemente ricercando.

(Kongnews, 14 marzo 2021)


Ecco perché la Germania è la patria dei «no-vax»

Religione, salutismo, razzismo e politica: i nemici delle inoculazioni sono storicamente gli stessi. Nel 1796 c'era chi temeva che i vaccinati si sarebbero trasformati in mucche.

di Daniel Mosseri

BERLINO - E’ scienziata di formazione con una laurea in fisica e un dottorato in chimica quantistica. Ad aprile del 2020 ha dato sfoggio delle sue competenze spiegando in diretta tv il modello matematico della progressione dei contagi da coronavirus. Un mese prima si era messa in quarantena dopo essere entrata in contatto con un medico poi risultato positivo al Covid-19: l'uomo l'aveva visitata per somministrarle il vaccino contro lo pneumococco, che in Germania è facoltativo. Eppure, quando lo scorso 21 gennaio Angela Merkel ha affrontato in conferenza stampa il tema dei vaccini è stata molto attenta a misurare le parole. Tutti i cittadini «che desiderano ricevere l'iniezione - ha detto - potranno farlo entro il 21 settembre». Toni cauti che tradiscono la natura elettorale di quest'anno. Domenica si vota in Renania-Palatinato e in Baden-Württemberg, a giugno in Sassonia-Anhalt e a metà settembre in Bassa Sassonia. Il 26 dello stesso mese, infine, ci saranno le legislative: un calendario fitto che non permette alla cancelliera di immolarsi sulla causa dei vaccini. Non certamente in Germania, patria storica del movimento no-vax.
   Oggi i tedeschi che si oppongono all'obbligo vaccinale vengono definiti «Impfgegner», ma ieri uno dei nomi con cui venivano associati era quello della «Lebensreform». La «riforma della vita» è stato un movimento diventato popolare alla fine del XIX secolo con l'obiettivo di promuovere la cura «naturale» dell'individuo, dove per naturale si intendeva non immunizzato, non avvelenato dalla medicina «artificiale» dei vaccini. Irrobustirsi, mangiare bio, «farsi» le malattie infantili, stare all'aria fresca, fare esercizio fisico e prendere il sole sul corpo nudo erano considerati medicine migliori dei farmaci. «La Lebensreform è strettamente collegata al movimento dell'omeopatia, che era popolare nel Baden-Württemberg e nella sua capitale Stoccarda», spiega al Giornale Malte Thießen, docente di Storia della Medicina all'Università di Münster. Popolare ma non per tutti, il movimento aveva una casa editrice di riferimento che pubblicava gli scritti degli anti-vaccinisti ed era diffuso fra i ceti più abbienti. «D'altro canto, la medicina omeopatica, le cure dell'aria e del sole non erano proprio per tutti», ricorda lo storico. Ieri come oggi, la Lebensreform era solo una delle isole nell'arcipelago no-vax. Le vaccinazioni non riguardano solo la salute dell'individuo ma quella della società: di conseguenza assumono sempre una connotazione politica, «e nella critica ai vaccini si mescolano argomento di estrema destra ed estrema sinistra». Se oggi c'è chi crede che assieme ai vaccini anti-Covid ci vengano inoculati dei microchip oppure si cerchi di manipolarci geneticamente, «nel 1796», anno del primo vaccino anti vaiolo in terra tedesca, «c'era chi temeva che i vaccinati si sarebbero trasformati in mucche», dalle quali il vaccino prendeva sostanza e nome. Fra i no-vax d'antan si contano anche alcuni politici liberali, favorevoli all'autodeterminazione umana e perciò contrari all'obbligo vaccinale. Alla fine del XIX secolo, continua l'accademico, la resistenza era anche dovuta agli effetti collaterali dei vaccini: d'altronde, i sieri muovevano i primi passi e potevano recare danni anche gravi. Da allora il timore degli effetti collaterali è rimasto, ma oggi che i vaccini funzionano meglio, e molte malattie sono scomparse, le rare complicazioni pesano ancora di più. I vaccini insomma «sono vittime del loro stesso successo».
   Anche i motivi religiosi hanno giocato un ruolo importante: le vaccinazioni erano considerate come un'interferenza con l'opera divina: macchinazioni del diavolo contro malattie vissute come prove o punizioni celesti. Così, ricorda Thießen, in alcune comunità protestanti le vaccinazioni erano ritenute uno strumento usato dai cattolici contro i bambini. Per lo storico, insomma, non c'è quasi nulla di nuovo sotto il sole «e anche oggi in alcuni paesi musulmani le campagne di vaccinazione sono respinte come una "crociata cristiana"». Tornando in terra tedesca, un altro filo conduttore fra passato e presente è l'antisemitismo, per la cui manifestazione non bisogna aspettare il Terzo Reich. Già nel XIX secolo i vaccini erano considerati lo strumento di una cospirazione mondiale ebraica per indebolire il «corpo nazionale» tedesco. Una teoria che da un lato può essere fatta risalire al Medioevo, quando gli ebrei erano accusati di avvelenare i pozzi e di spargere i germi della peste, mentre dall'altro arriva dritta ai tempi moderni. Thießen cita il teorico della cospirazione Attila Hildmann, un cuoco vegano di origine turca, ma profondamente xenofobo, animatore delle recenti Hygiene-Demo, le manifestazioni tedesche contro mascherine e distanziamento sociale. Anche Hildmann, ricorda l'accademico, «sostiene che gli ebrei stanno avvelenando l'acqua potabile di Berlino». Gli ebrei, osserva ancora, forniscono il perfetto schema di proiezione per i no-vax, che li vedono come un'élite che ordisce piani segreti contro la salute della nazione con il sostegno della finanza internazionale. Perché anche la critica al capitalismo è un elemento ricorrente: «Dal XX secolo, c'è chi sostiene che le aziende farmaceutiche usino le vaccinazioni per condurre esperimenti sugli esseri umani o addirittura per diffondere epidemie al fine di vendere i vaccini».

(il Giornale, 14 marzo 2021)


*

Israele e la religione dei si-vax

E’ una caratteristica di certi dibattiti culturali di presentare la posizione avversa in forma di una presentazione storica di quello che è accaduto nel passato, con particolare accentuazione delle distorsioni, esagerazioni, strumentalizzazioni avvenute. Accade così anche oggi per la questione dei vaccini. Esempio: poiché “già nel XIX secolo i vaccini erano considerati lo strumento di una cospirazione mondiale ebraica per indebolire il «corpo nazionale» tedesco”, chi oggi solleva obiezioni contro la vaccinazione, diventa solo per questo in odore di antisemitismo. Oggi la cosa diventa tanto più possibile proprio perché Israele è riconosciuto come la nazione di punta in fatto di politica delle vaccinazioni. Ed è proprio questo un aspetto preoccupante della cosa. Per due motivi.
   Primo, perché proprio questo primato faciliterà il diffondersi di nuove spiegazioni malefiche di questo successo. Chi scrive sa che voci di questo tipo (che già si sono sentite) sono false, ma sa anche che le voci false contro gli ebrei hanno una forza distruttiva reale. Anche chi ama Israele e crede nell’efficacia dei vaccini avrebbe dovuto preferire che a quel risultato non arrivasse per primo e quasi isolato Israele.
   Secondo, il fatto che proprio Israele, per ottenere quel risultato, abbia pensato di dover fare ricorso a misure sempre più limitanti della libertà è qualcosa di estremamente pericoloso per tutti, israeliani e non. Perché questa pratica tenderà ad estendersi a tutte le nazioni e in tutti gli aspetti della vita. E il fatto che vi abbia fatto ricorso in modo esemplare Israele sarà per gli antisemiti una conferma del carattere malefico di quella nazione e per i benpensanti del politicamente corretto una motivazione nobile per l’estensione di queste forme di controllo ad ogni nazione.
   Queste sono timori di realtà possibili oggi, per fugare i quali è inutile e strumentale fare riferimento a esempi storici di ieri. Si dice che questa pandemia è una realtà nuova, nella forma e nell’estensione, e poi per supportare la tesi della vaccinazione ci si appoggia a fatti avvenuti nel passato come se fossero prova indiscutibile che qualcosa dello stesso tipo debba avvenire anche oggi. La “scienza” con cui si maneggiano i fatti legati al vaccino è molto discutibile, perché è sostanzialmente di tipo statistico. E nel modo in cui viene usata ha assunto ormai i caratteri di una religione. Bisogna credere. Credere che i risultati ottenuti sono i migliori possibili, che il solo metterli in dubbio è segno di qualche distorsione della mente o della volontà. Nel migliore dei casi la resistenza al vaccino è considerata un’infrazione alla morale civica che impone di esprimere la proprio adesione al corpo sociale mediante l’atto pubblico della vaccinazione. Per la società pandemica di oggi la vaccinazione è diventata ormai in termini ebraici la circoncisione e in termini cristiani il battesimo. Senza di che le porte della società si chiudono. Qualcosa su cui riflettere ci dovrà pur essere. M.C.


Giordania, terzo incomodo tra Israele e Arabia Saudita

di Ugo Volli

Due strani episodi hanno segnato la cronaca della politica estera israeliana la settimana scorsa. Il primo è il respingimento al passaggio di confine di Allenby del principe ereditario di Giordania Hussein, figlio del re Abdullah, che voleva recarsi in visita alla moschea di Al Aqsa di Gerusalemme. Sembra che Hussein si sia presentato con una scorta armata notevolmente più numerosa di quanto concordato e per questo non gli sia stato consentito il passaggio. Alcuni dicono però che il principe doveva incontrarsi con il capo dell'opposizione israeliana Lapid, dandogli così un appoggio alla vigilia delle elezioni. Il secondo episodio è l'annullamento della storica visita che Netanyahu doveva fare negli Emirati per incontrare il loro sovrano e forse anche l'uomo forte dell'Arabia Saudita, il principe Mohammed bin Salman, dovuto al rifiuto comunicato dalla Giordania all'ultimo momento di concedere il sorvolo nello spazio aereo giordano. Anche questo sarebbe stato un colpo notevole sul piano elettorale, ma a favore di Netanyahu. E' difficile dire se i due episodi siano legati, cioè se il secondo sia una rappresaglia per il primo. Alcuni lo sostengono e dicono però che non c'era alcun appuntamento di Hussein con Lapid, ma che l'incidente è stato creato ad arte per offuscare i successi internazionali di Netanyahu. Altri dicono che le elezioni non c'entrano e la Giordania ha interesse a sabotare i rapporti di Israele con l'Arabia, perché essa ha l'ambizione di sostituirsi alla Giordania nella supervisione del Monte del Tempio, che però dopo la Prima Guerra Mondiale fu concessa dagli inglese ai Husseini, famiglia reale di Giordania, proprio per compensarli di aver perso lo stesso ruolo alla Mecca, passata sotto il controllo dei sovrani sauditi. Israele ha avuto tradizionalmente spesso buoni rapporti con i Husseini: per esempio ci fu nel 1919 un accordo fra Weizman e Feysal Husseini, trisnonno dell'attuale re; e ci fu una relazione abbastanza stretta con il padre dell'attuale re, Hussein, che prese alcune iniziative importanti contro il terrorismo palestinista. Il che non gli impedì peraltro di partecipare a tutte le guerre contro Israele dal 1948 al 1973. Ma ora per Israele l'accordo con l'Arabia è molto più importante, a causa della sua ricchezza e della guerra che in vari modi gli porta l'Iran, il che ne fa un alleato potenziale. Dunque Israele potrebbe trovare il modo di negoziare un accordo vero e proprio con i sauditi, anche cedendo loro il controllo sulla moschea che da 1300 anni domina il Monte del Tempio. La Giordania, dipendente dai finanziamenti sauditi e dalla protezione militare israeliana, fa il possibile per mandare a monte questo piano, ammesso che ci sia, deragliando Netanyahu nelle rotte aeree e magari nei risultati elettorali - senza però rompere i suoi legami con entrambi. Insomma, i due incidenti potrebbero essere sintomi di problemi più vasti, soprattutto per uno stato come Israele, che intravvede per la prima volta dalla nascita una via di convivenza pacifica con i vicini. Starà alla grande abilità diplomatica di Netanyahu risolvere questi nodi, contro gli interessi nemici dentro e fuori Israele.

(Shalom, 14 marzo 2021)


L'«Islamo-sinistra» sta travolgendo scuole e università

Il fenomeno è in continua crescita e la simpatia della «gauche» non è più nascosta. Molti docenti, che sostengono la laicità, costretti a vivere sotto scorta.

di Lorenza Formicola

Sulla facciata dell'università Sciences Po Grenoble, a inizio marzo, due professori sono stati etichettati come «fascisti e islamofobi». L'Unef (Unione nazionale degli studenti di Francia) ha condiviso lo spettacolo indegno, prima di ritirarlo dopo le polemiche. La procura di Grenoble ha aperto subito un'indagine per «insulto pubblico» e «degrado», evocando il «pericolo reale» in cui incorrono gli insegnanti. A tutti è venuto in mente il destino di Samuel Paty.
   «E' inaccettabile che gli studenti chiedano la censura», gridano analisti e politici. Eppure, il grave caso esplode proprio a pochi giorni dall'eterno dibattito sull'islamo-guachisme negli atenei. Era stato il ministro dell'Istruzione superiore, Frédérique Vidal, a chiedere al Cnrs (Centro nazionale della ricerca scientifica) un'indagine sullo stato delle università affinché emerga chiaramente ciò che rientra nella mera ricerca accademica e ciò che è ormai militanza: «L'Islam-sinistra affligge la società e le università». Una breve frase che ha suscitato reazioni rabbiose nel mondo della politica e in quello accademico.
   Jean-Michel Blanque è intervenuto in sostegno della collega Frédérique Vida, mentre circa 800 docenti universitari hanno scritto una lettera aperta per chiederne le dimissioni denunciando un «clima da caccia alle streghe». Secondo un sondaggio di Odoxa Blackbone Consulting, condotto per Le Figaro e Franceinfo, il 66% dei francesi è d'accordo con il ministro.
   È bastata una sola parola perché la responsabile dell'Istruzione uscisse dal suo lungo anonimato. Ma non è un'espressione qualsiasi. «Islamo-sinistra» nasce molti anni fa, coniata dallo storico Pierre André Taguieff e sta a designare quella strana alleanza, nella sfera accademica e intellettuale, tra la sinistra e gli islamisti. Lo scopo è quello di imporre una nuova sintassi e una nuova analisi, con presunzione di scientificità, per le discriminazioni che subirebbero islamici e stranieri a causa dell'imperium dell'uomo bianco, cattolico ed eterosessuale.
   «L'Islamismo di sinistra non è una disciplina, un campo di ricerca, è una realtà politica», ritiene anche Stanislas Guerini, deputato del partito del presidente Macron. E' l'alleanza del «Profeta» e del «proletariato», della religione dei «dominati» con le minoranze «oppresse». «Nelle università francesi il numero di eventi che attestano l'aumento dell'islamismo è cresciuto negli ultimi anni, e la simpatia della sinistra per la causa non è più nascosta», ha detto Gilles Denis, docente dell'Università di Lille e membro del collettivo Vigilance Universities - il cui obiettivo è combattere il razzismo e l'antisemitismo negli atenei.
   Secondo Olivier Vial, presidente del sindacato studentesco Uni, tutto è iniziato nel 2003, durante le proteste a livello mondiale contro la guerra in Iraq. «Fu allora che le organizzazioni di sinistra iniziarono ad avvicinarsi ai movimenti della comunità islamica, anche nel mondo studentesco». Negli anni che seguirono, i dirigenti di Uni notarono l'ascesa di alcuni movimenti comunitari, come gli Studenti Musulmani di Francia (Emd). La Fage, uno dei più importanti sindacati studenteschi, uni così le forze con l'Emf per le elezioni dei rappresentanti degli studenti nel consiglio di amministrazione del Centro nazionale per i corsi universitari e la scuola (Cnous). Per stare al passo anche l'Unef (Unione nazionale degli studenti di Francia) decise di stringere alleanze con gli studenti musulmani. A Orléans, i membri dell'Emf, banditi da diverse scuole perché rifiutano il principio di laicità, vengono accolti nei locali dell'Unef. Ma l'Emf non è un'associazione qualunque. Nata nel 1989, ha sede in 26 città universitarie diverse. Ufficialmente propone azioni culturali e sociali, come altre associazioni studentesche. In realtà ha un obiettivo completamente diverso: re-islamizzare i giovani musulmani in Francia. «La Emf è un'antenna dei Fratelli Musulmani francesi», ha dichiarato l'analista Naèm Bestandji. È così che nasce la «Giornata del hijab» nei campus e che si cancellano le lezioni sulla «prevenzione alla radicalizzazione». Non è un caso che la querelle rinasca all'indomani della pioggia di casi di professori messi sotto scorta, o allontanati dai licei, dopo le minacce del mondo islamico. Sono sempre di più i docenti che, per essersi spesi in un omaggio a Samuel Paty o aver criticato in qualsiasi modo l'islam, sono costretti a vivere scortati come i pentiti di mafia.
   Se Jean Pierre Obin, l'ex ispettore dell'istruzione nazionale francese, è in libreria con Gilles William Goldnadel, il noto editorialista franco israeliano, dice di aver incontrato tante volte davanti a sé l'islamo gauchisme, ma «non solo all'università: per 40 anni ha irrigato la società francese per capillarità».
   Bisogna infatti fare un salto nella strana storia intellettuale della sinistra, dalla «Morte di Dio» al principale alleato dell'islamismo. Che sulla carta è una religione. Tutto inizia più o meno alla vigilia degli anni '80, quando Jean Paul Sartre proclama ad alta voce il suo sostegno alla rivoluzione iraniana: non esita a fare di Khomeini il «simbolo del progresso». Il rovesciamento dello scià agli occhi della sinistra firma l'emergere di un «regime di libertà» poiché «antiamericano e antimperialista». E una delegazione di intellettuali andrà presto con lui in pellegrinaggio a Neauphle-le-Château per salutare il «Sole della Rivoluzione».
   L'islamo-sinistra è ora rafforzata dai programmi europei che impongono, in cambio di comode sovvenzioni, i temi preferiti dalla nuova Boxa. E' già accaduto che uno dei più importanti specialisti di Medio Oriente e arabismo, Gilles Kepell, abbia visto i fondi per le ricerche tagliati perché non piacevano più all'UE e alla Swiss National Science Foundation.

(il Giornale, 14 marzo 2021)



Il decimo comandamento: Dio protegge l'amicizia
    «Non concupire la casa del tuo prossimo; non concupire la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo» (Es. 20:17).
«Non si può fare il processo alle intenzioni», si dice qualche volta. Ed è vero. Noi possiamo giudicare fatti e parole; ma i pensieri, i desideri, i propositi di un altro, chi può conoscerli? Inoltre, i pensieri non danneggiano il prossimo - o almeno così sembra a prima vista - e quindi non è immaginabile che qualcuno possa essere incolpato per i suoi pensieri.
   È chiaro allora che un comandamento come questo non potrebbe mai comparire in una legislazione civile moderna. Potrei anche passare giorno e notte a struggermi nel desiderio di appropriarmi la villa al mare del mio amico danaroso, senza per questo rischiare di finire in galera.
   Ma i comandamenti sono legge di Dio. I comandamenti non sono regole convenzionali che gli uomini si danno per ordinare nel modo migliore i loro rapporti, ma sono manifestazione della volontà del Creatore nei riguardi delle sue creature.
   L'ultimo comandamento ricorda allora che, in ultima istanza, il vero legislatore e giudice degli uomini è Dio. Il Signore «conosce i cuori di tutti» (At. 1:24) e a Lui dobbiamo rendere conto non solo dei nostri atti, ma anche dei nostri pensieri.
   Ma il concupire di cui parla il comandamento, ben raramente era destinato a rimanere un puro desiderio. In altri passi del Vecchio Testamento, in cui viene usato lo stesso verbo ebraico che qui è tradotto con «concupire», si può vedere come ben presto al desiderio seguano i fatti (Gios. 7:21, Mich. 2:2, Deut. 7:25). Si direbbe dunque che il Signore, vietando la concupiscenza, voglia bloccare il male prima ancora che nasca, impedendone in anticipo il «concepimento».
    «Ognuno è tentato dalla propria concupiscenza, che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato, e il peccato, quando è compiuto, produce la morte» (Giac. 1:14-15).
Nella formulazione del comandamento l'oggetto del desiderio è chiaramente indicato ed è sostanzialmente uno solo: la «casa» del prossimo. Per casa qui non si deve intendere un edificio, ma l'intera comunità domestica dell'uomo libero, fatta di moglie, figli, servi, animali, cose. Il termine «casa» è usato qui con lo stesso significato che ha nella famosa frase di Giosuè: «Quanto a me e alla casa mia, serviremo l'Eterno» (Gios. 24:15).
   La casa è l'«eredità» lasciata da Dio all' uomo, il suo spazio vitale, costituito di persone, animali e cose. In questo spazio l'uomo è chiamato da Dio a esprimere la sua umanità negli affetti e nel lavoro. È evidente che la forma del comandamento tiene conto della struttura patriarcale della società di quel tempo. La moglie, i figli, i servi, che negli elenchi del quarto e del decimo comandamento compaiono insieme ad animali e cose, non per questo erano considerati come oggetti. Certo, non erano persone libere, e quindi non portavano le responsabilità che competevano al capofamiglia. Potevano essere oggetto di concupiscenza, ma certamente non potevano concupire nel senso inteso dal decimo comandamento.
   Non è quindi il comandamento di Dio a equiparare uomini e cose, ma la concupiscenza dell'uomo. Sono io che nel mio egoismo posso arrivare a desiderare la donna di un altro con lo stesso animo con cui desidero la sua automobile.
   Ma perché non dovrei desiderare? Se il mio desiderio non si trasforma in azione, perché dovrei essere giudicato?
   L'aspirazione ad appropriarsi ciò che appartiene all'ambito vitale di un altro è una forma di ribellione a Dio. L'atteggiamento di invidia manifesta non soltanto scontentezza per ciò che si è ricevuto da Dio, ma anche propensione ad acquietare la propria insoddisfazione con metodi propri. L'invidioso non solo non ringrazia Dio di quello che ha, ma è anche disposto, non appena se ne presenti l'occasione, a prendersi quello che non ha da qualunque parte gli capiti, anche tra i beni che Dio ha concesso ad un altro. L'uomo non si accontenta dello spazio vitale che Dio gli ha dato e non si abbassa a chiedere a Lui «quello che il suo cuore domanda» (Sal. 37:4): occhieggia sulla proprietà del vicino e l'appetisce. E se non sempre passa all'azione, è soltanto perché spesso la cosa è materialmente impossibile, o almeno altamente rischiosa. Così, anche se in apparenza non succede niente, il decimo comandamento viene trasgredito. L'uomo pecca di ingratitudine e incredulità verso il suo Signore.
   Saremmo allora tentati di dire che il decimo comandamento riguarda soltanto i rapporti tra Dio e l'uomo, contro una lunga tradizione che vede nei comandamenti della seconda tavola una serie di disposizioni che regolano i rapporti tra uomo e uomo. Si può osservare infatti che l'infrazione al decimo comandamento, quando esce dall'ambito puramente interno e si traduce in azione, ricade tra le infrazioni al settimo e all'ottavo comandamento.
   Ma bisogna rendersi conto che il peccato di desiderio, anche quando resta tutto interno alla coscienza della persona, non tarda a provocare conseguenze anche all'esterno, nell'ambito dei rapporti fra gli uomini. L'invidia, anche quando non esplode in azioni aggressive, avvelena lentamente l'atmosfera e sgretola in modo sotterraneo la stabilità delle buone relazioni umane. Dove c'è invidia non ci può essere pace; nel migliore dei casi c'è guerra fredda.
   Potremmo dire allora che il decimo comandamento difende qualcosa di molto prezioso, qualcosa che è assolutamente indispensabile ad ogni convivenza veramente umana: l'amicizia.
   L'invidia soffre del bene dell'altro. L'invidia pone un'alternativa: o sei felice tu o sono felice io. Sembra che non si possa essere uniti nella felicità. Dove c'è invidia, la gioia dell'uno non contagia l'altro, ma anzi gli arreca dolore. L'invidioso, quando è felice è solo; e la solitudine ben presto gli toglie la felicità. Allora comincia a cercarla gettando occhiate furtive sul terreno altrui: nella pienezza dell'altro vede rispecchiato il suo vuoto, un vuoto che gli sembra di poter colmare con i beni dell'altro. Così cerca in tutti i modi di procurarseli, e se ci riesce il cerchio si chiude e il giro ricomincia.
   L'invidioso può sperare di cominciare a guarire soltanto quando riesce a individuare il suo vero male, che è la sua incapacità di far circolare la gioia. L'invidioso non sa ricevere e trasmettere gioia. Gli sembra sempre che nel passaggio dall'uno all'altro la gioia debba trasformarsi in dolore e il dolore in gioia. E invece è insita nella vera gioia la tendenza ad espandersi sugli altri e ad accrescersi per una specie di gioia di ritorno che proviene dalla visione della gioia data ad altri.
   Perché, tanto per fare un esempio, quando due si sposano si fa festa in tanti? A parte tutti i motivi secondari e poco nobili che ci si possono aggiungere, nel fondo ci deve essere l'intuizione che la gioia, per essere completa, deve essere condivisa. I parenti e gli amici vengono letteralmente a «rallegrarsi» con gli sposi, cioè a condividere la loro allegrezza. E questi si rallegrano con i parenti e gli amici, e la loro allegrezza aumenta.
   Non si può fondare la convivenza umana soltanto su leggi e precetti, e l'uomo più utile alla comunità non è quello che si limita a rispettare puntigliosamente le regole fissate e a non danneggiare materialmente il prossimo. I rapporti veramente umani hanno bisogno di simpatia, fiducia, solidarietà, partecipazione. E queste cose si possono trovare solo là dove ci sono uomini capaci e desiderosi di trafficare la gioia, la vera gioia, quella che Dio ci ha donata in Gesù Cristo.
   Gesù era nella gioia perché poteva e voleva trasmettere gioia:
    «Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa» (Giov. 15:11).
Gesù aveva la pace perché poteva e voleva portare la pace:
    «Io vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non ut do come il mondo dà» (Giov. 16:32).
Gesù non era solo perché ricercava la comunione con il Padre:
    « ... e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me» (Giov.16:32).
Gesù non era solo perché era pronto a dare la sua vita per gli altri:
    «In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore produce molto frutto» (Giov. 12:24).
Oggi si parla molto di solitudine, anche tra i cristiani, e sembra che sia un problema complicatissimo, da prendere con mille cautele. A rischio di apparire semplicisti e sbrigativi, bisogna dire che, almeno per chi ha conosciuto l'amore di Dio, il senso di solitudine non è che una delle tante manifestazioni del peccato. Ci sentiamo soli perché non ci vogliamo aprire alla gioia di Dio, perché non sappiamo prendere parte alla gioia degli altri, perché non siamo pronti a portare gioia a chi non l'ha. La solitudine è un frutto dell'egoismo: un egoismo che si esprime anche nel peccato contro il decimo comandamento.
   Ma proprio questo comandamento, che più di tutti gli altri riguarda aspetti interiori dell'uomo, ci pone di fronte a seri problemi di ubbidienza. Le azioni e le parole si possono anche, in una certa misura, dominare. Ma i sentimenti di invidia? gli appetiti sessuali? Si tratta di impulsi interni: come si fa a dominarli? Forse adesso possiamo capire meglio le parole dell'apostolo Paolo:
    « ... non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire» (Rom. 7:7).
Adesso che la legge di Dio mi ha indicato che cos'è la concupiscenza, m'accorgo di esserne dominato, di non poter frenare i miei impulsi, di essere insomma «servo di varie concupiscenze e voluttà» (Tit. 3:3 ). Non per nulla Paolo ha scelto proprio questo comandamento per illustrare i limiti della legge (Rom. 7:7-25). Anche gli scribi sapevano dire che il primo e gran comandamento della legge è: «Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua e con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua»; e che il secondo è: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Mar. 12:28-34). Non è necessaria quindi una grazia speciale per capire che dobbiamo amare Dio e il prossimo con tutto il cuore. Ma il problema grosso è questo: come si fa? Come si fa a «portare la testa nel cuore»? Come si fa a costringere il cuore ad amare, quando sappiamo da Gesù che «è dal di dentro, dal cuore degli uomini che escono cattivi pensieri, fornicazioni, [urti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo invidioso, calunnia, superbia, stoltezza» (Mar. 7:21-22)?
   Se il mio cuore è così, riuscirò forse a modificarlo con atti di volontà, decisioni, buoni propositi? Il tentativo di forzare la natura profonda del proprio essere con l'uso della volontà non può che naufragare e portare a complicazioni ancora più gravi. L'unica decisione da prendere è quella di lasciare che la verità entri nel cuore e ne riveli il contenuto. È la parola di Dio che deve penetrare nel cuore e compiere la sua opera di salutare giudizio:
    «Perché la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb. 4:12).
E questo non può essere fatto una volta per tutte, in modo generico e complessivo al momento della conversione; perché continuamente io sono spinto ad autoimbrogliarmi, a lasciare in ombra aspetti poco gradevoli della mia personalità, a nascondermi davanti alla voce di Dio che mi chiama e mi chiede: dove sei? La parola di Dio deve essere di casa dentro di me, in modo che possa compiere la sua opera di illuminazione e di giudizio.
   Ma aprirsi alla parola di Dio che giudica significa anche aprirsi alla parola di Dio che perdona e guarisce:
    «Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (1 Giov. 1:9);
    « ... affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito» (Rom. 8:4).
Dio perdona e guarisce; così bisogna dire, e non soltanto «perdona», affinché non si pensi ad un'assoluzione puramente giuridica che, pur cambiando la posizione dell'uomo davanti a Dio, lo lasci praticamente come prima, in balìa del suo brutto carattere, dei suoi impulsi aggressivi, delle sue voglie indecorose. Un certo modo di intendere la giustificazione per fede può farci ritenere, come gli scribi del vangelo, che per Gesù sia più facile dire: «I tuoi peccati ti sono rimessi», piuttosto che: «Alzati e cammina». Siamo tutti spiritualmente paralitici, incapaci di frenare i nostri istinti distruttivi, di dominare i nostri impulsi, di dirigere i nostri desideri, di avere sentimenti diversi da quelli che abbiamo. Ma la parola di Dio si rivolge a noi e ci dice: «Alzati e cammina!». Così adesso sappiamo che «camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito» (Rom. 8:4).
   Lo Spirito, quindi, è il vero rimedio ai desideri incontrollabili della nostra recalcitrante natura:
    «Or io dico: camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne» (Gal. 5:16).
Se ci sembra di non poter fare quello che vorremmo perché ci sentiamo spinti dai desideri della carne, non possiamo far altro che esporci ad altri desideri, ancora più forti ma contrari: quelli dello Spirito.
    «Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quel che correste» (Gal. 5:17).
Lo Spirito di Dio, che è stato sparso tra gli uomini dopo la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, e che quando è lasciato liberamente agire costringe gli uomini a compiere la volontà di Dio, è il vero compimento del proposito che Dio ha espresso nella sua legge. Pur sapendo che gli uomini da soli non avrebbero mai potuto osservare pienamente i suoi comandamenti, Dio ha voluto esprimere in essi il suo desiderio di essere tra gli uomini, la sua aspirazione a vedere compiuta, qui sulla terra, la sua volontà, come è compiuta nel cielo. E nella formulazione stessa dei comandamenti è nascosta una promessa: la promessa che un giorno questi comandamenti saranno osservati, che la sua volontà sarà fatta anche in terra. Gli imperativi dei comandamenti possono infatti essere tradotti anche con tempi futuri: non avrai altri dei nel mio cospetto; non userai il nome dell'Eterno invano; non ucciderai; non ruberai; e così via.
   E questo è avvenuto. Gesù Cristo è l'uomo in cui Dio si è «compiaciuto», l'uomo che ha interamente compiuto la legge e tutta la volontà del Padre suo, l'uomo in cui Dio ha fatto, qui sulla terra, quello che ha voluto.
   Chi crede in Gesù Cristo riceve il suo Spirito, e lasciandosi condurre dallo Spirito non deve più temere di infrangere la legge, perché, come dice Paolo:
    «Se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge» (Gal. 5:18).
Questo però non significa che come credenti siamo sopra la legge, che noi stessi siamo diventati legislatori e giudici, al di là del bene e del male. Significa invece che non siamo più sotto la maledizione della legge ( Gal. 3: 13), perché il sangue di Gesù Cristo ci purifica dai peccati commessi e lo Spirito di Dio ci conduce su strade del tutto nuove, dove non capita più di imbattersi nei minacciosi cartelli ammonitori della legge, perché lo Spirito stesso compie in noi «la buona, accettevole e perfetta» volontà di Dio.
    «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza; contro queste cose non c'è legge» (Gal. 5:22-23).
(da “Le dieci parole”, di Marcello Cicchese)

 


Abu Mazen si libera dei «dissidenti», Fatah vicina all'implosione

Cacciato Qudwa, il nipote di Arafat. Crisi nel partito palestinese in vista delle elezioni. Fibrillazioni anche all'interno di Hamas. Nasser Qudwa: "La decisione contro di me dal Comitato centrale spiega bene ciò che è diventato questo movimento. Continuerò a sentirmi parte di Fatah".

di Michele Giorgio

GERUSALEMME - La crisi iniziata in Fatah dopo l'annuncio di elezioni nei Territori occupati dopo 15 anni ha mosso un altro passo verso il punto di non ritorno.
   Abu Mazen, leader del movimento e presidente dell'Autorità nazionale (Anp), giovedì ha espulso Nasser Qudwa, nipote dello storico presidente Yasser Arafat e tra gli esponenti più rappresentativi del passato di Fatah. Qudwa è stimato da un buon numero di palestinesi perché si è tenuto lontano dalle posizioni di potere e per aver scelto di occuparsi solo della fondazione dedicata ad «Abu Ammar», come era conosciuto suo zio morto nel 2004. Qudwa inoltre è stato per anni la voce dei palestinesi alle Nazioni unite e la sua espulsione non poteva non fare clamore.
   Qudwa ha pagato l'intenzione di candidarsi con una lista indipendente (Forum democratico nazionale) alle elezioni del 22 maggio per il Consiglio legislativo dell'Anp. E per aver apertamente invocato la candidatura del «Mandela palestinese» Marwan Barghouti, il prigioniero politico più famoso e popolare, alle presidenziali del 31 luglio contro quella ufficiale dell'85enne Abu Mazen.
   «La decisione presa contro di me dal Comitato centrale di Fatah spiega bene ciò che è diventato questo movimento, è un atto contro una sana pratica politica. Continuerò a sentirmi parte di Fatah e a lavorare per la causa del popolo palestinese», ha dichiarato Qudwa in un filmato sui social in cui ha sottolineato l'urgenza di attuare un profondo rinnovamento di Fatah e Anp. Con la sua uscita si chiude il processo di allontanamento dai vertici del partito di coloro che avevano fatto parte dell'entourage di Arafat e del suo apparato di sicurezza. Qualche settimana fa è stato di fatto costretto a lasciare Fatah anche Mohammad al Dayya, storica guardia del corpo di «Abu Ammar»: tre anni fa era stato arrestato e incarcerato per aver insultato un consigliere di Abu Mazen.
   Tenendo conto del comunicato carico di avvertimenti minacciosi diffuso dal Comitato centrale di Fatah, di fatto rischiano l'espulsione anche Barghouti, se davvero sceglierà, come sembra, di candidarsi a presidente, e vari alti funzionari non in linea con la leadership e che pensano di presentare liste indipendenti. Tra questi Nabil Amr, un tempo una delle figure più note dell'Anp.
   «Siamo davanti a un ammonimento forte rivolto ad alcuni personaggi di primo piano», ci spiegava ieri M.R., giornalista vicino a Fatah che ci ha chiesto di rimanere anonimo. Secondo M.R. la causa principale del fermento che rischia di disintegrare Fatah «è l'ostinazione di Abu Mazen a candidarsi a tutti i costi, perché convinto che (il presidente Usa) Biden avrà una linea diversa da quella di Trump verso Israele e sosterrà le aspirazioni palestinesi. A crederci sono solo lui e i suoi consiglieri». Accanto a chi si mostra dispiaciuto per come è stata gestita la vicenda di Nasser Qudwa, altri dirigenti del movimento appoggiano il pugno di ferro contro i dissidenti che, dicono, «indeboliscono Fatah e minano le sue possibilità di vittoria alle elezioni». In questo scenario, ricorda qualcuno, il «reietto» di Fatah Mohammed Dahlan, un ex capo dell'intelligence dell'Anp divenuto nemico giurato di Abu Mazen, grazie ai fondi dei suoi sponsor a Dubai, sta per presentare una sua lista, «Riformisti democratici», che, si dice, raccoglierà non pochi voti in Cisgiordania. E anche a Gaza le sue quotazioni crescono dopo che ha garantito l'ingresso in quel piccolo e popoloso lembo di terra palestinese di 60mila dosi di vaccino Sputnik donate dagli Emirati.
   Fibrillazioni anche nella principale forza avversaria di Fatah, l'islamista Hamas. Le elezioni interne per la nomina del capo a Gaza hanno fatto emergere una frattura mai apparsa prima tra Ezzedin al Qassam, l'ala militare rappresentata dal leader uscente Yahya Sinwar, e i tradizionalisti legati ai Fratelli musulmani che fanno riferimento a Nizar Awadallah. Quest'ultimo a inizio settimana era uscito vincitore dal voto, almeno secondo l'annuncio dato dai media. Poi, su pressione dell'ala militare, si è tenuta una nuova votazione e Sinwar è stato riconfermato leader di Hamas a Gaza.

(il manifesto, 13 marzo 2021)


Problemi di Fatah: salvare l'unità del partito

Nasser Al-Kidwa, membro del Comitato centrale di Fatah e nipote del compianto presidente Yasser Arafat, fondatore di Fatah e dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina, ha annunciato la creazione di una nuova lista per la partecipazione alle elezioni parlamentari indipendentemente dal movimento.
Perché si è verificato questo? Riuscirà una lista diversa da Fatah a entrare nel nuovo parlamento palestinese? Quali impatto avranno queste controversie sul futuro assetto della politica palestinese? Sputnik ne ha discusso con alcuni politici del Paese.
Nasser Al-Kidwa, membro del Comitato centrale di Fatah, ha deciso di parteggiare apertamente per il presidente Mahmud Abbas. I leader di Fatah di norma prendono molto raramente le parti del presidente palestinese. Il leader del movimento, Marwan Barghuthi, avrebbe avuto propri interessi personali nel promuovere la propria candidatura a presidente in occasione dell'imminente secondo turno elettorale. Al-Kidwa spera comunque di entrare nel parlamento palestinese.

 Un forte colpo
  Zayd al-Ayouby, membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah e consigliere del movimento, considera altamente rischioso per il futuro del movimento il tentativo dei singoli leader di porre in essere lo scisma interno e di portar via parte degli elettori da Fatah.
"Questo danneggerà significativamente il futuro del movimento e la sua unità. E questo appare particolarmente pericoloso considerata la concorrenza con Hamas che di sicuro conserverà seggi nel nuovo parlamento. A questo ritmo tutti i leader di Fatah tenteranno di formare una propria lista indipendente. In quel caso il nostro movimento cesserebbe di esistere. Pertanto, sarebbe assai più producente analizzare con attenzione la ragione scatenante il conflitto e trovare un punto di incontro. Ognuno di noi condivide alcuni obiettivi politici, dobbiamo semplicemente rimanere uniti. Una divisione non gioverà a nessuno", spiega.
 Controversie insormontabili
  A sua volta, Ayman al-Raq, membro del Consiglio rivoluzionario di Fatah, sostiene che sia stato il presidente stesso della Palestina ad essersi fatto iniziatore dei conflitti in seno al movimento.
"Chiaramente è stata su istigazione del presidente che i politici di Fatah si stanno attaccando a vicenda. Dunque, è stato proprio Mahmud Abbas a porre la condizione per cui si vietava l'accesso alle elezioni ai membri del Comitato centrale, del Consiglio rivoluzionario e del Consiglio della consulta di Fatah. Ci attendiamo, quindi, che in virtù di questi ostacoli molti vogliano presentarsi alle elezioni con una lista propria. In diversi casi questa condizione è chiave poiché costituisce un punto di contrasto invalicabile", sostiene.
Secondo il politico palestinese il desiderio di partecipare in maniera autonoma alle elezioni è stato espresso anche da Abdel Fattah Hamayel, Nabil Amr e altri membri del Comitato centrale.
Tuttavia, la situazione non è poi così cupa. In merito alle possibilità di salvaguardare l'unità di partito, il politico continua così:
"La maggior parte dei membri di Fatah considerano necessarie l'unità e la tregua con chiunque per svariate ragioni desideri lasciare il partito prima delle elezioni. Continua a rimanere la possibilità di creare una lista unica per le elezioni e questo ci infonde la speranza di vincere".
Tuttavia, l'operato di Mahmud Abbas e dei suoi non lasciano ben sperare.
"Inizialmente Abbas non voleva riappacificarsi con Mohammed Dahlan nonostante le imminenti elezioni. Poi ha richiesto l'applicazione di un regime delle "porte aperte" per promuovere la candidatura al Consiglio di legislatura. Il presidente così di fatto non lascia alcuna possibilità ai funzionari di Fatah nel caso questo rinsavissero in tempo", aggiunge il politico.

 Altre criticità
  Si registra anche un'altra criticità: l'ingerenza esterne nelle elezioni che si percepisce già ora. Infatti, secondo le dichiarazioni del presidente palestinese Abbas, Israele sta tentando di minare lo svolgimento delle elezioni. La motivazione di una simile accusa è legata all'ondata di arresti dei leader di Hamas nei territori controllati da Israele.
Non rimangono in disparte nemmeno gli USA che, alla luce del cambio dirigenziale del governo, hanno cambiato anche il loro atteggiamento nei confronti della questione palestinese.
Infatti, il governo USA considera la Cisgiordania un territorio occupato da Israele. Così ha sostenuto Edward Price, portavoce del Dipartimento di Stato, interrogato in merito alla posizione dell'attuale governo in merito al conflitto israelo-palestinese.
Ciò può significare che Washington è intenzionata a investire non solo nella questione palestinese, ma anche nella politica interna del Paese.
Le elezioni in Palestina si svolgeranno, secondo le previsioni, in 3 fasi: la prima riguarderà l'elezione degli organi legislativi il 22 maggio; poi vi saranno le presidenziali del 31 luglio e infine si terranno le elezioni del Consiglio nazionali previste per il 31 agosto.

(Sputnik Italia, 13 marzo 2021)


La vedova Arafat accusa Abu Mazen: "L'espulsione di Qudwa da Fatah è l'ennesimo abuso"

Cresce la tensione mentre si avvicinano le prime elezioni convocate a maggio (e a luglio le presidenziali) dopo 15 anni

di Sharon Nizza

GERUSALEMME - La strada verso le elezioni palestinesi, convocate per i prossimi mesi per la prima volta dopo 15 anni, è ancora lunga e tortuosa, ma soprattutto ricca di insidie non solo per la rivalità esistente dal 2007 tra Fatah e Hamas, ma anche all'interno delle fazioni stesse. Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha espulso ieri da Fatah Nasser al Qudwa, figura di spicco della politica locale, già ministro degli Esteri e ambasciatore all'Onu, nonché nipote dell'indiscusso Rais, Yasser Arafat. Il motivo: la decisione di Qudwa di formare una lista indipendente in vista delle elezioni parlamentari, convocate per il 22 maggio (mentre quelle presidenziali per il 31 luglio), in polemica con la gestione di Abbas del processo elettorale.
  C'è chi parla di "punizione esemplare", un modo per mettere a tacere tutte quelle voci di dissenso all'interno di Fatah, che chiedono un vero rinnovamento in vista del tanto atteso appuntamento elettorale. E non sono poche, ma sanno che esprimere il dissenso può costare un caro prezzo. Il caso di Qudwa riporta alla mente quanto accaduto con Muhammad Dahlan, l'arcirivale di Abbas che nel 2011 era stato fatto fuori da Fatah e dall'Anp e da allora vive in esilio ad Abu Dhabi, da dove continua a essere una figura determinate per le sorti dei palestinesi (c'è chi sostiene vi sia un suo coinvolgimento dietro gli Accordi di Abramo, che hanno portato alla normalizzazione tra Israele ed Emirati Arabi Uniti quest'estate).
  A esprimere una solida posizione di condanna contro la decisione del presidente palestinese è Suha Arafat, la vedova dello storico leader deceduto nel 2004, che in una dichiarazione rilasciata a Repubblica definisce l'espulsione di Qudwa "l'ultimo atto di abuso di potere di Mahmoud Abbas, che dimostra come abbia perso il controllo della situazione politica nella Palestina occupata. Abbas dirige l'Autorità Palestinese da 16 anni con pugno di ferro, abusi, portando a imprigionare liberi pensatori, giornalisti, artisti e politici di primo piano".
  Già quest'estate la vedova Arafat aveva destato clamore difendendo la decisione degli Emirati di avviare il dialogo con Israele: "Se sono per la normalizzazione, non significa che siano contro di noi, ma solo che fanno il proprio interesse", aveva dichiarato in un'intervista a Repubblica. Dopo quelle dichiarazioni Arafat sostiene di essere stata oggetto di una campagna d'odio e di minacce che nell'autunno hanno portato anche al licenziamento del fratello Gabi Taweel dalla posizione di Ambasciatore palestinese a Cipro. "La vendetta personale di Abbas contro la famiglia Qudwa-Arafat è ora più evidente che mai", continua Arafat. "Oggi alzo una bandiera rossa e chiedo al popolo palestinese e alla comunità internazionale di rendere Abbas responsabile di tutte le azioni illegali che ha commesso contro il popolo palestinese in generale e la mia famiglia in particolare".
  Negli ultimi mesi Arafat si è espressa duramente contro la leadership palestinese, rilasciando anche alcune insolite interviste alla stampa israeliana e chiedendo ad Abu Mazen di dimettersi in vista delle nuove elezioni. "Non è possibile che i giovani palestinesi abbiano successo nel resto del mondo e solo nei Territori continuino a essere oppressi" aveva dichiarato a gennaio al giornalista israeliano Baruch Yedid.
  Dure critiche alla scelta di espellere Qudwa arrivano anche da chi potrebbe ora diventare un nuovo alleato, ossia la "Corrente democratico-riformista di Fatah", come si auto-definiscono i seguaci di Dahlan che da anni gestiscono una rete molto attiva nei Territori, che secondo i sondaggi potrebbe ambire a un 10% dei seggi. Dimitri Diliani, il portavoce della fazione a Gerusalemme e uno degli uomini più vicini a Dahlan, a colloquio con Repubblica dice che "Abbas sta trasformando le istituzioni palestinesi in un 'one man show'. Esistono delle procedure, non ha nessuna autorità per espellere membri del Comitato Centrale di Fatah". Secondo Diliani, la logica di reprimere il dissenso interno a Fatah è volta a "strangolare la libertà del procedimento elettorale e a preservare lo statu quo: Fatah in Cisgiordania, Hamas a Gaza. E' quello che fa comodo a entrambi, nonché a Netanyahu".
  Gli occhi sono ora puntati al 20 marzo, quando inizierà la presentazione delle liste elettorali per l'assemblea legislativa. Ma in molti credono che tutto il procedimento potrebbe facilmente slittare di qualche mese (c'è chi dice a data da destinarsi), data l'attuale lacerazione interna, ma anche la difficoltà di gestire elezioni sotto la minaccia della pandemia, con i palestinesi che si trovano di fronte a una terza ondata che sta mettendo a dura prova il sistema sanitario. Diliani crede paradossalmente che proprio il Covid sarà determinante perché le elezioni abbiano luogo, "Abu Mazen ha bisogno delle elezioni per ottenere una parvenza di legittimità nella comunità internazionale, ma ha molto interesse che quanta meno gente vi partecipi. E' evidente che elezioni con le restrizioni imposte dal governo minacceranno gli indipendenti. Ma non possiamo più aspettare: è arrivato il momento di sfidare l'autoritarismo di Mahmoud Abbas e di chiedere finalmente libertà di espressione, promozione dei diritti umani, laicità delle istituzioni".

(la Repubblica, 12 marzo 2021)


Guerra in mare

Israele attacca in segreto le navi iraniane che violano le sanzioni internazionali contro la Siria.

di Daniele Raineri

ROMA - Israele ha attaccato una decina di navi iraniane dirette verso la Siria - la maggior parte erano petroliere - negli ultimi diciotto mesi secondo fonti americane e fonti "regionali" citate dal Wall Street Journal, dove "regionali" potrebbe voler dire "israeliane" oppure di un paese del Golfo. Le fonti dicono che a febbraio alcuni agenti israeliani hanno attaccato una mina allo scafo di una nave iraniana alla fonda vicino alla costa del Libano e poi l'hanno fatta esplodere. Le mine attaccate di nascosto alle navi sarebbero l'arma più usata in queste operazioni.
   La notizia data dal Wall Street Journal getta una nuova luce su tutta una sequenza di eventi che è verificata negli ultimi due anni su quella rotta marittima, a partire dall'annuncio da parte dei media iraniani di un "attacco codardo con due missili" avvenuto l'11 ottobre 2019 contro la petroliera iraniana Sabiti in navigazione nel Mar Rosso. Si trattò di una denuncia rara perché poi l'Iran ha smesso di parlare di attacchi in mare e ha mantenuto il silenzio per tutto questo tempo. Giovedì un canale Telegram iraniano non ufficiale ha mostrato le fotografie di un incendio a bordo della nave iraniana Shar e Kord e ha parlato di nuovo di un attacco "con due missili" proprio davanti al porto siriano di Latakia, una delle città controllate dal governo del presidente Bashar el Assad.
   L'Iran tace perché questo traffico di navi e di greggio verso la Siria è in flagrante violazione delle sanzioni internazionali contro il governo di Assad ed è tutto gestito dai Guardiani della rivoluzione iraniani, la forza militare che si occupa delle operazioni all'estero. Le fonti dicono che secondo Israele alcune di queste navi sono cariche di armi e di equipaggiamento militare e le altre sono cariche di petrolio (equivale a dire: denaro) e che questo traffico fa parte della campagna iraniana cominciata nel 2015 per trasformare la Siria in una guarnigione militare pronta a una futura guerra. In pratica, questi attacchi contro le navi sarebbero la versione marittima di quello che succede già da anni sulla terraferma: ogni mese i raid aerei israeliani distruggono carichi militari arrivati in Siria dall'Iran, in particolare nella zona dell'aeroporto internazionale a sud della capitale Damasco.
   Queste operazioni potrebbero essere una risposta ai quattro sabotaggi avvenuti nel maggio 2019 ai danni di quattro petroliere in transito nel Golfo Persico, che non sono stati rivendicati in via ufficiale da nessuno ma che le compagnie di assicurazione attribuiscono all'Iran - che così avrebbe voluto dimostrare quanto è facile bloccare una delle rotte più importanti del mondo. Lunedì un drone lanciato dalle milizie filoiraniane in Iraq ha colpito il terminal di Ras Tanura sulla costa saudita e nel settembre 2019 uno sciame di droni e di missili colpi la raffineria saudita di Abgaiq-con danni molto gravi. Questa guerra non dichiarata fra potenze regionali a colpi di bombe contro petroliere e raffinerie per una anomalia di percezione globale fa meno notizia del problema delle microplastiche in mare.

(Il Foglio, 13 marzo 2021)


Sostegno al Meis. La Regione entra nella Fondazione con 200mila euro

Bonaccini, Felicori e Calvano hanno spinto per l'iniziativa per dare valore alla Memoria «È un investimento sul futuro e sulla pace»

Sostegno a favore del Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara (Meis), città fulcro per l'ebraismo italiano. La regione decide di entrare nella Fondazione che gestisce il Meis definendo, già a partire da quest'anno, risorse per 200mila euro.
   L'iniziativa è contenuta in una proposta di legge che la Giunta regionale ha approvato nel corso dell'ultima seduta e che ora approderà nell'aula dell'Assemblea legislativa. Si tratta di un provvedimento normativo composito che riguarda "Interventi nei settori della cultura e della memoria del Novecento. Partecipazione alla Fondazione Museo Nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah".
   La Regione si andrà così ad affiancare al Ministero della Cultura, al Comune di Ferrara, a Cdec (Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea) e all'Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane), i soggetti che attualmente partecipano alla Fondazione Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah.
   «Oggi più che mai abbiamo ritenuto necessario, entrando nella Fondazione, esercitare un maggior e concreto impegno- affermano il presidente della Regione Stefano Bonaccini e l'assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori- per un luogo come il Meis che non vuole essere, fin dai presupposti, solo un museo ma spazio per favorire il dialogo, il confronto e per investire sulla pace. Un luogo da vivere, dove incontrarsi, per stimolare confronti, dialoghi e proporre esposizioni. Quando le generazioni passano e i superstiti si estinguono sono le comunità civili nella loro interezza a dover divenire testimoni del tempo: diffondere la cultura della memoria è un grande investimento per la pace e la tolleranza nel futuro».
   Il Meis, istituito dal parlamento nel 2003, è chiamato a narrare gli oltre due millenni di presenza degli ebrei in Italia, con le loro tradizioni e i contributi alla storia e alla cultura del Paese, nonché l'ebraismo nel suo insieme.
   «La cultura è un potente antidoto - aggiungono Bonaccini e Felicori - anche per smaltire le scorie del secolo scorso. Per fare memoria dell'immane tragedia che fu l'Olocausto e per difendere, ogni giorno, i principi della dignità della persona, riteniamo necessario essere al fianco anche di ambiziosi progetti per il futuro come quelli che proporrà il Meis e che, come Regione, ci impegniamo a sostenere con la massima partecipazione, impegno e investimenti».
   «Siamo una terra tenace, resistente e appassionata che- chiudono Bonaccini e Felicori- sa ricordare, fare tesoro del passato e guardare con fiducia al domani, in vista di una ripartenza complessiva dopo l'emergenza covid». Soddisfazione è stata espressa anche dall'assessore regionale al bilancio, il ferrarese Paolo Calvano.

(la Nuova Ferrara, 13 marzo 2021)


Stop al viaggio di Bibi negli Emirati Arabi. È la vendetta per il no alla Giordania

Amman reagisce all'annullamento di un viaggio ad Al Aqsa. Quarta cancellazione per la visita di Netanyahu ad Abu Dhabi.

di Fiamma Nirenstein

Israele-Giordania, parte seconda, la vendetta. È naufragato il quarto tentativo di Benjamin Netanyahu di visitare gli Emirati dopo gli Accordi di Abramo.
   Cos'è accaduto? Mercoledì il principe Hussein, figlio di Abdullah, si preparava a visitare il Monte del Tempio, ovvero la Moschea di Al Aqsa, con tutti gli uomini e i mitra che sembravano consoni alla casa reale e lasciando le porte aperte alla folla: la dinastia Hashemita è l'affidataria della Moschea di Al Aqsa e del Monte del Tempio con i palestinesi, e il futuro monarca voleva visitarla nel giorno della ascesa al cielo di Mohammed (Maometto) con una schiera regale e la folla plaudente. Israele non ha accettato: dal Monte del Tempio può scaturire la più grande violenza, è già accaduto, è il luogo originario del Grande Tempio ebraico, ed è sotto la sua sovranità.
   Ma il re si adombra e sa che è molto importante per Bibi raggiungere Mohammed bin Zayed ad Abu Dhabi. Occhio per occhio, più qualche vecchio conto e calcolo politico. In più la moglie del primo ministro, Sarah, è stata ricoverata d'urgenza all'ospedale mercoledì, prima del viaggio, con l'appendicite. Bibi ha passato la notte all'ospedale. Mentre già si vacilla sulla possibilità di Netanyahu di partire per un viaggio che ha definito «di grande importanza nazionale e internazionale» arriva il messaggio giordano. «Israele voleva imporre cambiamenti... Avrebbe limitato l'ingresso di musulmani in visita... Il principe cancella per rispetto dei fedeli». A mezzogiorno, il re ci ripensa: passate pure. Ma è troppo tardi. Il tempo ormai è scaduto. Netanyahu doveva restare a Abu Dhabi solo due ore per poi tornare a incontrare i primi ministri ceco e ungherese per un'alleanza anti Covid. Resta la ferita della lite con l'alleato giordano.
   Le elezioni sono fra undici giorni: per Netanyahu la battaglia contro il Coronavirus e la conquista della pace di Abramo sono le due carte più convincenti. Adesso tutti i suoi nemici si affrettano a denunciare una strategia che mette in forse una delle due paci più consolidate, quella con la Giordania del 1994. Benny Gantz già accusava da tempo Bibi di avere negletto Abdullah. Ma la verità è che la Giordania si era associata ai palestinesi nel rifiuto sia dell'ambasciata americana a Gerusalemme che degli accordi di Abramo: re Abdullah conta il 70% di palestinesi fra i suoi sudditi, la sua pace soffre di un dissenso permanente, che non ha mai permesso ai giordani di visitare Israele, mentre tanti sono stati gli scontri di confine. Adesso c'era un nuovo pesante elemento in gioco: Netanyahu desiderava l'incontro di Abu Dhabi anche per associare agli Accordi l'Arabia Saudita: pare addirittura che il principe bin Salman avrebbe potuto essere presente, e se non lui qualche emissario. I sauditi non ci tengono affatto all'idea che Al Aqsa sia considerata luogo sacro dall'islam. La Mecca deve avere il primato assoluto. Ultimamente Osama Yamani, famoso commentatore saudita, ha scritto che Al Aqsa non si trova a Gerusalemme, ma vicino alla Mecca, e solo verso quel luogo santo si deve volgersi pregando. C'è anche chi già dice, scriviamo con prudenza, che i regali giordani sono stati raggiunti da insistenze dei nemici di Bibi, Yair Lapid, capo dell'opposizione, e da Ehud Barak, l'antico capo della sinistra.
   Un'occasione, si dice, per ostacolare la campagna elettorale di un primo ministro che sembra, nei sondaggi, sempre in prima linea dopo 12 anni al potere.

(il Giornale, 12 marzo 2021)


Provaci ancora Bibi

Salta il viaggio storico di Netanyahu negli Emirati, ci riproverà. Elezioni e missili

di Daniele Raineri

ROMA - Il primo ministro d'Israele, Benjamin Netanyahu, ha annullato per la quarta volta un viaggio molto desiderato per andare nel Golfo a incontrare l'emiro Mohammed bin Zayed, leader degli Emirati Arabi Uniti. La visita era prevista per ieri e sarebbe stata storica, la prima di un premier di Israele negli Emirati grazie agli accordi di normalizzazione firmati nell'agosto 2020 - anche se forse Netanyahu aveva già incontrato l'emiro Bin Zayed negli Emirati durante un viaggio segreto nel 2018. La normalità diplomatica di oggi tra Israele e i paesi arabi del Golfo è il risultato di contatti clandestini andati avanti per almeno dieci anni. Ma l'incontro non è avvenuto ieri per due ragioni pubbliche e forse per altre che non lo sono. Nella notte di mercoledì la moglie di Netanyahu, Sarah, è stata ricoverata in ospedale per appendicite e ieri mattina c'è stato un litigio diplomatico con la Giordania quando le guardie di confine israeliane hanno respinto il principe Hussein ibn Abdallah, primogenito del re di Giordania, perché la scorta che lo accompagnava verso Gerusalemme era troppo numerosa. A quel punto la Giordania ha chiuso il suo spazio aereo agli israeliani per ritorsione - e così ha allungato la rotta verso gli Emirati - e quando l'ha riaperto poche ore dopo la notizia dell'annullamento del viaggio era già uscita. Tutte queste informazioni non sono ufficiali, ma vengono dall'entourage di Netanyahu e sono state rilanciate da Barak Ravid, giornalista israeliano di solito bene informato.
   Gli Emirati non avevano mai confermato la notizia della visita, che sarebbe stata il frutto di una telefonata a Bin Zayed da parte di Netanyahu dieci giorni fa. Il primo ministro israeliano tiene molto a fare questo incontro prima delle elezioni del 23 marzo per ricordare agli elettori i suoi successi diplomatici. Per vincere la riluttanza da parte degli Emirati Arabi Uniti - che non vogliono interferire con le elezioni israeliane - ha mandato il capo del Mossad, Yossi Cohen, che da tempo fa le funzioni di ambasciatore discreto nelle relazioni con i regni arabi del Golfo.
   L'emiro Bin Zayed da sedici anni lavora per trasformare gli Emirati da petromonarchia imbelle e viziata dai proventi del greggio a potenza militare regionale capace di condizionare tutto quello che succede nell'area - grazie alle armi e agli addestratori occidentali. Non è chiaro quale contropartita abbia chiesto a Netanyahu per l'incontro, ma negli ultimi mesi si parla con insistenza di un progetto comune di difesa missilistica. Il 15 dicembre Moshe Patel, il capo del programma missilistico di Israele, aveva parlato in pubblico della possibilità di collaborare con alcuni stati del Golfo, non meglio precisati ma tutti sanno che intendeva gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita. Patel, quel giorno, aveva presentato un nuovo sistema di difesa capace di intercettare i missili ad altezze differenti e quindi in punti diversi della loro traiettoria. In pratica, se il sistema manca un missile in arrivo può provare di nuovo ad abbatterlo.
   In questi anni gli Emirati e soprattutto l'Arabia Saudita sono diventati il bersaglio di attacchi ripetuti con droni e missili da parte di milizie irregolari che agiscono per conto dell'Iran in tutto il medio oriente, dallo Yemen al Libano, ma permettono al governo dell'Iran di negare la sua responsabilità. Anche Israele e le basi americane nella regione (a partire da quelle in Iraq) subiscono questa minaccia ed è soltanto questione di tempo prima che questo progetto comune diventi reale - nel giro di pochi mesi dopo la firma degli accordi di Abramo. Può sembrare una traiettoria rapida, ma ogni settimana ci sono nuovi attacchi contro obiettivi come raffinerie e aeroporti e la difesa condivisa è un'evoluzione quasi naturale. Se l'Amministrazione Biden dirà di sì, i regni del Golfo oltre a mettere ingenti risorse finanziarie nel progetto possono anche mettere a disposizione basi per la sorveglianza che sono vicinissime alle coste dell'Iran.

(Il Foglio, 12 marzo 2021)


Israele modello anti-crisi: esporta farmaci anti-Covid in Africa e ora anche in Europa

di Jonathan Pacifici

Visto da una Gerusalemme che si sta lasciando alle spalle la crisi Covid, il prossimo futuro sembra pieno di opportunità. Dopo le visite della scorsa settimana del cancelliere austriaco Sebastian Kurz e del primo ministro danese Mette Frederiksen, giovedì è stata la volta del premier ceco Andrej Babis e del primo ministro ungherese Viktor Orban. I due hanno incontrano Netanyahu per discutere le possibilità di cooperazione nella ricerca e sviluppo dei vaccini e nei protocolli di risposta alla pandemia di coronavirus.
   Babis ha presenziato all'apertura di un nuovo ufficio diplomatico del suo paese a Gerusalemme in Washington Street, a pochi passi dall'Hotel King David nel centro della città. Al taglio del nastro ha partecipato anche il ministro degli esteri israeliano Gabi Ashkenazi. Due anni fa la Repubblica Ceca aveva aperto nella capitale israeliana un centro culturale chiamato «The Czech House». Ora con questa mossa, poco meno di un ambasciata, Praga si affranca dalla politica estera di Bruxelles, notoriamente ostile al riconoscimento di Gerusalemme Capitale messo in moto dall'amministrazione Trump.
   Appena due settimane fa aveva fatto notizia la decisione di Netanyahu di destinare almeno 100.000 dosi di Moderna ad una vera e propria campagna di diplomazia del vaccino. L'operazione era stata poi sospesa per problemi regolatori, non prima però che Praga ricevesse 5.000 dosi. Anche l'Honduras ha già ricevuto una prima spedizione destinata, secondo il Presidente Juan Orlando Hernandez, ai lavoratori in prima linea.
   Ora la campagna riprende e secondo l'emittente pubblica Kan i paesi che dovrebbero ricevere dosi sono Cipro, Ungheria, Guatemala, Maldive, San Marino, Etiopia, Ciad, Kenya, Uganda e Guinea. Ci sarebbe anche la Mauritania, che con Israele non ha rapporti diplomatici ma presto potrebbe averne. Anche i diplomatici stranieri accreditati in Israele sono stati tutti vaccinati nonostante l'assenza di regime di reciprocità. Su richiesta degli Stati Uniti poi, Gerusalemme ha provveduto anche alla vaccinazione delle forze di Pace Mfo (Multinational force and observers) di stanza nel Sinai. Si tratta di 2.400 membri da 14 nazioni. Secondo il quotidiano londinese Asharq Al-Awsat Israele sta finanziando l'acquisto di dosi di Sputnik V per la nemica Siria. Il finanziamento sarebbe parte di un accordo di scambio di prigionieri con il regime di Assad mediato da Mosca.
   Sul fronte palestinese, questa settimana è iniziata la vaccinazione di circa 120.000 persone che entrano quotidianamente in Israele con regolare permesso di lavoro (circa 87.000) e dei lavoratori palestinesi nelle comunità ebraiche dei territori (35.000). I centri di vaccinazione sono stati allestiti in diversi parchi industriali ed ai checkpoint. Secondo il piano, la somministrazione delle prime dosi del vaccino sarà completata entro due settimane, ha reso noto l'esercito, con i centri che successivamente si apriranno per altre due settimane per somministrare la seconda dose.
   Lo scorso giovedì è stato rodato il sistema con un pilot di 700 palestinesi vaccinati al checkpoint di Shaar Efraim. Secondo gli accordi di Oslo tutti gli aspetti sanitari della popolazione palestinese di Giudea e Samaria ricadono sotto la giurisdizione della Anp, la quale ha ripetutamente reso noto che non accetterà intromissioni israeliane in questa sua prerogativa. D'altro canto la Anp non dispone ad oggi di dosi in numero significativo e c'è chi sostiene che gli ordini fatti dal governo israeliano, ben oltre le necessità nazionali, prendono in considerazione il fatto che. alla fine. toccherà ancora una volta ad Israele supplire al malgoverno di Ramallah.
   Tutto questo è possibile perché Israele ha provveduto in tempi utili ad ordinare vaccini da più produttori, quando ancora non ne era chiara l'efficacia. Ora si ritrova con i magazzini pieni di validissime alternative e si prepara, non appena ci sarà l'ok dell'Fda, anche alla vaccinazione degli under 16 che dovrebbe finalmente portare all'immunità di gregge. Forte del successo vaccinale oggi Gerusalemme guarda avanti. La Uae ha annunciato «discussioni formali per stabilire un corridoio di viaggio senza quarantena» con Israele. Gli Emirati Arabi Uniti riconosceranno i certificati di vaccinazione israeliani e viceversa. Grecia e Cipro hanno già firmato accordi simili con Israele in vista della stagione estiva. Anche con gli Usa è al vaglio l'integrazione dei sistemi informatici per un più veloce scambio di informazioni.
   Sembra invece saltato, almeno per ora, il vero colpaccio di King Bibi. Il Premier doveva volare ad Abu Dhabi per un tanto atteso incontro con il principe Mohamed bin Zayed Al Nahyan e, sembra, con lo stesso principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Un improvviso ricovero per appendicite della first lady Sara Netanyahu ha impedito il viaggio. Nell'era della diplomazia del vaccino la pace tra Israele e l'Arabia Saudita è ormai una questione di quando, non di se.

(Milano Finanza, 12 marzo 2021)


Lastminute.com sbarca in Israele

di Luca Gorrasi

lastminute.co.il è il nuovo portale realizzato con una joint venture con l'agenzia di viaggi israeliana Issta Lines Group.
  La joint venture riunisce due importanti aziende nel settore travel, per lm group questo è solo il primo passo per un ulteriore espansione in medio oriente nei prossima anni.
  Un lavoro che è iniziato alla fine del 2019 che si è concretizzato in questi giorni con la firma degli accordi di Abraham e l'accelerazione del programma di immunizzazione israeliano.
  Andrea Bertoli, Amministratore Delegato lm group, ha dichiarato: "L'anno scorso è stato un anno molto impegnativo per l'industria dei viaggi, e in effetti, il mondo intero ha dovuto affrontare una crisi pandemica senza precedenti. Nonostante ciò, abbiamo sentito che il momento per costruire il futuro è adesso e questo è il momento giusto per crescere in nuovi mercati e segmenti . Vediamo i primi segni di ripresa del mercato, grazie al vaccino, con la fiducia in Israele, così come nel Regno Unito, che cresce di settimana in settimana. Questo è il motivo per cui siamo lieti di lanciare la nostra prima joint venture al di fuori dell'Europa in Israele e MENA."
  "C'è un grande interesse nel mercato israeliano di tutto il mondo da parte di grandi aziende a causa del grande potenziale valore intrinseco in esso, ad esempio, il numero di israeliani che hanno volato all'estero nell'anno prima di Covid era lo stesso del numero di residenti nel paese (circa 9 milioni)", ha detto Achishai Gal, CEO di Issta.

(WEtravel.biz, 12 marzo 2021)


Che feeling tra Dubai e Israele

Decolla il commercio di Dubai con Israele. Negli ultimi cinque mesi ha raggiunto un valore di un miliardo di dhiram (230 milioni di euro) e un volume di 6217 mila tonnellate. Secondo le statistiche della dogana di Dubai, le importazioni sono state pari a 325 milioni di dhiram (73,5 milioni di euro), le esportazioni a 607 milioni di dhiram (137 milioni di euro) e il commercio di transito a 98,7 milioni di dhiram (22,3 milioni di euro). Alla luce di questa crescita, Sultan bin Sulayem, presidente e amministratore delegato di Dp World e presidente di Dubai's Ports, Customs e Free Zone Corporation, ritiene che l'apertura di nuovi mercati e il commercio reciproco tra Dubai e Israele incoraggerà le aziende ad aumentare la produzione, portando a una maggiore crescita economica e alla creazione di nuovi posti di lavoro. «L'espansione del commercio e degli investimenti tra le due parti andrà a vantaggio non solo delle comunità imprenditoriali negli Emirati Arabi Uniti e in Israele, ma anche di altre parti interessate e comunità imprenditoriali in Medio Oriente», ha affermato Bin Sulayem. Dp World ha firmato un accordo con la banca israeliana Leumi lo scorso settembre 2020 per facilitare il commercio e i servizi logistici tra le due parti, oltre a una serie di accordi di cooperazione sullo sviluppo di merci, porti e zone franche con la compagnia israeliana Dovertower: nell'ambito di questa intesa è stata lanciata anche un'offerta congiunta per privatizzare il porto di Haifa.

(investire, 12 marzo 2021)


Gli Emirati Arabi Uniti annunciano un fondo da 10 miliardi di dollari per investimenti in Israele

ABU DHABI - A seguito di una telefonata costruttiva Sua Altezza lo sceicco Mohamed bin Zayed, principe ereditario di Abu Dhabi e vice comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, ha ricevuto da Benjamin Netanyahu, Primo Ministro dello Stato di Israele, gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato l'istituzione di un fondo da 10 miliardi di dollari destinato a settori strategici in Israele.
Attraverso questo fondo, gli Emirati Arabi Uniti investiranno in e al fianco di Israele in settori tra cui energia, produzione, acqua, spazio, sanità e agri-tech. Il fondo di investimento sosterrà le iniziative di sviluppo per promuovere la cooperazione economica regionale tra i due paesi. Gli stanziamenti dei fondi proverranno dal governo e dalle istituzioni del settore privato.
Il fondo si basa sullo storico accordo Abraham e mira a rafforzare i legami economici tra due delle fiorenti economie della regione, sbloccando investimenti e opportunità di partnership per guidare il progresso socio-economico.
Questa iniziativa è parte integrante dello storico accordo di pace firmato dagli Emirati Arabi Uniti e Israele con il sostegno degli Stati Uniti e dimostra i benefici della pace migliorando la vita dei popoli della regione. È una manifestazione del nuovo spirito di amicizia e cooperazione tra i tre paesi, nonché della loro comune volontà di far progredire la regione.

(WAM Italian, 11 marzo 2021 - trad. Mina Samir Foke)


Netanyahu non va negli Emirati, "La moglie ha l'appendicite". Ma è scontro con la Giordania

Il premier israeliano avrebbe dovuto incontrare lo sceicco Mohammed bin Zayed e secondo alcune fonti anche il saudita Mohammed bin Salman, ma Amman avrebbe negato il sorvolo dopo che era stato contestato il numero delle guardie del primogenito del re in pellegrinaggio ad Al Aqsa.

di Sharon Nizza

GERUSALEMME - La visita ad Abu Dhabi del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che si sarebbe dovuta tenere oggi nel pomeriggio, è stata annullata all'ultimo momento. Secondo quanto riportato dalla stampa israeliana, il dietrofront sarebbe conseguenza di un incidente diplomatico in corso con la Giordania, che avrebbe negato a Israele la possibilità di sorvolare il proprio spazio aereo.
   
Ieri il principe giordano Hussein bin Abdallah avrebbe dovuto recarsi a Gerusalemme per pregare alla Moschea di Al Aqsa in vista del Ramadan, tuttavia, quando la delegazione era già in prossimità del valico di Allenby tra Israele e Giordania, ha fatto rientro ad Amman a causa di una diatriba sulle misure di sicurezza e nello specifico sul numero di agenti armati della scorta giordana, che secondo Israele superava quanto concordato tra le parti.
   In mattinata già si era prospettata la possibilità di rimandare la visita negli Emirati Arabi Uniti (Eau) in quanto Sara, la moglie del premier, è stata ricoverata nel corso della notte all'ospedale Hadassah di Gerusalemme, dove potrebbe essere sottoposta oggi a un intervento di appendicite.
   
Questa è la quarta volta che la storica visita di Netanyahu - la prima ufficiale dall'avvio della normalizzazione con gli a Emirati Arabi Uniti nell'agosto scorso - viene rimandata. Tre visite precedenti sono state annullate a causa delle restrizioni Covid che avevano portato a un terzo lockdown e al blocco dei voli dall'aeroporto Ben Gurion, che ha riaperto solo questa domenica.
   
Netanyhau avrebbe dovuto incontrare per la prima volta alla luce del sole l'erede al trono e leader di fatto degli Eau Mohammad bin Zayed - che proprio oggi festeggia 60 anni. Inoltre, secondo fonti diplomatiche emiratine e israeliane riportate dalla stampa locale, erano in corso contatti affinché all'incontro partecipasse anche l'erede al trono saudita Mohammad bin Salman (Mbs). Una fonte saudita questa mattina aveva smentito alla Reuters che sarebbe stato presente al Abu Dhabi.
   Va segnalato che l'ufficio del primo ministro non aveva finora ancora confermato la missione, che è stata rivelata ieri dalla stampa israeliana citando un funzionario emiratino.
   La notizia aveva suscitato molte critiche per via della prossimità della visita alle elezioni del 23 marzo, con l'opposizione che accusa Netanyhau di sfruttare la sua posizione internazionale per migliorare il suo posizionamento nei sondaggi.

(la Repubblica, 11 marzo 2021)


*


La notizia pubblicata ieri dallo stesso giornale era diversa.

Israele, per Netanyahu la prima storica visita ufficiale negli Emirati

Il premier domani ad Abu Dhabi incontrerà l'erede al trono e leader di fatto Mohammed bin Zayed, sette mesi dopo la firma degli Accordi di Abramo che hanno sancito la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. All'incontro potrebbe partecipare anche il principe saudita Mohammed bin Salman.

di Sharon Nizza

GERUSALEMME - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu andrà domani in visita ufficiale negli Emirati Arabi Uniti (Eau) dove incontrerà l'erede al trono e leader di fatto Mohammed bin Zayed (Mbz). Secondo quanto riportato dall'emittente israeliana Kan questa sera, sono in corso trattative che potrebbero portare alla partecipazione del principe saudita Mohammed bin Salman (Mbs) al vertice. Netanyahu e Mbs, insieme all'allora segretario di Stato Usa Mike Pompeo, si sono incontrati nella città saudita di Neom lo scorso 22 novembre, una notizia che fu fatta trapelare allora dall'ufficio del primo ministro israeliano provocando il disappunto della casa reale saudita.
   La visita di Netanyahu negli Emirati segna la prima missione di Stato alla luce del sole da quando il 13 agosto è stata annunciata la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi, nell'ambito degli Accordi di Abramo. In passato Netanyahu, così come diversi ministri israeliani, aveva già visitato Abu Dhabi in visite tenute segrete e mai ufficializzate.
   Lo storico incontro era stato programmato nei mesi scorsi e annullato tre volte a causa delle restrizioni dovute alla terza ondata di Covid e la conseguente chiusura dell'aeroporto Ben Gurion, che ha riaperto solamente tre giorni fa i battenti per consentire a migliaia di israeliani bloccati all'estero di fare rientro in vista delle elezioni previste per il 23 marzo.
   I quotidiani israeliani citano un alto funzionario del ministero degli Esteri emiratino, secondo cui "il premier Netanyahu è atteso domani per la prima storica visita ufficiale negli Eau su invito dell'erede al trono Mohammad bin Zayed. Alcuni dettagli sono ancora in via di definizione prima di rilasciare il comunicato ufficiale".
   Secondo le indiscrezioni, la questione del possibile ritorno degli Usa all'accordo sul nucleare iraniano occuperà una parte importante dell'agenda degli incontri - che si svolgeranno unicamente nella giornata di giovedì. La settimana scorsa, il presidente del Congresso ebraico mondiale Ronald Lauder ha pubblicato sul quotidiano saudita filo-governativo in lingua inglese Arab News un editoriale in cui invocava la necessità di creare una "Nato mediorientale", unendo Israele, Arabia Saudita, Emirati e Bahrein in uno sforzo comune per contrastare le ambizioni nucleari iraniane.
   Ieri, durante una riunione al Cairo del Forum del gas del Mediterraneo - di cui sono membri Israele, Egitto, Giordania, Grecia, Cipro, Italia e l'Autorità Nazionale Palestinese - è avvenuto un incidente che alcuni in Israele interpretano come una "vendetta" palestinese rispetto alla decisione degli Emirati di intraprendere la strada del dialogo con Israele - decisione seguita nelle settimane successive da Bahrein, Sudan e Marocco, anch'essi parte dell'intesa degli Accordi di Abramo: il rappresentante palestinese ha infatti posto il veto alla richiesta di Abu Dhabi di entrare nel Forum come osservatore.
   Tra il presidente palestinese Abu Mazen e il leader emiratino Mbz da anni è in corso un deterioramento dei rapporti, a causa del sostegno che quest'ultimo ha offerto a Mohammad Dahlan, l'arcirivale di Abu Mazen che dal 2012 vive in esilio ad Abu Dhabi, dopo essere stato espulso da Fatah e dall'Autorità Palestinese nel 2011. Esponenti vicini a Dahlan sono ora in procinto di presentare una lista riformista antagonista a quella di Abu Mazen per concorrere alle elezioni parlamentari palestinesi annunciate per il 22 maggio - le prime dopo 16 anni, il cui svolgimento reale è ancora incerto secondo diversi analisti.
   Dopo l'annuncio degli Accordi di Abramo, la leadership di Ramallah aveva accusato gli Emirati di "aver tradito la causa palestinese", richiamando il proprio ambasciatore ad Abu Dhabi, insieme a quello in Bahrein. A novembre, tuttavia, questi avevano fatto rientro alle proprie sedi diplomatiche, in un gesto che all'epoca fu interpretato come una volontà di distensione dei rapporti in vista dell'insediamento della nuova amministrazione americana Biden.
   La settimana scorsa è invece arrivato in Israele Mohamed al Khaja, il primo Ambasciatore emiratino nello Stato ebraico, che a Gerusalemme ha presentato le credenziali al residente Reuven Rivlin e incontrato Netanyahu, oltre a diversi ministri, tra cui degli Esteri, del Turismo e dell'Economia. Khaja, già capo consigliere del Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati, rientrerà in Israele in pianta stabile ad aprile. Anche Israele ha inviato ad Abu Dhabi il proprio rappresentante diplomatico, Eitan Naeh, già ambasciatore ad Ankara, che si trova ad Abu Dhabi da gennaio.
   I rapporti tra i due Paesi hanno visto un'impennata immediata dal momento della dichiarazione della normalizzazione: da settembre si sono svolte numerose delegazioni di politici e funzionari governativi, tra cui quella del ministro dell'Economia emiratino a ottobre, e sono stati siglati centinaia di partnership tra centri di ricerca, università, aziende, che in pochi mesi hanno portato a scambi commerciali per un valore di 300 milioni di dollari.

(la Repubblica, 10 marzo 2021)


Tutti i giacimenti di Israele per il gasdotto di Otranto

Ma va alle stelle la tensione militare Turchia-Grecia

di Marisa Ingrosso

Se non ci fosse l'ipoteca di una crisi - anche militare - tra Grecia e Turchia, il nuovo accordo tra la joint venture italo-greca Igi Poseidon e la compagnia di Stato di Tel Aviv Israel Natural Gas Lines Company sarebbe la prima buona notizia in oltre un anno e mezzo per il gasdotto che arriverà a Otranto per «sfamare» dell'energivora Europa.
   L'intesa, che schiude le porte di tutti i giacimenti israeliani alla pipeline, è stata salutata con entusiasmo da Igi Poseidon (50/50 di Public Gas Corporation della Grecia ed Edison International Holding). Mentre il ministro dell'Ambiente e dell'Energia greco, Kostas Skrekas, rimarcando «l'importanza strategica» dell'opera «per la Grecia e l'Europa», ha detto di confidare nel fatto che contribuirà alla «sicurezza energetica» del Vecchio Continente oltre che alla pace e alla «cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo orientale».
   Questo gasdotto «pugliese», infatti, ha enormi ambizioni geostrategiche giacché è il tratto finale dell'Eastern Mediterranean (EastMed), infrastruttura che vede attorno a un tavolo attorno ai quali Israele, Cipro, Grecia, Italia, col sostegno (anche finanziario) dell'Ue. Pur se persistono voci critiche sulla sostenibilità economica, si prevede che - dal 2025 - possa trasportare dai 10 ai 20 miliardi di metri cubi all'anno del gas naturale estratto (anche) dai giacimenti israeliani e ciprioti.
   E gli auspici di Skrekas possono avere fondamento giacché molte cose, assolutamente impensabili pochi anni fa, si sono avverate proprio grazie alla pipeline. Chi mai avrebbe scommesso un centesimo sul fatto che l'Autorità nazionale palestinese si sarebbe seduta al tavolo con Israele per accordarsi sullo sfruttamento di quello che il presidente Yasser Arafat chiamava il «Dono di Allah», ovvero il Marine Gaza, il giacimento di gas naturale al largo delle coste della Striscia? Chi poteva immaginare quanto è accaduto lo scorso gennaio, con il ministro del Petrolio e delle Risorse minerarie egiziano, Tarek El Molla, che torna da Tel Aviv con una pre-intesa per un gasdotto che collegherà il maxi-campo gasifero Leviathan (israeliano) agli impianti di liquefazione Egyptian Liquefied Natural Gas (egiziani)? Ebbene, è accaduto.
   Potenza della risorsa strategica e delle stanze di compensazione geostrategiche internazionali (come l'Eastern Mediterranean Gas Forum di cui El Molla è presidente). Eppure dietro questa distesa di strette di mano, i veri nodi son tutti da sciogliere. Uno, evidente, passa (anche) per Ankara che, in modo muscolare, pretende di proiettare sulla scacchiera del gas mediterraneo il suo peso di media potenza, a danno della Grecia. Per il momento, sono falliti tutti i tentativi di trovare una composizione. Anzi - come per altro raccontammo proprio sulla «Gazzetta» - nel corso del 20201a situazione nel Mare Nostrum stava per precipitare. Per usare le parole del ministro della Difesa greco Nikos Panagiotopoulos, in una intervista a «National Herald», si è sfiorato lo scoppio di una nuova guerra. «Nel corso del 2020, per tre volte c'è stata una mobilitazione universale delle forze armate greche», ha detto.
   In estrema sintesi, la Turchia, aveva (e ha tutt'ora) sguinzagliato le navi di ricerca idrocarburi (come la Oruç Reis) nel Mediterraneo orientale, facendole scortare da navi da guerra. Atene, a sua volta, ha inviato (e tutt'ora sarebbero in area) navi da guerra e aerei in risposta. Il baratro, a un passo.
   Poi alla Casa Bianca è arrivato un nuovo «arbitro» e, con l'elezione di Joe Biden, il conflitto strisciante ha moderato la propria intensità. Ma c'è ed è palpitante. Soltanto ieri - riporta Al Masdar News - il ministero della Difesa turca ha accusato la Grecia di aver schierato navi da guerra a protezione dell'isola contesa di Kastellorizo (greca sì ma a 2,1 km dalla costa turca). E, proprio in chiave anti-Atene, ieri l'interessante sito Itamilradar.com ha ricostruito la «gita» ai confini greci effettuata dall'aereo della Marina turca ATR C-72MPA, un «gioiellino» multiruolo per la sorveglianza sui mari e, ovviamente, con spiccate funzioni Intelligence.
   In questo mare tanto affollato anche la Nato appare in affanno. Ha creato con enormi difficoltà un sistema per evitare incidenti militari non voluti tra forze greche e turche, ma da quel risultato non ci si è schiodati. Più volte gli incontri tra i due alleati/nemici (Grecia e Turchia sono entrambe membri Nato) sono naufragati.
   Con l'Italia che si muove felpata sul confine di lama delle alleanze, la Francia schieratissima con Atene, val la pena di dire due parole su Mosca e su una fonte di energia con profili piuttosto diversi dal gas. Solo poche ore fa il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan hanno avviato la costruzione del terzo reattore della centrale nucleare di Akkuyu, nel sud della Turchia. Rosatom è il partner dello sviluppo nucleare turco. La prima centrale entrerà in servizio 2023 (centenario della fondazione della Repubblica di Turchia). Il gas «pugliese» dovrebbe arrivare due anni dopo. Scenario geostrategico permettendo.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 11 marzo 2021)


Roma - Comunità ebraica, è gelo con Raggi. "Scelte inspiegabili"

Rapporti sempre più in crisi: a cominciare dalle promesse mai mantenute sugli urtisti fino al nome per il cda del Museo della Shoah e alle posizioni prese sugli ambulanti.

di Lorenzo d'Albergo

Le promesse mai mantenute sugli urtisti, i 115 venditori di souvenir allontanati dai monumenti più visitati dai turisti a inizio 2020, quando ancora non si parlava di pandemia. La differenza di vedute, piuttosto ampia, sul membro del cda della Fondazione Museo della Shoah di nomina comunale. Infine il braccio di ferro sulle licenze degli ambulanti, che i grillini arrivati a palazzo Senatorio al grido di « no Bolkestein » adesso vogliono rimettere a bando. Si amplia di giorno in giorno il solco scavato tra la Comunità ebraica e il Campidoglio dalle politiche pentastellate. I rapporti si sono prima raffreddati, poi interrotti: da lungotevere de' Cenci, persa ogni speranza di interlocuzione, hanno smesso da un bel pezzo di chiamare in Comune.
Il segnale è chiaro: alle prossime Comunali, tra 7 mesi, la sindaca Virginia Raggi sarà un po' più sola. Di certo non potrà contare sulle simpatie di una comunità da 15 mila persone che appare sempre più stanca, insofferente davanti alle condizioni del centro storico e del resto di Roma. La vicenda degli ambulanti è l'ultima goccia.
   Ruth Dureghello, presidente degli ebrei romani (tra loro ci sono anche mille banchisti che rischiano di restare senza lavoro), l'altro giorno si è schierata senza troppi giri di parole su Twitter: « Siamo vicini agli ambulanti romani che stanno protestando contro la decisione della giunta Raggi di togliergli il lavoro. Alcuni sono pronti a gesti estremi, presi dalla disperazione. La dignità di chi lavora va tutelata e non può essere utilizzata a fini elettorali » . Il predecessore, Riccardo Pacifici, in piazza ha ricordato che le licenze sono state estese per legge fino al 2032 dal governo Conte, puntando il dito contro «l'inspiegabile posizione della sindaca».
   Nel mirino anche Andrea Coia, assessore al Commercio pentastellato che ieri a Repubblica ha spiegato di essere pronto a perdere 3.000 voti dei commercianti che potrebbero perdere la licenza con il bando previsto per giugno a fronte dei 30-40 mila che il Movimento dovrebbe guadagnare con l'operazione « trasparenza » . Calcoli che non tengono conto del gelo che si respira nel quartiere ebraico quando si fa il nome della prima cittadina.
   Le compensazioni promesse più di un anno fa agli urtisti, simbolo della comunità, non sono arrivate. Cacciati da Fontana di Trevi e dal Pantheon, piegati come il resto della capitale da un'emergenza sanitaria che ha stroncato il turismo, restano in attesa di novità dal Campidoglio.
   Poi c'è il caso del Museo della Shoah. Agli ebrei romani spetta la nomina di un membro del consiglio di amministrazione della fondazione, così come all'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Anche la Regione e il Comune devono esprimere un rappresentante. Sul nome fatto circolare fin qui dal Campidoglio, quello di un professore universitario esperto in Relazioni internazionali, non c'è intesa. Anzi. Un elemento di divergenza in più con l'amministrazione 5S, in buoni rapporti con il Vaticano. Ma non con la Comunità ebraica di Roma.

(la Repubblica - Roma, 11 marzo 2021)


Le aziende high-tech israeliane per l'occupazione delle donne haredi

di Paolo Castellano

Israele è la start-up nation per eccellenza. Un modello che altri paesi cercano di imitare per sviluppare i loro sistemi produttivi investendo principalmente sul settore high-tech. Tuttavia, l'economia legata all'innovazione tecnologica necessita di laureati con una solida formazione e di una particolare attenzione per il capitale umano.
Come riporta NoCamels, in Israele i lavoratori con alta preparazione sono richiestissimi dalle grandi aziende, ma ci si è accorti che non è facile individuarli, soprattutto se sono ultraortodossi. In base a un sondaggio realizzato nel 2018 dall'Israel Advanced Technology Industries si è scoperto che solamente il 3% della popolazione ultraortodossa lavora nel settore high-tech. Negli ultimi anni la percentuale è cresciuta e le donne ultraortodosse sono in prima fila per contratti con industrie tecnologiche. Tuttavia, Israele ritiene che le donne haredi abbiano grande potenziale per l'economia digitale e ha deciso di scommettere su di loro.
Per questo motivo, Scale-Up Velocity e Start-Up Nation Central hanno inaugurato un programma di formazione biennale dedicato alle donne haredi israeliane che frequentano seminari religiosi. Il progetto si chiama ADVA e include corsi di ingegneria software e di programmazione high-tech.
Il primo ciclo biennale è terminato a dicembre 2020. Tra le prime 20 iscritte, 13 ebree ultraortodosse hanno ottenuto un impiego in prestigiose aziende come Apple, Facebook, XM Cyber e Check Point Software Tecnologies.
Dunque, il tasso di occupazione è alto per chi frequenta il programma ADVA che si basa su un approccio a tre livelli: lezioni teoriche, esercitazioni pratiche e sviluppo di competenze interpersonali. Dopo il periodo di frequenza le iscritte acquisiscono competenze a metà tra una laurea in informatica e matematica. Inoltre, i docenti che formano le donne haredi sono altamente qualificati e provengono da importanti università israeliane.
Per creare il progetto ADVA sono stati investiti 3,1 milioni di dollari ma gli organizzatori hanno dichiarato che la cifra verrà recuperata attraverso le tasse ricevute dall'indotto del settore high-tech. Dunque la formazione ad alto livello non giova soltanto alle ultraortodosse disoccupate ma anche allo Stato israeliano.

(Bet Magazine Mosaico, 11 marzo 2021)


Egitto e Israele nel Mediterraneo

di Giancarlo Elia Valori

Un interessante articolo del giornalista israeliano Ophir Winter ci porta ad alcune riflessioni sul ruolo d'Egitto e Israele nel Mediterraneo.
   Il 15 gennaio 2020, il ministro dell'Energia Yuval Steinitz e il suo omologo egiziano, Tarek al-Mula, hanno annunciato l'inizio del flusso di gas naturale da Israele all'Egitto.
   La dichiarazione congiunta segna una pietra miliare nelle relazioni tra i due Paesi e dà ulteriore espressione al significativo aumento negli ultimi anni dell'importanza del quadrante mediterraneo nella politica estera, di sicurezza ed economica d'Egitto ed Israele.
   Questa tendenza è stata evidente anche nell'agenda del World Youth Forum (f. 2017) tenutosi nel dicembre 2019 a Sharm el-Sheikh. Nel 2019, il WYF si è riunito a Sharm el-Sheikh sotto gli auspici del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, con la partecipazione di circa settemila giovani da tutto il mondo.
   Il tema delle discussioni del forum, che l'Egitto ha organizzato dal 2017 al 2019, è stato quello di rafforzare la cooperazione tra i Paesi del Mediterraneo in una varietà di settori, tra cui: energia, occupazione, clima, scienza, immigrazione illegale e lotta al terrorismo.
   Gli incontri del forum sono stati dedicati sia agli interessi concreti dei Paesi del Mediterraneo sia agli aspetti più "morbidi" compresi i comuni denominatori storici e culturali che collegano i popoli che abitano le sue sponde. L'agenda del WYF ha messo a punto le politiche estere, di sicurezza ed economiche dell'Egitto, e i suoi tentativi di posizionarsi come uno dei principali Paesi dell'Asse nella regione.
   Israele è stato menzionato nel forum come un partner vitale negli accordi sul gas con l'Egitto e come membro a pieno titolo al suo fianco nel Forum sul gas del Mediterraneo orientale (EMGF), istituito al Cairo nel gennaio 2019 con la partecipazione di Cipro, Grecia, Italia, Giordania e Autorità Palestinese.
   Tuttavia, il ruolo di Israele rimane marginale nelle questioni mediterranee che vanno oltre il settore del gas, e quindi deve formulare una politica mediterranea globale che gli consentirà di esaurire ulteriori opportunità per sviluppare i suoi legami con l'Egitto e gli altri Paesi del bacino del Mediterraneo.
   L'Egitto attribuisce un'importanza crescente al Mediterraneo negli ultimi anni alla luce di tre sviluppi principali:
   a) la scoperta del giacimento di gas che soddisfa la maggior parte del relativo fabbisogno egiziano;
   b) l'istituzione nel gennaio 2019 dell'EMGF che spiana la strada affinché l'Egitto diventi il nodo regionale dell'energia, compresi i suoi obiettivi di stabilire un mercato regionale del gas, sviluppare risorse e infrastrutture e approfondire il coordinamento e il dialogo tra gli Stati membri;
   c) la minaccia rappresentata dalla Turchia alla promozione della cooperazione regionale sul gas a causa del suo rifiuto di riconoscere i confini marittimi di Cipro; le tensioni tra il Cairo e Ankara si sono addirittura intensificate dal novembre 2019 per il patto di demarcazione del confine marittimo firmato tra la Turchia e il Governo di Accordo Nazionale di Fayez al-Serraj in Libia.
   Un documento pubblicato dall'Egyptian Center for Strategic Studies (ECSS) in merito al WYF ha osservato che le scoperte di gas nel Mediterraneo orientale creano nuove dinamiche regionali, inclusa l'istituzione di blocchi economici, legami multilaterali, alleanze e controalleanze.
   È stato anche spiegato che l'Egitto offre a Israele e Cipro l'alternativa più economica all'esportazione di gas in Europa e in altri mercati grazie alla sua infrastruttura di gas liquefatto, che può essere ampliata a un costo relativamente basso quando necessario. L'Egitto, da parte sua, è interessato a rastrellare una quota dei profitti e rafforzare la sua posizione strategica come hub di esportazione del gas in Europa.
   Inoltre l'Unione per il Mediterraneo - un'organizzazione intergovernativa che raggruppa 42 Paesi europei e del bacino del Mediterraneo più la Libia come osservatore - ha discusso i modi per affrontare la crisi occupazionale nella regione, che ha il 12,5% dei suoi residenti disoccupati (per lo più giovani provenienti dai Paesi del Mediterraneo meridionale) e le sfide ambientali che includono il riscaldamento globale di circa il 20% superiore alla media globale.
   Un'altra sfida regionale è l'immigrazione illegale attraverso il Mediterraneo. L'Egitto sottolinea il proprio successo nel prevenire la migrazione di immigrati clandestini dal suo territorio in Europa dal 2016. Allo stesso tempo, è stato sostenuto ch'è necessario aumentare la cooperazione tra i Paesi "giovani" del Mediterraneo meridionale (circa il 60 per cento dei quali ha meno di 30 anni) e i Paesi del nord del Mediterraneo "che invecchiano", al fine di produrre una risposta integrativa alle esigenze del mercato del lavoro nell'area.
   Dal punto di vista dell'Egitto, la risposta include una serie di migrazioni legali dai Paesi del Mediterraneo meridionale all'Europa, insieme al rafforzamento della sicurezza e della stabilità dei Paesi del Mediterraneo meridionale in un modo che si renda loro più facile attrarre investimenti e creare posti di lavoro nei loro Stati.
   Negli ultimi anni, l'Egitto ha anche lavorato alla costruzione di un'identità mediterranea, che viene presentata alla giovane generazione egiziana come uno dei pilastri della personalità egiziana.
   La coltivazione dell'identità mediterranea esprime il desiderio dell'Egitto di irradiarsi dentro e fuori da un ethos regionale che fungerà da piattaforma per aumentare le interazioni nel Mediterraneo ed espandere il proprio segno di quella ch'è definita da millenni la Madre della Nazioni, punto d'incontro tra Continenti, Paesi, religioni e civiltà: ossia i fondamenti culturali e storici che fanno del Mediterraneo una regione e i suoi popoli una comunità. Israele non è assente dal discorso mediterraneo promosso dall'Egitto, ma il suo posto è rimasto finora marginale su temi che vanno oltre gli interessi del gas.
   Secondo l'Egitto, al centro della cooperazione mediterranea c'è il triangolo: Egitto, Grecia e Cipro, mentre Israele è un partner secondario il cui ruolo è limitato. Una pubblicazione dell'ECSS ha chiarito che Israele non potrebbe prendere parte alle periodiche manovre militari condotte da Egitto, Grecia e Cipro, sebbene condivida un concetto di sicurezza simile con i tre, e ha lasciato intendere che la sua presenza renderebbe difficile potenziare la cooperazione multilaterale nella regione.
   Nonostante le tradizionali riserve politiche che accompagnano le relazioni tra i due Paesi, il Mediterraneo è stato a lungo una nuova opportunità per Israele di approfondire i suoi legami con l'Egitto: in primo luogo, deve continuare ad espandere la cooperazione nel settore del gas e dell'energia attraverso il partner egiziano e sviluppare risorse e infrastrutture, bilaterali. coordinamento multilaterale e dialogo EMGF: funzionari governativi, società ed esperti di entrambe le parti.
   Egitto, Israele, Italia, Cipro, Grecia, Giordania e Palestina il 22 settembre 2020, hanno firmato lo Statuto dell'EMGF, che ha trasformato il Forum in un'organizzazione internazionale regionale con sede al Cairo, finalizzato a facilitare la creazione di un mercato del gas regionale nel Mediterraneo orientale e ad approfondire la collaborazione e il dialogo strategico tra i Paesi produttori, di transito e consumatori di gas naturale, in una zona che si conferma ricca di grandi opportunità: la Francia è entrata come membro a pieno titolo il 9 marzo 2021, mentre USA, UE ed Emirati Arabi Uniti in qualità di osservatori permanenti. Al Forum non partecipano Paesi quali Turchia e Libano a causa, rispettivamente, delle persistenti tensioni con Grecia e Cipro e della presenza di Israele.
   Però, a parte l'accordo predetto, Israele deve formulare una politica mediterranea globale con l'obiettivo di espandere la gamma di interessi comuni con l'Egitto e altri Paesi al di là del settore del gas. A tal fine, occorre esaminare la fornitura di input israeliani a favore di questioni mediterranee come l'ambiente, le energie rinnovabili, la desalinizzazione dell'acqua, la preparazione alle emergenze, l'istruzione, la scienza e l'occupazione.
   L'UpM può servire come utile piattaforma per l'integrazione israeliana in tali progetti regionali, e Israele dovrebbe considerare di allocare più risorse e manodopera per aumentare la sua influenza al suo interno.
   Inoltre Israele - come l'Egitto - può trarre vantaggio dal coltivare un'identità mediterranea, enfatizzando denominatori comuni per i Paesi della regione e valori di apertura reciproca, tolleranza e accettazione dell'altro.
   Infine l'UpM medesima ha il potere di agire per incoraggiare le interazioni tra i popoli del Mediterraneo, incontri di giovani e scambi culturali che contribuiscano a plasmare lo spazio comune.

(il denaro, 11 marzo 2021)


Israele - Via solo alcuni limiti. Ma la Pasqua sarà (quasi) normale

di Davide Frattini

Le bancarelle nelle stradine dietro al mercato di Tel Aviv sono tornate dopo mesi. Come ogni martedì e venerdì. Resta l'obbligo di girare con la mascherina tra i vasi fatti a mano, i taglieri di legno esibiti da un artigiano sceso dalle colline della Galilea, il miele prodotto nei boschi attorno a Gerusalemme. Resta pure il controllo della temperatura - una barriera rimovibile a creare il percorso obbligato - anche se da due giorni non sarebbe più previsto. Domenica i ristoranti hanno registrato migliaia di prenotazioni: chi vuole mangiare all'interno deve dimostrare con un certificato di avere ricevuto la seconda dose di vaccino da almeno una settimana o di essere guarito dal Covid-19 (vale anche per palestre, cinema o teatri). Tutti possono consumare di fuori, con una distanza di due metri tra i tavoli. Gli amIci o i famigliari ci arrivano insieme: cancellate le limitazioni al numero di persone che possono viaggiare in un'auto privata. Nei locali è possibile togliere la mascherina solo quando si è seduti, si sta mangiando o bevendo. Fra due settimane il Paese torna a votare per la quarta volta in due anni. Il premier Bibi Netanyahu annuncia che il «peggio è ormai alle spalle», che le famiglie potranno riunirsi la sera del Seder a celebrare la Pasqua ebraica: l'ipotesi è di innalzare entro il 27 marzo il limite per i ritrovi in casa, oggi è di 20 persone, e tranquillizzare sulla necessità di portare protezioni in un incontro con persone immunizzate e categorie non a rischio. Di permettere gli abbracci tra nonni e nipoti.

(Corriere della Sera, 10 marzo 2021)


Israele, minacce «No Vax» alla ricercatrice sui vaccini: «Sarai con Hitler all'inferno»

Una campagna di odio e di minacce lanciata sul web da sostenitori di No Vax si sta abbattendo in questi giorni contro la professoressa Galia Rahav, figura di spicco da un anno nella lotta al Covid nonché direttrice del laboratorio di ricerca sulle malattie infettive nel centro medico Sheba di Tel Aviv. Mentre le autorità sanitarie ancora esaminano la possibilità di passare nei prossimi mesi alla vaccinazione anti-Covid di bambini, contro Rahav sono comparse accuse roventi. Fra queste, riferisce Yediot Ahronot, che sarebbe stata pagata dalla Pfizer per influenzare il ministero della Sanità.
  Qualcuno ha anche inviato alla professoressa, figlia di sopravvissuti alla Shoah, un messaggio esplicito: «Ti auguriamo che Dio ti prenda presto, Amen. Sarai la vicina di Hitler, nell'inferno». Il ministero della Sanità di Israele è rimasto scosso dalle espressioni di odio. In un comunicato ha ricordato oggi che la professoressa Rahav si tiene a sua disposizione «in totale volontariato». Ha aggiunto che nella sua lunga e apprezzata carriera «essa ha salvato migliaia di vite umane. Respingiamo con sdegno - ha concluso il ministero - le accuse vergognose che le vengono rivolte».

 Il fenomeno No Vax in Israele
  Ma quello delle minacce no vax a medici e sanitari sembra essere un fenomeno più ampio in Israele. Secondo quanto riporta il "The Time of Israel", l'Associazione Medica Israeliana ha chiesto mercoledì l'apertura di un'indagine penale sulle minacce e istigazioni da parte di No Vax contro gli operatori sanitari che lavorano per promuovere la vaccinazione.
  I medici israeliani dichiarano di essere paragonati spesso ai nazisti: l'epidemiologo Prof. Hagai Levine, ha rivelato a Channel 12 di aver ricevuto telefonate e commenti online in cui è stato paragonato al criminale di guerra nazista Josef Mengele, che ha eseguito esperimenti medici sugli esseri umani. Altri medici, invece, vengono falsamente accusati di avere un interesse privato ed economico nelle società farmaceutiche che producono i vaccini.
    Oltre alle minacce, gli attivisti No Vax sono più volte scesi in piazza contro il governo per dirsi contrari alla somministrazione del vaccino anti-Covid. In una manifestazione all'inizio di questo mese a Tel Aviv, diverse centinaia di persone si sono riunite per protestare contro il programma governativo che garantisce ai vaccinati l'accesso ai luoghi pubblici rispetto a coloro che rifiutano l'iniezione. In quell'occasione erano apparsi striscioni che giudicavano il sistema del pass verde come forma di apartheid, tra tutti, anche uno striscione che paragonava il Green pass ai numeri tatuati dai nazisti sulle braccia dei detenuti dei campi di concentramento.

(Il Messaggero, 10 marzo 2021)


*

In Italia invece...

I «Me Vax»

di Massimo Gramellini

Ogni italiano intenzionato a vaccinarsi ritiene seriamente, e giustamente, di appartenere alla categoria che più di ogni altra ha diritto di essere vaccinata per prima. Ma questa convinzione, suffragata da secoli di storia, presenta purtroppo uno spiacevole inconveniente: poiché ogni corporazione ha una giustificatissima ragione per fare un passo avanti, alla fine tutte si ritrovano sulla stessa linea.
Le leggi, se possibile, complicano le cose. In molte regioni si è deciso di dare la precedenza a chi lavora nei servizi pubblici essenziali, ma in Italia è già complicato capire che cosa sia un servizio, figuriamoci un servizio pubblico, addirittura essenziale. In Toscana, per esempio, nel solo settore della scuola sono state individuate ventiquattro categorie meritevoli di saltare la fila, una delle quali portava la curiosa dicitura «Altro» e pare abbia avuto le adesioni più sorprendenti e variegate, comprese quelle di parecchi analfabeti. Senza contare l'estendibilità del diritto di prelazione ai parenti: il cognato di un servitore pubblico essenziale è o non è, in quanto cognato, un soggetto potenzialmente a rischio? C'è il serio pericolo di creare discriminazioni inaccettabili. Quando il professor Matteo Bassetti, dall'alto della sua scienza, considera prioritario inoculare il vaccino ai calciatori, forse non si rende conto di umiliare profondamente i pallavolisti, i rugbisti e i surfisti, non meno essenziali al benessere della Nazione. Persino più di certi virologi.

(Corriere della Sera, 10 marzo 2021)


Il BDS si unisce ad Hamas e Teheran contro gli Accordi di Abramo

di Paolo Castellano

Lupi travestiti da agnelli. Gli attivisti del movimento Boycott Divestment Sanction (BDS) contro Israele stanno collaborando attivamente con i gruppi terroristici palestinesi e il regime iraniano per screditare e delegittimare lo Stato ebraico attraverso campagne mediatiche in tutto il mondo. Non sorprende dunque che a fine gennaio il BDS abbia partecipato a un Forum internazionale dedicato allo screditamento degli Accordi di Abramo.
   Come riporta Foreign Desk News, è evidente la contraddizione del BDS nel promuovere l'uguaglianza e il rispetto dei diritti umani mentre collabora a stretto contatto con gruppi terroristici come Hamas, esponenti iraniani ed Hezbollah. La dimostrazione è la recente partecipazione al convegno anti-israeliano organizzato nei territori palestinesi e iraniani.
   Gli interventi del Forum contro la normalizzazione tra il mondo arabo e Israele sono dunque andati in onda nelle televisioni di Gaza e Teheran, inclusa una rete televisiva pro-Hezbollah. Per esempio, due dibattiti sono stati intitolati in questa maniera: Year to Confront Normalization e Together Against Normalization. Gli oratori degli eventi hanno insistito sulla delegittimazione di Israele e sulla pericolosità della normalizzazione diplomatica con Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco.
   Per di più, il dibattito avvenuto a Gaza è stato organizzato da The Global Campaign to Return to Palestine che include diversi gruppi del BDS che proclamano "il diritto al ritorno" e "il rifiuto della normalizzazione con l'occupazione israeliana". Questi messaggi sono coerenti con la linea del BDS che continuamente accusa Israele di adottare un regime di apartheid sui palestinesi. In alcuni paesi, come in Germania, il BDS è stato messo fuori legge e definito "un gruppo antisemita".
   Secondo un'inchiesta del 2018 condotta dallo Zachor Legal Institute "cinque organizzazioni terroristiche straniere fanno parte della coalizione del Comitato Nazionale BDS", tra cui Hamas, Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Fronte popolare del Comando generale per la liberazione della Palestina, Jihad islamica palestinese e Fronte di liberazione palestinese.
   Nonostante i rapporti col terrorismo, negli Stati Uniti gli attivisti BDS stanno ottenendo ampia copertura mediatica grazie al sostegno di alcuni gruppi di sinistra come Black Lives Matter. Anti-israeliani e antisemiti travestiti da progressisti.

(Bet Magazine Mosaico, 10 marzo 2021)


L'alleanza tra Israele e Azerbaigian, spiegata

di Emanuel Pietrobon

Russia, Turchia e Israele sono le tre potenze che hanno guadagnato maggiore terreno in Azerbaigian e nel Caucaso meridionale come risultato e conseguenza del modo in cui è terminata la seconda guerra del Nagorno Karabakh. L'esposizione russa e turca a Baku, e a latere nell'intera regione, è riflesso e manifestazione di una mescolanza di fattori e moventi culturali, geografici, etnici e religiosi, mentre l'ingresso israeliano - avvenuto nell'immediato post-indipendenza - è spiegabile attraverso le logiche della geostrategia ed inquadrabile nel contesto della guerra fredda con l'Iran khomeinista.
  Teheran, infatti, ha tentato a più riprese di stabilire una presenza protagonistica a Baku nell'ottica di incrementare la propria sicurezza fisica - la protezione del confine settentrionale - e di estendere ed espandere la propria influenza culturale su quel paragrafo di umma che crede in Alì e nei suoi discendenti, ovverosia lo sciismo - perché l'85% della popolazione azera sarebbe seguace, almeno sulla carta, dell'islam sciita. Le crescenti attenzioni iraniane sull'Azerbaigian, però, hanno dato vita all'inatteso: l'entrata in scena di Israele.

 L'arsenale azero parla ebraico
  Il ruolo israeliano è stato determinante nel permettere all'Azerbaigian di ottenere una vittoria totale sulle forze separatiste della repubblica non riconosciuta dell'Artsakh. Perché l'arsenale azero parla ebraico (e anche tanto) e il pubblico se n'è ricordato in occasione della seconda guerra del Karabakh Superiore, quando ha potuto vedere il passaggio di veicoli per il trasporto truppe come gli M-462 "Abir" e Ail Storm, assistere all'utilizzo di sistemi lanciarazzi come i Lynx Extra, i Lar 160 e i Lynx GradLAR e, infine, essere testimone della micidialità dei cosiddetti droni suicidi, o kamikaze, come gli Orbiter 2M, gli Heron, Harop e Searcher 2, gli Aerostar e gli Elbit Hermes 450 e 900.
  A ciò si aggiunga che, oltre a droni e veicoli, l'Azerbaigian ha a propria disposizione un piccolo arsenale di missili Lora (LOng Range Attack), una produzione all'avanguardia dell'Israeli Aerospace Industries (IAI).

 L'interscambio militare
  Curiosamente, ma non sorprendentemente, non è la Russia a ricoprire la prima posizione nella classifica del commercio di prodotti bellici e tecnologia militare con l'Azerbaigian: è Israele. Quest'ultimo, come riporta il prestigioso Institute for War and Peace Reporting, è stato il primo e principale fornitore di armamenti di Baku fra il 2015 e il 2019, essendo la fonte del 60% degli acquisti medi annuali, seguito a lunga distanza da Mosca (31%) e Ankara (3,2%).
  Il Ministero della Difesa di Israele non pubblica i dati relativi agli affari conclusi con i singoli Paesi, ma sono comunque disponibili alcune cifre utili a comprendere effettivamente il volume dell'interscambio. Secondo quanto dichiarato da Ilham Aliyev nel 2016, Baku avrebbe comperato armamenti sul mercato israeliano per 4 miliardi e 850 milioni di dollari nel corso degli anni,
  Il reinvestimento dei proventi petroliferi nell'ammodernamento e nell'elevamento della potenza militare, sostanzialmente reso possibile dal rifornimento presso il pioneristico mercato israeliano, ha superato la prova della storia lo scorso autunno, in occasione della guerra nel Nagorno Karabakh, e trasformato l'Azerbaigian in una potenza militare di primo livello. Secondo il Global Firepower 2020, infatti, Baku possiede il 64esimo esercito più forte del mondo - Erevan il 111esimo; una disparità palesatasi inevitabilmente durante le ostilità.

 Più che partner in armi, amici stretti
  Il modo in cui l'autorevole Centro Begin-Sadat per gli studi strategici descrive la nazione sudcaucasica è essenziale ai fini della comprensione dell'importanza e dell'estensione dell'asse azero-israeliano: "L'Azerbaigian è uno degli amici più stretti di Israele nel mondo islamico […] ed è altamente probabile che, nel prossimo futuro, le loro relazioni potranno soltanto migliorare in aree come la cooperazione scientifica, l'agricoltura e gli scambi culturali. […] Questi due piccoli Paesi localizzati nel Medio Oriente esteso hanno trovato la miscela unica per una relazione simbiotica di successo in un ambiente altamente insicuro".
  Tale simbiosi - un termine magniloquente - viene costantemente oliata ed aggiornata a mezzo di appuntamenti diplomatici di prim'ordine, come rammentano gli approdi a Baku di Shimon Peres (2009) e Benjamin Netanyahu (1997 e 2016), del ruolo di intermediazione svolto da alcune delle più importanti realtà dell'internazionale ebraica, come l'influente World Jewish Congress (2016), e degli accordi siglati periodicamente per intensificare ed estendere la cooperazione bilaterale.

 Dal commercio alla cultura
  Dati alla mano, Israele figura tra i principali partner commerciali dell'Azerbaigian: il 6,78% dei prodotti azeri ha avuto come destinazione il mercato israeliano nel 2019, specialmente di origine energetica e agroindustriale, e azero è il 40% del petrolio che viene consumato annualmente dagli israeliani.
  Commercio, energia e armamenti a parte, le relazioni bilaterali sono particolarmente fitte e solide anche nella cultura e nella cooperazione umanitaria. Medici volontari provenienti da Israele, ad esempio, da alcune settimane hanno fatto approdo a Baku con l'obiettivo di erogare cure specializzate a quei veterani della seconda guerra del Nagorno Karabakh che hanno subito ferite gravi in luoghi sensibili, come gli occhi.
  I dottori, che fanno parte di una missione umanitaria, stanno curando oltre centocinquanta pazienti richiedenti trattamenti oftalmologici e neurologici avanzati, dalla ricostruzione delle cavità anoftalmiche al restauro delle palpebre. I risultati conseguiti fino ad oggi sono straordinari: alcuni veterani hanno recuperato la vista integralmente.

 Le origini del sodalizio
  Israele e Azerbaigian hanno stabilito relazioni diplomatiche il 7 aprile 1992, sebbene il primo avesse riconosciuto l'indipendenza del secondo già nel dicembre dell'anno precedente. Ad ogni modo, il dialogo e la cooperazione tra le due nazioni erano forti anche in assenza di ufficialità: è nel corso della prima guerra del Nagorno Karabakh, invero, che avviene il primo incontro fra le armi israeliane e i soldati azeri.
  Israele era alla ricerca di alleati nel mondo musulmano ai fini della sicurezza nazionale e della stabilità regionale, mentre l'Azerbaigian aveva da poco ottenuto l'indipendenza dal Cremlino, sperimentato una tremenda guerra all'interno del proprio territorio e anelava ad evitare l'attecchimento dell'islam radicale sulla propria popolazione. Il primo possedeva armi da vendere, capitale per acquistare una vasta gamma di beni e servizi d'intelligence da fornire, il secondo aveva bisogno di ricostruire il proprio esercito e controllava tra i più ricchi giacimenti di idrocarburi dell'area transcaspica: v'erano, in breve, tutti gli elementi utili alla foggiatura di un sodalizio d'acciaio.
  Ultimo ma assolutamente non meno importante, l'Azerbaigian era (ed è) casa di un'antichissima ed integrata comunità ebraica composta da circa 30mila persone, ergo di un punto di contatto sul quale Israele avrebbe potuto fare leva nel percorso di stabilimento del partenariato. La storia ha dimostrato che la leva e gli interessi convergenti sono stati sfruttati magistralmente da ambo le parti.

(Inside Over, 10 marzo 2021)


Tutte le contraddizioni della macchina dell'odio anti-israeliana

Si tratta di stabilire se la cosiddetta "Palestina" esista o meno. Non può esistere quando si tratta di attivare la Corte Penale Internazionale per poi tornare a non esistere quando si chiede l'intervento di Israele per le vaccinazioni COVID.

di Franco Londei

Siamo appena ai primi di marzo e l'anno per Israele si è aperto con una sequela di atti diffamatori da parte di alcune ONG e addirittura della Corte Penale Internazionale.
La prima campagna diffamatoria a partire è stata quella lanciata da alcune ONG in merito al presunto obbligo da parte di Israele di vaccinare i palestinesi di Gaza e di Giudea e Samaria (Cisgiordania) o almeno di controllare che tutto fosse stato fatto per bene.
Israele non è obbligato a vaccinare i palestinesi in primo luogo perché sono gli stessi palestinesi a non volerlo in quanto gli accordi tra lo Stato Ebraico e l'Autorità Palestinese (AP) prevedono che sia quest'ultima a doversi occupare della sanità in Cisgiordania.
E questa è la prima vera contraddizione nella quale cadono le ONG (Amnesty International e le altre) quando il 23 dicembre lanciano una campagna per fare pressione su Israele affinché "adempia ai propri doveri e responsabilità morali nei confronti dei palestinesi di Gaza e della Cisgiordania" in merito alle vaccinazioni o almeno, visto che la AP si è già accordata con i russi per il vaccino Sputnik, che questo rispecchi i parametri della agenzia di controllo israeliana.
Ma come, fino a poche settimane prima facevano pressione su mezzo mondo affinché si riconoscesse la cosiddetta "Palestina" come uno Stato indipendente e adesso improvvisamente la cosiddetta "Palestina" non è più in grado di essere autosufficiente tanto da "obbligare" Israele a intervenire?
Delle due l'una. O la cosiddetta "Palestina" è uno stato indipendente e quindi in grado di essere autosufficiente sia a livello sanitario che economico, oppure semplicemente non esiste.
E a rafforzare questa contraddizione c'è la Corte Penale Internazionale che vorrebbe mettere sotto accusa Israele per crimini di guerra anche se Israele non aderisce al Tribunale Internazionale ma in quanto però vi aderisce lo Stato che non c'è, cioè la cosiddetta Palestina.
Si tratta quindi di stabilire se la cosiddetta "Palestina" esista o meno. Non può esistere quando si tratta di attivare la Corte Penale Internazionale per poi tornare a non esistere quando si chiede l'intervento di Israele per le vaccinazioni COVID.
Non sono contraddizioni da niente perché se non vengono mai segnalate da nessuno succede che attivano un meccanismo dell'odio anti-israeliano per niente facile da sostenere.
Eppure nessuno, tanto meno in Europa, le fa notare e si continua a finanziare impunemente sia le ONG che alimentano questo meccanismo che la stessa Autorità Palestinese che sta benissimo in questo mondo di mezzo, in questa sorta di isola che non c'è che è la Palestina.

(Rights Reporter, 10 marzo 2021)


Pandemia, Cisgiordania-Gaza: terapie intensive oltre il 100%,

Ospedali al collasso e proteste per disparità nelle vaccinazioni a Gaza e Ramallah

GERUSALEMME - In alcune aree della Cisgiordania, gli ospedali e le unità di terapia intensiva sono affollate di pazienti colpiti dalla pandemia e operative al 100% della capacità. È l'allarme lanciato dal Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh, il quale aggiunge che le città della regione hanno introdotto un confinamento rigido per le prossime due settimane appunto per contenere la diffusione del nuovo coronavirus, mentre Israele ha iniziato ad allentare le restrizioni in seguito alla massiccia campagna vaccinale.

 Aumento esponenziale dei decessi
  "La percentuale di letti occupati in alcune zone ha superato il 100% - ha sottolineato Shtayyeh dal suo ufficio a Ramallah - il numero dei pazienti è in crescita - ha aggiunto - e il numero dei morti sta salendo su base quotidiana, forzandoci a prendere misure stringenti, dirette e senza precedenti". Con una popolazione di 5,2 milioni di abitanti fra Cisgiordania e Gaza, i palestinesi hanno potuto beneficiare sinora di circa 37mila dosi di vaccino, che sono donazioni da parte di Israele e Russia, oltre alle 20mila inviate dagli Emirati Arabi Uniti (Eau) alla Striscia di Gaza. In Israele, il 53% dei 9 milioni di abitanti ha ricevuto almeno una dose del vaccino Pfizer/BioNTech e il 38% le due dosi.

 Il malcontento verso i leader palestinesi
  Le disparità hanno acuito l'insofferenza e il malcontento della popolazione palestinese verso i propri leader, accusata di aver riservato il 10% delle poche dosi ricevute a vip e personalità di primo piano, relegando ai margini anziani o malati cronici, i soggetti più esposti al virus. Da Ramallah Firas Narawesh afferma che il governo ha fallito nel fornire le dosi ai cittadini comuni e "ha adottato una distribuzione ingiusta e ineguale, con evidenti segni di favoritismo e corruzione". In Palestina si sono registrati sinora quasi 200mila casi della Covid-19, con più di 2100 vittime.

(la Repubblica, 10 marzo 2021)


Igi Poseidon (Edison-Depa) firma accordo con Israele su progetto gasdotto Eastmed

ATENE - La joint venture italo-greca Igi Poseidon ha annunciato di aver firmato un accordo con Israel Natural Gas Lines Company per collaborare alla costruzione degli impianti per collegare Israele a un gasdotto in progetto nel Mediterraneo orientale.
Grecia, Cipro e Israele lo scorso anno hanno firmato un accordo per la costruzione del gasdotto Eastmed, che è in programma da diversi anni e che punta a trasportare il gas dai siti offshore di Israele e Cipro alla Grecia e all'Italia per aiutare l'Europa a diversificare le risorse energetiche.
Igi Poseidon, joint venture tra Edison e Depa, società statale greca di distribuzione del gas, ha detto che l'accordo con la società israeliana, che rinnova un memorandum d'intesa del 2019, punta a collegare il progetto Eastmed al sistema di trasmissione israeliano e a facilitare i flussi di gas dal Mediterraneo orientale verso l'Italia e l'Europa, attraverso Cipro.
Le due parti coopereranno alla pianificazione e alla concessione di licenze per le strutture necessarie in Israele per l'Eastmed, ha detto Igi Poseidon in un comunicato.
Israel Natural Gas Lines, di proprietà dello stato, ha dichiarato che il collegamento consentirà al gas di confluire da tutti i giacimenti israeliani.
Grecia, Cipro e Israele puntano a raggiungere una decisione finale sull'investimento sull'Eastmed entro il 2022 e a completare il gasdotto da 6 miliardi di euro entro il 2025.

(Reuters, 9 marzo 2021)


*


EuroAsia Interconnector, quando parte la nuova autostrada elettrica sottomarina

Cipro, Grecia e Israele firmano un memorandum d'intesa per la cooperazione in relazione al progetto "EuroAsia Interconnector": una vera e propria autostrada elettrica con un mega cavo sottomarino dalla capacità totale di 2000 MW

di Francesco De Palo

Non solo gas. Sta partendo una vera e propria autostrada elettrica con un mega cavo sottomarino dalla capacità totale di 2000 MW per collegare l'Asia e l'Europa. Con una lunghezza totale di 1.208 km crea un percorso alternativo affidabile per il trasferimento di energia elettrica da e verso l'Europa. Ecco l'EuroAsia Interconnector, il nuovo corridoio elettrico dal Mediterraneo orientale all'Europa, attraverso Cipro. Cipro, Grecia e Israele hanno firmato un memorandum d'intesa per la cooperazione.

 INTERCONNECTOR
  L'opera in questione rappresenta un passo deciso verso l'integrazione di più Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) nel loro mix energetico, migliorando così la loro capacità di rispettare gli impegni previsti dall'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Il progetto consentirà ai paesi coinvolti di cogliere le grandi opportunità che si aprono nel campo del green development, contribuendo nel contempo alla salvaguardia dell'ambiente. La firma è giunta oggi a Nicosia dai tre ministri dell'energia di Cipro, Grecia e Israele (Natasa Pileidou, Costas Skrekas e Yuval Steinitz) che considerano il progetto "Euroasia Interconnector" come un eccezionale passo avanti, definendolo una pietra angolare degli sforzi per passare a un'economia verde, pienamente in linea con gli sforzi per proteggere l'ambiente.
Per quanto concerne Cipro, la revoca dell'isolamento energetico rafforzerà la competitività economica da un lato e un mercato elettrico completamente liberalizzato entro il 2022 dall'altro. Ma è alla voce geopolitica che si riscontrano segnali significativi. Tel Aviv considera la firma un segno di amicizia, una sorta di alleanza speciale tra i tre paesi, definite "le tre Repubbliche del Mediterraneo orientale, Grecia, Cipro e Israele", senza dimenticare il ruolo dell'Egitto.

 GEOPOLITICA
  Si è, in sostanza, cementata a queste latitudini una nuova partnership sotto il comune denominatore del dossier energetico. Non solo gas, ma anche elettricità dunque: lo dimostra l'incontro di domani al Cairo, nell'ambito del Forum del gas del Mediterraneo orientale, al quale partecipano, oltre ai tre paesi, anche Egitto, Italia, Giordania e Autorità Palestinese (mentre ci sono domande di adesione dalla Francia e gli Stati Uniti come è noto vorrebbero aderire sotto lo status di osservatori). Già ribattezzata la Opec del gas, il Forum punta a rappresentare uno strumento diplomatico e geopolitico sulle nuove pipeline del Mediterraneo orientale, capaci non solo di trasportare il gas da Israele al Salento, ma anche di costruire relazioni ed influenze di nuovo conio. Una di esse riguarda proprio l'asse Tel Aviv-Nicosia.

 APHRODITE-YISHAI
  Dopo un'anticamera durata nove anni, Israele e Cipro hanno raggiunto un'intesa sulle riserve di gas a cavallo del loro confine marittimo. Il giacimento Aphrodite-Yishai è di fatto un giacimento transfrontaliero di gas naturale ma i due governi non sono stati in grado di raggiungere un accordo circa il relativo sfruttamento commerciale. Due anni fa Cipro aveva firmato una concessione di 25 anni con Noble Energy, Shell e Delek Drilling per lo sfruttamento di Afrodite. Ma Israele chiedeva un accordo prima di procedere alla sovrapposizione. Si tratta di un giacimento rilevantissimo che ha in pancia 4,1 trilioni di piedi cubi di gas.
Adesso i due governi consentiranno alle società coinvolte su entrambi i lati della linea di demarcazione tra le zone economiche esclusive di Cipro e Israele di sedersi insieme ad un tavolo e programmare, entro il prossimo semestre, un vademecum di intese dettagliate. In questo modo i players privati presenti saranno meglio armonizzati nelle singole attività. Un passo che fortifica ulteriormente le relazioni tra Israele e Cipro, anche con "vista Turchia" dal momento che Ankara rivendica apertamente quel gas presente nelle acque di Cipro nord, la parte che la Turchia ha invaso e occupato dal 1974.

 QUI UE
  Spettatore molto interessato di questa partita è l'Ue: la grande scommessa per l'Unione europea è ridurre la sua completa dipendenza dai Paesi terzi diversificando contemporaneamente le fonti di energia e mantenendo un equilibrio politico con questi Paesi. Se alla voce gas oggi la Russia è il principale fornitore dell'Europa, coprendo circa il 40% del suo fabbisogno, Washington, a sua volta, sta marciando spedita verso l'indipendenza dell'Europa dal gas russo tramite l'utilizzo della Grecia.
Ma l'Europa non ha bisogno solo del gas. La feroce concorrenza nel GNL ha anche consentito che la transizione dal carbone e dal petrolio fosse accelerata. Qui entra in scena l'elettricità, per prezzo e ambiente pulito, due fattori che sono stati colti da Israele prima di tutti gli altri.
Tel Aviv oggi ha il 50% dell'elettricità generata dal gas naturale. Gli israeliani hanno utilizzato anche la produzione dei primi giacimenti nella produzione di elettricità che ha portato automaticamente alla riduzione dei prezzi e utilizzando regolarmente l'elettricità in settori strategici del paese. L'Europa, che utilizzerà anche il gas naturale per generare elettricità, osserva e pensa al modello israeliano.

(Formiche.net, 9 marzo 2021)


Nella città natale di Abramo nessun ebreo è stato invitato

di Sharon Nizza

«Nella città natale di Abramo, non c'era un ebreo, né è stata menzionata una comunità di 2.500 anni, oggi estinta». Tzionit Fattal, ricercatrice che ha pubblicato un romanzo sulla storia degli ebrei iracheni, pubblicato anche in arabo nel 2017, esprime amarezza per ciò che «è parte del percorso di cancellazione della storia ebraica in Iraq: dai libri di storia, dai nostri luoghi di culto, convertiti in moschee, ridotti a discariche, o distrutti dall'Isis come la tomba del profeta Giona a Mosul». Fattal intrattiene una fitta rete di contatti con ricercatori in Iraq che sostengono che «la sorte dei cristiani sarà quella degli ebrei». La comunità ebraica contava 150 mila anime fino agli anni '50.
Anche il parlamentare liberale Faiq Sheikh Ali ha criticato su Twitter la decisione del governo di escludere gli ebrei: «Codardia, negazione e disprezzo verso gli ebrei iracheni è ciò che ha impedito che venissero invitati».

(la Repubblica, 9 marzo 2021)



In Israele, gli scienziati hanno scoperto l'elmo di un antico guerriero greco, che ha 2600 anni

Un guerriero greco indossava un elmo di bronzo quasi 3mila anni fa.
Gli archeologi sono rimasti piacevolmente sorpresi quando sono incappati in un elmo di bronzo ben conservato indossato da un guerriero greco quasi 3mila anni fa in un porto israeliano nel bacino del Mediterraneo, scrive Express.
Gli scienziati ritengono che l'elmo sia stato realizzato nel VI secolo a.C. - in un momento in cui le città-stato greche erano in conflitto con l'impero persiano. Secondo l'Israel Antiquities Authority (IAA), l'elmo è un classico stile corinzio di armatura per la testa, che prende il nome dalla città greca di Corinto.
Nonostante il fatto che l'armatura sembri arrugginita e incrinata dopo 2.600 anni in acqua, è abbastanza ben conservata. Un intricato motivo a coda di pavone è ancora visibile nella parte superiore del manufatto. Gli archeologi dicono che questo è l'unico elmo del suo genere trovato al largo della costa di Israele.
Il manufatto è stato scoperto da una draga olandese in una città portuale nel nord di Israele. Il proprietario della nave, Hugo van de Graaf, ha donato il ritrovamento all'IAA ed è ora in mostra al Museo Marittimo Nazionale di Haifa.
L'elmo è stato sapientemente realizzato da un unico foglio di bronzo usando il calore e un martello. Questo approccio ha fornito protezione per la testa del guerriero e ha permesso di rendere l'armatura leggera, dicono gli scienziati.
Secondo una versione, l'elmo ornato potrebbe essere appartenuto a un mercenario che ha combattuto al fianco del faraone egiziano Necho II. Gli esperti hanno anche suggerito che fosse indossato da un guerriero greco su una nave da guerra nel Mediterraneo. La nave e il suo equipaggio potrebbero essere affondati o l'elmo è semplicemente caduto in acqua.
Riteniamo che l'armatura molto probabilmente appartenesse a un guerriero greco che era su una delle navi da guerra della flotta greca che partecipò al conflitto navale contro i persiani che all'epoca governavano il paese, afferma Koby Sharvit, direttore dell'Israel Antiquities Authority's divisione navale.
Le guerre greco-persiane si sono svolte nel V secolo a.C. e durò per circa 50 anni - dal 499 al 459 a.C. Tuttavia, divamparono molto prima, nel VI secolo, quando l'imperatore persiano Ciro II il Grande conquistò la regione greca della Ionia.
Questi scontri hanno combattuto alcune delle più grandi e importanti battaglie nella storia della guerra antica, come la battaglia di Maratona e la battaglia delle Termopili.
Secondo gli esperti, l'elmo completamente chiuso era adornato con un pettine di crine di cavallo. Proteggeva completamente la testa, ma la vista era limitata a causa del naso e del viso chiuso. Gli elmi appartengono a rari reperti e si trovano solitamente nei luoghi di sepoltura di nobili guerrieri o di grandi battaglie.

(yyahoo.com, 9 marzo 2021)


Il mondo arabo vuole collaborare con Israele. Soprattutto Egitto ed Emirati Arabi Uniti

di Paolo Castellano

Nelle ultime settimane si sono verificati due importanti episodi per la politica israeliana nel Medioriente e per la riappacificazione dei rapporti diplomatici con il mondo arabo. Gerusalemme ha infatti accolto due importanti visitatori: il ministro egiziano del Petrolio e delle Risorse minerarie Tarek Al-Mulla e il neo-ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Mohamed Al Khaja. Per entrambi è stata la prima visita in Israele. Un evento storico per lo Stato ebraico.
   Come riporta il Jerusalem Post, queste due visite hanno una doppia valenza per la politica israeliana: in primis si sta consolidando il clima di collaborazione avviato nel 2020 con gli Accordi di Abramo. Oggi Israele non è più un partner da mettere in un angolo e diversi Stati arabi come Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan hanno compreso le future potenzialità di un'amicizia con gli israeliani.
   Dunque, nonostante abbia siglato una pace con Israele nel 1979, sulla scia delle normalizzazioni diplomatiche, anche l'Egitto è tornato a dialogare con lo Stato ebraico, soprattutto sui temi economici. In ballo c'è la distribuzione del gas estratto dal maggior giacimento israeliano chiamato Leviathan, che l'Egitto tratterà nei suoi impianti di liquefazione nelle località di Damietta e Edku.
   Incontrando il premier israeliano Benjamin Netanyahu e altri rappresentanti istituzionali israeliani, il ministro egiziano Al-Mulla ha infatti firmato un accordo con Israele sulla distribuzione del combustibile fossile in Asia ed Europa attraverso l'attuale rete di gasdotti. In questo senso, la rinnovata collaborazione potrà essere il punto di partenza per risollevare le economie dei due paesi, danneggiate dalla pandemia Covid-19.
   Anche le relazioni con gli Emirati Arabi Uniti sembrano procedere ottimamente. L'arrivo dell'ambasciatore emiratino Mohamed Al Khaja a Gerusalemme ha concretizzato la percezione di una svolta storica nella Regione. Nei prossimi mesi, Israele ed Emirati Arabi Uniti collaboreranno nel campo dell'high-tech, delle missioni spaziali e dell'imprenditoria.

(Bet Magazine Mosaico, 9 marzo 2021)


Israele vaccina oltre 120.000 lavoratori palestinesi

È partita ieri la campagna per la vaccinazione di oltre 120.000 palestinesi che lavorano in Israele. I primi a ricevere la dose di vaccino sono stati i lavoratori in transito al checkpoint di Jaba'a vicino a Beit Shemesh.
Da oggi saranno almeno otto le stazioni di vaccinazione e i medici israeliani sperano inizialmente di immunizzare almeno mille palestinesi al giorno.

 Diffidenza e ancora odio
  Sui social palestinesi è scattata subito la rincorsa a chi odia di più e in molti post viene evocata con chiarezza la teoria del complotto avvertendo chi si vaccina che potrebbe incorrere in gravi problemi.
Addirittura c'è chi dice che i vaccini inoculati dagli israeliani contengano una specie di batterio che fa ammalare i vaccinati e i loro famigliari. Una specie di guerra biologica contro i palestinesi.
Per fortuna che nessuno (o pochissimi) degli oltre 120.000 lavoratori palestinesi che operano in Israele crede a queste menzogne e la vaccinazione ieri mattina è proseguita senza intoppi.

 Il vaccino ai palestinesi di Giudea e Samaria
  Ma la vera polemica è scoppiata sulla vaccinazione della popolazione araba residente in Giudea e Samaria (la cosiddetta Cisgiordania).
In molti accusano Israele di essersi completamente disinteressato della vaccinazione dei palestinesi proprio mentre in Giudea e Samaria si assiste ad un seria ondata di contagi.
Ma, secondo gli accordi tra Israele e Autorità Palestinese, va proprio a quest'ultima la gestione delle questioni riguardanti la sanità e non a Israele. È quindi l'Autorità Palestinese a doversi far carico di vaccinare la propria popolazione.
Invece con i pochi vaccini ricevuti, che dovevano servire a vaccinare il personale sanitario in prima linea, ci si sono vaccinati i leader palestinesi e le loro famiglie. Indifferenti alla popolazione, come sempre.

(Rights Reporter, 9 marzo 2021)


"I Giusti, gli ebrei e lo Yad Vashem: attacco pretestuoso e inaccettabile"

Ha suscitato sgomento e indignazione nel mondo ebraico lo scomposto e irresponsabile intervento che il giornalista Antonio Ferrari ha dedicato alla Memoria e al dibattito sul modo più idoneo di diffondere il valore e l'esempio dei Giusti. La Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni è intervenuta con una vibrata protesta rivolta al direttore del Corriere della sera Luciano Fontana per i contenuti "inaccettabili" e "pericolosi" veicolati in un podcast pubblicato in queste ore sul sito del quotidiano, invitando la direzione della prestigiosa testata ad esercitare maggiore attenzione.
   L'intervento di Ferrari, denuncia la Presidente UCEI, contiene parole superficiali e irresponsabili da cui l'Unione si dissocia fermamente ed auspica che altrettanto Gariwo faccia con fermezza.
Grave e offensivo, viene fatto notare, il distinguo tra certi e altri ebrei che rafforza e legittima chi è portatore di odio. Confuso e totalmente avulso da ogni corretto riferimento il distinguo tra valorizzazione dei Giusti promossa dal progetto Gariwo e l'impegno di Memoria sulla Shoah con la sua assoluta unicità che andava, al contrario esatto, riaffermata ancora una volta anziché aggiungere confusione a quella già ampiamente diffusa.
   Gli ebrei italiani, sottolinea Di Segni, sono assolutamente uniti nel riaffermare l'unicità della Shoah e dei Giusti riconosciuti da Yad vashem e nell'appello ad evitare ogni sorta di confusione e comparazione voluta o disattenta rispetto ad altri genocidi e il concetto di Giusti.
   Pretestuosa e inaccettabile: sono questi gli aggettivi con cui l'illustre demografo e politologo israeliano Sergio Della Pergola, esponente della comunità degli Italkim e componente della Commissione dei Giusti di Yad Vashem, ha definito la contraddizione posta da Ferrari nel suo intervento.
"La Commissione di cui ho l'onore di fare parte - ha affermato Della Pergola - svolge un lavoro di accurata indagine storica, lontana da qualsiasi pregiudizio o venatura ideologica. Il nostro lavoro riflette il dovere morale degli ebrei salvati (fra cui io stesso) nei confronti dei coraggiosi che hanno messo a rischio la propria vita per salvarne un'altra".
   La connessione tra questa attività moralmente doverosa e il fanatismo, denuncia Della Pergola, non solo "è del tutto ingiustificata", ma semmai "eccita il pregiudizio e l'odio". Sostanzialmente, conclude, "non esiste nessuna contraddizione fra il riconoscere chi ha salvato degli ebrei e chi ha manifestato atti di coraggio nei confronti di altri".
   Con riferimento alla Giornata dei Giusti dell'umanità da poco celebrata, Ferrari aveva sostenuto la tesi che "gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l'idea che ci siano altri Giusti nel mondo: per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah, l'Olocausto, la tragedia più terribile del secolo scorso". Secondo Ferrari, "al Giardino dei Giusti di Gerusalemme l'ostinazione ha vinto per anni". Al vertice opposto, nella sua ricostruzione, l'impegno di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo e ideatore della Giornata: "Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall'inizio, errori e pregiudizi".
   Afferma ancora il giornalista: "Sostiene Nissim che Giusti sono anche coloro che hanno lottato e lottano per la difesa dei diritti umani, contro tutti i totalitarismi. Idea forte, anzi fortissima. Perché in questo mondo che non ama il coraggio delle proprie idee, vengono invece premiati i quaquaraquà, come ricordava il grande Leonardo Sciascia. Insomma si celebrano i reclusi, soprattutto nell'estrema destra, nella prigione delle loro certezze". Ferrari chiama poi in causa il Memoriale israeliano: "Hanno accusato Nissim di tutto e di più, ma lui ha resistito e ha voluto creare il primo Giardino dei Giusti aperto e inclusivo, sul Monte Stella di Milano. Mi è stato facile avvicinarmi a lui e difenderlo fin dove possibile, accettando con gioia di diventare uno degli ambasciatori di Gariwo".
   
(moked, 9 marzo 2021)


*


La Giornata dei Giusti fa svanire le critiche

Ora si celebra in mezzo mondo. Le resistenze dei tradizionalisti. Papa Francesco in Iraq per un mondo "inclusivo" senza muri.

di Antonio Ferrari

Il mondo è già radicalmente cambiato. Una mutazione inevitabile, accentuata non soltanto dal virus mortale della pandemia, ma dalla necessità di ripensare complessivamente la nostra vita, che non sarà mai più come prima. Ci sono i resistenti, inchiodati alle certezze e alle prigioni ideologiche del passato. Ma ci sono anche coloro che guardano avanti e rifiutano i più decrepiti luoghi comuni. Dico questo perché si è appena celebrata la Giornata dei Giusti nel mondo, approvata dall'Unione europea. Una Festa che dobbiamo ad un uomo ostinato e coraggioso, Gabriele Nissim, che ne è stato il vero creatore. Nissim non è stato esaltato da tutti. Da ebreo coraggioso ha denunciato, sin dall'inizio, errori e pregiudizi. Soprattutto nel suo mondo, dove gli ebrei tradizionalisti, nazionalisti, ottusi e bacchettoni non sopportano, anzi odiano l'idea che ci siano altri Giusti nel mondo. Per loro i Giusti sono soltanto i gentili che salvarono la vita degli ebrei durante la Shoah, l'Olocausto, la tragedia più terribile del secolo scorso. Nissim sostiene invece che Giusti sono anche coloro che hanno lottato e lottano per la difesa dei diritti umani, contro tutti i totalitarismi. Idea forte, anzi fortissima. Perché in questo mondo che non ama il coraggio delle proprie idee, vengono invece premiati i quaquaraquà, come ricordava il grande Leonardo Sciascia. Insomma si celebrano i reclusi, soprattutto nell'estrema destra, nella prigione delle loro certezze. Al Giardino dei Giusti di Gerusalemme, l'ostinazione ha vinto per anni. Per chi conosce sufficientemente bene Israele, per esperienza vissuta in decenni, anche allo Yad Vashem, come chi vi parla, è la triste verità. Hanno accusato Nissim di tutto e di più, ma lui ha resistito e ha voluto creare il primo Giardino dei Giusti aperto e inclusivo, proprio sul Montestella di Milano. Mi è stato facile avvicinarmi a lui e difenderlo fin dove possibile, accettando con gioia di diventare uno degli ambasciatori di Gariwo. Ma la gigantesca notizia di quest'anno è che tra gli ambasciatori è entrato Mordecai Paldiel, per 23 anni capo del dipartimento dei Giusti di Yad Vashem, che ha deciso negli Stati Uniti di sposare la causa dei Giusti, allargando il campo e inneggiando all'inclusione, quindi ben oltre i confini di coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione che si concludeva nei campi di sterminio. È un passo storico e già immagino le critiche dei nazionalisti e dal solito codazzo servile. Ma anche i nuovi Giusti, che sono stati celebrati sul Montestella e che abbiamo scelto per questo 2021 con voto unanime, ci riempiono di gioia. Penso a chi andrà a far compagnia a Nelson Mandela e a Vaclav Havel. E cioè all'ebrea americana Ruth Bader Ginsburg, al cinese Liu Xiaobo e alla moglie Liu Xia, e in particolare allo svedese Dag Hammarskjold, ex segretario generale delle Nazioni Unite, morto in un misterioso incidente aereo nel 1961. E poi a coloro che verranno ricordati nei tanti Giardini virtuali in giro per il mondo. Un mondo che cambia profondamente, come dicevamo. Con un Papa straordinario come Francesco che è arrivato in Iraq, dove incontrerà, a Najaf, il leader spirituale sciita Al Sistani. Siamo alla realizzazione, con poche parole ma con tanti fatti quel "Fratelli tutti", che riflette alla perfezione la coraggiosa linea del pontefice, molto legato alla Comunità di S.Egidio, che per prima ha voluto sostenere, in decine di incontri, che siamo tutti umani e che non ci sono differenze. So quanto la linea della Comunità di S.Egidio abbia spesso scatenato la rabbia e il profondo fastidio dei tradizionalisti. Ma i risultati sono davvero importanti. A parte qualche diplomatico bacchettone, che rifiuta di riconoscere, per pigrizia o semplice ignoranza, dal verbo ignorare, il lavoro che viene fatto in favore di deboli, diseredati e profughi, l'avanzata inarrestabile del dialogo fra tutte le religioni e i laici non si fermerà. Davvero straordinaria l'iniziativa di tre congregazioni locali, decisa a Berlino, di costruire una chiesa per tre fedi, che guarda al futuro, accogliendo assieme cattolici, ebrei e musulmani. La chiesa si chiamerà "churmosquagoga", cioè la sigla- sintesi di chiesa, moschea e sinagoga. Fantastica idea. Questo è il nuovo mondo, che mi riempie di entusiasmo. Non ho mai nascosto la mia attrazione per la grande collega Rula Jebreal: araba israeliana, quindi musulmana; sposata con un ebreo, e madre di una ragazza battezzata cattolica. Crediamoci. Il futuro inclusivo e senza più muri sarà sicuramente migliore.

(Corriere TV, 8 marzo 2021)


Iran: se Israele ci attacca raderemo al suolo Tel Aviv e Haifa

di Sarah G. Frankl

Se Israele ci attacca raderemo al suolo Tel Aviv e Haifa. Lo ha detto veramente e pure con una certa convinzione il Ministro della Difesa iraniano, Amir Hatami.
«A volte il regime sionista [Israele] per disperazione fa grandi affermazioni contro la Repubblica islamica dell'Iran presumibilmente per minacciarla» ha detto ieri il Ministro iraniano parlando durante una cerimonia pubblica.
«Ma deve sapere che se fa anche una semplice dannata cosa, raderemo al suolo Tel Aviv e Haifa» ha poi aggiunto Amir Hatami.
Poi si è vantato del fatto che l'Iran attraverso diversi gruppi (terroristici n.d.r.) mantiene il controllo del potere nella regione e che è veramente in grado di fare quello che dice.
Le minacce del Ministro della Difesa iraniano sembrano essere una risposta alle parole pronunciate qualche giorno fa dal Ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, che aveva ammonito il mondo sul fatto che se non avesse fatto niente per fermare l'Iran, Israele lo avrebbe fatto da solo.

(Rights Reporter, 8 marzo 2021)


L'ebraismo e altre forme di vita extraterrestri: un dibattito

di Michael Soncin

"C'è vita su Marte? L'ebraismo e la possibilità di vita sugli altri pianeti". È il nome della conferenza tenutasi la sera di giovedì 4 marzo su zoom, organizzata dalla Comunità Ebraica di Pisa e dal MEIS -Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah. A parlare della possibilità di forme di vita extraterrestri e di come il mondo ebraico possa vedere tale prospettiva è stato Rav Gianfranco Di Segni, biologo presso l'Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR - Consiglio Nazionale Delle Ricerche. L'evento fa parte di un ciclo di lezioni dedicate alla memoria di Rav Giacomo Augusto Hasdà, (1869-1943), rabbino di Pisa deportato e ucciso ad Auschwitz. Tra i partecipanti vi erano anche Rav Amedeo Spagnoletto, direttore del MEIS e Maurizio Gabbrielli, presidente della Comunità Ebraica di Pisa.

 Studiare la Torah, sempre, anche se tramite spunti apparentemente 'inconsueti'
  Le esplorazioni spaziali sono ormai all'ordine del giorno, le nuove tecnologie ci hanno permesso di individuare centinaia di pianeti - seppur lontanissimi da noi e al momento impraticabili - con caratteristiche simili alla Terra, tali da renderli dei potenziali candidati ad ospitare forme di vita. È quindi lecito chiedersi se al di fuori del nostro pianeta esistano effettivamente altri viventi. "Si tratta di un tema assolutamente pertinente, specialmente in un momento in cui le indagini su Marte diventano sempre più consistenti. Di spunti ce ne sono molti, pensiamo all'ebraismo quando crea una relazione con gli esseri celesti, pensiamo anche alla Cantica di Deborah, nel libro dei Giudici, e alla possibilità che ci sia vita negli astri esterni alla Terra", commenta Spagnoletto. "Uno dei precetti fondamentali dell'ebraismo è quello di studiare la Torah e speriamo che questa iniziativa sia un'occasione per farlo, anche tramite spunti inconsueti", ha affermato Gabbrielli.

 Il paradosso di Enrico Fermi
  "Per parlare di questo argomento partirei da un paradosso attribuito al premio Nobel per la fisica Enrico Fermi (1901-1954): Se l'Universo brulica di alieni, dove sono tutti quanti?". Questo è il punto di partenza attraverso il quale si snoda il ragionamento di Rav Di Segni, per rispondere alla domanda che non solo il celebre scienziato italiano, ma che forse tutti noi ci siamo chiesti almeno una volta nella vita. È risaputo che tanti al solo pensiero sghignazzano, altri invece trovano inesistenti motivi, atti solo al mero irrazionale piacere di volerci credere. Per rispondere a tutti anche alle due categorie menzionate, Di Segni ci parla fornendo dati concreti, fatti di numeri.
  "Soltanto nella Via Lattea - la galassia a cui appartiene il nostro sistema solare - ci sono tra le 200 e 400 miliardi di stelle, ed è probabile che facendo un calcolo statistico ci siano dei pianeti adatti ad ospitare la vita. Si tratta di una concezione comune tra gli scienziati, soprattutto fra gli astronomi. Può essere improbabile ma quando ci sono centinaia di candidati, secondo alcuni studiosi diventa quasi sicuro. Ovviamente ci si riferisce a pianeti che soddisfano determinate condizioni: non troppo distanti dalla stella attorno a cui ruotano, di dimensioni né troppo grandi né troppo piccole, con determinate caratteristiche chimico-fisiche", illustra Di Segni.
  La Via Lattea è solamente una delle tante: secondo uno studio pubblicato su Astrophysical Journal, esisterebbero almeno 2 bilioni ovvero 2000 miliardi di Galassie nell'Universo. Moltiplichiamo le centinaia di miliardi di stelle di una singola galassia, dotate di milioni e milioni di pianeti, per il numero totale di galassie. Abbiamo a che fare con un numero alquanto sbalorditivo. "Quindi, ritornando ad un altro punto del paradosso attribuito a Fermi, se ci sono così tanti candidati ad ospitarli perché non li abbiamo ancora visti sulla Terra? Innanzitutto, devono avere sviluppato una tecnologia adatta ed una distanza fattibile per poter inviare dei segnali. Se i fisici e gli astronomi fanno un'ipotesi basandosi su calcoli statistici e probabilità, i biologi che studiano la vita, sono invece più scettici - pur non escludendola come possibilità", precisa Di Segni. Effettivamente il problema della distanza è da considerare. Lo scenario del cielo stellato che abbiamo di fronte, ce lo dice chiaramente, come Proxima Centauri, la stella a noi più vicina, distante 4,2 anni luce. Tutto quello che vediamo è tra l'altro frutto del passato ed è in relazione agli anni che la luce impiega per arrivare fino da noi; per esempio, la luce con la quale il Sole illumina il nostro pianeta è quella di circa 8 minuti fa, il tempo che impiega per percorre il tragitto fino a noi.

 Potrebbe rappresentare un problema per la Torah?
  "Secondo la posizione ebraica tradizionale - spiega Rav Di Segni - ed in particolare di coloro che non sono molto addentro alle questioni scientifiche, non è un problema che ci siano forme vita extraterrestri, finché si parla di 'esseri inferiori', rispetto agli uomini, come batteri e piante; mentre, il fatto che possa esserci l'uomo su altri pianeti, metterebbe in discussione quello che c'è nella Torah. Perciò se il problema è con alcuni testi sacri, come possiamo risolverlo? Norman Lamm (1927-2020), il più illustre rappresentante dell'ortodossia moderna, attento alle questioni scientifiche, nei suoi scritti ha trattato la possibilità della vita extraterrestre da una prospettiva ebraica". Per Lamm come spiega Di Segni "se l'ebraismo o qualsiasi posizione religiosa si rifiuta di considerare una teoria solo perché mette in discussione i testi sacri, allora la Torah non sarebbe una Torah di verità, nascondersi davanti ai fatti sarebbe come distorcere la verità per farla diventare un mito. Giordano Bruno aveva parlato dell'idea della pluralità dei mondi oltre il nostro, che potevano essere alquanto migliori, o alquanto peggiori, ed era proprio una fra le varie cose che la chiesa cattolica ha ritenuto essere un'eresia".

 Come risolvere il problema delle contraddizioni? Ce lo dice Maimonide
  Nel corso della conferenza uno dei personaggi più noti e importanti dell'ebraismo citati da Rav Di Segni è senza dubbio Maimonide (1138 - 1204). Egli affermò che se una teoria venisse provata aldilà di ogni ragionevole dubbio da delle evidenze che oggi chiameremo scientifiche, andando in contraddizione con il Tanakh, quello che dovremmo fare risiederebbe nel trovare il modo di aggiustare queste contradizioni, interpretando i testi nella maniera più consona, come già facciamo con altri testi.
  "Abraham Isaac Kook (1865-1935), - prosegue Di Segni, parlando di un altro personaggio chiave del mondo ebraico - primo rabbino capo d'Israele, disse che non siamo obbligati a smentire le teorie scientifiche o opporsi ad esse, perché lo scopo principale della Torah non è raccontarci dei semplici fatti, quello che conta è il significato interiore. L'inizio di Bereshit è il regno della parabola, dell'allegoria, dell'allusione, il vero significato di quel verso va ricercato nell'ambito dei segreti della Torah, oltre il senso piano del testo".
  "Potrebbe mettere in discussione la nostra unicità? È la domanda - conclude Di Segni - che si sono posti diversi pensatori ebrei. Ma chi dice che noi siamo unici? È vero che la possibilità che possano esserci altri esseri intelligenti in altri mondi, potrebbe in qualche maniera porci dei problemi, ma questo non deve preoccuparci. Noi non siamo mai stati soli. Anche nella discussione talmudica ci sono dei problemi che sono rimasti irrisolti".

(Bet Magazine Mosaico, 8 marzo 2021)


L'araba israeliana che rompe i soffitti di vetro nel campo del management sportivo

Da atleta ad arbitro, dal master della FIFA alla direzione eventi sportivi: quella di Sanaa Bader è una storia esemplare di emancipazione e integrazione

Sanaa Bader è una donna dai molti primati. All'età di 18 anni è diventata la prima arbitro araba in assoluto ad esercitare nei campionati di calcio israeliani di quarto e terzo livello. Quattro anni dopo ha lasciato l'arbitraggio per diventare la prima impiegata araba nell'Associazione israeliana per lo sport scolastico, e poi la prima donna araba israeliana a studiare nel master esclusivo della FIFA in Management, diritto e scienze umane dello sport. Il tutto prima di compiere 30 anni.
L'anno scorso, dopo aver terminato il programma del master, è tornata nell'Associazione israeliana per lo sport scolastico, al culmine della seconda ondata della pandemia di coronavirus, questa volta come direttrice di eventi sportivi....

(israele.net, 8 marzo 2021)


Notizie archiviate



Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte.