Operazione "Ali di colomba" - Ebrei etiopi tornano in Israele
GERUSALEMME - L'immigrazione degli ebrei dall'Etiopia continua. Lunedì scorso 237 etiopi con radici ebraiche sono atterrati a Tel Aviv. Con l'Operazione "Ali di colomba" gli ultimi ebrei che ancora vivono in Africa orientale saranno riportati in Israele.
Il gruppo arrivato è il più grande tra tutti quelli che negli ultimi due anni sono arrivati dall'Etiopia in "Terra Santa". Quasi la metà sono bambini, ha detto l'Agenzia Ebraica.
Al momento ci sono ancora diverse migliaia di ebrei etiopi, i cosiddetti Falasha, i cui antenati furono costretti a convertirsi al cristianesimo, che aspettano nella città di Gondar di poter fare la loro immigrazione. Entro l'ottobre del 2013 anche loro saranno riportati in Israele.
Dopo l'arrivo in Israele i nuovi immigrati per prima cosa vengono distribuiti nei 16 centri di accoglienza del paese. Nel deserto del Negev è stato aperto poco fa uno di questi centri proprio in vista di questa progettata Operazione. Il centro può ospitare fino a 600 persone.
Il presidente dell'Agenzia Ebraica, Natan Sharansky, ha detto che l'operazione è "un miracolo". "Insieme stiamo scrivendo l'ultima pagina della storia della comunità ebraica etiope. Ora stiamo riportando tutti i nostri fratelli dall'Africa in Israele ". Sharansky ha ringraziato il mondo ebraico e gli alleati cristiani, che hanno reso possibile questo progetto.
Per l'Operazione "Ali di colomba" le comunità ebraiche e l'"Unione Internazionale di cristiani ed ebrei" hanno raccolto donazioni per un totale di circa 2,4 milioni di euro. Altri 1,1 milioni sono stati messi a disposizione dal Ministero per l'Immigrazione israeliano.
(israelnetz.com, 31 ottobre 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Sempre più palestinesi vogliono diventare israeliani
di Khaled Abu Toamheh
Non si può negare che richiedendo la cittadinanza israeliana, sfidando i moniti dell'OLP e di Hamas, i palestinesi intendano vivere sotto la giurisdizione israeliana, anziché quella araba. L'Autorità Palestinese (AP) si mostra preoccupata per il crescente numero di palestinesi di Gerusalemme che richiedono la cittadinanza israeliana. Hatem Abdel Kader, residente nel West Bank governata da Al Fatah, ma in possesso di "passaporto di Gerusalemme", ha rivelato che più di 10 mila palestinesi di Gerusalemme hanno ottenuto la cittadinanza israeliana. E attribuisce questo crescente fenomeno al fallimento del progetto dell'AP e all'incapacità dei paesi arabi e islamici di supportare concretamente i residenti arabi di Gerusalemme.
In altre parole, egli riconosce che Israele fa per i palestinesi molto più di quello che la leadership palestinese e l'intero mondo arabo e islamico ha fatto per essi.
Secondo le statistiche rese note dal Ministero degli Interni, nell'ultimo decennio 3.374 palestinesi hanno ottenuto la cittadinanza israeliana; con un trend esponenziale negli ultimi due anni. I palestinesi che vivono a Gerusalemme godono della condizione di residenti permanenti in Israele. Ciò consente loro di possedere una documento di identità israeliano, sebbene non possano ottenere un passaporto. In altre parole, godono di tutti i diritti dei cittadini israeliani, con l'unica eccezione rappresentata dalla possibilità di votare alle elezioni generali.
La legge israeliana consente a tutti di richiedere la cittadinanza. Eppure, nei primi vent'anni dopo la riunificazione di Gerusalemme del 1967, pochi palestinesi ne fecero richiesta: all'epoca, ciò era considerato un gesto di tradimento; e l'OLP, aperta minacciava i palestinesi che valutavano di agire in tal senso.
Ma la tendenza è mutata dopo la sottoscrizione degli Accordi di Oslo del 1993, e con la nascita dell'Autorità Palestinese dell'anno successivo: d'un tratto, il numero di richiedenti è aumentato esponenzialmente, con i palestinesi che non hanno più mostrato timore o vergogna nel presentarsi agli uffici competenti del Ministero degli Interni per richiedere la cittadinanza israeliana. Il principale motivo addotto è il timore che Israele possa cedere la sovranità di Gerusalemme Est all'AP: ciò li priverebbe di tutti i privilegi goduti in quanto residenti sotto la giurisdizione israeliana, inclusi l'accesso alla sanità e all'istruzione pubblica, nonché la libertà di movimento e di lavorare.
Inoltre, i palestinesi di Gerusalemme realizzano che malgrado le difficoltà che incontrano in Israele, le loro condizioni di vita risultano di gran lunga migliori di quelle di cui godrebbero se vivessero sotto la giurisdizione dell'AP. La mancanza di democrazia e la massiccia corruzione inducono altresì molti palestinesi a richiedere la cittadinanza israeliana, come modo per garantirsi un futuro sotto la sovranità dello stato ebraico: come ha efficacemente riassunto un palestinese: «preferisco vivere nell'inferno degli ebrei, che nel paradiso di Hamas o di Arafat».
Un altra ragione per cui i palestinesi si affrettano a richiedere la cittadinanza israeliana è il timore che le autorità possano loro revocare il documento di identità israeliano: secondo la normativa, gli arabi che risiedono a Gerusalemme, e che vanno a vivere al di fuori dello stato, perdono automaticamente il loro status di residenti permanenti. Negli ultimi dieci anni, in effetti, molti residenti palestinesi che sono andati a vivere nel West Bank hanno perso la loro carta d'identità israeliana.
Molti di coloro che hanno richiesto la cittadinaza israeliana sono cristiani di Gerusalemme, timorisi di finire sotto la giurisdizione palestinese o addirittura sotto Hamas.
Ironicamente, ottenere la cittadinanza israeliana è stato un modo agevole per gli arabi per assicurarsi i diritti sociali, economici, sanitari e di istruzione che solo questo stato garantisce in questa estensione. Non vi è dubbio che richiedere la cittadinanza israeliana, in contrasto con le raccomandazioni di Hamas e dell'OLP, sia una affermazione politica di principio da parte dei richiedenti, i quali ammettono di preferire di vivere sotto la giurisdizione israeliana, anziché sotto quella araba.
myThings eletta azienda tecnologica a crescita più rapida in Israele
di Lorenzo Ficara
MyThings, leader mondiale nelle soluzioni personalizzate di display advertising, annuncia di aver ottenuto il primo posto nella classifica "Israel Technology Fast 50 2012", report in cui l'autorevole società di consulenza e revisione internazionale valuta le 50 aziende del ramo tecnologico con il più alto tasso di crescita in Israele, il paese con la più alta densità di start-up al mondo (una ogni 1.844 cittadini), denominata - non a caso - la "start-up nation".
Grazie a una crescita esponenziale dei ricavi operativi - ben 7.830% in cinque anni, myThings ha rafforzato ulteriormente la propria posizione come uno dei maggiori protagonisti del mercato europeo del display advertising. Un leader globale nelle soluzioni di retargeting CPA legate alla performance, myThings è in grado di generare più di mezzo milione di conversioni al mese per i propri clienti.
La crescita di myThings in cifre:
Ad oggi myThings opera in 15 mercati a livello mondiale, inclusi nuovi mercati quali Brasile, Turchia, Polonia, Paesi nordici, Austria e Svizzera. La società ha inoltre esteso la propria attività negli Stati Uniti.
Il numero dei clienti nel 2012 è triplicato con un tasso di fidelizzazione del 97%
Il team è cresciuto del 120% in poco più di un anno
Nominata recentemente, per il secondo anno consecutivo, tra le prime cinque aziende digital media a crescita più rapida in Europa nella classifica Media Momentum Awards 2012
- myThings in Italia
myThings ha aperto all'inizio del 2011 gli uffici anche in Italia e in poco più di un anno ha fatto registrare sorprendenti dati di business che testimoniano il successo riconosciuto dalla società di consulenza Deloitte. "Nonostante le condizioni macroeconomiche sfavorevoli a livello globale - sottolinea Franco Denari, Managing Director myThings Italia - il mercato della pubblicità online in Europa è cresciuto del 14,5% anno su anno per un valore di mercato di 20.9 miliardi nel 2011 (fonte AdEx Benchmark), mentre Il fatturato e-commerce in Italia è cresciuto del 32% nel 2011 rispetto al 2010. A fare da traino a questo significativo e confortante risultato è il display advertising, dove myThings ricopre oggi il ruolo di leader, che ha portato ad un forte incremento della domanda complessiva, cambiando altresì i valori in campo e gli equilibri tra le diverse tipologie di pubblicità online. Coerentemente con questi dati, e con la crescita che mese dopo mese myThings Italia fa registrare, ci aspettiamo a fine anno di sorpassare quota 100 clienti serviti, con un +50% di fatturato, andando a guidare la rivoluzione del real-time advertising".
Tra i clienti myThings Italia importnati realtà come Telecom IT, Infostrada, Meridiana, Decathlon, Zalando e Bottega Verde.
In qualità di prima classificata tra le 50 aziende tecnologiche a crescita più rapida in Israele, myThings si qualifica per la partecipazione al Deloitte Fast 500 EMEA. Nel corso della cerimonia di premiazione, che si terrà a Londra il mese prossimo, saranno nominate le aziende tecnologiche a crescita più rapida in Europa, in Medio Oriente e in Africa.
"Siamo orgogliosi di essere stati nominati azienda tecnologica a crescita più rapida in Israele da Deloitte Fast 50." ha dichiarato Benny Arbel, CEO di myThings. "Grazie ai migliori algoritmi auto apprendenti sul mercato di cui disponiamo, stiamo avendo successo nel settore globale del display advertising e continueremo a sviluppare innovazioni tecnologiche a beneficio dei nostri clienti."
Il programma Fast 50 premia la crescita aziendale, l'innovazione tecnologica e lo spirito imprenditoriale israeliano. Per identificare le aziende con crescita più rapida, Deloitte ha esaminato i loro ricavi operativi per anno fiscale per un periodo di cinque anni (dal 2007 al 2011), ha calcolato la percentuale di incremento dei ricavi sui cinque anni e ha confrontato la crescita delle aziende tecnologiche.
"Per un'azienda tecnologica che opera in un mondo altamente competitivo ottenere un tasso di crescita dei ricavi del 7.000% su un periodo di cinque anni è un risultato eccezionale," ha detto Tal Chen, Partner responsabile per il programma Deloitte Brightman Almagor Zohar Israel Technology Fast 50. "myThings merita un riconoscimento per la sua crescita straordinaria, e per questo li premiamo."
Se la pace tra israeliani e palestinesi passa dalla birra
L'idea è di un palestinese, che produce la birra 'Taybeh'
ROMA - Ci sono palestinesi che prendono in mano le armi, altri che sperano nei colloqui di pace. Nadim Khoury ha trovato una terza strada per sognare uno Stato palestinese. È la produzione della birra locale, che prende il nome dal villaggio Taybeh, e che in arabo significa 'deliziosa'. La famiglia Khoury produce la birra dal 1994, nonostante le restrizioni imposte dall'occupazione israeliana sul commercio. L'obiettivo è quello di rafforzare l'economia palestinese, ritenuto, per i Khoury, elemento chiave nei processi di pace tra palestinesi e israeliani. "La birra Taybeh è naturale al 100 per cento, senza conservanti nè additivi, è prodotta con acqua palestinese e realizzata da lavoratori palestinesi", dice Nadim, l'ideatore della birra.La bionda viaggia gratuitamente anche sul mercato europeo e il suo gusto - esportato anche all'Oktoberfest - ha attratto numerosi gruppi e intenditori negli ultimi anni. "Mi piace moltissimo, questa birra è grande, è persino meglio di quella in bottiglia", dice questo turista.
L'Iran provoca Israele e arriva in Sudan con due navi da guerra
di: Elena Zacchetti
La vicenda dell'esplosione della fabbrica di armi a Yarmuk, sud di Khartum (Sudan), si è arricchita ieri di un nuovo capitolo. Dopo le accuse del governo sudanese rivolte a Israele per il raid alla fabbrica di armi Yarmovic, anche l'Iran si è inserito prepotentemente nella querelle tra i due paesi. Teheran ha fatto arrivare al porto sudanese Port Sudan due navi da guerra, un elicottero Kharg e un cacciatorpediniere, come gesto di "pace e amicizia" verso gli amici sudanesi. I comandanti delle due imbarcazioni iraniane sono stati accolti con tutti gli onori del caso dai vertici della marina di Khartum.
Il rischio ora è che la tensione tra Iran e Israele raggiunga dei livelli ancora più alti di quelli attuali. La vicenda inizia il 24 ottobre, quando un raid notturno causa delle forti esplosioni nello stabilimento della Yarmovic, causando due morti e ingenti danni all'impianto. Il governo sudanese punta il dito contro Israele, che non conferma né smentisce la paternità del raid, alimentando ancora di più, manco a dirlo, i sospetti di una decisione adottata direttamente da Gerusalemme.
Negli ultimi quattro giorni non sono mancate le accuse reciproche. Israele ha definito il Sudan "uno Stato terrorista". Il Sudan ha alzato la voce alle Nazioni Unite definendo il raid israeliano come una violazione del diritto internazionale. A dire la verità Israele non ha speso molte energie per difendersi. Ha accusato piuttosto il Sudan di ricevere assistenza iraniana nella costruzione di armi nella fabbrica colpita, e di essere complice di un'attività illegale di transito di armi sulla rotta che dall'Iran attraversa la penisola del Sinai e finisce tra le braccia di gruppi palestinesi anti-israeliani militanti a Gaza e in Libano (principalmente Hamas e Hezbollah).
Secondo alcune fonti definite attendibili dal britannico Sunday Times, gli israeliani sarebbero già stati a conoscenza di un accordo di questo tipo tra Iran e Sudan dal 2010, ovvero da quando gli agenti del Mossad assassinarono a Dubai Mahmoud al-Mabhouh, co-fondatore delle brigate Izz ad-Din al-Qassam (braccio armato di Hamas). Durante il blitz, gli 007 israeliani avrebbero rinvenuto una copia di un trattato di difesa fino ad allora sconosciuto tra Khartum e Teheran risalente al 2008. Il documento avrebbe permesso all'Iran di produrre armi in territorio sudanese sotto la supervisione iraniana.
I timori di Israele si sarebbero poi fatti ancora più forti il 6 ottobre di quest'anno, quando due caccia israeliani hanno intercettato e scortato fino a una zona isolata a sud del monte Hebron, nel deserto del Neghev, un drone di fabbricazione iraniana pilotato da Hezbollah. Secondo la ricostruzione di Gerusalemme, il drone sarebbe rimasto nello spazio aereo israeliano per 30 minuti, percorrendo 56 chilometri. È stato poi lo stesso leader di Hezbollah, Sheikh Hassan Nasrallah, a riconoscere la paternità del drone intercettato.
Ci sono alcune questioni degne di nota nella vicenda che ha coinvolto la fabbrica di armi di Yarmovich.
Primo, come hanno fatto notare alcuni analisti, la distanza tra Israele e il maggiore sito nucleare iraniano è di circa 200 miglia più breve della distanza tra Israele e Khartum. Gerusalemme ha lanciato un monito, forte, a Teheran. E probabilmente anche a Washington, come dire che la politica attendista messa sul tavolo finora da Obama non ha soddisfatto Israele.
Secondo, lo scontro tra Israele e Iran non è limitato alla sola questione dello strike. Già dal luglio 2011, data dell'indipendenza del Sud Sudan, Gerusalemme e Teheran hanno mantenuto l'appoggio rispettivamente a Juba e Khartum. Nel dicembre 2011 il neo premier sud sudanese Salva Kiir faceva la sua prima importante visita all'estero proprio in Israele. Quasi nello stesso periodo, la leadership di Hamas compiva il suo primo viaggio diplomatico all'estero e fra le tappe c'era proprio Khartum. Alla necessità di bloccare il traffico d'armi che dal Sudan si riversava nelle mani di Hezbollah e dei gruppo militanti islamici palestinesi, Israele univa tutti gli aspetti della cosiddetta "periphery strategy" già elaborata dai tempi di David Ben-Gurion, ovvero appoggiare tutti i popoli non arabi del Medio oriente.
Terzo, Israele deve affrontare una grande incognita che si chiama Egitto. Se gli F-15 israeliani hanno sorvolato il Mar Rosso dovendo evitare il sistema difensivo egiziano, le due navi iraniane sono arrivate ieri a Port Sudan attraversando il Canale di Suez, anch'esso controllato da Il Cairo. Nonostante le parole spesso concilianti del presidente egiziano Mohamed Morsi verso gli interlocutori israeliani, in particolare in riferimento al rispetto dei trattati di Camp David firmati tra i due paesi nel 1978, Il Cairo non ha fatto retromarcia su un generale cambio di rotta che la politica estera egiziana ha adottato con la caduta del Faraone Mubarak. Già una settimana dopo le dimissioni di Mubarak, il generale Mohammed Hossein Tantawi aveva permesso il passaggio del Canale di Suez da parte di navi militari iraniane, per la prima volta dopo la rivoluzione khomeinista del 1979.
L'ambiguità egiziana, tuttavia, potrebbe non limitarsi a creare problemi a Israele nel suo confronto con l'Iran. Una delle questioni di sicurezza più grandi oggi per Israele è la "governabilità" della penisola del Sinai. Sotto al Sinai passa un'intricata rete di tunnel sotterranei da cui transitano droga, armi, soldi, persone e animali, sotto stretto controllo di Hamas. La complicità più o meno esplicita dell'Egitto con i trafficanti del Sinai mette certamente in difficoltà Gerusalemme.
Quarto, la regione del Corno d'Africa si dimostra ancora uno snodo importante per traffici illegali di tutti i tipi. E soprattutto si dimostra una regione facilmente "raggiungibile" anche dagli apparati di regime iraniani, che non chiedono altro di trovare degli alleati nel duro confronto che hanno ingaggiato con Israele.
(Meridiani Relzioni Internazionali, 30 ottobre 2012)
ROMA - Torna dal 3 al 7 novembre, alla Casa del Cinema di Roma, il Pitigliani Kolno'a Festival, festival, prodotto dal centro ebraico Il Pitigliani, giunto alla settima edizione e dedicato alla cinematografia israeliana e di argomento ebraico e diretto da Ariela Piattelli e Dan Muggia. Per la sezione "Sguardo sul nuovo cinema israeliano" sono in programma titoli come La sposa promessa (Fill the void), di Rama Burshtein, che sarà presentato al festival dall'attrice Hadas Yaron, vincitrice della Coppa Volpi come miglior attrice all'ultima Mostra del Cinema di Venezia. Il film è stato scelto da Israele per concorrere ai prossimi Premi Oscar e sarà distribuito in Italia dalla Lucky Red.
Altro lungometraggio presentato al festival Footnote di Joseph Cedar, candidato ai Premi Oscar nel 2011 e a numerosi documentari. E proprio a un documentarista israeliano, David Ofek, è dedicato l'omaggio di questa edizione che vede la presentazione di quattro opere, tra cui l'ultimo, Luxuries. Ofek sarà anche protagonista di un PKF Professional Lab, un momento di confronto tra le professionalità del cinema.
Per la consueta sezione dedicata alle scuole di cinema da Israele, quest'anno è il Dipartimento di Cinema dell'Università di Tel Aviv a essere ospite. Tre documentari su registi ebrei costituiscono la sezione Storie di Cinema: Roman Polanski, Woody Allen e Stanley Kubrick "si raccontano" tra vita professionale e privata. Infine per la sezione Percorsi ebraici saranno presentati al pubblico alcuni documentari recenti che affrontano vari argomenti: dall'incredibile storia dei Profughi a Cinecittà, di Marco Bertozzi all'ultimo "volo" del bambino artista Petr Ginz in The Last Flight of Petr Ginz.
CASALE MONFERRATO - Si chiude, dopo sette anni, l'esperienza del Festival di cultura ebraica OyOyOy! Il congedo dal pubblico piemontese, da sempre molto attento e partecipe, è avvenuto con il concerto di Ramin Bahrami al Teatro Sociale di Valenza. "Oltre 500 persone, tantissime in piedi per un'ovazione che celebrava sia il talento artistico del pianista iraniano (nel repertorio un omaggio a Bach con significativi addentellati ebraici), sia una manifestazione capace di creare sul territorio moltissimi di eventi, con il coinvolgimento di centinaia di personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, molte delle quali di fama internazionale. Un assaggio - spiega Alberto Angelino dell'Ufficio Stampa - di ciò a cui i 250mila spettatori hanno assistito attraverso il ponte culturale creato in questi anni da OyOyOy!".
Nell'occasione Antonio Monaco, presidente di Monferrato Cult, l'associazione costituita con Elio Carmi e Giancarlo Giorcelli che dal 2006 organizza il Festival, ha dedicato cinque minuti di prolusione per rivolgersi direttamente al pubblico. "OyOyOy! finisce - ha affermato - ma sette anni fa nessuno forse avrebbe scommesso su questa avventura che ha ottenuto importanti risultati. La Comunità di Casale in primis ha accresciuto il proprio ruolo nell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e grazie alla nostra esperienza numerose realtà ebraiche hanno sviluppato iniziative analoghe. Oggi sappiamo inoltre che il Piemonte è la regione con più siti ebraici di tutta Europa". Quindi un riferimento alle ragioni che hanno portato all'uscita di scena: "Sono cambiati gli interessi culturali delle persone e in particolare dei più giovani e le modalità con cui vengono coltivati e soddisfatti. Abbiamo bisogno non tanto di soldi - l'appello, che sembra aver colto nel segno - ma di nuove energie creative, contiamo sul fatto che qualcuno raccolga l'appello di questa serata e si faccia avanti". Monaco ha concluso ringraziando le istituzioni che sono state al fianco della manifestazione - Regione Piemonte, Comune di Casale Monferrato, Provincia di Alessandria, Fondazione CRA e CRT, UCEI - e ha ricordato tutte le città che è stato possibile coinvolgere.
"Sull'onda degli applausi alla fine del concerto - spiega ancora Angelino - la consegna della doverosa scatola di Krumiri Kasher a Bahrami si è così trasformata in un momento di commozione per molti dei protagonisti del Festival e delle istituzioni". Sul palco, oltre ad Antonio Monaco, Elio Carmi nella doppia veste di fondatore e vicepresidente della Comunità ebraica monferrina, il sindaco di Casale Giorgio Demezzi, il sindaco di Valenza Sergio Cassano, l'assessore alla Cultura di Valenza Paola Bonzano e Nuccio Lodato che, oltre a rappresentare il Teatro Regionale Alessandrino, che ha ospitato il concerto, per sei anni ha curato la rassegna cinematografica di OyOyOy! E infine il piccolo Carlo, figlio del compositore Giulio Castagnoli, chiamato a rappresentare le generazioni future.
Un messaggio in linea con quello precedentemente espresso nell'aula consiliare del Comune di Casale durante un incontro pubblico sul ruolo della musica e della cultura. Oratori proprio Castagnoli e Bahrami, presenti tra gli altri in sala gli assessori Giampiero Farotto e Giuliana Romano Bussola. "Abbiamo bisogno della cultura più che del pane. La musica come cultura - ha affermato Bahrami - consente di sconfiggere ogni dolore". Grande intensità infine per l'incontro con il noto teologo Paolo De Benedetti sul tema del Saluto. Una riflessione che ha avuto origine da Shalom, termine ebraico che è baricentro della densa opera scritta in collaborazione con Massim Giuliani, e che ha abbracciato varie aree di significato sia etimologiche che religiose.
Nonostante i mal di pancia di diversi esponenti del Likud, è stato votato a mani alzate dal partito del primo ministro Benjamin Netanyhau il matrimonio con gli ultranazionalisti di Israel Beitenu.Alle elezioni anticipate del 22 gennaio prossimo si presenteranno con un'unica lista.
"Voglio che questo sia molto chiaro: il Likud rimarrà un partito indipendente. Continueremo a seguire la nostra strada. A rendere Israele sicuro, a difendere lo Stato di Israele a mantenere il suo patrimonio" ha detto il premier durante il discorso tenuto lunedì 29 ottobre, in occasione del meeting nel quale si è votato l'apparentamento tra i due movimenti di destra.
Ha negato, invece, che quest'unione sia anticipatrice di un passaggio di testimone col leader di Beitenu, Avigdor Lieberman, alla guida del Paese.
È certo, invece, che la mossa pone i due partiti di destra in netto vantaggio in vista del voto.
"Se non ci sarà una risposta analoga da parte del centrosinistra, il risultato delle elezioni è segnato. Se il centrosinistra rispondesse unendosi a sua volta , la partita sarebbe aperta" spiega Ayala Hason, cronista politica di Israel Iba.
Obiettivo dichiarato dai due leader della destra è un governo stabile "che affronti le sfide in ambito economico e sulla sicurezza" alle quali va incontro Israele, con conseguente spostamento a destra dell'asse di governo.
TEL AVIV, 30 ott - La moda - e non solo - come ''strumento di promozione sociale'': ci crede fermamente 'Cangiari', marchio stilistico calabrese, fondato sotto il tutorato di Santo Versace, che ieri a Tel Aviv ha presentato 'ManoAMano', mostra sospesa tra moda, ambiente e societa', in uno dei luoghi piu' belli della citta' israeliana, ovvero il vecchio municipio in piazza Bialik, ora museo 'Beit Ha'ir. 'Cangiari' (che in dialetto calabrese vuol dire 'cambiare') appartiene al Gruppo cooperativo Goel a capo di numerose imprese sociali della Calabria e opera per l'inserimento nel mondo del lavoro soprattutto dei giovani e delle donne. Organizzata dall'Istituto italiano di cultura di Tel Aviv, diretto da Carmela Callea, dall'Ambasciata italiana in Israele e dal 'Beit Ha'ir' con a capo Ayelet Bitan Shlonsky, la rassegna ha presentato la maniera di lavorare di 'Cangiari' che utilizza materiali locali come il filo e la seta nella produzione di tessuti elaborati al telaio a mano da artigiane, secondo la tradizione calabrese che affonda le proprie radici nell'antichita' greca e bizantina. E i risultati non hanno tradito le attese: modelli di design contemporaneo di alta qualita', dai tessuti (in parte 'cru' e in parte no) con colori a contrasto di raffinate tonalita'. Un 'taglio' modernissimo che a Tel Aviv - citta' in tutto e per tutto segnata dallo 'Start Up' - hanno riscosso un notevole successo. Del resto Cangiari ha una solida esperienza come si e' visto nelle ultime edizioni della Moda Italiana di Milano.
In apertura di manifestazione, Vincenzo Linarello, presidente di Goel (nome tra l'altro tratto dal biblico Libro di Ruth) ha sottolineato che la maison e' la prima ''griffe etica'' nel segmento moda. Obiettivo del Gruppo Cooperativo - ha aggiunto -''e' quello di aiutare la gente a liberarsi di tutto cio' che nega la dignita' di uomini e di cittadini in una regione che ha molti problemi di questo tipo. E Goel - ha spiegato - non lo fa con le parole ma con fatti imprenditoriali che non hanno fini di lucro''.
Anche l'ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talo' ha evidenziato che l'evento di Tel Aviv ''rappresenta un'immagine straordinaria dell'Italia e della regione Calabria.
'Cangiari', come dice la parola, e' sinonimo di cambiamento, di riscatto di una terra molto bella che vuole risolvere i suoi problemi. 'Etico' - ha concluso invitando a visitare la Calabria - non solo e' bello ma anche conveniente''.
''Questa - ha spiegato Callea - e' una mostra che ha come scopo la promozione del dialogo e punta all'inserimento delle donne e dei giovani nel mondo del lavoro''. Non a caso all'iniziativa hanno partecipato alcune organizzazioni sociali israeliane, tra cui 'Achoti'' (Sorella), piu' impegnate in questo settore, nonche' tre giovani designer come Anat Martkovich, Gil Yefman, Boaz Aharonovitch e l'artista Avi Milgron.
E per restare in tema di Calabria, domani lo chef Luigi Quintieri presentera' le sue specialita' gastronomiche all'Hilton di Tel Aviv dove restera' tutto il mese di novembre.
Immagini del nascente museo della storia degli ebrei polacchi, in via di completamento a Varsavia. Sorge proprio laddove un tempo c'era il quartiere polacco. Le sue facciate di vetro riflettono - e verosimilmente non a caso - il cupo monumento-memoriale dei caduti durante la rivolta del ghetto ai nazisti nel 1943. Il museo nasce anche per commemorare i 1000 anni di storia jewish nel Paese. La struttura aprirà i battenti in una data ancora da stabilire tra la fine dell'anno e l'inizio del 2013.
Trenta membri di Hamas arrestati dall'intelligence israeliana in Cisgiordania
GERUSALEMME, 29 ott. - L'agenzia dell'intelligence israeliana Shin Bet ha arrestato vicino a Ramallah, in Cisgiordania, 30 membri di Hamas che stavano preparando infrastrutture per il gruppo militante. Due delle persone arrestate, ha fatto sapere l'agenzia, erano coinvolte nell'uccisione di due soldati israeliani da un gruppo di palestinesi nel 2000. I soldati entrarono per errore a Ramallah e furono portati in una stazione della polizia, dove vennero torturati e poi gettati da una finestra al secondo piano. I sospettati, si legge nella nota diffusa dallo Shin Bet, stavano preparando una rete di Hamas in Cisgiordania e seguivano le istruzioni dei leader del gruppo, che si trovano all'estero e che hanno promesso di distruggere Israele. Gli arrestati, riferisce l'agenzia, stavano inoltre organizzando cellule di Hamas all'interno delle scuole in Cisgiordania.
Razzi da Gaza su Israele. L'aviazione contrattacca e lancia volantini
GERUSALEMME, 29 ott. - L'aviazione militare israeliana ha colpito una rampa di lancio missilistica e un altro luogo utilizzato dai militanti palestinesi nella Striscia di Gaza, rispondendo a lanci di razzi e mortai dal territorio. Lo fa sapere l'esercito di Israele. I militanti di Gaza hanno lanciato 11 razzi e mortai nel sud di Israele oggi, secondo i conteggi dei militari. Non ci sono state vittime. In seguito, l'aviazione israeliana ha lanciato volantini su Gaza mettendo in guardia i palestinesi che si avvicino al confine, perché i militari potrebbero sparare contro di loro. I messaggi chiedono anche alla popolazione della Striscia di non collaborare con i militanti, non scavare tunnel sotterraei per il contrabbando e non trafficare in armi.
Presentazione del documentario "La Brigata Ebraica in Romagna"
Presso il Teatro Comunale di Dovadola
Lunedì 5 novembre 2012, in anteprima nazionale, presso il Teatro Comunale di Dovadola (FC) e martedì 6 novembre, in prima nazionale, presso il Cinema Saffi di Forlì verrà presentato il pubblico il documentario: "La Brigata Ebraica in Romagna", prodotto da Gabriele Zelli.
Il filmato racconta la storia dei militari ebrei che nel 1945 combatterono in Romagna e contribuirono in maniera determinante alla Liberazione dal nazi-fascismo. Il forlivese Alessandro Quadretti, autore del recente lavoro dedicato alla strage del treno Italicus dove perse la vita Silver Sirotti, ha firmato la regia anche di questo nuovo documentario. Mentre si deve a Romano Rossi, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale Reduci della Friuli, la consulenza per gli aspetti storici particolarmente importanti in quanto si deve alla Brigata Ebraica la liberazione di diversi paesi romagnoli durante il secondo conflitto mondiale.
Non a caso i militari morti durante i combattimenti sono sepolti nel cimitero di guerra di Piangipane (RA). Alla stessa Brigata, che si può considerare a tutti gli effetti il nucleo sul quale e' stato fondato l'attuale esercito israeliano, fu consegnata in Romagna la bandiera che successivamente verrà utilizzato come vessillo dello Stato d'Israele.
La Sharia si sta abbattendo sulle donne di Egitto e Tunisia
Convegno a Roma, le donne lanciano un appello per difendere le conquiste
ROMA, 29 ott - La Sharia si sta abbattendo sulle donne egiziane e tunisine e l'Occidente stenta ad aprire gli occhi e a rendersene conto. I partiti musulmani saliti al potere in questi due Paesi stanno erodendo i diritti delle donne. E' questo, in sintesi, l'allarme lanciato oggi pomeriggio a Roma nel corso dell'incontro 'Le rivoluzioni nel Medio Oriente: quale futuro per le donne?", organizzato dall'Associazione Summit, presieduta dall'on. Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera.
Con la vittoria dei Fratelli musulmani e di Ennahda, la situazione femminile in Tunisia ed Egitto sta velocemente peggiorando. Diritti consolidati da oltre cinquant'anni (in Tunisia) e tutele difficilmente ottenute (in Egitto), rischiano infatti di venire spazzati via. ''Con gli estremisti moderati al potere, le cose non potranno che peggiorare'', ha sottolineato Valentina Colombo, docente di Geopolitica del mondo islamico presso 'Universita' Europea di Roma. ''Con la rivoluzione - ha ricordato - le donne tunisine hanno rischiato di ritrovarsi con un art.28 che da una situazione di uguaglianza con gli uomini le avrebbe portate a ritrovarsi in una situazione di complementarita' tra i due sessi''. Un pericolo poi rientrato, rammenta la studiosa, ma non bisogna certo abbassare la guardia.
''Il preambolo della Costituzione tunisina - rimarca - pur non parlando espressamente di Sharia, utilizza una formula molto chiara e pericolosa quando viene scritto che ''nulla deve contraddire i precetti eterni e fondanti dell'Islam''. In questo modo, conclude la ricercatrice, ''sappiamo che la donna varra' la meta' dell'uomo''. Altro Paese, stesso modo di giocare con le parole. L'Egitto delle prime elezioni libere dopo l'era Mubarak inganna gli elettori, sostiene la giovane egiziana, attivista per i diritti delle donne e blogger, Dalia Ziada. ''Durante la campagna elettorale i Fratelli musulmani sono stati estremamente abili. Sono riusciti ad ingannare i cittadini''. ''L'Islam siamo noi'', dicevano. ''Chi si oppone al governo è un nemico di Dio, non del governo''. Oggi, ricorda la direttrice dell'Ibn Khaldun Center for Development Studies, non bisogna abbassare la guardia. Bisogna lavorare per difendere i diritti delle donne e formare anche i giovani con l'aiuto dell'Occidente''. Quel che l'Occidente puo' fare concretamente per difendere le donne, ha detto l'on. Nirenstein, e' imporre a questi Paesi un 'condizionalismo'. ''Concedere loro i soldi soltanto se i diritti fondamentali saranno tutelati e inseriti nelle singole costituzioni''. Questo, ha concluso ''e' quello che possiamo fare davvero''.
In dirittura d'arrivo la vendita di Midgal da parte di Generali. La compagnia sarà acquistata dall'uomo d'affari israeliano Shlomo Eliahu. Il closing è atteso per oggi e per la cessione del 69,1% della società israeliana la compagnia triestina incasserà 705 milioni. Un prezzo a sconto rispetto agli 835 milioni inizialmente previsti nel marzo scorso e che era stato ritoccato a settembre dopo che le nuove regole introdotte nel mercato assicurativo dalle autorità di Tel Aviv avevano ostacolato l'operazione.
Così il nuovo ad di Generali, Mario Greco, aveva dovuto riaprire il dossier e a settembre aveva concesso a Eliahu uno sconto del 15%, assicurandosi però in cambio una penale di 125,5 milioni qualora, per qualunque motivo non imputabile alla compagnia italiana, l'operazione non fosse andata in porto entro ottobre. Nei giorni scorsi è arrivata l'ultima autorizzazione da parte delle autorità locali e così ora è tutto pronto per il passaggio di mano di Migdal che consentirà a Generali di avere un impatto positivo di 2,2 punti sull'indice di Solvency I.
ROMA - La cornice di una Roma piovosa e il cinema Quattro Fontane regalano l'atmosfera perfetta durante la presentazione per la stampa di uno dei film più discussi degli ultimi tempi: l'israeliano Fill the void. Le voci degli spettatori in attesa si confondono: "Speriamo sia bello, hanno detto tante cose..." La pellicola attende che tutti prendano i propri posti, sembrando uno studente di fronte alla commissione degli esami di stato.
Nelle sale italiane dal 15 novembre, il film è distribuito da Lucky Red con il titolo La sposa promessa. Partono i titoli di testa e il chiacchericcio di fondo scema lentamente, perfino i più agguerriti che commentavano le gesta della domenica calcistica, si immergono in questa storia amara e toccante. I protagonisti sono cesellati con perizia, gli interni, nei quali sono girate la maggior parte delle scene, si presentano vivi e pulsanti grazie alla fotografia di Asaf Sudry. La vicenda di Shira, ebrea ortodossa di Tel Aviv, coinvolge anche chi non sa immaginare un mondo più lontano di questo. Una favola triste raccontata delicatamente dalla regista Rama Burshtein con primi piani intensi e sguardi eloquenti. Shira ha dignità letteraria, tutte le carte in regola per diventare una eroina da epopea. Un'epopea che si consuma tra le mura di casa e quelle del tempio. La storia di una diciottenne che, prendendo una decisione intima e personale come quella del matrimonio, potrebbe salvare o distruggere la vita delle persone che le stanno intorno. Un funerale, un matrimonio, una Tel Aviv come non si è mai vista, come avulsa da se stessa. Shira è una nuova Elizabeth Bennet e la regista non nasconde l'influenza dei romanzi di Jane Austen. Coach, forza, reghesh, sentimento, shidduch, fidanzamento: tre parole per definire La sposa promessa. Rama Burshtein, ultra-ortodossa, insiste sull'importanza di raccontare la storia dall'interno, scavalcando il muro di cinta costruito dalle paure e le ansie che ci legano a questo mondo parallelo. Lontani eppure vicinissimi. Usciti dal cinema piovono commenti. Mentre c'è chi si asciuga le lacrime, c'è chi si dice angosciato, chi non capisce, chi non condivide, chi è piacevolmente sorpreso. "Tutta questione di cultura" esordisce un signore, "Vorrei anche io un rabbino pronto ad aiutarmi, è un ambiente circoscritto dove ci si protegge a vicenda" risponde una ragazza, tutti concordano sulla bellezza indiscussa del lungometraggio. "Combinato o meno, il matrimonio è sempre un terno al lotto" conclude lapidaria una signora con l'espressione saggia di chi ne sa qualche cosa. La protagonista Hadas Yaron ha conquistato la Coppa Volpi all'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Il film sarà proiettato il 4 novembre durante la settima edizione del Pitigliani Kolno'a Festival alla Casa del Cinema. Una sala per riempire il vuoto. R.S.
Il Mosssad finanziato dall'Arabia Saudita. Giornalismo da due soldi
di Sharon Levi
L'Arabia Saudita avrebbe dato un miliardo di dollari al Mossad per uccidere alcuni scienziati nucleari iraniani. A dirlo è un certo Barry Lando prontamente ripreso da Fars News e da vari media filo-iraniani.
Secondo quanto detto dal giornalista americano "un suo amico, con buone fonti nel governo israeliano, sostiene che il capo del Mossad israeliano ha fatto diversi viaggi in Arabia Saudita dove ha incontrato i suoi omologhi sauditi con i quali ha concluso un contratto per l'uccisione di scienziati nucleari iraniani. L'Arabia Saudita si sarebbe accollata il costo dell'operazione, un miliardo di dollari".
Ora, lo stesso giornalista prima di arrampicarsi sugli specchi, sostiene che "può sembrare una storia assurda" ma poi parte a spada tratta e tira fuori una teoria strampalata secondo cui gli israeliani considererebbero l'Arabia Saudita come ultimo bastione in difesa dello Stato Ebraico contro l'espansionismo iraniano. Nel farlo cita una fantomatica relazione della Tel Aviv University ripresa da PressTV che, quarda caso è una televisione iraniana.
Da mesi i media iraniani e filo-iraniani cercano di accostare l'Arabia Saudita a Israele sorvolando allegramente sul dettaglio che proprio l'Arabia Saudita è tutt'ora uno dei maggiori nemici di Israele e che proprio di recente ha negato a Israele l'uso del suo spazio aereo nel caso di un attacco all'Iran.
Possiamo anche prendere per buono il detto secondo cui "il tuo peggior nemico è mio amico" ma da qui a ventilare un finanziamento di un miliardo di dollari da parte dell'Arabia Saudita al Mossad ce ne corre parecchio.
Sembra invece che si sia di fronte all'ennesimo caso di giornalismo spazzatura che vive solo grazie ad assurde illazioni anti-israeliane, una famiglia di giornalisti molto attiva che non avrebbe alcuna visibilità e/o credibilità se periodicamente non tirasse fuori queste storielle da due soldi che vengono prontamente assorbite dall'immenso esercito di odiatori.
L'Ucei chiede la demolizione del monumento dedicato al ministro della Guerra della Repubblica di Salò
Il sacrario dedicato a Rodolfo Graziani
ROMA - In occasione del 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, celebrato da gruppi di nostalgici in varie parti d'Italia, l'Unione della comunità ebraiche italiane (Ucei) ha reagito con sdegno alle commemorazioni. L'evento della Marcia su Roma, definito «triste», segnò «l'avvento in Italia del regime fascista», ricorda l'Ucei che ha colto l'occasione per chiedere «la demolizione ad Affile, nel Lazio, del sacrario dedicato di recente a Rodolfo Graziani», ministro della Guerra della Repubblica di Salò.
L'occasione per la protesta dell'Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane) sono state le commemorazioni per il «triste anniversario» della marcia su Roma del 1922, che segnò l'avvento in Italia del regime fascista, e che hanno provocato lo sdegno e la reazione delle comunità ebraiche italiane e la richiesta della demolizione ad Affile, del sacrario dedicato a Rodolfo Graziani, ministro della Guerra della Repubblica di Salò, monumento finanziato dalla Regione Lazio che ha provocato violentissime polemiche soprattutto da parte del Pd, che per primo ha sollevato la questione.
«Oggi, 28 ottobre, triste anniversario della Marcia su Roma, purtroppo celebrata da gruppi di nostalgici in varie parti d'Italia, l'Ucei esprime preoccupazione per insorgenti fenomeni di ideologie razziste e antiebraiche», si legge in un comunicato nel quale la stessa Ucei eleva poi «la sua protesta perché ad Affile è stato eretto un sacrario in memoria di Rodolfo Graziani». «Ministro della guerra della Repubblica sociale italiana, governo fascista alleato della Germania nazista, Graziani fu anche al comando della Guardia nazionale repubblicana che partecipò, accanto all'esercito tedesco, ad azioni di rastrellamento e devastazioni», ricorda l'Ucei, sottolineando come egli ordinò in particolare «il fermo di oltre 2 mila carabinieri romani favorendone, il 7 ottobre 1943, la deportazione da parte dei tedeschi».
Il maresciallo Rodolfo Graziani - evidenzia l'Unione - è stato «inoltre riconosciuto dall'Onu come criminale di guerra per le rappresaglie ordinate in Etiopia tra il 1935 e il 1937», con «violenze di ogni genere nei confronti della popolazione locale e facendo uso di gas tossici». «Una simile persona - conclude la nota - non è degna di memoria, tantomeno di onori». L'Ucei considera dunque «indecoroso per l'Italia ospitare questo mausoleo eretto con fondi pubblici e ne chiede fermamente la demolizione».
Israele: ennesimo rapporto spazzatura di Human Rights Watch
La democrazia come colpa
di Noemi Cabitza
Dopo lo scandaloso rapporto di Amnesty International è la volta di Human Rights Watch che usa l'arma dei Diritti Umani, mai uguali per tutti, per attaccare Israele e coprire vergognosamente gli abusi egiziani sui migranti africani.
Lo fa con un rapporto emesso con altre due ONG, Hotline for Migrant Workers e Physicians for Human Rights, un rapporto dove critica aspramente Israele per aver chiuso le sue frontiere ai richiedenti asilo africani. Il bello (o il ridicolo) è che per farlo usa il Diritto Internazionale distorcendolo a suo piacimento. Ora, che queste pseudo ONG lo facciano sempre lo sappiamo, ma qui si sfiora il ridicolo.
Cosa dice Human Rights Watch nel suo rapporto/denuncia? In sostanza dice che i migranti africani (loro li chiamano indifferentemente "richiedenti asilo") che attraverso l'Egitto arrivano alla frontiera israeliana dovrebbero essere accolti a braccia aperte proprio perché "richiedenti asilo". Oltre a questo condanna fermamente Israele che sostiene che il problema è invece egiziano e non israeliano e che l'asilo politico i migranti lo possono chiedere all'Egitto. Human Rights Watch sostiene che così facendo Israele viola il Diritto Internazionale e le sue disposizioni sui richiedenti asilo.
Bene, a tutela dei richiedenti asilo c'è la "Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati" la quale spiega chiaramente che il primo Paese di passaggio dei rifugiati è tenuto a garantire agli stessi lo status di rifugiato, a proteggerli e a garantire loro tutti i Diritti. Ora, prima di arrivare al confine con Israele questi "rifugiati" devono aver passato diversi paesi, sicuramente l'Egitto. Bene, è opinione generale che da quando non c'è più Mubarak ed è stato eletto "democraticamente" Mohammed Morsi l'Egitto sia una "Paese democratico". Come mai allora i rifugiati, o ritenuti tali, non chiedono asilo all'Egitto? E perché Human Rights Watch ritiene questa eventualità da non prendere in considerazione tanto che accusa Israele di violazione del Diritto Internazionale perché non permette ai migranti di passare dall'Egitto a Israele?
Paradossalmente Human Rights Watch sta accusando Israele di essere un Paese troppo democratico tanto da sorvolare allegramente sugli obblighi dell'Egitto che, evidentemente, non viene considerato un Paese in grado di garantire ai richiedenti asilo quelle garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Non solo, Human Rights Watch conferisce ai presunti richiedenti asilo una prerogativa che non hanno, quella di scegliersi a quale Paese chiedere l'asilo. E' logico che questi puntino a Israele. Mica sono così scemi da fuggire da un dittatura (magari l'Eritrea o il Sudan) per chiedere asilo all'Egitto.
Infine ci sono due fattori su cui Human Rights Watch sorvola allegramente ma che invece sono di fondamentale importanza: la capacità ricettiva di un Paese e la sua situazione globale. Sul primo punto è evidente che la capacità ricettiva di un Paese piccolo come Israele è alquanto limitata. Israele non può aprire le porte a tutti semplicemente perché non ha posto (per dirla molto semplicemente). In merito invece alla sua situazione globale, Israele è un Paese in guerra con tutto quello che comporta una simile situazione. Cosa si vorrebbe invece? Che queste persone che ufficialmente fuggono da un Paese in guerra si rifugino in un altro paese in guerra. E' semplicemente paradossale.
Concludendo, il rapporto di Human Rights Watch non solo è volutamente fazioso ma cita il "Diritto Internazionale" quando proprio il Diritto Internazionale da pienamente ragione a Israele. Il problema è che quando queste grandi ONG per la difesa dei Diritti Umani aprono bocca, quello che dicono viene preso come oro colato e non analizzato come si dovrebbe. Lo ha fatto Amnesty International con il suo rapporto 2012 e adesso lo fa Human Rights Watch con questo ridicolo rapporto scritto a sei mani con altre due ONG e che, immagino, verrà preso dagli odiatori come ennesimo pretesto per attaccare Israele. In compenso farà felice qualche sceicco arabo che non mancherà di rimpinguare le casse di Human Rights Watch.
Noemi Cabitza
Il governo del paese africano ha accusato Israele di aver bombardato una fabbrica di armi: molto probabilmente c'è di mezzo l'Iran
Prima e dopo l'attacco
Ieri sera l'agenzia di stampa Associated Press ha rilasciato delle foto satellitari che dimostrano come una fabbrica di armi in Sudan sia stata bombardata, quasi certamente da aerei da guerra. Il governo sudanese ha accusato Israele dell'attacco che non ha confermato né smentito l'azione. Secondo gli analisti Israele non solo sarebbe in grado di portare a termine un attacco simile (il Sudan dista circa 1.600 chilometri da Israele), ma se fossero confermate le accuse si tratterebbe di una dimostrazione che Israele è in grado di colpire anche l'Iran.
L'attacco è avvenuto nella notte di mercoledì scorso. Gli abitanti della cittadina di Yarmouk, nei pressi della capitale Karthoum, hanno riferito di una gigantesca esplosione nei pressi di una fabbrica di armi di proprietà del governo. Secondo i testimoni c'è stato un blackout, poi altri scoppi e infine un'ultima, grandissima esplosione che ha causato una pioggia di detriti in tutta la zona. Le foto satellitari mostrano che a essere stati colpiti sono stati alcuni container in uno spiazzo davanti alla fabbrica e numerosi altri edifici.
Nel primo comunicato ufficiale le esplosioni erano state attribuite a un incidente, ma dopo poche ore il governo sudanese ha cambiato versione. Ad attaccare Yarmouk sarebbero stati quattro aerei da guerra, entrati da est nello spazio aereo sudanese: un altro indizio, secondo il governo, della loro nazionalità israeliana. L'esercito sudanese ha fatto sapere che si riserva il diritto di compiere una rappresaglia, ma l'aviazione sudanese non dispone dei mezzi tecnologici necessari a colpire Israele con metodi convenzionali.
Secondo alcuni analisti citati dal Guardian è probabile che quei container contenessero armi e munizioni dirette ad Hamas, nella Striscia di Gaza, e ad Hezbollah, nel Libano meridionale. A quanto risulta, da quando molti carichi di armi spediti direttamente sono stati intercettati da Israele, l'Iran, che appoggia attivamente entrambi i gruppi, ha cominciato ad utilizzare il Sudan per esportare armi. L'attacco quindi sarebbe stato mirato a interrompere il flusso di armi che rifornisce i gruppi terroristici che si oppongono ad Israele.
Il Sudan si trova a più di 1.500 chilometri da Israele: per un aereo quindi, più di tremila chilometri tra andata e ritorno: una distanza considerevole che però gli aerei israeliani sono in grado di compiere grazie ai rifornimenti in volo di carburante. Nel 1985, ad esempio, gli aerei israeliani colpirono il quartier generale dell'OLP (l'organizzazione di Arafat) che all'epoca aveva sede a Tunisi. In quell'occasione, gli F15 israeliani percorsero un totale di 4.000 chilometri.
Oltre all'obbiettivo immediato - distruggere i rifornimenti di armi - se davvero l'attacco fosse stato compiuto dagli israeliani, ci sarebbe anche un secondo obbiettivo, molto più importante. La distanza che separa Israele dalla fabbrica di armi di Yarmouk è più o meno la distanza che separa Israele dal più lontano dei siti nucleari iraniani. La capacità di colpire quei siti da parte dell'aviazione israeliana era già stata dimostrata teoricamente, ma con molti dettagli, da alcuni analisti.
Se davvero l'attacco fosse stato portato da Israele, allora sarebbe un messaggio molto più forte: una dimostrazione pratica, anche se su scala ridotta, della capacità di portare un attacco a fondo nel territorio iraniano. Una dimostrazione che arriva proprio in un periodo in cui Israele ha ribadito energicamente la necessità di fermare il programma nucleare iraniano, sulla base del fatto che, secondo Israele, non avrebbe fini esclusivamente pacifici come invece sostiene il governo dell'Iran.
La nota scrittrice ospite d'onore all'università della Calabria grazie all'Ambasciata di Israele.
Nava Semel
"Stregata e affascinata: un'esperienza che mi obbliga a scavare nel mio passato, qualcosa di essenziale per un'artista legata alla Shoah", così Nava Semel, figlia di sopravvissuti e tra le più note scrittrici israeliane, al termine della sua lezione all'Unical. Giunta ad Arcavacata grazie all'Ambasciata d'Israele in Italia, la Semel è stata ospite d'onore del Corso di storia e didattica della Shoah che si è tenuto il 19 e il 20 ottobre. Il Corso, uno dei cinque organizzati dalla Rete Universitaria per il Giorno della Memoria con il patrocinio del MIUR in altrettanti atenei del Paese (Trieste, Bologna-Forlì, Teramo, Bari e appunto Calabria), era stato presentato qualche giorno prima alla Camera dei Deputati, fra gli altri dall'ambasciatore d'Israele Naor Gilon e, per le istituzioni italiane, da Gianfranco Fini, Luciano Violante, Marco Rossi Doria, David Meghnagi e Paolo Coen.All'Unical i lavori sono stati aperti da Paolo Coen, curatore insieme a Viviana Burza dell'iniziativa. La stessa Burza ha svolto una lezione centrata sull'insegnamento della Shoah nella scuola. Dinanzi a lei un uditorio di 265 tra studenti universitari e insegnanti, alcuni giunti da Reggio Calabria, Siracusa, Roma e addirittura da Avellino. Fra i relatori si è poi segnalato Giuseppe Spadafora, il quale ha rafforzato il taglio pedagogico con una relazione dal titolo "Educazione alla memoria della Shoah come educazione alla cittadinanza". La mattina di sabato 20 il Corso si è svolto presso il Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia, partner dell'iniziativa con l'Ufficio Scolastico Regionale della Calabria. L'ex campo è stato teatro di vari eventi, inclusa una tavola rotonda sul rapporto fra arte e Shoah, cui hanno preso parte la stessa Nava Semel, Adele Valeria Messina, Isabella Calidonna e l'architetto Giuseppe Arcidiacono. Arcidiacono, in particolare, ha illustrato nei suoi interventi una mostra che, aperta sempre nel Museo e dedicata al Memoriale degli Italiani ad Auschwitz, resterà visibile su prenotazione fino al 7 novembre. Un motivo in più per tornare a Ferramonti, mentre già si guarda alla prossima edizione del Corso.
Livorno - Una grande festa per i 50 anni del Tempio
di Vittorio Mosseri - Presidente della Comunità ebraica di Livorno
La Comunità ebraica di Livorno è in festa per il 50esimo anniversario della costruzione della sinagoga sorta sulle macerie del vecchio Tempio seicentesco.
Numerosi i cittadini che si sono stretti attorno alla Comunità in questa intensa giornata di celebrazioni apertasi con l'ingresso in sinagoga di un nuovo Sefer Torah dedicato alla memoria di Benjamin, Moise e Flora Yerushalmi, e con i saluti delle autorità cittadine, del leader comunitario Vittorio Mosseri e del rabbino capo Yair Didi.
In programma, dopo la cerimonia in Tempio, l'inaugurazione di una mostra fotografica alla Goldonetta, la presentazione del volume Un Tempio Nuovo per una Fede Antica e il concerto conclusivo del Coro Ernesto Ventura (si ringrazia il blog Comunitando per l'immagine).
Questo il discorso pronunciato dal presidente Mosseri per l'occasione:
In una soleggiata mattina di cinquantaquattro anni fa, alla presenza delle autorità e del Ministro Giuseppe Togni il rabbino Alfredo Toaff di z.l. pronunziò la benedizione "shehekheyianu" che suona così: "Benedetto sia Tu, Signore nostro Dio Re del Mondo, che ci hai fatto vivere, ci hai mantenuto e ci hai fatto giungere fino a questo momento".
È questa la benedizione che oggi noi possiamo e dobbiamo ripetere nel mentre ci accingiamo a celebrare i 50 anni dall'inaugurazione dell'opera che chiuse per noi l'era delle distruzioni belliche e della provvisorietà nell'esercizio del culto nei locali invero poco capienti della Yeshivà Marini.
Il cammino però non era stato facile: falliti i tentativi di salvare e consolidare i ruderi della Sinagoga che i ripetuti furti di travi ed altro materiale fecero crollare definitivamente, iniziarono le trattative con lo Stato cui competeva di finanziare la ricostruzione. La Comunità insisteva per la formula "com'era e dov'era", formula che lo Stato non volle accettare, e per la spesa che fu giudicata eccessiva, e per la difficoltà di reperire i materiali come marmi preziosi, stucchi ecc e il personale che li mettesse in opera.
I maggiorenti della Comunità e il rabbino Toaff dovettero pertanto rinunziare all'idea di rivedere l'imponente e fastoso monumentoalla fede dei Padri che era stato per oltre 3 secoli l'orgoglio della città e meta di visite da parte di tutti i sovrani che giungevano a Livorno.
I lavori del nuovo progetto, arditamente moderno, redatto dall'architetto Angelo di Castro, si protrassero per quattro anni: la scatola muraria fu finanziata dallo Stato ma l'arredamento fu lasciato alla cura e alle spese della Comunità, che dovette lanciare una sottoscrizione internazionale per coprire la ragguardevole somma necessaria per completare l'opera.
L'edificio così concepito fu successivamente completato con un'Arca Santa in finissima fattura barocca (firmata e datata 1708) proveniente dalla cessata Comunità ebraica di Pesaro.
Un Sefer Torah nuovo è stato inaugurato due settimane or sono ed è stato dedicato alla memoria di quattro benefattori locali che donarono ingenti somme alle nostre istituzioni, affinché la Comunità, pure nelle attuali difficili circostanze, provveda anche alle necessità dei bisognosi che fra di noi non mancano.
Oggi un altro Sefer Torah, donato da benefattori esteri, fa il suo ingresso nel nostro Tempio, e questo ovviamente, collegato al Cinquantenario che celebriamo, costituisce festa grande, per noi e per la cittadinanza che ha visto risorgere un monumento che rimanda alla gloria di quella che fu la più attiva Comunità ebraica del Mediterraneo e che ha illustrato nel mondo il nome di Livorno. Ancora oggi in Israele si stampano formulari di preghiera con l'indicazione "Nosach Livorno", secondo l'uso di Livorno.
"Ai livornesi noi livornesi diciamo: Ecco, il Tempio è di nuovo al suo posto. Vedete siamo qui, non ci hanno distrutto: Siamo ancora e continuiamo ad essere la nota ebraica di un unico folklore livornese, insieme intesi a rifare la città, risorgente sulle sue rovine".
Con queste parole l'allora presidente della Comunità ebraica, professor Renzo Cabib, concluse il discorso che tenne il giorno dell'inaugurazione del Tempio 50 anni fa.
Gioia, dunque, per tutti noi e per la nostra città, con l'auspicio che si possa godere di rinnovata prosperità nella pace e nella reciproca civile convivenza che da Livorno è stata nei secoli un vanto della Comunità ebraica e della città.
Con l'aiuto di Dio.
Ambasciatore israeliano critico con la politica estera svizzera
Yigal Caspi raccomanda di considerare Hamas un'organizzazione terroristica
BERNA - L'ambasciatore israeliano a Berna Yigal Caspi raccomanda alla Svizzera di considerare Hamas un'organizzazione terroristica. Chi dialoga con queste persone dà l'impressione di essere più o meno d'accordo con il loro modo di fare politica, che implica l'uso della violenza.
Il diplomatico, in dichiarazioni rilasciate alla "Zentralschweiz am Sonntag", afferma che la politica elvetica è sbagliata. La Svizzera deve inserire Hamas, al potere nella striscia di Gaza, nella lista delle organizzazioni terroristiche. Non deve inoltre intrattenere rapporti con questa organizzazione, perlomeno fino a quando non riconoscerà il diritto all'esistenza di Israele e rinnegherà la violenza.
Caspi critica inoltre l'iniziativa di Migros, che dalla metà del 2013 è intenzionata a introdurre una nuova dichiarazione di origine per i prodotti israeliani provenienti dai Territori occupati di Cisgiordania e Gerusalemme est. "È una mossa controproducente, secondo Caspi, perché lancia in via indiretta un appello al boicottaggio". Se questi prodotti non verranno più acquistati, si finirà con indebolire anche i lavoratori palestinesi.
Il Ministro della Giustizia Paola Severino in Israele
Il Museo Umberto Nahon di Arte Ebraica Italiana
Fondato nel 1981, il Museo contiene oggetti rituali, documenti e altre testimonianze delle comunità ebraiche di tutta Italia.
Dopo la giornata di ieri, con gli incontri bilaterali tra i Ministri italiani e israeliani, anche oggi giornata intensa di appuntamenti per il Ministro della Giustizia Paola Severino in visita di lavoro in Israele. La giornata e' iniziata a Gerusalemme con la visita del Ministro Severino a Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto, con la guida della ricercatrice Yael Orvieto Nidam, accompagnata dall'Ambasciatore Francesco Maria Talo' e dal Presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane avv. Renzo Gattegna. Dopo di che il Ministro apartecipato all'inaugurazione della Mostra organizzata dall'ANSA "FOTOGRFANDOCI" presso l'Istituto Ben Zvi. La Mostra , che poi verra' trasferita anche a Tel Aviv e a Haifa, ricorda 60 anni di vita italiana, con particolare riguardo ai rapporti e ai legami tra Italia e Israele. A ricevere l'importante ospite dall'Italia il dott. Yaacov Yaniv Direttore dell'Istituto Ben Zvi, il sig. Luigi Contu, Direttore dell'ANSA e il sig. Piergaetano Marchetti, neo Presidente della Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti. La Mostra fotografica e' stata organizzata con l'aiuto dell'Ambasciata d'Italia in Israele e l'Istituto Italiano di Cultura. Dopo di che il Ministro Severino e' stata ricevuta dalla collettivita' italiana nel centro della Casa d'Italia a Gerusalemme; il Ministro ha potuto visitare e conoscere da vicino la storia della sinagoga di Conegliano Veneto e anche visitare con la curatrice Andreina Contessa il Museo d'Arte ebraica italiano "U. Nahon", ove in questi giorni e'allestita una Mostra su i lavori del compianto Emanuele Luzzati. Parole di benvenuto sono state rivolte al Guardiasigilli da parte del Giudice Eliahu Ben Zimra, Presidente della Hevrat Yehudei Italia Lif'ula' Ruhanit, da parte dell'avv.to Beniamino Lazar, Presidente della Com.It.Es. d'Israele e in passato anche lui Presidente della Hevrat Yehudei Italia; parole di benvenuto sono state porte al Ministro Severino da parte dell'avv.to Renzo Gattegna, Presidente dell'U.C.E.I. giunto per l'occasione dall'Italia. Nella sala delle conferenze, dopo un brindisi di benvenuto e di successo, hanno preso la parola il prof. Sergio Della Pergola, l'Ambasciatore Francesco Talo' ed infine il Ministro della GiustiziaPaola Severino. Presenti anche il Vice Console d'Italia a Gerusalemme la dott.ssa Hanna Pappalardo , la dott.ssa Simonetta Della Seta e il dott. Nicola Orlando dell'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv e la dott.ssa Carmela Callea dell'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv. Il Ministro Severino avra' nei prossimi giorni degli incontri di lavoro con rappresentanti del Ministero della Giustizia palestinese a Ramallah e incontri a Betlemme.
Appello del numero uno Al-Zawahiri agli islamici: "Così costringeremo i governi a rilasciare i nostri uomini"
Un appello a «rapire» cittadini occidentali è stato rivolto a tutti i musulmani da Ayman al-Zawahiri, leader di al-Qaeda, in un video di due ore e 12 minuti pubblicato sui siti islamici.
«Con l'aiuto di Allah, stiamo cercando di catturare e di incitare tutti i cittadini musulmani a catturare i cittadini di paesi che combattono contro i musulmani, in modo da spingere i governi a rilasciare i nostri uomini», ha detto Zawahiri nel video. Il numero uno di al-Qaeda ha quindi ricordato il «successo» del rapimento di Warren Weinstein, cooperante americano 71enne, catturato in Pakistan lo scorso anno. E infine si è rivolto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, definendolo «bugiardo» e «uno dei più grandi sostenitori di Israele».
Al Zawahiri ha anche accusato la comunità internazionale di aver dato al presidente siriano Bashar al-Assad «la licenza di uccidere». In un video di due ore e 12 minuti pubblicato su alcuni siti islamici, Zawahiri incita «i musulmani in tutto il mondo, e in particolare nei paesi vicini alla Siria, a sostenere i loro fratelli siriani in tutti i modi possibili e a non sprecare niente di ciò che possono offrire loro». Al Zawahiri parla anche di Egitto: quella in corso nel Paese è una «battaglia» tra una maggioranza musulmana che chiede l'applicazione della sharia e una minoranza laica e alleata dell'Occidente. Il numero uno di al Qaeda pone alcuni interrogativi al presidente egiziano Mohammed Mursi, su ciò che intende fare in vari ambiti, dai rapporti con Israele, alla comunità cristiana del paese, all'applicazione della sharia. «La battaglia in corso in Egitto è molto chiara - ha detto - È una battaglia tra una minoranza laica alleata con la chiesa e supportata dall'esercito creato dall'ex presidente Hosni Mubarak e dagli americani e la ummah musulmana egiziana, che vuole l'attuazione della sharia».
Un punto a favore di Hamas è arrivato non solo a livello di immagine ma anche e soprattutto sul versante finanziario. L'emiro del Qatar, lo sceicco Hamad ben Khalifa Al-Thani, ha fatto visita nella Striscia di Gaza al primo ministro del movimento islamico Hamas, Ismail Haniyehm. Quest'ultimo ha parlato di evento storico, in quanto è stato rimosso il blocco politico ed economico imposto da Israele ai territori palestinesi.
Ma Hamas può cantare vittoria dopo la promessa dell'emiro di concedere un aiuto di 400 milioni di dollari (308 mln euro) per ricostruire Gaza.
La somma è stata decisamente aumentata rispetto a quanto preventivato inizialmente (254 mln di dollari) e sarà utilizzata per realizzare 3 mila alloggi e alcune infrastrutture stradali. Nel contempo, questa operazione serve ad Hamas per mostrare al mondo intero che non è un movimento dal quale stare lontani. Tuttavia, anche nella scia di questa novità, aumenta il rischio di una separazione politica tra Hamas e l'Autorità palestinese, che i più auspicano di vedere riunite un giorno in un unico stato sovrano.
Proprio l'Autorità si trova in una grave crisi finanziaria, specialmente dopo che alcuni paesi arabi, tra cui l'Arabia Saudita e lo stesso Qatar, non hanno mantenuto la promessa di soccorrere i palestinesi. Questi ultimi temono che il Qatar stia cercando di estendere la sua influenza nella regione privilegiando i partiti e i movimenti sorti dalla corrente dei Fratelli musulmani, come appunto Hamas.
Evangelici al Ponte Milvio per ricordare il 28 ottobre 312
Una numerosa delegazione di EDIPI (Evangelici d'Italia per Israele) sarà presente domenica 28 ottobre alle ore 17:00 in ricordo del triste evento della battaglia sul Ponte Milvio del 28 ottobre 312 che sancì la vittoria di Costantino su Massenzio. Ne derivò l'inizio della degenerazione del cristianesimo e dell'antigiudaismo religioso. L'Iniziativa, promossa da Matthias Winkler di Soli Deo Gloria, vedrà la presenza di alcuni rappresentanti dell'evangelismo europeo oltre che del rabbino Ariel Di Porto della Comunità Ebraica di Roma.
ONU - Israele: la vergognosa campagna anti-israeliana del Palazzo di Vetro
di Noemi Cabitza
Che l'ONU portasse avanti una campagna anti-israeliana era ormai evidente da diverso tempo (vedi le tante risoluzioni a senso unico del Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu), ma che arrivasse a chiedere addirittura il boicottaggio dei prodotti israeliani nessuno se lo aspettava davvero.
Invece è successo. In una reazione speciale presentata all'Assemblea Generale dell'ONU, il commissario speciale per i territori arabi in Israele, Richard Falk, ha chiesto ufficialmente (e sottolineo ufficialmente) che tutti i Paesi boicottino i prodotti israeliani proveniente dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est. Il motivo? Le aziende israeliane che operano in quelle zone e un certo numero di multinazionali che si appoggiano a ditte israeliane e che acquistano prodotti proveniente dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, violerebbero i Diritti Umani e un certo numero di leggi internazionali (non è dato sapere però quali) in quanto "sfruttano manodopera palestinese e con il loro operano favoriscono la costruzione illegale di abitazioni israeliane a Gerusalemme Est e nella Cisgiordania".
Falk ha accusato Israele di "aver accelerato la costruzione di abitazioni in palese violazione delle risoluzioni ONU" e quindi chiede il boicottaggio "per spingere Israele a prendere sul serio le disposizioni dell'ONU".
A parte che nessuno nel mondo prende più "sul serio" le risoluzioni ONU semplicemente perché l'ONU è tutto fuorché una cosa seria. Ma quello che desta maggior sdegno è l'accanimento con cui questa ormai obsoleta, inutile e costosissima organizzazione perseguita Israele. Lo fa in tutti i modi e ogni giorno con una metodicità davvero scandalosa.
Per entrare nel merito della relazione speciale presentata da Richard Falk va detto che nessuno sfrutta manodopera palestinese, anzi, proprio tra i cosiddetti palestinesi c'è molta apprensione dopo che, secondo alcuni dati diffusi pochi giorni fa dal Governo israeliano, a causa del boicottaggio rischiano il posto almeno 25.000 palestinesi. Un cosiddetto palestinese che lavora per una azienda israeliana guadagna quattro volte di più di quanto guadagnerebbe lavorando in Cisgiordania. A questo punto allora tantovale che le aziende israeliane usino manodopera africana al posto di quella araba come da più parti si chiede. Per quanto riguarda invece le abitazioni a Gerusalemme Est va ricordato all'ONU che TUTTA GERUSALEMME è la capitale di Israele e che quindi anche Gerusalemme Est è territorio israeliano checché ne dicano gli arabi e i loro lacchè. Quindi tutta quella relazione è fondata sulla menzogna e sul pregiudizio anti-israeliano.
D'altra parte Richard Falk è ben conosciuto per la sua lunga attività anti-israeliana. Nel 2001 ha fatto parte di una commissione d'inchiesta per i territori palestinesi, commissione che ha sempre agito apertamente in configurazione puramente anti-israeliana. Fa parte del consiglio direttivo di Human Rights Wath (il che è tutto un dire considerando i fondi che arrivano a HRW dai paesi arabi del Golfo). In tutti questi anni che è stato relatore per l'ONU sui Diritti Umani nei territori arabi, non ha mai detto una sola parola né sulle violazioni dei Diritti Umani perpetrate da Hamas né su quelle perpetrate dall'Autorità Nazionale Palestinese che solo poche settimane fa ha incarcerato diversi blogger e giornalisti (solo per citare l'ultima). Per ottenere maggior credibilità Richard Falk va dicendo di essere di origine ebraica ma a questa sua affermazione non si è mai trovato alcun riscontro (uno dei tanti falsi ebrei che cercano di accreditarsi come tali per poter meglio attaccare Israele). Quando fu nominato relatore speciale per i territori arabi paragonò Israele ad un regime nazista.
Gli Stati Uniti e Israele hanno più volte chiesto la sua rimozione, l'ultima volta solo ieri, in quanto il suo comportamento è tutto fuorché imparziale ed è chiaramente anti-israeliano. Tuttavia l'ONU non ha ritenuto opportuno farlo anche perché Falk è gradito a Russia, Cina e Paesi Arabi, il che la dice lunga sulla sua obbiettività in termini di Diritti Umani.
Questo è l'ultimo atto di una campagna anti-israeliana condotta da personaggi che, mascherandosi sotto le insegne delle Nazioni Unite, non solo sono fortemente antisemiti e anti-israeliani, ma puntano direttamente alla destabilizzazione e a impedire qualsiasi colloquio di pace tra Gerusalemme e i suoi nemici. Davvero una cosa scandalosa.
La tecnologia campana conquista Israele. Nel corso dell'ultima missione organizzata dall'Istituto italiano per il commercio con l'estero (Ice), presieduto da Riccardo Monti, due imprese israeliane (Gtb Technologies e Comsign Trust) hanno manifestato un forte interesse per la possibilità di insediamento presso l'incubatore del Polo Tecnologico di Campania Innovazione. Diverse di queste aziende innovative saranno a Napoli, nelle prossime settimane, per visitare l'Incubatore e approfondire ulteriormente i primi ambiti di collaborazione e partnership commerciali vagliati a Tel Aviv.
- La missione
Particolarmente positiva è stata l'adesione delle imprese campane: delle 13 start up selezionate dall'Ice, 7 sono campane. Di queste, 5 sono insediate nell'Incubatore del Polo Tecnologico di Campania Innovazione (Wip, Enjinia, Bit4Id, Oceanix, Ssri Laurato) e una (Natural Intelligent Technologies) è stata selezionata tramite il servizio di tutoraggio che Campania Innovazione offre al progetto premiato nell'ambito di Italia Camp. Presenza regionale era completata dalla partecipazione del Pta - Polo Tecnologico Ambientale.
- Futuro hi-tech
Il commento sui risultati della missione in Israele è affidato a Fulvio Martusciello, consigliere del presidente della Regione Campania con delega alle attività produttive.
"Israele - dice - rappresenta un sistema di eccellenza per la capacità di creare una sinergia virtuosa tra ricerca, innovazione e finanza, con risultati record in termini di creazione di posti di lavoro e crescita del Pil. La missione Italian Innovation va nella direzione di favorire il collegamento tra le nostre imprese innovative - prosegue Martusciello - e la nazione che negli ultimi anni ha saputo maggiormente sfruttare i vantaggi competitivi di un'economia hi tech".
- Rete tra incubatori
E' nei piani della Regione - annuncia Martusciello - la costituzione della rete regionale degli incubatori in coerenza con quanto emanato dalla legge Finanziaria regionale del 2012, che istituisce la rete Campania In.Hub come leva di sviluppo competitivo". Palazzo Santa Lucia, inoltre, intende strutturare un piano per favorire l'avvio di nuove attività imprenditoriali ad alta intensità di conoscenza, utilizzando tutti gli strumenti finanziari a disposizione".
- Patto Italia-Israele
I Governi di Italia e Israele, nel corso della mission conclusa ieri, hanno firmato un accordo per promuovere progetti di collaborazione nei settori delle start up innovative e dell'industria hi tech. Il ministero dello sviluppo economico selezionerà un gruppo di giovani imprenditori di start up italiane per consentire loro di svolgere in Israele, ogni anno, corsi intensivi di gestione delle imprese innovative sulla base dell'esperienza locale. Il ministero dell'industria commercio e lavoro israeliano, dal canto suo, agevolerà l'accesso e i rapporti delle aziende italiane con le imprese innovative high tech del Paese mediorientale. Italia e Israele si impegnano a creare opportunità di reciproco investimento verso le imprese start up, anche attraverso gli incubatori tecnologici.
Dopo il raid israeliano ad un'industria militare, Khartoum avverte Tel Aviv: "Non faremo mancare il nostro sostegno ad Hamas e alla causa araba".
ROMA - Il Sudan conferma il sostegno ad Hamas, nonostante i raid aerei con cui Israele tenta di influenzare le scelte di Khartoum. Ad annunciarlo è il presidente del parlamento sudanese, Ahmad Ibrahim Al-Tahir, che ieri ha ricordato a Tel Aviv che l'attacco contro l'industria militare Yarmouk non farà da deterrente: il suo Paese continuerà a sostenere il movimento islamista palestinese.
In una riunione d'emergenza del Comitato Affari del Parlamento, Al-Tahir ha ripetuto che "l'aggressione israeliana" - portata avanti con quattro jet ad alta tecnologia che hanno violato lo spazio aereo del Paese - non impedirà al Sudan di rispettare i propri doveri verso la causa araba e africana: "Se Israele colpisce il Sudan perché sta dalla parte della resistenza palestinese, allora il Sudan continuerà su questa strada, dettata dalla religione, la storia e il destino che condivide con il popolo palestinese".
Martedì sera intorno alle 21, secondo il governo di Khartoum, un raid dell'aviazione militare israeliana ha centrato la fabbrica Yarmouk, nel Sud della capitale sudanese, uccidendo due persone che si trovavano all'interno. Israele non ha smentito l'accusa né l'ha confermata. "Pensiamo che Israele sia dietro gli attacchi - ha detto il ministro della Cultura e dell'Informazione, Ahmed Bilal Osman - Ci riserviamo il diritto di reagire quando e dove riterremo opportuno".
Da tempo le autorità israeliane ritengono il Sudan responsabile di ospitare militanti palestinesi di Hamas, nonché di essere uno stretto alleato dell'Iran. E non mancano i precedenti: nel 2009 e nel 2011 altri due attacchi aerei israeliani hanno avuto come target contrabbandieri d'armi sudanesi che secondo Tel Aviv erano diretti nella Striscia di Gaza.
E nel 1998, Human Rights Watch aveva indicato la fabbrica Yarmouk come base per la produzione di armi dirette in Iraq. Un'accusa che il governo sudanese è tornato a smentire ieri, affermando che l'industria produce solo armi convenzionali.
Anche Hamas ieri ha emesso una dichiarazione nella quale condanna l'attacco alla fabbrica, un'aggressione che testimonia "la violazione del diritto internazionale da parte di Tel Aviv e l'utilizzo del terrorismo di Stato non solo contro i palestinesi".
Gli ebrei livornesi si apprestano, domenica prossima, a festeggiare i primi 50 anni della sinagoga ricostruita, su progetto dell'architetto romano Angelo Di Castro, sulle macerie del maestoso Tempio seicentesco che fu per secoli orgoglio della Nazione ebraica. Le celebrazioni, suddivise in vari appuntamenti di grande significato, saranno aperte a tutta la cittadinanza nella migliore tradizione di incontro e dialogo che da sempre caratterizza questa realtà. Molteplici le attività previste: dalla cerimonia ufficiale in sinagoga all'inaugurazione di una mostra fotografica ad hoc alla Goldonetta, dalla presentazione del volume Un Tempio Nuovo per una Fede Antica della professoressa Funaro al concerto conclusivo del Coro Ernesto Ventura.
Tra i momenti più attesi l'introduzione di un nuovo Sefer Torah tra i rotoli custoditi in piazza Benamozegh: il Sefer, dedicato alla memoria di Benjamin, Moise e Flora Yerushalmi, farà il suo ingresso in tarda mattinata. Prenderanno tra gli altri la parola, assieme alle massime autorità cittadine, il presidente della Comunità ebraica Vittorio Mosseri e il rabbino capo Yair Didi. "Imposterò il mio discorso sulla gioia e sull'importanza di esserci ancora malgrado le avversità. Il Tempio di Livorno - spiega Mosseri - è un luogo cardine di questa città speciale che non ha mai avuto un Ghetto e in cui le vicende della realtà ebraica si intrecciano indissolubilmente con quelle di tutta la popolazione. Domenica sarà pertanto una grande festa di tutti".
Parallelamente ai festeggiamenti per il Cinquantenario, Livorno renderà omaggio alla figura di un suo illustre cittadino ebreo, Giuseppe Emanuele Modigliani. Fratello maggiore del celebre pittore Amedeo, Modigliani si rivelò una figura fondamentale nella storia sociale e politica livornese. Parlamentare, antifascista viscerale, fu tra coloro dall'esilio prepararono il ritorno alla democrazia repubblicana nell'Italia del dopoguerra. L'occasione per approfondire i suoi meriti sarà data dal convegno Giuseppe Emanuele Modigliani 1872-1947: il ruolo dei socialisti nella costruzione della democrazia in Italia in programma al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo in occasione del 140esimo anniversario della sua nascita.
Luogo: Pomezia (Roma)
Data: Da venerdì 7 dicembre a domenica 9 dicembre 2012
Info: info@edipi.net
Nella consueta cornice del Centro Congressi dell'Hotel Selene, a Pomezia, Evangelici d'Italia per Israele organizza il suo 2o Convegno Internazionale.
Ogni cinque anni infatti, intercalato ai Raduni Nazionali, EDIPI richiama l'attenzione del mondo evangelico organizzando un evento in cui la presenza dei relatori stranieri è quanto mai stimolante.
In questi casi le tematiche affrontate richiamano esplicitamente gli scopi e gli obbiettivi dell'associazione.
Verrà sottolineata, infatti, l'importanza di sostenere l'Aliyah (il ritorno del popolo ebraico nella sua terra), nella convinzione che Dio ha assegnato per sempre ai figli di Giacobbe la terra promessa, in vista della completa restaurazione di Israele.
Non sarà quindi un'approccio emozionale per raccogliere fondi ma piuttosto la comprensione di un principio biblico più volte trascurato se non sottaciuto.
Di fondamentale importanza cogliere il diritto al ritorno degli ebrei su tutta la terra di Israele, tema questo affrontato dal prof. Marcello Cicchese nella giornata introduttiva di venerdì 7 dicembre.
Nello stesso giorno troveranno spazio i parlamentari On. Fiamma Nirenstein, il sen. Lucio Malan e un autorevole rappresentante dell'Ambasciata di Israele in Italia.
Sabato 8 dicembre sarà la volta dei leader ebrei-messianici Avner Boskey e Angel Gerber oltre ad uno spazio gestito da Ebenezer Operation Exodus con Urs Kaeserman e Vadim Rabochy.
Domenica 9 in mattinata si susseguiranno il prof. Rinaldo Diprose, il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici e il Rabbino capo di Padova Adolfo Locci.
Al pomeriggio Keren Hayesod con Johanna Arbib Perugia e Dani Viterbo unitamente all'Ufficio del Turismo Israeliano, completeranno gli interventi in programma.
Di rilievo il programma musicale che vedrà coinvolta la corale della Chiesa Evangelica di Roma "Alfa e Omega" durante tutto il convegno, mentre le serate di venerdì e sabato saranno animate da una originale esibizione in parole e musica con Rachel e Avner Boskey.
Antonio e Marzia della "Fionda di Davide" prepareranno per l'occasione una simpatica rappresentazione dell'Aliyah vista con gli occhi dei bambini.
La conduzione sarà affidata ai pastori Agostino Masdea, Stefano Bogliolo e Ivan Basana.
Il mio Paese è sotto attacco. C'è qualcuno a cui può interessare?
di Arsen Ostrovsky*
Bambini delle comunità sotto attacco chiedono rifugi
Sono arrabbiato.
Mentre molti americani si svegliano questa mattina, e molti in Europa e nel resto del mondo sono già in piena attività, qui in Israele oltre un milione di persone stanno correndo a mettersi in salvo da una grandinata di razzi sparati dai terroristi palestinesi a Gaza. Nell'arco di 24 ore, da martedì mattina, 80 fra missili e razzi sono stati scagliati sull'Israele meridionale. E' una media di oltre tre attacchi ogni ora. Nel momento in cui questo articolo sarà completato, è probabile che il lugubre conteggio sarà salito a 85 missili.
Per mettere le cose nel loro contesto: oltre un milione di israeliani vuol dire il 13% della popolazione complessiva. Il 13% della popolazione USA corrisponde a circa 40 milioni di americani.
Una dozzina di israeliani è stata ferita; alcuni di essi, in modo grave. L'unico motivo per cui non ci sono stati più feriti è perché Israele ha investito milioni di dollari in rifugi antimissili e nello scudo difensivo Iron Dome, mentre Hamas investiva milioni di dollari di aiuti stranieri in armamenti.
Oggi voglio spiegare perché sono arrabbiato.
Sono arrabbiato perché quest'anno oltre 600 missili sono stati sparati da Gaza, e non si vede la fine di questo stillicidio.
Sono arrabbiato perché il mondo si desta solo quando Israele esercita il suo sacrosanto diritto sovrano di difendere i propri cittadini. Quale sarebbe la reazione se questi missili fossero sparati su Washington, su Londra, su Parigi o su Mosca? nessuna nazione sulla Terra potrebbe tollerare questi attacchi nei confronti della sua gente.
Sono arrabbiato perché mentre le Nazioni Unite non esitano a convocare una "riunione speciale di emergenza" sulla "questione palestinese", o ad approvare l'ennesima risoluzione che ottusamente condanna Israele; ancora tardano a convocare una sessione dedicata ad una "questione israeliana" e al terrorismo palestinese. In effetti, dopo 24 ore dall'inizio degli attacchi, sono ancora in attesa di ascoltare una sola sillaba di condanna da parte del Consiglio di Sicurezza, dell'Assemblea Generale o del Commissariato per i Diritti Umani dell'ONU.
Sono arrabbiato perché Ban Ki-Moon, il segretario generale dell'ONU, non riesce a trovare un momento per condannare le aggressioni palestinesi, ma trova il momento per divertirsi e ballare la danza popolare Gangman style con il rapper sudcoreano Psy.
Sono arrabbiato perché mentre l'Alto Commissario europeo per la politica estera Catherine Ashton ha criticato Israele la scorsa settimana per la decisione di costruire centinaia di nuove abitazioni in un'area del proprio territorio; non ha trovato il tempo per censurare il lancio di 80 missili attentatori in un giorno.
Sono arrabbiato perché c'é ancora chi invoca il boicottaggio dello stato ebraico, ma tace di fronte al terrorismo palestinese.
Sono arrabbiato perché navi e flottiglie continuano a salpare alla volta di Gaza per dimostrare "solidarietà" nei confronti dei palestinesi, ma perché mancano di manifestare lo stesso sentimento nei confronti delle famiglie che abitano nell'Israele meridionale?
Sono arrabbiato perché mentre le organizzazioni per i diritti umani come Amnesty, Human Rights Watch, Oxfam e altre non perdono occasione per condannare Israele per presunte violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi, gli stessi diritti umani degli israeliani per esse non contano. Forse il sangue ebraico non vale niente?
Sono arrabbiato perché i giornali a grand diffusione come il New York Times antepongono alla notizia degli attacchi, titoli come "quattro militanti palestinesi sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano", anziché "terroristi palestinesi scatenano una pioggia di oltre 80 missili contro un milione di persone inermi".
Sono arrabbiato perché molta gente non vede che l'Iran, che sostiene il desiderio di cancellare Israele dalle mappe geografiche, cerca di dotarsi di un arsenale nucleare, ed è il principale sponsor e finanziatore di Hamas a Gaza.
Sono arrabbiato, perché i civili nel sud di Israele oggi sono istruiti nel non mandare i loro figli alle scuole e a restare rintanati nei rifugi. Quale modo disumano per i bambini per vivere!
Sono arrabbiato quando la gente continua a indicare gli insediamenti come il principale ostacolo alla pace anziché Hamas, un'organizzazione terroristica che non riconosce il diritto all'esistenza di Israele e ne persegue la distruzione.
Mi arrabbio quando vedo le immagini di case nel sud di Israele devastate dagli attacchi provenienti da Gaza, e c'é qualcuno che dei missili dice: "dopotutto erano come giocattoli: quali danni possono mai creare?" (chissà allora perché mai Hamas si diverte a spendere centinaia di milioni di dollari in innocui missili "giocattolo", anziché sfamare la propria popolazione, NdT...)
Sono arrabbiato perché c'è gente che non mi conosce, che non mi ha mai incontrato, eppure desidera la mia morte; per nessun altra ragione all'infuori del mio essere cittadino israeliano.
Sono arrabbiato quando ascolto i residenti nell'Israele meridionale sostenere sconsolati "ci adagiamo sopra i nostri figli, e cerchiamo di proteggerli con il nostro corpo", mentre il resto del mondo è insensibile alle nostre disperate invocazioni di aiuto.
A ben pensarci non sono arrabbiato. Sono oltraggiato.
L'Italia a lezione di impresa dalla «Silicon Wadi» d'Israele
Il paese ha il record di nuove aziende e i sobborghi di Tel Aviv sono il paradiso dell'industria hi-tech. I fondatori? Giovani under 30, appena usciti dall'esercito
di Rolla Scolari
Il presidente del Consiglio Mario Monti era ieri a Gerusalemme assieme a sei ministri per il terzo vertice intergovernativo tra Italia e Israele.
Con la controparte israeliana, i ministri italiani hanno parlato anche di scienza e tecnologia. Tra gli accordi firmati ieri, uno è sulla cooperazione in materia di hi-tech e start-up, un campo in cui Israele, la «Start up Nation», è all'avanguardia. L'Italia ha partecipato anche alla conferenza Digital Life Design di Tel Aviv, dove si è parlato delle opportunità per le nuove realtà israeliane in Italia e di cosa l'Italia delle start up può imparare da Israele. La rivista americana di scienza e tecnologia Wired ha messo Tel Aviv al secondo posto dietro la Silicon Valley californiana come luogo d'innovazione tecnologica, un paradiso delle start-up. I sobborghi della città costiera dove sorgono le sedi delle industrie tecnologiche qui sono chiamati la Silicon Wadi, dove Wadi è valle in arabo.
Pochi anni fa, un libro - The Start-up Nation - ha raccontato il fenomeno che, secondo Saul Singer, uno dei suoi autori, ha reso Israele «un'economia incentrata sulle start-up». In Israele, ha spiegato al Giornale Singer, nascono ogni anno almeno 500 start-up. In tutta l'Europa, nello stesso arco di tempo, ne sorgono circa 700. Il Paese investe il 4,5% del suo Pil in ricerca e sviluppo e ci sono centri di studio, come il Technion, tra i pini delle colline di Haifa, considerati qui e all'estero templi della ricerca scientifica e tecnica.
«Se hai meno di 30 anni in Israele e se hai fatto l'esercito conosci molte persone che come te sono nel business», spiega Elie Isaacson, 32 anni, ex parà ed ex portavoce militare. L'esercito è uno dei luoghi dove i giovani acquisiscono conoscenze tecnologiche e contatti. È lì che Elie ha intravisto buoni affari, non soltanto nell'hi-tech. La sua società, Agilite, dal 2007 vende equipaggiamento tattico a civili e militari. Ha da poco firmato un contratto con i marine americani per un'idea avuta a gennaio: una cintura in tessuto che permette di creare uno «zaino umano», per portare sulle spalle un uomo ferito senza l'uso delle mani, fondamentale per un soldato in combattimento.
Le idee e il know-how tecnologico non bastano per creare un terreno adatto alle start up. Ci vogliono anche personaggi come Yaron Carni. A 32 anni il suo mestiere è quello di scovare sul mercato le idee e investire nei cervelli con la sua Tel Aviv Angel Group. In poco più di due anni ha investito in sei start-up, venduto le quote di cinque. Una delle società, LabPixies, è stata acquistata da Google. Ora, Yaron segue tra l'altro il lavoro di tre ragazzi di meno di 30 anni che, spiega uno di loro, Lior Atias, hanno creato Atav, un sistema per aiutare le aziende ad assumere impiegati di talento usando la rete di social network delle persone che già lavorano nell'ufficio. Da Israele si stanno espandendo negli Stati Uniti e nel giro di un anno hanno aumentato il numero di assunzioni delle società seguite da 25 a 50%. Per Yaron Carni, la fertilità d'Israele nelle start-up è legata a diversi fattori: «Gli ebrei per generazioni hanno dovuto arrangiarsi, sopravvivere alle persecuzioni, diventando creativi. Israele, inoltre, è un Paese di immigrati e ogni immigrato porta un di più nel suo bagaglio». Contano anche una società e istituzioni che spingono a provare, aggiunge.
Per aprire una società in Israele bastano due giorni e, racconta Elie Isaacson, i salari nel settore pubblico sono talmente bassi che molti non temono d'abbandonare il vecchio per il nuovo. Tomer Neu-Ner e il suo socio stanno per lanciare una nuova applicazione per smart phone: Parko mette in contatto persone che cercano un parcheggio con quelle che lasciano un parcheggio. Quando hanno iniziato a studiare l'applicazione lavoravano entrambi altrove. Poi, il socio di Tomer si è licenziato per dedicarsi al progetto e i due, sposati e con figli, hanno condiviso uno stipendio per mesi prima di trovare un investitore. La prossima sfida per Israele è quella di trasformare le compagnie da «giovani» ad «adulte», ha scritto a gennaio l'Economist, che notava come, per quanto calzante possa essere il paragone con la Silicon Valley, Israele non abbia ancora dato vita a una Hewlett-Packard o una Google. Le migliaia di start-up israeliane, infatti, restano compagnie di piccole dimensioni o sono acquisite da giganti esteri.
Meglio tardi che mai. Human Right Watch, un'organizzazione finora gravata da manifesta miopia congenita - è molto attenta a produrre documenti critici su Israele, mentre finora non ha avuto molto da obiettare di fronte alla repressione siriana (oltre 30 mila morti. E dire che il blog più piccolo e insignificante della Terra denunciò la strage sin dagli albori) - continua ad attaccare Hamas, l'organizzazione terroristica che ha appena steso un tappeto rosso (sangue) davanti ai piedi dell'emiro del Qatar, giunto nella Striscia per fornire generose elargizioni.
Il passaggio dell'enclave palestinese dall'orbita sciita dell'asse Iran-Siria, all'orbita sunnita (Egitto/Qatar), sta coincidendo con una recrudescenza degli attacchi nei confronti delle città meridionali israeliane; e con una sempre più insistente denuncia delle torture praticate impunemente da Hamas nei confronti dei palestinesi. E' come se fosse saltato un tappo: come se oggi si potesse dire ciò che prima era inopportuno rendere noto.
Ad ogni modo, dopo la denuncia di qualche settimana fa, HRW torna alla ribalta per denunciare la morte di Adel Razeq, membro delle brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, arrestato con un falso pretesto e torturato fino a provocarne la morte. In circostanze simili Hamas avrebbe ucciso almeno tre persone negli ultimi cinque anni, malgrado le timide condanne di circostanza giunte dall'Unione Europea.
In una risposta consegnata all'agenzia Reuters, un esponente di Hamas ha sostenuto che il rapporto di HRW contiene molti errori. Di punteggiatura?.
TRENTO, 25 ott - Con gli interventi dei ministri Francesco Profumo e Giulio Terzi di Sant'Agata - e con un confronto tra il premier Mario Monti e il Governatore della Banca di Israele, Stanley Fisher, sui temi più stringenti dell'attualità economica - si è concluso poco fa, a Gerusalemme, la conferenza sui temi della ricerca e dell'alta formazione nell'ambito del vertice bilaterale Italia - Israele che ha visto la presenza anche del presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, su invito dell'ambasciata d'Italia a Tel Aviv. Il ministro Terzi - viene detto in una nota della Provincia autonoma diffusa a Trento -, nel suo intervento conclusivo, ha ringraziato proprio Dellai per quanto il Trentino sta facendo in questo campo. "Sono veramente lieto di essere oggi qui non soltanto per il rilievo di questo evento, volto a incrementare ulteriormente i già proficui rapporti bilaterali tra il nostro Paese e Israele - ha detto Dellai nel suo intervento -, ma anche per il motivo dell'invito da parte dell'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv, motivo che giustifica la nostra presenza come territorio in un Vertice tra Stati: l'aver contribuito allo sviluppo della cooperazione nel campo della ricerca attraverso un percorso di collaborazione intrapreso ormai più di quindici anni fa e che è stato coronato la scorsa primavera dalla firma tra la Provincia autonoma di Trento e lo stato di Israele di un accordo di cooperazione nel campo della ricerca industriale che ci consentirà nei prossimi giorni di attivare il primo bando congiunto per la ricerca applicata rivolto a imprese trentine e israeliane." Dellai ha richiamato inoltre la recente delega amministrativa e finanziaria attribuita alla Provincia in materia di Università, che consentirà al Trentino di continuare a lavorare per la difficile costruzione di un sistema integrato formazione - ricerca - innovazione.
GERUSALEMME - Usciranno la prossima settimana i primi bandi per la ricerca industriale rivolti alla collaborazione tra imprese trentine ed israeliane nell'ambito della ricerca applicata e dell'innovazione di processo e di prodotto incentrata nei settori dell'Ict, delle biotecnologie, delle energie rinnovabili e delle tecnologie ambientali. La loro dotazione di partenza sarà di circa 3 milioni di Euro. Lo ha reso noto il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai a margine del summit italo-israeliano, concluso con l'incontro tra il presidente del consiglio Mario Monti e il premier israeliano Benyamin Netanyahu.
I bandi sosterranno lo sviluppo di progetti comuni volti alla commercializzazione di nuovi prodotti. "Vi sono disponibilità concrete che possono attivare soprattutto piccole imprese ad alta vocazione innovativa" ha osservato Dellai.
Il vertice, rileva un comunicato, ha segnato una nuova tappa nella collaborazione del campo della ricerca, dell'innovazione e delle nuove tecnologie ed ha rappresentato in particolare un ulteriore riconoscimento per la provincia autonoma di Trento in quanto Dellai - unico rappresentante territoriale e non governativo - è stato chiamato a Gerusalemme ad illustrare il sistema di ricerca trentino e i suoi rapporti con Israele.
Con alle spalle un'esperienza ventennale di collaborazione scientifica con Israele "il Trentino - ha sottolineato Dellai - é l'unica realtà amministrativa di livello regionale ad aver sottoscritto con il governo israeliano un accordo quadro per la ricerca industriale", siglato la scorsa primavera col ministro del commercio e del lavoro israeliano Shalom Simchon. Il Trentino "ha dunque tradotto a livello territoriale lo spirito che lega i due governi", di Italia e di Israele.
Monti a 'Fotografandoci', mostra ANSA a Gerusalemme
Da domani la rassegna per un mese a museo Yad Ben Zvi
GERUSALEMME, 25 ott - ''Molto interessante, racconta la storia d'Italia''. Cosi' il presidente del consiglio Mario Monti ha commentato l'anteprima della rassegna 'L'Ansa mostra l'Italia ad Israele', tratta dalla rassegna 'Fotografandoci', presentata oggi al King David di Gerusalemme sede del terzo Vertice bilaterale tra i due paesi. Durante la visita, il direttore dell'Ansa Luigi Contu ha illustrato a Monti, accompagnato dal ministro degli esteri Giulio Terzi e dall'ambasciatore italiano in Israele Francesco Talo', una quarantina di scatti - opera dei fotografi dell'Agenzia, scelti tra il migliaio della rassegna originale inaugurata un anno fa a Roma - che testimoniano la storia d'Italia degli ultimi decenni: immagini di cronaca, economia, personaggi, costume, sport e cultura. Le vicende della Penisola e quelle che testimoniano il legame storico tra Italia e Israele. A Monti il direttore Contu ha presentato Jonathan Pacifici, ora adulto e che vive a Gerusalemme, fotografato in braccio ad una vigilessa dopo l'attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982.
Dopo l'anteprima di oggi, la mostra debuttera' domani al Museo Yad Ben Zvi di Gerusalemme dove sara' inaugurata dal ministro della Giustizia, Paola Severino. L'esposizione restera' allo Yad Ben Zvi fino a fine novembre per poi traslocare a Tel Aviv, ospite per un mese di un vecchio hangar dell'antico porto di Giaffa. Quindi si trasferira', per l'ultima tappa, all'Istituto italiano di cultura di Haifa nel nord di Israele. L'iniziativa - nata in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia, l'Istituto Italiano di cultura di Tel Aviv e la neonata Fondazione Italia-Israele per le Arti e la Cultura - dopo essere stata mostrata anche in Brasile, arriva in Israele con scatti che colgono passaggi di vita decisivi e che raccontano i percorsi della società italiana. Foto che, nell'edizione israeliana, testimoniano in particolare il legame fra l'Italia moderna e lo Stato ebraico. "Paese con il quale - ha detto Contu - l'Italia ha un rapporto privilegiato, segnato da uguali valori: sono numerose le foto del percorso espositivo che dal 1945 scandiscono il legame tra le due Nazioni, risorto dopo l'infame vergogna e l'orrore senza uguali delle Leggi razziali". La rassegna di oggi e' stata visitata anche dal ministro per lo sviluppo Corrado Passera, da quello della Ricerca scientifica Francesco Profumo, dal responsabile della difesa Giampaolo Di Paola e dall'ambasciatore di Israele in Italia Naor Ghilon.
La notizia della mancata ricandidatura di Silvio Berlusconi alle prossime elezioni impone, a chi si interessa di politica, delle evidenti riflessioni. La giornata di ieri è stata forse per molti un momento per ripensare ai risultati ottenuti dal Cavaliere negli ultimi vent'anni. Da parte mia il giudizio negativo sui risultati ottenuti è fuori discussione; la mancata rivoluzione liberale e quelle riforme sempre promesse e mai compiute non possono lasciare alcun dubbio. Su un aspetto però, come ebreo italiano, credo che a Berlusconi debba essere riconosciuto un grande merito: l'amicizia con Israele. Seppur con talune ambiguità, dalla nascita dello Stato d'Israele, non avevamo mai avuto un Presidente del Consiglio così vicino allo Stato ebraico. Abituati alle politiche filo palestinesi dei governi precedenti, Berlusconi è stato il primo Presidente a prendere pubblicamente certe posizioni su Israele, contribuendo a modificare il clima di ostilità che si respirava precedentemente in questo paese. Ripeto, lo ha fatto con le ambiguità che caratterizzano la politica estera di ogni Stato, ma la verità è che almeno su questo aspetto gli dobbiamo tanto. Grazie a lui oggi in Italia possiamo affermare con orgoglio di essere vicini a Israele. So che a molti costerà ammetterlo, ma non è poco e per questo, almeno su questo, penso che un riconoscimento a Berlusconi sia più che dovuto.
Cessate il fuoco tra Gaza e Israele in vigore dalla mezzanotte
GAZA, 25 ott. - Secondo fonti concordanti palestinesi e israeliane, è in vigore dalla mezzanotte un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza tra gruppi armati palestinesi e Israele. La tregua è stata negoziata con la mediazione dell'Egitto, per mettere fine al nuovo ciclo di violenze che ha fatto quattro morti tra i palestinesi e sei feriti in Israele, due dei quali gravi.
"Gli egiziani hanno negoziato una tregua tra Israele e i gruppi armati palestinesi", ha riferito una fonte palestinese che ha parlato in condizione di anonimato, senza fornire altri dettagli. Fonti israeliane hanno detto che sono giunti messaggi dal movimento Hamas - gruppo che controlla Gaza dal 2007 -, che chiedevano l'attuazione di un cessate il fuoco, e secondo le fonti era vicino un accordo di tregua. Lo ha riportato la radio pubblica israeliana.
(TMNews, 25 ottobre 2012)
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Colpo di mortaio in Israele: i palestinesi rompono la tregua
ROMA, 25 ott - E' durata solo alcune ore la tregua informale tra Gaza ed Israele scattata ieri sera grazie ad una mediazione dall'Egitto, all'indomani di una escalation di violenze che nella regione ha provocato diverse vittime e feriti negli ultimi tre giorni.
Secondo quanto scrive il quotidiano Haaretz, diversi militanti palestinesi avrebbero sparato nelle prime ore del mattino un colpo di mortaio nel deserto del Neghev, a sud dello Stato d'Israele. Non e' chiaro se l'attacco abbia provocato vittime o danni materiali.
Corrado Passera: 'Ci siamo ispirati al loro modello per le nuove norme'. Mario Monti e Benjamin Netanyahu hanno firmato una dichiarazione congiunta per la collaborazione nell'innovazione.
di Raffaella Natale
INTERNET - L'Italia intensifica i rapporti con Israele in vista di una maggiore collaborazione tra ricercatori nel settore dell'innovazione tecnologica. Queste le ragioni alla base della visita in Israele del Ministro Francesco Profumo e del Premier Mario Monti.
Oggi i due governi firmano una dichiarazione congiunta su start-up e cooperazione nell'high-tech, oltre che sulla formazione di giovani imprenditori per la gestione di aziende innovative.
L'evento è incentrato su tre temi - crescita, scienza e cultura - e ha una forte connotazione operativa, business oriented, con la presenza, accanto alla delegazione governativa, di start-up nel settore dell'Information Technology e rappresentanti della comunità scientifica.
E sempre oggi, il Ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, e il ministro per gli Affari Esteri, Avigdor Lieberman, hanno firmato un accordo per rafforzare e promuovere la collaborazione tra Italia e Israele.
L'accordo prevede forme di cooperazione rafforzata tra i due Paesi, soprattutto per quanto riguarda il trasferimento tecnologico, la formazione, gli investimenti e, in generale, la condivisione di esperienze tra le rispettive imprese attive sul fronte dell'innovazione tecnologica.
"Il tessuto imprenditoriale delle start-up israeliane è tra i più vivaci e sviluppati al mondo, ed è uno degli esempi a cui ci siamo ispirati per la definizione delle nuove norme per le imprese innovative contenute nel secondo decreto per la crescita - ha commentato il ministro Passera dopo la firma dell'accordo - Siamo convinti che le start-up siano un valido strumento per rafforzare la competitività del nostro sistema economico e generare nuova occupazione qualificata".
L'agenda degli appuntamenti in Israele è stato ricca: a Ramallah, l'incontro con il Ministro per l'istruzione superiore palestinese Ali Jerbawi, per discutere delle possibili collaborazioni nella ricerca dei due Paesi;. a Jaffa, la conferenza "Session on Italian Innovation in the Startup Nation", nell'ambito della conferenza internazionale sul digital life design, e il meeting "From Brain Drain to Brain Gain", con il Ministro israeliano David Hershkowitz. Infine, oggi, il vertice bilaterale tra Italia e Israele presieduto dai primi ministri Mario Monti e Benjamin Netanyahu.
Profumo, alla conferenza sul digital life design, ha parlato dell'impegno del governo italiano a uscire dalla crisi con l'approvazione di diverse misure tra le quali l'ultima, il Decreto Crescita 2.0, che punta su start-up e innovazione.
"In particolare le start-up - ha sottolineato il Ministro del MIUR - sono al centro di uno sforzo legislativo specifico per semplificare la burocrazia e facilitare l'accesso ai finanziamenti". Argomenti che saranno affrontati in modo più approfondito nella Conferenza di oggi.
Il MIUR, ha detto Profumo, sta seguendo una precisa strategia di sostegno ai giovani ricercatori e di creazione di centri d'eccellenza in Italia per affrontare le sfide future.
In questo senso, ha ricordato il Ministro, ieri Intesa San Paolo ha firmato un Protocollo d'intesa con il Ministero israeliano dell'Industria, al fine di sostenere i rispettivi programmi per le start-up innovative.
Nel pomeriggio di ieri alla Tavola Rotonda nell'ambito della Conferenza 'Session on Italian Innovation in the Startup Nation', Alessandro Fusacchia, a capo della Task Force del Ministro Corrado Passera sulle start-up, ha illustrato il Rapporto stilato che è stato alla base delle norme del Decreto Crescita 2.0 dedicate alle start-up.
Tra gli altri, hanno apportato il loro contributo alla discussione, Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, e il professor Marco Cantamessa, presidente dell'incubatore del Politecnico di Torino.
"Israele - ha concluso ieri Profumo - la 'nazione delle start-up', è quindi il giusto esempio per l'Italia e la sua industria".
Ricordiamo, infatti, che il Rapporto di Fusacchia sulle start-up in diversi punti ha fatto riferimento al modello israeliano, specie per la parte relativa al finanziamento delle aziende innovative.
Oggi, intanto, diventa operativo il nuovo strumento "Fondo Start-Up" dedicato alle PMI singole o aggregate e creato per favorire la fase di avvio di progetti di internazionalizzazione sui mercati fuori Ue.
"Il Fondo rotativo - spiega il Ministero dello Sviluppo economico in una nota - è nato con l'obiettivo di rafforzare il sostegno pubblico alle PMI nel loro processo di internazionalizzazione".
Il nuovo strumento si concretizza nella partecipazione del Fondo al capitale sociale di società costituite ad hoc (NewCo) con sede sociale in Italia (o in altro Paese UE qualora necessario per lo sviluppo del progetto).
Quel silenzio dei bambini che salvò il piccolo ebreo
Tradate, Joel e Pietro si ritrovano dopo 70 anni. Da Israele il riconoscimento di «Giusti fra le nazioni»
di Claudio Del Frate
TRADATE (Varese) - «Nessuno di voi conosce un bambino ebreo?» domanda la maestra. E fu allora che in classe tutti tacquero. Era una mattina del 1944, erano gli anni bui della guerra, dei nazisti che occupavano l'Italia, delle leggi razziali che avevano aperto la strada dell'Olocausto. Quel silenzio, quel piccolo grande gesto di eroismo dei bambini di Tradate ha salvato dalla morte un piccolo ebreo che era in mezzo a loro, sotto mentite spoglie. Quasi settanta anni dopo Joel Diena, il bambino israelita divenuto nel frattempo medico a Ottawa, in Canada, ha riabbracciato i suoi salvatori: Peppino Pellegatta, che oggi ha 80 anni e che a Joel insegnò a giocare a carte, ma soprattutto Pietro Lomazzi, settantaquattrenne, che per quattro anni divise la sua casa con la famiglia di Joel.
Lo Stato di Israele ha conferito il titolo di «Giusti tra le nazioni» a Erminio e Ada Lomazzi, i genitori di Pietro, titolari di una locanda nella frazione di Abbiate Guazzone che fu il nascondiglio della famiglia Diena. Martedì la cerimonia di consegna dell'onorificenza è avvenuta simbolicamente al liceo «Curie» di Tradate, presenti Dan Haezrachy, dirigente dell'ambasciata d'Israele in Italia e il capo della comunità ebraica milanese Pietro Laras. Erminio e Ada Lomazzi non ci sono più e il riconoscimento è stato ritirato dal figlio Pietro, che per l'occasione ha riabbracciato il vecchio amico Joel, a settant'anni da quei giorni tristissimi e fatali.
«Ero piccolo, non ricordo come i miei genitori decisero di dare protezione ai signori Diena - racconta Pietro -. Ricordo però che per noi bambini era una cosa normale: Joel veniva a scuola, giocava a pallone con tutti, "era" uno di noi, anche se tutti sapevano del pericolo a cui era esposto. Soltanto a distanza di tanti anni mi rendo conto del rischio che ha corso anche la mia famiglia. Perché lo hanno fatto? Perché i miei genitori erano persone buone, punto e basta».
Finita la guerra, scampato il pericolo della deportazione, Joel e la famiglia si sono trasferiti prima a Milano (i genitori avevano un laboratorio di pellicceria) e poi in Canada. Lomazzi ha fatto il calciatore (cinque campionati in serie B con il Novara) per poi diventare impiegato comunale. «Nella mia vita ho avuto cinque figli e 25 nipoti - ha detto Joel Diena nell'aula magna del liceo di Tradate - ma io e tutti loro dobbiamo la vita a Carlo e alla sua famiglia». Il «salvato» rievoca poi la drammatica mattina in cui rischiò di essere scoperto: «La maestra chiese se qualcuno per caso conosceva degli ebrei. Ma nessuno in aula fiatò. Poi ci fece fare un tema proprio sulla razza. Ricordo che corresse alcune frasi del compito del mio amico Peppino perché erano troppo buone e perché non aveva usato termini come "usurai" e "strozzini"».
Dopo la cerimonia Joel e Pietro sono usciti dalla scuola, hanno camminato per Tradate in cerca della vecchia locanda. «Ma non c'è più - ha detto il figlio di Ada ed Erminio -, al suo posto hanno costruito un palazzone. I ricordi e l'amicizia, invece, quelli non scompariranno mai».
Colpita una fabbrica di armi nel Sudan. Il governo accusa Israele
Il governo sudanese accusa direttamente Israele per l'attacco ad una fabbrica d'armi nella periferia di Khartoum. Nel bombardamento sono morte due persone.
Si tratta della principale fabbrica sudanese di munizioni e armi personali. Secondo le autorità sudanesi, è stata attaccata da quattro aerei.
Il Ministro dell'informazione, Ahmed Bilal Osman, ha detto che il Sudan intende reagire:
"Adotteremo tutte le procedure diplomatiche del caso per chiarire la questione e ci rivolgeremo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ma nello stesso tempo ci riserviamo il diritto di rispondere nel luogo e nel momento che riterremo adeguati".
Il governo israeliano non conferma né smentisce un ruolo nell'attacco: stessa reazione adottata in passato di fronte ad attacchi precedenti in territorio sudanese: uno nel maggio scorso, uno nel 2011 e uno nel 2009. Israele ritiene che il Sudan sia il principale crocevia del contrabbando di armi verso la striscia di Gaza.
Video
(euronews, 25 ottobre 2012)
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«Non ne sappiamo assolutamente niente»
Con queste parole, rilasciate alla stampa internazionale, il portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha negato il coinvolgimento di Israele nell'esplosione avvenuta nella notte tra martedi e mercoledì in una fabbrica d'armi a Khartum, in Sudan.
Qualche ora prima, il ministro dell'Informazione, nonché portavoce del governo sudanese, Ahmed Bilal Osman, aveva detto che l'esplosione era stata provocata da un raid aereo, accusando l'aviazione israeliana di essere la responsabile dell'operazione.
Citando testimonianze oculari, alcuni media locali e internazionali precisano che gli aerei "arrivavano da est".
Il portavoce del ministero della Difesa israeliano si è rifiutato di commentare la vicenda.
Il governo sudanese ha ripetutamente, negli ultimi anni, accusato Israele di una serie di attacchi sul proprio suolo, inclusa l'esplosione di un'auto avvenuta lo scorso maggio a Port Sudan, un attacco missilistico nel 2011 e un raid aereo contro un presunto convoglio di armi nel 2009.
Israele non ha mai commentato, né ammesso alcun coinvolgimento.
Le zone orientale del Sudan, si ritiene, siano state a lungo usate per trasportare armi che, dopo aver attraversato il deserto della penisola del Sinai in Egitto, avevano come destinazione finale la Striscia di Gaza.
I rapporti tra Tel Aviv e Khartum si sono fatti più tesi negli ultimi anni, soprattutto in seguito all'aperto sostegno che Israele ha garantito sin da subito al Sud Sudan.
L'esplosione dell'altra notte ha provocato un grave incendio nel quartiere meridionale di Al-Shigara, provocando la morte di almeno due persone.
La città di Haifa inaugura il 'Christian Embassy Center'
Jürgen Bühler
A giugno avanzato, il Comune di Haifa ha riconosciuto la International Christian Embassy Jerusalem, per aver finanziato la più grande struttura di assistenza di Israele per sopravvissuti dell'Olocausto, chiamando la strada dove essa si trova "Christian Embassy Center".
Il Direttore Esecutivo della ICEJ, il Dr. Jürgen Bühler, ha guidato una delegazione dello staff dell'Ambasciata per la cerimonia d'inaugurazione, che è stata ospitata dal nostro benefico partner Shimon Sabag, alla quale hanno partecipato anche funzionari della città di Haifa e numerosi sopravvissuti dell'Olocausto.
Nel corso dei due ultimi anni, la Christian Embassy ha finanziato un progetto speciale per espandere una struttura di assistenza ad Haifa per sopravvissuti dell'Olocausto impoveriti. La ICEJ ha acquisito e ristrutturato due edifici composti da appartamenti nel quartiere di Hadar, con la struttura ampliata ora capace di accogliere fino a 100 residenti così come di fornire alimentazione e provvedere assistenza medica per sopravvissuti aggiuntivi nell'area di Haifa.
All'inaugurazione, la ICEJ ha consegnato un altro assegno per il valore di 500.000 shekel (150.000 dollari) per portare a termine le ultime migliorie alla Casa di accoglienza di Haifa. La Christian Embassy sta raccogliendo tuttora maggiori fondi per aiutare a far funzionare la struttura della casa di accoglienza, così come per rilevare e ristrutturare diversi altri edifici composti da appartamenti che sono divenuti disponibili nella stessa strada. Almeno 750.000 dollari di fondi aggiuntivi saranno necessari per completare quest'ultima fase del progetto di ampliamento.
Il crescente gruppo di residenti nella "calorosa casa di accoglienza" sono tutti sopravvissuti ebrei che hanno passato l'infanzia intrappolati nell'Europa occupata dai nazisti. Coloro che sono stati ammessi alla casa di accoglienza provengono da una lunga lista di sopravvissuti in disperato bisogno di assistenza nel ricevere alloggio e cure mediche.
Un numero approssimativo di 200.000 sopravvissuti dell'Olocausto vive attualmente in Israele, e sino ad un terzo di questi sono in disperate condizioni di ristrettezze finanziarie, spesso dovute alle esorbitanti spese mediche. Più di 2000 richiedenti, la maggior parte dei quali sopravvissuti ai campi nazisti in Polonia e Germania, si sono aggiunti alla lista d'attesa per un posto alla casa di accoglienza di Haifa. Un processo di attenta selezione identifica gli usufruttuari più meritevoli in base al bisogno.
Per favore, sostieni questo urgente e meritevole progetto umanitario.
Fai una donazione al SOCCORSO ICEJ oggi stesso.
Nel 1894, il capitano ebreo Alfred Dreyfus fu ingiustamente condannato per tradimento da parte di un tribunale militare francese antisemita. Occorsero 10 anni prima che l'ingiustizia fosse corretta. Il mondo ricorda Dreyfus. Ma bisognerebbe ricordare anche l'ufficiale ebreo Artur Carlos de Barros Basto, ingiustamente condannato da un tribunale militare portoghese anti-semita nel 1937. Per correggere l'ingiustizia subita da Barros Basto ci è voluto molto di più. Il governo portoghese ha revocato la condanna solo quest'anno.
Barros Basto nacque in una famiglia cristiana nel 1887. Quando aveva nove anni, suo nonno gli disse che la famiglia apparteneva ai cosiddetti "cristãos novos," ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo nel 15o secolo, ma che segretamente continuavano a praticare il giudaismo. Barros Basto crebbe a Porto, nel nord del Portogallo, dove frequentò l'accademia militare. Da giovane combatté nella rivoluzione che portò all'istituzione della prima Repubblica del Portogallo nel 1910; fu il primo a sollevare la bandiera della nuova repubblica nella piazza della città di Porto. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come tenente, comandante del Corpo portoghese, e ricevette la Croce di Guerra al valore militare.
Quando tornò dalla guerra, il suo interesse per le sue radici ebraiche aumentò e cominciò a studiare da solo l'ebraismo e la lingua ebraica. Non c'era comunità ebraica a Porto, e la piccola comunità ebraica di Lisbona lo rifiutò come estraneo. Dovette recarsi in Marocco per sottoporsi a sua conversione formale rituale all'ebraismo. Tornato a Lisbona dopo la conversione, tuttavia, fu accettato, e sposò Lea Azancot, figlia di un ricco membro della comunità....
Nata a Roma la Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti
Alla vigilia del terzo Vertice intergovernativo tra i due paesi
ROMA 24 ott. - E' stata costituita a Roma la Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti, che si iscrive in pieno in quella strategia della Farnesina per la crescita, fortemente voluta dal ministro degli Esteri Giulio Terzi, che vede la cultura al primo posto fra gli strumenti di promozione e valorizzazione delle eccellenze italiane all'estero, in particolare verso un paese con il quale i legami, anche tra le due comunità, sono strettissimi. Lo riferisce la Farnesina con una nota.
La nascita della Fondazione, che avviene alla vigilia del terzo Vertice intergovernativo fra Italia e Israele, che si terrà domani a Gerusalemme, consentirà di realizzare progetti selezionati nei campi della cultura e dell'arte, che rispondano a criteri di eccellenza, innovazione e impatto duraturo, dando origine ad un beneficio inequivocabile per il patrimonio culturale dei due paesi.
Il Ministro Paola Severino domani a Gerusalemme per il vertice bilaterale
ROMA, 24 ott. - Il ministro della Giustizia, Paola Severino, sara' domani a Gerusalemme per prendere parte al vertice di Governo Italia-Israele, e si tratterra' poi fino a lunedi' 29 ottobre per una serie di incontri e iniziative in Israele e nei Territori Palestinesi. Nell'ambito dei colloqui bilaterali, spiega una nota del dicastero di via Arenula, il Guardasigilli incontrera' il proprio omologo Yaakov Neemann e assieme alla delegazione italiana guidata dal presidente del Consiglio, Mario Monti, sara' ricevuta dal presidente dello Stato di Israele, Shimon Peres, e dal primo ministro, Benjamin Netanyahu.
Approda in Israele la mostra dell'ANSA 'Fotografandoci'
In occasione della visita di Monti
I cataloghi della mostra dell'ANSA
ROMA, 24 ott - La storia dell'Italia negli ultimi decenni, raccontata attraverso le foto dell'ANSA, approda in Israele: un centinaio di scatti, scelti tra il migliaio della rassegna originale, testimonieranno nei prossimi mesi, attraverso immagini di cronaca, economia, personaggi, costume, sport e cultura, il legame storico tra Italia e Israele.
'Fotografandoci' - il nome della Rassegna dell'Agenzia - prosegue cosi' il suo tour internazionale. E dopo la tappa a San Paolo in Brasile, domani arrivera' a Gerusalemme con un anteprima di 30 immagini che saranno esposte nella sede del Terzo vertice intergovernativo Italia-Israele che vedra' arrivare a Gerusalemme il premier Mario Monti e molti dei suoi ministri.
Una 'prima' dedicata all'incontro intergovernativo di domani cui seguira' venerdi' l'inaugurazione della rassegna completa nel museo Yad Ben Zvi. A tagliare il nastro sara' il ministro della Giustizia Paola Severino, aprendo le porte alla mostra che restera' a Gerusalemme fino a fine novembre per poi traslocare a Tel Aviv, ospite per un mese del vecchio hangar dell'antico porto di Giaffa. Per poi trasferirsi, come ultima tappa, nella citta' di Haifa. L'iniziativa, in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv e l'Istituto Italiano di cultura, arriva in Israele con ''un centinaio di foto che colgono, in uno scatto, passaggi di vita decisivi e che raccontano - spiega il direttore dell'ANSA, Luigi Contu, in Israele per l'inaugurazione - i percorsi dellla societa' italiana''. E, nella edizione israeliana, testimonia il legame con Israele. ''Paese con il quale l'Italia ha un rapporto privilegiato, segnato da uguali valori: sono numerose - spiega Contu - le foto del percorso espositivo che dal 1945 scandiscono il legame tra le due Nazioni, risorto dopo l'infame vergogna e l'orrore senza uguali delle Leggia razziali. Un filo comune nato dagli ideali del Risorgimento italiano, fecondato dall'apporto straordinario degli Ebrei italiani, a cominciare da quelli romani, i piu' antichi della Diaspora. Ed oggi accresciuto anche dagli Italkim, gli italiani di Israele''.
Assieme a loro anche due giornalisti. Visiteranno la città con l'obiettivo di promuoverla così da potenziare e sviluppare i flussi turistici provenienti da Israele verso il territorio dell'Orvietano
ORVIETO - Orvieto protagonista di un educational tour. Giovedì 25 ottobre saranno in visita nella città della Rupe due operatori turistici e due giornalisti israeliani. Ad organizzare l'educational tour il Ditt (Distretto integrato turistico) della Provincia di Terni, in collaborazione con la Provincia di Terni, la Camera di Commercio di Terni, i Comuni di Terni e di Orvieto ed il consorzio Way of Life di Orvieto.
L'esigenza alla base del progetto e che ha permesso la sua nascita è quella di potenziare e sviluppare i flussi turistici da Israele verso il nostro territorio, dopo il grande riscontro avuto lo scorso anno con il reportage tematico su Narni e sulla Valnerina pubblicato sull'inserto viaggi "Maslul" del più importante quotidiano di Israele "Yedioth Ahronot" e sul sito viaggi www.vivaitalia.co.il.
Ad assistere i tour operator e i giornalisti israeliani il Servizio turistico dell'Orvietano, gli ospiti visiteranno il centro storico della città con i monumenti e le risorse turistiche più rilevanti.
Le iniziative di promozione turistica della città del Duomo non finiscono qua: nel periodo di tempo compreso tra la fine di ottobre e i primi di novembre, si svolgeranno ad Orvieto le riprese dell'agenzia "Salt and Pepper" per il video che la Regione dell'Umbria sta realizzando ad esclusivo scopo promozionale sulla complessiva offerta turistica regionale. Le riprese interesseranno i principali monumenti ed alcuni esterni della città.
Unione Europea - Israele: accordo commerciale sui farmaci certificati
Un ibattito durato due anni
STRASBURGO, 24 ott - Via libera del Parlamento europeo all'intesa commerciale che consente ai farmaci certificati da Israele di essere esportati nell'Ue e viceversa, senza necessita' di ulteriori certificazioni nel Paese importatore. Il provvedimento, da due anni al centro di un duro scontro politico all'Europarlamento, e' stato approvato dall'Assemblea di Strasburgo con 379 voti a favore, 230 contrari e 41 astensioni.
''Non possiamo condannare Israele quando occupa i territori palestinesi e poi dare il consenso sulle questioni commerciali'' ha spiegato Vital Moreira, il socialista portoghese presidente della commissione sul commercio internazionale. La misura approvata ''non e' politicamente neutrale e di fatto costituisce un successo per l'attuale governo israeliano'' secondo Niccolo' Rinaldi (Idv). Fiorello Provera (Lega Nord) invece difende la natura tecnica dell'accordo, ''con cui l'Italia risparmiera' un miliardo di euro l'anno tramite l'accesso a medicinali di ottima qualita' e a basso costo''. Rimuovere queste barriere al commercio permette infatti un taglio dei prezzi per i consumatori europei, che hanno cosi' accesso ad un'ampia gamma di farmaci generici. Il protocollo passa ora al Consiglio Ue per il completamento delle procedure e la pubblicazione finale.
L'Ue, che un anno fa ha concluso un accordo di liberalizzazione del commercio con l'Anp, ora sta cercando di negoziare accordi simili con altri Paesi del Mediterraneo, inclusi Egitto, Algeria, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia.
"Costantino simbolo della tolleranza religiosa? Una truffa, è vero il contrario"
Il rabbino capo di Roma contro l'uso strumentale della figura dell'imperatore in vista delle celebrazioni: "Per ebrei e non cristiani prezzo di sangue altissimo".
di Giacomo Galeazzi
ROMA - «E' una colossale e inqualificabile truffa spacciare la conversione di Costantino per un simbolo universale di tolleranza religiosa. È vero esattamente il contrario. E il prezzo pagato con il sangue dai non cristiani è stato altissimo. Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni insorge contro la «clamorosa lettura antistorica» che, a suo parere, attraverso rievocazioni, mostre e convegni, «intende trasformare un evento dalle conseguenze nefaste in un caposaldo dell'Occidente».
- Rabbino Di Segni, perché teme un "uso strumentale" delle celebrazioni del 17o centenario costantiniano? «La conversione dell'imperatore al cristianesimo non è affatto l'inizio della tolleranza religiosa, anzi è da lì che hanno preso il via le persecuzioni inflitte alle altre religioni. Da quell'infausta data in poi tutti i non cristiani iniziarono ad essere perseguitati. Perciò costituisce palesemente una truffa fornirne un'interpretazione in termini positivi ed addirittura esaltarla come un passo in avanti per l'umanità».
- Teme un'operazione di politica culturale?
«Mi pare evidente. Ed è ancora più pericoloso e preoccupante se si vuole strumentalizzare un remoto passato per diffondere nell'odierna società globalizzata modelli inquietanti di predominio religioso che ostacolano la pacifica convivenza tra i credenti. La lezione da trarre da questa triste pagina semmai è un'altra. E questa sì andrebbe attualizzata».
- E cioè quale?
«Forzature così assurde testimoniano ancora una volta il dato amaro e incontrovertibile che la storia viene sempre scritta dai vincitori. Per questo, diciassette secoli dopo si può celebrare la conversione di Costantino decontestualizzandola e contrabbandando per autentica una finta "pacificazione" che in realtà altro non fu che l'inizio delle persecuzioni da parte dei cristiani».
- Perché la ritiene una data infausta?
«Con la conversione di Costantino è cambiato tutto. Quell'evento ha inciso in maniera decisiva sulla storia ed è strettamente connesso alla persecuzione antiebraica. Nulla dopo quella data fu più come prima e nessuno meglio del popolo ebraico può testimoniarlo. La conversione di Costantino costituisce uno spartiacque epocale, ha diviso la storia tra un prima e un dopo, determinando un drammatico sconvolgimento a cui ha inutilmente tentato di porre rimedio l'ottimo imperatore Giuliano ribattezzato per questo polemicamente e ingiustamente dai cristiani l'Apostata».
- È compito degli storici porre rimedio alla "forzatura" che lei denuncia?
«Negare ciò che quella data rappresenta va contro ogni evidenza storica. E questa vale in assoluto come principio, al di là del fatto che la conversione dell'imperatore fosse sincera oppure fosse solo un'astuta mossa politica».
(La Stampa, 24 ottobre 2012)
Forse le prossime celebrazioni per l'anniversario dell'Editto di Costantino possono essere l'occasione buona perché qualcuno capisca che dicendo genericamente "cristiani" in realtà non si dice nulla. Il prezzo di sangue pagato per quell'editto non è stato pagato soltanto da "ebrei e non cristiani", ma anche da autentici cristiani che hanno rifiutato di sottomettersi al falso cristianesimo rappresentato da quel funestissimo imperatore. Il "cristianesimo" che nasce da quell'editto, in cui, come mostra l'immagine, la croce è strettamente connessa con la corona, semplicemente non è cristianesimo. Non è neppure cristianesimo deviato: è paganesimo "cristianizzato". Cioè paganesimo che attraverso la sua "cristianizzazione" ha potuto fortificarsi, superare la fase infantile dell'antica mitologia e diventare paganesimo "maturo", cioè capace di resistere il più a lungo possibile (ma certamente non per sempre) alle obiezioni della verità, in qualunque forma essa si presenti: storica, scientifica, ebraica, evangelica. Quel tipo di "cristianesimo" non può modificarsi nell'essenza: può soltanto aggiornarsi, cosa che a dire il vero la chiesa cattolica sa fare in modo magistrale. Per l'istituzione cattolica emendarsi nell'essenza significherebbe accettare di sparire, cosa che non sembra affatto intenzionata a fare. Gli ebrei che si rallegrano delle buone relazioni che oggi (per i tempi mutati) possono stabilire con le autorità cattoliche dovrebbero tenere presente che quella corona regale rappresenta il regno potenzialmente universale donato da Dio alla "Chiesa" in sostituzione del regno messianico promesso a Davide. Non è affatto strano allora che lo Stato del Vaticano non veda di buon occhio lo Stato d'Israele e che si sia deciso a riconoscerlo soltanto quando il non farlo le sarebbe stato sconveniente. Ma perché, invece di discutere sulla legittimità dello Stato d'Israele, non si discute sulla legittimità dello Stato del Vaticano? Perché non si dice che è una conseguenza negativa del fascismo? Perché non si fanno nascere movimenti per la sua cancellazione? Perché? M.C.
La settimana scorsa è scattata un'escalation, con decine di razzi lanciati verso il sud di Israele, e l'esercito israeliano che, di conseguenza è intervenuto in risposta agli attacchi terroristici. La scorsa notte l'aviazione israeliana è intervenuta tre volte nella striscia di Gaza per intercettare cellule impegnate nel lancio di razzi. Il bilancio provvisorio - secondo fonti mediche palestinesi - è di tre palestinesi uccisi.
GERUSALEMME - Sono oltre 60 i razzi lanciati da terroristi palestinesi sul territorio israeliano, nel sud, questa mattina. Da Gaza sono stati sparati verso il Neghev e verso la città israeliana di Ashqelon anche colpi di mortaio. Sette razzi sono stati intercettati in volo dal sistema di difesa 'Iron Dome'.
Tre persone, lavoratori stranieri, sono rimaste ferite in questi attacchi. Due sono in gravi condizioni. Le municipalità del sud in Israele hanno deciso di chiudere le scuole per ragioni di sicurezza.
La scorsa notte l'aviazione israeliana è intervenuta tre volte nella striscia di Gaza per intercettare cellule impegnate nel lancio di razzi. Il bilancio provvisorio - secondo fonti mediche palestinesi - è di tre palestinesi uccisi.
Martedì, terroristi palestinesi avevano ferito gravemente, con esplosivo, un militare israeliano che si trovava al confine con Gaza.
La regione di Kissufim, al confine con Gaza, è diventata una zona di combattimenti quotidiani tra Hamas, e i gruppi terroristici affiliati all'organizzazione palestinese, e l'esercito israeliano. Le fazioni palestinesi piazzano regolarmente esposivo lungo il confine, e lanciano colpi di mortaio, terrorizzando gli agricoltori con lanci di missili.
La settimana scorsa è scattata un'escalation, con decine di razzi lanciati verso il sud di Israele, e l'esercito israeliano che, di conseguenza è intervenuto in risposta agli attacchi terroristici. Sono 60 i razzi sparati su Israele nell'ultimo mese, riferisce l'esercito israeliano.
Ministro della difesa israeliano Ehud Barak: il dialogo con Hamas purtroppo è impossibile Un dialogo fra Israele e Hamas "non è realizzabile, purtroppo", per la sua viscerale ostilità verso lo stato ebraico: lo ha affermato il ministro della difesa Ehud Barak. Rispondeva alla domanda della radio militare se, alla luce della nuova escalation di violenza, ad Israele restassero ora due opzioni: avviare un dialogo con Hamas, oppure ordinare una operazione terrestre a Gaza.
Barak ha replicato che le opzioni sono comunque molteplici. Nelle ultime settimane, ha precisato, Israele ha ucciso a Gaza "15 attivisti di terrorismo". "Noi operiamo tutto il tempo, con efficienza" ha assicurato. "Questa è una lotta continuata, non siamo certo nell'Europa occidentale".
Nel frattempo il portavoce militare ha aggiornato che da stamane da Gaza sono stati sparati 65 razzi verso Israele.
Domani il presidente del consiglio italiano incontrera' a Gerusalemme Netanyahu per il terzo summit intergovernativo che rafforza ulteriormente le relazioni tra i due paesi
GERUSALEMME, 24 ott 2012 - Il terzo vertice intergovernativo italo-israeliano è in programma domani a Gerusalemme, «in un momento - si legge sul sito dell'ambasciata d'Italia a Tel Aviv - di particolare intensità nelle relazioni tra i due Paesi a tutti i livelli, che ci spinge a adoperarci perché i legami si facciano ancora più intensi». «Se Israele guarda all'Italia come il proprio partner d'elezione in Europa spiega l'ambasciatore Francesco Maria Talò - l'Italia ricambia con un'attenzione crescente. È una relazione privilegiata che si nutre di una comunanza di valori e di una vicinanza culturale radicata nella storia e resa ogni giorno viva dall'interesse condiviso a creare uno spazio di pace, sicurezza e prosperità nel Mediterraneo».
Tra i temi conduttori del vertice ci sono «crescita, scienza e cultura», con enfasi particolare sulle «tecnologie innovative». Così era stato anche in occasione del secondo incontro bilaterale, tenutosi a Roma nel giugno 2011 e quindi ancora in piena era Berlusconi, quando sul tavolo c'erano «le relazioni politico, economico-commerciali, scientifiche, tecnologiche e culturali».
Questa volta, oltre al presidente del Consiglio Mario Monti e al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu saranno della partita numerosi ministri di governo, funzionari e imprenditori dei due Paesi. Sui temi più prettamenti economici Monti avrà un colloquio anche con il governatore della Banca Centrale israeliana, Stanley Fisher. A margine degli eventi ufficiali verrà allestita una mostra fotografica dell'Ansa sulla storia d'Italia e i suoi legami con Israele, a cura della nuova «Fondazione Italia-Israele per la cultura e le arti». La folta delegazione guidata da Monti vedrà prima il presidente israeliano Shimon Peres.
Poi il premier italiano vedrà quello israeliano Netanyahu. Seguono gli incontri bilaterali tra ministri italiani e i loro omologhi israeliani, la sessione plenaria e la conferenza stampa finale. Nena News.
Steven Spielberg: Da bambino sono stato vittima di bullismo
NEW YORK - Steven Spielberg ha confessato di essere stato vittima di bullismo in gioventù, cosa che ha poi influenzato molti suoi film. "In quei giorni ero un secchione, un outsider" ha detto il regista alla trasmissione della Cbs '60 Minutes'. "Come il bambino che suona il clarinetto nell'orchestra, cosa che facevo" ha aggiunto. La madre di Spielberg ha rivelato che la sua famiglia viveva in un quartiere non ebreo e che la gente spesso urlava "gli Spielberg sono sporchi ebrei". Per questo motivo, il regista per lungo tempo negò le sue origini.
"Spesso dicevo alla gente che il mio cognome era tedesco, non ebreo. Sono sicuro che i miei nonni si stiano rivoltando nella tomba ora che hanno sentito questo" ha detto il premio Oscar, che da teenager trovò nell'arte del cinema una scappatoia e un modo di affermarsi come persona. "Avevo trovato un modo di accettare me stesso facendo dei film. Avevo scoperto che ero capace di fare bene qualcosa" ha concluso Spielberg. 'Lincoln', l'ultima pellicola del regista, uscirà nelle sale cinematografiche americane il 16 novembre.
Università degli Studi di Padova, 25-26 ottobre 2012
Il convegno scientifico dal titolo "Giorgio Perlasca e Raoul Wallenberg: ricordando" vuole rappresentare un momento di riflessione e di discussione intorno alle figure dei due Giusti che a Budapest si trovarono a condividere molti momenti di una fase terribile e inumana della storia ungherese ed europea e riuscirono a salvare dalla deportazione e dalla morte migliaia di ebrei.
Partecipano al convegno studiosi, ricercatori, scrittori e docenti universitari italiani e stranieri: storici, politologi, studiosi di storia della letteratura ungherese, tra i quali: Francesco BERTI (ricercatore Scienze Politiche, Univ. Padova), Chiara SAONARA (Responsabile Istituto Veneto per la Storia della Resistenza, Università di Padova), Gianluca VOLPI (prof. aggregato Storia dell'Europa Orientale, Università di Udine), Attila PÓK (vice-direttore dell'Istituto di Studi Storici dell'Accademia Ungherese delle Scienze di Budapest), Federigo Argentieri (John Cabot University di Roma), Georg Sessler (scrittore, Svezia), Gabriele Nissim (scrittore, Milano), Roberto Ruspanti (prof. Ordinario di Lingua e Letteratura Ungherese, Università di Udine), Giorgio Pressburger (scrittore, drammaturgo, regista), Franco Perlasca (presidente Fondazione Giorgio Perlasca), Cinzia Franchi (ricercatrice Lingua e Letteratura Ungherese, Università di Padova) e altri.
Il convegno è diviso in tre sessioni, in ciascuna delle quali verranno approfonditi alcuni temi specifici, tra i quali: la nascita e lo sviluppo del fascismo e dell'antisemitismo in Italia (e la sua variante patavina), l'antisemitismo storico e culturale in Ungheria e la mancata Historikstreit in Ungheria, la questione dell'assimilazione/integrazione degli ebrei ungheresi dopo il 1848 e il movimento sionista, le figure di Giorgio Perlasca e Raoul Wallenberg sia attraverso una presentazione e analisi storica e biografica, sia nella memoria dei salvati e dei familiari.
Dal 19 al 21 ottobre 2012 si è svolta a Bergamo la prima conferenza dellICEJ Italia, ramo italiano della International Christian Embassy Jerusalem. Ha predicato Jürgen Bühler, direttore dell'ICEJ di Gerusalemme. Erano presenti, tra gli altri, Roberto Ermolao, ebreo-messianico che guida una chiesa evangelica a Dolo (VE), e Ellah Gorelik, cantante ebrea-messianica da Gerusalemme.
Lospite accolto in pompa magna dagli islamici di Hamas, ignorato da Al-Fatah
GAZA, 23 ott - L'Emiro del Qatar sceicco Hamad bin Khalifa al-Thani - patrono delle recenti 'Primavere arabe' in diversi Paesi - e' giunto oggi nella Striscia Gaza per una visita di alcune ore durante la quale porra' la prima pietra per di un nuovo quartiere per mille famiglie palestinesi.
La leadership di Hamas ha chiesto alla popolazione di riversarsi in massa nelle strade e nello stadio di Gaza, dove al-Thani pronuncera' un discorso. Si tratta infatti del primo Capo di Stato arabo in visita nella Striscia da quando gli islamici hanno conquistato sanguinosamente il pieno controllo dell'enclave, nel 2007, espellendovi l'amministrazione del presidente palestinese moderato Abu Mazen (Mahmud Abbas). Visita che contribuisce ad allentare l'isolamento diplomatico mantenuto finora verso il governo di fatto locale di Ismail Haniyeh. In segno di protesta, gli esponenti di al-Fatah - il partito di Abu Mazen - hanno viceversa deciso d'ignorare l'ospite.
Un resoconto dalla rabbina riformata che ora opera in Calabria in "concorrenza" con gli sforzi dell'Ucei e con quelli del rabbino di Siracusa per "accogliere" i numerosi discendenti dei marrani. A Siracusa intanto, nonostante le numerose conversioni, non si riesce ad avere un minian regolare.
Barbara Aiello
Emma D. (non il suo nome reale) e' una Bat Anousim - che in Ebraico si traduce "figlia di coloro che sono stati forzati". Le sue Radici Ebraiche Italiane, per quanto ingarbugliate, sono in ogni caso profonde. Emma rintraccia le sue ascendenze 500 anni indietro fino all'Inquisizione quando gli Ebrei furono forzati o a convertirsi al Cristianesimo o ad essere imprigionati, espulsi, messi a morte.
A differenza degli avi di Emma, ci furono Ebrei agiati e con migliori possibilita' prima in Spagna poi in Sicilia ed in Calabria ( il "tallone" dello stivale Italiano ) che riuscirono a vendere i loro beni e gli ori per poter oltrepassare il mare e porsi cosi` in salvo. Altri Ebrei non ebbero tali fortunate possibilita', per cui non potendo scappare si piegarono ad una conversione al Cristianesimo e professarono le tradizioni Ebraiche di nascosto passandole alle generazioni future.
In effetti, esistono documenti di famiglie Ebree del periodo dell'Inquisizione, con gli stessi cognomi delle famiglie di Emma, che furono denunciati alla Chiesa come "Giudaizzanti" per il loro modo di cucinare, di vivere in casa e coltivare. Molte di queste famiglie furono arrestate e bruciate vive ai roghi nelle piazze. Coloro che sopravvissero spesso divennero Cattolici praticanti e solo raramente poterono affidare ad altri membri della famiglia il prezioso segreto di essere Ebrei.
Confessioni sul letto di morte non erano rare. Una Bat Anousim proveniente da un paese di montagna di cui e' risaputo che storicamente fosse un antico insediamento ebraico racconta delle ultime ore di sua nonna. " Quando la nonna si avvicino' al momento di partire chiese che i suoi figli venissero tutti attorno a lei, e disse: quando moriro' non chiamate il prete, non mettete il rosario nelle mie mani, avvolgete il mio corpo in un lenzuolo bianco ed interratemi il giorno seguente. Mentre i membri della famiglia la guardavano incuriositi, la nonna concluse: non vi ho mai detto, noi siamo Ebrei".
Sebbene nel caso della famiglia di Emma non vi fu il dramma del letto di morte, anche loro hanno mantenuto una ricca memoria che indica un patrimonio Ebraico. Da tradizioni della cucina conforme ai canoni delle leggi della kasherut ( "un uovo con la macchia di sangue era sempre gettato via " ) a segni sul lato destro delle porte che stranamente avevano sembianze della lettera Ebraica "shin" che si nota ancora oggi sulle Mezuzah tradizionali, e benedizioni speciali per il matrimonio che si dicono sotto la coperta, fatta appositamente a mano per l'occasione per ricordare la chuppa' ossia il baldacchino per il matrimonio che con certezza mettono le tradizioni di Emma tra quelle dei Bene' Anousim. Emma e' fiera di contarsi fra quelle famiglie Italiane le quali hanno conservato tracce dell'osservanza e tradizioni Ebraiche passandole di generazione in generazione.
"Io so di essere Ebrea", diceva Emma che esprimeva la sua gioia nell'apprendere che un rabbino in una sinagoga vicino casa sua si era di recente dedicato ad accogliere i Bene' Anousim nelle comunita' tradizionali. Ma mentre lei e suo figlio iniziarono ad intraprendere il ritorno al loro patrimonio Ebraico, Emma si trovo' a dover affrontare spiacevoli pregiudizi. Sebbene lei ed il figlio avessero studiato per tanti anni, e fosse stato assegnato loro un Certificato attestante la loro ascendenza ebraica perduta e nonostante successivamente avessero completato un formale processo di conversione, il rabbino sembrava insoddisfatto. Si lamento' che a lei mancassero documenti da parte di madre attestanti che avesse discendenze Ebraiche, cosa che molto raramente gli Anousim possono produrre. Successivamente ci furono discussioni che evidenziavano come funzionari nella sinagoga fossero scettici circa le tradizioni Ebraiche della sua famiglia, una situazione che fece in modo che Emma si sentisse non accettata nella Comunita'.
In effetti l'organizzazione internazionale Kulanu (Ebrei per "tutti noi" ) che rappresenta nel mondo gli Ebrei delle comunita' perdute ed isolate, mostra preoccupazione proprio su questi temi per cui incoraggia l'osservanza di Tisha B' Av per riconoscere ed invertire ciò che spesso proprio gli Anousim devono affrontare.
"Noi di Kulanu invitiamo a ricordare gli effetti devastanti dell'Inquisizione ... Purtroppo non tutte le sinagoghe sono disposte a dare un caloroso benvenuto al ritorno degli Anousim."
L'esperienza di Emma indica un esempio reale di cio' su cui Kulanu ci mette in guardia. Nel momento in cui lei affronto' il rabbino, finalmente egli spiego' le motivazioni alla base della sua riluttanza. Inizio' raccontando la storia dell'Inquisizione, sottolineando che nel 1492 molti ebrei rifiutarono di convertirsi al cristianesimo. Il risultato fu che intere famiglie furono bruciate vive (auto da fe`) in tutta la Spagna ed il Portogallo e successivamente anche in Sicilia e nel sud Italia. Il rabbino continuo' dicendo che questi ebrei morti erano i veri ebrei e che gli Anousim, ed i loro discendenti ( che si convertirono) scelsero un percorso più facile. Egli aggiunse che questi costretti alla conversione mantennero alcune tradizioni ebraiche all'interno delle loro famiglie, quindi il rabbino intimava a lasciare intendere che il loro ebraismo era sospetto, poiche' non lo avevano vissuto pubblicamente da Ebrei.
Dal punto di vista tecnico il rabbino dice una cosa corretta. Gli Ebrei che si rifiutarono di convertirsi rimasero Ebrei anche nel momento in cui i loro corpi presero fiamme. Mentre gli Ebrei che si convertirono al Cristianesimo piuttosto che sottomettersi alla pena di morte non ebbero alcun modo di professare il loro Ebraismo pubblicamente. Contrariamente professarono le loro tradizioni di nascosto. A grandi sacrifici personali e con grande coraggio, questi Anousim praticarono in segreto. Gli antenati di Emma meritano apprezzamento e rispetto. Hanno trovato un modo di vivere da Ebrei.
L'8 dicembre 2009, il rabbino Stephen Leon, rabbino per 24 anni al B'nei Anousim negli Stati Uniti sud-ovest, durante la Conferenza Biennale ha introdotto una soluzione delle Sinagoghe Ebraiche Unite Conservative (USCJ). Questa risoluzione, e' stata approvata per acclamazione, incluso il seguente riconoscimento e tributo ai B'nei Anousim:
"Considerando che il giorno del digiuno di Tisha B'Av ricorda la data ebraica in cui furono espulsi gli ebrei di Spagna dal loro paese nel 1492 e considerando che molti ebrei sono stati costretti a convertirsi al cristianesimo pubblicamente, e che nonostante tutto continuarono a praticare il giudaismo in segreto ... SIA DELIBERATO ... di accogliere i B'nei Anousim all'ebraismo ed accoglierli nelle loro comunita' di appartenenza".
Attualmente anche le tradizionali comunità ebraiche professano la stessa accoglienza. Nei mesi recenti sono state organizzate molte conferenze per riconoscere e celebrare questi Ebrei nascosti. I professionisti ortodossi presenti parlano con passione nelle conferenze di come si debba includere l'apertura agli Anousim.
Infatti, Renzo Gattegna, il nuovo presidente eletto dell'UCEI, l'Unione delle Comunita' Ebraiche, recentemente ha condotto a Reggio Calabria un incontro professionale sul tema incoraggiando che le comunita' ebraiche del sud Italia vengano riconosciute senza pregiudizi.
In Italiano c'e' un detto "sega la segatura." Letteralmente significa "sega cio' che e' segato", e figurativamente indica che noi Italiani preferiamo parlare piuttosto che agire. Risoluzioni, articoli e delibere a parte, i B'nei Anousim come Emma come tanti altri, in tutto il Sud Italia sono desiderosi di riscoprire le loro tradizioni e radici Ebraiche. Ma così come Emma rimangono confusi quando il così detto benvenuto e' imbevuto di sospetto, scetticismo e richieste ridicole di documentazione dell'albero genealogico di cui sinagoghe ed ufficianti delle comunita' gia' sanno che possibilmente non esistono.
Fu Frederich Nietzsche che scrisse la cosa piu' indicata alla situazione, " Cio' che non ti uccide ti rende piu' forte". Con esperienze come quella di Emma, molti Italiani B' nei Anousim possono capire cosa Nietzsche volesse dire. La forza e' esattamente cio' di cui Emma e molti altri avranno bisogno nel momento in cui cercheranno di aprire le barriere che continuano a derubarli dal loro Ebraismo vittimizzandoli ancora una volta.
Rabbi Barbara Aiello e' una Bat Anousim, fondatrice della Sinagoga Ner Tamid del Sud (Luce Eterna del Sud ) fondata nel nel 2006, prima sinagoga attiva nel sud Italia dai tempi dell'Inquisizione. La sinagoga di stampo pluralista, e' aperta agli ebrei di tutte le origini. La Rabbina Barbara ha di recente accolto Emma nella sua comunita' ed ha ufficiato per il Bar Mizvah del figlio di Emma.
La lista degli ebrei alle Ardeatine e la lettera di Terracina
di Mario Avagliano
Via Tasso
I tedeschi volevano cancellare le tracce del terrore perpetrato a Roma nei nove mesi della loro occupazione. E così la notte del 3 giugno 1944, nelle ore frenetiche dei preparativi per la fuga dalla capitale, Herbert Kappler ordinò alle SS di bruciare gran parte dei documenti che erano custoditi presso il carcere di via Tasso. Una straordinaria fotografia di quei roghi è stata ritrovata nell'archivio del questore di polizia Giuseppe Dosi, che di recente è stato acquisito dal Museo Storico della Liberazione di Roma. Dosi, che nel dopoguerra sarebbe diventato direttore dell'ufficio italiano Interpol, proprio la mattina del 4 giugno recuperò nel carcere delle SS e nel reparto tedesco di Regina Coeli (il tristemente famoso terzo braccio) la documentazione scampata alla distruzione.
L'archivio di Dosi è stato presentato il 19 ottobre scorso, dal presidente del Museo, Antonio Parisella, e da Alessia Glielmi, responsabile degli archivi, insieme ad altri originali documenti inediti provenienti da privati. Una delle scoperte più rilevanti compiute dalla Glielmi è stata quella degli elenchi originali dei nominativi utilizzati dagli agenti tedeschi incaricati di prelevare a Regina Coeli i detenuti e di predisporre il trasporto verso la via Ardeatina il 24 marzo 1944. Gli elenchi ricomposti, che furono compilati da Heinz Thunath, sono tre: due riguardano gli ebrei («Judenliste») e uno gli altri detenuti. Essi contengono nome, cognome, data ed in alcuni casi luogo di nascita e numero di cella dei detenuti prelevati.
Tra i documenti acquisiti dal Museo figurano anche quelli di Davide Arnaldo Terracina, detto Dino, ebreo romano sfuggito miracolosamente alla deportazione del 16 ottobre e alla strage delle Fosse Ardeatine, come narrò egli stesso nel 1944 in una lettera allo zio Salvatore Fornari, emigrato a New York. Di particolare interesse il racconto delle ore successive all'azione di via Rasella del 23 marzo 1944, dove quel giorno casualmente Terracina si trovava in un appartamento in affitto assieme ai suoceri, al cognato Armando e al figlio. Terracina e il figlio furono arrestati dai tedeschi e rinchiusi nei sotterranei al Ministero dell'Interno, ma grazie alle carte d'identità false furono rilasciati.
Parisella ha anche presentato il lavoro sviluppato per la digitalizzazione dei documenti esposti nelle bacheche del Museo, realizzato con il supporto tecnico del Consiglio Nazionale delle Ricerca. È stata creata fra l'altro una banca dati delle 1.132 biografie di coloro che transitarono in quel periodo nel carcere nazista di via Tasso. Un eccezionale archivio della memoria dell'orrore nazista a Roma.
Prima donna araba ufficiale di un'unità di combattimento dell'esercito israeliano
Mona Abdo
Pochi giorni fa l'esercito israeliano ha per la prima volta e con orgoglio promosso una donna araba comandante di un'unità di combattimento. Mona Abdo, 20 anni, è nata in una famiglia cristiana nei pressi di Haifa. Come molti altri arabi che non sono stati indottrinati nell'odio contro Israele, Mona ha deciso di entrare nell'esercito israeliano quando aveva 18 anni. In un primo tempo è stata assegnata ad un'unità di fanteria, lei però voleva di più, e quindi si è fatta trasferire in un'unità di combattimento, in cui uomini e donne, ebrei e arabi combattono fianco a fianco.
(israel heute, 23 ottobre 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Incursione di blindati israeliani nella striscia di Gaza
In risposta al ferimento di un militare
GAZA, 23 ott - Alcuni mezzi blindati israeliani sono penetrati di qualche centinaio di metri nella striscia di Gaza, in risposta al ferimento di un ufficiale, avvenuto all'alba presso il valico di Kisufim. La notizia, riferita da fonti di Hamas, non e' stata per ora commentata in Israele.
Secondo le fonti palestinesi, i blindati avrebbero anche ingaggiato un breve scontro a fuoco. A quanto pare, la incursione si e' peraltro presto conclusa.
Da parte sua il portavoce militare Yoav Mordechai ha detto che anche ieri una pattuglia israeliana era stata attaccata con colpi di mortaio mentre perlustrava un tratto di confine con la Striscia di Gaza. Israele e' determinato a reagire, ha aggiunto, nonostante la visita odierna a Gaza dell'emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al-Thani, considerata storica nell'enclave controllata da Hamas. ''Siamo al corrente dei suoi spostamenti, e ne terremo conto'', ha comunque assicurato il portavoce israeliano.
IL CAIRO, 23 ott. - Il Centro Simon Wiesenthal ha criticato il presidente egiziano Mohammed Morsi per aver assistito a una cerimonia religiosa nel corso della quale un religioso ha fatto appello per la "distruzione e la dispersione degli ebrei". In un video trasmesso dall'organizzazione, che monitora incidenti antisemiti in tutto il mondo, si vede Morsi in una moschea della città di Marsa Matruh. L'imam recita una serie di preghiere e richieste e i fedeli rispondono con un 'amen'. Ad un certo punto il religioso chiede a Dio di "distruggere gli ebrei e i loro sostenitori e di disperderli e separarli". A quel punto si vede il presidente egiziano che risponde 'amen'.
La preghiera è stata trasmessa dalla tv di Stato egiziana e registrata dal gruppo pro-israeliano Memri, che si occupa del monitoraggio dei media. "Si tratta di uno schiaffo in faccia all'America, dato che il presidente Morsi incassa miliardi di dollari in aiuti statunitensi e poi dice 'amen' a principi che sono ripugnanti per tutti gli americani", si legge nel comunicato del Centro Wiesenthal. L'organizzatore ha fatto appello al presidente Usa Barack Obama affinché condanni "le crescenti voci di antisemitismo in Egitto, guidate dai Fratelli musulmani" e interrompa contatti con il movimento islamico.
Gli ulivi del Getsemani a Gerusalemme stanno bene, sono tutti fratelli fra loro e hanno 900 anni.
A meno che non siano rinate da radici ancora più antiche. Sono queste in sostanza le conclusioni di una ricerca triennale promossa dalla Custodia di Terra Santa e coordinata dall'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (Ivalsa) del Cnr su richiesta dell'Associazione culturale 'Coltiviamo la Pace' di Firenze.
"Uno dei risultati più singolari - spiega Antonio Cimato, coordinatore del team di ricerca del Cnr - è venuto dal profilo genetico, cioé il fatto che gli ulivi siano tra loro fratelli.
In altre parole, gli otto ulivi del Getsemani sono il risultato di un intervento dell'uomo e non sono affatto cresciuti in modo spontaneo sul posto, come invece si è sempre creduto". Quanto alla datazione, "solo tre piante presentavano condizioni essenziali per la stima dell'età - continua Mauro Bernabei, responsabile del laboratorio di dendrocronologia dell'Ivalsa di San Michele all'Adige, in Trentino - e da un punto di vista di un collocamento storico occorre considerare che i Crociati dopo l'assedio del 1099 s'impegnarono nella ricostruzione delle memorie cristiane della Terrasanta, periodo in cui si collocano le maestose piante".
"Non è stato possibile però - continua Bernabei - compiere analisi sulle radici. Noi sappiamo che gli ulivi sono piante estremamente resistenti e ancora oggi è pratica comune intervenire su vecchie ceppaie danneggiate col rilascio dei polloni più vigorosi. Non si può escludere pertanto che gli ulivi attuali del Getsemani possano essere il frutto della rigenerazione di ceppaie preesistenti. Comunque sia, quelle che vediamo oggi nel giardino alla base del Monte degli Ulivi sono certamente tra le più antiche latifoglie esistenti al mondo".
Analisi specifiche hanno infine riconosciuto un discreto stato nutrizionale degli otto ulivi e la non presenza di sintomi d'inquinamento ambientale che potrebbero pregiudicare nel tempo la loro longevità. Test hanno poi evidenziato che nessuna delle otto piante è infetta da virus o da alterazioni patologiche
Il Muro del pianto a Gerusalemme è al centro di una polemica dei sessi. Le legge giudaica non considera allo stesso modo uomini e donne quando si raccolgono in preghiera per le lamentazioni. I primi hanno a disposizione uno spazio doppio. Ma, soprattutto, le donne non hanno il diritto di indossare lo scialle di preghiera, di tenere in mano un libro della Torah, di leggere e pregare ad alta voce.
Non tutte si rassegnano.
Anat Hoffman, a capo del movimento Donne del Muro, ha deciso di battersi per ottenere gli stessi diritti degli uomini. In 250 si sono radunate davanti al Muro e, come accade spesso, hanno iniziato ad alzare il tono di voce e a indossare lo scialle. In questi casi la polizia interviene e stavolta lo ha fatto in maniera più brusca del solito: Hoffman è stata ammanettata e portata via dalla polizia senza troppo riguardo. Ella ha denunciato un trattamento di eccessivo rigore in prigione. Tuttavia la polizia israeliana ha spiegato che Hoffman sarebbe potuta uscire dal carcere dopo poche ore se avesse accettato le condizioni imposte: niente scialle ed evitare di turbare l'ordine pubblico.
Il rabbino ortodosso del Muro, Shmuel Rabinowitz, ha precisato che lo spazio ridotto riservato alle donne viene da lontano. Nel 1967, in occasione della guerra dei sei giorni, i paracadutisti israeliani che liberarono il Muro occidentale si accorsero che le donne pregavano meno degli uomini e, quindi, potevano accontentarsi di uno spazio minore. Il rabbino ammette che quel provvedimento fu sbagliato. Quanto alle altre disposizioni, Rabinowitz taglia corto: non si può concedere gli stessi diritti a tutti.
Cisgiordania contro l'emiro del Qatar: visita a Gaza non gradita
"Una visita non gradita". E' cosi' che alcuni media della Cisgiordania definiscono l'arrivo nella Striscia di Gaza dell'emiro del Qatar, Hamad bin **Khalifa** al-Thani, primo leader arabo a recarsi nella regione dal 2007, quando Hamas ne ha preso il potere. Secondo la stampa locale, questa visita servirebbe solo ad approfondire le divisioni tra palestinesi, tanto che il quotidiano 'Al-Ayyam' si domanda se "il Qatar e il suo emiro non vogliano forse cominciare a pianificare la separazione della Striscia di Gaza dalla Cisgiordania e rinunciare agli sforzi per porre fine alle divisioni coronati dall'accordo di Doha".
Secondo il giornale, "con questa visita ai piu' alti livelli il governo del Qatar ha calpestato l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) come unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese e come riferimento dell'Autorita' nazionale nei Territori occupati, che ha il diritto di ritirare la fiducia a un governo eletto". Il riferimento e' al governo dimissionario di Ismail Haniyeh a Gaza. (segue)
"Vergogna e pericolo pubblico la persecuzione antisemita contro Carla Di Veroli"
di Fiamma Nirenstein
ROMA 22 ott - E' una vergogna e un pericolo pubblico la persecuzione antisemita che un forum neonazista mette in scena oggi nei confronti di Carla Di Veroli schedandola in una lista di ebrei in stile nazista perché i lettori possano riconoscerla, odiarla e magari attaccarla fisicamente Insieme alla Di Veroli, viene offesa anche la memoria di Settimia Spizzichino, una meravigliosa sopravvissuta ai campi di concentramento: il loro ributtante disprezzo serve a ribadire le consuete tesi negazioniste.
I neonazisti e i neofascisti devono sapere però che le persone da loro perseguitate verbalmente, fra le quali anche io spesso figuro, non solo non si piegano e non si impressionano per la loro feroce stupidità ma si rafforzano nella loro identità, orgogliose di appartenere al popolo ebraico."
Obama vs Romney. Cruciale il voto degli ebrei in Florida
Stanotte il faccia a faccia
Il voto degli ebrei in Florida (e non solo) sara' cruciale nel risultato del duello tra Barack Obama e Mitt Romney. I due rivali si incontrano stasera faccia a faccia alla Lynn University di Boca Raton, nel sud della Florida. Israele, insieme alla questione Iran, sara' uno dei sei segmenti del dibattito di 90 minuti.
WASHINGTON - Il voto degli ebrei in Florida (e non solo) sara' cruciale nel risultato del duello tra Barack Obama e Mitt Romney. I due rivali si incontrano stanotte (h 2.45 su Rainews) faccia a faccia alla Lynn University di Boca Raton, nel sud della Florida. Israele, insieme alla questione Iran, sara' uno dei sei segmenti del dibattito di 90 minuti.
Piccola minoranza demografica in Usa, gli ebrei generalmente si recano in forze alle urne; e diversi Stati in bilico sono popolati da una minoranza relativamente esigua di ebrei (oltre alla Florida, il Nevada, la Pennsylvania, la Virginia, l'Ohio e il Colorado).
In Florida, gli ebrei rappresentano il 3,4% della popolazione, ma hanno quasi l'8% del 'peso' dell'elettorato; e il soleggiato Stato meridionale porta oltre il 10% dei 270 voti elettorali necessari per arrivare alla Casa Bianca.
Dunque, poiche' in molti Stati il divario si contera' sul filo di lana, anche un minimo spostamento dell'elettorato potra' essere determinante.
Barack Obama e' ancora in testa in Ohio e Pennsylvania, che sono nel gruppo degli stati chiave che decideranno le sorti delle elezioni del 6 novembre, ma Mitt Romney
accorcia le distanze. Secondo un sondaggio diffuso a poche ore dall'ultimo dibattito televisivo il presidente e' in Ohio al 50%, con il repubblicano al 45%.
Rispetto ad i dati diffusi il 26 settembre scorso, Obama ha perso tre punti, mentre Romney ne ha guadagnati due. E il Quinnipiac University/Cbs News poll sottolinea come vi siano ancora il 3% degli indecisi.
Anche in Pennsylvania, un altro stato della cosiddetta Rust Bell, la storica zona industriale americana, tradizionalmente democratica ma ora, dopo anni di costante crisi economica e ridimensionamento del ruolo dei sindacati, in bilico tra i due partiti, si e' ridotto il vantaggio di Obama su Romney, con i sondaggi che danno anche in questo stato una situazione di 50% per il presidente e 45% per lo sfidante
È morto il più vecchio superstite di Auschwitz: aveva 108 anni
Si chiamava Antoni Dobrowolski, polacco nato nel 1904. Era stato uno dei prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz durante la Seconda guerra mondiale. Rinchiuso anche in altri campi di sterminio tedeschi ne uscì vivo nel 1945.
Si chiamava Antoni Dobrowolski (nella foto accanto), nazionalità polacca e classe 1904. Si è spento domenica scorsa, alla veneranda età di 108 anni, nella sua città di Debno nel nordovest della Polonia. Morendo Antoni Dobrowolski porta con sé un pezzo importante della storia del 900, storia vissuta sulla propria pelle: il polacco era il più vecchio superstite scampato al campo di concentramento di Auschwitz, laddove morirono un milione di ebrei (ma anche tantissimi non ebrei), diventato il simbolo dell'Olocausto. Dobrowolsky, che nella città polacca di Debno fu preside di una scuola elementare e di un liceo, negli anni della Seconda guerra mondiale organizzava dei corsi clandestini per i bambini, corsi che erano vietati nel suo Paese occupato dai nazisti dal 1939. Il suo arresto da parte della Gestapo avvenne nel 1942, Dobrowolsky in quell'anno conobbe il campo di sterminio di Auschwitz e non solo. Negli anni della guerra, dopo Auschiwitz, l'uomo fu infatti trasferito in altri campi di concentramento in Germania: entrò nei lager di Gross-Rosen e di Sachsenhausen. Lasciò definitivamente quei luoghi di morte solo nel 1945, alla fine della guerra, quando tornò in Polonia, nella città di Debno dove ieri si è spento. La notizia della sua morte è stata data da uno storico del museo di Auschwitz, Adam Cyra.
Bianchini (Pd): mozione per loscuramento di siti che istigano allodio razziale
ROMA, 22 ott - "Vicinanza e solidarietà a Carla Di Veroli e a tutta la comunità ebraica per i gravi insulti pubblicati sulle pagine italiane di un forum neonazista. Le foto dell'assessore sono state addirittura messe in rete perché fosse riconosciuta e aggiunta alla "lista nera". E' un fatto gravissimo e inquietante. Per questo, così come ha fatto anche il Pd in consiglio comunale a firma del consigliere Masini, il Pd ha presentato una mozione in Consiglio provinciale dove oltre ad esprimere solidarietà si impegna il Presidente e la Giunta ad assumere ogni iniziativa utile e necessaria presso istituzioni e organi competenti affinchè in Italia venga subito oscurato il sito Stormfront, come già successo in Francia e in Germania, così come tutti i siti che diffondano idee che istighino all'odio razziale, all'antisemitismo, alla xenofobia e all'omofobia da considerare come crimini informatici attraverso un'apposita legge". A darne notizia, in una nota, il primo firmatario della mozione, il consigliere provinciale Pd Paolo Bianchini.
"La mozione - prosegue - chiede altresì di realizzare una campagna istituzionale di sensibilizzazione contro l'antisemitismo e a favore del dialogo e del rispetto reciproco. Ricordiamo che il sito Stormfront, in passato è stato già responsabile di aver pubblicato nelle pagine italiane del forum una blacklist di ebrei italiani "influenti" e una vera e propria lista di proscrizione ospitata dal thread "Lista delinquenti italiani" con un elenco di persone che si sono occupate di immigrazione. La procura di Roma in seguito a questi episodi ha anche aperto un'indagine. E' indispensabile porre subito fine a questo oltraggio alla memoria del nostro Paese, a un'intossicazione dei valori attraverso il web che lascia esposti soprattutto i più giovani".
La sinagoga compie 50 anni: il nuovo tempio, costruito al posto dell'antica sinagoga, una delle più belle in Europa, è stato inaugurato nel '62. Domenica 28 ottobre le celebrazioni promosse dalla Comunità ebraica.
La sinagoga di Livorno
LIVORNO - Partono le celebrazioni per il 50o anniversario della nuova sinagoga costruita in piazza Benamozegh dopo che i bombardamenti della seconda guerra mondiale avevano distrutto quella antica, una delle più belle in tutto il Vecchio Continente. A darne notizia è il blog Comunitando che si occupa di "cose ebraiche livornesi (e non solo)", segnalando che "per esigenze organizzative" il cartellone delle iniziativa è slittato al 28 ottobre (inizio ore 11) mnentre in realtà l'inaugurazione ufficiale avvenne "il 23 settembre 1962, giorno 24 del mese di Elul dell'anno ebraico 5722".
L'incarico di progettare la nuova sinagoga, "anche dietro indicazione di un nome importante nell'architettura nazionale quale quello di Bruno Zevi", - spiega il blog - viene affidato ad un architetto ebreo romano, Angelo Di Castro.
Per far rinascere il tempio della comunità si sviluppò un dibattito fra chi avrebbe voluto restaurare l'antica, amata e gloriosa, imponente sinagoga e chi preferiva la costruzione di un nuovo edificio.
"Nel 1958 - ricorda il blogger Gadi Polacco - il dado venne tratto, ovviamente non senza grande rimpianto per l'antico Tempio il cui ricordo è ancora vivo e "venerato" dagli ebrei livornesi".
"Durante l'ultima guerra, bombardamenti e saccheggi rovinarono completamente l'antica sinagoga di Livorno, monumento nazionale, la più' bella d'Europa": parte così l'appello firmato nel '60 dal rabbino capo Alfredo S.Toaff, dal presidente della Comunità prof. Renzo Cabib e dai membri del "Comitato per la ricostruzione del Tempio" (rabbino prof. Roberto Menasci, avv. Guido Bedarida, dott. Renato Liscia, sig. Cesarino Rossi e rag. Adolfo Toaff). Era un appello ai donatori perché si integrasse l'ammontare per la costruzione del nuovo luogo di culto messo a disposizione dal governo.
Il progetto (in cemento armato) ricorda "una tenda a pianta ellittica con relativa volumetria piena di simboli e richiami". Ad esempio, alle Tavole della Legge ("visibili all'interno seguendo il loro contorno posto in evidenza"); i triangoli sul retro (per "dare più luce"), le vetrate rosse (per "ricordare la tragedia della Shoa"), le finestre esagonali (che "richiamano alcune ottagonali della vecchia Sinagoga"), la tevà cioè il pulpito (realizzata "con marmi recuperati fra le macerie dell'antico tempio").
Nella foto: l'abbozzo di studio del progetto del nuovo tempio che l'architetto Angelo Di Castro ha disegnato sul retro della ricevuta del vagone ristorante del treno che, da Livorno, lo riportava a Roma dopo una visita a Livorno. Lo pubblica il blog Comunitando (www.livornoebraica.org ) gtrazie alla famiglia Di Castro.
ROMA - Emozione e coinvolgimento all'evento di gala in onore degli "eroi di Israele" organizzato ieri sera dal Keren Kayemet Leisrael, la più antica organizzazione ecologica mondiale, nella suggestiva cornice della Galleria Nazionale d'Arte Moderna a Roma. Durante la serata, ricca di momenti di grande intensità e significato, è stato proiettato un filmato inedito che mostrava un'azione svolta nel luglio del 2006, durante la guerra del Libano, per salvare la vita di Gur, un soldato di Tzahal colpito dai guerriglieri di Hezbollah. Conclusa l'operazione di salvataggio da parte di Avner e della sua compagnia, tra i due soldati è nata un'amicizia molto profonda sulla quale hanno avuto entrambi modo di soffermarsi. Alla domanda se durante quelle circostanze convulse avesse pensato a fondo che, per salvare Gur, stava mettendo in pericolo la vita degli altri compagni di squadra, Avner ha risposto: "Ci ho pensato, ma in quei terribili momenti ciascuno di noi cerca di dare il meglio di se stesso. I miei compagni mi hanno chiesto: Dobbiamo fare così? E io ho risposto di sì. Da quell'istante tutti si sono dati da fare per rendere possibile l'operazione". Guardando Gur, Avner ha spiegato ancora: "Penso che una compagnia di elicotteristi sia come i cinque cerchi simbolo delle Olimpiadi: ogni cerchio ha una parte da solo e una parte che combacia con gli altri cerchi, così ognuno di noi svolge il prioprio lavoro nel modo migliore e poi rende possibile quello degli altri collaborando in uno sforzo univoco". La vita di Gur è molto cambiata dopo quel giorno, è cambiato il suo modo di pensare e di agire, ha capito che nulla accade per caso e da allora gira con la kippà in testa. Avner ha continuato ad essere presente nella vita del giovane aiutandolo a conseguire una borsa di studio per frequentare la Facoltà di Medicina e Chirurgia in Germania. Ma Gur non si sentiva completamente a suo agio. Sentiva che doveva fare qualcosa per i giovani soldati di Tzahal e allora è tornato in Israele dove ha avviato un corso di rafforzamento motivazionale per sostenerli psicologicamente. Alla serata, la cui conduzione è stata affidata al presentatore Jocelyn e al presidente del KKL e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Raffaele Sassun, erano tra gli altri presenti il presidente UCEI Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, l'ambasciatore dello Stato di Israele in Italia Naor Gilon e il presidente mondiale KKL Eli Aflalo.
Lufthansa Cargo presenta l'orario invernale, che mostra il nuovo collegamento con Tel Aviv ed il potenziamento di quello con Il Cairo, mentre sospende la rotta verso lo scalo cinese di Chongqing.
Il 28 ottobre 2012 entrerà in vigore l'orario invernale 2012-2013 di Lufthansa Cargo, che prevede voli verso trecento destinazioni di 97 Paesi. La compagnia tedesca approfitta del cambio stagionale per rimodulare alcune rotte. In particolare, potenzia quelle con il Medio Oriente, destinazione che mantiene volumi in crescita, mentre riduce, seppur di poco, quelle con la Cina. La novità principale è il nuovo collegamento con Tel Aviv, già anticipato nei giorni scorsi, che ha frequenza di quattro voli la settimana, tre dei quali scaleranno ad Istanbul. Lufthansa Cargo potenzia anche il collegamento con l'Egitto, inaugurato lo scorso marzo e che ore viene incrementato a tre voli la settimana, tutti verso l'aeroporto del Cairo. Viceversa, la compagnia ha deciso d'interrompere il collegamento diretto con la città cinese di Chongqing, avviato anch'esso lo scorso marzo.
Israele e Stati Uniti, le grandi manovre congiunte dei due eserciti
Sono iniziate ieri le più importanti esercitazioni militari congiunte condotte dall'esercito israeliano e da quello statunitense nella storia della loro collaborazione.
Le manovre, che interessano principalmente le forze aeree e i sistemi di difesa antimissile, stanno coinvolgendo migliaia di militari dei due paesi (almeno 3500 americani e 1000 israeliani) e l'intero apparato missilistico di Difesa.
Le esercitazioni, denominate, "Austere Challenge", si stanno svolgendo in Israele e nelle acque antistanti il paese e la loro preparazione è costata due anni di lavoro e quasi 50 milioni di dollari.
Fonti ufficiali di entrambi i paesi hanno ripetutamente smentito che le esercitazioni siano in qualche modo da ricollegare alle tensioni che scuotono l'area mediorientale e più precisamente alle possibilità di interventi in Siria o Iran.
Durante le manovre, gli statunitensi proveranno i sistemi missilistici difensivi Patriot e quelli navali Aegis, mentre Israele proverà i suoi Hetz-2, che, come i Patriot, sono pensati per intercettare missili balistici diretti sul proprio territorio.
Sempre in quest'ottica Israele testerà anche il sistema di difesa noto col nome di Iron Dome, pensato per intercettare i missili a medio e corto raggio.
Il tecnofringuello rimuove numerosi micropost in favore dell'Olocausto, evitando l'ingiunzione minacciata dalla comunità ebraica in terra francese. Nel Regno Unito, sospeso un account omofobo.
ROMA - Da Parigi, nuovo caso di rimozione dei contenuti dalla gigantesca piattaforma di microblogging Twitter, dopo la proliferazione di cinguettii antisemiti raccolto sotto l'hashtag #unbonjuif, in italiano "un buon ebreo". In conference call con i responsabili californiani, la comunità ebraica in terra francese ha chiesto l'immediata sparizione di numerosi micropost sull'Olocausto e più in generale contenenti giochi di parole e battute di cattivo gusto.
Le istituzioni ebraiche con base a Parigi - supportate dagli attivisti locali di SOS Racisme - hanno dunque inviato un vibrante ultimatum ai vertici di Twitter, ipotizzando un ricorso alla legge francese che proibisce la discriminazione basata su principi religiosi e razziali. Evitando l'ingiunzione firmata da un giudice, i responsabili statunitensi hanno provveduto alla cancellazione dei micropost raccolti sotto l'hashtag #unbonjuif.
"Meglio educare che censurare, vergogna Twitter", ha cinguettato un utente aprendo il fuoco delle critiche. "Chi decide cosa è effettivamente antisemita e dunque illegale?", ha commentato un altro account. La piattaforma social ha prontamente ribadito le sue policy in materia di contenuti illeciti, che verranno sempre rimossi se considerati in violazione delle condizioni d'uso.
ROMA - Ancora un grave episodio di violenza antisemita nella Capitale: la vittima è l'assessore per le Politiche culturali, giovanili e per le pari opportunità dell'XI municipio, Carla Di Veroli, finita nel mirino del forum neonazista Stormfront, già responsabile in passato di aver pubblicato una blacklist di ebrei italiani "in vista". Sul sito, la Di Veroli viene insultata, insieme ai suoi familiari, e viene indicata come "la nipote di Settimia Spizzichino, ennesima olomiracolata" e messa in rete per essere riconosciuta come persona da aggiungere alla lista nera: "ecco l'esemplare in questione", si legge sulla didascalia delle sue foto.
L'assessore è stata "schedata", affinché tutti i soci del sito possano riconoscere "il nemico". Il suo nome viene inserito nella discussione "Women's group battles antisemitism in Italy". Il pezzo inizia così: "Questo gruppo ebraico di donne è pressoché inesistente nella realtà, sicuramente è un gruppo formale esistente solo su carta capeggiato da questa Carla Di Veroli, che probabilmente è anche l'unico membro assieme a qualche sua amica del ghetto". "Carla Di Veroli - si legge ancora - è infiltrata nelle nostre istituzioni". I neofascisti ce l'hanno con lei perché "fu proprio grazie alla sua sceneggiata kosher in consiglio municipale che a Roma venne respinta la proposta di istituire una via Almirante".
La Di Veroli non sembra affatto spaventata, anzi, dichiara: "Tutto quello che hanno scritto di me in un'accezione negativa dice l'assessore Di Veroli non può che farmi sentire onorata, sono le mie scale di valori, quelli in cui credo e per cui mi batto. L'unica cosa che mi ha irritato molto è stata l'offesa rivolta a mia zia. Ma del resto cosa ci vogliamo aspettare da persone che evidentemente si vergognano talmente tanto di appartenere a quel gruppo da non avere neanche il coraggio di uscire dalla clandestinità che gli offre un nickname?".
SOLIDARIETA' DI ALEMANNO - "Voglio esprimere la mia solidarietà a Carla Di Veroli, colpita da violenti e folli attacchi antisemiti sul web - scrive in una nota il sindaco Gianni Alemanno - Il problema dell'odio razziale e dell'antisemitismo sui siti internet è oggi purtroppo sempre più attuale, dal momento che non è facile perseguire e far tacere una volta per tutte gli autori di questi forum farneticanti. Per questo, auspichiamo che sia approvato al più presto il disegno di legge presentato al Senato per introdurre il reato di negazionismo".
"La memoria condivisa e la conoscenza e il rispetto della storia è un pilastro per costruire la società di oggi: questo l'insegnamento diretto ai 252 alunni che partiranno domani con me e l'assessore De Palo per Cracovia, Auschwitz e Birkenau, in un viaggio della memoria dedicato a Shlomo Venezia. Proprio domani - continua Alemanno - è la ricorrenza di un giorno particolare: il 23 ottobre infatti furono uccisi tutti gli uomini e le donne presi durante il rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre. Si salvarono solo 15 uomini e una donna, Settima Spizzichino, zia proprio di Carla Di Veroli, alla memoria della quale l'amministrazione capitolina dedicherà il ponte dell'Ostiense".
La vittoria del Fatah in Cisgiordania non è schiacciante
La partecipazione è stata solo del 55%
Il Fatah del presidente dell'AP Mahmud Abbas si è dichiarato vincitore ma non ha riportato il successo schiacciante che sperava di ottenere nelle municipali di sabato in Cisgiordania, le prime elezioni nei territori palestinesi dalle legislative del 2006.
La partecipazione è stata bassa, il 55%, e, nelle maggiori località, stando a dati non ufficiali i candidati ufficiali del movimento avrebbero conquistato la maggioranza solo a Hebron.
A Nablus, Ramallah e Jenin l'avrebbero spuntata liste dissidenti. Si è votato solo in 93 comuni su 353 e Hamas ha boicottato la consultazione.
Netanyahu risponde allUnione Europea: Continueremo a costruire a Gerusalemme
GERUSALEMME, 21 ott. - "Non imporremo alcuna restrizione alla costruzione a Gerusalemme. È la nostra capitale". Lo ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante un discorso al governo, dopo che l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Catherine Ashton, venerdì ha criticato il piano per la costruzione di 800 nuovi alloggi e di un collegio militare sulla terra contesa. Netanyahu ha così promesso che la costruzione di edifici a Gerusalemme Est continuerà, nonostante le obiezioni dei palestinesi che rivendicano il territorio come capitale del loro futuro Stato.
Netanyahu: gli attivisti dei diritti umani dovrebbero recarsi in Siria
GERUSALEMME, 20 ott. - "Se i diritti umani fossero veramente importanti per questi attivisti, dovrebbero fare rotta sulla Siria". E' quanto ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, affermando di aver ordinato alle forze militari di prendere il controllo della nave finlandese Estelle "per mantenere il blocco su Gaza in accordo con la legge internazionale". "La gente a bordo della nave sa che non vi è crisi umanitaria a Haza e tutto quello che vogliono fare e' incitare la provocazione nei confronti di Israele - ha aggiunto - Noi continueremo a difendere i nostri confini con vigore e determinazione".
Prime elezioni locali in Cisgiordania dal 2005, bassa affluenza
RAMALLAH, 20 ott. - Per la prima volta dal 2005, i palestinesi della Cisgiordania sono chiamati oggi alle urne per il rinnovo delle amministrazioni locali. Il voto e' boicottato dagli islamisti di Hamas, che controllano la Striscia di Gaza. Per questo alla lista di Fatah si contrappongono solo liste locali, non presenti in tutti i comuni. I seggi si chiuderanno alle 19 (ora locale) e l'affluenza risulta al momento abbastanza bassa. I risultati non sono attesi prima di domani.
"E' un giorno di democrazia per il popolo palestinese", ha dichiarato il presidente dell'Autorita' nazionale Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) deponendo la sua scheda nell'urna ad Al Bireh. In questa citta', alla lista di Fatah (Indipendenza e Sviluppo) si contrappone "Al Bireh per tutti", che unisce diversi gruppi di sinistra.
Lo scontro fra il governo di Ramallah, dominato dal partito laico Fatah di Abbas, e la striscia di Gaza, dove Hamas ha preso il potere con la forza nel 2007, ha finora impedito nuove elezioni nei Territori dopo le amministrative del 2005, seguite dalle politiche e le presidenziali del 2006. Malgrado gli sforzi di riconciliazione fra le due parti palestinesi, portati avanti anche con la mediazione egiziana, non si e' giunti ad un accordo e l'Anp ha deciso di procedere da sola alle elezioni locali in Cisgiordania.
La croce che fa litigare la Svizzera e i musulmani. Grandi Marchi cedono
di Giulio Meotti
ROMA. "Kreuz ist triumpf". La croce è un trionfo. Con questa campagna pubblicitaria Swiss Air ha risposto alle organizzazioni islamiche che avevano chiesto di rimuovere dai voli di linea la bandiera svizzera con la croce. Gruppi di musulmani stanno protestando, sia su internet che sui media nazionali, in quanto la pubblicità sarebbe un "attacco all'islam", al pari del film su Maometto. Una portavoce della compagnia, Myriam Ziesack, si è scusata perché la pubblicità sia apparsa a ridosso del video anti islamico "The innocence of Muslims". La pressione degli investitori e di gruppi musulmani in Svizzera ha già fatto sì che grandi compagnie simbolo del paese, come Swatch, Tissot e Victorinox, abbiano eliminato la croce della bandiera da molte pubblicità specie nei paesi arabi e asiatici. In molti casi la croce su sfondo rosso, segno d'identità dei cantoni svizzeri, è stata sostituita dalla scritta "Swiss Made". La Victorinox, celebre azienda produttrice di coltelli, ha sostituito la croce con la lettera "V". La Swatch si è giustificata dicendo che "nei paesi musulmani non è consentito mostrare la croce in pubblico". Autocensura dunque. E' anche iniziata una campagna per cancellare la croce della bandiera, specie dopo la messa al bando dei minareti. "Quel simbolo offende il multiculturalismo", ha detto Ivica Petrusic, presidente di un gruppo di pressione di stranieri di seconda generazione. Propone una bandiera verde, rossa e gialla della Repubblica elvetica del 1799, per "una Svizzera più progressista e aperta". Nel paese reduce dalla recente battaglia e messa al bando dei minareti, succede anche che a Roggwil, nella regione svizzera tedesca, la commissione scolastica abbia vietato agli studenti di indossare "gadget provocatori", come la croce bianca su sfondo rosso. Qualcosa di simile è successo in Inghilterra, dove la croce di San Giorgio è scomparsa da alcuni gate di Heathrow o dai taxi di Blackpool e Cheltenham. Alcuni mesi fa il Real Madrid per ottenere l'appalto di lavori in un lussuoso resort a Ras al Khaimah, negli Emirati Arabi, ha eliminato dallo stemma della società la piccola croce che sovrastava la corona. Anche il Barcellona, per una finale di calcio ad Abu Dhabi, ha tolto dallo scudo la croce di Sant Jordi. Due settimane fa la Corte europea dei diritti umani ha rigettato le istanze presentate in Inghilterra da Nadia Evedia, licenziata dal banco del check-in dove lavorava perché portava la croce al collo (lo stesso è accaduto all'infermiera Shirley Chaplin). Londra non solo si è schierata dalla parte dei datori di lavoro, ma a Strasburgo si è spinta oltre, discriminando la libertà di alcune confessioni. Sul caso delle due donne licenziate perché portavano la croce al collo, il governo inglese ha detto che a rimetterci doveva essere la religione cristiana in virtù del suo carattere liberale, mentre quella islamica deve essere rispettata per via delle norme che vincolano i fedeli. Insomma, le croci si possono vietare, il velo o il turbante no.
TEL AVIV - Il portavoce dell'esercito israeliano ha confermato l'avvenuto abbordaggio della nave Estelle, la nave che trasporta un gruppo di attivisti filo-palestinesi determinati a forzare il blocco navale imposto da Israele. "Operazione avvenuta in accordo con le leggi internazionali e con le direttive del governo israeliano dopo aver effettuato ogni tentativo di prevenire la nave dal raggiungere la Striscia di Gaza", recita una nota.
''L'abbordaggio - ha spiegato il portavoce militare - e' stato effettuato solo dopo numerosi richiami ai passeggeri a bordo; vista la loro volonta' di non cooperare e dopo aver ignorato appelli a cambiare rotta, e' stata presa la decisione di abbordare la nave e condurla nel porto di Ashdod''. ''I marinai israeliani hanno operato come stabilito e hanno preso ogni precauzione - ha proseguito il portavoce - per garantire la sicurezza dei passeggeri. Dopo l'abbordaggio da parte dei soldati, che non hanno avuto bisogno di usare la forza, i passeggeri sono stati accuditi e a loro sono stati offerti cibi e bevande''. ''Dopo l'arrivo nel porto di Ashdod, i passeggeri saranno trasferiti alla custodia della polizia israeliana e delle autorita' di immigrazione del ministro dell'interno''.
(Fonte: ANSA, 20 ottobre 2012)
Di più non c'è da dire. La stupida crociera anti-israeliana è finita.
Cisgiordania al voto sotto il segno delle divisioni tra i palestinesi
I palestinesi votano sotto il segno della divisione per le elezioni amministrative in Cisgiordania. Non pesano solo la mancata organizzazione del voto a Gaza e il boicottaggio delle urne indetto da Hamas, ma anche la proliferazione di liste all'interno di Fatah.
Lo stallo dei colloqui con Israele e le difficoltà finanziarie dell'ANP hanno fatto scomparire gli slogan tradizionali della lotta palestinese.
Gli elettori sono interessati soprattutto ai loro bisogni immediati in questo periodo di austerità, in cui l'ANP ha difficoltà nel pagare i suoi 153.000 funzionari. Tra di loro ci sono circa diecimila membri delle forze di sicurezza che hanno già votato giovedì.
In assenza di Hamas, il tasso di partecipazione mostrerà se i sostenitori degli islamisti si recheranno o meno alle urne in Cisgiordania.
"In Cisgiordania la percentuale degli iscritti nelle liste elettorali è del 77 per cento, una percentuale elevata rispetto al resto del mondo", sostiene Hisham Kuhail, funzionario della commissione elettorale. "Gaza ha una percentuale più piccola visto che dal 2007 non siamo stati in grado di aggiornare il registro".
Durante le ultime elezioni municipali, nel 2005, la partecipazione era stata dell'80 per cento, per cui un forte calo dell'affluenza questa volta in Cisgiordania significherebbe che gli elettori di Hamas sono rimasti a casa.
Nel 2005 il movimento di resistenza islamico si era imposto in numerose città e villaggi, a Gaza e in Cisgiordania, quando il voto si svolse in entrambi i territori.
L'ultima volta che i palestinesi hanno votato è stato nel 2006, in occasione delle politiche, vinte in modo schiacciante da Hamas, con grande delusione per Fatah. Nel 2007 gli islamisti hanno preso il controllo di Gaza dopo una guerra civile.
Lo svolgimento del voto solo in Cisgiordania è il segno delle divisioni politiche tra i palestinesi e di una riconciliazione ancora lontana.
Elezioni municipali in Cisgiordania, spazio alle donne?
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulle imminenti presidenziali negli Stati Uniti, oggi sabato 20 ottobre in Cisgiordania i palestinesi si recheranno alle urne per le elezioni municipali . Sono passati sette lunghi anni dall'ultima volta che si sono tenute elezioni a livello locale: allora i colloqui di pace erano a un punto morto e la fiducia del popolo nella leadership palestinese andava sempre più affievolendosi.
Quest'anno però, nonostante i problemi che ancora affliggono la regione, si respira aria di speranza grazie anche alla sempre maggiore partecipazione femminile.
La Cisgiordania, e la Palestina in generale, si trovano di fronte a un sistema politico danneggiato, pieno di problemi di rappresentanza e corruzione. In un simile contesto, è facile vedere la rappresentanza politica femminile come un problema di cui preoccuparsi più avanti. Ma come dimostrano i gruppi femminili scesi in campo, affrontare la questione femminile può rivelarsi fondamentale per rivoluzionare il modo stesso in cui si fa politica.
Due sono le principali liste tutte in rosa comparse sulla scena politica locale . La prima è "Women of Town", nato da un collettivo tutto al femminile chiamato Adala, che significa "giustizia" in arabo, e da oltre 5 anni è coinvolto in progetti sociali nel nel villaggio di Saffa, aiutando le donne a sviluppare una coscienza politica.
L'obiettivo del gruppo è quello di andare al di là di un sistema passivo in cui le donne scelgono solo uomini per le posizioni di potere. Sebbene sia richiesta per legge una quota del 20% di partecipazione femminile, infatti, Sami, leader di Women of Town, descrive le donne coinvolte in politica come semplicemente "decorative", voci utili solo a riempire il posto necessario. "La metà dei lavori delle donne nei consigli locali consiste nel portare cibo e bevane, e poi pulire dopo le riunioni", spiega la donna.
L'altro esempio è Maysoun Qawasmi, attivista di lunga esperienza, che al momento si trova alla guida di un gruppo indipendente di 11 donne dal nome " By Participating, We Can", con base nella città conservatrice di Hebron.
Anche in questo caso si tratta di donne professioniste desiderose di difendere i diritti femminili, rivitalizzare la città e porre fine all'occupazione israeliana. Qawasmi è ottimista: "Sono in corsa alle elezioni per vincere", ha dichiarato al Daily Beast, "Vengo a cambiare la mia società, nel migliore dei modi, in maniera positiva, per diffondere il messaggio che le donne possono fare un sacco di cose come leader."
Sami e Qawasmi non sono sole: a Betlemme, la professoressa Vera Baboun è in corsa per diventare il primo sindaco donna della città .
Ma come in molti altri Paesi al mondo, per queste coraggiose donne non tutto è stato (ed è) rose e fiori.
Sami racconta che le reazioni alla creazione della lista sono stati misti: "Quando abbiamo annunciato la lista nel 2010, la prima telefonata che ho ricevuto era da un uomo. Mi ha detto: 'Siamo molto orgogliosi della vostra lista. Avrete il sostegno di 30 persone in più per questo'. Poi un altro uomo mi ha chiamato offrendomi altri 70 voti a favore".
Ma non tutto è filato liscio. "Naturalmente ci sono state alcune reazioni negative", dice Sami. "Uno dei principali ostacoli che abbiamo dovuto affrontare è arrivato dalle famiglie. Quando abbiamo iniziato a parlare della lista, molte donne hanno deciso di partecipare. Il problema era che invece buona parte delle loro famiglie si rifiutavano di lasciarle fare".
L'idea di donne che partecipano alla vita politica è in contrasto con molti degli assunti tradizionali sul loro ruolo nella società. "Tutto qui riguarda la tradizione", dice Karajah Shams, giovane residente di Saffa che sta dando una mano nella campagna delle donne. "Il ruolo della donna è quello di sposarsi, avere dei figli, e prendersi cura della casa. E' solo in tempi relativamente recenti che i genitori hanno iniziato a mandare le figlie a scuola. Le cose stanno migliorando. Molte donne e ragazze vanno a studiare. Il ruolo della donna migliora. Fra vent'anni sarà diverso: ne sono sicura".
Una maggiore rappresentanza femminile a livello comunale è necessaria soprattutto per risolvere problemi che riguardano da vicino le donne: "L'idea non è solo quella di rappresentare meglio le donne, ma è anche quella di ottenere una posizione che permetta loro di attuare al meglio le proprie esigenze", conclude Karajah.
Le donne di Women of Town, così come quelle degli altri gruppi, hanno vivitato diverse città per promuovere le proprie idee. Attualmente, altri tre altri piccoli villaggi, Kufur Nama, Salfit e Kufur Haris, hanno abbracciato il progetto e Sami spera che entro le prossime elezioni "Ci saranno liste composte per metà da donne, per l'altra metà da uomini".
In conclusione, quali che siano le sfide da affrontare il giorno delle elezioni, si sono visti segnali positivi per la democrazia e per i palestinesi che vivono in Cisgiordania, i quali mai come ora necessitano di una forte leadership locale.
Stralci ripresi da Women and Electoral Politics in Palestine: A Revolution in the Making? e Can women rule the West Bank? - trad. Elena Intra
Insulti antisemiti, applicare la convenzione di Budapest
di Anna Quarzi*
Riteniamo importante e opportuno l'intervento dell'on. Bratti alla Camera per chiedere la possibilità di oscurare il sito web Stormfront dopo che erano apparsi insulti di stampo antisemita nei confronti della docente della nostra Università, Marcella Ravenna, definita "un'ebrea ossessionata da sé stessa e dalle fantasie di sangue del suo popolo". A Marcella Ravenna va tutta la nostra solidarietà e vicinanza.
Anche Slomo Venezia, scomparso il primo ottobre scorso, ha subito le inconcepibili offese via Web di alcuni siti nazifascisti. Slomo Venezia era uno dei pochissimi sopravissuti ebrei tornati da Auschwit, e proprio la sua morte in questi giorni sta suscitando presso gli istituti di storia discussioni e approfondimenti su "Come ricorderemo la Shoah quando se ne sarà andato anche l'ultimo testimone?" tema portato all'attenzione da David Bidussa.
Venezia aveva fatto parte di un Sonderkommando, le squadre di internati che nel lager, prima di essere uccisi a loro volta, erano obbligati alle ultime operazioni di smaltimento e cremazione dei cadaveri delle vittime dei forni. Ha scritto un libro sulla sua inumana esperienza ma soprattutto negli ultimi anni ha svolto una eccezionale opera di testimonianza rivolta in particolare alle giovani generazioni. (Ricordiamo due anni fa una sala del cinema Apollo gremita di studenti che lo avevano ascoltato in un profondo, partecipe, emozionato silenzio). Per questo le celebrazioni per la sua morte sono state particolarmente sentite. Ma la cronaca non sarebbe completa, come ha scritto Mario Pirani l'8 ottobre scorso su Repubblica, se lasciassimo passare sotto silenzio come i siti nazifascisti, la cui immonda propaganda , potenziata con vasta eco dal web si siano subito fatti vivi. Ecco come si è espresso il portavoce di uno dei siti più virulenti: "Morto il falsario olo-sopravvissuto Shlomo Venezia!" "Quando muore un sopravvissuto sono sempre triste: le loro comiche cazzate mi divertono molto! Comunque pare morendo abbia esalato un ultimo grugnito " Si potrebbe continuare ma le frasi, le canzoni diffuse via Web sono veramente disgustose.
Sarebbe bene, come ci ricorda Pirani, che si applicasse la convenzione di Budapest, legge 18 marzo 2008, che introduce norme internazionali sulla criminalità informatica sotto le sue varie forme e stabilisce le necessarie modifiche ai codici di procedura penale dei paesi aderenti. L'Italia ha sottoscritto la Convenzione ma non ancora ratificato le norme applicative e, soprattutto, non ha firmato l'importante Protocollo aggiuntivo che inserisce fra i crimini informatici anche qualsiasi forma di antisemitismo e razzismo sotto veste web.
* Direttrice dellIstituto di Storia Contemporanea di Ferrara
Hanno novecento anni i tronchi degli ulivi del Getsemani, ma dna piu' antico
La scienza indaga sugli alberi del Vangelo
Il giardino degli ulivi
ROMA, 19 ott - Il tronco e le chiome hanno nove secoli, ma il loro dna suggerisce che sono tutti figli di un albero molto piu' antico: sono questi i primi risultati di una ricerca scientifica di tre anni condotta sugli ulivi del giardino del Getsemani a Gerusalemme, dove Gesu' - narrano i Vangeli - trascorse le sue ultime ore prima di venire arrestato e crocefisso. I dati sono stati anticipati oggi dal sito 'Terrasanta.net'. Per la prima volta, campioni prelevati dal fusto di tre degli otto ulivi, presenti sul monte dove ebbe inizio la Passione, sono stati analizzati da una squadra di ricercatori del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e di Universita' italiane. I risultati della ricerca hanno indicato la datazione del fusto di tre degli otto ulivi (gli unici per i quali e' stato tecnicamente possibile eseguire lo studio), come risalente alla meta' del dodicesimo secolo, spiega 'Terrasanta.net'. Percio', alle piante viene riconosciuta un'eta' di circa novecento anni. Occorre pero' fare una precisazione: la datazione indicata e' da intendersi riferita solamente alla parte emersa della pianta, cioe' al tronco e alla chioma. Infatti la stessa ricerca ha dimostrato che la parte ''ipogea'', ovvero quella costituita dalle radici, e' di certo piu' antica. Inoltre, le analisi del DNA hanno descritto profili genetici identici per tutti gli otto ulivi. Cio' indica che le piante sono, usando un termine metaforico, gemelle tra loro e, quindi, appartenenti allo stesso genotipo. Secondo gli esperti , dunque, gli otto alberi sono tutti figli di uno stesso esemplare adulto.
In altri termini, ipotizzano gli studiosi, nel dodicesimo secolo ma probabilmente anche molto prima, vennero messe a dimora nel giardino del Getsemani porzioni di rami piu' o meno grossi (talee di ramo) prelevate da un'unica pianta, con modalita' simili a quelle tuttora adottate dai giardinieri palestinesi. I vangeli parlano di ulivi adulti al tempo di Gesu', e la loro presenza è testimoniata da racconti di pellegrini nel corso dei secoli successivi. I risultati della ricerca scientifica si intrecciano con la storia. In epoca crociata, ovvero tra il 1150 e il 1170 (siamo appunto alla metà del dodicesimo secolo) la Basilica del Getsemani venne ricostruita e, probabilmente - spiega Terrasanta.net - il giardino fu risistemato con il recupero degli ulivi presenti a quel tempo. E' verosimile che uno di loro fosse il donatore delle talee degli ulivi attuali, ma su questo sara' necessario un supplemento di ricerca.
In una conferenza stampa a Roma, padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terrasanta, e i professori Giovanni Gianfrate e Antonio Cimato, illustreranno oggi il primo capitolo di un'indagine destinata a produrre nuove sorprese.
L'iPhone 5 è disponibile nei punti vendita di Gaza e non in Italia. E' questo il paradosso di cui si parla in Rete nel corso delle ultime ore, considerando che il dispositivo è stato in grado di espugnare il tunnel di contrabbando di Rafah, con ovvie conseguenze sui prezzi.
Rispetto a quanto registrato negli Stati Uniti, infatti, il prezzo dell'iPhone 5 a Gaza è praticamente raddoppiato, se si pensa che la versione da 16 GB è pari a 1.170 dollari, mentre quello da 64 GB arriva addirittura a 1.480 dollari, alla luce degli enormi problemi da affrontare per l'importazione del device.
Eppure, i media locali fanno sapere che l'iPhone 5 mania è scoppiata anche a Gaza, che, seppur martoriata dalla guerra e dalla povertà, conserve un target in grado di effettuare tranquillamente un acquisto di questa portata.
Noi abbiamo sviluppato il tema delle tracciabilità applicandola ai camici che forniamo puliti e pronti per essere indossati dai rispettivi proprietari. In sostanza Linea Sterile - che è un'azienda della provincia di Forlì-Cesena che svolge la propria attività esclusivamente per il settore sanitario, attraverso la fornitura di servizi integrati di noleggio, rifornimento, ricondizionamento, sanificazione e distribuzione, di dispositivi tessili per i reparti di degenza, vestizione di tutto il personale medico e paramedico, con kit sterili e gestione informatizzata dei guardaroba nei presidi ospedalieri - ha dotato ogni indumento di dispositivi informatici che consentono ai sanitari attraverso un badge, di ritirare il proprio indumento pulito e pronto da indossare, mettendo quello da lavare in un altro contenitore da cui partirà il processo di lavaggio che lo rimetterà a disposizione del proprietario attraverso la medesima operazione. Anche gli Israeliani sono venuti a vedere il nostro sistema e quasi non credevano che funzionasse davvero. In questo modo non solo ognuno rientra in possesso del proprio camice lavato e sterilizzato, ma un guardaroba ospedaliero che prima occupava 1500 metri ora ne risparmia 800. In tutto questo però vorrei evidenziare la grande importanza della formazione dei dipendenti, costantemente costretti ad aggiornare le proprie competenze nell'adeguamento alle tecnologie che si aggiornano.
Ramin Bahrami a Valenza al Festival di cultura ebraica
Ramin Bahrami
Ramin Bahrami ritorna ad OyOyOy! Il pianista iraniano sarà al Teatro di Valenza sabato 27 ottobre alle ore 20,45 per una serata a ingresso libero dedicata alla sua grande passione: Bach. Concerto realizzato in collaborazione con la Fondazione Teatro Regionale Alessandrino. Sarà un appuntamento particolare, firmato dal Festival di cultura ebraica OyOyOy! che per sette anni ha animato il Monferrato e la sua capitale, Casale, creando un ponte che dalla locale comunità ebraica ha unito centinaia di protagonisti di culture differenti nel nome dell'arte, della letteratura e dello spettacolo. Il Concerto di Bahrami sarà una festa dal titolo significativo: "The End! La festa" con cui il Festival chiude di fatto la sua attività dopo sette anni. Una decisione dettata dalla crisi che ha limitato i contributi degli enti pubblici e privati, ma non solo.
Prima della parola fine ha voluto avere sul palco di Valenza uno dei suoi protagonisti (Bahrami tenne un eccezionale concerto al Municipale di Casale nell'edizione del 2008) e invitare gratuitamente tutto il pubblico e gli amici che lo hanno sostenuto fino ad oggi. Spiega Antonio Monaco alla guida di Monferrato Cult, l'associazione culturale che organizza OyOyOy!: «Dopo sette anni chiudere il festival è una decisione che ci rattrista molto, ma è inevitabile: la crisi ha ridotto i contributi pubblici in modo drastico, ma non abbiamo alcuna recriminazione da fare: c'è in atto un cambiamento di obiettivi e priorità che coinvolge tutti. A noi piace pensare che finisce un ciclo di sette anni, nell'ebraismo questo è un numero non casuale, dopo il quale si ricomincia con un nuovo computo. Ci piacerebbe che anche OyOyOy!, dopo questi anni, si chiudesse per poi ricominciare con una formula, temi e protagonisti completamente diversi. Noi lavoreremo in questo senso».
Scuola Sally Mayer Milano
Ebrei dopo il 1960 : Alià o Fuga?
Dai paesi islamici a Milano
Tra degustazioni in tema, emozioni e racconti veri
Una serata per scoprire: Tra una Milà e un Matrimonio
cosa e' rimasto del paese in cui sono nati i Nonni...
Ospiti, Invitati e Testimoni :
Alberto Ades, Mussi Braun, Walker Meghnagi,
Yossi Aminoff, Rolando Cohen, Nouri Mohaddeb,
Amos Saada, Heskel Gabbai, Eddi Jamous, Amir Kohanim,
Miro silvera, Vittorio Halfon, ed anche TE
Degustazioni (finger food a tema)
Testimonianze (Libia, Egitto, Siria, Iran, Libano, Iraq)
e anteprima del film di SKY TV "Ebrei fuggiti dai paesi arabi"
Shlomo Venezia se ne e' andato, Settimia Spizzichino, l'unica donna sopravvissuta alla deportazione degli ebrei il 16 ottobre 1943, e' morta da molti anni.
Kappler chiese 50 chili d'oro agli ebrei di Roma, li raccolsero e li consegnarono nella speranza di aver salva la vita.
Non potevano immaginare di aver a che fare con il Demonio in terra, Kappler ordino' la razzia e piu' di 1000 ebrei del ghetto, tra cui 350 bambini, furono caricati sui treni bestiame e nessuno torno', soltanto Settimia Spizzichino.
Nel loro viaggio verso la morte, passarono vicino alla citta' del Vaticano dove Sua Santita' rimase in silenzio come il resto degli italiani.
Shlomo e Settimia non ci sono piu', gli anni passano inesorabili, i testimoni stanno morendo, i negazionisti aumentano e allora chi potra' dire cio' che e' stato? Chi potra' raccontare quello che e' stato fatto al Popolo ebraico nel silenzio dell'Europa?
Chi potra' dire ai nostri figli, ai nipoti a quelli che verranno che nel cuore dell'Europa del 20* secolo ( l'Europa della cultura e dell'arte, l'Europa cui pochi giorni fa e' stato conferito, per aggiungere vergogna a vergogna, il Nobel per la pace) che un intero Popolo passo' per i camini del campi della morte, finì sepolto nelle fosse comuni o fu bruciato vivo dentro le sinagoghe.
Nessuno potra' piu' testimoniare l'inferno che e' stato l'Europa, resteranno i libri, le fotografie, i filmati, restera' Yad vaShem a Gerusalemme ma senza le voci tremanti di disperazione dei sopravvissuti, senza le loro lacrime nel ricordare l'orrore, saranno poca cosa di fronte alla forza dell'odio dei negazionisti e degli antisemiti.
Basta aprire Google per capire la enormita' dell'odio antiebraico, basta scrivere Israele perche' si aprano centinaia di siti in cui Israele viene definito nazista, stato di apartheid, stato assassino.
Stato degli ebrei che non hanno imparato niente. Questa e' la frase solita, questo e' il leit motiv di centinaia di scritti antisemiti.
Sul mio blog, e non solo sul mio, qualsiasi argomento io tratti, arrivano messaggi al limite della denuncia, ne cito alcuni, i piu' leggibili:
Odio generale contro gli ebrei "Odio i giudei, TUTTI i giudei - ortodossi, riformati, sefarditi, askenaziti, kazari - per quanto hanno fatto e fanno di male all'Umanità....."
Sui missili su Israele "Hamas spara razzetti antigrandine su Sderot??"
Sul ricordo di Stefano Gaj Tache', nel trentesimo della morte: "1) Il Presidente Napolitano s'é recato alla Sinagoga di Roma per commemorare la morte di UN bimbo ebreo, Stefano Gay Taché, vittima di un attentato terroristico che fece anche diversi feriti. Atto invero meritevole.
Vien solo da chiedersi dove dovrebbe recarsi per commemorare le MIGLIAIA di bimbi, altrettanto innocenti, vittime non di terroristi ma dell'Esercito d'uno Stato membro dell'ONU, in Libano, Palestina e nei territori occupati."
2) (scritto maiuscolo dall'autore anonimo) "E PER QUANTO DOVETE FRANTUMARE CON QUESTA STORIA? PER 4000 ANNI? NE AVETE AMMAZZATO A DECINE QUALCHE ANNO FA CON L'OPERAZIONE PIOMBO FUSO, CHE FACCIA TOSTA."
Sulla mia persona: 1) "Abbiate pietà di lei, è anziana, non in perfetta salute e... sionista!"
2) "Non privare una povera vecchia delle sue certezze, e' disturbarla, citando dati di fatto, nella sua innocua demenza senile..!!"
Tutte queste citazioni sono naturalmente anonime, potrei deliziarvi con altre decine e decine ma farei un torto a me stessa se perdessi altro tempo con queste porcherie, era solo un esempio dell'odio che la parola ebreo e Israele suscitano nell'animo sporco di molte persone. Al contrario di tanti che considerano questi fenomeni di odio minoritari, io credo siano invece la maggioranza, una parte li esprime nell'anonimato dei vili, altri (politici, intellettuali, ecc) hanno il coraggio di firmarsi e di gridare ai quattro venti il loro odio tanto sono convinti di essere nel giusto e molti, moltissimi approvano e odiano in silenzio.
Il Silenzio!
Il silenzio dei colpevoli e dei vili, lo stesso silenzio dei romani, degli italiani, degli europei che permisero al nazifascismo di annientare 6 milioni di ebrei, cittadini europei, di ammazzare UNMLIONEEMEZZO (1.500.000)di bambini ebrei.
Il Silenzio!
Il silenzio di tutti coloro che permettono a chi oggi sta sostituendo Hitler di gridare che il Popolo ebraico debba essere distrutto, eliminando Israele dalla faccia della terra.
Il silenzio di coloro che ascoltano il presidente dell'Autorita' palestinese dire che gli ebrei non devono stare in Medio oriente, che non hanno nessun legame con Israele e Gerusalemme.
Il silenzio di coloro che restano indifferenti di fronte al glorificare il terrorismo arabo-islamico da parte delle autorita' palestinesi.
Il silenzio di coloro che hanno visto partire la Estelle dal porto di Napoli senza protestare di fronte all'odio conclamato di chi era su quella barca, di chi ha messo il vessillo di Napoli vicino alle bandiere palestinesi, di chi era sulla banchina a salutare con amore e simpatia i partecipanti sputacchianti slogan contro Israele.
A proposito di Estelle, che ancora non si sa dove sia finita, vi ho gia' detto che il suo carico consiste in palloni da calcio e da basket, naturalmente sgonfi per non occuopare troppo posto nella stiva ma desidero citare un articolo de Il Borghesino (16 ottobre 2012) con questo appello volutamente ironico
"Lasciate stare palloni e materiale velico. Niente cibo e farmaci: ne abbiamo in abbondanza. Ci arrivano tutte le settimane da Israele, assieme a materiali da costruzione, tessuti e ogni genere di prima (e seconda) necessità. E poi l'altra volta, due anni fa, era tutta roba scaduta. Piuttosto: procurateci batterie e caricabatterie per iPhone: 'che il Melafonino è notoriamente vorace di risorse»... (http://www.ilvangelo-israele.it/)
Il motivo di questo appello scherzoso ma non piu' di tanto visto che rappresenta la realta', e' dovuto al fatto che a Gaza e' gia' arrivato, da Dubai, attraverso i tunnel, l'IPhone5 che costa dai 1.100$ ai 1.500$. Pensate un po' questi poveri abitanti di Gaza che vivono in "una prigione a cielo aperto" ma che hanno tanti soldi da comprare a caro prezzo i loro capriccetti.... Sti poveretti che la propaganda filopalstinese descrive come disgraziati pieni di fame e senza casa....( per la cronaca l'Iphone5 non e' ancora arrivato in Israele) possono spendere 1.500 dollari per un telefonino.
Non gli serve cibo, ne ricevono a sufficienza da Israele, non gli serve nessun oggetto di prima, seconda o terza necessita', gli arriva tutto, con i tunnel guadagnano milioni di dollari, il mondo gli manda tanti di quei soldi che usano per comprare missili, bombe e... telefonini di ultimissima generazione.
Eppure 'sti pacifinti schifosi e ipocriti continuano a organizzare barche per i poveri palestinesi mentre se ne fregano dei palestinesi che Assad, il sanguinario dittatore siriano, fa ammazzare a decine di migliaia insieme al resto del popolo siriano. Se ne fregano, questi pacifinti vergognosi, che i palestinesi in Libano siano rinchiusi in campi senza poter lavorare o possedere commerci.
Se ne fregano, gli unici Palestinesi che gli interessano sono quelli che hanno contatti di terrorismo con Israele e che poi giustamente subiscono la difesa che Israele deve ai proprii cittadini che da anni vivono sotto le bombe di hamas.
Oggi, amici, l'islam si e' sostituito al nazismo, i popoli arabi hanno come unico scopo quello di distruggere Israele, i governi araboislamici non si preoccupano del benessere e della cultura dei loro cittadini ma usano i soldi dell'occidente e del loro petrolio per armarsi, far scoppiare "primavere" assassine e fare terrorismo ormai su scala mondiale.
Il silenzio del mondo, oggi, e' colpevole esattamente come il silenzio del mondo che ha assistito indifferente alla Shoa'.
Gli ebrei sono soli oggi come allora.
La differenza, enorme e sacrosanta, e' che oggi possiamo difenderci.
Scomparse due pietre miliari delle comunità messianiche israeliane
Il biblista e teologo Risto Santala da Helsinki è morto. Santala ha avuto un ruolo significativo nella comunità messianica ebraica ed è vissuto a Gerusalemme dal 1975 al 1986. Era un esperto di letteratura rabbinica e in essa ha scoperto il Messia Yeshua. La sua famosa opera, "The Messiah in the Old Testament in the Light of Rabbinical Writings" ("Il Messia nell'Antico Testamento alla luce degli scritti rabbinici") è apparso in ebraico, finlandese, inglese, tedesco e anche in cinese. Senza precedenti è il fatto che il libro di Santala è stato pubblicizzato per cinque anni e mezzo nel più grande quotidiano israeliano Yediot Aharonot. Ci sono state 17.000 richieste di israeliani per questo libro, pubblicato dall'editore Janetz a Gerusalemme.
E' morto inoltre il dottor Heinrich (Heinz) Pollack a Haifa. Pollack è nato a Berlino nel 1913 ed era ebreo. Già da bambino venne in contatto per la prima volta con il Nuovo Testamento. Quando dichiarò il suo desiderio di farsi battezzare la madre dette il suo consenso, ma ad una condizione: che non si lasciasse mai convincere ad odiare gli ebrei.
Pollack è sopravvissuto alla Germania nazista grazie ad un invito che ricevette dalla chiesa alla fine del 1938 ad andare in Inghilterra, attraverso la mediazione di Dietrich Bonhoeffer. Pollack ha poi studiato teologia in Svezia, ha servito come ufficiale nell'Esercito della Salvezza e ha fondato un circolo di amici di Israele. La sua emozionante vita è descritta nel suo libro "La tua fedeltà è grande" (disponibile nella Jerusalemer Bible Society, dove oggi lavora il nipote Tuvia). Nel 1970 ha fatto l'aliyà ed è vissuto a Gerusalemme. Ha scritto per numerose pubblicazioni cristiane. Pollack è morto all'età di 98 anni, dopo lunghi periodi di cura nella casa per anziani messianica Ebenezer di Haifa. Possa il Signore consolare le famiglie di questi due uomini di Dio.
(israel heute, 18 ottobre 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
TEHERAN - In Iran, secondo notizie che un membro del consiglio della chiesa evangelica domestica "Chiesa d'Iran", Firouz Khandjani, è riuscito a comunicare da una località segreta all'agenzia BosNewsLife, si stanno verificando arresti di massa di cristiani evangelici. Tra gli arrestati molti ex musulmani. Si tratta di almeno cento persone, per quanto a conoscenza di Khandjani, ma il numero potrebbe essere quattro volte tanto, considerando tutta la nazione.
Agenti della sicurezza hanno fatto irruzione durante culti tenuti a Isfahan, Shiraz e Teheran. Le comunità riunite appartenevano a movimenti evangelici differenti, «ma è chiaro - ha affermato Firouz Khandjani - che ormai i cristiani evangelici in Iran sono considerati il nemico numero uno».
«Abbiamo urgente bisogno di preghiere» ha risposto Khandjani alla domanda di cosa i credenti avessero più bisogno, aggiungendo particolari come il fatto che venerdì 12 ottobre sono stati arrestati a Shiraz almeno sette membri della "Chiesa d'Iran", tra cui Mohammad Roghangir, conosciuto localmente come "fratello Vahid", mentre si stava svolgendo un culto domestico cui partecipavano una quindicina di credenti. «Siamo anche preoccupati per la sorella Roxana Forughi, ha detto, perché è la seconda volta che viene arrestata». Altri evangelici catturati durante il raid sono stati identificati come Suroush Saraie, Eskandar Rezaie, Bijan Haghighi, Mehdi Ameruni e Shahin Lahooti.
Khandjani ha anche riferito della preoccupazione dei credenti per diversi leader cristiani detenuti, tra cui il pastore Behnam Irani che potrebbe essere condannato a morte per apostasia. Si sa che soffre di problemi di salute causati anche dai maltrattamenti subiti in carcere.
Nonostante la persecuzione si stima che in Iran siano almeno 100 mila i cristiani evangelici, ma alcune fonti danno stime più elevate
CAGLIARI, 18 ott. - Il Presidente dell'associazione 'Sardos pro Israele', Sardi pro Israele, Mario Carboni ha incontrato nell'antica 'Judaria' di Cagliari, chiamata 'ghetto degli ebrei', nel quartiere di Castello, Riccardo Di Segni, il Rabbino capo della Comunita' ebraica di Roma. Di Segni visitava il luogo di residenza a Cagliari della antica Comunita' ebraica di Sardegna, prima che fosse espulsa nel 1492 dai regnanti di Spagna, in attesa di partecipare al convegno "La fede permette il dialogo?".
Passeggiando nel bastione Santa Croce, Di Segni ha visitato il luogo nel quale era l'antica Sinagoga che, in seguito alla cacciata degli ebrei, venne trasformata nella chiesa di Santa Croce. Carboni dialogando sulla storia degli ebrei in Sardegna ed in particolare a Cagliari ha illustrato le caratteristiche della Associazione Chena'bura-Sardos pro Israele, aderente alla Federazione Associazioni Italia-Israele, per poi seguire il dibattito nel Convegno nell'auditorium della Banca di Credito Sardo.
Di Segni ha tenuto una relazione "chiara e diretta sul dialogo fra le fedi in un periodo storico segnato dai fatti dell'11 settembre a New York e che hanno cambiato i termini stessi della questione in discussione". Nel convegno organizzato dalla Loggia massonica 'Lando Conti' di Cagliari aderente a Palazzo Giustiniani, si sono confrontati il Enrico Dellaca', docente di meditazione buddista, Cagliari, Mario Farci, Direttore dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Cagliari, il Daniele Garrone, teologo Valdese di Roma, il Lama Geshe Jangchub Gyaltsen, del Centro Buddha della Compassione di Milano e il Adnane Mokrani teologo mussulmano docente di islamistica della Pontificia Facolta' Gregoriana di Roma.
MILANO - Sono passate poche settimane da quando le Paralimpiadi di Londra hanno stupito il mondo per il coraggio, la passione e le straordinarie imprese degli atleti diversamente abili scesi in pista. Sport come medicina, ma anche come strumento di riscatto e speranza per una vita piena oltre la disabilità, secondo gli insegnamenti dal medico ebreo Ludvig Guttmann, primo ideatore dei giochi paralimpici: con questa filosofia la sezione milanese dell'Associazione medica ebraica ha organizzato per stasera il convegno Sport per tutti, per una migliore qualità della vita, con il patrocinio del Comune e la partecipazione della Comunità ebraica, del Maccabi, del gruppo Teva e della Fondazione Monte Sinai.
"La primavera scorsa siamo stati contattati da un atleta italiano non vedente, Alberto Ceriani, che desiderava prendere parte alle gare paralimpiche di Triathlon che si sarebbero svolte a Eilat nelle settimane successive - racconta il fisiatra Luciano Bassani, presidente dell'Ame Milano - Abbiamo pensato di approfondire la tematica creando un evento che coniugasse vari aspetti del lavoro dell'Ame: il servizio al territorio, la solidarietà, la divulgazione delle avanguardie in campo medico che vengono raggiunte in Israele".
In questa prospettiva, la serata sarà l'occasione per raccontare il progetto Re-walk, l'ultimo ritrovato della scienza medica per riportare a camminare chi ha perso l'uso delle gambe, che verrà presentato da Franco Molteni, primario del Centro di Riabilitazione dell'Ospedale Valduce Villa Beretta e protagonista dell'esperienza della tecnica riabilitativa in Italia. Sono inoltre previsti gli interventi del professor Arsenio Veicsteinas, ordinario di Medicina dello Sport all'Università di Milano, dello stesso dottor Bassani e del cardiologo Maurizio Turiel dell'Istituto Ortopedico Galeazzi.
Universita' della Calabria: al via un corso di storia e didattica della Shoah
CATANZARO, 18 ott - ''Come trasmettere la Shoah alle generazioni del futuro nel rispetto della storia, lontano da retorica e facile demagogia, e quali metodologie scegliere, fra le molte possibili, per ottenere i migliori risultati sul piano didattico e formativo''. Per rispondere a questi interrogativi l'Universita' della Calabria, in collaborazione con l'Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria, ha organizzato un Corso di Storia e didattica della Shoah, di cui venerdi' 19 e sabato 20 ottobre 2012 si realizzera' la quarta edizione. Il Corso e' uno dei cinque organizzati dalla Rete Universitaria per il Giorno della Memoria, con il patrocinio del Miur e dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, in altrettanti atenei del Paese - ovvero a Trieste, Bologna-Forli', Teramo, Bari e appunto Arcavacata di Rende. Il Corso, si svolge in collaborazione con l'Ambasciata d'Israele in Italia, il Museo della Memoria Ferramonti di Tarsia e Spi Cgil Calabria. La responsabilita' scientifica e' del Dott. Paolo Coen e della Prof.ssa Viviana Burza, la segreteria organizzativa e' curata della Dott.ssa Maria Filosa. Il Corso, rivolto principalmente ad insegnanti di scuole secondarie di primo e di secondo grado, si avvarra' del contributo didattico, oltre che dei due curatori scientifici, di vari studiosi, interni ed esterni ai cinque atenei e permettera' ai partecipanti di ricevere un attestato finale con l'accredito di 2 Cfu.
(ASCA, 18 ottobre 2012)
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Quello che in Italia è insegnamento, a Gaza è reato
Per Hamas insegnare Shoah è un crimine
GAZA - ''E' un crimine'' l'insegnamento storico dell'Olocausto nelle scuole di Gaza dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi: lo afferma l'Ufficio di Hamas per le questioni dei profughi in un comunicato ''Gli allievi dell'Unrwa non hanno bisogno di imparare alcunche' circa l'Olocausto'', afferma Hamas. ''Devono piuttosto apprendere la propria storia, la propria geografia... hanno il diritto di conoscere i massacri perpetrati dal nemico sionista''.
Notizie, analisi e indiscrezioni sui nuovi mezzi della lotta cyber spaziale che non coinvolge solo i due Stati
Sono tempi di guerra. Cyberspaziale. I rapporti tra Israele e Iran sono tesi tra virus informatici e tentativi di intercettazione. Byte e pixel. Israele subisce ogni giorno attentati contro i suoi sistemi informatici, secondo la denuncia del premier Benjamín Netanyahu in Consiglio di ministri. E Mohammad Reza Golchani, capo del dipartimento di Comunicazioni e tecnologia dell'informazione di Iraniana Petrolio Offshore, sostiene che gli esperti lavorano continuamente per sventare attacchi da parte degli Stati Uniti e l'Israele.
"Sono aumentati i crescenti tentativi di effettuare cyber attacchi contro la struttura informatica dello Stato di Israele. Ogni giorno ci sono tentativi di infiltrarsi nei computer", ha detto Netanyahu. Con l'obiettivo di difendersi, la National Cyber Headquartes funzionerà come una "Cupola di ferro digitale", secondo quanto ha pubblicato il sito Atlasweb.it. L'idea è quella di creare una muraglia di sicurezza contro le infiltrazioni e il terrorismo, creando un efficace sistema di difesa anche a livello informatico.
L'Agenzia di Sicurezza dell'Israele (Asi) dice di avere aumentato la vigilanza delle reti bancarie locali perché ci sono indizi di possibili colpi contro le istituzioni economiche e finanziarie dell'Israele, secondo il quotidiano israeliano Ha'aretz. La sicurezza in questo ambito è stata definita come "essenziale" per il Paese.
Fino adesso le autorità israeliane si erano trattenute nel fare considerazioni sulla difesa informatica. Ma la scorsa settimana il segretario per la Difesa americana, Leon Panetta, ha detto che il Pentagono ha accettato la sfida della difensiva nella guerra cibernetica. "La Repubblica islamica utilizza il cyberspazio a proprio vantaggio . Il Pentagono ha investito miliardi di dollari per aumentare la propria capacità di individuare la fonte degli attacchi, bloccarli e reagire se è necessario", ha detto Penetta.
Il Washington Post e il Wall Street Journal hanno anche pubblicato le dichiarazioni di un ex funzionario del governo americano che sostiene che gli Stati Uniti attacca compagnie americane di gas e petrolio nel Golfo Persico attraverso un centinaio di hackers iraniani.
Ma l'Iran reagisce anche ai colpi digitali. Mohammad Reza Golchani ha spiegato che la separazione tra la rete d'internet globale e l'intranet iraniana è un mezzo difensivo e cerca di evitare minacce come quella dei programmi israeliani e americani contro le compagnie petrolifere iraniane. Attacchi svelati soprattutto nel tentativo di intervenire chiamate telefoniche che però sono state custodite.
Dal 19 al 21 ottobre 2012
presso l'Hotel della Città, C.so della Repubblica, 117 - 47121 Forlì
Aliya: la raccolta degli esuli di Israele
"Non temere, perché io sono con te; io ricondurrò la tua discendenza da oriente, e ti raccoglierò da occidente. Dirò al settentrione: «Da'» E al mezzogiorno: «Non trattenere»" Isaia 43:5-6
L'Ufficio del Turismo vuole essere più vicino al mercato italiano
Si arricchisce l'impronta digitale dell'Ufficio del Turismo Israeliano in Italia. Otre al canale Twitter, aperto lo scorso febbraio @IsraeleTurismo (www.twitter.com/IsraeleTurismo), adesso è a disposizione anche la pagina Facebook 'Visitate Israele' con l'obiettivo di condividere news, informazioni pratiche ed esperienze di viaggio su Israele. Attualmente a livello globale Israele è presente sui maggiori social media come a esempio Facebook, Twitter e Flicker.
Inoltre, le diverse municipalità israeliane (come ad esempio Tel Aviv e Gerusalemme per citare i casi più recenti) hanno fatto un restyling dei loro siti web integrando la parte social e le diverse app per le visite da smathphone. Un ulteriore plus per i visitatori di tutto il mondo.
Inaugurato in Ucraina il più grande centro ebraico al mondo
In questi giorni nella città di Dnepropetrovsk, Ucraina, viene inaugurato il Menorah - Chabad Jewish Center, il più grande centro ebraico del mondo, che risponderà alle esigenze dei numerosi ebrei locali e, inoltre, sarà luogo di promozione e sviluppo dell'ebraismo a livello internazionale.
L'idea nasce da Rav Shmuel Kaminetzky, rabbino capo e shliach Chabad di Dnepropetrovsk con l'aiuto di Gennandy Bogolubov, Presidente della Comunità ebraica di Dnepropetrovsk, e Igor Kolomoyskyl, Presidente dello United Jewish Community of Ukraine e dell' European Jewish Union. Tutti loro hanno anche finanziato il completamento del centro che, posizionato nel cuore della città, con i suoi 540 mila metri quadrati, è destinato inevitabilmente ad assumere, oltre a un ruolo chiave nel mondo ebraico mondiale, anche una valenza turistica.
La sbalorditiva architettura presenta uno schema a sette torri, simboleggiante i bracci della Menorah, ed è in grado di ospitare al suo interno un museo di storia ebraica e della Shoà, diverse sale per ricorrenze, ristoranti kasher, librerie, aule multimediali per l'organizzazione di corsi. Sarà presente inoltre una sala per celebrare i matrimoni e altri momenti importanti di vita ebraica, nonché un'ampia sala per rinfreschi. Gli spazi saranno a disposizione della comunità ebraica ed ebrei da tutto il mondo.
Il 16 ottobre si è tenuta la cerimonia di apertura del museo Jewish Memory and Holocaust in Ukraine, e il 21 ottobre l'inaugurazione generale con la presenza di Rav Shlomo Amar, rabbino capo d'Israele, Rav Berel Lazar, rabbino capo della Russia, Yuli Edelstein, rappresentante del governo israeliano, il presidente della Federation of Jewish Comunities in the CIS, Lev Leviev, il presidente dell' Ukrainian Jewish Congress, Vadim Rabinovitch, il sindaco di Dnepopetrovsk, Ivan Kulichenko e molti altri.
La costruzione del complesso si lega quasi simbolicamente alle drammatiche vicende di Rabbi Levi Yitzchak Schneerson, padre del Rebbe di Lubavitch che, dopo essere stato per più di trent'anni Rabbino Capo della città di Yekatrinoslav, venne arrestato e perseguitato dal regime comunista per i suoi sforzi atti a diffondere l'ebrasimo. Nel 2008, settant'anni dopo che Rav Levi Yizchak venne arrestato, sono iniziati i lavori per il più grande centro ebraico nel mondo, posto proprio accanto alla
E' nata in Toscana l'associazione degli amici di Israele
FIRENZE, 17 ott. - Si e' costituita l'Associazione Amici di Israele della Toscana, che si prefigge l'organizzazione, la promozione e il sostegno di iniziative di carattere culturale e sociale, si legge in un comunicato, "al fine di accrescere l'apprezzamento, la diffusione e l'approfondimento in Toscana della realta' dello Stato di Israele e della cultura ebraica in genere". Per realizzare i propri obiettivi l'Associazione "intende sviluppare ogni azione volta alla reciproca conosc enza, amicizia e collaborazione promuovendo convegni, studi, ricerche, occasioni d'incontro, di relazioni, d'interscambi che rafforzino un clima di collaborazione e reciproco rispetto tra Toscana ed Israele".
"E' nostro intendimento, nei limiti delle nostre capacita' e forze, contrastare un'opinione largamente diffusa in questa regione che tende ad ignorare le esigenze di sicurezza che presiedono alle politiche dello stato di Israele, una vera democrazia, e la reale volonta' di ricercare intese per la pace secondo gli indirizzi definiti dagli accordi internazionali", afferma Luciano Pallini, presidente dell'Associazione.
Venerdi' 19 ottobre, alle ore 16.30. a Firenze, al Centro Congresii "Il Globo" del Grand Hotel Mediterraneo, in lungarno del Tempio, si terra' la prima iniziativa dell'associazione: un colloquio-intervista tra l'on. Fiamma Nirestein, giornalista vice presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, presidente dell'International Council of Jewish Parliamentarians, e Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino. Il presidente Luciano Pallini presentera' l'Associazione e coordinera' l'evento.
Gli ospiti saranno felici di non dover più incontrare Tomer Hemed che li trafigge altre due volte per un totale di cinque gol in cinque giorni.
Israele continua il cammino positivo nel Gruppo F di qualificazione al Mondiale FIFA 2014 vincendo comodamente contro il Lussemburgo al Ramat Gan.
Dopo la tripletta messa a segno nel 6-0 rifilato al Lussemburgo venerdì, l'attaccante dell'RCD Mallorca Tomer Hemed segna altre due reti nel ritorno giocato in casa, con Eden Ben Basat in gol per la seconda partita consecutiva; per la squadra di Eli Gutman sono altri tre punti importanti.
Gli uomini in blu spingono fin dal fischio d'inizio, e Hemed va in gol al 14' minuto, grazie a un bel tiro di sinistro dal limite dell'area dopo aver controllato un passaggio lungo di Bebras Natcho. Il centrocampista dell'FC Rubin Kazan Natcho si rende protagonista di un altro assist preciso quando mette Ben Basat nelle condizioni perfette per superare Jonathan Joubert con un bel pallonetto.
Hemed porta il suo bottino di reti a quota cinque in cinque giorni tre minuti dopo l'intervallo, copendo di testa il pallone messo in mezzo dalla destra da El'ad Gabai. questo risultato lascia Israele a cinque punti di distanza dalla vetta del Gruppo F occupata dalla Russia, mentre il Lussemnurgo di Luc Holtz chiude il raggruppamento con un punto come l'Azerbaijan.
Israele, due nuovi stadi di calcio per ospitare le finali Under 21
A giugno il torneo in 4 città
Stadi in Israele
ROMA, 17 ott - Con la conclusione dei playoff si e' completato il quadro delle partecipanti al Campionato Europeo Under21 che si terra' in Israele dal 5 al 18 giugno 2013. Oltre a Israele ci saranno i detentori della Spagna, l'Italia e poi Russia, Inghilterra, Norvegia, Germania e Olanda. L'appuntamento vuol dire molto per il calcio israeliano che si sente ormai pienamente integrato nel mondo del calcio europeo. "E' arrivato il nostro momento, quello che aspettiamo da sempre e per cui ci siamo preparati a lungo, ora siamo pronti per dire benvenuti Europa, benvenuta in Israele", con queste parole l'ex stella della nazionale israeliana ai Mondiali del 1970 Mordechai Shpigler che ora insegna calcio ai giovani nel suo paese e collabora con la federcalcio israeliana. Il torneo si giochera' in quattro stadi: a Tel Aviv nel Bloomfield Stadium, a Gerusalemme del Teedy Stadium e nei nuovi impianti di Netanya e Petah Tikva. Gli stadi di Gerusalemme e Tel Aviv sono stati sottoposti ad una profonda ristrutturazione per renderli pronti all'appuntamento continentale. Per aggiudicarsi l'Europeo Under21, Israele ha battuto la concorrenza di Bulgaria, Repubblica Ceca, e Inghilterra-Galles. La sicurezza durante il torneo sara' altissima ma la situazione politica mediorientale non poteva non influire. La scorsa estate il presidente della ferdercalcio palestinese, Jibril Rajoub, ha chiesto infatti all'Uefa di togliere l'organizzazione degli Europei agli israeliani come ritorsione per aver detenuto tre calciatori palestinesi senza processo, sospettati di avere contatti con la Jihad palestinese. L'Uefa ha poi deciso di non dare seguito alla richiesta e il presidente Michel Platini ha confermato che il torneo si giochera' in Israele anche se, ha detto "c'e' una certa pressione sull'Uefa".
"L'Uefa e' una organizzazione apolitica - ha scritto Platini in una missiva al presidente della federcalcio israeliana Avi Luzon - e la vostra associazione calcistica ha guadagnato il diritto a organizzare il torneo attraverso un voto democratico.
Sono certo che sara' una festa del calcio che unira' ancora una volta le persone". Il 28 novembre in Israele si terra' il sortegio della fase finale degli Europei Under21: le otto nazionali qualificate saranno divise in due gironi da quattro.
Gerusalemme, una via per una celebre cantante egiziana
Gerusalemme rende omaggio alla celebre cantante egiziana Umm Kulthum che a 40 anni dalla morte resta molto amata sia dai palestinesi sia dagli israeliani originari di Paesi arabi. Su iniziativa del sindaco Nir Barkat, le sarà dedicata oggi una strada nel rione palestinese di Beit Hanina, a Gerusalemme est. Nel corso della cerimonia la cantante araba israeliana Nisreen Kader eseguirà uno dei brani più noti di Um Kulthum, 'Inta Omri'. La decisione di Barkat ha avuto notevole risalto oggi sulla stampa israeliana anche perché Um Kulthum si era identificata con la politica di ostilità ad oltranza verso lo Stato ebraico del presidente Gamal Abdel Nasser, che nel 1967 sarebbe sfociata nella Guerra dei sei giorni. La dedica della strada alla grande cantante egiziana rientra nelle decisione del Municipio di Gerusalemme di dare finalmente nomi a oltre 100 strade in diversi rioni palestinesi della città che finora erano erano rimaste in una sorta di limbo.
L'esercito Israeliano ha rivelato l'informazione secondo la quale degli estremisti palestinesi del gruppo Hamas posseggono i Manpads - i sistemi missilistici antiaereo a corto raggio trasportabil a spalla.
La settimana scorsa contro l'aereo militare israeliano diretto a Gaza è stato lanciato un missile terra-aria che è andato fuori bersaglio. Le fonti dell'esercito comunicano che si tratta del missile SA7 "Strela" o d'altro missile di quel tipo capace di abbattere aerei ed elicotteri.
La disponibilità dei sistemi missilistici antiaereo portatili nelle mano dei guerriglieri di Hamas provoca preoccupazioni in Israele: i missili di quel tipo potrebbero essere usati anche contro gli aerei passeggeri.
Israeliani al palo per riqualificare l'ex Montedison
di Luca Orlando
MILANO - Il progetto è pronto. Così come i soldi, 20 milioni di investimento per localizzarsi a Castellanza. Ma i piani di Elcon, gruppo israeliano che punta ad insediarsi nell'area ex-Montedison si scontrano con le lentezze delle procedure e l'opposizione delle amministrazioni locali. Nell'area, 260mila metri quadri che un tempo occupavano 2.500 addetti, oggi lavorano solo 138 persone. All'interno, in una piccola parte degli spazi, vi sono quattro aziende, tra cui Chemisol, 43 dipendenti, tutti in contratto di solidarietà. L'azienda di additivi e resine, proprietaria del 70% degli spazi, ha un progetto per riqualificare 140mila metri quadri dell'area, in parte mantenendo l'utilizzo industriale, in parte realizzando edilizia commerciale. A bussare alla porta di Chemisol con una richiesta di insediamento per ora c'è un solo candidato, l'israeliana Elcon. L'azienda punta ad occupare 11mila metri quadri opzionandone altrettanti per realizzare un sito di smaltimento di rifiuti chimici e farmaceutici che andrebbe ad accogliere in primis gli scarti delle aziende del territorio, come la Sanofi e la Novartis di Origgio o la Bayer di Garbagnate. L'investimento vale 20 milioni con l'assunzione di 70 dipendenti e l'impegno a rilevare gli addetti Chemisol in esubero. I primi approcci di Elcon risalgono all'inizio del 2011 e qualche mese dopo è stato presentato il progetto. Ad oggi, ad oltre un anno di distanza, la decisione non è ancora arrivata e l'ultima conferenza dei servizi coordinata dalla Regione, convocata a Castellanza poche settimane fa, ha di fatto rinviato ancora la valutazione finale richiedendo un'ulteriore integrazione documentale. «Elcon attende una risposta entro fine anno - spiega l'azionista di Chemisol Franco Melato - e i loro tempi non sono certo infiniti».
Hebron indipendente, la novità politica in Palestina sono le donne
di Serena Grassia.
Cinque uomini in giacca e cravatta e una donna avvolta in una sciarpa bianca sono la "Hebron moderna". Un gruppo di donne che sorride sono la "Hebron indipendente". Sullo sfondo viola campeggia la scritta "Partecipando, noi possiamo" e il contorno di un corpo femminile alza le braccia in segno di vittoria tra la bandiera palestinese e la Tomba dei Patriarchi.
Quella della Hebron indipendente è la prima lista di candidati tutta al femminile della Palestina e forse del mondo arabo in generale. Maysoun Qawasmi, 43 anni, è la leader del movimento e per gli analisti è anche il vero elemento di novità di questa campagna elettorale in Cisgiordania, un paese dove la democrazia è quasi assente e la politica estremamente debole. I colloqui di pace con Israele sono congelati. Gli sforzi di riconciliazione tra Fatah, che controlla l'Autorità Palestinese nella West Bank, e Hamas, che governa sulla Striscia di Gaza, sono perennemente in stallo. La gran parte delle proteste di piazza del mese scorso contro il carovita sono state soppresse senza risultati significativi e i colloqui con il presidente Mahmoud Abbas sono estremamente difficili.
La possibilità di eleggere i consigli comunali oggi rappresenta un'opportunità di cambiamento importante, visto che i comuni solo l'elemento di contatto diretto tra la politica e la gente. Ed è un'innovazione il fatto che su 4696 candidati 1146 sono donne, spiega Hisham Kuhail, direttore generale della commissione elettorale palestinese. "La gente non ne può più, siamo ostaggio di una riconciliazione che non arriva", conclude. Più scettico Basem Ezbidi, professore di scienze politiche all'università di Birzet: "Per noi non fa alcuna differenza chi governa, visto che i soldi vengono sempre dall'Europa e il controllo delle attività è ancora nelle mani di Israele".
Un sondaggio del Palestinian Center for Policy Research and Survey a settembre ha rilevato che il 50% degli abitanti della Cisgiordania non andrà al voto, il 43% considera queste elezioni illegittime e un'altra buona parte crede che non verranno proprio indette. Per strada, poi, il cinismo dilaga. Ayub Sharawi ha un poster della "Hebron moderna" appeso nel suo negozio di abbigliamento perché conosce due candidati, ma dice che non andrà a votare perché non ci crede. A Betlemme, Fadi Kattan, un imprenditore del turismo, gestisce una lista di candidati chiamata "The Future", per attrarre i giovani in politica. A Nablus Ghassan Shakaa, un membro del comitato esecutivo della Organizzazione per la Liberazione della Palestina, si è dimesso da Fatah per creare una lista indipendente "perché la gente vuole vedere il cambiamento". Nel villaggio di Qira ci sono nove liste per 600 voti.
Quest'anno per la prima volta le quote rosa impongono che un seggio su cinque nei consigli comunali vada alle donne, e in alcune città ci sono delle condizioni preferenziali anche per i cristiani. Furono proprio un gruppo di donne a battersi per l'indipendenza della Palestina nel 1920, speiga Nour Odeh, portavoce dell'Autorità Palestinese. A Hebron vivono 200,000 palestinesi e in 50,000 abitano nella zona controllata da Israele. Quelle di sabato saranno le prime elezioni locali dal 1976, da quando il nonno di Qawasmi fu eletto sindaco.
Per gli analisti la lista femminile a Hebron è un'idea molto progressista, ma la città è il posto peggiore per testarla. Hebron infatti è storicamente conservatrice, raramente camminando per strada si intravedono i capelli di una donna e fino a qualche anno fa era persino difficile vederne una che guidava. Il lavoro fuori casa, poi, è ancora un'eccezione. "Se sei un'infermiera o un'insegnante va bene, ma se vuoi essere un leader o un decisore politico, gli uomini pensano che le donne abbiano la testa piccola", dice Qawasmi. "Abbiamo bisogno di aiuto ma non cambierà mai nulla finché non alziamo la voce, e io voglio gridare". Cresciuta in Cisgiordania, Qawasmi ha frequentato l'Università di Beirut prima di sposare nel suo paese un architetto appartenente a una delle famiglie più in vista, 21 anni fa. Ha cinque figli, dai 7 ai 20 anni, e gestisce l'ufficio locale dell'agenzia di stampa palestinese. La sua campagna le è costata 5000 dollari, ma ha dovuto lottare per reclutare candidate. La gente l'ha messa in guardia che il marito prenderà una seconda moglie, perché con quest'idea della politica sta trascurando i suoi doveri di moglie. Ma Qawasmi resiste e alle obiezioni di genere risponde che sono state proprio le donne, le madri, a crescere il mondo.
Al Mausoleo di Yad Vashem cerimonia della comunità italiana
Inizio di persecuzioni e razzie di ebrei d'italia - 7000 vittime nella shoah italiana
Rav Meir Lau
Si e' tenuta in data odierna, a Gerusalemme, nel Mausoleo di Yad Vashem, la annuale cerimonia della collettivita' italiana in Israele, che celebra il ricordo dell'inizio delle persecuzioni e delle razzie degli ebrei d'Italia, che ebbero inizio proprio il sabato del 16 ottobre del 1943, con la razzia degli ebrei di Roma. Lo sottolinea una nota del Comites.
Il presidente Lazar spiega "E' una manifestazione che fu iniziata 15 anni fa, su ideazione di Claudia De Benedetti Orvieto e Beniamino Lazar. Da allora la cerimonia si svolge ogni anno, il 16 ottobre, con grande partecipazione di pubblico proveniente da tutta Israele. Quest'anno presente il nuovo Ambasciatore d'Italia in Israele, Francesco Maria Talo' e il Console Generale d'Italia a Gerusalemme, Giampalo Cantini; presenti anche di altri funzionari dell'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv e del Consolato Generale d'Italia a Gerusalemme.
Questa volta vi e' stata la partecipazione della Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) di Milano che ha consegnato all'istituto Yad Vashem i nomi delle vittime italiane della Shoah, perché anch'esse siano incluse nel Central Data Base of the Shoah Victims su web.
La consegna e' avvenuta con una solenne cerimonia a cui ha presenziato l'ex rabbino capo d'Israele, Meir Lau (attualmente Presidente di Yad Vashem) e per il CDEC erano presenti il Presidente, Professor Giorgio Sacerdoti, e la storica Liliana Picciotto.
Le vittime italiane della Shoah furono più di 7.000, i sopravissuti 918. Per ritrovare i nomi, le date di nascita, i dati anagrafici, il luogo e la data del loro arresto da parte di autorità naziste o fasciste, le date della loro deportazione e la destinazione ci sono voluti anni di ricerche. L'antecedente di questo lavoro e stato pubblicato sotto il titolo de 'Il libro della memoria', dall'editore Mursia e nel sito Nomidellashoah.it Anche questi numeri non si possono considerare finali, in quanto mancano molte liste, e intere famiglie sono state annientate senza lasciare altri congiunti in vita.
La cerimonia odierna si e' aperta con una cerimonia di ricordo nella Tenda della Rimembranza, ove figli di perseguitati hanno acceso la fiamma perenne e recitato alcune preghiere in ricortdo dei defunti. Dopo di che nella sala delle conferenze, ci sono stati interventi del Rabbino Lau, dell'Ambasciatore Francesco Maria Tlao', del prof. Giorgio Sacerdoti e della dott.ssa Liliana Picciotto. Saluti sono stati portati da parte del sig. Vito Anav e del Giudice Eliahu Ben Zimra. Sono stati presentati anche dei spezzoni di filmati curati dal CDEC, con interviste a scampati ai campi di concentramento, quali Shlomo Venezia, Nedo Fiano, Yehuda' Salmoni.
Al termine della Cerimonia, vi e' stata la consegna ufficiale da parte del CDEC a rappresentanti di Yad Vashem delle liste aggiornate e complete delle vittime dall'Italia.
«Niente palloni e barche a vela. Portateci batterie»
L'imbarcazione Estelle, ripartita da Napoli e diretta verso le coste di Gaza, rischia di prendere un granchio. I pacifinti partiti dalla Scandinavia - una quindicina in tutto - hanno raccolto quel che potevano per tentare di violare il blocco marittimo israeliano al largo delle coste di Gaza, istituito per prevenire l'acquisizione di armi e munizioni da parte di Hamas, che controlla la Striscia dal 2006/2007. Struggente l'appello di qualche giorno fa: «servono vele, mascherine con respiratori, canotti e altro materiali velico». Invito prontamente raccolto: Estelle consegnerà palloni e barche a vela ai gazani. Una volta messa da parte la retorica della "emergenza umanitaria", a cui non crede più nessuno, le organizzazioni cosiddette "pacifiste" si preoccupano di riempire il tempo libero dei palestinesi che popolano la Striscia. Peccato che si disinteressino completamente dei milioni di siriani sotto la quotidiana minaccia del regime di Assad, e che non abbiano parole per le migliaia di palestinesi massacrati dal macellaio di Damasco. Ma questo è un altro discorso.
Il discorso di oggi è il grande successo dell'iPhone5. Le vendite a Gaza stanno decollando, malgrado prezzi davvero proibitivi: 4500 shekel israeliani per la versione da 16Gb e 5700 NIS per la versione da 64Gb. In dollari, sono rispettivamente 1170 e 1480 dollari: non poco, per un'area ritenuta povera, ma dove al contrario si stanno moltiplicando i milionari.
Addirittura l'iPhone5 arriverà soltanto a dicembre nel vicino Israele, mentre a Gaza è già venduto nei centri commerciali e nei negozi specializzati in telefonia. Il migliaio di tunnel illegali scavati al confine fra Egitto e Striscia di Gaza fa passare munizioni per i terroristi di Hamas, ma anche apparecchiature elettroniche e gadget tecnologici, provenienti questi ultimi da Dubai. Un rivenditore palestinese ha dichiarato al quotidiano libanese "Daily Star" di averne ordinato 30, di cui già 20 sono stati venduti all'esigente e facoltosa clientela palestinese.
Per i pacifinti della Estelle un appello urgente: «lasciate stare palloni e materiale velico. Niente cibo e farmaci: ne abbiamo in abbondanza. Ci arrivano tutte le settimane da Israele, assieme a materiali da costruzione, tessuti e ogni genere di prima (e seconda) necessità. E poi l'altra volta, due anni fa, era tutta roba scaduta. Piuttosto: procurateci batterie e caricabatterie per iPhone: 'che il Melafonino è notoriamente vorace di risorse»...
Dopo l'inaugurazione della Stagione d'Opera del Gran Theatre di Bordeaux con il Barbiere di Siviglia di Rossini un altro invito di grande prestigio per il Maestro Paolo Olmi che dal 13 al 16 ottobre inaugura la Stagione della Israel Symphony Orchestra con 3 concerti nel bell'Auditorium di Rishon LeZion(nella foto) e uno alla Israeli Opera presentando un brano sconosciuto in Israele: la Messa di Gloria di Giacomo Puccini, seguita poi dalla Sinfonia n. 5 "Riforma" di Mendelssohn.
"Due brani collegati ai temi religiosi- ci dice il Maestro" in questa parte del mondo dove sono nate le grandi religioni monoteiste."
Ma il momento piu' emozionante, all'inizio di ogni concerto, e' stato l'esecuzione dell'Inno Nazionale Israeliano"Hatikva" che significa speranza.
E' stato un grande onore per me- dice Paolo Olmi- perche' erano oltre 60 anni che non si suonava con un direttore ne' israeliano ne' ebreo. La musica è molto bella nella orchestrazione di un grande direttore d'orchestra del passato: Bernardino Molinari, che aveva trascorso diversi anni in Israele dopo la guerra.
Alcuni musicisti anziani piangevano perche' si ricordavano di questo straordinario musicista che in Italia ricordiamo troppo poco.Le parole dell'Inno assomigliano a quelle di una preghiera e mentre il Coro lo ha cantato a piena voce e l'orchestra lo ha suonato in piedi, il pubblico in sala sussurrava appena, con molta partecipazione e quasi in raccoglimento.
Piu' di 200 amici ebrei da tutto il mondo mi hanno chiesto su Internet la registrazione di Hatikva e in questi giori abbiamo provveduto sul mio sito Facebook e su Youtube
I concerti di Tel Aviv, ai quali erano presenti l'Ambasciatore d'Italia Francesco Maria Talo' e Carmela Callea, direttore dell'Istituto italiano di Cultura di Tel Aviv, erano inseriti nella "Settimana Mondiale della lingua Italiana", patrocinata dal nostro Ministero degli Esteri e vedevano la partecipazione di Avi Klemberg, tenore e Paolo Pecchioli, basso.
Olmi aveva appena finito di registrare il Barbiere di Siviglia per la Radiotelevisione francese che lo trasmetterà su Francemusique il 17 ottobre alle 20 e al suo ritorno in Italia terminerà i preparativi artistici per il Concerto di Natale che l'anno scorso si e' svolto a Ravenna e Betlemme mentre quest'anno interessera' anche le popolazione terremotate dell'Emilia Romagna.
Architettura, arte, tradizioni ancestrali a Gerusalemme. E poi aperitivi vista mare, serate con dj set di grido e rooftop party a Tel Aviv. Tutto il meglio della stagione autunnale di Israele.
Tra tradizione e modernità, tra culture e stili di vita diversi. Un viaggio a Gerusalemme, in autunno, alla carica di spiritualità e all'omaggio alla Storia, affianca un'offerta artistica di primo piano. Dopo le festività ebraiche che hanno animato il mese di settembre, infatti, inizia una stagione "laica", con un calendario intenso adatto a tutti.
Si parte, tra il 25 e il 27 ottobre, con House From Within, i tour dedicati all'architettura pubblica e privata, che permettono di scoprire da un punto di vista particolare i diversi stili che caratterizzano la città. Con occasioni uniche per entrare nelle case di famosi artisti cittadini, ma anche di visitare il "lato nascosto" dei monumenti, come le quinte dei teatri e gli scavi della metropolitana. Si continua, tra l'8 e il 17 novembre, con l'International Oud Festival, dedicato a uno dei più tradizionali strumenti della musica mediorientale. Il Festival, che si terrà alla Confederation House, è un momento di incontro per musicisti di diverse origini che mischiano influenze occidentali e orientali creando sonorità inedite....
RAMALLAH, 16 ott. - Il 22,2 per cento delle donne che si sono sposate nel 2011 nei Territori palestinesi ha 15 anni o meno. Lo rivela l'Ufficio centrale palestinese di statistiche, ricordando come la Sharia in vigore nei Territori consente il matrimonio delle bambine. Nel dettaglio, almeno ottomila delle 36mila donne che si sono sposate in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza lo scorso anno hanno 15 anni o meno e questo dato rischia di aumentare nel 2012.
Le organizzazioni delle donne palestinesi stanno affrontando una seria battaglia contro i matrimoni precoci previsti dai Tribunali palestinesi della Sharia. Parlando a 'Gulf News', l'attivista Rawdah Baseer, presidente del Centro di studi sulle donne palestninesi, ha denunciato che i tribunali islamici legittimano contratti di matrimonio con bambine di 14 anni. "Questa e' una grave violazione dei diritti basilari delle donne - ha detto - Sappiamo che la maggior parte dei divorzi nei Territori palestinesi sono con spose bambine".
Yousuf Edays, che guida il Tribunale supremo della Sharia palestinese, ha riferito che la legge palestinese permette il matrimonio all'eta' di 15 anni. Baseer ha pero' ricordato che una donna palestinese puo' fare l'esame per la patente e aprire un conto in banca a 18 anni, e avere la carta d'identita' a 16. "Come puo' sposarsi ed essere responsabile di una famiglia a 15 anni o meno? - si chiede l'attivista - Avere bambini in eta' precoce danneggia il fisico delle donne e le palestinesi che si sposano troppo presto soffrono di maggiori complicazioni mediche rispetto a quelle piu' grandi".
La Knesset vota lo scioglimento anticipato, Israele alle urne il 22 gennaio
Alla terza lettura e al termine di una seduta durata otto ore, il Parlamento ha votato all'unanimità la fine anticipata della legislatura. Il premier Netanyahu, accusato di allarmismo dall'opposizione, chiede governo forte per affrontare crisi economica e minaccia nucleare iraniana. Per gli esperti vincerà ancora il centro-destra.
GERUSALEMME - La Knesset ha votato lo scioglimento anticipato e nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento israeliano, che si terranno il prossimo 22 gennaio e segneranno l'inizio della 19ma legislatura. Il voto unanime dei 120 deputati che compongono l'unica camera è arrivato nella serata di ieri alla terza lettura, al termine di un dibattito fiume durato oltre otto ore. Nei giorni scorsi il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto ai deputati, anticipando la volontà di tornare alle urne. "In meno di 100 giorni il popolo di Israele - ha sottolineato il Primo Ministro - deciderà chi dovrà condurlo, al cospetto delle più gravi sfide in materia di sicurezza che dovrà affrontare dal momento della nascita dello Stato". E, ha aggiunto il premier, accusato di "catastrofismo e allarmismo" dall'opposizione, sarà chiamato a risolvere "la più dura crisi economica che il mondo abbia conosciuto negli ultimi 80 anni".
L'attuale governo di destra, guidato dal partito Likud vicino al premier e con 27 seggi in Parlamento, è in carica dal 2009; nell'ultimo triennio ha dovuto affrontare diverse questioni tuttora irrisolte, fra cui il processo di pace con i palestinesi e il conflitto (finora verbale) con Teheran in merito sulla "minaccia nucleare iraniana". Nelle ultime settimane la coalizione al potere è però scivolata su una materia di natura economica, il bilancio annuale. L'esecutivo non ha infatti saputo approvare il budget - che prevedeva tagli alle spese e minori fondi per il welfare - a causa dell'ostruzionismo dei partiti religiosi minori, contrari all'abbattimento degli stanziamenti di sussidi pubblici e di un freno ai sussidi governativi.
Analisti ed esperti di politica israeliana attendono di capire se l'ex Primo Ministro Ehud Olmert deciderà o meno di candidarsi alle prossime elezioni. Sarebbe proprio l'ex sindaco di Gerusalemme e leader di Kadima il principale rivale di Netanyahu alla guida del Paese, ma il nodo sulla sua possibile partecipazione non è stato ancora sciolto anche se - al momento - non appare in grado di vincere la competizione con l'attuale premier, in testa alle preferenze dei cittadini.
Fonti di AsiaNews esperte di politica israeliana giudicano "molto probabile" la rielezione di Netanyahu, giudicando la scelta di indire elezioni anticipate una mossa per "assicurarsi di restare al potere", visto che gli attuali rivali sono "deboli o insignificanti" e non costituiscono una "valida alternativa". Nel centro-sinistra vi è infatti un "vuoto di leadership" che nessuno appare in grado di colmare. Giornali vicini alla destra giudicano "saggia" la scelta, perché evita di arrivare al voto [a ottobre 2013] con un governo debole, senza bilancio, paralizzato da conflitti interni e chiamato al contempo a fronteggiare la sbandierata minaccia rappresentata dall'atomica nelle mani del regime degli ayatollah.
Iphone 5 più forte dell'embargo: entra a Gaza dai tunnel per il contrabbando
GERUSALEMME - Nei negozi israeliani faranno la loro comparsa solo a dicembre: ma nella travagliata striscia di Gaza, dove la povertà è endemica, i primi esemplari scintillanti del nuovo IPhone 5 della Apple hanno fatto il loro esordio la settimana scorsa. «I fortunati che ne sono già venuti in possesso li esibiscono agli amici, in casa e nei caffè, destando notevole invidia» dice una fonte locale della Striscia.
In assenza di un rappresentante ufficiale della Apple a Gaza (che dal 2007 è gestita severamente da un esecutivo di Hamas), gli apparecchi giungono necessariamente per vie traverse. Passano dai tunnel di contrabbando fra Gaza e il Sinai egiziano, oppure entrano alla spicciolata nelle valige di abitanti della Striscia reduci da viaggi nel mondo arabo, in modo particolare dal Dubai.
Nelle vendite amichevoli, «da mano a mano», il prezzo si aggira sui 700 dollari. Alcuni negozi li offrono da parte loro a un prezzo minimo di 1.200 dollari. «Questo genere di gadget è molto amato a Gaza», ha aggiunto la fonte locale. «Ma i prezzi sono ancora proibitivi. Molti sono costretti ad attendere che si abbassino».
Anche in Israele, nel frattempo, l'attesa per il nuovo prodotto della Apple è percepibile fra gli appassionati. Quanti non intendono attendere a dicembre possono già adesso ricorrere ad importazioni private: ma al prezzo di base (compreso fra 1.200 e 1.400 dollari) devono aggiungere altri 200 dollari di dazi doganali. Esenti da questo genere di assilli sono peraltro gli ebrei ortodossi più radicali dopo che un loro maestro di dottrina, il rabbino Haim Kanievsky, ha stabilito nelle settimane scorse che gli smartphone e gli IPhone sono strumenti di perdizione morale che meritano soltanto di essere «gettati in un falò ».
Oggi è il 69mo anniversario della deportazione degli ebrei di Roma. Tante le manifestazioni organizzate nella capitale per ricordare questa tragica pagina della nostra storia. Alle 18.30 una marcia silenziosa si snoderà a ritroso da piazza santa Maria in Trastevere lungo il percorso dei deportati di quel 16 ottobre 1943, che dal Ghetto furono condotti al Collegio militare di Trastevere. Il presidente della provincia Nicola Zingaretti consegnerà alla comunità ebraica una ricerca effettuata negli archivi della Croce rossa di Badar Olsen con materiale documentario e fotografico sui bambini deportati ad Auschwitz. Sentiamo cosa ci ha detto Zingaretti ospite stamattina al Caffè di Rainews.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ammesso che negli ultimi tempi Israele è "soggetto a cyber-attacchi". Ieri, parlando in una riunione di governo, ha detto che "assistano ad un'escalation dei tentativi di condurre attacchi informatici contro i centri nevralgici del paese. I nostri nemici tentano quotidianamente di penetrare i nostri sistemi".
Finora, a parte alcuni casi isolati, i funzionari israeliani si sono sempre astenuti dal commentare questi tipi di attacchi contro gli obiettivi nazionali. Netanyahu ha aggiunto che la National Cyber Headquarters "è attiva nel neutralizzare questi sforzi, attraverso quello che potrei chiamare una cupola digitale di ferro, per proteggere Israele dal terrore cibernetico".
Ieri The Wall Street Journal riportava che Washington punta il dito contro gli hacker iraniani, ritenendoli responsabili degli attacchi informatici degli ultimi mesi contro alcune banche e multinazionali statunitensi nel Golfo Persico. Il "team", continua il quotidiano, comprenderebbe un centinaio di esperti iraniani.
Venerdì, commentando la minaccia informatica, "in forte aumento", il segretario alla Difesa USA Leon Panetta ha assicurato che il Pentagono "ha accettato la sfida". La Repubblica Islamica, continua il funzionario, "utilizza il cyberspazio a proprio vantaggio ( ) Il Pentagono ha investito miliardi di dollari per aumentare la propria capacità di individuare la fonte degli attacchi, bloccarli e reagire se necessario".
Teheran, per bocca del responsabile della divisione Cyberspazio del paese, Mehdi Akhavan, citato dall'agenzia di notizie semi-ufficiale Isna, ha respinto le accuse rivoltole dagli USA, soprattutto quelle che la vogliono dietro gli attacchi informatici contro le compagnie petrolifere e del gas in Arabia Saudita e Qatar
Il Ministro Difesa d'Israele, non capi' segnali attacco da eserciti arabi prima della Guerra di Kippur
TEL AVIV - Vandali hanno profanato la notte scorsa la tomba di Moshe Dayan, ex ministro della difesa, uno dei generali più noti di Israele. Lo riferiscono i media. "Il ministro del fallimento, a nome di cadutì: queste le parole scritte sulla tomba che si trova a Nahalal - una fattoria nel nord di Israele non lontano da Nazareth - dove Dayan viveva e dove è sepolto. La scritta sembra forse voler riprendere le accuse che vennero rivolte a Dayan, come ministro della difesa, ma anche all'intero governo, di non aver saputo cogliere i segnali che davano per imminente, alla vigilia della Guerra di Kippur nel 1973, l'attacco egiziano e degli altri paesi arabi. Attacco che nella prima parte del conflitto mise in seria difficoltà l'esercito israeliano.
Deportazione degli ebrei romani. Marcia silenziosa per non dimenticare
Il 16 ottobre 1943 vennero rastrellati e portati ad Auschwitz 1.024 persone. Martedì sera la comunità ebraica sfilerà insieme alla comunità di Sant'Egidio da Santa Maria in Trastevere al ghetto. E in mattinata Zingaretti consegnerà alla comunità la documentazione sui 350 bambini romani vittime dei nazisti durante l'occupazione di Roma
Marcia silenziosa per commemorare la deportazione di 1.024 ebrei romani nel 69esimo anniversario, il 16 ottobre 1943. Dalle 19 alle 20.30 circa, la comunità di Sant'Egidio e la comunità ebraica hanno organizzato una "marcia silenziosa" che partirà da Piazza Santa Maria in Trastevere, attraversando via della Lungaretta, piazza Tavani Arquati, largo De Matha, attraversamento di viale Trastevere, via della Lungaretta, via della Lungarina, piazza In Piscinula, lungotevere Degli Alberteschi, Ponte Cestio, Piazza San Bartolomeo all'isola, Ponte Fabricio, attraversamento di lungotevere Pierleoni, via Portico d'Ottavia fino a raggiungere largo 16 ottobre 1943.
Nella mattinata, invece, alle ore 11, al Palazzo della Cultura in via del Portico d'Ottavia 5, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti riconsegnerà alla comunità i documenti, rinvenuti presso gli archivi dell'International Tracing Service di Bad Arolsen, su oltre 350 bambini romani deportati dai nazisti durante l'occupazione.
Sempre in mattinata verrà inoltre presentato il volume "16.10.1943. Li hanno portati via" (a cura del Progetto Storia e memoria della Provincia, edito da Fandango Libri), che raccoglie parte delle fotografie, lettere e corrispondenze, ricostruendo la dolorosa e frustrante ricerca di notizie compiuta, dopo la fine della guerra, dalle famiglie e dalle autorità religiose e civili italiane.
Parteciperanno Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, Susanne Urban, direttrice archivio storico Its, Bad Arolsen, e Umberto Gentiloni, responsabile Progetto storia e memoria della Provincia. Per partecipare all'iniziativa occorre accreditarsi presso security@romaebraica.it.
L'episodio commemorato è uno degli episodi tristemente salienti dell'occupazione nazista di Roma. All'alba di sabato 16 ottobre 1943, sessantanove anni fa, 1.024 ebrei, di cui 200 bambini, furono rastrellati da un centinaio di soldati tedeschi che avevano per tempo provveduto a circondare il ghetto ebraico romano, dove dal 1555 Paolo IV aveva forzosamente relegato gli sgraditi ospiti. Avvisaglie di quanto stava per accadere vi erano state già quando a fine settembre Kappler aveva preteso dal rabbino capo della Comunità e dal suo presidente 50 kg d'oro, pena la deportazione. La richiesta fu esaurita, seppur con qualche giorno di ritardo, dando agli ebrei del ghetto la fugace illusione di aver ottenuto la salvezza.
Così non fu: quell'enorme quantitativo d'oro preteso era stato solo un raggiro per far consegnare agli odiati nemici le loro ricchezze spontaneamente. Dei 12mila che formavano la comunità romana, 1.024 furono fatti prigionieri e rinchiusi nel Collegio militare di Palazzo Salviati, in via della Lungara. Lì rimasero in attesa due giorni, fino a quando il 18 ottobre vennero trasferiti alla stazione Tiburtina da dove, a bordo di 18 vagoni piombati, raggiunsero il campo di concentramento di Auschwitz. Solo quindici di loro fecero ritorno a casa, di cui una sola donna, Settimia Spizzichino. Nessuno degli oltre 200 bambini ritornò.
La bicicletta di cartone che può cambiare il mondo
Una bicicletta realizzata quasi interamente con cartone. Ci ha provato l'artista israeliano Izhar Gafni, e il risultato del suo esperimento è questo nuovo modello di mobilità sostenibile, in termini economici e ambientali. L'invenzione deriva infatti dalla volontà di Izhar di costruire una bicicletta dal design accattivante che possa essere utilizzata anche dai cittadini dei paesi più poveri. In questa galleria alcune immagini del processo di costruzione del nuovo mezzo a due ruote all'interno del laboratorio dell'artista, nella città di Moshav Ahituv (reuters)
Da Israele uno studio suggerisce che la "guerra al cancro" si combatte con l'intelligence
Sin da quando Lao Tzu scrisse "L'Arte della guerra" è apparso chiaro che i conflitti non si vincono con i muscoli, ma con l'intelligenza. Oggi, uno studio del professor Eshel Ben-Jacob dell'Università di Tel Aviv riporta questa realtà alla lotta contro il cancro. La ricerca intitolata "Ripensare il modello di azione del cancro alla luce delle strategie di sopravvivenza dei batteri", infatti, suggerisce che, così come alcune forme batteriche, anche le cellule tumorali sarebbero dotate di una sorta di "Intelligenza sociale" che le rende capaci di coordinarsi per studiare l'ambiente in cui agiscono, organizzando tattiche di sopravvivenza e adattamento.
SPIONAGGIO E CONTROSPIONAGGIO - Secondo l'intuizione degli scienziati, una efficace strategia per combattere la malattia sarebbe, dunque, quella di conoscere cosa le cellule tumorali in stato embrionale si "dicono" per poi "tagliare" le comunicazioni tra di loro e impedire che si coordinino. Sbaragliate in questa maniera, le "truppe nemiche" verrebbero lasciate esposte, deboli e disorganizzate, all'azione del sistema immunitario. Insomma, Ben-Jacob e il suo gruppo di ricerca suggeriscono che, in base ai primi esperimenti, contro il cancro sarebbe opportuno creare una sorta di servizio di controspionaggio in grado, proprio come avviene con una cellula terroristica, di capire cosa faccia scattare il "risveglio" di cellule tumorali dormienti. Queste potrebbero essere indotte a "rivelare" sé stesse nel momento in cui sono ancora troppo deboli e disorganizzate per poi essere neutralizzate dall'azione della risposta immunitaria, stimolata appositamente. Grazie all'azione di batteri innocui, inoltre, si potrebbe addirittura disporre si una sorta di "spie" e "agenti provocatori" capaci di infiltrare le cellule tumorali in stato embrionali per spingerle a mosse sbagliate.
UN MODO DIVERSO DI RAPPRESENTARE IL NEMICO - Il cancro viene comunemente rappresentato come un problema relativo ad alcune cellule che impazziscono cominciando a replicarsi, un po' come un virus, proliferando senza più rispettare la loro funzione all'interno dell'organismo. Al contrario la massa costringe l'organismo stesso a dirottare le proprie risorse che vengono succhiate dalle cellule impazzite per continuare la loro folle corsa alla riproduzione che, alla fine, porta al collasso dell'intero sistema. Eshel Ben-Jacob, senza contraddire questa visione, suggerisce un modello che rappresenta le cellule tumorali come un po' più "pensanti" rispetto a quello che comunemente si pensa perché capaci di agire con una sorta di "intelligenza sociale" e attuando come una comunità in grado di cooperare adattandosi alle specifiche condizioni ed essendo anche in grado di modificare il proprio genoma per rispondere alle necessità. Insomma, una visione d'intelligence applicata ad una guerra che interessa tutta l'umanità che viene da uno Stato, quello di Israele, che d'intelligence ne sa qualcosa.
16 ottobre 1943: 69 anni fa la deportazione degli ebrei di Roma ad Auschwitz
Partirono in 1024, ne tornarono 16 e nessuno dei 207 bambini
di Luciano Di Pietrantonio
Nei nove mesi dell'occupazione nazista di Roma, fra il 1943 e il 1944, nel corso della seconda guerra mondiale, ci sono stati giorni che non possono essere dimenticati, come quel drammatico sabato 16 ottobre 1943: il giorno della deportazione degli ebrei di Roma.
Dopo 69 anni, quelle vicende sono ancora vive nella memoria e nei ricordi di tante persone, che direttamente o indirettamente, hanno avuto modo di conoscere quei tragici avvenimenti. Non si sapeva quanto stesse accadendo agli ebrei in Germania e nell'Europa dell'Est, perché le informazioni erano scarse e imprecise, era in vigore la censura sulla stampa e la radio, la sera scattava il coprifuoco.
Nonostante le leggi razziali, gli ebrei della Città eterna non si aspettavano quello che stava per accadere: Roma è "città aperta", e poi c'è il Papa, sotto l'ombra della cupola di San Pietro i tedeschi non oserebbero, si pensava, ricorrere alla violenza. Inoltre, la richiesta fatta, il 26 settembre dal tenente colonnello Herbert Kappler, comandante delle SS ("squadre speciali di protezione", istituite nel 1929 come guardie del corpo di Hitler) a Roma, alla comunità ebraica di consegnare 50 chili d'oro, pena la deportazione di 200 persone, illude gli ebrei romani che tutto quello che i tedeschi vogliono, sia un riscatto in oro.
Oro che, con enormi difficoltà, la comunità riesce a mettere insieme e consegnare, due giorni dopo, in via Tasso, nella certezza che i tedeschi saranno di parola e che nessun atto di violenza verrà compiuto. Nelle stesse ore le SS, con l'ausilio degli elenchi dei nominativi forniti dall'Ufficio Demografia e Razza del Ministero dell'Interno, stanno organizzando il blitz del 16 ottobre.
Alle ore 5,30 del mattino di quel sabato maledetto, provvisti degli elenchi con i nomi e gli indirizzi delle famiglie ebree, 300 soldati tedeschi iniziano in contemporanea la caccia per i quartieri di Roma, a partire dal Ghetto al Portico d'Ottavia. L'azione è capillare: nessun ebreo deve sfuggire alla deportazione. Uomini, donne, bambini, anziani, ammalati, perfino neonati: tutti vengono caricati a forza sui camion, con destinazione Regina Coeli.
Per la prima volta Roma era testimone di un'operazione di massa così violenta.Nessun quartiere della città fu risparmiato: il maggior numero di arresti si ebbe a Trastevere, Testaccio, e Monteverde. Alcuni si salvarono per caso, molti scamparono alla razzia nascondendosi nelle case dei vicini, di amici o trovando rifugio in case religiose, come gli ambienti attigui a San Bartolomeo all'Isola Tiberina.
Alle ore 14, la grande razzia era terminata, le SS registrano la cattura di 1024 ebrei, tra di loro: 207 bambini, tutti rinchiusi nel Collegio Militare di via della Lungara. Le oltre 30 ore trascorse nel luogo di detenzione, prima del trasferimento alla 61 furono di grande sofferenza, anche perché gli arrestati non avevano ricevuto cibo.
Due giorni dopo, lunedì 18 ottobre 1943, al primo binario della stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, vennero fatti salire in un convoglio di 18 carri bestiame, piombati, i 1024 ebrei romani, che erano stati strappati alle loro case e ai loro affetti. Furono deportati ad Auschwitz-Birkenau in Polonia.
Da questa stazione, cominciarono le prime azioni di resistenza, molte delle quali riconducibili agli stessi ferrovieri (tra gli altri Michele Bolgia) e a militari delle Fiamme Gialle (come Antonio Ambroselli e Alaydolin Korca) che di notte spiombarano le porte dei vagoni dei treni, pieni di ebrei e di altri prigionieri, in attesa di essere trasferiti in Germania, salvando cosi centinaia di vite umane, con questa coraggiosa e per loro pericolosa opera umanitaria.
Michele Bolgia fu poi trucidato alle Fosse Ardeatine, ed è stato insignito recentemente di "Medaglia d'Oro al Merito Civile" alla memoria con questa motivazione: "Ferroviere, in servizio presso la Stazione di Roma Tiburtina, durante l'occupazione tedesca contribuì con l'apertura clandestina dei vagoni piombati alla fuga e al salvataggio di molti deportati destinati ai campi di concentramento e venne successivamente ucciso alle Fosse Ardeatine. Mirabile esempio di umana solidarietà ed elette virtù civiche, spinte fino all'estremo sacrificio. 1943-1944, Roma."
Il 22 ottobre il treno arrivò al campo di concentramento nazista in Polonia. Dei 1024 ebrei catturati il 16 ottobre tornarono solo 16, di cui una sola donna, Settimia Spizzichino. Nessuno degli oltre 200 bambini sopravvisse ad Auschwitz, che era stato progettato per la "soluzione finale del problema ebraico", divenendo rapidamente il più grande ed efficiente centro di sterminio nazista.
Quest'anno, il 1o ottobre è venuto a mancare Schlomo Venezia, uno dei 16 sopravvissuti all'olocausto, il quale si era dedicato insieme ad altri suoi compagni di prigionia, ai viaggi della memoria, per docenti e alunni delle scuole superiori romane, frutto della collaborazione fra Istituzioni, Comunità ebraica romana, Associazioni dei deportati e dei partigiani italiani, nei lager che sono ancora la testimonianza della grande tragedia del XX secolo.
Tuttavia è necessario ribadire che, malgrado i viaggi della memoria, le pubblicazioni di molti libri su queste vicende, i film come "L'oro di Roma" di Carlo Lizzani, del 1961, che ricostruisce in maniera veritiera la storia del 16 ottobre 1943, su questi fatti storici non c'è purtroppo sufficiente memoria condivisa nella comunità romana.
Questo è un divario che deve essere colmato, perché è vero, che "Non c'è futuro senza memoria, e coloro che non hanno memoria del passato sono destinati a riviverlo."
Queste sono parole scolpite sulla pietra di una targa, ma valgono per tutti, perché la storia è maestra di vita.
GERUSALEMME - In concomitanza con il 69esimo anniversario del rastrellamento nazifascista al Portico d'Ottavia, data tra le più simboliche delle persecuzioni antiebraiche in Italia, la Fondazione CDEC-Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea consegnerà al Memoriale dello Yad Vashem, a Gerusalemme, la lista con i nomi delle vittime italiane della Shoah affinché questi nomi, quasi 7mila unità - 918 i sopravvissuti, siano inseriti nel Central Data Base of the Shoah Victims. La consegna avverrà domani alle 16.30 nel corso di una cerimonia che vedrà la partecipazione tra gli altri dell'ex rabbino capo di Israele Meir Lau, sopravvissuto ad appena 8 anni all'inferno di Buchenwald, dell'ambasciatore Francesco Talò e di numerose autorità locali. In rappresentanza del CDEC il presidente Giorgio Sacerdoti e la storica Liliana Picciotto, entrambi consiglieri dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Si tratta, come è stato evidenziato, del momento culminante di lunghi anni di ricerche finalizzate a catalogare nomi, date di nascita, dati anagrafici, luoghi e date degli arresti, date della deportazione e destinazioni finali dei prigionieri. Un lavoro monumentale, anticipato dalla pubblicazione de Il libro della memoria (ed. Mursia) e dall'apertura del sito web www.nomidellashoah.it, concluso il quale la dottoressa Picciotto e il CDEC consegnano alle nuove generazioni un patrimonio di volti e di storie da non dimenticare. Al termine della cerimonia allo Yad Vashem, nella sede della Hevrat Yehudè Italia, si terrà la presentazione del volume, sempre di Liliana Picciotto, L'alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944 (Mondadori). Introdurrà l'ospite Cecilia Nizza, responsabile alla cultura della Hevrà.
14 ottobre 1943: la rivolta degli eroi ebrei di Sobibor
Alcuni degli eroi ebrei sopravvissuti alla repressione
da parte delle SS della rivolta di Sobibor
MILANO - Il campo di morte di Sobibor fu teatro di atti eroici di resistenza a parte degli ebrei internati. Il 20 luglio 1943 alcuni addetti al taglio di fronde dagli alberi per camuffare la recinzione si ribellarono.
Otto prigionieri riuscirono a fuggire, mentre gli altri furono uccisi. Fra luglio e agosto 1943 si formò un gruppo di resistenza ebraica sotto il comando di Leon Feldhendler, già presidente dello Judenrat del ghetto di Zolkiew. Da Minsk giunsero a Sobibor alcuni ebrei che avevano militato nell'Armata Rossa. Uno di loro era Aleksander (Sascha) Pechersky, che assunse il comando del gruppo di resistenza, mentre Feldhendler divenne il suo luogotenente. La rivolta, fissata per il 13 Ottobre 1943, subì un ritardo di 24 ore per l'arrivo imprevisto di un contingente di SS dal campo di lavoro di Ossowa. Il 14 Ottobre 1943 alle 4 del pomeriggio il vice comandante Johann Niemann entrò nella sartoria del campo per ritirare una nuova uniforme. il membro della resistenza ebraica Yehuda Lerner lo uccise con un colpo d'ascia. La rivolta a era cominciata. Gli insorti uccisero dieci Tedeschi, due Volksdeutsche (cittadini di etnia tedesca che vivevano fuori dal Reich) e otto guardie ucraine. Il comandante delle SS Werner Dubois fu ferito. Alcune centinaia di ebrei fuggirono. La maggior parte fu raggiunta e trucidata dalle SS, ma numerosi eroi della resistenza ebraica ritrovarono la libertà.
Bratti annuncia l'interpellanza per il sito neonazista stormfront.org
FERRARA - L'attività degli utenti e degli amministratori del sito di ispirazione neonazista stormfront.org diventerà oggetto di un'analisi scrupolosa, oltre che di una interpellanza alla Camera. Lo annuncia il deputato ferrarese Pd Alessandro Bratti, preoccupato delle minacce e degli insulti pubblicati dal forum all'indirizzo della docente Unife Marcella Ravenna.
Un caso di antisemitismo che nasce dal web e si sviluppa sul web, un terreno scivoloso sul quale non sempre è facile intervenire con gli strumenti più classici della legislazione. Dalla prima segnalazione, apparsa sabato mattina sulle pagine di Estense.com (vai all'articolo), la vicenda ha continuato a suscitare un grande dibattito: sdegno e incredulità da una parte, rivendicazione del proprio diritto dall'altra.
I commentatori del forum, non soddisfatti dei pesanti insulti già diffusi all'indirizzo della docente di psicologia sociale - impegnata da sempre sui temi dell'odio razziale, Marcella Ravenna è stata definita "un ebrea ossessionata da sé stessa e dalle fantasie di sangue del suo popolo"- , hanno continuato sulla stessa linea anche nei confronti della redazione di Estense.com. Hanno infatti definito il quotidiano "un sito filoebraico", lamentandosi del fatto che "si può criticare tutti ma non l'ebreo, quando si tocca l'ebreo tutti scattano sull'attenti, si indgnano, scrivono articoli di odio contro di noi" (vai all'articolo). Bratti, tramite tweeter, annuncia di voler approfondire la questione (interverremo alla Camera"), per capire se il sito stormfront - considerati i contenuti offensivi che esso veicola - possa considerarsi legale o illegale, ed eventualmente agire per ottenere le dovute limitazioni.
Da parte del parlamentare ferrarese l'impegno a mantenere alta l'attenzione su stormfront.org e altre realtà similari. Dal Pd locale erano già arrivati su questo tema i commenti del segretario provinciale Paolo Calvano, che - sempre su Estense.com - aveva sottolineato: "molti pensano che l'odio razziale e drammi come quello della Shoah siano fatti lontani e irripetibili, invece ogni giorno ci accorgiamo che l'attenzione deve essere mantenuta altissima nella difesa dei valori della democrazia, dell'uguaglianza, e del rispetto dell'uomo". Nel frattempo la Digos continua a monitorare il sito, attività iniziata già un mese fa, dopo un'inchiesta avviata dalla questura Roma per coinvolgere poi la questura ferrarese.
I manoscritti di Kafka saranno custoditi nella Biblioteca nazionale di Gerusalemme
GERUSALEMME, 14 ott.- Il Tribunale di Tel Aviv ha stabilito che la preziosa collezione di scritti di Franz Kafka, appartenenti un tempo all'amico Max Brod, sia trasferita alla Biblioteca nazionale di Gerusalemme. La vicenda dei manoscritti inediti di Kafka va indietro nel tempo al 1924, quando il grande scrittore praghese mori' di tubercolosi all'eta' di 40 anni. Prima della morte, Kafka consegno' i suoi scritti all'amico Max Brod, ordinandogli di bruciare tutto cio' che era rimasto inedito. Brod ignoro' le istruzioni dello scrittore e in seguito pubblico' molte delle sue opere.
Quando Brod lascio' Praga per la Palestina nel 1939, porto' con se' anche una valigia contenente vari scritti di Kafka. Alla sua morte, Brod dono' il materiale non ancora pubblicato, comprese alcune lettere, alla sua segretaria Esther Hoffe, che a sua volte lo lascio' alle sue figlie, Eva Hoffe e Ruth Wiesler. Le due sorelle, che vivono a Tel Aviv, hanno insistito per mantenere la vasta collezione di documenti di Kafka, ma i giudici israeliani, dopo una attenta interpretazione del testamento lasciato da Brod nel 1961, hanno infine stabilito che gli scritti sono parte del patrimonio di Israele e dovranno essere custoditi nella Biblioteca nazionale.
Elezioni anticipate in Israele fissate per il 22 gennaio
La scadenza dovra' comunque essere confermata dal parlamento. il partito Kadima in crisi, defezioni
GERUSALEMME - Le elezioni politiche saranno anticipate dall'ottobre 2013 al 22 gennaio: lo hanno concordato oggi all'unanimita' i ministri israeliani, su richiesta del premier Benyamin Netanyahu (Likud). Questa scadenza dovra' comunque essere confermata dalla Knesset, il parlamento di Gerusalemme.
Nel frattempo il partito centrista Kadima (opposizione) continua a ''perdere pezzi'': dopo la defezione del suo dirigente Tzahi Hanegbi (tornato il mese scorso al Likud, suo partito di origine) oggi un altro esponente di Kadima - l'ex ministro della sicurezza interna, Avi Dichter - ha annunciato di essere anch'egli passato adesso al Likud.
Da lunedì 15 ottobre 2012 a giovedì 18 ottobre 2012
Cesare Colafemmina
Dal 15 al 18 ottobre Bari, Trani e Venosa, ospitano un convegno internazionale di studi in memoria di Cesare Colafemmina intitolato "Gli Ebrei nell'Italia meridionale e nel Mediterraneo dall'età romana all'alto medioevo" promosso dalla Soprintendenza archivistica per la Puglia, dal Dipartimento di scienze umane dell'Università degli studi della Basilicata e dal Centro di ricerche e documentazione sull'ebraismo nell'Italia meridionale intitolato proprio a Colafemmina.
Realizzato con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio Puglia e della Regione Puglia il convegno si apre con la manifestazione per Cesare Colafemmina in programma il 15 ottobre (alle 17.00) a Bari nell'aula magna di palazzo Ateneo, che prevede la lectio magistralis dell'ebraista Giancarlo Lacerenza, dell'attore Aurelio Pierucci, accompagnato dalla violinista Maria Teresa Amenduni.Trani ospita due importanti appuntamenti.
Il 16 ottobre (alle ore 9.00) nella biblioteca Bovio è prevista una lezione sul tema "Fra Gerusalemme e la diaspora", presieduta da Joseph Sievers (Pontificio Istituto Biblico di Roma), alla quale partecipano Joseph Geiger (The Hebrew University of Jerusalem), Lucio Troiani (Università di Pavia), Ariel Lewin (Università della Basilicata), Samuel Rocca (Ariel University Center of Samaria). Nel pomeriggio (alle 15.00) seconda sessione dei lavori sul tema "Società, diritto, sinagoghe" presieduta da Albert Baumgarten (Bar Ilan University, Ramat Gan). Intervengono Oded Irshai (The Hebrew University of Jerusalem), Valerio Massimo Minale (Università Federico II, Napoli), Eliodoro Savino (Università Federico II, Napoli), Enrico Tromba (Università di Bologna) e Giorgio Gramegna (sezione Ebraica Museo diocesano, Trani). Alle 18 seguiranno le visite guidate al Castello svevo con il direttore Margherita Pasquale e alla Giudecca con Giorgio Gramegna, curatore della sezione Ebraica del Museo diocesano, insieme ad Aurelio Pierucci che leggerà Piyyutim ebraici.
Mercoledì 17 ottobre (alle 15.30) ha inizio la III sessione sul tema "Storia, epigrafia, archeologia" presieduta da Cosimo Damiano Fonseca (Accademia Nazionale dei Lincei). Tra i relatori Maxim Griger (Università di Kazan), Gideon Foerster (The Hebrew University of Jerusalem), Giancarlo Lacerenza (Università L'Orientale, Napoli), Andrea Colella (Hochschule für Jüdische Studien Heidelberg), Cosimo D'Angela (Università di Bari).
Giovedì 18 ottobre (alle 9.00), nella biblioteca il convegno si conclude con la quarta sessione sul tema "Fonti, manoscritti e archivi" presieduta da Giuseppe Dibenedetto (già Soprintendente archivistico per la Puglia), alla quale prendono parte Mauro Perani (Università di Bologna), Steven Bowman (University of Cincinnati), Fabrizio Lelli (Università del Salento), Grazia Maiorano (Archivio di Stato di Bari), Mariapina Mascolo (Soprintendenza Archivistica per la Puglia, progetti "Archivi- Fonti e storia per l'Ebraismo").
Gaza, ucciso il teorico del gruppo che sequestrò Arrigoni
Ucciso ieri da Israele è Hisham Saedni, teorico del gruppo Tawhid wal Jihad. In carcere a Gaza nell'aprile 2011, chiesero la sua scarcerazione per liberare Vik.
Uno dei due uccisi ieri nell'ultimo raid aereo di Israele contro la Striscia di Gaza, è Hisham Saedni, più noto come lo sceicco Abu al Walid al Maqdisi, un teorico del gruppo salafita Tawhid wal Jihad, responsabile del sequestro e dell'assassinio dell'attivista e blogger italiano Vittorio Arrigoni compiuto nell'aprile 2011 a Gaza city.
Saedni fu arrestato dalla polizia di Hamas all'inizio del 2011 per "attività illegali" a Gaza. Nei mesi successivi una cellula di Tawhid wal Jihad, guidata dal giordano Abdel Rahman Breizat, decise di ottenere la sua scarcerazione attraverso uno scambio di prigionieri. Vittorio Arrigoni rapito la sera del 13 aprile venne però ucciso dopo appena 30 ore dal sequestro, in circostanze e per motivi che ancora oggi non sono del tutto chiari.
Breizat e un altro componente della cellula furono uccisi qualche giorno dopo in uno scontro a fuoco con la polizia. Altri due membri del gruppo sono stati condannati il mese scorso da un tribunale militare all'ergastolo e un terzo a dieci anni di carcere.
Lo scorso agosto lo sceicco al Maqdisi era stato liberato dalle autorità di Hamas ed era rimasto a Gaza. Il portavoce militare israeliano ha detto che la sua "eliminazione" e' stata decisa e attuata "a scopo preventivo" poiché Saedni intendeva compiere un attacco contro obiettivi nello Stato ebraico.
Marcella Ravenna, 61anni, ordinario di psicologia sociale nella facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università estense, è stata 'schedata' da gruppo neonazi: "Amareggiata"
FERRARA, 14 ottobre 2012 - Accuse di stampo antisemita sul web, a una docente universitaria ferrarese. La notizia è finita circa un mese fa sul tavolo degli uffici della Digos della questura di Roma, che hanno informato subito i colleghi della questura ferrarese. Vittima di insulti e diffamazioni pesantissime è la 61enne Marcella Ravenna, ordinario di psicologia sociale nella facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università estense. Un cognome di chiare origini ebraiche e una famiglia storica della Ferrara del Novecento, che ha vissuto da vicino la tragedia dell'Olocausto, dato che il padre fu deportato ad Auschwitz. Nei suoi scritti, la professoressa che si è detta «amareggiata» per l'accaduto ha più volte parlato dell'odio razziale e delle «radici psicologiche della Shoah», attirando in questo modo le ire, sul web, di una purtroppo vasta comunità di antisemiti.
Tra epiteti e frasi pesanti scovate nel sito Stormfront, che la Digos sta monitorando da vicino, la professoressa Ravenna è descritta come «un'ebrea ossessionata da se stessa e dalle fantasie di sangue del suo popolo». Il figlio della docente, che vive a Roma, dopo aver estrapolato dal web tutti i messaggi incriminati, si è rivolto alle forze dell'ordine della capitale e si riserva di sporgere una denuncia che ancora non c'è. Sarà la procura, eventualmente, a valutare l'opportunità di aprire un'inchiesta d'ufficio anche in assenza di denuncia da parte della vittima o dei famigliari.
Nel frattempo, non mancano le prime reazioni di sdegno del mondo politico. Paolo Calvano, segretario provinciale del Pd, ha scritto ai giornali per esprimere «a nome mio e di tutto il Pd di Ferrara la più completa vicinanza e solidarietà alla professoressa Marcella Ravenna. Non è ammissibile e stupisce che tale sito web possa continuare imperterrito a spargere odio senza che le autorità competenti intervengano. Ho ritenuto doveroso interessare i parlamentari ferraresi del Pd affinché possa essere fatta chiarezza su queste vicende».
Berna: centinaia di persone manifestano in favore Israele
Diverse centinaia di persone si sono radunate oggi a Berna per manifestare la propria solidarietà nei confronti di Israele. I dimostranti, riuniti su Piazza federale, hanno chiesto al Consiglio federale di promuovere le buone relazioni con lo Stato ebraico.
Per gli organizzatori - fra i quali figurano diversi partiti e organizzazioni cristiane - la Svizzera deve fare il possibile affinché Israele possa avere un posto in seno alla comunità internazionale e vivere in pace. Secondo loro, Berna deve inoltre riconoscere Gerusalemme quale capitale indivisibile di Israele e spostare la propria rappresentanza diplomatica da Tel Aviv a Gerusalemme.
Il Maccabi Tel Aviv - guidato da uno straripante Ricky Hickman (16 punti, 4 assist e 4 rimbalzi) - fa il 'colpaccio' alla Martin Carpena Arena e batte Malaga nel primo match stagionale di questo girone B di Eurolega. Le due squadre partono subito con il piede sul pedale dell'acceleratore. Alle bordate di Simon rispondono Logan e Hickman. Gli ospiti sono molto reattivi difensivamente e, grazie al contropiede, firmano un break di 10-0 in chiusura di prima frazione (17-25). Nel secondo quarto la sceneggiatura non cambia, gli israeliani continuano a spingere e segnare: il 4 a 0 firmato da Shawn James fa precipitare la truppa di Jasmin Repesa addirittura a - 18 (43-25). Il coach croato decide di pensarci su e chiama il minuto di sospensione. Il rientro degli spagnoli dal timeout sortisce gli effetti sperati, Simon si carica i compagni sulle spalle e ricuce parzialmente il gap (36-47). L'Unicaja adesso ci crede e, sospinta dall' incontenibile Simon, si riporta sotto. La 'bomba' di Calloway sigla addirittura il -2 dei 'verdi' (56-54) e per il Maccabi è tutto da rifare. Malaga, però, non sfrutta a dovere il fatto di aver girato a proprio favore l'inerzia del match e non completa la rimonta: in rapida successione vengono fischiati un antisportivo a Lima e un tecnico alla panchina ispanica. Nel giro di pochi secondi i padroni di casa ripiombano a -8 (54-62). Ma è ancora lui, il 'solito' Callowey, a prendersi responsabilità e tiri, impattando il risultato dopo che Tel Aviv era stata sopra anche di 18 lunghezze. Gli ultimi 10' di gioco si aprono con gli ospiti che interrompono un lungo digiuno: il duo Ohayon-Eliyahu propizia un 'parzialone' di 14-2 (71-81 a 2' dalla fine). Lima, Ortasun e Williams non si danno per vinti e sospingono Malaga ad un solo possesso di svantaggio (83-81). E' lo stesso Ortasun, però, a commettere un fallo evitabile sul 'folletto' Hickman, che fa due su due dalla linea della carità e manda i titoli di coda sulla partita.
Raid di Israele su Gaza dopo un razzo piovuto nel sud
GAZA, 13 ott. - L'aviazione israeliana ha colpito tre obiettivi nella striscia di Gaza poche ore dopo il lancio di un razzo verso il sud di Israele rivendicato da un gruppo salafita. "I velivoli hanno preso di mira e colpito un sito di attivita' terroristiche nel nord della Striscia e altri due nella zona centrale", ha reso noto un comunicato delle forze armate israeliane. Gli ultimi due obiettivi si trovano nei pressi dei campi profughi di Nusseirat e Al-Bureij. Venerdi' notte il gruppo salafita Consiglio della Shura dei Muhaheddin aveva rivendicato il lancio di un razzo Grad piovuto nel cortile di un condominio a Netivot, nel sud di Israele.
L'esplosione ha causato lievi danni e il ricovero di una persona in stato di choc.
Shalit: Con i rapitori condividevo la passione per lo sport
Il soldato ricorda la sua prigionia a un anno dalla liberazione
GERUSALEMME, 12 ott. - Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito e tenuto in ostaggio da Hamas per più di cinque anni nella Striscia di Gaza, ha rivelato alcuni dettagli della sua vita durante la prigionia in una intervista al Canale 10 della tv israeliana, di cui lo Yediot Ahronot ha pubblicato alcune anticipazioni.
Shalit, liberato il 18 ottobre dello scorso anno grazie a un accordo di scambio di prigionieri (1.027 detenuti palestinesi furono scarcerati da Israele in cambio della sua liberazione), ha raccontato in particolare che la comune passione per lo sport e gli scacchi ha facilitato i suoi rapporti con i rapitori. "C'era un comune denominatore tra noi, lo sport", ha detto Shalit nell'intervista, che sarà trasmessa per il primo anniversario della sua liberazione.
"Durante la giornata facevo ogni tipo di gioco con i rapitori. Scacchi, domino", ha detto Shalit. "C'erano anche momenti in cui poteva scappare una risata, quando vedevamo una partita di calcio in televisione o un film", ha raccontato ancora. Shalit in particolare ha ricordato quando vide la partita di Champions League tra l'Hapoel Tel Aviv e il Lione. "Ci fu un famoso goal dell'(attaccante israeliano) Eran Zehavi, e ricordo la reazione delle guardie. Furono sorpresi dal goal, non potevano immaginare che una squadra israeliana potesse giocare in quel modo".
(TMNews, 13 ottobre 2012)
Adesso si spera che il padre di Gilad, dopo aver propugnato il cedimento allabominevole ricatto di Hamas, dopo aver fatto pressioni ignobili sul governo israeliano per la liberazione a tutti i costi di suo figlio, dopo aver parlato ed agito come se fosse Israele il maggiore responsabile di quella situazione, dopo aver dichiarato che se lui fosse un palestinese avrebbe agito come Hamas, adesso non convinca suo figlio a presentare i suoi criminali carcerieri come persone simpatiche, comprensive e cordiali. Sarebbe lultima beffa che si permette di compiere ai danni di Israele da parte di Hamas. M.C.
Protesta anti-israeliana: interrotta la partita Francia-Norvegia under 21
La partita Francia-Norvegia valida per l'andata degli spareggi di ammissione alla fase finale degli Europei under 21, in programma nel 2013, e' stata interrotta per alcuni minuti a causa di una manifestazione anti-israeliani. Al 72? infatti prima due persone e poi altre quattro sono riuscite a entrare in campo e mostrare delle sciarpe con la bandiera palestinese e uno striscione con la scritta "Don't play for apartheid" e l'invito a boicottare la fase finale di Euro 2013 in Israele (5-18 giugno). L'intervento degli uomini del servizio di sicurezza ha impedito che la protesta continuasse e la partita e' poi ripresa.
Dopo l'incursione aerea, Israele introdurrà norme più rigide per l'aviazione
L'entrata nello spazio aereo israeliano di un Uav (Unmanned aerial vehicle, aereo senza pilota a controllo remoto) avvenuta il 6 ottobre 2012 produrrà nuove e più rigide norme per la gestione del traffico aereo in Israele, che riguarderanno ogni aereo ultraleggero e qualsiasi aeromobile di general aviation, secondo quanto riferito da alcune fonti dei media locali.
L'utilizzo di un transponder sarà obbligatorio per ogni aeromobile che vorrà volare nello spazio aereo israeliano, e per gli operatori sarà necessario mantenere un costante contatto radio con i centri di controllo dell'aeronautica militare, che potranno così avere un quadro completo di ogni movimento aereo. Nuove norme saranno applicate anche per il volo di alianti e deltaplani nelle zone vicine al confine.
Il drone entrato nello spazio aereo israeliano è stato abbattuto da due aerei caccia F-16 dell'aeronautica militare sopra la parte sud-orientale del deserto di Israele. Oggi il gruppo sciita libanese Hezbollah ha rivendicato la paternità dell'incursione, avvertendo che "Non è stata la prima volta e non sarà l'ultima".
Presentazione alla Camera del corso di storia e didattica della Shoah
ROMA, 12 ott - Lunedi' prossimo 15 ottobre, alle ore 12, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio verra' presentato il ''Corso di storia e didattica della Shoah'', istituito dalla Rete Universitaria per il Giorno della Memoria.
Aprira' l'iniziativa il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini. Interverranno Luciano Violante, Marco Rossi Doria, David Meghnagi, Paolo Coen. Sara' presente l'Ambasciatore di Israele, Naor Gilon. L'appuntamento sara' trasmesso in diretta sulla webtv di Montecitorio.
Fratelli Musulmani: «Gerusalemme è islamica, ce la riprenderemo con la guerra santa»
di Leone Grotti
Ha detto così ieri la guida suprema dei Fratelli Musulmani Sheikh Mohammed Badie nel suo messaggio settimanale ai fedeli. Le dichiarazioni aggravano i rapporti tra Israele e Egitto.
Sheikh Mohammed Badie
«Gerusalemme è islamica e nessuno può accampare pretese sulla città santa». Ha detto così ieri la guida suprema dei Fratelli Musulmani Sheikh Mohammed Badie nel suo messaggio settimanale ai fedeli.
«LIBERARE GERUSALEMME CON LA GUERRA SANTA» - Oltre a rivendicare Gerusalemme per i musulmani, ha anche richiamato alla guerra santa per conquistarla: «Il jihad per riprendere Gerusalemme è un dovere per tutti i musulmani». Ha poi aggiunto che «la sua liberazione non potrà essere realizzata attraverso negoziazioni o con l'aiuto delle Nazioni Unite».
FRATELLI MUSULMANI AL POTERE - Le parole della guida islamica aggravano i rapporti tra Egitto e Israele. L'Egitto, infatti, è oggi guidato dal presidente Mohammed Morsi, del partito Libertà e giustizia, che è il braccio politico dei Fratelli Musulmani. Gli islamisti dominavano anche il Parlamento, poi sciolto perché irregolare dalla Corte suprema, e l'Assemblea costituente che settimana prossima potrebbe essere sciolta perché nominata da un Parlamento illegittimo.
IL TRATTATO TRA EGITTO E ISRAELE - Israele ha firmato un trattato di pace con l'Egitto nel 1979 e Morsi ha promesso che lo rispetterà. Ma più volte, altri esponenti dei Fratelli Musulmani, hanno assicurato che sarebbe stato il paese a decidere se mantenere o meno il Trattato.
Vignatagliata 79, la scuola ebraica raccontata ai ragazzi
Nel '39 700 gli ebrei censiti, sei anni dopo furono solo 200. Anche Bassani studiò lì
di Martin Miraglia
FERRARA - In via Vignatagliata 79 c'è solo una porta chiusa. Anonima, se non per la lapide commemorativa affissa nel 2002, che ricorda la sfida che questo edificio affrontò: essere una scuola ebraica durante la stagione delle leggi razziali. Prima della guerra impiegata come scuola materna ed elementare, e durante la stagione delle leggi razziali fulcro di tutti coloro che furono espulsi dalle scuole pubbliche a qualunque titolo vi partecipassero e in ogni ordine e grado.
Proprio di questo si è parlato ieri mattina nell'aula magna della facoltà di Economia a Ferrara, davanti a una platea di studenti e non solo, in un incontro intitolato 'La persecuzione antisemita e la partecipazione degli ebrei alla resistenza'.
Dopo i saluti del rettore Pasquale Nappi, che ha ricordato come da quella scuola siano passati studenti come Giorgio Bassani, Marcella Ravenna - docente di psicologia sociale presso l'università di Ferrara e figlia di un deportato ad Auschwitz - ha ricordato i momenti bui creatisi dopo l'emanazione delle leggi razziali e la vita quotidiana all'interno della scuola ebraica: "L'espulsione di studenti e insegnanti di religione ebraica dalle scuole - ha dichiarato -, colpì direttamente le famiglie ed il loro futuro che era appunto rappresentato dai bambini e dai ragazzi. Bambini e ragazzi che si trovarono all'improvviso ad affrontare una realtà sconosciuta e minacciosa".
"Per tutti coloro che nel dopoguerra poterono raccontarlo - ha aggiunto la Ravenna -, l'espulsione costituì un'esperienza lacerante: sparirono gli amici, fu vietato l'ingresso in determinati ambienti, molte delle attività precedenti fuono soggette a restrizioni, in casa prevalse un clima di silenzio, angoscia e disorientamento".
Subito dopo sono stati letti i dati sulla presenza ebraica a Ferrara durante la shoah: nel 1938 gli ebrei censiti furono circa 700; nel '45 ne rimasero solo 200. Ai giorni d'oggi ne rimangono solo una settantina. Durante la lettura dei nomi dei docenti e degli studenti della scuola ebraica la professoressa si fa anche prendere da una comprensibile emozione.
La parola passa poi a Michele Sarfatti, direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, il quale, prima di raccontare la sua esperienza lancia un monito ai ragazzi: "Quando sentite qualcuno, magari allo stadio o in qualsiasi posto, che insulta un'altra persona con termini quali ebreo o rabbino ricordatevi di ciò che è successo e prendetene le distanze, perché in lui la rabbia antisemita ha preso il sopravvento".
ROMA - In un villaggio ebraico dell'est europeo, in un tranquillo Shtetl, i musicisti stanno accordando i loro strumenti e la musica si diffonde ovunque. E' un giorno speciale, si celebrerà un matrimonio: la sposa è incantevole, la zia è terribile, lo zio è stonato, lo sposo non vede l'ora che giunga il suo momento, il matto del villaggio combina guai e tutti sono protagonisti di fantasiose peripezie, complice la scomparsa degli anelli dei promessi sposi. Nel 'Circus klezmer' si vedrà volare, luminosa di passione e bellezza, una fanciulla di Marc Chagall dai lunghi veli bianchi, e un clown che canta in Yddish schiantarsi senza danno come Jango Edwards. I dipinti di Chagall costituiscono il riferimento visivo dello spettacolo, che ha i colori e l'atmosfera delle vecchie foto di ricordi, mentre la musica klezmer si adatta a tutti i diversi registri che si alternano nello scorrere della vicenda.
Anche Israele deve fare i conti con la crisi economica e piuttosto che affrontare l'impopolarità delle misure di austerità con un governo debole, Netanyahu ha deciso di rafforzarsi con un voto
Martedì sera il primo ministro israeliano, Benjamin Neatanyahu, ha annunciato l'indizione di elezioni politiche anticipate, al più presto dall'inizio del prossimo anno, a gennaio 2013 forse o inizio febbraio. Dopo aver consultato i leader dei partiti che compongono la coalizione di governo, Neatanyahu ha rotto gli indugi e ha spiegato in tv il perché della sua decisione:"è impossibile approvare un bilancio responsabile" ha detto. Questioni economiche dunque.
La nuova finanziaria per il prossimo anno dovrà infatti contenere pesanti misure di austerità, così come è avvenuto per la maggior parte delle economie avanzate colpite dalla crisi globale. Ma l'austerità è mal digerita dall'opinione pubblica più di quanto lo siano le critiche internazionali per la politica estera di Israele.
Neatanyahu quindi, piuttosto che dover affrontare il voto con un governo già debole e in più criticato per l'impopolarità delle misure economiche, ha preferito prima rafforzare la propria posizione con le elezioni.
I sondaggi oltretutto gli stanno dando ragione. Gli ultimi, pubblicati oggi dal quotidiano Haaretz, sono addirittura più confortanti delle rilevazioni effettuate due settimane fa: la coalizione tra la destra e i religiosi ultra ortodossi potrebbero aumentare la propria maggioranza conquistando 68 dei 120 seggi della Knesset (Parlamento israeliano) rispetto agli attuali 66 raggiunti grazie all'alleanza con i centristi del Partito dell'indipendenza del ministro della Difesa, Ehud Barak.
Anche la popolarità personale di Netanyahu è in aumento, secondo il sondaggio il 45 per cento degli intervistati si è dichiarato soddisfatto dall'operato del premier, rispetto al 38 per cento rilevato nel sondaggio di fine settembre.
Ad avvicinarsi di più a Netanyahu sarebbe, sempre secondo i sondaggi, Tzipi Livni, ex leader del partito di opposizione Kadima (sinistra) che riscuoterebbe il 28% delle preferenze.
Molti invece preferirebbero un ritorno dell'ex primo ministro Ehud Olmert che portò al governo Kadima ma che ha lasciato la politica nel 2008 per le accuse di corruzione che sono stati in gran parte risolte.
MILANO - Enzo Sereni. Figura fondamentale della storia del sionismo, utopista, socialista, pacifista eppure eroe di guerra, un uomo la cui vita è divenuta essa stessa testimonianza e concretizzazione delle sue idee e dei suoi insegnamenti. Questo è l'ebreo italiano che negli anni Venti scelse di abbandonare la comoda vita borghese per inseguire il sogno di Eretz Israele e che trovò la morte a Dachau nel 1944 dopo essersi paracadutato in Emilia per aiutare la Resistenza raccontato da Ruth Bondy, illustre giornalista israeliana di origine ceca, nel libro Enzo Sereni. L'emissario uscito nel 1973. Questa la figura discussa e approfondita nella serata Il fuoco nella mente. Le scelte di vita e le molte vite di Enzo Sereni, organizzata da Assessorato alla Cultura della Comunità ebraica di Milano, Nuovo Convegno e Gruppo sionistico milanese per presentarne la versione italiana curata da Sarah Kamiski e Maria Teresa Milano e pubblicata dalla casa editrice Le Chateau di Aosta. Presente fra gli altri anche il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach. "Spesso parliamo di uomini come Sereni considerandoli semplicemente utopisti, alla ricerca di qualcosa fuori dalla realtà - ha introdotto la discussione Stefano Jesurum, giornalista e consigliere della Comunità di Milano, dopo il benvenuto dell'assessore alla Cultura Daniele Cohen - Ma se è vero che l'utopia è tale nella misura in cui non si realizza, è anche vero che per chi la cerca e combatte per renderla concreta, l'utopia diventa realtà. E forse, uno dei problemi della nostra società oggi, è proprio di dedicarsi troppo poco alle utopie".
"Quando ci soffermiamo sulle vicende di Sereni - il commento di Marco Brunazzi vicepresidente dell'Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino - lo facciamo avendo bene a mente cosa accadde dopo. Per questo non è facile apprezzare fino in fondo l'originalità della prospettiva di Sereni allora, in un ebraismo italiano che dopo l'emancipazione viveva grandi inquietudini sul piano identitario. Quesiti che per molti trovarono una risposta nelle utopie nazionali ricercate col Risorgimento, per altri nel socialismo, talvolta in entrambi. Nell'aderire al sionismo Enzo Sereni fece una scelta innovativa".
A mettere in guardia dalla tentazione di mitizzare la figura di Sereni, di decontestualizzarla dall'epoca in cui visse e dalla sua dimensione umana, è stato lo storico David Bidussa "Sereni non era semplicemente un idealista entusiasta, era un uomo lucido che scelse di portare avanti una scommessa politica per il futuro ben precisa, quella di creare uno stato per gli ebrei europei. Una scommessa che in qualche modo perse, perché in Israele quelle persone arrivarono solo parzialmente, mentre gran parte della popolazione giunse dai paesi mediorientali, eventualità che non era stata prevista, ma questo non scalfisce il messaggio di Sereni: la politica deve rappresentare una continua scommessa sul domani. Per vincerla è necessario esserci, parlando anche con persone con cui fino a poco prima ci si trovava in disaccordo, viaggiando, ascoltando e comprendendo la storia e i problemi altrui".
Sette dei dodici presunti membri della cellula islamica smantellata la settimana scorsa in Francia sono stati incriminati e compariranno davanti a un giudice della Procura antiterrorismo: lo hanno reso noto fonti della magistratura francese. La procura non ha reso noto quali siano i capi di imputazione che hanno portato all'apertura del fascicolo: il fermo dei dodici presunti membri della cellula era stato prolungato ieri per il quinto giorno, a causa della "estrema pericolosità" del gruppo; la legge prevede un massimo di sei giorni e solo nel caso di "un serio rischio di imminente attentato". Tra gli elementi scoperti durante le perquisizioni vi sono un fucile a pompa, una pistola, sei sacchi contenenti nitrato di potassio, zolfo e altri oggetti utili alla fabbricazione di ordigni artigianali. Secondo la Procura non è accertato che gli esecutori materiali dell'attentato contro un negozio ebraico di Sarcelles, avvenuto il 19 settembre scorso, facciano parte delle persone arrestate: tra i fermati vi sarebbero invece tutti gli organizzatori dell'attacco.
Trent'anni fa, quando in Italia gli ebrei si potevano ammazzare
di Daniel Funaro*
Ci vorrà ancora del tempo per sapere se, a trent'anni di distanza dall'attentato alla Sinagoga di Roma, in cui morì un bambino di due anni, Stefano Gay Taché e furono ferite 38 persone, l'Italia saprà rendere giustizia al suo passato. Per ora a dare un senso a questo anniversario c'è stato unicamente il gesto di Giorgio Napolitano che, come annunciato lo scorso 9 maggio nella giornata del ricordo delle vittime italiane del terrorismo, ha deciso di inserire anche Stefano in questo elenco ufficiale, risolvendo l'anomalia per cui un bambino ebreo ucciso a due anni sotto il fuoco del terrorismo palestinese non ne faceva inspiegabilmente parte.
Bisogna però ripartire da più lontano, dal 9 ottobre 1982, o forse da tempo prima. Erano gli anni della guerra in Libano, della strage di Sabra e Chatila e del sentimento antisionista che pervadeva una certa sinistra. Il clima in Europa per le comunità ebraiche era pessimo. In tutte le maggiori capitali europee agli ebrei era rimproverato il loro legame con Israele. Un certo antisemitismo aveva ricominciato a circolare e si moltiplicavano gli atti di violenza nei confronti di luoghi ebraici e degli ebrei in generale. Come accadde a Roma, quando poche settimane prima dell'attentato, in un corteo della Cgil, vi fu un gesto gravissimo che apparve e quasi come un segno premonitore. Alcuni manifestanti decisero di deporre una bara da bambino di fronte alla lapide per i deportati sotto la Sinagoga di Roma.
L'avvertimento suonò sinistro, allora come oggi. Per i detrattori d'Israele, gli ebrei da vittime della Shoah si trasformarono in carnefici. Si rimproverava a chi era sopravvissuto ai campi di sterminio che gli ebrei volessero difendersi, che le vittime sacrificali delle follie dell'umanità avessero deciso di vivere come ogni popolo libero avrebbe fatto, riservandosi, se necessario, anche il diritto di reagire. Era una nuova forma di antisemitismo che si rigenerava nell'odio contro Israele.
Fu così che l'Italia decise di vendere, ancora una volta, al miglior offerente gli ebrei , dimenticando che anch'essi erano cittadini italiani. Lo fece per la prima volta quando il Parlamento, con la nobile eccezione dei repubblicani di Spadolini, allora Primo Ministro, e dei radicali di Pannella, meno di un mese prima dell'attentato alla Sinagoga, ricevette con tutti gli onori Yasser Arafat, leader dell'organizzazione terroristica palestinese dell'Olp, allora nota per gli attentati contro gli ebrei in tutta Europa e ancora lontanissima dall'idea di un negoziato politico con Israele. Il tutto in un clima di festosa amicizia con quello che Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, per rivendicare la posizione italiana dopo la crisi di Sigonella e giustificare la decisione di liberare gli assassini dell'ebreo americano Leon Klinghoffer durante il sequestro dell'Achille Lauro, avrebbe tre anni dopo paragonato niente meno che a Giuseppe Mazzini. Paragone decisamente inappropriato, come ha ricordato ieri il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nel suo discorso alla cerimonia di commemorazione dell'attentato, per il semplice fatto che i rivoluzionari come Mazzini non sparavano ai bambini all'uscita dai luoghi di culto, né agli anziani sulle sedie a rotelle.
L'Italia vendette gli ebrei ai terroristi con il cosiddetto Lodo Moro, l'accordo svelato dall'ex Presidente della Repubblica Cossiga, in base al quale era stato concesso ai terroristi palestinesi di agire liberamente nel suolo nazionale, a fronte dell'impegno di non colpire obiettivi italiani. L'immunità garantita da parte palestinese non riguardava però gli ebrei, quasi che questi non fossero italiani, come quelli colpiti a Roma in quel 9 ottobre di trent'anni fa. L'Italia vendette gli ebrei in modo forse più consapevole e calcolato di quanto si possa pensare. Il giorno dell'attentato, a differenza che in quelli precedenti, non c'era la solita camionetta della polizia a difendere gli ebrei romani. Un'ambigua e inquietante casualità che lascia ombre su una storia da sempre poco chiara.
Per questa ragione oggi c'è una pagina di storia dell'Italia che non può essere chiusa. Ci sono ancora troppi dubbi e troppe responsabilità non accertate. La realtà è che avremmo bisogno di uno scatto d'orgoglio collettivo. Bisogna rendersi conto che quella di Stefano è la storia di un bambino italiano ammazzato, per cui l'Italia non si è neppure data pena di inseguire ed estradare l'unico degli attentatori a cui la giustizia ha dato un nome, Osama Abdel Al Zomar, che vive liberamente in Libia dalla metà degli anni '80.
Dobbiamo pretendere che il velo d'ipocrisia che ha oscurato la nostra politica internazionale per lungo tempo sia finalmente strappato. Immaginare di rispondere come uno Stato democratico sarebbe una grande vittoria per il paese. Togliere il segreto di Stato su vicende che precedono e accompagnano anche l'attentato alla Sinagoga consentirebbe all'Italia di consegnare, quantomeno al tribunale della storia, i responsabili di quella strage. Un po' poco forse per chi perse un figlio o un fratello, ma in realtà una grande vittoria per la coscienza di un paese che intende essere civile.
* Laureato in Scienze Politiche e studente di Relazioni Internazionali all'Università La Sapienza di Roma. Membro del Comitato Promotore di Generazione Futuro e del circolo di Roma Falcone e Borsellino. Ha ricoperto il ruolo di responsabile politico dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia e direttore del mensile dell'organizzazione Hatikwa.
L'aviazione israeliana ha lanciato un raid contro come un "sito di attività terroristica" nel nord della Striscia di Gaza. Così ha precisato un portavoce militare, definendo il blitz una risposta ai lanci di razzi su Israele. Secondo alcuni responsabili palestinesi, l'obiettivo è un campo di addestramento delle Brigate Ezzedine al-Qassam, la branca militare del movimento islamista Hamas.
La prestigiosa rivista internazionale Lancet ha lanciato l'allarme: fra i bambini palestinesi cresce in modo preoccupante la percentuale di coloro che possono essere definibili "in sovrappeso" o "obesi". Sulla base di un campione di 1500 bambini, il 12% è risultato in sovrappeso e il 6% obeso. Il dato complessivo supera clamorosamente la proporzione di popolazione infantile in sottopeso o indigente (14%).
Elder of Ziyon, che riporta la notizia, osserva che il dato colloca i territori palestinesi sugli stessi livelli di nazioni avanzate come l'Olanda, la Svezia, e la Germania, e suggerisce ai genitori di incoraggiare i bambini palestinesi in sovrappeso ad esercitarsi in attività ginniche che favoriscono il calo ponderale, come il lancio di sassi contro israeliani di passaggio, la combustione di copertoni, la simulazione teatrale di incidenti a beneficio dei media occidentali. Con la speranza malcelata che qualcuno trovi il modo per accusare il vicino stato ebraico di favorire la sovranutrizione della popolazione palestinese.
Qualcuno dovrebbe avvisare l'imbarcazione Estelle, salpata dalla Svezia in soccorso della popolazione "affamata" palestinese, di lasciare a casa merendine e snack; oppure, di fare come l'altra volta: portare generi alimentari (e farmaci) scaduti e inutilizzabili. Per il bene dei palestinesi.
Massimo Capodanno, fotoreporter ANSA dal 1973 al
2007, è l'autore di questa commovente foto che ritrae
uno dei bambini feriti, Jonathan Pacifici, tra le braccia
di una vigilessa. La Comunità ebraica di Roma ha
consegnato all'ANSA e al suo fotografo Capodanno una
pergamena commemorativa "per il sostegno nelle ore
del dolore e del lutto".
"La cosa più terribile che mi è stata fatta è stata togliermi mio fratello. Mi è stato tolto un compagno di giochi. Un compagno di vita. Qualcuno con cui giocare e magari, perchè no, con cui litigare." Le parole di Gadiel Gay Taché - fratello di Stefano Gay Taché (2 anni) ucciso a colpi di mitra davanti alla sinagoga di Roma il 9 ottobre 1982, da un commando di terroristi palestinesi - echeggiano nella sinagoga di Roma con una forza dirompente. Così la sua voce rotta. Le lacrime scendono. Non solo sul suo volto
In occasione del trentennio dall'attentato alla sinagoga di Roma, tenutosi oggi alla presenza del Presidente della Repubblica e dei presidenti di Camera e Senato, il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni ha rivelato un fatto storico finora non noto: "Davanti alla piccola bara Pertini scoppiò in un pianto irrefrenabile e certo non cerimoniale. Quel pianto rappresentava per noi il culmine di una drammatica contraddizione tra la commozione per la tragedia e l'atmosfera in cui si era determinata". La contraddizione era quella di un Paese in cui un Capo di Governo paragonò Mazzini ad Arafat. "Mazzini", ha però sottolineato Di Segni, "non sparava sui bambini all'uscita dei luoghi di culto".
Una richiesta è giunta chiara dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: "togliere tutti i segreti di Stato affinché venga fatta luce su quella strage" (ieri aveva chiesto altrettanto il presidente dei Giovani Ebrei italiani, Daniele Regard).
Ad oggi, infatti, sono ancora troppi i dubbi che tormentano chi visse quel drammatico giorno. Perché, proprio in quel giorno di festa, proprio in quel giorno in cui i bambini sono i protagonisti della cerimonia, non c'era nessuna camionetta delle forze dell'ordine davanti al luogo di culto? "E' forse vero", ha aggiunto Pacifici, "che siamo stati anche noi vittime del cosiddetto "lodo Moro", noi come altre vittime italiane in Italia e all'estero?" Domande, per ora, senza una risposta.
I rapporti tra gli ebrei e lo Stato italiano sono migliori di 30 anni fa. Il clima d'odio di oggi non è paragonabile a quello d'allora. Tuttavia finché non sarà fatta luce su quel vile attentato e finché i responsabili non pagheranno il prezzo dei propri crimini nessun ebreo troverà pace. Il Popolo ebraico, infatti, è per eccellenza il popolo della memoria. Un Popolo che non dimentica. Un Popolo che ricorda.
Ebrei nel regno sabaudo. Mostra al Museo del mare a Napoli
Si tratta di 26 pannelli fotografici che riproducono parte delle corposa collezione Moscati, circa 2500 tra documenti, fotografie, lettere, giornali ed oggetti, testimonianza dell'antisemitismo in Italia e all'estero.
di Claudia Campagnano
Una prima pagina del "Mattino illustrato"
con immagini di propaganda antisemita
Era il 10 ottobre 1940 quando il battello fluviale Pentcho naufragò in un isolotto dell'Egeo. Trasportava a bordo 520 ebrei in fuga dalla Cecoslovacchia. In sei mesi avevano attraversato il Danubio, percorso l'Adriatico e le coste della Turchia, fino al naufragio.
Qualche giorno dopo fu il comandante napoletano Carlo Orlandi, a bordo della cannoniera Camogli, a trarli in salvo e portarli a Rodi. I naufraghi furono internati in seguito in Italia a Ferramonti, e il capitano Orlandi per il suo gesto eroico mandato ai lavori forzati in Germania.
Questa è solo una delle storie raccolte dal cavaliere al merito Gianfranco Moscati, nella mostra "Gli ebrei sotto il regno sabaudo", fino al primo novembre al Museo del mare di Bagnoli (via di Pozzuoli 5. Inaugurazione alle 10. Dal lunedì al sabato 9 - 13 e 14 - 18.30. Domenica 10 - 13. Info 081193561967).
Si tratta di 26 pannelli fotografici che riproducono parte delle corposa collezione Moscati, circa 2500 tra documenti, fotografie, lettere, giornali ed oggetti, testimonianza dell'antisemitismo in Italia e all'estero.
La mostra prende il via dai documenti che dimostrano quanto gli ebrei fossero attivi nella vita politica italiana e la loro partecipazione nelle guerre risorgimentali, in quelle di Libia, Etiopia e nella prima guerra mondiale. Grande fu anche l'adesione ebraica al movimento fascista della prima ora, è del 1936, infatti, la circolare della comunità israelitica di Napoli che esalta le manifestazioni per la conquista dell'impero fascista.
La collezione Moscati preserva la memoria anche dei tantissimi ebrei che militarono nella resistenza. Ritroviamo così il diploma di medaglia garibaldina, conquistato dal napoletano Giorgio Fomiggini, distintosi nella lotta armata partigiana.
Nella sezione dedicata all'antisemitismo e alla Shoà, spiccano giornali e manifesti di propaganda antisemita, come le pagine de il Mattino Illustrato, che nel 1905 mostrava i saccheggi e le stragi di ebrei in Russia.
Poi i giornali del 1938 che annunciano la promulgazione delle leggi razziali. Ovunque fu impedito ai giovani di frequentare scuole ed università, ed emblematica è la fotografia delle sezione speciale dell'elementare Vanvitelli dove tutti i bambini ebrei erano in un'unica classe, costretti ad entrare ed uscire dal cancello secondario.
La mostra si conclude con le mappe geografiche dei duecento e più campi di concentramento ed il conteggio delle migliaia di vittime della Shoà. Tra queste si ricorda anche il piccolo napoletano Sergio De Simone, che prima di essere ucciso, fu sottoposto ad esperimenti pseudo medici insieme ad altri 19 bambini.
Nell'impossibilità di trovare un museo italiano che accogliesse la sua collezione, Moscati nel 2007 ne ha donato il 90 per cento all'Imperial War Museum di Londra. Un'altra parte si trova invece oggi al Meis, il nuovo museo della Shoà di Ferrara.
L'intera collezione è pubblicata in tre cataloghi, il cui ricavato della vendita è devoluto in parti uguali, all'ospedale pediatrico Alyn di Gerusalemme e alla ludoteca e scuola materna ed elementare Scialoja di San Giovanni a Teduccio.
Recentemente recatomi, per partecipare a un congresso, a Oxford, ho avuto modo di trascorrere un po' di tempo, nelle more dei lavori congressuali, in diverse librerie della ridente cittadina universitaria, da ammirare non solo per l'imponente patrimonio bibliografico a disposizione (a volte da fare invidia alle migliori biblioteche pubbliche, con centinaia di migliaia di volumi di ogni tipo, nuovi e usati, sistemati con grande ordine e razionalità), ma anche per l'estrema comodità dell'accoglienza riservata ai visitatori, con comode poltrone dove si può restare indisturbati a leggere per ore e ore.
In tutte le librerie, non mancava l'angolo dedicato al "Middle East", nel quale, per rispetto alla "par condicio" (i britannici ci tengono a queste cose), figuravano volumi sia di autori arabi e palestinesi che ebrei e israeliani. Gli scaffali deputati a offrire il punto di vista israeliano, però, erano quasi tutti pressoché completamente occupati dagli innumerevoli volumi pubblicati da Ilan Pappé, che, lasciato Israele (dove, a suo dire, si sentiva perseguitato dall'ambiente accademico e culturale) per il Regno Unito, è diventato, Oltremanica, un'indiscussa star, andando a ricoprire molteplici incarichi di alto prestigio (quali Direttore del Centro Europeo di Studi sulla Palestina, dell'Exeter Center di Studi Etno-politici ecc.). Evidentemente preso da nostalgia per la lontana madrepatria, in Inghilterra Pappé non fa altro che scrivere di Israele, dedicando al tema una serie di libri che sono dei veri e propri capolavori di equilibrio, moderazione, obiettività: tutti volti a descrivere l'orrore del 'muro', la brutalità dei soldati israeliani, la mostruosità della "pulizia etnica", la violenza dei coloni, la crideltà della repressione ecc. I proiettili israeliani, spiega Pappé, fanno male, feriscono, uccidono. Forse Pappé non nega che anche gli altri proiettili siano nocivi, non so dire, non ne parla mai.
I libri hanno tutti belle copertine colorate: ne ricordo uno, in particolare, con una serie di soldatacci israeliani, armati fino ai denti, uno dei quali guarda sorridente (ma sembra un sorriso beffardo, cattivo ) un povero bambinello palestinese. Sui risvolti di copertina, l'autore è sempre presentato come: "il maggior storico del mondo sul conflitto israelo-palestinese", "il più coraggioso degli studiosi israeliani", "l'unico che dice la verità" ecc. ecc.
Dopo avere sfogliato le pagine degli innumerevoli libri di Pappé, il lettore, se non si è ancora stancato, può quindi passare alle pagine degli studiosi palestinesi, che dicono, ovviamente, le stesse cose (probabilmente in tono un po' più moderato, non so, onestamente non ci sono arrivato, la visone dei volumi di Pappé mi prendeva troppo tempo).
Questo è il quadro del Medio Oriente offerto al lettore inglese. E a questo punto, ovviamente, si dovrebbe passare a parlare del tema del "Selbsthass", l'"odio di sé" di cui più volte, con svariate argomentazioni, si è trattato su queste pagine. Ma confesso che è un argomento che mi mette a disagio, dal momento che mi sembra presupporre una sorta di "obbligo fedeltà" alle proprie origini, al proprio popolo, alla propria nazione. E può diventare, in ogni caso, un discorso ambiguo, scivoloso, dai connotati vagamente razzisti. Se la libertà è il valore supremo, si può odiare anche la propria patria? E si può impedire di farlo? La Corte Suprema degli Stati Uniti, in una famosa sentenza, ha stabilito che si può bruciare la bandiera americana, perché essa, proprio in quanto simbolo della libertà, concede anche la libertà di bruciarla.
Pappé esercita la sua libertà di odiare, di bruciare la sua (o ex sua) bandiera. Non so, e in fondo non mi interessa, se si tratti di un "odio di sé", quel che è certo è che, per esprimere il suo sentimento, lo studioso calpesta disinvoltamente i più elementari parametri dell'obiettività storiografica. Parafrasando il detto, "amica veritas, sed magis amicum odium".
Germania - La circoncisione resta legale. "Ma deve essere fatta secondo le regole"
Approvato oggi il disegno di legge. La comunità ebraica: "Soddisfatti"
di Alessandro Alviani
BERLINO - In Germania la circoncisione per motivi religiosi resterà legale. Lo prevede un disegno di legge approvato stamattina dal governo tedesco, al termine di un acceso dibattito andato avanti per settimane. In una sentenza risalente a maggio il tribunale di Colonia aveva giudicato punibile per legge la circoncisione realizzata per motivi religiosi, scatenando così le forti proteste della comunità ebraica e di quella musulmana.
Il testo licenziato oggi dal governo Merkel prevede che la circoncisione non sarà punibile, a determinate condizioni: dovrà essere effettuata "secondo le regole dell'arte medica"; i genitori dovranno essere informati in anticipo sui pericoli e dare il loro consenso; il "benessere del bambino" non dovrà essere messo a rischio. Il disegno di legge stabilisce poi che nei primi sei mesi di vita del bambino l'intervento potrà essere compiuto anche da persone che sono state appositamente formate a tale scopo, pur non essendo dei medici. Si tratta di un'apertura alle richieste della comunità ebraica: nella religione ebraica la circoncisione rituale viene realizzata otto giorni dopo la nascita da un medico oppure da uno specialista, il mohel, che non deve essere necessariamente un medico.
In casi particolari sarà inoltre possibile l'anestesia. Ad agosto il rabbino capo degli ebrei aschenaziti di Israle, Yona Metzger, aveva ricordato a Berlino che l'anestesia è vietata: al massimo è consentita «una goccia di vino», perché «a volte una puntura è più dolorosa della stessa circoncisione». Il disegno di legge, licenziato in tempi record dal governo, dovrebbe essere approvato dal Bundestag entro fine anno. Positive le reazioni della comunità ebraica e di quella musulmana, anche se per Aiman Mazyek, presidente del Consiglio centrale dei musulmani, la definizione di "benessere del bambino" usata nel testo è troppo vaga.
Un velivolo non identificato, rivelatosi poi "non ostile", ha causato questa mattina presto la sospensione per diversi minuti di tutte le operazioni aeree civili all'aeroporto internazionale 'Ben Gurion', lo scalo principale di Israele. Lo riportano i media spiegando che per ragioni di sicurezza, in quel lasso di tempo, sono stati interrotti tutti voli in partenza e in arrivo dallo scalo stesso, con la conseguente chiusura dello spazio aereo. Jet militari si sono alzati in volo per intervenire, ma è stato poi accertato che il velivolo non era "ostile". I controlli aerei nel paese sono al massimo livello da quando la settimana scorsa un drone - la cui provenienza è ancora sconosciuta - ha violato lo spazio aereo israeliano ed è stato poi abbattuto dall'aviazione militare.
Festa grande al parco Ramat Gan, in Israele, per la nascita di un piccolo tapiro: figlio di Passiflora e Meir, è il primo cucciolo maschio nella storia dello zoo.
Abbiamo scritto GERUSALEMME invece di TEL AVIV, come riporta loriginale notizia ANSA, e così faremo sempre in seguito. Anche se la capitale di Israele è Gerusalemme, anche se Netanyahu ha fatto quellannuncio da Gerusalemme, si continua a dire TEL AVIV. Gerusalemme ebraica proprio non va giù.
9 ott - In Israele si andrà a elezioni anticipate. Lo ha annunciato il premier, Benyamin Netanyahu, senza precisarne la data. Motivo della scelta è la difficoltà da parte della coalizione di governo di approvare la finanziaria 2013. La scadenza dell'attuale legislatura era ad ottobre 2013. Netanyahu, ricordati gli interventi assunti per fronteggiare la crisi, ha detto: "Questo richiede un bilancio responsabile... e non pare possibile fare approvare dalla Knesset un bilancio responsabile".
Video
Cinque razzi lanciati dalla Striscia di Gaza sono caduti nel sud di Israele, senza causare vittime o feriti. Lo ha reso noto un portavoce della polizia israeliana, precisando che "i razzi sono caduti vicino alle città di Sderot e Netivot". Ieri il movimento islamico palestinese Hamas e la Jihad Islamica avevano rivendicato il lancio di razzi come ritorsione per un raid aereo israeliano che, domenica, aveva ferito due miliziani e nove passanti.
Giornata di studi alla presenza di insegnanti ed ex allievi della scuola ebraica
FERRARA - Domani, giovedì 11 ottobre, a partire dalle 9.30, presso l'aula magna del Dipartimento di Economia e management (via Voltapaletto 11) si terrà una giornata di memorie e studi intitolata Vignatagliata 79: testimonianze da una scuola "fuori dal ghetto". Particolarmente significativa la presenza di insegnanti ed ex allievi della Scuola Ebraica di via Vignatagliata che porteranno la loro diretta testimonianza insieme al contributo di studiosi e giornalisti italiani, tra i quali Corrado Augias.
L'iniziativa si inserisce nell'ambito del progetto Giorgio Bassani Oggi . Fuori dal ghetto e oltre il giardino, promosso a cinquant'anni di distanza dalla prima edizione de Il giardino dei Finzi-Contini da: Università di Ferrara, Fondazione Giorgio Bassani, Comunità ebraica ferrarese, in collaborazione con l'Associazione Arch'è e Feltrinelli Editore, per proporre una serie di riflessioni e approfondimenti sulla figura dello scrittore ferrarese.
" Attraverso un progetto composito, articolato in più momenti nel corso del 2012 - spiegano gli organizzatori - si è inteso porre in risalto l'impegno civile, la tensione etica e la dimensione dell'opera bassaniana, plasmati negli anni della formazione a Ferrara e dell'insegnamento presso la scuola ebraica di Via Vignatagliata. La giornata dell'11 ottobre rappresenta quindi l'ultima tappa del progetto organizzato con il contributo dell'Università di Ferrara e del MiBAC - Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
PROGRAMMA:
ore 9,30
Saluti delle autorità. Introduzione e coordinamento: Marcella Ravenna, Unife
La persecuzione antisemita del fascismo e la partecipazione degli ebrei alla Resistenza. Michele Sarfatti, Direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC ONLUS di Milano
Testimonianze di insegnanti ed ex allievi della Scuola Ebraica di via Vignatagliata
Il "ghetto invisibile". L'ostracismo di Giorgio Bassani dal mondo culturale. Carmen Santi, Università Ca' Foscari Venezia
ore 15.30
Introduzione e coordinamento: Paola Bassani, Fondazione Giorgio Bassani; Giuseppe Lipani e Daniele Seragnoli, Unife.
Gli ebrei italiani e il fascismo. Il caso Bassani. Alberto Cavaglion, Università di Firenze
L'antifascismo radicale di Giorgio Bassani. Piero Pieri, Università di Bologna
Bassani alla ricerca della giovinezza perduta. Carlo Figari, L'Unione Sarda, Cagliari
ore 18
Conversazione fra Corrado Augias, giornalista e scrittore, e Alberto Rollo, direttore letterario di Feltrinelli Editore, in occasione del cinquantenario della prima edizione del Il giardino dei Finzi-Contini.
La menzogna sul salvataggio degli ebrei in Bulgaria
di Gabriele Nissim
Stele a ricordo del ruolo di re Boris III
nel salvataggio degli ebrei bulgari
Nella piazza centrale di Sofia, dietro al Santo Sinodo, ci sono tre stele di granito. Una ricorda il salvataggio degli ebrei bulgari, la seconda onora Dimiter Peshev e i capi della chiesa ortodossa Stefan, Kiril e Sofroni che furono i grandi artefici di questa operazione, una terza invece enfatizza il contributo fondamentale di re Boris III al salvataggio degli ebrei bulgari.
Un cambiamento radicale si imporrebbe per ripristinare la verità. Rimuovere la stele dedicata alla corona bulgara, che con il governo Filov fu responsabile delle leggi razziali e dello sterminio di 11 mila ebrei di Tracia e di Macedonia ed erigerne, invece, una nuova che ricordi le vittime bulgare dell'Olocausto. Per la Bulgaria sarebbe l'occasione di fare le sue pubbliche scuse, come è accaduto recentemente in Francia, quando il Presidente Hollande ha ricordato le responsabilità francesi nel rastrellamento degli ebrei.
Di questa falsificazione storica si è parlato nel coraggioso convegno organizzato da Yuliana Metodieva e dal Bulgarian Helsinki Committee che, per la prima volta a Sofia, ha invitato studiosi bulgari, americani, francesi e italiani e riunito attorno a un tavolo i rappresentanti greci e macedoni delle comunità ebraiche che, scortate dai soldati bulgari, furono deportate a Treblinka.
Per tre giorni si sono posti interrogativi che ancora dividono gli storici e che hanno provocato momenti di grande dibattito. Mai in Bulgaria c'era stato un confronto così acceso: finalmente sono infranti i tabù delle interpretazioni ideologiche di stampo comunista e di apologia monarchica.
Ci si è chiesto se il governo bulgaro fosse a conoscenza dei campi di sterminio quando le truppe consegnarono ai tedeschi gli ebrei di Tracia e Macedonia. Se fosse così, Boris e il Primo Ministro Filov dovrebbero essere accusati di collaborazione al genocidio. Come risulta da un colloquio tra il Primo Ministro e l'ambasciatore svizzero, Filov sapeva che gli ebrei andavano verso la morte.
E quale definizione dare dell'antisemitismo bulgaro? Era un fascismo ideologico, oppure il governo agiva per opportunismo politico con l'obbiettivo di rimanere fuori dalla guerra e riconquistare la Tracia e la Macedonia sacrificando gli ebrei? E quando si parla di salvatori è meglio indicare il ruolo degli individui oppure enfatizzare il ruolo della società civile, come se potesse esistere una società "buona" contrapposta ad un potere "cattivo"?
È una discussione che continuerà a lungo, ma il problema più complesso e scarsamente compreso dai partecipanti riguarda il modo attraverso cui una società può elaborare una riflessione autocritica sul passato.
La prima questione a porsi è quella di non trasmettere al governo e al Paese un messaggio punitivo. Ricordare i crimini del passato non significa cospargersi il capo di cenere recitando il mea culpa, ma affermare che avere memoria e assumersi la responsabilità del male compiuto fa onore al Paese e accresce la sua reputazione nel mondo.
Ecco perché ho proposto che il 9 marzo del 2013, in occasione del 70esimo anniversario dell'iniziativa di Dimiter Peshev, venga inaugurato un giardino dei Giusti che ricordi i salvatori degli ebrei, con una lapide in memoria dei deportati di Macedonia e Tracia. L'orgoglio per il salvataggio degli ebrei dell'interno deve andare di pari passo a una assunzione di responsabilità per quelli scomparsi nei campi. La memoria del bene accanto alla memoria della verità è la via della speranza.
La seconda questione più complessa è quella di non dimenticare che il mito di Boris in Bulgaria è radicato proprio a causa del passato comunista. Di fronte al gulag bulgaro e alle migliaia di vittime degli anni cinquanta, sono molti coloro che nella società preferiscono rivalutare la monarchia, dimenticando le sue responsabilità per le leggi razziali.
Tutto ciò spiega la reazione in sala quando è stato proiettato il documentario di Edward Gafney, Empty Boxcars, persecution, murder, and rescue.
Alcuni spettatori si sono chiesti perché si parla solo di ebrei e non delle vittime del comunismo. Gafney ha risposto che in un film non si può dire tutto. In realtà in Bulgaria bisogna dire tutto. Dopo la Shoah, un'altra persecuzione avallata dallo Stato ha dimostrato che la lezione della persecuzione antiebraica degli anni 40 non era stata 'elaborata' in Bulgaria dopo la guerra. Infatti durante il periodo comunista, seppur con metodi diversi, nuovi campi di concentramento sono stati costruiti, nonostante Auschwitz. E tra le vittime del terrore ci sono stati alcuni deputati che seguirono l'appello di Peshev per gli ebrei.
Se non si chiede alla Bulgaria di ricordare anche questo passato rimosso si rischia di creare una pericolosa concorrenza tra le memorie delle vittime ebraiche e delle vittime del totalitarismo e alla fine sono gli ebrei a subirne le conseguenze con l'accusa di guardare soltanto alle loro sofferenze e non a quelle degli altri. La stele a re Boris va tolta il più presto possibile, ma accanto a quella che ricorda gli ebrei di Tracia e Macedonia, ci sia anche una per le vittime bulgare del comunismo. È questo il migliore modo per non dimenticare Auschwitz in Bulgaria.
"La morte di mio fratello è rimasta senza giustizia"
Stefano Taché nel 1982 aveva solo due anni. Parla suo fratello Gadiel, testimone della tragedia, oggi a 34 anni continua a condannare quel terrorismo vigliacco e indiscriminato e torna a chiedere giustizia.
di Simona Casalini
Certamente volevano uccidere più persone, più piccoli ebrei. In quel giorno di festa, l'ultimo della Festa delle Capanne, quello dedicato alla maggiore età dei ragazzi, le raffiche di mitra e le schegge delle granate colpirono il piccolo Stefano Taché, di due anni e il suo fratellino Gadiel di 4 anni, insieme ad altre 37 persone ferite. Alcune portate a braccia al cattolico ospedale Fatebenefratelli dell'isola Tiberina proprio di fronte alla Sinagoga, altre con un elicottero che atterrò sulla banchina del fiume e altre in auto negli ospedali più vicini. Stefano morì dopo qualche ora, il fratellino di quattro anni rimase in condizioni critiche per settimane per i tanti frammenti di metallo che lo avevano investito. La mamma Daniela è una dolce signora che non ha mai voluto rendere pubblico il suo dolore e anche adesso dice "Scusate il mio riserbo, ma il mio è un ricordo e un dolore privato". Sarà Gadiel Taché, che ora ha 34 anni, a parlare per la famiglia e domani in Sinagoga sarà nelle primissime file a ricordare quel giorno, a pregare ancora una volta per il fratello ucciso.
- Gadiel, lei il giorno dell'attentato era a festeggiare in Sinagoga con suo padre, sua madre e Stefano, fratellino più piccolo di due anni. Ricorda qualcosa di quello che accadde? "No, di quel momento niente di niente, forse perché ero troppo piccolo o forse perché la mente di un bambino tende a rimuovere i traumi. Però mi ricordo le tante operazioni che ho dovuto subire per venirne fuori, ho avuto molte ferite, dentro e fuori. E ho sempre pensato a Stefano e mi piacerebbe moltissimo almeno poterlo ricordare".
- Cosa pensa ancora oggi di quell'attacco? "Prima di tutto che fu un'azione da gran vigliacchi. Quei terroristi sapevano che c'erano bambini e li hanno voluti colpire"
- Per la Memoria di suo fratello Stefano, per la prima volta il presidente Napolitano entrerà in Sinagoga. Come si sente? "Per ora ho tanta tensione ma, certo, sono contento. Sì, credo che sarà qualcosa di molto bello".
- Lei ha detto che qualche volta sente che suo fratello è un "bambino dimenticato". A cosa si riferisce? "Ancora non c'è stata nessuna giustizia per quell'attentato. Per la morte di Stefano nessuno ha pagato la colpa. Un bambino più fantasma di così?"
Spiegano dalla Comunità ebraica romana, che cambiò con il nome di largo Stefano Taché l'indirizzo istituzionale della Sinagoga: "Sulla storia e i retroscena di questo attentato rimangono molti interrogativi: su come fu organizzato, con quali aiuti interni al paese e sulla identità dei terroristi. Uno solo di loro è stato condannato in contumacia all'ergastolo, Osama Abdel Al Zomar. Fu arrestato in Grecia, subito estradato in Libia e non risulta che abbia mai fatto un giorno di carcere."
A pochi mesi dal lancio di Israele, King Holidays ha incontrato stampa e agenzie di viaggio per presentare i circuiti in programma in collaborazione con l'ente del turismo israeliano. Le due serate in Nord Italia, con cena in ristorante ebraico kosher, hanno illustrato tra l'altro il tour di gruppo ''La Terra Promessa'' di 8 giorni con partenze a date fisse (hotel 4 stelle e quote da mille 442 euro a persona, con voli di linea da Roma, Milano, Genova, Torino e Venezia). In alternativa, il circuito ''Giordania e Gerusalemme'' di 8 giorni che prevede Ammam, Jerash, Petra e il Wadi Rum, abbinato a due giorni a Gerusalemme. «Abbiamo deciso di inserire Israele in catalogo solo quest'anno - commenta Giancarlo Brunamonti, outgoing division manager - in occasione dei nostri primi 20 anni di attività e del lancio della programmazione su Asia e Medio Oriente. In realtà, lavoriamo da anni sulla destinazione, con gruppi e viaggi personalizzati grazie a un'ottima rete di corrispondenti locali. Con King Light, poi, puntiamo a rendere la destinazione anche conveniente dal punto di vista economico».
A differenza delle turistiche flottiglie dellodio antisraeliano che periodicamente attirano lattenzione del mondo, larticolo che segue presenta un esempio concreto e non strillato di aiuto reale che può essere dato agli abitanti della striscia di Gaza, con il pieno consenso di Israele. M.C. Andiamo davvero a Gaza per costruire una scuola del futuro
di Mario Cucinella
Khan Younis
BOLOGNA, 9 ottobre 2012 - Il mio sogno è quello di costruire una scuola che si alimenti da sola. Il luogo prescelto è Gaza. Quasi non servono spiegazioni sul perché sia tanto importante dare a questo territorio una risorsa autosostenibile in grado di dare un futuro all'intera comunità. Sono passati 5 mesi dall'ultima volta che vi avevo parlato di questo progetto - Building Green Futures - e, lo ammetto, nel frattempo di cose ne sono successe davvero tante.
A fine settembre, l'ufficio israeliano del COGAT ha dato la sua approvazione alla realizzazione del progetto nella striscia di Gaza. Senza il via libera di questo ufficio il progetto che avevamo nel cassetto non avrebbe mai visto la luce: penso sia valsa davvero la pena attendere la lunga trafila burocratica che ci ha portati fin qui, a un passo dalla costruzione di ciò che è sempre stato nella nostra testa.
Certo, prima di posare il primo mattone della scuola a basso impatto ci vorrà ancora qualche mese. Ma questa volta il percorso di approvazione passerà interamente attraverso le maglie dell'agenzia ONU per i rifugiati della Palestina (UNRWA). Il suo compito sarà quello di gestire le proposte dei donatori e garantire la disponibilità economica. L'obiettivo finale prevede almeno 2 mesi per bandire la gara - a cui parteciperanno imprese locali di Gaza - e aprire il cantiere dopo dicembre 2012.
Insomma, dopo aver ottenuto il nulla osta dall'autorità israeliana il nostro unico pensiero è questo: costruire la scuola che abbiamo immaginato finora.
Una scuola con pannelli solari montati sul tetto in grado di dare energia non solo alle sue classi, ma anche all'intero quartiere. Una scuola dove l'acqua di scarico venga depurata dalle piante che crescono nei giardini dove giocano gli studenti.
Ma il dettaglio fondamentale in tutto questo progetto riguarda sempre il fatto che questa scuola non verrà trapiantata a Gaza come se fosse un disco volante venuto da un altro pianeta. Mettere in piedi una struttura fatta di futuro e lasciare che nessuno sia in grado di capire come funziona resta - ovunque si viva - una assurdità totale. Ecco perché il progetto della scuola prevede anche un programma di follow-up e formazione per i tecnici del posto.
Questo è un progetto di crescita. Andremo a Gaza per seguire i lavori e aiutare le ditte del posto a portarli a termine. Non vedo altro modo all'infuori di questo per generare un impatto concreto sull'economia locale. Senza contare i nuovi posti di lavoro che nasceranno grazie al nuovo tessuto sociale che si troverà a crescere intorno alla scuola. Vi dirò di più, abbiamo anche stabilito dove verrà edificata: il posto si chiama Khan Younis, e si trova vicino al confine con l'Egitto.
La stessa zona che ospita un campo profughi e che è stata oggetto di un piano di ricostruzione lanciato nel 2008, grazie a cui sono state già inaugurate alcune nuove residenze lo scorso febbraio. A fianco della scuola sorge un centro di formazione tecnica dell'ONU: l'idea è quella di trasformare l'area in un vero e proprio distretto formativo. È un sogno che sta diventando realtà: dopo che avremo posato la prima pietra, ci vorranno circa 8 mesi di lavoro incessante.
Dal 28 ottobre 2012, Lufthansa Cargo avvierà il volo diretto tra Francoforte e Tel Aviv, che sarà svolto da un MD-11 con cadenza trisettimanale. Al ritorno è previsto uno scalo a Istanbul. Ma anche la compagnia tedesca subisce gli effetti della crisi.
Se il traffico aereo delle merci subisce un declino sulle rotte tra Asia ed Europa, su quelle verso il Medio Oriente rimane in crescita e anche le compagnie europee stanno puntando a questo mercato. Lo sta facendo Lufthansa Cargo, che dal 28 ottobre 2012 aprirà la nuova rotta diretta tra Francoforte e Tel Aviv, su cui prevede tre voli la settimana effettuati con un MD-11F. L'apparecchio decollerà dallo scalo tedesco il martedì, il giovedì e la domenica e da quello israeliano il mercoledì, il giovedì e la domenica. Al ritorno, il volo effettuerà uno scalo a Istanbul. Questo volo full freight si aggiunge alla stiva che viene dedicata alle merci sui 37 voli passeggeri settimanali di Lufthansa, e Austrian Airlines per gli scali israeliani. I principali prodotti esportati da Israele sono quelli farmaceutici, mentre in importo dalla Germania ci sono macchinari e componenti automobilistici.
La rotta per Tel Aviv è una della risposte dalla compagnia tedesca ad una crisi che sta toccando anche la Germania. Inizialmente, LH cargo ha spostato parte della stiva prima impiegata tra Asia ed Europa sulle rotte per gli Stati Uniti, ma ora anche questa relazione mostra una flessione. Il Ceo di Lufthansa Cargo, Karl Ulrich Garnadt, spera in una ripresa per il 2013, anno in cui dovrebbe arrivare il primo Boeing 777 Freighter, che fa parte di un programma di rinnovo della flotta, ora composta da MD-11F.
ROMA - Con il contributo dell'assessorato alla cultura del XX Municipio, l'associazione Ara Macao, sabato 6 ottobre, ha realizzato una giornata evento durante la quale è stato distribuito gratuitamente il libro gioco Safari d'arte per svolgere la caccia la tesoro e scoprire ed esplorare il Quartiere Ebraico e l'isola Tiberina. I libri gioco Safari d'arte permettono di esplorare la città, conoscere e scoprire i monumenti con mappa e indizi, come una vera caccia al tesoro.
Unire gioco e cultura, una proposta che che è stata ritenuta di grande utilità per avvicinare adulti e bambini alle bellezze artistiche di Roma e stimolare rispetto per tutte le diverse realtà che la compongono.
Molti i cittadini che hanno ritirato il libro e hanno così potuto svolgere un'attività ludico-didattica alla scoperta del Quartiere Ebraico e dell'Isola Tiberina. Il percorso infatti parte dal cuore del ghetto ebraico, tra i più antichi del mondo, per concludersi all'isola Tiberina.
Da piazza Mattei al portico d'Ottavia, l'antico mercato del pesce, per osservare antichi palazzi, bassorilevi di epoca romana inseriti in facciate medievali, avvolti dai profumi sprigionati dalle botteghe che preparano deliziosi dolci Kosher.
La Sinagoga, luogo di culto del popolo ebraico, sorge di fronte al ponte dei Quattro Capi che condurrà all'isola Tiberina, al centro del fiume Tevere. L'isola, sede dell'antico tempio di Esculapio, dio guaritore greco, è rimasta attraverso i secoli dedicata alla medicina, ospitando tutt'ora un ospedale. L'isola accoglie inoltre la chiesa di san Bartolomeo, riccamente decorata con affreschi e mosaici e le particolari quattordici colonne di diversa foggia.
Israele dispiega missili Patriot nei pressi di Haifa
GERUSALEMME - Israele ha dispiegato delle batterie di missili Patriot anti-missile nei pressi della città portuale di Haifa, nel nord del paese. Lo hanno riferito oggi i media israeliani. Due giorni fa un drone non identificato era entrato nello spazio aereo israeliano. Un portavoce militare ha confermato all'Afp che i missili Patriot, di fabbricazione americana, sono stati posizionati nei pressi di Haifa, ma non ha voluto precisare se il dispiegamento sia legato all'episodio di sabato. Una fonte della Difesa ha detto all'Afp che non è la prima volta che Israele dispiega delle batterie di missili Patriot nei pressi di Haifa. Sabato i jet dell'aviazione israeliana hanno abbattuto il drone, che non era armato, sul deserto del Negev, dopo che era entrato nello spazio aereo israeliano dal Mar Mediterraneo, nei pressi della Striscia di Gaza. L'esercito israeliano ha detto di non credere che il drone sia entrato da Gaza, e che a inviarlo sia stato l'Hezbollah libanese.
Antisemitismo e islam: la Francia si scopre fragile
Intolleranza e paura, e ora si ridiscute dei miliardi del Qatar
di Tullio Giannotti
PARIGI, 8 ott - E' bastato un fine settimana inatteso, in cui si e' scatenata un'operazione antiterrorismo su tutto il territorio, perche' la Francia si scoprisse ancora una volta fragile ed esposta sul versante dell'antisemitismo ma anche dei rapporti con l'islam delle banlieue. E in questo clima, si torna a discutere dei miliardi che da diverso tempo e in molti settori si riversano dall'emirato del Qatar verso la Francia. Sul versante dell'operazione antiterrorismo di sabato, la polizia cerca altri sospetti dopo l'arresto di 12 persone, meta' delle quali fermate a Cannes, sulla Costa azzurra. La cellula islamica radicale e' accusata del lancio di un ordigno contro una drogheria kosher e di avere pianificato un'altra serie di progetti terroristici antisemiti.
Andando incontro alla preoccupazione della comunita' ebraica di fronte alla minaccia antisemita dell'islam radicale, il presidente Francois Hollande ha deciso di rafforzare la sicurezza di fronte ai luoghi frequentati da ebrei. Nei covi dei fermati e in particolare nell'appartamento di Strasburgo dove e' stato ucciso il leader della cellula, l'aspirante ''martire'' Jeremie Louis-Sydney, ci sono oltre alla letteratura radicale, alle armi e al materiale informatico, liste di associazioni ebraiche e quattro testamenti con invocazioni ad Allah. Manuel Valls, ministro dell'Interno e personalita' rampante del governo socialista, ha parlato ai microfoni di RTL di ''terrorismo interno'', in quanto tutti i fermati sono francesi, ed ha puntato l'indice contro l'indottrinamento che si riceve in carcere o su internet, senza contare i programmi ricevuti via satellite dal mondo arabo-musulmano. Yves Bonnet, ex capo dei servizi francesi negli anni Ottanta, coglie l'occasione per rimettere in discussione la valanga di miliardi che dall'emirato del Qatar si stanno riversando sulla Francia - dal Paris Saint-Germain nel calcio al finanziamento di un progetto di rilancio delle banlieue che fa molto discutere - accusando sauditi e qatarioti di doppio gioco, in pratica di avere un ruolo di sostegno dell'islam radicale. Gli risponde indirettamente il quotidiano Le Monde, che oggi si chiede 'Chi ha paura del Qatar?' ma che in prima pagina dedica il suo editoriale all'antisemitismo risorgente nel Paese, sulle ceneri di quello che ''rinviava sugli ebrei alla fine del XIX secolo tutti i pregiudizi razzisti dell'epoca''. ''E' in nome di questo antisemitismo - continua Le Monde - che Ilan Halimi e' stato rapito e torturato a morte dalla 'gang dei barbari' nel 2006''. Ed e' per questo antisemitismo che a Tolosa, per mano del killer Mohamed Merah dei bambini sono stati uccisi ''in quanto ebrei'' per la prima volta dalla seconda guerra mondiale in Francia.
Domani il trentennale dell'attentato della Sinagoga di Roma
ROMA, 8 ott. - Era un sabato mattina di 30 anni fa, il 9 ottobre 1982, alla fine dello Shemini' Atzeret che chiude la festa di Succot. Le famiglie uscivano dalla sinagoga di Roma con loro bambini che avevano appena partecipato alla cerimonia per la "maggiore eta' religiosa", quella che segna il passaggio all'eta' adulta dei piccoli membri della comunita', quando gli attentatori lanciarono prima delle granate tra la folla e poi spararono con mitragliatrici. Una strage che porto' al ferimento di 37 persone e alla morte del piccolo Stefano Gay Tache' di soli due anni. Il trentennale dell'attentato sara' ricordato a Roma, nella sinagoga, il 10 ottobre con una cerimonia alla quale presenziera' anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Alla celebrazione, che avverra' con un giorno di ritardo rispetto alla ricorrenza proprio per la coincidenza della festivita' ebraica del Succot, parteciperanno molti dei feriti e dei testimoni dell'attentato, oltre a Gady Gaj Tache', fratello della piccola vittima Stefano Gaj Tache', caduto sotto i colpi del commando. Saranno presenti, fra gli altri, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e altre autorita' locali, il presidente dell'Unione delle Comunita' ebraiche Renzo Gattegna, il presidente della Comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Saranno inoltre proiettate immagini dalle teche Rai dell'attentato di 30 anni fa.
Del gruppo di attentatori venne individuato solo uno, arrestato in Grecia e successivamente estradato in Libia nonostante le richieste di estradizione avanzate dall'Italia. Dal momento dell'estradizione si e' persa qualsiasi traccia dell'attentatore.
(Adnkronos, 8 ottobre 2012)
Dopo l'abbattimento del drone l'Iran dice che Israele è "vulnerabile"
DUBAI - L'incursione di un velivolo senza pilota nel fine settimana in territorio israeliano ha dimostrato la debolezza delle difese aeree israeliane, ha detto oggi il vice coordinatore delle Guardie della Rivoluzione iraniane.
Sabato scorso le forze armate israeliane hanno abbattuto un drone che aveva appena attraversato il confine sud e di cui al momento non è chiara la provenienza.
Jamaluddin Aberoumand, vice coordinatore delle Guardie della Rivoluzione, citato dall'agenzia di stampa iraniana Fars, ha detto che la difesa anti-missile israeliana, la cosiddetta "Cupola di ferro", "non funziona e manca della necessaria capacità".
Il sistema "Iron Dome" - finanziato anche dagli Usa - è stato realizzato allo scopo di abbattere razzi a corta gittata sparati dai guerriglieri, non aerei che volano a bassa velocità.
Il sistema ha intercettato oltre l'80% dei bersagli a marzo, disse all'epoca il Pentagono.
Il drone di sabato scorso è stato segnalato per la prima volta sul Mediterraneo, vicino alla Striscia di Gaza, ha detto un portavoce militare, ed è stato poi abbattuto da un aereo
Un parlamentare israeliano ha detto che si trattava di un drone iraniano lanciato dal movimento libanese Hezbollah, ma Teheran non ha rivendicato il lancio.
Immagini aeree di uno stormo di pellicani che sorvola un lago nelle vicinanze si Afula, Nord Israele. Siamo nella valle del fiume Giordano, che in questo periodo dell'anno diventa crocevia e punto di sosta di numerose specie di uccelli migratori che dall'Asia settentrionale fanno rotta verso Sud, in direzione Africa.
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La cantante ospita il maestro e porta in scena cinema italiano
TEL AVIV, 7 ott - Un premio Oscar e una grande interprete: insieme - complici le note di 'La vita e' bella' - hanno incantato ieri sera il pubblico di Rishon Lezion (centro di Israele) in un concerto che ha portato l'Italia sul palcoscenico. L'Italia delle musiche per il cinema (dai fratelli Taviani, a Nanni Moretti, Mario Monicelli, Giuseppe Tornatore, Federico Fellini) composte da Nicola Piovani e le canzoni di Noa, sospesa tra occidente e oriente, fusa in un mix etnico unico.
Si aprirà fra pochi giorni a Tel Aviv la conferenza delle associazioni internazionali Amici del Magen David Adom, organizzazione nata in Israele nel 1930 con funzioni analoghe a quelle della Croce rossa. Per la prima volta, oltre alle nutrite delegazioni australiane, americane, tedesche, parteciperà anche la neonata Amici del Magen David Adom Italia, fondata a Milano da un comitato guidato dall'imprenditore Sami Sisa, che ne è diventato presidente.
"Il Magen David Adom è un'organizzazione fondamentale per la vita dello stato d'Israele, non soltanto in quanto ente responsabile dei servizi di pronto soccorso, ma anche perché gestore dell'unica banca del sangue che esiste nel paese - spiega Sisa - Pur essendo un'associazione costituita per legge, non riceve aiuti diretti dal governo. Ecco perché i gruppi di supporto sono così importanti per la sua esistenza". Tanti i progetti che Amici del Magen David Adom Italia si propone di portare avanti "Vogliamo innanzitutto sensibilizzare il pubblico sul lavoro che il Magen David Adom svolge, anche perché crediamo che possa aiutare a raccontare un aspetto di Israele che la gente non conosce, quello di una nazione che guarisce, che studia le tecnologie più avanzate per portare soccorso a tutti. Naturalmente le nostre attività saranno concentrate qui in Italia. Per esempio siamo già in contatto con alcune scuole per portare degli istruttori israeliani a tenere corsi di primo soccorso nelle classi. E poi certo, per quanto possibile in questo momento di crisi, cercheremo di raccogliere fondi. Quello che chiediamo è un piccolo sforzo per obiettivi molto concreti: comprare ambulanze, telefoni satellitari, rifugi prefabbricati, kit di pronto soccorso".
Gli hot dog sfrigolavano sulla brace, lo shish kebab sui barbecue alzava odorose volute di fumo, i ragazzini con le facce dipinte camminavano con enormi contenitori di pop corn in mano, si sentiva l'eco delle rock band che si alternavano sul palco. Tutti stavano col bicchiere di birra in mano mentre passeggiavano tra le bancarelle con i prodotti dell'artigianato locale, olio e dolci ipercalorici. Era questa l'atmosfera oggi a Taybeh, villaggio cristiano di 1.600 anime in Cisgiordania venti chilometri a nord di Gerusalemme che ospita l'annuale Oktoberfest. Per la festa della birra anche quest'anno è stato invaso per i due giorni della kermesse da migliaia e migliaia di visitatori, famiglie palestinesi - cristiane e musulmane - diplomatici, operatori umanitari e turisti. Dalla fabbrica che prende il nome del paese, un fiume di birra alla spina per tutti. Bionda, scura e anche quella analcolica per i fedeli dell'Islam.
Ha vinto la sua scommessa Nadim Khoury, palestinese cristiano, mastro birraio tornato dall'America vent'anni fa per buttarsi insieme a suo fratello David in questa avventura che ha un po' il sapore della follia: produrre birra in Medio Oriente. «All'inizio mi prendevano per pazzo», ricorda Khoury, «pensavano che fossi andato fuori testa. Tutti mi dicevano: come pensi di vendere birra in un paese a maggioranza musulmana?». Le cose sono andate per fortuna diversamente - «anche se è un business uno contro tutti», racconta sempre Nadim - dopo gli anni bui della seconda Intifada, oggi la Taybeh Brewing Co. è il miglior esempio delle possibilità di sviluppo economico della Palestina. L'azienda che ha puntato tutto sulla qualità del prodotto ha adesso venti dipendenti, le vendite crescono del 25% per cento l'anno, e l'anno scorso ha fatturato più di 2 milioni di dollari. Il business è in espansione, anche se la birra affronta molti ostacoli: la religione, la cultura, il divieto di pubblicità per le bevande alcoliche, l'occupazione militare con le difficoltà di spostamento. Le casse di birra spesso devono essere scaricate dai camion palestinesi ai check point, controllate una per una e ricaricate sui camion israeliani, operazione che spesso significa attese di ore sotto un sole cocente. Eppure dal 1995 la Taybeh Brewing Co. ha triplicato la sua produzione fino sfiorare ormai 1 milione di litri l'anno. Il 60 % è venduta in Palestina e a Gerusalemme Est, il 30% finisce nei pub e nei ristoranti israeliani che hanno iniziato ad apprezzare il prodotto e solo il 10% viene esportato, principalmente in Giordania, Giappone, Cile e Svezia. La birra è anche prodotta su licenza in Germania e venduta in Gran Bretagna. I distributori italiani avevano manifestato il loro interesse per importare la birra palestinese nelle grandi reti dei nostri supermercati un paio di anni fa, poi inspiegabilmente non se n'è fatto più nulla. Peccato.
La Francia rafforza la sicurezza delle sinagoghe dopo lattacco a Parigi
PARIGI, 7 ott. - La Francia decide il rafforzamento della sicurezza ai siti religiosi ebraici, dopo che nella notte proiettili a salve sono stati sparati contro una sinagoga a ovest di Parigi. Il presidente François Hollande ha promesso che l'estremismo sarà combattuto "con la più grande fermezza", dopo aver incontrato all'Eliseo il presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif), Richard Prasquier, e il presidente del concistoro delle comunità ebraiche, Joel Mergui.
Hollande ha detto che le autorità "nei prossimi giorni, nelle prossime ore" aumenteranno la sicurezza in modo che i luoghi religiosi ebraici non siano soggetti ad altri attacchi come quello alla sinagoga del sobborgo parigino di Argenteuil. Il Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) ha espresso solidarietà alla comunità ebraica, "assicurandole il proprio sostegno e la propria solidarietà fraterna di fronte a tutti gli attacchi contro suoi membri e istituzioni".
L'aereo senza pilota era stato avvistato ieri, prima dell'abbattimento da parte dell'Areonautica israeliana, vicino alla costa di Gaza. Giunto dal Mediterraneo - non si conosce con esattezza il luogo - è penetrato nello spazio aereo israeliano nel sud del Paese.
GERUSALEMME - E' giallo sulla provenienza del drone abbattuto ieri mattina dall'Aeronautica israeliana nel deserto del Neghev. L'allarme è scattato intorno alle 10.00 in Israele: un velivolo sconosciuto senza pilota ha violato lo spazio aereo dopo essersi avvicinato dal Mediterraneo, vicino alla costa di Gaza. Subito dopo due F16 dell'Aviazione israeliana - secondo la ricostruzione del media - hanno intercettato il drone e lo hanno affiancato, accompagnandolo in volo fino ad una zona isolata a sud del monte Hebron dove è stato abbattuto. Secondo il portavoce dell'esercito Yoav Mordechai, truppe dell'esercito sono quindi affluite in quella regione per localizzare i resti del drone e cercare di identificare il paese di provenienza.
MISTERO SULLA PROVENIENZA. Un punto questo che al momento ancora non è stato chiarito. Il portavoce ha anche spiegato che il velivolo - rimasto nello spazio aereo israeliano per meno di trenta minuti - non aveva a bordo esplosivi e non proveniva da gaza, come era invece stato ipotizzato da alcuni siti. Non ha invece voluto precisare come il drone sia stato abbattuto, limitandosi a dire che la località nel nord del deserto del Neghev è stata scelta per"ragioni operative e di sicurezza". Proprio ieri nella Striscia il ministero dell'interno del governo di Hamas aveva annunciato di aver condotto un'esercitazione sul campo di tutte le forze di sicurezza, spiegando che si era trattato di una "normale esercitazione', in linea con gli sforzi di mantenere sicurezza e stabilità nella striscia. sulla possibile provenienza del drone, la radio militare israeliana ha avanzato l'ipotesi del Libano: il velivolo potrebbe aver fatto un lungo giro prima di arrivare nello spazio aereo dello stato ebraico dalla parte della costa vicino Gaza. Nell'agosto del 2006 - ha ricordato il sito di Ynet - dopo la fine della seconda guerra del libano, l'aviazione israeliana intercettò due droni 'ababil' degli hezbollah. Uno dei due velivoli senza pilota fu abbattuto sul mare nello spazio aereo libanese, mentre il secondo fu colpito a nord della città israeliana di Haifa. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ringraziato l'esercito israeliano per il successo ottenuto nell'intercettare il drone: "Continueremo - ha detto - a difendere i nostri confini sul mare, in terra e in cielo per difendere i cittadini di Israele". Anche il ministro della difesa Ehud Barak si è congratulato con i militari: "Giudichiamo con grande serietà questo tentativo di entrare nel nostro spazio aereo e - ha detto esamineremo più tardi una nostra risposta".
Un alone di mistero circonda una nuova sinagoga appena inaugurata nel posto in assoluto più segreto di Israele: la centrale atomica di Dimona (Neghev).
Finora i dipendenti della centrale che desideravano concedersi qualche momento di riflessione e di preghiera dovevano riunirsi in un ambiente poco intimo: un severo rifugio sotterraneo, non proprio confacente ai riti anche se - come impone la regola - si svolgevano di fronte ai tradizionali rotoli della Bibbia.
Per decenni la situazione è rimasta immutata fino a quando un magnate statunitense, Ira Renenart, ha deciso di regalare una sinagoga nuova e fiammante al Centro di ricerca atomica di Dimona.
In occasione della Festa ebraica dei Tabernacoli (Sukkot), che si celebra in questi giorni, le porte di questo luogo di preghiera si sono finalmente aperte: ma solo per il personale permanente della centrale. L'atmosfera di segretezza è tale che costoro non sono stati neppure autorizzati a divulgare una fotografia del suo interno che - secondo chi ci è stato - è lussuoso e vanta un raffinato design, sia negli arredi sia nell'armadio che custodisce i rotoli della Bibbia.
Malgrado la censura, la stampa precisa che all'esterno l'edificio della sinagoga presenta dei "grandi quadrati" i quali - non viene precisato come - ricordano in qualche modo le mosaiche Tavole della Legge. Per meglio apprezzare l'architettura dell'opera non resta adesso che attendere immagini aggiornate dai satelliti spia che presumibilmente seguono le attività di Dimona.
È arrivata Estelle, la nave pro-Palestina: le polemiche
A Napoli prima di salpare in direzione Palestina. Le associazioni filo-Israele: "Il sindaco de Magistris è ricaduto in tentazione. Si fa armatore della flottilla che provocherà un nuovo caso internazionale"
Estelle è arrivata al Porto di Napoli. Il viaggio umanitario della nave dell'associazione Ship to Gaza Sweden legata al movimento Freedom Flotilla e diretta a Gaza ha però suscitato molte critiche da parte delle associazioni filo- israeliane. Per Giuseppe Crimaldi, presidente dell'associazione Italia-Israele, il sindaco De Magistris è ricaduto in tentazione. "La propensione evidentemente tutta a senso unico, che il primo cittadino dimostra di nutrire per i palestinesi (il Comune ha dato il patrocinio all'iniziativa) e per chi li governa (Hamas) lo ha indotto a patrocinare e addirittura a farsi armatore della nave che tra qualche giorno rischia di provocare un nuovo incidente internazionale nelle acque del Mediterraneo. Ci saremmo aspettati una parola per la Siria e per il suo martoriato popolo. Ma, nella guerra civile scatenata da Assad, Israele non c'entra, e dunque è meglio pensare a cose propagandisticamente più appetibili. Il sangue degli innocenti siriani val forse meno quello di ogni altro essere umano? Ecco, sindaco, si imbarchi lei su una Flottilla diretta a Tartus o in uno dei porti della Siria. Sventoli pure tutti i vessilli del pacifismo, ma almeno lo faccia per tutti i popoli che soffrono".
(NapoliToday, 6 ottobre 2012)
Il sindaco De Magistris, nelle sue funzioni pubbliche, ha commesso contro Israele un atto gratuito, inutile e stolto sotto tutti i punti di vista. Non servirà alla "pace", non gioverà agli arabi dei territori palestinesi, non scalfirà di molto lo Stato d'Israele, danneggerà soprattutto gli abitanti del comune che amministra: i napoletani. Scelte sbagliate di questo tipo prima o poi si pagano (Genesi 12:3). M.C.
Nel corso dell'operazione antiterrorismo in tutta la Francia è stata ritrovata una lista di "organizzazioni ebraiche". Lo ha detto il procuratore. L'operazione è legata alle indagini su un attentato avvenuto a settembre a Sarcelles, sobborgo alla periferia settentrionale di Parigi, dove una bomba fu lanciata contro un negozio di alimentari 'kosher', provocando il ferimento leggero di una persona.
PARIGI, 6 ott - Un morto, undici arresti, elenchi di associazioni ebraiche come obiettivi, testamenti, armi: questi i principali risultati di una maxi-operazione antiterrorismo scattata all'alba in tutta la Francia contro un'organizzazione - "quasi una cellula", ha detto il procuratore - che stava per passare all'azione nel Paese.
Si indaga sugli obiettivi, ma nei covi sono state trovate liste di associazioni ebraiche.
Le retate sono state disposte nella massima segretezza dai servizi antiterrorismo, nell'ambito dell'inchiesta su un attentato del 19 settembre a Sarcelles, alla periferia di
Parigi. In quell'occasione fu lanciato in una drogheria kosher di quartiere un ordigno esplosivo, una persona rimase ferita lievemente ma tutta la comunita' ebraica locale rimase impressionata, ad appena sei mesi dalle stragi di Tolosa, dove un fanatico che aveva aderito all'islam radicale, Mohamed Merah, aveva ucciso tre bambini e un insegnante in una scuola ebraica.
A compiere l'azione di Sarcelles potrebbe essere stato Jeremie-Louis Sidney, 33 anni, nazionalita' francese, di recente convertito all'islam radicale. Era lui, hanno detto i
procuratori di Strasburgo e Parigi, l'obiettivo numero uno di questa vasta retata contro persone di nazionalita' francesi, nate fra gli anni Ottanta e i Novanta, simpatizzanti dei movimenti integralisti islamici. In ogni caso, Louis-Sidney
aspettava gli agenti che sono arrivati alle 6 al suo domicilio di Strasburgo sperando nell'effetto sorpresa. Era in piedi e non ha esitato a scaricare contro di loro il caricatore della sua Magnum 357, ferendo un agente alla testa e al torace.
La risposta e' stata immediata e il ricercato e' morto per le ferite gravissime riportate. L'agente si e' salvato grazie al giubbetto e al casco antiproiettile. Le sue impronte erano state trovate sulla bomba artigianale lanciata a Sarcelles, la polizia pero' lo aveva solo identificato grazie a una sua precedente condanna per traffico di droga e non era riuscita a rintracciarlo. Per il procuratore, era "un delinquente comune convertito all'islam" e "voleva morire da martire".
Poligamo, si era rasato la barba, segno che "stava per passare all'azione", continua il magistrato. Un altro dei fermati, residente a Torcy, vicino a Parigi, era armato di una calibro 22 canna lunga, arma "pronta a sparare", per il procuratore.
"Si tratta di un'operazione molto seria, di grande ampiezza - ha commentato il primo ministro Jean-Marc Ayrault - lanciata gia' da diverse settimane per smantellare reti terroristiche". Il presidente Francois Hollande ha parlato della "completa
determinazione dello Stato nel proteggere i francesi contro tutte le forme di minaccia terroristica".
Le altre persone fermate - l'ultima, l'undicesima, a Nizza in serata - sono per lo piu' note alla polizia per precedenti fatti di delinquenza comune ma avevano costituito "un'organizzazione, quasi una cellula", per il procuratore. Le loro intenzioni risultano dal materiale sequestrato: quattro "testamenti", molte armi, libri islamici di ispirazione radicale, una "lista di associazioni ebraiche della regione di Parigi".
L'inchiesta, dice la procura, dovra' "determinare quali fossero gli eventuali progetti terroristici dell'organizzazione.
Oggi è l'anniversario di una breve guerra combattuta nel 1973: i protagonisti furono Israele, il padre di Bashar al-Assad, l'Egitto e la crisi economica
Il 6 ottobre 1973 iniziò la cosiddetta guerra dello Yom Kippur, in cui furono coinvolti Siria, Egitto ed Israele. Quella dello Yom Kippur fu la più grande guerra combattuta in Medioriente fino a quella del Golfo e portò a alla crisi petrolifera del 1973, un embargo delle esportazioni di petrolio nei paesi occidentali che aggravò molto la crisi economica che in quegli anni aveva cominciato a colpire Europa e Stati Uniti.
La situazione del Medioriente, seppure molto cambiata da allora, ha alcune cose in comune con quella dell'ottobre del 1973. Negli ultimi mesi Israele ha minacciato sempre più chiaramente di intervenire contro l'Iran, un gesto che secondo tutti gli analisti scatenerebbe una guerra regionale in tutto il Medioriente. Questa crisi porterebbe certamente a una crisi petrolifera, che potrebbe aggravare anche molto l'attuale crisi economica. Anche gli avvenimenti di questi giorni tra la Turchia e la Siria, guidata dal figlio del dittatore che scatenò la guerra nel 1973, minacciano una crisi simile, mentre la nuova leadership egiziana ha raffreddato i suoi rapporti con Israele, che erano migliorati proprio a partire dalla guerra dello Yom Kippur.
LE CAUSE - Alla base del conflitto ci fu uno dei problemi ancora attuali e irrisolti nella questione israeliana, cioè i confini del '67. Si tratta di quei territori che Israele annetté in seguito alla Guerra dei sei giorni, un attacco preventivo lanciato da Israele contro Egitto, Giordania e Siria nel 1967. In seguito a questa brevissima guerra, Israele conquistò il Sinai, le alture del Golan a nord e la Cisgiordania, cioè quella parte di Giordania a occidente del fiume Giordano e Gerusalemme est (tranne il Sinai e la Cisgiordania sono territori ancora controllati da Israele),
A portare alla guerra, nel 1973, furono Anwar Sadat, dittatore egiziano, da poco succeduto ad Abdel Nasser, e Hafez al-Assad, dittatore siriano, padre dell'attuale dittatore, Bashar al-Assad. Entrambi erano nazionalisti laici, esponenti di quel movimento nazionalista panarabo (cioé basato non sulla religione musulmana, ma sulla comune appartenenze all'etnia araba) che aveva portato a diversi esperimenti, tutti falliti, come la Repubblica Araba Unita (un'unione durata tre anni tra Siria ed Egitto) e poi la Federazione delle Repubbliche Arabe.
Entrambi i paesi si trovavano in una grave situazione economica, osteggiati dalle minoranze religiose interne (in particolare dai Fratelli musulmani in Egitto) e spinti dai ceti più istruiti e nazionalisti, cioè la base del loro consenso, a riprendere i territori sottratti da Israele con la guerra del 1967. Quando, con la conferenza di Oslo, le grandi potenze decisero di mantenere lo status quo in Medioriente, Sadat e Assad presero la decisione di un attacco a sorpresa contro Israele.
LA GUERRA - La data scelte per l'attacco fu il 6 ottobre, giorno dello Yom Kippur, la festività più solenne del calendario ebraico, durante la quale i fedeli devono praticare la preghiera e il digiuno. L'attacco, quasi completamente inaspettato, colse di sorpresa e letteralmente a digiuno tutto l'esercito israeliano, causandogli gravi perdite. Curiosamente, lo Yom Kippur quell'anno coincise con il Ramadan e così anche le truppe siriane ed egiziane erano a digiuno.
L'azione militare inizò alle 14 del 6 ottobre 1973. Quella mattina Golda Meir, primo ministro israeliano, si incontrò con i suoi generali. Fu avvertita che probabilmente entro breve la Siria e l'Egitto, e forse anche la Giordania, avrebbero lanciato un attacco, e le fu chiesto se bisognava applicare il piano previsto per quelle occasioni, cioè lo stesso usato nel '67: un attacco preventivo su larga scala. Meir rifiutò, dicendo che se avessero attaccato per primi avrebbero perso la possibilità di ottenere aiuti dall'Occidente.
In seguito a quella riunione, venne dato l'ordine di mobilitare parte dell'esercito, ma l'attacco fu comunque una sorpresa quasi perfetta. Da ovest gli egiziani oltrepassarono il canale di Suez che divideva il Sinai occupato dall'Egitto e nel primo giorno di ostilità portarono 100 mila uomini e circa 1500 carriarmati sulla sponda israeliana. Lo stesso successo lo ebbero i siriani, che riuscirono ad occupare le alture del Golan nel primo giorno di combattimenti.
Lo shock per l'intero paese fu così grande che questa settimana il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto: «Ogni anno, quando cade lo Yom Kippur, i nostri pensieri non possono fare a meno di andare alla guerra dello Yom Kippur». La popolazione israeliana all'epoca viveva nel mito della capacità dell'esercito (e in particolare della sua aviazione, dotata di moderni aerei americani) di poter fermare, in anticipo qualunque tentativo di invasione. Ma all'epoca l'impianto di missili antiaerei sovietici - i SAM, gli stessi che in Vietnam abbatterono l'aereo dell'ex candidato alla presidenza John McCain - quasi annullò il vantaggio israeliano, costringendo il paese a combattere una sanguinosa guerra di terra.
Soprattutto nei primi giorni, le perdite israeliane furono gravissime. I carriarmati israeliani furono lanciati contro le divisioni egiziane e siriane nel disperato tentativo di rallentarne l'avanzata mentre il resto dell'esercito veniva mobilitato. Moltissimi carristi israeliani furono uccisi dalle nuove armi anticarro sovietiche. Intanto, nelle città israeliane c'erano blackout continui mentre tutti i giorni le sirene suonavano per avvertire dell'arrivo degli aerei egiziani e siriani. Per qualche giorno agli israeliani sembrò che la guerra potesse portare alla sconfitta e, forse, alla fine del loro stato.
Nel giro di una settimana, però, l'esercito israeliano riuscì a riorganizzarsi e a sfruttare la sua superiorità organizzativa e tecnologica. Le alture del Golan vennero riconquistate e il 14 ottobre, dopo una settimana di combattimenti durissimi, alcuni carriarmati israeliani oltrepassarono il canale di Suez entrando in territorio egiziano. Il contrattacco era guidato dal generale Ariel Sharon, che molti anni dopo divenne primo ministro del paese. Fu un evento che in Israele venne celebrato come una festa nazionale. Otto giorni dopo la risoluzione 338 dell'ONU impose il cessate il fuoco. Le ostilità terminarono definitivamente il 28 ottobre, quando ormai le divisioni israeliane erano pronte a puntare sul Cairo.
LE CONSEGUENZE - In 22 giorni di combattimento erano morti circa 15 mila soldati, poco più di duemila israeliani, e ne erano stati feriti quasi 40 mila. Nonostante la sconfitta finale, i successi che l'esercito egiziano riportò all'inizio della guerra contribuirono a ridare fiducia ai nazionalisti egiziani, che trattarono la pace da pari con Israele, riuscendo ad ottenere la smilitarizzazione del Sinai. Nonostante la fiducia riacquistata, molti leader arabi si convinsero che Israele non potesse venire battuta militarmente e questo, secondo gli storici, dette un grosso impulso alle trattative di pace.
In particolare, l'Egitto cominciò dopo la guerra a normalizzare i rapporti con Israele e la conclusione del trattato di pace tra le due nazioni nel 1979 portò all'espulsione dell'Egitto dalla Lega Araba, durata fino al 1989. Pochi anni dopo la firma della pace il dittatore egiziano Sadat fu ucciso in un attentato. I paesi produttori di petrolio, in risposta all'aiuto americano concesso ad Israele, cominciarono un embargo verso gli Stati Uniti e molti altri paesi occidentali, che sarebbe durato fino al 1974. Il prezzo del petrolio aumentò del 400% e questo causò la crisi energetica del '73 che ebbe effetti persino in Italia, segnando la fine (insieme anche ad altre cause) del lungo periodo di rapida crescita economica cominciato negli anni '50.
Israele esporta nel Sud Sudan il modello dei Kibbutz
di Michael Sfaradi
Goldberg con il rappresentante del governo
Negli ultimi anni uno dei problemi che più ha assillato l'Europa è stata l'immigrazione clandestina. Questo ha creato contrasti sia a livello politico, dove le varie nazioni dell'unione hanno dimostrato di essere bravissime a giocare allo "scarica barile" quando bisogna affrontare qualcosa di serio, sia sociale con le popolazioni che, nel giro di pochi anni, hanno visto stanziarsi sul loro territorio un numero esagerato di persone provenienti da terre e culture lontane.
La conoscenza degli altri è per tutti un momento di arricchimento, ma quando i numeri sono tali che gli equilibri si sbilanciano e le popolazioni autoctone sentono minacciare il loro modo di vita, la tensione cresce e, soprattutto in momenti di crisi economica come quella attuale, può avere improvvisi e violenti risvolti.
Anche in Israele, negli ultimi anni, l'ingresso di immigrati clandestini, soprattutto dal lungo confine desertico con l'Egitto, è stato un flusso pressoché inarrestabile fino al punto che il governo, dopo delle parentesi spiacevoli che hanno visto coinvolti immigrati clandestini e popolazione locale, ha deciso il rimpatrio nei paesi di origine di tutti coloro che non avevano permessi di lavoro o erano stati riconosciuti come rifugiati politici.
Queste persone, una volta tornate nei luoghi di origine, oltre ad aver visto crollare il sogno di una vita migliore, si sono improvvisamente ritrovati a dover combattere per la loro stessa sopravvivenza. Farlo, dopo aver conosciuto il benessere ed aver visto con i propri occhi cosa la vita potrebbe essere ma non è, diventa ancora più difficile.
La loro espulsione è stata vissuta molto male da gran parte della popolazione israeliana, è ancora vivo nella memoria collettiva il rifiuto di accoglienza da parte della quasi totalità delle nazioni europee nei confronti delle popolazioni ebraiche in fuga durante la seconda guerra mondiale. La polizia però, troppe volte, aveva tratto in arresto clandestini diventati ormai la manovalanza a basso costo della malavita organizzata e, infine, i rapporti dello Shin Bet, i servizi di sicurezza interni, davano per certo che all'interno delle comunità di clandestini ci fossero numerosi infiltrati di Al Qaeda e di altre organizzazioni terroristiche islamiche. Cellule dormienti che, al semplice ordine, avrebbero potuto colpire dall'interno. Davanti a queste informative e nell'impossibilità di poter trovare i soggetti in questione, il governo si è trovato e dover adottare l'unica strada possibile, il rimpatrio forzato.
La storia sarebbe potuta finire qui, ma quando c'è di mezzo Israele, e soprattutto gli israeliani, può anche esserci una piccola novità che rende meno amara la vicenda e può aprire una porta alla speranza. Michael Goldberg, un imprenditore israeliano, non è rimasto insensibile al dramma umano che si stava consumando e ha avuto la fantastica idea di riesumare il Kibbutz, un modello economico che nella ricca Israele è già passato a miglior vita da diversi anni, per impiantarlo proprio lì dove la maggioranza degli espulsi dal governo di Gerusalemme è dovuto tornare, il Sud Sudan. Certo il progetto è ambizioso e per portarlo a buon fine occorrono finanziamenti, ma Goldberg e il suo gruppo vanno avanti per la loro strada e il progetto pilota, che sorgerà non lontano dalla città di Juba, vedrà impegnati in massima parte proprio coloro che Israele non ha potuto accogliere.
Nei giorni scorsi Goldberg è riuscito a ottenere dal governo locale il permesso d'uso di un vasto terreno, si parla di mille dunam di terra, ogni dunam sono mille metri quadri. L'obbiettivo primario è costruire sul posto una scuola, un ambulatorio medico e un centro commerciale che darà lavoro a 72 persone. Arriveranno inoltre da Israele degli esperti di agricoltura moderna che addestreranno le maestranze locali fino a renderle completamente indipendenti e produttive.
Come fu nel 1800 per i primi pionieri israeliani anche in questi kibbutz ci sarà una direzione che verrà eletta a scadenze fisse e un modello di vita comunitario dove i servizi saranno generalizzati senza proprietà individuali. Lavoro, pasti caldi tutti i giorni, istruzione, assistenza sanitaria sono gli obbiettivi primari che Goldberg si è imposto in tempi brevi.
Quello che fu il primo nocciolo della moderna economia israeliana, così speriamo tutti, potrà forse essere da esempio costruttivo, un modello che si potrà ripetere per centinaia di volte in tutto il Sud Sudan nel costruire una modernizzazione e un innalzamento della qualità della vita che non costringa più degli esseri umani a migrazioni bibliche alla ricerca di improbabili eldoradi.
«I tuoi figli ritorneranno entro i loro confini» (Geremia, 31: 17)
La storia della nostra vita
di Leonardo Aseni*
In Israele questo é il periodo delle feste. Ormai stanno volgendo al termine e il paese si appresta a tornare alla routine quotidiana. Abbiamo iniziato con Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. Poi c'è stato Kippur, il giorno dell'espiazione. Ed ora Sukkot; la festa delle capanne. La festa di Sukkot ricorda la vita del popolo di Israele nel deserto durante il loro viaggio verso la terra promessa, la terra di Israele. Durante il loro pellegrinaggio nel deserto essi vissero in capanne. E' usanza che ogni famiglia costruisca una capanna e che trascorra parte della giornata all'interno di questa, compreso i pasti. E' scritto nella Torah: "Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti i cittadini d'Israele dimoreranno in capanne, perché i vostri discendenti sappiano che io ho fatto dimorare in capanne gli Israeliti, quando li ho condotti fuori dal paese d'Egitto". (Levitico 23;42-43)
Quando vi sedete a tavola per la cena di Sukkot, guardate le persone intorno a voi. Guardate i vostri figli, che vi guardano come se avessero qualcosa di meglio da fare, ma la verità è che stare con la propria famiglia è la cosa migliore che possiamo fare durante queste feste. Guardate vostra madre; non sarà a suo agio fino a quando il suo piatto speciale sarà servito. Cammina in cucina e torna al tavolo, avanti e indietro, come se avesse paura che se si sedesse non sarebbe più in grado di rialzarsi; la cena che offre fa capire quanto sia innamorata dei suoi figli. Guardate vostro padre che siede a capotavola, trasmette serenità e quel senso bellissimo di protezione a tutta la famiglia. Guardate i vostri fratelli o sorelle, rappresentano il più bel legame che avete con il passato e le uniche persone che faranno sempre parte del vostro futuro. Guardate la persona con cui avete scelto di vivere, vostro marito o vostra moglie. Li avete scelti, tra l'altro, per momenti come questi. Perché sarà pure bellissimo partire per un viaggio romantico a Parigi, ma avere una famiglia, proteggere i vostri figli, provvedere per la vostra famiglia e amare la persona che stava con voi in trincea durante una guerra chiamata vita, questo si che è una vera storia d'amore. Pensate poi a quelli che mancano, poiché la tavola della feste è sempre piena di gioia, ma è anche piena di ombre tristi; c'è sempre un ricordo di chi non è seduto alla nostra tavola ma che vorremmo fortemente. Guardate voi stessi in base a chi siete e a cosa voi rappresentate: un padre o una madre, un marito o una moglie, un figlio o un nipote, a volte si è tutti questi insieme. Tutti volti di "Eretz Israel".
Guardate tutto questo e cercate di raccontare a voi stessi la storia della vostra vita. Ed ecco il mosaico di questa nazione: milioni di storie che provengono da lontanissime parti di questo pianeta. Perché la storia del nostro esilio è la storia di milioni di persone che si ritrovano tutti seduti alla stessa tavola durante queste feste a testimonianza di come le tradizioni che l'ebraismo ci ha dato, ci abbiano protetti e portati fino a qui; il nostro ritorno a Sion è una, cento, mille, milioni di storie bellissime ma difficili. In ogni strada nello Stato di Israele, in ogni collina e in ogni angolo di questo paese c'è una storia. Sono tutte storie che fanno di questo paese un miracolo, un vero miracolo quotidiano di cui spesso ignoriamo l'importanza. Perché se lo Stato di Israele in questi giorni è piano di capanne, abbiamo dimenticato che Israele stesso è una grande capanna che ci protegge.
Le storie sono tutte diverse tra loro, e sono tutte uguali. Le storie dei moderni abitanti di Tel Aviv o dei i religiosi residenti delle colonie della Cisgiordania, le storie degli idealisti-socialisti dei Kibbutzim o degli ebrei di origine e cultura europea o le storie degli ultra ortodossi con i loro rigidi costumi. Pensate a voi stessi come un capitolo di questo enorme ed infinito libro.
Non dimenticate la vostra storia, siatene fieri poiché la "vostra storia" è un tassello fondamentale di un mosaico chiamato Israele. La storia di ognuno di noi è la storia di chi ha trovato in sé la forza di creare un mondo migliore, perché la terra degli ebrei è terra di tolleranza e di speranza, terra di guerra che vuole la pace.
Dobbiamo sederci a tavola e ricordarci della nostra storia, fare una fotografia delle persone che sono sedute e che erano sedute alla nostra tavola perché probabilmente con il tempo le persone si dimenticheranno di questo miracolo in cui gruppi di giovani, famiglie e persone di talento sono venute qui a vivere e hanno creato un paese in cui la vita di ognuno ha un senso profondo.
La nostra storia è nelle nostre mani. Noi pensiamo che le circostanze ci controllino, ma non è così. Chi siamo e le decisioni che prendiamo determineranno ciò che la gente dirà di noi tra un secolo.
Inoltre durante questa festa suggestiva, Dio ci dice di portare e di unire quattro specie: "E porterete nel primo giorno un frutto dell'albero hadar e rami di palma e un ramo dell'albero di mirto e salici del ruscello e vi rallegrerete davanti al Signore vostro Dio per sette giorni". Mettendo simbolicamente insieme queste piante, impariamo un'importante lezione di unità e fratellanza. Il cedro presenta sia gusto delizioso sia aroma fragrante, così allo stesso modo ci sono ebrei istruiti nella Torah e protagonisti di azioni positive nella loro vita. Così come il lulav (dattero) è di buon gusto, ma non ha fragranza, così ci sono in mezzo a Israele persone immerse nella Torah, ma incapaci di fare buone azioni verso il prossimo durante la loro vita. Come il mirto non ha gusto, ma produce una meravigliosa fragranza, così ci sono ebrei che anche se sono ignoranti e non si preoccupano minimamente della religione, sono occupati in buone azioni, rispettano e amano il prossimo. E come il salice non ha né gusto né odore, così ci sono ebrei ignoranti della Torah, dell'ebraismo ed incapaci di fare buone azioni per se e per gli altri. Però, solo quando tutti gli ebrei stanno insieme e sono legati strettamente tra loro come le spezie, la pianta e il frutto che uniamo a Sukkot, allora abbiamo "Am Israel" (il popolo di Israele).
Perché ogni giorno, il popolo di Israele si sveglia e decide di scrivere all'interno di un libro intitolato Israele, la storia della propria vita.
* Leonardo Aseni, 24 anni, molti dei quali vissuti a Milano ha deciso di andare a vivere in Israele, prendendone la cittadinanza e accollandosi quindi tutti gli oneri che questa scelta comporta.
Laureato in Filosofia nel 2011 presso l'Università Vita - Salute San Raffaele di Milano, nel settembre 2011 si trasferisce a vivere a Roma dove frequenta l'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze presso il Centro Alti Studi per la Difesa (Ministero della Difesa) dove acquisisce il Master in Studi Internazionali Strategico - Miliari. Nel giugno 2012 dà una svolta alla propria vita e realizza il suo sogno trasferendosi a vivere a Gerusalemme. Appassionato di politica estera, relazioni internazionali, strategia militare ma soprattutto tutto ciò che riguarda lo Stato d'Israele.
Germania - Sarà tolto il segreto agli atti di Monaco '72
Angela Merkel annuncia in una lettera la rapida pubblicazione dei documenti
BERLINO, 5 ott - La cancelliera tedesca Angela Merkel intende rendere pubblici, nel piu' breve tempo possibile, i documenti ancora secretati sul tragico sequestro compiuto da un commando di terroristi palestinesi di Settembre nero ai danni della squadra olimpica israeliana durante i giochi di Monaco del 1972, che si concluse con 17 morti. E' quanto ha spiegato, secondo un'anticipazione del quotidiano Passauer Neue Press, la stessa cancelliera in una lettera a Horst Seehofer.
Vendesi balcone di Herzl. Emiro del Qatar in corsa
All'asta lo storico albergo svizzero
di Massimo Lomonaco
GERUSALEMME, 5 ott - La foto e' passata alla storia: Theodor Herzl, padre del sionismo, affacciato al balcone di un albergo di Basilea: lo sguardo fisso verso l'orizzonte oltre il fiume Reno, mentre immagina un futuro per il popolo ebraico. Ora quel balcone appartenente alla stanza 117 del Grand Hotel Les Trois Rois, e' in vendita e tra i possibili acquirenti ci sarebbe - secondo quanto riporta la stampa israeliana - la famiglia reale dell'emirato arabo del Qatar.
La societa' dell'emiro, lo sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, ha del resto gia' investito centinaia di milioni di franchi svizzeri nell'acquisizione di hotel di lusso nelle citta' svizzere di Berna e Losanna. Herzl - occhi ispirati e folta barba sumerica - fu fotografato nel 1901 sul balcone di quella storica stanza, dove risiedeva mentre in citta' si svolgeva il Quinto Congresso sionista. Era da non molto ritornato da un incontro importante: quello con il sultano Abdul Hamid II, sovrano dell'Impero Ottomano di cui la Palestina era una provincia. Un passaggio di rilievo, visto che in quella parte del regno sarebbe dovuto sorgere 'lo stato ebraico' vagheggiato da Herzl e alla cui realizzazione il giornalista di origini ungheresi stava dedicando la vita. Non a caso, il convegno di Basilea varo' infine la costituzione del Fondo nazionale ebraico, ente a cui fu assegnato il compito di acquistare terreni in Palestina.
La potenza evocativa della foto - come e' avvenuto per molte altre - ha colpito nel profondo l'immaginario collettivo ebraico: non c'e' quasi luogo pubblico in Israele dove l'immagine di Herzl affacciato al balcone non sia esposta. Al tempo stesso quella foto ha reso la location un luogo storico: la stanza 117 dell'hotel porta infatti il nome del fondatore del sionismo ed e' diventata un'attrazione turistica per i visitatori di Basilea. L'albergo stesso - uno dei piu' famosi al mondo - e' gia' di per se' un cult: la lobby e le stanze hanno infatti ospitato nel corso degli anni i nomi piu' importanti della storia e della cultura europei, e non solo.
Ora pero' - ha spiegato la stampa israeliana citando media svizzeri - l'uomo d'affari Thomas Straumann ha annunciato un piano di dismissioni non solo del 'Les Trois Rois' ma anche di un altro albergo di lusso, il 'Bellevue'. Uno dei potenziali acquirenti - come ha segnalato il giornale svizzero Der Sonntag - sarebbe appunto la societa' d'investimenti immobiliari dei ricchissimi reali del Qatar. Il 'balcone' della celebre foto potrebbe cosi' passare nelle mani di un destinatario che, forse, neppure Herzl avrebbe potuto immaginare.
Sette film italiani al festival del cinema di Haifa
GERUSALEMME 5 ott. - Sono sette i film italiani che in questi giorni vengono proiettati in Israele nell'ambito della 28esima edizione dell'Haifa International Film Festival (Iff), il piu' importante appuntamento nel Paese per appassionati e addetti ai lavori. Il Bel Paese schiera alcune delle pellicole piu' recenti che hanno ottenuto un vasto successo di pubblico e di critica, come 'Romanzo di una strage' di Marco Tullio Giordana e 'Reality' di Matteo Garrone. In programma anche 'A.C.A.B.: All Cops Are Bastards' di Stefano Sollima, 'Padroni di casa' di Edoardo Gabbriellini e 'Io sono Li' di Andrea Segre, una storia poetica e toccante sull'immigrazione cinese nel Nordest che ha visto la sua protagonista Zhao Tao vincere il David di Donatello 2012 come miglior attrice protagonista.
Ma non mancano alcuni classici come 'Viaggio in Italia' di Roberto Rossellini e 'Io e te' di Bernardo Bertolucci. La partecipazione italiana e' stata organizzata in collaborazione con l'Istituto di cultura di Haifa. La kermesse, che si chiudera' lunedi' 8 ottobre, si svolge nella splendida cornice del Monte Carmelo: sono 280 quest'anno le pellicole da tutto il mondo in cartellone che richiamano migliaia di persone da dentro e fuori i confini di Israele.
Interrogazione sull'iniziativa pro-Hamas di De Magistris
ROMA, 5 ott - ''In Italia, come del resto in Europa, Hamas viene ritenuta organizzazione terroristica con la quale ogni rapporto e' pregiudizialmente escluso. A Napoli invece il sindaco De Magistris si e' sentito in diritto di scegliere Hamas come interlocutore privilegiato di una propria politica internazionale''. Lo afferma il senatore Pdl, Luigi Compagna del Pdl che in merito ha presentato una interrogazione al presidente del Consiglio e ai ministri Terzi e Barca.
''Non solo - aggiunge Compagna - nella sua ostinazione a non voler incontrare i rappresentanti dell'associazione Italia - Israele vi e' quasi antisemitismo. C'e' una Napoli civile che merita rispetto da parte dell'esecutivo''.
Chi l'avrebbe mai detto che le visioni di Donato Manduzio avrebbero portato in futuro alla nascita di una comunità ebraica ben radicata nel comune di San Nicandro Garganico, in provincia di Foggia?
LA STORIA DI DONATO MANDUZIO - Haaretz ci racconta la storia di questa comunità, nata dalla passione di un disabile della prima guerra mondiale, Donato Manduzio, il quale nel 1930 decide di abbracciare la fede ebraica a seguito di una visione. Manduzio portò a se decine di seguaci tra i suoi vicini, gente povera e desiderosa di una speranza. Questi diedero vita ad una versione dell'ebraismo tutta particolare che in un certo modo sopravvisse anche a seguito della conversione di massa degli anni '40.
L'IMPORTANZA DI SENTIRSI EBREI - La conversione si rese necessaria a seguito della forma particolare di ebraismo indotta dal Manduzio. Ancora oggi la comunità di San Nicandro rappresenta un unicum. Per quanto non seguano i dettami dell'ebraismo, loro si sentono assolutamente ebrei. Per dirne una, Manduzio rifiutò la circoncisione. Eppure si rispetta la tradizione del sabato e del cibo kosher. Oggi la comunità di San Nicandro, formata da 35 persone, per lo più donne, riceve visite da rabbini, studiosi ed altri ebrei provenienti da diverse località del sud.
LA CONVERSIONE FORZATA DI 500 ANNI FA - Lo scorso anno gli ebrei di San Nicandro sono stati formalmente convertiti secondo i principi ortodossi. Per quanto, come detto, rappresentino un unicum, sono l'esempio di come nel sud Italia siano molti i cittadini che stanno abbracciando l'ebraismo. 500 anni fa questa religione venne di fatto "eliminata" attraverso le conversioni obbligate. Nonostante questo le tradizioni sono rimaste vive fino ai giorni nostri. A confermarlo il rabbino capo di Napoli e del sud Italia, Scialom Bahbout, il quale sta cercando di riunire i "dispersi" tra Puglia, Calabria e Campania per generare un movimento ebraico.
L'INCONTRO A TRANI - Nei primi giorni di settembre decine di ebrei provenienti dal tutto il Sud si sono ritrovati a Trani per una particolare celebrazione dedicata al sabato ebraico, manifestazione che rappresentava l'atto finale del "Lech Lecha", un festival culturale ebraico dalla durata di una settimana ospitato a Trani ed in altre nove città pugliesi. Anche se a Trani non ci sono ebrei, questa città portuale ha rappresentato un luogo in cui tale religione ha potuto mostrarsi liberamente. La prima edizione del festival è avvenuta nel 2004, ovvero quando è stato possibile prendere possesso di una sinagoga medioevale convertita in Chiesa e poi sconsacrata.
CELEBRAZIONI INTIME - In quest'occasione gli ebrei del sud s'incontrano e condividono le loro storie, le quali rappresentano l'ideale continuità con la tradizione di San Nicandro. Nessuno di loro ha mai ostentato il proprio essere ebreo ma nell'intimo delle loro case tutti hanno celebrato i dettami del talmud, ovvero l'osservanza del Sabato e la circoncisione, giusto per nominare due riti. A volte capita di trovare persone le quali in famiglia mangiavano solo cibo kosher preparato dalla madre, giusto per essere sicuri.
Soddisfazione, da parte delle massime rappresentanze ebraiche e islamiche di Germania, è stata espressa in seguito all'intesa appena raggiunta dal governo tedesco su una proposta di legge per regolare la pratica della circoncisione. La notizia arriva a pochi mesi di distanza dalla ben nota sentenza del tribunale di Colonia che aveva equiparato la pratica rituale a una forma di lesione dolosa. Un pronunciamento che aveva suscitato stupore e sdegno in tutta Europa e l'intervento tra gli altri del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna che, in un messaggio inviato al suo omologo tedesco Dieter Graumann, aveva affermato: "L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane approva il vostro preciso e circostanziato intervento a difesa della libertà religiosa e la decisione di investire direttamente il Parlamento tedesco della questione al fine di impedire che possano essere violati principi praticati in tutte le democrazie progredite e che stanno alla base della convivenza fra i popoli".
In futuro, prevede il documento, non saranno punibili le operazioni di circoncisione sui minori praticate rispettando determinati standard medici. Le circoncisioni rituali, in particolare, potranno essere eseguite entro sei mesi dalla nascita del bambino anche da rappresentanti della comunità religiosa con competenze specifiche. I genitori dovranno essere inoltre informati delle conseguenze e dei possibili rischi dell'intervento e bisognerà in ogni caso tenere conto della volontà dei bambini più grandi.
La piccola regione autonoma ebraica sopravvive ormai quasi senza ebrei. Scartati il Caucaso e la Crimea per timore di crisi di rigetto da parte dei locali, non si trovò di meglio che l'attuale territorio all'estremità orientale della Siberia
di Mazzetta
Il territorio offerto da Stalin agli ebrei non era il paradiso, ma per molti ne è valsa la pena.
IL PIANO - L'idea di costituire una regione autonoma ebraica fu abbastanza coerente con la politica d'organizzazione e assimilazione di interessi e istanze collettive all'interno del partito comunista. Dare una terra agli ebrei significava offrire un'alternativa sovietica, socialista e internazionalista al sionismo nazionalista e allo stesso tempo a togliere dall'orizzonte qualsiasi questione ebraica a inquinare l'ateismo di stato. Gli ebrei avrebbero avuto un oblast, un territorio tutto per loro da acconciare secondo la propria cultura e sarebbero entrati a pieno diritto nel mosaico d'etnie e d'autonomie comprese sotto il grande ombrello sovietico.
IL POSTO - Scartati il Caucaso e la Crimea per timore di crisi di rigetto da parte dei locali, non si trovò di meglio che l'attuale territorio all'estremità orientale della Siberia, a qualche centinaio di chilometri nell'interno rispetto a Vladivostok e appoggiata sul confine settentrionale con la Cina. Un territorio fertile, ma all'epoca scarsamente abitato, scoperto e percorso solo in epoche appena precedenti dagli esploratori e dai geografi russi. L'istituzione dell'oblast è infatti di poco successiva alle esplorazioni, tra gli altri, di Arsen'ev, che ricorderà l'esperienza in quella parte della Siberia nei suoi diari, dai quali verrà poi tratto uno dei capolavori di Kurosawa: "Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure". Il film, girato interamente nella taiga a metà degli anni '70, rende bene l'idea dell'epoca pionieristica.
LE REGOLE DEL GIOCO - Stalin non deportò gli ebrei in Siberia, il progetto fu sostenuto da una serrata propaganda e vennero create un'agenzia (KOM2ST o KOMERD in Yiddish) e un'associazione (OZET o GEZERcT in Yiddish). Il 28 marzo del 1928, il governo sovietico decise finalmente per l'ara di Birobidzhan, ad appena 6.000 km da Mosca, ma comoda al Pacifico. A fronte di adesioni decisamente modeste, il 7 maggio del '34 Mosca concesse finalmente lo statuto di Oblast con la promessa della promozione a repubblica quando gli ebrei avessero raggiunto le 100.000 unità o la maggioranza della popolazione, ma non accadde mai. L'idea per un po' godette del supporto entusiasta degli ebrei socialisti e comunisti della diaspora, tanto che anche alcuni americani si trasferirono nella nuova terra promessa. La nascita d'Israele era ancora a 15 anni e un Olocausto di distanza e il limite dei 100.000 ebrei non sembrava irraggiungibile, e con esso il sogno del primo stato ebraico, fosse anche destinato a diventare un'Israele di scorta o un'oasi ebraica in Oriente.
LO SCARSO APPEAL - Nonostante la propaganda sovietica avesse battuto le piste della diaspora facendo concorrenza all'agenzia ebraica che spingeva i correligionari in Palestina, Birobidzhan diventò presto una destinazione poco ambita, tanto che i tre quarti degli ebrei arrivati da altri paesi se ne andavano in media dopo un paio d'anni. Nel dopoguerra ci fu il picco dell'immigrazione e la comunità ebraica arrivò a toccare i 30.000, un quarto degli abitanti della regione, che a dispetto delle aspettative di Stalin non si faceva colonizzare dai pionieri sovietici e che tra le due guerre mondiali era un territorio vuoto alla mercé delle armate giapponesi che avevano invaso la vicina Manciuria cinese. Motivo che non fu secondario per la formalizzazione della generosa offerta da parte del dittatore.
OGGI - A Birobidzhan restano oggi alcune scritte in Yiddish, un'enorme menorah nel centro della città e poco più dell'1% della popolazione che può dirsi ebrea, anche se parecchi di più hanno ovviamente incrociato il sangue con quelli che sono andati e venuti. Quando poco dopo la dissoluzione dell'URSS arrivò l'agenzia d'immigrazione ebraica, quasi tutti quelli che poterono si trasferirono in Israele, che all'epoca offriva un paradiso occidentale a fronte della cronica miseria sovietica aggravata dalla disintegrazione dello stato. Alcuni sono però tornati, perché quella terra paludosa che passa dai -20 d'inverno ai 20 gradi d'estate è un posto molto più tranquillo d'Israele e oggi e una delle porte russe sulla Cina. Le sue poche decine di migliaia di abitanti sparsi su un territorio grande come la Svizzera, possono vivere molto meglio commerciando con il vicino meridionale, avido di materie prime che nella regione abbondano.
LO YIDDISH - Di ebraico restano comunque diverse insegne e iscrizioni, una nuova sinagoga un po' pacchiana costruita dai Lubavitch e l'uso dello Yiddish, che è insegnato nelle scuole e scritto su tre pagine del quotidiano locale. Fu proprio Stalin a imporre la scelta dello Yiddish, europeo e proletario, contro l'ebraico dell'elite rabbinica sionista e così oggi la lingua un tempo parlata da undici milioni di ebrei è insegnata solo in questo remoto angolo d'Asia, anche se sta scomparendo a favore del russo e del cinese. A dimostrare la penuria il fatto che non c'è e non si trova cibo kosher nei locali pubblici se non, ironia della storia, nell'unico ristorante cinese della cittadina, dove l'intraprendente cuoco ha imparato a preparare un paio di piatti tradizionali.
LA MODERNITA' - Birobidzhan non è più la stazione ferroviaria circondata da baracche che era negli anni '20 e '30, quando a spaventare i pionieri la notte si riempiva di lupi che arrivavano in gran numero in cerca di cibo, ma una moderna cittadina di provincia nella quale il tentativo di farne la Palestina sovietica e socialista ha lasciato tracce evidenti nel tessuto urbano e culturale, ma che oggi non conserva una presenza ebraica superiore a quella della media nei territori occidentali dell'URSS.
MOTIVI SOTTERRANEI - C'è una spiegazione razionale alla permanenza dello status di "regione ebraica" nonostante ormai gli ebrei siano appena il 2% e forse meno. Non si tratta di nostalgie staliniste, ma del fatto che l'oblast oggi è una zona economica speciale e trae enormi vantaggi dall'essere un'area quasi esentasse e, soprattutto, che perdendo il suo carattere ebraico perderebbe anche la sua autonomia e buona parte dei vantaggi che discendono dalla sua presunta eccezionalità e luogo d'elezione per gli ebrei. Anche per questo, qui come in altre zone della Russia, le agenzie che lavoravano per l'immigrazione israeliana sono state chiuse d'imperio.
UN POSTO TRANQUILLO - A Birobidzhan gli abitanti sembrano contenti e sottolineano che il riscaldamento e l'acqua non mancano mai, a differenza di quel che vedono accadere in altre parti della Russia e che apprezzano la tranquillità dei luoghi. Se infatti la regione ha un pregio indiscutibile è quello di aver rappresentato davvero un'oasi di tranquillità, isolata rispetto ai rivolgimenti epocali che hanno stravolto prima l'Unione Sovietica e poi la Russia, un posto nel quale lo spavento della guerra e delle rivoluzioni non è mai arrivato, persino le spietate purghe staliniane contro gli ebrei nel dopoguerra si sono risolte in pochi interventi macabramente esemplari. In questo la Palestina sovietica non poteva essere più diversa da quella mediorientale.
Fierezza dIsraele: il fuoristrada più potente del mondo
Per le sue elevate prestazioni è il fuoristrada più potente del mondo. Ido Cohen lha costruito nel suo kibbutz "Pardes hannah". Si chiama Zibar mk2 e ha una lista di comandi infinita. E' destinato a clienti militari, ma anche a cittadini pazzi per il volante.
Zibar è il primo veicolo israeliano che sarà presentato al salone dell'auto Sema di Las Vegas.
Ido Cohen in questo modo ha realizzato un sogno, e adesso ha fondato una società in Arizona per costruire altri Zibar e venderli in tutto il mondo.
Guidando il veicolo sul terreno si può capire perché ha tanto successo. Può andare dappertutto, e grazie al suo peso e al suo sistema meccanico di ruote, non si può capovolgere. E poiché è in grado di ricevere tutti i tipi di colpi, nessuno può fermarlo sulla sua strada. E adesso va a conquistare le strade del mondo intero.
Strage di Bologna - Raisi: dal governo conferme sulloccultamento della pista palestinese
ROMA, 4 ott - "La risposta che il Governo ha dato alla mia interpellanza urgente di oggi, con la quale chiedevo delucidazioni sul permesso accordato al capo dell'Fplp in Italia Abu Anzeh Saleh a recarsi a Roma nell'autunno del 1981 su richiesta esplicita dell'allora istruttore aggiunto Aldo Gentile, dell'ufficio istruzione del Tribunale di Bologna, per motivi concernenti la strage della Stazione, certifica in modo inequivocabile che diverse istituzioni italiane hanno lavorato all'epoca dei fatti per occultare la pista palestinese nell'attentato del 2 agosto 1980". Lo dichiara in una nota il deputato di Fli, Enzo Raisi.
"Appare infatti incredibile - prosegue Raisi - che un terrorista che ancora stava scontando la pena per il traffico di armi scoperto ad Ortona e che aveva l'obbligo di firma alla Questura di Bologna, città in cui risedeva, sia stato autorizzato a recarsi a Roma per incontrare qualcuno o fare qualcosa di attinente alle indagini sulla strage di Bologna. E' altrettanto incredibile che il governo abbia avuto conferma di questo fatto ma non ha rinvenuto alcun documento che attesti cosa Abu Saleh sia andato a fare concretamente a Roma e con chi si sia incontrato. La risposta della Presidenza del Consiglio - sottolinea Raisi - e' stata disarmante: il fatto che non si sia trovato alcun documento che dia risposta a quegli interrogativi, ne' tra le carte delle Procure interessate, ne' presso il Dipartimento Pubblica Sicurezza, ne' presso i nostri servizi di intelligence, significa che qualcuno ha fatto sparire le carte e che ogni traccia e' stata volutamente e sapientemente cancellata. Questa è probabilmente la conferma, l'ennesima conferma, che diversi corpi dello Stato hanno operato in sinergia per nascondere la pista palestinese che portava a Carlos e a Kram, il terrorista che la Commissione Mitrokhin accertò essere presente alla stazione di Bologna il giorno della strage. I nostri servizi di intelligence, in particolare l'Aise - prosegue Raisi - continuano a mantenere su questo caso un atteggiamento sicuramente non trasparente e non collaborativo. Da Parlamentare italiano oggi provo vergogna per questo comportamento, i familiari delle vittime e tutta la città di Bologna sono da anni in attesa della verità e quanto accaduto oggi in aula - conclude Raisi - dimostra come lo Stato italiano ancora oggi non sia in sintonia con loro".
Fiamma Nirenstein a De Magistris: rinunci al sostegno della flottilla antisraeliana
Luigi De Magistris
ROMA, 4 ott - "È con estrema preoccupazione e sconcerto che apprendo che il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha concesso il patrocinio del comune all'Associazione "Ship to Gaza Sweden" legata al movimento Freedom Flotilla che organizza la missione della nave Estelle per forzare il blocco navale che Israele chiede di rispettare in risposta ai ripetuti atti ostili che giungono dal territorio amministrato da Hamas, un'organizzazione integralista islamica nella lista dell'Unione Europea delle organizzazioni terroriste che domina interamente il territorio di Gaza ed è devota alla distruzione dichiarata dello stato d'Israele e di tutti gli ebrei. Sono praticamente quotidiani i lanci di missili verso le città israeliane e dall'inizio del 2012 fino allo scorso settembre ne sono stati sparati ben 381 contro i civili, è anche accertata la quotidiana preparazioni di attacchi terroristici contro Israele e le dichiarazioni dei leader di Hamas sono pura istigazione all'odio e al terrore, giorno dopo giorno. Cercare di portare aiuto a Gaza compiendo l'atto ostile dell'uso di vie non certificate equivale senza ombra di dubbio a un gesto di folle ostilità contro l'esistenza stessa di Israele. Nella comunicazione ufficiale il Sindaco conferma di condividere le finalità dell'iniziativa e da alcuni giorni sul sito web del Comune è stato pubblicato il link della Freedom Flottilia, organizzazione che sostiene nel suo manifesto la delegittimazione di Israele e che annovera tra i suoi sostenitori associazioni caratterizzatesi negli anni per le loro posizioni estremiste ed antisemite quali Guerrillaradio, Infopal e Terra Santa Libera. Memore del disastro cui ha portato la propaganda antisraeliana della precedente Flottilla, la Mavi Marmara, alla quale tra gli altri aveva aderito anche l'Organizzazione non governativa turca Insani Yardim Vakfi (IHH) che ha legami certificati dalla polizia turca stessa con gruppi radicali islamici militanti come Hamas e al-Qaida, chiedo molto accoratamente al Sindaco De Magistris di rinunciare all'impresa perché la sua solidarietà nei confronti della Flottilia equivale a solidarizzare con gli attacchi terroristici compiuti da Hamas, e questo non deve essere permesso ad una città importante, grande e cara al cuore di tutti gli italiani come Napoli. Reputo opportuno ricordare al Sindaco che se intende fornire aiuto umanitario alle popolazioni di Gaza lo può fare utilizzando i regolari accessi del valico di Kerem Shalom, per cui Israele ha investito più di 80 milioni di dollari per renderlo più efficiente, o del valico di Erez dai quali dalla prima metà del 2012 sono transitati 37.405 camion portando 993.700 tonnellate di merci e da dove solo nei mesi di settembre e agosto sono transitati 644 camion per trasportare circa 17 mila tonnellate di merci, tra cui medicinali, cibo, laterizi, prodotti per l'agricoltura e l'industria. Sicchè, l'utilizzo di passaggi regolari consentirà ai destinatari dei doni di goderne come previsto senza che questo metta in pericolo, con importazioni improprie, la vita di bambini israeliani, che non possono andare a scuola perchè i missili provenienti da Gaza distruggono la loro vita e quella delle loro famiglie giorno dopo giorno."
Così in una nota l'On. Fiamma Nirenstein, Vice Presidente della Commissione Esteri.
Milano, Storia e geografia negate. Un festival da bocciare
di Rossella Tercatin
Sdegno nella Comunità ebraica di Milano. Sulla locandina di Philastiniat, il festival dedicato ad arte e cultura palestinese, fra i loghi delle varie organizzazioni coinvolte, proprio accanto al simbolo del Comune di Milano, spicca quello della Missione diplomatica palestinese in Italia, in cui è raffigurata una cartina del territorio palestinese che comprende tutto lo stato d'Israele. Lo stesso simbolo utilizzato dalla missione palestinese alle Nazioni Unite. "Sono stupito dal fatto che il Comune non abbia controllato questa immagine prima di concedere il patrocinio. I nostri rapporti con il Comune sono ottimi e fra amici i problemi si affrontano con franchezza: questa locandina è un grave errore - le dichiarazioni di Daniele Nahum, responsabile dei rapporti istituzionali della Comunità - Questa è la stessa cartina riconosciuta da Hamas, nella quale si cancella Israele e, di conseguenza, anche Tel Aviv, città gemellata con Milano. Inoltre, nonostante avessimo auspicato pubblicamente di essere invitati all'evento, non è arrivato alcun invito alla Comunità ebraica di Milano. Evidentemente non è gradita la nostra presenza".
Philastiniat, organizzato tra gli altri da Arci, Teatro Verdi, Vento di Terra, Salaam Ragazzi dell'Ulivo, Ministero della Cultura palestinese, Comunità palestinese lombarda, ha aperto i battenti ieri e proseguirà fino al prossimo 6 ottobre, con appuntamenti dedicati alla letteratura, al teatro, alla musica, e uno speciale tributo all'intellettuale Edward Said.
"Ben venga tutto ciò che è cultura. Condividiamo l'iniziativa del Comune. Mi auguro che sia un festival culturale e non trascenda in un incontro politico. Se venissi invitato non mi tirerei indietro" le parole con cui il presidente della Comunità ebraica Walker Meghnagi aveva accolto l'iniziativa all'inizio di agosto.
Nel corso della preparazione della kermesse sono stati in molti tuttavia a mettere in guardia contro il rischio che si trasformasse in un'occasione di propaganda, come sottolineato da Sergio Della Pergola, demografo dell'Università ebraica di Gerusalemme e esponente di spicco della comunità degli italkim, a colloquio con il sindaco di Milano Giuliano Pisapia durante la sua visita in Israele nel mese di settembre. "A mio parere il rischio molto concreto è che la manifestazione si trasformi in un festival della retorica - era stato l'ammonimento del professore - Per esempio nel programma è stato inserito un incontro dedicato allo scrittore e critico palestinese Edward Said, un intellettuale di grande spessore letterario, che però è stato anche un teorico del non dialogo con Israele. Capire in che prospettiva si vuole raccontare una figura del genere è essenziale. Il sindaco di una città importante come Milano può fare molto per il dialogo, anche promuovendo dei colloqui fra le parti, per questo è fondamentale che si muova con molta attenzione".
Attenzione che, almeno nella preparazione della locandina, non è stata prestata.
Gli riesce sempre più difficile tenere i piedi in due scarpe
di Goffredo Pistelli
Giuliano Pisapia
Ma quanto è pesante l'equidistanza! Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, a capo della giunta arancione (Pd, Sel, Federazioni comunisti, liste civiche, pezzi di Udc), aveva dimostrato, lo scorso anno, di avere idee chiare sulla questione israelo-palestinese: questo e quello per me pari sono.
A giugno 2011 anno aveva risposto picche ai centro sociali, suoi elettori, schierati contro una mostra israeliana Unexpected Israel, vale a dire Israele inatteso: la kermesse si farà, aveva dichiarato, deciso, il sindaco, promettendo analoga attenzione ai palestinesi. Come da programma, Palazzo Marino patrocina il festival Philistiniat, apertosi ieri e fino a sabato, che promuove la cultura palestinese. Solo che nei biglietti di invito, gli organizzatori palestinesi, come ha raccontato ieri Repubblica Milano, si sono lasciati prendere da un eccesso di orgoglio nazionale: ci hanno stampigliato un logo in cui lo «Stato» palestinese ingloba quello attuale israeliano, inclusa Tel Aviv. Un guaio perché come ha protestato Andrea Jarach, editore, «Tel Aviv è gemellata con Milano». Uno scivolone colpevole: «I simboli contano ed è triste constatare la disattenzione ai temi della pace da parte della giunta». A cui si è aggiunto lo sdegno di un consigliere della comunità ebraica Yoram Ortona conciso ma durissimo: «Vergognoso, non ci sono parole».
Lo scivolone rischia di mettere a repentaglio l'approccio arancione alle differenze che ha connotato un anno e mezzo di giunta Pisapia ma soprattutto il suo successo elettorale del maggio 2011. Il sindaco aveva infatti riportato una clamorosa vittoria contro Letizia Moratti, già sopravanzata al primo turno e poi strapazzata al ballottaggio, perché aveva saputo tenere assieme, più con la sua persona che col suo programma, mondi diversi, talvolta agli opposti: la borghesia dei quartieri del centro stanca di berlusconismi e i centri sociali occupati, vaste aree cattoliche agganciate candidando personaggi significativi messi in lista e la sinistra radicale da cui egli stesso proveniva, la forte ed influente comunità ebraica e anche gli islamici con i «Musulmani per Pisapia» di Fabio Piccardo. Non per nulla, il primo giorno da sindaco di Pisapia era stato caratterizzato da un rassicurante intervento sul giornale di riferimento della borghesia meneghina, ovvero il Corsera, e una visita a Norina Brambilla, vedova del comandante partigiano Giovanni Pesce, icona letterale (nel senso che compare nei graffiti) dei centri sociali del capoluogo lombardo.
Questo delicatissimo gioco di equilibri, che ha rischiato di spezzarsi fra cattolici e sinistra radicale nel caso recente delle unioni civili, rischia ora di entrare in crisi con la dicotomia fra comunità ebraica e centri sociali dai quali era partita la dura contestazione della mostra israeliana e contro la quale si erano addirittura richiamati i valori della Resistenza , quasi che gli ebrei milanesi non stessero esattamente da quella parte. E dire che si trattava di una mostra sui kibbutz, un incontro con lo scrittore David Grossman, una performance della cantante Noah, ma tant'è. Ora il trappolone del simbolo della grande Palestina, una visione che nega tout court l'esistenza della Stato di Israele, mette in seria difficoltà Pisapia che era da poco reduce da una lunga e articolata visita a Gerusalemme e Tel Aviv, ampiamente documentata da Il Mosaico, giornale online della comunità israelita milanese.
Hamas e Morsi rischiano di trasformare il Sinai nelle Swat pachistane
di Niccolò De Scalzi
Durante l'estate appena trascorsa, per la prima volta dal 1973, una formazione di elicotteri militari ha sorvolato il Sinai. In questa appendice di terra che mette uno di fronte all'altro egiziani, israeliani e palestinesi, il 5 agosto 2012 trentacinque uomini armati hanno approfittato dell'oscurità della notte uccidendo 16 guardie di confine egiziane. Un blindato e tre auto rubate hanno poi attraversato il valico di Kerem Shalom, con l'obiettivo di rapire civili israeliani e piazzare delle cariche esplosive all'interno del territorio israeliano. Uno strike aereo ha fermato il commando prima che potesse portare a compimento la seconda parte di un attacco divenuto noto come "il massacro del Ramadan".
Gli analisti rilevano che i confini della penisola, un annesso militare la cui sovranità compete all'Egitto dopo i trattati di Camp David, non sono sicuri. Una settimana prima del massacro, due militari egiziani erano stati uccisi a Sheikh Zuweid da un uomo in moto. Sia il massacro del Ramadan che l'uccisione delle due guardie è avvenuta nella zona a nord della penisola, direttamente confinante con la striscia di Gaza.
Un'intricata rete di tunnel sotterranei fa da contraltare all'enorme plateau del Sinai. Qui transitano senza sosta armi, droga, animali, persone e soldi. La porosità dei confini del Sinai, in un'analogia che suona sinistra, ricorda la porosità delle Swat pachistane, le valli pashtun da dove transitano indisturbati warlords impegnati negli ultimi scampoli di guerriglia afgana. L'analogia è multi-livello. Anche Il Cairo (come Islamabad) appare impotente nel gestire la sicurezza ad un livello centralizzato. Il Sinai è sempre stato un problema, anche prima che Mohamed Morsi sostituisse Osni Mubarak.
La sicurezza del Sinai è destinata ad essere il game changer nel delicato tetris delle relazioni tra i paesi che si affacciano sulla penisola. Secondo Ehud Barak, l'attacco del 5 agosto è "una sveglia" all'Egitto. Danny Ayalon - vice ministro degli Affari Esteri israeliano - ha teso la mano a Morsi: "E' evidente, anche a Morsi, che sulla sicurezza del Sinai c'è piena convergenza di interessi tra Israele ed Egitto".
La tesi è stata elaborata dal Begin-Sadat Institute for Strategic Studies, un influente pensatoio da cui la leadership israeliana è solita attingere nella fase di pianificazione strategica. Secondo Hillel Fischer - ricercatore del Begin-Sadat - "l'attacco dimostra che esiste una differenza tra l'Islam di Morsi che non mira a modificare l'ordine stabilito e l'islam violento, come quello visto all'opera nel 'massacro del Ramadan', che mira al contagio jihadista e al sovvertimento dell'ordine internazionale".
La fiducia accordata a Morsi deve fare i conti con il doppio registro usato dalla Fratellanza dopo l'attacco. Da un lato l'accusa esplicita a gruppi jihadisti palestinesi operativi a Gaza "nemici dello Stato cui rispondere con la forza". Dall'altro, una nebulosa di accuse riconducibili alla stessa Fratellanza tirava in mezzo il Mossad - accusato di mirare alla de-stabilizzazione del Sinai per mettere in difficoltà Morsi - e le agenzie di viaggio israeliane - accusate di volere strappare turisti alle rinomate località della penisola come Sharm el-Sheikh.
Dietro la coltre fumosa delle dichiarazioni della Fratellanza, l'intelligence egiziana ha individuato i colpevoli nel movimento della Palestinian Islamic Jaljala Army. Un gruppo jihadista che si muove a proprio agio nel labirinto di tunnel sotto la striscia di Gaza. La questione dei tunnel è delicata, dal momento che chiama direttamente in causa Hamas, l'organizzazione paramilitare palestinese. L'intelligence egiziana (e quella israeliana) monitorano le centinaia di tunnel sotterranei (solo 10 sono idonei al traffico di persone) e sanno perfettamente che al loro interno non si muove foglia senza che Hamas non sappia. Addirittura dietro ogni movimento vi è il pagamento di un dazio che finanzierà, presumibilmente, la guerriglia palestinese a Gaza. I guerriglieri jihadisti che hanno ucciso 16 militari egiziani godevano senza dubbio del nulla-osta di Hamas.
Le parole pronunciate da Mohamed Awad - ministro degli Esteri di Hamas - suonano come la più classica delle scuse non richieste "nessuno può permettersi di minacciare la sicurezza dell'Egitto". Dopo aver messo le mani avanti Awad ha snocciolato la solita litania di accuse strampalate al Mossad e a Israele.
Hamas e Morsi vantano buoni rapporti e sono intenzionati a mantenerli. Ma fintantoché la complicità rimane sottotraccia, confinata alla controversa gestione dei tunnel sommersi, l'ambiguità della Fratellanza è un prezzo che gli israeliani sono disposti a pagare, dato che gestire la sicurezza del Sinai per Israele è impensabile. L'ambiguità di Morsi significa mantenere buoni rapporti con un organizzazione paramilitare il cui obiettivo è la distruzione dello Stato di Israele.
Il dilemma di Morsi è tutto qui: da un lato deve gestire la sicurezza del Sinai dalle scorribande delle formazioni qaediste intenzionate a fare del Sinai un emirato islamista, una propaggine che per ragioni geo-strategiche può diventare un avamposto per lanciare attacchi ad Israele. Dall'altro deve gestire il credito di fiducia aperto da Israele stesso all'operato della propria intelligence.
Un rebus complicato che gli americani osservano interessati. L'IMF ha aperto una linea di credito a Morsi per scongiurare un bailout dei Fratelli Musulmani. La rimozione del generale Mohamed Tantawi, accusato da Morsi di negligenza proprio per l'attentato in Sinai, è un segnale di discontinuità che a Washington non è sfuggito.
Il sospetto è che Morsi voglia usare i disordini in Sinai come pretesto per regolare i conti con i salafiti in una partita che sta già incendiando il Medio Oriente. Un sospetto che nell'orizzonte strategico di Ehud Barak assume i connotati di una certa urgenza. "il rischio di una esplosione di attentati su larga scala in Sinai esiste", ha dichiarato Barak nel corso di una recente audizione alle commissioni Esteri e Difesa alla Knesset.
Netanyahu ha confermato l'apertura di credito di Israele all'Egitto sulla gestione del Sinai, ma ha ribadito che per difendere la sicurezza dei cittadini di Israele, è Gerusalemme a dover contare solo su se stessa.
In questa vertigine di alleanze in movimento il rischio è che il Sinai finisca risucchiato nel paradigma pachistano. Che si trasformi cioè in una zona instabile in cui uno Stato formalmente alleato degli Stati Uniti non riesce a gestire la sicurezza lasciando liberi i droni della CIA di monitorare (e colpire) le minacce. Mutatis mutandis la stessa situazione potrebbe riproporsi in Sinai. Qualche giorno dopo il raid di Sheik Zuweid, il generale egiziano Ahmed Bakr a capo della sicurezza del Nord del Sinai ha annunciato la cattura di sei terroristi. Tra di loro anche Selmi Salama Sweilam meglio noto col soprannome evocativo di "bin Laden". Tre indizi fanno una prova, o no?
Concerto di apertura della stagione sinfonica israeliana di Rishon Lezion
Con la partecipazione di due italiani. il maestro Paolo Olmi e il baritono Paolo Pecchioli
Israel Symphony Orchestra Rishon LeZion
Il Maestro Paolo Olmi dirige l'Orchestra Sinfonica Israeliana di Rishon Lezion ed il baritono Paolo Pecchioli, insieme ad Avi Klemberg, tenore, il New Vocal Ensemble ed The Jerusalem Academy Choir per il concerto di apertura della Serie Sinfonica della Stagione 2012-2013 dell'Orchestra Sinfonica Israeliana di Rishon Lezion.
Due italiani per la Messa di Gloria di Giacomo Puccini, cui farà seguito di Felix Mendelssohn Bartholdy la Sinfonia n. 5 in re minore op. 107 «Riforma».
Il programma prevede tre spettacoli: Sabato 13, Domenica 14 e Martedì 16 ottobre 2012, alle ore 20.30, presso il Centro Culturale "Heichal Hatarbut" di Rishon Lezion ed il Lunedì 15 ottobre, alle ore 20.00, presso il Teatro dell'Opera di Tel Aviv.
Paolo Olmi allievo di Franco Ferrara e Massimo Pradella è un direttore d'orchestra celebre in tutto il mondo. La sua carriera inizia nel 1986 con una tournée della English Chamber Orchestra (solista Mstislav Rostropovic) che tocca i più prestigiosi teatri italiani. Primo fra tutti la Scala di Milano.
Nel '92 riscuote un grande successo con la Siège de Corinthe, andata in scena per l'inaugurazione del Carlo Felice di Genova. Nello stesso anno dirige la Royal Philharmonic Orchestra e il London Symphony Chorus nello Stabat Mater per il bicentenario di Gioacchino Rossini.
Numerose e felici esibizioni lo vedono impegnato dal '94 al '96: l'edizione londinese del Requiem di Giuseppe Verdi eseguito dalla Royal Philharmonical Orchestra, Il Barbiere di Siviglia al comunale di Firenze, Il Mosè in Egitto alla Royal Opera House Covent Garden. E ancora un nuovo e fortunato allestimento delle Nozze di Figaro all'Opera di Lione. E a Strasburgo, per celebrare la fine del semestre di presidenza italiana dell'Unione Europea, le opere Tosca, Don Carlos, Ernani. Nel '96 debutta alla Royal Opera Danese di Copenaghen con Madama Butterfly e all'Opera di Chicago con Don Pasquale.
Intensa anche l'attività in campo sinfonico. Dirige l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia. L'Orchestre National de France. La Bbc Orchestra di Londra. quella del Gewandhaus di Lipsia. Le Sinfoniche di Dallas, Pittsburg e Oslo. L'Orchestra e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino. Dal '91 al '93 è direttore ospite principale e consulente artistico dell'Orchestra Sinfonica della Rai di Roma. Con quest'ultima registra l'integrale delle sinfonie di Felix Mendelsshon.
Dal 1997 collabora strettamente con l'Opera di Strasburgo, dove nel '99 dirigerà La Forza del Destino. Tra le sue più recenti direzioni, il Concerto di Natale a Tirana del dicembre '97. Offerto da Rai e Governo italiano al governo albanese. L'Elisir d'amore al Teatro Reale di Madrid e l'Aida con cui nel settembre '98 inaugura il Teatro dell'Opera di Shangai.
Attualmente il maestro dirige produzioni operistiche e concertistiche. In Italia, Europa, America del nord, America Latina, Asia e Australia.
I dipendenti protestano contro il licenziamento di decine di colleghi.
Haaretz, il principale giornale di opinione
in Israele
Che Haaretz sia il "principale" giornale di opinione in Israele è opinione della sinistra occidentale, non degli israeliani
, è stato paralizzato oggi da una assemblea dei giornalisti che protestano contro l'imminente licenziamento di decine di colleghi. Il sito web del giornale avverte che se la contestazione dovesse proseguire fino alla serata il numero del 4 ottobre potrebbe essere annullato: un fatto senza precedenti in questi ultimi anni.
IN CRISI ANCHE MAARIV. Le proteste in seno a Haaretz vanno ad aggiungersi a quelle verificatesi il mese scorso nella redazione del quotidiano Maariv che dopo 64 anni di attività rischia adesso una chiusura che comporterebbe il licenziamento di duemila dipendenti. Alcune centinaia di essi dovrebbero poi essere assunti dall'editore del quotidiano di destra Makor Rishon: ma un tribunale ha 'congelato' la transazione, nella speranza che per la testata di Maariv possa nel frattempo essere ottenuta una offerta migliore.
L'AIUTO DELLO STATO. Mentre i giornalisti di Maariv organizzano un picchetto nei pressi della residenza del premier Benyamin Netanyahu, alla Knesset (parlamento) alcuni deputati cercano di mettere a punto una bozza di legge che salvi la stampa locale dalla crisi economica. Una delle idee discusse è che lo Stato acquisti un numero considerevole di copie di quotidiani da distribuirsi fra la unità militari (come accadeva in passato) e nelle scuole.
Giornata Mondiale per la Preghiera per la Pace di Gerusalemme
Nel giorno del più importante evento mondiale dell'intercessione per Israele,
"La Giornata Mondiale per la Preghiera per la Pace di Gerusalemme",
Evangelici d'Italia per Israele (EDIPI) organizza il suo
XI Raduno Nazionale (6-7 ottobre 2012)
collaborando con Eagles Wings.
La sede sarà in un albergo di Campogalliano, nella zona terremotata recentemente del modenese per dare una testimonianza di solidarietà alla popolazione colpita.
"Sappiamo infatti che fino ad ora tutta la creazione geme ed è in travaglio" (Romani 8:22)
Quando, un anno fa, l'attuale Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, appariva lanciatissimo nella sua trionfale campagna elettorale, alcuni suoi potenziali elettori (e io fra loro) espressero, in diverse sedi, un profondo turbamento per un video, registrato dall'allora eurodeputato e inserito nel suo sito, in cui si appoggiavano incondizionatamente le spedizioni marittime (cd. Flotillas) contro Israele, con un violento linguaggio di criminalizzazione verso lo Stato ebraico, colpevole di avere trasformato Gaza in una "prigione a cielo aperto" ecc. In ragione della personale stima per De Magistris, gli chiesi, attraverso amici comuni, un incontro, e lo ringrazio sinceramente per avermi voluto concedere (nelle concitatissime giornate alla vigilia del ballottaggio) un frammento del suo tempo, durante il quale, in tono amichevole e cordiale, pur non rinnegando il suo operato (non sarebbe stato, in ogni caso, nel suo carattere), assicurò di non essere mosso da alcuno spirito ostile, verso nessuno. Non pensai certamente che avrebbe cambiato così facilmente le sue idee, ma volli sperare che, nel nuovo incarico istituzionale che lo attendeva, avrebbe avuto l'accortezza di essere più cauto nelle parole e nei comportamenti, anche nella consapevolezza di rappresentare una grande città, non tutta di 'guerriglieri'.
In seguito, il Sindaco ha usato nuovamente, nel ricevere, in pompa magna, il responsabile dell'Autorità Palestinese, parole incaute verso Israele e la memoria della Shoah, accusando lo Stato ebraico di strumentalizzare l'Olocausto al fine di legittimare una politica violenta e oppressiva. Ma abbiamo pubblicamente elogiato, su queste colonne (22/2/12), l'impegno dato a sostegno della manifestazione "Memoriae", settimana di incontri in occasione del 27 gennaio, nella quale il Comune ha proficuamente lavorato, a fianco di numerosi Enti ed Associazioni (fra cui l'Associazione ALI, la Comunità Ebraica di Napoli, la Fondazione Valenzi, Italia-Israele e molte altre). E ho avuto modo di elogiare la sensibilità del Sindaco anche in un pezzo pubblicato lo scorso11 luglio, a proposito di una bella manifestazione in memoria della Resistenza.
Ora, però, il Comune ha deciso (prima e unica città europea, che io sappia) di dare la propria ufficiale sponsorizzazione all'ennesima provocazione marittima, stavolta affidata alla nave Estelle (Flotilla III), che dovrebbe essere ricevuta nel porto di Napoli, con tutti gli onori, domani, 4 ottobre, per poi sciogliere le vele verso l'odiato nemico sionista. Ragione dichiarata della scelta, ancora una volta, il sostegno alla popolazione assediata di Gaza (e all'innocuo, pacifico, democratico regime che la governa), e la lotta contro il suo truce oppressore. Il tutto, come sempre, nel giubilo dei centri sociali e dei gruppuscoli neonazisti (su questo punto, da sempre, alleati di ferro dell'ultrasinistra), mentre diverse lettere aperte di riprovazione e una raccolta di firme contro l'iniziativa non sembrano, almeno finora, avere sollecitato alcun ripensamento.
Questo è quanto. La città di Napoli, la mia città, promuove la sua piccola 'crociata', la sua allegra e velenosa guerricciola contro Israele. Che dire? Il Sindaco, ex magistrato, sa che un'operazione ostile deliberatamente condotta contro uno stato sovrano, da parte di un altro stato, è qualcosa di più di un'offesa, vale come un atto di guerra. La giurisprudenza non chiarisce il caso che l'operazione sia realizzata da una città, penso che sia un evento abbastanza inedito, ma credo che il senso non cambi. Napoli è in guerra contro Israele?
Più che rabbia, provo profonda pena e tristezza per la mia città. Non chiederò un altro incontro a De Magistris, sarebbe inutile, e poi è già stato gentile (lo dico senza ironia) a ricevermi una volta. Lui è un politico di successo, Sindaco della terza città d'Italia, certamente destinato a traguardi ancora più prestigiosi, io sono un semplice cittadino, non ho nulla al di là, spero, di un po' di coscienza e di coerenza. E coerenza e coscienza mi impongono di smetterla, e di chiedere a chiunque che si smetta di partecipare a commemorazioni degli ebrei assassinati ieri accanto a chi continua a criminalizzare gli ebrei di oggi, e ad appoggiare chi li colpisce. Con gli stessi sentimenti e, spesso, le identiche parole che venivano adoperate 70 anni fa.
È un'ipocrisia grande quanto una casa, un'ingiuria ai vivi e ai morti
Come ogni anno gli estimatori di Hamas organizzano una nuova vacanza a Gaza City. Questa volta, per portare i vacanzieri nell'enclave terrorista si sono comprati un veliero di tutto rispetto, l'Estelle, un bellissima e, immaginiamo, costosissima nave di cui potete vedere qualche immagine in
questo video. In questi giorni l'Estelle è in tournèe in Italia. Dopo Geneva nei giorni scorsi è arrivata a Napoli dove è stata accolta da una festante folla che ha potuto ammirare il veliero che porterà i vacanzieri a Gaza. Garantito il massimo confort. Roba da crociera di un certo livello.
Il motto della crociera nel Mediterraneo e della successiva vacanza nella terra dei barbuti è sempre lo stesso, o meglio, sono sempre gli stessi: fine dell'assedio a Gaza; Palestina libera; Aiutiamo Gaza sotto assedio ecc. ecc. ecc. insomma, gli stessi stereotipi di sempre.
In realtà Gaza è tutto fuorché un territorio sotto assedio se non quello imposto dai barbuti di Hamas. Centri commerciali, macchine di lusso, alberghi e ristoranti di lusso (vedere qui anche se l'articolo è vecchio e quindi riduttivo dell'attuale situazione). Certo, c'è molta gente povera come in tutti i territori sotto dittatura (quella di Hamas n.d.r.), gente che riceve continuamente aiuti proprio dall'odiato Israele, anche se Hamas ne fa incetta facendoli pagare. In compenso ci sono un centinaio di neo multimilionari arricchitisi con il mercato degli aiuti, il mercato nero, le armi e l'appropriazione indebita di somme destinate a progetti di sviluppo.
Come si vede, quindi, un posto ideale per le vacanze degli odiatori che potranno anche beneficiare dei confort offerti loro dal bellissimo Roots Club, un esclusivo ristorante che non potrete trovare nemmeno a Manhattan (qui il video, giusto per farvi una idea) e dei lussuosi alberghi di Gaza City.
Cosa spettate quindi a prenotare la vostra crociera/vacanza sull'Estelle? Pensate che bello, potrete fare una splendida vacanza facendo credere ai vostri amici di essere andati ad aiutare i "poveri palestinesi sotto assedio". Se siete uomini le donne cadranno ai vostri piedi, se siete donne diverrete vere e proprie eroine.
C'è solo un piccolissimo problema: la Marina israeliana. Siccome la gente a Gaza non ci va solo per fare vacanze di lusso ma c'è anche chi ci va per fare affari con le armi, gli israeliani sono poco propensi a permettere alle navi di approdare liberamente in quel territorio gestito dai terroristi. Potrebbero trasportare armi o prodotti proibiti da usare per scopi bellici. Quindi c'è la concreta possibilità che l'Estelle venga fermata e che non le sia permesso di approdare nel paradiso dei terroristi e degli odiatori. Non sappiamo se in questo caso è previsto un rimborso (magari parziale) delle somme versate per la vacanza. Chiedere agli organizzatori.
Human Rights Watch punta il dito contro Hamas: torture a Gaza
"Il sistema penale di Hamas è caratterizzato da ingiustizia, violazione sistematica dei diritti dei detenuti e impunità accordata a servizi di sicurezza abusivi ". Sono almeno 147 i casi di tortura registrati nel 2011 da una ONG di Gaza.
ROMA, 3-10-2012 - L'organizzazione Human Rights Watch (HRW) ha accusato Hamas, organizzazione al potere a Gaza, considerata terrorista anche dall'Unione europea, di violazione dei diritti umani su larga scala, "compresa tortura e processi iniqui".
"Le autorità di Hamas non hanno posto sotto inchiesta nè punito i risponsabili della sicurezza autori delle violazioni, e hanno in pratica accordato l'impunità ai responsabili del Servizio di sicurezza interna", si legge nel rapporto dell'organizzazione che si batte per i diritti dell'uomo.
"Testimoni riferiscono che la Sicurezza interna, l'unità antidroga della polizia civile, e la polizia civile, torturano tutti i detenuti", si legge nel rapporto di 53 pagine sul sistema penale a Gaza. Sono 147 i casi di tortura registrati nel 2011 da una ONG di Gaza.
"Dopo cinque anni di governo di Hamas, il suo sistema penale è caratterizzato da ingiustizia, violazione sistematica dei diritti dei detenuti e impunità accordata a servizi di sicurezza abusivi ", spiega Joe Stork, direttore aggiuntodi HRW per il Medio Oriente. "Hamas dovrebbe porre fine ad un genere di violazioni per fermare le quali egiziani, siriani e altri uomini nella regione mediorientale hanno rischiato la vita", aggiunge.
Human Rights Watch esorta Hamas a riformare rapidamente il sistema penale a Gaza "per cessare gli arresti arbitrari, assicurare l'accesso rapido dei detenuti alla difesa, mettere fine al giudizio dei civili da parte di tribunali militari, e fare sì che i membri del servizio di sicurezza che violano i diritti umani si assumano le loro responsabilità".
Per l'organizzazione anche "l'Autorità palestinese rappresentata da Fatah, arresta arbitrariamente palestinesi, come membri e simpatizzanti di Hamas, e usa la tortura", e "la rivalità tra palestinesi rappresenta un fattore significatico alla base dei numerosi abusi di Hamas nei confronti dei detenuti a Gaza".
Il premier apre una polemica con il ministro della difesa Barak
TEL AVIV, 3 ott - Le prossime elezioni politiche israeliane potrebbero svolgersi già nel febbraio 2013, con nove mesi di anticipo sulla scadenza originale: lo affermano i giornali israeliani secondo cui il premier Benyamin Netanyahu (Likud) prenderà una decisione definitiva in merito nei prossimi dieci giorni. Lo scioglimento della legislatura, spiegano i giornali, potrebbe rendersi necessario se i diversi partiti che compongono la coalizione di governo non riuscissero a trovare un'intesa sulla finanziaria del 2013, che presumibilmente comporterà ingenti e dolorosi tagli alla spesa pubblica.
Ieri intanto Netanyahu ha accusato il ministro della difesa Ehud Barak (il suo più stretto alleato politico negli ultimi quattro anni) di aver "seminato zizzania" fra Israele e Stati Uniti: un riferimento, a quanto pare, ad un incontro segreto avuto il mese scorso dallo stesso Barak con il sindaco di Chicago (e uomo di fiducia del presidente Barack Obama) Rahm Emanuel. Nel Likud si accusa Barak di essersi proposto come persona di riferimento privilegiata degli Stati Uniti in Israele e ciò in vista delle elezioni anticipate. Il ministro della difesa ha replicato di aver agito solo nell'intento di ridurre le tensioni fra la Casa Bianca e il governo israeliano.
Intervista a Henryk Broder sulla percezione in Germania del rapporto fra Shoà e Israele.
di Giulio Meotti
Henryk Broder
ROMA - "Günter Grass è ossessionato dagli ebrei e da Israele come lo sono la maggioranza dei tedeschi". Henryk Broder non sminuisce l'ultima poesia del premio Nobel per la Letteratura, come invece hanno fatto i diplomatici israeliani (Gerusalemme ha dichiarato che, purtroppo per Grass, "lui non è Schiller o Rilke"). In una nuova raccolta di poesie, "Effimeri", Grass è tornato a demonizzare Israele come minaccia alla pace mondiale e a elogiare il tecnico israeliano che ha rivelato al mondo i programmi nucleari di Gerusalemme, Mordechai Vanunu, indicato da Grass come "un eroe dei nostri tempi" e un "esempio".
Ebreo polacco di sessantasei anni naturalizzato tedesco da genitori sopravvissuti al lager nazista, corrosivo editorialista della Welt, autore di decine di libri e fra gli intellettuali più apprezzati d'Europa, Broder ritiene che l'odio di Grass per Israele riveli molto di più della decadenza dell'intellettuale nobile della sinistra tedesca, che con i suoi baffoni e le sopracciglia arruffate ha incarnato per cinquant'anni l'immagine del "vecchio leone di Danzica" e della "coscienza dolente della Germania". "I tedeschi soffrono di una specie di lavacro compulsivo", ci dice Broder. "Grass è un buon esempio di due elementi che hanno prodotto un tipo nuovo: il senso di colpa e la vergogna". Editor di Achse des Guten e già reporter dello Spiegel, Broder legge il caso Grass come la cartina di tornasole della "malattia tedesca". "La famosa 'relazione speciale' fra Israele e Germania si basa sul fatto che la Germania ha ucciso sei milioni di ebrei, nient'altro", ci dice Broder. "E' una sindrome, Berlino vende sottomarini a Israele ma alle sue condizioni, sostiene l'Iran che vuole distruggere Israele, così come in passato ha venduto armi di distruzione di massa all'Iraq ma anche le maschere antigas a Israele. Così, il ricordo dell'Olocausto è diventata una scusa per non avere a che fare con il potenziale secondo Olocausto in Medio Oriente".
Molti i riferimenti di Broder, fra cui il recente paragone fatto dal capo della Spd, Sigmar Gabriel, fra Israele e il Sudafrica dell'apartheid. Un anno fa Grass fu intervistato dallo storico israeliano Tom Segev. Lo scrittore disse: "L'Olocausto non è stato l'unico crimine. Di otto milioni di soldati tedeschi che sono stati catturati dai russi, due milioni sono sopravvissuti e gli altri sono stati liquidati". Dice Broder: "Il contesto è irrilevante, per Grass conta il numero, sei milioni, il numero tedesco fortunato. Sei milioni di ebrei morti da una parte, sei milioni di prigionieri tedeschi morti dall'altra, fa zero".
In un'intervista allo Spiegel, Grass ha detto di avere una soluzione al conflitto mediorientale: "Israele deve lasciare non solo i territori occupati, anche l'occupazione della terra palestinese è un atto criminale". "Significa Haifa, Tel Aviv e Ashkelon", ci dice Broder. "Non credo che Grass volesse fare l'endorsement di Hamas, ma come spiegarlo se non con il desiderio di tornare allo status quo di prima della creazione di Israele? Come Grass, i tedeschi sono antifascisti e amici della pace e non mancano una giornata della memoria a Auschwitz, Dachau e Bergen Belsen. Non parlo di tutti i tedeschi, ma delle chattering classes bianche e pacifiste. Del cancelliere Gerhard Schröder che chiede una giornata della memoria.
A partire dal '68, la vecchia Repubblica federale tedesca ha scoperto l'Olocausto: 'Guardate, abbiamo imparato la lezione dalla storia, a differenza degli americani e degli ebrei che sono rimasti guerrafondai, mentre i bravi tedeschi sono sulla giusta strada della pace'". Nel suo ultimo libro, "Vergesst Auschwitz!", Broder attacca la cultura della memoria. "In Germana ci sono 120 memoriali dell'Olocausto e un viaggio scolastico nel più vicino campo di concentramento fa ormai parte del repertorio. All'anniversario del museo dell'Olocausto a Berlino lo storico Eberhard Jäckel ha detto: 'Nazioni ci invidiano questo memoriale'. Mi sarebbe venuta voglia di andare fuori e gridare al cielo: 'Che fortunati sono stati i miei genitori che hanno potuto contribuirvi'. Per i tedeschi come Grass la redenzione passa attraverso la colpa. Il comune di Francoforte ha appena premiato Judith Butler, un'ebrea antisionista, c'è un candidato migliore? Gli ebrei morti sono gli ebrei preferiti dalla Germania, non inferiscono con i riti della memoria a differenza di quei cocciuti israeliani che si rifiutano di scomparire dalle pagine della storia. Trovo assurdo che ogni anno migliaia di studenti siano portati ad Auschwitz, dovrebbero imparare perché gli ebrei hanno diritto a un loro stato. Visto che hanno dimenticato di farlo settant'anni fa, io bombarderei oggi Auschwitz. Dimenticate Auschwitz, pensate a Israele".
Alfabeto ebraico. Storie per imparare a leggere la meraviglia del mondo
di Matteo Corradini e Grazia Nidasio
Una leggenda ebraica dice che dovremmo imparare a leggere l'alfabeto, per vedere attraverso le lettere tutte le cose che ci sono nel mondo, Ma non solo: dovremmo imparare a vedere tutte le cose del mondo tra una lettera e l'altra, dove nei libri (e anche in questo) c'è soltanto un misteriosissimo bianco...
Quando ho preso in mano questo volume mi sono resa conto di avere aperto uno dei più bei libri per bambini e ragazzi degli ultimi anni.
Un libro che insegna a pensare, a capire, a condividere, ad aprirsi al mondo.
Un libro da sfogliare anche con genitori o insegnanti, per studiare, giocare e divertirsi insieme.
Un libro per conoscere le radici antiche della comunicazione e scoprire che i rami di questo enorme albero (il linguaggio universale) sono protesi verso il futuro.
"Ogni lettera dell'alfabeto è come un seme, da cui crescono le parole come piante. Ogni parola, come un albero, dà vita ad altre parole, fa ombra ad altre parole, porta in alto altre parole."
Ogni pagina aperta racconta una lettera dell'alfabeto ebraico, ma anche una piccola storia divertente legata a essa, e la grande storia dell'umanità, che tutte le racchiude.
Non a caso questo lavoro nasce dalla collaborazione di due autori straordinari: Matteo Corradini, esperto di lingua ebraica e di didattica della Memoria, vincitore del Premio nazionale Alberto Manzi per la migliore opera educativa per ragazzi, e Grazia Nidasio, a tutti nota come creatrice di personaggi come Valentina Mela Verde e Stefi, vignettista e illustratrice, insignita del Premio Andersen come miglior autore nel 1987 e Premio Andersen Menzione speciale alla carriera nel 2001.
"Imparare l'alfabeto ebraico - dice Corradini con un pizzico d'umorismo in questa presentazione - non serve a niente. Però ti serve a capire che dietro ogni parola, dietro ogni lettera, ci sono delle cose, c'è un mondo. E poi le parole stesse, a loro volta, tornano a essere cose del nostro mondo."
Mi auguro che questo possa essere il primo di altri volumi dedicati agli alfabeti del mondo. Sarebbe molto bello vedere libri come questo adottati nelle scuole multiculturali del nostro Paese come strumento di avvicinamento, conoscenza e comprensione.
Scritta blasfema in graffito su convento Gerusalemme
GERUSALEMME - Un graffito in lingua ebraica con insulti a Gesù è stato scritto sulla porta principale di un convento francescano a Gerusalemme. Lo riporta il sito della Custodia della Terra santa. La scritta blasfema è stata trovata sul portone di ingresso al Convento di San Francesco sul Monte Sion di Gerusalemme. Gli autori hanno agito evidentemente in fretta: lo dimostrerebbe una correzione alla scritta dopo un errore di ortografia. La paternità dell'atto di dissacrazione è stata attribuita dagli autori del graffito - come in casi simili in passato - ai sostenitori delle frange estreme del movimento dei coloni. Un mese fa scritte altrettanto oltraggiose verso la Chiesa, accompagnate da un tentativo di incendio, erano state tracciate anche sul portone dell'Abbazia di Latrun (a ovest di Gerusalemme) ed avevano reazioni sdegnate in tutto Israele. Ma in un' intervista al quotidiano Haaretz il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, aveva poi accusato i dirigenti israeliani di aver avuto reazioni troppo deboli di fronte al ripetersi di atti di ostilità verso la comunità cristiana locale.
(ANSA, 2 ottobre 2012)
Chi vuole insultare il nome di Gesù deve poterlo fare liberamente, sulla sua responsabilità. Responsabilità davanti a Dio, non davanti agli uomini. Gesù chiede ai suoi discepoli di essere suoi testimoni, non suoi difensori dufficio. Non ne ha bisogno e non li vuole. M.C.
Così gli 007 di Tel Aviv danno la caccia ai pirati del web
Le carte di credito rubate sono vendute a 5 dollari. Ecco come difendersi.
di Umberto Torelli
L'orologio digitale su uno dei quattro maxischermi a muro segna due cifre: 60 e 57. La prima indica i secondi, l'altra gli attacchi informatici in arrivo. Di fatto, quasi uno al secondo. Benvenuti a Herzliya, alla periferia di Tel Aviv, nel centro antifrodi di Rsa, divisione sicurezza del gruppo americano Emc: gli 007 di Internet. Qui 130 esperti informatici (qualcuno ex hacker) lavorano 24 ore su 24 per sconfiggere virus e attacchi informatici.
I DATI E I METODI - I clienti sono in maggioranza banche e assicurazioni, agenti di cambio e grandi aziende di tutto il mondo, ma a beneficiare dei servizi e sistemi di Rsa sono, alla fine, tutti i cittadini. Nell'ultimo anno, grazie a sofisticati software di controllo, da questo centro israeliano sono stati protetti 500 milioni di utenti, salvando transazioni online per oltre 3 miliardi di dollari (circa 2,3 miliardi di euro). Abbiamo visto qui, in presa diretta, come i pirati del web catturano l'identità digitale di ignari utenti, violando i codici di accesso e le password usate durante le operazioni online. «L'attacco inizia con l'invio, da parte dei pirati informatici, di un virus trojan oppure di un BotNet», spiega Daniel Cohen, direttore del centro israeliano. «Sono i malware, i software virali, che si insediano in computer, tablet e smartphone». Una volta in memoria, questi programmi possono essere attivati dai ladri d'identità in modalità remota. Così, quando l'utente si collega a Internet per compiere operazioni di home banking, per esempio, ma anche per fare acquisti e prenotazioni online, nei pochi secondi di attesa della connessione, il virus si risveglia ed entra in azione. In modo automatico, avvisa il computer del cybercriminale che la transazione è iniziata. A questo punto un server pirata (relay) si inserisce in parallelo, in attesa che sulla tastiera vengano digitate password e chiavi di accesso personali. E in tempo reale l'identità digitale viene catturata.
LA VENDITA AL MERCATO - Il furto dura solo pochi decimi di secondo, è impossibile accorgersene. Poi le informazioni vengono archiviate in una delle banche dati dei pirati informatici, e rese disponibili sul mercato delle web-truffe al migliore offerente. «La vendita è semplice», continua Cohen, «come acquistare un'app o una canzone su iTunes. Si scorre l'elenco e si clicca su quelle che interessano». I pagamenti tra cybercriminali, per sfuggire ai controlli, avvengono sulle banche offshore dei paradisi fiscali, con tanto di listino prezzi. Un'identità digitale si compera illegalmente per 3-4 dollari, una carta di credito vale 5 dollari che salgono a dieci se è completa del codice di controllo Cvv, le cifre di sicurezza richieste in molte operazioni online.
LA DIFESA - Ma allora, come è possibile difendersi? Per prima cosa, bisogna aggiornare sempre gli antivirus e i firewall del Pc. «Sembra banale ricordarlo», dice Massimo Vulpiani, responsabile italiano di Rsa, «ma sono questi due semplici strumenti a tenere lontani trojan e BotNet, gli agenti che una volta in memoria spianano la strada ai pirati informatici». Essenziale, poi, è prestare la massima attenzione nel rilascio dei dati personali e nella compilazione delle schede anagrafiche: non cedete informazioni private con troppa facilità. Ricordate che il web archivia per lungo tempo (teoricamente infinito) le informazioni digitali. «E con i social network interconnessi tra di loro», dice Vulpiani, «queste informazioni vengono duplicate e girano in Rete a nostra insaputa». Gli hacker sono molto abili nello spulciare il web e catturarle.
Qualche riflessione sulla Giornata europea della cultura ebraica
di Antonella Castelnuovo
Come sempre e forse più di sempre, grazie al tema apparentemente gioioso, le comunità italiane si sono prodigate al meglio nel presentare i loro spettacoli, a preparare cibi ottimi, speziati e saporiti della cultura sefardita, italiana ed askenazita serviti da persone premurose e sorridenti. Insomma la festa è riuscita, l'affluenza esterna è stata numerosissima, così come l'interesse per i culti ed i luoghi ebraici.
In questa giornata dunque noi ebrei e le istituzioni che ci rappresentano abbiamo di nuovo la possibilità di veicolare i nostri valori, le nostre tradizioni, i nostri usi e costumi sviluppati attraverso i secoli di permanenza in Diaspora....
Musica e Design al centro dell'autunno di Gerusalemme
Visitare Gerusalemme è sempre una scoperta, un continuo scambio tra tradizione e modernità, culture e stili di vita diversi. Dopo le festività ebraiche che hanno animato il mese di settembre, inizia una stagione "laica", con un calendario intenso adatto a tutti gli amanti della cultura a 360o.
Tra il 25 e il 27 ottobre le porte di Gerusalemme si aprono per l'House From Within: tour dedicati all'architettura pubblica e privata, che permettono di scoprire da un punto di vista particolare i diversi stili che caratterizzano la città, entrando nelle case di famosi artisti cittadini, ma anche visitando "il lato nascosto" dei monumenti, come le quinte dei teatri e gli scavi della metropolitana. Per non perdere nessun appuntamento il calendario delle visite è online al sito: http://www.batim-jerusalem.org.
Dall'8 al 17 Novembre la Confederation House ospita l'International Oud Festival, dedicato ad uno dei più tradizionali strumenti della musica mediorientale. Il Festival è un'occasione di incontro per musicisti di diverse origini che mischiano influenze occidentali e orientali creando sonorità inedite. Il programma dell'evento è online al sito:
http://www.confederationhouse.org/en/festival/international-oud-festival/oud-shows
I primi giorni di dicembre saranno invece animati dalla Settimana del Design (9-13 Dicembre), con masterclass, workshop, esposizioni che a partire dal Jerusalem Center of Design si diffondono in tutta la città.
L'evento è parte di Hamshoushalayim, festival annuale che comincia il 29 Novembre per proseguire durante tutti i week end di dicembre. Eventi, performance, teatro di strada, attrazioni, tour guidati, menu speciali sono un invito irresistibile per tutti i curiosi.
Per chi vuole invece vivere l'atmosfera della Gerusalemme senza tempo continuano gli appuntamenti settimanali della Città Vecchia. Tra questi, i giovedì sera di valzer viennese presso l'Ospizio Austriaco, le passeggiate serali alla luce delle lanterne, i racconti musicati delle leggende di Gerusalemme presso l'Aish World Center, le animazioni dei medievali dei Cavalieri tra Jaffa Gate e Muristan Square.
Napolitano: profondo cordoglio per la scomparsa di Shlomo Venezia
ROMA - ''Voglio esprimere il mio profondo cordoglio per la scomparsa di Shlomo Venezia, uno dei pochissimi sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz". Si legge nel messaggio inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, alla signora Marica Venezia. "Ha saputo vivere con sobria dignita' -si legge- la notorieta' che gli portava l'essere divenuto uno dei simboli della tragedia ebraica, nata da secolari persecuzioni, che negli anni del nazismo e del fascismo raggiunsero inimmaginabili dimensioni''.
Gaza, proteste per demolizione dei tunnel al confine con l'Egitto
Vitali per la vita economica della Striscia dopo il blocco
RAFAH - La Striscia di Gaza è sempre più isolata. Dopo un raid di terroristi diretti in Israele che il 5 agosto scorso ha provocato la morte di 16 agenti egiziani lungo la frontiera tra Egitto e la Striscia di Gaza, il governo del Cairo presieduto da Mohamed Morsi, leader dei Fratelli musulmani, ha deciso di chiudere i tunnel sotterranei del valico di Rafah che collegano il Sinai a Gaza dato che nel raid di agosto erano coinvolte cellule terroristiche attive nella Striscia.Per protestare contro la chiusura dei tunnel di rifornimento, vitali per l'economia di Gaza e il suo milione e mezzo di abitanti dopo il blocco imposto da Egitto e Israele dal giugno 2007 a seguito della vittoria elettorale di Hamas nel 2006, alcune centinaia di palestinesi si sono radunate a Rafah per protestare contro le decisione del governo egiziano.UPS 01.14"Adesso rimpiangiamo il precedente governo di Mubarak. I tunnel e gli attraversamenti allora erano tutti aperti, nonostante le pressioni degli Stati Uniti e di Israele".Il blocco della Striscia di Gaza è stato criticato dal Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon e dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Israele sostiene che il blocco è necessario per limitare il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza sulle sue città e per evitare che le milizie si procurino altre armi. L'Egitto dal canto suo non intende aprire completamente il valico di Rafah per non riconoscere il controllo di Hamas su Gaza e per non compromettere la legittimità dell'Autorità nazionale palestinese.Presa nella tenaglia di questi formidabili interessi, congruenti ma contrapposti, la popolazione palestinese di Gaza è ormai ridotta allo stremo
ROMA, 1 ott. - E' morto nella notte a Roma lo scrittore ebreo Shlomo Venezia, 89 anni, uno dei sopravvissuti alla Shoah e protagonista dei 'Viaggi della Memoria'. Shlomo Venezia e' stato un deportato sopravvissuto all'internamento nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau.
Durante la prigionia fu obbligato a lavorare nei Sonderkommando, squadre composte da internati e destinate alle operazioni di smaltimento e cremazione dei corpi dei deportati uccisi mediante gas. La sua esperienza ha spinto Roberto Benigni a chiamarlo come consulente, insieme a Marcello Pezzetti, per il film La vita e' bella. Venezia ha raccolto le sue memorie in un libro pubblicato nell'ottobre 2007 dal titolo Sonderkommando Auschwitz.
Il puzzle del lager nazista di Dachau che fa infuriare la Germania
Polemiche in Germania dopo la scoperta che un puzzle raffigurante il lager di Dachau era in vendita su Amazon
Giochi molto diseducativi: è in vendita sul sito online Amazon un puzzle raffigurante i forni crematori del campo di concentramento nazista di Dachau.
La scoperta di questo puzzle ha spinto la deputata conservatrice Gerda Hasselfeldt a prendere carta e penna e a inviare una lettera di protesta a Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato del sito.
Il puzzle di 252 pezzi viene venduto a 24,99 dollari sotto la categoria giochi ed è suggerito per bambini "a partire dagli 8 anni".
"Per i sopravvissuti ai campi di concentramento e i parenti delle vittime, questo è un vero e proprio schiaffo in faccia", ha scritto Hasselfeldt nella missiva, riportata da Der Spiegel.
Sono state oltre 200.000 le persone imprigionate nel campo di Dachau, e tra 32.000 e 43.000 quelle che vi hanno perso la vita.
Brutta sorpresa per l'editore e giornalista Davide Romano
"Romano cornuto ebreo di merda". Questa la scritta che il giornalista ed editore Davide Romano ha trovato stamattina sul campanello del palazzo in cui ha la sede la casa editrice 'La Zisa'.
Ne ha dato notizia lo stesso Romano sul suo profilo Facebook dove ha raccontato che "arrivando in casa editrice questa mattina ho trovato un regalino di uno sconosciuto: il nome della casa editrice era stato cancellato dal campanello con un pennarello permanente e nello spazio libero del citofono campeggiava questa bella scritta: 'ROMANO CORNUTO EBREO DI MERDA'.
Romano poi scrive: "ora, l'epiteto "cornuto" è ormai logoro, scontato e banale e, perdonatemi, anche piuttosto infantile.
Ma il darmi dell' 'ebreo di merda' davvero non lo comprendo. Vorrebbe l'autore che, magari col favore delle tenebre, ha vergato pensieri così criptici venirmelo a spiegare se ha coraggio? Venga, insomma, se è un uomo e non un miserabile quale io sinceramente credo che sia".
Già molti i messaggi di solidarietà pubblicati sul social network, a cui si affianca anche quello della redazione de Il Moderatore.it.