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Notizie su Israele 482 - 10 marzo 2010

1. Quello che molti non vogliono riconoscere
2. Il fascino della kefiah
3. Islam e terrorismo
4. Un esempio di tolleranza etnica e religiosa
5. Camaleontismo ricorrente
6. Dove le ricchezze sono sali e minerali
7. Israele deve riconoscere i suoi amici
8. Riflessioni
9. Musica e immagini
10. Indirizzi internet
Geremia 17:5-6. Così parla l'Eterno: Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si ritrae dall'Eterno! Egli è come una tamerice nella pianura sterile; e quando giunge il bene, egli non lo vede.
1. QUELLO CHE MOLTI NON VOGLIONO RICONOSCERE




La terribile verità sull'islam secondo Mosab Hassan Yousef, il "figlio di Hamas"

Riportiamo da un sito italiano la traduzione di un articolo comparso in origine sul blog francese “Bivouac-ID”.

Mosab Hassan Yousef
Ha salvato un gran numero di vite umane ed ha permesso di far fallire decine di attentati. E' il figlio di uno dei fondatori di Hamas, lo sceicco Hassan Yousef, e ciononostante lavorava come agente per i servizi della sicurezza israeliana.
Il giovane Mosab Hassan Yousef si è convertito al cristianesimo ed ora vive in California dove si è trasferito nel 2007.
E' stato invitato da Sean Hannity a raccontare, nella trasmissione Fox-News, la sua verità su Hamas e sull'islam.

"Io paragono l'islam ad una scala - ha spiegato - e sul primo gradino vedo il musulmano tradizionale; sul gradino più in alto vi è la guerra santa che, come dice il Corano, è il dovere più importante e più sacro nei confronti di Dio".

Alla domanda postagli dal giornalista: “E’ forse l'esistenza di Israele che crea un problema ad Hamas? Lo scopo ultimo è davvero la distruzione di questo paese?” Mosab risponde: "Il Dio del Corano odia comunque gli ebrei, che ci sia l'occupazione o che non ci sia, e quindi gli ebrei hanno un problema col Dio dell'islam, e non (soltanto) coi musulmani". Mosab spiega quindi che suo padre e tutti i leaders di Hamas giustificano gli attentati suicidi.

Alla domanda di Sean Hannity: "In passato lei pensava che uccidendo delle persone innocenti con indosso una cintura piena di esplosivo sarebbe andato in Paradiso?", Mosab risponde: "Assolutamente sì. E' quello che ogni musulmano crede. E' una promessa che arriva dalla più alta autorità della società musulmana; se si muore per la gloria del Dio del Corano si va in Paradiso".

Il giornalista gli chiede: "Ed ha anche pensato di trovare le 72 vergini?", e Mosab risponde, sorridendo: "Vi è stato un momento in cui vi ho creduto, come tutti.

Nel suo libro dal titolo "Son of Hamas" Mosab spiega che, all'inizio, era stato incaricato da suo padre di cercare di entrare in contatto con lo Shin Beth israeliano per infiltrarvisi in qualità di agente doppio per conto di Hamas. E spiega come finì per rivoltarsi contro lo stesso movimento di Hamas, "per essere onesto mi sono rivoltato contro il male, non contro i palestinesi. Ho pensato che il bene consiste nel salvare delle vite umane, israeliane e palestinesi, comprese quelle di mio padre e dei leaders palestinesi".

Sean Hannity domanda: "Che genere di informazioni passava agli israeliani? Diceva forse: ci sarà un attacco suicida? oppure: ci sarà il tale attacco? Quali informazioni passava agli israeliani?" "Io non ero un membro di Hamas, ma ero vicino al movimento. Se fossi stato membro a tutti gli effetti, non avrei potuto compiere che un'unica missione. Dovevo restare esterno al movimento, ma abbastanza vicino allo stesso per poter essere in grado di risolvere diverse questioni. Sono figlio di questa cultura, di questa religione, e comprendo la mentalità dei terroristi, ne conosco i nomi, capisco quello che pensano; è in questo modo che abbiamo potuto avere i diversi successi ottenuti".

A questo punto Hannity fa la grande domanda che raramente si sente alla televisione: "Pensava che il jihad fosse il gradino più in alto dell'islam? La maggior parte delle persone della vostra fede sono d'accordo con questo? E' un'idea comune? Noi infatti continuiamo a fare la distinzione tra islam radicale ed islam moderato". "E' proprio questo il grande sbaglio, risponde Mossab. Non si può distinguere tra islam moderato e islam radicale... secondo me tutti i musulmani si assomigliano. In fin dei conti essi credono nel Dio del Corano, e credono che il Corano ci arrivi proprio da questo Dio.

Hannity insiste allora: "Vuole forse dire che per la maggior parte dei musulmani il jihad è proprio quello che devono fare? E Mosab risponde: "Non hanno scelta, dal momento che credono che il Corano sia stato dettato da Dio parola per parola".

Hannity: "Ma qualcuno parla di un islam moderato, e lei dice che questo non esiste?" Mosab risponde: "Ma questo semplicemente non esiste; i musulmani sono più morali, hanno più logica e sono più responsabili del loro stesso Dio. Il peggior terrorista, il peggiore criminale dei musulmani è più morale di questo Dio. Questo Dio è un terrorista ed un ignorante".

Alla fine dell'intervista Hannity gli chiede in quali rapporti sia con suo padre, e Mosab risponde che suo padre gli aveva perdonato il fatto di lavorare per i servizi israeliani, ma che quando questo è diventato di pubblico dominio non è più riuscito a reggere alle pressioni esercitate su di lui da Dio e dalla società. "Il suo Dio gli ha strappato la sua umanità ed ora ci ha separati".

(Informazione Corretta, 6 marzo 2010)

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2. IL FASCINO DELLA KEFIAH




Londra, gli utili idioti di Hamas

di David A. Harris*

Nel 1933, poco dopo che Adolf Hitler divenne il cancelliere tedesco, la Oxford Union adottò la famosa risoluzione che sosteneva che "Questa Camera in nessuna circostanza lotterà per il suo Re e il suo Paese". La misura fu approvata con 275 voti a favore, contrari 153. Winston Churchill reagì dicendo che "si può quasi sentire l'espressione di disprezzo sulle labbra degli uomini di Germania, Italia e Francia nel leggere il messaggio spedito dall'Università di Oxford nel nome della Giovane Inghilterra". Poco dopo, suo figlio, Randolph, tentò di far cancellare la decisione dai registri, ma la mozione fu clamorosamente sconfitta dalla Oxford Union. In altre parole, gli altrimenti brillanti studenti di una distinta università britannica, sono capaci di cose sciocche. Almeno in questo caso, bisogna dire, la "Giovane Inghilterra" colse la sua occasione sei anni più tardi, quando cominciò la Seconda guerra mondiale e rivelò i suoi veri colori di patriottismo, coraggio e grinta.
    Recentemente, un'altra unione studentesca britannica ha presentato una proposta controversa. La Scuola Londinese di Economia (LSE) ha discusso sull'opportunità di gemellare questa istituzione rinomata in tutto il mondo con l'Università Islamica di Gaza (IUG). Dopo una animata discussione, la mozione è stata approvata da un voto di 161 a favore, contrari 133. L'amministrazione dell'università ha preso le distanze dalla decisione. Come ex studente della LSE, io provo vergogna per l'azione studentesca. Di sicuro, la LSE ha una reputazione per le sue politiche esuberanti, ma questo è un po' troppo. L'Università Islamica di Gaza fu fondata nel 1978 da niente meno che lo Sceicco Ahmed Yassin il quale, come si ricorderà, fu il fondatore di Hamas. Nel 2007, un reporter del New York Times descrisse l'IUG come "uno dei principali strumenti di Hamas per convertire i palestinesi alla sua causa islamista". Secondo il Chronicle of Higher Education, l'IUG "è emerso effettivamente come un campo di addestramento per la leadership politica e spirituale di Hamas. Molti leader di Hamas sono anche docenti che hanno insegnato all'università..." Yassin non fu un vero e proprio educatore liberale occidentale. Fra le sue molte dichiarazioni pubbliche, svettano quelle in cui dichiarò che la "riconciliazione con gli ebrei è un crimine" e che "Israele deve scomparire dalla mappa geografica". Lui sosteneva che Israele è, infatti, terra musulmana, e sarà riservata ai seguaci della fede "fino al giorno del Giudizio". E Yassin non si limitò solo a dichiarazioni retoriche.
    Egli perseguì la "lotta armata" contro Israele, designando come bersaglio i civili e benedicendo gli attentatori suicidi. Inoltre, nel 2007, durante la guerra civile in Gaza tra le forze di Hamas e Fatah, questi ultimi entrarono nell'università e vi trovarono lanciarazzi e lanciagranate, missili, fucili di assalto e munizioni, i quali furono tutti mostrati in seguito alla televisione palestinese. Due anni più tardi, Israele colpì due edifici dell'IUG che, secondo i portavoce militari, venivano usati come "centro di ricerca e sviluppo per le armi di Hamas, inclusi i razzi Qassam". Quei razzi venivano usati per attaccare indiscriminatamente città e villaggi israeliani vicino al confine con Gaza, allo scopo di uccidere e terrorizzare i residenti. Come potevano gli studenti di un'università di prestigio mondiale, che celebra l'aperto e rispettoso scambio di idee, fare causa comune con gli standard accademici di cui è portatore Hamas, un gruppo fondato sulla Sharia, oscurantista e violento? Come possono gli studenti di un'università che è stata al centro di passaggi fondamentali nella società britannica per far guadagnare l'uguaglianza agli ebrei, identificarsi con una scuola che celebra il loro assassinio? La risposta, io temo, è l'alleanza bizzarra che è emersa nel Regno Unito tra l'estrema sinistra adoratrice della kefiah e gli estremisti islamici. Quando i neofascisti manifestano spargendo i loro slogan reazionari contro donne e gay, l'estrema sinistra li denuncia con decisione. Ma quando misoginia e omofobia affiorano dalle labbra degli islamisti, questa è probabile che conceda loro un deferente lasciapassare, in nome di una improvvisa sensibilità per le altre culture. Ken Livingstone, l'ex sindaco londinese, e George Galloway, membro del Parlamento, sono due esempi primari di quello che i comunisti erano soliti indicare come "utili idioti" - quelli che, nel loro essere naif, finiscono con l'aiutare gli estremisti ad ascendere al potere, solo per essere in prima linea per la distruzione, una volta che la meta viene da questi raggiunta. Nel caso di Livingstone e Galloway, raramente costoro hanno incontrato un radicale mediorientale con il quale non potevano essere d'accordo. E, chiaramente, questi hanno le loro controparti all'LSE e in altri campus universitari, nei sindacati e nei media. Il voto dell'Unione Studentesca dell'LSE è stato un giorno triste per l'accademia britannica. Tradisce tutti i valori che hanno fatto della Gran Bretagna un faro di libertà e progresso intellettuale. Si può solo sperare che questa decisione seguirà il percorso di quella della Oxford Union del 1933, prendendo la via più rapida possibile per finire nella spazzatura della storia.


* Direttore American Jewish Committee

(l'Occidentale, 29 gennaio 2010 - trad. Carmine Monaco)





3. ISLAM E TERRORISMO




Un erudito musulmano pubblica una fatwa contro il terrorismo

Un eminente erudito musulmano di origine pakistana, Muhammad Tahir-ul-Qadri, ha condannato i terroristi, considerati nemici dell'Islam, in una fatwa (sentenza giuridica data da uno specialista di legge islamica) resa pubblica a Londra.
    Egli sottolinea che gli atti di terrorismo non possono avere alcuna giustificazione nel nome dell'Islam, e ha condannato precisamente gli attentati di Al-Qaida, nella sua fatwa di circa seicento pagine presentata nel corso di una conferenza stampa a Londra, in presenza di deputati e rappresentanti di associazioni caritative.
    I kamikaze "non possono pretendere che i loro suicidi siano atti commessi da martiri che diventeranno degli eroi nell'umma [la comunità musulmana], no, diventeranno degli eroi di fuoco dell'inferno", ha dichiarato il dr Tahir-ul-Qadri. "Non c'è alcun posto per il martire, e i loro atti non saranno mai e poi mai considerati come jihad [guerra santa]", ha aggiunto.
    Questa fatwa "può essere considerata come l'argomentazione teologica più completa contro il terrorismo islamista fino ad oggi", secondo la fondazione londinese Quilliam, che combatte l'estremismo musulmano. Se altri responsabili musulmani nel passato avevano già condannato il terrorismo, Muhammad Tahir-ul-Qadri, che si è espresso in inglese e in arabo, ha sottolineato che questa fatwa scarta completamente ogni tipo di scusa per giustificare la violenza. Ha sottolineato che l'Islam è una religione di pace, invitando altri responsabili a unirsi alla sua posizione.
Muhammad Tahir-ul-Qadri è a capo del movimento Minhaj-ul-Quran, un'organizzazione della tradizione sufica, che combatte l'estremismo religioso in centri situati in dozzine di paesi.

(Le Monde, 2 marzo 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





4. UN ESEMPIO DI TOLLERANZA ETNICA E RELIGIOSA




La Primavera del Maccabi Haifa

di Adam Smulevich

C'è un luogo, in Israele, che più di ogni altro rappresenta un modello positivo di convivenza tra etnie e religioni diverse: la tollerante Haifa, città nella quale ebrei, musulmani, cristiani e drusi vivono in relativa tranquillità e armonia. Quasi un miracolo, in un paese martoriato da infiniti conflitti identitari. Il prodigio si estende anche al mondo dello sport, in particolare al calcio. La squadra primavera del Maccabi, infatti, ha anch' essa un sapore multi etnico.
    Tra i suoi giocatori più importanti figurano un terzino della comunità Falash mura (i superstiti dell'ebraismo etiopico), un centrocampista di origine beduina e un centravanti musulmano. La maggioranza dei ragazzi è di religione ebraica, ma si tratta di una prevalenza numerica abbastanza risicata. Almeno è l'impressione che si ha quando si leggono i nomi e si osservano i volti di questi 22 campioncini vestiti di verde, che danno vita a un vero e proprio mosaico di identità. Una bella sfida davvero, quella di tenere uniti i vari tasselli che lo compongono. "Cerchiamo di educare i nostri giovani al rispetto reciproco perché siamo nemici del fanatismo". Così Yaniv Cohen, direttore sportivo vagamente somigliante a David Hasselhoff, che osserva con occhio attento l'allenamento della squadra sul campo sintetico situato nei pressi di Viareggio, quartier generale del club di Haifa per tutta la durata della Coppa Carnevale da poco conclusasi. Eccellenti i risultati ottenuti dal punto di vista dell'integrazione, tanto che nel corso del torneo il Maccabi è stato invitato da un istituto scolastico viareggino a parlare, davanti a classi sempre più multietniche, del suo riuscito melting pot. L'educazione, d'altronde, è uno dei valori in cui dirigenti e staff credono ciecamente perché - ripetono come un mantra - gli interessi dei giovani non possono esaurirsi nel tirare due calci ad un pallone.
    Perciò, da alcuni anni, la società gestisce un collegio riservato



esclusivamente ai suoi tesserati under 18. La mattina sui banchi di scuola, il pomeriggio con tuta e scarpini. Ecco, in sintesi, il programma didattico. E per chi ha poca voglia di studiare, la punizione è di quelle toste. "Puoi essere un fenomeno con i piedi - continua Cohen - ma se hai una brutta pagella stai sicuro che il campo non lo vedrai mai. Non vogliarno veder crescere degli ignoranti".
    Sergenti di ferro, questi israeliani, però la loro cura sembra funzionare. Sei giocatori hanno già esordito in prima squadra, due addirittura in Champions League. Uno è Israel Zaguri, trenta minuti da protagonista contro la ]uventus e un futuro da campione. "È il più forte - non ha dubbi Alon Donitza, storico accompagnatore nelle trasferte in terra toscana - e pensare che l'anno scorso non faceva altro che larnentarsi perché l'allenatore lo teneva sempre in panchina". A Israel piace palleggiare con la testa come una foca, soprattutto se c'è qualcuno che scatta delle fotografie nei paraggi: non fa mistero di essere vanesio.
    Si avvicina e mi chiede per quale giornale lavoro. Rimane un po' deluso quando scopre che non scrivo per La Gazzetta dello sport. Sulla fascia sinistra corre come un treno Talb Tawatha, l'altro fortunato ad aver provato i brividi della coppa con le grandi orecchie: per Talb i primi assaggi del football che conta sono stati Bayern Monaco e Bordeaux. Veloce come una gazzella, ha lo scatto del centometrista e gli occhi furbi di chi la sa lunga.
    Cohen cammina con passo spedito e si consulta molto spesso con l'allenatore Itay Mordechai, ex attaccante del Maccabi dal 1986 al 1993 e bandiera amatissima dai tifosi. II direttore sportivo ha lo sguardo del segugio. Negli anni in cui era all'Hapoel Tel Aviv ha scoperto Ben Sahar, il nuovo enfant prodige israeliano. Ed è sempre in buona parte merito di Cohen la maturazione calcistica di Eyal Golasa, di cui tanto si è parlato negli ambienti sportivi italiani per via del suo trasferimento (poi saltato per motivi contrattuali) alla Lazio. "Faceva parte di questo gruppo fino a qualche mese fa", spiega il dottor Berber.
    Ma non tutti approvano il comportamento di Eyal. Per qualcuno dei dirigenti è un traditore, che non appena si è presentata una lucrosa chance all'estero, ha cercato di mollare i compagni di una vita in fretta e furia. Poi li vedi in mezzo ai ragazzi e capisci che saranno pure dei sergenti inflessibili, ma in fondo in fondo sono degli adulti ancora adolescenti. Così, tranne che nei tesissimi prepartita, l'atmosfera è quella di una festosa scampagnata e il balagan (la tipica confusione made in Eretz) regna sovrano, con i giocatori e lo staff che si fanno scherzi a vicenda. C'è un solo modo per porre fine al caos: un urlo prolungato e intenso lanciato dal preparatore atletico.
    Ma nessuno si spaventa, è semplicemente il segnale per far capire alla truppa che è arrivato il momento di cantare tutti insieme In the air tonight di Phil Collins, la colonna sonora del loro scanzonato viaggio verso il professionismo.

(pagine ebraiche. n.3, 1 marzo 2010)





5. CAMALEONTISMO RICORRENTE




A proposito di antisemitismo

di Francesco Lucrezi, storico

Nel momento in cui i segnali di antisemitismo sembrano moltiplicarsi, dovunque, in modo sinistro e inquietante, e l'Europa, e l'Italia, ricominciano, con la cosiddetta settimana di boicottaggio contro Israele, a dare il peggio di sé, non sarà inutile formulare, a mo' di "pro-memoria", quattro brevi considerazioni in ordine all'antico, velenoso fenomeno.

La prima osservazione da fare è che è sempre un grave errore far coincidere l'antisemitismo con il suo più recente, o più incombente, "abito" o "travestimento", giacché sua prima caratteristica è proprio la straordinaria capacità di mimesi, camaleontismo e adattamento. In virtù di tale attitudine, esso si è annidato, in passato, negli abiti più disparati - di taglio teologico (il popolo "deicida"), economico (gli avidi usurai), biologico (la razza inferiore), politico (gli scherani del capitalismo o, al contrario, i sovversivi bolscevichi) -, senza mai, tuttavia, esaurirsi in nessuno di essi, in quanto, "passato di moda" un abito (in genere per una sconfitta storica dei suoi promotori, come per il nazifascismo), è facilissimo indossarne un altro, apparentemente assai diverso. "Voi odiate gli ebrei - scrisse, nella sua Lettera a Hitler, nel 1932, Louis Golding - per certe vostre ragioni. Per esempio: hanno ucciso Cristo, hanno generato Cristo. Sono i granitici baluardi del capitalismo, sono gli acidi che dissolvono il capitalismo. Hanno un aspetto repellente, seducono e portano alla perdizione i giovani e le ragazze nordiche". (E, se avesse scritto qualche decennio più tardi, avrebbe probabilmente aggiunto: "si lasciano portare al macello come agnelli, sono guerrieri feroci e spietati").
Per combattere - o semplicemente comprendere - l'antisemitismo occorre pertanto, innanzitutto, saperne riconoscere e smascherare i vari travestimenti, passati, presenti e futuri, senza preferire (per ingenuità, o per viltà) quelli ormai dismessi, o in declino, nella cui condanna sembrano potersi facilmente raggiungere ampie convergenze, e facendo finta di non vedere i nuovi paludamenti dell'odio antiebraico. Anche se, certo, è più comodo e meno rischioso, al giorno d'oggi, parlare del superamento dell'accusa di "deicidio" piuttosto che delle sue "versioni aggiornate" (come il "palestinicidio"), o prendersela con tiranni già abbattuti, morti e sepolti, piuttosto che con i loro baldanzosi "nipotini".

(Notiziario Ucei, 3 marzo 2010)





6. DOVE LE RICCHEZZE SONO SALI E MINERALI




Sul Mar Morto la più grande spa naturale del mondo

di Monica D'Ascenzo

Il Mar Morto
Dalla cima della Fortezza di Massada, simbolo della resistenza ebraica alla conquista romana, si vede lo specchio d'acqua, quasi immobile, e tutt'attorno il deserto di Giudea. Bastano pochi chilometri per arrivare a Ein Bokek, sulla riva del mar Morto e scendere a più di 400 metri sotto il livello del mare. Ed è lì che avviene la trasformazione. Cambia la luce, cambia l'aria, tutto rallenta. E i turisti, prima sudati e affannati dalla salita, si abbandonano alla quiete dell'immersione. Un bacino di 650 chilometri quadrati di acqua amara e lieve nutrito dal fiume Giordano, con salinità al 30%. La più grande spa naturale del mondo.
    Qui le ricchezze sono sali e minerali - cloruro di magnesio e di potassio, bromo, sodio, cloro e calcio -, alghe termo-minerali - che trattengono calore e minerali,- e fanghi originati da depositi di 5 milioni di anni fa. Nessun inquinamento e un'evaporazione continua che crea una un'invisibile nube di protezione dalle radiazioni Uva e Uvb. Un microclima, una bolla sospesa, lontana dalle vie brulicanti di Gerusalemme e dai viali ariosi di Tel Aviv, che attira circa il 50% dei turisti che visitano Israele: nel 2009 in totale 2 milioni e 700mila persone, a fronte di una popolazione di 7 milioni di abitanti. Il 6 per cento circa si ferma anche a pernottare negli alberghi della zona. Ma non solo: secondo i dati del Ministero del turismo sono gli stessi israeliani, nel 2008 in una percentuale che supera il 70%, ad alloggiare negli hotel sul Mar Morto. Gli stranieri arrivano soprattutto tra novembre e febbraio , quando la temperatura è tra i 25 e i 28 gradi: allora le 30 spa incastonate sulla riva sud-occidentale del Mar Morto ospitano flussi di visitatori con diverse patologie: dermatologiche (psoriasi in primis) reumatiche, respiratorie e vascolari.
    Un altro cinquanta per cento del turismo, poi, è legato alla cura estetica e al relax. Anche per i più scettici, bastano dieci minuti di "galleggiamento" per avere un effetto sulla pelle di 48 ore. Sali e faONG del Mar Morto hanno proprietà curative scientificamente riconosciute. I primi studi moderni risalgono agli anni '50 e oggi si sa che questi prodotti hanno effetti positivi sul metabolismo cellulare, stimolano la rigenerazione e la microcircolazione cutanea e hanno effetti analgesici sui dolori muscolari e articolari. Alberghi e centri termali si sono affiancati alle saline ed è fiorita un'industria cosmetica e farmaceutica a base di prodotti naturali. L'estrazione della materia prima è sotto il controllo di una società pubblica, la Dead Sea Works. E due aziende israeliane hanno avuto in concessione i diritti di estrazione e lavorazione sulle rive: Minerals e Ahava. A pochi chilometri a sud del Mar Morto si trova lo stabilimento di produzione di Minerals: cinquanta dipendenti lavorano sali e fanghi estratti a diverse profondità e latitudini, ognuno con la sua peculiare composizione. Il business è nato sullo studio del principio fisico dell'osmosi inversa, che permette il passaggio di un solvente dalla soluzione più concentrata a quella più diluita. "Per questo i laboratori e l'investimento in ricerca e sviluppo sono per noi fondamentali. - dichiara il general manager Eyal Kidron - Siamo nati nel '93 e oggi offriamo centinaia di prodotti diversi, sviluppati attraverso processi eco-compatibili ed esportiamo il 90% della produzione all'estero, Italia compresa".
    Sono più di cinquanta le aziende che utilizzano prodotti del Mar Morto, in gran parte export-oriented. Nel 1994, a suggello del trattato di pace tra Yitzhak Rabin e Re Hussein è nata anche una joint- venture israelo-giordana: Jordael, presente in Italia con il marchio Sea of Life. Ultimo arrivato, poi, nel 2007, è il marchio Yes to Carrots che unisce all'acqua e ai Sali del Mar Morto, le proprietà antiossidanti del betacarotene.
    Con evoluzioni continue, la spa naturale ha fatto da volano per l'intera industria cosmetica del Paese. Un settore piccolo, ma in crescita. Nel 2009 ha rappresentato lo 0,5% del Pil, per un fatturato che si aggira attorno a un miliardo di dollari. Una cifra su cui l'export pesa per il 40 per cento: circa 400milioni di dollari. Il tutto sotto la bandiera di un comparto che a livello globale non ha visto crisi: la cosmesi naturale. Una scelta possibile solo se abbinata all'investimento in ricerca applicata. Una scelta prevedibile nel Paese che ha il maggior numero di start up del mondo e i kibbutz in mezzo al deserto sono aziende agricole. Il risultato è una squadra di imprese che scommettono su innovazione e risorse locali. Così se al colosso Ahava si conducono ricerche nel campo delle nanotecnologie e del genoma umano, anche Magiray che lavora sui principi attivi di oli, piante, frutta e sali, ha iniziato a collaborare con aziende di biotecnologie. Mentre Nature Scent utilizza estratti naturali, da coltivazioni, non solo biologiche, ma organiche. E alla Leorex la formulazione dei prodotti anti-age, a base di silice, viene messa a punto da ingegneri che studiano le proprietà fisiche, invece che chimiche, delle materie prime.

(Il Sole 24 Ore, 14 febbraio 2010)





7. ISRAELE DEVE RICONOSCERE I SUOI AMICI




La battaglia per i "cristiani-sionisti"


Così ha titolato il quotidiano israeliano Maariv il dibattito su un possibile riconoscimento ufficiale delle chiese evangeliche con orientamento pro-Israele. Il dibattito è stato promosso dal Ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Ai cristiani evangelici si vorrebbe concedere la possibilità di fare viaggi in Israele in modo alleggerito e più semplice, si vorrebbe anche procedere in modo meno burocratico nel caso di eventuali richieste di permessi di lavoro e promuovere finanziariamente scuole confessionali.
    Queste intenzioni hanno provocato l'opposizione del Ministro degli Interni religioso Eli Jishai, che teme attività missionarie. Le opinioni su come trattare gli evangelici in Israele sono molto differenziate. La radio militare ha comunicato che il Ministro degli Esteri considera gli evangelici come un gruppo a sé stante, in un certo senso come una chiesa indipendente. L'obiettivo sarebbe di permettere anche a loro l'accesso a servizi ed agevolazioni di cui godono le chiese ufficialmente riconosciute.
    Tra i gruppi evangelici figura anche l'ambasciata cristiana ICEJ (International Christian Embassy Jerusalem) che opera in Israele già da 30 anni. La ICEJ ha aiutato centinaia di migliaia di immigranti dagli stati dell'ex Unione Sovietica, sostiene tuttora luoghi minacciati di Israele al confine con la Striscia di Gaza, ha messo continuamente fondi a disposizione per il paese e porta ogni anno migliaia di pellegrini che esprimono la loro solidarietà a Israele. «Alcuni funzionari del Ministero degli Esteri ci trattano come lavoratori stranieri o missionari», ha detto David Parsons, portavoce della ICEJ, «anche se noi mettiamo soltanto in pratica il nostro amore per Israele.»
    Il viceministro Danny Ayalon ha dichiarato che gli evangelici che fattivamente sostengono Israele con soldi e lavori pubblici meritano di essere aiutati. Nel mondo ci sono circa 70 milioni di «cristiani pro-Israele», soprattutto fra gli evangelici. «Israele deve riconoscere i suoi amici nel mondo», ha detto Ayalon.
Ora si è formato un comitato che dovrà valutare gli argomenti dei due Ministeri e concedere protezione giuridica ai "cristiani sionisti».

(israel heute, febbraio 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





8. RIFLESSIONI




Il memoriale di Gesù è anche un memoriale di Israele




MUSICA E IMMAGINI




Yedid Nefesh




INDIRIZZI INTERNET




Road90

God’s Holy Mountain




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