Notizie gennaio 2009
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Venezuela: gruppo armato assale sinagoga di Caracas
CARACAS, 31 gen. - Un gruppo armato ha fatto irruzione nella sede dell'Asociacio'n Israelita de Venezuela (AIV)a Caracas, provocando danni nella principale sinagoga del Venezuela. Lo denuncia il vice presidente dell'associazione ebraica, David Bittan, precisando che la profanazione del luogo sacro e' avvenuta la notte scorsa. Sono stati distrutti libri ed oggetti sacri e sulle pareti interne ed esterne della sinagoga sono state scritte frasi antisemite, come "fuori, morte a tutti" o "morte ad Israele". L'aggressione avviene dopo che il governo venezuelano ha interrotto le relazioni con Israele a seguito dell'attacco a Gaza ed il presidente Hugo Chavez ha accusato il governo israeliano di 'genocidio'. "Come cittadini venezuelani chiediamo una maggiore protezione da parte del governo, perche' ci sentiamo in pericolo" ha dichiarato il presidente dell'Aiv Eli'as Farache. Ed il direttore della Confederacio'n de Asociaciones Israelitas de Venezuela (CAIV), Abraham Levy, e' stato ancora piu' duro, affermando che la profanazione della sinagoga e' la conseguenza della posizione assunta del governo venezuelano. "Il governo ha assunto una posizione anti-ebraica riguardo alla guerra tra israeliani e palestinesi" ha detto.
(Adnkronos/Dpa, 31 gennaio 2009)
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TV Hamas trasmettera' anche da Beirut
BEIRUT, 31 gen. - (Adnkronos) - La Tv Al Aqsa, rete televisiva di Hamas, iniziera' a trasmettere da Beirut un'ora al giorno per cominciare a sviluppare le sue capacita' di diffusione fuori dalla Striscia di Gaza. Lo riferisce il sito del quotidiano libanese an Nahar.
La sede centrale della rete era stata bombardata all'inizio dell'operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza, ma le trasmissioni sono continuate da una stazione mobile. La rete televisiva e' stata accusata piu' volte d'incitare all'odio contro gli ebrei e questo mese le autorita' di Parigi ne hanno proibito la diffusione in Francia. In passato aveva fatto scandalo una trasmissione per bambini nella quale un pupazzo simile a Topolino, chiamato Farfur, incitava alla guerra santa.
(Libero-News, 31 gennaio 2009)
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Parla Netanyahu: "E' l'Iran il padrino del terrorismo internazionale"
È domenica mattina ed è da giorni che cerco di fare unintervista allex e forse prossimo (se le cifre di cui gode nei sondaggi reggeranno sino alle elezioni del 10 febbraio) primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ma è stagione di politica, questa, cè una guerra in atto e alle mie chiamate non ho ricevuto alcuna risposta. Così, non avendo nulla di meglio da fare, decido di scendere nella palestra dellalbergo per fare un po di jogging.
E indovina chi ti trovo sul tapis roulant accanto al mio se non proprio lui, Benjamin Netanyahu? Chiacchieriamo per qualche minuto, soprattutto del cessate il fuoco appena dichiarato dal governo del primo ministro uscente Ehud Olmert e poi gli chiedo se è disposto a concedermi unintervista più tardi nel corso della giornata. La risposta che mi dà sta a metà tra un forse e un sì. In ossequio alle costumanze del paese, lo prendo per un sì esplicito e mi metto a far pressioni sui suoi assistenti per organizzare lincontro....
(l'Occidentale, 31 gennaio 2009)
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Negazionismo, Laras: "Infamia e malvagita' etica"
"Il negazionismo e il riduzionismo sono infamie, vere malvagita' etiche. Perferisco non pensarci e concentrarmi sulle giovani generazioni e sulla memoria". Così Giuseppe Laras, presidente dell'assemblea dei rabbini d'Italia, sulla polemica per le dichiarazioni di alcuni religiosi lefebvriani. A margine della cerimonia in ricordo della partenza per Auschwitz di Liliana Segre e con lei di tanti altri milanesi, dal Binario 21 della stazione centrale, Laras ha detto di non voler "spendere altre parole" sulla questione. "Il momento - ha detto facendo riferimento alla cerimonia in corso - e' troppo importante"
(la Repubblica, 29 gennaio 2009)
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In Europa sventato attacco Hezbollah contro obiettivo israeliano
Nelle ultime settimane, in Europa, sarebbe stato sventato un "massiccio" attacco terroristico contro un obiettivo israeliano. È quanto rivela l'emittente televisiva israeliana Channel 2, che cita fonti della sicurezza e viene rilanciata oggi dai siti web israeliani e libanesi.
Dietro all'attacco, infatti, vi sarebbe stato il movimento sciita libanese Hezbollah. L'attentato, scrive il sito web del quotidiano israeliano Hàaretz, è stato sventato grazie alla condivisione di informazioni d'intelligence tra Israele e un Paese europeo.
I funzionari della Difesa israeliana, tra l'altro, ritengono che con l'avvicinarsi del primo anniversario dall'uccisione di Imad Mughniye, alto responsabile di Hezbollah morto in un misterioso attentato a Damasco nel febbraio dello scorso anno, aumentino le possibilità di un attacco contro obiettivi israeliani nel mondo, dal momento che il Partito di Dio ha sempre ritenuto lo Stato ebraico responsabile per quell'omicidio. E appena due settimane fa, ricorda Hàaretz, il Times di Londra aveva riferito di un piano di Hezbollah, sventato lo scorso anno, per attaccare l'ambasciata israeliana in Azerbaijan.
Stando al quotidiano israeliano The Jerusalem Post, inoltre, la scorsa settimana il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha chiesto ai servizi di sicurezza dello Stato ebraico di innalzare il livello di allerta nel timore che Hezbollah possa sferrare un attacco contro Israele o contro interessi dello Stato ebraico fuori dai suoi confini, proprio a ridosso del primo anniversario dall'uccisione di Mughniye.
(l'Occidentale, 29 gennaio 2009)
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Visi dIsraele - Liron
Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.
(infolive.tv)
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Vivere al confine di Gaza
Sono stato in Israele per 3 giorni, al confine con la Striscia di Gaza, in missione come osservatore per conto del PDL e assieme ad uno stimato collega del PD, l'On. Gianni Vernetti.
Vi voglio raccontare le mie impressioni, le mie emozioni e il mio stato d'animo per farvi capire che cosa si prova a visitare i luoghi dove in questo momento gli occhi del mondo sono puntati.
La guerra, come sapete, per il momento è finita. Israele unilateralmente ha offerto la tregua e si è ritirata dai territori palestinesi dopo aver inferto una dura lezione militare ad Hamas. Una lezione che i terroristi ricorderanno a lungo, anche se difficilmente cambieranno il loro atteggiamento tant'è che, appena è iniziata la tregua, hanno gambizzato, cavato gli occhi, torturato e ucciso molti palestinesi moderati perchè colpevoli di ricercare la pace con Israele....
(Notiziario Italiano, 29 gennaio 2009)
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Che cosa è cambiato?
di Sergio Della Pergola
Nel bombardamento tedesco di Coventry il 14 novembre 1940 morirono almeno 568 (o forse 1.000) persone. Il bombardamento britannico di Dresda il 13-15 febbraio 1945 causò almeno 24.000 (o forse 40.000) morti. Nessuno, allora o dopo, parlò di proporzionalità, ma molti elogiarono Churchill per il suo contributo all'esito della Seconda guerra mondiale. Il Partito Nazionale Fascista in Italia e il partito Nazionalsocialista in Germania - due formazioni totalitarie e non democratiche - giunsero al potere attraverso procedure elettive e ottennero l'appoggio della grande maggioranza della popolazione. Nel dopoguerra europeo, nessuno propose che la ricostruzione avrebbe dovuto inderogabilmente avvenire con la partecipazione delle forze politiche nazifasciste. In Palestina, Hamas - un partito che proclama l'uccisione di tutti gli ebrei e la verità dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion - ottenne la maggioranza relativa dei voti nelle elezioni parlamentari del gennaio 2006. Oggi il discorso di molti analisti europei su Gaza e Israele è fissato sulla non-proporzionalità della reazione e sul coinvolgimento obbligato di Hamas nel futuro processo politico. Nel Giorno della Memoria ci si può chiedere che cosa sia stato capito, che cosa sia cambiato e che cosa sia stato dimenticato nelle percezioni e nelle identità politiche dell'Europa.
(Notiziario Ucei, 29 gennaio 2009)
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Papa: solidarietà con ebrei "indiscutibile"
CITTA' DEL VATICANO - Papa Benedetto ha riaffermato oggi la sua "piena e indiscutibile solidarietà" agli ebrei nel tentativo di allentare le tensioni con gli ebrei dopo che un vescovo cattolico ha negato l'Olocausto.
Parlando all'udienza del mercoledì, il Pontefice ha detto che il tentativo di sterminare gli ebrei nell'Olocausto resta un monito per tutti.
Il britannico Richard Williamson, uno dei quattro vescovi tradizionalisti al quale è stata revocata la scomunica la settimana scorsa, ha detto di non ritenere che siano state usate camere a gas.
Le sue parole hanno suscitato una tempesta di critiche dalla comunità ebraica.
(Reuters, 28 gennaio 2009)
Sull'argomento prende posizione un lettore:
Mi sembra che si faccia come al solito una confusione un po' capziosa quando si tratta di Papa Ratzinger. La scomunica non c'entra niente con le prese di posizione negazioniste del vescovo. Quindi non c'era motivo per cui il Papa dovesse escluderlo dalla riammissione nella Chiesa legata al motivo più generale del perdono degli ex lefebriani.
COMMENTO - Gli ebrei devono capire che per la Chiesa Cattolica negare dall'interno la realtà della sua autorità è ben più grave che negare la realtà dell'Olocausto. Negare la prima è peccato mortale; negare la seconda è peccato veniale. E il papa, nella sua magnanimità, perdona i dissidenti cattolici che si pentono e i contestatori ebrei che non capiscono.
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Iraq: video al Qaeda invita a diventare cecchini per vendicare Gaza
BAGHDAD, 28 gen. - (Adnkronos/Aki) - (di Hamza Boccolini) - "Se sei dispiaciuto per quanto accade a Gaza, allora diventa cecchino e colpisci il nemico a te piu' vicino, vedrai che starai meglio". E' questo l'invito lanciato dallo Stato islamico iracheno, formazione terroristica dietro alla quale si nasconde al-Qaeda in un video dedicato a "Gaza la coraggiosa". Il filmato, della durata di 30 minuti, e' un documentario nel quale si esalta, dal punto di vista militare e religioso, il ruolo dei cecchini nell'Islam, con l'obiettivo di invitare i musulmani di tutto il mondo a fare altrettanto e ad uccidere il primo 'infedele' che gli capita a tiro. "Devi sapere che con una pallottola che non supera il costo di un dollaro - spiega il filmato in lingua araba - puoi uccidere una persona che e' pagata molto di piu' dalla sua nazione. Se senti che il tuo cuore si stringe in petto e sei dispiaciuto per quanto accade ai musulmani, diventa un cecchino, vai dal nemico di Allah e ficcagli una pallottola nella testa o nel cuore: vedrai come ti sentirai meglio. Dice Allah l'altissimo: "Combatteteli, e che Allah li punisca con le vostre mani, li ricopra con onta, aiuti (la vostra vittoria) contro di loro, curi i petti dei Credenti" (Corano 9:14)". Il documentario si apre con le immagini dei bombardamenti israeliani su Gaza delle scorse settimane e prende di mira anche i capi di Stato arabi, mostrati mentre applaudono subito dopo un raid. Non manca infine un fotogramma dedicato a Papa Benedetto XVI, che compare mentre stringe la mano al re Abdullah nel corso dell'ultima visita a Roma del sovrano saudita.
(Il Tempo, 28 gennaio 2009)
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Così l'Iran riarma Hamas
Ad una settima dalla conclusione dell'operazione Piombo Fuso il riarmo di Hamas è già diventato la principale fonte di preoccupazione per Israele e per la comunità internazionale.
Mentre la Marina di Gerusalemme ha bloccato una nave iraniana diretta a Gaza ufficialmente carica di aiuti umanitari, l'intelligence militare ha reso noto che navi noleggiate dall'Iran (sponsor politico, finanziario e militare di Hamas) ormeggiate nel Mediterraneo orientale a breve distanza dalla città palestinese di Rafah, all'estremità sud della Striscia di Gaza, hanno sbarcato di notte contenitori stagni carichi di armi condotti da alcuni subacquei verso pescherecci palestinesi in attesa nelle vicinanze. Questi battelli hanno infine trainato i contenitori verso la costa di Gaza dove sono state prese in consegna da Hamas....
(Panorama, 28 gennaio 2009)
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Ronchi, gli europei si uniscano contro Hamas
ROMA, 28 gen - L'Unione europea deve trovare una ''grande unita' politica contro Hamas''. E' quanto chiede il ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi, che in un'intervista a La Stampa avverte che ''si deve combattere un'organizzazione che ha nel suo statuto la distruzione di Israele''. Ronchi non ha dubbi, la ricostruzione a Gaza non deve passare attraverso le ong di Hamas e l'unico interlocutore palestinese deve essere Abu Mazen. ''Non capisco come ci possa essere dialogo - spiega - con chi vuole la distruzione di uno Stato libero e democratica''. Per Ronchi, ''oggi il negazionismo va di pari passo con l'antisemitismo e il fondamentalismo''. Il ministro rimprovera poi la ''scarsa sollevazione culturale'' quando Hamas ha chiesto ''la distruzione d'Israele''.
(ASCA, 28 gennaio 2009)
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Hamas, censure e minacce nella Striscia
I reporter: «Come sotto Saddam». Gli intellettuali non allineati: «Dittatura»
GAZA - Le immagini erano forti. Il 28 dicembre, all'inizio dei bombardamenti israeliani su Gaza, vengono colpite ripetutamente le palazzine di Saraia, la prigione più importante. Accorre una troupe di giornalisti locali impiegati dalla tv araba del Qatar, Al Jazeera. E filmano in diretta: le fiamme, i danni, i morti e i feriti. Improvvisamente dalle macerie fumanti cominciano ad emergere decine di militanti di Fatah, che da mesi erano tenuti segretamente nelle celle. «Hamas criminali, assassini, venduti. Volevano farci morire sotto le bombe sioniste», gridano furiosi. Molti sono feriti, shoccati. I giornalisti mandano in onda. Ma poco dopo arrivano negli studi di Al Jazeera i militanti di Hamas e chiedono che le trasmissioni vengano interrotte. «Non si possono mostrare le divisioni interne», dichiarano. Lo stesso avviene per Al Arabia, l'emittente del Dubai. Qui però riescono a trasmetterlo onda più volte. «Non sono filo-Hamas come Al Jazeera», dicono polemici i reporter pro-Fatah....
(Corriere della Sera, 28 gennaio 2009)
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Una giornata della memoria per non dimenticare i bambini palestinesi
di Paolo Mesolella.
CASERTA - Doveva venire la Giornata della Memoria per far dimenticare le vittime civili della striscia. In questi giorni in redazione, le scuole, la Provincia, le associazioni hanno inviato decine di comunicati che noi, ovviamente, non abbiamo pubblicato. Non ci sembrava giusto in questo momento, che (tra l'altro) non è ancora terminato. Abbiamo apprezzato la decisione della Spagna: quest'anno non è giusto parlare solo degli ebrei, ma bisognerebbe parlare anche dei 1001 palestinesi morti a Gaza. Anche dei 303 BAMBINI rimasti morti e 4580 (quattromilacinquecentottanta) rimasti feriti nell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Nell'attaco sono morti solo dieci SOLDATI Israeliani. Questa volta non c'è paragone. E la giornata della memoria quest'anno la dedichiamo ai poveri bimbi palestinesi.
(Caserta24Ore, 27 gennaio 2009)
COMMENTO - Ecco che cosa è diventata la Giornata della Memoria.
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O. Romano: Dietro il negazionismo c'e' solo antisemitismo
Alla radice di questa negazione c'è l'odio antiebraico
ROMA, 26 gen. (Apcom) - "Il negazionismo della Shoah non è un'interpretazione storiografica, non è una corrente interpretativa dello sterminio degli ebrei perpetrato dal nazismo, non è una forma sia pur radicale di revisionismo storico, e con esso non deve essere confuso. Il negazionismo è menzogna che si copre del velo della storia, che prende un'apparenza scientifica, oggettiva, per coprire la sua vera origine, il suo vero movente: l'antisemitismo". Lo scrive, in un editoriale pubblicato dall''Osservatore Romano', Anna Foa, alla vigilia della giornata della Memoria, che si celebra domani e commentando le parole del vescovo scismatico Richard Williamson, uno dei quattro lefebvriani a cui sabato il Papa ha revocato la scomunica.
"Un negazionista è anche antisemita. Ed è forse, in un mondo come quello occidentale in cui dichiararsi antisemiti non è tanto facile - prosegue il quotidiano vaticano - l'unico antisemita chiaro e palese. L'odio antiebraico è all'origine di questa negazione della Shoah che inizia fin dai primi anni del dopoguerra, riallacciandosi idealmente al progetto stesso dei nazisti, quando coprivano le tracce dei campi di sterminio, ne radevano al suolo le camere a gas, e schernivano i deportati dicendo loro che se anche fossero riusciti a sopravvivere nessuno al mondo li avrebbe creduti". "Il negazionismo - prosegue il giornale della Santa Sede - attraversa gli schieramenti politici, non è solo legato all'estrema destra nazista, ma raccoglie tendenze diverse: il pacifismo più estremo, l'antiamericanismo, l'ostilità alla modernità". Da qui la conclusione di Anna Foa: "Dietro il negazionismo c'è un solo movente, un solo intento: l'antisemitismo. Tutto il resto è menzogna".
(Virgilio Notizie, 26 gennaio 2009)
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Al via a Gerusalemme la 13.ma plenaria del Congresso ebraico mondiale
Si è aperta oggi a Gerusalemme la 13.ma assemblea plenaria del Congresso Ebraico Mondiale, con il motto "Siamo dalla parte di Israele". L'appuntamento, che ha cadenza quadriennale, riunisce oltre 400 rappresentanti delle comunità ebraiche di tutti i continenti, organizzazioni internazionali dell'ebraismo e personalità invitate, che dovranno procedere al rinnovo del presidente del Congresso e di altri responsabili. Nella circostanza, i partecipanti discuteranno anche del conflitto militare a Gaza e di altre minacce contro Israele, tra cui l'attacco al Centro ebraico di Mumbai. Si parlerà anche della recrudescenza generalizzata dell'antisemitismo, dei rapporti tra ebrei e musulmani, della Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo in programma a Ginevra in aprile 2009. Domani, i delegati osserveranno la Giornata internazionale dell'Olocausto con una cerimonia al Museo di Yad Vashem, alla presenza di autorità politiche israeliane, tra cui il premier Ehud Olmert e i ministri degli Esteri, Tzipi Livni e per la Diaspora, Yitzhak Herzog. (M.V.)
(Radio Vaticana, 26 gennaio 2009)
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Il suicidio di Hamas, da manuale
Si propongono di distruggere per sempre Israele, sono l'emblema del fanatismo jihadista e da che si sono dati armi e bagagli ai ricchi mecenati iraniani del terrorismo fondamentalista mondiale han cominciato a scavarsi la fossa
di Massimo Introvigne
Si ha l'impressione che le anime belle europee, tipo Massimo D'Alema, stiano ancora guardando una vecchia fotografia di Hamas che lo ritrae com'era nel 1999. Le cose, però, sono molto cambiate.
Le anime belle spesso non hanno tempo per la storia. Ma per capire Hamas si deve partire dalla storia: dalla sconfitta delle armate ottomane sotto le mura di Vienna nel 1683; un esercito più forte, per uomini e mezzi, un esercito che non poteva perdere e che invece perde. Da quella sconfitta ne nascono altre, fino a quando, due secoli dopo, la maggioranza dei musulmani si trova a vivere sotto dominio coloniale europeo. Poiché il profeta Maometto aveva prospettato ai credenti un futuro di sole vittorie, il problema che ne nasce non è solo politico: è teologico. Per riprendere il titolo di un'opera dello specialista Bernard Lewis, «what went wrong?», "che cosa è andato storto?"....
(il Domenicale, 26 gennaio 2009)
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Michel: Hamas? gruppo terrorista. Ha schiaccianti responsabilita'
JABALIYA, 26 gen - Su Hamas pesa una ''responsabilita' schiacciante'' per la guerra a Gaza. A dichiararlo e' il Commissario europeo allo Sviluppo e agli Aiuti umanitari, Louis Michel, definendo il movimento islamista un gruppo ''terrorista''.
''A questo punto dobbiamo solo ricordare le responsabilita' schiaccianti di Hamas'', ha detto Michel arrivato ieri nella Striscia di Gaza e nel sud di Israele per valutare le necessita' umanitarie della popolazione.
''Ho voluto intenzionalmente dire qui questo: Hamas e' un movimento terrorista e per questo va denunciato'', ha aggiuto Michel dopo aver visitato Jabaliya, nel nord di Gaza, citta' distrutta dall'offensiva israeliana.
''L'opinione pubblica,e' stufa di vedere che noi paghiamo varie volte, sia la Commissione, sia gli Stati membri che i grandi donatori, per infrastrutture che saranno sistematicamente distrutte'', ha aggiunto Michel.
(ASCA-AFP, 26 gennaio 2009)
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Chi si è accorto dei diritti umani violati da Hamas?
Ascoltando le notizie, che si sono rincorse nei mesi passati nella quasi totalità dell'etere televisivo, sul problema dello "Star Wars", ossia l'ombrello nucleare pianificato dai perfidi USA a minaccia dell'Europa operaia, vien da sorridere. A suo tempo, ce la dipinsero come una spada di Damocle suscettibile di concretizzare un'indistinta distruzione di massa ...
(Giustizia giusta, 26 gennaio 2009)
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Frattini: Sì a unità palestinese, no a governo Hamas
ROMA, 26 gen - È la riconciliazione tra i palestinesi l'obiettivo principale della diplomazia europea riguardo alla crisi di Gaza. Rimane tuttavia fermo il principio che la guida della Striscia debba tornare all'Autorità nazionale palestinese (Anp). La prima preoccupazione è dunque "non creare le condizioni per un nuovo governo di Hamas", come ha riferito il ministro degli Esteri Franco Frattini da Bruxelles, dov'è impegnato nel Consiglio affari generali e relazioni esterne dell'Unione europea. Frattini ha ribadito la proposta avanzata ieri dall'Italia durante l'incontro tra i ministri degli Esteri dell'Unione europea e quelli di Egitto, Giordania, Turchia e Anp. Una proposta in tre punti che, ha spiegato il titolare della Farnesina, "è entrata nel documento" conclusivo che verrà rilasciato oggi al termine del Consiglio. I tre punti che Frattini illustrerà oggi ai colleghi sono in primo luogo assicurare il flusso di aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza, in secondo favorire la riconciliazione interna palestinese e infine riaprire i valichi lasciando a presidio anche soldati dell'Unione europea (e dell'Italia) con la riattivazione della missione Eubam.
Il responsabile della diplomazia italiana ha affermato che tutti i partner comunitari sono d'accordo sul fatto che al momento, per favorire la riconciliazione palestinese, occorre "lasciar lavorare gli egiziani". L'Europa deve però vigilare su altri aspetti, ad esempio su chi gestirà gli ingenti fondi internazionali giunti per la ricostruzione. Secondo Frattini, infatti, sarebbe inopportuno affidare un compito di questa rilevanza a "generiche ong che possono essere legate ad Hamas". Per quanto riguarda il pattugliamento navale per scongiurare l'afflusso di armi verso la Striscia, Frattini ha riferito che esiste qualche perplessità egiziana, in quanto la rotta delle armi clandestine non sarebbe quella mediterranea ma "quella che passa dall'Africa".
(il Velino, 26 gennaio 2009)
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Israele. Sondaggio: Netanyahu premier preferito da israeliani
Per lui il 29% dei consensi. Alla Livni solo il 16%
ROMA, 26 gen. (Apcom) - Il leader del Likud, Benjamin Netanyahu, è il candidato premier più gradito agli israeliani. E' quanto emerge da un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano Haaretz, che accredita l'ex primo ministro del 29 per cento delle preferenze.
Solo il 16 per cento dei cittadini israeliani interpellati ha espresso il suo sostegno per la leader del partito Kadima, Tzipi Livni, mentre il 6 per cento ha indicato nel ministro della Difesa Ehud Barak il preferito.
Ma Netanyahu avrebbe il gradimento degli israeliani anche come ministro dell'Economia o degli Affari Esteri, mentre il candidato più gradito per il ministero della Difesa sarebbe l'attuale ministro Ehud Barak, seguito dall'ex capo di Stato Maggiore, Moshe Yaalon, e da Shaul Mofaz.
(Virgilio Notizie, 26 gennaio 2009)
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Agenzia Israele sull'antisemitismo: uno scandalo riabilitare il lefebvriano
"E' insulto per Stato ebraico e 200mila sopravvissuti"
GERUSALEMME, 25 gen. (Ap) - Critiche contro la riabilitazione del vescovo lefebvriano negazionista Richard Williamson, decisa ieri dal Papa, arrivano anche dal capo della task force dell'Agenzia ebraica sull' antisemitismo, Amos Hermon, che grida allo "scandalo".
Nel corso di una conferenza stampa oggi a Gerusalemme, Hermon ha affermato che la revoca della scomunica del britannico Richardson "è un insulto per Israele e per gli oltre 200mila sopravvissuti che vivono in Israele". "Per loro, è tutta la loro vita", ha aggiunto.
A inizio novembre, il vescovo scismatico Williamson aveva negato l'esistenza delle camere a gas in un'intervista alla televisione svedese 'Stv' (http://svtplay.se/v/1413831/webbextra_langre_intervju_med_william son).
Oggi il museo israeliano della shoah, Yad Vashem, ha definito il "reintegro una questione interna della Chiesa", sottolineando tuttavia che è "scandaloso che qualcuno di questa statura nella Chiesa neghi l'Olocausto".
Ieri Benedetto XVI ha annunciato la revoca della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti che furono illegittimamente ordinati dall'arcivescovo scismatico Marcel Lefebvre, nel 1988. Oltre al negazionista Richard Williamson, ci sono Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, e Alfonso de Galarreta.
(Virgilio Notizie, 25 gennaio 2009)
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Giorgio Israel: Lefebvriani ferita difficile da rimarginare
Dal Vaticano "morale di Ponzio Pilato"
ROMA, 25 gen. (Apcom) - La revoca della scomunica ai lefebvriani - tra di essi un vescovo negazionista - è "un fatto grave, una ferita difficile da rimarginare", secondo Giorgio Israel, storico della scienza alla Sapienza.
"Con la stessa franchezza con cui ho espresso le mie riserve su certe critiche alla Chiesa Cattolica sul tema del dialogo ebraico-cristiano - afferma Israel in un contributo al sito 'Moked. Il portale dell'ebraismo italiano' - intendo dire che la conseguenza principale della revoca della scomunica ai cattolici lefebvriani, e cioè la riammissione nella comunità cattolica del vescovo canadese Richard Williamson, è un fatto straordinariamente grave e una ferita difficile da rimarginare".
"Intendiamoci", prosegue Israel: "Ognuno è libero di intendere l'unità della propria comunità religiosa come crede. Ma qui la domanda è: la scomunica esiste oppure no, per la Chiesa cattolica? Personalmente sono fermamente contrario a ogni scomunica e quindi ritengo che il problema non sarebbe dovuto neppure esistere. Ma se i lefebvriani sono stati scomunicati ed ora vengono riammessi - senza che l'istituto sia abolito - occorre chiedersi se sia più grave dal punto di vista morale il loro dissenso nei confronti del Concilio Vaticano II o quanto ha dichiarato il vescovo Williamson. Il quale non soltanto ha contestato che le camere a gas siano mai esistite ma ha detto che 'l'antisemitismo può essere cattivo solo quando è contro la verità. Ma se c'è qualcosa di vero non può essere cattivo'. Di fronte a queste affermazioni inaudite, rilasciate pochi giorni fa, affermare che la revoca della scomunica non significa sposare le idee e le dichiarazioni di Williamson, che vanno giudicate in sé - prosegue il docente della Sapienza - si ispira alla morale di Ponzio Pilato. La morale non è divisibile in compartimenti. Il rappresentante italiano dei lefebvriani, intervistato al 'Tg2' ha detto di non potersi pronunciare sull'esistenza delle camere a gas perchè non è uno storico... C'è bisogno di altro per capire chi è questa gente? E se riunirsi con costoro è un dono di pace, allora c'è da fuggire a gambe levate di fronte alla pace".
(Virgilio Notizie, 25 gennaio 2009)
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Flotta usa anti-pirati cerca armi di Hamas
ROMA - La taskforce navale americana inviata nel Golfo di Aden con il dichiarato scopo di combattere la pirateria somala ha ricevuto istruzioni di impedire che armi iraniane giungano nella Striscia di Gaza e ad Hamas, il movimento islamico alleato di Teheran.
Lo scrive il Sunday Times citando fonti diplomatiche statunitensi. La settimana scorsa una nave mercantile russa che ora batte bandiera cipriota è stata intercettata dalla flotta americana. Costretta ad attraccare in un porto egiziano, è stata sottoposta a attenti controlli che hanno portato a scoprire armi. Impedire l'approvvigionamento in armi di Hamas è stato il principale obiettivo dell'invasione della Striscia da parte dell'esercito israeliano e, ora che è in vigore una tregua, resta un obiettivo che gli Stati Uniti si sono impegnati con Israele (accordo Rice-Livni) a realizzare. Il Sunday Times scrive che gli americani sono convinti che i Guardiani della rivoluzione iraniani sono attivamente impegnati a fornire armi a Hamas. Si crede anche di sapere che è dal porto di Bandar Abbas che partono le navi in cui vengono nascoste le armi per Hamas.
E tra queste armi figurano i missili Fajr, con gittata di oltre 80 chilometri, in grado pertanto di colpire dalla Striscia Tel Aviv e la centrale nucleare di Dimona. Preoccupa inoltre israeliani e americani il fatto che Teheran abbia inviato due navi da guerra nel Golfo di Aden, come peraltro hanno fatto molti altri paesi, allo scopo di contrastare - questa la versione ufficiale - la pirateria. Son due le vie del contrabbando attraverso cui gli iraniani puntano a fare arrivare armi a Hamas, secondo il giornale londinese. La prima passa per la Somalia e il Sudan, da dove le armi giunte via mare proseguono il loro tragitto via terra fino al Sinai. Qui vengono prelevate dai beduini specializzati nel portarle a Rafah, da dove, attraverso i famosi tunnel solo in parte distrutti da Israele con gli ultimi bombardamenti, arrivano nella Striscia. La seconda consiste nel percorso via mare attraverso il Canale di Suez.
Le navi contrabbandiere si fermano vicino alla Striscia, in acque territoriali egiziane dove Israele non può intervenire, e trasbordano i container con le armi su pescherecci palestinesi.
(ANSA, 25 gennaio 2009)
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Gilad Shalit: Hamas accetta di discutere il rilascio
Una delegazione diplomatica del gruppo terrorista di Hamas è a Il Cairo per discutere, tra le altre cose, del rilascio del giovane soldato dell'IDF, Gilad Shalit, rapito nel 2006.
Gli uomini Hamas discuteranno anche della questioni dei valichi di Gaza e del prolungamente della tregua, ma le condizioni per il rilascio del caporale israeliano sono molto dure: come contropartiti i terroristi palestinesi chiedono infatti il rilascio dei loro prigionieri arrestati nel corso di anni dagli uomini dell'Esercito Israeliano. Hamas chiede anche che la riapertura dei valichi attorno a Gaza non venga utilizzata come leva per il rilascio di Shalit.
Ayman Taha, portavoce di Hamas, ha anche chiesto che a pattugliare la i valichi insieme agli israeliani dell'IDF ci siano anche dei soldati turchi ed UE. Fonte di queste notizie, il quotidiano arabo con sede a Londra, Asharq al Awsat.
(l'Occidentale, 25 gennaio 2009)
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Livni: nuovi raid per fermare contrabbando di armi
Lo ha detto il ministro degli Esteri alla televisione isrealiana
ROMA, 25 gen. (Apcom) - Israele dovrebbe colpire nuovamente Hamas per fermare il contrabbando di armi: lo ha detto il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni in una intervista all'emittente Canale 1. Israele, secondo il capo della diplomazia, ha infatti ottenuto quasi tutti gli obiettivi cercati, tuttavia un nuovo raid contro il movimento islamico sarebbe utile per fermare il contrabbando di armi che continua malgrado le trattative in corso per una tregua.
"Abbiamo dato inizio all'operazione per portare la calma e per fermare il lancio di razzi che si è arrestato. Per quanto mi riguarda potremmo colpire militarmente Hamas di nuovo" ha spiegato Livni, secondo quanto riferisce Haaretz, ribadendo il suo sostegno all'operazione "Piombo Fuso" durata tre settimane e costata la vita a circa 1.300 palestinesi.
Il ministro ha spiegato nuovamente che la riapertura dei valichi di Gaza è strettamente legata alla liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, rapito dai militanti palestinesi nel 2006.
(Virgilio Notizie, 25 gennaio 2009)
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Timori nuova offensiva: Jet israeliani sorvolano Striscia
Lo riferisce il sito di Haaretz
ROMA, 25 gen. (Apcom) - Jet dell'aviazione israeliana stanno sorvolando Gaza City, riferisce il sito del quotidiano Haaretz, innescando il timore di un nuova offensiva, ad una settimana esatta dall'entrata in vigore del cessate il fuoco che ha messo fino all'operazione "Piombo Fuso".
Molte banche, uffici governativi, scuole e negozi sono state chiuse per paura di possibili raid sul territorio sotto il controllo di Hamas. Molti abitanti di Gaza sono rientrati velocemente a casa, lasciando la città praticamente deserta.
Nell'offensiva israeliana durata tre settimane, oltre 1.250 palestinesi sono rimasti uccisi, tra cui molti bambini e donne. Circa 500 i militanti di Hamas e affiliati ad altri gruppi radicali morti.
(Virgilio Notizie, 25 gennaio 2009)
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Il giorno della memoria come arma
di Elena Loewenthal
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Elena Loewenthal |
Si avvicina il Giorno della Memoria e crescono i dubbi sulla tenuta della ricorrenza. Sul suo senso e l'utilità civile che riveste, a prescindere dalle encomiabili intenzioni di chi, una decina d'anni fa, costruì - a livello culturale ma anche politico - questa scadenza del calendario nazionale. Il Giorno della Memoria incontra innanzitutto il rischio che ogni forma di ritualizzazione comporta: la perdita di pregnanza. Quando qualcosa si ripete, la monotonia è un effetto tanto collaterale quanto inesorabile. E giunge puntuale la noia, l'inconscia alzata di spalle. Intorno al Giorno della Memoria si crea non di rado un paradosso quasi spietato: la costante ricerca del «nuovo», da parte di enti, editori, scuole. Che è un'assurdità: perché la ricorrenza celebra per definizione sempre la stessa cosa; perché la brutalità di quel passato sta anche nel fatto che non ha nulla di nuovo da raccontare. E poi la forza del ricordo sta proprio nel già detto, tramandato, ripetuto.
Di pari passo sorge la questione dell'«invadenza» del Giorno della Memoria nella scuola. A che serve? La scadenza è diventata un impegno curriculare di grandi proporzioni: docenti e studenti si sentono in dovere di mobilitarsi. Di sapere e capire. Il terreno è minato. Molto più delle guerre puniche e della rivoluzione francese: perché la memoria non è storia. Non chiede un approccio interpretativo, quanto emotivo. A scuola, invece, il Giorno della Memoria si carica di aspettative troppo alte: non didattiche ma etiche. Il metodo più efficace per (presumere di) arrivare a questi obiettivi si rivela la ricerca dell'effetto. E così, il ricordo finisce per diventare qualcosa di astratto. Tanto è vero che il Giorno della Memoria isola l'esperienza storica ebraica, invece di contestualizzarla. La sigilla in una bolla trasparente ma impenetrabile. Questo è innanzitutto un impulso naturale: di fronte al male si arretra, per difesa. L'orrore dello sterminio non può indurre vicinanza, anzi respinge. Di fronte alla Shoah, l'istinto inconscio si ribella, dice: no. Ora è diverso. Io sono diverso. A me non potrà mai accadere. Come ci si fa a immedesimare in una vittima, un torturato, un corpo dentro un forno crematorio? È contro natura.
Poi c'è la questione didattica. Gli ebrei arrivano sui banchi in due occasioni: agli albori, con babilonesi, assiri e fenici, preludio al passato «importante», greci e latini. Millenni dopo tornano con la Shoah. A farsi sterminare. Tutto ciò contribuisce a isolare la loro storia a renderla strana, aliena. Questa specie di disconoscimento si riflette fuori dalla scuola. Non a caso in questi giorni il conflitto a Gaza e in Israele ha preso una piega diversa. Non dove c'è la guerra. Qui in Europa. L'imminente Giorno della Memoria è diventato un «soggetto» della guerra. Il bambino di Gaza e la donna di Sderot non se ne fanno nulla di un'immedesimazione storica, di un «ardito» accostamento al passato. Loro hanno da sopravvivere. Qui invece s'imbrattano muri di scritte antisemite (Torino), s'infangano cimiteri ebraici (Pisa), si disdicono celebrazioni del Giorno della Memoria (Catalogna), si grida: viva Hamas, ebrei nelle camere a gas (Olanda). La Shoah diventa codice interpretativo della guerra a Gaza. Non si tratta solo di opinioni azzardate, d'incompetenza allo sbaraglio. È anche un effetto del Giorno della Memoria: più s'avvicina, più diventa comodo strumento per denigrare l'oggi. Per isolare ancora una volta l'esperienza ebraica, che sia dentro la Shoah o nell'attualità. Liquidarla con categorie prefabbricate. E poi c'è qualcosa di più profondo: sta nell'inconscio di quell'Europa in cui la Shoah si è consumata ed è rimasta lì come un peso insopportabile. Che sarebbe bello poter finalmente scaricare altrove.
(La Stampa, 24 gennaio 2009)
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Per la giornata della memoria a Bologna
25 gennaio 2009
MATTINA
Museo Ebraico di Bologna
Via Valdonica 1/5
ore 11.00 saluti alle autorità e alla cittadinanza
ore 11.15 apertura della mostra
Carlo Levi Il prezzo della libertà
POMERIGGIO
Sinagoga di Bologna
Via Mario Finzi 4
ore 16.00 concerto di Yom Ha Shoà
Dalla schiavitù alla libertà, dall'angoscia alla gioia
Programma completo
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Le bufale di Hamas
L'inviato del Corriere dice che le cifre sulle vittime nella Striscia di Gaza sono gonfiate ad arte
Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo formidabile dell'inviato Lorenzo Cremonesi, che era riuscito a entrare nella Striscia di Gaza dentro un'ambulanza prima che i combattimenti finissero, quando il resto dei giornalisti aspettava sul confine, ed è finito pure sotto il fuoco israeliano. Il pezzo del Corriere demolisce le cifre fornite da Hamas sul numero di vittime civili nei 22 giorni di guerra. Cifre inspiegabilmente, finora, date per buone. "C'è un dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano - scrive Lorenzo Cremonesi - In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. 'I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro', ci dice un medico dell'ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita.
Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: 'Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l'altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla". Al Foglio l'inviato conferma: "Ho visto gli ospedali, in genere in zone di guerra per ogni morto ci sono in media tre feriti gravi, non ho assolutamente visto queste cifre a Gaza. Cito anche reporter locali 'very senior' che conosco da molto tempo e dicono 500, 600 uno si è spinto a 700, ma non oltre".
Il precedente che viene subito in mente è quello di Jenin nel 2002. Durante l'offensiva israeliana nel campo profughi si parlò di 1.500 morti. L'agenzia palestinese Wafa, citando fonti mediche, parlò di "massacro del Ventunesimo secolo". Il rappresentante palestinese alle Nazioni Unite, Nasser al Kidwa, descrisse alla Cnn "gli elicotteri che stanno bersagliando con i missili un chilometro quadrato affollato da 15.000 persone". La stampa inglese, Guardian, Independent e Times, si bevve subito la storia. Poi venne fuori che c'erano soltanto 56 vittime, di cui 45 erano guerriglieri caduti combattendo.
Cremonesi mette in dubbio anche il numero ufficiale dei feriti, 5.000, perché ha fatto il giro degli ospedali - che da fuori la Striscia tutti descrivevano "al collasso" - e li ha trovati semivuoti. "Molti letti sono liberi all'Ospedale europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nella 'guerra dei tunnel' israeliana. Lo stesso vale per il Nasser di Khan Younis. Solo 5 letti dei 150 dell'Ospedale privato al Amal sono occupati". E descrive la disperazione degli abitanti di Gaza, che gridavano alle squadre di ragazzini di Hamas, dai 16 ai 23 anni, di andare via, di non attirare con la loro presenza e il lancio di razzi il fuoco degli israeliani. "I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti".
Amira Hass, l'unica giornalista israeliana dentro la Striscia, ha invece per prima dato la notizia delle esecuzioni segrete di Hamas contro i membri di Fatah. La popolazione di Gaza non è l'incrollabile monolite filoHamas descritto da fuori. Il numero delle vittime di Gaza non è definitivo, ancora nascosto nella nebbia della guerra. Ieri l'esercito israeliano ha contestato le stime del Corriere e ha detto che il numero finale dei morti si avvicinerà a 1.300, dei quali però 750 soldati di Hamas.
(Il Foglio, 23 gennaio 2009)
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Gaza - Colonnello israeliano: raggiunti gli obiettivi militari
"Hamas ha capito che un secondo round non sarebbe una buona idea"
ROMA, 23 gen. (Apcom) - L'operazione "Piombo fuso" nella Striscia di Gaza si è conclusa con un pieno successo e l'esercito israeliano ha centrato tutti gli obiettivi prefissati. Lo ha detto a Radio Israele il comandante della Brigata paracadutisti dell'esercito israeliano, il colonnello Herzi Halevi, secondo quanto riporta il Jerusalem Post.
"Nessuno può pensare che Gaza sia stata completamente ripulita dalle piattaforme di lancio dei razzi e dai tunnel", ha detto il colonnello. "L'esercito ha colpito numerosi operativi di Hamas e molte sue infrastrutture, e ora (il gruppo integralista palestinese) ha capito che un secondo round non sarebbe una buona idea".
Durante l'offensiva, lanciata il 27 dicembre e durata tre settimane, le truppe israeliane hanno distrutto l'80 per cento dei 300 tunnel che i miliziani di Hamas avevano scavato sotto la frontiera tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, usati per il contrabbando di armi e altre merci.
I miliziani di Hamas avrebbero però già ripreso il controllo dei restanti tunnel e avrebbero introdotto nuove armi da quando sono cessate le ostilità la scorsa domenica. Il colonnello Halevi ha detto che durante l'operazione a Gaza i soldati israeliani hanno fatto di tutto per evitare di colpire i civili, usati come scudi umani dai miliziani di Hamas.
(Virgilio Notizie, 23 gennaio 2009)
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Gaza, dirigente Olp: Hamas tortura membri di al-Fatah
RAMALLAH (23 gennaio) - Hamas ha trasformato ospedali, scuole e università della Striscia di Gaza in centri di detenzione e tortura per i membri del partito dell'ex presidente palestinese Abu Mazen, al-Fatah, sospettati di «collaborazionismo» con Israele. A lanciare le accuse contro il il movimento di resistenza islamica un dirigente dell'Olp, Yasser Abed Rabbo, in una conferenza stampa a Ramallah. Lo riferisce il Jerusalem Post
Olp: Hamas vuole dividere Gaza dalla Cisgiordania. Secondo Rabbo, il movimento guidato da Ismail Hanye vuole «sfruttare» il sangue versato dai palestinesi a Gaza per nascondere i suoi piani di lungo termine, separare definitivamente la Striscia dalla Cisgiordania. «Non consentiremo che questa cospirazione si realizzi» assicura l'esponente dell'Olp. «Non permetteremo a Hamas - insiste - di distruggere il nostro progetto nazionale. Costi quel che costi».
A dar man forte al foglio di Gerusalemme, il quotidiano Haaretz, il quale, citando una fonte dell'Autorità nazionale palestinese, sostiene che nella operazione Piombo Fuso e nei giorni seguiti al cessate il fuoco Hamas ha ucciso 19 membri di al-Fatah, ne ha feriti altri 80 e arrestati circa 400. Stessa sorte, sostiene l'Anp, per i tentativi di svolgere attività politica a Gaza, sistematicamente repressi.
(Il Messaggero, 23 gennaio 2009)
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Israele: sondaggi, la destra verso la vittoria nelle elezioni
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Avigdor Lieberman (Beitenou) |
GERUSALEMME, 23 gen. - La destra israeliana beneficia dell'offensiva nella Striscia di Gaza e stacca i laburisti e Kadima nei sondaggi in vista delle elezioni del 10 febbraio. Il Likud di Benjamin Netanyahu si oppone con fermezza al ritiro dai territori occupati nel 1967 e sta facendo campagna puntando tutto sulla sicurezza e rinunciando a vecchi cavalli di battaglia come la Grande Israele e l'ampliamento degli insediamenti. Al contrario Kadima, il partito del ministro degli Esteri Tzipi Livni, non e' stato capace di tesaurizzare quello che puo' essere considerato un successo militare dopo la batosta subita nel sud del Libano contro Hezbollah. L'estrema destra di Beitenou ha accusato il governo di aver fermato troppo presto l'offensiva sostenendo che bisognava approfittarne per spazzar via Hamas e fermare definitivamente i lanci di razzi sul sud del Paese. Una posizione che ha portato un consistente crescita nei consensi. Yoel Hasson, capogruppo di Kadima in parlamento, ha suonato l'allarme e avvertito che "una vittoria di Netanyahu porterebbe al potere gli estremisti che non potrebbero avere che terribili relazioni con gli Stati Uniti" di Barack Obama. I sondaggi pero' parlano chiaro: e' il leader del Likud a essere favorito anche se Netanyahu continua a dire di preferire l'ipotesi di un esecutivo di unita' nazionale a una coalizione di destra. Oltre al tema della sicurezza, Nethanyau promette tagli alle tasse e interventi per far fronte alla crisi finanziaria. Secondo i sondaggi realizzati dai quotidiani Maariv e Yediot Ahronoth, il Likud passerebbe da 12 a 29 seggi nella Knesset e Beitenou - fondato da ebrei fuggiti dall'Urss e guidato da Avigdor Lieberman - da 14 a 16. In calo, invece, i partiti ultraortodossi. Kadima conterrebbe le perdite passando dai 29 seggi che ha oggi a 24-25, mentre il laburisti di Ehud Barak passerebbero da 19 a 16-17.
(AGI, 23 gennaio 2009)
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Il governo Israele dà il via libera al piano anticontrabbando
Messo a punto dall'Egitto, nessun progresso per il rilascio di Shalit
ROMA, 23 gen. (Apcom) - Il premier israeliano Ehud Olmert, il ministro della Difesa Ehud Barak e il capo della diplomazia Tzipi Livni hanno approvato il piano anticontrabbando messo a punto dall'Egitto per impedire l'afflusso di armi nella Striscia di Gaza.
Come riporta il quotidiano israeliano The Jerusalem Post, il via libera è stato dato dopo il ritorno dal Cairo del negoziatore Amos Gilad, che vi ha incontrato il responsabile dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman.
Gilad non avrebbe tuttavia riscontrato alcun progresso nei negoziati per la liberazione di Gilad Shalit, il militare rapito due anni e mezzo fa dalle milizie palestinesi e ancora sequestrato nella Striscia di Gaza.
(Virgilio Notizie, 23 gennaio 2009)
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La paura dei palestinesi, l'ospedale ebreo è deserto
La clinica da campo per assistere i civili è tuttora inoperante
GERUSALEMME - Una clinica da campo israeliana aperta la scorsa domenica al valico di Erez per offrire immediata assistenza sanitaria ai palestinesi vittime delle recenti operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza è di fatto inoperosa per mancanza di pazienti, secondo quanto ha riferito ieri il quotidiano Jerusalem Post. «Ho trascorso ieri (mercoledì, ndr) tutto il giorno in attesa di pazienti ma non ne è venuto nemmeno uno» ha detto al giornale uno dei medici, che ha chiesto di restare anonimo. «O le persone hanno paura di noi o di Hamas». «È un peccato - ha continuato - ma non posso biasimarli perché non vengono da noi. È però frustrante». Il bilancio dell'offensiva israeliana, secondo stime palestinesi, è di oltre 1.300 persone uccise - più di 400 delle quali bambini - e di più di 5.000 ferite. Israele stima che siano stati uccisi diverse centinaia di miliziani di Hamas. Un portavoce dei servizi di pronto soccorso israeliani (Maghen David Adom), che gestisce la clinica eretta a fini umanitari in cooperazione con i ministeri della Sanità e del Benessere sociale israeliani, ha detto che solo sette bambini ammalati di cancro si sono avvalsi dei servizi dell'ambulatorio. Tutti hanno poi fatto ritorno alle loro case.
La clinica, che è in grado di curare cinquanta persone, comprende specialisti in diversi rami della medicina, come traumatologia, pediatria, ginecologia, chirurgia, ortopedia. Nel frattempo in Israele si rilevano alcune, per ora isolate, iniziative private di raccolta di aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. Una di queste è stata lanciata da una studentessa di Sderot Hadas Balad, di 25 anni. La giovane ha lanciato su internet una campagna di raccolta di generi di prima necessità che ha apparentemente avuto risultati che hanno superato le sue più ottimistiche previsioni, anche grazie alla collaborazione di alcune organizzazioni umanitarie, religiose e di semplici cittadini.
(Corriere Canadese, 23 gennaio 2009)
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Gaza - Guerra civile durante offensiva israeliana, decine i morti
El Pais: Hamas regola i conti con i collaborazionisti
ROMA, 23 gen. (Apcom) - Durante l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza un'altra guerra, questa civile, ha scosso il Territorio costiero dove Hamas ha regolato i conti con esponenti di Al Fatah e altre persone considerate "collaborazioniste".
Secondo quanto riporta il quotidiano spagnolo El Pais, il primo gennaio - data della fondazione di Al Fatah - numerosi miliziani hanno cercato di prendere il controllo di alcune zone di gaza, capitale della Striscia: la polizia di Hamas, che continuava a pattugliare le strade senza indossare le uniformi per non essere bersaglio degli attacchi israeliani, ha tuttavia reagito duramente.
Secondo alcune fonti inoltre sarebbero un centinaio i collaborazionisti - che avrebbero segnalato all'aviazione israeliana gli edifici da colpire o sparato contro le milizie islamiche - giustiziati da Hamas, mentre altre decine di persone sarebbero finite in carcere.
(Virgilio Notizie, 23 gennaio 2009)
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Israele: Likud sempre in testa nei sondaggi per le elezioni del 10 febbraio
GERUSALEMME, 23 gen - L'opposizione di destra guidata dal leader del Likud, Benjamin Netaniyahu, e' sempre la grande favorita delle elezioni legislative del 10 febbraio. E' quanto emerge da due nuovi sondaggi d'opinione pubblicati dai quotidiani Maariv e Yediot Ahronot ed effettuati dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza.
Il Likud, che dispone attualmente di 12 seggi su 120, otterrebbe dai 28 ai 29 seggi.
Grazie al sostegno dei partiti religiosi e alla crescita del partito di estrema destra Israel Beitenou, il blocco di destra disporrebbe di una stretta maggioranza tra i 62 e i 63 deputati. Questo partito laico creato da ebrei originari dell'ex Urss e guidato dal deputato Avigdor Lieberman, sostenitore dichiarato delle maniere forti, conquisterebbe tra i 14 e i 16 seggi contro gli 11 della precedente legislatura. Al contrario, l'estrema destra religiosa crollerebbe.
La formazione di centro-destra Kadima, al potere, guidata dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, avrebbe tra i 24 e i 25 seggi, contro i 29 dell'attuale legislatura.
I laburisti (centro-sinistra) infine, guidati dal ministro della Difesa Ehud Barak, otterrebbero tra i 16 e i 17 deputati, contro i 19 attuali. La formazione dell'ex premier israeliano ha ridotto le proprie perdite rispetto a sondaggi effettuati lo scorso mese, grazie a un aumento di popolarita' di Barak dopo l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza
(ASCA-AFP, 23 gennaio 2009)
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Israele ha vinto tatticamente perdendo l'opportunità di stroncare Hamas
Lo stato ebraico ha dimostrato che si può combattere contro il terrorismo sul suo stesso terreno asimmetrico. Ma ha perso l'opportunità strategica di sbarazzarsi di Hamas.
In cima a una piccola collina vicino alla città israeliana assediata di Sderot, un branco di troupe televisive puntano le loro telecamere sulla Striscia di Gaza, sentinelle per un "cessate il fuoco" che dura da qualche giorno. All'inizio di domenica scorsa, Hamas ha lanciato 20 razzi su Israele, alzando la posta in gioco sulle sue intenzioni ma provocando solo qualche piccolo e grave danno. Subito dopo un paio di F-15 israeliani corrono sui cieli di Gaza City, espellendo una raffica di oggetti, ma non stanno lanciando bombe....
(l'Occidentale, 23 gennaio 2009)
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Gaza: Anp non permetterà la creazione di una "entità separatista"
RAMALLAH (Apcom) - L'Autorità palestinese non permetterà a Hamas di creare "una entità separatista" nella Striscia di Gaza. Lo ha detto Yasser Abed Rabbo, stretto collaboratore del presidente Abu Mazen. "Non permetteremo la creazione di una entità separatista, qualunque sia il prezzo", ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa a Ramallah. "Il complotto che punta a separare Gaza dalla Cisgiordania non passerà", ha aggiunto.
Il collaboratore di Abu Mazen ha attaccato violentemente in particolare il capo in esilio di Hamas Khaled Meshaal, accusandolo di essere l'artefice di questo "progetto separatista" e di porre delle condizioni che ostacolano la riconciliazione fra il suo movimento e Fatah. Rabbo ha denunciato le "esagerazioni e le smargiassate politiche" di Meshaal che ieri ha proclamato la "vittoria" di Hamas su Israele nella Striscia di Gaza, dove l'offensiva israeliana ha causato più di 1.300 morti palestinesi e enormi devastazioni dal 27 dicembre al 17 gennaio. "Usa questi slogan e sfrutta il sangue che è colato a Gaza per coprire il suo progetto separatista", ha sostenuto.
Rabbo ha inoltre accusato "le bande di Hamas" a Gaza di perseguitare i membri di Fatah dall'inizio dell'offensiva. Secondo il responsabile palestinese dall'inizio dell'offensiva, decine di membri di Fatah sono stati "messi agli arresti domiciliari" e altri "arrestati malmenati o gambizzati" dalla polizia di Hamas. A margine della conferenza stampa, è stato distribuito un documento di Fatah contenente i nomi "di più di cento membri" del movimento "uccisi, torturati e gambizzati". Sulla lista figurerebbero anche i nomi di nove membri di Fatah "uccisi" da Hamas. Rabbo ha poi paragonato le azioni di Hamas "ai massacri commessi in Iraq da Ali il chimico", il cugino di Saddam Hussein, Ali Hassan al Majid, condannato a morte per la repressione della rivolta curda.
Il collaboratore di Abu Mazen ha quindi affermato che la ricostruzione di Gaza dovrà avvenire sotto l'egida del governo dell'Autorità palestinese guidato da Salam Fayyad e non da quello di Hamas a Gaza che non è riconosciuto dalla comunità internazionale. "Noi avvieremo la ricostruzione, il nostro popolo a Gaza può avere fiducia", ha aggiunto. Rabbo ha infine indicato che Fayyad e i suoi ministri hanno "messo il loro mandato a disposizione del presidente Abu Mazen" perché possa nominare un "governo d'unità nazionale" come ha proposto a Hamas.(con fonte Afp)
(tendenzeonline.info, 22 gennaio 2009)
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Un "fuori onda" da Gaza conferma che Hamas sparava razzi dall'edificio della TV
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Le immagini di una reporter della tv araba Al-Arabiya confermano che Hamas ha sparato razzi dalle strette vicinanze di un edificio usato dai giornalisti come sede della stampa durante i 22 giorni della controffensiva israeliana anti-Hamas nella striscia di Gaza.
Quando le Forze di Difesa israeliane spararono alcuni colpi verso l'edificio, spiegando che avevano risposto al fuoco dei terroristi, vi fu un'ondata di condanne a livello internazionale, e molti network televisivi i cui uffici si trovano nello stesso edificio sostennero che nessun colpo era stato mai sparato verso gli israeliani da quella zona.
Ora invece un "fuori onda" diffuso martedì scorso dal ministero degli esteri israeliano mostra Hanan Al-Masri, una reporter di Al-Arabiya, mentre - ignara d'essere ripresa - dice che un razzo Grad (a lunga gittata) è stato sparato da una postazione adiacente gli studi del palazzo Al-Shuruk, nel cuore della città di Gaza.
Al-Masri, residente a Gaza, da tre anni è corrispondente per la tv Al-Arabiya. Nel filmato la si vede mentre parla d'altro quando viene interrotta dal rumore del lancio.
Dice: "Cosa? Un razzo è stato lanciato da questo posto? Da qui?", e si volta a guardare verso la finestra. Poi continua: "E' stato lanciato da qui! No! Da sotto il nostro edificio".
Si sente la troupe che dice alla Al-Masri che un razzo è stato lanciato da una postazione vicina e lei a quel punto telefona a qualcuno e dice: "Quanti? Il razzo che è appena stato lanciato da qui era un Grad? Il missile lanciato appena adesso. Sembrava lanciato da sotto il nostro ufficio. Ha fatto un gran rumore. Ho pensato che fosse un attacco aereo, invece era il lancio di un razzo, L'hanno lanciato da sotto il nostro ufficio!".
Secondo il ministero degli esteri israeliano, il filmato dimostra che Hamas lanciava effettivamente i suoi razzi a partire dalla zona degli studi televisivi, esattamente come avevano spiegato le forze israeliane impegnate nell'area. Sebbene il video sia stato filmato durante i primi giorni della controffensiva israeliana, il ministero ritiene che costituisca una prova evidente del fatto che Hamas non esitava a sparare da dove operavano i giornalisti per sfruttarli come "scudo umano" o forse addirittura col preciso scopo di attirare contro di essi il fuoco di risposta israeliano.
(Haartez, 20 gennaio 2009 - da israele.net)
Video
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Obama: "Pace possibile solo se Hamas smette il lancio dei razzi"
NEW YORK, 22 gen. (Apcom) - Hamas deve smettere il lancio di razzi su Israele perchè si possa ottenere la pace in Medio Oriente. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, intervenendo al dipartimento di Stato americano a proposito della nomina di George J. Mitchell a inviato speciale statunitense per il Medio Oriente. "Hamas ha lanciato missili per anni contro il territorio israeliano", ha proseguito Obama" e questo non è accettabile da parte di nessuna democrazia".
"Perchè sia raggiunta la pace Hamas deve sottostare a due condizioni: riconoscere il diritto ad esistere dello Stato di Israele e smettere il lancio di razzi", ha detto Obama che si è poi detto "molto preoccupato" per le condizioni dei civili palestinesi a seguito del recente conflitto a Gaza anche a causa "dell'assenza di acqua e di medicinali".
(Virgilio Notizie, 22 gennaio 2009)
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Scritte e sabotaggi ai danni dei commercianti ebrei
Ieri notte in viale Libia, nel quartiere Africano, alcuni negozianti di origine ebraica hanno rotrovato le saracinesche dei loro esercizi incollate con il silicone e imbrattate con vernice nera. Su uno striscione c'era scritto "Boicotta Israele", a firma "Militia" e corredato da un fascio littorio. Stessa cosa in alcuni esercizi in zona Bologna e Appio-Latino. Sugli episodi la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta per istigazione all'odio razziale e danneggiamento.
Il sindaco ALemanno ha emesso una nota nella quale si esprime "piena e preoccupata solidarietà a tutti i negozianti ebrei e in particolare a quelli colpiti dal boicottaggio di teppisti dell'estrema destra". Il Comune si impegnerà al risarcimento dei danni subiti dai commercianti.
(06blog.it, 22 gennaio 2009)
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Milano: Due popoli, due Stati, una pace
"Approfittiamo del silenzio delle bombe per dare voce ai moderati che anche nella nostra città credono che un altro Medio Oriente - democratico - sia possibile".
Questo è stato il filo conduttore della serata organizzata dall'Associazione Amici di Israele in Piazza San Carlo a Milano. Non molto numerosa, ma molto partecipativa, l'affluenza.
Ha esordito sul palco Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio Comunale di Milano, che aveva al suo fianco i Consiglieri dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Yoram Ortona e Riccardo Hofmann, con un intervento molto forte a favore del diritto di Israele a difendersi dagli attacchi di Hamas. Chiedendosi come reagirebbero i milanesi se subissero una situazione analoga a quella di Sderot, viene inoltre ricordata da Palmeri la celebre affermazione di Golda Meir "Possiamo perdonare gli arabi perché uccidono i nostri bambini. Non possiamo perdonarli per il fatto che ci costringono a uccidere i loro bambini".
Il segretario dell'Associazione Amici di Israele Davide Romano ha poi dato la parola al Presidente della Provincia di Milano che, con toni pacati, ma fermi, ha sostenuto le ragioni di Israele, sottolineando come la pace si potrà raggiungere solo nel momento in cui anche i Palestinesi vedranno riconosciuto il loro diritto ad avere un proprio Stato.
Il Presidente della Comunità Ebraica di Milano Leone Soued ha ricordato le aggressioni che Hamas ha recato a Israele, non solo costringendo un gran numero di cittadini a vivere nei rifugi, ma anche non facendo nulla per difendere la popolazione di Gaza. L'intervento di Micaela Goren Monti, presidente della Zona 1 di Milano, ha poi enfatizzato l'impiego da parte di Hamas degli scudi umani, adulti e bambini, testimoniati da filmati che sono circolati in rete, mentre Israele utilizzava tutti i mezzi a disposizione per la tutela dei propri cittadini.
Commovente è stato il breve discorso di Dunia Ettaib, di origine marocchina, rappresentante dell'Unione donne arabe in Italia, che si è presentata sul palco avvolta in una bandiera israeliana e proclamando: "Non è difficile essere amici di Israele e della Democrazia", e che, per queste posizioni, è costretta a girare con la scorta.
E' poi stata la volta di Sami Blanga, Presidente nazionale del Keren Hayesod, che ha auspicato il raggiungimento della pace nel quadro di una vittoria sul terrorismo. Un rappresentante dei Radicali ha ribadito le posizioni del suo Partito, favorevole all'ingresso di Israele nell'Unione Europea.
Un egiziano, Adam, che da poco ha scelto di aderire all'ADI, ha voluto portare il suo contributo, constatando che i media piangono, giustamente le vittime palestinesi, ma omettono di ricordare quelle israeliane. Infine una ragazza israeliana di quattordici anni ha portato la testimonianza di chi vive in prima persona la realtà di Israele.
(moked.it, 22 gennaio 2009)
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Erdogan, rispettare successo elettorale Hamas
BRUXELLES, 19 gen. (Adnkronos/Aki) - Bisogna rispettare il risultato elettorale che ha portato alla vittoria di Hamas nel gennaio 2006. E' l'appello lanciato a Bruxelles dal premier turco Recep Tayyip Erdogan nel corso di una conferenza organizzata dall'European Policy Center, un think tank comunitario. "Non dobbiamo spingerli in un angolo - ha ammonito Erdogan - perche' questo non puo' che rafforzare l'estremismo". Il premier turco ha ricordato che il Partito islamico aveva ampiamento vinto le elezioni, e dunque, ha aggiunto, "se voggliamo far progredire la democrazie in questa regione, dobbiamo rispettare le persone che si sono recate alle urne". In effetti, si e' chiesto retoricamente il politico, "vogliamo una democrazia o una democrazia sotto tutela? Noi peroriamo a favore della democrazia me, allo stesso tempo non rispettiamo la scelta della gente". Erdogan, egli stesso a capo di partito di ispirazione islamica (l'Akp), ha esortato a lasciar tempo ad Hamas per vedere che cosa e' capace di fare. "Se fallisce - ha commentato - sara' sconfitto alle urne". Inevitabili le critiche all'operazione militare israeliana a Gaza, che, ha detto, ha provocato "una tragedia umana".
(Il Tempo, 22 gennaio 2009)
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Hamas ammette di aver ucciso collaborazionisti di Fatah
Ministro Anp: giustiziati 19 membri del partito di Abu Mazen
ROMA, 22 gen. (Apcom) - Hamas conferma di aver arrestato e giustiziato nei giorni scorsi diversi membri del partito rivale al Fatah, accusati di "collaborazionismo" con Israele. Lo riporta il Jerusalem Post.
Il ministro per gli Affari sociali dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Habbash, ha accusato Hamas di aver ucciso a sangue freddo 19 membri di al Fatah, e di averne gambizzati oltre 60. Habbash ha anche accusato i miliziani di Hamas di aver confiscato nella Striscia di Gaza 63 camion carichi di aiuti umanitari, destinati all'Unrwa (l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi).
Il portavoce del ministero dell'Interno di Hamas a Gaza, Ihab Ghissin, ha ammesso che sono stati arrestati diversi "collaboratori" di Israele durante e dopo le tre settimane di guerra. Ghissin si è però rifiutato di dire se gli arrestati siano membri di Al Fatah, e ha negato che questi siano stati torturati. Ma Musa Abu Marzouk, un alto dirigente di Hamas in Siria, ha confermato che il suo gruppo ha giustiziato diversi "collaborazionisti" durante la guerra.
(Virgilio Notizie, 22 gennaio 2009)
COMMENTO - Come si può vedere, la "democrazia" di Hamas funziona egregiamente. Secondo Erdogan, D'Alema e altri, bisogna "rispettare" il suo "successo". In effetti, per quelli di Hamas ammazzare ebrei e avversari è un successo. Bisogna rispettarlo, dicono i superdemocratici. Per rendersi conto meglio di come funziona la democrazia di Hamas si può anche leggere l'articolo che segue.
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«Così i ragazzini di Hamas ci hanno utilizzato come bersagli»
Abitanti di Gaza accusano i militanti islamici: «Ci impedivano di lasciare le case e da lì sparavano»
GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell'Onu...
(Corriere della Sera, 22 gennaio 2009)
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Le sei violazioni della legge internazionale compiute da Hamas
di Irwin Cotter*
L'ideologia di Hamas e le sue tattiche militari sono esemplari casi di studio delle violazioni della legge internazionale. Si possono notare almeno sei violazioni della legge.
- Avere come obiettivo deliberato dei civili è UN CRIMINE DI GUERRA.
- Lanciare missili o sparare proiettili a partire da zone civili (alloggi, scuole, ospedali...) è UN CRIMINE DI GUERRA.
- Usare simboli umanitari per ingannare il nemico (utilizzare ambulanze per trasportare armi o miliziani, travestirsi da medico in un ospedale, usare una bandiera o un logo dell'Onu o della Croce Rossa...) è UN CRIMINE DI GUERRA.
- Incitare pubblicamente al genocidio (cfr. lo statuto di Hamas e i sermoni degli ulema...) è UN CRIMINE DI GUERRA.
- Reclutare, addestrare dei bambini alla guerra, usare dei bambini come scudi umani è UN CRIMINE DI GUERRA.
- Attaccare sistematicamente dei civili per più di otto anni è UN CRIMINE CONTRO L'UMANITÀ.
* Ex Ministro di Giustizia del Canada, professore di diritto all'Università Mac Gill a Montréal.
(nuitdorient.com, 21 gennaio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
COMMENTO - E' strano che i sedicenti amanti della pace sorvolino su questi fatti ben noti e indiscutibili. Il loro modo di affrontare questi aspetti della realtà di Hamas è semplice: non se ne parla per niente. I "crimini" di Israele: di quello si deve parlare, lì sta il problema. M.C.
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Hamas ha usato i tunnel anche durate offensiva
Livni: "Ci riserviamo il diritto di bombardali nuovamente"
ROMA, 22 gen. (Apcom) - I miliziani di Hamas hanno introdotto armi nella Striscia di Gaza attraverso i tunnel scavati sotto la frontiera con l'Egitto anche durante l'offensiva militare israeliana, durata tre settimane. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, che cita fonti locali.
L'aviazione israeliana ha bombardato intensamente l'area di Rafah, nel sud della Striscia, e secondo il ministro degli Esteri Tzipi Lvini sono stati distrutti 150 tunnel. Ma anche durante le operazioni militari, i contrabbandieri di armi erano a conoscenza che alcuni tunnel erano ancora utilizzabili per i loro traffici, e non hanno mai interrotto le loro attività.
Contrariamente a quanto riportato dai media - scrive Haaretz - i jet israeliani hanno usato bombe convenzionali per attaccare i tunnel e non bombe anti-bunker, e per questo i tunnel con i rinforzi in legno hanno resistito ai bombardamenti. Secondo i residenti di Rafah, nel corso dell'offensiva un gruppo di medici tedeschi è riuscito a entrare nella Striscia attraverso un tunnel rinforzato.
Oltre ai miliziani palestinesi anche i beduini del Sinai sono coinvolti nelle attività di contrabbando. Un beduino ha detto ad Haaretz ha spiegato che i traffici illegali continueranno anche in futuro perchè non ci sono altri modi per guadagnarsi da vivere.
Oggi il ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, ha comunque ribadito che Israele si riserva il diritto di bombardare nuovamente i tunnel. Per i tunnel niente sarà come prima", ha detto Livni alla radio pubblica. "Le cose devono essere chiare: Israele si riserva il diritto di agire militarmente contro i tunnel".
(Virgilio Notizie, 22 gennaio 2009)
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La quiete dopo il Piombo fuso
Ottenuto il successo militare, ora Israele può dedicarsi al negoziato politico
Il ritiro delle Forze armate israeliane dalla Striscia di Gaza dopo tre settimane conclude le operazioni belliche e apre la fase, per qualche aspetto più ardua, del consolidamento politico dei risultati raggiunti. Quali sono questi risultati? In primo luogo la riaffermazione del diritto di Israele da non subire bombardamenti di missili senza che questo provochi una reazione. La discussione sul carattere proporzionale o eccessivo di questa reazione è questione di lana caprina, quel che conta è che molte rampe siano state eliminate, molti capi del jihad colpiti, il sistema di approvvigionamento degli ordigni bloccato. Questo è il senso della "tregua permanente", alla quale America ed Egitto si sono impegnati, e che era l'obiettivo politico diretto di Israele. D'altra parte il disegno di Hamas e dei suoi sostenitori iraniani, che consisteva nella sollevazione delle popolazioni musulmane contro i governi moderati accusati di connivenza con "il nemico sionista" non ha ottenuto risultati, nonostante il sostegno ottenuto da settori dell'opinione pubblica occidentale.
Resta naturalmente il problema della prospettiva negoziale, che non è stata ostruita dall'intervento su Gaza, visto che nessuno può pensare che un paese sovrano e militarmente robusto come Israele tratti sotto i bombardamenti. La "grande vittoria" annunciata rodomontescamente da Hamas non può nascondere il fallimento del suo progetto e il ritorno al dilemma che si pose quando, costituito un governo di unità palestinese, Hamas denunciò gli accordi con Fatah e si impadronì illegalmente con la violenza della Striscia. Se la comunità internazionale manterrà i suoi impegni e svolgerà le attività umanitarie a Gaza senza passare per il cosiddetto governo di Hamas, si tornerà a discutere di governo unitario palestinese, che in sostanza implica il riconoscimento dei trattati firmati dall'Olp, che riconoscono l'esistenza di Israele. E' presto per stilare un bilancio politico dell'esito del conflitto, ma per ora non appare affatto negativo come sostiene la campagna del pacifismo a senso unico.
(Il Foglio, 22 gennaio 2009)
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Manifestazioni vietate davanti alle chiese. Maroni annuncia direttiva ai prefetti
Il ministro interviene dopo le polemiche per la preghiera musulmana in piazza Duomo a Milano.
Commenti positivi dal presidente dell'istituto islamico di viale Jenner.
ROMA - Niente più manifestazioni davanti ai luoghi di culto. Lo ha deciso il ministro dell'Interno Roberto Maroni sulla scia delle polemiche seguite alla preghiera islamica in piazza Duomo a Milano a conclusione di un'iniziativa di solidarietà con la popolazione della Striscia di Gaza. "Ho preparato una direttiva che verrà inviata a tutti i prefetti affinché fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi", ha chiarito il responsabile del Viminale rispondendo ad un'interrogazione al question time alla Camera.
Il ministro ha poi ribadito che l'obiettivo è quello di "meglio regolare le manifestazioni, garantendo il diritto di manifestare e allo stesso tempo il diritto dei cittadini a fruire pacificamente degli spazi della propria città". E quanto agli incidenti che si sono verificati con alcuni esponenti dei centri sociali - "gruppi isolati vicini alle frange anarchico-insurrezionalisti che tentano ancora di strumentalizzare momenti di aggregazione per recuperare visibilità" - Maroni ha sottolineato che la "responsabilità d'intervenire spetta all'autorità giudiziaria". "Le forze dell'ordine - ha sostenuto - garantiscono il diritto di manifestare, sempre nel rispetto della legalità".
L'iniziativa del ministro dell'Interno è stata accolta positivamente presidente dell'istituto islamico milanese di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari. E' "giusta", ha commentato, "il ministro ha il diritto di chiedere il rispetto dei luoghi di culto e noi lo abbiamo preceduto. E' una decisione che, da parte nostra, abbiamo già preso e abbiamo già detto alla Curia che non succederà più". Qualche giorno dopo la manifestazione del 3 gennaio, infatti, Shaari e il presidente della Casa della Cultura islamica di Viale Padova, Asfa Mahmoud sono andati in arcivescovado per scusarsi.
(la Repubblica, 21 gennaio 2009)
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Milano, amici di Israele in piazza per sostegno alla tregua
MILANO, 21 gen. (Apcom) - Con bandiere israeliane, ma anche una palestinese, circa 200 persone hanno partecipato questa sera a piazza San Carlo alla manifestazione organizzata dall'associazione Amici di Israele. Presenti esponenti di diverso schieramento politico che hanno espresso il loro sostegno a favore della tregua e l'auspicio per una pace duratura. "Questa non è una manifestazione contro, ma per, non è per distruggere, ma per costruire, non per bruciare le bandiere, ma per esporle", ha detto il presidente del Consiglio comunale di Milano Manfredi Palmeri parlando dal palco.
Al presidio ha partecipato anche il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati: "Siamo vicini alle popolazioni e chiediamo che torni la pace - ha detto - il riconoscimento reciproco di due stati è l'unico modo per mettere fine al conflitto". E ai leader israeliani e palestinesi Penati chiede "il coraggio della moderazione, nella consapevolezza che la pace in questa terra non si raggiunge con l'uso delle armi. Al governo israeliano chiediamo di formulare una seria proposta negoziale - ha aggiunto - il vero coraggio è quello del dialogo" perchè "senza apertura all'altro non c'è futuro".
Al presidio hanno partecipato molti esponenti della comunità israeliana a Milano ma anche Dounia Ettaib, la presidente dell'associazione Donne arabe di Italia, che ha parlato della situazione politica palestinese, esortando i giovani a non identificarsi con Hamas: "Hamas non è riuscito a piegare i palestinesi alla sharia e non li consegnerà al martirio".
A margine dell'incontro, è intervenuto anche il presidente della comunità ebraica milanese, Leone Soued: "E' una manifestazione a sostegno della tregua. Speriamo che un giorno ci sia la pace e uno Stato palestinese, ma che sia uno stato democratico".
"Quando muoiono dei bambini non ci si deve chiedere a chi appartengono - ha affermato Alessandro Litta Modignani, della direzione dei Radicali italiani - il sangue innocente dei bambini di Gaza ricade su coloro che li hanno usati come scudi umani. Noi siamo qui per Israele e per la pace. Adesso le armi tacciano, bisogna costruire un percorso di pace e Milano, l'Italia e l'Europa devono giocare un percorso di pace".
(Virgilio Notizie, 21 gennaio 2009)
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Israele nega l'uso dell'uranio impoverito
Il governo: "L'Onu indagò anche nel 2006 dopo l'attacco al Libano, e non trovò nulla"
Israele smentisce attraverso il portavoce del ministero degli Esteri che la sua artiglieria abbia fatto uso di proiettili con uranio impoverito durante l'offensiva contro Hamas nella Striscia di Gaza. L'accusa è oggetto di una denuncia che rappresentanti di Stati arabi hanno inviato all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) con la richiesta di condurre un'inchiesta. Secondo il portavoce israeliano Yigal Palmor tale accusa è non solo «del tutto priva di fondamento ma ripete anche una vecchia propaganda usata contro Israele durante il conflitto in Libano nel 2006». «Anche allora - ha detto - ci fu rivolta la stessa accusa ma un'inchiesta dell'Onu non trovò alcuna traccia di uranio impoverito, e stabilì perciò che non era vera». www.haaretz.com/
(La Stampa, 21 gennaio 2009)
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E' ripreso il contrabbando attraverso confine egiziano
Lo dimostra un video dell'Ap
RAFAH, 21 gen. (AP) - Ad appena tre giorni dalla tregua nella Striscia di Gaza, è ripreso il contrabbando verso i territori palestinesi dall'Egitto. Un video dell'Associated Press mostra dei contrabbandieri che fanno passare carburante attraverso un tunnel che attraversa la frontiera egiziana.
(Virgilio Notizie, 21 gennaio 2009)
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Gli Ebrei romani denunciano alla Digos il boicottaggio commerciale
Pacifici: Non mi spavento, non resteranno impuniti
ROMA, 21 gen. (Apcom) - La comunità ebraica romana ha presentato formale denuncia alla Digos per il boicottaggio dei negozi ebraici della Capitale proposto (e poi ritirato) dal sindacato Flaica-Uniti-Cub in segno di protesta contro l'attacco israeliano di Gaza.
Il presidente della comunità ebraica capitolina, Riccardo Pacifici, ha intenzione anche di denunciare la campagna di boicottaggio che, su internet, ha preso di mira la sua società di franshising indicandolo come "il capo della lobby transnazionale sionista 'Per Israele'". "Non mi spavento, certamente non rimarranno impuniti gli autori", afferma Pacifici.
(Virgilio Notizie, 21 gennaio 2009)
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Presidio di solidarietà alla Sinagoga di Firenze
di Eugenio Massai
FIRENZE - E' in programma domenica 25 gennaio, alle 10.30, un presidio civile davanti alla Sinagoga, in via Farini 4, in segno di solidarietà nei confronti della comunità ebraica, a cui sarà presente anche il Gonfalone della città.
Dopo il ritrovamente di un ordigno, le minacce e le scritte apparse su alcuni muri, scatta la solidarietà nei confronti della comunità ebraica fiorentina. Domenica 25 gennaio, a partire dalle 10.30, si terrà un presidio civile davanti alla Sinagoga, in via Farini 4, proprio in segno di solidarietà nei confronti della comunità ebraica, a cui parteciperà il Gonfalone della città.
L'iniziativa dell'amministrazione comunale fa seguito all'ordine del giorno approvato dal consiglio comunale nella seduta di ieri.
Questo il testo:
"Il consiglio comunale, visto l'atto di intimidazione terroristica compiuto da sconosciuti ai danni della "Schabat", la casa dove vengono accolti i visitatori della sinagoga di Firenze; considerate le parole del Rabbino capo di Firenze Josef Levi che giudica l'accaduto "un gesto molto grave che ci dimostra come da parole molto gravi si possa passare ad azioni come questa"; considerato che ad azioni gravi come quelle del rudimentale ordigno trovato e parole altrettanto gravi che cancellano o peggio rievocano la terribile sorte toccata troppe volte al popolo ebraico devono corrispondere prese di posizioni nette ed incondizionate; chiede al sindaco di promuovere una manifestazione di solidarietà nei confronti della comunità ebraica di Firenze attraverso un presidio civile davanti alla Sinagoga che abbia alla testa il Gonfalone di Firenze".
Richiesta accolta: il presidio è stato fissato per domenica prossima.
(Reporter.it, 21 gennaio 2009)
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Funzionari israeliani: "Obama è un vero amico"
Israele resterà un alleato "strategico" degli Stati Uniti
ROMA, 21 gen. (Apcom) - Barack Obama è un "vero amico di Israele": a sostenerlo sono i funzionari del governo di Gerusalemme, secondo quanto riporta Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth. I funzionari israeliani ritengono che anche con Obama Israele resterà un alleato "strategico" degli Stati Uniti.
Inoltre, spiega un funzionario, "il nostro vantaggio è la familiarità che abbiamo con molti membri della nuova amministrazione, avendo lavorato con loro per 10-15 anni".
(Virgilio Notizie, 21 gennaio 2009)
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Arte e cultura: le due primavere degli ebrei piemontesi
TORINO, 21 gen - Un arco di cento anni che si estende fra due rinascite: quella del 1848, con l'Emancipazione e l'apertura al mondo, e quella, piu' amara, del 1948, quando ebbero fine le persecuzioni, passando per il nodo altrettanto cruciale della promulgazione delle leggi razziali del 1938. I pannelli della mostra ''Un secolo, due primavere - gli ebrei piemontesi dall'Emancipazione al ritorno alla vita dopo la Shoah'', nella sede di via Piave dell'Archivio di Stato di Torino fino al 20 febbraio, raccontano un secolo di vita della comunita' ebraica di Torino per mezzo dei documenti provenienti dall'Archivio di Stato: lettere, editti, ordinanze, e due teche di documenti d'identita' falsi che gli ebrei piemontesi utilizzavano per sfuggire ai controlli negli anni delle leggi razziali. ''L'identita' - spiega il professor Fabio Levi, curatore della mostra insieme all'Archivio Terracini di Torino - e' un fatto relazionale, e le due teche di documenti d'identità falsificati, nati dalle persecuzioni, mostrano un momento cruciale dei rapporti fra gli ebrei e la popolazione di maggioranza. La storia del rapporto con la minoranza serve anche a capire la storia della maggioranza. Proprio questo e' uno dei punti principali della mostra: le primavere, i momenti di integrazione e di scambio reciproco fra la comunita' e il territorio''. ''Un secolo, due primavere'' e' una mostra a forte vocazione divulgativa: il percorso fra le tavole e i documenti e' completato da un breve video che ricapitola e riassume tutti i concetti e le fasi piu' importanti illustrati lungo il percorso della mostra. ''Un secolo, due primavere'' e' in mostra all'Archivio di Stato in via Piave dal lunedì al sabato (9.30 - 14, mercoledì fino alle 18) fino al 20 febbraio. Ingresso libero.
(ANSA, 21 gennaio 2009)
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Frattini, nessun aiuto italiano andra' a Hamas
TEL AVIV, 20 gen- Nessun aiuto umanitario italiano e' destinato a Hamas 'che non puo' avere il ruolo di interlocutore'. Ha detto Franco Frattini. Il ministro, questo pomeriggio a Tel Aviv, ha ricordato che l'interlocutore dei palestinesi in Italia rimane l'Anp. Adesso serve 'un messaggio forte', ha affermato, da parte dell'Ue'. Il ministro degli Esteri incontrera' il padre di Gilad Shalit, prigioniero di Hamas nella Striscia di Gaza da 2 anni e mezzo.
(ANSA, 20 gennaio 2009)
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Olmert: Hamas non guidi ricostruzione striscia di Gaza
GERUSALEMME, 20 gen - Il Primo ministro israeliano Ehud Olmert ritiene che non si debba consentire ad Hamas di guidare il processo di ricostruzione della Striscia di Gaza, perche' a suo parere cio' conferirebbe al movimento islamista una legittimita'.
''E' impossibile che Hamas guidi il processo di ricostruzione della Striscia di Gaza e ottenga in tal modo la minima legittimita''', ha dichiarato il premier israeliano nel corso di un incontro con il ministro degli Esteri Franco Frattini, secondo quanto riporta un comunicato.
''Israele - ha aggiunto Olmert - fara' in modo che il processo di ricostruzione sia guidato da organizzazioni internazionali in cooperazione con l'Onu, l'Egitto e l'Autorita' palestinese''.
''E' solo a queste condizioni che Israele collaborera' totalmente a questo processo destinato ad aiutare una popolazione innocente'', ha detto ancora Olmert.
Il comunicato spiega inoltre che Frattini ha presentato durante l'incontro le misure che l'Italia e' pronta a prendere per impedire il contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza attraverso il mare e l'aiuto che potrebbero fornire degli esperti italiani per assicurare che i controlli siano efficaci.
(ASCA-AFP, 20 gennaio 2009)
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Hamas tortura i membri di al Fatah (Jerusalem Post)
Si inasprisce la repressione contro il partito di Abu Mazen
ROMA, 20 gen. (Apcom) - Negli ultimi due giorni, da quando è entrata in vigore la tregua nella Striscia di Gaza, si è intensificata la repressione di Hamas contro i membri di al Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen. Lo riporta il Jerusalem Post, che cita fonti di al Fatah a Gaza. Un dirigente di al Fatah a Ramallah ha detto che almeno 100 membri del gruppo sono stati uccisi o feriti durante le ultime repressioni. Alcuni sarebbero stati anche torturati.
Centinaia di attivisti di Fatah sono stati fermati negli ultimi giorni perchè sospettati di "collaborazionismo" con Israele durante l'operazione "Piombo fuso", condotta dall'esercito israeliano per fermare i lanci di missili Qassam contro le comunità israeliane del Negev occidentale.
Secondo il dirigente di al Fatah a Ramallah, ad almeno tre detenuti del suo gruppo sarebbero stati cavati gli occhi durante gli interrogatori condotti dai miliziani del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam. I tre sono stati accusati di aver fornito informazioni a Israele sui nascondigli dei leader di Hamas.
Testimoni oculari riferiscono inoltre che Hamas ha trasformato scuole e ospedali in centri di detenzione provvisori, dove sono stati rinchiusi decine di membri di al Fatah. Nei giorni scorsi anche due esponenti del Movimento di resistenza islamico, Salah Bardaweel e Fawzi Barhoum, hanno accusato apertamente il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen e le sue "spie" a Gaza di aver passato informazioni sensibili agli israeliani.
(Virgilio Notizie, 20 gennaio 2009)
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L'Iran vuole fornire nuove armi ad Hamas (Jerusalem Post)
A Teheran si interrogano sul fallimento dei piani di Hamas
ROMA, 20 gen. (Apcom) - Mentre a Gaza sembra tenere la fragile tregua in vigore da domenica, l'Iran sta nuovamente cercando di rifornire di armi Hamas. Lo riferisce il Jerusalem Post, che cita fonti di intelligence. L'esercito israeliano teme in particolare che il gruppo estremista palestinese possa essere rifornito con i missili a lungo raggio Fajr.
Secondo quanto riporta il Jerusalem Post, gli iraniani, che hanno messo a punto la dottrina militare di Hamas, si stanno anche interrogando in queste ore sulle ragioni per cui i miliziani palestinesi non sono stati in grado di infliggere pesanti perdite all'esercito israeliano nel corso delle tre settimane di combattimenti nella Striscia di Gaza.
I piani militari elaborati da Teheran si basavano su tre pilastri: 1) le misure difensive create da Hamas a Gaza (i tunnel sotterranei e le mine piazzate nelle strade e nelle case della Striscia); 2) i lanci di razzi dalla Striscia; 3) la creazione di una "immagine vittoriosa", come un carro armato bruciato oppure il sequestro di un soldato.
"Hamas voleva emulare i successi colti da Hezbollah nel 2006", ha detto una fonte della Difesa. I vertici militari israeliani temono che Hamas possa ottenere dall'Iran i missili Fajr, che hanno una gittata di 70 chilometri, con i quali è possibile colpire anche Tel Aviv. Ier il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni ha avvertito che una ripresa del contrabbando di armi giustificherà una nuova offensiva contro Hamas.
(Virgilio Notizie, 20 gennaio 2009)
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Esercito di Israele, per ora niente ritiro totale
GERUSALEMME, 20 gen. - In un'atmosfera di relativa ma sostanziale tranquillita', prosegue il ripiegamento delle truppe israeliane dalle posizioni su cui si erano attestate durante i 22 giorni consecutivi dell'Operazione 'Piombo Fuso'.
Tuttavia, un completo ritiro dall'enclave palestinese almeno per ora non e' previsto: nemmeno in considerazione del fatto che mancano poche ore all'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca. A una specifica domanda in proposito, infatti, una portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico, Avital Liebovich, ha tagliato corto: "Per il momento di un totale ritiro delle nostre truppe non se ne parla". Sono cosi' state indirettamente smentite le indiscrezioni, filtrate ieri sui mass media in Israele, secondo cui l'intenzione dello stato maggiore sarebbe invece stata quella di lasciare completamente Gaza prima dell'avvento di Obama come nuovo presidente degli Stati Uniti, cosi' da non creare fin dalle battute iniziali imbarazzo a un tradizionale e fondamentale alleato. "Dipendera' dalla situazione concreta sul terreno", hanno commentato a loro volta fonti riservate del ministero della Difesa israeliano. "Stiamo progressivamente riducendo il numero dei nostri uomini nella Striscia di Gaza, ma le unita' al di fuori di quel territorio le teniamo in allerta, allo scopo di reagire con rapidita' a qualsiasi tipo di circostanza".
(AGI, 20 gennaio 2009)
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Film di propaganda per i bambini di Hamas rinforza l'illusione della vittoria militare
di Itamar Marcus e Barbara Crook
Il primo giorno del cessate il fuoco con Israele, Hamas ha aggiunto un nuovo elemento alla sua campagna di propaganda, sostenendo che ha vinto la guerra di Gaza. Un film animato per bambini sulla tv di Hamas ritrae i soldati israeliani come codardi che hanno paura di entrare a Gaza. Piangono, dicendo "Mamma, Mamma", prima di andare in battaglia, dove vengono tutti uccisi dalle armi di Hamas.
Il video si conclude con il sangue di un soldato israeliano spiaccicato sullo schermo, accompagnato da una didascalia che dice "Chi vuole, venga! Gaza sarà la sua morte certa".
Gli osservatori hanno riferito che centinaia di terroristi di Hamas sono stati uccisi nel conflitto, mentre Israele ha perso 10 soldati in combattimento e 3 civili in attacchi missilistici. Tuttavia, nel tentativo di presentare questa guerra come una vittoria, la TV di Hamas ha riferito che Hamas ha perso solo 48 combattenti, mentre sono stati uccisi 80 israeliani, tra cui 49 soldati.
Questo film aiuta a rinforzare il mito della vittoria che Hamas sta cercando di mandare al suo popolo.
Video
(Palestinian Media Watch, 19 gennaio 2009 - trad. di In Difesa di Israele)
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In piazza l'odio razzista. L'antifascismo come scusa per eliminare gli Ebrei
di Paolo Guzzanti
All'articolo uno del manuale del perfetto antisemita del XXI secolo c'è scritto: «Io non sono antisemita, io sono antisionista, i nuovi ebrei sono i palestinesi e perfino il mio più caro amico (amica, compagno di scuola, fidanzata) è ebreo/a». Il perfetto antisemita dice, come diceva Stalin quando lanciò la grande purga contro gli ebrei poco prima di morire: «L'antisemitismo è una barbarie nazifascista che noi respingiamo totalmente e con sdegno.
Noi però condanniamo il cosmopolitismo». Il perfetto antisemita ha imparato che deve mostrare deferenza alle vittime di Auschwitz e subito dirà che Gaza è la nuova Auschwitz. Quando brucerà in piazza a Bologna o a Milano le bandiere con la stella di Davide, dirà a se stesso che è come se bruciasse la svastica di Hitler. Il perfetto antisemita indossa la kefiah palestinese a quadretti rossi e bianchi o a quadretti bianchi e neri. Il perfetto antisemita resterà indifferente e cambierà discorso se gli mostrate le foto dei militari di Hamas che marciano facendo il passo dell'oca e il saluto hitleriano.
Il perfetto antisemita ignora che il Gran Muftì di Gerusalemme era alleato del nazismo e chiedeva a Hitler di sradicare e uccidere tutti gli ebrei che vivevano in Palestina, questa regione inesistente, inventata dall'imperatore Adriano dopo l'espulsione della maggior parte degli ebrei dal loro regno,
Il cosmopolitismo come sinonimo di antisemitismo, caro a Stalin, era il nome che si usava prima dell'antisionismo per evitare di professarsi antisemita, odiatore e, in pectore, sterminatore di ebrei. Cosmopolita era Leon Bronstein, detto Trotskij, ed ebrei cosmopoliti erano i grandi padri della rivoluzione bolscevica fra cui Kamenev, Zinoviev, Sverdlov, Radek, Ioffe e Litvinov per la festa degli antisemiti di tutto il mondo i quali potevano scegliere fra i due grandi complotti ebraici da usare per giustificare il loro antisemitismo. Il primo complotto era quello degli ebrei alla guida della grande finanza e del capitalismo imperialista mondiale e il secondo quello degli ebrei alla guida del comunismo e della rivoluzione mondiale. A scelta.
I giovani e i meno giovani che si rovesciano nelle piazze in questi giorni per urlare il loro odio razzista e viscerale per Israele pensano di poter prendere piccole precauzioni, indossare il loro preservativo morale della premessa antifascista per poter esprimere ciò che le viscere più profonde comandano loro. Odio. Non critica, non preoccupazione, ma odio. Al loro fianco militano moltissimi ebrei che odiano Israele e la propria stessa identità ebraica. Questo è un altro problema dell'ebraismo: l'antisemitismo interno, una varietà di quello esterno, che invoca la negazione dell'identità per raccogliere l'applauso del nemico.
Un passo indietro. George Orwell, in genere citato soltanto per 1984 e per La fattoria degli animali descrisse la furia distruttiva, rabbiosa e violenta contro gli occidentali, quando Hitler attaccò la Polonia (subito imitato da Stalin, secondo accordi congiunti) e tutti i pacifisti francesi, inglesi e americani si rovesciarono come dementi per le strade reclamando «pace subito», e «no alla guerra», intendendo bloccare i governi dei propri Paesi impedendo che scendessero in guerra contro il nazismo. Quella gente orrenda raccontata da Orwell era la stessa, geneticamente la stessa, che oggi brucia le bandiere di Israele e vomita odio per gli ebrei, dicendo di essere «antisionista», per non ammettere di essere antisemita.
Quando ero in Medioriente negli anni Ottanta molti colleghi dei giornali di sinistra di cui non faccio il nome per pietà, raccontavano con successo barzellette antisemite ai palestinesi riscuotendo applausi a scena aperta. Un autorevole commentatore adorava la seguente barzelletta: «Sapete che differenza c'è fra un ebreo e una pizza napoletana? Ve la dico io: venti minuti di cottura al forno». Gli antisemiti confessi hanno sempre delle barzellette bonarie sullo sterminio del popolo ebraico. Sono come l'amico ebreo.
Quello che è successo e sta succedendo sulle piazze italiane è nelle foto e nei telegiornali, nei volti paonazzi, nelle mascherature. Lo stesso atto di bruciare una bandiera è un gesto simbolicamente genocida: esprime il desiderio di mettere al rogo un popolo, un'etnia.
E poi Santoro. Ciò che mancava alla nostra analisi della infernale e ben padroneggiata trasmissione era l'oggetto, lo scopo di Santoro. Che non era quello di fare propaganda, non era quello di sfornare una trasmissione giornalistica squilibrata dalla parte di Hamas, ma quello di promuovere la discesa in piazza. Lo si è capito quando ha troncato brutalmente la parola di chi, seguendo ciò che aveva detto poco prima di andarsene l'Annunziata, sosteneva la necessità di capire, ricondurre alla ragione. Ciò ha fatto saltare i nervi a Santoro: razionalizzare? Capire? Cercare di descrivere i motivi del conflitto? Ma per carità: tutta la trasmissione era indirizzata allo scopo di promuovere la discesa in piazza, la scena di esaltazione collettiva alla Orwell.
A costoro non importa nulla, ma proprio nulla, se nello statuto di Hamas si prescrive non già di uccidere ogni cittadino israeliano (e dunque sgozzare se possibile bambini, vecchi, donne) ma di uccidere «ogni ebreo» sulla faccia della terra. Non è una novità, ma è un dato di fatto che chi difende Hamas e Hezbollah, queste infernali creature iraniane non troppo diverse da quel che era Al Fatah fino ad Abu Mazen, compera in blocco tutto il pacchetto, compresa la prescrizione di assassinare ogni cittadino francese, italiano, americano, olandese e di non importa quale passaporto e bandiera, purché sia «ebreo».
La strategia di Hamas, come prima quella di Hezbollah, è stata sotto questo punto di vista perfetta. Sapendo di non poter competere militarmente, neanche nello scontro corpo a corpo, nel combattimento casa per casa, con le truppe israeliane, i dirigenti di questa organizzazione razzista e nazionalsocialista (un'antica tradizione araba, il nazismo) che è Hamas hanno dichiarato in pubblici comizi che abbiamo visto e ascoltato che alla diversa capacità bellica si deve supplire «con l'industria della morte: noi possiamo trasformare le nostre donne, i nostri bambini, i nostri vecchi, in morti. Loro lo sanno e ne sono felici, sono pronti al sacrificio, e noi dobbiamo farli morire come scudi umani, dobbiamo far sì che la loro morte diventi la nostra migliore arma». Questo è il passaggio cui l'Idf non ha saputo porre rimedio: non è bastato che gli uomini dell'Israeli Defence Forces telefonassero a ogni casa in cui era stata sistemata una rampa, prima di bombardarla. Hamas ha costretto la gente a morire e abbiamo anche visto i video in cui le donne urlano con tutta la loro forza e il loro odio la maledizione ad Hamas, non agli israeliani, per aver causato la morte dei loro bambini.
Ma per il mondo di Santoro tutto ciò è dettaglio un fastidioso dettaglio. L'industria della morte andava usata come carburante per rilanciare il vittimismo di chi ha scatenato la guerra con il lancio di migliaia di missili Grad, Qassam, katiushe e colpi di mortaio e attribuire agli israeliani, tutti, la patente di infami assassini.
Gli ebrei che indossano i panni che furono dei loro persecutori e che fanno dei palestinesi gli ebrei di oggi. Sono 40 anni che sentiamo questa litania. E i giovani, i ragazzi e le ragazze italiani che vedono in televisione carri armati da una parte e bambini morti dall'altra, tutte le anime semplici e anche quelle furbe, da che parte volete che siano? Ma naturalmente dalla parte delle apparenti vittime, che poi sono le vere vittime della violenza subita all'interno di una criminale scelta propagandistica.
Pochi sanno che molti ebrei ex combattenti e spesso eroi della prima guerra mondiale furono fascisti e camerati di Mussolini, il quale aveva un'ebrea come fidanzata fissa, la Sarfatti. Alcuni di quegli ebrei si suicidarono per lo schifo e la vergogna delle leggi razziali del 1938. Ma perfino sotto il fascismo e malgrado moltissime enormi infamie (la razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, con partecipazione di delatori fascisti) l'Italia aveva evitato la piaga dell'antisemitismo di massa, corale, quello da «notte dei cristalli».
Oggi siamo al boicottaggio dei negozi degli ebrei, all'alleanza con chi vuole la morte degli ebrei di ogni età, sesso e condizione. E questa massa violenta, stracciona, ignorante, con la bava alla bocca, agitata da capipopolo mediatici e no, che ne fanno uso per la propria protezione dei propri missili, è oggi lanciata sulle strade e le piazze italiane. Per carità, non ditegli che sono emuli di Himmler, seguaci di Goebbels, si offenderanno. Ditegli invece che difendono le buone ragioni dei nuovi ebrei, quelli che legano le donne e i bambini ai loro cannoni per farne carne da televisione e vincere sul piano politico e mediatico le guerre che non sanno combattere sul terreno.
(il Giornale, 19 gennaio 2009)
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«L'ebreo che combatte e i suoi (tanti) nemici»
di Pierluigi Battista
Uscirà nei prossimi giorni in Italia un film straordinariamente avvincente ma che è anche un'occasione per riflettere sui «cortocircuiti » della memoria europea denunciati su queste colonne da Piero Ostellino. Si intitola, diretto da Edward Zwick, «Defiance. I giorni del coraggio», ed è tratto dal libro «Gli ebrei che sfidarono Hitler» di Nachama Tec. I «giorni del coraggio» sono quelli vissuti dalla banda dei fratelli Bielski, che nel folto gelato dei boschi al confine tra la Bielorussia e la Polonia organizzarono dal 1941 la fuga e il combattimento di alcune migliaia di ebrei riusciti miracolosamente a mettersi in salvo dalla furia sterminatrice dei nazisti. La fuga e il combattimento, insieme: le vittime sacrificali si riorganizzarono in condizioni impossibili, si procurarono avventurosamente le armi, fronteggiarono la caccia dei segugi di Hitler, permisero a 1200 ebrei di resistere fino al 1944. Le vittime si ribellarono, non si chinarono rassegnate al macello, piansero i loro cari e i loro bambini massacrati, ma dovettero asciugare in fretta le loro lacrime per cercare la vendetta armata. Un episodio pressoché sconosciuto nelle storie tramandate dalla memoria dell'Olocausto. Di ebrei che si armarono durante lo sterminio si ricorda come esempio luminoso e apocalittico la disperata resistenza del ghetto di Varsavia. Non quello dei fratelli Bielski che si nascosero nella vegetazione inaccessibile dei boschi dopo che i nazisti, coadiuvati dai volenterosi carnefici del collaborazionismo locale, avevano fatto scempio di città e villaggi. Il più grande dei Bielski aveva perduto la moglie e la figlia di pochi mesi nella strage di oltre 4.000 ebrei del ghetto di Novogrudok. Esercitò il pugno di ferro sui superstiti del massacro, armò donne e anziani, capitanò spedizioni cruente per rappresaglia sugli aguzzini locali e le loro famiglie che si erano prestati alla delazione. Requisì con la violenza il cibo nei villaggi per il popolo della foresta che aveva costruito rifugi sottoterra da abbandonare precipitosamente ogni volta che i nazisti circondavano i nascondigli.
Non fu tutto fulgido e luminoso nella resistenza dei tre anni che «Defiance» racconta senza edulcorazioni e sensi di colpa. Ma ogni battaglia vera non è immune dalle atrocità e quello fu il momento degli ebrei che accettarono una battaglia che non aveva quasi nessuna possibilità di essere vinta. L'Occidente ha indugiato per decenni con l'immagine degli ebrei che si avviarono docili come agnelli allo sterminio, e su quest'immagine ha alimentato il pianto di cordoglio per l'ebreo remissivo nel suo ruolo di vittima, insieme alla malcelata avversione per l'ebreo combattente che affronta armi in pugno chi lo vuole annichilire. E quella remissività (al limite della complicità con il carnefice) fu la vera questione che accese attorno alle considerazioni di Hannah Arendt sulla «banalità del male» l'ostilità dell'opinione pubblica ebraica e israeliana. Gli ebrei che combattono sono il bersaglio del governo catalano che vuole ridimensionare le celebrazioni del «Giorno della memoria» per protesta contro l'intervento militare di Israele a Gaza. Il terribile cortocircuito nasce nella storia raccontata da «Defiance»: solo i veri cinici non riescono a capirlo.
(Corriere della Sera, 19 gennaio 2009)
ved. Notizie su Israele 446
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Al-Fatah: "Hamas deve cessare il fuoco anche contro i nostri sostenitori"
Sedici attivisti di al-Fatah sono stati uccisi a gaza da miliziani di Hamas e altri 80 sono stati 'gambizzatì durante l'operazione 'Piombo Fuso'
Sedici attivisti di al-Fatah sono stati uccisi a Gaza da miliziani di Hamas e altri 80 sono stati 'gambizzatì durante l'operazione 'Piombo Fuso'. Lo sostiene oggi un portavoce di al-Fatah in Cisgiordania, Fahmy a-Zarir. "Adesso Hamas deve cessare il fuoco anche contro i nostri sostenitori" ha aggiunto a-Zarir secondo l'agenzia di stampa palestinese Maan. A-Zarir ha aggiunto che durante i combattimenti a Gaza centinaia di sostenitori di al-Fatah sono stati costretti ad osservare "arresti domiciliari" su imposizione di Hamas. A-Zarir ha chiesto a Hamas di cessare immediatamente le pressioni sui sostenitori di al-Fatah a Gaza, e ciò nella speranza di riuscire un giorno "a rimarginare le ferite". Ieri un dirigente di Hamas, Sallah al-Bardawil, aveva accusato il presidente dell'Anp, Abu Mazen, di aver ordinato ai suoi servizi segreti di seguire a Gaza gli spostamenti di alcuni dirigenti di Hamas, allo scopo di inoltrare le informazioni aggiornate all'intelligence di Israele. Secondo al-Bardawil, sarebbe stato vittima di queste attività il ministro degli interni Said Siam, colpito a morte giovedì in un bombardamento israeliano.
(L'Unione Sarda, 19 gennaio 2009)
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La scrittrice Cynthia Ozick: «L'Europa non è degna del Giorno della Memoria»
«Alcune settimane fa pensavo di essere ripiombata nel 1933. Mi sbagliavo: è una nuova Notte dei Cristalli»
di Alessandra Farkas
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Cynthia Ozick |
NEW YORK - «Concordo pienamente con la decisione spagnola di annullare la commemorazione pubblica delle vittime dell'Olocausto. Ovviamente per motivi ben diversi dai loro. E anzi invito i governi europei ad abrogare il Giorno della Memoria perché non ne sono degni e perché, ancora una volta, mostrano d'essere dalla parte di chi commise la Shoah». È tremula e piena d'angoscia la voce di Cynthia Ozick, la scrittrice statunitense autrice di capolavori della letteratura ebraica moderna quali Lo scialle, Il Rabbino pagano e Il Messia di Stoccolma. «Sono profondamente disperata spiega . Alcune settimane fa pensavo d'essere ripiombata nel 1933. Mi sbagliavo: è di nuovo il 1938: una nuova Kristallnacht (la Notte dei Cristalli ndr)».
- Che cosa intende dire?
- «L'Europa ha riesumato la condanna del sangue: una tradizione antisemita iniziata nel Medioevo che accusa gli ebrei-demoni d'omicidio. L'antisemitismo è riesploso nel mondo islamico e l'Europa vi si è aggregata come un'orda di lupi. Oggi tutto il mondo è un lupo che abbaia. Ma se l'ultima volta che gli ebrei erano impotenti e indifesi nessuno ha mosso un dito, oggi, grazie a Dio, hanno le armi».
- Molti accusano Israele di usarle per compiere un genocidio.
- «Come si può usare la parole genocidio per descrivere l'autodifesa di un popolo contro un gruppo che dichiara apertamente di volerlo annientare? Per otto anni Israele ha porto l'altra guancia di fronte alla pioggia di migliaia di missili: è il momento di reagire».
- Israele sta perdendo la guerra dei media.
- «Le foto dei civili palestinesi sono orribili, proprio come quelle dei tedeschi che nel 1945 vagavano tra le macerie di una Berlino distrutta, in cerca di qualcosa da mangiare. La responsabilità dietro le immagini è la stessa».
- Però le foto delle vittime nella scuola delle Nazioni Unite bombardata a Gaza non aiutano la causa di Israele.
- «Scuole ed ospedali di Gaza sono pieni di trappole esplosive. Esistono foto che documentano lancia-razzi sul tetto e miliziani di Hamas che trascinano i loro figli per usarli come scudi umani. Vergogna all'Europa, che chiude gli occhi di fronte alla crociata genocida di Hamas e all'empietà con cui tormenta il suo popolo, tenendolo ostaggio e usandolo come riparo alla propria spietata codardia».
- E la sproporzione fra i morti palestinesi e quelli israeliani?
- «Esiste perché Israele tiene i suoi civili nascosti nei rifugi, dove i bambini ebrei sono ormai di casa da otto anni. A Gaza i terroristi di Hamas si rifiutano di costruire rifugi, circondandosi al contrario di mogli, madri e bambini per lanciare i loro razzi dal focolare domestico. Spesso costringendoli a missioni suicide. Hamas viola il principio base della legge internazionale, che richiede ai combattenti d'indossare un'uniforme».
- Anche la stampa statunitense sta diventando anti-israeliana?
- «È colpa della sinistra radicale: i cuori che dovrebbero pulsare di compassione progressista si sono alleati ai jihadisti. Ma in America il fenomeno è minore rispetto all'Europa. Anche il New York Times si è svegliato per denunciare, tardi, l'uso dei civili come scudi umani».
- Che cosa c'è dietro questa ondata di antisemitismo?
- «Lo chiamano l'odio più antico. E comunque la domanda andrebbe posta agli antisemiti, non ad un ebreo. Penso che l'Europa stia sfogando gli effetti della propria colpa, incriminando Israele e il popolo ebraico per i misfatti da lei stessa commessi. L'Europa dice: "Come potete chiamarci colpevoli quando voi stessi lo siete"?».
- L'obbiettivo?
- «Cancellare la propria responsabilità rispetto all'Olocausto. Questa è la psicologia che anima gli europei ed è per questo che bisogna annullare il Giorno della Memoria, che il vecchio continente ha irrimediabilmente imbrattato di fango».
- Cosa dovrebbe fare adesso Israele?
- «Deve continuare a fare ciò che sta facendo. È una vergogna che il mondo rimproveri agli ebrei di non essere indifesi e di parlare come nazione sovrana. Se Gaza avesse interrotto la pioggia di razzi oggi non ci sarebbe questa guerra. A Gaza c'è stata un'elezione democratica dove adulti pensanti hanno liberamente eletto Hamas, diventando complici consapevoli delle sue mire genocide sul popolo di Israele».
- Come andrà a finire?
- «Sono pessimista di fronte a un mondo capovolto che mostra compassione soltanto per gli assassini. Oggi le vittime sono diventate carnefici e viceversa, e se la giuria del mondo è tanto confusa, sarà la fine stessa della civiltà».
(Corriere della Sera, 19 gennaio 2009)
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Livni: "Obiettivi raggiunti"
Alla richiesta di commentare la decisione unilaterale di sospendere le ostilità, la Livni ha osservato: "Bisogna sempre sapere quando entrare (in un conflitto, ndr) e anche sapere quando uscirne"
"Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissi. Hamas è stato sorpreso". Lo ha detto oggi a Radio Gerusalemme il ministro israeliano degli Esteri, Tzipi Livni. Alla richiesta di commentare la decisione unilaterale di sospendere le ostilità, la Livni ha osservato: "Bisogna sempre sapere quando entrare (in un conflitto, ndr) e anche sapere quando uscirne. Continuare la operazione sapendo che i vantaggi ulteriori non sarebbero stati grandi... non sarebbe stato molto saggio". La Livni non ha escluso future operazioni militari israeliane contro Hamas. "Se Hamas dimostrerà di aver capito il messaggio, potremo fermarci - ha detto -. Ma se continuerà a sparare, allora proseguiremo". La Livni ha ribadito che Israele ritiene di essere in diritto di tornare ad operare sul confine fra Egitto e Gaza, se dovesse proseguire il contrabbando di armi verso Hamas.
(L'Unione Sarda, 19 gennaio 2009)
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Gaza, altra notte calma
"Tutto è calmo, non c'è stato alcun segnale di attività di nessun tipo per tutta la notte", ha detto un portavoce israeliano all'alba di oggi. anche fonti palestinesi hanno evocato una situazione tranquilla nella striscia, sottoposta per tre settimane all'operazione piombo fuso.
La striscia di Gaza ha trascorso una seconda notte di calma grazie al cessate il fuoco dichiarato separatamente da Israele e da Hamas, mentre continua il ritiro graduale delle truppe israeliane dalla Striscia. "Tutto è calmo, non c'è stato alcun segnale di attività di nessun tipo per tutta la notte", ha detto un portavoce israeliano all'alba di oggi. Anche fonti palestinesi hanno evocato una situazione tranquilla nella Striscia, sottoposta per tre settimane all'operazione Piombo fuso, che ha causato la morte di oltre 1.300 palestinesi. Testimoni riferiscono che nella giornata di ieri i carri armati israeliani hanno lasciato la loro postazione principale nella ex colonia di Netsarim, a sud di Gaza City, riaprendo così per la prima volta dal 3 gennaio la strada tra il sud e il nord della Striscia. I carri hanno anche lanciato le posizioni intorno a Jabaliya e Beit Lahya, nel nord. Un portavoce israeliano ha annunciato stamattina che Israele ha concesso l'autorizzazione al passaggio di circa 200 camion di aiuti umanitari e la fornitura di 400.000 litri di carburante. "Un convoglio di 120 camion deve portare gli aiuti attraverso il valico di Kerem Shalom ed un altro convoglio tra i 60 e i 70 camion entrerà da Karni", ha precisato il comandante Peter Lerner.
(L'Unione Sarda, 19 gennaio 2009)
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Palestinesi contro Hamas
di Elena Lattes
Mentre in Italia e in mezzo mondo i fondamentalisti islamici, accompagnati da alcuni estremisti politici locali, manifestano contro Israele, bruciando bandiere, accostando la stella ebraica alla svastica e, in alcuni casi, urlando agli ebrei di "tornare nei forni" (crematori), i palestinesi e molti altri arabi tacciono o addirittura maledicono Hamas.
Non c'è bisogno di scomodare i rivali di Fatah che potrebbero essere accusati di beneficiare in qualche modo del "lavoro sporco altrui", è la popolazione palestinese stessa a dimostrare indifferenza per la reazione israeliana o addirittura a dimostrare tutto il proprio rancore per l'organizzazione fondamentalista.
L'Haaretz, quotidiano israeliano che molto spesso lancia durissime critiche al suo governo e non manca di difendere i palestinesi, racconta di una Ramallah, in cui sarebbe dovuta avvenire una manifestazione a favore della Striscia di Gaza, ma che è stata cancellata per mancanza di partecipanti. Secondo un funzionario dell'Autorità Palestinese intervistato dal giornale, non solo questo tipo di manifestazioni non vengono ostacolate, ma il ministro dello sport e della gioventù ha organizzato diversi stands in tutta la Cisgiordania, per convogliare la rabbia della popolazione e indurla a protestare contro Israele.
Invece Ramallah è tranquilla, Haaretz riporta che "decine di uomini siedono nei caffé, giocando a carte" e nemmeno "i drammatici servizi da Gaza li smuovono. La televisione è accesa su Al Jazeera e ogni tanto qualcuno le dà uno sguardo, maledicendo la situazione, per ritornare subito dopo a quello che stava facendo." E ancora: "i caffè e i ristoranti sono pieni, Gaza non è mai stata così lontana, mentre Tel Aviv sembra più vicina che mai.
"I residenti della West Bank hanno perso molto nell'ultima intifada, senza ottenere nessun risultato e ora sono molto spaventati da eventuali ulteriori perdite ancora più grandi, anche alla luce della crisi di fiducia tra la piazza e la sua leadership" commenta il funzionario, senza accusare direttamente il Fatah. "L'Autorità palestinese non impedisce alla gente di manifestare, sta soltanto attenta che non si arrivi ad un punto di frizione e che non si sventolino bandiere diverse da quella palestinese.
Quel che è più drammaticamente significativo, tuttavia, è un articolo del New York Times che tra le varie testimonianze dalla Striscia, cita una donna che al ritrovamento tra le macerie di metà del corpo di sua figlia diciassettenne ha gridato: "Possa Dio sterminare Hamas".
Il quotidiano (che nel 2000 all'inizio della cosiddetta seconda intifada, falsificò una fotografia di Tuvia Grossman, un ebreo americano che studiava a Gerusalemme e che fu picchiato dai palestinesi, descrivendolo invece come un palestinese picchiato e minacciato da un cattivo soldato israeliano), tende comunque a precisare che questa mamma non è una voce rappresentativa della Palestina.
Il NYT non dice però che chi si esprime contro i terroristi di Hamas rischia di essere immediatamente fucilato (sono stati ammazzati, con l'accusa di collaborazionismo, diversi palestinesi soltanto perché nei loro cellulari sono stati trovati numeri col prefisso israeliano) e soprattutto quanti palestinesi sono stati intervistati nel complesso e a quanti è stato chiesto il loro parere su Hamas, prima di giungere alla conclusione secondo cui chi è ostile ad Hamas non è rappresentativo.
(Agenzia Radicale, 19 gennaio 2009)
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Arabi dell'EU: uomini o caporali?
di Maurizio De Santis
Nel nebuloso e scomposto coacervo dei peana pro-islamisti che si levano da ogni dove, colgo uno spunto interessante, che appare sfuggito ai più, avente come palcoscenico due democrazie importanti: Francia ed Israele.
Due democrazie, un elemento in comune, squisitamente etnico-giuridico: i cittadini arabi ed il loro personalissimo concetto di "cittadinanza". Gli arabi francesi, alla stregua dei loro consanguinei sparpagliati nel resto dell'UE, hanno protestato veementemente per la guerra nella Striscia di Gaza. Senza sindacare troppo su chi stessero effettivamente sostenendo. Essendo essi particolarmente più numerosi che altrove, si sono sentiti sovente autorizzati a varcare il limite della violenza e del teppismo. I loro rappresentanti, a tutti i livelli, hanno spesso fatto ricorso alle indebite pressioni. Utilizzando lo sperimentato metodo mafioso della "velata minaccia": o una decisa sterzata dell'Esagono in politica estera o il rischio di rinverdire i fasti delle banlieues parigine....
(Giustizia Giusta, 19 gennaio 2009)
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Voto Israele, Barak guadagna terreno ma Netanyahu resta avanti
GERUSALEMME - Il partito laburista del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak -- in netto svantaggio in vista delle elezioni del 10 febbraio in Israele -- ha guadagnato terreno durante l'offensiva a Gaza, che lui stesso ha contribuito a gestire, ma non abbastanza da battere i suoi rivali politici.
Nonostante i sondaggi più recenti vedano il Labour aggiudicarsi 17 seggi sui 120 in palio -- circa il doppio che nei sondaggi di prima della guerra -- l'ex primo ministro Benjamin Netanyahu e la sua formazione di destra, il Likud, sono saldamente avanti.
Il Likud dovrebbe ottenere 29 seggi, mentre Kadima, il partito di centro guidato dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, dovrebbe aggiudicarsene 27.
Il partito che conquista più seggi ha per prassi il compito di formare un governo di coalizione.
(Reuters, 18 gennaio 2009)
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In Israele è giallo sul guasto che blocca i telecomandi
GERUSALEMME (18 gennaio) - Un misterioso guasto sta almeno parzialmente neutralizzando in Israele già da diversi giorni sia i telecomandi a distanza degli antifurto elettronici nelle automobili sia quelli per aprire i cancelli. Si tratta di un fenomeno che ha visto in questi giorni centinaia di proprietari di automobili, anche nuove di zecca, fare la fila nelle officine per denunciare un guasto che però, a quanto pare, non c'è. «Lei - ha detto al cronista dell'Ansa il meccanico di un officina - è stamattina la trentesima persona che si lamenta dello stesso problema. Ma non lo possiamo risolvere. Se la prenda con le forze armate che per via della guerra a Gaza stanno usando chissà quali apparecchiature».
Una rapida verifica presso altre officine ha confermato che si tratta di un fenomeno diffuso in questi giorni la cui causa è attribuita a misteriosi apparati elettronici di cui Tsahal starebbe facendo uso. Un portavoce militare, interpellato, ha laconicamente risposto che «le forze armate israeliane non hanno l'abitudine di dire di quali strumenti di guerra fanno uso».
(Il Messaggero, 18 gennaio 2009)
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I media come arma
di Angelo Panebianco
Le polemiche innescate dai contenuti della trasmissione televisiva «Anno Zero» sulla guerra di Gaza possono aiutarci a riflettere su un aspetto cruciale di questo conflitto (come di altri che lo hanno preceduto): il ruolo dei mass media, delle televisioni in primo luogo, non come strumenti di informazione sulla guerra ma come armi della guerra e nella guerra. E' qualcosa che va al di là delle tradizionali forme di propaganda, più o meno pianificata, che hanno sempre accompagnato i conflitti e li accompagnano tuttora. La prima volta che si comprese appieno il nuovo (e imprevisto) ruolo attivo giocato dalle televisioni nei conflitti asimmetrici fu all'indomani della conclusione della guerra del Vietnam: si disse allora, con qualche esagerazione ma anche con qualche elemento di verità, che gli Stati Uniti avevano perso quella guerra non nelle risaie e nelle giungle dell'Indocina ma nelle case americane dove ogni sera il piccolo schermo faceva entrare le immagini delle devastazioni prodotte dai bombardamenti statunitensi.
Da allora, nessun governo o gruppo armato impegnato in una guerra ha più dimenticato che le immagini televisive e i commenti che le accompagnano sono parte integrante, non accessoria, dei conflitti, e dei conflitti asimmetrici soprattutto: è da essi che dipende lo spostamento, a favore di uno dei belligeranti, dell'orientamento delle opinioni pubbliche delle democrazie occidentali. E poiché nelle democrazie i governi devono tenere conto delle opinioni pubbliche, lo spostamento di queste ultime da una parte o dall'altra non è senza effetti internazionali: spinge o può spingere i governi delle democrazie ad esercitare pressioni diplomatiche a favore del belligerante che ha conquistato il sostegno dell'opinione pubblica.
Il caso di Gaza (una guerra che forse è ora giunta a conclusione) è da manuale. Dal punto di vista strettamente militare la disparità delle forze fra l'esercito israeliano e Hamas era massima. Hamas ha avuto quindi a disposizione, in questa guerra, soprattutto una carta e l'ha giocata fino in fondo: le vittime civili. Il calcolo era semplice: più vittime civili ci sono (e non possono non esserci vittime civili data la natura del conflitto), più i networks televisivi ne parlano, più è probabile che le opinioni pubbliche, soprattutto europee, si schierino contro Israele e che, infine, la «comunità internazionale » (leggi: le democrazie occidentali) sia costretta a tenerne conto. La contromossa israeliana (vietare l'ingresso a Gaza ai giornalisti finché durano i combattimenti) è parte della stessa logica.
Si considerino gli scopi bellici dei due contendenti. Per Israele «vincere» significava ridimensionare Hamas militarmente (mettere il gruppo in condizione di non lanciare più missili sul territorio israeliano) e politicamente (creare le condizioni per una successiva riconquista del potere a Gaza, a spese di Hamas, da parte della fazione palestinese moderata, Fatah). Per Hamas, invece, «vincere» significava sopravvivere, quali che fossero le perdite subite, essere ancora in grado di riorganizzare le forze per colpire di nuovo Israele fra qualche tempo. Come in Libano nel 2006: Hezbollah «vinse» la guerra semplicemente perché sopravvisse all'offensiva israeliana. In queste condizioni, e data questa disparità degli obiettivi dei due contendenti, usare i civili come scudi era per Hamas una necessità di guerra, il solo modo per tentare di ottenere una pressione internazionale tale da fermare Israele. Il che, dal punto di vista di Hamas, avrebbe significato vincere. Per Israele valeva la regola contraria: meno civili cadono, meno è probabile che la comunità internazionale si metta di mezzo. Per questo, la guerra è stata condotta simultaneamente in due ambiti diversi (sul terreno e sui mass media). Il contenzioso sul numero di vittime civili (ovviamente difficile da stabilire, dato che i combattenti di Hamas sono mescolati alla popolazione) diventa parte integrante della guerra. Come mostra anche il fatto che le notizie, più o meno attendibili, sui caduti civili sono, fra tutte le notizie di guerra, quelle a cui i mass media danno in assoluto più risalto.
Per i sostenitori occidentali di Israele le vittime civili sono, in parte, una tragica conseguenza della natura di questa guerra e, in parte, il frutto dell'azione deliberata di Hamas. Per gli avversari di Israele sono invece la prova della natura criminale di quello Stato. Le televisioni svolgono un ruolo nel far pendere la bilancia dell'opinione pubblica da una parte o dall'altra. Però, va subito aggiunto, a mò di correttivo, il fatto che contano anche le più generali condizioni politiche in cui si svolge il conflitto. Se il calcolo di Hamas, come sembra ora possibile, si rivelerà alla fine sbagliato non sarà perché l'arma di guerra massmediatica sia di per sé spuntata o debole, ma perché essa è stata neutralizzata, almeno in parte, dall'atteggiamento prudente tenuto per tutta la durata del conflitto dai governi arabi (spaventati dall'alleanza fra Hamas e l'Iran) e dalla ostilità dei palestinesi di Abu Mazen per Hamas. Insieme alla compattezza della società israeliana nel sostenere l'azione del proprio esercito e all'efficacia di quella stessa azione (niente a che vedere con quanto avvenne in Libano nel 2006), questi fattori hanno giocato un ruolo importantissimo nella guerra. Hanno impedito o ritardato uno spostamento massiccio, «a slavina», delle opinioni pubbliche occidentali a favore di Hamas.
(Corriere della Sera, 18 gennaio 2009)
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Il Papa incoraggia quanti dalle due parti cercano la pace
CITTÀ DEL VATICANO, 18 gen. - Benedetto XVI ha rinnovato oggi il suo incoraggiamento "a quanti, da una parte come dall'altra, credono che in Terrasanta ci sia spazio per tutti, affinche' aiutino la loro gente a rialzarsi dalle macerie e dal terrore e, coraggiosamente, riprendere il filo del dialogo nella giustizia e nella verita'". "E' questo - ha detto dopo l'Angelus - l'unico cammino che puo' effettivamente schiudere un avvenire di pace per i figli di quella cara regione". Nel suo breve discorso, il Papa, che continua a seguire "con profonda trepidazione il conflitto nella Striscia di Gaza", ha voluto ricordare "le centinaia di bambini, anziani, donne, caduti vittime innocenti dell'inaudita violenza, i feriti, quanti piangono i loro cari e coloro che hanno perduto i loro beni". "Vi invito - ha chiesto ai fedeli - ad accompagnare con la preghiera gli sforzi che numerose persone di buona volonta' stanno compiendo per fermare la tragedia".
(AGI, 18 gennaio 2009)
COMMENTO - Qualcuno prima o poi dovrà pur dire, da qualche sede ben più importante di questa, che generici interventi buonistici di questo tipo non hanno alcun valore morale, anzi ne hanno uno negativo, perché manifestano lincapacità o la mancanza di volontà di distinguere il bene dal male e di assumersene la conseguente responsabilità. Lunico effetto pratico che ottengono, oltre a quello di mescolare bianco e nero fino a far diventare tutto grigio, è quello di attirare ogni giorno lattenzione dei media sullautore di simili pronunciamenti. Se questo è lo scopo, si può dire che è pienamente raggiunto. M.C.
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Gasparri: Intervenire contro fomentatori di odio
Non si può accettare uso politico di pseudo preghiere da Islam
ROMA, 18 gen. (Apcom) - Maurizio Gasparri, presidente del Pdl al Senato, chiede che "le autorità giudiziarie e di polizia" agiscano "con immediatezza contro i fomentatori di odio". "Fino a quando - dice in una nota - dovremo tollerare manifestazioni di antisemitismo, di fondamentalismo con apologia del terrorismo di Hamas e bandiere di Israele bruciate? Nè si può accettare - prosegue - l'uso politico di pseudo preghiere che in luoghi simbolici delle nostre città assumono il sapore di una sfida alla libertà e alla democrazia dell'Occidente".
Per Gasparri, "che molti esponenti della sinistra italiana partecipino a eventi di questo tipo o che altri alla D'Alema fiancheggino i terroristi di Hamas preoccupa sotto il profilo della affidabilità democratica delle minoranze politiche del nostro paese".
(Virgilio Notizie, 18 gennaio 2009)
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In pochi giorni un bel pezzo d'Italia si ritrova antisemita
di Marco Cavallotti
Sono bastate poche settimane di conflitto perché gli Italiani - o una parte non piccola di loro - si scoprano improvvisamente antisionisti e antisemiti. Ci sono intere regioni, in Italia, in cui è pericoloso esprimere al bar o nella strada un diverso avviso, in cui professori e studenti indossano come una sorta di uniforme la kefiah, in cui l'equiparazione di Israele con la Germania nazista ricorre incontestata. Ci sono le gioiose comitive di Assisi che condannano "ogni rappresaglia" e proclamano la propria pelosa "equivicinanza", riecheggiando negli slogan le secolari diffidenze verso il "perfido Giudeo". A ben vedere, si tratta di una "scoperta" relativa: in fondo sono solo riemersi con maggior virulenza gli atteggiamenti antisemiti serpeggianti da decenni nell'estrema destra come nell'estrema sinistra, eredità velenosa di una mescolanza di maldigerite memorie fasciste e soprattutto naziste, zariste e sovietiche, ed anche cristiane. È una questione vecchia, e risalendo nella storia per valutare l'atteggiamento degli Europei verso gli Ebrei si scopre che esso è stato quasi sempre aggressivo.
Anche in questi giorni quel saputello di D'Alema cerca di dare una lezione al Centrodestra e soprattutto ad An: accusandoli di aver la coda di paglia e di voler dimostrare con il proprio filoisraelismo di aver "superato" l'antisemitismo nazifascista di tragica memoria. Ma così dimentica la trave nel suo occhio, e conferma, ancora una volta, l'incapacità della sinistra storica di rivisitare e di sottoporre a una critica seria il proprio passato, antisemitismo compreso. Intanto, nella Toscana sempre più stolidamente e irresponsabilmente rossa, a Livorno una delle principali sinagoghe italiane viene sfregiata, ed a Firenze si attaccano i luoghi di culto ebrei.
Scopriamo che una parte non irrilevante degli Italiani è assolutamente e vergognosamente antisemita e primitiva, brucia bandiere e libri, imbratta le sinagoghe, sputa sui simboli di quel popolo con un atteggiamento del tutto particolare: nessuno ha mai odiato razzialmente un tedesco, nemmeno quando i rastrellamenti delle loro truppe portavano via i nostri uomini per tradurli verso i cantieri di lavoro forzato o verso le camere a gas; nessuno ha mai odiato razzialmente un Russo, nemmeno quando una cortina di ferro spezzò brutalmente il flusso di cultura e di commerci che fino allora aveva unito l'Europa: si è sempre ritenuto che un popolo, anche quando responsabile di voti favorevoli e di appoggi ai leader che li hanno guidati nel compiere nefandezze, non potesse essere nel suo insieme colpevole e "geneticamente" portato al delitto. Ma per gli Ebrei no, per loro c'è l'odio, c'è la condanna genetica. Che si corrobora con l'antiamericanismo di destra e di sinistra - guarda caso, anch'esso prediletto dalle estreme più demenziali -, visto che Israele viene appoggiato dagli Usa.
Per comprendere la gravità del guasto provocato in Italia da queste frange di estremisti ignoranti e bipartisan basta fare una piccola visita sul Web: accanto a siti che associano l'antisemitismo al sanfedismo ed alla tradizione cattolica più retriva, trovi celebratori di Hamas, elogiatori del crimine sulle torri gemelle, negazionisti, marxisti duri e puri che sembrano agit prop usciti dalla campagna contro gli intellettuali ebrei di staliniana memoria, e moltissimi antiamericani a prescindere: come se ne trovavano a decine sulle pagine dell'Unità, quando questo giornale era organo del Pci - e ben pochi paiono ora ricordarsene.
Insomma, nulla di nuovo, ma molto di preoccupante. Fermiamoli, finché siamo in tempo. Facciamo sentire la voce dell'intelligenza e della tolleranza
(il legno storto, 18 gennaio 2009)
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L'intesa Usa-Israele sul contrabbando d'armi
GERUSALEMME (17 gennaio) - Il memorandum d'intesa tra Stati Uniti e Israele, firmato ieri a Washington, afferma nel preambolo la condanna «di tutti gli atti, metodi e pratiche del terrorismo», senza riguardo agli autori e alle ragioni, riconosce la minaccia a Israele rappresentata dalle attività terroristiche a Gaza, ed il diritto di Israele a difendersi dal terrorismo.
Afferma inoltre che la lotta al contrabbando di armi dirette ad Hamas a Gaza ha una dimensione multiregionale che richiede perciò una cooperazione tra Stati; riconosce inoltre la necessità di garantire una sicura e non ostacolata assistenza umanitaria agli abitanti della Striscia. L'intesa si concretizza in articoli operativi.
Ambedue gli Stati coopereranno con i vicini e con altri attori internazionali per impedire le forniture di armi a Hamas e altre organizzazioni terroristiche a Gaza.
Gli Usa affronteranno con partner regionali e con la Nato il problema delle forniture belliche alle organizzazioni terroristiche a Gaza attraverso il Mediterraneo, il Golfo di Aden, il Mar Rosso, l' Africa orientale e rafforzeranno le misure già in atto con nuove iniziative. A questo fine saranno rafforzate la cooperazione e il flusso di informazioni tra i servizi di sicurezza Usa e dei governi regionali per impedire il transito di armi sul loro territorio. Saranno pure accentuate le sanzioni internazionali esistenti e i meccanismi di imposizione contro le forniture di aiuti materiali alle organizzazioni terroristiche «con una risposta internazionale a stati, come l'Iran, che sono stati riconosciuti come fornitori di armi e esplosivi a Gaza».
Gli Stati Uniti e Israele si aiuteranno reciprocamente in questi sforzi, accentuando lo scambio di informazioni per identificare le origini delle armi e le rotte seguite per rifornire le organizzazioni terroristiche a Gaza.
Gli Stati Uniti intensificheranno i loro sforzi per fornire assistenza logistica e tecnica e per addestrare ed equipaggiare i servizi di sicurezza regionali in tattiche contro il contrabbando.
Gli Stati Uniti si consulteranno e opereranno con i partner regionali al fine di ampliare programmi di assistenza internazionale a comunità allo scopo di assicurare fonti di reddito alternative a chi prima viveva di contrabbando.
I due Stati creeranno un appropriato meccanismo di cooperazione militare e di intelligence per condividere le informazioni di intelligence, per controllare l'attuazione dei passi stabiliti nel memorandum e suggerirne altri.
(Il Messaggero, 17 gennaio 2009)
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D'Alema: «Su Gaza è un'Italia cinica, reazionaria e ignorante»
L'ex ministro degli Esteri alla manifestazione per la pace di Assisi: «Non siamo noi a essere isolati«
- ASSISI - In Italia «c'è stata una campagna feroce di giustificazione della guerra e dei suoi eccessi«. Dal palco della manifestazione per la pace ad Assisi, Massimo D'Alema critica la posizione «ufficiale» assunta dall'Italia rispetto al conflitto a Gaza. «Mai come in questa circostanza - ha aggiunto l'esponente democratico - la voce dell'Italia è stata distante dal sentimento degli italiani, a quel sentimento ha dato voce la Chiesa cattolica, contro il cinismo e la ferocia di una parte dell'Italia ufficiale». «Non siamo noi ad essere isolati - ha attaccato D'Alema - ma lo è questa Italia cinica, reazionaria e ignorante».
- CONTRO LA GUERRA - La manifestazione di Assisi è stata promossa dalla Tavola della pace contro la guerra a Gaza. Sono presenti fra gli altri Paoo Ferrero e il presidente delle Acli Maurizio Olivero. Nella Cittadella si è tenuto un dibattito che ha l'obiettivo di definire un piano d'azione per far cessare la guerra e ricostruire la pace in quei territori. L'assemblea dovrebbe concludersi intorno alle 13.30, poi partirà un corteo che giungerà davanti alla Basilica di San Francesco, dove si svolgerà la manifestazione finale. Secondo gli organizzatori sono più di mille le associazioni, amministrazioni locali e forze politiche che hanno aderito alla manifestazione.
(Corriere della Sera, 17 gennaio 2009)
COMMENTO - ... per far cessare la guerra e ricostruire la pace in quei territori. Dunque, prima della guerra in quei territori cera la pace, e adesso bisogna ricostruirla. Si deve cioè fare in modo che Hamas riprenda ad educare i bambini allodio, che li prepari a diventare suicidi assassini, che continui a lanciare razzi su Israele sempre più potenti, che porti avanti il suo programma di distruzione dello Stato ebraico, che possa eliminare avversari politici e trasgressori della sharia a colpi di mitra. Tutto questo, per queste sensibili persone, è pace. Infatti è vero, per tutto il tempo in cui queste cose sono avvenute sono rimasti tranquilli, in pace, perché per loro questo è nellordine delle cose. E se Israele un giorno dovesse sparire, certamente se ne direbbero addolorati, ma si consolerebbero presto pensando che in questo modo la pace da loro tanto agognata sarebbe finalmente ristabilita. Dicono che Israele ha diritto a difendersi, ma non dicono come. Sembra che non sappiano quello che Israele deve fare per difendersi, ma sanno molto bene quello che Israele non deve fare quando comincia a difendersi. Israele deve accontentarsi del fatto che a suo favore viene continuamente ripetuto il mantra Israele ha diritto allesistenza, ma se si azzarda a fare qualcosa di incisivo per dare corpo a questo suo diritto, immediatamente ai loro occhi si rivela come disturbatore della pace.
DAlema ha avvertito che la Chiesa Cattolica è quella che più di altri si è fatta portavoce di questi sentimenti pacifisti degli italiani. Può essere vero, e la Chiesa cattolica farebbe bene a ringraziare lex Ministro degli Esteri. Che poi il resto dellItalia sia considerata cinica, reazionaria e ignorante, è una valutazione che certamente non sconvolgerà chi ha capito da quale livello di cultura proviene. M.C.
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Gerusalemme pronta a una tregua unilaterale
di Gian Micalessin
Il governo israeliano potrebbe votare oggi uno stop all'offensiva e ai bombardamenti ma senza ritirare le truppe da Gaza «Se Hamas continua a lanciare razzi, risponderemo». La Livni a Washington: intesa per fermare il contrabbando d'armi.
È iniziata di shabbat e di shabbat finirà. Ma stavolta non c'è bisogno di sorprese, stavolta non è necessario infrangere il riposo ebraico. La guerra è già vinta e per sancirne la fine basterà convocare il Gabinetto di Sicurezza dopo il tramonto e fargli votare un cessate fuoco unilaterale non legato, ufficialmente, ad alcuna trattativa. Non è proprio così, ma non conta. Contano i successi conquistati sul terreno e la forma di un documento che fissa la fine delle ostilità alle condizioni di Israele. Condizioni che non prevedono un immediato ritiro dalla Striscia e si guardano bene dal prendere in considerazione le richieste di Hamas. Anche perché uno dei leader dell'organizzazione si è già rimangiato il sì al cessate il fuoco annunciato giovedì dai suoi emissari al Cairo. Khaled Meshaal, leader in esilio del gruppo fondamentalista, presente ieri a un vertice in Qatar al fianco del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha detto, infatti, di «rifiutare le condizioni» d'Israele.
Dunque, decide lo Stato ebraico e si riserva di ricominciare se Hamas alzerà la testa o imiterà Hezbollah annunciando un'illusoria «divina vittoria». Ma non dovrebbe essercene bisogno. L'ultima fatale zampata è stata sferrata giovedì nel cuore di Gaza City. Durante quelle 48 ore di combattimenti spietati carri armati e forze speciali hanno scardinato le roccaforti di Hamas uccidendo Said Siam, uno dei tre più importanti leader politici dell'organizzazione, e decimando la cosiddetta «brigata iraniana» ovvero quei reduci dai campi d'addestramento dei pasdaran considerati la punta di diamante di Hamas.
Anche sul terreno diplomatico i successi non mancano. Il primo risultato lo chiude ieri il ministro degli esteri Tzipi Livni volando al dipartimento di Stato di Washington per firmare un'intesa sul contrabbando d'armi. Grazie a quel trattato, siglato nel suo ultimo giorno di mandato dal segretario di Stato Condoleezza Rice, Israele impegna la nuova amministrazione democratica a contrastare il contrabbando d'armi dirette ad Hamas, gestito dall'Iran. Anche decidendo di trattare con l'Iran Barack Obama non potrà esimersi, insomma, dall'agire per bloccare i convogli di armamenti destinati ad Hamas organizzati direttamente dalle coste iraniane o semplicemente finanziati da Teheran. L'accordo, come chiarisce la Rice, «va considerato uno degli elementi fondamentali per garantire un cessate il fuoco in grado di reggere». Tutti si guardano bene, però, dal chiarire cosa dovrà fare in concreto Washington per bloccare eventuali convogli in navigazione sulle rotte del Golfo Persico o del mar Rosso. «L'idea di fondo è che non bisogna permettere ad Hamas di rifornirsi da mare terra o aria», si limita a dire il portavoce del dipartimento Sean McCormack.
Poche certezze anche da quelle sale del Cairo dove ieri è tornato, per la terza volta, Amos Gilad, l'alto funzionario del ministero della Difesa di Gerusalemme incaricato di valutare i particolari della cosiddetta iniziativa egiziana. La grande incognita o meglio il grande assente di quell'intesa continua a essere la forza internazionale incaricata, nei piani di Israele, di impedire lo scavo di nuovi tunnel e di garantire l'identificazione e la distruzione di quelli esistenti. Il fantasma di una forza turca destinata, secondo quanto si mormorava nei giorni scorsi, a venir schierata sul lato palestinese di Rafah deve, dunque, ancora concretizzarsi.
La fine delle ostilità, costate fino a ieri oltre 1100 morti palestinesi, è stata preceduta ieri sera dall'agghiacciante uccisione in diretta tv di tre figlie e due nipoti di un medico palestinese collegato in quel momento con un emittente israeliana per descrivere la situazione a Gaza. Mentre Ezzeldin Abu el Aysh parla al telefono una cannonata colpisce la sua casa e i telespettatori ascoltano prima il suo grido agghiacciante «Oh Dio oh Dio» e poi per alcuni minuti i suoi lamenti strazianti. Nei giorni scorsi il medico aveva detto nel corso di altri collegamenti di essere preoccupatissimo per l'incolumità della sua famiglia. Tre giorni fa aveva chiesto aiuto ai giornalisti israeliani per fermare il fuoco dei carri armati verso la sua abitazione.
(l'Occidentale, 17 gennaio 2009)
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Hamas: no a tregua di Israele
"Continueremo a combattere"
Hamas non accetterà la tregua unilaterale ventilata da Israele. Il movimento palestinese assicura che non cederà le armi anche dopo lo stop unilaterale israeliano all'offensiva a Gaza. In attesa della decisione a Gerusalemme del governo israeliano su un cessate il fuoco unilaterale, arriva dal Cairo, per bocca di uno dei leader del movimento islamico, Osama Abu Hemdan, la minaccia dell'organizzazione palestinese.
(TGCOM, 17 gennaio 2009)
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Un giorno con le nostre truppe nei tunnel di Gaza
di Ron Ben-Yishai
Per la prima volta dall'inizio dell'operazione "Piombo Fuso", a un giornalista israeliano è stato permesso di entrare a Gaza accanto alle forze militari. Che aria tira sulla linea di frontiera? Gaza City è rimasta tranquilla per la maggior parte della giornata, ma è stata proprio questa calma a preoccupare il Comandante della Brigata Givati, il Colonnello Ilan Malka: "Dovremo seguire tutti la procedura per impedire i tentativi di sequestro dei nostri soldati. Che è quello a cui, per adesso, sta puntando Hamas. Dobbiamo anche rivedere le procedure per difenderci dagli attacchi suicidi contro le truppe", ha aggiunto ai suoi ufficiali durante una riunione per la sicurezza. Non è un avvertimento banale. All'imbrunire, l'IDF ha ricevuto delle segnalazioni sui sequestri che suggeriscono come Hamas stia puntando a rapire i soldati israeliani nell'area dove sono appostate le forze Givati....
(l'Occidentale, 17 gennaio 2009)
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Fatah intensifica repressione di Hamas in Cisgiordania
Mentre nella Striscia potrebbero cessare oggi i combattimenti
ROMA, 17 gen. (Apcom) - Le forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese hanno inasprito le misure repressive nei confronti dei sostenitori di Hamas in Cisgiordania, mentre nella Striscia di Gaza Israele potrebbe concedere oggi una tregua unilaterale a tre settimane dall'inizio della sua offensiva militare.
Secondo fonti palestinesi citate dal Jerusalem Post, le ultime misure adottate dagli uomini di al Fatah in Cisgiordania, in coordinamento con l'esercito israeliano e con esperti americani in materia di sicurezza, mirano a impedire un eventuale tentativo di Hamas di rovesciare l'Autorità palestinese.
All'inizio della settimana responsabili della sicurezza israeliana avevano espresso la loro soddisfazione per il livello di coordinamento raggiunto tra le forze dell'Anp, l'esercito israeliano e lo Shin Bet (i servizi di sicurezza interni) nella lotta contro Hamas in Cisgiordania.
(Virgilio Notizie, 17 gennaio 2009)
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Fonti palestinesi, distrutta unita' iraniana di Hamas
GERUSALEMME, 16 gen. (Adnkronos) - "L'unita' iraniana" di Hamas e' stata distrutta durante i combattimenti nel quartiere di Zeytoun della citta' di Gaza. Lo affermano fonti palestinesi citate dal sito di Haaretz. L'unita' era composta da un centinaio di uomini che erano stati addestrati ad usare esplosivi e missili anti tank da Guardie della rivoluzione iraniana, sia in Iran che nei campi libanesi del movimento sciita Hezbollah. Il gruppo era stato anche addestrato a tecniche di guerra di fanteria, affermano le fonti. Gli uomini di quest'unita' sono poi tornati a Gaza attraverso i tunnel sotto il valico di Rafah con l'Egitto.
(Il Tempo, 16 gennaio 2009)
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"A Gaza si incide un bubbone. Non c'è anestesia"
Secondo una recente scoperta scientifica destinata a fare epoca, Hamas è forza legittima in quanto eletta democraticamente. La scoperta, su cui si è a lungo lavorato, è opera di uno scienziato annoverabile tra le massime menti della Matematica Trovata, o della Trovata che è matematica, il professor Massimo D'Alema. L'ultima Trovata è destinata a un grande futuro. Si pensi solo alle prospettive che la scoperta può aprire alla camorra ove questa forza interessante decidesse finalmente di legittimarsi nelle urne.
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So in modo totale, cioè sento, cosa sia in atto in questi momenti per le vie di Gaza; e so in modo totale, cioè sento, quale terrore di solitudine schiacci gli ebrei ovunque lavorino e abitino in tutto il mondo. Eppure, anche se il mondo non ne vuole sapere, e neanche noi vorremmo, è in corso un'operazione chirurgica altamente drammatica: si incide un bubbone che minaccia la vita di due nazioni. Non c'è anestesia.
(Notiziario Ucei, 16 gennaio 2009)
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"Piombo fuso", in Israele ampio sostegno
TEL AVIV, 16 gen - Alla fine della terza settimana di combattimenti a Gaza gli israeliani esprimono un massiccio sostegno alla operazione 'Piombo Fuso', secondo due sondaggi di opinione pubblicati oggi sulla stampa. Il 78 per cento degli intervistati dal quotidiano Haaretz hanno definito "un successo" le operazioni in corso. L' 82 per cento non ritengono che Israele abbia fatto uno eccessivo della forza. E il 70 per cento lodano in particolare il comportamento del ministro della difesa Ehud Barak. Maariv, in un altro sondaggio di opinione, ha rilevato convinzioni molto simili. Richiesti di dare un voto al comportamento delle forze armate israeliane a Gaza l'82,1 per cento lo hanno definito "eccellente" e l' 11,6 'buono''. Secondo metà degli intervistati sarebbe necessario in questa fase estendere ulteriormente le operazioni militari "fino alla distruzione definitiva del potenziale militare" di Hamas. Sul piano politico, entrambi i sondaggi hanno rilevato che il Likud (opposizione nazionalista) resta il partito preferito dalla maggioranza relativa degli israeliani. Se le elezioni politiche si svolgessero oggi il Likud riceverebbe, secondo questi sondaggi, 28-29 seggi su un totale di 120. Kadima ne avrebbe 25-26, i laburisti 16-17. Le elezioni politiche sono state fissate per il 10 febbraio. Ma da più parti si chiede un loro rinvio di due-tre mesi per consentire al governo di portare a termine le operazioni militari a Gaza senza pressioni legate a considerazioni di politica interna.
(ANSA, 16 gennaio 2009)
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Con la scusa dei bambini
di Giuliano Ferrara
Non odio i nemici ma penso che sia vile fingere che non esistano e non combatterli. Amo i bambini, perfino quel miliardo di bambini che stava per nascere e non fu accolto in società negli ultimi 30 anni, ma penso che sia vile esibire i loro cadaveri come trofei di buona coscienza. Quella di Gaza non è la guerra sporca dei bambini morti ammazzati, il disastro umanitario di un Israele spietato, Gaza non è Grozny, la capitale della rivolta cecena, quella non è una guerra coloniale in ritardo di mezzo secolo, non è nemmeno la battaglia di Algeri fra una vecchia potenza d'oltremare e un movimento nazionale di liberazione, Gaza non è un campo di concentramento (come dice il cardinale), Gaza è la fortezza terrorista di cui si è impadronita Hamas.
Hamas, come Hezbollah e come il potere mandatario prenucleare di Teheran, è votato allo sterminio degli ebrei. I capi di Hamas, di Hezbollah e di Teheran negano Israele, negano gli ebrei, negano perfino gli ebrei morti nei campi di concentramento, quelli veri. È su questa base che hanno impostato non solo il loro statuto, la loro dichiarazione di principi, ma tutta la loro vita associata, non soltanto quella del braccio militare incaricato di lanciare razzi sulla popolazione civile innocente del sud di Israele. È questo odio assassino che insegnano nelle loro scuole, è questa la loro scuola quadri, questa la loro propaganda, queste le idee di martirio, di testimonianza per la morte, alle quali cercano di legare il loro popolo fin dall'infanzia.
Ma gli ebrei che Hamas vuole liquidare non sono soltanto gli ebrei, il popolo dell'Antico Testamento. Gli ebrei che il nemico vuole uccidere siamo noi stessi, la nostra radice, l'Occidente mescolato con le più diverse etnie, la democrazia, le libertà civili, l'emancipazione delle ragazze e delle donne, la fede che storicamente l'Islam vuole sottomettere e anche il rischio della secolarizzazione, della libertà religiosa, insomma della miscredenza non tollerata dal Corano.
Invece di prendere atto tragicamente di questa realtà profonda, di pesarla nella sua drammatica eco religiosa, di misurarla per quel che è oltre ogni edulcorazione, e di legare a essa il giudizio sulle cose che effettivamente accadono, comprese le guerre per espugnare la fortezza terrorista e piegare chi la usa come rampa di lancio contro la popolazione ebraica; invece di affannarsi intorno alla nuova verità del Medio Oriente combattente, molti politici e intellettuali italiani preferiscono lavarsene le mani e usare vecchie categorie politiche della storia del movimento anticoloniale. Per colpire Israele come simbolo di potenza, di ricchezza, di tecnologia, di arroganza imperialista ci si risolve a cancellare Hamas, a snaturarlo, a descriverlo come un gruppo militante per l'indipendenza nazionale, come una filiera di resistenti all'oppressione e all'occupazione. E magari le cose stessero davvero così, prima o poi questa guerra infinita imboccherebbe la strada di un negoziato razionale e registrerebbe i mutamenti occorsi in tutto il mondo, dove se non sbaglio la colonizzazione è finita da un pezzo.
Ma non è così. Hamas, Hezbollah e Teheran sono la grande e tragica novità della fine del Novecento, sono l'emergenza di una nuova frattura a sfondo religioso, una frattura tra mondi incomponibili alla frontiera dei quali sta il piccolo stato degli ebrei, una frattura che l'11 settembre avrebbe dovuto rendere evidente per tutti.
(Panorama, 16 gennaio 2009)
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Così Hamas usa i civili come scudi umani
di Fausto Biloslavo
Civili usati come scudi umani, armi e miliziani nascosti in moschee, ospedali e razzi lanciati dalla scuole, oltre a bambini sbattuti in prima linea. Nella striscia di Gaza l'esercito israeliano avanza con il pugno di ferro. I comandanti delle truppe d'assalto ammettono di usare "tattiche violente" per diminuire il più possibile le perdite fra i propri soldati. Di mezzo ci vanno i civili, a centinaia, comprese donne e bambini uccisi durante l'Operazione "Piombo fuso". Però Hamas e gli altri gruppi palestinesi utilizzano sistemi che sembrano fatti apposta per attirare il fuoco su obiettivi civili. Lo denuncia un dettagliato dossier, ricco di dati e fotografie, del Centro di informazione sul terrorismo (LEGGI IL RAPPORTO). Un'organizzazione non governativa, ma di parte, composta da ex agenti dell'intelligence israeliana.
Sullo stesso sito di Hamas si ammetteva che Nizar Rayyan, uno dei leader del movimento palestinese, "prese l'iniziativa, due anni fa, di proteggere le case contro gli attacchi aerei dell'occupazione israeliana formando degli scudi umani". All'inizio dell'operazione Piombo fuso gli israeliani hanno avvisato i familiari di Rayyan che sarebbero stati bombardati. Il capo di Hamas non ha fatto uscire nessuno di casa ed è morto assieme ai figli.
Il dossier pubblica diverse immagini che dimostrano l'utilizzo di giovani come scudi umani durante i combattimenti. "Talvolta i bambini sono volontari, ma in altri casi vengono incoraggiati dai terroristi" si legge nel rapporto israeliano. Nel marzo del 2008, durante l'operazione Inverno caldo, un bambino è stato utilizzato per andare a raccogliere le armi di un miliziano di Hamas caduto, mentre infuriava la battaglia.
Yuyal Diskin, capo dello Shin Bet, il servizio segreto interno, ha rivelato che i comandi di Hamas trovano rifugio negli ospedali. All'ospedale di Shifa, il più grande di Gaza, indossano i camici per mimetizzarsi. Il quartier generale della polizia di Hamas nel nord della Striscia si sarebbe installato all'ospedale Kamal Adwan. Operativi della marina di Hamas sarebbero invece nascosti in una scuola di Khan Yunis. Il 2 gennaio è stata bombardata la moschea di Khulafa a Jabaliya, che serviva sia da comando dei miliziani che arsenale. Le esplosioni secondarie provocate dall'attacco hanno dimostrato la presenza di armi e munizioni. Durante l'offensiva di terra i soldati israeliani hanno filmato scuole minate e moschee dove erano nascoste armi. I lanciatori di razzi Qassam contro Israele si piazzano spesso in zone residenziali o vicini a scuole sapendo che la rappresaglia è automatica. Nel marzo 2008 quattro palestinesi della Jihad islamica sono stati colpiti dopo aver posizionato i loro razzi vicino alla scuola Al Maari nel sud della striscia.
(Panorama, 16 gennaio 2009)
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L'ambasciatore israeliano su Anno Zero: uno "spettacolo vergognoso"
Israele protesta ufficialmente con la Rai contro Anno Zero: in una lettera indirizzata al presidente Claudio Petruccioli l'ambasciatore israeliano in Italia Gideon Meir definisce la puntata di ieri del programma di Michele Santoro uno "spettacolo vergognoso".
"Non ho mai visto sui mass media internazionali occidentali una trasmissione cosi' poco accurata dal punto di vista professionale" scrive il diplomatico. E ancora: "L'uso di doppi standard, la demonizzazione dello Stato d'Israele e la conseguente delegittimazione delle azioni israeliane in difesa dei propri cittadini hanno fatto si' che la trasmissione in questione non rispettasse nessuno standard professionale" sostiene Meir, che chiede ai vertici di Viale Mazzini di "adottare le necessarie misure per far si' che un simile spettacolo vergognoso non si ripeta piu'" e di "trovare la maniera adeguata per spiegare che si e' trattato di una trasmissione che ha esulato da qualsiasi standard di etica giornalistica basilare"....
(RaiNews24, 16 gennaio 2009)
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Il cortocircuito
di Piero Ostellino
In Olanda, durante un corteo - cui partecipavano anche due deputati del Partito socialista, poi denunciati - si è gridato «Hamas, Hamas, gli ebrei nelle camere a gas!». Tornano alla mente le parole di Maximilien Robespierre nel Discorso alla Convenzione nazionale del 3 dicembre 1792 sul processo a Luigi XVI: «Luigi può essere assolto.
Cosa dico? E' supposto innocente fino a che non sia giudicato. Ma se Luigi viene assolto, se Luigi può essere supposto innocente, che ne è della Rivoluzione? ». Una mozione di condanna di Israele, che parla di «azione sproporzionata », è in corso di approvazione dal Parlamento dell'Aja ma ne è stata approvata un'altra che chiede un'indagine internazionale perché, come ha detto il viceministro degli Esteri Timmermans, «non abbiamo elementi a sufficienza per giudicare l'azione di Israele».
Le antiche parole del rivoluzionario Robespierre - che assimilava la morte di Luigi XVI alla vittoria e la sua «innocenza» alla sconfitta della Rivoluzione dell'89 - suonano, qui, come una sorta di metafora del contemporaneo «cortocircuito » che ha ispirato i manifestanti olandesi e sembra, ormai, ispirare molte manifestazioni di protesta contro Israele nel resto d'Europa e purtroppo, anche da noi: «Se gli ebrei meritano di finire nelle camere a gas, perché Israele dovrebbe continuare ad esistere? Che ne sarebbe, allora, di Hamas?». Il «cortocircuito » è la saldatura di anti-israelismo e antisemitismo. Una inequivocabile manifestazione di razzismo che avvicina le posizioni di certi oppositori di Israele a quelle del nazismo.
A questo punto, però, il «cortocircuito» ha un corollario che riguarda da vicino anche noi. Se Israele ha diritto di esistere, se l'Occidente liberale e democratico è nel giusto a difendere questo suo diritto, che cosa ne è, allora, del terrorismo islamico? Esso diventa, nell'immaginario di chi oggi salda anti-israelismo e antisemitismo, brucia, con la bandiera di Israele, anche quella americana, ciò che alcuni già sostengono apertamente: una forma di resistenza dell'Islam contro l'Occidente. Un pericolo, questo, che noi del Corriere denunciamo da tempo, non solo come un oltraggio all'Olocausto - oltraggio che si condanna da solo - ma anche come una tragica e devastante deriva illiberale e anti-democratica nei nostri stessi Paesi.
In Spagna, a Barcellona, la commemorazione pubblica delle vittime dell'Olocausto, prevista per la giornata del 27 gennaio, è stata annullata dal Dipartimento degli Interni del governo catalano a seguito dell'intervento israeliano a Gaza. Qui, siamo a uno di quei paradossi della storia cui la viltà degli uomini ci ha, purtroppo, abituati: il rovesciamento delle ragioni per le quali George Orwell aveva scritto il suo «Omaggio alla Catalogna» che, a metà degli anni Trenta, si batteva contro Francisco Franco e lui stesso contro tutti i totalitarismi. Il cedimento - addirittura delle istituzioni di un Paese democratico quale è la Spagna - al nuovo totalitarismo.
Davvero due brutte pagine, quella olandese e quella catalana, nella storia dell'Europa contemporanea.
(Corriere della Sera, 16 gennaio 2009)
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Rivolta contro la diva tv: «Non cantare con un'ebrea»
di Rolla Scolari
«La vita è troppo breve e non c'è tempo per affannarsi e combattere, amici, we can work it out, possiamo trovare una soluzione», cantavano i Beatles molto tempo fa e cantavano assieme nel 2002 Noa e Mira Awad, la prima cantante ebrea israeliana, la seconda cantante e attrice arabo-israeliana, di religione cristiana. Ora la guerra a Gaza rischia di dividere il duo. Negli anni della Seconda Intifada le due artiste apparivano in un video e ai loro visi si alternavano le ambulanze della Magen David Adom, l'equivalente della Croce rossa israeliana, accorse sui luoghi di diversi attentati. Oggi sono al centro di una polemica poco artistica e molto politica. Sono state appena scelte dall'Autorità di radiodiffusione israeliana per rappresentare il Paese all'Eurovision, festival musicale internazionale cui partecipa un cantante o un gruppo per ogni nazione. In Israele, i giovani impazziscono per l'evento e non c'è artista che non ambisca a un tale palcoscenico.
Noa e Mira, un'ebrea e un'araba, sono state scelte anche per l'implicito messaggio di «pace» e «coesistenza» che simboleggiano. Proprio questo ha fatto infuriare un gruppo di intellettuali palestinesi e arabo-israeliani che hanno spedito una lettera aperta al sito del quotidiano Yedioth Ahronoth chiedendo a Mira Awad di non rappresentare Israele nella competizione internazionale. «Per favore, per i bambini di Gaza e il futuro di ogni bambino di questa terra - arabo o ebreo - non essere complice della macchina assassina», si legge nel documento, che parla di «propaganda israeliana».
Tra i firmatari, nomi noti nel mondo del cinema e della canzone israeliano e palestinese: Amal Murkus è una cantante e attrice, nota femminista che ha preso posizioni dure contro i fondamentalisti islamici che si sono in passato opposti alle sue performance: Mohammed Bakri è il regista del contestato documentario «Jenin Jenin» sull'operazione israeliana nella città della Cisgiordania, nel 2002; Nizar Hassan è un regista e professore in un'università israeliana che ha fatto recentemente parlare di sé rifiutandosi di tenere una lezione quando uno studente entrò con l'uniforme di Tsahal; Yael Lerer è un editore ebreo israeliano che traduce letteratura araba in ebraico... Le due cantanti non rilasciano dichiarazioni, parla il loro produttore, Ofer Pesenzon: «Chi parla di propaganda può vivere con il suo odio. Noi andremo avanti con il dialogo».
(il Giornale, 16 gennaio 2009)
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Il boicottaggio socioeconomico
di Sergio Della Pergola
demografo, Università Ebraica di Gerusalemme
Nella storia tragica e grottesca dell'antisemitismo riaffiora periodicamente la minaccia del boicottaggio socioeconomico: contro i negozi degli ebrei e contro l'acquisto di prodotti provenienti da Israele, senza dimenticare il numerus clausus degli studenti ebrei e certe mozioni contro le università israeliane. Oltre a essere mediocre moralmente, oggi questa idea è deficiente sul piano operativo risultando in una perdita da parte di chi la propone. Vediamo per esempio la Bilancia dei pagamenti di Israele nei confronti dei maggiori paesi. Se l'Unione Europea cessasse di acquistare da Israele, come qualcuno ha suggerito in questi giorni, Israele perderebbe 16 miliardi di dollari. Ma se Israele, per ritorsione o per carenza di fondi, cessasse di acquistare dall'Unione Europea, risparmierebbe 20,7 miliardi di dollari, ossia 4,7 miliardi di dollari in più. Se per ipotesi cessassero i rapporti bilaterali con Israele, la perdita secca annua sarebbe di un miliardo di dollari per l'Italia, 1,6 per la Germania, 1,1 per il Giappone, 2,4 per la Cina. Il disavanzo commerciale di Israele, dovuto alla scarsità di risorse naturali, ma compensato dalle forti capacità inventive e produttive, costituisce dunque una sovvenzione all'economia dei maggiori paesi. Per gli Stati europei e asiatici boicottare Israele sarebbe autolesionista. Negli Stati Uniti invece, nonostante il forte eccedente delle vendite di Israele rispetto agli acquisti, l'idea del boicottaggio non sembra proponibile.
(Notiziario Ucei, 15 gennaio 2009)
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Gaza, 20 giorni d'inferno. Elio Bollag: 'Israele si difende, mettetevi nei loro panni'
LUGANO - Siamo al 20esimo giorno di guerra. Si moltiplicano gli sforzi diplomatici per giungere a una tregua in un conflitto che ha già provocato centinaia di vittime. Oggi l'esercito israeliano ha sferrato un altro attacco che ha colpito Gaza City. I soldati, appoggiati da elicotteri, carri armati e artiglieria pesanti sono entrati nei quartieri centrali della più grande città della Striscia.
Nell'attacco è stato colpita anche l'agenzia dell'Onu che si occupa dei profughi palestinesi e un piccolo ospedale.
E' una guerra, quella che infiamma la Terra Santa, che sembra non conoscere fine. Dopo aver sentito l'opinione dell'oncologo di fama internazionale Franco Cavalli, che condanna fermamente il comportamento di Israele, oggi è il turno di Elio Bollag, membro della Comunità Israelita di Lugano, nato il 26 aprile 1935, luganese, maturità federale, ex commerciante di moda femminile, ex consigliere comunale PLR, ora scrittore ("Non è da me", Edizioni Alice) e giornalista.
- Signor Bollag, anche in Ticino, la settimana scorsa, ci sono state molte persone scese in piazza per Gaza. Un suo parere sulle manifestazioni ticinesi.
- "E' inutile combattere la disinformazione, in special modo se da fonte ufficiale o ufficiosa. Cerco di informarmi da più fonti, dall'una e dall'altra parte, affrontando il problema da più punti di vista, andando oltre l'offerta di stampa e tv. Fino a che non viene capita la necessità di Israele di difendersi allora è inutile continuare il discorso. Israele sarebbe felice di trovare un' alternativa alla guerra".
- C'è chi parla in tutti i casi di una reazione israeliana sproporzionata.
- "La parola sproporzionata è assurda. Questa è una guerra di difesa di Israele. E nella guerra, come nell'amore, è difficile essere obiettivi. Parliamo di reazione esagerata? Se Israele è più forte di Hamas non è una colpa . Questa è una guerra causata da otto anni di razzi, migliaia, lanciati per uccidere. Razzi, tra l'altro, indirizzati verso i civili e non i militari. Come reagirebbe la Svizzera se quotidianamente Lugano fosse bombardata da razzi provenienti da Campione d'Italia?".
- Il Gran rabbino di Francia Bernheim ha espresso lunedì scorso pena per le vittime di Gaza. Lei cosa si sente di dire?
- "Naturalmente dico che la prima reazione è quella di pietà e di compassione per i civili e per i soldati che muoiono. Ma conoscendo le tattiche di Hamas, quando si fa un'operazione chirurgica, è difficile evitare di asportare anche del tessuto sano e vivo per estirpare la malattia. E' terribile dover constatare che Hamas non è un'armata regolare ma miliziani che si nascondono nelle cantine, negli ospedali, nelle scuole, nelle moschee, nelle case abitate e nelle gallerie. La subdola tattica degli scudi umani palestinesi è purtroppo una realtà".
- I terroristi palestinesi giustificano gli attacchi alla popolazione civile perché sostengono che ad essere colpevole è tutto il popolo di Israele che, con il suo sistema democratico, elegge coloro che rendono la vita impossibile agli arabi.
- "Sono parole da condannare, intrise di subdola propaganda. Israele cerca da decenni di avere un partner con il quale discutere la pace, per poter avere il diritto di esistere, ma questo gli viene sistematicamente rifiutato. E il mondo come reagisce? Rifiuta di accettare l'idea di uno Stato, Israele, che cerca semplicemente di difendersi".
- Nei nostri blog ricorre spesso la parola sionismo. Cos'è il sionismo?
- "Il sionismo di per sé è innocuo. E' la volontà ebraica di poter tornare in un paese in cui non si è più perseguitati. Gli ebrei hanno sempre cercato di tornare nel loro paese, dove hanno abitato per oltre mille anni fino al fatidico 70 d.C. Il sionismo di per se non è quindi da considerare negativamente, ma oggi l'antisionismo è purtroppo un camuffamento dell'antisemitismo".
- E' vero però che all'interno dell'ebraismo esiste una corrente antisionista.
- "Sì, esiste, ma non la voglio neppure considerare. Viene pubblicizzata troppo. Non si tratta che di una scheggia delirante, senza senso".
- Parliamo allora di identità ebraica. De Benedetti, in una intervista di qualche anno fa diceva che non esiste un potere ebraico mondiale che vuole dominare il pianeta proprio partendo dal fatto che l'ebreo, di per sé, è molto individualista.
- "Se parliamo di potere e finanza dico semplicemente che si tratta di una credenza dall'antico sapore antisemita. Conosco bene l'ebraismo e so che non c'è nessun movimento interno che si prefigge di controllare il potere e la finanza mondiale. Se poi ci sono stati vari premi nobel assegnati ad ebrei, forse è la conseguenza della nostra storia caratterizzata dalla necessità di dover essere più svelti degli altri a causa delle persecuzioni. Di doversi muovere costantemente, per poter portare a casa la pagnotta".
- Lei come vede oggi Israele e quali sono le speranze di quella che considera, forse, la sua terra?
- "No, io non la considero la "mia" terra. Io sono profondamente svizzero. Ma siccome ho vissuto la creazione dello Stato d'Israele, mi fa comodo sapere che c'è un paese dove, nella maledetta eventualità che dovesse tornare un forte antisemitismo, potrei trovare rifugio e sentirmi al sicuro. L'ebreo perseguitato in me tiene viva la speranza di trovare sempre un porto nel quale rientrare se il mare fosse troppo in tempesta".
- Lei in Ticino, come appartenente alla comunità ebraica, può dirsi tranquillo?
- "Tranquillo mai. Dico però che ho vissuto, dopo l'episodio dell'incendio della sinagoga, l'abbraccio della popolazione ticinese alla comunità ebraica. Siamo stati sempre concittadini innocui e integrati nel Paese".
- E' anche vero che, nelle relazioni interreligiose, a Lugano si sta facendo molto per costruire ponti di dialogo. Condivide la mia osservazione?
- "Sono d'accordo ed è una bella iniziativa civile e sempre benvenuta. La cosa che mi rattrista è che di fronte all'ignoranza e all'imbecillità siamo sempre perdenti".
- Da parte degli ebrei non c'è la necessità di aprirsi un po' di più?
- "L'ebraismo è una religione che respinge assolutamente il proselitismo e che a volte deve "autoghettizzarsi" per non perdere l' identità e certe tradizioni religiose".
- Io intendevo un'apertura che desse la possibilità, anche a Lugano, di farsi conoscere. Insomma fare più vita mondana...
- "A Lugano la comunità ebreo-ortodossa è ridotta ai minimi termini. Si dedica allo studio e alla preghiera e proprio per non distogliersi da questo ideale, non ha nessun interesse di frequentare bar, feste e di fare vita mondana. Sono da considerare come monaci che vivono una vita civile". p.d'a.
(Ticinonline, 15 gennaio 2009)
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Gaza, l'Egitto strappa un mezzo accordo con Hamas ma Israele avanza
di Carlo Panella
Il capo dei servizi segreti egiziani Suleiman sembra essere riuscito a fare accettare ad Hamas l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Ma Suleiman ha costruito la sua fortuna politica proprio su una serie di errori, approssimazioni e compromessi che hanno rafforzato l'estremismo palestinese.
Omar Suleiman pare avviato al successo più clamoroso della sua non breve carriera: il capo dei servizi segreti egiziani infatti sembra essere riuscito a fare accettare ad Hamas l'accordo per il cessate il fuoco a Gaza. Ogni condizionale è d'obbligo, anche perché Hamas avrebbe inserito alcune clausole nella proposta egiziana e comunque è indispensabile conoscere la risposta israeliana prima di tirare un sospiro di sollievo. Quel che però si può da subito notare è il paradossale ruolo svolto in questa vicenda e in tutte le vicende di Gaza da dieci anni in qua, proprio da Omar Sulaiman....
(l'Occidentale, 15 gennaio 2009)
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"Israele Day", tanti giovani determinati e senza paura
C'erano tanti giovani ieri sera all'Israele Day. Ragazzi e ragazze della comunità ebraica di Roma a manifestare in Piazza Montecitorio. La spiegazione migliore di quello che sta succedendo in questi giorni in Italia l'ha data proprio uno di loro, un bel giovanotto alto e stretto nel suo piumino nero: "Stamattina ero in classe e a un certo punto la professoressa ha iniziato a dire che gli israeliani a Gaza stanno ripetendo quello che fecero i nazisti durante l'Olocausto. Mi sono sentito ribollire dentro, avrei voluto alzarmi e intervenire, ma poi ho pensato che quest'anno ho l'esame di maturità e alla fine sono rimasto zitto"....
(l'Occidentale, 15 gennaio 2009)
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Tank avanzano a Gaza. Hamas: ''No a tregua illimitata''
Lo afferma Mohammed Nassal, esponente dell'ufficio politico del movimento islamista a Damasco. Intanto si intensificano i combattimenti. Forze di terra verso il centro della città, "molto vicine" all'università e al quartier generale delle Nazioni Unite.
TEL AVIV, 15 gen. (Adnkronos/Ign) - Hamas non intende sottoscrivere un accordo di cessate il fuoco illimitato con Israele. Lo afferma Mohammed Nassal, esponente dell'ufficio politico del movimento islamista a Damasco in un'intervista all'emittente televisiva in lingua araba al Arabiya. ''Siamo un movimento di resistenza. Fino a che i territori palestinesi sono occupati, noi abbiamo il diritto di impegnarci in un'azione di resistenza'', ha dichiarato.
Dai negoziatori di Hamas che ieri al Cairo hanno presentato alla leadership egiziana le loro osservazioni in merito all'iniziativa per una tregua a Gaza, non è arrivata nessuna altra precisazione, mentre per oggi è prevista la missione nella capitale egiziana del direttore degli affari politici del ministero della Difesa israeliano.
Intanto le truppe di Israele avanzano da sud verso il centro della città di Gaza e si rafforzano i combattimenti, secondo quanto hanno riferito testimoni locali. Le forze di terra sono "molto vicine" all'università e al quartier generale delle Nazioni Unite. Con la copertura dei tank, i militari israeliani si sono concentrati nella zona meridionale di Tel el-Hawa, poco più a sud di Rimal, e sono impegnati in aspri combattimenti con i militanti locali. Le ambulanze non riescono a raggiungere la zona per la violenza dei combattimenti in corso. E' scattata alle ore 9 locali la tregua giornaliera di tre ore per permettere i rifornimenti alla popolazione civile di Gaza.
Questa mattina contro Israele sono stati sparati almeno sette missili dalla Striscia di Gaza. Secondo quanto riferito da radio Israele, sono caduti in gran parte in zone aperte, mentre due hanno raggiunto la città di Ofakim. Negli ultimi giorni l'esercito israeliano aveva riferito di una significativa diminuzione di razzi e granate lanciati dai miliziani palestinesi rispetto ai primi tempi dell'offensiva militare 'piombo fuso' avviata contro la Striscia di Gaza il 27 dicembre. Offensiva che ha assestato un "duro colpo" ad Hamas, stando a quanto riferito da un funzionario della sicurezza israeliana che ha chiesto l'anonimato.
(IGN, 15 gennaio 2009)
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Israele compatta approva la guerra
Un sondaggio dell'Università di Tel Aviv riportato oggi dalla stampa israeliana indica in un vistoso 94% la percentuale di quanti, in Israele, approvano l'operazione 'Piombo fuso'. Il 92% ritiene che la guerra porterà benefici alla sicurezza di Israele e giustifica i raid aerei su Gaza, nonostante l'elevato numero di vittime civili causate. Oltre il 70% degli intervistati ritiene che l'operazione di terra avviata lo scorso tre gennaio fosse necessaria. Il 90% ritiene che l'operazione debba continuare fino al completo raggiungimento degli obiettivi. L'80% si oppone al cessate il fuoco con Hamas, se l'accordo non prevede la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit rapito nell'estate del 2006. Opposte le idee della minoranza degli arabi israeliani (il 20% della popolazione). L'80% di loro si oppone all'operazione, la stessa percentuale chiede al governo di firmare un accordo per il cessate il fuoco anche senza la liberazione di Shalit.
(RaiNews24, 15 gennaio 2009)
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Zalman Shoval: «Via dalla scena politica l'estremismo islamico»
di Ugo Tramballi
TEL AVIV - La guerra vista dall'opposizione non è facile: devi sostenere lo sforzo militare del Governo rischiando di fargli un favore politico. Ed è ancora più difficile quando tra fronte e urne non c'è neanche un mese di tempo. Se non cambiano le cose, al momento si combatte a Gaza e si vota il 10 febbraio in Israele: il conflitto rischia di trasformarsi in un comizio.
Zalman Shoval sorride. È entrato nella Knesset nel 1970 per sostituire Ben Gurion, è stato due volte ambasciatore negli Usa, a 78 anni è il saggio del Likud, l'opposizione di centro-destra. Le insidie della coesistenza tra guerra e urne, sono pane per i suoi denti. «Noi sosteniamo sin dall'inizio l'azione militare, come il 90% degli israeliani. Non voglio essere critico, ma ho l'impressione che dentro il Governo Kadima-Labour abbiano opinioni differenti sulla guerra».
- E la vostra qual è?
- Il Governo vuole impedire che Hamas si armi, che lanci altri missili e che venga militarmente ridimensionato. Questo è lo scopo ufficiale. Noi pensiamo che debba anche essere rimosso politicamente. Non siamo solo noi a non volere il regno di Hamas: non lo vogliono gli arabi, non lo vuole l'Autorità palestinese di Abu Mazen, non gli americani né gli europei. Hamas sottintende l'Iran: se alla fine della guerra potrà in qualche modo dire di aver vinto, sarà un successo per il regime iraniano: le sue ambizioni regionali avranno una spinta pericolosa. Secondo i rapporti dal campo di battaglia che abbiamo, Hamas è ormai vicino al collasso.
- Foste stati al Governo vi sareste comportati diversamente?
- No. Anche noi siamo preoccupati per il numero eccessivo delle vittime civili palestinesi. Ma non sono stati presi sul serio gli ammonimenti del Likud. Già nel 2005, prima del nostro ritiro da Gaza, dicevamo che i razzi avrebbero raggiunto Ashkelon e Beersheva. Ci hanno accusati d'isteria, di essere il partito della guerra. Invece è successo.
- Prima della Guerra Bibi Netanyahu, il vostro leader, sopravanzava senza problemi Kadima di Tzipi Livni e il Labour di Ehud Barak. Ora le cose stanno cambiando.
- Ho visto una settimana fa un sondaggio di "Globes", il giornale economico israeliano. Dava 38 seggi al Likud, 26 a Kadima, 16 al Labour. In un altro le distanze sono più strette. Ma in ogni caso la destra conquisterà la fetta più larga dei 120 seggi alla Knesset. Per formare un Esecutivo, il centro-sinistra sarebbe costretto ad allearsi con i partiti arabi. Quasi certamente sarà Netanyahu a formare il nuovo Governo.
- Con chi, con la destra estrema, con quei candidati radicali che sono entrati nelle vostre liste?
- La sconfitta o la vittoria sarà di Bibi Netanyahu. La linea la sceglierà lui. Date le grandi decisioni che dovranno essere prese, si può pensare a un Governo di unità nazionale con Kadima e laburisti. Bibi lo aveva proposto anche prima della guerra.
- Nel programma del Likud, però, lo Stato palestinese non è una priorità.
- Noi diciamo che non ha senso discutere oggi se ci sarà o no uno Stato palestinese. Certo, le possibilità sono molte. Ci dobbiamo concentrare sulla leadership moderata, come quella del premier Salam Fayyad; sulla realtà economica che non deve sostituirsi alla politica ma che, parallelamente, offra la possibilità di creare le strutture di un sistema produttivo, di un quadro legale che dia stabilità ai palestinesi. In questo Israele ha un ruolo decisivo. Ma anche la Giordania ne ha uno.
- Munib al-Masri, il più grande industriale palestinese, sostiene che il problema è politico, non economico: senza Stato non ci sarà economia.
- Non ne sono sicuro. Prima di creare Israele noi avevamo già un sistema scolastico, sociale, sanitario, banche e industrie.
- Ma un processo politico di pace c'è già.
- Quello di Annapolis è fallito. Il nostro approccio è pragmatico, non ideologico. Se troveremo un partner, se a Gaza tornerà l'Autorità palestinese. Contiamo che gli Stati Uniti comprenderanno la nostra posizione.
- Molte cose lasciano credere che Barack Obama spingerà Israele al negoziato per lo Stato palestinese.
- Obama è realista. Uno Stato subito sarebbe negativo. Non vedo un leader israeliano capace di accettare la spartizione di Gerusalemme; o uno palestinese che rinunci al diritto al ritorno dei profughi. Una soluzione immediata sarebbe la prescrizione per il disastro.
- La soluzione a breve?
- Una formula provvisoria: uno Stato palestinese senza frontiere definitive. Se dopo le elezioni avremo un Likud forte, che non sarà condizionato da una coalizione troppo vasta, Netanyahu collaborerà con gli Stati Uniti e la comunità internazionale
(Il Sole 24 Ore, 15 gennaio 2009)
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Vicino accordo Israele-Usa per impedire armi a Hamas
TEL AVIV - Israele e Stati Uniti stanno preparando un memorandum di intesa per impedire il contrabbando di armi destinate dall' Iran a Hamas nella striscia di Gaza, secondo il quotidiano Haaretz di oggi.
Israele, riferisce il giornale, chiede agli Stati Uniti una serie di garanzie: - Una dichiarazione degli Usa con l'esortazione alla comunità internazionale di affrontare il problema del contrabbando di armi dall' Iran a gruppi armati a Gaza. - Una cooperazione tra i servizi segreti dei due paesi per identificare le fonti delle armi, puntando sulla rete che collega l' Iran, il Golfo persico e il Sudan. - Uno sforzo marittimo internazionale, con una possibile partecipazione della Nato, lungo le rotte del contrabbando per scoprire navi che portano armi a Gaza. A questo proposito la radio pubblica israeliana ha riferito stamane di una disponibilità di Francia e Germania a operare in questo senso. - Un impegno americano e europeo per trasferire all' Egitto tecnologie che aiutino le autorità di questo paese a scoprire i tunnel sotterranei per il contrabbando di armi. - Un piano di sviluppo economico nell' area di Rafah, sul confine tra Egitto e la striscia di Gaza che dia ai Beduini nel Sinai un sufficiente incentivo finanziario a non cooperare con i trafficanti di armi e a cessare la costruzione e la gestione dei tunnel.
Secondo Haaretz il direttore generale del ministero degli esteri Aharon Abramowitz è a Washington per colloqui volti a finalizzare questo memorandum. Se saranno coronati da successo il ministro degli esteri Tzipi Livni potrebbe andare a Washington per firmare il documento.
(ANSA, 15 gennaio 2009)
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Cubani si convertono all'ebraismo, per scappare in Israele
La comunità ebraica dell'Avana torna a crescere
NEW YORK, 14 gen. (Apcom) - L'ultimo stratagemma dei cubani per lasciare il regime dei fratelli Castro è la conversione alla religione ebraica, nella speranza che Israele li accolga. Sebbene a ogni cubano, in teoria, sia consentito emigrare in un altro Paese, in pochi riescono ad ottenere dal governo i documenti necessari, o a procurarsi il denaro che occorre per le pratiche e il viaggio. Gli ebrei con un legame nello Stato ebraico hanno tuttavia almeno la possibilità che a pagare le spese sia il governo di Gerusalemme.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, la prospettiva dell'emigrazione starebbe rivitalizzando le sorti dell'ebraismo a Cuba dopo mezzo secolo di comunismo. La comunità ebraica, che prima della seconda guerra mondiale contava 30.000 ebrei, si è ridotta oggi a un drappello di circa 1.500 persone, molte delle quali sono partite recentemente verso Israele o la vicina Florida.
Ma il viaggio dall'Avana a Gerusalemme non è privo di difficoltà. Il processo per convertirsi all'ebraismo richiede anni e include l'approvazione da parte del consiglio degli anziani della sinagoga e successivamente quella di un rabbino. Dal momento che Cuba non ne ha uno, solitamente per le conversioni bisogna aspettare la visita di un rabbino da Israele, dall'Argentina o dal Cile. Ultimo ma non meno importante adempimento, gli uomini devono sottoporsi al rito della circoncisione.
Non basta comunque entrare in una sinagoga per ottenere un biglietto aereo per lasciare da Cuba. In genere è auspicabile almeno un genitore ebreo o, in casi estremi, almeno un parente ebreo acquisito.
(Virgilio Notizie, 15 gennaio 2009)
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Roma, sit-in Amici di Israele davanti a Montecitorio
di A.G.
«Con Israele contro il terrorismo». «Pace con i palestinesi, guerra al terrore». «Con Israele per la democrazia». Questo il tono dei manifesti in sostegno di Israele che hanno fatto da sfondo al sit-in davanti a Montecitorio a Roma promosso dall'Associazione Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele. «Hanno aderito molti parlamentari», dice Riccardo Pacifici, presidente Comunità ebraica di Roma, in apertura degli interventi che si susseguono dal palco del sit-in.
In coda a parlare Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati Pdl, Paolo Guzzanti, Margherita Boninver, la parlamentare del Pdl Gabriella Carlucci, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. Fuori dal coro della maggioranza la presenza di Marco Pannella.
In piazza Monte Citorio si sventolano le bandiere e sono in molti gli intervenuti che fanno notare che a differenza dei sostenitori dei palestinesi, «qui le bandiere non si bruciano». Porta la sua solidarietà al popolo di Israele anche il presidente della Camera Gianfranco Fini. «Sono qui per esprimere la mia vicinanza ad Israele e ribadire il diritto che ha di difendersi - ha dichiarato Fini ai giornalisti presenti. Questo non vuol dire negare il sacrosanto diritto dei palestinesi al riconoscimento di uno Stato». A chi gli ha chiesto un commento sul raggiungimento di una tregua, Fini ha risposto: «Vediamo domani, quello che penso su Hamas l'ho già detto e non è cambiato».
Molti degli interventi richiamano l'attenzione alle ragioni della «democrazia» dello Stato d'Israele contro quelle di «un gruppo di terroristi». Per Giovanardi «non possiamo mettere sullo stesso piano i terroristi e chi difende la sicurezza di un Paese. Cosa direbbero gli italiani se nel loro Paese venissero lanciati dei missili?».
Nessuna contro manifestazione durante al sit-in a sostegno di Israele. Chi si aspettava scontri come quelli di Milano non è stato accontentato. E mentre solo pochi più in la di Montecitorio si conclude un' altra giornata del presidio permanente in sostegno della Palestina organizzato dall'8 gennaio dalla Comunità cristiana di base e da altre associazioni, una ventina di militanti di Forza Nuova hanno organizzato un sit-in di fronte alla sede romana dell'«Autorità Nazionale Palestinese», per protestare contro «il massacro perpetrato dallo Stato di Israele contro gli abitanti della Striscia di Gaza». I manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta «Fermiamo l'olocausto del popolo Palestinese» ed hanno acceso dei lumini che '«simboleggiano i morti di Gaza». «Questa manifestazione - ha detto il responsabile romano di Forza Nuova, Maurizio De Santis - è stata organizzata per rispondere a quella che fuori del parlamento alcuni deputati italiani hanno organizzato in favore di Israele. Vogliamo testimoniare la nostra vicinanza al popolo palestinese, che in queste ore viene attaccato anche con armi non convenzionali».
Si sono dissociati dal sit-in dell'Associazione Amici di Israele cinque deputati del Partito Democratico. «Siamo amici di Israele, anche per questo riteniamo sbagliata la manifestazione di queste ore davanti a Montecitorio». A dirlo sono i senatori del Pd Francesca Marinaro, Pietro Marcenaro, Roberto Di Giovan Paolo, Albertina Soliani, Roberto Della Seta. «La manifestazione indetta dai coordinatori dell'Associazione parlamentare di amicizia tra Italia e Israele davanti a Montecitorio, di cui peraltro nessuno dei membri dell'associazione stessa era stato preventivamente informato - dicono i senatori del Pd - è sbagliata perché confonde la solidarietà verso lo stato d'Israele, l'appoggio pieno al suo diritto a difendersi, con il sostegno all'azione militare in corso a Gaza che, a fronte di un insopportabile e totalmente prevedibile costo di vite umane può alimentare l'odio tra israeliai e palestinesi, allungandone l'ombra sulle future generazioni, e dare nuova linfa all'estremismo fondamentalista di Hamas, allontanando la possibilità di una pace equa che dia sicurezza ad Israele e uno Stato, un vero stato, al popolo palestinese».
(l'Unità, 14 gennaio 2009)
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Inaugurato a Nardò il primo Museo Italiano della Memoria
NARDÒ (Lecce)- "Un museo non è mai un nomade della memoria, ma è destinato a svolgere un ruolo attivo nella ricerca e nellapromozione della cultura, che è cultura di pace e di solidarietà umana.Un museo deve vivere, non ricordare soltanto il passato." Con questa affermazione il Sindaco di Nardò Vaglio ha riaffermato la forte volontà dell'Amministrazione neretina di non considerare questa giornata di inaugurazione del Museo della Memoria e dell'Accoglienza come la conclusione di un processo ma come un tassello nel processo di valorizzazione del territorio attraverso la strutturazione di spazi significativi per storici e ricercatori e di sviluppo dell'offerta turistica.
Negli anni tra il 1943 ed il 1947 nel territorio di Nardò, in particolare nelle località delle Cenate, Mondonuovo, Santa Caterina e Santa Maria al Bagno, furono accolti migliaia di profughi, di diversa nazionalità. Dopo gli Slavi, provenienti dalle varie località di confino e che rientrarono in Patria non appena i Balcani furono liberati, affluirono gli Ebrei che avevano trovato rifugio e protezione presso famiglie italiane, poi quelli provenienti da varie località italiane e dai campi di internamento, liberati dagli Alleati. Gli Ebrei arrivarono soprattutto dal centro Europa, dopo l'apertura dei vari campi di concentramento e di sterminio: giunsero nel corso degli anno in 150.000 a Nardò Polacchi, Austriaci, Tedeschi, Ungheresi, Rumeni, Albanesi, Slovacchi, Russi, Macedoni e Greci....
(Porta di Mare, 14 gennaio 2009)
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Le nostre piazze a lezione di democrazia da Israele
di Fiamma Nirenstein
Perché scendere in piazza per Israele? Perché la piazza italiana, nei secoli, si è disegnata sulla cultura che ha portato alla democrazia. La nostra piazza, quella dei Comuni, non può diventare proprietà privata del più volgare dissenso, quello che brucia le bandiere; che grida e perfino prega in onore dei terroristi antisemiti di Hamas; le nostre piazze non hanno la funzione di intimidire, ma di incoraggiare. Devono aprire, non chiudere.
C'è, da noi, una parte che odia e minaccia, che disegna svastiche sulla Stella di David, che si allea con chi promette di uccidere fino all'ultimo ebreo e mira con i razzi sui civili; c'è chi boicotta i negozi, i prodotti degli ebrei. Sarà interessante vedere se sono pronti a boicottare anche il vaccino di Salk, l'insulina, le vitamine, la streptomicina, le scoperte sul Dna dei premio Nobel israeliani Ciechanover e Hershko, o l'irrigazione a goccia, o persino Icq, la prima chat....
(il Giornale, 14 gennaio 2009)
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Netanyahu: "Hamas è come al Qaida"
Il leader del Likud intervistato dal Corriere della Sera
ROMA, 14 gen. (Apcom) - Per l'ex premier israeliano e leader del Likud, Benjamin Netanyahu, Hamas è come al Qaida, e deve essere quindi combattuto fino alla sua sconfitta. "Israele deve assestare il colpo decisivo ad Hamas", afferma Netanyahu in una intervista al Corriere della Sera. "Se lo farà, qualunque governo avrà il mio sostegno. Coi terroristi non si colloquia: li si sconfigge e basta. Hamas è come al Qaida, nessuno si sognerebbe di sedersi con al Qaida".
"Questa non è solo una battaglia per la sicurezza, è anche per la libertà e la giustizia. Loro usano i civili come scudi umani. Ovvio che la pubblica opinione sia scossa", aggiunge il leader del Likud, favorito per la vittoria nelle elezioni politiche del prossimo 10 febbraio
(Virgilio Notizie, 14 gennaio 2009)
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Tregua, Egitto trasmette a Israele la risposta di Hamas
Min. Esteri: "Speriamo che le cose si muovano
IL CAIRO, 14 gen. (Apcom) - L'Egitto trasmetterà a Israele la risposta di Hamas al piano egiziano per il cessate il ufoco a Gaza; lo ha annunciato il ministro degli Esteri egiziano Ahmad Abul Gheit, esprimendo "la speranza che le cose si muovano".
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, è arrivato questa mattina in Egitto, prima tappa di un tour in Medio Oriente che ha per obiettivo la fine dei combattimenti nella Striscia di Gaza. Il massimo esponente delle Nazioni Unite è stato ricevuto dal presidente egiziano Hosni Mubarak, dal ministro degli Affari Esteri Ahmed Abul Gheit, e dal segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa.
Nel quadro degli intensi sforzi diplomatici al Cairo questa mattina era anche il ministro spagnolo degli Affari Esteri, Miguel Angel Moratinos, che si è detto ottimista su un prossimo accordo per il cessate il fuoco: "Siamo più vicini" ha detto. Anche Moratinos è stato ricevuto questa mattina dal presidente egiziano Hosni Mubarak e si dirigerà adesso in Israele.
(Virgilio Notizie, 14 gennaio 2009)
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Hamas è sotto scacco ma ha un piano B nella penisola del Sinai
Il gruppo palestinese punta sull'arrivo di peacekeeper nella Striscia per riprendere gli attacchi dall'Egitto
- Evitare la disfatta e raggrupparsi nel Sinai.
- Sotto bombardamenti incessanti, e con davanti la prospettiva di un'offensiva casa per casa dei soldati israeliani, Hamas sta subendo l'attacco più duro della sua storia. Tre leader chiave sono già stati uccisi, gli altri si sono rifugiati nel sottosuolo e i miliziani rimasti in superficie a resistere sono disorientati, "si nota che combattono senza ordini precisi", dicono gli ufficiali di Tsahal impegnati all'interno della Striscia. Per questo ora - secondo fonti dell'intelligence - Hamas dal fondo dei bunker sta già pensando alla ripartenza, in direzione Egitto. Per risorgere dalle proprie ceneri, Hamas spera in un impegno internazionale blando a Gaza, sul modello di quello in Libano dopo la guerra tra Israele e Hezbollah dell'estate 2006. Oggi tra il confine sud del Libano e il fiume Litani, i peacekeeper di Unifil hanno un controllo non pieno del territorio, e questo permette alle milizie sciite di riorganizzarsi e di riarmarsi - quasi alla luce del sole - in vista di un secondo probabile conflitto con Israele.
- Il piano di pace franco egiziano.
- Il piano di pace franco egiziano, che fino a oggi è la proposta più solida per arrivare a un cessate il fuoco, prevede un accordo di sicurezza sulla frontiera sud tra Egitto e Gaza in modo da renderla impermeabile al traffico di armi e uomini. Ma le garanzie offerte sono poche. Prima della chiusura dei valichi nel 2006, dopo la presa di potere di Hamas, il gruppo islamista stava già usando la penisola egiziana del Sinai come retropalco sicuro per compiere attacchi contro Israele. Quasi un anno fa, nel febbraio 2008, i giornali egiziani lamentavano l'infiltrazione islamista da Gaza, e la polizia egiziana arrestava almeno cinque attentatori suicidi con già le cinture esplosive addosso, appartenenti al gruppo palestinese. Ma in Egitto almeno un migliaio di estremisti sunniti sarebbe già pronto a creare un corridoio di fuga per Hamas e a trasformare la penisola del Sinai in un'area di resistenza strategica sicura, come negli anni scorsi le città di confine della Siria per i guerriglieri iracheni.
(Il Foglio, 14 gennaio 2009)
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Israele, kamikaze di Hamas si travestono da soldati
TEL AVIV, 13 gen. - Militanti di Hamas si travestono con le uniformi dei soldati israeliani per tentare di compiere attentati suicidi contro le truppe dello stato ebraico. Lo ha affermato il capo di stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, parlando dell'andamento dell'offensiva "piombo fuso" a Gaza, davanti ai deputati della commissione esteri e difesa della Knesset.
(Adnkronos, 13 gennaio 2009)
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Netanyahu: Per vittoria su terrorismo Israele rimuova Hamas
Pieno sostegno per offensiva dei suoi avversari politici
Gerusalemme, 13 gen. (Ap) - Israele deve rimuovere la classe dirigente di Hamas per assicurarsi la vittoria sul "terrorismo". Lo ha sottolineato l'ex primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Ha espresso pieno sostegno per la pesante offensiva del suo Paese contro i militanti, in corso da diciotto giorni, anche se a promuoverla sono stati politici che saranno suoi avversari alle elezioni del prossimo 10 febbraio.
"Alla fine non ci sarà alternativa all'abbattimento del regime di Hamas, un'organizzazione terroristica impegnata per la nostra distruzione", ha dichiarato Netanyahu ai giornalisti stranieri a Gerusalemme.
Netanyahu, tra i principali pretendenti alla poltrona di primo ministro alle elezioni del prossimo mese, ha indicato che rovesciare Hamas non deve necessariamente essere parte dell'attuale offensiva, ma è qualcosa che alla fine dovrà accadere.
(Virgilio Notizie, 13 gennaio 2009)
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Gaza, tregua: palestinesi divisi. Hillary su Hamas: no a dialogo
ROMA, 13 gen - Proseguono parallele l'offensiva israeliana di terra contro Hamas a Gaza e l'iniziativa egiziana per un cessate il fuoco nella Striscia mentre Hillary Clinton, prossima guida del Dipartimento di Stato Usa, esclude "categoricamente" ogni dialogo con il movimento islamico. Le forze armate israeliane (Idf) hanno reso noto di aver abbattuto 18 miliziani islamici e di aver bombardato 50 obiettivi tra i quali 30 tunnel - che Hamas utilizza come vie d'accesso per merci e armi a Gaza - in prossimità del confine egiziano. In queste ore il capo di stato maggiore della Difesa, Gabi Ashkenazi, ha ragguagliato la commissione Esteri e Difesa della Knesset sull'operazione "Piombo fuso" iniziata 18 giorni fa. Il generale ha spiegato che il governo ha approvato l'operazione alcuni giorni prima del suo inizio affinché le Idf potessero attaccare nel momento più favorevole. L'aviazione, ha aggiunto il generale, ha di conseguenza colpito gli obiettivi prioritari nei primi quattro minuti dei bombardamenti. Ashkenazi ha anche affermato che miliziani Hamas travestiti da soldati delle Idf hanno cercato di avvicinarsi alle truppe entrate a Gaza con l'intento di farsi esplodere.
Nel frattempo il sito web di Yedioth Ahronoth, il più diffuso quotidiano israeliano, scrive che Hamas continua a inviare messaggi "positivi" nei riguardi della tregua proposta dall'Egitto, "purché - come ha affermato ad al-Jazeera il numero due del politburo del movimento islamico Moussa Abu Marzuk - alcune significative riserve vengano accolte". Al network al-Arabiya lo stesso Marzuk ha poi dichiarato che "ci sono stati alcuni progressi nell'accettare la nostra posizione". Secondo il numero due di Hamas le "riserve" riguardano l'atteggiamento delle diverse fazioni palestinesi che Marzuk ritiene abbiano ottenuto risultati nello scontro con le Idf. Tra queste, probabilmente la Jihad islamica, che ha rilasciato dichiarazioni di diverso tenore. Secondo il numero due Ziad Nakhala "le iniziative arabe e internazionali puntano ad accrescere la pressione sui palestinesi affinché issino bandiera bianca". Da sottolineare, infine, da parte israeliana, l'annuncio che Amos Gilad, consigliere del ministro della Difesa Ehud Barak, tornerà mercoledì al Cairo per discutere della tregua.
Un possibile cessate il fuoco tra le parti non significa, tuttavia, il riconoscimento della dignità di interlocutore al movimento islamico. Non da parte, quanto meno, della prossima amministrazione americana. A una settimana dal suo insediamento alla guida della diplomazia statunitense, la senatrice Hillary Clinton - intervenuta a Washington davanti alla commisione Esteri del Senato - ha dichiarato infatti che gli Stati Uniti devono considerare i bisogni di Israele e le aspirazioni dei palestinesi. Il che non significa dialogare con Hamas. Al contrario, l'ex first lady ha aggiunto che il dialogo con il Movimento per la resistenza islamica deve essere "categoricamente escluso" fino a quando gli islamici non si adegueranno alle richieste della comunità internazionale, rinunciando cioè alla violenza e riconoscendo il diritto all'esistenza dello Stato ebraico.
(il Velino, 13 gennaio 2009)
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Gaza: monito capo servizi Egitto ad Hamas, attenti a rifiuto
IL CAIRO, 13 gen - Il capo dei servizi segreti egiziani, Suleiman, avrebbe messo in guardia il movimento in Hamas dal rifiutare la proposta egiziana. Lo annuncia la tv satellitare del Qatar al Jazira. 'Se rifiutate la proposta egiziana di cessate il fuoco - avrebbe detto Suleiman - sarete gli unici responsabili del bagno di sangue nella Striscia di Gaza'.
(ANSA, 13 gennaio 2009)
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Anche a Milano per Israele e per la pace
Una grande manifestazione di solidarietà e vicinanza a Israele si è svolta a Milano, città teatro nelle scorse ore di cortei proHamas che si sono abbandonati a manifestazioni di intolleranza e antisemitismo, in cui sono state bruciate bandiere con la Stella di David.
Alla serata, organizzata dal Keren Hayesod in collaborazione con la Comunità Ebraica, il Keren Kayemet Leisrael, l'Associazione Amici d'Israele, l'Unione Giovani Ebrei d'Italia, il Benè Akiva, l'Hashomer Hatzair e tutti gli enti ebraici milanesi, molte autorità, esponenti del mondo giornalistico e tantissimi comuni cittadini hanno voluto essere presenti per portare il proprio sostegno a Israele nel momento difficile che lo Stato ebraico sta attraversando. Tra gli altri, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, la giornalista, deputata del PDL e vicepresidente della Commissione Esteri alla Camera Fiamma Nirenstein, il deputato PD Emanuele Fiano, Magdi Allam, giornalista e scrittore, già vicedirettore del Corriere della Sera, il filosofo Paolo Del Debbio editorialista del Giornale e di TgCom. Il teatro è completamente pieno, tantissimi sono i giovani....
(mosaico, 13 gennaio 2009)
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Voglio vivere così
Vivere in pace non è facile, ma gli israeliani ci provano
Altri invece vivono così
La vera faccia di Hamas che, come osserva qualcuno, "ha vinto democraticamente le elezioni"
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Minacce islamiche ad attrice del film "Nessuna verità"
Una giovane attrice iraniana, Golshifteh Farahani, partner di Leonardo Di Caprio nel film "Nessuna verità" di Ridley Scott, è stata attaccata da fondamentalisti islamici del suo Paese, che l'hanno accusata di camminare sul «tappeto rosso di Hollywood intriso del sangue delle madri e dei bambini di Gaza». L'attacco è arrivato dal sito dell'Ansar Hezbollah, uno dei principali movimenti fondamentalisti di Teheran. Nei mesi scorsi, il ministero della Cultura e orientamento islamico di Teheran aveva implicitamente minacciato ritorsioni contro l'attrice venticinquenne se fosse tornata in patria, dopo essere apparsa nel film senza coprirsi i capelli
(Il Gazzettino, 13 gennaio 2009)
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Nel mondo scatta l'assalto a sinagoghe e centri ebraici
di Fabio Perugia
Non solo Italia. Francia, Spagna, Stati Uniti, Cipro, Danimarca, solo per fare qualche esempio. Dallo scoppio della guerra a Gaza i fenomeni di antisemitismo si sono moltiplicati. Da Est a Ovest, da Nord a Sud, dove c'è una comunità ebraica è riesploso il razzismo.
Francia - Nella scuola elementare St. Charles, a nord di Nizza, sono state scoperte delle scritte di vernice rossa che recitavano: «Morte agli ebrei». Lo stesso giorno una molotov è stata lanciata contro una sinagoga a Saint Denis, causando un incendio in un ristorante kosher lì vicino. Il 4 gennaio a Tolosa un auto è stata fatta schiantare sul cancello della sinagoga locale e poi data alle fiamme. Il giorno dopo è stato effettuato lo stesso atto intimidatorio, ma con due macchine. Sempre il 4 gennaio un ventinovenne ebreo è stato attaccato in una stazione metropolitana di Parigi da venti ragazzi e picchiato al grido di «Palestina vincerà». Il primo dell'anno due kosher-point a Bordeaux sono stati devastati. Il 30 dicembre un ragazzo è stato attaccato e ferito a Villeurbanne da tre giovani con la kefiah....
(Il Tempo, 13 gennaio 2009)
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Disinformazione continua
di Emanuel Segre Amar
Una corretta informazione significa raccontare tutto quello che sia di interesse per il lettore, lasciando all'individuo la valutazione personale.
Una informazione non corretta è, ad esempio, quella che fa una cernita di quali notizie trasmettere, a seconda dell'impatto che queste possono avere sul lettore. Si sceglierà così di censurare fatti che sono contrari al messaggio che si vuole trasmettere, quando addirittura non si arriverà ad inventarne al solo scopo di perseguire un ben preciso fine politico.
Primo esempio concreto è quello delle immagini che ciascuno di noi vede sul proprio quotidiano, già in prima pagina. Queste sono accuratamente selezionate in modo da influenzare la posizione del singolo lettore. E questo può diventare molto scorretto.
Ad esempio si sceglie spesso di far vedere, dalla parte di Israele, solo soldati con i loro sofisticati strumenti di offesa, in azioni più o meno correttamente descritte. Ma Israele non è solo questo. Israele è anche il paese da 8 anni sotto attacco dei missili di Hamas , ai quali ha volutamente preferito non rispondere per lungo tempo. Israele è anche il paese dove le scuole, gli ospedali e tante altre strutture pubbliche hanno dovuto essere protette con enormi scudi di cemento armato; e anche questi, ovviamente, non sono sempre sufficienti. Ma queste immagini, pur disponibili, non le vedremo nella prima pagina di quotidiani a grande diffusione come Repubblica e La Stampa. Israele è ' il paese dove un milione di cittadini deve dormire nei rifugi, nei quali è pure abituato a rintanarsi ogni volta che risuona il lugubre allarme. Ed Israele è anche il paese dove si contano morti, i feriti e le persone traumatizzate, che non devono però fare notizia sui nostri media.
Dall'altra parte Gaza è anche il paese dal quale si lanciano missili da 8 anni, usando rampe di lancio situate anche sopra le scuole o sui tetti di case private. Le rampe di lancio, durante le azioni, sono ben protette con scudi umani, portati sul posto con le buone o con le cattive, a seconda dei casi, da quelli che noi vogliamo chiamare con il loro nome: terroristi. Anche queste immagini sono disponibili per le direzioni dei giornali. Ma esse preferiscono farci vedere solo donne e bambini urlanti e spaventati, incuranti del fatto che le fotografie pubblicate siano spesso vecchie di anni, oppure create in appositi sets fotografici. Se si considera il valore economico che tali immagini hanno per chi le ha scattate, non possiamo stupirci che si creino dei veri e propri set fotografici dove i fotoreportes sono convocati in massa per scattare quelle fotografie che poi faranno il giro del mondo. Il guadagno è assicurato per tutti, e, intanto, l'immagine di Hamas vittima e di Israele nazista circolerà con la massima diffusione.
Siccome poi chi sceglie le fotografie non è né interessato ad avere una conoscenza precisa di quanto avviene sul campo, né, peggio, è interessato alla correttezza dell'informazione, ma solo a come influenzare il lettore, succedono con assoluta regolarità "incidenti del mestiere" che gli addetti ai lavori non possono non scoprire. Cito, come esempio, l'immagine del morto che scappa scendendo dalla barella durante il suo funerale all'arrivo di un elicottero israeliano; oppure quella del piccolo Al Doura che, alla fine della sparatoria creata in un vero e proprio set cinematografico alza la testa e chiede al padre se è finita, salvo essere poi presentato a tutto il mondo come vittima delle armi israeliane; o quella del poliziotto israeliano che urla con un manganello in mano di fianco ad un povero palestinese appena colpito alla testa (dal suo manganello, vuol significare questa immagine!): salvo poi scoprire, grazie alla testimonianza del padre di questo povero ferito che no, non di palestinese si tratta, ma di un ebreo americano colpito da arabi e difeso da quel poliziotto israeliano. Ma intanto, nei quotidiani di mezzo mondo, il poliziotto israeliano è stato rappresentato come il cattivo aggressore e non come l'uomo d'ordine che compie correttamente il proprio lavoro in difesa di un cittadino ferito.
Ancora oggi stesso sono state inviate nei circuiti internazionali le immagini di una scuola di Gaza imbottita di esplosivi comandati a distanza da fili che, per fortuna, Tsahal ha scoperto in tempo. Non ne vedremo le immagini né la descrizione su Repubblica e La Stampa di domani.Tsahal, infatti, grazie alla sua opera è riuscita a disinnescare quella bomba preparata da Hamas in stretto contatto con una quantità di bambini. Bambini salvati da Israele, e non sacrificati da Hamas. Così come non leggeremo né vedremo le fotografie dell'asilo di Ashdod colpito, anche questo oggi, dai missili di Hamas. E non leggeremo che le tre ore di tregua umanitaria che Israele concede ogni giorno servono, agli uomini da Hamas, per lanciare i propri missili sui civili israeliani con la certezza di poter poi scappare senza il rischio di essere colpiti dalla reazione "sproporzionata" di Tsahal.
L'importante è che Israele passi sempre come l'aggressore, e che non si veda quel che sta subendo (quale altro stato al mondo avrebbe sopportato per così lungo tempo?). I palestinesi, invece, devono essere SOLO E SEMPRE le povere vittime, intente a piangere i propri morti non avendo che pietre e fionde per combattere contro aerei e carri armati.
Ma questa non è informazione corretta, ma piuttosto DISINFORMAZIONE CONTINUA.
(Informazione Corretta, 12 gennaio 2009)
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Larjani da Meshaal, niente tregua o tagliamo fondi
GERUSALEMME,12 gen. - L'Iran sta esercitando forti pressioni su Hamas perche' non accetti il cessate il fuoco con Israele. Secondo una fonte del governo del Cairo, riferita dal 'Jerusalem Post', due alte cariche del regime degli ayatollah - Ali Larjani, portavoce del Parlamento iraniano, e Said Jalili, capo dell'intelligence- si sono recati a Damasco per incontrare Khaled Meshaal, il leader di Hamas in esilio a Damasco. La notizia, riferita dal Jerusalem Post, arriva mentre al Cairo gli uomini di Hamas si incontrano con il capo dell'intelligence egiziana, generale Omar Suleiman proprio per discutere una via d'uscita ai combattimenti a Gaza. La delegazione di Hamas presente al Cairo ha ripetuto il suo "no" a un cessate il fuoco che non preveda la riapertura di tutti i valichi che portano nella Striscia. "Non appena gli iraniani hanno saputo dell'iniziativa egiziana per il cessate il fuoco, hanno inviato due uomini a Damasco", ha riferito la fonte egiziana al 'Post'.
"Gli iraniani hanno minacciato di fermare la fornitura di armi e il finanziamento alle fazioni palestinesi se avessero firmato la tregua con Israele. Gli iraniani vogliono combattere Israele e gli Usa indirettamente; e lo fanno attraverso Hamas in Palestina ed Hezbollah in Libano".
(AGI, 12 gennaio 2009)
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Deputato di Hamas: "Conquisteremo Roma", il silenzio dei pacifisti italiani
ROMA - 12 gennaio 2009 - In questo video il discorso pubblico di Yunis Al-Astal, deputato ed esponente di spicco del movimento terrorista islamico-palestinese Hamas, mentre arringa il suo pubblico promettendo fra le altre cose che Roma , "la capitale dei cattolici, la capitale crociata che ha dichiarato guerra all'islam e che ha insediato in Palestina i fratelli delle scimmie e dei maiali [gli ebrei] per impedire il risveglio dell'islam", sarà alla fine conquistata, come fu per Costantinopoli....
(Quotidiano del Nord, 12 gennaio 2009)
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Hamas viola tregua "umanitaria" di 3 ore
Attaccata Ashkelon con un razzo Grad
ROMA, 12 gen. (Apcom) - I miliziani di Hamas hanno infranto la tregua "umanitaria" di tre ore, nuovamente concessa oggi dall'esercito israeliano per permettere l'ingresso di beni di prima necessità nella Striscia di Gaza. Secondo quanto riporta il Jerusalem Post, gli uomini di Hamas hanno sparato un razzo Grad contro la città israeliana di Ashkelon, danneggiando una casa. Sette persone sono rimaste in stato di choc.
Poco dopo, quindici minuti prima della scadenza della breve tregua, un altro razzo è stato sparato contro la città di Beersheva. Altri due razzi Qassam erano caduti in mattinata in un campo aperto nella regione di Shaar Hanegev.
Secondo le autorità militari israeliane, negli ultimi giorni è notevolmente calato il numero di razzi lanciati dai miliziani palestinesi contro il sud di Israele. E oggi il portavoce del governo israeliano, Mark Regev, ha detto che sono "molto vicini" i tre obiettivi prioritari di Israele: distruggere le capacità militari del gruppo palestinese; porre fine al lanci di missili Qassam e impedire il riarmo del gruppo.
(Virgilio Notizie, 12 gennaio 2009)
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Comunità ebraiche in Europa rafforzano la sicurezza
A Parigi attaccata ieri sera una sinagoga
ROMA, 12 gen. (Apcom) - Le comunità ebraiche in diversi Paesi europei hanno rafforzato le misure di sicurezza nelle scuole e nelle sinagoghe come precauzione, a seguito degli ultimi incidenti antisemiti registrati dopo l'inizio dell'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza. Lo riporta Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth.
L'ultimo incidente in ordine di tempo è accaduto ieri sera nella banlieu parigina di Saint-Denis, dove una sinagoga è stata attaccata con due bombe molotov. Vi è stato un principio di incendio subito bloccato dall'intervento dei pompieri. Nessuno è rimasto ferito. I vetri di un vicino ristorante ebraico sono andati in frantumi. Anche a Roma sono comparse scritte di stampo razzista su alcuni negozi di persone di religione ebraica.
Serj Ben-Haim, uno dei leader della comunità ebraica di Parigi, ha detto a Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth, che "l'atmosfera (nella capitale francese) è molto tesa). "Non sappiamo come si svilupperà la situazione, stiamo cercando di prevenire un disastro"
Ben-Haim ha detto che i leader di diverse comunità ebraiche in Francia hanno deciso di adottare diverse misure di sicurezza: "Abbiamo deciso di mettere delle guardie alle entrate delle sinagoghe, e abbiamo chiesto agli scolari ebrei di non reagire contro i ragazzi arabi e tenere piuttosto un profilo basso". Il leader della comunità parigina si è anche lamentato per il fatto che i media hanno dato ampio risalto alle manifestazioni di protesta, ignorando quelle organizzate da gruppi ebraici in favore di un cessate il fuoco a Gaza.
Anche il rappresentante dell'Agenzia ebraica a Londra, Bnei Akiva, teme una escalation delle proteste anti-israeliane. "la gente qui a paura a camminare indossando la kippa", ha detto. Anche in Paesi dove i sentimenti anti-israeliani non sono mai stati troppo pronunciati, come la Svizzera, gli ebrei stanno adottando un atteggiamento prudente. "Nessuno parla pubblicamente di questo conflitto per evitare di alimentare la tensione", ha spiegato Shlomo Zabichi, della sinagoga askenazita ortodossa di Ginevra. "Anche qui sta prendendo piede un sentimento anti-israeliano". Secondo Amos Hermon, capo della task force dell'Agenzia ebraica sull'antisemitismo, ci sono stati oltre cento episodi di antisemitismo in tutto il mondo da quando è iniziata l'offensiva militare contro Hamas, il 27 dicembre scorso.
(Virgilio Notizie, 12 gennaio 2009)
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Funzionario al Fatah: I leader di Hamas sono "criminali"
Responsabili della "catastrofe" nella Striscia di Gaza
ROMA, 12 gen. (Apcom) - Duro attacco da parte di un funzionario di al Fatah contro i leader di Hamas, accusati di essere "criminali" responsabili della "catastrofe" in corso nella Striscia di Gaza. Il funzionario, parlando da Ramallah in condizione di anonimato, ha detto al Jerusalem Post che Hamas è una "milizia nera e sanguinaria", che combatte per conto dell'Iran e della Siria.
"Gli iraniani e i siriani stanno usando Hamas per indebolire l'Autorità Palestinese e gli altri governi arabi moderati", ha detto il funzionario al Post. "Una vittoria di Hamas in questa guerra significherebbe una vittoria per l'Iran, la Siria e l'Hezbollah. Dobbiamo impedire questo".
Il responsabile di al Fatah ha inoltre espresso l'auspicio che la popolazione palestinese di Gaza si ribelli contro Hamas una volta che sarà cessata l'offensiva israeliana nella Striscia, giunta oggi al suo 17esimo giorno. A suo giudizio i leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Mahmoud Zahar, dovranno essere processati davanti a un tribunale palestinese come "criminali di guerra", in quanto responsabili della morte di centinaia di palestinesi innocenti. "Da quando hanno preso il potere hanno portato morte e distruzione al nostro popolo", ha aggiunto.
Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza con la forza nel giugno 2007, estromettendo le forze di sicurezza fedeli al presidente palestinese Abu Mazen. Da allora si sono inaspriti i rapporti tra i due gruppi rivali palestinesi.
(Virgilio Notizie, 12 gennaio 2009)
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Gaza, le pressioni iraniane su Hamas contro la tregua
ROMA, 12 gen - L'Iran sta esercitando pressioni su Hamas affinché non accetti la proposta egiziana di cessate il fuoco. Lo ha detto al Jerusalem Post un funzionario del governo del Cairo dopo un colloquio con il capo dell'intelligence Omar Suleiman. Secondo questa versione, due esponenti del regime iraniano, Ali Larijani e Said Jalili, avrebbero spinto per il proseguimento del conflitto durante una recente visita a Damasco, dove vive in esilio il leader del movimento per la resistenza islamica palestinese, Khaled Meshaal. "Gli iraniani hanno minacciato di bloccare la fornitura di armi e finanziamenti alle fazioni palestinesi se accettano la tregua con Israele", ha riferito il funzionario egiziano al giornale della città santa, che ha poi aggiunto: "Vogliono combattere gli Stati Uniti e Israele indirettamente, e lo fanno attraverso Hamas ed Hezbollah". Il confidente del Jerusalem Post commenta anche il "doppio standard" con cui il regime di Teheran sta affrontando la questione: "Da un lato invitano gli iraniani a unirsi alla guerra contro Israele, da un altro la guida suprema Ali Khamenei ha fatto sapere ai volontari che non sarà loro permesso di recarsi a Gaza per combattere lo Stato ebraico".
Secondo la fonte, la guerra serve gli interessi dell'Iran: "Sono soddisfatti perché la violenza a Gaza ha sviato l'attenzione dalle loro ambizioni nucleari. Teheran spera inoltre di usare la carta palestinese in futuri negoziati con gli americani". Il Jerusalem Post aggiunge anche l'analisi di Roz Al-Youssef, settimanale semiufficiale del Cairo, secondo cui "Hamas si è trovata tra l'incudine siriana e il martello iraniano. Da un lato gli iraniani gli hanno impedito di negoziare la tregua con Israele mentre i siriani hanno ricattato e intimidito i suoi leader a Damasco". "Speriamo che Hamas abbia imparato la lezione e realizzi che sta combattendo una guerra per conto di siriani e iraniani", conclude l'editoriale. Anche l'analista politico egiziano Magdi Khalil afferma di condividere la visione dell'Autorità nazionale palestinese e dell'Egitto secondo cui Hamas è responsabile della guerra a Gaza: "Da quando hanno preso il controllo della Striscia nel 2007, hanno trasformato l'area in un inferno".
(il Velino, 12 gennaio 2009)
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Hamas e la strategia degli scudi umani
di Maurizio Piccirilli
Hamas si è preparata da mesi all'attacco israliano. Ha rafforzato i suoi arsenali. Addestrato al meglio, grazie anche a istruttori Hezbollah e iraniani, i membri della Brigata Ezzedine al Qassam. Trovate le mappe con gli schemi di battaglia.
Hamas ha scavato centinaia di gallerie sotterranee per fuggire o tendere agguati, ha dispiegato decine di cecchini in postazioni strategiche e disseminato sul territorio migliaia di trappole esplosive. Sfruttando al massimo il terreno: cioè le civili abitazioni, le moschee e le scuole comprese quelle delle organizzazioni internazionali.
Questo è il motivo per cui l'operazione Piombo Fuso è stata preparata con massiccio utilizzo dei bombardamenti aerei e con un'avanzata delle truppe a tera molto limitata. I soldati israeliani hanno trovato in diverse case abbandonate decine di cartine topografiche con sopra indicati chiaramente i luoghi dove sono stati accumulati armi ed esplosivi, quelli dove sono state posizionate batterie lanciamissili o di mortai o dove sono appostati i cecchini. In una di queste mappe sono indicate con diversi colori, rosso, verde e nero le posizione dei combattenti, quelle delle trappole esplosive anti-uomo e anti-tank. Il portavoce dell'Israeli Defence Force ha illustarato una di queste mappe che indica chiaramente come i cecchini erano appostati nella piazza Shauuda, nel sobborgo Al Tatraa di Gazacity di fronte all'ingresso della moschea El Tawid. Sono indicate anche le direttrici di tiro degli «sniper». Ordigni sono stati collocati nei distributori di benzina così da provocare il massimo dei danni.
Ieri un Predator israeliano ha ripreso alcuni miliziani mentre sparano con i mortai dal tetto di alcune case. L'utilizzo dei civili come scudi umani è stata ampiamente teorizzata da Khaled Meashal, il capo in esilio a Damasco di Hamas. Il 1 marzo 2008 durante una confrenza stampa nella capitale siriana, Mashal aveva detto: «Chi è talmente stupido di entrare in armi nella Striscia di Gaza noi lo combatteremo. Avrà di fronte non solo migliaia di combattenti ma un milione e mezzo di persone che li combatteranno con il desiderio di diventare tutti martiri». Come dire i civili fanno parte della nostra strategia di guerra. Senza pietà per donne e bambini schierati coem scudi umani per difendere le milizie.
(Il Tempo, 12 gennaio 2009)
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Uomini di Hamas nascosti nei sotterranei dell'ospedale israeliano a Gaza
Uomini di Hamas si stanno nascondendo nei sotterranei dell'ospedale israeliano a Gaza. Ne e' convinto lo Shin Bet (il controspionaggio israeliane): i miliziani palestinesi hanno trovato rifugio nello scantinato dello complesso ospedaliero di Shifa, a Gaza City, che fu ristrutturato proprio dagli israeliani durante l'occupazione. Shifa, il piu' grande ospedale della Striscia costiera, fu costruito mentre Gaza era sotto il controllo egiziano, prima del 1967. Durante gli anni '80 l'intero edificio fu ristrutturato nell'ambito di un progetto-pilota per migliorare le condizioni dei resistenti: Israele investi' milioni di shekel nei lavori, che erano supervisionati da Shmuel Goren, all'epoca il coordinatore delle attivita' nei territorio. Nei vasti sotterranei ci sono la lavanderia dell'ospedale e una serie di servizi amministrativi. Durante una delle ultime riunioni di governo, la scorsa settimana, il capo dello Shin Bet, Yuval Diskin, ha detto che alcuni dei capi di Hamas si nascondono nei sotterranei di Shiva perche sanno che Israele non lo bombardera' per via dei malati ricoverati ai piani soprastanti. Secondo fonti palestinesi, citate da 'Haaretz', gli uomini di Hamas non si annidano in un solo nascondiglio, ma sono sparsi in varie postazioni (ospedali, ma anche ambasciate straniere) e soprattutto cambiano continuamente i covi.
(AGI, 12 gennaio 2009)
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Alan Dershowitz :«Solo la sconfitta di Hamas riaprirà il processo di pace»
di Alessandra Farkas
NEW YORK «Israele potrebbe vincere oggi, se lo volesse. Invece per motivi etico-morali ha scelto di usare una forza militare sproporzionatamente debole a Gaza». Alan Dershowitz, il giurista americano docente di Harvard autore di The Case for Peace: How The Arab-Israeli Conflict Can Be Resolved torna a difendere le ragioni dello Stato ebraico. «Israele ha preferito andare coi guanti di velluto perché vuole minimizzare le morti tra i civili. Al suo posto, ogni altro Paese avrebbe raso al suolo Gaza».
- Come fa ad esserne sicuro?
- «Guardi cosa hanno fatto i russi in Cecenia, i francesi in Algeria, gli inglesi a Dresda e gli americani in Giappone dopo Pearl Harbor. Ma come al solito il mondo s'aspetta una reazione diversa da Israele».
- Come lo spiega?
- «Israele è l'ebreo tra le nazioni e il mondo lo tratta come storicamente ha trattato gli ebrei. Con un doppio standard. Ma nessun Paese può permettere al nemico di giocare alla roulette russa con la vita dei propri figli».
- Come andrà a finire?
- «L'obiettivo è chiaro: bisogna disarmare Hamas, impedendole di usare la sua tattica che consiste nel terrorizzare i civili israeliani, costringendo Israele a reagire, per poi nascondersi dietro i civili palestinesi, chiamando le tv per mostrare i bambini morti. Purtroppo i media fanno il gioco dei terroristi ».
- Cosa pensa della recente polemica tra Vaticano e Israele?
- «Il Vaticano deve stare molto attento a sollevare l'Olocausto perché certe analogie servono solo a riaprire antiche ferite sulla responsabilità di Pio XII nella Shoah. E infatti c'è stata la marcia indietro».
- L'Amministrazione Obama deve trattare con Hamas?
- «Se abbiamo negoziato con mafiosi, serial killer e Ku Klux Klan possiamo e dobbiamo parlare con Hamas. Però bisogna prima decidere a quale livello e con quali condizioni. Hamas deve prima riconoscere il diritto di esistere di Israele».
- Molti hanno criticato il silenzio di Obama su Gaza.
- «Balle. Obama non è stato criticato per il suo silenzio ma perché non ha detto ciò che molti volevano sentirgli dire. L'estrema sinistra lo critica per non aver condannato Israele e i gruppi pro-Israele per non averla difesa. Quando Obama avrà giurato, la guerra sarà finita».
- Cosa pensa della recente risoluzione Onu sul conflitto?
- «Che Israele non è tenuta ad osservare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in quanto unico Paese al mondo che non ne ha mai fatto parte. Non puoi essere legato a un'istituzione che ti esclude. Il Consiglio di Sicurezza è un club privato che discrimina gli ebrei».
- L'America di Obama continuerà ad essere amica di Israele?
- «Tutte le scelte lo dimostrano anche se all'Onu ha messo un'ambasciatrice che mi preoccupa, Susan Rice, la quale dovrà comunque rendere conto a Hillary Clinton. Avrei preferito Richard Holbrooke».
- Cosa ci riserva il futuro?
- «La cosa migliore che può capitare ai palestinesi è che Israele metta Hamas k.o. Potrebbero così tornare a parlare di pace con Israele, riesumando la soluzione che Arafat rifiutò nel 2001».
(Corriere della Sera, 12 gennaio 2009)
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Gerusalemme - Giovani pianisti e "note pace"
Mentre a Gaza si spara, nel cuore della vecchia Gerusalemme, a un passo dal Santo Sepolcro, dalla Moschea e dal Muro del Pianto, ragazzi israeliani e palestinesi partecipano insieme al V premio "Roma per Gerusalemme", nell'ambito del Concorso pianistico Carlo Tavasani.
Il premio è istituito e promosso dalla Custodia di Terra Santa, dall'Istituto Magnificat di Gerusalemme e dalla Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia di Roma. La giuria internazionale è composta da musicisti di diversa provenienza.
Oggi, concerto dei vincitori, il palestinese Jiries Boullata e l'israeliana Velentina Ronkan, presso il Monastero di San Salvatore, a Gerusalemme.
(TelevideoRai.it, 11 gennaio 2009)
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Joe 'l'idraulico' da oggi a Sderot come reporter di guerra
"Perchè Israele non ha agito prima?"
SDEROT (Israele), 11 gen. (Ap) - Israele avrebbe dovuto agire per prima per fermare gli attacchi con i missili Qassam contro gli abitanti del Negev occidentale. A sostenerlo è Joe 'The Plumber', l'idraulico dell'Ohio diventato famoso per aver chiesto a Barack Obama durante la campagna elettorale per le presidenziali quali fossero i suoi piani in materia fiscale.
Joe, il cui vero nome è Samuel Wurzelbacher, si trova da oggi a Sderot, nel sud di Israele, per coprire il conflitto in corso a Gaza per conto del sito web conservatore www.pjtv.com. "Perchè Israele non ha agito prima?", si chiede l'idraulico più famoso degli Stati Uniti. "Se abitassi qui sarei dannatamente arrabbiato", ha quindi detto Joe, che si definisce comunque un amante della pace e un esperto di media, motivo per cui - a suo dire - sarebbe stato scelto come reporter di guerra.
(Virgilio Notizie, 11 gennaio 2009)
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Londra, manifestazione pro-Israele
In migliaia a Trafalgar Square
Alcune migliaia di persone si sono radunate a Londra per denunciare gli attacchi di Hamas contro Israele e manifestare la loro solidarietà allo Stato ebraico. La manifestazione, indetta della organizzazioni ebraiche, si è svolta a Trafalgar Square. Una persona è stata arrestata. L'ambasciatore israeliano a Londra, Ron Prosor, ha detto che l'obiettivo è "far sapere ai nostri fratelli e sorelle in Israele che siamo con loro".
(TGCOM, 11 gennaio 2009)
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Gaza - Nessun piano per invio di una forza Nato
Lo ha dichiarato il segeretario generale Jaap de HoopScheffer
GERUSALEMME, 11 gen. (Ap) - Non c'è alcun piano per l'invio di una forza di peacekeeping della Nato a Gaza: lo ha dichiarato il segretario generale dell'Alleanza atlantica Jaap de Hoop Scheffer.
In un intervento all' Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale Jaap de Hoop Scheffer ha affermato che la Nato è pronta a giocare un ruolo di peacekeeping ma solo nel quadro di un accordo su vasta scala israelo-palestinese e di un mandato Onu. Il numero uno della Nato ha ammesso che tali obiettivi sono ancora lontani.
(Virgilio Notizie, 11 gennaio 2009)
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Intelligence Israele, capi Hamas nascosti in ambasciate e ospedali
GERUSALEMME, 11 gen. - Per evitare di essere uccisi "i dirigenti di Hamas si sono nascosti oltre che nei loro bunker sotterranei e negli ospedali, anche nelle rappresentanze diplomatiche a Gaza". E' quanto ha sostenuto il capo dello Shin Bet (controspionaggio) Yuval Diskin di fronte al gabinetto di sicurezza del governo israeliano, senza specificare le 'ambasciate' che avrebbero accettato di nascondere i leader di Hamas. Tra l'altro quasi tutte le legazioni, compresa quella egiziana, sono state evacuate da tempo. Diskin ha poi riferito che molti palestinesi di Gaza sono furiosi con Hamas per aver aver scatenato la reazione israeliana ponendo fine alla tregua il 19 dicembre scorso, ma anche per aver requisito aiuti umanitari destinati ai civili. L'omologo direttore del Mossad, il generale Amos Yadlin ha riferito che le capacita' militari di Hamas si sono ridotte, sia per la mancanza di munizioni (anche se i razzi continuano a cadere su Israele) che per la morte di alcuni dei vertici, ma malgrado cio' il movimento non gettera' la spugna . Anche i rivali di Fatah, la formazione del presidente dell'Anp Abu Mazen estromessa da Gaza da Hamas nel giugno del 2007, sostengono che il movimento e' in difficolta', tanto che alcuni dirigenti avrebbero usato i tunnel sotto il confine con l'Egitto ancora integri per fuggire nel Sinai.
Secondo il sito web di Haaretz, che cita un sito web di Fatah, anche alcuni capi delle brigate Ezzedine al Qassam, il braccio armato di Hamas, si sarebbero dati alla fuga. Tra questi Raed al-Atar, comandante di Rafah, e l'omologo di Khan Younis, Muhammed Sinwar A conferma che Hamas non intende comunque arrendersi il Canale 10 della tv israeliana ha riferito che i miliziani hanno iniziato a tentare di abbattere con la contraerea i jet e gli elicotteri israeliani. Per questo ai piloti e' stato ordinato di effettuare i bombardamenti con manovre elusive e ricorrendo al lancio dei 'flares', i bengala in grado di sviare i missili antiaereo a ricerca di calore.
(AGI, 11 gennaio 2009)
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Livni, guerra con Hamas non finira' con un accordo
Israele "si trova nel mezzo di una guerra contro il terrorismo, non si tratta di un conflitto irripetibile e non cessera' con un accordo". Questa la posizione dello Stato ebraico secondo il ministro degli Esteri Tzipi Livni, riportata dal sito web di Haaretz. Il capo della diplomazia israeliana al termine dell'incontro con l'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier, ha ribadito che l'obiettivo di Tel Aviv e' "raggiungere i suoi obiettivi militari" e far "rimpiangere ad Hamas il giorno che ha deciso di intensificare il lancio di razzi su Israele basandosi sull'assunto che non avremmo reagito".
(la Repubblica, 11 gennaio 2009)
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Giovanardi, via dall'Italia chi manifesta pro Hamas in piazza
ROMA, 11 GEN 2009 - Espellere o non rinnovare il permesso di soggiorno a chi in questi giorni manifesta a favore di Hamas o brucia bandiere d'Israele, esprimendo cosi' il proprio razzismo antisemita. E' quanto chiede Carlo Giovanardi, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. in una lettera inviata al premier Silvio Berlusconi. ''In Italia - scrive Giovanardi - assistiamo ad una escalation di azioni vergognose contro la comunita' ebraica, che vanno dalle iniziative di boicottaggio dei negozi gestiti da ebrei alla comparsa di scritte minacciose ed insultanti persino all'interno del quartiere ebraico a Roma. Ai cittadini italiani responsabili di questi comportamenti, vanno applicate con grande determinazione le norme che sanzionano penalmente il razzismo''. ''Ma gli italiani - sottolinea Giovanardi - stanno assistendo attoniti in questi giorni a manifestazioni e cortei nelle nostre citta' di immigrati extracomunitari di fede islamica, schierati totalmente dalla parte di Hamas e dell'estremismo piu' fanatico, con tanto di rogo di bandiere israeliane e slogan razzisti e antisemiti. Per questi signori non ci deve essere spazio in Italia. Ti prego pertanto di dare disposizione al Ministro degli interni perche' a tutti coloro che si rendono responsabili di tali eccessi, nel caso non emergano piu' gravi reati, venga decretata l'espulsione dall'Italia o comunque non rinnovato il permesso di soggiorno. Non dobbiamo avere nessuna tolleranza nei confronti di chi - conclude - pensa di trovare nel nostro paese un terreno fertile per seminare odio, inneggiare alla guerra santa, chiedere la cancellazione dello stato di Israele, assumere atteggiamenti razzisti e antisemiti''.
(IRIS, 11 gennaio 2009)
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Milano, la capitale di Gaza. Quarto corteo in 7 giorni
di Alberto Giannoni
Bandiere di Israele bruciate, slogan anti Usa e appelli alla Jihad Città ancora una volta ostaggio delle manifestazioni islamiche. La Russa: "E' momento di dire basta alle provocazioni islamiche"
MILANO - Un'altra processione d'odio sulle strade di Milano. Il quarto corteo in una settimana in un centro cittadino ormai stordito dalla sistematica invasione di musulmani e militanti filo-palestinesi. Ieri 5mila persone sono tornate a sfilare, da piazzale Loreto alla Stazione Centrale. Un chilometro e mezzo di invocazioni ad Allah e di slogan furenti contro Israele e gli Usa. Un percorso di bandiere bruciate, insulti e preghiere, in una miscela inquietante di fanatismo e politica. Sette giorni prima un altro fiume di islamici aveva sfondato i cordoni della polizia fino a tracimare in piazza Duomo, trasformata in moschea a cielo aperto. Rivolti alla Mecca avevano pregato davanti alla Cattedrale, guidati da Abu Imad, l'imam di viale Jenner che solo due mesi fa è stato condannato in appello per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo. Un'offesa per molti, una ferita rimarginata a stento, e controvoglia, con la visita degli organizzatori del corteo agli stretti collaboratori dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi.
Solo un robusto servizio d'ordine ha evitato che la marcia di ieri degenerasse in una nuova occupazione del Duomo. Ma non ha potuto evitare che fossero dati alle fiamme dei vessilli con la stella di David. «Bush, Barack assassini» lo slogan ripetuto fino a uno stato di trance collettivo al limite del malore fisico. Alcuni ragazzi erano portati a spalle, mimando i funerali dei «martiri». «Darò la mia vita e il mio sangue per la terra di Palestina», il coro-preghiera gridato al tramonto. In testa al corteo donne e bambini. Due piccoli reggevano un telo raffigurante le bandiere Usa di teschi e strisce, e un altro simbolo di morte nella stella a sei punte. Un altro piccolino alzava un cartello che stabiliva l'equazione fra svastica e stella di David. Le invocazioni all'antiamericano Chavez seconde solo a quelle rivolte ad Allah. Gli appelli al boicottaggio di Israele. Una bambina di due anni per ripararsi dal freddo abbracciava la madre mentre questa rabbiosamente urlava il suo «assassino» a Bush.
Poco lontano qualche reduce del Sessantotto osservava compiaciuto i giovani con le bandiere di Hamas e degli Hezbollah libanesi. In coda al corteo le frange della sinistra estrema. Una bandiera nera dell'anarchia sovrastata da una kefiah. Si è rifatto vivo l'ex parlamentare di Rifondazione Fernando Rossi, per teorizzare che le elezioni vinte da Hamas sono state più democratiche di quelle americane o italiane. All'arrivo alla stazione la preghiera collettiva guidata dall'imam. Dall'altro lato della piazza, a buio, il comizio dei Palestinesi d'Italia: «A Gaza è in corso l'Olocausto del Secolo», ha detto il presidente. «Se la nostra preghiera al Duomo ha offeso qualcuno ci scusiamo». Due o tre applausi, sopraffatti dal grido «Allah hu akbar».
Troppo per Milano, anche secondo il vicesindaco Riccardo De Corato: «Ora basta cortei pro Hamas, quattro in sette giorni sono già troppi. Milano non è una provincia della Palestina e tanto meno ha voglia di istituire forzatamente questa sorta di "sabato di Gaza"». «Milano - ha aggiunto il vicesindaco - non può essere ostaggio di queste continue manifestazioni come se fosse un'appendice dei territori palestinesi».
(il Giornale, 11 gennaio 2009)
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Viceministro della Difesa, "La guerra sembra alla fine"
GERUSALEMME, 11 gen. - L'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza "sembra" vicina alla fine. Lo ha detto il viceministro della Difesa, Matan Vilnai alla radio di stato. "La decisione del Consiglio di sicurezza non ci lascia molto margine" ha detto Vilnai poche ore dopo che il premier Ehud Olmert aveva annunciato che Israele non si sarebbe fermato, "quindi sembra che siamo prossimi alla conclusione delle operazioni di terra e di tutta l'offensiva". Secondo il viceministro, la guerra "ha permesso a Israele di raggiungere obiettivi che fino due settimane fa nessuno avrebbe potuto nemmeno sognare". "Per quanto riguarda Hamas" ha aggiunto, "non hanno nemmeno capito cosa li ha colpiti. Se ne renderanno conto quando usciranno dai loro nascondigli".
(AGI, 11 gennaio 2009)
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All'Onu la sorpresa americana
di Fiamma Nirenstein
Documenti, risoluzioni, progetti, incontri: la diplomazia internazionale sbatte la testa contro una realtà micidiale, quella della volontà di Hamas di proseguire nella sua guerra, nella sua ragione di vita «anche in condizioni di tregua». Israele, peraltro, non intende continuare come negli ultimi otto anni, e senza garanzie non accetterà chiacchiere. «Tzi Filadelfi», il corridoio di Filadelfia, da cui le armi iraniane arrivano dall'Egitto, è il nome del gioco, e intanto l'Onu fa il suo mestiere, ovvero: nulla....
(il Giornale, 11 gennaio 2009)
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Ma la politica sostiene Israele
L'applauso, quello di sostegno, di comprensione, di affetto, l'applauso vero, arriva quando è l'ambasciatore di Israele a salire sul palco. Sotto, in platea, più di 2200 persone si fermano. C'è la politica che conta.
di Fabio Perugia
C'è la Comunità ebraica romana. C'è chiunque abbia la voglia, e la forza, di sostenere le ragioni di Israele. E allora ecco che le adesioni alla manifestazione, l'unica pro-Israele in questo sabato travolto dalle bandiere bruciate e le scritte antisemite, non conosce colore....
C'è il ministro Andrea Ronchi. Arriva, sorride, saluta. Condanna: «Noi siamo per la libertà e la democrazia di Israele aggredita da Hamas». È indignato per la Stella di David bruciata, il ministro per le Politiche europee. E quando salirà sul palco per dire la sua lo sarà ancora di più. Giancarlo Elia Valori intanto se ne sta seduto in prima fila già da un po', in attesa che inizino i discorsi. Parlotta a più non posso. A destra con Daniele Capezzone, a sinistra con Fabrizio Cicchitto. Il pesidente dei deputati del Pdl ricorda il lavoro fatto dal ministro Frattini: «La tregua va bene, ma solo se Hamas la smette di offendere». Poi si scatena sulle manifestazioni di Milano: «Sono inquietanti quelle fatte dagli immigrati in Italia. Hanno il diritto di protestare, ma se arrivano a bruciare le bandiere e poi si mettono a piazza Duomo a manifestare in maniera religiosa. A piazza Duomo! È inquietante», ripete.
Arriva anche Umberto Ranieri. La cosa si fa bipartisan per davvero. Il democratico dice a Furio Colombo, lì accanto, di «capire le ragioni dell'attacco. Però se Israele dà una mano...».
Comunque condanna netta su Hamas. La sala è quasi colma. Il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici se ne sta seduto accanto a sua moglie Alessandra, sempre in prima fila quando il marito è chiamato a presenziare occasioni importanti. Pacifici scrive e riscrive su un pezzo di carta i suoi appunti per il discorso. Si alza solo per salutare gli onorevoli che arrivano. Da Fiamma Nirenstein ad Alessandro Ruben, da Gustavo Selva a Ferdinando Adornato per l'Udc, da Gianni Vernetti a Olga D'Antona e Maurizio Gasparri. Arriva anche Ottaviano Del Turco e l'ex presidente della Comunità ebraica romana, Leone Paserman, quasi supplica un fotografo di essere immortalato assieme al parlamentare. L'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir, sbuca all'improvviso. Nel caos dei flash sembra quasi un'apparizione.
Finalmente arriva Piero Fassino. Il democratico è stato chiamato a rapporto da Walter Veltroni tre giorni fa e incaricato portavoce del partito per l'evento. Tanto per far capire che all'interno del Pd non è solo Massimo D'Alema a fare politica estera. E ora è il momento di dimostrarlo. Le mani di Pacifici, Renzo Gattegna, Meir, Ronchi e lo stesso Fassino si chiudono una sopra le altre in segno di unità. L'immagine è pronta, tocca alle parole. «Hamas può essere un interlocutore solo se riconosce lo stato di Israele», spiega Fassino che ci tiene a condannare i lanci di razzi delle milizie. Ma l'obiettivo finale, dice, «deve essere la creazione di due stati per due popoli e che siano entrambi democratici». Il dovere «è quello di non considerare inevitabile il conflitto» e che «si torni il più rapidamente possibile alla politica, alla parola, al negoziato».
Applausi. Come per Adornato che dice di «essere qui per difendere me stesso, l'Occidente. Israele siamo noi. Se dobbiamo condannare qualcuno per questa guerra è Hamas, che mette i civili sugli obiettivi militari». Adornato invita governo e Europa a non lasciare solo lo stato «ebraico», e auspica l'ingresso di Israele nella Nato. Ma per parlare di pace, spiega Pacifici, «bisogna che finisca il lancio di missili da Gaza».
Dalla sala ancora applausi, per tutti. Ormai i posti a sedere sono esauriti. In piedi, giù in fondo, ci sono anche i diplomatici dell'ambasciata di Israele, tanta è la gente. Sembrano più presi a controllare che tutto sia a posto. Poi di scatto si girano verso il palco. «Cari amici, il 15% degli israeliani è costretto a stare nei rifugi». È l'ambasciatore Meir che parla. «Noi non siamo contro il popolo palestinese, siamo contro Hamas. Sostenere Israele è sostenere la pace». Fassino e Ronchi battono le mani.
(Il Tempo, 11 gennaio 2009)
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Militanti di Hamas hanno tentato di colpire piu' volte aerei israeliani
GERUSALEMME, 11 gen. - I militanti di Hamas a Gaza hanno tentato di colpire gli aerei israeliani con diversi tipi di missili antiaerei. A riferirlo al governo israeliano - si legge sul sito di 'Ha'aretz'- sono state fonti della Difesa precisando che Hamas ha tentato inutilmente di abbattere aerei ed elicotteri delle forze israeliane impegnate nell'offensiva su Gaza.
(Il Tempo, 11 gennaio 2009)
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Ronchi, "Hamas l'aggressore, Israele l'aggredito"
ROMA - "Sono qui per esprimere solidarieta' ad Israele.
Gli israeliani sono gli aggrediti, Hamas e' l'aggressore". Lo afferma il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, che partecipa alla manifestazione 'Sosteniamo Israele, sosteniamo la pace'. Ronchi aggiunge: "Partecipo a questa manifestazione come ministro e come esponente di An. La nostra cultura e' contro il terrorismo. Contro chi non ha il coraggio di dire che Israele ha ragione. Contro gli sciacalli che vogliono boicottare i negozi degli ebrei".
Alla domanda se non sia giusto avere due popoli e due Stati, Ronchi risponde: "Quando Fini era ministro degli Esteri, sostenemmo la road map. Ci siamo allontanati da essa e siamo arrivati ai fatti di oggi. Diciamo si' a due popoli due Stati ma oggi questo non c'entra. Hamas ha rotto la tregua unilateralmente ed ha aggredito uno Stato democratico. Israele ha il diritto-dovere di difendersi".
(AGI, 10 gennaio 2009)
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Gattegna (Ucei), scritte antisemite? pochi imbecilli
ROMA, 10 gen. - Le scritte antisemite e le bandiere israeliane bruciate sono "atti inqualificabili", opera tuttavia di "pochi imbecilli, gruppi che hanno pochissimo seguito". Il presidente delle Comunita' ebraiche italiane, Renzo Gattegna tende a minimizzare gli episodi antisemiti che si vanno moltiplicando in questi giorni in diverse citta' italiane, in coincidenza con l'offensiva dell'esercito israeliano a Gaza, anche se, avverte, "sono episodi da non sottovalutare.
L'antisemitismo va fermato alle prime avvisaglie". La grande serata "sosteniamo Israele, sosteniamo la pace" promossa dalla comunita' ebraica romana per manifestare solidarieta' al governo israeliano e' anche l'occasione per ridimensionare l'allarme antisemitismo. "La madre degli imbecilli e' sempre incinta", sintetizza il presidente della fondazione 'Museo della shoah', Leone Paserman, che sottolinea come "storicamente gli estremismi si toccano, uniti dall'odio antisemita: forze dell'ultra sinistra extraparlamentare e dell'ultradestra, ma anche frange del fondamentalismo cattolico". Scritte ingiuriose e minacce che hanno sconvolto anche il sindaco Alemanno: "non mi sorprende - commenta Paserman - visto che il sindaco di Roma si e' comportato con dignita' e correttezza". "Per fortuna - gli fa eco il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni - quanto avvenuto oggi a Roma e' un fenomeno marginale. Purtroppo rientra in dinamiche scontate perche' quando sale la tensione si crea lo stimolo per gli stolti". Piu' preoccupata Fiamma Nirestein, deputata Pdl, secondo cui "si sta smascherando un atteggiamento che vorrebbe essere di difesa dei diritti umani e invece e' antisemita". Per questo il 14 gennaio e' prevista un'altra manifestazione "pro Israele" e contro il terrorismo: a mobilitarsi stavolta saranno i deputati membri dell'associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele, che parteciperanno a una maratona oratoria in piazza di Montecitorio.
(AGI, 10 gennaio 2009)
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Pacifici, Hamas terrorista che priva di liberta' palestinesi
ROMA, 10 gen. - "Questa manifestazione e' una manifestazione per la pace che potra' arrivare solo quando Israele non sara' piu' colpita dai missili e quando il popolo israeliano uscira' da questo stato di continua insicurezza che non e' solo psicologica ma che e' reale e soprattutto quando il popolo palestinese sara' liberato da un regime tiranno qual e' quello di Hamas, che priva di ogni liberta' i palestinesi". Lo ha detto il presidente della comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici a margine della manifestazione 'Sosteniamo Israele sosteniamo la pace' in corso all'hotel Parco dei Principi a Roma.
All'evento stanno partecipando diversi esponenti politici e della comunita' ebraica, tra cui il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi, il deputato del Pd Piero Fassino, l'ex presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della fondazione Museo della Shoah Leone Paserman.
"E' un modo -ha aggiunto Pacifici- per dire agli israeliani siamo con voi e ai palestinesi che non li consideriamo nemici da Roma, dall'Italia, da ebrei, da romani e da italiani. Vogliamo insistere che vogliamo sentire nel cuore la pace". Pacifici ha ribadito, riferendosi ad Hamas, che si tratta di "tiranni che non parlano la stessa lingua dell'Occidente e del mondo libero, fanatici che riconoscono il nemico solo quando usa la forza e questo e' il dramma".
(Adnkronos, 10 gennaio 2009)
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DUE IMPORTANTI OCCASIONI DI PARTECIPAZIONE AL SOSTEGNO PER ISRAELE
ROMA:
Manifestazione
"Con Israele, per la libertà, contro il terrorismo",
Mercoledì 14 gennaio 2008
Ore 18.30
a Montecitorio
MILANO:
In questi momenti difficili per lo Stato d'Israele, il
Keren Hayesod
organizza una serata incontro sul tema
"Sosteniamo Israele, Sosteniamo la pace"
Magdi Allam
Fiamma Nirenstein
Piero Ostellino
In collaborazione con:
Comunità Ebraica di Milano
Keren Kayemet Leisrael
Associazione Amici d'Israele
Unione Giovani Ebrei d'Italia
Benè Akiva e Hashomer Hatzair
e tutti gli enti ebraici milanesi
Lunedì 12 gennaio 2008
Ore 20.30
Piccolo Teatro Strehler di Milano
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"Sostenere Israele vuol dire sostenere la pace"
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Renzo Gattegna |
Stasera, mentre in molte piazze d'Italia si manifesterà contro Israele, in un un albergo romano si riuniranno gli amici di Israele e soprattutto i sostenitori della pace. Renzo Gattegna presidente delle Comunità ebraiche d'Italia spiega le ragioni di questa manifestazione.
- «L'iniziativa è stata promossa dall'Unione delle comunità ebraiche italiane, dalla Comunità di Roma e da altre associazioni ed enti giovanili. Lo scopo è sostenere Israele perché il pericolo è che si perda di vista il fatto che Israele è stata aggredita. La tregua è stata disdetta da Hamas che ha lanciato i razzi contro i villaggi israeliani. Non dobbiamo dimenticare quindi cosa e chi ha scatenato la guerra. E purtroppo la guerra porta sempre lutti e disastri».
- Cosa vuol dire sostenere Israele?
- «Vuol dire sostenere la pace. Sostenere un Paese democratico e una società progredita di fronte a un territorio dominato da un gruppo terroristico che opprime la stessa popolazione e trae vantaggi dal caos».
- I civili palestinesi doppiamente vittime...
- «Israele ha ampiamente dimostrato di cercare di limitare al massimo di colpire i civili. Ma Hamas usa la popolazione come scudi umani per proteggere le proprie postazioni militari e le rampe di razzi che poi lancia contro Israele. Una atteggiamento che mostra tutto il disprezzo di Hamas per la vita degli innocenti sfruttando poi mediaticamnte certe immagini. Immagini di morte alle quali non restiamo indifferenti. Ci riempiono di angoscia».
- Gli ebrei italiani hanno inviato aiuti per i bambini isrealiani e palestinesi...
- «Da giorni stiamo inviando aiuti umanitari. È una nostra consuetudine. Anche nel 2006 al tempo della guerra in Libano abbiamo ospitato bambini ebrei e arabi per allontanarli dalla linea del fuoco».
- Chi ha aderito all'Israele-day?
- «Un sostegno bipartisan. Ci sarà Fassino per il Pd e il ministro Ronchi per il Pdl. Ha dato la sua adesione Adornato dell'Udc. Anche dopo la notizia del boicottaggio ai negozi gestiti dagli ebrei c'è stata una risposta unanime e precisa di condanna».
(Il Tempo, 10 gennaio 2009)
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Nucara (pri): acquistare nei negozi di ebrei
ROMA, 9 gen. - (Adnkronos) - "Oggi i repubblicani, i democratici, gli antirazzisti del paese si debbono sentire mobilitati come quando lo si e' davanti ad una grave minaccia. Quando si profilano, anche solo per provocare, indecenze come quella che abbiamo ascoltato, nostro malgrado, da un sindacato di base, bisogna subito dare risposte adeguate e convinte". Lo dichiara il segretario del Pri Francesco Nucara in una nota su 'La Voce Repubblicana'.
"L'Europa - continua Nucara - ha consumato nel secolo scorso una terrificante tragedia su cui nessuno puo' permettersi di scherzare. Non c'era bisogno dello sterminio, della soluzione finale, per varcare i limiti della decenza e della civilta' umana. Bastava la discriminazione. La Shoah non e' peggio della stella di Davide in giallo appuntata sul petto. E' la sua diretta conseguenza".
"Fa piacere ovviamente sapere che il sindaco di Roma, le autorita' istituzionali della Regione si sono allertate tempestivamente e concretamente, ma non basta. Occorre -conclude- che tutte le forze politiche, i cittadini, respingano il larvato ritorno della piu' grave barbarie del secolo appena trascorso. Se poi si cerca un pretesto per l'antisemitismo piu' viscerale negli avvenimenti di questi giorni a Gaza, significa solo mettere in mostra la propria cattiva coscienza e una desolante ignoranza".
(Libero-News, 10 gennaio 2009)
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40 razzi di Hamas su Israele in 24 ore. Nessun ferito
GERUSALEMME, 10 gen. - Almeno altri quaranta razzi sono stati lanciati da Hamas nelle ultime 24 ore dalla Striscia di Gaza contro la parte meridionale del territorio d'Israele, quasi una decina dei quali soltanto in mattinata. Non si sono comunque registrati nuovi feriti ne' danni materiali degni di nota. Lo hanno riferito fonti militari israeliane, secondo cui alcuni degli ordigni hanno raggiunto Ashkelon, citta' sulla costa mediterranea situata una ventina di chilometri a nord dell'enclave palestinese. Nessuno e' pero' arrivato cosi' lontano come quello con cui le Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato del gruppo radicale palestinese, ieri avevano rivendicato di aver colpito una base dell'Aviazione dello Stato ebraico a Tel Nof, ad appena 27 chilometri da Tel Aviv: l'attacco piu' in profondita' finora sferrato.
(AGI, 10 gennaio 2009)
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Mestre, scritte contro Israele con stella a cinque punte
VENEZIA, 10 gen. - Ancora azioni contro Israele a Mestre, dopo il blitz di cinque giovani incappucciati che ieri hanno invaso la sede della compagnia israeliana Zim Line imbrattando gli uffici con scritte e mettendo a soqquadro gli uffici sotto gli occhi terrorizzati degli impiegati. Oggi sono state trovate delle scritte anti israeliane in pieno centro a Mestre, tracciate con la vernice rossa e firmate con falce e martello e stelle a cinque punte. La Digos e la polizia stanno indagando negli ambienti delle sinistra estrema legata ai movimenti no global locali.
(AGI, 10 gennaio 2009)
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L'addio alla Striscia
Al valico di Erez, dove i palestinesi lasciano Gaza sotto il ronzio dei droni
Ho passato tutto il giorno al valico di Erez, quello che collega a nord la Striscia di Gaza con Israele. Una lunga attesa, accompagnata dal ronzio dei droni, per guardare in faccia i duecento e più palestinesi cui è stato consentito di lasciare la Striscia perché in possesso di un passaporto straniero. Ad attenderli, mentre passavano la lunga trafila dei controlli, una teoria di pullman e molte macchine del corpo diplomatico. Palestinesi con passaporto canadese, o russo, o filippino, a seconda delle mogli sposate, delle università frequentate, delle loro piccole storie personali nel vortice grande della globalizzazione e in quello piccolo e tumultuoso della Striscia....
(Il Foglio, 10 gennaio 2009)
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Roma - Svastiche e croci celtiche sui muri da piazza Bologna a Centocelle
Scritte antisemite e svastiche disegnate con vernice di spray nera sono state trovate questa mattina sulle saracinesche di molti negozi di via Catania, a due passi da piazza Bologna, a Corso Trieste, e nel quartiere di Centocelle, a Roma. Si cerca ora di risalire agli autori, che prendono di mira anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che non si è limitato a condannare l'invito lanciato qualche giorno fa dal sindacato di base Flaica-Cuba di boicottare i negozi gestiti da ebrei, ma ha anche effettuato un ampio shopping 'di solidarietà' nel Ghetto.
Questo il testo di alcune delle scritte: "Hamas vince", "Israele boia", corredate di svastiche e stelle di David. Il sindaco è stato preso di mira con: "Alemanno ebreo" e "Alemanno topo sionista".
Scritte neofasciste e svastiche sono apparse questa notte anche davanti al monumento ai partigiani eretto a piazza delle Camelie, nel quartiere Centocelle. A denunciare l'accaduto è Leonardo Rinaldi, vicepresidente del circolo Anpi del VII municipio. "Si leggono chiaramente un 'Brigata regime fascista' 'Me ne frego', corredati da due svastiche e un enorme croce celtica con dentro scritto 'Duce' davanti al monumento".
Dura la reazione del presidente della provincia di Roma, Zingaretti: "Non si può passare la vita a esprimere solidarietà alle vittime di queste provocazioni. Per questo lunedì chiederò al prefetto di inserire il tema delle provocazioni di stampo razzista e neofascista all'ordine del giorno del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, per cominciare a capire come e se è possibile individuare i responsabili di questa vergogna".
Mentre il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha espresso piena solidarietà ad Alemanno, oltre a condannare le scritte antisemite: "Voglio esprimere piena solidarietà al sindaco Alemanno per le scritte ingiuriose di cui è stato vittima. Credo che sia necessario mettere in campo il massimo sforzo per individuare gli autori e metterli di fronte alle proprie responsabilità", ha scritto in una nota.
"Come rappresentanti delle istituzioni - ha sottolineato Marrazzo - non possiamo e non dobbiamo più tollerare questa escalation che ha portato a usare toni ed espressioni inneggianti al razzismo, che non fanno onore a un paese civile e creano un insopportabile clima di tensione".
(la Repubblica, 10 gennaio 2009)
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Gerusalemme: Israele non delega ad altri la sicurezza dei suoi cittadini
"Lo stato di Israele non ha mai accettato che fosse un organismo esterno a decidere del suo diritto di difendere la sicurezza dei propri cittadini". Lo ha dichiarato venerdì il primo ministro israeliano Ehud Olmert, in riferimento agli sviluppi diplomatici e in particolare all'approvazione della risoluzione 1860 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unte.
"Le Forze di Difesa israeliane - ha continuato Olmert - continueranno le operazioni volte a difendere i cittadini israeliani e per portare a termine gli obiettivi assegnati. Questa stessa mattina, gli incessanti lanci di razzi contro i civili israeliani che vivono nel sud del paese dimostrano che la risoluzione 1860 non è realistica e che nei fatti non verrà rispettata dalle organizzazioni terroriste palestinesi".
"Israele - ha commentato il ministro degli esteri Tzipi Livni - ha agito, agisce e agirà unicamente in base alle sue valutazioni, alla sicurezza dei suoi cittadini e al suo diritto all'autodifesa".
(Da: MFA, 9.01.09)
La risoluzione non nomina mai Hamas né l'ostaggio israeliano Gilad Shalit; parla di intese e garanzie con Gaza senza toccare la questione del regime illegittimo e golpista in vigore a Gaza e dunque senza indicare chi sarebbe l'interlocutore responsabile per Gaza di tali intese e garanzie; "condanna" gli atti di terrorismo senza chiedere la cessazione dei lanci di razzi su Israele come condizione minima per il ritiro delle forze israeliane.
Queste le clausole della risoluzione:
Il Consiglio di Sicurezza
1. Sottolinea l'urgenza e chiede un cessate il fuoco immediato, durevole e pienamente rispettato, che conduca al pieno ritiro delle forze israeliane da Gaza.
2. Chiede la fornitura e distribuzione senza impedimenti in tutta Gaza di assistenza umanitaria come cibo, carburante e cure mediche.
3. Vede con favore le iniziative volte a creare e aprire corridoi umanitari e altri meccanismi per la distribuzione prolungata di aiuti umanitari.
4. Chiede agli stati membri di sostenere gli sforzi internazionali per alleviare la situazione economica e umanitaria a Gaza, compresi contributi urgentemente necessari all'UNRWA e attraverso il Comitato di Collegamento Ad Hoc.
5. Condanna tutte le violenze e le ostilità dirette contro civili e tutti gli atti di terrorismo.
6. Chiede agli stati membri di intensificare gli sforzi per provvedere intese e garanzie a Gaza volte a sostenere un cessate il fuoco e una quiete durevoli, come prevenire il traffico illecito di armi e munizioni e assicurare la prolungata riapertura dei punti di passaggio sulla base dell'Accordo del 2005 su Movimenti e Accessi fra Autorità Palestinese e Israele; a questo riguardo, vede con favore l'iniziativa egiziana e altri sforzi regionali e internazionali in corso.
7. Incoraggia passi concreti verso una riconciliazione intra-palestinese, compreso l'appoggio agli sforzi di mediazione di Egitto e Lega Araba come espressi nella risoluzione del 26 novembre 2008, in conformità con la risoluzione 1850 (2008) del Consiglio di Sicurezza e altre risoluzioni pertinenti.
8. Chiede alle parti e alla comunità internazionale sforzi rinnovati e urgenti per arrivare a una pace globale basata sulla prospettiva di una regione dove due stati democratici, Israele e Palestina, vivano fianco a fianco in pace e sicurezza e confini riconosciuti, come previsto nella risoluzione 1850 (2008) del Consiglio di Sicurezza, e ricorda anche l'importanza della Iniziativa di pace araba.
9. Vede con favore l'idea del Quartetto, in consultazione con le parti, di un incontro internazionale a Mosca nel 2009.
Testo (in inglese) della risoluzione 1860
(israele.net, 10 gennaio 2009)
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Da piazza Duomo a piazza dell'odio
Da quando la scorsa settimana i musulmani hanno deciso di darsi appuntamento sotto la Madonnina di Milano per una preghiera politica (sembra paradossale ma è così, nell'Islam c'è confusione di ruoli tra Cesare e Dio) contro l'operazione israeliana a Gaza, piazza Duomo è diventato il luogo deputato per dare sfogo all'odio antiebraico e antisraeliano, che è un sentimento, come si sa, di largo consumo almeno in certi ambienti. E' stato un errore prestare l'immagine del massimo tempio della cristianità ambrosiana come sfondo di una manifestazione musulmana quasi a suggello di un implicito fronte comune un po' imbarazzante tra musulmani e cristiani contro gli ebrei. La questione non può essere liquidata, come ha fatto il cardinale Tettamanzi, sostenendo che non si può negare il diritto alla preghiera, perché non è messo in discussione questo diritto ma l'uso strumentale che se ne fa. Non tanto per i rischi di una possibile appropriazione islamica di luoghi sacri ai cattolici quanto per il significato che la comunanza tra Chiesa e Islam ispira nel contesto del conflitto arabo-israeliano. La scelta dei luoghi soprattutto quando si parla di Israele non è mai asettica. Mi viene in mente quel che provocò il capo del Likud, Ariel Sharon, quando nel 2000 si azzardò a fare una passeggiata su quella che i musulmani chiamano la Spianata delle Moschee e che per gli ebrei è il Monte del Tempio a Gerusalemme. Scoppiò la guerra solo perché quell'ebreo così odiato aveva osato avvicinarsi ad un luogo sacro ad Allah, alla moschea di al-Aqsa. E' vero che Milano non è Gerusalemme ma sarebbe consigliabile che le nostre autorità religiose ben considerassero quanto sia deflagrante la forza che possono suscitare nell'opinione pubblica mondiale e sulle masse islamiche in particolare il vedere che i loro fratelli, a migliaia, si ritrovano davanti al sagrato ad uno dei più importanti templi della cristianità per dar vita a manifestazioni antiisraeliane. Sono alleanze che rischiano di fomentare la violenza. Non l'aver preso in considerazione questa implicazione è stata una leggerezza.
(dal blog di Giovanni Morandi, 10 gennaio 2009)
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Hamas: abbiamo colpito una base israeliana a 27 km da Tel Aviv
Gaza, 10 gen. - Hamas ha rivendicato di aver colpito con un razzo la base dell'aeronautica israeliana di Tel Nof, ad appena 27 chilometri da Tel Aviv. Lo riferisce il sito web di Haaretz citando le brigate Ezzedin al Qassam, il braccio militare di Hamas. Se la notizia fosse confermata si tratterebbe della zona piu' in profondita' finora mai colpita nel territorio dello Stato ebraico dal movimento di resistenza islamico. La base di Tel Nof tra Rehovot e Gedera ospita una squadriglia di caccia bombardieri e elicotteri. Il ministero della Difesa israeliano non ha confermato la notizia.
(AGI, 10 gennaio 2009)
COMMENTO - Se la notizia fosse vera, questo giustiicherebbe ancora di più la volontà di Israele di impedire che Hamas si doti di razzi ancora più potenti. E strano che certe semplici considerazioni non vengano in mente a molti giornalisti.
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Obama: no a contatti con Hamas
"E' un'organizzazione terroristica"
Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, non ha intenzione di aprire trattative segrete con Hamas perché è un'organizzazione terroristica. Obama smentisce così quanto scritto dal quotidiano britannico "The Guardian". Una portavoce del presidente eletto ha fatto sapere che si potranno avviare contatti con Hamas quando l'organizzazione riconoscerà Israele, rinuncerà alla violenza e rispetterà gli accordi esistenti.
(TGCOM, 9 gennaio 2009)
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Israele all'Onu: "Piombo fuso" andrà avanti
di Giorgio Raccah
La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che chiede "un immediato, duraturo e pienamente rispettato" cessate il fuoco a Gaza non è piaciuta a Israele e lo Stato ebraico ha quindi deciso di continuare le operazioni militari. Il premier Ehud Olmert ha detto che "Israele non ha mai acconsentito che siano organi esterni a stabilire il suo diritto a difendere i suoi cittadini". Secondo Olmert, inoltre, la risoluzione - pur chiedendo l'adozione di misure che assicurino la solidità del cessate il fuoco, anche con la prevenzione del contrabbando di armi a Gaza - "non è concreta e in pratica non sarà rispettata dalle organizzazioni omicide palestinesi". Il governo israeliano ritiene di poter ignorare la risoluzione dell'Onu affermando che è solo dichiarativa essendo stata presa nell'ambito del Capitolo 6 delle risoluzioni del Consiglio che non sono vincolanti. Lo sono invece quelle prese secondo il Capitolo 7, come nel caso della guerra all'Iraq nel primo conflitto nel Golfo nel 1991. Israele, inoltre, si ritiene libero di agire anche grazie al fatto che Hamas ha nella sostanza respinto la risoluzione del Palazzo di Vetro, continuando anche oggi a tirare razzi sulle città israeliane nel sud. Certamente ai leader politici israeliani non è piaciuta l' astensione degli Stati Uniti, che ha permesso il passaggio della risoluzione. Astensione che segnala che di fatto l'amministrazione del presidente George Bush - aperto amico di Israele - è ora solo presa dal prossimo passaggio delle consegne a Barak Obama e non vuole porre il nuovo inquilino della Casa Bianca davanti a mosse che potrebbe non condividere o che potrebbero legargli le mani. La decisione israeliana di andare avanti appare legata anche agli esiti dei colloqui che Amos Gilad, consigliere politico del ministro della difesa Ehud Barak, ha avuto ieri al Cairo per discutere di come impedire il contrabbando di armi destinate a Hamas, una volta cessate le ostilità nella striscia di Gaza. L'esito dei colloqui non deve apparentemente essere stato soddisfacente. A quanto si è appreso l'Egitto oppone un netto rifiuto allo stazionamento di una forza internazionale lungo il suo confine con Gaza al fine di impedire i traffici di armi, ritenendolo una violazione della sua sovranità. Per lo stato ebraico il dilemma è chiaro: un cessate il fuoco che non dia sufficienti garanzie di impedire il riarmo di Hamas non può essere accettabile e non sarebbe nemmeno ben visto dall'opinione pubblica israeliana che, secondo un sondaggio pubblicato oggi, è per il 90% favorevole alle operazioni militari contro Hamas. Il fatto che il movimento islamico non dia finora segno di voler abbassare le armi è ritenuto un altro motivo per continuare a combattere. Con un massiccio uso di forza militare e di potenza di fuoco - ammesso dagli stessi militari - Israele vuole ricostituire il suo potere di dissuasione, uscito gravemente indebolito dal conflitto contro gli Hezbollah in Libano nel 2006. Questo anche al costo di un gran numero di vittime tra la popolazione civile palestinese. Con gli occhi rivolti inoltre a un possibile futuro conflitto con l'Iran Israele vuole a tutti i costi impedire a Gaza il rafforzamento di Hamas - che è sostenuto e armato da Teheran - per evitare di trovarsi affiancato a nord e a sud da due entità nemiche considerate longa manus di un Iran che, con gli Hezbollah in sud Libano e Hamas a Gaza, sembra perseguire una politica di accerchiamento dello Stato ebraico.
(ANSA, 9 gennaio 2009)
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Gaza, "nessun attacco a mezzo Onu"
Israele smentisce incidente a Erez
Un portavoce militare israeliano ha smentito con decisione che sia stato colpito il conducente di un automezzo dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, a breve distanza del valico di Erez. "La sua morte non è imputabile a Israele e va attribuita ai miliziani palestinesi", ha detto il portavoce. Dopo l'incidente, l'Onu ha sospeso la distribuzione di aiuti alimentari nella Striscia.
(TGCOM, 9 gennaio 2009)
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Mestre, 5 incappucciati devastano la sede della compagnia israeliana Zim Line
MESTRE - Almeno cinque incappucciati hanno compiuto un blitz contro la sede di Mestre della compagnia marittima israeliana Zim Line. I cinque hanno spaccato la telecamera interna, rovesciato armadi e scaffali e imbrattato i muri di vernice rossa con le scritte "Israele boia", e "Palestina Libera". E' accaduto nel pomeriggio.
Un impiegato ha tentato di reagire, ma è stato violentemente strattonato, senza però riportare ferite. Dopo il blitz, il gruppo di incappucciati è fuggito a piedi. L'allarme alla questura è stato dato dal responsabile della sede, che si trova nel centro di Mestre. Sono intervenuti una volante della questura di Venezia, gli agenti del non lontano commissariato di Mestre e funzionari della Digos. Secondo le testimonianze degli impiegati presenti, il commando sarebbe stato composto da almeno cinque persone, ma la confusione non ha permesso di accertarlo con sicurezza.
Rivendicazione anonima. L'azione è stata rivendicata con una telefonata alla sede Ansa di Venezia da un anonimo, che però non ha fornito la sigla dell'organizzazione. «Abbiamo colpito la sede della compagnia navale israeliana a Mestre - ha riferito una voce maschile -. Noi non stiamo nè con Hamas, nè con il governo israeliano, ma come in tutte le guerre ci schieriamo da una sola parte, quella della popolazione civile e di coloro che lottano per i loro diritti. Non possiamo stare a guardare mentre il massacro di bambini, donne e uomini prosegue indisturbato in Palestina. Abbiamo deciso di sanzionare gli interessi economici israeliani nella nostra città contro la compagnia israeliana Zim Line. Israele assassino, libertà e diritti per i palestinesi».
(Il Messaggero, 9 gennaio 2009)
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Un articolo dalla Svizzera
Abbiamo ricevuto oggi la seguente lettera:
Cari redattori e fratelli,
sono un cristiano nato di nuovo del Cantone Ticino, co-fondatore ed ex-presidente della Sezione cantonale del partito cristiano-evangelico nazionale "Unione Democratica Federale" (fondato sulla Bibbia), l'unico partito in Svizzera che riconosce apertamente il diritto di Israele a esistere e a difendersi e che riconosce Gerusalemme quale capitale indivisibile di Israele, appartenente agli ebrei.
Vi invio qui sotto un articolo da me scritto alcuni giorni fa sull'organo ufficiale nazionale di partito. Fatene l'uso che ritenete più opportuno, per il bene di Israele e dei cristiani che non hanno ancora compreso il legame indissolubile tra Dio e il Suo popolo, Israele, che era, è e resta il popolo eletto, che un giorno sarà portato da Dio alla salvezza per il tramite della fede in Gesù Cristo.
Dio vi benedica abbondantemente. Shalom.
Giovanni Isella
Nel clima di crescente ostilità antiebraica (anche se presentata come antisionista), è sempre confortante venire a sapere che in diversi paesi ci sono posizioni pro-Israele, soprattutto quando sono di ambienti cristiani. Ringraziamo quindi Giovanni Isella e volentieri diffondiamo il suo articolo che, anche se scritto qualche giorno fa, contiene interessanti informazioni.
Svizzera e Israele. Quale posizione svizzera nella questione Gaza?
di Giovanni Isella1
Dal momento in cui Israele ha operato le recenti incursioni aeree su postazioni strategiche del movimento terroristico di Hamas nella striscia di Gaza con l'obiettivo di renderle finalmente inagibili e così interrompere la serie interminabile di pioggia di razzi nella parte meridionale di Israele, il mondo intero ha reagito con più o meno velata disapprovazione e giudizio negativo.
Anche la Svizzera, per bocca della Direttrice del Dipartimento degli affari esteri, la Consigliera federale Micheline Calmy-Rey, ha mostrato la propria disapprovazione, ritenendo sproporzionata la reazione di Israele.
E a rincarare la dose ci ha pensato il presidente dell'Associazione Svizzera-Palestina, il Consigliere nazionale Daniel Vischer (ZH/Verdi), il quale, attraverso i media, ha dichiarato che il Consiglio federale dovrebbe sospendere le relazioni diplomatiche della Svizzera con Israele qualora Israele dovesse sferrare l'attacco con le truppe terrestri.
Da tutte queste notizie sembrerebbe di dedurre che Israele stia attaccando Hamas e la striscia di Gaza con intenzioni di pura egemonia territoriale e di sete di conquista militare senza alcun motivo o con un futile motivo ingiustificato e solo apparente.
Che da parecchio tempo piovano in continuazione migliaia di razzi sulla popolazione (e non su precisi obiettivi militari) della zona meridionale di Israele da parte di Hamas se ne fa cenno perlopiù per dovere di cronaca, ma nella sostanza lo si ritiene quasi un fatto acquisito, un'abitudine che va al limite cambiata tramite vie diplomatiche.
E' questo cambiamento di ruoli, questa menzogna cavalcata sul cavallo di presunti diritti umani e umanistici che spettano sempre e soltanto agli antagonisti di Israele, questo già preconfezionato e prevenuto giudizio contro Israele, il cancro dell'informazione che va assolutamente combattuto - anche se non potrà essere annientato - nel nostro Paese e nel mondo intero.
I media e la politica, che ne sono infetti, hanno bisogno di un antidoto pesante, che sia credibile, autorevole e di peso, affinché ci possa essere almeno un ristabilimento parziale della situazione.
Accorgersi della presenza e della necessità dell'antidoto significa già essere sulla via della guarigione o almeno sulla via della speranza di guarigione concretizzata dall'inizio della cura. Dal mese di maggio del 2008 esiste nel Parlamento federale il Gruppo Svizzera-Israele, che conta attualmente ben 47 Consiglieri nazionali (ne faceva pure parte il Consigliere nazionale Ueli Maurer, divenuto Consigliere federale dal 1.1.2009) e 1 Consigliere degli Stati di quasi tutti i partiti del Parlamento.
Questo Gruppo è nato dalla Prima Conferenza internazionale di Alleanza tra Gruppi parlamentari nazionali e Israele, tenutasi a Washington D.C. in maggio 2008 e in cui anche il nascente Gruppo Svizzera-Israele ha partecipato con due suoi rappresentanti e sottoscritto il documento fondatore e di impegno dell'Alleanza Internazionale con Israele.
Orbene, tra i compiti assunti dai Gruppi parlamentari nazionali pro Israele con la firma del documento di Washington spiccano quelli relativi alla lotta all'antisemitismo e all'attiva difesa della corretta e veritiera informazione mediatica e politica nella propria nazione.
E' giunto ora il momento che il Gruppo parlamentare Svizzera-Israele faccia sentire la sua voce pubblicamente e autorevolmente, controbilanciando quelle opinioni e prese di posizione ai più alti livelli politici nazionali e nei media in genere, che non corrispondono alla situazione reale e che tendono perlopiù a condannare sistematicamente Israele.
E' giunto ora il momento di combattere il cancro dell'informazione con questo antidoto parlamentare, potente e autorevole.
Questo non è solo un chiaro impegno politico e di coscienza, ma pure, per i cristiani, un impegno di amore verso un popolo e una nazione - Israele - che non ha soltanto trasmesso alla Svizzera e all'Occidente le fondamenta per la nostra attuale cultura ebraico-cristiana, ma da cui, realtà ben più importante, è venuto per il mondo intero il Salvatore Gesù Cristo, ebreo. Non dimentichiamo mai che Israele è il popolo di Dio e che il Dio d'Israele è lo stesso Dio dei cristiani!
1 Membro del comitato UDF Ticino e firmatario del Documento di Washington D.C.
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Frattini: Hamas non e' un interlocutore ma il problema
ROMA, 9 gen. - "Non si puo' trattare con Hamas", perche' il gruppo radicale palestinese "non e' un interlocutore" bensi' "e' il problema": cosi' il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervenendo in televisione a 'Mattino Cinque' ha indirettamente replicato al predecessore, Massimo d'Alema. Secondo Frattini, e' Hamas che ha "causato il conflitto" in corso nella Striscia di Gaza, e che addirittura "usa scudi umani", servendosi "di bambini e di civili"; e cio', ha aggiunto il titolare della Farnesina, "provoca anche tragici errori" da parte d'Israele, che pure "sa di doverli evitare".
Con Hamas, ha proseguito il ministro degli Esteri italiano, "possono parlare gli egiziani": anzi, "debbono farlo", anche se finora neppure loro, "da arabi", sono "riusciti a convincere" i capi del Movimento di Resistenza Islamica della "necessita' di una riconciliazione palestinese". Stando a Frattini, "la verita' e' che Hamas non la vuole", e dunque "noi dobbiamo trattare con il presidente legittimo" dell'Autorita' Nazionale Palestinese: cioe' con il moderato Mahmoud Abbas alias Abu Mazen, che Frattini ha riferito di aver "fatto visitare proprio in questi giorni" da un suo emissario; il leader dell'Anp, ha aggiunto, "ha ringraziato l'Italia per quanto sta facendo".
(AGI, 9 gennaio 2009)
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Ebrei in Europa organizzano manifestazioni pro-Israele
Iniziative per rispondere a quotidiani incidenti antisemiti
ROMA, 9 gen. (Apcom) - Le comunità ebraiche in Europa si mobilitano per rispondere ai quotidiani incidenti antisemiti e alle manifestazioni di protesta contro Israele. Secondo quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz, le comunità ebraiche in Belgio e in Olanda hanno deciso di organizzare delle iniziative in sostegno dell'offensiva israeliana contro Hamas nella Striscia di Gaza. Analoghe iniziative sono state organizzate dalle comunità ebraiche in Gran Bretagna, in Germania e in Italia.
Gli ebrei olandesi scendono in piazza oggi all'Aia, dopo che in settimana un parlamentare olandese ha lanciato un appello per una nuova "Intifada" per "liberare la Palestina". La comunità belga ad Anversa manifesterà invece dopodomani in un parco nel centro della città. L'altro ieri 500 ebrei hanno protestato davanti all'ambasciata iraniana a Bruxelles.
Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli attacchi antiebraici in Belgio. La casa di un ebreo residente in un quartiere di immigrati ad Anversa è stata parzialmente incendiata. Attaccata con una bomba incendiaria una sinagoga a Charleroi, mentre alcuni sconosciuti hanno provato ad appiccare un fuoco in una sinagoga a Bruxelles. "Ci sono delle relazioni tra questi episodi e le immagini di incitamento trasmesse dalle tv arabe", commenta l'ex parlamentare belga Claude Marinower, una delle personalità di spicco della comunità ebraica di Anversa. La situazione non ha però raggiunto un livello d'allarme tale da spingere "gli ebrei a non avventurarsi in strada".
(Virgilio Notizie, 9 gennaio 2009)
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Hamas fa leva sui suoi civili e sulla nostra emotività
L'intervento militare a Gaza provoca un gran numero di vittime civili. Questa tragica conseguenza causa sdegno, avversione verso Israele, dichiarazioni ostili di alti magisteri spirituali e politici per una situazione che di volta in volta si presta a interpretazioni, a prese di posizione e a giudizi che l'asperità delle polemiche non aiuta a comprendere.
Molti si sono spesi nella spiegazione delle buone ragioni d'Israele. Molti meno hanno avuto il coraggio di affrontare lo scabroso tema delle vittime civili. Non mi riferisco alla generale espressione del sentimento incomprimibile di pena e di sofferenza nel sapere e vedere tanti nostri simili uccisi, feriti, dilaniati. Né discuto che questo possa far velo al ragionamento. Tuttavia ragionare è doveroso e pochi - mi pare - lo stanno facendo.
Il ragionamento dice che un esercito regolare e ben armato preferisce uno schema di guerra tradizionale: soldati contro soldati. Un'organizzazione paramilitare e terroristica, inferiore in armamenti, dà il meglio di sé nella guerriglia, nella commistione con la popolazione civile, celando le sue fonti offensive in case, moschee, edifici pubblici, costringendo il nemico al combattimento casa per casa. Il ragionamento dice che un'organizzazione paramilitare e terroristica, lontana per cultura dal rispetto della vita umana, che come metodo di lotta arma bombe umane e le scaglia contro popolazioni inermi, miscelandosi abilmente fra donne e bambini, mette ben in conto le perdite di civili, vi confida, sceglie proprio essa quel campo di battaglia, quelle conseguenze.
Vi confida e fa quella scelta perché essa garantisce un indubbio vantaggio sul campo ed è la più formidabile arma nella guerra della comunicazione con la quale si punta alla sollevazione, a proprio favore, della pietas delle società avanzate che ben conoscono il valore della vita umana e il dovere del suo rispetto. Il ragionamento ci dice che su questo piano altre guerre furono vinte dal meno forte giocando proprio sulla pressione mediatica, sull'irrazionale anziché sulla ragione. Essere emotivi è insomma prestarsi al gioco di chi vuole e usa come arma la strage di civili. Se poi quanti programmano e progettano una simile guerra che prevede come perno essenziale per la vittoria il sacrificio della vita di chi non combatte, ottengono il consenso popolare frutto di elezioni democratiche - come ci ricorda spesso l'onorevole D'Alema - beh
questo dovrebbe stimolare ancora di più a ragionare prima che a tifare.
(Il Tempo, 9 gennaio 2009)
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Gaza: Cecchino di Hamas ha sparato su un convoglio Onu
ROMA, 9 gen. (Apcom) - E' stato un cecchino di Hamas e non un carro armato israeliano ad aprire il fuoco ieri su un convoglio delle Nazioni Unite durante la "tregua umanitaria", uccidendo un autista palestinese. Lo riferisce un medico del Magen David Adom (la Croce rossa israeliana), secondo quanto riporta il Jerusalem Post.
Il medico, che ha parlato in condizione di anonimato, ha detto di aver trasportato altri due palestinesi rimasti feriti nell'incidente presso l'ospedale Barzilai di Ashkelon, e di aver ricevuto le informazioni sulla dinamica dell'incidente da soldati che si trovavano sul posto.
Adnan Abu Hasna, portavoce dell'agenzia Onu per i rifugiati (Unrwa) a Gaza, aveva invece detto ieri che il convoglio era stato colpito dalle forze israeliane durante la pausa di tre ore dei bombardamenti, dichiarata da Israele per consentire la consegna degli aiuti. Ma come scrive il Jerusalem Post, lo stesso direttore dell'Unrwa a Gaza, John Ging, ha detto di non essere del tutto certo che l'attacco sia giunto dalle forze israeliane.
Inoltre, come ha precisato al Jerusalem Post il portavoce dell'Onu in Israele, Richard Miron, l'Unrwa non sospenderà tutte le sue operazioni nella Striscia di Gaza - come annunciato da Adnan Abu Hasna subito dopo l'incidente -, ma solo quelle relative agli aiuti umanitari.
(tendenzeonline.info, 9 gennaio 2009)
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Inquietante l'antisemitismo a Senigallia
"Esprimo sdegno e preoccupazione per il corteo di chiara ispirazione antisemita avvenuto nei giorni scorsi a Senigallia".
E' preoccupante soprattutto il fatto che ci siano stranieri in questa città che esprimano solidarietà ad Hamas i cui miliziani, è bene ricordarlo, hanno aggredito Israele con un continuo (e mai cessato) lancio di missili tra la popolazione civile.
Esprimo solidarietà alla comunità ebraica senigalliese offesa da questa inquietante iniziativa dei soliti facinorosi appoggiati, questa volta, da alcuni stranieri presenti in città.
Perché un conto è esprimere preoccupazione per i civili colpiti (ma sarebbe bene dimostrare la stessa sofferenza verso i civili israeliani), altro conto è schierarsi con i palestinesi di Hamas definendoli "aggrediti". La verità è un'altra e nessun corteo antisemita potrà ribaltarla.
Roberto Paradisi
(Vivere Senigallia, 9 gennaio 2009)
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Cari cittadini del mondo
di Rotem Yacobi
Cari cittadini del mondo,
l'altro mercoledì, vigilia del nuovo anno, me ne stavo seduto nel mio appartamento a Beer Sheva e si considerava se uscire o no per festeggiare il capodanno. Improvvisamente sono suonate le sirene. Sono corso giù per le scale nel rifugio del nostro edificio, dove sono stato raggiunto da altre due famiglie coi bambini terrorizzati, una coppia di anziani e due studenti universitari vestisti da festa che a quel punto hanno deciso starsene a casa. Siamo rimasti seduti in silenzio, ascoltando la sirena e aspettando di sentire l'esplosione. Qualche minuto dopo la detonazione, siano tornati ai nostri appartamenti....
(israele.net, 9 gennaio 2009)
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Di Segni critica il cardinal Martino
«Condivido l'angoscia per tutte le popolazioni sottoposte a bombardamenti, dall'una e dall'altra parte, ma spero che definire la striscia di Gaza un campo di concentramentò sia stato solo uno scivolone linguistico». Lo ha dichiarato oggi il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Di Segni, intervenendo in merito alle dichiarazioni del cardinale Renato Raffaele Martino. Per Di Segni l'analogia «è pericolosamente inopportuna, se non di cattivo gusto, perchè, nei campi non c'erano milizie armate che sparavano missili».
Di Segni ha ricordato inoltre che allora «le persone che vestivano la stessa porpora del cardinal Martino non fecero alcuna esternazione». «Vittime dell'integralismo islamico in Palestina - ha concluso Di Segni- sono proprio le popolazioni cattoliche, ma paradossalmente da parte del mondo cattolico non c è denuncia nei confronti di questi estremismi la protesta è indirizzata contro Israele e la memoria storia degli ebrei».
(AMI, 8 gennaio 2009)
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Gaza: Onu, accordo raggiunto per una risoluzione sulla tregua
Un accordo di massima e' stato raggiunto tra paesi occidentali e arabi su una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu su un cessate il fuoco a Gaza. Lo ha indicato a un gruppo di giornalisti del Palazzo di Vetro una fonte diplomatica di uno dei principali paesi della Lega Araba.
Il segretario generale della Lega Araba Amr Mussa, ha confermato l'accordo di massima su un cessate il fuoco a Gaza, e prevede che un voto sulla bozza di risoluzione ora sul tavolo del Consiglio di Sicurezza si verifichera' entro oggi al Palazzo di Vetro. ''C'e' accordo, e stiamo lavorando sui dettagli'', ha precisato Mussa In base alle prime indicazioni, il testo di compromesso tra occidentali ed arabi recita che il Consiglio di Sicurezza ''chiede e sottolinea l'urgenza di una cessate il fuoco immediato, duraturo e rispettato da tutti'', chiedendo inoltre ''l'immediato ritiro delle forze armate'' e la fornitura di aiuti alimentari ed umanitari. Secondo alcune fonti la presidenza di turno francese del Consiglio non vorrebbe una approvazione cosi' immediata della bozza sul tavolo, in modo da permettere al presidente Nicolas Sarkozy di avere piu' tempo a disposizione per ottenere l'adesione al piano franco-egiziano di cessate il fuoco.
(ANSA, 8 gennaio 2009)
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Presidenza Ue minimizza la gravita' del lancio razzi dal Libano
PRAGA, 8 gen - Il capo della diplomazia ceca Karel Schwarzenberg, il cui Paese e' presidente di turno dell'Unione europea, ha minimizzato la gravita' del lancio di razzi dal Libano contro il nord di Israele, spiegando che non si tratta dell'inizio di un'offensiva di Hezbollah.
''Ci sono stati talmente pochi razzi che ho l'impressione che Hezbollah abbia cercato di dimostare che esiste ancora'', ma ''per il momento avrebbero molto paura a iniziare una vera guerra con Israele'', ha dichiarato in una conferenza stampa a Praga.
Il ministro ceco ha allo stesso tempo riconosciuto i legami tra Hezbollah e Hamas, affermando che i due movimenti sono sottoposti alla ''stessa influenza - in un'allusione all'Iran - sono sostenuti dalle stesse potenze e percio' c'e' una certa interdipendenza''.
(ASCA-AFP, 8 gennaio 2009)
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Ronchi: Hamas ha rotto tregua, Israele si difende
ROMA, 8 gen - "E' stata l'organizzazione terroristica Hamas a rompere la tregua, lanciando centinaia di missili in pochi giorni contro lo Stato di Israele. Israele aveva il diritto-dovere di difendere i suoi confini e la sicurezza dei suoi cittadini". Lo dice al Tg1 il ministro per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi. "Vorrei ricordare - aggiunge Ronchi - che proprio Hamas ha nella sua carta fondamentale lo scopo di distruggere lo Stato di Israele. Come possiamo quindi mettere sullo stesso piano uno Stato democratico ed una organizzazione terroristica?".
(AGI, 8 gennaio 2009)
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Pacifici: Alla manifestazione solo chi non parla con Hamas
Nessun invito a D'Alema, immaginavamo non gli sarebbe interessato
ROMA, 8 gen. (Apcom) - Alla manifestazione di sabato sera a Roma organizzata dalla Comunità ebraica sono stati invitati solo coloro che hanno riconosciuto che con Hamas non si tratta. Lo spiega in una intervista al Corriere della Sera il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, replicando anche alle critiche arrivategli da Massimo D'Alema.
"Non è che siano stati invitati tutti tranne D'Alema. Abbiamo fatto delle valutazioni e chiamato chi, pur con posizioni diverse, ha riconosciuto che con Hamas e i Fratelli musulmani non si può trattare. Abbiamo invitato anche Veltroni, lo sentirò di persona".
D'Alema "non l'abbiamo invitato perché immaginavamo non gli sarebbe interessato. Mettiamola così: D'Alema ha il diritto di esprimere la sua opinione e noi di dissentire, punto. Nessuno lo ha mai chiamato antisemita, non lo è e sarebbe bugiardo chi lo dicesse. Però ritengo che non abbia simpatia per Israele né per il suo diritto a esistere".
(Virgilio Notizie, 8 gennaio 2009)
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Gaza: altri undici razzi sul sud d'Israele, nessun ferito
ASHKELON, 8 gen. - Mentre dal Libano meridionale la parte nord d'Israele tornava sotto l'attacco di 'katyusha', almeno altri undici razzi lanciati dalla Striscia di Gaza, malgrado le operazioni militari in corso su tutto il minuscolo territorio, sono piombati dalla mezzanotte scorsa sul sud del territorio dello Stato ebraico: lo hanno riferito fonti della polizia locale, secondo cui gli assalitori dall'enclave palestinese hanno preso di mira sia Ashkelon e Ashdod, lungo la costa mediterranea, sia le localita' e i kibbutz del settore ovest nel deserto del Negev. Si trattava non solo dei rudimentali 'Qassam II', imprecisi e dalla portata limitata, ma anche dei piu' potenti 'Grad' di fabbricazione sovietica. Tutti gli ordigni sono comunque caduti in zone isolate, senza provocare alcuna nuova vittima: gli abitanti hanno fatto in tempo a ripararsi negli appositi rifugi.
(AGI, 8 gennaio 2009)
COMMENTO - Tutti gli ordigni sono comunque caduti in zone isolate, senza provocare alcuna nuova vittima: gli abitanti hanno fatto in tempo a ripararsi negli appositi rifugi. Tutti coloro che hanno pregato precisamente anche per questo, hanno motivo per ringraziare il Signore. E per continuare a pregare.
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Israele: contro pregiudizi e diffidenze, la fede di un popolo
di Giorgio Israel
Ogni qualvolta si riapre la ferita purulenta della crisi mediorientale riemerge il solito doloroso problema: le mezze parole che nascondono un equilibrio apparente e, in realtà, lo squilibrio verso una parte, e poi la disinformazione, il riproporsi infinito degli stessi pregiudizi, le diffidenze, le incomprensioni, l'ignoranza della storia, dei sentimenti e delle ragioni altrui.
Ne trovo tristemente le tracce anche su questo giornale informatico. Per esempio, leggo in un'intervista di Luigi Geninazzi: «Quando si dice, a titolo di esempio, "ma cosa fareste voi italiani o voi francesi se vi tirassero missili dallo Stato vicino?", è una domanda sbagliata, perché la Striscia di Gaza non è uno Stato vicino! Sono territori che fino a qualche tempo fa erano tecnicamente occupati. E giuridicamente lo sono ancora, perché è stato Israele a occuparli e non può trattare quell'offensiva alla stregua di un attacco esterno. Israele ha diritto di difendersi, ma non può farlo continuando a occupare dei territori».
Leggo e mi stropiccio gli occhi. È vero che Gaza era occupata, fino al 2005. Ma da allora non lo è più. Come si può seriamente raccontare al lettore che "giuridicamente lo è ancora"? Lo si vada a chiedere al governo di Hamas che controlla Gaza sotto ogni aspetto, se quei territori non sono sottratti al controllo di Israele! E che diamine vuol mai dire che un territorio è giuridicamente ancora di Israele perché è stato Israele a occuparli? Allora bisognerebbe dire che i territori di tutto il mondo appartengono giuridicamente ancora a coloro che un tempo li occuparono
Se Trieste venisse bombardata dall'Istria l'Italia non potrebbe difendersi, perché un tempo occupava l'Istria. È un puro e semplice mascherarsi dietro un'argomentazione apparentemente "tecnica" e oggettiva per poter condannare Israele e negare il suo diritto a difendersi, in quanto "occupa territori". Se non li occupasse bisognerebbe inventarseli.
Nell'intervista del Cardinale Martino leggo: «le conseguenze dell'egoismo sono l'odio per l'altro, la povertà e l'ingiustizia. A pagare sono sempre le popolazioni inermi. Guardiamo le condizioni di Gaza: assomiglia sempre più ad un grande campo di concentramento». Forse bisognerebbe andarci piano con i confronti, ma se anche quella parola - campo di concentramento - fosse appropriata bisognerebbe specificare subito chi ne tiene le chiavi, chi sono i carcerieri. Altrimenti si rischia, restando nel vago, di dar credito alla parola d'ordine "Gaza come Auschwitz, ebrei come nuovi nazisti" tanto cara a certi movimenti di estrema sinistra filoislamista. Gaza poteva essere il primo nucleo del nuovo stato palestinese - dopo la fine dell'occupazione - e invece un movimento terrorista, Hamas, se ne è impadronito facendone una piattaforma di lancio per missili verso Israele e una base da cui si prepara il nuovo capitolo dello scontro con l'"entità sionista" da eliminare. Se non si parla chiaro, Eminenza, e non si dicono le cose con il nome e il cognome quell'ingiustizia che Lei giustamente depreca diventerà un nostro peccato.
Ho letto ieri, sempre qui, con profondo sconcerto e tristezza un articolo in cui, entro un rivestimento di parole pacate, si esprimevano concetti contundenti. Si spiegava che «la minoranza araba cristiana e l'esiguo gruppo di ebrei cristiani sono l'esempio della possibilità di superare le divisioni; insieme agli arabi e agli ebrei di buona volontà, che sono più numerosi di quanto appaia, ma ridotti al silenzio dagli altri resi ciechi dall'odio, o forse solo dalla paura». E già qui mi sono chiesto perché non parlare il linguaggio della verità. E la verità è che nessun ebreo di Palestina è ridotto al silenzio da altri "resi ciechi dall'odio o dalla paura". Israele è un paese democratico, dove si manifesta contro il governo, anche la minoranza araba lo fa, si inalberano cartelli senza censura, nessuno ha paura, nessuno è ridotto al silenzio da altri che "resi ciechi dall'odio" comandano. A Gaza sì, c'è un movimento, Hamas, che ha preso il potere con la violenza e chi dissente viene semplicemente ucciso. Questa è la verità.
Poi ho letto che «anche quest'anno in Terra Santa solo per i cristiani il Natale ha rappresentato un momento di pace, almeno nei cuori: per gli altri, solo un'occasione in più per la violenza». Certo, troppi arabi e israeliani sono stati travolti dalla violenza. Per una loro propensione di natura? Parrebbe di sì: «Eppure, la Palestina è terra santa anche per ebrei e musulmani, ma per essi è solo un territorio, un ricordo di fatti avvenuti, di un passato glorioso. Per i cristiani è la Memoria di un Fatto avvenuto, di un Dio che si è fatto uomo e che è tuttora con noi».
Ma davvero? Per duemila anni gli ebrei, alla fine della festa di Pesach (la Pasqua) chiudono con la frase: «L'anno prossimo a Gerusalemme». Lo fanno per ricordo di un passato glorioso, per tigna, per nostalgia paesaggistica? No. Gerusalemme è il luogo dello spirito per gli ebrei, Gerusalemme è la capitale della Torah, e il luogo dove la terra tocca il Cielo. Andate a Gerusalemme, su quello che è poi il Monte degli Ulivi dove Gesù tenne il celebre discorso: quello per duemila anni è stato il cimitero dove migliaia e migliaia di ebrei da tutto il mondo venivano a morire per essere più vicini al Cielo. Il grande poeta medioevale Yehuda Ha-Levi concluse la sua vita come tanti riuscendo a toccare il Muro Occidentale, unico resto del Grande Tempio distrutto dai romani. Qui fu trapassato con una lancia da un saraceno. Passeggiare tra quelle lapidi, negli ultimi decenni pietosamente restaurate, dopo che il governo giordano le aveva utilizzare per pavimentare strade o come urinatoi, dà il senso di che cosa è Gerusalemme per gli ebrei.
Chi abbia sensibilità e rispetto per la fede altrui e non indulga al nefasto impulso di trasformare la giusta adesione alla propria fede in denigrazione di quella altrui dovrebbe passeggiare per le strade di Gerusalemme, assistere a un tramonto, contemplare l'incredibile intreccio che si consuma sul suo territorio tra le tre religioni monoteiste. Tutto è in bilico tra il dramma e il miracolo, tra l'intolleranza e l'incomprensione.
Ma chi ha pagato il prezzo dell'incomprensione e della sottrazione della propria memoria e della propria spiritualità è stato soltanto l'ebraismo. Oggi, mentre dal 1967 i Luoghi Santi conoscono una libertà di accesso in precedenza mai vista, l'unica religione di cui si mettono i discussione i diritti sulla Terrasanta è l'ebraismo. Per taluni sarebbe puro attaccamento nazionalista, ostinato e anacronistico tentativo di ricreare un regno perduto. Altri - gli integralisti islamici - dicono semplicemente che gli ebrei in Terrasanta non ci sono mai stati, che è tutto un imbroglio, che un Tempio non è mai esistito, e così via.
Nel 2001 il Cardinale Ratzinger ammoniva che «un congedo dei cristiani dall'Antico Testamento avrebbe la conseguenza di dissolvere lo stesso cristianesimo» e invitava a un «rinnovato rispetto per l'interpretazione giudaica dell'Antico Testamento».
Ebbene, si segua questo ammonimento, leggendo e rileggendo la Bibbia. È un dovere per un cristiano che si rispetti capire che cosa sia il legame tra l'ebraismo e la Terrasanta e Gerusalemme in particolare. È un dovere, non un'opzione e non subordinato alla buona volontà di un ebreo. In tal modo si coglierà quale legame profondo - legame dello spirito e della carne - esista tra gli ebrei e la Terrasanta. Certo, oggi un simile legame deve conciliarsi con il rispetto delle altre fedi. Ma questo Israele ha dimostrato di saperlo fare come pochi.
Non ci si illuda però. C'è chi vuole la Terrasanta tutta per sé, ed è l'integralismo islamico. E vuole molto, molto di più. Il suo nemico non è soltanto l'ebraismo, bensì anche il cristianesimo, proprio nella misura in cui esso si radica nell'Antico Testamento, pena la sua dissoluzione. Perciò chi si illude di cavarsela lasciando gli ebrei per le peste è come quel signore che gioiva di essere l'ultimo della lista nel menu del coccodrillo.
Vorrei terminare incitando caldamente all'ascolto di questo sermone tenuto da un imam di Hamas:
Lo devono ascoltare non soltanto le scimmie e i porci che popolano la Palestina (gli ebrei), bensì anche coloro che hanno spedito laggiù queste scimmie e porci, ovvero i cristiani, le cui capitali - Roma, in primis - saranno presto conquistate.
Ascoltatelo con un occhio alle immagini della preghiera verso la Mecca sul sagrato del Duomo di Milano e di San Petronio a Bologna.
(ilsussidiario.net, 8 gennaio 2009)
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"Gaza è un campo di concentramento", scontro Vaticano - Israele
Santa Sede e Israele di nuovo ai ferri corti, mentre continua ad infuriare la battaglia a Gaza e si rende piu' problematico un viaggio del Papa in Terra Santa per il prossimo maggio. Oggi il card. Renato Raffaele Martino, presidente del 'Pontificio Consiglio Giustizia e Pace' e personaggio di spicco della Curia romana, ha osservato che la Striscia "assomiglia sempre di piu' ad un campo di concentramento".
- La risposta di Israele
- In serata, e' arrivata durissima la replica del governo israeliano, che ha accusato il porporato di usare la terminologia di "Hamas". In un'intervista al quotidiano on line 'ilsussidiario.net', Martino aveva stamane lanciato l'ennesimo appello del Vaticano al dialogo, affermando che per trovare una soluzione al conflitto occorre "una volonta' da tutte e due le parti, perche' tutte e due sono colpevoli". "Israeliani e palestinesi sono figli della stessa terra - aveva aggiunto - e bisogna separarli, come si farebbe con due fratelli". "Se non riescono a mettersi d'accordo, allora qualcun altro deve sentire il dovere di farlo. Il mondo - aveva spiegato - non puo' stare a guardare senza far nulla".
Fin qui, parole in linea con le esortazioni del Papa e di altri esponenti vaticani. Ma il paragone usato da Martino, "Gaza assomiglia sempre piu' ad un grande campo di concentramento" in cui "popolazioni inermi" pagano "le conseguenze dell'egoismo", e' apparso intollerabile alle orecchie del governo israeliano. "Fare affermazioni che sembrano provenire direttamente dalla propaganda di Hamas e ignorare gli impronunciabili crimini commessi da quest'ultimo, che con la violenza ha fatto deragliare il processo di pace e ha trasformato la Striscia di Gaza in un gigantesco scudo umano, non aiuta la gente ad avvicinarsi alla verita' e alla pace", ha scandito, in serata, in una dichiarazione all'agenzia France Presse il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Igal Palmor.
- Gli esponenti cattolici in Terra Santa
- A far montare l'irritazione israeliana hanno contribuito, con ogni probabilita', anche le dichiarazioni di numerosi esponenti della Chiesa cattolica di Terra Santa , i quali hanno sottolineato come Hamas debba essere considerato un interlocutore e non "un mostro" da Israele e dalla Comunita' Internazionale. Ultimo in ordine di tempo e' stato il vescovo di Nazareth, mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, che, lunedi' scorso, ha esortato lo Stato ebraico a "dialogare seriamente con i palestinesi, a partire da Hamas" se vuole arrivare veramente a una soluzione duratura. Marcuzzo, in una dichiarazione ad alcuni media italiani, ha anche avvertito che il protrarsi delle violenze a Gaza sta mettendo a rischio la prossima visita del Papa in Terra Santa poiche' la Santa Sede - ha detto - "sapra' certamente tirare le opportune conseguenze". Lo scambio di accuse odierne tra Gerusalemme e il card. Martino non facilitera' il compito dei diplomatici vaticani, palestinesi e israeliani impegnati nel definire il viaggio di Benedetto XVI in Israele, Giordania e Territori: una missione che presenta, al momento, troppe variabili incontrollabili.
(RaiNews24, 7 gennaio 2009)
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Barack Obama: "Molto preoccupato per le vittime civili a Gaza e Israele"
Barack Obama, il presidente eletto degli Stati Uniti, si è detto "preoccupatissimo" per le vittime civili a Gaza e in Israele. E' la prima volta che Obama, il quale fino ad oggi ha sempre detto che "c'è un solo presidente degli Stati Uniti alla volta", interviene direttamente sulla crisi in Medio Oriente. Ai giornalisti che lo seguono a Washington, il presidente eletto, parlando poco dopo la strage della scuola di Jabalya, ha spiegato che "la perdita di vite civili a Gaza e in Israele è per me fonte di grandissima preoccupazione". Obama non ha voluto aggiungere altro, spiegando che tornerà a parlare di politica estera dal 20 gennaio, data del suo insediamento alla Casa Bianca.
(RaiNews24, 7 gennaio 2009)
COMMENTO - Da giorni gli uomini di tutto il mondo scrutavano ansiosi le labbra di Barack Obama. Non parla. Perché non parla? Quando parlerà? Che cosa dirà? Perché ci tiene sulla corda? Dalle labbra del nuovo messia laico il mondo si aspettava una chiarificatrice parola di salvezza. Altri però osservavano che proprio quel silenzio era segno eloquente di una superiore saggezza che si sarebbe manifestata soltanto al momento opportuno. Il mondo doveva attendere. Attendere che il prossimo presidente della più potente nazione del mondo fosse entrato nel pieno potere delle sue funzioni. Ma latteso messia ha avuto misericordia della folla in attesa e ha voluto degnarla di una porzione, sia pur piccola, della sua immensa saggezza. Ha detto di essere preoccupatissimo per le vittime civili a Gaza e in Israele, e che "la perdita di vite civili a Gaza e in Israele è per lui fonte di grandissima preoccupazione"! Unautentica perla, una piccola anticipazione di quella superiore saggezza che fra non molto si manifesterà al mondo.
"Anche lo stolto, quando tace, passa per saggio" (Proverbi 17:28). M.C.
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Per Hamas c'è solo la sconfitta o la distruzione di Israele
di Charles Krauthammer
Su Gaza va fatta chiarezza morale. L'esercito israeliano ha avvertito con largo anticipo la popolazione palestinese dell'attacco. Hamas sfrutta i civili come bersaglio e ha come unico obiettivo la prosecuzione del conflitto. Nessuna tregua o diplomazia.
Migliaia di civili a Gaza hanno ricevuto un sms in lingua araba dall'esercito israeliano che consigliava di lasciare le case dove i miliziani di Hamas potrebbero aver nascosto delle armi....
(l'Occidentale, 7 gennaio 2009)
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Israele si sente piu' forte sul terreno e in diplomazia
Oded Eran: ristabilita capacita' di deterrenza Stato ebraico
GERUSALEMME, 7 gen. (Apcom) - Le armi ancora non tacciono ma Israele si sente piu' forte dopo 12 giorni di offensiva militare a Gaza. Giornali e televisione oggi, pur senza dare per scontato l'esito finale del conflitto con Hamas, lasciano trasparire una cauta soddisfazione non solo per l'andamento delle operazioni militari - che hanno causato la morte di centinaia di palestinesi - ma anche per gli scenari che la diplomazia lascia intravedere dalla scorsa notte. "Che cosa vogliamo ottenere?" domandava qualche giorno fa, sulle pagine del Jerusalem Post, il generale della riserva ed ex consigliere per la sicurezza nazionale Giora Eiland analizzando limiti e possibilita' dell'operazione "Piombo Fuso", cominciata il 27 dicembre. Il governo israeliano oggi gli ha risposto, almeno in parte, chiarendo che dalla "tregua permanente" a Gaza - che potrebbe nascere dal piano Mubarak-Sarkozy - si attende la fine definitiva dei lanci di razzi contro le citta' del sud del Paese e il blocco del traffico di armi a favore di Hamas.
Cosa sia disposto a concedere in cambio non si sa. Lo Stato ebraico peraltro potrebbe accogliere il suggerimento giunto proprio da Eiland: non interrompere il blocco su Gaza - il motivo per cui Hamas afferma di non aver rinnovato la tregua con Israele scaduta il 19 dicembre - in modo da avere in mano una merce di scambio per ottenere la liberazione di Ghilad Shalit, il caporale catturato nel giugno 2006 da miliziani palestinesi e da allora tenuto prigioniero nella Striscia. Nel frattempo Hamas, convinto che comunque vada a finire continuera' ad avere un ruolo decisivo nel futuro di Gaza, ha gia' fatto sapere che non accettera' una tregua permanente senza la riapertura dei valichi commerciali tra Gaza e Israele. E a chi lo considera gia' sconfitto, fa sapere di avere ancora buone carte da giocare, senza dimenticare che i miliziani islamici continuano a lanciare razzi verso Israele.
"I termini di un eventuale cessate il fuoco permanente sono ancora da definire ma su un punto credo che non ci siano dubbi: Israele ha ristabilito il suo potere di deterrenza verso i suoi nemici e i movimenti ostili", ha detto oggi Oded Eran, direttore dell'Istituto per la Sicurezza Nazionale di Israele ed ex ambasciatore dello Stato ebraico presso l'Unione europea e in Giordania. "I nostri nemici - ha spiegato durante un incontro con un gruppo di giornalisti stranieri - hanno compreso che Israele e' pronto a prendere senza esitazione tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza nazionale. Anche (il movimento sciita) Hezbollah, che pure afferma di aver vinto la guerra (contro Israele) nel 2006, sta tenendo una posizione prudente perche' sa che non potrebbe sopportare un'altra guerra con Israele e perche' l'Iran, suo sponsor, ha bisogno di tranquillita' per continuare a sviluppare il suo programma atomico".
Proprio oggi il leader Hezbollah, Hassan Nasrallah, durante una manifestazione in sostegno dei palestinesi tenuta dal suo movimento a Beirut, ha detto che "tutte le possibilita' sono aperte" alludendo all'apertura di un fronte di battaglia al confine tra il Libano e Israele. Parole che non hanno colpito Eran e altri analisti israeliani, convinti che Hezbollah evitera' di scendere in campo militarmente per aiutare Hamas a Gaza.
Secondo Eran il governo Olmert "ha imparato la lezione dagli errori commessi nel 2006 durante la guerra in Libano del sud e non li ha ripetuti". Tra i risultati dell'operazione "Piombo fuso", ha spiegato, c'e' il sostegno che Israele ha ricevuto non solo dai paesi occidentali ma anche da qualche Stato arabo. "L'Egitto - ha spiegato l'analista - nonostante le pressioni interne e la forza d'urto della campagna militare a Gaza, ha ribadito la sua posizione molto critica di Hamas. La Giordania, da parte sua, ha minacciato di rivedere le relazioni con Israele ma sono soltanto dichiarazioni di circostanza che non avranno seguito".
Secondo Eran "Piombo fuso" non ha intaccato le possibilita' di una ripresa del negoziato di pace con la Siria mentre il governo che uscira' dalle elezioni israeliane del prossimo 10 febbraio, qualunque sia il suo colore, preferira' negoziare con il presidente palestinese Abu Mazen un accordo parziale, lasciando ad una fase successiva le trattative sui nodi storici del conflitto in Medio Oriente.
(Virgilio Notizie, 7 gennaio 2009)
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Barbari e mano pesante
Nella superaffollata Gaza, Israele predilige azioni notturne e bersagli mirati per limitare le vittime civili
Se l'offensiva israeliana fosse indiscriminata, i morti tra la popolazione di Gaza sarebbero già migliaia e non poco più di un centinaio. La fase aerea è durata dieci giorni: lancio di bombe e missili guidati, armi di precisione che hanno colpito gli obiettivi prioritari situati quasi tutti in mezzo alle case. Gaza è l'angolo di mondo a più alta densità abitativa e se il quartier generale di Gerusalemme non avesse studiato al meglio ogni singola incursione, i "danni collaterali" sarebbero stati davvero ingenti. Le prime fasi dell'offensiva terrestre confermano la volontà di Israele di prolungare i tempi proprio per limitare le perdite e rendere l'operazione più accettabile agli occhi della comunità internazionale.
Evitando un blitz travolgente ma sanguinoso gli israeliani circondano un quartiere dopo l'altro impedendo ai miliziani di ricevere rifornimenti, individuando gli edifici da colpire e attaccando i bersagli discriminati. Una tattica che sta mettendo Hamas in difficoltà al punto che la propaganda jihadista cerca di attribuire all'astuzia dei propri miliziani la morte di quattro soldati israeliani causata dal fuoco amico. Il fatto che (per ora) gli israeliani abbiano registrato una cinquantina di feriti e sei caduti, dei quali ben quattro colpiti dai loro commilitoni, dimostra la scarsa efficacia di Hamas. Se Tsahal attaccasse in modo indiscriminato, l'artiglieria avrebbe gioco facile nel radere al suolo i centri abitati, risparmiando molti rischi ai fanti ma facendo strage della popolazione.
Negli spazi ristretti tra vicoli e abitazioni, è più facile compiere errori e i casi di "blue on blue" diventano più frequenti così come la distanza ravvicinata offre a Hamas la possibilità di utilizzare cecchini, ordigni stradali e attentatori suicidi. Queste minacce provocarono tra gli americani una novantina di caduti a Fallujah proprio perché in quella battaglia urbana un obiettivo non secondario era limitare le perdite civili, anche esponendo maggiormente i soldati. Hamas punta sulla "strage" nella speranza che le pressioni europee inducano Israele a fermare la sua reazione "sproporzionata". Le operazioni militari devono essere efficaci, non "proporzionate", dicono i vertici militari israeliani, e portare alla neutralizzazione del nemico, senza limitarsi a "rispondere" alle sue aggressioni. Piuttosto, è Hamas a condurre attacchi indiscriminati colpendo volutamente città e villaggi del Negev invece di obiettivi militari. I jihadisti lanciano razzi per uccidere la popolazione israeliana, mentre Tsahal colpisce soltanto per sbaglio civili palestinesi nel tentativo di eliminare i miliziani che spesso se ne fanno scudo. Una differenza non di poco conto che molti in Europa non sembrano aver colto.
(Il Foglio, 7 gennaio 2009)
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Hamas spara dalle scuole
Hamas ha finora cercato di evitare il più possibile scontri diretti con i soldati israeliani entrati nella striscia di Gaza preferendo piuttosto nascondersi nei quartieri densamente abitati dalla popolazione civile palestinese. È quanto avevano affermato delle fonti palestinesi ad Haaretz lunedì, cioè prima della tragedia della scuola di Jebaliya.
Hamas, dicevano le fonti palestinesi citate, preferisce sparare dalle case, lasciando che sia la popolazione locale a subire i colpi della controffensiva israeliana. Nel riferirlo, le fonti palestinesi esprimevano una forte condanna di Hamas, sottolineando come la sua decantata "fiera resistenza" contro qualunque incursione di terra israeliana si fosse rivelata una promessa senza fondamento.
Sempre le stesse fonti sostenevano che l'alto tasso di perdite civili rispetto a quelle dei miliziani è dovuto appunto alla scelta di Hamas di nascondere i propri combattenti nei quartieri civili anziché affrontare le truppe israeliane al di fuori di essi....
(israele.net, 7 gennaio 2009)
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Peres: vogliamo porre fine al terrorismo
GERUSALEMME, 7 gen. (Adnkronos) - Israele non intende estendere o prolungare la guerra a Gaza: l'obiettivo dell'attacco contro i militanti di Hamas e' quello di evitare di stare sotto assedio da parte dei terroristi. Ad affermarlo - in un'intervista all'emittente britannica Sky News - e' stato oggi il presidente israeliano Shimon Peres. "Noi non siamo alla ricerca di un cessate il fuoco, ma di una cessazione del terrore", ha dichiarato il capo dello stato israeliano, annunciando tuttavia che il piano per una tregua delineato dal presidente egiziano Hosni Mubarak e dal capo dello stato francese Nicolas Sarkozy e' attualmente oggetto di un'attenta analisi da parte delle autorita' del suo paese. Peres ha quindi ribadito che l'attacco sui militanti di Hamas e' destinato ad impedire che Israele sia "sia sotto l'assedio dei terroristi". Il presidente israeliano - si legge sul sito di 'Haaretz' - ha poi affermato che Israele sta considerando le condizioni umanitarie a Gaza, ma ha addossato ad Hamas la responsabilita' della sofferenza degli 1,5 milioni di palestinesi che vivono nella regione. "Vogliamo che hamas comprenda che cio' che sta facendo ha un prezzo", ha aggiunto, in riferimento agli attacchi di razzi contro il territorio israeliano. "Se i terroristi impareranno una lezione", ha concluso, "saremo tutti vincitori".
(Il Tempo, 7 gennaio 2009)
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Ostaggi di Hamas
di Bernard Henry-Levy
Non essendo un esperto militare, mi astengo dal giudicare se i bombardamenti israeliani su Gaza potevano essere più mirati, meno intensi. Poiché da decenni non sono mai riuscito a distinguere fra morti buoni e cattivi o, come diceva Camus, fra «vittime sospette» e «carnefici privilegiati», sono evidentemente sconvolto, anch'io, dalle immagini dei bambini palestinesi uccisi. Detto questo, e tenuto conto del vento di follia che, una volta di più, come sempre quando si tratta di Israele, sembra impadronirsi di certi mass media, vorrei ricordare alcuni fatti.
1) Nessun governo al mondo, nessun altro Paese se non l'Israele attuale, vilipeso, trascinato nel fango, demonizzato, tollererebbe di vedere migliaia di granate cadere, per anni, sulle proprie città: in questa vicenda, la cosa più sorprendente, il vero motivo di stupore non è la «brutalità» di Israele, ma, letteralmente, il fatto che si sia trattenuto così a lungo.
2) Il fatto che i Qassam di Hamas, e adesso i suoi missili Grad, abbiano provocato così pochi morti non prova che siano missili artigianali, inoffensivi o altro, ma che gli israeliani si proteggono, vivono rintanati nelle cantine dei loro edifici, nei rifugi: un'esistenza da incubo, in sospeso, al suono delle sirene e delle esplosioni. Sono stato a Sderot, lo so bene.
3) Il fatto che le granate israeliane facciano, al contrario, tante vittime non significa, come sbraitavano i manifestanti dello scorso week-end, che Israele si abbandoni a un «massacro» deliberato, ma che i dirigenti di Gaza hanno scelto l'atteggiamento inverso, di lasciare quindi le loro popolazioni esposte: una vecchia tattica dello «scudo umano » che fa sì che Hamas, come Hezbollah 2 anni fa, installi i propri centri di comando, i depositi d'armi, i bunker nei sotterranei di abitazioni, ospedali, scuole, moschee. Tattica efficace ma ripugnante.
4) Fra l'atteggiamento degli uni e quello degli altri esiste comunque una differenza capitale che non hanno diritto di ignorare coloro che vogliono farsi un'idea giusta e della tragedia e dei mezzi per porvi fine: i palestinesi sparano sulle città, in altre parole sui civili (e questo, in diritto internazionale, si chiama «crimine di guerra»); gli israeliani prendono come bersaglio obiettivi militari e, senza volerlo, provocano terribili danni civili (e questo, nel linguaggio della guerra, ha un nome: «danni collaterali» che, se pur orrendo, rimanda a una vera dissimmetria strategica e morale).
5) Poiché bisogna mettere i puntini sulle i, ricordiamo ancora un fatto al quale stranamente la stampa francese non ha dato risalto e di cui non conosco alcun precedente, in nessun'altra guerra, da parte di nessun altro esercito: le unità de Tsahal, durante l'offensiva aerea, hanno sistematicamente telefonato (la stampa anglosassone parla di 100.000 chiamate) ai cittadini di Gaza che vivono nei pressi di un bersaglio militare per invitarli ad andarsene. Che questo non cambi nulla rispetto alla disperazione delle famiglie, alle vite stroncate, alla carneficina, è evidente; ma che le cose si svolgano così non è, tuttavia, un dettaglio totalmente privo di senso.
6) Infine, quanto al famoso blocco integrale, imposto a un popolo affamato, che manca di tutto e precipitato in una crisi umanitaria senza precedenti (sic), di fatto non è proprio così: i convogli umanitari non hanno mai smesso di transitare, fino all'inizio dell'offensiva terrestre, per il punto di passaggio Kerem Shalom; solamente nella giornata del 2 gennaio, 90 camion di viveri e di medicinali hanno potuto, secondo il New York Times, entrare nel territorio. Tengo a ricordare (infatti, è inutile dirlo, anche se, secondo alcuni, sia meglio dirlo
) che gli ospedali israeliani continuano, nel momento in cui scrivo, ad accogliere e curare, tutti i giorni, i feriti palestinesi. Speriamo che i combattimenti cessino al più presto. E speriamo che al più presto i commentatori tornino in sé. Allora scopriranno che sono tanti gli errori commessi da Israele negli anni (occasioni mancate, lungo diniego della rivendicazione nazionale palestinese, unilateralismo), ma che i peggiori nemici dei palestinesi sono quei dirigenti estremisti che non hanno mai voluto la pace, mai voluto uno Stato e hanno concepito il proprio popolo solo come strumento e ostaggio (immagine sinistra di Khaled Mechaal il quale, il 27 dicembre, mentre si precisava l'imminenza della risposta israeliana tanto desiderata, non sapeva far altro che esortare la propria «nazione» a «offrire il sangue di altri martiri», e questo lo faceva dal suo confortevole esilio, ben nascosto, a Damasco). Oggi, delle due l'una. O i Fratelli musulmani di Gaza ristabiliscono la tregua che hanno rotto e dichiarano caduca una Carta fondata sul puro rifiuto dell'«Identità sionista», raggiungendo il vasto partito del compromesso che, Dio sia lodato, non smette di progredire nella regione, e allora la pace si farà. Oppure si ostinano a vedere nella sofferenza dei loro compagni solo un buon carburante per le loro passioni riacutizzate, il loro odio folle, nichilista, senza parole, e allora bisognerà liberare non solo Israele, ma i palestinesi, dall'oscura influenza di Hamas.
(Corriere della Sera, 7 gennaio 2009 - trad. Daniela Maggioni)
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Hebron e quel voto ad Hamas: "Oggi non lo daremmo più"
di Luciano Gulli
HEBRON - Nessuno, nella città di Abramo (e di Isacco, di Sara e Rebecca) ha mai sentito parlare di un proverbio palermitano a base di giunchi che si chinano quando passa la piena. Dunque dev'essere stata la saggezza dei Patriarchi, che promana dall'apposita Grotta dove secondo la tradizione sono sepolti i Profeti d'Israele, ad aver riverberato infine sulle decine di migliaia di scervellati che nell'inverno di tre anni fa, alle politiche, decretarono il trionfo di Hamas.
Una volta i futuri ministri e sottosegretari di quello che poi sarebbe diventato il primo ministro Ismail Haniyeh, oggi missing, si spintonavano sotto le telecamere dell'Europa e dell'America per guadagnarsi un minimo di visibilità. Oggi, anche solo trovare un portaborse disposto a parlare di quella dissennata euforia, o un quidam disposto ad ammettere di aver dato il voto alla cosca perdente di Gaza, devi girare con la pila (non essendo più tempo di lanternini).
Certo per molti, in una città ormai saldamente in pugno all'Anp, come testimoniano le gigantografie di Abu Mazen che ne sorvegliano i boulevards, e i poliziotti ingualdrappati di nero che giocherellano agli incroci con certi manganelli lunghi così, gioca la paura di ritorsioni. Degli israeliani e dei fratelli di Al Fatah. E però, più delle ritorsioni ha potuto la convinzione, cresciuta negli ultimi due anni, di aver riposto le proprie speranze nell'urna sbagliata. E non è neppure che tutti la buttino in politica, come l'imprenditore edile Mohammed Nasser Al Tamimi, che sventolando l'indice verso il cielo ricorda che l'islam «è contro la violenza». E che dunque i maggiorenti di Hamas, che a Gaza si sono guadagnati il palcoscenico cacciando quelli di Al Fatah a raffiche di mitra «non seguono la nostra religione, ma i loro interessi. Volevano il potere, esattamente come quelli di Al Fatah, ma almeno questi ultimi non avevano la faccia tosta di nascondersi dietro il Corano».
No, quelli di Hebron, prima città industriale e manifatturiera della Cisgiordania (il 70 per cento della lavorazione del marmo, il 60 per cento delle fabbriche di scarpe, il 36 per cento del prodotto interno lordo dei Territori occupati, ma anche il 40 per cento di disoccupati sul totale della forza lavoro) si sono disaffezionati al verbo di Hamas perché hanno visto la piega che il movimento ha preso. E non gli è piaciuta. Non è piaciuta agli industriali, ai commercianti, alla borghesia, ma anche al popolino che si è fatto due conti in tasca e ha visto che quando non si spara, e non c'è l'Intifada, si campa meglio e girano anche più palanche.
Sulla cornice che dà accesso alla città mi fermo a salutare Abu Shadi, proprietario della storica vetreria da cui i bicchieri escono ancora soffiati da vecchi mastri, passo per una filanda dove si confezionano keffiah e in una tipografia e ovunque vedo ordine, disciplina, ansia di normalità. Abu Shadi, che pure ebbe simpatia per Hamas, conferma. «Hebron è la città dell'altra Hamas, quella moderata - mi dice Abu Shadi lisciandosi i baffetti alla Fred Buscaglione -. Il mandato che noi cittadini di Hebron avevamo affidato ai candidati eletti puntava su due parole: cambiamento e riforme. Ed è finita con l'apparato di sicurezza di Hamas che ha preso il sopravvento, e dopo aver soppresso brutalmente gli oppositori di Al Fatah, come nelle guerre di mafia, ha stretto il pugno intorno alla gola della società civile».
Un colpo al cerchio e uno alla botte, come ci si attende da chi rappresenta i 250mila abitanti di Hebron, viene dal sindaco Khaled Osaily, 60 anni, uomo d'affari e vice presidente di una compagnia di investimenti che capitalizza 100 milioni di dollari. Indipendente, «ma certamente più vicino a Fatah che ad Hamas», Osaily è «contro ogni violenza» (di Hamas, leggi, ndr) «ma anche contro ogni embargo» (Israele che strangolava la Striscia). «Ma è una delle grandi tragedie palestinesi che Hamas non parli con Abu Mazen, che resta comunque il nostro presidente eletto».
Deluso, intimorito, tradito dai leader del partito («dove sono? Appena sono cominciati i bombardamenti hanno buttato via il telefonino, per non farsi intercettare e sono spariti come le talpe») si sente Nizzar Al Suleiman, fan della prima ora che l'ultima volta ha corso per le comunali. «Ormai - geme Nizzar, affranto davanti alle immagini in diretta che arrivano di Gaza - è un partito allo sbando, un gruppo che combatte per la sopravvivenza, in piena anarchia. Comandano i pistoleri che tengono sotto il loro controllo i quartieri. Ma non c'è più nessuno con cui parlare. Gente come Mahmoud Zahar, ma anche il primo ministro Ismail Haniyeh e il ministro dell'Interno Said Siam si stanno comportando come Osama Bin Laden e il suo braccio destro, Ayman Zawahiri. Le loro apparizioni pubbliche sono solo virtuali. Se devono dire una cosa registrano una cassetta e la fanno avere alle Tv arabe. Ma io non ho votato per Bin Laden»
(il Giornale, 7 gennaio 2009)
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Da un giornalista cristiano evangelico di lingua tedesca che da molti anni vive e lavora a Gerusalemme abbiamo ricevuto il seguente articolo.
«Soltanto chi grida con gli ebrei, può anche cantare in gregoriano»
di Johannes Gerloff
Prima di fare considerazioni in difesa dell'operazione israeliana "Piombo fuso", vorrei chiarire in modo inequivocabile alcune cose: io non sono "per" la guerra - neanche "per" questa guerra. Conosco persone a Gaza - cristiani e musulmani - che adesso si rintanano per la paura, e ho anche parlato con alcuni che lanciano razzi su Israele. Da anni sono testimone della paura degli israeliani. A Sderot c'è una piccola comunità di ebrei messianici con la quale sono in stretto contatto. Adesso trepidiamo insieme per i fratelli ebrei-messianici che rischiano la loro vita in uniforme nella Striscia di Gaza. Un indicibile dolore umano è collegato per me in questo conflitto con nomi e volti che mi sono cari - da entrambe le parti!
Ma so anche che in questa guerra esiste una disparità che poche volte viene nominata. Una parte mette spudoratamente in mostra la sua sofferenza davanti all'opinione pubblica mondiale, mentre l'altra parte cerca di difendere la dignità delle vittime di guerra. Ma a parte questo, la sofferenza umana non è mai stata un buon consigliere nella valutazione di una situazione di fatto. Un medico che si lasci prendere troppo emozionalmente dallo stato dei suoi pazienti, non sarà capace di operare. Inoltre, il conflitto mediorientale è un esempio paradigmatico di come l'osservazione particolare di singoli destini può deformare le connessioni di causa ed effetto. Chi vuole essere preso sul serio, deve capire i collegamenti storici e ideologici.
Considerando molto sobriamente le cose, la prima priorità del governo israeliano e del suo esercito è il benessere dei suoi propri cittadini, non dei palestinesi. Per otto anni gli israeliani che vivono vicini al confine con Gaza hanno dovuto osservare pazientemente come il governo provava tutta una serie di provvedimenti per far fronte al terrorismo che veniva da Gaza. E adesso queste persone devono vedere che il loro governo procura generi alimentari a quelli che sparano razzi su di loro. Se adesso l'esercito israeliano attacca duramente è perché il governo israeliano non vede più nessun'altra possibilità. Quello che si può davvero rimproverare al governo israeliano è il fatto di aver lasciato nei guai per così tanto tempo i suoi cittadini del nord del Negev, tenendo anche presente che dall'altra parte non c'era un partner disposto alla trattativa e ai compromessi, ma Hamas, che fondamentalmente esclude il diritto all'esistenza dello Stato ebraico. L'attacco a Gaza era un debito che lo Stato d'Israele aveva da lungo tempo con i suoi cittadini.
Dietrich Bonhoeffer una volta ha detto: «Soltanto chi grida con gli ebrei, può anche cantare in gregoriano». Questa frase è oggi più attuale che mai. Chi nei passati otto anni ha taciuto davanti alla sofferenza della popolazione israeliana, se adesso solleva critiche a Israele si rileva come ipocrita. Chi ha a cuore il bene dei palestinesi, adesso non deve far vedere quanto è bravo a criticare Israele, ma ricordare ai governanti palestinesi e ai politici arabi la loro responsabilità. Israele non permetterà mai che si metta in discussione la sua esistenza. Chi tranquillamente accetta che gli ebrei debbano lasciarsi terrorizzare, è corresponsabile delle conseguenze che arrivano quando Israele comincia a difendersi.
(Christlicher Medienverbund KEP, 6 gennaio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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I responsabili dell'OLP e di Fatah: Hamas è responsabile per la morte della sua gente
Dopo avere espresso solidarietà con le vittime di Hamas a Gaza, i responsabili dell'Autorità Palestinese, dell'OLP e di Fatah hanno criticato Hamas per la parte da loro avuta nell'escalation, che ha portato all'attacco israeliano. Hanno, inoltre, biasimato Hamas per non avere voluto ascoltare l'appello a estendere la tahdiah, per non essersi preparati adeguartamente in vista di un attacco israeliano e per avere mescolato le sue attività di governo con quelle di resistenza, cosa che li ha resi vulnerabili a un attacco alle sue istituzioni. Hamas ha, invece, accusato l'OLP e Fatah di collaborare con Israele...
(Agenzia Radicale, 6 gennaio 2009)
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Peres: gli europei aprano gli occhi su Hamas
GERUSALEMME, 6 gen. - (Adnkronos) - Gli europei 'dovrebbero aprire gli occhi' su Hamas e sostenere Israele nella sua offensiva contro la Striscia di Gaza. L'esortazione ad assumere un atteggiamento diverso e' arrivata dal presidente israeliano Shimon Peres, nel corso dell'incontro che ha avuto a Gerusalemme con la troika dell'Unione Europea. "L'Europa deve aprire gli occhi sugli scontri a Gaza - ha detto Peres - Nessuno dei Paesi europei sopporterebbe il lancio di razzi contro i propri cittadini e deve capire che Hamas e' un'organizzazione terroristica della peggiore specie, che usa donne e bambini come scudi umani".
(Il Tempo, 6 gennaio 2009)
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Che ne direste?
di Fiamma Nirenstein,
Miei cari amici,
mi sento molto confortata, in queste ore di guerra, dalla vostra chiarezza mentale e morale, dal vostro desiderio di difendere attivamente Israele. Ciascuno di noi, mi sembra, vorrebbe almeno far sentire all'opinione pubblica italiana ed europea che non esiste solo un punto di vista vaneggiante ed estremista come nella manifestazione di Milano, o saccente e ripetitivo, come sui giornali benpensanti, che gli italiani non sanno parlare solo quando non tengono in alcun conto le ragioni della vita e della democrazia, o ripetono con riflesso pavloviano le vecchie e disgustose maledizioni antisraeliane, le orride comparazioni col nazismo, gli slogan sull'apartheid, gli stereotipi antisemiti della sete di sangue degli ebrei. E' un'onda che cresce in questi giorni, e crescerà ancora.
La pena per i morti e feriti anche da parte palestinese è in ogni uomo di buona volontà, si capisce, ma non deve fare velo alla verità. Chi sarà pietoso col crudele, finirà per essere crudele col pietoso. Se mai, al giorno d'oggi, c'è stato uno scontro chiaro e definito fra il bene e il male, fra il diritto alla difesa e l'attacco, fra la democrazia e la dittatura, fra la cultura della libertà e quella dell'odio, fra un mondo che fa capo all'Iran e agli Hezbollah, quello del terrore internazionale, e il mondo liberaldemocratico... se è rimasto nella nostra cultura il sogno di battersi contro ciò che odia la democrazia, i diritti umani, il buon senso e infine anche la pace... se ci spinge il desiderio di contrapporsi ai luoghi comuni che dilagano in Europa nel consueto segno dell'odio contro Israele, questo è il momento....
(dal blog di Fiamma Nirenstein, 6 gennaio 2009)
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Francia: si moltiplicano gli atti antisemiti
Preoccupazione in Francia per il moltiplicarsi di minacce o atti antisemiti provocati dal conflitto in Medio Oriente è stata espressa, in due comunicati distinti, dall'Unione degli studenti ebrei di Francia (Uejf) e dall'Ufficio nazionale di vigilanza contro l'antisemitismo (Bnvca). «Non dobbiamo permettere che il conflitto influisca negativamente sul nostro vivere insieme», scrive il presidente dell'Uejf, secondo il quale dal 31 dicembre in Francia sono avvenuti quattro episodi a carattere antisemita: a Parigi sono stati infranti i vetri di un appartamento dove si trovavano persone con la kippa; a Bordeaux atti vandalici il 1 gennaio contro due negozi kasher; a Metz una manifestazione contro una sinagoga; a Tolone l'incendio di un'auto nel cortile di una sinagoga. Il Bnvca denuncia, in particolare, un atto di vandalismo contro l'auto del rabbino di Aubervilliers, nella regione parigina, il 28 dicembre, e la tenuta di «forum di discussioni ostili e minacciosi chiaramente antiebraici». «Noi riteniamo che questa situazione sia la conseguenza del conflitto tra Israele e Hamas, sfruttato da certi estremisti supporter del movimento islamo-terrorista con il pretesto di appoggiare il popolo palestinese, allo scopo di esprimere l'odio per Israele», scrive il Bnvca. Anche SOS Racisme, esprimendo preoccupazione per il degrado della situazione umanitaria a Gaza, ha chiesto che questo conflitto «non venga importato sul territorio francese». L'antisemitismo è un tema sensibile in Francia che conta una comunità ebraica di circa 600.000 persone. Nel 2004 l'allora premier israeliano Ariel Sharon aveva invitato gli ebrei di Francia ad emigrare in Israele per fuggire «un antisemitismo scatenato». Dichiarazioni che avevano suscitato proteste e polemiche. Successivamente un anno dopo Sharon aveva ringraziato Parigi per i suoi sforzi nella lotta contro l'antisemitismo.
(News-Impianti.com, 6 gennaio 2009)
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«Io, musulmano convertito dico: Hamas è soltanto una banda di torturatori»
di Silvia Kramar
Il racconto del figlio di un leader palestinese: "Il mio sogno da ragazzino è diventato un orrore"
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Mosab Hassan |
NEW YORK - «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici». Fu ascoltando la lettura di questo passaggio del Vangelo secondo Matteo che Mosab Hassan, nel cuore di Gerusalemme, capì di voler abbandonare Hamas.
Hassan era nato nelle strade di Ramallah e Hamas aveva sempre rappresentato i suoi sogni storici, l'immaginario religioso e le sue ambizioni represse di un ragazzino cresciuto nelle moschee dove si inneggiava l'odio dell'estremismo musulmano. Aveva giocato a pallone nel cimitero di Ramallah prima che fosse calpestato dai funerali dell'intifada. Hassan aveva sposato l'estremismo e la violenza spinti ai massimi livelli. Dopotutto lui era un «eletto», un ragazzino privilegiato poiché suo padre era lo sceicco Hassan Yousef, uno dei fondatori, nel 1987, di Hamas. Ma poi, dopo essere stato arrestato e dopo aver visto che l'odio di Hamas portava i sui leader a torturare anche i suoi confratelli, Hassan aveva rifiutato l'ideologia che ne aveva fatto un ragazzino che lanciava sassi contro i soldati israeliani e credeva negli attentati suicidi.
«Quando fui imprigionato nel carcere israeliano di Megida - ha raccontato Hassan al giornalista della rete televisiva Fox, Jonathan Hunt, che nei giorni scorsi ha bucato gli indici d'ascolto trasmettendo l'intervista - cominciai a riflettere. Mio zio Ibrahim Abu Salem, era un capo delle brigate di Hassam ed era imprigionato con me. I suoi uomini erano ossessionati dal dubbio che tra di noi ci fossero delle spie. Avevano istaurato un punteggio chiamato «punti rossi». Se uno si soffermava troppo a lungo nella doccia calcolavano che probabilmente era un collaborazionista dei servizi segreti israeliani. Poi, quando il punteggio raggiungeva una certa quota, partivano le torture. Sentivo le urla, di notte. Torturavano ragazzini e vecchi infilando chiodi sotto le unghie, bruciando loro la pelle con brandelli di plastica scottante. Quando vidi che mio zio, che per me era stato un eroe come mio padre, era quello che dava ordine di torturare, provai orrore».
In quei tre mesi di carcere si rese conto che Hamas non avrebbe mai risolto i veri problemi della sua gente. Aveva poco più di 27 anni quando, camminando davanti al Muro del pianto, aveva incontrato un missionario cristiano. «Vieni e ti insegnerò il Vangelo», gli aveva detto. Aveva seguito questa sua ricerca spirituale, sapendo di rischiare la morte perché Maometto aveva detto che «bisogna uccidere chiunque si converta a un'altra religione».
Adesso Hassan vive in California, si è convertito al cristianesimo, aiuta l'Fbi a svolgere la complessa matassa dei segreti di Hamas e promette di dedicare la sua vita a combattere l'estremismo islamico. Al Qaida l'ha messo sulla sua lista dei most wanted, con una taglia sulla sua vita. Non molti sanno che nei giorni di Natale i legislatori di Hamas hanno approvato a pieni voti un codice della Sharia che ha legalizzato l'uso della crocefissione per i nemici dell'Islam. Anche per questo Hassan sta chiedendo asilo politico negli Usa.
«La forza di Hamas sta non solo nelle loro armi ma nelle basi religiose su cui si regge - ha detto alla Fox -. Ma sono convinto che tutte le pareti che l'Islam ha eretto negli ultimi 1400 anni non esistono più. La gente non è più ignorante. Se un padre impedisce a sua figlia di uscire di casa, dal suo computer lei già viaggia attraverso il mondo».
Hassan frequenta la chiesa protestante della Barabbas Road, a San Diego. «Non avevo mai sentito parlare del perdono», ha ammesso questo giovane convinto che il 95 per cento dei musulmani non capisca la propria religione: «L'islam non è la parola di Dio». Sono discorsi che ha voluto fare anche a suo padre, prima di dargli l'addio. «Gli ho detto che sapevo che in fondo al cuore era molto lontano dall'odio di Hamas, che si era lasciato trascinare nel terrorismo. Gli ho detto anche che è molto più vicino al cristianesimo di quanto non sappia».
(il Giornale, 6 gennaio 2009)
ved. Notizie su Israele 435
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«La mia casa colpita da un missile palestinese»
Eravamo nel sotterraneo della sala da pranzo di casa mia e non nella sala da pranzo del kibbutz che era stata colpita da un missile: non si voleva esporre la gente inutilmente». È con queste parole che Susanna Cassut Evron descrive gli attimi di terrore vissuti. «Erano le 12.50, abbiamo sentito l'allarme e subito dopo uno scoppio molto forte. Ci siamo detti "questa volta era molto vicino"! Dopo qualche minuto mi dicono: «Guarda che era dietro casa tua». Non è difficile immaginare cosa ho visto, sono salita di corsa a casa, tutta una salita, la mia solita bici che uso ogni giorno era rimasta a casa, perché oggi pioveva».
«Quello che avevo immaginato era niente in confronto di quello che ho visto, la casa piena di vetri, il sofà, il tappeto, tutti gli scaffali, i lampadari completamente massacrati, le tendine che avevo cucito con tanto amore, tutte bucherellate, il soffitto bucato dalle schegge e l'aria condizionata rovinata». «Il primo a arrivare è stato mio figlio Yoel che è sta valutando i danni, ma poi c'erano molti amici, l'infermiera, altri funzionari del kibbutz e io impalata con le lacrime agli occhi dicendo a tutti, "ringrazio Iddio che mi ha salvato la vita a me e a mio marito", ma le lacrime continuavano a sgorgare».
«Sono nipote del famoso professore Cassuto, ho passato la Shoà in Italia, ho perso mio padre nei campi di sterminio, e mia madre tornata dall'inferno è stata ammazzata dagli Arabi prima della guerra d'indipendenza e il mio figlio primogenito è caduto come paracadutista in Libano 30 anni fa, cosa vuole questo Hamas da me? Sono 8 anni che subiamo questi attacchi, non siamo più nel ghetto, siamo persone libere». Mi chiedo perché il nostro governo s'è ricordato ad agire solo ora?».
(Corriere Canadese, 6 gennaio 2009)
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Le due guerre di Gerusalemme
La rabbia degli arabi contro i fondamentalisti della Striscia: «Non vogliamo uno Stato islamico» La delusione degli ex coloni di Gaza: «Combattiamo per la terra che ci hanno costretto a lasciare»
di Luciano Gulli
GEREUSALEMME - All'El Dorado café, sulla Salah Ed Din animata fino al convulso, il bancone è ancora pieno di babbinatali di cioccolato incartati nella stagnola a colori; di pile di dolcetti natalizi e di quegli orrendi soprammobili tra il pletorico kitsch e il ridondante pacchiano (portaconfetti come acquasantiere, vecchi con la pipa in gesso colorato, pastorelle con tritoni...) che negli anni Sessanta furoreggiavano sui comò di Messina e oggi deliziano le signore della buona borghesia araba gerosolimitana.
I mariti, come al Sud da noi, fanno cerchio in disparte e commentano i fatti del giorno. Ma è più facile che si senta la parola «fave» (nel senso delle leguminose) che, inshallah, già si vedono al mercato grazie a questo anticipo di primavera, che qualcuno di essi pronunci la parola «Gaza».
Non è disinteresse, non è cinismo. È assuefazione al disastro, alla sciagura, alla guerra. Soprattutto, non è simpatia per la causa dei capi mandamento di Khan Yunis e di Gaza City che giravano tronfi come tacchini nelle loro divise nere, col mitra ad armacollo, e pensavano di farla da padroni contando sul combinato disposto di mitra e Corano, che fino a un certo punto è andato per la maggiore.
Sì, l'ennesimo padre con la keffiah bianca e rossa intorno al collo che regge il cadaverino del figlio tra le braccia, riproposto da Al Jazeera commuove, come no. Ma dura il tempo che dura. È dai tempi di Arafat che facce di innocenti ammazzati come agnellini fanno il giro del mondo. Però «non ci si può strappare i capelli tutta la vita senza darsi una alternativa, senza credere che un'altra vita, fatta di studio, di lavoro, di week end, di ballo, di vacanze: una vita normale, come la vostra, di italiani, o di francesi, sia davvero possibile. E poi, un conto è difendere la causa, senza rinunciare alla restituzione da parte di Israele dei Territori occupati nel 1967; e un altro è progettare la costruzione di una repubblica islamica, come sognano quelli di Gaza». Non è, questa, solo l'opinione di Ahed Izhiman,
26 anni, figlio di Adli e fratello di Amr, proprietari del caffè più elegante della Gerusalemme est. È l'opinione della borghesia mercantile araba, stanca di guerra, di odio, del muro contro muro, delle intifade in cui sono cresciuti. Ne abbiamo già parlato, su queste pagine; ma è stupefacente vedere come l'opinione generale, anche ora che i morti a Gaza son diventati più di 500, non sia cambiata.
«Quelli sognano ogni notte di essere come gli Hezbollah. Vanno in giro vestiti da Rambo e pensano di essere gli unici palestinesi degni di questo nome. Ma è sempre stato così, storicamente. Quelli di Gaza hanno sempre guardato alla gente della Cisgiordania come a palestinesi di serie B», commenta l'avvocato Al Antaui.
«Io ho votato Hamas - dice il proprietario di un vicino negozio di elettrodomestici - perché ho creduto che rappresentassero il cambiamento. Protestavo contro la banda di Al Fatah, corrotti e corruttori. Ma tre anni fa, quando si votò, non avrei immaginato che il mio voto andasse ad armare il braccio di questi dementi che ora piangono, dopo aver tirato centinaia di inutili razzi e aver fatto imbestialire il nemico comune. Il nemico è più forte. Sul piano militare vince sempre lui, che gusto c'è? Che intelligenza politica hanno, questi imbecilli?».
In queste giornate cupe, scandite dalla pioggia di fuoco bianco che si rovescia su Gaza, e visto in tv sembra pensato da specialisti di fuochi artificiali napoletani, si assiste al ritorno di vecchi fantasmi che la cronaca aveva gettato di lato da un pezzo. Sono i coloni degli insediamenti di Gaza fatti sloggiare con la forza da Ariel Sharon tre anni fa. Allora furono i soldati a farli uscire dalle loro case tenendoli per le orecchie. Ora ci sono tornati. E a vestire l'uniforme son loro.
Come Aharon Cruz, ufficiale dei paracadutisti, spedito nell'ex colonia di Netzarim, nel centro della Striscia, dove è stato ragazzo. «Da giorni - dice suo padre, rabbi Zeev Cruz - mi pongo la stessa domanda: a che è servita quella umiliazione che ci venne inflitta?». «Quel che dicevamo allora si è verificato puntualmente - ammonisce Ami Shaked, capo della sicurezza nella colonia di Gush Katif, anch'egli padre di un parà -. Ma forse è colpa nostra. Non ci saremmo dovuti arrendere così facilmente».
Yossi Neuman, ufficiale di riserva che un tempo viveva a Neveh Dekalim, ha visto partire per la guerra suo figlio Itai, comandante di un carro armato. «Che amarezza - dice -. Oggi stiamo combattendo per riottenere quel che avevamo già. Abbiamo detto fino alla nausea che i razzi di Hamas avrebbero raggiunto Ashkelon, ma ci rispondevano che eravamo fissati, che eravamo paranoici».
Molti, tra i vecchi settlers di Gaza, sognano di tornarvi. E non vogliono sentirsi dire che è un sogno a occhi aperti. Itzik Vazana è uno di questi. «È come se si stesse chiudendo un grande cerchio - sorride mesto il vecchio Itzik -. Ma alla fine torneremo a Netzarim. Noi coloni siamo stati il giubbotto antiproiettile di Israele. Torneremo. Non dico che accadrà domattina, ma è un processo che maturerà lentamente, vedrà»
(il Giornale, 6 gennaio 2009)
ved. Haaretz
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Bloomberg sotto le bombe di Hamas
Il sindaco di New York, costretto a rifugiarsi in un bunker per un attacco missilistico, racconta la sua esperienza: "Io mi sono sentito al sicuro come a New York, i veri rischi sono per la gente che vive qui"
L'allarme anti-missile, le grida, la corsa in un bunker e l'attesa mentre fuori cadono i proiettili di Hamas: il sindaco di New York Michael Bloomberg, in visita di solidarietà in Israele, ha vissuto ieri sulla propria pelle la drammatica quotidianità della gente di Sderot, quando è stato costretto a rifugiarsi in una zona sicura a causa di un attacco missilistico proveniente dalla striscia di Gaza.
L'allarme è durato solo pochi minuti e il razzo, caduto alla periferia della cittadina, non ha causato danni a cose e persone, ma l'esperienza ha colpito profondamente Bloomberg, che si è dichiarato non tanto spaventato, quanto allarmato per la gravità della nuova crisi e per le sempre più difficili condizioni di vita del popolo israeliano: "Non ingigantite il rischio che ho corso io", ha ammonito il sindaco dopo aver lasciato il bunker, "Sono i cittadini di Sderot ad essere veramente in pericolo, nella loro stessa terra, nelle loro case, mentre sono al lavoro".
Il sindaco ha voluto minimizzare la brutta avventura anche esprimendo la massima fiducia nel sistema di sicurezza israeliano: "Mi sono sentito al sicuro qui esattamente come a New York. Quando si è in allarme per qualcosa, ci si rivolge ai migliori professionisti e penso, ovviamente, che gli agenti israeliani siano ben addestrati quanto quelli del dipartimento di polizia di New York".
Oltre a Sderot, Bloomberg ha visitato anche la cittadina di Ashkelon, fra le più colpite nella lunga settimana di combattimenti, e ha espresso totale appoggio alla strategia di incursioni aeree e via terra che Israele ha opposto agli attacchi di Hamas: "Vi assicuro che se qualcuno a New York fosse minacciato in questo modo, il mio ordine alla polizia sarebbe uno soltanto: usare tutti i mezzi a disposizione per difendere la popolazione civile", ha dichiarato il sindaco, "Come newyorkesi, siamo stati attaccati da Al Qaeda due volte: abbiamo visto un'enorme devastazione, ma anche sentito un immenso coraggio e dopo un'esperienza del genere abbiamo un vincolo ideale con chi vive una realtà di pericolo senza fine, sotto una minaccia di morte continua".
Il sindaco, che imputa totalmente ai militanti di Hamas la responsabilità del nuovo, drammatico acuirsi delle tensioni intorno alla striscia di Gaza, ha infine esposto la propria ricetta per una rapida soluzione del conflitto: "Tutti i gueriglieri di Hamas devono aderire ad un cessate il fuoco totale e agli accordi di pace già stipulati in precedenza, per arrivare ad un equilibrio che sia durevole ed effettivo, per mettere fine a questo massacro".
(La Stampa, 6 gennaio 2009)
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L'anima religiosa delle manifestazioni anti-israeliane
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A Bologna |
E' solo un aspetto che ci riguarda più da vicino della tragedia che si sta svolgendo a Gaza. Ma colpiscono le immagini delle manifestazioni anti-israeliane in Italia. Protagonista non ne è più la sinistra radicale italiana, sia pur con l'attiva presenza di gruppi palestinesi, e nemmeno i palestinesi stessi, ma gli islamici presenti nel nostro paese, uomini, donne velate, bambini. L'immagine degli oranti piegati sul sagrato del Duomo ben simboleggia l'anima religiosa di questa protesta. Non sono le solite manifestazioni politiche, sia pur violente, ma proteste fondamentaliste piene di rabbia e di odio. E la svastica è riapparsa, dopo tanto tempo, a simboleggiare Israele. Inquietante, forse anche non inaspettato, ma è bene avere coscienza della svolta che sta compiendosi.
Anna Foa
(Notiziario Ucei, 5 gennaio 2009)
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Hariri: Hezbollah rimarra' fuori dal conflitto di Gaza
PARIGI, 5 gen - Il leader della maggioranza parlamentare libanese, Saad Hariri, ha allontanato la preoccupazione che Hezbollah approfitti della situazione a Gaza per tornare ad attaccare il confine settentrionale di Israele.
''Ieri Hezbollah ha detto che non fara' niente. Ritengo che sia una cosa buona per il Libano'', ha dichiarato Hariri.
Secondo il leader, ''i partiti politici libanesi sanno bene quali sarebbero le conseguenze di una guerra con Israele al momento''.
Hariri ha poi aggiunto: ''Possiamo vedere cosa sta succedendo a Gaza e sono sicuro che Hezbollah non fara' errori questa volta''.
(ASCA-AFP, 05 gennaio 2009)
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Cicchitto: Tregua possibile se da Hamas stop lancio missili
Napolitano ha delineato il senso della posizione italiana
ROMA, 5 gen. (Apcom) - "Il presidente della Repubblica ha delineato il senso della posizione italiana su Gaza. E' evidente che la tregua è possibile solo se finisce la causa principale che ha determinato la situazione in atto, cioè i persistenti lanci di missili con i quali da molti mesi Hamas colpisce Israele, che, quindi, solo in questo caso può fermare l'azione difensiva in corso". Lo sottolinea il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, secondo il quale "una tregua unilaterale di Israele, in assenza di un impegno esplicito e garantito da parte di Hamas di sospendere i bombardamenti, sarebbe una beffa ed un obiettivo aiuto ad una formazione terrorista".
"Inoltre - aggiunge Cicchitto - la costituzione dello Stato palestinese deve coincidere con la sicurezza di quello israeliano e ciò non è possibile finché prevalgono posizioni fondate sul terrorismo, sull'antisemitismo e l'antisionismo come quelle espresse da Hamas, che, addirittura, dopo il ritiro unilaterale da Gaza di Israele voluto da Sharon per favorire il processo di pace, ha fatto, ritenendo insufficiente la sua vittoria elettorale, un autentico colpo di stato, instaurando una dittatura che ha estromesso con la forza militare al Fatah dalla striscia di Gaza".
(Virgilio Notizie, 5 gennaio 2009)
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Nucara (Pri): Israele ha fatto cio' che doveva essere fatto
Bisogna mettere Hamas in condizioni di non nuocere ulteriormente
ROMA, 5 gen. (Apcom) - "Israele ha fatto quello che doveva essere fatto". Lo sostiene il segretario del Pri, Francesco Nucara, a commento dell'azione militare israeliana a Gaza. "Dopo essere stata sottoposta al lancio di Qassam dalle zone della Striscia da cui aveva smantellato gli insediamenti dei suoi coloni, da ormai 4 anni, cosa avrebbe dovuto fare Israele?", osserva Nucara.
Quanto alle forze politiche italiane che chiedono il dialogo, per il segretario del Pri, "con Hamas ha provato a dialogare al Fatah ed è stata cacciata da Gaza a colpi di mitraglia. Non sappiamo se l'Egitto o la Francia saranno essere più persuasivi a proposito - osserva ancora Nucara - è meglio però che tutti coloro che hanno rapporti con Hamas invitino questa organizzazione a miti consigli se si vuole evitare davvero un alto costo di vite umane. Altrimenti bisognerà mettere Hamas nelle condizioni di non nuocere ulteriormente, per ritrovare la pace a Gaza".
(Virgilio Notizie, 5 gennaio 2009)
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Luttwak: è la giusta risposta ai missili palestinesi
di Anna Guaita
NEW YORK (5 gennaio) - Politologo, economista ed esperto di strategia
militare, Edward Luttwak spiega al Messaggero gli ultimi sviluppi nello scontro Israele-Hamas:
- Lei non crede che resistendo Hamas stia riportando una vittoria psicologica come Hezbollah in Libano nel 2006?
- «Ma dopo il cessate il fuoco, Hezbollah non ha più osato agire contro Israele, anche se provocata. Sì, ha detto di aver ottenuto una vittoria psicologica, ma in realtà si era alienata le simpatie delle popolazioni sciite del sud, che non volevano perdere la propria casa e i propri cari per fare gli interessi strategici dell'Iran.»
- Vede un'alternativa ad Hamas a Gaza?
- «L'alternativa sarebbe Fatah. Aveva perso popolarità, perché la gente li considerava corrotti. Ma ora la gente sa che Hamas non ha fatto nulla di buono per loro, che li tiranneggia solamente, e Fatah ha recuperato popolarità. Hamas ne ha uccisi tanti, e altri sono riusciti a emigrare in Cisgiordania con l'aiuto di Israele, ma ce ne sono ancora a Gaza che potrebbero prendere il potere e riportare l'ordine se Hamas fosse sconfitto».
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- Come giudica la missione militare contro Gaza?
- «Se i numeri dei caduti sono corretti, vuol dire che nei bombardamenti aerei ci sono stati un 75 per cento di vittime fra i militanti di Hamas e un 25 per cento nella popolazione civile. Il che testimonia di una grande precisione dei bombardamenti. La storia militare in genere racconta il contrario: i bombardamenti ammazzano tantissimi civili, e solo ogni tanto nella folla cade anche qualche obiettivo militare importante.»
- Perché anche una invasione di terra?
- «La missione di terra è dovuta avvenire per colpire gli obiettivi che per via aerea non si potevano colpire senza massacri di civili, per esempio depositi di armi nelle cantine di palazzi nei cui piani superiori vivono tante famiglie. L'intelligence è stata buona nella fase aerea, non vedo perché non dovrebbe esserlo altrettanto nella fase via terra».
- Non le pare che questa guerra sia stata eccessiva?
- «Troppi morti palestinesi per pochi morti israeliani? Se si dovesse rispettare il principio della proporzionalità, gli israeliani dovrebbero prendere i missili di Hamas, cioè missili non guidati, e buttarli su Gaza, senza puntarli su bersagli militari. Sparare alla cieca, come fa Hamas».
- Ma Gaza è un formicaio di persone accatastate...
- «Gaza è la prova che le buone intenzioni possono avere orribili conseguenze. Si sono tenuti i profughi in condizione di profughi, invece di spingerli a rifarsi una vita. Pensi agli italiani venuti via dalla Dalmazia, pensi se si fossero aperti campi nel Friuli Venezia Giulia e fossero tutti rimasti accatastati lì, invece che disperdersi in Italia e ricostruirsi un'esistenza...»
- E' una guerra dettata da motivi politici?
- «No, è stata dettata dalle pressioni delle popolazioni israeliane spaventate dai missili di Hamas. I calcoli politici possono esserci sempre, ma qui le pressioni popolari sono state decisive».
- Cosa dovrebbe fare Obama?
- «Dedicarsi al rilancio dell'economia, e alle riforme del sistema finanziario. Solo dopo si dovrebbe occupare dei grandi problemi mondiali. Ma la Russia, la Cina, il Pakistan verranno prima di questo conflitto locale».
(Il Messaggero, 5 gennaio 2009)
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Hamas, gli ultrà che negano l'Olocausto
E' stato fondato anche con l'aiuto dell'Occidente. Ma adesso vorrebbe cancellare Israele dal mappamondo
Prima zeloti, poi terroristi e dopo l'attacco di queste ore magari anche forza di guerriglia, almeno agli occhi dei palestinesi. La sanguinosa parabola dei militanti di Hamas, finora è stata questa, storia di un movimento sunnita che come nella migliore tradizione araba mostra un volto duplice, equivoco, e proprio per questo particolarmente esasperato in ogni sua espressione. In Hamas (nato proprio a Gaza ventidue anni fa con l'incoraggiamento di alcuni servizi di informazione occidentali a opera di Ahmed Yassin, Abdel al-Rantissi e Mohamad Taha) l'ala militare è stata sempre pronta a sovrastare la rappresentanza politica, le rare aperture negoziali puntualmente sono riaffondate nella palude dell'isolamento, gli accordi sono crollati producendo stragi e attentati....
(La Stampa, 5 gennaio 2009)
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«Bruciare bandiere è disgustoso, ma l'Italia capisce le scelte di Israele»
- «L'Europa deve capire che dobbiamo difendere la nostra popolazione», spiega al Giornale l'ambasciatore israeliano in Italia, Gideon Meir.
- Ambasciatore, che cosa ne pensa della reazione europea all'operazione israeliana a Gaza? E di quella italiana?
- «Siamo determinati a portare a termine la nostra missione: fermare il lancio di razzi Kassam e Grad su Israele. In questo momento il 15% della popolazione israeliana vive in rifugi antimissile; questo non è iniziato oggi, ma otto anni fa. In otto anni ci hanno lanciato 8.000 razzi. L'Europa deve capire: dobbiamo proteggere la popolazione. Abbiamo un ottimo dialogo con la leadership italiana. Il ministro Tzipi Livni ha parlato con Franco Frattini. Il fatto che l'Italia capisca la necessità di proteggersi d'Israele è importante».
- Che cosa si aspetta dalla visita del leader francese Sarkozy, oggi nella regione?
- «Nicolas Sarkozy è un amico d'Israele. Penso che il messaggio israeliano al presidente sarà: dobbiamo portare tranquillità. Non si ottiene nulla attraverso il terrorismo. Sarkozy incontrerà anche quella leadership dell'Autorità nazionale palestinese che porta avanti negoziati per arrivare a una soluzione a due Stati».
- Fra pochi giorni scadrà il mandato di Abu Mazen, unica controparte dialogante. Che cosa succederà?
- «È una decisione che spetta soltanto ai palestinesi».
- Qual è la sua reazione alle manifestazioni pro palestinesi in Italia in cui sono state bruciate bandiere israeliane?
- «La maggior parte dei manifestanti era d'origine straniera, non c'erano italiani. Era ovvio in Italia e nel resto d'Europa. Bruciare la bandiera israeliana è disgustoso. Bruciare la bandiera di qualsiasi Paese è disgustoso. Si parte da questo e si finisce per bruciare le persone».
(il Giornale, 5 gennaio 2009)
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Questa sinistra pavida che gioca coi terroristi
di Fiamma Nirenstein
È strano come i toni della ragionevolezza, quelli della saggezza antica, confortevole e insipida come l'acqua calda, alle volte nascondano invece un abisso di confusione, un vuoto di idee che può diventare un pericolo per il mondo. Viene da chiedersi con quale senso della responsabilità la sinistra italiana, l'Europa, l'Onu, parte della stampa internazionale, fingano di non capire che limitare il proprio commento alla richiesta di fermare la guerra contro Hamas giochi la credibilità del mondo occidentale, li metta in ridicolo presso il mondo islamista, rovini i Paesi arabi moderati che tacciono cauti, distrugga la deterrenza di fronte alla jihad islamica, danneggi Abu Mazen e anche la prospettiva di «due Stati per due popoli». Quale richiamo della foresta conduce un raziocinante moderato come Walter Veltroni a chiedere con estrema urgenza un cessate il fuoco fra Israele e Hamas? Per un moderato in politica internazionale come Veltroni, che certamente non approva la linea di Massimo D'Alema che, non pago della lezione degli Hezbollah, ripropone una trattativa con Hamas, la richiesta di fermare subito tutto sembra una risposta automatica. Israele affronta con sofferenza e determinazione l'impresa di terra, uomini come Shimon Peres e Ehud Barak spiegano come proprio il bisogno di pace costringa a combattere Hamas fino a ottenere risultati tangibili. Intanto, anche gli occhi della nostra sinistra moderata scorgono che le manifestazioni anti-israeliane si infittiscono, diventano razziste e furiose, manifestazioni bruciabandiere. A queste, davvero, non dovrebbe essere dato neppure un appoggio collaterale.
Mentre si ricominciano a ritrarre sui giornali di estrema sinistra i dirigenti israeliani come mostri assetati di sangue, guai a avallare l'idea che la guerra contro Hamas sia peregrina, dettata da ybris, che sia una guerra da fermare subito. Si dà semplicemente prova di non aver capito come stanno le cose, i loro sviluppi, le novità che contengono, i nessi geopolitici basilari di questo conflitto, che non è un episodio dello scontro israelo-palestinese ma un episodio fondamentale dello scontro col terrorismo. Per fermare lo scontro deve rompersi l'asse iraniano che fornisce le armi a Hamas; deve crearsi una supervisione autentica della frontiera di Rafah; deve tornare a casa il caporale Gilad Shalit; deve finire per sempre la pioggia di missili e, soprattutto, si deve cambiare la testa di Hamas, che deve sapere, con i suoi compari assassini, che Israele può agire anche di fronte alle più terribili minacce.
Non dimentichiamo che Israele ha avuto il coraggio di entrare a Gaza mentre l'Iran lo minacciava di morte se avesse osato. Vogliamo essere noi, di fronte al coraggio di Israele, a dare ragione all'Iran? La tregua, la trattativa, la mano tesa hanno avuto pessimi risultati in questi anni: l'esitazione nel mostrare un volto duro all'Iran, politica di cui la nostra sinistra è paladina, la predilezione per le armi della politica piuttosto che per le sanzioni, ha portato allo sviluppo delle potenzialità atomiche del regime degli ayatollah; una telefonata di Prodi a Bashar Assad, ne ricordo in particolare una del settembre di tre anni fa, lo portò a vantarsi della promessa di Assad di bloccare gli armamenti iraniani per gli Hezbollah: la promessa si è risolta in 42mila nuovi missili in mano a Nasrallah; lo stesso è accaduto della passeggiata di D'Alema a braccetto con gli Hezbollah, fatta per dialogare, per capirsi con una forza, diceva D'Alema, dopotutto eletta democraticamente. Anche Hitler lo fu, l'argomento è sepolto nella storia, le folle plaudenti spesso inneggiano al delitto, e infatti Nasrallah, adorato dai suoi, è un pericolo per tutto il Medio Oriente, un feroce sceicco medioevale che impedisce al Libano di emanciparsi. Anche Hamas impedisce al suo popolo la via della libertà e della trattativa: odia ambedue questi concetti. La tregua lo aiuterebbe a inventarsi una "vittoria divina" e a ricostruire le armi per la sua politica d'odio.
Del resto, la questione dei civili di Hamas è complicata, essi sono il suo scudo umano designato, vi si mischiano innocenti ma anche soldati senza divisa. Persino il Manifesto non ha potuto fare a meno di chiamare "criminale" Hamas. Eppure i riflessi pavloviani sulla questione mediorientale obnubilano la mente, il ritornello "pace contro terra" risuona gioioso e vano nella testa della sinistra: la pace la si otterrebbe contro Hamas, e non con esso. Le vecchie armi della politica sono arrugginite di fronte alla jihad, la sinistra metta in moto un po' di orgoglio intellettuale per affrontare il problema.
(il Giornale, 5 gennaio 2009)
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Gaza: Hamas ha ucciso 35 "spie" e gambizzato 75 di Fatah
Ancora prima dell'offensiva di terra Hamas ha iniziato i regolamenti di conto all'interno della Striscia di Gaza. Secondo l'israeliano Jerusalem Post, che cita fonti della stessa Hamas, il movimento ha eliminato nel corso del fine settimana 35 palestinesi sospettati di essere spie al soldo di Israele. Non solo. Dall'inizio dei raid aerei, il 27 dicembre, sono stati gambizzati 75 esponenti di Fatah, la fazione del presidente dell'Anp estromessa dalla Striscia di Gaza con un sanguinoso colpo di mano a giugno del 2007.
(la Repubblica, 4 gennaio 2009)
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Hamas organizzazione terroristica omicida
Presidente israeliano: Nasrallah e Meshaal agenti dell'Iran
ROMA, 4 gen. (Apcom) - "Hamas è un'organizzazione terroristica omicida, e i suoi membri gente brutale di bassa lega: non rinunciano a nessun mezzo pur di lanciare attacchi terroristici contro Israele, usando la popolazione locale come scudi umani". Lo ha affermato il presidente israeliano Shimon Peres, le cui dichiarazioni sono state riportate dal quotidiano Jerualem Post.
Secondo il premio Nobel per la Pace vi sono "due persone responsabili delle tragedie del mondo arabo": "Una è Hassan Nasrallah (leader delle milizie sciite libanesi di Hezbollah, ndr) che è in ultima analisi un agente iraniano; la seconda è Khaled Meshaal (responsabile politico di Hamas, ndr), anche lui un agente iraniano".
"Occorre tener presente che il mondo arabo è al 90% sunnita e che si oppone all'ambizione dell'Iran (a maggioranza sciita, ndr) di governare il Medio Oriente: Israele ha esercitato la moderazione per quanto possibile, ma oggi è venuto il giorno di dare ad Hamas la risposta che si merita", ha concluso Peres.
(Virgilio Notizie, 4 gennaio 2009)
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Gaza, presidenza Ue: un malinteso la dichiarazione di ieri
PRAGA - Il ministro degli Esteri ceco ha detto oggi che la dichiarazione diffusa ieri da un portavoce della presidenza Ua che l'assalto di terra di Israele nella Striscia di Gaza è "difensivo, non offensivo", è un malinteso.
I commenti del portavoce della presidenza dell'Ue ieri hanno suggerito una divergenza di vedute nell'Ue e suscitato parole di condanna da parte dei palestinesi.
La Repubblica ceca ha assunto la presidenza di turno dell'Ue dalla Francia il 1 gennaio.
"La sua dichiarazione ieri era un malinteso", ha detto il ministro degli Esteri Karel Schwarzenberg in un dibattito televisivo.
Il ministro ha detto che la sola posizione valida della presidenza Ue è in una dichiarazione diffusa ieri dal ministero degli Esteri in cui si invita a un cessate il fuoco e a facilitare gli aiuti umanitari.
Schwarzenberg guiderà una delegazione ministeriale Ue in Medio Oriente che oggi si recherà prima in Egitto per poi visitare Israele, i territori palestinesi e la Giordania.
(Reuters, 4 gennaio 2009)
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Cicchitto: Israele aggredito non aggressore, basta propaganda
Chi brucia sua bandiera dica se nel suo Paese puo' manifestare
ROMA, 4 gen. (Apcom) - Il presidente dei deputati del PdL Fabrizio Cicchitto si dice convinto che a causa di un "meccanismo propagandistico ben conosciuto, adesso si cerca di far apparire chi e' stato aggredito, cioe' Israele, come aggressore perche' reagisce ad attacchi che perdurano da molto tempo". Ma "a coloro che manifestano nel nostro Paese bruciando la bandiera di Israele - dice Cicchitto- rispondiamo che cio' e' inammissibile, e vorremmo anche sapere se nei loro paesi d'origine sarebbe possibile manifestare liberamente".'
''Coloro che oggi manifestano contro Israele - denuncia anora Cicchitto- dimenticano che da molti mesi Israele e' sottoposto da Hamas ad un continuo bombardamento e che numerosi sono stati gli appelli a sospendere questi attacchi e a iniziare le trattative di pace; Hamas ha il terrorismo come strumento essenziale della sua azione politica, nel suo statuto ha l'obiettivo della distruzione d'Israele e finora ha attaccato sul piano militare non solo Israele ma anche Abu Mazen e al Fatah". '
(Virgilio Notizie, 4 gennaio 2009)
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Milano, corteo pro-Palestina. Bruciate bandiere ebraiche
Migliaia di persone sono scese in piazza in quindici città italiane per manifestare solidarietà al popolo palestinese, aderendo alla giornata di mobilitazione promossa dal Forum Palestina. La mobilitazione più massiccia è stata quella della Capitale, la più 'tesa? quella di Milano, dove sono state date alle fiamme bandiere israeliane e urlati slogan contro Bush e Obama.
Immediata la reazione di esponenti politici: "Provo vergogna per l'episodio di oggi a Milano, con bandiere di Israele bruciate, come troppe volte è accaduto in Italia", ha affermato Daniele Capezzone, portavoce di Fi; "Chi si rende protagonista di questi atti dà la misura della propria violenza, dell'intolleranza, dell'adesione culturale al progetto tecnicamente di nuovo nazismo di quanti (penso ad Hamas) vorrebbero distruggere lo Stato di Israele ed eliminare donne e uomini ebrei. Mi auguro che i settori politici coinvolti nella manifestazione vogliano chiedere perdono, e fare pubblica e profonda autocritica per avere preso parte ad un evento dove si è verificato un simile episodio".
Sdegno è stato espresso anche dal vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, e da Furio Colombo del Pd, che hanno parlato rispettivamente di "atto da irresponsabili e fanatici ideologici" e di "atto delinquenziale, privo di senso, totalmente inutile per la pace". D'accordo anche il deputato del Pd Emanuele Fiano: "Chiedere la fine delle ostilità bruciando la bandiera di Israele, vuol dire soltanto volere la distruzione totale del nemico.
(Libero-news, 3 gennaio 2009)
COMMENTO - Bruciare una bandiera nazionale è un atto simbolico significativo che esprime il desiderio il veder sparire quella nazione. Paradossalmente, questo legittima l'azione di Israele. Perché se da una parte il fatto che si brucino bandiere israeliane esprime bene le intenzioni di Hamas, dall'altra giustifica la risposta di Israele, che giustamente può dire: "Se uno dichiara apertamente che vuole la mia morte, non può sorprendersi se si vede arrivare la morte in casa da parte mia." M.C.
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Presidenza Ue, da Israele azione "difensiva, non offensiva"
PRAGA, 3 gen. - Per la presidenza di turno ceca dell'Unione europea l'offensiva israeliana di terra nella Striscia di Gaza e' "un'azione difensiva e non offensiva". "Al momento, dal punto di vista degli ultimi giorni, interpretiamo questo passo come un'azione difensiva, non offensiva". ha affermato il portavoce della presidenza Jiri Potuznik. Il ministro degli Esteri ceco, Karel Schwarzenberg, guida la delegazione Ue che partira' domani per la regione.
(AGI, 3 gennaio 2009)
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L'Unione delle Comunità Ebraiche decide di stanziare 300.000 euro
a favore delle vittime della guerra a Gaza
IL COMUNICATO DELL'UCEI SULLA DONAZIONE
L'appello del ministro degli Esteri Franco Frattini per aiutare le popolazioni civili di Israele e di Gaza ha trovato una pronta risposta. L'Unione delle Comunita' ebraiche italiane e la Comunita' Ebraica di Roma mettono a disposizione 300 mila euro in medicinali. L'appello del ministro mira alla raccolta di un milione di euro per i civili coinvolti dal conflitto a Gaza e in Israele. Due terzi della somma saranno destinati ai bambini e alla gente di Gaza e i restanti 100 mila ai bambini e ai civili delle cittadine israeliane colpiti dai razzi di Hamas. "La Comunità di Roma e l'Ucei - hanno detto le organizzazioni - dopo un'attenta analisi e riflessione sulle vicende di questi giorni esprimono apprezzamento per l'azione svolta dal governo italiano per una giusta soluzione del conflitto tra Hamas e Israele. Soprattutto per il ruolo che il governo potrà svolgere all'interno della Ue e soprattutto quale presidente di turno, da questo gennaio del G8. "Rispondendo ad un appello del ministro Frattini, il quale ha annunciato oggi in commissione Esteri di voler reperire un milione di euro di fondi per aiuti umanitari per le popolazioni civili che soffrono sia a Gaza sia in Israele, l'Ucei e la Cer hanno deciso - hanno spiegato le organizzazioni - di far pervenire nei prossimi giorni 300 mila euro in medicinali da consegnare al ministro degli Esteri Frattini. Di questi 200 mila saranno per le popolazioni di Gaza, soprattutto per i bambini e i civili, coinvolti dagli attacchi mirati a infrastrutture terroristiche di Hamas e 100 mila ai bambini e ai civili delle cittadine del sud di Israele colpiti dai razzi di Hamas".
"Con questa operazione - ha detto il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici - non intendiamo dare un giudizio politico dei torti o delle ragioni dell'una o dell'altra parte, pur essendo emotivamente coinvolti dalle vicende dei nostri fratelli che in Israele vivono questo dramma". Pacifici ha poi reso noto che la Cer e l'Ucei incontreranno il ministro Frattini il prossimo lunedì 5 gennaio per consegnare formalmente l'offerta. "Il nostro - ha spiegato Renzo Gattegna, presidente dell'Ucei - e' un gesto di umanità volto ad alleviare le sofferenze dei bambini di Israele e Gaza, accompagnato dalla speranza che a Gaza cessino il predominio dei gruppi che fanno uso indiscriminato di metodi violenti e terroristici".
(morasha.it, 3 gennaio 2009)
COMMENTO - Liniziativa ha provocato forti proteste nella comunità ebraica. La discussione al loro interno è tuttora in corso.
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Israele avverte i palestinesi: "Lasciate le vostre case"
Fregata e sommergibile sparano contro banchina pescherecci
ROMA, 3 gen. (Apcom) - Un messaggio telefonico registrato in lingua araba che invita tutti i palestinesi di Gaza a lasciare le proprie abitazioni. E' il modo scelto da Israele per avvertire i civili della Striscia sui pericoli della grande offensiva militare in corso, secondo quanto riferisce questa mattina l'emittente araba al Jazeera.
Intanto una fregata e un sommergibile al largo della costa a nord-ovest di Gaza hanno aperto il fuoco, stamane, contro una banchina dove sono ormeggiati dei pescherecci. In contemporanea aerei dell'aviazione israeliana stanno bombardando il sud-ovest, in particolare l'area abitata di Zayituna. Sono stati colpiti alcuni villaggi, per lo più disabitati e senza corrente elettrica.
Secondo al Jazeera, l'offensiva odierna e l'avvertimento telefonico ai palestinesi sarebbero il preludio a una grande operazione terrestre, anche se a est al momento non si registrano movimenti particolari di truppe. I soldati e i carri armati israeliani sono fermi in attesa di un eventuale ordine di attacco.
Israele ha fatto sapere di avere colpito, finora, almeno 900 obiettivi strategici di Hamas.
(Virgilio Notizie, 3 gennaio 2009)
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Ora è tempo di fermezza
Alcune riflessioni sui recenti avvenimenti di Gaza mi sembrano utili. La prima e fondamentale è che il mondo è cambiato senza che i governi di molti Paesi europei se ne siano accorti. Convinti che quanto accaduto sia la prosecuzione del conflitto fra Israele e i palestinesi, questi leader europei ritengono che sia necessario porsi come mediatori della disputa in modo da arrivare a un accordo soddisfacente per entrambe le parti e in grado di assicurare la pace e la stabilità della regione. Questo modo di guardare al problema è anacronistico, fa riferimento a una situazione che non esiste più.
Il problema, a mio avviso, va invece analizzato partendo da un dato inoppugnabile che molti preferiscono ignorare per proteggere la propria tranquillità interiore: siamo in presenza di un attacco dell'islamismo estremista all'Occidente e alla modernità. Israele è solo il più immediato obiettivo degli islamisti perché costituisce l'avamposto, la prima linea dell'Occidente. Ma gli obiettivi degli islamisti non si fermano a Israele ma comprendono il "grande Satana", gli Usa, l'Europa e i Paesi arabi moderati.
La regia dell'attacco è dell'Iran e le sue pedine sono Hetzbollah in Libano e Hamas a Gaza che attaccano Israele da nord e da sud, con la complicità della Siria. A questo attacco l'Europa risponde offrendosi di mediare fra Israele e i palestinesi, come se nulla fosse accaduto negli ultimi 7 anni. L'idea di "due popoli due Stati" e il suo corollario "land for peace" (concessioni territoriali in cambio della pace) è morta e sepolta da quando alle concessioni territoriali fatte da Sharon, che costrinse decine di migliaia di coloni israeliani a lasciare le loro case per consentire la concessione di territorio ai palestinesi (con ciò spaccando il suo partito e inimicandosi una larga fetta dell'opinione pubblica israeliana), Hamas rispose appropriandosi di Gaza e usandola come base per il continuo lancio di missili su Israele. La mossa di Hamas ha spaccato in due quello che sarebbe dovuto diventare lo stato palestinese, di fatto impedendone la creazione, e ha in conseguenza mutato lo scenario.
Non c'è un conflitto israelo-palestinese: i palestinesi di Hamas non combattono per la Palestina ma per l'Iran e il suo islamismo estremista, sono solo uno dei tanti bracci armati dell'aggressione degli islamisti all'Occidente. Stando così le cose, la totale inadeguatezza della posizione europea appare in tutta la sua evidenza. Se gli europei tenessero presente che nello statuto di Hamas non c'è solo la distruzione di Israele ma anche l'uccisione di tutti gli ebrei, come propugnato dall'Iran di Ahmadinejad, si renderebbero conto dell'inaccettabilità di una posizione "terza", neutrale o indifferente fra gli antisemiti e la democrazia israeliana.
Anche accettando che in questo momento storico l'Europa abbia a sua disposizione solo quanto possono offrirle la democrazia e la politica, non si vede perché esse non debbano essere usate in modo credibile e coerente, scegliendo da che parte stare. Non si può restare neutrali fra chi odia gli ebrei e vuole ucciderli come primo passo verso la guerra a tutti noi e lo stato di Israele. Solo l'inventore del ridicolo neologismo "equivicinanza" può, dopo aver dichiarato l'"inalienabilità del diritto dell'Iran al nucleare" e essere andato a spasso per le vie di Beirut con un esponente di Hetzbollah, sostenere una scelta tanto vergognosa e ingiusta.
La storia del XX secolo ci ha insegnato che è molto pericoloso non prendere sul serio le minacce dei fanatici. Quando Ahmadinejad continua il suo programma nucleare infischiandosene delle critiche della comunità internazionale, si procura missili a lunga gittata dalla Corea del Nord, propugna la distruzione dello stato d'Israele e sostiene che "la fine dei giorni" si avrà quando l'ultimo ebreo sarà stato ucciso, faremmo bene a credergli e a trarne le logiche conseguenze. Non credergli o fare finta di nulla è la ricetta più sicura per un'amarissima delusione.
La seconda lezione del XX secolo che dovremmo sempre tenere a mente è che è meglio essere preparati in anticipo a ogni evenienza: se gli inglesi avessero dato retta ai moniti di Churchill e l'Inghilterra si fosse riarmata per tempo, la storia della seconda guerra mondiale forse non sarebbe stata così tragica. Il pericolo della Germania nazista avrebbe dovuto essere preso sul serio e ci si sarebbe dovuti preparare all'inevitabile. Il chiacchiericcio ("dialogo") e la ricerca di un accordo con chiunque, anche con chi non vuole in realtà alcun accordo, portano a Monaco, alla puerile convinzione che, grazie alla diplomazia e alla politica, "it will be peace in our time" (il nostro sarà un tempo di pace). Non cadiamo nuovamente in quelle pericolose illusioni, questo non è il tempo delle mediazioni, è il tempo delle scelte chiare e della fermezza.
(La Sicilia, 3 gennaio 2009)
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Steinmeier a Paesi arabi: fate pressione su Hamas
Il ministro tedesco chiede un "cessate il fuoco umanitario"
BERLINO, 3 gen. (Ap) - Il ministro degli Esteri tedesco, Frank Walter Steinmeier, chiede una tregua "umanitaria" in Medio Oriente e invita i Paesi arabi ad esercitare la loro influenza per mettere fine al lancio di razzi di Hamas contro il territorio israeliano.
Steinmeier ha avuto un colloquio telefonico questa mattina con il suo omologo turco Ali Babacan, alla vigilia di un incontro in Arabia Saudita dei ministri dell'Organizzazione della conferenza islamica (Oci), e gli ha chiesto di fare pressione sul movimento radicale islamico affinchè cessi i lanci di razzi contro Israele, secondo un comunicato del ministero degli Esteri tedesco.
Il ministro ha chiesto all'Oci di esercitare la sua influenza per porre fine ai tiri di razzi Qassam, l'unico modo per aprire la strada a un cessate il fuoco dopo una settimana di raid aerei da parte di Israele su Gaza contro i membri del movimento fondamentalista palestinese. Steinmeier - secondo il comunicato - ha chiesto un "cessate il fuoco umanitario" che renda più facili i rifornimenti ai civili di Gaza e apra la strada alla diplomazia.
(Virgilio Notizie, 3 gennaio 2009)
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Hamas: "Conquisteremo Roma, la capitale dei cattolici"
Gli obiettivi e gli strumenti, per raggiungere i propri scopi, Hamas li chiarisce nei discorsi pubblici dei leader. Anche quelli pronunciati in Parlamento, in Palestina.
di Fabio Perugia
Uno dei sermoni del parlamentare e chierico di Hamas, Yunis al-Astal lancia un appello chiaro. Un appello ai fedeli, spiegando che «l'islam presto conquisterà Roma, la capitale dei cattolici, la capitale crociata che ha dichiarato guerra all'islam e che ha insediato in Palestina i fratelli delle scimmie e dei maiali (gli ebrei, ndr) per impedire il risveglio dell'islam».
Il rappresentante di Hamas, movimento nell'elenco delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea e non solo, prosegue spiegando che Roma diventerà «un avamposto della conquista islamica che si estenderà su tutta l'Europa e poi si volgerà alle due Americhe ed anche all'Europa orientale». «Allah ha scelto voi - dice al popolo palestinese - per sé e per la sua religione affinché serviate da motore che traini questa nazione verso la fase della successione, della sicurezza e del consolidamento del potere, e verso la conquista delle capitali di tutto il mondo per mezzo della predicazione e delle conquiste militari».
Al-Astal guarda al futuro e al prosieguo del lavoro portato avanti da Hamas: «Credo che i nostri figli e i nostri nipoti erediteranno la nostra jihad (guerra santa, ndr) e i nostri sacrifici e, a Dio piacendo, i comandanti della conquista si leveranno fra loro. Oggi noi instilliamo queste buone nozioni nelle loro anime e, mediante le moschee, i libri coranici e le storie del nostro profeta, dei suoi compagni e dei grandi condottieri, li prepariamo per la missione di salvare l'umanità dal fuoco dell'inferno sul cui orlo oggi si trova».
Il sermone di Yunis al-Astal è in piena linea con gli obiettivi dichiarati di Hamas, il gruppo armato che dopo aver scagliato i suoi Qassam su Israele, oggi viene bombardato da Tel Aviv. È la stessa Carta di Hamas, infatti, a definire lo scopo di questa organizzazione. Un documento ideologico, formato da 36 articoli, varato il 18 agosto 1988 e mai modificato. In cui si spiega, chiaramente, l'atteggiamonto che le milizie islamiche devono tenere nei confronti degli israeliani. Chi uccidere e perché. Con quali metodi lo stato ebraico dovrebbe completamente scomparire per lasciare il posto a uno stato palestinese nella zona che ora è Israele, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.
Nel preambolo della Carta è scritto che «Israele esisterà solo finché l'islam non lo cancellerà, esattamente come ha cancellato altri prima di lui». L'artico 13 del testo dice: «Le iniziative, le cosiddette soluzioni di pace e le conferenze internazionali sono in contraddizione con i principi di Hamas. Queste conferenze non sono altro che un mezzo per rendere gli infedeli arbitri in terra islamica. Non c'è altra soluzione per la questione palestinese al di fuori della jihad. Iniziative, proposte e conferenze internazionali sono una perdita di tempo, un esercizio di futilità». Poco sopra, l'artico 7: «Il Giorno del Giudizio non arriverà finché i musulmani non avranno combattuto e ucciso gli ebrei». La Carta chiarisce così quale «dialogo» Hamas deve tenere con Israele.
(Il Tempo, 3 gennaio 2009)
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I mediatori introvabili
di Ernesto Galli Della Loggia
Mediazione, mediazione: come sempre in ogni crisi israelo- palestinese anche questa volta, da parte delle opinioni pubbliche europee, dei loro giornali e delle loro cancellerie, è tutto un invocare la necessità di una mediazione.
Politici e osservatori accreditati si affannano a sottolineare che bisogna trovare a tutti i costi una mediazione, individuare un punto d'incontro. Esigenza sacrosanta. Se non fosse per un piccolo particolare: perché ci sia una mediazione deve esserci qualcuno con cui mediare, vale a dire qualcuno non solo convinto dell'opportunità di un accordo basato sul do ut des, ma che dia garanzie di voler lui stesso per primo rispettare un tale accordo, nonché di poter farlo rispettare a chicchessia.
La crisi mediorientale non ha mai trovato una soluzione perché finora da parte araba una figura, un'autorità, una cultura del genere, sono sempre mancate. Israele si trova dunque periodicamente confrontato militarmente da forze radicali un tempo era Fatah, ora è Hamas dietro cui si scorge il potente alleato iraniano le quali si prefiggono né più né meno che la sua eliminazione (Hamas auspica anche l'eliminazione di tutti gli ebrei dalla faccia della terra), senza che però si trovi mai nel mondo islamico qualche leader o qualche governo importanti, qualche voce autorevole, in grado di condannare recisamente e pubblicamente, prima ancora che la ferocia, il nullismo politico suicida del radicalismo. Dai colloqui riservati di queste ore, ad esempio, trapela che la maggioranza dei paesi arabi giudica assolutamente sbagliata la linea terroristica di Hamas, ne condanna la politica di divisione del fronte palestinese, l'intolleranza fondamentalista. Ma nessuno di essi ha il coraggio di gridarlo con forza e di schierarsi apertamente contro. Il perché si sa: perché quei governi hanno paura di essere travolti, complice il terrorismo, dalle rispettive popolazioni, conquistate da tempo a un antiisraelismo cieco e violento, nutrito spessissimo di antisemitismo.
Ogni mediazione è impossibile sulla questione israelo-palestinese perché la rende impossibile la cultura politica diffusa tra le grandi masse del mondo arabo, abituate ad apprezzare solo il radicalismo bellicista. Per convincersene basta leggere l'articolo scritto ieri sul Riformista da un noto intellettuale arabo, Tariq Ramadan, incautamente accreditato da molti democratici europei di una presunta ragionevolezza che lo candiderebbe, si dice, a prezioso interlocutore in vista della nascita di un Islam europeo. Ebbene, un articolo, quello di Ramadan, tutto improntato a una grottesca unilateralità: su Hamas neppure una parola, tutti i governi israeliani, di qualunque colore, «mentono, giustiziano sommariamente gli oppositori, non danno pressoché nessun peso alle morti di civili», mentre i palestinesi di Gaza sono vittime di «genocidi» (sic) «approvati dall'80 per cento degli israeliani». E così via, in un delirio «antisionista » che lo stesso direttore del giornale, il bravo Antonio Polito, ha duramente stigmatizzato come frutto di puro «odio verso Israele». E' la definizione giusta. Ma se questo è quello che scrive un intellettuale islamico in piena dimestichezza con la cultura occidentale, figuriamoci cosa pensano e dicono gli altri: e figuriamoci quale mediazione possa mai venir fuori in un contesto del genere.
(Corriere della Sera, 3 gennaio 2009)
ved. Notizie su Israele 332
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Un sito di estrema sinistra riporta un documento di Hamas a Gaza
La posizione di Hamas sul diritto allesistenza di Israele
di Moshir al-Masri, portavoce di Hamas a Gaza
In relazione al problema del diritto allesistenza di Israele, debbo innanzitutto fare una distinzione fra la presenza degli ebrei in Palestina, nel rispetto delle loro convinzioni religiose, con le quali noi condividiamo una parte importante della nostra stessa storia da un lato, e loccupazione del nostro territorio dallaltro.
Noi accogliamo tutti gli ebrei che vogliono vivere in nostra compagnia, come tutta la storia dellIslam sta a dimostrare. Gli ebrei in quanto tali non costituiscono per noi problema alcuno. Il problema è unicamente quello delloccupazione di cui siamo vittime. Contro una simile occupazione la nostra resistenza è legittima ed in accordo con il diritto internazionale.
Noi abbiamo il diritto di difenderci e di cacciare gli occupanti dai nostri territori. Chi dunque afferma che Hamas vuole ricacciare gli ebrei in mare compie unaffermazione semplicemente falsa e priva di fondamento.
Noi rispettiamo lEbraismo in quanto religione e gli ebrei in quanto esseri umani. Noi però ci opponiamo ad unoccupazione che ci caccia dalle nostre terre e che prende di mira il popolo palestinese con le armi più atroci. Permettetemi a questo punto un esempio. Un malfattore, dopo aver occupato la vostra casa ed avervi cacciato con la forza, decide ad un certo punto di voler negoziare e vi concede il diritto di abitare una capanna che era parte della vostra proprietà; il resto è di mia proprietà egli afferma. Chi potrebbe mai accettare una simile soluzione? Non esiste al mondo né una religione né una sola persona di buon senso che potrebbe accettarla.
(il pane e le rose, 2 gennaio 2009)
COMMENTO - Il documento ha il pregio di essere chiaro ed esprime bene le intenzioni dei miliziani di Hamas. Per occupazione intendono la presenza dello Stato dIsraele su una qualsiasi parte della terra che va dal Giordano al mare. Non vogliono ricacciare gli ebrei in mare, vogliono soltanto che sparisca lo Stato ebraico e che gli ebrei si adattino a vivere come dhimmi in uno stato islamico. Confermano quindi che lo Stato dIsraele non ha diritto allesistenza, ma, bontà loro, sono disposti a concedere agli ebrei di continuare ad esistere come persone tollerate sulla loro terra islamica. In fondo è vero, per avere la pace è sufficiente che uno dei contendenti dichiari di aver perso la guerra e si arrenda. Che questo debbano farlo gli israeliani, per Hamas è fuori discussione. M.C.
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Una risposta alle critiche ad Israele
Ygal Walt ha preso in esame, su Yediot Aharonot alcuni cliché che puntualmente ritornano quando Israele decide di reagire agli attacchi dei suoi vicini. Riportiamo di seguito le sue risposte.
1) "La risposta israeliana è sproporzionata"
Da quando la guerra è un'equazione matematica? L'obiettivo principale di ogni parte coinvolta è quello di infliggere il massimo danno al nemico, minimizzando i propri. C'è mai stato qualcosa di proporzionato nella guerra statunitense in Iraq? O nell'invasione iraqena del Kwait? O nell'aggressione russa contro la Georgia? Israele sta facendo esattamente ciò che ogni altro Paese ha fatto in passato. Questo è quel che funziona. Un cittadino britannico forse si lamenta che troppi pochi soldati di Sua Maestà sono stati uccisi in Iraq? Probabilmente no. E in un'osservazione più elementare: l'inferiorità militare palestinese non è un indicatore di una superiorità morale. L'insistenza nel voler riaccendere la violenza, nonostante la debolezza militare è un indicatore, semmai, di poco giudizio, ma non certamente un segno di qualche virtù morale.
2) "Ma i missili Qassam non uccidono"
In realtà i Qassam uccidono. Non molto spesso, forse, ma decine di israeliani sono stati uccisi e feriti dai razzi negli ultimi anni. Inoltre, oggigiorno, i palestinesi stanno sparando missili più potenti, come i Grad che hanno una maggiore potenza esplosiva. Due di questi hanno ucciso due israeliani lunedi scorso.
3) "Tutto questo è causato dall'assedio israeliano. Israele dovrebbe permettere di far entrare gli aiuti a Gaza"
Israele ha permesso l'ingresso regolare di beni anche durante l'"assedio". I palestinesi sono stati in grado di aumentare queste forniture con i contrabbandi attraverso centinaia di tunnel (naturalmente avrebbero potuto far passare più cibo invece che missili e armi). Il giorno prima del lancio dell'operazione "Piombo fuso", Israele ha permesso a decine di camion che trasportavano aiuti, di arrivare nella Striscia. Martedi scorso sono entrati altri 100 camion, il doppio del quantitativo normale. In breve, Israele sta consentendo l'ingresso di aiuti, al contrario dell'Egitto che invece ha chiuso ermeticamente i valichi ai suoi confini.
4) "Perché Israele non accetta di rinnovare la tregua"?
Prima di tutto, quale tregua? I gruppi terroristici non hanno mai cessato di lanciare i missili, sebbene forse abbiano leggermente diminuito e anche se il mondo non vi ha prestato nessuna attenzione. Nonostante ciò, Israele ha affermato chiaramente e ripetutamente che è interessato ad estendere la tregua. Tuttavia i leader di Hamas ne hanno dichiarato la fine per il 19 dicembre, procedendo a bombardare quotidianamente le cittadine del sud di Israele con decine di missili. Non c'è da meravigliarsi, quindi, che perfino il governo egiziano ha considerato Hamas responsabile, questa volta.
5) "Ma Hamas è stato eletto democraticamente - perché Israele non lo accetta?"
Sebbene Hamas abbia vinto le elezioni palestinesi, ha preso Gaza con la forza, arrivando a scaraventare i membri rivali appartenenti a Fatah da alti edifici e sparando alle ginocchia di altri con la dichiarata intenzione di menomarli. Che bella democrazia. In ogni caso Israele ha riconosciuto di fatto il ruolo di Hamas a Gaza ed è per questo che è giustificato nell'attacco alla Striscia, proprio perché riconosce che essa è governata da questa organizzazione terroristica. Israele non ha lanciato l'operazione perché Hamas detiene il potere lì, ma piuttosto perché è un'organizzazione terroristica che ha deliberatamente deciso di sparare sui civili migliaia di missili negli ultimi anni.
6) "Israele colpisce intenzionalmente i civili"
Questo significherebbe che "uno degli eserciti più forti nel mondo" ha bombardato Gaza per giorni, usando una massiccia potenza aerea, lanciando centinaia di bombe e uccidendo un totale di circa 60 civili in quello che viene definito "il posto più affollato nel mondo"? Qui ci sono due possibilità: o l'esercito israeliano non sta mirando ai civili o i piloti israeliani sono degli incapaci. Si tenderebbe a credere alla prima ipotesi. Infatti Israele sta usando grandi apparecchiature di precisione per evitare che i civili (di cui Hamas si fa scudo) vengano colpiti. Tant'è che nessun altro al mondo sa fare di meglio.
(a cura di Elena Lattes)
(Agenzia Radicale, 2 gennaio 2009)
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Programma tv iraniano insegna ai bambini il martirio
Quelli che seguono sono estratti da uno show per bambini iraniano che è andato in onda sul canale 1 della tv iraniana il 29 Dicembre 2008
Per vedere questa e altre clips bisogna registrarsi gratuitamente alla MEMRI-TV.
TRADUZIONE
Presentatrice TV: "Ditemi bambini, perché indossate tutti sciarpe kaffiyeh. Cosa state cercando di dimostrare? Che siete amici dei bambini palestinesi e che siete tutti preoccupati di quanto sta accadendo.
Che cosa sta facendo il nemico? Sta trasformando i bambini oppressi di Gaza in martiri. Soprattutto i loro familiari - i loro genitori - stanno diventando martiri. Questi bambini sono indifesi. Sono talmente giovani che non conosco nessuno, all'infuori dei loro genitori.
Fatta eccezione per le passeggiate sulle strade alla ricerca dei fiori profumati, questi bambini non hanno fatto nulla. Non capiscono cos'è la guerra. Non capiscono cosa sono l'omicidio, le stragi ed il crimine. Non capiscono cos'è il male. Ma prima che potessero crescere, hanno avuto un assaggio del male del nemico.
Tutti noi detestiamo questi nemici. Li detestiamo tutti. Siamo furiosi con loro. Ci identifichiamo nei bambini palestinesi.
Supponiamo di stare nei panni dei bambini palestinesi - perchè no? Bambini, mettetevi nei panni dei bambini palestinesi - dei bambini di Gaza. Che cosa pensate che faremo se fossimo nella loro posizione? Ci arrenderemo o combatteremo? Voi mi direte..."
Bambini in coro: "Combatteremo..."
Bambino: "Dobbiamo essere tutti uniti per poter combattere..."
Presentatrice TV: "...i nemici e le persone cattive. Questo è giusto. Lottiamo contro di loro e combattiamoli, che dite"?
Secondo bambino: "Il nostro paese... noi dobbiamo..."
Presentatrice TV: "...difenderlo..."
Secondo bambino: "Dobbiamo combattere finchè non vinceremo"
Presentatrice TV: "Bene. Io sono disposto a sacrificare me stesso. Sono disposto a sacrificare le mie braccia, le mie gambe e tutti i miei arti, la mia famiglia e la mia proprietà, al fine di raggiungere i miei obiettivi&.
Bambini, pregate per tutti i bambini della Palestina e di Gaza. Pregate, perchè avete un cuore puro.
Siete bambini innocenti. Non importa dove vivete nel mondo, i bambini sono veramente puri. Siete bianchi come la neve e chiari come l'acqua corrente.
Caro D-o, questi sono tempi difficili, sono giorni pieni di dolore e sofferenza. Questi sono momenti insopportabili per i bambini della Palestina e di Gaza. Caro D-o, dategli più pazienza e perseveranza".
Bambini in coro: "Amen"
Presentatrice TV: "Caro D-o, vi chiediamo di risolvere i loro problemi"
Bambini in coro: "Amen"
Presentatrice TV: "Rafforza la loro pazienza, la loro perserveranza e le loro capacità"
Bambini in coro: "Amen"
(MEMRI-TV, 29 dicembre 2008, -Trad. In Difesa di Israele)
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«Io, ebreo salvato dalla deportazione dormo sotto le bombe di Ashkelon»
La storia di Romolo Efrati, romano, da 12 anni al confine con Gaza
di Fabio Perugia
Roma, marzo 1944. «Eravamo scampati per miracolo alla deportazione di ottobre. Ci nascondevamo, erano mesi che si viveva così. Che si dormiva dietro i portoni. Non eravamo gli unici ebrei che dovevano farlo.
Io ero piccolo, appena sette anni. Spesso sentivo la sirena, era la guerra. I nazisti alla fine ci trovarono. Io e mio padre finimmo a Regina Coeli. Lui era un importante pugile, aveva vinto molti incontri anche a livello mondiale. Si chiamava Leone Efrati, morì in un campo di concentramento nazista. Ad Auschwitz».
Romolo Efrati, quel giorno, il giorno del viaggio di sola andata per la Polonia, riuscì a salvarsi. «Ero sul camion. Stava per partire per Bologna, dove un treno era in attesa di deportarci nel campo di sterminio. Mi ricordo una voce che disse: "Ma che ce sta a fa' sto ragazzino su sto camion. Buttatelo de sotto". Così fecero. E mi salvai».
Ashkelon, a trenta chilometri dal conflitto, oggi. «È un continuo! È un continuo! Siamo stanchi, non ce la facciamo più». Romolo Efrati parla dal telefono di casa, in Israele. Vive qui da dodici anni con la sua famiglia: una moglie e cinque figli di cui solo uno è rimasto a Roma. «Tutti i giorni piovono bombe, purtroppo ormai ci siamo abituati. Mi sono salvato dalla belva nazista e ora, a 72 anni, devo ancora combattere contro la paura di morire».
Vivere a un passo dalla Striscia di Gaza vuol dire vivere con il suono della sirena fissa nella mente. Con un bunker dentro casa. La paura di camminare per strada. «È sempre un corri corri. Esci per andare a fare la spesa, suona la sirena e ti butti a terra pregando Dio di poterti rialzare. Non sai mai dove possa cascare, è un incubo». Ad Ashkelon la gente non passeggia, i bambini non vanno a scuola, si varca la porta per lavorare solo se necessario. «Meglio non uscire», consiglia Romolo. «Giusto se si deve fare la spesa, e in caso è meglio fare scorte per almeno una settimana. Ogni ora, circa, arriva un razzo Qassam. Hai venti secondi per ripararti. E se si è in strada è bene mettersi dietro un palazzo o gettarsi a terra. Se si è in macchina bisogna uscire immediatamente. L'ultimo Qassam è esploso a cinquanta metri da me, ha ucciso una persona e altre quindici sono rimaste ferite».
Sono otto anni che Hamas lancia i suoi missili sugli israeliani. «Nell'ultima settimana però è stato un crescendo. Ne piovono nove, dieci, undici al giorno. La notte non si dorme, la sirena suona alle 23 o alle 2, in ogni momento. Noi non ce la facciamo più. Accendiamo la televisione e sentiamo che il mondo chiede a Israele di parlare con Hamas. Ma come fai a parlare con loro se non accettano l'esistenza del tuo Stato? Hamas non ha niente a che fare con la democrazia. Il mondo lo sa, ma fa finta di niente. Hamas è terrorismo e il terrorismo bisogna combatterlo». Romolo si sfoga. «Nessuno però dice la verità. Che anche Israele ha i suoi bambini che in una città come la mia vivono nel terrore, subiscono forti traumi. E che, per esempio, il nostro Stato l'altro giorno ha prelevato i bambini palestinesi feriti a Gaza e li ha portati nei nostri ospedali, qui ad Ashkelon dove arrivano i loro Qassam. Nessuno racconta questo. Io ho subìto la guerra nel 1943, ho visto mio padre deportato e dopo le sirene in Italia sono costretto a sentire le sirene, qui, tutti i giorni».
Romolo Efrati sa bene quanto sia pericoloso oggi dormire ad Ashkelon. Ma di andare via, non se ne parla. «Questa è la mia casa, la mia terra. Questa è Israele». La sua voce è una miscela di amore, voglia di giustizia e apprensione. «Abbiamo sempre l'orecchio attento. Siamo abituati, purtroppo». «Ecco! Ecco! Riesce a sentire attraverso l'apparecchio? Sta suonando, proprio mentre parliamo. Sto chiamando mia moglie, scendiamo giù nel bunker al sicuro. Sente? Tesoro forza! Lei mi sente? Riesce a sentire la sirena? Riesce a sentirla?».
(Il Tempo, 2 gennaio 2009)
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Una corsa contro il tempo
di R.A. Segre
Per chi lavora il tempo a Gaza? La dottrina militare tradizionale israeliana si fondava in passato su tre punti: raggiungere rapidamente gli scopi per evitare l'intervento politico estero mirante a trasformare i successi militari in sconfitte politiche; evitare perdite di soldati capaci di diminuire il sostegno del paese; impedire che il rapporto di forza fra lo Stato e il popolo palestinese trasformi la resistenza del secondo in vittoria. Questi tre principi sono certo operanti nella tattica seguita sinora con alcune varianti che nelle precedenti operazioni contro le milizie palestinesi o islamiche non c'erano.
Anzitutto questa è la prima guerra di Israele accompagnata da una ben organizzata campagna psicologica: ai giornalisti israeliani è stato messo il bavaglio «per garantire la loro sicurezza» e lasciati a dipendere dalle informazioni date dai militari oppure dalle descrizioni di "colore" che ottengono con contatti telefonici senza trovarsi sul campo di battaglia. In secondo luogo è ormai evidente che Gerusalemme non deve preoccuparsi delle reazioni dei paesi arabi, apertamente accusati dalla propaganda iraniana e libanese di aver tradito la causa palestinese. In terzo luogo, mentre ribolle l'ira degli arabi israeliani, forti delle garanzie democratiche di cui dispongono e del loro libero accesso ai media stranieri, la reazione dei palestinesi della Cisgiordania verso quelli di Gaza è sempre più critica.
Hamas è accusato di non aver compreso la lezione della guerra del Libano: di aver "follemente" assunto la responsabilità della rottura della tregua, delle conseguenze che ne sono seguite e della tensione con Il Cairo.
Lo schieramento delle truppe israeliane attorno a Gaza, unitamente al passaggio di aiuti umanitari e all'aiuto ai feriti negli ospedali israeliani, ha il doppio scopo di creare un forte pressione psicologica sui palestinesi - che ignorano se e quando arriverà l'assalto - e influenzare l'opinione pubblica internazionale, che sembra comprendere l'impossibilità per Israele di continuare a sottostare al bombardamento di missili di Hamas. E infatti non c'è una condanna dell'Onu.
Nessuno poi sa cosa stiano facendo le truppe speciali all'interno di Gaza: operano per il ritrovamento del caporale Shalit, il che rappresenterebbe un immenso successo per i due partiti - Kadima e Labour - che debbono affrontare le elezioni generali il 10 febbraio, oppure stanno dando all'aviazione le informazioni topografiche per i suoi micidiali e miratissimi bombardamenti. Sul totale dei morti, più di 300 sono militanti di Hamas fra cui alcuni dei suoi comandanti "storici", mentre la dirigenza politica resta nascosta nei bunker incapace di fare sentire la sua voce.
Il che non significa che Israele abbia rinunciato all'uso delle truppe. Ma potrebbe spiegare, anche grazie alla irresponsabilità di Hamas che continua a lanciare missili, perché il governo abbia respinto la tregua e affidato al ministro degli Esteri Livni, il compito di spiegare a Parigi se e perché autorizzerà l'entrata dei suoi carri a Gaza. Sempre che si sia previsto come uscirne.
(il Giornale, 2 gennaio 2009)
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Il mistero dei missili cinesi di Hamas
di Guido Olimpio
Trovati i resti di alcune testate ad alto potenziale. Potrebbe trattarsi di un "regalo" dell'Iran
MILANO - Esaminando i resti di alcuni missili sparati dai palestinesi, gli israeliani hanno scoperto che si tratta di un'arma cinese, il "WS 1E" da 122 millimetri, ben più potente del tradizionale Grad. Ma come sono arrivati questi ordigni ad Hamas? Da Gerusalemme hanno ipotizzato che i missili siano stati contrabbandati prima in Africa e poi attraverso il deserto. Un "regalo" - sostengono - confezionato dall'Iran. Nel giugno 2007, il Corriere aveva rivelato i dettagli di un complesso piano per aiutare Hamas. In base ad un accordo segreto armi sofisticate sono state inviate dall'Iran al Sudan e da qui, dopo un periodo di sosta, spedite verso l'Egitto. Le casse erano state affidate ai beduini del deserto che le hanno consegnate ad un esponente della Jihad egiziana. Questi ne avrebbe conservato una parte e trasferito il resto nella striscia di Gaza.
RAGGIO D'AZIONE - A coordinare il "giro" esponenti della Forza Qods, l'apparato clandestino dei pasdaran, e alti esponenti di Hamas. Per gli artificieri israeliani il missile cinese - lungo 2,9 metri e pesante 74 kg - è considerato temibile non solo per il raggio d'azione (40 km) ma anche per la carica ad alto potenziale. La testata può essere composta da esplosivo e 1500 sfere d'acciaio che producono un effetto "lupara". Fonti di intelligence hanno aggiunto che, in alcuni casi, Hamas ha importato solo alcune componenti degli ordigni ed ha finalizzato l'assemblaggio a Gaza. Ad aggiungere incertezza hanno contribuito le informazioni del "Times". Per il quotidiano britannico Hamas avrebbe ricevuto dall'Iran alcuni esemplari del "Fajr 3", con un raggio d'azione di 45 chilometri.
(Corriere della Sera, 2 gennaio 2009)
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Bombe e volantini nel cielo di Gaza
Il volantino: «Gli spargimenti di sangue sono nelle vostre mani»
GERUSALEMME - Aerei israeliani hanno lanciato oggi su Gaza quantità di volantini con i quali è stato chiesto l'aiuto attivo della popolazione nell'identificare le località da dove i miliziani palestinesi sparano razzi, allo scopo di neutralizzarli per tempo.
«Cara popolazione della striscia di Gaza - si legge nei volantini, secondo la traduzione della agenzia di stampa palestinese Maan- sii responsabile del tuo destino. I lanciatori di razzi e i terroristi rappresentano una minaccia per voi. Se volete aiutare la vostra gente chiamate il numero segnato in basso e forniteci le informazioni necessarie». «I futuri spargimenti di sangue sono nelle vostre mani. Non esitate! - prosegue il messaggio - Saremo lieti di ricevere ogni informazione che avete, non dovete identificarvi. Il tutto resterà segreto».
Il testo si conclude con un numero telefonico della zona di Gerusalemme e con un indirizzo mail a cui i palestinesi di Gaza possono rivolgersi.
Nei giorni scorsi anche i miliziani del braccio armato di Hamas, Brigate Ezzedin al-Qassam, si erano rivolti direttamente alla popolazione israeliana inviando messaggi sms con l'annuncio: «I razzi palestinesi stanno arrivando da voi». Non è stato invece confermato l'ufficialità del lancio di volantini riportato dal Jerusalem Post. Secondo il quotidiano israeliano sarebbe infatti stato distribuito un volantino riportante una richiesta d'aiuto del popolo palestinese autodefinitosi "ostaggio" di Hamas sulla striscia. Secca la smentita delle autorità in Palestina: «La fine del regime brutale di Hamas, come i nostri connazionali sanno bene, si potrà ottenere davvero solo attraverso l'intervento delle forze locali, non per mezzo dei missili di Israele».
(La Stampa, 2 gennaio 2009)
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Gaza, una telefonata poi tre razzi così è stato ucciso un capo di Hamas
Noto per le posizioni estremiste e per aver sposato apertamente la causa del martirio
era considerato il numero cinque del movimento di resistenza islamico
GAZA - Ha preferito morire in un bombardamento aereo piuttosto che lasciare la propria abitazione dove viveva con quattro mogli e numerosi figli. Nizar Rayyan, considerato il numero cinque di Hamas, è stato coerente fino in fondo.
Un quarto d'ora prima del raid, secondo fonti locali e stando alla rete televisiva israeliana Canale 10, era stato avvertito con una telefonata di Israele che stava per essere bombardato. Ma lui, uno degli ideatori della tattica degli 'scudi umani' da schierare per impedire bombardamenti israeliani, ha preferito restare con le persone a lui più care....
(la Repubblica, 1 gennaio 2009)
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Per il 71% degli israeliani l'offensiva deve proseguire
GERUSALEMME, 1 gen. - L'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza criticata aspramente in gran parte del mondo e' estremamente popolare in Israele. Secondo un sondaggio del progressista Haaretz il 52% vuole che i raid proseguono mentre il 19% ritiene indispensabile che si dia il via anche all'offensiva di terra. Solo il 20 per cento chiede che si raggiunga a un cessate il fuoco prima possibile. Sul fronte politico, a 40 giorni dalle elezioni, il Partito laburista del ministro della Difesa Ehud Barak e' la formazione politica che ha tratto maggior vantaggio dall'operazione mentre la destra religiosa ha perso molto. Se si votasse oggi il Labour conquisterebbe 16 seggi contro gli 11 attribuiti la settimana scorsa prima dell'inizio dell'offensiva. Kadima, il partito del premier Ehud Olmert guidato ora dal ministro degli Esteri Tzipi Livni ne ha guadagnato uno (da 26 a 27) nella stessa finestra temporale. Piu' marcata la crescita della destra del Likud: 2 parlamentari in piu ' (da 30 a 32). Sul fonte opposto arretrano di 4 seggi gli ortodossi dello Shas. Haaretz sottolinea pero' i consensi politici in queste fasi sono assolutamente effimeri.
Tutto dipendera', come ha insegnato la disastrosa guerra contro le milizie sciite di Hezbollah nel Libano meridionale nell'estate del 2006, dall'esito finale dell'offensiva israeliana. Anche l'indice di popolarita' di Olmert all'indomani dell'attacco (il 12 luglio) decollo' al 75% per poi precipitare intorno al 10% il 14 agosto alla fine del conflitto.
(AGI, 1 gennaio 2009)
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Gaza, Israele vince il primo round
Il governo israeliano è disponibile a valutare una tregua se la comunità internazionale si impegnerà a inviare degli osservatori a Gaza. Nel frattempo la guerra continua, l'aviazione colpisce altri obiettivi di Hamas e nuove truppe vengono ammassate al confine con la Striscia nell'eventualità di un intervento terrestre. Il ministro Livni vola a Parigi per un faccia a faccia con il presidente Sarkozy mentre il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha votato contro la risoluzione avanzata dalla Libia e da altri paesi arabi che condannava gli attacchi aerei israeliani...
(l'Occidentale, 1 gennaio 2009)
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Se capitasse a noi in Italia
di Sergio Della Pergola
Nella invero poco probabile ipotesi di un quotidiano lancio di missili da oltre il confine, proviamo a simulare con i capoluoghi di provincia italiani la situazione effettivamente vissuta dalla popolazione israeliana nelle vicinanze di Gaza nel corso degli ultimi otto anni. Nelle città situate fino a 10 km. dal confine, come Sderot, gli abitanti avrebbero a loro disposizione 15 secondi di tempo dal momento dell'allarme per mettersi al riparo nei rifugi antiaerei. È il caso di Como, Gorizia e Trieste. A 20 km. di distanza dal confine, come ad Ashkelon e a Netivot, avrebbero 30 secondi di tempo gli abitanti di Aosta, Verbania, Varese, Sondrio e Udine. A 30 km. dal confine, come ad Ashdod, Kiryat Malachi, Kiryat Gat e Ofakim, avrebbero 45 secondi gli abitanti di Cuneo e Lecco. A 40 km. dal confine, come a Beer Sheva, avrebbero un intero minuto gli abitanti di Imperia, Torino, Biella, Milano e Bolzano. Qui sarebbe proprio il caso di parlare di equivicinanza.
(Notiziario Ucei, 1 gennaio 2009)
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Si' di Hamas a cessate il fuoco, ma con molte condizioni
GAZA, 1 gen. - Hamas ha accettato in linea di principio la proposta per un cessate il fuoco di 48 ore nella Striscia di Gaza avanzata dall'Unione europea, ma ha posto molte condizioni. Il movimento islamico chiede che "l'aggressione" di Israele "si fermi", che sia revocato il blocco di Gaza, che siano aperti tutti i valichi di frontiera e che "vi siano garanzie internazionali che l'occupante non ricomincera' la sua guerra terroristica", ha spiegato in una nota il portavoce Fawzi Barhum. 14.01.
Hamas smentisce di aver accettato la proposta di tregua Ue
GAZA, 1 gen. - Il caos regna sovrano tra le file di Hamas. Un esponente di spicco del movimento di resistenza islamico ha smentito l'annuncio dato in precedenza dal portavoce Fawzi Barhum che l'organizzazione era pronta ad accettare "a determinate condizioni" la proposta di tregua di 48 ore avanzata dall'Ue. Proposta comunque respinta dalla controparte israeliana. Hamas ha spiegato che l'errore e' da attribuire a "una falsa dichiarazione" apparso sul proprio sito web.
(AGI, 1 gennaio 2009)
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Gaza, Israele «arruola» You Tube
Una pagina sul celebre sito, gestita dalle forze armate di Tel Aviv, mostra i video dei bombardamenti. Lo scopo e' quello di smascherare le menzogne di Hamas.
GERUSALEMME - Ogni guerra non è fatta solo di missili e bombe, ma anche di propaganda. Per conquistare «i cuori e le menti» di quella larga parte di opinione pubblica ostile all'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, lo Stato ebraico ha quindi deciso di «arruolare» Youtube.
Le autorità israeliane hanno aperto un canale che raccoglie i filmati dei bombardamenti di precisioni nella Striscia e le immagini di come Hamas usi anche le moschee per nascondere il proprio arsenale.
A gestire la pagina è direttamente l'ufficio stampa delle forze armate israeliane (Idf) con l'obiettivo di «dare al mondo la nostra versione dei fatti». Tra i video quello di «una moschea piena di armi» che salta in aria con molteplici esplosioni a catena dopo essere stata colpita da una singola bomba israeliana. In un'altra si vede la distruzione di una postazione di Qassam poco dopo il lancio di un razzo. I responsabili di Youtube non nascondono l'imbarazzo non per problemi di antisemitismo ma perchè in teoria il sito ha messo al bando le immagini violente. Per risolvere il problema hanno fatto ricorso all'escamotage di far decidere ai propri abbonati: saranno loro «spuntando» con un segnale i filmati troppo forti a decidere la sorte dei video. Ad oggi la pagina con all'interno i video è stata vista da 478.834 utenti.
(Corriere della Sera, 1 gennaio 2009)
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Hamas:"Vendicheremo la morte di Rayan"
I palestinesi giurano dura rappresaglia
Il movimento palestinese di Hamas ha confermato l'uccisione di Nizar Rayan, uno dei suoi maggiori esponenti, in un attacco aereo israeliano. Nel raid sono rimasti uccisi una delle sue quattro mogli, tre dei suoi figli e cinque vicini di casa. Decine i feriti. Mushir El Masri, esponente di Hamas, ne ha commemorato la figura e ha detto che la sua uccisione porterà a reazioni diverse contro Israele.
(TGCOM, 1 gennaio 2009)
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