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Notizie gennaio 2010

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Cisgiordania: nasce il primo fondo di investimento privato

Con il capitale di due società arabe

RAMALLAH, 31 gen. - Due società di investimento arabe hanno annunciato la nascita del primo fondo di investimento privato in Cisgiordania per rilanciare l'economia palestinese. Palestine Investment Fund e Abraaj Capital di Dubai investiranno in piccoli e medi progetti con un capitale di partenza di 15 milioni di dollari Usa e con la speranza di raccogliere complessivamente 50 milioni di dollari entro la fine dell'anno. Il Primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, un economista di fama, ha annunciato recentemente una serie di progetti per dotare la Cisgiordania di istituzioni economiche in vista del conseguimento dell'indipendenza entro due anni.

(Apcom, 31 gennaio 2010)

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Shoah: domani a Roma cerimona al Binario 1 della Stazione Tiburtina

ROMA, 31 gen. - Domani, alle 11, presso il Binario 1 della Stazione Tiburtina di Roma, si svolgera' una cerimonia commemorativa della prima deportazione degli ebrei di Roma. Alla cerimonia parteciperanno il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il presidente della Provincia, Nicola Zingaretti. Presenti anche il presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah, Giovanni Maria Flick, il presidente della Fondazione, Leone Paserman, l'amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, e Lello Di Segni, sopravvissuto alla deportazione.
Il rastrellamento nel Ghetto romano inizio' verso le 5.30 del 16 ottobre 1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono in 26 zone operative della Capitale alla ricerca di altri ebrei. Dopo il rastrellamento furono catturati e imprigionati nel Collegio Militare in Piazza della Rovere 441 interi nuclei familiari. In tutto 1.020 ebrei romani.
Due giorni dopo, i prigionieri furono stipati dentro 18 vagoni piombati. Il treno parti' dal binario 1 della Stazione di Roma Tiburtina, diretto al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Il 23 ottobre all'arrivo sulla Judenrampe, dopo la 'selezione finale', 824 persone, fra uomini, donne e bambini, furono immediatamente inviati nelle camere a gas. Gli altri, 149 uomini e 47 donne, giovani e robusti, furono utilizzati nel campo come lavoratori schiavi. Solo 16 di loro tornarono alla fine del conflitto: quindici uomini e una donna.

(Adnkronos, 31 gennaio 2010)

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Visita segreta del capo della Cia in Israele

Nel mirino di Panetta le basi di Al Qaida nello Yemen

TEL AVIV, 31 gen - Il direttore della Cia Leon Panetta e' stato nei giorni scorsi in visita segreta in Israele ed Egitto. In Israele Panetta avrebbe esaminato la questione iraniana con il premier Netanyahu, con il ministro della difesa Barak e con il capo del Mossad (spionaggio) Meir Dagan. Il sito israeliano di intelligence Debka ha affermato che Panetta ha mostrato - sia in Israele che in Egitto - particolare interesse nella lotta contro le basi di Al Qaida nello Yemen.

(ANSA, 31 gennaio 2010)

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Giordania - Fallito attacco a diplomatici di Israele: 10 arrestati

Nell'attentato nessuno è rimasto ferito

AMMAN, 31 gen. - Una decina di militanti islamici sono finiti in manette in connessione con il fallito attentato del 14 gennaio ad un convoglio di diplomatici israeliani in Giordania. Lo ha reso noto una fonte di sicurezza giordana precisando che gli arrestati appartengono a gruppi Salafisti, una corrente radicale che si rifà all'Islam delle origini.
Un ordigno era esploso nei pressi di un convoglio dell'ambasciata di Israele in Giordania senza provocare feriti. L'esplosione era avvenuta al tramonto vicino al valico di Allenby Bridge, tra Giordania e Cisgiordania.
In passato si erano registrati diversi tentativi di colpire diplomatici dello Stato ebraico in Giordania. Israele e Giordania hanno firmato un trattato di pace nel 1994, ma le relazioni bilaterali si sono raffreddate ultimamente a causa dello stallo nel processo di pace tra israelo-palestinese.

(Apcom, 31 gennaio 2010)

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Arrivano i pc low cost made in Israel

di Anna Momigliano

Nel 2013 i notebook saranno più numerosi dei portatili tradizionali. La rivoluzione parte anche da Tel Aviv, dove una start up sta lanciando un nuovo modello di business, che utilizza il software libero ma strizza l'occhion a Windows.
Un sistema operativo interamente made in Israel. Sarà istallato e venduto su dei notebook, pure loro commercializzati da un'azienda israeliana, con un obiettivo assai particolare: attrarre due settori finora considerati opposti nel mercato del personal computer. Ovvero gli appassionati di Linux e i fedelissimi di Windows.
L'idea arriva da una piccola start-up di Tel Aviv: da tempo Affordy ormai si occupa della distribuzione di Titan Lev, ovvero la distribuzione israeliana del sistema operativo Linux. Trattandosi di un software libero, liberamente riproducibile e legalmente scaricabile da internet, Affordy finora ha tratto profitto soprattutto dalla fornitura di assistenza e dalla consulenza informatica, un modus operandi diffuso ormai anche in multinazionali informatiche di dimensioni assai maggiori (come per esempio la Red Hat e la Novell, giusto per menzionarne due). Quello che finora ha tenuto la piccola compagnia israeliana a galla, tuttavia, è stata una caratteristica unica del sistema operativo made in Israel: a differenza delle altre distribuzioni, Titan è stata studiata appositamente per gli utenti che sono abituati a lavorare con i sistemi Windows. Questo significa non solo che l'interfaccia grafica è pensata per essere molto user friendly, e simile a quella dei PC tradizionali. Ma anche che tutto il sistema operativo è studiato per avere la massima compatibilità con i programmi più diffusi.
La novità, ora, sta nel fatto che Affordy ha deciso di espandere il proprio business. Non più solo produzione di software ma anche vendita di hardware. L'idea, insomma, è di lanciare sul mercato dei notebook con il sistema operativo Titan già istallato: lo ha annunciato recentemente alla stampa israeliana l'amministratore delegato Yoram Nissenboim. Un veterano nel campo delle start-up
Yoram Nissenboim
tecnologiche (ne ha fondate ben otto, tutte bene avviate), Nissenboim non ha ancora fornito dettagli tuttavia sul partner commerciale identificato per avviare la produzione dell'hadware. Sembra assodato invece che la piccola compagnia punti alla fascia più economica del mercato: il prezzo dei notebook più economici si aggira intorno ai 150 dollari, di cui circa una trentina sono da attribuirsi alle licenze di software (che il prodotto israeliano andrebbe a tagliare). L'obiettivo dunque è sbaragliare la concorrenza sul prezzo.
Non tutti però sono convinti sulla fattibilità di questa strategia. A ben vedere, infatti, notebook con sistemi operativi alternativi sono già in commercio: in genere chi li acquista lo fa proprio perché preferisce utilizzare un software diverso, e alcuni ritengono che, dati i costi relativamente bassi delle licenze, difficilmente un appassionato di Windows possa decidere di acquistare un mini-computer con Titan. Ad oggi, del resto, solo l'un per cento degli utenti di computer utilizzano Linux. A torto o a ragione, tuttavia, Nissenboim e la sua squadra sono convinti che si tratti di un mercato destinato all'espansione. Stando ai pronostici della start-up di Tel Aviv, entro il 2013 dovrebbero essere in commercio circa 60 milioni di laptops, di cui "circa un terzo" dovrebbe utilizzare un sistema operativo alternativo. Sempre in base agli stessi pronostici, inoltre, nel giro di appena due anni il numero di netbook (ossia mini-computer portatili a basso costo) dovrebbe avere sorpassato quello dei tradizionali, e più ingombranti, computer portatili. "Presto ci sarà una rivoluzione nel mondo dei netbook - ha dichiarato Nissenboim - e noi siamo pronti a coglierla."

(Notiziario Ucei, 31 gennaio 2010)

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Israele: Mabhuh implicato in traffico armi da Iran a Gaza

L'esponente di Hamas assassinato a Dubai 20 gennaio

GERUSALEMME, 31 gen. - Il comandante di Hamas, Mahmud al Mabhuh, assassinato a Dubai il 20 gennaio scorso, giocava un ruolo di primo piano nel contrabbando di armi provenienti dall'Iran o finanziate dal governo della Repubblica islamica e destinate ai militanti della Striscia di Gaza. È quanto hanno rivelato fonti ufficiali israeliane in condizioni di anonimato.
Hamas ha accusato Israele di aver ucciso al Mabhuh. Le autorità di Dubai, che stanno svolgendo le indagini sul caso, hanno affermato che l'alto responsabile militare di Hamas, è stato ucciso da "una banda di criminali professionisti" provvisti di passaporti europei. Lo Stato ebraico, che ricercava Mabhuh da decenni, si è rifiutato di rilasciare qualsiasi dichiarazione sulla misteriosa morte del comandante di Hamas.
Uno dei fondatori dell'ala militare di Hamas (le Brigate Izzedin al Qassam), Mahmud al Mabhuh partecipò nel 1989 al sequestro e all'uccisione di due soldati israeliani, Avi Sasportas e Ilan Saadon. Le Brigate hanno promesso vendetta per la sua morte.

(Apcom, 31 gennaio 2010)

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Giornata della Memoria - Parla Virginia Gattegno, sopravvissuta all'inferno di Auschwitz

«Auschwitz? Guardi, personalmente non mi va di ricordare quel periodo, ma noi che siamo gli ultimi sopravvissuti abbiamo il dovere di raccontare quello che è successo».
     Parla con tono molto determinato, pur tra il comprensibile dolore che riaffiora, Virginia Gattegno, veneziana che all'epoca della deportazione nella vergogna del Novecento era appena ventenne. Lo fa con uno sguardo intenso sentendo che chi, come lei, è riuscita a vedere la luce e una nuova vita ha un obbligo molto chiaro. Soprattutto nei confronti dei più giovani.

Che idea si è fatta di queste iniziative per la Giornata della Memoria?
«Sono fondamentali, troppo spesso le giovani generazioni o non sanno o sanno poco. In questo modo, tramite gli incontri e le commemorazioni, possono venire in contatto con la verità. Non è, purtroppo, un problema recente: negli anni Settanta, quando insegnavo alle scuole elementari, ricordo che il direttore non voleva che raccontassi la mia storia di sopravvissuta ai lager, temendo che gli allievi si impressionassero».

Eppure si tratta di una delle pagine più sconvolgenti del secolo scorso?
«Appunto, la storia dell'uomo è piena di brutte vicende, di guerre e di fame. Ma quella dei nazisti non era una guerra contro un nemico, era un vero e proprio sterminio deciso a tavolino. Una cosa terribile».

Dove iniziò il suo calvario?
«Mi trovavo a Rodi con la mia famiglia, i tedeschi non sembravano aggressivi. Un giorno dissero che dovevano controllare i documenti agli uomini. Capimmo subito che c'era qualcosa di strano, ma gli uomini andarono. Ben presto gli ebrei vennero rinchiusi a calci negli uffici e poi una nave ci portò al Pireo. Da lì ci caricarono su un carro bestiame per Auschwitz, un terribile viaggio di due settimane».

Cosa ricorda dell'arrivo?
«Ricordo la voce di una donna alla quale le era stato strappato il bambino, il freddo dell'inverno. Ci rinchiusero in baracche, ci rasarono e denudarono. Ben presto io arrivai a 35 chili. Adesso ho una sorta di ricordo "in bianco e nero" tra la neve e il freddo».

Nel gennaio del 1945 la svolta.
«Ecco, qui la descrizione fatta da Primo Levi è perfetta. All'orizzonte, da lontanissimo, vedemmo arrivare i soldati russi: finalmente la liberazione. Restammo lì ancora un po', per coprirci ci diedero le loro divise. Poi, finalmente, iniziò il viaggio verso l'Italia insieme a mia sorella. Il resto della mia famiglia non era riuscita a sopravvivere, lentamente riprendemmo un po' di energia».

Lei dice spesso che nel dramma a volte ci sono esempi positivi.
«L'umanità alla fine è riuscita a sconfiggere il male, ma quello che mi piace raccontare ai ragazzi riguarda proprio il campo di sterminio. Spesso andavo in cerca di cibo e trovai, in una baracca, una donna che stava facendo delle pizzette con la farina e l'acqua. Mi avvicinai e lei mi disse che se le avessi spaccato un po' di legna, in cambio mi avrebbe dato una focaccetta. Ma quando presi l'accetta ero così debole che non riuscii a rimanere in piedi. Davanti a questa scena la donna, affamata come me, mi diede un po' del suo cibo. Un gesto di solidarietà che non dimenticherò mai».

(Il Gazzettino.it, 31 gennaio 2010)

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I superstiti della Shoah contro Apple: "Un'offesa l'applicazione i-Mussolini"

Bufera sul programma per Iphone che contiene un centinaio di discorsi del Duce: «Un insulto alla memoria»

La controversa applicazione per I-Phone
WASHINGTON - Un'associazione che raggruppa i sopravvissuti della Shoah residenti negli Stati Uniti hanno duramente condannato "I-Mussolini", l'applicazione dell'Iphone che contiene un centinaio di discorsi del Duce messa on-line dal programmatore napoletano Luigi Marino.
Elan Steinberg, vicepresidente di questa organizzazione (American Gathering of Holocaust Survivors and their Descendants) ha chiamato in causa la Apple, definendo quest'applicazione «un insulto alla memoria di tutte le vittime del nazismo e del fascismo, ebrei e non, da condannare come un'offesa alla decenza e alla coscienza».
«Intendiamo protestare - ha concluso Steinberg - nei confronti dei dirigenti della Apple che avendo il controllo di questa applicazione ne sono pertanto responsabili«.

(La Stampa, 30 gennaio 2010)

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Amici di Israele: inconcepibile una legge contro iMussolini

MILANO, 30 gen. - Il segretario dell'associazione Amici di Israele Davide Romano e' contrario all'emanazione di una legge che vieti o limiti la diffusione di iMussolini, un'applicazione per l'iPod Touch e per l'iPhone scaricabile da iTunes, il negozio online della Apple, che contiene centinaia di discorsi di Benito Mussolini.
"Il fatto che iMussolini -afferma Romano- e' al momento l'applicazione piu' venduta tra quelle a pagamento presenti sull'iTunes, e' notizia che rattrista. Tanto piu' dal momento che si rileva ci siano persone che con questi strumenti pensano di fare soldi. Tutto questo lascia sgomenti, e senza alcun dubbio i creatori e gli acquirenti di tale applicazione vanno condannati nella maniera piu' netta. Cio' premesso, non credo sia concepibile un divieto di legge in tal senso".
Per Romano "ci sono metodi sicuramente migliori per opporsi a tale sottocultura che i divieti, che peraltro in rete hanno una dubbia efficacia. Il successo di vendita dell'applicazione iMussolini va invece presa in esame come segnale che sul piano della cultura della tolleranza e della democrazia, c'e' ancora molto da fare. E -conclude- il successo di questa applicazione ce lo conferma".

(Adnkronos, 30 gennaio 2010)

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Festività di Tu Bishvat 5770 (30 gennaio 2010)

Rosh Hashanà Lailanòt o Capodanno degli alberi cade il 15 di Shevàt e per questo la festa è chiamata anche Tu Bishvàt. Il valore numerico della lettera tet è 9 e della lettera vav è 6; per questo 9+6=15. Nell'antico Stato ebraico questo giorno era festeggiato perché segnava il confine tra due anni agricoli. In questo periodo, in Israele, gli alberi iniziano la fioritura e il primo a destarsi è il mandorlo, con i suoi fiori candidi.
Si festeggia questo giorno facendo un séder, mangiando anche la frutta delle sette specie di cui era rinomata Israele: (grano, orzo, olive, datteri, uva, fichi, melagrana ecc.) Durante il séder (ordine) si leggono brani della Torà, di Ezechiele e dei Salmi, si mangiano cibi secondo un ordine particolare e si bevono quattro bicchieri di vino: il I bianco; il II bianco, con gocce di rosso; il III metà bianco e metà rosso; il IV tutto rosso. Il vino bianco e il vino rosso simboleggiano l'inverno e la primavera e quindi l'avvento della primavera sull'inverno. Simboleggiano anche il peccato e la teshuvà, (ritorno, pentimento) quindi il prevalere della tendenza verso il bene e la vita, sul male. Per prima cosa si recita la preghiera per gli alberi, perché il Signore li faccia crescere e germogliare e produrre frutti in quantità, che procurano salute al nostro corpo e luce per lo spirito. Poi si mangiano i vari frutti e si beve il vino.
Gli Ebrei, sparsi nel mondo intero e nonostante le persecuzioni e mille sofferenze, non hanno mai dimenticato Èretz Israèl. In questo giorno, in modo particolare, ci sentiamo più vicini alla nostra terra e ci uniamo, col pensiero, ai nostri fratelli lontani. Che le colline desolate si trasformino in fitte foreste e che il nudo deserto rifiorisca!
Una dolce primavera abbia sempre il sopravvento sul rigido inverno. In Israele, in questo giorno, si festeggia piantando nuovi alberi.

(Dal sito della Scuola Ebraica di Torino)




Quando sarete entrati nel paese e vi avrete piantato ogni sorta d'alberi fruttiferi, ne considererete i frutti come incirconcisi; per tre anni saranno per voi come incirconcisi; non si dovranno mangiare. Ma il quarto anno tutti i loro frutti saranno consacrati all'Eterno, per dargli lode. E il quinto anno mangerete il frutto di quegli alberi, affinché essi vi aumentino il loro prodotto. Io sono l'Eterno, l'Iddio vostro.
(Levitico 19:23-25)

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Netanyahu, l'insediamento Ariel sarà parte integrante di Israele

GERUSALEMME, 29 gen. - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito oggi che l'insediamento di Ariel sara' parte "integrante e inseparabile" d'Israele in ogni futuro accordo di pace. "Chiunque capisca la geografica della Terra d'Israele, sa quanto e' importante Ariel", ha proseguito Netanyahu, che si e' recato nell'insediamento nel centro della Cisgiordania per una cerimonia durante la quale sono stati piantati nuovi alberi. "Vogliamo rafforzare la pace e la coesistenza con i nostri vicini -ha detto ancora- ma cio' non ci fermera' dal continuare a vivere qui, dove continueremo a costruire e piantare alberi".

(Adnkronos, 29 gennaio 2010)

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C'è un solo modo per ricordare la Shoah: essere per Israele

di Ugo Volli

Piccola riflessione sulla giornata della memoria, due giorni dopo. Nell'inflazione delle celebrazioni, per giuste e ben motivate che fossero, sono rimasti gli sfregi. Le scritte fasciste di Militia in Via Cavour e in Via Tasso a Roma, la sparata di Khamenei, il volantino fascista (del Movimento d'Azione Sociale) trovato ieri a Via Veronese a Roma, nel cortile dei Templi. Che cos'hanno in comune questi eventi: semplice, se la prendono con Israele, sostengono che "Il Sionismo è razzismo", che "l'Olocausto è propaganda sionista" (Militia), che "ci vogliono in tutti i modi imporre il loro progetto: ricordare la Shoà per cercare di giustificare e nascondere il vero olocausto: quello Palestinese." (Mas). Militia ha scritto anche "Hamas vincerà" e "Israele boia". E Khamenei, il gran macellaio di Teheran, ha promesso che presto "Israele sarà distrutto". Da loro, naturalmente.
Tutti hanno condannato. La Chiesa, la sinistra, le pubbliche autorità di ogni colore. Il manifesto ha titolato "Vergogna nera". L'Unità "La Roma fascista sporca il ricordo dell'Olocausto". Avvenire "La vergogna". Ma a me c'è qualcosa che non torna. Per quanto riguarda la Chiesa, queste schifezze di Militia e C. non hanno lo stesso contenuto delle dichiarazioni di Monsignor Tadeusz Pieronek e Monsignor Babini, di cui vi ho scritto un paio di giorni fa? E non consonano con l'acuta osservazione fatta un anno fa da Monsignor Renato Martino, capo del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, secondo cui Gaza è come Auschwitz in grande?
E per quanto riguarda la sinistra estrema, non si tratta in sostanza di quanto vanno dicendo da sempre i vari "Manifesto", "Unità", "Liberazione", "Terra" e altri giornalucoli per cui Israele starebbe commettendo crimini di guerra e atrocità a vagonate contro i poveri palestinesi innocenti? Non è quello che strillano i Comunisti Italiani del Piemonte che hanno aderito al boicottaggio di Israele organizzato dagli islamisti? E non è Ahmadinejad abbastanza simpatico per loro, in quanto nemico di Israele, da fare dimenticare le atrocità del regime contro i suoi oppositori? E allora perché si scandalizzano? Come pretendono di essere all'avanguardia dell'antinazismo riguardo agli ebrei morti nella Shoà (pur "diluendoli" con altre categorie, rom, omosessuali ecc.), quando la pensano esattamente come i nazisti di oggi sugli ebrei di oggi, minacciati di un'altra Shoà dall'Iran con la possibile partecipazione dei volonterosi carnefici di tutto il mondo arabo?
L'alleanza fra neonazisti e neocomunisti contro Israele e gli ebrei non può certo sorprendere noi. I nazisti si schierarono con i palestinesi, con i musulmani del Caucaso ecc. E soprattutto i palestinesi si schierarono con loro e non hanno mai smesso di tradurre e leggere Mein Kampf. Quelli che secondo gli ultrasinistri dovrebbero fare "rossa" la "Palestina" sono a tutti gli effetti, neonazisti. D'altro canto, l'antisemitismo di Stalin era forse meno ossessivamente ideologico di quello di Hitler; ma sul piano pratico era altrettanto mortale. Chi non ci crede, e coltiva ancora il mito dell'Armata Rossa liberatrice, legga Grossman. I reduci della Rote Armee Faction (la banda terrorista Baader Meinhof, l'equivalente tedesco delle Brigate Rosse, che collaborò apertamente con i palestinesi nel terrorismo degli anni Settanta) oggi hanno preso la tessera dei neonazisti.
Conclusione della riflessione: chi oggi porta il lutto per la Shoà di settant'anni fa ma appoggia oggi i tentativi di distruggere Israele nella migliore delle ipotesi è incoerente, incapace di mettere ordine nelle sue idee. Nella peggiore e più probabile, è ipocrita. La prova della memoria è quel che si fa oggi. C'è un solo modo vero per essere oggi contro Hitler, ed è essere per Israele. Tutto il resto è chiacchiera.

(Informazione Corretta, 29 gennaio 2010)

COMMENTO - "Non sono antisemita", frase classica che accompagna di solito le peggiori tirate antisemite. Si può ritrovarla nel seguente, "edificante" articolo.

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Hamas accusa Israele: "Ucciso uno dei capi delle brigate al-Qassam"

La minaccia: "Risponderemo a questo crimine sionista nei luoghi e nei tempi appropriati"

DAMASCO - "I servizi segreti israeliani hanno ucciso l'eroe mujahid Mahmoud Abdel Rauf al-Mabhuh, uno dei capi delle brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, mentre si trovava a Dubai. L'omicidio è avvenuto il 20 gennaio". E' quanto ha annunciato Musa Abu Marzuq, dirigente del movimento islamico palestinese, alla tv araba 'al-Jazeera'. Il cadavere dell'esponente di Hamas è giunto all'alba di oggi a Damasco per essere sepolto nel campo profughi di Yourmuk.
Mabhuh aveva 50 anni e proveniva dal campo profughi Jabalia, a nord di Gaza. Era uno dei fondatori delle brigate al-Qassam e per diverse volte era stato arrestato delle forze di sicurezza israeliane. Nel 1989, dopo la sua ultima scarcerazione, era stato espulso e si era rifugiato a Damasco.
I dirigenti di Hamas incolpano dell'omicidio il Mossad israeliano. Con un comunicato le brigate Ezzedin al-Qassam minacciano di "rispondere a questo crimine sionista nei luoghi e nei tempi appropriati", aggiungendo che il gruppo palestinese sta seguendo le indagini. "Non posso rivelare le circostanze dell'omicidio: stiamo collaborando con le autorità degli Emirati" ha detto Izzat al-Rishq, membro dell'ufficio politico di Hamas.
Le autorità israeliane, da parte loro, non hanno confermato né commentato in alcun modo quanto riferito da Hamas a Damasco. Mentre il sito del giornale Haaretz di Tel Aviv si è limitato a sottolineare come lo stesso al-Mabhouh fosse sospettato da anni di coinvolgimento nei rapimenti e nella successiva uccisione di due soldati israeliani - Avi Sasportas e Ilan Saadon - avvenuti nel sud d'Israele in circostanze separate nel 1989 e attribuiti fin da subito a Hamas.

(la Repubblica, 29 gennaio 2010)

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Dall'archivio comunale di Malo i nomi degli ebrei in fuga

Toccante racconto di un testimone nel Giorno della memoria

di Silvia Ferrari

Ferruccio Neerman
MALO (VI) - Gli archivi di Malo parlano ancora e svelano le vicende degli ebrei internati a Malo durante il periodo delle leggi razziali. Sono stati ritrovati una cinquantina di documenti d'identità. Si tratta di uomini, donne e bambini, che giunsero in quegli anni nel territorio malandense nell'illusione di ritrovare una speranza. Speranza che nei loro paesi era sfumata.
È un po'quello che è accaduto anche a Ferruccio Neerman, proveniente da una famiglia veneziana di religione ebraica che passò gran parte di quei tristi anni in Altopiano. Neerman è stato ospite nella sala consiliare del Comune di Malo, in occasione della Giornata della memoria, per raccontare quegli anni terribili e presentare il suo libro.
Parla con la voce che trema Neerman, come se la paura non l'avesse mai abbandonato davvero. Racconta di come la sua vita cambiò dopo la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, quando aveva nove anni e come, da normale cittadino, divenne un perseguitato: «Un giorno, uscendo da scuola, dal niente un gruppo di compagni che consideravo amici mi sputarono addosso gridando "sporco ebreo". Fu terribile». Nel 1942 per sottrarlo alle persecuzioni i suoi genitori decisero di mandarlo in un orfanotrofio dove Neerman trascorse quello che definisce «un anno terribile e di grande afflizione».
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1843 e la seguente occupazione da parte delle truppe tedesche, Neerman e la sua famiglia trovarono rifugio in una malga denominata "Bosco secco" sull'Altopiano di Asiago, dove vissero in condizioni di disagio estremo fino all'autunno del 1944, quando dopo essere tornati a Venezia restarono fino alla liberazione del 28 aprile 1945.
Di questa vicenda Ferruccio Neerman ha scritto un libro dal titolo "Infanzia rubata. Storia vissuta di un bambino ebreo". «Nè io nè la mia famiglia siamo stati deportati in un campo di concentramento, ma quegli anni di sofferenza hanno lasciato un segno indelebile. Ho scritto un libro sulla mia storia, nato spontaneamente e io stesso mi sono stupito di come, scrivendo, mi siano tornati alla mente ricordi, colori e particolari».
L'assessore alla cultura Alberto Ferrigato: «Abbiamo sempre cercato di ricordare la Giornata della memoria con qualcosa di originale e poco conosciuto. Quest'anno è stata scoperta una quantità di documenti nell'archivio grazie al lavoro di Paola Farina».

(Il Giornale di Vicenza, 29 gennaio 2010)

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Israele all'Onu, nessun crimine di guerra commesso a Gaza

TEL AVIV, 29 gen. - Israele ha inviato all'Onu un proprio documento nel quale nega di aver commesso crimini di guerra durante l'invasione della Striscia di Gaza, a cavallo fra il 2008 e il 2009. "Questa mattina abbiamo consegnato all'Onu un rapporto sulle indagini e le operazioni che si sono svolte durante "piombo fuso", ha detto il ministro israeliano della Difesa Ehud Barak, aggiungendo che l'esercito del suo Paese "e' diverso da ogni altro, sia dal punto di vista morale che professionale".

(Adnkronos, 29 gennaio 2010)

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È l'Iran il vero erede dei nazisti

di Giorgio Israel

È venuta la Giornata della Memoria 2010 e personalmente l'ho trascorsa in casa. Non sono stato chiamato a partecipare ad alcun evento o manifestazione, neppure come invitato, malgrado abbia dedicato qualche libro alla questione ebraica e alle leggi razziali del 1938 e una serie interminabile di articoli all'antisemitismo. Non me ne stupisco e non me ne dolgo perché ho da tempo assunto come regola quella di parlare, in queste occasioni, soltanto dell'antisemitismo che minaccia gli ebrei viventi. Del resto, non si ripete fino alla noia che conoscere la storia passata serve a non ripeterne gli orrori? Tuttavia, parlare dell'antisemitismo di oggi non è gradito e serve a farsi depennare. Come ha scritto Fiamma Nirenstein sul Giornale, per lo più si usano dire due parole di circostanza per poi parlare di Hiroshima, delle minoranze etniche e della Resistenza. A me capitò di sentir equiparare i campi di concentramento e i centri di permanenza temporanea (Cpt) per i clandestini. Qualcuno più audace passa dai Cpt a Gaza, e ne deriva l'equazione Gaza = Auschwitz, da cui discende il corollario che gli israeliani (e quindi gli ebrei) sono i nuovi nazisti. Ebbene, per poter parlare della Shoah non pago il pedaggio di dire che Maroni è il nuovo Himmler, per cui preferisco starmene a casa a sfogliare in silenzio le foto dei miei parenti trucidati ad Auschwitz, i pochi documenti che ne conservo, e a parlarne con i miei figli.
Tuttavia quest'anno sono successi alcuni fatti nuovi che potrebbero cambiare le cose - almeno speriamo. Il primo fatto è noto ed è stato riportato da tutti i giornali. Ma conta sottolinearne un aspetto cruciale che già il Giornale ha indicato con un titolo efficace: «Khamenei celebra la Shoah: "Un giorno Israele sarà distrutto"». Niente di nuovo, s'intende. I dirigenti iraniani ci hanno abituato al loro slogan ripetuto in tutte le salse: Israele va distrutto, Israele è un ramo secco che sta cadendo, basta dare una scossa all'albero, e così via. Ma quel che c'è di nuovo stavolta è la scelta di aver fatto questo proclama, e con tanto clamore, proprio nella Giornata della Memoria, nel giorno in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti. Non è intervenuta soltanto la Guida Suprema del regime iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, ma anche il presidente del parlamento Alì Larijani - già capo della delegazione che trattava la questione nucleare e da tanti in occidente lodato come personalità ragionevole e moderata - che ha parlato in modo truculento di Israele ridotto a «terra bruciata».
In verità, non c'è neppure nulla di nuovo dal punto di vista delle intenzioni: il regime iraniano non ha mai fatto mistero di stabilire uno stretto collegamento tra questione israeliana e questione ebraica. L'Iran è oggi il centro mondiale del negazionismo, il Paese che promuove attivamente la propaganda della tesi secondo cui lo sterminio degli ebrei non è mai avvenuto, e che comunque in fin dei conti Hitler qualche buona ragione per detestare gli ebrei l'aveva. È un antisemitismo che si pone in continuità con i legami tra una parte del mondo islamico e il regime nazista simboleggiato dalle relazioni amichevoli tra Hitler e il Gran Muftì di Gerusalemme.
Tuttavia, fino ad ora, una parte consistente dell'opinione pubblica occidentale ha chiuso gli occhi di fronte al carattere esplicitamente antisemita dell'antisionismo iraniano. Anche il presidente Obama ha condannato certe espressioni ma non ha preso atto del fatto che esse erano ispirate da una volontà di vero e proprio genocidio razziale.
Ora nessuno può chiudere gli occhi. Non vi sono alibi. La dichiarazione della volontà di distruggere Israele fatta non in un giorno qualsiasi dell'anno, ma proprio il 27 gennaio, ha un significato inequivocabile. È quanto dire: nel giorno in cui si ricorda lo sterminio di un terzo degli ebrei del mondo, noi vi annunciamo che ci apprestiamo a proseguire l'opera sterminandone un altro terzo. E poi di questo sterminio si dirà che non è mai avvenuto, come lo si dice ora del primo. Chi può chiudere gli occhi di fronte al proclama sfrontato che la lotta contro Israele è una lotta contro gli ebrei? Come non vedere che «celebrare» così la Shoah appone a questa lotta un'etichetta razziale inequivocabile?
Tutto ciò è terribile ma potrebbe essere una buona notizia se servirà, una buona volta, ad aprire gli occhi e a svegliare le coscienze. La seconda buona notizia è che nel nostro Paese, nei discorsi ufficiali delle massime autorità - dal presidente della Repubblica Napolitano, al premier Berlusconi al presidente della Camera Fini - è stato denunciato esplicitamente il pericolo dell'antisemitismo di oggi e, in particolare, il pericolo di quello iraniano. Forse questi segnali inizieranno a svegliare l'opinione pubblica. E magari, l'anno prossimo, le celebrazioni del 27 gennaio potrebbero essere meno ritualistiche e commemorare gli ebrei morti per mettere in luce le minacce che incombono sugli ebrei viventi, e non per cambiare discorso.

(il Giornale, 29 gennaio 2010)

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Gli israeliani «scoprono» la provincia pontina

Nuovi sbocchi per il turismo pontino arrivano dall'estero.

Il territorio della provincia di Latina, infatti, ha destato grande interesse tra i tour operator israeliani, che saranno impegnati presto in un «educational tour». La notizia arriva dopo che ieri, presso la Camera di Commercio di Latina è stato presentato il «Patto delle imprese per lo sviluppo turistico della provincia di Latina» e il progetto «Obiettivo turismo 2010». Proprio nell'ambito di tale progetto le Associazioni hanno identificato, insieme all'iniziativa che vedrà coinvolti gli israeliani, una serie di azioni concrete quali: la realizzazione di un nuovo brand del prodotto turistico della provincia di Latina; la progettazione e realizzazione di materiale promozionale per il sistema turistico integrato e di un sito web e la realizzazione del primo congresso delle imprese del turismo della provincia di Latina che si terrà dal 10 al 12 novembre 2010. Il patto presentato rappresenta l'accordo con il quale le associazioni di categoria (Cia, Cna, Coldiretti, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti, Confindustria, Federlazio e Legacoop) indicano le scelte strategiche e le priorità condivise per lo sviluppo turistico. Gli operatori del turismo - ha spiegato il presidente della Cciaa Vincenzo Zottola - sono consapevoli che le prospettive del mercato non sono positive. Le imprese pontine vogliono quindi riprendere in mano il mercato turistico, sostenendo azioni a difesa della crisi di settore e adottando logiche di impresa per politiche di protezione e di sviluppo integrato del turismo.

(Il Tempo, 29 gennaio 2010)

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Serata col rabbino, e sulle auto spuntano volantini negazionisti

BERGAMO - Al centro museale di Rovetta mercoledì 27 gennaio, Giornata della Memoria, più di cento persone stavano ascoltando con interesse il rabbino di Milano Hazan Levi, quando il sindaco è entrato portando con sè un volantino trovato sul tergicristallo della propria auto, identico a quello che campeggiava sulle vetture di tutti i convenuti. Un volantino stampato in formato A3, piuttosto grande dunque, dal titolo emblematico: "La leggenda dell'Olocausto", un volantino che vorrebbe dimostrare appunto come l'"Olocausto sia una leggenda assolutamente priva di fondamento".
Teorie negazioniste dunque, spacciate per storia e indagini, che vanno a "rivisitare" le camere a gas dei campi di concentramento, che accusano Stati Uniti, Polonia, Unione sovietica e Israele, che si divulgano attraverso siti internet ben segnalati dal foglio distribuito a Rovetta.
Spiega il sindaco Stefano Savoldelli: "Una serata partecipata e molto interessante, nel corso della quale sono state assegnate tre medaglie ministeriali ad altrettanti rovettesi imprigionati nei lager nazisti: uno ancora in vita, Corrado Guaita, e altri due ormai deceduti, Alfredo Savoldelli e Giuseppe Pedrocchi. Nel bel mezzo però c'è capitato quel volantino di cui non ho potuto tacere nel mio intervento".
Il sindaco però non pensa sia opera di un gruppo organizzato: "Non è firmato ne rivendicato. Forse un buontempone che si è riempito la testa di queste sciocchezze. E mi auguro sia così. Qualche anno fa è successa una cosa simile e l'autore è stato poi scoperto, era un poveretto. Credo tuttavia che si debba mantenere alta l'attenzione".
Il primo cittadino non pensa dunque che la provocazione venga dagli stessi ambienti nostalgici della Repubblica sociale che ogni anno in quel di Rovetta ricordano l'eccidio del 28 aprile 1945 quando vennero uccisi 43 militi della legione Tagliamento.
Intanto la polizia locale è stata avvisata, opportune verifiche verranno effettuate.
Sembra che anche a Ponte Nossa sia successa lo stesso episodio: sulle vetture di chi si è recato alla sala multimediale per assistere a filmati in ricordo delle deportazioni preparati dai ragazzi delle scuole locali è stato lasciato il medesimo volantino.

(Bergamonews, 28 gennaio 2010)

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Un sommergibile fa litigare Gheddafi Jr con la Merkel

di Daniele Cardetta

Saif al Islam Gheddafi
Muammar Gheddafi, si sa, è un personaggio che da sempre fa discutere nel nostro paese. Eccentrico, spesso a far discutere sono state proprio le sue uscite, e visti i fatti recenti, anche suo figlio Saif al Islam sembra aver seguito le sue stesse orme. Nel centro del ciclone del vespaio di polemiche che si è scatenato in questi giorni è la vicenda del sottomarino del valore di un miliardo e mezzo di euro armato con due sofisticati missili che la Germania avrebbe regalato ad Israele.
Said al Islam non è andato molto per il sottile commentando con asprezza la notizia e non esitando scrivere una lettera indirizzata al cancelliere tedesco Angela Merkel in cui dichiarava che tale denaro sarebbe stato speso "meglio moralmente agli abitanti di Gaza". Nella lettera anche un duro monito al governo tedesco:" Voi guardate ad Israele per espiare gli errori del passato ma vi assicuro che un giorno guarderete verso di noi per espiare gli errori di oggi".
Parole dure quelle del figlio di Gheddafi, parole ancor più pesanti visto che sono state pronunciate a ridosso di un giorno significativo, il giorno della memoria. Se non altro tale intervento a gamba tesa delle autorità libiche è utile però a portare sotto i riflettori la situazione di Israele, il cui esercito sembra effettivamente già adeguatamente potente da non necessitare anche l'omaggio di un mezzo sottomarino.

(Nuova Società, 28 gennaio 2010)

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La Russia minimizza il pericolo della vendita di armi all'Iran

di Dmitry Solovyov

MOSCA - Il capo del monopolio di stato russo per la vendita di armi non ha voluto svelare oggi se porterà avanti l'accordo che prevede la fornitura di sistemi antiaereo S-300 all'Iran, un punto dolente delle relazioni tra Mosca, Stati Uniti e Israele, ma ha chiarito che non vede in questi sistemi una minaccia, nel caso l'Iran dovesse acquistarli.
"Proprio non capisco perché le forniture di sistemi S-300 all'Iran vi preoccupino tanto", ha detto il capo del Rosoboronexport, Anatoly Isaikin, durante una conferenza stampa nella quale gli è stato chiesto più volte un commento sull'accordo.
"Si tratta di un 'arma puramente difensiva, non offensiva", ha aggiunto Isaikin. "Quest'arma non rappresenta una minaccia né per i paesi vicini all'Iran né per quelli lontani".
Isaikin ha aggiunto che le esportazioni di armi per il 2010 non scenderanno al di sotto della cifra ottenuta nel 2009, 7,4 miliardi di dollari, e che gli ordini per i prossimi anni superano i 34 miliardi di dollari.
La Russia sta ricevendo forti pressioni dall'Occidente affinché prenda le distanze dall'Iran, per via della disputa sul programma nucleare di Teheran, ma Mosca si è sempre rifiutata di bloccare la vendita dei sistemi S-300.
A Gerusalemme, intanto, un funzionario israeliano ha detto a Reuters che la Russia deve ancora cedere all'Iran i "principali sistemi" S- 300, ovvero i radar e i missili intercettori.
Israele sostiene che questi sistemi possano essere usati dall'Iran per proteggere i suoi impianti nucleari in caso di raid aerei.
Lo scorso anno, i funzionari russi avevano detto che non c'erano sanzioni internazionali che impedivano all'Iran di acquistare sistemi di difesa.
Isaikin, oggi, ha detto che non c'è nessun ostacolo formale alla vendita di armi all'Iran, definito "un partner di lungo termine" per Mosca.

(Reuters, 28 gennaio 2010)

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Minacce iraniane su Israele nella Giornata della memoria

Il presidente del Congresso ebraico mondiale: Hitler aveva la stessa idea e non fu preso sul serio. L'ayatollah Khamenei: il regime sionista sarà distrutto Unanime la condanna del mondo Peres: «Non si ignori l'allarme».

 La mostra «Auschwitz-Birchenau», ospitata a Roma
     nel complesso Vittoriano da oggi fino al 21 marzo
ROMA - L'ennesima provocazione dell'Iran arriva nel giorno in cui il mondo ricorda la Shoah, perché quello che è stato non si ripeta mai più. Da Auschwitz, dove sono in corso le commemorazioni per il 65o anniversario della liberazione del campo di sterminio, ma anche da Berlino e da Roma, dove la giornata della memoria è stata ricordata in tutte le sedi istituzionali, si è immediatamente sollevata la condanna per le parole del regime di Teheran: «Verrà il giorno della distruzione del regime sionista», ha detto l'ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran, rilanciando con macabra puntualità le minacce all'esistenza stessa di Israele. «Quando e come questa distruzione avverrà, dipenderà dal modo in cui le nazioni islamiche affronteranno la questione», ha aggiunto parlando l'altra sera con il presidente della Mauritania. Dal Bundestag tedesco, dov'è intervenuto per le celebrazioni della Giornata della memoria, il presidente dello Stato di Israele Shimon Peres, ha ammonito: «Mai più si potranno ignorare dittatori assetati di sangue che si nascondono dietro maschere demagogiche e pronunciano slogan omicidi». E l'Iran, con i suoi impianti nucleari, non minaccia solo Israele ma «costituisce un pericolo per il mondo intero», dice il Nobel per la pace. Fini parla di «una troppo flebile protesta della comunità internazionale» contro le posizioni iraniane; dal governo italiano, che si sta preparando al primo storico vertice bilaterale con Israele la prossima settimana a Gerusalemme, l'esortazione a una «condanna del mondo che dev'essere totale, senza se e senza ma, nei confronti di un tiranno che nega l'esistenza dello Stato di Israele e dell'Olocausto» arriva dal ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi. La memoria impone che, questa volta, le minacce non vengano sottovalutate, avverte da Cracovia il presidente del Congresso ebraico mondiale Ron Lauder: «In Iran c'è un uomo che nega l'Olocausto e che parla della distruzione di Israele. Hitler aveva la stessa idea e le persone non lo hanno preso sul serio».
E ieri, sotto una fitta coltre di neve e con un freddo pungente, il campo di sterminio di Auschwitz-Birchenau ha aperto i suoi cancelli ai sopravvissuti del massacro nazista che videro i soldati dell'Armata Rossa entrare nel campo per liberarli il 27 gennaio di 65 anni fa. Alla cerimonia di commemorazione ha partecipato, commosso, il primo ministro israeliano Beniamyn Netanyahu, che nel suo intervento ha ricordato che un terzo dei circa 23 mila «giusti» che sono ricordati al Memoriale dell'Olocausto Yad Vashem sono polacchi. Alla cerimonia c'erano il presidente della Polonia Kaczynky, il premier Tusk e il presidente del Parlamento europeo, il polacco Jerzy Buzek.
Ai sopravvissuti rende onore Obama nel messaggio video inviato: «È un sacro dovere», ha detto, combattere contro l'antisemitismo.

(Il Giornale di Vicenza, 28 gennaio 2010)

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L'odio per gli ebrei c'è ancora: ora si chiama antisionismo

di Fiamma Nirenstein

Chi nega il diritto dello Stato d'Israele a esistere riprende gli odiosi metodi di quanti cercarono di sterminare un popolo.

A leggere i tanti comunicati e prese di posizione nel Giorno della memoria si assiste a una variegata dimostrazione di buona volontà, ma molte volte, mi dispiace, gli ebrei non c'entrano niente. Spesso non è una parola sul loro sterminio, sull'antisemitismo e su come combatterlo quella che viene pronunciata, gridata, sussurrata da uomini politici e fondi di giornale, ma piuttosto una presa di posizione sulla propria personale virtù, sulle virtù della memoria in sé o su temi generici come la difesa dei gruppi che soffrono pregiudizi e persecuzioni da parte di maggioranze. Si dicono due parole di circostanza, poi si parla di Hiroshima, dei pellerossa, delle minoranze etniche ospiti in Italia, del Darfur, della memoria della Resistenza offesa dalle scritte antisemite, dell'immigrazione sfruttata al Sud; tutte cose che denotano sentimenti elevati, e anche una decisa volontà di obliterare il fatto che l'antisemitismo attuale ha come obiettivo gli ebrei, lo Stato d'Israele. C'è chi si indigna che proprio nel Giorno della memoria i muri di Roma siano stati imbrattati con svastiche, ma chi dichiara la sua indignazione si dimentica di dire che le scritte dicono "Hamas vincerà" e "Usa e Israele boia". Quello non dà noia. Qualcuno arriva a punti comici, come il Manifesto, che denunciava Israele anche ieri: «Israele attacca l'Iran mentre il mondo ricorda l'Olocausto». Che maleducato. Peccato che l'Iran nel frattempo gli prometta di nuovo lo sterminio.
Di certo a lato della Shoah degli ebrei sono stati falcidiati gruppi etnici, sessuali, politici: a loro va il nostro ricordo e il nostro rispetto. Ripensare alla loro persecuzione e alle immani stragi compiute dei loro gruppi, crea evidenti, rigorosi doveri di salvaguardia e quindi di memoria. Di certo prima e dopo la Shoah altri orridi eccidi di massa hanno avuto luogo. Ma questo non può obliterare il fatto che vi sia stata una determinazione specifica portata a termine scientificamente, menzionata da Elie Wiesel ieri al Parlamento, di far sparire dalla faccia della Terra un popolo intero, anzi l'unico popolo sopravvissuto dall'antichità. E quello che rende la faccenda più imbarazzante è che la ferita è aperta, sanguina e riguarda in gran parte lo Stato d'Israele contro cui tutto l'anno, fuorché nel giorno della Shoah, si esercitano le migliori armi dell'antisemitismo contemporaneo.
La vera domanda odierna è: come combattere un antisemitismo incancrenito e che si sente invece legittimato, poiché da anni l'Onu e le sue maggioranze automatiche, le Ong in gran numero, la sinistra, la destra estrema, la stampa e la Tv, si sono inventate la risoluzione «sionismo uguale razzismo», la Conferenza di Durban, la commissione Goldstone, la continua ripetizione di accuse infamanti allo Stato ebraico quale quella di apartheid, di blood libel, di congiura per conquistare il mondo? Come si giustificano gli odiatori di Israele quando un giornale svedese accusa l'esercito israeliano di rubare gli organi dei palestinesi per commerciarne? Che la stessa accusa sia stata fatta ai soccorritori israeliani, meravigliosi salvatori, a Haiti? Come si spiega che anche l'11 settembre sia stato definito una congiura ebraica? Congiura, sete di sangue... Non sono le stesse accuse che sono state rovesciate sul popolo ebraico nei secoli? I sepolcri imbiancati che propagano una lettura antisemita del popolo ebraico non devono venire a chiedere che si promuova la memoria della Shoah. Elie Wiesel ha detto che troppo timidamente si è affrontato il grande problema dell'odierno odio antiebraico.
Ci si metta una mano sulla nostra vera coscienza, quella di italiani in gran parte giudeofobici. In Italia solo il 54 per cento dei cittadini, ha detto Frattini ieri, non ha pregiudizi sugli ebrei; il 12 per cento è apertamente antisemita. Nathan Sharansky ha riportato che nei primi tre mesi del 2009 si sono registrati nel mondo un numero di atti antisemiti pari a quelli di tutto il 2008. E che in assoluto ne contiamo oggi un numero pari a quello di prima della Shoah. Dunque il guaio è che non si tratta solo di ricordare, si tratta di combattere con sanzioni, prese di posizione, tagli dei nostri scambi economici con l'Iran; si tratta di piantarla di suggerire con tocco di ineffabile realismo di parlare con Hamas, che suggerisce nella sua carta costitutiva di uccidere tutti gli ebrei, e lo stesso con Hezbollah che ne fa il suo sport preferito, e che ora è parte del governo libanese. Mi dispiace, il nostro appuntamento con il Giorno della memoria non è con i negozianti che non amano i cinesi, non con il museo della Liberazione di Roma, offeso da scritte antisemite, non con la nostra coscienza resistenziale... È un appuntamento con un antisemitismo vivo e scalciante, che si è vestito di nuovo in tutta Europa con i parafernalia nazisti, e che si serve di terroristi suicidi e prepara la bomba atomica. E che usa i nostri piccoli uomini che fingono che antisemitismo e antisionismo non siano la stessa cosa. Onestamente devo dire che è stato bello che alla Camera Gianfranco Fini abbia invitato Wiesel a parlare in aula, che abbiano presenziato il presidente Napolitano e il premier Berlusconi, che la mattina il ministro Frattini abbia denunciato l'antisemitismo d'oggi e l'Iran... Tutti hanno detto che l'antisemitismo oggi si esercita soprattutto contro Israele. Che bisogna fermare l'Iran. Speriamo in una rivoluzione.

(il Giornale, 28 gennaio 2010)

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Nuova scritta antisemita. Offese a Riccardo Pacifici

In via Leonina nuovi attacchi al presidente della Comunità ebraica di Roma: chiudere Militia

La scritta in via Leonina
ROMA - Una nuova scritta contro il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e stata trovata nella notte di mercoledì in via Leonina, all'angolo con via dei Serpenti, zona Rione Monti a Roma. La scritta, fatta con vernice nera e siglata Militia, gruppo di estrema destra, recita: «Onore ad Hamas. Pacifici meriti il fosforo bianco». Sulla vicenda indagano gli uomini della Digos della questura di Roma.
«NON SONO SPAVENTATO» - «Dopo quello di ieri, un secondo atto di debolezza»: così il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha commentato la nuova scritta contro di lui apparsa nella notte in Via del Leoncino. «Continuo - ha aggiunto - a non prendere nulla sottogamba, ma allo stesso tempo continuo a non essere spaventato». Pacifici ha quindi confermato l'intenzione di adire le vie legali contro queste azioni. E ha suggerito: «La prima cosa da fare è semplice: chiudere la sede di Militia».
LE OFFESE NEL GIORNO DELLA MEMORIA - Mercoledì, proprio nella Giornata della Memoria, nella zona di via Cavour, erano state trovate altre numerose scritte antisemite, tutte firmate Militia, che prendevano di mira anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. E altri scritte erano comparse anche sul muro del Museo della Liberazione in Via Tasso.

(Corriere della Sera, 28 gennaio 2010)

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Emanuele Pacifici, bambino ebreo nell'Italia delle leggi razziali

di Chiara Graziani

Emanuele Pacifici, bambino ebreo nell'Italia delle leggi razziali, nel 1943 aveva visto sparire padre e madre; prima lui, deportato ad Auschwitz da Genova, poi lei, scomparsa da Firenze dove aveva cercato rifugio con i suoi due bambini. Era rimasto solo e clandestino nel convento di Santa Marta a Settignano, Firenze, piccolo ebreo nascosto e mimetizzato dalle suore in un branco di altri bambini. Attaccato alle mura del convento, quasi come in un film, un comando tedesco dove, di tanto in tanto, pioveva il pallone della scuola che gli era proibitissimo rincorrere (lo fece, una volta, e ancora ricorda che qualcosa scattò nell'istinto animale dei vicini a sentirlo chiamare dai compagni con quel cognome ebreo "Pacifici, Pacifici, la palla..."). Ogni sera alla domanda di rito: «Hai detto le preghiere?» Emanuele apriva le braccia e intonava, guidato dalla suora: «Shemà Israel, ascolta Israele, il Signore è Dio, il Signore è uno...».
Emanuele Pacifici oggi ha 80 anni ed ha vissuto una vita riconquistata pezzo per pezzo e passata attraverso un altro grande dolore, l'attentato alla Sinagoga dell'82. E ieri a Milano, in una grande aula, Emanuele ha guardato negli occhi trecento ragazzini delle medie che hanno oggi 12 anni, l'età in cui il Male lo visitò. Volevano sentire la sua storia. Li hanno dovuti organizzare in due turni. «Un'esperienza bellissima» dice Emanuele. Avere 12 anni nell'Italia del '43, perdere padre e madre, casa, rischiare ad ogni ora la deportazione. Un dodicenne italiano di oggi afferra l'enormità della cosa? «Credo di sì: mi hanno assediato, stretto di domande. È stato bellissimo trovarli così pronti, sensibili. Credo abbiano capito benissimo. Raccontare l'orrore ai bambini di oggi è la missione di noi sopravvissuti».
L'indifferenza, di cui ha parlato anche Elie Wiesel, non è dei bambini, allora. «Oh no, in molti si sono alzati dal posto, si sono accostati fisicamente per chiedere. Volevano sapere come avevo potuto cavarmela, tutto da solo. Chiedevano cosa significa restare senza papà e mamma e continuare a vivere e come continuare a farlo. Perchè chi mi aveva aiutato lo aveva fatto. Credo che in me abbiano visto loro stessi». L'età era la stessa, fra il protagonista della storia, rievocato da lui medesimo, e chi ascoltava. C'erano bambini stranieri? «Per me - dice secco Emanuele - erano tutti bambini italiani».
Emanuele Pacifici oggi vive a Roma. Suo figlio Riccardo, stesso nome di suo nonno, rabbino capo di Firenze deportato e ucciso, è il capo della comunità ebraica romana, fra quelli che hanno accolto il Papa al Tempio nella recente visita: «Io - ha detto - non sarei qui a parlarvi oggi se mio padre Emanuele non fosse stato salvato dalle suore del convento di Santa Marta». Come Emanuele furono tanti i bambini dei conventi. «L'amore gratuito di quelle suore è stata una cosa eccezionale. Le ricordo con emozione e riconoscenza».

(Il Mattino, 28 gennaio 2010)

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Giornata della memoria. Gli ebrei ne discutono gli antisemiti la sfruttano

di Dimitri Buffa

Il paradosso di questa giornata delle memoria, che di per sé è un'istituzione sacrosanta, è che da quando è stata istituita è servita più da vetrina per antisemiti ed esibizionisti del negazionismo che per il ricordo dei 6 milioni di ebrei uccisi nei campi di concentramento. Così la sua utilità è diventata motivo di discussione anche per la Comunità romana che ieri ha dovuto constatare l'ennesima notte di scritte antisemite. Per non parlare delle esternazioni del boia degli studenti di Teheran, l'ayatollah Alì Khamenei (il vero mentore di Ahmadinejad) che ieri non si è lasciato sfuggire l'occasione per maledire Israele. Se a questo aggiungiamo l'episodio delle buste di zucchero in alcuni bar di Bologna con sopra stampate freddure oscene su ebrei e tedeschi e l'invito a boicottare la memoria e il libro di Anna Frank nelle scuole, giunto ancora ieri, secondo le agenzie, da "Radio Padania" (in questi termini: "Anna Frank non era una santa, crepate voi che ci date dei moralisti e dei bacchettoni, crepate assieme a Satana...."), si ha un quadro perfetto dei rischi di questa commemorazione. Ieri in Parlamento ha parlato Elie Wiesel, uno dei grandi vecchi sopravvissuti. E mezzo mondo politico, a cominciare dal presidente Napolitano che si è commosso. Il problema, anche nel dibattito contenuto nell'ultimo numero di "Shalom", che poi è l'organo della Comunità ebraica romana (la più antica del mondo e la più numerosa d'Italia) è che "commemorando gli ebrei morti si rischia di dare l'alibi a qualcuno per dimenticare e offendere quelli vivi". E recentemente, proprio a proposito di ebrei vivi, uno studio fatto dal Centro di Ricerche sull'Antisemitismo dell'Università di Tel Aviv, dimostra che anche nel 2009 il trend degli episodi di oltraggio e intimidazione agli ebrei è aumentato. In particolare gli episodi di boicottaggio anti israeliano e di intolleranza a cittadini di religione ebraica come diretta conseguenza dell'operazione Piombo Fuso, la guerra di 23 giorni lanciata da Israele contro Hamas a Gaza. Su Shalom", Edith Stein Schreiber, anche lei reduce da Auschwitz, lamenta la troppa retorica e la spettacolarizzazione delle trasmissioni sugli ex deportati. Naturalmente nessuno si sogna di chiederne l'abolizione, ci mancherebbe altro. Ma forse un po' più di educazione civica sugli ebrei di oggi e sullo stato di Israele non guasterebbe. Almeno gli antisemiti di oggi sarebbero costretti a calare giù la maschera.

(l'Opinione, 28 gennaio 2010)

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La risposta degli ebrei: "Un altro orrore al mondo, l'Iran"

Ronald Lauder
Con l'Iran "un altro orrore sta arrivando nel mondo". Cosi' il presidente del congresso ebraico mondiale Ron Lauder ha fatto riferimento al regime di Teheran, nel suo intervento al teatro dell'Opera di Cracovia, che ha aperto le commemorazioni per il 65/mo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.

CRACOVIA - Con l'Iran "un altro orrore sta arrivando nel mondo". Cosi' il presidente del congresso ebraico mondiale Ron Lauder ha fatto riferimento al regime di Teheran, nel suo intervento al teatro dell'Opera di Cracovia, che ha aperto le commemorazioni per il 65/mo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.
"In Iran abbiamo un uomo - ha detto Lauder - che nega l'Olocausto e che parla di distruggere Israele". Hitler aveva la stessa idea e le persone non lo hanno preso sul serio. Noi dobbiamo prendere il presidente iraniano e le sue minacce sul serio e finche' non lo facciamo - ha insistito il presidente del congresso ebraico mondiale - ci aspetteranno grandi problemi". Lauder ha chiesto all'Unione europea e a tutto il resto del mondo di continuare a combattere "contro questo tiranno".

(RaiNews24, 28 gennaio 2010)

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Israele - Calze rivoluzionarie per i soldati

Niente odori per 2 settimane

Calze rivoluzionarie verranno distribuite tra i soldati dell'esercito israeliano. Si tratta di un tipo di tessuto che permette a queste di "respirare" e di restare asciutte per due settimane, evitando così cattivi odori e la formazione di micosi, un fastidioso disturbo diffuso tra soldati costretti a operare sul campo per periodi prolungati. Le calze verranno distribuite a partire da marzo.
Secondo il quotidiano Maariv a prevenire questi due fenomeni è un additivo metallico che si trova nel tessuto usato per realizzare le calze. L'impiego sperimentale di questo nuovo prodotto, tra alcune unità di fanteria, ha avuto risultati "spettacolari", ha assicurato il generale Nissim Peretz, capo della divisione logistica dell'esercito.

(TGCOM.it, 28 gennaio 2010)

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Shoah - Turchia: è il più grave crimine nella storia dell'umanità

Fonti Israele: dichiarazione di portata eccezionale

ROMA, 26 gen. - Alla vigilia della Giornata della Memoria, la Turchia ha condannato l'Olocausto definendolo il più grave crimine commesso nella storia dell'umanità. Secondo quanto riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, il governo di Ankara si è anche impegnato a combattere l'antisemitismo, il razzismo, la xenofobia e ogni forma di discriminazione. Fonti del ministero degli Esteri israeliano hanno osservato che la dichiarazione turca ha una portata eccezionale rispetto a quelle degli anni scorsi.
"Condannare l'Olocausto come il più grave crimine contro l'umanità mai commesso nella storia, adottare le necessarie misure per prevenire nuovi genocidi in futuro e impegnarsi per educare le nuove generazioni non sono solo un dovere di ogni Stato membro delle Nazioni Unite, ma anche un obbligo per l'umanità", afferma la dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri turco.
Nei giorni scorsi il ministero degli Esteri israeliano aveva diffuso un rapporto interno in cui si accusava il premier turco Recep Tayyp Erdogan di aver fomentato l'antisemitismo con le sue critiche allo Stato ebraico.

(Apcom, 27 gennaio 2010)

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Sulla bustina di zucchero uno sberleffo all'Olocausto

La battuta agghiacciante scovata da alcuni cittadini in un bar di Scandiano: "Chi vince in una gara di corsa fra un ebreo e un tedesco? Il Tedesco, perchè lo brucia in partenza". Il distributore delle buste: "Non le consegno più", il produttore "reazione spropositata"

di G.Talignani e S.Parmeggiani

Una bustina di zucchero che di dolce non ha proprio nulla. La frase stampata sul retro, spacciata come barzelletta, è agghiacciante. Nei giorni del ricordo amara come il veleno: "Chi vince in una gara di corsa fra un ebreo e un tedesco? Il tedesco, perché lo brucia in partenza".
Da mesi la bustina si trova sui banconi dei bar del nord Italia, accompagna caffè e cappuccini, ma risulta indigesta, soprattutto nella giornata della Memoria, dedicata alle vittime dell'Olocausto e non nuova a simili episodi. Tre anni fa in Croazia circolarono bustine con la faccia di Hitler e barzellette sulla Shoah che provocarono un'ondata di polemiche tali da mettere in forte imbarazzo lo stesso Governo.
Questa volta è dalla rossa Emilia che parte la protesta. Alcuni cittadini di Scandiano, paesino in provincia di Reggio, da almeno sei settimane chiedono che le bustine vengano ritirate. Invano. Valda Busani, Luca Bigliardi, Paolo Comastri, Luisa Costi, Claudio Mattioli, Fulvio Torreggiani e Loris Vivi, stanchi di leggere questa scritta "orribile" ogni mattina, si sono rivolti al sito on-line Reggio24h: "Ci sconcerta e ci indigna che si possano proporre barzellette sullo sterminio del popolo ebraico, sulla Shoah, tragedia dell'umanità che dovrebbe sollecitare ben altre riflessioni. Non accettabile che si pensi di poter ridere di tutto, delle tragedie della storia e dei pregiudizi razziali, religiosi o sessuali, che hanno prodotto e ancora producono sofferenze indicibili".
La lettera ha scatenato un putiferio, ma la ditta che le ha distribuite nei bar del paese così come in centinaia di altri tra Piacenza e Reggio Emilia non si lascia mettere con le spalle al muro: "Quando mi hanno avvisato - spiega Ferruccio Sforacchi, uno dei soci della Mavedo di Parma - ho immediatamente congelato in magazzino tutte le bustine con quella frase, ma quelle che erano già state distribuite… Bè quelle ormai sono in commercio e non è possibile sapere quante siano perché non sono l'unico distributore e perché sono mescolate a tante con frasi innocue. Non avevo idea che ci fosse quella barzelletta. E' come con i Baci Perugina, chi li rivende non può sapere se dentro c'è un messaggio sopra le righe" .
Non basta, almeno non ai cittadini che hanno reso pubblica la vicenda. Continuano a leggere quella barzelletta e continuano a indignarsi: "Invitiamo tutti a riflettere sul fatto che le radici del razzismo e dell'intolleranza possono dare anche oggi nuovi terribili frutti. A nessuno è consentito banalizzare o ridere dell'orrore, perché l'indifferenza e la banalizzazione anche oggi possono uccidere. E se qualcuno pensa che stiamo esagerando, si ricordi dei ragazzini di buona famiglia che per divertirsi danno fuoco ai migranti o ai diversi". Concludono: "Speriamo che un'adeguata informazione sui giornali induca tanti altri cittadini a far sentire la propria indignazione".
La ditta che le produce, la System Pack di Turate (Como), raggiunta telefonicamente, spiega di ritenere "la polemica sproporzionata", ma non vuole aggiungere altro né dire quante siano le bustine in circolazione: "Spiegheremo tutto con un comunicato stampa nei prossimi giorni".

(Repubblica Parma, 27 gennaio 2010)

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Papà Weidt. Il Giusto che ha salvato decine di ebrei ciechi come lui

Nel museo "Yad Vashem" di Gerusalemme, dove vengono ricordati e onorati i "Giusti tra le Nazioni" che, opponendosi alle leggi razziali a rischio della propria vita, hanno salvato moltissimi ebrei, viene ricordato anche Papà Weidt (Otto Weidt), chiamato così per l'aiuto e la protezione dati a Berlino ad alcune decine di ebrei.
La sua è una delle tante sconosciute storie di coraggio che stanno emergendo in questi anni dall'oblio e dalla paura, soprattutto dopo che Schindler's list ha mostrato al mondo come accanto alla cattiveria e alle barbarie si possano rinvenire atti di eroismo e di coraggio capaci di riscattare l'umanità.
La singolarità dell'eroismo di Papa Weidt non sta però soltanto nel fatto che lui, di "pura razza ariana", abbia salvato la vita di decine di ebrei; la singolarità del suo eroismo sta soprattutto nel fatto che, pur essendo praticamente cieco, sia riuscito a proteggere e salvare decine di ebrei, tra cui una trentina di persone cieche come lui, che lavoravano nella piccola azienda di spazzole e scope che Weidt gestiva a Berlino.
A Berlino l'azienda di Weidt è diventata ora un piccolo museo.
Tra i sopravvissuti grazie a Papà Weidt vi è l'ebrea Inge Deutschkron, diventata poi giornalista, che ha voluto ricordare il suo salvatore, raccontandone la vita umile e grande di quel Giusto, in un semplice libro per ragazzi "Papà Weidt, l'uomo che tenne testa ai nazisti".
Nell'imminenza della giorno della memoria, il libro è stato tradotto in italiano da una classe del liceo scientifico "Spallanzani" di Reggio Emilia.

(TuttoscuolA.com, 27 gennaio 2010)

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Ebrei ortodossi, è boom di cellulari Kosher

Conciliare lo stile di vita conservatore con l'aggiornamento continuo delle tendenze tecnologiche sta diventando sempre più difficile per la comunità ultra-ortodossa israeliana. Così per non rinunciare del tutto alla tecnologia, gli imprenditori hanno aguzzato l'ingegno e creato anche per questa categoria autentici prodotti Kosher: cellulari, siti web e gadget marchiati con il sigillo di approvazione da parte del "comitato rabbinico per la comunicazione". E in rispetto della religione ebraica che impone il riposo assoluto da qualsiasi attività il sabato, gli utenti che useranno i cellulari durante la festività, dovranno pagare un extra. Secondo le stime sono oltre 350.000 i telefoni kosher venduti in Israele, 5.000 nel Regno Unito e 8.000 negli Stati Uniti.

(La Stampa, 27 gennaio 2010)

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Israele: 13,6 mld di investimenti nei trasporti in 5 anni

TEL AVIV - Israele guarda ora alle infrastrutture. La crescita dell'economia negli ultimi anni impone ora un adeguamento in diversi settori inclusi energia, tutela ambientale, approvvigionamento idrico, trasporti e viabilita'. Fonti ministeriali indicano in 140 miliardi di dollari gli investimenti da realizzare nel prossimo decennio. In particolare, il Governo di Tel Aviv ha definito un pacchetto di progetti da realizzare congiuntamente con il settore privato. In particolare, per quanto riguarda i trasporti, la gestione del programma fa capo a un Comitato Interministeriale formato da funzionari dei Ministeri delle Finanze e dei Trasporti. I progetti identificati comportano investimenti per 3-4 miliardi di dollari. Le iniziative piu' rilevanti sono la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale a Eilat, di 2 nuovi terminal container nei porti di Haifa ed Ashdod, il prolungamento verso Sud della Trans-Israel Highway e la costruzione di nuove strade ed autostrade. Si stima, in particolare, che nei prossimi cinque anni proprio all'ampliamento della rete stradale ed autostradale ed allo sviluppo della rete ferroviaria saranno destinati all'incirca 13,6 miliardi di dollari.

(Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2010)

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La giudeofobia, cartina di tornasole del potere folle

di R.A. Segre

Ci è stato detto che occorre ricordare perché senza la memoria del passato non c'è futuro. Ma è vero? Quando l'Europa rifiuta di ricordarsi delle sue radici, non vuol ricordare o dimenticare? Ricordare può essere penoso, diventa impossibile quando si tratta della Shoah. Elie Wiesel scrive (Credere e non credere, Giuntina): «Ho raccontato un po' del mio passato non perché lo conosciate ma perché sappiate che non lo conoscerete mai».
Si prova orrore e si ricorda per anni la scena di un bambino investito da un'auto. Ma cosa si può provare davanti a una cifra come 6 milioni di assassinati? Si può moltiplicare l'orrore che non si è conosciuto per sei milioni di volte?
D'altra parte, cosa sono sei milioni di morti ebrei di fronte agli ottanta e più milioni di morti della Seconda guerra mondiale? I morti non dovrebbero equivalersi dal momento che il sangue ha o dovrebbe avere lo stesso peso specifico, lo stesso colore? Perché, dicono i negazionisti, dare uno statuto mnemonico speciale alla Shoah? Meglio dimenticare. Un modo elegante per farlo è quello di omologare i morti e le cerimonie del ricordo.
«Riconosceteci come vittime del comunismo», chiedono i rappresentanti dei Paesi baltici - che hanno sterminato i loro ebrei senza l'aiuto dei nazisti - con la Dichiarazione di Praga, del giugno 2008. «Siamo vittime del nazismo», proclamano gli austriaci che hanno acclamato l'arrivo di Hitler e hanno eletto un presidente che aveva servito nelle unità speciali naziste. E cosa dire della Spagna che ha esteso il giorno della Memoria dell'Olocausto alla memoria del «genocidio palestinese»? L'insistenza ebraica nel ricordare la Shoah sarebbe dunque frutto di una industria manipolativa giudaica. Il presidente dell'Iran promette allora di ristabilire la verità appena possibile facendo scomparire lo Stato di Israele e i suoi cinque milioni di ebrei. Si denuncia l'invio di 40 medici israeliani a Haiti, come operazione di raccolta di organi umani freschi per alimentare il commercio di organi che l'esercito israeliano ha sviluppato. Hitler è morto ma resta viva l'affermazione del suo ministro dell'informazione: «Una menzogna sufficientemente ripetuta diventa verità».
Meglio dunque lasciare alla storia, che non insegna mai ma registra tutto, il compito di parlare. Lo ha già fatto annotando un fatto curioso. Nessun regime che ha perseguitato gli ebrei è sopravissuto: né quello del Faraone egiziano, né quello greco ellenista, né quello romano, né quello spagnolo, né quello fascista, né quello nazista, né quello sovietico. Non perché chi perseguita gli ebrei è punito. Ma perché la giudeofobia è una specie di cartina di tornasole della salute mentale dei potenti. «Quando si perseguitano gli ebrei - ha detto Martin Luther King - si finisce col perseguitare gli altri». È un segno di pazzia suicida che rivela la corsa dei governanti verso il baratro delle loro illusioni di potenza.
Se per gli ebrei la Shoah è un «affare di famiglia» che non si può dimenticare, per gli altri è una questione da ricordare in quanto malattia epidemica del potere politico impazzito. È il bisogno di rendersi conto che se la Shoah è un unicum per la maniera in cui è stata pianificata e realizzata, la scomparsa dei regimi, alle volte delle civiltà che hanno visto nell'ebraismo e negli ebrei «il nemico assoluto», un «unicum» non è. Neppure per la civiltà occidentale.
Perché dunque ricordare? Dante, che filosemita non era, dà una risposta nel Canto V del Paradiso: «Uomini siate, e non pecore matte, sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!».

(il Giornale, 27 gennaio 2010)

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Dorit Beinish
Israele: scarpa contro giudice della Corte Suprema

Giudice colpita al volto, aggressore arrestato

GERUSALEMME, 27 gen - Un israeliano ha lanciato a Gerusalemme una scarpa contro la presidente della Corte Suprema, Dorit Beinish, colpendola al volto. L'israeliano, di circa 50 anni, e' entrato nell'aula del tribunale dove era in corso un'udienza e dopo essersi fatto indicare da uno dei presenti la signora Beinish si e' alzato e urlando contumelie ha lanciato contro di lei una scarpa, colpendola al volto e ferendola in modo apparentemente non grave. L'aggressore e' stato arrestato.

(ANSA, 27 gennaio 2010)

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Giorgina, cent'anni di ricordi. "Noi, in fuga perché ebrei"

Nel Giorno della Memoria le vittime della Shoah saranno commemorate con una breve funzione religiosa al Cimitero Monumentale di Torino. Repubblica Torino pubblica il racconto di Giorgina, vittima delle persecuzioni delle Ss.

di Guido Andruetto

Per arrivare ai cento anni di Giorgina Arian Levi bisogna fare un solo passo. Proprio di fronte al panificio Bertino di via Galliari, nella zona della Sinagoga Ebraica dove alla fine degli anni Trenta il capostipite di una famiglia di panettieri, Michele Bertino, antifascista convinto, trasse in salvo dai rastrellamenti una famiglia di ebrei che trovò rifugio nel seminterrato della sua bottega, si apre sull'altro lato della strada, una porta dietro la quale è custodito un bagaglio di memoria di inestimabile valore umano, storico e sociale. Nella casa di riposo della Comunità Ebraica è ospitata una fra le testimoni più lucide e tenaci dell'immane disgrazia che fu per il mondo l'avvento del fascismo e del nazismo.
    Una donna ancora forte, dalla personalità luminosa, e uno sguardo dolce dal quale traspare un grande desiderio di serenità. Il traguardo dei cento anni è lì davanti a lei, si specchia nei suoi occhi. Giorgina Arian Levi li compirà nell'estate, in questo 2010 in cui cade anche il sessantacinquesimo anniversario dell'apertura dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz da parte dei soldati sovietici, che lo liberarono il 27 gennaio del 1945, e per questo giovedì si torna a celebrare il "Giorno della Memoria della Shoah".
    Donna ebrea e militante comunista, la Levi ha attraversato tutto il Novecento subendone le tragiche storture, ma nella sua vita ha anche ricevuto molto in cambio, specie dalla sua esperienza di insegnante al liceo classico Gioberti di Torino, dove è stata una professoressa sempre aperta al confronto con i ragazzi, e perfino dall'esilio forzato in Bolivia, dove emigrò nel '39 per sfuggire alle persecuzioni razziali fasciste, o dalla sua incessante attività politica fin dal suo rientro in Italia dopo la guerra, che la portò prima a diventare consigliere comunale a Torino e poi deputata del Pci fra gli anni Sessanta e Settanta.
    A incontrarla oggi, nella sua piccola e ordinata stanza al terzo piano dell'ospizio ebraico, si capisce il peso e il valore di quella che Amos Luzzatto ha definito la «memoria della memoria». Riflette con calma, riattiva i ricordi, anche se tutto questo sforzo, alla sua età, le costa fatica: «Ricordare le atrocità compiute dai nazisti e dai fascisti è importante, è ancora decisivo per il futuro di tutti - spiega piano, mentre con le dita sfiora una copia dell'Unità, che si impone di leggere quotidianamente - anche se ho cento anni, mi sento tranquilla, ho voglia di raccontare, non mi pesa essere vecchia. Sono una combattiva, lo sono sempre stata». Una donna d'azione? «Sì, mi è sempre piaciuto organizzare, fare attività politica dal basso, cercare un contatto con gli altri, con i miei studenti. E mi fa ancora piacere quando qualcuno oggi mi cerca per sapere tutto della mia storia. Potessi, andrei anche alle conferenze a parlare, ma sono qui, non mi muovo più ormai. Mi piacerebbe anche incontrare Rita Levi Montalcini, adesso che sto per raggiungere anche io il secolo, ma lei vive a Roma, troppo lontana. E poi è così elegante, ancora adesso, io resto una proletaria».
    Che cosa vorrebbe invece ricordare ai giovani, della sua vita, in vista del Giorno della Memoria? «Quando con mio marito scappammo da Torino come tanti altri ebrei perché perseguitati, fu doloroso lasciare tutto. E ripenso alla nostra prima fuga a Venezia, dove i fascisti ci presero e ci chiusero in una chiesa che avevano sequestrato. Ricordo la sensazione di essere privata della mia libertà, ma anche il mio tentativo di parlare con quei fascisti, per capire che cosa sentivano dentro, certi mi davano l'impressione di essere diversi, forse più sensibili, non so». In un tempo successivo, e ancora oggi, le ferite non si sono rimarginate. Un giorno in Parlamento, la Levi si rivolse a un deputato missino al quale negava abitualmente il saluto, dicendogli: «Senta, fra me e lei scorre un fiume di sangue». Si ricorda quell'episodio? «Certo, fui molto dura. Ma io non ce l'ho mai fatta a dimenticare, e soprattutto non sono mai riuscita a relazionarmi con i fascisti, per me è inconcepibile. Adesso ho meno asprezza dentro, la vecchiaia un po' ti cambia, ma non cambia la storia».

(Repubblica Torino, 26 gennaio 2010)

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Israele: no a una commissione di inchiesta su Piombo Fuso

Israele non formerà una commissione di inchiesta per accertare le accuse di crimini di guerra durante l'operazione Piombo Fuso contro Hamas, l'anno scorso a Gaza, contenute nel rapporto della commissione dell' Onu presieduta dal giudice sudafricano Richard Goldstone.
Lo ha dichiarato oggi il ministro dell'informazione Yuli Edelstein, intervistato a New York dalla radio pubblica israeliana. Edelstein ha detto che Israele consegnerà giovedì prossimo all' Onu un documento con i risultati dell' inchiesta interna condotta dalle sue forze armate sul comportamento delle truppe durante Piombo Fuso.
"Israele - ha detto Edelstein - consegnerà all' Onu solo un documento che si riferisce a eventi precisi che sono stati oggetto di una inchiesta interna".

(ticinonews.ch, 26 gennaio 2010)

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Lo Stato ebraico accusa Erdogan di antisemitismo

Rapporto interno del Ministero degli Esteri israeliano

Recep Tayyip Erdogan
GERUSALEMME, 26 gen. - Il Ministero degli Esteri israeliano ha accusato il premier turco Recep Tayyip Erdogan di fomentare l'antisemitismo con le sue critiche allo Stato ebraico: lo hanno reso noto fonti governative israeliane.
L'accusa è contenuta in un rapporto interno di sette pagine nel quale a Erdogan viene data la responsabilità di aver infiammato l'opinione pubblica turca contro Israele con le sue affermazioni riguardo ai presunti crimini di guerra commessi da Israele nella Striscia di Gaza. Secondo le fonti il rapporto ammette inoltre che il trattamento riservato il 12 gennaio scorso dal Ministero degli Esteri all'ambasciatore turco Ahmet Celikkol è stato umiliante, ma che l'episodio dimostra come la Turchia "abbia raggiunto l'estremo limite della pazienza del governo di Israele".
Cellikol, convocato dal vicepremier Danny Ayalon a causa di una serie televisiva turca che dipinge in modo negativo i servizi segreti israeliani, di fronte alle telecamere della televisione israeliana si era visto prima negare una stretta di mano da Ayalon per poi essere fatto sedere in una posizione più bassa rispetto al vicepremier israeliano, dall'altra parte di un tavolino dove campeggiava solo una bandiera dello Stato ebraico; Ankara - che rimane il principale partner israeliano nel mondo musulmano, specie nel settore della Difesa - ha poi ottenuto le scuse ufficiali di Israele.

(Apcom, 26 gennaio 2010)

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"In troppi ricordano solo per apparire"

Piero Terracina, ex deportato ricorda quei mesi terribili. "Ad Auschwitz bevevo il fango per vivere". E racconta: "Stavamo ore nel cuniculo poi ci picchiavano con i bastoni".

Piero Terracina è un ex deportato. Arrestato il 7 aprile del 1944, è rimasto ad Auschwitz fino al 27 gennaio del 1945, ma è tornato a Roma solo nel dicembre del 1945.

Terracina, come era la vita nel campo di sterminio?
«Auschwitz era l'inferno. Ho eseguito più lavori in quel campo. Quello che ho fatto per più tempo era scavare canali nella palude di Birkenau, partendo dal campo fino al fiume. Era un lavoro massacrante, sempre nel fango senza rifornimento di acqua. Bevevamo la fanghiglia: infilavamo una canna nella parete che stavamo scavando e prendevamo qualche goccia mischiata alla terra. Spesso la sera dovevamo riportare nelle cuccie i compagni che non ce l'avevano fatta».

Lei ha mai pensato di non farcela?
«Era il primo pensiero della mattina. Si viveva minuto per minuto. I pericoli in un giorno erano continui. Malgrado tutto cercavamo di non pensare».

È stato picchiato?
«Come tutti continuamente, il bastone era incombente. Ma non ho mai subito la punizione vera e propria».

Cosa erano le punizioni?
«Erano di varie tipologie. Quelle più lievi erano 25 bastonate menate da due prigionieri che dovevano colpire con tutta la forza o sarebbero stati puniti anche loro. Quella più grave era l'impiccagione».

Che effetto fa tornare ad Auschwitz dopo anni?
«Sono sensazioni laceranti. Ma andando lì con i giovani c'è un ritorno positivo. Quei ragazzi non scorderanno mai quell'esperienza».

Il Giorno della Memoria è importante?
«Non lo ritengo tanto importante. Per me ogni giorno è il Giorno della Memoria. Può essere l'inizio di un cammino per gli studenti, ma non si può esaurire in una giornata».

Qual è la sua più grande paura?
«A volte provo un senso di fastidio nelle cerimonie ufficiali perché c'è chi partecipa solo per apparire e per dire banalità. Questo mi dà fastidio, ma non è paura».

Durante il periodo del nazismo quanti parenti ha perso?
«Io sono stato deportato con tutta la famiglia: i genitori, il nonno, due fratelli, una sorella e mio zio. Eravamo otto. Solo io ho fatto ritorno a casa».

(Il Tempo, 26 gennaio 2010)

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Shoah: Ue, collegare a scuola i temi dell’Olocausto e dei diritti umani

VARSAVIA, 26 gen.- L'insegnamento nelle scuole di quanto e' accaduto durante l'Olocausto dovrebbe essere maggiormente collegato al tema dei diritti umani, senza fermarsi alla semplice enunciazione dei fatti. E' quanto si legge in un rapporto diffuso oggi a Varsavia dell'Agenzia europea per i Diritti Fondamentali, che verra' poi presentato domani ad una conferenza ministeriale nell'ex lager nazista di Auschwitz, in occasione della Giornata della Memoria. Il rapporto si basa sulla prima indagine condotta in tutta l'Unione Europea per verificare come vengono trasmessi la memoria dell'Olocausto e i temi dei diritti umani in siti storici e musei. L'Agenzia esorta ad integrare meglio il tema dei diritti umani nei programmi scolastici, sottolineando che l'insegnamento sulla tragedia dell'Olocausto "deve andare oltre la mera trasmissione dei fatti storici". "I risultati della nostra ricerca mostrano l'importanza attribuita all'insegnamento sull'Olocausto"- ha affermato Morten Kjaerum, direttore dell'agenzia europea- "tuttavia cio' non si riflette sufficientemente nei programmi scolastici e non vengono stabilite connessioni tra eventi storici, come l'Olocausto, e i diritti umani". Domani i ministri della Pubblica Istruzione dell'Ue e d'Israele si ritroveranno ad Auschwitz nella giornata in cui si ricorda l'uccisione di sei milioni di ebrei da parte dei nazisti. L'incontro si svolge nell'ex campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia, dove morirono 1,1 milione di persone, soprattutto ebrei.

(Adnkronos, 26 gennaio 2010)

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Minacce all'imam contrario al velo integrale

Commando di 80 islamici fa irruzione nella moschea: "Liquideremo questo caso"

Hassen Chalghoumi
PARIGI - Hassen Chalghoumi, l'imam della moschea di Drancy (non lontano da Parigi) che nei giorni scorsi si era schierato a favore di una legge che vieti l'uso del burqa, è stato colpito da dure minacce. Un commando di circa 80 persone con i volti mascherati ha fatto irruzione ieri sera nella moschea di Drancy, nella regione parigina, pronunciando pesanti minacce al suo indirizzo.
Chalgoumi è un grande sostenitore del dialogo interreligioso (soprattutto tra ebrei e musulmani), e si è recentemente pronunciato per il divieto del burqa in Francia sostenendo, spiega il quotidiano "Le Parisien", che il velo integrale non è una prescrizione del Corano. «Quando ha fatto irruzione il commando di 80 persone con il volto coperto - ha detto all'Agenzia France Presse un consigliere della Conferenza degli imam, presieduta dallo stesso Chalghoumi, che ha richiesto l'anonimato - nella moschea si trovavano circa 200 fedeli. Hanno forzato il passaggio e si sono impossessati dei microfoni dopo un tafferuglio. A quel punto hanno indirizzato minacce e anatemi contro l'Imam, trattandolo da miscredente e apostata e affermando: liquideremo il suo caso, a questo imam degli ebrei...».
Lanciata nel 2009, la conferenza degli imam è un collettivo che promuove un «dialogo interreligioso e la promozione dell'Islam aperto». Hassen Chalghoumi si è detto favorevole nei giorni scorsi al divieto del burqa dichiarando che il velo integrale è «una prigione per le donne, uno strumento di dominazione sessista e di reclutamento islamista».

(La Stampa, 26 gennaio 2010)

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Ma il velo va di moda anche a Tel Aviv

Di questi tempi - con la Francia pronta a proibire burqa e niqab nei luoghi pubblici - si sente spesso discutere di velo islamico, quasi che coprirsi il capo sia una prerogativa delle donne musulmane. Peccato che le cose non siano esattamente così. Basti pensare che anche l'ebraismo ha un suo equivalente del velo. Per accorgersene è sufficiente farsi un giro per le strade di Gerusalemme, dove le signore che camminano con il capo coperto sono sempre di più.
E, cosa un po' sorprendente forse, questa pratica sta diventando sempre più comune anche a Tel Aviv, una delle città più laiche e liberali del Mediterraneo....

(Panorama, 26 gennaio 2010)

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Israele - Paese impreparato ad un terremoto come quello di Haiti

Responsabile della protezione civile: 20% delle abitazioni crollerebbe

ROMA, 26 gen. - Israele non è preparato per affrontare un terremoto della stessa intensità di quello che ha colpito Haiti: lo ha affermato il responsabile della Protezione civile dello Stato ebraico, Avi Shapira, reduce da una missione nel Paese caraibico, devastato il 12 gennaio scorso da un sisma di magnitudo 7.
Come riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, Shapira ha sottolineato ad una commissione parlamentare che gli ospedali non sono preparati per un disastro di tali proporzioni e che la maggior parte degli edifici costruiti prima del 1980 non resisterebbero a una scossa, un numero di abitazioni stimato attorno al 20% del totale.
Negli ultimi anni Israele è stato interessato da diverse scosse di piccola intensità che non hanno causato danni: l'ultimo grave terremoto risale al 1927, una scossa di magnitudo superiore a 6 che causò 500 morti; secondo gli esperti un sisma di caratteristiche simili provocherebbe oggi almeno 18mila vittime.

(Apcom, 26 gennaio 2010)

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Lefebvriani - Di Segni: Sul Concilio la Chiesa decida, o noi o loro

"Cammino ebrei-cattolici tormentati, speriamo irreversibile"

ROMA, 26 gen. - "Se la pace con i lefebvriani significa rinunciare alle aperture del Concilio, la Chiesa dovrà decidere: o loro o noi!": così il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo di Segni, in un passaggio di un'intervista al mensile 'Il consulente Re' uscito il giorno prima della giornata della memoria.
Di Segni rievoca, al proposito, il discorso pronunciato in sinagoga in occasione della recente visita del Papa, quando, in riferimento alle "aperture" del Concilio vaticano II, ha affermato: "Se venissero messe in discussione, non ci sarebbe più possibilità di dialogo". Ora il rabbino spiega, in riferimento al discorso del giorno prima del Papa alla congregazione per la Dottrina della fede: "E' stata l'ultima aggiunta al discorso, dopo che venerdì mattina 15 gennaio c'è stata una strana apertura ai lefebvriani...".
Che il cammino tra ebrei e cattolici "sia tormentato - afferma più in generale Di Segni - è indubbio, che sia irreversibile è una speranza". Quanto alla definizione usata da Giovanni Paolo II per descrivere gli ebrei - "fratelli maggiori" - il rabbino spiega: "Questa definizione è molto ambigua dal punto di vista teologico, poiché i 'fratelli maggiori' nella Bibbia - ne ho parlato nel mio discorso - sono quelli cattivi, quelli che perdono la primogenitura... Parlare quindi di 'fratelli maggiori' dal punto di vista teologico significa dire: Voi c'eravate, adesso non contate più niente!". L'accenno fatto alle coppie di fratelli biblici nel discorso in sinagoga ha colpito il Papa, racconta poi Di Segni: "Dalla posizione ieratica in cui si era messo all'inizio della cerimonia, ha incominciato a mostrare grande interesse. Non solo: alla fine del mio discorso m'ha detto che l'argomento era molto importante, ciò che ha evidenziato ancora nel nostro colloquio privato".
Di Segni loda, infine, la Comunità di Sant'Egidio: "E' un bell'esempio di collaborazione, è stata fondamentale. Ha fatto di tutto per promuovere la visita, ha fatto molto per salvarla nel momento della crisi".

(Apcom, 26 gennaio 2010)

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"Essere ebrei, essere tedeschi", incontro alla Casa Goethe

Domani a Roma alle 18.30, con David, Foa, Freschi, Marramao

Yoram David
"Essere ebrei, essere tedeschi" è il titolo della tavola rotonda che si terrà domani alle 18.30 alla Casa di Goethe a Roma in occasione della Giornata della Memoria. All'incontro partecipano il direttore d'orchestra israeliano d'origine berlinese Yoram David, la docente di Storia moderna alla Sapienza Anna Foa, il docente di Letteratura tedesca all'Università Roma Tre Marino Freschi, il filosofo Giacomo Marramao e il germanista e traduttore e curatore di opere di Freud e Jung Antonio Vitolo. Modera l'incontro Francesco Fiorentino. In occasione della Giornata della Memoria, la Casa di Goethe - in collaborazione con l'Università di Roma Tre - promuove una riflessione su uno degli eventi più drammatici della storia. L'antisemitismo non fa parte del destino tedesco: nel Settecento Lessing e Goethe con tutta la cultura dell'Illuminismo e del Classicismo confermarono con la loro opera la loro simpatia e venerazione per la cultura e per la comunità ebraica. In considerazione di questo straordinario passato si è ritenuto opportuno ricordare la Giornata della Memoria proprio nella Casa di Goethe a Roma - si legge in un comunicato - simbolo di una tradizione spirituale e culturale, che non si è mai interrotta. Nonostante i tentativi di sopprimerla, la voce della comprensione, della tolleranza, del rispetto e della profonda riconoscenza verso l'ebraismo non si è mai spenta.

(Apcom, 26 gennaio 2010)

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Da antisemitismo a Zyklon B, il vocabolario dell'Olocausto

ROMA, 26 gen. - Ecco una selezione delle parole da conoscere sull'Olocausto.

- Antisemitismo: Movimento ideologico, politico, religioso di ostilita' nei confronti degli ebrei, fondato su una serie di pregiudizi. Il termine ''antisemitismo'', inventato nel 1879 da Wilhelm Marr, un pubblicista tedesco, si e' sempre riferito ai soli ebrei, e non ad esempio anche agli arabi, a rigore anche loro appartenenti al ceppo semitico.
- Ariani: ''Signori dello spirito'', popolo originario dell'altopiano del Tibet. Secondo le teorie razziali naziste, era ritenuto geneticamente puro e immune da contaminazioni con altri popoli. In Europa i tedeschi ne sarebbero stati in qualche modo i discendenti.
- Auschwitz: Complesso di campi nella Polonia occupata dai tedeschi, costituito da un campo di concentramento (Auschwitz 1), un campo di lavoro (Buna-Monowitz o Auschwitz 3) ed il piu' grande campo di sterminio nazista (Auschwitz 2 o Auschwitz-Birkenau). Ad Auschwitz furono uccise tra 1,1 e 1,3 milioni di persone, delle quali il 90% erano ebrei.
- Bergen-Belsen: Campo nazista nella Germania centrale, ricordato anche per le crude immagini riprese al momento della liberazione da parte degli Alleati angloamericani. Le condizioni di vita del campo erano durissime, tanto che nelle prime settimane dopo la liberazione del campo morirono piu' di 13.000 persone.
- Buchenwald: Campo di concentramento nazista in Germania, istituito nel 1937, fu uno dei principali centri di lavoro forzato.
- Campi di concentramento: Luoghi in cui le persone venivano confinate a causa della loro identita', comportamento o convinzioni. La maggior parte dei campi di concentramento nazisti fu utilizzata per lo sterminio di massa delle popolazioni civili, in particolare per gli ebrei e come centro per il lavoro forzato.
- Campi di sterminio: Luoghi in cui uccidevano i deportati, spesso tra atroci sofferenze, per la fame e le atrocita' a cui erano sottoposti. I corpi delle persone morte venivano bruciati o sepolti in fosse comuni; i campi di sterminio furono istituiti per lo sterminio razziale, in particolare ebraico.
- Dachau: Il primo dei campi di concentramento nazisti, istituito nel marzo 1933, fu tra gli ultimi ad essere liberato il 28 e 29 aprile 1945.
- Esperimenti: Nel contesto della Shoah , i medici tedeschi eseguirono prove di tipo pseudoscientifico utilizzando come cavie migliaia di deportati nei campi. Molto spesso queste pratiche portavano alla morte dei deportati dopo atroci sofferenze e mutilazioni fisiche.
- Eutanasia: Il ''Programma Eutanasia fu lanciato dal regime nazista al termine di una ossessionante campagna propagandistica: handicappati fisici e mentali dovevano essere 'liberati' dalle loro sofferenze. Decine di migliaia di persone, 'colpevoli' di offuscare l'immagine del superuomo nazista, furono eliminate, in gran parte nel castello di Harteim, a pochi chilometri da Mauthausen.
- Gestapo: Acronimo di 'Geheime Staatspolizei', 'Polizia segreta di Stato'. Era la polizia politica del partito nazista, una delle articolazioni della polizia amministrativa. Fu riconosciuta e condannata come organizzazione criminale al processo di Norimberga.
- Ghetto: Sezioni di citta' europee nate ai tempi dei Papi dove venivano rinchiusi in spazi molto limitati gli ebrei, privandoli delle liberta' fondamentali. Al tempo della Seconda guerra mondiale, le autorita' tedesche vi concentravano, sfruttavano e riducevano alla fame le popolazioni ebraiche locali.
- Giudeo: Lo stesso che 'ebreo', dal nome ebraico Jehuda', uno dei figli del patriarca Giacobbe. Spesso usato in senso dispregiativo.
- Lager: Letteralmente in tedesco 'campo'. Generalmente e' sinonimo di campo di concentramento, e campo di sterminio.
- Leggi di Norimberga: Decreti antisemiti emessi a Norimberga nel settembre 1935, in occasione di un raduno nazionale del partito nazista. Il primo decreto, la Legge sulla cittadinanza del Reich, privava gli ebrei della cittadinanza tedesca; il secondo, la Legge sulla ''protezione del sangue e dell'onore tedesco'', proibiva tra l'altro matrimoni tra ebrei e non ebrei. Le ''Leggi di Norimberga'' costituirono le fondamenta sulle quali il nazismo edifico' la persecuzione antisemita, che condusse progressivamente all'esclusione degli ebrei dalla vita economica, politica e civile della Germania nazista, fino allo sterminio di massa.
- Marcia della morte: Evacuazioni forzate dei campi che stavano per essere liberati dagli alleati fatte con spostamenti a piedi dei deportati verso l'interno della Germania. Erano di fatto trasferimenti massicci di prigionieri (a piedi e su ferrovia) da un lager a un altro, soprattutto nell'ultima fase della loro storia. Le piu' imponenti infatti ebbero luogo nell'inverno tra il 1944 e il 1945, quando decine di migliaia di prigionieri furono costretti a marciare per centinaia di chilometri senza cibo, riparo, misure igieniche o riposo. La mortalita' di prigionieri raggiunse punte elevatissime e per questo venne dato loro questo nome.
- Matricola: Numero d'ordine attribuito al deportato al momento del suo ingresso in lager. Pronunciato in tedesco, sostituiva il nome del deportato al momento dell'appello e in ogni altra occasione. In lager come Auschwitz non venivano immatricolati i deportati selezionati all'arrivo per la camera a gas. Il numero piu' alto toccato nell'assegnazione delle matricole in un campo non indica la quantita' di deportati effettivamente imprigionati, perche' spesso in caso di morte vi furono riutilizzazioni della stessa matricola.
- Josef Mengele: Ufficiale medico ad Auschwitz dal 1943 al 1945, responsabile e supervisore dei brutali esperimenti medici sui deportati. Spesso opero' la selezione di coloro che a Birkenau erano destinati alle camere a gas all'arrivo dei treni.
- Olocausto: Sacrificio supremo nell'ambito di una dedizione totale a motivi sacri o superiori. E' anche il sacrificio di animali che nell'antichita' venivano offerti agli dei. Nessuno dei due casi puo' riferirsi allo sterminio di un popolo. E' piu' corretto l'uso della parola 'Genocidio', oppure dell'ebraico Shoah , che letteralmente vuol dire ''Catastrofe''.
- Selektion: ''Selezione'', operazione di controllo per dividere gli inabili, oppure i malati piu' gravi o giudicati inguaribili, dai deportati abili o in qualche misura sani. Inabili e malati venivano uccisi con il gas, o con altri metodi.
- Shoah: In ebraico significa ''annientamento''; indica lo sterminio di oltre sei milioni di ebrei da parte dei nazisti. La comunita' ebraica internazionale ha preferito questo termine a ''Olocausto'' per eliminare qualunque idea di sacrificio religioso insita in quest'ultimo.
- Soluzione finale: Indicava nel linguaggio e negli atti nazisti il tentativo di risolvere la cosiddetta 'questione ebraica', uccidendo tutti gli uomini, donne e bambini ebrei in Europa.
- Sonderkommando: In tedesco questo termine significa squadra speciale. Erano squadre di lavoro, composte da prigionieri, addetti al funzionamento dei crematori e delle camere a gas.
- SS: ''Schutzstaffeln'', ''squadre di protezione'': polizia di partito e guardia personale di Hitler, poi corpo militarizzato che controllava i settori amministrativi dello Stato, i servizi di polizia e alcune imprese in stretto rapporto con la gestione dei campi di sterminio. Capo supremo delle SS era Heinrich Himmler (1900-1945).
- Tatuaggio: Il numero di matricola dei prigionieri oltre che essere cucito sugli abiti, ad Auschwitz e nei lager ad esso collegati veniva tatuato sull'avambraccio sinistro, sull'esterno per gli uomini e all'interno per le donne.
- Triangolo: Contrassegno in stoffa, di diverso colore, di norma applicato sulla giacca e sui pantaloni del deportato. Il colore indicava la ragione della deportazione: di qui le espressioni ''triangolo rosso'' per indicare i politici, ''triangolo verde'' per i delinquenti comuni, ''triangolo viola'' per i Testimoni di Geova ecosi' via. Gli ebrei erano contrassegnati dalla stella di Davide, in pratica un doppio triangolo. All'interno del triangolo si trovava la sigla della nazionalita' (It o I per gli italiani, F per i francesi ecc.). I deportati tedeschi e austriaci non avevano alcuna sigla.
- Wannsee: Localita' alla periferia di Berlino nella quale il 20 gennaio 1942 si riuni' un piccolo gruppo di gerarchi nazisti per deliberare sulla cosiddetta ''questione ebraica''. Al termine della conferenza di Wannsee fu varato il piano dello sterminio degli ebrei europei, la cosiddetta ''soluzione finale'' del problema.
- Zyklon B: Acido cianidrico allo stato solido cristallino: i cristalli se riscaldati emettono dei vapori altamente tossici. Veniva utilizzato nella disinfestazione dei pidocchi e fu utilizzato su larga scala per l'uccisione di massa nelle camere a gas.

(Adnkronos, 26 gennaio 2010)

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Promozione della shadada (morte per Allah)

La TV di Hamas applaude una bambina che desidera la morte nel martirio




Il conduttore alla bambina al telefono: “Come ti sei sentita durante la guerra [di Gaza, nel 2009]? Hai avuto paura di morire? di lasciare questo mondo?
Bambina: “No. Non ho avuto paura. Io ho desiderato la shahada (martirio), la shahada per Allah”
Conduttore: “Meraviglioso! Perfino questa piccola bambina. Quanti anni hai?”
Bambina: “Dieci”.
Conduttore: “Non ha più di dieci anni e vuole morire come shahida (martire) per Allah. Noi tutti vogliamo questo [la shahada]”.

Al Aqsa TV (Hamas), 22 gennaio 2010

(Palestinian Media Watch, 25 gennaio 2010)

COMMENTO - Dove sono quelli che hanno pianto calde lacrime per i poveri bambini palestinesi uccisi dai cattivi israeliani?

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Shoah: Peres parlera' al Bundestag di Berlino per la giornata della Memoria

GERUSALEMME, 25 gen.- Il presidente israeliano Shimon Peres interverra' al parlamento tedesco il 27 gennaio, giornata della Memoria in cui si ricorda lo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti. Il discorso, il primo di un presidente israeliano al Bundestag di Berlino, segnera' il culmine di una visita di tre giorni densa di significati. Ai deputati tedeschi, Peres parlera' dei sei milioni di ebrei uccisi dai nazisti, fra i quali i nonni e uno zio bruciati vivi in una sinagoga a Vishneva, in Bielorussia. Il suo discorso trattera' anche della connessione storica fra Israele e l'Olocausto e dei rapporti fra Israele e Germania dopo la guerra. Rapporti ormai cosi' stretti che di recente vi e' stata a Berlino una riunione congiunta fra ministri dei due governi. Prima del discorso ci sara' un ricevimento alla cancelleria, seguito da una passeggiata attraverso la porta di Brandeburgo che un tempo segnava il confine fra Berlino est e ovest. Il premio Nobel per la pace israeliano, accompagnato da una delegazione di sopravvissuti all'Olcausto nati in Germania, avra' incontri con il presidente tedesco Horst Koehler e il cancelliere Angela Merkel. Nel programa e' prevista anche una cerimonia al binario 17 della stazione ferroviaria di Grunewald, dal quale decine di migliaia di ebrei partirono per i lager nazisti in un viaggio quasi sempre senza ritorno. L'86enne Peres verra' infine insignito del premio Walter Rathenau, consegnato ogni anno a chi ha dedicato una vita alla politica estera. Il riconoscimento porta il nome del ministro degli Esteri tedesco di origine ebraica ucciso da estremisti nel 1922 durante la repubblica di Weimar.

(Adnkronos, 25 gennaio 2010)

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"Il rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento"

di Elena Lattes

Lo scorso ottobre il Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu e successivamente l'Assemblea Generale approvarono un rapporto sul conflitto tra Hamas e Israele del gennaio dello stesso anno. "Una sentenza di Cassazione" così definita da Pier Luigi Battista, moderatore del convegno "Il rapporto Goldstone: un pericoloso fraintendimento", tenutosi alla Camera dei Deputati ad un anno, appunto, da quella guerra "perché ha stabilito che Israele è colpevole, senza un vero processo e soprattutto senza possibilità di ricorrere in Appello".
L'introduzione dell'editorialista del Corriere della Sera è stata confermata da tutti i relatori presenti, l'Ambasciatrice, Rappresentate Permanente d'Italia all'Onu Laura Mirachian, il Generale Giovanni Marizza, vicecomandante del corpo d'armata multinazionale in Iraq e presidente di un gruppo di pianificazione della Nato, l'Ambasciatore Dore Gold, Presidente del Jerusalem Center for Public Affairs e già Rappresentante Permamente di Israele presso le Nazioni Unite e Fiamma Nirenstein che hanno dettagliatamente spiegato l'atmosfera, le dinamiche e i rapporti di forza che hanno condotto alla redazione e approvazione del Rapporto.
    Per l'Ambasciatrice Mirachian, il problema è a monte, in una struttura, come quella delle Nazioni Unite, che nasce nel secondo dopoguerra e rispecchia ancora la situazione mondiale di venti o trent'anni fa, con schieramenti che non hanno più senso, come quello dei "Paesi non allineati". "Non allineati a cosa?" si chiede l'ambasciatrice visto che non esiste più la rivalità tra due superpotenze.
    E ancora, la Conferenza dei Paesi islamici è, all'Onu, un gruppo compatto che riunisce Stati diversissimi e lontanissimi come il Marocco e la Malaysia, la Turchia, il Sudan e l'Arabia Saudita, spesso in conflitto tra loro, ma uniti dall'odio contro Israele e la volontà di perpetuare il conflitto, strumentalizzando i palestinesi. L'Europa, al contrario, non è unita e, anche se nessuno Stato membro si è espresso favorevolmente al Rapporto, alcuni hanno votato contro e altri si sono astenuti.
    Per questo, il tentativo europeo di trasformare la risoluzione contro Israele in una dichiarazione meno impegnativa, è purtroppo al momento fallito. In questo contesto si capisce come si è arrivati all'approvazione del Rapporto, votato da 34 Paesi, tutti appartenenti o ai non allineati o alla Conferenza Islamica, più la Cina. Un rapporto che elenca una serie di accuse gravissime ad Israele, ma omette le pesanti responsabilità di Hamas, tanto che l'Autorità Palestinese stessa aveva ritirato la richiesta per una risoluzione dell'Assemblea generale che condannasse Israele in seguito al rapporto, poi ripresentata dietro la pressione di Hamas e di altri Stati arabi.
    L'ambasciatore Gold, invece, ha confrontato il comportamento "onusiano" verso Israele con quello adottato nei confronti di dittature sanguinarie e con ciò che prevede il diritto internazionale. Il Consiglio dei Diritti Umani, per esempio, non si è mai espresso contro l'Arabia Saudita che ha distrutto interi villaggi nello Yemen per combattere i ribelli sciiti o contro il Sudan per la tragedia del Darfur. Il diritto internazionale, poi, prevede che nelle guerre moderne possano rimanere uccisi involontariamente i civili, ma l'Onu ha condannato Israele, accusandolo di averli uccisi deliberatamente e ha totalmente ignorato il loro uso da parte di Hamas come scudi umani.
    Nel rapporto non vengono mai citate le migliaia di missili sparati da Gaza verso le cittadine israeliane, né il notevole aumento di attacchi dopo il ritiro da Gaza, né, tantomeno, i numerosissimi e diversi preavvisi che Israele ha usato per invitare i civili palestinesi a lasciare le zone usate dai terroristi come basi e depositi militari.
    Molto interessante l'intervento del Generale Marizza che ha svelato le numerose contraddizioni all'interno del rapporto stesso o alcune delle assurde affermazioni, come quella secondo la quale non era evidente che i "militanti" di Hamas volessero travestirsi da civili quando, appunto in abiti civili, sparavano i missili verso Israele. "Possibile - si chiede il generale - che avevano tutti contemporaneamente l'esigenza di portare le divise militari in lavanderia, in pieno conflitto?"
    Anche egli ha ricordato gli assordanti silenzi sui milioni di morti nello Sri Lanka, in Congo e in altri Paesi dove sono o erano in corso lunghe guerre fratricide. Interessante, anche, il rifiuto della Commissione di ascoltare, durante le indagini, fonti esperte, come il colonnello Kemp, comandante delle forze britanniche, o testimoni israeliani; la stessa Commissione dei Diritti Umani, invece, ha preso in considerazione solo fonti palestinesi o ong finanziate dall'Europa o dai Paesi arabi.
    Infine la conclusione di Fiamma Nirenstein, promotrice del convegno, secondo la quale il divieto, di fatto, ad Israele di difendersi dal terrorismo, non solo paga quest'ultimo incitandolo a continuare ed intensificare le stragi, ma si rischia di negare il diritto alla difesa a noi, europei, americani e a tutte le vittime del fondamentalismo islamico (musulmani moderati in primis).

(Agenzia Radicale, 25 gennaio 2010)

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Israele - "Il rapporto Goldstone è un esempio di nuovo antisemitismo"

TEL AVIV, 25 gen - "Il rapporto Goldstone è un esempio di antisemtismo", ha ribadito oggi a gran voce il ministro israeliano dell'Informazione, Yuli Edelstein, durante un incontro pubblico tenuto alla vigilia della Giornata internazionale della Memoria della Shoah. Il ministro ha sostenuto che dalla fine della Seconda guerra mondiale "l'antisemitismo non si focalizza più sugli ebrei in quanto tali, ma sugli israeliani e su Israele". Opinioni simili erano state espresse nei mesi scorsi sul documento dell'Onu - che critica Hamas, ma non risparmia accuse di crimini di guerra a Israele per le conseguenze dell'offensiva Piombo Fuso (dicembre 2008-gennaio 2009) - anche da altri ministri. Mentre ieri è stato il premier Benyamin Netanyahu (Likud, destra) ad affermare che il rapporto Goldstone avrebbe favorito l'incremento di episodi di antisemitismo registrato nel mondo nel 2009. Contro il contenuto di tale testo, Israele si appresta a presentare all'Onu un contro-rapporto realizzato dalle sue forze armate che - secondo anticipazioni - contesta con documenti e foto testimonianze e fatti citati dal team di Goldstone.

(Notiziario Ucei, 25 gennaio 2010)

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Israele impedisce al ministro belga Charles Michel la visita a Gaza

Israele ha confermato ieri sera di avere vietato l'accesso a Gaza al ministro belga per la cooperazione allo sviluppo, Charles Michel.

Il vice ministro degli esteri dello stato ebraico, Danny Ayalon, ha spiegato in un comunicato che "visite di questo genere non possono che rafforzare Hamas e dargli legittimità".
"Noi consentiamo l'accesso a Gaza di aiuti umanitari, compresi viveri e medicinali, ma non possiamo permettere visite politiche che incoraggino Hamas", ha aggiunto.
Il ministro Michel, che ieri si è incontrato con lo stesso Ayalon, ha protestato per questa decisione affermando che la sua visita a Gaza andava vista come "un sostegno alla popolazione".
Secondo la rete televisiva belga Rtl-Tvi, Michel ha definito "inaccettabile" il divieto ed ha detto che porterà il problema all'attenzione dell'Unione europea.

(swisscom, 25 gennaio 2010)

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Bin Laden dedica il suo ultimo messaggio alla "causa" palestinese

di Marco De Palma

La tv araba Al Jazeera ha diffuso un nuovo messaggio dello sceicco Osama Bin Laden, che gli esperti americani considerano verosimile. Bin Laden si rivolge di persona al presidente americano Obama, rivendicando la paternità del fallito attentato al Volo Delta di Natale e definendo il nigeriano Abdulmuttalab un eroe e un sant'uomo. Poi, il capo di Al Qaeda si lancia in una difesa sviscerata della causa palestinese, chiedendo a Obama di tagliare i ponti con Israele.
Gli analisti ritengono che il messaggio audio di Bin Laden sia un modo per ristabilire un po' d'ordine nella complicata sarabanda di Al Qaeda, prendendosi il merito dell'attacco di Natale e lanciando un messaggio alla sezione yemenita dell'organizzazione, che secondo alcuni osservatori avrebbe coordinato in autonomia l'azione suicida del nigeriano a Denver, senza coinvolgere nel piano la cupola latitante fra Pakistan e Afghanistan.
Anche la dedica ai palestinesi - non ci sarà mai pace fino a quando Israele occuperà i territori - può rientrare in questa strategia "promozionale", nel momento in cui in Medio Oriente tutti i giochi ormai appaiono apertissimi. L'ultima volta in cui il capo di Al Qaeda era tornato sull'argomento fu a ridosso del Discorso del Cairo, ma lo sceicco si è sempre aggrappato al palestinismo per legittimare l'uso del terrore. Usa da anni la causa palestinese come un pretesto, una forma di propaganda che non sappiamo quanto faccia breccia nel mondo arabo e islamico e nel pubblico di Al Jazeera.
E' utile occupare il vuoto politico che si continua a respirare in Medio Oriente per sfruttarlo ai propri fini, come fa Bin Laden, al momento giusto, per far saltare in aria il già defunto processo di pace.

(l'Occidentale, 25 gennaio 2010)

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Israele sblocca i fondi di ex dipendenti di Gaza

Gerusalemme impose blocco su Striscia perche' governata da Hamas

GERUSALEMME, 24 gen - Le autorita' israeliane hanno autorizzato il pagamento di pensioni e fondi sociali a ex dipendenti, un migliaio di palestinesi di Gaza.
'Il ministro della Difesa ha approvato, come misura umanitaria, il meccanismo per i trasferimenti ai beneficiari a Gaza', si legge in un comunicato.
I fondi, 4,5 mln di euro, erano fermi a causa del blocco imposto da Israele contro la Striscia da quando, nel 2007, il territorio e' passato sotto l'esclusivo controllo di Hamas.

(ANSA, 25 gennaio 2010)

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Liberate Kafka

Tel Aviv, un giudice ordina alle eredi di Max Brod di consegnare le carte segrete

Un giudice israeliano sta per scarcerare Franz Kafka: o almeno, tutto quel che di lui è rimasto. L'archivio consegnato dallo scrittore morente, nel 1922, all'amico Max Brod, perché lo distruggesse, dovrà uscire entro due settimane dalle cassette di sicurezza in cui è sigillato a Tel Aviv. Dentro non si sa con esattezza che cosa ci sia: gli studiosi hanno fatto molte ipotesi per anni; si è parlato anche di un romanzo finora sconosciuto, oltre a lettere, diari, forse abbozzi di nuovi lavori. L'unica cosa certa è che conteneva anche l'originale del Processo, perché questo prezioso manoscritto nel 1988 è stato venduto a Londra per due milioni di sterline, e di lì proveniva....

(La Stampa, 25 gennaio 2010)

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Israele - Il 2009 è stato il peggior anno per episodi di antisemitismo

In particolare in Francia, Gran Bretagna e Olanda

GERUSALEMME, 24 gen. - Il 2009 è stato il peggiore anno dalla fine della Seconda guerra mondiale per gli episodi di antisemitismo nell'Europa occidentale. Lo riferisce un rapporto di un gruppo di organizzazioni che combatte l'antisemitismo. Secondo l'indagine, nell'anno appena concluso si sono registrate centinaia di violenze nei confronti di ebrei in particolare in Gran Bretagna, Francia e Olanda. Il numero di episodi avvenuti nei primi tre mesi del 2009 hanno superato il totale degli incidenti registrati in Europa occidentale nell'anno precedente, concluso con l'invasione militare israeliana della Striscia di Gaza. Nella sola Francia, nei primi sei mesi del 2009, ci sono stati 631 azioni contro ebrei, 113 delle quali violente. Su scala mondiale sono state otto le persone che hanno perso la vita in questi attacchi antisemiti nel 2009.

(Apcom, 24 gennaio 2010)

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Iraq: cancellata iscrizione ebraica dalla tomba del profeta Ezechiele

GERUSALEMME, 24 gen. - Operai iracheni hanno cancellato un'antica iscrizione ebraica dalla tomba del profeta Ezechiele mentre stavano restaurando una vicina moschea. Lo ha reso noto la radio dell'esercito israeliano, secondo quanto riferisce il sito del quotidiano Haaretz. La tomba si trova nel villaggio di al Kif, a sud di Baghdad, ed e' meta di pellegrinaggio per cristiani, ebrei e musulmani. Il governo iracheno sostiene che il danno non e' stato inflitto volontariamente e che va contro gli interessi nazionali in quanto danneggia il turismo. Il professor Shmuel Morre dell'universita' ebraica di Gerusalemme, che e' nato a Baghdad, ha parlato di danni irreversibili e accusato "alcuni elementi musulmani di cercare di cancellare il carattere ebraico della tomba". Morre si e' anche rivolto all'Unesco perche' i lavori di restauro della moschea avvengano sotto la supervisione di questa agenzia Onu per la tutela del patrimonio artistico.

(Adnkronos, 24 gennaio 2010)

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Netanyahu: inalienabili alcune aree della Cisgiordania

GERUSALEMME, 24 gen. - "Questo luogo è parte inalienabile dello Stato di Israele": è quanto ha dichiarato il Primo ministro israeliano nel corso di una cerimonia per la festa del "nuovo anno" degli alberi in una colonia ebraica nei pressi di Gerusalemme. Netanyahu poco prima aveva nuovamente incontrato l'inviato speciale americano in Medio Oriente George Mitchell. "Ho sentito alcune idee interessanti" sulla ripresa del processo" di pace, ha commentato Netanyahu, al termine dei colloqui con il rappresentante di Barack Obama. "Ho espresso la speranza che queste nuove idee permettano il rilancio dei negoziati", ha aggiunto, senza fare precisazioni. Mitchell sta tentando di riportare israeliani e palestinesi al tavolo dei negoziati, bloccati da oltre un anno, ma il presidente palestinese Abu Mazen esige da Israele il congelamento completo di tutte le costruzioni negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il governo dello Stato ebraico ha autorizzato una sospensione temporanea delle costruzioni di nuove case nelle colonie, ma non a Gerusalemme Est. Mitchell aveva incontrato separatamente Abu Mazen e Netanyahu solo la scorsa settimana.

(Apcom, 24 gennaio 2010)

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Il consenso unanime sul "Giorno della Memoria"

di David Bidussa

David Bidussa
In Italia, a dieci anni dalla sua istituzione il "Giorno della Memoria", gode di un consenso unanime. Potrebbe essere un segnale eccezionale, ma istintivamente diffido. Vorrei che si facesse un bilancio e un'analisi del contenuto culturale che questa unanimità esprime, intorno a che cosa si costruisce, che cosa esalta, che cosa dimentica e che cosa non nomina. In un Paese che è diviso su tutto, che non ha mai trovato un simbolo, un luogo e una procedura per ricomporre le proprie fratture, questo consenso mi sembra falso, artificiale e foriero di altre ricomposizioni che hanno per obiettivo l'oblio, comunque la "normalizzazione" delle scene scabrose e inquiete della storia passata. Tutto ciò ha ancora più significato se si considera che noi viviamo in una fase storica in cui il passato non è definitivamente consegnato allo studio o alla riflessione pacata, ma è oggetto di continue rivendicazioni da quanti ne comprendono l'importanza come fonte di identità e di potere. Una condizione che innalza la mia diffidenza perché una replica, se non efficace certo significativa e lodevole, sarebbe la rivendicazione dell'autonomia della cultura dal potere. Una condizione che in Italia ha rappresentato, e ancora oggi rappresenta, l'eccezione più che la regola.

(Notiziario Ucei, 24 gennaio 2010)

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Israele, al Memoriale dell'Olocausto in mostra le mappe di Auschwitz

di Ari Rabinovitch

GERUSALEMME - Lo Yad Vashem, il memoriale israeliano dell'Olocausto, esporrà dalla prossima settimana delle mappe dei campi di sterminio nazisti di Auschwitz-Birkenau, dove durante la Seconda Guerra Mondiale trovarono la morte circa un milione di ebrei.
La collezione di 29 mappe è stata consegnata al premier israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di una visita in Germania nell'agosto scorso. Successivamente Netanyahu ha mostrato alcuni dei documenti alle Nazioni Unite per denunciare le posizioni del presidente iraniano Ahmadinejad, secondo cui l'Olocausto sarebbe una menzogna.
La mostra di Gerusalemme presenterà anche quattro delle mappe colorate contenenti dettagliate aerofotogrammetrie del campo e cianografie dei dormitori e di uno dei crematori.
Anche decine di migliaia di altri prigionieri, tra cui polacchi, romeni, e prigionieri di guerra sovietici morirono ad Auschwitz.
Dopo che domani avrà partecipato all'apertura ufficiale della mostra, Netanyahu si recherà in Polonia per partecipare a una cerimonia che ricorda i 65 anni della liberazione del campo da parte dell'Armata Rossa.
La cerimonia si terrà mercoledì 27 gennaio, il Giorno internazionale della memoria dell'Olocausto in cui si ricorda l'uccisione di sei milioni di ebrei nell'ambito della cosiddetta "Soluzione finale" da parte dei nazisti.
La cerimonia si svolgerà mentre la scritta "Il lavoro rende liberi", che pendeva all'ingresso di Auschwitz - rubata a dicembre e poi ritrovata dalla polizia polacca - è in restauro.
Oltre che a Gerusalemme, le mappe dei lager saranno in mostra anche alle Nazioni Unite da martedì.
Una delle mappe mostra il campo dall'alto, e si vedono anche i binari della ferrovia che conduceva al lager i nuovi prigionieri. Un'altra tavola è un progetto per dormitori destinati a ospitare fino a 200mila prigionieri, e porta la firma del capo nazista Heinrich Himmler.
La mostra, intitolata "Architettura dell'assassinio", può essere visitata anche via Internet, all'indirizzo all'indirizzo www.yadvashem.org.

(Reuters, 24 gennaio 2010)

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Mubarak difende costruzione barriera a Gaza

E cita la sicurezza nazionale

IL CAIRO, 24 gen. - Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha difeso la costruzione della barriera metallica sotterranea lungo la frontiera con la vicina Striscia di Gaza, definendola necessaria per la sicurezza della nazione. Intervenendo davanti ad alti funzionari di polizia, Mubarak ha spiegato che l'Egitto ha dato il via alla costruzione della barriera, il cui obiettivo è di fermare il traffico di armi, persone e di beni che da anni avviene nei tunnel sotterranei lungo il confine tra Gaza e l'Egitto, dopo una serie di attacchi terroristici compiuti contro località turistiche della penisola del Sinai.
I tunnel sono usati prevalentemente per rifornire di viveri e altri prodotti di prima necessità Gaza, territorio palestinese guidato da Hamas e sottoposto ad un embargo dallo Stato di Israele. Hamas sta tentando di convogliare l'opinione pubblica araba e musulmana contro la barriera, soprannominandola il "muro della morte". Questo mese, manifestanti hanno inscenato proteste di fronte alle ambasciate egiziane in Libano e in Giordania.

(Apcom, 24 gennaio 2010)

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Medici felici, pazienti sani

di Anna Momigliano

Il buon umore fa bene alla salute: messa così non sembra una grande scoperta. E invece un recente studio dell'università di Ben Gurion apre la strada a nuovi metodi per abbassare i costi della sanità pubblica, nonché a risparmiare cure inutili (e dunque dannose) per i pazienti. Infatti i ricercatori hanno scoperto che, quando sono felici e rilassati, i medici tendono a prescrivere meno medicinali ai loro pazienti. "Quando sono turbati, i medici tendono a parlare meno e uno dei risultati è che vengono prescritti alcuni medicinali senza verificare che siano effettivamente indispensabili," spiega la sociologa Talma Kushnir, che insieme alla sua squadra ha condotto uno studio su 188 dottori della sanità pubblica. Morale della favola? Il buon umore del medico fa bene alla salute... dei pazienti. E anche ai conti pubblici.

(Notiziario Ucei, 24 gennaio 2010)

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Bin Laden rivendica il fallito attentato del volo Delta -2

E minaccia nuovi attacchi se Usa sosterranno ancora Israele

IL CAIRO, 24 gen. - Nel nuovo messaggio audio Bin Laden avverte il presidente americano Barack Obama che non ci sarà pace per l'America fino a quando non sarà garantita la sicurezza per i palestinesi, e ha promesso che ci saranno nuovi attacchi se gli Stati Uniti continueranno ad appoggiare Israele.
Bin Laden ha descritto anche il fallito attentato suicida di Natale come una "conferma" dei precedenti attacchi, inclusi quelli dell'11 settembre 2001. Non è possibile accertare l'autenticità del messaggio, ma la voce registrata assomiglia a quella di altri messaggi del capo di al Qaida.

(Virgilio Notizie, 24 gennaio 2010)

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"Ero figlia della shoah e non lo sapevo"

Il dottor Habermann, bustocco d'adozione, durante la guerra salvò ebrei e perseguitati. La sua prima famiglia, rimasta in Ungheria, fu sterminata ad Auschwitz. La figlia Anna ha ricostruito con pazienza le vicende familiari: una pagina di storia.

Anna Maria Habermann
BUSTO ARSIZIO - Anna Maria Habermann è una donna che ha scoperto suo padre, il dottor Aladar Habermann, tardivamente. Non nel senso che non l'avesse conosciuto e bene come papà affettuoso; ma non ne conosceva il passato. Alla vicenda del medico di origine ungherese tardivamente "scoperto" come "giusto" e salvatore di perseguitati durante la guerra, è dedicata buona parte delle iniziative per la Giornata della Memoria a Busto Arsizio, portate avanti dal Comune, da scuole e associazioni. Il racconto della figlia (anticipazione dei contenuti del libro "Il labirinto di carta"), di come arrivò a scoprire la vicenda che si nascondeva dietro la tranquillità della sua famiglia è asciutto e presentato con semplicità, ma va dritto al cuore. Un ringraziamento particolare la signora Habermann ha voluto riservarlo alla giornalista Rosella Formenti e a Delia Cajelli, "donna ovunque" del Teatro Sociale, per la proficua collaborazione instaurata.
«Con mio padre avevo un rapporto di intimità e di confidenza molto stretto, tanto più mi colpì quindi lo scoprire fatti del suo passato che nemmeno sospettavo: non ne aveva mai parlato». Anna Maria scoprì così, solo dopo molti anni, di avere ascendenze ebraiche, che suo padre era già stato sposato e aveva avuto un figlio, Tamàs (Tommaso), e che gran parte della sua famiglia era poi sparita nei forni crematori di Auschwitz. Il dottor Habermann era giunto a Busto Arsizio nel 1933 con la moglie, una bella ungherese di Budapest, e il bambino. Tre anni dopo la moglie, forse stufa della realtà pronvinciale di quell'Italietta, se ne tornò in patria con il figlio, che il dottor Habermann rivide solo poche volte prima della fine. Uno scandalo per l'epoca, una storia fin troppo comune per i tempi d'oggi. Durante la guerra Habermann aiutò varie persone a salvarsi dalla guerra; personalmente riuscì a sfuggire indenne alle persecuzioni.
Per la figlia la scoperta, fatta alla morte della mamma, bustocca doc, fu enorme. «Ci misi quasi quindici anni ad accettare questi fatti, queste novità sconvolgenti» che andavano a toccare il senso di identità di una persona cresciuta in tutt'altra realtà - e che con la città di Busto Arsizio, dopo la prima giovinezza, mantenne un rapporto legato quasi esclusivamente al lavoro di medico. «Fu solo nel 2000» racconta «dopo aver casualmente ritrovato le lettere scritte fra il 1936 e il 1944 dai familiari di mio padre, dai miei parenti ungheresi, che molto timidamente mi rivolsi all'associazione Figli della Shoah». Scoprendovi l'universo fin lì poco conosciuto dell'ebraismo, laico come religioso.
Anna Maria aveva avuto modo di parlare, in Ungheria, con una sorella di suo padre (la famiglia proveniva dalla città di Baja). Ma il racconto della zia, a sua volta deportata e unica sopravvissuta della famiglia, la ferì con la sua freddezza e il distacco quasi clinico a fronte di fatti narrati terribili. Negli anni Duemila la Habermann è comunque tornata nella terra dei magiari, impegnandosi anche per impararne la lingua (notoriamente ostica ndr) in modo da poter tradurre le lettere e i documenti che aveva trovato. Ha visto i luoghi d'origine del padre, quella terra di pianure e di orizzonti infiniti dove vive un popolo vivace e dalle mille origini, che si dice discendente di Attila in persona ma, bastonato da due guerre mondiali e una rivoluzione, ha da tempo attitudini decisamente pacifiche. Laggiù la Habermann ha ricostruito la storia del ramo paterno della famiglia, tragicamente troncato dalla delirante follia dei nazisti.
Tra i documenti rintracciati da Anna Maria Habermann anche quelli in cui il fratellastro Tàmas veniva indicato, in magiaro, come "da deportare anche se nato cristiano". Per lo sterminio nazista l'ebreo non era esponente di una cultura, ma di una "razza": letteralmente "contagiosa" anche in caso di matrimoni "misti" (?). Al di fuori dell'Olocausto fisico, la definizione di chi fosse ebreo e quanto resta uno dei punti più assurdi dell'intera vicenda. "Chi è ebreo, lo decido io" è una battuta attributa variamente a Goering o Goebbels, in realtà apparterebbe ad un lontano "precursore" ideale dei nazisti spesso citato da Hitler, il sindaco della Vienna asburgica Karl Lueger. Un antisemita molto sui generis che in verità aveva vari amici ebrei - e soprattutto non ammazzò mai nessuno, nè incitò a farlo. Anche questa notazione storica va a riprova dell'assurdità di tutti i razzismi, di tutti gli odi gratuiti e generalizzati. Per non dimenticare, anche questa storia familiare disseppelita dall'oblio e che lega Busto all'Ungheria e ad Auschwitz merita di essere conosciuta. Lo spettacolo teatrale del Sociale di mercoledì 27 gennaio e la presentazione del 2 febbraio al Teatro Manzoni saranno occasione di approfondimento. E di ammonimento a che il peggiore passato mai più si ripeta.

(Varese News, 24 gennaio 2010)

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Alta tensione tra Israele e Libano

Probabile un confronto armato tra Hezbollah e Tsahal

TEL AVIV - Ad oltre tre anni dal conflitto fra Israele e Hezbollah un altro confronto militare potrebbe essere dietro l'angolo. Lo ha detto oggi il ministro senza portafogli Yossi Peled (Likud). Ieri da fonti stampa si era appreso di un accresciuto stato di allerta decretato dagli Hezbollah in Libano, nonché fra i riservisti dell'esercito della Siria.
«C'é in vista un altro 'round' sul confine Nord. Non so dire quando, nessuno sa prevederlo. Del resto non sapevamo nemmeno che sarebbe scoppiata la seconda guerra in Libano (luglio 2006)» ha detto Peled, un ex generale di Tsahal, le forze armate israeliane, che in passato è stato responsabile della zona militare settentrionale di Israele.
«Il Libano - ha proseguito Peled in un intervento pubblico a Beer Sheba - è l'unico Paese al mondo dove si sia costituita un'organizzazione militare, gli Hezbollah, che non è sottoposta al governo centrale e che è sostenuta da potenze straniere: Siria ed Iran». In caso di conflitto con gli Hezbollah, ha avvertito Peled, «noi terremmo per responsabili sia il Libano, sia la Siria».
Peled ha ammesso di «non dormire sogni tranquilli» alla luce di questa situazione. Ha tuttavia aggiunto che rispetto al 2006 le forze armate israeliane sono molto meglio organizzate per far fronte alla minaccia posta dagli Hezbollah.

(Corriere del Ticino, 23 gennaio 2010)

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Nuoto e solidarietà, Salvatore Cimmino andrà in Israele

Nuova sfida del nuotatore disabile, a maggio attraverserà il Lago di Tiberiade

Salvatore Cimmino
Un'altra prova suggestiva e altamente simbolica attende Salvatore Cimmino. Dopo il Giro d'Italia nel 2008 e quello d'Europa, in sei tappe, l'anno scorso, sarà la traversata del Lago di Tiberiade, in Israele, la sua nuova impresa per 'un mondo senza barriere e senza frontiere'.
La nuova avventura del nuotatore disabile napoletano, 45 anni, privo di una gamba, appartenente al Circolo Canottieri Aniene di Roma, è stata illustrata ieri a Viareggio nel corso della conferenza stampa organizzata per presentare il 33o Meeting internazionale giovanile di nuoto 'Coppa Carnevale', in programma nella piscina di Viareggio dal 29 al 31 gennaio, organizzato dall'Artiglio Nuoto.
La nuova prova che attende Salvatore Cimmino si svolgerà dal 2 al 9 maggio nel Lago di Tiberiade, in Israele. Cimmino partirà dal villaggio arabo di Tabgha e arriverà in quello israeliano di Ein Gev, nuotando per circa 12 km. D opo i circa 120 percorsi l'anno scorso, con le sei tappe che lo hanno visto protagonista in 9 nazioni europee, Salvatore torna in acqua per portare all'attenzione di tutti le difficoltà che i disabili motori devono affrontare nella vita di tutti i giorni e per chiedere all'Italia di adeguare, come già avviene in altri paesi europei, gli strumenti per agevolare la fornitura degli ausili protesici. Primo fra tutti il il nomenclatore tariffario, che consente la fornitura di protesi da parte del servizio sanitario nazionale, che non viene aggiornato dal 1992.
Il Meeting Internazionale 'Coppa Carnevale', nato nel 1977, ha visto negli ultimi anni una crescita costante del livello qualitativo grazie alla partecipazione di atleti provenienti da altre nazioni europee ed extra europee, divenendo così un appuntamento importante nel panorama nazionale ed internazionale delle iniziative sportive rivolte ai giovani atleti. Quest'anno vi prenderanno parte circa 900 atlet i appartenenti a ottanta società sportive provenienti da tutta Italia. Parteciperanno anche le nazionali giovanili di Ungheria, Moldavia, Slovenia, Slovacchia, oltre a quella italiana.

(Regione Toscana, 23 gennaio 2010)

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Le leggi razziali raccontate da chi ne fu vittima

Nella sala del Comune proiettati filmati d'epoca e illustrati gli elaborati degli alunni sulla "shoah"

di Claudia Berlingeri

È con la testimonianza diretta di Enrico Modigliani, sfuggito alla deportazione nazista dell'autunno del '43 ed alla shoah, che l'amministrazione comunale, ha voluto ricordare la "Giornata della Memoria". Enrico Modigliani, ex deputato della Repubblica, nato a dicembre del 1937, testimone da bambino di quell'Italia che dopo le leggi razziali fasciste, visse l'inferno della guerra e dell'occupazione nazista, è stato docente di lettere della scuola media Statale "Mazzini" di Roma con molti saggi all'attivo proprio sulle leggi razziali del 1938. Fondatore del progetto memoria, consigliere della fondazione del centro documentazione ebraica, ha ricordato ieri nel corso di due incontri tenutisi nella sala consiliare la sua esperienza.
«Quando vennero emanate le leggi razziali io avevo solamente un anno - ha spiegato Modigliani - Le vicende della mia famiglia sono profondamente segnate da quei momenti. Alcuni ricordi li ho attraverso i documenti, le foto, ma altri li ho impressi nella mia mente: il fatto di non potere andare all'asilo, che altri bambini venivano buttati fuori dalle scuole». «Mio padre - ricorda Modigliani - venne licenziato immediatamente dall'allora ministero e mio zio venne congedato». Modigliani ha ricordato la caduta di Mussolini il 25 luglio del 1943: «Guardavo da una terrazza la piazza inondata di gente felice che pensava che sarebbe finita la guerra». «Ma - ha aggiunto - mentre l'8 settembre venne firmato l'armistizio noi fummo invasi dai tedeschi e fu il momento peggiore per gli ebrei che furono deportati». «La fortuna mia e della mia famiglia - ha sottolineato - fu quella di vivere in campagna e anche grazie alla soffiata della famiglia Cabrusà non sono riusciti a prenderci». Non così è stato per tanti altri ebrei romani, compresi molti parenti di Modigliani, morti nei campi di sterminio creati dalla follia nazista. Ricordando quei tempi di dolore si è commosso Enrico Modigliani, impegnato nel ricordare e nel tramandare ai più giovani la necessita di non dimenticare quegli orrori, «perché possano maturare insegnamenti e moniti, attraverso la riflessione, per il loro futuro impegno etico e politico». Documenti, immagini, filmati dell'epoca hanno mostrato tutta la cruda xenofobia culminata nel massacro degli ebrei. In mattinata ad ascoltare rapiti le parole di Modigliani, sono stati gli allievi dell'Istituto comprensivo "Cutuli", dell'Istituto comprensivo "Alcmeone", del IV Circolo didattico, della Direzione didattica "Montessori" e della Scuola secondaria di primo grado "Giovanni XXIII". Scuole che hanno aderito al progetto "Concittadini di Pitagora", promosso dall'amministrazione comunale, che ha collegato l'incontro con Enrico Modigliani alla celebrazione della Giornata della Memoria. Ciascun istituto ha partecipato attivamente all'iniziativa.
L'Istituto comprensivo "Cutuli" è stato rappresentato da Emanuele Tricoli che ha esposto una riflessione composta coi suoi compagni. L'"Alcmeone" è stato protagonista di un momento di musica e poesia: accompagnati al violino da Cristina De Sole, i giovani Domenico Ciordo, Ilenia Spanò, Roberto Riganello e Rosa Rina Giardino hanno recitato i versi in francese e la traduzione della poesia "Esodo" di Benjamin Fondane. Il IV Circolo didattico ha presentato un video a cura di Aryanna Muscò, mentre gli scolari della "Montessori" sono stati rappresentati da Giusy Varano. La scuola media "Giovanni XXIII", infine, ha affidato la riflessione a Carmela Rizza, accompagnata dai compagni che mostravano i cartelloni realizzati con il materiale scaturito dalle ricerche svolte sulla Shoah. Una classe dell'Istituto "Gravina", inoltre, essendo una scuola superiore e dunque non impegnata direttamente nel progetto "Concittadini di Pitagora", cogliendo l'importanza del tema e della giornata, ha comunque accolto l'invito dell'assessore alla Pace e Futuro, Rosa Maria Romano. «Siamo qui - ha sottolineato l'assessore - per ricordare un momento importante della storia e proseguire il lavoro avviato con "Concittadini di Pitagora"». Era presente il dirigente dell'Ufficio scolastico Provinciale Antonio Blandino: «La scuola - ha osservato - è un baluardo di civiltà e la vostra presenza è un segno di grande partecipazione civile». Nel pomeriggio, è stata la parola "pace" distinta a caratteri cubitali nel finale di un filmato, realizzato da alunni delle scuole e proiettato durante l'incontro a fare da contraltare terribili ricordi di Enrico Modigliani. All'incontro hanno partecipato, tra gli altri, gli assessori comunali Danilo Arcuri e Domenico Mazza, i consiglieri Mellace, Liotti, Molè, Comberiati, Foti, il capo di gabinetto della prefettura Fabrizio Gallo, don Franco Lonetti in rappresentanza dell'arcivescovo Graziani.

(AGIRE, 23 gennaio 2010)

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Gli albanesi musulmani che salvarono gli ebrei dalla Shoah

In collaborazione con il Museo della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme, Comunità Ebraica di Bologna e con il patrocinio di Comune di Bologna, Provincia di Bologna, Assemblea Legislativa e Giunta della Regione Emilia-Romagna, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ambasciata d'Israele e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI).

Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, fissato dalla legge n. 211 del 20 luglio 2000, data in cui, nel 1945, fu liberato il campo di sterminio di Auschwitz e giudicata più adatta di altre a simboleggiare la Shoah e Anche quest'anno, il Museo Ebraico di Bologna e la Comunità Ebraica di Bologna, secondo lo spirito della legge che ha istituito questa giornata per il quale il Giorno della Memoria non deve essere solo un evento commemorativo, ma anche e soprattutto un evento culturale e didattico, domenica 24 gennaio aprono al pubblico la mostra storico-fotografica Besa un codice d'onore. Gli albanesi musulmani che salvarono gli ebrei dalla Shoah, realizzata dal Museo della Shoah Yad Vashem di Gerusalemme, con la cura di Yehudit Shendar, e le fotografie di Norman Gershman.

Alle ore 11.00 presso il Museo Ebraico di Bologna, in via Valdonica 1/5, Emilio Campos, Presidente della Fondazione Museo Ebraico di Bologna, Guido Ottolenghi, Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Suzana Turku, Vice Ministro alla Cultura della Repubblica dell'Albania, Llech Kola, Ambasciatore della Repubblica dell'Albania in Italia, e Andrea Cascone, Consigliere del Ministero degli Esteri, saluteranno le autorità e la cittadinanza. Interverranno, di seguito: Flavio Delbono, Sindaco del Comune di Bologna, Beatrice Draghetti, Presidente della Provincia di Bologna, M.Giuseppina Muzzarelli, Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Paola Zanca, Vicepresidente dell'Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna, Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Abd al Adhim Yusuf Pisano, Responsabile Co.Re.Is. Emilia-Romagna.

Alle ore 11.30, l'intervento di Michele Sarfatti, Direttore della Fondazione CDEC di Milano, su "Gli ebrei in Albania negli anni della Shoah", che intende fare il punto sugli studi e sull'esame dei documenti relativi all'Albania dal momento prima dell'occupazione da parte dell'Italia fascista nel 1939 e alla conseguente applicazione della legislazione antiebraica, fino all'occupazione da parte della Germania nazista e alle vicende che coinvolsero le comunità ebraiche locali.

Seguirà alle ore 12.00 l'apertura della mostra Besa, un codice d'onore. Gli albanesi musulmani che salvarono gli ebrei dalla Shoah.
Un viaggio della memoria riproposto attraverso le suggestive immagini del fotografo americano Norman Gershman, che per cinque anni ha percorso l'Albania recuperando le testimonianze dello straordinario salvataggio che riguardò quasi duemila ebrei e documentandolo attraverso i ritratti dei salvatori e dei loro discendenti.
Un reportage che rende onore a quegli albanesi musulmani che salvarono gli ebrei durante la Shoah fino al punto di donare loro abiti e nomi musulmani, pur di 'obbedire' al Besa, l'antico codice d'onore, profondamente radicato nella cultura e nelle usanze del popolo albanese. Besa è una nobile promessa morale vincolata da scelte basate su un senso alto dell'onore e delle giustizia umana. La storia appare ancora più sorprendente se si considera che nei primi decenni del Novecento in Albania, paese a maggioranza musulmana, vivevano appena 200 ebrei che aumentarono però in maniera vistosa con le fughe legate all'aggravarsi delle persecuzioni nazifasciste.

In occasione del Giorno della Memoria, la Libreria del Museo Ebraico espone una selezione aggiornata di pubblicazioni dedicate alla Shoah, all'antisemitismo e allo sterminio in generale. Inoltre, su tutti i volumi e l'oggettistica in vendita sarà applicato uno sconto del 15%.

(2duerighe, 23 gennaio 2010)

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Hamas riconosce Israele? Il sogno dura poco

di Giorgio Bastiani

A prima vista potrebbe apparire come la notizia risolutiva della crisi in Medio Oriente. Anche Hamas, a detta del presidente del Parlamento palestinese, Aziz Dweik, è pronta a riconoscere la legittimità dello Stato di Israele, proprio come ha già fatto l'Autorità Nazionale Palestinese. Hamas, secondo le parole attribuite a Dweik dal quotidiano israeliano Jerusalem Post, sarebbe pronta ad emendare il suo statuto, che prevede la distruzione dello Stato ebraico, per iniziare il negoziato. E' finita la guerra a Gaza? Neanche per sogno, perché la notizia è stata immediatamente smentita da una valanga di rettifiche da parte dei portavoce di Hamas. "Non c'è stato alcun cambiamento nella posizione di Hamas in merito a Israele e la nostra strategia è chiara e stabile". Lo ha detto il portavoce del movimento a Damasco, Osama Abu Khaled. "Non ci è possibile riconoscere Israele a nessuna condizione e in nessuna circostanza", ha precisato Abu Khaled, sottolineando che "le dichiarazioni attribuite a Dweik sono false". Hamas vuole "uno Stato entro i confini del 1967 in cambio di una tregua definitiva", ha aggiunto il portavoce, il quale ha ribadito che "non vi sarà alcun riconoscimento dell'entità sionista".

(l'Opinione, 22 gennaio 2010)

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Al Qaeda pronta a colpire Israele

  Il generale Benny Ganz
Al-Qaeda potrebbe infiltrare i suoi uomini tra i rifugiati provenienti dal Sudan ed entrare in Israele attraverso il confine egiziano. È questo lo scenario che gli ufficiali delle Forze di sicurezza israeliane hanno descritto al primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu durante un monitoraggio compiuto lungo il confine con il Sinai.
Da qui la necessità di costruire un muro, ipotesi che tra un paio di settimane sarà sottoposta al voto del parlamento israeliano. Costruire una barriera lungo i 240 chilometri di confine con l'Egitto costerà circa 1,3 milioni di NIS e dovrebbe essere completata in due anni.
Durante il sopralluogo, il primo ministro israeliano - accompagnato dai generali Benny Gantz e Yoav Galant - ha potuto osservare la porosità del confine, condizione che rende possibile l'infiltrazione di uomini di al-Qaeda tra i circa due milioni di rifugiati in Egitto. «Non possiamo permetterci di non costruire questa barriera», ha detto guardando un grande accampamento beduino in territorio egiziano. Il muro, ha aggiunto, è necessario per evitare l'ingresso in Israele di terroristi, trafficanti di droga e immigrati illegali. Netanyahu ha quindi detto che ha discusso la questione con le autorità egiziane durante la sua recente visita al Cairo e non ha ricevuto obiezioni in merito.

(Nuova Società, 22 gennaio 2010)

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Le storie dei bimbi ebrei impiccati nel '45

UDINE - Il 20 aprile 1945 nella scuola amburghese di Bullenhuser Damm venti bambini ebrei provenienti da tutta Europa vennero impiccati, in quanto potenziali scomodi testimoni. Le storie, i documenti e alcune immagini che testimoniano quel tragico eccidio sono state raccolte nella mostra "I 20 bambini di Bullenhuser Damm. Una carezza per la memoria". Un percorso, articolato in venti pannelli, che si inaugura oggi, alle 18 a palazzo Morpurgo. L'allestimento, dopo aver girato numerose città italiane ed europee, arriva ora nel capoluogo friulano all'interno de "La Shoah e oltre", il cartellone di iniziative che l'assessorato alla Cultura propone, sotto la direzione artistica di Angela Felice, in occasione della Giornata della Memoria. All'inaugurazione, oltre al sindaco, Furio Honsell, e all'assessore Luigi Reitani, ci saranno anche Giorgio Linda, già presidente nazionale di Italia-Israele, e l'editore Andrea Jarach. Ad accompagnarli il violino di Janos Hasur. La mostra resterà aperta fino al 21 febbraio.

(Il Gazzettino, 22 gennaio 2010)

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Colpi di mortaio da Gaza verso Israele

Cinque colpi di mortaio verso Israele a un anno dal termine dell'operazione Piombo Fuso

Ad un anno dal termine dell'offensiva israeliana lanciata su Gaza denominata Piombo Fuso, e dopo un breve periodo di calma apparente questa mattina cinque colpi di mortaio sono stati sparati dalla Striscia verso Israele. L'artiglieria israeliana ha immediatamente risposto al fuoco. Testimoni riferiscono che al momento non si registrerebbero feriti.
Le tensioni generate negli ultimi giorni hanno spinto i rappresentanti di Hamas a non fermare la tregua con Israele. Tutto questo alla luce della possibile riapertura dei negoziati sullo scambio fra palestinesi e il militare israeliano Ghilad Shalit.

(PeaceReporter, 22 gennaio 2010)

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Geografia della vita nel ghetto

di Sergio Luzzato

Il 27 gennaio di quest'anno, il Giorno della Memoria non somiglierà a nessuno dei precedenti per almeno una ragione: perché nel frattempo è scomparso Marek Edelman. Il più rappresentativo degli ebrei sopravvissuti all'insurrezione del ghetto di Varsavia aveva novant'anni al momento della morte, nell'ottobre scorso. Era dunque molto vecchio, ma ancora pochi mesi prima, il 19 aprile 2009, aveva commemorato alla sua maniera il 66o anniversario dell'insurrezione: separatamente da ogni celebrazione ufficiale, percorrendo a piedi (da ultimo, in carrozzella) le strade dei quartieri varsoviti divenuti ghetto sotto l'occupazione tedesca, raccogliendosi a meditare davanti a certe lapidi. Fedele alla memoria dei compagni caduti, ma fedele altrettanto agli ideali socialisti del Bund, il partito operaio ebraico della sua giovinezza: i medesimi ideali per cui aveva da sempre rigettato il sionismo e per cui aveva rinunciato, dopo la guerra, a emigrare in Israele....

(Il Sole 24 Ore, 22 gennaio 2010)

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Obama: sopravvalutata la nostra capacità di far ripartire negoziato

WASHINGTON, 21 gen. - Sul processo di pace in Medio Oriente, Barack Obama recita il 'mea culpa'. Ad un anno dal suo insediamento alla Casa Bianca, che cosi' tante aspettative aveva creato sulla ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi, il presidente degli Stati Uniti ha dovuto ammettere che l'amministrazione ha sopravvalutato la propria capacita' di far ripartire il processo di pace.
"Entrambe le parti, israeliani e palestinesi - ha detto Obama in un'intervista a "Time magazine", nel giorno in cui e' arrivato nello Stato ebraico per l'ennesima missione il suo inviato nella regione, George Mitchell - hanno trovato che l'ambiente politico, la natura delle loro coalizioni o le divisioni all'interno delle loro societa' sono tali che e' molto difficile per loro iniziare a impegnarsi in conversazioni fruttuose". "E io penso - ha sottolineato il presidente - che abbiamo sopravvalutato la nostra capacita' di convincerli a fare questo, quando le loro politiche fanno il contrario".

(Adnkronos, 22 gennaio 2010)

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L'Umbria si promuove sul mercato di Israele

L'Umbria cerca nuove opportunità per promuoversi a livello internazionale. In quest'ottica farà il suo ingresso nel mercato di Israele. A marzo organizzerà per gli operatori umbri un seminario sulle tradizioni e la cultura ebraica e successivamente un educational con t.o. israeliani. "Questa azione - spiega Stefano Cimicchi, amministratore unico Apt Umbria - è parte di un progetto più ampio per la creazione di un prodotto turistico che coinvolga Assisi, Roma, Santiago de Compostela e Gerusalemme". La promozione della regione in Italia comincerà già tra poche settimane, dal 3 al 5 febbraio, con "L'Umbria a Milano".

(TTG Italia Online, 21 gennaio 2010)

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La scritta rubata torna ad Auschwitz

Indagini: pista neonazi o collezionista

Tornerà oggi nell'ex campo di sterminio nazista di Auschwitz la scritta "Arbeit macht frei" (il lavoro rende liberi), rubata lo scorso 18 dicembre e ritrovata due giorni dopo dalla polizia polacca. Per il furto sono stati arrestati 5 polacchi. Le ipotesi sui mandanti oscillano da una pista neonazista, a un collezionista. Fra una settimana si celebra il 65/mo anniversario della liberazione del campo.
La scritta di ferro di cinque metri, tagliata dai ladri in tre parti per trafugarla, sarà consegnata dalla polizia alle autorità del Campo in una conferenza stampa a Cracovia, 60 km da Auschwitz. La scritta sarà portata subito al laboratorio del campo dove verrà restaurata. Ci vorranno dei mesi e solo dopo si deciderà se tornerà al suo posto o sarà esposta al Museo. In tal caso sul cancello di ingresso rimarrebbe la copia, che è stata messa lì subito dopo il furto.
Ogni anno ad Auschwitz arrivano oltre un milione di visitatori (1,2 nel 2009 di cui 50.000 italiani). Gli italiani deportati e uccisi a Auschwitz dopo l'armistizio nell'ottobre 1943 furono, 7.500, per lo più ebrei.

(TGCOM.it, 21 gennaio 2010)

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Stampa israeliana: Hamas pronta a riconoscere Israele

Lo rivela il Jerusalem Post, citando fonti del movimento islamico in Cisgiordania

Se la notizia venisse confermata dai fatti, sarebbe una svolta epocale. Aziz Dwaik, presidente dell'Assemblea Legislativa palestinese e leader di Hamas in Cisgiordania si sarebbe pronunciato a nome del partito islamista per il riconoscimento d'Israele.
Lo scrive oggi il quotidiano israeliano Jerusalem Post, secondo cui Dwaik si sarebbe espresso a favore del cambiamento sostanziale dello statuto di Hamas, nel quale si prospetta la distruzione 'dell'entità sionista' come fine dell'attività del movimento. La dichiarazione, secondo le fonti del giornale israeliano, sarebbe stata rilasciata da Dwaik al miliardario britannico David Martin Abrahms, intimo amico del ministro degli Esteri britannico David Milliband, in un incontro avvenuto ieri nella città di Hebron, in Cisgiordania. Abrahms, senza alcun mandato ufficiale, ha incontrato in questi giorni molti politici palestinesi in modo informale nel tentativo di dare un contributo al rilancio del negoziato per la soluzione del conflitto israelo - palestinese. Dwaik, sempre secondo le fonti del Post, avrebbe garantito ad Abrahms che anche i leader di Hamas come Khaled Meshaal e Ismail Hanyieh sarebbero pronti a questo passo.

(PeaceReporter, 21 gennaio 2010)

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Se il Paese della guerra salva le vite

di Fiamma Nirenstein

Una parte della stampa internazionale accusa Israele di ignorare i diritti umani Eppure ad Haiti è in prima fila soprattutto nella cura dei feriti e nella ricerca dei dispersi. Chi viene da una terra dove la morte è sempre in agguato, rispetta il valore dell'esistenza.

Chi vede che cosa sta facendo Israele ad Haiti, resta a bocca aperta: non c'è mezzo di comunicazione di massa, non c'è rappresentanza diplomatica che non abbia lodato il lavoro di quei volontari che non dormono e salvano vite a catena, e che lo fanno al massimo della competenza scientifica e umana. Ma non illudiamoci: non ci vorrà molto perché Cnn, Sky News, Cbs e tutte le tv internazionali, accusino di nuovo Israele di essere un Paese crudele, violatore di diritti umani, oppressore, assassino di bambini. Loro lo sanno, ma seguitano a lavorare fra le rovine e nell'ospedale da campo.
«Loro» sono i duecentoventi medici e paramedici israeliani, fra cui molti soldati, che sono arrivati per primi sull'isola distrutta, hanno cominciato a scavare e non hanno ancora smesso, hanno messo su un ospedale da campo che non sgarra di un millimetro dai migliori standard internazionali; a questo ospedale si rivolgono tutti i Paesi che cercano con buona volontà, ma in grande confusione (prima di tutto gli Stati Uniti), di portare aiuto ai terremotati. «Solo gli israeliani sono riusciti a portare velocemente un'assistenza avanzata», ha detto alla Cnn la dottoressa Jennifer Furin della Harvard Medical School.
Fra gli israeliani ci sono cinquanta ragazzi specializzati nell'estrarre sopravvissuti dalle rovine: ancora ieri hanno salvato due fratellini, e hanno strappato dalla morte più orrida decine di feriti e moribondi. Gli israeliani curano 500 persone al giorno, si sono portati da casa le migliori macchine salvavita, possono affrontare operazioni difficili, hanno fatto partorire con successo sei puerpere salvando tutti i neonati, persino due prematuri. La tv ha detto che l'ospedale degli israeliani è la Rolls Royce dei soccorsi umanitari a Haiti, ma in realtà è il dono amoroso di un popolo di soli sette milioni di abitanti, certo non ricco e sempre in pericolo; che, come ha detto la Cnn, in genere pessima su Israele, «è arrivato qui dall'altra parte dell'oceano». Perché lo fa? Perché sa che la vita umana non ha prezzo, come invece sembrano pensare in tanti fra quelli che hanno risparmiato, per esempio i Paesi petroliferi.
Qualcuno ironicamente ha scritto che si tratta di «un impegno sproporzionato», come era stata definita «sproporzionata» la guerra contro Hamas per difendere la vita dei cittadini israeliani colpiti dai tredicimila missili. Ma sproporzionati questi impegni non sono né l'uno né l'altro, bensì collegati l'uno all'altro. Solo chi sa che cosa significa dover difendere la vita giorno dopo giorno sa che cosa vale ed è in grado di farlo come si deve. E guardando un po' più lontano, solo un popolo che per un lungo periodo, durante la Shoah, ha visto i suoi membri privati del loro nome, della famiglia, della loro umanità, sa che ogni vecchia donna di Haiti, ogni giovane colto nel pieno della sua gioia di vivere, ogni neonato in pericolo, somigliano a quegli esseri umani allora investiti dall'orrore.
Ma al di là delle ragioni morali, come fa Israele a essere così preparato scientificamente, ordinato e instancabile? L'ha spiegato Bill Clinton, inviato ad Haiti per l'Onu: «La tanta esperienza sul campo di battaglia gli ha insegnato a costruire magnifici ospedali da campo, e gli sono grato per questo».
Anche il terrorismo è stato maestro di velocità, scientificità, precisione. Durante l'Intifada il dottor David Applebaum, un medico dell'ospedale di Gerusalemme «Hadassa», venne ucciso da un terrorista suicida al caffè Hillel insieme a sua figlia Nava che avrebbe dovuto sposarsi il giorno dopo. Con loro finirono a pezzi tanti altri avventori. Il lutto per il dottor Applebaum fu particolarmente amaro: aveva infatti inventato un metodo nuovo per curare a catena i feriti trasportati a dozzine al pronto soccorso sulle ambulanze ogni volta, e capitava tutti i giorni, che un terrorista attaccava i civili israeliani. Il metodo Applebaum è stato copiato in tutto il mondo perché sa affrontare mirabilmente la confusione compiendo un'immediata classificazione della gravità delle ferite e quindi non perdendo un secondo nel salvare la vita e le parti del corpo in pericolo e nell'aiutare psicologicamente i traumatizzati.
È da studi sul campo come quello di Applebaum che Israele ha imparato ad amministrare sul campo i sentimenti di pietà. Ma non basta. Purtroppo la parabola di Applebaum dice che il prezzo per imparare quest'arte è ed è stato per Israele terribilmente elevato. Sproporzionato.

(il Giornale, 21 gennaio 2010)




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Gli israeliani ad Haiti a "trafficare organi"

Leggende antisemite diffuse su Internet

di Dimitri Buffa

"I soldati israeliani trafficano in organi estratti dai cadaveri dei piccoli bambini di Haiti così come hanno fatto a Gaza con quelli dei bimbi palestinesi". La Cnn ci crede e diffonde la calunnia anti semita in tutto il mondo prendendo per buono uno dei tanti amatoriali veicolati su "YouTube" da un sedicente T. West, produttore mediatico noto già per altre provocazioni del genere. Lo stato di Israele è stato uno dei primi Paesi al mondo a mandare aiuti, mezzi e uomini molto organizzati ad Haiti per aiutare la gente del posto nelle prime necessità. Tuttavia non solo questa cosa è stata molto sottovalutata nei mass media, per non dire ignorata, ma adesso sta iniziando addirittura a produrre gli effetti collaterali che già si potevano immaginare al momento che i 450 uomini del "Pikud Haoref" (la protezione civile israeliana) e del "Hail Refuà" (sanità militare dell'esercito) sono atterrati a Port au Prince insieme a 63 cani addestrati a cercare gente tra le macerie: il nascere di velenose calunnie anti israeliane e anche anti semite. Il signor T. West ha fatto commentare le immagini dei soldati israeliani che montano ospedali da campo da una voce fuori campo cui era stato affidato il compito di spargere la calunnia. Ovviamente indimostrata e indimostrabile. Le sue dichiarazioni, recitate a mezzo busto, riguardano il rischio che gli aiuti umanitari destinati alla popolazione di Haiti non arrivino dove dovrebbero a causa di persone senza scrupoli. Poi, quando si parla di Israele, le sue parole si fanno infamanti nei confronti delle forze della Difesa israeliane (Idf), accusate di essere coinvolte in un traffico degli organi.
Secondo l'uomo, a supporto di questa tesi ce ne sarebbe un'altra, da lui ricordata senza accertamenti, circa il coinvolgimento delle stesse forze israeliane nel traffico di organi di vittime palestinesi. Così un sillogismo di calunnie ne produce una nuova. L'uomo ritiene che nel caso di tragedie come quella accaduta ad Haiti "la sorveglianza è talmente minima che è necessario un ulteriore occhio di riguardo nei confronti delle vittime per proteggerle dalle squadre mediche internazionali arrivate nel Paese per denaro". Inoltre, invita a mettersi in guardia da quelle persone che tentano di guadagnare soldi dalla tragedia. Interpellato da "Ynet", il sito web del quotidiano israeliano Yediot Ahronot, l'uomo giura di "non aver niente contro Israele" ma "molto contro l'ideologia sionista". Poi aggiunge: "abbiamo visto cosa avete fatto in Sud Africa e con i palestinesi. Per la nostra storia e per la sofferenza del nostro popolo, io capisco cosa stanno passando i palestinesi". Stando alle sue dichiarazioni, l'uomo si sta attivando per "promuovere un cambiamento positivo tra gli afro-americani e in Africa". Dice: "non sono un politico; faccio un talk show, del giornalismo e il volontario per organizzazioni no profit". Che dire? Li conosciamo questi "alternativi" e questi pseudo "contro informatori". Facile prendersela con Israele nascondendo il proprio anti semitismo a sinistra, magari dietro le gonne della Cnn. Che per non sapere né leggere né scrivere il video pieno di falsità intanto lo diffonde. Poi si vedrà.

(l'Opinione, 21 gennaio 2010)

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«Tanto tuonò che piovve, la notizia è sul sito del Corriere»

di Michael Sfaradi

Questa mattina all'interno di un articolo sul Corriere Online era riportato fra l'altro:
"SENZA CIBO NÉ ACQUA" - Tra gli ultimi salvati ci sono anche diversi bambini: dunque, un maschio e una femmina di 8.10 anni, erano intrappolati sotto una palazzina di due piani. Li ha soccorsi un team di vigili del fuoco della polizia di New York, portandoli poi all'ospedale da campo israeliano nella tarda serata di martedì (l'alba di mercoledì in Italia)".
Ewwiwa!!! Se ne sono accorti che c'è un ospedale da campo israeliano, roba da non credere, alla fine lo hanno citato. Anche se ancora nessuna sua immagine fa parte dei collage fotografici in arrivo dall'isola e che al suo pari nessuno soccorritore con la stella di David o con scritte in ebraico sulle pettorine arancioni sono stati ripresi dalle decine di foto reporter accorsi sulla disastrata isola. Che non siano volutamente stati ripresi? Sicuramente è così, noi non abbiamo dubbi in proposito anche perché a pensare male generalmente ci si azzecca.
Tornando ai due bambini ricoverati presso la struttura sanitaria israeliana quello che il Corriere on-line non dice, ma che si può vedere sul filmato che tratta la stessa notizia su www.maco.co.il è che è stato il padre dei due piccoli a chiedere espressamente ai pompieri statunitensi di portare i figli dagli israeliani e non nell'ospedale da campo dei marines.
Le immagini toccanti dell'uomo che subito dopo il ricovero dei figli si è inginocchiato in mezzo alla tenda del pronto soccorso per ringraziare i medici di Zahal, in Israele, hanno fatto stringere il cuore di commozione al pubblico del telegiornale Hadashot 2 del secondo canale televisivo. "I miei figli saranno salvati dai medici ebrei, questo l'ha voluto DIO" ripeteva con la voce rotta dal pianto.
Questo significa due cose: la prima è che sull'isola la voce gira e che i poveri haitiani sanno perfettamente dove conviene andare nel caso si abbia bisogno di cure, e la seconda è che, per loro fortuna, non sono lettori del "Corriere della Sera" né de "La Repubblica" né del resto della stampa italiana che è estremamente stitica di notizie riguardanti Israele e ciò che fa, quando si tratta di cose che metterebbero lo Stato ebraico in una luce diversa da quella che loro sono abituati a far vedere.
Sui servizi della CNN è stato più volte messo in rilievo che in occasione del terremoto di Haiti si è dovuti ricorrere ad amputazioni degli arti. Le percentuali in questo caso rispetto ad altri terremoti del passato sono estremamente più alte e questo è dovuto al fatto che gli le infezioni nei vari ospedali sono fuori controllo. Questo, naturalmente, non vale per la struttura sanitaria israeliana che ha addirittura migliorato gli standard di operatività rispetto agli interventi del passato: Turchia, Georgia e Kossovo solo per fare alcuni esempi. Per dirla a chiare lettere quello che nell'ospedale da campo del Pikud Ahoref (protezione civile israeliana) viene curato da un'altra parte sarebbe amputato.
In Italia, di tutto questo, non se ne parla perché è difficile per i "nostri eroi delle televisioni e della carta stampata" dare delle note di merito a un qualcuno di cui, fra non molto, si tornerà, per forza di cose, a parlare male; per cui i fedeli ad una linea che deve vedere sempre Israele dalla parte del torto si nasconde una realtà di eccellenza che invece dovrebbe essere portata a conoscenza di tutti. Questi i silenzi nel presente, come le tante "bufale" del passato oltre ad essere una vera mistificazione della realtà sono anche un'enorme presa in giro per i lettori e per l'opinione pubblica che ha il diritto di sapere la verità nella sua completezza. Questo, purtroppo, sia in Italia che in buona parte del mondo, il più delle volte purtroppo non accade.

(Informazione Corretta, 21 gennaio 2010)

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Svuotamento di Gerusalemme Est dagli arabi residenti?

di Sergio Della Pergola

Con scelta di tempo degna di nota, tre giorni prima della visita del Pontefice al Tempio di Roma, la Chiesa Cattolica critica la politica di espansione edilizia condotta da Israele a Gerusalemme Est a maggioranza araba. Secondo il lancio dell'agenzia Ansa da Gerusalemme, 14 Gennaio, "a esprimersi una delegazione di presuli cattolici in missione in Terra Santa. E' stata denunciata in particolare 'la politica di svuotamento di Gerusalemme est dagli arabi residenti' attribuita allo Stato ebraico, puntando l'indice contro quello che 'appare un approccio discriminatorio e umiliante' dell'attuale governo israeliano verso i palestinesi". La politica di Israele nei confronti dei territori palestinesi è controversa e io stesso ho espresso le mie critiche in varie occasioni. Ma non si può "puntare l'indice" e dunque colpevolizzare Israele falsificando i dati. I dati sono questi: nel 1967, al momento dell'annessione israeliana di Gerusalemme Est, la sua popolazione araba era di 71 mila (su un totale di 268 mila). Nel giugno 1983 gli arabi erano aumentati a 122 mila, alla fine del 2000 erano 209 mila, e all'inizio del 2010 sono 275 mila (su un totale di 780 mila). Fin qui, dunque, lo "svuotamento di Gerusalemme Est dagli arabi residenti". Ma se andiamo qualche chilometro a Sud, a Betlemme, lo svuotamento della popolazione cristiana c'è e si vede. Chi comanda per le strade di Betlemme non è Israele bensì l'Autorità palestinese. Per l'islamizzazione della città della Natività la Chiesa Cattolica può ringraziare chi a lungo è stato il suo leader spirituale appunto in Terra Santa, il Patriarca Latino Monsignor Michael Sabah, che con la sua arrogante posizione anti-israeliana ha incoraggiato senza riserve il nazionalismo palestinese e ha finito per premiare il fondamentalismo musulmano. E i Cristiani, minacciati e depredati, se ne vanno. Le parole del Dialogo al Tempio (e la strage dei Copti in Egitto) invitano a un'onesta riflessione nella Chiesa Cattolica.

(Notiziario Ucei, 21 gennaio 2010)

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«Da Israele per lui che sogno»

Francesco Totti
IL ROMANISTA - Da Gerusalemme per amore della Roma. Con questo spirito Joshua Halickman era giunto la scorsa settimana nelle Capitale per far vedere al figlio di dieci anni la Magica. Lui l'aveva già vista in altre occasioni e se ne era subito innamorato. Che emozione l'Olimpico che canta Roma Roma, e così aveva deciso di far vivere la stessa emozione al figlio. Ma appena giunto a Roma, ecco la brutta notizia: chiusura del settore ospiti con il Genoa e vendita dei tagliandi ai soli residenti nel Lazio. E i sogni del piccolo Dov si spezzano in un istante. Tante le lacrime versate, «ma almeno la partita con la Triestina siamo riusciti a vederla», disse Joshua proprio dalle pagine de 'Il Romanista'.
In tanti però si sono adoperati per riuscire a realizzare il suo sogno e alla fine ce l'ha fatta: domenica era allo stadio a tifare Roma. Alla faccia dei divieti. «Un mio amico - dice Joshua - è riuscito a prendermi un biglietto. Alla fine ho portato mio figlio Dov allo stadio. Eravamo molto vicini a Totti, lo abbiamo salutato. È stato veramente incredibile vederlo. Grazie a tutti voi per l'aiuto che mi avete dato. Tante persone si sono fatte sentire dopo il vostro articolo per cercare di aiutarmi. Non è stato semplice. Mio figlio era entusiasta e poi la Roma ha vinto. Cosa potevo volere di più?». Insomma, missione compiuta.

(laroma24.it, 21 gennaio 2010)

COMMENTO - "Da Gerusalemme per amore della Roma": chi l'avrebbe detto? La presenza di questa notizia su queste pagine è dovuta essenzialmente all'inatteso collegamento tra l'interesse per Israele e l'antica, anche se poco coltivata, "fede romanista" del curatore di queste note.

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Netanyahu: Israele resterà in Cisgiordania anche dopo la pace

Premier: difenderci da arsenali di razzi in enclavi filo-iraniane

Gerusalemme, 20 gen. (Ap) - Israele dovrà mantenere una presenza in Cisgiordania anche dopo un eventuale accordo di pace con i palestinesi: lo ha detto oggi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, spiegando che dopo l'esperienza dei lanci di razzi dai confini di Gaza e del Libano, lo stato ebraico dovrà essere capace di prevenire ogni eventuale ulteriore attacco.
"Siamo circondati da crescenti arsenali di razzi piazzati nelle enclavi sostenute dall'Iran a nord e a sud", ha sottolineato Netanyahu per giustificare le sue affermazioni.

(Apcom, 21 gennaio 2010)

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Allarme bomba su un aereo atterrato a Filadelfia, arrestato un passeggero

WASHINGTON - L'aereo dell'U.S. Airways fatto atterrare nell'aeroporto della Pennsylavania per "misure precauzionali di sicurezza''. Secondo alcune fonti, a far scattare l'allarme sarebbe stato un ebreo ortodosso che pregava con dei filatteri.
Si tratta di un aereo dell'U.S. Airways che è stato fatto atterrare nell'aeroporto della Pennsylavania per "misure precauzionali di sicurezza", ha riportato la Cnn.
Sarebbero stati dei filatteri, due piccoli astucci quadrati di cuoio nero con cinghie fissate su di un lato, che gli Ebrei portano durante la preghiera del mattino chiamata Shachrit, a far scattare l'allarme bomba a bordo dell'aereo atterrato questa mattina a Filadelfia.
E' quanto riporta il sito della Cbs, citando fonti informate, che spiegano come a bordo dell'aereo il gesto del passeggero ebreo ortodosso, che si e' arrotolato i tefillin, come è richiesto, dal braccio fino alla testa, abbia spaventato tutti.
Facendo scattare le procedure di emergenza e l'atterraggio a Filadelfia dove l'uomo non ha opposto resistenza agli agenti che lo arrestavano.
Subito dopo l'atterraggio di emergenza, il velivolo è stato circondato dagli agenti della sicurezza interna e dalle squadre specializzate nel ritrovamento di ordigni.

(Adnkronos, 21 gennaio 2010)

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Israele - L'Intelligence sbarca su Facebook

L'intelligence israeliana sbarca su Facebook. Lo hanno annunciato le Forze di Difesa israeliane (IDF), precisando che questa settimana sarà creato un nuovo team che ci occuperà del rapporto con i media. I particolari saranno pubblicati sul magazine ufficiale dell'esercito, 'Hamahaneh', ma sin d'ora è chiaro che verrà posta una particolare atten

(Affaritaliani.it, 20 gennaio 2010)

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"Hitler non finì il suo lavoro". Parole choc in un negozio di Torino

La denuncia di un ottico del centro. Si è trovato davanti un rappresentante che ha incominciato a dare giudizi antisemiti su un ex commerciante della zona.

TORINO - «Hitler non ha fatto bene il suo lavoro, ci sono ancora ebrei in giro». Queste parole choccanti, quasi incredibili da ascoltare nel 2010 nella Torino che si accinge a celebrare il "Giorno della Memoria" sono state pronunciate venerdì scorso.
Il luogo? Un piccolo ma elegante negozio di occhiali sotto i portici di corso Vittorio Emanuele II, 'Les Lunettes‘. I protagonisti: il titolare Roberto Magnoni e due rappresentanti venuti a mostrargli i nuovi prodotti di un marchio altrettanto prestigioso. Il risultato: un episodio inquietante quanto grave di antisemitismo, che alla fine ha costretto il negoziante a mettere alla porta i visitatori.
A parlare è lo stesso Magnoni: «Sono venuti da me, dopo aver preso appuntamento, una signora che già conoscevo come rappresentante di questa importante ditta e il suo collega da poco assunto in azienda, che proprio per questo la signora mi voleva presentare. Catalogo alla mano, abbiamo iniziato a fare due chiacchiere come è d‘uso in questi casi». Ma la conversazione ha preso quasi subito una piega inaspettata quanto sgradevole: «Sa - ha raccontato il neo-rappresentante - fino a poco tempo fa lavoravo sempre qui a Torino ma per la ditta XY. Però hanno chiuso… Il proprietario era il signor X, un ebreo, lei mi capisce, ha preferito mandarci tutti a casa anziché sborsare quel paio di milioni di euro che avrebbero salvato la situazione».
«Ho cercato di farlo tacere finché era in tempo - racconta Magnoni - spiegandogli che conosco bene quelle persone, e che la madre del signor X è mia cliente da molti anni. Ma non è bastato, quello è andato avanti come un treno: 'Eh sì, lo sa come fanno 'sti ebrei con i soldi, anche il liquidatore era uno di loro… Non vorrei dire, ma secondo me Hitler non aveva tutti i torti, solo che non ha finito bene il lavoro‘. Per me è stato abbastanza». Ma prima di mettere alla porta il rappresentante e la sua collega, che per tutta la durata della conversazione non aveva voluto né saputo zittirlo, Magnoni si è rivolto a una giovane collaboratrice: «Hai qualcosa da dire?». E la ragazza si è rivolta al visitatore: «Effettivamente, Hitler non ha fatto un buon lavoro. Sono ebrea, e sono ancora qui».
«Ho detto loro di non proporre più nulla a un 'negozio ebreo‘ - conclude Magnoni - Ma sono ancora sconcertato dal fatto che un simile episodio sia potuto avvenire nell‘Italia dei giorni nostri».

(la Repubblica, 20 gennaio 2010)

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"Mi chiamo Israele "

Israele è stato il primo paese al mondo a mandare aiuti a Haiti. Eppure la notizia non è finita sui giornali. Una massa impressionante di beni, uomini e strutture d'emergenza, soprattutto paragonate all'avarizia dell'Arabia Saudita, secondo la denuncia del Los Angeles Times. I regnanti di Riad per ora hanno inviato solamente un messaggio di condoglianze al governo di Haiti. "L'Arabia Saudita, ricca di petrolio - scrive il quotidiano statunitense -, è una delle nazioni più benestanti del pianeta. Ma mentre è generosa quando si tratta di costruire scuole religiose islamiche e moschee nel mondo, l'Arabia Saudita è stata abbastanza tirchia quando si è trattato di aiutare il popolo di Haiti, colpito dal terremoto". Israele ha inviato 40 medici, 20 infermieri e altrettanti paramedici per mettere su un ospedale da campo capace di curare 500 feriti. Sono partiti anche 100 soldati dell'esercito israeliano. Accadde anche con lo tsunami in Asia. Quando lo stato ebraico fu tra i paesi più generosi. Il popolo di Israele ha una lunga storia alle spalle che lo rende in qualche modo "specializzato in catastrofi". Dopo aver raggiunto la capitale di Haiti, gli israeliani si sono spostati in altre zone del paese dove hanno lavorato soprattutto per recuperare e identificare i corpi delle vittime. Lo stesso avvenne anche dopo l'11 settembre, quando patologi israeliani aiutarono i colleghi americani al lavoro a Ground Zero. Un ospedale da campo israeliano, il più grande e il meglio attrezzato presente attualmente nel martoriato paese, è stato immediatamente installato sul territorio e messo al servizio delle popolazioni colpite dal sisma fin dalle prime ore dopo il disastro. E' lì, nelle tende di Tsahal, che è nato il primo bambino haitiano dopo il terremoto. La mamma non ha avuto dubbi sul nome da dargli: Israel. Una delle pochissime immagini di gioia in questo turbinio di morte e dolore è stata la scena della squadra di soldati israeliani che, mentre salvava un haitiano sepolto dalle macerie del terremoto, la gente assistendo applaudiva e gridava: "Viva Israele".

(Il Foglio, 20 gennaio 2010 - da Informazione Corretta)




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Ecco la solidarietà islamica: dall'Arabia zero fondi per Haiti

di Gian Micalessin

«Eseguite la preghiera, date in elemosina». Non siamo noi a dirlo e neppure le Nazioni Unite, ma il profeta Maometto. O meglio la seconda Shura del suo Corano. A Riad stavolta devono essersene dimenticati. Devono aver perso di vista quel dovere della «zakat» considerato uno dei cinque pilastri dell'Islam. Per capirlo basta sbirciare la lista dell' Ufficio Onu di Ginevra per il Coordinamento degli affari Umanitari in cui sono elencati i contributi destinati ad Haiti dalle singole nazioni. Scorretela da cima e fondo e scoprirete che l'Arabia Saudita, il più grande produttore di petrolio del mondo, non c'è. Come mai? Semplice, non hanno cacciato manco un centesimo. Hanno spedito un messaggio di condoglianze firmato da re Abdallah e hanno voltato pagina....

(il Giornale, 20 gennaio 2010)

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Bulgaria e Israele, proseguono rapporti bilaterali in diversi settori

Boiko Borisov
I rappresentanti di Israele e Bulgaria si sono incontrati la scorsa settimana e hanno discusso dei rapporti bilaterali in diversi settori.
I rapporti tra i due Paesi, ha detto Peres, sono su una linea di amicizia, ma la Bulgaria potrebbe fare ancora di più per promuovere il turismo presso gli israeliani. Borisov ha risposto annunciando un forum turistico su larga scala in Israele, cui parteciperà anche la Bulgaria, e che si svolgerà in febbraio 2010. La notizia è riportata dalla Sofia News Agency.
Il presidente israeliano ha lodato la cooperazione bilaterale in tutti i campi tra cui la lotta al terrorismo e ai cambiamenti climatici; per quanto riguarda l'economia, il premier bulgaro ha incontrato il primo ministro israeliano Netanyahu, che ha consigliato la controparte bulgara di ridurre gradualmente l'IVA. Il premier bulgaro si è impegnato a convincere il Ministro delle Finanze, Simeon Djankov. Borisov ha aggiunto che erano 18 anni che un premier bulgaro non visitava Israele e ha aggiunto che il Paese è un partner strategico per il futuro. Il premier bulgaro ha concluso dicendo che un consigliere finanziario-economico arriverà in Bulgaria nelle prossime settimane per supportare la prosecuzione dei dialoghi bilaterali; Netanyahu stesso si è impegnato ed ha espresso il desiderio di guidare una delegazione d'affari israeliana a Sofia presto.

(Portalino.it, 19 gennaio 2010)

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Blitz della polizia contro i "coloni estremisti"

Arrestate 10 persone colpevoli di aver incendiato una moschea palestinese

GERUSALEMME - Un centinaio di agenti di polizia e dello Shin Bet, il servizio segreto di sicurezza israeliano, hanno compiuto la scorsa notte una retata nell'insediamento ebraico di Yitzhar in Cisgiordania, roccaforte dell'estrema destra religiosa, e hanno arrestato una decina di persone, segnalando così, forse, che la tolleranza finora mostrata dalle autorità nei confronti di gruppi eversivi ebraici si sta esaurendo.
Almeno tre degli arrestati, Zvi Sukkot, Eliran Elgali e Shlomo Gilbert, tutti ventenni, sono sospettati di essere i responsabili dell'incendio appiccato il mese scorso nella moschea del villaggio palestinese di Yasuf, oltre ad altri reati. Un gesto che è un sintomo del clima avvelenato e di odio tra una parte almeno degli abitanti degli insediamenti e la popolazione palestinese. L'incendio alla moschea, che aveva causato danni parziali, aveva suscitato aspre proteste di palestinesi e israeliani. Il rabbino capo Yona Metzger aveva fustigato il gesto, osservando che l'incendio gli aveva ricordato che «la Shoah cominciò con l'incendio delle sinagoghe» nella Germania nazista. Metzger aveva pure visitato il villaggio con una delegazione di pacifisti religiosi per manifestare solidarietà con gli abitanti del villaggio e per distribuire copie del Corano al posto di quelle distrutte dalla fiamme. Altri cinque arrestati, quattro dei quali minorenni, sono sospettati di violenze nel Nord della Cisgiordania. Abitanti di Yitzhar - insediamento più volte salito agli onori della cronaca per violenze e azioni vandaliche contro palestinesi e pacifisti israeliani - hanno accusato gli agenti che hanno attuato la retata di comportamento brutale. «La polizia - hanno detto - ci ha picchiato, ha danneggiato proprietà e ha confiscato computer e altro materiale». Accuse alle quali le autorità israeliane in Cisgiordania non hanno voluto replicare.

(Corriere Canadese, 19 gennaio 2010)

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Commento al commento di Ugo Volli

Ecco il commento di Ugo Volli sull'intervento di Benedetto XVI:

Oltre all'aspetto politico e storico, il discorso del Papa alla Sinagoga di Roma ha avuto un lato teologico, che ha occupato buona parte del suo spazio. Su questo piano il Papa ha sostenuto fra l'altro una tesi importante: in sintesi che la promessa fatta al popolo ebraico è eterna e sempre valida. E' un punto particolarmente significativo, perché da Paolo di Tarso in poi la Chiesa ha spesso preteso che, non avendo Israele riconosciuto la divinità di Gesù, esso è decaduto dalla sua missione ed ora è la Chiesa il "verus Israele". Questa teologia della sostituzione ha giustificato le violenze più o meno estreme che la Chiesa ha inferto agli ebrei a partire dall'impero di Costantino e fino all'Ottocento: i ghetti, i roghi di testi sacri, le espulsioni, le conversioni estorte e imposte, i pogrom e le stragi vere e proprie. A partire dal Pontificato di Giovanni XXIII la Chiesa ha riconosciuto che il messaggio evangelico non annulla l'elezione di Israele, e dunque ha proposto un rapporto di "fratellanza" fra le due religioni. Nel discorso del papa questa tesi è espressa con grande chiarezza, insieme alle scuse per "antisemitismo e antigiudaismo", messi assieme com'è giusto. Più che il "velato" accenno al silenzio di Pio XII e l'assente rimando a Israele, è qui il contenuto positivo della visita.

Ugo Volli

(Informazione Corretta, 18 gennaio 2010)

COMMENTO - La tesi importante sostenuta dal Papa sarebbe che «la promessa fatta al popolo ebraico è eterna e sempre valida». Si direbbe che il commentatore la ritenga una novità perché - sostiene - «da Paolo di Tarso in poi la Chiesa ha spesso preteso che, non avendo Israele riconosciuto la divinità di Gesù, esso è decaduto dalla sua missione ed ora è la Chiesa il "verus Israele"».
Includere Paolo di Tarso in una frase come questa è uno scivolone storico-teologico non da poco. Gli sviluppi antiebraici che hanno portato alla teologia della sostituzione della Chiesa ufficiale sono la negazione dell'insegnamento di Paolo contenuto nella lettera ai Romani. Qualche citazione:

"Dico la verità in Cristo, non mento - poiché la mia coscienza me lo conferma per mezzo dello Spirito Santo - ho una grande tristezza e una sofferenza continua nel mio cuore; perché io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, cioè gli Israeliti, ai quali appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse" (Romani 9:1-4).

Paolo parla dei suoi "parenti secondo la carne", quindi degli ebrei di nascita, come "fratelli" e dice che "a loro", e non a qualche nuova istituzione cristiana, "appartengono [non appartenevano] l'adozione, la gloria, ecc."

«Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! Perché anch'io sono Israelita, della discendenza d'Abraamo, della tribù di Beniamino. Dio non ha ripudiato il suo popolo, che ha riconosciuto già da prima" (Romani 11:1-2).

«Infatti, fratelli [qui si rivolge ai cristiani gentili], non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, finché non sia entrata la totalità dei gentili; e tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: «Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà da Giacobbe l'empietà; e questo sarà il mio patto con loro, quando toglierò via i loro peccati». Per quanto concerne il vangelo, essi sono nemici per causa vostra; ma per quanto concerne l'elezione, sono amati a causa dei loro padri; perché i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili" (Romani 11:25-29).

La frase del Papa «la promessa fatta al popolo ebraico è eterna e sempre valida» può soltanto essere intesa come un riferimento alle parole di Paolo "i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili". E qui il Papa avrebbe fatto bene ad aggiungere che per secoli la sua chiesa ha insegnato esattamente il contrario, e che anche da questo fatto sono scaturite quelle atrocità che l'illustre "Santo Padre" ha chiamato con delicatezza le "mancanze di suoi figli e sue figlie".

Gli intellettuali ebrei sanno essere profondi e acuti nella valutazione di fatti storico-politici, ma nei meandri della teologia cristiana non si muovono a loro agio, e quando sono costretti a farlo spesso assumono atteggiamenti goffi. Recentemente ho ascoltato un'interessante conferenza di Gad Lerner, in cui l'oratore si prefiggeva di favorire il dialogo ebraico-cristiano pur senza negare le differenze esistenti. L'oratore scorgeva segni di antisemitismo già nel Nuovo Testamento e si riferiva in proposito a un passo della lettera agli Ebrei in cui si parla di un nuovo patto:

«Dicendo: "Un nuovo patto", egli ha dichiarato antico il primo. Ora, quel che diventa antico e invecchia è prossimo a scomparire» (Ebrei 8:13).

In queste parole l'oratore scorgeva un contrasto fra l'antico patto, riguardante gli ebrei, e il nuovo patto, riguardante i cristiani. Come non riconoscere in questo accostamento una svalutazione del mondo ebraico nei confronti del mondo cristiano? Alla fine della conferenza mi sono avvicinato e gli ho chiesto: "Lei sa con chi è stato concluso il nuovo patto di cui si parla in quel passo?" Non ha risposto. Allora l'ho informato: «Con la casa d'Israele e con la casa di Giuda». In un primo momento ha tentato di negare, ma ha smesso quando gli ho spiegato che in quel passaggio della lettera agli Ebrei si cita un passo del profeta Geremia in cui si dice:

«Ecco, i giorni vengono, dice l'Eterno, che io farò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che fermai coi loro padri il giorno che li presi per mano per trarli fuori dal paese d'Egitto: patto ch'essi violarono, benché io fossi loro signore, dice l'Eterno; ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele, dopo quei giorni, dice l'Eterno: io metterò la mia legge nell'intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo» (Geremia 31:31-33).

Non esiste dunque nessun nuovo patto fatto con i cristiani perché da Abramo in poi i patti di Dio sono stati fatti tutti e soltanto con Israele. Ed è proprio Paolo di Tarso che lo sottolinea quando dice che agli Israeliti, e non ai gentili, "appartengono i patti". Rivolgendosi ai secondi infatti dice:

«Perciò, ricordatevi che un tempo voi, gentili di nascita, chiamati i non circoncisi da quelli che si dicono i circoncisi, perché tali sono nella carne per mano d'uomo, voi, dico, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed estranei ai patti della promessa, non avendo speranza, ed essendo senza Dio nel mondo» (Efesini 2:11-12).

Il punto nodale che non è stato affrontato (ma poteva esserlo in quella sede?) sta nella continuazione:

«Ma ora, in Cristo Gesù, voi che già eravate lontani, siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. Poiché è lui ch'è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto un solo ed ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell'inimicizia» (Efesini 2:13-14).

Per il buon andamento della cerimonia, l'elemento scomodo è stato messo da parte. Ma non pensino gli ebrei che è scomodo solo per loro, perché se alcuni lo hanno rifiutato apertamente, molti altri lo hanno accolto solo apparentemente, perché in realtà lo hanno rimodellato e strumentalizzato.

«Poiché i Giudei chiedono miracoli, e i Greci cercano sapienza; ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per i Gentili, pazzia; ma per quelli i quali son chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più savia degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Corinzi 1:22-24).

Marcello Cicchese

(Notizie su Israele, 19 gennaio 2010)

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Hamas e Fatah si insultano anche a colpi di cartoni animati

La frattura tra Hamas e Fatah è sempre più profonda, nonostante le condizioni drammatiche della popolazione civile palestinese inviterebbero i due raggruppamenti a un atteggiamento differente. Adesso ci si mettono anche i cartoni animati

La frattura tra Hamas e Fatah è sempre più profonda, nonostante le condizioni drammatiche della popolazione civile palestinese inviterebbero i due raggruppamenti a un atteggiamento differente.
Adesso ci si mettono anche i cartoni animati.

Propaganda animata.
La televisione al-Aqsa, legata ad Hamas, ha annunciato ieri che saranno presto trasmessi una serie di strisce animate che racconteranno il 'legame' sempre più stretto tra il Fatah e l'esercito israeliano.
Il partito che Abu Mazen ha ereditato da Arafat è in crisi da tempo. La vecchia leadership, legata all'esodo palestinese e alla Prima Intifada, è sempre più isolata. A tenerla in vita rimane la comunità internazionale, che la ritiene l'unico interlocutore credibile per un processo di pace in Terra Santa.
Il quotidiano israeliano Jerusalem Post, oggi, ha scritto che "Israele non è contrario a eventuali prossimi colloqui tramite un inviato Usa, un primo passo verso quelli che dovrebbero essere dei negoziati faccia a faccia. All'inizio di questo mese è circolata l'ipotesi di un summit a tre tra il presidente egiziano Hosni Mubarak, il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. La questione è stata discussa proprio ieri tra Netanyahu e l'inviato della Sicurezza nazionale statunitense James Jones. Dal loro incontro non sono emersi i dettagli, come per l'incontro tra Jones, il presidente israeliano Shimon Peres e il ministro della Difesa d'Israele Ehud Barak. L'inviato Usa per il Medio Oriente, George Mitchell, è atteso nella regione la prossima settimana.

Un popolo spaccato.
Tutto, comunque, senza Hamas. La frustrazione degli islamisti, che hanno rotto gli indugi dopo la vittoria elettorale del 2006 disconosciuta dalla comunità internazionale e che ha portato alla presa del potere a Gaza nel 2007, non conosce tregua. L'operazione Piombo Fuso, scatenata nella Striscia dall'esercito israeliano un anno fa, è stata l'ultima amara rottura. Nonostante le dichiarazioni di facciata, Abu Mazen e il Fatah sono arrivati ad arrestare chi manifestava la sua solidarietà in Cisgiordania. Da allora mille tentativi di ricucire, sempre naufragati. Oggi, ad allontanare ancora di più le parti, arriva il muro che Israele vuole costruire per blindare ancor di più la Striscia rendendo sempre più drammatico l'isolamento della gente di Gaza. Nell'indifferenza complice di Egitto e Fatah. Ecco allora che ogni mezzo per umiliare gli 'avversari' è lecito per Hamas. Arriva Bahlul (in arabo 'buffone'), soldato delle milizie dell'Autorità Nazionale Palestinese, controllate da Mazen, che lucida e bacia gli scarponi di un soldato israeliano. Per capire il tono del cartone animato (titolo Missione Speciale), in una scena il soldato Bahlul assiste a un massacro di bimbi palestinesi. "Tu uccidi i nostri figli davanti ai nostri occhi, ma io risponderò con atti di pace". Oppure, lo zelante Bahlul parla così della sua missione: "Proteggere le colonie illegali, arrestare i miei familiari, sparare a mio fratello o divorziare da mia moglie se Israele me lo ordina".
Esagerazioni a parte, la spaccatura del popolo palestinese non è un cartone animato, ma una drammatica realtà.

(Affaritaliani.it, 19 gennaio 2010)

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Israele in prima linea ad Haiti

L'intervento umanitario nel "dna" del paese

di Dan Rabà

Quando nel mondo, in qualsiasi angolo della terra, accade una catastrofe naturale, si verifica un atto di terrorismo di massa e ci sono persone in pericolo, per gli israeliani suona come un segnale di allarme rosso. Il popolo di Israele ha una lunga storia alle spalle che lo rende in qualche modo "specializzato in catastrofi". Non fu il vecchio Noè, con la sua brillante idea dell' Arca, che salvò il genere umano e gli animali? Gli israeliani di oggi non vogliono essere da meno.
Dediti alla missione, quando scatta un allarme, per esempio il possibile scoppio di una guerra, l'aviazione e i piloti israeliani aspettano la chiamata già pronti sull'aereo con i motori accesi. Sembra una metafora di come si vive nei pressi di Tel Aviv. L'esperienza di Israele è tale che, nelle catastrofi altrui, i suoi cittadini sentono il bisogno di correre in aiuto. Questo è successo quando lo tsunami ha devastato il lontano Oriente e si sta ripetendo in questi giorni ad Haiti. Appresa la notizia del terremoto, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di inviare una prima delegazione sulla penisola per capire i tipi di aiuti necessari. Questo gruppo, atterrato ad Haiti giovedì scorso, è già al servizio della popolazione della capitale e dovrà coordinare anche la distribuzione di parte degli aiuti umanitari provenienti dagli Stati Uniti. Oltre ai duecento uomini già giunti da Tel Aviv e grazie alle loro segnalazioni, nei prossimi giorni è previsto l'arrivo di ulteriori attrezzature utili ai soccorsi.
Dopo aver raggiunto la capitale, gli israeliani si sono spostati in altre zone del paese dove lavoreranno soprattutto per recuperare e identificare i corpi delle vittime. A tal fine stanno anche costruendo cliniche di fortuna il cui personale, in cooperazione con la Croce rossa americana, aiuterà a cercare i dispersi.
Uno dei primi uomini ad essere ritrovato dagli israeliani è stato Frances Gilles, rimasto intrappolato per quattro giorni sotto le macerie di un palazzo istituzionale. Gilles era riuscito a chiamare un familiare e aveva spiegato esattamente dove si trovava. Appena i delegati israeliani avevano saputo i dettagli, si erano messi in azione per recuperare l'uomo.
Gli israeliani, gli ebrei scampati ai campi di sterminio, sono segnati da una cicatrice che è anche una muta accusa al mondo che, nel corso della seconda guerra mondiale, non venne in soccorso in tempo. I nonni o i padri dei soccorritori giunti ad Haiti sono stati a lungo profughi, senza casa e senza cibo. Ecco che si capisce perché la voce dolorante di un uomo che sta per morire ricorda alle nuove leve israeliane i racconti delle sofferenze subite dai loro antenati.
E così, in occasione delle catastrofi internazionali, i figli e i nipoti dei superstiti della seconda guerra mondiale sentono il dovere "etico" di partire e offrire il loro aiuto, anche ai paesi "nemici". E non importa che ci siano nazioni che quell'aiuto per estremismo politico lo rifiutano.
Ma c'è un altro aspetto da tenere presente per capire il coinvolgimento immediato degli israeliani nelle emergenze internazionali: in qualsiasi parte del mondo è facile trovare loro concittadini, gente alla ricerca delle radici familiari o più spesso giovani viaggiatori che vogliono scappare o dimenticare la loro esperienza militare. Ecco perché quando accadono catastrofi, anche fuori del paese, molte famiglie sono in allerta per i loro cari. Stando alle cifre attuali, sarebbero otto i dispersi israeliani ad Haiti.
Presto sull'isola arriveranno altri medici, paramedici e ingegneri che possano affiancare la delegazione già al lavoro. In uno dei primi ospedali da campo israeliani è anche nato un bambino. La mamma non ha avuto dubbi sul nome da dargli: Israel.

(Europaquotidiano.it, 19 gennaio 2010)



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Haiti: chiamato 'Israele' un bambino nato in un ospedale da campo israeliano

TEL AVIV, 18 gen. - E' stato chiamato Israele il primo bambino nato nell'ospedale da campo che e' stato allestito a Port-au-Prince dall'esercito israeliano. La madre, una donna sulla ventina, ha voluto cosi' ringraziare i suoi soccorritori presso i quali si e' presentata oggi alle tre del mattino. il piccolo e' in buona salute. Il padre del bambino e' disperso nel terremoto e gli altri tre figli della coppia vengono accuditi dai parenti.

(Adnkronos, 18 gennaio 2010)

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Germania-Israele, Merkel a Netanyahu: Nuove sanzioni all'Iran

di Giampiero de Andreis

ROMA, 18 gen - Si è concluso a Berlino lo storico incontro interministeriale tra Israele e Germania, guidato dai rispettivi capi del governo Benjamin Netanyahu e Angela Merkel. Il premier israeliano e la cancelliera tedesca, che hanno visitato il monumento dedicato alle vittime della Shoah nei pressi della Porta di Brandeburgo, hanno sottolineato il forte legame dei due Paesi scaturito dalla tragedia dell'Olocausto, e hanno messo in evidenza la minaccia alla pace mondiale costituita dall'Iran. In primo piano nei colloqui tra i vari ministri (cinque per parte) anche la mediazione della Germania tra lo Stato ebraico e il movimento radicale palestinese Hamas, volta a conseguire uno scambio di prigionieri che restituirebbe la libertà al caporale Gilad Shalit, rapito nell'estate del 2006. La stampa tedesca ha poi riportato la notizia dell'interesse da parte di Israele per la fornitura da parte della Germania di un sesto sottomarino nucleare di classe Dolphin (4.500 km di gittata), in aggiunta ai tre già acquistati e ai due già ordinati l'anno passato.
Discussa da Netanyahu e la Merkel anche l'istituzione di una forza internazionale per la stabilità in Medio Oriente, quando Israele abbandonerà la Cisgiordania in caso di definitivo accordo con la controparte palestinese. La cancelliera ha chiarito che la Germania non intende necessariamente far parte di tale forza ma ha intenzione di contribuire politicamente alla sua creazione. Dal metting tra i due non è comunque emersa in proposito alcuna decisione concreta. Per quanto riguarda l'Iran e i suoi progetti nucleari, la Merkel ha ribadito durante la conferenza stampa congiunta con Netanyahu di essere intenzionata a promuovere con i partner della squadra negoziale del 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania) sanzioni economiche più efficaci contro la Repubblica islamica, qualora quest'ultima continuasse a ignorare le risoluzioni del massimo organo delle Nazioni Unite. Un proposito apprezzato dal premier israeliano, secondo il quale all'Iran "non può essere consentito di acquisire armi nucleari".

(il Velino, 18 gennaio 2010)

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BT: l'israeliana Bezeq diventa Golden Partner

La compagnia telefonica britannica BT e Bezeq International hanno annunciato oggi un rafforzamento dei propri legami. In particolare il gruppo Bezeq si è unito alla programma BT Alliance con lo status di Golden Partner rendendo dunque più semplice ed efficiente dal punto di vista dei costi il sistema dei servizi IT offerto da BT in Israele. Il gruppo Bezeq è in questo Paese il primo partner di BT. Il programma BT Alliance, spiega una nota odierna, è un programma di partenariato globale studiato per supportare i servizi globali di BT nella vendita, la distribuzione e il supporto delle proprie soluzioni. Questo programma è stato lanciato ufficialmente nel 2008 e comprende più di 100 partner nel mondo. Bezeq International è una compagnia interamente controllata da Bezeq, la compagnia telefonica nazionale di Israele con una posizione locale di leadership nei servizi internet e per le telecomunicazioni internazionali. (GD)

(La Stampa, 18 gennaio 2010)

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Netanyahu "corteggia" la Merkel

Israele corteggia l'Europa. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu è partito con sei ministri alla volta della Germania dove parteciperà ad una seduta congiunta con il governo tedesco presieduta dal cancelliere Angela Merkel. "Annettiamo grande importanza alle relazioni con la Germania per i loro aspetti economici, politici e di sicurezza" ha affermato Netanyahu.
Secondo la stampa, sull'agenda dei colloqui di Netanyahu con la Merkel, saranno privilegiate le questioni di sicurezza, con particolare attenzione al programma nucleare iraniano. Israele, aggiunge la stampa, vorrebbe chiedere alla Germania la fornitura, e probabilmente anche il finanziamento parziale, di un sesto sommergibile, oltre ai tre già in servizio e agli altri due la cui consegna è prevista entro il 2011.
Israele conta infine sul sostegno tedesco e di altri leader europei amici per ostacolare in seno all' Ue prese di posizioni troppo critiche dello stato ebraico per la sua politica con i palestinesi.

(Affaritaliani.it, 18 gennaio 2010)

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Gli anticolesterolo prevengono la cataratta

Effetti antinfiammatori delle statine nella prevenzione della cataratta

Le statine sono i farmaci utilizzati nel controllo del colesterolo che, grazie ai loro effetti antinfiammatori potrebbero avere un ruolo nel ridurre le probabilità di sviluppare la cataratta di circa il 40%.
Un team di ricercatori israeliani ha condotto uno studio per stabilire se i farmaci anticolesterolo potessero avere effetti benefici sulla prevenzione della cataratta, ovvero la progressiva e ripetuta opacizzazione del cristallino dell'occhio che riduce la capacità visiva.
Già secondo uno studio del 2007 a opera di ricercatori dell'Università del Wisconsin l'uso di statine potrebbe ridurre il rischio di sviluppare la cosiddetta cataratta nucleare - la causa più comune di cataratta nei soggetti anziani.
Oggi, i ricercatori israeliani hanno studiato una coorte retrospettiva riguardante 180.291 nuovi utilizzatori di statine in una grande organizzazione sanitaria in Israele. I partecipanti allo studio sono stati seguiti tra il 1998 e il 2007 per la cataratta incidente o per l'estrazione.
Dalle analisi è emerso che nelle persone di sesso maschile di età compresa tra i 45 e i 54 anni che assumevano regolarmente le statine, si era ridotto del 38% il rischio di sviluppare la cataratta nel tempo, rispetto a coloro che le assumevano raramente. Mentre tra le persone di sesso femminile della stessa età, il rischio si era ridotto del 18%.
L'efficacia delle statine, tuttavia si è mostrata significativa unicamente nei soggetti al di sotto dei 75 anni d'età.

(La Stampa, 18 gennaio 2010)

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L'incontro in Sinagoga, le differenze, l'agenda comune

di Andrea Tornielli

Cari amici, ieri ho seguito la visita del Papa in Sinagoga. Sul Giornale di oggi pubblico un ampio articolo che la racconta, insieme a un commento che sottolinea quelle che a mio avviso sono state le novità della giornata di ieri. Nei giorni precedenti avevo scritto un articolo che anticipava alcuni dei contenuti del discorso papale e un'intervista al francescano di nazionalità ebraica p. David Maria Jaeger. In sintesi, credo che quella di ieri sia stata una visita per nulla formale: la comunità ebraica non ha mancato di manifestare pubblicamente le sue posizioni su Pio XII - citato esplicitamente dal presidente Riccardo Pacifici e implicitamente dal rabbino capo Di Segni - mentre Benedetto XVI, con gentilezza, ha difeso il predecessore pur senza nominarlo ricordando l'opera di carità e di soccorso messa in atto dal Vaticano durante la Shoah. La vera novità del discorso di Papa Ratzinger come pure dell'intervento del rabbino Di Segni è stata la proposta di un'agenda comune, di un lavoro che unisca ebrei e cattolici di fronte alle sfide odierne: la salvaguardia del creato per un'ecologia umana che non sia idolatra ma ponga l'uomo al vertice della creazone, la difesa della vita e della sua dignità, la tutela della famiglia, l'impegno per i poveri e per i più deboli, a partire dai bambini, dalle donne, dagli stranieri. Uno sguardo in avanti che fa ben sperare. Non mancheranno - è fisiologico - critiche e appunti. Segnalo il commento che oggi sul Giornale a firma Fiamma Nierestein, che sottolinea come nel suo discorso (dove si ripetevano le condanne per l'antisemitismo e l'antigiudaismo da parte dei cristiani, si rinnovavano sentimenti di grande stima e affetto, si ribadiva che il cammino del dialogo aperto dal Concilio è irrevocabile) Papa Ratzinger non abbia mai nominato lo Stato d'Israele, citando invece per tre volte la Terra Santa. Ricordiamo che si è trattato di una visita alla Sinagoga di Roma, in Italia, anche se il Pontefice è stato accolto da un alto esponente del governo israeliano. E ricordiamo pure che sempre, senza alcuna eccezione, anche con Giovanni Paolo II, dopo ogni discorso papale riguardante gli ebrei, qualche esponente della comunità lamentava un'omissione nel testo.

Seguono nel blog di Andrea Tornielli alcune risposte di lettori che sembrano confermare l'opinione espressa dal rabbino Laras.

1. Da italiano laico se sospetto che Pacifici, Nirenstein e gli ebrei che non si dissociano dai loro discorsi politici nei confronti di fedeltà ed identificazione ad Israele, approfittino dei diritti acquisiti in italia per fare gli interessi di israele, cosa sono antisemita o antigiudaico?
Vorrei ricordare a Di Segni che nel 1870 lo stato di israele non esisteva e se gli ebrei avessero a quel tempo mostrato fedeltà non al Re ma ad un altro stato, avrebbero penzolato da una forca.

2. Mi spiace dirlo ma anche io ho avuto la netta sensazione che ecumenismo voglia dire "voi cristiani chiedete scusa e calate le braghe e forse forse saremo un po' carini e gentili con voi".
Non si spiega altrimenti perchè dal mondo ebraico non sia MAI arrivata un'autocritica ma sempre e solo accuse verso gli altri popoli o religioni.
La Shoah è stata un grande orrore schifoso ma non deve diventare un assegno in bianco che giustifica ogni arroganza o prevaricazione.

3. A ecco, quando Gesù diventa scomodo ci si accorda sull'ecologia, e sui diritti dell'uomo. Ma di Gesù non c'è ombra? O il Papa ha ribadito che il Messia è già arrivato ed è Gesù? Perchè mi pare di aver sentito dire che tra i canti dedicati alla giornata e cantati in faccia al Papa, ce ne fosse anche uno tradizionale ebraico che parla del messia che deve ancora venire.
Giusto per ricordarci che il nostro Messia era un ciarlatano.
Contenti noi! Gli altri non ce ne risparmiano una, ma noi continuiamo a lasciar offendere Dio e la Chiesa, per l'ecologia e in onore dell'ecumenismo interreligioso.
Spero di leggere sui giornali che il Papa, oltre a difendere Pio XII abbia riaffermato la Verità come fece S. Pietro al sinedrio prima di lui: "Ci si salva solo per il nome di Gesù" disse Pietro.

4. Gattegna ha mostrato tutte le sue origini da stracciarolo cafone iniziando il suo discorso salutando prima le istituzioni dello Stato presenti, e solo dopo il Papa.
E' poi da sottolinerae il paradosso per cui Pacifici nel suo discorso e ho letto anche Nirenstein, ha ribadito la fedeltà e la identificazione degli ebrei con lo stato di israele,insultando di conseguenza e contemporaneamente le istituzioni italiane,il popolo italiano e il Papa.
E questo suscita in me la domanda "per quale motivo gli ebrei continuano a vivere in italia e in occidente anziche in Israele?
Ho letto da qualche parte che gli ebrei erano imbarazzati per l'accento tedesco del Papa!
Allora mi domando, Ma Woytila non aveva l'accento dello stesso paese dei campi di Treblinka?
Il rabbino Di segni, limitatamente alla sua introduzione, mi è parso invece degno di accogliere un ospite in casa.

5. Sarebbe bello se Fiamma Nirenstein si rammaricasse anche del fatto che i siti dei quotidiani di Israele oggi praticamente non nominano neanche la visita del Papa alla sinagoga di Roma…

(il Giornale - il blog di Andrea Torrnielli, 18 gennaio 2010)

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Visita del Papa, "nessuna novità"

Laras: "Ancora silenzio su Pio XII

"Non ho colto né un avanzamento, né elementi di novità che inducano a un maggior ottimismo sui rapporti tra ebraismo e cattolicesimo". Così Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana, commenta la visita in Sinagoga a Roma fatta da Benedetto XVI. "Ha fatto - ha detto Laras - discorsi buoni ed elevati, che erano immaginabili. Come prevedevo, non ha parlato della figura di Pio XII".

(TGCOM.it, 17 gennaio 2010)

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Il Papa in Sinagoga: la Chiesa ha chiesto perdono per l’antisemitismo e l’antigiudaismo

ROMA, 17 gen. - ''La Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto cio' che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo''. E' quanto ha detto questo pomeriggio il Papa nel suo discorso alla sinagoga di Roma ricordando il ''mea culpa'' per i peccati dei figli della Chiesa pronunciato da Giovanni Paolo II.
''Possano queste piaghe - ha aggiunto Ratzinger - essere sanate per sempre! Torna alla mente l'accorata preghiera al Muro del Tempio in Gerusalemme del Papa Giovanni Paolo II, il 26 marzo 2000, che risuona vera e sincera nel profondo del nostro cuore: 'Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perche' il tuo Nome sia portato ai popoli: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti, nel corso della storia, li hanno fatti soffrire, essi che sono tuoi figli, e domandandotene perdono, vogliamo impegnarci a vivere una fraternita' autentica con il popolo dell'Alleanza'''.

(AGI, 17 gennaio 2010)

COMMENTO - La chiesa “deplora le mancanze di suoi figli e sue figlie”, cioè chiede perdono per quello che hanno fatto altri, non lei. Il problema non sta nelle mancanze occasionali di figli e figlie, ma nelle infamie secolari della madre.

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Di Segni al Papa: Non si dimentichi che Israele è terra promessa

ROMA, 17 gen. - "Lo Stato di Israele è un'entità politica, garantita dal diritto delle genti. Ma nella nostra visione religiosa non possiamo non vedere in tutto questo anche un disegno provvidenziale. Nel linguaggio comune si usano spesso espressioni come 'terra santa' e 'terra promessa', ma si rischia di perderne il senso originario e reale": a sottolinearlo, in un passaggio del suo discorso, è il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni nel suo discorso al Papa in visita alla sinagoga. Ricordando, tra gli applausi dei presenti, che, per gli ebrei, "la terra è la terra d'Israele" e che la Torà (per i cristiani, l'antico testamento della Bibbia) racconta come Dio promise quella terra ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e ai loro discendenti, Di Segni ha aggiunto: "Nella coscienza ebraica questo è un dato fondamentale e irrinunciabile che è importante ricordare che si basa sulla Bibbia alla quale voi e noi diamo, pur nelle differenti letture, un significato sacro".

(Apcom, 17 gennaio 2010)

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Da Israele la prima squadra di soccorsi ai terremotati haitiani

di Mina Cappussi

Due Boeing dell'aeronautica militare israeliana con a bordo 450 membri del Pikud Haoref (la protezione civile israeliana) e del Hail Refuà (sanità militare), un ospedale da campo, il più grande e il meglio attrezzato presente nei attualmente nel martoriato Paese è stato immediatamente installato sul territorio fin dalle prime ore dopo il disastro. 63 cani addestrati alla ricerca delle persone seppellite sotto le macerie.
"Il terremoto che ha colpito l'isola di Haiti, oltre a sconvolgere l'intera umanità per i lutti e gli enormi danni che ha provocato, ha anche messo in moto la macchina degli aiuti e dei soccorsi che da tutto il mondo stanno arrivando sull'isola caraibica.
Vogliamo mettere in rilievo un particolare, per noi di grande importanza, e che non ha trovato spazio su nessun notiziario e cioè che i primi aerei che sono atterrati a Port- au-prince la capitale di Haiti, a distanza di poche ore dal violento sisma, sono stati i due Boing dell'Aeronautica Militare Israeliana con a bordo 450 membri del Pikud Haoref (la Protezione Civile Israeliana) e del Hail Refuà (Sanità Militare dell'esercito)". Lo ha dichiarato Alessandro Zaccaro dell'Associazione Italia-Israele.
"Un ospedale da campo, - fanno sapere dal sodalizio - il più grande e il meglio attrezzato presente attualmente nel martoriato paese, è stato immediatamente installato sul territorio e messo al servizio delle popolazioni colpite dal sisma fin dalle prime ore dopo il disastro. Oltre ai macchinari per il movimento delle macerie, gli esperti delle ricerche israeliani sono presenti sullo scenario anche con 63 cani addestrati alla ricerca delle persone seppellite sotto le macerie. È per noi motivo di grande orgoglio sapere che mentre il mondo cercava di coordinarsi, i chirurghi israeliani e le squadre di ricerca con i loro preziosissimi cani erano già all'opera".

(AGIRE, 17 gennaio 2010)

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Haiti: uomo estratto vivo da soccorritori di Israele

TEL AVIV, 17 gen - La notte scorsa una squadra di soccorritori israeliani ha estratto dalle macerie di un edificio di Port-au-Prince un uomo ancora in vita. L'uomo e' stato ricoverato nell'ospedale da campo allestito dalla missione israeliana. Il superstite si trovava da oltre quattro giorni alla base di un edificio della dogana. Immobilizzato da una trave di cemento era riuscito a chiedere aiuto mediante un messaggio Sms inviato ai familiari.

(ANSA, 17 gennaio 2010)

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Haiti: Chabad partecipa ai soccorsi

Rav Shimon Pelman ad Haiti
HAITI - Il rappresentate Chabad nella Repubblica Dominicana, Rav Shimon Pelman, si è recato ad Haiti accompagnato da quattro camion di cibo, donati da ebrei di S. Domingo, per essere distribuito agli abitanti.
Nel frattempo il rappresentatante Chabad a Puerto Rico ha inviato a S. Domingo due giovani rabbini per assistere i volontari ebrei che arrivano lì per poi continuare ad Haiti.
Il rabbino Pelman ha aiutato e sta continuando ad aiutare la delegazione israeliana e ha inoltre dichiarato che tutti gli israeliani che abitano sull'isola stanno bene. Con la delegazione israeliana è anche arrivato il rabbino Chabad Shaul Ofen, come l'unico rappresentate del corpo rabbinico dell'Esercito Israeliano.

(Chabat.it Italia, 17 gennaio 2010)

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Il vicepremier di Israele accoglierà il Papa nella sinagoga di Roma

GERUSALEMME, 17 gen. - Sara' il vice-premier israeliano Silvan Shalom ad accogliere il Papa nella sinagoga di Roma.
"Benedetto XVI era in Israele meno di un anno fa e in quell'occasione visito' lo Yad Vashem" ha detto Shalom alla radio israeliana, "la sua visita di oggi e' un evento storico che genera grande emozione. E' un evento religioso, non politico, che dovrebbe simbolizzare la riconciliazione tra ebrei e cattolici".

(AGI, 17 gennaio 2010)

COMMENTO - Evento storico? Difficilmente i romani, tradizionali dissacratori storici, si lasceranno prendere dall’emozione. Ecco come il poeta romanesco Trilussa descrive un memorabile incontro di sovrani avvenuto un secolo fa.

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La Sinagoga, un tempio nato tra il Campidoglio e il Gianicolo

Furono gli stessi ebrei romani a volere il nuovo Tempio tra i due maggiori simboli di Roma. Costruita tra il 1901 e il 1904 sorge su uno dei quattro lotti di terreno ricavati demolendo le più fatiscenti aree del ghetto.
    
La Sinagoga di Roma
ROMA, 16 gen. - Costruita tra il 1901 e il 1904, la Sinagoga di Roma sorge su uno dei quattro lotti di terreno ricavati demolendo le più fatiscenti aree del ghetto. Furono gli stessi ebrei romani a volere il nuovo Tempio tra i due maggiori simboli di Roma: il Campidoglio, a fianco del quale c'è il monumento a Vittorio Emanuele II, e il Gianicolo, luogo di aspre battaglie e dove risiede il monumento a Garibaldi. Inoltre gli ebrei romani volevano il Tempio grande e visibile da ogni punto panoramico della città. Nella costruzione della Sinagoga, in mancanza di antichi modelli venne privilegiata l'architettura piuttosto che lo stile ed il risultato fu un edificio eclettico, ispirato a forme assiro-babilonesi.
La Sinagoga rappresenta, oltre che un luogo di preghiera, un fondamentale punto di riferimento culturale ed ospita una mostra permanente della Comunità israelitica di Roma. Fanno capo alla Sinagoga tutti gli organismi religiosi ed amministrativi che regolano la vita della comunita' ebraica di Roma. La comunità ebraica di Roma è la più antica in Europa poiché gli ebrei vi giunsero, con una prima delegazione, già nel II secolo a.C. e si stabilirono al di la' del Tevere (Trastevere). Vi giunsero come ambasciatori di Giuda e Simone Maccabeo, i figli del sacerdote Matatia, allo scopo di richiedere al Senato romano un'alleanza contro Antioco IV Epifane che aveva profanato il tempio di Gerusalemme.
L'area del ghetto di Roma era la più malsana e insalubre della citta' in quanto molto bassa rispetto al livello del Tevere e costantemente inondata dalle acque dello stesso anche più volte l'anno. Un muro circondava la zona e cinque cancelli su di esso erano aperti soltanto durante il giorno per permettere agli ebrei di uscire per esercitare i due soli mestieri a loro consentiti: vendita ambulante di stracci e prestiti ad usura, sempre indossando, però lo speciale contrassegno di colore giallo a dimostrazione dell'appartenenza al popolo ebraico.
I cancelli erano sorvegliati da una sentinella (la cui remunerazione era a carico degli ebrei); nessun ebreo poteva allontanarsi dal ghetto di notte se non voleva essere gravemente punito. Sporcizia, umidità, mancanza di aria erano le caratteristiche inevitabili di questi luoghi coatti dove un affollamento incredibile, fino a otto persone in una stanzetta, imponevano condizioni di vita molto difficili. Il ghetto fu demolito completamente nel 1870 con l'unificazione d'Italia e la perdita del potere temporale dei Papi. Nello stesso luogo venne costruiti alcuni nuclei abitativi, quattro blocchi di cui uno è la Sinagoga.

(Adnkronos, 16 gennaio 2010)

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Haiti - Generale israeliano: ancora possibile trovare superstiti

Israele ha inviato un team di 220 specialisti per i soccorsi

ROMA, 16 gen. - A quattro giorni dal devastante sisma che ha colpito Haiti facendo decine di migliaia di vittime ci sono ancora possibilità di trovare dei superstiti sotto le macerie di Port-au-Prince. Lo ha detto a Radio Israele il generale Shalom Ben Aryeh, che guida il team di 220 specialisti inviato ad Haiti dal governo israeliano per partecipare alle operazioni di soccorso. Lo riporta il sito web del quotidiano Haaretz. I soccorritori israeliani hanno allestito un ospedale da campo nella capitale haitiana, che sarà operativo da oggi pomeriggio. Il generale Aryeh ha detto che i suoi uomini concentreranno le loro ricerche in diversi punti di Port-au-Princie, tra cui anche il Quartier generale dell'Onu, crollato nel sisma.

(Apcom, 16 gennaio 2010)

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Gli ebrei romani e i pontefici

di Simone Verde

Presenti in città dal II secolo a.C., gli ebrei di Roma vivono un particolare paradosso: trattati spesso da forestieri quando sono forse gli unici autenticamente romani.
Una storia culturale unica per longevità, iscritta in una lingua piena di influenze, il giudaicoromanesco, e in una cucina che alcuni studiosi giudicano erede di quella imperiale. A ricordare i rapporti inestricabili che legano la comunità ebraica romana alla sua città, arriva ora una mostra destinata ad aprire la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga e al museo ebraico della città di cui è vescovo.
Et ecce gaudium, ovvero il ruolo assegnato agli ebrei di Roma nelle cerimonie e nei festeggiamenti per l'insediamento dei pontefici appena eletti. Nella cavalcata che dal Vaticano portava al Laterano, dove il papa prendeva possesso della sua cattedra davanti alla folla festante accorsa per rendergli omaggio, un tratto del lungo percorso che si snodava per l'urbe era riservato agli ebrei, che venivano a dimostrare la propria fedeltà al papa re.
Piccolo capitolo delle ricche, ma non sempre felici vicende che hanno legato la comunità israelitica romana al Vaticano (basti pensare che agli ebrei era riservato il tratto che va dall'arco di Tito al Colosseo, monumenti che celebrano la conquista romana di Gerusalemme) quello degli "apparati effimeri", gli arazzi, i tessuti preziosi esposti per ornare il trionfo papale, le tabelle decorate e iscritte con motti in ebraico e in latino inneggianti al nuovo eletto, è stato riesumato grazie a un paziente lavoro di ricerca dell'Archivio storico della Comunità ebraica e consegnato a Benedetto XVI in ricordo di una lunga storia condivisa.
Un lavoro che ha permesso di restaurare quattordici tabelle e di restituirle al pubblico assieme ad altri documenti, all'interno di quello che è forse il più interessante Museo ebraico d'Europa. Interessante e ricco quanto la storia di Roma, capitale universale e cosmopolita, poiché capace di tessere e di intrecciare culture diverse all'ombra della sua stessa koiné.
Come ci ricordano proprio le sale del museo mirabilmente allestite, dove emerge tutta la sintesi consumata tra cultura ebraica e classicismo, di quanto dell'eredità antica, del fervore medioevale e rinascimentale di Roma, sia filtrato in adattamenti plurisecolari, nella sensibilità e nell'estetica della più antica comunità cittadina.

(Europaquotidiano.it, 16 gennaio 2010)

COMMENTO - Dal libro di David I. Kertzer "I papi contro gli ebrei - Il ruolo del Vaticano nell'ascesa dell'antisemitismo moderno" riportiamo un passo che descrive l'esuberanza popolare con cui i romani festeggiavano il carnevale qualche secolo fa.

"Per la gente di Roma, si trattava di uno dei periodi più significativi dell'anno. Sfortunatamente per gli ebrei, la rituale umiliazione a cui gli abitanti del ghetto erano sottoposti costituiva una delle caratteristiche più tipiche della festività. Uno dei primi riferimenti storici di cui disponiamo è una descrizione del carnevale del 1466, quando, per il divertimento dei romani, durante i festeggiamenti voluti da papa Paolo II, gli ebrei erano stati costretti a correre nudi per le strade della città. Un racconto successivo descrive così i giochi: «Corse in ciascuno degli otto giorni del carnevale con cavalli, asini e bufali, vecchi, ragazzi ed ebrei. Prima di correre, gli ebrei venivano abbondantemente nutriti, così da rendere loro la corsa più difficile e al tempo stesso più divertente per gli spettatori. Correvano dall'arco di Domiziano alla chiesa di San Marco, in fondo al corso, tra le grida di incoraggiamento e le risate dei romani, mentre il Santo Padre stava su un balcone riccamente adornato e rideva di cuore». Due secoli dopo, queste pratiche, ritenute indecorose e indegne della Città Santa, furono proibite da Clemente IX. Al loro posto, il pontefice impose agli ebrei una pesante tassa perché contribuissero alle spese per la celebrazione del carnevale. Ma altre forme di festeggiamento sopravvissero. Per molti anni i rabbini del ghetto furono costretti a indossare buffe vesti e a percorrere le strade della città, bersagliati da ogni sorta di proiettili."

Notizie su Israele 307

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Iran - Sosterremo Hezbollah e Hamas fino alla vittoria su Israele

Il vice presidente iraniano Mohammed Reza Mir Tajeddini, in visita in Libano, ha affermato che Teheran sosterrà libanesi e palestinesi "fino alla vittoria finale" su Israele.
"La resistenza dei mujaheddin, in particolar modo Hezbollah e Hamas, ha dimostrato che l'usurpatore non è in grado di conquistare altra terra", ha detto Tajeddini ad un forum di gruppi di "resistenza" arabi e islamici a Beirut. Facendo riferimento al fallimento delle campagne militari israeliane per sradicare Hezbollah nel 2006 e Hamas nel 2008/2009, Tajeddine ha affermato di "sperare di vedere altre formidabili vittorie dei mujaheddin in futuro".
"In base al suo dovere umano e divino, la Repubblica islamica di Iran sosterrà sempre le richieste dei popoli libanese e palestinese, fino a che la vittoria finale non sarà stata raggiunta", ha quindi detto Tajeddini, dopo che il leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, aveva minacciato di "cambiare la faccia della regione" in caso di nuovo attacco da parte di Israele.
Dopo aver incontrato il presidente libanese Michel Suleiman, il vice presidente iraniano ha espresso il "totale sostegno" dell'Iran "per l'unità del Libano", che nel maggio del 2008 è stato di nuovo sull'orlo della guerra civile quando i guerriglieri Hezbollah presero il controllo di varie zone di Beirut.

(l'Occidentale, 16 gennaio 2010)

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Al Museo della Tolleranza non si sopportano più

di Tommy Cappellini

Liti a Gerusalemme. Dopo lo stop per il luogo prescelto, inviso agli arabi, l'archistar Gehry se ne va in polemica con la direzione

L'importante nella vita è sapere che Dio ci perdonerà. Tutti. Per il resto, dateci dentro: donne, yacht, tradimenti, litigi, intolleranze, e anche qualcosa in più, se avete fegato. In seguito metteteci un po' di contrizione, se siete credenti timidi, o un po' di fiera e sempre perfettibile intransigenza, se siete credenti comme il faut, e lasciate fare a Lui. «L'è il so mesté», dicono a Milano.
Proprio a Gerusalemme - resi saggi da millenni di esperienza - di tutto questo debbono essere convinti, tanto che non si sono lasciati mancare nulla: ed è così che il Museo della Tolleranza - dopo la defezione, ieri, dell'archistar Frank O. Gehry che avrebbe dovuto firmarlo - può oggi benissimo essere ricordato come il Museo dell'Intolleranza. Ricostruiamo la vicenda.
Nel 2002 il fondatore della sezione di Los Angeles del Centro Simon Wiesenthal nonché rabbino Marvin Hier annunciò la costruzione di un edificio destinato a promuovere «la tolleranza e la comprensione fra ebrei, cristiani, musulmani e altri». Fin qui tutto bene, tanto che Tony Blair gli è andato dietro con la sua Faith Foundation, e poi da dire che c'erano precedenti di pensiero illustri, Gandhi, per esempio («Le varie religioni sono strade diverse che convergono nello stesso punto»).
Solo che uno ci pensa un po' su, prima di scagliare, o meglio posare la prima pietra. Che nel caso del Museo della Tolleranza è stata fin da subito quella dello scandalo: il luogo prescelto dove costruire l'edificio, infatti, era un terreno a Gerusalemme Ovest, zona israeliana, in teoria libero. In pratica, invece, i musulmani lo usavano da secoli per seppellirci i loro morti. Risultato: indignazione dei mussulmani, perplessità degli ebrei, quasi indifferenza dei cristiani, e stop dei lavori dalla Corte Suprema di Israele. E il Centro Wiesenthal che cambia in corsa il progetto, con grande irritazione di Gehry che lo stava cesellando.
Le cose vanno per le lunghe fino a ieri, quando i lettori del quotidiano israeliano Haaretz hanno appreso che Frank O. Gehry - già archistar del Guggenheim di Bilbao, della Walt Disney Concert Hall di Los Angeles e di quant'altro, nonché aspirante autore del Museo della Tolleranza (il cui costo si aggira sui 250 milioni di dollari) - ha gettato la spugna e se ne è andato sbattendo la porta, infuriato. Intollerante pure lui. Più che un Museo, una lezione di saggezza.

(il Giornale, 16 gennaio 2010)

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La "Besa" albanese nel "Giorno della Memoria" ebraica

L'Albania fu l'unico paese europeo durante gli anni 1930-1944 che diede ospitalità e protezione ai profughi ebraici fuggiti dalla persecuzione nazi-fascista, mentre nel resto dell'Europa si diffondevano e si applicavano le leggi razziali e le pulizie etniche....

(AgoraVox Italia, 16 gennaio 2010)

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Alitalia: per Ams si va verso la soluzione israeliana

ROMA, 15 gen. - Il futuro della Ams, la societa' di manutenzione dei motori controllata dall'Alitalia, potrebbe essere garantita da una cordata formata dall'ex manager della Finmeccanica, Maurizio Tucci, affiancato da una societa' israeliana di manutenzione motori, Bedek, con il sostegno di Investimenti Italia (Invitalia), societa' pubblica controllata dal ministero delle Attivita' produttive. E' quanto riferiscono i sindacati al termine di una riunione di circa 2 ore a Palazzo Chigi.
Al termine del vertice presieduto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, al quale hanno partecipato il commissario straordinario dell'Alitalia, Augusto Fantozzi, l'Ad dell'Alitalia, Rocco Sabelli, e l'ex manager della Finmeccanica, Maurizio Tucci (capo della cordata che aspira ad acquisire l'Ams), sembra emergere una possibile intesa per dare un futuro alla Ams, la societa' di manutenzione motori (367 dipendente, ndr), controllata al 60% dall'Alitalia in amministrazione controllata e, per il restante 40%, dalla Lufthanza Tecnich.
Secondo quanto riferiscono i sindacati, nel corso della riunione sarebbe emersa la possibilita' di mantenere in vita la societa' con la cessione a questa nuova societa' che si gioverebbe della partecipazione degli israeliani della Bedek. La novita' positiva di stasera - riferiscono fonti sindacali - e' la concreta manifestazione di interesse ad un'intesa per una newco con una rilevante partecipazione della Bedek: la societa' israeliana sarebbe infatti pronta ad assumere il 35% della nuova societa' senza rivendicare alcun genere di controllo. Il gruppo Alitalia-Cai - riferiscono le stesse fonti - si sono resi disponibili ad assumere il 15%, mentre Tucci, in qualita' di capo-cordata, sarebbe pronto a farsi carico di una rilevante quota come azionista di riferimento. E a completare la compagine azionaria dovrebbe intervenire Invitalia, una societa' pubblica controllata dal ministero delle Attivita' produttive.
E i termini della soluzione dovrebbero essere abbastanza ristretti: nel giro di due settimane - riferiscono le stesse fonti - dovremmo avere il piano industriale e un nuovo passaggio a Palazzo Chigi per raggiungere un'intesa.
A fronte delle novita', le organizzazioni sindacali hanno mostrato un causo ottimismo: l'auspicio e' interessante - fanno sapere le fonti sindacali - perche' si puo' preservare per l'Italia ed il territorio un asset importante di alto valore professionale. Ora c'e' da verificare se alle parole e agli annunci corrisponderanno i fatti.

(AGI, 16 gennaio 2010)

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I primi aiuti ai terremotati di Haiti sono arrivati da Israele

di Michael Sfaradi

Il terremoto che ha colpito l'isola di Haiti oltre a sconvolgere l'intera umanità per i lutti e gli enormi danni che ha provocato ha anche messo in moto la macchina degli aiuti e dei soccorsi che da tutto il mondo stanno arrivando sull'isola caraibica. Vogliamo mettere in rilievo un particolare per noi di grande importanza e che non ha trovato spazio su nessun notiziario e cioè che i primi aerei che sono atterrati Port- au-prince la capitale di Haiti, a distanza di poche ore dal violento sisma, sono stati i due Boing dell'aeronautica militare israeliana con a bordo 450 membri del Pikud Haoref (la protezione civile israeliana) e del Hail Refuà (sanità militare dell'esercito). Un ospedale da campo, il più grande e il meglio attrezzato presente attualmente nel martoriato paese, è stato immediatamente installato sul territorio e messo al servizio delle popolazioni colpite dal sisma fin dalle prime ore dopo il disastro. Oltre ai macchinari per il movimento delle macerie gli esperti delle ricerche israeliani sono presenti sullo scenario anche con 63 cani addestrati alla ricerca delle persone seppellite sotto le macerie. È per noi di grande orgoglio sapere che mentre il mondo parlava e cercava di coordinarsi i chirurghi israeliani e le squadre di ricerca con i loro preziosissimi cani erano già all'opera.

(Informazione Corretta, 15 gennaio 2010)

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Il rabbino Scialom Bahbout scrive: «La chiesa restituisca cio' che ci appartiene»

Scialom Bahbout
15 gen. - Mancano oramai pochi giorni alla visita che Papa Ratzinger farà alla Sinagoga di Roma. L'evento di domenica è accompagnato da infinite polemiche: più volte il presidente dei Rabbini italiani, il Prof. Giuseppe Laras, ha manifestato il suo dissenso rispetto alla visita. Oggi il Clandestino ha il piacere di pubblicare in anteprima una lettera aperta di Scialom Bahbout, rabbino a Roma, che apre un nuovo fronte di dialogo con il Vaticano.
Secondo Bahbout, la Chiesa dovrebbe restituire al più presto ad Israele tutti i manoscritti ebraici in suo possesso. In più domenica uscirà un numero speciale del mensile ebraico Shalom, con il contributo di Arrigo Levi, Gad Lerner e Clemente J. Mimun. Il dibattito all'interno del mondo ebraico è appena cominciato.

Riparazioni e restituzioni:
«"Fervono i preparativi per la riapertura della Biblioteca Vaticana, chiusa per restauro dal settembre 2007, ma che riaprirà i battenti agli studiosi il prossimo settembre", così ha scritto il Corriere della sera del 7/01/10. E' noto che la biblioteca contiene una notevole quantità di incunaboli e manoscritti ebraici di Bibbia, Talmud, halakhà e commenti che almeno in parte, a mio parere, dovrebbero trovarsi in altre biblioteche, ad esempio la Biblioteca Nazionale di Israele a Gerusalemme.
In base a quali princìpi, mi si chiederà? Bene, una delle domande che dovremmo porci per quanto riguarda ciascuno dei manoscritti è quale sia la provenienza: se cioè sia stato acquistato, se sia stato sottratto ad ebrei nel corso dei secoli, se sia stato trovato, magari dopo un pogrom o quant'altro. In linea di principio, possono essere applicati in questo caso varie norme: norme relative al furto, norme relative alla restituzione di un oggetto smarrito, norme relative al "non mostrare disinteresse" per un oggetto smarrito (lo tukhàl lehit'allem).
Per un oggetto smarrito si può applicare anche il principio di "jeush" (rinuncia) che può essere "consapevole (midda'at) o "non consapevole" (shelo midda'at). L'analisi dell'applicazione di questi principi è complessa e non può essere fatta in questa sede. La difficoltà a individuare gli antichi padroni potrebbe essere una scappatoia per non restituire gli oggetti. Ritengo tuttavia che, anche se sono trascorsi dei secoli da quando l'oggetto è stato sottratto o perduto, il principio della "rinuncia" non potrebbe essere applicato seriamente, anche perché esistono degli eredi e questi sono gli ebrei del mondo: ci si potrebbe/dovrebbe comportare come è stato fatto, ad esempio, per la restituzione dell'obelisco all'Egitto.
Oggi che esiste in Israele un centro culturale e politico ebraico internazionale universalmente riconosciuto, mi sembra che potrebbe essere l'indirizzo più naturale a cui restituire tutti quegli oggetti come i manoscritti che, per un motivo o per un altro, non si trovano al posto giusto! Così ha fatto la Germania Federale quando ha voluto "riparare" i danni materiali subiti dagli ebrei durante la persecuzione nazista.
L'annunciata visita di Papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma potrebbe/dovrebbe essere l'occasione per un opportuno segnale riparatore.»

(Clandestinoweb, 15 gennaio 2010)

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La mostra 'Auschwitz-Birkenau' inaugurata al Vittoriano con il Presidente della Camera

ROMA, 15 gen. - Anche Elie Wiesel, Premio Nobel per la pace nel 1986, sara' presente alla inaugurazione della mostra ''Auschwitz - Birkenau'' in programma il 26 gennaio al Complesso del Vittoriano in occasione del 65o Anniversario della chiusura del campo di concentramento di Auschwitz - Birkenau avvenuta il 27 gennaio 1945. Con lo scrittore ebreo rumeno naturalizzato statunitense e di lingua francese sopravvissuto all'Olocausto, sara' presente il presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e presidente del Comitato per le Celebrazioni in ricordo della Shoah Gianni Letta, il ministro per i Beni e le Attivita' Culturali Sandro Bondi e il sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Si tratta della piu' importante esposizione mai realizzata su una delle piu' grandi tragedie della storia dell'umanita'. Infatti, l'esposizione ripercorre la storia e l'evoluzione del sistema concentrazionario e della persecuzione degli ebrei dal 1933, focalizzando l'attenzione sull'evoluzione di Auschwitz, istituito su ordine di Himmler il 27 aprile 1940, inizialmente come campo di concentramento per oppositori politici polacchi, fino al 27 gennaio 1945 giorno dell'abbattimento dei cancelli.

(Adnkronos, 15 gennaio 2010)

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Spari da Gaza contro la barriera voluta dall'Egitto

Nei giorni scorsi un soldato egiziano è stato ucciso durante una manifestazione di protesta palestinese - Diversi colpi di arma da fuoco sono stati sparati questa mattina dalla parte di Gaza contro i lavori di costruzione della barriera che l'Egitto allestendo nella zona di confine.Una spedizione proveniente dagli Stati Uniti è stata costretta a annullare un'ispezione già programmata da tempo. Diversi operai non appena sentiti gli spari sono fuggiti.Nell'area è stata dichiarato lo stato di allerta.Alcuni giorni fa un soldato egiziano è stato ucciso durante una manifestazione di protesta palestinese. La barriera servirà a eliminare il traffico clandestino di merci e armi per Hamas. Prevista da parte egiziana la costruzione di una struttura di ancoraggio a circa un paio di chilometri dalla costa di Gaza utile come punto di appoggio per i pattugliamenti in mare e contro il traffico di armi.

(PeaceReporter, 15 gennaio 2010)

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Perché l'Italia dimenticò Perlasca per 45 anni

LIBRI. Dalbert Hallenstein e Carlotta Zavattiero spiegano la storia dell'italiano che salvò migliaia di ebrei dai nazisti, ma poi ritornò nell'ombra. Era inviso alla sinistra come ex fascista e alla destra che rivalutava Salò. Lontano dal potere, fu snobbato

Compirebbe 100 anni il 31 gennaio Giorgio Perlasca, l'italiano che nel 1945 a Budapest, accreditandosi come diplomatico spagnolo, salvò dai nazisti migliaia di ebrei. «Non si aspetti niente da nessuno», gli disse l'amico console Angel Sanz Briz, suo complice a Budapest. Infatti Perlasca restò un perfetto sconosciuto fino al 1990, quando La banalità del bene emerse in tv con Giovanni Minoli e nel libro di Enrico Deaglio così intitolato. La popolarità arrivò nel 2002, con lo sceneggiato tv, ma Perlasca era già morto nel 1992).
Perché l'Italia lo ha dimenticato per 45 anni? Cercano la risposta gli autori veronesi Dalbert Hallenstein e Carlotta Zavattiero nel libro Perlasca, un eroe scomodo e dimenticato (Chiarelettere, 220 pagine, 14 euro), raccontando la vita di un fascista che da solo salvò migliaia di ebrei. Il libro è bello come un racconto d'avventura: la militanza nelle camicie nere, la guerra di Spagna dalla parte dei franchisti, il trauma delle leggi razziali, il viaggio tra Zagabria e Belgrado come commerciante di bestiame, la vita nell'Ungheria controllata dai tedeschi, la scelta di strappare gli ebrei allo sterminio, il bluff che riuscì a salvare la vita a 70mila ebrei del ghetto di Budapest, l'arrivo dell'Armata Rossa. E al ritorno in Italia, l'emarginazione, il silenzio delle istituzioni, le difficoltà economiche: un eroe solitario e dimenticato per decenni. Il libro è basato su un'intervista che Perlasca rilasciò nella sua casa padovana a Hallenstein nel 1992, un mese prima della morte. Fu scomodo alla sinistra perché non rinnegò mai di essere un uomo di destra e alla destra che lo aveva considerato un traditore perché dopo l'8 settembre 1943 non si era schiarato con Mussolini. «Un grande italiano», dicono Hallenstein e Zavattiero, «vittima di una politica e di una storiografia che non lasciano spazio a chi non è vicino al potere».

(L'Arena, 15 gennaio 2010)

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Israele dà vita al Facebook per bambini!

Viene da Revohot, una cittadina a sud di Tel Aviv il gruppo di realizzatori di questo nuovo social network più controllato, colorato e sicuro. Il portale si chiama Shidonni ed è, ovviamente, molto facile da utilizzare. Al momento è localizzato in otto lingue ed ha da poco superato la soglia dei 200.000 iscritti e presto, si prevede, sarà disponibile anche la versione in italiano. "Il bambino disegna il suo personaggio o qualsiasi oggetto desideri e noi gli diamo vita" ha detto il fondatore e a.d. Ido Mazursky.
Shidonni è stato anche definito da molti il "Tamagochi del web" dato che il bimbo inizia disegnando il proprio animale che in seguito dovrà accudire nel corso della sua crescita. Ma non finisce qui: crescendo l'animaletto inizierà ad interagire anche con altri animelatti di utenti presenti nel network.




(Gizmondo Italia, 14 gennaio 2010)

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Chiesa: fermare l'espansione di Israele

GERUSALEMME, 14 gen - La Chiesa Cattolica critica la politica di espansione edilizia condotta da Israele a Gerusalemme est a maggioranza araba.
A esprimesi una delegazione di presuli cattolici in missione in Terra Santa. E' stata denunciata in particolare 'la politica di svuotamento di Gerusalemme est dagli arabi residenti' attribuita allo Stato ebraico, puntando l'indice contro quello che 'appare un approccio discriminatorio e umiliante' dell'attuale governo israeliano verso i palestinesi.

(ANSA, 14 gennaio 2010)

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'Shalom': «Pio XII definì 'meritevoli' le leggi razziali»

E' quanto scrive lo storico Gadi Luzzatto Voghera in un intervento pubblicato sul numero straordinario del mensile che sarà diffuso domenica in occasione della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma. Ribadita la richiesta di un accesso completo agli archivi segreti vaticani

La sinagoga di Roma
ROMA, 14 gen. - ''La Chiesa di Pio XII non si oppose alle leggi razziali fasciste e anzi nell'agosto del 1943 ne indicò a Badoglio alcune parti come 'meritevoli di conferma' (altrettanto aveva fatto a proposito della legislazione antisemita della Francia di Vichy nel 1941)''. E' quanto scrive lo storico Gadi Luzzatto Voghera in un intervento pubblicato sul numero straordinario del mensile ''Shalom'' edito dalla Comunità ebraica di Roma, che sara' diffuso domenica prossima in occasione della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma.
In un articolo dal titolo: ''La storia di un passato che non accenna a passare'', si puntualizzano tutti gli elementi di dissenso e di contrasto con il Vaticano sul problema Pio XII. Il numero speciale di Shalom, che esprime comunque in modo chiaro la scelta in favore del dialogo con la Chiesa e in favore della visita di Benedetto XVI alla sinagoga, mette pero' in luce gli elementi di dissenso che permangano nel dibattito sulla memoria storica. Shalom ospita fra l'altro, nel numero dedicato alla visita del Pontefice, interventi di Gad Lerner, Arrigo Levi e Clemente Mimun.
Ancora, nell'articolo dedicato a Pacelli, si osserva: ''Pio XII venne più volte avvertito fin dal 1941 con dovizia di particolari su quel che accadeva agli ebrei d'Europa e fu sollecitato dalle diplomazie alleate a prendere posizione esplicita di condanna (come aveva fatto Pio XI che gia' nel 1938 aveva affermato 'noi siamo tutti spiritualmente Semiti'): non lo fece. E' vero che numerosi istituti ecclesiastici prestarono aiuto a gruppi di ebrei perseguitati, ma ve ne furono altri che non dimostrarono altrettanta sensibilita'''.
E ancora viene ribadita la richiesta di un accesso completo agli archivi segreti vaticani in riferimento al periodo della seconda guerra mondiale. Si precisa infatti che la pubblicazione degli Actes et documents' da parte della Santa Sede, cioè i 12 volumi con i documenti relativi anche al pontificato di Pio XII voluta da Paolo VI, non è sufficiente.
''Rimane sospesa la valutazione sul perche' della mancanza di una posizione esplicita di Pio XII sullo sterminio degli ebrei, anche quando questo avvenne sotto le sue finestre'', scrive ancora Gadi Luzzatto Voghera. Il riferimento naturalmente e' alla razzia del ghetto avvenuto il 16 dicembre del 1943. E si precisa infine che ''il ripensamento sulla figura di Pio XII dopo la sua morte più che essere il frutto di un'operazione di propaganda sovietica è da attribuirsi al profondo e benefico mutamento di orizzonti che ha interessato al suo interno l'intero corpo della Chiesa di Roma con l'avvio del Concilio Vaticano II (un mutamento di rotta che ha fra l'altro prodotto una proficua stagione di dialogo con il mondo ebraico)''.

(Adnkronos, 14 gennaio 2010)

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Rabbino Laras: «Non andrò alla sinagoga di Roma, negativa la visita di Papa Ratzinger»

Dopo le nuove polemiche relative a Papa Pacelli, il presidente dei rabbini italiani spiega all'Adnkronos: la visita del 17 gennaio ''non porterà nulla di buono''. E rimarca: ''Avrei preteso un chiarimento della Chiesa sui presunti 'eroismi' di Pio XII'.' Il rabbino capo di Roma, Di Segni: ''Rispetto Laras, il tempo dirà chi fra noi due aveva ragione''. Vaticano: "Su Pio XII beato nessun giudizio storico".

Giuseppe Laras
ROMA, 14 gen. - Il presidente dei rabbini italiani, Giuseppe Laras, non sarà in sinagoga domenica in occasione della visita del Papa al Tempio maggiore di Roma, e anzi esprime un giudizio negativo sull'evento che, sostiene, ''non porterà nulla di buono'' ma servira' solo ai settori ''piu' retrivi della Chiesa''.
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Laras spiega all'ADNKRONOS come vi fossero ''molti dissensi'' sull'ipotesi della visita dopo le nuove polemiche relative a Papa Pacelli, rilevando come, se pure non fosse più possibile evitare l'incontro con Ratzinger, l'ebraismo italiano avrebbe dovuto prendere una posizione molto dura sulla questione di Pio XII.
Rispondendo in merito a ciò che di positivo può venire dalla visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma, Laras, che sul tema ha rilasciato anche un'intervista al 'Judische Allgemeine', giornale della comunità ebraica tedesca, afferma: ''Ben poco. Anzi, a mio avviso, più o meno a breve distanza, da questo incontro non deriverà nulla di positivo né per il dialogo ebraico-cattolico, né per il mondo ebraico in genere''.
''L'unica che potrà trarne vantaggio sarà la Chiesa in particolare nelle sue correnti più retrive, che, qualora si verificasse un nuovo motivo di attrito con il mondo ebraico - rimarca il rabbino Laras - potrà sempre servirsi di questo evento per ribadire ed esibire la sua ''sincera'' amicizia nei nostri confronti''.
Peraltro Laras spiega che l'ebraismo italiano non è stato coinvolto nella decisione da assumere in merito all'incontro con il Pontefice e alle iniziative che bisognava assumere dopo le nuove polemiche su Pio XII. La scelta di non disdire la visita ''è stata presa unilateralmente dalle rappresentanze della comunità ebraica di Roma e dal suo Rabbino Capo''.
''L'idea di annullare la visita dopo la recente dichiarazione di Benedetto XVI su Pio XII - aggiunge il presidente dei rabbini italiani - è stata condivisa da molti in Italia, soprattutto da parte delle famiglie dei superstiti della Shoah e da alcuni esponenti del Rabbinato Italiano''.
''Ciò tuttavia - aggiunge il presidente dei rabbini italiani - non è stato fatto, anzitutto per il motivo che sarebbe stato sconveniente annullare detta visita, una volta invitato il Papa''. ''Io - spiega ancora Laras - pur condividendo, date le circostanze, l'idea di non annullare l'incontro, avrei comunque preteso un chiarimento maggiormente significativo della Chiesa Cattolica sui presunti 'eroismi' di Pio XII, ora additati al mondo da Benedetto XVI come modello da esaltare e da imitare''.
''Da parte vaticana - ha spiegato ancora il rabbino - su richiesta della comunità ebraica di Roma, vi è stata una dichiarazione del portavoce, padre Lombardi, che, a mio avviso, nulla chiarisce, non facendo che ribadire, seppur con diverse parole, la posizione papale sulla figura di Pio XII. Proprio per questi motivi, ho deciso di non prendere parte il 17 gennaio alla visita del Papa nella sinagoga di Roma''.
Quindi Laras ha affermato: ''Desidero precisare che l'Assemblea Rabbinica Italiana da me presieduta non è stata affatto consultata sull'opportunità della visita, se non a cose fatte e marginalmente in ordine al cerimoniale da svolgersi''.
Da parte sua, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni commenta: ''Rispetto le opinioni differenti, rispetto il rabbino Laras per la sua storia e la sua dottrina, sarà il tempo a decidere quali delle opposte visioni ha ragione''.

(Adnkronos, 14 gennaio 2010)

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Israele conferma: esplosione vicino a un convoglio diplomatico

Non c'è nessun ferito

GERUSALEMME, 14 gen. - Il ministero degli Esteri israeliano ha confermato che un ordigno è esploso nei pressi di un convoglio dell'ambasciata israeliana in Giordania. Non ci sono feriti. Non è stato precisato se nel convoglio ci fosse l'ambasciatore israleiano. L'esplosione è avvenuta al tramonto nei pressi del valico di Allenby Bridge, tra la Giordania e la Cisgiordania.
In passato ci sono registrati diversi tentativi di colpire diplomatici israeliani in Giordania. Israele e Giordania hanno firmato un trattato di pace nel 1994, ma le relazioni bilaterali si sono raffreddate a causa dello stallo nel processo di pace tra israeliani e palestinesi.

(Apcom, 14 gennaio 2010)

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Anna Foa sull'Osservatore Romano: Memoria controversa per Israele

CITTÀ DEL VATICANO, 14 gen. - La storica ebrea Anna Foa contesta, in un articolo sull''Osservatore romano', la ricostruzione storica secondo la quale "senza la Shoah, lo Stato d'Israele non sarebbe mai nato" e ricorda il conflitto tra il sionismo e gli ebrei della diaspora.
"Lungi dal facilitare la creazione dello Stato - scrive Anna Foa - la Shoah ha rappresentato per il progetto sionista una catastrofe, tanto dal punto di vista demografico, distruggendo il serbatoio di popolazione su cui il sionismo contava, tanto dal punto di vista morale". La storica, in particolare, cita un libro di Georges Bensoussan ('Israele, un nome eterno. Lo Stato d'Israele, il sionismo e lo sterminio degli Ebrei d'Europa', Utet), per ricordare che da una parte la scelta di trasformare il nascente Stato di Israele "in un rifugio per i perseguitati rappresentò la rinuncia a quell'immigrazione selettiva, di ebrei cioè motivati a costruire un mondo nuovo, che era stata una delle caratteristiche del movimento sionista.
Dall'altra, essa corrispose al periodo in cui i sionisti presero maggiormente le distanze dalla diaspora e dagli stessi sopravvissuti: il momento cioè dell'esaltazione dell'uomo nuovo sionista, contrapposto all'ebreo della diaspora e alla sua passività e, all'interno della diaspora, della contrapposizione dell'eroismo dei combattenti del ghetto alla debolezza degli ebrei europei, 'pecore inviate al macello senza reagire'".

(Apcom, 14 gennaio 2010)

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L'idea messianica nel pensiero ebraico

di Daniele Ascarelli

Ripercorrere la storia dell'idea messianica all'interno del pensiero ebraico, raccontandola attraverso i contributi che maestri e filosofi ebrei, hanno fornito nel corso dei secoli. È questo lo scopo del libro " Il messianesimo ebraico" edito da Giuntina, che sarà presentato oggi alle 17 al centro Bibliografico dell'UCEI. Alla presentazione interverranno il rav Benedetto Carucci, Giacomo Marramao, Elio Matassi, Katrin Tenenbaum e Paolo Vinci.
L'approccio è cronologico, ma come racconta Ilana Bahbout, che insieme a Dario Gentili e Tamara Tagliacozzo, ha curato la pubblicazione del libro, funzionale ad un esame dell'idea messianica sotto diversi punti di vista: storico, sociologico e politico. Il libro nasce da una serie di seminari tenuti presso il Dipartimento di Filosofia dell'Università di Roma Tre, che hanno visto il contributo di personalità ebraiche e non, attorno ad un tema così gravido di conseguenze per la storia ebraica. Scopo di questa ricerca è anche la riscoperta diretta delle fonti scritte sulla figura messianica, che parte dal Tanach e dal Talmud, fino a giungere alla codificazione Halachica. L'esame si snoda poi attraverso i secoli, dall'approccio razionalista Maimonideo, passando per la "disastrosa" avventura messianica di Shabbatai Zvi, fino a giungere al '900, secolo in cui la figura messianica si carica di nuovi significati all'interno delle riflessioni filosofiche di Walter Benjamin e Emanuel Levinas.
Come sottolineato da Gershom Sholem, il cui studio è spesso citato nel testo, il prezzo che la storia ebraica ha pagato all'idea messianica, intesa quale via di fuga da una realtà spesso fatta di sofferenze e costrizioni, è stato ampio, ma è innegabile il fascino che ancora oggi questa idea è in grado di trasmettere.

(Notiziario Ucei, 14 gennaio 2010)

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L'esercito israeliano contro Bar Refaeli

ROMA (14 gennaio) - Una campagna di boicottaggio contro i prodotti reclamizzati da Bar Refaeli, top model israeliana famosa nel mondo (nonchè ex fidanzata di Leonardo Di Caprio), colpevole di essersi sottratta al servizio militare (obbligatorio) in patria. È l'idea venuta in mente al generale Avi Zamir, comandante del dipartimento Risorse Umane delle forze armate di Israele. Zamir - riferisce oggi Haaretz - ha lanciato la sua proposta nel corso di un convegno a Herzliya (nord di Tel Aviv). Egli ha ammesso che in termini legali la modella è in una botte di ferro, essendo riuscita ad aggirare la naja grazie a un matrimonio di comodo.
Ma ha aggiunto che dal punto di vista etico Bar «dovrà pur guardarsi allo specchio». E ha poi incoraggiato gli israeliani a punirla «non comprando i prodotti» che ella pubblicizza: a cominciare da quelli della Fox, catena di negozi d'abbigliamento low cost estremamente popolare nello Stato ebraico, che di recente ha scelto proprio Refaeli quale sua testimonial di punta, tappezzando il Paese di poster raffiguranti il suo volto e le sue curve.
Sulla trincea opposta a quella del generale Zamir non ha esitato a scendere la madre della bella renitente, la quale ha definito «ridicole e vergognose» le parole dell'alto ufficiale, invitando i vertici dell'esercito a guardare agli scandali «di casa loro. Bar continua ad aver successo e loro continuano a parlare. Noi siamo gente che agisce e ha successo, altri chiacchierano».

(Il Messaggero, 14 gennaio 2010)

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Roma, Museo della Shoah: nascerà a Villa Torlonia

ROMA, 13 gen - La sede del museo della Shoah di Roma sarà a Villa Torlona e i lavori prenderanno il via prima dell'estate. Lo ha deliberato il consiglio di amministrazione della fondazione museale riunitosi oggi in Campidoglio. La riunione, a cui hanno partecipato rappresentanti della Comunità ebraica romana, tra cui il presidente Riccardo Pacifici, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti e il vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino, ha quindi accantonato l'ipotesi di altri siti come quello di Forte Braschi o della valle dei Casali. Una scelta, come ha sottolineato Pacifici, "dal particolare significato storico". Oltre a essere stata, durante il Ventennio, residenza di Benito Mussolini, l'area ha infatti un particolare valore in quanto vi si trova una delle cinque necropoli ebraiche, un complesso di catacombe risalenti al terzo e quarto secolo, testimonianza della presenza a Roma della più antica comunità ebraica d'Europa. Il progetto, la cui propietà intellettuale è stata donata gratuitamente dagli architetti, costerà tra i 15 e i 16 milioni di euro e si svilupperà su cinque piani, tre dei quali interrati. "Il museo della Shoah si farà dove è sempre stato indicato, non ci sono cambi di sede - ha spiegato Montino -. Abbiamo risolto i problemi sulla sua ubicazione e stiamo per chiudere con il progetto preliminare e per iniziare l'iter della conferenza dei servizi".
Il museo sarà un laboratorio di studio e di ricerca per studenti e adulti: al suo interno sarà realizzato un percorso costruito attorno a fonti di diversa origine come oggetti e documenti originali, informazioni storiche, filmati d'epoca, plastici e grafici. Il progetto del Museo della Shoah è nato nel 2006 con l'amministrazione Veltroni e doveva essere inaugurato nel 2008, ma questioni burocratiche e le elezioni amministrative che hanno portato al cambio della giunta comunale ne hanno ritardato la realizzazione. Polemiche sul progetto sono state sollevate delle associazioni dei residenti, preoccupati per le scelte strutturali previste, oltre che per la privazione di oltre tremila metri quadrati del parco romano di via Nomentana. Il sindaco capitolino ha spiegato che verranno apportate delle modifiche che riguarderanno l'esterno e l'aspetto funzionale "perché la direzione scientifica del Museo - ha spiegato Alemanno - ha fatto delle richieste di modifica per avere più spazio per la didattica". Inizialmente il museo dedicato alla Shoah vedeva contrapposte due proposte. Da una parte Roma e dall'altra Ferrara, prima città in Italia a progettare una struttura permanente sul tema dell'Olocausto e dell'ebraismo. Poi la decisione di far diventare per decreto il museo emiliano, Museo Nazionale dell'ebraismo, ha risolto salomonicamente la vicenda.

(il Velino, 14 gennaio 2010)

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Israele e Turchia, gli ex amici rischiano la rottura

di Fiamma Nirenstein

Era logico che prima o poi Israele si risentisse, come una fidanzata tradita, dell'atteggiamento ostile della Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Ma l'ha fatto senza calcolare bene le sue reazioni: sempre per restare al paragone con l'umana fragilità, il tradimento dopo tanti anni di fragile e preziosa vicinanza con un Paese musulmano in mezzo all'ostilità dei vicini islamici, ha causato a Israele una crisi di nervi che accelera per i due Paesi mediorientali una pericolosa rottura già nell'aria. Il presidente Gül, a sentire la televisione turca, ha minacciato di rompere le relazioni se le scuse formali non fossero pervenute entro la serata di ieri....

(il Giornale, 14 gennaio 2010)

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Roberto Schezen - "Israele: uno sguardo sul passato"

Dal giovedì 14 gennaio 2010
al venerdì 12 marzo 2010

ROMA - La mostra fotografica "Israele: uno sguardo sul passato" presenta 95 fotografie inedite di Roberto Schezen raffiguranti illustri personaggi della storia d'Israele negli anni '70 insieme a scorci di vita quotidiana, paesaggi, scene di guerra e persone comuni, ritratti in toni luministici di un vivido realismo.

Nato nel 1950 a Milano e morto nel 2002 a New York, Roberto Schezen ha dedicato gran parte della sua carriera alla fotografia d'architettura ritraendo gli edifici di Luis Kahn, Adolf Loos, e della Vienna del periodo della Secessione, oltre a palazzi, castelli, ville europee e alcune tra le più significative dimore americane di Newport e Palm Beach. Schezen ha anche ritratto gli antichi templi del Messico e dell'America centrale e diversi monumenti italiani (da cui la celebre serie di fotografie degli atleti dello Stadio dei Marmi e delle statue del Palazzo della Civiltà Romana).

I suoi lavori sono stati esposti a New York, presso la Edwynn Houk Gallery, la Earl McGrath Gallery e la Max Protetch Gallery oltre ad essere stati pubblicati in molte delle più importanti riviste europee ed americane di design e architettura.

A partire dal 1985, Schezen ha pubblicato, in collaborazione con Rizzoli International e Monacelli Press, diversi volumi monografici che documentano la sua produzione fotografica in Italia, Francia, Spagna e America.

INAUGURAZIONE GIOVEDì 14 GENNAIO DALLE ORE 18.30

Dal 14 gennaio al 12 marzo 2010

Ermanno Tedeschi Gallery
Via del Portico d'Ottavia 7
Roma 00186
Tel +39 06 45551063
info.roma@etgallery.it
http://www.etgallery.it/

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"La Storia siamo noi" ricorda la Shoah

In occasione della Settimana della Memoria, dedicata agli orrori dell'Olocausto, il programma di Giovanni Minoli dedica al tema un ciclo di sei puntate.

Dalla nascita dell'ideologia nazista, basata sul concetto della pura razza ariana, ai metodi terrificanti con cui Hitler e il suo establishment hanno perseguito l'obiettivo della pulizia etnica: andranno in onda su Raitre, a partire da venerdì 22 gennaio, una serie di appuntamenti mattutini dedicati alla memoria più scomoda, quella che facilmente si è tentati di dimenticare.
Si comincerà venerdì con l'approfondire le strategie comunicative grazie alle quali il nazismo è riuscito, in un arco temporale brevissimo, a fare del presunto complotto giudaico-bolscevico un'ossessione. Ci si potrà stupire di quanto fossero massivi e aggiornati i metodi di propaganda utilizzati all'epoca, ma d'altronde un tale dispiegamento di mezzi era finalizzato alla giustificazione di un gesto bellico d'immani proporzioni, quale l'invasione dell'Unione Sovietica nel giugno 1941. Soltanto una furiosa campagna d'odio avrebbe potuto portare l'esercito, e la nazione che rappresentava, a compiere e legittimare un indiscriminato sterminio di esseri umani, soprattutto civili innocenti.
La seconda puntata scaverà invece fino a ritrovare le radici ideologiche della Shoah, a partire dal momento in cui l'antisemitismo si affaccia sulla scena politica, lungi dall'aver ancora preso piede, come semplice elemento nel programma governativo di Hitler. Pochi mesi dopo, sempre in quel maledetto 1933, un inedito documento d'archivio ci mostrerà come, persino mediante i carri allegorici di Carnevale, la figura dell'ebreo fosse ormai al centro del pubblico dileggio. Da questo profetico momento al 1939, anno in cui i gas vengono sperimentati per la prima volta nella polacca Poznam, il passo è straordinariamente breve.
Nei giorni seguenti, seguiremo sempre più approfonditamente la vicenda degli ebrei polacchi, che vengono cancellati dalla memoria della nazione in solo trenta mesi, per poi assistere al dilagarsi della follia in tutta Europa quando, tra il 14 e il 15 luglio 1942, decine di migliaia di civili vengono arrestati a Parigi come ad Amsterdam e deportati in massa nei campi di concentramento già attrezzati nell'Est. Ha così inizio la "soluzione finale": inarrestabile, metodica in modo spietato. All'interno dei ghetti, nei campi di lavoro e di sterminio, ci sarà chi sfiderà la morte, ribellandosi all'orrore e alla follia dei nazisti. Non servirà a fermarli, ma è anche nel rispetto di chi non si è lasciato piegare che l'umanità ha l'obbligo di ricordare.

(Corriere della Sera, 14 gennaio 2010)

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Gaza, gli Usa favorevoli alla costruzione del muro egiziano

Gli Stati Uniti sosterranno l'Egitto nella costruzione di una barriera d'acciaio lungo il confine meridionale della striscia di Gaza, che avrà il compito di fermare il contrabbando via tunnel.
Ieri è arrivato l'annuncio ufficiale dell'amministrazione di Washington, affidato al portavoce del dipartimento di Stato Usa Gordon Duguid: "Abbiamo appreso che l'Egitto sta portando avanti dei lavori che contribuiranno a fermare il contrabbando di armi verso Gaza. Riteniamo che il contrabbando debba essere fermato e che debbano essere prese delle misure per riuscirvi".
Lo scorso dicembre il governo del Cairo ha annunciato l'avvio dei lavori per la realizzazione di una barriera d'acciaio lungo il confine tra Gaza e l'Egitto, con lo scopo di fermare il contrabbando tra i due territori.
Il nuovo muro sarebbe stato progettato con l'assistenza di ingegneri dell'esercito Usa e una volta terminato, tra un anno e mezzo, si estenderà per oltre dieci chilometri di lunghezza e penetrerà sotto terra per 18 metri.

(Osservatorio Iraq, 13 gennaio 2010)

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Lo Schindler italiano

"Così beffai i nazisti"

 Giorgio Perlasca, a destra, riceve nel 1989 la cittadinanza
     onoraria israeliana
Arriva giovedì 14 gennaio nelle librerie "Giorgio Perlasca - un italiano scomodo" (Chiarelettere, 221 pp., 14 euro), il libro di Carlotta Zavattiero e Dalbert Hallenstein che racconta la straordinaria vicenda di quest'uomo nato a Como e vissuto a Padova (dove è morto nel 1992) che durante la guerra, fingendosi diplomatico spagnolo, riuscì a salvare migliaia di ebrei del ghetto di Budapest. Dimenticato da tutti per decenni, Perlasca divenne famoso solo quando Israele lo annoverò fra i Giusti delle nazioni. Un film-tv del 2002, interpretato da Luca Zingaretti, consegna la sua storia anche al grande pubblico.
Nel libro è lo stesso Perlasca a raccontarsi, in un'intervista inedita realizzata da Hallenstein. "Diciassette anni fa ho trascorso 7 o 8 giorni con lui - racconta il giornalista australiano - volevo farne un libro ma in quel periodo stava uscendo il film su Schindler e al mio editore inglese non interessava la storia di quest'altro Schindler italiano. Di Perlasca ricordo la sincerità, l'autorità, l'umanità; non si è mai vantato di quello che ha fatto a Budapest, ma era assolutamente consapevole dell'importanza del suo operato. Forse è l'uomo più affascinante che abbia mai incontrato. Rimase sempre un uomo di destra, ma era totalmente umano, mai dominato dalle ideologie".
"Perlasca era scomodo per tutti - continua Hallenstein - Per la sinistra, ovviamente, per il suo passato fascista; per la destra, perchè ha preso le distanze dal fascismo due volte, nel '38-39 in occasione dell'alleanza con Hitler e delle leggi razziali e dopo l'8 settembre, perché scelse la monarchia. Quanto alla chiesa, il figlio di Perlasca, Franco, sostiene che non avesse alcun interesse per la figura del padre per un certo residuo di antisemitismo".
L'Italia lo ignorò per decenni: "I riconoscimenti arrivarono con 40 anni di ritardo. Eppure lui non si nascondeva, aveva contatti persino con i padri della Repubblica, fra cui De Gasperi, ma nessuno si interessava a lui, quasi certamente per il suo passato fascista".

(La Provincia, 13 gennaio 2010)

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Il nobel Wiesel parlerà in aula alla Camera il 27 gennaio

ROMA, 13 gen. - Elie Wiesel, lo scrittore ebreo rumeno naturalizzato statunitense e di lingua francese, sopravvissuto all'Olocausto e Premio Nobel per la pace nel 1986, parlerà nell'Aula della Camera in occasione del Giorno della Memoria, il prossimo 27 gennaio, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Si tratta della quarta personalità, 'estranea' all'Assemblea dei deputati, a parlare nell'Aula di Montecitorio dopo Yasser Arafat, il re di Spagna Juan Carlos e Papa Giovanni Paolo II. Durante la riunione della conferenza dei capigruppo di Montecitorio il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha ricordato di aver invitato Wiesel a parlare alla Camera a fine anno. "Per l'eccezionale rilevanza", ha spiegato Fini, il Nobel parlerà in Aula alla presenza del presidente Napolitano alle 12:15. Nella stessa giornata verrà aperto a Montecitorio una mostra, visitabile per alcune settimane, con lettere, oggetti originali, foto e immagini sul campo di concentramento di Auschwitz.

(Apcom, 13 gennaio 2010)

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Studenti della comunità ebraica romana "a scuola di prevenzione"

ROMA - Gli studenti ebrei romani "A scuola di prevenzione". Questo il progetto didattico della Comunità ebraica che ha preso il via questa mattina al Portico d'Ottavia e che con appuntamenti mensili porterà nelle tre scuole ebraiche di Roma esperti di polizia di Stato, carabinieri e vigili urbani per parlare di bullismo, dipendenza da droga e alcol, violenza, pedofilia, pirateria informatica e uso responsabile di internet. Oggi il primo incontro tra gli studenti e alcuni rappresentanti dei carabinieri per parlare di droga, anche con una dimostrazione dei cani dell'unità cinofila dell'arma. "I nostri ragazzi hanno un rapporto con le forze dell'ordine un po' atipico - ha detto il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici - Le minacce di terrorismo internazionale hanno trasformato la loro costante presenza in una sorta di 'privilegio', fungendo anche da deterrente contro la microcriminalità". (omniroma.it)

(la Repubblica, 13 gennaio 2010)

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Hamas: appello alle altre forze di Gaza per fermare l'attacco contro l'Israele

Il 12 gennaio sulla striscia di Gaza, il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha lanciato un appello affinché le altre forze fermino il lancio dei missili contro l'Israele, per evitare ulteriori assalti militari israeliani nella striscia di Gaza.

(CRI online, 13 gennaio 2010)

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Roma, martedì alla Casa della memoria "i ragazzi nella Shoah"

ROMA, 12 gen - "Avevo cinque anni quando nel 1938 furono promulgate le leggi razziali. La persecuzione antiebraica cominciò anche contro di me". Così Luciana Tedesco, classe 1933, ebrea, racconta nel suo libro cosa fu per lei, bambina, la Shoah. E cosa fu per tanti bambini, cresciuti in fretta tra urla, disperazione e campi di sterminio. Nel suo libro "I ragazzi nella shoah", che verrà presentato martedì 19 gennaio alle 18 a Roma alla Casa della memoria e della storia (in via S. Francesco di Sales 5), Tedesco racconta la persecuzione degli ebrei attraverso gli occhi dei bambini. Nel volume sono raccolti, infatti, racconti, lettere e testimonianze. Oltre all'autrice all'incontro saranno presenti Anna Dalla Mura, che commenterà le immagini del volume e Giuliano Compagno, dell'assessorato alle Politiche culturali del Comune di Roma e Vera Michelin, presidente dell'associazione nazionale ex deportati, che porterà la sua testimonianza. Ad arricchire l'incontro, la lettura di alcuni brani e dei video che racconteranno quel periodo buio e triste. Il volume ci accompagna ricostruendo quei terribili anni: la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, l'apertura nel 1940 del campo Auschwitz-Birkenau, le sperimentazioni, la gassificazione degli zingari. Dopo quel 2 agosto 1944 il silenzio mortale dell'intero lager divenne davvero definitivo perché l'unica cosa in grado di spezzarlo erano stati i canti e i giochi dei piccoli zingari.
    Intanto le lettere dei bambini, alcune mai spedite, raccontano quel pianto soffocato, l'ansia per i genitori scomparsi, la paura della solitudine, il bisogno di affetto. Ma anche la sensazione della brezza mattutina sulla pelle che lava pensieri terribili, il latte caldo con pane e marmellata offerto da qualche contadino che offre riparo e rifugio. "E poi i prati, i fiori, il cielo, il sole faceva sentire che non tutti erano nemici, c'erano anche degli amici", come si legge in una lettera. Nei crematori di Auschwitz-Birkenau, che erano in funzione giorno e notte, venivano bruciati circa 1500 corpi alla volta e le loro ceneri utilizzate nella fertilizzazione dei campi oppure gettate negli stagni, o nei corsi d'acqua circostanti. Fino a quel 27 gennaio 1945 quando i soldati sovietici liberarono il campo di Auschwitz-Birkenau. Oggi, grazie ad una legge del 20 gennaio 2000, il Parlamento italiano ha stabilito che il giorno 27 gennaio sia riconosciuto come Giorno della Memoria.
    Questa una delle lettere presenti nel volume: "Sono Roberto e ho sette anni. Ho saputo dal mio papà la storia di mia nonna. Anche lui l'ha saputa da poco, perché nonna non aveva mai voluto raccontarla. Però, prima di morire, ha lasciato ai suoi sei figli uno scritto di venti pagine… Mia nonna Grazia nel 1943 abitava al Portico d'Ottavia, nel ghetto di Roma. Nell'estate del 1943 aveva sedici anni e per sfuggire ai bombardamenti di Roma trovò rifugio con la famiglia a Sutri e così sfuggì alla tragica retata tedesca del 16 ottobre 1943. Ma un certo giorno del 1944 il podestà di Sutri chiamò il mio bisnonno Leone e gli raccomandò di lasciare Sutri al più presto perché era arrivata una circolare che gli ordinava di denunciare tutti gli ebrei presenti nel Paese. La famiglia di mia nonna andò via subito e si salvò. So che mio padre e i miei zii hanno piantato alberi in Israele per ricordare il podestà di Sutri e onorarlo. Anche io lo ringrazio perché, salvando mia nonna, mi ha dato la possibilità di nascere e di vivere questi sette anni". L'incontro ha il patrocinio dell'assessorato alle Politiche culturali del Comune di Roma, delle Biblioteche di Roma e della Casa della memoria e della storia.

(il Velino, 13 gennaio 2010)

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Giorno della memoria. Un decennale positivo

Il 27 gennaio ricorrenza della liberazione di Auschwitz

Furio Colombo
Difficile evitare gli automatismi «assassini di veri sentimenti», ma il Giorno della memoria ha finora un «bilancio positivo». Parola di Furio Colombo, che fu promotore dell'iniziativa in parlamento.
Nel decennale dall'istituzione della ricorrenza, che scade il 27 gennaio, giornata in cui il lager di Auschwitz venne liberato dalle truppe sovietiche, il mensile ebraico Shalom dedica numerosi servizi all'argomento interrogando politici, storici, giornalisti e sopravvissuti. Pur non nascondendosi i pericoli della ritualità delle celebrazioni, Colombo ritiene che ci sia «ancora uno spazio da riempire. Attraverso la ripetizione di alcuni valori, questi valori si fanno diventare vivi e si fanno incarnare nelle generazioni successive». Per Colombo «bisogna impegnarsi a mantenere con forza l'identificazione della Shoah come dato unico della storia, allo stesso tempo bisogna collegarlo ad altri eventi per quanto diversi. Non si deve dimenticare che il Giorno della memoria non è stato fatto per gli ebrei, ma per gli altri. Un giorno dedicato agli ebrei italiani mi sembrava un segno da lasciare, come si lascia un segno su un albero per dire che qualcuno è stato in quel posto».
I sopravvissuti alla Shoah intervistati da Shalom mettono in rilevo la necessità del Giorno della memoria, sottolineando il fatto che a 65 anni dal 27 gennaio 1945, l'antisemitismo non è per nulla scomparso e come il pericolo del pregiudizio sia ancora in agguato.
Il vicepresidente della Commissione affari esteri della Camera Fiamma Nirenstein ripercorre i «vecchi e nuovi antisemitismi», in particolare nei confronti di Israele come Stato; ugualmente i giornalisti Angelo Pezzana e Giulio Meotti indicano nelle minacce a Israele, a partire da quella iraniana, «il nuovo pericolo».

(Brescia Oggi, 13 gennaio 2010)

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Medici israeliani in soccorso dei terremotati di Haiti

TEL AVIV, 13 gen - I corpi medici delle forze armate israeliane si stanno organizzando per una missione di soccorso ad Haiti, colpita nelle scorse ore da un violento terremoto. La squadra israeliana di soccorso dovrebbe essere pronta alla partenza già domani. "Non abbiamo ancora ricevuto comunicazioni formali dal ministero degli Esteri, ma abbiamo già avviato tutti i preparativi necessari per partire", ha precisato il generale Nachman Ash, comandante del servizio. Lo stesso ha aggiunto che un carico di medicinali e materiale di emergenza potrà essere inviato da Israele - assieme ad un team di medici e soccorritori - "entro 24 ore". Intanto, comunicano i media, almeno un decina di cittadini israeliani risultano dispersi nel paese dopo la violenta scossa.

(Notiziario Ucei, 13 gennaio 2010)

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Obama contro Israele usa l'arma spuntata del ricatto economico

di Michael Sfaradi

Di statistiche, si sa, ne esistono di tutti i tipi e noi non sappiamo se ne esiste una sulle brutte figure fatte dalle amministrazioni statunitensi durante il primo anno al potere. Se qualcuno si fosse preso la briga di fare uno studio di questo genere l'attuale amministrazione occuperebbe certamente i primi posti della classifica. Dal momento in cui il tanto osannato Barack Obama, il più incomprensibile premio Nobel per la pace che sia mai stato assegnato si è insediato alla Casa Bianca, ha inanellato una quantità tale di errori che ha prevaricato anche le più pessimiste previsioni dei suoi denigratori. Il presidente, convinto che a lui tutto fosse permesso, si era probabilmente illuso che bastasse accarezzare il mondo arabo per il verso giusto e lasciargli per un po' in pasto Israele, per risolvere con le buone ciò che non era riuscito, con le cattive, al suo predecessore. Però, dopo le ripetute figuracce rimediate dai suoi servizi segreti nella sicurezza e nell'antiterrorismo, per le quali si è dovuto pubblicamente scusare, e con i sondaggi in caduta libera con una quasi annunciata sconfitta alle prossime elezioni di medio termine, Barack Hussein Obama sta rivedendo la sua politica estera che ora somiglia sempre più a quella del tanto bistrattato George W. Bush. Il vento di questo cambiamento non ha però influenzato le opinioni dell'inviato per il Medio Oriente George Mitchell che, durante un'intervista televisiva a pochi giorni dalla sua partenza per Israele, ha dichiarato che l'amministrazione è stanca del comportamento di Israele che perde "occasioni" per trattare con Abu Mazen. Ha anche minacciato l'interruzione della fideiussione internazionale sui crediti israeliani nel caso in cui Netanyahu si rifiutasse di accettare le precondizioni palestinesi per l'apertura di un tavolo di trattative.
Innanzitutto bisognerebbe capire di quali precondizioni si tratta, visto che negli ultimi due mesi sono cambiate almeno tre volte e che ogni cambiamento era avvenuto all'indomani di concessioni da parte israeliana. E' palese che le precondizioni e i loro cambiamenti, da parte di Fatah, che non rappresenta più la totalità del popolo palestinese, erano e sono soltanto scuse per non arrivare a un tavolo di trattative. Qualcuno avrebbe dovuto avvertire l'inviato per il Medio Oriente che la fideiussione non è uno strumento che gli Stati Uniti offrono ad Israele a titolo gratuito, non è un favore, perché ogni volta che è stato usato la Banca d'Israele ha sempre dovuto pagare interessi ai tassi di mercato al Tesoro statunitense, e che comunque, già da oltre sei anni, l'ufficio cambi della Banca d'Israele fa fronte ai debiti degli importatori israeliani senza usare la fideiussione statunitense. Il ministro delle finanze israeliano Youval Steinitz ha dichiarato, durante un intervento al secondo canale della televisione, che nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero decidere per una mossa di questo tipo, questa non porterebbe ad alcuna conseguenza, visto che lo stato attuale delle finanze gode di ampio credito sui mercati internazionali. Il ricatto di George Mitchell, oltre ad essere ingiusto, non ha alcuna possibilità di esercitare una pressione su una delle due parti in causa prima ancora dell'inizio della trattativa. E' un tentativo maldestro e dimostra il dilettantismo che caratterizza l'attuale amministrazione americana, il pressappochismo con il quale si muove su scenari che, al contrario, richiedono la massima professionalità.

(l'Opinione, 13 gennaio 2010)

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Da Israele arriva Shidonni, la rete sociale degli under 12

di Flavio Fabbri

Nasce un nuovo social network, si chiama Shidonni ed è tutto dedicato ai bambini fino ai 12 anni di età. Una rete davvero particolare, fondata da un gruppo di israeliani nella cittadina di Rehovot, a sud di Tel Aviv, e che ha da poco superato la soglia dei 200.000 utenti.
La piattaforma, ideata e fondata da Ido Mazursky, permette ai bimbi di dare vita ai loro disegni o personaggi di fantasia, popolando lo spazio virtuale di animazioni digitali appositamente studiate per le diverse fasce di età che vi rientrano. Il sito prevede anche la possibilità di acquistare uno dei pupazzi inventati, con una vera e propria realizzazione a mano del manufatto.
Un piccolo Facebook a portata di ragazzini, già tradotto in otto lingue, prossimamente anche in italiano, con livelli altissimi di sicurezza e privacy, senza possibilità di interagire con altri utenti. Shidonni, proprio per queste proprietà di tutela dei minori, ha ricevuto nel 2009 un importante riconoscimento internazionale dalla Coalizione internazionale per la sicurezza su internet 'iKeepSafe'.

(Key4blitz, 13 gennaio 2010)

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Sale la tensione tra Israele e la Turchia

Continuano i cattivi rapporti: Ankara pretende le scuse da parte di Gerusalemme

GERUSALEMME - Risale a colpi di note di protesta, moniti e recriminazioni reciproche la tensione fra Israele e Turchia innescata dalle ultime frecciate indirizzate verso lo Stato ebraico dal premier turco, Tayyip Erdogan, ma anche dal trattamento sprezzante riservato lunedì dal ministero degli Esteri israeliano all'ambasciatore turco, Oguz Celikkol. La convocazione del diplomatico - decisa a Gerusalemme in risposta alle critiche ricevute da Erdogan e in segno di protesta per la trasmissione sulla tv turca di un serial giudicato di tenore antisemita, ma orchestrata come un'umiliazione, al di fuori di ogni etichetta tradizionale - ha suscitato la prevedibile reazione di Ankara. Che ieri ha chiesto le "scuse" di Israele e non ha esitato a minacciare "risposte" appropriate. In un comunicato diffuso dal ministro degli Esteri turco, si respinge "con forza" qualsiasi accusa di coinvolgimento del governo di Ankara in atteggiamenti antisemiti, ricordando come lo stesso premier in carica abbia ribadito di recente di considerare «l'antisemitismo un crimine contro l'umanità». Mentre si sottolinea con irritazione come «il modo in cui è stato trattato l'ambasciatore Celikkol» non sia «conforme agli usi e costumi della diplomazia».
Parole accompagnate da una "contro-nota" di protesta all'ambasciatore israeliano ad Ankara, Gabby Levy, ma anche da un avvertimento dai toni duri pronunciato in tv da Erdogan. Il quale ha rilevato come «per secoli i turchi abbiano dimostrato tolleranza nei confronti del popolo ebraico», anche «prima della creazione dello Stato d'Israele», avvertendo tuttavia che il governo israeliano, se non cambierà registro, «riceverà una risposta (adeguata) dalla Turchia». Israele da parte sua - come ha ribadito ieri un portavoce del ministero degli Esteri - mantiene ferme le critiche a Erdogan, per le posizioni polemiche da lui assunte negli ultimi mesi. E in particolare per le accuse rivolte allo Stato ebraico di essere «una minaccia per la pace», sull'onda della denuncia del recente sorvolo di aerei israeliani sul Libano, nonché dell'ultimo raid contro la Striscia di Gaza (controllata dai fondamentalisti palestinesi di Hamas), fatta dal premier turco all'unisono con il collega libanese Said Hariri. Nel contempo, tuttavia, non mancano polemiche sui media e all'interno della minoranza laburista dello stesso governo israeliano sui modi e i toni della risposta diplomatica. E sulla necessità di non aggravare la crisi in atto da mesi nelle relazioni fra i due Paesi: in progressivo peggioramento fin dall'ascesa al potere dell'islamico moderato Erdogan ad Ankara, ma soprattutto dopo la devastante offensiva israeliana Piombo Fuso condotta un anno fa nella Striscia di Gaza.

(Corriere Canadese, 13 gennaio 2010)

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Hamas sfida Anp con cartoon, soldato leccapiedi di Israele

GAZA, 12 gen. - Hamas sfida l'Anp con una serie di cartoni animati in cui ritrae le forze di sicurezza palestinesi come leccapiedi di Israele. I cartoon saranno mandati in onda sull tv al-Aqsa, controllata dal movimento islamico che governa la Striscia di Gaza dal giugno del 2007.
Ogni puntata della serie dura sei minuti, in cui il protagonista, con indosso un'uniforme delle forze di sicurezza palestinesi, fedeli al presidente Abu Mazen, viene ritratto come 'schiavo' degli israeliani. "Stiamo preparando film e cartoni animati da mandare in onda su al-Aqsa all'inizio del prossimo mese, mettendo l'accento sulle ignobili pratiche dell'autorita' palestinese", ha riferito un funzionario della tv.
Il cartone 'Una missione speciale' e' stato gia' mandato in onda in 'prova' all'inizio del mese e - secondo i gestori della tv - ha riscosso un "grande successo": "Ha avuto un alto numero di spettatori e abbiamo ricevuto centinaia di lettere da dentro e fuori (Gaza) in cui ci chiedevano di rivedere il programma". Nelle prime puntate, il protagonista, di nome Bahlul (termine arabo che in italiano significa 'buffone'), lucida le scarpe a un soldato israeliano e gli bacia i piedi.
Il protagonista dice al soldato israeliano che il suo compito e' di "proteggere gli insediamenti in Cisgiordania" e gli assicura che arresterebbe i suoi parenti, sparerebbe ai suoi fratelli e divorzierebbe dalla moglie se il soldato israeliano dovesse ordinarglielo. Nella cruda scena successiva, Bahlul osserva un israeliano che massacra un gruppo di bambini in Cisgiordania e beve il loro sangue. "Tu hai ucciso i nostri bambini davanti ai miei occhi… Ti rispondero' con ancora piu' pace".

(AGI, 12 gennaio 2010)

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Israeliani e palestinesi insieme. Una pace sull'acqua del Giordano

Rapporto sul Good Water Neighbors: il progetto intende costruire rapporti di buon vicinato fra le due comunità, unite dal fiume che attraversa Libano, Siria, Giordania, Israele e i territori palestinesi. Verrà creato un parco naturale che diventerà una zona franca liberamente accessibile.

di Chiara Alvisi (Professore dell'Università di Bologna)

TEL AVIV, 12 gennaio 2010 - Il fiume Giordano è un protagonista silenzioso della crisi mediorientale e lungo le sue rive israeliani, palestinesi e giordani dialogano per ripartirsi equamente l'unica risorsa idrica che può garantire la sopravvivenza di nazioni che non hanno buoni rapporti di vicinato.
‘Il Giordano ed i suoi affluenti formano un singolare bacino idrico transfrontaliero che attraversa Libano, Siria, Giordania, Israele ed i territori dell'Autorità Palestinese. Nessuno di questi paesi può utilizzare le acque del Giordano o dei suoi affluenti a prescindere dagli altri paesi rivieraschi cosicché, per l'approvvigionamento idrico, tutti dipendono da tutti....

(Quotidiano.net, 12 gennaio 2010)

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Israele - Vacilla un tabù: esce un libro di ricette sul maiale

L'autore ha appreso tecniche durante suoi studi a Modena

TEL AVIV, 12 gen - Un tabu' ebraico sta per essere messo in discussione in Israele con la pubblicazione di un libro su come meglio cucinare la carne di maiale.
E' l'animale immondo per antonomasia nella cultura rabbinica. Il libro e' in ebraico ed e' stato scritto da un israeliano, il cardiologo Eli Landau. Al quotidiano Yediot Ahronot, Landau ha spiegato di aver assimilato negli anni di studi medici a Modena tecniche culinarie con cui esaltare il sapore della carne suina.
Il libro sara' venduto nelle macellerie suine ad un prezzo equivalente a venti euro.

(ANSA, 12 gennaio 2010)

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Germania: riprende il processo a Demjanjuk, chiesto un nuovo rinvio

MONACO, 12 gen.- L'avvocato del presunto criminale nazista John Demjanjuk ha chiesto un nuovo rinvio indefinito del processo, alla ripresa delle udienze oggi a Monaco. Il legale, Ulrich Busch, ha domandato di poter consultare documenti relativi all'imputato negli Stati Uniti, Israele, Polonia, Ucraina, Repubblica ceca, Uzbekistan e i Paesi Baltici. Poi ha anche chiesto che siano esclusi dal processo i familiari delle vittime del lager nazista di Sobibor, dove Demjanjuk sarebbe stato uno dei guardiani. Per questo suo ruolo l'imputato e' accusato di complicita' nell'assassinio di 27.900 ebrei nel 1943.

(Adnkronos, 12 gennaio 2010)

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Bomba uccide un fisico nucleare a Teheran. Tensione con Israele e Stati Uniti

Massud Ali-Mohammed
Un fisico nucleare e docente universitario iraniano, Massud Ali-Mohammed, è stato ucciso a Teheran dall'esplosione di una bomba. Ne ha dato notizia la tv di stato iraniana, affermando che lo scienziato è stato ucciso vicino alla sua abitazione nella capitale da un ordigno piazzato su una moto e fatto esplodere a distanza. Secondo gli organi di stampa ufficiali di Teheran, la morte di Ali-Mohammed sarebbe da collegare al dossier sul nucleare iraniano e sarebbe ispirata da Israele e Usa, anche se il procuratore di Teheran, Abbas Jafari-Dolatabadi, citato dall'agenzia Isna, non ha indicato quale pista le indagini stiano seguendo per ora e ha sottolineato che nessun arresto è stato ancora effettuato. Il vice procuratore, Fakhreddin Jafarzadeh, ha precisato che l'esplosione è avvenuta mentre Ali-Mohammadi usciva a bordo della sua auto dal parcheggio di casa sua, a Pol-e-Rumi, vicino al quartiere di Qeitarieh. L'agenzia filogovernativa Fars se la prende invece contro «elementi antirivoluzionari e delle potenze arroganti», dei quali il fisico sarebbe stato una vittima, mentre i siti vicini ai riformisti scrivono che Massoud Ali Mohammadi figurava in un elenco di accademici che avevano appoggiato il leader dell'opposizione, Mir Hossein Moussavi, durante le elezioni presidenziali del giugno scorso. La deflagrazione non avrebbe provocato altri morti, bensì due feriti.

(Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2010)
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Morta a cento anni la donna che salvò il diario di Anna Frank

L'AJA, 12 ge. - E' morta a 100 anni Miep Gies, la donna che custodi' il diario di Anna Frank. La donna era l'ultima sopravvissuta del gruppo che per due anni, tra il 1942 e il 1944, aiuto' Anna, la sorella, i suoi genitori e altri quattro ebrei a fuggire dalla furia nazista, nascondendoli al numero 263 di Prisengracht. Ad Amsterdam La donna trascorreva i suoi ultimi anni in una casa di riposo ed e' deceduta per i postumi di una caduta alla vigilia di Natale. Nel 1942 Miep lavorava come segretaria di Otto Frank, il padre di Anna, quando quegli le confido' che voleva trovare un rifugio per proteggere la famiglia. Quando i nazisti scoprirono il rifugio e arrestarono la famiglia Frank e gli altri fuggitivi, Miep Gies si incarico' di custodire il diario di Anna, su cui la ragazza aveva raccontato i due anni in cui era rimasta nascosta. E nel 1945, quando la giovane era ormai morta di tifo nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, lo consegno' al padre, l'unico sopravvissuto della famiglia e lo aiuto' a collazionare le carte. Una volta pubblicato, il diario divenne un successo mondiale, dolorosa testimonianza della follia nazista e della persecuzione degli ebrei.

(AGI, 12 gennaio 2010)

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Netanyahu: Israele non cederà il controllo di Gerusalemme

ROMA, 12 gen. - Lo Stato ebraico non cederà mai il controllo di Gerusalemme né accetterà di ritirarsi entro i confini del 1967: Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha smentito quanto affermato dal ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, secondo il quale il governo di Israele sarebbe disposto a permettere che Gerusalemme Est diventi la capitale di uno Stato palestinese. Secondo Gheit, le cui dichiarazioni sono state riportate dal quotidiano israeliano Ha'aretz, l'Autorità Nazionale Palestinese potrebbe contestualmente rinunciare ad alcune precondizioni per la ripresa dei negoziati di pace con Israele, come il congelamento totale degli insediamenti, in cambio di un allentamento del blocco della Striscia di Gaza e della fine delle incursioni mirate israeliane nelle città palestinesi. Inoltre, l'Anp vorrebbe il rispetto delle "zone" in cui è divisa la Cisgiordania: le "A", sotto piena sovranità palestinese, e le "B" dove l'Anp ha il controllo delle autorità civili ma non della sicurezza: in altri termini, che le forze armate israeliane si ritirassero sulle posizioni mantenute fino al settembre del 2000, allo scoppio della seconda Intifada.

(Apcom, 12 gennaio 2010)

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Oliver Stone riscrive la storia e Hitler diventa un capro espiatorio

di Adam Smulevich

Oliver Stone
Ormai è una certezza: il revisionismo storico è sempre più di moda. E non si ferma solo a sedicenti storici come David Irving, ma fa proseliti anche nel mondo dello spettacolo. L'ulteriore riprova ne è una notizia giunta nelle scorse ore dall'America. Ha destato grande scalpore, infatti, il contenuto di un'intervista rilasciata da Oliver Stone al quotidiano britannico Guardian, nel corso della quale il celebre regista newyorkese ha definito Hitler "un facile capro espiatorio che va giudicato nel suo contesto storico". Che abbia pronunciato queste parole solo per provocare, come sostengono in molti, o che ne sia veramente convinto, Stone è riuscito in ogni caso a raggiungere lo scopo che si era prefisso: far parlare nuovamente di sé e catalizzare l'attenzione degli spettatori statunitensi sull'Oliver Stone's Secret History of America, show prossimamente in onda sul piccolo schermo. Secondo Stone, il suo programma andrebbe a colmare alcune lacune esistenti nel sistema educativo americano, colpevole di propinare ai ragazzi "inesattezze se non vere e proprie bugie sul Novecento". E ciò avverrebbe attraverso un racconto "convenzionale e non veritiero delle vicende". La soluzione: mandare una copia del discutibile "corso di storia", come lo chiama lui, negli istituti scolastici del paese. Non si parlerà solo di Hitler, ma ci sarà spazio anche per altri personaggi chiave del secolo da poco conclusosi, tuttavia è evidente che il "pezzo forte" sarà rappresentato dalla puntata dedicata al dittatore nazista, la cui figura sarà messa a confronto con quella di Stalin, "quasi un eroe" a sentire il tre volta premio Oscar, che forse si dimentica i milioni di morti dei gulag. Ma tanto era già stato chiaro al momento della presentazione del progetto, quando aveva spiegato di voler "creare un'empatia con uomini che sarebbe invece molto facile odiare". L'amico e collaboratore Peter Kuznick ha comunque precisato che "non daremo un giudizio positivo né di Hitler né degli altri personaggi, ma cercheremo al contrario di descriverli come fenomeni storici senza prestarci al giochetto di categorizzarli come buoni o cattivi". E mentre le polemiche infuriano, una cosa risulta sempre più evidente: Oliver Stone, il maestro della provocazione per antonomasia, ha colpito ancora.

(Notiziario Ucei, 12 gennaio 2010)

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Tre palestinesi uccisi durante un raid aereo israeliano

L'attacco è avvenuto nella parte centrale della Striscia di Gaza

Tre palestinesi, secondo quanto riferito da fonti locali, sono rimasti uccisi un un raid aereo israeliano, avvenuto a est di Deir el-Balah, nella zona centrale della Striscia di Gaza.
Un portavoce militare israeliano ha confermato il raid, sostenendo che i tre morti erano tutti militanti della Jihad islamica. Poco prima dell'attacco, le emittenti israeliane avevano riferito che alcune bombe di mortaio o razzi lanciati da Gaza erano scoppiati in territorio israeliano.
Proprio domenica Benyamin Netanyahu, premier dello stato d'Israele, aveva avvertito che non avrebbe più tollerato le violazioni palestinesi del cessate il fuoco e avrebbe reagito con la forza.

(PeaceReporter, 11 gennaio 2010)

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"Auspico Savigliano gemellata con Auschwitz"

Lettera al direttore di un quotidiano online della provincia di Cuneo

Egregio direttore.
Da ormai dieci anni visito i siti che hanno contraddistinto in Europa gli eventi tragici della Shoah. Campi di sterminio, ghetti, sinagoghe: in Polonia, Germania, Austria, Francia, Italia e nella Repubblica Ceca. Nutro un profondo rispetto per il popolo ebraico e porto sempre con me la Kippah, il copricapo simbolo degli ebrei osservanti. Kippah che ho acquistato anni fa nella sinagoga della memoria a Praga. Il 27 gennaio ricorre nuovamente la giornata della Shoah voluta dal ministro Berlinguer (decreto 681) e sostenuta da tutte le forze politiche democratiche. Purtroppo il 2009 è stato contrassegnato dal furto della scritta 'Arbeit macht frei' (il lavoro rende liberi) assunto come simbolo del male anche e soprattutto all'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz. Sembra che le indagini stiano portando ad un gruppo neonazista svedese. Io sono stato sia ad Auschwitz e sia a Birkenau. Ci ho passato tre giorni intensi della mia vita visitando i siti dell'Olocausto, i resti dei forni e delle camere a gas, la judenrampe, il memoriale degli italiani, le baracche che hanno visto centinaia di migliaia di ebrei transitare quasi sempre verso i camini incessantemente accesi per anni. Mi rivolgo oggi all'assessore Silvana Folco e Chiara Ravera affinché promuovano nelle scuole non un atto dovuto, ma la memoria di un popolo sterminato dalla follia dell'uomo. Spero vivamente vengano intraprese tutte le iniziative volte alla visita preparata e guidata dei campi di Auschwitz I e II. Spero di vedere la nostra amministrazione sostenere incontri, non solo il 27 gennaio, con gli ultimi testimoni della Shoah (Liliana Segre - Goti Bauer - Giuliana Tedeschi) e con la comunità ebraica di Torino. Mi piacerebbe tanto che Savigliano si gemellasse idealmente proprio con Auschwitz. Mi permetto in ultimo di segnalare due recenti libri assolutamente fondamentali per quanto riguarda le leggi razziali e lo sterminio degli ebrei italiani quasi tutti passati da Fossoli, San Vittore, binario 21 a Milano Centrale, Auschwitz:
Marcello Pezzetti - Il libro della Shoah italiana - ed. Einaudi
Daniela Padoan - Come una rana d'inverno - ed. Bompiani

Distinti saluti,
Fulvio D'Alessandro - capogruppo consiliare - Savigliano

(targatocn.it, 11 gennaio 2010)

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La musica di Mozart è un toccasana per i bebè

Un bebè sano e sereno? I ricercatori consigliano la musica di Mozart alle neomamme, soprattutto se il bambino nasce prematuro. E' quanto emerge da uno studio realizzato da un team di medici israeliani dell'Università di Tel Aviv e pubblicato sulla rivista di settore Pediatrics.
Analizzando le risposte dei bebè a vari tipi di musica e a diversi compositori, gli scienziati sono giunti alla conclusione che proprio le melodie di Mozart costituiscono un vero toccasana nel corretto sviluppo del bambino.
Secondo Ronit Lubetzky, a capo dello studio, le note del compositore austriaco sembrano agire a livello celebrale riducendo il fabbisogno di calorie, un fattore importantissimo quando si tratta di bambini prematuri che devono acquistare peso rapidamente. Ulteriori indagini dovranno analizzare nel dettaglio i motivi di quest'azione benefica della musica di Mozart, ma secondo gli studiosi israeliani gli effetti sono ben evidenti.

(JUGO, 11 gennaio 2010)

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Shoah, a Roma sampietrini dorati davanti le case dei deportati

di Paolo Fantauzzi

ROMA, 11 gen - Piccoli sampietrini luccicanti per ricordare la deportazione degli ebrei romani. È l'"istallazione" che l'artista tedesco Gunter Demnig realizzerà il 27 gennaio, in occasione del Giornata della Memoria, davanti le abitazioni di alcuni degli oltre 1.000 deportati nei lager. A darne notizia è il mensile ebraico Shalom. Un modo per richiamare l'attenzione nei confronti di abitazioni anonime che furono teatro, nell'ottobre del 1943, del rastrellamento tedesco e per significare come la memoria non può ridursi a un appuntamento occasionale e celebrativo, ma costituire parte integrante della vita quotidiana. Una filosofia chiara fin dal nome scelto per il progetto, "Stolpersteine", ovvero "pietre d'inciampo", per sottolineare la volontà di far soffermare l'attenzione dei passanti. Poche parole, per sintetizzare al massimo decine di esistenze schiacciate dalla ferocia nazista, come quella per il sampietrino dedicato alla più piccola degli ebrei romani deportati nei campi di sterminio in Germania: "Qui abitava Rosanna Calò, nata il 18/8/1941, arrestata il 16/10/1943 a 2 anni, uccisa ad Auschwitz il 23/10/1943". Sei i municipi coinvolti (I, II, VI, IX, XVI, XVII) dall'iniziativa, che annunceranno con una lettera alla cittadinanza il giorno e l'ora di collocazione dei sampietrini.
Dall'Austria all'Ungheria alla Germania, dove sono quasi 200 le città in cui ha operato, sono più di dieci anni che Demnig gira l'Europa coi suoi sampietrini d'ottone per ricordare le vittime del Terzo Reich. Senza dimenticare quelle "categorie" di internati su cui spesso la memoria latita, come gli zingari, gli omosessuali o i disabili. Anche a Roma, a essere ricordati non saranno solo i deportati per motivi razziali, che saranno ricordati a via Flaminia 21, a via della Reginella e a piazza Rosolino Pilo 17. Ci saranno anche i militari che si rifiutarono di collaborare coi nazisti (come i dodici militari dell'Arma che saranno ricordati di fronte la caserma degli allievi carabinieri di viale Giulio Cesare e il colonello-partigiano Eugenio Paladini, a via Taranto 178) e tre deportati politici del Pigneto (in via Romanello da Forlì 34, via Ettore Giovenale 95 e via Ascoli Piceno 18). Inizialmente i sampietrini collocati, ognuno dei quali è stato pagato con sottoscrizioni private da 100 euro, saranno solo 30. Il progetto prevede tuttavia la possibilità di collocare ulteriori "stolpersteine" davanti le abitazioni di altri deportati, così da per ridare vita e significato a tante vittime sconosciute della Shoah dimenticate nel tempo.


(il Velino, 11 gennaio 2010)

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Body scanner e sicurezza negli aeroporti: cosa ci dice l'esperienza israeliana

di Anna Momigliano

Qualche giorno fa leggevo sul Corriere della Sera un editoriale intitolato "meglio un body scanner che un kamikaze." La mia prima reazione è stata: ci mancherebbe, è la scoperta dell'acqua calda. Poi, pensandoci un po' mi sono resa conto che forse in tutta questa preoccupazione, spesso giustificata, per la sicurezza negli aeroporti (e non solo), manca un elemento importante. E che forse Israele può offrire un modello con cui sarebbe utile confrontarsi.
Una premessa: non ho intenzione di discutere in questo blog di diritto alla privacy e sicurezza. E' una questione assai seria e complessa, ma non mi sembra questa la sede adatta per discuterne, né io sono un'esperta.
Quello di cui vorrei parlare è di buon senso. Il buon senso suggerisce che un problema di sicurezza negli aerei e negli aeroporti esiste, che in passato i terroristi hanno scelto proprio questi luoghi per compiere o pianificare stragi (come l'attentato fallito di Natale), che bisogna impedirglielo in ogni modo.
Con questa minaccia Israele convive da molto prima, rispetto al mondo occidentale. Qualcuno si ricorderà forse il sequestro di Entebbe, nel 1976: non sto a riassumervi la storia, chi è interessato la può leggere a questo indirizzo. Oppure può guardarsi lo storico film con Liz Taylor e Anthony Hopkins (che impersona Yitzhak Rabin).
Risultato? Nel corso dei decenni Israele ha sviluppato uno dei sistemi di sicurezza più efficaci e capillari.
Bene, qual è la peculiarità del sistema di sicurezza israeliano? L'utilizzo di body scanner o di macchinari particolarmente all'avanguardia? No, la faccenda è molto più semplice: il segreto sta tutto in un personale altamente qualificato. Ragazzi e ragazze che fanno domande ai passeggeri davanti al check in, tengono gli occhi aperti e sanno il fatto loro.
Insomma, più dei macchinari è la bravura del personale a fare la sicurezza di un aeroporto. Del resto, se ho ben capito, anche l'attentato di Natale è stato reso possibile dalla distrazione degli uomini della sicurezza.
La mia (personalissma) opinione è che aggiungere nuovi controlli e nuove regole non sia la cosa più utile. Molto più importante sarebbe fare di tutto affinché le regole già esistenti siano applicate come si deve, magari investendo nella formazione del personale. Questo almeno suggerisce l'esempio degli aeroporti israeliani.

Qui sotto un sketch della TV israeliana sulla security nell'aeroporto di Tel Aviv. E' in ebraico, ma non ci vuole molto a capire cosa sta succedendo.


(Panorama, 11 gennaio 2010)

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Libano - Caccia Israele violano il confine, l'esercito libanese spara

BEIRUT, 11 gen. - L'esercito libanese ha utilizzato oggi la sua artiglieria antiaerea contro quattro caccia israeliani che hanno sorvolato il sud del Libano a bassa quota, violando lo spazio aereo libanese: lo ha annunciato un portavoce locale. "L'artiglieria antiaerea ha sparato su quattro aerei nemici israeliani in procinto di sorvolare la regione di Marjayoun, questa mattina", ha dichiarato un portavoce dell'esercito. Secondo quanto si è appreso, i caccia israeliani modello Phantom sono stati presi di mira circa 70 volte. Questi sorvoli dell'aviazione dello stato ebraico sono considerati dall'Onu come una violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza. Israele sostiene che queste operazioni militari sono necessarie per sorvegliare sul contrabbando d'armi da parte del movimento sciita libanese Hezbollah, che viola la stessa risoluzione. (fonte afp)

(Apcom, 11 gennaio 2010)

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A Copenhagen dimostrazione contro la costruzione di moschee

COPENHAGEN - I politici locali hanno autorizzato la costruzione di una nuova, grande moschea nel ghetto di Norrebro a Copenhagen senza averne informato la popolazione perché ci sono alcune verità scomode che non hanno il coraggio di rivelare: secondo SIOE (Stop Islamization of Europe) il progetto è finanziato dalla Guardia Rivoluzionaria Iraniana. Il luogo di culto sarebbe quindi a tutti gli effetti "una fortezza delle forze oscure islamiche che controllano l'Iran con la paura e la sharia...da dove predicare che i gay devono essere fatti precipitare da palazzi alti e diffondere ulteriormente l'odio contro gli Ebrei".
Stando a quanto riferisce SIOE, "Norrebro ha una nutrita presenza palestinese che ha reso pericolose le strade per gli Ebrei che vogliono mostrare la propria identità. Saranno pericolose anche per quegli Iraniani che sono scappati dall'Iran dei mullah per cercarsi un rifugio sicuro in Danimarca. Costoro avranno un futuro buio ed insicuro all'ombra di una moschea gigantesca finanziata dall'Iran".
Per queste ragioni, SIOE ha diramato un appello a partecipare, il prossimo 27 marzo, ad una grande manifestazione contro la costruzione della moschea.

(ICN.News, 11 gennaio 2010)

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Il primo francobollo dell'anno ricorderà Perlasca

Le Poste commemorano l'italiano che in Ungheria salvò gli ebrei destinati ai lager

 Il francobollo dedicato a Giorgio Perlasca:
     uscirà il 31 gennaio
Giorgio Perlasca riuscì a salvare oltre 5000 ungheresi di origini ebraiche durante la seconda guerra mondiale, strappandoli alla deportazione nazista: al ricordo dell'italiano dichiarato da Israele «giusto delle nazioni» è dedicato il primo francobollo che le poste emetteranno quest'anno: valore 60 centesimi, uscita il 31 gennaio prossimo. Negli uffici postali si potrà acquistare un bollettino scritto da Franco Perlasca, figlio di Giorgio Perlasca e presidente della fondazione intitolata a suo padre. Gli annulli speciali nel primo giorno di emissione saranno apposti a Como (luogo di nascita di Perlasca nel 1910) e a Padova (dove ha poi vissuto e dove è morto nel 1992)
La vicenda di Perlasca è stata scoperta solo negli anni Ottanta, per merito di alcune sopravvissute alla Shoah e al libro La banalità del bene, di Enrico Deaglio: a Budapest occupata dai nazisti Perlasca, fascista che aveva combattuto per Franco, riuscì a farsi accreditare per diplomatico spagnolo, impegnandosi a fornire salvacondotti e rifugi agli ebrei. Al museo Yad Vashem di Gerusalemme, nel viale dietro al memoriale dei bambini, è stato piantato un albero a lui intitolato.

(Il Giornale di Vicenza, 11 gennaio 2010)

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La parabola del pacifista Galloway da Saddam Hussein ad Hamas

Ora che il convoglio pacifista "Viva Gaza" ha lasciato la Striscia, e i militanti occidentali, ebrei ed arabi compresi, hanno consegnato i loro aiuti umanitari alla popolazione palestinese, possiamo chiederci che tipo di "operazione umanitaria" è stata quella condotta a Gaza la settimana scossa. Non è la prima volta, infatti, che l'associazione raggiunge la Striscia guidata dallo scozzese George Galloway, un noto uomo politico comunista che ha paragonato Israele a Mengele, per poi rettificare o smentire quando ormai la notizia aveva fatto il giro del mondo....

(l'Occidentale, 11 gennaio 2010)

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Stampa Egitto: Israele pronto all'attacco. Barak avverte: Hamas mantenga la calma

Il quotidiano Al Ahram parla di "Piombo fuso 2" una nuova operazione offensiva contro Gaza della durata di 1 settimana

ROMA (11 gennaio) - Secondo il quotidiano filogovernativo egiziano Al Ahram Israele sarebbe pronto ad una nuova offensiva contro Gaza analoga a quella del dicembre-gennaio scorsi, una "Piombo Fuso 2", che durerebbe una settimana. Proprio ieri il premier israeliano Netanyahu aveva avvertito che Tel Aviv è sempre pronta a rispondere ad ogni violazione del cessate il fuoco da Gaza. Oggi il severo avvertimento del ministro della difesa Ehud Barak a Hamas affinché mantenga la calma nella Striscia.

La presunta Piombo Fuso 2.
Il quotidiano citando una televisione israeliana e riferisce che l'artiglieria sarebbe pronta a entrare in azione se il governo israeliano decidesse un nuovo attacco sull'intera Striscia di Gaza. La battaglia sarebbe condotta fra l'altro, prosegue il giornale, con l'uso di carri armati Merkava 4, corpi di artiglieria assistiti da un apparato tecnologico sofisticato, dispiegamento di truppe nelle aree densamente popolate, e soldati addestrati anche a difendersi da eventuali armi chimiche.
Il giornale cita anche il segretario del consiglio esecutivo dell'Olp, Yasser Abdrabboh, secondo cui Israele potrebbe mettere in atto le sue minacce, ma cerca anche di amplificare il peso effettivo di Hamas come minaccia alla sua sicurezza, in modo da mettere l'Anp e l'Egitto in una situazione critica.

Monito di Barak ad Hamas.
«Io consiglio a Hamas di valutare bene le proprie mosse e di impedire il fuoco in direzione di Israele - ha detto il ministro - Hamas farebbe bene inoltre a non versare lacrime di coccodrillo se fossimo infine costretti ad agire». Barak ha rilasciato le dichiarazioni dopo aver ricevuto i responsabili del progetto Cupola di ferro, che hanno messo a punto, a tempo di record, un sistema mobile di intercettazione di razzi, unico finora nel suo genere. Secondo i produttori è in grado di colpire in volo razzi con una gittata compresa fra alcuni chilometri fino a decine di chilometri. Il sistema dovrebbe diventare operativo a ridosso della striscia di Gaza nella estate del 2010. In prospettiva, potrebbe essere utilizzato anche nel Nord di Israele, per proteggere le città israeliane da eventuali attacchi dei miliziani libanesi Hezbollah.

Nella notte di ieri tre membri del braccio armato della Jihad islamica sono stati colpiti ed uccisi dal fuoco israeliano mentre, secondo Israele, erano in procinto si sparare dal sud della Striscia un razzo in direzione del Neghev.

(Il Messaggero, 11 gennaio 2010)

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Netanyahu daà il via a una barriera con l'Egitto

Per impedire l'ingresso ai migranti clandestini

GAZA, 10 gen - Il primo ministro israeliano Netanyahu ha dato oggi il via ai piani per la costruzione di una barriera lungo il confine con l'Egitto.
La misura per impedire l'ingresso a migranti clandestini provenienti dall'Africa e ad attivisti politici.'Ho preso la decisione di chiudere la frontiera meridionale agli infiltrati e ai terroristi - ha detto Netanyahu -. Si tratta di una decisione strategica per garantire il carattere democratico ed ebraico di Israele''.

(ANSA, 10 gennaio 2010)

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«Der Spiegel»: Hezbollah si finanzia con la droga

Il movimento libanese Hezbollah si sta finanziando con il traffico di cocaina in Europa, secondo il settimanale «Der Spiegel» che cita fonti dell'intelligence tedesca. Gli agenti hanno ottenuto le prime informazioni al riguardo nel corso di perquisizioni effettuate di recente a Beirut, riporta il settimanale in edicola domani.
I primi sospetti sono sorti nel maggio 2008, quando all'aeroporto di Francoforte vennero fermati quattro libanesi con 8,7 milioni di euro in contanti e un altro mezzo milione di euro venne rinvenuto nell'abitazione di un sospetto a Spira, nella Renania-Palatinato. Sulle banconote c'erano tracce di cocaina e le impronte digitali di tale Karlos, un olandese da anni coinvolto in vicende di droga sequestrata in Germania.

(il Giornale, 10 gennaio 2010)

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Museo Shoah, i borgomastri Sateriale e Tagliani

In primavera una mostra e una festa dedicate al libro ebraico

Riceviamo e pubblichiamo l'intervista uscita su Pagine ebraiche. Il giornale dell'ebraismo italiano, n. 1 gennaio 2010, p. 36 e rilasciata a Piero Stefani (direttore scientifico del Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah) da Gaetano Sateriale e Tiziano Tagliani relativa al Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah.
Uno dei monumenti ebraici più celebri al mondo si trova a Praga. È chiamato l'Altneueschul, la «Sinagoga vecchia e nuova». A Ferrara, rispetto al Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS), possiamo invece parlare di «Borgomastro vecchio e nuovo». Qualche mese fa, dopo due legislature, Gaetano Sateriale ha infatti completato il suo mandato; gli è subentrato Tiziano Tagliani. Seguendo l'ordine cronologico, abbiamo posto ad entrambi qualche domanda....

(estense.com, 10 gennaio 2010)

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Lapide suIl'ex hotel delle torture naziste

Il Comune tace, la mettono i partigiani

di Luca Salvi,

MILANO - "Qui dove era l'Albergo Regina, si insediò il 13 settembre 1943 il quartier generale nazista delle SS a Milano. Qui furono reclusi, torturati, assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio antifascisti, resistenti ed esseri umani di cui il fascismo e il nazismo avevano deciso l'annientamento". Questa epigrafe verrà affissa tra dodici giorni sul palazzo di via Santa Margherita 16, per ricordare uno di quei luoghi dell'orrore nazifascista che furono teatro della repressione seguita all'armistizio dell'8 settembre. Un edificio la cui storicità era finita nel dimenticatoio. A promuovere l'iniziativa sono state le associazioni partigiane (Anpi, Aned, Fondazione Memoriale della Shoah) e i 1.821 firmatari di una petizione che era stata consegnata alla presidenza del Consiglio del Comune poco più di un anno fa. Ma se fosse stato per il Comune, la lapide forse non sarebbe mai stata scolpita. «Sembrava che ci fosse un accordo spiega Marco Cavallarin, professore, storico, membro dell'Anpi nonché ideatore dell'iniziativa ma da mesi non ho avuto più alcuna risposta». Così i firmatari hanno provveduto da sé: rintracciato il proprietario dell'edificio, la Generali Properties, hanno ottenuto non solo il benestare, ma anche il finanziamento necessario. Il gruppo assicurativo ha pagato di tasca sua (circa duemila euro) l'epigrafe commemorativa.[...]

(Il Giorno, 10 gennaio 2010 - ripreso dal Notiziario Ucei)

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Gaza: incidente al confine, 2 morti

Netanyahu: Israele deciso a rispondere al fuoco

TEL AVIV, 10 gen - Incidente al confine fra la Striscia di Gaza ed Israele: secondo fonti palestinesi, 2 persone sono state uccise dai militari israeliani. 'La nostra politica e' chiara: ad ogni sparo, di razzi o di altro genere, la nostra reazione sara' severa': con queste parole il premier Benyamin Netanyahu ha commentato il graduale deterioramento della situazione al confine fra Israele e la striscia di Gaza.

(ANSA, 10 gennaio 2010)

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La verità dietro i film nazisti sul Ghetto di Varsavia

NEW YORK - E' una delle opere più attese del Sundance Film Festival. A Film Unfinished, il nuovo documentario della 33enne regista israeliana Yael Hersonski, che sarà proiettato in anteprima mondiale il 25 gennaio, svela per la prima volta il dietro le quinte dei documentari della propaganda nazista, girati nel ghetto di Varsavia pochi mesi prima della sua liquidazione, avvenuta tra luglio e settembre del 1942....

(Corriere della Sera, 10 gennaio 2010)

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Mostra Da Blanchaert il «Mondo scomparso» del ghetto ebraico

MILANO - Cronache visive da un mondo scomparso. Il tema della nuova mostra che inaugura domani nello spazio del gallerista Jean Blanchaert è dedicato alle memorie di un grande fotografo degli anni Trenta, Roman Vishniac, che testimoniò la vita delle comunità ebraiche nei ghetti dell'europa orientale, prima della distruzione operata dalla ferocia nazista. La vita quotidiana dei bambini, degli studenti, delle donne di casa, degli uomini con famiglia, degli anziani, in vari momenti della giornata e in vari periodi dell'anno: inverno e altre stagioni; nei ghetti delle città, nelle terre di campagna. Vishniac, con la cifra documentarista di un Cartier Bresson, scattò in quell'epoca oltre 16mila fotografie di cui, malgrado l'orrore dell'olocausto, riuscì a salvare circa duemila negativi. Un altro artista anch'esso ebreo, il disegnatore newyorkese Fred Charap, ha tempo fa raccolto l'invito di Blanchaert a ripercorrere con la propria cifra artistica quel mondo scomparso così appassionatamente descritto dall'obbiettivo Vischniac. Ne è scaturita una personale di disegni che raccontano un quartiere popolato quasi interamente da ebrei-russi, uno shtetl americano, un mondo impregnato di tutti gli aspetti della vita ebraica, dalla religiosità più strettamente osservata, alla tradizione più laica, in cui tuttavia gli individui partecipano attivamente alla conservazione e alla trasmissione di una cultura lontana, ferma nel tempo e nello spazio.
Le opere di Fred Charap descrivono la sua storia, delineano attraverso il contrasto di bianchi e neri, la strada percorsa e un modo di vivere: l'ambivalenza e la ritualità, la gioia e la sofferenza e, in ultimo, la disperazione terribile della fine.
Attraverso la complessa architettura che nasce dal rapporto tra elementi spaziali ed elementi simbolici (come la nota icona del violinista Yiddish o le lettere magiche dell'alfabeto ebraico), Fred Charap recupera e ridisegna le tracce di quel mondo perduto.

(il Giornale, 10 gennaio 2010)

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Shoah - Il 27 esce il libro "Judenrampe", "Gli ultimi testimoni"

Le voci di sopravvissuti allora adolescenti di Segre-Pavoncello

ROMA, 9 gen. - Esce il 27 gennaio, in occasione del Giorno della Memoria, "Judenrampe" o "Gli ultimi sopravvissuti", il libro che raccoglie le testimonianze di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti che al momento della deportazione avevano un'età compresa tra i dodici e i vent'anni curato dalla psicoterapeuta Anna Segre e dalla sociologa Gloria Pavoncello per la Collana Antidoti (Elliot Edizioni, 219 pagine, 17.50 euro).
"Io l'ho vista la fossa in cui bruciavano i bambini, l'ho vista e posso dirlo. Noi che non mangiavamo maiale, che stavamo attenti a non accendere il fuoco di shabbat e questi che bruciavano i bambini vivi. Poi non dormi più. Prova a dormire dopo questo. Non dormi più". E' solo un esempio. O ancora: "Alle quattro del mattino sei sveglio perché c'è l'appello, ancora oggi dopo sessant'anni".
Persone che ogni giorno, tra l'inverno del 1943 e la primavera del 1945, hanno vissuto sulla loro pelle il male assoluto, quello che lascia tracce indelebili, che distrugge e annichilisce senza un motivo. Sono usciti vivi da Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dora, Ebensee, Dachau, Buchenwald, Ravensbrueck, Bergen Belsen nonostante il lavoro forzato, la fame, il freddo, le botte, gli esperimenti, gli appelli, le selezioni, le marce. Tutti loro, all'epoca adolescenti, richiamano alla memoria l'istante in cui sono stati separati dai loro genitori, l'ultimo abbraccio, i baci e le urla. Poi l'inferno: quando tennero lo sguardo fisso sui piedi per non vedere, quando videro i soldati giocare al tirassegno con i bambini, quando videro i compagni di prigionia morire a pochi minuti dalla liberazione, quando non furono creduti al loro ritorno a casa.
Tra le testimonianze raccolte da Segre e Pavoncello ci sono ebrei catturati in Italia, a Fiume, a Rodi, in Grecia, in Ungheria, in Croazia, in Libia, oppositori politici e militari sconfitti, ci sono le loro voci in presa diretta che scavano nella memoria per restituirci non l'accurata ricostruzione storica di quegli eventi, ma gli istanti in cui persero la loro innocenza.

(Apcom, 9 gennaio 2010)

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Persecuzioni e attentati contro i luogi di culto

In Libano l'avvertimento del capo di Hezbollah

Una persecuzione che investe i cristiani in molte parti del mondo. Non solo in Egitto, dove giovedì hanno fatto strage di cristiani copti che uscivano dalla messa di Natale, ma in molte parti del mondo, dall'Iraq al Pakistan, dall'India alla Nigeria, dal Vietnam alle Filippine, sono numerosi i casi di violenze contro i cristiani, anche se i motivi religiosi si intrecciano spesso con altri, legati a rapporti personali, politici o semplici intenti criminali. E ieri la notizia delle chiese incendiate in Malaysia. Un vero e proprio progrom contro i cristiani. Quattro chiese sono state attaccate con ordigni incendiari, proteste di musulmani che minacciano azioni di forza contro la minoranza cristiana. All'origine dei disordini c'è l'uso della parola «Allah» da parte dei cristiani, in un caso giudiziario che nelle ultime settimane ha riportato a galla le tensioni latenti tra le diverse comunità etnico-religiose. In Egitto tre persone sono state arrestate dalla polizia egiziana, sospettate di essere gli autori dell'attacco alla chiesa copta di Nag Hamadi. In Iraq, il 15 dicembre scorso, poco prima del Natale gregoriano, con alcune autobomba esplose fuori da chiese di Mossul e alcuni omicidi avvenuti in circostanze poco chiare. Nella stessa zona, l'anno prima, oltre 40 cristiani erano stati vittime delle violenze degli estremisti sunniti sempre nella zona di Mossul e circa 12 mila di loro avevano abbandonato la regione per trasferirsi altrove. Tragiche, secondo un comitato che ha lanciato recentemente una petizione internazionale, le conseguenze della legge antiblasfemia in Pakistan, costate la vita a molti esponenti di fede diversa da quella islamica. La paura si tocca con mano, tanto che il 40% di persone in meno hanno partecipato alle celebrazioni natalizie, nonostante le severe misure di sicurezza. In Libano dove non si registrano violenza ci sono invece le velate minacce di Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah che dopo Natale ha rivolto un mnonito ai cristiani del Libano invitandoli a rivedere certe scelte politiche. «Voglio rivolgermi ai cristiani del Libano - ha detto Nasrallah - Noi siamo uomini pazienti, pronti a sacrificarci. Uomini leali. Non possiamo essere provocati. Cristiani imparate dala situazione in Iraq dove neppure il potente esercito americano riesce a proteggere i cristiani».

(Il Tempo, 9 gennaio 2010)

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Perché Abbas non vuole riprendere i colloqui di pace con Israele

Il ruolo negativo della diplomazia europea

I leader dell'Autorità palestinese hanno raggiunto la conclusione che, date le circostanze, sarebbe una perdita di tempo tornare al tavolo dei negoziati con Israele. Sono convinti che l'unico modo di ottenere qualcosa sia di cavalcare le pressioni esercitate dalla comunità internazionale contro lo Stato ebraico.
E' per questa ragione che i rappresentanti palestinesi hanno negoziato il processo di pace con europei e americani, piuttosto che con gli israeliani.
I capi palestinesi di Ramallah sono sì impegnati in discussioni circa il processo di pace, però con i ministri degli Esteri di Francia, Svezia, Norvegia, Germania e Regno Unito, e non con Israele. Quasi ogni passo preso dalla leadership palestinese in merito al processo di pace, è strettamente coordinato con le diplomazie occidentali....

(l'Occidentale, 9 gennaio 2010)

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Israele-S.Sede: Il 10 febbraio nuovo incontro bilaterale

CITTA' DEL VATICANO, 9 gen - La Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato di Israele tornera' ad incontrarsi il 10 febbraio prossimo, nella sede del Ministero degli Affari Esteri Israeliano. Ad annunciarlo e' la Sala stampa della Santa Sede.
La Commissione si era incontrata il 7 gennaio scorso ed i colloqui tra le parti sono stati definiti, dal versante vaticano, ''utili'' e ''svolti in un'atmosfera di cordialita''' che ha consentito di affrontare ''alcuni temi importanti per i prossimi incontri''.
La riunione Plenaria della Commissione avra' luogo, invece, il 27 maggio 2010, in Vaticano.

(ASCA, 9 gennaio 2010)

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Hummus da record, 4.090 kg: villaggio israeliano nel Guinness dei primati

Abitanti mobilitati con 50 cuochi e 150 camerieri. L'organizzatore: spero un giorno sia una pietanza di pace

ROMA - Centinaia di abitanti del piccolo centro arabo cristiano di Abu Gosh, alle porte di Gerusalemme, si sono mobilitati diretti da 50 cuochi e 150 camerieri per stabilire - davanti ad una quarantina di troupes televisive locali e straniere - un nuovo record producendo «il più grande piatto di hummus (crema di ceci) al mondo». Con 4.090 chilogrammi, gli abitanti di Abu Gosh sono entrati nel Guinness dei primati frantumando il record stabilito a novembre a Beirut, dove i cuochi libanesi avevano prodotto una porzione di hummus e di tabuleh da 2.056 chilogrammi.
«È un giorno di festa per Abu Gosh, sono sopraffatto dalla emozione», ha detto Jawdat Ibrahim, l'uomo d'affari organizzatore della manifestazione. Prevedendo l'assalto, la cittadina di Abu Gosh aveva provveduto a preparare 10 mila pite, il pane arabo. A record stabilito, palloncini bianchi ed azzurri sono stati liberati in cielo, mentre nelle strade i giovani inanellavano danze. Nell'atmosfera di kermesse, anche il traffico automobilistico della zona circostante è stato brevemente fermato dalla polizia. Ibrahim ha quindi detto alla stampa di non voler ingaggiare alcuna «guerra dell'hummus» con i libanesi. Al contrario: il suo sogno, ha aggiunto, è che un giorno si creino le condizioni politiche adeguate per consentire ai cuochi di Abu Gosh di produrre assieme con quelli Beirut un hummus davvero storico, una pietanza di pace.

(Il Messaggero, 8 gennaio 2010)

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Ahmadinejad vuole costruire "un nuovo ordine mondiale"

Iran e Siria hanno come missione la creazione di un "nuovo ordine mondiale basato sulla giustizia, l'umanità e il credo in Dio". E' quanto ha affermato ieri a Teheran il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, ricevendo lo speaker del parlamento siriano, Mahmoud al-Abrash. Secondo Ahmadinejad, riferisce l'agenzia stampa Mehr, l'alleanza fra Teheran e Damasco ha neutralizzato le politiche occidentali in Medio Oriente, spingendole in un vicolo cieco, e costringerà gli Stati Uniti a metter fine alle interferenze nella regione. Ecco i frutti della politica di appeasement, dopo il fallimento della rivoluzione democratica in Libano (dove Hezbollah è tornato al potere) e il ritiro americano dall'Iraq.

(l'Opinione, 8 gennaio 2010)

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500 dollari a ogni israeliano che uccide un soldato ebreo

L'annuncio su un sito pro Hamas

GERUSALEMME, 8 gen. - Cinquecento dollari in premio per ogni cittadino israeliano che provi "di aver intenzionalmente ucciso" un soldato dello Stato ebraico. Questa la proposta, firmata da un sito web vicino a Hamas, che in questi giorni è stata recapitata via email nelle caselle elettroniche di numerosi cittadini israeliani, stando a quanto si legge oggi su 'Yedioth Ahronoth'. "Uccidi i soldati e ottieni denaro in cambio" è il titolo del messaggio, che contiene anche link ad alcuni video contro Israele pubblicati sulla piattaforma di video-sharing 'YouTube'. Nel sito web filo-Hamas, al quale rimanda il messaggio, è precisato che chi vuole riscuotere il premio di 500 dollari deve prima inviare una foto della vittima.
Vengono inoltre suggerite alcune armi per uccidere i soldati israeliani ed è specificato che lo scopo principale dell'inizativa è sostenere economicamente gli israeliani disoccupati. Secondo 'Ynet', non è ancora chiaro se l'email abbia raggiunto solo i cittadini israeliani o se sia stata inviata anche al di fuori dei confini dello Stato ebraico.

(IGN, 8 gennaio 2010)

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Un palestinese su un aereo: “Voglio uccidere tutti gli ebrei”

Immobilizzato con una pistola elettrica e arrestato sul velivolo

WASHINGTON, 7 gen - Un passeggero di un aereo Delta Miami-Detroit e' stato arrestato sul velivolo dopo aver cominciato a urlare slogan antisemiti.
L'incidente e' avvenuto mentre l'aereo era ancora sulla pista di Miami in attesa del decollo. Il passeggero, un americano di origine palestinese, avrebbe cominciato a urlare 'sono palestinese e voglio uccidere tutti gli ebrei'. Il pilota e' cosi' tornato al terminal. Agenti saliti a bordo hanno arrestato l'uomo immobilizzandolo con una pistola elettrica.

(ANSA, 8 gennaio 2010)

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Una insensata e terribile guerra politico-religiosa

di Anna Foa

Il massacro in Egitto di sei cristiani copti che uscivano dalla messa del Natale, dopo giorni di grandi tensioni e minacce, è un evento luttuoso per quanti hanno a cuore la libertà di religione e di coscienza e un segnale preoccupante di uno scontro che diventa sempre più violento e in cui tutti quelli che non sono islamici, cioè cristiani, ebrei, ma anche musulmani tiepidi e troppo laici, sono considerati nemici dall'Islam radicale. Nulla di nuovo in tutto questo, certo, tranne quei cadaveri di ragazzi usciti dalla chiesa, sempre diversi, sempre nuovi, loro. Quando la situazione ha cominciato a precipitare così, non erano forse ancora nati. E altri ne verranno, mentre la polizia non li difenderà, come è successo ieri, e mentre le autorità si affanneranno a trovare sempre nuove scuse "private" - una resa dei conti, la reazione a uno stupro, odi famigliari, chissà? - a quello che è solo un altro episodio di una insensata e terribile guerra politico-religiosa.

(Notiziario Ucei, 8 gennaio 2010)

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Basta condanne rituali, l'Europa alzi la voce

Le ambiguità di un Paese amico

di Riccardo Redaelli

Un attacco particolarmente odioso, che ha colpito la comunità dei cristiani copti proprio nel giorno in cui stavano celebrando la nascita di Cristo. E, purtroppo, tragicamente sanguinoso. È l'ennesimo atto di violenza e di intimidazione contro una delle più importanti comunità cristiane dell'Oriente, parte integrante dell'identità egiziana, ormai da anni oggetto di attacchi crescenti. In Egitto, come in molti altri Paesi d'Africa e d'Asia, a maggioranza islamica o meno (basti pensare alle violenze anti-cristiane che hanno insanguinato l'India).
Da troppi anni, la deriva fondamentalista si accanisce contro la presenza minoritaria di altri culti. Come se la pluralità religiosa, e ancor più, la libertà di fede apparisse un qualcosa di intollerabile e non un diritto fondamentale di ogni persona.
In Medio Oriente, i cristiani sono le prime vittime di questa violenza. L'obiettivo, in Egitto come in Iraq o in Pakistan - per fare altri esempi - è quello di ridurne la presenza e la visibilità, di recidere il legame che essi hanno con i loro territori d'origine, spingendoli all'emigrazione o alla ghettizzazione in enclave separate. Un legame popolo-terra che dura da duemila anni, e quindi è ben più antico di quello dello stesso islam. Non certo ospiti transitori, come alcuni vorrebbero far credere. Finora le reazioni non sembrano essere state efficaci. Certo, vi sono molte dichiarazioni formali di condanna, in Occidente come nei Paesi in cui queste violenze avvengono. Ma vi è bisogno di più, e talora di parole meno ipocrite. I governi mediorientali reagiscono sempre aumentando temporaneamente le misure di sicurezza verso i principali luoghi di culto dei cristiani o riaffermando il loro impegno a proteggerli. Ma è evidente come si cerchi di 'derubricare' il problema a rancori locali, a vendette personali (che ovviamente possono essere a volte le cause scatenanti), cercando di sminuirne la portata sistemica.
Mentre è evidente che i milioni di copti egiziani e tutte le Chiese cristiane affrontano problemi di ogni tipo: dalle minacce dirette alle difficoltà di professare il culto; dalle accuse di fare proselitismo - attività che alcuni Stati musulmani puniscono con grande severità - alla scarsa rappresentanza a livello politico e amministrativo. Fino agli ostacoli per ottenere giustizia e vedere riconosciute le proprie ragioni.
Sono le conseguenze della politica adottata dalla leadership del Cairo, che ha rapporti conflittuali con i movimenti fondamentalisti e cerca di non acuirli apparendo troppo attenta ai copti. Ma l'Egitto è anche un Paese che da decenni gode di enormi aiuti economici da parte dell'Occidente, e dell'Unione Europea in particolare. Un Paese amico, difeso sempre, talora con perfino troppa indulgenza.
L'Unione Europea ha individuato nella difesa delle minoranze (etniche, religiose, culturali) uno dei pilastri della propria azione. E il problema di come tradurre questo concetto nella pratica politica e nel vissuto quotidiano deve entrare nelle agende dei vari consessi promossi, e finanziati, da Bruxelles. Ad esempio, ponendo il problema della libertà di religione fra i temi principali di dibattito dell'Unione per il Mediterraneo, il programma che ha sostituito il deludente Partnenariato Euro-Mediterraneo del 1995. E quindi sollevare le questioni del diritto a cambiare credo - argomento quasi tabù nella sponda sud del Mediterraneo, dato che la sharia punisce con la morte tanto ' l'apostata' quanto chi lo induce alla conversione - della tutela dei figli di coppie 'miste' per fede, del modo in cui portare nelle scuole i concetti di tolleranza e rispetto quali valori e non mere concessioni... Insomma, ben più di qualche poliziotto in più nei giorni successivi alla strage. È tempo che alle parole di condanna facciano seguito programmi concreti di lungo periodo.

(Avvenire, 8 gennaio 2010)

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Terrorismo: arrestato in Libano il leader di Fatah al Islam vicino ad al Qaeda

BEIRUT. L'esercito libanese ha tratto in arresto un uomo sospettato di essere un importante leader di un gruppo islamico vicino ad al Qaeda: lo ha reso noto oggi un portavoce militare. "Abbiamo arrestato un pezzo grosso, ieri sera, durante un'incursione a Beirut", ha dichiarato il portavoce senza fornire ulteriori dettagli.
L'uomo fermato è sospettato di essere un dirigente del gruppo Fatah al Islam. Un responsabile della sicurezza ha precisato che si tratta di un palestinese che risiedeva in uno dei dodici campi profughi palestinesi in Libano.
"Il sospetto era sull'elenco delle persone ricercate dalle autorità statali ed è un membro di Fatah al Islam", scritto il giornale An Nahar: si sospetta un suo coinvolgimento in "attentati terroristici".

(Sabato Sera Online, 8 gennaio 2010)

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Tennis: Aukland, Shahar Peer tornerà in Nuova Zelanda

AUKLAND - Shahar Peer tornera' a disputare il torneo di Aukland nonostante sia stata oggetto di aggressioni verbali da parte di attivisti pro-Palestina. Lo ha affermato la tennista israeliana dopo essere stata eliminata in semifinale dalla belga Yanina Wickmayer. Ieri un gruppo di palestinesi ha inscenato una manifestazione di protesta contro la Peer costringendo la polizia a intervenire e ad arrestare due persone.

(Napoli Magazine, 8 gennaio 2010)

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Israele: messo a punto il sistema antimissilistico Iron Dome

GERUSALEMME. Israele ha annunciato di aver sperimentato con successo il sistema di difesa missilistico "Iron Dome", in grado di intercettare i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza o dal Libano meridionale.
Come riporta il quotidiano britannico The Times, il sistema è in grado di intercettare missili con gittata compresa fra i 4 e i 70 chilometri, rilevando il punto di impatto e "ignorando" quelli destinati a cadere in zone disabitate.
L'iron Dome verrà sistemato nel sud del Paese entro i prossimi due mesi e nelle zone settentrionali entro la fine del 2010. La "cupola di ferro" fa parte di un sistema difensivo a tre livelli progettato in modo da colpire diversi tipi di missile, insieme al David Slingshot e all'Arrow, questi ultimi progettati con la cooperazione degli Stati Uniti.

(Sabato Sera Online, 8 gennaio 2010)

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Netanyahu: basta concessioni a Hamas

Per ottenere la restituzione del caporale Shalit

GERUSALEMME, 8 gen - Il premier israeliano Netanyahu non vuole piu' fare concessioni ad Hamas per la restituzione del caporale Ghilad Shalit. Netanyahu, scrive oggi la stampa, ha ordinato al negoziatore israeliano Haggai Hadas di non avanzare a Hamas ulteriori proposte dopo quelle offerte due settimane fa, che prevedono la liberazione di centinaia di palestinesi condannati per terrorismo. Netanyahu esige che costoro, una volta liberati, siano messi in condizione di non nuocere agli israeliani.

(ANSA, 8 gennaio 2010)

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Archeologia - Israele, decriptata più antica iscrizione ebraica

Risale al decimo secolo prima dell'iscrizione ebraica

GERUSALEMME, 7 gen. - E' stata decriptata la più antica iscrizione ebraica, che risale al decimo secolo prima dell'era cristiana. Lo ha annunciato il Dipartimento degli studi biblici dell'Università di Haifa, nel nord di Israele. Secondo un comunicato dell'università, l'archeologo israeliano Gershon Galil è riuscito a dimostrare che un'iscrizione a inchiostro che appare su un frammento di porcellana che risale al regno del re David era il più antico testo ebraico. Il frammento è stato scoperto un anno fa e mezzo durante gli scavi effettuati da un altro archeologo, Yosef Garfinkel, nel sito di Khirbet Qeyfa, vicino alla valle di Elah nella regione di Gerusalemme. L'iscrizione riguarda il trattamento che deve essere riservato ai poveri, agli schiavi, agli stranieri, alle vedove e agli orfani, ha chiarito il comunicato. Le parole utilizzate sono specificamente ebraiche e i concetti ai quali fanno riferimento dipendono da quelli che sono illustrati nella Bibbia.

(Apcom, 7 gennaio 2010)

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Egitto, attacco a cristiani

È stata una notte di Natale di sangue per i cristiani della comunità copta in Egitto. Nel villaggio meridionale di Nagaa Hamadi, infatti, otto di loro e un poliziotto sono morti colpiti dai proiettili sparati da una vettura con a bordo tre musulmani. Sei sono morti subito dopo la sparatoria, avvenuta mentre erano raccolti in strada vicino alla chiesa, dopo la Messa di Natale che cade il 7 gennaio nel calendario ortodosso. Gli altri in ospedale alcune ore dopo. A spingere al gesto omicida, di cui sarebbe responsabile un pregiudicato già identificato dalle forze dell'ordine, la vicenda di un presunto rapimento con abusi sessuali ai danni di una giovane musulmana, attribuito ad un giovane cristiano. L'aggressore sembra aver sparato a caso sui cristiani, senza scegliere il bersaglio, in una sorta di vendetta «collettiva». L'episodio di ieri, nel governatorato di Qena, è solo l'ultimo di una serie di violenze e scontri interconfessionali ricorrenti in particolare nell'Alto Egitto, e spesso innescati proprio da vicende che coinvolgono l'onore ed il pudore delle giovani musulmane...

(l'Unità, 7 gennaio 2010)

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Iraq, Nigeria, Usa: le violenze contro i cristiani

Non solo in Egitto, dove ieri qualcuno ha fatto strage di cristiani copti che uscivano dalla messa di Natale, ma in molte parti del mondo, dall'Iraq al Pakistan, dall'India alla Nigeria, dal Vietnam alle Filippine, sono numerosi i casi di violenze contro i cristiani, anche se i motivi religiosi si intrecciano spesso con altri, legati a rapporti personali, politici o semplici intenti criminali.
Le ultime di una certa entità erano avvenute in Iraq, il 15 dicembre scorso, poco prima del Natale gregoriano, con alcune autobomba esplose fuori da chiese di Mossul e alcuni omicidi avvenuti in circostanze poco chiare.
Nella stessa zona, l'anno prima, oltre 40 cristiani erano stati vittime delle violenze degli estremisti sunniti sempre nella zona di Mossul e circa 12 mila di loro avevano abbandonato la regione per trasferirsi altrove. Continui gli attacchi contro le chiese, per i quali il Vaticano è più volte intervenuto presso il governo iracheno. Poco dopo, proprio nel giorno di Natale, sono stati processati, con molte assoluzioni o pene piuttosto lievi i responsabili delle stragi compiute nell'agosto del 2008 nello Stato indiano dell'Orissa. Furono bruciate case, assaltati conventi, orfanotrofi e ospedali, violentate e bruciate vive suore. Un bilancio definitivo delle vittime non si è mai avuto.

(Il Secolo XIX, 7 gennaio 2010)

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Gaza, militanti sparano 10 tiri di mortaio contro sud Israele

Dopo annuncio stato ebraico su sistema 'Iron Dome'

GAZA CITY, 7 gen. - Militanti palestinesi hanno sparato almeno dieci tiri di mortaio in territorio israeliano da Gaza, dopo che ieri lo stato ebraico ha annunciato di aver sperimentato con successo uno scudo tecnologicamente avanzato contro i futuri attacchi dai territori controllati da Hamas.
Quando sarà installato, il sistema "Cupola di ferro" (Iron Dome) potrebbe privare il movimento integralista islamico di un importante strumento di minaccia contro Israele. Nel corso degli anni i fondamentalisti islamici hanno sparato migliaia di razzi e mortai contro le comunità israeliane al confine, seminando il panico tra migliaia di civili.
L'annuncio di Israele sul nuovo sistema di difesa arriva in concomitanza con l'intensificarsi degli sforzi dell'Egitto per smantellare centinaia di tunnel per il contrabbando costruendo una barriera d'acciaio sottoterra lungo la sua frontiera con Gaza.

(Apcom, 7 gennaio 2010)

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Libano, Ghajar: colloqui "produttivi" tra Israele e Unifil

ROMA, 7 gen - La squadra di negoziatori del ministero degli Esteri israeliano, guidata dal direttore generale Yossi Gal, ha concluso la seconda tornata di colloqui (la prima era avvenuta a dicembre) con il comandante di Unifil, il generale Claudio Graziano, sulla questione delle alture di Ghajar. Lo Stato ebraico ha ribadito l'impegno a trovare un accordo nell'ambito della risoluzione Onu 1701. L'intesa, comunque, dovrà da una parte garantire la sicurezza di Israele e dei suoi cittadini; dall'altra, il benessere degli abitanti del villaggio. I colloqui sono stati giudicati cordiali e produttivi da ambo le parti. A margine degli incontri, Gal ha consegnato a Graziano un dono come riconoscimento della sua promozione a generale a tre stelle dell'esercito italiano. Per quanto riguarda il prossimo incontro, non è ancora stata fissata una data, ma avverrà nelle prossime settimane. La questione di Ghajar, il villaggio alawita adagiato lungo il fiume Hasbani sul confine tra il Libano e Israele è rimasta aperta dal 2006, quando lo Stato ebraico ne aveva rioccupato i quartieri settentrionali durante il secondo conflitto con il Paese dei cedri.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu (come ha riferito a diecembre il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini) aveva recentemente dato istruzioni al ministero degli Esteri affinché prendesse contatti con Unifil al fine di valutare gli aspetti tecnici della proposta di ritiro dal villaggio di Ghajar, formulata dal generale Claudio Graziano". La forza Onu, peraltro, è diventata protagonista della vicenda non solo sul piano diplomatico. Israele, infatti, si è detta disposta a lasciare Ghajar ma ha chiesto anche che i quartieri settentrionali passino sotto il controllo di Unifil fino a data da destinarsi.

(il Velino, 7 gennaio 2010)

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Auckland - Ancora cori anti-Israele contro la Peer

Per il terzo giorno consecutivo il match del torneo di Auckland che vedeva in campo l'israeliana Shahar Peer è stato disturbato da gruppo di una ventina di attivisti con slogan, striscioni e bandiere della Palestina che hanno protestato contro Israele. La polizia neozelandese ha fermato cinque persone che manifestavano rumorosamente nei pressi del campo dove era in corso il match vinto poi dalla Peer che si è qualificata alle semifinali battendo la russa Kirilenko (60 36 61) e nella notte italiana affronterà la belga Wickmayer (nell'altra semifinale saranno di fronte le due azzurre Pennetta e Schiavone).
Anche lo scorso anno, e sempre ad Auckland, la Peer era stata al centro di una rumorosa contestazione nel corso del suo match contro la russa Dementieva. Nel febbraio 2009 il governo degli Emirati Arabi aveva rifiutato il visto d'ingresso alla ventiduenne tennista israeliana che doveva giocare a Dubai adducendo motivi di sicurezza. Gli organizzatori del torneo erano poi stati multati dalla Wta. La Peer a 19 anni, come molte sue coetanee in Israele, si è arruolata nell'esercito e continua a lavorare, con incarichi amministrativi, quando non è impegnata nei tornei di tennis.

(FIT, 7 gennaio 2010)

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Grecia: attentato contro un’antica sinagoga, biblioteca semidistrutta

La sinagoga di Etz Hayyim
ATENE - Un attentato incendiario perpetrato contro l'antica sinagoga di Etz Hayyim a Hania, sull'isola di Creta ha gravemente danneggiato una gran parte dei 1600 volumi e manoscritti antichi della sua famosa biblioteca. Lo ha detto all'Ansa il direttore della sinagoga Nikolas Stavroulakis.
L'attentato, avvenuto nelle prime ore di ieri, ha provocato l'incendio e la distruzione della grande scalinata di legno della sinagoga che conduce al primo piano dove si trova la biblioteca. Grazie all'allarme dato da un vicino e il pronto intervento dei vigili del fuoco le fiamme non si sono estese all'interno dell'edificio ma, ha spiegato Stavroulakis telefonicamente, il grande calore sprigionato dall'incendio e il fumo ha gravemente danneggiato gli antichi volumi che si trovavano sulla parete piu' esterna della biblioteca, causando danni piu' o meno seri a tutti gli altri.
''Non sono in grado di dire se e quanti libri potranno essere restaurati'' ha spiegato il direttore della sinagoga. La sinagoga di Hania, ultimo importante monumento ebraico che sopravvive sull'isola di Creta, e' tra le piu' antiche e famose della Grecia e funziona sia come luogo di culto che come centro culturale e museo-memoriale della storia dell'antichissima comunita' israelita di Creta. Venne restaurata alla fine degli anni Novanta.

(ANSA, 7 gennaio 2010)

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"No alla partita di calcio Anp-Israele contro Brasile"

Ignacio Lula
GINEVRA, 6 gen - Il presidente del Brasile Ignacio Lula ha lanciato una proposta: una partita amichevole di calcio fra la nazionale brasiliana e una squadra mista israelo-palestinese. Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Malki l'ha bocciata. "Dal momento che il processo di pace è fermo da entrambe le parti, non è buon momento per organizzare la partita", questa la replica del ministro palestinese al presidente brasiliano, rilasciata in occasione di un incontro avuto a Ginevra con il ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorim. "Apprezziamo comunque molto l'offerta del presidente Lula di mandarci la nazionale brasiliana", ha aggiunto al-Malki riferendosi alle tante dichiarazioni in cui il leader brasiliano diceva di "sognare" una partita simbolica a sostegno della pace. "Tutti gli appassionati di calcio palestinesi amerebbero di veder giocare la nazionale brasiliana in Palestina, compresi i miei figli, che sono dei fan di tutti i giocatori - ha aggiunto il ministro degli esteri - ma è evidente che i tempi non sono quelli giusti. Speriamo di poter organizzare la partita prima che il Brasile parta per il Sudafrica per giocare la Coppa del Mondo". A proposito dei rapporti tra i due paesi, il ministro degli Esteri brasiliano ha dichiarato che non si escludono contatti diretti con Hamas se questo può aiutare a risolvere il conflitto israelo-palestinesi.

(Notiziario Ucei, 7 gennaio 2010)

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Israele: collaudato con successo un sistema antirazzi

Un sistema di difesa da razzi di diverso tipo, sviluppato in Israele e denominato "Cupola di ferro", è stato collaudato con "grande successo" negli scorsi due giorni ed è riuscito a distruggere in volo salve di razzi di tipo Grad. Lo ha riferito oggi nel telegiornale la tv privata Canale 10.
Secondo l'emittente, "Cupola di Ferro" ha superato le più rosee aspettative dei progetttori ed è stato perfino in grado di distinguere tra razzi diretti su centri abitati - da distruggere - e quelli diretti in aree aperte e disabitate, da lasciar passare. Il sistema è in grado di distruggere in volo razzi aventi un raggio d'azione di 4-70 km.
La prima batteria di "Cupola di Ferro" sarà operativa tra quattro mesi e sarà piazzata a difesa di aree del sud di Israele minacciate dai razzi sparati dalla Striscia di Gaza. In seguito altre batterie saranno piazzate anche nel nord del paese, minacciato dai razzi di diverso tipo in possesso degli Hezbollah libanesi.

(swisscom, 6 gennaio 2010)

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Ad Auckland la protesta non ferma la Peer

La protesta non ha fermato il cammino di Shahar Peer al torneo di Auckland. La tennista israeliana, per il secondo anno consecutivo al centro della contestazione di un gruppo di attivisti per la Palestina, ha centrato il passaggio ai quarti sui campi neozelandesi, battendo la slovacca Magdalena Rybarikova in due set con il punteggio di 6-1 6-0. Intanto uno degli autori della protesta contro la giocatrice israeliana sarebbe stato arrestato, secondo quanto riportano i media. «È stata davvero una brutta cosa - ha detto la Peer - quando ho sentito i cori il mio gioco è migliorato, perchè volevo dimostrare che si poteva giocare bene anche con quel rumore». Intanto si garantiscono il passaggio ai quarti anche le due azzurre impegnate ad Auckland: Francesca Schiavone ha superato l'indiana Sania Mirza 6-0 6-3 e Flavia Pennetta la spagnola Carla Suarez Navarro 6-2 6-2.

(Leggo Online, 6 gennaio 2010)

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Aiuti per Gaza, torna la calma a El Arish dopo una notte scontri

EL ARISH (Egitto), 6 gen. - Regna una calma precaria oggi a El Arish, nel Sinai egiziano, dopo una notte di scontri tra poliziotti e militanti filo-palestinesi che partecipano a un convoglio di aiuti per Gaza in cui ci sono stati più di cinquanta feriti. Lo hanno reso noto i servizi di sicurezza del Cairo. All'alba, militanti e forze dell'ordine hanno raggiunto un accordo: cesserà il di blocco degli ingressi al porto di El Arish - occupati tutta la notte - in cambio del ritiro di parte delle centinaia di agenti dispiegati. Questa mattina gli attivisti sono ancora nel porto, dove gli agenti sono riusciti a entrare. La presenza della polizia, massiccia ieri sera, è stata ridotta. "La situazione è calma", ha affermato un responsabile della sicurezza. Cinquantacinque persone, quaranta militanti e quindici poliziotti, sono stati ferite negli incidenti: la polizia ha fatto ricorso a gas lacrimogeni e manganellate, oltre a lanciare sassi contro i manifestanti. Questi ultimi hanno risposto a loro volta con una sassaiola. I militanti avevano trattenuto quattro poliziotti, poi liberati, mentre sette attivisti sono stati brevemente arrestati. I 520 militanti, membri di questo convoglio di cui fa parte anche il deputato britannico George Galloway, manifestavano contro la decisione dell'Egitto di far transitare alcuni dei loro veicoli per Israele prima di Gaza. Il Cairo ha deciso di lasciare passare soltanto 139 dei 198 mezzi, tir e auto, carichi di prodotti alimentari e di materiale sanitario dal valico di Rafah, alla frontiera tra Egitto e Gaza, e di far passare i rimanenti 59 veicoli da al Oja, alla frontiera tra Egitto e Israele. Nuovi negoziati su questo punto sono previsti tra il giorno, dopo il fallimento di trattative ieri tra le autorità egiziane e Galloway, come con una delegazione del Parlamento turco. Il convoglio, bloccato per molti giorni in Giordania, è arrivato lunedì a El Arish, dopo essere passato dalla Siria. I suoi responsabili volevano entrare in Egitto dal porto di Noueiba, sul Mar rosso, ma Il Cairo ha stabilito che ogni aiuto per Gaza debba entrare in Egitto da El Arish.

(Apcom, 6 gennaio 2010)

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La TV dell'Autorità Palestinese onora la prima terrorista suicida

E Mahmoud Abbas glorifica i sei più recenti terroristi

Wafa Idris, la prima donna terrorista suicida palestinese, è stata onorata in questi giorni come una "Shadida" (santa martire) in un recente video musicale della TV dell'Autorità Palestinese (AP). Nel suo attentato suicida del 2002 Idris ha ucciso un israeliano e ne ha feriti altri 150.
L'immagine di Wafa Idris con l'iscrizione "La Shadida Wafa Ali Idris" compare nel nuovo video musicale della TV palestinese che mette insieme scene e immagini che celebrano l'OLP, Fatah, Yasser Arafat e il presidente Mahmoud Abbas. La TV di AP è sotto il controllo dell'ufficio di Abbas.
In aggiunta a questa glorificazione del terrorismo, in occasione del 45o anniversario del movimento Fatah, Abbas ha reso onore come "Shadid" (martiri) gli ultimi sei terroristi uccisi da Israele. Dando loro questo titolo d'onore, Abbas ha ancora una volta legittimato e glorificato i loro atti terroristici.

Il Presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas:
"I nostri ultimi Shadid sono i sei che sono stati uccisi a sangue freddo dalle forze israeliane a Nablus [terroristi che hanno ucciso Rabbi Avshalom Meir Hai] e a Gaza [terroristi che hanno portato esplosivi e una scala vicino al recinto di confine con Israele]."
[TV di AP (Fatah), 31 dicembre 2009]

(Palestinian Media Watch, 6 gennaio 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





Altro video

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Il record di Israele: zero kamikaze nel 2009

di Rolla Scolari

Per Israele, il 2009 è stato il primo anno in decenni senza attentati suicidi. Mentre aumenta il panico per nuove azioni terroristiche contro obiettivi internazionali in seguito al fallito attacco di Natale sul volo Amsterdam-Detroit, l'intelligence locale annuncia un calo delle azioni terroristiche contro israeliani rispetto agli anni precedenti. Nel 2009, secondo un rapporto di pochi giorni fa dallo Shin Bet segnalato dal sito Missionline.org, i servizi segreti interni, sono morti 15 israeliani, contro i 36 del 2008; cinque sono stati uccisi in attacchi originati in Cisgiordania; gli altri dieci erano soldati morti nell'operazione Piombo fuso, condotta dall'esercito nella Striscia di Gaza nel 2009 in risposta al lancio di razzi Kassam su Israele da parte dei miliziani palestinesi. I numeri delle vittime palestinesi in Cisgiordania nel 2009, forniti dalle Nazioni Unite, concordano con la tendenza positiva: 27 morti, meno della metà dell'anno prima. C'è un grande contrasto però con i numeri dei morti nell'operazione Piombo Fuso durata tre settimane: 1.166 vittime palestinesi secondo Israele; 1.355 per l'Onu.
I vertici dell'intelligence israeliana sono d'accordo con molti analisti locali: la contestata operazione Piombo Fuso, che ha attirato le forti critiche della comunità internazionale per il numero di vittime civili, avrebbe indebolito Hamas, il gruppo palestinese che dal 2007 controlla la Striscia: nel 2009, i lanci di razzi Kassam sul territorio israeliano sono scesi da 2.048 a 566 (160 dopo l'operazione). Come spiega al Giornale Shlomo Brom, ricercatore all'università di Tel Aviv ed ex capo della pianificazione strategica nell'esercito israeliano, la minaccia terroristica nel Paese è locale, legata alle relazioni con i palestinesi e non alle attività di una rete globale come Al Qaida: dalla Striscia, controllata da Hamas e sotto embargo, il problema sono i razzi Kassam. «Abbiamo pagato un alto prezzo politico - dice Ephraim Kam, vice direttore dell'Institute for National Security Studies di Tel Aviv - ma l'operazione Piombo Fuso è servita a ricreare la deterrenza israeliana e a diminuire i lanci». In Cisgiordania, la situazione è diversa: «C'è calma da quasi otto anni - spiega Brom - grazie al lavoro delle unità di controterrorismo israeliane, alla costruzione della barriera, ma anche alla collaborazione delle forze di sicurezza palestinesi sostenute dagli americani e dall'Unione europea».
Negli ultimi anni, l'esercito israeliano presente nei Territori palestinesi ha ceduto in parte il controllo di alcune città della Cisgiordania alla polizia dell'Autorità nazionale e il presidente Abu Mazen appoggia la collaborazione tra la sua Anp e Israele contro il terrorismo. Ma il raìs ha da poco annunciato che non si ricandiderà al prossimo voto presidenziale, rischiando così di creare un vuoto di potere politico capace di innescare nuove violenze. L'intelligence israeliana, nonostante i numeri postivi, non è dunque rilassata. E a Gaza, secondo i suoi vertici, Hamas si starebbe riarmando utilizzando nuovi tunnel sotterranei al confine tra la Striscia e l'Egitto.

(il Giornale, 6 gennaio 2010)

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Minacce al ministro Barak

Dopo la frenata degli insediamenti in Cisgiordania

Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha ricevuto decine di minacce di morte da quando il governo dello stato ebraico ha deciso di "frenare" sulla costruzione di insediamenti ebraici in Cisgiordania. Lo ha annunciato la radio dell'esercito israeliano. L'emittente televisiva Channel 10 ha pubblicato i contenuti di una di queste lettere minatorie. L'autore minaccia di "assassinare" Barak e i suoi figli.

(TGCOM.it, 6 gennaio 2010)

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Il pilastro dello Stato ebraico è l'economia in salute

di R.A. Segre

Quanto durerà la bonaccia che, contro ogni previsione, Israele sta godendosi? Forse più di quanto i soliti profeti catastrofici immaginano, a causa di una congiunzione di fatti, in parte dovuti a Israele stesso, in parte fuori dal suo controllo. Incominciamo dalla situazione interna. L'economia tira con crescenti investimenti di ricerca (5% del Pil), l'immobiliare e l'immigrazione sono in crescita; lo shekel fa aggio sul dollaro; la crescita prevista per il 2010 è del 2,5% con l'alta tecnologia a trainare l'economia. Due avvenimenti sono decisivi: l'entrata sul mercato nel 2011 del gas sottomarino scoperto davanti alla costa di Haifa e l'avvio del terzo centro di desalinizzazione, grazie al quale l'acqua dolce tratta dal mare supererà quella del lago di Tiberiade e dell'acquedotto nazionale. Le ricadute sono anche politiche, perché Israele si rende indipendente dalla Turchia per l'importazione di acqua e dall'Egitto per il gas.
Netanyahu controlla una irriverente ma sicura coalizione di 74 deputati (sui 120 della Knesset) che erode l'opposizione di centrosinistra della signora Livni. La tensione coi coloni non lo preoccupa, dal momento che il fronte dei religiosi è diviso e disposto a compromessi. Sul piano estero la principale preoccupazione di Israele un anno fa non erano gli arabi e l'Iran, ma Obama, a tutt'oggi sospetto per il suo terzomondismo e per alcuni pericolosi stretti consiglieri (Ram Emanuel e Axelrod). Le sconfitte subite dal presidente americano sui fronti diplomatico e militare hanno ridimensionato il pericolo - vero o no - del nuovo corso della Casa Bianca, e rivalutato il peso di Israele come il solo alleato su cui può contare l'America nel Medio Oriente. La rivolta in Iran ha allontanato un intervento militare solitario di Israele contro Teheran e aumentato a Gerusalemme l'influenza dei sostenitori della strategia difensiva elettronica su quella dell'attacco preventivo. Nella contabilità politica regionale restano però in rosso i rapporti incoerenti con l'alleata storica: la Turchia.
Sul piano palestinese le ricadute dell'operazione contro Gaza di un anno fa si sono rivelate negative, soprattutto sul piano giuridico, dove la minaccia di vedere i responsabili politici e militari israeliani incolpati dalla Corte Internazionale di Giustizia resta intatta. Il governo si è visto obbligato ad ammettere che la condotta di quella guerra è stata viziata da una mancanza di sensibilità tanto per l'opinione pubblica internazionale quanto per la debolezza del controllo politico sull'impiego della forza militare. La tensione fra i responsabili militari della difesa e quelli civili della sicurezza resta viva anche nel negoziato per lo scambio del caporale Shalit, in mano a Hamas da 4 anni, con mille prigionieri palestinesi in mano a Israele, impegnando l'autorità e il fisico del premier in inconcludenti, interminabili sedute del governo che hanno inciso sulla sua salute.
La guerra di Gaza è però servita a fare abbassare le richieste di Hamas da 1500 a 1000 prigionieri, a mettere fine al lancio dei suoi missili contro il sud di Israele, a dettare prudenza agli Hezbollah e a indurre gli egiziani a creare una barriera metallica sotterranea lungo la loro frontiera con Gaza per limitare il contrabbando di armi attraverso la rete di tunnel scavati dai palestinesi nella sabbia. Paradossalmente Gerusalemme trae vantaggio dal rifiuto del presidente palestinese Abu Mazen di riprendere i negoziati. In assenza di pressioni americane, lo stallo è benvenuto per Netanyahu, che probabilmente si augura, assieme al Paese, che questa calma non sia quella che precede la tempesta.

(il Giornale, 6 gennaio 2010)

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Leader di Anp brucia prodotti ebraici

Protesta a Salfit, boicottaggio contro prodotti degli insediamenti

GERUSALEMME, 5 dic - Il premier dell'Anp, Salam Fayyad ha partecipato a Salfit a una manifestazione in cui sono stati dati alle fiamme prodotti ebraici. Questi erano stati confiscati in negozi palestinesi nel quadro di una campagna di boicottaggio dei prodotti degli insediamenti lanciata dall'Anp. Il ministro dell'economia palestinese Hassan Abu Libdeh ha detto che il fine del boicottaggio e' eliminare totalmente la presenza di prodotti degli insediamenti nei negozi palestinesi.

(ANSA, 5 gennaio 2010)

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Terrorismo - Israele: pericolo di infiltrazioni di al Qaida nei Balcani

Trasferimento di fondi sospetto verso la regione

GERUSALEMME, 5 gen. - Il ministro degli Esteri di Israele Avigdor Lieberman ha avvertito oggi, in un incontro con il primo ministro della Macedonia Nikola Gruevski, che gruppi islamici estremisti legati al network terroristico al Qaida starebbero tentando d'installare proprie basi nei Balcani.
Durante l'incontro di oggi Lieberman ha condiviso, secondo quanto riporta un comunicato, con Gruevki una serie d'informazioni d'intelligence che vanno in quella direzione.
Le attuali informazioni, ha spiegato il ministro, mostrerebbero che la regione dei Balcani è "la prossima destinazione" la rete jihadista.
Lieberman ha segnalato, come prova delle informazioni trasmesse al leader macedone, un trasferimento di fondi da organizzazioni "umanitarie" islamiche verso i Balcani. Inoltre, ha ricordato come l'organizzazione sciita Hezbollah, legata all'Iran, si sia infiltrata in Sud America e al Qaida in Africa.
L'invito alla Macedonia da parte del ministro israeliano è stato di tenere alta la guardia per impedire l'infiltrazione di al Qaida nella regione balcanica.

(Apcom, 5 gennaio 2010)

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Capodanno blindato in Israele

di Peppino Caldarola

Eilat
Immaginatevi Rimini in mezzo al deserto con di fronte un mare limpido pieno di pesci e a un paio di chilometri da un lato la Giordania e dall' altro l' Egitto. Questa è Eilat. Qui ci sono venticinque gradi ma sembrano trenta, la gente si butta in mare come in agosto, una musica chiassosa ti affligge in molti punti della spiaggia, nei ristoranti quando scoprono che sei italiano ti parlano in spagnolo. I vacanzieri di Eilat sono prevalentemente israeliani e fra gli israeliani prevalentemente russi, molti americani, qualche francese, ho contato, dopo una lunga passeggiata nell'affollato lungomare, un altra sola famiglia italiana. Sbagliano gli italiani a non venire qui. Ma se volete un bel posto senza italiani venite qui. I controlli di sicurezza per le partenze interne sono, se è possibile, ancora più severi. Quei ragazzi sbrigativi che hanno fatto infuriare all aeroporto Ben Gurion Vittorio Sgarbi sono ancora più meticolosi se da Tel Aviv vai in altre città. Un mio amico diplomatico israeliano in Oriente è venuto ad accompagnarci prima dell'imbarco per Eilat per evitarci noiosi interrogatori. Invece il ragazzo della sicurezza era molto divertito nel farci le domande sulle ragioni della nostra assidua frequentazione di Israele. A una signora con un grande cognome che si recava a Eilat in casa di un amica pare che abbiano chiesto come mai lei così ricca si faceva ospitare gratis in una casa privata. Gli israeliani sono avviliti da questi controlli. Ma è l'unico prezzo da pagare.

(Il Riformista, 5 gennaio 2010)

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Gerusalemme - Ultraortodossi denunciano le provocazioni ai cristiani

Iniziative per mobilitare la comunità ultraortodossa degli Haredim "per combattere la tensione lungo la linea di separazione tra gli ebrei ultraortodossi e i loro vicini cristiani". A promuoverle è Jacob Avrahmi, consigliere del sindaco di Gerusalemme per le comunità religiose, in seguito alle lamentele causate dalle molestie, avvenute nelle settimane scorse, dirette a sacerdoti e luoghi cristiani a Gerusalemme. Secondo quanto riportato oggi in una nota, pervenuta al Sir, dell'Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, "in un incontro tra i rappresentanti del Ministero degli Affari esteri e la municipalità di Gerusalemme con il rabbino Shlomo Papenheim della comunità degli Haredim, è stata presentata una lettera di denuncia degli attacchi e che cita come i saggi di tutte le epoche hanno sempre proibito di molestare i gentili".
La nota riporta anche la traduzione dall'ebraico della lettera del Beth Din Tzedek (il Tribunale della Comunità ebraica Ortodossa è la più alta istanza della comunità ebraica ultraortodossa a Gerusalemme). Il testo della missiva parla di "provocazioni pericolose" da parte di "giovani irresponsabili in vari luoghi della città, specialmente nei pressi di Shivtei Yisrael street e nei pressi della tomba di Shimon il Giusto". "Oltre a dissacrare il Santo Nome, che già di per sé rappresenta un peccato assai grave - si legge ancora nella lettera - provocare i gentili, secondo i nostri saggi, è proibito e può portare tragiche conseguenze sulla nostra comunità, possa Dio avere pietà. Noi, quindi, invochiamo chiunque abbia il potere di porre fine a questi vergognosi incidenti, attraverso la persuasione, di attivarsi per rimuovere questi pericoli, affinché la nostra comunità possa vivere in pace". La lettera porta la firma del Tribunale con la data del "13 di Tevet 5770" ovvero il 30 dicembre 2009.

(Toscana Oggi, 5 gennaio 2010)

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Tennis e razzismo

Shahar Peer
AUCKLAND (Nuova Zelanda) - Per la seconda stagione consecutiva, l'israeliana Shahar Peer ha causato, suo malgrado, una protesta da parte di un gruppo attivista anti Israele, assiepatosi sulle tribune dove la tennista ha giocato (e vinto) contro la slovacca Hercog. Slogan, cori e striscioni contro l'israeliana, conditi anche da diverse bandiere della Palestina. "Come vedete sono di nuovo qui - ha detto la Peer in conferenza stampa - perché questo torneo mi piace molto. E' una vergogna che ci sia qualcuno che ancora mi ritiene responsabile dei problemi del mondo. La cosa più importante per me rimane la vittoria, nonostante i cori non certo piacevoli". L'anno scorso, sempre durante il torneo di Auckland, fu oggetto di una rumorosa contestazione nel corso del suo match perso contro la russa Elena Dementieva. A provocare le contestazioni era stato anche il fatto che proprio in quei giorni fosse in corso l'offensiva di Israele nella striscia di Gaza. La giocatrice aveva commentato dicendo che "io non sono il governo d'Israele, e non lo rappresento in alcun modo a livello politico". Nel febbraio scorso la Peer si era invece rifiutare il visto d'entrata negli Emirati Arabi Uniti, per il torneo a Dubai. La ragazza aveva replicato chiedendo sanzioni da parte della Wta e aveva sottolineato di sentirsi "umiliata ed offesa, perché non dovrebbero esserci discriminazioni nel tennis professionistico ed in ogni altro sport". Alla fine gli organizzatori del torneo di Dubai erano stati multati per trecentomila dollari. Commentando via twitter la contestazione odierna, la Peer ha ribadito quanto già detto in conferenza stampa: "per il secondo anno consecutivo c'è stata una contestazione nei miei confronti, mi hanno gridato 'vattene' solo perché sono israeliana. E' una vergogna!!!"

(la Repubblica, 5 gennaio 2010)

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Visite a Londra annullate per gli alti funzionari israeliani
    
TEL AVIV, 5 gen - E' stata annullata la visita di alcuni alti ufficiali israeliani a Londra. La causa: il timore di trovarsi di fronte a un mandato di arresto per il ruolo ricoperto durante l'operazione Piombo Fuso. Yadioth Aharonot ha dedicato a questa vicenda un vistoso titolo di prima pagina. Le relazioni diplomatiche fra Israele e Gran Bretagna hanno già subito un severo contraccolpo dopo le traversie patite da dirigenti israeliani. Per prima era toccato all'attuale leader di Kadima Tzipi Livni che aveva dovuto annulare il suo viaggio a Londra per un mandato di cattura emesso da un giudice della corte inglese contro di lei. Tre mesi fa invece è stata la volta di Ehud Barack, mentre era ospite a Londra del premier Gordon Brown, il ministro della difesa ha appreso che nei suoi confronti stava per essere emesso un mandato di arresto. Barak ha egualmente condotto fino in fondo la propria visita. Il ministro Moshe Yaalon (Likud), secondo Yediot Ahronot, si astiene dal recarsi in Gran Bretagna. Secondo il viceministro degli esteri israeliano Dany Ayalon è necessario ormai che in Gran Bretagna sia sottoposto a revisione il principio di competenza universale per i suoi tribunali. Ayalon ha aggiunto che affronterà la questione con il procuratore generale di Inghilterra e Galles, Lady Patricia Janet Scotland, che si trova in visita a Gerusalemme. "Finché non saremo sicuri al cento per cento che non saranno perseguiti, i nostri ufficiali non andranno comunque in Gran Bretagna" ha concluso Ayalon.

(Notiziario Ucei, 5 gennaio 2010)

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Londra: ronde di ebrei affiancano Scotland Yard, e arrivano prima

Quando un ebreo di Stamford Hill, nel nord della capitale inglese, è vittima di un crimine, non chiama la polizia, ma la Stamford Hill Shomrim Rescue Patrol (Shsrp) che arriva immediatamente sul posto

A Stamford Hill, un quartiere del nord di Londra dove risiede la più grande comunità di ebrei ortodossi d'Europa, con circa 20.000 membri, Scotland Yard non é da sola. Ad aiutare la polizia nella lotta al crimine c'è infatti la Stamford Hill Shomrim Rescue Patrol (Shsrp), un gruppo di circa 20 ebrei ortodossi che da due anni a questa parte pattuglia le strade della zona, rispondendo alle chiamate dei membri della comunità con più rapidità degli stessi agenti.
Quando un ebreo di Stamford Hill è vittima di un crimine, da un furto in casa ad un'aggressione, il primo numero che chiama non è quello della polizia, bensì quello attivo 24 ore su 24 della Shsrp, che nell'arco di pochissimo tempo è in grado di inviare una delle sue "pattuglie" sul posto, informando allo stesso tempo Scotland Yard, che di norma arriva qualche minuto dopo.
Ma se per gli ortodossi la presenza della Shsrp è senza dubbio rassicurante, per la polizia vedersi affiancata o addirittura preceduta da una ronda di volontari può essere a volte imbarazzante, o addirittura problematico.
Steve Bending, commissario di polizia dell'autorità locale di Hackney, che comprende Stamford Hill, spiega così la situazione: «I membri della ronda potrebbero esporsi a rischi fisici prendendo parte a situazioni pericolose, interferendo con le prove o esponendosi al rischio di essere perseguiti loro stessi».

(Blitz quotidiano, 5 gennaio 2010)

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Il sindaco Cialente ospite della sinagoga di Roma

L'AQUILA, 5 gen. - Il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente sara' ospite della sinagoga di Roma, il prossimo 17 gennaio, giornata mondiale dell'ebraismo, in occasione della storica visita del papa Benedetto XVI.
L'invito e' pervenuto al primo cittadino da Riccardo Pacifici, presidente della comunita' ebraica di Roma, la piu' antica del mondo occidentale, durante una visita ufficiale che si e' tenuta nella sede comunale di Villa Gioia. Il presidente Pacifici, che ha tenuto a sottolineare come normalmente non vengano invitati esponenti politici nelle celebrazioni religiose all'interno della sinagoga, ha proposto al sindaco una visita ufficiale nel quartiere ebraico di Roma, l'antico ghetto, alla scoperta della storia e delle tradizioni di una comunita' che vive nella capitale fin dall'epoca romana.
L'evento del 17 gennaio verra' ripreso in diretta televisiva dalla Rai. La delegazione della comunita' ebraica era composta, oltre che dal presidente Pacifici, da Or Feldman, della segreteria di presidenza, e da Lidia Calo', direttrice del dipartimento educativo. Proprio quest'ultima ha coordinato il progetto di integrazione che ha visto, l'estate scorsa, un folto gruppo di bambini della comunita' ebraica di Roma incontrarsi con i piccoli ospiti delle tendopoli allestite nell'aquilano. Un'iniziativa per cui il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente ha espresso gratitudine e apprezzamento.
"Sono onorato - ha aggiunto - di accettare l'invito del presidente Pacifici. La nostra citta', la citta' della Pace e della Perdonanza, centro propulsore del messaggio ecumenico di Celestino V, ha alla base della sua cultura i valori della solidarieta' e della fratellanza tra popoli, tanto piu' forti e sentiti nel momento presente, il piu' difficile della sua storia millenaria. La nuova vita a cui andiamo incontro con il lavoro e la dolorosa fatica di questi giorni, dovra' sorgere da queste radici".

(Il Capolouogo.it, 5 gennaio 2010)

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Annullato volo di pellegrini diretti in Egitto

È stato annullato all'ultimo momento la scorsa notte, probabilmente per ragioni di sicurezza, un volo con cui duecento pellegrini ebrei intendevano recarsi in Egitto per partecipare a cerimonie commemorative di un rabbino sepolto dal 1880 a Damanhour, nel delta del Nilo.Lo riferisce Radio Gerusalemme. Secondo l'emittente, la richiesta di autorizzare l'ingresso dei pellegrini in Egitto era stata avanzata la settimana scorsa dal premier Benyamin Netanyahu in un incontro al Cairo con il presidente Hosni Mubarak. Ma la questione aveva subito sollevato le proteste di varie forze egiziane di opposizione - dai Nasseriani, al partito di sinistra di Tagamou, fino ai Fratelli Musulmani - secondo i quali la presenza di cittadini israeliani in Egitto è sgradita, tanto più - è stato notato - nel primo anniversario della operazione Piombo Fuso, condotta a Gaza contro Hamas. I pellegrini, che erano già sull'aereo al momento della decisione di annullare il volo, intendevano rendere omaggio al rabbino cabbalista, Yaakov Abuhatzera, nato in Marocco nel 1805 e deceduto a Damanhour nel 1880 mentre era diretto verso la «Terra Promessa», ossia verso l'attuale Israele. Fra gli ebrei di origine marocchina si è diffusa la credenza popolare che una visita alla tomba del religioso possa avere effetti portentosi sui fedeli.

(Nuova Società, 5 gennaio 2010)

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Charlie Chaplin, "Il Grande Dittatore" settant'anni dopo

ROMA, 4 gen - "Il grande dittatore" compie settant'anni. La pellicola di Charlie Chaplin vede infatti la luce quando la guerra, quella vera, si stava combattendo in Europa già da un anno. Gli Stati Uniti non sono ancora intervenuti nella Seconda Guerra Mondiale, e le "prime" ufficiali possono tenersi il 15 ottobre di quell'anno a New York, il 14 novembre a Hollywood e il 16 dicembre a Londra. Il 23 giugno 1940 Chaplin, la cui vita per l'arte equivaleva a non lasciarsi dissuadere da alcuno, riuscì a registrare lo speech finale, di sei minuti nella versione definitiva, perfino nelle ostilità insorte in un mondo che era alle prese con un conflitto quasi globale. I discorsi saranno nella tradizione di tutto il Chaplin sonoro, e l'appello alla pace e alla libertà lanciato negli ultimi sei minuti di "The Great Dictator" non gli è da meno. Commuove e imbarazza prima che avvenga l'invasione della "fantomatica Ostria". La storia, ambientata nella fantasiosa Tomania durante la grande guerra, è quella del barbierino ebreo Charlot che è il sosia perfetto del dittatore Adenoid Hynkel.
Il film è decisamente comico, appartiene ai gesti e alla musica del sommo genio del cinema venuto dal nulla e dagli stenti, e il parlato vi trova spazio come se il suo autore ne facesse solo una citazione. Contiene spaccati esilaranti come la danza del dittatore con un mappamondo che gli scoppia poi tra le mani, la scena del ballo cui partecipano Hynkel, l'altro dittatore, il ciccione Napaloni e sua moglie, o la rasatura nella bottega di Charlot al ritmo di una danza ungherese di Brahms, e strumenti del grotesque per invertire le parti come quando Hynkel viene arrestato mentre imperturbabile caccia le anatre selvatiche nelle vicinanze e il barbiere, truccato da Hynkel, è portato davanti ai microfoni per annunciare la campagna d'invasione dell'Ostria, assieme all'improbabile anglo-tedesco usato per buona parte del film al fine di arringare le folle.
È curioso il parallelo che si voleva imbastire a quell'epoca tra le vite di Chaplin e Adolf Hitler, nati per un paradosso nella stessa settimana dello stesso anno. Nota a sfavore: l'aver escluso dal montaggio finale la scena del Charlot barbiere girata nel '19 per il corto "Un idillio nei campi". Il film costerà la stratosferica cifra di due milioni di dollari e ne guadagnerà quaranta volte di più, molto più che "Modern Times". Ma ne varrà la pena, perché sarcasmo e burla cedono il passo al primo vero canto per l'umanità espresso dal cinema sonoro.

(il Velino, 4 gennaio 2010)

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Gaza, aperta la frontiera a Rafah

In centinaia in coda verso l'Egitto

ll posto di frontiera di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto, resterà aperto per tre giorni per permettere ai palestinesi di attraversarlo nei due sensi. Lo hanno reso noto fonti ufficiali. Testimoni hanno riferito che subito dopo l'apertura in molti hanno varcato il confine, mentre un centinaio di persone, soprattutto studenti e chi necessita di cure mediche, si sono messi in fila per andare in Egitto.

(TGCOM.it, 4 gennaio 2010)

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Islam, giornalista scrittore minacciato di morte

Nello Rega
"Morirai con il tuo libro per mano di Hezbollah". La minaccia accompagnata da due proiettili è stata fatta trovare a Nello Rega, giornalista di Televideo e autore del libro 'Diversi e divisi', romanzo sulla difficile convivenza tra cristiani e islamici. La busta contenente i proiettili era sul parabrezza della sua automobile, in sosta nel quartiere di Prima Porta.

Nuove minacce al giornalista di Televideo Nello Rega, legate al suo libro 'Diversi e divisi', romanzo sulla difficile convivenza tra cristiani e islamici: stamani Rega ha trovato sul parabrezza della sua automobile, in sosta al quartiere romano di Prima Porta, una busta all'interno della quale vi erano due proiettili. "Morirai con il tuo libro per mano di Hezbollah", diceva un messaggio contenuto nella lettera, che è stata subito consegnata ai carabinieri dal giornalista, secondo quanto riferito da quest'ultimo.
"Sono stanco - ha detto Rega - di essere inseguito da queste minacce: sto pensando cosa fare". Per sottolineare le sue paure e le preoccupazioni per la sua sicurezza, Rega - secondo quanto si è appreso - starebbe anche ipotizzando di rinunciare alle misure di tutela che sono state disposte nei suoi confronti dal Prefetto di Potenza, sua città natale.

(la Repubblica, 4 gennaio 2010)

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Chi ha detto che Tel Aviv è pericolosa?

di Peppino Caldarola

Peppino Caldarola
E' sorprendente quante cose puoi fare in poco tempo a Tel Aviv senza annoiarti mai. Puoi passeggiare per le grandi avenue del centro della città e imbatterti in gallerie di giovani artisti di talento. Puoi entrare in uno delle centinaia di negozietti di cose antiche fra vecchi rubinetti, maschere antigas della prima guerra mondiale, souvenir d'Israele epiccoli oggetti d'oro e d'argento. Puoi scegliere fra le decine e decine di t-shirts piene di simboli di Israele ma anche di frasi ironiche. Puoi farti una passeggiata al lungomare verso il porto o in direzione di Jaffa e devi stare attento a non rallentare quel fiume di persone che ogni giorno che dio manda in terra corrono in lungo e in largo a tutte le ore una maratona collettiva che fa impressione. Mi sono fermato a tirare due calci al pallone con mio figlio sulla spiaggia e, appena ci ha visti, un anziano addetto alla pulizia urbana ha lasciato lo scopino e si è messo a giocare con noi. Era un russo che a gesti mi ha raccontato di essere stato un campione di tennis nel suo paese prima di emigrare quaggi. Un tassista arabo ci ha preso in cinque sulla sua vettura e ci ha chiesto una tariffa un po' più alta perché, ha spiegato, aveva corso il rischio di farsi beccare dalla polizia. Al mercato di Jaffa ho sentito le canzoni di Eros Ramazzotti. I pub sono pieni di ragazzi come in tutto il mondo. Il vino israeliano è diventato molto buono. Non capisco quelli che pensano che ci voglia coraggio a passare le vacanze qui.

(Il Riformista, 3 gennaio 2010)

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Israele: possibili sanzioni entro un mese verso l'Iran

Il 2 gennaio il vice ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha affermato che entro un mese la comunità internazionale potrebbe adottare delle misure di sanzioni nei confronti dell'Iran per il suo piano nucleare.
In un discorso dello stesso giorno a Tel Aviv, Ayalon ha detto che la comunità internazionale ha raggiunto un consenso sul piano nucleare iraniano, ritenendo che un Iran nuclearizzato potrebbe sabotare l'attuale ordine internazionale. Egli ha detto che il consiglio di sicurezza dell'Onu potrebbe varare entro un mese delle misure di sanzioni nei confronti dell'Iran, che potrebbero influenzare la situazione politica interna del paese.

(Radio Cina Internazionale, 3 gennaio 2010)

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Lieberman esige fedeltà dagli arabi

Non solo allo stato ma anche al suo carattere ebraico

TEL AVIV, 3 gen - Il partito Israel Beitenu, chiedera' ai deputati della Knesset - anche arabi - fedelta' allo Stato di Israele come stato ebraico. Si tratta di una bozza di legge che sara' esaminata gia' oggi da una apposita commissione ministeriale. Per Israel Beitenu, il partito guidato dal ministro degli Esteri Lieberman, e' necessario chiedere ai deputati fedelta' non solo generica allo Stato di Israele, ma anche al suo carattere ebraico.

(ANSA, 3 gennaio 2010)

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Il 2010 comincia bene... ma Israele ha davvero bisogno di tutti questi campi da golf?

di Anna Momigliano

Va bene che il 2009 è stato un anno record per gli attentati (nel senso che ce ne sono stati pochi, ci informa lo Shin Bet, il che per Israele è un record). Va bene che anche il lancio di razzi sul Sud del Paese è diminuito del novanta per cento rispetto allo scorso anno (di questo ci informa Tsahal) e va bene anche che la ripresa economica si comincia a intravedere anche in Israele (i dati danno le esportazioni in aumento). Abbiamo capito, i numeri sono dalla nostra parte e dobbiamo essere tutti ottimisti per il 2010.
Ma a tutto c'è un limite. E, onestamente, l'ultima decisione del governo israeliano più che basata sull'ottimismo mi sembra un tantino azzardata. Di che cosa stiamo parlando? Il ministero del Turismo e l'Autorità per l'amministrazione del territorio hanno stanziato la bellezza di 760 milioni di shekel per costruire 16 campi da golf nei prossimi 15 anni. L'obiettivo? Promuovere il turismo golfistico in Israele. Domanda: siamo sicuri che, con tutte le cose interessanti che ci sono da fare da Rosh Pinà fino ad Eilat, ci siano così tanti turisti che muoiono dalla voglia di mettersi a giocare a golf? E siamo sicuri che Gerusalemme si possa permettere questa spesa?
Ora, Israele è un Paese davvero meraviglioso. Ma ha alcune lacune con cui, piaccia o no, bisogna fare i conti. Nello specifico, mancano due cose: l'acqua e lo spazio. Che, guarda caso, sono anche le due cose che più servono per costruire dei campi dal golf. Per carità, io sono di parte perché questo sport non l'ho mai praticato, né mi interessa molto. Ma mi piace pensare che il 2010 sarà un buon anno per Israele anche senza campi da golf.

(Notiziario Ucei, 3 gennaio 2010)

Israel Golf Tours

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Gaza - aperto per tre giorni passaggio Rafah

Il posto di frontiera di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto, resterà aperto per tre giorni a partire da oggi per permettere ai palestinesi di attraversarlo nei due sensi. Lo hanno reso noto fonti ufficiali.
Testimoni hanno riferito che subito dopo l'apertura molti palestinesi hanno varcato il confine in direzione della Striscia, mentre circa 120 - soprattutto studenti e persone che necessitano di cure mediche - si sono messi in fila per andare in Egitto. Qui è stato allestito un presidio medico che esamina i malati e stabilisce dove possono andare a farsi curare.

(ticinonews.ch, 3 gennaio 2010)

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Gaza: rabbini antisionisti ospiti di Hamas

Quattro rabbini antisionisti e una donna ortodossa hanno trascorso il riposo sabbatico in un albergo di Gaza, ospiti di Hamas. Lo riferisce la stampa ortodossa in Israele secondo cui i religiosi erano giunti giorni prima nella Striscia per esprimere "solidarietà al popolo palestinese che soffre per la occupazione israeliana". I rabbini Israel Weiss, Israel Pinchas Friedman, Yishai Rozenberg e David Feldman sono entrati con passaporti statunitensi e canadesi. La identità della loro accompagnatrice non è stata resa nota. Tutti sono esponenti della setta dei 'Neturey Kartà (I guardiani della mura, in aramaico) che per motivi teologici non riconosce lo stato di Israele perché espressione di un movimento laico, ossia il sionismo, e non di una volontà divina. I rabbini sono stati ricevuti dal leader di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh. I padroni di casa hanno avuto la accortezza di far pervenire nel loro albergo cibi 'kosher', ossia confezionati secondo la più rigorosa ortodossia ebraica. Nelle interviste alla stampa questi rabbini hanno sostenuto che Hamas è ostile "allo stato sionista", ma non all' ebraismo. La scorsa notte hanno infine lasciato Gaza, diretti verso l'Egitto

(L'Unione Sarda, 3 gennaio 2010)

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Da Teheran ultimatum all'Occidente: produrremo combustibile

TEHERAN, 2 gen - L'Iran ha dato all'Occidente un mese di ''ultimatum'' per accettare la controproposta al piano dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, sullo scambio di uranio arricchito. In caso di risposta negativa, Teheran iniziera' a produrre autonomamente combustibile nucleare. Ad annunciarlo all tv si Stato il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica, Manouchehr Mottaki.
''La comunita' internazionale ha solo un mese di tempo per decidere'' se accettare o meno le condizioni dell'Iran, altrimenti Teheran ''arricchira' l'uranio ad alti livelli'', ha spiegato Mottaki.
''Questo e' un ultimatum'', ha precisato. L'Iran, che ha respinto il piano dell'Aiea, la cui scadenza era stata fissata per il 31 dicembre, avrebbe dovuto trasferire parte del proprio uranio in Russia e Francia, dove sarebbe stato trasformato in combustibile da destinare al sito di Teheran per la ricerca medica.
Ora questo ultimatum minaccia di render ancora piu' complicato il negoziato tra Teheran e la comunita' internazionale. Usa, Israele e altre potenze occidentali sospettano che dietro l'arricchimento dell'uranio ci possa essere il progetto da parte della Repubblica Islamica di costruire la bomba atomica. Ma l'Iran ha sempre smentito tale accusa affermando che l'energia nucleare ha esclusivamente scopi civili.

(ASCA, 2 gennaio 2010)

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La guerra congelata tra Israele e Hamas, aspettando Barghuti

di Maurizio Cerruti

Marwan Barghuti
Un anno fa, di questi giorni, la guerra infuriava nella Striscia di Gaza. Preceduta per mesi da quotidiani attacchi agli insediamenti israeliani con razzi e mortai delle milizie palestinesi legate ad Hamas, e da rappresaglie aeree dell'esercito israeliano contro la Striscia, l'offensiva "Piombo Fuso" fu breve - 27 dicembre/18 gennaio - ma fece 1400 morti tra i palestinesi e 18 tra gli israeliani. La guerra, che con le sue distruzioni ha aggravato la già drammatica situazione umanitaria a Gaza - un milione e 400mila persone ammassate in soli 378 km quadrati, quasi prive di risorse e senza poter andare lavorare oltre il confine - ha indebolito l'immagine internazionale di Israele, accusato di crimini di guerra per aver bombardato edifici civili, scuole e persino sedi Onu, dal rapporto della commissione d'inchiesta Goldstone approvato dal Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (25 voti a favore e sei contrari, tra cui Usa e Italia).
     Sul piano politico la guerra ha rafforzato l'intransigenza nei due campi. Le elezioni israeliane del 9 febbraio hanno visto la sconfitta dei centristi e l'avvento di un governo di destra (guidato dal premier Netanyahu e con Lieberman, capo dell'estrema destra nazionalista, agli Esteri) apertamente scettico sull'idea che facendo concessioni si possa ottenere la pace. Tra i palestinesi il fronte della trattativa si è indebolito al punto da indurre il presidente Mahmud Abbas (Abu Mazen) "erede" di Arafat e capo di al-Fatah a voler gettare la spugna. Hamas, che nel 2007 ha preso il potere a Gaza con un colpo di mano, invece si sente vicina a conquistare anche la Cisgiordania.
     Malgrado il netto peggioramento del clima generale, la calma regna sul "fronte". Per la prima volta dopo decenni, da mesi nessun israeliano, civile o militare, è stato ucciso. I tiri di granate e razzi palestinesi non sono cessati, ma si sono ridotti a un quinto nel giro di un anno. Rari "bombardamenti mirati" israeliani si limitano a colpire i tunnel sotto la frontiera Egitto-Gaza per tagliare i rifornimenti clandestini alla popolazione, comprese armi e munizioni dirette ad Hamas.
     Lo strano clima di attesa è legato soprattutto alla laboriosa trattativa per la liberazione di un solo soldato israeliano, il caporale ventenne Ghilad Shalit prigioniero di Hamas dal 2006, e di 450 palestinesi detenuti in Israele. A bloccare lo scambio - mediato da vari governi, come Egitto, Turchia e Germania - è stato il veto israeliano inizialmente su 150 nomi, ridotti via via a una quindicina. Tra questi, in particolare, due: Abbas al-Sayed, il regista di molti attentati suicidi, e Marwan Barghuti che sconta dal 2002 l'ergastolo nella prigione di Hadarim (nord di Israele) per l'uccisione di 4 israeliani e di un monaco greco. Barghuti è popolarissimo in Cisgiordania e la sua liberazione potrebbe convincere Abu Mazen al ritiro definitivo, spalancando al 50enne "Mandela palestinese" le porte della Muqtada, il quartier generale dell'esecutivo palestinese. Barghuti, l'«incorruttibile», è ritenuto l'unico in grado di riconciliare i "fratelli-nemici", al-Fatah e Hamas. Potrebbe insomma ricompattare il fronte palestinese, una prospettiva che non entusiasma affatto il governo Netanyahu-Lieberman.

(Il Gazzettino, 2 gennaio 2010)

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Danimarca: Al Quaeda voleva uccidere uno degli autori delle vignette su Maometto

di Angelo Sanna

Ha 27 anni il ragazzo arrestato ad Arhus dalla polizia danese. L'individuo era in procinto di intrufolarsi in casa di Kurt Westergaard, uno degli autori che tre anni fa scatenarono un putiferio internazionale su più fronti (politico e religioso soprattutto) pubblicando vignette satiriche sul profeta musulmano Maometto.
Ricordiamo brevemente il caso: sulla versione telematica del quotidiano danese "Jyllands-Posten" vennero pubblicate vignette giudicate offensive da tutto il mondo islamico. Le reazioni furono molto forti. Il sito del quotidiano fu attaccato da hacker provenienti da tutto il mondo, probabilmente di fede islamica. Le vignette furono poi riprese anche da una testata norvegese, che fini anch'essa nella bufera. Il mondo islamico fu unito nell'attaccare non solo i vignettisti, ma anche i rispettivi governi delle nazioni delle testate sotto accusa. Furono richiamati gli ambasciatori di suddette nazioni, fu pepetrato anche un numero imprecisato di boicottaggi dei prodotti danesi e alcuni militari di Al Fatah, manifestarono davanti alla sede UE di Gaza, minacciando d'impedire l'entrata in territorio islamico ai cittadini di Danimarca e Norvegia.
Anche l'Italia fu coinvolta, a causa dell'iniziativa dell'allora Ministro Calderoli, che indossò pubblicamente una maglietta con stampate sopra le vignette incriminate. In Libia vi furono alcuni scontri davanti al consolato italiano, che provocarono anche delle vittime.
Tornando alla tentata aggressione di Westergaard,l'individuo arrestato è un somalo che al momento dell'arresto era in possesso di un'arma da taglio ( un'ascia o un coltello) e che secondo la polizia avrebbe ".. legami con l'organizzazione terroristica somala Al Shabbab e con i capi di Al Qaeda nell'est dell'Africa".
Il vignettista in questi anni aveva già ricevuto diverse minacce di morte, e già altre persone erano state arrestate a questo proposito.

(NewsNotizie, 2 gennaio 2010)

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Fa gli auguri alla Lega calcio israeliana, funzionario iraniano costretto a dimettersi

TEHERAN, 2 gen. - Un alto funzionario della Federazione iraniana di calcio (Ffi) e' stato costretto alle dimissioni dopo l'invio di un messaggio di auguri alla Lega calcio israeliana. Ne ha dato notizia l'agenzia di stampa iraniana Fars, secondo cui Mohammad-Manour Azimzadeh, responsabile dell'ufficio relazioni estere della Ffi, ha lasciato il suo incarico dopo l''incidente' con lo Stato ebraico, con cui l'Iran non ha rapporti e che Teheran definisce il "piccolo Satana".
In una nota, la Federcalcio iraniana ha spiegato che mail di auguri vengono inviate ogni anno alle Federazioni di tutto il mondo che fanno parte della Fifa, "ad eccezione della Federazione del regime sionista". Nella stessa nota, si precisa poi che a inviare la mail sarebbe stato un dipendente della Fifa, tale Amir Navan, israeliano di origine iraniana, ma non si spiega perche' Azimzadeh, pur non essendo responsabile di quanto successo, si sia dimesso.
In occasione di competizioni internazionali - e anche alle Olimpiadi - gli atleti iraniani sono soliti boicottare tutte le gare in cui ci sono anche atleti israeliani.

(Adnkronos, 2 gennaio 2010)

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Gaza: risale tensione, dopo razzo e attentato fallito

Un brusco ritorno della tensione é segnalato negli ultimi giorni lungo il confine fra Israele e Gaza, dove sono stati segnalati diversi incidenti.

Ieri, poco prima della fine dell'anno 2009, da Gaza è stato sparato un razzo di tipo Grad che è esploso nei pressi della città israeliana di Netivot, distante circa 20 chilometri. Non si segnalano vittime. L'attacco è stato rivendicato dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa, una formazione legata ad al-Fatah che il 31 dicembre ricorda l'anniversario della propria fondazione.
Da Gaza si è intanto appreso che un attentato è stato sventato ieri quando i servizi di sicurezza locali hanno intercettato una borsa carica di esplosivo destinata da uno dei comandanti dei Comitati di resistenza popolare, Abu al-Qassem Dughmush. Un portavoce del Crp (una delle milizie che nel 2006 parteciparono al rapimento del soldato Ghilad Shalit) ha imputato il fallito attentato ai servizi segreti israeliani.
La stessa formazione ha affermato di aver ingaggiato ieri battaglia per tre ore con le forze israeliane ai margini settentrionali della striscia di Gaza.

(swisscom, 1 gennaio 2010)

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Operazione Piombo Fuso: la vita a Gaza un anno dopo

27 dicembre 2008. Scatta l'operazione "Piombo fuso". L'aviazione di Tsahal, l'esercito israeliano, bombarda la Striscia di Gaza, e il 3 gennaio 2009 comincia l'operazione via terra. La guerra terminerà soltanto il 18, davanti ad una comunità internazionale rimasta immobile o quasi. Oltre mille e quattrocento morti palestinesi, di cui novecento civili, quindici le vittime israeliane - ma le cifre provengono esclusivamente da fonti palestinesi. Un anno dopo Gaza è ancora in condizioni disumane, senza più cibo né libri, le ambulanze rimaste senza benzina, l'ospedale che non funziona quasi più, e ovviamente, i medicinali che non si trovano. C'è un convoglio, che si chiama "Viva Gaza" e conta circa ventidue camion colmi di aiuti umanitari, chiede di entrare, ma aspetta, invano, non lontano dal Sinai. Coperte, giocattoli, e medicine sono un lusso a cui gli abitanti della Striscia non sono abituati da anni.

(l'Occidentale, 1 gennaio 2010)

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Notizie archiviate

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