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Notizie febbraio 2012

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Spiegare la Shoah? A Mola lo fanno i Libri d'Artista




(Antenna Sud, 29 febbraio 2012)

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Tutti in coda a Tel Aviv per il film del nemico

Lunghe file ai botteghini nei cinema di Tel Aviv e Gerusalemme per vedere "Una separazione", il film iraniano che ha vinto l'Oscar. I trentini bocciano il progetto di ripopolamento degli orsi. Il sogno della convivenza degli uomini con i predatori è destinato a svanire. La vita ricca di sfide di Arianna Huffington fondatrice dell'Huffington Post, il giornale online più influente d'America.

(la Repubblica, 29 febbraio 2012)

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Israele vende tecnologia militare all'Azerbaigian

I media israeliani riferiscono della decisione di Israele di vendere tecnologia militare e sistemi di difesa antiaerea e antimissilistica all'Azerbaigian.
La compagnia statale Aerospace Industries avrebbe stipulato con il Governo di Baku un contratto dal valore di 1.6 miliardi di dollari.
Negli ultimi anni le relazioni tra Teheran e Baku si sono notevolmente deteriorate. Lo scorso mese, l'Azerbaigian dichiarò di aver sventato un complotto terroristico contro l'ambasciatore israeliano a Baku, "pianificato da due persone presumibilmente legate ai servizi segreti iraniani".
Teheran accusa l'Azerbaigian, che confina con l'Iran e che intrattiene rapporti amichevoli con Stati Uniti e Israele, di collusione con i servizi segreti israeliani in merito all'uccisione di uno scienziato nucleare iraniano lo scorso gennaio.
Intanto Israele nega "ogni connessione tra la situazione nel Golfo Persico e le forniture militari all'Azerbaigian". I dirigenti israeliani assicurano che "queste operazioni erano da anni in cantiere".

(Atlasweb, 29 febbraio 2012)

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Il canto di Lilit. Compositrici ebree tra Otto e Novecento

Il concerto della soprano Giulia Peri con il pianista Gregorio Nardi dedicato alle donne musiciste

Ilse Weber
LUCCA - Lunedì 5 marzo alle 17.30, nella Villa Bertelli di Forte dei Marmi (Via G. Mazzini 200), nell'ambito di DonnaEventi per celebrare la Festa della Donna 2012, verrà offerto all'ascolto Il canto di Lilit. Compositrici ebree tra Otto e Novecento, a cura dell'Associazione Culturale Nuove Tendenze. Protagonisti del concerto la soprano Giulia Peri e il pianista Gregorio Nardi, entrambi fiorentini, che hanno realizzato una ricerca sulle musiciste ebree per fare scoprire al pubblico la bellezza di un repertorio sconosciuto o quasi, di grande valore artistico e culturale.
Il programma offre uno sguardo sulla cultura ebraica prima, durante e dopo la Shoah, scegliendo di concentrarsi su figure di donne, nelle quali la dimensione artistica di compositrici e concertiste convive con quella familiare di mogli e madri. Proprio il taglio femminile del programma ha indotto a includervi una compositrice di molto anteriore cronologicamente, Fanny Mendelssohn. La figura di Fanny (1805-1847) testimonia infatti la condizione delicata di una donna intellettuale nell'Europa ottocentesca. Cresciuta in una famiglia della più colta nobiltà ebraica, ricca di vastissima cultura e di talento, Fanny fu sostenuta dal fratello musicista e dal marito pittore, ma altri, fra cui il padre, la spinsero invece a rimanere nell'ombra di un decoro adeguato allo status femminile dell'epoca.
La vicenda umana delle donne ebree dei primi decenni del Novecento è in alcuni casi dolorosa e profondamente tragica. Così quella, ad esempio, di Ilse Weber (1903-1944), artista particolarmente sensibile al mondo dei bambini ai quali dedicò poesie, liriche e opere teatrali; catturata dai nazisti, riuscì a far fuggire il maggiore dei suoi due figli in Svezia, morì insieme al più piccolo ad Auschwitz. Ricordiamo ancora Rosy Wertheim (1888-1949), olandese, che dopo aver fatto una brillante carriera internazionale di pianista e compositrice, visse gli anni del nazismo in patria, nascosta, offrendo segretamente agli amici concerti di musica ebraica. Wally Weigl (1894-1982) e Ruth Schonthal (1924-2006) riuscirono invece a salvarsi dal nazismo fuggendo negli Stati Uniti d'America. Ilse Fromm-Michaels (1888-1986) infine, non ebrea, pagò carissima la fedeltà al marito ebreo, dal quale rifiutò di divorziare nonostante le pressioni dei nazisti. Compositrice e concertista di grande fama, visse una sorta di esilio in patria: il nazismo la tagliò fuori, impedendole di suonare nei teatri e di pubblicare le sue opere e riducendola in solitudine. Queste artiste, insieme ad altri compositori ebrei che furono condotti nei campi di concentramento perdendovi poi la vita, elaborarono un'intensa produzione musicale, che della cultura ebraica offre un'immagine vitale e perfino trionfale anche nel cuore della catastrofe.
Il concerto Il canto di Lilit dunque porta alla luce un prezioso lascito che, arricchendo l'universo musicale contemporaneo, rinnova il legame culturale tra passato e presente.

Data: lunedì 5 marzo
Orario: 17.30
Luogo: Villa Bertelli, Forte dei Marmi (LU)
Titolo: Il canto di Lilit. Compositrici ebree tra Otto e Novecento
Interpreti: Giulia Peri, soprano e Gregorio Nardi, pianoforte
Ingresso: libero
Villa Bertelli è interamente accessibile ai disabili
Info: Associazione culturale Nuove Tendenze, www.nuovetendenze.org
Email: posta@nuovetendenze.org; cell. 338 6995438

(informazione.it, 29 febbraio 2012)

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Quasi un milione di abitanti a Gerusalemme

Ebrei 63%, musulmani 33%, cristiani 2%

GERUSALEMME - La popolazione complessiva di Gerusalemme conta quasi un milione di abitanti, fra israeliani e palestinesi. Lo afferma il quotidiano Maariv sulla base di dati elaborati dal ministero israeliano degli interni.
Essi stabiliscono che alla fine del 2011 a Gerusalemme - nei due settori Ovest (ebraico) ed Est (a popolazione mista) - risiedevano 933.113 persone. Visto l'elevato tasso di natalita' di due settori predominanti nella citta' - quello palestinese e quello degli ebrei ortodossi - e' da prevedersi, secondo il giornale, che alla fine del 2012 gli abitanti saranno quasi un milione.
Il giornale precisa che oggi nell'intera area municipale di Gerusalemme (che include i rioni palestinesi e anche due localita' arabe che si trovano oltre la Barriera di separazione, Shuafat e Kafr Aqeb) gli ebrei rappresentano il 63,1 per cento, mentre i musulmani sono il 33,8 per cento. I cristiani sono quasi il due per cento. Questi dati, nota Maariv, sono piu' elevati di quelli pubblicati dall'Ufficio centrale di statistica israeliano. La spiegazione e' dovuta ad una differente metodologia utilizzata dalle due istituzioni per calcolare la popolazione reale della citta'.

(ANSAmed, 29 febbraio 2012)

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La città in cui Hitler è di moda

A Bangkok il Fuhrer è ovunque, sul volto di Ronald McDonald, è un Teletubby, è un cartone animato

  
Se vi aggirate per Bangkok, capitale della Thailandia, e vi imbattete in Adolf Hitler versione cartoon, non vi stupite particolarmente né, se ci riuscite, non vi offendete. Pare che il volto del Fuhrer di Germania negli ultimi tempi vada moltissimo nella capitale della Thailandia dove il grande dittatore delle leggi razziali è un soggetto particolarmente simpatico se è vero che è praticamente ovunque: sul volto di Ronald McDonald, su quello dei Teletubbies, sulle magliette e sulle felpe.
Un fenomeno di costume davvero misterioso. Un blog della Cnn, Go, lo racconta così: "In un design particolarmente popolare, Hitler è trasformato in un Ronald McDonald a cartoni animati, a mostrare un acconciatura color ciliegia e uno sguardo deciso. Su un'altra t-shirt, il Fuhrer è mostrato in un costume da panda con un bracciale nazista. Su un'altra appare come un Teletubby rosa con gli occhi sbarrati, orecchie grandi e una svastica rosa al posto dell'antenna. Sembra piuttosto petulante mentre fa il suo saluto nazista", spiega il media americano.

(Giornalettismo, 29 febbraio 2012)

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«Giallorosso ebreo». Ci risiamo

di Daniele Galli

«Giallorosso ebreo». Di nuovo. Il male non è stato estirpato. Sopravvive alle cure, i moniti, le campagne, le battaglie, l'indignazione. Alla vigilia del derby, una minoranza del tifo laziale ha ricominciato con i cori antisemiti in chiave romanista. È accaduto domenica con la Fiorentina. Per due volte. Al 29' del primo tempo, quando è entrato in campo il romanista Candreva. E poi dopo il gol di Klose.
Uno sfottò? «Assolutamente no», taglia corto l'Assessore alle comunicazioni esterne della Comunità Ebraica, Ruben Della Rocca. «Io - commenta a Il Romanista - non stavo vedendo la partita, mi sono arrivati dei messaggi dai tifosi ebrei della Lazio. Non vorrei che ora mi telefonasse di nuovo la Figc per chiederci le prove. Chi è allo stadio ha occhi per vedere e orecchie per ascoltare. C'è l'audio della partita, il coro è stato cantato. Ci auguriamo che non sia propedeutico al derby», spiega Della Rocca, che già a ottobre aveva denunciato l'esistenza di una fetta malata del tifo biancoceleste. Una protesta finita nel dimenticatoio. «Vede, non è uno sfottò dare dell'ebreo al romanista. Ci spiace che sia considerato un'offesa. Roma e Lazio sono consapevoli del problema e sono sicuro che si attiveranno al meglio delle loro possibilità per prevenire qualsiasi episodio spiacevole che possa verificarsi al derby. È un problema che dobbiamo risolvere tutti insieme. La stessa cosa vale per i bu ai giocatori di colore. Prenda il gesto di Suarez con Evra. Ecco, mi ha profondamente ferito. Trovo che ci sia un cortocircuito della giustizia sportiva, che consente a Suarez di continuare a giocare». Il presidente dell'Assemblea Capitolina, Marco Pomarici, lancia oggi sul nostro giornale la proposta di un tavolo congiunto con Roma e Lazio. «La faccio mia. Come Comunità Ebraica siamo pronti a dare il nostro contributo. Speriamo che domenica non succeda nulla di strano. Ma se dovesse capitare, nessuno potrà dire che non si poteva prevedere. O che prima non ci fossero stati dei precedenti». Lo sdegno non ha colore politico. «Ci risiamo», accusa Enzo Foschi, vicepresidente della Commissione Sport alla Regione in quota PD. «Sono cori vergognosi che non c'entrano nulla con il tifo. Sarebbe bello - dice a Il Romanista- che domenica Roma e Lazio scendessero in campo indossando una maglietta di solidarietà con la Comunità Ebraica. Dubito che questo aiuterebbe a zittire quei tanti o pochi imbecilli, ma aiuterebbe certamente a dire da che parte sta il calcio. Poi continuo a chiedermi perché gli arbitri e i calciatori, quando sentono questi cori, non smettono di giocare». Una maglia. Potrebbe essere un segnale. Potrebbe essere un inizio. Un buon inizio.

(Il Romanista, 29 febbraio 2012)


Sarà una piccola cosa, ma essere stato romanista fin dalla mia più tenera infanzia in questa occasione mi dà una certa soddisfazione. M.C.

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Chiuse due emittenti palestinesi

Operazione notturna dell’esercito

RAMALLAH, 29 feb - Con una operazione notturna a sorpresa l'esercito israeliano ha perquisito gli studi di due emittenti private palestinesi a Ramallah, in Cisgiordania, sequestrando computer e apparecchiature tecniche e compiendo alcuni fermi. Le due stazioni - al-Watan e Quds - hanno sospeso per il momento le trasmissioni, hanno riferito alla stampa i responsabili delle emittenti. L'operazione è stata subito condannata dal premier dell'Anp, Salam Fayad.

(ANSA, 29 febbraio 2012)

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Di nuovo in Valle d'Aosta i ragazzi palestinesi e israeliani

La visita dei ragazzi israeliani e palestinesi in
Consiglio comunale nel 2011
AOSTA - Per raccogliere fondi a favore del progetto che li accoglie e che sarà nuovamente realizzato in Valle d'Aosta nel mese di marzo è prevista una cena di raccolta fondi domenica 4 marzo prossimo presso l'Espace populaire. Le prenotazioni si chiudono oggi.
Offrire un sostegno economico al Progetto "Voci di pace" che, dopo la positiva esperienza dello scorso anno, torna ad ospitare in Valle d'Aosta una decina di ragazzi palestinesi e israeliani che si confronteranno, vivranno momenti di dialogo e di socialità tra di loro e con alcuni coetanei delle scuole valdostane.
Con questo obiettivo è stata organizzata per domenica 4 marzo prossimo, alle ore 20, all'Espace populaire di Aosta una cena con menu fisso a base di Humus, chili e fagioli messicani, polenta e dolce. Il costo è di 13 euro, per partecipare è necessario prenotarsi entro oggi, mercoledì 29 febbraio presso la bottega del Mondo della Cooperativa Lo Pan Ner di Aosta (Tel. 0165/261841). Dopo la cena la serata proseguirà con l'illustrazione del progetto e l'"Enchère" di prodotti del Commercio equo e solidale offerti dalla Cooperativa Lo Pan Ner.

(AostaSera.it, 29 febbraio 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Le responsabilità di coloro che devono valutare tutti i rischi e prendere le difficili decisioni prima di un eventuale attacco militare sono gravosissime; Obama e Netanyahu si incontreranno domenica e lunedì a Washington in un clima che certo risentirà ancora delle difficoltà del recente passato, ma che sarà pure influenzato dalle prossime elezioni americane (con la maggioranza dell'elettorato ebraico che nel passato ha votato per i democratici).
   In due diversi editoriali pubblicati sul Foglio si legge che Obama farebbe di tutto per abbassare il "codice di allarme" su Teheran, preferendo guadagnare tempo; in cambio Netanyahu farebbe capire all'America di non avere l'intenzione di preavvertire l'alleato in caso di attacco. Negli USA, tuttavia, vi sono anche molti commentatori che chiedono al presidente una maggiore chiarezza: deve cioè dire quali sono i limiti che Teheran non deve superare e, qualora la bomba diventasse una realtà, se gli USA potranno convivere con un Iran dotato della bomba atomica. Solo facendo chiarezza, secondo questi critici del presidente, ci saranno le basi per un dialogo costruttivo con Israele. In questa situazione va rilevato che un importante consigliere del vice-presidente Biden si è dichiarato convinto che l'Iran sia ancora lontano dalla bomba nucleare, smentendo in tal modo perfino gli esperti dell'AIEA.
   In Iran, nel frattempo, ci si prepara alle elezioni per il rinnovo del parlamento con praticamente solo due schieramenti contrapposti: quello dell'ayatollah Khamenei e quello del presidente Ahmadinejad. Quest'ultimo rischia, dopo le elezioni di venerdì, di ritrovarsi senza il necessario appoggio parlamentare. Che queste elezioni abbiano ben poco di democratico è dimostrato anche dal fatto che il figlio di Khamenei avrebbe visitato l'ex leader dell'opposizione Moussavi (agli arresti domiciliari come tutti i suoi amici) per convincerlo a mandare alle urne i propri sostenitori; che elezioni sarebbero se in tantissimi si astenessero? Lo spiega chiaramente Daniele Raineri sul Foglio. Coloro che certamente faranno meglio a votare sono i 25000 ebrei rimasti nelle terre sciite, discendenti dagli antichi ebrei di Babilonia; loro dovranno evitare qualsiasi sgarbo al regime, e potranno in tal modo scegliere, come spiega il giornale spagnolo ABC, il proprio candidato (unico ebreo a poter essere eletto tra i 290 parlamentari iraniani). I lettori di ABC scoprono così oggi che agli ebrei iraniani non è permesso accedere ad alcun incarico pubblico, ma che, secondo una recente legge, se decideranno di convertirsi all'islam riceveranno "dallo stato" il dono di ereditare tutti i beni della propria famiglia.
In questo momento di estrema tensione tra Israele ed Iran fa parlare di sé l'uscita di un cortometraggio di Ronen Barany: "The last day", che immagina proprio un attacco nucleare contro Israele che permetterebbe ad Ahmadinejad di fare in solo 9 minuti quello che Hitler compì in 6 anni.
   In questo momento di estrema tensione fa specie l'articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano; sotto il titolo: "Scandaloso Israele - Altro che Iran. La guerra Netanyahu ce l'ha in casa", questo quotidiano preferisce mettere l'accento sulla crisi che circonda il premier israeliano a causa del suo capo gabinetto che, accusato di molestie sessuali, deve lasciare il proprio incarico.
Mi. Gio. sul manifesto, sotto il titolo: Apartheid, si scaglia anche oggi contro Israele, colpevole di progettare delle linee ferroviarie nelle terre della West Bank (senza consultare il bravo Fayyad), ma costringendo tanti palestinesi a restare senza elettricità; non è concessa loro neppure quella solare, perché priva di autorizzazione, né quella eolica (con tutto il vento che c'è in quelle terre!). Le povere massaie palestinesi sono quindi costrette a continuare a dover fare tutti i lavori domestici a mano (mi dovrebbe spiegare Michele Giorgio a che cosa servono le antenne e le parabole che non mancano in nessuna casa palestinese!)
   Politica, certo, è questa del manifesto, e sporca politica è anche quella che descrive Europa: Assad, per Hillary Clinton, non deve essere dichiarato criminale di guerra perché tale dichiarazione "renderebbe più difficile la possibilità che lasci il potere". L'unica via da perseguire è quella diplomatica, e bisogna anche evitare di fornire armi ai ribelli (gli americani sono forse memori di precedenti loro errori simili). Questa avrebbe dovuto essere anche la strada da perseguire in Libia dove la soluzione "negoziata" sarebbe stata vanificata dal mandato di cattura contro Gheddafi emanato dal Tribunale penale internazionale. Hillary Clinton è sicuramente convinta del primato della politica (e dei bravi politici).
   Una donna che fece parlare bene di sé negli anni passati è sicuramente Beate Klarsfeld che dedicò la propria vita (insieme al marito) a cercare i criminali nazisti; si presenta ora candidata alla presidenza della Germania Federale, pur senza alcuna possibilità di vittoria, ma Andrea Tarquini su Repubblica ne racconta le gesta principali, compreso l'episodio poco conosciuto di quando, nel '91, voleva far arrestare a Damasco colui che uccise suo suocero e che aveva fondato la "Gestapo degli Assad". Su questo episodio dovrebbero riflettere coloro che per tanti anni si guardarono bene dal riconoscere la realtà siriana (e non solo siriana).
   Anche in Europa, tuttavia, sopravvive tuttora una frangia nazi-fascista: alcuni "tifosi" del Kaiserslautern, importante squadra di calcio tedesca, delusi per la sconfitta della propria squadra, urlano al giocatore israeliano, colpevole di giocare nella squadra amata, "sporco maiale" e lo salutano con il gesto dei nazisti, mentre la polizia preferisce non intervenire "per evitare maggiori disordini".
Queste sono le tristi notizie di oggi, 29 febbraio 2012, anno bisestile (per coloro che sono superstiziosi).

(Notiziario Ucei, 29 febbraio 2012)

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Mostra sulla Shoah: «Lo sterminio degli ebrei è cominciato nei ghetti»

ROMA, 28 feb. - "Spero che questa mostra possa rompere uno schema, anche in risposta ai negazionisti. Lo sterminio degli ebrei, infatti, non e' cominciato nei campi di sterminio, ma all'interno dei ghetti dove si moriva di stenti, di fame, di violenza". E' quanto ha dichiarato il presidente della comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici dopo avere inaugurato con il presidente del consiglio regionale e del forum dei giovani del Lazio, Mario Abruzzese e il direttore della fondazione Museo della Shoah e curatore dell'esposizione Marcello Pezzetti la mostra 'I ghetti nazisti' allestita negli spazi del Vittoriano a Roma.
Ed ha aggiunto Pacifici: "quello che deve emergere da questa mostra e' la campagna di odio nei confronti degli ebrei. I veri complici erano gli indifferenti. Dobbiamo continuare a lottare contro l'indifferenza -ha proseguito Pacifici- perche' e' l'unica arma che ci puo' consentire di riscattare la nostra etica e il nostro orgoglio".

(Adnkronos, 28 febbraio 2012)

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Negli scontri su Gerusalemme pesa il solito negazionismo anti-ebraico

di Matteo Lapenna

Israeliani e palestinesi di nuovo sulle barricate. Le dichiarazioni del presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen durante la tre giorni di conferenza internazionale su Gerusalemme a Doha, Qatar, hanno complicato una situazione già instabile a causa degli scontri avvenuti venerdì scorso sulla Spianata delle Moschee. Una vera e propria battaglia tra manifestanti palestinesi e forze di sicurezza israeliane, con un bilancio totale di undici soldati e quindici palestinesi feriti.
   Per Abu Mazen, l'intenzione degli israeliani di innalzare un tempio sulla Spianata delle Moschee non è altro che un tentativo di "cancellare e rimuovere in tutti i modi il carattere arabo-islamico di Gerusalemme", "costruendo sulle rovine della Moschea di Al-Aqsa". Il leader dell'ANP invita caldamente la popolazione araba ed i fedeli islamici a recarsi più spesso a Gerusalemme, rivendicando l'appartenenza della città: "Ci sarebbero ripercussioni politiche, morali, economiche ed umanitarie derivanti dal dimostrare che Gerusalemme appartiene a tutti noi, e che nessuno può impedirci di accedervi".
   Dura la replica del Primo ministro israeliano Netanyahu, che in un comunicato ufficiale ribadisce la centralità di Gerusalemme come capitale del popolo ebraico da millenni a questa parte, rendendo di fatto infondate le dichiarazioni di Abu Mazen. Il primo ministro Netanyahu ha affermato che "Gerusalemme continuerà a essere aperta per i credenti di ogni religione, ma resterà sotto il controllo di Israele. A chiunque sarà garantita la libertà di culto. Lo Stato di Israele si aspetta che chi affermi di promuovere la pace cerchi di educare la sua gente alla coesistenza pacifica, non che semini bugie e inciti alla rivolta. E' ora che i leader palestinesi smettano di rinnegare il passato e distorcere la realtà".
   Dell'accaduto abbiamo voluto parlarne con la deputata Pdl, on. Fiamma Nirenstein, giornalista ed esperta di Medio Oriente. Per l'on. Nirenstein, "l'intento di Abu Mazen è di riproporre il pericolosissimo tema di Gerusalemme, che accende gli animi dei mussulmani da Al Fatah ad Al Qaeda. Le dichiarazioni sono di fatto una vera e propria aggressione ad Israele e al popolo ebraico. Impugnando il tema di Gerusalemme, si lascia andare ad una forma di negazionismo peggiore di quella dell'Olocausto, come già fece Arafat nel 2000 durante il summit di Camp David con Bill Clinton e Ehud Barak, quando sostenne che non c'era alcuna traccia del Tempio degli Ebrei sul Monte del Tempio. Gerusalemme è la culla dell'ebraismo, è il popolo ebraico stesso. Negare questo fatto, provato da mille memorie e da mille storici, significa compiere una manipolazione atta a rendere gli ebrei estranei e coloni in quello che è il luogo della loro nascita e la loro patria".

(l'Occidentale, 28 febbraio 2012)

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Soldati israeliani sventano un'infiltrazione dal Sinai

GERUSALEMME, 28 feb. - Soldati di frontiera dell'esercito israeliano hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con un gruppo di uomini armati che tentavano di infiltrarsi dal Sinai egiziano ed hanno ucciso un membro del commando. E' quanto riferisce l'esercito israeliano.
"Alcuni soldati a guardia del confine israelo-egiziano hanno identificato un gruppo di sospetti che si erano infiltrati in Israele. I sospetti hanno sparato contro i militari, che hanno risposto aprendo il fuoco", si legge in un comunicato delle forze armate dello Stato ebraico.
Malgrado l'intensa sparatoria, i membri del commando sono riusciti a fuggire, tranne uno che e' rimasto ucciso sul terreno. "Al suo arrivo, il team medico ha accertato la morte di uno dei sospetti". Negli ultimi mesi, complice il clima di instabilita' post-rivoluzione in Egitto, gli incidenti alla frontiera con Israele si sono moltiplicati.

(AGI, 28 febbraio 2012)

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Quando il tennis salva la vita

Rachel Pashaev è una bambina israeliana che sogna di diventare campionessa di tennis. È tra le migliori under-10 del Paese. In questi giorni è negli Usa dove gioca una serie di esibizioni per raccogliere fondi per la fondazione che la aiuta. Vive a Sderot, a un chilometro da Gaza. Grazie al tennis, può dimenticare le bombe.

di Alessandro Mastroluca

Rachel Pashaev
Ad Ashkelon il vento che soffia tra i sicomori trasporta sabbia, storia e gli echi di spari e bombe. La città antica, nodo centrale per le vie del commercio che dalla Turchia portavano alla Siria e all'Egitto, è ormai un ricordo. Del porto neolitico, delle strade su cui hanno camminato cananei e filistei, Sansone e Riccardo Cuor di Leone, gli Egizi e i Crociati, restano rovine e mosaici. Ricostruita nel 1949 occupando il territorio della città araba di Majdal, avamposto della Forza di Spedizione Egiziana a Gaza.
Solo una ventina di chilometri la separano dalla Cisgiordania, dalla guerra. Ma la speranza non è solo negli alberi della vita dell'Età del Bronzo che gli archeologi riportano alla luce. È anche negli occhi di una bambina che ad Ashkelon si allena e che ha preso l'aereo per la prima volta, con in tasca un sogno e in mano una racchetta.
Ha dieci anni, Rachel Pashaev, ed è diretta negli Stati Uniti per una serie di esibizioni per raccogliere fondi per l'Israeli Tennis Centers Foundation, nata nel 1974 grazie alla visione di Rubin Josephs, Ian Froman, Freddie Krivine, Joseph D. Shane, il dottor William Lippy e Harold Landesberg. Sei pionieri che vogliono aiutare a crescere nello sport i bambini israeliani indipendentemente dalla religione o dalle possibilità economiche. In due anni vede la luce il primo degli attuali 14 centri, a Ramat Hasharon.
È proprio grazie a una borsa di studio della Fondazione che Rachel può continuare a giocare. Grazie al loro sostegno può viaggiare quattro volte a settimana fino da Sderot a Ashkelon, nel centro fondato nel 1981, per prendere le lezioni del coach Asi Shaul nell'ambito del programma avanzato (High Performance).
È stato il papà, Vladislav, emigrato dalla Russia, a incoraggiare Rachel a giocare a tennis quando aveva quattro anni. "Il tennis ha avuto una meravigliosa influenza su di lei" spiega, "è diventata più responsabile e anche i suoi voti a scuola sono migliorati. Viaggiare all'estero le farà dimenticare le difficili situazioni che vive a casa".
Rachel e la sua famiglia, infatti, vivono a Sderot, nel Distretto sud, a un chilometro appena dalla Striscia di Gaza. Tra giugno 2007 e febbraio 2008 è stata bersaglio di oltre 700 razzi Qassim e quasi altrettante bombe.
"Qui anche le cose più semplici come giocare fuori con gli amici diventano pericolose" racconta Rachel. "Il tennis porta un po' di calma nella mia vita e e dà alla mia famiglia un senso di normalità anche se siamo sempre preoccupati per le bombe". Spesso le sirene suonano nel bel mezzo dell'allenamento: "Se succede, dobbiamo correre nei rifugi il più velocemente possibile per sfuggire agli attacchi".
Il tennis come ancora di salvezza, in una vita così giovane eppure già "segnata dalla paura, dall'ansia, dallo stress". Shaya Azar, ex giocatore di livello nazionale che gestisce il centro di Ashkelon e dirige il programma per le Special Olympics, spiega: "Nonostante le difficoltà che affronta tutti i giorni, Rachel non perde mai l'ottimismo e il sorriso. Nessuno può distrarla dalla concentrazione sul tennis e dai suoi amici". Da una normalità che per Rachel assume i tratti della conquista e del coraggio. La normalità di una paura da cui non farsi sopraffare, da combattere con un sogno in tasca e una racchetta in mano.

(Ubitennis, 28 febbraio 2012)

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Gerusalemme: ritrovato un sarcofago del primo secolo con l'immagine di Giona

La scoperta in un rione di Gerusalemme di un sarcofago su cui un artista del primo secolo disegnò in forma stilizzata un grande pesce e la immagine schematica di un uomo, forse un riferimento alla figura biblica di Giona. Il quotidiano Haaretz precisa che a scoprire il sarcofago - in una grotta che si trova sotto un condominio nel rione di Armon ha-Natziv - e' stato il documentarista Simcha Jacobovici, specializzato in ricerche di carattere archeologico e religioso. Jacobovici non ha potuto visitare la grotta, per l'ostilità della popolazione locale, ma e' riuscito egualmente a riprendere il sarcofago grazie a sofisticate apparecchiature tecnologiche. Oltre al disegno del pesce sono visibili, secondo il giornale, alcune lettere in ebraico e in greco, il cui significato non e' stato ancora decifrato in maniera convincente. Una delle ipotesi e' che la grotta possa essere stata utilizzata dai primi seguaci di Gesù.

(FocusMO, 28 febbraio 2012)

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Cherasco - "Gli Ebrei in Italia dall'emancipazione alla persecuzione"

Mercoledì 29 febbraio alle 20.45 - Auditorium Cherasco

Il professor Bruno Maida
CHERASCO (CN) - Mercoledì 29 febbraio all'Auditorium Civico di Cherasco per l'Università Popolare della Terza Età si terrà l'incontro dal tema "Gli Ebrei in Italia dall'emancipazione alla persecuzione" con il professore Bruno Maida. Ricercatore di Storia contemporanea, del Dipartimento di Storia, Facoltà di Scienze della Formazione di Torino; ha insegnato presso la Sis-Scuola Interateneo e insegna al Master di Giornalismo dell'Università di Torino.
Membro del comitato scientifico dell'Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea; del comitato scientifico della Fondazione per la Memoria della Deportazione di Milano; del Dottorato in Studi storici dell'Università di Torino. I suoi studi si sono concentrati principalmente sulla storia dell'Italia in età contemporanea, con particolare attenzione verso la storia della società nel periodo fascista e durante la seconda guerra mondiale; la storia di Torino tra Ottocento e Novecento; le classi medie nel Novecento; i caratteri e le trasformazioni del gruppo ebraico, specie nella fase della persecuzione razziale; la Shoah e la deportazione politica; la Resistenza e l'occupazione tedesca.
"Cherasco - dichiara l'assessore alla cultura Sergio Barbero - consapevole della sua tradizionale presenza ebraica che risale alla metà del XVI secolo intende approfondire tale realtà nel suo complesso. Quello di mercoledì sera è il primo di una serie di incontri sull'argomento. Ritengo che sia utile e importante per tutti i cheraschesi conoscere in modo approfondito i temi legati all'Ebraismo nei suoi aspetti istituzionali, storici e spirituali che lo caratterizzano da sempre".
La serata, ore 20.45 all'Auditorium Civico di Via San Pietro, è aperta a tutti e per chi arriva da Roreto troverà il pullman gratuito che partirà dalla piazza dalla Chiesa dell'Assunta alle 20.30 e farà ritorno al termine dell'incontro.

(targatocn, 28 febbraio 2012)

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Israele: "Se attaccheremo l'Iran, lo faremo anche senza il consenso preventivo degli Usa"

Dopo le notizie riservate pubblicate da Wikileaks relative ad azioni del Mossad in territorio iraniano, oggi alcuni ufficiali israeliani hanno riferito che Tel Aviv potrebbe attaccare Teheran anche senza informare preventivamente la Casa Bianca.

28 febbraio 2012- La crisi iraniana va avanti senza trovare soluzioni percorribili nell'immediato tra intrighi e colpi di scena. Proprio ieri Wikileaks aveva pubblicato ieri sul suo sito il contenuto di alcune e-mail riservate prese dal sito dell'agenzia di intelligence americana Startfor, dalle quali sarebbe emerso il coinvolgimento dei servizi segreti israeliani nelle esplosioni avvenute nel novembre 2011 in una base missilistica non lontana da Teheran. Oggi secondo quanto divulgato da RT.com, alcuni ufficiali israeliani avrebbero dichiarato all'Associated Press che, qualora Tel Aviv decidesse di lanciare un attacco preventivo contro le installazioni nucleari iraniane, lo farebbe senza necessariamente ottenere il consenso preventivo degli Stati Uniti.
Il messaggio sarebbe stato trasmesso direttamente dal Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, e dal ministro della Difesa Ehud Barak a un buon numero di ufficiali americani in visita nel Paese. A questo riguardo sia gli Stati Uniti che Israele hanno evitato di rilasciare qualsiasi commento. Tel Aviv avrebbe insistito sul fatto che questa strategia si sarebbe resa necessaria per proteggere Washington dal venire accusata per non aver fermato un eventuale attacco israeliano, qualora questo realmente avvenisse.
Le notizie riguardo all'intenzione unilaterale di Israele di attaccare l'Iran hanno cominciato a circolare proprio poco prima della visita negli Stati Uniti di Netanyahu, prevista per i primi giorni di marzo. Il premier israeliano ha ordinato ai suoi ministri di non discutere pubblicamente riguardo al programma nucleare iraniano, probabilmente per non sollevare un vespaio prima della sua partenza per gli Usa.
I paesi occidentali e Israele continuano quindi a essere assolutamente convinti che il programma di arricchimento dell'uranio iraniano sia orientato alla costruzione di armi nucleari. Israele ovviamente è assolutamente determinato a impedire che questo succeda, nonostante Teheran insista nel sottolineare che i suoi obiettivi nucleari abbiano solo interesse puramente civile. La tensione si è notevolmente alzata dopo che la scorsa settimana l'Aiea aveva parlato di dubbi che riguardano un possibile impiego militare del programma iraniano.
Nell'ultimo disperato tentativo di fermare l'arricchimento dell'uranio iraniano, Stati Uniti ed Unione Europea hanno lanciato diverse sanzioni contro l'industria petrolifera iraniana. Tuttavia queste sanzioni hanno fallito nel tentativo di mobilitare tutti i principali acquirenti del petrolio iraniano e quindi Teheran manterrebbe intatta la possibilità di continuare col suo programma. Chiaramente una volta fallite le sanzioni e le pressioni commerciali, il timore è che si possa prima o dopo passare ai fatti. E tutti cominciano a capire le implicazioni che porterebbe con sè una mossa di questo tipo, una mossa che a Tel Aviv sarebbero anche disposti, qualora lo ritenessero necessario, anche da soli.

(ArrticoloTre, 28 febbraio 2012)

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La partecipazione degli ebrei al Risorgimento in Emilia Romagna (1815-1870)

  
LUGO (RA) - L'Amministrazione Comunale di Lugo e la Biblioteca Trisi hanno voluto dare continuità alla ricorrenza dell'anniversario dell'Unità d'Italia che si celebra il 17 marzo prossimo, allestendo a Palazzo Trisi la mostra "La partecipazione degli ebrei al Risorgimento in Emilia-Romagna [1815-1870]", curata da Franco Bonilauri e Vincenza Maugeri del Museo Ebraico di Bologna.
L'inaugurazione avrà luogo venerdì 2 marzo, alle ore 11, presso la Biblioteca Trisi, alla presenza del sindaco Raffaele Cortesi, di Franco Bonilauri direttore del Museo Ebraico di Bologna e di Ines Miriam Marach, studiosa di storia ebraica che ha curato la sezione lughese dell'esposizione.
La mostra storico-didattica, intende mettere a fuoco il contributo e la partecipazione degli ebrei del territorio emiliano-romagnolo agli eventi che determinarono il Risorgimento e la successiva nascita dello Stato unitario. In Emilia-Romagna fra i primi combattenti ebrei del Risorgimento dobbiamo ricordare Abramo Fortis, che prese parte ai moti di Faenza nel 1820; Israel Latis, condannato dal duca di Modena alla Rubiera nel 1822; Angelo Usiglio e suo fratello Enrico, collaboratori di Ciro Menotti nei moti a Modena del 1831; Giacomo Levi, reggiano, che nel 1831 fu rinchiuso nei Piombi a Venezia con Daniele Manin.
Tra i Mille di Garibaldi occorre citare anche Eugenio Ravà di Reggio Emilia, Settiminio Senigaglia e Samuele Finzi di Correggio, Sabbatino Jacchia di Lugo. Questi e molti altri sono gli ebrei emiliano-romagnoli che diedero un considerevole apporto allo sviluppo della storia del Paese fino alla nascita dello Stato unitario che decreterà l'abbattimento di tutti i ghett.
Il Risorgimento fu vissuto dal millenario ebraismo italiano non solo come liberazione politica, indipendenza dallo straniero, ma anche come l'attesa liberazione civile, come uscita dai ghetti secolari, per divenire finalmente cittadini con tutti i doveri e i diritti degli altri, per professare più liberamente la fede dei padri, per potere esprimere le particolari qualità intellettuali, morali, civili, economiche di questa minoranza.
Nell'occasione saranno esposti anche documenti originali e immagini provenienti dalla Biblioteca Trisi e dall'Archivio storico comunale di Lugo che riguardano la Comunità ebraica lughese.

La mostra resterà aperta fino al 21 di marzo.
Apertura da lunedì a sabato (ore9-12,30) e nei pomeriggi dal lunedì al venerdì (ore 14,30-19).
Info: Biblioteca comunale Trisi - tel. 0545.38568 - trisi@comune.lugo.ra.it

(Lungonotizie.it, 28 febbraio 2012)

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Grotte di Qumran. Nel «monastero» degli esseni anche le donne

Le grotte di Qumran, dove nel 1947 furono ritrovati i famosi rotoli del Mar Morto, furono, nel I secolo d.C., un importante centro di spiritualità e di culto del gruppo ebraico degli Esseni.
E questo si sapeva. Quello che però era ignoto è questa sorta di monastero non era solo maschile, ma aperto anche alle donne, come dimostrerebbe il recente studio di una serie di antichi contenitori utilizzati per conservare gli unguenti e i profumi e anche piatti e brocche. Se i rotoli negli ultimi 65 anni sono stati studiati a fondo, finora non era mai stato compiuta un'indagine approfondita sulle ceramiche di Qumran, ritrovate nelle grotte vicino al Mar Morto, tra cui anche le giare (diverse decine) che contenevano i manoscritti. Lo studio è stato ora compiuto da un'equipe di studiosi italiani guidata dai professori Marcello Fidanzio e Riccardo Lufrani nel museo Rockfeller di Gerusalemme.
Le «giare-manoscritto» - hanno spiegato ieri a Firenze in una conferenza stampa Diletta Rigoli e don Bledar Xhuli, della Facoltà di Teologia dell'Italia Centrale che partecipa al progetto in collaborazione con l'Ecole Biblique et Archeologique Française di Gerusalemme - sono cilindri di ceramica alti circa un metro, di fattura molto raffinata, che vanno dal II secolo a.c. al 70 d.C., anno della distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei romani.
La «lettura» delle giare, e dell'altro materiale ceramico ritrovato nel sito archeologico (molti piatti, che probabilmente servivano per la offerte votive, ma anche brocche, vasi, unguentari) secondo i due ricercatori potrebbe confermare che Qumran sia stato un importante centro di spiritualità e di culto esseno, di cui le grotte costituivano una specie di «biblioteca» per la conservazione del testo sacro nella sua purezza, anche per difenderlo da eventuali saccheggi da parte dei soldati Romani.
I nuovi studi sulle giare sembrano confermare molte delle ipotesi avanzate da Roland De Vaux, domenicano dell'Ecole Biblique di Gerusalemme, che condusse gli scavi delle grotte di Qumran e dell'insediamento adiacente. Fu De Vaux a formulare la celebre teoria che interpreta il sito archeologico come un «monastero esseno».

(il Giornale, 28 febbraio 2012)

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Dietro le quinte complimenti tra Israele e Iran

Il regista Ashgar Farhadi batte Joseph Cedar e per un giorno il cinema prevale sul conflitto

TEL AVIV - Lontano dai riflettori delle telecamere, a Hollywood, per un breve momento iraniani ed israeliani hanno parlato la stessa lingua: quella del cinema. Per la categoria del migliore film straniero hanno prevalso i primi con Una Separazione sui secondi, che presentavano Footnote.
Ma quando il regista iraniano Asghar Farhadi è stato chiamato a ritirare la ambita statuetta, applausi convinti sono giunti anche dai colleghi israeliani. «Da due giorni sapevamo che la vittoria sarebbe andata al film iraniano», ha detto l'attore Shlomo Bar-Abba, uno dei protagonisti di Footnote. «Si tratta di un'opera artistica importante, che giunge inoltre da un Paese molto chiuso su se stesso. Hollywood non poteva ignorarla». Il suo collega Lior Ashkenazi aggiunge di essersi complimentato con gli iraniani, sia prima che dopo la premiazione. «Negli ultimi tre giorni - ha aggiunto - ci siamo incrociati in diversi ricevimenti. Sono persone splendide. Abbiamo parlato di arte, di cinema, mai di politica».
Istrionico mattatore delle sale teatrali israeliane (in questi giorni si esibisce nel Cerchio di gesso del Caucaso di Bertolt Brecht) Bar-Abba ha preannunciato loro in tono faceto che «sarà di certo presente a Teheran, alla premiere di Footnote». In pubblico, gli artisti iraniani non hanno voluto mostrarsi assieme agli israeliani. Eppure il regista di Footnote, Joseph Cedar, ha avuto modo di incontrare Farhadi in forma privata ai margini di altri festival a cui hanno partecipato. «Farhadi gli è risultato una persona molto simpatica», ha appreso la madre di Cedar.
I due registi hanno scoperto di avere parecchio in comune: compreso figli delle stessa età. Anche i due film avevano punti di contatto, essendo centrati su questioni familiari. In Israele Una Separazione ha riscosso critiche molto positive, e le sale dove viene proiettato sono in genere piene. Ma con lo spegnersi dei riflettori, Bar-Abba ha previsto che i rapporti con i colleghi iraniani non avranno seguito.
«Ora che i fiori degli addobbi appassiscono e che le acconciature delle attrici si afflosciano - ha notato - facciamo le valige per tornare alla grigia routine di tutti i giorni. Lasciate le limousine scintillanti, torneremo a fare acquisti al supermercato di periferia, a cimentarci con i nostri figli». Ai quali in futuro si potrà comunque narrare che un giorno, nello scenario magico ed illusorio di Hollywood, la amicizia fra israeliani ed iraniani sembrava per un momento a portata di mano.

(Corriere Canadese, 28 febbraio 2012)

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Israele pronto per attaccare l'Iran con i suoi aerei

Tel Aviv - Enormi potenzialità offensive sviluppate da Iaf negli ultimi anni

Non sorprende che Israele, da sempre impegnato al fianco degli americani nella distruzione preventiva di siti nucleari iraniani, sia pronto per sferrare un ulteriore attacco grazie alla sua moderna aeronautica militare (Iaf, Israeli Air force) quasi interamente progettata per missioni a lungo raggio.
Le ulteriori rivelazioni di quest'oggi (27 febbraio 2012) sembrano essere un'ennesima dimostrazione di forza nonché un avvertimento allo Stato arabo che, come ben noto, è recentemente al centro dell'attenzione mondiale per la situazione economica petrolifera sulla quale l'Iran ha imposto veti perentori operando una politica altrettanto aggressiva in risposta ai tentativi di coercizione occidentali.
A complicare la situazione e fattore non privo di un'importanza sostanziale è il recente sviluppo di tecnologia nucleare iraniana che, nonostante i raid delle scorse decadi (Israele bombardò infatti alcuni siti limitrofi già nel 1981, distruggendo il reattore iracheno di Osirak, presso Baghdad, e più recentemente un impianto siriano, nel 2007) sembra essere arrivato a uno stadio conclusivo.
L'aeronautica israeliana è, inoltre, concepita da almeno vent'anni appositamente per compiti del genere, annoverando le più recenti versioni dei caccia americani di quarta generazione come l'F-15S o l'F-16, quest'ultimo in particolare completamente riequipaggiato dagli israeliani con tecnologia nazionale con la designazione di F-16I "Sufa" e studiato per un'autonomia incrementata ed un carico bellico di tutto rispetto per bombardamenti strategici, capace inoltre di opporre un eccellente deterrente aereo grazie a missili aria-aria a media e corta gittata, quali gli AIM-120 Amraam e l'ultima versione (la X) del missile per dogfight AIM-9 Sidewinder.

(AvioNews, 27 febbraio 2012)

Video

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In Israele per la 'Carmen' di Bizet

In occasione della rappresentazione della "Carmen" di Bizet - a cura dell'Orchestra Sinfonica di Israele Rishon LeZion e del Coro del Teatro dell'Opera di Israele - nella suggestiva fortezza di Masada, in Israele, prevista per il prossimo 10 giugno, Kuoni e Best Tours offrono, in esclusiva per i loro clienti, la possibilità di effettuare un tour del Paese alla scoperta dei luoghi di maggiore interesse del suo immenso patrimonio storico, artistico e religioso.
Tra le location più significative: la moderna e cosmopolita Tel Aviv; Jaffa (antica città egiziana, considerata il primo porto della storia); Gerusalemme (la Città Santa per eccellenza, sacra a Ebrei, Cristiani e Musulmani); le sponde del Mar Morto (il punto più basso della terra, 400 metri sotto il livello del mare).

(agenzia di viaggi, 28 febbraio 2012)

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Di musica, di ebrei e del male

Come la musica può essere una piattaforma per l'anti-semitismo

di Giulio Meotti

Un ritratto del famoso compositore Frederic Chopin, che un tempo era appeso ad Auschwitz, è appena ricomparso nella casa di un professore universitario polacco. Il ritratto era sul muro dell'edificio in cui l'orchestra dei prigionieri di Auschwitz faceva le prove. La poesia di Paul Celan, "Todesfuge", ricorda i musicisti ebrei costretti a suonare dalle S.S. Veniva loro ordinato di eseguire un "Death Tango "durante le marce, mentre si scavavano fosse, avvenivano torture ed esecuzioni. Chopin era un genio, ma anche odiatore di Ebrei. Ecco perché i Nazisti s'ispiravano al compositore polacco.
Richard Wagner fu un altro famoso anti-semita, e Adolf Hitler amava la sua musica. Wagner e Chopin, inutile dirlo, non erano nazisti. Sono morti prima della nascita di Hitler. Ma il loro odio per gli Ebrei, come quello di Hitler, era più di un tic: era stato posto al centro della loro visione del mondo. Le glorie di "Tannhäuser" e "Lohengrin" fornivano un accompagnamento musicale alla Shoah. Nelle camere a gas, la fede in "verità come bellezza e bellezza come verità" ha trovato la sua fine.
Molti altri compositori si asservirono al mostro nazista, compreso Herbert von Karajan.
Ma il più famoso fu Wilhelm Furtwangler, il maggiore musicista tedesco del secolo, che diresse il concerto per il compleanno di Hitler nel 1942.
Negli ultimi anni sta emergendo una nuova generazione di compositori e librettisti d'opera anti-semiti. Alla fine del mese, l'English National Opera allestirà a Londra " La morte di Klinghoffer", una composizione musicale imperniata sul tragico dirottamento della Achille Lauro nell'ottobre del 1985, per mano del Fronte di Liberazione della Palestina. Il compositore John Adams e la librettista Alice Goodman sostengono che il loro obiettivo era dare pari voce "alle sofferenze sia di parte palestinese che israeliana". La musica romanticizza l'assassinio di un innocente, un passeggero ebreo legato a una sedia a rotelle, colpito in fronte e al petto a sangue freddo, e infine gettato in mare. Quando la Brooklin Academy of Music diede la prima rappresentazione dell'opera, Lisa e Ilsa Klinghoffer, figlie di Leon, erano venute ad assistere mantenendo l'anonimato. Offese dal ritratto idealistico degli assassini del padre, rilasciarono questa dichiarazione: "E' una produzione anti-semita".
Il compositore greco Mikis Theodorakis, uno dei vincitori del Premio Internazionale della Musica dell'Unesco, è un famoso odiatore di Ebrei. "Qualsiasi cosa succeda oggi nel mondo ha a che fare con i Sionisti… Dietro alla crisi economica mondiale che ha colpito anche la Grecia, ci sono gli Ebrei americani" così Theodorakis si espresse lo scorso anno. Il Presidente del Consiglio Nazionale austriaco ha cancellato la canzone di Theodorakis "Mauthausen Trilogy", che era stata programmata per un evento a Vienna in memoria della Shoah, per le dichiarazioni anti-semite dell'autore. In precedenza Theodorakis aveva dichiarato alla televisione greca che lui era "anti -Israele e anti-semita".
L'anno scorso il famoso direttore d'orchestra israeliano Daniel Barenboim aveva portato in Hamastan (Gaza) un'orchestra di musicisti europei, compresi gli italiani del Teatro alla Scala di Milano, famoso in tutto il mondo. Il direttore aveva attraversato una linea rossa con il più immorale dei suoi gesti. Barenboim si era rifiutato di partecipare alle festività in Israele per il 60o anniversario della sua fondazione; aveva rifiutato un'intervista a una reporter della Radio dell'esercito d'Israele, solo perché lei vestiva l'uniforme di Tzahal; aveva ottenuto un passaporto palestinese approvato dall'ex governo palestinese guidato da Hamas; aveva diretto concerti a Ramallah quando gruppi terroristici bersagliavano con attentati suicidi i ristoranti israeliani; in una conferenza alla Columbia University a New York paragonò i soldati di Israele ai Nazisti.
"Moìse et Pharaon"di Gioacchino Rossini, un capolavoro italiano del 19o secolo, è stato messo in scena ancora una volta in una rielaborazione anti-Israele e anti-semita, al prestigioso Festival dell'Opera di Salisburgo.
"When I am old" di Hannah Conway, ispirata al mito di Rachel Corrie, l'attivista pro-palestinese che perse la vita nell'incidente del 2003 nel tentativo di bloccare i bulldozers israeliani che stavano demolendo una casa usata dai terroristi palestinesi, dipinge i soldati di Israele con caratteristiche tipiche del nazismo.
Anche "Manifest Destiny"del compositore Keith Burstein, su libretto di Dic Edward, è un'opera musicale che romanticizza gli attentatori suicidi palestinesi.
Facendo eco al detto di Adorno "Hitler und die IX. Symphonie: Seid Umzingelt, Millionen", questa è la nuova colonna sonora dell'odio.


Traduzione dall'originale inglese di Yehudit Weisz

(Arutz Sheva7, 24 febbraio 2012 - ripreso da Informazione Corretta)


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Bibbie di Sefarad, in mostra la cultura ebrea in Spagna

di Paola Del Vecchio

MADRID, 27 feb - La vita culturale e religiosa degli ebrei della penisola iberica nel Medio Evo girò intorno alla produzione e all'uso della Bibbia, l'asse centrale del giudaismo. I modi in cui il testo sacro era letto, interpretato e rappresentato all'epoca, i manoscritti prodotti in Spagna, consultati da ebrei sefarditi e successivamente collezionati da privati o istituzioni, sono il corpus centrale dell'esposizione 'Bibbie di Safarad: le vite incrociate del testo e i suoi lettori', che da domani al prossimo 13 maggio propone la Biblioteca Nacionale di Spagna, a Madrid. La mostra, curata da Javier del Barco e organizzata dal Centro di scienze umane e sociali del Consiglio superiore delle ricerche scientifiche (Csic) e dalla Biblioteca Nazionale, è stata presentata oggi in anteprima ai media. Cinquanta pezzi, fra preziosissimi manoscritti, documenti, oggetti e materiale artistico. "La finalità fondamentale dell'esposizione è mostrare una parte culturale della storia spagnola del Medio Evo, molto poco nota, e aprire al grande pubblico la produzione degli ebrei di Sefarad, che furono una comunità molto prospera", spiega il curatore Javier del Barco. Molte delle Bibbie esposte provengono dall'esilio. "Un lungo esilio di secoli", ricorda lo specialista in filologia semitica, direttore del Centro di scienze umane e sociali del Csic e dell'Istituto di Lingue e Culture del Mediterraneo e del Medio Oriente. "La maggior parte dei manoscritti uscirono dalla Spagna dopo l'espulsione degli ebrei nel 1492, da parte dei re cattolici, e negli anni successivi, e solo pochissimi volumi restarono nella penisola, occulti; mentre altri rimasero in mano all'Inquisizione e alla Chiesa. Dopo vari secoli di esilio - aggiunge lo studioso - ritornarono in Spagna sotto forma di lasciti ecclesiastici o di collezioni private". Fra le opere più pregiate in mostra, una Bibbia appartenente al ducato della Casa d'Alba, rimasto sempre nella penisola. "Scomparso nel XV secolo, poco dopo la sua produzione, riapparve nelle mani dell'Inquisizione, che la consegnò al Conte Duca di Olivares, antenato dell'attuale duchessa d'Alba", osserva del Barco. "E' una delle poche traduzioni complete allo spagnolo che si conservano del Medio Evo, realizzata da un ebreo che lavorava assieme a due monaci cristiani", aggiunge. Fra gli altri eccezionali volumi dell'esposizione, il rotolo di Esther o la Fortalitium Fidei, appartenenti alla Biblioteca Nazionale, che conserva il secondo fondo più importante in Spagna di manoscritti ebraici. Molti, provenienti da collezioni private, sono esposti per la prima volta al pubblico nella mostra articolata in otto sezioni: la Bibbia; Apprendistato; Liturgia: Esegesi Biblica; Polemica, per le diverse interpretazioni; Spazio di lettura e tipi di lettori; Collezionismo in Spagna.

(ANSAmed, 27 febbraio 2012)

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Svastica sul monumento ai deportati nei lager

Vandalismo a Guastalla

di Mauro Pinotti

La svastica tracciata sul monumento
  
GUASTALLA (RE) - Dopo le frasi ingiuriose contro il governo Monti controfirmate con la croce celtica, che erano state scritte alcune settimane fa in via San Ferdinando, la notte scorsa, sul retro del monumento dedicato agli ex internati nei lager nazisti, in piazza Martiri Patrioti, è apparsa una svastica.
Le scritte erano state successivamente cancellate dagli addetti inviati dal Comune di Guastalla: «Si tratta indubbiamente di una ragazzata compiuta da chi non conosce cosa ha rappresentato quel simbolo per milioni di ebrei e per i nostri deportati, di cui ancora viventi nella nostra città e di quanto dolore e sofferenza ha portato nelle coscienze degli uomini - ha detto il sindaco Giorgio Benaglia dopo essere stato informato della vicenda - Non posso che indignarmi di fronte ad un simile gesto frutto di grave ignoranza e di grande superficialità. Io credo che ci siano persone che abbiano ben altri obiettivi che quelli di andare ad imbrattare monumenti-simbolo della nostra città».
All'indignazione del primo cittadino c'è anche stata la reazione delle varie forze politiche che compongono il centrosinistra: Matteo Artoni, segretario del circolo Pd di Guastalla ha aggiunto: «Un gesto sicuramente da condannare. C'è da riflettere per capire cosa poter fare per impedire la pulizia della memoria. In alcune scuole, lo sterminio degli ebrei, non è più materia di studio né tanto più di memoria per le nuove generazioni"

(Gazzetta di Reggio, 27 febbraio 2012)

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Israele progetta cinquecento chilometri di ferrovie

Previsti due tronconi per collegare nord a sud

TEL AVIV - Un ambizioso piano per la costruzione di quasi 500 chilometri di ferrovie in Cisgiordania é stato messo a punto negli ultimi mesi dal Ministero israeliano dei Trasporti. Lo rivela il quotidiano Haaretz. Secondo i progetti, queste linee dovrebbero essere messe a disposizione sia della popolazione israeliana sia di quella palestinese. Il piano prevede fra l'altro due tronconi principali che collegherebbero la Cisgiordania settentrionale a quella meridionale: uno, interno, fra Jenin, Nablus, Ramallah, Gerusalemme, Betlemme e Hebron; ed un altro, orientale, lungo il fiume Giordano, fino a Gerico. In una fase successiva, da Hebron sarebbe possibile raggiungere Gaza, mentre Gerico sarebbe collegata ad Amman. Haaretz avverte tuttavia che la realizzazione di questi progetti non appare possibile per il prossimo futuro, ad esclusione di un troncone relativamente breve che dovrebbe collegare Tel Aviv alla città-colonia di Ariel, nella Cisgiordania settentrionale.

(ANSAmed, 27 febbraio 2012)

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Cori antisemiti contro un calciatore israeliano

Un nuovo episodio di razzismo riepie le pagine delle croncahe calcistiche. Itay Shechter, attaccante israeliano del Kaiserslautern, è stato apostrofato con cori di natura antisemita nel corso dell'allenamento svoltosi ieri all'indomani della pesante sconfitta subita contro il Mainz. La società tedesca ha fatto sapere di di voler andare in fondo alla vicenda rintracciando i colpevoli.

(CalcioNews24, 27 febbraio 2012)

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Come smaltire il Corano

Gli americani in Afghanistan sono finiti di nuovo nei guai per aver bruciato copie del Corano. Niente di intenzionale, era solo pattume da smaltire ma dentro ci sono finite anche le sure del profeta. Ma allora qui si pone un problema ecologico oltre che teologico.
Come smaltire libri sacri? La Cristianità non ha regole chiare al riguardo e la rottamazione delle bibbie è lasciata alla discrezione dei fedeli. L'Ebraismo è un po' approssimativo: prevede che il Talmud possa essere sepolto, ma solo insieme a un rabbino. Bisognerebbe quindi ammucchiare Talmud in attesa che muoia un rabbino. Poco pratico, e anche crudele. Figuratevi lo stato d'animo del rabbino che vede ammucchiarsi Talmud nella sua sinagoga.
L'Islam invece è chiaro, ci sono tre modi ammissibili: la sepoltura, il lavaggio dell'inchiostro e anche la combustione. Ma a delle condizioni. La sepoltura deve essere fatta in modo che la carta non tocchi la terra. Le ceneri derivanti dalla combustione non devono essere gettate al vento ma conservate. Il lavaggio dell'inchiostro poteva funzionare con le pergamene ma oggi è un lavoraccio. Ed è comunque mal visto. Nel 1997 i talibani avevano messo al bando la carta riciclata per timore che potesse contenere pagine del Corano.
Quel che è certo è che si sta inesorabilmente andando verso la raccolta differenziata per corani, bibbie e altri libri sacri. Serviranno opportuni cassonetti e guai a chi si sbaglia. Appositi tribunali teologico-ambientali commineranno pene adeguate. Ma come comportarsi con un ebook? Quale fatwa colpirà lo sprovveduto che elimina un Corano con un "delete"?

(il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2012)

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Voglio leggere il Corano in Duomo e a San Pietro

Un errore dare alle fiamme il testo sacro ai musulmani. Mi limiterò a citare alcuni passaggi, tutti capiranno

di Magdi Cristiano Allam

Con la presente chiedo ai Prefetti di Milano e di Roma, alla Curia Ambrosiana e alla Segreteria di Stato del Vaticano,l'autorizzazione a organizzare due manifestazioni pubbliche in Piazza Duomo e in Piazza San Pietro per far conoscere agli italiani la verità sul Corano e su Maometto.
   Considero un errore dare alle fiamme il testo considerato sacro dai musulmani e tacere sulla vita del fondatore dell'islam, così come provo orrore per le stragi che ne conseguono. Ebbene proprio perché sono consapevole che vi è un rapporto di causa ed effetto tra ciò che è prescritto nel Corano e l'esempio dato da Maometto e tra la predicazione d'odio, l'incitazione alla violenza e la perpetrazione di efferati crimini da parte dei musulmani, ho deciso che è un dovere civico e una missione morale affermare la verità. Basta con il rogo del Corano e le vignette su Maometto! Il Corano non va bruciato ma letto in pubblico in modo chiaro e senza alcun commento! Maometto nonva deriso esasperandone i tratti ma rappresentato oggettivamente così come viene descritto dai suoi biografi ufficiali!
   Anticipo al prefetto di Milano e alla Curia ambrosiana che in Piazza Duomo leggerò anche i seguenti versetti del Corano che ordinano ai musulmani di uccidere gli ebrei e i cristiani a meno che non si convertano e non si sottomettano all'islam: «Combattete coloro che non credono in Dio e nell'Ultimo Giorno, che non vietano ciò che Dio e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la Gente del Libro (ebrei e cristiani, nd r), che non scelgono la religione della verità, finché non paghino il tributo uno per uno, umiliati. Dicono gli ebrei: "Esdra è figlio di Dio" e i cristiani dicono: "Il Messia è figlio di Dio". Questo è ciò che esce dalle loro bocche. Ripetono le parole di coloro che prima di loro furono infedeli. Dio li distrugga! Essi sono fuorviati » (IX, 29-30).
   «E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: "Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli fra capo e collo, colpiteli sulle falangi! E ciò avvenne perché si erano separati da Dio e dal Suo Messaggero". Dio è severo nel castigo con chi si separa da Lui e dal Suo Messaggero! Assaggiate questo! I miscredenti avranno il castigo del fuoco! O credenti, quando incontrate gli infedeli in ordine di battaglia, non volgete loro le spalle. Chi quel giorno volgerà loro le spalle- eccetto il caso di stratagemma per meglio combattere o per raggiungere un altro gruppo- incorrerà nell'ira di Dio e il suo rifugio sarà l'inferno. Quale triste rifugio! Non voi li avete uccisi. Dio li ha uccisi» (VIII, 12-17).
   «O credenti, non sceglietevi per alleati ebrei e cristiani, sono alleati gli uni degli altri, e chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Dio non ama il popolo degli ingiusti» (V, 51).
   Ugualmente anticipo al prefetto di Roma e alla segreteria di Stato del Vaticano che nella manifestazione pubblica a Piazza San Pietro leggerò anche questi passaggi tratti dalla Sira, la raccolta dei detti e dei fatti attribuiti a Maometto: «Il Profeta - le preghiere e la pace di Allah siano con Lui - dichiarò: "L'Ultimo Giorno non verrà finché tutti imusulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l'albero diranno:O musulmano, o servo di Allah, c'è un ebreo nascosto dietro di me- vieni e uccidilo; ma l'albero di Gharqad non lo dirà, perché è l'albero degli ebrei» (citato da al-Bukhari e da Muslim).
   Dopo la battaglia del Fossato nel 627, Maometto attaccò l'ultima tribù ebraica rimasta a Medina, i Banu Quraizah. Dopo un assedio di 25 giorni, si arresero. Alla fine tra i 600 e i 700 maschi furono uccisi, mentre le donne e i bambini furono fatti schiavi. Sul fatto che fu Maometto a decapitare gli ebrei, la Sira di Ibn Ishaq narra: «Poi (i Banu Quraiza) si arresero e l'inviato li rinchiuse a Medina nel quartiere della figlia di Harith, una donna dei Banu Najjar.
   Poi l'Inviato uscì nel mercato di Medina e vi scavò dei fossati. Poi li mandò a prendere e li decapitò in quei fossati. (...)Erano 600 o 700 in tutto, anche se alcuni parlano di 800 o 900. Mentre venivano portati a gruppi dall'Inviato chiedevano a Kaab che cosa ne sarebbe stato di loro. Rispose: "Non lo avete capito? Non vedete che lui continua a chiamare e nessuno torna indietro? Per Dio è morte!" Questo continuò fino a che non ebbe finito con tutti loro».
   Attendo fiducioso la risposta del prefetto di Milano e della Curia ambrosiana, del prefetto di Roma e della segreteria di Stato del Vaticano. Assicuro loro che mi limiterò a leggere correttamente quanto è scritto nel Corano e nella Sira di Maometto. Siamo uno Stato libero dove è un diritto e un dovere degli italiani conoscere la verità. Null'altro che la verità. O non lo siamo più? Lo sapremo dalle loro risposte.

(il Giornale, 27 febbraio 2012)

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Techì Italyah! Viva l'Italia!

Nel primo pomeriggio di domenica 26 febbraio, alla sinagoga di Vercelli, dopo le consuete visite guidate, con la partecipazione dei rappresentanti della Provincia di Vercelli che ha promosso l'iniziativa, del Comune e di un folto pubblico, Cinzia Ordine e Roberto Sbaratto hanno condotto un viaggio nello spazio e nel tempo, indietro di 150 anni, attraverso i vicoli dell'antico Ghetto vercellese che fu luogo di formazione civile e culturale tra i più fecondi dell'età del Risorgimento.
Molti personaggi che lasciarono un'impronta nel dibattito sull'Unità d'Italia e che influenzarono profondamente la cultura e la morale del tempo, transitarono per l'illustre istituzione del Collegio Foa, fondato nel 1829 e che, nel corso dell'800, divenne culla di quella cultura dell'"eguaglianza" che consentì all'Italia di gettare le fondamenta della sua Unità. Il filo rosso della storia è stato scandito dai profili e dall'opera di personaggi che, dopo l'Emancipazione israelitica, divennero protagonisti liberi e partecipi della fondazione dell'Italia unita.
È il caso del professor Giuseppe Levi che dedicò un inno a Carlo Alberto di Savoia il quale rese tutti gli ebrei del suo regno liberi di godere di quei pieni diritti civili che si estesero poi su tutto il territorio italiano; ma anche di Salvador De Benedetti, che con i suoi componimenti poetici e i suoi proverbi incisivi donò perle di saggezza ai suoi contemporanei.
E poi ancora di Isacco Artom, astigiano, abituale frequentatore dell'Università Israelitica vercellese, senatore del Regno e soprattutto segretario particolare di quel Camillo Cavour che lo invocò al suo fianco in punto di morte.
E ancora non vanno dimenticati personaggi che si distinsero in forme differenti di arte, non necessariamente fondate sulla parola: come Marco Treves, l'architetto vercellese attivo a Parigi come sovraintendente del Louvre, che progettò le sinagoghe delle comunità emancipate di Pisa e Firenze.
Accanto a loro, nel racconto realizzato dai valenti attori e registi con la collaborazione di Rossella Bottini Treves, compaiono anche personaggi più anonimi, ma non meno rilevanti nella diffusione delle idee di libertà ed Unità dell'Italia, come Abram Lazzaro Levi, commerciante di salami d'oca o Giuseppe Vitalevi, attivista mazziniano tra i più ferventi in Piemonte.
Lo spirito di libertà tenuto alto da questi ed altri uomini permisero alla comunità ebraica di Vercelli di realizzare grandi progetti, come la maestosa Sinagoga inaugurata il 18 settembre 1878 dallo stesso Rabbino Giuseppe Raffael Levi il quale, il 12 settembre 1849, aveva pronunciato l'elogio funebre per il magnanimo re Carlo Alberto presso l'antico oratorio poi demolito al fine di poter realizzare il nuovo tempio.
Al termine dell'evento il pubblico sì è diretto in Casa Foa, via Foa 70, residenza di Elia Emanuele Foa, fondatore del Collegio che portò il suo nome e benefattore per tutta la città di Vercelli. Presso la Biblioteca della Comunità è stato infine offerto un piccolo rinfresco vegetariano in onore degli israeliti vercellesi che fecero l'Italia. Techì Italyah! Viva l'Italia!

(Notiziario Ucei, 27 febbraio 2012)

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Tel Aviv dedica una piazza a un medico palestinese

'Evento storico', parenti sono giunti dal mondo arabo

TEL AVIV, 26 feb - Con una decisione che e' stata definita di ''portata storica'' dalla popolazione araba locale, il municipio di Tel Aviv ha dedicato oggi una piazza del sobborgo di Jaffa al celebre medico palestinese Fuad Ismail Dejani (1890-1940). Per l'occasione - nota il quotidiano Yediot Ahronot - numerosi parenti di Dejani sono giunti in Israele da Paesi arabi disparati. Il dottor Dejani fondo' nel 1933 a Jaffa un moderno ospedale che fu messo a disposizione della popolazione araba ed ebraica.

(ANSA, 26 febbraio 2012)

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Gli ultraortodossi israeliani e la moda femminile troppo audace

La puntata di Sorgente di vita di domenica 26 febbraio apre con un servizio sulla pubblicità che infiamma gli ultraortodossi in Israele: dietro ai giornali, ai manifesti e alle campagne pubblicitarie che presentano immagini delle donne considerate troppo audaci, gli eterni conflitti tra religiosi e laici. Segue un servizio dedicato allo sport sotto il nazismo e alle persecuzioni degli atleti ebrei. Lo spunto è una mostra al Memorial del la Shoah di Parigi. Dalle Olimpiadi di Berlino del 1936 a quelle di Londra del 1948, documenti, fotografie e filmati per raccontare tante storie, come quella della campionessa di salto in alto Gretel Bergmann, del nuotatore Alfred Nakache, del pugile romano Leone Efrati.
Si parla poi di Gerusalemme: i vicoli della città vecchia, i quartieri moderni, l'Intifada, la vita quotidiana: le atmosfere, i ricordi, le emozioni e le riflessioni della giornalista e parlamentare Fiamma Nirenstein che nella città ha trascorso quasi venti anni ed ora le ha dedicato un libro.
Infine la storia di Purim interpretata dal Gyor National Ballet di Ungheria.

(Notiziario Ucei, 26 febbraio 2012)

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Spianata delle Moschee: scontri tra palestinesi e israeliani

GERUSALEMME- Gas lacrimogeni, sassi e barricate, in altre parole scontri. Non sembra aver fine la scia di contestazioni che da più di cinquant'anni infiammano i territori palestinesi. Stamane nuovi disordini sono scoppiati nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme, al termine delle preghiere islamiche del venerdì.
Mancano ancora delle informazioni ma fonti locali, hanno riferito di lanci di pietre da parte di fedeli islamici in direzione di fedeli ebrei raccolti di fronte al sottostante Muro del Pianto. La polizia israeliana sarebbe intervenuta nel tentativo di riportare l'ordine, con gas lacrimogeni e cariche per disperdere la folla.
La polizia ha affermato di aver lanciato granate stordenti e che "decine di persone" si sono barricate all'interno della moschea. "Sono in corso negoziati con la polizia affinché non faccia irruzione nella moschea", ha detto il capo della Fondazione islamica Azzam al-Khatib. Benché il bilancio dei tafferugli è stato esiguo, alcuni contusi e qualche poliziotto ferito, questa contestazione è solo l'ultima in ordine di tempo.
Appena quattro giorni fa la polizia aveva arrestato una ventina di palestinesi che gettavano pietre contro dei turisti stranieri, mentre martedì scorso erano stati colpiti dei poliziotti israeliani che scortavano dei pellegrini cristiani ed ebrei. Secondo i palestinesi la colpa sarebbe da attribuire agli israeliani e al loro ripetersi, negli ultimi tempi, di ingressi nella terra di coloni israeliani.

(ilmediterraneo.it, 26 febbraio 2012)

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Lancio di pietre su automobili israeliane



(Elder of Ziyon, 26 febbraio 2012)

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Israele: "Escluso un nostro intervento in Siria"

TEL AVIV, 26 feb - Israele non e' intervenuto finora nella crisi in Siria ne' intende farlo in futuro: lo ha ribadito oggi in un'intervista alla radio militare il ministro per le questioni di intelligence Dan Meridor (Likud). Sul referendum in corso oggi in Siria, ha aggiunto, Israele non si fa illusioni in quanto ''non sta per emergere un regime democratico o liberale, sul modello europeo o statunitense''.
In termini generali il ministro ha sostenuto che ''l'asse Damasco-Teheran-Hezbollah, che beneficia del sostegno della Russia, e' insopportabile e pericoloso''. La rottura di quell'asse, con la eventuale caduta del regime di Bashar Al Assad, sarebbe ''positiva per Israele'', secondo il ministro.
Ieri intanto una manifestazione a sostegno della ''politica di riforme'' annunciata da Assad si e' svolta a Haifa, su iniziativa del partito nazionalista arabo Balad e della lista comunista Maki. Uno degli oratori, Muhammad Nafa (Maki), ha espresso solidarieta' con quei siriani ''in lotta contro i piani degli Stati Uniti, che vorrebbero mettere in ginocchio il loro Paese''.

(Blitz quotidiano, 26 febbraio 2012)

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'Judaica Europeana', il patrimonio culturale ebraico in Europa

ROMA, 25 feb. - "Judaica Europeana e il patrimonio culturale ebraico in Europa" e' il titolo del progetto europeo Judaica Europeana, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e Osservatorio tecnologico per i beni e le attivita' culturali del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, che sara' presentato lunedi' (dalle ore 9.00 alle ore 17.00).
L'iniziativa intende presentare i risultati raggiunti in due anni di attivita': fornire a Europeana, il portale del patrimonio culturale digitale europeo, oltre 3 milioni di dati; rendere per la prima volta disponibili in formato digitale al grande pubblico documenti, audio, video, immagini, facenti parte delle preziose collezioni ebraiche conservate negli archivi, biblioteche e musei europei.
L'evento si rivolge non solo a esperti della digitalizzazione del patrimonio culturale e studiosi dell'ebraismo, ma anche ad un pubblico piu' vasto di persone interessate ai temi trattati. Dopo i discorsi di benvenuto di Osvaldo Avallone (direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma); Rossella Caffo (direttore dell'ICCU, partner del progetto Judaica Europeana) e Oren Weinberg (direttore della Biblioteca nazionale israeliana), il programma prevede l'apertura della sessione mattutina con il discorso di Moni Ovadia, attore, uomo di teatro e saggista che parlera' de ''La cultura della Diaspora ebraica, Zeitgeist della cultura europea''.

(Adnkronos, 25 febbraio 2012)

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Porte aperte alla Sinagoga di Alessandria

di Emiliano Bottacco

La Sinagoga di Alessandria  
Domenica 26 febbraio la sinagoga di Alessandria aprirà le sue porte per visite guidate. Sarà possibile ammirare il raccolto tempietto invernale e il suggestivo Tempio grande, tutt'ora in corso di recupero grazie a un paziente lavoro di restauro.
La sinagoga di Alessandria è stata edificata nella sua forma attuale tra il 1867 e il 1870, ma la presenza ebraica in città è molto più antica e risale al XV secolo. La visita sarà quindi l'occasione per ripercorrere la storia e la memoria di una comunità che è stata parte integrante di Alessandria e ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo della città: una comunità brutalmente decimata dall'Olocausto e di cui la sinagoga è una visibile testimonianza.
Le visite guidate sono organizzate da Pierreci Codess Coopcultura in collaborazione con la Comunità ebraica di Torino e si svolgeranno dalle 15 alle 19, con partenza ogni 45 minuti circa dall'ingresso di via Milano n.7. Costo della visita: 2 € a persona, non è richiesta la prenotazione. Per prenotare visite in altre date ci si può rivolgere a Pierreci Codess Coopcultura, sede di Torino: tel. 0116699725

(Radiogold, 25 febbraio 2012)

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L'intifada attacca il Muro del Pianto

di Rolla Scolari

GERUSALEMME - È stato l'episodio più violento dall'inizio dell'anno. Ieri mattina, la polizia israeliana e centinaia di palestinesi si sono scontrati a Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee- Har Ha-Bayit, il Monte del Tempio per gli ebrei, Haram Al Sharif, il Nobile Santuario, per i musulmani: uno dei luoghi sacri più contesi nell'intero Medio Oriente.
   È accaduto dopo la preghiera islamica del venerdì. Centinaia di fedeli all'uscita delle moschee si sono fermati sulla Spianata per protestare contro voci che circolano da settimane, da quando un sito dell'ultra destra israeliana ha incitato gli ebrei religiosi a recarsi al luogo sacro, ha detto Nisso Shaham, capo della polizia di Gerusalemme. Alcuni palestinesi hanno iniziato a lanciare sassi contro gli agenti israeliani e verso il ponte di accesso alla porta di Mughrabi, la porta dei Magrebini, entrata alla Spianata per i non musulmani, ha spiegato al Giornale Micky Rosenfled, portavoce della polizia. I poliziotti in assetto antisommossa hanno dunque fatto irruzione sulla Spianata per disperdere i manifestanti. Undici agenti e quindici palestinesi sono rimasti feriti. Quattro persone sono state arrestate.
«È stato il peggiore incidente dall'inizio dell'anno»,ha detto Rosenfeld. Le notizie di scontri alla Spianata si sono velocemente propagate e a Gerusalemme Est, nei quartieri arabi di Silwan, Issawiya, di Bab Al Amoud ci sono stati momenti di tensione. A Hebron, 400 palestinesi hanno manifestato nell'anniversario della strage della Grotta dei Patriarchi: nel 1994 un membro della destra estremista israeliana sparò su un gruppo di fedeli musulmani in preghiera uccidendo 29 persone. E proprio le voci su un post dell'ultra destra religiosa, che incita a scacciare i musulmani dal luogo sacro conteso, e la risposta di radicali islamici, che chiedono ai musulmani di accorrere a difendere il luogo sacro anche all'islam, sono secondo Rosenfeld le ragioni degli scontri di ieri e delle tensioni che da giorni percorrono gli stretti vicoli della città vecchia di Gerusalemme.
   Sheikh Muhammed Hussein, imam della moschea di Al Aqsa, ha chiesto «che nessun colono, radicale, o soldato entri nella moschea, in modo da evitare frizioni ». Il sito dell'ultra destra due settimane fa incitava i membri del Comitato centrale del Likud, il partito al governo, a unirsi a Moshe Feiglin in una visita alla Spianata. La polizia qualche giorno fa ha bloccato l'accesso al luogo sacro all' esponente dell'esecutivo, considerato un «falco» della destra più nazionalista, battuto dal premier Benjamin Netanyahu alle recenti primarie del partito, per timore che potessero scoppiare le violenze. Da giorni la polizia israeliana era dunque in allerta: domenica aveva effettuato alcuni arresti dopo il lancio di sassi dalla Spianata da parte di alcuni palestinesi; martedì pietre e scarpe erano state lanciate verso dei turisti ebrei e cristiani; giovedì sette persone sono state fermate per aver insultato visitatori ebrei.
   Le tensioni di ieri arrivano in un momento di stallo dei colloqui tra palestinesi e israeliani e dopo pochi giorni dall'annuncio della scarcerazione, ad aprile, di Kader Adnan. L'uomo, membro del Jihad islamico palestinese, detenuto in un carcere israeliano, era in sciopero della fame da 66 giorni, per protestare contro la sua «detenzione amministrativa»: un giudice militare israeliano può ordinare un'incarcerazione fino a sei mesi senza rendere note le accuse. Nelle ultime ore del suo sciopero della fame, che aveva sollevato tensioni e manifestazioni in tutti i Territori palestinesi, i medici avevano informato che sarebbe potuto morire: l'eventualità rischiava di incendiare la situazione in Cisgiordania e preoccupava gli israeliani.

(il Giornale, 25 febbraio 2012)

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Ciclismo - Michela Fanini: in Israele arrivano i primi successi

  
Prosegue a buon ritmo il periodo di preparazione che la "Michela Fanini Record Rox" ha scelto di effettuare in Israele, nella zona di Gerusalemme, anche per omaggiare l'atleta Michal Ella, da due anni con il team lucchese, e campionessa dello stato ebraico in carica. Oltre agli allenamenti, la formazione diretta da Roberto "Carube" Lencioni sta partecipando ad una serie di corse internazionali nei pressi della città di Eilat. Nella gara di aperura, a cronometro, il successo è andato alla ceca Martina Ruzickova, una specialista delle prove contro il tempo.
Nella prima corsa in linea è stata sempre una portacolori della "Michela Fanini", la russa Aleksandra Bourchenkova ad imporsi davanti alla compagna (e azzurra) Valentina Scandolara. Il patron Brunello Fanini fa parte della delegazione che ha preso parte a questa trasferta: "si tratta di una esperienza unica - ha detto il presidente - interessante e molto proficua dal punto di vista della preparazione. Devo ringraziare di cuore tutti gli israeliani che ci hanno accolto in maniera eccezionale. E poi abbiamo anche vinto due gare...".
La squadra tornerà dalla trasferta in Israele all'inizio della prossima settimana; il 4 marzo è prevista la presentazione ufficiale, poi il via agli impegni nel Vecchio Continente.

(La Gazzetta di Lucca, 25 febbraio 2012)

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Talmud, il primo indice. Dopo 1500 anni

Dagli Stati Uniti viene, per la prima volta nella storia, l'indice alfabetico per uno dei testi più sacri dell'ebraismo, il Talmud. E' opera di un avvocato specializzato in problemi di immigrazione, Daniel Retter, che ha creato uno strumento che "vi permette di navigare per l'intera lunghezza e ampiezza del Talmud, e identificare le specifiche fonti del materiale con facilità"
   
di Marco Tosatti

Dagli Stati Uniti viene, per la prima volta nella storia, l'indice alfabetico per uno dei testi più sacri dell'ebraismo, il Talmud.E' opera di un avvocato specializzato in problemi di immigrazione, Daniel Retter, che ha creato uno strumento che "vi permette di navigare per l'intera lunghezza e ampiezza del Talmud, e identificare le specifiche fonti del materiale con facilità", ha dichiarato l'deditore. Il Talmud è composto da 63 libri di relazioni di discussioni fra rabbini. E secondo la casa editrice che ha prodotto il libro relativo al Talmud babiblonese, (Talmud Bavli) un indice alfabetico manca da 1500 anni, e di conseguenza si tratta di "un'opera letteraria" pionieristica. Il Talmud è nato per essere trasmesso oralmente, e non ci sono paragrafi e punteggiatura. Esistono siti on lne e strumenti e metodi elettronici per scrutare quest'opera labirintica, molti di essio sono troppo costosi, oppure sono difficili da usare. L'autore come abbiamo detto non è un rabbino, ma un avvocato, di 63 anni. E' giunto a New York da abmbino subito dopo la II guerra mondiale. Ha lavorato sette anni a quest'opera, "La Chiave" ("HaMafteach"). "Non riesco a capire perché il Talmud non avesse un indice - ha dichiarato di recente -. Io sono un avvocato, e se voglio conoscere una lege, cer o nell'indice". "Così tanti volumi, così tanti soggetti, così tanti sapienti" dicono alla Feldheim Publishers, che ha edito l'indice, necessario per orientarsi nel "mare del Talmud". "HaMafteach" ha circa 6,600 soggetti principali, 27.000 sotto voci, e 42.000 riferimenti talmudici. Esiste il Talmud babilonese e il talmud gerosolimitano, entrambi giunti a complilazione definitiva intorno al VI secolo dopo Cristo. La prima edizione a stampa è apparsa in Europa nel XVI secolo.

(La Stampa, 25 febbraio 2012)

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Sulle tracce degli ebrei di Oria

  
La necropoli ebraica di Oria
Invitato a Oria (Brindisi) dalla sede locale dell'Archeoclub d'Italia, il rabbino capo di Napoli e del Meridione Scialom Bahbout ha visitato il cimitero ebraico sito nell'area adiacente al parco Oria-Lorch. Rav Bahbout era accompagnato dall'avvocato Yehudà Pagliara, membro residente in Puglia della Comunita napoletana. L'area del cimitero, importante testimonianza della fiorente realtà ebraica di Oria nei secoli dell'Alto Medioevo, è stata individuata dall'Archeoclub, che ha anche svolto una ricognizione della necropoli attirando l'interesse del mondo accademico e scientifico nazionale. L'evento ha perciò rivestito notevole rilevanza per il territorio coinvolgendo molteplici aspetti di tipo culturale, sociale, religioso e di ricerca.
Appena giunto a Oria, Rav Bahbout è stato ricevuto dal vescovo monsignor Vincenzo Pisanello nel Palazzo Vescovile; l'incontro tra i due è stata la simbolica conferma dell'antica amicizia che per lungo tempo la comunità cristiana oritana intrattenne con i concittadini della comunità ebraica.
Il Rav ha poi visitato il cimitero, momento culminante della giornata, alla presenza tra gli altri del sindaco Cosimo Pomarico, del presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese e del consigliere regionale Toni Matarrelli. L'assessore regionale al Mediterraneo, cultura e turismo Silvia Godelli ha inviato una lettera di adesione. Successivamente Rav Bahbout si è intrattenuto nel quartiere ebraico, accolto dal capitano del Rione Giudea Giovanni Lomartire e da una rappresentanza di persone del quartiere.
La visita si è conclusa alla biblioteca comunale De Pace - Lombardi, dove è custodita la celebre Stele Ebraica altomedievale e con il saluto ufficiale del sindaco Pomarico a nome dell'intera popolazione oritana. "La portata storica e culturale di questo avvenimento - spiega Barsanofio Chiedi, presidente dell'Archeoclub d'Italia sezione di Oria - è da ritenersi ampia; sono certo che la visita del rav Scialom Bahbout si rivelerà fondamentale per il recupero e per la salvaguardia del cimitero ebraico. Non solo: da qui partirà un nuovo corso nel rapporto tra Oria e la comunità ebraica internazionale. Il luogo dov'è sita la necropoli, avendo alto valore archeologico e di sacralità, sarà preservato e conservato così come ci appare, con il suo particolare contesto ambientale che presenta sulla collina alberi d'ulivo, terrazzamenti con muri a secco e macchia mediterranea. L'Archeoclub di Oria si attiverà, coinvolgendo i proprietari, perché l'area sia tutelata e fruita nel rispetto totale di quanto è contenuto". Rav Bahbout ha poi espresso l'interesse personale e della Comunità a seguire il processo di sistemazione dell'antico cimitero e della possibilità di includere Oria negli itinerari turistici ebraici.

(Notiziario Ucei, 24 febbraio 2012)

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Bolzano - Alla ricerca della sinagoga perduta

Le tracce portano nei sotterranei di vicolo Erbe. In un negozio una parete di tufo «ebraico»

di Alan Conti

BOLZANO - Non una, ma due sinagoghe e il ghetto a Bolzano esisteva eccome. Nell'acceso dibattito storico culturale sulla presenza degli ebrei in città acceso da un affresco del XIV secolo commissionato Niklaus Vintler si inserisce anche il professor Giuseppe Toniolo, bolzanino appassionato storico dell'arte e in passato collaboratore della Sovrintendenza alle Belle Arti.
   Cappellaccio all'«Indiana Jones», Toniolo segue da quasi cinquant'anni le tracce della comunità ebraica nel capoluogo altoatesino e, dopo aver letto le ipotesi dei "colleghi" Helmuth Rizzolli ed Ettore Frangipane", apre la porta delle sue scoperte che affondano le radici nella Bolzano sotterranea. Una città che "scende" molti piani sottoterra. Che Toniolo conosce come le sue tasche, e dove ci fa da guida per trovare i resti dei due luoghi di culto.
   «Secondo i miei studi - afferma senza esitazioni - possiamo ipotizzare la presenza di due sinagoghe corrispondenti a periodi storici differenti, una successiva all'altra. Il ghetto, inoltre, esisteva anche se privo delle accezioni negative di origine veneziana. Gli ebrei, infatti, vivevano nella "periferia" di allora che potremmo perimetrare nel trapezio composto da piazza Domenicani-Via Goethe-Vicolo Cavallari (oggi Vicolo Erbe)-Via della Roggia-Via Vintola-Piazza Erbe e di nuovo via Goethe fino ai Domenicani. Senza scordarci di via Argentieri che fu autentico feudo ebreo perché, per note questioni religiosi, gli stessi argentieri erano in larghissima maggioranza giudei».
   Torniamo, però, sulla questione sinagoghe e focalizziamoci sulla prima. «Databile tra il 1300 e il 1450 - continua Toniolo - io la collocherei con buona precisione nell'edificio che si affaccia su Vicolo Erbe e Piazza Erbe, all'altezza del civico 11 da una parte e dei negozi "Leonardi" e "Maffei" dall'altra».
   D'accordo, però, le supposizioni necessitano di qualche fatto concreto. «Ho avuto l'opportunità di addentrarmi nei sotterranei di questo edificio e ho riscontrato alcuni muri costruiti con ciottolati tagliati a metà di tufo che sicuramente non sono originari del nostro territorio. Non solo, si tratta di materiale e composizione architettonica tipicamente ebraica e lo stesso muro di Gerusalemme, seppur difficilmente paragonabile, richiama questa tradizione. In aggiunta a questo ho potuto vedere con i miei occhi anni fa alcune stelle di David incise su queste pietre».
   All'interno del negozio d'abbigliamento "Maffei" ecco la testimonianza più impressionante: all'interno delle vetrina, tutta spostata sulla sinistra, spunta una parete di ciottoli di tufo e una colonna bifora. «Ho combattuto per tutelare questa presenza artistica - riprende Toniolo - perché si tratta di una parte dell'antica sinagoga. Probabilmente la superficie è da ricondurre a un piano superiore della struttura perché il terreno, qui, si abbassa di oltre sei metri sotto il terreno».
   Nella cantina della pasticceria "Peter" otteniamo un altro importante riscontro: una scala conduce in profondità per almeno sette metri e il muro, seicentesco, presenta caratteristiche totalmente differenti da quello del negozio "Maffei". «Qui abbiamo un porfido assai meno lavorato in arrivo, probabilmente, dal Talvera: questa era la tecnica nostrana in vigore all'epoca, non certo il tufo».
   L'ingresso della sinagoga, però, viene collocato da Toniolo su Vicolo Erbe, esattamente all'altezza del civico 11 dove una volta si trovava l'osteria "Celestino" e oggi si impenna un edificio ex residenziale totalmente abbandonato con una porta ricoperta di scritte. «Vicolo Cavallari (Erbe) era più nascosto e raccolto rispetto alla frequentata via Argentieri: credo che per l'entrata si sia scelta questa opzione».
   Per immaginare la larghezza della prima sinagoga, invece, mettevi in piazza Erbe e calcolate dall'angolo del ristorante "Forst" fino allo spigolo di sinistra della pasticceria "Peter". C'è, però, una seconda sinagoga individuata negli anni da Toniolo attraverso le stesse prove di tufo, stelle di David e colonne oggi nascoste dalle varie ristrutturazioni. La sede è collocabile in via Goethe al civico 20.
   «In questi sotterranei, anche qui parecchio profondi come dimostrano alcuni magazzini dei negozi, ho trovato tracce che riportano alla seconda sinagoga in uso fino al 1770. Probabilmente le persecuzioni oppure le ridotte dimensioni del primo luogo di culto portarono la comunità ebraica alla costruzione di una seconda, più grande e confortevole, sede di preghiera».

(Alto Adige, 24 febbraio 2012)

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Scontri a Gerusalemme sulla Spianata delle Moschee

Fedeli bersagliati al Muro del Pianto, sale la tensione, la polizia usa i lacrimogeni: quattro palestinesi feriti

MILANO - Nuovi disordini sono divampati nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme, al termine delle preghiere islamiche del venerdì. Fonti locali, riferiscono di nutriti lanci di pietre da parte di fedeli islamici in direzione di fedeli ebrei raccolti di fronte al sottostante Muro del Pianto. La polizia israeliana sarebbe intervenuta nel tentativo di riportare l'ordine.
Dopo il lancio di pietre la polizia - in assetto antisommossa - ha fatto il suo ingresso sulla Spianata per disperdere la folla con i gas lacrimogeni: secondo la polizia all'interno della moschea di Al Aqsa rimarrebbe qualche decina di giovani palestinesi ma la situazione è ora tornata alla normalità. Il bilancio provvisorio è di quattro palestinesi e un numero non precisato di agenti leggermente feriti. Domenica scorsa la polizia aveva arrestato una ventina di palestinesi che gettavano pietre contro dei turisti stranieri; martedì in un episodio analogo erano stati colpiti dei poliziotti israeliani che scortavano dei pellegrini cristiani ed ebrei e ieri erano stati effettuati altri arresti. Un predicatore, lo sceicco Muhammed Hussein, ha d'altro canto intanto imputato ad Israele la responsabilità dei disordini dovuti, a suo parere, al ripetersi negli ultimi tempi di ingressi nella spianata di coloni israeliani.

(ANSA, 24 febbraio 2012)

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Jerusalem SOS: ebrei e musulmani insieme a salvare vite umane

tradotto da Elena Intra

Mentre ascolto le notizie, ho la sensazione che uno sciame di parole mi stia pungendo: Iran, Israele, nucleare, Palestina-Israele a un punto morto, musulmani che uccidono ebrei ed ebrei che uccidono i musulmani. In quanto donna musulmana che tiene lezioni sull'Olocausto in una scuola cattolica, mi sento costantemente frustrata dalla copertura dei media sul Medio Oriente, che per lo più sembra evidenziare e consolidare le tensioni nazionali e religiose, nonchè i pregiudizi e i conflitti.
Un documentario del regista Karen Ghitis trasmesso recentemente da Al Jazeera, ha rappresentato un'eccezione estremamente incoraggiante alla regola. Il film, Jerusalem SOS, ha mostrato ebrei e musulmani impegnati a salvare delle vite umane.


Il documentario, andato in onda lo scorso mese, mostra arabi con indosso giubbotti arancioni su cui è stampata la stella rossa di David collaborare con gli Haredi (conosciuti come ultra-ortodossi), gli ebrei con le papaline nere e tzitzit ("frange" rituali annodate ai capi di abbigliamento). Entrambi i gruppi hanno solo lodi l'uno per l'altro. Lavorando come paramedici volontari presso l'organizzazione ebraica ortodossa United Hatzalah (UH), questi ebrei e musulmani stanno prendendo atto degli aspetti più importanti della loro fede: preservare le vite umane e la giustizia.
Nel documentario i paramedici palestinesi dell'UH hanno notato che spesso i mezzi di soccorso tardano nel raggiungere i malati e i feriti a Gerusalemme Est, perché le ambulanze israeliane non sono autorizzati ad entrare nei quartieri palestinesi senza essere accompagnate da una scorta di polizia o militare. Inoltre, alcune delle case non hanno indirizzo. Dato che i paramedici UH conoscono bene la zona e dispongono di moto-ambulanze, sono i primi ad arrivare sulla scena.
Il film mostra la squadra di soccorso che trascende i confini fisici e politici per salvare vite umane. I membri di entrambe le fedi si aiutano a vicenda nel fornire servizi alle comunità durante i rispettivi giorni santi: i musulmani vanno in soccorso degli ebrei durante il sabato ebraico, mentre questi ultimi aiutano i musulmani nelle situazioni di emergenza il venerdì, così come durante il Ramadan.
Eli Be'er, il fondatore della UH, è citato anche dal Jerusalem Post: "Gli ebrei ei musulmani non si oppongono a lavorare insieme, nonostante i confini invisibili e i sospetti che separano le loro comunità. All'inizio, ho incontrato alcuni che sono rimasti sorpresi di lavorare insieme, ma dopo aver visto che si tratta di persone fantastiche ed estremamente professionali, si sono trovati bene".
Questi paramedici musulmani ed ebrei hanno abbracciato la ricchezza spirituale delle proprie fedi ignorando i confini superficiali della differenza. Si dovrebbe prendere spunto da questa storia, e concentrare maggiormente l'attenzione sulla speranza e la cooperazione.
Mi viene in mente un'altra storia interreligiosa incoraggiante che risale ad alcuni mesi fa. Il 5 giugno, ABC News ha riferito che "Un uomo israeliano, sul punto di morte per problemi al cuore, ha appreso oggi che potrà continuare a vivere, grazie a una famiglia palestinese che ha donato il cuore di uno dei suoi membri uccisi nell'escalation di violenza che sta devastando l'Israele".
L'israeliano che ha ricevuto il cuore ha commentato affermando che i loro cuori erano uguali, così come lo erano loro dentro.
È fondamentale che ebrei e musulmani facciano riferimento alle molte storie positive di vita e di morte, di fede e giustizia che si verificano quotidianamente. Attraverso le nostre azioni e la perseveranza affermiamo i nostri valori comuni e gli impegni reciproci, indipendentemente dalle differenze religiose.

(La Stampa, 24 febbraio 2012)

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Università italiane e imprese israeliane: via alla collaborazione

Un comunicato stampa del MIUR afferma che il Ministero degli Affari Esteri riprende tra le mani l' dall'Accordo di Cooperazione nel Campo della Ricerca e dello Sviluppo Industriale, Scientifico e Tecnologico tra Italia e Israele, risalente al giugno 2000.
La Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del Ministero degli Affari Esteri per la Parte italiana, e l'Office of the Chief Scientist (OCS) del Ministero dell'Industria e Commercio per la Parte israeliana, intendono dare il via alle procedure previste per la selezione di progetti ammissibili di sostegno finanziario disciplinato dall'Art. 4 dell'Accordo.
Vasti sono gli ambiti in cui possono rientrare i progetti proposti: in base infatti al punto 1 del bando di concorso, pubblicato sul sito del Ministero degli Affari Esteri, nella sezione Opportunità studio e lavoro per italiani, essi possono spaziare dal campo della medicina e della salute pubblica a quello delle tecnologie dell'informazione l'importante è che rispecchino i settori di reciproco interesse varati dall'Accordo.
I requisiti d'accesso al bando sono, oltre che l'ambivalente volontà di collaborazione, che il partner i israeliano sia necessariamente "un soggetto industriale", cioè un'impresa "assistito tecnologicamente e scientificamente da un soggetto non industriale" quali ad esempio le Università . Invece il collaboratore italiano "potrà essere sia un'impresa sia un soggetto non industriale".
Il termine di scadenza per la presentazione dei progetti è il 3 maggio 2012, per le modalità di accesso, invece, si consiglia di consultare il bando pubblicato sul suddetto sito web.
I vincitori riceveranno l'approvazione delle Autorità italiane ed israeliane e di i progetti saranno finanziato dalle parti contraenti, che si avvarranno anche di finanziamenti stanziati per ciascun partner dalle proprie "Autorità nel rispetto delle leggi, norme, regolamenti e procedure nazionali in vigore"
Un'irrinunciabile opportunità, dunque, per le Università italiane per approfondire la collaborazione con importanti imprese industriali israeliane, un'opportunità che l'Università e la ricerca italiana non dovrebbero lasciarsi scappare.

(Controcampus.it, 24 febbraio 2012)

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Sicurezza italiana durante il meeting tra Israele e Libano

I caschi blu italiani garantiscono la sicurezza durante il tripartite meeting (Israele - Libano - UNIFIL), organizzato oggi presso il crossing point di Al Naquora: punto di attraversamento e di incontro tra il Libano e Israele.

SHAMA, 24/02/2012 - I caschi blu italiani garantiscono la sicurezza durante il tripartite meeting (Israele - Libano - UNIFIL), organizzato oggi presso il crossing point di Al Naquora: punto di attraversamento e di incontro tra il Libano e Israele.
Il personale del 7o Reggimento Bersaglieri della Brigata Pinerolo è intervenuto proteggendo la base in cui si è svolto l'incontro. Uno squadrone dell'8 Reggimento Granatieri di Sardegna ha pattugliato l'area circostante la base. Il controllo preventivo dell'area è stato invece condotto dalle unità cinofile dell'Esercito specializzate nell'individuazione di ordigni esplosivi.
I colloqui generalmente avvengono con cadenza mensile. Attraverso questi incontri bilaterali, mediati dal comandante di UNIFIL, Generale di Divisione Paolo Serra, si discutono e risolvono temi molto spesso legati alla sicurezza.

(informazione.it, 24 febbraio 2012)

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Mondovì - Al via le nuove proposte didattiche del Museo della Ceramica

Si inizia il 27 febbraio con il laboratorio per le scuole "Invito al Museo per Carnevale", dedicato al connubio tra la festa del Carnevale e il Purim ebraico, che mette in sinergia il Museo della Ceramica con la Sinagoga

MONDOVÌ (CN) - Da sempre la Fondazione Museo della Ceramica "Vecchia Mondovì" investe impegno e idee nelle attività didattiche rivolte a bambini e studenti delle scuole di ogni ordine e grado, ai fini di divulgare la conoscenza della tradizione produttiva, culturale e artistica del distretto monregalese della ceramica.
Alla luce del grande successo conseguito dai laboratori didattici nel corso del 2011 (2816 partecipanti tra marzo e giugno 2011 e 424 nei mesi di ottobre e novembre), il Museo della Ceramica di Mondovì ha impostato una serie di nuove proposte per le scuole, in sinergia con altre eccellenze artistiche e culturali del territorio, tra cui la Sinagoga del Vecchio Ghetto.
Grazie a questa iniziativa, i beni culturali del Sistema Urbano Integrato di Mondovì dialogano tra loro e si propongono in modo unitario come innovativa attività didattica.
Il laboratorio dedicato al Carnevale e alla festa di Purim* è sponsorizzato della Trucco Tessile di Savigliano, che ha offerto la partecipazione a ben 200 bambini delle scuole primarie di Mondovì.
La nuova proposta didattica, destinata ai bimbi delle ultime tre classi della scuola primaria, realizza un originale e inedito percorso sul tema del Carnevale, inteso come fenomeno culturale e comunitario importante.
La tradizione storica del Carnevale di Mondovì, profondamente sentita e valorizzata dalla comunità locale e frequentemente rappresentata nella produzione ceramica del distretto monregalese, verrà posta a confronto con la festa del cosiddetto carnevale ebraico, il Purim, collegata al libro biblico di Ester.
Il laboratorio, ideato dalla direttrice del Museo Christiana Fissore in collaborazione con l'ebraista e e dottore di ricerca Maria Teresa Milano, si sviluppa nell'arco della mattinata con una visita attiva animata nelle sale del Museo della Ceramica e una sosta nella Sinagoga.
La Sinagoga, risalente all'inizio del XVIII secolo, è un piccolo gioiello incastonato nello stabile di via Vico 65, che costituiva il ghetto della storica Università Israelitica di Mondovì. Sapientemente restaurata alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, è uno degli esempi più significativi delle sinagoghe delle piccole comunità ebraiche del Piemonte, insieme a Cherasco, Saluzzo, Carmagnola e Cuneo.
  
La Sinagoga di Mondovì
Il collegamento multiculturale e interreligioso tra il Carnevale e la ricorrenza ebraica del Purim si realizzerà tra giochi, feste, canti e maschere per i bimbi. Il laboratorio si conclude con la creazione di un manufatto ceramico, che i bimbi porteranno via con sè a ricordo dell'esperienza vissuta.
L'iniziativa didattica, che mette a confronto il nostro Carnevale e la festività ebraica, si articola tra la fine del mese di febbraio - giorni in cui si chiudono i festeggiamenti in maschera - e l'8 di marzo, giorno del Purim 2012, ed è pensata anche in memoria di Marco Levi, ideatore del Museo della Ceramica di Mondovì, ultimo rappresentante della comunità ebraica della città.

* La festività di Purim viene osservata ogni anno nel 14 giorno del mese ebraico di Adar, e ricorda la miracolosa salvezza del popolo ebraico perseguitato dal malvagio Haman, in Persia. Oggi la festa, che è particolarmente amata dai bambini, è connotata da un'atmosfera gioiosa, e offre l'occasione per mascherarsi come i personaggi della storia, mangiare dolci tipici, scambiarsi doni e fare offerte ai poveri.

Per informazioni e prenotazioni: Museo della Ceramica di Mondovì
tel. 0174 481519 - 331 9032707
www.museoceramicamondovi.it
info@museoceramicamondovi.it

(Grandain.com, 24 febbraio 2012)

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Israele avverte: entro 2-3 anni missili Iran potranno raggiungere gli Usa

Yuval Steinitz, ministro delle Finanze israeliano: gli iraniani "stanno investendo miliardi per sviluppare dei missili intercontinentali"

NEW YORK - Nel tentativo di lanciare un altro segnale di allerta al mondo occidentale, dei pericoli che si corrono nell'avere l'Iran in possesso del nucleare, Israele annuncia che entro i prossimi 2-3 anni Tehran potrebbe avere dei missili capaci di raggiungere la parte orientale degli Stati Uniti.
Al momento la distanza massima percorribile dai missili iraniani sarebbe di circa 2.400 km, non sufficiente dunque per colpire gli Usa, ma sicuramente il suo arci-nemico Israele, e alcune parti dell'Europa.
"Loro (gli iraniani) ci stanno lavorando e stanno investendo miliardi di dollari per sviluppare dei missili intercontinentali", ha detto il ministro delle Finanze israeliano Yuval Steinitz. "Crediamo che nei prossimi due o tre anni, avranno il primo missile intercontinentale capace di raggiungere la costa orientale degli Stati Uniti. Il pericolo è direttamente associato a quello delle testate nucleari ... verso l'Europa e gli Usa".
L'intelligence israeliana continua a monitorare costantemente la situazione del programma nucleare di Tehran, e si pensa che sia dietro una serie di omicidi di scienziati nucleare iraniani.

(Wall Street Italia, 24 febbraio 2012)

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Suicidarsi "come ebrei"

di Ugo Volli

Cari amici,
qualche volta faccio fatica a capire.

Non capisco come ci sia della gente nel mondo ebraico che si schiera "come ebreo" dalla parte di chi non attende altro che di tagliar loro la gola. Li conosciamo tutti. Volete qualche esempio? Leggete qui: «Come ebreo mi vergogno di Sharon», un testo datato 2002, quando le bombe straziavano autobus ristoranti e mercati in tutta Israele. O qui (come ebreo mi vergogno - un deputato americano attacca Netanyahu). O qui: "Harry Shannon: come ebreo provo vergogna e disgusto per quanto accade a Gaza". O qui (Un ebreo scrive a Israele: non vedo differenze tra voi e i dirigenti della Germania nazista ) . O qui: Una donna ebrea scrive a una giornalista ebrea: vergogna sparare sui pacifisti, via Israele da Gaza). O, per stare più vicini a noi, leggete le difese di due persone di origini ebraiche, come Gad Lerner e Moni Ovadia alla vignetta che dipinge Fiamma Nirenstein secondo uno stile che non sarebbe dispiaciuto ai nazisti .

O meglio, forse questi ultimi li capisco, accecati come sono da uno spirito di parte feroce e intollerante, per cui chiunque la pensi in maniera diversa da loro è colpevole moralmente e merita tutto il male del mondo. Parlano da comunisti o "democratici", anche se magari si vantano delle loro origini ebraiche al momento buono o ne fanno spettacolo. Ma non capisco quelli di J-call, i pacifisti fra i quali vi è anche qualche persona perbene, che dopo mille prove e dichiarazioni di parte palestinese di non voler la pace, al massimo una tregua per prepararsi meglio; di non volere le trattative, al massimo una resa alle loro condizioni, in modo da fare implodere Israele sotto le difficoltà; di voler distruggere lo stato ebraico passo passo se non tutto insieme, di considerare gli ebrei "un corpo estraneo al Medio Oriente" se non proprio un popolo che i Musulmani hanno il dovere di uccidere "quando si nasconderanno dietro ai sassi e agli alberi", come continuano a predicare i religiosi islamici. Tutto questo è noto, documentato, mille documenti sono stati pubblicati, anche la collezione delle cartoline è piena di prove, di filmati, di rimandi a siti islamici e arabi. Ma imperterriti e "come ebrei", sentendosi altamente morali, alcune persone anche stimabili continuano a tendere il collo alla lama del macellaio e non solo il loro collo, quello di tutto Israele. Bisogna avere fiducia, dicono, accettare le condizioni, "restituire" Giudea e Samaria ai "Palestinesi" (anche se sanno benissimo che non sono mai state loro, sono solo state occupate e pulite etnicamente dai giordani fra il '48 e il '67), guardarsi dall'attaccare l'Iran che prepara l'atomica e descrive apertamente la sua volontà di "cancellare Israele dalla carta geografica", togliere il blocco a Gaza, rendendo comoda l'importazione di missili e armi pesanti che già usano contro Israele nella misura del possibile. Insomma, con aria compunta indicano il suicidio ebraico come soluzione elegante e costruttiva dei problemi della regione.

Non capisco, vi dicevo. Ma poi mi viene in menta una storia. Quella di Hermann Cohen, uno dei massimi filosofi della Germania guglielmina, fondatore della scuola neokantiana di Meburg, maestro di Cassirer, persona ammodo, grande intellettuale europeo. Cohen pubblicò nel 1919 un libro famosissimo e tradotto in molte lingue (Religione della ragione dalle fonti dell'ebraismo (Die Religion der Vernunft aus den Quellen des Judentums), in cui spiegava che la religione ebraica era un'ottima anticamera al kantismo (e in definitiva al luteranesimo). Che Kant fosse stato spesso e volentieri antisemita, come del resto tutta la tradizione luterana, non lo preoccupava molto: quello era il modello della modernità e l'ebraismo rispettabile doveva abbandonare le sue ubbie teologiche per affermarsi "nei limiti della ragione"). Fece di più: nel 1915, in piena guerra mondiale, fece uscire " Deutschtum und Judentum" (Ebraismo e Germanicità), un libro in cui in sostanza spiegava che la Germania era la nuova terra promessa dell'ebraismo, che il modo migliore di essere ebrei nel suo tempo era farsi integralmente tedeschi. E coerentemente un anno dopo scrisse un appello agli ebrei americani perché evitassero di combattere con il loro paese contro la Germania, perché avrebbero commesso in questa maniera un fratricidio. Dopo pochi anni Hitler prese il potere in Germania, Cohen morì prima ma la sua famiglia fu sterminata nei campi. Non fu una sorpresa, il movimento antisemita era dilagante in Germania da decenni, ma Cohen "come ebreo" scelse di non vedere. Anzi volle fortissimamente credere che ebraismo e germanicità fossero la stessa cosa.

Vi è un'illusione sotto l'atteggiamento di Cohen come quello delle persone perbene dentro JCall e il pacifismo ebraico: che se gli ebrei si comporteranno bene, anzi diventeranno un modello di etica, se assumeranno la morale dei loro nemici, se baderanno con cura a non tutelare la loro incolumità, a rifiutare la loro specifica identità, saranno apprezzati o quanto meno lasciati in pace. Si tratta di una difesa psicologica dalle persecuzioni. Se immagino buoni i miei persecutori, se mi attribuisco la colpa dell'odio altrui (o magari la scarico agli "altri" ebrei, ai "coloni", ai "nazionalisti", agli "ultraortodossi", agli ebrei orientali immigrati in Germania, ai "tifosi da curva sud", al governo "di estrema destra"), allora posso sperare che correggendomi (o sconfiggendo gli "estremisti" o magari distinguendomi da loro) posso essere lasciato in pace. Essere buoni, in quest'ottica è rifiutare "come ebrei" le "colpe" dell'ebraismo, denunciare il "peccato originale" della nascita di Israele, rifiutare le "superstizioni" della religione ebraica in favore della "pura ragione", aborrire i "nazionalisti" che pretendono di difendersi con le armi invece di porgere l'altra guancia, mostrarsi il più "universali" possibile, così universali da non avere più assolutamente nessun colore, nessuna identità, nessuna definizione. Mimetizzarsi, definirsi solo come esseri morali, sparire, maigare suicidarsi per non essere uccisi.

(Informazione Corretta, febbraio 2012)


«Non capisco... non capisco... non capisco». Ma se le cose stanno così, non sarebbe meglio decidersi a parlare soltanto dopo che si è cominciato a capire qualcosa di più? M.C.

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Fare cinema a Tel Aviv, un Oscar a portata di mano

Il cinema israeliano ancora alla ricerca di una identita'

TEL AVIV, 24 feb - Gli israeliani appassionati di cinema vivono giornate di ansia in attesa della notte degli Oscar in cui la loro pellicola 'Footnote' cerchera' di conquistare la ambita statuetta nella categoria del miglior film straniero, contendendola fra l'altro al favoritissimo 'A Separation' dell' iraniano Ashgar Farhadi. ''Se ti fai sconfiggere dall'iraniano, non tornare a casa'' hanno detto scherzosamente gli amici all' attore Shlomo Bar-Abba, protagonista del film israeliano, quando ieri era in partenza per Hollywood.
Che vinca a Hollywood o meno, 'Footnote' (Nota a pie' di pagina) e' gia' stato salutato, in Israele e all'estero, come la conferma della maturazione del cinema israeliano. La storia divertente e a tratti surreale messa in scena da Joseph Cedar (gia' regista di 'Beaufort', 2007) parla del rapporto conflittuale tra padre e figlio, entrambi studiosi di testi sacri ebraici nella stessa universita'.
''Non so se vincera' un Oscar, ma a me e' piaciuto molto'' dichiara ad ANSAmed Eran Kolirin, regista de 'La Banda' (2007), pluripremiato a Cannes ed inserito nel novero dei titoli fondamentali di questa recente stagione di grazia del cinema israeliano. I giornali parlano in proposito di una 'rinascita': ma per Kolirin la ragione di questa primavera e' molto semplice, quasi tecnica.
''Negli anni Novanta il governo israeliano ha approvato una legge che assegna un corposo finanziamento pubblico all'industria cinematografica. Le conseguenze sono state due: e' possibile produrre piu' film e non bisogna necessariamente preoccuparsi di sbancare il botteghino. Al contrario, ci si puo' dedicare a progetti artistici piu' sofisticati, non destinati al grande pubblico. Questi due fattori - sostiene - hanno incrementato notevolmente la qualita' della nostra produzione nazionale''.
Cio' nonstante, l'industria cinematografica israeliana non sembra aver ancora trovato una precisa identita', un carattere distintivo. ''Guardando i film realizzati negli ultimi anni - ammette Kolirin - non si individua un tratto comune. Ma io credo che proprio questa difformita' sia qualcosa di tipicamente israeliano. Israele e' il posto piu' caotico che ci sia sulla faccia della Terra. Lingue, religioni, culture, nazionalita': tutto si mescola, incontrandosi e scontrandosi. E il nostro cinema - conclude - ne e' appunto lo specchio''.

(ANSAmed, 24 febbraio 2012)

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Judaica Europeana e il patrimonio culturale ebraico in Europa

ROMA - Il progetto europeo Judaica Europeana, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, organizza lunedì 27 febbraio 2012 (dalle ore 9.00 alle ore 17.00) la conferenza internazionale "Judaica Europeana e il patrimonio culturale ebraico in Europa", dedicata a presentare i risultati raggiunti in due anni di attività: • fornire a Europeana, il portale del patrimonio culturale digitale europeo, oltre 3 milioni di dati • rendere per la prima volta disponibili in formato digitale al grande pubblico documenti, audio, video, immagini, facenti parte delle preziose collezioni ebraiche conservate negli archivi, biblioteche e musei europei.
L'evento si rivolge non solo a esperti della digitalizzazione del patrimonio culturale e studiosi dell'ebraismo, ma anche ad un pubblico più vasto di persone interessate ai temi trattati.
Dopo i discorsi di benvenuto di Osvaldo Avallone (direttore della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma); Rossella Caffo (direttore dell'ICCU, partner del progetto Judaica Europeana) e Oren Weinberg (direttore della Biblioteca nazionale israeliana), il programma prevede l'apertura della sessione mattutina con il discorso di Moni Ovadia, attore, uomo di teatro e saggista che parlerà de "La cultura della Diaspora ebraica, Zeitgeist della cultura europea".
Parteciperanno alla sessione mattutina: Rachel Heuberger (Frankfurt University Library); Jonathan Purday (Europeana Foundation); Susan Hazan (Israel Museum); Lena Stanley- Clamp (European Association for Jewish Culture, London); Anat Harel (Joods Historisch Museum / Jewish Historical Museum, Amsterdam)
Durante la sessione pomeridiana interverranno: Anna Foa (Università "Sapienza" di Roma); Cristiana Facchini (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna e CDEC, Milano); Dov Wiener (Judaica Europeana scientific manager); Raffaele Santoro (Archivio di Stato di Venezia); Andrea de Pasquale (Biblioteca Palatina, Parma); Laura Quercioli (Università di Genova); Maria Teresa Natale (Ministero per i beni e le attività culturali).
Tre intermezzi artistici indagheranno alcuni aspetti culturali dell'ebraismo: la letteratura, il canto, il teatro, la musica: Aldo Zargani, scrittore, leggerà il racconto "Nostalgia"; Miriam Meghnagi si esibirà nel canto ebraico; l'attore Olek Mincer, reciterà "Quel buffone di Hershele!",il musicista Gabriele Coen allieterà i partecipanti con dei brani al clarinetto.

(RomaToday, 23 febbraio 2012)

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Schiaffo agli ispettori così gli Ayatollah sfidano Israele e Obama

di Francesco Battistini

Nulla cambia, molto cambia. Il 21 febbraio è stata una data cruciale, dicono all'intelligence israeliana: «Perché, da adesso, la strategia iraniana è più chiara. E anche il nostro modo di giocare la partita». Che cos'è dunque successo, martedì? Dopo le aperture delle scorse settimane, gli ayatollah hanno nuovamente chiuso la porta in faccia all'Agenzia atomica internazionale: vietato entrare nella base di Parchin, il più sospettabile dei siti.
Gli ispettori se ne sono tornati a Vienna senza quei documenti che «facilitino il chiarimento delle questioni irrisolte», ovvero «le possibili dimensioni militari» del programma nucleare. Fra una settimana presenteranno il loro rapporto ed è immaginabile non sarà migliore dell'ultimo, quello che già aveva inserito Parchin fra gli obbiettivi dei bombardieri israeliani. Rassicura poco la Guida suprema Khamenei, quando ripete che la Bomba è «un peccato» che non rientra nei progetti sciiti. La penitenza che da Gerusalemme si preparano a infliggere si basa su una certezza: entro sei settimane, dicono, l'Iran avrà quasi tutto l'uranio che serve a scopi militari; entro tre anni, sono certi, avrà missili abbastanza potenti per colpire addirittura Washington o New York. Sei risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu, quattro raffiche di sanzioni non hanno fermato le turbine. E in Israele ha sempre più voce chi vuole giocare duro. Tra una dozzina di giorni, il premier Netanyahu andrà alla Casa Bianca dell'odiato amico Obama: il primo non può attaccare ignorando il secondo; il secondo non può farsi rieleggere snobbando il primo. Ma tutt'e due, e questo è forse il guaio, ci hanno abituato a fare ugualmente a meno l'uno dell'altro.

(Corriere della Sera, 23 febbraio 2012)

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Rimandati i negoziati sul governo dei Territori palestinesi

Abu Mazen rinvia le consultazioni in attesa del registro degli elettori.

Dopo l'incarico ricevuto dalla dichiarazione di Doha, con l'accordo tra Fatah e Hamas, la formazione del nuovo esecutivo di unità nazionale palestinese è destinata a essere rinviata. Il presidente Abu Mazen non ha intenzione di avviare le consultazioni per la formazione del governo palestinese di unità nazionale fino a quando il governo di Hamas non consentirà alla commissione elettorale di cominciare a stilare il registro degli elettori a Gaza. Lo ha chiarito un responsabile di Fatah. La questione del governo e delle legislative, che avrebbe dovuto essere discussa nella serata di giovedì 23 febbraio da tutte le fazioni palestinesi, è stata così rinviata fino allo scioglimento del nodo. Ma Mohamed Nasr, del politburo del movimento islamista che governa la Striscia di Gaza, ha affermato che il problema è in via di risoluzione e che la delegazione è destinata ad avviare a breve la sua missione.

(Lettera43, 23 febbraio 2012)

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L'Alta corte boccia una legge, ultraortodossi obbligati al servizio di leva

I laici esultano. I religiosi s'arrabbiano. Il governo sta in silenzio. Sperando che la tempesta passi. E che la decisione non faccia arrabbiare più di tanto buona parte della maggioranza che lo sostiene al parlamento. Perché, per dirla con molte associazioni, il Paese «ha fatto un passo avanti verso le vere democrazie occidentali».
E allora. Succede che l'Alta corte di giustizia di Gerusalemme - con 6 giudici a favore e 3 contrari - ha dichiarato incostituzionale la "Tal Law", la legge dello Stato approvata con l'intenzione di incoraggiare i
  
giovani ebrei ultraortodossi a fare il servizio di leva (3 anni per gli uomini, 2 per le donne). La norma invece di funzionare in questo senso, aveva finito per causare l'effetto opposto: decine di migliaia di ragazzi si appellavano alla «volontarietà» di quella legge per non arruolarsi.
La "Tal Law" venne ratificata nel 2002. L'obiettivo era quello di affrontare il profondo squilibrio che c'è tra le file dell'esercito tra israeliani ed ebrei ultraortodossi. Ma cinque anni dopo, nel 2007, arrivarono i ricorsi. «Perché tutti gl'israeliani devono sopportare l'onere del servizio militare, ma quelli ultrareligiosi no?», si chiedevano in molti. La legge, ha sentenziato martedì l'Alta corte, «non fa altro che perpetuare quella diseguaglianza che doveva annullare». E così, dal 1o agosto di quest'anno niente più "Tal Law". Un «dramma» per migliaia di uomini religiosi. Perché, Costituzione alla mano, se la Knesset (il parlamento) non approverà un'altra norma che regola la situazione, tutti i giovani ebrei ultraortodossi saranno obbligati ad arruolarsi nelle forze armate israeliane.
Un problema. Anche per il governo Netanyahu. Che, conoscendo già l'orientamento della Corte, aveva già messo le mani avanti qualche giorno fa. «La legge, nella sua forma attuale, non esisterà più. Nei prossimi mesi dovremo lavorare su una nuova piattaforma giuridica». Sulla stessa lunghezza anche il ministro della Difesa, Ehud Barak. «La legge in dieci anni non è servita a nulla», ha detto l'ex laburista, «ora ne servirà un'altra».
Nei fatti, è difficile che davvero gli uomini haredim indossino le divise militari. Il blocco politico costituito dai partiti ultrareligiosi è così forte che lo Stato probabilmente chiuderà un occhio. Del resto, già nel 2005 quello stesso Stato ammetteva il fallimento suo e della "Tal Law": solo poche decine di maschi avevano deciso di arruolarsi. In quello stesso anno, 45 mila ebrei ultraortodossi avevano evitato il servizio di leva. Nel 2010, soltanto in 600 hanno deciso di entrare a far parte dell'Idf. Altri 61 mila avevano preferito studiare nelle yeshive, le scuole religiose.
Il dibattito sul ruolo degli ebrei ultraortodossi in campo militare rientrare in quello - più ampio - sul contributo reale che questi danno allo Stato d'Israele. La maggior parte non lavora. Nessuno paga le tasse (un po' come la Chiesa con l'Ici da noi). Quasi tutti godono di agevolazioni che la parte produttiva d'Israele sopporta sempre meno. Molti studi evidenziano da anni come l'aumentare progressivo della loro composizione - se non cambiano le cose - porterà a un impoverimento del Paese e a una riduzione delle risorse pro capite che Gerusalemme stanzia ogni anno.

(Falafel Cafè, 23 febbraio 2012)

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Crisi energetica, accordo tra Egitto e Hamas

Un accordo siglato tra Hamas e il governo egiziano dovrebbe mettere fine alla crisi energetica che da due settimane ha drasticamente ridotto l'erogazione di corrente elettrica destinata alla popolazione della Striscia di Gaza.

MISNO -L'accordo, di cui dà notizia un portavoce di Hamas, prevede tre fasi: nella prima, per far fronte alle immediate esigenze, società egiziane approvvigioneranno direttamente la Striscia di carburante; quindi si passerà all'ammodernamento dell'unica centrale elettrica di Gaza che passerà a una capacità produttiva di 40 megawatt; nella terza fase, la rete elettrica di Gaza sarà direttamente collegata a quella egiziana e la centrale elettrica funzionerà a gas.
A contribuire al finanziamento del progetto sarà la Banca islamica di sviluppo con una cifra pari a circa 25 milioni di euro.
Da due settimane nella Striscia la corrente è erogata per sei ore al giorno e scarseggia anche il carburante, divenuto introvabile al mercato regolare e disponibile a prezzi triplicati al mercato nero. La minore disponibilità di corrente sta creando particolari problemi anche agli ospedali e agli impianti di depurazione e pompaggio dell'acqua.

(La Perfetta Letizia, 23 febbraio 2012)

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Operazione Mañana. come il Mossad fermerà il nucleare iraniano
   

di: Niccolò De Scalzi

Tamir Pardo
Mañana [domani] è la parola che racchiude in sé tutta l'indolenza spagnola. Nel Paese iberico si utilizza sperando di risolvere qualsiasi problema semplicemente posticipandolo. C'è un altro Paese che si affaccia sul Mediterraneo dove questo termine significa tutto fuorché indolenza. Mañana, scrive Giulio Meotti, è il nome del programma segreto inventato dal leggendario ex direttore del Mossad Meir Dagan per colpire la testa del serpente atomico. Assassini mirati di ingegneri nucleari, incidenti misteriosi, operazioni sporche condotte senza fare prigionieri, così Israele spera di fermare l'atomica sciita guadagnando un mañana in più.
   Gli avversari del potente servizio di spionaggio malediranno il giorno in cui hanno deciso di mettersi contro gli uomini di Dagan prima e di Pardo oggi. Tamir Pardo, detto 'Il siberiano', è l'uomo che è riuscito a iniettare il veleno nella Repubblica Islamica, infiltrando i suoi uomini nelle centrali segrete, nei gangli vitali del programma nucleare. Quando a Dagan è stato chiesto se fosse stato Dio ad uccidere l'ultimo ingegnere iraniano, il corpulento ex direttore del Mossad ha posato la pipa e ha sorriso. Yaakov Katz e Yaaz Hendel, nel volume di prossima pubblicazione Israel vs. Iran The Shadow War, raccontano la specialità degli uomini di Pardo: separare un arabo dalla propria testa.
   Il popolo d'Israele conta su di loro. Dal Mossad proviene anche Ehud Barak, attuale ministro della difesa, un tipo in grado di presentarsi a Beirut vestito da donna per decimare un commando palestinese. Gli uomini del Mossad non hanno identità, non hanno nome, sono avvolti da una nube di mistero, ma hanno licenza di uccidere. Quando si tratta di autorizzare operazioni ad alto rischio all'Istituto arrivano le Audi a8 blindate del primo ministro Netanyahu, con l'abitacolo dotato di un sistema di ossigenazione autonomo e humidor per sigari.
   Scrive sempre Meotti che uno dei motti con cui vengono addestrati gli uomini cui è affidata la salvezza di Israele è il discorso che nel 1955 l'allora Generale Moshe Dayan fece alle giovani reclute: "Non possiamo proteggere tutti gli acquedotti, né impedire che gli alberi vengano sradicati, né che uccidano i nostri lavoratori nelle piantagioni, né le famiglie nei loro letti, ma possiamo pretendere un prezzo adeguato per il nostro sangue". Oggi il dilemma israeliano di fronte alla minaccia di un'apocalisse sciita passa anche attraverso le lotte di potere tra gli uomini dell'Istituto contrari allo strike, e il governo favorevole di un intervento degli F-16 sul modello di Osirak.
   Allora la centrale da attaccare era una ed era alla luce del sole. Oggi sono sessanta, opportunamente disseminate sul territorio iraniano e sotterranee. Il rischio è che un attacco aereo scoordinato consenta agli Ayatollah di scatenare una tempesta missilistica su Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv. Un attacco NBC potrebbe avere effetti devastanti per la sopravvivenza del piccolo Stato ebraico. Altro che i missili Scud lanciati da Saddam Hussein. La dottrina Begin, scrive Yoaz Hendel, advisor del premier Netanyahu, non è immediatamente applicabile allo scenario odierno: il dilemma strategico attorno allo strike israeliano rischia di tradursi in uno stallo catastrofico per Gerusalemme.
   Anche per questo gli uomini di Pardo insistono per le operazioni sporche. Dagan era uno che veniva chiamato l'angelo sterminatore, ma non c'entra nulla il cinema surrealista di Louis Buñuel. Dagan girava con una lista sulla quale spuntava il nome dei nemici di Israele che venivano uccisi dal Mossad. Oggi gli uomini di Pardo continuano ad avere una lista e a spuntare nomi.
   Quella che molti continuano a presentare come guerra intestina tra sostenitori dello strike dell'aviazione da un lato e coloro che confidano nell'assassinio mirato degli scienziati iraniani potrebbe in realtà essere una stessa guerra.
   Di fronte all'indolenza dell'America, Israele fa sapere ad amici e nemici che è pronto ad agire da solo per fermare l'apocalisse nucleare. Dal punto di vista della pianificazione strategica, però, far conoscere in anticipo date e modalità di un attacco aereo a sorpresa è un errore che rischia di portare a un insuccesso operativo. Difficile credere ad una leggerezza. Più probabile che, mettendo di fronte al mondo i rischi del worst case scenario - un attacco aereo - Gerusalemme confidi che uno scienziato sgozzato in più, tutto sommato, possa apparire come il male minore alla comunità internazionale. Quantomeno utile a posticipare il peggio a un lontano mañana.
   Quel che è certo è che come scrive Ronen Bergman sul New York Times, il 2012 sarà l'anno in cui terminerà la guerra dei trent'anni tra Israele e Iran. Una guerra iniziata con il ritorno dell'Ayatollah Khomeyni a Teheran, quando l'ambasciatore Usa inviò un accorato cablogramma all'amministrazione Carter "lo scià sarà un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana". Non fu ascoltato e l'odio profetico è diventato lentamente un incubo nucleare. Il 2012 è l'anno in cui il mondo dovrà scegliere da che parte stare. Gli uomini di Pardo hanno già scelto, mentre Obama?
   Quando un mañana non ci sarà più, la neutralità potrebbe essere giudicata colpevole dalla Storia.

(mri, 23 febbraio 2012)
   
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«A Europa e Stati Uniti dico che l'Iran non è un problema solo d'Israele»

Intervista a Dore Gold di Edoardo Ferrazzani

Non si lascia mai sfuggire una parola di troppo. Puntuali e attente le sue analisi. E' un diplomatico molto noto quella di Dore Gold. Ha servito Israele, tra l'altro, come consigliere diplomatico del primo ministro Benjamin Netanyahu tra il 1996 e 1997 ed è ancora oggi ricordato come uno dei migliori diplomatici israeliani alle Nazioni U nite.
Oggi dirige il Jerusalem Center for Public Affairs, un think tank israeliano. Con lui parliamo d'Iran, di relazioni israelo-statunitensi, di rivolte arabe e di negoziazioni con i palestinesi. "Leggo tante speculazioni sulle relazioni tra Israele e gli Usa che le vorrebbero ai minimi termini. C'è in giro un sacco di gente che parla di cose che non conosce"....

(l'Occidentale, 23 febbraio 2012)

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Roma - Le catacombe ebraiche

  
Gli ebrei a Roma in età antica, una comunità strettamente integrata nel tessuto sociale. A testimoniarlo fra le altre cose anche le tradizioni funerarie rintracciabili nelle catacombe risalenti al II-IV secolo, presenti a Roma. Un viaggio affascinante percorso dalla professoressa Elsa Laurenzi in un lungo studio di ricerca che ora viene alla luce grazie alla pubblicazione Le catacombe ebraiche - Gli Ebrei di Roma. Il libro, ottanta pagine arricchite da molte immagini, è stato presentato ieri nella sala convegni della Gangemi Editore dall'autrice stessa assieme al rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e agli studiosi Danilo Mazzoleni e Stefano Tortorella, moderati da Micela Vitale.

- Professoressa Laurenzi, come nasce il suo interesse per le catacombe ebraiche?
  È nato un po' per caso. Preparavo la mia tesi di Laurea e durante gli studi di ricerca ho visto le immagini delle catacombe ebraiche di Vigna Randanini, scavate nel fianco di una collina fra la Via Appia Antica e la Via Appia Pignatelli, fu la seconda catacomba ebraica di Roma ad essere casualmente ritrovata nel 1859. Da questo primo contatto è nato un interesse che dura da dieci anni.

- Qual è secondo lei l'aspetto più interessante?
  Intanto le dimensioni, perché sono molto estese e non sono ancora scavate del tutto: ciò testimonia la presenza di una Comunità grande. Poi le iscrizioni, in greco nella maggior parte dei casi, ma anche in latino. Terzo aspetto, che forse è quello più interessante di tutti, è il tipo di sepoltura presente in queste catacombe e non in quelle di Villa Torlonia.

- Di che tipo di sepoltura parla?
  Sto parlando dei kokhim, anche a più posti. Il kokh (plurale kokhim) è una tomba scavata nella roccia che si sviluppa perpendicolarmente alla parete della galleria. È un tipo di sepoltura usato soprattutto in Israele, il corpo veniva custodito nel kokh per circa un anno, il tempo di deposizione del corpo. A Vigna Randanini ci sono molti kokhim al livello del pavimento, alcuni di essi si sviluppano su più livelli.

- Che cosa emerge in particolare dal suo studio?
  Una delle cose più interessanti è stata la scoperta del fatto che il mondo ebraico antico fosse molto ben integrato. C'era una convivenza con il tessuto sociale romano molto più semplice di quello che si potrebbe immaginare e alcuni divieti sono interpretati in maniera più blanda: lo testimonia la presenza nelle catacombe di pendagli ed elementi pittorici. Nel cubicolo dei Pegasi ad esempio è raffigurata l'immagine di una figura femminile vestita con tunica e mantello con una corona d'alloro sopra il velo che le copre il capo: certo si tratta di una dea.

- Qual è l'aspetto che più la rende orgogliosa di questo lavoro?
  Sono molto contenta del fatto che attraverso il dato archeologico l'interesse per il mondo ebraico antico, per la sua storia, per le sue tradizioni, sia da un po' di tempo oggetto anche nel mondo esterno e non solo per la comunità ebraica.

(Notiziario Ucei, 23 febbraio 2012)

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Netanyahu ha confermato le dimissioni del suo portavoce

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato Mercoledì che il suo principale portavoce si è dimesso. "Netanyahu ha ringraziato Hendel per il suo grande contributo alla diplomazia pubblica israeliana in Israele e nel mondo", aggiungendo che il nuovo direttore della comunicazione sarà Dan Liran. La notizia delle dimissioni di Hendel è arrivata due giorni dopo che il capo dello staff di Netanyahu, Natan Eshel si è dimesso dopo aver ammesso una molestia verso membro più giovane del personale femminile.
La partenza di Hendel è ampiamente legata alla cosiddetta vicenda Eshel che è venuta alla luce dopo che lui e altre due figure di spicco, il Segretario di Gabinetto Zvi Hauser e il Segretario militare Yohanan Locker, hanno presentato una denuncia al procuratore generale relativo al fatto che Eshel avesse molestato un membro dello staff femminile. I tre collaboratori di Netanyahu hanno agito senza informare i sospetti. La vicenda ha fatto infuriare Netanyahu, che martedì ha detto che aveva "perduto la fiducia" del trio.

(FocusMO, 23 febbraio 2012)

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Design: nuovo negozio a Tel Aviv per Devon & Devon

MILANO, 23 feb. - Devon & Devon consolida la sua presenza in Medio Oriente con l'apertura di un nuovo monomarca a Tel Aviv, grazie alla partnership con Hezi Bank Ltd., distributore esclusivo del brand in Israele. Per il suo nuovo negozio, Devon&Devon ha scelto il 'Design Center' che, con i suoi quarantamila metri quadrati, riunisce i nomi piu' prestigiosi del design internazionale.
L'ingresso dello showroom si caratterizza per due grandi vetrine, mentre si alternano, in un gioco di luci e ombre, pezzi che hanno fatto la storia del brand e prodotti piu' recenti fino ai bestseller. La combinazione cromatica di bianco e nero contraddistingue gli spazi: dai pavimenti delle Collezioni Atelier, ai mobili porta lavabo Season e Miami, alle consolle Marlene, Claridge, Colette e Duke e infine alle vasche Aurora e Admiral.
"Con l'apertura dello showroom di Tel Aviv - commenta Gianni Tanini - sale a undici il numero dei nostri monomarca internazionali. Guardiamo con fiducia al mercato israeliano, particolarmente vivace e attento alle proposte innovative di design".

(Adnkronos, 23 febbraio 2012)

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Marrani del Meridione

ROMA - Marrani, uno dei capitoli più difficili e cruenti della storia ebraica, ma anche una delle pagine più affascinanti nella storia dell'età moderna. Una pagina legata all'identità ebraica e alle conversioni forzate (decine di migliaia) che trasformarono gli ebrei, come osserva Philip Roth, "da infedeli esterni alla Chiesa in eretici interni alla Chiesa".
Se molto si conosce dei marrani della Spagna, per la presenza del Tribunale dell'Inquisizione, cui vennero sottoposti migliaia di ebrei, non è altrettanto semplice ricostruire la storia dei marrani del Meridione d'Italia. La conquista spagnola del Regno di Napoli, nel 1504, segnò la fine delle numerosissime comunità ebraiche dell'Italia meridionale, anch'esse costrette a scegliere tra esilio e accettazione del marranesimo. Quelli che restarono dovettero organizzare la propria vita religiosa con quel poco che rimaneva loro. Di questo e di molti altri aspetti problematici legati alla realtà dei marrani, come ad esempio alla difficoltà di individuare dopo 500 anni ascendenze certe nell'ebraismo, si è parlato ieri ad un convegno svoltosi al Centro Bibliografico Tullia Zevi dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dal titolo Marrani di ieri e di oggi, cui sono intervenuti, ciascuno con un taglio legato alla propria esperienza professionale e di vita, la storica Anna Foa, il rabbino capo di Napoli Scialom Bahbout e il medico Roque Pugliese. Durante l'incontro è stato proiettato il filmato "Marrani d'Israele o tradizioni in comune?" introdotto dalla coordinatrice UCEI Sira Fatucci, filmato che ha mostrato come in molti villaggi arabi in Israele vivano un gran numero di persone che sembra discendano da ebrei convertiti a forza all'Islam nel corso delle generazioni e che mantengono tradizioni ebraiche che sono costretti a nascondere. Moderava la serata Gadi Piperno, coordinatore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI e responsabile del Progetto Meridione.

(Notiziario Ucei, 23 febbraio 2012)

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Israele e Cipro discutono su cooperazione energetica

TEL AVIV, 22 feb. - La scorsa settimana il Primo ministro israeliano Netanyahu si e' incontrato con il Presidente cipriota per discutere dello sviluppo congiunto del giacimento di gas nel bacino Levante che si trova in un tratto di mare condiviso. In questa occasione, Netanyahu ha espresso il favore verso una partnership con Cipro per l'esplorazione delle riserve e il trasporto del gas. La Turchia ha, da parte sua, scoraggiato l'esplorazione energetica nella propria area, avvisando che tali piani potrebbero mettere a rischio il processo di riunificazione dell'isola, iniziato nel 2008 e in attesa di una risoluzione. Cipro ha aperto l'ultima gara per la concessione delle licenze di 12 blocchi offshore l'11 febbraio scorso; tuttavia, la Turchia ha sostenuto che 5 blocchi sconfinavano nell'area di sua appartenenza.

(AGI, 22 febbraio 2012)

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Hamas arriva divisa alla campagna di primavera contro Israele

La leadership di Damasco contro quella di Gaza per decidere su sponsor, strategia e accordo con fatah

di Daniele Raineri

  
Haniyeh - Meshaal
Hamas si è divisa in due. La ragione di esistere dell'organizzazione palestinese resta quella di sempre: la distruzione dello stato di Israele e della riconquista di Gerusalemme, ma le due fazioni divergono su come raggiungere l'obiettivo e sulla scelta dello sponsor esterno. Da una parte c'è la leadership di Damasco, impersonata da Khaled Meshaal, che ora ha abbandonato la Siria perché non ci sarebbe potuto stare un giorno di più: il governo di Bashar el Assad ha scelto di schiacciare la maggioranza sunnita con una sanguinosa campagna militare di repressione (ieri ci sono stati 65 morti) che investe anche i profughi palestinesi che ormai da decenni fanno parte del panorama siriano. Imbarazzo enorme per Hamas, che pure aveva trovato nel regime un rifugio sicuro dopo la cacciata dalla Giordania. Quando l'anno scorso le divisioni di Damasco avevano bombardato i quartieri palestinesi nel porto di Latakia, la polizia di Hamas aveva soffocato brutalmente le proteste spontanee nelle vie di Gaza. Non poteva durare ancora.  
  Dopo Damasco, Meshaal ha intrapreso un tour regionale che lo ha portato in Egitto, Turchia, Sudan e Qatar, per trovare una nuova casa. Non è sfuggito che Egitto, Turchia e Qatar sono paesi che - pur con giganteschi caveat - orbitano su rotte più vicine all'occidente e agli Stati Uniti di quanto non facciano gli sponsor storici del gruppo palestinese, Iran e Siria. Trovare una nuova casa al Cairo o a Doha è anche lasciare la Grande casa dell'asse siro-iraniano. Non stupisce che l'Iran abbia tagliato i fondi, con un annuncio punitivo. Meshaal, che si porta anche dietro lo stigma del leader che vive al sicuro, lontano da Gaza e dal pericolo di un conflitto con Israele, vorrebbe anche cambiare la facciata del conflitto, magari più somigliante alle manifestazioni di massa che hanno agitato i paesi arabi, dalla Tunisia all'Egitto, dallo Yemen (dove ieri c'è stato un voto per eleggere il nuovo presidente: ma c'era un solo candidato) alla Libia. "Le manifestazioni popolari - dice Meshaal - hanno la potenza di uno tsunami". Il vantaggio sta nella simpatia che riscuotono nell'opinione pubblica mondiale - senza dubbio più degli attentati suicidi sugli scuolabus. Viene da notare che tunisini, yemeniti, libici, siriani ed egiziani lottavano e lottano contro le proprie forze di sicurezza, contro la propria classe dirigente, nelle proprie strade, non in quella altrui: a Gaza non c'è una Tahrir.
   L'altra fazione è quella della leadership della Striscia, con a capo Ismail Haniyeh, che, per la prima volta in cinque anni, ha intrapreso anche lui un tour regionale, a fine dicembre. Egitto, Sudan, Turchia e Tunisia. Il primo ministro di Gaza è uscito da Tunisi con lo status di leader regionale palestinese: accolto all'aeroporto dalla banda che eseguiva gli inni nazionali e da un picchetto d'onore di militare - come se fosse un capo di stato - con in fondo alla scaletta il primo ministro al Jabali e il leader del partito islamico vittorioso alle elezioni, an Nahda, Rachid Ghannouchi. Haniyeh ha girato il paese circondato da una folla entusiasta, ha predicato nella moschea della capitale e ha assistito alla conversione all'islam di una donna francese.
A metà febbraio è di nuovo volato all'estero - dal 2007, da quando Hamas ha ingoiato la Striscia di Gaza, non era mai uscito - per andare prima in Qatar e poi in Iran, a rassicurare la leadership di Teheran: l'organizzazione palestinese considera la nazione sciita "una riserva strategica" per la causa e quindi l'alleanza non è in pericolo. Se Meshaal apre all'ipotesi di un padrinato alternativo, che sostituisca gli sponsor storici messi in crisi dalle rivolte - come si fa a stare a Damasco mentre i servizi segreti siriani imprigionano e torturano la Fratellanza, di cui Hamas è la costola palestinese - Haniyeh ci tiene a ristabilire i fondamentali: legame strategico con l'Iran, e nessuna via popolare, in stile "primavera araba", alla sconfitta dell'entità sionista.
   A Teheran la Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, ha esortato Haniyeh a stare in guardia contro "coloro che cercano il compromesso" e ha ribadito che l'Iran starà sempre dalla parte della "resistenza" palestinese. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha anzi detto che è "dovere" dell'Iran stare dalla parte dei palestinesi. L'obiettivo contro cui si scagliano è l'accordo tra Hamas e Fatah siglato a metà febbraio a Doha, immancabilmente Doha, capitale del Qatar, motore immobile di qualsiasi cosa accada in medio oriente, dalla morte di Gheddafi alla sollevazione di Homs in Siria alle macchinazioni interne dei palestinesi per formare un governo di unità nazionale. Meshaal, il leader "esterno" che pensa a manifestazioni di massa contro i checkpoint israeliani a favore di telecamera per impiantare una nuova narrativa del conflitto nei media occidentali, è tra i promotori dell'accordo - che donerebbe di riflesso nuova legittimità al gruppo estremista - sotto la guida del presidente Abu Mazen.
   Haniyeh assieme agli iraniani è contro, vede in esso un indebolimento della pericolosità di Hamas, che è anche il capitale del gruppo: più sono temibili, più contano, più ricevono finanziamenti da fuori. Mahmoud Zahar, portavoce dell'ala di Gaza, ha detto all'agenzia di stato egiziana che l'accordo è stato un "errore" e che Meshaal prima di firmarlo "non ha consultato nessuno". Non importa se è vero o è falso, è comunque segno di una frattura profonda. Anche se il patto tra Fatah e Hamas è nominalmente ancora in piedi, la fazione di Meshaal è già perdente: lui ha già annunciato che cederà presto il posto di leader dell'organizzazione, e la leadership di Gaza ha ripreso il lancio di razzi; a fine mandato, come ultimo risultato, ha riaperto le relazioni con la Giordania dopo l'espulsione nel 1999.

(Il Foglio, 22 febbraio 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Nella giornata odierna si deve considerare che sia il conflitto tra Israele ed Iran l'argomento al centro dell'attenzione per i principali commentatori. Andrea Wilbur firma un interessante articolo su Europa, ma bisogna ricordarsi sempre quanto sia impossibile, su una questione strategica come questa, avere la conoscenza di quanto si dice davvero nelle stanze dei bottoni.
  Pio Pompa (Foglio) ritiene che le due navi iraniane, giunte nei porti siriani e ben presto rientrate alla base, siano la prova che le informazioni ultra segrete che Israele passa agli americani giungano successivamente ai leader iraniani. Se questo fosse vero, la gravità del fatto, evidentemente, non potrà che accrescere le difficoltà del dialogo tra Obama e Netanyahu, che si incontreranno nuovamente il prossimo 5 marzo a Washington (ricordiamo, en passant, che il presidente Obama non ha mai deciso di recarsi in Israele).
  In un editoriale pubblicato sul Wall Street Journal ci si chiede se gli USA temano di più la bomba iraniana o l'attacco israeliano; i mullah sarebbero tranquillizzati dal vedere che Obama frena Netanyahu, mentre quest'ultimo si rende conto che dopo le elezioni americane di novembre Israele sarà meno protetto dalla politica americana, e quindi potrebbe preferire anticipare l'eventuale attacco.
  Maurizio Molinari (Stampa) esamina l'evoluzione della crisi in atto tra l'Egitto e gli USA, mentre si osserva un paradossale riavvicinamento tra alcuni seguaci di Mubarak e la Giunta militare. La politica di Obama viene messa in seria discussione in Egitto dove si pensa di poter ricevere dai propri cittadini quel denaro che l'America potrebbe decidere di non inviare più.
  Il senatore Vernetti, da sempre interessato alle vicende della politica internazionale, firma un articolo sul Foglio che non convince molto il sottoscritto; scrive infatti il politico italiano che l'eventuale caduta del regime di Assad determinerebbe una riduzione della pressione su Israele ed un miglioramento delle condizioni della sicurezza regionale e dei paesi del Golfo. Inoltre Vernetti si illude che si possa portare davvero la democrazia in Siria abbattendo il regime di Assad e dimostra una fiducia nella Lega Araba che sembra essere, per lo meno, eccessiva.
  E' in via di soluzione la vicenda di Khader Adnan, da dicembre in arresto amministrativo. Questo sceicco, di professione panettiere a Jenin e membro della Jihad islamica, a seguito di una decisione della Corte Suprema che non permette un eventuale prolungamento della sua detenzione amministrativa, ha deciso di interrompere il proprio digiuno, e tornerà in libertà il 17 aprile.
  Ne scrivono, tra gli altri, Federica Zoja su Avvenire, Michele Giorgio sul manifesto, Joshua Mitnick sul Wall Street Journal e Tobias Buck che, sul Financial Times, dopo essersi consultato con B'tselem, osserva con apparente stupore che simili provvedimenti vengono presi "quasi soltanto" nei confronti di palestinesi dei territori occupati. Verrebbe da chiedergli come mai negli USA analoghi provvedimenti non vengano presi nei confronti dei cittadini americani, ma solo con gli islamici che sono detenuti a Guantanamo.
  Paolo Lambruschi (Avvenire) firma tre diversi articoli dedicati alle attività dei clan beduini del Sinai che, sempre più ingovernabili, controllano il traffico di esseri umani (nonché di armi e droghe) nel corridoio che porta a Gaza ed a Israele. Oggi hanno acquisito una pressoché totale libertà di azione, e questo comporterà, in futuro, una sempre maggiore difficoltà per riportarli sotto controllo.
  Di traffico di uomini si occupa anche l'articolo su Rinascita firmato da Michele Mendolicchio; Ugo Volli etichettava da par suo, appena ieri, questa testata, e puntuale arriva la dimostrazione di quanto avesse ragione l'amico. Gli argomenti trattati oggi da Mendolicchio sono di facile presa sui lettori, ma si deve riflettere attentamente sulla pericolosità di certe teorie che riportano ai momenti più bui della storia dell'uomo.
  La bis-nipote di Himmler, storica di professione, ha sposato un ebreo che le ha dato anche un figlio; Andrea Morigi (Libero) osserva con attenzione le conseguenze di questo atto.
  Ed infine al nazifascismo ci riporta anche Guido Artom sul Corriere con parole che meriterebbero una trattazione più ampia in altra sede; non vi è dubbio che dai nazi-fascisti si veniva perseguitati per ciò che si era e non per ciò che si faceva, ma Artom allarga il suo discorso alla esclusione di alcuni settori del mondo ebraico dall'Unione, e qui i ragionamenti da fare diventano davvero troppo complessi per poterli trattare adesso.

(Notiziario Ucei, 22 febbraio 2012)

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Israele: alternativa su ferro al Canale di Suez

di Marcello Berlich

  
Il Governo israeliano ha approvato nei giorni scorsi il progetto di realizzazione di una linea ferroviaria fra il Mediterraneo e il Mar Rosso. La ferrovia, della quale si parla da circa trent‘anni, offrirà così un percorso alternativo al Canale di Suez, sebbene a costi probabilmente superiori.
Il progetto è inserito nella strategia che punta a rinnovare la vocazione di Israele ad essere snodo di primaria importanza nelle vie commerciali tra occidente e oriente, cogliendo le opportunità offerte dai rapporti con le potenze economiche emergenti (Cina e India) e col Giappone. Nel progetto potrebbe essere coinvolta anche la Giordania, grazie al porto di Aqaba che, non distante da quello israeliano di Eilat, potrebbe essere utilizzato come centro di smistamento dei container in transito verso i porti israeliani.
Il progetto prevede inoltre l'utilizzo di treni passeggeri superveloci per il collegamento tra Eilat e Tel Aviv; la finalità di commerciale del progetto è stata la molla principale che ne ha portato a darne il via libera allo sviluppo: ad essa si affianca la finalità turistica, anch‘essa importante, ma non sufficiente a motivarne la realizzazione.
Quella navale resta comunque l‘opzione più economica; tuttavia l‘aggiunta del collegamento ferroviario, oltre ad offrire una possibilità alternativa di collegamento, garantirà una maggiore sicurezza nel trasporto merci nei periodi di instabilità politica, riducendo la dipendenza internazionale dal Canale di Suez; nel frattempo, sembra che aziende cinesi abbiano già espresso interesse per la realizzazione del progetto; non è ancora stato infatti deciso se questa verrà portata avanti attraverso le sole risorse di Israele, o mediante la partecipazione di un Paese straniero o ancora con fondi provenienti da più investitori internazionali.

(Portalino.it, 21 febbraio 2012)

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Judaica Europeana e il patrimonio culturale ebraico in Europa

Conferenza internazionale
27 febbraio 2012 - ore 9.00 - 17.00
presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma

Il progetto europeo Judaica Europeana, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, l'Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, organizza lunedì 27 febbraio 2012 (dalle ore 9.00 alle ore 17.00) la conferenza internazionale "Judaica Europeana e il patrimonio culturale ebraico in Europa", dedicata a presentare i risultati raggiunti in due anni di attività:
  • fornire a Europeana, il portale del patrimonio culturale digitale europeo, oltre 3 milioni di dati
  • rendere per la prima volta disponibili in formato digitale al grande pubblico documenti, audio, video, immagini, facenti parte delle preziose collezioni ebraiche conservate negli archivi, biblioteche e musei europei.
L'evento si rivolge non solo a esperti della digitalizzazione del patrimonio culturale e studiosi dell'ebraismo, ma anche ad un pubblico più vasto di persone interessate ai temi trattati....

(l'ideale, 21 febbraio 2012)

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Islam: religione e politica

di Vittorio Dan Segre

Vittorio Dan Segre
Mentre in Siria il presidente Assad continua a fare ammazzare rivoltosi con una ferocia che supera quella di suo padre nell'eliminazione dei Fratelli mussulmani a Hamma nel 1982, strane dichiarazioni vengono fatte da alti personaggi del Partito Di Dio, il movimento Hezbollah shiita in Libano. Il loro carismatico leader Hassan Nasrallah rispondendo al Segretario Generale dell'ONU che il 24 gennaio scorso aveva denunciato come "inammissibile" il possesso di migliaia di missili da parte degli Hezbollah (minacciosi per la regione) ha ammesso il 7 febbraio di aver ricevuto armi dall'Iran. Ma in un video registrato nel suo bunker ha aggiunto che il suo movimento non prende istruzioni dall'Iran, paese che non "domanderebbe nulla agli Hezbollah" in caso fosse attaccato da Israele. Se ciò avvenisse la dirigenza del movimento "si consulterebbe, rifletterebbe e deciderebbe cosa fare".
Più curiosa é la dichiarazione fatta dall'ex segretario generale degli Hezbollah, Subhi Tufeili (subito però criticato)secondo la quale il movimento ha commesso un errore strategico con l'uccisione del premier libanese Hariri, che la rivolta araba ha aperto la porta ad una nuova possibilità di guerra civile in Libano. Non si deve neppure escludere la possibilità di una futura collaborazione con Israele. Da cosa sono motivate queste dichiarazioni di prudenza, eretiche solo un anno fa? Dal pericolo di una disfatta shiita in Siria, Irak, e forse in Iran da parte dei sunniti che già trionfano in Egitto, in Tunisia, in Libia per non parlare dell'Arabia saudita e degli Emirati Arabi.
Agli occidentali può parere strano che lotte religiose inter islamiche possano influenzare decisoni politiche e militari di paesi che si dichiarano sovrani. Ma basterebbe ricordarsi del prezzo che l'Europa ha pagato per le sue guerre di religione fra cristiani cattolici e cristiani protestanti per comprendere il ruolo della religione nella politica. E poichè non si tratta di fede ma di chiese, lo scontro fra la "chiese" atee sovietica e quella maoista in tempi molto più recenti dovrebbe far riflettere sugli sviluppi delle convulsioni politiche e sociali che agitano in mondo arabo.

(il Giornale, 21 febbraio 2012)

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Israele: nel 2011 +35% i crocieristi italiani

Buone attese per l'anno in corso, dichiara il direttore dell'Ente, Tzvi Lotan

"Il 2011 in generale sarà simile al 2010, con circa 3 milioni e 350mila turisti totali. E' buono come dato - commenta Tzvi Lotan, direttore dell'ente del turismo di Israele in Italia -, viste le tensioni mediorentali". C'è stato un calo dall'Italia, riconosce il direttore, "ma che è stato bilanciato da un aumento dei crocieristi italiani". I nostri connazionali sono stati 120mila, pari ad un -24% in termini di arrivi rispetto al 2010, ma i crocieristi sono stati 35mila (+35% sul 2010), il che, come spiega Lotan, bilancia il calo, portando la flessione complessiva al 18%. Gli obiettivi 2012? "Gli operatori di turismo religioso e laico - risponde Lotan - parlano di un 2012 che si presenta meglio del 2011, mi aspetto di tornare ai livelli del 2010 e forse di superarli, recuperando il calo del 18%".

(Guida Viaggi, 21 febbraio 2012)

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Sventato un attentato al confine con l'Egitto

TEL AVIV - Un attentato e' stato sventato la scorsa notte nei pressi del confine con l'Egitto quando una pattuglia israeliana ha messo in fuga una persona sospetta che si accingeva ad infiltrarsi nel Neghev. Sul posto - ha riferito un portavoce militare - e' stato trovato un potente ordigno che e' stato neutralizzato da artificieri.
Israele ha elevato lo stato di allerta nella zona in seguito ad un cruento attentato condotto lo scorso agosto a nord di Eilat da terroristi provenienti dal Sinai egiziano.
L'incidente della scorsa notte - ha aggiunto il portavoce - conferma ''la volonta' di diverse organizzazioni terroristiche di lanciare attacchi contro i cittadini e contro le forze armate di Israele''.
L'ordigno e' stato scoperto nella zona settentrionale del Neghev, all'altezza della localita' israeliana di Niztana. Lo ha precisato radio Gerusalemme secondo cui oggi in quell'area era in visita un ministro israeliano.
L'obiettivo degli attentatori, ha aggiunto la emittente, era rappresentata probabilmente dai reticolati di confine, che Israele sta erigendo a ritmo serrato nell'intento di sigillare i 230 chilometri di confine entro la fine di questo anno.

(Blitz quotidiano, 21 febbraio 2012)

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Marrani di ieri e di oggi

ROMA - Marrani e marranesimo. Un tema ricco di fascino e mistero che è legato indissolubilmente alle questioni dell'identità e che lo stesso ebraismo italiano ha più volte affrontato in questi ultimi anni attraverso un denso programma di incontri, convegni - tra cui il Moked primaverile del 2010 - e nuove progettualità. Di ebraismo pubblico e privato, di identità ritrovate a distanze di secoli (anche in Italia), si torna a parlare domani pomeriggio all'incontro Marrani di ieri e di oggi in programma a partire dalle 18 al Centro Bibliografico Tullia Zevi dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Protagonisti della serata la storica Anna Foa (titolo del suo intervento "Il marranesimo, un nodo della storia"), il rabbino capo di Napoli Scialom Bahbout ("Ma i marrani sono ebrei? Cosa dice la normativa ebraica?") e il medico Roque Pugliese ("Io sono un marrano!). Seguirà al dibattito la proiezione, introdotta dalla coordinatrice UCEI Sira Fatucci, del filmato "Marrani d'Israele o tradizioni in comune?". Moderatore dei lavori Gadi Piperno, coordinatore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI e responsabile del Progetto Meridione, realtà assiduamente impegnata in una riscoperta ebraica nel meridione dello Stivale. Un lavoro che sta dando i suoi frutti come dimostrano recenti iniziative di successo a San Nicandro Garganico, Belvedere Marittimo e Siracusa.

(Notiziario Ucei, 21 febbraio 2012)

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Blitz contro una cellula di Hezbollah. Favorivano l'immigrazione clandestina in Italia

TERNI - Una rete organizzatissima di criminali riconducibile all'associazione terrorista degli Hezbollah turchi faceva entrare illegalmente in Italia degli affiliati. Il gruppo, che non avrebbe nulla a che fare con gli omonimi libanesi (questi sono sciiti, mentre quelli turchi sciiti) è nato in Turchia negli anni 80, nella regione del Dyiarbakir ,a maggioranza curda. Tra i suoi fondamenti ideologici vi è l'instaurazione del Califfato in Turchia e l'applicazione della Sharia. In ogni caso, costoro favorivano l'immigrazione clandestina e con tale ipotesi di reato a carico, nove persone sono state arrestate oggi dalla polizia di Terni, coordinata dal Servizio centrale antiterrorismo dell'Ucigos. Per sette dei nove arrestati, l'ordinanza di custodia cautelare è stata disposta in carcere, mentre agli altri due sono stati concessi i domiciliari. Un donna italiana e sei cittadini turchi sono in galera, mentre i domiciliari sono stati concessi a due donne ucraine. L'operazione ha visto la collaborazione tra le forze di diversi Paesi europei - specialmente la Germania - e la Tuchia. Le indagini, che hanno avuto inizio in Lombardia con l'arresto di un cittadino turco destinatario di un provvedimento di cattura internazionale per terrorismo, hanno consentito di far chiarezza sul modus operandi della rete e di portare a 41 perquisizioni nei confronti di presunti esponenti del gruppo.
I criminali fornivano agli immigrati - per lo più turchi e palestinesi - un pacchetto che comprendeva una serie di servizi quali il viaggio, l'alloggio e un lavoro. Ovviamente dietro lauti compensi. La rete si preoccupava anche di addestrare gli immigrati circa le dichiarazioni da rilasciare alle autorità. Avrebbero dovuto raccontare di esser stati oggetto di persecuzione nei propri paesi di origine e di aver subito delle torture in modo da poter ottenere dal nostro Paese asilo politico e il permesso di soggiorno. Arrivavano in Italia in dei tir o delle auto. Secondo quanto fino accertato, l'attività si limitata al favoreggiamento dell'immigrazione. Nessuno degli affiliati avrebbe messo a punto piani terroristici.
Con questo sistema, sono riuscite ad entrare in Italia, nell'arco di circa un anno e mezzo, una trentina di persone. Le indagini si sono svolte anche a Trieste, Venezia, Milano, Bergamo, Varese, Como, Roma, Viterbo, Latina e L'Aquila.

(ilsussidiario.net, 21 febbraio 2012)

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Chi sono gli Hezbollah turchi

ROMA, 21 feb. - Il gruppo terroristico turco 'Hezbollah' (in arabo 'Il partito di Dio), i cui esponenti sono stati arrestati nel corso di un'operazione della polizia di Terni, nasce durante gli anni Ottanta. Nonostante, in apparenza, ideologicamente ispirato all'omonimo movimento islamista libanese, l'hezbollah turco nasce e si sviluppa nella regione, a maggioranza curda, di Dyiarbakir come movimento sunnita, al contrario del gruppo attivo nel Libano meridionale che raggruppa individui aderenti al movimento sciita.
Secondo quanto riporta la rivista italiana di Intelligence 'Gnosis' del Sisde, la denotazione ideologico-religiosa dell'Hezbollah turco sembra rifarsi alle falangi estreme dei Kharigiti, setta islamica risalente al VII secolo, noti per la loro austera interpretazione dell'Islam. Almeno inizialmente questo movimento ricevette supporto e addestramento militare dal Pkk anche se, presto, lo sforzo cooperativo si trasformò in rivalità. Lo stesso Hezbollah rivolse accuse a carico del Partito dei Lavoratori del Kurdistan che fu ritenuto responsabile di collaborare con i leader armeni, servire l'ideale comunista e di aver assassinato fratelli musulmani. Tale lotta si protrasse per molti anni causando la morte di alcune centinaia di persone, tra membri del Pkk e altri gruppi curdi. In questo periodo il gruppo Hezbollah varcò il confine della regione di Dyiarbakir, per espandersi in altre parti della Turchia, dove usò moschee e sedi clandestine per fare proselitismo ed aumentare il numero dei suoi elementi militanti.
Questo movimento non esitò a ricorrere al crimine per raccogliere le risorse finanziarie necessarie per le sue attività. Tali azioni, di per sé chiaramente contrarie a ogni credo islamico, furono giustificate dall'Hezbollah su basi religiose dal momento che, secondo i leaders del movimento, le vittime furono tutte persone note per comportamenti contrari al credo islamico. Solo nel secondo semestre 1999, più di 200 uomini d'affari curdi furono rapiti da questo gruppo. In aggiunta a tali attività criminose, funzionari governativi turchi hanno affermato di disporre di elementi che confermerebbero il supporto offerto dalle autorità iraniane a tale gruppo, in forma di addestramento militare. Tale gruppo ha continuato a terrorizzare la Turchia portando a termine attacchi, molte volte mortali, tra la popolazione civile.

(Adnkronos, 21 febbraio 2012)

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Israele: viene azionata la barriera di intercettazione missilistica

L'Esercito israeliano schiererà una batteria di missili intercettori dalla sua "Cupola di ferro" nella regione di Tel Aviv. Questo "fa parte del Piano Annuale di Formazione per questo sistema". La decisione di attivare questo sistema arriva in seguito alle accresciute tensioni regionali e per il timore verso il programma nucleare iraniano. Israele ha negato che la decisione sia stata presa per lanciare un attacco preventivo sugli impianti nucleari iraniani.
Il sistema, primo nel suo genere e ancora in fase sperimentale, non è ancora in grado di offrire una protezione completa. Progettato per intercettare razzi e colpi di artiglieria sparati da una gamma compresa fra 4 e 70 km, l'Iron Dome (Cupola di Ferro) è parte di un ambizioso programma di difesa per proteggere le città israeliane e Tel Aviv.

(FocusMO, 20 febbraio 2012)

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Da Roma la rinascita delle Comunità ebraiche

Si comincia con Roma ma l'obiettivo finale è tutta l'Italia: raccontare la rinascita delle Comunità ebraiche italiane dopo la shoah, dal 1945 in poi.

Per Roma si può visitare da subito www.memoriebraiche.it» che contiene 40 interviste ai protagonisti della rinascita della Comunità nella capitale, comprese quelle ad esponenti degli ebrei libici arrivati a Roma nel 1967. L'intero progetto si chiama Banca della Memoria ebraica ed è stato presentato oggi al Centro di cultura ebraica dal presidente dell'Unione delle comunità italiane Renzo Gattegna, da quello degli ebrei romani, Riccardo Pacifici e da Miriam Hajun, direttrice del Centro stesso. «Una generazione si racconta: vita, immagini, tradizioni della Comunità di Roma. Questo - ha detto Hajun - il nostro intento. Non solo memoria della Shoah ma memoria della vita che risorge e va avanti».

(Il Tempo, 20 febbraio 2012)

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«Dall'Olocausto alla terra d'Israele»

di Avi Kretzo

"Questa terra è la mia terra. Mandato per la Palestina, aspetti legali dei diritti ebraici". È questo il titolo del libro di Eli E. Hertz che è stato presentato mercoledì 15 febbraio alle ore 20.30 presso l'associazione "ADI - Amici d'Israele" a Milano, in corso Lodi.
La presentazione è stata introdotta da Eyal Mizrahi, Presidente di ADI, e ha avuto come relatore il professor Marcello Cicchese e come moderatore Davide Romano, giornalista e segretario di ADI.
In questa serata fredda del mese di febbraio l'argomento ha destato l'interesse di molte persone che hanno gremito la sala conferenze, venute per allargare i propri orizzonti e conoscere i documenti e le decisioni vincolanti della Società delle Nazioni sul diritto legittimo del popolo ebraico sulla terra d'Israele.
Infatti, come Hertz scrive nel suo libro, l'intera Società delle Nazioni, costituita da cinquantuno paesi, il 24 luglio 1922, nel "Preambolo al Mandato per la Palestina" dichiarò all'unanimità: "Poiché è stato dato riconoscimento al legame storico del popolo ebraico con la Palestina e alle basi per ricostituire la loro patria nazionale in quel paese".
Il prof. Cicchese ha illustrato la cronistoria della restituzione della Terra Promessa agli Ebrei, partendo dai testi sacri e passando attraverso la Dichiarazione di Balfour del 1917, la Conferenza di Sanremo del 1922 e la risoluzione dell'Onu n. 181 del novembre 1947 che sanciva la fondazione dello Stato d'Israele.
Cicchese e altri interventi tra il pubblico hanno sottolineatio anche come, nel 1922, i diritti legittimi del popolo d'Israele sulla sua terra furono calpestati dalla potenza britannica, che dominava sull'area e che, mossa da interessi economici, e soprattutto dal petrolio arabo, negò gli impegni sottoscritti e strappò il 76% del territorio assegnato alla fondazione del focolare ebraico, per regalarlo ai "fedeli" Abdallah di Transgiordania e a suo fratello Feisal, creando rispettivamente la Giordania e l'Iraq. La risoluzione 181 dell'Onu, inoltre, escludendo anche Giudea e Samaria dal territorio promesso agli Ebrei, regalò agli Arabi il 99% del Medioriente.
Durante la serata sono emerse domande e annotazioni da parte del pubblico che hanno evidenziato come la popolazione ebraica in Israele abbia dovuto subire tali tagli al territorio pur di poter accogliere i superstiti dell'olocausto e i profughi ebrei provenienti dai paesi arabi, per i quali si erano chiuse le
  
porte di molti paesi, europei e non, indifferenti alle loro sofferenze.
L'ing. Eugenio Shek ha contribuito con foto e documenti appesi nell'aula che hanno documentato la partecipazione dei soldati ebrei israeliani - i reparti palestinesi - nell'esercito britannico in Italia durante la seconda guerra mondiale.
Un altro intervento ha evidenziato invece come gli Arabi palestinesi abbiano partecipato, sotto la guida spirituale del Mufti di Gerusalemme Hag Amin al-Husainy, all'unità mussulmana, XIII divisione montanara, posta sotto il comando della Waffen-SS in Bosnia.
Verso la fine della serata il prof. Cicchese ha parlato del suo libro "La superbia dei gentili, alle origini dell'odio antigiudaico", primo libro sull'antisemitismo scritto da un autore evangelico. Il libro vuole mostrare come l'antisemitismo cristiano nasca da una mistificazione storica che ha portato alla diffamazione degli ebrei, alla loro persecuzione fino a sfociare nell'olocausto.

(Amici d’Israele - Milano, 20 febbraio 2012)

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Israele, le contestazioni non fermano l'incontro alla fiera del Bit

di Rossella Tercatin

MILANO - Quattro giorni da protagonista per Israele alla Borsa internazionale del turismo di Milano, che ha chiuso i battenti dopo il tradizionale fine settimana aperto al pubblico. Grande l'interesse verso l'offerta turistica dello Stato ebraico. Interesse non scalfito dalla contestazione inscenata nella mattinata di sabato da un piccolo gruppo di visitatori, entrati in Fiera pagando il regolare biglietto, con cori inneggianti alla Palestina e al boicottaggio. Non si sono registrati momenti di violenza. L'episodio è stato condannato dalla Comunità ebraica milanese, che ha ricevuto l'immediata solidarietà dei vertici di Fiera Milano, il presidente Michele Perini e l'amministratore delegato Enrico Pazzali. "E' stata una protesta vergognosa - hanno dichiarato il presidente della Comunità Roberto Jarach, e il suo vice Daniele Nahum - Durante la fiera del Bit si parla di turismo e di cultura. Evidentemente i manifestanti non hanno questa sensibilità. Vorremmo sottolineare che Israele è l'unica democrazia della regione che rispetta le minoranze, dove i cittadini musulmani godono di maggiori diritti civili e politici di tutti coloro che risiedono nei Paesi arabi dell'area mediorientale. E' strano che questi paladini della giustizia non abbiano inscenato alcuna protesta contro Stati che violano i diritti umani".
Quanto è successo sabato non diminuisce la soddisfazione espressa da Mariagrazia Falcone, responsabile comunicazione dell'Ufficio nazionale israeliano del Turismo, per l'andamento della fiera milanese "È tantissima la gente venuta al nostro stand per chiedere informazioni, per scoprire cosa significa visitare Israele. Persone che non ci sono mai state e persone che vogliono ritornarci. Pochissime domande sulla situazione politica, molte sulle mete turistiche. I più sono interessati al turismo religioso, ma per la prima volta abbiamo avuto tanti visitatori arrivati già con la consapevolezza che Israele offre anche altro, la vita notturna di Tel Aviv, le bellezze naturali del deserto, la Gerusalemme oltre i luoghi sacri. Non vogliamo dare troppo peso a gente che è venuta in Fiera col preciso scopo di compiere gesti politici. Dopo tanto tempo, Israele comincia a essere percepito come un normale e bellissimo paese da visitare e questo è molto importante".

(Notiziario Ucei, 20 febbraio 2012)

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Corsi di ebraico a Milano



Programma e informazioni

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Un attacco di Israele contro l'Iran sarebbe complesso, almeno 100 aerei

Per esperti Usa si tratterebbe di un'"operazione di grande portata"

ROMA, 20 feb. - Se Israele dovesse decidere di lanciare un attacco contro l'Iran, allora si tratterebbe di un attacco "complesso e di enorme portata": i piloti israeliani dovrebbero percorrere oltre 1.000 miglia in spazio aereo nemico, fare rifornimento in volo, abbattere le difese aeree iraniane e compiere simultaneamente raid multipli sul terreno. Un'operazione che richiederebbe l'impiego di almeno 100 caccia. E' questa la convinzione di molti ufficiali statunitensi e analisti vicini al Pentagono.
Secondo quanto emerso dalle valutazioni fatte a Washington, di cui riferisce oggi il New York Times, si tratterebbe di un'operazione molto diversa dagli attacchi mirati compiuti contro un reattore nucleare in Siria nel 2007 e il reattore Osirak in Iraq nel 1981.
Negli ultimi giorni si sono moltiplicate le speculazioni su un prossimo attacco israeliano all'Iran, paese che si rifiuta di fornire collaborazione sul suo controverso programma nucleare. A testimonianza della preoccupazione americana, il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Barack Obama, Tom Donilon, si è recato ieri in Israele dove ha incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu.

(TMNews, 20 febbraio 2012)

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Israele ai piedi di Ali Khatib

Chi è il calciatore palestinese che gioca per l'Hapoel Haifa

di Lidia Baratta e Alessandro Oliva

Ali Khatib
A volte basta un calcio a un pallone in Israele per scatenare un uragano in Palestina.
Ali Khatib, centrocampista palestinese di 22 anni, ha pensato di far valere le proprie qualità andando a fare un provino per una squadra israeliana, l'Hapoel Haifa. Ha così varcato il confine, si è allenato con la nuova squadra e ha ottenuto subito un contratto.
  Peccato che non avesse avvertito la sua attuale squadra, il Jabal Mukaber, club di Gerusalemme Est a cui il giocatore era legato da un precedente contratto. Abile a impostare il gioco in campo, Ali Khatib si è scoperto incapace di gestire il suo passaggio in Israele, visto che ha scelto di lasciare la Palestina a fine gennaio, proprio nella settimana in cui i rappresentanti dei due popoli stavano cercando di riallacciare i negoziati, dopo che il dialogo si era interrotto bruscamente nel settembre 2010.
  Eppure il centrocampista avrebbe dovuto immaginare che sarebbe successo il finimondo. Prima di tutto, perché Ali Khatib in Palestina non è un giocatore qualsiasi. È una bandiera. Con la maglia della nazionale - fondata nel 1962, ma riconosciuta dalla Fifa solo nel 1998 - ha già disputato le partite di qualificazione al Mondiale del 2014 e alle Olimpiadi di Londra 2012, segnando i gol decisivi nelle vittorie contro Sudan e Bahrain.
  La guerra tra le Federazioni calcistiche di Palestina (Pfa) e Israele (Ifa) in realtà risale agli Anni 70. Fino al 1974, la nazionale israeliana giocava nella Confederazione asiatica, ma sotto la pressione della Lega araba ne fu estromessa. Dieci anni dopo ha ottenuto l'ingresso nella Uefa, l'associazione dei club d'Europa.
  Così la vicenda di Ali Khatib è solo l'ultimo scontro in ordine di tempo tra Pfa e Ifa, tanto che il caso è arrivato fino alla Fifa - interpellata da entrambe le Federazioni - che deve dirimere la questione sulle proprietà del giocatore, visto che i club coinvolti ne rivendicano l'appartenenza.
Il Jabal Mukaber sostiene che il giocatore avesse siglato un contratto di quattro anni, l'Hapoel Haifa e la Federcalcio israeliana (Ifa) ribattono che Khatib è registrato come giocatore a Tel Aviv dalla stagione 2001-02. La Fifa potrebbe dare ragione a Israele, visto che Ali Khatib ha militato in una squadra di Gerusalemme Est senza chiedere l'autorizzazione alla Ifa.
  In Palestina sono convinti che al centrocampista abbiano promesso una convocazione nella nazionale israeliana per assicurargli un maggiore visibilità e magari un ingaggio in un club europeo. Come accade per i giocatori dell'Irlanda del Nord, che possono essere convocati dall'Eire, anche per Palestina e Israele vale infatti la regola consentita dalla Fifa.
«Il fatto che non ci siano rapporti ufficiali tra le associazioni di calcio israeliana e palestinese non significa che le squadre israeliane possano portarci via i giocatori», ha commentato stizzito Mohammed Issa, allenatore del Jabal Mukaber.
La replica è stata firmata da un dirigente dell'Hapoel, Noam Regev: «Volete solo farvi pubblicità».
  Ovviamente, la partita tra Israele e Palestina non si gioca solo sui campi da calcio. Dopo i colloqui alla Casa Bianca del settembre 2010, i negoziati di pace tra i due Paesi sono ormai fermi da 15 mesi.
Il 3 gennaio in Giordania c'è stato il primo faccia a faccia tra la delegazione palestinese e israeliana, nel tentativo di riprendere i colloqui. Dopo tre riunioni, l'Autorità nazionale palestinese ha stabilito che i negoziati fossero «chiusi».
Il 2 febbraio, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon ha chiesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu «di revocare il blocco della Striscia di Gaza» perché «alla gente sia data libertà di movimento».
  La lista delle categorie di persone a cui è permesso di lasciare Gaza, entrare in Israele e nella Regione di Samaria e di Giudea preve anche la «entrata di giocatori di calcio».
Ali Khatib, quindi, può entrare e uscire liberamente da West Bank. Ha un permesso che gli concede la possibilità di spostarsi. E come arabo-israeliano può anche scegliere in quale nazionale giocare.
Dopo l'esordio con la maglia della Palestina, Ali Khatib ha preferito quella di Israele e ha pure negato di aver firmato un contratto per il Jabal Mukaber, definendo il campionato palestinese «un torneo amatoriale».
  Tal Banin, primo calciatore israeliano ad aver giocato nella serie A italiana (nel Brescia) e ora tecnico dell'Hapoel Haifa, è entusiasta del suo nuovo centrocampista. Gli israeliani non hanno infatti atteso il giudizio della Fifa e lo hanno già tesserato facendolo esordire. Ali Khatib ha dimostrato di saper reggere la pressione del suo gesto eclatante, siglando tre gol in altrettante presenze con la sua nuova maglia.

(Lettera43, 20 febbraio 2012)

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Fiera Bit - Blitz pro Palestina allo stand di Israele

MILANO - Contestazioni contro Israele alla Bit, il salone internazionale del turismo, dove un piccolo gruppo di manifestanti pro Palestina ha inscenato un breve picchetto di protesta di fronte allo stand promozionale dello Stato ebraico. Il blitz, avvenuto senza incidenti, è testimoniato anche dai video pubblicato sul sito di Youreporter in cui si vedono una decina di attivisti, con le kefie al collo, mostrare la bandiera palestinese, distribuire volantini e scandire slogan contro Israele, urlando "vergogna, vergogna" e "vogliamo occupare il loro stand come loro occupano la Palestina". Il presidente della comunità ebraica milanese, Roberto Jarach, e il vicepresidente Daniele Nahum parlano di "una protesta vergognosa: durante la fiera Bit si parla di turismo e di cultura. Evidentemente questi manifestanti non hanno questa sensibilità".

(la Repubblica, 19 febbraio 2012)

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Il sistema difensivo Iron Dome fa tappa a Tel Aviv

Una prima batteria del sistema israeliano di intercettazione di missili 'Iron Dome' sta per essere dislocata alla periferia di Tel Aviv. Lo ha anticipato il quotidiano Yediot Ahronot e la notizia è poi stata confermata da un portavoce militare. In passato i responsabili militari israeliani hanno affermato più volte che, in caso di conflitto, la metropoli potrebbe essere uno dei principali obiettivi. Tel Aviv potrebbe essere centrata non solo da eserciti nemici come quelli di Siria e Iran, ma anche dai missili degli Hezbollah libanesi o delle forze di Hamas.

- Già testato ad Ashqelon
  I militari hanno spiegato che il sistema Iron Dome è ancora in rodaggio e di volta in volta viene temporaneamente installato in località diverse per sottoporlo a prove specifiche. In passato è stato installato nei pressi delle città di Ashqelon, Ashdod e Beersheva (nel sud di Israele). Ora è la volta del 'Gush Dan', la zona che comprende Tel Aviv e il suo hinterland, per una durata prevedibile di alcuni giorni.

(Lettera43, 19 febbraio 2012)

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Gerusalemme in festa per la sua Maratona

Gerusalemme è in festa per la 2a edizione della Maratona in programma venerdì 16 marzo. Sono previste decine di migliaia di partecipanti e tre percorsi: il classico da 42,195 km, la mezza di 21, 1 km e una corsa da 10 cm.
La manifestazione attraverserà tutti i luoghi storici di Gerusalemme, lambirà la Città Vecchia e lo Yad Vashem. Per prenotarsi: . Il tour operator Ovunque Running organizza il viaggio dall'Italia . Informazioni generali sul Paese e sulla manifestazione sportiva presso l'ufficio nazionale israeliano del turismo: tel. 02.804905,

(il Giornale, 19 febbraio 2012)

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Israele, l'allarme dell'esercito: il 40% della popolazione senza maschere antigas

  
Altro che politiche di lungo respiro. Qui, se le cose dovessero precipitare, si rischia di perdere quasi la metà della popolazione. Il dramma, sia chiaro, è ancora allo stato potenziale. Ma cosa potrebbe succedere se Hezbollah e l'Iran decidessero di attaccare Israele con armi chimiche o, peggio, con una bomba atomica?
«Sarebbe un disastro: il 40% della popolazione non potrebbe sopravvivere per la mancanza delle maschere antigas». A dirlo, con un tono più che preoccupato, è stato il tenente colonnello Lior Gabay, membro del Comando di difesa nazionale dello Stato ebraico. Chiamato a dire la sua alla commissione parlamentare degli Affari esteri e della difesa, Gabay non ha esitato a raccontare la situazione.
«Se le cose vanno avanti così, entro marzo dovremmo chiudere tutte le centraline di distribuzione dei kit con le maschere antigas perché non avremo più i soldi per comprare altre scorte», ha detto Gabay. «Con i fondi stanziati dal governo sono stati realizzati soltanto il 60% dei kit necessari ed è anche per questo che abbiamo dovuto interrompere la distribuzione delle maschere alla popolazione: non ce ne sono abbastanza».
Alla denuncia di Gabay ha fatto eco l'accusa di Zeev Belski, parlamentare di "Kadima", il partito dell'ex premier Tzipi Livni. «Ci chiediamo perché il governo non abbia deciso di distribuire i kit prima alle popolazioni più esposte agli attacchi (quelle a nord e a nord-est, al confine con il Libano)», ha detto Belski.
Quella delle maschere antigas è diventato un problema prioritario da qualche settimana. E non solo per colpa delle tensioni con l'Iran. Di recente un alto funzionario del ministero della Difesa ha detto che il regime siriano di Assad potrebbe trasferire le armi sofisticate - comprese quelle chimiche - verso le basi libanesi di Hezbollah. E questi ultimi potrebbero anche pensare di usarle contro Israele. Del resto il passaggio di armamenti sulla linea Damasco-Beirut è una pratica consolidata ormai da anni.
Secondo alcune fonti d'intelligence occidentale, mai confermate, la Siria sarebbe il Paese con la più grande riserva al mondo di armi chimiche, tra cui alcuni degli agenti più letali, come il gas sarin e l'agente nervino VX (al bando dal 1993). Armi di distruzioni di massa.

(Falafel Cafè, 19 febbraio 2012)

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Israele chiede sanzioni dure contro l'Iran

Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak sabato in una conferenza stampa a Tokyo ha esortato la comunità internazionale ad inasprire le sanzioni contro l'Iran.
"La comunità internazionale deve costringere le autorità iraniane a porsi la domanda: siamo pronti a pagare il prezzo dell'isolamento dalla maggior parte, per non dire di tutto il mondo, o dobbiamo smettere di sviluppare armi nucleari?" - Ha detto il ministro.
Ha sottolineato che le sanzioni devono entrare in vigore prima che l'Iran entri nella cosiddetta zona di "invulnerabilità", cioè quando la sua capacità nucleare sarà così sviluppata che anche bombardamenti mirati sui suoi impianti nucleari non saranno in grado di fermarli.

(La Voce della Russia, 19 febbraio 2012)

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Identità in bilico

di Ugo Volli

L'ultimo numero della "Rassegna mensile di Israel", datato gennaio-agosto 2010 ma in realtà uscito da poco, e intitolato a "Un'identità in bilico: l'ebraismo italiano tra liberalismo, fascismo e democrazia", a cura di Mario Toscano, è particolarmente interessante e merita una riflessione seria da parte di chi si occupa dell'ebraismo italiano. Fra i molti temi del grosso volume (la cultura dei rabbini e le forme giuridiche, i modelli educativi e le dinamiche sociologiche globali, la beneficenza, la letteratura, la religione e i musei), mi ha colpito il filo rosso della tentazione universalistica dell'ebraismo postunitario che emerge da molti dei saggi, in particolare da quelli di Gadi Luzzatto Voghera sull'evoluzione religiosa, di Rav Gianfranco di Segni sul rabbinato, di Sergio Della Pergola sulla "via italiana all'ebraismo". Il cammino dell'emancipazione impose agli ebrei italiani (e immagino non solo a essi) di ripensare la propria cultura non solo in termini del riferimento tradizionale al sistema di obblighi e di valori che costituisce la legge ebraica, cioè di quel sistema di relazioni interne alla comunità che Avishai Margalit chiama "etica" ("Etica della memoria", traduzione italiana Il Mulino 2007), ma soprattutto nei termini generali di valori che Margalit direbbe "morali", in quanto validi per tutti. Per molti questo significò l'abbandono progressivo dei costumi ebraici, il rifiuto di ogni peculiarità e la "privatizzazione" della propria appartenenza. Per costoro l'ebraismo si è trasformato in un rapporto generico con l'umanità, in un senso di giustizia (una morale, per l'appunto) che li porta spesso all'impegno politico e sociale. Anche coloro che vollero conservare il proprio ebraismo ritennero di doverlo giustificare in termini universali, come una sorta di pedagogia morale, "appena inferiore a quella di Kant, ma praticabile". Contemporaneamente l'ebraismo si ridefinì in termini di "religione" (magari "mosaica"), secondo il modello di separazione della sfera religiosa da quella civile elaborata dalla tradizione cristiana. Essere ebrei, secondo questa linea, divenne credere in certe cose (magari assai generiche, come "la religione della gioia della speranza e dell'amore" vista l'apertura teologica della nostra tradizione e il disinteresse subentrato per gli studi talmudici o kabbalistici) e praticare pochi riti che nei dettagli minori ma significativi (l'architettura delle nuove sinagoghe monumentali, l'abbigliamento dei rabbini, l'aspetto dei cimiteri) si sforzarono di assomigliare alla maggioranza. Non si tratta qui di "assimilazione" ma di vera e propria egemonia culturale da parte del mondo circostante e dunque del Cristianesimo. Alcune espressioni di autodisprezzo di ebrei otto e novecenteschi colti e borghesi per la propria tradizione (da certe frasi di Lombroso alle tentazioni di conversione di Rosenzweig, fino al suicidio di Otto Weininger, per fare solo pochi esempi fra i moltissimi che si potrebbero citare), non si spiegano se non per questa egemonia del modello cristiano, in particolare della sua dimensione "cattolica", cioè universalistica. L'universalismo ebraico cercò soprattutto di essere rispettabile, filosofico, umanitario; si fece patriottico (del patriottismo italiano, tedesco, americano) spesso socialista, qualche volta direttamente cristiano; ebbe come avversari tanto il sionismo quanto la religiosità tradizionale. Anche se le cose sono molto cambiate dopo la Shoah e la fondazione dello Stato di Israele, la trasformazione universalistica dell'ebraismo vive ancora nel profondo della mentalità di molti degli ebrei contemporanei soprattutto della diaspora occidentale e di certi strati culturalmente egemoni della popolazione israeliana, alimentando riserve verso lo stato ebraico, sensi di colpa per la propria identità, bisogno di approvazione da parte dell'opinione pubblica "progressista". Ma, come mostra Margalit nel libro che ho citato, accanto alla "morale" universale vi è "l'etica" delle "relazioni spesse" del gruppo dei "prossimi" (si tratti della famiglia, del gruppo, del popolo). Quest'etica particolare, che impone certi obblighi e una certa memoria particolare è la ragione principale della sopravvivenza dei gruppi sociali: se l'ebraismo si dissolve in una memoria universale e in un amore universale, il risultato è ovviamente la sparizione di Israele. Il paradosso vuole che l'antisemitismo diffidi degli ebrei che si adeguano all'egemonia culturale circostante (vedendoli paranoicamente come infiltrati) anche più di quanto non detesti gli ebrei ben identificabili per usi e costumi separati. Di qui una reazione identitaria che negli ultimi decenni ha ridato impulso alla cultura ebraica, col prevalere del sionismo e di una rinnovata religiosità di alcuni. E' in fondo la storia di tutte le assimilazioni fallite, come quelle che ricordiamo a Pesach, a Purim, a Hannukkah, secondo un'etica della memoria che è obliata e rimossa nelle traduzioni cristiane delle nostre Scritture. Dobbiamo ricordarcene non solo quando siamo richiamati alla guardia dall'antisemitismo esplicito e violento che risorge, ma anche di fronte a tutte le spinte universalistiche che ci chiedono di adeguare la nostra identità a criteri esterni, a ridurre la nostra "etica" e alla nostra memoria a una "morale" generica. L'ebraismo vivo è universale, nel senso che riconosce i diritti e l'umanità di tutti, pretende che i suoi valori possano essere in futuro diffusi e condivisi; ma non è universalistico nel senso di dissolvere la propria specifica identità e la propria missione nella semplice uguaglianza della condizione umana.

(Notiziario Ucei, 19 febbraio 2012)


L'autore continua nel suo tenace sforzo di difendere l'identità ebraica dalle diverse tentazioni universalistiche che lo minacciano: cattolicesimo, socialismo, umanitarismo e altro ancora, riconoscendo in esse anche delle forme larvate di antisemitismo. Le analisi dei pericoli incombenti sull'ebraismo sono quasi sempre acute e pertinenti, ma il discorso diventa generico e sfuggente quando si tratta di passare dal negativo al positivo e rispondere in modo chiaro alla domanda: qual è allora, in ultima analisi, l'identità ebraica autentica? In che cosa consiste l'universalismo della sua particolarità? La risposta contenuta in questo articolo è la seguente:
    L'ebraismo vivo è universale, nel senso che riconosce i diritti e l'umanità di tutti, pretende che i suoi valori possano essere in futuro diffusi e condivisi; ma non è universalistico nel senso di dissolvere la propria specifica identità e la propria missione nella semplice uguaglianza della condizione umana.
Soddisfa qualcuno questa risposta? Non è strano che parlando di un popolo che per secoli si è tenuto attaccato alla Torah e ha visto in essa il suo vero elemento identitario manchi ogni riferimento a quel Dio da cui si crede che sia stata ricevuta? Non potrebbero essere gli ultraortodossi i veri difensori dell'identità ebraica? E se si ritiene che questo non sia vero, perché non si cerca di dimostrarlo con abbondanza di argomenti? Perché non si avverte che anche il particolarismo ebraico difeso dall'autore potrebbe essere considerato da molti ebrei come un modernistico cedimento alla cultura pagana dei nostri tempi? M.C.

Ugo Volli: Il secolo ebraico e l'assimilazione
Marcello Cicchese: Israele e l'universalismo ideologico postmoderno

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A Gerusalemme incidenti sulla Spianata delle Moschee

ROMA - Incidenti fra dimostranti palestinesi e reparti della polizia israeliana si sono verificati oggi nella Spianata antistante la Moschea al-Aqsa di Gerusalemme, secondo quanto riferiscono sia la polizia di Gerusalemme sia le autorità islamiche sul posto.
Secondo la polizia, gli incidenti hanno avuto inizio quando un gruppo di dimostranti palestinesi ha lanciato pietre contro una comitiva di turisti cristiani in visita sulla Spianata delle Moschee. Gli agenti sono allora intervenuti per disperdere i facinorosi, ha aggiunto la polizia.
Da parte loro le autorità islamiche denunciano l'ingresso di decine di agenti nel luogo sacro e precisano che alcune persone sono rimaste contuse. I disordini, aggiungono, sono durati circa un'ora.
La agenzia Maan riferisce che durante gli incidenti tutti gli accessi alla Spianata delle Moschee sono stati chiusi dalla polizia. Da parte sua lo polizia israeliana sostiene che nel frattempo nella zona è stata ripristinata la normalità e che vi è libero accesso alla Spianata.

(Rai Giornale Radio, 19 febbraio 2012)

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Israele seguirà da vicino le navi iraniane nel Mediterraneo

Per controllare che non si avvicinino alle coste israeliane

GERUSALEMME, 18 feb. - Israele "seguirà da vicino" le navi da guerra iraniane entrate oggi nel Mediterraneo attraverso il canale di Suez. Lo ha detto all'Afp un responsabile del ministero degli Esteri israeliano, che ha parlato in condizione di anonimato. "Seguiremo da vicino lo spostamento delle due navi per verificare che non si avvicinino alle coste israeliane", ha detto il responsabile. Le navi sono entrate oggi nel Mediterraneo dopo avere superato il Canale di Suez. A riferirlo è stato il comandante della Marina militare di Teheran, ammiraglio Habibollah Sayyari, citato dall'agenzia ufficiale Irna. L'alto ufficiale non ha fornito dettagli sul numero e la natura delle navi che partecipano a questa operazione, la seconda in un anno, destinata a "mostrare la potenza della Repubblica islamica d'Iran". La prima operazione di navi da guerra iraniane nel Mediterraneo, dopo la rivoluzione del 1979, ha avuto luogo nel febbraio 2011 ed ha suscitato una durissima reazione di Israele e Stati Uniti. (fonte Afp)

(TMNews, 18 febbraio 2012)

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Lunedì ad Oria la visita del rabbino Shalom Bahbout

Rav Shalom Bahbout
ORIA (BR) - Un evento importantissimo e di rilevanza storica avverrà lunedì 20 febbraio nella città di Oria: nella cittadina ci sarà la visita del rav Shalom Bahbout, rabbino capo di Napoli e dell'Italia Meridionale.
Il rabbino capo Bahbout, ordinario di fisica nell'università "La Sapienza" di Roma e fondatore dell'associazione delle comunità ebraiche, è stato invitato a Oria dalla sede locale dell'Archeoclub d'Italia per visitare il Cimitero ebraico oritano sito nell'area adiacente al parco "Oria-Lorch" (con accessi da viale Ippocrate e da via Caduti di Montelungo). Tale area, importante testimonianza della fiorente comunità ebraica di Oria, è stata individuata dall'Archeoclub di Oria che ha anche svolto una ricognizione della necropoli, attirando l'interesse della comunità accademica e scientifica nazionale.
Tale evento riveste perciò notevole rilevanza per il territorio, coinvolgendo molteplici aspetti di tipo culturale, sociale, religioso e di ricerca.
Nella giornata di lunedì il rav Bahbout sarà ricevuto dal vescovo di Oria mons. Vincenzo Pisanello nel Palazzo Vescovile; l'importante incontro tra le due alte cariche religiose sarà conferma dell'antica amicizia che nell'altomedioevo la comunità cristiana oritana intrattenne con i concittadini della comunità ebraica. Maggiore importanza è conferita all'avvenimento dal fatto che abbia luogo il 20 febbraio, giorno in cui è festeggiato il patrocinio di San Barsanofio, patrono e protettore di Oria.
Alle ore 10:45 il rabbino Bahbout visiterà il Cimitero ebraico di Oria, momento culmine della sua visita. Saranno presenti il sindaco di Oria Cosimo Pomarico, il presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese, l'assessore regionale al Mediterraneo, cultura e turismo Silvia Godelli e il consigliere regionale Toni Matarrelli.
Seguirà alle ore 11:30 la visita del quartiere ebraico di Oria, dove Bahbout sarà accolto dal capitano del Rione Giudea Giovanni Lomartire e da una rappresentanza della comunità rionale.
Quarta tappa, alle ore 12:30, sarà la visita della biblioteca comunale "De Pace - Lombardi", dove è custodita la celebre Stele Ebraica altomedievale. Successivamente, nella sala conferenze della stessa biblioteca, il sindaco Pomarico saluterà ufficialmente Shalom Bahbout a nome dell'intera cittadinanza oritana.
"La portata storica e culturale di questo avvenimento" ha dichiarato Barsanofio Chiedi, presidente della sede di Oria dell'Archeoclub d'Italia "è da ritenersi ampia; sono certo che la venuta in Oria del rav Shalom Bahbout sarà fondamentale per il recupero e la salvaguardia del Cimitero ebraico. Non solo: da qui partirà un nuovo corso nel rapporto tra Oria e la comunità ebraica internazionale. Il luogo dov'è sita la necropoli, avendo alto valore archeologico e sacro, sarà preservato e conservato così come ci appare, con il suo particolare contesto ambientale che presenta sulla collina alberi d'ulivo, terrazzamenti con muri a secco e macchia mediterranea. L'Archeoclub di Oria si attiverà, coinvolgendo i proprietari, perché l'area sia tutelata e fruita nel rispetto totale di quanto è contenuto; finalmente potrebbe essere un luogo dedicato alla cultura ebraica".

(Giornale di Puglia, 18 febbraio 2012)

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Un esemplare compendio di menzogne per le orecchie chi è ben disposto a riceverle

Palestinesi in Israele, tra identità e cultura

I palestinesi con cittadinanza israeliana rappresentano il 20% della popolazione di Israele, una minoranza indigena che vive una condizione di marginalità civile, sociale e politica nella relazione con la maggioranza ebraica, immigrata. Palestinesi in Israele di Isidora D'Aimmo prova a spiegare chi sono e come vivono, ripercorrendone la storia, la condizione giuridica e soprattutto l'impegno culturale.
L'immagine che ne viene fuori è quella di una collettività protesa verso la modernità ebraica e al tempo stesso ancorata al bisogno di preservare se stessa e la propria cultura originaria.
In Israele religione, lingua e identità nazionale coincidono: essere israeliano implica essere ebreo e parlare ebraico.
In base alla dichiarazione di fondazione, Israele nasce sul suolo della Palestina come Stato ebraico e non come stato di tutti i suoi cittadini, compresi quelli nativi, palestinesi.
La maggioranza del milione circa di palestinesi che vivevano nelle terre assegnate dalle Nazioni Unite allo Stato ebraico fu scacciata o se ne andò sotto la minaccia dell'espulsione.
Solo 160 mila dei palestinesi che abitavano originariamente l'attuale Israele riuscirono a restare sulla propria terra, diventando di punto in bianco una minoranza etnica all'interno del loro stesso paese, dove dopo la nakbah costituivano l'11% della popolazione. Oggi sono circa un milione....

(Osservatorio Iraq, 18 febbraio 2012)


La sfacciataggine con cui si diffondono simili deformazioni della realtà dei fatti non finisce mai di sorprendere.

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A Gerusalemme il Festival internazionale sul ghiaccio

Il Comune della città prevede l'afflusso di centinaia di migliaia di turisti israeliani e stranieri in visita

 La Torre di David realizzata con il ghiaccio
Gerusalemme ospiterà il suo Primo Festival Internazionale sul Ghiaccio dal 6 marzo al 30 aprile, nel complesso della vecchia stazione ferroviaria della città. Le sculture di ghiaccio della mostra rappresenteranno alcuni dei siti unici di Gerusalemme, tra cui la Cittadella di David, il Santuario del Libro e altri ancora. I visitatori entreranno attraverso la copia in ghiaccio della porta di Yafo e seguiranno un percorso che includerà slitte sul ghiaccio e altre attrazioni legate alle varie esposizioni. Per accogliere il festival, sarà edificata un'area di esposizione di 1.500 metri quadri con accanto piste di pattinaggio, oltre ad un'area di spettacolo e un bar, fatti di ghiaccio. Nella zona di esposizione, la temperatura sarà di 10 gradi sotto zero. In febbraio, un gruppo di 35 famosi scultori, esperti progettisti e costruttori, arriveranno dalla Cina per progettare ed erigere la mostra. Il Comune di Gerusalemme prevede l'afflusso di centinaia di migliaia di turisti israeliani e stranieri in visita a questa particolare esposizione.

(Guida Viaggi, 18 febbraio 2012)

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Gaza, razzo palestinese esplode in una casa

Al momento non sono state segnalate vittime

GAZA CITY, 18 feb. - Un razzo lanciato dai palestinesi è esploso questa mattina in una casa della città di Gaza, senza provocare vittime. Lo hanno annunciato testimoni palestinesi.
L'ordigno, diretto verso il sud di Israele, è apparentemente esploso "prematuramente" e ha causato danni nella casa, hanno aggiunto i testimoni senza essere in grado di fornire altre precisazioni.

(TMNews, 18 febbraio 2012)

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Prima Banca della memoria ebraica: usi e costumi dopo la Shoah

ROMA - La prima Banca della Memoria Ebraica nasce a Roma. Un progetto realizzato dal Centro di Cultura Ebraica (servizio culturale della comunità romana) grazie a un finanziamento 8 per mille dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Il progetto ha l'obiettivo di raccogliere le esperienze di vita e la memoria della Comunità di Roma, fatta di piccole grandi storie individuali e collettive. L'inaugurazione è prevista domenica alle 17,30 in Via Arco de' Tolomei 1, presso Il Pitigliani.
Un patrimonio fatto di usi, costumi, abitudini, tradizioni, vita quotidiana, professioni, imprenditoria, una collettività che dopo la tragedia della Shoah ha visto la nascita dello Stato di Israele e il grande sforzo della ricostruzione.
La storia che il Centro ha scelto di raccontare è quella che parte dalla Liberazione di Roma nel giugno 1944, periodo molto importante sotto il profilo storico e culturale, ed esamina la situazione in cui si è trovata la Comunità ebraica di Roma nel momento in cui erano terminati i rastrellamenti e le deportazioni.
Il Centro di Cultura Ebraica si è proposto di documentare il periodo della ricostruzione delle istituzioni ebraiche romane e il loro sviluppo negli anni e di raccogliere racconti di vita vissuta, aneddoti, costumi del dopoguerra attraverso una serie di interviste video che saranno inserite in un sito di facile accesso: www.memoriebraiche.it . Qui sono raccolte storie di uomini e donne che con enorme sacrificio e volontà hanno ridato vita ad una Comunità colpita da una grande tragedia, racconti di vita vissuta di persone appartenenti ai diversi strati sociali di questa antica Comunità che ha saputo risorgere con grandi capacità. La riapertura delle sinagoghe, dell'ospedale, delle scuole, i primi movimenti giovanili, la stampa, lo sport, una comunità che ritorna alla vita.

(Il Messaggero, 17 febbraio 2012)

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Startup israeliana sviluppa il solare galleggiante

Come sappiamo bene in Italia, le imprese dell'energia solare in tutto il mondo competono per trovare terreni sui quali impiantare i pannelli fotovoltaici, creando a volte problemi per l'utilizzo di aree agricole. Per risolvere il problema una startup israeliana, la Synergy Solaris, è arrivata ad una soluzione già individuata anche in Italia: invece di mettere i pannelli a terra ha pensato di metterli sull'acqua, realizzando un avveniristico impianto solare galleggiante.
Se si escludono i deserti, in Paesi piccoli densamente abitati come Israele è praticamente impossibile trovare grandi estensioni dove installare migliaia di pannelli solari, come dice il business development manager di Solaris Synergy, Elyakim Kassel: «in molti Paesi c'è una competizione per la terra per costruire grandi parchi solari. Il nostro sistema si presenta come una soluzione per utilizzare superfici d'acqua invece di utilizzare terra preziosa. Qualsiasi superficie d'acqua dolce, salata o inquinata può essere trasformata in una piattaforma di energia solare».
Il prodotto di punta della Solaris Synergy è il floating concentrating photovoltaic (Cpv) system, un sistema che concentra una grande quantità di luce solare su una piccola area per produrre energia elettrica attraverso la conversione della radiazione solare direttamente in energia elettrica. Il sistema è dotato di un design modulare che supporta power output che vanno da diversi kilowatt a decine di megawatt, a seconda delle dimensioni.
Secondo la società israeliana, questa soluzione solar-on-water «riduce drasticamente il costo di produzione di energia rinnovabile in quanto la superficie dell'acqua viene anche utilizzata per raffreddare i pannelli solari. Questo sistema di raffreddamento mantiene a bassa temperatura gli elementi di silicio utilizzati come semiconduttori e inoltre aumenta l'efficacia e la produzione energia estendendo la loro vita».
La Solaris Synergy è stata fondata nel 2008 ed usufruisce delle sovvenzioni per la ricerca e lo sviluppo del ministero israeliano delle Infrastrutture; la startup è inoltre sostenuta da fondi di private equity americani, e recentemente ha ottenuto il permesso della società idrica israeliana Mekorot per costruire il primo impianto vicino alla città di Netivot e ha in corso trattative per realizzare progetti pilota con altre imprese in Gran Bretagna, Francia, Sud America e India.
Kassel sottolinea che «la sfida principale, al momento, è quella di abbassare i costi. La gente non utilizzerà la nostra tecnologia se non sarà abbastanza a buon mercato. Dato che siamo una piccola azienda, se vogliamo diffondere la nostra tecnologia in tutto il mondo, dovremo partecipare ad una global company. Non siamo l'unica azienda che si sta concentrando sull' energia sull'acqua: la concorrenza per noi è un bene, dato che dimostra che abbiamo avuto una buona idea. Dobbiamo solo dimostrare che siamo i migliori».

(greenreport.it, 17 febbraio 2012)

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Non ti straniare dall'ebraismo

di Anna Segre
    "Il tuo ingresso in Svizzera è avvenuto illegalmente, e, perciò, non esiste un tuo diritto a rimanervi. Il 'diritto di asilo' per cui ti è stata concessa l'ospitalità, non rappresenta un obbligo nei tuoi confronti, ma semplicemente la facoltà della Confederazione Elvetica di accoglierti."
Sembrano frasi molto dure e perentorie, soprattutto se ricordiamo che quel "non obbligo", quell'accoglienza non dovuta, poteva rappresentare per gli ebrei l'unica possibilità di sopravvivenza. Stupisce perciò pensare che quelle frasi provengono da altri ebrei: costituiscono infatti l'inizio di un "memento" in forma di decalogo che apre un "Vademecum del rifugiato civile" stampato dall'Unione Svizzera dei Comitati ebraici di Assistenza ai Rifugiati, probabilmente nel 1944, trovato tra le carte di famiglia. In realtà la durezza di questo memento è un ossequio dovuto alle autorità svizzere e ci ricorda le difficoltà in cui si dibattevano gli ebrei elvetici, schiacciati tra la rigida politica di accoglienza del proprio governo e il desiderio di salvare la vita al maggior numero possibile di persone. Il vero spirito che anima il Vademecum si evince quindi non dal memento ma dall'introduzione, intitolata "Benvenuto":
    "Benvenuto sii tu. Se anche non ti conoscevamo personalmente, ti abbiamo lo stesso aspettato con ansia, accolto con gioia; perché ogni uomo il quale, sfuggendo ad un atroce destino, trova asilo in questa terra libera e generosa, è tutto un mondo salvato, tutta una somma di vita e di lavoro conservata per il futuro."
Credo che non sia casuale il riferimento alla nota frase talmudica (Sanedrin 37a) secondo cui chi salva una vita è come se salvasse un mondo intero. Anche l'ottavo punto del memento contiene un orgoglioso invito a riscoprire la propria cultura ebraica, forse non scontato in quegli anni, che credo meriti di essere letto per intero:
    "La tua appartenenza all'ebraismo ti impone particolari doveri di riserbo, di tolleranza, di amore verso il prossimo. In ogni tuo simile vedi sempre un fratello ed un eguale, senza distinzioni o differenze. Il popolo ebraico, di cui fai parte, ha i suoi principi, le sue tradizioni, le sue norme di vita, alle quali vorrai sempre ispirarti. Primo tuo dovere è quello di eseguire opere buone. Milioni di ebrei sono stati trucidati, deportati o seviziati in questi ultimi anni per la loro fede che è la tua. Né la tragedia d'Israele è finita. Non pensare di poterti straniare dall'ebraismo, dalla sua vita, dal problema ebraico, con un facile, quanto empirico, ottimismo. Educa il tuo pensiero ed il tuo spirito ad una maggiore comprensione della cultura e della vita ebraica. Se sei in grado, hai l'obbligo di aiutare i tuoi fratelli in tale opera di elevazione."
(Notiziario Ucei, 17 febbraio 2012)

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Da Israele all'Indonesia: commesse per 1,23 miliardi di euro

Il Governo di Tel Aviv ordina trenta addestratori M-346 per la Difesa. Lion Air firma il contratto per 27 Atr: lavoro per Pomigliano d'Arco

Da Israele all'Indonesia: commesse da 1,23 miliardi di euro per Alenia Aermacchi. La società del gruppo Finmeccanica è stata selezionata dal Governo di Tel Aviv nella gara per trenta addestratori con il suo modello M-346. Il valore complessivo della gara, reso noto dalla Reuters, è di circa un miliardo di dollari (pari a 762 miliardi di euro).
Gli aerei "italiani" andranno a comporre la flotta di addestratori della forza aerea israeliana e rimpiazzeranno i Ta-4 Sky-Hawks, attualmente operati dalla Iaf (Israel Air Force). La firma ufficiale del contratto è prevista nel semestre del 2012 e i velivoli saranno consegnati a partire da giugno 2014.
"È una grande affermazione non solo di Finmeccanica e Alenia Aermacchi ma di tutto il sistema Paese Italia - sottolinea Giuseppe Orsi, presidente e amministratore delegato di Finmeccanica -. Ancora più significativa se si considera che Israele è un Paese di avanzata e riconosciuta tecnologia, in particolare nel settore della Difesa".
Il velivolo è stato appena consegnato all'Aeronautica militare italiana e, a breve, entrerà in servizio con la forza aerea di Singapore. "Questo nuovo e importante traguardo - aggiunge Giuseppe Giordo, amministratore delegato di Alenia Aermacchi e responsabile del settore aeronautico di Finmeccanica - rappresenta il risultato della collaborazione sinergica tra l'industria e le istituzioni italiane e costituisce un successo di grande valore per l'industria aeronautica italiana dell'alta tecnologia e per l'intero sistema Paese".

Alenia Aermacchi ufficializza poi la commessa, anticipata ieri dal Denaro, della compagnia aerea indonesiana Lion Air per Atr, joint venture paritetica con il consorzio paneuropeo Eads. La società riceve infatti al Salone aeronautico di Singapore un ordine per 27 Atr 72-600 del valore complessivo di 610 milioni di dollari (quasi 465 milioni di euro). Il contratto prevede che l'aerolinea riceva il suo bimotore numero 60 entro la fine del 2015. Con l'entrata in servizio di questi nuovi aerei, Wings Air (società controllata da Lion Air) diventerà quindi il più grande operatore di velivoli Atr nel mondo, con una flotta totale di 60 velivoli (20 Atr 72-500 e 40 Atr 72-600). Wings Air ha introdotto nella propria flotta i primi bimotore nel gennaio 2010 e attualmente sono operativi 16 Atr 72-500 impiegati per coprire una serie di tratte regionali.
La società guidata dall'amministratore delegato Filippo Bagnato produce nell'impianto Alenia Aermacchi di Pomigliano d'Arco la fusoliera (interamente allestita) e le sezioni di coda degli Atr, utilizzando parti realizzate anche nello stabilimento di Nola. Gli impennaggi di coda sono realizzati e assemblati nello stabilimento di Foggia, mentre le ali, di competenza di Eads, sono assemblate presso Sogerma Services a Bordeaux e Airbus France. S. G.

(Il Denaro, 17 febbraio 2012)

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Thailandia: attentati anti-Israele, si cerca un quinto iraniano

BANGKOK, 17 feb. - La polizia thailandese sta dando la caccia a un iraniano di 52 anni, ritenuto coinvolto nelle esplosioni avvenute a Bangkok martedi' e per le quali sono gia' stati arrestati altri due iraniani. Il commando mirava a un attentato contro due diplomatici israeliani ma non e' riuscito a portare a termine il piano. "Il sospetto e' un iraniano di 52 anni, Nikkhahfard Java, che e' stato visto lasciare la casa prima dell'esplosione", ha spiegato il vice comandante della polizia metropolitana, Anuchai Lekbumrun. Le autorita' thailandesi hanno gia' arrestato due iraniani: Saeid Moradi, che ha perso le gambe nell'esplosione di una bomba da lui stesso lanciata contro la polizia, e Mohammed Khazaei, bloccato all'aeroporto; un terzo, Masoud Sedaghaqtzadeh, e' stato fermato a Kuala Lumpur, in Malaysia, mentre cercava di prendere un volo per Teheran, e Bangkok intende chiederne l'estradizione. Una quarta complice, Leila Rohani, che avrebbe affittato la casa nella capitale thailandese dove si era stabilita la cellula, e' fuggita in Iran. Nell'abitazione vi era l'esplosivo che il commando intendeva piazzare sulle automobili di due diplomatici dello Stato ebraico, proprio come avvenuto a New Delhi e Bangkok il giorno prima. Ma un'esplosione accidentale nella casa ha fatto fallire il piano, costringendo il gruppo alla fuga.

(AGI, 17 febbraio 2012)

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Israele, nuovi attentati in vista

TEL AVIV - Dopo quelli di New Delhi, Tbilisi e Bangkok, nuovi attentati sembrano essere imminenti contro obiettivi diplomatici di Israele o ebraici nel mondo. Questo l'avvertimento lanciato oggi dal Lotar - l'ente israeliano per il monitoraggio del terrorismo nel mondo - che consiglia agli israeliani di adottare misure speciali di sicurezza durante le loro visite all'estero. Israele ha imputato a Iran e Hezbollah la responsabilita' delle esplosioni: entrambi hanno smentito un coinvolgimento.

(ANSA, 17 febbraio 2012)

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A Bruxelles mostra su "Gli Ebrei a Venezia 1938-1945"

VENEZIA, 17 feb. - Il vicepresidente e assessore alla Cultura della giunta veneta, Marino Zorzato, ha inaugurato ieri nella sede della Regione a Bruxelles la mostra itinerante 'Gli Ebrei a Venezia 1938-1945. Una Comunita' tra persecuzione e rinascita', promossa in collaborazione con la Comunita' ebraica veneziana.
L'iniziativa, curata da Renata Segre, illustra le leggi razziali del 1938, le successive disposizioni che le integrano, la compagna di odio e di propaganda dell'ideologia razzista che le prepara e le accompagna. I documenti esposti ne mostrano l'applicazione nella concreta esperienza della Comunita' Israelitica veneziana.
Per Zorzato l'iniziativa rappresenta "un atto di grande attenzione per un'esperienza storica che non ha limiti temporali" e ha sottolineato la duplice valenza che sia stata allestita a Bruxelles, nel cuore dell'Europa, e nella sede della Regione del Veneto. Quello stesso Veneto che insieme alle altre realta' territoriali del Nordest, un'area che conta complessivamente dieci milioni di abitanti, si candida a capitale europea della cultura 2019 per realizzare un progetto innovativo ed ambizioso - ha fatto rilevare Zorzato - che facendo leva su Venezia e la sua storia ha una "centralita'" a livello mondiale.
Il vicepresidente della giunta regionale ha ricordato infine che nel 2016 si celebra il quinto centenario della nascita a Venezia del primo ghetto ebraico in Europa e il contributo della comunita' ebraica veneziana, insieme a quelle di Verona e Padova, alla crescita del Veneto.

(AGI, 17 febbraio 2012)

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Lezioni di ebraismo a Sabbioneta

SABBIONETA (MN) — La Pro loco organizza un corso gratuito di ebraismo, tre lezioni della durata di circa un'ora e mezza che si terranno i primi tre giovedì di marzo (1, 8 e 15) alle 18 nella Sala Rosa di Palazzo Forti. Docente sarà il prof. Stefano Patuzzi, mantovano, storico dell'ebraismo (materia sulla quale ha scritto vari saggi e curato un volume dal titolo 'Ebraismo in musica'), consulente della comunità ebraica di Mantova. Gli argomenti trattati spaziano da cenni generali di civiltà ebraica (la Torah, il Talmud, la lingua ebraica, il ciclo dell'anno, le principali festività e il loro significato), alla storia dell'ebraismo in Europa (l'ebraismo askenazita, sefardita, italiano), in Italia e a Mantova. In particolare sarà trattato il caso di Sabbioneta e del suo patrimonio ebraico: attraverso i volumi editi dalla stamperia Foà si compirà un itinerario nella cultura ebraica stessa. Una parte non trascurabile della storia di Sabbioneta è infatti ebraica; per comprendere e 'far parlare' il patrimonio ebraico sabbionetano (la sinagoga, i libri, gli arredi) è necessario conoscere con sicurezza almeno alcuni capisaldi del più ampio ambito storico-ebraico a cui queste realtà materiali si ricollegano. A chi assiste a tutte le lezioni verrà rilasciato un attestato di partecipazione. Per informazioni contattare la Pro loco.

(La Provincia, 17 febbraio 2012)

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Museo della Shoah, fusti tossici in cantiere

Lavori bloccati, area sotto sequestro

di Paolo Brogi

Scavi archeologici, quelli che prima di costruire si fanno per escludere che vi siano tesori nascosti sottoterra. Poi, se l' esito è negativo, via libera ai lavori. E questo si aspettavano alla Fondazione del Museo per la Shoah di Roma, presieduta da Leone Paserman, per poter finalmente procedere al definitivo bando d' appalto per l' affidamento dei lavori per la struttura ideata dall' architetto Luca Zevi in via Torlonia, al Nomentano. Invece il sottosuolo ha restituito un mostro, una dozzina di fusti di materiali probabilmente tossici che giacevano interrati in profondità tra le palificazioni del cantiere aperto negli anni ' 70 per una palazzina contestatissima e poi bloccata dai ricorsi al Tar. Così è scattato il sequestro cautelativo dell' area, i fusti sono stati prelevati e la sostanza «cristallina» di probabile natura chimica verrà analizzata da una ditta specializzata, ma intanto la battuta d' arresto per il museo è inevitabile. «Auspichiamo che ci vengano date risposte rapide», dice Leone Paserman. «Non ci sono pericoli per villa Torlonia - garantisce l' assessore all' Ambiente Marco Visconti -. L' area, interdetta al pubblico e non accessibile dal parco, non è in carico al Servizio Giardini». La scoperta dei fusti è avvenuta martedì, e la notizia del ritrovamento ha spinto Legambiente a chiedere conto ai vecchi proprietari dell' area. Lorenzo Parlati, presidente dell' associazione, ha ricordato che fino al 1973 il terreno apparteneva alle suore «Religiose adoratrici ancelle del S.S. Sacramento e della carità» e che poi è stato acquisito dall' immobiliare Sic (noti albergatori della capitale con strutture in via Veneto) che vi aveva avviato un cantiere per la costruzione di una palazzina bloccata poi dai ricorsi al Tar. Un cantiere in stato di abbandono, dunque, un terreno passato poi a metà degli anni Duemila al Comune che l' ha acquisito scambiandolo con una compensazione alla Sic di un terreno edificabile a Pietralata, del valore di 16 milioni. Destinazione il Museo della Shoah, un progetto avviato da Veltroni ed ereditato da Alemanno. L' assessore Visconti promette ora pene esemplari «i colpevoli siano duramente puniti - ha ricordato -, i reati contro l' ambiente sono reati contro tutti i cittadini e come tali devono essere repressi con il massimo della severità». Preoccupazione condivisa anche da Paserman, che chiede «chiarezza» per «poter procedere in serenità». Amarezza per Luca Zevi: «Conto in accertamenti rapidi, spero di poter riprendere al più presto l' iter prestabilito».

(Corriere della Sera, 17 febbraio 2012)

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Le ragioni dei pessimisti

di Francesco Lucrezi

Del libro di Alberto Mayer, Mabruk! Storie di vita e di morte dei kamikaze palestinesi (Aliberti Castelvecchi 2010), e del dibattito ad esso dedicato giovedì scorso, 9 febbraio, presso il Museo Ebraico di Roma, si è già parlato. Alle considerazioni svolte mi sento di dovere aggiungere soltanto una sensazione e una considerazione di fondo, suscitate dalla lettura del volume, appartenenti, la prima, al terreno delle emozioni, la seconda a quello della razionalità.
La sensazione emotiva che il libro suscita nel lettore, purtroppo, è quella di una profonda angoscia.
La descrizione analitica del macabro rituale di morte che porta tanti giovani, tante madri, tanti padri, tanti mariti a preparare con meticolosa cura il martirio proprio o dei propri congiunti, ad accettare con serafica indifferenza o con apparente entusiasmo l'idea della morte propria o dei propri parenti, desiderata e procurata per poter così massacrare il numero più alto possibile di 'nemici' (quasi sempre civili inermi, vecchi, donne e bambini, colpevoli solo di essere ebrei), non può non gettare nel più profondo sconforto.
L'immenso dolore per le vittime si intreccia a una somma di sentimenti, difficilmente decifrabili, rivolti ai responsabili: ripugnanza, orrore, pena, disgusto, incredulità…
Che si può provare nei confronti di una bambina destinata, fin dalla nascita, a morire, per dare la morte ad altri?
Che si può pensare dei suoi genitori e parenti, della società che le è intorno, che approva questo percorso, ne è orgogliosa o, quanto meno, non proferisce neanche mezza parola di rifiuto, di dissenso, di perplessità?
"Lo shahid - nota Mayer - è… un soggetto normotipo", le sue azioni non sono collegabili ad alcun tipo di patologia psichica, di percepibile alterazione comportamentale: "l'attentato suicida è il punto di arrivo di un percorso estremamente razionale e articolato, all'interno del quale eventuali patologie paranoidi, psicotiche o narcisistiche non sono rilevanti".
Il gesto della cd. shahada, atto a mietere vite umane, a dilaniare decine di corpi, è preparato, accettato da famiglie normali, dove si va a scuola, si parla di calcio, si fanno i conti per la spesa, si guarda la televisione. Un'assoluta "banalità del male", che lascia attoniti, ammutoliti, convinti unicamente della totale inadeguatezza delle proprie categorie culturali di fronte a un fenomeno che pare appartenere a una logica assolutamente 'altra', oscura, impenetrabile, eppure così terribilmente consequenziale, e funzionante.
La considerazione razionale è l'amara, amarissima constatazione della completa inconsistenza, in siffatto scenario, di qualsiasi prospettiva di soluzione politica del conflitto mediorientale, per il semplice motivo che la radice, la natura di esso non appare, in alcun modo, di tipo politico.
E' vero, come si dice, che qualsiasi contrasto può trovare soluzione, che anche guerre secolari hanno avuto un termine, ma ciò può avvenire, è avvenuto soltanto quando, da una parte e dall'altra, a un certo momento l'ottenebramento ideologico, il furore distruttivo ha ceduto il passo al paziente linguaggio del dialogo, del compromesso, della mediazione: quando al brutale istinto di morte, con la sua cruda semplificazione, si è sostituito l'umile desiderio di normalità, una minima capacità di ascolto, di accettazione, di ripiegamento. L'umiltà, la pazienza della politica, la fiducia nella forza mite, incruenta della parola, della persuasione.
Ma quale politica, quale razionalità si può scorgere in genitori che allevano i loro figli per vederli morire, rivolgendo loro le proprie felicitazioni ("mabruk!", "auguri!") per l'annunciato "lieto evento"?
I kamikaze, è vero, non rappresentano l'intera società palestinese.
Ma è altrettanto vero, ripetiamo, che le voci di condanna del fenomeno sono pressoché inesistenti.
Tutti i terroristi liberati nello scambio con Gilad Shalit - alcuni dei quali organizzatori di veri e propri eccidi - hanno ricevuto consistenti premi economici non solo da Hamas, ma anche dall'Autorità Palestinese, e ad alcuni di loro lo stesso Presidente, il "moderato" Abu Mazen, ha voluto personalmente porgere il proprio saluto e apprezzamento.
Se le variegate opinioni sui possibili sviluppi del conflitto mediorientale si dividono, fondamentalmente, nei due grandi partiti dei pessimisti e degli ottimisti (o, per lo meno, dei possibilisti), non c'è dubbio sul fatto che il libro di Mayer offra molti argomenti, tanto tristi quanto veri, a uno solo dei due, e nessuno, proprio nessuno, all'altro.

(moked, febbraio 2012)

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Netanyahu a Cipro

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto una storica visita a Cipro quest'oggi, dichiarando i legami dei due paesi un "rapporto naturale", un riflesso delle alleanze in rapida crescita in questa turbolenta parte del mondo. La visita è una testimonianza del riscaldamento dei legami che sono emersi dalla confusione politica ed economica, nonché da nuove prospettive economiche.
L'ufficio di Netanyahu ha detto che la visita di un giorno "è stata progettata per rafforzare i legami e ilmiglioramento delle relazioni tra le due nazioni." Le due parti discuteranno della cooperazione in materia di energia, l'agricoltura, la salute e la ricerca marittima. Il portavoce del governo di Cipro Stefanos Stefanou ha dichiarato all'Associated Press che la visita "illustra la grande dinamica di una guida in avanti per miglioramento delle relazioni tra i due paesi."

(FocusMO, 16 febbraio 2012)

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Facebook sostituisce Israele con la Palestina.

Facebook cancella Israele dalle carte geografiche.
Quando si clicca sull'opzione per inviare messaggi, Facebook mette a disposizione una lista dove scegliere la propria nazione.
Purtroppo nell'elenco delle nazioni, tra l'isola di Man e l'Italia, non si trova Israele.
È presente invece il futuro Stato di Palestina.

(The Coordination Forum for Countering Antisemitism, febbraio 2012)

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Il Tel Aviv Museum of Art è il miglior museo per Travel and Leisure

  
Il Tel Aviv Museum of Art ha vinto il premio di miglior museo, istituito dal prestigioso Travel and Leisure Magazine Award 2012 per il loro nuovo Herta e Paul Amir Building, che ha aperto il 2 novembre 2011. Travel and Leisure, che è considerato una delle più influenti riviste da viaggio in America, ha elogiato l'edificio di Tel Aviv, affermando che "A differenza di molti musei drammaticamente costruiti come nuovi musei d'arte, riesce ad essere allo stesso tempo mozzafiato e deferente per l'arte in mostra. "Mentre l'architetto giudice di Travel and Leisure Billie Tsien, ha dichiarato: "Il museo di Tel Aviv è un pezzo di scultura, ma è una scultura che accetta l'arte." L'edificio di 195 mila metri quadrati, da 55 milioni dollari, è stato progettato da Preston Scott Cohen Inc. di Cambridge, Massachusetts.
L'edificio in cemento e vetro è un tour de force di geometrie complesse e spazi colmi di luce. La caratteristica struttura comprende cinque livelli che si avvolgono di piano in piano, per ospitare grandi gallerie rettangolari all'interno dello spazio compatto e irregolare. Il Museo si trova nel cuore di Tel Aviv, immediatamente adiacente al Golda Meir Cultural & Art Center (con la New Israeli Opera e il Teatro Cameri) e la Biblioteca Comunale Beit Ariela. L'esistente edificio principale, una struttura di 175.000 metri quadrati progettato da Dan Eytan e Yitzchak Yashar, aperto nel 1971 è stata ampliato con lo Sculpture Garden di 11.300 metri quadrati(aperto nel 1996) e il Gabrielle Rich Wing.

(FocusMO, 16 febbraio 2012)

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Alenia Aermacchi vince la maxi-commessa di Israele da un miliardo di dollari

Israele acquisterà jet da addestramento M-346

ROMA, 16 feb. - Saranno 'made in Italy' gli aerei addestratori per l'aviazione israeliana. Alenia Aermacchi (gruppo Finmeccanica) ha vinto - a quanto si apprende - la commessa per fornire gli aviogetti M-346 e rimpiazzare così la vecchia flotta degli Skyhawk americani. Un accordo che vale circa 1 miliardo di dollari e per il quale l'Italia ha così prevalso sulla Corea del Sud.
Gia a metà gennaio era emerso che l'Aeronautica militare israeliana raccomanda di comprare dall' Italia i jet da addestramento. I militari di Tel Aviv, dopo mesi di test, di delegazioni, alla fine hanno fatto prevalere gli italiani sui coreani per la sostituzione d' una trentina dei vecchi A-4 Made in Usa, in servizio fin dal 1968.
Si tratta della prima volta in quarant' anni che «le migliori forze armate del mondo» puntano su un aereo non americano. Offrendo all' industria aerospaziale italiana un mercato dalle grandi potenzialità, soprattutto negli Usa.
Gli M-346 italiani non serviranno comunque a combattere in prima linea. Israele li compra - ha scritto recentemente il Corriere della Sera - per affidarli alla Marina e addestrare i cadetti dello Squadrone 102, le «Tigri volanti».

(TMNews, 16 febbraio 2012)

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Come si cerca di distruggere Israele

di Giulio Meotti

La settimana dell'Israele uguale Apartheid, chiamatata dallo scrittore canadese Howard Rotberg "Festival dell'odio antisemita", si sta di nuovo avvicinando.
Come ogni anno la campagna di boicottaggio, disinvestimento, sanzioni (BDS) avrà un ruolo chiave nella sua ottava edizione.
Si è appena svolta a Bologna una grande conferenza del BDS; il forum ha selezionato tre aree in cui concentrare gli sforzi nel 2012: l'industria di armamenti israeliana, quella farmaceutica e il turismo.
La scelta di BDS delle società da boicottare in Israele, rivela estremismo senza limiti e odio per la reale esistenza di Israele. Infatti gli obiettivi sono il popolo ebraico e la sua nazione, non solo le comunità di Giudea e Samaria. In realtà, BDS boicotta società che semplicemente portano l'etichetta "Made in Israel".
Uno dei principali bersagli della campagna di BDS sono le università occidentali. Durante l'ultimo weekend, si è tenuta una conferenza del BDS all'Università di Pennsylvania, un'istituzione dell'Ivy League nel cuore di Filadelfia, dove alcuni accademici hanno insegnato agli studenti americani come demonizzare Israele "in ogni aula".
Alcune settimane fa, lo scrittore israeliano Moshe Sakal fu escluso da una conferenza accademica a Marsiglia, su richiesta del poeta palestinese Najwan Darwish, il maggiore sostenitore di BDS. Lo scorso settembre, il professore israeliano dell'Università di Ariel, Ronen Cohen, fu espulso da una conferenza accademica a Berlino (ma fu riammesso dopo una protesta).
L'eminente figura della comunità ebraica belga, Jacques Brotchi, si è dimesso dal comitato della Libera Università di Bruxelles dopo aver denunciato diversi seri incidenti di anti-semitismo all'interno dell'università, fra i quali l'installazione di un 'posto di blocco' anti Israele nel campus e l'invito al comico francese anti-semita Dieudonné.
Secondo Brotchi, la situazione a Bruxelles "è paragonabile al boicottaggio accademico delle società israeliane avvenuto in altre università d'Europa e altrove, in cui l'anti-sionismo si è trasformato in anti-semitismo". Di recente a Rotterdam, l'Università Erasmus ha ospitato eventi in cui Israele è stato considerato alla stregua del regime di apartheid in Sud Africa.

- Il boicottaggio dei Metodisti.
  BDS è avanzato a grandi passi anche nella più importante delle Chiese degli USA. La Chiesa Unita dei Metodisti, la principale delle confessioni cristiane in America, sta per discutere i progetti di dismissione di investimenti nei confronti di Motorola e Hewlett Packard, nell'ambito della Conferenza Generale della Chiesa che si terrà in Florida a fine aprile. E' da notare che i Metodisti non boicottano altri paesi, solo Israele.
La richiesta estrema del BDS - la distruzione di Israele, in quanto Stato ebraico - non è immediatamente visibile, ma ad un accurato esame dell'ultimo forum a Bologna, essa diventa evidente. BDS vuol colpire la TEVA, società fondata nel 1901 a Gerusalemme, soltanto perché è una delle più grandi società farmaceutiche del mondo; l'OREAL, anche se era presente in Israele già prima del 1967; DELTA GALIL Industries, perché è la più grande industria tessile manifatturiera israeliana; e SABRA, perché, in ordine di grandezza, è la seconda industria alimentare in Israele, che fornisce anche l'Esercito.
Come nel caso della Lega Araba, che ha usato il boicottaggio per isolare Israele a livello internazionale, BDS non mira a isolare Israele, ma piuttosto distruggerne l'intera esistenza.


Traduzione di Yehudit Weisz

(Ynet.com, 15 febbraio 2012 - da Informazione Corretta )


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Il nuovo sistema solare israeliano 'Flower Power' arriva nel deserto americano

  
Un team americano ha intenzione di portare la tecnologia della israeliana AORA Solar nel deserto tentacolare di Phoenix in Arizona. La seconda generazione di "flower power" così è stato denominato il nuovo sistema tecnologico della AORA, azienda con sede a Yavne dal suo direttore Pinchas Doron, è stato presentato durante una cerimonia presso la Solara Platforma Almeria nel parco sulle colline del deserto di Andalusia, a sud della Spagna. In mezzo a un mare di 52 pannelli solari, che ruotano in base alla luce del sole su due assi, una torre di 35 metri a forma di tulipano dotata di un ricevitore solare, riscalda l'aria a 1.000 gradi Celsius per alimentare una turbina a gas. Il primo impianto della società AORA Solar venne aperto a Kibbutz Samar ad Arava, nei pressi di Eilat, nel giugno 2009. Un solo "fiore" può fornire 100 kilowatt di energia elettrica e generare 170 kilowatt di energia termica,come sottoprodotto, che può essere utilizzato per impianti di alimentazione esterni come per esempio i dissalatori. Contemporaneamente sotto il "fiore" c'è un piccolo serbatoio diesel che può anche utilizzare gas naturale o altre fonti di energia - e che si accende quando cala la notte e il ricevitore non riceve più i raggi solari. Portando due di questi fiori nel clima arido di Phoenix per effettuare ricerca e dimostrazione, si genereranno 200 kilowatt di energia elettrica ad un sito che potrà fungere da modello per il Sud-Ovest degli Stati Uniti e anche oltre, ha dichiarato il team. Il presidente della Sisener Engineering Na Corporation, con sede a Phoenix Michael Horner e i suoi colleghi hanno installato una la struttura nel centro di Phoenix, che dovrebbe operare come centro di ricerca e dimostrazione, non solo per gli Stati Uniti, ma anche per il Messico e le Nazioni Sudamericane. Sono attualmente in trattative con una società del gas di grandi dimensioni che può finanziare l'impresa e Horner ha intenzione di eseguire il backup dei suoi "fiori solari" con il gas naturale. La speranza è di iniziare con un impianto di dimostrazione e quindi creare una versione commerciale nel sud ovest degli Stati Uniti sud-ovest. Un sistema ibrido, come quello della AORA è molto più efficiente di un simile sistema solare termico che immagazzina energia solare programmata, piuttosto che utilizzare un carburante alternativo, ha dichiarato Horner. "Si può ottenere gas in loco e agisce come magazzino," - ha aggiunto. "Pensiamo che questo fornirà energia molto più solida per i servizi, inoltre la flessibilità del sistema è uno dei vantaggi di questo "fiore" che mantiene una potenza costante. " Il direttore del settore energie rinnovabili e accumulo di energie del Dipartimento Business Devolpment della S&C, Electric Company di Chicago, Daniel Girard intervenuto alla presentazione, ha commentato: "questa è una tecnologia in grado di operare autonomamente, indipendentemente dal sistema di rete elettrica e può funzionare 24 ore al giorno"

(FocusMO, 16 febbraio 2012)

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In via di approvazione il contratto per la fornitura di gas del giacimento Tamar

TEL AVIV, 16 feb. - Il Consiglio di Amministrazione della Israel Electric Corporation (IEC) dovra' approvare oggi il contratto di fornitura di gas con i partner del giacimento Tamar, successivamente alle inaspettate dimissioni di Shimon Eckhaus contrario all'accordo. Il contratto, del valore di 8 miliardi di dollari, prevede la fornitura di 3 miliardi di metri cubi all'anno di gas per 15 anni; l'IEC ha l'opportunita' di accrescere l'offerta richiesta fino a 5 miliardi di metri cubi all'anno una volta completato un secondo gasdotto per il trasporto del gas dalla piattaforma offshore al terminale.

(AGI, 16 febbraio 2012)

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Bruciare le persone, bruciare i libri

rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano

Il 17 febbraio del 1600 l'ambasciatore francese si lamentò dell'odore di carne umana bruciata che dalla vicina Piazza Campo de' Fiori arrivava fin su le finestre della sua sede a Piazza Farnese. Che un eretico fosse messo al rogo dal Sant'Uffizio non era così grave, ma che almeno lo facessero un po' più lontano da casa sua! Se l'odore si percepiva, non si sentivano invece le grida di Giordano Bruno, cui era stato messo un bavaglio sulla bocca per paura che proferisse bestemmie e ingiurie. A ricordo del rogo, nel 1889 fu eretta nella piazza una statua di bronzo, suscitando forti proteste da parte della Chiesa. Non c'è romano che non abbia visto almeno una volta la statua di Giordano Bruno; non tutti però hanno forse notato che sul piedistallo della statua sono affissi dei medaglioni di bronzo con le effigi di otto altri personaggi condannati per eresia (alcuni a morte): Michele Serveto, un medico e teologo spagnolo, che fu perseguitato sia dai cattolici che dai protestanti per le sue idee eretiche sul concetto di trinità e venne alla fine processato e arso vivo nel 1553 dai calvinisti di Ginevra con i suoi scritti appesi al collo; Tommaso Campanella, che passò ben 27 anni della sua vita fra un carcere e l'altro, accusato d'eresia, pratiche demoniche e cospirazione, salvandosi dalla pena capitale solo perché si finse pazzo; Pietro Ramo, assassinato da un sicario cattolico a Parigi nella tragica notte di S. Bartolomeo nel 1572; Aonio Paleario, condannato dal tribunale dell'inquisizione come eretico, impiccato nel 1570 (il suo cadavere fu bruciato davanti a ponte Sant'Angelo, sul Lungotevere di Roma); Lucilio (Giulio Cesare) Vanini, arso sul rogo a Tolosa nel 1619 per ateismo e bestemmie, dopo essergli stata tagliata la lingua ed essere stato strangolato; Paolo Sarpi, morto a Venezia nel 1623, denunciato più volte al tribunale del Sant'Uffizio (fra l'altro anche per sospetti legami con ebrei veneziani), subendo diversi attentati; il ceco Jan Hus, arso sul rogo nel 1415 a Costanza (Germania) per eresia contro la chiesa cattolica; e infine John Wycliffe, teologo inglese dissidente, morto nel 1384 e dichiarato eretico dal Consiglio di Costanza nel 1415, il che portò nel 1428 all'esumazione del cadavere e al rogo dei suoi resti (e dei suoi libri).
Poco lontano dalla statua di Giordano Bruno, sul lastricato della piazza, da qualche mese è presente una lapide che ricorda un altro rogo, quello del Talmud messo in atto il 9 settembre 1553. Bruciare un uomo è certamente più grave che bruciare un libro. Nel Talmud stesso è scritto che, quando i romani misero al rogo Rabbi Chaninà ben Teradion avvolto nella pergamena del Sefer Torah, il libro bruciava (insieme al corpo del rabbino), ma le lettere salivano inalterate in alto. E infatti sono arrivate fino a noi. Anche lo studio del Talmud, nonostante i roghi in tutta Europa, è più vivo che mai, tanto vivo che una sua traduzione (in qualsiasi lingua, italiano incluso) non è affatto inutile né impossibile.

(Notiziario Ucei, 16 febbraio 2012)

Il fatto visto da Trilussa

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Israele e Cipro a favore di pace nel Mediterraneo

Netanyahu a Nicosia, prima visita capo di governo israeliano

NICOSIA, 16 FEB - Israele e Cipro sono interessati ad un Mediterraneo orientale sicuro e pacifico e sosterranno tutti gli sforzi per garantire che questa regione rimanga pacifica e stabile. E' quanto, fra l'altro, ha dichiarato oggi Mark Regev, portavoce del premier israeliano Benjamin Netanyahu, riferendosi alle minacce di Ankara nei confronti della Repubblica di Cipro che intende sfruttare le proprie risorse di idrocarburi di recente scoperte off-shore.
Parlando a margine dei colloqui ufficiali svoltisi stamani fra Netanyahu e il presidente cipriota Demetris Christofias, Regev ha aggiunto che quella di oggi "e' una giornata storica perche' questa e' la prima visita su quest'isola di un capo di governo dello Stato ebraico". "Israele e Cipro sono vicini. Siamo due democrazie sul bordo orientale del Mediterraneo e ci attendiamo di cooperare", ha detto ancora Regev aggiungendo che "speriamo che questa visita serva a dare energia alle relazioni bilaterali e di poter espandere la nostra cooperazione in numerosi settori. Ritengo che cio' andra' a beneficio di entrambi i Paesi".
Rispondendo ai giornalisti ad una domanda circa le minacce della Turchia nei confronti di Nicosia, Regev ha risposto che "come sapete, nel 2010 noi abbiamo firmato un accordo circa la zona economica esclusiva (Zee) e lo abbiamo presentato alle Nazioni Unite. Ritengo che sia Israele sia Cipro abbiano interesse in un Mediterraneo orientale sicuro e pacifico".
"Se guardiamo a questa regione come un tutt'uno, l'anno scorso abbiamo visto un alto grado di instabilita'. Lo abbiamo visto in Nord Africa, lo abbiamo visto in molte parti del mondo arabo e ritengo che - in quanto democrazie - Cipro e Israele hanno interesse nella pace e nella stabilita' e sosterranno questo", ha concluso Regev.

(ANSAmed, 16 febbraio 2012)

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Approvato dal governo israeliano il piano di sviluppo del Mar Morto

  
833 milioni di NIS (170 milioni di Euro ca.) saranno destinati allo sviluppo della regione del Mar Morto. Questa decisione e' stata presa l'altro giorno alla sessione settimanale del Gabinetto di Governo. Decisione che segue la proposta del Ministro del Turismo, Stas Misezhnikov, e il Ministro per l'Ambiente, Gilad Erdan, in accordo con l'Ufficio del Primo Ministro e del Ministro delle Finanze.
Il Ministero del Turismo investira' 700 milioni di NIS (140 milioni di Euro ca.), il Ministero dell'Ambiente 121 milioni di NIS (24.2 milioni di Euro ca.) e l'Istituto Geologico investira' 12 milioni di NIS (2.4 milioni di Euro ca.).
Il Ministro Misezhnikov ha deciso di voler trasformare la regione del Mar Morto in una delle piu' popolari attrazioni turistiche.
Il piano include lo sviluppo dei centri Hamei Zohar e Ein Bokek, l'area compresa tra i due centri, cosi' come le aree destinate alla riabilitazione e le infrastrutture gia' presenti ma danneggiate o a rischio.
Sono, inoltre, comprese nel progetto, le aree del bacino del Mar Morto, in particolar modo quelle del bacino nord, e le riserve naturali danneggiate a causa del basso livello delle acque.
I fondi saranno destinati come segue: 434 milioni di NIS (86.8 milioni di Euro ca.) per Hotel e attrazioni turistiche - i lavori inizieranno nel 2012 ed e' prevista la costruzione di 2700 nuove camere di hotel; 265 milioni di NIS (53 milioni di Euro ca.) saranno destinati alle infrastrutture al servizio dei turisti e 134 milioni di NIS (26.8 milioni di Euro ca.) per il risanamento dell'ambiente.
Nehemia Ben-Porat, Presidente dell'Associazione degli Hotel del Mar Morto, ha dichiarato: "Crediamo che i fondi stanziati daranno un forte slancio all'area . Questo investimento contribuira' grandemente ad incrementare le opportunita' di occupazione per i residenti della regione del Negev".

(Tribuna Economica, 16 febbraio 2012)

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Israele: la Nokia sorpassata da Apple e Samsung

Samsung e Apple hanno sorpassato Nokia nel mercato della telefonia cellulare. Dopo anni di primato, con il 46% del mercato, Nokia e' scesa bruscamente al 20% nel 2011. Eurocom Group - importatore israeliano di Nokia Corporation - ha dichiarato che il 2011 e' stato un anno disastroso. La posizione della Nokia e' peggiorata anche nel mercato internazionale: dal 32.6% del 2010 e' scesa al 27% nel 2011.
Il successo di Samsung Electronic Co. Ltd. in Israele sarebbe principalmente da attribuire al Galaxy Smartphone con sistema Android di Google Inc. Se Samsung nel 2011 ha raggiunto il 25% del mercato israeliano attestandosi al primo posto, e' comunque da sottolineare la rapida ascesa della Apple, che in un anno ha piu' che raddoppiato la sua quota di mercato: dal 10% del 2010 al 23% del 2011. Tra gli altri operatori figurano: LG Corporation che detiene l'8% del mercato israeliano, Sony Ericsson con il 7% , Motorola Mobility Holdings Inc. con il 5%, RIM Inc. con il 5%, Alcatel Mobile Phones con il 4% e, infine, HTC Corporation che ha l'1%.

(FocusMO, 15 febbraio 2012)

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Veleni chimici a Villa Torlonia. Stop al cantiere del Museo della Shoah

Si procederà ora all'analisi del materiale chimico cristallizzato contenuto nei bidoni, per valutare tempi e modi della bonifica. Intanto è stata avviata un'indagine per individuare il periodo e i responsabili del pericoloso sversamento illegale.

di Laura Serloni

Stop ai lavori di scavo del Museo della Shoah, a Villa Torlonia. Gli operai durante le ispezioni propedeutiche hanno ritrovato una dozzina di fusti chimici che potrebbero essere nocivi. Materiale interrato completamente arrugginito che contiene dei liquidi che ormai si sono cristallizzati. Insomma una sorta di discarica abusiva alle propaggini di uno dei polmoni verdi di Roma.
Così nella notte sono intervenuti i vigili urbani e gli uomini del XII dipartimento per mettere i sigilli all'area che è ora sotto sequestro cautelativo. Si procederà ora all'analisi del materiale chimico cristallizzato contenuto nei bidoni, per valutare tempi e modi della bonifica. Intanto è stata avviata anche un'indagine per individuare il periodo e i responsabili del pericoloso sversamento illegale
"La scoperta di fusti metallici a Villa Torlonia è molto preoccupante -afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, in merito alla notizia di una discarica abusiva di rifiuti chimici nel cantiere per il Museo della Shoah -. Lascia perplessi anche il silenzio sotto il quale la notizia è passata, nonostante sia stato disposto giustamente un sequestro cautelativo dell'area. Chiediamo al Comune di Roma la massima trasparenza e chiarezza, per comprendere a quale periodo risalgano quei fusti e come siano finiti in un'area così centrale e pregiata, individuando le responsabilità e punendo i colpevoli, ma anche garantendo che non ci siano pericoli per i cittadini."
La discarica di vecchi fusti arrugginiti, sepolti in profondità, a pochi metri dalla Casina delle Civette di Villa Torlonia è emersa durante gli scavi nel cantiere del Museo della Shoah, e secondo quanto riportato si "procederà ora all'analisi del materiale chimico cristallizzato, per valutare tempi e modi della bonifica". Secondo Metro, "l'area - dal 2008 di proprietà del Campidoglio - apparteneva in precedenza alla Sic (Società immobiliare centrale Srl), che l'aveva a sua volta acquistata nel 1972 dall'Istituto delle "Religiose adoratrici ancelle del S.S. Sacramento e della carità". Nel 1973 erano stati avviati su quel terreno dei lavori di scavo e palificazione - continuati a più riprese fino al 2004 - in vista dell'edificazione di un immobile residenziale poi non realizzato."

(la Repubblica Roma, 15 febbraio 2012)

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Lezione di architettura con Erez Ella

«L'unico modo per lavorare tranquillamente è l'open space. Le idee nascono dal disordine»

di Stefano Landi

  
Erez Ella
Per «Icon Magazine» è un architetto essenziale, «Wallpaper» l' ha messo tra le giovani mani pensanti del futuro. Israeliano di Tel Aviv, Erez Ella, fondatore di HQ Architects, arriva domani a Milano per partecipare insieme a esperti dell' architettura, design e tecnologia, alla tavola rotonda organizzata da Herman Miller sulla metamorfosi in corso degli ambienti di lavoro (National Design Center, corso Garibaldi 70, ore 18.30) . Il premier Monti è scivolato su una battuta che ha generato un polverone: senza posto fisso aumentano gli stimoli. Ma in Italia, il posto fisso è un sogno, con l' 84% dei giovani disposti a guadagnare di meno pur di realizzarlo. E i politici israeliani? «Preferiscono vedere i loro giovani "flessibili", in grado di stimolare l' economia futura con sempre nuove idee», racconta. Meglio un posto fisso, al limite noioso, o flessibile, magari precario ma sicuramente dinamico? «Io ho sempre preferito il secondo: negli ultimi dieci anni si è spostato l' accento dal concetto di lavoro produttivo a quello di lavoro concettuale. La produzione si concentra oggi nel Far East liberando l' occidente dai lavori più ripetitivi. Per questo stiamo ripensando il concetto di posto di lavoro, andando incontro ai nuovi bisogni». Lo studio di Ella a Tel Aviv è un open space: grandi tavoli e rumore. «L' unico modo per lavorare tranquillamente», dice lui. E se dovesse progettare il posto di lavoro del futuro fra dieci anni? «Mi piacerebbe concepirlo sempre qui a Tel Aviv dove regna un flusso continuo e disordinato di idee. Il rischio è che la crescita di dimensioni della città vada incontro a un processo di standardizzazione tecnologico che può limitare l' anticonformismo che rende un esempio di audacia Tel Aviv: qui possiamo sperimentare tutto, rimanendo alla larga dal virus della preservazione che porta a far rivivere invincibili nostalgie».

(Corriere della Sera, 15 febbraio 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Ancora storie di esplosioni "islamiche" in estremo oriente, dopo quelle di ieri in India ed in Georgia, che riportano ad un Iran che si proclama, ovviamente, del tutto estraneo; questa volta, tuttavia, due cittadini iraniani si fanno subito beccare in Thailandia confermando, in tal modo, quanto le autorità israeliane, Barak in primis, stavano dicendo da alcuni giorni. Lo si legge, in particolare su La Stampa (Alessandro Ursic) e sul Giornale (Gian Micalessin).
   In Iran, intanto, si prepara una serie di modifiche al codice di procedura penale; poco ci si può attendere da correzioni apportate dai personaggi al potere a Teheran, ed infatti Vanna Vannuccini scrive su Repubblica che ci sono molti casi nei quali il giudice può decidere in piena autonomia, e un editoriale di Avvenire scrive, tra le righe, a proposito della lapidazione (ma non sarebbe stato opportuno un qualche commento? ndr) che sarebbe prevista "l'eliminazione o perlomeno il silenzio".
   Anche oggi Michele Giorgio sul manifesto si scaglia contro Israele, sotto il titolo "Love under apartheid". Dove vigeva il regime di apartheid bianchi e neri non potevano neanche contrarre matrimonio, né frequentare scuole comuni, bisognerebbe ricordare al "polemista" del manifesto, ma oggi fa almeno sorridere quando scrive per i suoi ingenui lettori che "Israele si oppone (ai ricongiungimenti familiari) per evitare incrementi demografici". Verrebbe voglia di suggerire a Giorgio di evitare di scrivere, in futuro, che per "i palestinesi non è semplice ottenere un permesso di soggiorno in un altro paese anche arabo"; se i suoi lettori ci riflettono su, potrebbero porsi domande pericolose per la causa.
   Tobias Buck firma per il Financial Times un altro dei suoi articoli sul quale bisognerebbe riflettere a lungo per la gravità di alcune affermazioni; non vi è dubbio sul fatto che Hamas stia conquistando "nel mondo arabo confidenza, alleati e legittimazione", ma bisogna almeno dubitare sul fatto che negli USA ed in Europa sia ancora davvero al bando. E' forse sufficiente il fatto che Hamas si stia allontanando da Siria e Iran (nonostante il recentissimo viaggio dei suoi capi a Teheran, presentati anche ad un pubblico osannante)? è forse corretto affermare che "alcuni suoi membri sono pronti a moderare le loro posizioni"? non è forse da ingenui far finta di non capire che cosa si cela dietro la "separazione tra l'ala politica (che starà coi Fratelli Musulmani) e quella militare" che pur dovranno "mantenere una totale collaborazione"? Il nuovo Egitto ed il Qatar spingono Hamas a unirsi a Hamas, i cui leader vogliono la legittimazione internazionale e la leadership palestinese, e Buck sembra contento di poter chiudere il suo articolo con le parole di uno di questi capi: "crediamo che il futuro sia nostro".
   La posizione dell'estrema sinistra (forse anche quella di casa nostra, pensando alle polemiche di questi giorni), sembra tuttora molto vicina a quella del rais siriano Assad; Marinella Correggia scrive sul manifesto che l'Esercito Siriano Libero non sarebbe tanto composto di ufficiali e soldati "che si rifiutano d sparare su gente comune", ma "in realtà è responsabile di uccisioni di soldati e civili siriani (elenchi documentati), e di atti di sabotaggio e di terrorismo". Anche su queste parole ci sarebbe da fare una attenta riflessione...
   L'Osservatore Romano pubblica una breve nella quale riferisce che Obama ha chiesto al Congresso di confermare 1.3 miliardi di dollari di aiuti militari all'Egitto, malgrado le recenti tensioni; in mancanza di ulteriori dettagli bisognerà aspettare qualche giorno per poter meglio comprendere il significato di questa notizia.
   Ethan Bronner firma un articolo per l'International Herald Tribune, ma sarebbe stato necessario partecipare al recente seminario organizzato a Yad Vashem per poter meglio comprendere il significato di alcune affermazioni che il giornalista riporta oggi; si legge di un taiwanese che dichiara che "prima di venire qua credevo che (l'Olocausto) fosse stato peggiore di così", o, più avanti, che "Israele deve lasciare da parte Auschwitz che è una prigione mentale". Per il sottoscritto non è casuale che queste parole siano ora riportate proprio da una testata come l'Herald Tribune.
   Per chiudere, infine, un po' di gossip, che gossip tuttavia non è: "ebreo, cristiano e musulmano allo stesso tempo" dichiara il figlio di Oliver Stone che da cristiano, con un nonno ebreo, si è convertito all'Islam sciita in Iran. Belle potrebbero essere, in senso astratto, le sue parole, se questo fosse davvero possibile, ma il fatto che siano state pronunciate proprio in una terra dove i capi religiosi vogliono uccidere tutti gli ebrei per permettere... Rendo l'idea, signor Sean Ali Stone?

(Notiziario Ucei, 15 febbraio 2012)

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Israele - Salire a cent'anni

di Rossella Tercatin

Presi singolarmente, con i loro 95 e 93 anni, non sono certo da Guinness dei primati. Ce ne corre, prima di raggiungere i due olìm (nuovi immigrati) che fecero l'aliyah dall'Ex Unione sovietica negli anni Novanta con un'età dichiarata di 111 anni, o Belle Goldstein, la più anziana immigrata in Israele dagli Stati Uniti che si trasferì nello Stato ebraico a 102 anni nel 1998. Ma se è vero che l'unione fa la forza, Phillip and Dorothy Grossman potrebbero essere la più anziana coppia sposata di olim di sempre e la loro Alyah (ascesa in Israele) è destinata a far parlare. Insieme da 71 anni, contabile in pensione lui e casalinga lei, i Grossman hanno ancora voglia di esplorare nuovi confini, e così, con l'aiuto dell'Agenzia ebraica e del ministero per l'Immigrazione israeliano, hanno deciso di lasciare la loro città, Baltimora, con un biglietto di sola andata, destinazione Gerusalemme. "Amiamo Israele e siamo molto emozionati per la nostra aliyah - hanno dichiarato i Grossman - Siamo felici anche di poter trascorrere più tempo con la nostra famiglia che vive qui". Una famiglia non da poco, dato il totale di tre figli (uno già in Israele e un altro sul punto di trasferirsi), cinque nipoti, 14 pronipoti e due propronipotini Ad accoglierli all'aeroporto è stato proprio uno dei pronipoti, studente in yeshivah, Yosef Segel, 22 anni, orgogliosissimo dei suoi superbisavoli "Mio nonno è anche bravissimo col computer, non ha un account Facebook, ma lo usa per scrivere lettere".
"I Grossman sono la prova che non è mai troppo tardi per realizzare un sogno e prendere una decisione così significativa nella propria vita - ha sottolineato Erez Halfon, vice direttore di Nefesh B'Nefesh, organizzazione che si occupa di facilitare l'immigrazione in Israele - Siamo molto felici e auguriamo loro di trascorrere ancora tanti anni di salute e felicità insieme in Israele".

(Notiziario Ucei, 15 febbraio 2012)

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Israele e Iran verso la deflagrazione in una nuova Guerra dei sei giorni

di Niall Ferguson

GERUSALEMME - Probabilmente si respirava la stessa atmosfera di oggi nei mesi che precedettero la Guerra dei sei giorni, nel 1967, quando Israele lanciò il suo efficacissimo attacco preventivo contro l'Egitto e i suoi alleati. Quarantacinque anni dopo, nel mirino del piccolo paese che costituisce l'avamposto più orientale della civiltà occidentale è finito l'Iran....

(l'Occidentale, 15 febbraio 2012)

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India, caccia all'attentatore dell'auto israeliana

Le autorità di polizia indiane stanno ancora indagando sulle piste che potrebbero portare a catturare l'attentatore che questo lunedì ha provocato l'esplosione di una macchina appartenente all'ambasciata israeliana di New Delhi. Era a cavallo di una motocicletta dal colore rosso, causando il ferimento di quattro persone. Tra queste c'era anche la moglie di un diplomatico.
Gli inquirenti sono in piena caccia all'uomo, stanno indagando dalle riprese di alcune telecamere piazzate nella strada dove è accaduto l'attentato terrorista. Per questo motivo è giunto nella capitale indiana una squadra di detective israeliani.

(Italiaglobale.it, 15 febbraio 2012)

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Fidarsi del mondo?

di Yair Lapid

  
Yair Lapid
I corpi che giacciono senza vita per le strade di Homs, in Siria, non sono soltanto un orrore. Sono anche un monito. Un monito non tanto sulla crudeltà dei dittatori, quanto sull'indifferenza del mondo.
Noi israeliani tendiamo a pensare che, se dovessimo fare fronte a una concreta minaccia di sterminio, il mondo verrebbe in nostro aiuto. È una convinzione ingenua, che nasce dall'idea che la maggior parte delle persone siano fondamentalmente buone. Ma se tutte le persone fossero fondamentalmente buone, non vi sarebbero corpi che giacciono senza vita per le strade di Homs.
Circa cinque anni fa, mio padre Tommy Lapid (un sopravvissuto alla Shoà) prese la parola al Museo della Shoà di Yad Vashem, a Gerusalemme, e tenne un breve discorso in occasione della Giornata della Memoria delle vittime dell'Olocausto. Era una bella giornata di primavera e mio padre già sapeva che sarebbe morto di lì a poco, quando pronunciò queste parole: «Il mondo civile ci consiglia di accettare compromessi e assumerci dei rischi in nome della pace. Ma noi chiediamo al mondo civile, nel Giorno della Memoria della Shoà noi chiediamo a tutti coloro che ci fanno la predica: che cosa farete voi, se noi ci assumiamo dei rischi, sacrifichiamo delle vite umane, riponiamo in voi la nostra fiducia e poi qualcosa va storto? E se l'altra parte non si comporta come ci si aspetta che faccia, e al contrario ci scaglia addosso fuoco e tormenti e veleni e magari anche armi nucleari? Cosa farete voi, in quel caso? Chiederete scusa? Direte: ohibò, ci siamo sbagliati? Ci manderete bende e cerotti? Aprirete orfanotrofi per i bambini sopravvissuti? Pregherete per le nostre anime?».

(YnetNews, 13 febbraio 2012 - da israele.net)

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In vendita su e-Bay pietre del Muro del Pianto

GERUSALEMME - La recente offerta sul sito web e-Bay di pietre "del santo Muro del Pianto" di Gerusalemme - al modico prezzo di cinque dollari l'una - ha indignato alcuni rabbini israeliani che si sono rivolti alla polizia affinché apra una inchiesta ed identifichi i responsabili.
Citando autorevoli rabbini, il sito ortodosso Behadrey Haredim precisa che, oltre agli ovvi "aspetti truffaldini" della vicenda, va tenuto conto che le piccole pietre sottratte al Muro non solo non hanno alcun potere taumaturgico, "ma al contrario rischiano di rivelarsi pericolose" per quanti intendano farne un uso mistico. In particolare viene citato il caso di una donna malata che asseritamente morì all'improvviso, dopo che il marito - per alleviarle i dolori - le posò addosso una piccola pietra del Muro del Pianto.
Il quotidiano Haaretz aggiunge che - malgrado ripetuti appelli - sul sito e-Bay la offerta delle pietre non è stata rimossa.

(Ticinonline, 14 febbraio 2012)

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Studenti in sinagoga a Napoli nel corso di un progetto formativo europeo

La sinagoga di Napoli
CAPUA (Pasquale Matarazzo) - Nuova tappa del percorso educativo proposto dal Liceo S. Pizzi di Capua per una conoscenza più approfondita del mondo ebraico. Muovendosi seguendo un ideale filo rosso tracciato sulla strada della testimonianza e della difesa della memoria, gli studenti dell'istituto capuano proseguono con appuntamenti e incontri che vanno nella direzione di un rapporto diretto con le tematiche affrontate nel corso del progetto educativo.
Dopo la visita al campo di sterminio di Auschwitz del mese scorso, in occasione della Giornata della Memoria, gli alunni dell' Istituto Pizzi guidati dai docenti A. Gregnuoli e I. Esposito hanno incontrato il responsabile delle pubbliche relazioni della comunità ebraica Tagliacozzo all'interno della sinagoga situata nel quartiere di S. Ferdinando nei pressi di piazza dei Martiri a Napoli. In merito all'ultima toccante esperienza vissuta (la visita al lager di Auschwitz) è nato uno scambio di riflessioni profonde con Tagliacozzo che ha espresso il proprio giudizio in merito e ha delineato le attività della comunità volte alla partecipazione ad incontri o manifestazioni organizzate in questo periodo allo scopo di mantenere viva la fiamma del ricordo "per evitare che il passato possa diventare futuro per altri".
Gli studenti hanno avuto così modo di conoscere, apprendere, rielaborare individualmente quanto letto, ascoltato e vissuto. L'incontro con la comunità ebraica si è rivelato spunto di riflessione rappresentando un importante momento di crescita, culturale e formativo. Infatti oltre al tema dell'Olocausto, sono stati tanti i temi affrontati nel corso della visita. Tagliacozzo ha guidato gli studenti lungo il sentiero della storia della comunità ebraica napoletana, dall'epoca angioina a quella aragonese, dal decreto di espulsione del Cinquecento all'intervento dei Borbone nel settecento passando per l'attività della famiglia di banchieri tedeschi Rothschild che nella seconda metà dell'Ottocento fu l'artefice della rinascita della comunità a Napoli nella villa Pignatelli, contribuendo al finanziamento delle iniziative con i generosi lasciti che hanno consentito nel 1927 l'acquisto dei locali attuali.
Il relatore dopo l'excursus storico ha approfondito i temi della Torah e dei suoi principali insegnamenti, dal ruolo dei rabbini alle principali correnti dell'Ebraismo (ortodosso, riformato, conservatore, ricostruzionista), dagli usi e costumi legati alle regole alimentari ai rituali delle cerimonie religiose come matrimonio e sepoltura. Quest'ultimi spunti per interventi dei ragazzi in merito ai temi filosofici quali il rapporto fra creatore e creatura, il legame tra finito e infinito, e la realtà del bene e del male.
Dalla storia alla tradizione ebraica il passo è stato breve, infatti durante l'incontro Tagliacozzo ha illustrato la simbologia e la funzione degli oggetti liturgici presenti in sinagoga:
    la Maghen David (Scudo di Davide),
    il Menorah, (candelabro 'a sette bracci'),
    il Mezuzzah (pergamena affissa agli stipiti delle porte e contenente brani di preghiera),
    i Tefillin conosciuti come filattèri (scatole nere di cuoio indossate sul braccio e sulla fronte per mezzo di cinghie di pelle),
    il Talled (scialle in tessuto bianco spesso con fasce, con lunghe sfrangiature di tessuto alle estremità, chiamate tzitzi),
    la Hanukkiah (candelabro a 'nove bracci'),
    la Kippah (il copricapo indossato dagli ebrei maschi).
(Julie news.it, 14 febbraio 2012)

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Il gran muftì di Gerusalemme parla di "uccidere gli ebrei"

Il mese scorso, rivolgendosi alla folla in occasione dell'anniversario della fondazione di Fatah, il gran muftì di Gerusalemme, Muhammad Ahmad Hussein, ha citato in maniera ambigua un hadith (una tradizione attribuita a Maometto) sostenendo che "l'Ora non verrà finché non si combatteranno gli ebrei, che si nasconderanno dietro le pietri e gli alberi. Ma saranno le stesse pietre e alberi a chiamare i musulmani, dicendo loro "O servo di Allah, c'è un ebreo dietro di me, vieni a ucciderlo"".
In seguito alle polemiche immediatamente scaturite, scrive il New York Times, il gran muftì si è difeso affermando che stava soltanto citando le parole del profeta dell'islam. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito le parole come "moralmente odiose" e ha ulteriormente rilanciato, paragonando Hussein al suo predecessore, Haj Amin al-Husseini , che il secolo scorso si alleò con Adolf Hitler. Nel frattempo le autorità giudiziarie hanno aperto ufficialmente un'indagine sulla vicenda.

(UAAR Ultimissime, 14 febbraio 2012)

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Il cappotto di Kate? Viene da Israele

di Rossella Tercatin

  
Il quotidiano britannico Daily Mail lo ha definito il cappotto preferito da Kate. Non una Kate qualsiasi, ma la futura regina d'Inghilterra, che insieme a tutto il resto, è diventata negli ultimi anche una vera icona di stile. A guardare i suoi accattivanti soprabiti con occhio attento (e un po' di immaginazione), si può intravedere qualcosa di inaspettato: una palandrana nera in puro stile chassidico. Cioè l'oggetto che capitò nelle mani di Katherine Hooker, la stilista più amata dalla Duchessa di Cambridge, durante un viaggio in Israele più di dieci anni fa. A rivelarlo è stata la stessa Hooker che in un'intervista al New York Magazine ha raccontato quale fu l'inaspettata fonte da cui trasse ispirazione per creare i cappotti cui deve la sua fortuna. "Quando avevo 18 anni, un pomeriggio a Gerusalemme, scovai un cappotto chassidico di seta nera in un negozio di cianfrusaglie. Era un abito da bambino, usato, taglia 14 anni. Sembrava un capo d'abbigliamento di un'altra epoca, quando i vestiti si confezionavano su misura, non per il mercato di massa" ha spiegato la stilista inglese innamoratasi a tal punto della sua foggia perfetta, delle rifiniture, che riuscì a trovare un sarto indiano che lo replicasse per lei. Quando anche le sue amiche ne rimasero estasiate, e dopo averne vendute diverse riproduzioni, Hooker decise di aprire un negozio a Londra nel 2004. Un negozio che è diventato il punto di riferimento della futura regina e di numerose altezze reali, nonché di migliaia di fan. D'altronde lo stile di Kate Middleton è particolarmente apprezzato proprio per la capacità di compendiare eleganza e ricercatezza con la modestia che si addice a un esponente della casa reale inglese. I cappotti sartoriali di Katherine Hooker, con le spalle piccole, la vita stretta, il bavero e le falde lunghe e lisce, ne rappresentano uno dei pezzi forti. Chissà quanto sarebbe stupito, l'ignaro sarto israeliano che confezionò quella palandrana di seta tanti anni fa, nel vedere che per i "figli" della sua creazione oggi celebrità e fan sono disposte a spendere migliaia di sterline…

(Notiziario Ucei, 14 febbraio 2012)

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Nel nome della giustizia e della pace, qualcuno cerca di aizzare il Presidente del consiglio contro Israele

Lettera a Monti sulla questione palestinese e sui 'costi' della politica estera italiana

Al Presidente del Consiglio dei Ministri,
On. Prof. Mario Monti

Le politiche economiche sono impossibili da considerare, e tantomeno da mettere in atto, ignorando i grandi problemi politici con cui sono strettamente connesse.
Ci sta a cuore qui ricordarle la politica estera, a proposito della quale poco o nulla si è sentito parlare dei piani o propositi del suo governo, che è in modo molto concreto il nostro governo in quanto cittadini italiani.
Abbiamo sì seguito la sua azione in Europa, sempre centrata tuttavia sui problemi della politica economica e soprattutto monetaria europea.
Vogliamo perciò chiederle quali siano gli orientamenti e quali azioni il governo italiano intenda intraprendere in politica estera, particolarmente riguardo al drammatico problema del Vicino Oriente, intendiamo dire la Palestina-Israele.
Quell'area del Mediterraneo richiede la prioritaria attenzione di tutti, governi e popoli, per due ragioni fondamentali: (a) il problema del render giustizia, e pace, al popolo palestinese privato della sua terra e dei diritti umani fondamentali, oltre che dei diritti politici; (b) la politica del governo di Israele è andata crescendo in aggressività, ed ha ora raggiunto un tale livello, anche per le implicazioni mondiali dei suoi atti che coinvolgono le maggiori potenze mondiali, da far ritenere che in quella zona ci sia un imminente rischio di scoppio della terza guerra mondiale.
Per quanto riguarda il primo aspetto, non possiamo pensare che lei non sia al corrente del livello estremo di oppressione a cui sono soggetti i palestinesi dei Territori Occupati e di Gaza, e di discriminazione dei palestinesi cittadini israeliani.
Israele non solo occupa militarmente da 45 anni anni quel 22% della Palestina che era rimasta ai palestinesi nel 1949, ma ne sta scacciando progressivamente la popolazione per sostituirla con una propria popolazione, in buona parte composta da immigranti da paesi lontani, contro il buon diritto dei popoli, sancito anche da accordi internazionali a cui Israele stesso ha aderito ma che viola sistematicamente.
Non le sarà sfuggita l'estrema violazione del più fondamentale diritto umano recentemente messa in atto dal governo israeliano: il divieto per i cittadini israeliani di convivere, in Israele o nei Territori Occupati, con il coniuge originario dei Territori Occupati. Neppure i governi fascisti dell'Europa degli anni trenta e quaranta erano arrivati a tanto!
Quanto alla minaccia di una terza guerra mondiale, essa diventerebbe concreta realtà se Israele mettesse in atto la minaccia, più volte ripetuta negli ultimi tempi, di attaccare l'Iran con i modernissimi mezzi offensivi di cui è dotata.
La politica estera italiana è assolutamente silenziosa su questi problemi, e semmai i governi italiani, alcuni silenziosamente e altri in modo scomposto, come quello che l'ha preceduta, sono di fatto schierati con gli aspetti peggiori della politica israeliana, dimostrando una sudditanza del nostro paese, che tra l'altro ci costa molto cara per il peso enorme del bilancio militare, che ci toglie risorse che sarebbero molto meglio spese per la ripresa di attività essenziali per la vita civile.
Siamo a chiederle, illustre Presidente, quali scelte il suo governo farà su questi problemi, proponendo anche ai nostri partner della Comunità europea azioni che il nostro paese da solo non potrebbe condurre a buon fine.

Con cordialtà,

Rete Ebrei Contro l'Occupazione
Salaam Ragazzi dell'Olivo Onlus (Comitato di Milano)
Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus (Firenze)
Gruppo Restiamo umani con Vik (Venezia)
Antonietta Esse, Presidente dell'Associazione 238uProgettoAntigone


Poiché si parla di giustizia e di pace, nessuno parli di antisemitismo. Gli estensori della lettera potrebbero anche sporgere denuncia. E forse vincerebbero la causa.

(Osservatorio Iraq, 14 febbraio 2012)

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"Sapessi com'è strano sentirsi malinconici a Gerusalemme"

di Elena Loewenthal

"Gerusalemme fa girare la testa a chiunque»: comincia così A Gerusalemme (Rizzoli, pp. 214, 18), con questa strana ma innegabile verità, il nuovo libro di Fiamma Nirenstein. È vero, fa girare la testa. Forse perché è l'unico posto al mondo che ti azzanna con la nostalgia quando sei ancora lì. Lontani, il rimpianto di non esserci diventa più dolce, quasi malinconico. Ma di fronte a quel paesaggio, al carico che la città si porta addosso, la nostalgia è feroce, inguaribile: ci sei e sai che non l'afferri. Che ti sfugge se non altro perché Gerusalemme ha anche un altro primato: un nome duale che è lo specchio della sua doppia natura. Gerusalemme è città di terra ma anche città celeste. Da che mondo è mondo, e secondo la tradizione ebraica il mondo è mondo da quando è cominciato qui, Gerusalemme è doppia. Ma è anche confine fra il deserto e il suo contrario, frontiera nitida che segna l'inconciliabilità dei due universi su cui la città si affaccia: il Mediterraneo, terra addomesticata da una parte, il deserto di Giudea e l'abisso del Mar Morto dall'altro.
   Nirenstein racconta questa città intrecciandone la storia e il presente con la propria esperienza personale: ne esce una scrittura appassionata, piena di vita. Di amore e di dolore, che poi sono anche gli ingredienti principali di Gerusalemme, trasudano dalla sua pietra chiara, luminosa come nessun'altra. E da quel cielo che, fuor di ogni retorica, è diverso da qualunque altro cielo del mondo. Non tanto per il colore quanto per l'aria, che ha qualcosa di speciale dentro. È una città molto più complessa e inafferrabile di quanto non ci si immagini e questo libro aiuta, se non a capirla, certo a vederla. Nel passato più lontano, nei tremendi malintesi del presente («Nel luglio del 2000, il nono giorno del summit di Camp David, Arafat se ne uscì con una novità assoluta: a Gerusalemme non c'è traccia del Tempio degli ebrei, esso è un mito, non è mai esistito» - la mistificazione tiene ancora), negli incroci inevitabili. Nella fascinazione irresistibile, come quella del beduino che vive giù nel deserto a pochi chilometri dalla città, forse ci è stato una volta tanti anni fa ma poco importa, gli basta indicarla col dito e sapere che esiste, lassù.

(La Stampa, 14 febbraio 2012)

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Attacchi alle ambasciate, Israele accusa l'Iran

Prese di mira le sedi in India e Georgia, Netanyahu: «Teheran agisce con gli Hezbollah»

TEL AVIV - Due attacchi, quasi simultanei, contro le rappresentanze diplomatiche di Israele in India ed in Georgia hanno provocato una impennata della tensione regionale. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu è stato rapido nell'indicarne i mandanti «nell'Iran e nei suoi lacché degli Hezbollah libanesi». Accuse subito respinte con sdegno dai rappresentanti del governo di Teheran. Il primo attacco è avvenuto a New Delhi, a poche centinaia di metri dalla residenza del primo ministro Manmohan Singh. Testimoni oculari hanno visto un motociclista piazzare un congegno magnetico al finestrino posteriore dell'automobile di una diplomatica israeliana, Talya Yehoshua Koren. Pochi istanti dopo si è verificata una potente esplosione che ha proiettato la donna a notevole distanza, provocandole ferite alle gambe.
L'autista e altri due passanti sono pure rimasti feriti. Mentre a Gerusalemme arrivavano i primi aggiornamenti dell'attentato di New Delhi, anche l'ambasciata israeliana di Tbilisi (Georgia) ha segnalato lo stato di emergenza per un attentato sventato di misura. Alla guida della propria automobile, l'autista dell'ambasciatore aveva appena fatto scendere a scuola il figlio, quando si è insospettito per un rumore metallico di origine sconosciuta e ha così scoperto la presenza di una granata. Gli artificieri hanno provveduto a disinnescare l'ordigno, a poche centinaia di metri dall'ambasciata di Israele. «Non tollereremo attentati terroristici nel nostro Paese» ha assicurato la ministra georgiana per le finanza Vera Kobalia, in visita ieri in Israele. I servizi segreti israeliani erano sul chi vive da settimane, dopo una serie di attentati sventati in Bulgaria, Turchia, Thailandia e Azerbaigian. Un'occhiata al calendario è bastata loro per comprendere chi poteva guidare la lista degli ipotetici mandanti: domenica ricorreva infatti il quarto anniversario della morte di Imad Mughniyeh, il responsabile militare degli Hezbollah dilaniato a Damasco da una autobomba confezionata - almeno secondo i suoi compagni - da agenti del Mossad. In un intervento di fronte ai deputati del Likud, Netanyahu ha imputato i due attacchi ad Iran e Hezbollah assieme. «L'Iran - ha aggiunto - è la esportatrice n. 1 del terrorismo al mondo». E i suoi servizi segreti, sostengono analisti di Israele, lavorano gomito a gomito con il braccio armato degli Hezbollah. La tecnica usata per l'attentato di New Delhi ha peraltro ricordato agli esperti quella con cui poche settimane fa a Teheran fu ucciso uno scienziato nucleare. Allora l'Iran ne imputò la eliminazione ad una cooperazione fra il Mossad e i Mujaheddin del popolo iraniani. «I nostri diplomatici - ha constatato il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman - sono ormai in prima linea». In tutte le ambasciate di Israele le misure di sicurezza, già severe, sono state ulteriormente rafforzate. In alcune capitali sono state chiuse anzitempo.
I diplomatici hanno anche avuto ordine di rinunciare alle proprie automobili finché sia passato il pericolo. Questi attacchi, ha avvertito Lieberman, non resteranno comunque senza reazione. In serata i responsabili politici e militari di Israele sono stati impegnati in serrate consultazioni, anche nel timore che altri attentati possano verificarsi nell'immediato futuro. Intanto dal Libano si è appreso di voli di ricognizione condotti dall'aviazione militare israeliana.

(Corriere Canadese, 14 febbraio 2012)

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Viene da Israele il "tulipano solare"

Un tulipano giallo, dallo stelo lungo 35 metri. È l'innovativo impianto solare termodinamico ibrido, seconda centrale elettrica di questo tipo dopo quella realizzata nel Kibbutz Samar, messo a punto dalla israeliana AORA Solar nei dintorni del comune spagnolo di Almeria. Il sistema in questione, spiega AORA, è progettato per richiedere meno terra e meno acqua, ed è in grado di funzionare mentre la produzione di energia e calore più usabile rispetto ad altri sistemi ad energia solare. Il "tulipano" concede al sistema la possibilità di funzionare non solo sfruttando la radiazione solare, ma anche con quasi tutti i carburanti alternativi dal metano, al biogas fino al biodiesel.

(Notiziario Ucei, 13 febbraio 2012)

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Massima autorità religiosa palestinese per un nuovo Olocausto

Di fronte ad un pubblico che scandiva slogan inneggianti al "dovere" dei palestinesi di "combattere gli ebrei ed uccidere quei discendenti delle scimmie e dei maiali", il Mufti Muhammad Hussein, la massima guida religiosa dei palestinesi, introdotto da un moderatore (sic!), ha ribadito in diretta Tv che: "La resurrezione dei morti non avverrà fintanto che non sarà stata realizzata la prima fase di un vasto processo, ossia che i musulmani non abbiano ucciso quanti più ebrei possibile".
Il tutto è andato in onda il 9 Gennaio scorso sulla Tv dell'ANP .

(Giustizia Giusta, 13 febbraio 2012)

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Una serata golosa fra buoni piatti e nuovi sapori all'insegna del mangiare kasher

di Lorenza Cordovani

MILANO - Una serata originale, e certamente goduriosa anche per i palati più fini, quella ospitata dal Tenca di Milano ed organizzata in occasione della festa di Tu bishvat. Madrina dell'iniziativa dal tema:"Giovani Chef in cucina" è stata la rebbetzin Chani Kaplan.
I giovanissimi chef Manuel Kanah e Benedetta Jasmine Guetta, bloggers del famoso ed elegante sito web www.labna.it, hanno presentato due ricette di carne, apprezzatissime dagli intervenuti, sia per il gusto che per la semplicità della loro realizzazione.
E siccome come dice il proverbio: "l'appetito viene mangiando", la serata è proseguita con Nicole Rahmanan che ha presentato la ricetta dei suoi leccorniosi biscotti morbidi, a base di uvetta e cioccolato, offerti poi al pubblico che li ha decisamente graditi, in barba ad ogni dieta che, per l'occasione, è stata certamente sospesa.
Nessuno poi si sarebbe mai sognato di non gustare anche la splendida delizia di Fallon Heneisc che ha presentato la sua profumatissima torta rovesciata all'ananas che, appena sfornata, ha fatto venire l'acquolina in bocca anche ai più virtuosi.
Da una assaggio all'altro si è poi passati ad una lezione di Rav Yosef Haddad, che ha affrontato tutti gli aspetti e i problemi che si incontrano quando si va al supermercato a fare una spesa "kasher". Il suo intervento è stato molto seguito ed apprezzato, e molte sono state le domande da parte del pubblico a cui Rav Haddad ha risposto in maniera molto chiara soffermandosi sugli aspetti e le novità avvenute negli ultimi anni nei processi di produzione dei prodotti, che una volta erano considerati kasher. Passati di nuovo dal sacro al profano, i partecipanti alla serata hanno trovato un'altra graditissima sorpresa:un buffet ricco di dolci, cous cous e con l'assaggio finale del pollo alle prugne. Una perfetta corona a questa iniziativa trascorsa fra aromi, profumi e dolcetti: una vera leccornia per tutti gli amanti della buona tavola



(Chabad.Italia, 13 febbraio 2012)

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Hamas minaccia la riconciliazione palestinese

di Manuel Giannantonio

Le divergenze sempre più visibili tra la direzione in esilio di Hamas e i capi del movimento islamico nella striscia di Gaza complicano e minacciano la laboriosa riconciliazione con il Fatah del presidente palestinese Mahmoud Abbas. Uno dei principali responsabili di Gaza che ha governato Hamas , Mahmoud Zahar, ha descritto come un "errore" l'accordo concluso il 6 febbraio a Doha dal capo del movimento, Khaled Mechaal con Abbas, confidando a quest'ultimo la direzione di un governo transitorio indipendente incaricato di organizzare delle elezioni come previsto dall'accordo di riconciliazione.
L'accordo deve essere rivisto, i dirigenti di Hamas all'interno e all'estero si riuniranno dunque su questa questione nei prossimi due giorni. Una parte della direzione di Hamas rimprovera a Mechaal di aver accettato troppe concessioni per la riconciliazione dicendosi di essere pronto a concedere una chance ai negoziatori con Israele. "L'Hamas non rinuncerà a l'affronto armato con il nemico sionista" aveva dichiarato il 23 gennaio Zahar, due giorni dopo l'annuncio ufficiale che Mechaal non si augurava di ripresentarsi a capo dell'ufficio politico. La formazione dell'esecutivo provvisorio deve essere annunciata ufficialmente nel corso di una riunione al Cairo dell'organizzazione di liberazione della Palestina, allargata a Hamas e alla Jihad islamica, prevista inizialmente il 18 febbraio, ma posticipata a una data aggiuntiva. Un'altra questione cruciale dei servizi di sicurezza tra la Cisgiordania e Gaza governati rispettivamente dal Fatah e Hamas, non sembra neanche più essere all'ordine del giorno. Tra le elezioni simultanee alla presidenza e al consiglio legislativo (Parlamento) così come nel consiglio nazionale palestinese (parlamento dell'OLP), previsto nel maggio del 2012, dovranno essere riportati alla commissione elettorale centrale. Infine la commissione delle libertà, caricata di mettere in opera la riconciliazione nel dominio delle libertà di espressione e di movimento ha sospeso martedì i lavori a Gaza per protestare contro la non applicazione delle raccomandazioni alle due parti.

(duerighe.com, 13 febbraio 2012)

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EDIPI (Evangelici D'Italia per Israele)
in collaborazione con
ADI (Amici Di Israele)

             organizza l'incontro

Dall'Olocausto allo Stato d'Israele
    questa terra è la mia terra

15 febbraio - ore 20:30
presso la Sinagoga Beth Shlomo
Corso Lodi 8/c - MILANO

Locandina

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Attentati anti-israeliani in India e Georgia

Il premier israeliano Benjamin Nethanyahu punta il dito contro Teheran, accusando il paese di essere "il maggiore esportatore di terrore al mondo". Nethanyahu ha accusato esplicitamente gli sciiti libanesi di Hezbollah con il patrocinio dell'Iran, durante una riunione con i deputati del suo partito, il Likud.
Un'auto dell'ambasciata israeliana è saltata in aria a Nuova Delhi facendo almeno quattro feriti, tra cui un membro dell'ambasciata. Un secondo ordigno, piazzato su un'altro veicolo dell'ambasciata, è stato neutralizzato nella capitale georgiana Tbilisi.
Israele ha elevato il livello di allerta nelle sue ambasciate a livello mondiale. L'attacco viene messo in relazione con l'anniversario dell'uccisione del capo militare degli Hezbollah libanesi nel febbraio 2008. Attacco avvenuto a Damasco e attribuito al Mossad.


(euronews, 13 febbraio 2012)

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Coppa d'Africa - Zambia, un'impresa targata Israele

di Adam Smulevich

Da onesti pedatori a eroi di un intero continente. Il mondo del pallone celebra in queste ore i "Chipolopolo", gli atleti dello Zambia neo campione d'Africa. L'impresa, perché di questo si tratta, è avvenuta nella notte a Libreville, capitale del Gabon, ai danni della favoritissima Costa d'Avorio dei vari Drogba, Gervinho, Kalou e Yaya Touré. Star della Premier League coccolate, avvezze ai trofei e che forse pensavano di averla facilmente vinta contro rivali dallo scarso appeal. Ma il campo ha detto altro proponendo l'ennesimo remake di Davide contro Golia. Con quest'ultimo, nella figura statuaria di Drogba, che nel secondo tempo ha sprecato l'occasione di chiudere i conti dagli undici metri (sfera alta sopra la traversa) e che è stato poi punito, sempre dal dischetto, nella lotteria dei rigori che ha assegnato la coppa dopo due ore di battaglia sul terreno di gioco. L'errore decisivo è di Gervinho. Mani nei capelli e lacrime per l'attaccante dell'Arsenal, mentre le telecamere immortalano la gioia degli increduli atleti zambiani. Un successo targato Israele: tre uomini in verde giocano infatti nella Ligat ha'Al, l'equivalente della nostra Serie A. Sono il centrocampista William Njovu (Hapoel Ironi Kiryat Shmona), il collega di reparto Justine Zulu (Hapoel Ironi Rishon) e l'attaccante Rodgers Kola (Ashdod). Un tris di gioielli da custodire e valorizzare soprattutto adesso che le sirene di radiomercato inizieranno a suonare con sempre maggiore insistenza.
L'affermazione dei Chipolopolo, termine che sta per "pallottole di rame", ha un significato speciale. È infatti lo scatto d'orgoglio di un paese che lotta faticosamente per tirarsi fuori dalla bassa classifica dello sviluppo e che attraverso il pallone torna a sperare in un futuro migliore. Singolare coincidenza, proprio in quella Libreville che 19 anni fa si rivelò una Superga africana accogliendo, al largo delle sue coste, il velivolo che trasportava la squadra nazionale verso il Senegal per un match di qualificazione ai Mondiali. Trenta passeggeri, trenta vittime. Il giorno della gioia, in Zambia, è inevitabilmente anche quello del ricordo e della commozione.

(Notiziario Ucei, 13 febbraio 2012)

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Concluso lo sciopero generale in Israele

Raggiunto l'accordo con il governo

TEL AVIV, 12 feb - La centrale sindacale Histadrut ha annunciato stamane la fine immediata di uno sciopero generale, iniziato cinque giorni fa, dopo aver raggiunto con il governo un accordo che migliorera' sensibilmente le condizioni di lavoro di decine di migliaia di lavoratori precari. In base a questo accordo sara' fissato per loro un salario minimo. I precari potranno inoltre godere di vacanze pagate e a loro beneficio sara' istituito un fondo pensionistico che ''garantira' loro un futuro decoroso''.

(ANSA, 12 febbraio 2012)

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Gerusalemme: Organizzazioni italiane incontrano il nuovo Console Generale d'Italia

Il Console Generale Giampaolo Cantini ha potuto visitare il Museo d'Arte ebraica italiana 'U. Nahon' con l'annessa sinagoga di Conegliano Veneto, e gli uffici del Centro italiano nella centrale via Hillel a Gerusalemme.

Giampaolo Cantini
Gia' durante i primi giorni della sua nuova missione il neo Console Generale d'Italia a Gerusalemme ha voluto incontrare e conoscere di persona i dirigenti delle diverse organizzazioni italiane operanti a Gerusalemme.
Nella semplice e sentita cerimonia informale si sono incontrati alcuni giorni fa con il neo Console Generale, il Presidente del Comites d'Israele, il Vice Presidente della Hevrat Yehudei Italia, il Presidente dell'Associazione Immigranti dall'Italia, della Fondazione Raffaele Cantoni, del Fondo Anziani Bisognosi e del Club Giallorosso; nella stessa occasione, prima del brindisi di benvenuto, il Console Generale ha potuto visitare il Museo d'Arte ebraica italiana "U. Nahon" con l'annessa sinagoga di Conegliano Veneto, e gli uffici del Centro italiano nella centrale via Hillel a Gerusalemme.
Il Console Genrale Cantini entrato in carriera diplomatica nell'aprile 1983, ha ricoperto incarichi presso il Ministero degli Affari Esteri (Direzione Generale degliAffari Politici, fino al 1986, poi nel 1994, e di nuovo dal 2003 al 2007), la Presidenza della Repubblica (Ufficio del Consigliere Diplomatico, dal 1994 al 1999) e all'estero.
E' stato infatti Primo Segretario all'Ambasciata d'Italia ad Addis Abeba (responsabile della sezione economica e delle attivita' della cooperazione allo sviluppo) dal maggio 1986 al luglio 1989; Primo Segretario alla Rappresentanza presso le Nazioni Unite, a New York (agosto 1989-gennaio 1994); Primo Consigliere all'Ambasciata a Washington (settembre 1999-giugno 2003), Ambasciatore ad Algeri (settembre 2007-gennaio 2012).

(Italia chiama Italia, 12 febbraio 2012)

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Dirigente di Hamas: no all'intesa con Abu Mazen

'Decisione errata, leadership non consultata'

GAZA, 12 feb - Cresce dentro Hamas l'opposizione all'accordo - firmato in Qatar - per la costituzione di un nuovo governo palestinese di esperti guidato da Abu Mazen, nella duplice veste di presidente e di premier Anp. ''E' una decisione errata, non strategica'' ha affermato Mahmud a-Zahar, un dirigente di Hamas a Gaza, biasimando cosi' apertamente la decisione del leader politico di Hamas Khaled Meshaal di sostenere l'intesa. Secondo a-Zahar, la leadership di Hamas a Gaza non e' stata consultata.

(ANSA, 12 febbraio 2012)

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Criticare il governo? In Palestina è tabù

Solo i palestinesi non avranno la loro primavera araba, neppure nella fase germinale, quella dei messaggi che criticano i leader su Facebook. Ultimamente le forze di sicurezza di Abu Mazen e di Salam Fayyad hanno fermato a Ramallah Rami Samara, giornalista dell'agenzia Wafa. Aveva scritto, dopo che i suoi avevano annunciato che era colpa degli israeliani se erano falliti i colloqui di pace: «Davvero i membri dell'unica leadership legittima dei palestinesi pensano che questo annuncio gli guadagni le loro poltrone, i caffè e tè nei loro uffici di Ramallah?». Il giovane è stato interrogato separatamente da ambedue le polizie e una donna che aveva postato un suo commento è stata a sua volta interrogata. Un anno fa un organizzatore tv di Betlemme, Mamdouh Hamarneh, è stato detenuto 50 giorni per aver paragonato Abu Mazen a un attore siriano che interpretava il traditore in un film. Insomma, i palestinesi devono dire solo cose carine dei loro capi. Non è tutto. Con l'accordo con Hamas, Abu Mazen diventerà, oltre che Presidente, capo del comitato centrale di Fatah, presidente dell'Esecutivo dell'Olp, e comandante delle forze armate palestinesi anche Primo Ministro. Il Consiglio d'Europa ha da poco accettato quasi all'unanimità la Palestina come «partner per la democrazia». Non era meglio chiedere prima ai bloggers?

(il Giornale, 12 febbraio 2012)

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Siti web palestinesi sotto attacco

Forse da Italia, ministro annuncia creazione task force

RAMALLAH, 12 feb - Potrebbe essere stato lanciato dall'Italia un attacco telematico che ieri ha colpito i server sui quali 'girano' la grande maggioranza dei siti web della Cisgiordania. Lo ha reso noto il ministro palestinese per le telecomunicazioni, Mashour Abu Daqqa. Negli ultimi tre mesi il network palestinese e' gia' stato preso di mira da cyber-attivisti. Il ministro ha annunciato la creazione di una task forze e ha anticipato la intenzione di chiedere assistenza alle autorita' italiane.

(ANSA, 12 febbraio 2012)

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Razzo dalla Striscia di Gaza nel sud di Israele

ROMA, 11 feb. - Un razzo sparato da militanti palestinesi dalla Striscia di Gaza ha colpito il sud di Israele ieri sera. Lo ha riferito un portavoce della polizia israeliana, sottolineando che non ci sono notizie di vittime.
Il missile è atterrato verso mezzanotte tra due case nei pressi di Ashkelon, ha aggiunto la portavoce: "Non ci sono vittime, ma le case sono rimaste danneggiate, come anche un palo della luce", ha concluso.

(TMNews, 11 febbraio 2012)

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Ismail Haniya in Iran: "Hamas non riconoscera' mai Israele"

TEHERAN - Il movimento islamista palestinese Hamas "non riconoscera' mai Israele": lo ha ribadito Ismail Haniya, il premier di Gaza, in un discorso a Teheran davanti a una folla inneggiante nella centralissima piazza Azadi, in occasione del 33esimo anniversario della rivoluzione islamica del 1979, in Iran. "La lotta palestinese continuera' fino alla liberazione di tutta la terra di Palestina, compresa al-Quds (Gerusalemme), e fino al ritorno dei profughi palestinesi", ha aggiunto Haniya, in un discorso trasmesso dalla tv iraniana .

(AGI, 11 febbraio 2012)

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Israele: le aziende straniere investono in Ricerca e Sviluppo

Da dati raccolti dal Consiglio Nazionale per la R&S del Ministero israeliano della Scienza e Tecnologia, risulta che circa il 46% dell'attività di Ricerca e Sviluppo nel settore business e' effettuato tramite centri di ricerca di imprese multinazionali presenti in Israele. Questi dati sono stati pubblicati nel dodicesimo Convegno di Herzelia tenutosi al Centro Interdisciplinare il 2 febbraio scorso.
Queste notizie sono pubblicate quando nel contesto si e' diffusa la notizia che la mondiale "Apple" aprira' anch'essa un Centro di Ricerca e Sviluppo in Israele, seguendo le traccie di Hewlett Packard (HP), Google, IBM, Intel, Microsoft, Texas Instruments (TI) ecc. Inoltre, dai dati raccolti dal sudetto Consiglio in collaborazione con la CBS israeliano (Central Bureau of Statistics), risulta che in Israele la quota delle spese delle imprese straniere su R & S e' una delle piu' alte nel mondo e ammonta al 57%.

(FocusMO, 10 febbraio 2012)

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L'uomo che si rifiutò di salutare Hitler

L'Express ci presenta August Landmesser, l'uomo che si rifiutò di salutare Hitler.


IL RIFIUTO - C'era una volta, e più precisamente nel 1936, nella Germania guidata da Adolf Hitler, un uomo che si rifiutò di esibirsi nel saluto nazista nel mezzo di una folla che levava festante il braccio verso il proprio Fuhrer. L'occasione era di quelle ghiotte, la partenza di una nave nuova di pacca dal porto di Amburgo. Un fotografo immortalò la scena, che scomparì nei meandri della storia e del ricordo, finché qualcuno non l'ha riproposta su internet. E fu così che il gesto di August Landmesser ha fatto in poche ore il giro del mondo.
LA FAMA - La foto venne postata lo scorso 4 febbraio sulla pagina Facebook di un'organizzazione impegnata ad aiutare le vittime del terremoto in Giappone, e del successivo tsunami, del marzo 2011. In poche ore oltre 87 mila internauti hanno cliccato su "mi piace", le condivisioni sono state oltre 30 mila, il tutto con circa 7 mila commenti. Secondo l'organizzazione giapponese "Senri no michi", quest'istantanea simboleggia "il coraggio di dire no".
I MOTIVI - Al momento dello scatto, August Landmesser lavorava ancora al cantiere navale di Amburgo. Quel fatidico giorno era presente anche Hitler nella città anseatica per assistere al varo della nave. Ed è proprio per questo che August non ha fatto il saluto. L'anno prima, nel 1935, il 25enne August sposò Irma Eckler, 22 anni. La ragazza aveva però un grosso problema per la Germania dell'epoca: era ebrea. La legge nazista impediva il loro matrimonio. August venne così escluso dal partito nazista, al quale s'iscrisse nel 1931. La coppia inoltre mise al mondo anche due bimbe: Ingrid nell'ottobre 1935 e Irene nel luglio del 1937.
LA FAMIGLIA DILANIATA - La coppia venne arrestata nel 1938. August e sua moglie furono arrestati per aver "disonorato la razza". Condannati ai lavori forzati, August venne liberato nel 1941 ma fu successivamente inviato al fronte, mentre la sua Irma morì prigioniera nel 1942. Le bimbe vennero inviate in un orfanotrofio, ma sopravvissero. Nel 1991 Irene riconobbe suo padre in questa fotografia, ripresa allora da un giornale tedesco. Cominciò così per la donna un lungo percorso fatto di raccolta fonti, dati, documenti. Nel 1996 pubblicò un libro, nel quale raccontò la storia della sua famiglia "dilaniata dalla Germania nazista".

(Giornalettismo, 10 febbraio 2012)

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Eurolega - Cantù sogna per 20' ma cade a Tel Aviv

La Bennet Cantù per due quarti sogna di sbancare il parquet di Tel Aviv ma nella ripresa non trova mai il canestro e perde di 15 punti, 75-60. Il Maccabi ribalta anche il risultato del doppio confronto e ora i lombardi vedono complicarsi la strada verso la qualificazione ai quarti

Maccabi Tel Aviv-Bennet Cantù 75-60
Dura 20' il sogno dellla Bennet Cantù di espugnare il caldissimo parquet di Tel Aviv. La formazione di Andrea Trinchieri resta in partita tutto il primo tempo, chiudendo l'intervallo in vantaggio di un punto (41-39), ma nella ripresa non riesce a trovare antidoti alla difesa asfissiante degli israeliani che manda in confusione Basile e compagni che nel terzo quarto non trovano nemmeno un canestro dal campo (0/7 da due e 0/4 da tre punti) e subiscono un devastante 23-5 di parziale che tramortisce i sogni dei lombardi, che nell'ultimo parziale non riescono a riaprire la gara.
Con questo pesante ko Cantù, che sbancando il catino israeliano avrebbe strappato matematicamente il pass per i quarti di finale, vede il suo cammino complicarsi. Il Maccabi con questo successo rotondo ha ribaltato la differenza canestri di +8 a favore della Bennet dell'andata ed ora ai canturini servirà battere lo Zalgiris (già eliminato) a Kaunas e spedire ko il Barcellona al PalaDesio per continuare a coltivare il sogno europeo.

(Eurosport, 10 febbraio 2012)

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Pallamano: La Nazionale femminile rientra da Israele

Sono rientrate ieri sera le azzurre della pallamano dal Training Camp della Rappresentativa Nazionale femminile iniziato domenica scorsa a Tel Aviv, in Israele. In virtù di un protocollo di cooperazione previsto nell'ambito dei paesi mediterranei, le ventuno ragazze guidate da Marco Trespidi, il Direttore Tecnico delle squadre Nazionali femminili, e dal tecnico Roberto Deiana, hanno svolto un totale di quattro allenamenti e disputato tre gare amichevoli contro le selezioni U20 e U23 di Israele.
Un bilancio positivo quello delle azzurre, con due vittorie: 31-22 all'esordio e 24-23 nell'ultimo incontro disputato ieri, nel mezzo una sola sconfitta di misura (27-28) in favore delle avversarie israeliane, a tirare le somme dopo il Training Camp è il DT delle Nazionali femminili Marco Trespidi: "Il bilancio è assolutamente positivo. Le ragazze hanno svolto un lavoro considerevole, con cinque allenamenti complessivi e tre amichevoli. Questo Training-Camp ha rappresentato un'esperienza importante per le ragazze non solo dal punto vista sportivo, perché visitare certi luoghi ha una valenza particolare sotto l'aspetto personale".

(ItalNews, 10 febbraio 2012)

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E’ di un giocatore israeliano l'autogol più clamoroso della storia

TEL AVIV - Probabilmente nessuno riuscirà mai a capire cosa gli è passato per la testa in quel momento. Ma quello che ha fatto Ashraf Soliman, difensore di una squadra israeliana, il Maccabi Umm al-Fahm, rimarrà nella storia.
All'89o della partita contro l'Hapoel Afula, probabilmente nel maldestro tentativo di compiere un salvataggio in corner, stoppa un cross avversario e spedisce il pallone direttamente nella propria porta, sotto gli sguardi allibiti dei compagni (e dei tifosi). Un attaccante avversario forse non avrebbe saputo fare di meglio. Soliman avrà modo tuttavia di farsi perdonare: il difensore segnerà la rete della vittoria nei tempi supplementari.


(Il Messaggero, 10 febbraio 2012)


Primi in tutto!

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Un ufficio stampa per il sionismo

ROMA - Al sionismo servirebbe un buon ufficio stampa in grado di fare chiarezza sulla sua storia sgombrando il terreno da equivoci e incomprensioni. Lo sostiene, scherzosamente ma non troppo, Massimo Lomonaco, giornalista dell'Ansa, cui è toccato ieri sera il compito di aprire la conferenza inaugurale del ciclo di incontri Sionismo e Israele al Centro Bibliografico dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Prima degli interventi dei relatori - oltre a Lomonaco, il rav Gianfranco Di Segni del Collegio Rabbinico Italiano e la filosofa Donatella Di Cesare - il saluto di Sira Fatucci del Dipartimento Informazioni e Relazioni Esterne UCEI e un intervento introduttivo della vicepresidente Claudia De Benedetti dedicato alla figura di Theodor Herzl, l'uomo che, a partire dal celebre motto 'Im tirzu ein zo agada' ('Se lo vorrete non sarà un sogno'), "tante idee e tante persone è riuscito a muovere in direzione del suo ideale".
Il convegno, intitolato Sionismo e antisionismo religioso (alla scoperta di radici quasi ignote), ha vissuto vari momenti di intensità e occasioni di confronto tra relatori e platea. A partire, come detto, dalla riflessione di Lomonaco sull'importanza di far conoscere in maggiore profondità, specialmente sulla stampa ebraica, la pluridecennale vicenda del sionismo prima della nascita dello Stato di Israele, argomento sul quale regna sovente l'oscurità e che facilmente si presta a malintesi sui media e nell'opinione pubblica italiana. Tra i vari contributi offerti al significativo pubblico presente in sala quello del rav Di Segni, che ha tracciato una panoramica sulle differenti posizioni assunte nel corso degli anni dall'ebraismo ortodosso in merito alle idee propugnate da Herzl. Un ragionamento intenso e ricco di spunti che è stato introdotto dalla lettura di un passaggio del trattato Ketubbot e che ha mostrato un quadro ancora in parte irrisolto. Per Donatella Di Cesare, che ha aperto citando il celebre lavoro di Hannah Arendt Ripensare il sionismo, la necessità ineludibile di considerare l'esistenza di più sionismi e di tenere alta la vigilanza su un fenomeno che, sostiene la filosofa, è andato pericolosamente crescendo negli ultimi tempi: il rifiuto del popolo ebraico.
Tutti d'accordo infine sulla proposta di Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, di dedicare un convegno di maggiore respiro a questo tema ancora poco dibattuto sia all'interno che all'esterno del mondo ebraico.

(Notiziario Ucei, 9 febbraio 2012)

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Gilad Shalit incontra Sarkozy a Parigi

8 febbraio - Gilad Shalit, il soldato israeliano rilasciato il 18 ottobre 2011 dopo cinque anni di prigionia a Gaza ha lasciato oggi per la prima volta Israele per incontrarsi con il presidente francese Nicolas Sarkozy, al Palazzo dell'Eliseo. Mentre le sue condizioni di salute ancora non lo permettono, i suoi genitori parteciperanno stasera alla cena di gala annuale dell'Istituzione Ebraica, Per tutto questo tempo Gilad, è restato molto in ombra, fatta eccezione per l'apparizione alla partita di basket del Maccabi a Tel Aviv e l'apertura di un profilo su Facebook. Shalit è stato rilasciato nel mese di ottobre dopo cinque anni di prigionia ad Hamas in cambio di 1.027 prigionieri palestinesi . Nicolas Sarkozy aveva cercato di ottenerne lo libertà, incontrandosi più volte nel corso degli anni con suo padre e sua madre. Gilad che è cittadino francese attraverso i suoi genitori era stato denominato dal presidente francese "figlio di Francia". Nel mese di gennaio Shalit ha inviato una lettera con la quale ringraziava Sarkozy e il popolo francese per gli sforzi fatti nel corso degli anni per accelerare la sua liberazione e per il sostegno che il presidente aveva mostrato sia a lui che alla sua famiglia. "Le sarò per sempre grato per questo straordinario impegno, fermo e senza compromessi - ha scritto Gilad - e sono onorato e orgoglioso che mi abbia difeso come figlio di Francia"

(FocusMO, 8 febbraio 2012)


Erroneamente altri media avevano annunciato che l'incontro di Gilad Sharit con Sarkozy sarebbe avvenuto il mese prossimo.

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Israele vorrebbe una base militare su Cipro

NICOSIA, 9 feb - Israele sarebbe intenzionato a chiedere alla Repubblica di Cipro di dispiegare un numro imprecisato di propri caccia nella base aerea militare Andreas Papandreou nei pressi della localita' di Pafos, sulla costa meridionale dell'isola. Lo riferisce il sito greco-cipriota Sigma.live citando una fonte militare locale che conferma voci che stanno circolando sull'isola da giorni.
Secondo tali voci, la richiesta dello Stato ebraico sara' formalmente avanzata nel corso dell'imminente vista del premier Benjamin Netanyahu a Cipro il 16 e 17 febbraio prossimi, la prima di un capo di governo israeliano su quest'isola mediterranea. Sempre secondo le stesse voci, lo Stato ebraico avrebbe intenzione di utilizzare la base militare su Cipro per poter meglio monitorare e proteggere da li' i nuovi giacimenti di idrocarburi che sta scoprendo al largo delle proprie coste da alcuni mesi a questa parte.

(ANSAmed, 9 febbraio 2012)

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La biblioteca di Gerusalemme mette sul web gli scritti di Newton

GERUSALEMME - Numerosi scritti dello scienziato Sir Isaac Newton sono stati digitalizzati dalla Biblioteca nazionale di Gerusalemme che da oggi li propone al pubblico attraverso il proprio sito internet (web.nli.org.il).
Il cosiddetto 'Progetto Newton' include in particolare composizioni di carattere religioso e teologico, riferimenti storici di vario genere, previsioni sulla fine del mondo e anche appunti di alchimia.
Questi documenti furono acquistati nel 1936 dallo studioso ebreo Avraham Shalom Yehuda in un'asta tenuta da Sotheby's a Londra in cui partecipo' anche l'economista John Maynard Keynes.
Con la morte di Yehuda, i documenti in suo possesso furono consegnati alla Biblioteca nazionale di Gerusalemme che ora ha provveduto a garantire loro la massima divulgazione.

(Blitz quotidiano, 9 febbraio 2012)

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Israele: raggiunta l'intesa tra parti sociali e governo

Dopo una notte d'intense contrattazioni e scadenze prorogate, la Federazione dei lavoratori Histadrut ed il Ministero del Tesoro israeliano, sono sul punto di raggiungere un'intesa e sottoscrivere un compromesso che ponga fine allo sciopero generale, al suo secondo giorno. Secondo un rapporto provvisorio, l'accordo con l'Histadrut contempla due parti: quella riguardante gli impiegati nel settore privato e quella concernente il pubblico impiego.
Il Ministero delle Finanze avrebbe acconsentito ad assorbire una piccola parte di lavoratori a contratto, come gli impiegati a tempo pieno, e ad aumentare salari o fornire incentivi ai dipendenti dei servizi sociali e delle imprese di pulizia. Il contratto con i privati, elaborato in collaborazione con la Federazione delle Organizzazioni economiche israeliane, contempla il passaggio parziale a contratto degli impiegati nel settore pulizie, la modifica del contratto a coloro il cui lavoro ricada direttamente sugli impiegati.

(FocusMO, 9 febbraio 2012)

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Sicurezza alimentare, gemellaggio Italia-Israele

TEL AVIV, 9 feb. - L'Italia fara' da 'consulente' al governo israeliano per il rinnovo della legislazione in tema di sicurezza alimentare e veterinaria. L'accordo e' stato firmato a Tel Aviv e prevede che il ministero della Salute italiano e quello dell'Agricoltura israeliano lavorino fianco a fianco per aggiornare le leggi e le procedure dello stato ebraico nei settori della veterinaria e degli allevamenti, in modo da adeguarle agli standard previsti dall'Unione europea. Leader del progetto, fortemente sostenuto da Bruxelles, sara' la dottoressa Gaetana Ferri. Nel corso della cerimonia di firma, a cui era presente anche l'ambasciatore italiano, Luigi Mattiolo, le autorita' israeliane hanno sottolineato le grandi sfide che la sicurezza alimentare pone a Israele, terra di confine tra continenti e per questo piu' esposta al rischio di epidemie, ma anche terra di modernita' e tradizione, dove sistemi di produzione tradizionali coesistono con quelli all'avanguardia.
Le attivita' di formazione faranno capo al dottor Federigo Santini, referente locale del progetto, e avranno una durata prevista di 18 mesi.

(AGI, 9 febbraio 2012)

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Un breve video per non dimenticare l' Olocausto

di Lorenza Cordovani

USA - Le immagini corrono sulle note vibranti di una musica di un contrabbasso e ci guida nella memoria del pubblico assorto.
La sofferenza negli occhi di chi rivive un passato tragico, di chi è sopravvissuto al dolore alla tragedia si intreccia al lento vibrare di quelle corde, come a voler accompagnare lo spettatore in una forma di trance per poter rievocare una storia che non può e non deve essere dimenticata: la sofferenza degli ebrei durante l'occupazione tedesca, l'orrore dei campi di sterminio, il tentativo di un popolo di annientare un altro popolo.
   E' questa la trama del nuovo geniale lavoro di Cecelia Margulies e di Rav Danny Finkelman, rabbino di Chabad, titolato "Rainbow in the Night", destinato a conquistare il mondo riuscendo a testimoniare tra musica ed immagini, un capitolo drammatico della storia del popolo ebraico.


Il video musicale risponde perfettamente alla carriera artistica di Rav Finkelman. Appassionato di musica sin da ragazzino, diventa uno dei membri fondatori del Coro Miami Boy. Da allora di strada ne ha fatta molta e grande è la sua produzione artistica. Significatica quanto ardita iniziativa, da aggiungere al suo già proficuo curriculum professionale, è la creazione del Coro Sparks, composto principalmente da ragazzi di Yeshivà Darchai Menachem.
   Rav Finkelman, come ogni shliach di Chabad, è un grande credente nella formazione professionale: per insegnare ai ragazzi, utilizza solo maestri di canto e coreografi altamente specializzati. La sua filosofia si basa sull'obiettivo principale di sviluppare il talento e la passione dei giovani allievi su di un insegnamento altamente formativo. E' così che ciascuno dei suoi ragazzi diventa, oltre ad un grande professionista, anche un "emissario" del Rebbe, a cui viene affidato il compito di diffondere la Chassidut con mezzi creativi.
   Il nuovo video "Rainbow in the night", il primo che riesca ad unire emozioni, storia, sofferenze in una grande cinematografia, è stato postato su YouTube, e riuscirà a trasportare lo spettatore indietro, alla Polonia della Seconda Guerra Mondiale per soli brevi 5 minuti, riuscendo ad offrire uno spaccato del passato, del presente e del futuro dei sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale.
   Girato a Cracovia, a New York e nel campo di concentramento di Majdanek "Rainbow in the night" conta un cast di trenta attori e una troupe di venti persone. Il tema musicale cantato dalla bella voce di Yanky Lemmer è stato composto per questo sforzo storico da Marguelis. Il filmato inizia offrendo uno spaccato della Polonia prima della guerra. Guidato dalle note del sottofondo musicale che si intrecciano con scene incalzanti, emozionanti e coinvolgenti, lo spettatore si trova all'improvviso all'interno del campo di sterminio, a cui non può non leggere la disperazione ritratta negli occhi e sui volti dei bambini, delle donne, degli uomini di ogni età, prigionieri nel corpo, ma non nell'anima, di questo destino brutale. Il momento della liberazione è resa con un finale glorioso rappresentato dal più grande trionfo del popolo ebraico contro i Tedeschi: centinaia di bambini corrono incontro alla vita gioiosi e orgogliosi di poter continuare la loro eredità e la loro identità ebraica che i nazisti avevano sperato di estinguere. Rainbow in the Night è una meravigliosa produzione che comprende sia gli orrori della guerra sia l'indiscutibile capacità di recupero e di resistenza che distingue la nazione ebraica.
    Rainbow in the Night, che ha già ottenuto l'attenzione di Reuters, è stato messo in programmazione a dicembre sia a New York che a Gerusalemme.
    I coproduttori di questo progetto sono Rav Leib Geliebter della Fondazione per la Memoria, Direttore Dr. Joseph Geliebter come anche Sigmund Rolat, e Rav Lev Rivkin.
    Con il loro occhio attento al dettaglio e all'autenticità, i produttori di questo clip epico stanno facendo il loro massimo per assicurare che questo importantissimo capitolo degli annali della storia del popolo ebraico resti per sempre impresso nella mente e nei cuori degli ebrei di tutto il mondo.

(Chabad.Italia, 9 febbraio 2012)

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Una start-up contro il terrorismo

di Michele Fronterrè

La storia di successo di alcuni informatici israeliani che mettono a punto un software capace di identificare sulla rete minacce terroristiche, Fraud Sciences. Aquistato da Paypal per 200 milioni di dollari. Leggere per credere (e imparare).


Quella di Fraud Sciences è una storia mediterranea. Locale e globale. È la storia di una start-up tecnologica che crea una competenza codificata, ne fa un vantaggio competitivo e la trasforma in un progetto imprenditoriale capace di attrarre l'interesse della più grande multinazionale del settore.
   Tutto ha inizio là dove tutto ebbe inizio e dove tutto, almeno dicono le scritture, tutto finirà. Siamo in Israele, terra al centro del mediterraneo che ha conosciuto l'isolamento al limite dell'embargo, l'emigrazione al limite della diaspora. Un gruppo di giovani, dopo aver terminato il periodo della loro vita che lo Stato ha chiesto loro prestando il servizio, soldati dell'esercito israeliano, intraprende un'iniziativa imprenditoriale con l'obiettivo di sviluppare una piattaforma software capace di identificare, sulla rete, minacce terroristiche. La minaccia più temibile per lo Stato d'Israele e, oggi, per l'Occidente tutto. L'iniziativa capitalizza quelle conoscenze che Shvat Shaked e i suoi amici e soci hanno appreso durante il servizio di leva dove la prevenzione, attraverso i più sofisticati metodi e le più avanzate tecniche di intelligence, è l'arma di difesa più efficace per garantire la sicurezza di milioni di innocenti.
   Alcune decine di giovani informatici mettono a punto, in pochissimo tempo, la piattaforma. A Shvat, che è il leader pur non portando su di sé i caratteri del tecno-manager rampante e baldanzoso, si presenta l'occasione, un promettente elevator pitch. Ha la possibilità di presentare la sua società all'Ing. Thompson, presidente di PayPal che, con 18 miliardi di dollari di fatturato, è la più grande piattaforma di acquisti on-line del pianeta.
   L'elevator pitch è il termine che nelle aule dove si tengono i corsi dei Master in Business Administration indica il carpe diem. E se il buon Machiavelli nel Principe ci ammoniva del fatto che la fortuna lascia solo il 50% del destino dell'uomo al suo libero arbitrio, tale percentuale ha da assottigliarsi parecchio durante un elevator pitch. Tant'é.
   Il corso degli eventi, per quanto uno si possa strutturare, farsi voce di una scaletta che mette a fuoco i plus, che riassume la SWOT indicando revenues, roi ed ebitda, va un po' come deve andare. In pochi secondi uno è quello che sembra, quello che le poche parole, sulle esili spalle delle sfumature, informazioni, significati, riescono a portare al destinatario.
   Quando Shvat sintetizzò la mission della Fraud nella capacità, attraverso una piattaforma di sicurezza informatica, di discernere la brava gente dalla cattiva gente, Thompson dovette pensare ad uno scherzo che la Benchmark Capital, consorella di PayPal, aveva ordito nei suoi confronti proponendogli quell'incontro. Thompson seppe tenere a freno l'irritazione e chiese al suo giovane interlocutore, con l'aria di chi ti sta concedendo l'ultima possibilità, dove avessero imparato a farlo. Shvat con prontezza e calma rispose: "Dando la caccia ai terroristi".
   Thompson capì che doveva concedere al giovane Shvat dell'altro tempo e venne al punto: "Quante transazioni avete analizzato?" Shvat aveva condotto il suo importante elevator pitch dalla sua parte, aveva l'occasione di parlare della sua creatura. E buttò sul tavolo le cifre. Quarantamila transazioni in cinque anni, solo quattro errori commessi. Cifre cui Thompson stentava a credere ma che valsero a Shvat l'opportunità di essere messo alla prova. Thompson fece inviare dai suoi tecnici un estratto di transazioni degli archivi della PayPal. Shvat e i suoi li avrebbero analizzati e confrontato i risultati ottenuti con quelli ottenuti dagli algoritmi su cui due mila tecnici della PayPal avevano lavorato decenni. Un'impresa che stanca solo descriverla.
   Inutile dire come andò a finire, Fraud Sciences disponeva di una piattaforma molto più efficace di quella di PayPal. Gli errori che il sistema di Shvat e compagni commetteva erano inferiori di circa il 20% a quelli commessi dal sistema adottato da PayPal. In altre parole, il sistema di PayPal era troppo conservativo il che si traduceva nella perdita di clientela che veniva esclusa dal sistema perché giudicata erroneamente non affidabile dal sistema.
   C'era il vantaggio competitivo, c'era l'opportunità e Thompson la colse. PayPal comprò la Fraud con una valutazione di 200 milioni di dollari.
   Questa storia di business ci da molte lezioni. La prima: quanto sia importante l'identità e il codice genetico di un' iniziativa. Di come le competenze che nascono per risolvere un problema, dai connotati spiccatamente tipici e locali, possano costituire quel vantaggio competitivo che conduce al successo globale. Pensate, rimanendo in Israele, al kibbutz o al caso Nokia nella penisola scandinava, dove la bassa concentrazione demografica fece da grimaldello all'esplosione del fenomeno della telefonia mobile.
   Secondo: quanto sia importante l'internazionalizzazione. Quanto sia alla base del successo, oggi, in particolare oggi, il concentrarsi su prodotti e/o servizi che siano nella propria natura fatti per essere venduti sul mercato globale, fuori da qualsiasi logica autarchica. Terzo, di come la leva della sicurezza sia oggi, in questa fase di forte rarefazione della domanda in un po' tutti i settori del commercio, la leva di politica economica più efficace.
   E' ovvio che Israele per dimensioni, storia, e infinite altre ragioni non è assimilabile all'Italia. E' vero che un paese come l'Irlanda, che si è ispirato al modello israeliano, non è poi riuscito, se non nel breve periodo, a riprodurne le dinamiche così favorevoli.
   Ma è altrettanto vero che il programma che l'Italia aveva intrapreso alla fine degli anni novanta, quello di avviare un settore fatto di imprese ad alto contenuto di tecnologia e conoscenza, alla stregua della Silicon Valley, non è stato completo in quanto continua a mancare un termine della filiera. Quello rappresentato dai Venture Capital, i portatori di capitale di rischio. Il programma, messo a punto dal governo israeliano, denominato Yozma, potrebbe fornire al governo Monti qualche spunto.


Michele Fronterrè, siciliano, laureato in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Torino 10 anni fa. Nel 2007, ha co-fondato presso I3P, l'acceleratore d'imprese del Politecnico di Torino, Ingenia, una start-up che opera nel mercato dell'uso razionale dell'energia. Dalla fine dello stesso anno si occupa anche dello sviluppo commerciale di Cantene, società sempre all'interno di I3P che si occupa di servizi di ingegneria quali l'analisi, mediante l'utilizzo di simulazioni numeriche, di fenomeni d'incendi in spazi confinati.

Ha scritto "Imprenditori d'Italia, storie di successo dall'Unità a oggi" (Edizioni della Sera, 2010)

(formiche, 9 febbraio 2012)

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Basket Eurolega: stasera Maccabi Tel Aviv - Bennet Cantù

di Sonia Di Tommaso

Questa sera alle 20.00 sarà la volta della Bennet Cantù, che sfiderà alla Nokia Arena di Tel Aviv il Maccabi Electra, per la quarta giornata della Top 16 di Eurolega. Le due formazioni si rincontrano a una settimana di distanza dalla sconfitta al Paladesio degli israeliani per 82 a 74 grazie a una fantastica prova di squadra in cui sono spiccati Vladimir Micov, autore di ben 17 punti, e Gianluca Basile con 14 punti. Miglior marcatore per la formazione di Tel Aviv è stato invece lo statunitense Keith Langford con 16 punti.

- Trinchieri: "Non abbandoniamo il sogno"
  "Con la grande vittoria di settimana scorsa a Desio - afferma il coach della Bennet, Andrea Trinchieri - ci siamo guadagnati le possibilità di mantenere intatte le nostre chance di raggiungere i playoff. Il Maccabi non può perdere domani, perciò dobbiamo trarre vantaggio dalla pressione che graverà su di loro. La chiave del match sarà muovere la palla in attacco per trovare buoni tiri contro la loro zona match- up e, in difesa, limitare l'impatto dei loro lunghi. Abbiamo fatto un buon lavoro a Desio, so perfettamente che ripetersi sarà difficile, ma non vogliamo abbandonare il nostro sogno".

- Micov: "Calma e fisicità"
  "Andiamo a Tel Aviv- commenta l'esterno della Bennet, Vladimir Micov - con l'obiettivo di giocarci le nostre chance di vincere in trasferta. Il Maccabi metterà in campo la massima aggressività in difesa e vorrà trarre vantaggio dal pubblico della Nokia Arena. La calma sarà la prima cosa da mantenere per restare in partita. La seconda qualità importante che dovremo avere sarà la capacità di rispondere alla loro fisicità. Stiamo lavorando con grande concentrazione in questi allenamenti dopo la brutta prestazione in campionato contro Venezia. Vogliamo una rivincita e vogliamo continuare il nostro cammino in Eurolega: per fare questo abbiamo bisogno di una grande partita a Tel Aviv".

(DotBasket.it, 9 febbraio 2012)

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Israele non deve inchinarsi al Vaticano

di Giulio Meotti

- Lo Stato di Israele non deve cedere la sua sovranità sui luoghi sacri di Gerusalemme
  Israele ha raggiunto un accordo con il Vaticano, secondo il quale rinuncerebbe a una parte della sua sovranità sulla " Sala del Cenacolo ", situata sul Monte Sion a Gerusalemme. Così il Vaticano ne avrà la proprietà assoluta: Israele è d'accordo a dare un trattamento preferenziale al Vaticano in materia finanziaria e diritto di accesso. E' stata la conclusione di una lunga trattativa da parte della Chiesa Cattolica Romana per ricuperare la gestione religiosa sul luogo in cui Gesù spezzò il pane e bevve il vino con gli apostoli alla vigilia della sua crocifissione, e dove lo Spirito Santo discese sugli apostoli nel giorno di Pentecoste.
La Sala è il terzo dei luoghi più sacri per la Cristianità, dopo il Sepolcro a Gerusalemme, eretto sulla tomba di Cristo, e la Basilica della Natività a Betlemme, in cui nacque Gesù.
Qualche mese fa, il cardinale Jean-Louis Tauran, capo del Concilio Vaticano per il Dialogo Inter-religioso, avanzò la richiesta di porre il sacro sito israeliano sotto l'autorità del Vaticano. Il problema è che questo è anche il sito della Tomba di Davide, un complesso di edifici di 10.000 metri quadrati dove sono sepolti Davide e Salomone, e i Re ebrei di Giudea. Ecco perché l'accordo costituisce una triste resa da parte di Israele agli sforzi del Vaticano di "cristianizzare" il luogo sacro, come quando fu costruito un convento cattolico ad Auschwitz. Nel 1989 il rabbino americano Avi Weiss protestò contro la decisione del Vaticano di costruire il convento nel campo di sterminio, a pochi passi dalla recinzione di filo spinato e dalle torri di guardia dei nazisti, per di più al centro era prevista una croce di legno alta 7 metri. Weiss con altri dettero vita ad una protesta scavalcando i muri del convento e suonando lo shofar. Gli operai cattolici che lavoravano sul sito reagirono lanciando secchi di vernice e acqua contro i dimostranti e li spinsero fisicamente via. Succederà anche sul Monte Sion?

- Dite loro NO
  La direzione della Yeshiva Diaspora, sul Monte Sion fin dal 1967, riferisce che il Vaticano vuole trasformare la Sala del Cenacolo in luogo di pellegrinaggio per centinaia di migliaia di cattolici e officiarvi messe. In effetti, già durante la sua visita in Israele nel 2000, Papa Giovanni Paolo II celebrò una messa nella Sala del Cenacolo. Il Papa sapeva che il sito ha una posizione strategica, essendo molto vicina al Monte del Tempio e adiacente alle mura della Città Vecchia.
Il Vaticano vuole che Israele rinunci anche alla sovranità sul Muro Occidentale e sul Monte del Tempio. La Santa Sede usa l'espressione " Conca Santa" riferendosi all'area del Monte del Tempio, del Monte degli Ulivi, del Monte Sion e di una varietà di luoghi sacri al cattolicesimo. Anche diversi governi americani avevano proposto un'amministrazione a "regime speciale".
Israele non deve inchinarsi al Vaticano, dato che lo stato ebraico è già impegnato nel proteggere in modo eccellente i siti sacri di tutte le religioni, garantendo il diritto al culto di tutte le fedi. E invece di dire "giù le mani, Gerusalemme non è in vendita", il governo israeliano ha accettato la richiesta di pagamento del Vaticano.
In futuro questo gesto potrebbe incrementare le tensioni tra ebrei e l'immenso patrimonio del Vaticano. La Santa Sede da lungo tempo ha intessuto trame per ridurre i diritti ebraici, a Gerusalemme e nella Città Vecchia. Ora, dopo che l'autorità musulmana del Waqf ha espulso i cristiani dal sito e l'ha trasformato in moschea, è il turno del Vaticano ad allungare le sue mani sulla Gerusalemme ebraica.
Lo scopo è assicurarsi che nessun ebreo metta più piede nel cuore di Gerusalemme, com'era prima del 1967.
Israele, dì loro di no, con la N cubitale.

(Informazione Corretta, 9 febbraio 2012)

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Tre donne leader dell’opposizione a Netanyahu

GERUSALEMME, 8 feb - Nella Knesset è sempre più al femminile l'opposizione a Benyamin Netanyahu (Likud) con la elezione - avvenuta la scorsa notte - della parlamentare Zahava Galon alla guida del partito della sinistra sionista Meretz (tre deputati su 120). Galon - che sostituisce Haim Oron, giunto al termine del mandato - ha ricevuto il 60 per cento dei voti del congresso del partito, che in passato fu guidato da personaggi di prestigio come Shulamit Alloni e Yossi Sarid. La Galon va così ad affiancarsi ad altre due protagoniste della opposizione: Shelly Yehimovic, che di recente ha espugnato la guida dei laburisti, e Tzipi Livni, leader dei centristi di Kadima. Per quest'ultima, tuttavia, le prossime settimane saranno ricche di incognite nella imminenza delle elezioni primarie indette su insistenza del suo maggiore rivale nel partito, l'ex ministro della Difesa Shaul Mofaz.

(ANSAmed, 8 febbraio 2012)

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Israele sperimenta l'Energy Harvesting System

Un dispositivo dell'Istituto di Ricerca Technion e della società Innovatech. Posizionando dei dispositivi piezoelettrici sotto il manto stradale Israele ha calcolato l'efficienza del nuovo dispositivo energetico green

  
Partendo dalla consapevolezza che il passaggio, il movimento, genera energia, l'Istituto di Ricerca Technion e la società Innovatech hanno dato vita ad un innovativo accumulatore di energia, l'Energy Harvesting System, in grado di raccogliere la potenza generata dal passaggio delle vetture sul manto stradale.
L'invenzione, che permette di produrre energia a basso impatto ambientale, riesce a sfruttare sia il passaggio dei veicoli a motore sia il passaggio delle biciclette, dei pedoni sui marciapiedi, dei treni sui binari, dei clienti nei centri commerciali e negli aeroporti. Il sistema, che si basa sul posizionamento di dispositivi piezoelettrici che convertono l'energia meccanica in elettricità, è stato ideato e realizzato in Israele, dove sono stati effettuati i test che ne hanno confermato l'efficienza.
I dispositivi piezoelettrici, posizionati 3 cm sotto l'asfalto hanno bisogno di un ulteriore spazio al di sotto per poter lavorare e sono collegate mediante appositi cavi agli accumulatori localizzati ai lati della carreggiata. Gli accumulatori che immagazzinano la potenza permetteranno poi di utilizzare l'elettricità per le esigenze di sicurezza stradale, per l'illuminazione o per emergenze contingenti e limitrofe.

(Rinnovabili.it, 8 febbraio 2012)

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Secondo una ricerca israeliana il dolce a colazione aiuta a dimagrire

ROMA, 8 feb. - Concedersi una fetta di torta al cioccolato, un muffin o qualche biscotto a colazione è utile a perdere peso. E aiuta anche gli aspiranti magri a tenere lontano l'effetto yo-yo, evitando cioè di riacquistare i chili persi. Lo rivela una ricerca di un team della Tel Aviv University, secondo cui una colazione da 600 calorie ma bilanciata, che includa proteine e carboidrati insieme a una golosità, può aiutare le persone a dieta a dimagrire.
La chiave di questa strategia sta nel fatto di concedersi il dolce al mattino, quando il metabolismo è più attivo e siamo più facilmente in grado di 'bruciare' le calorie extra durante il giorno, spiega Daniela Jakubowicz, responsabile del team di ricerca. Invece, eliminare del tutto i dolci può favorire alla lunga una sorta di diopendenza psicologica da questi alimenti, ammonisce la ricercatrice. Nello studio, pubblicato su 'Steroids', 1.092 obesi non-diabetici sono stati seguiti per 32 settimane e randomizzati in due gruppi: la metà ha aggiunto alla colazione un dolce (biscotti, torta o cioccolato), gli altri no. Per il resto tutti seguivano la stessa dieta: gli uomini consumavano 1.600 calorie al giorno, le donne 1.400.
Gli extra-large del primo gruppo facevano una ricca colazione da 600 calorie, gli altri una più 'light' (300 calorie). Risultato, i primi hanno perso in media più peso, e sono riusciti a evitare di riaccumulare chili più a lungo. A metà dello studio infatti ognuno aveva perso in media 15 kg, ma alla fine i risultati sono stati molto diversi: i soggetti del gruppo 'colazione ricca' erano ulteriormente dimagriti (quasi 7 kg a testa), mentre gli altri avevano ripreso circa 10 kg. Il pasto della mattina fornisce l'energia per compiere le azioni della giornata, aiuta il funzionamento cerebrale e 'sveglia' il metabolismo. Insomma, dicono i ricercatori, è cruciale per perdere peso e non ingrassare di nuovo. Inoltre, conclude la ricercatrice, proprio la colazione è il pasto più efficace nel regolare la grelina, l'ormone della fame

(Adnkronos Salute, 8 febbraio 2012)

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Presidenziali francesi. Nicolas Sarkozy gioca la carta Gilad Shalit

Fonti vicine all'Eliseo hanno confermato che Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano che per 5 anni è stato prigioniero dei guerriglieri palestinesi di Hamas, sarà l'invitato di Nicolas Sarkozy il mese prossimo a Parigi.
L'abile mossa elettorale di un presidente uscente che fatica ad affermarsi nei sondaggi, scrive il sito d'informazione JSSNews.com: "Quando Shalit era stato liberato, nell'ottobre 2011, il presidente Sarkozy aveva promesso che lo avrebbe ricevuto all'Eliseo.
In difficoltà nei sondaggi e criticato dalla comunità ebrea e dalla comunità franco-israeliana per le sue recenti posizioni nei confronti di Israele, Nicolas Sarkozy potrebbe tentare di rifarsi un'immagine con la visita di Gilad Shalit.
Dopo il voto della Francia a favore dell'entrata della Palestina nell'Unesco e dopo le controverse dichiarazioni sul significato di "Stato ebraico", Sarkozy è stato bersagliato da una dura contestazione da parte di diverse personalità e intellettuali franco-israeliani o vicini alla comunità ebraica.
L'annuncio ufficiale dell'arrivo a Parigi di Shalit dovrebbe essere dato la sera di mercoledì 8 febbraio, durante l'annuale cena di gala della comunità ebrea in Francia."

(TICINOlive, 8 febbraio 2012)


Per troppe persone, anche israeliane, Gilad Shalit è stato soprattutto una carta. Non sarà bello per lui un giorno rendersene conto.

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Il duello per l'isola

di Daniel Pipes

Vi dice qualcosa il nome Kastelorizo-Castelrosso? È la prima volta che lo sentite qui. Si tratta della più lontana isola della Grecia, situata nell'estrema parte orientale del suo territorio, a 80 miglia da Rodi, a 170 miglia a ovest di Cipro, ma si trova a solo un miglio dalla costa turca.
   Kastelorizo è piccola, visto che consta di soli 9 kmq e di alcune isole disabitate ancora più piccole. I suoi 430 abitanti sono di molto diminuiti, se si pensa che alla fine del XIX secolo ammontavano a 10.000. La guida di viaggio Lonely Planet l'ha scelta come una delle quattro migliori isole greche (tra le migliaia) per le immersioni e lo snorkeling. Non ci sono mezzi di trasporto pubblici dalla vicina Anatolia, solo dalla lontana Rodi, in aereo o in traghetto.
   Il fatto che Atene controlli questo lembo di terra implica la possibilità (ma non è ancora successo) che la Grecia rivendichi una zona economica esclusiva (Zee) nel Mediterraneo che riduca la Zee turca a una frazione di quello che sarebbe se l'isola fosse sotto il controllo di Ankara, come evidenziato dalle carte geografiche riprodotte dal quotidiano cipriota I Simerini. La cartina in alto mostra la Grecia che rivendica la sua Zee di 200 miglia nautiche (indicata dalla freccia rossa); quella in basso mostra la Zee greca priva di Kastelorizo (indicata dalla freccia bianca).
   Se Atene rivendicasse l'intera Zee, la presenza di Kastelorizo renderebbe la sua zona economica esclusiva contigua a quella cipriota, un fattore di grossa importanza ora, in un momento di rilevanti scoperte di immensi giacimenti di gas naturale e di petrolio in mare aperto. Kastelorizo con una zona economica esclusiva avvantaggia l'emergente alleanza tra la Grecia, Cipro e Israele rendendo possibile trasportare il gas naturale cipriota e israeliano (attraverso gli oleodotti) o l'energia elettrica (via cavo) verso l'Europa Occidentale senza il permesso turco. Ciò ha assunto un'urgenza speciale dal 4 novembre scorso, quando il ministro turco per l'energia, Taner Yildiz, ha annunciato che il suo governo non permetterebbe il transito di gas naturale israeliano in territorio turco; Ankara probabilmente vieterà anche le esportazioni cipriote. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan e i suoi colleghi del partito al potere Akp accettano il controllo greco di Kastelorizo e le sue sei miglia nautiche di acque territoriali, ma niente di più, e di certo non i suoi pieni diritti a una Zee. Infatti, ai loro occhi, la rivendicazione greca di una zona economica esclusiva costituisce un casus belli. Per neutralizzare Kastelorizo, Ankara può avanzare pretese su un'ampia area economica nel Mediterraneo e bloccare la cooperazione tra i suoi avversari. Ed è per questo che l'isola potrebbe diventare un punto caldo.
   Diversi sviluppi denotano delle intimidazioni da parte dell'Akp alla Grecia in merito a Kastelorizo. Innanzitutto, nel mese di settembre, il partito ha autorizzato una nave da ricerca norvegese, la Bergen Surveyor, accompagnata da un'altra imbarcazione, ad avviare delle prospezioni di gas naturale e petrolio a sud di Kastelorizo e nella piattaforma continentale dell'isola. In secondo luogo, navi da guerra turche hanno svolto attività di addestramento con l'uso di munizioni da guerra tra Rodi e Kastelorizo. E per finire, aerei militari turchi hanno sorvolato senza permesso Kastelorizo per ben quattro volte nel 2011, talora a quota molto bassa con velivoli di ricognizione.
   Questa bellicosità s'inserisce in uno schema più ampio. Il governo dell'Akp, specie da quando ha assunto il pieno controllo delle forze armate alla fine del luglio scorso, ha mostrato una crescente ostilità verso Cipro, Israele, la Siria e l'Iraq. Inoltre, Ankara nega da tempo a Cipro di avere una propria zona economica esclusiva, così facendo la stessa cosa nei confronti di Kastelorizo segue una politica consolidata. Infatti, la brutale conquista turca a suon di napalm (nel 1974) del 36 per cento di Cipro Nord costituisce un precedente per impossessarsi del territorio della vicina isola. Prendere Kastelorizo richiederebbe più o meno lo stesso tempo necessario per leggere questo articolo.
   Finora, le risposte all'accresciuta aggressività turca nel Mediterraneo si sono concentrate sulla necessità di scoraggiare i finti attacchi turchi verso le riserve di gas naturale e petrolio nella zona economica esclusiva cipriota, con flotte e dichiarazioni da parte di Stati Uniti e Russia che appoggiano il diritto della Repubblica di Cipro a sfruttare le proprie risorse economiche.
   Il presidente cipriota Christofias ha avvisato che se Ankara persiste con la sua diplomazia del pugno di ferro «ci saranno conseguenze che, di certo, non saranno buone». Il viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha detto ai greci che «se qualcuno cerca di sfidare queste trivellazioni, noi affronteremo quelle sfide» e il suo governo ha rafforzato la sicurezza non solo per i propri ambiti marittimi, ma anche per le zone di trivellazione nelle acque cipriote. In almeno un'occasione, gli aerei da guerra israeliani hanno affrontato le navi turche. Questi chiari segnali di fermezza sono graditi.
   Come l'Unione europea spinge la Grecia a eseguire delle trivellazioni alla ricerca di idrocarburi per trovare nuove fonti di reddito, dovrebbe anche appoggiare Atene nel rivendicare una propria zona economica esclusiva, non ammettere che l'Akp pianti grane nei confronti di Kastelorizo e dovrebbe indicare chiaramente le terribili conseguenze per la Turchia di ogni azione permiciosa verso un'isola ora felicemente famosa per le immersioni e lo snorkeling.

(Liberal, 8 febbraio 2012 - archivio italiano di Daniel Pipes)

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Tv sui tetti di Israele per i missili dall’Iran

A Tel Aviv, in caso di guerra fra i due paesi

TEL AVIV, 8 feb - A Tel Aviv alcune reti televisive statunitensi, asiatiche ed europee si sono gia' assicurate il permesso di piazzare le proprie telecamere sui tetti di grattacieli, per avere le immagini migliori in caso di un attacco iraniano dal cielo. Lo scrive il giornale economico israeliano Globes. I loro staff hanno avuto istruzione di raccogliere informazioni sui rischi di una missione in Israele se il paese fosse sottoposto a bombardamenti e sulle localita' maggiormente protette.

(ANSA, 8 febbraio 2012)


Lo spettacolo è spettacolo. E vedere in diretta missili che piovono dal cielo sulle teste degli uomini dev’essere uno spettacolo elettrizzante. Il fatto poi che quegli uomini sarebbero ebrei israeliani renderebbe a molti lo spettacolo ancora più affascinante. Hanno provato quelle reti televisive statunitensi, asiatiche ed europee a fare un contratto simile in Iran?

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Sciopero generale blocca aeroporti, porti, banche e mercati azionari

GERUSALEMME, 8 febbraio - Il più grande sindacato israeliano ha proclamato uno sciopero che oggi sta provocando la chiusura di aeroporti, porti, banche e mercati azionari, dopo il fallimento dei negoziati col governo sullo status dei lavoratori assunti da imprese di subappalto.
La federazione sindacale Histadrut, che rappresenta centinaia di migliaia di lavoratori del pubblico impiego, ha detto che lo sciopero - che secondo stime provocherebbe un danno economico di circa 500 milioni di dollari al giorno - riguarda anche le ferrovie, la Banca d'Israele e gli uffici governativi.
"Questo sciopero non solo non è necessario, ma danneggia il mercato, l'economia e i cittadini d'Israele", ha detto a Radio Israele il ministro delle Finanze Yuval.
La federazione delle camere di commercio ha presentato una richiesta d'ingiunzione contro lo sciopero che però è stata bocciata ieri dall'Alta corte.
Histadrut vuole che il governo assuma direttamente circa 250.000 lavoratori in subappalto - dalle guardia di sicurezza al personale delle pulizie - le cui condizioni di lavoro attuali sono peggiori degli impiegati governativi.
Il ministero delle Finanze ha risposto di non potere assumere così tante persone ma ha offerto in cambio di aumentare loro il salario di almeno il 20% concedendo anche più ferie.
Oggi governo e sindacato dovrebbero incontrarsi nuovamente alle 13 ora italiana per cercare di riprendere le trattative.

(Reuters, 8 febbraio 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Già altre volte, nel passato, Fatah e Hamas hanno annunciato di essersi messi d'accordo tra di loro, passo questo giudicato da molti necessario se vogliono aspirare a poter gestire un eventuale futuro Stato palestinese. Nell'accordo ufficializzato ora il presidente del Fatah Abu Mazen dovrebbe sostituire il primo ministro Fayyad e portare i palestinesi alle elezioni (entro maggio?). Molti commentatori osservano tuttavia che in questa nuova situazione sarà proprio Abu Mazen a rimetterci, mentre Hamas non farà nessuna concessione ai suoi rivali dentro la Striscia. Ne parla, tra gli altri, Fulvio Scaglione su Avvenire, e non dimentica di definire questo accordo come un matrimonio di interessi, considerando l'attrattiva del miliardo di euro che arriva ogni anno nelle mani dei governanti palestinesi. Peccato che, a mio parere, il commentatore sbagli quando scrive che i dirigenti palestinesi devono "riportare la questione dei palestinesi al centro di un'agenda internazionale intasata", e quando accusa Netanyahu di firmare più spesso accordi con Hamas (caso Shalit) che con Fatah.
   Ne parla anche un editoriale del Financial Times che sbaglia anch'esso quando scrive che Hamas avrebbe accettato, nel 2007, di riconoscere lo Stato di Israele e le linee del '67, e quando illude i suoi lettori parlando di voci moderate, e quindi da incoraggiare, all'interno di Hamas. Interessante come sempre, e anche divertente da leggere, l'articolo di Giulio Meotti (il secondo di una serie che sta uscendo sul Foglio) dedicato a Meir Dagan, fino ad un anno fa capo del Mossad; nel 2000 si pensava che entro tre anni l'Iran si sarebbe dotato della bomba nucleare, ma forse proprio grazie alle azioni dei servizi segreti (virus informatici, uccisioni mirate, strani incidenti), la bomba non c'è ancora. Meotti fa una accurata carrellata di tante azioni portate a termine dal Mossad, ma rimane il dubbio, forse presente anche nella testa di Netanyahu, se queste basteranno per impedire, e non solo per ritardare, la costruzione della bomba iraniana.
   A Damasco è arrivato il ministro degli Esteri della Russia, accompagnato dal capo dei servizi segreti esteri; ne parlano tutti i quotidiani, e Franco Venturini sul Corriere osserva che la Russia, che deve a tutti i costi difendere la propria unica base mediterranea, ha capito che questo è il momento propizio per sfruttare il declino del ruolo degli USA in Medio Oriente. Mentre il rais Assad continua a portare avanti la sua politica di morte accompagnata da vuote promesse e da bugie alle quali più nessuno crede (finalmente, ma perché proprio adesso? ndr), sua moglie Asma rompe un lungo silenzio scrivendo una lettera al londinese Times nella quale assicura di essere impegnata a "costruire dialoghi e ponti", e ad "aiutare le famiglie delle vittime". Ne parla Cecilia Zecchinelli sul Corriere, osservando che tutte le cause che Asma appoggiava in passato erano, in realtà, pura e semplice pubblicità.
   Lorenzo Trombetta, su Europa, annuncia che presso il Tribunale dell'Aja sono finalmente pronte le prove (partite dalle verifiche delle telefonate fatte coi cellulari) che collegano Hezbollah non solo alla morte dell'ex primo ministro libanese Hariri, ma a quelle di altri politici libanesi colpevoli di opporsi alla pax siriana ed al predominio paramilitare del movimento sciita. Nei prossimi giorni se ne saprà probabilmente di più. Ad un lettore che lo interroga sulle ambiguità della risoluzione ONU No 242 del '67 (ritiro dai o da territori occupati?), Romano risponde con una panoramica su altre ambiguità che hanno coinvolto l'Italia coloniale quando firmava i suoi accordi in Abissinia. Avrebbe fatto meglio a non dimenticare di ricordare le offerte fatte da Israele di restituire i territori conquistati, offerte che furono respinte dai paesi arabi coi tre ben noti NO di Khartoum. Ancora una volta, e dispiace doverlo osservare, i lettori del Corriere non sono stati correttamente informati da Sergio Romano.
   Sempre sul Corriere si trova una breve lettera scritta da Moni Ovadia a difesa del vignettista Vauro (e di se stesso); scrive Ovadia che Vauro non avrebbe "mostrificato il naso della giornalista ebrea", e bene gli risponde Battista (il quale, va ricordato, fu il primo a denunciare la sentenza del tribunale italiano che condanna Caldarola) definendo "puerile" e "grossolano" il modo in cui Ovadia nega la realtà. Per fortuna esistono ancora delle firme come quella di Pierluigi Battista. Interessante e preciso Giuliano Zincone che sul Foglio spiega che il negazionismo non può essere considerato un reato d'opinione, e non gli si deve permettere di diventare uno strumento di pura propaganda. Preoccupa infine la lettrice che scrive al Fatto Quotidiano dichiarandosi infastidita per il monopolio della Shoah rispetto ai tanti Olocausti dimenticati, in primis quello della cattolicissima popolazione polacca. Le risponde bene Furio Colombo, ma bisogna riflettere su quanto è scarsa la conoscenza dei fatti anche tra coloro che leggono i giornali (ma sarà poi solo scarsa conoscenza?).

(Notiziario Ucei, 8 febbraio 2012)

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Meis: nuova convenzione tra Comune di Ferrara e Fondazione

Accordo per assicurare alla Fondazione l'operatività necessaria per le attività del Museo dell'Ebraismo

Punta a garantire il proseguimento della collaborazione fra il Comune di Ferrara e la Fondazione del Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah la nuova convenzione che stabilisce compiti e oneri delle due parti fino al prossimo 31 dicembre.
L'accordo, che segue i precedenti sottoscritti a partire dal 2009, intende in particolare assicurare alla Fondazione l'operatività necessaria per la conduzione delle proprie attività, in attesa della costituzione di una propria organizzazione autonoma.
L'Amministrazione comunale si impegna per questo a mettere a disposizione del Meis proprie strutture, strumenti e risorse umane, a fronte di un rimborso spese forfetario.

(estense.com, 8 febbraio 2012)

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Immigrati clandestini. Mega-centro di detenzione

Le autorità israeliane hanno approvato un piano per la costruzione di un centro di detenzione per immigrati clandestini al costo previsto di 250 milioni di shekel, pari a 51 milioni di euro. Il ministero della Difesa ha precisato che l'edificio sarà costruito nel sud del Paese e diventerà operativo a partire da metà anno. Inizialmente potrà accogliere 3mila persone, a pieno regime circa 11mila.
Israele sta innalzando una gigantesca barriera di sicurezza lungo i 240 chilometri di confine con la penisola egiziana del Sinai e si accinge a costruirne un'altra dello stesso genere alla frontiera giordana, altri 238 chilometri.
Secondo i dati del governo israeliano, 16.816 africani sono entrati illegalmente in Israele dall'Egitto nel 2011.

(immigrazione.aduc, 8 febbraio 2012)

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Festività di Tu Bishvat 5772 (8 febbraio 2012)

Tu BiShvat (o Rosh Hashana Lailanot) è una festività anche chiamata Capodanno degli alberi. Il nome della festività significa 15 del mese di Shevat, ovvero il giorno centrale del mese ebraico di Shevat.

Quest'anno 2012 (5772), la festività cade l'8 febbraio (vigilia 7 febbraio).

- L'origine di Tu-bishvat
  Anche quest'anno, all'inizio dell'estate, dovremo, nostro malgrado, fare la nostra dichiarazione dei redditi. E lo faremo raccogliendo tutta la documentazione di quanto abbiamo guadagnato e speso nell'anno precedente, dal 1 gennaio al 31 dicembre. Ciò che sta prima e dopo queste date non conta. Conta solo l'anno fiscale, che comincia e finisce in momenti precisi.
   Per quanto possa sembrare strano, la ricorrenza del Tu-bishvat, 15 del mese di Shevat, è strettamente legata al concetto di anno fiscale. Anche nell'antica società ebraica si pagavano le tasse, e questo certo non sorprende. Il calendario era diviso in cicli di sette anni, e in ogni anno bisognava prelevare una "decima" sul prodotto agricolo. La "prima decima" spettava ogni anno ai Leviti. Sul prodotto che rimaneva dopo il prelievo si applica una seconda decima; nel primo, secondo, quarto e quinto anno questa decima rimaneva al produttore, ma con l'obbligo di consumarla (direttamente o nel suo equivalente valore economico) a Gerusalemme; nel terzo e sesto anno veniva invece versata ai poveri. Si noti per inciso come l'entità di queste tasse fosse molto più modesta di quelle che ci impone uno stato moderno.
   Era quindi importante stabilire a quale anno appartenesse un certo prodotto; se ad esempio era del secondo anno, rimaneva al produttore con l'obbligo di portarlo a Gerusalemme, se era dell'anno dopo doveva essere dato ai poveri. Ma come si faceva a valutare se un prodotto era di un certo anno? E ancora: la Torà proibisce di mangiare i frutti prodotti nei primi tre anni di vita di un albero ('orlà): ma come si calcola l'età di un albero e di un frutto? È necessario stabilire delle date di inizio dell'anno, che sono strettamente legate al ciclo agricolo. Come capodanno per la frutta prodotta dall'albero viene considerato il momento d'inizio della formazione di gemme, dopo la pausa invernale. Ogni frutto che è nato (o che ha iniziato a maturare, secondo alcune opinioni) prima della data stabilita come capodanno, appartiene all'anno precedente, se è nato dopo è dell'anno in corso.
   Nel clima della terra d'Israele il capodanno (fiscale) degli alberi è strettamente legato al momento in cui la maggior parte delle precipitazioni piovose (che avvengono quasi totalmente in autunno e in inverno) sono passate. La Mishnà (la prima del trattato di Rosh haShanà) indica quali sono i diversi capi d'anno del calendario ebraico e riferisce, a proposito degli alberi, una divergenza tra la scuola di Shammai e quella di Hillel; i primi fissano il capodanno al 1 di Shevat, i secondi al 15. La regola, come sappiamo , segue l'opinione di Hillel, quindi si inizia il 15. Ma se si tratta di una data legata al flusso delle piogge, è difficile capire i motivi del dissenso tra le due scuole. Uno studio recente, basato sui dati attuali di piovosità - che si presume non si discostino molto da quelli di duemila anni fa -, spiega che in Eretz Israel esistono fasce climatiche molto differenti; in tutta la pianura costiera le piogge maggiori terminano alla data fissata da Shammai, mentre nelle colline della Giudea e a Gerusalemme in particolare la data è spostata avanti di 15 giorni. Questo significa in pratica che noi fissiamo il calendario fiscale degli alberi in base al clima di Gerusalemme.
   Quando si parla di tasse e ancora di più quando si pagano non si è molto allegri e in linea di principio non si capisce perché, dopo tutto, Tu-bishvat sia diventata una piccola festa. Per questo ci sono diverse spiegazioni. Intanto le tasse non si pagano a Tu-bishvat, ma a raccolto avvenuto; quando si celebra un capodanno, quale che sia, si sta in allegria e non si pensa che è l'inizio e la fine di un anno fiscale, piuttosto ci si augura che il raccolto o il guadagno dell'anno che inizia sia migliore di quello dell'anno precedente.
   A parte questo, la storia della celebrazione del Tu-bishvat mostra una certa evoluzione e indica che c'è voluto molto tempo prima che si creassero modi speciali di ricordare e festeggiare questo giorno. Come festa minore è sempre stato un giorno in cui il lavoro è permesso, ma sono proibite alcune manifestazioni di tristezza, come le orazioni funebri o la lettura del tachannun. Ma c'è voluto molto tempo per arrivare a forme di celebrazione attiva, e in questo è stato determinante il contributo dei cabalisti di Safed, nel XVI secolo. L'uso più semplice e antico, probabilmente risalente all'alto medioevo, e ormai diffuso in tutto il mondo, è quello di mangiare in questo giorno frutta di tipi diversi, in particolare i prodotti dell'albero per cui nella Torà è celebrata la Terra d'Israele: uva, fichi, melograni, olive, datteri; oltre a questi altri frutti menzionati nella Bibbia, come mandorle, pistacchi, noci, tappuchim (che nella Bibbia non sono le mele, come si ritiene comunemente e come oggi si indica nell'ebraico moderno, ma sono agrumi), e poi ogni altro tipo di frutto dell'albero.
   Un rito vero e proprio, risalente almeno agli inizi del XVIII secolo è documentato per la prima volta nell'opera cabalistica Chemdat Yamim, e consiste in una specie di Seder (o Tikkùn) in cui si alterna il consumo di frutta diversa, in un ordine speciale, e di vino (bianco e rosso), alla lettura e al commento di brani biblici, rabbinici e della letteratura mistica. Questo rito, da tempo dimenticato in Italia, è stato reintrodotto di recente da Rav Shalom Bahbout che ha anche curato la stampa del testo con traduzione italiana e commenti: ne sono uscite già due edizioni, la prima nel 5746 (1986): Seder Tu Bishvat per il Capodanno degli alberi, la seconda (edizioni Lamed) nel 5760 (2000); il nostro pubblico ha accolto con piacere questa reintroduzione e ormai il Seder si fa in molte famiglie.
   Altri modi di ricordare questo giorno sono cerimonie di piantagione di alberi; sono iniziate in Eretz Israel nei primi decenni del secolo scorso, come testimonianza di attaccamento alla terra e all'importanza della ripresa della vita agricola, e della riforestazione in particolare. Forse non è stato estraneo un influsso di cultura americana (arbor day), ma in ogni caso hanno avuto la prevalenza nella società ebraica i valori positivi specificamente interni, collegati al rapporto con Eretz Israel, la sua ricostruzione, e l'importanza tradizionale degli alberi, specialmente quelli da frutta. Per educare a questi valori si usa in molti luoghi anche fuori da Eretz Israel di piantare simbolicamente un albero a Tu-bishvat.

- I significati simbolici
  
Ricordando il Tu-bishvat vengono richiamate e sottolineate alcune idee molto importanti nella coscienza ebraica.
   Il rapporto con le realtà nascoste: la mistica ebraica parla delle realtà a noi invisibili, che spesso paragona ad un albero, come paragona le diverse forme di frutta (buccia commestibile o no, nucleo duro o morbido ecc.) ai simboli dei mondi diversi. La "buccia" (qelippà) è anche simbolo del male. Per questo i cabalisti propongono un percorso simbolico tra le diverse specie di frutta e i colori del vino, suggerendo un viaggio tra i mondi diversi, tra la Giustizia e la Misericordia, con l'intenzione di contribuire a riparare (tikkùn) il mondo visibile dove viviamo. Sono messaggi e insegnamenti che per essere compresi richiedono conoscenze e sensibilità speciali, ma che non possono essere trascurati nella ricchezza di simboli che questo giorno propone alla comunità ebraica.

- Come ricordare Tu-bishvat
  1. Chi lo desidera cerchi il testo del Seder, reperibile in libreria, e lo segua procurandosi tutti gli ingredienti necessari (vini e frutta), o si unisca ad amici che già sono organizzati per farlo.
  2. In ogni caso non si trascuri la tradizione di mangiare frutta di specie diverse, almeno in un pasto della giornata. È importante mangiare e benedire. Quando si mangia frutta, prima si recita la benedizione borè perì ha'etz, (Creatore del frutto dell'albero) che in questo momento assume un significato speciale. La benedizione si recita anche se si mangia frutta durante il pasto, e si è già detto l'hamotzì. Dopo aver mangiato, se il pasto comprendeva il pane, con la birkat hamazon si esce d'obbligo. Chi invece ha mangiato solo frutta recita alla fine una benedizione speciale: 'al ha'etz we'al perì ha'etz ecc. per uva, fichi, melograno, olive datteri; borè nefashòt per tutte le altre (i testi sono stampati nelle tefillot e nei comuni birkhonim).

Articolo pubblicato dal KKL e scritto da Rav Riccardo Di Segni

(Comunità Ebraica di Bologna, 7 febbraio 2012)

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La replica di Netanyahu all'accordo tra il presidente dell'Autorità Palestinese e Hamas

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha fatto le seguenti osservazioni nelle prime ore del pomeriggio di oggi: "Vorrei dire qualche parola su quello che è stato firmato a Doha. Hamas è un'organizzazione terroristica che si sforza di distruggere Israele, supportata dall'Iran. Ho detto molte volte in passato che l'Autorità Palestinese deve scegliere tra un alleanza con Hamas e la pace con Israele. Hamas e la pace non possono andare insieme. Nel corso delle ultime settimane, Israele e diversi elementi della comunità internazionale hanno fatto grandi sforzi per far avanzare il processo di pace. Se Abu Mazen percorre quello che è stato firmato a Doha, significa che avrà scelto di abbandonare la via della pace e di unirsi a Hamas, senza che quest'ultimo abbia accettato le condizioni minime poste della comunità internazionale. Non solo Hamas non riconosce Israele e gli accordi sottoscritti in precedenza, non ha neppure abbandonato il terrorismo. Hamas continua con il terrorismo e ad armarsi per perpetrare un terrorismo ancor più letale. Dico a Abu Mazen: "Non si può tenere il bastone da entrambe le estremità. O è pace con Hamas o con Israele, non si può avere entrambe le cose ".

(FocusMO, 7 febbraio 2012)

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Buona la prima per la Rappresentativa Nazionale in Israele

6 febbraio - Dopo l'arrivo a Tel Aviv e la seduta d'allenamento nella serata di ieri, oggi primo test amichevole positivo per la Rappresentativa Nazionale impegnata nel Training Camp in Israele.
Contro la selezione U20 israeliana, le azzurre - anch'esse schierate in campo con l'U20 - si sono imposte col punteggio di 31-22, al termine di una gara comunque dominata sin dalle prime battute e col primo tempo terminato 16-11.
"Abbiamo chiuso la gara grazie alla nostra velocità", ha commentato a fine gara Marco Trespidi, il Direttore Tecnico delle squadre Nazionali femminili. "Molto bene oggi Costa e Guerra nella ripresa, ma anche un'ottima Pocaterra, tra le nostre migliori realizzatrici questa sera. Meno bene altre ragazze e in generale ho notato poca lucidità in difesa, anche se per la verità la squadra è stata impegnata dalle nove di questa mattina ed è arrivata in palestra alle 17:30. Comunque mi aspetto prestazioni migliori, sia domani che dopo domani".
"Delle nuove arrivate nel gruppo, è stata positiva solo la prestazione di Pozzer - prosegue Trespidi -, in ripresa Gaia (Zuin ndr) con un ottimo secondo tempo, mentre Laura Rotondo sta pagando il fatto di giocare in A2. Da rivedere anche Dalla Costa e Cazzola, entrambe comunque all'esordio con la maglia della Nazionale e questo non ha sicuramente giovato alla loro serenità in campo. Entrambe avranno comunque l'opportunità di dimostrare il proprio valore nelle prossime gare".
Le ragazze della Rappresentativa italiana impegnate in Israele torneranno in campo nella giornata di domani (ore 19:00), quando in campo saranno schierate anche le atlete U23 da ambo le parti.

(PallamanoItalia, 7 febbraio 2012)

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«In Ungheria gli ebrei non sono benvenuti»

L'intervista è stata pubblicata da unodei più illustri organi ebraici d'informazione, il settimanale inglese "The Jewish Chronicle". Eloquente il titolo: «L'estrema destra ungherese: gli ebrei non sono i benvenuti». Il virgolettato appartiene a Marton Gyongyosi, rampante responsabile per gli affari esteri del partito magiaro Jobbik, oggi all'opposizione, 17% di voti alle elezioni del 2010.E in crescita nei sondaggi.
   Le teorie di Gyongyosi hanno fatto il giro del mondo, scatenando rabbia in Israele enonsolo. Le politiche israeliane verso i palestinesi sarebbero un «sistema nazista basato sull'odio razziale», la prima entrata a gamba tesa di Gyongyosi. E per questo «gli ebrei non hanno diritto di parlare di quanto accaduto durante la Seconda guerra mondiale». I 400mila ebrei magiari deportati e uccisi nell'Ungheria di Horthy? «È diventato un business fantastico rigirare i numeri», la risposta di Gyongyosi. Se è questa la visione del passato, il presente è dominato invece dal pericolo di colonizzazione ebraica attraverso l'azione degli imprenditori israeliani di successo: «C'è una sorta di espansionismo nel loro comportamento, è naturale che la gente pensi che gli ebrei non sono i benvenuti». Meglio invece l'Iran di Ahmadinejad, «un Paese pacifico», «al centro di un'asse mediorientale che Israele e gli Usa vogliono soggiogare».
   «Questa persona è chiaramente un antisemita e un negazionista. Se in Ungheria ci sono leggi che proibiscono il negazionismo, il suo posto domani dovrebbe essere la galera», afferma il cacciatore di nazisti Efraim Zuroff. Ondata antisemitica? «La comunicazione dell'estrema destra di Jobbik mescola messaggi anti-rom, antisemitici e anti-Ue, omofobia e demagogia sociale, ed è in linea con le proprie idee. Però secondo i sondaggi "solo" il 10-15% degli ungheresi può essere considerato antisemita, gli attacchi contro gli ebrei sono inesistenti e il 68% è pro-Ue. La potenziale crescita di Jobbik è molto contenuta, gli ungheresi medi sono ben lontani dall'essere così radicali», illustra Tamas Boros, direttore del think-tank Policy Solutions.
   Rimane da vedere come reagirà il partito del premier Orban alle uscite di Jobbik. Il ministero degli Esteri ungherese ha già condannato le dichiarazioni. «Jobbik non fa parte del governo - spiega Zuroff - ma riflette certi sentimenti della società. Fidesz è un partito conservatore "mainstream", al suo interno ci sono degli elementi che mettono i crimini nazisti e quelli comunisti sullo stesso piano. Inaccettabile. È un test per Fidesz: cosa farà con questo leader di Jobbik?», che ieri sera ha definito manipolata parte dell'intervista. Nulla, temono vari analisti, che giudicano Jobbik come il movimento che fa il lavoro sporco per Fidesz.
   «Il 25% degli elettori di Jobbik è formato da ex sostenitori di Orban e Jobbik e rappresenta una vera minaccia per Fidesz. Orban ha cercato per anni di integrare nel suo partito gli elettori d'estrema destra, perciò Jobbik non è il "braccio nascosto" di Fidesz, ma il segnale di una fallita strategia d'integrazione », chiosa Boros. Che conclude: «Va sottolineato che Orban e la stragrande maggioranza dei politici di Fidesz non è affatto razzista o antisemita», a differenza di alcuni media collegati a Fidesz, «che hanno contribuito all'accettazione delle ideologie antisemitiche e anti- rom. E così alla crescita di Jobbik».

(BlogNCCNew, 7 febbraio 2012)

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Milano, dirigente Anpi: Israele? È il Terzo Reich

Le parole di un partigiano di Paderno a un incontro sull'Olocausto Un'anziana donna ebrea vuole replicare ma lui le spegne il microfono

di Luca Fazzo

Non ha fatto retromarcia, non si è scusato. Ha sostenuto di essere stato semplicemente «male interpretato». E non è apparso nemmeno del tutto isolato.
   Mario Petazzini, dirigente dell'Anpi, da una settimana è al centro di un caso che dilania l'associazione degli ex partigiani e dei loro sostenitori: perché Petazzini, in una assemblea organizzata per ricordare l'Olocausto, avrebbe messo sullo stesso piano Auschwitz e Gaza, il Terzo Reich e Israele.
   All'anziana ebrea, vittima delle leggi razziali del Ventennio, che era stata invitata alla riunione per portare il suo ricordo, e che cercava di difendere lo stato ebraico, non è stato consentito di terminare il suo intervento. E l'ombra lunga dell'antisionismo ha finito col lambire non solo Petazzini ma anche l'intera sezione dell'Anpi di cui fa parte: costringendo i vertici milanesi e nazionali dell'associazione a sconfessare bruscamente l'operato della sezione. «Indignazione e ferma condanna», sono i termini usati per prendere le distanze.
   Comincia tutto domenica 26 novembre, a Nova Milanese. L'Anpi organizza una serata dal titolo «Per non dimenticare», una delle migliaia di iniziative indette in tutta Italia nel Giorno della memoria. Parlano una professoressa, viene proiettato un video. Poi prende la parola Mario Petazzini, dirigente dell'Anpi di Paderno Dugnano nonchè di Rifondazione Comunista, che si lancia in un excursus che tiene insieme i lager nazisti e tragedie contemporanee come il Ruanda, la Cambogia e soprattutto la Palestina. Qualche borbottio in sala, ma il dibattito va avanti fino all'intervento di Anicka Schiffer: perseguitata per motivi razziali, poi partigiana in Piemonte, figlia di uno dei milioni d morti di Auschwitz.
   Ed ecco come il figlio della Schiffer, Roberto Cavallo, racconta, in una lettera aperta, cosa accade a quel punto: «Mia madre ha raccontato la sua storia. Verso il termine dell'intervento ha tentato di dire qualche parola su Israele, che da Petazzini era stato provocatoriamente descritto come "l'impero del male". E' riuscita a dire solo qualche frase smozzicata, interrotta in continuazione da Petazzini e altri due esponenti dell'Anpi di Paderno, che non gradivano quello che stava tentando di dire. All'ennesimo tentativo di ricominciare la frase su Israele, Mario Petazzini ha spento il microfono ad Anika Schiffer, dichiarando frettolosamente chiusa la conferenza. Le ha proprio schiacciato il pulsante di funzionamento del microfono, togliendoglielo da davanti».
   La lettera aperta di Cavallo solleva un vespaio. Al figlio della Schiffer arrivano prima le telefonate e poi le lettere in cui i vertici dell'Anpi si dissociano dalle «farneticanti affermazioni» della sezione di Paderno. Roberto Cenati, presidente dell'Anpi provinciale, annuncia «sanzioni» contro i protagonisti della gazzarra antisionista. Ma l'affare è lontano dall'essere chiuso. L'altro ieri a Paderno si è tenuto un incontro tra i «duri» locali e i vertici provinciali. «Di sanzioni contro di me - spiega Petazzini - non ne sono state prese. Faccio ancora parte del direttivo». Ma lei, scusi, quelle cose sulla Shoah e Israele le ha dette? «Mi sono limitato a ricordare che di tragedie ne avvengono anche oggi. Che la Palestina è una di quelle. E che oggi Gaza è un grande lager a cielo aperto». Ma è vero che ha impedito alla signora di finire il suo intervento? «É successo semplicemente che ho spento il microfono e poi non siamo più riusciti a riaccenderlo. E comunque la signora aveva parlato per trentasette minuti».

(il Giornale, 7 febbraio 2012)

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Iraele-Usa ed Iran. Una crisi che sfocerà con un attacco aereo di primavera?

Coinvolti ormai da tempo in una politica preventiva contro l'Iran, mirata ad impedire allo stato del Medio Oriente lo sviluppo e la produzione di tecnologia nucleare, Israele e Stati Uniti tornano sull'argomento con un servizio riportato oggi 6 febbraio dalla "BBC".
Nel novembre scorso Iaea (l'agenzia internazionale preposta al controllo sul nucleare) ha dichiarato che l'Iran avrebbe portato presto a termine test "Rilevanti per lo sviluppo di dispositivi esplosivi nucleari".
Da quel momento, Usa e Unione europea hanno imposto numerose sanzioni contro l'Iran, molte delle quali, tra l'altro, mirate contro l'industria petrolifera iraniana. Questo ha portato ad un'escalation di allarmismi nei giorni scorsi sfociati poi nel comunicato di Barack Obama mostrato oggi.
"Faremo di tutto per prevenire che l'Iran possa sviluppare armi nucleari" ha detto il presidente americano, confermando la nota collaborazione con Israele, vero centro di controllo occidentale su tutto il Medio Oriente. Il Paese della stella di David, avrebbero specificato alcune voci, sarebbe già pronto per un "Attacco preventivo" che potrebbe arrivare con la primavera.
Israele, che vanta la quarta forza militare del pianeta, è sostanzialmente rifornito dalle industrie belliche occidentali francesi e americane. La sua aviazione militare conta infatti aerei caccia multiruolo americani di quarta generazione, quali l'F-15S e l'F-16 in numerose varianti con tutte le dotazioni necessarie allo scenario operativo medio-orientale. In passato si è servita anche di aerei di produzione francese Dassault Mirage III e degli agili cacciabombardieri A-4 Skyraider.
Estremamente pesante è anche la fornitura di elicoterri da attacco che include il sistema OH-58 Kyowa e l'AH-64 Apache, nonché i più leggeri Cobra Bell AH-1 e da trasporto.
Visto il nuovo panorama bellico cui si apprestano le superpotenze del pianeta, non poteva mancare per Israele la candidatura dell'ormai onnipresente F-35 Lightning II, del quale l'America ha recentemente annunciato gli esiti positivissimi nei test della versione imbarcata a decollo verticale.
Una piccola curiosità: proprio in questi giorni (entro poche settimane da gennaio, parrebbe) si concluderà con gli israeliani l'affare per la fornitura di un aereo per le esercitazioni in cui, concorrente del modello di produzione coreana Kai T-50 è l'italiano Alenia-Aermacchi M-346.
Sotto, il servizio della "Cnn" che rivela il possibile intento israeliano di attaccare l'Iran.



(AvioNews, 6 febbraio 2012)

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Esselunga sceglie il sistema NBO della società israeliana GSTAT

TEL AVIV - La società israeliana GSTAT ha perfezionato un contratto per una collaborazione strategica con l'azienda milanese Esselunga. Esselunga è un'importante catena italiana di supermercati con un club di fidelizzazione di oltre 4 milioni di membri e un fatturato di circa 6,4 miliardi di dollari nel 2010.
Esselunga si è rivolta a GSTAT per l'implementazione del suo sistema Next Best Offer (NBO), l'esclusivo sistema analitico sviluppato dall'azienda israeliana. Next Best Offer permetterà alla catena di offrire la raccomandazione di marketing personalizzata più pertinente nell'ambito della propria gamma di prodotti a ogni singolo membro del suo programma di fidelizzazione.

(BusinessWire, 6 febbraio 2012)

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Napoli, sbatti in piazza la Shoah

Laura Fontana, responsabile per l'Italia del Mémorial de la Shoah di Parigi, critica l'iniziativa organizzata a Napoli in occasione della Giornata della Memoria. Se il ricordo della Shoah deve essere fatto male, meglio non farlo.

di Laura Fontana

  
   Il "vagone commemorativo" della Giornata della
   Memoria di Piazza del Pleibiscito a Napoli
Mi occupo di memoria della Shoah da ventidue anni e non posso che assistere con preoccupazione e sgomento alla deriva delle commemorazioni che si svolgono ogni 27 gennaio. Il Giorno della memoria si sta trasformando in una generica apologia dei diritti umani, sempre meno ancorata a un bisogno di conoscenza storica e di riflessione politica: da un lato una commemorazione smisurata e ridondante che pone ossessivamente la Shoah al centro del discorso pubblico: dall'altro un'ignoranza sostanziale dei fatti storici, alimentata dall'erronea convinzione di sapere tutto dei lager e delle camere a gas.
Tutti - siano politici, insegnanti o privati cittadini - sentono il dovere di andare a visitare Auschwitz in virtù di un dogma che rende il verbo vedere sinonimo del verbo capire, ma nelle università italiane non esiste alcun seminario permanente di storia della Shoah. Saranno le mille iniziative con cui ci impegniamo a tener viva la memoria a compensare il declino dell'insegnamento della storia nella scuola italiana?
Certamente i nostri figli non impareranno cosa sono stati il fascismo e il nazismo grazie a iniziative come quella organizzata a Napoli per lo scorso 27 gennaio, dove in Piazza Plebiscito è stato esposto un vagone presentato come originale dell'epoca e utilizzato per il trasporto dei deportati ad Auschwitz. Il vagone era messo in un angolo della piazza, quasi a caso, senza alcuna illuminazione, indicazione o allestimento idoneo a una corretta visualizzazione. L'unica indicazione di cui poteva disporre l'ignaro passante era un foglio di carta attaccato con del nastro adesivo sulla porta, che comunque non consentiva di capire da dove provenisse esattamente il vagone, né a quali deportati si riferisse. Testimone muto e quasi illeggibile della sofferenza di migliaia di innocenti, era una presenza incongrua in un'area animata da stand gastronomici e musicali da fiera di paese, con zucchero filato, bomboloni, giostre, canzonette, e persino la preparazione di una gara podistica con striscioni e bandierine.
Mancanza di rispetto? Indecenza? Miopia dell'amministrazione comunale? Confusione storica da parte degli organizzatori? Lo spettacolo da fiera di Napoli ha in ogni caso avuto il pregio di mettere a nudo il re e l'ipocrisia benpensante di chi continua a mettere in prima pagina (o nella piazza principale) la memoria della Shoah senza rispettarla né fare i conti con la storia cui necessariamente rimanda. Una preghiera per il Giorno della memoria del prossimo anno: meglio niente, che un povero vagone abbandonato in mezzo ai venditori di lupini.

(il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2012)

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Cannabis terapeutica. Buoni risultati ottenuti da ricercatori israeliani in terapia anti-cancro

di Francesco Crestani *

Più di due terzi di pazienti con cancro ai quali era stata prescritta Cannabis per il dolore riferiscono di essere soddisfatti dalla terapia, secondo uno studio condotto in Israele. I dati sono stati presentati in gennaio al congresso dell'Unione degli Oncologi Israeliani a Eilat.
Lo studio è stato condotto allo Sheba Medical Center di Tel Aviv, in collaborazione con l'Associazione Israeliana contro il Cancro, e ha valutato l'efficacia della terapia con Cannabis in 264 pazienti tumorali nel corso di un anno. I ricercatori riferiscono:" Circa il 61% degli intervistati ha riportato un miglioramento significativo della loro qualità di vita, mentre il 56% ha notato un miglioramento della capacità di gestire il dolore. In generale, il 67% era favorevole al trattamento, mentre il 65% ha detto che l'avrebbe raccomandato ad altri pazienti".
Il tipo di tumore più comune per il quale era stata prescritta la Cannabis è stato quello del polmone (21%), seguito da quello della mammella (12%), e quello del pancreas (10%). Circa l'81% dei pazienti per i quali era stata avanzata l'istanza per la terapia riferiva dolore come conseguenza della malattia, circa l'8% riferiva nausea e un altro 8% lamentava debolezza. La maggior parte dei pazienti in trattamento era stata messa al corrente della possibilità di essere trattata con la canapa solo in uno stadio avanzato della terapia, e secondo gli Autori "il trattamento dovrebbe essere proposto ai pazienti nelle prime fasi del cancro". Infatti i ricercatori hanno trovato che passavano in media 325 giorni tra la diagnosi di tumore e l'inizio della terapia. Lo studio dimostra che il 39 % degli intervistati e' stato informato della possibilità di questa cura dagli amici, altri pazienti l'hanno conosciuta dai media, invece che dai medici. Secondo il rapporto "la terapia dovrebbe essere offerta ai pazienti da team medici qualificati, in quanto qui si tratta di un trattamento efficace".
Gli effetti collaterali sono stati definiti "moderati", il principale sono state le vertigini.
Secondo Miri Ziv, direttore dell'Associazione Israeliana contro il Cancro, "La cannabis medica è diventata in anni recenti uno dei trattamenti possibili in Israele per i pazienti tumorali, [e perciò] l'associazione crede che il problema dovrebbe essere regolato da professionisti nel settore".
Secondo lo studio negli ultimi anni il numero dei pazienti curati con la canapa in Israele è aumentato del 66% all'anno. Attualmente la Cannabis viene somministrata a circa 6000 pazienti con varie forme di patologia. I pazienti autorizzati dal programma federale possono coltivare la canapa nella loro casa o ottenerla da uno dei dodici coltivatori ufficiali.
La scorsa estate il Ministro della Salute israeliano ha formalmente riconosciuto l'utilità terapeutica della Cannabis e ha annunciato linee guida per regolarne la produzione e la distribuzione da parte dello stato. Il Ministro stima che, una volta che il programma sarà attivato, fino a 40.000 pazienti avranno accesso alla Cannabis medica.


* Presidente Associazione Cannabis Terapeutica

(droghe.aduc.it, 6 febbraio 2012)

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Israele-Italia, un cavo sottomarino per sviluppare i servizi Internet

Israele sceglie l'Italia come "hub" per la connettività Internet. Bezeq International, provider leader per servizi internet e telecomunicazioni nel paese, (conta oltre 2,4 milioni di clienti collegati alla propria rete e un fatturato di 284 milioni di Euro), ha scelto Interoute per espandere la propria rete nel cuore dell'Europa. Dalla landing station di Interoute sita in Bari, "Jonah", un cavo sottomarino di 2.300 km, collega Israele all'Italia e al resto d'Europa grazie alla rete in fibra ottica della società proprietaria della più grande piattaforma per servizi Cloud in Europa.
La landing station di Bari è stata scelta perché consente di interconnettersi direttamente con la rete di Interoute, cui sono già collegati tutti i principali operatori di settore. Il cavo "Jonah", rigenerato 21 volte, è dotato di due coppie di fibre ottiche e la sua capacità addizionale potenzia l'infrastruttura Internet in Israele oltre a contribuire all'eliminazione di colli di bottiglia per le connessioni internazionali. Con gli oltre 7 Terabit per secondo di capacità disponibile sul cavo tra Israele e Italia si potrebbero scaricare simultaneamente circa 10 milioni di file MP3 di peso medio di 4 MB ciascuno in un minuto.
"La scelta di costruire il cavo sottomarino Jonah ha avuto due motivazioni principali", spiega Nissan Arie, VP of International Markets di Bezeq International. "La prima quella di rispondere all'enorme crescita della domanda di banda internet a livello domestico sia di origine residenziale che proveniente dalle aziende. Secondo stime conservative dell'azienda stessa, la domanda di larga banda (in uscita da Israele) crescerà del 33% nei prossimi 5 anni. La seconda motivazione è quella di non poter più fare affidamento sull'unico canale preesistente. Un'unica via di collegamento può diventare un collo di bottiglia e un rischio per l'affidabilità della rete dell'intero paese.
"Bezeq ha scelto Interoute come partner in questo progetto, perché la soluzione presentata è stata sicuramente quella più rispondente alle specifiche e alle esigenze di Bezeq, inclusa quella di scegliere l'Italia appendice meridionale e strategica della rete di Interoute come punto di approdo del cavo sottomarino", ha sottolineato. Simone Bonannini, AD di Interoute Italia. "Il cavo è stato attivato a gennaio, un mese di anticipo rispetto a quanto contrattualizzato tra le aziende, ed è già una realtà operativa molto apprezzata dalla clientela israeliana che lo utilizza".
Inoltre, nella scelta di Bezeq hanno influito anche altri fattori meno tecnologici: l'Italia e Interoute hanno offerto maggiori garanzie strategiche. La neutralità politica e le infrastrutture l'hanno fatta preferire ad altre nazioni più vicine geograficamente a Israele come Turchia e Grecia.
Interoute è l'unico operatore europeo che possiede e gestisce una rete per voce e dati di nuova generazione che attraversa tutta l'Europa e raggiunge Mosca e la Turchia. Grazie a oltre 60.000 km di fibra, 21 MAN (Metropolitan Area Network), 8 data centre, e sedi operative in 26 fra le maggiori città d'Europa, la società serve clienti in 29 nazioni dell'Unione europea, per un investimento infrastrutturale complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro. Un'infrastruttura all'avanguardia che include anche otto stazioni di approdo dei cavi sottomarini dislocate ai confini dell'Europa, 5 delle quali in Italia.

(la Repubblica, 6 febbraio 2012)

Israele-Europa, via alla nuova autostrada sottomarina

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Scoperte nuove riserve di gas nel pozzo Tanin

TEL AVIV, 6 feb. - Le compagnie Delek e Noble Energy hanno annunciato la scoperta di gas naturale ad una profondita' di 5.500 metri nel bacino offshore Tanin 1 a 120 km nord ovest dalle coste di Haifa. L'ammontare del gas scoperto si attesterebbe intorno ai 1,2-1,3 trilioni di piedi cubi (34 miliardi di metri cubi) e potrebbe sostituire l'analoga produzione del giacimento di Yam Tethys, operato dalle due compagnie ed in via di esaurimento. A seguito della scoperta, sono previsti ulteriori test al fine di esaminare le caratteristiche del pozzo.

(AGI, 6 febbraio 2012)

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Netanyahu: "Il folle chiacchiericcio sull'Iran deve cessare"

"Il folle chiacchiericcio sull'Iran deve cessare". E' l'imperativo del premier israeliano Benjamin Netanyahu. In questi giorni si è parlato di un possibile intervento militare di Israele in Iran per scoraggiare il programma nucleare e su cui gli Stati Uniti hanno provato a mediare richiedendo di attendere che le sanzioni facciano effetto.
"In questa zona l'unico fondamento che garantisce la sopravvivenza è la potenza. Saremo dunque impegnati a continuare a sviluppare la nostra potenza militare, economica e sociale, unica garanzia per la nostra sopravvivenza e per la pace", ha quindi aggiunto Netanyahu.

(T-Mag, 6 febbraio 2012)

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Servizio di noleggio city bike potenziato a Tel Aviv

La città prevede di aprire 50 nuove stazioni, anche in quartieri un po' più periferici

Dopo il successo di Tel-O-Fun, servizio nato per il noleggio delle biciclette da città lanciato sette mesi fa, la città di Tel Aviv ha annunciato una serie di nuove iniziative per accrescere sempre di più l'interesse tra i turisti appassionati di viaggi verdi, da realizzarsi nel rispetto dell'ambiente. Sono così stati introdotti gli abbonamenti giornalieri e settimanali per l'utilizzo in città delle biciclette messe a disposizione dalla municipalità al costo di 16 Nis al giorno (3,50 euro) o 60 Nis a settimana (13 euro). Gli abbonamenti possono essere acquistati in contanti, ma anche con carta di credito. Sono circa 5.500 le biciclette noleggiate ogni giorno in città, 141 le stazioni di noleggio, di cui la metà situate nel centro della città. La città di Tel Aviv-Yaffo prevede poi di aprire 50 nuove stazioni di noleggio, anche in quartieri un po' più periferici come Florentine e nella zona del lungomare. Nel tentativo di ridurre le omissioni di monossido di carbonio è in discussione il provvedimento di offrire un parcheggio gratuito alla periferia della città a tutti coloro che si abboneranno al Tel-O-Fun, così da favorire quanto vorranno scoprire la città in libertà.

(Guida Viaggi, 5 febbraio 2012)

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Una ferrovia tra il Mediterraneo e il Mar Rosso. Alternativa al Canale di Suez

GERUSALEMME - Dopo 30 anni di titubanze, Israele si lancia nell'avventura della costruzione di una linea ferroviaria fra il Mediterraneo e il Mar Rosso. Si trattera' di una via terrestre di trasporto alternativa al Canale di Suez, anche se prevedibilmente, a prezzi superiori.
''Una decisione strategica'' ha detto oggi il premier Benyamin Netanyahu, dopo il voto di approvazione del governo. Israele, viene spiegato, punta su potenze economiche emergenti - Cina, India, Giappone - e si offre loro come ponte fra Asia ed Europa. Israele vorrebbe coinvolgere nel progetto anche la Giordania: il suo porto di Aqaba (vicino a quello israeliano di Eilat) pare indicato per lo smistamento dei container in transito verso i porti israeliani di Ashdod e Haifa.
''Avvertiremo le ripercussioni di questa iniziativa per i prossimi 50 anni'' ha rilevato il premier, riferendosi anche al benessere che Israele spera di ricavare da importanti giacimenti di gas naturale scoperti a largo delle sue coste mediterranee, che pure potrebbero interessare partner asiatici.
Tel Aviv ed Eilat distano 350 chilometri: questo tragitto, secondo la radio militare, sara' percorso in due ore da moderni treni passeggeri che in alcuni tratti sfioreranno i 300 chilometri all'ora. Lo sviluppo del turismo e' importante: ma da solo non avrebbe convinto il governo israeliano a varare il progetto se non fosse stato affiancato dal trasporto di merci.
Il transito navale resta certo piu' economico che non quello terrestre: ma Israele, a quanto pare, vuole mettere sul tavolo una opzione che riduca la dipendenza internazionale dal canale di Suez, tanto piu' importante in periodi di instabilita' politica. Ancora ieri, nel Sinai settentrionale, terroristi hanno sabotato il gasdotto egiziano, bloccando nuovamente la erogazione verso Israele e Giordania.
Secondo il quotidiano filo-governativo israeliano Makor Rishon, dirigenti cinesi ed indiani hanno gia' espresso interessamento per la linea ferroviaria fra il Mar Rosso e il Mediterraneo. Ci sono state visite ad alto livello e lo stesso Netanyahu, fra alcuni mesi, si rechera' in Cina. La realizzazione potrebbe essere affidata ad aziende cinesi, molto avanzate nel ramo, ha azzardato il giornale.
Nella decisione approvata oggi dal governo non se ne fa menzione esplicita. Sul tavolo sono individuate tre possibilita': che sia richiesto l'intervento di un Paese straniero, oppure di investitori internazionali. La terza e' che Israele finanzi la ferrovie con risorse proprie.
''Vogliamo creare per le potenze emergenti un interesse strategico nello stato di Israele'' ha spiegato Netanyahu. ''Dobbiamo sfruttare al meglio la nostra posizione geopolitica. Cosi' fu in tempi storici remoti, cosi' sara' in futuro. Saremo un tassello di collegamento - ha concluso - fra Europa, Medio Oriente e Asia''.

(Blitz quotidiano, 5 febbraio 2012)

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Israele alza l'allerta nelle ambasciate in tutto il mondo

WASHINGTON - Israele ha alzato l'allerta in ambasciate e consolati ne mondo per possibili attacchi terroristici iraniani. E' quanto rivela la Abc, che cita un documento riservato del consolato israeliano di Philadelfia, secondo il quale, Teheran potrebbe colpire anche altri obiettivi come sinagoghe e scuole ebraiche, come avvenne nel 1994 a Buenos Aires, quando vennero uccisi da una bomba 85 ebrei argentini. Il memorandum avverte che i terroristi potrebbero usare anche falsi passaporti israeliani .

(AGI, 5 febbraio 2012)

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La foto falsa della bambina calpestata dal soldato israeliano

E' falsa, e rientra in un tentativo di 'demonizzare' Israele, un'immagine circolata di recente sul web che mostra un militare israeliano mentre preme con lo stivale sul ventre di una bambina araba stesa a terra. Lo afferma il portavoce militare israeliano, nel proprio blog.
Il portavoce militare nota in particolare che il militare rappresentato nell'immagine dispone di un fucile Khalashnikov, un'arma che non e' in dotazione dei soldati israeliani. In seguito, aggiunge, e' stata individuata la immagine originale, 'scattata in Bahrein nel dicembre 2009. 'Le forze armate israeliane denunciano l'uso cinico di bambini… al fine di demonizzare i nostri soldati' conclude il portavoce, nel rilevare che peraltro l'infierire sui bambini e' in totale contrasto con il codice etico delle forze armate di Israele.


(ANSA, 5 febbraio 2012)

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Qualcuno scherza col fuoco

di Gianni Pardo

Da tempo si parla della possibilità che Israele attacchi l'Iran per impedirgli di dotarsi dell'armamento nucleare. E molti hanno tendenza a porre domande che sembrano più che legittime: perché mai vietare con la forza all'Iran la bomba atomica se già l'hanno l'India, il Pakistan e la stessa Israele? E come si configurerebbe dal punto di vista giuridico una simile iniziativa? E quali sarebbero le conseguenze per Israele? E per l'Iran? E per tutti gli Stati del Golfo?
   Tuttavia il dubbio più serio è un altro: c'è modo di fare previsioni ragionevoli, al riguardo? La domanda ridiviene d'attualità dal momento che sia il New York Times sia, recentissimamente, Leo Panetta, Segretario della Difesa americano, prevedono un attacco a breve ("aprile, maggio o giugno").
   Previsione azzardata. Non solo il futuro è incerto per sua natura, ma gli Stati non dicono la verità sulle loro reali intenzioni e sulle loro possibilità di azione. Si comportano spesso come bulli che cercano di vincere riuscendo semplicemente ad intimorire l'avversario. Si ricorderà che nel 2003 uno Stato come l'Iraq, militarmente inconsistente se paragonato agli Stati Uniti, ha minacciato fino all'ultimo momento massacri inenarrabili di militari americani: e poi si è sciolto nel giro di un centinaio di ore. Dunque le parole stanno a zero.
   I fatti, cioè la possibilità concreta di distruggere le installazioni nucleari iraniane e gli armamenti necessari per agire, sono altrettanti punti interrogativi. E a monte delle "technicalities" c'è un dilemma ancora più grande: fino a che punto arriva la follia dei governanti della regione? Se l'Iran attaccasse Israele dovrebbe mettere in conto una reazione che potrebbe costargli milioni e milioni di morti. E tuttavia non si può escludere che una dirigenza di fanatici tenga così poco in conto la vita di tanti propri cittadini da tirare la coda al leone.
   D'altro canto come biasimare Israele se, sentendosi sull'orlo di una catastrofe nucleare, colpisse per prima? Ahmadinejad e lo stesso Khamenei (ancora ieri) hanno commesso troppe volte l'errore di esprimere la volontà di eliminare Israele. Se la Germania minacciasse la Francia di annientamento, o se altrettanto facesse la Francia nei confronti della Germania, ci preoccuperemmo fino ad un certo punto. Quelle due nazioni si sono ripetutamente affrontate, dal 1870, e sono ancora lì. Ma, quando si tratta di ebrei, l'annientamento, in tedesco Vernichtung, evoca ricordi fin troppo precisi. E, minacciato di morte, quel piccolo popolo è disposto ad attaccare Golia quand'anche sapesse di perdere in ogni caso: si è visto nel Ghetto di Varsavia.
   Il vero dubbio - mentre si parla di altissima tecnologia - è di ordine morale e psicologico. Morale, per il rispetto dovuto alla vita dei propri cittadini. Psicologico perché se ci si diverte a scherzare col fuoco - e l'Iran scherza col fuoco - può anche scoppiare un grande incendio.
   Ecco perché le dichiarazioni che leggiamo ci lasciano freddi. Le parole sono fatte per ingannare. Anche quelle degli americani, anche quelle degli israeliani, anche quelle degli iraniani. In questo poker qualcuno può sempre dire "vedo" e non nei prossimi mesi ma forse domani, forse fra un anno, forse mai. Sotto i nostri occhi si prepara forse uno spaventoso conflitto in cui potremmo essere pesantemente coinvolti, e da un lato non ne sappiamo niente, dall'altro sembra che non ce ne importi nulla: stiamo a parlare di neve e di ritardi dei treni.
   E ora un paio di risposte alle domande iniziali. Si vuole vietare l'atomica all'Iran perché è l'unico Stato che dichiara l'intenzione di farne un uso aggressivo e criminale, per distruggere un altro Stato (Israele, "il tumore che bisogna rimuovere", nelle parole di Khamenei). Il punto di vista giuridico non vale uno sputo quando uno Stato si occupa della propria sopravvivenza. Le conseguenze delle ostilità per Israele potrebbero essere limitate, se il progresso dei missili anti-missile è andato molto avanti, potrebbero invece essere tragiche in caso contrario. Le conseguenze per l'Iran, se tentasse di usare un ordigno atomico, sarebbero di decine di milioni di morti: Israele ha già l'arma atomica e i mezzi per recapitarla a destinazione. Il blocco dello stretto di Hormuz sarebbe una tragedia per gli Stati del Golfo e farebbe certamente intervenire gli Stati Uniti. Comunque tutti gli Stati consumatori di petrolio dovrebbero mettere in conto una devastante crisi economica ed energetica, per non parlare di una serie di sanguinosi attentati.
   Il diritto e l'economia non contano nulla, quando si discute della vita. Per sopravvivere, anche il vecchio pensionato paralitico usa la pistola, se l'ha.

(DailyBlog, 5 febbraio 2012)

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Attaccato il gasdotto del Sinai che rifornisce Israele e Giordania

AL-ARISH (Egitto), 5 feb. - Il gasdotto che si trova nella penisola del Sinai, al confine fra Israele, Egitto e Giordania, è stato attaccato da alcuni uomini, che hanno provocato un'esplosione. Lo riferisce una fonte della sicurezza egiziana, precisando che lo scoppio è avvenuto prima dell'alba e blocca le esportazioni di gas in Israele e Giordania. Si tratta del 12esimo attacco al gasdotto che avviene con successo dalla rivolta dello scorso febbraio contro Hosni Mubarak. Secondo la fonte i responsabili sono probabilmente militanti islamici.

(LaPresse, 5 febbraio 2012)

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Nazionale donne alla volta di Israele per un Training Camp

ROMA - Partira' domani da Roma alla volta di Tel Aviv, la Rappresentativa Nazionale femminile di pallamano impegnata fino a giovedi' in un Training Camp in terra d'Israele, in attuazione di un protocollo di cooperazione previsto nell'ambito dei paesi mediterranei. Sono ventuno le atlete che formeranno la selezione italiana, scelte da Marco Trespidi, il Direttore Tecnico delle squadre Nazionali femminili, affiancato in Israele dal tecnico Roberto Deiana. Il programma del Training Camp vedra' impegnate le ragazze in quattro allenamenti, a partire da quello di domani all'arrivo a Tel Aviv. Tre le amichevoli che la Rappresentativa Nazionale disputera' contro la selezione di Israele: la prima gara e' in programma alle 18:30 di lunedi' a Tel Aviv. Sara' invece il Wingate Institute di Netanya ad ospitare gli incontri di martedi (ore 19:00) e mercoledi' (ore 18:00), che vedranno le atlete italiane sempre opposte alla compagine israeliana. Il rientro a Roma e' infine previsto per il pomeriggio del 9 Febbraio. Queste le convocate: Zanotto, Ferrari, Dovesi, Cazzola, Pocaterra, Fanton, Niederwieser, Dalla Costa, Rotondo, Zuin, Landri, Serafini, Cappellaro, Pozzer, Franco, Di Pietro, Trombetta, Guerra, Costa, Ganga, Lenardon.

(ITALPRESS, 4 febbraio 2012).

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Hamas in cerca di una sede. I paesi arabi schivi dopo l’abbandono della Siria

Il movimento islamico palestinese di Hamas resta ancora senza una sede ufficiale dopo che i suoi leader hanno lasciato Damasco, dove il massimo rappresentante politico Khaled Mashal alloggiava da anni. Lo riferisce una fonte di Hamas, ammettendo di aver chiesto, nelle scorse settimane, formalmente e informalmente a diversi Paesi arabi di ospitare la propria leadership, "ma le richieste sono state ignorate o respinte'', dice.
La leadership di Hamas aveva la sua sede a Damasco dal 1999. Nel 2007 i suoi militanti hanno preso il controllo della Striscia di Gaza, ma la leadership è rimasta in Siria per restare lontana da Israele ed evitare le restrizioni dei movimenti imposti dall'ex regime egiziano ai funzionari di Hamas a Gaza. Hamas non ha mai preso una posizione riguardo alla rivolta in Siria, mentre ha sostenuto le rivoluzioni in Egitto e Tunisia.

(Aki, 4 febbraio 2012)

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Uno spot israeliano fa infuriare l'Iran

Un nuovo video spot realizzato da Samsung in collaborazione con Hot, un'emittente televisiva israeliana, ha scatenato una dura reazione da parte delle autorità iraniane.
L'Iran, infatti, ha ritenuto offensive alcune delle scene del nuovo video spot dedicato al tablet, nel quale tre uomini, travestiti da donna, si rendono autori dell'esplosione di un ordigno nucleare utilizzando un Samsung Galaxy Tab.
Stando alle autorità iraniane, il messaggio "celato" è che per Israele colpire obiettivi civili o militari siti in Iran o uccidere scienziati iraniani sia quasi un gioco da ragazzi.
Un video spot poco "diplomatico" proprio in un momento in cui le relazioni tra Israele ed Iran sono estremamente tese. Probabilmente il produttore coreano avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione.


(agenmobile, 4 febbraio 2012)

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Su crescita e sviluppo economico l'Europa dovrebbe imparare da Israele

Il tech-miracolo israeliano di cui pochi parlano

di Manuel Glauco Matetich

Più del 90% circa delle notizie trasmesse dai media televisivi degli Stati Uniti relative allo Stato d'Israele riguardano il suo rapporto conflittuale con i palestinesi e le relazioni scomode, avversariali e spesso marziali, tra Israele e i suoi vicini, tra cui, eufemisticamente, possiamo anche annoverare l'Iran degli ayatollah.
  Per questo una bella maggioranza di coloro i quali visitano per la prima volta in Israele, rimangono stupiti dal dover constatare quanto "normale" sia questo paese. Sfortunatamente per i nemici dello Stato ebraico, Israele non è sull'orlo del collasso, come lo sono invece altri suoi Stati rivali. Al contrario vive, ormai da tempo, un miracolo economico straordinario, praticamente ignorato dalla stampa mondiale.
  Il rapporto qui di seguito fornisce una ulteriore prova a conferma di quanto sia unico il progresso economico e tecnologico israeliano: il tasso di disoccupazione in Israele è sceso ad un minimo storico da più di 30 anni (solo il 5% nell'ottobre 2011), ha riferito pochi giorni fa l'ufficio centrale di statistica dello stato israeliano. Le informazioni dell'Ufficio indicano che il numero degli israeliani disoccupati, è ora di 155.000 persone, meno 1,3% rispetto al Dicembre 2010.
  Ciò significa che ci sono meno di 40.300 disoccupati che non sono in grado di lavorare trovare un lavoro retribuito. Questi numeri sembrano sfidare e contraddire le previsioni degli economisti della Banca d'Israele e dell'OCSE, che hanno previsto che la disoccupazione dovrebbe aumentare dell'1-1,5%, e raggiungere un 6,5% entro la fine di quest'anno.
  L'inaspettato calo della disoccupazione può essere attribuito a una rapida crescita economica, una maggiore efficienza a livello produttivo e una migliore qualità della vita. Mentre il resto del mondo è infatti in una sorta di spirale verso il basso, Israele sta sorvolando la crisi economica mondiale. Il rapporto mette Israele in una posizione più elevata rispetto alla maggior parte dei paesi occidentali. Tanto per fare qualche paragone, uno per tutti gli Stati Uniti, hanno un tasso di disoccupazione del 8,3% e le nazioni della zona euro hanno una media del 10,3%.
  Un'affascinante cronaca e analisi sulla 'genesi' della prosperità odierna israeliana, merita di essere letto il libro "Laboratorio Israele" (tradotto in italiano da Mondadori) di Dan Senor e Saul Singer. Il successo economico e tecnologico di Israele deriva sicuramente dal forte incentivo che qui viene dato alla ricerca e alla nascita di aziende tecnologiche (Israele ha il più alto tasso di investimenti in ricerca e sviluppo del mondo).
  Anche le privatizzazioni e le liberalizzazioni intraprese nel 2003 da Netanyahu quando era ministro delle Finanze (e in particolare la sua riforma del sistema bancario) hanno dato una bella spinta in avanti al paese. A questi fattori si aggiungono inoltre una buona riserva di capitale umano qualificato, il 45% della popolazione israeliana è in possesso d'istruzione universitaria (un dato invidiabile se confrontato con il 15% italiano). Dati che fanno rabbrividire molti editori di giornali che sono più propensi a dare cattive notizie riguardanti lo stato di David anziché scrivere titoli come "Prospero Israele!".
  Sarebbe un buon punto di partenza ricominciare a normalizzare l'immagine di Israele nel mondo, cosicché la pessima reputazione attuale abbia la possibilità di essere sostituita da qualcos'altro, ovviamente di positivo questa volta, da trasmettere al resto del mondo, e con ciò descrivere la straordinaria forza economica e tecnologica che vanta, ovviamente oltre alle bellezze muliebri alla Bar Rafaeli s'intende.

(l'Occidentale, 4 febbraio 2012)

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Indonesia acquisterà aerei senza pilota israeliani

Il ministero della difesa dell'Indonesia ha incluso nel programma di completamento degli armamenti delle proprie forze aeree l'acquisto di velivoli a pilotaggio remoto prodotti dalla compagnia IAI (Israel Aerospace Industries). I rappresentanti dell'aeronautica militare indonesiana hanno già iniziato le trattative con la compagnia israeliana per l'acquisto di questi velivoli e contano di riceverne i primi 3 già entro la fine del 2012.
Il programma di acquisto dei velivoli è valido fino al 2014. Il tipo concreto dei velivoli senza pilota da acquistare non viene precisato. Il ministero della difesa indonesiano programma di acquistare in complesso da 9 a 12 velivoli a pilotaggio remoto.

(La Voce della Russia, 4 febbraio 2012)

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Soldato israeliano 'dimenticato' nell'azione militare e salvato da palestinesi

TEL AVIV - Desta forte imbarazzo nei vertici militari israeliani la vicenda di un soldato "dimenticato" in un villaggio palestinese della Cisgiordania, dove la sua unita' era entrata mercoledi' per compiere arresti. Secondo quanto ha riferito la radio militare, mentre la inchiesta prosegue il capo di stato maggiore, gen. Beny Gantz, ha gia' oggi ordinato la sospensione del comandante del battaglione coinvolto nella vicenda.
Il soldato in questione era stato dislocato all'ingresso del villaggio cisgiordano di Budrus (Ramallah), mentre i compagni erano impegnati nella operazione. Dopo alcune ore due anziani palestinesi del villaggio si sono imbattuti in lui e gli hanno espresso grande meraviglia: ''Ma come? Non sai che la tua unita' se ne e' andata da tempo'', gli hanno chiesto.
Il militare e' stato da loro scortato fino a una zona dove ha potuto ricongiungersi con il resto dell'unita', che a quel punto si era ormai accorta della sua assenza.
L'episodio ha sollevato i commenti ironici della stampa locale, che non ha certo dimenticato gli sforzi compiuti da Israele per recuperare il caporale Ghilad Shalit, tenuto prigioniero per cinque anni da Hamas a Gaza. Anche da qui la reazione rigida del gen. Gantz, che sembra preludere a una pena severa verso i superiori del militare.

(Blitz quotidiano, 3 febbraio 2012)

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Ora l'Iran minaccia Israele: "Libereremo Gerusalemme". Una dichiarazione di guerra?

Durante il sermone del venerdì Khamenei chiama a raccolta le forze anti israeliane: "Pronti a sostenere un attacco a Gerusalemme". Sale la tensione

di Luca Romano

"L'Iran sosterrà ogni gruppo o Paese che confronti o combatta Israele". Durante il consueto sermone del venerdì, la guida suprema Ali Khamenei è tornato ad attaccare frontalmente Israele definendolo un "regime sionista" e "un vero tumore maligno che deve essere rimosso".
Da qui l'appello alle altre forze che da tempo covano di sferrare un attacco a Gerusalemme: "L'Egitto deve bruciare il Trattato di Camp David con Israele e deve riprendere il suo ruolo di difensore dei diritti dei palestinesi".
La minaccia suona più come una dichiarazione di guerra che rischia di far detonare i già difficili rapporti tra l'Iran e Israele. "Noi pensiamo di liberare Gerusalemme e le terre palestinesi", ha detto la guida suprema iraniana secondo il quale qualora l'Iran avesse abbandonato la causa palestinese, ora non sarebbe accusato di terrorismo. Il governo iraniano, per conto di Khamenei, ha dunque ribadito che sosterrà i movimenti di Hezbollah Hamas e la jihad islamica a Gaza. "L'Iran non ha come obiettivo di estendere ad altri paesi la rivoluzione sciita o quella iraniana, ma quello di difendere la Umma (comunità, ndr) islamica e di risvegliarla - ha spiegato la guida suprema - noi non crediamo nella violenza tra le sette religiose e nemmeno nel nazionalismo".
In diretta televisiva dall'università di Teheran Khamenei ha lanciato, più in generale, un attacco a tutto l'Occidente facendo sapere chiaramente non solo che "l'Iran non indietreggerà sul suo programma nucleare", ma anche che le sanzioni dell'Occidente non faranno altro che portare nuovi benefici all'industria nazionale. "Continuare a dire che tutte le opzioni rimangono sul tavolo - ha spiegato Khamenei - è controproducente per gli Stati Uniti perché le loro minacce mostrano la loro debolezza nell'affrontare il dialogo". Secondo la guida suprema Ali Khamenei, dunque, "gli Stati Uniti non hanno niente da dire, non hanno nessun'altra logica se non la forza".

(il Giornale, 3 febbraio 2012)

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Israele: apre la catena American Eagle Outfitters

American Eagle Outfitters Inc. aprira' oggi il primo negozio a Tel Aviv. E' gia' programmata in Israele l'apertura di altri dieci negozi per il mese di Febbraio. Simon Nankervis, Vice Presidente e global business development, ha dichiarato: "I nostri clienti in Israele sono particolarmente affezionati al marchio e noi non vediamo l'ora di offrire loro l'opportunita' di godere dei nostri prodotti con una catena di negozi che sia il piu' capillare possibile".
American Eagle ha iniziato ad essere presente in tutto il mondo gia' dal 2004 ed oggi si trova in ben 77 paesi. Il marchio ha, inoltre, catene di franchising in Russia, Cina, Hong Kong e nel Medio Oriente. L'apertura del primo negozio in Giappone e' prevista per la fine di questo anno.

(FocusMO, 3 febbraio 2012)

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Antisemiti radical chic

di Ennio Emanuele Piano

Anni fa, Fiamma Nirenstein, oggi deputata Pdl, allora giornalista della Stampa, scrisse un libro sull'antisemitismo intrinseco di un certo pensiero progressista. Come quello del professor Asor Rosa, che candidamente si riferiva alla "razza ebraica" in maniera poco gentile. Nel 2008, annunciando la propria candidatura nelle file del PdL, la Nirenstein (ebrea, femminista con un passato nella sinistra sessantottina), venne dipinta dal vignettista Vauro Senesi come un mostro dal naso adunco, sul cui petto compariva una stella di David affiancata da un fascio littorio. Peppino Caldarola, sul Riformista, scrisse che quella vignetta equivaleva ad apostrofare la Nirenstein come "sporca ebrea". Un giudice ha ritenuto che ciò non era vero, prendiamo atto. L'argomento di questo post è però un altro: i progressisti italiani, se così possono essere definiti gli stalinisti alla Vauro, non solo soli.
  Al di là dell'Atlantico, dallo scorso dicembre si discute sulla fine del filo-israelismo bipartisan della politica e della società americana. Ben Smith racconta su Politico.com di come dalle parti di alcuni dei pensatoi più vicini al partito democratico ci si cominci a schierare su posizioni smaccatamente filo-palestinesi. Il che va benissimo: il diritto d'opinione è garantito anche al KKK, figurarsi se non vale per chi ha posizioni non "mainstream" sul conflitto arabo-israeliano. Piuttosto, ad essere fuori luogo, era l'utilizzo di certa terminologia di diretta derivazione neonazista, come ad esempio il termine "Israel firsters", brandito per apostrofare gli ebrei che, secondo questi "progressisti", metterebbero gli interessi di Israele al di sopra di quelli degli Stati Uniti.
  L'accusa di "doppia fedeltà" veniva già usata contro gli ebrei dalla propaganda fascista, come da quelle nazista e comunista. Anche Stalin, infatti, ce l'aveva un sacco con gli ebrei, tanto da volerli deportare in Siberia dopo che avevano accolto con troppo entusiasmo Golda Meir, ambasciatrice del neonato Stato d'Israele in Unione Sovietica.
  Pensatoi democrats come "Center for American Progress", "Media Matters" e "+972", quando parlano di "Israel firsters" non si riferiscono solo a quei "cattivoni" dei necon, ma anche a quegli ebrei liberal e democratici che sostengono il diritto di Israele ad esistere. Ne è un esempio l'infame accusa rivolta al giornalista dell'Atlantic Monthly, Jeffrey Goldberg, attaccato da Glenn Greenwald, della rivista Salon perché, durante la leva nelle forze di difesa israeliane, avrebbe pronunciato un giuramento in cui si faceva riferimento alla fedeltà allo Stato di Israele.
  Ma non è finita: secondo questi "intellettuali", infatti, non solo gli ebrei si permetterebbero di avere a cuore il destino dello Stato ebraico e di controllare i media (questo è scontato), ma soprattutto riuscirebbero addirittura a comprare i membri del Congresso. Almeno così la pensa Thomas Friedman, il liberal di origini ebraiche commentatore del New York Times, che proprio così ha "giustificato" la standing ovation ricevuta da Netanyahu (per le cui politiche Friedman prova una certa antipatia) da parte del congresso di Washington lo scorso anno.
  Ora: non è tanto la questione dell'uso di termini chiaramente antisemiti, del riferimento al controllo della politica da parte degli ebrei e tutto il resto. Queste sono fesserie facilmente smontabili. Fa preoccupare però il fatto che esse ormai vengano utilizzate senza alcun pudore o vergogna, senza venire additati pubblicamente come antisemiti, ma anzi esaltati come intellettuali di riferimento, uomini e donne coraggiose che si battono contro lo strapotere giudaico-massonico finanziario e così via.
  Tralasciando le paranoie e gli insulti antisemiti, gli stessi argomenti di fondo della polemica sono del tutto incoerenti. Chiunque ha il diritto di temere per la sicurezza di uno stato estero, specie se minacciato da vicini pericolosi del calibro di Hezbollah, Hamas, Assad & Co. E poi perché attaccare solo gli "Israel firsters"? Non sarebbero dunque ugualmente meritevoli di censura, secondo questo assurdo modo di guardare le cose, anche gli "Armenia firsters", gli "Ireland firsters", o i "Korea firsters"? Per loro niente vignette?

(notapolitica.it, 3 febbraio 2012)

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Israele tra i paesi più istruiti al mondo

Secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), Israele sarebbe il secondo paese più istruito al mondo, lo dimostrerebbe la percentuale del 45% di popolazione israeliana in possesso di una laurea.
I dati emergono dall'edizione 2011 di " Education at a Glande: OCSE indicators" che mette Israele davanti a paesi come il Giappone con il 44 %, gli Stati Uniti 41%, Regno Unito 37% e subito dopo il Canada con il 50%. La statistica è particolarmente significativa se si considera relativamente basso il PIL procapite di Israele, che con 27.690 $ si posiziona al 12o posto rispetto a tutti i 34 Stati membri dell'OCSE. Il apporto ha anche evidenziato che Israele prende il primo posto nella classifica dell'OCSE con un aumento della popolazione tra il 2000 e il 2009 arrivata a 7,4 milioni, pari al 19%. Ma non tutto è positivo, il rapporto OCSE indica anche che la percentuale di cittadini israeliani laureati sta scendendo vertiginosamente e che Israele è uno dei tre paesi in cui la percentuale di spesa nel settore dell'istruzione in rapporto al PIL (43%), sta diminuendo.

(FocusMO, 3 febbraio 2012)

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Palestinesi scortano un soldato israeliano fuori del paese

RAMALLAH - Mercoledì scorso, durante un controllo di routine nel villaggio palestinese Budrus vicino a Ramallah, un soldato israeliano ha perso la sua unità. L'incidente ha avuto un lieto fine per il giovane perché diversi residenti l'hanno portato in salvo fuori del villaggio.
Secondo quello che ha riferito il quotidiano "Yediot Aharonot", dei residenti avevano preso a sassate i soldati, e alcuni militari si erano allontanati daii loro veicoli. Per errore un soldato era stato lasciato indietro e aveva perso il contatto con la sua unità,. L'israeliano tuttavia non è stato ferito. Diversi residenti l'hanno scortato fuori dal paese e il militare ha potuto di nuovo raggiungere i suoi compagni.
L'incidente è sotto inchiesta da parte dell'esercito.
Tali eventi sono particolarmente pericolosi perché i palestinesi minacciano sempre di voler rapire altri israeliani. Nell'ottobre del 2000 due riservisti israeliani che per errore erano entrati nella città di Ramallah sono stati brutalmente uccisi dai palestinesi.

(israelnetz.com, 2 febbraio 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Da Israele le autorità per festeggiare i 35 anni di Chabad a Roma

di Lorenza Cordovani

ROMA - I 35 anni di Chabad a Roma sono stati celebrati in un modo decisamente speciale. E' infatti stato organizzato presso il Grand Hotel Excelsior della capitale uno splendido gran galà, in favore della Fondazione Schneerson Chabad Lubavitch Roma.
L'occasione si è prestata poi anche per presentare la scrittura del Sefer Torah della compagnia aerea El Al tra le mani del rabbino che segue la società Rav Yochanan Chayut e nell'occasione ciascuno dei partecipanti ha avuto la possibilità di scrivere una lettera per il Sefer Torah.
Duecentoventi gli invitati alla serata che hanno risposto volentieri all'invito. Musica ed intrattenimento hanno fatto da sottofondo alla serata che ha visto interventi di personalità di spicco e grande rilievo come Silvan Shalom, vice Primo Ministro dello Stato di Israele, che ha ricordato il ruolo di primissimo piano che Chabad ha nel mondo ebraico e ha colto anche l'occasione per ricordare il suo incontro con Il Rebbe di Lubavitch a cui chiese la benedizione mentre era in corsa per il knesset, in cui riuscì ad entrare proprio come gli aveva predetto lo stesso Rebbe...

(Chabad.Italia, 2 febbraio 2012)

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Israele: Teheran ha uranio per 4 bombe

L'Iran dispone oggi di uranio arricchito sufficiente a realizzare sula carta fino a quattro bombe atomiche. Lo sostiene il capo dell'intelligence militare israeliana, generale Avi Kochavi. «Noi - ha detto Kochavi alla Conferenza annuale di Herzliya (nord di Tel Aviv) sui temi della sicurezza - abbiamo prove definitive del fatto che gli iraniani stiano lavorando per dotarsi di armamento nucleare». «L'Iran sta vigorosamente perseguendo un potenziale militare nucleare e la comunità dei servizi di intelligence concorda ormai con Israele su questo punto», ha rincarato l'alto ufficiale, aggiungendo che - stando alle stime in suo possesso - Teheran dispone di circa quattro tonnellate di materiale fissile e di «un quintale di uranio arricchito al 20%, sufficiente per quattro bombe». Kochavi ha anche parlato dal crescente pericolo rappresentato per Israele dall'arsenale missilistico dei suoi «nemici», quantificando in «200.000» i missili puntati in totale sul Paese dai diversi fronti e in particolare dalla milizie sciite filo-iraniane libanesi di Hezbollah. Parlando ieri di fronte alla medesima platea, il capo di stato maggiore, Benny Gantz, ha a sua volta ipotizzato che l'Iran possa concretamente produrre un ordigno atomico «entro un anno», aggiungendo che tale rincorsa «deve essere fermata», ma anche che le sanzioni più dure decise da Usa e Ue «cominciano a dare l'impressione di funzionare».

(L'Unico, 2 febbraio 2012)

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Anche nel mese di febbraio continuano le iniziative di Evangelici d'Italia per Israele in concomitanza della Giornata della Memoria.
Sono previste tre conferenze, due nel trevigiano (11 e 12 febbraio) e una a Milano (il 15 febbraio).

Il tema è quanto mai interessante e tende a sdoganare la commemorazione dal pericolo di svuotamento del significato storico della Shoà accorporandola al ricordo di altri genocidi o di sacralizzare l'evento in un anestetico rituale del ricordo.
"Dall'Olocausto allo Stato di Israele" è la tematica di questi incontri che EDIPI proporrà nel trevigiano proprio per fare i conti, nel bene e nel male, con il comportamento assunto in quegli anni nei confronti degli ebrei.

Storicamente è da considerare che tra Otto e Novecento si ebbe nel trevigiano una notevole diffusione dell'antisemitismo, anche se in zona non vi era una significativa presenza ebraica (come a Venezia, Padova e Verona). La spiegazione va ricercata nella presenza di un forte e ben organizzato movimento cattolico intrasigente impegnato a contrastare le iniziative dell'ebreo padovano Leone Wollemborg, che fin dal 1883, fondò le prime casse rurali in diocesi di Treviso, per facilitare il credito agrario di un area contadina in grave difficoltà economica.
Wollemberg era ebreo e liberale, due caratteristiche ch'egli sapeva esser nient'affatto gradite agli ambienti cattolici, considerando anche che il modello creditizio era quello del protestante tedesco Federico Guglielmo Raiffeisen. L'azione capillare dei parroci fu talmente efficace che dopo un decennio sorsero le prime casse rurali cattoliche su un area in cui la funzione politica fatta svolgere dall'antisemitismo fu usata come strumento d'interdizione per erodere potere ai liberali.
Infatti si faceva pendere la spada di Damocle della propaganda cattolica basata sull'equiparazione ebraismo-massoneria-liberalismo.
Alle radici dell'antisemitismo trevigiano possimo quindi intravedere il tema del pericolo di un capitalismo egoistico e di una cospirazione giudeo-massonica.

La popolazione però, con la tragedia della seconda guerra mondiale, dopo l'8 settembre e per le conseguenze all'antisemitismo nazi-fascista che coinvolse colpevolmente parte del mondo cattolico, reagì in maniera esemplare.

In provincia di Treviso vi furono circa 20 posti di concentramento di ebrei stranieri provenienti soprattutto dalla Jugoslavia. Erano dei campi di concentramento, in cui i 380 ebrei internati, nonostante i vincoli posti dalle autorità, riuscirono comunque ad intrecciare le loro vite con quelle della popolazione locale, sottraendosi tutti alla deportazione nei campi di sterminio: infatti furono nascosti o aiutati a fuggire verso la Svizzera e l'Italia già liberata.
Questa e altre storie emozionanti sentiremo nelle conferenze organizzate da EDIPI.

L'appuntamento è quindi per il fine settimana del 11 e 12 febbraio:

a Preganziol di Treviso sabato 11 febbraio alle ore 16 e 30 presso l'Hotel Cristal;
a Castelfranco Veneto l'indomani alla stessa ora presso l'Hotel Antica locanda alla Scoa.

Si potrà conoscere che il primo carro armato in dotazione all'esercito israeliano è stato regalato da un contadino trevigiano che dopo averlo smontato lo donò all'Agenzia Ebraica alla fine della Seconda Guerra Mondiale; come pure smontata fu la sinagoga di Conegliano Veneto, ricostruita a Gerusalemme per la comunità ebraica italiana.

A tutti i partecipanti verrà donata una copia del libro "Questa terra è la mia terra" di Eli Hertz.
I relatori saranno Giovanni Mattia Quer (Informazione Corretta) e il prof Marcello Cicchese (Notizie su Isarele) con Ivan Basana (EDIPI) nella veste di moderatore.

La conferenza si concluderà con la presentazione in anteprima del nuovo libro di Marcello Cicchese:
"LA SUPERBIA DEI GENTILI, alle origini dell'odio antigiudaico".

Locandina

(edipi.net, 2 febbraio 2012)

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Basket - Arriva il Maccabi Gara "blindata"

Ingenti misure di sicurezza, con gli agenti del Mossad che terranno sotto controllo il palazzetto per la sfida di Eurolega tra Cantù e gli israeliani

di Massimo Moscardi

Non è una gara come tutte le altre. Quella che stasera, alle 20.45, va in scena al palazzetto di Desio è sicuramente la gara più affascinante per la Pallacanestro Cantù.
Di fronte, per il terzo turno delle Top 16 di Eurolega, c'è infatti il Maccabi di Tel Aviv. Non solo la principale formazione cestistica di Israele, ma un simbolo per tutto un popolo e per le persone di religione ebraica.
Un match di grande tradizione prima di tutto - trent'anni fa fu finale di Coppa dei Campioni , con successo dei brianzoli a Colonia - ma anche una partita impegnativa sotto il profilo della sicurezza.
Le richieste giunte da Israele alla società canturina e alle forze dell'ordine italiane sono state molte e ben precise.
Ormai non è un segreto che, venerdì scorso, il palazzetto di Desio sia stato oggetto di una attenta ispezione del Mossad che ha studiato, centimetro per centimetro, l'impianto. E agenti del servizio segreto, in incognito, stasera vigileranno con discrezione sull'andamento della situazione.
Sono stati studiati i movimenti della squadra, gli spogliatoi, gli ingressi sul parquet e qualunque percorso che sarà fatto dai giocatori è sotto le lente di ingrandimento e ben conosciuto a chi vigilerà sul Maccabi, nella fattispecie i già citati agenti del Mossad che, da sempre, sono al seguito del gruppo in ogni suo movimento.
La squadra è già arrivata in Italia ed è stata presa in consegna da una scorta. Tra le misure richieste, sia per la partenza che per l'arrivo, la presenza in aeroporto di cani in grado di fiutare la presenza di esplosivo.
La squadra, peraltro, avrà al seguito 150 tifosi ufficiali, che avranno come sempre uno spazio riservato, e a loro vanno aggiunti anche quelli che su Internet hanno acquistato personalmente il biglietto e che questa sera saranno sugli spalti.
Non ci sarà, ma guarderà la partita alla televisione, Vittorio Pavoncello, componente del board mondiale e presidente della Federazione Italiana Maccabi, l'ente che raggruppa le attività agonistiche ebraiche.
Pavoncello spiega perché la squadra che stasera affronta Cantù non è come tutte le altre. «Il Maccabi Tel Aviv è un simbolo - dice - ma soprattutto è un nome unanimemente riconosciuto in tutto il mondo». La gente, infatti, spesso non sa che Maccabi è un associazione mondiale che raggruppa tutti gli sport. «Invece - sottolinea Pavoncello - conosce bene la squadra di pallacanestro, che rappresenta un vero e proprio biglietto da visita d'Israele nel mondo. Un passaporto per tutto lo sport ebraico. E a volte ha fatto anche da apripista in situazioni particolari».
Una fu proprio la finale di Coppa dei Campioni del 1981 con Cantù. Il perché lo ha spiegato nei giorni scorsi l'allora allenatore dei brianzoli, Valerio Bianchini. «Fu una partita speciale per il momento storico in cui si collocava - ha detto - Israele arrivava dalla "Guerra dei sei giorni" con l'Egitto e rivendicava sempre più autonomia. Così lo sport e il Maccabi diventarono per un intero popolo un veicolo per apparire davanti al mondo. Inoltre, per la prima volta, dopo la Shoah una squadra israeliana andava a giocare in Germania».
Detto questo, anche la valenza sportiva della formazione israeliana va doverosamente considerata: a Desio arriva un club che, nella sua storia, ha vinto cinque Coppe Campioni, una Intercontinentale e ben 48 titoli israeliani, tra cui, consecutivi, dal 1970 al 1992. Giusto ricordarlo, anche perché, fondamentalmente, non va dimenticato che quello di stasera è prima di tutto un grande momento di sport.

(Corriere di Como, 2 febbraio 2012)

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Memoria - Pensieri da Israele

di Reuven Ravenna

Come hanno reagito i milioni di ebrei coinvolti nel tragico vortice della persecuzione di annientamento totale di un Popolo, che da secoli aveva superato le pur drammatiche prove della vicenda di Israele, sorretto da una fede tramandata dai Padri lungo le generazioni? Nell'inferno dei ghetti e dei campi di sterminio, molti si cimentarono, anche nei momenti estremi, con i dilemmi più profondi della loro condizione, in una disperazione senza speranza, pur in momenti di fedeltà alla Tradizione, fosse la celebrazione, sia pure al minimo, di une festività, o la recita di tefillot prima della marcia verso le camere della morte. Rabbini e dotti sopravvissuti hanno raccolto responsi allucinanti per noi posteri di una o due generazioni. Ancora più rilevante è l'approccio "teologico"da parte di Maestri che hanno osato affrontare il lancinante interrogativo del perché la Shoah ebbe luogo, con risposte per molti shoccanti, espressione di radicali convincimenti, spesso opposti. Rabbini ultraortodossi, oltre il considerare l'immane massacro come un ennesimo capitolo del millenario martirio di Israele tra i popoli, hanno considerato l'eclisse di D-O quale castigo per le trasgressioni nei confronti dell'osservanza della Legge divina, per la "laicizzazione" della nostra vita, in conseguenza dell'emancipazione, e, i più estremisti, per la "sfida" del Sionismo, profano ai disegni del Creatore, precedendo con strumenti umani la concretizzazione della Gheullah, della Redenzione, anticipando l'età messianica. Al lato opposto, il rav Zevi Yehudah Kookz. z.l., il Padre spirituale del Sionismo messianico, ha considerato la Shoah come operazione dolorosissima, ma necessaria per guarire il Popolo dalle scorie della Golah, per purificarlo dal fango della dispersione, verso la salita materiale e spirituale a Sion. Ma altri, non meno insigni per livello intellettuale e spirituale, ci hanno insegnato che non possiamo penetrare i disegni del Cielo, i motivi di un Silenzio trascendente la nostra comprensione umana. Un appello al raccoglimento, alla riflessione, all'impegno di superare con il nostro operato le scorie del passato, testimoniando giorno per giorno la Memoria dei sei e più milioni di fratelli che hanno santificato il Nome. Come chi scrive ha percepito anni addietro, sulla rampa di Auschwitz, recitando il Kadish per i suoi Cari, che hanno santificato il Nome, uniti a miriadi di fratelli, in quel luogo maledetto e negli altri lager dell'Europa.

(Notiziario Ucei, 2 febbraio 2012)

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Grandi cuochi del mondo firmano a Tel Aviv una 'Cena di Pace'

Almeno in cucina, fratellanza israelo-palestinese

TEL AVIV, 1 feb - Hanno disertato per alcuni giorni le rispettive cucine nella Casa Bianca, all'Eliseo, al Cremlino e nel Bundestag alcuni grandissimi chef, convenuti oggi a Tel Aviv per realizzare - assieme con colleghi israeliani e palestinesi - una straordinaria 'Cena di Pace'. I proventi della stimolante iniziativa - elaborata dal 'Club des Chefs des Chefs' (Ccc), che comprende 26 cuochi di rinomanza internazionale - saranno devoluti ad una serie di programmi educativi del Centro Peres per la Pace. A ciascun cuoco è stato richiesto di preparare un piatto tipico del Paese di provenienza. Gli organizzatori hanno chiesto loro di astenersi dal proporre piatti di carne e tutti hanno dovuto rispettare i limiti imposti dalla ortodossia ebraica. Durante il loro soggiorno, i cuochi dei Grandi della Terra visiteranno poi località israeliane e palestinesi, per incontrare i maestri locali di gastronomia. In una conferenza stampa, gli organizzatori hanno sostenuto che la gastronomia può appunto essere strumento di comprensione e una volta che i convitati sono seduti assieme allo stesso tavolo molte barriere vengono rimosse.

(ANSA, 1 febbraio 2012)

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Israele firma per 27 MW fotovoltaici

19 nuove concessioni porteranno a 515 i MW totali istallati sul territorio, che produrranno energia sfruttando la potenza del sole

Uzi Landau, Ministro israeliano dell'energia e dell'acqua, ha firmato la concessione di 19 licenze che permetteranno l'istallazione di 27MW di progetti fotovoltaici, portando il numero totale della potenza solare del paese a 515.5 MW. Le licenze, autorizzate pochi giorni dopo che il ministero ha stanziato 10 milioni di NIS (2 milioni di euro) per la pianificazione di un'area superiore a 2.000 ettari che ospiterà le future centrali solari nello stato, favoriranno la diffusione delle rinnovabili sul territorio.
Grazie alla collaborazione della Geo-Prospect, società che si occupa di indagini sul territorio, verranno individuati i siti adatti ad ospitare i futuri progetti fotovoltaici e portati avanti i piani di fattibilità per la costruzione di centrali che avranno una capacità istallata di 50 MW, per promuovere in seguito un piano nazionale per la realizzazione di ulteriori progetti.
I siti in esame includono un'area di 600 ettari e una di 200 ettari nell'area ovest della zona industriale di Dimona; 500 ettari sono stati selezionati all'interno dell'anello ferroviario a est di Dimona, 600 ettari a sud ovest di Rotem Park e infine 250 ettari a sud dell'area industriale di Timna.
"I confini ristretti della Stato di Israele ci chiedono di fare in modo che gli impianti siano situati in modo tale che occupino solo la quantità necessaria di spazio, con un uso ottimale delle funzionalità del sistema", ha specificato il ministro Landau. "In questo modo, l'elettricità pulita sarà un beneficio per tutti, nel rispetto dei valori della terra, del paesaggio e della natura".

(Rinnovabili.it, 1 febbraio 2012)

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Gaza: salva di razzi colpisce il sud di Israele

Una mezza dozzina di razzi lanciati nelle ultimi dalla Striscia di Gaza - la parte di territorio palestinese controllata dagli islamici di Hamas - è esplosa fra oggi pomeriggio e stasera nel sud d'Israele, fra la regione del Neghev e la zona di Sderot, a sud di Tel Aviv.
Gli ordigni - secondo gli ultimi aggiornamenti dei media israeliani - sono esplosi tutti in aree agricole o comunque fuori dai centri abitati, senza provocare vittime né danni significativi.
L'improvvisa raffica di lanci è giunta a rompere una fase di relativa quiete. Gli ultimi attacchi - sporadici nei giorni e nelle settimane precedenti - erano stati "firmati" da fazioni minori della galassia estremista attiva nella Striscia. Israele, che reagisce di norma con incursioni aeree quasi a ogni episodio, considera in ogni modo Hamas responsabile ultimo di qualsiasi atto ostile - come costantemente ribadito dai comandi militari - in quanto gruppo dominante a Gaza.

(ticinonews, 1 febbraio 2012)

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Israele, siglati nuovi accordi di cooperazione con Cipro

Cipro e Israele hanno firmato due nuovi accordi che prevedono la cooperazione degli Stati nei settori della difesa e dello scambio di informazioni.
Stando a quanto affermato da entrambe le parti, i nuovi accordi permetteranno ai Paesi di portare avanti, congiuntamente, i progetti sulle trivellazioni avviate qualche mese fa, in condizioni di maggiore sicurezza.
La zona interessata dai piani di Cipro e di Israele è uno dei bacini di gas più grandi al mondo, e per tale motivo è al centro di interessi internazionali che questo accordo cerca di respingere.

(Portalino.it, 1 febbraio 2012)

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Decifrati indovinelli babilonesi

Da studiosi israeliani e tedeschi. Risalgono a 3.800 anni fa

GERUSALEMME, 1 feb - Sette indovinelli babilonesi sono stati decifrati da due ricercatori, un israeliano e un tedesco, su una tavoletta di terracotta a caratteri cuneiformi di 3.800 anni fa trovata in Iraq. ''A cosa assomigliano un pesce in una vasca e un esercito schierato davanti al Re? A un arco spezzato'' (ovvero: non si mangiano e non combattono, quindi sono inutili come un arco rotto). ''Cosa e' alto come una torre, eppure non fa ombra? Un raggio di sole (torre di luce che scende dal cielo, n.d.r.)''.

(ANSA, 1 febbraio 2012)

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Gli ebrei sono l'antipasto, i cristiani il primo e il secondo

Il tradimento del processo di pace

di Alan D. Baumann

Presso la Camera dei Deputati, l'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele ha presentato il volume: "Deception: il tradimento del processo di pace" di Itamar Marcus e Nan Jacques Zilberdik, dove vengono presentate le assurdità menzognere dell'autorità palestinese, che non solo non riconosce Israele, ma inneggia alla violenza sin dalla ripresa dei colloqui di pace nel 2010.
  Ha moderato la conferenza l'On. Fiamma Nirenstein. Quanto mostrato da Itamar Marcus fa riflettere soprattutto riguardo alle crescenti aperture dell'Unione Europea nei confronti della Autorità Palestinese, tanto da definirla "rappresentante di ricerca della pace". Non si parla di Hamas e della situazione di Gaza, bensì di quanto detto e quanto realmente fatto da Al-Fatah, il partito al potere in Cisgiordania diretto la Mahmud Abbas (Abu Mazen).
  Da sempre esiste il detto "un arabo ti stringe la mano destra mentre ti accoltella con la sinistra": non bisogna ovviamente generalizzare, auspicandosi che siano effettivamente in pochi, ma quando sono dei governanti a comportarsi in questo modo, la pelle inizia a contorcersi.
  Vengono mostrati filmati, foto ed altri documenti della televisione palestinese: dalle dirette sportive di tornei di calcio intitolati alla memoria dei martiri, ossia a coloro che si sono fatti esplodere in un luogo pubblico, in un autobus od in una discoteca, uccidendo tanti ebrei, alle interviste ai parenti degli stessi che inneggiano ai loro eroi. I programmi culturali come la geografia fanno vedere la cartina dove la Palestina si estende da nord a sud, da ovest ad est, perché Tel Aviv è palestinese, Haifa pure e così tutto quel che esiste fra Libano, Siria, Giordania ed Egitto. I più alti esponenti religiosi parlano degli ebrei come responsabili dell'AIDS, dell'uccisione del primo martire musulmano di nome Gesù Cristo, di come non esiste altra fede oltre a quella legata ad Allah - ma gli arabi cristiani (ndr)? -, di come uccidere un ebreo porti bene e tante altre atrocità. Per di più come dice il premio nobel Elie Wiesel: "è già scandaloso incitare un uomo alla violenza, convincere un bambino lo è centomila volte di più", perché tra i filmati ci sono le interviste ai piccini che spiegano come riusciranno a liberarsi dal cancro ebraico, uccidendolo.
  E dire che la UE fornisce alle autorità palestinesi milioni di euro (presi chissà dove vista la crisi) per la scuola, la cultura, la modernizzazione tecnologica e si è fatta incantare dalle parole dette in inglese da Abu Mazen e dai suoi accoliti: "pace, riconoscere Israele, abbandonare la lotta armata, acculturare la propria gente …" che però in arabo, nei documenti ufficiali, vengono tradotte come "uccidi, debella, annienta …" .
  Alla fine di dicembre Abu Mazen, in visita in Turchia, ha incontrato con tutti gli onori, la terrorista Amna Muna, scarcerata nel quadro del ricatto palestinese per la liberazione dell'ostaggio Gilad Shalit, ed espulsa in Turchia essendosi rifiutata di stabilirsi nella striscia di Gaza. Nel gennaio 2001 Amna Muna, con alcuni complici, sequestrò e uccise il 16enne israeliano Ofir Rahum, tagliando il suo corpo in più parti. Un delitto per cui non ha mai mostrato il minimo segno di rincrescimento, cosa che contribuì a trasformarla in una sorta di leader dei detenuti palestinesi.
  La televisione palestinese non parla di israeliani perché Israele non esiste: solo ebrei con i loro fratelli minori. Inoltre anche questa eterna Primavera Musulmana, perché di questo si tratta, accresce la violenza verso le comunità cristiane in Africa ed in Asia.
Come si dice negli USA: gli ebrei sono l'antipasto, i cristiani il primo ed il secondo

(l'ideale, 1 febbraio 2012)

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Verso il Mar Rosso

Israele progetta una ferrovia per i porti

TEL AVIV - Israele pianifica la costruzione di una ferrovia che colleghi i suoi porti del Mediterraneo con quelli del Mar Rosso, potenzialmente attraendo una gran quantità di merci in transito tra Europa ed Asia, che ora passano attraverso il canale di Suez. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto nel corso di una riunione di governo che questa possibilità ha già suscitato «grande interesse» tra gli esportatori di India e Cina. Il progetto dev'essere ancora approvato in maniera definitiva e non c'è ancora certezza sui finanziamenti. La linea andrebbe da Eilat, sul mar Rosso, a Ashdod, 30 km a sud di Tel Aviv, sul Mediterraneo.
Funzionari israeliani hanno respinto l'idea che la ferrovia sia stata progettata in risposta alla situazione egiziana e all'ascesa dei partiti islamici al Cairo, e sottolineano che si tratta di un progetto che servirebbe ad accogliere un'eventuale eccesso di traffico marittimo, attualmente in crescita globale. Nel 2009 attraverso il Canale è passato l'8% di tutto il traffico via mare del mondo

(shippingonline, 31 gennaio 2012)

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Israele, ottimi dati economici e culturali. Il segreto delle nazioni

di Paolo della Sala

Straordinari dati economici e culturali di Israele. Gli investimenti in venture capital sono 80 volte quelli cinesi. Il 45% della popolazione è laureato, contro il 15% in Italia. Cina: 600.000 nuovi ingegneri ogni anno. Il segreto di altre nazioni.

Esce anche in Italia un libro sconvolgente (ma non troppo, per chi segue senza prevenzioni la storia degli israeliani). Si tratta di Start up Nation, di Dan Senor e Saul Singer, ora pubblicato da Mondadori.
Israele segue le stesse policy di espansionismo economico all'estero di Turchia, Cina e Stati Uniti. Ma non si pensi che ciò sia limitato alla "repressione" dei palestinesi. Nell'economia israeliana contano molto di più gli accordi strategici con Cipro per lo sfruttamento dei fondali del bacino del Mediterraneo sudorientale, ricchi di gas e petrolio.
Inoltre Israele -come fa in parte l'India, ma con una parte limitata delle sue caste, puntando sulla Information Technology- ha puntato sull'oro dei popoli: la cultura.
La cultura, la competenza, il sapere sono un fattore di ricchezza straordinario, per Paesi che non hanno petrolio né gas.
1- La Cina sforna oltre 600.000 ingegneri all'anno. La gran parte dei dirigenti della Banca centrale cinese è formata da ingegneri. La Cina è un engineer State.
2- L'Italia è stata una grande potenza scientifica finché ha mantenuto elevato lo standard dell'insegnamento del latino nelle scuole pubbliche. Il latino è la materia scientifica per eccellenza.
3- In ogni casa del Sud Corea si studia il Talmud ebraico. Circa 50 milioni di persone vivono in Corea del Sud, dove tutti imparano Ghemara (il Talmud) a scuola. Tutte le famiglie ne hanno una copia in coreano, non per fede, ma perché il sistema-Paese ha ragionato e ha valutato che il Talmud rende più intelligenti.
4- Lo stesso succede(va?) nelle nazioni protestanti, dove ogni bambino a dieci anni conosceva perfettamente la Bibbia (e ne comprendeva il difficile lessico, la retorica, gli stilemi, il simbolismo etc.). E' lo stesso nelle nazioni coraniche, dove il limite però consiste nel fatto che il Corano viene imparato a memoria (tranne in alcune scuole coraniche), e dove di conseguenza non c'è discussione, non c'è confutazione, elementi fondamentali per il ragionare-concatenare-dedurre di Sherlock Holmes. Anche il cattolico segue troppo spesso una formazione da rosario e non esegetica sui testi biblici e -di conseguenza- sugli altri testi, dalla scuola ai saggi all'interpretazione di film o eventi politici.
Alcuni dati
Israele ha più alta densità di start-up al mondo (una ogni 1.844 cittadini). Israele ha investimenti in venture capital (=investimenti in imprese non quotate in Borsa ad alto potenziale di sviluppo -ma con rischio di'impresa) che nel 2008 erano più del doppio degli Stati Uniti, 30 volte più dell'Europa, 80 volte più degli investimenti in Cina.
A proposito di IT: Israele è seconda solo agli USA per numero di imprese quotate al Nasdaq, e da sola supera tutte le imprese dell'intera Europa (Europa= Età della Pietra, grazie alla burocrazia).
Merito di liberalizzazioni serie. Di una riforma delle banche.
Merito del capitale umano nazionale: il 45% della popolazione è laureato, contro il 15% dell'Italia.

(La pulce di Voltaire, 1 febbraio 2012)

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Netanyahu trionfa alle primarie del Likud

GERUSALEMME, 1 feb. - Trionfo per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu alle primarie del partito del Likud. Il leader ha guadagnato quasi l'80 per cento dei voti dei 120mila membri del partito contro l'estroverso esponente dell'estrema destra israeliana, Moshe Feiglin, che ha cercato di movimentare le primarie cavalcando il malcontento tra i coloni. Netanyahu ha annunciato la sua vittoria poco prima della diffusione dei risultati ufficiali "ringraziando" i suoi sostenitori "per la fiducia e il rinnovato supporto". Il risultato, secondo alcuni analisti locali, anche se ampiamente previsto, spiana la strada verso elezioni anticipate. Come segnala anche in apertura il principale quotidiano israeliano 'Yediot Aharonot' che titola questa mattina "Netanyahu vorrebbe le elezioni ad ottobre", mentre il Daily Maariv apre con "Vittoria per Netanyahu che ora pensa ad elezioni anticipate". .

(AGI, 1 febbraio 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Il Giorno della Memoria è appena passato, ma merita ancora tutta la nostra attenzione l'articolo di Bernard Henry Levy che riporta sul Corriere quanto è avvenuto a Vienna lo scorso 27 gennaio. Parla del futuro della Francia, Levy, parla di Marine Le Pen che ha partecipato ad un valzer di sicuro per nulla innocente, ma, riflettendoci bene, parla anche del futuro dell'Europa tutta nella quale i nemici della democrazia (i nazi-fascisti, gli estremisti nazionalisti, per intenderci meglio) stanno riunendo le loro forze. Anche Davide Giacolone firma ancora un articolo sul Giorno della Memoria, ma gli va detto che qualsiasi paragone o parallelismo tra Shoah e gli altri orrori del secolo scorso va rifiutato. Non intendo cerco negare minimamente gli orrori dei quali il comunismo sovietico, coi suoi gulag, si rese colpevole; è certamente vero che troppi preferiscono dimenticare anche questa realtà, e questo lo riconosco pienamente e va detto. Ma, per favore, non mettiamo tutto insieme; piuttosto si studino, con gli storici, i singoli orrori degli anni recenti; c'è tanto lavoro per chi si vuole cimentare nell'opera.
   In Italia, intanto, si è inaugurata al Vittoriano la mostra sui Ghetti nazisti e, giustamente, il presidente Fini (Tempo Roma) ha ricordato che anche l'Italia ha avuto le sue responsabilità nei confronti di tanti ebrei italiani. E' il concetto che ricordavo in proposito su queste colonne la settimana scorsa.
   Frank Jacobs sull'International Herald Tribune, una delle testate regolarmente ostili ad Israele, firma un articolo nel quale parla delle città divise da mura; Berlino (ieri), Nicosia (con l'isola tutta di Cipro), e non solo. Riconosce, bontà sua, che a Gerusalemme non c'è più una separazione fatta di mattoni (ma avrebbe fatto bene a ricordare che quando Gerusalemme era fisicamente tagliata in due, la parte araba era stata ripulita dalla presenza ebraica), ma si chiede come le due parti (?) possano convivere e crescere insieme. Insomma, una Gerusalemme unita, magari anche capitale di due diversi stati, con arabi ed ebrei che ci vivono insieme come nell'antichità e fino al '48, e poi ancora dopo il '67, non viene accettata da Jacobs. Eppure il governo israeliano facilitando il progresso economico arabo, sta lavorando proprio in questa direzione.
   Si avvicinano, anche in Israele, le elezioni politiche, e un editoriale del Wall Street Journal descrive le mosse preparatorie di Netanyahu.
   La maggior parte degli articoli odierni si concentra su quanto avviene al Palazzo dell'ONU; passa una risoluzione voluta dalla Lega Araba e sostenuta dall'Occidente, ma la Russia di Putin non molla il suo appoggio al regime di Assad per non perdere le basi nel Mediterraneo e l'importante cliente delle proprie industrie belliche. Così, mentre si denunciano (solo a parole) i tanti morti, non si cita il Capitolo 7 della Carta delle Nazioni che solo permetterebbe di passare dalle parole ai fatti.
   Luca Geronico su Avvenire descrive la guerra civile oramai in atto, e le conseguenze che si faranno sentire comunque per lungo tempo; Hamas si allontana sempre più da Damasco (Davide Vannucci su Europa), e questa è una mossa politica densa di significati, ed intanto è in atto un riavvicinamento alla Giordania (ostile ad Assad). Maurizio Molinari aggiunge una riflessione sull'eventuale dopo Assad, indicando i due attuali ipotetici futuri leader; l'attuale ministro degli esteri, fedelissimo del regime, o la attuale vice-presidente, preferita dalla Lega Araba e sorella di un leader dei Fratelli Musulmani attualmente in esilio.
   Chi vuole capire che cosa sta portando la Primavera araba può leggere Fabio Scuto che, su Repubblica, parla delle difficoltà nelle quali si trovano gli americani che pensavano di aiutare una nascente democrazia.
   Molti, anche tra i responsabili dello Stato di Israele, scrivono sulle colonne di tutto il mondo su quanto potrà succedere in Iran, e sulle future azioni israeliane; ne parla Paola Peduzzi sul Foglio, ma, come sempre in questi frangenti, nessuno può davvero sapere quanto bolle in pentola, mentre coloro che lo conoscono non lo svelano certamente ai lettori dei quotidiani. Ciononostante Bernardo Valli su Repubblica sembrerebbe escludere che possa passare la prossime estate senza un attacco militare israeliano. Non resta che restare in trepidante attesa (e magari riflettere sulle tremende responsabilità di coloro che dovranno prendere le decisioni).

(Notiziario Ucei, 1 febbraio 2012)

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Notizie archiviate

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