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Notizie giugno 2013


Autentica apartheid: un ebreo italiano non può entrare nel territorio gestito da AP

  
La lettera di Emanuel Segre Amar inviata a Mamhoud Abbas, nell'impossibilità di poterla consegnare di persona come membro della delegazione torinese che doveva colloquiare con l'Autorità Palestinese, ha avuto un'eco internazionale, anche se ancora troppo lieve in relazione alla gravità del fatto. Riportiamo parte di un articolo di Arutz Sheva 7 del 28 giugno scorso che cita un articolo di Giulio Meotti sull'argomento.
    Il concetto di rimozione di una comunità religiosa o etnica da una certa regione rievoca i momenti bui della seconda guerra mondiale, ma è diventato un fatto comune quando è applicato a una parte della terra di Israele.
    Una recente visita ufficiale a Ramallah, la "capitale" dell'Autorità palestinese, da parte della delegazione ufficiale della città italiana di Torino, guidata dal sindaco di sinistra Piero Fassino, non ha potuto comprendere il vicepresidente della comunità ebraica, Emanuel Segre Amar.
    Perché? Perché è EBREO. Sì, perché è EBREO.
    Perché le istituzioni italiane e i loro rappresentanti hanno accettato la richiesta araba di una zona "Judenrein", come i nazisti chiamavano le entità prive di ebrei?
    Emanuel è il figlio di Sion Segre Amar, una famosa figura della comunità ebraica di Torino nei primi anni del XX secolo, un coraggioso pioniere sionista che è stato condannato al carcere da un tribunale fascista e gettato in prigione insieme a Leone Ginzburg. E' vergognoso che a suo figlio non sia stato permesso di mettere piede nei "territori occupati". Sì, occupati, ma dai deprecabili islamisti e antisemiti.
    Segre Amar non ha potuto mettere piede nemmeno nella zona controllata dall'Autorità Palestinese di Hebron, la culla dell'ebraismo e del popolo ebraico.
    Nel dicembre 2010, il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas ha detto chiaramente: "Non permetterò mai a un israeliano di vivere tra noi sulla terra palestinese".
    Ecco perché oggi non si può trovare nemmeno un Ebreo a Tulkarem, Nablus, Jenin, Ramallah o a Gaza. Questo è l'unica apartheid, la vera apartheid, ed è sostenuta da Barack Obama, da burocrati europei, da multiculturalisti occidentali, da istituzioni cristiane e - non dimentichiamolo - da ebrei liberali.
    Emanuel Segre Amar ha consegnato una lettera a Mahmoud Abbas, che qui riportiamo.
Segue il testo inglese della lettera, di cui abbiamo riportato la traduzione integrale il 18 giugno.

(Notizie su Israele, 30 giugno 2013)


Netanyahu: referendum su ogni eventuale accordo di pace

GERUSALEMME, 30 giu. - Ogni eventuale futuro accordo di pace con i palestinesi sara' sottoposto ad un referendum popolare. Lo ha assicurato oggi il primo ministro israeliano, aprendo il consueto consiglio dei ministri della domenica, dopo aver avuto ieri sera un incontro di sei ore con il segretario di Stato americano John Kerry. In tal modo, Netanyahu ha voluto garantire la tenuta del governo, all'interno del quale non tutti sono favorevoli al negoziato.

(Adnkronos, 30 giugno 2013)


Tradotto in ebraico il libro "Mosè Di Segni, medico partigiano"

La versione ebraica del libro "Mosè Di Segni, medico partigiano"

SAN SEVERINO MARCHE - Dopo l'annuncio, dato nei mesi scorsi, è arrivata l'edizione ebraica del libro "Mosè Di Segni, medico partigiano", pubblicazione realizzata, nella versione originale, dall'Anpi e dal Comune di San Severino Marche ed edita dalla Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito, con il contributo della Comunità Montana. All'edizione ebraica, che segue fedelmente il testo italiano, è stata aggiunta una introduzione destinata a far conoscere e spiegare il significato della lotta partigiana nel Maceratese e il contributo della popolazione settempedana a questa lotta. Il libro rafforza la documentazione conservata nel Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto, dove si parla del ruolo di San Severino Marche nella lotta di Liberazione e nella protezione degli ebrei e di altri perseguitati.
L'annuncio della traduzione della pubblicazione, contenente un prezioso manoscritto del dottor Mosè Di Segni, alcune ricerche ed altre notizie riprodotte e raccolte dal giornalista settempedano Luca Maria Cristini, era stata accolta con grande felicità in città. I contatti fra la famiglia Di Segni e San Severino Marche sono vivi e costanti. Ai figli del medico Mosè Di Segni, il rabbino capo di Roma Riccardo, il medico israeliano Elio, e la scrittrice Frida, il Comune di San Severino Marche ha concesso, nel 2011, la cittadinanza onoraria.
"La pubblicazione in ebraico intende conservare per i nostri figli e nipoti il ricordo degli avvenimenti nei quali è stata coinvolta la nostra famiglia durante la seconda guerra mondiale - spiega il professor Elio Di Segni - Inoltre, questa traduzione offre l`occasione di ricordare, conservare, insegnare e tramandare, il contributo di singole persone e di una intera popolazione che non solo non abbandonò la nostra famiglia e altri perseguitati ma ci accolse come compagni nella lotta contro il nazifascismo e per l'ideale di un futuro migliore. La pubblicazione in ebraico da` l`occasione di far conoscere al pubblico israeliano alcuni aspetti della seconda guerra mondiale nell`Italia centrale, un capitolo della storia non particolarmente conosciuto in Israele. Gli avvenimenti che seguirono la caduta del regime fascista il 25 luglio del 1943 furono la causa della fuga della nostra famiglia da Roma a Serripola, un frazione di San Severino Marche, alla fine del mese di settembre". Nella stessa premessa al volume, Elio Di Segni ricorda ancora: "La conservazione del ricordo dei "dieci mesi di San Severino" ha una grande importanza dal punto di vista della memoria collettiva della popolazione locale. Questa conservazione non solo permette di mantenere il ricordo della lotta di Liberazione ma permette anche di comprendere e conservare i valori che ispirarono questa lotta. La pubblicazione di questo libro si inquadra nella crescente tendenza che si manifesta in tutto il mondo occidentale di conservare il ricordo degli avvenimenti della seconda guerra mondiale tanto di più quanto più va diminuendo il numero dei testimoni diretti di quegli eventi".

(Millepaesi, 29 giugno 2013)


Giovanni Palatucci: eroe o aguzzino?

di Roberto Malini

In questi giorni raccolgo opinioni sul caso Palatucci da parte di studiosi e testimoni della Shoah che sono anche miei cari amici, come Thomas Gazit e Wolf Murmelstein. Quest'ultimo mi scrive:
    "In quell'epoca solo persone ritenute affidabili dal regime nazifascista potevano aiutare, ma non potevano fare pubblicità delle proprie azioni o lasciare documentazione burocraticamente perfetta. Nel Settembre 1944 l'Unione dei Rabbini Ortodossi di USA e Canada ha preso l'iniziativa giusta di contattare il Consigliere Federale Svizzero Jeam Marie MUSY, noto per aver buoni contatti nel III Reich. Non ha potuto fare molto ma, secondo me, se non ci fossero stati i suoi tentativi, Terezin pure sarebbe stato liquidato, ecc. ecc. Era un tentativo che avrebbe dovuto fare già prima Riegner del Congresso Mondiale Ebraico. Schindler ha potuto aiutare un gruppo proprio perché iscritto al partito nazista e ottimo camerata di bevute con quella gentaccia; nel film c'è la scena dove dice che 'è pericoloso se si dice in giro che da lui si sta bene', appunto era necessario il segreto assoluto. Poi ci sono i casi di aiuti indiretti: A Vienna il Prof. Victor Christian (aveva il grado di Maggiore SS ed era Pro-Rettore dell'Università) facendo valere le qualifiche scientifiche di Benjamin Murmelstein gli ha, indirettamente, fatto avere l'incarico di dirigere a Terezin la catalogazione di circa sessantamila libri razziati nelle biblioteche ebraiche. Era un aiuto indiretto, inconsapevole, che ha contribuito alla salvezza sia nostra personale che di altri che sapevano giusto lavorare su questi libri. Nel 1940 era grande impegno dei dirigenti ebrei italiani di ottenere che i profughi non venissero espulsi - riconsegnati alla Gestapo - ma mandati in internamento da qualche parte in Italia. Quei funzionari di polizia che hanno disobbedito all'ordine di espellere i profughi erranti mandandoli invece in qualche comune dell'Italia del Sud hanno dei meriti che certamente non potevano documentare con cura notarile".
Comprendo perfettamente questa posizione. E' difficile, a posteriori, ricostruire l'operato di un funzionario pubblico che operasse dall'interno delle istituzioni nazifasciste per sottrarre alla più efficiente macchina di morte di tutti i tempi quante più possibili vittime designate. Lasciare scritti, documenti, evidenze e testimonianze di tale "tradimento" avrebbe significato l'arresto, la deportazione o anche l'esecuzione seduta stante, per quel "Giusto".
Da parte mia, tuttavia, credo che si debba perseguire comunque la verità, affrontando anche anche gli eventuali danni che essa potrebbe portare con sé. Forse è vero che il revisionismo sugli eroi fa il gioco del negazionismo, come affermano alcuni studiosi e attivisti per la Memoria. Tuttavia è proprio la verità a garantire la preservazione della memoria di ciò che avvenne quale eredità fondamentale per le generazioni future. La verità, con le sue montagne di capelli e di cenere, con i milioni di martiri archiviati dal museo memoriale Yad Vashem di Gerusalemme, con le preziose testimonianze dei sopravvissuti. Mi è piaciuto molto l'atteggiamento di Avner Shalev, Dan Michman e degli altri ricercatori dello Yad Vashem, quando li ho conosciuti a Gerusalemme, nel 2006. Per loro, la ricostruzione della verità storica è assolutamente necessaria in ogni progetto di studio della Shoah o di educazione all'Olocausto. Ho fiducia anche nel lavoro del Centro Primo Levi, che utilizza metodologie molto scrupolose.
Una cosa è certa: i "Giusti fra le Nazioni" furono molto pochi, così come oggi sono pochi gli amici dei diritti umani, mentre tante persone, troppe, spendono parole e vanterie, senza far nulla di concreto o addirittura facendo danni. Alla base dell'essere giusto ci deve essere amore per il prossimo e sacrificio. Non dobbiamo temere chi cerca la verità e tutti insieme, con le diverse conclusioni e comunque l'analisi di documenti e testimonianze, possiamo contribuire a trovarla, sempre.
Riguardo agli studi sulle figure dei "Giusti fra le Nazioni", oltre che fondare ogni valutazione sui residui documentali e testimoniali, è importante mantenere obiettività ed equilibrio, prima di esprimere qualsiasi valutazione. E' sempre sbagliato iniziare questo tipo di analisi etichettando esseri umani come "eroi" o "aguzzini". Fra i due poli, ci sono anche persone di buona volontà che, pur non essendo animate costantemente dal fuoco del coraggio e della dedizione al prossimo, cercano di seguire la propria coscienza, quando possibile. Forse la verità, nel caso di Palatucci, si trova nelle stesse parole del questore, che definì il proprio operato, in una lettera ai genitori, con parole sobrie: "Ho la possibilità di fare un po' di bene e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare".

(IMGPress, 29 giugno 2013)


Armare i ribelli è una follia

di Fiamma Nirenstein

Ancora non si sa con certezza se le vittime della esecuzione mostruosa cui ci tocca assistere su Youtube siano frati francescani oppure no. Di sicuro l'ipotesi che il video sia fatto per terrorizzare i cristiani non è peregrina: certo, di nuovo gente innocente macellata in nome di Allah, stavolta perché erano «al soldo del regime», nell'agenda di uno di loro compariva il numero di un militare dell'esercito siriano. I tre erano anche accusati, dice il comunicato, di avere fornito armi a Bashar Assad.
Per nove minuti abbiamo modo, guardando l'inguardabile, di prendere nota del fatto che il miliziano «ribelle», l'assassino, parla con accento ceceno. I ribelli fanno ormai parte di brigate internazionali, proprio come la parte avversa che conta iraniani e Hezbollah.
   Di video mostruosi ne abbiamo visti già parecchi. Gli assassini sono di origini, dialetti, sfumature di credo diversi ma l'abisso sussiste fra sunniti e sciiti. Le imprese jihadiste che realizzano, le stragi sono fanatiche e crudeli, anche se Assad ha di gran lunga battuto il nemico facendo centomila morti. Ma tagliare le teste è una grande sciccheria jihadista anche sunnita, una specie di citazione dei testi sacri (stiamo parlando dell'interpretazione delle forze estreme naturalmente): Richard Pearl nel 2002 è forse il caso più famoso, con Nick Berg decapitato personalmente da Al Zarqawi, con il tunisino apostata del 2012, il polacco del 2009... e tanti altri, purtroppo. L'esecuzione jihadista è sempre legata all'identità primaria, vera o presunta. Pearl era ebreo, come Berg, altri sono infedeli, apostati, cristiani, o imperialisti. Cioè, un cuscinetto di innocenti disgraziati che per religione di religione o origine geografica si trovano sballottati fra le due larghe fazioni. In Siria e nel resto del Medio Oriente contaminato dalla sua guerra (prima di tutto il Libano, ormai straziato) lo si vede bene: sono i sunniti (maggiori in numero e in potere economico, in parte affascinati dalla sirena di Al Qaida) e gli sciiti (in parte molto poveri, miseri del mondo musulmano, guidati dall'Iran e armati dagli Hezbollah).
   Ma la parte estrema della rivolta siriana è stata come offuscata, obliterata, dalla fantasia malrisolta di Obama e anche dell'Europa di porre fine alla crudeltà di Assad con le nostre armi. Chi può aiutare ragionevolmente dei tagliatori di teste?
   Se si guarda all'appello del famoso sceicco sunnita Yussef al Qaradawi, si legge nelle sue parole un accanimento che fa da pendant a quello degli hezbollah dall'altra parte. Anche i sunniti vogliono il loro esercito internazionale. Ha detto al Qaradawi: ogni musulmano che sa combattere deve andare a sostenere i ribelli siriani. I leader del partito di Satana (stavolta l'Iran e gli hezbollah, non la solita America) sono in Siria per combattere i sunniti, ma li batteremo.
   I preferiti di Qaradawi sono certamente il fronte Jabat al Nusra, il più estremo dei gruppi anti Assad, e chi viene a combattere con loro trova un tappeto rosso. Di sangue, ma rosso. Ogni giorno fazioni avverse in tutto il Medio Oriente, ci mostreranno spettacoli di crudeltà inaudita. Ma primi, vengono gli occidentali: cristiani, ebrei, imperialisti. Niente armi dunque, perfavore. Piuttosto, fermiamoli. Tutti e due.

(il Giornale, 29 giugno 2013)


F-35: Primo squadrone da battaglia operativo in Israele dal 2018

   
Israele sarà il primo operatore internazionale, dopo gli Stati Uniti, ad utilizzare l' F-35.
Il primo squadrone da combattimento di F-35 raggiungerà la capacità operativa iniziale nel 2018 (2020/2025 per l'Italia).
I caccia F-35 consegnati potranno essere aggiornati non appena saranno disponibili nuove versioni software, ma la capacità specifica resterà prerogativa dei singoli operatori.
Ad esempio, i blocchi di software relativi all'utilizzo dei missili anti-nave degli F-35 norvegesi, non saranno disponibili agli altri operatori, a meno che non la Norvegia non decida di vendere proprio quell'arma ad uno dei paesi che utilizza lo Jsf.
I software specifici sviluppati per l'aviazione israeliana riguardano la guerra elettronica avanzata e la trasmissione criptata dei dati. Questi software resteranno prerogativa di Israele e non saranno disponibili per altri paesi.
I primi piloti israeliani inizieranno l'addestramento ad Eglin, in Florida, sull' F-35A, all'inizio del 2016. Il primo aereo sarà consegnato ad Israele verso la fine di quell'anno. Da quel momento, tutti gli altri diciannove velivoli acquistati saranno consegnati alla IAF, così come previsto dall'attuale piano quinquennale. Altri F-35 saranno ordinati nel 2018, nell'ambito del prossimo piano quinquennale.
Gli F-35 Israeliani saranno armati di missili aria-aria a corto raggio AIM-9X e di AIM-120 AMRAAM, per il combattimento oltre il raggio visivo. Attualmente, l'F-35 trasporta l'AIM-9X Block I sotto l'ala, in configurazione non-furtiva. Questa lacuna sarà colmata con il Block II.
Tuttavia, il trasporto ottimale per l'F-35 comprende esclusivamente i missili AMRAAM, consentendo al caccia di massimizzare la sua capacità di colpire il nemico oltre il raggio visivo, restando invisibile.

(teleradiosciacca.it, 29 giugno 2013)


Hamas: Abu Mazen non cada nella trappola dei colloqui di pace

ROMA - Hamas chiede al presidente palestinese Abu Mazen ''di non cadere ancora una volta nella trappola dei colloqui di pace'' con Isaele. Il premier del movimento islamico di Hamas, Ismail Haniya, in occasione della visita in Terra Santa del segretario di Stato Usa John Kerry, ha invitato Abu Mazen a ''costruire una strategia palestinese unitaria per la costruzione di un solida e resistente entita' palestinese'' prima di raggiungere un qualsiasi accordo con Israele.

(ASCA, 28 giugno 2013)


Hamas ha ragione: che senso ha parlare di pace con Abu Mazen quando questi non può garantire niente da parte dei gestori di Gaza? Prima o poi Hamas manderà un po’ di missili su Israele, e quando questi saranno troppi Israele reagirà. Dopo di che Abu Mazen prenderà le difese di Hamas e Israele sarà biasimato da tutti per “eccesso di difesa”. A chi serve il giochino del dialogo perpetuo? M.C.


"Circoncisione, importante fare chiarezza"

"In relazione alle agenzie di stampa rilasciate unilateralmente dal dottor Foad Aoti a seguito dell'incontro, su invito del ministro dell'Ambasciata d'Israele, tra il presidente dell'Associazione Medica Ebraica-Roma e il presidente dell'Associazione Medici Stranieri in Italia, si rende noto che non è stata avviata alcun tipo di collaborazione né tantomeno siglato alcun accordo tra le due suddette associazioni".
Ad affermarlo, in una nota scritta di proprio pugno, il presidente della sezione capitolina dell'Ame Dario Perugia. Nel documento, che corregge il tiro relativamente a quanto uscito nelle scorse settimane su alcuni organi di informazione, si puntualizza che "nessun progetto sulla circoncisione è stato avviato tra le parti".
Da tempo, conclude Perugia, "è stata creata una commissione scientifica dell'Ufficio Rabbinico della Comunità ebraica di Roma che, insieme al Centro Islamico Culturale di Italia, stà valutando gli aspetti bioetici e legali della circoncisione rituale a seguito dalla necessità di praticare la stessa per i maschi di religione ebraica e di religione musulmana nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche".

(Notiziario Ucei, 28 giugno 2013)


L'errore degli ebrei: non sapersi difendere. Neppure dai nazisti

Abituati da sempre a cercare l'appoggio dei sovrani dei vari Paesi "accettarono" i ghetti e i lager. E a volte collaborarono con i carnefici.

di Fiamma Nirenstein

Quanto è problematica, irritante, provocatoria la storia ebraica, quanto ogni considerazione ci rimanda poi a problemi complessi cui gli storici non trovano mai una risposta soddisfacente.
   Ad esempio, perché gli ebrei non capirono che si avvicinava la mostruosa mannaia della Shoah? Perché si adeguarono (anche se non bisogna dimenticare che negli stessi anni nell'Yishuv ebraico di Palestina i guerrieri sionisti si battevano contro gli arabi per la loro Terra) a una realtà impossibile, a volte sistemandosi nei ghetti mortiferi, talora addirittura collaborando con i carnefici nelle deportazioni?
   Lo spiega in un affollatissimo libretto Yosef Hayim Yerushalmi, scomparso nel 2009 dopo aver donato al mondo alcuni fra i migliori studi sulla cultura ebraica. Ora la Giuntina ha avuto l'intelligenza di pubblicare questo saggio che, come spiega nella bella introduzione David Bidussa, racconta come gli ebrei, «per ricevere protezione cercarono alleanze verticali» e, abituati a ottenerle, non capirono nulla di ciò che stava per accadere nei territori occupati dai nazisti. Da sempre, sino ai tempi della Shoah, pensavano che «il re», o chi per esso, li avrebbe salvati, almeno dallo sterminio di massa.
   Per questo furono, come dice il titolo non privo di malizia, «Servitori di re e non servitori di servitori» (sottotitolo Alcuni aspetti della storia politica degli ebrei, pagg. 72, euro 10). Servitori non è una bella parola al giorno d'oggi, di chiunque lo si sia, tanto più dell'autorità costituita. Insomma, dice Yerushalmi un po' sulle tracce di Hannah Arendt, sempre ipercritica verso il proprio popolo più che verso il regime nazista da cui era fuggita, ricorsero alle massime autorità e trascurarono il rapporto con il popolo. Bidussa spiega che la percezione di un continuo pericolo e quindi la richiesta di aiuto al re deriva da una sorta di imprinting, per certi versi biblico (basta pensare al Libro di Ester e allo scampato pericolo di sterminio da parte di Aman per intervento di Ester presso il re!).
   Yerushalmi dimostra come la storia abbia rafforzato la fiducia del mondo ebraico nel sovrano che li proteggeva nel medioevo dall'odio del popolino che vedeva negli ebrei gli assassini di Cristo, e li circondava di una pur fragile muraglia legislativa che ne impediva il libero eccidio, lo sterminio e, anzi, cercava di fare degli ebrei un utile instrumentum regni, creando la figura dell'ebreo di corte. Yerushalmi riporta parecchi episodi che dimostrano come il sovrano e i Papi abbiano cercato di aiutare gli ebrei quando erano pesantemente aggrediti da un antisemitismo che per altro essi non combatterono mai, anzi, fomentarono. Ma Yerushalmi ammette anche molte «violazioni» della sua norma, come in Spagna nel 613, e poi nel 1506 in Portogallo o le espulsioni dall'Inghilterra del 1290 o la cacciata dalla Spagna del 1492 e dal Portogallo nel 1506, o le persecuzioni dei nobili polacchi che a partire dal XVI secolo colpirono gli ebrei, diventati di fatto i «re» del Paese.
   In realtà se si sfoglia una qualunque storia del popolo ebraico, si capiscono un paio di cose. La prima: era logico, sulla base di motivi molto pratici e non ideologici, che gli ebrei cercassero qualche «cappello» legislativo che proteggesse la loro incolumità, perché essa veniva violata ripetutamente e con grande violenza da folle fanatiche, cosacchi e chi più ne ha più ne metta. La più semplice ed efficace delle figure di riferimento era il sovrano, il quale a sua volta aveva interesse a tutelare i suoi «ebrei di corte». La seconda cosa importante è che è altresì vero che la minaccia della Shoah era subdola. Ci volle molto tempo (per tutti, non soltanto per gli ebrei) prima che fosse possibile capire che la Shoah era una Apocalisse definitiva non lasciava spazi a trattative. Così una parte del mondo ebraico pensò di poterla evitare con «colloqui» e con «compromessi». E queste parole tra virgolette devono far riflettere, a causa delle attuali minacce iraniane di sterminio degli ebrei e la certezza mondiale di risolverle con «colloqui».
   Una terza considerazione riguarda il fatto che l'abitudine alla richiesta di protezione era radicata anche a causa di una mancanza. Oggi esiste lo Stato di Israele. Nel Medio Evo, nel 1492 e neppure all'alba della Shoah non esisteva affatto. Esso rappresenta dunque una mutazione rilevante che ai nostri occhi non è ancora stata interiorizzata dalla Diaspora, tuttora molto legata allo schema di un rapporto indispensabile di protezione con le autorità del proprio Paese. Per ultimo, Hannah Arendt, nonostante la «banalità del male» fosse uno schema che aveva applicato (scoperta mai più messa in discussione) a uno come Eichmann che aveva fatto della sua pochezza un uso niente affatto banale, spesso sottolineava come gli ebrei (anche un pazzo megalomane e probabilmente crudele come Chaim Rumkowski) fossero largamente colpevoli del loro crudele destino. Di fatto anche i kapò e i confusi e tremebondi capi delle comunità che cercarono scampo in modi improbabili furono protagonisti dello stesso tipo di choc che portava gli ebrei ad avventurarsi in richieste di aiuto che in gran parte non funzionavano. Bastava un contadino polacco o un giovane SS e il «gioco del re» era finito. Per questo, non c'è protezione regale possibile. Gli ebrei avrebbero dovuto ben prima cercare un'autodifesa. Ma è stato impossibile per tanto tempo.

(il Giornale, 29 giugno 2013)


Eichmann, i documenti restano segreti

Resta il mistero sulla fuga del criminale nazista che pianificò l'Olocausto. La Bild: i servizi sapevano tutto dal 1952

di Francesco Tortora

Resterà uno dei misteri più oscuri della storia dell'ex Repubblica Federale tedesca e probabilmente alimenterà nei prossimi anni nuovi dubbi tra storici e studiosi. La Corte federale di giustizia di Lipsia ha stabilito giovedì scorso che alcuni documenti in possesso dei servizi segreti tedeschi sulla fuga di Adolf Eichmann in Argentina, uno dei criminali nazisti che più si adoperò nello sterminio di massa degli ebrei - pianificandone quasi ogni dettaglio, persino l'orario dei treni che trasferivano i deportati nei lager - e che fu catturato e giustiziato dagli israeliani nel 1962, devono rimanere segreti.
Il passaporto falso usato da
Eichmann per fuggire in Argentina
SCOOP - Una precedente pronuncia di un tribunale del paese teutonico aveva permesso a un giornalista della Bild di consultare parzialmente gli stessi documenti e di pubblicare nel gennaio del 2011 un autentico scoop: i servizi segreti della Germania Federale avrebbero saputo sin dal 1952 che il criminale nazista si era nascosto in Sudamerica e non avrebbero fatto nulla per farlo estradare: «Eichmann non si trova in Egitto, ma vive sotto il falso nome di Klement in Argentina» recitava un'informativa del servizio d'intelligence degli anni cinquanta consultata dal reporter della Bild e in parte riprodotta sul tabloid tedesco.
POLEMICHE - La notizia della censura approvata da parte della Corte di ultima istanza della giustizia ordinaria ha scatenato grandi polemiche a Berlino. «E' deplorevole che il lavoro sulla giovane storia della Repubblica federale sia ostacolato così palesemente - ha dichiarato Christoph Partsch, avvocato della Bild che ha rivelato di voler sollevare il caso davanti alla Corte Costituzionale di Karlsruhe- Questa decisione alimenterà speculazioni sulle motivazioni di un tale atteggiamento». Dello stesso avviso Dieter Graumann, Presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania che taglia corto: «La mancanza di una completa trasparenza non può che far danni alla Germania».
DIFESA - Da parte sua la Corte ha rilevato che la maggior parte delle informazioni su Eichmann sono già pubbliche, mentre una minoranza di documenti sono censurati per garantire la sicurezza dello Stato. Adolf Eichmann, che viveva da oltre un decennio in Sudamerica, fu scovato in Argentina dall'agente del Mossad Tzvi Aharoni. Rapito e portato in Israele dai servizi segreti, fu processato e condannato a morte a Tel Aviv per crimini contro l'umanità. Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri disperse al di là delle acque territoriali dello stato mediorientale.

(Corriere della Sera, 28 giugno 2013)



Si concluderà in agosto l'aliyah dall'Etiopia

Il governo israeliano ha dato la notizia che in agosto si concluderà l'aliyah di massa dall'Etiopia. Circa 400 persone si imbarcheranno su un volo che le porterà nello stato ebraico e il quartier generale di Gondar, che ha gestito l'emigrazione di migliaia e migliaia di etiopi, verrà restituito alle autorità del paese. Da quel momento in poi, le aliyot verranno permesse sulla base delle procedure standard basate sulla valutazione del singolo caso, come avviene per quelle dagli altri paesi. Ma la storia degli ebrei d'Etiopia non è stata come quella di tutti gli altri: la comunità, conosciuta come Beta Israel ha vissuto isolata fino al XX secolo in condizioni di grande difficoltà. Quando i legami con il resto del mondo ebraico sono stati riallacciati, epiche operazioni militari portarono in Israele migliaia di persone. Una storia fatta di luci ma anche di ombre: le tante vittime di malattie e stenti nelle lunghe marce attraverso per raggiungere i campi di raccolta con la speranza di partire, la situazione dei Falashamura, ebrei convertiti al cristianesimo a causa delle persecuzioni nel corso dei secoli e riavvicinatisi poi all'ebraismo, l'accoglienza non sempre facile della comunità in Israele, dove oggi vivono 120mila cittadini di origine etiope, di cui un terzo circa di seconda generazione. Anche l'annuncio della fine dell'Aliyah collettiva non ha mancato di suscitare polemiche, ricordando come chi rimarrà indietro non potrà più contare neppure sulle strutture comunitarie, la scuola e la sinagoga. Come ha sottolineato anche sulla sua pagina Facebook Yitish Aynaw, Miss Israele 2013, arrivata dall'Etiopia a 12 anni dopo aver perduto i genitori e che più di ogni altra persona oggi rappresenta il sogno della sua gente.

(Notiziario Ucei, 28 giugno 2013)


Caltagirone - Convegno regionale delle comunità ebraiche

Ci sarà anche Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica romana e principale esponente dell'ebraismo italiano, fra gli ospiti del convegno "La presenza ebraica nella storia e nell'economia della Sicilia", che sabato 29 all'hotel Villa Sturzo e domenica 30 giugno nel salone di rappresentanza "Mario Scelba" del municipio, vedrà impegnate le comunità ebraiche siciliane.
Il convegno, organizzato dall'associazione B' NEI EFRAIM e dagli Evangelici d'Italia per Israele con il patrocinio del Comune di Caltagirone, intende ripercorre il millenario cammino culturale, economico, etnico delle comunità ebraiche siciliane e il loro prezioso contributo artigianale, artistico e produttivo ai territori siciliani, che consentì alla nostra Isola di godere di un relativo sviluppo economico, in un tempo in cui il latifondo ed il feudalesimo nobiliare e notabiliare soffocavano sul nascere ogni iniziativa economica basata sul libero scambio e su scelte produttive. La "due giorni" vivrà il suo momento più importante domenica 30 giugno al municipio, dove, alle 9,15, Pacifici sarà accolto dal sindaco Nicola Bonanno, che sottolinea "l'importanza del convegno e di una presenza così rilevante, che fanno di Caltagirone un luogo significativo per importanti momenti di studio e riflessione nel segno dell'interreligiosità e dell'interculturalità".
Tanti i temi trattati, tra i quali quello relativo al ruolo di Israele nel futuro dell'economia siciliana. Ricca la presenza di ospiti e di studiosi di ogni parte della Sicilia, come pure corposo il contributo di storici e artisti di Caltagirone, che si espliciterà negli interventi di Domenico Amoroso, Ivan Basana, Nazzarena Condemi, Antonio Navanzino, Enzo Nicoletti, Massimo Porta e Giacomo Trombino. Per l'Amministrazione comunale interverranno il sindaco Bonanno e l'assessore ai Beni culturali, Bruno Rampulla. Intervalli musicali con canti ebraici si intercaleranno tra i vari interventi degli studiosi. Il convegno si concluderà domenica 30 giugno, alle 15,30, con la visita all'antico quartiere ebraico caltagironese posto in via Judeca.

(strettoweb.com, 28 giugno 2013)


Sondaggio tra gli israeliani sulla ripresa dei negoziati di pace

La maggioranza dei cittadini israeliani è favorevole alla ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi ma si dice pessimista su un eventuale accordo. E' quanto emerge da uno studio pubblicato oggi.

Il 56,9% degli israeliani sostiene la ripresa dei colloqui con i palestinesi, che il segretario di Stato Usa John Kerry sta provando a rilanciare. Ma solo un terzo delle persone interpellate - il 30,9% - stima possibile un accordo. Il 55,4% ritiene invece che l'eventuale ripresa dei negoziati di pace non produrrà alcuna intesa.
Il sondaggio ha un margine di errore del 4,4% ed è stato compiuto contattando un campione di 500 ebrei israeliani.

(Today, 28 giugno 2013)


Le precondizioni palestinesi non hanno alcun fondamento di diritto e di fatto

di Alan Baker

Alan Baker
Le recenti dichiarazioni di Nabil Shaath, alto esponente della squadra negoziale dell'Autorità Palestinese, e di altri che come lui promettono il ritorno al tavolo dei negoziati se Israele accetterà le precondizioni palestines, impegnandosi "a negoziare sulla base delle linee del 1967" e a congelare le attività edilizie ebraiche negli insediamenti in Cisgiordania, costituiscono un tipico esempio di mistificazione politica, doppiezza e pura menzogna da parte palestinese.
   Da nessuna parte, in tutta la storia dei negoziati del processo di pace, compare alcun impegno verso "le linee del 1967". È vero esattamente il contrario. Tutti gli accordi tra Israele e Olp, così come i trattati di pace con Egitto e Giordania, si richiamano nel loro preambolo alla risoluzione 242/1967 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu con cui la comunità internazionale fa appello affinché le parti concordino "confini sicuri e riconosciuti". Come l'Egitto e la Giordania nei loro rispettivi trattati di pace con Israele, così anche la dirigenza palestinese in tutti gli accordi firmati ha ripetutamente accettato e si è impegnata su questa formula, la quale in pratica significa che le linee militari di demarcazione armistiziale in vigore dal 1949 al 1967 - mai destinate a diventare confini - e tutte le altre linee pre-'49 dovranno essere sostituite da confini concordati che rispondano al criterio del Consiglio di Sicurezza di essere "sicuri e riconosciuti". Il fatto che leader palestinesi come Shaath, Saeb Erekat e Mahmoud Abbas (Abu Mazen) cercano di manipolare il dato storico e giuridico ripetendo continuamente la loro pretesa che Israele si impegni in anticipo su quelli che loro chiamano "confini del 1967" dovrebbe essere fermamente respinto da tutti coloro che sono stati coinvolti a vario titolo nelle trattative dei diversi accordi.
   I palestinesi sanno benissimo che i confini sono una delle questioni che devono essere discusse al tavolo dei negoziati; e che la loro pretesa non ha alcuna base di diritto e di fatto. Abu Mazen, Shaath ed Erekat, così come i leader di Stati Uniti e Unione Europea che controfirmarono gli accordi di Oslo come testimoni, oltre a Giordania ed Egitto, sanno tutti benissimo che la precondizione posta dai palestinesi è manifestamente priva di fondamento giuridico. Il fatto che continuano a ripeterla non dimostra altro che spudorata doppiezza, mancanza di buona fede e abuso della buona fede della comunità internazionale.
   Altrettanto infondata e senza base negli accordi firmati fra Israele e Autorità Palestinese è l'altra precondizione, quella che Israele congeli ogni attività negli insediamenti. Israele non si è mai impegnato, in nessuno degli accordi con i palestinesi, a congelare l'attività di insediamento in un territorio che continua ad amministrare in virtù degli accordi con i palestinesi. Al contrario, l'Accordo ad interim israelo-palestinese (comunemente chiamato Oslo Due) consente espressamente, nell'Allegato III "Affari civili", progettazione, zonizzazione e attività edilizia da parte di ciascuna delle due parti nelle zone di Cisgiordania sotto la rispettiva giurisdizione: i palestinesi nelle Aree A e B, Israele nelle Aree C. Anche quella degli insediamenti è una delle questioni che le parti hanno concordato di trattare nei negoziati sullo status definitivo, insieme a profughi, risorse idriche, Gerusalemme, misure di sicurezza e, appunto, i confini (art. 31 "Clausole finali"). Dunque i palestinesi hanno concordato e sottoscritto di negoziare questo tema con Israele, e non si capisce come ora possano pretendere di rimuoverlo unilateralmente dal tavolo delle trattative, trasformandolo in una precondizione separata e indipendente per l'avvio di ulteriori negoziati. Così facendo minano gli accordi, e quando cercano di reclutare il sostegno della comunità internazionale su questa loro posizione non fanno che aggirare l'impegno che hanno preso di negoziare la questione direttamente con Israele. In pratica, stanno deliberatamente ingannando e manipolando la comunità internazionale.
   Tra i suoi impegni ai sensi degli accordi di Oslo, Israele ha quello di negoziare la questione degli insediamenti con i palestinesi. Per attivare questo impegno non è prevista nessuna precondizione che non sia il ritorno a negoziati condotti in buona fede. Il proseguimento della attività edilizie negli insediamenti in attesa del risultato dei negoziati per lo status definitivo, che sia o meno politicamente avveduto, non è di per sé né una violazione degli accordi di Oslo, né una violazione del diritto internazionale. Si tratta di una questione bilaterale da negoziare con i palestinesi: niente di più e niente di meno.
   Quanto prima i palestinesi smetteranno di tentare di minare, manipolare e aggirare unilateralmente il processo negoziale e lasceranno perdere le loro precondizioni, tanto prima la questione degli insediamenti potrà essere affrontata, risolta e quindi depennata dall'ordine del giorno. Sarebbe ora che questo fosse ben chiaro a tutti.

(Jerusalem Post, 18 giugno 2013 - da israele.net)


La questione palestinese nasce nella malafede. La malafede originaria del governo britannico che ha imbrogliato le carte internazionali per impedire l’unico scopo per cui aveva ottenuto il Mandato dalle potenze vincitrici della prima guerra mondiale: favorire la nascita dello Stato ebraico sul territorio compreso “da Dan a Beersheba”, cioè sul territorio indicato dalla Bibbia per il popolo ebraico. Negli sviluppi storici successivi la malafede si è internazionalizzata, tanto da poter dire che la storia di Israele dopo la seconda guerra mondiale è la storia degli attorcinamenti pseudolegali con cui si è cercato, in malafede, di togliere legittimità giuridica al possesso della terra contesa da parte del popolo ebraico. Uno dei più diffusi argomenti usati oggi è la volontà di “pace”. Si trovano mille motivi per dire che Israele non vuole quella “pace” che il mondo vorrebbe e ricerca, a cominciare dalle Nazioni Unite. Vale la pena allora di ricordare le parole con cui David Lloyd George si dissociò nel 1939 da uno dei più gravi imbrogli che il governo britannico stava commettendo: approvare la stesura dell’ultima edizione del famigerato “Libro Bianco” con cui si impediva ai profughi ebrei in fuga dalla Germania nazista di entrare nella terra d’Israele: «NON SI PUÒ COSTRUIRE LA PACE NEL MONDO SE NON SULLA BASE DELLA BUONA FEDE INTERNAZIONALE». E sulla questione ebraica, nella forma che oggi ha assunto, cioè la questione israeliana, la buona fede internazionale non c’è. E quindi pace non ci sarà. M.C.
Il discorso radiofonico di David Lloyd George


Le esercitazioni militari di Israele sulle alture del Golan

Dall'altopiano montuoso siriano occupato dallo Stato ebraico, le immagini delle manovre simulate dalla brigata di fanteria Golani. L'esercito israeliano è pronto, se necessario, ad entrare in azione.

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Si sono concluse ieri le esercitazioni militari israeliane, durate diversi giorni, sulle Alture del Golan - l'altopiano montuoso appartenente de iure alla Siria, ma de facto militarmente occupato e amministrato da Israele dalla Guerra dei 6 giorni del 1967 - a cui hanno preso parte decine di mezzi blindati. Come precisato dalla stampa locale, è stata simulata l'occupazione di ampie zone aperte e di località abitate.
Come riferito da Radio Gerusalemme, ad una delle esercitazioni della brigata di fanteria Golani ha assistito mercoledì anche il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accompagnato dal Ministro della difesa Yaalon e da diversi responsabili militari.
''Questa esercitazione - ha notato Netanyahu - non è solo teorica. La situazione attorno a noi è esplosiva e cambia rapidamente, per cui dobbiamo farci trovare pronti''. "Non intendiamo sfidare alcuno - ha detto - ma nessuno potrà colpire lo stato di Israele senza che ci sia subito una nostra risposta, forte e decisiva''.
Ex comandante nelle unità speciali di Israele, Netanyahu ha poi detto ai giovani combattenti, sulla base delle propria esperienza, che il campo di battaglia è ''il regno dell'incertezza'' dove la cosa più importante è ''la determinazione, la volontà di vincere, la capacità di 'rompere' il nemico e, al momento decisivo, di inculcargli una paura mortale. Così si vince in battaglia''.
Da parte sua il ministro della difesa Moshe Yaalon ha ricordato ai militari che potrebbero essere chiamati ad entrare in azione con un breve preavviso. Israele non tollererà attacchi ''né sul Golan, né ai bordi della striscia di Gaza, né altrove''.

(Panorama, 28 giugno 2013)


Troppa neve, accorciata la marcia della pace al Passo dei Tauri

BOLZANO, 28 giu - A causa delle enormi quantita' di neve in quota e' stata accorciata la marcia della pace 'AlpinePeace Crossing' al Passo dei Tauri, in programma domani. L'iniziativa, arrivata alla sua 7a edizione, ricorda la fuga di migliaia di profughi ebrei che, dopo essere scampati al nazismo, cercarono nel 1947 di raggiungere la Palestina attraverso l'Austria e l'Alto Adige. ''L'attraversata con 150 persone - spiega l'organizzatore Ernst Loeschner - sarebbe stata troppo pericolosa''.

(Euronews, 28 giugno 2013)


Web Memo: Centro Digitale di Documentazione Europea sulla Shoah

Martedi' incontro a Venezia
Comunicato stampa No 1137 del 28/06/2013


VENEZIA, 28 giugno 2013 - La memoria dell'Olocausto vive sul web e diventa eredità europea condivisa per tutte le giovani generazioni, grazie al progetto "Web Memo - European Digitalization of shared memories". A un anno dal suo avvio, i risultati conclusivi di questo progetto di dimensioni europee saranno presentati nell'incontro di martedì 2 luglio a Venezia, nella sala conferenze del Palazzo Grandi Stazioni della Regione con inizio alle ore 9. Raccogliere testimonianze storiche sulla Shoah, fare rete, trasmettere quello che è stato ai giovani rafforzando così il senso di identità europea: per questo è nato il sito internet www.webmemoproject.eu, diventato vetrina di un nuovo "Centro di Documentazione Europea" e strumento per coinvolgere dodici istituti superiori tra Veneto, Belgio e Baviera in un viaggio interattivo nella memoria.
Il progetto, finanziato dal Programma comunitario Europa per i Cittadini-Azione Memoria Europea Attiva, ha come capofila il Giardino dei Giusti del Comune di Padova e come partner la Regione del Veneto, attraverso la Direzione di Bruxelles, le Acli padovane e alcune delle maggiori comunità ebraiche europee: quelle di Venezia e Padova, insieme allo European Jewish Community Centre di Bruxelles e alla European Janusz Korczak Academy di Monaco di Baviera. Saranno i rappresentanti di questi enti a illustrare martedì il percorso che ha portato a radunare testimonianze di sopravvissuti alla Shoah ancora in vita, oltre a documenti, fotografie, video e documentari, disponibili anche in inglese oltre che nelle lingue originali. Un nucleo di testimonianze ora sempre disponibili e direttamente accessibili sulla rete, il cui valore sarà sottolineato anche dalla presenza alla conferenza finale di Web Memo di Riccardo Calimani, studioso dell'ebraismo, presidente della Comunità Ebraica di Venezia e autore del libro "Storia degli ebrei italiani" (ed. Mondadori 2013).
Il progetto Web Memo ha permesso di formare una rete europea, cresciuta tra Venezia, Padova, Bruxelles e Monaco di Baviera. Sul sito www.webmemoproject.eu, ad esempio, è consultabile la circolare datata settembre 1938 con cui il provveditore di Padova di fatto esonera ed espelle gli insegnanti ebrei dalle scuole; oppure si possono ripercorrere, attraverso alcuni video, i viaggi didattici degli studenti ad Auschiwitz, a Norimberga o a Bergenbelsen. Al progetto Web Memo hanno partecipato circa 180 studenti veneti, appartenenti all'I.T.I.S. Primo Levi e al liceo Majorana-Corner di Mirano, al liceo Stefanini di Mestre, e ai licei Tito Livio, Curiel e Amedeo di Savoia Duca d'Aosta di Padova. Circa altrettanti sono stati gli alunni coinvolti nelle scuole di Bruxelles e di Monaco.

(Regione del Veneto, 28 giugno 2013)


Erdogan frena sulla visita a Gaza: data non ancora fissata

GAZA, 27 giu. - Il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, ha precisato di non aver ancora fissato la data per la sua visita nella Striscia di Gaza, dopo che fonti di Hamas avevano indicato che era in programma per il 5 luglio. "E' una data sbagliata, il primo ministro ha impegni in quei giorni", ha precisato l'uffico stampa del governo turco, "la visita ci sara' ma la data non e' ancora stata fissata". Era stato il segretario generale del governo di Hamas, Abdelsalam Siyyam, ad annunciare la data del 5 luglio per la visita di Erdogan in un'intervista al giornale del movimento islamico Falestin.

(AGI, 27 giugno 2013)


McDonald's non apre ad Ariel

E' nei territori, dice il proprietario, che è tra i fondatori 'Peace Now'

GERUSALEMME, 27 giu - McDonald's Israele ha detto no all'offerta di aprire uno dei suoi fast food ad Ariel, visto che si tratta di un insediamento ebraico in Giudea-Samaria. In risposta gli israeliani della zona hanno annunciato il boicottaggio della catena, a partire da quelli dove si mangia kasher, ovvero secondo i dettami alimentari religiosi ebraici.
McDonald's Israele e' di proprieta' di Omri Padan che e' tra i fondatori del gruppo pacifista israeliano 'Peace Now', da sempre contrario alla costruzione degli insediamenti nei territori contesi.
Il nuovo negozio avrebbe dovuto far parte di grande centro commerciale (da 100 mln di shekel, circa 20 milioni di euro) in costruzione ad Ariel, ma i rappresentanti della catena di fast food - citati dai media - hanno declinato l'offerta richiamandosi alla ''politica di sempre'' del gruppo.
In rivalsa, il Comitato dei pionieri della Samaria - secondo la loro radio, Canale 7 - ha annunciato che la notte scorsa sono stati affissi nei punti McDonald's di tutto il paese cartelli di protesta ed ha invitato a disertare i ristoranti del gruppo a partire da quelli kasher.

(Fonte: ANSAmed, 27 giugno 2013)


Hamas annuncia: il premier turco a Gaza il 5 luglio

Erdogan impegnato a fronteggiare in patria la delicata fase di contestazione

ANKARA, 27 giu. - Il premier turco Recep Tayyip Erdogan sarà a Gaza il prossimo 5 luglio. L'annuncio arriva da Hamas, che da giorni ribadisce che il il premier turco non intende cancellare i suoi piani di visita nella Striscia, malgrado la delicata fase di contestazioni in Turchia. La missione a Gaza di Erdogan è stata in precedenza rinviata, anche su pressione degli Stati Uniti, che considerano inopportuno in ottica negoziale un viaggio che sottolinei il sostegno turco ad Hamas.

(TMNews, 27 giugno 2013)


Siria: oltre centomila i morti in due anni. Allarme Unicef per i bambini

In Siria proseguono le violenze. Le milizie fedeli al presidente Assad hanno riconquistato ieri una località strategica nei pressi di Homs, con l'aiuto determinante degli Hezbollah libanesi. E secondo gli ultimi dati forniti da una delle piattaforme di attivisti anti-regime, sono oltre centomila i morti nei due annni e mezzo di conflitto. Intanto il wall Street Journal sostiene che gli Stati Uniti sarebbero pronti a rifornire di armi i ribelli entro un mese. La svolta seguirebbe le rivelazioni sull'utilizzo di armi chimiche da parte dell'esercito di Assad.
Nel frattempo, secondo l'Unicef 72 bambini nascono ogni settimana e la maggior parte delle donne attraversa il confine siriano per andare a partorire nel campo profughi di Za'atari, in Giordania. Per le donne, ma soprattutto per i neonati, serve tutto, a partire dai pannolini. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia:

R. - E' proprio una situazione drammatica, che del resto noi facciamo presente da due anni, dall'inizio, da quando è scoppiata la crisi in Siria, prevedendo questi numeri già circa un anno fa. Adesso, siamo nel momento proprio culminante della crisi, dove c'è bisogno di aiuto, c'è bisogno di tanto aiuto e di essere presenti sul posto con i mezzi necessari con gli aiuti necessari.

D. - Il campo di Za'atari, con le sue 120 mila persone, è diventato il secondo campo profughi più grande al mondo. Cosa manca in generale?
R. - Il campo di Za'atari, per avere un'idea, non è altro che una città italiana di media dimensione di oltre 120 mila abitanti. In questa città non c'è nulla: non ci sono palazzi, non ci sono case, ci sono soltanto tende, rifugi di emergenza, roulotte o container. In questa città manca tutto e tutto deve essere portato in in modo da poter soddisfare le esigenze di tutta la popolazione: dall'acqua ai generi di prima necessità, agli alimenti. Poi, manca naturalmente l'istruzione. L'Unicef, a questo punto, non chiede qualcosa di preciso, chiede un aiuto economico. perché noi come Unicef dobbiamo avere la possibilità di disporre di aiuti.

D. - C'è un altro problema che riguarda anche l'impennata delle temperature estive. Questo determina seri rischi anche per i bambini, perché ricordiamo che le condizioni igieniche sono abbastanza precarie…
R. - Certo, questo determina sicuramente un'aggravarsi della crisi per via delle vaccinazioni che per noi restano comunque uno dei primi interventi che effettuiamo per quanto riguarda il settore sanitario. Ma, in questo momento, l'aumento della temperatura crea maggiore attenzione al problema dei contagi delle epidemie e quindi è necessario intervenire, ma intervenire in maniera programmata attraverso la collaborazione di tutti gli operatori che sono presenti nel settore. Quello che noi facciamo come Unicef è coordinare gli interventi per l'infanzia. Lo facciamo e ci viene riconosciuto questo ruolo. L'Unicef aveva programmato a suo tempo 470 milioni di dollari necessari per un intervento concreto e che potesse modificare la realtà. Abbiamo raccolto soltanto 300 milioni. Ne mancano parecchi all'appello.

D. - Per far capire l'importanza e la grandezza del vostro intervento è bene sottolineare che dall'inizio dell'anno sono quasi nove milioni le persone che voi avete aiutato. Purtroppo, c'è bisogno di interventi ancora maggiori...
R. - C'è bisogno di interventi ancora maggiori. Questi campi profughi realizzati nei Paesi limitrofi alla Siria dove la gente è costretta a scappare - non dobbiamo dimenticare che all'interno della Siria ci sono anche gli sfollati che hanno bisogno di aiuto - sono destinati ad aumentare sempre di più, perché i siriani vedono in questo la possibilità di trovare un rifugio sicuro. E' necessario quindi intervenire in questi campi con urgenza, ma in maniera appropriata. Quello che si verifica in queste realtà è facilmente comprensibile: poter organizzare tutta la logistica all'interno del campo, che non è certamente una cosa semplice. Con gli operatori che abbiamo, cerchiamo di realizzare anche centri per i bambini, centri a misura di bambino, dove i bambini vengono seguiti per cercare di distoglierli dalla guerra e dal dramma che hanno vissuto.

(Radio Vaticana, 27 giugno 2013)


Ma per molti gli autentici profughi da soccorrere a vita e da aiutare con flottiglie organizzate sono i palestinesi che si entusiasmano ai successi di Arab Idol; e la più seria minaccia alla pace nel mondo sono gli alloggi decisi da Netanyahu a Gerusalemme Est.


Pace in arabo e in ebraico nella pittura a quattro mani

A Riva del Garda i lavori-messaggio di Tobià Ravà e di Abdallah Khaled

RIVA DEL GARDA - Il nuovo evento espositivo organizzato dal Centro Culturale "La Firma" di Riva del Garda, fino al 9 luglio prossimo presso la Sala Civica "G. Craffonara" propone opere dell'artista veneziano di cultura ebraica Tobia Ravà e dell'artista algerino di cultura islamica Abdallah Khaled e si riallaccia alla grande esposizione allestita presso la Mole Vanvitelliana di Ancona nel 2002 ed all'esposizione Fondamenta di pace, allestita nel 2003 a Villa Benzi - Zecchini a Caerano San Marco (TV) in cui erano presenti anche l'artista israeliana Hana Silberstein e l'artista iraniano Nader Khaleghpour. Le opere eseguite a quattro mani da Ravà e Khaled hanno per tema la pace, argomento di scottante attualità politica, vista la situazione internazionale e il difficile rapporto tra ebrei e musulmani.
All'interno delle opere - scrive Maria Luisa Trevisan - sono presenti le parole "salam" e "shalom", "pace" in arabo ed ebraico. "Salam" e "salom" nelle lingue semitiche araba ed ebraica, hanno radici comuni, nascono da una stessa matrice semantica. I due artisti intendono dimostrare che attraverso un confronto culturale e artistico, non solo il dialogo è possibile, ma si può anche realizzare la convivenza e addirittura la collaborazione per un fine comune. Se la religione sembra dividere, con l'arte si vogliono gettare le fondamenta per costruire su nuove basi una pace durevole, affinché di questo sentimento sia permeato ogni gesto e ogni discorso.
La collaborazione tra Tobia Ravà, veneziano di cultura ebraica, e l'artista algerino Abdallah Khaled risale al 2002, allorquando l'agenzia pubblicitaria americana DDB invita i due artisti a eseguire un'opera grafica a quattro mani che poi è stata donata a tutti i loro clienti e ad organizzazioni internazionali come l'ONU e l'UNESCO. Nacque così l'opera Scoppio di Pace, quale evento deflagrante in positivo, quanto mai auspicabile in un mondo che si definisce civile. Da questa felice esperienza sono quindi nate in rapida successione altre opere sul medesimo tema che sono state esposte recentemente - accogliendo numerosi consensi dalla critica e dal pubblico - alla mostra personale di Tobia Ravà Memoria del Futuro (promossa dalla Comunità Ebraica di Verona, allestita presso la Fondazione Museo Miniscalchi Erizzo di Verona in occasione della IV Giornata Europea della Cultura Ebraica, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il Ministero dei Beni Culturali, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, con il Patrocinio della Regione Veneto, Provincia e Comune di Verona, alla mostra tuttora in corso presso la Galleria L'Occhio di Venezia) e alla mostra collettiva Halom Ha Shalom - Sogno di Pace (allestita al Kurhaus di Merano promossa e organizzata dal Centro Culturale "Anna Frank" della Comunità Ebraica di Merano in collaborazione con Concerto d'Arte Contemporanea, con il patrocinio del Comune di Merano e Provincia Autonoma di Bolzano e al museo della Repubblica di San Marino. Tobia Ravà riporta elementi archetipali della cultura ebraica riferiti ad un linguaggio cosmologico universale, poiché attraverso i concetti base della kabbalah, si può arrivare ad un percorso etico-filosofico moderno e antichissimo al contempo. Attraverso esse l'artista esprime l'idea che il patrimonio culturale dell'umanità possa essere trasmesso al futuro in forma di opera sintetica. Abdallah Khaled, algerino di cultura berbera esprime il sapore della sua terra d'origine (la piccola Kabilia), il suo intervento sembra emanare il profumo del deserto e avere i colori dell'Atlante.

(Trentino, 26 giugno 2013)


E' morta Milena Zarfati, tra le ultime sopravvissute alla Shoah

ROMA - La Comunita' Ebraica di Roma piange la scomparsa di Milena Zarfati, una delle ultime sopravvissute alla Shoah. Alle sorelle Franca e Pacifica, scampate alla Shoah, e ai figli di Vito e Alberto Sed mandiamo il nostro cordoglio sincero". Lo dichiara il Presidente della Comunita' Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici.
"Nata nel 1929 Milena fu arrestata nel 1944 a Roma e deportata nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. Dovette subire come altri milioni di esseri umani la belva nazista - prosegue Pacifici - Tra le poche a finire la marcia della morte, fu liberata quando era nel campo di Bergen Belsen, nel 1945. Finita la guerra non torno' mai piu' ne' a Birkenau ne' in nessun campo nazista. Lei e' una delle ultime donne sopravvissute alla Shoah italiana e questo ci deve far riflettere. Ogni giorno e' importante per ricordare al mondo che dobbiamo correre per preservare la Memoria, nelle scuole e nelle istituzioni va continuato il lavoro affinche' cio' non accada mai piu'". "Milena guardava con speranza e ottimismo alla nascita in Italia del Museo della Shoah, l'unico vero luogo che come in altre Capitali del mondo da' la garanzia di raccogliere le testimonianze e trasmettere quel tragico pezzo di Storia alle nuove generazioni. La commozione e' grande in questi momenti cosi' tristi, porteremo per sempre Milena nei nostri cuori e nelle nostre menti'', conclude.

(Roma.OggiNotizie.it, 27 giugno 2013)


Gaza: le bambine non vedenti a lezione di corano

Una permeazione capillare della società palestinese sta avvenendo in 767 centri distribuiti lungo tutta la striscia di Gaza dove centinaia di ragazze non vedenti vengono istruite in scuole speciali perché imparino a memoria il Corano. La società musulmana Dar Al-Koran ha organizzato i corsi, prevedendo anche il trasporto delle bambine e delle ragazze, e messo a disposizione delle giovani versioni in braille del Corano. Le ragazze vengono istruite e aiutate da insegnanti a memorizzare il testo.

(Dattualità, 27 giugno 2013)


In Israele nasce il primo canale all news

   
Si chiama i24News e debutterà sugli schermi di mezzo mondo nei prossimi giorni. La stampa l'ha già definita l'Al Jazeera di Israele. Si tratta del primo canale televisivo israeliano all news 24 ore su 24, che trasmetterà in inglese, in francese e in arabo.
Basata a Tel Aviv, vicino al porto di Giaffo, la televisione conta oggi uno staff di 150 giornalisti. A guidarlo come direttore esecutivo, Frank Melloul, ex diplomatico francese già fondamentale nel lancio di France 24. A chiamarlo l'editore di i24News, il tycoon Patrick Dahi, proprietario della società di telecomunicazione Hot. Melloul promette giornalismo di qualità e soprattutto indipendente ("Ci tengo a sottolineare che non prendiamo un soldo dal governo israeliano - ha dichiarato - Ma era ora che nella regione si alzasse un'altra voce oltre a quella di Al Jazeera"). I24News si occuperà per il 70 per cento di affari internazionali e per il 30 di notizie israeliane. Sarà da subito visibile via satellite in Europa, Africa, Medio Oriente e Asia, con l'obiettivo di arrivare entro il 2014 anche in America.

(Notiziario Ucei, 26 giugno 2013)


Netanyahu avverte: nessuno provi ad attaccare Israele

GERUSALEMME, 26 giu. - Monito di Benjamin Netanyahu ad ambedue le parti in conflitto nella vicina Siria, che ha messo in guardia dal provare ad attaccare il suo Paese. "Noi non puntiamo a minacciare chicchessia", ha premesso il premier israeliano, in visita sulle alture occupate del Golan per assistere a manovre militari, "ma nessuno potra' nuocere allo Stato d'Israele senza ricevere una risposta. Una risposta forte e risoluta", ha enfatizzato. Netanyahu ha ribadito che lo Stato ebraico non ha alcun desiderio di lasciarsi trascinare in un conflitto, ma ha aggiunto che le sue Forze Armate stanno "addestrandosi per affrontare una varieta' di ipotesi". Dunque, "le esercitazioni in corso non sono puramente teoriche", ha sottolineato il leader del Likud, citato dalla radio pubblica. "La realta' intorno a noi sta cambiando a un ritmo tremendamente rapido, e' instabile e mutevole, e noi", ha concluso, "dobbiamo essere preparati di conseguenza" .

(AGI, 26 giugno 2013)


La vacanza perfetta? In Puglia secondo la tv israeliana

di Dominga D’Alano

La troupe di "The perfect vacation" durante le riprese in Puglia
Complice il cambiamento del turismo e la giusta promozione del territorio all’estero, oggi il nuovo fiore all’occhiello del Belpaese, per i turisti extraeuropei, sembra essere diventata la Puglia. Il suo nome è diventato così tanto sinonimo di lifestyle da diventare teatro e protagonista della prima puntata, unica in Italia, di un importante show televisivo israeliano dal nome "The perfect vacation", che andrà in onda il prossimo 5 luglio.
A condurre questo giro del mondo è una star dello spettacolo di Israele, che, per ogni tappa, sceglie di farsi accompagnare da persone del posto per scoprire, grazie a loro, i tesori nascosti di queste città.
Abbiamo intervistato Erez Dan, 36 anni, creatore e produttore dello show e Oded Menashe 34, attore e conduttore del programma.

- Erez, come nasce questa trasmissione?
  «Il programma rappresenta una novità assoluta. Nel nostro show il mondo di Internet è il vero regista dello spettacolo. Oded sceglie i posti grazie ai suggerimenti e ai consigli del popolo della Rete. Sono gli utenti online che gli suggeriscono dove andare, cosa vedere e da chi farsi accompagnare città per città a caccia dei “luoghi perfetti”».

- Come si sceglie una vacanza perfetta?
  «Ci siamo resi conto che oggi non basta una cartolina a spingere qualcuno a partire, ma a fare la differenza sono i feedback, il passaparola che creano Facebook, Instagram, la possibilità di farsi seguire online, di segnalare dove ci troviamo, di far sapere cosa facciamo e cosa fotografiamo. In questo programma Oded conosce amici dei suoi amici online che gli segnalano mete e città che senza questo tam tam non avrebbe conosciuto».

- La Puglia rappresenta l’unica tappa in Italia del vostro tour. Come mai non siete andati su destinazioni più “tradizionali”?
  «Abbiamo scelto di proposito un posto come la Puglia, sconosciuto dal pubblico israeliano e fuori dalle tradizionali mete turistiche del vostro Paese. E non abbiamo sbagliato. Abbiamo incontrato gente meravigliosa, cibo squisito e spiagge invidiabili. Sono questi gli ingredienti ideali che rendono per un israeliano una vacanza perfetta. Vogliamo che il pubblico di Israele conosca questa terra meravigliosa e se ne innamori, perché per noi è un “posto perfetto”, per le “vacanze perfette”. Non a caso la abbiamo scelta come prima tappa del nostro show, siamo certi che piacerà e molti la sceglieranno come prossima meta di vacanza».

Oded Menashe è considerato nel suo Paese una stella del cinema e della tv israeliana. Ha iniziato la sua carriera piccolissimo e nel tempo si è guadagnato la fama di essere uno dei migliori presentatori del luogo. E’ un personaggio molto amato dal pubblico, visto anche il suo legame con Eden Harel, celebre presentatrice di Mtv.

- Oded, com’è stata questa esperienza?
  «E’ stata meravigliosa. La Puglia è un posto speciale, non avevo mai visto prima un posto così autentico, vero. La penso come Erez: cibo eccezionale, gente meravigliosa e la sensazione di sentirsi “a casa”».

- Come pensi che reagirà il pubblico israeliano di fronte alla “scoperta” di questa nuova Italia?
  «Credo che se ne innamoreranno. Io per primo non volevo andarmene per come sono stato bene e anche se presto partiremo per una nuova avventura, la Puglia mi resterà nel cuore. Ma ho intenzione di tornare e portare questa volta con me mia moglie».

(WakeupNews, 26 giugno 2013)


Hamas minaccia nuovi sequestri

Sette anni dopo Shalit

GAZA, 26 giu - Il 'braccio armato' di Hamas (Brigate al-Qassam) minaccia oggi implicitamente nuovi sequestri di soldati israeliani in un filmato celebrativo del rapimento del caporale Ghilad Shalid, avvenuto sette anni fa. ''Abbiamo iniziato (la marcia) verso la meta'' dicono le Brigate al-Qassam, riferendosi alla liberazione di tutti i palestinesi reclusi in Israele, ''e la raggiungeremo''. Due anni fa Israele ha accettato lo scambio di Shalit con mille detenuti palestinesi.

(ANSA, 26 giugno 2013)


L'ebreo italiano bandito da Ramallah

di Giulio Meotti

Nella recente visita a Ramallah, "capitale" dell'Autorità Nazionale Palestinese, della delegazione ufficiale della Città di Torino, guidata dal sindaco Piero Fassino, non ha potuto far parte il vice Presidente della Comunità Ebraica di Torino, Emanuel Segre Amar, perché EBREO. Sì, perché EBREO. Perché le istituzioni italiane e i loro rappresentanti accettano il "judenrein", come i nazisti chiamavano le entità ripulite dagli ebrei? Emanuel è il figlio di Sion Segre Amar, un celebre esponente della comunità ebraica di Torino, coraggioso corsaro sionista della prima ora condannato dal tribunale speciale fascista e gettato in cella assieme a Leone Ginzburg. Vergogna che in quanto ebreo il figlio non abbia potuto mettere piede nei "territori occupati". Sì, da fanatici islamisti antisemiti. Emanuel Segre Amar ha fatto avere ad Abu Mazen una lettera. Eccola qui riprodotta.
Segue il testo della lettera che Notizie su Israele ha pubblicato il 18 giugno scorso.

(Il Foglio, 26 giugno 2013)


Israele riapre i valichi con la striscia di Gaza

Erano chiusi da due giorni per i lanci di razzi palestinesi

GERUSALEMME, 26 giu. - Israele ha riaperto i punti di passaggio con la striscia di Gaza, bloccati da due giorni in seguito ai lanci di razzi palestinesi contro il sud dello stato ebraico.
I valichi di "Kerem Shalom (per le merci) e di Erez (per le persone) hanno riaperto oggi ed è ripresa la loro normale attività", ha indicato in un comunicato l'esercito israeliano.
Domenica sera, tre razzi sono stati lanciati dalla striscia di Gaza contro il sud di Israele senza provocare né vittime né danni. Altri due razzi erano stato distrutti dal sistema 'Iron Dome'.
L'esercito dello stato ebraico ha lanciato in rappresaglia raid aerei contro obiettivi della Jihad islamica nella striscia di Gaza, che non hanno causato feriti.

(TMNews, 26 giugno 2013)


Notte Bianca a Tel Aviv il 27 giugno 2013

Tel Aviv è senza dubbio la città israeliana più movimentata. Il fulcro del divertimento e della movida di questo Paese è proprio nella Capitale di Israele [?!?],
Tel Aviv Capitale di Israele? La sfacciataggine di certi media sembra non avere limiti.
dove nei prossimi giorni ci sarà un appuntamento ideale per chi ama diver tirsi. Giovedì 27 giugno 2013, infatti, ci sarà la Notte Bianca a Tel Aviv, dove migliaia di turisti ne approfitteranno per assistere a concerti e spettacoli, fare shopping fino all'alba e partecipare alla miriade di eventi in programma.
Il filo conduttore dell'edizione 2013 della Notte Bianca a Tel Aviv è "Tel Aviv Città Bianca", con i principali edifici Bauhaus, dichiarati Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, che faranno da sfondo ad una serie di appuntamenti, senza contare che saranno anche loro dei protagonisti nella notte illuminata dalle luci.
Musei e monumenti apriranno le porte al pubblico gratuitamente o con biglietto a prezzo ridotto, non mancheranno spettacoli teatrali, concerti di generi vari (blues, jazz e reggae) in Piazza Rabin, Rothschild e Bialik Rothschild Boulevard e al Porto di Jaffa, visite guidate e animazioni per bambini. In programma ci saranno esibizioni di bande musicali, mentre ad intrattenere il pubblico ci saranno artisti di strada.
Per quanto riguarda lo shopping, oltre ai negozi aperti fino a tarda sera, ci saranno anche le bancarelle del mercato Carmel, mentre presso la spiaggia Zuk andrà in scena la mega festa fino all'alba.

(ViaggiOK.net, 26 giugno 2013)


Scritte inquietanti alla sinagoga di via dei Gracchi a Milano: "Intifada"

La scoperta nella mattinata. Vicino anche la sede dei Testimoni di Geova

   
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MILANO, 26 giugno 2013 - Due scritte "Intifada" sono state scoperte questa mattina a Milano. E' la loro collocazione a inquietare. Sono state individuate vicino alla sinagoga e alla sede dei Testimoni di via dei Gracchi, nei pressi di piazzale Tripoli, nella zona ovest della metropoli.
I due templi (quello ebraico di professione sefardita) si trovano rispettivamente ai civici 25 e 10. Ed è là dove questa mattina, intorno alle 9.30, le due scritte sono state viste. Immediata la chiamata alle forze dell'ordine, che ora cercheranno di stabilire quando sono stare realizzate e da chi.
La parola araba "intifada" letteralmente significa sussulto, ma viene utilizzata comunemente con il significato di "rivolta" o "sollevazione". Storicamente, con intifada si intendono le rivolte arabe volte ad allontare gli israeliani dalla Palestina. E' per questo motivo che le due scritte vergate vicino alla sinagoga di Milano sono state subito controllate. Il gesto, comunica la polizia, al momento non è stato rivendicato.

(Il Giorno - Milano, 26 giugno 2013)


Ascoltavano sermoni che esortavano al martirio: espulsi due operai marocchini

L'accusa è di terrorismo. Il provvedimento eseguito verso un 43enne di Thiene, l'altro straniero non è più in Italia.

VICENZA - Ascoltavano sistematicamente i sermoni degli imam che esortavano al combattimento e al martirio, erano antisemiti dichiarati e assolutamente contro la cultura occidentale: sono questi gli elementi che hanno portato alla notifica di due decreti di espulsione immediata nei confronti di due persone di origine marocchina. L'accusa è di terrorismo. Il provvedimento, eseguito con il supporto dell'Ufficio Immigrazione della Questura berica, è stato disposto «per motivi di prevenzione del terrorismo» a firma del Ministro dell'Interno Alfano.
Il provvedimento è stato eseguito solo nei confronti di uno dei due stranieri: un 43enne originario del Marocco, impiegato come operaio in una ditta di carpenteria metallica di Schio e residente a Thiene, nel Vicentino. Il secondo marocchino, invece, è stato inserito nella banca dati "Schengen" poiché non più in Italia.
I provvedimenti trovano origine da una indagine condotta tra il 2011 ed il 2012 dai carabinieri del Ros con la Procura Distrettuale di Venezia - Area Antiterrorismo coordinata da Carlo Mastelloni, che ha permesso di dimostrare, da parte dei due magrebini, radicato ed esternato antisemitismo e antioccidentalismo, nonché l'utilizzo di internet per la sistematica visione, archiviazione ed ascolto di video e sermoni finalizzati ad esortare al combattimento e al martirio.

(Il Gazzettino.it, 26 giugno 2013)


Un metodo per purificare e rendere sicure le staminali

Le popolazioni di cellule derivate da cellule staminali possono essere purificate evitando la contaminazione di cellule ancora indifferenziate potenzialmente responsabili dell'insorgenza di tumori.
Una "procedura di pulizia" in grado di aumentare la sicurezza delle terapie a base di cellule staminali è stata scoperta da un gruppo di ricerca del Silberman Institute of Life Sciences della Hebrew University a Gerusalemme, in Israele.
Come si legge nell'articolo di resoconto apparso sulla rivista "Nature Communications" a firma di Uri Ben-David, Neta Nudel e Nissim Benvenisty la nuova metodica sfrutta una proteina della superficie cellulare espressa esclusivamente dalle cellule staminali per eliminare le cellule indifferenziate dalle popolazione di cellule miste....

(Le Scienze, giugno 2013)


Novità dal Monte del Tempio

di Ugo Volli

Cari amici,
vorrei commentare oggi con voi due notizie che riguardano il Muro Occidentale, quello che gli ebrei chiamano semplicemente Kotel e i cristiani "Muro del Pianto". Non si tratta del triste episodio dell'altro giorno in cui è stata coinvolta una guardia di quelle che difendono la sicurezza del sito (eh già, perché il più importante luogo di preghiera ebraico anche in Israele dev'essere difeso dagli attentati con metal detector e guardie armate, come del resto accade alle sinagoghe in mezz'Europa - eco non tanto lontano di ghetti e pogrom). Come avete letto anche su Informazione Corretta, sembra che uno squilibrato abbia strillato il grido di guerra arabo che gli attentatori in genere pronunciano prima di farsi saltare e abbia cercato di tirar fuori qualcosa dalle tasche suscitando la reazione del guardiano, che per fermarlo gli ha sparato colpendolo a morte. Di questo incidente si è ampiamente parlato sui giornali occidentali, come accade di tutto ciò che può proiettare un'immagine militarista e negativa su Israele.
Non si è parlato invece di una pronuncia del tribunale di Gerusalemme, che tre giorni fa ha lasciato libero un giovane ebreo scoperto a pregare sul monte del Tempio. Dovete sapere che Israele, è così tanto uno "stato di apartheid" da garantire a tutti libertà religiosa in tutto il paese e a Gerusalemme (basta girare cinque minuti per la città vecchia o il Monte degli Ulivi per vedere chiese e moschee liberamente funzionanti), con un'unica eccezione: il monte del Tempio, il luogo dove sorgeva il Tempio di Salomone, che è il più sacro al mondo per gli ebrei. Qui, nonostante l'"occupazione" del '67 sia iniziata col grido trasmesso alla radio "il monte del tempio è nelle nostre mani", Israele non ha mai soppiantato il potere dell'organizzazione islamica che deteneva fino al '67 il potere, il Wafk o fondo islamico. Anzi i poliziotti israeliani vi agiscono rispettando le sue istruzioni. Le quali non solo limitano drasticamente la possibilità per i non islamici di visitare il Monte, solo un paio d'ore al giorno e senza entrare nelle Moschee, ma proibiscono qualunque simbolo strumento o libro religioso non islamico (provate a fare la lunga fila per salire sul Monte nell'unico ingresso riservato agli "infedeli" con una croce o una stella di Davide al collo, e vi chiederanno di lasciarla lì come ogni Bibbia o libro di preghiera). E in particolare proibiscono agli ebrei di soffermarsi in meditazione e ancor peggio di pronunciare anche a voce bassa qualunque cosa che possa essere interpretata come una preghiera.
Il solo posto in Israele in cui non vi è libertà di religione è il Monte del tempio e chi non gode di nessuna libertà sono gli ebrei. Se vi ricordate, la semplice apparizione di Ariel Sharon sul Monte, pur rispettando tutte le regole che vi ho descritto, è stata presa dall'Autorità Palestinese come pretesto per scatenare la seconda intifada, l'ondata terrorista che provocò un migliaio di vittime israeliane, fatte saltare in ristoranti, bar, autobus, al mercato, per strada. Oggi sappiamo anche da fonti palestinesi che non era vero, che Arafat aveva dato l'ordine di far partire gli attentati ben prima della "passeggiata" di Sharon; ma in questo contesto non importa, quel che conta è che la semplice presenza di un ebreo nel luogo più sacro della sua religione è giudicata dai palestinesi un'offesa sufficiente a giustificare un'ondata di stragi. Nessuna meraviglia, dato che nei diciott'anni in cui i palestinesi (cioè i giordani) poterono fare a modo loro, dal '49 al '67, non a un singolo ebreo fu consentito l'accesso non solo al Monte, ma anche al Kotel, trasformato in un deposito di immondizie. Tanto per l'Islam "religione tollerante".
   Ma questa sistemazione che discrimina i non islamici sul Monte è un accomodamento di fatto, non una regola giuridica sanzionata. Anzi in Israele c'è una "legge fondamentale" (una di quelle leggi privilegiate che sostituiscono la costituzione, stabilendo diritti e regole dello stato) che sancisce la libertà di religione. Sicché l'altro giorno un ragazzo che aveva sfidato la norma liberticida del Wafk, fermandosi a dire una preghiera sul Monte, ed era stato arrestato dalle guardie israeliane per questo, è stato liberato e assolto dal Tribunale di Gerusalemme, proprio sulla base del principio della libertà religiosa.
   E' interessante notare che questa corte è la stessa che il mese scorso ha liberato e assolto anche le "donne del muro" che pretendevano di pregare al Kotel con gli indumenti che la tradizione ortodossa riserva agli uomini (non la legge ebraica, per esempio Maimonide, che li consente). Sempre sulla base della libertà di religione il giudice aveva stabilito che non ci dovesse essere nessuna regolamentazione che impedisse a queste donne di pregare secondo la modalità egualitaria che per esempio è prevalente nell'ebraismo anglosassone (le correnti "reform" e "conservative"). Anche questo è un segno che la società israeliana non solo è democratica e liberale quanto e più delle società europee, ma ha in sé i meccanismi per superare le chiusure che ancora informalmente permangono.
   E qui vi è la seconda notizia. Sapete chi si è opposto alla sentenza? Gli ultraortodossi, naturalmente, isolati in questo dalla società israeliana. Ma anche l'Autorità Palestinese, che ovviamente vede la libertà religiosa come il fumo negli occhi e pretende di avere voce in capitolo su tutto ciò che riguarda il Monte del Tempio e dintorni, anche se non ha nessuna autorità legale per farlo (neanche dal punto di vista islamico, perché la responsabilità della custodia dei luoghi santi islamici resta del Re di Giordania). Israele ha trovato un meccanismo, proposto dal presidente dell'Agenzia Ebraica Natan Sharanski, per mettere fine al conflitto, istituendo oltre alla due sezioni attuali (mashile e femminile) del Kotel un'altra sezione mista o modernista. Ma questo per l'Anp è "inaccettabile" perché modifica la destinazione dei luoghi. E' lo stesso argomento con cui i palestinesi stanno sabotando da anni il restauro di una passerella danneggiata dal terremoto che porta al solo ingresso per i non musulmani sul Monte, minacciando fuoco e fiamme per questo. Per evitare provocazioni e per non dar voce alla diffamazione islamista, Israele ha (troppo) pazientato in questi decenni di fronte a tali assurde prepotenze. Ora forse è arrivato il momento in cui le cose iniziano a cambiare.

(Informazione Corretta, 25 giugno 2013)


Antisemitismo in Europa: drammatico nuovo rapporto

Un nuovo rapporto sull'antisemitismo in Europa condotto dalla European Union Agency for Fundamental Rights, l'agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali, è stato presentato domenica scorsa è delinea un quadro davvero preoccupante per gli ebrei residenti nel vecchio continente.
Secondo questo rapporto il 26% degli ebrei residenti in Europa ha subito molestie antisemite almeno una volta durante l'ultimo anno, il 34% ne ha subite nel corso degli ultimi cinque anni mentre il 5% ha denunciato che le loro attività o le loro abitazioni sono state deliberatamente danneggiate con motivazioni antisemite. Di questi il 7% ha subito attacchi fisici ed è rimasto ferito con vari gradi di gravità. Il 40/50% degli ebrei residenti in Francia, Belgio e Ungheria ha dichiarato che non si sente più al sicuro nel loro Stato di residenza e sta seriamente pensando di emigrare in un luogo più sicuro o addirittura di attuare la aliyah, cioè immigrare in Israele....

(Rights Reporter, 25 giugno 2013)


Buon appetito. La prima cucina sociale kasher di Milano

di Ruth Migliara

Il progetto è stato presentato nel corso di una serata il 17 giugno.

Il titolo della serata era “beteavon”, buon appetito in ebraico, e non è un caso. La finalità di questo galà benefico era infatti che questo augurio se lo possano scambiare, d’ora in poi, anche i più poveri di Milano.
“Beteavon. La cena che nutre un progetto” ha avuto luogo con grande successo lunedì 17 giugno, presso lo spazio esclusivo del teatro Vetra di Milano.
L’obiettivo dell’ iniziativa, organizzata dall’Associazione Merkos, era quello di raccogliere più fondi possibile per ultimare la realizzazione della prima cucina sociale kasher in Italia. Una mensa, dunque, che come altre strutture analoghe a Milano, distribuisca pasti ai bisognosi.
Una fra le tante - si potrebbe dire. Ma posto che queste iniziative non sono mai abbastanza, c’è una novità a rendere unico il progetto. I pasti saranno preparati in osservanza delle più rigide norme secondo cui un cibo è kasher, ossia permesso secondo le regole enunciate nella Torà.
Ma torniamo a Beteavon.
Lunedì sera sono state molte le personalità pubbliche a partecipare: dalla Vice Sindaco De Cesaris, al Presidente della Comunità Ebraica di Milano Walker Meghnagi e al Rabbino Capo di Milano Alfonso Arbib. Tutti a sottolineare che quando una iniziativa è per il bene collettivo può e deve cadere ogni distinzione e divisione e non importa più se si è ebrei o meno, chabad e no. Ognuno porta la sua pietra per la costruzione e così, mattone dopo mattone, si arriva a costruire un “tempio” intero.
Una bella serata: ad accogliere i partecipanti un tripudio di fiori bianchi allestiti da Angelo Garini, il wedding planner delle star, e la cena di alto livello dello chef stellato della Locanda del Pilone che, presentato a fine serata, risulta essere un piccolo e timido uomo giapponese degno di un racconto di Murakami. Musica con Raiz degli Almamegretta, il cantante ebreo che a San Remo, quest’anno, si rifiutò di suonare di Shabbat. E ancora, divertimento con il comico televisivo Teo Teocoli.
Tutti accorsi rigorosamente gratis, per partecipare con un personale contributo alla riuscita della cena benefica.
Zedakà, si chiama in ebraico. Ossia il contributo personale di “giustizia” che ognuno dovrebbe dare, per ricordare che ogni ricchezza e successo non sono nostro merito e di nostra proprietà esclusiva, ma ci sono dati per essere messi a servizio di tutti.
E così eccoci alla bellezza “spirituale” della serata. Il fare una cosa bella per se stessi mentre si pensa però anche a chi è meno fortunato: “ama il prossimo tuo come te stesso”, recita la Torà - e, nel dire “buon appetito” agli eleganti compagni di tavolo, fare arrivare questo augurio anche a tutti coloro che mangeranno grazie alla cucina sociale del Merkos.

(Mosaico - Comunità Ebraica di Milano, 25 giugno 2013)


"Condividi una Coca Cola" grazie all'hi tech israeliano

di Rossella Tercatin

"Condividi questa Coca Cola con… l'amico/Giorgia/Davide/l'altruista/il nonno…". La nuova campagna pubblicitaria della bibita gasata più popolare al mondo è stata lanciata da poche settimane e già impazza. Etichette personalizzate, che riportano uno dei 150 nomi più popolari del luogo, oltre che generiche attribuzioni o titoli. Sono ben 32 i paesi in cui i genitori frugano il supermercato alla ricerca di bottiglie o lattine con i nomi dei propri figli, i figli alla ricerca di quelle con la scritta "Condividi con mamma/papà", e tutti ridacchiando davanti alle parole più fantasiose ("la stilosa", "un tesoro", "felicità"…) per un totale di 800 milioni di pezzi. E ovviamente non finisce qui, perché chi trova la Coca Cola giusta per se stesso o per i suoi cari, prova un'irrefrenabile voglia di condividere la notizia sui social network, e così le immagini finiscono online e la voglia di bibita aumenta in modo esponenziale. Per la compagnia di Atlanta, un vero affarone, che si protrarrà fino alla fine dell'estate.
Tra le nazioni coinvolte anche Israele, con le sue etichette personalizzate rigorosamente in caratteri ebraici e con i nomi più popolari: Adam, Yael, Michal, Alon…
Ma la notizia è che senza Israele, questa campagna non sarebbe stata nemmeno possibile: per la precisione, occorre dire grazie alla divisione locale di HP Indigo, che ha elaborato una tecnologia per permettere di stampare le cinquemila etichette differenziate.
La Coca Cola infatti normalmente produce gli imballaggi con i propri macchinari, ma in questo caso la situazione era radicalmente più complessa. Dopo molte sperimentazioni, la società ha deciso di utilizzare le stampanti della Indigo HP, come ha spiegato al Times of Israel Marit Kroon, marketing manager per l'Europa. "La fase di packaging gioca un ruolo chiave in questa campagna, perché mette in connessione la bottiglia fisica con i canali di comunicazione online, compresi i social media e gli altri siti gestiti dagli utenti - ha sottolineato Kroon - La capacità di personalizzare un numero di etichette così elevato con le HP Indigo Digital Presses, mantenendo allo stesso tempo la qualità e la coerenza dell'imballaggio degli standard Coca Cola, spalanca nuove possibilità di portare la creatività delle nostre campagne a un livello superiore".
E pensare che cent'anni fa serviva solo a curare il mal di testa…

(Notiziario Ucei, 25 giugno 2013)


Il grande amore dell'UNRWA per i "martiri"

Il nuovo Arab Idol palestinese, un "eroe" - insieme ai terroristi

Un editoriale di Ma'an celebra il nuovo Arab Idol, il palestinese Mohammed Assaf, che ha vinto il premio indossando una kefiah.
L'autore, Firas Attieh Tirawi, si riferisce ad Assaf come un "eroe" e lo paragona ad altri "eroi palestinesi", come Yasser Arafat, Abu Jihad e Abu Iyad e Abdul Qader Husseini, Faisal Husseini e Ahmed Shuqairi e Fathi Shikaki (fondatore della Jihad islamica) e Abdel Aziz al-Rantissi e Ahmed Yassin (co-fondatori di Hamas), Abu Ali Mustafa (FPLP), e George Habash (PFLP).
L'articolo si riferisce anche al canto di Assaf di "ritorno" in Palestina dal fiume al mare, espellendo gli ebrei da Haifa e Acco e Giaffa nonché Gerusalemme.
Intanto l'UNRWA ha nominato Assaf - il cantante che ha gareggiato con canzoni che sostengono la distruzione di Israele - a suo primo "ambasciatore".
Primo palestinese a vincere Arab Idol, Assaf è nato da genitori profughi palestinesi in Libia. È tornato nella Striscia di Gaza con la sua famiglia all'età di 4 anni ed è cresciuto in gran parte nel campo profughi di Khan Younis. Si è descritto come un "figlio della Palestina" e un "figlio dell'UNRWA": sua madre è un'insegnante dell'UNRWA, e lui stesso è stato educato in scuole dell'UNRWA.
Il che significa che non ha alcuna ragione di avere lo status di rifugiato - la sua famiglia si è trasferita in piena libertà al territorio della "Palestina", che è dove è cresciuto.
L'UNRWA, naturalmente, è d'accordo con Assaf che lo Stato ebraico deve essere distrutto con il "ritorno" di milioni di profughi falsi come la famiglia di Assaf. Ed è stato documentato che le scuole dell'UNRWA di Gaza in cui Assaf è cresciuto insegnano le glorie del jihad e il martirio.

Tradotto da Elder of Zion

(ilblogdibarbara, 25 giugno 2013)


Svastiche sui muri? Per qualcuno in Polonia portano fortuna

Il simbolo del nazismo disegnato a Bialystok, nella Polonia orientale: per le autorità locali porta fortuna.

Per qualcuno in Polonia una svastica disegnata sulla parete di un palazzo non rappresenta apologia di nazismo, bensì un semplice portafortuna. E se quel "qualcuno" sono le autorità di una città - Bia?ystok, nella Polonia orientale - il problema rischia di essere serio. La procura cittadina, infatti, si è rifiutata di avviare un'inchiesta sui simboli dipinti su un trasformatore elettrico nonostante diverse lamentele, sostenendo che "la svastica è un simbolo di buona fortuna e prosperità". A raccontarlo è il quotidiano Gazeta Wyborcza, che scrive anche con amara ironia che "le svastiche potrebbero essere state disegnate da alcuni indù, che credono nelle proprietà benefiche del simbolo". Il procuratore generale Andrzej Seremet ha già revocato la "scandalosa" decisione di Bialystok, città salita alla ribalta di recente per una serie di episodi razzisti a opera di gruppi neofascisti. Il codice penale polacco prevede multe e pene detentive fino a due anni per chi propaganda il fascismo e altri regimi totalitari.

(fanpage, 25 giugno 2013)


Giudea-Samaria: Netanyahu inaugura una scuola in un insediamento

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha inaugurato ieri una scuola in un insediamento ebraico in Giudea-Samaria.
La scuola, inaugurata dal capo di governo nell’insediamento di Barkan, nel nord-ovest del distretto di Tulkaren, porta il nome di Benzion Netanyahu, padre del dirigente israeliano morto lo scorso anno, riporta il quotidiano Haaretz nella sua edizione online.
Durante la cerimonia, Gershon Mesika, capo del consiglio regionale della Samaria, ha affermato che Netanyahu ha preso dal padre "la forza mentale necessaria per un essere un leader potente tra le nazioni del mondo" e lo ha esortato a "intensificare gli sforzi per popolare la terra", in riferimento ai territori contesi.
"Non cedere alla pressione esterna o interna. Ascolta le parole di tuo padre. La pace non sta nel prelevare i bambini dalle proprie case", ha aggiunto, mettendo in guardia contro la restituzione dei territori ai palestinesi.
Il direttore della scuola ha inoltre chiesto al premier come pensa di garantire "la continuità del sionismo in Samaria". Netanyahu non ha risposto direttamente, ma ha promesso che Israele non cesserà di "sviluppare la sua terra" e di rendere "le sue radici sempre più profonde".

(Tratto da Atlas, 25 giugno 2013)


Deputati arabi di Israele chiedono un nuovo inno e una nuova bandiera

I simboli nazionali secondo loro esprimono sentimenti ebraici, ma non arabi

GERUSALEMME, 25 giu - Un dibattito preliminare sulla opportunita' di sostituire l'inno nazionale di Israele e la sua bandiera e' stato tenuto ieri alla Knesset su iniziativa di alcuni deputati della opposizione di sinistra, per lo piu' arabi. Nei loro interventi hanno sostenuto che l'inno 'Ha-Tikwa' (la speranza) e la bandiera (che ostenta la stella di Davide) esprimono sentimenti profondi della maggioranza ebraica di Israele, mentre ignorano quelli della minoranza araba. Fra le proposte avanzate ieri vi e' la composizione di un nuovo inno, o anche il mantenimento di quello attuale ma con due testi paralleli: uno in ebraico e l'altro in arabo. Un'altra proposta suggerisce la aggiunta dei colori nazionali palestinesi al bianco-azzurro del vessillo israeliano.

(Fonte: ANSAmed, 25 giugno 2013)


Svastiche e scritte antisemite. Sfregio alla sinagoga di Padova

Indaga la Digos: al vaglio i video di sorveglianza

   
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PADOVA — Una ventina di giorni fa era toccato alla sinagoga di Verona. Nella notte tra domenica e lunedì è stata la volta di quella di Padova. Una svastica di notevoli dimensioni è comparsa praticamente di fronte alla sede della comunità ebraica di Padova, all'angolo tra via Delle Piazze e via San Martino e Solferino. Ma non solo. Altre tre o quattro svastiche «fresche» di bomboletta spray sono apparse a meno di una decina di metri dalla sinagoga. E ancora la scritta (in parte incomprensibile) «C'eravamo tutti a Dachau», la data «1933» (l'anno in cui Hitler andò al potere), il simbolo dell'organizzazione neofascista «Terza posizione» e alcune croci celtiche. E non è escluso che di simboli di questo tipo ce ne siano altri visto che le segnalazioni dei residenti del ghetto sono continuate per tutta la giornata di lunedì . Una serie di simboli e frasi inquietanti, di cui la Digos di Padova è già stata informata.
   Gli agenti della questura hanno infatti già avviato delle indagini procedendo all'analisi delle registrazioni delle telecamere della videosorveglianza presenti in ghetto. Difficile dire chi possa essere l'autore del gesto. Solo una ventina di giorni fa, come detto, era toccato alla sinagoga di Verona. In quell'occasione erano comparse, direttamente sulla facciata, svastiche, stelle di David e la scritta nazista «Juden ». A disegnarle erano state alcune persone incappucciate riprese dalle telecamere di sorveglianza. «Purtroppo Padova ha una lunga tradizione in questo senso - ha spiegato il docente di Storia dell'ebraismo moderno e contemporanea dell'Università di Padova, Gadi Luzzato Voghera - a cominciare da una militanza di estrema destra piccola per dimensioni ma molto pesante. Solo un mese fa ci siamo incontrati per commemorare il settantesimo anniversario dell'incendio alla Scuola Grande Tedesca, il centro pulsante della vita ebraica a Padova e oggi ci troviamo a contare scritte e simboli sparsi per tutto il ghetto». Stranamente però non ci sono stati, come spesso accade, fatti o dibattiti recenti che possano avere riacceso le menti deliranti di intolleranti e antisemiti né le scritte fanno riferimento a fatti di cronaca. L'episodio sembrerebbe quasi essere la manifestazione di un antisemitismo di fondo che continua ad esistere al di là di tutto e nonostante tutto.
Il ghetto è in ogni caso una delle aree di Padova più densamente «coperta» da telecamere e non è escluso che attraverso queste si possa arrivare all'identificazione dei responsabili. «Purtroppo se si contano le decine di svastiche sparse per la città o si pensa all'esistenza di negazionisti come Franco Damiani, del liceo scientifico Rolando da Piazzola - ha continuato poi - si capisce come l'antisemitismo sia drammaticamente un fenomeno che continua a sopravvivere ». La Comunità ebraica di Padova ha preferito attendere di capire le dimensioni e la gravità dell'episodio prima di prendere provvedimenti in merito. Di certo non mancherà, come sempre accaduto in passato, di segnalare ogni nuova scritta o svastica agli agenti della questura.

(Corriere della Sera, 25 giugno 2013)


I confini insanguinati dello stato di Israele

di Stefano Magni

Nubi di guerra si stanno addensando su Israele. Dall'inizio dell'anno, lo Stato ebraico, di solito al centro delle violenze, ha vissuto in una sorta di irreale oasi di pace in mezzo a un Medio Oriente turbolento. Da una settimana, però, sono ripresi i lanci di razzi da Gaza e la guerra civile siriana sta coinvolgendo il Libano, a due passi dalla Galilea. I razzi di Gaza sono una vecchia e drammatica conoscenza per tutte le comunità (kibbutz, moshav e città) del Negev occidentale. Ogni casa ha un suo bunker, i cittadini sono ormai abituati a correre al riparo in quindici secondi, il tempo che trascorre fra l'allarme e l'impatto dell'ordigno. Nel 2012, in quella regione, la situazione era assolutamente invivibile: 2256 lanci in un anno, la maggior parte dei quali concentrati nel solo mese di novembre quando si sono riaperte le ostilità fra Hamas e Israele.
  Dall'inizio del 2013, invece, i lanci erano in tutto 20. Alcuni sono stati effettuati proprio nel corso della visita di Barack Obama, giusto per segnalare a Israele, all'Autorità Palestinese e al presidente statunitense che il partito islamico palestinese non voleva sentir parlare di "processo di pace". La relativa calma sul fronte di Gaza era dovuta, essenzialmente, alla guerra di novembre che ha distrutto gran parte delle infrastrutture militari di Hamas. Come sempre avviene, dopo aver incassato un colpo molto duro, l'organizzazione islamica ha proclamato una tregua, negoziata con l'Egitto. Per farla rispettare, i corpi speciali della polizia di Gaza sono stati rischierati lungo i confini, per prevenire atti di guerra da parte di organizzazioni diverse da Hamas, o sue cellule armate fuori controllo. Nonostante tutto, lunedì scorso, un ordigno è stato lanciato contro Sderot.
  Per motivi tecnici ha mancato clamorosamente il bersaglio ed è andato ad impattare in territorio palestinese. Dopo questa prima, maldestra, prova di guerra, a una settimana di distanza (domenica notte) altri sei razzi sono stati tirati. Almeno due di essi erano armi da guerra, non gli artigianali Qassam (che possono essere prodotti in tutte le officine meccaniche), ma Grad, katjushe di fabbricazione russa, passate dall'Iran a Hamas e Hezbollah. I razzi non hanno provocato vittime, mancando i loro bersagli e due di essi sono stati intercettati dal sistema anti-missile Iron Dome, mentre erano in volo su Ashkelon. Quasi immediata la risposta dell'aviazione israeliana: sono stati bombardati due depositi di armi, un'area usata per i lanci e un "centro di attività terroristiche". Mentre Hamas nega ogni responsabilità, il bombardamento viene rivendicato dalla Jihad Islamica, altra organizzazione palestinese di Gaza. Possibile che i corpi della polizia speciale di Hamas si siano lasciati sfuggire dei razzi Grad? In ogni caso, Benjamin Netanyahu, commentando i fatti, ha avvertito che «Israele è in grado, da solo, di rispondere ad ogni minaccia, lontana o vicina che sia», lanciando così un monito anche all'Iran, che ha cambiato il suo presidente, ma non il suo programma atomico.
  Toni più duri da parte di Avigdor Liberman, ex ministro degli Esteri e attuale presidente della Commissione Esteri e Difesa della Knesset: «Hamas non ha alcuna intenzione di accettare la presenza ebraica in Israele. E quindi abbiamo bisogno di tornare nella striscia di Gaza a fare pulizia». Una rioccupazione militare della Striscia di Gaza, dopo il ritiro unilaterale israeliano del 2005, non è mai stata presa in considerazione, almeno sinora. Dopo due guerre e un continuo stillicidio di razzi, però, anche questa politica può cambiare. Il peggior ostacolo alla soluzione "due popoli in due Stati" è proprio la constatazione che, da qualunque regione si ritiri Israele, ricomincia la guerra contro gli israeliani. Lo stesso discorso vale per il Libano: dopo il ritiro dal Sud del Paese, avvenuto nel 2000, è subentrato Hezbollah, che ha preso il controllo di tutta l'area e ha avviato l'escalation di azioni di guerriglia fino alla guerra del 2006. Solo la presenza di un nutrito corpo di interposizione internazionale (Unifil2) ha impedito lo scoppio di ulteriori ostilità.
  Ma non il riarmo di Hezbollah, che ora dispone di un arsenale addirittura superiore rispetto a quello del 2006. Una guerra anche su quel fronte è considerata sempre più probabile. Hezbollah sta partecipando, con almeno 7000 uomini, alla guerra civile siriana, dove combatte dalla parte del dittatore Bashar al Assad. Il partito armato sciita ha perso centinaia di uomini, fra morti e feriti, anche se non vuole divulgare statistiche precise sul numero dei suoi caduti. E, nel Libano del Sud, si sono rafforzate milizie sunnite che combattono dalla parte dei ribelli anti-Assad. Ieri si è registrato un episodio grave da pre-guerra civile, uno dei tanti ormai: 16 militari libanesi morti a Sidone, in uno scontro con i sunniti seguaci dello sceicco Ahmad al Assir. Domenica era stato arrestato uno dei membri del gruppo, per trasporto di armi illegali. La reazione della milizia sunnita è stata molto violenta e a Sidone è scoppiata una vera e propria battaglia, con uso di razzi e mitragliatrici. Il rischio di una guerra fra sunniti e Hezbollah è sempre più vivo ed entrambe le parti sono dichiaratamente nemiche di Israele. Alla prima scintilla possono iniziare a combattersi tra loro. O lanciare provocazioni militari contro lo Stato ebraico per "distrarre" l'opinione pubblica libanese dal nemico interno.

(L'Opinione, 25 giugno 2013)


Custode di Terra Santa: P. Franҫois Mourad, ucciso dai ribelli islamisti a Ghassanieh

P. Pierbattista Pizzaballa, commenta l'uccisione del sacerdote, nuovo martire in Siria. Franҫois Mourad è stato ucciso durante un assalto dei guerriglieri islamisti al convento di Sant'Antonio, nella provincia di Idlib. Fino alla sua morte il sacerdote aveva lavorato con i francescani per alleviare le sofferenze di cristiani e musulmani. Ora il villaggio è completamente distrutto.

Franҫois Mourad
GERUSALEMME - "L'uccisione di p. Franҫois Mourad è un triste fatto e un duro colpo per tutti i frati della Custodia di Terra Santa". È quanto afferma ad AsiaNews p. Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, in occasione della morte del religioso siriano ucciso lo scorso 23 giugno a Ghassanieh, villaggio a maggioranza cristiana nel distretto di Jisr al-Shughur nella provincia di Idlib. I suoi funerali si sono stati celebrati ieri nel piccolo villaggio di Kanaieh a pochi chilometri da Ghassanieh.
   Fino a ieri vi erano due versioni sulle dinamiche dell'omicidio, la prima parlava di un proiettile vagante, la seconda di un vero e proprio assalto compiuto da ribelli islamisti contro il convento di Sant'Antonio a Ghassanieh. "La versione più attendibile - spiega p. Pizzaballa - è la seconda. Dalle foto e dalle testimonianze di nostri religiosi, nelle scorse settimane i ribelli hanno attaccato il villaggio, costringendo la maggioranza della popolazione a fuggire. L'unica zona tranquilla era proprio quella del convento di Sant'Antonio, che ospitava insieme a p. Franҫois alcuni frati francescani, quattro suore e dieci cristiani. Ma il 23 giugno i ribelli, che fanno parte di una frangia estremista islamica, hanno invaso anche quella". Secondo il Custode di Terra Santa, gli islamisti hanno fatto irruzione nel convento, saccheggiando e distruggendo tutto. Quando p. Franҫois ha cercato di opporre resistenza per difendere le suore e le altre persone, i guerriglieri gli hanno sparato, uccidendolo. "Al momento - aggiunge p. Pizzaballa - il villaggio è ormai completamente deserto. I ribelli si sono trasferiti lì con le loro famiglie e hanno occupato le abitazioni ancora in piedi". "Preghiamo - conclude - perché questa guerra assurda e vergognosa finisca presto e che la gente di Siria possa tornare presto alla normalità".
   Originario di un villaggio della provincia di Lattakia nel nord ovest della Siria, p. Franҫois Mourad, 49 anni, era stato formato dai Padre Francescani di Terra Santa. Sentendosi chiamato ad una vita più contemplativa alla fine degli anni '90 lascia i Francescani e completa i suoi studi presso i Trappisti di Latroun (Palestina). Una volta rientrato in Siria è ordinato sacerdote dal Vescovo Siro Cattolico di Hassaké nel Giaziret siriano. In questi anni inizia una nuova fondazione monastica, ispirandosi a San Simeone lo Stilita e fonda un piccolo monastero di vita contemplativa ad Hwar, nella provincia di Aleppo, dedicandosi alla formazione di alcuni giovani postulanti, tutti siriani.
   Ad Hwar resta fino al 2013, finché per l'aggravarsi del conflitto fra ribelli islamici e regime è costretto a rifugiarsi a Ghassanieh, sul fiume Oronte, dove riceve ospitalità nel locale convento dei francescani. Fino alla sua morte ha lavorato insieme ai frati per portare sollievo alla popolazione cristiana e musulmana della zona. (S.C.)

(Asia News, 25 giugno 2013)


Summer camp a Gaza

di Maristella Carbonin
    Chiudo l'occhio sinistro. E prendo bene la mira. Devo sparare a una bottiglia vuota. Ma qui mi insegnano a immaginare, al posto della bottiglia, un nemico che non ho. Ho solo otto anni. Come faccio ad avere nemici? Per diventare grande devi avere nemici, mi ripetono. Lezione numero uno. Sparo alla bottiglia vuota. La manco. Guardo Isaac, il mio amico immaginario, e sorrido: mancata. La scuola è finita da qualche settimana e io passo le vacanze al campo estivo di Gaza, come Marwan, Rami e Intissar. Sono i summer camp organizzati da Hamas. Siamo tanti qui. Io e Rami siamo nel gruppo dei più piccoli. Anche se non siamo i più piccoli. Ali ha sei anni, ad esempio. I più grandi hanno sedici anni, loro sparano con fucili veri. E' il turno di Marwan: un colpo. La bottiglia esplode come un fuoco d'artificio. Ride. Forse anche lui ha un amico immaginario. A minuti mangiamo tutti assieme, poi ci insegnano a strisciare sulla terra sotto il filo spinato. Io in questo esercizio sono bravo. Sono piccolo e agile. Arrivo primo. Mi premiano: devo saltare attraverso il fuoco. A me l'estate non piace. Io preferisco leggere e scrivere ma ho capito che qui e' meglio non dirlo. A me piace fare volare gli aquiloni. Io la passerei così la mia estate. A dare filo, a mandare su su l'aquilone. Il cielo bianco di Gaza ha bisogno di colori. Un giorno io e Isaac ne abbiamo costruito uno bellissimo. Azzurro, verde e giallo. Poi abbiamo aspettato il vento e gli abbiamo dato filo. 'L'aquilone da lassù riuscirà a vedere anche casa tua, a Gerusalemme', ho detto a Isaac, il mio amico immaginario. Ecco, mi richiamano. E' l'ora della prova di simulazione: dobbiamo fare finta di rapire un soldato israeliano. Guardo Isaac. Non vedo l'ora di tornare a scuola.
Summer camp a Gaza
Chiuse le scuole sulle spiagge di Gaza sono spuntate numerose tende dove Hamas organizza campi estivi gratuiti. Ai ragazzi ospiti di Hamas (cui vengono date speciali uniformi) vengono anche date lezioni di religione. Il premier di Hamas Ismail Haniyeh stima di avere circa100 mila bambini e ragazzi iscritti ai campi estivi pensati per insegnare «i valori e la forza morale insiti nello spirito del jihad».

(Corriere della Sera-blog, 25 giugno 2013)


Iniezioni di plasma e piastrine contro l'alopecia

Uno studio di un gruppo di ricercatori italiani e israeliani

ROMA, 24 giu. - Iniezioni di plasma arricchito di piastrine per curare l'alopecia areata. La tecnica e' il frutto di uno studio di un gruppo di ricercatori italiani e israeliani guidati dal dermatologo Fabio Rinaldi dell'IHRF. Grazie a una collaborazione con l'Universita' di Brescia e con l'Hebrew University Medical Center di Gerusalemme, e' stata testata l'efficacia nel trattamento con il prelievo di sangue dal paziente stesso, una tecnica gia' utilizzata in alcune procedure cosmetiche di ringiovanimento della pelle del volto e delle mani, nella cura delle ulcere croniche della pelle e in odontoiatria. Come descritto dagli autori sulle pagine del British Journal of Dermatolog, il plasma e' stato prelevato dagli stessi individui in cui e' stato successivamente iniettato. La sperimentazione ha coinvolto 45 pazienti che sono stati trattati solo su meta' della testa con iniezioni di plasma, di triamcinolone acetonide - un cortisonico utilizzato per trattare diversi problemi alla pelle - o di un placebo. Ciascun partecipante ha ricevuto 3 trattamenti distanziati di un mese l'uno dall'altro. I pazienti sono stati seguiti per un intero anno, durante il quale sono stati monitorati la ricrescita dei capelli, la loro degenerazione, il bruciore e il prurito, la proliferazione delle cellule staminali e la morte cellulare.
Rispetto al placebo e al triamcinolone, le iniezioni di plasma arricchito di piastrine si sono rivelate piu' efficaci in termini di aumento della ricrescita dei capelli e di riduzione della degenerazione del capello e di bruciore e prurito. Non solo, anche la proliferazione delle cellule staminali e' risultata maggiore in seguito alle iniezioni di plasma, mentre non e' stato riscontrato nessun effetto collaterale durante il trattamento. "Nella pratica comune - rassicura Fabio Rinaldi - viene utilizzata un'altra tecnica, la ionoforesi. In sostanza viene applicato un campo elettrico che apre i canali sulle membrane delle cellule permettendo il passaggio di varie sostanze. Il paziente deve solo tenere una mano appoggiata su di una piastra mentre l'elettrodo viene passato sulla zona da trattare". Tuttavia, anche nel caso in cui vengano effettuate le iniezioni, i vantaggi rispetto a un trapianto sono numerosi.
"Un intervento chirurgico richiede che siano disponibili dei capelli da trapiantare, ha dei rischi e dei tempi di recupero ampi - sottolinea Rinaldi -. Questo trattamento, invece, e' a rischio zero, permette una ripresa immediata e, nell'80% dei casi di alopecia androgenetica, da' una ricrescita significativa. Inoltre e' molto meno costoso".

(AGI, 24 giugno 2013)


Oltremare - Ottavo: Tzàbar si diventa
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Se la condizione naturale dell'Ole Chadash sia di sentirsi nuovo immigrato a vita o meno, è oggetto di discussioni anche animate. Da una parte già all'arrivo è tutto un "benvenuti a casa", dall'altra l'ambientamento in Israele passa per molti livelli di conoscenza e comprensione del nuovo paese, spesso senza l'aiuto fattivo dei nativi, gli Tzàbarim, che hanno modi spicci e usano spesso l'espressione "tuffati nell'acqua alta che imparerai a nuotare". Io ricordo con orrore la prima volta che un italianissimo istruttore di nuoto mi ha presa di peso e lanciata in un punto dove non toccavo il fondo coi piedi, e a una vita di distanza non lo ringrazio del trauma. Che ne sapevo che poi avrei fatto l'aliyah, dico oggi. Qui tutta la vita è un tuffo in acque alte e agitate senza saper nuotare, e i più sopravvivono. Il termine "Tzàbar" (o "Sabre", il frutto del cactus) per definire l'israeliano nato nella Palestina del Mandato Britannico, e poi in Israele, è nato come affermazione di forza, perchè il cactus cresce in luoghi desertici, inadatti alla vita; ma è mezzo complimento e mezza offesa: descrive l'israeliano come ruvido e pungente all'esterno, mentre appena si apre è di una delicatezza e dolcezza inattese. Per quanto i nativi possano essere poco educati quanto a maniere e modi, e sono loro i primi ad ammetterlo, bilanciano con grandi gesti di affetto appena si supera quella buccia un po' respingente. Noi europei siamo troppo ben vestiti e ben educati per sentirci subito a casa in mezzo alle spine degli Tzàbarim e ci mettiamo del tempo a superarle. Però dopo qualche anno che ci stai a bagno, forza dell'osmosi, lo tzabarismo comincia ad attecchire. Di recente per esempio, inizio le domande agli sconosciuti omettendo l'europeo "Mi scusi signore, buongiorno, sa per caso.." e passo al "Che ore sono?" o "Dov'è la tale strada?", applicando il "tachless" come si dice qui - diritto al punto. Ci vuole un po', ma con la pratica e l'imitazione ognuno può diventare un po' Tzàbar. Meno fronzoli, più sostanza.

(Notiziario Ucei, 24 giugno 2013)


Missili su Israele: l'aviazione di Gerusalemme colpisce a Gaza

Ancora missili su Israele. Almeno sei missili sono stati sparati dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele. Quattro missili hanno colpito il Consiglio regionale di Hof Ashkelon, due missili hanno colpito il Consiglio regionale di Bnei Shimon mentre altri due missili sono stati intercettati dal sistema Iron Dome.
Il lancio di missili è avvenuto nella notte tra domenica e lunedì. Immediata la risposta dell'aviazione israeliana che ha colpito obbiettivi terroristici nella Striscia di Gaza mentre è tutt'ora in corso una riunione degli alti livelli militari con il capo di stato maggiore, Gen. Benny Gantz, per decidere le prossime mosse da adottare contro il lancio di missili da gaza verso il sud di Israele....

(Rights Reporter, 24 giugno 2013)


Nella notte tensioni con Gaza

di Rossella Tercatin

Potrebbe esserci una lotta di potere tra Hamas e la Jihad islamica, il secondo gruppo armato più potente della Striscia di Gaza, alla base del lancio di sei razzi contro Israele nella notte fra domenica e lunedì. Secondo fonti dell'intelligence sia israeliana sia palestinese riportate da Haaretz infatti, i razzi rappresenterebbero un regolamento di conti per la Jihad dopo l'arresto e uccisione di un suo miliziano da parte del personale di sicurezza di Hamas. Dei razzi, due sono stati intercettati dal sistema di Iron Dome che protegge Ashkelon (nell'immagine una batteria in azione), gli altri sono caduti nel sud del Negev senza causare vittime o danni. In risposta, Israele ha colpito due depositi di armi a Gaza. Tuttavia analisti auspicano che il cessate il fuoco raggiunto dopo l'operazione Pilastro di difesa, lo scorso autunno, che ha garantito sette mesi di stabilità, possa continuare a reggere, data la natura particolare dell'episodio.
Nel frattempo le acque si mantengono agitate anche sul fronte politico in Cisgiordania. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas ha accettato le dimissioni del nuovo primo ministro Rami Hamdallah, presentate a sole due settimane dalla sua nomina come successore di Salam Fayyad, illustre economista dimessosi a sua volta negli scorsi mesi per contrasti con Abbas, che non ne apprezzava l'indipendenza e i legami di alto profilo. E l'ingerenza del presidente sarebbe alla base anche della scelta di Hamdallah, che prima di essere chiamato come primo ministro era a capo dell'Università di Nablus. Abbas aveva infatti imposto ad Hamdallah due vice a lui molto vicini Mohammed Mustafa e Ziad Abu Amr. I quali in queste due settimane avrebbero agito senza informare il primo ministro su una pluralità di fronti, compresi i rapporti internazionali: da qui la decisione di Hamdallah. E non è escluso, che il successore del successore non sia scelto del presidente dell'Anp proprio tra Mustafa e Abu Amr.

(Notiziario Ucei, 24 giugno 2013)


È rottura tra Hamas e Jihad Islamica

Ucciso leader delle Brigate Al Quds: la Jihad sospende i rapporti con Hamas. Da sempre in competizione, i due gruppi si erano riavvicinati con le rivoluzioni arabe.

ROMA, 24 giugno 2013 -Mentre Gaza finisce di nuovo sotto i bombardamenti israeliani, si apre una dura crisi nella Striscia tra Hamas, governo de facto dell'enclave, e il partito della Jihad islamica.
Stamattina Gaza è stata svegliata da una serie di bombardamenti dell'aviazione israeliana, in risposta a sei missili lanciati la notte scorsa verso il Sud di Israele. Due missili, secondo il portavoce Micky Rosenfeld, sono stati intercettati dal sistema di difesa Iron Dome. Nessun gruppo ha rivendicato il lancio. Non si sono registrati feriti, ma nei bombardamenti, secondo l'esercito israeliano, sarebbero stati colpiti due magazzini di armi appartenenti alla Jihad Islamica a Rafah. Bombe anche su Khan Younis e Deir al-Balah.
Al lancio di razzi di ieri notte, il parlamentare - ex ministro degli Esteri - Avigor Lieberman ha suggerito al governo israeliano di riesaminare la possibilità di occupare nuovamente la Striscia per eliminare alla radice la minaccia di attacco: "Israele dovrà seriamente considerare l'opzione di conquistare tutta Gaza e ripulirla - ha detto Lieberman alla Israel Radio - Non sono sicuro di voler vivere in tale situazione, ma alla lunga è inevitabile".
Ma a mettere in crisi la Striscia è la rottura tra i due movimenti islamisti, Hamas e Jihad Islamica, dopo la morte di uno dei comandanti dell'ala militare delle Brigate Al Quds, braccio armato della Jihad, ucciso ieri durante una sparatoria con le forze di sicurezza di Hamas.
Raed Jundiya, 38 anni, era - secondo fonti giornalistiche - responsabile del lancio di razzi verso Israele. È stato colpito alla testa durante la sparatoria di ieri che, secondo il Ministero dell'Interno di Gaza, è stata cominciata dal leader della Jihad. La polizia si era presentata a casa di Jundiya per recapitare degli ordini di comparizione ad alcuni membri della sua famiglia.
Il governo della Striscia ha subito aperto un fascicolo per indagare sulla vicenda: "Spero che tutti aspettino i risultati dell'inchiesta che ha già iniziato a lavorare", ha detto il portavoce del governo, Ihab al-Ghussein, mentre un altro portavoce, Sami Abu Zuhri ha sottolineato che i rapporti con la Jihad non sono stati interrotti.
Di diverso avviso i militanti del partito islamista: "La Jihad Islamica ha sospeso i contatti con Hamas dopo che la polizia ha aperto il fuoco contro uno dei comandanti delle Brigate Al Quds - ha commentato uno dei leader del movimento, rimasto anonimo, aggiungendo che l'intera responsabilità della sua morte è attribuibile ad Hamas - L'omicidio di Raed Jundiya rappresenta un ottimo servizio a favore del nemico sionista, deliberato o meno, perché il martire era in cima alla lista nera dei sionisti".
Dopo l'operazione militare israeliana contro la Striscia "Colonna di Difesa" dello scorso novembre, i rapporti tra i due gruppi erano molto migliorati. Il cessate il fuoco negoziato da Hamas con Israele al Cairo aveva avuto l'approvazione della Jihad Islamica, avviando così - secondo gli osservatori esterni - una cooperazione senza precedenti tra le due fazioni. Una cooperazione, in particolare a livello militare, che seguiva ad anni di forte competizione per accaparrarsi il consenso della popolazione gazawi e probabilmente derivante dagli sviluppo regionali: la crescita dei Fratelli Musulmani (a cui entrambi i gruppi sono, seppur in forme diverse, vicini) e dei movimenti islamisti a seguito delle Primavere Arabe avrebbe spinto Hamas e Jihad ad allearsi per rafforzare i movimenti religiosi, a scapito di quelli laici.

(Nena News, 24 giugno 2013)


La verità sulle donne ortodosse (di Israele e del mondo)

di Gheula Canarutto Nemni
una charedit milanese (di nascita)

Il giovedì era il mio giorno da incubo, il giorno del tema. A 11 anni ti costringevano a soffermarti sulla vita, sulle frasi dei poeti, sui terremoti e a scrivere intere pagine di quaderno sviscerando ogni sillaba. Mi sedevo accanto a mia madre e insieme analizzavamo il titolo, cercando di capirne bene le parole e il senso. "Pregiudizio cosa vuol dire?" le domandai una volta mentre tiravo su con la forchetta l'ultimo spaghetto dal piatto. "Vuol dire che le persone ti giudicano senza sapere davvero chi sei. Pre vuol dire prima. E' un giudizio che si forma in un momento sbagliato. Il giudizio dovrebbe formarsi sempre dopo. Dopo aver conosciuto, aver parlato, aver discusso. Mai prima, ricordatelo". Me lo ricordo ancora. Dopo trent'anni.
  Oggi apro uno dei miei blog preferiti, la 27esima ora. E ci trovo un articolo di Cecilia Zecchinelli, Una nuova battaglia per Barbra: la parità per le donne ortodosse di Israele. Tags: battaglie, diritti umani, discriminazioni, tradizioni. «È sconfortante leggere di donne che in Israele sono costrette a sedersi in autobus sui sedili in fondo o sono colpite con sedie di metallo quando vogliono pregare pacificamente e legalmente. O ancora di donne che non possono cantare nelle cerimonie pubbliche», ha detto la star… Le parole di Barbra si riferiscono chiaramente agli ultraortodossi, gli "haredim" ovvero "coloro che tremano per il timore di Dio", che respingono ogni modernità e continuano a vivere come nell'Europa dell'Est a fine Ottocento", scrive la giornalista.
  Forse non tutti hanno subito il trauma del tema del giovedì. Peccato. Perché avrebbero imparato fin dalla quinta elementare a formulare un giudizio sulle persone solo dopo averle conosciute.
  Io mi dichiaro una charedit, non "tremo per il timore di D-o" ma Lo temo, Lo amo e cerco di seguirne le leggi. Non vivo come a fine 1800. Uso macchina, Iphone (o Samsung a seconda di quello che mi lasciano bontà loro i miei figli), sto scrivendo da un Mac.
  "Per le migliaia di donne haredim d'Israele invece il canto è un peccato, così come mostrare capelli, braccia e gambe, mentre non lo è - ad esempio ?- lavorare, visto che la stragrande maggioranza dei loro uomini si dedica solo alla preghiera e i sussidi pubblici spesso non bastano".
  Io non mostro le braccia e le gambe, è vero. E lo faccio soprattutto perché D-o mi chiede di farlo. Ma non ci vedo nessuna discriminazione, secondo il tag utilizzato dalla signora Zecchinelli. Ci trovo un grande rispetto, per chi mi vede e mi giudica non in base a ciò che incontrano i sui occhi ma in base a quello che dico e che penso. Ci vedo un rispetto per le donne, che non vengono ridotte a oggetti ma rimangono dei soggetti.
  Non indosso paramenti quando prego,("paramenti sacri che i rabbini ultraortodossi limitano agli uomini") ma non per questo mi sento figlia di un dio minore. D-o mi concede di avvicinarmi a Lui in ogni momento, senza talit, tfilin o segni che invece toccano agli uomini. Non li devo portare questi segni. perché sono superiore. Sono parte delle donne charediot, non charedim, come scrive la nostra giornalista. l'aggettivo si declina al femminile, le donne ebree sono fiere della propria femminilità.
  "La condizione delle donne ultraortodosse non è un mistero per chi vive qui o conosce Israele" ma forse lo è per la nostra giornalista e per tutte quelle persone che immaginano un mondo e lo giudicano senza prendersi la briga di conoscerlo.
  Noi siamo qui, dice Matteo Caccia nel suo programma di Radio24. Noi siamo qui, pronte a farci conoscere, a parlare, a spiegare il perché di una manica lunga, di una gonna, di una preghiera con uomini e donne separati.
  Noi siamo qui, se qualcuno vuole trasformare il proprio pre-giudizio in un post-giudizio.

(nonsipuoaveretutto, 23 giugno 2013)


Ebrei in Italia, ebrei italiani, italiani ebrei
   
di Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

Enzo Campelli, sociologo della Sapienza di Roma, presenta in questi giorni i risultati della sua indagine conoscitiva sulla comunità ebraica in Italia. Un lavoro di tale estensione e profondità sugli aspetti demografici, socioeconomici e culturali della popolazione ebraica non veniva condotto dall'ormai arcaico anno 1965, prima di quello spartiacque storico che fu la guerra dei Sei Giorni. In Italia, ricordate, o forse no? era in carica il secondo governo di Aldo Moro, con Pietro Nenni vicepresidente del consiglio e Giulio Andreotti alla Difesa, ora perfino lui non c'è più…
   Il progetto di Campelli, frutto di una meditata iniziativa dell'UCEI, è stato svolto con l'ausilio di un ampio team di consulenti e di intervistatori, e costituisce l'oggetto di un denso rapporto di oltre duecento pagine, oltre che materia per un dibattito aperto a tutti. Dunque, è cambiato qualche cosa dagli anni '60, e che cosa? La risposta, curiosamente, può essere: tutto e nulla. Se guardiamo alle esternalità, l'Italia che allora, faticosamente ricostruita dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale, ancora godeva del finale dell'onda lunga del miracolo economico, è oggi un paese con alle spalle molti anni di rapido sviluppo, ma profondamente in crisi sul piano dell'economia e delle motivazioni. Nell'Italia di allora, il vilipendio antisemita si articolava attorno all'accusa di deicidio e alle recriminazioni contro il processo Eichmann, nell'Italia di oggi l'antisemitismo in forte ascesa è un composito di demonizzazione vecchia e nuova dell'ebreo e dello stato d'Israele. L'ebraismo italiano di allora cercava di mantenere un'esile identità religiosa nel contesto assimilatorio di una società italiana cattolica o socialcomunista, oggi in una società civile più complessa ma dove la memoria viene già calpestata e le ideologie si stemperano in gretti personalismi, un ebraismo dotato di spessore culturale e mediatico grandemente potenziato affronta problemi non del tutto diversi. Lo fa con molte maggiori cognizioni, sfumature e opzioni identitarie, e (nel bene e nel male) fuori da ogni possibilità di astrarsi da un fenomeno che allora quasi non esisteva nell'immagnario collettivo - Israele, lontano e onnipresente.
   Le riforme giuridiche dello statuto delle Comunità ebraiche italiane non hanno inciso più di tanto su una realtà esistenziale dominata dall'essere una piccola minoranza dalla scarsa massa critica e pari a meno del mezzo per mille del totale di un paese in cui perdura l'immutata confusione semantica fra "ebreo", "israelita", "israeliano". E la tipologia distributiva non è cambiata: l'autosufficiente Roma, semmai più dominante di allora, l'eterogenea e poco coesa Milano, le combattive ma esangui comunità medie, la tenace e commovente finzione delle piccole e piccolissime comunità.
   Dagli anni '60, l'ebraismo italiano ha incorporato notevoli apporti immigratori e culturali: pensiamo soprattutto agli arrivi di migliaia di ebrei dalla Libia dopo il 1967 - caso esemplare di inserimento a tutti i livelli della partecipazione e delle responsabilità comunitarie - o dall'Iran dopo il 1979 - esempio più di enclave che di fluida convergenza. Si sarebbe potuto pensare a un corrispondente incremento demografico, ma le risultanze sono differenti. La compagine numerica non cambia molto, ma il numero degli iscritti alle comunità passa da circa 28mila nel 1965 agli odierni 25mila. È vero, sono in aumento i non-iscritti, per scelta ideologica o per una marginalità di stato giuridicoebraico personale affermata dalla corrente centrale dell'ebraismo istituzionale e non necessariamente condivisa dai diretti interessati.
   Ma il parametro fondamentale dell'invecchiamento - un 24 per cento di persone fra i 18 e i 35 anni contro 28 oltre i 65 - grava pesantemente sulle capacità di funzionamento di una comunità ebraica vitale e sulle sue prospettive future. Questo dato, ampiamente previsto dalle ricerche passate, si colloca sulla falsariga delle tendenze demografiche recessive generali dell'Italia, e dimostra la grande influenza del contesto societario macro sui percorsi della diaspora ebraica. Un figlio virgola quattro in media non è sufficiente a garantire il futuro di una popolazione, anzi ne anticipa l'ulteriore calo.
   I profili socioecomici e le mobilità sociali dell'ebraismo italiano riflettono in primo luogo la trasformazione generazionale con la graduale contrazione dei ceti più disagiati che ancora portavano i ritardi delle passate discriminazioni e in particolare l'emancipazione relativamente tardiva della comunità di Roma. Se nel 1965 il 25 per cento degli adulti disponevano di educazione elementare o inferiore, oggi questa condizione è quasi scomparsa (3,5 per cento). È invece più che raddoppiata, dal 16 per cento nel 1965 al 39 nel 2011, l'aliquota di laureati dove permane enorme il divario - oltre sei volte nel 1965, ben oltre il triplo oggi - rispetto alla popolazione italiana totale che, va detto, continua a essere in grave ritardo in confronto agli altri paesi sviluppati.
   Questa promozione nei livelli d'istruzione si è naturalmente accompagnata a un processo di mobilità professionale ascensionale, soprattutto attraverso l'uscita dalle condizioni più modeste dell'attività commerciale al dettaglio, ancora molto diffuse in passato, verso una terziarizzazione e una professionalizzazione compatibili con lo sviluppo generale dell'economia nazionale. Oggi 26 per cento degli ebrei dichiarano uno stato sociale basso-mediobasso, il 34 uno stato medio, e il 40 uno stato medio-alto o alto.
   Ma va notata anche una non marginale mobilità generazionale discendente: mentre il 48 per cento dichiarano uno stato superiore rispetto a quello del padre, il 19 dichiarano uno stato inferiore. E presumibilmente legati alla congiuntura economica dell'Italia, sono impressionanti i dati sulla propensione (non identica a intenzione) a emigrare. Fra i più giovani (età 18-25), il 77 per cento non escludono l'eventualità di partire, dato simile a quello di un'altra recente indagine condotta dal Centro Jonas. Ma anche a 36-50 anni, siamo oltre il 50. Se questo è un barometro della situazione nazionale, la prognosi è grave.
   L'elemento maggiormente innovatore della nuova indagine concerne, ben specificati, i modi di espressione dell'identificazione ebraica. La frequenza alle scuole ebraiche in complesso non è cambiata drasticamente, da 54 per cento nel 1965 a 64 ora, ma è aumentato di 2-3 anni scolastici il numero medio di anni di studio. È aumentata la pratica delle tradizioni religiose che nel 1965 era bassa per circa una metà degli ebrei italiani e alta per meno di un quinto, mentre oggi si ripartisce in maniera più equilibrata fra le varie intensità. La partecipazione al Seder di Pesach rimane, allora come oggi, il rituale più amato e seguito.
   Del tutto nuovi sono invece i dati sul significato dell'appartenenza e dell'identificazione ebraica dai quali si evince la centralità di un senso di comunione a livello di collettivo locale e di popolo globale e l'importanza percepita della trasmissione dei valori ebraici da una generazione alla successiva. In questo senso, l'ebraismo italiano - mutatis mutandis - non sembra allontanarsi dai paradigmi di molte altre comunità ebraiche contemporanee per le quali l'asse centrale del senso di identificazione ebraica si colloca in una intuizione di appartenenza al collettivo (Jewish peoplehood), mentre costituiscono personali e consapevoli scelte di possibile specializzazione le diverse opzioni offerte dal ciclo ebraico della vita familiare, dalla fede e ritualistica tradizionale, dallo studio, dal volontariato nelle organizzazioni, dall'impegno nella poliltica, nella società civile e nella lotta all'antisemitismo, e dalla sensibilità e solidarietà nei confronti di Israele e di altre comunità ebraiche nel mondo. L'analisi dei dati di Campelli non finisce certo qui, anzi è imperativo che si approfondiscano le interconnessioni più profonde fra i diverse aspetti della struttura socio-demografica della popolazione e quelli che toccano la cultura e l'identità ebraica.
   L'anello debole appare essere la Comunità come ente attore e mediatore dei bisogni ebraici percepiti. È essenziale quindi che questo ricco materiale sia materia di studio e di riflessione da parte dei dirigenti delle Comunità e delle altre istituzioni ebraiche perché dai dati emergano elementi di azione per il futuro.

(Notiziario Ucei, 24 giugno 2013)


Rav Metzger fa un passo indietro

In un messaggio indirizzato al ministro israeliano della Giustizia Tzipi Livni, e a quello degli Affari religiosi Naftali Bennett, il rabbino capo ashkenazita d'Israele Yona Metzger ha annunciato la volontà di sospendersi temporaneamente dalle sue funzioni in seguito alle accuse di frode, corruzione e malversazione.
Fermato e interrogato dalla polizia israeliana negli scorsi giorni (e in particolare dall'unità Lahav 433 che si occupa di criminalità economica), rav Metzger si era poi trovato agli arresti domiciliari e ha comunque continuato a respingere ogni accusa.
Tra le funzioni cui ha dichiarato di rinunciare, quella di prendere parte all'alta Corte rabbinica, al Consiglio rabbinico (che assiste i due rabbini capo ashkenazita e sefardita) e alla nomina dei giudici nei Tribunali rabbinici, mentre continuerà a firmare i certificati di kasherut e la concessione di semichot (il titolo rabbinico). Livni ha definito la decisione di rav Metzger "la cosa giusta da fare".
Le elezioni per la nomina dei successori di rav Metzger e del rabbino capo sefardita Shlomo Amar avranno luogo nella settimana del 24 luglio. Sta prendendo forma in questi giorni il comitato elettorale di 150 membri chiamati a nominare i nuovi rabbini capo (e rav Metzger ha già indicato i cinque delegati di sua competenza).

(Notiziario Ucei, 23 giugno 2013)


Bandiere Blu alle spiagge di Israele

La prestigiosa Blue Flag da quest'anno sventola anche su nove spiagge di Israele

di Gianni Avvantaggiato

Anche le spiagge di Israele possono fregiarsi del prestigioso titolo
Metzitzim, una delle nove spiagge israeliane certificate FEE
La Bandiera Blu è un riconoscimento internazionale, istituito in Francia nel 1987, anno europeo dell'Ambiente, dalla Foundation for Environmental Education. Obiettivo della FEE indirizzare la politica di gestione locale di centri rivieraschi verso un processo di sostenibilità ambientale.
La certificazione è assegnata ogni anno in quarantasei Paesi, in Europa, Africa, Nuova Zelanda, Sud America, Canada e Cariaibi, con il supporto e la partecipazione delle due agenzie dell'ONU: UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e UNWTO (Organizzazione Mondiale del Turismo) con cui la FEE ha sottoscritto un Protocollo di partnership globale.
La prestigiosa Blue Flag, che certifica sicurezza e accessibilità di quasi 4mila spiagge pubbliche di tutto il mondo, da quest'anno sventola anche in Israele. I turisti stranieri, dicono fonti semite, già durante la prenotazione delle vacanze al mare si informano sulle Bandiere Blu e ora possono contare su nove spiagge israeliane certificate FEE.
«Il programma è iniziato solo pochi mesi fa ma le parti interessate sono entusiaste del risultato - afferma Orly Babitsky, responsabile del progetto EcoOcean -. È una grande presa per il turismo».
Per far sventolare una Bandiera Blu, una spiaggia deve rispondere a standard concordati a livello internazionale. Si eseguono controlli ambientali per garantire che l'acqua sia pulita e sicura. Inoltre, la spiaggia deve essere gratuita, deve offrire l'accessibilità alle persone diversamente abili, devono essere provviste di contenitori per il riciclaggio dei rifiuti e devono essere servite da mezzi pubblici. La certificazione va rivalutata ogni anno e se le condizioni cambiano, la Bandiera Blu può essere sospesa fino a quando la spiaggia sotto osservazione non rientra negli standard.
«Israele è un Paese costiero - continua Orly Babitsky -. Più del 70 per cento della popolazione vive vicino alla costa e la spiaggia è diventata uno degli ultimi luoghi che una famiglia può frequentare senza dover pagare». Ma le 140 spiagge israeliane sono ora minacciate dallo sviluppo industriale ed edilizio costiero. Attraverso EcoOcean, il programma Bandiera Blu in Israele sta anche lavorando per sviluppare standard locali, come la limitazione del numero di sedie a sdraio di plastica sulle spiagge di Tel Aviv.

Dove trovare Bandiere blu in Israele
Netanya può essere orgogliosa di tre spiagge che hanno vinto la bandiera blu: Ha'onot, conosciuto per la sua musica, cui si può accedere dal lungomare della città; Sironit Beach, che offre ampie zone d'ombra, provvista di ascensore per scendere in spiaggia, di accesso per disabili e di servizi igienici ben segnalati; Poleg Beach, un'ex discarica di liquami trasformata in una spiaggia pulita certificata dove si possono fare sport acquatici da quelli motorizzati al kite surf.
Ashdod ha due spiagge premiate Bandiera Blu: il Lido Beach vicino al porto, che vanta strutture pubbliche, ristoranti e servizi igienici e la Yud Aleph Beach, più orientata verso le esigenze della famiglia.
Tel Aviv ha anche due spiagge premiate Bandiera Blu: Metzitzim a nord della capitale, con la laguna artificiale, dove si riuniscono fighetti e si possono portare i cani e Jerusalem Beach, una delle preferite, bella, accessibile e accogliente. C'è anche una palestra per gli adulti.
E ancora Haifa ed Eilat hanno ciascuna una spiaggia con la Bandiera Blu. Dado Beach ad Haifa vanta barche ristoranti, divani in spiaggia, connessione Wi-Fi gratuita, giardini, molta ombra, sabbia, erba e un chilometro e mezzo di passeggiata. Shchafim Beach a Eilat si trova lungo la passeggiata tra gli Hotel Dan ed Herod. La spiaggia vivace è una forte attrazione per viaggiatori internazionali e israeliani in cerca di un po' di evasione a basso costo.

(Ambient&Ambienti, 23 giugno 2013)


Fotografia - Natura e tradizione ebraica. Lanciato il concorso Cdec 2013

"Natura e tradizione ebraica". Questo il tema prescelto per il concorso Obiettivo sul mondo ebraico promosso dall'Archivio fotografico della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea con sede a Milano in collaborazione con AEPJ (European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage), la cui premiazione è ormai divenuta un appuntamento tradizionale della Giornata europea della cultura ebraica. "Le immagini dovranno sviluppare il tema e caratterizzarsi per la presenza di elementi ebraici: dal collegamento al significato simbolico della natura nelle feste e nei riti, dal legame con la terra d'Israele allo sviluppo delle tecniche agricole, dai campi scuola per chaluzim ai campeggi dei movimenti giovanili…" si legge nel regolamento di questa quinta edizione.
Il concorso è aperto a tutti con partecipazione gratuita, e le fotografie dovranno pervenire entro il 31 agosto 2013. Previste due diverse sezioni: Foto d'autore, per gli scatti realizzati direttamente dai concorrenti e Foto dal cassetto per le immagini storiche o di famiglia. le fotografie finaliste verranno esposte in una mostra durante la Giornata della cultura, mentre ai primi classificati, verrà assegnato rispettivamente un premio di 350 euro e una menzione speciale.

(Notiziario Ucei, 23 giugno 2013)


Puglia Ebraica: memoria, presenza e identità

BRINDISI - Il tema "Puglia ebraica: memoria, presenza e identità", ha suscitato particolare interesse a Brindisi ed ha fatto giungere in città storici, studiosi e curiosi provenienti da tutta la regione.
Organizzato dalle Comunità Ebraiche pugliesi, che hanno come capofila -come è stato spiegato nel corso dell'incontro nella sala conferenze di Palazzo Nervegna- la Comunità di Trani, sede della storica Sinagoga Scolanova del XII secolo, l'atteso momento di studio e di riflessione ha visto tre momenti diversi e tutti particolarmente significativi.
Il primo, di carattere istituzionale, ha avuto avvio con la presentazione dei lavori da parte delll'organizzatore, avv. Cosimo Pagliara, rappresentante della Comunità brindisina. In apertura, un messaggio dell'assessore regionale Silvia Godelli che ha inteso «condividere il forte valore morale e culturale che connota la vostra iniziativa». A seguire, il saluto dell'Amministrazione Consales da parte del Vice Sindaco Enzo Ecclesie che ha ribadito l'impegno della Giunta municipale ad aiutare gli Ebrei a reperire un locale per la preghiera e per lo studio. «Alla luce - ha riferito ECCLESIE - della notizia che una nota compagnia aerea israeliana, da fine luglio, farà scalo a Brindisi per voli infrasettimanali diretti sulla tratta Brindisi-Tel Aviv, il Comune di Brindisi s'impegnerà ancora di più per soddisfare le esigenze che riguardano gli Ebrei brindisini, ma anche i futuri turisti provenienti da Israele, dall'Italia ebraica e da altri Paesi».

Successivamente, la sessione di rievocazione storico-documentaria. Due le brillanti e affascinanti Relazioni, con l'ausilio di diapositive, sviluppate dalla prof. Maria Pia Scaltrito e Giovanna Rossella Schirone, allieve del compianto prof. Colafemmina, da poco scomparso, si sono esaminate le tracce e le presenze ebraiche del passato, sino alla cacciata del 1541 in applicazione dell'Editto d'Isabella di Castiglia, detta "la Cattolica", nella Puglia in generale e nel Salento, in particolare.
La sessione è stata chiusa con la lettura, cantillenata cioè accompagnata da particolare metrica musicale, di un componimento poetico di Amittai ben Shefatiah, poeta e scienziato di Oria, vissuto nel IX secolo, da parte del prof. Jonathan Curci dell'Università di Ginevra.

La terza parte dei lavori, infine, ha visto trattato il tema della quotidianità dell'essere Ebreo, oggi, in Puglia. Dapprima l'esperienza, commossa e partecipata di Lucia Leone, autorevole esponente della Comunità Ebraica di Sannicandro Garganico, discendente da una delle prime famiglie sannicandresi convertitesi nella cittadina dauna negli anni '30, a seguito della predicazione di Donato Manduzio, oggetto di studi anche presso università straniere per l'eccezionale singolarità dell'esperimento sociologico di una conversione di massa, addirittura sotto il Fascismo e durante la vigenza delle famigerate Leggi Razziali.

Per completare, l'esperienza di un giovane ebreo residente a Brindisi, studente liceale, alle prese con la rivendicazione della propria identità religiosa e culturale in un ambiente non ebraico e con gli esempi di vita vissuta in armonia con i suoi coetanei verso i quali -ha riferito- ha dapprima taciuto del suo modus vivendi, poi ha inteso "scambiare" con loro le diverse esperienze, sul piano della reciproca conoscenza e del rispetto per l'altro. «Prendiamo ad esempio la scelta della frequenza dell'ora di religione a scuola. I miei genitori m'hanno sempre fatto frequentare -da piccolo- l'ora di religione che, di fatto, è ora di religione cattolica, almeno per conoscere una cultura che è diversa dalla mia. Durante il Ginnasio, chiesi di non frequentarla più, perché assolutamente distante dalla mia sensibilità. Tuttavia, da quando ho cominciato il Liceo, ho deciso di tornare a frequentarla, approfondendo tematiche che non conoscevo e, al contempo, non nascondendo più ai miei compagni il mio status di ebreo, anzi coinvolgendo loro, ad esempio, a frequentare la mia casa e la mia famiglia durante lo Shabbat».

Il Rabbino Capo di Napoli e del Mezzogiorno, sotto la cui giurisdizione ricadono anche le comunità pugliesi (come quelle calabresi e siciliane), prof. Scialom BAHBOUT ha infine sintetizzato i lavori di Puglia ebraica, annunciando per il prossimo mese di luglio lo svolgimento di uno Shabbatòn a Brindisi, come quello realizzato nel novembre scorso e che vide la partecipazione di circa ottanta ebrei provenienti non solo dalla Puglia, ma anche dalle altre regioni meridionali e da Israele. Appuntamento fissato tra il 19 ed il 21 luglio.

(ilPaeseNuovo, 23 giugno 2013)


Un palestinese di 22 anni vince «Arab Idol». A Gaza la gente esulta in strada

Mohammad Assaf ha rischiato di non partecipare. È arrivato in ritardo al provino per le difficoltà create da Hamas.

di Cecilia Zecchinelli

   
Mohammad Assaf
RAMALLAH - Le città e i villaggi palestinesi sono esplose ieri notte in una rara e a lungo sperata festa popolare dopo l'annuncio della vittoria di Mohammad Assaf nel talent show più seguito del mondo arabo. Mohammad Assaf, 22enne della Striscia di Gaza è stato proclamato vincitore di «Arab Idol», la versione mediorientale del britannico «Pop Idol» trasmessa da Beirut dalla rete MBC.
Gaza, la festa per il vincitore di «Arab Idol»
IL VINCITORE - Nato in Libia da genitori palestinesi e poi trasferitosi nel campo profughi di Khan Younis, nella Stiscia, Assaf ha conquistato tutti con la sua voce meravigliosa, il suo sorriso smagliante e la sua storia. Fino all'ultimo non era riuscito a uscire da Gaza, per le difficoltà create da Hamas e poi dall'Egitto. A Beirut era arrivato in ritardo ma era riuscito alla fine a fare un provino. E a farsi ammettere. Nella «capitale» palestinese Ramallah, come in altre città, la gente ha seguito su schermi giganti per strada l'ultima puntata dello show, poi la festa ha travolto tutti, con danze, canti, fuochi d'artificio e ingorghi giganteschi.
IL SOSTEGNO - Sostenuto dal presidente Mahmoud Abbas in persona, nel silenzio imbarazzato del movimento islamico che governa Gaza e con qualche rara accusa da parte delle frange più oltranziste islamiche contrarie allo show «blasfemo», Assaf ha battuto la brava e bella concorrente siriana Farah Youssef e l'egiziano Ahmed Jamal, forte del voto popolare di milioni di connazionali. Ma la mobilitazione dei palestinesi qui e in tutto il mondo ha portato una valanga di voti per sms a Assaf, che ha cantato brani pop e della tradizione palestinese, è apparso in video con la kefiah, e ha ricordato apertamente le «sofferenze del suo popolo» di cui è diventato un emblema. E un simbolo di vittoria e speranza che ha fatto almeno per una notte dimenticare Israele, l'occupazione, i problemi interni e la crisi economica dei Territori e di Gaza.

(Corriere della Sera, 23 giugno 2013)


Abu Mazen accetta le dimissioni del premier Hamdallah

La causa dell'addio di Hamdallah sono le forti divergenze con due dei suoi vice, Mahmad Mustafa e Ziad Abu Omro. Hamdallah era subentrato al dimissionario Salam Fayyad.

di Alessandro Pignatelli

Dopo 21 giorni, il premier palestinese designato, Rami Hamdallah, ha rassegnato le dimissioni nelle mani del presidente Abu Mazen, che le ha accettate. La causa dell'addio di Hamdallah sono le forti divergenze con due dei suoi vice, Mahmad Mustafa e Ziad Abu Omro. Hamdallah era subentrato al dimissionario Salam Fayyad.
Il portavoce di Abu Mazen, Abu Rudeineh, ha detto molto semplicemente ai giornalisti: "Il presidente ha accettato le dimissioni del primo ministro", senza ulteriori commenti. Due giorni fa, sembrava che la crisi fosse stata superata e che Hamdallah avesse quindi deciso di ritirare la sua intenzione di dimettersi dall'incarico. C'era infatti stato un lungo confronto con il presidente che sembrava avesse riportato un po' di calma. Apparente, evidentemente.
Dopo le parole del portavoce di Abu Mazen, l'agenzia palestinese Maan ha inserito la notizia tra le breaking news. I media israeliani successivamente l'hanno ripresa, così come il sito di Ynet che cita una fonte anonima del governo palestinese. Hamdallah aveva giurato come nuovo capo di governo lo scorso 6 giugno. Secondo la fonte che ha parlato a Ynet, Hamdallah avrebbe lasciato il suo ufficio molto arrabbiato e sarebbe partito con il proprio veicolo invece che con quello di Stato.
Prima dell'ultimo summit tra Abu Mazen e Hamdallah - durato circa un'ora e mezza - il presidente dell'Autorità Palestinese aveva visto altre due volte, faccia a faccia, il premier cercando in tutti i modi di farlo desistere dalla sua intenzione di lasciare l'incarico. Un'intenzione già mostrata lo scorso 20 giugno, quando però Abu Mazen aveva invitato Hamdallah a riflettere ancora qualche giorno.

(PolisBlog, 23 giugno 2013)


Le lampade di Kannukah di Pomodoro e Maraniello donate al Museo dei Lumi

di Alberto Angelino

CASALE MONFERRATO - Domenica 23 alle ore 11 arriveranno alla Sinagoga di Casale Arnaldo Pomodoro e Giuseppe Maraniello, due esponenti tra i più famosi dell'arte italiana. In un incontro pubblico doneranno al Museo dei Lumi due lampade per la Kannukah realizzate appositamente per la comunità. Sono infatti le ultime acquisizioni di una straordinaria collezione che nei sotterranei sotto la Sinagoga raccoglie centinaia di esemplari realizzati dai più grandi artisti contemporanei variazioni del candelabro a otto braccia utilizzato per la festa dei lumi.
Per l'occasione saranno accompagnati da Antonio Recalcati, altro celebre artista internazionale, tra i primi a realizzare una lampada per il museo, oltre che a dare la propria testimonianza nel piccolo memoriale che ricorda i deportati di Casale e Moncalvo all'ingresso della Sinagoga. Sarà possibile vedere le due lampade in anteprima, incontrare gli artisti e partecipare a un brindisi per festeggiare questo straordinario trio.
Arnaldo Pomodoro (nato nel 1926 a Morciano di Romagna) è considerato uno dei più grandi scultori italiani di questo secolo e le sue opere, tra cui tutti ricordano quelle di forma sferica o discoidale, abbelliscono le più importanti piazze del mondo. Anche Giuseppe Maraniello (Napoli 1945) ha ricevuto importanti commesse pubbliche (una sua scultura è ai giardini di Boboli a Firenze), ha realizzato mostre nei più importanti musei del pianeta.

(Il Monferrato, 22 giugno 2013)


Il caso Mortara, una polemica lunga 150 anni

Il 23 giugno 1858 a Bologna le guardie del Papa strapparono alla famiglia il piccolo ebreo Egdardo perché, battezzato di nascosto dalla servetta di casa, non poteva crescere in una famiglia "giudia»". Dando vita a una querelle mai sopita.

di Enrico Silvestri

Era un'afosa serata di giugno, i Mortara, benestante famiglia ebrea, si stavano mettendo a tavola nella loro casa di Bologna quando alcuni «birri» pontifici bussarono alla loro porta. In mano un mandato per prelevare il loro figlio Edgardo di 7 anni. Motivo, era stato battezzato dalla servetta cristiana, ergo non poteva vivere in una famiglia «giudia» ma doveva avere un'educazione consona alla sua religione. Il ragazzino venne portato a Roma per essere avviato alla religione cattolica, nonostante i disperati tentativi dei genitori di farlo tornare a casa. Sembra che lo stesso Pio IX si sia personalmente opposto a ogni mediazione. Lo Stato Pontificio venne abbattuto, il Papa Re costretto a ritirarsi in Vaticano, e i laicissimi funzionari del laicissimo Regno del Piemonte si recarono dall'ormai diciannovenne Edgardo per proporgli di tornare alla sua famiglia. Ricevendo un netto rifiuto: era e voleva rimanere cattolico.
  Rimasero di stucco i molti intellettuali laici ma anche protestanti e cattolici, per tacer della comunità ebraica internazionale e di quanti in mezzo mondo avevano seguito la vicenda con il fiato sospeso per oltre dieci anni. Vale a dire dal 23 giugno 1858, quando i gendarmi di Bologna, territorio Pontificio, andarono a prendere il ragazzino ponendo fine a una diatriba iniziata qualche settimana prima con la confessione di Anna Morisi, 20 anni. La ragazza era da tempo a servizio in casa di Salomone Momolo Mortara e di sua moglie Marianna Padovani, nonostante una legge, evidentemente disattesa, proibisse ai cristiani di lavorare per gli ebrei e viceversa. Nel 1852, quando il piccolo Edgardo cadde gravemente malato, la servetta, battezzò di nascosto il piccolo temendo potesse finire al Limbo. Tenne il segreto per sei anni, poi all'inizio del '58 fece le prime ammissioni che giunsero alle orecchio del Sant'Uffizio. La Chiesa proibiva il battesimo dei bambini di famiglie non cattoliche, anche ammetteva che se il sacramento potesse essere amministrato, anche contro il volere dei genitori, in punto di morte. Principio ancor'oggi rispettato. A quel punto non c'era soluzione: un cristiano non poteva essere allevato da ebrei. Si tentò dunque una mediazione con i Mortara: il piccolo sarebbe entrato in un collegio di Bologna e a 17 anni avrebbe deciso del proprio futuro, ma la proposta fu rifiutata.
  La Chiesa passò dunque all'azione di forza e si scatenò il putiferio, pare orchestrato da Cavour per mettere n difficoltà Pio IX agli occhi di Napoleone III, strenuo difensore del Pontefice. La polemiche si estese in breve oltre i confini nazionali ed europei. Molte furono le pressioni da parte di associazioni protestanti ed ebree, ma anche cattoliche, affinché Edgardo tornasse a casa. Ma il Papa fu irremovibile «Non possumus». Il piccolo nel frattempo era stato portato a Roma presso la «Casa dei Catecumeni», istituzione destinata agli ebrei convertiti e mantenuta proprio con le tasse sulle sinagoghe. Ai suoi genitori non fu permesso di vederlo per diverse settimane e, quando in seguito fu loro concesso, non poterono farlo da soli. Con loro però fu subito inflessibile, spiegando di non desiderare rientrare in famiglia per effetto di una «grazia soprannaturale» che lo tratteneva. L'anno dopo una delegazione di notabili israeliti ricevette una risposta ancora più fredda: «Non sono interessato a cosa ne pensa il mondo». Più tardi, a proposito della visita, ebbe modo di annotare nelle sue memorie: «Allorché io venivo adottato da Pio IX tutto il mondo gridava che io ero una vittima, un martire dei gesuiti. Ma ad onta di tutto ciò, sono gratissimo alla Provvidenza che mi aveva ricondotto alla vera famiglia di Cristo, vivevo felicemente in San Pietro in Vincoli». E nel 1867 a 16 per dimostrare la saldezza della sua fede entrò nel noviziato dei Canonici Regolari Lateranensi. Il 20 settembre del 1870 la presa di porta Pia chiuse la storia dello Stato Pontificio e subito dopo, su pressione dei Mortara, il nuovo capo della polizia, questa volta sabauda, si presentò al convento di San Pietro in Vincoli. Chiese al ragazzo se voleva lasciare quella vita ottenendo un nuovo rifiuto: Edgardo rimase in convento e a 23 anni venne ordinato sacerdote.
  Poi iniziò un frenetico girare per il momento alla ricerca di ebrei da convertire, compreso i suoi famigliari, imparando ben nove lingue. Negli ultimi anni si ritirò in convento a Liegi dove morì l'11 marzo 1940. Ma l'eco della sua vicenda non spense neppure negli anni a venire. Divenne un simbolo dell'arroganza della Chiesa, argomento per alimentare la polemica anticlericale. Tanto da tornare di attualità quando nel 2000 avvenne la beatificazione di Pio IX. Indubbiamente il caso Mortara può apparire mostruoso se osservato e giudicato con gli occhi dell'uomo del Duemila, ma allora quelle erano le leggi dello Stato Pontificio nonostante, come visto, non fossero proprio osservate rigorosamente. Senza contare che Edgardo a più riprese rifiutò di rientrare nella comunità israelitica e nella sua famiglia. «Colpa dei condizionamenti e delle violenze psicologiche subite dopo essere stato portato a Roma» ha sostenuto proprio in occasione della beatificazione di Pio IX Elena Mortara, diretta discendente della famiglia bolognese. Come dire che a 150 anni di distanza la polemica non è ancora chiusa.

(il Giornale, 21 giugno 2013)


Gerusalemme - Integrazione: dal Roma Club un segnale importante

di Luca Valdiserri

Non può essere un pallone ad arrivare dove non è riuscita la politica, ma di sicuro anche un piccolo passo verso la pace è qualcosa di molto importante. Il Roma Club Gerusalemme, fondato nel 1998 da un gruppo di italiani residenti in Israele e affiliato all' Associazione Italiana Roma Club (AIRC), ha provato a unire il tifo a un'attività sociale resa perfettamente dal loro motto: sport senza frontiere. Parte dell'attività, infatti, impegna in una scuola calcio bambini di tutte le religioni (ebraica, musulmana, cristiana, drusa..) che si possono trovare in quel crogiuolo che è la città santa. I fondatori sono ebrei, ma lo sforzo per non chiudersi in se stessi ma aprirsi alla realtà israeliana e al mondo è stato costante.
Il club è nato nel 1998 e, dopo una serie di alti e bassi, esattamente come capita a una squadra di calcio, negli ultimi tempi ha ripreso vigore. Il cuore è il presidente Fabio Sonnino, un uomo coraggioso che ha affrontato con il sorriso una sfida difficile come la tetraparesi spastica (che ha raccontato con un ironico doppio senso nel libro «Il contorSionista »), il cervello è il vicepresidente e segretario Samuele Giannetti che proprio in questi giorni ha organizzato il sesto torneo di calcetto tra italiani a Gerusalemme.
Il fiore all'occhiello è la scuola calcio giovanile, dove giocano bambini divisi in fasce d'età: italiani, israeliani, palestinesi, ebrei, musulmani e cristiani. Sono stati «allenati» anche dal c.t. Cesare Prandelli quando si è recato per un viaggio privato in Israele. I tornei di calcetto sono organizzati con l'aiuto del Consolato generale d'Italia e dal Centro Peres per la Pace. «Non nascondiamo—dicono — che il nostro sogno sarebbe quello di poter veder giocare qui la Roma. Questa è per noi la Terra Promessa e chissà se un giorno questo sogno si avvererà». Non è sempre facile far convivere le etnie diverse, ma la cosa peggiore sarebbe arrendersi e non provarci.
Scherzando, Fabio e Samuele raccontano un esempio di integrazione: «Abbiamo fatto giocare nella squadra dei "grandi" un tifoso della Lazio. Noi riconosciamo che è fortissimo, ma lui accetta di vestire la maglia della Roma». Gerusalemme ha una squadra, il Beitar, con uno zoccolo duro di tifosi integralisti: non vogliono arabi in squadra e hanno abbandonato lo stadio quando il presidente Gaydamak ha acquistato due giocatori ceceni di religione musulmana e uno di loro ha segnato un gol contro il Maccabi Netanya. Per questo è così importante mostrare che può esistere anche un calcio «senza frontiere».

(Corriere della Sera, 22 giugno 2013)


Il Premier palestinese ha ripensato alle dimissioni

Il Premier palestinese Rami Hamdalà ha ripensato di dimettersi, dopo aver risolto i disaccordi con il capo dell'Autonomia palestinese Mahmoud Abbas.
Il rettore di una delle più grandi università palestinesi che 18 giorni fa ha sostituito l'economista Salam Fayyad al posto di Premier, ieri ha presentato le dimissioni. Né lui né i suoi rappresentanti hanno manifestato intenzioni di un passo indietro. Tuttavia i mass media scrivono che Hamdalà è stato scontento dei vasti poteri che hanno avuto i suoi vice.

(La Voce della Russia, 22 giugno 2013)


Rinasce il cimitero degli antichi Ebrei di Monteverde

Trovate in Germania le foto dello scavo del 1904 In un libro i nuovi studi sul sepolcreto dimenticato, ora tornato alla luce grazie a Nicholas Mueller

di Carlo Alberto Bucci

A vederli impettiti e impolverati davanti alle antiche vestigia, sembrano Schliemann e i suoi operai alla ricerca di Troia. La soddisfazione è la stessa, anche se quelli che Nicholas Mueller e gli altri archeologi portarono alla luce nel 1904 non sono i resti della città dell'Iliade. Ma i cunicoli, le sepolture e le menorah delle catacombe ebraiche di Monteverde. È una scoperta che si rinnova e amplifica adesso grazie al libro che Daniela Rossi e Marzia Di Mento presentano oggi [21 giugno] a palazzo Massimo.
E questo perché del sepolcreto israelitico sorto alle spalle di Trastevere nel corso del tempo si sono perse e ritrovate le tracce molte volte. A partire dalla scoperta fatta nel 1602 a Roma dal cultore di antichità cristiane Antonio Bosio.
La Catacomba ebraica di Monteverde: vecchi dati e nuove scoperte, questo il titolo del volume che raccoglie gli studi e gli sforzi prodotti dal Municipio XII, dalla Provincia e dalla Soprintendenza archeologica statale per dare una prospettiva scientifica, ma innanzitutto una mappa certa, al dedalo di gallerie, celle, tombe che sono state seppellite dalla città moderna. E di cui si erano perse le tracce.
Il lavoro che hanno fatto le archeologhe ogni volta che gli scavi per un parcheggio (2009) o la voragine in cui è caduto un camion nel 2012 rivelavano la presenza di cunicoli interrati, è stato quello di setacciare il terreno franoso di Monteverde ma, soprattutto, di andare alla origini della scoperta. Seguendo quel filo, Marzia Di Mento, 40 anni, archeologa che lavora per la Soprintendenza, è arrivata all'università di Humboldt, in Germania, e qui ha scoperto un vero tesoro: un centinaio di inedite foto in bianco e nero che documentano gli scavi fatti nel 1904 da Mueller nella vigna dei marchesi Pellegrini Quarantotti e che dimostrarono la veridicità della scoperta fatta 400 anni prima da Bosio. Poi cadde lentamente l'oblio. E sul cimitero degli israeliti infierì l'edilizia del boom economico.
Dallo scempio si sono salvati un sarcofago come quello del bimbo che gioca con i suoi animaletti, molte epigrafi e tante immagini dell'inconfondibile candelabro a 7 braccia. Rossi e Di Mento si sono messe allora alla ricerca dei reperti provenienti dalla necropoli sotterranea di Monteverde e li hanno rintracciati ai musei Vaticani e in diversi musei di Roma, compreso palazzo Massimo.
"È stato un lavoro di recupero di una memoria perduta - spiega Daniela Rossi, archeologa della Soprintendenza - e molto utili sono state le persone di Monteverde. Soprattutto i più anziani, ricordavano quelle "grotte" dove andavano a giocare da bambini o a ripararsi durante i bombardamenti". Frane e palazzi hanno sepolto gli ambienti entro i quali, dal terzo al quinto secolo d. C., gli ebrei trasteverini diedero sepoltura ai propri cari. "Scendere lì sotto ora è impossibile, dove possiamo mandiamo una sonda a perlustrare le gallerie. La scoperta delle vecchie foto ci ridà però forme e colori delle catacombe dimenticate di Roma".

(la Repubblica - Roma, 21 giugno 2013)


Una pagina di Talmud al giorno. Parte il progetto che unisce gli ebrei di tutto il mondo

Da domenica, prende vita l'iniziativa Daf HaYomi. Una pagina al giorno di Talmud in un ciclo di circa sette anni. Ebrei di tutto il mondo studiano una delle 2711 pagine del Talmud quotidianamente e nei prossimi giorni sarà possibile farlo anche a Roma. Il progetto suggerito da Marco Pavoncello avrà sede dal lunedì al giovedì al Tempio dei Giovani alle ore 20.15 e nelle ore mattutine del venerdì e della domenica al Tempio Maggiore o Spagnolo. Per tre settimane partirà il progetto pilota per poi divenire stabile da settembre. Il ciclo di lezioni in compagnia di diversi rabbini, ha lo scopo di rendere lo studio del Talmud accessibile a tutti, cosìcche ogni membro della Comunità possa sentirsi parte del processo di trasmissione dell'ebraismo. L'appuntamento giornaliero Daf HaYomi (una pagina al giorno), risale alla proposta di Rabbi Meir Shapiro nel Primo Congresso Mondiale del "World Agudath Israel" del 1923 a Vienna. "Un ebreo lascia gli Stati Uniti e va in Brasile o Giappone e si trova in una Beth Midrash dove vede che tutti stanno imparando lo stesso daf che lui aveva imparato quel giorno. Ci può forse essere un'unione di cuori più grande?", così il rabbino Shapiro aveva introdotto al Congresso la proposta di dar vita all'iniziativa. Grazie a questo progetto ambizioso, quello stesso ebreo che avrà visitato gli Stati Uniti, il Brasile o il Giappone, potrà venire a Roma e studiare ogni giorno una pagina di Talmud, così da imparare ogni giorno qualcosa di più, fortificare la propria identità ebraica e sentirsi parte di una comunità ricca di vita, tradizione e cultura.

(Comunità Ebraica di Roma, 21 giugno 2013)


Michele Sarfatti: "Su Palatucci serve chiarezza"

"Per la sua morte a Dachau Palatucci merita rispetto, ma il suo ruolo è stato ingigantito: non salvò certo 5mila persone". Sollecitato dal Corriere della sera, lo storico Michele Sarfatti - direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano - interviene relativamente al dibattito storiografico apertosi sulla figura del questore Giovanni Palatucci, Giusto tra le Nazioni dal 1990, dopo la conclusione di un lungo studio del Centro Primo Levi di New York che denuncia una trama "costruita ad arte" sulla sua figura. A supporto di Palatucci ci sono numerose testimonianze ritenute fondate ma che, osserva Sarfatti, "devono essere vagliate con attenzione studiando le carte". Il problema, sottolinea lo storico, è che i riconoscimenti pubblici "hanno preceduto la ricerca storica". Sarfatti sollecita quindi un processo di riflessione che interessi la comunità degli storici italiani nella sua globalità. "Noi, come Cdec - dice - siamo disposti a partecipare a un eventuale gruppo di lavoro incaricato di fare chiarezza".

(Notiziario Ucei, 21 giugno 2013)

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Su Palatucci deciderà lo Yad Vashem

Il presidente del Memoriale della Shoah di Gerusalemme deciderà sul caso del poliziotto italiano accusato di essere "un pieno esecutore delle leggi razziali" e non un "Giusto delle Nazioni"

Sarà il presidente della Commissione di Yad Vashem - il Memoriale della Shoah di Gerusalemme - che assegna il titolo di "Giusto delle Nazioni" a decidere sul caso del poliziotto italiano Giovanni Palatucci insignito del riconoscimento nel 1990.
Vicenda ora rimessa in discussione dal contenuto di nuovi documenti inediti riguardo la vera storia del personaggio e che Yad Vashem prende in considerazione ''molto seriamente''.
Lo ha detto all'ANSA un rappresentante dell'istituzione dopo l'arrivo delle informazioni e del materiale forniti di recente da un gruppo di storici e attivisti italiani.
Secondo questi nuove carte, studiate dal Centro Primo Levi di New York, Palatucci non sarebbe stato il "Giusto" che si è creduto, quanto invece ''un pieno esecutore delle leggi razziali'' che ''dopo aver prestato giuramento alla Repubblica sociale di Mussolini, collaborò con i nazisti''. Il processo di riesame del caso è già cominciato con l'analisi dei documenti pervenuti e che sono stati inoltrati al presidente della Commissione Jacob Turkel.
Sarà lui stesso a prendere la decisione finale insieme alla Commissione. Yad Vashem ha ricordato che Giovanni Palatucci morto a Dachau nel 1945 fu riconosciuto come Giusto ''in base al materiale allora disponibile''.

(ANSA, 21 giugno 2013)


Per il calciatore nazista nel nostro calcio non ci dev'essere spazio

   
Immagini
Georgos Katidis è un giovane ragazzo greco, un promettente calciatore di vent'anni. Se ci fermassimo a questo nella descrizione non ci sarebbe nulla di male. Poi ti ricordi di aver letto di lui e ti viene in mente il suo caso: dopo aver segnato il gol della vittoria nel match che la sua squadra ha giocato contro il Veria è andato ad esultare sotto la tribuna dell'Olimpico di Atene con il braccio teso. Un gesto che non è piaciuto ai vertici della federazione greca che hanno deciso per una punizione esemplare, radiare il giocatore da tutte le nazionali (giovanili e la maggiore).
Passa il tempo, la notizia finisce nel dimenticatoio finché il Novara Calcio non decide in intavolare una trattativa con il club greco per portare il ragazzo a giocare in Italia. I dirigenti parlano di seconda possibilità da dare ad un giovane di soli 20 anni. Io rispondo a questi signori, come ha prontamente fatto Vittorio Pavoncello (Presidente del Maccabi Italia), che a chi ha dovuto subire le atrocità del nazifascismo non è stata concessa una seconda possibilità, a quasi tutti non è stata data la possibilità neanche di tornare a casa.

Video

(L'Huffington Post, 21 giugno 2013)


Colpo di mortaio sul Golan. Sedicenne soccorso da israeliani

GERUSALEMME, 20 giu. - Un colpo di mortaio si e' abbattuto in serata dalla Siria sulla porzione delle alture del Golan annessa unilateralmente da Israele, violando ancora una volta la frontiera di fatto tra i due Paesi, tecnicamente tuttora in stato di belligeranza dalla Guerra dei Sei Giorni, nel 1967: nel renderlo noto, una portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico ha precisato comunque che nessuno e' rimasto ferito ne' sono stati accertati danni materiali sostanziali. Il proietto sarebbe caduto oltre confine accidentalmente, senza alcun intento ostile.
Nel frattempo fonti mediche locali hanno riferito che un sedicenne di nazionalita' siriana, ferito a un fianco e a una coscia da alcuni proiettili, e' stato soccorso da soldati israeliani nell'area contesa.
La giovane vittima e' stata subito trasferita a Safed, nella Galilea settentrionale, e ivi ricoverata all'ospedale 'Zid', dove gia' sono curati tre suoi connazionali. Negli ultimi mesi sono state nel complesso una ventina i cittadini del Paese arabo che nello stesso nosocomio hanno ricevuto assistenza sanitaria, tutti per lesioni da armi da fuoco.

(AGI, 21 giugno 2013)


La notte bianca di Tel Aviv

La città che non dorme mai d'Israele invita ad una serata fuori dal comune tra visite gratuite, spettacoli, intrattenimenti e musica. L'appuntamento il 27 giugno prossimo.

Tel Aviv
La notte è giovane a Tel Aviv, una realtà in continuo fermento che, negli ultimi anni, si è conquistata il titolo di "città che non si ferma mai" in quanto, ad ogni fascia oraria, riserva qualcosa da fare, da visitare ed è in grado di divertire no stop. Insolito il suo volto moderno inserito in un contesto quale quello d'Israele, un paese dal ricco passato custode di innumerevoli ricchezze storiche dinamicizzate da appuntamenti mondani che permettono di alternare approfondimenti di cultura a pause spensierate. A dare quel pizzico in più di pepe, in arrivo un evento che farà scintille, la Notte Bianca, un appuntamento sui generis che, il prossimo 27 giugno, illuminerà di immenso la Città Bianca, così chiamata per le migliaia di edifici in stile Bauhaus, la scuola tedesca che si diffuse nella zona intorno agli anni '30, il cui fascino è annoverato tra i siti del Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'Unesco in qualità di "un sorprendente esempio dell'urbanistica e architettura di una nuova città del primo XX secolo". A rendere giustizia a questa meraviglia architettonica bellissimi fasci di luce che andranno a mettere in evidenza circa una cinquantina di costruzioni posizionate lungo il Rothschild Boulevard e la Bialik Street, bellezze da ammirare partecipando alle visite guidate a cura della Tel Aviv-Jaffa Tourism Association.
  Tante, tantissime le occasione per scoprire in una vesta insolita la frizzante città, a partire dal suo lato culturale, tra musei e gallerie che, per l'occasione, rimarranno aperti fino a notte fonda, alcune con ingresso gratuito, altre con biglietti a prezzi ridotti. Vietato andare a dormire presto, il buio non è motivo per abbandonare la strada e ritirarsi in hotel o in casa: ogni lasciata è persa, sarebbe un peccato non lasciarsi travolgere da quell'ondata di movimentata frenesia che si accinge ad invadere ogni angolo della città con sonorità di ogni genere jazz, swing, blues e reggae e spettacoli, artisti di strada e maghi, in grado di intrattenere tanto un pubblico di adulti quanto i più piccini. In Piazza Rabin, ad esempio, andrà in scena un grande party musicale che richiamerà l'attenzione di tutti i presenti con un ballo collettivo utilizzando gli auricolari mentre, per chi volesse ammirare il sorgere del sole, è cosa buona e giusta partecipare allo show dell'alba presso la spiaggia Zuk mentre, al Porto di Tel Aviv Deck, lungo uno dei più bei litorali del Mediterraneo, il buongiorno è in compagnia di un risveglio muscolare, rilassando anima e corpo con una sessione speciale di Yoga.
  Se il giorno è troppo breve per dedicarsi ad una delle proprie passioni, lo shopping, al calar del sole le saracinesche non si abbassano e le spese possono proseguire in maniera serena curiosando e rovistando nel vivace e variopinto mercato delle pulci Shul Hapishpeshim, sito lungo la strada Olei Zion dove, tra tante cianfrusaglie, è possibile trovare veri affari iniziando lunghe trattative per accaparrarsi l'oggetto dei desideri al giusto prezzo. Altro punto cult per le spese è il mercato Carmel là dove le bancarelle rimarranno aperte fino alle 23. Da non sottovalutare la componente gastronomia: anche l'appetito vuole la sua attenzione e, in occasione della Notte Bianca, numerosi ristoranti e bar proporranno dei menu speciali "Notte Bianca".

(La Stampa, 21 giugno 2013)


Il rabbino capo Metzger ai domiciliari

Dopo dieci ore di interrogatorio negli uffici della polizia, al rabbino-capo ashkenazita Yona Metzger sono stati imposti cinque giorni di arresti domiciliari e l'allontanamento dal suo ufficio per le prossime due settimane, mentre gli investigatori procedono in una inchiesta su episodi di corruzione negli ambienti rabbinici. Attraverso il proprio legale, il rabbino Metzger ha oggi replicato di essere innocente e "stupefatto" nel trovarsi coinvolto nella vicenda.

(L'Unione Sarda, 21 giugno 2013)


Olio Extra Vergine premiato in Israele

Medaglia d'oro Gran Prestige TerraOlivo Jerusalem 2013

JESI (AN), 20 giu - Nuovo riconoscimento internazionale per l'Olio Extra Vergine di Oliva Monte Schiavo, 4 Ore, varieta' ''Frantoio'' che ha vinto in Israele la Medaglia d'Oro Gran Prestige, nella quarta edizione del concorso TerraOlivo Jerusalem 2013, Mediterranean International Olive Oil Competitio.
Il concorso ha visto la partecipazione di quasi 500 extra vergine finalisti provenienti da ogni parte del mondo. L'olio extra vergine 4 Ore proviene dall'oliveto dell'azienda marchigiana, in contrada Tassanare di Rosora (Ancona). Le olive, raccolte precocemente, sono molite a freddo in un lasso di tempo massimo di 4 ore dalla raccolta.

(ANSA, 21 giugno 2013)


Parola per parola la “trasparenza” dell’iraniano Rohani

MILANO - Nell'entusiasmo internazionale che circonda l'ascesa del neo presidente iraniano Hassan Rohani, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è l'unica voce fuori dal coro: la moderazione del nuovo numero due di Teheran è solo fumo negli occhi, wishful thinking. "Per noi non cambia nulla", ha detto il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, nel frattempo però la luna di miele tra il presidente Rohani e le cancellerie occidentali si è aperta in grande stile. Secondo il New York Times la sua elezione "è molto promettente", il ministro degli Esteri Emma Bonino e il presidente francese François Hollande caldeggiano la partecipazione dell'Iran alla conferenza di pace sulla Siria Ginevra 2, la Russia rappresenta la vittoria di Rohani come una specie di primavera iraniana cui spalancare le braccia.
  Il presidente russo Vladimir Putin, che ormai gestisce buona parte degli affari mediorientali su cui l'America balbetta (vedi la crisi siriana) lo definisce "un uomo molto esperto" e il plenipotenziario agli Esteri russo Sergei Lavrov si toglie i panni da "Mr Niet" e assicura: l'Iran è disponibile a sospendere il suo arricchimento dell'uranio al 20 per cento, bisogna pensare a sollevare Teheran dal peso delle sanzioni. Rohani lunedì ha esplicitamente escluso l'ipotesi di sospendere l'arricchimento dell'uranio, ma secondo Haaretz, i russi non si sarebbero esposti senza essere stati imbeccati dagli iraniani. Forse - scrive il quotidiano israeliano - il nuovo corso di Teheran è stato anticipato a Mosca a febbraio durante una visita in Kazakistan di Rohani alla vigilia dei colloqui tra L'Iran e i 5 più 1. Intanto l'Iran cerca di sfruttare il vento a favore: il nuovo round negoziale è in calendario ad agosto, ma un portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha lasciato intendere che Teheran è disposta a tornare a trattare anche prima e la disponibilità è stata subito sottolineata come un altro segnale di distensione. Solo due settimane fa Rohani criticava la politica estera iraniana degli ultimi otto anni ("possiamo contare amici e alleati sulle dita di una mano"), sottolineava la correlazione tra economia e dossier nucleare (le sanzioni hanno dimezzato le esportazioni petrolifere iraniane e contribuito al declino del riyal) e prometteva di restaurare la gloria nazionale con uno stile meno dogmatico e più razionale.
  La strategia nucleare compete alla Guida suprema Ali Khamenei - specificava Rohani ma il governo può influire "sulla tattica e sul metodo di esecuzione". Gli è bastato definirsi moderato e ripetere la parola "trasparenza" più volte durante la sua prima conferenza stampa per trasformarsi nella nuova speranza della comunità internazionale, anche se "trasparenza" è una parola curiosa in bocca a Rohani. Essere stato definito il "no nonsense nuclear negotiator" non è garanzia del fatto che alla forma corrisponda la sostanza, lo ha ripetuto più volte lo stesso Rohani. Nel 2006 per esempio raccontava: "Mentre parlavamo con gli europei a Teheran, installavamo l'equipaggiamento necessario nella centrale di Isfahan. In effetti creando un clima di calma e serenità siamo riusciti a completare il lavoro a Isfahan" (la conversione dell'uranio da yellowcake a hexafluoride, ossia il gas che può andare nelle centrifughe). Così - si è vantato Rohani - mentre gli Stati Uniti supplicavano gli europei di non crederci, "gli europei rispondevano: noi ci fidiamo di loro". Erano gli anni in cui Washington voleva mandare il dossier iraniano al Consiglio di sicurezza. "Gli americani volevano fermarci e noi invece abbiamo raggiunto il nostro obiettivo - ha ribadito in un'intervista recente Rohani - Ho iniziato a parlare con i ministri e ho finito per negoziare con i' presidenti. Questo è quello che dovremmo fare oggi".

(Radicali Italiani, 20 giugno 2013)


Si dimette il premier Hamdallah. Caos nell'Autorità Palestinese

Divergenze con i suoi due vice, dicono alcune fonti. Abu Mazen chiamato a decidere entro 24 ore se accettare le dimissioni

RAMALLAH, 20 giugno - Non c'è pace in casa al Fatah. Aveva giurato il 6 giugno, nelle mani del presidente Abu Mazen, mettendo fine ai sei anni alla guida del governo palestinese di Salam Fayyad, uomo delle istituzioni finanziarie internazionali gradito agli Stati Uniti. E invece, tra la sorpresa generale, il neopremier dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Rami Hamdallah sembra già giunto al capolinea.
Hamdallah oggi ha presentato le sue dimissioni per motivi oscuri e Abu Mazen dovrà decidere se accettarle o respingerle nel giro di 24 ore. Ora nella sede dell'Anp a Ramallah regnano caos e sconcerto.
Secondo alcune fonti la causa delle dimissioni sarebbero da ricondurre a importanti divergenze del premier con due suoi vice: Mahmad Mustafa e Ziad Abu Amr.
Il primo è un esperto finanza che in passato era stato indicato come possibile premier dell'Anp e che non avrebbe mai accettato di essere stato scavalcato da Hamdallah, il secondo e' un ex docente universitario che ha rivestito l'incarico di ministro degli esteri nel primo governo del movimento islamico Hamas dopo le elezioni del 2006.
Un portavoce del governo, Ihab Bsiso, all'agenzia di stampa italiana Ansa non ha confermato ne' smentito le notizie che parlano di un legame tra le dimissioni di Hamdallah e contrasti con rappresentanti del suo governo.

(Nena News, 20 giugno 2013)


Corea del Nord - Kim Jong-un nega rabbiosamente di ammirare Hitler

Kim Jong-un
Le autorità nordcoreane hanno minacciato di morte le persone, che hanno sparso la voce secondo cui il leader della Corea del Nord Kim Jong-un starebbe studiando l'esperienza di Adolf Hitler.
Pyongyang ha definito le notizie diffuse "un crimine odioso". "Prenderemo le misure necessarie per l'eliminazione fisica di gentaglia simile, responsabile di tradimento, - promettono le autorità. - Non potranno piu' vedere il cielo e non troveranno un solo centimetro di terra per riposare in pace dopo la morte."
In precedenza un anonimo funzionario nordcoreano che lavora in Cina aveva rivelato che Kim Jong-un aveva presentato ai membri del Comitato di Difesa dello Stato una copia del "Mein Kampf" di Hitler per studiarlo ed applicare alcune delle idee scritte nel libro.

(La Voce della Russia, 20 giugno 2013)


Suleiman: Hezbollah sta sbagliando, fermi la campagna militare

La campagna militare lanciata da Hezbollah in Siria, a sostegno delle truppe del regime di Bashar al-Assad, si sta rivelando "un errore". E' quanto ha affermato il presidente libanese, Michel Suleiman, in un'intervista al quotidiano 'As Safir'. Secondo il capo di Stato libanese, il movimento sciita dovrebbe richiamare indietro i suoi miliziani per evitare incidenti che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza del Paese dei cedri.
"Li ho ammoniti amichevolmente in merito a questo problema. Quando vedo che Hezbollah ha un comportamento sbagliato sono onesto con loro", ha dichiarato Suleiman, che ha ribadito il suo impegno a proteggere "la resistenza". "Se Hezbollah partecipera' alla battaglia di Aleppo, altri membri del partito saranno uccisi e ci saranno nuove tensioni" in Libano, ha affermato il presidente che ha ammonito: "I recenti incidenti (in Libano a Sidone e Tripoli, ndr) continueranno se il coinvolgimento (di Hezbollah, ndr) in Siria non si fermera'".
Nelle scorse settimane il movimento sciita libanese ha ammesso esplicitamente il proprio sostegno all'esercito siriano contro i ribelli. L'appoggio dei miliziani di Hezbollah e' stato decisivo nella riconquista da parte delle truppe lealiste di Qusayr, localita' strategica non lontana dal confine con il Libano.

(Aki, 20 giugno 2013)

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L'Arabia Saudita espellerà i libanesi che sostengono Hezbollah

BEIRUT, 20 giu. - L'Arabia Saudita espellerà i cittadini libanesi che sostengono Hezbollah, a causa del ruolo che il gruppo militante sciita ha assunto nella guerra civile in Siria. Lo ha annunciato l'ambasciatore saudita a Beirut, Ali Awad Assiri, all'emittente libanese Future tv, precisando che Riyadh rimpatrierà "chi offre aiuti finanziari a questo partito". Assiri non ha precisato quando inizieranno le espulsioni. L'Arabia Saudita è tra i più forti sostentori dell'opposizione siriana, a maggioranza sunnita, che lotta contro il regime del presidente Bashar Assad. Il leader siriano appartiene alla setta alawita, che fa parte della corrente sciita dell'islam. In Arabia Saudita lavorano e vivono decine di migliaia di cittadini libanesi.

(LaPresse, 20 giugno 2013)


L'archivio di Yad Vashem diventa parte del Registro Unesco

GERUSALEMME, 20 giu - Il data base di Yad Vashem - il Mausoleo del ricordo di Gerusalemme- con i nomi e le storie dei 6 milioni di ebrei uccisi durante la Shoah, e' stato incluso dall'Unesco come parte della Memoria del Registro Mondiale dell'organizzazione.
E' la prima volta - riportano i media - che l'Unesco, agenzia dell' Onu che si occupa di cultura e scienza - inserisce nel proprio registro un archivio israeliano. Per tanti sopravvissuti alla Shoah e le loro famiglie - ha detto il presidente di Yad Vashem, Avner Shalev - i dati contenuti nell'archivio sono "l'unica prova tangibile che i loro cari uccisi un tempo erano in vita".

(ANSAmed, 20 giugno 2013)


Docente dell'Università di Bologna laureato honoris causa all'Università di Gerusalemme

Mauro Perani, docente di Ebraico al Dipartimento di Beni culturali dell'Università di Bologna, è stato insignito del titolo di Doctor Philosophiae Honoris Causa

Domenica scorsa, 16 giugno, a Gerusalemme, presso l'anfiteatro Rothberg, nel Campus di Monte Scopus dell'Università Ebraica di Gerusalemme, Mauro Perani, docente di Ebraico al Dipartimento di Beni culturali dell'Università di Bologna, è stato insignito del titolo di Doctor Philosophiae Honoris Causa.
L'ateneo israeliano ha premiato il docente Unibo per il suo "grande contributo alla ricerca nel campo dei manoscritti ebraici e all'avanzamento di diversi campi degli studi ebraici, presente nei suoi libri e articoli, specialmente all'interno del progetto Ghenizà Italiana". Mauro Perani è stato recentemente tra i principali protagonisti del sorprendente rinvenimento alla Biblioteca Universitaria di Bologna del più antico rotolo esistente del Pentateuco ebraico.

(UNIBO, 20 giugno 2013)


Siria - Save the Children: bambini muoiono durante l'esodo

Oltre metà dei profughi siriani sono minori

Attualmente 1 milione e 600 mila persone scappate dalla Siria vivono nei campi profughi in Giordania; Libano, Iraq ed Egitto, di cui un milione ha attraversato il confine nel solo mese di marzo, e che hanno bisogno di aiuto umanitario. Save the Children, nella Giornata Mondiale del Rifugiato, sottolinea come più della metà di loro sono bambini.
Il numero dei profughi ti è cresciuto esponenzialmente negli ultimi dodici mesi (di ben 17 volte) e quest'estate sono previsti altri 2 milioni di arrivi nei campi.
"Abbiamo appreso storie tremende dai rifugiati siriani, che descrivono tantissimi minori uccisi, torturati, reclutati come bambini soldato e abusati. I minori vengono separati dalle proprie famiglie e molti muoiono per strada a causa delle ferite, cercando di scappare", ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. "Sono proprio i più vulnerabili che pagano il prezzo più alto".
L'Organizzazione umanitaria ha raccolto le testimonianze dei profughi che hanno recentemente lasciato il Paese e che hanno parlato di un "viaggio della morte" dei bambini siriani.
Tra di esse la storia orrenda di un bambino di appena dodici anni che è stato lasciato indietro a morire dopo che, in seguito all'assassinio di sua madre, era diventato troppo debole per proseguire il viaggio a causa di una ferita provocata da alcune schegge di una granata. Quella di un neonato separato dalla propria madre e morto a causa del caldo e della mancanza di latte. Bambini calpestati dalla gente che correva sotto il fuoco delle armi. Un ragazzino di 13 anni ucciso da un colpo mentre tentava la fuga. Un ragazzo di 16 anni che dopo 15 giorni di detenzione aveva segni evidenti di tortura fisica. Il personale di un checkpoint ha tagliato la gola ad un ragazzo di 12 anni.
I bambini sono diventati ormai bersaglio per i cecchini, costretti a scappare sotto pesanti bombardamenti, costretti a cercare di ricavare un po' di acqua dall'erba e dalle foglie, per evitare la sete causata dalle torride temperature.
"Queste testimonianze raccolte dai nostri operatori offrono un'istantanea della disperazione e dell'orrore che i bambini siriani stanno affrontando quotidianamente. Fino a che questa spirale di violenza nel paese non si riesce a fermare, occorre raggiungere urgentemente queste persone e portar loro aiuto", continua Valerio Neri. "Tutti i bambini coinvolti in questo orrendo massacro ne hanno bisogno: da un lato coloro che all'interno del paese sono esposti all'atrocità del conflitto, dall'altro quelli che, riusciti a scappare, ora vivono in campi profughi affollatissimi, senza poter frequentare una scuola o senza avere un posto sicuro dove giocare".
Save the Children sta cercando di supportare la popolazione siriana sia all'interno delle comunità di rifugiati in Libano, Giordania e Iraq sia all'interno del Paese. Purtroppo, però, a causa della difficoltà di accesso, l'Organizzazione è attualmente riuscita a raggiungere solo il 10% delle persone che si era prefissa di aiutare.

(Julie News, 20 giugno 2013)


“...tantissimi minori uccisi, torturati, reclutati come bambini soldato e abusati. I minori vengono separati dalle proprie famiglie e molti muoiono per strada a causa delle ferite, cercando di scappare". Ma per molti la minaccia alla pace nel mondo viene dalle abitazioni che il governo israeliano ha progettato in Gerusalemme Est.


Iran - Parla un deputato ebreo: l'Occidente tenda la mano a Rohani

di Elisa Pinna

ROMA, 19 giu - L'Occidente deve tendere la mano al nuovo presidente iraniano Hassan Rohani, non delegittimarlo e umiliarlo come accaduto in passato con il tentativo riformista di Mohammed Khatami, capo di Stato tra il 1997 e il 2005, prima dell'era di Ahmadinejad. A parlare e' un deputato iraniano molto particolare, Chamad Morsadeghi, rappresentante della minoranza ebraica iraniana, a Roma per un convegno interreligioso tra sciiti e cattolici, organizzato in Vaticano dall''Associazione internazionale Carita' Politica''. Pochi lo sanno, ma in Iran vive la piu' grossa comunita' di ebrei del Medio Oriente, Israele a parte: 25-30 mila persone, che godono - assicura Morsadeghi in un'intervista ad ANSAmed - di piena liberta' religiosa, rispetto e diritti politici e civili. L'atmosfera e' quella di ''fratellanza'', afferma il deputato, e a differenza delle sinagoghe di tanti Paesi arabi, in quella di Teheran si prega senza nessun tipo di misure di sicurezza. Dal punto di vista degli ebrei iraniani, la nuova presidenza di Mohammed Rohani offre grandi opportunita', sul piano interno e su quello della pacificazione nei rapporti con l'Occidente: ''ma stavolta gli Stati Uniti non devono ripetere gli errori fatti con Khatami''. Per rilanciare il dialogo spiega il parlamentare - la ''flessibilita''' e la buona volonta' devono essere mostrate da entrambe le parti. ''E' come con la questione palestinese - esemplifica Morsadeghi - : costringendo l'Autorita' nazionale palestinese a continui cedimenti, gli Usa hanno finito per togliere legittimita' ai moderati e contribuire alla crescita di Hamas''. Lo stesso discorso vale con l'Iran e per la sua nuova dirigenza moderata: se Rohani fallisse, potrebbe arrivare qualcuno di ''molto peggio''.
In realta', osserva il deputato ebreo, ''l'unico Paese al mondo che non vuole una normalizzazione delle relazioni internazionali con Teheran e la fine delle sanzioni economiche contro l'Iran e' Israele'': si tratta - spiega - di uno Stato ''militarista, alla continua ricerca di un nemico esterno su cui ricompattare la propria popolazione eterogenea''.
Gli ebrei dell'Iran - dice Marsadeghi - ''si sentono iraniani a tutti gli effetti''. ''Siamo in questo Paese da 2500 anni, dall'epoca di Ciro il grande. Durante l'Olocausto, molti ebrei europei trovarono rifugio qui. Io, personalmente, ho combattutto sulla linea del fronte per 18 mesi contro l'Iraq e sarei pronto a farlo anche contro Israele''. ''Chiunque e' nemico dell'Iran e' un nostro nemico'', aggiunge. A suo avviso, pero', difficilmente, Israele attacchera' mai l'Iran: ''In Medio Oriente si sa chi comincia una guerra, ma non chi la finisce'', sottolinea.

(ANSAmed, 20 giugno 2013)


Prima della Grande Guerra gli ebrei francesi volevano essere più francesi dei francesi, gli ebrei tedeschi più tedeschi dei tedeschi, gli ebrei italiani più italiani degli italiani. Sono finiti presi a calci da tutti: francesi, tedeschi e italiani. Si dovrà aspettare che una cosa simile avvenga anche agli ebrei iraniani perché cambino idea? Nel 1915, prima dell'entrata in guerra, il giornale "Il Vessillo Israelitico" scriveva: «L'Italia è in guerra e noi all'Italia daremo noi stessi interamente. Ogni sacrificio ci parrà dolce, ogni privazione un dovere. Daremo tutto, noi ebrei, alla patria nostra: daremo i figli, le sostanze nostre, le nostre vite. Tutto l'Italia ha diritto a pretendere da noi e tutto noi le daremo». E sappiamo com’è andata a finire. Chissà se il nostro deputato ebreo iraniano ha letto qualcosa di Leon Pinsker:
    «Per vivere meglio, per godere in pace un piatto di carne, cerchiamo di far credere a noi e agli altri che non siamo più ebrei, ma figli legittimi ed autentici della patria [in cui abitiamo, ndr]. Vana illusione! Voi potete dimostrare di essere veri patrioti finché volete; vi ricorderanno ad ogni occasione la vostra origine semitica. Questo fatale memento mori non vi impedirà tuttavia di godere una larga ospitalità, finché un bel giorno non sarete cacciati dal paese e finché la plebe scettica della vostra legittimità non vi ricorderà che voi non siete, dopo tutto, altro che nomadi e parassiti, non protetti da nessuna legge. [...] Questi patrioti fanatici negano il loro originale carattere etnico per mostrarsi figli di un'altra nazione qualunque essa sia, umile o alta. Ma essi non ingannano nessuno. Non si accorgono quanto impegno mettono gli altri per liberarsi da questa compagnia ebraica." (da “Autoemancipazione” di Leon Pinsker)

Il museo dell'Olocausto di Washington sfratta Palatucci

Il museo dell'Olocausto di Washington
NEW YORK. - Il museo dell'Olocausto di Washington rivede il ruolo giocato dall"'ultimo questore" di Fiume Giovanni Palatucci e lo 'sfratta' dalla mostra sul ventennale dell'istituzione.
"Nuove informazioni sono venute in luce che riesaminano gli sforzi di salvataggio di Palatucci", ha spiegato all'Ansa il centro ufficiale Usa per lo studio della Shoah informando che il caso Palatucci è stato ritirato dal sito web della mostra e che in futuro "ogni materiale relativo verrà tolto anche dalle sale". La mostra, intitolata "Alcuni erano vicini" esamina "le decisioni prese da individui mentre i nazisti e i loro collaboratori perseguitavano gli ebrei". Palatucci, morto a Dachau a 36 anni, è stato proclamato Giusto tra le Nazioni da Yad Vashem, il museo della Shoah di Gerusalemme nel 1990, e dal 2005 è in corso in Vaticano una causa di beatificazione.
A indurre il museo di Washington al ripensamento sullo 'Schindler italiano' sono stati il Centro Primo Levi di New York e il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano intervistati dal Corriere della Sera Online: spulciando migliaia di documenti e interrogando superstiti, le due istituzioni contestano la tesi che Palatucci avrebbe salvato 5.000 ebrei "in una regione dove non ce n'erano neanche la metà". L'ipotesi di un salvataggio di massa da parte di Palatucci è stata messa in dubbio da anni negli ambienti ebraici internazionali. Secondo l'ex direttore di Yad Vashem Mordecai Paldiel, Palatucci fu riconosciuto Giusto tra le Nazioni per aver aiutato una sola donna, Elena Aschkenasy, nel 1940: "Nessuna prova che avesse dato assistenza oltre questo caso". Le biografie ufficiali di Palatucci parlano di migliaia di ebrei da lui inviati nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci, suo zio. Una ricostruzione giudicata impossibile da Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia: "Quaranta in tutto furono i fiumani internati a Campagna. Poi un terzo del gruppo finì ad Auschwitz".
Palatucci fu funzionario di pubblica sicurezza pressola Questuradi Fiume dal 1937 al 1944, dove era addetto all'ufficio stranieri e si occupò dei censimenti dei cittadini ebrei sulla cui basela Prefetturaapplicava le leggi razziali. Proprio a Fiume i censimenti furono condotti con una capillarità ineguagliabile e le leggi applicate con un accanimento che provocò proteste internazionali, sostiene il Centro Primo Levi. Secondo lo storico veneziano Simon Levis Sullam l'affare Palatucci si inserisce nel dibattito sul ruolo degli italiani di fronte alla persecuzione degli ebrei sotto il fascismo.
"Il mito del bravo italiano ha costituito una fonte di autoassoluzione collettiva rispetto al sostegno offerto a politiche antisemite nel periodo 1937-1945", sostiene Sullam. Una tesi condivisa da Natalia Indrimi del Centro Primo Levi secondo cui il caso Palatucci mostra come "una narrativa agiografica semplificatoria sia riuscita a provocare la completa rimozione di un capitolo tragico della dittatura fascista".

(La Voce, 19 giugno 2013)


Un piccolo branco di stupidi razzisti, per di più ignoranti

di Boaz Bismuth

Per molti di noi la strada che porta a Gerusalemme significa fermarsi lungo il tragitto ad Abu Ghosh. Forse è per questo che ero così entusiasta quando, nel giugno 2004, prima di essere mandato in una capitale araba, fui invitato dal Ministero degli esteri israeliano a partecipare a Gerusalemme a un corso di un mese per dirigenti di consolato. Il corso mi offriva la preziosa occasione di far visita ogni giorno, durante il mio rientro a casa a Tel Aviv, ai miei amici Yaakov e Moussa Ibrahim, del ristorante Mifgash Hakaravan di Abu Ghosh. Così di giorno, al Ministero degli esteri, studiavo teoria e la sera, con Yaakov e Moussa, ricevevo lezioni su come applicare quelle teorie nella pratica: istruttive lezioni sulla coesistenza arabo-ebraica. Sapevo di non poter competere con Yaakov e Moussa su chi fa il humus migliore, ma con grande sorpresa scoprii che potevano darmi del filo da torcere anche su chi è più fiero di essere israeliano.
Ho provato un vero senso di disgusto alla notizia degli episodi vandalici anti-arabi di martedì ad Abu Ghosh. Pneumatici tagliati e vergognosi slogan scarabocchiati con lo spray sui muri della cittadina araba i cui abitanti, durante la guerra d'indipendenza del 1948, aiutarono i combattenti ebrei contro l'aggressione al neonato stato di Israele. Il che sostanzialmente ci dice quanto gli autori di questi vandalismi, oltre ad essere criminali e razzisti, sono anche un branco di ignoranti.
Ma se anche Abu Ghosh non fosse l'unica comunità araba che ci aiutò nella nostra guerra di indipendenza in quel tragico "corridoio" che collegava Tel Aviv a Gerusalemme (per sei mesi l'unica precaria via per rifornire la parte ebraica di Gerusalemme sotto assedio), saremmo comunque disgustati: non solo per il loro interesse, ma anche per il nostro. Questo genere di atti costituiscono un'offesa ai valori ebraici, ha ricordato martedì il primo ministro Benjamin Netanyahu. E ha ragione. La morale, l'ebraismo, l'essere israeliani, la legge ebraica: tutto concorre a respingere e condannare questi gesti. È ora che i responsabili vengano fermati. Bisogna capire che, oltre ai pneumatici, ai muri, agli ulivi, alle chiese e ai monasteri, questa banda di teppisti lede anche il buon nome del nostro paese. Nell'era della guerra combattuta sui mass-media, ogni singolo atto vandalico ha un peso e comporta un prezzo. Anche solo per questo, meriterebbero l'etichetta di "terroristi".
Martedì ho telefonato al mio amico Moussa. Ad essere sincero, mi vergognavo un po'. Volevo chiedere scusa. Lui invece era tranquillissimo. "Non cambia un bel niente - mi ha detto - Qui ebrei e arabi hanno un rapporto di affetto, di parentela, di convivenza e di buon vicinato. Era così prima e così continuerà ad essere".
Ma lo slogan "fuori gli arabi" non rischia di cancellare tutto questo? gli ho chiesto. Non potrebbe nuocere alle giovani generazioni?
"Stiamo parlando della minoranza di una minoranza - mi ha risposto - Costoro non rappresentano affatto il popolo ebraico".
Moussa, che in gioventù ha studiato in una scuola ebraica, mi ha detto che gli abitanti della cittadina non vogliono sollevare un putiferio per quello che è successo. Un putiferio non farebbe che regalare pubblicità ai vandali aggressori. Per coloro che desiderano infangare il buon nome di Israele, gli attivisti del vandalismo anti-arabo sono in pratica dei complici.
Chi ha commesso questi atti scellerati non riuscirà a rovinare il meraviglioso tessuto della coesistenza ad Abu Ghosh. L'unica cosa che hanno ottenuto è farci ripartire da Abu Ghosh con l'amaro in bocca: un fatto che normalmente è davvero quasi impossibile.

(Israel HaYom, 19 giugno 2013 - da israele.net)


Gli arabi che vivono in Israele e riconoscono il suo diritto biblico a quella terra possono ricordare agli ebrei del paese le parole della Torah: «Non maltratterai lo straniero e non l'opprimerai, perché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto» (Esodo 22:21). Diverso è il caso di quegli arabi in Israele che si considerano i soli cittadini a pieno diritto e vorrebbero trattare gli ebrei come stranieri. M.C.


Israele esporterà il 40% della produzione di gas naturale

Israele limiterà al 40% della propria produzione le esportazioni del gas naturale prodotto nei suoi campi offshore: lo ha affermato il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, precisando che una decisione definitiva verrà adottata dal Consiglio dei Ministri previsto domenica. Secondo Netanyahu, il 60% rimanente delle riserve stimate (circa 550 miliardi di metri cubici) sarà sufficiente ad assicurare il fabbisogno nazionale per i prossimi 25 anni, mentre i ricavi delle esportazioni dovrebbero raggiungere i 60 miliardi di dollari nel prossimo ventennio. Fino al 2011 Israele otteneva il 41% del fabbisogno di gas naturale dall'Egitto, grazie all'oleodotto che attraversa il Sinai: una serie di attentati e sabotaggi ha di fatto interrotto le forniture.

(Milano Finanza, 19 giugno 2013)


La storia di un "mister" ebreo: dallo scudetto ad Auschwitz

   
Arpad Weisz
"Mi sembra si chiamasse Weisz, era molto bravo ma anche ebreo, e chi sa come è finito?", scrisse Enzo Biagi, riferendosi a un allenatore famoso al tempo della sua adolescenza. Un altro giornalista scrittore, Matteo Marani, direttore del "Guerin Sportivo", ha risposto a quella domanda con un libro che presenta giovedì 20 giugno alle 18 nel chiostro di palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103 a Modena. La presentazione di "Dallo scudetto ad Auschwitz.
Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo", edito da Aliberti, è il terzo appuntamento con "Memorie di sport", il ciclo di presentazioni di libri a tema sportivo, promossi dall'assessorato comunale allo sport. La partecipazione è libera e gratuita.
Le ricerche di Marani, a partire dagli archivi comunali bolognesi, hanno permesso di riscoprire la parabola drammatica di Weisz, passato dal trionfo con il Bologna al Torneo Internazionale dell'Expo Universale di Parigi (la Champions League dell'epoca), alla morte ad Auschwitz, in meno di 10 anni.
Per quello che fu probabilmente allora l'allenatore più famoso d'Europa, campione d'Italia con l'Inter e due volte con il Bologna, fu fatale il 1938, anno dell'emanazione e dell'applicazione delle leggi razziali in Italia, che prevedevano per lui e la sua famiglia, ungheresi ebrei, la persecuzione e la deportazione.

(ModenaToday, 19 giugno 2013)


Hamas impone a Gaza l'islamizzazione delle scuole. A rischio gli istituti cattolici

Da settembre vietate le classi miste per studenti di età superiore a 10 anni. Gli insegnanti divisi secondo i sessi, per non violare la sharia. Finora la Chiesa gestisce tre scuole per un totale di quasi mille studenti, in maggioranza musulmani. Il Vescovo di Gerusalemme: "Abbiamo due alternative: fare pressioni sul governo o chiudere".

GAZA - Le scuole cattoliche della Striscia di Gaza rischiano la chiusura. Il governo di Hamas sta varando una legge per impedire la presenza di scuole "non islamiche" nel territorio governato dal movimento estremista islamico: quelle che non si adeguano ai canoni stabiliti, come a esempio la rigida separazione fra i sessi, saranno chiuse.
   A Gaza sono presenti tre istituti cattolici: la scuola del Patriarcato Latino, con circa 370 studenti; l'istituto gestito dalle suore della Sacra famiglia, con 650 alunni; la scuola delle Suore del Santo Rosario con circa 100 ragazzi. La maggior parte degli iscritti è di religione musulmana. Il decreto varato da Hamas entrerà in vigore a settembre, in concomitanza con l'avvio del nuovo anno scolastico. In queste settimane monsignor Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme, ha espresso più volte l'intento di discutere la questione con Ismail Haniya, primo ministro di Gaza, ma nessun segnale di disponibilità è arrivato da Hamas.
   Intervistato da AsiaNews, monsignor William Shomali, Patriarca vicario di Gerusalemme, sostiene che ormai il territorio di Gaza sta subendo una veloce islamizzazione. «Gli islamisti di Hamas vogliono controllare l'educazione e dividere gli istituti che ospitano i giovani con più di dieci anni secondo la separazione dei sessi» ha dichiarato Shomali, che ha spiegato altresì come in questi anni la Chiesa abbia ovviato al problema dividendo le aule fra alunni maschi e femmine, con i maschi posizionati nella parte posteriore delle aule. Hamas ha rifiutato anche questa soluzione di compromesso, imponendo pure la rigida divisione per gli insegnanti.
   Secondo monsignor Shomali, questo provvedimento ha sbarrato la strada alla istituzione di altre tre scuole cattoliche, già prevista da diversi anni. Tra l'altro, l'imposizione di questa normativa contraria alla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo (non a caso disconosciuta dagli islamici, che ne hanno elaborato una versione musulmana assolutamente ridicola) imporrà investimenti corposi, che la Chiesa locale non potrà affrontare perché non dispone di tali risorse. «Ora - ha spiegato il Patriarca vicario di Gerusalemme - abbiamo due alternative: o tentare di far pressioni sul governo di Hamas per smorzare il decreto, oppure chiudere i nostri istituti, dandoli in gestione alle autorità di Gaza». Questa seconda soluzione appare, in modo inequivocabile, come l'effetto in realtà perseguito dal governo di Ismail Haniya.
   «Le scuole sono molto apprezzate dai musulmani che, grazie alla preparazione offerta, vedono i loro figli in grado di entrare all'università - ha chiarito Shomali - Tuttavia il governo non sostiene i nostri progetti, anzi li ostacola: a fine anno i nostri istituti, in gran parte gratuiti, sono sempre in deficit». La gratuità della formazione scolastica consente alle famiglie meno abbienti di poter mandare a scuola i figli, unica strada per garantire loro un futuro decisamente migliore.
   Si attendono le reazioni dei terzomondisti in servizio permanente effettivo, cantori delle meraviglie della civiltà islamica.

(The Horsemoon Post, 19 giugno 2013)


Corea - Kim avrebbe preso Hitler a modello

SEUL, 19 giu. - Hanno scatenato le ire del regime di Pyongyang le indiscrezioni secondo cui il giovane leader della Corea del Nord, Kim Jong-Un ,avrebbe preso Adolf Hitler a modello, adottandone il famigerato saggio 'Mein Kampf' del 1924 quale guida da seguire. La fonte e' 'New Focus International', un portale on-line gestito da dissidenti nord-coreani in esilio, ripreso oggi da tutti i principali quotidiani di Seul.
Kim avrebbe distribuito ai collaboratori piu' stretti copie dello scritto lo scorso gennaio, in occasione del proprio compleanno, intimando loro di utilizzarlo come 'libro di testo' per selezionare nuovi funzionari dell'apparato statale. "Ricordando come Hitler riusci' a ricostruire la Germania in breve tempo dopo la sconfitta patita nella I Guerra Mondiale, Kim Jong-Un ha emesso l'ordine di studiare a fondo il Terzo Reich, e chiesto di trarne applicazioni pratiche", ha dichiarato al sito dell'opposizione un anonimo gerarca di Pyongyang operante in Cina. Si tratta di uno "stramaledetto crimine", e' stata la reazione della 'Kcna', agenzia di stampa ufficiale del Nord, secondo cui la mossa avrebbe avuto l'unico obiettivo di sminuire la figura dell'ultimo epigono della dinastia dei Kim.
Nel dispaccio si minaccia inoltre la "eliminazione fisica" della "spregevole e sordida feccia umana" responsabile di cotanto "tradimento", che "mai potra' volgere lo sguardo al cielo ne' trovare un pezzetto di terra dove essere seppellita dopo la sua morte". Seguono le tradizionali accuse rivolte alla Corea del Sud e agli Stati Uniti, cui la 'Kcna' promette "una spietata punizione" per aver fomentato la diffamazione di Kim da parte degli oppositori al loro soldo .

(AGI, 19 giugno 2013)


Domani il convegno "Puglia ebraica. Memoria, presenza e identità"

BRINDISI, 19 giu - Si svolgerà domani, giovedì 20 giugno, a partire dalle 17.30, un incontro di studi sul tema: "Puglia ebraica. Memoria, presenza e identità". L'evento, patrocinato dal Comune di Brindisi, si terrà presso la Sala Conferenze di Palazzo Nervegna, sede dell'Amministrazione comunale brindisina.
Sono state organizzate due distinte sessioni: una prima di carattere prevalentemente storico, affidato a due importanti studiose dell'Ebraismo e di quello pugliese in particolare, la prof. Maria Pia Scaltrito e la prof. Giovanna Rossella Schirone, entrambe allieve del compianto prof. Cesare Colafemmina, recentemente scomparso.
Alla prof. Scaltrito sarà affidata la relazione " Presenze ebraiche in Puglia sino al 1565", mentre la prof. Schirone tratterà il tema "Giudei e giudaismo in terra d'Otranto".
La sessione storica sarà conclusa dalla lettura e traduzione di due Pyitim (componimenti poetici) di Maestri pugliesi del X secolo, affidata al prof. Jonathan Curci dell'Università di Ginevra.
Seguirà la sessione dedicata all'attualità della presenza e dell'identità ebraica contemporanea, con le testimonianze di ebrei pugliesi, da Sannicandro Garganico a Brindisi. La signora Lucia Leone, discendente da una delle famiglie che, attorno agli anni '30 del secolo scorso, si riunirono attorno a Donato Manduzio, parlerà di "Identita' e presenza. L'esperienza di una madre".
A seguire, il giovane Jacopo Pagliata (appena sedicenne), parlerà di "identita' al presente: un adolescente a Brindisi" e la responsabile della Comunità Ebraica di Sannicandro Garganico e docente di Ebraismo a Roma, dr. Grazia Gualano riferirà su "identita' al presente: una donna a sannicandro".
Concluderà il prof. Scialom BAHBOUT, Rabbino Capo della Comunità di Napoli e del Mezzogiorno, con "Il risveglio dell'ebraismo in Puglia".
Chiuderà il ricco evento culturale e religioso l'esibizione del Coro della Sinagoga di Sannicandro, in formazione ridotta (Costantina Ferrazzano, Lucia Zurro e Lucia Leone), considerati i numerosi impegni di lavoro degli altri componenti.

(Brundusium.net, 19 giugno 2013)


Israele, democrazia multipartitica

di Adrian Weiss

Pubblichiamo il testo della lettera che il presidente dell'associazione Svizzera Israele Ticino ha inviato al quotidiano TICINO live in risposta ad una inqualificabile interpellanza fatta da un consigliere del Partito Comunista al sindaco di Lugano. Notizie su Israele ha riportato la notizia dell'interpellanza il 10 giugno scorso.

Il consigliere comunale Edoardo Cappelletti, del Partito Comunista, in un'interpellanza ha criticato la partecipazione del sindaco di Lugano, Marco Borradori alla festa per il giorno dell'indipendenza di Israele. L'ha fatto in così estremi termini, parlando di «nazione teocratica», «regime guerrafondaio e razzista», «tradizione coloniale», «apartheid», da travalicare non solo il legittimo diritto di critica, ma anche quel minimo rapporto con la realtà che anche la polemica politica deve mantenere. Israele non è affatto una «nazione teocratica», è una democrazia multipartitica, il solo paese del Medio Oriente che rispetta interamente la libertà di opinione, di voto, di religione e di associazione.
Al parlamento di Gerusalemme partecipano una decina di partiti, inclusi i comunisti arabi che godono probabilmente delle simpatie del signor Cappelletti. Israele è inoltre l'unico paese in pace nell'arco di crisi che coinvolge Iraq, Siria, Egitto, Tunisia, Yemen; non è affatto guerrafondaio, per la pace ha ceduto spontaneamente territori importanti negli ultimi decenni a Egitto, Libano e all'Autorità Palestinese.
Israele non è razzista, anzi nella sua legislazione il razzismo è un reato. La minoranza araba può vantare deputati, giudici della corte suprema, ambasciatori, generali dell'esercito, professori universitari, sindaci e anche giocatori della nazionale di calcio e divi della canzone. L'ultima Miss Israele è di origini africane e nel linguaggio di molti paesi sarebbe definita «nera».
Israele non appartiene affatto alla «tradizione coloniale»: non sfrutta i lavoratori arabi che hanno esattamente gli stessi diritti dei loro colleghi ebrei, non distrugge le risorse naturali, anzi ha fatto fiorire straordinariamente il suo territorio nei 65 anni della sua esistenza, non vive esportando materie prime, ma prodotti della sua agricoltura e soprattutto della sua industria hitech.
In Israele non c'è nessun tipo di apartheid, nessuna discriminazione sulla base di religione, etnia, provenienza, che colore della pelle è consentita dalla legge. Di fatto i dati mostrano che i cittadini arabi israeliani vivono molto meglio dei loro cugini d'oltre frontiera e i sondaggi confermano il loro attaccamento alla cittadinanza israeliana.
Naturalmente Israele non è perfetto, come tutti gli altri stati al mondo. Se potesse concludere una pace coi propri vicini palestinesi ne sarebbe felice, ma finora la cosa non è stata possibile, soprattutto per l'indisponibilità e la divisione del campo palestinese. Vi sono a Tel Aviv come a Zurigo e a Lugano persone infelici, ingiustizie sociali, criminali da catturare, cose che non vanno. Vi è il terrorismo che rende ancora la vita difficile, anche se meno di dieci anni fa. Ma Israele risolve le dispute al suo interno con le elezioni e non con le armi, ha una stampa libera e una giustizia indipendente, coltiva relazioni positive con tutti i paesi del mondo fra cui la Svizzera.
Per gli ebrei di tutto il mondo Israele è un rifugio e una garanzia rispetto all'antisemitismo. Vi sono molte somiglianze fra la fiera vocazione all'indipendenza, l'intraprendenza, il senso del lavoro, l'industriosità, lo spirito sportivo degli israeliani e quella degli svizzeri. Non mancano rapporti commerciali, iniziative scientifiche comuni, progetti di collaborazione tra le due nazioni.
Il sindaco Borradori con la sua presenza alla festa di Israele non ha solo compiuto un atto di cortesia, ma ha anche incoraggiato un'amicizia fra i due paesi che è certamente fruttuosa da entrambe le parti. Lo ringraziamo per questo.

(TICINO live, 17 giugno 2013)


Kaspersky Lab porta la Scuderia Ferrari a Gerusalemme

   
Grande folla di 60.000 spettatori nel primo giorno della manifestazione e altri 180.000 nella seconda giornata
Il 13 e 14 giugno 2013, Gerusalemme ha ospitato il primo show internazionale su strada, "Jerusalem Formula - The Peace Road Show". Il road show organizzato insieme alla Scuderia Ferrari si è svolto nella parte più antica della città insieme ad altri eventi, tra cui il motorbike show. La partecipazione del team Ferrari è stato reso possibile grazie a Kaspersky Lab. All'evento hanno partecipato diverse auto, tra cui quattro Ferrari che partecipano al Ferrari Challenge (tre F430 e una 458 Challenge del team Kaspersky Motorsport) guidate da alcuni piloti della Ferrari Driver Academy tra cui la giovane promessa Antonio Fuoco.
La manifestazione ha registrato una grande folla il primo giorno e oltre 180.000 spettatori nella seconda giornata di venerdì, un successo considerando che si trattava di un giorno festivo o prefestivo per la maggior parte degli abitanti della città che ha offerto per l'occasione un percorso di 2.800 metri. L'obiettivo di questo evento era di portare i simboli dello sport su due e quattro ruote nel paese, dove questo sport era proibito fino a due anni fa. Ebrei, cristiani, musulmani e turisti si sono riuniti per l'occasione, che non a caso comprende nel suo nome la parola 'pace'.
Eugene Kaspersky, fondatore e CEO di Kaspersky Lab, ha commentato: "Questo è il quarto anno di grandi successi ottenuti grazie alla collaborazione tra Kaspersky Lab e la Scuderia Ferrari. In tutto questo tempo abbiamo cercato di ampliare la nostra partnership e lo sviluppo di nuovi progetti di collaborazione. È una grande soddisfazione essere riusciti a portare la Scuderia Ferrari in Israele per la prima volta in occasione della "Jerusalem Formula - The Peace Road Show". Kaspersky Lab è orgogliosa di percorrere strade sempre nuove e di portare avanti iniziative diverse; spero che questo progetto unico sia l'inizio di una nuova tradizione in una città cosi piena di storia".
L'attrazione principale della manifestazione è stata la Ferrari, la prima squadra ad accendere una vettura di Formula 1 e a correre per le strade di Gerusalemme. Per i primi dieci giri, al volante della F60 c'è stato Giancarlo Fisichella. "E' stato un onore per me essere qui e voglio ringraziare Ferrari, Kaspersky Lab e la città per aver reso possibile questo evento", ha dichiarato il pilota in diretta attraverso la radio di bordo, in collegamento con la televisione israeliana. "Spero di essere qui anche il prossimo anno". Il pilota italiano era visibilmente commosso. "Anche se non corro più nel Gran Premio, è sempre un'esperienza incredibile guidare un'auto come la Ferrari di Formula 1 e non credo di aver mai trovato un'atmosfera così speciale come qui a Gerusalemme".
Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha dichiarato: "Le auto di Formula 1, sullo sfondo delle mura della Città Vecchia, sono un evento storico che contribuirà all'economia della città, al turismo e a far conoscere Gerusalemme in tutto il mondo. La Gerusalemme del presente è una città aperta e accogliente ed è importante per noi riuscire ad inviare un messaggio di pace senza conflitti politici attraverso questo spettacolo internazionale; invitiamo tutti i tifosi e gli appassionati di sport a partecipare a questi eventi ovunque si trovino, senza distinzione di religione, razza o genere".

(Data Manager Online, 18 giugno 2013)


Simulazione di rapimenti e uso di armi. Gaza, i campi estivi di Hamas per bimbi

Migliaia di palestinesi tra 6 e 15 anni parteciperanno ad attività di stampo militare. Il premier Haniyeh: «Così insegniamo i valori del jihad»

di Francesca Paci

A Kerem Shalom, l'unico varco per le merci in entrata e in uscita da Gaza, c'e' il solito andirivieni di tir provenienti da Israele, Cisgiordania e dai paesi donatori (compresi gli aiuti delle organizzazioni internazionali): al mattino presto arrivano soprattutto frutta e riso, nel primo pomeriggio i camion scaricano mobili, utensili per la casa, anche vasche da bagno jacuzzi. Si stima che nel 2012 il traffico di merci tra Gaza, Cisgiordania e Israele abbia raggiunto 4,5 miliardi di dollari (la maggior parte è import ma c'è anche un po' di export come per esempio le fragole).
  «Da un paio di settimane non arrivano più le bottiglie di aranciata e coca cola perché Hamas ha avviato una fabbrica dentro Gaza e privilegia il mercato interno, per il resto siamo alla solita media di circa 400 carichi al giorno, business as usual» spiega agli ospiti dell'Europe Israel Press Association il responsabile della struttura dove lavorano 120 impiegati di cui 53 palestinesi. Sembra impossibile che solo sette mesi fa da queste parti infuriasse la battaglia, ma l'operazione "Pillar of Defence" lanciata dal premier Netanyahu a ridosso delle elezioni pare aver restituito la routine alla popolazione israeliana della zona. Secondo il sindaco di Sderot David Buskilla «anche le persone che non volevano il cessate il fuoco e che premevano perché l'esercito la facesse finita una volta per tutte con il terrorismo si stanno rendendo conto che questa operazione è stata forse ancora più efficace di quella del 2009».
  Eppure, al di là della barriera che separa Israele da Gaza, oltre questi blocchi di cemento oltre i quali i tir passano sotto uno scanner capace di controllorare 100 tonnellate di merci in 7 minuti, la situazione non è esattamente normale e non solo per la vita misera degli oltre un milione e mezzo di abitanti, la stragrande maggioranza dei quali dipendenti al cento per cento dagli aiuti umanitari.
  Hamas, al potere a Gaza dal 2007, è in difficoltà. I soldi dell'Iran che finora hanno arricchito l'arsenale degli arcinemici di Israele finiscono ormai solo nelle tasche della Jihad islamica, ancora più radicale di Hamas, mentre altri gruppi estremisti salafiti vengono finanziati dal Golfo. L'Egitto di Morsi, sulla carta alleato di Hamas in virtù della comune appartenenza alla Fratellanza Musulmana, si sta rivelando meno solidale di quanto ci si aspettasse anche perché l'esercito egiziano che non ama Morsi lo mette continuamente in difficoltà distruggendo i tunnel del contrabbando sotto Rafah, fonte di grande guadagno per Hamas. I ragazzi di Gaza guardano con invidia i fratelli ribelli in Egitto, Tunisia e Libia e l'antica amicizia tra Hamas e Hezbollah (alleato dell'Iran) sta venendo meno per via della questione siriana (Hamas sostiene i ribelli e Hezbollah sostiene Assad). Hamas infine, potendo contare su meno donatori, tassa tutto quello che può, le sigarette in arrivo dai tunnel (3 shekel a pacchetto) ma anche il cibo che passa da Kerem Shalom, inimicandosi ancor più i consumatori.
  L'unica chance per evitare la rabbia della popolazione è distrarla. Cosi, rivela l'Idf, l'esercito israeliano, anche quest'anno Hamas (in collaborazione con Jihad islamica e Comitati di resistenza popolare) offre campi estivi ai bambini di Gaza. Solo che come attività sociali, migliaia di piccoli palestinesi tra i 6 e i 15 anni non faranno esclusivamente sport ma anche training militare, compreso l'addestramento alle armi e la simulazione di rapimenti di soldati israeliani. Il premier di Hamas Ismail Haniyeh conta di avere almeno 100 mila partecipanti ai campi estivi pensati per insegnare «i valori e la forza morale insiti nello spirito del jihad». Per chi dissente dalla retorica islamista restano i campi estivi dell'agenzia Onu per i rifugiati UNHCR che dovrebbe ospitare 150 mila bambini.
  Non è la prima volta che Hamas si dedica al "tempo libero" dei piu piccoli. Lo scorso anno la France Press raccontò come tra le attività estive venisse privilegiato l'uso dell'AK-47, la fuga attraverso i cavalli di frisia, la dimestichezza con gli esplosivi.
  «Hamas è sempre più impopolare a Gaza anche perché da mesi ha iniziato a islamizzare pesantemente i costumi, l'ultimo episodio è stata la legge che impone scuole separate tra maschi e femmine ai bambini sopra i nove anni» aggiunge il tenente colonnello Oren Hoasz, responsabile della base che coordina il valico di Erez. Che effetto avranno da queste parti le elezioni iraniane, che secondo il quotidiano Haaretz rinviano l'evventuale attacco israeliano al 2014? E la situazione in Siria? L'evoluzione/involuzione della transizione egiziana? Gaza è al centro del terremoto regionale ma sembra sempre più isolata.

(La Stampa, 19 giugno 2013)


Beteavòn, la cena che nutre un progetto

di Francesca Matalon

"L'aria di spensieratezza e di sontuosa festa di questa sera, attraverso il contrasto che genera, deve farci ancora maggiormente riflettere sul motivo per cui siamo qui, quello di aiutare persone che soffrono la fame", ha affermato Daniela Mevorah, ex assessore ai servizi sociali della Comunità ebraica di Milano, impegnata in prima persona nel progetto della cucina sociale kasher delle scuole del Merkos. Per finanziare il quale ieri sera a Milano al Teatro Vetra si è svolta la serata di beneficienza Beteavòn, la cena che nutre un progetto, organizzata dal Merkos l'Inyonei Chinuch, movimento educativo del gruppo hassidico Chabad-Lubavich. Sfiziosi micro bicchierini multicolori e alti calici di bollicine all'aperitivo, sedie trasparenti dal design minimal e frondosi centrotavola floreali ai tavoli, torte futuristiche nel menu da stella Michelin offerto dalla Locanda del Pilone di Alba (Cuneo) e il fascino retrò delle della grande sala che un tempo era lo storico Teatro Alcione hanno incantato gli invitati. Che durante tutto il corso della serata sono stati intrattenuti da Massimo Valli e Ilenia, deejay di Radio Monte Carlo e Radio 105, che hanno presentato i numerosi ospiti.
A portare per primo i suoi saluti rav Avraham Hazan, leader del movimento Chabad di Milano, che ha ringraziato fra gli altri anche Claudio Gabbai, assessore ai servizi sociali e alla casa di riposo della Comunità di Milano, il vicepresidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Roberto Jarach e il consigliere Giorgio Mortara e rav Igal Hazan, direttore delle scuole Merkos di Milano, presenti in sala. Ha poi preso la parola Walker Meghnagi, presidente della Comunità di Milano, che ne ha ricordato la collaborazione nel progetto, seguito dal vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris, che ha sottolineato come l'istituzione di questa mensa gratuita per i bambini della scuola ma che offrirà pasti gratuiti a chiunque abbia bisogno di mangiare "sarà un punto di qualità per tutto il quartiere e per tutta la città". "La presenza di tutti come risorsa della città - ha infatti aggiunto Francesco Cappelli, assessore all'Educazione e all'Istruzione del comune di Milano con delega ai rapporti con le comunità religiose - è un bene che dobbiamo perseguire, e l'iniziativa di stasera ne è un esempio splendido". Perché soprattutto in un momento di grave crisi come quello attuale, "proprio quando è istintivo pensare a se stessi e ai propri problemi, è particolarmente giusto e necessario pensare a chi sta peggio, a chi soffre più di noi, e fare il possibile per aiutarlo", ha evidenziato Rifki Hazan, preside della scuola del Merkos. Perché purtroppo le persone che soffrono la fame, la fame vera, sono tante, mamme che non riescono a nutrire a sufficienza i propri bambini, famiglie che non possono mettere insieme una cena di Shabbat. E come ha specificato Rifki Hazan, "dare cibo significa dare amore".
E anche proprio sull'amore era incentrato l'intervento di Mario Lavezzi, celebre compositore, cantautore e produttore discografico italiano e Teo Teocoli, comico, attore cinematografico, conduttore televisivo, e imitatore italiano, che insieme hanno intervallato racconti di divertenti tempi d'oro, fra gavette mirabolanti e incontri fatali, con brani delle più belle canzoni d'amore della musica italiana, trascinando il pubblico in un coro sognante sulle note di Celentano. E forse "l'emozione non ha voce", ma sicuramente quella di Raiz, cantante napoletano degli Almamegretta, ha conquistato il pubblico con le sue note calde. Accompagnandolo dolcemente all'asta per la vendita di beneficienza di opere d'arte e gioielli, per raccogliere ulteriori fondi per sostenere il progetto. Perché, come ha affermato Daniela Mevorah, "dare conforto e aiuto ci renderà più forti".

(Moked, 18 giugno 2013)


Hamas invita Hezbollah a cessare di combattere in Siria

I leader del movimento palestinese Hamas hanno invitato il movimento sciita libanese Hezbollah ad abbandonare il conflitto siriano e a concentrarsi nella lotta contro Israele.
"Chiediamo ad Hezbollah di ritirare le truppe dalla Siria e di concentrarsi nella lotta contro il nemico sionista," - e' scritto sulla pagina Facebook di Mousa Abu Marzook, uno dei leader storici di Hamas.

(La Voce della Russia, 18 giugno 2013)


Da Eyesight un software per sostituire il sistema Kinect

Il programma trasforma la webcam in un sensore per comandare il pc senza usare le mani

TEL AVIV - Le aziende di informatica e sviluppo software lavorano ormai da tempo alla possibilità di comandare computer e device elettronici senza toccarle. In questo senso, il modello più seguito è quello del Kinect di Microsoft, dispositivo che incrocia i dati provenienti da una serie di telecamere, sensori e microfoni per captare ogni minimo movimento delle mani e trasformarle in comandi per il computer.
L'israeliana Eyesight, però, ha voluto percorrere un'altra strada ed ha realizzato un software che trasforma una semplice webcam in un dispositivo in grado di recepire i movimenti delle mani e tramutarli in comandi per il computer. Un sistema, questo, pensato originariamente per pc, ma che sarebbe utilizzabile anche su smartphone, tablet e device mobili e che, dunque, potrebbe rivoluzionare il modo di interfacciarci con la tecnologia.
Se il modello Kinect non ha conosciuto sinora un grandissimo successo è soprattutto a causa dei suoi costi, costi che verrebbero totalmente abbattuti dal programma Eyesight.

(TicinOnline, 18 giugno 2013)


Robert de Niro festeggia i novant’anni di Shimon Peres

L’attore Usa a Gerusalemme per celebrare il presidente israeliano

GERUSALEMME - Robert de Niro festeggia i 90 anni di Shimon Peres. L'attore premio Oscar è a Gerusalemme per il compleanno del presidente israeliano.Per rendere omaggio a Peres sono arrivate altre star del calibro di Barbara Streisand, gli ex presidenti Bill Clinton e Mijail Gorbachov, e il principe Alberto de Monaco. Ai festeggiamenti parteciperanno 5.000 invitati da tutto il mondo.

Video

(TMNews, 18 giugno 2013)


Arnaldo Pomodoro e Giuseppe Maraniello doneranno una lampada al Museo Ebraico dei Lumi

CASALE MONFERRATO — Nel fine settimana un appuntamento culturale di particolare rilievo attende la Comunità Ebraica: domenica 23 alle ore 11 arriveranno alla Sinagoga di Casale Arnaldo Pomodoro e Giuseppe Maraniello. In un incontro pubblico i due noti artisti doneranno al Museo Ebraico dei Lumi la propria lampada per la Kannukah, il candelabro a nove braccia legato a questa festa di cui il museo ospita una collezione unica, con centinaia di esemplari realizzati dai più grandi artisti contemporanei. Arnaldo Pomodoro, (nato nel 1926 a Morciano di Romagna) è considerato uno dei più grandi scultori italiani di questo secolo e le sue opere, tra cui tutti ricordano quelle di forma sferica o discoidale, abbelliscono le più importanti piazze del mondo.
Anche Giuseppe Maraniello (Napoli 1945) ha ricevuto importanti commesse pubblico (una sua scultura è ai giardini di Boboli a Firenze), come esponente di spicco dell'avanguardia ha realizzato mostre nei più importanti musei del pianeta.
Gli incontri sono ad ingresso libero. Per informazioni 0142 71807

(Il Monferrato, 17 giugno 2013


Il Re è nudo: la stranezza dell’ovvietà

Il Ministro dell'Economia israeliano, Naftali Bennett, ha detto una cosa ovvia, cioè che l'idea di uno stato palestinese è priva di senso e che gli ultimi venti anni, dagli accordi di Oslo in poi, sono stati un'enorme perdita di tempo. Ma in politica, e soprattutto nella politica di quella martoriata terra in cui si trova lo Stato d'Israele, le cose troppo ovvie non devono essere dette, perché avendo il carattere della semplice verità rovinano i giochi di chi è abituato a cercare di vincere la partita manovrando meglio degli avversari le armi della menzogna. L'ovvietà dell'insensatezza del pensiero di uno stato palestinese è tanto ovvia da non essere più percepita da chi è abituato a guardare la realtà con altri occhi. Ci si vergogna perfino a dover far notare che quando si dice "stato palestinese" non si sa neppure di che cosa si parli. Quello gestito dagli arabi di Fatah in Giudea-Samaria? o quello gestito dagli arabi di Hamas nella striscia di Gaza? O dall'insieme dei due dopo che i capi dell’uno saranno riusciti a scannare i capi dell'altro? E non sarà forse da accertare se sia gli uni che gli altri per "stato palestinese" intendano uno stato la cui terra va "dal Giordano al mare", con sparizione definitiva di una certa "entità sionista" che si ostina a voler essere chiamata Stato ebraico d'Israele? La domanda è più che lecita, visto che proprio questo dichiara esplicitamente uno dei due aspiranti gestori dello stato palestinese prossimo venturo. Ma se così stanno le cose - e così stanno, perché della distruzione dello Stato d'Israele Hamas ha fatto il punto fermo della sua politica, o meglio, della sua visione del mondo - dovrebbe essere ovvio che i "facitori di pace" come il premio Nobel Barak Obama e i suoi ammiratori, si trovano davanti a un dilemma secco: o stato palestinese o stato d'Israele. Ma poiché è ovvio che uno stato come quello d'Israele non ha nessuna voglia di sparire, e ha oggi tutte le capacità di opporsi fermamente alla sua sparizione, è anche ovvio che l'idea di uno stato palestinese è priva di senso: di senso logico, giuridico, politico. Che un ministro del governo israeliano si sia deciso a esprimere pubblicamente l'ovvietà di questa insensatezza, può essere una cosa strana; ma è ancora più strano che di tale ovvietà non parlino tanti fini commentatori e opinionisti, che non avendo remore di responsabilità politica dovrebbero avere soltanto lucidità critica e onestà intellettuale. M.C.

(Notizie su Israele, 18 giugno 2013)


Pesaro - Si apre il percorso cittadino della cultura ebraica

   
La sinagoga di Pesaro
PESARO - Con il mese di giugno, si riapre il percorso cittadino della cultura ebraica composto dalla sinagoga e dal cimitero ebraico visitabili gratuitamente, come di consueto ormai da diversi anni, il giovedì pomeriggio.
Dopo essere stata aperta in occasione della Stradomenica, la sinagoga di via delle Scuole sarà visitabile dal 20 giugno al 12 settembre, ogni giovedì dalle ore 17 alle 20, grazie anche alla preziosa collaborazione delle associazioni FAI e Serc. Collocata nel cuore dell'antico quartiere ebraico, la sinagoga sefardita (o di rito spagnolo) è uno degli edifici storici più suggestivi del centro che risale alla metà del XVI secolo.
E' questo un periodo d'oro per Pesaro che vede il suo porto ampliato, per boicottare quello di Ancona, da Guidubaldo II Della Rovere. In città accorrono molti ebrei portoghesi che hanno l'esigenza di continuare i propri studi mistici; e infatti la struttura in cui è inglobata la sinagoga (o scola, termine con cui un tempo si indicava appunto la sinagoga), ospitava anticamente le scuole di studi cabalistici, di musica e materna. All'interno dell'edificio si possono ammirare ancora oggi gli elementi architettonici legati alle funzioni che quel luogo svolgeva per la comunità, come il forno per la cottura del pane azzimo o la vasca per i bagni di purificazione.
Accanto alla sinagoga, anche il cimitero ebraico (strada panoramica San Bartolo c/o n. 161), è visitabile da giugno a settembre il giovedì dalle ore 17 alle 19 (info Ente Parco Naturale Monte San Bartolo 0721 400858, 335 1746509). Per raggiungerlo bisogna uscire dal centro e arrivare in Panoramica. Adagiato sulle pendici del colle San Bartolo, fino a metà novecento lo spazio appariva come una scoscesa pendice campestre con rade alberature, nel 2002 è stato recuperato dalla Fondazione Scavolini che ne ha reso possibile la fruizione. Fra l'intrico di rovi affiorano più di 100 monumenti funerari realizzati con pietre locali, soprattutto calcare di Piobbico e più raramente arenarie, o marmi.
Info per Sinagoga 0721 387541, per Cimitero 335 1746509; www.pesarocultura.it.

(Vivere Pesaro, 18 giugno 2013)


Vietato cadere nel bluff di Hassan Rohani

Il "moderato" Hassan Rohani non è affatto moderato anche se in tutto il mondo i ciechi buonisti vogliono crederci a tutti i costi. Lo ha dimostrato ieri nella sua prima conferenza stampa quando ha detto chiaramente che l'Iran non intende interrompere l'arricchimento dell'uranio.
A pensarla così è anche il capo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), Yukiya Amano, il quale in una intervista alla Reuters ha detto che il programma nucleare iraniano non ha minimamente risentito delle sanzioni internazionali e che procede a pieno ritmo verso la costruzione di armi nucleari. Sulla possibilità di un cambio di strategia da parte iraniana, per altro smentita dallo stesso Rohani, il capo della AIEA è stato categorico: non ci crede, specialmente dopo che in 10 tornate di colloqui con l'Iran non si è fatto il benché minimo passo avanti. L'impressione generale all'AIEA è che adesso l'Iran, con la scusa del nuovo Presidente, cercherà nuovamente di prendere altro tempo come ha fatto fino ad oggi....

(Rights Reporter, 18 giugno 2013)


Budapest - Conferenza Nazionale su Israele

L'Associazione Ungherese di Chiamata di Mezzanotte organizza a Budapest il 13 luglio 2013, la sua terza conferenza nazionale su Israele.
I relatori saranno Norbert Lieth e Mészàros Kàlmàn: il tema verterà sulla profezia biblica per Israele negli ultimi tempi e la grave manifestazione antisemita che la evidenzierà.
La responsabile organizzativa Nagy Erzsbet, ha invitato EDIPI, che per l'occasione sta valutando la possibilità di organizzare un gruppo per partecipare all'evento, per dare una testimonianza di sostegno e di solidarietà in un momento caratterizzato da gravi rigurgiti antisemiti proprio in Ungheria. Il convegno si svolgerà su un battello fluviale che percorrerà il Danubio su tutto il percorso frontestante la capitale magiara e facendo base logistica nell'isola Margherita al centro del fiume, proprio a Budapest.
Per informazioni:
e-mail ejfelikialtas@gmail.com - www.ejfelikialitas.hu
www.edipi.ne tel.3475788106

(EDIPI, 18 giugno 2013)


Uniti per chiedere che la circoncisione sia accettata come pratica medica

Creare ambulatori specializzati che offrano il servizio con il pagamento di ticket "ragionevoli" per contrastare il mercato nero.

Una riunione ad hoc si è svolta tra il presidente dell'Associazione dei medici stranieri in Italia (Amsi) e della Co-mai (Comunità musulmane in Italia), il palestinese Foad Aodi, e il presidente dell'Associazione dei medici ebrei romani, Dario Perugia. Si è trattato, afferma proprio Foad Aodi, "dell'inizio di una cooperazione a lungo termine, dando il via ad un accordo di collaborazione tra medici dell'Amsi provenienti da tutti i continenti anche di origine araba e medici ebrei in Italia sui temi della sanità, a partire dalla circoncisione, pratica religiosa che unisce Islam ed ebraismo e che per le comunità musulmane in Italia rappresenta una vera emergenza". "A differenza dei neonati ebrei, che vengono circoncisi da medici - ricorda il presidente dell'Amsi - un terzo dei bambini musulmani viene operato in strutture clandestine, con rischi di complicanze e infezioni. Si tratta di grossi numeri, in quanto in Italia vivono circa 1 milione e 300 mila musulmani, nella quasi totalità credenti. L'Amsi si batte da tempo perché la circoncisione avvenga in strutture apposite all'interno del servizio sanitario nazionale".
"Innanzitutto per tutelare la salute dei bambini - afferma il presidente dell'Amsi e Co-mai. - In secondo luogo per eliminare il 'mercato nero' che fiorisce in Italia sulla circoncisione, con medici che arrivano a farsi pagare anche mille euro per un singolo intervento, costringendo molte famiglie a grossi sacrifici o persino a tornare nei Paesi di origine. La proposta dell'Associazione medici stranieri, condivisa anche dalla Comunità del mondo arabo in Italia, dall'associazione Uniti per Unire e ora è giunto anche il contributo importante dei medici ebrei, è quella di creare ambulatori specializzati che offrano il servizio con il pagamento di ticket 'ragionevoli' (un massimo di 100 euro). Ciò avviene già in alcune regioni, come l'Emilia Romagna e il Veneto. Si tratta però di uniformare le norme su scala nazionale e poter registrare la pratica ufficialmente come circoncisione e non utilizzare altri nominativi o patologie come la fimosi".

(ImmigrazioneOggi, 18 giugno 2013)


Parkinson e Alzheimer: una proteina per curarle?

di Valentina Cervelli

Quale è il problema più grande rappresentato da malattie degenerative come il Parkinson e l'Alzheimer? La mancanza di una cura. Dall'Università di Tel Aviv arriva una buona notizia: lo sviluppo di una proteina che potrebbe non solo proteggere ma aiutare a ripristinare le funzioni cerebrali perse.
I risultati ottenuti su modello animale dimostrano come questa potrebbe essere la via giusta per trovare una cura a patologie gravemente invalidanti come quelle sopra citate. Gli scienziati israeliani hanno creato in laboratorio una proteina in grado di agire positivamente in quei casi dove una malattia degenerativa o il declino cognitivo hanno apportato dei problemi al cervello. Parliamo quindi di Alzheimer e Parkinson come anticipato, ma anche di demenza e Sla, la sclerosi laterale amiotrofica.

(Medicina Live, 17 giugno 2013)


Haaretz: Lost in traslation

di Tamar Sternthal

Esiste una Haaretz in ebraico, e una Haaretz in inglese; e non si tratta soltanto della lingua o della zona di diffusione che le contraddistingue (l'edizione ebraica è molto ristretta rispetto alla diffusione degli altri quotidiani israeliani; viceversa, il suo portale in inglese è il punto di riferimento per giornalisti, politici, diplomatici e opinione pubblica internazionale).
Un'attenta lettura delle edizioni cartacee nel corso degli anni ha rivelato una tendenza radicata. Nel passaggio dall'edizione ebraica a quella inglese, si nota che gli articoli non sono semplicemente tradotti: spesso, sono anche editati. Talvolta in modo sostanziale; talatra in modo sottile: ma spesso e volentieri, una cronaca riportata nell'edizione ebraica in cui si descrive la militanza palestinese, la violenza e altre nefandezze arabe; sono ridimensionate o completamente omesse nella versione inglese. In alcuni casi, i due articoli sono completamente diversi.
Ad esempio, l'11 gennaio 2011 Zvi Barel ha scritto sulla versione ebraica un progetto del sindaco di Gerusalemme Nir Barkat di collegare lo sfratto di ebrei residenti in costruzioni illegali nei sobborghi di Silwan, allo sfratto nei confronti di arabi che vivono in abitazioni abusive nella stessa zona: «una casa in cui ebrei abitano illegalmente, per ogni caso in cui i palestinesi abitano illegalmente». La versione ebraica riporta correttamente la vicenda....

(Il Borghesino , 15 giugno 2013)


La marijuana protegge il cervello?

TEL AVIV - Marijuana, fa bene o fa male? Secondo una ricerca condotta da alcuni scienziati dell'università di Tel Aviv, la cannabis aiuterebbe a proteggere il cervello da eventuali lesioni e infortuni. Prima e dopo un infortunio il THC, ossia il suo principio attivo, aiuterebbe a salvaguardare il cervello dai danni provocati dai farmaci tossici, dalle convulsioni e dall'ipossia.
I ricercatori hanno dimostrato questa sua qualità attraverso un esperimento su alcuni topo da laboratorio. Occorre sottolineare che la quantità di THC somministrata ai roditori era di molto inferiore alla dose solitamente contenuta in uno spinello.

(Sportevai, 17 giugno 2013)


Naftali Bennett: priva di senso l'idea di uno stato palestinese

GERUSALEMME, 17 giu - ''L'idea di uno stato palestinese ha raggiunto un punto morto, non c'e' stato mai tanto tempo investito in qualcosa cosi' priva di senso''. Con queste dichiarazioni oggi il ministro dell'economia israeliano Naftali Bennett, leader di una formazione nazionalista religiosa che appoggia il governo di Benyamin Netanyahu, ha provocato un'immediata smentita da parte del premier. ''Non rappresentano la posizione del premier in materia'', ha precisato il viceministro degli esteri.

(Fonte: ANSA, 17 giugno 2013)


Oltremare - Settimo: nessuna Babele che tenga
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Si si, ti dicono, certo che con l'inglese te la cavi in Israele. Come no. Poi però il giorno dopo l'alyiah, all'ufficio che ti deve fare la carta di identità, la universalmente necessaria Teudat Zehut, comincia subito a insinuarsi il dubbio. Nessuno degli impiegati, anche quelli che lo capiscono, sa rispondere in inglese. Tenti con il francese, ma l'impiegato di famiglia marocchina proprio oggi è in ferie. Il russo? No, da noi non si impara a scuola, cosa vuole, sa, noi italiani siamo un po' provinciali. La preziosa Teudat Zehut in qualche modo poi si materializza, evidentemente tutti questi problemi con la documentazione non c'erano. Però un'ora di nuotata senza salvagente nelle acque profonde della burocrazia israeliana vale da sola l'iscrizione al migliore Ulpan disponibile. Cinque ore al giorno di studio intensivo dell'ebraico, per cinque giorni la settimana, per cinque mesi (chamsa-chamsa-chamsa!). Ti pare di essere ritornato al liceo compiti compresi, è gavetta dura di sopravvivenza multilingue, ma per entrare dentro Israele e non stare sospesi a mezzo metro da terra senza davvero toccarla, non c'è alternativa al parlare ebraico. Situazioni in cui l'ebraico è strumento insuperabile: viaggi in taxi (onde non farsi spennare dal concittadino tassista - che così invece ti racconta la storia della sua famiglia dall'Impero Ottomano ad oggi); supermercato (corso avanzato per non confondere detersivo per i piatti e ammorbidente, superato con lode all'Ulpan); ricerca di lavoro (ai colloqui, iniziare sempre in ebraico, e alla domanda "perchè hai fatto l'alyiah?" rispondere sempre sorridendo "è una storia lunga" - nessun israeliano vuole ascoltare una storia lunga, quindi l'intervistatore passerà ad argomenti più pregnanti, tipo le qualifiche); spiaggia (onde divertirsi ad ascoltare le idiozie che dicono i turisti vicini di ombrellone, che credono di non essere capiti - impagabile); ricerca di casa in affitto (per leggere gli annunci online scritti a caratteri lillipuziani, e poi intenerire i futuri padroni di casa, che per un Ole Chadash sono disposti a fare uno sconto e magari perfino a dare una mano di bianco).
Morale: l'ebraico è ostico ma utile, e ti fa sentire davvero a casa.

(Notiziario Ucei, 17 giugno 2013)


Barbra Streisand per la prima volta canta in Israele

L'attrice e cantante, Barbra Streisand, 70 anni, è sbarcata in Israele dove per la prima volta nella sua lunga carriera terrà due concerti a Tel Aviv, il 20 e il 22 giugno. Uno dei concerti si svolgerà in forma privata per rendere omaggio al presidente Shimon Peres che compie 90 anni. Accanto a lei il cagnolino bianco, la sorella e il figlio.
Video

(la Repubblica, 17 giugno 2013)


Creata la proteina che protegge e ripristina le funzioni cerebrali

Scienziati israeliani hanno sviluppato in laboratorio un nuovo peptide in grado di proteggere e ripristinare le comunicazioni tra le cellule nervose. Una risorsa contro le malattie neurodegenerative.

      
  Un nuovo peptide pare possa proteggere e rimediare ai danni cerebrali dovuti alle diverse malattie neurodegenerative.
Buone notizie sul fronte cervello e una sua possibile compromissione nelle funzioni. Scienziati dell'Università di Tel Aviv hanno sviluppato una proteina, o peptide, capace di proteggere e ripristinare le funzioni cerebrali. La scoperta potrebbe essere essenziale nelle malattie neurodegenerative e in tutti quei casi di compromissione delle facoltà cerebrali come il declino cognitivo, la demenza o la malattia di Alzheimer, ma anche nei casi di SLA (la Sclerosi Laterale Amiotrofica), e la malattia di Parkinson.
La nuova proteina, chiamata dai ricercatori NAP o Davunetide, andrebbe ad agire direttamente su quella che è nota come "rete di microtubuli", che è una parte cruciale del nostro sistema nervoso. Questa rete agisce come una sorta di sistema di trasporto all'interno delle cellule nervose, portando proteine essenziali e consentendo la comunicazione cellula-cellula.
Accade tuttavia che nelle malattie neurodegenerative detta rete si guasti, con una conseguente ripercussione negativa sulle abilità motorie e le funzioni cognitive.
Il nuovo peptide, sviluppato dalla prof.ssa Illana Gozes e colleghi della Tel Aviv University's Sackler Faculty of Medicine, avrebbe una doppia capacità: quella di proteggere e ripristinare le funzioni dei microtubuli.
La ricerca che ha portato allo sviluppo del peptide è partita dall'utilizzo di un composto derivato dalla proteina ADNP, che si occupa della regolazione di oltre 400 geni ed è fondamentale per lo sviluppo e la formazione di cervello, memoria e comportamento.
Dopo questa prima fase, i ricercatori israeliani - tra cui il dottor Yan Jouroukhin e Regin Ostritsky - hanno condotto una serie di test su modelli animali con danni ai microtubuli.
I risultati dei test, pubblicati su Neurobiology of Disease, mostrano che nei topi con sintomi associati a neurodegenerazione, questi migliorassero in modo significativo: il peptide NAP è stato in grado di mantenere o ripristinare il trasporto di proteine e altri materiali nelle cellule.
Un successivo studio condotto da un team di ricerca del Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, ha poi confermato quanto suggerito dai risultati dei ricercatori israeliani, mostrando un'effettiva azione del NAP.
Il peptide NAP potrebbe dunque essere uno strumento efficace nella lotta contro alcuni degli effetti più debilitanti delle malattie neurodegenerative.
La prof.ssa Gozes ricorda che più ricerca deve essere condotta per scoprire come ottimizzare l'uso di PNA come trattamento, compresi i pazienti che possono beneficiare maggiormente dell'intervento, tuttavia i risultati sono promettenti e indicano questo peptide potrebbe divenire un buon trattamento per le conseguenze delle malattie neurodegenerative.

(La Stampa, 17 giugno 2013)


Milano - Face to Face, Israele in mostra

Si intitola Face to Face e si propone di raccontare i tanti volti di Israele attraverso le opere di un gruppo di artisti contemporanei israeliani. E' la rassegna proposta dal 5 al 19 giugno al Museo d'Arte e Scienza di Milano. Loro sono Sarit Gura, Nurit Ruthbaum, Eithan Arnon, Eti Katzir, Shosh Yshurun,Vicky Kimchi, Rachel ramot, Rinat Kishony, Ruth Cohen, Isaiah Zilberman, Nira Lubanov, Sergey Truphanov, haim Yoseph, Shoshi Sela, Mira Sadot, Meir Salomon e Larisa Kupershtein.
Il progetto nasce da un'iniziativa dell'Associazione Internazionale Galleria "Il Collezionista" di Roma, presieduta da Roberto Giuliani, associazione che si propone di scoprire e scegliere nuovi artisti di spessore tecnico-creativo, con particolare riguardo alla pittura, alla scultura, alla grafica, alla fotografia, alla poesia, alla scrittura e alle arti visive in ogni loro forma. Ritratti di bambini e anziani, ricchi di dettagli o semplici astrazioni, ma anche sculture, per raccontare il volto della società israeliana contemporanea. La mostra è realizzata con il patrocinio dell'Ambasciata d'Israele.
Mostra: dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18
Presso: Museo d'Arte e Scienza - Via Quintino Sella 4, Milano

(Notiziario Ucei, 17 giugno 2013)


Anp e Tel Aviv riprendono la cooperazione economica

RAMALLAH - Al termine di un incontro tenuto a Gerusalemme, il ministro delle finanze di Ramallah e il suo omologo israeliano hanno deciso di riprendere la cooperazione economica tra Tel Aviv e l'Autorità palestinese (Anp).
Shukri Bishara, ministro delle Finanze di Ramallah, ha incontrato Yair Lapid, suo omologo israeliano, nell'ufficio di quest'ultimo, a Gerusalemme.
I due ministri hanno deciso di riprendere la cooperazione economica, sviluppare gli investimenti congiunti e accrescere il volume degli scambi commerciali tra Israele e l'Anp.
A termine della riunione, Lapid ha dichiarato che la cooperazione è nell'interesse di entrambe le parti.

(InfoPal, 17 giugno 2013)


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Torna a camminare grazie ad un robot

La bella storia di Giuseppe Ciresi, 46 anni paralizzato poichè vittima di un incidente sul lavoro a Milano. L'uomo è tornato a camminare grazie ad un apparecchio realizzato da un israeliano.

Un esoscheletro
TERMINI IMERESE - E' tornato a camminare grazie ad un robot. Protagonista della vicenda di sanità a lieto fine un uomo di Termini Imerese, Giuseppe Ciresi, 46 anni, paralizzato poichè vittima di un incidente sul lavoro a Milano. L'uomo, come si legge in un articolo di BlogSicilia, è stato uno dei primi in Sicilia ad utilizzare un esoscheletro controllato da un computer realizzato da un israeliano.
"Non mi sono mai arreso - ha detto Giuseppe Ciresi al giornale online -. I medici mi dicevano che non avrei potuto più camminare. Su internet ho letto della sperimentazione e ho accettato di fare da cavia. Sono felice ho scoperto la gioia di camminare di nuovo".

(PalermoToday, 16 giugno 2013)


Netanyahu: "Non ci illudiamo sul voto in Iran"

"Sui risultati elettorali in Iran non ci facciamo illusioni". Lo afferma il premier israeliano Benyamin Netanyahu, spiegando che "le pressioni internazionali vanno mantenute". Il moderato Hassan Rohani è diventato il nuovo presidente dell'Iran e molti osservatori sperano in una svolta storica non solo nel Paese ma anche con il nemico di sempre, Israele.
"La comunità internazionale - ha detto ancora Netanyahu - non deve abbandonarsi a sogni, non deve cadere nella tentazione di allentare la pressione sull'Iran, affinché essa fermi i propri progetti atomici". "Occorre ricordare - ha sottolineato il premier - che fin dall'inizio il leader iraniano ha annullato le candidature di personalità che non si conciliavano con la sua visione estremistica, e fra quanti ha autorizzato a candidarsi è stato scelto colui il quale viene considerato il meno identificato con il regime".
"Ma ancora - ha insistito Netanyahu - si tratta di una persona che definisce Israele il grande Satana sionista". "In ogni caso è il leader supremo dell'Iran e non il presidente colui il quale determina la politica nucleare del Paese - ha rilevato il premier - Tanto più la pressione sull'Iran crescerà, tanto più crescerà la probabilità di fermarne i progetti nucleari che restano la minaccia maggiore alla pace nel mondo".
"L'Iran - ha concluso - sarà giudicata sulla base delle sue azioni. Se insisterà a procedere nei progetti nucleari, la risposta deve essere chiara: occorrerà fermarli con ogni mezzo".

(TGCOM24, 16 giugno 2013)


Con lui gli ayatollah sperano che l'America tolga le sanzioni

di Alessandra Farkas

Hassan Rohani
NEW YORK — «La vittoria di Hassan Rohani è la chiara dimostrazione che le sanzioni dell'Occidente hanno funzionato». Al telefono da Washington, dove insegna alla Johns Hopkins University, l'autrice di Leggere Lolita a Teheran Azar Nafisi invita il mondo a «non farsi illusioni perché il successore di Ahmadinejad non è un moderato e tantomeno un riformista». «Il suo trionfo non è affatto una sorpresa — spiega — ma è stato studiato a tavolino dall'ayatollah Ali Khamenei per due scopi ben precisi: da una parte convincere l'Occidente a rimuovere le sanzioni, dall'altra placare un'opinione pubblica interna, il cui scontento ha raggiunto livelli allarmanti. È una costante nella politica iraniana».
Che cosa intende dire?
«L'Occidente miope non sembra accorgersi che, ogni volta che finisce nell'angolo, il regime tira fuori dal cappello un presunto riformatore. Era già successo con Khatami e Rafsanjani, sulla carta ben più progressisti di lui, anche se si è visto che fine abbiano fatto. Oggi il Paese è spaccato in due tra un'élite che va in giro in Porsche e fa shopping da Bulgari e una massa di indigenti che non può neppure permettersi di comperare i pomodori».

- Eppure il Paese è già in festa per la sua vittoria.
  «È la sindrome del carcerato, come mi ha spiegato oggi un'amica pittrice che vive a Teheran. Se da dietro le sbarre ti chiedono di scegliere tra il guardiano che non apre mai la finestra e ti passa solo pane e acqua e quello che ti da un pasto vero e cambia l'aria tutti i giorni, scegli con gioia quest'ultimo».

- Rohani ha promesso aperture in politica interna ed estera.
  «Gli sarà impossibile non diventare l'ennesima marionetta del regime perché così ordina la costituzione iraniana che ripone tutto il potere nelle mani del Leader Supremo. Servirebbe un leader che avesse il coraggio di cogliere l'occasione storica e porsi come guida di una nuova rivoluzione, partendo, appunto, dall'immediata revisione della Carta costituzionale».

- Ma è certa che quello non possa essere Rohani?
  «Nessuno in Iran ci spera dopo il tradimento di Khatami, che durante gli scontri tra polizia e studenti nel 2009 non mosse un dito per difendere questi ultimi. E mentre parlava con l'Occidente sviluppava di nascosto il nucleare. Quando Rohani chiederà scusa per gli errori del passato e si batterà per la libertà di espressione nel Paese comincerò a credergli».

- Riuscirà a convincere l'Occidente al dietrofront sulle sanzioni?
  «Obama si aspetta un primo passo che lui darà attraverso la riapertura del dossier nucleare e offrendo loro un ruolo di mediatore tra la Siria e l'Occidente».

- Quanto ci vorrà ancora prima di vedere un Iran libero e democratico?
  «Nessuno può dirlo con esattezza ma quando il cambiamento verrà sarà improvviso e inarrestabile, proprio come è successo in Russia. L'Iran è l'Unione Sovietica del Medio Oriente: il fallimento dell'ideologia segnerebbe il tracollo del fondamentalismo in tutta la regione».

(Corriere della Sera, 16 giugno 2013)


Esercitazioni militari in Israele, ma di routine

TEL AVIV - Mentre la tensione nella regione resta elevata per gli sviluppi del conflitto in Siria e per le sue ripercussioni nei Paesi limitrofi, in Israele sono iniziate oggi esercitazioni militari che si protrarranno per la intera settimana.
Radio Gerusalemme riferisce che in questi giorni in Israele potranno essere notati intensi sorvoli di aerei da combattimento e spostamenti di mezzi militari. Alla esercitazione partecipano anche le batterie di difesa anti-aerea.
Il portavoce militare ha detto alla emittente che queste esercitazioni hanno comunque un carattere 'di routine', che rientrano nei programmi di addestramento consueti.

(TicinOnline.ch, 16 giugno 2013)


Israele - Verso la riforma del sistema matrimoniale

Parallelamente al confronto per l'elezione dei nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita, è profondo in Israele il dibattito circa il ruolo del Rabbinato centrale come istituzione e il suo rapporto con la società israeliana. Particolarmente sentito il tema del sistema matrimoniale. In discussione alla Knesset un progetto di riforma per permettere ai cittadini di religione ebraica di scegliere dove registrare le proprie nozze indipendentemente dal luogo di residenza.
Abolizione dell'obbligo di registrare il proprio matrimonio nel territorio di residenza e riduzione del numero di Consigli rabbinici locali da 133 a 80. Sono alcuni dei capisaldi della proposta di legge denominata Tzohar, che ha lo scopo di riformare il sistema matrimoniale israeliano, sempre più inefficiente e inviso ai cittadini. Nel 2010, 9mila 300 coppie israeliane sui 36 mila matrimoni hanno scelto di sposarsi all'estero. È con questi numeri che rav David Stav, a capo dell'organizzazione rabbinica Modern Orthodox Tzohar, che dal 1996 si batte per offrire un'alternativa rabbinica più vicina alle esigenze dei cittadini, ha lanciato la sua candidatura al posto di rabbino capo ashkenazita, denunciando i problemi, e la scarsa sensibilità che troppo spesso dimostrano i funzionari del Rabbinato centrale nei confronti delle coppie, e in particolare di coloro che sono immigrati in Israele dall'Ex-Urss oppure dall'Etiopia, e che più difficilmente possono fornire prove documentali della propria appartenenza all'ebraismo, ma anche nei confronti di coloro che all'ebraismo si sono formalmente convertiti, non accettando spesso i funzionari i ghiurim realizzati dallo stesso Rabbinato centrale. Una situazione senz'altro acuita dalla mancanza dell'istituto del matrimonio civile, ma anche dal sostanziale monopolio di ogni Consiglio rabbinico locale cui i residenti di ogni territorio sono obbligati a rivolgersi. Problemi messi in luce anche da un duro rapporto del Controllore di Stato israeliano, che racconta di burocrazia fredda e inefficiente (per esempio, la legge prevede che le coppie possano registrare la domanda di matrimonio non prima di 90 giorni dalla data delle nozze, ma le lungaggini delle pratiche necessarie possono ampiamente sforare questo tempo, costringendoli a posticiparle) quando non di vere e proprie violazioni, come la non rara richiesta di denaro per le cerimonie che invece i rabbini impiegati dal Rabbinato centrale hanno l'obbligo di celebrare gratuitamente. Da qui l'impegno per trasformare la registrazione in un sistema nazionale, così da consentire alle coppie la scelta dell'ufficio e del rabbino a cui rivolgersi, e creare una concorrenza che porti a un generale miglioramento della situazione, assunto dal nuovo ministro degli Affari religiosi Naftali Bennett e del suo vice Eli Ben Dahan, sostenendo una proposta originariamente formulata da Otniel Schneller di Kadima, Faina Kirshenbaum di Yisrael Beytenu e Zeev Elkin del Likud. Una riforma che si propone dunque di mantenere il controllo del Rabbinato centrale sul sistema matrimoniale, ma che, se approvata, consentirà alle 37 mila coppie che ogni hanno si sposano in Israele di scegliere il volto del Rabbinato che preferiscono.

(Pagine Ebraiche, 16 giugno 2013)


Israele, il tifo (e il business) è online

di Luca Valdiserri

TEL AVIV - Un bar sport dove possono entrare oltre quattro milioni di clienti e ci sono un migliaio di barman che vi servono calcio.
Israele è fuori da Euro 2013, ma la voglia di pallone resta. FTBpro.com, piattaforma multimediale online, l'ha unita ad altre passioni: la tecnologia (Israele è una piccola Silicon Valley), la dinamicità imprenditoriale e la speranza di fare buoni affari con le start-up.
FTBpro.com ha sede a Tel Aviv ed elabora circa 20 milioni di pagine per i fan dei maggiori club del mondo. Un migliaio di tifosi sono anche autori dei circa 200 articoli al giorno in inglese, tedesco, italiano e spagnolo. Consumatori e produttori. Tra maggio e giugno 2013 i contatti con il sito sono stati 5.283.099.
L'idea è venuta a Asaf Peled, fondatore e Ceo: «Qualsiasi tifoso con un computer, un tablet o un cellulare può essere un commentatore». Prima della pubblicazione c'è un lavoro di controllo ed editing sui testi.
FTBpro ha una parte in italiano e sulla serie A (FTBpro.com/it). Italiano è il direttore marketing, Davide Ortona, laureato alla Cattolica di Milano: «Da noi sarebbe impossibile creare una struttura così, per un fatto di finanziamenti». Due ventures capital israeliani hanno investito 5,8 milioni di dollari. Buttati? In Usa ci sono siti partiti «indipendenti» e poi venduti per cifre astronomiche.

(Corriere della Sera, 15 giugno 2013)


La festivita‘ del Yom Kippur condiziona l‘incontro di Davis tra Belgio e Israele

Yom Kippur ed osservanze religiose: a rischio il doppio di sabato 14 settembre

di Michele Bon

La ricorrenza ebraica del Yom Kippur, che celebra il giorno dell'espiazione (quest'anno il 14 settembre), potrebbe creare seri problemi agli organizzatori della sfida di Anversa tra i padroni di casa del Belgio e di Israele.
I giocatori israeliani, dovendo osservare il digiuno per tutta la giornata, si sono rifiutati di scendere in campo sabato per l'incontro di doppio: gli organizzatori poco propensi ad anticipare l'inizio del tie a giovedì a causa del lievitare dei costi di locazione del complesso per un ulteriore giorno, aspettano la decisione della Federazione internazionale in merito.

(Tennis World, 15 giugno 2013)


Anche il Principe di Monaco al compleanno di Shimon Peres a Gerusalemme

Il 19 giugno, all'interno della 5^ edizione della Conferenza 'Facing tomorrow', S.A.S. il Principe di Monaco Alberto II prenderà la parola sul tema del Green Economy
Il 18 giugno, il Sovrano visiterà il Memoriale di Yad Vashem e parteciperà alla cerimonia di piantagione di un albero riservato ai Capi di stato.
S.A.S. il Principe Alberto II andrà poi al Centro dei Congressi per visitare l'esposizione multimediale sul funzionamento del cervello umano creata dagli scienziati più famosi al mondo.
All'inizio della serata assisterà al compleanno dei novantanni del Presidente Shimon Pères. Saranno presenti per rendere omaggio al Presidente dello stato di Israele che ha ricevuto il Premio Nobel della Pace nel 1994 tante personalità politiche internazionali.
Il 19 giugno, all'interno della 5^ edizione della Conferenza 'Facing tomorrow', S.A.S. il Principe prenderà la parola sul tema del Green Economy. Questa conferenza si terrà dal 18 al 20 giugno prossimi, a Gerusalemme con 4500 partecipanti.

(Montecarlonews, 15 giugno 2013)


Riportiamo questo articolo perché esprime bene qual è il fervore “morale” che spinge oggi una vasta parte della sinistra, e non solo, a schierarsi contro Israele.

La questione israeliana e l'elefante

di Moni Ovadia

L'ossessione ebraica per la propria identità problematica è notoria e ha partorito molte famose storielle. La più celebre è forse questa. In una scuola elementare di Parigi viene assegnato un tema in classe sull'Elefante. Ciascuno degli alunni sviluppa il tema affrontandolo da un'angolazione diversa. Un bimbo scrive: «la prodigiosa memoria dell'elefante», un altro invece svolge il compito su: «l'elefante come animale da lavoro». Un bimbo ebreo propone il suo scritto con il titolo: «l'elefante e la questione ebraica!».
L'ossessione identitaria degli ebrei si è progressivamente attenuata nel secondo dopoguerra soprattutto con il declino della pandemia antisemita. L'antisemitismo, sia chiaro esiste ancora, ma in termini di intensità, diffusione e virulenza si è esponenzialmente indebolito rispetto al furore che lo caratterizzò nella prima metà del secolo scorso. L'elefante però è rimasto incombente con la sua ingombrante mole nell'orizzonte ebraico, ha solo cambiato indirizzo e, fra le varie residenze ebraiche, ha scelto quella israeliana. L'effetto di questo cambio di indirizzo lo racconta il giornalista e scrittore israeliano Uri Avnery in un suo articolo dal titolo «Occupazione? Quale occupazione?» apparso sul prestigioso quotidiano di Israele Ha'aretz il 7 Giugno scorso:
«(…) possiamo utilizzare la consunta metafora del gigantesco elefante che sta nella stanza dove ci troviamo e di cui noi neghiamo la presenza. Elefante? Quale elefante? Qui? Noi camminiamo in punta di piedi intorno all'elefante, distogliamo da lui gli occhi così non dobbiamo guardarlo. Dopotutto non esiste. Noi stiamo completamente governando sopra un altro popolo. Ciò influenza ogni sfera della nostra vita nazionale - la nostra politica, la nostra economia, i nostri valori, il nostro sistema legale e militare e ancora di più. Ma noi non vediamo - non vogliamo vedere cosa accade a pochi minuti di guida dalle nostre case (…) Ci siamo abituati a questa situazione che vediamo come normale. Ma l'occupazione è intrinsecamente una situazione temporanea anormale (…). Israele invece ha inventato qualcosa che non ha precedenti: l'occupazione eterna. Nel 1967, poiché nessuna pressione avrebbe portato Israele a restituire i territori occupati, Moshè Dayan se ne venne fuori con un'idea brillante - continuare l'occupazione per sempre (…) Ma noi siamo un popolo morale per lo meno ai nostri occhi. Allora, come risolviamo la contraddizione fra la nostra estrema moralità e le circostanze palesemente immorali? Semplice: scegliamo la negazione».
Uri Avnery ci spiega che il vero ostacolo alla pace è il negazionismo israeliano che ha contagiato la maggioranza della società di quel Paese, delle comunità ebraiche della Diaspora, e della cosiddetta comunità internazionale.

(Unità, 15 giugno 2013)


C’è sempre un bene universale dell’umanità a cui gli ebrei - oggi Israele - si oppongono e per questo vanno combattuti. Oggi questo bene universale si chiama “pace”, e ancora una volta si è trovato qual è l’ostacolo: sempre lo stesso. Al deputato grillino che in Parlamento, in occasione dell’inizio degli Europei Under 21, ha chiesto al Governo di prendere posizione contro Israele qualcuno ha detto in modo chiaro e tondo che lui, e con lui il suo movimento, è un perfetto ignorante in materia. Ci sarà qualcuno che dirà la stessa cosa a Moni Ovadia? Ci sarà qualcuno che finalmente si opporrà al collaudato giochino di far discendere la presunta immoralità” di Israele da una presunta infrazione giuridica al diritto internazionale chiamata “occupazione”? Ci sarà qualcuno che dirà chiaro e tondo che l’immoralità sta nel chiamare “occupazione” quella che tale non è, e nel demonizzare coloro che con pieno diritto occupano la LORO terra? Ci sarà qualcuno che mostrerà di interessarsi alla VERITA’, prima di riempirsi la bocca di ipocriti riferimenti alla morale? M.C.


Siria, migliaia i rifugiati in Libano. Il racconto dei feriti ricoverati a Tripoli

Nelle scorse settimane Hezbollah ha iniziato a mandare i propri miliziani a combattere accanto alle truppe di Bashar Al Assad in Siria. In pochi giorni i lealisti hanno riconquistato la città di Qursayr. Intanto il nord del Libano accoglie quotidianamente centinaia di rifugiati siriani. Principalmente profughi di guerra, ma anche feriti. Tra questi alcuni sono combattenti dell'Esercito Siriano Libero (Esl). Vengono curati e operati in diverse cliniche private, finanziate da ong e enti caritatevoli, anche religiosi e principalmente di area sunnita, quindi avverse ad Hezbollah. L'ospedale di Dar al Zahraa ha un intero piano dedicato ai feriti siriani, buona parte dei quali sono miliziani dell'Esl. A Tripoli le frizioni tra le varie confessioni dell'islam sono forti, si combatte strada per strada mentre con occhio attento si guarda l'arrivo dei siriani.
Islamisti sunniti e islamisti sciiti si scannano fra di loro; l’unica cosa che li unisce è l’odio per Israele. Ma se davvero riuscissero a far sparire Israele, sparirebbe anche l’unico obiettivo che li fa illudere di essere uniti. Ma Israele non li deluderà: resterà in piedi, e agli islamisti rimarrà almeno un argomento su cui sentirsi uniti. Dovrebbero ringraziarlo.
Si aspettano ancora centinaia di feriti da Qursayr, mentre la linea del fronte si sta spostando ad Aleppo di Cosimo Caridi

(il Fatto Quotidiano, 15 giugno 2013)


La vittoria di Damasco è la vittoria di Teheran

di Fiamma Nirenstein

Un win-win game è molto comune in Occidente, se ne parla quando tratti un affare, un accordo, un compromesso, di cui alla fine tutti sono contenti. L'ottimo commentatore di cose islamiche Harold Rhode parlando della Turchia spiega che Erdogan non cerca il compromesso coi dimostranti come avverrebbe da noi, la sua cultura gli impone di cercare sempre la vittoria schiacciante (anche se ieri ha sospeso la distruzione di Gezi Park in attesa di una sentenza). Alla fine farà così anche sulle folle che gli mandano il chiarissimo messaggio di non sopportare più la sua prepotenza, i giornalisti e i militari in galera, i bar chiusi, la reintroduzione del costume islamico più antiquato. In realtà, tutte le grandi questioni in gioco in questi giorni in Medio Oriente hanno questo segno: nessun compromesso in vista, anche se noi occidentali ne cerchiamo la traccia con la lente di ingrandimento.
   La Siria è di nuovo in ballo. Obama vuole mandare armi ai ribelli e imporre la «no fly zone». Avviene a pochi giorni dal tanto propagandato incontro di Ginevra che avrebbe dovuto risolvere col compromesso i problemi. Perché? Perché la realtà si è mostrata ineluttabilmente: Assad sta vincendo, e non ci sarà compromesso che potrà smorzare questo incredibile dato. Bill Clinton in sostanza ha detto a Obama: l'Iran e gli Hezbollah sono diventati la punta di diamante della guerra, ciò che fa della Siria il centro dello scontro che l'Iran tenta di imporre al mondo per conquistare un'egemonia imbattibile, e noi che facciamo? L'idea che «l'Iran sta battendo gli Usa in Siria» l'ha suggerita analiticamente il decano della Johns Hopkins University Vali Nasr, e Eliott Abrams, ex consigliere di Bush per il Medio Oriente, ha detto «stiamo subendo un'umiliante sconfitta per mano dell'Iran». La conferenza di Ginevra all'improvviso è apparsa non più così risolutiva, le sbruffonate di Assad sui soldi inarrivo per la ricostruzione nelle sue mani dalla Banca Mondiale, insieme alla sconfitta dei ribelli a Qusair, rendono gli accertamenti sull'uso delle armi chimiche un dato minore: Obama ha avuto paura dell'assoluta mancanza di prospettiva di un compromesso ha immaginato Assad in sella e la Russia vincitrice di questo match numero due della guerra fredda. Per questo ora si vuole muovere, inutile contare su un compromesso. Anche in Iran non ci sarà compromesso col prossimo governo: come vadano le elezioni l'Aeia, l'organizzazione mondiale per il nucleare, ci avverte che l'Iran sta per ottenere la bomba atomica. Mancano pochi chilogrammi di uranio arricchito e nessuno fra i candidati alle lezioni di ieri lascia intravedere un possibile compromesso. L'Iran di Khamenei ha già vinto, ha eliminato tutti i candidati scomodi, il regime khomeinista governerà ancora. Ci è giunto un messaggio e un video da Caspian Makan, il compagno di Neda Agha Soltan, la ragazza uccisa dai Basiji nel giugno del 2009, nei moti contro i risultati elettorali. Neda vi appare bellissima, sanguinante, moribonda. La gente contempla l'ineffabile orrore. Centinaia furono uccisi, migliaia feriti e sbattuti in galera. Caspian non chiede di votare per l'iperattivo sindaco di Teheran, o per Said Jalili negoziatore che certo considera «negoziato » una parola comica, nè per il «moderato» Rohani. Chiede in nome degli occhi spalancati di Neda, di boicottare il voto. Non c'è futuro per la gente di Teheran che vorrebbe vivere in una società normale, non amministrata da un vecchio terribile e la sua corte. Non ci sono compromessi in Medio Oriente.

(il Giornale 15 giugno 2013)


Gli "asili" del terrorismo di Hamas

di Edoardo Di Gennaro

Bambini a partire dai 6 anni di età vengono allenati per diventare combattenti

Hamas prepara i bambini a un vita da soldato per combattere Israele. A partire dall'età di 6 anni vengono addestrati all'uso di armi ed asplosivi e al rapimento di soldati israeliani in un campo militare estivo . Le stime dicono che siano circa 10.000 i bambini che frequentano il campo di addestramento nella striscia di Gaza.
IL CAMPO ESTIVO - Il centro di addestramento reclute si trova a Rafah, sul confine tra Gaza e l'Egitto, secondo quanto riferito dalle agenzie AFP e EPA. Ogni anno, a partire da giugno, ragazzini tra i 6 e i 16 anni vengono addestrati a una vita a da soldato. Assieme all'insegnamento dell'uso delle armi, nel programma previsto vi sono anche durissimi allenamenti sportivi e lezioni di religione.
LE ESERCITAZIONI - I bambini devono affrontare delle esercitazioni in cui si simula la guerra vera, portare a termine le missioni, manovre militari, montare e smontare le armi, strisciare sotto i reticolati, saltare attraverso le fiamme, rapire i nemici. Tutto questo con un clima torrido. Gli addestratori -che sono a volto coperto- assistono all'addestramento dei ragazzini "incoraggiandoli" con colpi d'arma da fuoco sparati sopra le loro teste ed esplosioni a distanza ravvicinata. Pneumatici in fiamme fanno da cornice all'addestramento.
HAMAS E AL-QAEDA - I ragazzi in futuro dovranno combattere la guerra contro Israele, cosa che si evince chiaramente dal logo del campo di addestramento: due pugni, due armi e una cartina della striscia di Gaza. Si può dire che Hamas non sia solo nell'addestramento di giovani leve. Poco tempo fa in internet girava un video di Al-Qaeda nel quale veniva mostrato un campo di addestramento per jihadisti. Anche qua i ragazzi ricevono un addestramento militare con uso di armi ed esplosivi. Le ragazzine non sono le benvenute in questi campi di addestramento: per loro è previsto un altro campo estivo durante il quale dovranno studiare il corano
IL VIDEO - In un video ai ragazzini che si allenano nel campo di Al-Qaeda vengono dati in mano dei Kalashnikov e cantano canzoni d'odio: "Abbiamo distrutto l'America con un aereo passeggeri, ridotto il World Trade Center in macerie. Se mi chiamate terrorista, per me è un onore. Il nostro terrore è benedetto, è il volere di Dio". In questi campi di addestramento i ragazzi vengono preparati per quando dovranno affrontare la guerra civile in Siria. Il motto che viene loro insegnato è: "vittoria o martirio".

(Giornalettismo, 14 giugno 2013)


Settimana della cultura ebraica. Trani resta leader

Tantissimi appuntamenti in programma a fine agosto

Grande attesa per il ritorno in Puglia (con puntate a Napoli e Roma), dal 25 agosto all'1 settembre di Lech Lechà , la settimana di arte, cultura, letteratura ebraica, la rassegna di iniziative culturali, letterarie ed artistiche sull'ebraismo, tra ricerca di radici antiche e prospettive per il futuro. Trani come sempre avà un ruolo centrale nella manifestazione. Il programma dei tantissimi eventi organizzati è già disponibile nella nostra agenda nel mese di agosto.
Quest'anno la manifestazione sarà preceduta da un'anteprima a giugno, con l'avvio di uno dei principali moduli che la caratterizzano fin dalla prima edizione: Ulpàn, corso intensivo di lingua ebraica moderna, che in questa edizione sarà tenuto da Marilena Colasuonno.
Il 24, 25, 26 giugno partirà il corso base che avrà poi la sua prosecuzione (con lo svolgimento anche del corso avanzato) dal 26 al 30 agosto prossimi. Il corso si svolgerà presso la biblioteca comunale Bovio di Trani.
Per partecipare al corso è necessario inviare una domanda di iscrizione a lechlecha.segreteria@yahoo.it specificando i seguenti dati: nome, cognome, indirizzo, telefono e email, livello di studi ebraici, livello di studi non ebraici, conoscenza della lingua ebraica (lettura, scrittura corsiva e quadrata, comprensione testi). Inoltre si accetteranno iscrizioni, in base alla disponibilità, presentandosi il primo giorno di corso presso la biblioteca comunale Bovio di Trani il giorno di inizio del corso, alle 10 del 24 giugno. La docente del corso consiglia a coloro che iniziano lo studio dell'ebraico dal corso base di munirsi del libro L'ebraico è facile di Eliezer Tirkel (Editrice Giuntina Firenze). Per ulteriori informazioni si può telefonare al numero 345.9435487.

(Traniviva, 15 giugno 2013)


Israele è felice, fatevene un ragione

di Daniel Pipes

In una dichiarazione tipicamente maldestra, il segretario di Stato americano John F. Kerry si è di recente lamentato del fatto che gli israeliani sono troppo felici per mettere fine al loro conflitto con i palestinesi: «La gente in Israele non si sveglia ogni mattina chiedendosi se domani ci sarà la pace, perché c'è una sensazione di sicurezza, di successo e di prosperità». Se Kerry non comprende gli israeliani (il negazionismo palestinese e non la prosperità li ha indotti a perdere ogni speranza nella diplomazia), ha però ragione a dire che essi hanno «una sensazione di sicurezza e (…) di prosperità».
   Gli israeliani sono, in genere, delle persone molto felici. Un recente sondaggio ha rilevato che il 93 per cento degli ebrei israeliani è orgoglioso di essere israeliano. Sì, è vero, le armi nucleari iraniane costituiscono una minaccia e un confronto con Mosca non è da escludere, ma le cose non sono mai state così positive. Ringraziando Efraim Inbar della Bar-Ilan University per qualcuna delle seguenti informazioni, cerchiamo di capire i motivi di tutto questo. - Le donne devono dare alla luce 2,1 figli per sostenere la popolazione del Paese; Israele ha un tasso di natalità di 2,65, che ne fa l'unico Paese avanzato a essere in grado di compensare il ricambio. (Il successivo Paese avanzato che registra un tasso di natalità del 2,08 è la Francia; il tasso di natalità più basso è quello di Singapore che è di 0,79). Se gli ebrei haredim e gli arabi giustificano in parte questo robusto tasso di natalità, anche gli ebrei laici danno un grosso contributo. - Durante la recessione del 2008-2012, Israele ha beneficiato di una crescita del 14,5 per cento del prodotto interno lordo, che ne ha fatto il più alto tasso di crescita economica di un Paese dell'OCSE. (Al contrario, le economie avanzate nel complesso hanno avuto un tasso di crescita del 2,3 per cento, con gli Stati Uniti che hanno inciso con un 2,9 per cento e l'Eurozona che ha registrato meno dello 0,4 per cento).
   Israele investe il 4,5 per cento del proprio PIL in ricerca e sviluppo, la percentuale più alta di ogni altro Paese. - In seguito agli importanti ritrovamenti di gas e petrolio, Walter Russel osserva, "la Terra Promessa, da un punto di vista delle risorse naturali, potrebbe essere (…) gradatamente il Paese al mondo più prezioso e più ricco di energia". Queste risorse rafforzano la posizione di Israele a livello mondiale. - Con la Siria e l'Egitto alle prese con i loro problemi interni, la minaccia esistenziale che un tempo incombeva su Israele per il momento è quasi scomparsa. Grazie alle tattiche innovative, gli attacchi terroristici sono stati pressoché eliminati. Le IDF hanno delle eccezionali risorse umane e sono in possesso di tecnologie militari all'avanguardia; mentre la società israeliana ha mostrato la sua disponibilità a combattere un conflitto prolungato.
   Efraim Inbar, un esperto di strategia, arguisce che "la disparità di potere tra Israele e i Paesi vicini è in continua crescita". - La questione diplomatica palestinese che ha dominato la scena politica del Paese per decenni dopo il 1967 ha perso importanza, con solo il 10 per cento degli ebrei israeliani che ritiene che i negoziati abbiano la precedenza assoluta. Kerry può essere ossessionato da questo problema ma nelle parole aspre di un politico: "Discutere del processo di pace per molti israeliani è l'equivalente di discutere del colore della maglietta da indossare quando si atterrerà su Marte". - Anche la questione nucleare iraniana può essere meno terribile di quanto appaia. Considerando la potenza assai più distruttiva dell'arsenale nucleare di Israele e il suo sistema missilistico di difesa, il cui sviluppo procede a pieno ritmo, l'analista militare Anthony Cordesman prevede che uno scontro nucleare danneggerebbe gravemente Israele ma distruggerebbe la civiltà iraniana. "Una ripresa dell'Iran, almeno nell'accezione consueta del termine, è impossibile".
   Folle com'è la leadership iraniana, rischierà davvero tutto? - I successi riportati dal movimento per il "boicottaggio, disinvestimento e sanzioni" sono piuttosto scarsi (Stephen Hawking ha declinato l'invito del presidente! Un organismo delle Nazioni Unite ha approvato un'altra assurda condanna). Israele ha relazioni diplomatiche con 156 dei 193 membri delle Nazioni Unite. Considerando più parametri, Inbar rileva che a livello globale "Israele è piuttosto ben integrato". - Nei sondaggi di opinione condotti negli Stati Uniti, il Paese più importante al mondo e il principale alleato di Israele, lo Stato ebraico batte regolarmente i palestinesi con una proporzione di 4 a 1. E se le università sono davvero ostili, chiedo a chi si arrovella: "Dove preferireste essere forti, al Congresso americano o nei campus?" Ponendo questa domanda si deve rispondere. - Le tensioni tra ashkenaziti e sefarditi sono diminuite col passare del tempo a causa dei matrimoni misti combinati alle interpenetrazioni culturali.
   La questione dell'isolamento e della non partecipazione degli haredim alla leva e alla vita economica del Paese è finalmente affrontata. - Gli israeliani hanno apportato dei notevoli contributi culturali, in particolare alla musica classica, il che ha indotto un critico, David Goldman, a definire Israele "una superpotenza tascabile nelle arti". Ascoltate, antisionisti e antisemiti, palestinesi e islamisti, militanti di estrema destra e di estrema sinistra: state combattendo una battaglia persa; lo Stato ebraico prevale. Come Efraim Inbar arguisce a ragione, "Il tempo sembra essere dalla parte di Israele". Arrendetevi e trovatevi qualche altro Paese da tormentare.
Tratto dal Washington Times

(L'Opinione, 15 giugno 2013 - trad. Angelita La Spada)


Cybersecurity, delegazione italiana a Tel Aviv

Istituzioni e aziende del nostro paese in Israele alla conferenza internazionale sulla sicurezza cibernetica

di P.A.

Dal cyber crimine allo spionaggio digitale fino al rischio di attacchi terroristici nello spazio cibernetico: il rafforzamento della cooperazione internazionale per aumentare la sicurezza della rete è stata al centro di una girandola di incontri, a Tel Aviv, che ha visto protagonista anche una folta delegazione istituzionale e imprenditoriale italiana, guidata dal ministro Giovanni Brauzzi, direttore centrale per il Disarmo, la Sicurezza e la Non Proliferazione della Farnesina.
A Tel Aviv la delegazione - che ha incluso rappresentanti del Ministero dell'Interno, dell'Agenzia per l'Italia Digitale e dell'Associazione italiana Piccole e Medie Imprese per l'Aerospazio - ha partecipato alla Terza Conferenza Internazionale sulla Cyber Sicurezza, apertasi ieri e incentrata quest'anno sulla creazione di ''un ecosistema per la sicurezza cibernetica'' che rafforzi lo scambio di idee e la cooperazione internazionale.
Ai margini della conferenza la delegazione italiana - accompagnata dai rappresentanti delle principali aziende nel settore, incluse Finmeccanica/Selex, Telecom Italia e Vitrociset - ha avuto incontri B2B con le controparti israeliane per approfondire poi le potenzialità della collaborazione bilaterale con il National Cyber Bureau israeliano, in un settore dove entrambi i paesi sono peraltro considerati tra i più avanzati.
E a completare la missione, la delegazione ha preso parte a un evento conviviale ospitato dall'ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talò e occasione per incontrare con alcuni 'big' internazionali della cibernetica: da Yahal Zilka, il venture capitalist protagonista dell'accordo per l'acquisto dell'applicazione israeliana Waze da parte di Google per oltre un miliardo di dollari a Eugene Kaspersky, proprietario dell'omonimo software anti-virus.

(Corriere delle Comunicazioni, 14 giugno 2013)


In mostra il tesoro ritrovato del ghetto di Venezia

Alla Galleria Giorgio Franchetti un imperdibile percorso della memoria

di Antonella Matarrese

"Destinato a S. nell'anno 1804 dal saggio Lemordekhay ben Avraham Motta e sua moglie. E così sia". Oppure: "Corona della Torà dalla cara signora Rachel vedova del fu Avram Ya'aqov Curiel nell'anno 1785-1796". E ancora: "Sessanta once d'argento in dono per la sinagoga di Ceneda. Dal signor Aronne ben Yehudà Pincherle... nell'anno 1828". La lettura delle didascalie che accompagnano i preziosi votivi esposti alla Galleria Giorgio Franchetti di Venezia alimenta fantasie letterarie ed evoca fantasmi storici.
In realtà l'intera mostra dedicata al restauro dei Tesori del ghetto di Venezia (fino al 29 settembre) è un affascinante susseguirsi di riflessioni e pensieri, sparizioni e ritorni. Tanto è vero che Riccardo Calimani, presidente della comunità ebraica veneziana, nonché noto storico dell'ebraismo, tiene a precisare: "Non è vero che il ritrovamento degli ori esposti è stato casuale, come recita il testo a sostegno esplicativo della mostra. Nessun segreto è mai tale in una comunità ebraica".
Comunque sia, gli oggetti liturgici esposti furono nascosti, nel settembre 1943, dai due anziani responsabili del servizio liturgico della Sinagoga spagnola e di quella Levantina, prima dell'arrivo dei nazisti. I due uomini furono deportati e non fecero mai ritorno. Il tesoro è rimasto nascosto fino a qualche anno fa, quando durante il restauro della Sinagoga spagnola è riemerso ed è stato affidato ad abili orafi veneziani per il restauro. Si tratta di corone ('ataròth), puntali (rimmonìn), portaprofumi (besamìn), manine (yadòth) per seguire la corretta lettura del Sefer Torà, creati a Venezia tra il Diciottesimo e Diciannovesimo secolo e riportati in luce grazie all'impegno dell'organizzazione non-profit Venetian Heritage e al sostegno del marchio internazionale di gioielleria Vhernier. Un imperdibile percorso della memoria, anche in vista dei festeggiamenti per i 500 anni del ghetto di Venezia nel 2016.

(Panorama, 14 giugno 2013)


Al telefono con l'interprete automatico

di Marco Passarello

Una startup israeliana, la Lexifone, offre anche in Italia un servizio di traduzione simultanea, via telefono e interamente computerizzato. Le frasi pronunciate da chi chiama vengono trascritte da un software di riconoscimento vocale, tradotte automaticamente e poi ritrasmesse all'interlocutore attraverso una sintesi vocale.
Non si tratta di una novità assoluta: il sistema è in funzione in Israele già da alcuni mesi, mentre in Giappone una compagnia telefonica offre un servizio simile (ma solo per lingue orientali). È però solo da una settimana che Lexifone è presente sul mercato internazionale. L'offerta di lingue è ampia: inglese (con distinzione tra inflessione britannica, statunitense e australiana), italiano, francese, portoghese, russo, spagnolo, tedesco e cinese mandarino, in tutte le possibili combinazioni (è dato per imminente l'arrivo di arabo e giapponese).
Per utilizzare il servizio, è necessario per prima cosa registrarsi sul sito web, e poi chiamare, da qualsiasi telefono, uno dei numeri ivi elencati. In alternativa, si può usare un'app Android gratuita. Sono previste sia conversazioni faccia a faccia (utilizzando un viva voce), sia verso un numero telefonico specificato dall'utente. Lexifone ascolta le frasi pronunciate e, dopo un paio di secondi, ne fa ascoltare la traduzione. Semplici comandi da tastiera permettono di invertire la direzione della
traduzione, e di scegliere se far ascoltare o meno il parlato originale prima del testo tradotto.
Le tariffe vanno da 10 centesimi di dollaro al minuto per le conversazioni faccia a faccia, fino a 40 per le chiamate verso dispositivi mobili, che vengono scalati da un credito prepagato in tagli da 10 e 20 dollari. Esistono anche varie forme di abbonamento.
È dunque la fine del mestiere dell'interprete? È prematuro pensarlo. La tecnologia della traduzione automatica, per quanto abbia fatto passi da gigante, è ancora ben lungi dall'approssimare i risultati ottenibili da un essere umano competente. E le prime recensioni del servizio reperibili online sembrano confermarlo: Lexifone non è esente da errori. Come del resto Google Translate, è un servizio che potrebbe rivelarsi molto utile, ma non così affidabile da essere usato in ogni circostanza.

(Il Sole 24 Ore, 14 giugno 2013)


Il lungo ritorno a Chabad della Collezione Schneerson

MOSCA - La storica Collezione Schneerson, con 12.000 volumi e oltre 50.000 documenti rari risalenti al periodo tra il XVIII secolo e l'inizio del XX, collezionata dal quinto Rebbe di Lubavitch, il Rebbe Rashab - espropriata dai comunisti nel 1918, e da allora conservata nella Biblioteca di Stato russa - è in fase di ritorno presso il Museo Ebraico e Centro per la Tolleranza di Mosca, ritornando di fatto in possesso di Chabad.
La restituzione è stata annunciata al Museo Ebraico dal Presidente russo Vladimir Putin, che ha affermato di restituirla agli ebrei di tutto cuore. Il rabbino capo di Russia, rav Berel Lazar, ha ringraziato il presidente definendo il momento "un giorno storico per il movimento Chabad".
Il settimo Rebbe di Lubavitch insistette molto, rappresentato dall'Associazione dei discepoli Chabad e agendo tramite vie legali, per far rientrare alla sede centrale di Chabad a New York l'inestimabile patrimonio culturale e religioso, ma la Biblioteca di Stato oppose un forte diniego. Dal 1991 furono intraprese diverse azioni per poter rientrare in possesso dei beni, arrivando anche alla sentenza di un tribunale russo, che confermò la proprietà di Chabad sulla collezione e sentenziò il rilascio, ma anche in quel caso la biblioteca rifiutò.
Nel 2010 l'Associazione dei discepoli Chabad negli Stati Uniti portò a giudizio la Russia presso un tribunale americano, che riconobbe la proprietà a Chabad, e impose una multa di 50.000 dollari al giorno fino al momento del rilascio totale a favore dello stesso movimento chassidico.
L'attuale destinazione, presso il Museo Ebraico e Centro per la Tolleranza di Mosca rappresenta infatti un primo importante passo verso la destinazione finale a New York.
Il Museo Ebraico e Centro per la Tolleranza di Mosca dispone di esposizioni permanenti e temporanee, sale conferenze, una biblioteca, un centro di ricerca, un cinema 4D, un centro per bambini, un negozio del museo, e un caffè Kasher. Tra i primi ospiti del museo, che ha aperto nel mese di novembre 2012, ci sono stati il presidente israeliano Shimon Peres e il Ministro degli Esteri Russo Sergey Lavrov. Il Presidente Vladimir Putin è tornato al museo, per la seconda volta, per ufficializzare la restituzione della collezione, riconoscendo il grande valore e l'insito significato simbolico di dialogo interculturale.

(Chabad.Italia, 13 giugno 2013)


Le stragi dei palestinesi che dividono Hamas e Hizbullah

di Giovanni Giacalone

In crisi i rapporti tra Hamas e Hizbullah. Se prima i due erano stretti alleati contro l'acerrimo nemico israeliano, l'intervento del "partito di Dio" sciita in appoggio ad Assad nella battaglia di Qusayr ha totalmente stravolto gli equilibri.
Hamas, in quanto organizzazione sunnita, non ha potuto fare a meno di schierarsi a favore dell'opposizione siriana contro l'asse sciita, consapevole però del fatto che stava voltando le spalle ai propri alleati di vecchia data. Il regime di Assad diede infatti rifugio a Hamas nel 1999, quando l'organizzazione islamista palestinese venne espulsa dalla Giordania. Hamas divenne così parte del noto "asse di resistenza"anti-israeliano assieme a Iran e Hizbullah.
Con lo scoppiare del conflitto siriano Hamas si è trovato in una posizione estremamente scomoda; da una parte doveva necessariamente restare fedele ai suoi alleati sciiti, ma dall'altra, essendo un'organizzazione palestinese, islamista e di stampo sunnita, non poteva certo permettersi di voltare le spalle ai sunniti che combattono Assad e ai palestinesi che in gran parte sostengono l'opposizione siriana. Decisione ancor più obbligata in seguito ai ripetuti attacchi da parte dell'esercito di Assad ai campi profughi palestinese di Yarmouk e Tadamon, a sud-ovest di Damasco.
Hamas sarebbe dunque entrata attivamente nel conflitto, le brigate Ezzedin al-Qassam starebbero infatti addestrando l'Esercito Libero Siriano e un contingente di Hamas, su ordine di Khaled Mashaal, sarebbe inoltre stato inviato a combattere a fianco dell'ELS durante la battaglia di Qusayr.
Durissime le accuse nei confronti dell'organizzazione palestinese da parte del Ministro degli Esteri siriano Walid Moallem, il quale ha affermato che nessun paese arabo ha fatto per Hamas quello che è stato fatto dalla Siria, la quale è persino finita nella lista dei paesi che sponsorizzano il terrorismo a causa di ciò, lista stipulata dagli Stati Uniti.
Quale futuro dunque per Hamas? Difficile dirlo; senza ombra di dubbio la rottura con l'Iran e Hizbullah ha messo in seria crisi l'organizzazione, sia da un punto di vista finanziario che logistico.
Secondo fonti israeliane i leaders di Hamas avrebbero deciso in fretta e furia di mandare una delegazione di pace a Teheran nel tentativo di riaprire i "rubinetti" iraniani, ma al momento è improbabile che la Guida Suprema iraniana l'ayatollah Ali Khamenei e il suo alleato Hassan Nasrallah abbiano intenzione di sbloccare il flusso di finanziamenti e di armi destinati a Gaza. D'altro canto i sauditi hanno interrotto nel 2012 l'assistenza a Hamas; i Fratelli Musulmani egiziani si trovano a dover gestire una delle più pesanti crisi economiche e politiche mai registrate in Egitto e non possono certo permettersi di finanziare Gaza.
L'unica plausibile alternativa per Hamas è volgersi verso il Qatar e non è un caso che da mesi girano voci sul possibile trasferimento degli uffici dell'organizzazione a Doha, ma a quale prezzo? E' ancora presto per dirlo.

(Diritto di Critica, 14 giugno 2013)


Angurie da single e limoneprugna. Israele lancia la frutta su misura

Verdura di colore e forma personalizzata in base ai gusti del consumatore e ortaggi nati da ibridi. Sono tra le novità della fiera dell'agricoltura hi-tech di Tel Aviv. Un mercato di nicchia, ma in crescita. Sono stati prodotti anche spinaci nani e melanzane senza semi.

di Fabio Scuto

TEL AVIV- L'anguria "personalizzata", il "lamoon plum", che sembra un limone ma ha la polpa simile alla prugna, una versione ibrida di broccoli e cavolo cinese, un tipo di sedano che sembra una zucchina. Sono state loro le star quest'anno dell'Agro-Mashov, la fiera che presenta ogni anno il meglio dell'agricoltura hi-tech israeliana. Questo tipo di coltivazione è parte integrante del sistema produttivo agricolo ed è certamente uno dei suoi elementi di punta nei mercati internazionali.
  Lo scopo di queste nuove varietà di frutta e ortaggi, ottenute manipolando il gene delle piante, con il loro aspetto insolito e più alto valore nutrizionale, è quello di permettere agli agricoltori di ottenere prodotti in grado di essere coltivati anche dove la natura sembra più ostile, che possono crescere anche in climi secchi senza un grande dispendio del bene più prezioso in Medio Oriente: l'acqua.
  Molti di questi ortaggi sono destinati anche a competere sul mercato mondiale sempre a caccia di novità alimentari. Infatti fra gli stand ci sono compratori da tutto il mondo. Quelli che vediamo sui banchi di esposizione sono "prototipi" coltivati su piccola scala, quindi se i grossisti non sono qui per firmare un contratto di almeno un anno con le aziende, non sarà facile vedere questi prodotti speciali nelle grandi catene di supermercati in Israele. In attesa di consumatori israeliani, però si sono fatti subito sotto quelli americani, i sudamericani e i cinesi naturalmente. Ma non sono mancati compratori da Gran Bretagna e Francia, dove i prezzi medi sono quattro volte superiori a quelli in Israele, e i "cacciatori di gusto" che lavorano per i ristoranti dei grandi chef internazionali.
  L'anguria personalizzata sviluppata dalla "Origene Seeds" è una versione del frutto di diverse dimensioni: da un chilo e mezzo; da 2 a 3; da 4 a 6; e da 6 a 8 chili. Pesi che si adattano a single e a piccole e grandi famiglie. Il frutto è altamente salutare, pieno di licopeni, zuccheri e vitamine, cresce con poca acqua e si mantiene a lungo in frigo. "La gente si lamenta sempre per le dimensioni del cocomero da mettere in frigo e l'idea è stata quella di creare angurie con un elevato contenuto di zucchero, facili da trasportare e sufficienti anche per una persona sola, senza sprechi", spiega Dov Godinger, direttore delle vendite dell'azienda. Fra le altre tante novità di quest'anno gli spinaci nani, che crescono soltanto 20 millimetri, ma il cui concentrato di sapore è altissimo; il broccolo dolce, piccolo come grani di pepe, ideale per la cottura, messo sul mercato da una piccola azienda agricola a conduzione familiare di Afula. Ricco di vitamine A e C, è ideale per la cottura al forno o saltato in padella.
  Il pepe resta sempre un "cult" e qui non poteva mancare quello più potente del mondo: da 150 a 300 volte più forte del pepe normale, messo a punto dalla Yofi Shel Yerakot (Belle Verdure), una cooperativa agricola della Valle di Arava. Che dire poi della banana con la buccia nera, ideale per essere cucinata sulla brace?
  Le nuove varietà di melanzana, che si affacciano da grandi cesti di vimini come mazzi di fiori allo stand della "B&D", hanno davvero grandi peculiarità. Una varietà ha come caratteristica principale il basso assorbimento di olio durante la frittura, cioè un più alto valore nutrizionale unito alla velocità di cottura. Un'altra è invece senza semi, il che la rende più semplice da trattare per essere usata nelle pietanze ispirate alla "nouvelle cuisine"; le melanzane con i semi (sono questi a renderle amare) sono considerate inadeguate per essere servite nei ristoranti di fascia alta. Ai pomodorini di colore giallo o nero - questi ultimi si ottengono aggiungendo un pigmento del mirtillo - si sono aggiunti i peperoni a "stella", bassi e larghi. Il sedano che somiglia a una zucchina può essere affettato in orizzontale e si presta bene per le "composizioni" degli chef più esigenti. Oppure i peperoncini color arancione, quasi per nulla piccanti che possono essere mangiati crudi come un frutto.
  L'hi-tech agricolo in Israele è un mercato in forte crescita e in espansione sui mercati mondiali, in campo ci sono le aziende agricole più diverse: quelle familiari, le cooperative, i kibbutz, quelle (poche) dello Stato dove fanno pratica i neo-agronomi appena usciti dall'università. Aziende, che realizzando la coltura agricola in serre e quasi su ordinazione, macinano fior di utili. Uno degli altri aspetti più singolari è rappresentato bene dalle aziende della Valle dell'Arava, che congiunge la depressione del Mar Morto con la costa del Mar Rosso: anche se è nel deserto, il 90% dei suoi abitanti sono tutti agricoltori di successo.

(la Repubblica, 14 giugno 2013)


Francia - Twitter consegnerà gli account antisemiti

Sconfitta in appello per il tecnofringuello, obbligato a consegnare le informazioni associate agli account responsabili della pubblicazione di micropost antisemiti dall'hashtag #unbonjuif

di Mauro Vecchio

ROMA - Dovranno consegnare tutti quei dati utili all'identificazione degli account responsabili, specifici indirizzi IP associati ai profili cinguettanti dell'hashtag #unbonjuif, letteralmente, "un buon ebreo". I vertici di Twitter sono così usciti sconfitti dopo il ricorso in appello al tribunale di Parigi, obbligati a rivelare i dati relativi ai suoi utenti accusati di aver pubblicato numerosi micropost razzisti e antisemiti.
Le informazioni dovranno così passare nelle mani dei responsabili della transalpina Union des Étudiants Juifs de France (UEJF), che avevano denunciato il tecnofringuello per il mancato rispetto dell'ingiunzione diramata nello scorso gennaio dal Tribunal de grande instance di Parigi, in seguito alla diffusione di cinguettii illegali in terra francese.
Lo stesso tribunale parigino aveva imposto ai responsabili del social network californiano l'implementazione di uno specifico sistema per la segnalazione degli abusi, oltre che la consegna - pena una sanzione di mille euro per ciascun giorno d'inadempienza - degli indirizzi IP associati agli account dell'hashtag #unbonjuif. Rimossi i cinguettii illeciti, Twitter si era rifiutata di consegnare i dati in quanto azienda operativa negli Stati Uniti e soggetta alle previsioni costituzionali del Primo Emendamento.In sede d'appello, il giudice parigino ha sottolineato come la piattaforma di microblogging non sia riuscita a presentare prove sufficienti al fine di giustificare il proprio rifiuto. Portavoce del governo locale, Najat Vallaud-Belkacem ha ribadito che i micropost pubblicati su Twitter erano e restano illegali, mentre il rispetto delle leggi nazionali non può risultare opzionale per un'azienda estera.
Soddisfatti della vittoria in appello, i responsabili di UEJF hanno sottolineato come la piattaforma californiana non possa più "giocare con la giustizia francese".

(PuntoInformatico, 14 giugno 2013)


Fisichella visita Gerusalemme prima del roadshow

Il pilota romano guiderà una Ferrari F60 su un percorso di circa 2800 metri

"Un'esperienza bellissima". Giancarlo Fisichella non ha esitazioni nel definire la sua seconda giornata - la prima, nel marzo scorso, fu una vera toccata e fuga - a Gerusalemme. Il pilota italiano è in Israele per partecipare alla prima edizione del Jerusalem Peace Road Show, evento organizzato sotto l'egida del Comune di Gerusalemme e con il supporto di Kaspersky Lab, uno dei più importanti partner della Scuderia Ferrari.
Prima di sedersi nell'abitacolo della F60 e affrontare i 2800 metri di lunghezza del tracciato che si snoda lungo i saliscendi di Gerusalemme, Giancarlo ha effettuato una visita della Città Vecchia, in compagnia di un giovane talento della Ferrari Driver Academy, Antonio Fuoco, anch'egli protagonista dell'evento al volante di una 430 Challenge.
"Ho visto posti incredibili, ricchi di storia e di fascino, e conto di ritornare qui con la mia famiglia per visitare con più calma la città" ha detto Giancarlo. "Abbiamo avuto una guida, fra l'altro romana come me, che ci ha accompagnato lungo le stradine della città, illustrandoci quello che vedevamo. Si sente sempre parlare di Gerusalemme e dei suoi luoghi santi ma poterli vedere da vicino dà una sensazione speciale, irripetibile altrove".
"Per me è un grande onore essere qui e lo è ancora di più poter guidare una Ferrari di Formula 1 in un evento storico per l'automobilismo sportivo in Israele" ha proseguito Giancarlo. "Stare al voltante di un gioiello di tecnologia come la F60 in un luogo così ricco di storia rappresenta una combinazione incredibile e ci tengo a ringraziare chi, in primis la Municipalità di Gerusalemme e Kaspersky Lab, ha reso possibile questo evento".

(OmniCorse, 14 giugno 2013)


"Sua Eccellenza Mahmoud Abbas, le invio questa missiva per mezzo del Sindaco di Torino"

Emanuel Segre Amar ci ha inviato il testo integrale della lettera - da lui stesso tradotta in italiano - che avrebbe voluto portare di persona a Mahmoud Abbas durante la visita in Israele e Territori palestinesi della delegazione di Torino, ma che per ragioni politiche ha potuto soltanto essere inviata attraverso Piero Fassino. Molto volentieri la pubblichiamo.

Gerusalemme, 24 di Sivan 5773, 2 Giugno 2013

Sua Eccellenza Mahmoud Abbas,
   Sono nato nel 1944 a Gerusalemme, dove i miei genitori si rifugiarono per sfuggire alla deportazione che minacciava tutti gli Ebrei d'Italia a causa dell'occupazione tedesca. Per ragioni politiche, che mi trovano in disaccordo, non posso incontrarla durante la nostra visita in Israele e nei territori ANP, quindi le invio questa missiva per mezzo del Sindaco di Torino, Piero Fassino.
   Io credo personalmente che i palestinesi appartengano a questa terra santa martirizzata. Ma credo altresí che l'ostacolo maggiore al raggiungimento di una pace duratura sia la mancanza di volontà degli Arabi di riconoscere il diritto degli Ebrei a essere Popolo Sovrano nella nostra Terra Madre in Medio Oriente. Il conflitto è sull'esistenza stessa d'Israele, non sulla sua grandezza o frontiere.
   Per circa duemila anni, in seguito alla distruzione di Gerusalemme da parte dell'esercito imperiale Romano, la maggior parte del Popolo d'Israele è vissuta in esilio dai propri luoghi santi, mantenendo vive la propria religione, lingua e usanze, in un atto senza eguali di memoria collettiva. Gli Ebrei sono sempre vissuti nella Terra d'Israele, anche dopo la deportazione da parte dei Romani; siamo vissuti a centinaia di migliaia per 2.000 anni in tutto il Medio Oriente, dall'Iraq all'Egitto, dalla Siria a Gaza, compresa la Penisola Araba, come scritto anche nel Corano. Noi Ebrei siamo sempre rimasti fedeli alla nostra cultura e al nostro Retaggio anche attraverso continue sofferenze, bersagliati dovunque ci stabilivamo dal risentimento e dalla xenofobia degli ospiti, tuttavia senza mai dimenticare Gerusalemme - la Città Santa di tutta la nostra storia, menzionata almeno tre volte al giorno nelle nostre preghiere e OGNI VOLTA che abbiamo mangiato del pane o dei frutti tipici della Terra d'Israele, come fichi, datteri, uva, ecc.; una città in cui abbiamo sempre vissuto, tranne che durante l'occupazione dei Crociati, e dove almeno sin dalla metà del XIX Sec. E.V. noi Ebrei siamo sempre stati la maggioranza assoluta degli abitanti. Nessun altro popolo nella Storia ha sperimentato una tale sofferenza immeritata, o dedicato altrettanta energia al ricordo e al lutto per i propri morti.
   Questa è anche la storia della mia famiglia: una storia di persecuzione e di redenzione.
   Le Nazioni Unite votarono a stragrande maggioranza per riconoscere lo Stato d'Israele come membro e come patria in cui gli Ebrei potessero finalmente vivere come Popolo Indipendente e Sovrano. Israele è sempre stata per gli Ebrei un anelito di libertà, il modo per acquisire l'auto-governo il cui ricordo avevano mantenuto in vita per duemila anni nella memoria. Com'è noto, l'odio è ricominciato, ora diretto ad Israele e ai Suoi Cittadini Ebrei.
   Come possiamo rompere quest'orribile catena di aggressioni terroriste e risposte difensive dopo quasi settant'anni di conflitto e odio?
   La pace può essere raggiunta solo con il riconoscimento in Medio Oriente d'Israele come il focolare nazionale del Popolo Ebraico, come già deciso dalla Conferenza di San Remo del 1920; aggiungendo lo Stato d'Israele in tutte le carte geografiche usate nelle scuole del mondo islamico, specialmente nelle scuole palestinesi; la promozione di interazione e collaborazione tra scienziati, studiosi, artisti e atleti; l'abbandono della delegittimazione d'Israele alle Nazioni Unite; la messa fuori legge dei gruppi terroristi miranti all'uccisione d'Israeliani e alla distruzione d'Israele; la fine dei boicottaggi economici contro Israele; infine, ma non per importanza, la proclamazione di fatwa da parte di teologi che proibiscano l'assassinio degli "infedeli".
   Signor Presidente, i soldati israeliani non usano bambini come scudi quando iniziano un conflitto a fuoco coi terroristi, le scuole e le colonie estive israeliane non fanno il lavaggio del cervello agli alunni perché compiano azioni violente contro i civili, gli esponenti religiosi d'Israele non tessono le lodi di bambini che compiono azioni terroriste.
   Credo che il modo in cui l'Autorità Palestinese educa i propri bambini e la propria società sia un indicatore chiave delle sue vere intenzioni. Nonostante tutto ciò, non voglio perdere la speranza che Lei lavorerà duro per costruire una vera cultura di pace durevole.
Cordialmente.
In Fede,
Emanuel Segre Amar
Vice Presidente della Comunità Ebraica di Torino.

(Notizie su Israele, 14 giugno 2013)


"Google è il miglior partner per Waze"

Noam Bardin: 'L'attivita' resta in israele, garantiti gli impiegati'

TEL AVIV, 13 giu - "Sono state valutate molte opzioni, ma crediamo che Google sia il miglior partner per Waze". Così Noam Bardin, Ceo dell'app israeliana specializzata in mappe, ha raccontato agli utenti l'intesa economica raggiunta con il gigante dei motori di ricerca. Per acquisire Waze, Google avrebbe sconfitto la concorrenza di Apple e Facebook. Secondo quanto spiegato da Bardin, in pratica, a Waze "non cambierà nulla: tutta l'attività resterà in Israele "per anni", Google non potrà licenziare un "singolo impiegato" degli attuali 107 dipendenti della società e l'intera somma di un miliardo di dollari andrà 'cash' nelle tasche degli investitori, fondatori e lavoratori della app israeliana. L'azienda di Raanana, cittadina a nord di Tel Aviv - fondata dallo stesso Bardin con Samuel Keret, Amir Shinar e Ehud Shabtai - in cinque anni, è diventata un colosso da circa 50 milioni di utenti globali al giorno. "Larry Page, Brian McClendon e il team di Google Maps - ha detto Bardin - condividono la nostra visione di un servizio globale di mappe, aggiornato in tempo reale dalle comunità locali e spero ci aiutino a progredire".

(ANSA, 14 giugno 2013)


Biotecnologia e medicina, Italia e Israele si confrontano

Lo scambio di biotecnologie farmaceutiche nella medicina è in costante crescita tra Italia e Israele e rappresenta uno dei settori di maggiore sviluppo tra i due paesi

Centro di Simulazione e Fomazione Medica dell'Ospedale Tel Hashomer
GERUSALEMME - Si conclude oggi la visita in Israele di una delegazione di Dirigenti Sanitari appartenenti ai vari Ospedali Italiani per scoprire le innovazioni tecnologiche del settore.
  Oltre 1200 le compagnie israeliane impegnate nel settore bio-medico, con partnership in tutto il mondo. Tanti i settori di eccellenza: dall'Emergenza e Trauma, alla Gestione Efficiente degli Ospedali, dalla Telemedicina e Medicina-Informatica Robotica, alla Medica Diagnostica e Diagnostica d'Immagine. E ancora Formazione e Simulazione Medica, Medicina Cardiovascolare e Ricerca Scientifica.
  La delegazione italiana ha incontrato dirigenti della sanità pubblica e quelli dei maggiori ospedali. Attraverso una presentazione del sistema sanitario israeliano e della gestione delle strutture sanitarie, è nato un confronto per creare nuove possibilità di collaborazione.
  Visita obbligata, quella al più importante Centro di Simulazione e Fomazione Medica dell'Ospedale Tel Hashomer, all'avanguardia nelle tecniche di simulazione e nel training del personale medico.
  Nello stesso periodo, a Tel Aviv, la manifestazione MEDinISRAEL e "The 2nd International Conference Medical Devices & Hit. Lo scambio di biotecnologie farmaceutiche tra Italia e Israele è in costante crescita e rappresenta uno dei settori di maggiore sviluppo tra i due paesi, ha detto a Tel Aviv Daniela Jabes di Assobiotec - l'associazione italiana della bioindustria che rappresenta oltre 120 imprese. L'intervento nll'ambito della Conferenza dedicata alla biofarma di 'Biomed 2013'.
  Organizzata dall'Ambasciata italiana e dalla Camera di Commercio e industria Israele-Italia, la Conferenza ha percorso le "sfide e le opportunità" che i farmaci 'biosimilari' offrono alle industrie dei due paesi. "Non c'è dubbio - ha detto Jabes nel suo intervento - che i rapporti "siano ottimi e in continua evoluzione. Proprio in questi giorni si stanno concretizzando accordi di collaborazione con istituti pubblici e ospedali israeliani. Uno, ad esempio, nel campo dei pazienti diabetici".
  "Del resto - ha aggiunto - Italia e Israele sono paesi molti simili quasi con la stessa cultura in grado di interagire tra loro molto bene. Sono in molti in Israele ad essersi formati in medicina in Italia". A giudizio di Jabes, da parte italiana "c'è una prevalenza nella capacità di innovare tecnologicamente, mentre dal versante israeliano c'è una maggiore predisposizione alla messa in pratica delle tecnologie. In sintesi, da noi più creatività, da loro più pratica".
  L'andamento attuale è stato anche sottolineato dal vicedirettore generale del ministero della sanità israeliano Arnon Afek secondo cui il settore biomedico è uno di quelli dove più intenso è lo scambio tra Italia e Israele.
   L'ambasciatore italiano Francesco Maria Talò ha ricordato le "similarità delle strutture sanitarie tra i due paesi, ospedali compresi e maniera di trattare il paziente. Quello della sanità e della farmaceutica sono settori sempre più prevalenti, insieme alla meccanica e allo spazio, tra Italia e Israele".
  Del resto l'Italia si è presentata in maniera piuttosto articolata a 'Biomed 2013', grazie al lavoro dell'Ambasciata, della Camera di Commercio Italia-Israele, dell'Agenzia Ice di Tel Aviv e di Banca Intesa San Paolo. A essere rappresentate sono state sia le aziende più mature sia le start up. L'obiettivo, specialmente per queste ultime (15), è stato quello di trovare a Biomed 2013 collaborazione scientifica ed economica con istituti di ricerca e compagnie votate al settore.
   "Il campo biomedico italiano - ha detto Marina Scognamiglio, direttore dell'Agenzia Ice che con Banca Intesa ha promosso la partecipazione di start up italiane - è in un notevole andamento di crescita e le società del settore stanno facendo fronte con successo al mercato internazionale".

(RaiNews24, 13 giugno 2013)


Cyberwar, le nuove frontiere

La sicurezza informatica al centro della terza Conferenza Internazionale sulla Cyber Security in Israele presso la Tel Aviv University. Conferenza alla quale ha partecipato anche una delegazione italiana

GERUSALEMME - Cresce la minaccia del cyber-terrorismo e arriva addirittura in orbita. L'ultima frontiera degli hacker sembrano infatti essere le complesse infrastrutture spaziali, come le reti dei satelliti per le tlc o per le sofisticate applicazioni civili e militari. Obiettivi che si aggiungono a quelli civili come le reti elettriche o le infrastrutture dei trasporti o le riserve dell'acqua. Per non parlare della vulnerabilità sistemi finanziari. E così internet può diventare sempre di più un'arma e una minaccia. Capace di mettere in ginocchio una nazione senza l'uso di armi convenzionali.
La sicurezza informatica è stata al centro della terza Conferenza Internazionale sulla Cyber Security del 12-13 giugno in Israele presso la Tel Aviv University. Conferenza alla quale ha partecipato anche una delegazione italiana composta da personalità di altissimo livello sia dal lato istituzionale che commerciale. In occasione di questo Executive Forum, a partecipare al primo roundtable, uno speaker italiano, il Dott. Andrea Rigoni, DG del Global Cyber Security Center nonchè main advisor del Dott. Roberto SAMBUCO, Capo Dipartimento Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico(MISE).
La Conferenza ha coinvolto illustri relatori ed esperti provenienti da tutto il mondo. Che si sono incontrati con l'obiettivo di mettere a punto anche incontri Business to Business (B2B). Un'occasione per la delegazione italiana di rafforzare le già consolidate relazioni tra Italia e Israele, e sperimentare sul posto il know how israeliano nel settore della sicurezza informatica.
"La sicurezza informatica non riguarda la salvaguardia delle informazioni o dei dati, ma qualche cosa di più profondo. Riguarda la sicurezza dei sistemi vitali regolati dai computer. In Israele ci siamo occupati di questo già 10 anni fa", spiega il consigliere per la Cyber security del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Isaac Ben-Israel.
"Una cyber guerra può infliggere lo stesso tipo di danni di una guerra convenzionale. Se vuoi colpire duramente un paese, puoi colpire il fabbisogno energetico e i rifornimenti di acqua. La tecnologia informatica può fare questo senza sparare un colpo", continua Isaac Ben-Israel. Che spiega: Israele deve affrontare mille attacchi informatici al minuto. C'è comunque una gerarchia. Attacchi di hacker come quelli del gruppo Anonymous, che non fanno particolari danni. Poi ci sono attacchi da parte di stati o organizzazioni criminali più ampie.
Per questo è stata creata una taskforce ad hoc che indirizza il governo nella lotta al cyber crimine. Con centri di ricerca e una rete di cooperazione tra organizzazioni accademiche, business e strutture governative.

(RaiNews24, 13 giugno 2013)


A Gerusalemme 'The Peace Road Show'

Fisichella: guidare qui una F1 è eccitante

GERUSALEMME, 13 giu - Guidare una F1 in ogni parte del mondo è sempre eccitante e a Gerusalemme lo è ancor di più'. Lo ha detto il pilota della Ferrari Giancarlo Fisichella alla presentazione del 'The peace road show' in programma oggi e domani. Fisichella - che guiderà una F60 - si è detto 'emozionato' per l'evento. Accanto a lui l'ex campione del mondo di motociclismo Max Biaggi. 'Sono l'unico - spiega - che guida una due ruote in questa manifestazione. Proverò a far divertire il pubblico, magari su una ruota!'.

(ANSA, 13 giugno 2013)


A Tel Aviv la prima sede israeliana di Kaspersky Lab

Kaspersky Lab annuncia l'apertura della prima sede in Israele. Il nuovo ufficio, che avrà sede a Tel Aviv, gestirà lo sviluppo del business, delle vendite e il supporto marketing per i prodotti Kaspersky Lab all'interno del paese.
Israele è un mercato storico per Kaspersky, con la prima partner siglata che risale al 2001. Nel corso dell'ultimo decennio, Kaspersky Lab è diventata un marchio leader nel settore della sicurezza IT in Israele e le sue soluzioni hanno guadagnato una quota di mercato significativa nei segmenti consumer e business.
La nuova sede di Tel Aviv rafforzerà le vendite di Kaspersky, il marketing e l'assistenza clienti nel paese e sarà il punto di contatto per tutti i partner e i clienti israeliani. Il nuovo ufficio sarà diretto da Noam Froimovici, fondatore ed ex co-CEO di Power Communications, distributore leader di software in Israele e distributore ufficiale di Kaspersky Lab.
Eugene Kaspersky, Ceo e co-fondatore di Kaspersky Lab, ha dichiarato: "Sono lieto di annunciare l'apertura ufficiale della prima sede di Kaspersky Lab in Israele, che sarà in grado di rafforzare e potenziare il nostro business nel paese. La decisione di aprire il nuovo ufficio segue la crescente domanda di prodotti Kaspersky Lab in Israele e le richieste di assistenza".
Nel mese di maggio 2013, Kaspersky Lab ha lanciato in Israele il nuovo prodotto dedicato alle aziende - Kaspersky Endpoint Security for Business - una piattaforma per la sicurezza progettata per superare le sfide più recenti nella gestione di una rete aziendale efficiente e sicura.
Noam Froimovici, Managing Director di Kaspersky Lab Israel, ha aggiunto: "Abbiamo costruito una importante rete di clienti e partner in Israele e il prossimo passo a livello logistico è quello di stabilire un contatto diretto. Il nuovo ufficio ci aiuterà a rafforzare e promuovere il brand Kaspersky Lab sul territorio e a coordinare in modo più efficace le nostre attività con i partner. Abbiamo in programma di stabilire un supporto SLA in Israele per fornire alle aziende clienti servizi di qualità".
Kaspersky Lab, in qualità di sponsor ufficiale della Scuderia Ferrari, porterà la Ferrari in Israele per il primo evento di city racing nel paese: "Jerusalem Formula The Peace Road Show 2013".

(Corriere delle Comunicazioni, 13 giugno 2013)


Netanyahu ad Auschwitz per inaugurare mostra sulla Shoah

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sarà oggi in visita in Polonia dove parteciperà all'inaugurazione di una nuova mostra sulla Shoah al museo di Auschwitz-Birkenau.
L'inaugurazione di questa mostra, preparata dall'istituto Yad Vashem era prevista in origine il 9 maggio, ma era stata rinviata a causa dell'agenza del premier israeliano.
L'esposizione interessa il blocco 27 di Auschwitz I, la parte più vecchia del campo di concentramento della Germania nazista nel sud della Polonia.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, circa un milione e 100.000 persone furono uccise dai nazisti nel campo di Auschwitz-Birkenau, tra il 1940 e il 1945. Tra loro, un milione di ebrei.

(Today, 13 giugno 2013)


Nuovi pionieri in Giudea-Samaria
Il titolo della nota era: "Nuovi coloni in Cisgiordania".
È stato corretto. Ved. Legenda.


Israele progetta di costruire centinaia di nuovi alloggi in un insediamento nel nord della Giudea-Samaria. Lo scrive il Jerusalem Post: oltre alla costruzione di 538 nuovi alloggi previsti nell'insediamento di Itamar, le autorità locali hanno ricevuto la richiesta di legalizzarne altre 137 già costruiti.
Anche Haaretz parla di 537 nuove unità immobiliari e di legalizzazione di altre 130. Secondo il Jerusalem Post «verrà esaminata» anche la proposta di 550 nuove costruzioni a Brunchin.

(Fonte: Annunci PPN, 13 giugno 2013)


Salvador Dalì: "Io sono un amico di Israele"

Galleria
Ventiquattro anni dopo la sua morte, l'arte del pittore spagnolo Salvador Dalì ha raggiunto per la prima volta la Terra Santa. Per due settimane quasi 200.000 israeliani si sono riversati nella grande sala del Centro congressi di Haifa per ammirare i circa 500 quadri e sculture di Dalì, per un valore complessivo di 60 milioni di euro. Tra le opere del grande rappresentante del surrealismo del XX secolo si trovavano: "La persistenza della memoria", "L'Ultima Cena" e "La Giraffa che brucia". Al braccio destro di Dalì, Enrique Sabater, è dovuta la realizzazione della spettacolare mostra d'arte in Israele. Solo pochi forse sanno che Salvador Dalì poco dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967 dedicò alcuni suoi motivi al giovane Stato d'Israele. Sono state quindi proprio queste rappresentazioni dello Stato ebraico ad attrarre come una calamita i visitatori israeliani. Per molti storici dell'arte il rapporto di Dalì con l'ebraismo e Israele rimane un mistero. Enrique cita una frase del grande pittore: "Israele ha molti nemici, ma ha anche amici, e io sono uno di quelli". "Questo spiega la nascita della serie di quadri detta "Aliyah" (immigrazione) vent'anni dopo la fondazione dello Stato d'Israele. Da questa serie di litografie, che raramente è dato di vedere ma che questa volta sono state completamente esposte in Israele, emerge il grande amore e l'ammirazione di Dalì per Israele.

(israel heute, giugno 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Casale Monferrato - "Il duo per violoncello e pianoforte dall'ottocento ad oggi"

Terzo e conclusivo appuntamento con la rassegna musicale organizzata dalla Comunità Ebraica di Casale Monferrato alla Sinagoga domenica il 16 giugno alle 21,15. Il concerto, realizzato sollo la direzione artistica di Giulio Castagnoli, è intitolato "Il duo per violoncello e pianoforte dall'ottocento ad oggi" e costituisce un notevole excursus storico, dove autori diversi sono legati o dal tema esplicito dell'ebraismo, o dalla creazione di opere pervase da un senso di religiosità pertinente con il luogo dove vengono eseguite.
Il programma prevede due celeberrime Sonate di Chopin e di Debussy e due chicche davvero imperdibili. Si potrà ascoltare la prima esecuzione moderna della Grande Sonata per violoncello e pianoforte di Del Valle de Paz, brano, pubblicato da Augener a Londra nel 1885, una delle rare composizioni cameristiche italiane di ampio respiro in un periodo in cui l'attenzione del pubblico italiano era tutta rivolta al teatro musicale.
La seconda nota di rilievo del programma prevede addirittura una prima assoluta. Come spiega Castagnoli: "Alla tradizione dei lavori da camera si è ispirato Gilberto Bosco (Torino, 1946) che ha composto espressamente per la nostra rassegna concertistica Glossa II per violoncello e pianoforte, presentato in prima esecuzione assoluta. Il brano costituisce una sottile e trasfigurata rilettura, un commentario (glossa, appunto) per mano di uno dei più sensibili autori del nuovo millennio di quella tradizione strumentale inaugurata tra Casale Monferrato e Mantova quattro secoli or sono da Salomone Rossi". Lo stesso Bosco descrive così il suo lavoro "un modo musicale ashkenazita (già utilizzato in altri brani) provoca campi armonici, frammenti ed echi di melodie, fremiti e risonanze. Un ricordo, un omaggio all'idea di un mondo".
Interpreti della serata saranno il giovane ma già bravissimo Amedeo Fenoglio al violoncello e Andrea Stefenell al pianoforte. La serata sarà introdotta dalla violoncellista e didatta casalese Erika Patrucco.
Ingresso libero, per informazioni 0142 71807
Sinagoga di Casale Monferrato vicolo Salomone Olper
Domenica 16 giugno ore 21,15
Programma
Edgardo del Valle de Paz Grande Sonate pour violoncelle et pianoforte (1885)
Fédéric Chopin Sonata per violoncello e pianoforte
Claude Debussy Sonata per violoncello e pianoforte
Gilberto Bosco Glossa II (2013) (prima esecuzione assoluta)

(Il Monferrato, 12 giugno 2013)


Paulo Sousa al Maccabi Tel-Aviv

   
Paulo Sousa
L'ex centrocampista del Portogallo Paulo Sousa è stato scelto come nuovo allenatore dei campioni della Premier League israeliana del Maccabi Tel-Aviv FC.
I Gialli, che parteciperanno alla prossima UEFA Champions League grazie al 19esimo campionato israeliano vinto la scorsa stagione, ha quindi scelto il sostituto di Oscar García che ha lasciato il club il mese scorso dopo un solo anno in panchina. "Voglio ringraziare questo meraviglioso club e la dirigenza che ha avuto fiducia in me e mi ha dato questa possibilità", ha detto Sousa, che a gennaio aveva lasciato gli ungheresi del Videoton FC dopo 18 mesi.
"Sono contento che Paulo arrivi al Maccabi e sono fiducioso sul fatto che possa portare questo club dove vogliamo che arrivi", ha detto il direttore generale del Tel-Aviv Jordi Cruyff. Il 42enne ex SL Benfica, Juventus e Borussia Dortmund in precedenza ha allenato Queens Park Rangers FC, Swansea City AFC e Leicester City FC.
I suoi impegni ufficiali inizieranno in UEFA Champions League con il secondo turno preliminare.

(UEFA.com, 13 giugno 2013)


Incontro top secret tra Mossad e 007 turchi

Pardo, a capo dei servizi segreti israeliani, e Fidan, dell'intelligenze turca, si sono incontrati per scambiare informazioni sul conflitto siriano.

Lunedì ad Ankara si è tenuto un incontro segreto fra il capo del Mossad, i servizi segreti israeliani, Tamir Pardo, e il sottosegretario dell'Intelligence turca, Hakan Fidan, per scambiare informazioni sul conflitto siriano in corso. Pardo aveva anche richiesto un incontro con il premier turco Recep Tayyip Erdogan, senza ricevere risposta.
Fidan e Pardo hanno discusso dell'influenza dell'Iran sulla Siria e della collaborazione tra i Guardiani della rivoluzione iraniana e l'intelligence del regime siriano in chiave anti-turca. Mossad e 007 di Ankara avrebbero anche deciso di condividere le informazioni riservate sulla Siria in vista della conferenza Ginevra 2 che si dovrebbe svolgere a luglio.

(globalist, 12 giugno 2013)


Israele U21, giocatori impazziti per l'impresa contro l'Inghilterra

di Francesco Cucinotta

L'1-0 di ieri contro l'Inghilterra è un risultato storico per Israele. La prima vittoria in un campionato europeo Under 21 è arrivata contro una grande Nazionale, anche se non in forma smagliante. Si aggiunga che l'impresa è stata maturata a Gerusalemme, davanti alla propria gente in festa. Si può capire, dunque, la portata di tale affermazione, che entra di diritto nella storia calcistica di questo Paese. Il più contento di tutti è sicuramente Ofir Krieff, autore del gol vittoria nella parte finale del match, che a Uefa.com afferma: "Segnare nella capitale, la mia città, e davanti ai miei tifosi è una sensazione fantastica. Ma il merito è di tutta la squadra, abbiamo fatto un grande lavoro. In generale, abbiamo disputato un gran torneo: fare 4 punti contro queste squadre non è facile. Sono contento perché abbiamo fatto a Guy (Luzon, ndr) questo regalo d'addio. Porterò questa esperienza con me per tutta la vita".
Al settimo cielo anche il capitano dell'Under 21 israeliana, Nir Biton: "Risultato fantastico, siamo soddisfatti. Ci siamo preparati per tre anni ed è passato tutto in un minuto. Non ci posso credere. Penso che sia stata la più grande esperienza della mia vita. Indossare la fascia da capitano nel mio Paese mi ha riempito d'orgoglio".
Infine, è il turno di Boris Kleyman, l'estremo difensore israeliano: "È difficile descrivere questi tifosi con una sola parola, siamo felicissimi di salutarli con una vittoria. Noi portieri siamo sempre criticati, ci sono abituato. Non importa quanto sei bravo, prima o poi il gol lo subisci. Continuerò ad andare per la mia strada, ho tanta fiducia nei miei mezzi".

(Mondo Pallone, 12 giugno 2013)


Cresce lo scambio biomedico tra Italia e Israele

L'Italia protagonista a 'Biomed 2013' Tel Aviv

di Massimo Lomonaco


TEL AVIV, 12 giu - Lo scambio di biotecnologie farmaceutiche nella medicina innovativa tra Italia e Israele e' in costante crescita e rappresenta uno dei settori di maggiore sviluppo tra i due paesi. Lo ha indicato Daniela Jabes di Assobiotec - l'associazione italiana della bioindustria che rappresenta oltre 120 imprese - intervenendo oggi a Tel Aviv ad una Conferenza dedicata alla biofarma nell'ambito di 'Biomed 2013', il maggior appuntamento israeliano. Organizzata dall'Ambasciata italiana e dalla Camera di Commercio e industria Israele-Italia, la Conferenza ha percorso le ''sfide e le opportunita'' che i farmaci 'biosimilari' offrono alle industrie dei due paesi.
E non c'e' dubbio - ha detto Jabes nel suo intervento - che i rapporti ''siano ottimi e in continua evoluzione. Proprio in questi giorni si stanno concretizzando accordi di collaborazione con istituti pubblici e ospedali israeliani. Uno, ad esempio, nel campo dei pazienti diabetici''. ''Del resto - ha aggiunto - Italia e Israele sono paesi molti simili quasi con la stessa cultura in grado di interagire tra loro molto bene. Sono in molti in Israele ad essersi formati in medicina in Italia''. A giudizio di Jabes, da parte italiana ''c'e' una prevalenza nella capacita' di innovare tecnologicamente, mentre dal versante israeliano c'e' una maggiore predisposizione alla messa in pratica delle tecnologie. In sintesi, da noi piu' creativita', da loro piu' pratica''.
L'andamento attuale e' stato anche sottolineato dal vicedirettore generale del ministero della sanita' israeliano Arnon Afek secondo cui il settore biomedico e' uno dei d quelli dove piu' intenso e' lo scambio tra Italia e Israele.
L'ambasciatore italiano Francesco Maria Talo' ha ricordato le ''similarita' delle strutture sanitarie tra i due paesi, ospedali compresi e maniera di trattare il paziente. Quello della sanita' e della farmaceutica sono settori sempre piu' prevalenti, insieme alla meccanica e allo spazio, tra Italia e Israele''.
Del resto l'Italia si e' presentata in maniera piuttosto articolata a 'Biomed 2013', grazie al lavoro dell'Ambasciata, della Camera di Commercio Italia-Israele, dell'Agenzia Ice di Tel Aviv e di Banca Intesa San Paolo. A essere rappresentate sono state sia le aziende piu' mature sia le start up.
L'obiettivo, specialmente per queste ultime (15), e' stato quello di trovare a Biomed 2013 collaborazione scientifica ed economica con istituti di ricerca e compagnie votate al settore.
''Il campo biomedico italiano - ha detto Marina Scognamiglio, direttore dell'Agenzia Ice che con Banca Intesa ha promosso la partecipazione di start up italiane - e' in un notevole andamento di crescita e le societa' del settore stanno facendo fronte con successo al mercato internazionale''.

(ANSAmed, 12 giugno 2013)


Gaza - Arriva l'estate: i ragazzi impugnano le armi

Sapore militare per attivita' ricreative di Hamas e Jihad

GAZA, 12 giu - Con la chiusura delle scuole elementari e medie, come negli anni passati Hamas e Jihad islamica hanno allestito a Gaza per i giovani compresi fra sei e 16 anni campi ricreativi dove si respira un'atmosfera para-militare.
I ragazzi ricevono in genere armi di legno e vengono sottoposti ad addestramenti serrati in cui sono simulate situazioni di combattimento. In alcuni casi sono chiamati a strisciare sotto fili spinati e a mostrare il proprio coraggio saltando in cerchi di fuoco. In un caso, di recente, e' stato simulato un attacco a un fortino israeliano.
Alcune comitive organizzate da Hamas sono sfilate ieri marciando nelle strade di Gaza, con le verdi bandiere del movimento spiegate al vento. Fonti locali precisano che i campi ricreativi organizzati dalla Jihad islamica godono fama di un piu' elevato livello tecnico, mentre quelli di Hamas offrono una migliore ospitalita' e pranzi piu' abbondanti.
La Jihad islamica ha organizzato in particolare uno di questi campi nel Sud della Striscia. Ogni mattina convergono in autobus nella sua direzione comitive di ragazzi provenienti da localita' disparate, fra cui Rafah, Khan Yunes e Nusseirat. Dopo quattro ore di attivita' i giovani fanno ritorno a casa.
Essendo gratuite, queste attivita' sono molto richieste nella impoverita popolazione della striscia di Gaza. Per poter essere ammessi a questi campi di ricreazione, viene fatto notare, bisogna attendere il proprio turno.

(ANSAmed, 12 giugno 2013)


La Russia ed Israele si scambieranno l'esperienza di riabilitazione dei tossicodipendenti

  
Viktor Ivanov
Faina Kirshenbaum
La Russia intende avvalersi dell'esperienza di Israele in riabilitazione dei tossicodipendenti. Lo ha dichiarato il direttore del Servizio Federale Antidroga (FSKN) Viktor Ivanov al termine del suo incontro di lavoro con il vice Ministro dell'Interno di Israele Faina Kirshenbaum, considerata uno dei migliori specialisti nel mondo in materia di riabilitazione dei tossicodipendenti.
Viktor Ivanov ci ha parlato degli aspetti per cui sono interessanti le metodiche israeliane e di come saranno applicate in Russia.
In Israele si è riusciti a creare uno dei sistemi più efficaci nel mondo per la fornitura di assistenza ai tossicodipendenti,- ha detto Viktor Ivanov. - È finalizzato non solo alla cura della tossicodipendenza, ma anche alla realizzazione dei provvedimenti per aiutare i soggetti interessati a riprendere una vita normale. Secondo le parole del direttore del FSKN, un simile approccio complesso è posto alla base di un programma interdicasteriale statale per la riabilitazione dei tossicodipendenti, in fase di elaborazione in Russia.
Viktor Ivanov ha sottolineato in modo particolare anche il fatto che in Israele tutti i programmi di riabilitazione sono regolati dallo Stato:
    Sono state elaborate le relative norme, si effettua il controllo sull'attività dei centri di riabilitazione, compresi quelli non governativi. Tutti i centri sono tenuti a funzionare secondo le norme che ha elaborato lo Stato. Sono, in particolare, le questioni riguardanti la conferma della qualificazione dei personali. Le persone che lavorano con i consumatori di droga, devono avere una determinata formazione professionale. È molto importante anche la contabilità di questi centri di riabilitazione verso lo stato. Dall'altra parte, lo Stato si assume gli obblighi per il sovvenzionamento di questi centri per mantenerne la funzione socialmente importante.
Il vice Ministro dell'Interno di Israele Faina Kirshenbaum, a sua volta, ha fatto notare che la riabilitazione dei tossidipendenti è considerata non solo come problema medico. È innanzitutto un problema di sicurezza dei cittadini e di Stato in generale.
Faina Kirshenbaum ha invitato Viktor Ivanov e una delegazione russa a visitare Israele nel prossimo autunno. Nel corso della visita si prevede di firmare un accordo sullo scambio di esperienza e sulla cooperazione nella riabilitazione delle persone danneggiate da droga. Ne avranno da guadagnare tutti i paesi,- è convinto il vice titolare del Ministero dell'Interno di Israele.

(La Voce della Russia, 12 giugno 2013)


Europei Under 21 - Eliminati dal torneo, israeliani e inglesi danno un calcio al razzismo

Sul campo è stata sonoramente sconfitta: tre ko su tre match disputati (ieri, l'ultimo, contro i padroni di casa). Così dell'Inghilterra Under 21 del calcio, fresca di eliminazione agli Europei di categoria in Israele, si ricorderà soprattutto l'impegno fuori dal fazzoletto verde. E non è poco, visto l'aria che tira. Una significativa delegazione di atleti e dirigenti, accompagnata dai pari età israeliani, ha infatti partecipato a un incontro di sensibilizzazione sul razzismo nel mondo dello sport. Una piaga senza confini che interessa da vicino la stessa federazione locale che, in questi mesi, si è trovata ad affrontare casi spinosi come la recrudescenza (verbale e non) dei supporter del Beitar Gerusalemme, vicini all'estrema destra anti-araba, e di altre tifoserie particolarmente accese. L'incontro, avvenuto alla vigilia del match vinto da Israele per uno a zero, ha richiamato a Netanya giovani calciatori in erba di entrambi i sessi e dalle diverse origini e provenienze. Coinvolta anche una compagine interamente beduina. Slogan dell'evento "Football for all", come recitava lo striscione esposto all'altezza della metà campo. Presente anche il numero uno della Federazione, Avi Luzon, che ha sottolineato come il calcio non sia soltanto goal e punti in classifica, "ma anche vittorie che si consumano fuori dal campo".
Oggi, dopo l'approdo alle semifinali di Italia e Norvegia, l'ultimo turno del girone B decreterà i rispettivi accoppiamenti. I giochi, almeno per la qualificazione, sono già fatti. Olanda e Spagna si disputeranno infatti il primato del girone - fondamentale, visto che servirà ad evitare gli Azzurri - in uno scontro diretto molto atteso. Per Germania e Russia, appaiate a zero punti, un ultimo scatto di orgoglio per evitare il filotto di sconfitte. E se la Russia saluta abbastanza a fari spenti, la Germania lascia dietro di sé una scia di emozioni senz'altro maggiori. Complice, in particolare, la maglietta di questa spedizione con la scritta in ebraico "Ci sentiamo come a casa" accanto alle bandiere dei due paesi. Una scelta d'impatto che, grazie ai social network, è stata vista e commentata da milioni di utenti in tutto il mondo. Ci si è fortemente divisi, tra chi ne apprezza il coraggio e la portata simbolica e chi invece la giudica un'operazione di esclusivo taglio commerciale. Un dibattito serrato che sta animando in queste ore anche la nostra postazione Facebook dove sono molte le voci e i pareri ospitati.

(Notiziario Ucei, 12 giugno 2013)


Kyenge in visita alla comunitaà ebraica di Roma

ROMA, 12 giu - Il Ministro per l'Integrazione incontra il Rabbino Capo, Riccardo Di Segni, il Presidente della Comunità Ebraica, Riccardo Pacifici, e il Presidente Ucei, Renzo Gattegna. Tra i punti all'ordine del giorno nella riunione privata, l'odio razziale on line e la legge sul cyber crime. Al termine dell'incontro (intorno alle ore 16) il ministro farà visita al Museo Ebraico dove è previsto uno spazio per le domande dei colleghi e le photo opportunità.

(AgenParl, 12 giugno 2013)


Arrestato un leader della "sharia" in Italia

BRESCIA, 12 giu.- Arrestato dalla Polizia di Stato di Brescia un cittadino marocchino 21enne accusato di addestramento con finalita' di terrorismo internazionale e di incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi. Le indagini degli uomini della Digos coordinata dalla Direzione Centrale Polizia di Prevenzione, hanno accertato che l'arrestato aveva creato la "filiale" italiana del movimento Sharia4 avvalendosi tra l'altro del proprio blog Sharia4Italy. Durante l'operazione che ha condotto all'arresto, sono stati acquisiti alcuni scritti in cui si inneggia al jihad contro l'Italia e la Francia e si specifica che l'odio del giovane ha radici nell'infanzia quando, dopo i fatti dell'11 settembre, veniva apostrofato dagli altri, con disprezzo, terrorista e talebano. Sorto in Belgio nel 2010, Sharia4 ha gradualmente assunto la struttura di un network internazionale, avvalendosi, oltre che di siti Internet dedicati e canali tematici su Youtube, anche di una sorta di jihadismo di piazza e della pratica della street da'wa (predicazione in strada).Gli investigatori hanno accertato l'importante ruolo del Web nell'attivita' di propaganda a cui l'estremista faceva ricorso sia per veicolare le proprie traduzioni di documenti di natura jihadista sia per acquisire istruzioni sull'uso di esplosivi, armi e tecniche di combattimento. Di recente, il 21enne marocchino aveva confidato a un internauta il desiderio di morire per Allah e aveva incominciato, via Internet, a eseguire ricerche su possibili obiettivi che avrebbe voluto colpire, rivelando una crescente attenzione per il conflitto in Siria dove avrebbe voluto unirsi alle formazioni jihadiste che combattono contro il regime di Assad. Maggiori informazioni saranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terra' alle 11 presso la Questura.

(AGI, 12 giugno 2013)


Missione Torino nel Paese che non c'è

di Stefano Magni

Missione di Torino in Israele e Palestina: dal 2 al 5 giugno, sei aziende piemontesi, assieme al sindaco di Torino Piero Fassino. Oltre ai contatti commerciali e gli incontri istituzionali, di cui si è detto ampiamente nelle cronache quotidiane, altri aspetti della missione, molto meno noti, sono in realtà estremamente rivelatori. Il Medio Oriente non è un luogo in cui si possa fare semplicemente business, senza toccare temi epocali come il processo di pace, il riconoscimento di Israele, il rapporto fra Islam e Cristianesimo e fra Cristianesimo ed Ebraismo. E infatti, puntualmente, questi problemi sono saltati fuori tutti e senza sconti. Della missione faceva parte anche la Comunità Ebraica di Torino, rappresentata dal suo vicepresidente Emanuel Segre Amar. Ebbene, non ha potuto mettere piede nei Territori contesi, dunque non ha potuto prender parte all'incontro con Mahmoud Abbas (Abu Mazen) a Ramallah, tanto per dirne uno.
Emanuel Segre Amar

La "linea verde", quella dell'armistizio del 1949 (Prima Guerra Arabo-Israeliana) è ancora vista come una barriera insuperabile, anche per i funzionari dell'ambasciata italiana… che non possono andare oltre, per non riconoscere l'"occupazione" israeliana del 1967. Possono recarsi al Consolato italiano dei Territori palestinesi, perché è terra italiana. E possono prendere parte a incontri tripartiti a Hebron, ma solo su auto del Consolato italiano. Ma non possono andare al di là di quello che era il muro divisorio di Gerusalemme fino alla Guerra dei Sei Giorni. Non c'è da stupirsi che nelle cronache italiane si parli sempre di "governo di Tel Aviv", anche se Netanyahu è a Gerusalemme: dalle nostre parti quella città non è mai stata riconosciuta quale capitale dello Stato ebraico. Emanuel Segre Amar è però cittadino italiano. Ebreo, ma italiano, non un cittadino israeliano, tantomeno un "colono" dei "Territori occupati". Il fatto che sia stato escluso dalla visita, sa molto di "Palestina Judenfrei"? Ma forse siamo noi troppo paranoici. Altro piccolo dettaglio che non fa notizia: nessuna delegazione internazionale, nemmeno quella piemontese, visita la mostra su Erode il Grande (fiore all'occhiello del Museo Ebraico di Gerusalemme).
Per la controparte palestinese, gli ebrei non hanno mai avuto nulla a che fare con la terra che abitano. Si tratta di uno Stato artificiale costruito nel 1948 come "compenso per la Shoah". Una mostra sulla civiltà ebraica pre-diaspora, l'esposizione di reperti archeologici ebraici dell'epoca di un re che visse sotto l'egida dell'Impero di Augusto, dimostrerebbero ai palestinesi che esiste, da tempo immemore, anche un altro popolo su quella terra. Forse è per questo motivo che né Obama né Fassino vengono accompagnati in quelle sale d'esposizione? Ma forse siamo noi troppo paranoici. Segre Amar, non potendo metter piede in terra palestinese, ha dovuto limitarsi ad inviare una lettera ad Abu Mazen, per mano di Piero Fassino. In questa lettera si ricorda al leader dell'Autorità Palestinese che Israele è stata riconosciuta nel 1948 dalla maggioranza delle nazioni rappresentate all'Onu.
    «La pace può arrivare solo con il riconoscimento, nel Medio Oriente, di Israele quale Stato nazionale del popolo ebraico - scrive Segre Amar - così come è stato stabilito dalla Legge Internazionale in occasione della Conferenza di San Remo del 1920; l'inserimento dello Stato di Israele in tutte le mappe usate nelle scuole del mondo musulmano, specialmente in quelle palestinesi; la promozione di interazioni fra scienziati, studenti, artisti e atleti; l'abbandono della politica di delegittimazione di Israele nelle Nazioni Unite; la messa al bando di gruppi terroristi dediti all'uccisione di civili israeliani e alla distruzione di Israele; la fine del boicottaggio economico contro Israele e, infine, ma non da ultimo, la proclamazione di editti religiosi che vietano l'uccisione di "infedeli". Signor Presidente, i soldati israeliani non usano bambini come scudi umani quando ingaggiano scontri a fuoco con i terroristi, le scuole e i campi estivi israeliani non fanno il lavaggio del cervello agli scolari per spingerli a commettere atti di violenza contro civili. I religiosi israeliani non tessono le lodi ai bambini che partecipano ad azioni terroristiche».
Abbas, ad oggi, non ha ancora risposto. Ma forse non ha avuto tempo. La Missione Torino ha anche partecipato ad un incontro con monsignor Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme. Anche in questo caso, gli è stata recapitata una lettera, stavolta da parte di Silvana De Mari, presidente dell'associazione Salviamo i Cristiani (fondata da Magdi Cristiano Allam).
    Silvana De Mari

    «Siamo tra le poche persone, pochissime, che in questo momento si stanno preoccupando di organizzare e coordinare gli aiuti ai Cristiani in fuga dalla Siria, Le ricordo che tra gli scopi ufficialmente dichiarati di non pochi dei contendenti in campo c'è il progetto di purificare la Siria dalla Cristianità - scrive la De Mari - La Siria di San Paolo sarà purificata dalla jihad islamica esattamente come purificata dalla Cristianità è il luogo che attualmente si chiama Turchia, luogo santo per il Cristianesimo, dove è stata scritta l'Apocalisse di San Giovanni, dove la Cristianità è uscita dalla clandestinità. Dove un milione e mezzo di cristiani armeni sono stati cancellati dalla faccia della terra come scarafaggi, come esseri inferiori.
    Nel luogo dove è stata scritta l'Apocalisse di San Giovanni di cristiani non ce n'è nemmeno uno. Sono circa 108 i cristiani rapiti in questo momento in Siria, è una tattica per far finanziare la jihad e per spingerli all'esodo, così da terminare la pulizia etnica».
Monsignor Fouad Twal, ad oggi, non ha ancora risposto a questa lettera. In compenso, durante l'incontro con la delegazione piemontese, ha spiegato che coi Territori palestinesi i rapporti siano ottimi. Mentre con le autorità israeliane sono pessimi e che «l'occupazione fa male a occupante ed occupato». Il patriarcato gestisce 31 scuole a Gaza e «I figli di Hamas vengono da noi». Già, a proposito di Gaza: quel territorio governato da un gruppo, Hamas, inserito nella lista nera delle organizzazioni terroriste dell'Unione Europea, ma in quel caso non ci sono problemi a intrattenere rapporti economici e politici. Torino, assieme a Barcellona (Spagna), Cascais (Portogallo), Dunkerque (Francia) e Tromso (Norvegia) è gemellata con Gaza. Fa parte delle città di "EuroGaza". Fassino ha promesso aiuti per lo smaltimento dei rifiuti, considerato un grave problema dall'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati, finanziata lautamente dal governo italiano (oltre che da una rete di supporto di comunità locali) che gestisce i 2/3 dei servizi di Gaza, molto più di Hamas. Disse un commerciante armeno incontrato da Segre Amar, col quale dialogava sulla questione del genocidio armeno: «voi europei, se pensate di aver fatto qualcosa che non va bene, vi scusate, e magari pagate anche un indennizzo. Ma in Medio Oriente non funziona così, qui non si riconoscono mai i propri sbagli. Qui tutti hanno sempre ragione, basta dirlo e continuare a ripeterlo, fino a quando la gente ci crederà». Benvenuti nel "nostro" Medio Oriente.

(l'Opinione, 12 giugno 2013)


Arriva l'applicazione smartphone contro i tag razzisti

Arriva in Francia l'app della Lega Internazionale contro il razzismo e l'antisemitismo (LICRA), un progetto che ambisce a combattere il fenomeno della discriminazione razziale in maniera moderna, ma soprattutto innovativa.
L'applicazione - naturalmente gratuita - consentirà di segnalare da ogni smartphone tag e scritte razziste nel territorio transalpino, accelerando le operazioni di cancellazione e pulizia dei servizi municipali.
Il funzionamento è molto semplice: l'utente fotografa con il proprio device il tag offensivo e lo carica nell'app. Questo viene a sua volta inserito in un'apposita banca dati, che, grazie alla geolocalizzazione, rende più semplici e immediate le procedure necessarie alla rimozione.
Il nuovo sistema contro il razzismo è stato presentato oggi al Ministero dell'Innovazione e dell'Economia digitale di Parigi. L'idea, davvero unica in Europa, potrebbe presto diventare realtà anche in Italia, dove l'odio nei confronti di chi sembra diverso è un sentimento ancora troppo diffuso.

(cellulari.it, 11 giugno 2013)


Storia degli ebrei salentini

Si presenta il libro di Ghio sulle comunità ebraiche nel Salento e la loro eredità culturale. Appuntamento nella serata del 12 giugno prossimo

LECCE - Mercoledì 12 giugno 2012 alle ore 18.30 presso la Fondazione Palmieri (ex Chiesa di San Sebastiano), Vico dei Sotterranei a Lecce, sarà presentato il volume "Comunità ebraiche nel Salento, una scomparsa silenziosa. La presenza ebraica in Provincia di Lecce e la sua eredità", curato dall'architetto Fabrizio Ghio per le Edizioni Esperidi.
Intervengono: A. Galati (Consigliere Regionale Commissione Cultura), F. Ghio (Autore), G. Giangreco (Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici), S. Godelli (Assessore al Mediterraneo Cultura e Turismo), F. Lelli (Docente di Letteratura Ebraica, Università del Salento), M. R. Tamblé (Archivio di Stato di Lecce), C. Martino (Edizioni Esperidi).
Modera: A. Caputo (Presidente Arci Lecce).
Il volume illustra le alterne vicende della presenza ebraica nel Salento leccese, fino al bando del 1541, attraverso le testimonianze presenti nell'urbanistica e nella toponomastica dei centri abitati, servendosi di dati epigrafici, artistici, letterari e d'archivio, senza tralasciare quanto proviene dagli echi della cultura, della tradizione e della cucina locali.
Fabrizio Ghio è un architetto specializzato in archeologia classica, vive da quasi un ventennio a Lecce dove opera occupandosi di indagine, documentazione, restauro, musealizzazione, valorizzazione e fruizione di aree archeologiche e beni culturali in genere.
La presenza ebraica nel Salento è attestata sin dall'antichità. Ma fu durante il periodo Normanno-Svevo che le comunità ebraiche si diffusero maggiormente in tutta la regione, con la presenza di ricche comunità a Lecce, Brindisi, Manduria e Oria.
I quartieri ebraici era adiacenti ai centri cittadini dell'epoca e ne sono pertanto ancora visibile le tracce nei centri storici, dove in alcuni casi sono visibili i piccoli balconi ornati e i tipici camini. Gli Ebrei, infatti, pur essendo una comunità indipendente e con una forte matrice culturale e religiosa propria, abitavano assieme ai "cristiani", parlando la lingua del luogo.
gli ebrei salentini iniziarono a sparire quando, alla fine del 1200, Carlo II d'Angiò, nell'intento di ridurre il loro numero e la loro presenza nel suo regno, promosse significative esenzioni fiscali per gli Ebrei che si convertivano al Cristianesimo.
Nel 1555 dopo la bolla di papa Paolo IV, furono istituiti i ghetti che portarono quasi tutti gli ebrei a lasciare il Salento nel XVII secolo.

(il tacco d’Italia, 11 giugno 2013)


Lingua Ebraica. Corso Intensivo

Si terrà a Trani a fine giugno in vista del tradizionale appuntamento con la settimana della cultura.

Un corso intensivo di lingua ebraica. Si terrà a Trani il 24, 25, 26 giugno la parte base che avrà poi la sua prosecuzione con lo svolgimento anche del corso avanzato dal 26 al 30 agosto prossimi. Il vista del tradizionale appuntamento con la Settimana della Cultura ebraica, che si terrà dal 25 agosto al primo settembre, le lezioni saranno tenute da Marilena Colasuonno. Il corso si svolgerà presso la Biblioteca Comunale G. Bovio di Trani (Piazzetta S. Francesco, 1). Gli orari quotidiani dei corsi verranno concordati con la docente. Per partecipare al corso è necessario inviare una domanda di iscrizione a lechlecha.segreteria@yahoo.it. Per ulteriori informazioni contattare il numero 345-9435487.

L'ebraico è una lingua semitica, si scrive da destra verso sinistra e appartiene alla stessa famiglia della lingua araba, aramaica, amarica, tigrina. Per lingua ebraica (in ebraico ivrit) si intendono quella biblica (o classica) e quella moderna. Il suo alfabeto comprende 22 lettere di valore consonantico e, come quello arabo, non trascrive le vocali; esse sono aggiunte sotto forma di piccoli segni posti sopra o sotto le consonanti. Nel capitolo 10 della Genesi è citato un antenato di Abramo di nome Ever. Nella Bibbia ricorre più volte la parola ivrì (ebreo), mentre il nome della lingua impiegata per la sua redazione è leshòn kòdesh (lingua sacra). Durante il periodo del Secondo Tempio la maggior parte degli ebrei abbandonò l'uso quotidiano dell'ebraico come lingua parlata a favore dell'aramaico. Gli ebrei della Diaspora continuarono ad adoperare l'ebraico solo per la tefillà (preghiera) e lo studio della Torà, mentre nella quotidianità si esprimevano in lingue locali o in altri idiomi come yiddish, giudeo-spagnolo (o ladino), giudeo-romanesco o giudeo-veneziano; l'ebraico continuò a fungere da lingua scritta soprattutto per scopi religiosi, filosofici, scientifici, medici e letterari. Il sec. XIX segnò l'inizio dei movimenti risorgimentali e delle aspirazioni nazionalistiche; il sionismo trasformò l'ebraico in lingua parlata della comunità ebraica in Terra d'Israele (lo yishuv) e per gli ebrei che immigravano nella Palestina ottomana. Eliezer Ben Yehuda, ebreo lituano emigrato in Palestina nel 1881, fu tra i più entusiasti promotori dell'uso volgare dell'ebraico; lui stesso creò nuove parole per i concetti legati alla vita moderna. Sotto il Mandato britannico, l'ebraico divenne terza lingua ufficiale dopo l'arabo e l'inglese; nel 1948 l'ebraico divenne la lingua principale dello Stato d'Israele.

(Domani Andriese, 11 giugno 2013)


Duecentomila turisti italiani in Israele entro il 2014

Pietro de Arena, direttore marketing ufficio nazionale israeliano del turismo
«L'ufficio nazionale israeliano del turismo mira a raggiungere 200 mila turisti italiani nei prossimi due anni e a promuovere Israele non più solo come meta di turismo religioso, ma come destinazione leisure - indica il direttore marketing Pietro de Arena presentando la destinazione -. Puntiamo soprattutto sui city break a Tel Aviv, Gerusalemme e sul mar Morto. Nel 2007 Israele ha ospitato 82 mila turisti italiani di cui il 75% pellegrini, poi grazie alle attività di comunicazione, all'apporto dei tour operator e allo sviluppo del traffico crocieristico, il trend è cambiato facendo registrare lo scorso anno 170 mila turisti italiani, un incremento sul leisure e il 49% di pellegrini». Tel Aviv è meta di numerosi eventi a partire dal Tel Aviv Fashion Week, alla Notte Bianca del 27 giugno, al Gay Pride dello scorso 7 giugno che ha visto la partecipazione di oltre 100 mila persone. Si prevede un incremento di traffico passeggeri con l'Open Sky Agreement e l'apertura nel 2014 alle low cost Ryanair e EasyJet.

(Travel Quotidiano, 11 giugno 2013)


La Francia in Sinagoga... Gran pubblico per il CasaleCoro

CASALE MONFERRATO — Ci sono molti contatti tra la Francia a Casale Monferrato, ma un ponte in particolare passa attraverso la Sinagoga della capitale monferrina ed è quello che ha attraversato Giulio Castagnoli domenica 9 giugno nel bel tempio barocco grazie al concerto (seguito da un gran pubblico, ndr) del Coro di Casale Monferrato (CasaleCoro).
Castagnoli non è solo in direttore della formazione casalese, ma anche il direttore della rassegna musicale creata dalla locale Comunità Ebraica dal titolo "Suono e segno: la tradizione musicale da Salomone Rossi a Gilberto Bosco" tre incontri per un nutrito numero di autori legati in qualche modo al territorio e alla fede che da più di 500 anni si professa attorno a vicolo Salomone Olper.
Per questo secondo appuntamento dal titolo "Vocalità fin de siecle tra Italia e Francia" Castagnoli si è rifatto ad un evento storico: i pogrom che nel 1394 colpirono le comunità francesi per opera di Carlo VI e che contribuirono a portare gli Ebrei a Casale. Da qui si parte per un viaggio che comprende un nutrito gruppo di compositori.
C'è naturalmente Salomone Rossi, ebreo-mantovano, con la sua vocalità vicina alla musica rinascimentale di corte. Ma c'è anche un autore ebreo - piemontese come Leone Senigalia che ricostruisce i canti tradizionali della sua regione (inizio con una piacevole Bergera) e poi autori con ascendenze ebraiche come Edgardo Del Valle Paz e Mario Castelnuovo Tedesco e infine artisti che non erano ebrei per niente come Faurè, Ravel e Verdi ma capaci di pagine ispirate alla tradizione di un popolo percepito come radice della loro fede.
Un sentimento che si capisce bene sentendo il Kaddish di Ravel: va decisamente reso merito a Castagnoli per avere inserito nel programma questo pezzo che non indugia sul folclore esotico tardo romantico ispiratore della musica di quegli anni, ma con il suo accompagnamento scarno costruisce un percorso di una intimità e di una bellezza estrema. Persino il coro "Jerusalem" dei "Lombardi alla prima Crociata", pur nato per un contesto del tutto diverso, acquista nella sinagoga un anelito sacro e fa da perfetta conclusione dell'evento. Buona la prova del Coro, in questa serata affiancato da un ristretto ensemble femminile di otto "Voci in Armonia" e sempre ben in evidenza il soprano Paola Roggero che in questo repertorio dimostra una vocalità squisita, anzi, visto la serata, molto "charmant".
Domenica 16 giugno alle 21,15, la rassegna prosegue e si conclude con il terzo concerto che vede impegnato il duo formato da Amedeo Fenoglio al violoncello e Andrea Stefenell (già apprezzato come accompagnatore del coro) al pianoforte.
Il programma vede musiche di Frédéric Chopin, Edgardo del Valle de Paz, Claude Debussy e, concludendo l'arco temporale specificato dal titolo, Gilberto Bosco.
L'Introduzione al concerto sarà di Erika Patrucco.

(Il Monferrato.it, 11 giugno 2013)


Intesa Sanpaolo: a Tel Aviv il primo Israeli-Italian Life Science Investment Forum

La Start-up Iniziative di Intesa Sanpaolo sbarca in Israele, in uno dei grandi hub mondiali dell'innovazione - L'Israeli-Italian Life Science Investment Forum, organizzato in collaborazione con l'Agenzia governativa israeliana Matimop, si tiene dal 10 al 12 giugno a Tel Aviv.

Il road-show internazionale della Intesa Sanpaolo Start-up Initiative ha fatto la sua prima tappa in Israele, la Start-up Nation per eccellenza, nell'ambito della prestigiosa Israel BioMed Conference 2013, in programma a Tel Aviv dal 10 al 12 giugno.
Si è inaugurata ieri, con il primo Israeli-Italian Life Science Investment Forum, la nuova fase di espansione internazionale della piattaforma di accelerazione promossa da Intesa Sanpaolo, che prevede una copertura strategica dei mercati extraeuropei più rilevanti per lo sviluppo globale delle start-up ad alta tecnologia (primo fra tutti Israele).
Nel corso del Forum, 10 fra le più promettenti start-up italiane e israeliane nei settori Biotech e dispositivi medicali si sono presentate a oltre 100 tra investitori, corporate, incubatori e acceleratori di caratura internazionale. L'evento è stato organizzato in collaborazione con MATIMOP, l'Agenzia governativa israeliana dedicata alla promozione dell'innovazione attraverso collaborazioni internazionali bilaterali per lo sviluppo di tecnologie avanzate, con cui è stato sottoscritto un Memorandum of Understanding a ottobre 2012 al fine di offrire ai clienti Corporate del Gruppo l'opportunità di accedere rapidamente alle tecnologie più avanzate disponibili sul mercato.
L'incontro era finalizzato alla promozione degli investimenti cross-border e dell'interscambio tecnologico tra Italia e Israele, in coerenza con la strategia internazionale del Gruppo Intesa Sanpaolo volta a facilitare l'accesso a nuove risorse finanziarie per le Start-Up e incrementare la collaborazione e il flusso di know-how tra l'industria hi-tech israeliana e quella italiana.
Israele è considerato, dopo la Silicon Valley, il secondo hub mondiale di innovazione con la presenza di circa 300 centri di ricerca e di oltre 4.000 Start-up tecnologiche.

(FIRST online, 11 giugno 2013)


Slitta la missione di John Kerry

NEW YORK, 11 giu - A sorpresa, il segretario di Stato Usa John Kerry ha rinviato di almeno una settimana il viaggio che da oggi doveva compiere a Gerusalemme, in Giudea-Samaria e Giordania. Alcune fonti si sono affrettate ad affermare che si tratta di una decisione dovuta alla necessita' di rimanere a Washington per importanti riunioni sulla Siria, ma c'e' anche chi afferma che con ogni probabilita' il rinvio e' dovuto ad una serie di nuovi ostacoli posti da israeliani e palestinesi per la ripresa dei colloqui di pace, fermi dal 2010.
Proprio ieri, il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha affermato che le "condizioni" palestinesi per la ripresa dei negoziati di pace con Israele rendono impossibile che si ritorni al tavolo negoziale. "Per me - ha detto - l'avere stabilito delle condizioni preliminari e' un ostacolo insormontabile".
Finora, il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) ha legato la ripresa dei colloqui di pace al blocco totale degli insediamenti israeliani nei territori contesi.
Inoltre, ha chiesto la liberazione di 107 palestinesi detenuti in Israele sin da prima del 1993, ossia prima degli accordi di riconoscimento fra Israele e Olp. Israele pero' non riconosce loro lo status di prigionieri di guerra e avendoli sottoposti a processo, li considera detenuti normali.
Allo stesso modo, per cio' che riguarda gli insediamenti, parlando alla Commissione Affari esteri e Difesa della Knesset, Netanyahu ha affermato che gli insediamenti "non cambieranno sostanzialmente la possibilita' di raggiungere un accordo" con i palestinesi. Gli insediamenti, ha detto, continuano oggi e continueranno in futuro.
E ancora, ad una riunione del suo partito, il Likud, il premier, secondo quanto e' stato riferito, ha risposto in maniera negativa alla domanda del viceministro dei trasporti Tzipi Hotovely se ci fosse una richiesta Usa di "congelare" la costruzione degli insediamenti. E mentre il giornale filogovernativo Israel HaYomun afferma che il rinvio della visita di Kerry e' stato deciso per dare ad Abu Mazen il tempo di decidere se rinunciare ad ogni precondizione, ufficialmente, al Dipartimento di Stato Usa non ci sono stati commenti. Il rinvio della quinta visita di Kerry nella regione da quando e' a capo della diplomazia Usa, ha affermato informalmente una fonte, e' dovuta ad altri impegni a Washington.

(Fonte: ANSAmed, 11 giugno 2013)


Legenda


Lo studio Foster + Partners per l'Einstein Museum di Gerusalemme

Mostrato un primo spettacolare modello della struttura, che celebrera' l'eredita' scientifica e culturale del grande scienziato nel segno del suo legame con l'ebraismo.

dii Vincenzo Rossini

Lo studio Foster + Partners ha diffuso la prima immagine di un progetto in fase di sviluppo per il futuro Einstein Museum, che sarà ospitato all'interno della Università Ebraica di Gerusalemme, precisamente nel Mount Scopus Campus, l'edificio principale dell'istituzione universitaria.
Sviluppata in collaborazione con il Presidente di Israele, l'ufficio del Primo ministro e l'Università, la struttura rappresenterà una novità architettonica di grande importanza per la città di Gerusalemme: sarà un centro per la divulgazione e la ricerca scientifica che documenterà l'importanza e l'eredita culturale dell'opera di Einstein, nel segno del suo particolarissimo rapporto con l'ebraismo.
Ad un primo sguardo, il progetto si presenta come una celebrazione della luce: un edificio sferico che 'custodisce' un anfiteatro, orientato su un tappeto di giroscopi. Orientandosi in funzione della luce solare, gli specchi rifletteranno quest'ultima su uno schermo nero, generando così giochi luminosi spettacolari, compresa una 'stella luminosa' al di sopra della struttura.
Pensato per stimolare la curiosità e l'esplorazione dello spazio, il museo avrà una facciata in pietra profilata che rivelerà da diversi punti di vista il volto di Einstein. Anche all'interno la luce giocherà un ruolo fondamentale, nonché unificatore tra i diversi spazi, ciascuno caratterizzato da tecnologie di illuminazione differenti che si richiameranno alle diverse teorie scientifiche sviluppate dal premio Nobel.
Una prima versione dei modelli del progetto è presentata all'interno della tradizionale Summer Exhibition 2013 della Royal Academy of Arts britannica, inauguratasi ieri e aperta fino al 18 agosto 2013.

(ingegneri.info, 11 giugno 2013)


"La presenza Ebraica nella storia e nell'economia della Sicilia"

Terzo convegno regionale EDIPI-Sicila a Caltagirone dal 28 al 30 giugno.

PROGRAMMA

(EDIPI, 11 giugno 2013)


Da Clinton a Gorbachev: Al via la Conferenza Presidenziale Israeliana

di Annalisa Chirico

Dal 18 al 20 giugno si terra' a Gerusalemme la quinta edizione della Israeli Presidential Conference. Leader di tutto il mondo discuteranno di come costruire un domani migliore per Israele e per il mondo intero. Da Bill Clinton a Tony Blair, da Mikhail Gorbachev a Tim Armstrong, da Stanley Fischer a Sharon Stone. La lista completa e' qui.
Saranno poi presenti il primo ministro Binyamin Netanyahu e il presidente Shimon Peres, che celebrera' i suoi 90 anni con una performance di Barbra Streisand.
Chi scrive avra' l'onore di essere tra i pochissimi giornalisti italiani ammessi alla partecipazione ai panel e alle plenarie, che avvengono perlopi` in forma riservata, in un clima informale rigorosamente 'senza cravatta'. Cerchero' di farvene un report dettagliato. Da Tel Aviv a Gerusalemme in un Paese, che rimane, tuttora, un esperimento ineguagliabile di stabilita' democratica e crescita economica in una delle zone piu' instabili del mondo.
La sopravvivenza di Israele è 'sopravvivenza democratica' che si rinnova ogni giorno. E che ogni giorno dispensa una lezione al resto del mondo.

(Panorama - blog, 10 giugno 2013)


Colombia e Israele firmano un trattato di libero commercio

di Luca Pistone

Dopo quindici mesi di negoziati, Israele e Colombia hanno firmato ieri a Gerusalemme un Trattato di libero commercio (Tlc), con il quale aspirano a rilanciare la loro bilancia commerciale di circa 530 milioni di dollari e incoraggiare gli investimenti nel campo della tecnologia.
Il Tlc riporta le firme del ministro dell'Economia e del Commercio israeliano, Naftali Bennet, e del suo omologo colombiano Sergio Díaz-Granados. La cerimonia si è tenuta nella residenza ufficiale del presidente Shimon Peres, che ha ricevuto con tutti gli onori il capo di stato colombiano Juan Manuel Santos.
Per entrare in vigore, il Tlc dovrà ora essere ratificato dai parlamenti israeliano e colombiano. Secondo la stampa dei due paesi, questo accadrà agli inizi del 2014.
L'accordo prevede che il 70% delle esportazioni di un paese all'altro saranno esenti da tasse doganali e barriere tariffarie, una percentuale che sarà ampliata entro i prossimi dieci anni.
Lo scorso anno la bilancia commerciale tra Israele e Colombia è ammontata a circa 512 milioni di euro, per il 78% favorevole al paese sudamericano.
La Colombia esporta in Israele soprattutto carbone, caffè e derivati, smeraldi e fiori, mentre nella direzione opposta si concentrano manufatti e alta tecnologia.
Entrambi i paesi sperano che il Tlc diventi un trampolino di lancio per la cooperazione tra le loro imprese private e che la bilancia commerciale aumenti progressivamente.
Inoltre, i due governi hanno firmato un accordo sui servizi aerei che agevolerà il traffico commerciale tra i due paese e un altro sullo scambio di tecnologia in materia di scienza, ricerca e biotecnologia.

(Atlas, 11 giugno 2013)


Luzon chiude con un sorriso

Guy Luzon ha detto che se potesse "scegliere un posto dove finire" questa esperienza sarebbe proprio lo Stadio Teddy di Gerusalemme, dove Israele giocherà contro un'Inghilterra già eliminata.

di Boaz Goren

GUY LUZON, CT ISRAELE
Una partita contro l'Inghilterra non sarà mai facile. Non importa che non abbiano nessuna possibilità di qualificarsi. Hanno giocatori che militano in Premier League e mi fa ridere sentire la parola 'facile' quando si pensa all'Inghilterra.
Sì, questa sarà probabilmente la mia ultima partita come Ct dell'Under 21. Mi rende triste anche ora solo pensarci. Ho iniziato tre anni fa ed è stato molto divertente. Sono stato onorato di allenare questi ragazzi. I tecnici amano i loro giocatori di più quando vincono ma mi sono goduto la mia squadra soprattutto quando l'ho vista negli spogliatoi dopo la sconfitta 4-0 contro l'Italia. Se dovessi scegliere un posto dove chiudere sceglierei questo, Gerusalemme
Lo Stadio Teddy di Gerusalemme

. Solo venire qui e vedere questa città mi fa sentire molto meglio.
Sapevo fin dall'inizio che avevamo tre squadre che si equivalevano - Inghilterra, Italia e Norvegia. Una di loro doveva essere eliminata ed è toccato all'Inghilterra. Noi eravamo realisti sulle nostre possibilità e di certo non sono uno che crea aspettative.
Spogliatoio
Eyal Golasa è squalificato dopo il cartellino rosso rimediato contro l'Italia sabato, mentre Munas Dabbur - che non ha giocato a Bloomfield - è ancora in dubbio anche si aspetta l'ultimo allenamento per verificarne la condizione. Israel Zaguri dovrebbe partire titolare anche se non ha concluso l'allenamento di domenica.

STUART PEARCE, CT INGHILTERRA
Questa è la nostra ultima gara del torneo ed è importante finire con una vittoria - non vogliamo finire ultimi nel girone. I giocatori sono molto delusi dei risultati ottenuti nelle prime due partite, ma sono ancora concentrati. Si sono allenati bene, con grande applicazione. Vogliono davvero chiudere con una bella prestazione.
Le sconfitte fanno male perché sto rappresentando la mia nazione qui. Sono I giocatori che scendono in campo e devono fornire la prestazione, sono sicuro che domani lo faranno. Nessuna squadra vuole tornare a casa senza vincere una partita. Israele è una squadra con molta energia, ha due linee da quattro molto compatte, e gli attaccanti sono pericolosi in contropiede.
La Uefa può essere orgogliosa di questo torneo. Si sono visti grandi calciatori in azione. 'Stelle del futuro' è lo slogan di questo torneo e ne ho viste di stelle nelle quattro edizioni a cui ho partecipato. Basta guardare il livello degli spagnoli, degli olandesi, degli italiani, si capisce che c'è del talento vero in questa edizione. Lo si capirà ancora meglio tra due o tre anni.
Spogliatoio
Henri Lansbury è l'unico assente per un problema all'inguine. Con i suoi 22 anni forse non avrebbe comunque giocato visto che Pearce ha detto che selezionerà una squadra "pensando ai prossimi anni".

(UEFA.com, 10 giugno 2013)


Il Rebbe di Lubavitch commemorato a Roma

Rav Menachem Mendel Schneerson

ROMA - Una volta all'anno, la prestigiosa Casa del Cinema, grazie al patrocinio di Roma Capitale, si trasforma in un sala di studio incentrato sulla figura del Rebbe. Come ogni anno, vari rabbini si riuniscono per ricordarne la figura.
Quest'anno sono intervenuti rav Moshe Lazar di Milano, rav Itzchak Hazan, rav Benedetto Carucci e rav Menachem Lazar di Roma.Rav Itzchak Hazan si è soffermato sulla figura del Rebbe; Rav Carucci ha proposto una spiegazione del Rebbe relativa al personaggio di Korach; Rav Menachem Lazar ha spiegato il perché della necessità di un Rebbe, mentre Rav Moshe Lazar ha concluso inconraggiando tutti i presenti ad aumentare lo studio della Torà e l'osservanza delle Mitzvot.Gli interventi sono stati preceduti e seguiti dalle preghiere di Minchà e Arvit e da due filmati.Al termine della serata i presenti sono usciti sul terrazzo per un rinfresco offerto da Mazal Tov Mazon.
Foto

(Chabad.Italia, 10 giugno 2013)


Israele denuncia cyberattacchi no stop dall'Iran

La denuncia del premier Netanyahu: Teheran, Palestina e Libano hanno colpito i sistemi informatici di reti idriche, elettriche, banche e ferrovie. Ma la minaccia è stata contrastata.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato l'Iran e i suoi alleati Palestina e Libano di aver sferrato negli ultimi mesi un numero crescente di cyber-attacchi che domenica scorsa sono culminati in assalti no-stop ai principali sistemi informatici del Paese.
Bersaglio degli hacker iraniani sono stati, secondo il premier, quasi tutti i sistemi infrastrutturali primari dello Stato ebraico, come quelli relativi all'approvvigionamento idrico ed elettrico, le banche e le ferrovie.
Netanyahu ha comunque sottolineato che Israele è in grado di contrastare in modo efficace queste minacce. Gli analisti non escludono la possibilità che Israele, che ha già creato nel 2011 una forte divisione nazionale anti-hacking, possa condurre operazioni non solo difensive ma anche offensive nella guerra informatica.
Peraltro diversi esperti ritengono che sia Israele sia gli Usa siano dietro una serie di cyber-attacchi sferrati negli ultimi anni contro il programma nucleare iraniano, che secondo l'Occidente è ideato per sviluppare armi atomiche mentre Teheran ne sottolinea gli scopi pacifici.
Due mesi fag gli israeliani hanno detto di aver respinto un assalto degli hacker filo-palestinesi contro I siti governativi. Il governo di Gerusalemme ha fatto sapere che gli attacchi hanno interrotto solo brevemente l'attività di diversi siti e i protocolli per la sicurezza sono stati prontamente aggiornati.

(Corriere delle Comunicazioni, 10 giugno 2013)


Oltremare - Sesto: da quattro a due stagioni
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Il mio primo anno in Israele l'ho trascorso a Gerusalemme, salvo brevi viaggi di istruzione (meglio dire: iniezioni di sionismo applicato) con l'Ulpan, in lungo e in largo per il paese. Questo ha significato vivere nelle alture della Città Santa per quattro stagioni distinte. Vento, freddo vero e perfino neve nei primi mesi dell'anno; fioritura improvvisa di ogni anche minuscolo angolo di verde fra marzo e aprile, e a seguire l'estate calda e secca e un tiepido ed asciutto autunno. Una volta scesi a Tel Aviv, magicamente le stagioni dell'anno si riducono a due: estate umida e autunno. Il parco sandali si estende e prende il controllo sulla scarpiera. Il rapporto t-shirt - golf di lana diventa di venti (trenta?) a uno. I giacconi invernali, che a Gerusalemme ancora servivano, languono per anni nell'armadio, ed è facile che passino di moda prima dell'utilizzo successivo. Gli otto mesi di estate producono anche cambiamenti nell'uso del tempo libero: appena finiscono le scarse piogge, tutti vengono colti dalla frenesia di stare all'aperto ogni volta che si può. La spiaggia invoglia alle passeggiate anche quando ancora non è stagione balneare. Il Park HaYarkon è vicino, a misura di camminate e pic-nic. All'aperto si beve caffè, si pranza, si cena, si beve una cosa con amici la sera. A Tel Aviv quando si dice "usciamo?" la cosa va presa in senso più che letterale.
Il problema sono gli altri tre o quattro mesi, i quali anche se simili a un autunno in nord Italia, a molti qui paiono assolutamente gelidi. Abituati troppo bene negli otto mesi precedenti? Forse. Però va detto a nostra difesa che il riscaldamento delle case qui lascia moltissimo a desiderare. O risale al Mandato Britannico, oppure è una funzione dell'aria condizionata, aria calda invece che fredda, che non attecchisce e si disperde appena spenta la macchina. Soluzione creativa? Uscire: ché spesso fuori fa molto meno freddo che in casa. E lì risiamo. Tutti fuori.

(Notiziario Ucei, 10 giugno 2013)


Tigre curata con agopuntura in uno zoo israeliano

La medicina cinese è sempre più diffusa anche per gli animali. La tigre di uno zoo israeliano, con un'infezione cronica all'orecchio, ha trovato in questa cura il rimedio al suo male.
Video

(la Repubblica, 10 giugno 2013)


WEIZAC, omaggio al primo computer israeliano

Google celebra con un filmato l'84esimo compleanno di Aviezri Fraenkel, uno dei membri del team che ha dato vita al primo calcolatore israeliano WEIZAC.

di Cristiano Ghidotti

Un dettaglio di WEIZAC (a sinistra)
e il calcolatore oggi nel Ziskind Building del Weizmann Institute (a destra)

Oggi Israele è uno dei paesi più attivi al mondo in ambito informatico, contesto che negli ultimi anni ha saputo dare vita a realtà del calibro di Waze, oggi contesa da Google, Apple e Facebook, ma non è sempre stato così. Il primo contatto del territorio con il mondo del computing avvenne nel 1953, quando il geofisico e matematico Chaim Pekeris accettò un impiego presso lo Weizmann Institute di Rehovot. Una delle sue richieste all'atto della firma fu proprio la realizzazione di un calcolatore, sul modello di quello statunitense visto all'Institute of Advanced Study di Princeton.
Tra coloro che hanno inizialmente accolto la proposta con scetticismo, per ragioni economiche e non solo, anche un certo Albert Einstein, convinto che un macchinario tanto grande non sarebbe servito a molto in uno stato tanto piccolo. I lavori per la sua realizzazione iniziarono comunque nel 1953, dopo aver messo sul piatto il 20% del budget complessivo a disposizione dell'istituto, sotto la guida dello stesso Pekeris e di Jerry Estrin. WEIZAC (Weizmann Automatic Calculator), questo il nome scelto per il computer, fu completato in circa due anni da un team composto da ingegneri e tecnici, tra i quali figurava anche l'allora poco più che ventenne Aviezri Fraenkel. Oggi, in occasione del suo 84esimo compleanno, Google celebra il matematico con il filmato in streaming di seguito.
Fraenkel racconta l'esperienza vissuta 60 anni fa, condita anche da alcuni dettagli piuttosto bizzarri, come quello che ha visto la squadra si trovò obbligata a rivolgersi a un negozio di biciclette per la fornitura delle piastre in rame da utilizzare nel calcolatore. WEIZAC entrò in funzione nel 1955 e operò fino al 1963, per effettuare operazioni legate allo studio di maree, terremoti, spettroscopia atomica e altri tipi di analisi complesse. Oggi riposa in una sala del Ziskind Building presso lo Weizmann Institute, per ricordare dove e come ha avuto inizio l'era del computing in Israele.

Video

(Webnews, 10 giugno 2013)


Formula 1 a Gerusalemme: Peace Road Show il 13 e 14 giugno 2013

La Formula 1 sarà protagonista a Gerusalemme questa settimana. In seguito al GP del Canada, disputatosi il weekend scorso, la città israeliana ospiterà un evento
legato ai motori. Si tratta del The Peace Road Show Jerusalem Formula, un appuntamento sportivo che porterà le monoposto a sfrecciare lungo le strade accanto alle Mura della Città Vecchia.
Il 13 e 14 giugno 2013, proporrà dei driving show, nonché la presenza dello stuntman Chris Pfeiffer e dell'ex pilota di Formula 1 Giancarlo Fisichella, che si cimenterà a bordo di una Ferrari assieme ad un team di altri piloti e tecnici della scuderia di Maranello. Uno spettacolo unico ed eccezionale che vedrà disputarsi anche delle prove su strade delle Ferrari Challenge, della auto da drifting V8 e di altre macchine da corsa come Mercedes, Audi e così via.
Questo evento sportivo, di rilievo internazionale, porterà dei benefici economici alla città di Gerusalemme, nonché all'incremento del turismo. Inoltre, grazie a tutto questo si vuole comunicare un messaggio di pace, invitando tutti ad unirsi senza distinzione di religione, razza, nazionalità.

(ViaggiOK.net, 10 giugno 2013)


È giusto che Borradori partecipi alla fondazione dello Stato di Israele?

LUGANO - La recente partecipazione del sindaco di Lugano, Marco Borradori, al 65o anniversario della nascita dello Stato di Israele non è piaciuta ai comunisti. Soprattutto a Edoardo Cappelletti, consigliere comunale comunista, che sul caso ha presentato un'interpellanza.
Lo Stato di Israele, scrive Cappelletti, "è una nazione teocratica, che da oltre mezzo secolo perpetra il suo regime guerrafondaio e razzista ai danni del popolo palestinese. Calpestando e minacciando sistematicamente le norme internazionali, nonché la sovranità nazionale delle regioni limitrofe, Israele rappresenta il baluardo di quella tradizione coloniale che, gà scalzata grazie alla lotta dei popoli oppressi, si ripropone oggi con l'apartheid sionista nei Territori occupati. Ben oltre 50 sono infatti le risoluzioni ONU, tese a ripristinare i diritti civili degli abitanti palestinesi, che Israele si fregia di aver violato: inosservanza della Convenzione Internazionale sui Diritti Umani; adozione di misure coercitive degradanti e ingiustificate; deportazioni arbitrarie, sono solo alcune delle azioni aspramente condannate dalla Comunità internazionale".
Insomma quanto basta per chiedersi se era opportuno che il sindaco di Lugano partecipasse a una ricorrenza di uno Stato simile. "Assodati i valori di democrazia e pluralismo fondanti la Città di Lugano, la cui violazione non può essere in alcun modo legittimata con la partecipazione a simili eventi - scrive Edoardo Cappelletti - rivolgo dunque al Municipio la seguente domanda: non ritiene opportuno di evitare di presenziare ai festeggiamenti dello Stato d'Israele, fintanto che questo continuerà a violare, nell'indignazione generale, il diritto internazionale?".

(TicinOnline.ch, 10 giugno 2013)


Ritrovata una misteriosa costruzione di forma circolare nel lago di Tiberiade

di Stefano Biolchini

Le componenti del mistero ci sono tutte: un ritrovamento per caso, un sito archeologico tra i più importanti al mondo e le mille ipotesi che si rincorrono. Stiamo parlando del lago di Tiberiade, nel nord est di Israele, e di quella che ha tutte le componenti per essere una delle più affascinanti campagne archeologiche degli ultimi anni. Come precisa il quotidiano francese Liberation, nel 2003 dei geofisici israeliani - attraverso delle rilevazioni sonar - scorgono un grande disco di una cinquantina di metri.
La struttura, come rivela l'International Journal of Nautical Archaeology, composta da blocchi di pietra di basalto, è adagiata in quello che è anche conosciuto come il mare di Galilea. Si tratta di una costruzione a pianta circolare e in forma conica, che al suo apice arriva a 10 metri, interamente sommersa nelle acque del bacino. Se non ci sono dubbi sul fatto che la struttura, che dista un centinaio di metri dalla riva, sia stata costruita dall'uomo, le stime su di essa parlano per ora, di 25 mila metri cubi di volume e di 60 mila tonnellate di roccia impiegate.
Secondo quanto dichiarato all'Associated Press dall'archeologo Dani Nadel, che cura lo studio, «si tratta di una costruzione enigmatica, particolarmente interessante, senza che al momento sia possibile desumere da dove vengano i cumuli, a quale periodo e civiltà si rapporti, e neppure quale sia la sua funzione. Sappiamo solamente che la struttura giace sul lago, che enorme e che è inusuale».
Secondo le prime ipotesi la "collinetta" sommersa potrebbe essere stata costruita sull'acqua, come avvenuto per altre costruzioni di dimensioni più ridotte, edificate intorno al lago per la pesca. Mentre, secondo un'altra ipotesi, il cumulo sarebbe stato edificato al di fuori dell'acqua, in un'epoca in cui il lago era più basso e circoscritto rispetto alla posizione attuale. La costruzione sarebbe quindi stata inghiottita dall'innalzamento progressivo delle acque, o affossata e poi inondata in seguito a un abbassamento del terreno di faglia. Di certo fin qui resta il fatto che si tratti dell'opera di una società complessa e ben organizzata, dotata di capacità di pianificazione e di risorse economiche. Per ora non è ancora dato sapere di più, e per sciogliere il mistero occorreranno approfondite campagne di studio.

(Il Sole 24 Ore, 10 giugno 2013)


Google vicina all'acquisto di Waze

Il team Waze rimarrà in Israele

di Alessandro Moretti

Dopo il tentativo andato a vuoto da parte di Facebook, forse ci siamo. Waze sta per essere acquistata da Google per una cifra vicina agli 1,3 miliardi di dollari, almeno stando a quanto dichiarano i media israeliani. L'accordo non è ancora stato siglato ufficialmente, ma sembrerebbero mancare soltanto gli ultimi dettagli.
Non sappiamo ancora come Google utilizzerà tale servizio. Forse lo integrerà in Google Maps o forse lo lascerà "esterno" andando soltanto ad ampliare quelle che sono le sue funzionalità, grazie proprio a Maps. Ciò che sembra sicuro è che il team Waze rimarrà in Israele. Nonostante ci siano uffici Waze negli Stati Uniti, il cuore pulsante dello sviluppo è e rimarrà in Israele.
Per quei pochi che ancora non conoscono Waze, quest'app social/GPS mette a disposizione un sistema di navigazione gratuito strutturato sulla comunità, che scambia informazioni e costruisce le mappe attraverso il loro "viaggiare". Nel 2012, i conducenti hanno condiviso 90 milioni di segnalazioni, anche grazie al fallimento Apple con il suo servizio Mappe, che ha spinto molti utenti iOS a scegliere Waze, in attesa di Google Maps.

(TechGenius, 9 giugno 2013)


E' morto lo scrittore israeliano Kaniuk

Il capolavoro di Kaniuk è considerato "Adamo risorto", superbo romanzo, tradotto in quattordici lingue, che affronta il dramma dell'Olocausto in un susseguirsi di risonanze, di sentimenti, di spunti emotivi con una scrittura forte, e un'originalità che scaturisce pagina dopo pagina. E' uno dei romanzi tra i più significativi della letteratura ebraica moderna dopo la Shoah.

(RaiNews24, 9 giugno 2013)


Quarantasei anni di 'no'

di Guy Bechor

Alla fine di agosto 1967, poco dopo la Guerra dei sei giorni, i capi degli stati arabi tennero una conferenza speciale nella capitale sudanese Khartoum, in cui furono decisi i tre famosi "No" : No alla pace con Israele; no al riconoscimento di Israele; e no ai negoziati con Israele. Il rappresentante dell'OLP alla conferenza, Ahmad Shukeiri, si spinse anche più in là e richiese una lotta militare attiva contro Israele. I capi degli stati arabi pensarono che le superpotenze avrebbero lavorato al posto loro e fatto pressioni su Israele affinché si ritirasse.
  Sono trascorsi 46 anni, e nulla è cambiato in relazione agli arabi che si definiscono palestinesi. Yasser Arafat è succeduto a Shukeiri, e Mahmoud Abbas ad Arafat, ma i tre "No" sono rimasti uguali. Il presidente dell'autorità palestinese (che i palestinesi insistono a chiamare "stato") non è disposto a raggiungere un accordo di pace con Israele; non è disposto a riconoscere Israele come stato ebraico; e non è disposto a negoziare con lui.
  La stessa Autorità ritiene che, se persiste nella sua ostinazione, diventerà magicamente una nazione; una nazione che l'ONU o le superpotenze imporranno ad Israele - proprio come pensavano i capi degli stati arabi. Il concetto è che l'ostinazione ripaga. Il segretario di stato John Kerry conosce già la verità; sa chi non è interessato ad un accordo; ma per ragioni sconosciute ancora non manifesta pubblicamente la sua conoscenza. Questa autorità non è interessata ad alcun dialogo con Israele; certamente non alla pace; vuole solo prendere, senza dare nulla in cambio.
  E' ovvio che finché la minaccia di "andare all'ONU"esiste ancora, i palestinesi non riconosceranno la necessità di un compromesso, così gli americani si limitano ad aumentare le loro richieste -proprio come tre anni fa quando pretesero che Israele congelasse la costruzione di insediamenti. Secondo i rapporti, Abbas ha dato a Kerry ancora qualche settimana prima di "tornare all'ONU" - come se l'Autorità palestinese fosse una potenza mondiale che sponsorizza gli USA - e gli USA ingoiano questo insulto.
  E' venuto il momento che gli americani chiariscano ai palestinesi che è finito il tempo di giocare, particolarmente alla luce del fatto che la maggioranza della cosiddetta popolazione palestinese non prende parte ai giochi di finzione di Abbas' . Hamas, Jihad islamica e le fazioni palestinesi di sinistra dicono, chiaramente e pubblicamente: No alla pace; no ai negoziati; no al riconoscimento. La differenza è che lo dicono pubblicamente, mentre Abbas e i suoi portavoce lo nascondono. Allora chi dovremmo preferire? Quelli che parlano francamente o quelli che si nascondono dietro l'inganno americano?
  Dopo 46 anni di rifiuto automatico, che è al limite del suicidio, i cosiddetti palestinesi (solo allora gli arabi cominciarono ad usare il termine "palestinesi") devono ancora realizzare che Israele è uno stato forte di otto milioni di abitanti e che non ha intenzione di andare da nessuna parte? Quelli che non riconoscono la realtà non esistono.

(YnetNews, 7 giugno 2013 - da israele.net)


Ebree "emancipate" pregano al Muro del pianto: nessun disordine

GERUSALEMME, 9 giu. - Si è svolta pacificamente, ma sotto il controllo della polizia israeliana, la preghiera delle 'Donne del muro', fedeli ebree che rivendicano il diritto di pregare al Muro del pianto di Gerusalemme utilizzando abiti e rituali tradizionalmente riservati agli uomini. Lo scorso mese la presenza delle fedeli 'emancipate' nel luogo più sacro agli ebrei aveva attirato le proteste delle donne ultraortodosse, che vogliono il rispetto dei rituali dell'ebraismo tradizionale. In migliaia avevano tentato di impedire loro di pregare al Muro del pianto. Il portavoce dell'esercito israeliano, Micky Rosenfeld, ha spiegato che le 'Donne del muro' questa mattina sono state scortate sul posto, mentre i fedeli ultraortodossi urlavano insulti contro di loro. Non ci sono stati arresti.

(LaPresse, 9 giugno 2013)


EasyJet vola in Israele

Si inaugura il 24 settembre la nuova tratta che collega Roma con Tel Aviv.
EasyJet collega l'Italia a Israele. Il vettore aereo ha annunciato che, a partire dal prossimo 24 settembre, cominceranno i voli operativi da Tel Aviv a Roma.
Ci saranno due voli settimanali: il sabato e il martedì che collegheranno l'aeroporto internazionale di Ben Gurion con l'aeroporto internazionale Leonardo Da Vinci di Roma. Le tariffe sono previste a partire da 50,49 euro tasse incluse sulla tratta Tel Aviv-Roma, e da 86,98 tra Roma e Tel Aviv.
EasyJet è entrata nel mercato israeliano nel novembre 2009, introducendo i suoi primi voli tra l'aeroporto di Londra Luton e Tel Aviv. Da allora ha aumentato la frequenza dei suoi voli per Londra fino a 11 volte alla settimana a partire da ottobre 2013; in questi anni ha lanciato inoltre altri tre percorsi: da Tel Aviv a Ginevra e Basilea in Svizzera (4 volte a settimana ciascuno), e Manchester (due volte a settimana).

(BusinessPeople, 9 giugno 2013)


Caltagirone 28-30 giugno: III Convegno Regionale EDIPI-Sicilia

Con il tema "La presenza Ebraica nella storia e nell'economia della Sicilia", si terra a Caltagirone il terzo convegno regionale EDIPI-Sicilia dal 28 al 30 giugno.
Il convegno sarà dedicato alla memoria del pastore Alfonso Marchetta (già vicepresidente di Evangelici d'Italia per Israele), che inizialmente lo aveva progettato e che è mancato il 4 di giugno.
L'evento si svolgerà presso la sala congressi dell'Hotel Villa Sturzo e prevede nella giornata inaugurale di venerdì 28, l'arrivo, la registrazione e la sistemazione in albergo dei partecipanti; in serata ci sarà la presentazione delle due associazioni coinvolte nell'organizzazione: B'nei Efraim con la prof. Nazzarena Condemi e il pastore Ivan Basana per EDIPI.
Sabato 29 giugno ci sarà la giornata di studio focalizzata su
"La presenza ebraica nella storia e nell'economia della Sicilia": parteciperanno i più autorevoli esponenti della politica, della cultura e dell'arte di Caltagirone, tra cui il sindaco dr. Nicolò Bonanno, il presidente del Museo Comunale prof. Domenico Amoroso e il prof. Massimo Porta presidente dell'associazione "Storia, Patria e Cultura di Caltagirone".
Interessante sarà anche l'intervento del pastore Giacomo Trombino della Comunità Evangelica di Caltagirone su "Le radici ebraiche della fede cristiana".
Domenica mattina la chiusura dell'evento prevede due importanti interventi da parte del presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e del presidente di Evangelici d'Italia per Israele, Ivan Basana, sull'argomento "Israele nell'economia del futuro della Sicilia?"
L'evento patrocinato dal Comune di Caltagirone prevede alla domenica pomeriggio una visita al quartiere ebraico, in fase di recupero per destinarlo a mete turistica.
Per l'occasione si è stipulata la convenzione con l'albergo ospitante di 40,00 Euro in pensione completa (Specificare Convegno EDIPI):
Hotel Villa Sturzo - Via mons. F. Fasola,3 - 95041 - Caltagirone (CT)
tel.0933.27196 - fax 0933,24605 - www.hotelvillasturzo.it
Per ulteriori informazioni: 347.5788106 - info@edipi.net - www.edipi.net

(Edipi, 9 giugno 2013)


Israele U21 - Luzon: "Orgoglioso comunque dei miei ragazzi"

di Francesco Cucinotta

Guy Luzon

Non è abbattuto Guy Luzon, nonostante il sonoro 4-0 inflitto dall'Italia al suo Israele. Anzi, si dice orgoglioso della prova fornita dai suoi, almeno sino al 37? del primo tempo, quando l'espulsione di Golasa ha complicato i piani del cittì israeliano: "Sono molto orgoglioso dei miei ragazzi, abbiamo giocato un grande calcio fino all'espulsione. Poi Israele non può giocare contro questa Italia in inferiorità numerica. Non rimprovero nulla ai miei, hanno dato il cento per cento, ma gli Azzurrini sono più forti. Adesso abbiamo un'altra partita importante e vedrete che i ragazzi daranno il massimo".

(MondoPallone, 9 giugno 2013)


Israele e Siria ai ferri corti sul Golan

Israele e Siria sono sull'orlo di uno scontro militare sul Golan. Lo riferisce un rapporto dell'Onu presentato sabato al Consiglio di Sicurezza da Herve Ladsous, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di peacekeeping.
Secondo il rapporto alcuni carri armati siriani sarebbero entrati senza alcuna autorizzazione all'interno della zona cuscinetto che divide le postazioni siriane da quelle israeliane sulle Alture del Golan. Israele avrebbe immediatamente protestato presso le Nazioni Unite avvertendo che se i carri armati siriani non si fossero ritirati immediatamente avrebbe agito di conseguenza, un dichiarazione che all'Onu hanno preso come una minaccia di intervento militare....

(Rights Reporter, 9 giugno 2013)


Sergio Minerbi: «Il Vaticano e la Shoah»

di Stefano Magni

Riportiamo da “L’Opinione” la terza parte dell'intervista a Sergio Minerbi, ex ambasciatore di Israele a Bruxelles e professore all'Università Ebraica di Gerusalemme.

- In Italia è morto Giulio Andreotti, ricordato come l'uomo dei compromessi (non solo con l'Islam). Secondo Lei quanto influì sulla politica del Vaticano?
  Io mi rendo conto che il Vaticano non possa adottare una linea di politica estera all'israeliana, se non altro perché manca di esercito. Ma anche con le sue limitate possibilità, il Vaticano ha una tale potenza dichiarativa che una sola presa di posizione sarebbe recepita in tutto il mondo. Il Vaticano, evidentemente, ha perso fiducia di poter fare qualsiasi cosa in contrasto con la marea musulmana. E quindi non so dire se l'atteggiamento di Andreotti sia stato influenzato dal Vaticano o viceversa. E' ininfluente, da un punto di vista storico. Adesso che Andreotti non c'è più, non cambierà niente.

- Un'assenza di prese di posizione che ricorda anche l'atteggiamento di Pio XII nei confronti del nazismo…
  Non è paragonabile. Pio XII aveva precisi motivi politici per ritenere che la salvezza della Chiesa passasse attraverso il silenzio sul nazismo e sullo sterminio degli ebrei. Non si può affermare che il Papa fosse all'oscuro di tutto. Nel 1941 e nel 1942, Pio XII ricevette due volte Don Pirro Scavizzi. Cappellano militare dell'Armir in Russia, seguiva i treni ospedale. Per bontà sua, chiedeva notizie sugli ebrei. Nelle due volte che vide Pio XII e nelle quattro lettere che gli scrisse, forniva informazioni precise sull'uccisione di 2 milioni di ebrei. Fu uno dei primi al mondo. Cosa ne fece Pio XII? Assolutamente nulla. Il vescovo Von Preysing di Berlino scrisse 10 lettere al Papa in 6 mesi nel 1943, in cui chiedeva con urgenza un suo intervento contro la persecuzione degli ebrei. Fu punito, non venne promosso e la sua richiesta venne ignorata. Non c'era solo indifferenza, c'era il timore che una presa di posizione contro lo sterminio potesse danneggiare la Chiesa.

- Pio XII, però, salvò la vita agli ebrei che poté ospitare nelle chiese, nei conventi, nello stesso Vaticano.
  No, nessun documento lo suggerisce. Suor Grazia Loparco, nel suo libro sugli ebrei riparati nei conventi di Roma, sa quante volte nomina papa Pio XII? Una sola volta. Nella prefazione. Per 90 pagine non è mai citato. Chi salvò gli ebrei furono il priore, la madre superiora, i singoli conventi… mai nomina un intervento papale. Non abbiamo prove di un'imboccata di Pio XII. Mentre le abbiamo di un intervento dell'arcivescovo di Firenze. Io scrissi sul cardinale Boezio, a Genova, che salvò ebrei. Vi furono molti casi di salvataggi di ebrei ai tempi di Pio XII. Ma, ripeto, nessuna prova di suoi ordini a riguardo. Se li avesse dati, vi sarebbero stati molti più salvataggi anche in altre parti d'Europa. Personalmente, ho voluto consegnare il diploma di Giusto dello Yad Vashem al capo della scuola San Leone Magno. Salvò me e un'altra ventina di ebrei, nascosti fra 900 allievi. Andai a trovarlo a Carmagnola, in una casa di riposo per anziani sacerdoti. Ci ho messo cinquant'anni: ammetto la mia colpa. Ma alla fine lo rincontrai quando era ancora vivo. Lui era procuratore di tutti i maristi. Quindi vedeva il Papa una volta al mese. "Glielo ha chiesto il Papa di salvare gli ebrei?" gli domandai. E lui fece un salto fino al soffitto, dicendo "No!". Quindi la possibilità che queste persone abbiano agito di loro iniziativa, senza attendere direttive papali, mi sembra evidente.

- Giovanni Paolo II, però, definì il nazismo come "male assoluto".
  Mia madre era polacca e mi ha dato una conoscenza di base sulla Polonia. Giovanni Paolo II non esulò mai dagli stretti limiti dei polacchi nei confronti degli ebrei. Quando non era ancora Papa, Woytila chiese la beatificazione di Maximilian Kolbe, prete ucciso ad Auschwitz. Alla cerimonia di beatificazione, in Vaticano, il vescovo di Cracovia, futuro Papa, portò delle ceneri da Auschwitz (e con quale autorità lo fece, non mi è ancora del tutto chiaro). Volle accaparrare la tragedia di Auschwitz nella storia cattolica. Nel primo discorso fatto da Giovanni Paolo II, ad Auschwitz, il cui testo (per ragioni misteriose) è in italiano, il Papa disse: "Qui sono morti 6 milioni di polacchi". Non di ebrei. E c'è voluto Benedetto XVI per correggere l'errore. Papa Giovanni Paolo II continuò a cristianizzare la storia della Shoah. E perché mai dobbiamo rubarci i morti a vicenda? E' una cosa assurda.

(L'Opinione, 7 giugno 2013)


Francia - Scritte naziste nella cattedrale di Nantes

ROMA, 8 giu - La cattedrale Saint-Pierre di Nantes in Francia è stata vandalizzata la notte scorsa, con "evocazione a caratteri nazisti", ha reso noto il prefetto della Loire-Atlantique, Christian de Lavernee', secondo quanto scrive Le Monde online.
"I danni riguardano un'area della parte sacra del coro - ha aggiunto la stessa fonte -. Le evocazioni sono confuse tra loro: ci sono dei 666 (cifra satanica) e delle evocazioni a carattere nazi, ma anche dei piccoli personaggi in stile 'manif pour tous"'.
Il prefetto ha aggiunto che "qualcuno si è intromesso" nella cattedrale e che i danni sono stati scoperti la mattina di oggi 8 giugno. All'interno, ha precisato un testimone, sono visibile delle iscrizioni oscene, ma anche angeli con il sesso e piccoli baffi alla Hitler disegnati.
Il ministro dell'Interno Manuel Valls ha condannato la profanazione, ma ha invitato a gettare acqua sul fuoco: "Al di la' dell'emozione che suscitano tali atti, chiediamo a tutti di non esacerbare le tensioni".

(blitz, 8 giugno 2013)


Schinasi brinda ai 200 anni di Giuseppe Verdi alla Israeli Opera di Tel Aviv

Un evento organizzato e patrocinato dall'Istituto Italiano di Cultura, l'Ambasciata Italiana e l'Opera di Tel Aviv

Dal pittore Daniel Schinasi abbiamo ricevuto il seguente messaggio:
    Buongiorno,
    A Tel Avivv alla Israeli Opera sono esposte 12 mie pitture di cui un trittico con i temi dell'AIDA, NABUCCO e OTELLO; un quadro sulla TRAVIATA e Tre ritratti di Verdi; uno con cappello nero da sera e sciarpa tricolore, uno con cappello da campagna e uno senza cappello da giovane, poi il ritratto di Giuseppina Strepponi, la prima soprano di Nabucco, Giulio Ricordi Editore di Verdi e Francesco Maria Piave librettista di diverse sue opere.
    Da mesi ho iniziato questo progetto con entusiasmo e la piena proiezione e slancio con Verdi tutti i giorni sul cavalletto, ascoltando le sue opere dalla mattina alla sera e leggendo le sue lettere per conoscere l'artista e l'uomo affinché possa approfondire e penetrare nella sua opera e poterla interpretare in pittura
    All'inaugurazione c'erano circa 200 persone alla Israeli Opera di Tel Aviv dove è stata allestita la Mostra - presenti l'Ambasciatore Italiano e signora Ornella e Francesco Maria Talo', la direttrice dell'Istituto Italiano Carmela Callea, la Direttrice della Israeli Opera di Tel Avi Hanna Munitz, l'Ambasciatore di Croazia Pjer Simunovic, l'ambasciatore Israeliano in Italia Amira e Gideon Meir, la consigliera dell'Ambasciata italiana Simonetta Della Seta, Ayala Tidhar che ha allestito la mostra, Sarah Schinasi curatrice della mostra, l'artista con la moglie Manuela Schinasi - importante la presenza della Ministra della Cultura d'Israele Limor Livnop.
    Dopo l'Inaugurazione siamo entrati in sala per vedere la Traviata, era sera della prima. Dopo lo spettacolo c'è stato il ricevimento e la cena dopo mezzanotte.
    Pero' la parentesi più bella è stata la sorpresa che l'Ambasciatore Francesco Maria Talo' mi ha fatto, quella di invitarmi nella sua Residenza e organizzando in mio onore una serata per il mio compleanno 17 maggio - erano invitati anche i cantanti e musicisti della Traviata che hanno suonato il Maestro Fdavid Stern e cantato anche "Tanti auguri a Schinasi!!!!!" É stato molto bello a 80 anni avere un compleanno cosi' sorprendente.
    La mostra l'hanno prolungata fino al 27 giugno.

    Vi allego alcune foto da pubblicare e annunciare questo evento News su Israele - Grazie per la vostra gentilezza e disponibilità
    Un caro saluto,

    Daniel Schinasi
Con molto piacere pubblichiamo le immagini inviateci da Daniel Schinasi, ringraziandolo per averci onorato e unendoci, anche se tardivamente, agli auguri che gli sono stati fatti per il suo ottantesimo compleanno. M.C.

Daniel Schinasi

Schinasi in piedi accanto al cavalletto con il ritratto di Verdi - marzo 2013

Schinasi con Giuseppina Strepponi sul cavalletto nello studio di Nizza - 21 febbraio 2013

Tel Aviv - Compleanno di Schinasi nella Residenza dell'Ambasciatore Francesco Maria Talo'

Tel Aviv - Schinasi parla con la Ministra Limor Livnop Amb. Francesco Maria Talo', Sarah Schinasi, Carmela Callea e Amb. Amira Meir

Tel Aviv - Israeli Opera - Schinasi illustra il suo trittico al Ministro della Cultura Sig.a Limor Livnop e all'Ambasciatore d'Italia Francesco Maria Talo' e Sarah Schinasi - 12 maggio 2013
Tel Aviv - Mostra Schinasi - La Direttrice Generale della Israeli Opera presenta l'artista con la Dott.ssa Carmela Callea dell' Istituto Italiano Cultura e l'Ambasciatore Francesco Maria Talo'
Tel Aviv - Israeli Opera - Schinasi commenta al Ministro della cultura d'Israele la Sig.a Limor Livnop una delle sue opere sul catalogo della Mostra


(Notizie su Israele, 8 giugno 2013)


Putin e Netanyahu parlano al telefono della crisi

MOSCA, 8 giu. - Vladimir Putin e Benjamin Netanyhau hanno parlato della crisi in Siria in un colloquio al telefono. Lo ha reso noto il Cremlino. Il premier israeliano, che il mese scorso aveva incontrato il presidente russo a Sochi, si oppone con forza alla vendita di sistemi di difesa aerea russi S-300 al regime di Damasco.

(Adnkronos , 8 giugno 2013)


Israele ad arte (contemporanea).

Non vi parleremo della meravigliosa Jaffa né delle viste mozzafiato che si godono a Gerusalemme. Non andremo a passeggiare sul lungomare (se non nel tempo libero) né a mangiare hummus e falafel. Scarpinata virtuale a più riprese nei luoghi dell'arte contemporanea e tra gli studi degli artisti. Che abbiamo visitato per voi.

di Santa Nastro

Tel Aviv Museum of Art

Absalon, veduta della mostra presso Helena Rubistein Pavilion, Tel Aviv 2013

MoBY - Museums of Bat Yam

Forse non tutti sanno che la scena dell'arte contemporanea in Israele è davvero effervescente. Musei e centri culturali dove meno te l'aspetti, artisti di grande talento giovani o estabilished, grande senso dell'iniziativa e belle collezioni sono alcuni degli ingredienti di un viaggio ad arte da tentare, meglio se durante la stagione primaverile, quando Tel Aviv è di una bellezza sconvolgente. Ed è proprio da qui che comincia il nostro percorso.
Nello specifico dal Padiglione di Helena Rubinstein, uno spazio creato nel 1959 con i fondi dell'omonima fondazione, come luogo dedicato alle mostre temporanee in felice connessione con il museo d'arte contemporanea della città. Quando lo visitiamo, ospita una retrospettiva (visitabile fino al 30 giugno) dell'artista franco-israeliano scomparso da una ventina d'anni, Absalon. Il complesso, progettato su più piani, è tutto un labirinto delle sue strutture abitabili, celle bianche, alcune delle quali originali, altre ricostruite sui progetti lasciati dall'artista, che evocano un futuro possibile ma non auspicabile, solitario e congestionato.
  A poca distanza si colloca il Tel Aviv Museum of Art, una struttura molto articolata, in cui il dipartimento educativo ha un ruolo fondamentale. Colpisce, e vi stupirà per tutto il vostro viaggio "ad arte", come la formazione delle nuove generazioni attraverso la cultura sia uno degli obiettivi primari, fondamentali per le istituzioni culturali del Paese. Senza questo compito, che è di carattere intellettuale e nello stesso tempo morale, questi spazi probabilmente sentirebbero venir meno la loro ragione d'essere. E così, tra una mostra e l'altra, che nel nostro caso erano I am also di Douglas Gordon (fino al 6 luglio), la retrospettiva dedicata alla pittrice israeliana Deganit Berest, vincitrice del prestigioso Rappaport prize 2012 (fino al 28 settembre) e una serie di microesposizioni a promozione della giovane creatività del territorio, vedrete frotte di ragazzini scorrazzare tra i corridoi, probabilmente impegnati in laboratori e visite guidate. E se vi avventurerete nella collezione, avrete l'opportunità di incontrare - oltre che alcune opere donate da Peggy Guggenheim (da Marino Marini a Massimo Campigli, fino a Jackson Pollock) - alcuni importanti corpus. Il museo, infatti, non conduce una campagna di acquisizioni: il cuore delle collezioni dei musei locali è soprattutto formato dalle donazioni di famiglie ebree, spesso americane, che decidono di sostenere le istituzioni con quelle che sono state le loro passioni d'arte. A Tel Aviv, ad esempio, i Kramer hanno regalato una mastodontica raccolta di libri surrealisti. E se amate Archinpenko, qui potrete godere di uno dei campioni più esaustivi della sua opera, tanto amata dalla famiglia Goeritz, giusto per fare qualche esempio.
  Tra le visite in città non può mancare una sosta al CCA - Centro per l'Arte Contemporanea diretto da Sergio Edelsztein, anche curatore del Padiglione Israele alla 55. Biennale di Venezia, con la mostra di Gilad Ratman. Il CCA è uno spazio di ricerca con mostre temporanee di caratura internazionale, ma soprattutto con un archivio dedicato alla videoarte di grandissimo pregio: il fondo, che contiene oltre 40mila pezzi, è stato fondato con il supporto di Arye Sabinsky in memoria di sua madre e con il sostegno della Fondazione Muriel & Philip Berman ed è in continua crescita. In aggiunta, ogni anno un videoartista e cineasta israeliano riceve una borsa di studio di 2.000 shekel per continuare e promuovere la propria ricerca in patria e all'estero. Ma questo è solo uno dei tanti programmi, non solo espositivi, collegati alla mission di questo gioiellino nel campo delle immagini in movimento.
  A soli 10 chilometri dalla città si situa invece Bat Yam, con il suo MoBY, un complesso di tre realtà dirette da Joshua Simon, coordinate in una stimolante piattaforma tra ricerca, teoria e critica d'arte. Ma anche design. Lo spazio conferenze, infatti, viene periodicamente reinventato. Quando ci andiamo noi, sono Orr Herz e Ira Shalit, entrambi di Tel Aviv-Jaffa i protagonisti con il progetto Circus, mentre in mostra c'è la ben documentata ReCoCo - Life Under Representational Regimes, collettiva già esposta a Vienna alla Kunsthalle Exnergassse e a Zurigo presso il White Space. Curata da Simon con Siri Peyer (fino al 3 agosto) conta nomi di eccellenza come Hito Steyerl, Roee Rosen, Zanny Begg in coppia con Oliver Ressler, per dirne giusto qualcuno, tutti impegnati nel racconto della dura vita della democrazia nell'epoca di Internet. Fiore all'occhiello il video The Flag di Köken Ergun, dove alle immagini tratte dalle celebrazioni del "giorno dei bambini" in Turchia si affiancano una retorica nazionalista e di propaganda che ben poco si addicono all'infanzia.

(Artribune, 7 giugno 2013)


Under 21 - Immobile avverte: "Contro Israele sarà più dura che con gli inglesi"

L'attaccante azzurro alla vigilia del secondo match dell'Italia: "Gli spazi si riducono". Il c.t. Mangia: "Gara molto complicata, giochiamo contro una squadra ben organizzata, abile nel ripartire e della quale abbiamo massimo rispetto".

Ciro Immobile in azione contro l'Inghilterra  
TEL AVIV, 7 giugno 2013 - Il secondo appuntamento è sempre più difficile del primo. Soprattutto se al primo hai battuto l'Inghilterra e ti senti superman. Il c.t. dell'Italia Devis Mangia, che giovedì ha compiuto 39 anni, ha lavorato soprattutto su questo aspetto nel preparare la partita di sabato sera a Tel Aviv (Bloomfiel Stadium, ore 20.30) contro i padroni di casa di Israele. Fondamentale non sentirsi appagati e giocare con la stessa rabbia di mercoledì. Lo stadio israeliano, peraltro nel giorno dello Shabbat, sarà esaurito. Già venduti tutti i 15 mila tagliandi disponibili.
ITALIA D'ASSALTO — A confortare il tecnico sulle sue tesi, per fortuna ci pensa subito il suo centravanti Ciro Immobile: "Questa partita è più difficile di quella con l'Inghilterra, perché gli spazi si riducono". Il c.t. conferma: "E' una gara molto complicata, giochiamo contro una squadra ben organizzata, abile nel ripartire e della quale abbiamo massimo rispetto. Questa è la parte tattica, gli altri aspetti più importanti me li tengo per me e per la squadra". Mangia allude ai fattori ambientali che possono condizionare la sfida. Guai a cadere nelle provocazioni, occhio alle decisioni arbitrali (dirige il 32enne romeno Ovidiu Hategan) e alle conseguenti proteste. Nella prima partita con la Norvegia, Israele ha avuto un rigore (trasformato) e un'espulsione a favore. Mangia deve far fronte all'assenza di Marrone: "Rimarrà per ora con noi. Non è stato un errore rischiarlo dopo l'infortunio col quale si era presentato in ritiro. Stava bene e c'era il suo assenso". Il suo posto potrebbe essere preso da Florenzi in mezzo col lancio di Saponara a destra. Ma l'allenatore azzurro non parla mai di formazione. "Giocheranno i migliori, ma ho 23 titolari". Immobile aggiunge: "Qui l'unica cosa che conta è il gruppo". L'attaccante ha aggiunto che sicuramente con Insigne si è creato un feeling in campo: "Visto il rapporto che abbiamo fuori, ma non siamo qui per fare balletti e numeri da circo, siamo qui per giocarci l'Europeo. Una competizione breve dove bisogna dimostrare a ogni partita".
I TIMORI DI ISRAELE — L'avversario ci teme. Il tecnico Guy Luzon, 37 anni, nipote del presidente federale, lo dice immediatamente: "L'Italia con l'Olanda è la squadra più forte del torneo. Ha dominato la gara con l'Inghilterra. Sono forti e veloci, ma proveremo a giocarcela fino alla fine, senza stravolgere la formazione, sperando di far meglio che con la Norvegia. Temo in particolar modo Verratti, Insigne e Borini. Le critiche sulla nostra prima partita? Non leggo giornali e non guardo Internet. Ma abbiamo fatto il primo punto in una competizione europea. Mi sembra un evento storico".

(La Gazzetta dello Sport, 7 giugno 2013)


Tour operator israeliani in "vacanza" a Varese

Sono atterrati stamattina a Malpensa. Le mete saranno: il lago, visiteranno l'aeroclub Adele Orsi di Calcinate del Pesce, la sponda del Lago Maggiore, il Verbano tra cui Angera e la "sua" Rocca

Sono stati accolti all'Ufficio di rappresentanza della Provincia di Varese al Terminal 1 di Malpensa e, davanti alla Lupus, ovvero l'imbarcazione storica esposta in aeroporto per "annunciare" i Mondiali Masters di settembre alla Schiranna, hanno iniziato a scoprire le bellezza artistiche, storiche e ambientali incontaminate dal turismo di massa.
E' iniziato così il tour in provincia di Varese di 50 referenti di tour operator israeliani, provenienti da Tel Aviv, alla ricerca di luoghi caratteristici e lontani dai tradizionali circuiti del turismo di massa.
La "Solo Italia Ltd." è un tour operator israeliano, che da oltre vent'anni vende pacchetti turistici sul territorio italiano a tutti gli israeliani e alle comunità ebraiche europee. Ogni anno organizzano circa 200 gruppi, per un totale che sfiora i 50 mila turisti.
«I pacchetti turistici che noi offriamo, promuovono e valorizzano i territori più caratteristici, dalle città di lago a quelle d'arte, senza dimenticare i luoghi di grande pregio ambientale. Infatti, lo scopo del nostro tour operator è la promozione di luoghi significativi dal punto di vista culturale, sportivo ed enogastronomico, magari meno noti a livello internazionale», spiega Yair Di Castro, Direttore del tour operator israeliano.
Dopo il benvenuto allo Scalo della Brughiera, gli "scout" delle nuove frontiere turistiche gireranno il Varesotto anche per tutta la giornata di oggi e prima di allargare il proprio tour all'intera Lombardia
Le mete del Varesotto saranno: il Lago di Varese e tutto l'ambiente circostante, visiteranno l'aeroclub Adele Orsi di Calcinate del Pesce, la sponda del Lago Maggiore e le principali località turistiche del Verbano tra cui Angera e la "sua" Rocca al fine di selezionare le migliori destinazioni adatte ad ogni esigenza.
«Siamo due volte contenti - ha dichiarato con soddisfazione il Direttore dell'Agenzia del turismo Paola Della Chiesa - Innanzitutto perché il giro in Lombardia è partito proprio da Varese e dall'Ufficio di rappresentanza della Provincia. Inoltre siamo felici che la nostra meravigliosa provincia inizia a essere conosciuta nel mondo, ma in modo particolare da operatori del settore che cercano eccellenze artistiche, naturali ed enogastronomiche, con grandi potenzialità, ma ancora da valorizzare».

(VareseNews, 7 giugno 2013)


Roma - Apparse nella notte scritte antisemite in piazza Don Bosco

di Fabio Grilli

ROMA - Piazza San Giovanni Bosco, è un luogo di fondamentale per il territorio. Qui infatti si sviluppa buona parte della socialità del quartiere: nella piazza, in occasione di manifestazioni pubbliche, ma anche nei portici che la circondano. Frequentati, ogni giorno, da migliaia di residenti.
Stanotte, proprio sotto questi portici, sono state realizzate da ignoti delle scritte infamanti, corredate dall'immancabile croce uncinata. "Ebreo per te solo i forni" e "Romanista ebreo", sono le espressioni utilizzate, con bombolette spray, per insozzare i piloni dei portici. Ma anche per qualificare, inequivocabilmente, chi quel gesto ha compiuto. "L'idiozia umana non ha confini, specie quando usa la passione di molti per uno sport, il calcio, per far passare i propri deliranti messaggi inneggianti ad Hitler e agli ebrei (non si sa perché identificati nei romanisti) da mettere ai forni" ha commentato il blogger Fortezza Bastiani, da cui abbiamo preso anche la fotografia.
"Stanotte sotto i portici di piazza San Giovanni Bosco c'è stato un blitz con manifesti, scritte sui muri e croci uncinate di un qualche gruppo di 'laziali' che ha ben espresso quello che è il loro becero pensiero - riflette Fortezza Bastiani - Ma al di là della riprovazione per l'esaltazione di un'ideologia, quella nazista, condannata dalla storia, quello che viene da chiedersi è, ma cosa c'entra tutto questo col sostenere la propria squadra del cuore?"

(RomaToday, 7 giugno 2013)


Iran - Il futuro delle Assemblee di Dio

VERONA - Dopo l'arresto del pastore Robert Asseriyan avvenuto il 21 maggio scorso, il futuro della chiesa delle Assemblee di Dio a Teheran è in bilico: per ora permane l'ordine di chiusura. Le autorità iraniane continuano da tempo ad esercitare forti pressioni nei confronti delle chiese evangeliche affinché cancellino ogni forma di servizio in lingua farsi. Il farsi (persiano) è la lingua nazionale, risulta perciò chiaro come l'obiettivo sia quello di arginare il crescente movimento di conversioni di musulmani a Cristo e di impedire radicalmente la diffusione del Vangelo in Iran. Il pastore Asseriyan è stato rinchiuso nel famigerato carcere di Evin a Teheran, dopo aver rifiutato di cancellare i culti in farsi. Secondo un articolo di Mohabat news, il pastore avrebbe comunicato alla sua famiglia di stare bene. Fuori dalla chiesa, intanto, è stato affisso un avviso che recita: «La chiesa è chiusa per importanti restauri. Per favore non tornate!».
   Storicamente, il governo iraniano ha tollerato i cristiani armeni e assiri e le loro chiese, ma le congregazioni che si rifiutano di bloccare i loro culti in farsi incontrano opposizioni di vario genere. La chiesa delle Assemblee di Dio del pastore Asseriyan è la più grande chiesa evangelica ufficiale dell'Iran in cui ancora si svolgevano culti in farsi. Nel 2009 a questa congregazione (come ad altre) fu ordinato di cancellare il culto del venerdì, mentre nel 2012 ai suoi leader fu chiesto di fornire i dati identificativi di tutti i membri della comunità. Lo stesso Asseriyan aveva subito forti pressioni e visite da parte della polizia. Il messaggio delle autorità iraniane è ora chiarissimo: cancellate ogni servizio in farsi e così potrete continuare la vostra attività tra gli armeni, altrimenti arrestiamo i vostri pastori e vi facciamo chiudere.
   Altri quattro leader delle Assemblee di Dio nella città di Ahwaz sono in prigione con sentenze di un anno sul loro capo. Secondo vari esperti, la chiusura di questa grande chiesa fungerà da potente deterrente per le altre che ancora svolgono culti in farsi, o almeno questo sembra lo scopo delle autorità. L'Iran è tra i primi dieci paesi (vedi World Watch List 2013, http://bit.ly/Zkj63k) in cui più si perseguitano i cristiani. Si registra un aumento di conversioni di musulmani a Cristo nonostante la costante persecuzione.

(evangelici.net, 7 giugno 2013)


«Il professore è antisemita e negazionista». Moffa fa causa ma il tribunale gli dà torto

Il tribunale non accoglie la richiesta di risarcimento danni

Era stato definito «antisemita» e «negazionista» nella relazione elaborata dal centro di documentazione ebraica e contemporanea di Milano, che aveva preso in esame le sue attività sul web, in particolare il suo sito personale. Per questo motivo, il professore universitario Claudio Moffa - al centro di numerose polemiche per aver organizzato, in passato, nell'università di Teramo, un incontro con un negazionista francese e per aver tenuto una lezione sui negazionisti - si era rivolto ai giudici. Chiedendo cinquantamila euro di risarcimento danni. Ma oggi, la prima sezione del tribunale civile di Roma, ha respinto questa richiesta.

(Il Messaggero 7 giugno 2013)


Perché la pace, intesa come assenza di guerra, è ancora lontana

La pace, in tutte le sue declinazioni, è il chiodo fisso dei politici (non mediorientali) che pensano al Medio Oriente. In Israele, quasi nessuno di coloro che incontriamo, pensa che la pace sia vicina.
Stando a questa differenza di argomenti, molti commentatori deducono che gli israeliani siano guerrafondai e dunque giungono alla conclusione che sia lo Stato ebraico a dover "avere il coraggio" di "fare un passo avanti" nei negoziati. Quante volte abbiamo sentito queste frasi stereotipate, da parte di Obama, delle agenzie dell'Onu, dei commissari europei, di tutti i nostri parlamentari, del Quartetto e delle altre orchestre diplomatiche! Vista da Israele, la pace appare come un qualcosa di molto più concreto: assenza di guerra. E per questo appare lontana.
Vita normale a Gerusalemme
Tra una minaccia e l'altra, la gente cerca in tutti i modi di vivere nel massimo della calma. Non ci sono sui muri i poster "Keep Calm and Carry On" come nella Gran Bretagna della Seconda Guerra Mondiale, ma è come se ci fossero, stampate nella mente di tutti. La Gerusalemme di oggi appare all'osservatore molto più rilassata e pacifica di quella di tre, quattro anni fa. Dove c'erano le armi, ora non ci sono più. Dove i soldati tornavano in licenza tenendosi il loro fucile (pronto all'uso), ora sono in borghese e disarmati, come avviene in tutti gli eserciti in tempo di pace. Dove gli studenti giravano sotto la scorta di volontari armati, ora camminano, chiacchierano e mangiano liberi e senza protettori. Dove c'erano guardie giurate e metal detector, davanti a negozi, vie strette e affollate, centri commerciali, ora (a parte qualche eccezione) si può entrare e uscire senza essere perquisiti o interrogati. Le vie pedonali del centro sono affollate di giovani e giovanissimi che si divertono nei locali, con la musica alta, all'ultima moda. Complessini improvvisati suonano per le strade. Due violinisti che sembrano usciti da un quadro di Chagall intrattengono i passanti di fronte a luminose sfere animate, un'installazione di arte contemporanea piazzata all'ingresso del corso Mamilla, proprio dove, qualche anno fa, era pieno di polizia.
  Gaia apocalisse? Calma apparente? Qui nessuno crede che la quiete duri in eterno. Ci sono abituati. Ma ogni giorno di pace conquistato è un dono, non tanto del cielo, quanto dell'organizzazione della difesa. Il "muro" così tanto stigmatizzato in Occidente, qui in questa landa d'Oriente è visto come l'unico strumento in grado di fare la differenza. Dopo la sua costruzione, la barriera difensiva ha abbattuto il numero di attentati suicidi. Non c'è solo quello. La cooperazione della polizia dell'Autorità Palestinese (Anp) pare stia funzionando a dovere. Almeno per ora, visto che gli interessi sulla sicurezza, a spese di Hamas, stanno convergendo. Un ufficiale dell'Amministrazione Civile di Hebron ci mostra un video su YouTube che pare impossibile a un medio osservatore occidentale: la polizia palestinese, in tenuta anti-sommossa, carica i manifestanti di Hamas. La guerra interna alla Palestina sta garantendo questa prolungata pace in Israele.
  Sulle soluzioni di lungo periodo, pochi osano esprimersi. Quando si parlava troppo di pace negli anni '90, è poi arrivata la Seconda Intifada del 2000. Con tre-quattro attentati al giorno, la popolazione di Israele aveva vacillato sotto i colpi. Per la prima volta dal 1948 aveva creduto seriamente alla possibilità di estinzione fisica.
  Questo non vuol dire che non vi siano delle azioni concrete verso la pace. Ci sono eccome. Ma al livello di base, quello dei rapporti fra comunità, nelle azioni individuali, nelle relazioni fra persone. E non vengono riconosciute in Occidente, perché sono fraintese, più o meno volutamente, come atti di "occupazione". Parliamo con un imprenditore, nei Territori: dei suoi 80 operai, 42 sono palestinesi. Hanno lo stesso salario e gli stessi diritti dei suoi impiegati israeliani. Viaggiano assieme durante le ferie. Il suo fondatore ci spiega di non aver alcun incentivo fiscale: ha trasferito lì (da Tel Aviv) la sua fabbrica, per favorire l'occupazione (in senso lavorativo) nei Territori. Ebbene, quella stessa fabbrica, che produce prodotti in plastica per i bagni, è vittima del boicottaggio internazionale, perché strumento di "occupazione" (in senso militare) dei Territori.
  Assistiamo ai colloqui all'ufficio assistenza nell'Amministrazione Civile di Hebron, la branca amministrativa delle forze armate israeliane locali. I palestinesi fanno regolarmente la coda per venire a chiedere informazioni a soldati e soldatesse, su servizi sociali e benefit di cui hanno diritto. Un funzionario civile, che vuole mantenere l'anonimato, ci confida che molte ragazze discriminate e maltrattate, bambine costrette a sposarsi prematuramente e gay che rischiano la persecuzione in Palestina, vengono salvati "ogni settimana". Sono loro che si rivolgono all'esercito per chiedere protezione. Tutto questo, dal punto di vista dei pacifisti occidentali è solo "occupazione": Hebron viene tuttora considerata come uno scempio israeliano.
  A Ma'ale Adumim, sobborgo di Gerusalemme oggetto di un'infinita contesa diplomatica, molti impiegati comunali sono musulmani, gli addetti alla sicurezza sono drusi, i beduini attendono pazientemente di essere assunti nei cantieri come muratori. Non lavorano e non guadagnano perché la comunità internazionale, temendo la "minaccia" dei nuovi insediamenti di "coloni", ha ordinato l'alt di tutti i lavori edili.
  Nell'università di Ariel, un terzo degli studenti e delle studentesse sono palestinesi. Studiano assieme agli israeliani, aspirano ad inserirsi nel mondo del lavoro esattamente come i loro coetanei dello Stato ebraico. Ariel, splendido giardino nel deserto, con i suoi campus e i dormitori grandi quanto un'intera cittadina, è un'istituzione maledetta dalla comunità internazionale. Barack Obama, nella sua visita in Israele, non ha nemmeno voluto vedere i suoi studenti fra coloro che hanno assistito al suo discorso rivolto ai giovani. È in un "territorio occupato", quindi è boicottata dal mondo e rifiutata dai Grandi.
  A Sud di Tel Aviv, una Ong, "Save a Child's Heart" opera al cuore i bambini palestinesi che arrivano sia dalla Cisgiordania che da Gaza. Sì, anche da Gaza, come ci spiega il cardiologo Sion Houri: arrivano regolarmente dalla città controllata da Hamas e contatti con i medici palestinesi avvengono costantemente. Unico problema: i ritardi. L'esercito pare abbia trovato esplosivi in più di un'ambulanza e allora deve controllarle tutte. Già è capitato che i terroristi approfittassero dell'assistenza medica israeliana per farsi saltare negli ospedali.
  Eppure per l'opinione pubblica occidentale, gli ospedali israeliani che curano i bambini palestinesi sono solo una "foglia di fico", per nascondere uno "Stato dell'Apartheid". Mentre i terroristi sono "una reazione all'occupazione". È Apartheid uno Stato in cui la popolazione palestinese delle aree B (ad amministrazione mista israelo-palestinese) paga le tasse all'Anp, ma usufruisce di sanità, strade, luce e gas forniti da Israele, come ci spiega un mukhtar (capo villaggio) palestinese? È Apartheid uno Stato in cui gli israeliani non possono entrare, non solo nei luoghi santi musulmani, ma nemmeno nelle aree A (ad amministrazione palestinese)? Lo è, secondo opinioni pubbliche lontane e autoreferenziali, che dicono di amare la "pace", ma rifiutano di vedere le concrete azioni di pace che quaggiù vengono compiute quotidianamente.

(libertiamo, 7 giugno 2013)


Firenze - Balagan Cafè:, per riaprire i cancelli della sinagoga




(Quotidiano.net, 7 giugno 2013)


Carri armati israeliani al confine con la Siria

I carri armati israeliani sono stati dispiegati lungo le Alture del Golan al confine con la Siria: lo riferisce la Cnn. La decisione dell'esercito dello Stato ebraico, spiega l'emittente USA, è conseguente ai combattimenti scoppiati al valico di Quneitra tra ribelli e forze governative siriane.
Sul posto, riferiscono sempre i corrispondenti della Cnn, si sentono ancora scambi di colpi di arma da fuoco, anche se di minore intensità rispetto a stamani.
A Bruxelles intanto il presidente, Josè Manuel Barroso ha reso noto che la Commissione europea mobiliterà un pacchetto addizionale di 400 milioni di euro per aiuti "umanitari e non umanitari per la Siria ed i paesi vicini".
La Ue, con 840 milioni di euro versati, è già il primo donatore di aiuti in quella che Barroso ha definito in una nota "la più drammatica situazione umanitaria del decennio".
"Il sostegno umanitario è solo un palliativo", ha aggiunto. "Quello di cui abbiamo bisogno è una soluzione politica del conflitto che fermi immediatamente la violenza. Abbiamo bisogno di un accesso umanitario senza restrizioni o condizioni. Ed abbiamo bisogno di un governo di transizione inclusivo. La situazione in Siria è una macchia sulla coscienza del mondo. Abbiamo tutti il dovere di agire", ha concluso.

(swiss.com, 6 giugno 2013)


La "Bibbia di Reggio Calabria" alla base degli studi sulla Torah

"La Calabria sta attraversando una mutazione genetica: da terra di emergenza a terra di opportunità. Ed e proprio con questo spirito che sosteniamo con crescente entusiasmo e coinvolgimento la riscoperta di una presenza ebraica nella regione. Un elemento imprescindibilmente legato a questa terra dove da secoli convivono pacificamente identità e minoranze diverse". Così l'assessore alla Cultura della Regione Calabria Mario Caligiuri commentando gli esisti dell'incontro 'La Bibbia di Reggio Calabria e il legame antico tra Ebraismo e Meridione" che si e' svolto al Salone del libro di Torino. Baricentro delle varie iniziative proposte dalla Regione e' stata l'esposizione di un antico commentario di Rashì, il più antico testo a caratteri ebraici mai stampato al mondo (Reggio Calabria, 1475). Dopo Torino la sfida è quella di farne presto una vetrina di livello internazionale, non a caso questo evento e' stato considerata una delle operazione culturali più significative proposte nell'edizione appena conclusa del Salone del Libro.
Al fianco di Caligiuri il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che ha sottolineato l'affetto e le molte sensibilità che stanno facendo da sfondo al lavoro svolto sinergicamente sul territorio da istituzioni calabresi e meridionali e realtà ebraiche. "La riscoperta dell'ebraismo calabrese e meridionale - ha affermato - è un'operazione culturale di grande portata e di grande interesse umano e scientifico. Un'operazione alla quale siamo orgogliosi di partecipare e che ci ha procurato forti emozioni quando ci siamo sentiti dire non solo benvenuti ma soprattutto bentornati". Di grande interesse e densità i vari interventi proposti al pubblico torinese. Ad offrire un contributo i rabbini Roberto Della Rocca e Amedeo Spagnoletto, Giancarlo Lacerenza dell'Università Orientale di Napoli e Silvia Godelli, assessore alla Cultura della Regione Puglia. Caligiuri, d'intesa con l'Unione delle Comunita' Ebraiche, sta organizzando ulteriori iniziative per l'autunno.

(CN24TV, 7 giugno 2013)


Calcio - La faccia multiculturale di Israele

Israele pareggia, ma vince la partita dell'integrazione. È la lettura del Corriere della sera relativamente alla partita inaugurale degli Europei Under 21 di calcio. Così, per i padroni di casa, se da un lato resta l'amarezza di essersi fatti raggiungere in extra time dalla Norvegia, dall'altro c'è la concreta speranza di aver mostrato al mondo l'essenza multiculturale di un paese che può essere un modello. E allora, i quattro giocatori arabi scesi in campo con la maglia biancoazzurra (sei se si considerano i panchinari) sono l'immagine forse più significativa di questa prima giornata di gare coincisa, per la nazionale italiana, con l'importante affermazione sui pari età inglesi grazie al capolavoro su punizione di Lorenzo Insigne, già protagonista con Prandelli. Era stato proprio il ct dei 'grandi', in visita in Israele lo scorso aprile insieme a Cabrini, ad esprimersi in modo chiaro sul tema: "Il futuro è la multietnicità".
Adesso l'attenzione, con diverse aspettative, è per lo scontro diretto in programma sabato sera a Tel Aviv. Per l'Italia l'opportunità di chiudere i giochi in vista delle semifinali, per Israele un possibile anche se complicato riscatto in considerazione del diverso tasso tecnico delle due compagini.
Tra i vari momenti che caratterizzeranno queste giornate la visita, nel ritiro di Casa Azzurri, di una delegazione dell'associazione Tsad Kadima che da anni si occupa di organizzare e aiutare il percorso dei bambini che soffrono di lesione cerebrale a prescindere dalla religione, dal credo e dall'appartenenza etnica. La delegazione, che si unirà a un gruppo di atleti e dirigenti del Roma Club Gerusalemme, sarà guidata da Alessandro Viterbo, anima di Tsad Kadima, e da suo figlio Yoel. A conclusione dell'allenamento, incontro con i calciatori, scambi di regali (magliette, cappellini e nastri colorati) e foto di rito. Preziosa, spiega Viterbo, l'intermediazione dell'ambasciatore d'Italia in Israele Francesco Maria Talò.

(Notiziario Ucei, 6 giugno 2013)


UGEI: "Siamo con i ragazzi della rivolta turca"

"L'Unione Giovani Ebrei d'Italia - condanna con forza la brutale repressione nei confronti dei cittadini turchi che manifestano pacificamente per rivendicare il loro diritto di vivere in un paese più libero - dichiara Alessandra Ortona, presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, che continua - Vogliamo esprimere la nostra solidarietà e vicinanza alla popolazione turca laica e dell'Islam moderato, proprio coloro che si battono per far emergere nel paese quei diritti civili che favorirebbero l'equilibrio globale scongiurando nuovi assi ideologici o maggiore violenza.
Questa rivoluzione - continua Ortona - nata da una protesta contro l'abbattimento di alcuni alberi nel Parco Gezy si è trasformata in una protesta contro le restrizioni delle autorità governative e il popolo ebraico sa bene che è nel piantare gli alberi che si fa la differenza.
Per dimostrare la nostra solidarietà ai giovani di Istanbul e delle altre città turche - conclude Ortona - abbiamo deciso di condividere sui nostri profili dei maggiori social networks un banner e un piccolo distintivo vicino alle nostre foto come piccolo ma significativo gesto simbolico di vicinanza e sostegno. Nella speranza di una stabilità pacifica «Her yer Taksim», ogni luogo è Taksim." In una nota della Segreteria UGEI.

(Roma Daily News, 6 giugno 2013)


Medaglia di "Giusto fra le Nazioni" alla memoria di Giulio e Stella Levorato

La cerimonia a Ca' Farsetti

Margherita e Raffaele Levorato

Ruggero D'angeli, fratelli Levorato al centro, Tina Dina a destra

VENEZIA, 5 giugno - Si è svolta oggi la consegna, da parte dello Stato d'Israele, della medaglia di "Giusto fra le Nazioni" alla memoria di Giulio e Stella Levorato: il luogo prescelto è stato il Municipio di Venezia, simbolo della città. "Ho aderito con gratitudine alla richiesta di ospitare proprio a Ca' Farsetti la cerimonia - ha spiegato il sindaco nel suo discorso di apertura - perché ricorda un'azione di alto valore morale, un gesto di solidarietà vera verso gli ebrei da parte di un famiglia veneziana, in un periodo in cui l'umanità pareva aver perso la propria identità". Alla celebrazione sono intervenuti il consigliere Affari Pubblici e Politici dell'Ambasciata d'Israele a Roma, Livia Link-Raviv, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Riccardo Calimani, i familiari dei salvati, Paolo Navarro Dina e Ferruccio D'Angeli, e quelli dei familiari dei salvatori, Raffaele e Margherita Levorato. In sala erano poi presenti, tra gli altri, Tina Dina (l'unica tra coloro che furono salvati ancora in vita) il vicesindaco, Sandro Simionato, il prefetto di Venezia, Domenico Cuttaia, e gli assessori comunali Tiziana Agostini, Bruno Filippini e Roberto Panciera.
   Paolo Navarro Dina e Ferruccio D'Angeli hanno richiamato, a distanza di 70 anni, il gesto di Giulio e Stella Levorato, che ospitarono nella propria casa a Castello, tra il '43 e il 45 - ossia nel periodo in cui i nazifascisti precedevano alle deportazioni nei lager degli ebrei - prima la famiglia D'angeli e poi, quando questa si rifugiò nelle campagne venete, gli adulti della famiglia Dina, fino alla Liberazione. Le figlie minori, invece, furono accolte in un convento lì vicino da Emilia Taroli, suor Paola, iscritta a sua volta nel registro dei Giusti tra le Nazioni. "Mio padre e mia madre - ha spiegato Raffaele Levorato - erano persone semplici, che avevano un gran cuore e che hanno svolto la propria esistenza secondo il concetto evangelico di amore verso il prossimo: il loro gesto va ricondotto unicamente a questo principio morale".
   "Chi salva una vita - ha rimarcato Livia Link-Raviv - salva il mondo intero. Lo Stato d'Israele perpetua la memoria di quei 'Giusti' che, durante la Shoah, hanno saputo riportare la luce nel buio più assoluto". L'Istituto Yad Vashem per la Memoria dei Martiri e degli Eroi dell'Olocausto, istituito dal Parlamento Israeliano nel 1953, è infatti preposto all'assegnazione di questo importantissimo riconoscimento, che è anche l'unica onorificenza civile del Paese.
   "Le svastiche a Verona, i fenomeni di violenza e di discriminazione diffusi in Italia, nel Mediterraneo e nel mondo - ha sottolineato infine Calimani - ci invitano a riflettere sul fatto che la libertà non è un bene dato per sempre, ma è il risultato della lotta e dell'impegno costante. Per questo auspico che il governo d'Israele sappia trovare un accordo con i propri vicini, perché solo così sarà garantita la pace. Credo che onorare le persone che nel passato sono state protagoniste di gesti così generosi sia utile per interpretare il futuro. Questo per me è il vero senso della cerimonia".

(Città di Venezia, 5 giugno 2013)


Siria - Violenti scontri per il controllo del valico con Israele

E' battaglia per il controllo del valico di Quneitra, l'unico che collega la Siria con Israele: conquistato in mattinata dai ribelli, è ripassato nelle mani dell'esercito di Bashar al-Assad. L'Austria ritira i suoi caschi blu dal Golan. Assad riprende il controllo di Qusayr: 270 i morti nei 17 giorni di scontri.

GERUSALEMME, 6 giu. - E' battaglia tra le truppe di Bashar al-Assad e i ribelli per il controllo valico di Quneitra, l'unico che collega la Siria con Israele. Conquistato in mattinata dai ribelli dell'Esercito libero siriano, il valico è ripassato dopo violenti scontri nelle mani dell'esercito del presidente siriano.
Nei combattimenti un proiettile di mortaio è caduto in una postazione Onu sulle alture del Golan, ferendo un funzionario delle Nazioni Unite. Feriti anche due caschi blu dell'Onu. I due militari, ha riferito la portavoce Onu Josephine Guerrero senza specificare la loro nazionalita', hanno subito "ferite lievi".
In seguito agli scontri, il governo di Vienna ha annunciato il ritiro dei 380 caschi blu austriaci che operano nella forza Onu sul Golan.
Una escalation che preoccupa Israele che ha deciso di chiudere tutta l'area. Il governo israeliano teme che il Golan, catturato ai siriani nel 1967, diventi un base per attacchi contro Israele da parte di combattenti jihadisti che partecipano all'insurrezione contro il regime di Bashar Assad.
Il ministro israeliano della Difesa Moshe Ya'alon ha ribadito nei giorni scorsi che la politica adottata dal suo paese e' di non intervenire nel conflitto siriano "fintanto che non colpisce i nostri interessi- come nel caso del trasferimento di armi avanzate, missili o armi chimiche a Hezbollah o ad escalation del teatro del conflitto". Il riferimento e' alla milizia sciita libanese di Hezbollah, alleata del regime di Assad e ostile a Israele.
Si combatte anche al confine con il Libano. Almeno diciotto razzi sparati dalla Siria sono atterrati nella notte in territorio libanese, in particolare nelle zone dove si registra una concentrazione di abitazioni appartenenti ai finanziatori del movimento sciita di Hezbollah, alleato del regime di Bashar al-Assad. I missili, secondo la polizia libanese, hanno colpito Baalbeck, distretto di Sharawneh. Si tratta del primo attacco nella città, dove un bambino è rimasto ferito e alcuni edifici sono stati danneggiati.
Uno dei razzi sparati dalla Siria è atterrato nella casa dell'ex ministro della Difesa Ghazi Zeiter. I razzi, che si ritiene siano sparati dai ribelli siriani, seguono i raid aerei condotti dall'aviazione siriana sulla zona di Arsaal, nel Libano orientale.

(Adnkronos , 6 giugno 2013)


Europei Under 21 - La Norvegia riacciuffa Israele

Israele - Norvegia 2-2. Un gol allo scadere di Harmeet Singh permette agli scandinavi di pareggiare in extremis negando il successo ai padroni di casa.

di Josh Hershman

I padroni di casa di Israele vedono sfumare in pieno recupero la possibilità di esordire con un successo contro la Norvegia, ridotta in dieci, ai Campionati Europei UEFA Under 21.
Gli scandinavi partono bene, ma al 16' è Israele a passare in vantaggio grazie a un rigore di capitan Nir Biton. La squadra di Tor Ole Skullerud trova il pareggio con Marcus Pedersen, ma si ritrova in inferiorità numerica poco prima dell'intervallo a causa dell'espulsione di Vegar Hedenstad.
Israele sfrutta l'uomo in più nella ripresa e si riporta avanti con il subentrato Alon Turgeman, prima della doccia fredda subita nel finale ad opera di Harmeet Singh.
Vittoriosa sulla Francia negli spareggi, la Norvegia spinge fin dal fischio d'inizio e si rende subito pericolosa con Anders Konradssen, che di testa non sfrutta al meglio un cross di Omar Elabdellaoui. il primo gol, però, è dei padroni di casa, alla seconda apparizione alle fasi finali: Elabdellaoui atterra Omri Ben Harush in area e Biton spiazza Orjan Nyland Haskjold dal dischetto.
Il vantaggio israeliano è però di breve durata. Passano appena 8' e la Norvegia trova il pareggio con Pedersen, che si gira e conclude a rete dopo aver controllato con qualche difficoltà un cross di Stefan Johansen. Alla mezz'ora Konradssen cerca di farsi perdonare per l'occasione fallita in avvio, ma la sua conclusione dalla distanza accareza la traversa.
La Norvegia acquista coraggio e coglie anche un palo, con Berget, ma sugli sviluppi di un lancio dalla retrovie si fa trovare sbilanciata e Vegar Hedenstad è costretto a fermare fallosamente Mohammad Kalibat lanciato a rete guadagnandosi l'uscita dal campo anticipata.
Nonostante l'inferiorità numerica, la Norvegia continua a premere anche nella ripresa e sfiora nuovamente il vantaggio con Konradssen, ma è ancora un legno a dire di no alla sua conclusione, peraltro deviata. Pedersen fallisce altre due buone chance al quarto d'ora e a 19' dal termine Israele punisce l'imprecisione scandinava: Munas Dabbur sfrutta un servizio di Eyal Golasa e batte a rete, la sua conclusione viene contrata e il pallone arriva sui piedi di Turgeman, che insacca dal limite dell'area.
Kleyman viene chiamato in causa due volte, preservando il vantaggio israeliano, ma nulla può sul rasoterra del subentrato Singh allos cadere, che fissa il risultato sul 2-2.

(UEFA.com, 6 giugno 2013)


In Israele la scuola diventa green

L'edificio è costruito con i più moderni metodi di bioedilizia. E insegna agli alunni a rispettare l'ambiente.

Immagini
In Israele nasce la scuola green, che educa i bambini a rispettare l'ambiente e ad avere stili di vita più sostenibili. La struttura è realizzata secondo i criteri più moderni della bioedilizia: progettata dall'archietto Knafo Klimor Architects, la green school insegna gli effetti del cambiamento climatico, ma anche come adottare uno stile di vita sostenibile e i benefici degli edifici sani.
MODELLO DI BIOEDILIZIA - La struttura è costruita con materiali riciclati naturali, locali, privi di componenti nocive alla salute. Inoltre garantisce un perfetto isolamento termico delle pareti.
Grazie all'impianto geotermico, la 'scuola verde' è poi completamente autonoma sia nei consumi per il riscaldamento sia per il raffrescamento, inoltre un sistema per la purificazione e il ricambio dell'aria basato sulla ventilazione naturale rende gli ambienti interni perfettamente confortevoli.

(Lettera43, 5 giugno 2013)


Calabria - La Bibbia ebraica alla base di una serie di iniziative in programma

Dopo l'esposizione dell'antico commentario di Rashì, il più antico testo al mondo a caratteri ebraici stampato a Reggio Calabria nel 1475, al Salone del Libro di Torino, oggetto anche dell'incontro "La Bibbia di Reggio Calabria e il legame antico tra Ebraismo e Meridione", l'assessore regionale alla cultura Mario Caligiuri vuole farne presto una vetrina di livello internazionale "anche perché, non a caso, questa iniziativa - ha rilevato Caligiuri - è stata considerata una delle operazione culturali più significative proposte nell'edizione 2013 della fiera del Lingotto". "La Calabria - ha sottolineato l'assessore alla cultura - sta attraversando una mutazione genetica: da terra di emergenza a terra di opportunità. Ed e proprio con questo spirito che sosteniamo con crescente entusiasmo e coinvolgimento la riscoperta di una presenza ebraica nella regione. Un elemento imprescindibilmente legato a questa terra dove da secoli convivono pacificamente identità e minoranze diverse".
  A sostegno della proposta di Caligiuri si schiera anche il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, che ha sottolineato "l'affetto e le molte sensibilità che stanno facendo da sfondo al lavoro svolto sinergicamente sul territorio da istituzioni calabresi e meridionali e realtà ebraiche". La riscoperta dell'ebraismo calabrese e meridionale - ha affermato - è un'operazione culturale di grande portata e di grande interesse umano e scientifico. Un'operazione alla quale siamo orgogliosi di partecipare e che ci ha procurato forti emozioni quando ci siamo sentiti dire non solo benvenuti ma soprattutto bentornati".
  L'assessore Caligiuri ha, infine, ricordato gli interventi di grande interesse proposti al pubblico torinese dai rabbini Roberto Della Rocca e Amedeo Spagnoletto, da Giancarlo Lacerenza dell'Università Orientale di Napoli e dall'assessore alla cultura della Regione Puglia Silvia Godelli, ed ha preannunciato che per il prossimo autunno si stanno organizzando una serie di iniziative in collaborazione con l'Unione delle comunità Ebraiche.

(Regione Calabria, 5 giugno 2013)


A Tel Aviv compare uno striscione: "Ridateci la Roma"

La tifoseria giallorossa si e' fatta sentire anche a Tel Aviv in occasione del debutto della nazionale azzurra all'Europeo Under 21. Durante l'esecuzione degli inni prima della sfida con l'Inghilterra sugli spalti e' apparso uno striscione bianco con la scritta ''Ridateci la Roma''. La squadra giallorossa ha molti tifosi anche in Israele, non solo ma nella Capitale tra i vari gruppi di sostenitori c'e' anche un Roma Club Gerusalemme.

(la Repubblica - Sport, 5 giugno 2013)


Israele e Pakistan, strana coppia navale e nucleare

di Marco Andrea Ciaccia

  
Mentre il tradizionale alleato-rivale di entrambe, la Turchia, perde colpi, Islamabad e Tel Aviv fanno i conti con i loro interessi comuni
  A quindici giorni dal primo passaggio di potere democratico nel Pakistan, e a pochi mesi dalle elezioni avvenute in Israele, ci si può chiedere come si vedano i due Paesi. Certo, a distanza. Perché non si può immaginare in apparenza nulla di più dissimile: uno Stato che si proclama ebraico, e l'altro che si proclama islamico, Stati cioè che vogliono rappresentare istituzionalmente e nell'arena internazionale due religioni monoteiste.
  Entrambi questi Paesi hanno avuto due coalizioni confermate, quella di Nazaw Sharif, che ha vinto in Pakistan lo scorso maggio e quella di Benjamin Netanyhau che ha vinto in Israele in gennaio. Non proprio due novellini della diplomazia internazionale, che sanno certamente che sotto le palme del Medio Oriente sono frequenti i miraggi e al sukh della politica i nemici di oggi sono gli amici di domani. Rafforzati, forse, dal fatto che altre medie potenze della regione sono in profonda difficoltà (Siria e Turchia) o "sorvegliate speciali" della comunità internazionale (Iran ed Egitto).
  In un articolo di qualche giorno fa su The Diplomat, Iskander Rehman del Carniege Endowment ha presentato un'ipotesi interessante: gli ammiragli della piccola, ma emergente marina pakistana starebbero studiando il modello israeliano. No, nessuno scambio di intelligence, anche se non sarebbe la prima volta che un segreto legame, che ha il gusto del "proibito", si verifica tra i due Stati così ideologicamente lontani. Già sotto la dittatura di Zia-ul-Haq (1977-1988) infatti Israele prestò la sua opera per l'ammodernamento dei carri armati T55 in dotazione all'esercito pakistano. Oggi le somiglianze sono, secondo Rehamn, nella sindrome da "claustrofobia continentale" di due potenze che hanno un piccolo sbocco marittimo e che si percepiscono circondate da tutti i lati terrestri. Poiché in quasi 70 anni questa percezione non si è modificata se non temporaneamente, ricorrendo a rischiosi atti di forza (Israele in Sinai nel 1967, Israele in Libano nel 1982-85; Pakistan in Bangladesh nel 1971; Pakistan in Kargil-Kashmir nel 1999), le forze di terra che prima dominavano il pensiero strategico devono contrattare le loro posizioni tradizionali con flotte di superficie e sottomarine che promettono di dare l'agognata "profondità strategica".
  Per entrambi la svolta è abbastanza recente. Nel 2002 un gigantesco stand-off tra India e Pakistan mise in luce la minaccia insita nello squilibrio (a favore indiano) tra le due forze convenzionali. Nella crisi di Gaza del 2012 Hamas ed Hezbollah hanno dimostrato di poter colpire in profondità, e non più solo nelle aree confinarie, trasformandosi in forze missilistiche non convenzionali e a basso costo, che operano in ambienti urbani e in grado di sfuggire a rappresaglie aeree israeliane massiccie. In un caso il Pakistan non può vincere la sfida con un India che l'ha circondata assurgendo a potenza globale (alleandosi con Usa, Giappone e migliorando i rapporti con la Cina). Nell'altro caso, Israele non può sfuggire alla realtà della sua "esiguità continentale" e demografica
  Ciò che accomuna Israele e Pakistan, più in profondità ancora, è la sensazione di "vulnerabilità esistenziale" e l'idea che le flotte marine (e in particolare sottomarine) dotate di missili nucleari possano offrire respiro strategico, aumentando le prospettive di sopravvivenza della capacità di "secondo colpo nucleare" nel caso di un attacco ai loro territori. I sottomarini classe Dolphin in consegna dalla Germania a Israele nel 2013-2017 e la costituzione l'anno scorso di un Comando delle forze strategiche navali pakistane sono i segnali di questa evoluzione "navalista" di due Paesi che cercano di sfuggire ai vincoli soffocanti di un destino geografico "territorialista".

(formiche, 5 giugno 2013)


Serate d'estate alla Sinagoga di Firenze

Giovedì 6 giugno apre il Balagan Cafè con incontri, iniziative culturali e assaggi di cibo e vini ebraici.

di Lorenzo Bellini

La cultura ebraica si apre alla città di Firenze nelle notti d'estate. Nella suggestiva cornice del giardino della Sinagoga di via Farini, il 6 giugno viene inaugurato il Balagan Cafè: non un semplice ritrovo per l'aperitivo, ma un vero e proprio appuntamento culturale, promosso dalla Comunità ebraica di Firenze, che si terrà ogni giovedì per tutta l'estate. Per la prima serata è prevista una ricca serie di eventi: dalle 19 si possono gustare assaggi di cibo e vino ebraici — preparati secondo le tradizionali norme alimentari «kasher» — con la possibilità di fare anche una visita guidata della Sinagoga a un prezzo speciale. A seguire ci saranno due esibizioni: alle 21 uno spettacolo di burattini per adulti, La Tragedia dell'Arte, realizzato da Tomas Simcha Jelinek — artista e «burattinaio» professionista di Praga che da 30 anni si è stabilito a Firenze — e subito dopo il concerto Viaggio di Rocco Zecca e Pasquale Rimolo, un duo di fisarmonica e tamburo a cornice con un repertorio all'insegna della musica etnica e popolare.

Porte aperte anche ai più piccoli che potranno divertirsi e giocare in uno spazio ricreativo dedicato ai bambini e tenuto da Yael Frare, animatrice presso la Comunità ebraica. «Balagan» — il nome scelto per la rassegna — è una parola yiddish che significa «caos», ma anche «teatro improvvisato, popolare». Questa è l'idea di fondo che animerà la Sinagoga: un incontro creativo tra sensibilità diverse all'insegna della convivialità; un viaggio artistico e culturale per entrare in contatto con la cultura del popolo ebraico. Ogni serata sarà curata dal direttore artistico Enrico Fink — musicista e attore, considerato uno dei maggiori interpreti della tradizione ebraica in Italia — e seguirà uno schema simile. Si inizia alle 19 con gli stand di libri e l'apertura straordinaria del bookshop del museo. Alle 20 si può consumare l'apericena ebraico mentre si assiste a un dibattito o un incontro culturale con personalità del calibro dell'architetto Massimiliano Fuksas o del filosofo, nonché assessore alla cultura di Firenze, Sergio Givone; è stata annunciata anche un'iniziativa dedicata al dialogo interculturale con l'Imam di Firenze Izzedin Elzir e la presidente della Comunità ebraica di Firenze Sara Cividalli.

Infine, alle 21, ogni serata si concluderà con uno spettacolo di artisti nazionali e internazionali, dalla diversa provenienza musicale ma tutti legati in qualche modo alla cultura ebraica: Raiz, Gabriele Coen, Evangelina Megnagi, Sharon Bernstein, l'Orchestra Multietnica di Arezzo, i maestri del violino Massimo Nesi e Miriam Sadun e due serate in memoria della pianista Ruth Pardo e della figlia Lara, tragicamente scomparse a Firenze il febbraio scorso. Per conoscere di volta in volta il programma aggiornato con tutti gli eventi, si può visitare il sito www.balagancafe.it oppure chiamare 055 245253.

(Corriere Fiorentino, 5 giugno 2013)


Un giorno speciale per Israele

Nella spettacolare cornice del mar Mediterraneo, i rappresentanti della UEFA, della Federcalcio israeliana e delle otto nazioni in gara si sono riuniti a Netanya per festeggiare l'inizio del Campionato Europeo Under 21 UEFA.

di Kevin Ashby

Netanya Stadium

NETANYA - Nella spettacolare cornice del mar Mediterraneo, i rappresentanti della UEFA, della Federcalcio israeliana (IFA) e delle otto nazioni in gara si sono riuniti a Netanya per festeggiare l'inizio del Campionato Europeo Under 21 UEFA.
Dopo aver accolto i presenti, il presidente IFA Avraham Luzon ha parlato di "un giorno speciale" e di un "sogno che diventa realtà". Il sogno è iniziato a dicembre 2010 a Praga, quando Israele si è aggiudicato il diritto di ospitare la 19a edizione del torneo a otto squadre. La realtà sono i nuovi stadi di Netanya (che ospiterà la gara d'apertura di mercoledì tra i padroni di casa e la Norvegia) e Petah Tikva, mentre il Bloomfield di Tel-Aviv e il Teddy Stadium di Gerusalemme sono stati rinnovati.
La competizione verrà trasmessa in tutto il mondo e Luzon spera di sfruttare al meglio questa opportunità. "Siamo ansiosi di far vedere a tutti il nostro paese caloroso, moderno e bellissimo ospitando questo torneo di prestigio - ha proseguito Luzon, membro del Comitato Esecutivo UEFA -. Organizzare questo torneo darà molti frutti a Israele; molti visitatori torneranno a casa parlando di una nazione capace di ospitare lo sport ad altissimi livelli".
   A nome dell'organo di governo del calcio europeo, il direttore delle competizioni UEFA, Giorgio Marchetti, ha reso omaggio al duro lavoro svolto dal personale IFA. "Negli ultimi mesi, i lavori si sono intensificati per consentirci di essere pronti per il fischio d'inizio. La UEFA e il calcio europeo sperano che il torneo sia un vero festival del calcio e che consolidi la tradizione degli Under 21".
   La tradizione vuole che all'Europeo Under 21 siano passati grandi campioni come Zinédine Zidane, Rudi Völler, Luís Figo e Andrea Pirlo. Marchetti ha dedicato una parola speciale a Juan Mata, che tra la Coppa del Mondo FIFA 2010 e UEFA EURO 2012 ha vinto questo torneo nel 2011 e poi si è aggiudicato la UEFA Champions League e la UEFA Europa League con il Chelsea FC.
   Mentre questi giocatori sono già entrati nei libri di storia, Marchetti sa che "nuovi nomi attendono di essere scoperti", perché "i grandi Under 21 di oggi significano un futuro brillante per il calcio in Europa". Poiché in Israele ci sono oltre 50 giocatori della nazionale maggiore, alcuni sono già sulla strada giusta, ma resta da vedere chi riuscirà a trasformare il sogno in realtà nella finale del 18 giugno.

(UEFA.com, 5 giugno 2013)

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UEFA Under 21 - Successo di vendite in Israele

Con oltre 100.000 tagliandi già venduti, le fasi finali dei Campionati Europei UEFA under 21 si preannunciano come un grande successo di pubblico in Israele, mentre cresce l'attesa per la gara inaugurale di Netanya.
A poche ore dall'inizio del torneo, le fasi finali dei Campionati Europei UEFA Under 21 hanno già catturato l'attenzione degli appassionati israeliani, come dimostra il gran numero di biglietti venduti.
La gara inaugurale di mercoledì tra Israele e Norvegia ha già quasi fatto registrare il tutto esaurito al Netanya Municipal Stadium. Anche le altre due partite dei padroni di casa nel Gruppo A - in programma a Tel Aviv e Gerusalemme - si stanno rivelando molto attese dai tifosi, con 18.500 biglietti venduti per la sfida conclusiva contro l'Inghilterra al Teddy Stadium.
Ma non sono solo le gare con protagonista Israele ad aver attirato l'interesse degli appassionati. Le vendite proseguono spedite per numerose delle altre sfide, prima fra tutte quella tra Germania e Spagna. Anche le gare con protagonista la Russia stanno andando forte e in totale i tagliandi venduti sono oltre 100.000.
I biglietti sono ancora in vendita, al costo di soli 40 ILS (circa 8 euro) per gli adulti.

(UEFA.com, 5 giugno 2013)


Pionieri

di Ugo Volli

Cari amici,
   la vitalità di un popolo non si misura solo dalle sue realizzazioni materiali, dalla bellezza dei paesaggi che lo circondano, dalle sue realizzazioni materiali e culturali, dal suo potere militare o economico. Da tutti questi punti di vista una visita in Israele mostra la straordinaria produttività del popolo ebraico nel
  
secolo e mezzo circa in cui si è dedicato alla rinascita della sua terra d'origine. La bellezza delle città nei loro monumenti antichi e nell'edilizia moderna; lo straordinario fiore di una terra per secoli etichettata come desertica e improduttiva; i suoi scrittori, i suoi pittori, gli inventori e gli scienziati, e ancora un'economia florida e un esercito capace di vincere contro nemici molto superiori per numero e per ricchezza: tutto questo costituisce un risultato così straordinario da confermare mille volte al giorno la celebre frase di Ben Gurion secondo cui da queste parti non è realista chi non crede nei miracoli.
   Ma in fondo non è questo l'essenziale. Anche l'Italia ha paesaggi e monumenti straordinari, grande arte o almeno la testimonianza che ha lasciato, gode di molto benessere nonostante la crisi e si vanta della sua creatività; ma difficilmente oggi si trova qualcuno in Italia che si dichiari contento della nostra condizione collettiva. Quel che conta è lo spirito delle persone, la loro capacità di sentire la propria vita dedicata a un fine collettivo, l'indipendenza, il coraggio, la capacità di immaginare un futuro migliore e di provare a realizzarlo.
   E' questo spirito quel che mi ha colpito di più nel nostro giro dedicato soprattutto alla Giudea e alla Samaria e ai suoi pionieri. La speranza, la determinazione, l'amore per il proprio compito. Ricordo il discorso che ci ha fatto il giovanissimo direttore di una scuola preparatoria al servizio militare, in mezzo alla Samaria: una spiegazione per nulla esaltata o polemica, in cui spiegava l'importanza dell'educazione, ma anche il senso del dovere verso la collettività e soprattutto delineava un progetto rovesciato rispetto al meccanismo stanco e ripetitivo delle trattative per le trattative, in cui invitava ad avere fantasia istituzionale, a badare innanzitutto alle condizioni di vita dei vicini arabi, a cercare l'accordo di quei molti fra loro che accettano la presenza ebraica come un dato positivo. Ricordo l'evidente amore per la terra e per l'eccellenza di due vignaioli che ci hanno parlato dei loro vini e delle loro cantine come l'effetto del rapporto peculiare che la vite ha con il suo luogo di produzione - e in effetti ricordo anche i loro vini intensi e profumati come pochi altri.
   Ricordo il medico che ci ha spiegato con tutta semplicità le tappe con cui si è costruito un servizio di cardiochirurgia infantile che assiste e opera bambini di tutto il mondo, più di duemila finora, inclusi quelli che provengono da paesi nemici di Israele, ma ricordo anche la narrazione di quei genitori di Gaza, più d'uno, che hanno tentato di introdursi nell'ospedale che doveva cercare di salvare la vita ai loro figli approfittando della confusione per passare con giubbotti esplosivi, destinati a uccidere bambini e benefattori. Ricordo anche il coraggio semplice con cui il medico ha scosso le spalle e ha continuato a parlare dei progetti nuovi che preparano, senza farsi turbare dai terroristi. Ricordo le facce dei bambini di un kibbutz vicino a Gaza, colti da un film nel momento di un bombardamento di razzi Kassam, e visti poi invece allegri a giocare nei locali di una scuola coperta da quaranta centimetri di cemento armato contro i razzi, come ogni casa nel kibbutz; e le fermate dell'autobus e i parchi giochi con annessi rifugi altrettanto massicci, sgraziati parallelepipedi di cemento dipinti di giallo e di azzurro per renderli meno minacciosi. Un kibbutz che potrebbe essere una specie di paradiso, con grandi alberi e prati verdi su cui si muovono i pavoni e i pony che servono a far giocare i ragazzi; se non fosse che ogni angolo è calcolato per difendersi dai razzi che piovono spesso, gli ultimi due settimane fa. E ricordo la presentazione del sindaco, tutto fiero per la produzione agricola tratta da grandi campi fino al confine con la tortuga terrorista che ripete gesti di morte e di odio.
   Potrei andare avanti a lungo. Ma spero di avervi dato il senso dello spirito, del coraggio, della calma, dell'inventiva della fantasia, dell'amore, del senso della vita delle persone che abbiamo incontrato in questo viaggio. Pionieri, come vi ho scritto ieri, pionieri e non coloni, persone che non cercano di ottenere il massimo vantaggio personale o di accomodarsi alle opinioni della maggioranza, ma fanno quel che sentono giusto. Gente fiera, coraggiosa e indipendente, ma dall'aria piuttosto mite, ricca di umorismo, capace di argomentare. Il punto fondamentale è l'amore per la terra di Israele, il senso di partecipare a un momento storicamente decisivo per il popolo ebraico, la volontà di fare la propria parte, di non voler lasciare andare il compito che la storia, il destino, o per molti di loro la volontà divina ha affidato a questa generazione. Sono loro, i pionieri, ad assicurare il futuro di questo paese, la loro profonda convinzione, la loro moralità, la loro inventiva, il loro entusiasmo. Averli conosciuti di persona è stato un grande privilegio di questo viaggio fuori dai percorsi consueti in Israele.

(Informazione Corretta, 5 giugno 2013)


Convegno sugli ebrei a Castrovillari

Per ribadire il valore della libertà

La cittadina di Castrovillari (CS) sarà protagonista venerdì 7 giugno di un convegno sugli ebrei, dalla cacciata del XVI secolo al ritorno nei campi di internamento di Ferramonti e di Castrovillari. L'evento, dal titolo "La banalità del bene", è a cura dell'Amministrazione comunale del capoluogo del Pollino e dell'Istituto Professionale di Stato per l'Industria ed Artigianato.
Per l'occasione interverrà il senatore Demetrio Volcic, giornalista e già corrispondente della Rai da Mosca, oltre Luigi Troccoli, già dirigente dell'Ufficio Scolastico Provinciale di Cosenza, lo storico e professore Antonio Sorrenti, la dirigente scolastica, Rosita Paradiso, ed il Sindaco, Domenico Lo Polito.
Un momento di approfondimento, riflessione e conoscenza nel solco di fatti storici che hanno lasciato forti "cicatrici", segnato questa Terra in più momenti e con diversi aspetti indimenticabili ed incancellabili.
Fatti, insomma, che ribadiscono una sola cosa: la libertà è il bene più grande che posseggono gli uomini, e per questa, come per l'onore, la "vita" deve battersi per tutelarla.

(Calabrie.it, 5 giugno 2013)


Due famiglie di Urbino premiate per il coraggio. Salvarono i Saul dalla Shoah

di Ilaria Betti

URBINO - "Chi salva una vita è come se salvasse il mondo intero". È questa la frase, ripresa dal Talmud, che Sara Gilad, prima Assistente dell'Ambasciata di Israele a Roma, ha scelto di citare prima di consegnare la medaglia "Giusto fra le nazioni". Il riconoscimento è stato dato martedì, al Collegio Raffaello, a due famiglie di Urbino, i Lobati e i Marcheggiani, in memoria di Goffredo e Stefania Lobati e il figlio Adolfo e Ivo Marcheggiani, che hanno salvato una famiglia ebrea dallo sterminio, i Saul.
Una cerimonia che ha raccolto le testimonianze dei salvati e dei salvatori e che ha visto la partecipazione di un pubblico emozionato. Commossi erano soprattutto i quattro figli di Albert Saul, venuti dall'Argentina: i loro genitori furono salvati insieme ai nonni dalle due famiglie urbinati. I figli dei Lobati e dei Marcheggiani erano seduti accanto ai Saul e hanno ascoltato gli interventi tenendosi le mani.
"Le persone a cui dobbiamo tanto non sono tutte qui con noi ma c'è chi li rappresenta", ha affermato il sindaco di Urbino Franco Corbucci all'inizio della cerimonia. "Loro non hanno voltato le spalle ma hanno scelto di guardare negli occhi l'ingiustizia, hanno scritto una pagina di democrazia nel nostro territorio". Il coraggio di non voltare le spalle è stato al centro anche dell'intervento del presidente della provincia Pesaro e Urbino, Matteo Ricci: "Quello che è successo qui è esemplare perché, mentre molti italiani hanno scelto di far finta di non vedere, i Lobati e i Marcheggiani hanno avuto il coraggio di rischiare la vita".
Durante il periodo della Shoah, infatti, chi nascondeva un ebreo veniva ucciso mentre chi denunciava la sua presenza riceveva un premio in denaro, che poteva raggiungere anche le cinquemila lire. I Lobati e Marcheggiani hanno scelto di rischiare, insieme a molte altre famiglie di Urbino. "All'uscita delle leggi razziali gli urbinati erano stupiti: l'effetto fu contrario - afferma Maria Luisa Moscati Benigni, rappresentante della comunità ebraica di Urbino - si strinsero con affetto e rispetto attorno alle famiglie". Furono, infatti, molto disponibili ad aiutare la popolazione ebrea, presente in città fin dal '400: spalancarono le porte dei conventi, delle case in campagna, delle chiese per offrirgli protezione. Il comportamento degli urbinati fu, dunque, impeccabile. Ma i tedeschi riuscirono a penetrare in città: l'8 settembre del '43 quattro ebrei finirono nelle mani di una retata delle SS tedesche e furono uccisi a Forlì. "Se non fosse per queste quattro persone - afferma la Moscati - Urbino potrebbe essere annoverata tra i giusti delle nazioni al museo della Shoah".

(il Ducato, 5 giugno 2013)


Israeliana ed egiziana fanno pace e si allenano insieme a Stintino

Il presunto morso al torneo di lotta "Città di Sassari" poteva scatenare un caso internazionale. Ma Ilana Kartysh ora dice: sono stata male interpretata. L'arbitro: incontro molto duro, nulla di più

STINTINO - Retromarcia davanti al mare della Pelosa, dove tutto è più rilassante e le cose assumono un tono diverso. Il giorno dopo l'incidente diplomatico, quel "presunto morso" sul tatami di Sassari ha perso i denti. Nonostante le diplomazie ufficiali di Israele ed Egitto, che in passato hanno sicuramente avuto modo di confrontarsi per motivi molto più seri, siano andate in stato di allerta per un semplice combattimento di lotta nel Torneo Città di Sassari. Da una parte l'israeliana Ilana Kartysh (che in realtà è una ragazza russa che vive in Canada e gareggia per Israele) specifica che le sue parole sono state male interpretate dai giornalisti israeliani. Dall'altra l'egiziana Anas Mostafa rifiuta l'ingresso nel club che annovera tra gli iscritti nomi celebri quali Mike Tyson e Lulù Oliveira. Poi c'è l'arbitro internazionale, l'ungherese Edit Dozsa, che difende il suo operato perché lei era presente, non ha visto nulla e per di più l'incontro è stato filmato. E alla fine del trambusto, le protagoniste del caso appaiono per quello che sono veramente: due ragazzine spaventate dal clamore internazionale suscitato da un normale combattimento di lotta libera.
   La carovana dei protagonisti del "Città di Sassari" si è trasferita a Stintino per una serie di allenamenti e gare che andranno avanti fino al 13. Un gruppo di 27 ragazze che alloggiano nello stesso hotel, cenano in una sala in comune e si allenano tutte insieme al palazzetto. Anas Mostafa ha poca voglia di parlare e nessuna di farsi fotografare, è quasi sotto choc per i titoloni dei giornali israeliani che la accusano di aver addentato la schiena di una gloria sportiva: «Per me tutto questo è eccessivo, - dice - non ho ancora capito come sia scoppiata questa storia. Ho fatto un combattimento, alla fine ho salutato avversari e giudici e sono andata a dormire. Il giorno dopo è successo di tutto, non ho capito perché siano venute fuori certe dichiarazioni. Per me finisce qui. Nel senso che non è successo niente: con quella ragazza israeliana ci troviamo sempre in allenamento e se dovessimo scontrarci ancora in torneo sarà un incontro normale. Se poi volete una posizione ufficiale, parlate con dirigenti federali». Il suo nerboruto allenatore chiude il discorso: «Mi spiace ma i giornalisti questa volta hanno esagerato, dici una cosa e ne trovi scritta un'altra. Questo è sport, non politica. Era un torneo di lotta ed è degenerato in un campo che non ci appartiene. Dico solo una cosa: c'erano gli arbitri, i giudici e l'incontro è stato filmato. Nessuno ha visto la mia atleta mordere l'avversaria».
   Edit Dosza, arbitro internazionale di categoria olimpica, era su quel tatami e nega che possa esserci stato un morso o che il combattimento possa essere degenerato oltre il lecito: «Il regolamento è chiaro: di fronte a un episodio antisportivo come potrebbe essere un morso - spiega - noi dobbiamo intervenire e la sanzione è la squalifica. Se poi un'atleta denuncia qualcosa, abbiamo l'obbligo di visionare il filmato. Durante quell'incontro mi spostavo sui tre tatami del PalaSerradimigni e non ho notato niente di strano, alla fine la ragazza israeliana è andata via senza problemi». «Si è trattato in effetti di un combattimento molto duro - aggiunge - e sono intervenuta per un richiamo. Ma stiamo parlando di lotta libera, non di pallavolo o tennistavolo: insomma, i contatti ci sono ed è normale, la gente sul tatami ci va giù pesante perché lo sport è questo». Alla fine Edit Dozsa, che ha una lunga esperienza internazionale alle spalle, la vede così: «La ragazza israeliana è stata ingenua, ha detto qualcosa ai giornalisti dopo l'incontro e si è fidata di loro, quando ha visto cosa è successo si è anche un po' spaventata. Ho parlato con lei, mi ha assicurato che quelle cose lei non le ha mai dette. In fondo sono ragazze alle prime esperienze internazionali, devono capire come ci si comporta in determinate circostanze perché poi si possono scatenare reazioni incontrollabili su versanti che con lo sport hanno poco a che vedere».(r.s.)

(La Nuova Sassari, 5 giugno 2013)


La Comunità Ebraica di Roma ricorda l'arrivo degli Alleati e la riapertura del Tempio

di Sara Moresco

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"Tutti in piedi per gli inni nazionali". Oggi celebriamo la riapertura delle porte del Tempio Maggiore di Roma con l'arrivo degli Alleati e la fine dell'occupazione nazi-fascista. Bandiere alte e volti trionfanti, di fronte all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia e ai rappresentanti delle Nazioni. Si parte con l'inno d'Italia sotto le note della Banda dell'Esercito, poi a seguire quello del Canada, d'Israele alla presenza dell'Ambasciatore Naor Gilon, Inghilterra e Stati Uniti. Nel cuore di Roma, nel cuore dell'antico ghetto, la cerimonia è stata solenne e suggestiva con giovani scolaresche, ex partigiani e autorità di Comune, Provincia e Regione. Proprio lì, al Tempio Maggiore, 69 anni fa, la speranza è tornata. Sia da ebrei sia da italiani: nel giugno del 1944 gli Alleati entrano a Roma e la liberarono. Le parole del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, erano rivolte a quegli Italiani "che si spogliarono delle camicie nere" per vestirsi di orgoglio e patriottismo e scelsero per la libertà del proprio paese. Il Capo Rabbino di Roma, Riccardo Di Segni, ha ricordato l'importanza della libertà di cui godiamo: oggi è la stessa che ci è stata concessa nel 1944, " bisogna farne buon uso". Purtroppo, gli anni bui del nazifascismo sono stati per gli ebrei, come per le altre minoranze, anni di paura e terrore, anni vissuti tra il nascondersi e il sopravvivere. Si è lottato per la vita, per la dignità. A prendere la parola sono stati Samuel Calò, studente della Scuola Ebraica ed Erika Angioletti, studentessa della Scuola Germanica. Inevitabile è stata, ha spiegato Erika, l'associazione, se pur infondata, tra la sua scuola e i "tedeschi" della Germania dell'epoca durante il viaggio di visita ad Auschwitz che abbiamo compiuto."E' stato strano sentir parlare di testimoni dei tedeschi quando eravamo noi, in quella circostanza, i tedeschi della situazione, sapevamo perfettamente che non eravamo noi, bensì i nazisti, ma si trattava di una piccola differenza linguistica che ha attirato particolarmente la nostra attenzione". Si è respirata aria di fratellanza, di complicità, tra i rappresentanti delle due scuole che si sono incontrate nel Progetto Memoria. Ragazzi che sono riusciti a costruire una solida amicizia, simbolo di una Solidarietà con la "S" maiuscola.

(Comunità Ebraica di Roma, 4 giugno 2013)


Budget per l'intelligence israeliana in costante crescita

I bilanci per i servizi di intelligence israeliani, il Mossad e lo Shin Bet, sono notevolmente cresciuti durante il mandato del primo ministro Benjamin Netanyahu.

I dati che dimostrano l'incremento dei finanziamenti alle due agenzie sono stati pubblicati dal ministero delle Finanze sulla pagina web www.data.gov.il: nel 2012 i budget per Mossad e Shin Bet sono ammontati alla cifra totale di 1,26 miliardi di euro; l'anno precedente, 1,17 miliardi di euro.
Un confronto: nel 2008, l'ultimo anno in cui Ehud Olmert ha servito come premier, la spesa complessiva per le due agenzie di intelligence ha raggiunto i 998 milioni di euro. Questa cifra indica un aumento del 26% dei bilanci annuali per Mossad e Shin Bet durante la prima amministrazione Netanyahu.
Gli incrementi maggiori si sono registrati nel 2010 e nel 2011, rispettivamente del 10 e del 15,6%. Un trend che ha subito una battuta d'arresto nel 2012.
Per legge, i bilanci del Mossad e dello Shin Bet sono inclusi nel quadro delle riserve generali del bilancio statale. I fondi vengono trasferiti con l'approvazione del Sottocomitato per i servizi segreti presso il Comitato per gli affari esteri e la difesa del Knesset.

(Atlas, 4 giugno 2013)


Provvedimento disciplinare per le soldatesse in bikini e fucile
   
L'esercito israeliano ha comunicato di aver sottoposto a un provvedimento disciplinare un gruppo di soldatesse protagoniste di alcuni scatti hot finiti online. Le immagini, che ritraggono le ragazze in slip e con i fucili imbracciati, erano state pubblicate su Facebook da una delle soldatesse ma sono finite all'attenzione dei media locali e in particolare del sito Walla che le ha pubblicate. L'incidente è solo l'ultimo di una lunga serie di episodi che hanno coinvolto giovani militari dell'esercito israeliano finiti sul web ritratti in immagini imbarazzanti.

(la Repubblica, 4 giugno 2013)


Lotta libera e "politica". Atleta israeliana morsa da egiziana

E' accaduto nella semifinale del torneo internazionale 'Città di Sassari' di lotta libera.

L'egiziana Mostafa (a sin.) contro l'israeliana Kartysh
SASSARI - "Morsa a sangue" dall'avversaria sconfitta, che avrebbe anche cercato di spezzarle le dita. La lottatrice israeliana Ilana Kartysh non dimenticherà quanto è accaduto nella semifinale del Torneo internazionale 'Città di Sassari' di lotta libera, dove, nell'incontro che l'ha opposta ad una rivale egiziana, ha raccontato di essere stata "morsa a sangue" e di essersi vista rifiutare a fine combattimento la stretta di mano.
"Non so perché l'abbia fatto, forse per motivi politici o forse no - ha detto ai media israeliani - ma certo non mi era mai accaduto prima. Mi ha veramente aggredito. Non rammento un tale atteggiamento così scorretto". Kartysh, 22 anni ha gareggiato nella città sarda nella categoria dei 67 chili di peso, arrivando alla semifinale. Nel match che le avrebbe spalancato le porte alla parte finale del torneo, si è trovata di fronte la campionessa dell'Africa, l'egiziana Anas Mostafa. All'inizio della gara la prima sorpresa: "nella lotta - ha raccontato Kartysh - tu devi stringere le mani prima e alla fine del match. Sul tappeto, quando era sopra di me, ha iniziato a mordere, ho ancora i segni dei suoi denti - ha aggiunto - sulla schiena".
"E' stato proprio di fronte a questo comportamento scorretto che il mio desiderio di batterla - ha proseguito - è cresciuto più forte. Ma è stato dall'inizio del combattimento, quando non mi ha stretto la mano, che ho capito che c'era qualcosa che non andava per il verso giusto". "Non so descrivere - ha poi concluso - l'orgoglio provato quando alla fine ho ascoltato il nostro inno nazionale".
C’erano molti musulmani a vedere l’incontro, da Turchia, Egitto, Tunisia e altri paesi, e nessuno si è alzato in piedi quando è stato suonato l’inno nazionale di Israele. Un atleta turco aveva cercato di farlo, ma i suoi amici l’hanno rimesso a sedere.
da un giornale in lingua inglese
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Karstyn, una delle migliori atlete nella sua categoria, ha avuto come allenatore un tecnico canadese e poi ha vinto la finale aggiudicandosi così la prima medaglia israeliana nella specialità.

(L'Unione Sarda.it, 3 giugno 2013)


I missili russi non arriveranno a Damasco prima del 2014

GERUSALEMME, 3 giu. - I missili russi S-300 non arriveranno in Siria prima del 2014. Lo ha assicurato il ministro della Difesa israeliano, Moshe Yaalon, nel corso di un'audizione al Comitato parlamentare per gli Affari esteri e la Difesa. "Seguiamo la materia con particolare preoccupazione", ha detto, sottolineando che "e sappiamo che i trasferimenti dei missili non hanno avuto luogo". "Se cio' avverra' -ha aggiunto, senza entrare nel dettaglio su come abbia avuto questa informazione- non accadra' prima del prossimo anno".Il dossier dei missili terra-aria S-300 oggetto della compravendita tra Damasco e Mosca si intreccia con la Conferenza internazionale sulla Siria, iniziativa russo-americana per preparare la quale si terra' mercoledi' prossimo un pre-vertice nella citta' svizzera. Il trasferimento di missili potrebbe anche farla saltare, per la contrarieta' espressa sia dai ribelli sia da Israele, che il 28 maggio scorso affermo di "saper cosa fare" se i missili arriveranno a Damasco e da qui nelle mani di Hezbollah.

(AGI, 3 giugno 2013)


Oltremare - Quinto: l'upupa è tridimensionale
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Appena comperata una bicicletta, il mezzo di trasporto per eccellenza a Tel Aviv, per riabituare muscoli e attenzione alla guida sulle nuove piste ciclabili ho iniziato ad avventurami nel Park HaYarkon, nel profondo nord della città al limitare della ricca Ramat Aviv.
Nel parco, soprattutto di venerdì pomeriggio, si riversano famiglie con bambini, nonni, cani, e i più fantasiosi tricicli, monopattini e mini-biciclette. Dunque chi vuol stare in pace si allontana dal trambusto del lungofiume verso il bosco. Fu così che in una zona meno stipata di umanità ho lo stesso dovuto sbandare con la bici fino quasi a cadere, perchè proprio nel bel mezzo dello sterrato si era posata un'upupa.
Ora, per me l'upupa fino a quel momento era un volatile strettamente bidimensionale: era il disegno che accompagnava la lettera U nel libro che insegnava l'alfabeto ai tempi dell'asilo. Vederne una dal vivo è stato qualcosa fra il surreale e l'epifanico: le upupe esistono, in luoghi non del tutto irraggiungibili, e comunque al di fuori dei libri. Cresta bianca nera e beige, senza la quale si mimetizzerebbe nel colore del terriccio sgranato su cui zampetta mollemente. Sono scesa piano piano dalla bicicletta mentre l'upupa mi ignorava bellamente e continuava a picchettare in cerca di insetti, suppongo. Un che di regale e ironico; occhi attenti, ma nessun segno di paura. Quando due ragazzini sono passati rumorosamente su bici da cross pensavo si levasse in volo e addìo. Invece niente: serafica nella sua tridimensionalità.
L'ho lasciata padrona del bosco e mi ha fatto pensare che sono talmente tante e a volte inattese le piccole e grandi cose nuove che vediamo noi che veniamo a vivere in Israele, che è inutile stare a contare. Solo, certi alberi che fanno fiori rossissimi a forma di fiamma, o altri che producono tappeti di campanelle azzurre in primavera, in mezzo alle città, mi piacerebbe un giorno scoprire come si chiamano. Per adesso, mi accontento di sapere come zampetta un'upupa dal vero.

(Notiziario Ucei, 3 giugno 2013)


Salvarono una famiglia ebrea: Israele celebra i "giusti" di Urbino

di Virginia Della Sala

URBINO - "Chasidei Umot HaOlam" è la traslitterazione dall'ebraico di "giusto tra le nazioni" ovvero di colui che, non ebreo, ha agito in modo eroico per salvare la vita anche di un solo ebreo dal genocidio nazista.
Non ebrei e urbinati erano Stefania e Goffredo Lobati, il figlio Adolfo e Ivo Marcheggiani: in loro memoria, il comune di Urbino e l'ambasciata di Israele a Roma patrocineranno domani martedì 4 giugno alle 12 la cerimonia di consegna della medaglia di "Giusto fra le Nazioni".
Nel 1943 - durante la seconda guerra mondiale e la Shoàh - la famiglia Lobati offrì un nascondiglio alla famiglia Saul: tre figli e due genitori in fuga dal ghetto di Urbino.
Nel 1944 fu Ivo Marcheggiani a dare ospitalità ai cinque ebrei. L'alta commissione dell'Istituto per la Memoria dei martiri e degli eroi dell'olocausto Yad Vashem ha riconosciuto il valore umano del gesto e ha deciso di attribuire agli urbinati il riconoscimento di umanità e moralità, come altre trecento persone in Italia.
L'Istituto è stato fondato dal parlamento israeliano nel 1953 con l'obiettivo di commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti attraverso la documentazione degli eventi, la ricerca e l'educazione.
Alla celebrazione parteciperanno i discendenti della famiglia Saul, divisi tra l'Argentina e la Francia, che racconteranno la storia di salvezza di settant'anni fa e i discendenti delle famigle Lobati e Marcheggiani (rispettivamente nipote e figlie) che, invece, riceveranno la medaglia e parleranno di quel testamento morale lasciatogli dai loro avi.
Autorità locali e il sindaco Franco Corbucci affiancheranno nella sala Raffaello dell'omonimo collegio, in piazza della Repubblica, la prima Assistente dell'ambasciata d'Israele a Roma Sara Gilad che consegnerà la medaglia.

(il Ducato, 3 giugno 2013)


Levi Montalcini, simbolo di amicizia tra Italia e Israele

TEL AVIV, 3 giu - Onorare Rita Levi-Montalcini non serve solo a sintetizzare ''il legame di amicizia tra Israele e Italia, ma anche la prolifica cooperazione scientifica tra i nostri due paesi''. Cosi' il presidente Shimon Peres ha salutato, in un messaggio, il senso della conferenza dedicata al premio Nobel torinese dall'ambasciata italiana di Tel Aviv, nell'ambito delle celebrazioni organizzate per la Festa della Repubblica, svoltasi oggi al Centro per la Pace che prende il nome dall'uomo politico israeliano. In particolare, Peres ha osservato che ''le neuroscienze, il fattore di crescita e le ricerche sul cervello sono i campi che promettono di dominare la prossima decade e cambiare le nostre vite''. ''La cooperazione tra Italia e Israele - ha aggiunto - in tali cruciali aree portera', ne sono certo, un significativo contributo nel promuovere la qualità della vita in entrambi i paesi e oltre''.
Il complesso delle ricerche di Levi Montalcini sono state lo spunto per affrontare nei 'panel' previsti dalla conferenza tre temi: l'energia come crescita individuale, la crescita del cervello e la scienza come fattore di crescita della societa'.
''Una figura carismatica e, grazie al suo rigore e alla sua determinazione, un punto di riferimento per i giovani nei quali -- ha detto il sindaco di Torino Piero Fassino presente alla Conferenza - ha sempre creduto. E ovviamente un motivo di orgoglio per Torino''. Fassino non ha mancato di sottolineare che dalla citta' vengono ben tre premi Nobel: Dulbecco, Primo Levi e Levi Montalcini. ''Un prodotto - ha spiegato - della cultura ebraica cosi' ben radicata da noi''.
L'ambasciatore italiano Francesco Maria Talo' - che ha ringraziato Peres e il Centro per l'apporto dato alla conferenza - ha ricordato che nella Costituzione italiana ''valori centrali, oltre al lavoro, sono la scienza e la cultura. Occorre promuovere entrambe, se si vuole il lavoro''. Piera Levi-Montalcini, nipote del Nobel e presidente della Fondazione omonima - che insieme a Claudia De Benedetti, direttrice dell'Agenzia ebraica in Italia e Francesca Levi-Schaffer della 'Universita' ebraica di Gerusalemme, ha tracciato un ritratto della vita della scienziata - ha insistito sulla necessita' di puntare sui giovani e sulle donne africane, obiettivo primario degli attuali progetti.''C'e' bisogno soprattutto - ha detto - di fondi per pagare 'le teste' piuttosto che nuovi laboratori di ricerca''. Marina Bentivoglio dell'Università di Verona ha invece ripercorso la ''storia infinita'' delle neuroscienze italiane: ovvero, quella delle ''menti italiane per il cervello''.

(ANSAmed, 3 giugno 2013)


A Gerusalemme la V edizione del "Festival delle Luci": previsti 250.000 visitatori

Dopo il successo dello scorso anno, il Festival delle luci di Gerusalemme illuminerà la Città Vecchia dal 5 al 13 giugno p.v., ogni sera, dalle 20.00 alle 24.00.
L'evento è un'iniziativa della Jerusalem Development Authority, del Ministero del Turismo di Israele e dal Comune di Gerusalemme in collaborazione con la compagnia Ariel. Sono previsti oltre 250.000 visitatori della Città Vecchia nel corso della settimana di festa.
Per il festival di quest'anno, sette artisti di fama internazionale lavoreranno accanto ai loro omologhi israeliani.
Quest'anno il pubblico è invitato ancora una volta a partecipare ad una magica esperienza fruendo di tre fondamentali scie di luce: arancio, verde e blu che si sviluppano attraverso i quartieri della città vecchia, tracciando un percorso tra le installazioni luminose.
A questo si aggiungerà la performance di designer che con il movimento dei loro corpi accresceranno l'esperienza visiva.
Uno dei punti salienti del festival sarà Q, un circo rock, nuovo e moderno mai visto prima in Israele che dispone di elementi "illuminati", con acrobazie e recitazione. La mostra, che sarà effettuata due volte al giorno nei Giardini Habonim, comprende 13 segmenti che compongono un intero spettacolo con una trama che ruota attorno a un maestro circense che spinge ad intrattenere, divertire, emozionare ed affascinare il pubblico all'infinito. Durante la manifestazione, i flussi di luce cambiano continuamente affascinando ed impressionando.
Lo spettacolo verrà realizzato dalla domenica al giovedì dalle 20:15 alle 22:00 e il Sabato dalle 21:00 alle 23:00
I visitatori potranno muoversi e viaggiare liberamente tra i diversi percorsi di luce: blu, verde ed arancione.
Il percorso verde va da Ha'Tzanhanim Street via Porta di Damasco e Zedekiah's Cave fino a Hanotzrim Street dove si connette con il percorso Bue che conduce i visitatori all'interno del Quartiere cristiano.
Il sentiero Arancione porta i visitatori dalla Piazza della Porta di Giaffa. strada del Patriarcato Armeno, fino ai resti archeologici di Gan Hatekuma ed alla Piazza di Hurva.

(Firenze, 3 giugno 2013)


Casale Monferrato - Al via una mini rassegna musicale alla sinagoga

di Alberto Ricci

CASALE MONFERRATO - Ha avuto inizio ieri, presso la sinagoga di Casale Monferrato, una mini rassegna di incontri musicali dal titolo " intorno a Salomone Rossi". Prossimi appuntamenti Domenica 9 giugno alle ore 21.15 con il Casale Coro diretto da Giulio Castagnoli con Paola Roggero soprano, Andrea Stefenell al pianoforte ( in programma musiche di Rossi, GiuseppeVerdi. Faurè, Sinigaglia e Hugues) e Domenica 16, sempre alle 21, con il duo Amedeo Fenoglio ( violoncello) e Andrea Stefenell al pianoforte; in programma brani di Chopin, Debussy e Bosco. Settimana di saggi al Conservatorio "A.Vivaldi" di Alessandria, con i concerti di fine anno: Martedì 4 alle 21 si esibirà la classe di pianoforte della prof.ssa Silvia Leggio e la scuola di musica d'insieme per strumenti ad arco del prof. Maurizio Cadossi; in programma brani di Giuliani, Boccherini, Chopin, Bartok e Brahms; suggestivo il saggio del 6, dal titolo " incontri con l'autore.
La classe di composizione si racconta" e "Un palco all'opera", con la classe di musica da camera della prof.ssa Cecilia Brovero, la scuola di tromba e trombone del prof.Fausto Galli, di flauto di Renato La Mantia, di canto del prof. Roberto Ristori e di composizione di Antonio Galanti.
In programma musiche di Verdi, Rossini,Donizetti,Mozart, Gounod e Bernstein.

(Tuono News.it, 3 giugno 2013)


Un componente della marijuana può aiutare a prevenire i danni cerebrali

L'utilizzo di dosi controllate di THC, il componente psicoattivo della marijuana, si ritiene possano proteggere il cervello dai danni cognitivi a lungo termine a seguito di lesioni, ipossia, convulsioni o tossicità da farmaci.


La Cannabis contiene un principio attivo che si ritiene possa proteggere il cervello dai danni
causati da traumi e altri eventi.
I ricercatori israeliani dell'Università di Tel Aviv hanno scoperto che basse dosi di THC - il componente psicoattivo della marijuana - possono proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, mancanza di ossigenazione (ipossia), convulsioni, tossicità da farmaci eccetera, che possono avere serie conseguenze sia come deficit cognitivi che gravi danni neurologici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Behavioural Brain Research and Experimental Brain Research.
  La scoperta è importante perché mostra come si possano sfruttare dosi molto basse di questo principio attivo - si parla di dosi inferiori di circa 1.000/10.000 volte quelle contenute in uno spinello - e tempi diversi: sia da uno a sette giorni prima della potenziale lesione, che da uno a tre giorni dopo la comparsa. L'azione avverrebbe sulle cellule cerebrali e preserva le funzioni cognitive nel tempo.
  Il dottor Yosef Sarne della Tel Aviv University's Adelson Center for the Biology of Addictive Diseases alla Sackler Faculty of Medicine e colleghi hanno riferito che questo tipo di trattamento può essere impiegato in molti casi di lesioni cerebrali risultando sicuro nel tempo.
  Nei primi test condotti dai ricercatori, il THC ha mostrato di avere un significativo impatto sulla segnalazione cellulare, prevenendo la morte delle cellule e, al contempo, promuovendo fattori di crescita. In seguito a questa scoperta, gli scienziati hanno condotto una serie di esperimenti volti a verificare la capacità neuroprotettiva di THC in risposta alle diverse lesioni cerebrali.
  Lo studio vero e proprio è stato poi condotto su modello animale, e i risultati hanno evidenziato che nel gruppo trattato con THC dopo aver subìto delle lesioni cerebrali, vi era una migliore risposta nei test comportamentali, cognitivi, di apprendimento e di memoria a 3-7 settimane dopo il trauma, rispetto al gruppo di controllo non trattato con THC.
  Oltre a ciò, nel gruppo trattato con THC si è riscontrato un aumento della presenza di sostanze chimiche neuroprotettive, sempre rispetto al gruppo di controllo.
  I ricercatori fanno tuttavia sapere che il basso dosaggio di THC è fondamentale per avviare questo processo, senza causare troppi danni iniziali.
  Secondo il professor Sarne, questo tipo di approccio terapeutico offre diversi vantaggi pratici per via del lungo periodo di tempo in cui può essere somministrato. Per cui non solo si possono trattare le lesioni cerebrali dopo l'avvenimento, ma anche per prevenire lesioni che possono verificarsi nel futuro.
  Ora, Sarne sta lavorando in collaborazione con il prof. Edith Hochhauser del Rabin Medical Center per testare la capacità di basse dosi di THC di evitare danni al cuore. I risultati preliminari hanno già indicato che la sostanza esplica un effetto protettivo nei casi di ischemia cardiaca, in cui il muscolo cardiaco riceve un insufficiente flusso sanguigno.
  Si aprono pertanto nuove vie terapeutiche sfruttando un principio attivo che è stato per molto tempo lontano dai laboratori scientifici per via della sua origine.

(La Stampa, 3 giugno 2013)


Svastiche e la scritta "Juden" tracciate sulla sinagoga di Verona

Spray nero sulla facciata dell'edificio religioso: l'azione antisemita di sabato notte è stata messa in opera da alcune persone incappucciate e ripresa dalle telecamere di sorveglianza

  
Immagini
Alcune svastiche, la stella di David e la scritta "Juden" sono state tracciate con spray nero sulla facciata della sinagoga di Verona. L'azione antisemita dell'altra notte è stata messa in opera da alcune persone incappucciate e ripresa dalle telecamere di sorveglianza che hanno fornito alla Digos i primi elementi di indagine. Non è la prima volta, come indica l'Arena, che a Verona appaiono simili "ricordi" nazisti: negli anni e nei mesi scorsi svastiche erano state dipinte su cassonetti e davanti al cimitero ebraico.
E' però la prima volta che i simboli vengono dipinti sulla facciata della sinagoga in pieno centro storico. Disegni e scritta, già cancellati dall'Amia, sono apparsi proprio nel giorno in cui la comunità ebraica si riuniva per celebrare il primo arrivo in città, dopo 150 anni, di una Sefr Torah, un rotolo contenente gli scritti sacri ebrei. L'intento sarebbe stato infatti quello di rovinare una festa che è stata "invece densa di emozioni e momenti di grande suggestione".Il rinvenimento delle scritte è avvenuto verso le 8e30, sabato notte, sui muri fra via Mazzini e via Pellicciai. A lanciare l'allarme è stata Elena Gantz, segretaria della Comunità ebraica.

LE REAZIONI - Stamattina, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane e la Comunità ebraica di Verona hanno voluto condannare l'azione antisemita che ha portato all'imbrattamento dei muri della sinagoga con "scritte e simboli che richiamano a un periodo oscuro per l'Italia e per il mondo intero".
Spiega una nota rilasciata dalle Comunità: "Riteniamo che proprio il successo ottenuto dall'iniziativa della Sefr Torah, capace di richiamare a Verona centinaia di persone da tutta Italia lasciando una traccia memorabile nella vita di questa Comunità, sia la miglior risposta a chi vigliaccamente fomenta sentimenti di odio e violenza. Unitamente a questo aspetto vogliamo sottolineare l'immediata solidarietà e il concreto impegno per l'individuazione dei responsabili manifestatoci dalle istituzioni veronesi e dalle Forze dell'ordine". "Qualsiasi rigurgito è estramente negativo, ma non va enfatizzato perchè a fronte di uno che decide di apporre un segno su di un muro, ci sono centinaia di migliaia di cittadini che amano la democrazia" ha invece spiegato Riccardo Calimani, presidente della Comunità rbraica di Venezia.
"La più ferma condanna da parte del Sindaco e quindi di tutta la città di Verona nei confronti di un gesto inqualificabile - ha invece reagito il sindaco di Verona, Flavio Tosi -. I rapporti tra la città, l'amministrazione comunale, i cittadini e la Comunità ebraica sono sempre stati di grande stima, solidarietà reciproca e collaborazione. Questo resta il gesto di quattro idioti che speriamo vengano identificati e puniti dalle Forze dell'ordine".
Solidarietà arriva anche dal Partito democratico veronese: "Concordiamo con i rappresentanti della comunità ebraica veronese: il rischio più grande insito nel miserabile imbrattamento della sinagoga con una svastica non sta tanto nel gesto in sé (la nostra democrazia è ancora in grado di circoscrivere le frange estreme della destra) ma nella tiepidezza con cui esso viene ricevuto da una città a poco a poco assuefatta a crimini di questa matrice. Per questo chiediamo all'amministrazione di reagire con vigore a questo nuovo gesto di prevaricazione e di farlo non con una condanna generica e rituale ma con un'iniziativa pubblica di solidarietà che veda in prima fila tutte le autorità cittadine. Un'iniziativa capace di coinvolgere fattivamente tutte le realtà religiose, associazionistiche, del volontariato e anche economiche cittadine perché sia chiaro a tutti, dentro e fuori della città, che Verona è contro ogni discriminazione e a favore della convivenza tra tutte le religioni e le confessioni. Siamo certi che questo, assieme all'azione delle forze dell'ordine che sapranno individuare i colpevoli e infliggere loro una pena esemplare, secondo norma di legge, potrà contribuire al riscatto dell'immagine della città, talvolta offuscato dall'indifferenza verso espressioni criminali di questo genere".

(Veronasera, 3 giugno 2013)


Il dramma della famiglia Naor e il rene donato a un piccolo palestinese

Il Beilinson Hospital di Petah Tikva
«Signor Naor che facciamo? È d'accordo a donare il rene di suo figlio a un palestinese?». Forse qualcuno ci sta già pensando a farne un film. E qualcuno forse userà questa storia per i suoi racconti mediorientali. Per sottolineare i troppi volti delle tensioni tra arabi e israeliani.
«Signor Naor che facciamo?». Succede tutto dieci giorni fa in una casa a pochi chilometri da Tel Aviv. Poche ore prima un dottore, un chirurgo, ha appena spiegato al signor Naor che suo figlio di 3 anni, Noam, è clinicamente morto. La caduta dalla finestra di casa è stata fatale. Il piccolo non ce l'ha fatta. Il padre e la madre decidono di donare gli organi. Tutti. Un rene parte subito nella sala operatoria dove in attesa c'è un altro bambino israeliano.
A chi donare l'altro rene? La domanda non è facile. I medici e il ministero della Salute fanno una ricognizione. Usano l'unico standard accettato: quello del percorso clinico e dell'età di chi ha bisogno. La ruota si ferma al Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme. Lì c'è un ragazzo palestinese di dieci anni che dal 2006 fa avanti e indietro per la dialisi.
E allora ecco che dal ministero telefonano in casa Naor. «Volete donare l'altro rene di vostro figlio a qualcuno che non è israeliano, nel caso in questione un palestinese?». Dall'altra parte della cornetta i Naor reagiscono con qualche secondo di silenzio. Chissà se per la telefonata o per quella domanda, così precisa e diretta, se dire sì o no, se decretare la fine delle sofferenze di un ragazzino oppure far vincere le barriere ideologiche e culturali che ogni tanto qualcuno tenta di tirare sempre più su.
Allora signor Naor? «Non mi interessa chi riceve il rene di mio figlio, l'importante è che questo serva a far finire il calvario a qualche bambino», risponde il padre di Noam. Nel giro di poche ore l'organo viaggia al Beilinson Hospital di Petah Tikva dove l'aspettano chirurghi e infermieri, genitori in ansia e un ragazzino di dieci anni. L'intervento fila liscio. Il piccolo palestinese riapre gli occhi. Ora dovrà affrontare alcuni giorni delicate per far sì che il rene non venga rigettato. Ma i dottori sono ottimisti.
«Non ho parole», ha detto il papà del piccolo ragazzino con casa in Cisgiordania. «Voglio solo dire grazie ai Naor per aver dato una nuova vita a mio figlio e a noi dopo anni di sofferenze». Yael German, ministro israeliano della Salute, parla di «esempio da seguire». «I genitori di Noam sono una fonte di ispirazione per tutti noi: nel momento più brutto della loro vita hanno preso una decisione difficile. Siamo orgogliosi di loro».

(Falafel Cafè, 2 giugno 2013)


Hamas contro il premier scelto da Abu Mazen

RAMALLAH , 2 giu. - La designazione del rettore dell'universita' di Nabuls, Rami Hamdallah, a nuovo premier da parte del presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha scatenato l'ira di Hamas. Secondo il movimento palestinese che controlla dal 2007 la Striscia di Gaza l'iniziativa tradisce l'intesa raggiunta lo scorso mese di formare un governo di unita' nazionale tra Fatah, la formazione di Abu Mazen, e il movimento di resistenza islamico. Per Fawzi Barhoum, portavoce di Hamas, "Abu Mazen avrebbe dovuto attuare l'accordo di riconciliazione", raggiunto lo scorso mese al Cairo piuttosto che procedere a nominare "illegalmente"
Ma che cosa c'è di legale nella gestione dei Territori Palestinesi?

un suo candidato premier.

(AGI, 2 giugno 2013)


Europei Under 21: Israele senza stelle

L'Italia Under 21, impegnata dalla settimana prossima agli Europei di categoria, affronterà sabato 8 giugno i padroni di casa di Israele. Un match sulla carta scontato, vista l'enorme differenza di qualità tra le due compagini, ma in appuntamenti del genere nessun incontro va sottovalutato. Devis Mangia lo sa bene e gli azzurri sono concentratissimi sull'obiettivo.
Tutto sommato, comunque, il sorteggio è stato favorevole per l'Italia. A partire proprio dalla nazionale guidata da Guy Luzon, allenatore dal 2010 già destinato allo Standard Liegi dopo l'estate. Il commissario tecnico, che recentemente ha dichiarato: "Abbiamo un mix di giocatori ebrei, arabi, drusi, etiopi e russi. Differenti tradizioni e differenti culture. Ma siamo una squadra unita e giochiamo assieme con grande armonia", deve però fare i conti su una rosa priva di stelle. Manca infatti Gai Assulin (centrocampista cresciuto tra Barcellona e Manchester City) e tutte le speranze sono riposte in un equilibrato ed operaio 4-4-2 e nell'attaccante Orr Barouch, in forza al Bnei Yehuda.
Per il resto poca qualità e ancor meno volti celebri, per una nazionale che vivrà soprattutto di emozioni (l'unica partecipazione risale al 2007) e grazie al calore del pubblico di casa. Se Insigne e compagni vogliono recitare il ruolo da protagonisti, dunque, l'imperativo è conquistare i tre punti contro Israele.

(OlimpiAzzurra, 2 giugno 2013)


8 giugno: Israele-Italia. Dilemma amletico: per chi parteggeranno gli ebrei italiani? Non vogliamo saperlo, a noi va bene tutto.


Alicia Keys: «Canterò in Israele»

TEL AVIV - La cantante americana Alicia Keys ha deciso di confermare il suo concerto previsto a luglio prossimo a Tel Aviv, nonostante le pressioni degli attivisti pro palestinesi che le hanno chiesto di rinunciare.
All'icona 33ennne del R&B - che a marzo scorso ha annunciato la tourneè in Israele - è stato più volte chiesto dai rappresentati del movimento contro Israele `Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni‘ (Bds) di lasciare perdere e di non esibirsi.
Tra questi, Alice Walker, autrice del famoso romanzo "Il colore viola" sulle discriminazioni razziste nel sud degli Usa, (che ha fatto scalpore l'anno scorso in Israele per avere rifiutato l'autorizzazione a tradurre in ebraico il suo libro vincitore del Premio Pulitzer) ha scritto una lettera aperta all'artista invitandola a cancellare il concerto.
«Mi addolora sapere - ha scritto Walker che si è richiamata al movimento non violento dei `Diritti civili‘ - che stai mettendo te stessa in pericolo (pericolo dell'anima
L’anima di Alice Keys è in pericolo, avverte la romanziera. Nella dottrina del Palestinismo, nuova religione in ascesa, chi non contrasta Israele va all’inferno. Sionisti e simpatizzanti sono avvertiti.
) facendo uno spettacolo in un paese dell'apartheid, boicottato da tanti artisti consapevoli».
La Walker, che sostiene il movimento per il boicottaggio contro Israele (Bds) ed ha partecipato alla Flottiglia del 2011 per Gaza, ricorda alla star americana che «come abbiamo imparato dalla nostra lotta in America, la nonviolenza è l'unico percorso per un futuro di pace». Quindi, suggerisce alla Keys di andare a visitare Gaza. «Per favore, se puoi farlo, vai a visitare i bambini di Gaza e canta loro del nostro reciproco amore per tutti i bambini, e del loro diritto a non soffrire per il solo fatto di esistere».
Pronta la risposta della cantante: «Non vedo l'ora - ha detto, citata dai media americani ripresi in Israele - di fare la mia prima visita in Israele. La musica è un linguaggio universale il cui significato è unire il pubblico in pace e amore e questo è lo spirito del nostro spettacolo».

(Il Secolo XIX, 2 giugno 2013)


Renzo Gattegna: "La Festa della Repubblica, presidio di valori e sfide comuni"

Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
"Cade oggi il 67esimo anniversario dallo storico momento in cui l'Italia, a larga maggioranza, scelse di abbracciare la Repubblica. Senza ombra di dubbio, un passaggio fondamentale nel consolidamento di un sistema politico che avrebbe portato benefici fino ad allora sconosciuti.
Con quella consultazione l'Italia, ancora provata da un lungo periodo di guerre, rancori e contrapposizioni, consolidò infatti il cammino per mettersi alle spalle oltre un ventennio di violenza e dittatura avallate da una monarchia macchiatasi di gravi colpe e diventare artefice del rinnovamento realizzando, da protagonista, il sogno di un'Europa unita e pacificata.
In questa e in altre ricorrenze siamo chiamati a celebrare in modo non retorico gli straordinari risultati che è stato possibile raggiungere da quel momento, che voglio legare in un filo unico alla Liberazione del paese dal nazifascismo e all'adozione di una carta costituzionale che tutela tutti i cittadini a prescindere dalle specifiche appartenenze.
Tre eventi caratterizzati da una comune prospettiva di libertà, diritti, democrazia. Valori che siamo chiamati a difendere consapevolmente, soprattutto dalle promesse di chi, sull'onda di una crisi sempre più spesso anche morale, propaga idee distruttive e destabilizzanti con l'obiettivo di minare all'integrità stessa delle nostre società progredite e plurali".

(Notiziario Ucei, 2 giugno 2013)


In merito a una missione di aziende piemontesi in Israele e Territori Palestinesi

Come riportato anche dal nostro sito, dal 2 al 5 giugno alcune aziende e istituzioni piemontesi, con la presenza del sindaco Piero Fassino, svolgeranno una missione in Israele e Territori Palestinesi per verificare la possibilità di una collaborazione in vari settori, in particolare nel campo delle energie rinnovabili. A questa missione parteciperà anche il dott. Emanuel Segre Amar, in qualità di vicepresidente della Comunità ebraica di Torino. Segre Amar ci ha autorizzati a rendere noto che nell'ambito dei vari avvenimenti legati alla missione lui, e solo lui, sarà tenuto "fuori da tutti gli incontri con le personalità maomettane". Ha aggiunto che per gli incontri in Gerusalemme con cristiani ed ebrei ha potuto essere incluso nell'elenco dei partecipanti solo dopo un incontro col Sindaco sollecitato prima della partenza. Il consolato generale l'aveva escluso. Fassino si è anche offerto di portare a Mahmoud Abbas una lettera di Segre Amar.
A Segre Amar inoltre è stata consegnata dalla dott.ssa Silvana De Mari, presidente dell'associazione "Salviamo i Cristiani", una lettera da recapitare al Patriarca Latino di Gerusalemme. Di questa lettera, di cui abbiamo ricevuto in anticipo una copia, riportiamo la prima parte con il consenso dell'autrice.
    Lettera aperta a Mons. Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme.
    Mi chiamo Silvana De Mari, e sono il presidente dell'associazione Salviamo i Cristiani, fondata dal giornalista e uomo politico Magdi Cristiano Allam.
    Siamo tra le poche persone, pochissime, che in questo momento si stanno preoccupando di organizzare e coordinare gli aiuti ai Cristiani in fuga dalla Siria, le ricordo che tra gli scopi ufficialmente dichiarati di non pochi dei contendenti in campo c'è il progetto di purificare la Siria dalla Cristianità. La Siria di San Paolo sarà purificata dalla jihad islamica esattamente come purificata dalla Cristianità è il luogo che attualmente si chiama Turchia, luogo santo per il cristianesimo, dove è stata scritta l'apocalisse di San Giovanni, dove la Cristianità è uscita dalla clandestinità. Dove un milione e mezzo di cristiani Armeni sono stati cancellati dalla faccia della terra come scarafaggi, come esseri inferiori. Nel luogo dove è stata scritta l'Apocalisse di San Giovanni di cristiani non ce n'è nemmeno uno. Sono circa 108 i cristiani rapiti in questo momento in Siria, è una tattica per far finanziare la jihad e per spingerli all'esodo, così da terminare la pulizia etnica.
       Una di queste persone rapite è una ragazzina di 15 anni, nipote di un sacerdote, Padre Nader con cui siamo in contatto, cui abbiamo fatto l'errore di inviare aiuti, che hanno salvato la sopravvivenza questo inverno di circa 800 cristiani rifugiati, ma che lo hanno fatto identificare come persona con dei mezzi e ora una bambina di 15 anni è in mano a degli aguzzini, che minacciano di stuprarla, mutilarla, torturala e ucciderla. Cosa possiamo fare cosa possiamo fare? Dire la verità, e dirla tutti insieme. La verità è che il popolo d'Israele è il popolo cui appartengono Mosé, la Madonna, Gesù Cristo, gli Apostoli, e deve essere il nostro fratello maggiore, a lui dobbiamo il rispetto, la riverenza, l'affetto che si deve a un fratello maggiore.
       L'Islam è il nostro nemico, e i nemici si convertono con l'affermazione della verità. Non si dialoga con i nemici. Il dialogo è la strada attraverso cui la loro follia e la loro menzogna penetra dentro di noi. Il dialogo presuppone un punto di accordo, una cessione bilaterale, quindi se accetto di dialogare per il solo fatto di accettare il dialogo riconosco un valore alle tesi dell'altro: se le tesi dell'altro sono che è giusto distruggere lo stato di Israele, che è giusto inneggiare al terrorismo, che è giusto insegnare ai bambini a diventare terroristi suicidi, che Gerusalemme dove Maometto non è mai stato e mai nominata nel corano è la terza città santa dell'Islam e Roma la quarta, che è giusto che cristiani e ebrei si sottomettano all'Islam se vogliono sopravvivere, allora il dialogo è un disastro. Avevamo già dialogato con Hitler, Pio XI aveva anche fatto un concordato: è finita in un disastro. Non ripetiamo sempre gli stessi errori.
       Siamo, noi del movimento di Magdi Cristiano Allam, uomo nato nell'Islam e convertito al Cristianesimo, tra le poche persone, pochissime, che in questo momento si sta ascoltando l'urlo di dolore e di orrore dei Cristiani massacrati, dei Cristiani bruciati vivi nella loro chiese africane, in nazioni dove sempre più numerose sono le parti politiche che vogliono cancellare la presenza cristiana, cancellarla con il ferro e il fuoco e il dolore.
       Diceva Martin Luther King: ancora più dei latrati dei nostri nemici è il silenzio dei nostri amici che ci ferisce e che ci annienta.
       Mentre decine di migliaia di cristiani vengono uccisi, torturati, perseguitati per la loro fede, gli amici cosa stanno facendo? Si schierano con i palestinesi, occupando tutto lo spazio mediatico con le loro supposte sofferenze. [...]
    Silvana De Mari
    Presidente dell'associazione Salviamo i Cristiani
    31 maggio 2013
(Notizie su Israele, 2 giugno 2013)


Frasi antisemite sui muri, condanna unanime della politica: "Atto gravissimo"

Nei giorni dopo il derby Roma-Lazio sono comparse sui muri scritte contro gli ebrei. Da Zingaretti ad Alemanno passando per Marino solidarietà alla comunità ebraica.

"A morte gli ebrei" e altre frasi offensive sono state notate questa mattina al quartiere Parioli, vergate in vernice celeste. Scritte del genere, già nei giorni scorsi erano apparse attorno all'Olimpico, in zona Flaminio e a Monteverde e ciò ha impegnato Ama con cinque speciali nuclei della Squadra decoro.
"Da lunedì scorso 5 speciali nuclei della Squadra Decoro Ama, ciascuno composto da 2 operatori con idropulitrice, sono al lavoro in vari quadranti della città per cancellare scritte antisemite apparse in diverse zone all'indomani del derby di Coppa Italia disputato domenica 26 maggio" comunica l'Ama che fa sapere come gli interventi si sono concentrati in particolar modo nelle aree adiacenti lo Stadio Olimpico e nei quartieri Flaminio e Monteverde. "I nostri operatori sono al lavoro per contrastare questi deprecabili atti di vandalismo che offendono in modo intollerabile la comunità ebraica e il decoro della nostra città-sottolinea il Presidente di Ama Piergiorgio Benvenuti.
Unanime la condanna. "Le scritte comparse sui muri in varie zone della città costituiscono un atto gravissimo, oltraggioso e offensivo nei confronti della comunità ebraica e della sua storia. Un gesto che sicuramente Roma e i suoi cittadini non meritano" ha affermato il sindaco Gianni Alemanno.
"E' l'ennesima ferita che offende non solo la comunità ebraica, a cui va la massima solidarietà dell'istituzione regionale, ma l'intera città" ha ribadito il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. "Credo che questo fenomeno non vada affatto sottovalutato, perché è sintomo di una malattia che evidentemente cova nella nostra società. E noi dobbiamo fare di tutto per stroncarla sul nascere".
Della stessa opinione anche Ignazio Marino: "Le scritte antisemite comparse a Roma rappresentano un'offesa alla città e segnalano la presenza in città di persone o gruppi che hanno il solo obiettivo di seminare odio e intolleranza" ha affermato. "Voglio esprimere, dunque, vicinanza e solidarietà alla comunità ebraica di Roma, oggetto di offese inqualificabili".

(RomaToday, 1 giugno 2013)


La Shoah a fumetti

Cartoonist disegna le difficoltà dei figli dei sopravvissuti

di Aldo Baquis

La Shoah, a fumetti, in Israele: 25 anni dopo il celebre 'Maus' di Art Spiegelman, anche uno dei maggiori disegnatori israeliani - Michel Kichka (59 anni) - si cimenta adesso alla stessa maniera con i traumi della propria infanzia trascorsa in Belgio, all'ombra di un padre sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti. Nel suo Romanzo grafico uscito in questi giorni in ebraico ('La seconda generazione - Le cose che non ho detto a mio padre) Kichka non esita a descrivere le difficoltà provate dalla cosiddetta 'Seconda generazione': ossia dai figli dei sopravvissuti che spesso si sono trovati nella condizione di "dover fare da supplenti" a congiunti morti nell'Olocausto, o di essere costretti a realizzare i sogni troncati dei loro genitori. Si tratta probabilmente del testo più impegnativo realizzato finora da Kichka che rende ripetutamente omaggio a Spiegelman. Per lui, 'Maus' fu un testo "sconvolgente". Che tuttavia non piacque affatto al padre. "Mi ha disturbato. L'ho chiuso dopo cinque pagine", afferma in una delle tavole del libro. "Ma che idea è mai quella di rappresentare ebrei come topi?".
   Nel testo di Spiegelman gli ebrei sono appunto raffigurati come topi, i nazisti come gatti e i polacchi come maiali. Uscito per miracolo dal campo di sterminio di Buchenwald e rimasto pressoché solo al mondo, Henri Kichka avrebbe cercato di rifarsi una famiglia: ma in casa si sarebbe circondato da un muro di riserbo per non riaprire ferite troppo dolorose. A tratti, si apprende dal libro, avrebbe anche meditato il suicidio. Proprio attraverso il disegno, padre e figlio provano a comunicare e ad esorcizzare i fantasmi. Assieme, sullo stesso foglio di carta, disegnano un buffo soldato nazista che in testa invece dell'elmetto ostenta un vaso da notte e in braccio invece del fucile ha una ramazza.
   Ma il ricordo degli stermini nazisti incombe ancora nella casa: anche in cucina, quando i Kichka consumano un brodo e Henri emette un rutto di soddisfazione. Anche il bambino Michel rutta allegramente, ma la madre lo rimprovera: "Ruttare a tavola è permesso solo a tuo padre - spiega, con tono da benpensante - perché è stato nei campi di sterminio". Da anni Michel Kichka meditava di disegnare questo libro (già uscito nella versione francese). Ma non trovava la forza, perché necessariamente avrebbe dovuto riesumare anche il suicidio del fratello minore, afflitto dall'atmosfera opprimente del 'pianeta Kichka'. Proprio nei giorni seguiti al suo funerale - rivela con stupore - il padre Henri avrebbe per la prima volta descritto ai familiari le sue vicende nella prigionia nazista. Colui il quale aveva taciuto per anni si sarebbe trasformato in un fiume in piena: attivo nell'accompagnare gruppi di giovani ad Auschwitz, "bravissimo nel farli piangere a dirotto", autore di un proprio libro di memorie sulla Shoah. 'Seconda generazione' - un Romanzo grafico amaro, ma anche ironico e a tratti esilarante - ha subito attirato l'attenzione della critica e ha finora raccolto notevoli consensi. Negli stessi giorni è uscito un altro Romanzo grafico analogo, della disegnatrice Rutu Modan, che descrive le vicissitudini di un'anziana israeliana tornata in Polonia per recuperare un immobile appartenuto alla famiglia prima della Shoah. Anche questo testo, a quanto pare, rientra nel filone della 'Seconda generazione'.

(ANSA, 1 giugno 2013)


Europei Under 21 in Israele al via: il 5 giugno la cerimonia d'apertura

È ormai prossimo l'inizio dei Campionati Europei di Calcio Under 2l, ospitati, per la loro 19esima edizione, da Israele. Dal 5 al 18 giugno, le nazionali di Regno Unito, Germania, Spagna, Russia, Paesi Bassi, Norvegia, e i ragazzi della squadra italiana contenderanno al team israeliano il titolo di campioni europei. Quattro i campi sui quali le promesse del calcio europeo si affronteranno: il Netanva Stadium che ospiterà la cerimonia d'apertura, il prossimo 5 giugno, il Netanya Stadium, HaMoshava Stadium di Petah Tikva, il Teddy Stadium di Gerusalemme e il Bloomfield Stadium di Tel Aviv-Jaffa, testato anche dal C.T. Cesare Prandelli in occasione della sua recente visita in Israele, ad aprile. Il torneo sarà trasmesso in 140 paesi del mondo.

La squadra italiana

(UEFA.com, 1 giugno 2013)


La "posta" di Schindler: perse a poker l'anello degli ebrei

BERLINO, 1 giu. - Oskar Schindler perse giocando a poker l'anello d'oro che in segno di riconoscenza gli avevano regalato gli ebrei da lui salvati. Lo rivela al settimanale Focus Michael Emge, l'ultimo sopravvissuto in Germania della "lista di Schindler", spiegando che l'uomo che salvo' dalle camere a gas lui e tanti altri correligionari "non sapeva badare ai soldi". "Si e' giocato tutto, anche l'anello", ha raccontato. Emge precisa che i lavoratori ebrei della fabbrica di Schindler avevano realizzto l'anello fondendo l'oro delle protesi dentarie e vi avevano inciso la dicitura "chi salva anche solo una vita, salva il mondo". L'imprenditore tedesco, morto nel 1974, avrebbe perso l'anello al gioco nel retrobottega di una birreria nel quartiere della stazione centrale di Francoforte, dove negli anni '60 viveva in una stanza ammobiliata dopo aver fatto bancarotta in Argentina.
"L'attuale proprietario dell'anello ignora probabilmente cosa ha in mano", afferma il sopravvissuto all'Olocausto, secondo il quale il memorial israeliano alla Shoah di Yad Vashem "pagherebbe molto denaro pur di averlo". Il superstite ha spiegato che nel dopoguerra Schindler soffri' per il fatto che "da molti politici veniva considerato un traditore. Riguardo al film di Steven Spielberg, "La Lista di Schindler", per Emge si tratta di "un capolavoro di Hollywood" ma dallo scarso valore documentale. "Il buon Schindler portava il distintivo rosso del partito nazista della Nsdap, non bisogna dimenticarlo", ha dichiarato. A suo avviso si sarebbe dovuto valorizzare di piu' il ruolo della moglie di Schindler, Emilie: era lei a dare "da mangiare" agli operai ebrei, ha ricordato, e fu lei "a portare di nascosto a Berlino i brillanti per ottenere la liberazione delle donne della lista" che erano state deportate per un errore burocratico ad Auschwitz.

(AGI, 1 giugno 2013)


Associazione Veronese Italia-israele
Comunita' Ebraica Di Verona

Invito alla conferenza

di Dan Bahat

Archeologo e docente di Storia e Archeologia gerosolimitana
che presenterà con immagini fotografiche:

                 "Gerusalemme al tempo di Gesù"

L'appuntamento è per
Giovedì 6 Giugno 2013, ore 21:00
Salone 1o piano della Comunità Ebraica
Via Portici, 3 - Verona

L'incontro è aperto al pubblico


Dan Bahat è uno dei maggiori archeologhi di Israele: ha diretto scavi
nei più importanti siti archeologici del paese, ma in particolare è stato
a lungo il responsabile degli scavi in Gerusalemme. Gli si deve il
Tunnel lungo il Muro Occidentale. Autore di numerosi libri ed articoli,
attualmente insegna Storia e Archeologia gerosolomitana presso il St.
Michael College, University of Toronto, Canada. E' autore del noto
"Atlante di Gerusalemme" recentemente pubblicato per la prima volta
in italiano, nella Collana Bibbia e Terra Santa dell'Editrice Messaggero
di Padova.


Per sapere qualcosa di più sul conferenziere


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