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Notizie maggio 2013


Italia - Israele: un rapporto che vale 4,5 mlliardi di dollari

"La nuova Amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia intende dare grande slancio alle relazioni internazionali, specie con interlocutori storici come Israele".
Lo ha affermato oggi a Trieste il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, incontrando l'ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon, al quale, a nome della presidente Debora Serracchiani, ha espresso l'auspicio che da questa prima presa di contatto si avvii un confronto che possa concretizzarsi, a breve, in incontri operativi di delegazioni qualificate di operatori economici, turistici e culturali.
L'ambasciatore Gilon, in visita a Trieste per la prima volta dal suo insediamento, ha ricordato che "tra Israele e Italia i rapporti sono strettissimi e valgono 4,5 miliardi di dollari nell'interscambio commerciale, mentre sotto il profilo strettamente turistico, hanno visto arrivare lo scorso anno nel nostro Paese ben 350 mila persone, pari - ha sottolineato - al 4 per cento della popolazione israeliana".
E se le opportunità di partnership che più interessano a Israele sono in ricerca, sviluppo e alta tecnologia, il vice presidente Bolzonello, menzionando diverse iniziative e aree di possibile interesse comune, tra cui l'agroalimentare, ha ricordato in particolare l'avvio di una fattiva collaborazione in tema di terapie oncologiche innovative tra il Centro di riferimento oncologico di Aviano (PN) ed analoghe strutture israeliane.
Il cordiale colloquio si è concluso con l'impegno di Naor Gilon ad approfondire i contatti, anche favorendo la missione in Friuli Venezia Giulia di un addetto "tecnico" dell'ambasciata, per identificare i settori sui quali puntare per rafforzare le relazioni tra le due realtà.

(DOVATU, 31 maggio 2013)


Siria: il bluff di Assad sui missili S-300

In una intervista rilasciata ieri alla TV libanese legata a Hezbollah, Al Manar , il dittatore siriano, Bashar Al-Assad, ha affermato che la Russia avrebbe già consegnato un primo lotto di missili antiaerei S-300 alla Siria. La notizia ha fatto in breve il giro del mondo allarmando tutte le cancellerie occidentali. Peccato che non sia vero.
Ad escludere in maniera categorica che i missili S-300 siano stati già consegnati alla Siria sono i servizi segreti israeliani i quali stanno monitorando con attenzione tutto quello che avviene sul suolo siriano e siccome le batterie di S-300 non sono certo così facili da nascondere dato che hanno una certa mole, escludono assolutamente che ciò sia avvenuto. Non solo, secondo fonti dell'esercito israeliano, gli eventuali missili S-300 che dovessero eventualmente arrivare alla Siria sarebbero distrutti prima di diventare operativi dato che la loro messa in opera non è contestuale al loro dispiegamento ma necessita di tempo....

(Rights Reporter, 31 maggio 2013)


Tutelare l'acqua fa bene alla pace. Firenze premia l'israeliano Wolf

Il capoluogo toscano ospita una rassegna di eventi in occasione della Giornata mondiale dell'Ambiente. L'appuntamento più importante il 5 giugno con l'assegnazione del riconoscimento di "maestro dell'acqua" allo "straordinario mediatore" di "vertenze internazionali legate all'oro blu".

Aaron Wolf

Firenze premia i "maestri dell'acqua". Per quattro giorni, dal 2 al 5 giugno, il tema 'Acqua al futuro' sarà al centro di alcuni eventi che culmineranno la mattina di mercoledì 5 giugno, Giornata mondiale dell'Ambiente, con un seminario nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università durante il quale saranno assegnati i riconoscimenti ai sei vincitori di questa edizione del Premio Internazionale ambientalista 'Il Monito del Giardino'.
  Si tratta di personalità di rilievo mondiale che si sono distinte nel campo del recupero, della conservazione, dell'uso e della distribuzione dell'acqua. Il primo premio, l'unico in denaro (15 mila euro) andrà all'israeliano Aaron Wolf, "straordinario mediatore nelle più delicate vertenze internazionali legate all'oro blu", a cominciare dal conflitto arabo-israeliano. Gli altri cinque vincitori, che riceveranno una statuetta in argento, sono: Tony Allan, lo studioso che per primo ha formulato il concetto di 'acqua virtuale', ovvero la quantità del prezioso liquido necessaria per produrre gli alimenti che consumiamo e gli oggetti necessari alla nostra vita; Simon Langan, per la sua infaticabile opera quale capo dell'Ufficio dell'International Water Management Institute (IWMI) per il Bacino del Nilo e l'Africa orientale; Pasquale Steduto, tecnico di eccellenza in campo internazionale e direttore della Divisione Terra e Acque della Fao; Helgard Zeh, chiamata la 'maestra dei fiumi' per le sue competenze di ingegneria naturalistica contro le alluvioni e le esondazioni; Angela Morelli, apprezzata comunicatrice e definita a livello internazionale "ambasciatrice" dell'acqua virtuale e degli studi sull'impronta idrica.
  Le sei personalità sono state selezionate dalla giuria presieduta, a partire dal 2010, dal noto climatologo professor Maracchi, e composta dal professor Francesco Ferrini (segretario scientifico) e da studiosi e comunicatori come Marco Bindi, Antonio Cianciullo, Erasmo D'Angelis, Raffaello Giannini, Simone Orlandini, Stefano Mancuso, Lucilla Minelli, Pia Pera, Mariachiara Pozzana, Giannozzo Pucci, Simone Siliani, Rossella Sleiter, Vieri Torrigiani Malaspina, Massimo Venturi Ferriolo. La compagine organizzativa del Premio è invece composta da Riccardo Monni, ideatore e segretario, Marcella Antonini, segretario generale della Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e da Elena Marzili, consigliere della medesima Fondazione.
  L'iniziativa si inserisce nel quadro degli appuntamenti dell'Onu in occasione dell'Anno internazionale per la cooperazione idrica e ha il patrocinio dell'International Hydrological Programme dell'Unesco, della Regione Toscana, dell'Università di Firenze e dell'Accademia dei Georgofili e si è potuta realizzare anche grazie al sostegno di Publiacqua, Unicoop Firenze e Life Beyond Tourism.

(la Repubblica, 31 maggio 2013)


Aziende piemontesi cercano business in Israele e Territori Palestinesi

TORINO, 31 mag. - Dal 2 al 5 giugno 6 imprese piemontesi dei settori infrastrutture, ambiente, energia partecipano alla missione in Israele e Territori Palestinesi, volta a individuare opportunita' di business in quest'area, con particolare focus sul tema delle energie rinnovabili.La missione e' organizzata dal Centro Estero per l'Internazionalizzazione su incarico della Camera di commercio di Torino, nell'ambito del progetto integrato di Filiera 'Infrastrutture e Logistica' in concomitanza con la presenza del sindaco di Torino Piero Fassino e di altre istituzioni piemontesi in Israele e Territori Palestinesi che presenzieranno ad incontri istituzionali, economici e culturali a di Tel Aviv, Ramallah, Haifa ed Hebron. Le aziende seguiranno un'agenda di incontri b2b personalizzata con controparti locali sulla base delle esigenze di ciascuna impresa e presenzieranno a momenti istituzionali e di networking comuni alla missione guidata dalla Citta' di Torino. La visita a Hebron e' volta in particolare a individuare opportunita' di collaborazione per sviluppare sistemi di governance innovativi sulla gestione energetica della citta'.

(Adnkronos, 31 maggio 2013)


Nasce sotto la Mole di Torino il "Pinguino" kasher

Il "superclassico" di Pepino sarà prodotto da fine anno anche secondo le regole della tradizione ebraica. E sbarcherà sui mercati francese e israeliano

di Claudio Mercandino

Un gelato di lusso per il rabbino. Nasce a Torino il primo "Pinguino" kasher, il classico pralinato che ora sarà creato nel rispetto delle regole alimentari della tradizione ebraica. Lo produrrà Gelati Pepino, lo storico marchio sabaudo già fornitore della Real Casa che si accinge a compiere 130 anni nel 2014.
L'idea è di Edoardo Cavagnino, presidente dell'azienda: "Questa scelta, a cui stiamo lavorando da alcuni mesi, nasce dalla volontà di aprirci a un mercato di grande importanza come Israele, ma anche di rivolgerci alla comunità ebraica italiana che proprio a Torino ha una sua forte rappresentanza e che può mostrare interesse in metropoli come Milano e Roma". Il mercato israeliano, che potrebbe offrire in prospettiva anche l'opportunità di aprire gelaterie col marchio Pepino, non è peraltro l'unico considerato: la ditta pensa infatti anche alla Francia, all'Olanda, a grandi città come Londra e New York.
L'aggettivo "kasher" significa adatto, conforme, opportuno, e indica i cibi che si possono consumare perché conformi alle regole della kasherut, la normativa ebraica sul cibo. Produrre kasher, per chi non lo ha mai fatto, non è proprio il massimo della semplicità. "E' un processo laborioso e articolato - conferma Cavagnino - Il primo passo è trovare un rabbino 'certificatore' che garantisca la correttezza della procedura produttiva, e questa è una scelta che dipende dal grado di 'ortodossia' dell'interpretazione delle norme della kasherut. Noi abbiamo deciso di ottenere il massimo livello, quello certificato dal marchio Ou, Orthodox Union".
Il secondo passo è poi individuare materie prime certificate kasker, e qui potrebbe essere necessario modificare qualche ricetta per adattarla agli ingredienti disponibili. Anche i macchinari utilizzati, infine, devono essere approvati: "E nel nostro caso - spiega ancora l'imprenditore - poiché non ne avremo uno dedicato unicamente alla produzione kasher, il rabbino dovrà certificare di volta in volta la sua conformità".
Entro la fine dell'anno potrebbe essere pronto il primo Pinguino Kasher che dall'anno della sua nascita, il 1939, si appresta ad indossare dunque una nuova veste, non si sa ancora se con tutti i suoi sei gusti (crema, nocciola, gianduja, menta, viola e caffè) o solo con alcuni di essi. Con il "superclassico" di Pepino dovrebbe essere lanciata una "minilinea" di prodotti kasher della casa torinese (come le coppette e i "mezzilitri"), che sbarcherà non solo sul mercato italiano ma anche su quelli francese e israeliano. I prezzi? "Cercheremo di mantenerli sullo stesso livello di quelli 'normali'".

(la Repubblica - Torino, 31 maggio 2013)


Shoah Foundation, si inaugura il sito di accesso italiano

Si inaugura il 7 giugno a Roma, presso l'Istituto Centrale per i beni sonori e audiovisivi, il nuovo sito di accesso italiano all'archivio della Shoah Foundation della University of Southern California. Fondata dal regista Steven Spielberg per raccogliere le interviste realizzate ai testimoni della Shoah, la Fondazione conserva quasi 52mila video testimonianze in 32 lingue. Un archivio vastissimo, tra i più forniti al mondo, in cui sono raccolte le memorie delle molte identità colpite dal nazifascismo con l'aggiunta, dal 1994, di una sezione specifica sul genocidio dei tutsi in Ruanda.
Ad arricchire il fondo una serie di interviste a personalità della vita politica, culturale, economica italiana. Lo scorso gennaio Istituto Centrale e Shoah Foundation hanno stipulato un accordo per stabilire un unico punto di accesso all'Archivio di Storia Visiva che integra la documentazione già fruibile online nell'ambito del progetto Ti racconto la storia: voci dalla Shoah (www.shoah.acs.beniculturali.it) curato dall'Archivio di Stato.
Con il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna interverranno Massimo Pistacchi, direttore dell'Istituto Centrale; Kim Simon, managing director della Shoah Foundation; Micaela Procaccia, direzione generale Archivi; Anna Foa, docente di storia moderna all'Università La Sapienza di Roma: Anna Veronica Pobbe, ricercatrice presso il medesimo ateneo; Francesco Baldi, dirigente dell'Istituto Centrale; Pupa Garribba, giornalista e testimone; Rossana Rummo, direttore generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d'autore.

(Notiziario Ucei, 31 maggio 2013)


E' ora di assolvere l'ebreo Mulmerstein?

di Anna Foa

  
Murmelstein
Il recente documentario di Claude Lanzmann, L'ultimo degli ingiusti, presentato al Festival di Cannes e non ancora apparso sui nostri schermi, ha autorevolmente riproposto la questione assai dibattuta del ruolo dei Consigli ebraici nella realizzazione dello sterminio nazista. Se cioè i Consigli ebraici preposti dai nazisti a gestire la vita dei ghetti abbiano avuto una funzione di collaborazione con i nazisti oppure si siano adoperati, ove più ove meno efficacemente, in modo da far sopravvivere, con l'esistenza dei ghetti, anche il maggior numero di ebrei possibile. È noto che i sopravvissuti, che avevano spesso veduto deportare vecchi, donne e bambini in base alle selezioni gestite da questi Consigli, hanno dato generalmente un giudizio molto negativo del loro ruolo. Chaim Rumkovski, il presidente del Consiglio del ghetto di Lódz, morto ad Auschwitz; Adam Czerniaków, presidente di quello del ghetto di Varsavia, suicidatosi nel 1942 quando non riuscì a impedire la deportazione della maggioranza degli ebrei del ghetto; Benjamin Mulmerstein, l'ultimo presidente del Consiglio ebraico di Terezin, sopravvissuto alla Shoah; tutti hanno avuto nel dopoguerra una pessima fama. In Israele, Rudolf Kastner, accusato di «aver fatto un patto con il diavolo», cioè con Eichmann, per salvare gli ebrei ungheresi, fu prosciolto, ma dopo essere stato assassinato da un fanatico. Nel giovane Stato di Israele, l'enfasi era posta sulla resistenza armata ai nazisti, non sui tentativi necessariamente compromissori di salvare il salvabile eseguendo i loro ordini. Gli eroi erano i combattenti del ghetto di Varsavia, non coloro che avevano intavolato trattative coi tedeschi. Mulmerstein, rabbino viennese, unico sopravvissuto dei membri del Consiglio ebraico di Terezin, fu nel dopoguerra imprigionato dai comunisti cechi, processato per collaborazionismo coi nazisti e assolto. Gershom Scholem, che basava il suo giudizio sulle informazioni ricevute dai reduci di Terezin, dichiarò che avrebbe voluto vederlo impiccato. Nel 1947 si stabilì a Roma, ma le accuse di collaborazionismo lo inseguirono qui, nonostante la sua assoluzione. Nella postfazione scritta oggi al libro sul ghetto di Terezin, già edito nel 1961 dalla Cappelli e ora ripubblicato dall'editrice La Scuola, il figlio Wolf racconta con parole molto accorate e polemiche le vicende dell'ultimo periodo della vita del padre: «Morì nel 1989 dopo lunghe sofferenze, dovute alle esperienze vissute negli anni di "quelle tenebre" e nei successivi. L'allora rabbino capo di Roma, Elio Toaff, che gli aveva negato nel 1983 l'iscrizione alla Comunità, nel 1989 gli vietò la sepoltura nella tomba della moglie. … Infine, chi scrive fu mortificato nel 1989 col rifiuto di recitare in Sinagoga la preghiera in ricordo del padre, perché avesse "parte del mondo futuro"». Rav Toaff motivò le sue decisioni con le informazioni negative che aveva ricevuto su di lui. Mulmerstein fu sepolto al limite del cimitero di Prima Porta, in uno spazio che ospita ora anche le tombe di alcuni reduci della Shoah.
   Con il documentario di Lanzmann, basato anche su una lunga intervista da lui fatta a Mulmerstein a Roma negli anni Settanta, ci troviamo di fronte a una sua sostanziale riabilitazione. Il libro di Mulmerstein (Terezin. Il ghetto-modello di Eichmann) è un testo di straordinario interesse, in cui l'autore descrive minuziosamente questo ghetto modello, creato vicino a Praga per imprigionarvi gli ebrei praghesi e molti ebrei tedeschi, in gran parte "prominenti", cioè personaggi che nella vita precedente erano stati autorevoli politici, artisti, studiosi, scienziati: un luogo in cui a sopravvivere erano soprattutto i vecchi e non gli uomini in grado di lavorare, al contrario di quanto successe altrove. Mulmerstein descrive anche nei particolari l'operazione di maquillage del ghetto realizzata dai nazisti nel 1943 in occasione tanto delle visite della Croce Rossa che della realizzazione del documentario propagandistico nazista «Hitler ha regalato una città agli ebrei», i cui protagonisti furono, a film finito, tutti deportati ad Auschwitz. Sono vicende su cui oggi molto è stato scritto, ma che allora erano sconosciute alla maggior parte non solo dei lettori ma anche degli studiosi. Interessato evidentemente a provare la sua innocenza, Mulmerstein privilegia nel suo pur lungo testo, rispetto ai tanti aspetti della vita di Terezin di cui molto si è parlato negli ultimi anni, come la vita dei bambini, la musica, l'arte, la questione della gestione del ghetto e dei rapporti con i nazisti fino alla liberazione nel maggio 1945. Proprio per questo il testo mette in luce senza filtri il terribile dilemma di fronte a cui il suo autore si è trovato di fronte: salvare il ghetto e quindi la vita di una parte dei suoi abitanti a spese dell'altra parte, oppure lasciare che tutto fosse distrutto. Nel testo emerge anche con evidenza il conflitto interno ai nazisti fra quanti erano interessati, in vista della sconfitta, a trattare con gli Alleati usando la vita degli ebrei come ostaggio e quanti volevano la loro eliminazione totale, non ultimo Adolf Eichmann, uno dei massimi protagonisti di questa vicenda.
   Ci stacchiamo da questa lettura sconvolgente senza aver sciolto il dilemma che assillò per tutto il resto della sua vita anche Mulmerstein, quello di cosa si sarebbe dovuto fare in quella situazione, ma anche facendoci l'idea che egli fece quanto riteneva meglio per salvare il ghetto e i suoi abitanti. E che in ogni caso la colpa non era di quanti tentavano di mantenere in vita il ghetto, operando scelte terribili in una situazione comunque estrema, ma di chi li aveva collocati in questa condizione, i nazisti. Il resto appartiene alle responsabilità individuali di coloro che si fecero intermediari fra le vittime e i carnefici, che lo abbiano fatto per dovere o per altre meno nobili ragioni, quali il potere e la sopravvivenza. Mulmerstein, la cui maggior colpa è stata forse soltanto quella di essere sopravvissuto, è stato assolto dai tribunali. È forse arrivato il momento che sia assolto anche dalla storia.

(Avvenire, 31 maggio 2013)


Europei Under 21: le città e gli stadi

Le quattro città ed i quattro stadi che faranno da cornice all'Europeo Under21

Il 5 giugno cominceranno gli Europei Under 21. Otto squadre divise in 2 gironi per un totale di 15 partite che verranno giocate in quattro stadi differenti.
Il paese ospitante è Israele, uno stato del territorio della Palestina che si affaccia sul Mar Mediterraneo. Fondato nel 1948, Israele è l'unico stato al mondo con maggioranza ebraica. Scelto nel gennaio 2011 come paese ospitante, Israele mette a disposizione di squadre e tifosi gli stadi di Gerusalemme, Netanya, Petah Tiqwa e Tel Aviv.
Passiamo, dunque, in rassegna le quattro città e i relativi stadi:

Teddy Stadium

GERUSALEMME - Capitale dello stato di Israele e uno dei più grandi centri religiosi mondiali per il Cristianesimo e l'Ebraismo. Gerusalemme è nota soprattutto per essere stata meta di pellegrinaggi e obiettivo di conquista delle Crociate. Assediata e conquistata in diverse occasioni, la città ha subito nel corso della sua storia due ricostruzioni ed è stata dominio di Cristiani prima e Ottomani poi. Fino alla storia più recente, quando, nel 1917, la città fu conquistata dalla Gran Bretagna per poi divenire capitale di Israele nel 1948. Lo stadio di calcio di Gerusalemme è il Teddy Stadium.
Teddy Stadium: impianto che porta il nome di Teddy Kollek, politico israeliano di origini ungheresi. Il Teddy Stadium è stato costruito nel 1990 e ha subito tre ristrutturazioni: nel 1999, nel 2011 e nel 2013 in previsione dell'Europeo. Ha una capienza di 33.500 spettatori, dispone di un ampio parcheggio ed è l'unico stadio israeliano che soddisfa tutti gli standard europei. È sede delle partite casalinghe del Beitar Gerusalemme e dell'Hapoel Gerusalemme, nonché della Nazionale Israeliana.
Il Teddy Stadium ospiterà tre partite dei gironi (6 giugno Spagna-Russia, 9 giugno Olanda-Russia e 11 giugno Israele-Inghilterra) e la finale del 18 giungo.

Netanya Stadium

NETANYA - Città del Distretto Centrale israeliano, Netanya è famosa per le sue spiagge, che l'hanno resa una grande località turistica. Centro industriale, ospita la principale fabbrica di bevande alcoliche dello stato d'Israele. Una piccola curiosità su Netanya: è gemellata con la città di Como. Lo stadio di Netanya è il Netanya Stadium.
Netanya Stadium: uno stadio nuovissimo quello di Netanya. I lavori di costruzione iniziarono nel 2005, ma solo nel 2012 lo stadio è stato aperto al pubblico. Sede delle partite casalinghe del Maccabi Netanya può contenere 13.800 spettatori.
Il Netanya Stadium ospiterà la partita inaugurale del 5 giugno tra Israele e Norvegia; oltre alla partita del 9 giungo tra Germania-Spagna e quella del 12 giungo tra Russia-Germania. Il 15 giugno sarà sede di una delle semifinali.

HaMoshava Stadium

PETAH TIQWA - Anche Petah Tiqwa (in italiano "Soglia verso la speranza") fa parte del Distretto Centrale israeliano. Situata a Nord-Est di Tel Aviv è anche nota con il nome di "Madre delle Colonie". Lo stadio di Petah Tiqwa è l'HaMoshava Stadium.
HaMoshava Stadium: noto anche come Petah Tikva Stadium, è stato costruito nel 2010 e inaugurato nel 2011. Ha una capienza di 11.500 spettatori, ma si ha la possibilità di espandere la capacità a 20.000. Fa parte di un complesso che comprende un piccolo stadio da 3.000 posti e diversi campi d'allenamento in erba artificiale. È sede delle partite casalinghe dell' Hapoel Petah Tiqwa e del Maccabi Petah Tiqwa. Per il Campionato Europeo ospiterà Olanda-Germania (6 giugno), Inghilterra-Norvegia (8 giugno) e Spagna-Olanda (12 giugno). Anche l'HaMoshava Stadium sarà sede di una semifinale, in programma sempre il 15 giugno.

Bloomfeld Stadium

TEL AVIV - Situata sulle coste del Mediterraneo, la "Collina della primavera" (traduzione del suo nome) è il centro dell'area più popolosa dello stato d'Israele, nonché principale centro economico. Fondata nel 1909, deve il suo nome a un passo della Bibbia. Nel 1915 fu teatro dell'attentato in cui perse la vita il Premio Nobel per la pace Ytzhak Rabin. Ospita l'ambasciata dello Stato Vaticano ed è gemellata con Firenze e Milano. Il suo stadio è il Bloomfield Stadium.
Bloomfield Stadium: costruito nel 1962 e ristrutturato nel 2000, 2008 e 2009. Ha una capienza di 14.413 spettatori ed è sede delle partite di tutte le squadre di Tel Aviv: Maccabi Tel Aviv, Hapoel Tel Aviv e Bnei Yehuda.
Potremmo ribattezzarlo "Casa Italia" poiché il Bloomfield Stadium ospiterà, per tutto il corso della manifestazione, solo le tre partite del girone degli Azzurrini di Mangia: il 5 giungo contro l'Inghilterra, l'8 giugno contro Israele e l'11 giungo contro la Norvegia.

(Mondo Pallone, 31 maggio 2013)


Quella discriminazione a favore dei palestinesi

di Yoni Dayan

È giunto il momento di ammettere la verità: il mondo si preoccupa molto più della vita di un palestinese che di quella di un siriano, un sudanese, un keniota, un colombiano o un congolese.
   Si tratta, molto semplicemente, di un principio avvalorato giorno dopo giorno sin dal 1949, quando le Nazioni Unite decisero di dividere in due l'agenzia globale per i profughi creandone una speciale con il compito di prendersi cura soltanto dei profughi palestinesi. Ancora oggi la comunità internazionale ha due agenzie che operano per i profughi: l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l'UNRWA (United Nations Relief and Works Agency per i profughi palestinesi nel Vicino Oriente).
   Uno sguardo appena un po' approfondito su queste due agenzie rivela quanto sia profondo l'atteggiamento discriminatorio della comunità internazionale verso tutti i profughi del mondo rispetto a quelli palestinesi.
   L'Alto Commissariato, che si prende cura di 33,9 milioni di profughi e sfollati interni in più di 125 paesi di tutto il mondo, dispone in tutto di un budget di 3 miliardi di dollari. L'UNRWA, che si occupa di cinque milioni di profughi e discendenti di profughi palestinesi, dispone di un budget di più di un miliardo di dollari: vale a dire 88,50 dollari a testa per i profughi e sfollati di tutto il mondo, e 200 dollari a testa per profughi e discendenti di profughi palestinesi.
   Non basta. L'Alto Commissariato dispone di uno staff di 7.685 membri, cioè un dipendente ogni 4.411 assistiti. L'UNRWA ha uno staff quattro volte più grande, di 29.602 dipendenti: cioè 1 dipendente ogni 168 assistiti. Per chiarire bene: l'agenzia con il compito di prendersi cura di profughi e discendenti di profughi palestinesi ha 26 volte più personale per ogni assistito di quanto ne abbia l'agenzia che ha il compito di prendersi cura di profughi e sfollati in tutto il resto del mondo.
   Comunità internazionale e cittadini in giro per il mondo hanno evidentemente deciso di adottare la causa dei profughi palestinesi come la loro prediletta, ed è loro diritto farlo.
diritto? davanti a quale canone morale hanno un simile diritto?
Ma è importante capire che questa scelta comporta un prezzo. Ogni dollaro inviato ai palestinesi nella striscia di Gaza è un dollaro che non viene inviato ai sopravvissuti del genocidio sudanese (circa 300.000 persone uccise per mano dei loro fratelli delle milizie assassine Janjaweed). Ogni evento, manifestazione, assemblea studentesca per "i diritti umani dei palestinesi" è un evento, una manifestazione, un'assemblea studentesca che non viene organizzata per le vittime della violenza sessuale e di genere in Congo o in Ruanda. Ogni "flottiglia" per la striscia di Gaza è una flottiglia che non parte per la Siria, dove da più di due anni il regime del presidente Bashar Assad sta perpetrando un brutale massacro della propria popolazione civile.
   Sono più di 90.000 i siriani rimasti uccisi fino ad oggi nelle violenze della guerra interna siriana, e il numero continua a crescere. Ma accanto a questo agghiacciante bilancio di morte vi sono altri dati: più di un milione e mezzo di siriani sono stati finora ufficialmente registrati come profughi dall'Alto Commissariato Onu, anche se il loro numero effettivo è sicuramente molto più alto. Un alto funzionario delle Nazioni Unite ha recentemente stimato che 8,3 milioni di siriani, compresi quelli sfollati all'interno del paese, hanno urgente bisogno di aiuto. L'Alto Commissariato ha già diramato un appello chiedendo fondi d'emergenza, e si appresta a lanciarne uno ulteriore per chiedere di contribuire alla copertura dei costi sempre più alti dell'assistenza alla popolazione siriana. Per ora l'agenzia possiede poco più della metà dei fondi necessari per coprire le spese in Siria, e ha avvertito che "la mancanza di finanziamenti adeguati per la Siria rischia di trasformare l'attuale conflitto in un disastro che potrebbe travolgere la capacità di risposta internazionale sul piano delle conseguenze umanitarie, politiche e di sicurezza". Se fossi un profugo siriano, in questo momento guarderei con un certo rancore all'UNRWA, con il suo staff pletorico e il suo budget relativamente grande. Non vi è dubbio che l'UNRWA sta divorando i fondi d'assistenza che potrebbero essere usati meglio e più equamente altrove.
   Ma non è ancora tutto. L'UNRWA in realtà sta perpetuando la situazione di degrado dei palestinesi. Uno dei compiti principali dell'Alto Commissariato è quello di trovare soluzioni permanenti per i profughi e gli sfollati attraverso sia il rimpatrio, sia l'integrazione nel paese ospite e il reinserimento in paesi terzi. L'agenzia ha fatto un lavoro enorme in questa direzione. È riuscita a reinserire 300.000 profughi vietnamiti in Cina, 140.000 profughi croati e bosniaci in Serbia, più di 27.000 profughi colombiani in Ecuador, solo per citare alcuni esempi.
   Nel frattempo l'UNRWA non solo non reinserisce i suoi assistiti, ma anzi trova il modo di aumentarne il numero. Sono due in particolare le politiche adottate dall'UNRWA che hanno portato immancabilmente a gonfiare le dimensioni della popolazione di profughi palestinesi:
  1. i palestinesi, a differenza di qualsiasi altra comunità di profughi nel mondo, passano il loro status di profughi a figli e nipoti, di generazione in generazione;
  2. i palestinesi, a differenza di qualsiasi altra popolazione di profughi nel mondo, mantengono il loro status di profughi anche quando ottengono la cittadinanza di un altro paese.
    Difficile non restare sbigottiti dall'assurdità di questa situazione.
   Ma c'è di peggio.
   In tutta una serie di occasioni le strutture dell'UNRWA sono state usate dai palestinesi come basi di lancio per attività terroristiche, ambulanze dell'UNRWA sono state usate dai palestinesi per proteggere le loro attività terroristiche dalla reazione israeliana, strutture scolastiche dell'UNRWA sono state utilizzate per insegnare agli scolari a glorificare il martirio mentre la scelta dell'UNRWA di adottare i programmi di studi del paese ospitante (in pratica, dell'Olp) ha portato all'uso di libri di testo e cartine geografiche che propugnano la distruzione di Israele, esaltando le virtù della jihad.
   Vi sono diverse misure che le Nazioni Unite dovrebbero adottare immediatamente per offrire un'assistenza più equa ai profughi di tutto il mondo e porre fine al distruttivo circolo vizioso perpetuato dall'UNRWA. Einat Wilf, ex parlamentare israeliana laburista e poi del partito Indipendenza, ha proposto un piano in tre fasi per correggere questo meccanismo perverso. Eccone una versione leggermente modificata.
  1. Smantellare l'UNRWA e integrare le sue attività in quelle dell'Alto Commissariato per i profughi: non dovrebbero più esistere "profughi muniti di cittadinanza", "profughi di seconda o terza generazione, "profughi di seria A e di serie B". L'Alto Commissariato dovrebbe iniziare subito ad applicare anche al caso dei palestinesi la sua ordinaria politica volta a favorire l'integrazione sul posto o il reinserimento in paesi terzi.
  2. Trattare i palestinesi nella striscia di Gaza in base ai bisogni, e non allo status di profughi.
  3. Trasferire il budget dell'UNRWA per la Cisgiordania all'Autorità Palestinese, che dovrebbe assumersi la responsabilità di amministrare strutture educative e sanitarie.
   Ma la riforma del meccanismo internazionale degli aiuti umanitari sarebbe solo un primo passo da fare per correggere un sistema rimasto così gravemente iniquo per tanti anni. Sono i cittadini di tutto il mondo che dovrebbero porre fine alla loro personale discriminazione a favore dei palestinesi di cui hanno fatto dolorosamente le spese tanti altri profughi e sfollati in tutto il mondo. È ora che il mondo la smetta di mobilitarsi per i palestinesi più che per tutti gli altri messi insieme (e magari inizi a chiedersi perché finora lo ha fatto
"Per odio antiebraico." Questa dovrebbe essere la risposta onesta a questa domanda.
).

(YnetNews, 27 maggio 2013 - da israele.net)


"Con lo status di eterno profugo i paesi arabi gabbano i palestinesi"


Della Rocca: «Isoliamo i razzisti negli stadi»

di Mauro Macedonio

Ruben Della Rocca

«Chi ha voluto e saputo interpretare, non ha potuto non cogliere il vero senso di quelle parole». E' un giudizio netto quello che Ruben Della Rocca, assessore alle Relazioni Esterne della Comunità Ebraica Romana, dà dell'ennesimo episodio di antisemitismo manifestatosi durante un derby all'Olimpico. Parliamo ovviamente dello striscione, comparso domenica sera al centro della curva Nord, con la scritta "La storia è sempre quella: sul petto vuoi la stella".
   Un messaggio inequivocabile. E che non può prestarsi ad altre letture, false e dolose. Perché la danno vinta a chi ha giocato sull'ambiguità del contenuto, visto che l'eventuale decima conquista della Coppa Italia avrebbe regalato alla Roma la fatidica stella d'argento. Mentre quella a cui si fa riferimento è, ancora una volta, la stella di David, quella gialla, intesa come sinonimo di persecuzione nei confronti degli ebrei, che ebbe nella Shoah il culmine della barbarie nazista. Un episodio che, inserito nella relazione allegata al referto arbitrale dai quattro procuratori federali presenti allo stadio, non ha però indotto il giudice sportivo, Giampaolo Tosel, ad infliggere sanzioni nei confronti della società biancoceleste. Per "mancanza - si dice - di elementi sufficienti" a farle scattare. Una motivazione che non convince lo stesso Della Rocca.
   «Ravviso del dolo anche in un altro elemento - continua infatti. - Domenica ero anch'io allo stadio. E ciò che mi ha impressionato è che, a differenza di altre volte, non ho sentito alcuno di quei cori, di stampo chiaramente antisemita - uno su tutti, "giallorosso ebreo" - che spesso mi capita di ascoltare quando vado all'Olimpico per il derby. E che mi sarei aspettato anche in quest'occasione. Stranamente, invece, non se n'è levato nessuno, neanche una volta. A dimostrazione che non si tratta di cori "spontanei", ma abilmente orchestrati. E ancora, che dietro a quei cori, e in questo caso anche dietro allo striscione - che volutamente si prestava all'equivoco, al solo scopo di uscirne impuniti - c'è una regìa precisa. Perché, se vi fossero stati i cori, sarebbe stato più facile associarli alla scritta, e chi avesse voluto avere orecchi per intendere, avrebbe tratto le proprie conseguenze. Mentre, con uno striscione "inattaccabile", chi non ha voluto vedere ha anche potuto lasciar cadere la cosa, senza prendere provvedimenti». Eppure, gli estremi ci sarebbero stati per adottarne nei confronti di quella curva. «Ammetto che anche noi tifosi della Roma siamo stati vittime di questo, con quei cori verso Balotelli, che hanno fatto sì che, per la prima volta nella storia della Roma, si arrivasse a chiudere, per il primo turno casalingo del prossimo campionato, un intero settore dello stadio».
   Anche se quei "buu", va detto, si sono sentiti anche su altri campi, ma finora non avevano mai dato luogo a sanzioni di questo tipo. «La verità è che, nostro malgrado, Roma è oggi più che mai nell'occhio del mirino. E' la città più bella del mondo, e anche quella che più di altre è in grado di far convivere, pacificamente, tante etnie e religioni diverse, soprattutto se la si vede in rapporto ad altre città europee. E' una città che non respinge gli immigrati e le persone di diverso colore. Ma è anche quella che, per colpa di pochi mascalzoni, è purtroppo presa di mira per tali episodi. Io credo che le stesse Roma e Lazio dovrebbero tornare a fare qualcosa a riguardo. E' vero, lo si è già fatto lo scorso anno, quando, anche grazie all'iniziativa promossa dal Romanista insieme a Roma Capitale, le squadre entrarono in campo con la maglietta contro il razzismo e l'antisemitismo. Ricordo ancora la presentazione in Campidoglio (il 2 marzo del 2012, ndr), quando per la Roma vennero il direttore sportivo Walter Sabatini e Fabio Simplicio, mentre per la Lazio c'erano Igli Tare e Christian Brocchi. Un'iniziativa che è stata poi copiata da tante altre società, e la cosa non può che farci piacere, ma che - come abbiamo visto - evidentemente non è bastata. Dobbiamo però ripartire da qui, e promuovere un'azione che coinvolga le società ma anche i vertici del calcio italiano, perché non possiamo più nasconderci. Per il futuro del calcio stesso. Perché certi cori e certi striscioni non trasmettono cultura sportiva. E se poi nelle cronache leggiamo di cose bruttissime che avvengono anche sui campi minori, dove quando va bene ci si limita agli insulti, e quando va male si passa alle vie di fatto, penso che abbiamo tutti una grande responsabilità. Come Comunità Ebraica, sensibile a questi argomenti, siamo in prima fila e chiediamo l'intervento di tutti, per un'azione comune. Dei vertici del calcio, ma anche del Coni e di tutto lo sport, perché ci si mobiliti contro qualcosa che investe tutti i livelli, a partire dalle categorie minori. Come si dice, bisogna prendere il toro per le corna. Quale sia la medicina, non lo so. So però che si deve poter isolare questi mascalzoni. Capisco che quando uno striscione prende mezza curva, chi lo tiene in mano per un bordo può non sapere nemmeno cosa vi sia scritto. Bisogna però fare educazione sportiva, che vuol dire rispetto dell'avversario. So bene che, a volte, le forme di disapprovazione verso Balotelli possono non essere per il colore della pelle. Però, perché fargli "buu" e non fischiarlo, invece, come si farebbe con qualsiasi altro giocatore? Lo slavo, perché chiamarlo zingaro? Finché non riusciremo a superare questo passaggio, rimarremo sempre lì. Viviamo, purtroppo, una fase di imbarbarimento civile. E lo stadio ne è lo specchio. E chi ha delle responsabilità, non può permettersi di minimizzare. Ho letto commenti entusiastici dopo la partita perché c'erano stati pochi incidenti. Non esiste un livello fisiologico accettabile. Dobbiamo lavorare perché non vi sia più neanche quello. Né accettare blindature e militarizzazioni come quelle di domenica. E' deprimente. Anche spiegarlo ad un bambino. Che crescerà pensando che sia normale che lo stadio debba essere vissuto così. E' una cultura che dobbiamo sconfiggere».

(Il Romanista, 31 maggio 2013)


Israele - Slovacchia 1-0

Israele: vittoria che regala fiducia

Israele conclude la preparazione per gli Europei UEFA Under 21 battendo la Slovacchia 1-0 nell'amichevole di Haifa. La squadra di Guy Luzon, che ospiterà il torneo a partire dalla prossima settimana, inizia bene e passa in vantaggio con Alon Turgeman all'8'. L'attaccante del Maccabi Haifa FC insacca con freddezza sul centro di Ofer Verta.
Nonostante i nove cambi durante l'intervallo, Israele continua a spingere ma Omri Altman e Mohammad Kalibat sprecano buone occasioni, mentre il portiere slovacco Dobrivoj Rusov si supera per negare il gol a Israel Zaguri.
Israele: Kleyman (Barak Levi 46'); Verta (Azam 46'), Ben-Harush (Vahaba 46'), Gotlib (Dasa 46'), Davidadze (Twatha 46'); Golasa (Zaguri 46'), Biton (Ido Levi 46'), Kabha (Altman 46'), Krieff; Sallalich, Turgeman (Kalibat 46').

(UEFA.com, 30 maggio 2013)


La Norvegia e i suoi "blood libel"

Mentre al Parlamento norvegese infuria la polemica in merito all'uso degli aiuti finanziari destinati dal Paese all'Amministrazione palestinese e impiegati per fornire gli "stipendi" ai terroristi nelle carceri israeliane, uno dei tre giornali più importanti, Dagbladet, pubblica una vignetta che avrebbe fatto urlare di gioia Hitler.
La vignetta, uscita nell'edizione cartacea del giornale, mostra un bambino in attesa di essere circonciso, in un bagno di sangue. La didascalia dice: "Maltrattamenti? No questa è la tradizione, una parte importante della nostra fede! " Quello che dovrebbe essere il padre del bambino, intanto, lo trafigge alla testa con un forcone a tre punte, mentre qualcuno gli taglia le dita dei piedi con delle grosse cesoie....

(Federazione Sionistica Italiana, 30 maggio 2013)


EasyJet annuncia il nuovo collegamento Roma Fiumicino-Tel Aviv

EasyJet, primo network di trasporto aereo in Europa e terza compagnia aerea in Italia, annuncia oggi l'apertura del nuovo collegamento tra Roma Fiumicino e Tel Aviv. A partire dal 24 settembre 2013, easyJet collegherà Roma a Tel Aviv su base annuale, con 2 frequenze settimanali previste nelle giornate di martedì e sabato. I biglietti sono in vendita a partire da oggi sul sito web www.easyJet.com, sulla easyJet mobile app e su canali GDS, con tariffe a partire da € 43.80 a tratta, tutto incluso. L'introduzione del nuovo volo easyJet permette ai passeggeri che viaggiano per piacere o per affari di raggiungere Tel Aviv in modo più semplice e con tariffe convenienti. Tel Aviv è la città più grande d'Israele, una destinazione molto ambita dai turisti italiani in cerca di divertimento e relax, grazie alla sua atmosfera cosmopolita, il mare turchese, le ampie spiagge e le innumerevoli attrazioni turistiche, nonché il punto d'accesso per gli itinerari religiosi in Terra Santa.
Meta perfetta per un city break, Tel Aviv è anche la capitale economica del Paese e rappresenta un'importante aggiunta al network di destinazioni easyJet da Roma anche per il traffico di affari tra i due mercati. Si tratta inoltre di un interessante collegamento per la comunità ebraica italiana che desidera incontrare amici e parenti in Israele, nonché per i passeggeri israeliani che potranno approfittare del nuovo servizio per visitare la nostra Capitale. easyJet è stata la prima compagnia aerea low fare ad entrare nel mercato israeliano, nel novembre 2009. Da allora, la domanda dei passeggeri è costantemente cresciuta e Roma Fiumicino è la quinta destinazione del portfolio easyJet ad essere collegata con Israele, dopo Londra Luton, Manchester, Ginevra e Basilea. Con Israele, i Paesi raggiunti da easyJet dall'Italia salgono a 19.
Frances Ouseley, Direttore di easyJet per l'Italia, ha commentato: "easyJet è particolarmente orgogliosa di annunciare l'apertura di questo collegamento tra Roma Fiumicino e Tel Aviv. In qualità di partner strategico per il settore dell'aviazione civile italiana, sviluppiamo il mercato rendendo i viaggi facili ed accessibili a coloro che viaggiano per piacere o per affari. Tel Aviv da oggi diventa una meta per tutti, ed un maggior numero di turisti israeliani potranno visitare Roma. Come per le rotte già operative verso Israele dal Regno Unito e dalla Svizzera, siamo certi che anche questo nuovo volo riscontrerà un grande successo, poiché rappresenta un collegamento tra due delle destinazioni più ambite dai passeggeri leisure e business, così come dalla comunità ebraica in Italia. Tel Aviv rappresenta un importante ingresso nel nostro portfolio di connessioni da e per Roma".

(Ufficio Stampa easyJet, 30 maggio 2013)


Nuove avventure yiddish

di Enrico Bettinello

Gabriele Coen e il suo secondo disco per la Tzadik di John Zorn: «La sfida è proporre una nuova musica ebraica»

Gabriele Coen

È dai tempi dei Klezroym che Gabriele Coen è tra i musicisti più rappresentativi della scena new klezmer italiana. Nel 2010 il primo disco del suo quintetto Jewish Experience (con Pietro Lussu al pianoforte, lo svedese Lutte Berg alla chitarra, il contrabbasso di Marco Loddo e la batteria di Luca Caponi), Awakening, è uscito nella collana Radical Jewish Culture dell'etichetta Tzadik di John Zorn, cosa che suona un po' come una specie di imprimatur nel mondo del jazz di ricerca. È ora fresco di stampa, sempre per la Tzadik, il nuovo Yiddish Melodies In Jazz, e abbiamo approfittato dell'occasione per incontrare il sassofonista e clarinettista romano, per farci raccontare come sia nato questo disco.
«Dopo un lavoro molto personale ed emotivamente esplosivo come Awakening, che è stato una tappa fondamentale nella mia ricerca musicale, volevo che il mio nuovo disco fosse all'altezza della sfida continua che Zorn lancia a tutti noi, invitandoci a proporre una nuova musica ebraica capace di raccontare il passato e allo stesso tempo di proiettarsi verso il ventunesimo secolo. Ho concepito questo disco come un diario di bordo delle mie avventurose scoperte attraverso le geografie sonore della musica ebraica e del suo incontro con il jazz. Con Yiddish Melodies In Jazz ho voluto infatti raccontare, reinterpretandola e giocando con la cifra stilistica che appartiene al mio gruppo, una parte importante del jazz moderno, il suo debito segreto alla musicalità ebraica annidata nelle sonorità del mainstream americano. In particolare ho studiato e stravolto le versioni di brani di origine ebraica di alcuni grandi solisti, dalla Original Dixieland Jazz Band a Shelly Manne, passando attraverso Ella Fitzgerald, Benny Goodman, Cab Calloway, Billie Holiday e molti altri».

- Sebbene si tenda spesso a semplificare e a incasellare i generi, il rapporto tra musica ebraica e jazz è sempre stato molto stretto e fondamentale nello sviluppo stesso del linguaggio afroamericano.
  «Esistono dei punti di contatto innegabili tra la musica degli immigrati ebrei e le prime forme di jazz degli afroamericani. Prima di tutto, i musicisti di entrambe le tradizioni provenivano da ambienti socio-economici e culturali dominati dallo strapotere dell'America bianca e protestante. Sul piano più strettamente musicale gli organici strumentali sono accomunati da una massiccia presenza di ottoni su cui domina il solismo del clarinetto. Se gli ebrei portarono a casa gli strumenti che avevano imparato a suonare nelle bande delle armate zariste, i musicisti afroamericani si impossessarono di trombe e tromboni abbandonati dopo la fine della Guerra Civile americana. Lo stesso approccio vocalizzante, l'uso del vibrato e dei glissati, il gusto per la varietà timbrica caratterizzano questi due mondi musicali, più vicini di quanto si possa immaginare. Poi la presenza ebraica nel jazz ha sempre costituito un fil rouge imprescindibile, attraverso l'opera di solisti come Benny Goodman e Artie Shaw, fino a Lee Konitz, Stan Getz, Steve Lacy e Dave Liebman, tutte personalità con un rapporto personale anche difficile con le proprie radici ebraiche».

- Sei un attento studioso della musica klezmer e della tradizione culturale ebraica, per questo motivo sono curioso di sapere quali - secondo te - possono essere gli ulteriori sviluppi dell'unione tra quella tradizione e la ricerca contemporanea.
  «Ho studiato a lungo questi nessi, che poi ho voluto raccontare nel libro, scritto a quattro mani con Isotta Toso, Musica Errante [Stampa Alternativa, 2009]. Credo che la musica ebraica possa ancora dare molto al linguaggio musicale contemporaneo, sia in ambito jazzistico che "colto". Recuperare un'anima antica e alcune sonorità ancestrali sono operazioni essenziali che possono aiutare la contemporaneità a recuperare la capacità comunicativa che a volte si è persa per strada».

- Quali sono stati gli strumentisti che ti hanno più influenzato e quali quelli attivi oggi che ti sembrano più interessanti?
  «Il sax soprano è lo strumento che preferisco e che ho maggiormente approfondito. Per suonare una musica di frontiera è senz'altro ineguagliabile, trasformandosi a volte in un oboe classico, altre volte in una ciaramella o in un oboe indiano.Tra i sopranisti che amo e che continuo ad ascoltare ci sonoJohn Coltrane, Wayne Shorter, Dave Liebman, Jan Garbarek, John Surman e Paul McCandless. Solo successivamente ho scoperto il clarinetto e il clarinetto basso, strumenti estremamente versatili con una forte identità sia nel repertorio classico e contemporaneo che nel jazz e nella musica popolare, in particolare est-europea. Qui i miei riferimenti sono Gabriele Mirabassi, Don Byron, ma anche la formidabile Anat Cohen».

- Quali sono i tuoi prossimi impegni e progetti?
  «Sto pensando contemporaneamente a due nuovi progetti molto diversi: il primo è una libera interpretazione del repertorio di Kurt Weill, andando a pescare in tutta la sua preziosa opera, non solo l'Opera da tre soldi e Mahagonny. Il secondo è un progetto fatto di dieci brani originali scritti da me che ruotano attorno alla mistica ebraica, e alle sonorità che partono dal jazz rock alla Miles Davis... Speriamo non mi rubino l'idea!».

(Articolo pubblicato sul "giornale della musica" 302, aprile 2013)


Cresce la tensione tra la Siria ed Israele

Nervi tesi tra la Siria ed Israele. Ieri Tel Aviv ha detto
Tel Aviv non può aver detto niente perché a Tel Aviv non c'è il Presidente del Consiglio né il governo dello Stato di Israele, che ha sede nella sua capitale: Gerusalemme. Che anche e soprattutto al Vaticano questo non stia bene, è cosa nota. E come si vede, ha il suo peso.
che agirà perché i missili russi, dati a Damasco, non possano essere impiegati. Dichiarazioni che hanno spinto la Siria a parlare di "rappresaglia immediata" in caso di attacco. In questo contesto, gli Stati Uniti hanno invitato Hezbollah a lasciare il territorio siriano mentre la Gran Bretagna ha denunciato ancora una volta l'uso di armi chimiche nel Paese. Nessuna data, intanto, per la riunione di Ginevra.
Il servizio di Marina Calculli:
Dopo lo sblocco dell'embargo sulle armi da parte dell'Unione europea, Cameron scrive all'ONU sostenendo di avere nuove evidenze dell'uso di armi chimiche. Una commissione delle Nazioni Unite sulle violazioni dei diritti umani in Siria annuncia invece la pubblicazione di un rapporto definito "terrificante" e specifica: i crimini sono commessi "da entrambe le parti, siamo ad un livello di crudeltà peggio della Bosnia". Intanto sul terreno cresce la tensione in vista del Ginevra 2, l'attesa conferenza di pace, che però - a detta di Ban Ki Moon - ancora non è stata fissata. Il ministro degli esteri siriano Muallem fa sapere che Damasco parteciperà "con buone intenzioni" ma che Bashar rimarrà in carica fino alle elezioni presidenziali del 2014. Israele intanto ribadisce: faremo in modo che i missili S-300, promessi da Mosca a Damasco, non diventino operativi sul suolo siriano. Una nuova condanna internazionale è infine giunta nei confronti dell'Hezbollah libanese sempre più coinvolto nel conflitto siriano e accusato di trascinarvi tutto il Libano. Ieri altri tre razzi lanciati dalla Siria sono caduti nei pressi della città libanese di Hermel, proprio uno dei bastioni di Hezbollah.

(Radio Vaticana, 30 maggio 2013)


Bar Rafaeli alla conduzione dell'X Factor israeliano

  
Bar Refaeli, modella tra le più note al mondo e ospite dell'ultimo festival di Sanremo, presenterà la prossima versione israeliana di X Factor, talent show molto seguito anche in Israele. Lo ha annunciato 'Reshet', una delle due concessionarie di Canale 2, rete commerciale affermata: il programma andrà in onda alla fine di quest'anno. Bar Refaeli non è nuova al ruolo, lo scorso anno ha presentato in Germania il reality Million Dollar Shooting Star, incentrato sul mondo della moda. Haaretz riporta che la super modella, in passato legata all'attore Leonardo DiCaprio, avrà per la trasmissione un compenso stimato tra i 600-800 mila shekel, pari a circa 120/160 mila euro.

(LoSpaccaTV, 30 maggio 2013)


Hamas preoccupato per presunte minacce di Hezbollah

GAZA, 30 mag - Destano preoccupazione a Gaza notizie giunte la scorsa notte secondo cui Hezbollah vorrebbe l'espulsione immediata dei funzionari di Hamas attivi in Libano; cio' come ritorsione per il crescente allineamento di Hamas col il Qatar, un Paese impegnato nel sostegno alle forze ribelli al presidente Bashar Assad. La leadership di Hamas - che in anni passati era allineata con Assad e con Hezbollah - cerca adesso di ottenere chiarimenti sulla vicenda. ''A quanto ci risulta Hezbollah e' un partito politico del Libano, ma non ha il potere di decidere espulsioni dal territorio nazionale'', ha osservato un funzionario di Hamas, mentre i leader del movimento a Gaza mantengono per ora il silenzio.
Durante l'evolversi della guerra civile in Siria Hamas ha cercato di tenere una posizione equidistante fra la parti e ha ribadito che i suoi uomini si astengono dal partecipare ai combattimenti, da una o dall'altra parte.

(ANSAmed, 30 maggio 2013)


Verso l'arruolamento dei giovani haredim nell'esercito israeliano

di Rossella Tercatin

"Mi rivolgo a voi, fratelli haredim. Non permettete a nessuno di ostacolarvi nel perseguire il vostro potenziale. Ciò che sta accadendo non è un attacco al mondo della Torah. Nessuno sta cercando di minare il vostro modo di vivere e non abbiamo alcuna intenzione di imporvi scelte secolari, ma l'attuale situazione non può proseguire". Con queste parole Yair Lapid si è rivolto direttamente alla comunità haredi d'Israele nella conferenza stampa dopo l'annuncio che la Commissione Peri, incaricata di formulare una proposta di legge per arruolare nell'esercito gli studenti delle yeshivot, fino a questo momento esentati, ne ha approvato il testo. L'accordo prevede che, a partire dal 2017, i giovani haredim siano dunque obbligati a prestare i tre anni di servizio militare o civile, che potranno rimandare fino ai 21 anni. Un'eccezione è stata accordata per 1800 esenzioni agli studenti più brillanti (sui circa 8mila che in media raggiungono ogni anno l'età della leva).
   La soluzione è arrivata al termine di alcuni giorni di tensione a proposito di un altro punto contenuto nella proposta di legge, la comminazione di sanzioni, anche penali, ai disertori, che aveva visto la strenua opposizione del ministro della Difesa, Moshe Ya'alon (Likud). Il quale è stato alla fine richiamato all'ordine dal premier Benjamin Netanyahu, dopo che Lapid aveva minacciato di ritirarsi dalla coalizione di governo se la proposta non fosse passata. L'arruolamento dei giovani haredim, definito in ebraico con l'espressione "shiviyon behalukat hanetel", cioè "equità nella suddivisione del carico" ha rappresentato infatti uno dei punti fondamentali nel programma di Yesh Atid e della sua forte affermazione elettorale con la conquista di 19 seggi. Un punto che aveva anche inizialmente favorito l'alleanza con il partito di ultradestra Habayit Hayehudì, che richiamandosi esplicitamente all'ebraismo sionista religioso, considera il servizio militare un dovere imprescindibile. Anche se in Commissione, l'unico voto contrario è stato proprio quello del ministro della Casa di Habayit Hayehudì Uri Ariel, con un ulteriore segnale dello smarcamento del partito guidato da Naftali Bennett dalle posizioni di Yesh Atid. A favore si sono invece espressi il ministro alla Cultura e sport Limor Livnat (Likud), il ministro della Pubblica Sicurezza Yitzhak Aharonovitch (Yisrael Beytenu), e Yaakov Peri (Yesh Atid), ministro della Scienza e Tecnologia, oltre a Ya'alon. Astenuto il ministro dell'Ambiente Amir Peretz di Hatnua.

(Notiziario Ucei, 29 maggio 2013)


Berlino. 800 milioni per i superstiti della Shoah

Nonostante l'austerità imposta dal governo Merkel, il paese donerà quasi un miliardo di euro ai 56mila sopravvissuti ai crimini nazisti.

Poco meno di 15 mila euro a testa. È la cifra che il governo tedesco è pronto a destinare ai sopravvissuti dei crimini nazisti sparsi per il mondo. Il governo di Angela Merkel sta così per sborsare un totale di 772 milioni di euro, che andranno a 56mila ebrei (un terzo dei quali vive in Israele) per l'assistenza e le cure mediche. La decisione è stata presa dal Ministero delle Finanze insieme con la Claims Conference, l'organizzazione che rappresenta le vittime del nazismo. I soldi verranno erogati dal 2014 al 2017.
La maggior parte dei sopravvissuti alla Shoa ha vissuto da bambino traumi estremi, sofferto gravi denutrizioni, e perso quasi tutti i parenti: oggi sono soli con gravi problemi psicologici e privi di una rete di sostegno familiare per aiutarli a tirare avanti.
Si tratta di "fondi importanti", commenta la Claims Conference, sopratutto ora che le vittime sono invecchiate e hanno sempre più bisogno di assistenza. "Questo gesto può rassicurare le vittime dell'Olocasuto", ha detto Stuart Eizenstat, ex ambasciatore americano che ha negoziato la cifra tra le parti. "Negli ultimi anni della loro vita queste persone devono sapere che si sta facendo di tutto per farli vivere con dignità dopo che la loro vita è stata scossa da incredibili traumi e sofferenze. Inoltre", ha concluso Eizenstat, "si tratta di una cifra notevole soprattutto considerando l'epoca di austerity che sta attraversando la Germania".
Finora i fondi erano destinati agli ebrei rinchiusi nei ghetti separati dal resto della città da mura. Ora invece i soldi andranno a tutti quegli ebrei discriminati nel lavoro, perseguitati, costretti a indossare la stella di David e costretti a vivere nella paura di un'imminente deportazione.

(TGCOM24.it, 29 maggio 2013)


Tel Aviv prima città 'full digital' al mondo: parte il progetto 'Digit-Tel'

Un programma imponente di interventi, ma che il sindaco Ron Huldai difende in prima persona: "E' vero che una città così costa tanto, ma bisogna investire soldi per ottenere ritorni economici per tutti, ridurre costi e contenere i consumi in futuro".

SMART CITY - Parte la rivoluzione digitale di Tel Aviv, con il lancio del nuovo progetto "Digit-Tel", per una città 'full digital', inclusiva, orientata al cittadino e ai servizi. I tempi si preannunciano davvero brevi, per un'intensa operazione di digitalizzazione di tutti i settori economici, culturali, amministrativi e culturali. "La nostra ricchezza sono i giovani e i giovani sono sempre più digitalizzati e impiegati nel settore high-tech", ha dichiarato il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, durante la presentazione di 'Digit-Tel', spiegando che la città "da tempo ha intrapreso la strada dell'innovazione tecnologica, proprio per raggiungere l'obiettivo di servizi accessibili a tutti in qualsiasi luogo, di un tessuto economico ricco di startup, in grado di dare lavoro e di formare sempre nuove figure specializzate, stimolando una sana competizione e sostenendo gli innovatori e i talenti".
   In tal modo, la più grande area metropolitana di Israele, popolata da 3,8 milioni di abitanti, offre ai suoi cittadini la possibilità di comunicare in rete (online e tramite mobile app dedicate) con la Pubblica Amministrazione, per pagare i consumi energetici o le tasse, ad esempio, per inoltrare domande e richieste di permessi, per rinnovare documenti personali e licenze, per partecipare a consultazioni pubbliche e sondaggi, per acquistare biglietti per eventi sportivi, culturali, di intrattenimento e per iscrivere i bimbi a scuola.
   Un'ampia gamma di servizi che finalmente potranno essere utilizzati sfruttando la rete e la copertura Wi-Fi della smart city israeliana: per il pagamento dei parcheggi, per conoscere lo stato del traffico, per sapere a che ora passa un autobus, per prenotare un taxi, per conoscere le offerte culturali e le attrattive di Tel Aviv.
   Il sindaco della cittadina costiera, che grazie al mare e a innovative infrastrutture, vive un consistente afflusso turistico durante l'anno, vede nel progetto 'Digit-Tel' l'occasione di realizzare "la prima città full digital della storia e completamente accessibile a tutti". "Una rete WiFi ampia e ramificata che garantisce sempre, in ogni momento e luogo, la possibilità di connettersi in rete e scoprire le tante offerte di lavoro, divertimento, svago, cultura e sport che questa città offre". "Una rete gratuita, senza limiti di tempo, che si basa su un network preesistente di hot spot attivati da ristoranti, alberghi, bar, locali, uffici dell'amministrazione, in modo trasparente e soprattutto sostenibile. Nessun'altra città al mondo offre servizi di rete gratuiti a tempo illimitato", ha commentato Huldai.
   Ogni utente può attivare inoltre una carta servizi per ottenere sconti a manifestazioni, attività commerciali convenzionate ed eventi cittadini, con la possibilità di usare i propri smartphone e tablet anche in spiaggia. Un progetto piuttosto imponente, nelle sue intenzioni, per le risorse finanziarie di cui necessità e per il modello di sviluppo adottato (green, open access), che però ha il pieno sostegno del primo cittadino: "E' vero che una città così costa tanto, ma bisogna investire per ottenere ritorni economici per tutti, ridurre costi e contenere i consumi in futuro".

(Key4biz, 29 maggio 2013)


I colori della musica ebraica

Enrico Fink

Tutti i colori della musica ebraica: l'incontro ha mantenuto la promessa. E forse ha creato anche nuove sfumature. Accompagnati dall'allegria ironica e contagiosa di Evelina Meghnagi, ci siamo immersi con stupore nell'universo caleidoscopico delle note ebraiche, scoprendo che anche in campo musicale la cultura ebraica ha avuto il genio di creare a partire da prestiti, contaminazioni, suggestioni di altre culture. Colori aschenaziti e sefarditi, canzoni yiddish e giudeo-spagnole, flauti, chitarre e voci profonde, come quelle di Raiz ed Enrico Fink, hanno fatto soffiare un vento d'Oriente in questa serata di condivisione. Vorremmo esprimere la felicità che abbiamo sentito quando Ilana Bahbout insieme a Sira Fatucci hanno proposto all'Associazione La Convivia e alla casa editrice Editori Internazionali Riuniti di collaborare assieme per realizzare questo evento di musica e sogno. È stato commovente partecipare all'incontro dei membri della comunità ebraica con i nostri soci e amici, sotto il segno dell'amicizia e dell'amore per i tanti colori della musica. È stato bello andare insieme a intervistare David Zard, che della musica ebraica ha sottolineato i tratti della malinconia e della gioiosità. E toccare con mano, sulla nostra propria pelle, quello che ci ha insegnato il rabbino Scialom Bahbout: che il canto, come indica la sua etimologia ebraica "Shir", può essere muro ma anche ponte, speranza, luogo di incontro fra mondi diversi.L'incontro faceva parte del ciclo "Quale identità ebraica - Generazioni a confronto", promosso dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane presso il Centro Bibliografico e a cura di Ilana Bahbout e Sira Fatucci. Cristina Guarnieri e Cristiana Fanelli (La Convivia ed Editori Internazionali Riuniti).

(Notiziario Ucei, 29 maggio 2013)


Renzo Gattegna: "Onore agli eroi protagonisti della Brigata Ebraica"

La storia della Brigata Ebraica è quasi sconosciuta in Italia. Questa mancanza di conoscenza storica è stata usata per un'indegna manifestazione di pregiudizio e di odio antiebraico durante la cerimonia per l'anniversario della Liberazione a Roma e in altre città il 25 aprile scorso.
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, per contrastare simili episodi di intolleranza e ristabilire la verità, sarà presente alla commemorazione che avverrà domani mattina nel cimitero militare di Piangipane (Ravenna) per ricordare a tutti gli italiani il coraggio e l'abnegazione di quanti, vestendo l'uniforme della Brigata Ebraica, contribuirono a liberare il paese dal nazismo e dal fascismo anche con il sacrificio della loro vita.
Al fianco delle istituzioni locali parteciperanno rappresentanti dell'Ambasciata israeliana in Italia e delle Comunità ebraiche dell'Emilia Romagna. Ad intervenire, oltre al presidente dell'Unione, l'ambasciatore Naor Gilon, l'addetto militare Yehu Ofer e il rabbino capo di Ferrara rav Luciano Caro. Per l'UCEI saranno presenti anche i consiglieri Riccardo Pacifici (Roma), David Menasci (Bologna) ed Eileen Cartoon (Ferrara) con al seguito una delegazione delle rispettive Comunità.
"A Piangipane - ricorda il presidente dell'Unione - riposano le salme di quegli eroi che, con ripetuti attacchi, per primi sfondarono la Linea Gotica sul fiume Senio, costrinsero l'esercito nazista a retrocedere e aprirono la strada per la liberazione del Nord Italia. Che il loro ricordo sia di benedizione".

(Notiziario Ucei, 29 maggio 2013)


I Krumiri: un ponte tra Casale e Israele

di Miriam P. Carmi

I Krumiri
ISRAELE — Pochi giorni fa in Israele, all'ingresso del kibbutz "I combattenti dei ghetti", io e mio marito Bruno (Carmi, pur abitando a Verona, esponenete della comunicata casalese, fratello di Elio, vice presidente, ndr) siamo stati accolti nell'ufficio di Beth Dotan, direttrice del Dipartimento Internazionale, con un sorriso ed una tazza di tè: la signora Dotan non si sarebbe certo aspettata di poter gustare, con il tè, uno dei "nostri" famosi krumiri - versione kashér - che le avevamo portato in dono.
   Il kibbutz, situato a pochi chilometri a nord di Acco (San Giovanni d'Acri), è sorto nell'aprile del 1949, utilizzando inizialmente edifici pre-esistenti appartenuti all'esercito britannico: fondato da sopravvissuti alla Shoah (Olocausto), in particolare dai pochi scampati alla rivolta del ghetto di Varsavia avvenuta nella primavera del 1943, fu il primo museo al mondo sull'Olocausto, anteriore anche al Memoriale "Yad VaShem" di Gerusalemme. Lo scopo dei suoi fondatori non fu solo quello di ricordare le loro e le altre migliaia di famiglie ebraiche scomparse nella Shoah, ma soprattutto quello di "costruire case colme di vita", come disse Antek Zuckermann, uno dei leaders della rivolta del ghetto di Varsavia.
   Infatti accanto al Museo, che ospita collezioni temporanee e permanenti - ad esempio quella sul Dottor Janusz Korczak, medico e pedagogo polacco, direttore dell'Orfanotrofio Ebraico situato all'interno del ghetto di Varsavia, e deceduto nel 1942 nel campo di sterminio di Treblinka assieme ai "suoi" bambini - c'è un Centro Educativo e Culturale che rappresenta un "unicum" nel suo genere: la sua finalità è quella di creare un luogo di incontro e di educazione alla diversità ed al multiculturalismo. La sua attività consiste principalmente in programmi destinati agli studenti dell'ultimo anno delle scuole superiori israeliane, siano essi ebrei, cristiani, mussulmani o drusi: partendo dalla Shoah, viene sviluppato un approccio dialettico in relazione agli altri genocidi del XX secolo, promuovendo così tra i giovani un più ampio dibattito con riferimento ai cosiddetti "meccanismi dell'odio", che hanno costituito e continuano ad essere causa dell'antisemitismo e del razzismo "tout court".
   Da ricordare inoltre l'ultima recente parte del Museo, il Memoriale dedicato ai bambini: esso vuole non solo commemorare tutti i piccoli - circa 1.500.000 - annientati nella Shoah, ma soprattutto avvicinare i più giovani a questa difficile tematica, con programmi adatti alla loro età. Durante la visita, l'emozione più forte è stata però l'atteso incontro con Marco (Marek) Hermann: originario di Leopoli in Galizia (ora Ucraina), miracolosamente scampato all'Olocausto, alla fine della guerra fu tra le migliaia di ebrei - tra cui moltissimi adolescenti e perfino bambini - che, attraversando l'Italia, e con l'aiuto di insigni esponenti dell'Ebraismo italiano, come ad esempio Ada Sereni, raggiunsero la terra di Israele, allora ancora formalmente sotto mandato britannico, e perciò considerati "immigrati clandestini" fino alla fondazione dello Stato di Israele il 18 maggio 1948.
   E' sorto quindi un nuovo "ponte" tra Casale Monferrato ed il kibbutz "I combattenti dei ghetti" in Israele; a mio avviso infatti il krumiro, è vero, può ricordare una virgola o persino il famoso baffo di sabaudia memoria, ma perché non vederlo come un ponte? In fondo, in Israele, già all'asilo una delle prime canzoncine insegnate ai bambini recita: "tutti sanno che la vita è un ponte molto stretto, ma l'importante è non averne paura".

(Il Monferrato, 29 maggio 2013)


Netanyahu chiede silenzio sui missili

GERUSALEMME - Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha chiesto ai ministri del suo governo di non rilasciare piu' dichiarazioni sulla Siria e sul passaggio dei missili russi S-300 al regime di Bashar Assad. Lo sostiene la radio pubblica secondo la quale l'intervento del premier segue le affermazioni di ieri del ministro della difesa Moshe Yaalon sul fatto che Israele saprebbe ''cosa fare'' se i missili arrivassero in Siria.

(ANSA, 29 maggio 2013)


A Beersheva un nuovo percorso per escursionisti e ciclisti

  
Il nuovo sentiero dedicato all'escursionismo a piedi e in bicicletta intorno alla città di Beersheva ha vinto un premio speciale nella competizione annuale ECO-Award sponsorizzata dalla Associazione Europea degli Escursionisti grazie alla Società per la Protezione della Natura in Israele (SPNI) e il suo Comitato Sentieri d'Israele. Il 'Round Beersheva Trail' (RBST) porta gli escursionisti e i ciclisti in giro per l'area urbana della città, passando nei pressi di siti del patrimonio mondiale e locale, aree archeologiche e storiche e di zone religiose cristiane, musulmane ed ebraiche. Il RBST è stato progettato come una 'cintura verde', confinante sia con le parti aperte sia con quelle costruite della città; questo modello urbano-ambientale insolito è quello che ha vinto il concorso della Associazione Europea degli Escursionisti.
"L'idea del sentiero è venuta a un gruppo di ragazzi che stavano esplorando i dintorni di Beersheva durante uno sciopero degli insegnanti nel 2007", ha raccontato Ronit Zeevi della Società per la Protezione della Natura in Israele di Beersheva.
Il percorso di circa 42 km di lunghezza è stato suddiviso in 5 parti di 5 differenti colori così da creare dei mini itinerari meno impegnativi. È stato mappato in modo tale da poter essere collegato anche all'Israel National Trail attraverso una serie di rami più piccoli ancora non terminati.
Il SPNI locale ha in programma molti tipi di attività per introdurre il RBST, tra cui visite guidate e forse una maratona, approfittando della lunghezza dell'intero percorso. Molte scuole hanno 'adottato' la parte del percorso dove sono collocate le cisterne d'acqua, i bambini fanno delle ricerche sul posto e lo tengono pulito, andando anche con i genitori nei giorni di festa a fare delle escursioni.
La città di Beersheva è conosciuta sin dai tempi biblici. È menzionata per la prima volta nella Genesi, con il nome della regione desertica sulla punta settentrionale del Negev, dove i patriarchi Abramo e Isacco fecero la loro casa.

(Travelnostop, 29 maggio 2013)


Gli ebrei americani: "Grillo studi la storia"

Fanno discutere le recenti dichiarazioni in aula del deputato del M5S, Manlio Di Stefano, che per protestare contro l'apertura degli Europei under 21 di calcio a Tel Aviv il 5 giugno prossimo, ha chiesto al ministro dello Sport Josefa Idem di "non rimanere in silenzio" e di esprimere nell'occasione "solidarietà al popolo palestinese".

di Raffaello Binelli

Il Movimento 5 Stelle non conosce la storia, peggio "la mistifica, la ribalta, la falsifica". A sostenerlo, ieri, era la Comunità ebraica romana (Cer) che, sul proprio sito, ha preso di mira l'intervento del deputato a 5 Stelle Manlio Di Stefano il quale, in un suo intervento in aula dello scorso 21 maggio - in polemica con l'imminente svolgimento della fase finale degli europei under 21 di calcio in Israele - ha chiesto al ministro dello Sport Josefa Idem di "non rimanere in silenzio" e di esprimere nell'occasione "solidarietà al popolo palestinese".
   Di Stefano, osservando polemicamente che il torneo si inaugurerà il 5 giugno, data dell'anniversario dell'inizio della Guerra dei Sei Giorni del 1967, si è riferito a quell'evento storico come a un "attacco" israeliano. E la comunità ebraica romana non ha gradito. Ora arriva una bacchettata a Grillo anche dagli Stati Uniti. E un invito esplicito ad andarsi a studiare la storia.
   "Dal momento che il Movimento 5 Stelle afferma che tutte le dichiarazioni fatte da suoi rappresentanti riflettono la linea ufficiale del partito - afferma l'American Jewish Committee in una nota diffusa dal suo rappresentante in Italia e presso la Santa Sede, Lisa Palmieri-Billig - vogliamo augurarci che quando si tratta di occuparsi del conflitto israelo-palestinese, i suoi portavoce, armati di una conoscenza oggettiva della storia, avranno come scopo quello di trovare strategie per la pace, piuttosto che cercare l'occasione di provocare nuovi conflitti".
   La presa di posizione dell'associazione ebraica si riferisce alle recenti dichiarazioni del deputato del M5S, Manlio Di Stefano, che, riepiloga la nota, "nell'indire una protesta contro l'apertura dei Giochi UEFA a Tel Aviv il 5 giugno prossimo con il pretesto che questa data segna l'inizio della guerra del giugno 1967 che ha provocato l'annessione israeliana di Gaza, Gerusalemme Est, la Cisgiordania e le alture del Golan, mostra una triste lacuna nella conoscenza del contesto storico".
   Perché si tira in ballo l'ignoranza storica? "All'epoca infatti, - sottolinea l'AJC - nessuno dei territori contesi era sotto il controllo palestinese: non era mai esistito uno Stato indipendente palestinese. Erano invece tutti nelle mani degli Stati arabi confinanti. Gaza apparteneva all'Egitto, Gerusalemme Est e la Cisgiordania erano state annesse dalla Giordania - annessione che fu riconosciuta da due sole nazioni al mondo - mentre le alture del Golan erano siriane".
   "La Penisola del Sinai, anch'essa conquistata da Israele, - prosegue l'AJC - fu poi restituita all'Egitto a seguito del trattato di pace siglato nel 1979 assieme al presidente egiziano Anwar Sadat. Poco prima che scoppiasse la guerra, l'Egitto chiuse l'accesso al Mar Rosso alle navi israeliane, convinse l'Onu a ritirare le sue forze di pace, ed assieme alla Siria, ammassò truppe al confine nell'esplicita minaccia di invadere Israele (la cui superficie è un cinquantesimo di quella dell'Egitto). Anche la Giordania acconsentì alla richiesta egiziana di entrare a far parte dell'alleanza. Il leader giordano dell'epoca, Re Hussein, ammise in seguito che ciò fu un errore".
   "Per quanto riguarda l'aspetto religioso, malgrado un armistizio formale, - è la ricostruzione dell'associazione ebraica - la Giordania impedì sempre agli israeliani l'accesso a Gerusalemme Est per pregare nei luoghi sacri all'Ebraismo, molti dei quali furono profanati. Nessuno di questi paesi arabi fece pressione alcuna per la creazione di uno Stato per il popolo palestinese, quando avevano la terra ed i mezzi per farlo. Il mondo arabo - commenta l'AJC - si trovò unanime solo nel negare il diritto ad esistere di Israele, a cominciare con il rifiuto del piano di spartizione in due stati votato dalle Nazioni Unite nel 1947".
   Va inoltre ricordato - afferma l'AJC rivolto a M5S - che quando Israele offrì terra in cambio di pace al termine delle ostilità, la risposta unanime delle nazioni arabe fu quella espressa nella dichiarazione di Khartoum del 1 settembre 1967: Nessuna pace, nessun riconoscimento, nessun negoziato con Israele".

(il Giornale 29 maggio 2013)


Scoperto il rotolo del Pentateuco più antico al mondo

BOLOGNA, 28 mag. - La biblioteca universitaria di Bologna conservava da epoca immemorabile, senza saperlo, il rotolo del Pentateuco ebraico piu' antico del mondo. Il documento reca la segnatura "Rotolo 2", e' di morbida pelle ovina (lungo 36 metri e alto 64 centimetri), contiene il testo completo della Torah in ebraico (ovvero Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) ed era stato precedentemente catalogato come probabilmente risalente al XVII secolo. Il "Rotolo 2", invece, e' stato vergato in un periodo compreso tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII (1155-1225) e risulta essere, dunque, il piu' antico rotolo ebraico completo della Torah oggi conosciuto: un esemplare d'immenso valore. La scoperta e' stata fatta dal professor Mauro Perani, ordinario di Ebraico presso il dipartimento di Beni culturali dell'universita' di Bologna, sede di Ravenna, durante la redazione del nuovo catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca universitaria. La datazione, gia' chiara ad un esame grafico-testuale e paleografico, e' stata confermata da ben due analisi con il carbonio 14, eseguite dal Centro di datazione e diagnostica del dipartimento di Ingegneria dell'innovazione dell'universita' del Salento e dal Radiocarbon Dating Laboratory (Illinois State Geological Survey) dell'universita' dell'Illinois, Urbana-Champaign. L'antichita' del "Rotolo 2" non era stata riconosciuta da Leonello Modona, un ebreo originario di Cento che lavoro' per anni come bibliotecario, il quale, nel suo catalogo del 1889, lo riteneva risalente al secolo XVII, e ne descriveva la grafia come "un carattere italiano piuttosto goffo, in cui alcune lettere, oltre le solite coroncine e apici portano delle appendici non comuni e strane". Il professor Perani, invece, nell'esaminarlo per il nuovo catalogo, si e' accorto che la grafia orientale era, in realta', molto elegante e raffinata, mentre le caratteristiche grafiche e la struttura testuale risultavano atipiche e molto piu' antiche del Seicento. Il testo del rotolo, infatti, non tiene presente e non rispetta le regole fissate da Maimonide (morto nel 1204), che fisso' in maniera definitiva tutta la normativa rabbinica relativa alla scrittura del Pentateuco.
   Compaiono ad esempio caratteristiche grafiche assolutamente proibite ai copisti dopo la codificazione maimonidea. Purtroppo ad oggi non e' dato sapere come e quando il "Rotolo 2" sia entrato a far parte del patrimonio della biblioteca universitaria di Bologna (Bub) se, come potrebbe essere probabile, in epoca precedente alle soppressioni conventuali napoleoniche. L'interesse suscitato intorno a esso potra' favorire ulteriori studi, anche in relazione all'identificazione della sua provenienza. L'importante scoperta e' stata possibile grazie anche all'iniziativa della Bub. La direttrice, Biancastella Antonino, ha accolto, infatti, con grande entusiasmo il progetto del professor Perani di compilare un nuovo catalogo del fondo ebraico manoscritto, realizzato con Giacomo Corazzol, decidendo di pubblicarlo nel terzo numero della rivista "inBUB: ricerche e cataloghi sui fondi della biblioteca universitaria di Bologna" (Minerva edizioni) da lei curata, con la collaborazione di Patrizia Moscatelli. Il volume uscira' alla fine di giugno 2013. Il fondo ebraico della Bub annovera tra gli innumerevoli codici anche il celebre Canone di Avicenna (ms. 2197), le cui splendide miniature, riprodotte su innumerevoli libri, sono note in tutte il mondo. Questi codici ebraici, come altri rari documenti e fondi conservati e valorizzati presso la bibliotca, sono frutto di donatori generosi come Ferdinando Marsili, fondatore dell'Istituto delle Scienze, il naturalista Ulisse Aldrovandi, papa Benedetto XIV, il poliglotta Gaspare Mezzofanti e altri munifici donatori. Questa scoperta sembra voler riconfermare il legame che unisce a filo doppio Bologna e la Torah: nella citta' di Bo-lan-yah (pronuncia dialettale che in ebraico significa: "In essa alloggia il Signore") fu stampata nel 1482 la prima edizione in assoluto del Pentateuco ebraico e, oggi, a Bologna si scopre il piu' antico rotolo della Torah che si conosca al mondo. Nel 1546, all'art. 50 degli Statuti di una Confraternita caritativa ebraica che si costituiva in quell'anno, i suoi membri parafrasavano il versetto di Isaia 2,3: "Poiche' da Sion uscira' la Torah" dicendo: Poiche' da Bologna uscira' la Torah, volendo riferirsi con cio' all'editio princeps, apparsa 62 anni prima nella loro citta', del testo piu' sacro che l'ebraismo possiede.

(AGI, 28 maggio 2013)


Israele: "Se la Russia dà missili alla Siria, reagiremo"

Ma Mosca insiste: "Non cambiamo i nostri piani". Non basta l'avvertimento lanciato dal governo israeliano perché non avvenga la consegna di S-300. Il ministro degli Esteri Sergei Ryabkov: "Queste forniture sono un fattore stabilizzante".

GERUSALEMME - Più che un avvertimento, una minaccia: Israele "saprà cosa fare" se la Russia consegnerà i missili S-300 al regime siriano. Lo ha detto oggi il ministro israeliano della difesa Moshé Yaalon, che ha aggiunto: "La consegna non ha ancora avuto luogo e spero che non accadrà mai. Ma se, disgraziatamente, i missili S-300 arriveranno in Siria, sapremo cosa fare". Yaalon ha commentato l'eventualità di un attacco chimico dalla Siria contro Israele: "il regime minaccia Israele in maniera diversa da come minaccia i ribelli. Il regime non è fermato dai suoi cittadini, mentre lo è da noi".
Ma Mosca non ha intenzione di modificare i suoi piani: la consegna al regime di Damasco dei sofisticati missili anti-aereo S-300 è "un fattore stabilizzante" per fare da deterrente a un intervento straniero nel conflitto siriano, ha fatto sapere la Russia, gelando così le speranze di chi contava che il Cremlino raccogliesse gli appelli di Israele a disdire il contratto. "Consideriamo queste forniture un fattore stabilizzante e riteniamo che questi passi dissuaderanno qualche testa calda dal considerare scenari che potrebbero trasformare (la crisi) in un conflitto internazionale con il coinvolgimento di forze straniere", ha detto il ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov. Il 'numero' due della diplomazia russa ha poi ricordato che la consegna del materia è semplicemente l'adempimento di un contratto siglato alcuni anni fa.
La Russia si rifiuta di precisare se tali armi siano state già consegnate o meno. "Non posso né confermare né smentire notizie relative alla fase in cui si trova il processo di consegna" degli S-300, ha affermato ancora Ryabkov.

(la Repubblica, 29 maggio 2013)


Luftmensch

di Diego Marani

Arnold Zable

Arnold Zable è uno scrittore australiano, ma anche uno degli ultimi locutori di yiddish. Lo parla con i suoi amici nelle serate di lettura che organizza a Melbourne dove vive e dove si occupa di problemi dell'emigrazione. Quando gli chiedo se lo yiddish sopravviverà sorride, con la sua faccia mezza greca e mezza zingara: "Sicuro!" Lo credevo una lingua morta, nessuno ormai parla più lo yiddish, ma Arnold mi spiega che sono proprio quelli più lontani dalla sua visione dell'ebraismo che lo stanno inconsapevolmente sostenendo. "Lo yiddish è diventato la lingua degli ebrei ortodossi per i quali l'ebraico è una lingua sacra, riservata alla liturgia e quindi inadatta al parlare quotidiano." Così succede che proprio gli ebrei più chiusi e ostili alla mescolanza fanno vivere la lingua impura della vecchia diaspora. "La lingua dei cosmopoliti!" precisa Arnold e aggiunge, ancora ridendo: "Ruthless cosmopolitans!"
   Di origini ebraico-polacche, Arnold coltiva una memoria che deve essere genetica se sopravvive così lontano dalle terre dei suoi padri: quella della fuga. "Ma cosa si dice meglio in yiddish che l'ebraico non può dire?" gli chiedo. "Gli insulti!" risponde lui. "Quando nulla e nessuno ti difendono dal sopruso, è l'unica arma che ti rimane". "Che al tuo verme solitario venga la diarrea!" mi insegna Arnold ed io segno sul taccuino dubbioso di poterlo rivolgere mai a qualcuno. "In yiddish noi siamo luftmensch, uomini sospesi a mezz'aria, che non appartengono a nessun luogo", continua a spiegarmi. Sarà per questo che appena vede arrivare Lionel Fogarty lungo il molo, Arnold lo accoglie con una pacca sulle spalle. Loro si intendono bene, perché anche Lionel è un luftmensch. Fatto di tutt'altra aria ma ugualmente in fuga, Lionel è un poeta aborigeno australiano. Cresciuto in una riserva del Queensland e fin da giovane attivista della causa aborigena, Lionel ha vissuto sulla sua pelle la durezza della discriminazione razziale. Suo fratello è morto in prigione, picchiato dalla polizia. Questa sera ride e scherza, ma Lionel è un uomo arrabbiato. Come tutta la sua gente che ancora oggi vive ai margini della società australiana.
   Anche se da alcuni anni il movimento "Journey to recognition" ha messo in moto un processo di recupero della cultura aborigena che sta portando a una vera e propria ricostruzione identitaria dell'ex colonia britannica. L'Australia comincia ad avere il coraggio di stare in piedi da sola e riconosce che è fatta anche dei suoi aborigeni, malgrado siano ormai solo l'1% della popolazione. Ma in un continente grande quanto l'Europa non c'è mai stata un'unica identità aborigena. Le nazioni aborigene sono centinaia e parlano lingue diverse, molte delle quali oggi ridotte a poche, scarne di parole. Così gli aborigeni non hanno nessuna vera patria, sono anche loro luftmensch senza neppure una lingua in cui rifugiarsi ma tanti mozziconi di una cosa perduta che Lionel tenta invano di tenere insieme con la sua poesia.

(News.it, 28 maggio 2013)


Lech Lechà - Settimana di arte, cultura, letteratura ebraica

Ad agosto torna in Puglia Lech Lecha', settimana di arte, cultura e letteratura ebraica: anteprima a giugno con il corso intensivo di lingua ebraica ulpan. la comunita' ebraica di Trani organizza anche la giornata europea della cultura ebraica (Bari 29 settembre).

Dopo il grande successo di pubblico del 2012 torna in Puglia (con puntate a Catania, Napoli, Roma), dal 25 agosto al 1o settembre 2013, "Lech Lechà - Settimana di arte, cultura, letteratura ebraica", la rassegna di iniziative culturali, letterarie ed artistiche sull'ebraismo, tra ricerca di radici antiche e prospettive per il futuro. Quest'anno la manifestazione sarà preceduta da un'anteprima nel prossimo mese di giugno con l'avvio di una delle principali 'sezioni' che la caratterizzano fin dalla prima edizione: ossia "Ulpàn", corso intensivo di Lingua Ebraica Moderna, che in questa edizione sarà tenuto dalla prof.ssa Valeria Spizzichino. Il 24, 25, 26 giugno partirà infatti il corso base che avrà poi la sua prosecuzione (con lo svolgimento anche del corso avanzato) dal 26 al 30 agosto prossimi.
Il corso base si svolgerà presso la Biblioteca Comunale G. Bovio di Trani (Piazzetta S. Francesco, 1) , si svilupperà a giugno in 3 giorni consecutivi e riprenderà successivamente durante lo svolgimento del LECH LECHÀ con una full immersion quotidiana durante la quale il corso si articolerà in corso base e corso avanzato. Gli orari quotidiani dei corsi verranno concordati con la docente.
Per partecipare al corso è necessario inviare una domanda di iscrizione in forma libera a lechlecha.segreteria@yahoo.it oppure telefonare al numero di cell. 3459435487. La docente del corso consiglia a coloro che iniziano lo studio dell'ebraico dal corso base di munirsi del libro L'ebraico è facile di Eliezer Tirkel (Editrice Giuntina Firenze).
La rinnovata attenzione in Puglia verso l'ebraismo quest'anno avrà poi un appuntamento speciale anche domenica 29 settembre con la Giornata Europea della Cultura Ebraica nel cui circuito l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dopo Trani, ha inserito la città di Bari, su esplicita richiesta della Comunità Ebraica di Trani che curerà l'evento. Bari diventa così la 65a città ad essere ammessa a questo evento internazionale. L'U.C.E.I. ha inteso così premiare il lungo e faticoso lavoro compiuto dagli ebrei pugliesi per riportare l'ebraismo in una regione di grande importanza nella storia israelitica, obiettivo perseguito con una grande rinascita della vita ebraica che ha avuto in Trani il suo epicentro.

(PugliaLive.net, 28 maggio 2013)


Circoncisione, tra bioetica e dovere religioso

PADOVA - "Solo quando la circoncisione è motivata da ragioni terapeutiche o profilattiche deve essere realizzata da un medico. Per contro, la circoncisione rituale dei neonati ebrei può essere eseguita non solo da medici, ma anche da altre persone, in genere ministri di culto, competenti e responsabili della corretta effettuazione, con rispetto scrupoloso dell'igiene e dell'asepsi, che garantiscano personalmente la continuità dell'assistenza dopo la circoncisione". Così il presidente dell'Ordine di Padova e vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri Maurizio Benato ha sottolineato nel corso del convegno "La circoncisione tra bioetica e dovere religioso" organizzato a Padova, nella struttura della sinagoga tedesca, dall'Associazione medica ebraica in collaborazione con l'Ordine provinciale dei medici chirurghi e odontoiatri e la Comunità ebraica della città. Parole che il presidente Ame e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con delega al sociale Giorgio Mortara definisce come molto importanti, perché testimoniano il riconoscimento della professionalità dei moalim che operano in Italia. A intervenire all'incontro sono stati il rabbino capo della Comunità di Padova Adolfo Locci e il presidente della Comunità islamica del Triveneto Kamel Layachi, che si sono soffermati sul significato religioso della pratica della circoncisione nell'ebraismo e nell'islam, mentre ad approfondire il profilo più strettamente medico, sono stati lo stesso dottor Bennato, l'urologo Fabrizio Dal Moro, il docente universitario David Sacerdoti, il dottor Ilan Brauner che ha affrontato la questione da un punto di vista legale.
   Concludendo l'incontro, moderato da Daniele Radzik, David Sacerdoti e dal vicepresidente della Comunità ebraica Gianni Parenzo, Mortara ha infine proposto l'istituzione di un albo di moalim certificati e la previsione dell'assistenza, a ciascun brit milah, di un medico chirurgo.
   Tra gli altri è stata affrontata dal presidente dell'Ordine di Padova anche la questione della mancata copertura delle spese per la circoncisione da parte del Servizio sanitario nazionale, che rappresenta un problema soprattutto per famiglie immigrate, in particolare dall'Africa, che non possono permettersi di coprire le spese di un'operazione che, se praticata oltre i primi mesi di vita, da adolescenti o adulti (come è uso nell'islam o in alcune religioni o tradizioni praticate in vari Stati africani) va assimilata comunque a un piccolo intervento chirurgico.
   "Le circoncisioni maschili eseguite clandestinamente, non da medici esperti, senza idonei strumenti e garanzie di igiene, asepsi e assistenza, sono pericolose e da contrastare.
   È necessario continuare l'opera di sensibilizzazione recentemente avviata dal ministero della Salute. Occorre nel contempo fornire alle famiglie interessate risposte adeguate e reali alternative. È infine opportuno sviluppare, nella formazione dei medici e degli operatori sanitari, i temi e le problematiche legate alla migrazione" ha sottolineato Benato.

(Notiziario Ucei, 28 maggio 2013)


«Nella primavera araba i cristiani sono quelli che hanno perso di più»

Parla Elias Chacour, arcivescovo della Chiesa greco-melkita in Israele: «In Siria la situazione è tragica, perché l'Occidente non interviene?»

di Andrea Tornielli

Elias Chacour

HAIFA - «Primavera araba è un nome sbagliato, non è stata una primavera, ma un oceanico spargimento di sangue. Molti sono stati i morti ma quelli che perdono di più sono i cristiani...». Elias Chacour, arcivescovo di Akka, San Giovanni d'Acri, e Tolemaide dei Greco-Melkiti è il capo della più grande comunità di arabi cristiani cattolici in Israele, che conta 80mila fedeli, 32 parrocchie e 28 sacerdoti. Riceve nella sua residenza di Haifa, città modello dello Stato d'Israele per la convivenza religiosa, un gruppo di giornalisti italiani. E con loro parla delle preoccupazioni per la sorte dei cristiani costretti a lasciare la Siria, dei passi nel dialogo con gli ortodossi, del nuovo Papa Francesco.
   «Non so perché la "primavera" araba, che non è stata una primavera perché io non ho visto crescere il verde e i frutti, abbia provocato così tanti morti. Il vescovo caldeo negli Stati Uniti orientali, Ibrahim Ibrahim, mi ha detto che i 4000 cristiani caldei di Detroit sono diventati 130mila, perché tanti sono scappati dai Paesi dove vivevano. Mi chiedo: perché l'Occidente non interviene di fronte a ciò che sta accadendo in Siria? 160 piccoli villaggi abitati da cristiani sono stati completamente svuotati. In tanti stanno scappando in Libano, non sappiamo quanti siano. Ho visto il nostro vescovo di Damasco piangere come un bambino: ogni cristiano in Siria ha bisogno del nostro aiuto, di ogni pezzo di pane, di ogni bicchiere d'acqua...».
   Per l'arcivescovo Chacour quanto accaduto negli ultimi anni in Tunisia, Egitto, Libia e Siria rappresenta «un cambiamento nella storia islamica, prima infatti c'erano lotte di potere al vertice che non coinvolgevano il popolo. Non eravamo contenti - dice - con i regimi totalitari, ma non lo siamo neanche oggi, anche per il rischio che si finisca per applicare la sharia, la legge islamica, che sarebbe esecrabile. Non sappiamo che cosa succederà nel lungo periodo».
   Parlando della situazione interna, il capo della Chiesa greco-melkita spiega: «Siamo cittadini israeliani, non abbiamo risolto tutti i nostri problemi ma andiamo avanti: dobbiamo resistere a ogni assimilazione, e lavorare per l'integrazione. Al contrario di altre comunità cristiane, noi non abbiamo protettori stranieri». Un grande risultato, per Chacour, dal punto di vista della testimonianza dell'unità dei cristiani in Israele, è l'accordo sulla data in cui celebrare la Pasqua. «Abbiamo cominciato quattro anni fa, unilateralmente, senza chiedere nulla ai nostri fratelli ortodossi. Ci siamo adeguati noi al calendario giuliano. Questo ha ridotto le differenze. Hanno aderito i cattolici del patriarcato latino, gli anglicani... Per tre giorni, durante la Settimana Santa, le strade di Haifa hanno avuto il traffico bloccato. È stata una gioia uscire insieme ai nostri fratelli ortodossi dalle chiese per la processione della Domenica delle Palme. Il sindaco di Haifa ha visto ciò che è accaduto e mi ha detto: "Se lo fate ogni settimana, io vi sostengo"».
Sarebbe bene allora invitare Papa Francesco a dire pubblicamente al mondo che in Israele i cristiani
sono trattati bene, molto meglio che nei paesi arabi.

   L'arcivescovo ha risposto anche a una domanda sulla decisione di Papa Francesco di sottolineare il suo essere vescovo di Roma. Una decisione guardata con molto favore dagli ortodossi, come ha confermato in un'intervista con Vatican Insider anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. «È stato un atto di umiltà, Francesco è un eroe di umiltà nel sottolineare particolarmente il suo essere vescovo di Roma, qualcosa che i Papi hanno spesso dimenticato finendo per considerarsi come vescovi del mondo».
   Ma Elias Chacour tiene a sottolineare: «Non bisogna dimenticare Roma. Ma soprattutto non dimenticare che tutto è iniziato qui,
"qui", cioè nella terra d'Israele, non in "Palestina".

non a Roma. Ai miei preti che vanno in pellegrinaggio a Lourdes e a Medjugorje dico: "Dite a Maria che è tempo che torni a casa". Si tende a dimenticare che Maria è di Nazaret. E che Gesù è l'uomo vissuto a Nazaret,
e si tende anche a dimenticare, anzi a negare, che Gesù è ebreo, non "palestinese".
un mio compatriota».
"compatriota", cioè appartenente alla stessa patria israeliana a cui adesso appartiene Elias Chacour.

   Un ultimo accenno l'arcivescovo melkita lo dedica ai cattolici del Patriarcato latino. «Loro sono meno di noi, la comunità di cattolici latini arabi è composta da 10mila persone, ma hanno un patriarca, quattro vescovi, centinaia di preti e moltissime suore: fortunati loro! Dobbiamo fare dei passi nella condivisione, non solo nella comunione. Non dobbiamo condividere soltanto i problemi. Sapete che ogni anno c'è la colletta del Venerdì Santo per i cristiani in Terra Santa. Vi assicuro che sono cattolico ma non vedo nulla di quelle offerte». La colletta a cui fa riferimento Chacour viene tradizionalmente suddivisa tra la Custodia Francescana, che si occupa dei Luoghi Santi e il Patriarcato latino.

(Vatican Insider, 28 maggio 2013)


Israeliani e palestinesi insieme nel progetto di ricerca Sesame

Iniziativa lanciata dalla Commissione europea e dal Cern

BRUXELLES, 28 mag - Commissione europea e Cern hanno deciso di unire le forze per costruire insieme Sesame, uno dei piu' ambiziosi impianti di ricerca in Medio Oriente, riunendo insieme scienziati provenienti anche da Israele e Territori palestinesi. Sesame, un generatore di luce di sincrotone il cui funzionamento e' simile a quello di un gigantesco microscopio, consentira' ai ricercatori della regione di studiare le proprieta' di materiali avanzati, processi biologici e opere d'arte. L'impresa, riferisce la Commissione europea, avra' sede in Giordania riunendo scienziati provenienti da Bahrein, Cipro, Egitto, Iran, Israele, Giordania, Pakistan, Territori palestinesi e Turchia. ''Oltre ad offrire ai ricercatori della regione l'accesso a strumentazioni all'avanguardia, Sesame richiamera' l'attenzione sui grandi progressi che possono essere realizzati nella regione attraverso una cooperazione pacifica'' ha commentato il commissario Ue alla ricerca, Maire Geoghegan-Quinn. ''Sono molto lieto che l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare possa dare questo importante contributo al successo del nuovo laboratorio'' ha aggiunto Rolf Heuer, direttore generale del Cern. L'accordo annunciato oggi prevede che la Commissione Ue contribuisca con 5 milioni di euro, consentendo al Cern, in collaborazione con Sesame, di fornire i magneti per un nuovissimo anello di stoccaggio degli elettroni, cuore dell'impianto: un primo importante passo che portera', nel 2015, all'avvio della fase operativa. Tre milioni di euro sono gia' arrivati a Sesame grazie allo strumento europeo di vicinato.

(ANSA, 28 maggio 2013)


Mohammed Assaf, 'Arab Idol' che unisce la sua gente

Giovane palestinese star talent show, tutti in tv per vederlo

di Michele Monni

Mohammed Assaf
RAMALLAH, 28 mag - Un giovane e talentuoso cantante palestinese sembra essere riuscito, in nome della musica, a riunificare il suo popolo, là dove invece i politici stentano. Mohammed Assaf - questo il suo nome - 22 anni, originario di un campo profughi di Gaza, è il personaggio del momento in Cisgiordania e nella Striscia e si appresta a vincere, con tutta probabilità, quello che è considerato il più famoso talent show del Medio Oriente: 'Arab Idol'. Il programma - trasmesso da Beirut e modellato sul format di 'X Factor' e altri famosi talent show - è una delle trasmissioni più viste nel mondo arabo e ogni settimana fa incollare ai televisori milioni di spettatori. All'edizione di quest'anno partecipano cantanti provenienti da Tunisia, Siria, Iraq, Libano, Cisgiordania, Arabia Saudita ed Egitto, tutti a contendersi i voti del pubblico che, a suon di sms, decreta il successo o la sconfitta dei concorrenti. I quattro giudici - come nel format occidentale - del resto sono quattro leggende della musica pop araba provenienti da diversi paesi: Ragheb Alama (l'Elvis Presley libanese), le due prime donne, Nancy Ajram e Ahlam e il produttore discografico egiziano Hassan El Shafei.
Ma la stella indiscussa dello show sembra essere il giovane Assaf, che con la sua voce ha conquistato il cuore di milioni di adolescenti per i quali è diventato il Justin Bieber mediorientale. I rumor dicono che il giovane cantante abbia dovuto penare prima di riuscire ad attraversare il confine di Rafah per recarsi al Cairo dove erano in programma le selezioni preliminari. Arrivato sul posto ha trovato però i cancelli chiusi, ma non si è dato per vinto: ha scavalcato gli ingressi e si è unito alla folla degli aspiranti concorrenti. Lì il primo colpo di scena: i biglietti per esibirsi erano finiti. Tutto è sembrato compromesso. Poi, come nella migliore delle sceneggiature di Hollywood, il classico colpo di scena: mentre disperato e affranto Mohammed comincia a cantare nel piazzale di fronte agli altri partecipanti, un ragazzo egiziano, colpito dalla sua voce, decide di cedergli il biglietto. Il resto è storia di oggi. Nei Territori e a Gaza - ma non solo - l'immagine di Mohammed Assaf è ormai un'icona: a Ramallah, venerdì scorso, migliaia di persone si sono riunite in strada per guardare lo show e per votare il proprio idolo. Le compagnie telefoniche palestinesi Jawwal e Watanya offrono sconti sugli sms per votare il nr 3, il suo numero. Il presidente palestinese Abu Mazen si è congratulato telefonicamente con lui. E anche a Gaza, dove Hamas è restio a manifestazioni in contrapposizione alla legge coranica, il giovane Mohammad ha fatto breccia. Tutti in fila a guardare il proprio concittadino in tv.

(ANSAmed, 28 maggio 2013)


Iran - Chiusa dalla polizia una chiesa che celebrava liturgie in persiano

TEHERAN - La chiesa "Assembra di Dio" a Teheran, la più grande chiesa cristiana di lingua persiana ("farsi") in Iran, è stata chiusa dalle forze di sicurezza iraniane. Nei giorni scorsi il Pastore Robert Asseriyan, che guidava il culto nella chiesa, era stato arrestato. Secondo fonti locali, le pressioni per la chiusura della Chiesa erano già forti da almeno sei mesi. La polizia ha annunciato che chiunque cerchi di entrare in chiesa sarà arrestato. Come riferiscono a Fides alcuni fedeli locali, la ragione principale per la chiusura è che le autorità di sicurezza iraniane, soprattutto un'ala delle Guardie della Rivoluzione, intende eliminare del tutto dal paese i servizi di culto in farsi e limitarli alla lingua armena.
In una nota giunta a Fides dagli Stati Uniti, il Pastore George O. Wood, a capo del Consiglio Generale delle "Assemblee di Dio" (comunità cristiane evangeliche) ha espresso la sua preoccupazione chiedendo alle autorità iraniane il rispetto della libertà di culto. Secondo il Pastore, l'episodio potrebbe dare il via alla chiusura di tutte le altre chiese cristiane che celebrano liturgie in persiano sul territorio iraniano.
Il Ministero iraniano dell'Intelligence e il Ministero della Guida Islamica monitorano da anni tutte le attività dei cristiani nelle diverse chiese e, per prevenire il diffondersi di servizi di culto e studi biblici in lingua farsi, hanno imposto ai leader cristiani di segnalare i nomi di tutti i cittadini iraniani partecipanti alle celebrazioni. In passato anche la comunità cristiana protestante "Emmanuel" aveva ricevuto l'ordine di interrompere tutti i suoi servizi liturgici in persiano.

(Agenzia Fides, 28 maggio 2013)


I nemici che salvano la vita

Al Wolfson Medical Center di Tel Aviv una piccola siriana viene strappata alla morte

di Dario Ferri

  
Una bambina siriana di quattro anni, vittima di gravi problemi cardiaci, è stata strappata alla morte con un delicato (e fortunato) intervento chirurgico realizzato in un paese nemico, precisamente al Wolfson Medical Center di Tel Aviv, Israele.
INTERVENTO SALVAVITA - La piccola, che fino a poco fa aveva difficoltà perfino a camminare o parlare è ricoverata, ora convalescente, in un reparto insieme a bambini provienienti da Cisgiordania, Striscia di Gaza, Sudan, Romania, Cina e Israele. "Sarebbe sicuramente morta se non fosse arrivata qui", ha spiegato Ilan Cohe, uno dei medici che ha curato la paziente. "Molti pazienti - ha aggiunto - arrivano da paesi nemici e vedono gli Israeliani come demoni". "Questa è la prima volta che li vedono senza divisa e credo sia una bella sorpresa". Intervento e cura sulla bambina siriana sono frutto del lavoro dell'organizzazione no profit israeliana "Save a Child's Heart", fondata da Ami Cohen e che dal 1992 ad oggi ha contribuito a curare 3.200 piccoli pazienti provenienti da 45 paesi. Anche con un po' di rammarico: "Abbiamo una capacità limitata e non siamo in grado di curare tutti i milioni di bambini che avrebbero bisogno di aiuto".
IDENTITA' SEGRETA - Il viaggio della bambina di 4 anni dal territorio martoriato dalla guerra civile tra le truppe del presidente Bashar al Assad e ribelli anti-regime è stato lungo e pericoloso. Madre e figlia hanno raggiunto il territorio di Israele attraverso un paese terzo e la loro identità non è stata svelata per ragioni di sicurezza. La donna non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. La bambina è stata operata ad uno dei ventricoli cardiaci. Ora cammina liberamente per i corridoi dell'ospedale. E gioca con i bambini di diversa nazionalità. Lontana da povertà, bombe e paura. Almeno per un po'.

(Giornalettismo, 27 maggio 2013)


Leva per ebrei ortodossi: Lapid minaccia la crisi

TEL AVIV, 27 mag - Il neo ministro delle Finanze israeliano Yair Lapid, leader del movimento centrista-laico 'C'e' futuro', ha minacciato oggi una crisi di governo se non passera' la legge di riforma della leva che vuole includere gli ebrei ortodossi nella leva, o almeno in un servizio civile obbligatori. ''Voglio essere molto chiaro - ha detto Lapid, che della riforma ha fatto un cavallo di battaglia - o passa o il governo si dissolve''. Una dichiarazione che ha riportato al centro del dibattito politico - anche se da giorni si discute sulle proposte in materia della Commissione presieduta dal ministro della scienza e tecnologia Yaakov Peri, dello steso partito di Lapid - lo spinoso dossier: tema che gia' in passato ha messo in difficolta' il governo a guida di destra di Benyamin Netanyahu.
''Se qualcuno pensa che io sia entrato in politica - ha ammonito Lapid replicando ai mal di pancia di altre forze della coalizione, piu' sensibili alle proteste degli ebrei religiosi - solo per risolvere la catastrofe finanziaria lasciata dal precedente governo, allora non ha capito cosa stiamo facendo qui''. Moshe' Yaalon, influente ministro della Difesa in quota Likud, il partito del premier, ha tuttavia subito controbattuto: se ''Lapid vuol far infiammare la piazza degli ortodossi, io certo non lo seguiro'''. I molti compromessi che minacciano di svuotare la riforma - visto che in queste ore si intrecciano mediazioni e tentativi di 'aggiustamento' - sembrano non piacere neppure al capo dell'opposizione, la laburista Shelly Yachimovich. Il lavoro che sta uscendo dalla Commissione Peri sarebbe - a suo giudizio - addirittura ''peggiore'' d'una precedente proposta di riforma parziale, poi abortita. Al momento, a quanto riportano i media, la bozza del governo prevede che al compimento dei 17 anni tutti i giovani ortodossi debbano presentarsi negli uffici di leva. Avranno pero' diritto a rinviare l'arruolamento fino all'eta' di 21 anni e poi potranno scegliere se svolgere il servizio militare (come i loro coetanei sono tenuti a fare in Israele, i ragazzi per tre anni e le ragazze per due) o un servizio civile sostitutivo. Resterebbe invece esentato un numero ristretto di 1800 religiosi ogni anno.
Di fronte alle frizioni nella coalizione e' intervenuto in serata lo stesso Netanyahu, che ha provato a buttare acqua sul fuoco: ''Sono sicuro - ha assicurato - che alla fine si trovera' una soluzione sui pochi punti che rimangono aperti''.

(ANSA, 27 maggio 2013)


Oltremare - Quarto: l'ombra del semaforo
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

"Bevi molta acqua", ammonimento che dai primi giorni in Israele ho sentito di continuo - persino strano che non sia stato incluso nei Comandamenti, o perlomeno in una delle molteplici liste di regole e indicazioni all'uso della vita e della Terra d'Israele che certo non ci mancano. Tant'è. Noi donne comunque ci abituiamo presto alla scelta della borsetta in base alla capienza: mezzo litro almeno d'acqua ci deve stare, sì, meglio anche per la sera. Gli uomini non so, si regolano diversamente oppure per machismo rischiano ogni giorno la disidratazione.
Quello che invece nessuno mi ha insegnato, ma ho prontamente imparato per imitazione o meglio per osmosi, è il trucco del semaforo. Nell'attraversare di giorno una qualsiasi strada, specie se a più corsie, molto probabilmente la maggior parte del percorso è in pieno sole. Che in Israele significa, per molti mesi: 30/35 gradi centigradi calcolati all'ombra, più i 10/15 di differenza al sole, più l'effetto riscaldante dell'asfalto, più i gas di scarico (caldi anche quelli) delle automobili in moto e di quelle ferme al semaforo. Non oso tentare una somma. Dunque, poter stare anche parzialmente all'ombra mentre si aspettano lunghi secondi di passaggio dal rosso al verde, ha il suo senso. Anche solo con la testa, che come si impara qui traspira la maggior parte dell'acqua che il corpo perde durante il giorno. Ecco allora che l'ombra sottile del semaforo, di un palo della luce, o (magari!) di un cartellone pubblicitario, si trasformano in microscopiche oasi di riparo temporaneo dalla canicola estiva.
Per lo stesso principio, in Israele si vedono spesso persone che aspettano l'autobus non alla fermata, ma dietro o di lato, formando brevi file compatte e ordinate che non seguono l'ordine di arrivo o l'età, ma quel po' di ombra squadrata proiettata dalla fermata stessa. E mi sembrano bambini che vogliono fare uno scherzo alla maestra e si acquattano dietro a un muretto per poi uscire tutti insieme "Cu-Cù"! Invece chi arriva è l'autobus, e tutti salgono accalcandosi per pagare il biglietto all'autista, e godersi l'escursione termica di venti gradi in meno, dall'estate bollente all'aria condizionata che gela il sudore e il cervello in ugual misura.

(Notiziario Ucei, 27 maggio 2013)


La Banca centrale israeliana taglia ancora il tasso di riferimento

Nuovo taglio al costo del denaro per la Banca centrale israeliana. Per la seconda volta nell‘ultimo mese, la Bank of Israel ha annunciato di aver ridotto il tasso di riferimento di 25 punti base portandolo all‘1,25%. Si tratta del livello minore dal marzo del 2010.
La mossa punta a indebolire la moneta locale, lo shekel, e a rilanciare l‘export. Negli ultimi sei mesi il cambio euro/shekel è sceso del 4% mentre l‘incrocio con il dollaro Usa è arretrato del 3,9%.

(FinanzaOnline, 27 maggio 2013)


Il menu ebraico sbarca a Capri

Ecco l'offerta di piatti con certificazione koshèr: a Capri un occhio di riguardo anche per i visitatori di religione ebraica osservante.

di Flaminia Giurato

Carciofo alla giudia

E' l'unico ristorante in tutta l'isola di Capri e il primo in assoluto a sud di Roma a proporre un'offerta di piatti certificati koshèr, per chi osserva la religione ebraica: la cucina di Terrazza Tiberio del Capri Tiberio Palace Hotel da quest'anno viene incontro alle difficoltà che riscontrano nel mangiare fuori casa i clienti che obbediscono rigorosamente alle norme imposte dalla Torah.
Aperto a pranzo e a cena anche ai non ospiti dell'hotel, il ristorante propone piatti semplici che fondono la tradizione giudaica con quella locale, integrando l'offerta del menu tradizionale che si basa sulla cucina tipica dell'Isola Azzurra, centrata sulla qualità e stagionalità degli ingredienti mediterranei e sul pesce, con una serie di proposte del giorno in modo da offrire la scelta più vasta alla clientela.
Tra gli antipasti: Carciofi alla giudia, Cous cous con salsa haraimi, Humus,Insalata di patate con tahina. Tra i primi Casarecce alla genovese, Linguine con zucchine in fiore, Mezzi paccheri ceci e baccalà; tra i secondi Stracotto di carne, Kebab di carne macinata allo spiedo, Spigola all'acqua pazza, Bistecca di manzo arrostita, Vitello alla pizzaiola per concludere la tipica Torta Caprese,Semifreddo di frutti di bosco, Torta meringata al limone, Babà napoletano al rum.
Tutti i piatti, preparati secondo i precetti della religione ebraica e garantiti da un rigoroso controllo del rabbinato, assicurano grazie alla ferrea vigilanza, oltre al rispetto della complessa normativa religiosa in materia di nutrizione, un'alta qualità dei prodotti, freschezza e qualità, rendendo il nuovo menu interessante ed appetibile anche per una clientela tradizionale, curiosa di sperimentare l'inedito ed esotico connubio tra dieta mediterranea e cucina ebraica.

(La Stampa, 27 maggio 2013)


La comunità ebraica di Roma contro Di Stefano: "Su Israele è ignorante, non conosce la storia”

Sotto accusa un intervento in Aula del deputato grillino Manlio Di Stefano. Fabio Perugia, portavoce della comunità ebraica: «Non conosce la Storia, si documenti"

di Marco Pasqua

«I grillini vadano a lezione di Storia. Sono ignoranti, non conoscono le basi della nostra storia più recente». Parole dure, quelle che Fabio Perugia, portavoce della comunità ebraica di Roma, rivolge a Manlio Di Stefano, giovane deputato grillino. Oggetto delle critiche, un intervento in Aula, nel corso del quale si chiede al ministro dello Sport, Idem, di «esprimere solidarietà al popolo palestinese». E in cui, come fa notare Perugia, Di Stefano ha dato «prova di come la scarsa preparazione dia luogo alla nascita di clamorosi falsi storici e di come molti dei 5 Stelle, informandosi su fonti web non certificate, inciampino nelle più becere teorie antisemite».


L'intervento di Di Stefano, come spiega il sito Romaebraica.it, è dello scorso 21 maggio e ha per oggetto l'inaugurazione della Coppa Uefa di calcio under 21, il prossimo 5 giugno, in Israele. «Il 5 giugno è una data particolare perché è la data in cui Israele attaccò e occupò la Cisgiordania, Gaza, le alture del Golan e parte del Sinai - ha detto Di Stefano in Aula - Quindi rappresenta una giornata di conquista per Israele e probabilmente l'inizio della sofferenza per molte altre popolazioni. Gli israeliani in questo momento stanno praticando discriminazione e violenza anche in ambito sportivo perché si stanno distruggendo stadi, stanno facendo ostruzionismo agli eventi che prendono in considerazione il lato palestinese».
   Nell'intervento, Di Stefano, parlando a nome dei 5 Stelle, aggiunge: «Noi crediamo che neppure lo sport possa esimersi dal rispetto dei diritti umani e che un evento così importante a livello mondiale debba chiaramente essere sotto l'occhio della riflessione collettiva anche da questo punto di vista. Quindi, mi rivolgo al Ministro Idem, il nostro Ministro dello sport, chiedendo che il 5 giugno non rimanga in silenzio ma esprima la nostra solidarietà al popolo palestinese che non può godere della libertà di questi eventi come tutti gli altri popoli liberi».
   «In questo intervento Di Stefano inizia male e finisce peggio», attacca Perugia, che fa notare come «nella guerra dei Sei Giorni Israele si difese dai Paesi confinanti che, dall'Egitto all'Iraq, ammassarono le proprie truppe ai confini e dichiararono ufficialmente guerra allo Stato Ebraico chiudendo gli Stretti. Non fu, dunque, Israele ad attaccare ma fu Israele a difendersi riuscendo a salvare il proprio popolo dalle minacce di distruzione. A questo va aggiunto che successivamente alla guerra dei Sei Giorni Israele prima restituì la Penisola del Sinai all'Egitto e poi, negli ultimi anni, si è ritirata dalla Striscia di Gaza, passando il controllo della stessa e di parte della Cisgiordania alle varie autorità palestinesi, nell'ottica dell'accordo "terra in cambio di pace».
   Per il portavoce della comunità ebraica, «quello del deputato 5 Stelle non è altro che un goffo tentativo di boicottaggio d'Israele. Del resto, come ricordano gli analisti di Focus On Israel e Progetto Dreyfus, di Stefano è lo stesso che sulla sua pagina Facebook ha postato: 'E' sconcertante che Israele possa bombardare sostanzialmente chiunque senza alcuna reazione degli stati 'democratici' occidentali'. Da un rappresentante parlamentare una tale impreparazione delle materie su cui ritiene opportuno intervenire è ingiustificabile. Chi è a capo dei 5 Stelle prima mandi a lezione di Storia i propri parlamentari e poi faccia allora chiarezza su cosa vuole essere: qual è la posizione ufficiale del Movimento? E inoltre: perché vengono tollerati ancora commenti antisionisti-antisemiti e razzisti sul blog di Grillo? Sono solo dei troll? Ed è un troll anche l'onorevole di Stefano?».

(Il Messaggero 27 maggio 2013)


Le scritte contro gli ebrei dei tifosi laziali

Dagli striscioni alle scritte sui muri all'indomani del derby Roma-Lazio

di Valentina Spotti

Nel corso della finale di Coppa Italia di ieri sera la tifoseria laziale ha mostrato uno striscione con una chiara allusione antisemita diretta ai tifosi della Roma: "La storia è sempre quella, sul petto vuoi la stella" - un riferimento nemmeno troppo velato alla stella di David, con cui si identificavano gli ebrei durante nazismo e fascismo.
Questa mattina, la pagina Facebook "Roma dica no ai raduni fascisti" ha pubblicato un'altra inequivocabile foto: una scritta azzurra apparsa su un muro di un edificio della Capitale: "Ecco la tua stella - Romanista ebreo".
Inevitabili i commenti: alcuni tifosi puntano il dito sulla "lazialità" come sinonimo di razzismo e antisemitismo, ma la ma la maggior parte dei commentatori laziali si dissociano dal gesto, condannando l'accaduto.

(Giornalettismo, 27 maggio 2013)


«Il presidente egiziano Morsi conquisterà Gerusalemme. Israele svanirà»

Il Mufti dei Fratelli Musulmani, citando una profezia, ha dichiarato sabato: «Israele è una creazione artificiale degli stranieri e svanirà»

Il Mufti Abdel Rahman al-Barr
Mohamed Morsi libererà Gerusalemme. È il Mufti dei Fratelli Musulmani Abdel Rahman al-Barr a predire la conquista musulmana di Gerusalemme da parte del presidente dell'Egitto. Il Mufti lo ha dichiarato sabato scorso durate la conferenza "Abbiamo liberato i nostri saldati e ora liberiamo la nostra [moschea a Gerusalemme] Aqsa", rifacendosi alla profezia di un chiaroveggente ebraico.
LA PROFEZIA - La moschea di al-Aqsa è il terzo sito più importante per i musulmani e si trova nella Gerusalemme vecchia, ora sotto il controllo di Israele, nello stesso luogo dove una volta era eretto il Tempio santo della religione ebraica. «Durante il governo del presidente Gamal Abdel Nasser, un chiaroveggente ebraico ha profetato che tre uomini chiamati Mohamed avrebbe guidato l'Egitto e che il terzo avrebbe liberato la moschea al-Aqsa di Gerusalemme - ha detto il leader musulmano - Il terzo Mohamed è proprio il nostro presidente Morsi, mentre il primo era Sadat e il secondo Mubarak».
«ISRAELE SVANIRÀ» - «Prima di Gerusalemme - ha aggiunto - devono essere liberate il Cairo e Damasco, come fatto da Saladino (che nel 12mo secolo ha unito Egitto e Siria, ndr). Israele, come precondizione per ogni dialogo di pace, vuole essere riconosciuto come Stato. Ma Israele è una creazione artificiale degli stranieri e svanirà». Infine ha lanciato un appello: «Tutti gli egiziani, a prescindere dalla loro professione, devono considerare come loro priorità la liberazione della Palestina».
«EBREI SONO SCIMMIE» - Non è la prima volta che un leader dei Fratelli Musulmani annuncia che Gerusalemme sarà conquistata. L'anno scorso, a guida suprema dei Fratelli Musulmani Sheikh Mohammed Badie ha dichiarato: «Gerusalemme è islamica e nessuno può accampare pretese sulla città santa. Il jihad per riprendere Gerusalemme è un dovere per tutti i musulmani». A inizio 2013 ha fatto scandalo una vecchia intervista del presidente Morsi, che negli Stati Uniti dichiarava: «Gli ebrei e i sionisti sono sanguisughe che attaccano i palestinesi, sono guerrafondai, discendono dalle scimmie e dai maiali».

(Tempi, 27 maggio 2013)


Attacco missilistico a Beirut

A Beirut, capitale del Libano, nella zona sotto il controllo del movimento radicale della "Hezbollah", sono esplosi due razzi di un lanciarazzi "Grad". Non ci sono vittime ma pare che tre/quattro persone siano state ferite.
L'attacco missilistico è stato effettuato immediatamente dopo il discorso di sabato del leader della Hezbollah Hasan Nasrallah, nel quale aveva annunciato che i guerriglieri della sua organizzazione combatteranno in Siria in favore del presidente Bashar al Assad fino alla vittoria finale. Al momento ancora non si sa chi ha effettuato questo attacco, anche se in precedenza i ribelli siriani avevano accusato la "Hezbollah" di aver ucciso alcuni di loro.

(La Voce della Russia, 27 maggio 2013)


La crescita dell'antisemitismo in Europa

Una recente ricerca dell'Università di Tel Aviv rivela che gli episodi di antisemitismo in Europa sono aumentati del 30 per cento tra il 2011 e il 2012

di David Harris*

  
David Harris
Un'ulteriore analisi dell'antisemitismo in Francia rileva che tali episodi hanno subìto un incremento del 58 per cento nello stesso periodo, e svela che la metà di tutti gli atti di razzismo commessi in quel paese sono diretti verso gli ebrei, mentre costoro costituiscono solo l'uno per cento della popolazione. Il fatto più eclatante dello scorso anno è stato l'assalto ad una scuola ebraica di Tolosa, terminato con l'omicidio di quattro ebrei, tra cui tre bambini.
Inoltre, sia Jobbik in Ungheria che Alba Dorata in Grecia, due movimenti che perseguono aggressivamente politiche xenofobe ed antisemite, hanno ottenuto l'ingresso di propri rappresentanti nei parlamenti di Stati membri dell'Unione europea. Altri movimenti politici estremisti che operano all'interno dell'UE hanno riscosso un discreto successo a livello locale e regionale.
In un editoriale del 5 maggio scorso, il quotidiano britannico The Independent ha descritto Jobbik così: "[sono dei] populisti ungheresi venuti dal nulla in pochi anni, che attribuiscono le colpe di tutti i malanni del loro paese ad un nemico interno - sarebbe a dire, a mezzo milione di Rom e 100.000 ebrei. "
Dal canto suo, Alba Dorata utilizza immagini pseudo-naziste nella sua demonizzazione degli ebrei e degli immigrati per portare avanti la sua piattaforma - un fatto che, per un Paese che soffrì la brutale occupazione del Terzo Reich, rende il suo parziale successo alle elezioni ancora più scioccante.
Ulteriori sondaggi hanno mostrato che gli atteggiamenti antisemiti continuano ad essere molto diffusi in alcuni paesi europei, tra cui risaltano la Spagna e la Polonia.
Inoltre, l'antisemitismo online è in aumento, e ciò ha spinto almeno un governo, quello francese, a cercare di combatterlo attivamente.
Infine, la campagna di demonizzazione e delegittimazione di Israele si fa più pressante.
Questa campagna va al di là delle normali critiche verso specifiche politiche israeliane, che fanno parte della vita quotidiana di ogni nazione democratica. Invece, secondo la definizione operativa di 'antisemitismo' dell'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali, si tratta di "negare il diritto all'autodeterminazione del popolo ebraico", "applicando due pesi e due misure, esigendo da Israele un comportamento che invece non si richiede ad altri paesi democratici", "utilizzando i simboli e le immagini dell'antisemitismo classico per fare la caricatura ad Israele e gli israeliani", oppure "metterndo a confronto la politica israeliana odierna con quella dei nazisti".
La crescita dell'antisemitismo in Europa è alimentata da tre fonti principali: l'estrema destra, in gran parte sostenuta dalle preoccupazioni per la crisi economica e per la crescente migrazione; l'estrema sinistra, che si rifiuta di accettare il diritto di Israele ad esistere, e da quei musulmani che sposano l'odio per gli ebrei e Israele. Un recente studio condotto in Belgio ha rilevato in proposito che quasi la metà degli studenti adolescenti musulmani esprimono opinioni antisemite.
Perché l'Europa, tra le sue molte altre sfide, dovrebbe preoccuparsene?
Le ragioni sono chiarissime.
L'Europa, più di ogni altro continente, conosce il pericoloso percorso dell'antisemitismo - da dove comincia e dove può portare.
Inoltre, la storia insegna che l'antisemitismo inizia sì con gli ebrei, ma in ultima analisi, minaccia il benessere di interi paesi.
Infine, l'Unione Europea ha reagito a secoli di guerre e persecuzioni sul suolo europeo per difendere i valori umanistici. Quando questi valori sono minacciati è giunto il momento di agire.
Non vi è una unica soluzione all'annosa patologia dell'antisemitismo, ma un buon punto di partenza sarebbe quello di ammettere che il problema esiste.
Ciò può sembrare ovvio, ma c'è chi si rifiuta di ammetterlo. Alcuni funzionari europei preferiscono credere che gli attacchi contro gli ebrei siano solo atti di "teppismo", non atti di antisemitismo. Altri trascorrono interminabili ore mettendo in discussione la metodologia dei sondaggi, invece di digerirne i risultati, che si confermano essere sempre preoccupanti. Altri, poi, preferiscono discutere sino alla nausea su dove si trovi il confine tra la critica ad Israele "legittima" e quella "illegittima", invece di riconoscere il semplice fatto che l'antisemitismo sin troppo spesso prende di mira il singolo ebreo per passare poi all'intero Stato ebraico di Israele.
E' necessaria la completa mobilitazione delle quattro componenti delle nazioni democratiche: (a) gli organismi regionali come l'Unione europea, il Consiglio d'Europa, l'OCSE; (b) lo Stato: la sua leadership politica, le forze dell'ordine, la magistratura ed il sistema educativo; (c) la società civile - i gruppi religiosi, le organizzazioni per i diritti umani, ed i media; e (d) gli individui di buona volontà.
Naturalmente, ci sono molti esempi odierni di tale mobilitazione. L'OCSE possiede un suo rappresentante speciale per combattere l'antisemitismo. Alcuni governi hanno adottato misure forti contro l'antisemitismo. Vi sono poi leader cristiani e musulmani che mostrano solidarietà con gli ebrei, e viceversa, nell'affrontare gli atti di fanatismo. E ci sono atti spontanei di buona volontà, come quello degli studenti Italiani che hanno difeso la loro compagna di classe ebrea derisa in maniera scandalosa da una sua insegnante
Eppure, mentre il problema cresce, sono necessarie più azioni di questo genere, ad ogni livello e in ogni paese. In caso contrario, non sono solo gli ebrei a rischio, ma lo è il tessuto stesso della società.


*David Harris è direttore esecutivo dell'American Jewish Committee (AJC).

(Vatican Insider, 27 maggio 2013)


Kerry, quattro miliardi ai palestinesi. Dollari in cambio di pace

Tutti contenti. Soprattutto Abu Mazen

John Kerry ci crede ancora. "Il piano per l'economia palestinese è quanto di più grande e ambizioso sia stato mai proposto dagli accordi di Oslo negli ultimi 20 anni". Nonostante anni di lavoro sprecato, il segretario di stato americano vuole rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi con una iniezione di aiuti economici alla Palestina. Dal Mar Morto, in Giordania, annuncia 4 miliardi di dollari di investimenti per infrastrutture turistiche e per l'agricoltura. Obiettivo far crescere l'economia palestinese del 50 per cento nei prossimi 3 anni. Il piano, messo a punto dall'inviato speciale del quartetto, Tony Blair, si concentrerà sul settore privato della società palestinese ma per Kerry è evidente il gancio diplomatico. Il nuovo piano marshall avrà successo se saranno ottenuti dei risultati dal punto di vista diplomatico. Per adesso nella photo-opportunity, Kerry benedice la stretta di mano tra Abbas e Peres. Sempre secondo Kerry, il piano ha avuto l'ok del primo ministro israeliano Netanyahu. Ma forse gli israeliani si sono stancati di tutte le parole sprecate intorno al processo di pace e solo per una classe dirigente che sta invecchiano resta questo il problema prioritario del Paese. Kerry si ostina a sollevare la questione, ma sappiamo come la pensano i palestinesi sul riconoscimento dello stato ebraico o sulle questioni dei confini. Si prova a persuaderli con i finanziamenti. Vedremo se servirà a qualcosa, a differenza che in passato.

(l'Occidentale, 27 maggio 2013)


"Dollari in cambio di pace", ovvero "Hardware in cambio di software". Dieci anni fa scrivevamo su questo sito il seguente commento (Notizie su Israele 183):
    «Le negoziazioni in Medio Oriente avvengono così. I palestinesi offrono agli israeliani "merce morbida" (software), etichettata sotto il termine generico "pace", in cambio di "merce dura" (hardware), consistente in terra, armi e soldi. I palestinesi incassano subito l'hardware israeliano, ma il software "pace" diventa addirittura volatile, perché agli israeliani non arriva niente. Segue allora un periodo di inevitabili contrasti, lotte, rabbie, sofferenze che spingono gli israeliani a desiderare ancora di più il software "pace" che si trova in mano alla controparte. Al momento opportuno i palestinesi tirano fuori solo una parte della merce che avrebbero dovuto consegnare subito e la rioffrono agli israeliani a un prezzo maggiorato. A questo punto intervengono gli americani che costringono gli israeliani a convincersi che si tratta di un buon affare.»
Il giochino palestinese continua ancora, perché evidentemente funziona. L’unica differenza è che adesso i palestinesi offrono la loro merce morbida “pace” direttamente agli americani in cambio della merce dura “soldi suonanti”. Quando questi saranno finiti, sarà sufficiente svalutare la merce “pace” già offerta con scompigli e agitazioni, e offrire come rimedio un’altra trancia di “pace promessa” (ne hanno in abbondanza) per ottenere così un’altra trancia di merce dura “soldi suonanti”. Ingegnoso il sistema. Con gli americani funziona alla meraviglia, soprattutto da quando a condurre le trattative con i palestinesi è un tipo come John Kerry. M.C.


Finisce il sogno dell'auto elettrica in Israele

Termina l'avventura dell'imprenditore israeliano Shai Agassi: la sua Better Place è entrata in regime di bancarotta. Il debito da 850 milioni di dollari era ormai diventato insostenibile, ed "I ricavi non sono sufficienti per coprire i costi operativi".

Better Place è entrata in regime di bancarotta. Termina quindi l'avventura dell'imprenditore israeliano Shai Agassi, uno fra i primi 'visionari' a credere ed investire nel campo delle automobili elettriche, capace di stringere accordi di collaborazione tanto con industrie private (Renault-Nissan) quando con attori pubblici (lo stato israeliano, che sperava di ridurre la sua dipendenza dal petrolio). La notizia è ufficiale e viene riportata da un comunicato. L'azienda californiana - il suo quartier generale è a Palo Alto - è stata infatti travolta da un debito monstre, quantificato in circa 850 milioni di dollari. "I ricavi non sono sufficienti per coprire i costi operativi" recita la nota.
Better Place viene fondata nel 2007 e trova finanziatori del calibro di Morgan Stanley ed HSBC. L'azienda cercava di sviluppare un modello di business alternativo, che prevedeva la sostituzione rapida di pacchi batteria scarichi: all'interno di specifiche stazioni era possibile rimpiazzare accumulatori esausti con altrettanti carichi nel giro di appena tre minti, replicando di fatto l'impostazione di un tradizionale benzinaio. Better Place era inoltre incaricata della vendita di una berlina elettrica alter ego della Renault Fluence Z.E. I suoi acquirenti potevano inoltre comperare pacchetti di ricarica annuali, che prevedono un chilometraggio prestabilito e l'accesso ai centri di cambio batteria: in Israele, ad esempio, la vettura era offerta con un pacchetto di 3 anni e 25.000 km annui al prezzo di 46.000 dollari, oppure al prezzo di 36.000 dollari con pacchetti mensili da 320 a 470 dollari in base al chilometraggio.
Nel prezzo era poi compresa l'installazione di una centrale di ricarica casalinga, da utilizzare quotidianamente nel caso in cui non sia necessario percorrere più di 160 chilometri. La situazione societaria di Better Place è turbolenta fin dallo scorso ottobre, quando Shai Agassi venne improvvisamente defenestrato. Questa mossa non si è rivelata sufficiente per arginare la crisi, come nemmeno la successiva chiusura delle sue attività in Australia e negli Stati Uniti.

(autoblog, 27 maggio 2013)


Quattro giorni per ricordare il salvataggio degli ebrei

di Fabio Zizzo

APRICA (SO) - Sarà una quattro giorni intensa per Alan Poletti, autore della ricerca storica e del libro sulla vicenda degli oltre duecento ebrei internati ad Aprica tra il 1942 e il 1943, posti in salvo grazie a una rete di rischiose solidarietà locali. Ma sarà soprattutto una grande emozione per Vera Neufeld e Branco Gavrin, all'epoca bambini, rivedere per la seconda volta i luoghi d'un periodo della loro infanzia e la fuga attraverso il confine svizzero.
Una prima volta, infatti, essi l'hanno già rivissuta interamente qualche anno fa. Soprattutto sarà, per gli aprichesi e gli ospiti che vorranno partecipare, un'occasione importante per ricordare un lontano e triste passato, durante il quale però vennero alla luce anche il miglior spirito e il miglior carattere dei nostri padri e nonni. Quasi tutti si distinsero per ospitalità, molti per fratellanza e alcuni anche per abnegazione nell'aiuto disinteressato agli sventurati Zagàbri. Ci sarà occasione per ricordarli tutti durante le cerimonie previste, compresi quelli ancora in vita. E all'Aprica sono più d'uno.
Si inizia l'1 giugno, con la posa di una Stele della Memoria nel Giardino di via Elvezia a Tirano, in ricordo di quanti collaborarono, nel Tiranese e in provincia, al salvataggio di quegli Ebrei perseguitati dalle leggi razziali. Uno degli eventi più significativi e rilevanti per il numero degli interessati, fu il trasferimento in Svizzera, organizzato con l'apporto di parroci, finanzieri, carabinieri e guide, degli ebrei di Aprica. All'avvenimento ha dedicato ricerche negli archivi inglesi, svizzeri e romani il prof. Alan Poletti, docente universitario a riposo e nipote di un emigrato di Villa di Tirano in Nuova Zelanda. Il suo studio, già edito in lingua inglese col titolo "A second life. Aprica to salvation in Switzerland 1943? è stato tradotto a spese dell'autore ed è stato pubblicato, per conto del Comune di Aprica, nelle edizioni del Museo Etnografico Tiranese con il titolo "Una seconda vita: Aprica - Svizzera 1943, la salvezza" (Sondrio 2012, pp. 155).
Il Comune di Tirano ha fatto i passi necessari per la realizzazione del monumento e ha identificato come luogo più idoneo il giardino pubblico di via Elvezia che si trova al centro dell'imbocco della Valle di Poschiavo, di fronte al commissariato di Pubblica Sicurezza. È questo un luogo simbolo della frontiera e del confine in senso concreto e anche ideale. Il monumento si chiamerà Stele della Memoria e sarà visibile a chi percorrerà la variante della Statale 38 che porta al valico di confine di Stato di Piattamala e a chi transiterà a bordo del Trenino Rosso del Bernina che collega Tirano a St. Moritz, da qualche anno iscritto nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità Unesco.

Programma

(l'Eco delle Valli, 27 maggio 2013)


Tel Aviv - Il nuovo Auditorium

di Joe Shammah

Il nuovo Auditorium di Tel Aviv

Esprimi un desiderio in occasione del Concerto inaugurale dell'Auditorium di Tel Aviv che riapre rinnovato, dopo più di tre anni di lavori. Contiene 2400 posti, 300 in meno della vecchia struttura, ma molto più comodi e con un'acustica all'avanguardia. Sul podio dirige Zubin Mehta e suona Itzhak Perlman. Mehta comunica subito pathos dirigendo l'Hatkvah rivolto direttamente verso il pubblico. Si apre con il Festival Prelude di Noam Sceriff, segue il concerto per violino ed orchestra di Ludwig van Beethoven op. 61 con un'esecuzione magistrale e virtuosistica di Itzhak Perlmann. Una standing ovation interminabile accompagna Perlmann che lascia faticosamente il palco, ma è tale lo scroscio di applausi che rientra in scena per gustarseli, questa volta guidando velocemente una sedia a rotelle. Gli applausi si rinnovano e Perlmann esce seguito da un saltellante Zubin Mehta, visibilmente compiaciuto del successo dell'amico violinista.
La serata si conclude con la Quinta sinfonia di Gustav Mahler, che lascia il pubblico pienamente appagato mentre il direttore e l'orchestra sono visibilmente stremati.
All'uscita brilla la luna piena, di buon augurio per l'inaugurazione della nuova sala e la ripresa della programmazione. È anche l'uscita del sabato, 25 maggio 2013, e l'inizio di una settimana che nasce sotto buoni auspici.

(Notiziario Ucei, 26 maggio 2013)


Hezbollah promette impegno al fianco di Assad per la vittoria finale

Hezbollah combatterà a oltranza al fianco delle forze del presidente Bashar al Assad per garantire la vittoria finale in Siria. In un discorso televisivo trasmesso in occasione del tredicesimo anniversario del ritiro israeliano dal sud del Libano, il leader del movimento sciita libanese ha difeso l'intervento delle sue milizie nella lotta ai ribelli e ha accusato Israele e gli Stati Uniti - che considerano Hezbollah organizzazione terroristica - di fomentare il conflitto.
"Posso testimoniare - ha aggiunto Nasrallah - che l'attuale leadership siriana ha accettato di sedersi al tavolo delle trattative per raggiungere una soluzione politica e ha accettato di implementare riforme fondamentali nel regime ma l'opposizione ha rifiutato il dialogo finora".
I combattimenti in Siria si concentrano ora a Qusayr, città vicina al confine libanese che le forze governative starebbero riconquistando. Sul fronte politico, Damasco ha accettato in linea di principio di partecipare alla conferenza internazionale di pace promossa da Stati Uniti e Russia a giugno, ma il cammino verso la cosiddetta "Ginevra 2" è a ostacoli, con un'opposizione orientata a partecipare, ma fortemente divisa.

(Euronews, 26 maggio 2013)


Hacker filosiriani contro la distribuzione di acqua a Haifa

GERUSALEMME, 25 mag. - Gli hacker filosiriani hanno sabotato il sistema che gestisce la distribuzione dell'acqua ad Haifa, in Israele. "L'attacco", ha spiegato Yitzhak Ben-Israel, capo del Consiglio nazionale di Ricerca e sviluppo, "e' stato portato a termine da un'organizzazione della quale non conosciamo i capi". Ben-Israele, ex consigliere di Benjamin Netanyahu per la sicurezza cibernetica, che l'aggressione e' una sorta di ritorsione contro i raid dell'aviazione dello Stato ebraico nel Paese impegnato da due anni in un conflitto civile. Ad aprile c'era stato un altro cibernetico siriano, che, secondo i servizi di sicurezza dello Shin Bet, aveva causato un danno considerevole.

(AGI, 25 maggio 2013)


Pronti per un secondo disastro? Ecco il piano di pace per la Siria

di Danile Raineri

ROMA - Ieri la Russia ha detto che il governo siriano è d'accordo "in principio" a partecipare alla conferenza di pace che si terrà a Ginevra entro le prossime due settimane. Per la prima volta rappresentanti del presidente Bashar el Assad siederanno a un tavolo con l'opposizione, in un incontro sponsorizzato da Stati Uniti e Russia. Il piano di pace Ginevra 2 ricalca il Ginevra 1, proposto il 30 giugno 2012 e prevede un cessate il fuoco a tempo indeterminato e la creazione a Damasco di un governo di transizione a cui affidare i poteri. Le posizioni sono inconciliabili già in partenza. Washington mercoledì scorso ha chiesto che Assad lasci il potere e non faccia parte di questo nuovo, ipotetico governo. Moaz al Khatib, rappresentante dell'opposizione siriana, ha chiesto che Assad lasci la capitale "entro 20 giorni, con 500 persone a sua scelta che potrà portarsi dietro", ma senza garanzia di immunità legale contro eventuali processi. Assad invece è fermo sulla sua posizione, lascerà l'incarico soltanto se sarà sconfitto nelle elezioni presidenziali che intende tenere l'anno prossimo, nel 2014. I russi, suoi sponsor, non hanno accennato ad alcuna condizione su Assad. Insomma: sul punto centrale, se Assad debba o non debba restare al suo posto, le parti sono in completo disaccordo. Ginevra 2 rischia di fare la fine di Ginevra 1, che fu un fallimento completo. Il piano avrebbe dovuto fermare i combattimenti, ma è passato quasi un anno e sono aumentati d'intensità: allora i morti erano circa 19 mila, oggi sono attorno a quota 100 mila. Il mediatore delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si dimise per la frustrazione quando si rese conto che il piano non poteva funzionare. Ieri il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si è sentito al telefono con il segretario di stato americano, John Kerry, per parlare della conferenza di pace di Ginevra (ancora non si conosce il giorno, anche se circola la data del 10 giugno). I due si incontreranno lunedì a Parigi, per parlare ancora. Questo clima d'intesa è però superficiale. Kerry nel suo recente viaggio a Mosca è stato tenuto fuori ad aspettare tre ore prima di incontrare il presidente Vladimir Putin - una rottura umiliante del protocollo - ma più che la forma conta la sostanza: Mosca continua le forniture di armi alla Siria sostenendo di dover onorare contratti già firmati, ma di recente sta fornendo ad Assad i mezzi per bloccare un eventuale intervento dall'esterno. Sistemi d'arma sofisticati, batterie di missili terra-aria capaci di colpire gli aerei che decollassero da Cipro, la base più vicina a disposizione della Nato, o dal mare davanti alle coste siriane. Washington rischia di trovarsi presto senza più possibilità di esercitare pressioni sul governo di Assad e non è la condizione ideale per sedersi ai negoziati. L'Amministrazione Obama non sembra nemmeno in grado di esercitare influenze pesantissime sui ribelli, perché per ora ha scelto la linea attendista dell'impegno ridotto. Gli aiuti più visibili sono le razioni militari di cibo già pronto che fa arrivare ai ribell. Così, se da una parte del tavolo di Ginevra 2 c'è idealmente Putin che sostiene Assad con i missili, dall'altra c'è Obama che aiuta l'opposizione con i tortellini secchi al formaggio. I sauditi in albergo a Istanbul La Russia annuncia la partecipazione del governo siriano alla conferenza di apce, ma a Damasco il potere pre-rivoluzione è stato sostituito da un consorzio allargato, di cui fanno parte Assad, il governo dell'Iran e i leader del gruppo libanese Hezbollah, che prende le decisioni strategiche come quella di attaccare la città di Qusayr e che non intende trattare sul serio un compromesso con l'opposizione. Sul fronte opposto, ieri una quindicina (su 30) di appartenenti del Consiglio militare supremo, lo stato maggiore dei ribelli (che però non rappresenta i gruppi estremisti come Jabhat al Nusra) ha incontrato in un albergo di Istanbul una delegazione saudita. Il regno del Golfo ha sostituito il Qatar come principale finanziatore della ribellione, ma tende a privilegiare i gruppi più moderati (può sembrare controintuitivo, ma i sauditi non vogliono rafforzare l'estremismo per poi ritrovarselo in casa). Il flusso di aiuti per ora ha rallentato.

(Il Foglio, 25 maggio 2013)


Gli europei di calcio under 21, arma per i terroristi e gli odiatori

Israele è quasi bloccato nelle risposte militari alle tante provocazioni che arrivano da parte di Hezbollah e di Hamas ed è attestato in posizioni prettamente difensive. A provocare questa situazione è l'avvicinarsi della data della fase finale degli europei di calcio under 21 che si terrà in Israele dal 5 al 18 giugno.
Infatti a Gerusalemme si rendono perfettamente conto che una risposta militare articolata a tali provocazioni provocherebbe una reazione da parte dei gruppi per il boicottaggio di Israele e dei tanti gruppi e sigle pacivendole che pullulano in tutto il mondo, reazioni che come sempre prescindono dal fatto che Israele abbia ragione o meno.
Ma se lo sanno a Gerusalemme lo sanno anche a Damasco, a Beirut, a Ramallah, a Gaza e, soprattutto, a Teheran. Per questo negli ultimi giorni sono aumentate le provocazioni sul Golan, lungo il confine con il Libano, a Gaza e in Cisgiordania ed è prevedibile che nei prossimi giorni e settimane aumenteranno ancora....

(Rights Reporter, 25 maggio 2013)


Gli ebrei a Sanremo e nel Ponente: da Walter Benjamin a Serge Voronoff

di Pierluigi Casalino

   
Walter Benjamin
SANREMO - E pur tuttavia, fin dall'Ottocento, gli ebrei di Sanremo disponevano di piccole sinagoghe, di centri di cultura giudaica e gestivano persino alberghi
Tra le storie degli ebrei a Sanremo e nel Ponente Ligure, si ricordano, in particolare, quelle di intellettuali come Walter Benjamin, che soggiornò a Sanremo e ne visse l'incanto, conservandone il ricordo fino alla sua tragica scomparsa, di scienziati come il medico russo di origine ebraica, Serge Voronoff, stabilitosi a Grimaldi nel 1925, allo scopo di promuovere i suoi studi di ringiovanimento. Entrambi furono assidui frequentatore della comunità ebraica della Città dei Fiori: una comunità non così nota come quelle dei russi, dei tedeschi, degli svizzeri e degli inglesi, che avevano scelto soprattutto Bordighera ed Alassio come centri d'elezione.
   E pur tuttavia, fin dall'Ottocento, gli ebrei di Sanremo disponevano di piccole sinagoghe, di centri di cultura giudaica e gestivano persino alberghi. L'ex moglie di Walter Benjamin, definito l'Angelo della Storia, oltre che per aver tentato di coniugare la teologia ebraica con il marxismo, conduceva la pensione Villa Verde alla Foce. La bellezza del paesaggio e lo spirito universale e cosmopolita di Sanremo , la sua mondanità e vivacità culturale attrassero molti uomini di pensiero ed artisti ebrei, ma anche uomini d'affari e diplomatici di famiglia ebraica anche tra le due guerre mondiali.
   Durante la Conferenza di Sanremo del 1920 che decise le sorti degli ex territori ottomani del Medio Oriente, notevole fu l'interesse suscitato nel mondo ebraico dalle trattative internazionali in corso sulla destinazione di quell'area del mondo. Walter Benjamin era uno scrittore oscuro, eccentrico, inquietante, introspettivo, misterioso, esoterico, pervaso da slanci cabalistici e poi convertitosi al materialismo dialettico. Benjamin perseguiva nel marxismo "le cose fini e spirituali", quali immagini autentiche della lotta di classe. Ricca di per sé di atmosfere e di sentimenti struggenti, Sanremo restò per questa ragione nel cuore di Benjamin fino all'ultimo suo giorno, quando temendo di essere consegnato ai nazisti e ai fascisti francesi, si tolse la vita a Port-Bou,al confine franco-spagnolo nel settembre del 1940.
   Testimone del suo amore per Sanremo e per la Riviera fu il suo grande amico di gioventù, lo studioso di mistica ebraica, Gershom Sholem, che di Benjamin conservò un affettuoso ricordo, pur criticandone la deriva marxista. Intrecciata con la triste vicenda della guerra fu anche la sorte dei Zitomirski di Vallecrosia e dei Bassi di Ventimiglia, che condivisero le sofferenze del resto della popolazione ebraica della Liguria. Molti ebrei liguri, alla vigilia e nei primi giorni del grande conflitto scoppiato nel 1939, fuggirono, proprio da Grimaldi, verso la vicina Francia, anche se ben presto tale flusso fu ostacolato dalle stesse autorità transalpine, che non volevano problemi con la Germania e con un'opinione pubblica interna, sempre più sospettosa dell'immigrazione giudaica in quel Paese. Chi non riuscì a riparare in Francia subì la terribile esperienza dei campi di concentramento tedeschi.

(Riviera24.it, 25 maggio 2013)


I b&b si aprono al turismo ebraico

Sottoscritta a Napoli convenzione tra Aigo Confesercenti e Associazione Italo-Israeliana

Ha preso il via da Napoli il progetto di ospitalità nelle strutture ricettive extralberghiere per intercettare flussi turistici di religione ebraica. L'Aigo, associazione nazionale del settore extralberghiero, e l'Associazione Italo- Israeliana per il Mediterraneo hanno siglato una convenzione che si muove in tale direzione.
"Un target di turisti in crescita nel nostro Paese che preferisce strutture in grado di rispettare i principi kosher - dice Agostino Ingenito, presidente Aigo - La convenzione consentirà di selezionare i b&b e dimore che possono rispondere alle esigenze di questi turisti che provengono non solo dall'Europa ma anche da tante altre parti del mondo (sono 600mila solo in Francia) e profondamente attratti anche da luoghi del Sud Italia che hanno radici ebraiche".
La prima colazione nei b&b associati Aigo si consumerà 'kosher', rispettando gli usi e le tradizioni che la religione impone.
Il successo del nostro comparto ricettivo che intercetta sempre più un turismo individuale e che rappresenta il primo segmento di ospitalità italiana come censito dall'Istat - continua Ingenito - è in grado di rispondere alle esigenze di diversi target di turisti e ancor di più per viaggiatori ebrei di tutto il mondo che possono contribuire ulteriormente a garantire riscontri positivi nella nostra bilancia turistica nazionale".

(Travelnostop, 25 maggio 2013)


Napoli e il mondo ebraico sempre più vicini

Le bellezze campane e napoletane, risorse imprescindibili per la nostra economia. E in linea con questa prospettiva è stata siglata tra l'Associazione Italo Israeliana per il Mediterraneo e l'Associazione Nazionale A.I.G.O. dei B&B una convenzione turistica al fine di convergere verso l'intero mezzogiorno i flussi turistici provenienti da Israele e dai paesi europei dove è significativa la presenza delle comunità ebraiche.

Video

(Jiulie News, 24 maggio 2013)


Tel Aviv celebra la Notte Bianca

Arricchita da numerosi eventi, torna il 27 giugno a Tel Aviv la Notte Bianca. Le celebrazioni ricorderanno la designazione di "Città Bianca" attribuita dall'Unesco nel 2003 per l'eccezionale collezione di edifici appartenenti all'architettura Bauhaus, che verranno illuminati lungo il Rotschild Boulevard e la Bialik Street, con visite guidate a cura della Tel Aviv-Jaffa Tourism Association. Numerosi ristoranti e bar proporranno menu speciali "Notte Bianca" e rimarranno aperte fino alle ore piccole le sedi delle manifestazioni culturali e ricreative, alcune con ingresso gratuito, altre con biglietti a prezzi ridotti. Noti musicisti suoneranno jazz, swing, blues e reggae, artisti di strada e maghi si esibiranno nei quartieri più trendy della città e numerodi attori di teatro reciteranno all'aperto.

(Travel Quotidiano, 24 maggio 2013)


Fiamma Nirenstein lascia l'Italia

Il saluto commosso della Comunità ebraica di Roma alla paladina dei diritti e d'Israele

Questo pomeriggio il Consiglio della Comunità Ebraica di Roma ha salutato con un brindisi Fiamma Nirenstein, che in queste ore si sta trasferendo in Israele. Il presidente, Riccardo Pacifici, e tutti i consiglieri, hanno voluto rendere omaggio a una delle più importanti voci internazionale a difesa dello stato di Israele e che per cinque anni si è battuta da deputato della Repubblica nell'aula del Parlamento o come semplice cittadina.
"Fiamma - ricorda Pacifici in un saluto commosso - è un esempio per tutti quelli che vogliono portare giustizia in Medio Oriente. La sua battaglia non è mai stata esclusivamente a favore di Israele ma anche in difesa di tutti i diritti civili e i diritti fondamentali dell'Uomo. A dispetto di chi in passato ha provato a criticarla per le sue posizioni, per noi è un esempio e la vogliamo ricordare anche come ex consigliere di questa Comunità, con un riconoscimento che la prossima settimana le conferiremo. Il suo contributo nella scorsa legislatura è stato decisivo e non poterla vedere più seduta in Parlamento è per noi una perdita incolmabile. Ora le auguriamo di continuare la sua attività nelle istituzioni internazionali e israeliane e la ringraziamo per tutto quello che ha fatto fino ad oggi, con la speranza di vederla sempre in prima linea assieme a tutti noi nelle battaglie in cui crediamo". Alla cerimonia era presente anche l'ambasciatore dello Stato d'Israele, Naor Gilon, che l'ha ringraziata per il suo impegno. Ma l'occasione del saluto alla Nirenstein ha raccolto anche i rappresentanti di tutte le associazioni e organizzazioni ebraiche, compreso il Benè Berith che ha conferito alla giornalista la medaglia d'argento.
"Per me è un'emozione unica - dice Fiamma ai suoi amici e compagni di tante campagne - perché da qui ho portato avanti innumerevoli battaglie a difesa dei diritti dell'Uomo e d'Israele, prima come giornalista e poi come parlamentare. Non potrò mai scordare quanto vissuto con ognuno di voi. Quello che abbiamo fatto per Israele e per le donne, i dissidenti, gli omosessuali e ogni minoranza discriminata mi commuove, come mi commuove vedervi qui oggi ad abbracciarmi. Ora farò l'alyah e anche se ho già fatto la giornalista in Israele per 20 anni, questo è un passo diverso. Ma non vi libererete facilmente di me - spiega in modo ironico la Nirenstein - continuerò a lottare per le stesse cose e sarò il vostro link affinché l'Europa tenga la testa alta e Israele porti sempre alta la bandiera della democrazia".

(Comunità Ebraica di Roma, 24 maggio 2013)


L'integrazione tra ebrei e arabi passa per l'innovazione tecnologica

Vocazione a innovare, investimenti alla ricerca scientifica. E cambio di rotta per la minoranza araba su scuola e lavoro. È la via israeliana spiegata da Manuel Trajtenebrg, economista della Tel Aviv University.

di Daniela Cipolloni

Mentre l'economia delle altre potenze occidentali naviga in cattive acque, c'è un piccolo Stato come Israele, in perenne conflitto con i suoi vicini e privo di risorse naturali, che sembra invece resistere alla crisi. Il pil cresce da 60 anni a questa parte (+3,2% nel 2012, anche se in diminuzione rispetto al +4,6% del 2011), l' inflazione è bassa (inferiore al 2%), il sistema bancario è solido, l' imprenditoria dinamica. Com'è possibile? Manuel Trajtenebrg, docente di economia della Tel Aviv University, tra i massimi esperti di politiche per l'innovazione, sintetizza così il segreto di Israele: "Da più di 40 anni, crediamo nell'industria basata sulla scienza. Nessun miracolo, quindi, seppur in Terra Santa", dice Trajtenebrg, in visita in Italia in occasione dell' Ambrosetti Technology Forum, il 24 e 25 maggio a Venezia.
   Se, insomma, Israele può ben vantarsi del titolo di startup nation - in quanto detiene il record mondiale di neonate imprese - è perché ha investito a lungo termine su cervelli, università, ricerca scientifica d'eccellenza e trasferimento tecnologico. Chiamare lo stato ebraico la Silicon Valley del Medioriente sarebbe riduttivo. Anche se hi-tech e Itc sono i principali volani dell'economia (con più di quattromila imprese nel settore), l'acceleratore R&D spinge anche su altre direzioni: dalla genetica alle bioingegneria, dalle nanotecnologie alle energie rinnovabili. E chissà che non possa partire da qui, dalla cooperazione scientifica, tecnologica e imprenditoriale, un futuro più pacifista. Un primo segnale c'è: il governo di Benjamin Netanyahu ha avviato un programma per promuovere le opportunità professionali della comunità araba d'Israele, più emarginata e penalizzata rispetto agli ebrei. Trajtenebrg, a capo del Planning and Budgeting Committee del Council for Higher Education, è un convinto sostenitore di questo piano, finanziato per circa 80 milioni di dollari per i prossimi sei anni: "L'integrazione - afferma l'economista - sarà una leva per lo sviluppo".

- È una politica inedita per lo Stato ebraico.
  "Gli arabi israeliani sono il 20% della popolazione, una comunità giovane e numericamente in crescita, ma non sufficientemente integrata, sia geograficamente (sono concentrati soprattutto al Nord), sia a livello sociale: gli studenti sono sottorappresentati nelle università, solo il 10% del totale, i dottorandi ancora meno, di conseguenza le prospettive professionali sono più basse e il reddito medio è inferiore. È un quinto della popolazione, ma rappresenta solo per l'8 per cento dell'economia del paese. Credo che sia necessario un grande sforzo per colmare questo gap. Perché è la cosa giusta, e perché una politica di inclusione è una spinta propulsiva per la società che ha ricadute positive anche per la crescita del paese. Bisogna favorire l'ingresso e la competitività nel mondo del lavoro degli arabi israeliani, migliorando l'accesso all'istruzione superiore e la formazione di capacità tecnologiche avanzate. È quanto questo programma si propone nei prossimi anni".

- Quali altre strategie adotta Israele per scansare la crisi in questa lunga fase di recessione?
  "Anche se la crisi non ha influenzato la capacità d'innovazione delle imprese e delle startup, il paese ha risentito di una contrazione nelle esportazioni verso Europa e Stati Uniti. Ora sta virando e differenziando l'offerta anche verso altri mercati, come quello asiatico e sudamericano. Hi-tech e telecomunicazioni restano eccellenze in Israele (rappresentano la metà del volume dell'export), ma non è sostenibile una crescita economica fondata solo su un settore. Stiamo cercando di rafforzare l'innovazione che arriva dalla ricerca scientifica, in particolare nel campo delle nanotecnologie, delle scienze della vita e bioinformatica ed energie rinnovabili".

- Quanto investe Israele nella ricerca?
  "In un mondo che cambia rapidamente, si sopravvive solo se si è capaci di innovare, e innovare significa investire sul capitale umano. Ovvero: istruzione di alto livello, ricerca e trasferimento tecnologico. Israele è il paese che spende di più in R&D (il 4,5% del Pil, più di Finlandia, Svezia, Corea, Giappone) e può vantare il primato mondiale di brevetti da università e laboratori di ricerca. C'è un forte sostegno del governo perché le idee innovative si traducano in start-up, attraverso incubatori tecnologici, consorzi di imprese e università, grant a progetti di R&D commerciale, fondi alle iniziative individuali. La strategia di Israele è offrire questo supporto in modo neutrale, senza prescrizioni stabilite dall'alto. Non si dice 'sviluppate questo, perché m'interessa': così s'imbriglia l'innovazione, che invece dev'essere dinamica, aperta verso il mercato e libera. Ma non è importante solo quanto spendi: conta anche come lo spendi. Non vanno bene i finanziamenti a pioggia: in ambito accademico si premiano gli istituti migliori, che quindi cercano di formare e attrarre i cervelli migliori".

- Così si contrasta anche il fenomeno del "brain drain", la fuga dei ricercatori.
  "
Sì, per questo tre anni fa è stato lanciato un programma, chiamato I-Core (Israeli Centers for Research Excellence) che punta a creare in Israele centri di altissima specializzazione, dove reclutare i migliori scienziati, fare massa critica, guadagnare un vantaggio competitivo e diventare i numeri uno in specifici campi d'indagine. Gli ambiti di ricerca sono selezionati attraverso un processo bottom-up, una sorta di concorso delle idee. Della serie, 'diteci su cosa investire, e perché'. I primi programmi finanziati da I-Core riguardano: genetica e medicina personalizzata, studi cognitivi sul cervello, computer science e algoritmi, energie rinnovabili".

- Insomma, la chiave è la visione a lungo termine. Finora ha funzionato. Quali sono le migliori innovazioni nate in Israele?
  "Sono di origine israeliana le unità di memoria flash (le comuni chiavette Usb), la prima chat di istant messaging, la stampa digitale, la video-capsula endoscopica o i pomodorini pachino, solo per fare qualche esempio".

- Una voce enorme del budget di Israele - 14 miliardi di dollari, 3 dei quali finanziati da Washington - riguarda le spese militari. Un freno o un motore per lo sviluppo?
  "Ci sono pro e contro. L'intelligence, cioè la capacità di collezionare informazioni in campo militare, ha un ruolo estremamente importante, dà impulso a startup di information technology con ricadute importanti per il mercato civile. È una risorsa d'innovazione no-stop. Il lato negativo è che la spesa militare è troppo grande, drena risorse per altri scopi, come lo sviluppo civile. Va ridotta, e credo che il governo andrà in questa direzione".

- La pace a Israele conviene?
  "Assolutamente, e la nuova generazione di startupper sarà una forza trainante per raggiungere questo sogno. I giovani imprenditori non vogliono vivere in un paese circondato da nemici. Oggi ci sono pochi esempi di joint-venture nell'hi-tech tra israeliani e palestinesi, ma ci sono. Lavorare insieme è un punto di partenza".

(Daily, 24 maggio 2013)


Ved. anche "Innovazione tecnologica: è Israele il nuovo paradiso delle startup"


Le agenzie si formano su Eden Made Israele

Eden Viaggi ha incontrato gli agenti di viaggio a Lugano, Firenze e Roma con i Roadshow Eden Made Israele. Hanno partecipato agli eventi più di 140 agenti di viaggio che hanno visto l'intervento di Pietro de Arena, Direttore Marketing del Ministero del Turismo di Israele in Italia e di Silvia Brunetti, Responsabile Prodotto Eden Made di Eden Viaggi.
Matteo Bolognesi - Responsabile Eventi di Eden Viaggi - dichiara: una nuova affascinante avventura ci ha condotto ad incontrare gli agenti di viaggio a Roma, Firenze e Lugano desiderosi di conoscere Israele, il paese dei contrasti, dove convivono armoniosamente una ricca ed illustre storia con i moderni aspetti che caratterizzano alcune città come Gerusalemme e Tel Aviv. Siamo soddisfatti della folta partecipazione degli agenti di viaggio, questi incontri rappresentano sempre importanti momenti di condivisione e confronto.

(Travelling Interline, 24 maggio 2013)


UEFA Under 21 - I 23 convocati di Israele

di Boaz Goren

Il Ct di Israele Guy Luzon

"E' un giorno difficile per me", ha ammesso il Ct di Israele Guy Luzon dopo aver stilato la lista dei 23 calciatori che parteciperanno al Campionato Europeo UEFA Under 21.
A due settimane dall'inizio del Campionato Europeo UEFA Under 21, i padroni di casa di Israele hanno ufficializzato la lista dei 23 calciatori che parteciperanno al torneo.
Il centrocampista del Real Racing Club Gai Assulin è la principale esclusione del tecnico Guy Luzon, insieme a due colleghi di reparto del Maccabi Tel-Aviv FC, Dor Micha e Moshe Lugassi. "E' un giorno difficile per me - ha ammesso Luzon -. I giocatori che non ho convocato hanno grande talento e un incredibile spirito. Fanno ancora parte della famiglia dell'Under 21".
Israel disputa la gara di esordio contro la Norvegia a Netanya mercoledì 5 giugno, sfidando poi Italia (8 giugno) e Inghilterra (11 giugno) nel Gruppo A.

I convocati di Israele
Portieri: Boris Kleyman (Hapoel Tel-Aviv FC), Arie Yanko (Hakoah Maccabi Amidar Ramat Gan FC), Barak Levi (Maccabi Tel-Aviv FC).
Difensori: Ofir Davidzade (Hapoel Beer Sheva FC), Ben Vahaba (Hapoel Beer Sheva FC), Ahad Azam (Hapoel Haifa FC), Edi Gotlib (Hapoel Akko FC), Omri Ben Harush (Maccabi Netanya FC), Ido Levi (Maccabi Netanya FC), Taleb Twatha (Maccabi Haifa FC), Eliazer Dasa (Beitar Jerusalem FC), Ofer Verta (FC Ashdod).
Centrocampisti: Ofir Krieff (Beitar Jerusalem FC), Nir Biton (FC Ashdod), Marouan Kabah (Maccabi Petach-Tikva FC), Eyal Golasa (Maccabi Haifa FC), Omri Altman (Fulham FC), Sintayehu Sallalich (Hapoel Kiryat Shmona FC), Israel Zaguri (Hapoel Ramat Gan FC).
Attaccanti: Orr Barouch (Bnei Yehuda Tel-Aviv FC), Mohammed Kalibat (Bnei Sakhnin FC), Alon Turgeman (Maccabi Haifa FC), Moanes Dabour (Maccabi Tel-Aviv FC).

(UEFA.com, 24 maggio 2013)


Movimento 5 Stelle contro Israele

Quello a cui si è assistito ieri alla Camera dei Deputati italiani è stato un vero e proprio attacco del Movimento 5 Stelle contro Israele che mostra ancora una volta, se ve ne fosse bisogno, come la pensa il partito di Grillo in merito allo Stato Ebraico.
Il "cittadino" Manlio Di Stefano parlando a nome del Movimento 5 Stelle ha chiesto al Governo Italiano che in occasione della inaugurazione della fase finale del campionato europeo di calcio Under 21 che si terrà in Israele dal 5 al 18 giugno 2013 lo stesso Governo (non si sa se nella persona del Ministro dello sport, Josefa Idem, oppure in quello degli Esteri, Emma Bonino) prendano posizione contro Israele ricordando durante la cerimonia di inaugurazione che lo stesso giorno (5 giugno) del 1967 ebbe inizio la guerra dei sei giorni che portò sotto il controllo di Israele la Penisola del Sinai, la Striscia di Gaza, le Alture del Golan e una parte della Cisgiordania. Non solo, il deputato del Movimento 5 Stelle è andato oltre accusando Israele di "distruggere gli stadi" e di "fare discriminazione anche in ambito sportivo" in quanto Israele farebbe "ostruzionismo agli eventi che prendono in considerazione il lato palestinese". E così ha chiesto al Ministro dello Sport, Josefa Idem, che "il 5 giugno non rimanga in silenzio ma esprima la nostra solidarietà (dell'Italia) al popolo palestinese che non può godere della libertà di questi eventi come tutti gli altri popoli liberi".

(Rights Reporter, 24 maggio 2013)


La prima cucina sociale kasher in Italia

di Ruth Migliara

La prima cucina sociale kosher in Italia. Questa è la nuova sfida del Merkos l'Inyonei Chinuch di Milano, associazione fondata in America nel 1940 dal Rebbe di Lubavitch, Rabbi Yosef Yitzchok Schneerson e presente in Italia dal 1959. Si tratterà di una mensa che distribuirà pasti gratuiti da asporto ai bisognosi e avrà sede nei locali delle scuole del Merkos di Milano, in Via Forze Armate. A sostegno dell'iniziativa si terrà il 17 giugno un evento benefico di grande prestigio al Teatro Vetra di Milano: "Beteavòn! La serata che nutre un progetto".
La grande differenza, che renderà la cucina sociale del Merkos un unicum rispetto ad altre iniziative simili già presenti sul territorio italiano e milanese, sarà quella di essere Kasher.
I cibi saranno infatti preparati secondo i dettami della Kashrut, ossia quell'insieme di regole enunciate nella Torah, sulla base delle quali un alimento può essere definito "Kasher", ossia permesso.
Dunque una iniziativa assistenziale per gli ebrei, ma anche per tutti coloro che ne avranno necessità.
Il cui successo è già stato testato su altri progetti analoghi, avviati della medesima associazione del Merkos in Australia e in Brasile.
Il cibo è vita e base di ogni sussistenza e, attraverso la vita e in nome di essa, possiamo e dobbiamo abbattere ogni distinzione culturale, etnica o religiosa che sia.
Intervistiamo perciò Rav Igal Hazan, Direttore delle scuole del Merkos di Milano, nonché promotore dell'ambizioso progetto.

- Da dove nasce l'idea di una cucina sociale kasher?
  Nasce dalla necessità della scuola di avere una cucina propria, che limiti i costi del catering esterno di fronte all'aumento del numero degli studenti iscritti che è raddoppiato negli ultimi anni.
In un ottica di ottimizzazione delle risorse, abbiamo tuttavia pensato di far fruttare questa mensa a 360 gradi e dargli un significato che vada oltre la sua finalità di mensa scolastica, distribuendo quotidianamente pasti d'asporto ai bisognosi, che saranno doppi nella giornata di venerdì, in previsione dello Shabbat ebraico.

- Chi saranno gli utenti della cucina?
  Saranno persone in difficili situazioni economiche, che hanno la volontà o la necessità di mangiare kasher, ma più in generale chiunque ne abbia bisogno.
E' emerso infatti dal confronto con altri enti che operano nel settore sul territorio milanese che l'utente tipo di una iniziativa di questo genere non è di questi tempi soprattutto l'emarginato che ci si immagina.
La congiuntura economica ha messo molte famiglie e individui in difficoltà, appartenenti alla cosidetta "classe media". Sono persone con problemi lavorativi, genitori single o famiglie che arrivano con fatica a fine mese. L'utenza è dunque vasta, ma la novità rispetto ad altre mense è per l'appunto il fatto che sia kasher, valore aggiunto importante per una persona di religione ebraica.
A questo proposito pensiamo di distribuire pasti anche a coloro che pur non essendo in gravi difficoltà economiche, ne abbiano bisogno per esigenze personali, dietro pagamento di una cifra simbolica sociale.
Un prezzo convenzionato per chi vuole mangiare kasher, e non ha tempo per prepararsi un pasto, ma neanche le disponibilità economiche da investire per mangiare sempre fuori casa in un ristorante.

- Saranno gli utenti a venire da voi o il contrario?
  L'idea è di operare in sinergia con coloro che sono già attivi nel sociale, sia in ambiente ebraico che non, per avere segnalazioni di eventuali casi che possano fruire del servizio.
Sfrutteremo inoltre anche la nostra rete di rabbini e persone che collaborano con noi per la segnalazione di chiunque possa essere nel target della cucina.
Infine sarà possibile l' accesso diretto, che incentiveremo attraverso una campagna di informazione non appena la mensa avrà iniziato le sue attività a pieno ritmo.

- Per quando è prevista l'apertura della cucina sociale kasher?
  Abbiamo appena ultimato la fase più impegnativa.
Sotto l'aspetto strutturale, sono terminati i lavori di ristrutturazione e di adeguamento alle rigorose normative sugli otre 100 metri quadrati della cucina.
Ora siamo in fase di acquisto dell'attrezzatura, fase che speriamo sia conclusa in pochi mesi.
L'idea è perciò di essere operativi per l'inizio della feste solenni ebraiche che cadranno quest'anno in settembre.

- Quali sono stati gli aiuti economici fino ad ora e come pensate di far fronte alle prossime spese?
  Nella prima fase abbiamo avuto aiuti da privati e in piccola parte da enti pubblici.
Attualmente invece stiamo preparando un grande evento benefico per il 17 giugno.
Una serata nel corso della quale speriamo di raccogliere i fondi per ultimare l'opera e avviare il progetto. Partecipare a questo evento sarà un modo per aderire al progetto e sostenerlo in prima persona. Si tratterà di una cena di gala con ottimo cibo e un fitto programma di intrattenimento, che avrà luogo in un bellissimo spazio, il Teatro Vetra, nel cuore di Milano.
Raiz degli Almanegretta, protagonista dell'ultimo Festival di San Remo, canterà per gli ospiti, mentre, a curare la riuscita della serata sarà un celebre wedding planner e un catering di prestigio da una stella Michelin.

- Perché aderire al progetto?
  Dare cibo a chi ne ha bisogno va oltre ogni filosofia, corrente e differenza culturale e religiosa.
E' un progetto trasversale, per creare unione e solidarietà di tutti verso tutti.
Fino ad ora ho trovato un grande entusiasmo e approvazione da parte di tutti coloro, ebrei e non, a cui è stata illustrata l'idea.
Come insegna la Torah, quando si dà, si aiuta anche se stessi e il cibo è qualcosa di universale alla base della vita, un valore che possono condividere e sostenere tutti.
Noi offriamo una splendida serata di divertimento, cibo di alto livello e condivisione, per dare lo stesso a chi non può avere altrettanto.
Vi invitiamo perciò tutti a partecipare , contattandoci a info@merkos.it.

(Kolot, 24 maggio 2013)


La guerra per la verità

di Philippe Karsenty

Philippe Karsenty
Per più di dieci anni, insieme a molti amici, mi sono battuto perché venisse fuori la verità sulla "calunnia del sangue" al-Dura. E per tanti anni l'argomento più forte dei nostri avversari è stato il silenzio dello Stato di Israele sulla vicenda. Per questo, ottenere il sostegno della posizione ufficiale di Israele era un obiettivo estremamente importante.
   Domenica scorsa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ricevuto il rapporto di Moshe Ya'alon e Yossi Kuperwasser che conferma le mie accuse alla tv pubblica francese. Si tratta di una pietra miliare sulla strada per la verità.
   Ieri (22 maggio) una Corte d'appello francese avrebbe dovuto emettere sentenza su un altro episodio del mio processo per diffamazione contro "France 2", ma il verdetto è stato rimandato, per la seconda volta. Ora è atteso per il 26 giugno.
   Una mia vittoria in questa causa potrebbe essere un passo avanti importante, ma nulla è certo. Cinque anni fa, dopo che avevo vinto in primo appello, "France 2" ha negato che il suo reportage su al-Dura fosse falso ed ha fatto ricorso alla Corte Suprema francese su questioni tecniche. L'anno scorso hanno vinto e il verdetto è stato annullato. La più alta Corte di Francia ha decretato che non avevamo il diritto di vedere tutto il filmato girato da "France 2", non montato, per decidere se avevo ragione o torto ad accusarli di aver contraffatto il loro reportage. Una sentenza kafkiana. Se perdo, si può star certi che i demonizzatori di Israele e "France 2" useranno il verdetto per calunniare Israele, e il sottoscritto, e poco importa se perdo su questioni procedurali.
   Quasi tredici anni dopo la messa in onda della calunnia al-Dura, Israele sta ancora cercando di riabilitare il proprio nome, e questo dovrebbe essere motivo di preoccupazione per lo Stato e per i suoi cittadini. Tredici anni e così tante vite perdute a causa dei silenzi, dell'incapacità di Israele di capire che l'antisemitismo globale si nutre della riluttanza di Israele a difendere il proprio punto di vista. Ma non ho mai perso la fiducia, perché mi batto per la verità.
   Ora che lo Stato d'Israele ha preso la decisione ufficiale di battersi per difendere la sua reputazione, è importante incoraggiarlo ad andare avanti e ad analizzare come sia stato possibile che questo enorme disastro d'immagine si protraesse così a lungo. L'inchiesta della Commissione Kuperwasser è stata importante e produttiva. Ora raccomando con forza che lo Stato d'Israele istituisca una commissione d'indagine per capire quali sono i problemi che hanno portato a questa situazione. Un giorno o l'altro Israele dovrà affrontare un'altra menzogna, un'altra "calunnia del sangue", altre false accuse durante le sue operazioni militari. Israele non era preparato per questa guerra, e l'ha persa.
   Sin dalla creazione dello Stato d'Israele, i suoi nemici arabi con la complicità di alcuni occidentali hanno cercato di distruggere quella piccola nazione con la guerra aperta. Hanno fallito. Hanno tentato con il terrorismo, ma in fondo anche quello ha fallito. Allora sono passati alla guerra dei mass-media, e qui purtroppo hanno avuto successo. Il risultato è che ora le guerre che Israele vince sul terreno, nel rispetto delle leggi e dei trattati internazionali, le perde sul campo di battaglia dei mass-media e quindi nell'arena diplomatica.
   Il rapporto ufficiale israeliano pubblicato domenica segna un punto di svolta nell'atteggiamento delle autorità israeliane: hanno deciso di battersi per il loro buon nome. È una buona notizia, ma sarà utile solo se saranno capaci di analizzare gli errori fatti e trarne le conclusioni per non ripeterli.
   Come in ogni guerra precedente, Israele non ha altra opzione che vincere. È una questione di sopravvivenza, e sono certo che Israele ce la farà.

(Jerusalem Post, 23 maggio 1203 - da israele.net)


Netanyahu: Il rapporto Aiea sull’Iran mostra l’inutilità delle sanzioni internazionali

GERUSALEMME, 23 mag. - "È chiaro" che le pressioni economiche e diplomatiche "non sono riuscite a impedire all'Iran di portare avanti il proprio programma di armamento nucleare". Lo ha detto il premier di Israele Benjamin Netanyahu, citando un documento riservato fatto circolare questa settimana dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), in cui si afferma che Teheran ha migliorato le strutture per l'arricchimento dell'uranio e fatto progressi nella costruzione di un reattore per la produzione di plutonio. Netanyahu ha parlato nel corso di un incontro con il ministro degli Esteri britannico William Hague, il quale ha espresso la sua "forte preoccupazione" per il programma nucleare iraniano.
Israele e i suoi alleati occidentali ritengono che sia l'arricchimento dell'uranio sia la produzione di plutonio da parte dell'Iran siano mirati a realizzare armi atomiche, mentre Teheran afferma con forza che i suoi programmi abbiano scopi esclusivamente civili. Israele ha ripetutamente fatto capire di essere pronta ad attaccare le strutture nucleari iraniane nel caso in cui la diplomazia non riuscisse a fermare il programma di Teheran.

(LaPresse, 23 maggio 2013)


Israele - Legge sul Rabbinato, primo sì alla riforma

di Rossella Tercatin

I Rabbini Capo Yona Metzger e Shlomo Amar
Ha avuto esito positivo il primo passaggio alla Knesset della riforma della Legge sul Rabbinato Centrale israeliano per quanto riguarda le regole di nomina delle due figure di rabbino capo ashkenazita e sefardita. La proposta, conosciuta come Stern Law dal nome del deputato di Hatnua che l'ha proposta, ha ricevuto una larga maggioranza (53 i voti favorevoli, solo 14 i contrari) e prevede l'allargamento del comitato incaricato di eleggere i successori di rav Yona Metzger e rav Shlomo Amar (nell'immagine) che si formerà nelle prossime settimane. Attualmente l'assemblea è composta da 150 membri di cui 80 rabbanim, che includono rabbini capo di città e prescelti dal ministro per gli Affari Religiosi, i dayanim (titolo rabbinico superiore che abilita alla funzione di giudice) più anziani del Paese, e 70 rappresentanti del pubblico, tra cui spiccano i sindaci delle 25 principali città, due ministri scelti dal governo, cinque deputati eletti dalla Knesset, dieci cittadini selezionati dal ministro degli Affari religiosi. La riforma prevede che i grandi elettori aumentino di un quarto, raggiungendo i 200, ma soprattutto punta ad assicurare che una significativa percentuale di questi sia costituita da donne, per garantire una maggiore rappresentatività dell'intera società israeliana in una scelta che sull'intera società ha importanti ricadute, dal sistema matrimoniale alle conversioni e alla kasherut.
Il voto segna anche una spaccatura all'interno della formazione di ultra-destra religiosa Habayit Hayehudì: sebbene il partito ufficialmente appoggiasse la nuova legge, solo tre suoi suoi 12 deputati erano presenti in aula e hanno votato a favore: il leader Naftali Bennett, che ricopre anche la carica di ministro degli Affari religiosi, Uri Orbach, e Ayelet Shaked. Ossia quelli che, come sottolinea il quotidiano Haaretz, ne rappresentano l'area più moderata.
Questa situazione riflette una frattura della componente sionista religiosa nella politica israeliana (molti i deputati che vi si richiamano, nelle file di vari partiti) anche su un altro fronte: l'ala più liberal appoggia la candidatura al rabbinato ashkenazita del rav David Stav, a capo dell'organizzazione Modern Orthodox progressista Tzohar, l'ala più conservatrice sostiene invece il rabbino capo di Ramat Gan Yaakov Ariel.

(Notiziario Ucei, 23 maggio 2013)


Il Senato degli USA ha chiesto di sostenere Israele nel caso di scontro con l'Iran

Le autorità degli USA debbono sostenere Israele se lo Stato ebraico prenderà misure militari per neutralizzare la minaccia nucleare da parte di Teheran, si dice nella risoluzione, approvata mercoledì dal Senato del Congresso USA.
Nel documento, preparato dai senatori Robert Menendez e Lindsey Graham, è messo in evidenza che il testo non autorizzerà l'uso della forza, ma dichiara sostegno dell'Israele.
"Se Israele sarà costretto a prendere misure militare per difendersi dal programma nucleare iraniano, dobbiamo, usando tutti i nostri mezzi, aiutarlo a difendere il suo territorio, il popolo e la sua esistenza" si dice nella dichiarazione.

(La Voce della Russia, 23 maggio 2013)


E' pari a 5,4mld di Nis il deficit commerciale di Israele nel mese di aprile

Secondo dati pubblicati dalla Central Bureau of statistics Israeliano, le importazioni Israeliane (esclusi diamanti) nel mese di Aprile sono state pari a 19.9 miliardi di NIS, di cui il 35% da paesi UE, l' 11% dagli Stati Uniti, il 18% dall'Asia e il 36% dal resto del mondo.
Le esportazioni di beni (esclusi diamanti) nel mese di Aprile sono state pari a 14.5 miliardi NIS, di cui 33% verso paesi UE, 245 verso Stati Uniti, 19% verso l'Asia e il restante 24% delle esportazioni, sono stati verso al resto del mondo.
Nel periodo Gennaio - Aprile 2013 il deficit Commerciale di Israele (esclusi i diamanti) e' stato dunque di 17.6 miliradi di NIS, a fronte di un deficit di 29.6 miliardi nello stesso periodo dell'anno precedente.

(Tribuna Economica, 23 maggio 2013)


Allarme antisemitismo, ecco i gruppi politici più criticati

Per quanto possa sembrare un argomento lontano nel tempo, i fatti dimostrano che poi tanto lontano non è. I gruppi di matrice antisemita sono più attuali che mai, e si schierano ancora contro ebrei, turchi e molti altri.

di Ilaria Sulla

  
Il "Movimento per una Ungheria migliore", comunemente chiamato "Jobbik", è un partito politico di estrema destra che è stato tacciato di antisemitismo e fascismo. Il partito è inoltre antieuropeista: durante una manifestazione del 14 gennaio 2012 molti militanti sono scesi in piazza per chiedere l'uscita dall'Unione Europea, bruciandone addirittura la bandiera. Il motivo per cui da qualche giorno a questa parte il partito sta facendo tanto parlare di sé è la richiesta di un deputato di Jobbik, tale Marton Gyongyosi, di un lista di persone ebree presenti in Parlamento. Questa richiesta dal sapore antisemita ci riporta velocemente a più di mezzo secolo fa. Il deputato ha dichiarato di essere stato frainteso ed ha spiegato: "La mia affermazione potrebbe essere stata male interpretata. Mi scuso con i nostri compatrioti ebrei, perché la mia proposta non è contro di loro, ma punta a creare una lista dei residenti con doppia cittadinanza, ungherese e israeliana, per valutare i potenziali rischi contro la sicurezza nazionale" .
   La "questione antisemitismo" non appartiene al passato come si potrebbe pensare; lo dimostra non solo Jobbik ma molti altri gruppi politici sparsi per il mondo. Uno tra questi "Alba dorata" in Grecia, anch'esso indipendentista rispetto all'UE e di estrema destra. Anche se molti mezzi di comunicazione si riferiscono al partito come "neonazista", "Alba Dorata" si dichiara come "nazionalista". In ogni caso, il leader Nikólaos Michaloliàkos ha dichiarato: " Auschwitz? Cos'è successo ad Auschwitz? Io non ci sono andato. Voi?". "Non c'è stato nessun forno e nessuna camera a gas - ha continuato - E' tutta una menzogna. Ho letto parecchi libri che hanno messo in dubbio la cifra propagandata di sei milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio". "Hitler - ha chiosato - fu una delle più grandi personalità del ventesimo secolo".
   In Francia uno dei partiti più controversi è il "Front National", ascrivibile alla Destra sociale. Il partito ha fatto recentemente parlare di sé in Italia quando il leader Marine Le Pen ha dichiarato di aver ricevuto una mail da esponenti del Movimento 5 Stelle per stabilire una sorta di contatto, in quanto entrambi i partiti si definiscono "euroscettici".
   Non meno discutibile la "Federazione anarchica informale", che si definisce "anarchica" perché "tende alla distruzione dello Stato e del capitale", e "informale" perché garantisce l'anonimato ai suoi appartenenti. Anche questo gruppo politico è contro l'Unione Europea, ma anche contro "Equitalia" e la "Deutsche Bank". Una prova è stata l'esplosione della bomba spedita dalla FAI ad Equitalia con sede a Roma e l'indirizzamento di un pacco analogo al presidente della "Deutsche Bank", avvenuti entrambi durante il governo Monti.
   Il 6 maggio 2013 è stato aperto un processo nei confronti della NSU ("Nationalsozialistischer Unterground"), una cellula terroristica tedesca di matrice neonazista che sarebbe responsabile dei cosiddetti "delitti del Kebab" nei confronti di immigrati turchi in Germania. La "Commissione per i diritti dell'uomo della grande assemblea nazionale della Turchia" è stata invitata in Germania per seguire il processo, ma ci sono state molte polemiche perché inizialmente i media turchi erano stati esclusi dal processo.
   Anche in Italia, non poche sono state le polemiche nei confronti del movimento politico "CasaPound", che più volte si è dichiarato lontano dall'antisemitismo. Le indagini degli inquirenti hanno invece dimostrato il contrario, portando alla luce alcune intercettazioni ai danni di Giuseppe Savuto, esponente di spicco del movimento, che insegnava ad un "discepolo" come comportarsi con la stampa: "Certo che le camere a gas non sono mai esistite e non c'è stata alcuna deportazione - diceva - ma non lo puoi dire davanti a un professore" perché, ha spiegato Savuto "ti comprometti".

(La Perfetta Letizia, 23 maggio 2013)


iran - "No al culto in lingua persiana": pastore cristiano arrestato

Il Pastore cristiano Robert Asserian, della denominazione evangelica "Assemblea di Dio" ("Assembly of God") è stato arrestato ieri a Teheran, durante lo svolgimento di un incontro di preghiera nella sua chiesa. Secondo quanto riferisce a Fides l'Ong "Christian Solidarity Worldwide" (Csw) la chiesa potrebbe essere costretta a chiudere entro la fine di giugno. Le forze di sicurezza hanno fatto irruzione in casa del rev. Asserian e hanno confiscato alcuni dei suoi effetti personali, come computer e libri. Si sono poi recati alla chiesa, arrestando il Pastore che stava conducendo un incontro di preghiera. La comunità cristiana già aveva denunciato nei mesi scorsi intimidazioni da parte delle forze di sicurezza. La pressione sui cristiani iraniani si è intensificata negli ultimi anni, soprattutto verso le comunità che, come la "Assemblea di Dio", offre servizi di culto in "farsi" (la lingua persiana). Già nel 2009 era stato imposto il divieto di tenere liturgie in persiano il Venerdì, mentre restava in vigore l'autorizzazione per la domenica. Le autorità hanno ora ordinato di fermare il culto in "farsi" anche la domenica, lasciando la possibilità di celebrare in armeno. Il divieto di usare la lingua persiana deriva dai timori che cittadini musulmani iraniani possano convertirsi al cristianesimo. Secondo l'ultimo rapporto della Commissione internazionale Usa sulla libertà religiosa, l'Iran è fra le nazioni (con Egitto, l'Arabia Saudita, Iraq, Corea del Nord e Cina) dove vi sono le violazioni più gravi della libertà religiosa come "abusi sistematici sui credenti non musulmani, atti di tortura, detenzione prolungata senza accuse, sparizioni".

(Radio Vaticana, 22 maggio 2013)


"Gesù e dintorni"

Mercoledì 29 maggio a Venezia, nella Sala Montefiore - Ghetto Vecchio - Cannaregio 1189, alle ore 17:45, ci sarà la presentazione del libro "Gesù e dintorni" di Edoardo (Dino) Salvadori.
Il libro tratta di importanti documenti di una famiglia del ghetto e della realtà ebraica veneziana tra ottocento e novecento in tutte le contraddizione della vita nel ghetto ebraico.
Introdurrà il prof. Riccardo Calimani, presidente della Comunità Ebraica di Venezia. Alla presenza dell'autore interverranno Umberto Fortis e Gadi Luzzatto Voghera.
Per l'occasione il presidente di EDIPI, pastore Ivan Basana, incontrerà il presidente Calimani per verificare la realizzazione del XV Raduno Nazionale EDIPI a Venezia in occasione del 500o anniversario del Ghetto di Venezia.
Ricordiamo che il primo ghetto al mondo fu istituito proprio a Venezia il 29 marzo 1516.

(Edipi, maggio 2013)


City guide Tel Aviv - Riff Cohen

Riff Cohen

Videomaker, attrice, performer e voce soavemente spiazzante, Riff Cohen è la nuova It girl della musica israeliana. L'8 aprile è uscito A Paris, primo album mainstream inciso in Francia con la Universal. Poi seguirà un tour che si annuncia spettacolare e intimo al tempo stesso. In attesa delle date, le abbiamo chiesto quali sono i posti che raccontano meglio l'anima di Tel Aviv. Eccoli qua.

The container. In un hangar dismesso del porto di Jaffa, è nato il locale più vivace. Ospita concerti, eventi multimediali e cene a tema.
Maya Bash. È una giovane designer che fonde influenze mediorientali e stile minimal. La sua nuova collezione fa il giro del mondo (c'è da Antonioli a Milano), ma il suo studio-shop è in Barzilay St 13.
Jaffa Flea Market. Il mercato delle pulci nella "Città Araba" di Jaffa è un appuntamento da non perdere. Anche per il parrucchiere e il caffè che affacciano sulla piazza.

(marieclaire.it, 22 maggio 2013)


L'Iran installa 700 nuove centrifughe per l'arricchimento dell'uranio

Israele: «L'Iran nucleare più grande minaccia per la sicurezza»

Secondo fonti diplomatiche di Vienna, dall'inizio dell'anno l''Iran a installato 700 centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. L'Iran a fine gennaio aveva infornato l'International atomic energy agency (Iaea) della sua intenzione di istallare nuove centrifughe nel sito nucleare di Natanz. Secondo un rapporto dell'Iaea pubblicato a febbraio «Gli specialisti iraniani hanno istallato 180 centrifughe IR-2M a Natanz».
  All'inizio di marzo il direttore dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Fereydoun Abbassi Davani, aveva annunciato che la Repubblica Islamica dell'Iran aveva avviato una linea di assemblaggio di 3.000 centrifughe di nuova generazione, destinate a rimpiazzare le centrifughe obsolete.
  Il governo di Teheran a dichiarato più volte che l'Iran ha bisogno di 50.000 centrifughe per alimentare le sue future centrali nucleari.
  L'Iaea oggi dovrebbe pubblicare un nuovo rapporto semestrale sul programma nucleare iraniano, ma già il 17 maggio, partecipando ad un convegno dell'Istituto per le relazioni internazionali di Mosca, il direttore generale dell'Iaea, Yukiya Amano, aveva anticipato che l'agenzia nucleare dell'Onu «Non ha certezza assoluta quanto al carattere pacifico del programma nucleare iraniano. Non possiamo essere certi che le informazioni fornite dal''Iran siano buone e conseguentemente non possiamo dire che l'Iran non utilizzi l'energia atomica a fini pacifici».
  Ada Amano ha risposto il 18 maggio l'ambasciatore iraniano a Mosca, Reza Sajjadi, «L'Iran permetterà l'ingresso nei propri siti nucleari agli ispettori solamente dopo la firma di un "protocollo" con l'Iaea». Le illusioni del negoziato dell'Iran con il gruppo dei 5+1 (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia, Usa e Germania) in Kazakistan sembrano definitivamente cadute.
  Intanto la tensione monta dopo che il ministro israeliano degli affari strategici e dei servizi segreti, Youval Steinitz, ha detto che «La questione più minacciosa per la sicurezza di Israele sarebbe l'emergenza di un Iran nucleare».
  Steinitz, intervenendo alla conferenza internazionale Command and Control, Computers, Communications, Cyber and Intelligence (C5I), ha affermato che «Gli ultimi eventi e la situazione in Siria, nel Sinai e nella Striscia di Gaza non devono distoglierci dalla questione più cruciale, cioè l'Iran nucleare. Il progetto nucleare iraniano cambia il dato per lo Stato di Israele, per il Medio Oriente e per il resto del mondo. L'Industria nucleare dell'Iran è più sviluppata e rappresenta una minaccia più rande di quella della Corea del nord e del Pakistan». La cosa sembra un'esagerazione, visto che i nordcoreani hanno già fatto tre test nucleari e probabilmente hanno già la bomba atomica, mentre i pakistani (come Israele) hanno diverse centrali nucleari e molti missili balistici dotati di testate atomiche.
  Ma secondo Steinitz in Iran «Esiste un'industria nucleare ramificata progettata non per produrre qualche bomba, ma materiali fissili in quantità sufficiente per l'elaborazione di dozzine, forse centinaia di bombe nucleari. La centrale di Natanz ospita circa 12.000 centrifughe e nei dintorni se ne contano 54.000. Questo è abbastanza per arricchire abbastanza uranio che occorre per la produzione da 20 a 30 bombe atomiche all'anno».

(greenreport.it, 22 maggio 2013)


Il senso di Israele per il poliziesco

Nel panorama letterario finora dal romanzo (spesso storico), fa capolino il genere giallo

di Francesca Paci

Perché Israele non ha una tradizione di letteratura poliziesca? Le risposte possono essere centinaia, a cominciare dal fatto che un paese abituato a sentire costantemente in pericolo la propria esistenza non ha particolare bisogno della suspance di Agatha Christie o Stieg Larsson. Poi c'è l'interpretazione dell'ispettore Avraham Avraham, pioniera versione ebraica del nostro Montalbano uscita dalla penna di Dror A. Mishani. classe 1975, professore di letteratura alla sua prima prova pratica.
    Secondo Avraham, protagonista del giallo «Un caso di scomparsa» (appena pubblicato da Guanda), le ragioni della mancanza di romanzi polizieschi in ebraico starebbero nella pressoché totale mancanza di cronaca nera per le strade di Tel Aviv. «Qui non esistono delinquenti del genere. Niente serial killer, niente rapimenti, pochissimi stupratori che aggrediscono le donne per strada. Qui, da noi, quando c'è un delitto, di solito è stato il vicino, lo zio, il nonno, e non ci vogliono grandi indagini per scoprire e sciogliere il mistero» spiega l'ispettore alla signora Hanna Sharabi, seduta alla sua scrivania per denunciare la scomparsa del figlio sedicenne Ofer. La donna gli sembra la solita madre apprensiva che immagina chissà quali delitti dietro l'irrequietezza di un adolescente, dimenticando che laddove non esiste il mistero (come, a suo dire, in Israele) «la soluzione giusta è immancabilmente la più semplice». Avraham sbaglia, ovviamente. Ma questa facile intuizione è l'unica del libro che, pagina dopo pagina, svela invece un'anima sorprendente, inedita e dark della solare Tel Aviv capace di covare il segreti, depistaggi, omicidi.
    I gialli non si raccontano. E raccontare «Un caso di scomparsa» significherebbe raccontare una storia ma anche una città, Tel Aviv, di cui l'autore ammette di amare il mare con la devozione generalmente riservata alle sinagoghe. Man mano che l'indagine avanza il lettore viene introdotto ai vicoli buii, le contraddizioni, il centro e la periferia israeliana, quella Holon in cui l'ispettore Avraham lavora e da cui guarda le luci dello skyline. Sociologia urbanistica. Dopo appena tre settimane il puzzle si compone, i tasselli descrivono la sorte di Ofer, una verità che non era affatto la più semplice.
    Se Israele non ha una tradizione letteraria poliziesca non è perché la società (che sempre ispira la letteratura) sia diversa da quelle di altri paesi. È diverso il modo di trasferirla nella fiction. Ma la nuova generazione di scrittori, e di israeliani in generale, partecipa assai più organicamente al mondo globale rispetto ai suoi genitori. Così come il bravissimo Ron Leshem fotografa nel romanzo «Tredici soldati» una gioventù che non ha più voglia di crescere in trincea, che indossa la divisa mugugnando e preferirebbe di grand lunga poter attraversare i confini in bicicletta al pari dei coetanei di Amsterdam, che vota per abbassare i prezzi delle case anziché per la sicurezza e sogna una patria magari dalle ambizioni ridimensionate ma senza nemici, anche il connazionale Dror A. Mishani ci parla di una Israele più «normale», che vive e muore per ragioni non esclusivamente legate alla guerra o alla geopolitica internazionale, che scopre la cronaca nera, una Israele dove forse è arrivato il momento del genere poliziesco.

(La Stampa, 22 maggio 2013)


Gaza - Israele estende la 'zona di pesca'

Da tre a sei miglia marittime, palestinesi ed egiziani informati

TEL AVIV, 21 mag - Il primo ministro Benyamin Netanyahu e il ministro della difesa Moshe Yaalon hanno deciso di estendere la zona antistante la costa di Gaza entro la quale viene permessa la pesca. Lo rende noto un comunicato del ministero della difesa israeliano.
Da oggi essa passa così da tre a sei miglia marittime. Responsabili palestinesi ed egiziani sono stati informati di questa decisione, precisa il ministero. Dal comunicato si comprende che il provvedimento è legato alla calma relativa che si registra nella zona nelle ultime settimane.

(ANSA, 22 maggio 2013)


"Beautiful Israel", per gli ambientalisti d'oltremare una sede anche in Italia

Italia e Israele condividono lo stesso mare, il Mediterraneo, la stessa acqua, gli stessi pesci e gli stessi problemi ecologici, primo obiettivo delle campagne ecologiche dell'organizzazione internazionale

di Gianni Avvantaggiato

L'uomo non vive più immerso nella natura, l'habitat naturale degli esseri umani è, ormai, la città, con sempre più cemento e sempre meno spazi verdi. È, quindi, l'ambiente delle città che bisogna rendere più sostenibile. Bisogna portare l'ecologia dentro le aree urbane, per migliorarle, per preservare una proporzione tra le aree edificate e gli spazi aperti; curare l'inquinamento acustico e quello atmosferico. È l'obiettivo di "Beautiful Israel", associazione ambientalista che rappresenta nella terra di Sion "The Climate Project", l'organizzazione del premio Nobel Al Gore, l'ex vicepresidente Usa.
"Beautiful Israel", una delle prime organizzazioni ecologiste di Israele, già negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Belgio, martedì 21 maggio a Roma ha presentato l'Italian Council guidato da Dario Coen insieme con il suo vice Massimo Finzi. L'associazione italiana, però, sarà autonoma, non dipendente da Israele.
«Istituita nel 1968 dal ministero degli Interni israeliano - ha spiegato all'ANSA il presidente Avraham Katz Oz che insieme con l'ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon, ha presieduto il lancio dell'iniziativa -, Beautiful Israel è cresciuta passando dall'iniziale conservazione e tutela del paesaggio a occuparsi direttamente di sostenibilità e protezione dell'ambiente, con una presenza decisa nel campo della formazione, prevalentemente dei più giovani, iniziando dai bambini dell'asilo e poi della scuola fino anche ai giovani dell'esercito». «Pensiamo - ha spiegato Katz Oz - che il modo più efficace per raggiungere il pubblico di massa sia attraverso i bambini».
L'Italia e Israele sono due Paesi mediterranei, condividono lo stesso mare e con questo gli stessi problemi ecologici. Il Mediterraneo è un mare chiuso e solo una volta ogni centinaia di anni avviene un ricambio completo dell'acqua. Quindi, l'obiettivo principale della ONG è il mare con le sue spiagge.
Beautiful Israel non riceve fondi dal governo ma vende i suoi servizi e si alimenta attraverso campagne di "fund raising", raccolta fondi, proprio per essere indipendente; questo non vuol dire, però, che sia un organismo di protesta.
Ogni anno l'associazione green assegna due premi importanti per Israele. A consegnarli è lo stesso presidente Shimon Peres nella sua residenza a Gerusalemme. "Yakir" è una onorificenza per chi ha donato più di 100.000 dollari nell'arco dell'anno. "Magshim" è assegnato a un progetto unico per l'ambiente dentro un'area urbana, di solito progetti per spazi pubblici in una nuova città e a volte anche nel deserto con i Beduini.

(Ambient&Ambienti, 21 maggio 2013)


Liberati i sette agenti rapiti nel Sinai

Finisce dopo una settimana il sequestro, senza precedenti, di sette uomini della sicurezza egiziani nel Sinai del Nord, da parte di un gruppo di militanti. Ed è stato riaperto il valico di Rafah fra Egitto e Striscia di Gaza che era stato chiuso venerdì da uomini della sicurezza egiziana in segno di protesta contro il rapimento.

IL CAIRO - Finisce dopo una settimana il sequestro, senza precedenti, di sette uomini della sicurezza egiziani nel Sinai del Nord, da parte di un gruppo di militanti. I rapitori chiedevano il rilascio di loro compagni islamisti condannati per un assalto ad un commissariato nella stessa zona due anni fa nel quale morirono sei addetti alla sicurezza. Ed è stato riaperto il valico di Rafah fra Egitto e Striscia di Gaza che era stato chiuso venerdì da uomini della sicurezza egiziana in segno di protesta contro il rapimento.
Alla liberazione, ha spiegato il portavoce delle forze armate, si è arrivati grazie al lavoro dell'intelligence militare e alla collaborazione dei capi tribù beduini e della popolazione locale. Questo forse spiega la durata del sequestro, cominciato giovedì scorso e che ha rappresentato un altro duro test per il presidente egiziano Mohamed Morsi, stretto fra la linea dell'intransigenza nel non volere trattare con i rapitori e le sollecitazioni sempre più pressanti da parte dell'apparato militare di procedere ad un blitz per liberare gli ostaggi. La presidenza ha detto due giorni fa che tutte le opzioni erano aperte, ma che la priorità era riportare sani e salvi gli uomini a casa. Nella serata di ieri il premier Hisham Qandil ha affermato che erano in corso ''intensi sfozi'' per la liberazioni degli ostaggi.
Il sequestro, ultimo di una serie di episodi anche gravi, come l'uccisione di 16 reclute ad un posto di frontiera con Israele la scorsa estate, ha portato ad un nuovo build up della presenza militare egiziana nel Sinai del Nord, dove sono affluiti uomini e mezzi dell'esercito e del ministero dell'Interno.

(RaiNews24, 22 maggio 2013)


Alessandra Di Castro: "Ora anche Tel Aviv e New York vogliono i quadri di Primo Levi"

di Sara Moresco

Alessandra Di Castro

Alessandra Di Castro è il direttore del Museo Ebraico di Roma. Lei, storica dell'arte e dell'antiquariato, ha questo incarico pro-tempore da un anno. L'arte le scorre nelle vene, lei rappresenta la quarta generazione di una prestigiosa famiglia di antiquari romani. Vicepresidente dell'Associazione Antiquari d'Italia, gestisce anche una galleria. L'ultimo grande successo di Alessandra e del suo staff del Museo Ebraico, è una mostra temporanea che trova spazio nella Sala Novecento intitolata "Primo Levi nei ritratti di Larry Rivers", in esposizione fino al 15 ottobre. La mostra conta tre preziose tele acquistate dall'Avvocato Gianni Agnelli da Larry Rivers.

- Come è nata l'idea della mostra?
  "Da una conversazione affettuosa con Ginevra Elkann, sapendo del suo interesse per gli ambiti collezionistici internazionali, le ho chiesto se aveva qualche spunto per una collaborazione con il Museo Ebraico. Lei, di getto, mi ha parlato di queste tre grandi opere che il nonno aveva acquistato a New York da Larry Rivers. Rivers era un pittore che mi ha sempre incuriosito perché fin dai miei studi era sempre nominato tra gli artisti americani di grande successo negli anni 60, anche se in Italia non aveva mai avuto grandi retrospettive. Ho subito intuito il potenziale che poteva avere Primo Levi unito alla figura dell'Avvocato Agnelli nel decennale della sua morte, negli spazi del Museo Ebraico. Ho accolto con grande entusiasmo la proposta di Ginevra. Il successo è stato tale che immediatamente ho avuto richieste di prolungare la mostra e di portarla sia a Tel Aviv sia negli Stati Uniti."

- Ci sono altri progetti come questo in programma?
  "Abbiamo tante idee e materiale, ma gli spazi disponibili del Museo sono occupati da una collezione permanente e straordinaria: per sviluppare mostre temporanee dovremmo sacrificare questo tesoro. L'idea è quella di mettere su dei progetti che non siano solo di interesse della Comunità Ebraica di Roma, ma rivolti anche a Comunità Ebraiche all'estero che, naturalmente, sono molto incuriosite dalla cultura ebraica italiana e hanno un immaginario segnato da cinema, artisti e scrittori ebrei italiani. La pittura ebraica italiana o l'arte ebraica italiana, più in generale, di fatto non viene riconosciuta come una scuola. Ci sono artisti ebrei e italiani che sono riconosciuti in quanto grandi artisti, ma non in quanto ebrei. Lo stesso vale per importanti ambiti di committenza. La collezione permanente ha comunque molto successo: abbiamo 90.000 visitatori l'anno. A Roma, l'offerta degli altri Musei è molto alta e il Museo Ebraico potrebbe rimanere in seconda posizione, quindi questo numero ha ancora più valore. La cosa straordinaria del nostro Museo è di avere una collezione di tessuti unica al mondo che gli da una doppia valenza: Museo Ebraico e Museo di arti decorative a tutti gli effetti. E' di grandissimo interesse artistico e sarebbe bello collaborare con Musei internazionali in modo da far conoscere il Museo Ebraico anche sotto questo aspetto."

- Qual è la filosofia con la quale conduce questo Museo?
  "La direzione che mi ha preceduto era affidata a Claudio Procaccia, lui è uno storico colto e raffinato. Ha sviluppato un interesse che riguardava l'aspetto storico e la fisionomia del Ghetto, ad esempio, e anche un aspetto filologico che è stato un contributo fondamentale. La mia preparazione è invece storico-artistica e quindi io tendo a dare maggior risalto alla valenza estetica delle opere che abbiamo, che sono straordinarie. Uso appositamente questo aggettivo perché non dimentichiamo che gli artigiani che lavoravano per i membri della nostra Comunità erano gli stessi che lavoravano per le famiglie aristocratiche e per i Papi, abbiamo delle opere di una qualità sublime. Questo è un tema che mi sta molto a cuore perché ci distingue anche dagli altri Musei Europei. Siamo un Museo che parla di vita, di gusto, di committenza e di una Comunità che si è portata avanti nei secoli. Abbiamo una tradizione liturgica, culturale e con delle esigenze estetiche importanti."
I soldi per la cultura non basterebbero mai, ma il Museo avrebbe bisogno di qualche risorsa in più?
"Ovviamente i progetti che abbiamo in mente costano. Ricordiamo che il nostro è un Museo di arte ebraica, ma anche un Museo di arte italiana vista la convivenza protratta per anni degli ebrei in Italia . Inoltre, abbiamo contenuti importanti che appartengono a un patrimonio culturale di tutta l'umanità. Per questo possiamo attrarre fondi da tante istituzioni ebraiche e non."

- Come si sono salvati i reperti che sono esposti al Museo?
  "Il 13 ottobre 1943 ebbe inizio il saccheggio della biblioteca della Comunità, una fra le più antiche e ricche d'Europa. I preziosi arredi e gli oggetti rituali del Tempio erano stati dati in custodia al Banco di Napoli. Le minacce di sequestro da parte dei nazisti portarono dipendenti ed esponenti della Comunità Ebraica, i quali rischiarono molto, a consegnarli allo spedizioniere Bolliger, che li nascose fino alla liberazione. Quegli arredi che rimasero nel Tempio furono murati nei sotterranei. Purtroppo gli altri Musei ebraici europei hanno esposizioni ricostruite perché i loro materiali sono andati perduti e una collezione come la nostra, che è stata salvata e si è stratificata nei secoli, è molto rara."

(Comunità Ebraica di Roma, 22 maggio 2013)


Cosa vogliono questi ebrei?

di Deborah Fait

Leggere l'articolo di Giulio Meotti su "9 ottobre 1982, il pogrom italiano", mi ha fatto ritornare alla mente antichi incubi mai dimenticati e mai, almeno da me, perdonati. Gli incubi vissuti da noi sionisti, ebrei e non ebrei, in quegli anni colmi di odio, di rigurgiti di neonazismo contro il solito capro espiatorio, l'ebreo non piu' fine a se stesso ma l'ebreo in quanto rappresentativo dell'odiato stato di Israele. Uno crede di aver superato il brutto ricordo di momenti in cui era quasi impossibile che trascorresse un giorno senza attacchi fisici o verbali contro qualsiasi persona difendesse Israele o rappresentasse Israele o semplicemente parlasse di Israele. Se poi capitava che uno parlasse di Israele con un Maghen David al collo era la fine e l'attacco fisico era inevitabile. E' capitato a tutti noi che amiamo Israele, credo che nessuno sia passato indenne attraverso quel periodo di neonazismo filoarabo. Botte, spintoni, parolacce, maledizioni, non mancava niente.
   Persino nella tranquilla e sonnacchiosa Bolzano dove per un periodo della mia vita ho rappresentato la Federazione Italia Israele, avevamo bisogno della protezione della Digos per ogni manifestazione, per ogni conferenza, persino per le funzioni religiose nella sinagoga di Merano. Era il periodo in cui i pacifisti imperversavano bruciando bandiere di Israele, organizzando manifestazioni in cui Israele faceva la parte del demonio da odiare e distruggere, urlavano "Palestina libera" auspicando e reclamando la fine fisica di Israele. I feddayin palestinesi seminavano morte in tutta Europa, specialmente in Italia che aveva firmato un aberrante trattato con Arafat, il lodo Moro, una vergogna che avrebbe dovuto preservare dalla furia palestinese obiettivi italiani lasciando pero' liberta' di colpire i "sionisti", ovvero gli ebrei considerati forse dal governo Moro meno italiani degli altri.
   Fu ucciso il piccolo Stefano Tache' mentre usciva ridendo dalla sinagoga di Roma, lo ricordo spesso nei miei articoli, lo ricordo quasi per chiedergli scusa per il silenzio con cui Roma e l'Italia accolsero la sua morte. Il silenzio piu' totale, vergognoso, rotto solo dalle perfide parole di Pertini, l'ultimo dell'anno, "ma cosa vogliono questi ebrei?". Non sara' bello parlare male dei morti ma devo dire che in quell'occasione Pertini mi ha fatto una rabbia mista a una pena infinita. Un uomo che a due mesi dalla morte assassina di un bambino italiano ammazzato perche' ebreo riesce a dire "cosa vogliono questi ebrei" non e' degno di rispetto e da allora non ho mai piu' potuto ascoltare la voce del "presidente piu' amato dali italiani".
   Strana la storia dell'ebraismo nel secolo scorso. La Shoa' fu seguita dal silenzio mondiale, gli ebrei usciti vivi dai lager furono rifiutati da tutti e considerati "indesiderati" e anche questa vergogna passo' sotto silenzio, i sopravvissuti cercarono di fuggire verso la Palestina, gli inglesi glielo impedirono in tutti i modi per compiacere gli arabi. Nonostante tutte le difficolta' riuscirono a fondare Israele con i voti delle Nazioni Unite e furono subito attaccati dagli eserciti arabi con una guerra che doveva distruggere totalmente il piccolo Israele. Gli ebrei vinsero la guerra. In 600.000 male armati e stremati dall'Europa, vinsero la prima guerra mentre il mondo stava a guardare, come sempre, una possibile e promessa seconda Shoa'.
   Dopo la guerra del 67 il mondo non si e' limitato a guardare ma ha ricominciato a odiare l'ebreo stato di Israele e da allora l'odio non e' mai finito, si e' moltiplicato, si e' autoalimentato. In Europa l'odio antisemita ha trovato ancora una volta terreno fertile, le squadracce nazifasciste furono sostituite dalle squadracce pacifiste, altrettanto violente, altrettanto piene di odio, altrettanto assetate di sangue ebraico. Gli anni che seguirono la vittoria israeliana nella guerra dei sei giorni furono terribili, sembrava impossibile che tanto odio risorgesse dalle ceneri di Auschwitz per colpire ancora e ancora il popolo ebraico che aveva avuto l'ardire di creare una nazione e il coraggio di difenderla fino all'ultimo respiro di fronte a eserciti di 5,6 nazioni arabe decise a distruggerlo.
   Israele non lo permise e non lo permettera' mai.

(Informazione Corretta, 22 maggio 2013)


L'Unione europea vuole Hezbollah nella lista dei terroristi

L'Unione europea intende mettere la fazione armata del Hezbollah libanese nella lista delle organizzazioni terroriste. Lo hanno confermato martedì 21 maggio diverse fonti diplomatiche.
La Gran Bretagna ha presentato una richiesta in tal senso ai suoi partner europei e le discussioni sulla questione inizieranno in giugno.
L'iscrizione di Hezbollah nella lista dei gruppi terroristici necessita l'unanimità dei 27 Stati membri dell'Unione europea.
Stati Uniti e Israele chiedono da tempo all'Europa di prendere questa misura, ma sino ad oggi diversi Stati erano reticenti, argomentando soprattutto che una simile decisione potrebbe destabilizzare il Libano, dove Hezbollah ricopre un ruolo politico importante e per il timore di rappresaglie sulla forza delle Nazioni Unite in Libano.

(TicinoLive, 22 maggio 2013)


Da Israele la formula EatWith: cene in famiglia per turisti

Si chiama "EatWith" ed è la nuova "avventura" che consente ai turisti che si recano in Israele di vivere l'emozione dell'accoglienza all'interno delle case israeliane, un'esperienza unica e autentica.
Attraverso "EatWith" infatti i visitatori possono scegliere di cenare in decine di case israeliane in ogni parte del Paese e in differenti ambienti: dal loft alla moda a sud di Tel Aviv alle antiche case in pietra di Gerusalemme, alle belle abitazioni rurali nei Kibbutz. I turisti potranno spaziare dai piatti tradizionali ortodossi a Gerusalemme ai pic-nic asado-style argentini; dai piatti gourmet creati da chef di fama internazionale alle feste ungheresi con le antiche rovine romane di Cesarea sullo sfondo.
Gli ospiti hanno anche la possibilità di visitare le aziende agricole e corsi d'acqua in tutto Israele, dove i prodotti locali sono coltivati e pescati. Ogni casa o struttura extraalberghiera è stata accuratamente selezionata in base alla storia personale, ai servizi che offre, agli spazi di intrattenimento e alla qualità del cibo.
I padroni di casa possono accogliere un numero variabile di ospiti, da due a 20, a seconda dello spazio e delle condizioni meteorologiche. I prezzi vanno da 100 NIS a 300 NIS per ospite (1 NIS = 0,21 euro), in base al prezzo delle materie prime, dell'esperienza culinaria del padrone di casa e dello stile dell'evento o manifestazione proposti.
Per fornire informazioni dettagliate è stato anche creato un sito ad hoc: www.eatwith.com

(Agenzia di Viaggi, 22 maggio 2013)


Come è nato il blocco navale al largo delle coste di Gaza

Un articolo dal titolo "I ritrovamenti di gas naturale nel Mediterraneo orientale possono alterare l'equilibrio strategico", a firma di Yolande Knell e apparso sulle pagine dedicate al Medio Oriente del sito della BBC News il 13 maggio scorso, è complessivamente equilibrato e accurato.
Tuttavia, verso la fine dell'articolo, in cui si discute delle riserve di gas al largo delle coste della Striscia di Gaza, ritroviamo la seguente affermazione:
    «Da tempo è noto il giacimento marino di Gaza, a sud della linea costiera del bacino del Levante, ad una trentina di chilometri al largo delle coste del territorio palestinese. Nel 1999, l'ANP assegnò i diritti di esplorazione alla British Gas; tuttavia, la guerra fra palestinesi e israeliani ha impedito ulteriori sviluppi del giacimento. La situazione si è complicata quando gli estremisti islamici di Hamas hanno assunto il potere con la forza nel 2007, esautorando i rivali del Fatah. Israele ha conseguentemente irrigidito il blocco navale e costiero di Gaza».
Partiamo da un esame dell'accuratezza dell'ultima affermazione. La salita violenta al potere di Gaza ha avuto luogo fra il 5 e il 15 giugno 2007, con l'autorità palestinese - l'entità internazionalmente riconosciuta come rappresentativa del popolo palestinese - che fu espulsa con la forza dal governo. Dopo quell'evento, sia Egitto che Israele hanno chiuso i rispettivi confini con la Striscia di Gaza, in virtù del fatto che l'organismo incaricato dalle intese reciproche sottoscritte con gli Accordi di Oslo - l'autorità palestinese, appunto - della responsabilità di esercitare il controllo del territorio, non era più in grado di adempiere agli impegni.
Tre mesi dopo, il 19 settembre 2007, alla luce dell'escalation di attacchi missilistici terroristici nei confronti delle famiglie israeliane da parte della Striscia di Gaza controllata da Hamas, il governo israeliano decise di dichiarare Gaza "territorio ostile": «Hamas è un'organizzazione terroristica che ha preso il controllo della Striscia di Gaza, trasformandola in un territorio ostile. Questa organizzazione è impegnata in attività ostile ai danni dello stato di Israele e dei suoi cittadini, ed è pienamente responsabile per questa attività. Pertanto, è stato deciso di adottare la raccomandazione presentata dai responsabili della sicurezza, inclusa quella di proseguire nelle attività di contenimento militare e controterroristico. Ulteriori misure saranno stabilite nei confronti del regime di Hamas, allo scopo di restringere il transito di alcuni beni verso la Striscia di Gaza, riducendo la fornitura di combustibili ed elettricità. Saranno previste altresì restrizioni sui movimenti di persone da e per Gaza. Le sanzioni saranno elevate dopo verifica dei requisiti di legge, tenuto conto sia degli aspetti umanitari afferenti la Striscia di Gaza, sia il proposito di evitare una crisi umanitaria».

(Il Borghesino , 22 maggio 2013)


Arrestato un gruppo di sei terroristi palestinesi a Hebron

In Israele e' stata diffusa la notizia dell'arresto nella città di Hebron di sei membri di un gruppo terroristico palestinese. Secondo quanto riferito, i terroristi avevano in programma il rapimento di soldati israeliani per poter scambiarli con i detenuti palestinesi delle carceri israeliane.
Avevano inoltre intenzione di fare una strage ad una fermata dell'autobus sulla riva occidentale del fiume Giordano per poter prendere i corpi degli israeliani e scambiarli con quelli dei terroristi palestinesi.

(La Voce della Russia, 21 maggio 2013)


Polonia - Ryanair propone un volo diretto Israele-Auschwitz

Ogni anno migliaia di studenti israeliani visitano l’ex lager

LONDRA, 21 mag. - La compagnia irlandese low cost Ryanair punta ad aprire un collegamento fra Israele e la Polonia per sfruttare il fiorente mercato dei viaggi scolastici degli studenti israeliani nell'ex lager nazista di Auschwitz-Birkenau. Lo ha affermato oggi un suo portavoce confermando le dichiarazioni rilasciate dal numero due del vettore.
"Apparentemente, tutti i giovani israeliani devono recarsi in Polonia per vedere Auschwitz. Noi possiamo aiutarli a farlo", aveva affermato ieri il direttore generale aggiunto di Ryanair, Howard Millar, secondo quanto riportato da diversi media. La compagnia "è in contatto con alcuni aeroporti israeliani ma attualmente siamo in una fase esplorativa", ha confermato il portavoce di Ryanair all'Afp.
Ryanair, la cui sede è a Dublino, è attiva in tutta Europa e da un anno è diventata la prima compagnia aerea della Polonia, secondo i risultati resi noti ieri. L'ex campo di sterminio di Auschwitz, situato ad una sessantina di chilometri da Cracovia, nel sud della Polonia, nel 2012 è stato visitato da un numero record di 1,43 milioni di persone. Ogni anno migliaia di studenti israeliani vi si recano, la maggior parte nell'ambito di viaggi scolastici. Circa 1,1 milioni di persone, fra cui circa un milione di ebrei, sono perite fra il 1940 e il 1945 nel famigerato lager nazista.

(TMNews, 21 maggio 2013)


Il rapimento degli egiziani agita il Sinai

di: F.C.

   
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Il governo egiziano mantiene "tutte le opzioni sul tavolo, inclusa quella militare" per cercare di liberare i sette membri delle forze di sicurezza - sei agenti e un militari - rapiti giovedì scorso nel nord del Sinai. Lo ha fatto sapere ieri il portavoce della presidenza egiziana Omar Amer, ribadendo che non sono in corso trattative con i rapitori e che la vicenda di risolverà "presto". "Non c'è nessun negoziato con i criminali" aveva affermato domenica il presidente Mohammed Morsi dopo la pubblicazione su Youtube di un video che mostra i sette ostaggi nelle mani dei rapitori. Nel corso del video, uno degli ostaggi dichiara che i rapitori chiedono la liberazione di "militanti politici" beduini detenuti, nominando un beduino condannato a morte per un attacco contro un posto di polizia nel 2011 a el Arich, nel Nord Sinai. "Speriamo che lei, presidente, rilasci al più presto possibile i militanti politici del Sinai, perché non possiamo più sopportare la tortura", dice mentre i rapitori tengono tutti e sette sotto il tiro del fucile, con gli occhi bendati e le mani sulla testa.
Il rapimento dei sette membri delle forze di sicurezza, che tornavano da un pattugliamento, ha alzato la tensione in tutta la zona, già piuttosto "movimentata" dopo la caduta di Mubarak, e ha allarmato anche il governo di Hamas a Gaza. Ieri un commando di uomini ha attaccato con armi pesanti un campo delle forze di sicurezza a el Arish nel Nord Sinai, impegnando gli agenti per quasi una mezz'ora prima di ritirarsi. Lo riporta l'agenzia egiziana Mena, sottolineando che la struttura era già stata attaccata dopo la caduta Mubarak.
Da parte loro, i palestinesi si sono subito impegnati per evitare che i rapitori dei sette egiziani potessero trovare rifugio a Gaza. "I tunnel tra Gaza e l'Egitto, dove avviene il contrabbando e il trasporto di alcune merci, sono stati chiusi e il confine è stato dichiarato zona militare chiusa", hanno fatto sapere con una nota dal ministero degli Interni di Gaza. Tuttavia allo stesso tempo i palestinesi hanno criticato la decisione de Il Cairo di chiudere il valico di Rafah. "È un atto ingiustificato", ha dichiarato il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, sostenendo che "i problemi interni dell'Egitto vanno risolti in una maniera diversa, e non a scapito del popolo palestinese".
Fino a ieri anche il valico commerciale di al Ouja era bloccato, a causa di una manifestazione di solidarietà dei poliziotti egiziani nei confronti dei rapiti. Ieri l'esercito egiziano è riuscito a farlo riaprire, ma il valico per il transito delle persone di Rafah rimane chiuso per decisione del governo.

(Rinascita, 21 maggio 2013)


Damasco: "Distrutta una jeep israeliana". Smentita da Tel Aviv
A Damasco, capitale della Siria, risponde Gerusalemme, capitale di Israele, non Tel Aviv. Qualcuno più importante di noi potrebbe farlo presente al direttore del Giornale?


L'esercito siriano ha annunciato di avere colpito un veicolo militare nella zona del Golan e ucciso gli occupanti. Per Israele solo alcuni colpi a una jeep

di Andrea Cortellari

La crisi della Siria continua a interessare anche le aree limitrofe. L'area del Golan, confine tra Siria e Israele, è di nuovo al centro dell'attenzione.
Questa volta è l'agenzia di stampa ufficiale siriana (SANA) a riportare l'attenzione sull'area smilitarizzata. Damasco ha annunciato oggi di avere distrutto nel Golan un veicolo militare israeliano con uomini a bordo. Secondo quanto dichiarato dall'esercito di Damasco, il veicolo sarebbe stato attaccato dopo che aveva superato il confine con la Siria.
Israele: jeep danneggiata
La dichiarazione dell'esercito siriano arriva a sole sei ore di distanza da quella dell'esercito israeliano (Idf), che descrive invece una situazione differente: una jeep lievemente danneggiata da proiettili, mentre era di pattuglia a Tel Fares, nell'area del Golan.
Le truppe israeliane di stanza sulle alture al confine hanno risposto ai colpi - sempre secondo l'Idf - prendendo di mira il punto da cui arrivavano i proiettili.
Come ricorda il quotidiano israeliano Haaretz, quello di oggi è il terzo incidente simile in una settimana. L'esercito di Israele ha segnalato l'accaduto all'Undof, la missione delle Nazioni Unite di stanza nell'area di confine del Golan.

(il Giornale 21 maggio 2013)


Israele celebra l'amica Barbra Streisand

Laurea honoris causa a metà giugno

GERUSALEMME, 20 mag. - Israele celebra Barbra Streisand, la 71enne artista statunitense di origine ebraica che lo ha spesso aiutato con raccolte fondi e iniziative di sostegno. A meta' giugno la cantante di "Woman in Love" sara' insignita della laurea honoris causa in filosofia dall'Universita' Ebraica di Gerusalemme. In un comunicato, l'ateneo ha spiegato che il riconoscimento premia una carriera, anche nell'ambito del cinema, e "l'altruismo e la leadership" della Streisand nelle questioni di "diritti umani e civili e la sua dedizione a Israele e alla sua popolazione". Il conferimento della laurea avviene nell'ambito dei festeggiamenti per il 90esimo compleanno del presidente Shimon Peres. E' previsto anche un concerto allo stadio di Tel Aviv davanti a 40mila persone, e l'esibizione al gala' inaugurale per le celebrazioni del presidente, il 18 giugno. La Streisand ha vinto 10 Grammy Awards e due premi Oscar, il primo come miglior interprete femminile per il musical "Funny Girl" (1968) e il secondo nel 1977 nella categoria "Evergreen" con il dramma musicale "E' nata una stella".

(AGI, 21 maggio 2013)


Quali Comunità Ebraiche nell'Italia di ieri e di oggi

MILANO - Nuova tappa nella presentazione della grande indagine socio-demografica sull'ebraismo italiano realizzata per l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sotto la guida del professor Enzo Campelli, docente di metodologia delle scienze sociali alla Sapienza di Roma. L'occasione è stata la serata organizzata a Milano da Progetto Kesher, coordinata dal direttore rav Roberto Della Rocca, che guida il Dipartimento educazione e cultura dell'UCEI: ospite d'eccezione, oltre a Campelli, il demografo Sergio Della Pergola, autore dell'indagine "Anatomia dell'ebraismo italiano" pubblicata nel 1975.
Davanti a un folto pubblico (presenti in sala tra gli altri il consigliere UCEI Giorgio Mortara e vari consiglieri della Comunità milanese, tra cui il vicepresidente, Daniele Cohen), i due studiosi hanno commentato i risultati e i trend emersi dalla ricerca, che come suggerisce il titolo di dantesca memoria ("Comunità va cercando, ch'è sì cara") rivelano una percezione delle istituzioni ebraiche da parte degli iscritti alle Comunità italiane a metà tra l'aspirazione e la delusione. Vari i profili della ricerca esposti dal sociologo. Un primo sguardo è stato rivolto ai temi riguardanti l'identità ebraica e il rapporto con la Comunità (come anticipati sul numero di Pagine Ebraiche di maggio), con un occhio particolare al dato disaggregato riguardante Milano. Per altro verso è stata approfondita la composizione sociodemografica delle Comunità ebraiche italiane. "A definire il proprio stato sociale basso o medio basso sono ben il 26 per cento degli intervistati, contro il 34 per cento che lo definisce medio e il 40 medio alto o alto" ha sottolineato Campelli, raccontando inoltre di ebrei italiani maggiormente impiegati nell'ambito del lavoro autonomo e meno in quello dipendent, rispetto al resto della società, e con un numero maggiore di laureati.
"Cos'è cambiato rispetto a 30 anni fa? Tutto e nulla" ha messo invece in evidenza Della Pergola. "Abbiamo un numero di iscritti significativamente inferiore a quello di allora, nonostante le ondate di immigrazione ebraica che ha conosciuto l'Italia negli ultimi decenni, e ancora più incredibile è il dato che ci rivela che il 77 per cento dei giovani prendono in considerazione l'idea di lasciare il Paese, e persino gli adulti che pensano a emigrare sono tanti, oltre il 50 per cento. Dati che rispecchiano i problemi dell'Italia" ha puntualizzato il sociologo, che ha inoltre offerto alcuni spunti di confronto con altra realtà ebraiche europee e internazionali.
Auspicio generale, espresso da relatori e pubblico, è che questa ricerca possa aiutare a costituire strategie per affrontare i problemi dell'ebraismo italiano.

(Notiziario Ucei, 21 maggio 2013)


Commissione israeliana: «Al-Dura era vivo alla fine del video»

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ricevuto domenica un rapporto di 36 pagine con i risultati dei lavori di una speciale commissione d'inchiesta governativa che ha indagato le circostanze della morte di Muhammad al-Dura durante i primi giorni della seconda intifada (o "intifada al-Aqsa"). Il rapporto si concentra sul controverso reportage dell'emittente tv "France 2" del settembre 2000 dalla striscia di Gaza (nel quale veniva mostrato il ragazzino palestinese accucciato dietro il padre sotto quello che veniva descritto come fuoco israeliano) e giunge alla conclusione che al termine del famoso filmato il dodicenne al-Dura era vivo.
  Secondo i risultati della commissione, contrariamente a quanto è stato detto e pubblicato sinora non vi sono prove che il ragazzo e suo padre siano stati colpiti o feriti nei momenti in cui veniva girato il video, e pertanto sussiste un ragionevole dubbio circa l'asserita responsabilità delle Forze di Difesa israeliane nella morte del ragazzino.
  "E' importante concentrarsi su questo incidente - ha detto Netanyahu ricevendo il rapporto della commissione - giacché si è tradotto in una calunnia contro Israele, ed è paradigmatico del tipo di demonizzazione e delegittimazione che Israele deve continuamente affrontare. C'è un solo modo per combattere le menzogne - ha aggiunto Netanyahu - ed è combatterle con la verità".
  Stando alla commissione, "France 2" inquadrò la vicenda come se, al momento della messa in onda del filmato, vi fossero prove concrete a sostegno della tesi che il ragazzino fosse morto a causa dei colpi dei militari israeliani benché la responsabilità per la morte di Al-Dura fosse ancora controversa, cosa che mette in dubbio l'intera credibilità del reportage.
  Il rapporto critica anche altri mezzi d'informazione che hanno sempre basato la loro copertura del caso unicamente sul reportage di "France 2", trascurando il fatto che all'incidente assistettero più giornalisti (nessuno dei quali si accorse del tragico episodio che si stava consumando). "Oltretutto - dice il rapporto - lo stesso resoconto del giornalista francese e del suo cameraman è cambiato nel corso degli anni ed è pieno di contraddizioni e falsità".
  Il rapporto rileva anche grossolane incongruenze nei referti medici che riferiscono degli interventi cui furono sottoposti padre e figlio nell'ospedale Shifa di Gaza. "Nessuno dei proiettili che li avrebbero colpiti è stato mai recuperato né dai giornalisti che assistettero all'incidente, né dalle forze di sicurezza palestinesi, né dai medici che si occuparono di loro".
  La commissione, formata nel 2012, è stata inizialmente presieduta dall'attuale ministro della difesa Moshe Ya'alon, e ha concluso i lavori di recente sotto la guida di Yuval Steinitz. Lo stesso Steinitz ne ha così sintetizzato i risultati: "E' stato un caso di 'calunnia del sangue' contro Israele: il reportage francese era semplicemente falso".
  Intervistato lunedì mattina da giornalisti israeliani, il padre Jamal Al-Dura, alla domanda se fosse disposto ad acconsentire alla riesumazione del cadavere (a suo dire sepolto nel campo palestinese di al-Bureiz) per un esame forense, ha dichiarato: "Innanzitutto Israele deve accettare un'inchiesta internazionale. Solo allora potremo parlare di riesumazione. Ma dubito che Israele sia disposto ad accettare". "Israele non si è mai opposto a un'inchiesta internazionale in materia - ha dichiarato a radio Galei Zahal il direttore generale del ministero israeliano per gli affari strategici Yossi Kuperwasser - Chiunque avesse voluto, ha avuto tredici anni di tempo per farla".
  Al-Dura padre ha sempre sostenuto d'essere rimasto gravemente ferito nell'incidente, mostrando ai giornalisti le cicatrici riamaste sul suo corpo. Tali dichiarazioni avevano spinto anni fa il medico israeliano David Yehuda, dell'ospedale Tel Hashomer, a rivelare che quelle cicatrici erano in realtà gli esiti di un intervento chirurgico che Jamal Al-Dura aveva subito anni prima, dopo essere stato aggredito da uomini di Hamas che lo accusavano di collaborazionismo con Israele. "L'ho operato nel 1994 - dice il dottor Yehuda, anch'egli citato in giudizio da "France 2" per diffamazione e assolto da un tribunale di Parigi nel febbraio 2012 - Era stato colpito alla schiena e il suo braccio destro è stato lacerato da ferite di coltello. Per alcuni anni ha mostrato quelle cicatrici come se fossero frutto di questo incidente".
  Intervistato su questo punto, Jamal Al-Dura ha affermato che si tratta di "menzogne". Pressato dalle domande dei giornalisti, ha evitato di rispondere dicendo: "Potete chiederlo al mio avvocato in Francia, lui vi risponderà. Io, per me, non sono autorizzato a parlarne".
  Nel febbraio 2012 la più alta corte d'appello francese ha accolto il ricorso di "France 2" contro la sentenza che respingeva la sua querela per diffamazione ai danni di Philippe Karsenty, l'analista di mass-media francese che aveva accusato l'emittente televisiva d'aver falsificato l'intera vicenda.
  "France 2" aveva fatto causa a Karsenty nel 2004 dopo che questi aveva sostenuto che tutte le riprese video montate e trasmesse dal giornalista Charles Enderlin il 30 settembre 2000 erano frutto di una messinscena finalizzata alla produzione del reportage dalla striscia di Gaza.
  Il filmato, girato dal cameraman palestinese Talal Abu Rahma all'incrocio di Netzarim durante un prolungato scambio di colpi d'arma di fuoco fra palestinesi e israeliani, mostrava Muhammad al-Dura che veniva colpito mentre suo padre cercava di proteggerlo col suo corpo. Le immagini shock fecero il giro del mondo scatenando un'ondata di furore contro i soldati israeliani automaticamente considerati responsabili della morte del ragazzino.
  In un primo momento le Forze di Difesa israeliane avevano ammesso la possibilità che la morte di al-Dura fosse stata accidentalmente provocata dai propri militari che rispondevano al fuoco palestinese proveniente da quella direzione e che non era cessato nonostante la situazione in cui si trovavano i due al-Dura. Tuttavia, alcuni mesi dopo, un'inchiesta interna delle forze armate israeliane aveva portato i comandi militari ad escludere tale responsabilità sulla base di una serie di considerazioni balistiche dalle quali risultava assai più plausibile che a colpire i due al-Dura fosse stato il fuoco palestinese.
  Negli anni successivi Karsenty, sul suo sito web, si spinse oltre arrivando a sostenere che tutta la vicenda fosse contraffatta e che costituisse un esempio lampante del pregiudizio anti-israeliano di gran parte dei dei mass-media.
  Non limitandosi alle responsabilità del corrispondente e del cameraman, Karsenty giunse ad accusare la stessa emittente francese d'essersi prestata alla falsificazione dell'incidente al-Dura. E fu per queste affermazioni che "France 2" lo citò per diffamazione, vincendo la causa in prima istanza quando un tribunale francese sentenziò che il filmato non era stato manipolato.
  Karsenty non si diede per vinto e ricorse in appello affermando che "France 2" non aveva reso di pubblico dominio l'intero video girato. Nel settembre 2007 la corte d'appello francese dispose che l'emittente consegnasse l'intero nastro filmato quel giorno, e non montato, riaprendo di fatto il caso.
  Nel filmato intero, che Enderlin diceva di aver tagliato perché contente "immagini insopportabili dell'agonia del ragazzo", si vede Muhammad al-Dura che muove una gamba e un braccio, sotto al quale sembra quasi sbirciare, senza nessun visibile versamento di sangue nonostante in quel momento dovesse essere già morto dissanguato per gravi ferite all'addome, stando al resoconto diffuso dal reportage.
  La corte francese ha anche acquisito come prova il rapporto balistico di un esperto forense secondo il quale non vi è alcuna possibilità che il ragazzino sia stato colpito a morte dal fuoco israeliano. Secondo tale rapporto, inoltre, non vi sono prove a supporto della tesi che padre e figlio siano stati anche solo feriti in quella circostanza, cosa che rilancerebbe l'accusa di un filmato sostanzialmente fasullo.
  Dopo un lungo iter giudiziario, Karsenty era stato assolto in secondo grado dall'accusa di diffamazione, ma l'emittente francese ha fatto ulteriore ricorso.
  Il rapporto finale della commissione israeliana giunge a pochi giorni dalla prevista sentenza di terzo grado.

(netNews, Times of Israel, Jerusalem Post, Israel HaYom, 20 maggio 2013 - da israele.net)


Oltremare - Terzo: porzioni da dopoguerra
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Non ci si abitua mai abbastanza presto alla porzionatura dei piatti in Israele. E dire che io sono arrivata qui dopo quattro anni di America, che anche lei, con le porzioni, non scherza per niente. In America credo ci sia ancora l'eredità dei costruttori di ferrovie e lavoratori pesanti, tutti uomini, che si nutrivano compatibilmente alla fatica fisica esercitata per 10-12 ore continuative.
In Israele ci sono due eredità nel piatto strabordante: quella dei pionieri che da bravi ebreini intellettuali europei si trasformavano in una sola generazione in rudi contadini (il nuovo ebreo, quello che zappa la terra e costruisce il Paese), e quella parallela delle madri che avevano fatto la fame vera, per lunghi anni, nella prima e poi nella seconda guerra mondiale. Prendi ancora, che devi crescere. Prendi ancora, non me lo lascerai lì. Prendi ancora, dici sempre che ti piace…
Come questo affetto bulimico sia passato ai ristoratori non mi è del tutto chiaro, ma basta sedersi in qualsiasi Beit Cafè (bar ristorante) ovunque in Israele e ordinare un piatto per ciascun commensale ed è chiaro: il contenuto non è minimamente compatibile con quello che una persona mediamente nutrita può mangiare in un solo pasto. Soprattutto se fuori ci sono 35 gradi, soprattutto se è estate (cioè 7-8 mesi l'anno qui da noi), e soprattutto se si mangia in fretta per poi ritornare al lavoro o alle attività della giornata.
Va detto che i picchi di quantità li tocca di solito l'insalata israeliana, piramidi di semplici pomodori e centrioli a cubetti con aggiunta a volte di cipolla. E tuttavia, tre etti netti di insalata di solo contorno possono stroncare molti stomaci. Turisti e nuovi immigrati avvisati.

(Notiziario Ucei, 20 maggio 2013)


Chiusura del valico di Rafah. Hamas critica l’Egitto

'Atto ingiustificato'

GAZA, 20 mag - "Un atto ingiustificato": cosi' un portavoce di Hamas ha qualificato la chiusura del valico di Rafah, fra il Sinai e la Striscia di Gaza, imposta venerdi' dalle autorita' egiziane. Ieri gli egiziani hanno chiuso, nella stessa zona, anche il valico commerciale Auja. Queste misure sono giunte dopo il rapimento di sette militari egiziani nel Sinai settentrionale, a quanto pare da integralisti islamici, e nel timore che gli ostaggi possano essere trafugati verso Gaza.
Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha fatto appello all' Egitto affinche' torni ad autorizzare il transito di persone e merci fra la Striscia e il Sinai. "I problemi interni dell' Egitto - ha precisato - vanno risolti in una maniera diversa, e non a scapito del popolo palestinese". Il valico di Rafah, precisano fonti locali, resta chiuso anche oggi. Secondo Hamas questo stato di cose ha ripercussioni gravi in modo particolare per quegli abitanti di Gaza che contavano di ricevere cure mediche in Egitto.

(ANSAmed, 20 maggio 2013)


Nuovo sito web per il turismo israeliano

Il ministero del turismo di Israele ha lanciato un nuovo sito web dedicato al turismo incentive e congressuale. Disponibile in lingua inglese e russa, il sito offre video, immagini e tante informazioni sui fornitori di servizi del settore e sugli uffici del turismo sparsi nel mondo. Israele può ospitare convention fino a 10 mila partecipanti utilizzando hotel, università e strutture con tutti i servizi ed i supporti tecnici richiesti, spaziando dagli hotel di lusso nelle principali città agli spa resort ad Eilat, in Galilea e mar Morto fino a strutture nella natura come i kibbutz. I tour pre o post convention possono includere i tradizionali luoghi santi, siti archeologici, sport, avventura, deserto ed altro ancora. Ai viaggi incentive, Israele offre quattro grandi categorie: Anima e corpo (trattamenti termali olistici, meditazione, kabala, ecc), Sport (anche il nuoto con i delfini del mar Rosso, bird-watching, escursioni in bicicletta, gite in jeep), Cibi e vini (cantine boutique, uliveti e caseifici, mercati alimentari all'aperto,…) Tempo libero e storia (visite culturali, siti archeologicim produzioni notturne nel deserto, musei).
Per informazioni

(Travel Quotidiano, 20 maggio 2013)


La simbologia degli oggetti sacri dell'ebraismo

La rabbina Barbara Irit Aiello ospite dell'associazione "Altrove"

di Lina Latelli Nucifero

Barbara Irit Aiello

LAMEZIA TERME - L'analisi dei tratti più significativi dell'ebraismo e dei suoi simboli è stato il tema principale che ha caratterizzato l'incontro, promosso da Anna Cardamone, presidente dell'associazione culturale "Altrove", al fine di ospitare Barbara Irit Aiello, unica rabbina donna in Italia ed esponente dell'ebraismo progressivo, considerata punto di riferimento per quelle famiglie italiane che, con lei, hanno riscoperto radici giudaiche. Il desiderio di divulgare la religione dei patriarchi e la conoscenza dell'Olocausto, subito dagli ebrei nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale, ha indotto la rabbina a fermarsi a Serrastretta dove ha fondato una sinagoga e un Centro per la ricerca e lo studio sugli ebrei in Calabria e Sicilia. Alcuni anni fa le notizie diffuse da qualche studioso sulla presenza degli ebrei al Timpone, risalente a tanti secoli fa, hanno suscitato una certa ostilità da parte delle istituzioni e di alcuni cittadini. Nel riportare alla memoria le persecuzioni, perpetrate contro gli ebrei anche in Calabria, la rabbina ha ricordato che ben 4000 ebrei, internati nel campo di concentramento di Ferramonte, furono salvati dalla generosità e coraggio dei cittadini. Ha anche aggiunto che alcune persone sopravvissute hanno parlato dell'umanità che il comandante Palatucci espresse verso i prigionieri ebrei ai quali offrì perfino il gelato. Ai numerosi convenuti la rabbina ha raccontato le sue origini calabresi, infatti suo padre Antonio era nativo di Serrastretta e da ragazzino andava a studiarela Torah, il testo sacro degli ebrei, nel quartiere Timpone di Nicastro (la Giudecca) , dove era stata impiantata l'industria della ginestra con la quale si realizzavano tessuti pregiati. Antonio da adolescente,con i suoi familiari, emigrò in America, dove è nata Barbara e dove tutta la famiglia ha rispettato e tramandato alle generazioni successive riti e tradizioni della propria religione.
La rabbina, che è a capo di una sinagoga a Milano
L'articolo non dice quale
, ha spiegato il significato di molti simboli, esposti su un tavolo, soffermandosi sui particolari riguardanti ognuno di essi sia in rapporto alla religione che alla storia dell'Antico Testamento. Tra i numerosi oggetti esposti c'era la menorà, il candelabro con sette candele che rievoca i sette giorni della creazione. Ha inoltre illustrato l'importanza della festa dello Shabbat, con cui i fedeli dell'ebraismo rendono grazie a Dio che ha creato il mondo, osservando il riposo nel settimo giorno, e la festa dell' Hanuka ovvero della luce rappresentata dai candelabri con nove candele, una delle quali simboleggia l'amore e l'aiuto per gli altri, in particolare per il fratello in difficoltà. Infine Barbara Aiello ha letto e cantato un passo in ebraico tratto da un'antica Torah, e lo stesso brano in lingua italiana tratto dalla Bibbia. «Questa Torah - ha chiarito la rabbina - fu realizzata a Torino nel 783 in pelle di montone e portata in America dalla quale finalmente ha fatto ritorno a casa». In conclusione si è aperto un dibattito durante il quale sono stati approfondite le tematiche proposte puntando sulle differenze tra l'ebraismo e il cattolicesimo ed è stato evidenziato il comportamento etico che gli ebrei devono mantenere sempre, il senso della fratellanza, dell'amore, della comprensione verso le altre persone anche se appartengono a religioni diverse.

(lamezia web, 20 maggio 2013)


L'ufficiale nazista «Giusto delle Nazioni»

di Anna Foa

Quando il Signore decise di distruggere Sodoma a causa dei peccati dei suoi abitanti, Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città. Davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?» (Gen 18,23-24).
  Uno di quei giusti che erano in mezzo agli empi ha da poco ottenuto dallo Yad Vashem il riconoscimento del titolo di Giusto delle Nazioni. È Gehrard Kurzbach, ufficiale della Wermacht che durante la guerra diresse un'officina di riparazione di veicoli militari a Bochnia, a cinquanta chilometri ad est di Cracovia. A Bochnia, dove prima dell'occupazione gli ebrei erano 3500, il 20% circa della popolazione, fu creato nel 1941 un ghetto in cui furono deportati anche altri ebrei della zona. Molti di loro lavoravano nell'officina militare di riparazione, a cui era a capo Kurzbach. Nel 1942, quando iniziarono le deportazioni nel campo di solo sterminio di Belzec l'ufficiale tedesco si diede a proteggere quanti ebrei poteva, nascondendo nell'officina quelli che vi lavoravano quando erano previsti rastrellamenti, radunando là anche le loro famiglie e rimandandoli nel ghetto quando il pericolo immediato cessava.
  Secondo le testimonianze, avrebbe così salvato duecento ebrei. Le dichiarazioni dei sopravvissuti sono numerose, e sono quelle che hanno determinato il riconoscimento che gli è stato conferito. Di Kurzbach non si hanno più notizie dopo il 1944, data delle sue ultime lettere ai famigliari dalla Romania. Aveva lasciato Bochnia nel 1943, probabilmente trasferito, anche se, secondo la testimonianza di alcuni degli ebrei da lui salvati, egli sarebbe stato invece scoperto ed arrestato. Alla cerimonia di consegna della medaglia di Yad Vashem, ritirata per la famiglia da un nipote, e tenutasi a Berlino nel novembre 2012, hanno partecipato il presidente della Repubblica federale tedesca Joachim Gauck e l'ambasciatore di Israele. Era presente anche uno degli ebrei salvati da Kurzbach, Romek Marber, sopravvissuto alla deportazione e divenuto in Inghilterra un grafico assai noto, autore di memorie sul periodo della Shoah in cui ricostruisce anche la vicenda di Kurzbach. Il suo ricordo di lui e della sua umanità è stato caldo e affettuoso.
  Il riconoscimento di Giusto ad un ufficiale della Wermacht ci riporta al tema della responsabilità del popolo tedesco nella guerra di Hitler. Nell'immediato dopoguerra, com'è noto, gli Alleati sottolinearono con forza la responsabilità collettiva del popolo tedesco, nell'ambito della loro azione di "denazificazione". Sono gli anni in cui il filosofo Karl Jaspers parla di "colpa metafisica" dei tedeschi, mentre invece Hannah Arendt sottolinea la valenza sempre individuale di ogni responsabilità. Più tardi, l'idea della colpa collettiva avrebbe lasciato il posto ad una rimozione altrettanto collettiva, che sarà rotta solo alla fine degli anni Sessanta. Intanto, anche la ricostruzione storica contribuiva a sfumare il quadro dei filosofi, con la conoscenza della larghezza dell'opposizione ad Hitler testimoniata non solo dall'episodio dell'attentato di von Stauffenberg, ma delle decine di migliaia di comunisti, socialisti, cattolici detenuti a Dachau dal 1933 in avanti e gli altri esempi di resistenza, come quello dei giovani della Rosa Bianca. E possiamo anche ricordare le responsabilità immani dei collaborazionisti non tedeschi, dal regime di Vichy a quello di Salò, dagli ustascia croati alle Croci Frecciate ungheresi.
  Che cosa mosse Kurzbach a questa rischiosa opera di salvataggio? Sappiamo troppo poco di lui per ipotizzare convincimenti politici o anche una forte spinta religiosa, i due moventi che hanno avuto la maggior forza nello spingere i tedeschi alla resistenza contro il nazismo. Era un uomo come gli altri. Era nato a Posen nel 1915 in una famiglia tedesca che nel primo dopoguerra, quando Posen era ridivenuta polacca, era emigrata in Slesia. Era una famiglia modesta, suo padre era un meccanico e lui stesso, prima di essere arruolato, lavorava nell'officina del padre. Si era sposato nel 1940. Nel sito di Yad Vashem possiamo trovare di lui varie foto, fra cui appunto quella del suo matrimonio, ed altre in divisa della Wermacht. Ma anche se non sappiamo molto di quello che Kurzbach pensava e provava mentre salvava gli ebrei, sappiamo certamente che era mosso da una forte reazione morale contro il Male, che tentava di fare il possibile per salvare quelle vite di ebrei che i nazisti stavano alacremente tentando di distruggere fino all'ultimo.
  Era uno dei Giusti di cui parla il testo biblico a proposito di Sodoma. Quello che ha fatto è andato molto oltre quello che altri tedeschi, nella stessa divisa, hanno in alcuni casi fatto, come ci testimoniano tanti racconti del tempo: chiudere un occhio di fronte ad un bambino che fuggiva durante un rastrellamento, trattare dei detenuti con umanità, perfino avvisare degli ebrei che erano stati denunciati e lasciarli fuggire, come un ufficiale della Wermacht ha fatto con i miei nonni, consentendo loro di mettersi in salvo.
  Quello che Kurzbach ha fatto è stato operare attivamente, in modo pianificato, utilizzando il suo grado e il suo compito nell'esercito tedesco, per contrastare gli ordini ricevuti e salvare gli ebrei, invece di assassinarli. Per questo, la sua sola esistenza ci dimostra che la colpa non è mai collettiva, che la responsabilità è sempre individuale, nel bene come nel male. Per questo l'esistenza di uomini come lui basta a salvare Sodoma.

(Avvenire.it, 20 maggio 2013)


Tre serate rock alla fortezza di Masada

Shalom Hanoch

Un omaggio alla musica israeliana si svolgerà ai piedi della fortezza di Masada (mar Morto) dal 30 maggio al 1o giugno 2013. La serata di apertura vedrà la performance del cantautore israeliano Shalom Hanoch in un concerto dal vivo sul suo album "White Wedding", per la prima volta in 32 anni. Hanoch ospiterà anche cantanti israeliani come Aviv Geffen, Tom e Orit, Dag Nahas e Shlomi Shaban per far rivivere uno degli album che ha fatto la storia del rock 'n roll israeliano. Venerdì 31 maggio sarà la volta dei Mayumana, mentre sabato 1o giugno è previsto il leggendario artista israeliano Shlomo Artzi, che torna dopo 20 anni con Avraham Tal e Dudu Tasa.

(Travel Quotidiano, 20 maggio 2013)


Badier e Davidovitch lasciano il calcio

Due nomi famosi del calcio israeliano hanno annunciato l'addio al calcio questo weekend: insieme Walid Badier e Nir Davidovitch hanno collezionato 12 campionati, sette coppe e 125 presenze in nazionale.
Due nomi famosi del calcio israeliano hanno annunciato l'addio al calcio questo weekend: Walid Badier e Nir Davidovitch lasciano con un totale, tra i due, di 12 campionati vinti, sette coppe e 125 presenze in nazionale tra di loro.
Il portiere del Maccabi Haifa FC Davidovitch, 36 anni, smette dopo 535 partite con lo stesso club dopo il 3-2 contro l'Hapoel Tel-Aviv FC. Con la squadra sconfitta c'era invece in campo il 39enne Badier, ex compagno di Davidovitch all'Haifa.
Davidovitch fu promosso in prima squadra all'Haifa il 4 novembre del 1995, giorno in cui il primo ministro Itzahak Rabin fu assassinato a Tel Aviv. A 22 anni arriva la prima di 51 presenze in nazionale e nel 2003 la grande prestazione nello 0-0 in Coppa UEFA contro il Valencia CF che gli vale il soprannome 'la piovra'.
Badier debutta in prima squadra nel 1992 con la maglia dell'Hapoel Petach Tikva FC. Sette anni dopo si trasferisce in Inghilterra per giocare con il Wimbledon FC segnando il suo unico gol in casa del Manchester United FC, prima di trovare Davidovich all'Haifa. Nel 2005 il trasferimento all'Hapoel Tel-Aviv, dove aggiunge un campionato ai quattro vinti con il Maccabi. In nazionale vanta ben 74 presenze.

(UEFA.com, 20 maggio 2013)


Valico di Rafah bloccato dall’Egitto. Proteste

GAZA - Mille palestinesi sulla via del ritorno dall'Egitto verso la Striscia di Gaza sono bloccati da giorni, in condizioni igieniche allarmanti, sul versante egiziano del valico di Rafah, che e' stato chiuso fino a nuovo ordine dall'esercito egiziano. Lo denunciano fonti locali. Il blocco e' stato ordinato dopo il rapimento, avvenuto giovedi' nel Sinai, di 7 militari egiziani da parte di estremisti islamici locali: militari che al Cairo si teme possano essere condotti verso la Striscia.

(ANSA, 19 maggio 2013)


Tutta qui la nota d’agenzia, forse perché il fatto che arabi facciano soffrire altri arabi non fa notizia. Se fosse stato Israele a fare un blocco simile, le fotocamere dei reporter sarebbero arrivate subito a registrare le sofferenze imposte ai poveri palestinesi dai cattivi israeliani.


Damasco punta i missili su Tel Aviv

Il governo minaccia: pronti a colpire se nuovo raid in territorio siriano. Nuova offensiva dell'esercito contro Qusayr, roccaforte dei ribelli al confine con il Libano e snodo cruciale nei collegamenti tra i due paesi. Convocata per giovedì una riunione d'urgenza dei ministri degli Esteri della Lega Araba.

Damasco ha spostato le proprie batterie di missili Tishreen puntandole contro Tel Aviv e avverte Israele: colpiremo in caso di un nuovo raid in territorio siriano. Lo rivela il Sunday Times.
L'esercito siriano ha iniziato a dispiegare i missili avanzati terra-terra Tishreen, capaci di trasportare una testata da mezza tonnellata, scrive il giornale britannico, precisando che queste informazioni derivano dal monitoraggio satellitare delle forze siriane. I militari, afferma il quotidiano, "hanno ricevuto ordine di colpire Israele in caso di altri attacchi in Siria".
L'esercito siriano ha poi lanciato oggi un'offensiva contro la città di Qusayr (Qusseir), roccaforte dei ribelli nel centro della Siria da questa mattina sotto il tiro di raid aerei. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Invece secondo la Tv di Stato la città è stata conquistata.
Qusayr è collocata tra la città siriana di Homs e il confine con il Libano, in una zona cruciale per i collegamenti tra la Siria e il Libano e in particolare la valle della Beqaa, retrovia di Hezbollah, il movimento sciita antisraeliano libanese.
"L'assalto a Qusayr è cominciato e violenti combattimenti tra ribelli ed esercito sono in corso nella città", ha dichiarato il direttore dell'ong Rami Abdel Rahmane. Secondo gli attivisti dell'Osservatorio, le forze governative siriane sarebbero penetrate a Qusseir da sud, appoggiate da miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, alleati del regime di Damasco e dell'Iran. "L'assalto è cominciato e ci sono combattimenti accaniti fra i ribelli e l'esercito", ha detto una fonte.
L'opposizione anti-Assad ha denunciato da parte sua l'attacco come un'azione destinata di fatto a sabotare l'ipotesi di conferenza di pace proposta in questi giorni da Usa e Russia e paventando il rischio di un nuovo eccidio.
Su richiesta del Qatar la Lega Araba ha convocato per giovedì una riunione d'urgenza dei ministri degli esteri arabi sulla crisi siriana, sotto la presidenza del capo della diplomazia di Doha, Sheikh Ahmad Ben Jassem al Thani. Lo ha reso noto il vicesegretario generale, Ahmed ben Helli. La riunione, che ha all'ordine del giorno la situazione in Siria dopo l'appello internazionale per una soluzione urgente, si terrà il giorno dopo la conferenza degli 'amici della Siria' convocata in Giordania mercoledì.

(la Repubblica, 19 maggio 2013)


Siria - Netanyahu pronto a ogni scenario

GERUSALEMME, 19 mag. - Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha evocato la prospettiva di nuovi raid israeliani in Siria, impegnandosi ad agire per evitare che armi sofisticate arrivino nelle mani di Hezbollah o di altri gruppi.
Intervenendo alla consueta riunione settimanale del gabinetto di governo, il premier Netanyahu non ha fatto alcun riferimento esplicito agli attacchi di inizio maggio in Siria, ma ha chiarito che Israele e' pronto a intervenire in futuro e ha aggiunto che si sta preparando "a ogni scenario" nel conflitto siriano. "Agiremo per garantire la sicurezza dei cittadini israeliani anche in futuro", ha detto Netanyahu, descrivendo le azioni del governo come "responsabili, determinate e di alto livello". Israele non ha mai confermato ne' smentito di aver attaccato e distrutto i missili iraniani custoditi alle porte di Damasco nella clamorosa operazione condotta a inizio maggio .

(AGI, 19 maggio 2013)


Palestinesi al voto (ma solo in tv)

Da otto anni non vanno alle urne per scegliere il presidente, ma ora un reality show offre al popolo l'illusione di decidere

di Rolla Scolari

  
BETLEMME - Ogni settimana i palestinesi votano il loro presidente. Lo fanno via sms, nell'ovattato mondo televisivo, per finta. In realtà, non vanno alle urne per cambiare il loro leader dal 2005.
Al Rais, il presidente, è il reality show che appassiona il pubblico palestinese ricostruendo una politica in stallo. Un gruppo di giudici - politici, accademici, uomini d'affari - assieme agli spettatori a casa decide chi, tra i giovani concorrenti, è qualificato per diventare raìs. «Che sistema economico svilupperesti in un futuro Stato palestinese?»; «Come salveresti una compagnia in crisi economica?», hanno chiesto nell'ultima puntata i giudici, tra i quali un deputato arabo al Parlamento israeliano, Ahmed Tibi, e politici dell'Autorità nazionale palestinese, come Khoulod Deibes.
Il reality show è inziato a marzo. «La nostra storia è la storia di una leadership fallita», ha detto nello stesso periodo il premier dimissionario Salam Fayyad al New York Times, per poi negare di aver pronunciato quelle parole. Con una leadership divisa politicamente e geograficamente - gli islamisti di Hamas a Gaza e l'Autorità nazionale di Abu Mazen in Cigiordania - senza una data fissata per elezioni, la crisi dei vertici politici palestinesi è profonda.
Seduto nell'atrio del moderno Centro conferenze di Betlemme, in Cisgiordania, dove è girata parte del reality, Raed Othman racconta come è nata l'idea di Al Rais. È il manager di Ma'an, agenzia di stampa e canale tv indipendente palestinese che produce la serie assieme all'organizzazione non profit «Search for Common Ground». «È semplice: non votiamo per un presidente da otto anni», spiega mentre alle sue spalle i dieci candidati rimasti in gara - nove uomini e una donna - si preparano a entrare in scena. In 1.200 palestinesi - tra i 25 e 35 anni - hanno sfidato le telecamere per diventare raìs.
Ogni sabato, i giovani, seguiti dagli operatori tv, affrontano una sfida diversa, di cui poi discutono davanti ai giudici nella puntata successiva. La settimana scorsa, i candidati hanno lavorato per un giorno seduti su una poltrona importante: c'è chi è stato sindaco di Nablus, chi governatore di Hebron, chi amministratore delegato della società di telecomunicazioni, come Baha'a Al Khatib, 26 anni, nella vita vera program manager in una compagnia che distribuisce software didattici online. Baha'a vorrebbe diventare veramente presidente per «portare avanti un cambiamento reale» che si focalizzi «sul rafforzamento delle istituzioni, dell'educazione, dei servizi, della sanità» per costruire uno Stato. Un accordo di pace con Israele? «Certo che lo firmerei se fossero riconosciuti i diritti dei palestinesi e dei rifugiati: nessuno vuole uccidere e vedere sangue», dice al Giornale il candidato che parla già un po' da presidente: «Io sono un uomo di pace».
La notizia del reality è arrivata sui quotidiani israeliani, che hanno notato come alcuni partecipanti abbiano preso posizioni contro la violenza nel conflitto con Israele e abbiano piuttosto parlato, come Baha'a, di «resistenza civile». Secondo il manager di Ma'an, Raed Othman, la leadership palestinese guarda con attenzione lo show «e prende appunti». Il messaggio che Raed vorrebbe mandare ai vertici è riassunto dall'aspirante presidente Baha'a: «C'è una giovane generazione palestinese che vuole e può portare il cambiamento". Chi potrà parlare come "ambasciatore" di questa nuova guardia televisiva lo deciderà per il 25% il pubblico, via sms, e per il 75% i giudici. La finale sarà a giugno. Intanto, forse suggestionati dalla realtà del piccolo schermo, i vertici di Hamas e quelli di Fatah, partito del presidente, hanno dichiarato mercoledì che la data per nuove elezioni potrebbe essere annunciata entro tre mesi.

(il Giornale, 19 maggio 2013)


Sorgente di vita - Il World Jewish Congress e la storia degli ebrei di Rodi

Antisemitismo e razzismo in Europa sono stati i temi al centro della riunione del Congresso Mondiale Ebraico che si è tenuta nei giorni scorsi eccezionalmente a Budapest: una scelta di solidarietà e di attenzione verso la comunità ebraica locale, allarmata per gli attacchi che provengono da Jobbik, il partito di estrema destra ultranazionalista, xenofobo e dichiaratamente antisemita. Ne parlano Roberto Jarach, vice presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Edith Bruck, scrittrice di origine ungherese nella puntata di Sorgente di vita di questa sera, domenica 19 maggio.
Segue la storia degli ebrei dell'isola di Rodi, nel racconto doloroso di tre sopravvissuti nel film - testimonianza "Il viaggio più lungo" del regista Ruggero Gabbai. Il ritorno nell' "isola delle rose", i luoghi, i ricordi, le emozioni di una vita felice fino alle Leggi Razziali fasciste, poi l'occupazione nazista e la deportazione, con il lungo e drammatico viaggio per mare e in treno, fino allo sterminio ad Auschwitz di quasi tutta la comunità.
Infine un servizio dedicato a Jacob Finci, ambasciatore, benefattore e uomo di cultura che ha ricevuto a Genova il premio del Centro Primo Levi. In un'intervista Finci parla dell'attività umanitaria durante la guerra dei Balcani, della comunità ebraica della Bosnia Erzegovina e della Haggadah di Sarayevo prezioso manoscritto medievale, a cui è dedicata una mostra nel Museo Ebraico di Genova.
Sorgente di vita va in onda questa sera, domenica 19 maggio alle ore 1,20 circa su RAIDUE. La puntata verrà replicata lunedì 20 maggio alla stessa ora circa e lunedì 27 maggio alle ore 9,30 del mattino.
I servizi di Sorgente di vita sono anche on line.

(Notiziario Ucei, 19 maggio 2013)


Farmaco sperimentale protegge la fertilità durante la chemioterapia

LONDRA, 18 mag. - Un nuovo farmaco sperimentale ha mostrato di proteggere la ovaie durante la chemioterapia. Lo studio della Tel Aviv University ha documentato nei topi che il farmaco AS101 riusciva a contrastare gli effetti del ciclofosfamide sulla fertilita' delle cavie. La sostanza chemioterapica, a quanto si legge su 'Science Translational Medicine', aumentava il numero di follicoli attivi in crescita nelle ovaie e innescava una processo cellulare associato all'attivazione del follicolo. Questo lasciava i follicoli attivati vulnerabili alle dosi successive del farmaco, che li uccideva dividendo le cellule. Quando i ricercatori hanno testato il farmaco AS101 nei topi che avevano prima ricevuto ciclofosfamide, hanno scoperto che veniva attivato un minor numero di follicoli e che la fertilita' veniva preservata. .

(AGI, 18 maggio 2013)


Ha tatuaggi nazisti. Ecluso dal gala

Atleta di arti marziali escluso da evento perché sul petto ha tatuata una svastica, il volto di Hitler e scritte anti-ebrei.

Un combattente di arti marziali miste (Mma) ungherese è stato escluso, sotto la pressione degli sponsor, da un gala a Praga perché sul suo corpo aveva dei tatuaggi a sfondo nazista. Gli organizzatori della manifestazione hanno così annullato il combattimento di Attila Petrovszki che si era fatto tatuare sul suo cuore una svastica e l'effigie di Adolf Hitler
. E di seguito aveva un tatuaggio con scritto in inglese: "Morte agli ebrei".
«Il combattimento ci era stato proposto dal suo manager che si è basato sulle sue performance sportive e sui suoi risultati », hanno spiegato gli organizzatori in un comunicato pubblicato sul sito internet del torneo. «Purtroppo non eravamo al corrente dell'esistenza dei tatuaggi: a dir la verità, noi non lo volevamo». L'annuncio del combattimento di di Petrovszki ha provocato scalpore in Repubblica Ceca dopo la pubblicazione questa settimana di una foto dell'ungherese sul sito d'informazione Romea.

(La Stampa, 18 maggio 2013)


Chiuso il valico di Rafah per il secondo giorno consecutivo

IL CAIRO, 18 mag. - Per il secondo giorno consecutivo le autorita' egiziane hanno stabilito la chiusura del valico di Rafah con la Striscia di Gaza. Lo riferiscono fonti locali, citate dall'agenzia d'informazione 'Xinhua', precisando che la chiusura e' la reazione al rapimento giovedi' di sette uomini della sicurezza egiziana da parte di un commando jihadista nel nord della Penisola del Sinai.
Secondo testimoni, centinaia di persone sono in attesa in queste ore di attraversare il valico, sia dal lato egiziano che palestinese. I vertici di Hamas, che governa nella Striscia di Gaza, hanno fatto sapere che sono in contatto con le autorita' egiziane per ottenere l'apertura di Rafah. "Gaza non ha alcun legame con i sequestri", ha assicurato Yousef Rezka, un consigliere del primo ministro di Hamas, Ismail Haneya. Rezka ha quindi sottolineato che la protesta della polizia egiziana "si ripercuote negativamente sulla vita degli abitanti di Gaza".

(Adnkronos, 18 maggio 2013)


Medici, affari, false accuse. Ecco la storia degli ebrei

di Matteo Sacchi

Quella degli ebrei italiani è una storia lunghissima e intricata. La comunità ebraica, ma si potrebbe anche parlare di diverse comunità che si susseguono nel tempo, risiede nella nostra penisola sin dai tempi della Roma repubblicana. Una presenza che ha cambiato la cultura del nostro Paese in molti modi. Alcuni davvero poco studiati. Ecco perché "Storia degli ebrei italiani, dalle origini alXVsecolo" (Mondadori, pagg. 618, euro 28) di Riccardo Calimani (a cui seguirà, nelle intenzioni dell'autore, un volume che arriverà ai giorni nostri) è davvero untesto foriero di spunti. Calimani, a cui si devono alcune delle maggiori monografie sull'ebraismo (Storia del Ghetto di Venezia; Storia dell'ebreo errante, Ebrei e pregiudizio...)e che si occupa del Meis (Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah) di Ferrara, ha raccontato al Giornale la genesi e il senso dell'opera.

- Quanto è antica la presenza ebraica nella Penisola?
  «Gli ebrei sono in Italia da almeno 22 secoli. Sono sempre stati una minoranza molto piccola ma con un ruolo rilevante. Una minoranza non abbastanza studiata».

- Non è stata sempre una convivenza semplice quelle tra ebrei e cristiani. E ancora prima quella tra ebrei e pagani...
  «Durante l'Impero romano ha avuto un andamento altalenante, un susseguirsi di aperture e di leggi repressive. Soprattutto per quanto riguarda la questione della divinità dell'Imperatore. Poi nel medioevo uno dei fattori di tensione più forte diventerà la presenza del papato. In un tessuto giuridicamente vario e complesso credo si possa dire che i momenti più difficili sono stati durante le Crociate, un momento in cui la paura del diverso prese il soprawento, e poi in seguito durante le pestilenze... In quei casi gli ebrei diventavano facilmente un bersaglio».

- Lei dedica un intero capitolo alla così detta accusa del sangue ci spiega cos'è?
  «Il primo ad accusare gli ebrei di omicidio rituale fu Apione di Alessandria nel primo secolo dell'Era Volgare. A lui rispose lo storico ebreo Giuseppe Flavio nel suo Contra Apionem definendo questa accusa la "più tragica delle favole". Ma quella favola non è mai morta, sostanzialmente nel medioevo l'accusa, assolutamente priva di qualsiasi fondamento, divenne quella che gli ebrei uccidessero ritualmente dei bambini e questo scatenava la furia del popolino. La cosa ridicola è che nell'Impero romano anche i cristiani erano accusati di omicidio rituale forse per la questione del corpo e del sangue nell'eucarestia».

- Qualche hanno fa il libro di uno storico di origine ebraica ha causato molto scandalo su questo tema. Ariel Toaff in Pasque di sangue sostiene che c'è, in alcuni casi, traccia reale di questi omicidi rituali...
  «Guardi lo studio di Toaff secondo me, e secondo molti altri storici, è privo di validità, è fatto male. Credo ci siano anche aspetti psicologici nella questione... Ma su questi non voglio entrare».

- In quali zone dell'Italia la presenza degli ebrei era radicata nel periodo da lei studiato?
  La presenza era fortissima in Puglia, Sicilia e Calabria, il radicamento massiccio nei centri del Nord,come Venezia è arrivata dopo, Tra le grandi città, anche se può sembrare un paradosso è Roma».

- Quali sono le professioni in cui hanno dato un contributo maggiore allo sviluppo della cultura italiana?
  «Sicuramente la medicina e le scienze, in cui non erano soggetti a molte delle limitazioni che colpivano i cristiani. E poi i medici ebrei curavano il corpo e non l'anima e questo gli giovava dal punto di vista dell'efficacia. Durante il medioevo poi c'è stato un confronto teologico che è stato proficuo per entrambe le parti. Poi ovviamente visto tutti i divieti verso il prestito tra il 1300 e il 1500 si sono ritagliati un ruolo importantissimo ma pericoloso rispetto alla banca».

- Lo studio della Kabbalah ha favorito gli scienziati e i medici ebrei?
  «No, la Kabbalàh è basata sull' intuizione, la base razionalista viene dal Talmud».

(il Giornale, 18 maggio 2013)


Parlamento greco - Bagarre in aula: un deputato urla "Heil Hitler"

Un deputato di Alba Dorata, Panayiotis Iliopoulos, è stato espulso dall'aula del Parlamento greco per aver insultato altri deputati. E mentre l'esponente del partito di estrema destra lasciava l'aula, qualcuno ha scandito tre volte il saluto nazista "Heil Hitler": le telecamere non inquadravano i deputati di alba dorada e non è chiaro chi sia stato a invocare Hitler. E' la prima volta in oltre vent'anni che un deputato greco viene espulso dall'aula.

(RCD - Corriere Tv, 17 maggio 2013)


Salone del libro di Torino - Riscoperta delle radici ebraiche in Calabria

ROMA, 17 mag. - "Un'occasione preziosa per riannodare il filo con un passato che torna oggi a vivere grazie alla nuova sensibilita' che si e' diffusa a tutti i livelli: istituzioni, societa' civile, popolazione". Cosi' il presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane Renzo Gattegna nell'annunciare il proprio intervento all'incontro 'La Bibbia di Reggio Calabria e il legame antico tra Ebraismo e Meridione' in programma domenica alle 16.45 nello stand della Regione Calabria, regione ospite del Salone del libro di Torino.
"A quasi cinque secoli dall'editto di espulsione che pose fine a una lunga storia di cultura e partecipazione, le suggestioni che ci vengono da quel passato violentemente strappato al territorio sono un riferimento nelle numerose iniziative di riscoperta delle radici ebraiche della regione cui partecipiamo con entusiasmo e orgoglio", conclude Gattegna.
Nello stand della Regione Calabria e' anche esposta la copia di un antichissimo commentario di Rashi', piu' antico testo a caratteri ebraici mai stampato al mondo, realizzato a Reggio Calabria nel 1475.

(Adnkronos, 17 maggio 2013)


La festa degli ebrei per il dono della Legge

Nella ricorrenza di Shavu'ot si è celebrata la consegna della Torah da Dio a Mosè.

In ogni sinagoga c'è il 'Sefer Torah', il Libro della Legge, avvolto in drappi e ornamenti. È custodito in un armadio sacro, posto sulla parete rivolta a Gerusalemme (in Italia quella orientale, per convenzione) e verso il quale è orientata l'aula sinagogale. Si tratta di un rotolo, sempre scritto a mano e nella forma classica della lingua ebraica (cioè senza i segni che indicano le vocali, assenti), che comprende il Pentateuco, l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Questa è la parte principale della Bibbia ebraica, per diverse ragioni; la più importante è che solo in questi testi si trova il fondamento dei precetti, le norme prescritte dalla divinità. Proprio il rispetto di un insieme di norme è alla base del patto fra Dio e il popolo ebraico di cui racconta la Bibbia, sancito sul monte Sinai. Lì Mosè ricevette la legge divina, la Torah appunto. Il 15 e il 16 maggio gli ebrei italiani, come quelli nel resto del mondo, hanno celebrato questo evento nella festa di Shavu'ot.
  Shavu'ot è una delle tre feste di pellegrinaggio, con Pesach, Pasqua, e Sukkot, Capanne. Sono definite 'di pellegrinaggio' perché in queste ricorrenze gli antichi ebrei portavano a Dio un'offerta al Santuario di Gerusalemme. Tutte e tre queste celebrazioni, come anche il Capodanno e il Kippur, hanno fondamento biblico, a differenza delle altre. Esistono infatti due tipi di feste ebraiche: quelle 'bibliche', appunto, e quelle prescritte dalla tradizione orale, le maggiori fra le quali sono Chanukkà e Purim. Solo per le ricorrenze del primo tipo valgono i divieti del sabato, il giorno del riposo.
  Shavu'ot significa 'Settimane'. Cade infatti sette settimane dopo la Pasqua ebraica. Ricorrendo il 50esimo giorno dopo di essa, è anche detta Pentecoste, dal greco 'Cinquantesimo'. La data è il 6 di Sivan, primo mese del calendario ebraico, corrispondente quest'anno al 15 maggio. Fuori da Israele, tuttavia, si celebra anche il giorno seguente. Tutte le feste ebraiche durano un giorno in più, fuori da Israele: nei tempi antichi gli ebrei della Diaspora rimediavano così al rischio di una trasmissione imperfetta della data (l'inizio dei mesi era stabilito in Israele, osservando la luna nuova).
  Shavu'ot, come Pesach e Sukkot, ha due significati, ed entrambi la legano a Pesach. Il primo è agricolo: si celebrava la fine della mietitura del grano, mentre Pesach era il periodo in cui si presentavano a Dio le primizie dell'orto. Il secondo è storico, assunto nella tradizione rabbinica: Shavu'ot celebra il dono della Torah da Dio a Mosè sul monte Sinai, difatti la festa è anche chiamata 'Tempo del dono della nostra Torah'. Questo dono è considerato una liberazione spirituale, successiva a quella fisica della schiavitù in Egitto celebrata con Pesach. Il nesso fra le due ricorrenze è tale che è prescritto di contare i giorni fra di esse, costituenti il 'periodo dell'Omer' (dove 'omer' è un'unità di misura). La storia di questa doppia liberazione è raccontata dalla Bibbia nel libro dell'Esodo. Dopo la fuga dall'Egitto (fissata dalla maggior parte degli studiosi attorno al XIII secolo a.C.), il popolo ebraico camminò per 40 anni nel deserto guidato dal profeta Mosè, finché giunse ai piedi del monte Sinai, dove Mosè salì per ordine di Dio e da questi ricevette la Torah, la legge divina, da consegnare al popolo.
  La parola ebraica Torah, frequentissima nella Bibbia ebraica dove è presente 220 volte, deriva dalla radice verbale 'jrh' che esprime l'idea d'insegnare. La traduzione italiana più fedele sarebbe dunque un termine come 'insegnamento', ma è invalso l'uso di tradurla 'legge' perché così è stata resa nella traduzione greca della Bibbia dei Settanta, risalente al III-II secolo a.C. (la parola impiegata era 'nomos', 'legge' appunto). Si usa dire che a Pesach avvenne la promessa di matrimonio fra Dio e il popolo ebraico, mentre a Shavu'ot ci furono le nozze. Da questa immagine, cara agli ambienti mistici dell'ebraismo, deriva anche l'usanza, introdotta nel XVI secolo, di far seguire alla cena della vigilia di Shavu'ot una veglia nel corso della quale si studiano testi sacri biblici e non. È anche un'occasione conviviale: oltre a studiare i testi si offrono caffè, dolci e formaggio. I latticini sono il cibo tipico di questa festa: si usa consumare un pasto a base di essi almeno una volta durante la celebrazione. Le origini più accreditate di questa usanza sono due: la prima è il paragone esistente fra il sapore della Torah e quello del latte e del miele, mentre la seconda è che gli ebrei, non avendo ancora ricevuto la legge divina, non erano in grado di effettuare la macellazione rituale degli animali, perciò si astenevano dal mangiare la carne (la religione ebraica include anche norme alimentari).
  In occasione di Shavu'ot si va in sinagoga e di solito la si trova addobbata con fiori e piante, a differenza di quanto accade nel resto dell'anno; un rimando al passato agricolo della festa, o un riferimento al luogo lussureggiante nel quale Dio donò la Torah. Dopo la cena della vigilia e lo studio notturno dei testi sacri, il secondo giorno di celebrazione si legge il libro di Ruth. In questo testo, parte del canone biblico, si racconta la storia dell'omonima donna moabita, antenata del re David, e della sua conversione all'ebraismo, alla quale arrivò attraverso tappe spirituali simili a quelle del popolo ebraico. Inoltre, in Italia in occasione di Shavuot molte bambine celebrano la loro cerimonia del bat Mizwa, con la quale diventano in grado di adempiere i precetti che riguardano le donne.
  La Torah, dunque, è protagonista di Shavu'ot, così come lo è della storia ebraica. Il legame degli ebrei con la Torah, infatti, è molto forte. Intesa come la totalità delle rivelazione di Dio, è stata nei secoli uno dei tre ambiti di autodefinizione ebraica, con il popolo e la terra d'Israele. Peraltro, il ritorno del popolo ebraico alla propria terra, sul quale si è incentrata buona parte delle attese messianiche dell'ebraismo, si lega anche alla possibilità di osservare di nuovo perfettamente i precetti della Torah: alcuni di essi, ad esempio quelli di natura agricola (incluso l'anno sabbatico) si possono osservare solo in terra d'Israele.

(L'Indro, 17 maggio 2013)


Gli ebrei svedesi scappano dal loro vecchio santuario

"We are one", recita lo slogan del concorso canoro Eurovision che si svolge in questi giorni a Malmö.
Eppure secondo Dagens Nyheter, mentre la vecchia città industriale si trasforma in un melting pot internazionale pieno di ottimismo", "un numero crescente di famiglie ebree decide di lasciarla. L'antisemitismo è infatti diventato un tratto caratteristico di Malmö. Le vessazioni sono all'ordine del giorno e molti ebrei non vedono più un futuro nella città".
Negli anni settanta la comunità ebraica di Malmö contava duemila membri, ma oggi sono rimasti in cinquecento, nota il quotidiano. "La maggior parte sono partiti per Stoccolma o per l'estero".

(Dagens Nyheter, 17 maggio 2013 - da presseurope)


Commenti antisemiti in una radio sportiva: sospeso il programma

di Marco Pasqua

ROMA - «Gli ebrei? Dei taccagni. Una lobby, paragonabile alla P2 e alla massoneria». E ancora: «Nella seconda guerra mondiale i tedeschi usavano gli ebrei come pallottolieri». Commenti choc, quelli andati in onda martedì sera, poco dopo le 23, su Centro Suono Sport 101.5, la radio romana nota soprattutto per ospitare la trasmissione "Te la do io Tokyo", condotta da Mario Corsi, alias Marione, punto di riferimento nell'etere per i romanisti.
«Una vera e propria elegia dell'antisemitismo» hanno commentato indignati numerosi ascoltatori che hanno protestato per quelle considerazioni offensive. Così offensive, che il direttore dell'emittente ha deciso di sospendere i conduttori del programma (e la stessa trasmissione). «Ci dissociamo assolutamente da quelle parole, che condanniamo e che sono state pronunciate all'interno di uno spazio autogestito», dice il direttore Luigi Balducci.
Le considerazioni antisemite scaturiscono da una discussione sui cori razzisti nei confronti di Balotelli, durante la partita Milan-Roma. «Gli ebrei vengono presi in giro per la loro taccagneria - affermava uno dei conduttori del programma 'Smokey, segna zero' - Non a caso nel 99% dei film di qualunque genere, quando si tratta di parlare con qualcuno di soldi, si parla con un ebreo. In quasi tutti gli spaghetti western il banchiere è ebreo. Gli ebrei ce l'hanno come tradizione: sono sempre stati dei mercanti. Sono stati così bravi, che posseggono tutta la finanza mondiale».
Si arriva persino a fare battute fuori luogo sul film Schindler's List e sul dramma dell'Olocausto: «Là i lingotti non li facevano gli ebrei, ma li facevano i tedeschi con gli ebrei. Li usavano come pallottolieri». E non mancano alcune considerazioni su una fantomatica lobby ebraica: «Noi non abbiamo avuto i problemi che hanno avuto gli americani con gli ebrei e con le lobby. A Roma c'è una comunità ebrea fortissima, che ha un grosso peso politico ed economico. Questo va oltre il discorso religioso, è un discorso di lobby, di gruppo, così come può esserlo la massoneria e la P2, nell'accezione negativa, visto quello a cui sono arrivati. Qualsiasi lobby se diventa troppo potente diventa fastidiosa, per chi non ne fa parte».
A quel punto, i conduttori iniziano a fare una sorta di lista di registi ebrei, a partire da Woody Allen. Sulla pagina Facebook della trasmissione uno dei conduttori preannuncia la ripresa del programma già da lunedì prossimo e chiede scusa: «Per una violazione del regolamento della emittente, la nostra trasmissione è stata sospesa fino a lunedì prossimo. La sospensione per motivi disciplinari è stata causata da una battuta idiota e completamente fuori luogo fatta da me, di cui mi prendo tutte le responsabilità e di cui mi scuso con tutti, in particolar modo con i miei colleghi e con tutti coloro che si sono sentiti offesi dalle mie parole. Trattare con ironia una pagina di storia così dolorosa è lontano dai miei principi e dalle mie ideologie personali».

(Il Messaggero, 17 maggio 2013)


Agenti egiziani rapiti nel Sinai. La polizia blocca il valico di Gaza

GAZA, 17 mag - Il valico di Rafah, fra Egitto e Striscia di Gaza, e' stato sbarrato oggi da agenti egiziani in un atto di protesta per il rapimento di sette loro compagni avvenuto ieri nel Sinai settentrionale, fra el-Arish e Sheikh Zweid. Il sospetto e' infatti che gli ostaggi possano essere portati nell'enclave palestinese da gruppi jihadisti.
In seguito al rapimento gli stessi responsabili di Hamas, la fazione islamica al potere a Gaza, hanno elevato i controlli lungo la linea di demarcazione per impedire "infiltrazioni". A quanto pare il sequestro sarebbe stato condotto da elementi legati a cellule internazionali jihadiste attive nel Sinai.
L'agenzia di stampa palestinese Maan spiega che quattro dei rapiti erano impiegati proprio al valico di Rafah, e per questa ragione i loro compagni hanno deciso di bloccare il transito in una sorta di ritorsione "fino al rilascio dei prigionieri".
Fonti locali aggiungono che centinaia di palestinesi sono rimasti adesso bloccati sui due versanti del valico, in attesa di una soluzione della crisi.

(ANSAmed, 17 maggio 2013)


Gaza s'innamora del pollo fritto all'americana (di contrabbando)

Ali e cosce di pollo KFC in transito in uno dei tunnel tra Egitto e Gaza

GAZA - I tunnel di contrabbando scavati sotto la linea di demarcazione fra Gaza e il Sinai egiziano, che in passato servivano per sostenere la lotta armata con un traffico di armi, esplosivi e munizioni, vengono adesso utilizzati per introdurre a Gaza uno dei simboli più noti del life style occidentale: cestini pieni di «Kentucky Fried Chicken».
L'idea geniale è venuta all'inizio del mese ad una compagnia di Gaza specializzata nella consegna di pacchi a domicilio, la al-Yamama. Cronometro alla mano, ha stabilito che il trasporto dei preziosi cestini di pollo fritto dalle cucine del più vicino «KFC» - quello di el-Arish, nel Sinai settentrionale - al centro urbano di Gaza necessitava di circa quattro ore. Dopo di che è stata affrontata la questione dei prezzi. Seduti a un tavolo del «KFC» di el-Arish, per una porzione si paga l'equivalente di tre euro. Ma la staffetta nelle piste del deserto, il passaggio nel tunnel (col dovuto pedaggio) e infine la spedizione dentro Gaza moltiplicano per sei il costo del pregiato fast-food. Alla al-Yamama si sono chiesti: «Ci sarà a Gaza una domanda sufficiente?» Un po' il passaparola, un po' le pubblicità televisive hanno avuto l'effetto vincente. Le prenotazioni si sono presto accumulate. A Gaza si spiega che in città «c'è una vera sete di normalità». Per ragioni di sicurezza, nessuna delle grandi reti internazionali (come McDonald's o Pizza Hut) è presente nella Striscia. Allora la possibilità di addentare il celebre KFC a Gaza «proprio come all'estero» ha fatto presa su molte famiglie della Striscia, anche se con lo stesso prezzo potrebbero concedersi un pranzo ben più ricco nei migliori ristoranti della città. Con l'ingresso del pollo fritto americano si apre dunque una piccola breccia nel severo stile di vita imposto da Hamas a Gaza. Finora dai dirigenti politici locali non sono giunti anatemi: qualcuno scommette che anche fra di loro possano esserci appassionati del «KFC».

(il Giornale, 17 maggio 2013)


Ultraortodossi in piazza contro il servizio di leva

Gli ebrei ultraortodossi dicono no al servizio militare. In migliaia hanno protestato a Gerusalemme contro il piano del governo Netanyahu di mettere fine alle esenzioni di cui gode la comunità.
Gli ultraortodossi rappresentano il 10% della popolazione israeliana, non lavorano e ricevono sussidi pubblici per il mantenimento delle famiglie.

Video

(euronews, 17 maggio 2013)


Beach Soccer - Gli israeliani beffano la Samb Beach Soccer

Beffarda sconfitta ai calci di rigore (8/7 a favore degli israeliani del Falfala Kfar Qassam) per la Sambenedettese Beach Soccer che adesso vede più difficile l'accesso ai quarti di finale ai quali andranno le prime dei cinque gironi eliminatori e le tre migliori seconde. Dopo la sconfitta del Tarragona contro i campioni del mondo del Lokomotiv Mosca e la loro eliminazione aritmetica, ai rossoblu serviva vincere per agguantare la quasi certezza del passaggio del turno. E il primo dei tre tempi di gioco dava ragione alla truppa di mister Di Lorenzo che chiudeva avanti 2/0, rigore di Palma e raddoppio di Lucio su punizione. La seconda frazione però si rivelava semplicemente disastrosa con gli israeliani che, approfittando di alcuni svarioni difensivi dei rivieraschi, rimontavano chiudendo il periodo sul risultato di 3/2 in proprio favore. Ultimo tempo molto nervoso con qualche decisione arbitrale contestata da ambo le parti e fine del match sul 4/4, punteggio che resisteva anche dopo l'extra time. Ai rigori era decisivo l'errore di Tavares, apparso in giornata negativa. "C'è rammarico - commenta il presidente della Samb beach soccer Roberto Ciferni - perché potevamo strappare l'accesso alla fase finale e invece questa sconfitta ci mette nella condizione di dover tentare l'impresa contro la Lokomotiv Mosca, i più forti al mondo. La Euro Winners Cup rimane comunque un ottimo allenamento per la coppa Italia di Viareggio alla quale arriveremo forti nei ranghi della rosa di Pastore e Addarii (indisponibili in Euro Winners Cup) e di una migliore amalgama. Pazienza, ma dopo il primo tempo ci avevamo creduto".

(Quelli che.net, 17 maggio 2013)


All'Onu la Germania pugnala Israele

In palio due seggi rotanti al Consiglio di sicurezza: uno andrà al Belgio, Berlino si candida a sorpresa contro Tel Aviv. Che già prevede la beffa.

di Glauco Maggi

Pugnalata della Germania a Israele alle Nazioni Unite. E' una eventualità che rischia di concretizzarsi, se Berlino manterrà la decisione, filtrata di recente tra i diplomatici del Palazzo di Vetro, e riportata da Benni Avni sul New York Post, di candidarsi per uno dei due seggi rotanti al Consiglio di Sicurezza che vengono assegnati all'area WEOG, quella che comprende i paesi occidentali ed europei, alla quale Israele è stato ammesso dal 2000. In precedenza, facendo geograficamente parte dell'area regionale del Medio Oriente, per Israele non ci sarebbe mai stata la possibilità di essere eletto in alcuno degli organismi dell'Onu che richiedono il via libera della maggioranza dei paesi membri della propria regione. Nel 2005, per il biennio del 2019-2020, Israele aveva presentato la sua candidatura, insieme al Belgio, per uno dei due seggi spettanti all'area WEOG. Il governo israeliano aveva visto che c'era un posto libero e aveva deciso di fare il passo storico. Se non ci fosse stato un terzo concorrente, il successo per Israele di essere promosso alla successiva votazione della Assemblea Generale era assicurato, per mancanza di concorrenza interna al WEOG. E ci avrebbe poi portato all'ingresso mai avvenuto di Tel Aviv in Consiglio di Sicurezza (sperabilmente, perché si sa che all'Onu tra i 193 paesi membri ci sono più amici di Cuba, dell'Iran e della Corea del Nord che non dello stato ebraico). Ma la Germania, pare, ha adesso deciso di presentarsi, e la sua candidatura sbaraglierebbe le speranze di Israele, visto che la candidatura presentata dal Belgio è già data per vincente.
Dalla fine della guerra, per il senso di colpa dell'Olocausto, la Germania era sempre stata molto attenta a non fare sgarbi troppo vistosi ad Israele, a parte le simpatie per i palestinesi di una larga parte dell'opinione pubblica tedesca, di sinistra e di destra. Nel mezzo secolo abbondante di storia del Palazzo di Vetro, Israele è stato l'unico paese democratico a non avere neppure la opportunità di mettere piede nel Consiglio, dove la dittatura cinese e la Russia di Putin hanno un posto permanente, e paesi liberticidi come Siria e Iran hanno avuto quella prestigiosa posizione a turno. Se Berlino si presenta, a Israele sarà negata ancora per quasi 20 anni questa speranza (il prossimo turno possibile sarebbe, per Tel Aviv, nel 2029-2030).

(Libero-news.it, 16 maggio 2013)


Tra i ricchi del mondo, è Israele ad avere il tasso di povertà più alto

di Luca Pistone

Israele è il più povero dei 34 paesi economicamente sviluppati, con un tasso di povertà del 20,9%, secondo un rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) pubblicato ieri. La popolazione povera di Israele è cresciuta più che in ogni altra nazione Ocse, superando anche il Messico (20,4%). Lo stato ebraico continua ad essere uno dei paesi con la maggiore disparità di reddito, dopo Stati Uniti, Messico, Cile e Turchia.
In contrasto con la tendenza registrata in molti paesi, dove i salari sia tra i più ricchi che tra i più poveri sono diminuiti, Israele presenta un lieve aumento in entrambe le parti.
In Spagna e Grecia, colpite dalla recessione, i tassi di povertà sono i più bassi, rispettivamente del 15,4% e del 14,3%.
In generale, in quasi tutti i paesi Ocse, i redditi sono in calo, mentre la diseguaglianza è in aumento. L'Ocse riporta un aumento significativo dei tassi di povertà anche in Turchia, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Svezia e Germania.
L'Ocse definisce "tasso di povertà" la quota di persone il cui reddito è minore alla metà del reddito medio nazionale.

(Atlas, 16 maggio 2013)


La Sinagoga di Alessandria aperta per le visite guidate

La Sinagoga di Alessandria

ALESSANDRIA - Domenica 19 maggio la sinagoga di Alessandria (in via Milano n. 7), sarà aperta con orario 14.30-18.00 per visite guidate. I visitatori potranno ammirare il raccolto tempietto invernale e il suggestivo tempio grande, salvaguardati da un paziente lavoro di restauro non ancora del tutto concluso. La sinagoga è stata edificata nella sua forma attuale tra il 1867 e il 1870, ma la presenza ebraica in città è molto più antica e risale al XV secolo.
La visita sarà quindi l'occasione per ripercorrere la storia e la memoria della comunità ebraica di Alessandria: una comunità che, nel corso dei secoli, ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo della città e che è stata brutalmente decimata dalle Leggi razziali e dall'Olocausto nazifascista; una comunità di cui la sinagoga di via Milano costituisce una testimonianza visibile e interessante dal punto di vista architettonico e artistico. Le visite guidate sono a cura di Società Cooperativa Culture, in collaborazione con la Comunità ebraica di Torino.
La durata media della visita è di circa 30 minuti, il costo della visita è di 3 euro a persona e sarà possibile prenotarsi a partire dalle h. 14.30 presentandosi all'ingresso.

(Tuono News.it, 16 maggio 2013)


16 maggio 1943. Ore 20.15. «Non esiste più un quartiere ebraico a Varsavia»

Settanta anni fa si concludevano gli eroici giorni dell'insurrezione e quelli orribili dello sterminio degli ebrei della città. «Si faceva fatica a trovare un metro quadro di marciapiede che non fosse ingombro di corpi»


di Andrea Possieri

Settant'anni fa si concludevano gli eroici giorni dell'insurrezione e quelli orribili dello sterminio del ghetto di Varsavia. Iniziata il 19 aprile del 1943, la rivolta venne considerata ufficialmente repressa dalle forze armate tedesche il 16 maggio, dopo circa due mesi di durissimi combattimenti in cui migliaia di uomini e donne tentarono, valorosamente, di ribellarsi alla violenza nazista. Il rapporto finale stilato dal Brigadeführer delle SS, Jürgen Stroop, venne intitolato con una dicitura che non lasciava spazio al dubbio: «Non esiste più un quartiere ebraico a Varsavia». E lo stile telegrafico e glaciale, con il quale il generale nazista centellinava, con compiacimento, i dati sull'orrore del massacro, ricordava da vicino quella «banalità del male» resa drammaticamente famosa da Hannah Arendt: «180 ebrei, banditi e subumani sono stati distrutti. Il quartiere ebreo di Varsavia non esiste più. L'azione principale è stata terminata alle ore 20:15 con la distruzione della sinagoga di Varsavia. (…) Il numero totale degli ebrei eliminati è di 56.065, includendo sia gli ebrei catturati che quelli del quale lo sterminio può essere provato».
   La rivolta del ghetto di Varsavia fu una vicenda caratterizzata, essenzialmente, dal coraggio di giovani uomini e donne. Giovani vite che seppero testimoniare al mondo la ferma di volontà di opporsi a un ordine di Heinrich Himmler. Un ordine che nel gennaio del 1943 aveva deciso il trasferimento delle fabbriche e degli operai ebrei nel campo di concentramento di Lublino. La «piccola rivolta del ghetto» del gennaio 1943, con la quale la popolazione si oppose alle deportazioni, permise all'Organizzazione ebraica di combattimento, Zydowska Organizacja Bojowa e all'Unione combattente ebraica, Zydowski Zwiqzek Walki di prendere il controllo del territorio, ma, al tempo stesso, portarono Himmler alla decisione finale: quella di distruggere il ghetto di Varsavia.
   Il 19 aprile del 1943, a resistere alla potenza di fuoco dei battaglioni di fanteria e cavalleria agli ordini del generale delle ss Jürgen Stroop, c'erano solo un migliaio di giovani ebrei. Un migliaio di giovani che cercarono di opporsi con audacia a una forza soverchiante, cercando di tenere desta la speranza in ogni abitante del ghetto. «Svegliati o popolo e lotta! Che ogni madre diventi una leonessa in difesa dei suoi piccoli! Che nessun padre veda con rassegnazione la morte dei figli!» dicevano i manifesti dattiloscritti diffusi clandestinamente.
   Una vicenda paradigmatica quella del ghetto di Varsavia in cui il dramma della Shoah si sovrappone e si mescola con quella del martirio della nazione polacca. Giovanni Paolo II, nell'aprile del 1983, a quarant'anni dall'eccidio, nel sottolineare l'efferatezza del massacro e lo slancio eroico degli ebrei del ghetto, affermò che quella rivolta «fu un grido disperato per il diritto alla vita, per la libertà e per la salvezza della dignità dell'uomo».
   Quell'insurrezione fu, dunque, anche una ribellione dell'anima. Un'anima piagata da una condizione di duplice prigionia. Il ghetto, infatti, era una sorta di prigione all'interno di un'altra prigione, una segreta dentro un penitenziario, un buco nero all'interno di un inferno pianificato e costruito da algidi e brutali dispensatori di morte. Una delle più originali e importanti testimonianze dirette su quelle vicende drammatiche e sul silenzio che, per decenni, scese su quei fatti, ci viene restituita dalle pagine del libro autobiografico di Jan Karski, al secolo Jan Kozielewski, La mia testimonianza davanti al mondo (Milano, Adelphi, 2013, euro 32, pagine 513). Un libro pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1944 ma, dimenticato nel dopoguerra per motivi geopolitici, e stampato in Polonia soltanto nel 1999, pochi mesi prima della morte di Karski.
   Nato a Lódz nel 1914 come ottavo e ultimo figlio di un proprietario di sellerie, Jan Karski, cattolico e fervente sostenitore di Józef Pilsudski, diventò ben presto un giovane ufficiale della riserva e nel 1938 prese servizio presso il ministero degli Esteri come funzionario di primo grado. Nel 1939, al momento dell'invasione della Polonia, si unì alla resistenza, all'Armia Krajowa, l'esercito della nazione, e venne incaricato di tenere i collegamenti tra lo Stato segreto polacco, una struttura clandestina perfettamente in grado di funzionare in ogni sua ramificazione, e gli organi ufficiali del governo in esilio a Londra. Incaricato dal premier Wladyslaw Sikorski di compiere missioni rischiosissime, riuscì a compiere un'azione eccezionale: entrare nel ghetto di Varsavia e nel campo di transito di Belzec, riuscire a uscirne e, soprattutto, denunciare al mondo le atrocità che aveva visto.
   «Oltrepassare il muro del ghetto — scrive Jan Karski — significava davvero entrare in un altro mondo, diverso da qualunque altra cosa possa mai essere stata immaginata dall'uomo. Sembrava che l'intera popolazione del ghetto vivesse per strada. Si faceva fatica a trovare un metro quadro di marciapiede o di carreggiata che non fosse ingombro di corpi». Gli orrori di cui fu testimone diretto, pochi mesi prima della rivolta dell'aprile 1943, «sarebbero andati al di là» della sua «capacità di immaginazione e di descrizione» annotava sgomento. Le «creature» che si trovava di fronte erano «macilente, spossate, affamate» e ogni persona «pareva fremere con un'intensità innaturale» come se quell'agitarsi «non fosse che un estremo, disperato tentativo di ingannare la morte imminente».
   Nel voluminoso racconto autobiografico, caratterizzato, principalmente, dalla resistenza polacca contro l'invasore tedesco, le pagine sul ghetto di Varsavia occupano solo un piccolo spazio. Eppure, si tratta di uno spazio simbolicamente importantissimo, perché in quelle pagine viene narrata un'esperienza che Karski cercò poi di testimoniare, invano, a tutti i grandi della terra. Una "testimonianza al mondo" che oggi tutti riconoscono come un'opera meritoria. Un merito rilevantissimo riconosciuto anche dallo Yad Vashem che nel 1982 lo insignì della medaglia di Giusto tra le nazioni.

(Tempi.it, 16 maggio 2013)


Progettava attentati anti-ebraici. condannato a 5 anni e 4 mesi

Pena superiore a quanto richiesto del Pubblico Ministero

È stato condannato a 5 anni e quattro mesi di reclusione Mohamed Jarmoune, il ventiduenne terrorista islamico residente a Niardo (Brescia) che progettava un attentato dinamitardo alla sinagoga e alla scuola ebraica di Milano. La pena è sensibilmente superiore a quanto aveva chiesto il pm Antonio Chiappani, che si era «fermato» a 4 anni. Jarmoune è un estremista «invisibile»: non frequentava moschee, vestiva all'occidentale (al momento dell'arresto portava addirittura le treccine da rasta) ma è stato individuato attraverso una indagine su internet. Un anno e quattro mesi fa la Digos di Brescia aveva scoperto infatti che dal suo computer Jarmoune aveva scaricato numerosi filmati inneggianti alla jihad e a sua volta li aveva diffusi su un forum da lui stesso creato e che contava oltre 300 adepti; questi potevano avere accesso al sito solo tramite una password e a patto di rispettare feree regole di segretezza. Ma soprattutto, il giovane bresciano originario del Marocco aveva scaricato migliaia di files con istruzioni per fabbricare ordigni a basso costo e fotografie della sinagoga di via Guastalla a Milano.
Nell'ultimo anno, inoltre, il prosieguo delle indagini ha riservato altre sorprese: gli inquirenti hanno scoperto che Jarmoune era in contatto con una giovane estremista araba residente in Olanda e che era stata inizialmente fermata per l'omicidio del regista Theo Van Gogh e che sempre Jarmoune frequentava lo stesso forum dell'estremista autore dell'attentato alla sinagoga di Tolosa. Sono emerse inoltre impressionanti somiglianze tra quell'atto terroristico e quello che era in fase di gestazione a Milano.
Il giovane bresciano era inoltre in contato con la rivista on line Inspire, considerato il più pericoloso punto di riferimento ideologico dello jihadismo internazionale. Prima che venisse pronunciata la sentenza l'imputato in aula ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee: «Il mio era solo un gioco, non volevo compiere alcun attentato. Mi sento italiano e spero di poter rimanere in Italia. In Marocco non ci torno da cinque anni, laggiù non conosco più nessuno». Poche parole che «fotografano» l'identità controversa del personaggio, immigrato di seconda generazione. La sua speranza di restare in Italia è tuttavia appesa a un filo: come pena accessoria il giudice ha anche deciso l'espulsione di Jarmoune dal nostro paese ma il provvedimento collide con i trattati internazionali. In Marocco per reati di terrorismo è prevista infatti la morte e l'Italia in genere non espelle condannati verso paesi che applicano ancora la pena capitale.

(Corriere della Sera, 16 maggio 2013)


Esopo era ebreo?

Al prossimo salone Internazionale del Libro di Torino, lo scrittore Roberto Malini risponderà alla domanda, fornendo i riferimenti storici su cui si basa questa affascinante ipotesi.
Contemporaneamente, l'autore milanese e il pluripremiato artista e regista Dario Picciau sono protagonisti di due importanti progetti editoriali che rinnovano la tradizione della favola esopica e propongono una letteratura per ragazzi improntata a valori etici, ma senza rinunciare alla fantasia.


TORINO - Esopo, il grande autore di favole dell'antichità, era ebreo? In base agli studi più recenti, l'ipotesi trova importanti conferme. Lo scrittore e storico Roberto Malini, autore insieme a Dario Picciau del libro illustrato di novelle per ragazzi Esopo nelle Valli del Tridentum (Zandonai Junior 2013), che esce nelle librerie in questi giorni, ne è convinto. "Si pensa che lo scrittore sia vissuto nel VI secolo a.C, contemporaneo di Pisistrao e Creso," spiega Malini, "ma la sua vita è un mistero a cui non danno risposta i riferimenti biografici che troviamo negli scritti di autori di età successive, come Platone, Erodoto o Plutarco. Secondo la tradizione, Esopo fu condotto in Grecia come schiavo, ma sulle sue origini sono circolate tante ipotesi: la Frigia, la Tracia, l'Egitto e anche l'Etiopia. Nel Medioevo, gli autori di favole ebrei erano convinti che il nome di Esopo non fosse altro che la traslitterazione di Asaph, poeta di corte di Re David.
La raccolta di fiabe morali Mishlei Shu'alim (Favole della volpe), di Berechiah ben Natronai ha-Nakdan, che risale al XIII secolo, comprende brevi racconti ispirati alla tradizione esopica". Lo scrittore milanese ricorda come il Talmud, testo sacro dell'ebraismo, presenti numerosi riferimenti a favole caratterizzate da animali parlanti e come l'origine della favola che oggi chiamiamo "esopica" risalga addirittura all'epoca dei popoli mesopotamici: "Troviamo riferimenti a favole che ricordano quelle di Esopo nel terzo millennio a.C.," puntualizza Malini, "mentre la celebre 'Favola dell'Albero' di Iotam (Giudici 9, 8-15), in cui le piante si comportano come 'Le rane che chiesero un re' di Esopo, risale al XII secolo a.C. Su queste basi, si può sicuramente formulare ancora oggi l'ipotesi che Asaph e gli Asapidi - nome con cui si designavano i cantori sacri - avesse raccolto nel X secolo a.C. le favole della tradizione del suo popolo.
   E' sorprendente come nel XVI secolo Martin Lutero avesse espresso la stessa convinzione, ricollegando le favole attribuite a Esopo alle Sacre Scritture e dunque purificandole agli occhi della fede". Esopo nelle Valli di Tridentum - Libro Blu è il primo volume di una collana di graphic novel. L'opera presenta una serie di fiabe scritte da Roberto Malini e illustrate dal pluripremiato artista e regista cinematografico Dario Picciau, che valorizza, in una sequenza di tavole realizzate in computer
regista cinematografico Dario Picciau, che valorizza, in una sequenza di tavole realizzate in computer grafica, gli splendidi paesaggi naturali del Trentino.
Contemporaneamente esce in tutte le librerie l'audiolibro in cofanetto dallo stesso titolo (Salani Editore / LibriVivi 2013), interpretato dalle voci italiane delle star di Hollywood, fra cui Dario Penne, Bruno Alessandro, Aurora Cancian e Valentina Mari. La collana di novelle grafiche e quella di audiolibri sono presentate dall'UNICEF, che ne ha scritto la postfazione dal titolo Il principio di equità raccontato da Esopo nell'azione dell'UNICEF. Il progetto fa parte delle iniziative per lo sviluppo della comunicazione e della cultura realizzate dalla società di produzioni crossmediali Gaban Studios. Roberto Malini, Dario Picciau, l'editore Emanuela Zandonai e il giornalista Antonio Bozzo (Corriere della Sera) presenteranno il libro illustrato al prossimo salone Internazionale del Libro di Torino, il 17 maggio alle 20 presso lo Spazio Book, per il ciclo di incontri al Bookstock Village. Nell'occasione lo scrittore presenterà nuovi particolari a sostegno dell'ipotesi secondo cui le favole di Esopo potrebbero avere radici ebraiche.

(DazebaNews.it, 15 maggio 2013)


Bambina siriana salvata da cardiochirurghi israeliani

Una bambina di quattro anni proveniente dalla Siria è stata sottoposta con successo, lunedì, a un intervento vitale di chirurgia cardiaca presso il Wolfson Medical Center di Holon (Israele), nel quadro delle attività volontarie di Save a Child's Heart ("Salva il cuore di un bambino"). Il caso della bambina, la cui identità non è stata divulgata per tutelare la famiglia dagli estremisti che imperversano nel suo paese, era stato presentato a Save a Child's Heart da un'organizzazione umanitaria americana che opera in Giordania e Israele.
La bambina è arrivata in Israele la scorsa settimana da un paese terzo dove lei e la madre erano giunte come profughi in fuga dalla guerra civile che infuria in Siria. Al suo arrivo, è stata visitata da un'équipe medica di Save a Child's Heart che ha valutato che necessitava di un intervento a cuore aperto al più presto possibile: il tutto gratis, grazie al lavoro volontario dello staff medico e ai fondi raccolti. Ora la bambina si sta riprendendo, nel reparto di terapia intensiva della pediatria dell'ospedale Wolfson, in attesa di poter tornare in Giordania. "Senza l'intervento, poteva morire nel giro di pochi mesi, forse anche settimane" spiega il chirurgo, Lior Sasson. E aggiunge: "E' incoraggiante poter eseguire un intervento chirurgico su una piccola proveniente da un paese ostile".
Stando al racconto della madre, i medici in Siria avevano scoperto la malfunzione cardiaca quando la figlia aveva sei mesi d'età, ma non erano disponibili terapie adeguate. "Continuavamo a portarla dai dottori - dice - ma non c'era niente che si potesse fare per lei. Non poteva né correre né giocare come gli altri bambini, e per la maggior parte del tempo stava davvero male".
Quando è scoppiata la guerra civile siriana, la madre si è resa conto che la famiglia, per salvare la figlia, non aveva altra scelta che lasciare il paese e cercare aiuto all'estero. Un anno e mezzo fa si sono spostati in Giordania, dove la madre si è rivolta a un'associazione cristiana americana supplicandola di aiutarla. A sua volta l'associazione ha contattato Save a Child's Heart e pochi giorni fa, in coordinamento con il ministro degli interni israeliano Gideon Sa'ar, madre e figlia hanno potuto entrare in Israele.
"All'inizio temevo la reazione del regime siriano al fatto che venissimo qui - ricorda la donna - e naturalmente io stessa avevo paura a venire in Israele. Ma dal momento che siamo arrivate, mi sono sentita a mio agio. I dottori hanno trattato bene sia me che mia figlia". E aggiunge che al Wolfson ha incontrato altri pazienti accuditi da Save a Child's Heart, fra i quali molti palestinesi e arabi di altri paesi mediorientali.
La fondazione israeliana Save a Child's Heart, creata nel 1995 dal compianto cardiochirurgo pediatrico Amiram Cohen, ha già assistito più di 3.200 bambini in 44 paesi in via di sviluppo. Con l'intervento di lunedì, la Siria è diventata il 45esimo paese.

(Jerusalem Post, YnetNews, 14 maggio 2013 - da israele.net)


Due colpi di mortaio in Golan. Israele chiude il monte Hermon

GERUSALEMME, 15 mag - Almeno due colpi di mortaio sono caduti sulle alture del Golan occupate da Israele, nei pressi del monte Hermon. Lo scrive il sito Ynet. Non ci sono vittime ne' danni. L'esercito ha deciso di chiudere il monte ai visitatori.
Non si è potuto determinare il numero esatto dei colpi arrivati dalla Siria a causa delle cattive condizioni del tempo.
Secondo quanto riferiscono i media si tratterebbe comunque di tiri involontari sparati da una delle due parti che si contrappongono nella guerra civile siriana. L'esercito israeliano ha fatto sapere di aver inoltrato alle forze Onu dislocate lungo la frontiera un rapporto sull'incidente.

(ANSAmed, 15 maggio 2013)


Russia-Israele: un'ottima comprensione reciproca

Martedì il Presidente russo ha condotto a Sochi con il Primo ministro israeliano Netanyahu i negoziati dedicati alla soluzione della situazione in Siria.
Il Premier israeliano ha fatto notare che tra il Presidente russo e lui c'è un'ottima comprensione reciproca. "Sono molto lieto che abbiamo la possibilità di discutere le vie della stabilizzazione della situazione in Medio Oriente",- ha detto il Premier israeliano. - A ragion del vero va detto che per il momento non è chiaro come intende farlo Tel Aviv stessa. Infatti, Israele a tutt'oggi non commenta in alcun modo il fatto degli attacchi aerei sferrati sulla Siria all'inizio di maggio. Netanyahu ha preferito non parlarne anche ai negoziati di Sochi. O meglio ha lasciato intendere che tutte le eventuali azioni militari contro Israele implicano un duro contrattacco.
Il Presidente russo, a sua volta, ha detto:
Abbiamo con il mio collega la comune comprensione del fatto che l'ulteriore proseguimento del conflitto armato in questo Paese implica delle gravi conseguenze. Conseguenze che è possibile evitare solo mediante una sollecita cessazione della lotta armata.
Vladimir Putin ha sottolineato che le consultazioni sul problema siriano tra la Russia ed Israele saranno portate avanti, compreso nell'ambito dei servizi segreti. Tutti gli altri temi dei negoziati Putin e Netanyahu li hanno commentati con gran piacere. Innanzitutto la cooperazione economica bilaterale. Si è parlato molto anche della cooperazione umanitaria. In questo senso stanno facendo molto gli ebrei, provenienti dai paesi della CSI, che ora abitano in Israele,- ha sottolineato Netanyahu. A suo dire, proprio il popolo russo svolse un immenso ruolo nella sconfitta della Germania nazista. Perciò il 9 Maggio si festeggia come Giornata della Vittoria anche in Israele.

(La Voce della Russia, 15 maggio 2013)


Einstein in cerca di esopianeti

Ricercatori dell'Università di Tel Aviv e dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics hanno elaborato una nuova tecnica per rilevare la presenza di esopianeti, senza avvalersi delle due tecnologie fin qui usate, la velocità radiale e l'effetto transito. La nuova metodologia si basa su alcuni aspetti della Teoria della Relatività.

Impressione artistica d Kepler-76b con la sua Stella Madre ovalizzata per l'effetto stretching. Credit David A. Aguilar

Trovare pianeti extrasistema solare non è più una novità e due sono le principali tecniche per scovarli, quella che usa lo spettrografo HARPS, installato sia all'Osservatorio di La Silla dell'ESO che al Telescopio Nazionale Galileo alle Isole Canarie, e cioè la velocità radiale, o quella che usa il satellite della NASA Kepler, e cioè il transito. Nel primo caso sono le interazioni gravitazionali tra la stella madre e il pianeta che le orbita attorno, nel secondo l'oscuramento della stella al momento del transito della pianeta davanti alla superficie della stella.
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Tel Aviv e dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) ha ideato una nuova metodologia per scoprire esopianeti che si ispira ad alcuni aspetti della Teoria della Relatività di Einstein. "Stiamo cercando effetti molto piccoli, abbiamo dovuto fare affidamento su una precisissima misurazione della brillantezza, fino a poche parti per milione" afferma David Latham del CfA. Questo è stato possibile grazie ai dati raccolti dal satellite Kepler della NASA: ma mentre, come dicevamo, Kepler trova gli esopianeti grazie all'effetto transito, in questo caso la scoperta è stata possibile rilevando tre minimi effetti che accadono insieme al momento del passaggio orbitale del pianeta intorno alla sua stella madre.
Il primo è il cosiddetto effetto "raggiante" di Einstein, cioè l'accrescimento di brillantezza della stella nel momento che muove verso di noi e la sua diminuzione allontanandosi. La maggiore brillantezza è dovuto all'accumulo in energia dei fotoni, così come la luce si focalizza in direzione del moto della stella a causa di effetti relativistici.
"E' la prima volta - dice il coautore dello studio Tsevi Mazeh dell'Università di Tel Aviv - che questo aspetto della Teoria della Relatività viene usata per scoprire un pianeta extrasolare".
Il secondo metodo è la ricerca dell'effetto stretching per cui la forza gravitazionale del pianeta dà alla stella una forma leggermente allungata, simile a un pallone da football americano, che appare più luminoso guardandolo di lato, a causa della maggiore superficie esposta, e molto meno guardandolo di fronte. Il terzo sottile indizio è la luce della stella riflessa dal pianeta.
Verificata la possibile esistenza di "Einstein Planet" nome di fantasia per Kepler-76b, la conferma definitiva è stata ottenuta con lo spettrografo TRES all'Osservatorio Whipple in Arizona, e dal Lev Tal-Or (Università di Tel Aviv) usando lo spettrografo SOPHIE all'Osservatorio dell'Alta Provenza in Francia. Inoltre dati del satellite Kepler hanno forniti ulteriori indicazioni di conferma.
Il pianeta, che compie una rivoluzione in 1,5 giorni, è un cosiddetto Giove Caldo, con una temperatura alla superficie di quasi duemila gradi celsius e la sua stella madre è a circa 2000 anni luce dalla Terra nella costellazione del Cigno.
Secondo gli autori, anche se con l'attuale tecnologia questo metodo non permette di scoprire pianeti delle dimensioni della Terra, ha il vantaggio di non doversi avvalere dell'estrema precisione di uno spettrografo o un perfetto allineamento del pianeta alla sua stella vedendolo da Terra, e rappresenta quindi una novità importante per la ricerca di sistemi planetari extrasolari.
Lo studio è stato pubblicato da Astrophysical Journal.

(Media Inaf, 15 maggio 2013)


Festival d'Israele, un mese di concerti a Gerusalemme

Il Festival d'Israele si svolgerà a Gerusalemme dal 23 maggio al 22 giugno portando in scena spettacoli di danza, teatro, jazz, musica classica con artisti internazionali e israeliani. Gli spazi scelti per gli eventi includono la Torre di Davide, la Colonia dei Lebbrosi di Gerusalemme, la rinnovata prima stazione ferroviaria di Gerusalemme, la Piscina del Sultano e Ein Kerem, così come il Teatro di Gerusalemme, il Gerard Behar Center, il Mamilla, la Ymca e Beit Shmuel. Il festival darà spazio anche al centenario della Sagra della primavera di Stravinskij con un concerto della Jerusalem Symphony Orchestra diretta da Frederick Shazlan.

(Travel, 14 maggio 2013)


Un gel per riparare i nervi e curare la paralisi

 
   Al pari di un filo elettrico reciso, un nervo interrompe
   le comunicazioni con il sistema nervoso. Un nuovo
   metodo pare possa riconnettere il nervo.
Grazie a un impianto biodegradabile e un gel potrebbe essere possibile rendere reversibile la paralisi. Un trattamento che potrebbe permettere di riacquistare l'uso di arti o altre parti del corpo paralizzate
Un team di scienziati israeliani dell'Università di Tel Aviv (TAU) ha sviluppato un impianto biodegradabile che, in combinazione con un apposito gel stimolante la riparazione e la crescita dei nervi, può favorire il ripristino delle funzionalità di un nervo che sia danneggiato o reciso.
Il dottor Shimon Rochkind e colleghi della Facoltà di Medicina TAU Sackler e del Tel Aviv Sourasky Medical Center, insieme al prof. Zvi Nevo del Department of Human Molecular Genetics and Biochemistry della, hanno sviluppato quello che è stato definito il nuovo rivoluzionario metodo per la riparazione dei nervi periferici danneggiati.
I buoni risultati ottenuti in diversi studi su modello animale e presentati in molti congressi scientifici fanno prevedere che a breve vi potrà essere un impego di questa nuova tecnica negli esseri umani.
La tecnica si basa sul concetto che un nervo reciso o danneggiato sia come un cavo elettrico che, allo stesso modo, se interrotto non fa più passare la corrente perdendo di fatto la sua funzionalità. Il nervo danneggiato non permette dunque più il passaggio dei segnali al sistema nervoso che sottendono alle sensazioni (per esempio tattili) e al movimento.
Questo nuovo metodo rimedierebbe a tutto ciò per mezzo di un morbido tubicino biodegradabile che unisce le due estremità danneggiate del nervo, riconnettendo il nervo stesso. Ma soltanto il tubo di riconnessione non basta e, infatti, per mezzo del gel denominato GRG - Guiding Regeneration Gel - posto all'interno del tubicino viene stimolata la ricrescita delle fibre nervose. Questo processo pare sia efficace nel ricollegare le estremità di un nervo che sia stato spezzato, anche nei casi più gravi.
La chiave di tutto, spiegano i ricercatori nel comunicato TAU, sta nei 3 principali e specifici componenti che compongono il GRG: ci sono gli antiossidanti per svolgere una preziosa attività antiossidante e protettrice; i peptidi creati in laboratorio, come le glicoproteine laminina, che svolgono la funzione di creare un sentiero su cui possono cresce le fibre nervose; l'acido ialuronico che previene l'essiccazione dell'impianto.
I risultati dei test condotti dagli scienziati hanno mostrato una potenzialità di questo metodo non solo nel trattamento delle paralisi, ma anche nel possibile trattamento di patologie invalidanti che interessano la fibra nervosa come, per esempio, la malattia di Parkinson.

(La Stampa, 14 maggio 2013)


Al Salone del Libro di Torino il primo libro ebraico stampato in Calabria

di Tonino Nocera

E' ormai consolidato il rapporto tra l'ebraismo e il Salone del Libro di Torino grazie alla costante presenza dell'Associazione Italia-Israele e della casa editrice Giuntina. Nel 2008 Israele è stato il paese ospite.
Quest'anno il Salone conterrà una novità; come ospiti, oltre al Cile, ci sarà anche una regione italiana: la Calabria. Il programma non è ancora stato definito ma già qualcosa è possibile anticiparla. Saranno presenti, tra gli altri, il maestro orafo Gerardo Sacco e la Fondazione Benedetta è la Vita. Ma l'evento più rilevante sarà l'esposizione del commento al Pentateuco di Shelomoh ben Yishaq (Rashi) stampato da Avraham b. Garton b. Yishak a Reggio di Calabria. Il primo icunabolo a recare nel colophon una data completa: il 18 febbraio 1475 (2 adar 5235). Si presume che ne furono stampati circa trecento esemplari: uno solo è giunto sino ai giorni nostri ed è custodito alla Biblioteca Palatina di Parma. Il bibliofilo abate Giovanni Bernardo De Rossi ne acquistò due copie ma - come racconta lui stesso - una cadde nel Po e andò perduta. Una ristampa anastatica si trova alla Biblioteca Comunale Pietro De Nava di Reggio Calabria; un'altra all'Istituto della Biblioteca Calabrese di Soriano Calabro. La biblioteca del Jewish Theological Seminary di New York ne conserva un frammento di due carte. Questo incunabolo testimonia la vitalità dell'ebraismo dell'Italia meridionale prima della scacciata. La sua esposizione - concordata con un incontro tra Mario Caligiuri, Assessore alla Cultura della Regione Calabria, e Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - è un punto di partenza. Tanto c'è ancora da fare e non solo per quanto riguarda la ricerca storica e gli studi ebraici. I gruppi di ebrei che si stanno riorganizzando nel Sud hanno molte difficoltà per mancanza di spazi. Lo scorso dicembre Alberto Ruiz-Gallardon, ministro della Giustizia spagnolo - oltre a scusarsi per l'espulsione del 1492 - ha stabilito che tutti gli ebrei sefarditi del mondo possono chiedere e ottenere la cittadinanza spagnola. Sarebbe auspicabile una decisione in tal senso anche in Italia ma intanto: perché gli enti locali meridionali non concedono ai rinati nuclei di ebraismo strutture adeguate per consentire loro di celebrare e studiare in pace e serenità?

(strill.it, 14 maggio 2013)


Il governo israeliano approva un nuovo bilancio. Forti tagli alla difesa

GERUSALEMME - In Israele il consiglio dei ministri ha approvato il bilancio 2013-2014 con una forte taglio alla spesa e aumento alle tasse, nel tentativo di riportare sotto controllo il deficit.
I ministri hanno approvato tagli per almeno 28 milioni di shekel (circa 5,4 miliardi di euro) tra agosto 2013 e la fine del 2014. I tagli alla difesa saranno di 3 miliardi di shekel, meno dei 4 inizialmente proposti.
Il ministro delle Finanze Yair Lapid ha avvertito che se non si riuscisse a ridurre realmente la spesa pubblica si rischierebbe un collasso economico.
Gli aumenti di tasse previsti a partire dal 2014 dovrebbero fruttare circa 13,4 miliardi di shekel.
Il deficit di bilancio israeliano era nel 2012 il 4,2% del Pil, più del doppio dell'obiettivo iniziale del governo. Le previsioni per il 2013 sono del 4,65%, contro il precedente 3%.

(Reuters, 14 maggio 2013)


A Varsavia settant'anni dopo rivive la Sinagoga, ma è un modellino

Fu devastata dai nazisti nel 1943

Video
ROMA - Rivive, a Varsavia, la grande sinagoga interamente rasa al suolo il 16 maggio 1943 dai nazisti. 70 anni dopo, una replica in miniatura, viene installata nel suo luogo originario, nel ghetto della capitale polacca. Il modellino è stato realizzato in scala 1:10 interamente in compensato. Una riproduzione fedelissima, con l'ingresso, le volte, gli ornamenti."Abbiamo cercato di ricreare una piccola parte di Varsavia prima della guerra - afferma Jan Strumillo, architetto ideatore della ricostruzione - questo fu il centro della vita della comunità ebraica con la più grande sinagoga della città. Sarà possibile, in futuro, entrare dentro l'edificio e immaginare la vita della città prima della Guerra Mondiale".Nel suo punto più alto, la miniatura arriva a una altezza di 3,2 metri, e rappresenta una delle tante iniziative pensate per commemorare i 70 anni dalla distruzione del ghetto da parte delle SS naziste.

(TMNews, 14 maggio 2013)


Omer - La festa della libertà

di Gianfranco Di Segni - Collegio Rabbinico Italiano

Oggi si conclude il conteggio di 49 giorni iniziato il secondo giorno di Pesach. Per la precisione, abbiamo contato sia i giorni che le settimane. Ad esempio, l'altro ieri abbiamo contato "oggi sono 48 giorni che sono 6 settimane e 6 giorni" e ieri sera abbiamo detto "oggi sono 49 giorni che sono 7 settimane complete". A questo proposito, nel Talmud (Menachot 66a), è riportata l'opinione di Ameimar che "contava i giorni ma non le settimane, in ricordo del Santuario". Rashì spiega che secondo Ameimar, visto che il precetto di contare i giorni dell'Omer è legato al Santuario di Gerusalemme, distrutto dai Romani quasi 2000 anni fa, non c'è bisogno di eseguire la mitzvà in modo completo e basta contare solo i giorni. Rav Soloveitchik, di cui abbiamo recentemente ricordato il ventennale dalla scomparsa, uno dei più illustri esponenti della scuola analitica dello studio del Talmud (la scuola di Brisk), si chiede: "Ma cosa gli costa ad Ameimar ricordare pure le settimane? Che fatica sarebbe aggiungere tre-quattro parole?". E conclude che forse c'è un'altra motivazione dietro l'opinione di Ameimar. Le sue parole non vanno intese come se dicesse che "non c'è bisogno di contare le settimane", bensì che "non si devono affatto contare le settimane". E perché? Proprio per ricordare la distruzione del Tempio, così come facciamo in tante altre occasioni: per esempio, quando rompiamo il bicchiere sotto la chuppah (baldacchino nuziale), recitando il verso dei Salmi che dice "Se ti dimenticherò, o Gerusalemme, che si paralizzi la mia destra". La nostra osservanza dei precetti, in assenza del Santuario, è incompleta e questo fatto va sempre tenuto presente.
Nella parashah (brano biblico) letta un paio di sabati fa, si parla di un altro conteggio, quello dei cicli di sette anni che si concludono con il Giubileo: "E conterai sette settennati, sette anni per sette volte, e saranno sette settennati, 49 anni… e santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel paese per tutti i residenti, sarà il Giubileo per voi e ognuno tornerà al proprio possesso e alla propria famiglia" (Levitico 25:8-10). In ebraico libertà si dice "deròr", dalla radice dur, abitare, perché ognuno può abitare dove vuole e non è sottoposto a vincoli di nessuno.
Stasera, festeggiando Shavuot, la festa delle settimane, che cade nel cinquantesimo giorno dopo Pesach, ricorderemo il Dono del Decalogo al popolo d'Israele e a tutta l'umanità. È interessante notare che anche le Tavole della Legge sono legate al concetto di libertà. Come dicono i Pirkè Avòt (6:42), non leggere "charùt", inciso, al cap. 32:16 dell'Esodo, bensì leggi "cherùt", libertà: non è libero se non colui che si occupa di Torah. Non c'è libertà se non nella Legge.

(Notiziario Ucei, 14 maggio 2013)


Prodotti equo-solidali israelo-palestinesi

'Fair trade Fair peace' finanziato da Ue, anche Italia

GERUSALEMME, 14 mag - Si chiama ''Fair Trade Fair Peace'' ed e' la nuova linea di prodotti equosolidali israelo-palestinese nata dalla collaborazione di ebrei e arabi israeliani e artigiani palestinesi della Cisgiordania. Il progetto intende rafforzare le relazioni tra artigiani delle comunita' arabe in Israele e quelle dei Territori ''cercando di valorizzare le radici comuni di palestinesi ed israeliani con la Palestina storica''.
Finanziato dall'Unione Europea (600mila euro circa), il progetto - presentato a Gerusalemme - ha visto la partecipazione dell'italiana Cospe (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti), Sindyanna, un'organizzazione non governativa israeliana che opera nella Galilea e BFTA (Bethlehem Fair Trade Artisans), la piu' importante cooperativa di artigiani di Betlemme in Cisgiordania. ''Fair Trade Fair Peace - ha detto all'ANSA Gianni Toma, responsabile delle attivita' di Cospe - nasce con l'obiettivo di contribuire al processo di pace sviluppando rapporti di dialogo e partenariato tra israeliani e palestinesi, facendo leva sulla societa' civile palestinese attraverso lo strumento del commercio equosolidale''.
''Attraverso il metodo equosolidale - ha spiegato Toma - il progetto intende dare dignita' e garantire reddito alle fasce della societa' piu' deboli, in questo caso i piccoli produttori di Betlemme, le donne del campo profughi di Aida e un gruppo di disabili palestinesi''. I prodotti che verranno commercializzati in Italia includono oggetti artigianali realizzati con legno di ulivo, ceramica, ricami, cesti di olivo e palma di dattero, una gamma di saponi di olio di oliva, erbe e specialita' alimentari come za'atar e miele, cosi' come altri prodotti che ben rappresentano la combinazione di entrambe le culture, quella israeliana e quella palestinese.

(ANSAmed, 14 maggio 2013)


Palestina, aiuti umanitari e Ong: un business milionario

[...] Ci siamo sempre chiesti come mai le ONG che operano in Cisgiordania, a Gaza e persino in Israele avessero un comportamento anomalo rispetto al concetto stesso di "Organizzazione Non Governativa" che vorrebbe queste organizzazioni apolitiche e mai schierate. Avevamo qualche sospetto che dietro a questo comportamento ci fossero interessi prettamente economici oltre ad un odio ingiustificabile verso l'unica democrazia in Medio Oriente, Israele, ma fino ad ora i dati pubblici dei fondi destinati alle ONG erano praticamente introvabili e anche ora le omissioni sono tante (per esempio le specifiche e le rendicontazioni  dei  progetti  sono introvabili o custodite  come segreti di Stato).  Tuttavia ora  siamo in grado di farci almeno una idea del "business umanitario" che ruota attorno alla questione palestinese...

(Rights Reporter, 14 maggio 2013)


Una discarica riunisce israeliani e palestinesi

di Aldo Ferretti

La riserva naturale di Nahal Makoch

Non è facile vedere arabi ed ebrei stare assieme dalla stessa parte. Eppure ieri coloni israeliani e residenti palestinesi hanno manifestato congiuntamente per protestare contro la realizzazione di una nuova discarica per rifiuti solidi urbani, finanziata dal Governo tedesco, nei pressi di una riserva naturale nella zona C della Cisgiordania (West Bank).
   La Società per la Protezione della Natura in Israele (SPNI) ha lanciato una battaglia contro la discarica di Rimonim, "arruolando" coloni ebraici e cittadini palestinesi, uniti dal fatto che la discarica è una problematica ambientale, quindi non conosce confini territoriali, ideologici o religiosi.
   Turbato dalla vulnerabile localizzazione della discarica, questo insolito gruppo di manifestanti ha intenzione di presentare un reclamo ufficiale alla sua costruzione verso l'Alta Corte di Giustizia. Guidati da Roee Simon, coordinatore di SPNI Giudea e Samaria, la lotta si è estesa ai rappresentanti della tribù beduina locale Kaabene, ai villaggi palestinesi di Ramun e Nu'eima, agli insediamenti israeliani di Mikhmas e Rimonim, all'Associazione Comunale Ambientale della Giudea e la Samaria e al Consiglio regionale Binyamin, che copre 44 insediamenti in Samaria meridionale.
   Poiché il progetto è stato ufficialmente pubblicato l'8 marzo, i cittadini hanno avuto 60 giorni di tempo per presentare obiezioni al piano, prima di un'udienza pubblica, ha spiegato un rappresentante della banca di sviluppo governativa tedesca, Kreditanstalt Fyr Wiederaufbau (KfW ), che finanzia il progetto. Quindi i termini sarebbero già scaduti per la via amministrativa, da cui il tentativo di ricorrere direttamente alla massima istanza d'appello del Paese.
   La futura discarica è prevista vicino a Rimonim Junction, a pochi passi a nord della riserva naturale di Nahal Makoch nel Deserto di Giudea nord. Una riserva naturale che secondo i contestatori ha "caratteristiche uniche" per la sua posizione al confine della dorsale montuosa centrale e con la valle del Giordano.
   Entro il letto del fiume presso la riserva sono presenti molte grotte con rare condizioni che permettono ai pipistrelli il letargo, spiegano dall'associazione SPNI. Ma il sito sarebbe particolarmente pregiato anche per la presenza di molte testimonianze archeologiche, legate alle vicende storiche di antenati religiosi a Gerusalemme e a Gerico. Quindi non solo gli ambientalisti temono impatti ambientali per le acque sotterranee e il torrente ma anche danni alla sacralità della riserva stessa.
   Tuttavia, fino ad oggi nessuna manifestazione o protesta è stata organizzata per contestare le numerosissime discariche illegali presenti in tutta l'area e verso le quali sono indirizzati gli scarichi pirata di entrambe le comunità.
   E che quella di ieri non si sia trattata di una protesta legata effettivamente alla protezione del bene comune lo si capisce meglio se andiamo ad analizzare a fondo la questione e vediamo che in ballo non ci sono solo questioni di impatti ambientali. Infatti, il pomo della discordia sembra essere più il fatto che nella nuova discarica potranno essere conferiti solo i rifiuti urbani dei palestinesi e non quelli dei coloni israeliani, anche perché si tratta di aiuti allo sviluppo e quindi legati ai soli territori occupati.
   Attualmente ci sono solo quattro discariche autorizzate in Cisgiordania - di cui solo due possono assorbire rifiuti israeliani - per cui la "spazzatura" prodotta degli insediamenti di quest'area dovrà essere trasportata verso destinazioni lontane, a costi elevati.
   Gli israeliani, pur ammettendo che la discarica verrebbe costruita secondo gli standard tedeschi, quindi con piene garanzie ambientali, poiché verrebbe donata all'Autorità Palestinese di Ramallah, nutrono forti dubbi semmai circa la reale capacità di questa di saperla gestire correttamente. "Se non riescono a gestirla bene, poi ci potrebbero essere problemi. La riserva naturale potrebbe venire danneggiata, come anche le specie animali presenti", ha detto infatti Roee Simon.
   Per contro le autorità palestinesi la vedono diversamente. Husain Abuoun, direttore esecutivo dei servizi tecnici comunali, ha detto che la discarica fornirà occupazione ai residenti locali, con priorità per coloro che vivono a Ramun, in virtù della loro vicinanza al sito. Nella regione di Ramalllah-Al-Bireh ci sono 320.000 abitanti che generano 300 tonnellate di rifiuti al giorno, per cui la discarica sarà "un importante progetto internazionale per il popolo palestinese", ribadisce Abuoun "La struttura andrà inoltre a sostituire i 78 siti pirata di scarico della spazzatura presenti della regione, che sono molto pericolosi in quanto inquinano le acque sotterranee e l'ambiente circostante". Infine sottolinea come "La costruzione della discarica non compromette la zona vicina al progetto, e la zona è stata mai identificata da alcuna autorità come riserva naturale".
   Avi Ro'eh, che è a capo del Consiglio delle Comunità ebraiche di Giudea, Samaria e nella Striscia di Gaza, è tra coloro che si oppongono con forza al progetto per ragioni pragmatiche: "I rifiuti degli insediamenti della regione Binyamin sono attualmente scaricati nella discarica Psagot, situata nell'area appena a est di Ramallah e sud di Al-Bireh. Sia Ramallah e il suo sobborgo di Al-Bireh, così come altri villaggi palestinesi, scaricano i loro rifiuti lì. Il governo israeliano, tuttavia, prevede di chiudere la discarica Psagot nel mese di agosto, una decisione che è stata sostenuta dalla High Court of Justice". Ora quindi i coloni saranno costretti a inviare i loro rifiuti presso siti israeliani più lontani, mentre i palestinesi potranno conferire i loro nella nuova e vicina discarica regalata dai tedeschi.

(greenreport.it, 14 maggio 2013)


A Gerusalemme il Summit Internazionale sul Turismo

Il 28 e 29 maggio 2013 si terrà all'International Convention Center di Gerusalemme il secondo Summit sul Turismo Internazionale, uno dei più importanti eventi dedicati alle tecnologie innovative nel turismo e nel settore dei viaggi. Il summit focalizzerà l'attenzione su tematiche quali il turismo urbano e le tecnologie all'avanguardia.
Tra i relatori che condurranno i dibattiti: Sheldon Adelson, chairman e ceo del Las Vegas Sands Corporation; Michael Arad, partner presso la Handel Architects e designer del Memoriale dell'11 settembre al World Trade Center; Alison Copus, vice presidente marketing di TripAdvisor per il Business; Hugh Aitken, commercial manager per l'area UK di easyJet.

(agenzia di viaggi, 14 maggio 2013)


Una notte di Torah sotto le stelle

   
ROMA - Una serata diversa dal solito. Un gruppo di amici riuniti per una nottata insonne, allietata da vivande e parole di Torah. Tutti gli anni, la notte di Shavuot è riservata allo studio dei testi sacri, per praticare il Tiqqun, la riparazione in vista della lettura dei dieci comandamenti della mattina seguente. Quest'anno, sarà dedicata ai giovani.
Il Tempio Beth Shmuel in via Garfagnana apre le porte per il terzo anno consecutivo a tutti gli interessati, da mezzanotte di martedì 14 maggio alle prime ore di mercoledì inaugurate con la tefillà di shachrit. Così il popolo ebraico si è preparato a ricevere la Torah e così si prepara anche oggi, in attesa della festività del giorno dopo. Per la prima volta, la conduzione della serata sarà affidata ai più giovani, con lezioni di ragazzi e ragazze preparati per l'occasione dai rabbanim su temi inerenti alla festività e alla Meghila di Ruth che si è soliti leggere in questo periodo dell'anno. Interverranno inoltre, Rav Roberto Colombo e Rav Benedetto Carucci.
I motivi legati alla necessità del Tiqqun sono molti, primi fra tutti la volontà di essere pronti al ricevimento della Torah. Secondo la Kabbala inoltre, la discussione e lo studio sono in grado di cancellare alcuni tipi di peccati commessi. E come sostiene Rav Colombo, "La Torà unisce tutto il popolo ebraico e lega tra loro le diverse generazioni", dunque non resta che cogliere l'opportunità di trascorrere una notte di studio tra dolci, bevande e piacevole compagnia.

(Comunità Ebraica di Roma, 13 maggio 2013)


Tumori: nuovo farmaco in sperimentazione clinica a Bergamo e in Israele

ROMA, 13 mag. - Il Gruppo Sigma-tau ha annunciato che il nuovo antitumorale proprietario, SST0001, e' oggetto di uno studio internazionale di fase I nel Mieloma Multiplo a Bergamo e in Israele. Il farmaco, generato grazie anche a una collaborazione con l'Istituto Ronzoni di Milano, inibisce un enzima, l'eparanasi, che gioca un ruolo molto importante per la crescita e la diffusione cellulare. L'eparanasi - spiega una nota della Sigma-tau - e' un bersaglio farmacologico tuttora poco esplorato e la sua inibizione potrebbe avere una grande rilevanza nella terapia del cancro cosi' come di alcune malattie infiammatorie. La sperimentazione avverra' nel Dipartimento di Ematologia e dell'Unita' di Trapianto del Midollo dell' Azienda Ospedaliera Giovanni XXIII di Bergamo, diretto da Alessandro Rambaldi e nella Divisione di Ematologia, Trapianto di Midollo e Banca del Cordone Ombelicale del Chaim Sheba Medical Center a Tel Hashomer (Israele) diretto da Arnon Nagler. La nuova molecola - sottolinea Sigma Tau - si e' dimostrata efficace in diversi modelli preclinici di neoplasie ematologiche (mieloma e linfomi) e di alcuni tumori solidi, quali i sarcomi o le metastasi ossee. Il piano di sviluppo prevede lo studio del farmaco, da solo o in associazione, in diversi tumori oltre al Mieloma Multiplo, grave neoplasia ematologica che in molti casi non trova ancora una risposta terapeutica efficace.
"Siamo solo all'inizio e molti studi dovranno ancora essere condotti per verificare e confermare il reale potenziale del farmaco - afferma Alessandro Noseda, ad di sigma-tau Research Switzerland S.A. - ma siamo fiduciosi che grazie al solido know-how che stiamo costruendo in questo settore potremo portare un contributo scientifico importante per la cura dei pazienti".

(AGI Salute, 13 maggio 2013)


Missione sheqel per la Banca Centrale di Israele

Poteva la Banca Centrale di Israele restare a immobile in questi tempi di aggressive politiche monetarie da parte del gotha degli istituti centrali? No, soprattutto se a rischio c'è l'importante settore dell'export.
La Bank of Israel ha deciso inaspettatamente di tagliare il tasso sui prestiti di un quarto di punto portandolo all'1,5%, valore più basso degli ultimi tre anni, annunciando al contempo un programma di acquisto di valute estere per limitare l'eccessivo apprezzamento della propria valuta, lo sheqel.
Si tratta di una mossa perlopiù inattesa, anche se a ben vedere era assolutamente prevedibile. L'Istituto guidato dal Governatore Stanley Fisher ha infatti spiegato di aver preso questa decisione "in scia al continuo apprezzamento dello sheqel, all'imminente avvio della produzione di gas naturale nel giacimento Tamar, al taglio dei tassi operato da molte altre Banche centrali - in particolare la Banca Centrale Europea, alle politiche di quantitative easing attualmente in atto in molti Paesi e alla revisione al ribasso delle stime sulla crescita globale".
Come darle torto? Nell'ultimo mese gli Istituti centrali che "vigilano" su circa un quarto del PIL mondiale hanno adottato politiche più accomodanti. In più, la divisa israeliana ha guadagnato quasi 9 punti percentuali negli ultimi sei mesi indebolendo l'export, grande risorsa di Israele (pesa per il 40% sull'economia totale).
La notizia ha immediatamente avuto ripercussioni sia sullo sheqel, in calo sulle principali controparti, che sulla Borsa di Tel Aviv, i cui indici sono scattati al rialzo mostrando ora guadagni di quasi un punto percentuale.

(teleborsa, 13 maggio 2013)


Oltremare - Secondo: resettare il calendario
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Da inizio maggio i cartelloni pubblicitari in città e in autostrada sono letteralmente presi d'assalto da Gad, Tnuva e tutti i produttori di latticini del paese. Si avvicina Shavuot, festa nella quale è uso mangiare di latte - l'opposto di ogni altra festa e di ogni shabbat dell'anno. Nei supermercati impazzano gli sconti su tutti i latticini, e molti prodotti vengono venduti con allegate ricette. Come dire: visto che non si cucina mai di latte, ecco qualche suggerimento. Vivere in Israele significa anche resettare il calendario. E acquisirne uno tutto nuovo; perchè è vero che tutti anche in diaspora sanno quando viene Rosh HaShana (Capodanno religioso), e Pesach (Pasqua Ebraica). Ma tanto per capirci qui dopo le feste autunnali si segna il capomese di Cheshvan (ottobre-novembre) dicendo poverino, è un mese senza Chag, senza festa! Infatti, ci stai ancora a pensare che già arriva il mese di Kislev e porta le luci di Channukkà, le pubblicità di olio per fare le frittelle migliori, e le vacanze invernali delle scuole. Meno di un mese e già tutti a piantare alberelli a Tu Bi-Shvat e a fare offerte per il KKL; ti volti e arriva Purim: travestimenti e festival in tutta Israele. Da Purim a Pesach è un soffio: lo sa ogni buon ebreo che le pulizie non si iniziano mai troppo presto, ma qui si è bombardati dalle pubblicità degli imbianchini, perchè tutti danno il bianco prima di Pesach; dagli sconti sugli elettrodomestici, perché tutti comperano aspirapolvere e lavatrici nuove prima di Pesach; e da offerte 3x2 ai supermercati, azzime e biscotti kasher per Pesach che poi non li finisci prima di luglio. Appena finito di mangiare azzime partono le pubblicità di diete post-abbuffate, e subito è già il turno della micidiale triade delle lacrime: Yom HaShoah, Yom HaZikaron e Yom HaAtzmaut - che per fortuna finisce in festa grande: barbecue nei parchi e nei terrazzi, e relativa impennata nelle vendite di sedie da giardino e di carne da hamburger. Poi, come adesso, tempo di riprendersi ed è già passato anche Lag Baomer (e i falò hanno bruciato mezza Israele con buona pace del KKL di cui sopra), e siamo a un passo dalla indigestione di latticini di Shavuot. Insomma un tour de force: fermate il calendario, voglio scendere.

(Notiziario Ucei, 13 maggio 2013)


Cremlino - Domani Netanyahu incontra Putin

MOSCA, 13 mag. - Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, sara' domani in Russia per incontrare il presidente Vladimir Putin. Lo ha reso noto il Cremlino, secondo il quale i due leader oltre a questioni di carattere bilaterale, affronteranno l'"attuale situazione in Medio Oriente, prima di tutto in Siria". Nessun ulteriore dettaglio e' stato fornito circa il luogo dell'incontro, che secondo alcuni potrebbe svolgersi a Sochi, dove Putin ha gia' ricevuto il primo ministro britannico David Cameron, la settimana scorsa.
Ad anticipare, sabato, la notizia del viaggio di Netanyahu in Russia era stato il quotidiano Haaretz. Secondo il giornale, il premier israeliano tentera' di convincere Mosca a cessare la vendita di sistemi di difesa anti aerea S-300 a Damasco. I due leader, sempre secondo le fonti di Haaretz, affronteranno anche il dossier del nucleare iraniano.

(AGI, 13 maggio 2013)


Sei anni e 300 frustate a un libanese cristiano per aver convertito una giovane saudita

Insieme all'uomo è stato condannato anche un saudita. Entrambi erano colleghi di una giovane donna, fuggita in Svezia dopo la conversione. La ragazza vive ora sotto la protezione di alcune ong e non vorrebbe più fare ritorno in patria.

KHOBAR - Il tribunale di Al-Khobar, città saudita a est del Golfo, condanna un libanese cristiano e un saudita al carcere a alla fustigazione per aver convertito al cristianesimo e fatto fuggire una giovane dal Paese. Il primo considerato l'organizzatore dell'operazione, è stato condannato a sei anni di reclusione e 300 frustate. Il complice saudita a due anni e 200 frustate. Entrambi lavoravano con la ragazza in una compagnia di assicurazioni. I due hanno annunciato che ricorreranno in appello.
Iniziato lo scorso anno a fine luglio, il caso ha provocato scalpore in Arabia Saudita, regno ultra-conservatore che applica una versione rigorosa dell'islam. I musulmani che si convertono a un'altra religione rischiano la pena di morte.
Fino ad ora gli inquirenti non hanno rivelato l'identità della giovane, che da diversi mesi si è rifugiata in Svezia e rifiuta di tornare in patria nonostante i vari appelli della famiglia, e varie trattative dell'ambasciata saudita a Stoccolma per convivere le autorità svedesi a consegnare la ragazza. Essa si troverebbe ora sotto la protezione di organizzazioni non governative e in un video pubblicato di recente è apparsa sostenendo di aver scelto di convertirsi al cristianesimo senza alcuna costrizione.

(Asianews, 13 maggio 2013)


Netanyahu rinuncia al letto

Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu sotto la pressione pubblica ha rinunciato ad usare un letto matrimoniale del costo di circa 130 mila dollari durante i brevi viaggi.
Nel week-end scorso il canale israeliano Channel 10 ha comunicato il prezzo del letto che il Premier ha usato durante il volo di 5 ore a Londra nel mese scorso. Il rappresentante di Netanyahu ha dichiarato che il Premier non ne conosceva il costo e ha promesso che in futuro nei voli brevi non saranno montate le sezioni da letto.
Lo scandalo con il letto di lusso è avvenuto sullo sfondo dei piani del governo israeliano di prendere nuove misure dell'economia.

(La Voce della Russia, 13 maggio 2013)


Famoso erudito islamico a Gaza: «La Palestina non è mai stata ebraica»

di Khaled Abu Toameh

Yusuf al-Qaradawi, uno dei più famosi eruditi islamici egiziani, presidente dell'Unione Internazionale degli Studiosi Musulmani, ha dichiarato giovedì che "la Palestina non è mai stata una patria ebraica", ed ha aggiunto che i musulmani non faranno mai alcuna concessione né riconosceranno Israele. "La Palestina - ha sostenuto Al-Qaradawi - era e resterà araba e musulmana. La patria non si vende per denaro".
Arrivato a Gaza la sera di mercoledì alla testa di una delegazione di cinquanta studiosi islamici provenienti da quattordici paesi, Al-Qaradawi ha parlato in questi termini durante un incontro con esponenti del "governo" di Hamas nella striscia di Gaza, ed ha aggiunto che i musulmani sono in guerra col sionismo "che pretende di essere ebraico, ma è ben lungi dall'esserlo". Secondo Al-Qaradawi, "il sionismo vuole divorare la terra accampando falsi pretesti", e ha spiegato: "La Palestina non è mai stata ebraica", aggiungendo che è proibito ai musulmani cedere diritti sulle loro terre.
I palestinesi della striscia di Gaza, ha continuato Al-Qaradawi, "rappresentano tutta la nazione islamica che conseguirà la vittoria e ripristinerà i propri diritti". Ed ha concluso dicendo che i palestinesi torneranno alle loro case di un tempo, all'interno di Israele, e che la delegazione da lui guidata nella striscia di Gaza rappresenta tutti coloro che "amano la Palestina, Gaza, la fermezza e la jihad [guerra santa]".
Dal canto suo, il "primo ministro" di Hamas Ismail Haniyeh ha ribadito, durante l'incontro con gli studiosi islamici, che il suo movimento non farà concessioni sui "diritti dei palestinesi". "Non cederemo un solo centimetro della terra di Palestina - ha dichiarato Haniyeh - La terra è nostra, Gerusalemme è nostra e Dio è con noi".
Haniyeh ha omaggiato Al-Qaradawi conferendogli la "cittadinanza palestinese" e un passaporto.
Hamas ha accolto con entusiasmo la visita della delegazione guidata da Al-Qaradawi definendola un evento "storico", mentre l'Autorità Palestinese ha criticato lo studioso per le sue posizioni controverse a sostegno dei fondamentalisti islamici.

(Jerusalem Post, 9 maggio 2013 - da israele.net)


La forza di questo linguaggio islamico sta nel continuare a parlare tenacemente di “diritti palestinesi”. Si tratta dunque di un linguaggio giuridico, con cui si vuol dire che alla giustizia e alla verità della causa palestinese si oppone la violenza ingiusta e prepotente dei “sionisti”. Contrapporre a questo frasario giuridico-religioso - che riesce a far presa in chi, avendo in antipatia Israele, non ha bisogno di esaminare troppo a fondo le ragioni di chi ne parla contro - un parlare di ragionevoli accordi tra le parti al fine di riuscire ad avere “due stati per due popoli che vivano l’uno accanto all’altro in pace e sicurezza” è una forma di obnubilamento delle facoltà di giudizio, purtroppo non passeggera, che meriterebbe di essere studiata da una nuova e ancora da definire branca della scienza. M.C.


Per gli israeliani arriva la tassa sulle tombe

Gli eredi pagheranno tasse municipali per tombe e loculi

GERUSALEMME, 12 mag - Nemmeno la morte esenta ormai gli israeliani dal pagare le tasse. Mentre Benyamin Netanyahu e' impegnato a studiare misure di emergenza per affrontare una difficile congiuntura economica il quotidiano Yediot Ahronot anticipa che il suo governo si accinge ad imporre tasse municipali anche alle tombe e ai loculi nei cimiteri. Gli eredi dei 'cari estinti' (e' davvero il caso di dirlo ) saranno chiamati dal 2014 a pagare tasse annuali per ogni tomba, anche se vecchia di decine di anni.

(ANSA, 12 maggio 2013)


Proteste in Israele contro i provvedimenti economici

Sul cartellone: "Tagli di Netanyahu"

Migliaia di persone sono scese nelle strade di Tel Aviv, protestando contro i provvedimenti economici che il governo israeliano esaminerà lunedì.
Secondo i media locali, oltre 10 000 persone hanno preso parte alle dimostrazioni contro i presunti tagli ai servizi sociali e contro l'innalzamento dell'imposta sui redditi. Anche a Gerusalemme ed Haifa si sono svolte azioni di protesta.
Si sono verificati alcuni scontri con la polizia, un dimostrante è stato arrestato per violazione dell'ordine pubblico.

(La Voce della Russia, 12 maggio 2013)


Netanyahu da Putin per bloccare la vendita di missili

Il premier Benyamin Netanyahu intraprendera' nei prossimi giorni una visita urgente a Sochi (mar Nero) dove cerchera' di persuadere il presidente russo Vladimir Putin a non fornire alla Siria missili moderni di tipo S300. Lo ha detto a radio Gerusalemme il ministro Silvan Shalom (Likud Beitenu). Se questa fornitura avesse luogo, ha affermato Shalom, i rapporti di forza regionali sarebbero molto alterati. Il ministro ha anche rilevato che esiste la possibilita' che una volta giunte in Siria quelle armi potrebbero essere inoltrate anche agli Hezbollah libanesi: ''una prospettiva - a suo parere - che dovrebbe far perdere il sonno a tutti''. Secondo Israele, ha fatto anche notare Shalom, una volta che quei missili diventassero operativi in Siria diventerebbe molto piu' difficile qualsiasi intervento esterno nella guerra civile che insanguina da due anni quel Paese.

(campanianotizie, 12 maggio 2013)


Israele abbatte un suo drone: era guasto

TEL AVIV - L'aviazione israeliana ha dovuto abbattere di fronte alla costa di Tel Aviv un proprio drone di tipo 'Shoval' (Heron) dopo che a bordo era stato rilevato un guasto tecnico che rendeva pericoloso il velivolo. Lo ha riferito la radio militare secondo cui al momento dell'incidente il drone era di ritorno da una ''missione di routine''. Oggi, ha aggiunto, tutti gli altri droni di quel modello resteranno fermi, in attesa che una commissione di inchiesta accerti le cause del guasto.

(ANSA, 12 maggio 2013)


L'Haggadah della speranza

   
Galleria
GENOVA - Settantuno tavole realizzate a mano a riprodurre fedelmente un'opera che ha segnato la storia degli ebrei d'Europa. È lo straordinario risultato della mostra dedicata all'Haggadah trecentesca di Sarajevo inaugurata quest'oggi al museo ebraico di Genova grazie al contributo dei due curatori, Alberto Rizzerio e Daniele Sulewic, e al supporto delle molte realtà che hanno sostenuto l'iniziativa: Centro culturale Primo Levi, Comunità ebraiche di Genova e Sarajevo, Casa Editrice Rabic. L'esposizione si lega alle celebrazioni, nel pomeriggio a Palazzo Ducale, per la consegna del Premio Internazionale Primo Levi 2012 a Jacob Finci, filantropo, ambasciatore, presidente della comunità ebraica bosniaca. E soprattutto, tra le personalità che più si sono spese in questi anni per risolvere le contrapposizioni e alleviare i lutti che hanno attraversato la regione balcanica. Sofferenze che sono raccontate anche in una seconda mostra ospitata al Museo: la fotostoria dell'assedio di Sarajevo e del formidabile contributo dato in questa circostanza dall'associazione Benevolencija attraverso gli scatti di Edward Serotta.
Negli anni del nazifascismo soltanto il coraggio del bibliotecario del Museo nazionale, un musulmano, tenne l'Haggadah al riparo dalle mire da chi voleva trarne profitto grazie al suo repentino trasferimento in una moschea dove rimase fino alla cessazione delle ostilità. Singolarmente la sua salvezza la si deve, in ogni circostanza, all'Islam e all'apporto fornito da persone che si riconoscono in questa religione. Era musulmano il direttore del Museo che in occasione dell'ultimo conflitto decise di metterla al sicuro nel caveau - dove è tuttora custodita - proteggendola dal fuoco nemico e dai bombardamenti. Ed era nella tollerante società ottomana che trovò ospitalità alla luce del sole dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna a seguito del vergognoso editto di espulsione del 1492.
Nel pomeriggio, come detto, l'omaggio a Finci nel solco dei grandi valori e ideali che hanno sempre caratterizzato questo premio nel cui registro figurano personalità del calibro di Shimon Peres, Willy Brandt, Nadine Gordimer. A Palazzo Ducale interverranno, tra gli altri, il presidente del Centro culturale Primo Levi Piero Dello Strologo, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, l'ambasciatore di Bosnia-Erzegovina a Roma Nerkez Arifhodzic e lo storico Silvio Ferrari. Al Museo, questa mattina, l'intervento del rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano.
"Con la sua lungimiranza - afferma Gattegna - Finci ha indicato quale strada percorrere per arrivare alla pacificazione dopo anni di incomunicabilità e terribili violenze. Al centro della sua azione una costante prospettiva dialogica e la concretezza di una serie di interventi umanitari, svolti il più delle volte in condizioni di estrema difficoltà, che hanno permesso di salvare migliaia di vite senza distinzione di etnia, cultura, religione".

(Notiziario Ucei, 12 maggio 2013)


Venezia - Fermato in aeroporto con falso passaporto israeliano

Un uomo, munito di un passaporto israeliano risultato falso è stato bloccato all'aeroporto di Venezia mentre tentava di imbarcarsi su un volo diretto a Montreal. Ad insospettirsi è stata una guardia giurata dell'istituto di vigilanza Battistolli, nel corso del servizio di controllo passaporti al check-in del volo TS 571 in partenza dal Marco Polo di Tessera con destinazione Montreal. L'uomo non conosceva l'ebraico e aveva fornito notizie confuse di sè, cercando anche di corrompere la guardia giurata. Una telefonata all'ambasciata israeliana in Italia e l'intervento di una funzionaria canadese hanno permesso di confermare che il passeggero era un impostore. E' stato condotto negli uffici della Polizia Aeroportuale che ha deciso il fermo.

(L'Unione Sarda, 12 maggio 2013)


Ebrei ante litteram

di Sergio Luzzatto

La prima fotografia (scelta per la copertina dell'originale americano) risale all'aprile del 1944. È un ritratto di gruppo. Mostra una dozzina di persone - uomini, donne, bambini - su uno sfondo di aride colline che potrebbero ben essere di Palestina, mentre sono del Gargano. I maschi portano in testa chi un basco, chi una coppola, chi un cappello di feltro a bombetta, chi un cappello militare a visiera. Le femmine hanno il capo scoperto, come pure è scoperta la testa dell'unico uomo in giacca e cravatta, un piccoletto con occhialini da intellettuale. Ma non è intorno a occhiali, teste o cappelli che ruota l'intera fotografia. Ruota intorno al vessillo con la Stella di Davide - il simbolo del movimento sionista, e la futura bandiera di Israele - orgogliosamente impugnato dal bambino al centro del gruppo.
   La seconda fotografia (scelta per la copertina della traduzione italiana) risale all'inizio degli anni Cinquanta. Mostra due ragazzini seduti su un muro di pietra, e ancora con il capo coperto, per proteggersi da un sole che si intuisce cocente. Sullo sfondo è un paesaggio brullo, quasi desertico, appena interrotto da un'oasi di vegetazione e da una manciata di edifici lunghi e bassi, visibilmente costruiti di recente: le case di un kibbutz. In secondo piano, due operai lavorano alle fondamenta in legno di un edificio minuscolo, mentre lungo la strada sterrata una contadina conduce un asino al passo. I due ragazzini ritratti in primo piano stanno leggendo, assorti, ciascuno il suo libro. È il Libro, la Bibbia.
   Queste due fotografie contengono l'alfa e l'omega di una vicenda curiosa quanto appassionante: la vicenda de Gli ebrei di San Nicandro, come recita il titolo di un volume scritto dallo storico britannico John A. Davis, uscito da Yale nel 2010 e finalmente disponibile in italiano per i tipi di Giuntina. Piccola vicenda, si dirà. La conversione collettiva alla religione mosaica, fra anni Venti e anni Trenta, di qualche decina di contadini e artigiani originari del paesone garganico di San Nicandro, in provincia di Foggia, e poi l'emigrazione di quasi tutti loro, dopo il 1948, nel neonato Stato di Israele. Eppure, si tratta di una vicenda che Davis dimostra carica di implicazioni non soltanto religiose, ma anche culturali, politiche, e perfino militari.
   La microcomunità ebraica di San Nicandro si era formata intorno alla direzione spirituale della più improbabile fra le autorità pseudo-rabbiniche. Invalido di guerra, Donato Manduzio era un quarantenne semianalfabeta e disoccupato durante la seconda metà degli anni Venti, quando un conoscente di fede pentecostale gli aveva regalato una copia della Bibbia, cambiandogli la vita. A forza di compitare sul Pentateuco, Manduzio si era convinto della scarsa verosimiglianza del racconto evangelico sopra l'avvento del Messia, e aveva finito per riconoscersi nell'interpretazione ebraica dell'Antico Testamento. Ma Manduzio aveva fatto di più. Approfittando della sua propria fama, diffusa a San Nicandro, di guaritore miracoloso e di profeta visionario, aveva sospinto dapprima la moglie, Emanuela Vocino, poi una serie di amici e di amiche, verso la conversione all'ebraismo.
   Per un tempo lungo, quasi interminabile nel vissuto dei neofiti, tale conversione era rimasta puramente teorica. A San Nicandro, nel Gargano, nell'intera Puglia, mancava qualunque opportunità liturgica per gli uomini di essere circoncisi, per le donne di compiere il bagno di purificazione (del resto, Manduzio era inizialmente convinto che tutti gli ebrei fossero morti al tempo del Diluvio universale...). Ma la storia degli israeliti di San Nicandro è quella di un investimento pertinace, tetragono, sulla suprema verità della religione di Mosé. Corrisponde a un'eccezionale scommessa di fede e di cultura. Senza rabbini, senza libri, senza kippah, senza candelabri, senza filatteri, senza tallèt, Manduzio e i suoi seguaci si sforzano - nell'indifferenza più che nella diffidenza dell'ambiente circostante - di onorare il riposo del sabato e di seguire il calendario ebraico, se non proprio di rispettare le prescrizioni alimentari e di corrispondere agli altri obblighi rituali. Fino a quando, tra 1931 e '32, riescono a stabilire un contatto con il rabbino capo di Roma, Angelo Sacerdoti.
   Da quel momento in poi, la loro avventura spirituale e materiale entra a far parte di storie ben più larghe: la storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, la storia degli ebrei italiani emigrati in Israele dopo la nascita di uno Stato indipendente. Quantunque, in una lettera indirizzata a Roma, Manduzio rendesse omaggio al Duce (l'«Eccellentissimo Signor Governatore nostro Condottiero Mussechini»), nulla vi era di filofascista nel movimento degli ebrei di San Nicandro. Al contrario, questi trovano il loro principale sostegno nella figura di Raffaele Cantoni: il contabile veneziano d'origine, fiorentino d'adozione, che rappresentava un po' l'anima dell'ebraismo italiano civilmente più impegnato, e le cui idee antifasciste risultavano fin troppo note alla polizia di regime.
   Una prima svolta interviene dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, in quel Regno del Sud che gli Alleati vanno liberando dall'occupazione tedesca. Al seguito dell'VIII Armata, giungono infatti a San Nicandro alcuni ufficiali e soldati ebrei provenienti dalla Palestina del mandato britannico. Fra questi è Enzo Sereni, sionista italiano della prima ora, stretto collaboratore di David Ben Gurion, futuro martire della Resistenza ebraica fra Italia e Germania: è lui il piccoletto con gli occhialini da intellettuale fotografato, nell'aprile '44, fra i paesani "ebrei" di San Nicandro.

(Il Sole 24 Ore, 12 maggio 2013)


Italiani all'estero, il Verdi 'neofuturista' di Schinasi a Tel Aviv

La Mostra - organizzata dall'Istituto italiano di cultura di Tel Aviv diretto da Carmela Callea - apre domenica 12 maggio per restare nel 'Performing Arts Center' (co organizzatore dell'evento) dell'Israeli Opera fino a fine mese.

Undici opere, di cui sette ritratti inediti incentrati su Giuseppe Verdi e sul suo mondo. L'artista italiano Daniel Schinasi ha scelto Tel Aviv per proporre una visione 'neo futurista' del maestro di Busseto. Un 'brindisi' - l'ha definito con l'ANSA - in omaggio al bicentenario della nascita del musicista che, domani sera, sara' celebrato, nell'ambito delle iniziative in atto da tempo a Tel Aviv, con la messa in scena della 'Traviata' all'Israeli Opera.
La Mostra - organizzata dall'Istituto italiano di cultura di Tel Aviv diretto da Carmela Callea - apre domenica 12 maggio per restare nel 'Performing Arts Center' (co organizzatore dell'evento) dell'Israeli Opera fino a fine mese. 'Un lavoro durato sei mesi - ha raccontato Schinasi - perche' per questa occasione ho voluto realizzare solo opere inedite'. Dei sette ritratti, quattro riguardano il mondo verdiano: da Giuseppina Strepponi - prima soprano del Maestro e anche sua compagna - al librettista Francesco Maria Piave, all'editore Giulio Ricordi e anche al tenore Mario Del Monaco. I ritratti di Verdi lo presentano da giovane ('non l'ho mai visto riprodotto', ha detto Schinasi), nella posa classica (cilindro e sciarpa al collo) ripresa dal quadro di epoca di Giovanni Boldini e in ambito 'Traviata'. 'Non e' stato facile cogliere il personaggio. Bisognava andare in profondita' e per farlo - ha spiegato l'artista - sono ricorso alle biografie ma soprattutto alle sue lettere'.
Ed ecco dunque il Verdi di Boldini che diventa 'dinamico', con la sciarpa ora tricolore che gareggia con il bianco della barba e lo sfondo dove 'esplodono' i colori 'lucenti' cari a Schinasi. 'E' un predominio di verdi, azzurri e gialli, le tinte che a mio giudizio - ha proseguito - meglio lo descrivono'. Del resto Schinasi ha fondato la sua visione dell'arte come un luogo dove l'uomo 'primeggia' sulla tecnologia protagonista invadente della contemporaneita'.
'Il mio neo futurismo - ha detto ancora - ha voluto essere la proposta di un secondo Rinascimento, con l'uomo al di sopra della tecnica. Oggi ci sono quadri contemporanei solamente e totalmente rossi, bianchi o neri. Ma dove e' l'uomo ?'. Schinasi ha voluto rimanere fedele alla lezione di Boccioni ('il piu' grande artista contemporaneo italiano'), di Balla, di Severino. Di certo non a quella di Miro' o Picasso. 'Nelle mie opere e anche in queste dedicate a Verdi - ha spiegato - ho cercato di trasmettere questa primogenitura dell'uomo, senza la quale si va poco lontano'.
La rassegna di Tel Aviv - realizzata con la collaborazione dell'ambasciata italiana diretta da Francesco Maria Talo' - si inserisce in questa visione: 'sui ritratti - ha osservato Schinasi - ho lavorato, partendo dai disegni, quasi in contemporanea. Cominciavo con il primo, poi passavo al secondo e al terzo, per tornare al primo. Un modo per avere un'unita' di linguaggio artistico'. La Mostra, proprio perche' e' esposta nel 'Performing Arts Center' dell'Israeli Opera che e' , sara' un tutt'uno con la 'Traviata' in scena: il pubblico trovera' cosi' una stretta connessione tra musica e pittura. 'Era - ha concluso Schinasi - quello che volevo'.

(Italia chiama Italia, 11 maggio 2013)


Egitto, manifestazione contro Israele: "sterminiamoli"

La Fratellanza Musulmana ha organizzato ieri al Cairo una manifestazione contro Israele durante la quale i manifestanti hanno bruciato bandiere israeliane e hanno fatto un appello alla distruzione di Israele e allo sterminio degli ebrei.
Le fonti di stampa occidentali hanno deliberatamente omesso di riportare sia la manifestazione che le incredibili "dichiarazioni di intento" espresse ieri dai Fratelli Musulmani" nei confronti del popolo ebraico e quelle poche che ne hanno fatto menzione hanno volontariamente sminuito la portata della manifestazione e le richieste fatte dai manifestanti.
Il fatto è gravissimo perché non si è trattata della solita manifestazione anti-israeliana, all'ordine del giorno in Egitto. Questa volta si è andati molto oltre e si è chiesto esplicitamente all'esercito egiziano di muovere guerra a Israele per distruggere lo Stato ebraico e "liberare la Palestina". Durante la manifestazione sono state bruciate bandiere israeliane e sono stati proferiti insulti al popolo ebraico con definizioni del tipo "figli di scimmie" oppure "cani ebrei"....

(Rights Reporter, 11 maggio 2013)


Gli ebrei sotto il regno sabaudo - incontro a Santhià

Le baracche di Fossoli

VERCELLI - In occasione della Mostra "Gli Ebrei sotto il regno sabaudo" in corso a Santhià, sotto gli auspici dell'Assessore alla Cultura di Santhià dott. Zai ed organizzato dalla Associazione Italia-Israele di Vercelli si è svolto mercoledì 8 maggio 2013 nella bella cornice della Sala conferenze della Biblioteca Civica di Santhià l'incontro avente per tema: "Gli ebrei sotto il regno sabaudo e la Shoah in Italia".
La Mostra, allestita a cura dall'Ass. Figli della Shoah di Milano, è costituita da riproduzioni fotografiche di documenti e reperti relativi al periodo che va dal 1860 al 1946, raccolti da Gianfranco Moscati. Ha presieduto l'incontro, facendo poi da moderatore, il dott. Giovanni Mancini.
Era presente una ospite di eccezione, Olga De Bianchi, testimone di molti degli eventi trattati: applicazione delle "Leggi razziali", cattura e trasferimento di famiglie ebree dopo l'armistizio, aiuto ai perseguitati. Con parole semplici ma commoventi la signora Olga ha reso la sua testimonianza ai presenti, ricordando in particolare l'episodio nel quale, accompagnando alcuni fuggiaschi ebrei alla Stazione ferroviaria di Torino ricevette da un soldato tedesco un colpo ad una mano di cui porta ancora i segni.
Renzo Bellardone ha poi dato inizio alla serata recitando un brano poetico molto coinvolgente dal titolo "Le Baracche di Fossoli" di Roberto Malini (da Dichiarazione, Edizioni Il Foglio 2013).
Il prof. De Fazio ha illustrato brevemente cosa sia stato "Fossoli", il principale campo di raccolta e di transito per ebrei in Italia, e cosa abbia rappresentato.
È poi giunto al vivo della trattazione cercando di spiegare come si sia passati dall'emancipazione e dalla piena integrazione degli ebrei in Italia alle infami "Leggi razziali" e poi alla "Shoah", anche in Italia.
Le distorte ideologie naziste di matrice psicologica, economica e razziale portarono anche in Italia il loro frutto velenoso e indussero Mussolini a seguire l'alleato tedesco nell'abominio.
Nel dibattito seguito alla trattazione il notaio Mancini fa osservare quanto siano state rilevanti se non determinanti, a suo avviso, anche motivazioni di tipo religioso, antigiudaiche, risalenti ad epoche antecedenti l'avvento del nazismo.
Altri partecipanti intervengono rilevando come si tenda a rimuovere dal ricordo collettivo temi quali la persecuzione degli ebrei, la Resistenza, la Guerra Civile e soprattutto dimenticando colpe e responsabilità.
In particolare la signora Ettorina Sicuranza lamenta che le aspettative del papà partigiano siano andate completamente deluse e Valerio Biandrino sostiene che si è voluta una pacificazione ad ogni costo, altri che l'epurazione alla fine della guerra non sia stata sufficientemente severa.
Ancora una volta diciamo Zachor! Ricorda!
"Associazione Italia-Israele" Vercelli

(tellusfolio.it, 11 maggio 2013)


Fruttuosa la visita di Netanyahu in Cina

Il 10 maggio il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha concluso la sua visita in Cina ed ha fatto ritorno in patria. Durante la sua visita di cinque giorni in Cina, Cina e Israele hanno raggiunto molti risultati nella cooperazione economico-commerciale, fra cui la firma di accordi commerciali per un valore di 400 milioni di dollari.
In un discorso pronunciato prima di lasciare la Cina, Netanyahu ha affermato che la sua visita è stata molto fruttuosa, Cina e Israele hanno acconsentito a fondare un gruppo speciale composto da funzionari dei due paesi, per rafforzare la cooperazione nei campi della scienza e tecnologia e dell'economia e commercio, il che riveste un importante significato per Israele. Secondo i media, gli accordi commerciali da 400 milioni di dollari firmati dai dipartimenti economici delle due parti permetteranno alle relazioni commerciali sino-israeliane di superare quota 2 miliardi di dollari.

(CRI online, 11 maggio 2013)


Capo Verde. Restaurate le antiche tombe degli ebrei a Praia

Le tombe
Le antiche tombe ebraiche presenti nel cimitero di Varzea a Praia, capitale dell'arcipelago di Capo Verde, sono state recentemente restaurate grazie al contributo del re del Marocco, Mohamed VI, da tempo impegnato nella tutela della tradizione sefardita - originaria delle penisola iberica - degli emigrati ebrei, che in gran numero nel XIX secolo lasciarono il Marocco diretti proprio a Capo Verde. Alla cerimonia di inaugurazione dopo il restauro, riferisce all'agenzia Misna il presidente della Fondazione Usa "Cape Verde Jewish Heritage Project", Carol Castiel, "hanno partecipato oltre cento discendenti della comunità ebraica locale, insieme con il rabbino capo di Lisbona, il sindaco di Praia e un delegato reale di Mohamed VI". Il rispetto per le culture differenti e il grande spirito d'accoglienza che caratterizza i capoverdiani è sottolineato da padre Gilson Frede, cappuccino originario di Praia: "Una tradizione che la vicenda degli ebrei conferma: si sono integrati alla perfezione, tanto che ancora oggi i loro discendenti conservano i cognomi originali pur professando la fede cattolica". Gli ebrei arrivarono nelle isole scappando dalle persecuzioni a Tangeri, Tetouan, Tabat ed Essaouira, e qui vissero in pace. "Oggi nell'arcipelago non c'è neppure una sinagoga aperta - dice padre Ottavio Fasano, missionario italiano a Capo Verde da molti anni - ma i resti e i segni dei luoghi di culto di questa comunità arrivata da lontano si possono trovare su più di un'isola". (R.B.)

(Radio Vaticana, 10 maggio 2013)


Ungheria - Tre condannati per insulti antisemiti

Hanno lanciato offese a delegati Congresso mondiale ebraico

ROMA, 10 mag. - Un tribunale di Budapest ha condannato tre uomini che hanno lanciato offese contro delegati al Congresso mondiale ebraico, che s'è tenuto nei giorni scorsi nella capitale magiara, a pene detentive tra due e tre anni. L'ha reso noto oggi l'agenzia di stampa Mti.
L'agenzia spiega che alcuni dei delegati sono stati vittime di offese antisemite nel corso della loro permanenza a Budapest, durante il congresso che s'è tenuto tra il 5 e il 7 maggio.
I tre sono stati condannati dopo un processo con rito direttissimo. "Il principale imputato ha ricevuto una condanna a tre anni di carcere, mentre gli altri due hanno ricevuto condanne a due anni, entrambe sospese per tre anni", spiega l'agenzia.
L'incidente è avvenuto nelle vicinanze della Grande Sinagoga di Budapest. I tre hanno urlato slogan nazisti, insulti antisemiti e hanno salutato con la mano tesa i delegati ebraici, prima che la polizia intervenisse. Il principale condannato è un pregiudicato, con precedenti per traffico di droga.

(TMNews, 10 maggio 2013)


Accadde oggi - 10 maggio

10 maggio 1933: ottanta anni fa, il rogo dei libri di Berlino

MILANO - Ricorre oggi l'ottantesimo anniversario del rogo dei libri di Berlino, avvenuto nella notte del 10 maggio 1933. E' ricordato per essere stato senza dubbio il più vasto e pianificato incendio di libri della storia contemporanea.
IL ROGO - La notte del 10 Maggio 1933, cinque mesi dopo l'ascesa di Hitler al potere, Berlino fu illuminata dal rogo dei libri. Migliaia di studenti tedeschi, scandendo slogan contro "la decadenza" e "la corruzione morale", gettarono dentro un unico falò più di 20.000 volumi.
STUDENTI UNIVERSITARI PROMOTORI DEL ROGO - Il rogo non fu organizzato dal governo, bensì dagli studenti stessi, infervorati dalla propaganda nazista che stigmatizzava gli intellettuali in genere, ma in particola modo quelli ebrei o di sinistra. Gli studenti dell'Università di Berlino passarono settimane a compilare liste di scrittori e libri "non tedeschi", perlustrarono poi biblioteche pubbliche e private alla ricerca dei volumi incriminati.
GLI AUTORI DELLE OPERE BRUCIATE - Il 10 maggio gli studenti trasportarono i libri con camion e carri in una piazza della capitale, su cui si affacciavano l'Università di Berlino e il Teatro dell'Opera di Stato. Là diedero fuoco ai cosiddetti "libri decadenti". Il governo approvò entusiasticamente il rogo e nelle settimane seguenti, i roghi dei libri apparvero in centinaia di altre città tedesche. Tra i libri distrutti vi furono le opere di alcuni dei maggiori pensatori, scrittori ed intellettuali del tempo: Karl Marx, Bertolt Brecht, Thomas Mann, Joseph Roth, Theodor W. Adorno, Walter Benjamin, Herbert Marcuse, Ludwig Wittgenstein, Hannah Arendt, Edith Stein, Max Weber, Erich Fromm, l'architetto Walter Gropius, i pittori Paul Klee, Wassili Kandinsky e Piet Mondrian, gli scienziati Albert Einstein e Sigmund Freud, i registi Fritz Lang e Franz Murnau.
IL DISCORSO DI GOBBELS - Durante il rogo, Joseph Goebbels, politico e scrittore tedesco, tenne un violento discorso contro la cosiddetta "cultura degenerata". "Studenti, uomini e donne tedesche, l'era dell'esagerato intellettualismo ebraico è giunto alla fine. Il trionfo della rivoluzione tedesca ha chiarito quale sia la strada della Germania e il futuro uomo tedesco non sarà un uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere ed è in tale prospettiva e con tale scopo che vogliamo educarvi. Vogliamo educare i giovani ad avere il coraggio di guardare direttamente gli occhi impietosi della vita. Vogliamo educare i giovani a ripudiare la paura della morte allo scopo di condurli a rispettare la morte. Questa è la missione del giovane e pertanto fate bene, in quest'ora solenne, a gettare nelle fiamme la spazzatura intellettuale del passato. È un'impresa forte, grande e simbolica, un'impresa che proverà al mondo intero che le basi intellettuali della repubblica di Novembre si sono sgretolate, ma anche che dalle loro rovine sorgerà vittorioso il padrone di un nuovo spirito".

(Libreriamo, 10 maggio 2013)


"Vogliamo educare i giovani a ripudiare la paura della morte allo scopo di condurli a rispettare la morte", disse l’uomo che dopo aver contribuito a far morire milioni di persone concluse la sua macabra parabola dando la morte a se stesso e a tutta la sua famiglia. Oggi abbiamo altri cultori religiosi della morte: quelli che si sentono sicuri di vincere la loro guerra santa contro Israele perché combattono al grido del motto "Noi amiamo la morte più di quanto amiamo la vita". Saranno appagati personalmente nel loro desiderio di morte, ma alla fine la vita vincerà. E’ già accaduto. M.C.


La sfida delle donne del Muro. Insorgono i rabbini. I laici: in gioco l'identità di Israele

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Questa volta i rabbini delle scuole religiose hanno convocato anche le ragazze. Un muro di donne per fermare le donne che vogliono pregare al Muro del pianto. Le femministe hanno cercato di avvicinarsi al luogo più sacro dell'ebraismo: chiedono di poter pregare come gli uomini, indossando i tallit (lo scialle da preghiera), i tefillin (scatolette di cuoio legate con le cinghie, contengono versetti sacri) e di poter recitare la Torah ad alta voce (t'fila in ebraico vuol dire preghiera). Sono le quattro «T» simbolo della protesta che gli haredim leggono come una sola parola: tradimento dell'ortodossia. Attorno a loro, un primo cordone della polizia per proteggerle e migliaia di ultraortodossi che le insultavano, lanciavano pietre e bottiglie d'acqua, urlavano agli agenti "nazisti", "tornatevene in Germania".
In passato le attiviste dell'organizzazione Women of the Wall, nata nel 1988, sono state arrestate perché una sentenza della Corte Suprema dieci anni fa ha dato ragione ai rabbini e ha decretato che andava protetta la sensibilità degli altri credenti. Un giudice di Gerusalemme ha però deciso poche settimane fa che la preghiera delle donne non contravviene alle "usanze locali".
La battaglia è guidata da donne rabbino legate ai movimenti conservativi e riformisti, diffusi soprattutto nelle congregazioni degli Stati Uniti. La sfida mensile ha avuto il suo momento di notorietà digitale e globale quando la comica Sarah Silverman ha twittato l'arresto della sorella Susan che vive a Gerusalemme.

Video

(Corriere della Sera, 10 maggio 2013)


Hezbollah: "pronti a ricevere armi da Damasco"

La Siria pronta a fornire armi sofisticate agli Hezbollah libanesi, secondo Hassan Nasrallah, a capo delle milizie sciite libanesi Hezbollah. Nasrallah si è espresso in un video-messaggio, come è solito fare. Ha parlato dei raid dell'aviazione israeliana in Siria, e della possibile risposta siriana:
"Noi, la resistenza libanese, annunciamo di esser pronti a ricevere armi sofisticate, anche se queste armi dovessero rompere l'equilibrio, e siamo pronti a difendere queste armi", ha detto Nasrallah. Il leader di Hezbollah ha confermato il tradizionale appoggio siriano al suo movimento, ma non ha precisato se la Siria stia effettivamente per inviare le armi.
Si tratta comunque di una risposta dura, proveniente dal Libano, ai tre raid, l'ultimo dei quali il cinque maggio, con i quali l'aviazione israeliana ha colpito in Siria. Israele afferma di aver colpito depositi di armi, forse pronte ad essere inviate agli Hezbollah. La Siria ha minacciato di rispondere in caso di ulteriori raid, e ha fatto sapere di aver spostato delle batterie terra-aria e terra-terra. Sulle alture del Golan, che sono al confine tra Israele, Siria e Libano, si è notato in questi giorni un incremento della presenza militare israeliana.

(Euronews, 10 maggio 2013)


La Comunità ebraica di Firenze apre le porte della Sinagoga

Visite gratuite, conferenze, concerti e degustazioni di prodotti tipici. I dettagli

La Comunità ebraica di Firenze partecipa al Festival d'Europa con una serie di eventi a partire dalla sera di sabato 11 maggio e per tutta la domenica 12 maggio: visite guidate gratuite alla Sinagoga e ai Cimiteri Monumentali ebraici, degustazioni di prodotti tipici della tradizione ebraica ed eventi culturali e musicali nello splendido giardino di Via Farini, 4.

"Per noi è un modo per aprire i nostri luoghi alla cittadinanza, far conoscere le tradizioni della nostra cucina e la nostra tradizione musicale. Ci aspettiamo un grande successo dell'iniziativa perché fiorentini e turisti rispondono sempre con calore ai nostri inviti. - ha commentato Sara Cividalli, presidente della Comunità Ebraica di Firenze. - Abbiamo aderito con convinzione al Festival d'Europa perché riteniamo che la nostra piccola Comunità non debba chiudersi nei propri spazi ma aprirsi alla città, alla nostra regione, ad un contesto europeo che può darci molto in termini di integrazione sociale, di sviluppo economico e sociale, salvaguardando le diversità e le minoranze."


PROGRAMMA

Sabato 11 Maggio
Dalle ore 21.30 alle ore 24.30 (ultimo ingresso ore 24.00)
Apertura straordinaria della Sinagoga
ore 22.00 e ore 23.00
Introduzione alla tradizione musicale ebraica toscana, a cura di Enrico Fink
ore 22.30 e ore 23.30
"I beni culturali ebraici da Firenze, Toscana, Europa" a cura dell'Arch. Renzo Funaro, Presidente dell'Opera del Tempio ebraico di Firenze.

Domenica 12 Maggio
dalle ore 10.00 alle ore 18.00
Visite guidate gratuite della Sinagoga e del Museo Ebraico
ore 10.30
Tour guidato gratuito ai Cimiteri Monumentali Ebraici con navetta in partenza da via Farini
[su prenotazione: sinagoga.renze@coopculture.it]
dalle ore 11.00 alle ore 16.00
Degustazione di prodotti kasher tipici della tradizione ebraica
ore 16.00
Laboratorio di letture animate "La casa per tutti: la nostra Costituzione in 12 lingue"
[su prenotazione: sinagoga.renze@coopculture.it]
ore 18.00
"Marek Edelman: un ritratto" a cura di Wlodek Goldkorn
ore 19.00
Lettura | Spettacolo a cura di Teatri d'Imbarco e musica ebraica dal vivo
"C'era la vita nel ghetto. I giorni della rivolta di Varsavia"

(gonews.it, 10 maggio 2013)


«Viaggi della memoria low-cost. Porteremo 500 studenti a rivivere il nazifascismo»

ROMA - «Viaggi della memoria low cost in tempo di crisi. Abbiamo pensato di approfittare del fatto che siamo a Roma, città ricca di pietre vive che testimoniano la storia che appartiene a tutto il Paese per arricchire la già variegata offerta formativa di «Roma nel cammino della memoria» con questo nuovo progetto che presentiamo oggi insieme alla Comunità Ebraica di Roma. Porteremo 500 studenti a rivivere il periodo del nazifascismo a Roma, attraverso la visita di luoghi significativi e i racconti di testimoni diretti o di familiari di vittime di uno dei periodi più drammatici della storia di Roma del secolo scorso». Così in una notal'Assessore alla Famiglia, all'Educazione e ai Giovani di Roma Capitale Gianluigi De Palo, che ha presentato stamane in Campidoglio il nuovo tassello del progetto «Roma nel cammino della memoria», intitolato «Percorsi della memoria. L'occupazione nazifascista di Roma (8 settembre 1943 - 4 giugno 1944)», insieme a Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma e Claudio Procaccia, direttore Dipartimento Cultura Comunità Ebraica di Roma. «Sarà quindi possibile rivivere il dramma che evoca via Tasso, dove durante l'occupazione nazista di Roma c'era il carcere del Comando della Polizia di sicurezza in cui circa 2mila tra uomini e donne di ogni classe e ceto furono sottoposti ad interrogatori e torture varie per avere informazioni.
  Ripensare all'eccidio delle Fosse Ardeatine, dove, il 24 marzo 1944, 335 civili e militari italiani furono massacrati dai nazifascisti come atto di rappresaglia in seguito all'attentato di via Rasella compiuto contro le truppe germaniche il giorno precedente. Ricordare il «sabato nero» del ghetto di Roma, quando il 16 ottobre del 1943, le SS invasero le strade del Portico d'Ottavia e rastrellarono 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini, deportandoli ad Auschwitz. Dopo aver portato oltre 3mila studenti in giro per l'Europa a conoscere le tragedie che hanno segnato indelebilmente la storia dell'umanità nel secolo scorso - prosegue De Palo- , questo progetto dal costo minimo frutterà moltissimo in termini di arricchimento per gli studenti e di investimento per il futuro dei nostri ragazzi. Agli studenti diamo la possibilità di lasciare i libri o i tablet in classe e andare a scoprire la storia direttamente in quell'immenso libro di storia a cielo aperto che è Roma».
  Sulla stessa lunghezza d'onda Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma: «La Memoria è un bene comune, mai legata a una categoria di persone. È patrimonio di questa nazione e dei cittadini che la popolano. Per questo l'investimento più grande che possiamo portare avanti è rivolto ai giovani delle nostre città, a iniziare da Roma che ha subito una delle più importante razzie d'Italia per mano nazista. Con le scuole, grazie anche a Roma Capitale, abbiamo fatto molto in questi anni e l'iniziativa dell'assessore De Palo, che ringrazio, è un nuovo importante tassello di un percorso educativo che farà crescere una città più consapevole del passato affinché il futuro sia sempre migliore. Tra qualche anno, purtroppo, i testimoni diretti della Shoah non saranno più in grado di tramandare la tragedia e questo compito deve essere affidato ai loro nipoti che in questo percorso si formeranno per compiere quella che sarà una vera missione».
  Il progetto, realizzato in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Educative ed Assessorato alla Cultura e Memoria della Comunità Ebraica di Roma, prevede la partecipazione di 500 studenti di 10 scuole medie secondarie di I grado della Capitale accompagnati da 30 docenti, ai quali è stato offerta un'apposita giornata di formazione. Tre le tappe fondamentali di questo percorso, in cui verranno accompagnati circa 50 studenti alla volta nelle rispettive giornate programmate (6, 13 e 20 maggio e 4,5,6 giugno): Museo Storico della Liberazione di via Tasso, Fosse Ardeatine; e Museo Ebraico e aree dell'ex ghetto.
  «Stiamo pensando già di estendere il percorso ad altri luoghi di rilevanza storica, come il Quadraro, la Montagnola, Forte Bravetta, La Storta, ecc. per fare memoria della storia più recente che spesso non si trova sui libri, ma che è fondamentale conoscere anche per capire meglio quello che accade oggi», conclude De Palo.

(Il Messaggero 10 maggio 2013)


Fiamma Nirenstein: «Vado a vivere a Gerusalemme. Una scelta di vita e un sogno»

La giornalista e ex parlamentare andrà a vivere in Israele. «Lì continuerò a combattere la mia battaglia per il diritto alla vita e al pieno riconoscimento di un paese che amo».

di Matteo Rigamonti

Fiamma Nirenstein lascia l'Italia per trasferirsi a Gerusalemme, dove, grazie alla doppia cittadinanza, potrà continuare a combattere per quello in cui ha sempre creduto: il diritto ad una esistenza piena per lo Stato di Israele e affinché abbia cittadinanza, nel Medio Oriente e nel mondo, tutto ciò che quel Paese rappresenta. Nirenstein, giornalista e scrittrice, è stata eletta nelle fila del Pdl alla Camera dei deputati durante la passata legislatura, dove ha ricoperto l'incarico di vicepresidente della commissione Affari esteri e comunitari. Ora intensificherà la sua collaborazione con il think tank Jerusalem Center for Public Affairs.

- Nirenstein, perché ha deciso di tornare in Israele?
  La decisione di trasferirmi a Gerusalemme è insieme una scelta di vita e la realizzazione di un sogno. La doppia cittadinanza, infatti, mi permetterà di continuare a combattere la mia battaglia per Israele, per il suo diritto alla vita e il suo pieno riconoscimento. Israele è l'unica vera democrazia del Medio Oriente, l'unico paese dove si inverano i valori in cui io credo e per cui ho sempre combattuto: ci sono giovani e famiglie che hanno un ideale e c'è un'idea solidale della società umana.

- Va in un paese dove la vita è difficile.
  Israele è molto sconosciuto, anche perché è sempre letto attraverso la lente d'ingrandimento delle cronache di guerra, che certamente sono un dato tagliente, ma non sono tutto. Non dimentichiamoci che Israele è pur sempre un'oasi di democrazia e solidarietà in mezzo a un mondo che non ama i cristiani e gli ebrei. Io penso che è da lì che può partire un processo di pacificazione, sia pur iniziale, della regione.

- Perché combattere questa battaglia?
  Una pacificazione della regione non sarebbe una cosa positiva soltanto nell'ottica dei rapporti tra israeliani e palestinesi, ma sarebbe anche un segno di crescita nei rapporti tra le religioni monoteiste e in quelli tra società occidentali e mediorientali. Quella dell'islam contro ebrei e cristiani, in realtà, è una battaglia a carattere religioso; l'elemento territoriale è molto meno determinante di quanto normalmente si pensa e Israele è disposto a cedere territori; del resto, lo è sempre stato.

- Cosa può darle di più, a livello professionale, il fatto di vivere a Gerusalemme?
  Io amo Gerusalemme, su cui ho scritto anche un libro, e lì ho tanti amici e conoscenti; ma sarà come quando, in passato, durante il periodo bruciante dell'Intifada, ci sono stata da inviata de La Stampa e Il Giornale. Potrò tornare sul confine a raccontare di Hezbollah, dell'Iran e della Siria, facendo quello che in fondo è sempre stato il mio mestiere: la giornalista. Da un punto di vista professionale, sarà importante per me vivere da quelle parti dopo le primavere arabe, esserci e poter raccontare i cambiamenti e le strategie.

- E dal punto di vista personale, invece, cosa si aspetta?
  Come si direbbe in inglese, qualcosa che sia fulfilling, appagante. Quello che faccio, lo faccio per una spinta interiore. Altrimenti si chiacchiera… e si chiacchiera… ma a un certo punto bisogna pure fare. Io, in questi ultimi cinque anni, ho fatto molto come deputata per i diritti umani, il Medio Oriente e le donne e ho scritto anche molti libri. Mi piacerebbe portarmi dietro tutto questo bagaglio di cultura e politica e, mettendolo insieme, vedere di fare qualcosa di utile. E qualcosa farò.

- Le mancherà la politica?
  Mi mancherà moltissimo, come mi mancheranno tante persone care, comprese quelle che non la pensano come me. Mi mancheranno Roma e Firenze. Una cosa però voglio chiarirla: non è che adesso sparisco dall'Italia e non torno più. Non l'ho fatto nemmeno nei vent'anni che ho già trascorso in Israele… Qui in Italia, poi, ho tanti amici e anche parte della mia famiglia da cui non voglio staccarmi. Sarò sincera: la strada che porta dall'aeroporto di Tel Aviv a casa mia sarà la continuazione della strada che da Roma porta all'aeroporto di Fiumicino. Per me sarà sempre un tutt'uno. E io voglio seguitare a fare del mio meglio.

(Tempi.it, 10 maggio 2013)


Nazismo, il gigantesco rogo di libri del maggio 1933

di Mirco Dondi

A colpire è la partecipazione della popolazione a queste manifestazioni, organizzate con precisi rituali come nella piazza del Teatro dell'Opera di Berlino, il rogo notturno più noto, trasmesso anche dalla radio, che diventa la spinta per altri falò nelle principali città tedesche, come nelle minori, sin oltre la metà del mese di giugno. Sono manifestazioni che mobilitano i militanti nazisti alle quali dà corpo il diffuso quotidiano del partito "Volkischer Beobachter". Spesso in prima linea nei roghi - come a Berlino - ci sono gli studenti davanti all'entusiasta ministro della propaganda Paul Josef Goebbels. E' una violenza che crea consenso e consenso attraverso il terrore. Accadrà lo stesso per successivi eventi pubblici come le arianizzazioni e la notte dei cristalli del 1938 quando sono infrante le vetrine di decine di migliaia di negozi ebrei in tutta la Germania. Dopo i libri tocca agli artisti e agli autori, ridotti al silenzio e costretti a emigrare, tra gli altri: Heinrich Mann, Thomas Mann premiato con il Nobel per la letteratura nel 1929 e Bertold Brecht.
   E' il delirio nazista e pangermanista della dittatura in atto che nasconde paure profonde come quella, evidente già durante l'Ottocento, di essere contaminata dagli slavi ad est e dalla Francia a ovest. Come ogni assolutismo iconoclasta, i roghi sono una fuga dalla realtà. In questo caso l'avversione alla cultura mostrata dai nazisti maschera la preoccupazione del mantenimento del consenso. Il dominio del Partito nazista è certificato dalla costruzione di un articolato apparato di simboli. Il lavoro, ad esempio, è innalzato a elemento sacro in funzione della nazione e del popolo, ma spogliato di ogni diritto. Quanto all'accesso all'istruzione, il nazismo non manca di ribadire gerarchie razziali arrivando a negare l'accesso alla scuola per gli ebrei e a proibire la letteratura e ogni rudimento di alfabetizzazione per gli slavi nei territori occupati durante la guerra.
   Altrettanto noto è l'atteggiamento di uno degli uomini più potenti del Reich nazista, Hermann Göring che quando sentiva parlare di cultura, "metteva mano alla pistola".
   Il libro non è sempre portatore di conoscenza, complessità, dubbio. I roghi e l'ascesa dei fascismi (che arrivano a minacciare pure la Francia) si spiegano anche con la proliferazione di una vasta letteratura razzista e antisemita che dall'Ottocento arriva fino all'affermazione del nazismo ed è naturalmente ben conosciuta a Hitler e al suo gruppo dirigente. Nei primi anni della Repubblica di Weimar ottiene un grande successo il romanzo razzista segregazionista di Hans Grimm ambientato in Africa, Un popolo senza spazio, a riprova di quanto siano bene accolte queste tesi fra la borghesia istruita.
   Ordine, segregazione, autorità diventano lo sfogo anche alla frustrazione di masse avvilite, nel giro di pochi anni, da due epocali crisi economiche. Masse abbacinate da soluzioni semplici quanto violente saranno poi complici di un più grande disegno di distruzione e di morte.

(il Fatto Quotidiano, 9 maggio 2013)


Il prof. Hermann Haarmann, docente di Kommunikationsgeschichte alla Freie Universität Berlin, ha recentemente affermato che dalla sua ricerca nelle fonti è emerso che il rogo dei libri del 10 maggio 1933 non fu ideato dal ministro della propaganda Joseph Goebbles ma dalla “Deutsche Studentenschaft”, l’associazione degli studenti tedeschi, che con questa azione voleva esprimere la sua adesione al nuovo governo. Goebbels in un primo tempo era sfavorevole all’iniziativa perché temeva che questo fatto, all’inizio dell’attività del governo nazista, potesse generare una reazione sfavorevole nella popolazione. Soltanto il 9 maggio, il giorno prima di quello stabilito, Goebbels decise di “salire sul treno in corsa” e dare la sua adesione all’iniziativa degli studenti accettando di fare un discorso nella manifestazione. M.C.


Strepitoso antifurto israeliano

Se non si utilizza la chiave dell'auto, i pneumatici si sfonfiano da soli automaticamente.



Festa e ombre per Yom Yerushalayim

di Rossella Tercatin

Grande festa in Israele per le celebrazioni di Yom Yerushalayim, il giorno in cui si ricorda la riunificazione della città nel 1967, quando, al termine della Guerra dei Sei Giorni, gli israeliani rientrarono nella Città Vecchia dopo anni in cui non era stato loro mai permesso nemmeno di riavvicinarsi al Kotel, mentre l'area era sotto il controllo della Giordania.
   Decine di migliaia le persone scese ieri in strada in una lunga manifestazione verso Il Muro occidentale. "Dove altro al mondo si possono ascoltare le preghiere che salgono dal sacro Kotel intrecciate con il canto dei muezzin che richiamano i fedeli musulmani alla preghiera in moschea, e al suono delle campane delle chiese?" ha ricordato il presidente israeliano Shimon Peres durante le celebrazioni, rendendo omaggio all'identità speciale di Gerusalemme.
   In un momento in cui la situazione politica dell'area mediorientale rimane in fermento, con la crisi siriana che si fa sempre più profonda e i tentativi di riportare israeliani e palestinesi al negoziato diretto che creano un gran movimento diplomatico, la giornata è stata tuttavia anche segnata da momenti di tensione, e non soltanto per una manifestazione palestinese di protesta non autorizzata che ha causato alcuni incidenti (arrestati 23 manifestanti, oltre a 13 giovani israeliani che hanno innalzato grida ingiuriose nei confronti degli arabi). Il Parlamento giordano ha infatti votato all'unanimità una risoluzione non vincolante per chiedere al proprio governo di espellere l'ambasciatore israeliano ad Amman, e di richiamare in patria il proprio rappresentante a Tel Aviv, per una presunta "dissacrazione dei luoghi sacri" da parte di Israele, costituita dalla restrizione all'accesso della Spianata delle Moschee istituita in occasione di Yom Yerushalayim: secondo l'agenzia di stampa palestinese Ma'an la polizia avrebbe impedito l'ingresso a tutti gli uomini di età inferiore a 50 anni e a tutte le donne; il portavoce delle forze dell'ordine Micky Rosenfeld ha sottolineato che il giorno prima, dalla Spianata, erano state tirate pietre contro i fedeli al Kotel, ragione per cui la polizia aveva trattenuto per alcune ore il Muftì di Gerusalemme Mohammed Hussein, per interrogarlo in seguito agli incidenti (episodio che ha suscitato le proteste della leadership palestinese oltre che del Parlamento giordano). Nella riunione di gabinetto, il governo giordano ha infine optato per chiedere al proprio ambasciatore di inoltrare formale protesta, riservandosi ulteriori misure "se la situazione dovesse aggravarsi".
   Di tutt'altro genere, è arrivata ieri anche la notizia che lo scienziato Stephen Hawking ha dichiarato che non prenderà parte alla Israeli Presidential Conference in programma per giugno, occasione in cui verrà celebrato anche il novantesimo compleanno di Shimon Peres, per aderire al boicottaggio accademico dello Stato ebraico. Hawking aveva visitato più volte in passato Israele e i territori palestinesi, ma da quando la sua presenza alla conferenza (che riunisce figure di primo piano della scena politica, culturale e scientifica a livello internazionale), era stata annunciata alcune settimane fa, lo scienziato è stato letteralmente bombardato di mail, fax e telefonate per convincerlo a rivedere la sua decisione, secondo quanto riportato dal Guardian. Che poi sarebbe l'ultima strategia messa a punto dal movimento di boicottaggio per convincere personalità di spicco di tutto il mondo a non recarsi o collaborare con Israele, come ha spiegato ad Haaretz David Newman, rettore della Facoltà di Scienze sociali dell'Università di Ben Gurion, e figura di primo piano nella lotta contro il Bds (sigla che sta per Boycott, Divestment and Sanctions).
   Anche se c'è già chi, con una certa ironia, ha fatto notare che per il grande scienziato britannico, titolare della cattedra di matematica a Cambridge, l'obiettivo sarà difficile da raggiungere: affetto da atrofia muscolare progressiva, alla fine degli anni Ottanta Hawking ha perso la funzione vocale e dal 1997 usa per comunicare un sofisticato sistema progettato e sponsorizzato dalla Intel: il processore in uso attualmente, l'Intel Core i7, è stato disegnato da un team israeliano.

(Notiziario Ucei, 9 maggio 2013)


Il partito che odia gli ebrei

La crescita dell'antisemitismo in Ungheria, fomentato dal partito di estrema destra Jobbik, sta mettendo in imbarazzo il primo ministro Viktor Orbàn. Ma questo non è l'unico fronte aperto in patria, scrive El País: il 6 maggio al parlamento europeo è arrivato un documento allarmante, che denuncia la crisi profonda della democrazia in Ungheria.
Al centro delle preoccupazioni europee c'è la riforma costituzionale approvata a marzo, che dà più poteri al governo, e riduce la possibilità di intervento della corte costituzionale. Una mossa voluta fortemente da Viktor Orbàn, leader di una destra conservatrice e populista.
Sabato 4 maggio il partito Jobbik ha riunito circa mille persone a Budapest per protestare contro lo svolgimento del Congresso ebraico mondiale nella capitale ungherese. E per chiedere "una dimostrazione di forza efficace contro l'avanzata sionista". Le immagini della manifestazione, raccolte dal Telegraph.




L'AMBIGUITÀ DEL PRESIDENTE - I leader della comunità ebraica, preoccupati per il crescente antisemitismo, hanno invece chiesto al governo ungherese di riconoscere che Jobbik, terza forza politica nel parlamento del paese, è una formazione di estrema destra e "una minaccia fondamentale per la democrazia".
Finora Orbàn ha promesso "tolleranza zero" verso l'antisemitismo, ma non ha mai preso del tutto le distanze dalle manifestazioni antisemite. Forse perché, sostiene El País, le elezioni si avvicinano e Fidesz, il partito del presidente, potrebbe rubare voti a Jobbik se cavalca i suoi stessi temi.

(Internazionale, 8 maggio 2013)


Miss Israele si racconta ai giovani

di Francesca Matalon

MILANO - Un aperitivo in perfetto stile milanese è stato organizzato ieri sera da Efes2, l'Ufficio Giovani della Comunità ebraica di Milano, per un'ospite d'eccezione, Yityish Aynaw. La neoeletta Miss Israele è in visita in Italia, nel suo primo viaggio ufficiale, per partecipare questo pomeriggio al pranzo di beneficienza organizzato dalla presidentessa della Women's Division di Milano del Keren Hayesod Francesca Modiano, con l'obiettivo di raccogliere fondi per sostenere i soldati dell'esercito israeliano che hanno perso i genitori, a cui parteciperà anche Orly Gilon, la moglie dell'ambasciatore israeliano in Italia Naor Gilon. Yityish, per gli amici Titi, che fra l'altro è la prima Miss Israele di colore, è davvero incantevole nella sua altezza disinvolta e nei suoi modi adorabili, e sebbene questo sia esattamente quello che ci si deve aspettare da una regina di bellezza, non si può smettere di guardarla ammirati. Ma questa splendida ventunenne è ancora più affascinante quando la si ascolta raccontare la sua storia. "La mia vita è cambiata radicalmente e in pochissimo tempo, in soli dieci anni sono andata via dall'Etiopia, ho imparato una nuova lingua, svolto il servizio militare e ora sono fiera di poter rappresentare il mio Paese", ha constatato, come ancora un po' incredula. E questo ha avuto inizio quasi per gioco: "Ricordo ancora il mio primo giorno di scuola, una mia compagna di classe, anche se io non capivo ancora l'ebraico, mi parlava, parlava parlava… Oggi siamo ancora amiche, ed è stata lei che, inizialmente per scherzo, mi ha iscritta al concorso di Miss Israele", ha raccontato a Sylvia Sabbadini, responsabile di Efes2, che l'ha intervistata. Particolarmente interessante sentirla parlare della zavah, i tre anni in cui ha servito nell'esercito col grado di ufficiale, che ha definito "l'esperienza più importante della mia vita, lì ho imparato più cose che in ogni altro luogo al mondo, e per questo la consiglio vivamente a tutti i miei coetanei". Fra i suoi progetti per il futuro, oltre a una carriera nel mondo della moda, c'è anche quello di studiare: "mi piacerebbe iniziare la facoltà di scienze politiche, perché il mio sogno è quello di poter continuare a rappresentare con competenza Israele nel mondo". Praticamente perfetta.

(Notiziario Ucei, 9 maggio 2013)


Ginevra Elkann: l'omaggio di mio nonno a Primo Levi

Ginevra Elkann
ROMA, 8 mag. - ''Un omaggio a Primo Levi, la tragedia della Shoah, l'uomo schiacciato dall'uomo. Fu mio nonno ad acquistare nel 1988, a New York, tre opere di di Larry Rivers per ricordarne la statura e la figura, ma soprattutto lo sterminio del popolo ebraico''. E' quanto ha dichiarato Ginevra Elkann, nipote di Gianni Agnelli, figlia dello scrittore e giornalista Alian, presidente della Pinacoteca Agnelli di Torino, che ha presentato oggi a Roma, nella sede del Museo Ebraico, accanto alla direttrice Alessandra di Castro, al presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e al giornalista e scrittore Furio Colombo, la mostra 'Survivor. Primo Levi nei ritratti di Larry Rivers. Per la prima volta saranno esposte, da domani sino al 15 ottobre, tre storiche tele del pittore americano acquistate da Gianni Agnelli in memoria dello scrittore torinese e che dal 2002 sono in deposito presso la Pinacoteca Agnelli di Torino, per gentile concessione di Ginevra Elkann. Un prestito eccezionale per ricordare Primo Levi nel decennale della morte dell'Avvocato e in occasione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica. Una storia affascinante, quella dei tre ritratti di Larry Rivers, che Gianni Agnelli aveva acquistato dopo la tragica scomparsa di Primo Levi. Avevano studiato nello stesso liceo, lo storico Massimo d'Azeglio di Torino, entrambi provenivano poi dalla stessa citta'. Rivers che, negli anni, attraverso la sua pittura aveva approfondito le tematiche della Shoah, aveva realizzato tre tele di grandi dimensioni, animando e teatralizzando i romanzi di Levi, 'Witness', 'Survivor', 'Periodic Table'. Anche se le opre, come ha ricordato nel corso dell'incontro Furio Colombo, sono in tutto 12.

(Adnkronos, 8 maggio 2013)


Stephen Hawking aderisce iniziative boicottaggio Israele

Si unisce a proteste accademici e nomi noti e diserta evento

LONDRA, 8 mag - Il fisico Stephen Hawkings, tra gli scienziati piu' noti al mondo, ha deciso di unirsi alle iniziative di boicottaggio contro Israele promosse da accademici e nomi noti in segno di protesta contro il trattamento dei palestinesi e ha cosi' ritirato la sua adesione per partecipare ad un evento promosso dal presidente israeliano Simon Peres a Gerusalemme. Lo riferisce il Guardian.
Hawking, 71enne professore all'universita' di Cambridge, aveva in un primo momento accettato l'invito alla quinta conferenza annuale 'Facing Tomorrow' a giugno, evento che attira ogni anno migliaia di partecipanti e che in questa edizione sara' anche un'occasione per festeggiare il 90/mo compleanno del presidente Simon Peres. La scorsa settimana pero', riporta il Guardian, ha scritto una breve lettera proprio al presidente israeliano per comunicargli che ha cambiato idea e non partecipera' all'evento.
Le motivazioni non sono state illustrate pubblicamente dallo scienziato, ma in una dichiarazione pubblicata dal British Committee for the Univiersities of Palestine approvata dallo stesso Hawkings, si spiega che la sua e' ''una decisione indipendente di aderire al boicottaggio presa sulla base della sua conoscenza della Palestina e su consiglio unanime dei suoi contatti accademici sul posto''. '''Il boicottaggio accademico di Israele e' a nostro parere oltraggioso ed improprio''. Questa la prima reazione della 'Conferenza Presidenziale' organizzata da Shimon Peres alla decisione del celebre fisico britannico Stephen Hawking di boicottare l'evento, che avra' luogo a Gerusalemme il mese prossimo. Hawking ha spiegato di aver preso quella decisione ''in un gesto di protesta per il trattamento dei palestinesi da parte di Israele''.
Il presidente dalla Conferenza ('Facing Tomorrow - 2013'), Israel Maimon, afferma in un comunicato che questo genere di boicottaggio e' ''ingiustificato e sbagliato'' anche perche', come nel caso di Hawking, giunge da uno scienziato ''la cui missione umana ed accademica si basa sullo spirito di liberta'''.
''Israele e' una democrazia - rileva Maimon - dove tutti gli individui possono esprimere liberamente le proprie opinioni, quali che siano. La imposizione di un boicottaggio e' incompatibile con un dialogo aperto e democratico''.

(ANSA, 8 maggio 2013)


Come più volte dimostrato dall’esperienza, le competenze tecniche (tali si devono dire, anche se si tratta di fisica) non significano nulla sul piano della moralità. Anche il grande scienziato ha voluto dare un esempio di meschinità. M.C.


Gerusalemme in buona salute, anche economica

di Massimo Lomonaco

  
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GERUSALEMME - Gerusalemme sembra godere di buona salute e non solo economica: i suoi abitanti si dicono i "piu' felici" di Israele, molto di piu' di quelli della swinging Tel Aviv o di Haifa, l'operosa. Lo rivela un rapporto dell'Ufficio centrale di statistica israeliano che mostra, pero', anche un lato negativo: i giovani "colti e laici" dopo gli studi, lasciano la citta'. Nonostante le difficolta' e le tensioni che la segnano nelle sue varie realta' - ancora ieri ci sono stati disordini sulla Spianata delle Moschee per la presenza di nazionalisti ebrei e scontri tra polizia e fedeli musulmani - la fotografia che esce dal rapporto dell'Ufficio e', tuttavia, quella di una citta' che, all'insegna di una maggioranza religiosa, cresce e offre nuove opportunita' ai suoi abitanti. I dati sono stati resi noti alla vigilia del 46o anniversario del "Giorno di Gerusalemme", contando dalla Guerra del 1967 in cui Israele ha esteso la sua sovranita' su tutta l'area urbana, compresa quella est, araba. E da allora, nella sua interezza, dichiarata da Israele capitale del Paese, una decisione non riconosciuta dalla comunita' internazionale. Il rapporto rileva appunto l'attuale "momento economico positivo": nel 2012 sono stati creati circa 17.000 nuovi posti di lavoro che, sommati ai quasi 30.000 generati tra il 2007 e il 2009, portano a circa 50.000 quelli messi a disposizione, in quattro anni, per i cittadini. Un segno che si riflette sul gradimento da parte dei suoi abitanti: l'88% di loro si dice "contento" della sua citta', il 2% in piu' di quelli di Tel Aviv, il 4% di chi vive a Haifa e l'8% di Asdod. Non solo: il 59% dei residenti e' anche felice della propria condizione economica, una percentuale al di sopra di quelli delle altre realta' ferma al 55%.
GERUSALEMME - il piu' grande centro urbano di Israele - secondo i dati ospita circa 800.000 persone: di queste solo 500.000 sono ebrei. La piu' larga parte di essi si definisce "religioso a vari livelli". Il 32% e' costituito da "haredi" (ebrei timorati): una maggioranza schiacciante rispetto alle altre grandi citta' dove la percentuale e' dell'8%. E qui il rapporto rivela il dato negativo: proprio per questa crescente presenza religiosa - e anche per le continue tensioni sul tema sicurezza e la relativa "lentezza" del ritmo di vita - gli studenti subito poco dopo il termine del corso di studi "lasciano la citta'". Nonostante gli sforzi del Comune e delle numerose ong dedicate al problema, la direzione pero' che i giovani "laici e colti" intraprendono e' quella di andare via.
Nell'ultimo anno dei circa 37mila studenti, solo poco piu' di 12.000 hanno scelto di restare: "i giovani vengono qui per studiare, ma la maggior parte sceglie di non rimanere", ha notato la responsabile di una ong citata dai media. Se negli anni '70, i giovani arrivavano a Gerusalemme a frotte per studiare e restarvi, dopo piu' di 20 anni "la crescente presenza religiosa e il terrorismo", ha aggiunto, hanno rovesciato l'andamento. Ma tra le altre cause che possono spiegare tale fenomeno c'e' anche il costo della vita, piu' alto, ad esempio, di quello di Tel Aviv.

(ANSAmed, 8 maggio 2013)


La polizia israeliana interroga il gran Muftì di Gerusalemme

Il Gran Mufti Mohammed Hussein
Nel corso degli incidenti di ieri fedeli musulmani avevano ferito leggermente due ufficiali di polizia dopo che essi avevano arrestato un giovane arabo ritenuto responsabile di aver disturbato la quiete e rivolto urla nei confronti di una comitiva di ebrei in visita alla Spianata.

GERUSELEMME - La polizia ha interrogato oggi, in un posto di polizia, il gran Mufti' di Gerusalemme Muhammad Hussein per il suo presunto coinvolgimento dei disordini avvenuti ieri sulla Spianata delle Moschee. Lo riporta il Jerusalem Post.
Nel corso degli incidenti di ieri fedeli musulmani avevano ferito leggermente due ufficiali di polizia dopo che essi avevano arrestato un giovane arabo ritenuto responsabile di aver disturbato la quiete e rivolto urla nei confronti di una comitiva di ebrei in visita alla Spianata.

(RaiNews24, 8 maggio 2013)


Il nazista Priebke perde la causa, ma Equitalia si rivale sui vincitori

Nel 1996 il giornalista Valter Vecellio definisce l'ex capitano "boia delle Ardeatine". Lui querela sia il cronista che Riccardo Pacifici, capo della comunità ebraica di Roma. I giudici li assolvono da ogni accusa. Dopo 17 anni però l'agenzia di riscossione chiede ai due di pagare 300 euro al posto dell'Ss perché nullatenente. Il giornalista chiede l'intervento di Napolitano: "Questione di principio"

di Elena Rosselli

"Non sono così pezzente da negare 300 euro allo Stato bisognoso, ma mi offende il modo in cui questi soldi mi sono stati chiesti". Il giornalista Valter Vecellio vive un paradosso che molti italiani hanno vissuto, con un particolare in più da non poco conto. Ha ricevuto una lettera di Equitalia che gli ingiunge di pagare 300 euro di spese processuali. Non per una sua condanna, anzi. Vecellio deve pagare al posto di Erich Priebke, il capitano delle SS che partecipò alla strage delle Fosse Ardeatine. La stessa richiesta viene rivolta da Equitalia anche a Riccardo Pacifici, capo della della Comunità israelitica di Roma. Ma è il motivo per cui l'agenzia di riscossione chiede i soldi a Vecellio e Pacifici che ha dell'incredibile.
I fatti risalgono al 1996 quando Vecellio definisce Priebke il "boia delle Ardeatine" in un articolo scritto dopo che il tribunale militare di Roma aveva pronunciato l'intervenuta prescrizione per l'ex SS. L'ex capitano, co-responsabile dell'eccidio di 335 civili e militari italiani il 24 marzo 1944 si sente offeso dalla definizione "boia" che il giornalista usa nel suo scritto e querela sia lui che Pacifici. I giudici assolvono entrambi in tutti e tre i gradi di giudizio condannando Priebke a pagare un risarcimento. "Mi sarei fatto dei problemi di coscienza anche a ricevere quel denaro da un simile personaggio - spiega Vecellio - I soldi comunque non sono mai arrivati". E' arrivata invece la richiesta di Equitalia di sanare il debito che l'ex capitano ha nei confronti dello Stato perché condannato.
"Un signore che non ha nulla da perdere, querela chi gli pare - scrive Vecellio nella lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri - Poi perde la causa ed è condannato a risarcire le spese, ma non lo fa, perché risulta nullatenente. Lo Stato allora chiede che le spese siano pagate da chi è stato tirato in ballo e di nulla è responsabile". Un paradosso al quadrato. Anzi, al cubo visto che a Vecellio e Pacifici viene detto che possono rivalersi nei confronti di Priebke. "Evidentemente si pensa che io possa ottenere quella soddisfazione che lo Stato non riesce ad avere". Rimane una domanda che il giornalista rivolge a Napolitano e Cancellieri: "E' giusto che due cittadini di questa Repubblica, denunciati un ex ufficiale nazista per reati che tre gradi di giudizio ritengono non sussistere, debbano pagare le spese per processi che non hanno intentato ma hanno subito, perché lo Stato italiano non sa, non vuole, non può farsele pagare da chi è stato condannato?"
*

La lettera di Valter Vecellio a Giorgio Napolitano e Anna Maria Cancellieri

Signor Presidente della Repubblica,
Signora Ministro di Giustizia,
  
Valter Vecellio
giorni fa ho ricevuto una busta, da "Equitalia"; non reca data, o timbri. E' una perentoria ingiunzione. Si intima di versare entro sessanta giorni - non si capisce a decorrere dal quale - di pagare la somma di circa trecento euro. Non è per una tassa non pagata, o per un errore commesso dal mio commercialista. Ho dovuto leggere e rileggere alcune volte i cinque o sei fogli, in carattere lillipuziano e gergo da iniziati, per capire di cosa si tratta: sono spese processuali; e non vi nascondo che sono stato preso da un senso di inquietudine e apprensione: quale processo? Se devo pagare spese significa che sono stato condannato… Quando? Perché? Denunciato o querelato da chi? Non ne so nulla. Condannato a mia insaputa?
L'attenzione viene attirata da due nomi: Erich Priebke e Riccardo Pacifici. Il primo è l'ex ufficiale delle SS che sconta un ergastolo ai domiciliari a Roma, dopo la condanna per i fatti alle Ardeatine. L'altro è il mio amico Presidente della Comunità Israelitica di Roma. Vado così indietro nel tempo: a quando, Priebke aveva presentato querela nei confronti di Pacifici e miei.
I fatti, brevemente: quando il tribunale militare di Roma, il 1 agosto del 1996 pronuncia l'intervenuta prescrizione per l'ex SS, una folla indignata manifesta per ore; fino a quando l'allora ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick non interviene, il processo rifatto, e si giunge alla condanna che ora Priebke sconta. Su quei fatti si può avere l'opinione che si crede, non è questo il punto, le ritengo tutte legittime. Il punto è che Priebke si era sentito in qualche modo leso da quanto ho scritto in un mio articolo, e dal comportamento di Pacifici. Entrambi siamo stati assolti in primo e secondo grado; la Cassazione infine ha dichiarato improcedibile il ricorso contro le sentenze che rigettavano la richiesta di risarcimento avanzata dall'ex SS.
Ci siamo pagati di tasca nostra gli avvocati; abbiamo perso un po' di tempo, non abbiamo chiesto un centesimo di risarcimento (personalmente avrei avuto problemi anche a darlo in beneficenza, quel denaro); la storia, pensavo, fosse finita lì. Invece arriva la cartella di Equitalia, "Servizio notificazioni atti fiscali".
Accade questo: l'Agenzia delle Entrate vuole che da Riccardo e da me il pagamento delle spese processuali. L'avvocato, mortificato, mi spiega che dal momento che Priebke non paga, lo Stato si rivale, per le spese sostenute, su di noi; e questo indipendentemente dal fatto che la causa la si sia vinta, non si siamo stati noi ad accenderla e la si sia subita…Insomma, un signore che non ha nulla da perdere, querela chi gli pare. Perde la causa, è condannato a risarcire le spese, non lo fa, perché risulta nullatenente. Lo Stato allora chiede che le spese siano pagate da chi è stato tirato in ballo e di nulla è responsabile. Non manca la beffa finale: mi viene detto che posso sempre rivalermi nei confronti di Priebke, evidentemente si pensa che io possa ottenere quella soddisfazione che lo Stato non riesce ad avere. Che si fa, si ride o si piange?
In paesi di consolidata civiltà giuridica come gli anglosassoni se si fa causa chiedendo risarcimenti, e si fa perdere tempo e denaro alle persone, e si viene trascinati in tribunale per nulla esiste un qualcosa che si chiama "lite temeraria"; chi la intenta viene condannato a pagare svariati multipli rispetto a quello che si chiede per risarcimento, e soprattutto nessuno si sogna di chiedere a chi ha vinto di pagare le spese processuali.
Ora vorrei che sia chiaro: non sono così pezzente da non avere i trecento euro circa che mi chiedono Equitalia e l'Agenzia delle Entrate. Ne faccio, come si dice, una questione di principio.
Signor Presidente Giorgio Napolitano, Signora Ministro Anna Maria Cancellieri: è giusto che due cittadini di questa Repubblica, denunciati un ex ufficiale nazista per reati che tre gradi di giudizio ritengono non sussistere, debbano pagare le spese per processi che non hanno intentato ma hanno subito, perché lo Stato italiano non sa, non vuole, non può farsele pagare da chi è stato condannato?
Signor Presidente, Signora Ministro: se me lo dite voi, pago senza fiatare. Però vorrei sentirmelo dire da Lei, Signor Presidente, da Lei Signora Ministro della Giustizia.
Un saluto cordiale, Valter Vecellio

(il Fatto, 8 maggio 2013)


Campagna online del Mossad per reclutare nuovi agenti

Una campagna internet per reclutare nuovi agenti. La nuova iniziativa del Mossad, i servizi segreti israeliani, hanno lanciato un appello a "uomini e donne creative che amano le sfide" perché entrino a far parte di un team che garantirà "un lavoro fuori dall'ordinario e dinamico". Lo slogan della campagna ne mostra i chiari intenti: "Con nemici come questi, abbiamo bisogno di amici". "Se hai coraggio, saggezza e ingenuità, puoi influenzare e concretizzare una missione nazionale e personale. Se sai come affascinare e motivare la gente, potresti essere fatto del materiale necessario che stiamo cercando. Se sei una persona così, il Mossad è aperto". Naturalmente si avverte delle controindicazioni: uno stile di vita irregolare, compensato però dal fascino di continui viaggi oltreoceano. Insomma, residenza in Israele ma frequenti trasferimenti in tutto il mondo, come un vero 007.

(100spiare, 7 maggio 2013)


Israele: luogo di pace e di incontro tra popoli, culture e nature differenti

di Federico Armeni

"Israele" non è soltanto un Paese, un territorio tra Oriente e Occidente dai confini spesso indefiniti, ma è anche una parola che mette paura, che evoca immagini di guerra ed oppressione, conflitto politico e culturale millenari.
   L'attualità ha portato all'immaginario di un territorio guidato essenzialmente dalle forze americane, per avere il controllo delle risorse sulle aree mediorientali, ai danni essenzialmente del mondo arabo.
Eppure, il viaggio in questi territori porta al riscontro dell'esatto contrario. Mai come in Israele moschee e sinagoghe convivono, e il canto del Corano si unisce alle parole del Vangelo. Fermi nel mercato di Nazareth, possiamo davvero ascoltare le due differenti voci e avvicinarsi all'una e l'altra facendo 10 passi. Entrando in Palestina, invece, l'aria di intolleranza verso l'uomo Occidentale è palese, e continuamente aggredito dai mercanti e dai ragazzini per l'elemosina. Le vostre borse, guardate continuamente. E il caos per le strade indescrivibile: l'immondizia nelle fontane, i venditori in mezzo alla strada, sensi di marcia fittizi, taxisti con musica a tutto volume.
   La realtà di questo Paese porta a una comunione religiosa e culturale enorme e invidiabile dentro al territorio ufficialmente israeliano, con una forte energia positiva, dove tutto è in costruzione e ha quello spirito che tanto manca ai Paesi Europei oggi: il senso di rinascita. L'Israele ha l'entusiasmo di una Nazione da farsi, dove tutti son bene accetti, perché la sua storia per millenni ha portato arabi e ebrei a vivere insieme, convivere a volte, combattere molto spesso.
   Dal dopoguerra ad oggi un Paese come l'Italia per fare un esempio si è completamente adagiato, e ha preso abitudine con sé stessa. L'Israele si vuole formare e vuole dare l'esempio al mondo di come la pace, religiosa, sociale e culturale possa davvero essere possibile e paritaria (stupendo ascoltare tanti concerti di musica araba insieme alla musica klezmer nella via successiva). La Palestina non vuole Israele, eppure non se ne capisce il motivo: dove c'è Israele c'è comunione di intenti, si lavora insieme e si costruiscono servizi, in Palestina regna soltanto caos e condizioni di insicurezza respirabili lontano un miglio. Un arabo in Israele ha tutti i suoi luoghi di culto e gli spazi che desidera, un ebreo in Palestina è ricercato col fucile in mano.
   Ora come ora Israele è un territorio vivo e vivido, dove la gente lavora e vive con uno spirito davvero invidiabile, e dove il conflitto vuole essere messo da parte, dentro ma anche fuori i confini del Paese, dove purtroppo la miseria e la cattiva gestione araba (cosa c'entrano gli americani se gli arabi vivono da millenni in quelle condizioni di assoluta anarchia e di distanza tra sceicchi - califfi e il popolo? L'arabo vive essenzialmente di capi e di dittatura, l'Occidente di democrazia, con tutti i difetti che sappiamo) continuano a tenere la popolazione in quelle condizioni sociali (parità dei sessi un miraggio, ad esempio) e sanitarie (età media più bassa di 15 anni rispetto a quella europea).
   Un po' come la sua geografia, Israele è davvero un punto d'incontro tra opposti, dove il deserto si impone da una parte un immenso e avvolgente verde la nutre dall'altra, dove la movida accecante di Tel Aviv fa da opposto a luoghi di una religiosità invidabile, come quella di Gerusalemme. Ma anche le stesse città hanno un contrasto enorme: parlando sempre di Tel Aviv o di Gerusalemme, l'una ha sotto la sua vita notturna un numero enorme di moschee e luoghi religiosi di una quiete unica, l'altra ha oltre la sua infinità storica, una periferia moderna e caotica degna di una qualsiasi capitale mondiale, e dove il suono dei clacson arrabbiati degli automobilisti copre totalmente la preghiera degli ortodossi, dei cristiani, degli ebrei e degli arabi.
   Ecco qualche scatto generico, che vuole essere un primo reportage su Livecity su un Paese tanto straordinario e non certo turistico, non facilissimo da percorrere.


(Livecity.it, 7 maggio 2013)


Nuovo colpo di mortaio sul Golan

TEL AVIV, 7 mag - Un nuovo colpo di mortaio - dopo i due di ieri - e' caduto stamattina dalla Siria in un'area aperta del Golan israeliano, vicino la frontiera. Non ci sono ne' vittime ne' danni. Lo scrivono i media israeliani aggiungendo che responsabili militari ritengono che il colpo sia accidentale.
Altri due colpi di mortaio sparati dalla Siria erano caduti ieri pomeriggio sulle alture occupate del Golan, senza fare vittime. Per la radio militare si è trattato di episodi a carattere "accidentale", da collegarsi ai combattimenti in corso sul versante siriano della linea di demarcazione fra l'esercito di Bashar al Assad e le forze ribelli.

(ANSAmed, 7 maggio 2013)


Raduno neo-nazista a Malnate. «Un caso da non sottovalutare»

MILANO - «Non sottovalutiamo fenomeni che in tempo di crisi potrebbero degenerare». Il monito dell'assessore regionale alle culture Cristina Cappellini sul caso del raduno neo-nazista della Folla di Malnate in occasione del compleanno di Adolf Hitler.
A sollevare la questione nell'aula del Pirellone ci ha pensato il gruppo Patto Civico con Ambrosoli, con un'interrogazione in question time illustrata dal consigliere Michele Busi. «Questo episodio è un sintomo da non sottovalutare, per evitare che possa passare un'idea di liceità, se non di normalità, della commemorazione di queste figure. Anche perché certi fenomeni di apologia della violenza e di disvalori che offendono la dignità delle persone hanno un incontrollabile potere di diffusione sui social network».
A rispondere all'interrogazione ci ha pensato l'assessore alle culture della giunta Maroni, Cristina Cappellini, che conferma «la necessità di mantenere alta l'attenzione e di non sottovalutare fenomeni che in tempo di crisi potrebbero portare a degenerazioni». Sul caso specifico del raduno skinhead di Malnate, l'assessore si limita a riferire che «alla manifestazione è stata negata alcuna autorizzazione da parte delle autorità locali» e che sull'episodio «pende un'interrogazione al ministero degli interni che chiarirà meglio» la vicenda sotto il profilo che attiene all'ordine pubblico.
A conferma dell'impegno di Regione Lombardia sul fronte della sensibilizzazione ai valori della democrazia e del rispetto della dignità umana, l'assessore Cappellini elenca i numerosi progetti finanziati nell'ambito della legge regionale del 2010 sul "sostegno alle attività di studio e memoria sui fondamenti e lo sviluppo dell'assetto democratico della Repubblica".
In questi anni, e alcune attività sono ancora in corso, sono stati stanziati fondi per progetti di ricerca, per un convegno europeo dell'Anpi, per iniziative nelle scuole (tra cui il "Treno della Memoria") e per altre iniziative di rilievo, come il Memoriale della Shoah al "Binario 21" della Stazione Centrale di Milano.

(La Provincia di Varese, 7 maggio 2013)


Le sfide lanciate al WJC nelle valutazioni e nelle riflessioni dei delegati italiani

La Sinagoga di Budapest

Va concludendosi in queste ore la 14esima riunione del World Jewish Congress. Organizzata straordinariamente a Budapest per sensibilizzare l'opinione pubblica sul crescente razzismo e antisemitismo ungherese, l'iniziativa ha visto la partecipazione di oltre 600 delegati da tutto il mondo tra cui una significativa componente italiana formata - su indicazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - dai consiglieri Roberto Jarach, Cobi Benatoff ed Eva Ruth Palmieri e con la presenza aggiuntiva del presidente della Comunità ebraica di Roma e consigliere UCEI Riccardo Pacifici.
   Molte le novità, molti gli spunti di riflessione emersi nella tre giorni di incontri. A partire dall'assestamento di governo interno al Congresso con la leadership condivisa del presidente uscente, il filantropo statunitense Ronald Lauder, assieme al presidente del Congresso europeo Moshe Kantor nell'incarico di responsabile delle attività di policy. Una cogestione possibile grazie ad alcune riforme statutarie approvate proprio nel corso dei lavori.
   Tra le sfide di maggior criticità che andranno affrontate l'opposizione a chi semina odio nei paesi dove questo fenomeno torna ad affacciarsi sempre più prepotentemente con la manifesta negligenza, e in alcuni casi con la complicità, delle forze governative. Pressioni continueranno ad essere esercitate sul premier magiaro Viktor Orban, intervenuto alla convention durante la cena inaugurale, e sugli altri leader identificati come scarsamente propositivi ed efficaci. L'idea è quella di promuovere iniziative e strategie condivise che possano investire direttamente l'Unione Europea dal punto di vista non solo legale ma anche culturale e pedagogico. Un tema che ricorre con forza nelle ultime sessioni in cui si discute anche di libertà religiosa, rappresentanza istituzionale, sfide economico-finanziarie.
   Soddisfazione per quanto va concretizzandosi è espressa, tra gli altri, da Eva Ruth Palmieri. "Credo che si respiri un clima molto positivo con la volontà, da parte di tutti i delegati, di offrire la propria collaborazione in un contesto di cooperazione internazionale. L'elemento che sto maggiormente apprezzando - afferma - è il fatto che si vada oltre il tema dell'antisemitismo come un problema di esclusiva pertinenza ebraica e che ci si faccia portatori di un'azione di solidarietà a difesa della democrazia in presenza di tentativi di lederne i valori e i principi fondamentali. Ogni volta che una minoranza viene minacciata bisogna che suoni un campanello d'allarme".
   Punto centrale toccato stamani, prosegue, l'organizzazione di un prossimo incontro a Gerusalemme tra giuristi, avvocati ed esperti di diritto per mettere a fuoco le linee guida all'interno delle quali agire. Un'esigenza affrontata anche da Cobi Benatoff, tesoriere uscente del Congresso, che ha avuto modo di approfondire la questione direttamente con il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle. "Lo sforzo - spiega - deve essere finalizzato a studiare, preparare, dare tutti gli elementi necessari alle persone di buona volontà, come il ministro Westerwelle, che intendono risolvere il problema.
   Al contrario debolissime e banali le parole pronunciate da Orban. Nel suo intervento neanche un riferimento a Jobbik, una mancanza davvero grave". Sulla stessa lunghezza d'onda Roberto Jarach, che già ieri aveva evidenziato questa lacuna. "Tolleranza zero contro l'antisemitismo. Impegni generici contro il pregiudizio e la violazione della dignità delle persone. Personalmente - il suo commento - l'ho trovato abbastanza deludente". In merito alle dinamiche interne al Congresso Benatoff racconta di essere stato costretto a rinunciare a una nuova candidatura per favorire la soluzione di compromesso adottata in sede assembleare. "Una decisione presa a malincuore - ammette - ma l'obiettivo più importante, soprattutto in un momento così particolare come quello che stiamo vivendo, è la ricomposizione delle fratture tra le diverse anime e correnti". Riccardo Pacifici offrirà una valutazione più tardi, nel pomeriggio.

(Notiziario Ucei, 7 maggio 2013)


Aljamas storia e storie degli ebrei sardi

Domani mercoledì 8 Maggio alle ore 18 nella sala consigliare del Palazzo Regio di Cagliari, nuovo appuntamento con la rassegna ALJAMAS (storia e storie degli ebrei sardi) organizzata dall'associazione d'amicizia Sardegna Israele CHENABURA - Sardos pro Israele.
Mercoledì 8 Maggio, giorno in cui in Israele si celebra Yom haYerushalaim, 'la giornata di Gerusalemme', data della riunificazione della Città allo Stato Ebraico, l'incontro si sdoppia in due. Nella prima parte, a partire dalle ore 18, il Dr Cristiano Quesada studioso della storia della Sardegna, ripercorre le vicende degli ebrei sardi, a partire dalla loro tragica cacciata dall'Isola, con una Lectio Magistralis sulle vicende della Famiglia Carcassona.
I Carcassona furono, prima importanti e influenti esponenti della Aljamas (la Comunità) ebraica cagliaritana, poi dopo la loro "conversione" al cattolicesimo, al vertice della nobiltà spagnola in Sardegna.
Un percorso, quello dei Carcassona, probabilmente seguito da un certo numero di ebrei sardi, colpiti dalle leggi emanati nel 1492 dei "re cattolicissimi" di Spagna che decisero la cacciata dalle terre del loro regno di tutti gli ebrei.
Le Aljamas sarde furono così cancellate. I pochissimi ebrei che riuscirono a salvarsi , furono costretti all'abiura e alla conversione.
Il tema della lezione del Dr Cristiano Quesada seguirà quindi per intero queste terribili vicende, la cacciata degli ebrei dal Regno di Sardegna, la fine di un'intera Comunità, e le scelte di alcune (poche) famiglie di rimanere nell'Isola a ogni costo....
Subito dopo, e a chiusura dell'incontro, Tore Pirino dell'associazione Chenàbura - sardos pro Israele, ripercorrerà velocemente le vicende che hanno portato alla Yom haYerushalaim e alla proclamazione di Gerusalemme come capitale dello Stato d'Israele.
Cristiano Quesada è un conosciuto e apprezzato un cultore di storia locale, di studi genealogici, di araldica e si occupa di Famiglie che si sono distinte in vari campi.
Ha pubblicato su questi temi diversi articoli e interventi in riviste locali e nazionali.
E' autore del pamphlet "I Sardi? Rudi, Rozzi e Straccioni " , il titolo è un famoso giudizio dei Savoia sui sardi, in cui traccia un divertente e caustico ritratto dei re italiani.
Tore Pirino è vicepresidente dell'associazione Chenàbura, e organizzatore culturale di eventi dedicati alla cultura israeliana
L' ingresso alla attività è libero e gratuito.

(ComuneCagliariNews.it, 7 maggio 2013)


Per fortuna dei palestinesi, ci sono gli ospedali israeliani

Hadassah Medical Center
Per la prima volta nella storia, un ministro palestinese ha visitato il complesso ospedaliero di Hadassah, eccellenza della sanità a Gerusalemme. Lo rivela il Times of Israel, precisando che il ministro della sanità palestinese era accompagnato da una delegazione di funzionari. L'incontro con i vertici dell'ospedale israeliano era finalizzato ad accrescere il numero di medici palestinesi che prestano servizio presso la struttura sanitaria (attualmente non meno di 60) eccellenza nell'area mediorientale, e a favorire la cooperazione fra l'Hadassah Medical Center e l'ANP.
La visita dei vertici della sanità palestinese non fa che confermare gli ottimi rapporti intercorrenti con lo stato ebraico. Lo scorso anno, oltre 210 mila palestinesi sono entrati in Israele per trattamenti sanitari e medici (fece scandalo il ricorso alle cure mediche israeliane per il cognato del primo ministro gazano, malgrado Hamas dichiari pubblicamente di perseguire l'annichilimento di Israele). Il dato è vistosamente cresciuto anche soltanto rispetto al 2008, quando i palestinesi del West Bank e della Striscia di Gaza che hanno beneficiato di cure mediche gratuite nello stato ebraico furono "soltanto" 172 mila.
Mai come in questo caso, imposte e tasse pagate dai contribuenti israeliani è stato denaro ben speso.
Purtroppo la malasanità fa registrare episodi drammatici anche in Medio Oriente. Mohammed Al-Farra, un bambino di tre anni e mezzo, e nato a Khan Younis, Striscia di Gaza; è affetto sin dalla nascita da una malattia genetica che ha reso necessaria l'amputazione degli arti superiori e inferiori. Ben presto, Mohammed è stato abbandonato dai genitori, e il governo di Gaza, preso da altre priorità, si è rifiutato di sostenere le costose cure mediche.
Il bambino vive oggi presso l'ospedale infantile di Safra a Ramat Gan, in Israele, assistito dal nonno, e curato amorevolmente dai pediatri, che hanno lanciato una raccolta fondi per agevolarne la permanenza.
Lo scorso anno lo stato ebraico ha autorizzato il 91.5% delle richieste di trattamento sanitario da parte dei palestinesi di Gaza, e ha curato complessivamente oltre 20.000 bambini di Gaza e West Bank, fra cui il piccolo Mohammed (fonte: CiFwatch).

(Il Borghesino, 7 maggio 2013)


Confindustria Taranto incontra la delegazione dell'Istituto Export Agrotecnologico israeliano

TARANTO - Domani, martedì 7 maggio, Confindustria Taranto ospiterà nella sede di via Dario Lupo 65 un incontro con la delegazione israeliana - in visita ufficiale in Puglia - per la presentazione dell'Istituto Export Agrotecnologico del Governo Israeliano e dell'evento Agro Mashov, che si svolgerà a Tel Aviv nel prossimo mese di giugno.
Obiettivo dell'incontro è presentare ufficialmente la Fiera Agro Mashov e raggiungere specifiche intese di partnership tra operatori economici israeliani e pugliesi in campo energetico ed agroalimentare.
La delegazione sarà composta da Mr. Avi Paz (CEO di Group Mashov), Mr. Eyal Zachor (Coordinatore Marketing di Israel & International Cooperation Institute), Mr. Dugi Israeli (Rappresentante della società Pomegranate) e Mr. Avraham Israeli (Responsabile Area Italia del Group Mashov).
Saranno presenti all'incontro il Presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo ed il Presidente della sezione industria agroalimentare di Confindustria Cosimo Varvaglione, oltre ad una delegazione di aziende associate.
L'appuntamento è per le ore 17.

(il Quotidiano Italiano, 6 maggio 2013)


Leah Rabin e le ceramiche di Vietri a mare

Giovanna Solimene: noi famosi anche grazie a lei

Ceramiche di Vietri
TEL AVIV, 6 mag - C'e' un filo che lega Israele a Vietri a Mare, perla della Costiera Amalfitana: le 'Ceramiche artistiche Solimene', vanto dell'artigianato campano. Un filo nato dalla grande passione che Leah Rabin, moglie del primo ministro Itzhak Rabin, ha avuto per il vasellame dell'azienda fondata nel 1947 dalla fantasia di Vincenzo Solimene, capostipite e abilissimo erede della tradizione ceramista della zona. A raccontare la storia di questa ''passione'' e il segreto di una lunga amicizia e' Giovanna Solimene - ora alle redini dell'azienda di famiglia - che in questi giorni si trova in Israele per festeggiare il successo della presenza delle ceramiche, originate dalle piastrelle (le 'riggiole' come le chiamano ancora i vietresi).
''Leah - racconta Giovanna Solimene - vide per la prima volta i nostri piatti a casa di un amico in Israele e se ne innamoro'.
Le piacevano i colori, il disegno, la luce che emanavano. Ci fece contattare dall'ambasciata israeliana a Roma per avere i nostri prodotti. Tutto e' nato allora ed e' cresciuto. Con il tempo la consuetudine si e' rafforzata e siamo diventate amiche, anche senza esserci incontrate''.
''Era cosi' legata alla nostra produzione - spiega durante una pausa della festa che le ha dedicato l'ambasciatore italiano a Tel Aviv Francesco Maria Talo' - da usare i piatti durante le occasioni ufficiali di suo marito come presidente del consiglio.
E tutti quelli che li vedevano, volevano averli a loro volta.
Leah e' stata una sorta di testimonial involontaria ma efficacissima''. Ora Giovanna Solimene dice di rimpiangere di non essere venuta prima in Israele, dove Leah Rabin a suo tempo l'ha invitata piu' volte. ''C'e' - sottolinea - un'atmosfera bellissima, dai colori superbi. I colori non si dimenticano, come quelli di Vietri''. Pero' ha fatto in tempo a conoscere la sua amica di 'penna'.
''Dopo l'uccisione del marito, Leah - racconta - arrivo' in Italia nel 1997 per ricevere la cittadinanza onoraria di Pompei.
Era ad un passo da Vietri e sorprese tutti quando chiese di essere accompagnata da noi''. E cosi' la signora Rabin si fermo' due ore nella bellissima fabbrica dei Solimene, opera dell'architetto Piero Soleri. ''Resto' affascinata - dice ancora l'erede della famiglia rammentando il parapiglia di sicurezza provocato dalla visita inaspettata - dalla struttura originale e coloratissima diventata una delle opere piu' significative del novecento. Le abbiamo mostrato tutta la nostra produzione. E poi abbiamo parlato come le vecchie amiche che eravamo, anche se era la prima volta che la vedevo''. Un legame proseguito fino alla morte di Leah Rabin: ''mi ha fatto il regalo di nozze, ci siamo scritte. Siamo sempre rimaste in contatto''. ''Grazie a lei e al passa parola - continua - ancora oggi sono tantissimi gli israeliani che vengono in fabbrica. Cosi' come sono tanti quelli che comprano le nostre ceramiche artistiche. In Israele siamo conosciutissimi''. ''Nonostante la sua morte - conclude Giovanna Solimene - l'amicizia con la famiglia non e' finita. Ora e' la figlia Dalia ad essere una nostra amica''.

(ANSAmed, 6 maggio 2013)


Oltremare - Primo: non paragonare

di Daniela Fubini, Tel Aviv

Regola aurea per chiunque lasci un Paese per stabilirsi in un altro. Regola di platino se il Paese di immigrazione è Israele. Non importa quanto voluta, ideologica, impellente sia stata l'aliyah, la "salita" in Israele: paragonare dettagli della vita qui a quelli di qualunque altra vita precedente è naturale, quanto sconsigliabile.
Vero: certe mattine mi mancano le macine del mulino bianco, o le fette biscottate, prodotti qui assenti dall'immaginario collettivo, figurarsi dai supermercati. L'olè chadash [nuovo immigrato, ndr] che trova, e in fretta, dei biscotti buoni almeno al minimo sindacale per superare la prima colazione e passa oltre, apre una porta alla felicità. Quello che si ostina, e ripete senza sosta agli amici che come il mulino bianco non ce n'è, si condanna ad un limbo di nostalgia, tossica quanto i pensieri che si dedicano agli ex. Poi va bene, il contrabbando spiccio di marron glacé e altre prelibatezze soprattutto stagionali è del tutto legittimo. Perché è stagionale, appunto. Il kvetch (yiddish per "lamento") di routine invece, è come l'acqua cheta che rovina i ponti. Ne sono specialisti inglesi e francesi, ma anche noi italiani non scherziamo. I formaggi stagionati che non ci sono, le maniere non proprio da galateo, il chamsin [scirocco, ndr] che toglie il fiato, le strade mai abbastanza pulite, i guidatori avventati e aggressivi. Esercizi quotidiani di non-paragone: salendo sull'autobus si saluta l'autista, che risponde, e quando sale una madre con due bambini piccoli non ci si scompone se ne mette uno in braccio alla signora più vicina mentre paga la corsa. Al supermercato si scambiano ricette con la cassiera. Ogni tanto la pausa pranzo si può fare in spiaggia, tanto in ufficio nessuno farà caso alla sabbia chiara attaccata ai sandali. Il nuovo aiuto parrucchiere propone uno shidduch [matrimonio combinato, ndr] ancora prima di sapere se sono libera. Il barista del bar dell'angolo sbaglia clamorosamente il mio caffè ogni giorno, e sorride. Macchiato: non cappuccino; eddài, te l'ho spiegato ieri, e l'altro ieri, e il giorno prima. Per fortuna il caffè è italiano e lo fa con una Favorita. Davvero, paragonare è sconsigliabile.

(Notiziario Ucei, 6 maggio 2013)


Siria: la tattica di Assad per salvarsi? Coinvolgere Israele

Quello che temevano si sta purtroppo avverando. La cecità della comunità internazionale sul conflitto siriano e sui piani di Assad e degli Ayatollah iraniani, si sta tramutando in un allargamento del conflitto che sta tirando dentro l'incolpevole Israele.
Due (forse tre) bombardamenti in 24 ore da parte di aerei israeliani su obbiettivi militari siriani non sono un fatto episodico. E' chiaro che Assad sta cercando di fornire armi e missili a Hezbollah ben sapendo che è nell'occhio del ciclone. L'unica possibilità che ha per salvarsi e compattare il mondo arabo (e non solo) sull'unico nemico comune: Israele....

(Rights Reporter, 6 maggio 2013)


Israele ad Assad: non vogliamo interferire nel conflitto

  
Tzachi Hanegbi
GERUSALEMME, 6 mag. - Le autorita' israeliane avrebbero fatto pervenire "attraverso canali diplomatici" un messaggio segreto al presidente siriano Bashar al-Assad, garantendogli di "non voler essere coinvolte nella guerra civile in Siria": e' quanto scrive oggi il quotidiano 'Yedioth Ahronoth', il piu' diffuso del Paese, senza peraltro indicare le proprie fonti.
Dagli ambienti governativi non e' giunta alcuna conferma di tali indiscrezioni, che tuttavia non sono nemmeno state smentite. Anzi, un anonimo funzionario ha lasciato capire che di comunicare con Assad in realta' non vi sarebbe alcun bisogno.
"Date le affermazioni rilasciate pubblicamente dalle principali personalita' israeliane per rassicurare Assad, e' chiarissimo qual e' il segnale a lui destinato", ha notato. Piu' esplicito e' stato invece il deputato Tzachi Hanegbi, esponente del Likud, veterano della politica israeliana ed esperto di problemi di sicurezza, piu' volte ministro ma soprattutto intimo del premier Benjamin Netanyahu, di cui e' risaputo raccolga abitualmente le confidenze.
Intervistato dalla radio pubblica, Hanegbi ha sottolineato che questi punta a "evitare un'intensificazione della tensione con la Siria, chiarendo che, in caso di iniziative militari da parte d'Israele, queste sono soltanto contro Hezbollah, e non contro il regime" di Assad. Il parlamentare ha ricordato come lo Stato ebraico si sia ben guardato dal rivendicare formalmente i due recentissimi raid aerei in territorio siriano, spiegando che cio' aveva come obiettivo il permettere al leader di Damasco di salvare la faccia. Non solo: mentre ieri avveniva la seconda incursione, Netanyahu intraprendeva come previsto una visita ufficiale in Cina, con l'intento di fornire l'impressione che tutto proceda all'insegna della piu' assoluta normalita'. Certo, ha concluso Hanegbi, nel caso in cui la Siria tentasse davvero la ritorsione minacciata, allora "risponderemmo duramente".

(AGI, 6 maggio 2013)


Il vero obiettivo di Netanyahu è fermare i piani di Teheran

Da Gerusalemme un messaggio chiaro: non ci può essere un Iran nucleare ai confini, connivente con Damasco e alleato di Hezbollah. No al sogno di un nuovo Stato sciita

di Fiamma Nirenstein

Gli aerei di Israele sono arrivati e hanno bombardato nella notte di sabato alla periferia di Damasco, e non è cosa da poco. Il Medio Oriente, la gente di Israele, del Libano, della Siria trattiene il fiato, il solito maledetto odore di guerra viaggia sul vento del deserto a mille all'ora.
   È chiaro che il rischio maggiore non è Assad, impegnato sul fronte della sua guerra interna contro la sua stessa popolazione sunnita, fra cui si contano ormai 70mila morti. Assad agirebbe soltanto se costretto a partecipare, per salvarsi, a un piano orchestrato dall'Iran, il suo alleato, o meglio il suo comandante numero uno. Questo accadrà nel caso che gli Ayatollah decidano di procedere sulla strada che a metà aprile fu disegnata da un incontro segreto fra Nasrallah, il capo degli Hezbollah, il leader supremo ayatollah Ali Khamenei e il generale Qasem Suleimani, comandante del reparto Quds (Gerusalemme) delle Guardie Rivoluzionarie. Per capire cosa sta accadendo, ricordiamo che quello di ieri è il seguito dell'operazione già condotta fra giovedì e venerdì, quando Israele ha colpito un carico di Fateh 110, missili che possono portare testate chimiche, armi letali di provenienza iraniana diretti agli Hezbollah tramite la Siria.
   Gesto carico di significati, ma altro è colpire Damasco: è una azione di deterrenza che ci riporta al tema della «linea rossa», quella di Obama, che ha promesso la fine per Assad se avesse usato armi chimiche. Israele aveva già fatto sapere che non avrebbe consentito che fossero passati agli Hezbollah, che vogliono la sua sparizione dalla carta geografica, i missili balistici D che possono portare l'agente chimico VX per una distanza fino a 680 chilometri. Ovvero: le armi che ora Assad era pronto a passare agli Hezbollah possono colpire sia le strutture militari che i civili dal confine nord fino a Eilat, sud estremo, e possono essere attivati dalla valle della Bekaa dagli Hezbollah in modo che sia molto difficile intercettarli. Gli Hezbollah hanno già 70mila missili: evidentemente le informazioni degli 007 israeliani hanno imposto di agire subito.
   Perchè l'Iran ci teneva tanto a fornire adesso armi fatali agli Hezbollah? Per paura che il loro pupillo Assad presto non sia più in grado di farlo e che gli Hezbollah debbano muoversi adesso per realizzare il piano strategico dello Stato Islamico. Come dicevamo esso è stato disegnato a Teheran a metà aprile. Nasrallah era andato in Iran l'ultima volta nel 2010, muoversi è pericoloso per lui. Stavolta però era cruciale: la Siria non può essere perduta. Se anche Assad dovesse perdere, per l'Iran la Siria resterebbe la base della sua strategia, garantita dai giannizzeri Hezbollah. L'idea dunque, secondo Shimon Shapira, analista del «Jerusalem Center for Public Affairs», è quella di un mini stato alawita-sciita che possa controllare da Damasco fino alla costa con un corridoio e da là arrivi alla Bekaa libanese. Tutto sciita. La pulizia etnica perpetrata con stragi a Banjas sulla costa sarebbero una premessa di questo piano. Questo staterello sciita farebbe uso di un esercito popolare sciita di 150mila combattenti reclutati soprattutto in Iran, in Irak e in piccola parte nel Golfo Persico, persone che abbiano la convinzione che non si può lasciare il campo ai sunniti. Una guerra di fazioni che però non ha fatto i conti con Israele. Israele non può immaginare di avere un Iran nucleare ai confini, piazzato dentro la Siria in un matrimonio con gli Hezbollah, e ha quindi lanciato un forte messaggio di deterrenza, che secondo l'ottimo analista Ron Ben Yshai è stato concordato da Netanyahu con Obama.
   La deterrenza è certo rivolta a Assad perchè non usi armi di distruzione di massa e agli Hezbollah perchè non si cimentino nel lancio di missili, ma è soprattutto rivolta all'Iran: quando si dice «linea rossa», dice il messaggio, si intende «linea rossa», e questo vale anche per la famosa soglia dei 140 chili di uranio arricchito al 40% nelle strutture atomiche di Ahmadinejad. Questo piano di espansionismo sciita, prima della guerra di Assad era stato promosso con molte mosse di facilitazione economica, culturale, sociale per tutti quelli che passassero dalla Sunna alla Shia. Israele non tiene per gli uni o per gli altri. Al momento alla sbarra sono i piani iraniani. A loro pensa Bibi oggi. Sempre che agli Hezbollah non scappi qualche missile e allora il Libano sarà di nuovo nel mezzo.

(il Giornale, 6 maggio 2013)


Orban al Congresso ebraico: No all’anti-semitismo. Ma tace su Jobbik

BUDAPEST, 5 mag. - Il governo ungherese dichiara "tolleranza zero" verso gli episodi di anti-semitismo. Lo ha detto il primo ministro Viktor Orban, aprendo i lavori del Congresso ebraico mondiale, a Budapest. Nel suo discorso il premier ha ammesso che l'anti-semitismo sta crescendo in Ungheria e in tutta Europa, a suo avviso anche a causa della crisi economica. Ma esso, ha aggiunto, "è inaccettabile e non può essere tollerato". È dovere morale" del governo "dichiarare tolleranza zero verso l'anti-semistismo", ha detto Orban, davanti alla platea di 600 delegati.
Nonostante gran parte dei presenti abbiano applaudito ad alcuni passaggi del discorso del premier, il Congresso ha anche espresso dispiacere per il fatto che Orban non abbia parlato in modo specifico del partito estremista Jobbik, più volte protagonista con i suoi parlamentari di insulti ed episodi anti-semiti. "Il primo ministro - si legge in una nota del Congresso - non affronta la vera natura del problema, la minaccia posta dagli anti-semiti in generale e dal partito di estrema destra Jobbik in particolare. Ci dispiace che il signor Orban non abbia fatto riferimento ad alcun incidente anti-semita o razzista nel Paese, e non abbia fornito rassicurazioni sufficienti del fatto che una chiara linea è stata tracciata tra il suo governo e la frangia di estrema destra". Al voto del 2010, Jobbik ha ottenuto quasi il 17% delle preferenze.
  A puntare il dito in particolare contro il partito Jobbik è stato Ronald Lauder, presidente del Congresso, che aveva chiesto a Orban di esprimersi in merito. "Attraverso il suo anti-semitismo, la sua ostilità ai rom e le sue farneticazioni paranoiche - ha detto Lauder, i cui nonni materni sono nati nati proprio in Ungheria - Jobbik sta trascinando il buon nome dell'Ungheria nel fango. Gli ebrei ungheresi hanno bisogno che lei (Orban, ndr) prenda una posizione ferma e decisa". Durante l'Olocausto, circa 550mila ebrei ungheresi persero la vita. Attualmente in Ungheria, che ospita la maggiore comunità ebraica dell'Europa dell'est, vivono circa 100mila ebrei.
  Ieri, i leader di Jobbik avevano denunciato il Congresso ebraico mondiale, sostenendo che la decisione di tenere la riunione in Ungheria sia una "aperta provocazione". La sessione plenaria del Congresso si sta tenendo fuori da Israele solo per la seconda volta dal 1966, per concentrarsi proprio sull'anti-semitismo in Ungheria e in tutta Europa. "Il nostro Paese - ha dichiarato Marton Gyongyosi, deputato di Jobbik, davanti a una folla di mille persone - è vittima della sottomissione sionista, una colonia presa di mira dal sionismo dove noi, cittadini locali, giochiamo solo una piccola parte. Solo una dimostrazione di forza è efficace contro l'avanzata sionista". Dal canto suo, il presidente del partito, Gabor Vona, ha detto che gli ungheresi non dovrebbero "leccare i piedi" degli ebrei. "I conquistatori, gli investitori e gli espansionisti israeliani - ha aggiunto - dovrebbero cercare un Paese in un'altra parte del mondo perché l'Ungheria non è in vendita".

(LaPresse, 5 maggio 2013)


Israele, allerta a nord. Chiuso lo spazio aereo

GERUSALEMME - Tensione nel nord di Israele a poche ore dal nuovo raid su Damasco: lo Stato ebraico ha infatti elevato lo stato di allerta, nel timore di reazioni dai Paesi confinanti. Per la prima volta dal 2006, quando Israele fu impegnato in un conflitto con gli Hezbollah in Libano, lo spazio aereo della Galilea è stato chiuso al traffico di velivoli civili, almeno fino a giovedì. Nella zona di Haifa e di Safed sono state dislocate batterie anti-aeree Iron Dome, che vanno ad affiancarsi ai Patriot e agli Arrow, già schierati. Ad Haifa, su ordine del comando militare delle retrovie, viene verificata una volta di più l'agibilità dei rifugi pubblici, mentre alla popolazione si ricorda che la difesa migliore da attacchi missilistici è garantita dalle "stanze protette" che dovrebbero essere allestite in ogni appartamento. Negli uffici postali inoltre è molto cresciuta oggi la richiesta di maschere antigas: «Quattro volte più che nelle giornate passate», dicono i funzionari. Anche nelle alture occupate del Golan si respira oggi un'atmosfera di tensione. Per 40 anni è stata quella la zona più tranquilla di Israele. Comprensibile dunque lo sbigottimento dei circa 30 mila abitanti ebrei della zona quando negli ultimi giorni, per due volte, hanno sentito sirene di allarme.
In un primo momento è stato detto loro che si trattava di un normale guasto. Poi, alla luce delle informazioni che giungevano dalla Siria, hanno compreso che probabilmente si trattava di una verifica, nel timore che la prossima volta debbano essere utilizzate per un allarme reale. Per il momento Israele non ostenta in quella zona dispiegamenti di forze. Gli ordini ricevuti dal governo sono di mantenere un basso profilo, nelle speranza che l'eventuale reazione siriana - oggi Damasco ha parlato di «dichiarazione di guerra» - resti contenuta. Ma anche nel Golan i responsabili municipali hanno dovuto verificare oggi l'efficienza dei sistemi di allarme. E in cielo si susseguono con insistenza i voli degli apparecchi dell'aviazione militare, diretti verso il Libano. Mentre i responsabili si preparano dunque ad affrontare possibili situazioni di emergenza, in serata si è svolta ad Haifa una piccola manifestazione indetta da giovani attivisti comunisti. Al grido di "Giù le mani dalla Siria" hanno sonoramente protestato contro il raid a Damasco e hanno ribadito di essere schierati «dalla parte della Siria, contro l'imperialismo, contro la reazione e contro il sionismo».

(Shippingonline.it, 5 maggio 2013)


Israele e l'enigma siriano

di Michael Sfaradi

TEL AVIV, 5 maggio 2013 - Più volte il governo di Gerusalemme, per voce di alcuni funzionari del ministero della difesa o degli esteri, aveva avvertito, sia direttamente sia tramite i canali internazionali, che non sarebbero stati tollerati spostamenti di armi strategiche come quelle chimiche in dotazione all'esercito siriano o di missili a lunga gittata di fabbricazione iraniana nelle mani della milizia sciita Hetzbollah. Già nei mesi scorsi l'aeronautica militare israeliana aveva colpito, alla periferia di Damasco, il centro di ricerche per la guerra chimica dell'esercito siriano. Si trattò comunque di un'azione mirata e di basso profilo, più che un vero e proprio atto di guerra un serio avvertimento, niente a che vedere con quello che sta succedendo in queste ore. Ultimamente c'erano stati diversi cambiamenti ai confini fra la Siria e lo Stato ebraico, e questo non era certamente sfuggito agli esperti e agli osservatori internazionali. La prima avvisaglia si era avuta nei giorni scorsi con l'improvviso spostamento e schieramento di tre delle cinque batterie antimissile "Iron Drome", le stesse che difesero il sud di Israele durante l'operazione "Colonna di nuvola". Inizialmente si era pensato, o meglio si era voluto far credere, che l'azione fosse legata a delle non meglio precisate esercitazioni che avrebbero dovuto interessare reparti della brigata del Golan, alcuni squadroni di mezzi corazzati e decine di riservisti richiamati proprio per aggiornamento e addestramento, ma le ultime notizie che arrivano dai canali internazionali, e che stranamente vengono confermate nel giro di poche ore, hanno completamente cambiato le carte in tavola mettendo in luce il fatto che Israele segue gli eventi siriani come la massima attenzione e quando lo ritiene necessario interviene.
   Alcuni jet con lo scudo di David hanno infatti colpito a più riprese in territorio siriano. Il primo bombardamento ha interessato un convoglio che trasportava missili a lunga gittata di fabbricazione iraniana destinati ad Hetzbollah, ordigni con una gittata variabile fra i 100 e 300 km che avrebbero potuto colpire tutte le città israeliane da nord a sud. Il convoglio che era partito dall'aeroporto di Damasco prima tappa del viaggio da Teheran, ed era diretto verso il confine con il Libano quando è stato intercettato e, nel giro di pochi minuti completamente distrutto. Il secondo bombardamento ha nuovamente interessato il centro di ricerche per la guerra chimica e questa volta, stando alle notizie che riescono a filtrare, sembra che la struttura sia andata completamente distrutta. Il rischio che alla lunga il conflitto possa allargarsi è concreto anche se attualmente non è interesse né del governo siriano né di quello israeliano a scendere la miccia di una situazione che potrebbe esplodere coinvolgendo tutto il medio oriente. Hassan Nasrallah, il capo di Hetzbollah, potrebbe, come fece nel 2006, dare ordine ai suoi di martellare il nord di Israele con i missili già arrivati dall'Iran negli scorsi anni con il silente bene placido dell'UNIFIL, da questo si capisce perché lo stato maggiore israeliano abbia deciso di spostare "Iron Drome" al Nord prima di effettuare i pesanti bombardamenti di ieri e il venerdì.

(www.michaelsfaradi.it, 5 maggio 2013)


Gli ebrei dell'Armata rossa di nuovo in posa dopo settant'anni

Più di cinquecentomila ebrei sovietici combatterono con l'Armata rossa durante la seconda guerra mondiale. Alcuni di quei reduci hanno reindossato per un giorno la divisa e - medaglie bene in mostra - si sono messi in posa per uno scatto ricordo nelle loro case, in Israele. C'è chi ha scelto di posare sulla poltrona del salotto buono, chi a tavola, chi sul proprio letto. Qui il veterano Tchudnovsky Itzhak, ex comandante al fronte di Stalingrado.

Galleria fotografica

(la Repubblica, 5 maggio 2013)


"Quella famiglia ebrea nascosta nel granaio"

Giulia Guidotti, 93 anni, salvò così padre, madre e due figlie durante la guerra

di Martina Vacca

Giulia Guidotti

PISTOIA, 5 maggio 2013 - «Amici per la pelle». E' nel senso letterale dell'espressione che il legame tra la famiglia Kirsch e i Guidotti di Buriano, dopo settant'anni, è rimasto immutato. La storia l'ha raccontata agli studenti dell'istituto Capitini una delle protagoniste, Giulia Nannini Guidotti, oggi 93 anni, di Quarrata, insieme a suo nipote Morello, durante l'incontro che si è tenuto al teatro Moderno di Agliana. Per oltre un anno, dal 1943 al 1944, Giulia, all'epoca 23enne, e la sua famiglia nascosero nella loro casa una famiglia ebrea, i Kirsch, per salvarli dalle deportazioni. E loro non l'hanno mai dimenticato: dopo settant'anni si tengono in contatto, si parlano via Skype, come hanno fatto anche l'altra mattina davanti agli studenti di Agliana, che a gennaio sono stati anche in visita ad Auschwitz.
  «Ricordo ancora — racconta Giulia— quando venne da me il signor Lenzi che viveva vicino a noi, e disse a mio cognato: 'C'è da tenere una famiglia, ma chi sono non ve lo dico'. Noi non facemmo domande e preparammo una stanza grande, che noi usavamo come granaio, quando era stagione, al secondo piano della nostra casa. Nessuno chiese chi fossero ma io li conoscevo: erano venuti a stare poco lontano da noi, il babbo Giorgio, la moglie Lily e le figlie Inge e Daisy, di appena 5 anni. Poi sapemmo che erano fuggiti da Zagabria e erano arrivati qui a Quarrata. Io all'epoca ero sposata e avevo già mio figlio maggiore Morando; io e mio marito Aliberto vivevamo con le famiglie dei miei cognati a Buriano».
  «Ricordo che se ne stavano tutto il giorno chiusi nel granaio, al buio e con le finestre chiuse per non farsi vedere. Io andavo la mattina a portare loro la colazione, bussavo piano con due colpi e loro mi aprivano, e così a mezzogiorno e alla sera. A noi il grano non mancava e preparavamo i covaccini per tutta la famiglia. Io andavo su e giù per quelle scale mille volte al giorno — ricorda la signora Giulia — anche perché mi ero affezionata a tutti. Una sera venne giù la Daisy, la più piccola, di 5 anni, e all'improvvisò bussò alla porta un uomo, era un nostro amico. La presentammo come una cuginetta venuta da Empoli, ma lei si speventò e pianse tutta la notte. Altre volte arrivavano i controlli, ma i carabinieri di Quarrata ci avvisavano sempre per tempo, loro sapevano e ci aiutarono per tutto il tempo».
  Qualcuno però sospettava in paese, soprattutto vedendo quella finestra sempre chiusa e i carichi di biancheria che Giulia puntualmente stendeva. «Così una notte se ne andarono, li vedemmo partire sul 'barroccio' — racconta Giulia —. Fu mio cognato ad accompagnarli sui monti e non volle mai dirci dove. Abbiamo vissuto mesi terribili pensando a loro finché la sera del 7 settembre del 1944, mentre io ero in casa e stavo per partorire il mio secondo figlio, li vidi ritornare: la guerra era finita e loro vennero a ringraziarci». La famiglia Kirsh ha vissuto a Firenze fino al '66, per poi trasferirsi a Los Angeles. Giulia, vedova dal 1984, ha lasciato Buriano e vive a Quarrata in via Corrado da Montemagno. Ad occuparsi di lei oggi sono i figli Morando e Mauro. Lei ricama e crea abiti in filet per i nipotini, seduta davanti alla finestra che dà sulle colline. «E' un posto magnifico — dice — anche per questo mi dispiacerebbe morire».

(La Nazione, 5 maggio 2013)


Budapest - Al via i lavori del World Jewish Congress

Tra nuovi fantasmi che si affacciano e risposte condivise

Si è aperta questa mattina a Budapest la riunione del World Jewish Congress dedicata al tema dell'antisemitismo e alla collaborazione tra le diverse realtà ebraiche internazionali. Un appuntamento di grande significato la cui vigilia è stata caratterizzata dalle manifestazioni apertamente antisemite e razziste di alcune centinaia di militanti del movimento di estrema destra Jobbik che davanti al Parlamento hanno manifestato il loro dissenso nei confronti dell'evento che vede raccogliersi oltre 500 delegati da tutto il mondo tra cui un significativo gruppo italiano composto, su indicazione dell'UCEI, dai consiglieri Roberto Jarach, Cobi Benatoff ed Eva Ruth Palmieri. Ha annunciato la propria presenza ai lavori anche il presidente della Comunità ebraica di Roma e consigliere UCEI Riccardo Pacifici.
Numerosi i temi messi a fuoco già in apertura di riunione (nella foto). Si è parlato molto di Europa con l'intervento del presidente del Congresso ebraico europeo Moshe Kantor e con i primi successi ottenuti in Grecia contro Alba Dorata. A darne notizia il leader degli ebrei ellenici David Saltiel. Nel pomeriggio ci si soffermerà ancora una volta sull'antisemitismo e sulla difesa dell'immagine e dell'integrità di Israele nelle varie realtà internazionali. A fare da sfondo l'inquietante corteo delle scorse ore su cui si concentrano i radar dei principali media. Tra gli aspetti che vengono maggiormente evidenziati il tentativo del primo ministro conservatore Viktor Orban di bloccare la manifestazione infrantosi contro il parere negativo della corte di Budapest. Sarà proprio il discusso premier magiaro a prendere la parola nel tardo pomeriggio per difendersi dalle accuse che gli sono state rivolte in merito alla scarsa efficacia delle azioni di contrasto alla violenza - verbale e fisica - di cui si sono resi protagonisti i militanti di Jobbik dalla loro comparsa sulla scena pubblica e politica. "Un discorso molto atteso, che sta scrivendo di proprio pugno in questi minuti", conferma al telefono Roberto Jarach. Critiche per l'operato del leader di Fidesz anche presidente UCEI Renzo Gattegna in una nota ripresa dal Corriere della sera assieme alle considerazioni dello storico e direttore della Fondazione Cdec Michele Sarfatti. "In Ungheria c'è una situazione intollerabile alimentata dalla recrudescenza del linguaggio e dei comportamenti del partito estremista Jobbik - la constatazione di Gattegna - ma anche dalla miopia delle autorità governative che contribuiscono a questo clima con provvedimenti inadeguati".
Sul tema è intervenuto pubblicamente anche il consigliere Vittorio Pavoncello. "Il razzismo, la xenofobia, il nazismo - scrive - sono argomenti che devono interessare tutta la società civile, non deve essere una lotta soltanto degli ebrei. Sarebbe giusto e bene se le comunità ebraiche dei Paesi europei che aderiscono alla UE, presentassero ai loro rispettivi governi, una denuncia ufficiale, che dovrà essere portata all'interno dell'Europarlamento".

(Notiziario Ucei, 5 maggio 2013)


Raid israeliano in Siria: missili iraniani nel mirino

di Fiamma Nirenstein

Obama può scegliere tutte le linee di prudenza che crede quando si parla di Siria, ma il rischio è che il terreno frani mentre lo tasta. E che si trovi come ieri a dover fornire il suo appoggio a cose fatte («Israele ha diritto di difendersi da armi») ad azioni come quella riportata ieri dalla Cnn, secondo cui giovedì o venerdì l'esercito israeliano aveva attaccato una struttura siriana segreta per le armi chimiche, l'informazione proveniva dalle forze di opposizione, e probabilmente gli attacchi erano stati lanciati dallo spazio aereo libanese. Ora Israele la mette giù più lieve, facendo filtrare che nessuna struttura siriana sarebbe stata presa di mira, ma concede che siano stati bombardati pericolosi rifornimenti per gli Hezbollah.
Secondo il New York Times, però,l'obiettivo del raid aereo israeliano è stato un deposito in un aeroporto presso Damasco, nel quale erano ammassati missili iraniani del tipo Fateh-11OS.
Un deposito che sarebbe stato sotto il controllo di miliziani di Hezbollah e di elementi di Al Quds, forza paramilitare d'elite iraniana.
Ma da dove provenivano gli aerei? Esistono le cosiddette standoff bomb che si possono lanciare sull'obiettivo anche da una dozzina di chilometri di distanza. Ma il presidente libanese Michel Suleiman
si è lamentato di numerosi sorvoli israeliani su Beirut, e si dice a Gerusalemme che sedici aerei da guerra sono decollati in poche ore e che la notte precedente Netanyahu ha convocato il Gabinetto per una riunione segreta. Suleiman accusa Israele di volere sovvertire la situazione libanese con questi sorvoli, ma la minaccia di sovversione è invece legata alla partecipazione degli Hezbollah alla guerra siriana. La Milizia di Dio rifornita dall'Iran e nell'ambito di un asse strategico ed economico che tiene insieme le forze sciite, ovvero gli ayatollah, Assad e Nasrallah, ha aiutato il rais siriano a fare quei settantamila morti che sono lo scandalo e il dolore del mondo intero. Ha combattuto con tutta se stessa, armi, uomini, addestramento. Solo ieri il vice di Nasrallah, Naim Qassem, ribadiva «noi abbiamo il dovere di armare i cittadini che abitano nei villagi del Qussair», ovvero al confine col Libano, sciiti.
Questo significa che la già terribile confusione importata in Libano dal numero stragrande di profughi siriani (pare siano 336mila) è complicata da scontri armati fra sciiti e sunniti mentre si rinfocolano tutti i conflitti etnici e religiosi che hanno straziato quel povero Paese per decenni. E la presenza siriana, cacciata con tanta fatica, rientra importata dal conflitto di cui gli Hezbollah sono comprimari. Nasrallah ha perso uomini, denaro e presa politica locale con la guerra, e ora non ha altra strada che quella di portare il conflitto alle stelle. È per questo che un drone, probabilmente suo,
è stato abbattuto dagli israeliani vicino alla città di Haifa solo giovedì, e Nasrallah ha fatto sapere: «Se qualcuno ci crede indeboliti a causa del conflitto siriano, si sbaglia di grosso». Hezbollah insomma suggerisce minacciosamente ai libanesi di lasciargli attuare il suo piano: rimandare le elezioni, in modo che la sua attuale partecipazione al governo non venga messa in discussione. E intanto prepara una scena di coinvolgimento bellico dell'intero Paese per salvare Assad e se stesso. Naturalmente l'Iran fa da burattinaio.
Ma Israele come si vede, non ha remore nell'affrontare Hezbollah se, come stavolta, sta per venire in suo possesso qualche arma strategica, come i missili in grado di portare testate chimiche che sembra siano stati bombardati in Siria. Dunque, agirà in ogni situazione di pericolo, cercando di non prendere posizione per l'una o l'altra parte politica. E questa sua ultima mossa fa capire che non ha un problema ideologico ma pratico. Qui troviamo anche un chiaro monito all'Iran: anche se Obama non si muove, l'IDF non esiterà, se necessario e ovunque necessario, per esempio contro le strutture atomiche degli ayatollah. In più, si capisce dalla mancanza di remore nel colpire Assad e Hezbollah che per Netanyahu che l'asse iraniano venga danneggiato, ovvero che può anche, se del caso, venire utile ai suoi nemici.
Invece Obama si dibatte nel suo dilemma ideologico da quando è apparso evidente che Assad ha scavalcato la «linea rossa» delle armi chimiche. Anzi, ha due dilemmi: la sua dottrina lo tiene lontano dall'intervento bellico, che rifiuta per principio. Ma deve salvare la vita di una popolazione falcidiata da un dittatore assatanato, e i diritti umani sono un suo principio. D'altra parte, le informazioni sull'estremismo islamista delle milizie in guerra con Assad sono peggiori ogni giorno, e Obama, che nel passato si è illuso sull'avvento al potere della Fratellanza Musulmana, non vuole fare un bis peggiore accogliendo come amici gli adepti di Al Qaida.

(il Giornale, 5 maggio 2013)


Budapest, corteo antisemita prima del Congresso ebraico

Circa mille sostenitori del partito ungherese di estrema destra Jobbik hanno manifestatoa Budapest alla vigilia dell'apertura del Congresso mondiale ebraico (Wjc). Il corteo si tenuto nonostante gli sforzi del governo per vietarlo a causa della sua natura antisemita. Jobbik il terzo partito per rappresentanza in Parlamento. I dimostranti si sono lamentati per il Congresso ebraico, hanno pregato per la fine del sionismo e hanno chiesto le dimissioni di tutti i parlamentari e i dipendenti pubblici che hanno doppia cittadinanza ungherese e israeliana. In Ungheria vive une delle piu grandi comunita ebraiche in Europa, con 100mila . Mentre 600mila ebrei ungheresi furono sterminati nei lager nazisti durante la Shoah.

Video

(la Repubblica, 4 maggio 2013)


In sinagoga la "musica perseguitata"

Domani doppio appuntamento in sinagoga. Archi e memoria domani alle 16,30 per Via Foa in concerto. Aperta anche una mostra.

di Giovanni Barberis

  
Sinagoga di Vercelli
VERCELLI - La rassegna «Via Foa in concerto» promossa dalla Comunità ebraica di Vercelli con il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano prosegue in Sinagoga domani alle 16,30. Sotto il titolo di «Musica perseguitata» verrà proposto un concerto in parallelo ad una mostra con il coordinamento di Simonetta Heger, docente di piano e cembalo al Conservatorio.
La mostra è curata dallo Spazio Europeo della Memoria Musicale. Commenta il presidente della Comunità Rossella Bottini Treves: «Si tratta di un centro di documentazione e di ricerca, istituito sei anni fa nella biblioteca del Conservatorio milanese, con la finalità di valorizzare figure di musicisti discriminati da politiche di regime o vittime di persecuzioni razziali, attraverso concerti, ricerca musicologica e divulgazione».
Il fondo documentario conservato è oggetto di assiduo studio e catalogazione di materiale originale: dalle composizioni di Aldo Finzi a quelle di Alberto Gentili.
«Musica perseguitata - continua Rossella Bottini Treves - non è solo il nome della collana di studi, ma anche il titolo di una ricerca rivolta alla "musica degenerata" e a quanto avvenuto in Italia e in particolare nel Conservatorio di Milano dopo le leggi razziali».
La ricerca, nata dal progetto di Simonetta Heger, è stata realizzata, sotto il coordinamento della docente di Storia della musica Pinuccia Carrer, da Cecilia Missaglia, Francesco Steca e Emiliano Rossi che interverranno per commentare la mostra.
L'esposizione documentaria sarà allestita sul matroneo della Sinagoga da poco restaurato, mentre, a seguire, il concerto tenuto da Lucia Zanoni e Margherita Miramonti (violini), Susanna Tognella (viola) e Giovanni Volpe (violoncello) si svolgerà nella sala a piano terra. Il programma comprenderà musiche di Felix Mendelssohn Bartholdy, di Alberto Gentili e di Kurt Sonnenfeld. Di questi ultimi due compositori, le partiture proposte sono inedite e conservate in manoscritto autografo al suddetto Spazio Europeo della Memoria Musicale.

(La Stampa, 4 maggio 2013)


Raid aereo israeliano in Siria confermato

A livello ufficiale, in ogni modo, le autorità israeliane - nel pieno del riposo del sabato - tacciono rifiutando qualunque dichiarazione

GERUSALEMME - Una fonte della sicurezza israeliana, citata da siti online locali, ha confermato che Israele ha compiuto nella notte fra giovedì e venerdì un singolo raid aereo sulla Siria. Secondo quanto rilanciato dalla tv al-Arabiya e da altri media internazionali, sarebbe stato preso di mira un trasferimento di "missili sofisticati". La fonte, citata in forma anonima, non ha fornito ulteriori dettagli, né ha precisato dove fossero destinati i missili.
È noto peraltro il timore d'Israele sul possibile passaggio di armi di alta precisione dall'arsenale delle forze di Damasco a quello delle milizie sciite libanesi di Hezbollah (alleate dell'Iran e del regime di Assad, ma nemiche giurate dello Stato Ebraico), oltre che sull'eventuale rafforzamento di gruppi jihadisti filo al-Qaida nelle file degli insorti siriani.
A livello ufficiale, in ogni modo, le autorità israeliane - nel pieno del riposo del sabato - tacciono rifiutando qualunque dichiarazione. Interpellato sulle prime notizie di fonte americana a proposito del raid, un portavoce dell'ambasciata d'Israele a Washington si è da parte sua limitato a dire: "Noi non possiamo commentare queste informazioni, ma possiamo dire che Israele è determinato a prevenire il trasferimento di armi chimiche o di altro armamento che possa cambiare le carte in tavola (nei rapporti di forza regionali) dal regime siriano verso gruppi terroristici, e in particolare verso Hezbollah".
Un'incursione analoga d'Israele sulla Siria era già stata rivelata nelle settimane scorse. Giovedì, inoltre, giusto poche ore prima del presunto ultimo raid, il premier israeliano Benyamin Netanyahu - a quanto riferisce l'agenzia Reuters citando fonti proprie - aveva presieduto a Gerusalemme una riunione riservata del gabinetto della sicurezza nazionale.

(tio.ch, 4 maggio 2013)


Shoah e studenti, i viaggi della memoria diventano una mostra.

Al Vittoriano fino al 3 giugno

ROMA - C'è il plastico di Auschwitz in legno, realizzato dalla Scuola Ebraica e da quella Germanica, che per la prima volta lavorano insieme. C'è il quadro in 3D dell'Istituto Renzo Rossi su "Il dovere della memoria". Ci sono pannelli carichi di foto molto belle e cortometraggi, come quello del Luisa di Savoia "Il baule dei ricordi" che potrebbe partecipare a un Festival di professionisti. La mostra della memoria realizzata interamente da studenti è tutto questo e molto di più.
   «Ci sono tutta la fantasia e la creatività di cui sono capaci i nostri giovani e il desiderio di fare memoria e di tramandare alla città quanto vissuto attraverso i viaggi con Roma Capitale», ha detto l'Assessore alla Famiglia, all'Educazione e ai Giovani di Roma Capitale Gianluigi De Palo, in occasione dell'inaugurazione. «La mostra che inauguriamo oggi, da un lato chiude un percorso bellissimo, quello del progetto di 'Roma nel cammino della Memoria', dall'altro apre alla città e a tutti i suoi visitatori un grande e variegato 'libro multimediale' scritto dagli oltre 5400 studenti delle 208 classi delle 104 scuole secondarie di primo e secondo grado romane che hanno partecipato, vissuto e riflettuto sui due percorsi della memoria di quest'anno. Un contributo che è anche una sfida, un laboratorio di umanità e di futuro».
L'inaugurazione della mostra
   La mostra è allestita presso la Sala della Gipsoteca del Vittoriano, della Mostra sulla Memoria, realizzata con i lavori degli alunni che hanno visitato e approfondito alcuni dei luoghi più significativi delle tragedie e della Storia del '900, allestita in collaborazione con la società Comunicare Organizzando. L'esposizione sarà visitabile gratuitamente fino al prossimo 3 giugno. Con l'assessore all'inaugurazione, oltre ad Alessandro Nicosia, Presidente di Comunicare Organizzando, Leone Paserman, Presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma e numerose personalità della cultura e dello spettacolo, tra cui Beatrice Fazi, Marco Falaguasta, Sami Modiano.
   «Due i percorsi proposti quest'anno riproposti nella mostra: quello della Shoah con i viaggi ad Auschwitz -Birkenau e a Fossoli e quello del dramma del confine orientale e delle Foibe, con il viaggio in Istria e Dalmazia. Esperienze che lasciano il segno, che fanno maturare i giovani che hanno l'opportunità di fare il viaggio e di ascoltare le storie dei testimoni sullo sfondo dei luoghi che hanno visto svolgersi i drammi dell'umanità del secolo scorso. Storie che dai libri si fanno carne e sangue nei viaggi e diventano poi, splendide fotografie, pannelli artistici, installazioni visive, reportage in dvd, libri, raccolti in questa mostra, per far rivivere ai visitatori dell'esposizione le emozioni provate dagli studenti negli itinerari», conclude De Palo. In dettaglio, nell'ambito del progetto 'Roma nel cammino della Memoria: 240 studenti di 40 scuole superiori con 40 docenti, hanno condiviso con l'Assessore De Palo e con il Sindaco Alemanno il viaggio ad Auschwitz-Birkenau, lo scorso ottobre; 180 studenti di 30 scuole superiori con altrettanti studenti, hanno visitato i luoghi-simbolo del Confine Orientale italiano, in Istria e Venezia-Giulia, lo scorso marzo; 170 studenti di 34 scuole medie romane sono entrati nel campo di polizia e transito di Fossoli di Carpi (Mo) insieme ai loro docenti lo scorso aprile.

(Il Messaggero, 4 maggio 2013)


La vendetta di Fayyad: «Leadeship Anp improvvisata, fallimentare»

In un'intervista al New York Times l'ex premier spara a zero sui vertici dell'Autorità Nazionale e sostiene che il destino dei palestinesi è nelle mani sbagliate.

Per sganciare i suoi siluri l'ex premier palestinese Salam Fayyad ha scelto uno dei giornali più autorevoli al mondo, il New York Times. Intervistato dal quotidiano americano, Fayyad ha previsto il crollo dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e descritto la leadership palestinese come «improvvisata» e «fallimentare».
«La nostra storia è segnata da una leadership fallimentare» ha detto Fayyad, «è incredibile che il destino del popolo palestinese sia interamente nelle mani di leader improvvisati, guidati da decisioni estemporanee, poco serie. Noi non abbiamo una strategia, abbiamo accettato intese sulla base di tattica, siamo ostaggi della nostra retorica».
L'ex premier in apparenza si include tra i leader fallimentari ma l'intervista al NYT è considerata un attacco frontale al presidente dell'Anp Mahmud Abbas (Abu Mazen). I due negli ultimi tempi si erano allontanati politicamente e da un punto di vista personale. Abu Mazen, stando ai bene informati, da lungo tempo meditava di sostituire Fayyad, premier al 2007 fino al mese scorso, ma aveva sempre rinunciato all'idea per le pressioni di Stati Uniti e Europa.
Fayyad, un economista formatosi in Texas ed ex funzionario della Banca Mondiale e del FMI, era il punto di riferimento privilegiato di Washington e Bruxelles per i finanziamenti all'Anp. L'ex premier però era entrato in rotta di collisione con Fatah, il partito di Abu Mazen, che lo accusa di «incapacità» e di aver provocato maggiore povertà tra i palestinesi con le sue politiche di rigore nei conti pubblici e nella spesa sociale.

(globalisti, 4 maggio 2013)


Fondotinta sbugiardato e L'Oréal finisce in tribunale

Una donna di religione ebrea ortodossa ha fatto causa alla Lancôme, azienda di proprietà L'Oréal, per aver usato un fondotinta che non si è rivelato all'altezza delle aspettative.

24 ORE DI DURATA - Il New York Post ha raccontato la storia, che vede come oggetto del contendere il fondotinta Lancôme Teint Idole Ultra 24 ore, nato per avere una durata di 24 ore, come recita lo spot pubblicitario indica. Un prodotto perfetto per le signore ebree ortodosse che vogliano rispettare lo Shabbat, il sabato di riposo. Infatti la signora, con relativa tranquillità, ha steso il fondotinta sulla pelle il venerdì sera, convinta che durasse sino alla sera del giorno dopo, così da permetterle di rispettare lo Shabbat, che vieta anche l'applicazione del make up sul viso.

SCELTA OCULATA - Il risultato purtroppo non è stato soddisfacente. Così la cliente, che aveva speso circa quaranta dollari per il prodotto di bellezza, si è resa conto di avere un brutto aspetto in un giorno importante, quello del Bar Mitzvah di suo figlio. Durante il sonno e il contatto con il cuscino, il fondotinta non è riuscito a tenere alla perfezione, ma ormai non c'era più nulla da fare. Il legale della donna ha raccontato al New York Post che applicare il make up è considerato un lavoro creativo e pertanto bandito dallo Shabbat, e ogni ritocco al trucco è vietato. Per questo motivo ora la donna ha chiesto i danni per la pubblicità ingannevole e lesiva della religione ebraica. Un portavoce L'Oréal ha dichiarato che l'azienda è serena, non sarà questa causa pretestuosa a mettere in cattiva luce la maison francese.

(Tempi.it, 4 maggio 2013)


Calcio - Sfida calda fra Beitar Gerusalemme e Bnei Sakhnin

TEL AVIV, 3 mag - Si preannuncia una partita ad alto rischio in Israele l'incontro di massima serie, domani, tra il Bnei Sakhnin e il Beitar Gerusalemme. La prima e' una squadra arabo israeliana, la seconda ha molti tifosi legati alla destra ultranazionalista ebraica, protagonisti di episodi di violenza e xenofobia. La polizia presidiera' con 600 agenti lo stadio Doha a Sakhnin, citta' araba della Galilea, nel nord d'Israele. Anche per la partita di andata, a Gerusalemme, furono prese misure eccezionali.

(Corriere dello Sport, 3 maggio 2013


Israele protesta con Google per l'uso del nome 'Palestina '

TEL AVIV - "Sorprendente": così il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Yigal Palmor ha ha definito oggi la decisione del motore di ricerca Google, annunciata ieri, di modificare l'intestazione della homepage all'indirizzo www.google.ps. con il nome geografico 'Palestina' e non più con 'Territori Palestinesi'. Decisione presa dopo il riconoscimento da parte dell'Assemblea generale dell'Onu, a settembre, della Palestina quale Stato osservatore non membro.
L'iniziativa di Google - polemizza Palmor - "suggerisce interrogativi sulle ragioni dietro questa scelta" che arriva da una "un'azienda privata" e che irrompe sul terreno della "politica internazionale in maniera controversa". "Google comunque - rimarca il portavoce - non è un'entità politica né diplomatica, quindi può chiamare qualsiasi cosa con qualsiasi nome senza che questo abbia alcun valore politico o diplomatico". Google ha immediatamente replicato: ''quando diamo un nome ai Paesi ci consultiamo con un certo numero di fonti e di autorità internazionali. In questo caso, abbiamo seguito le indicazioni delle Nazioni Unite e dei suoi Paesi membri, dell'Icann (l'ente che assegna i nomi su internet, ndr), dell'Iso e di altre organizzazioni internazionali", ha puntualizzato seccamente Nate Tyler, un portavoce del colosso Internet.

(ANSAmed, 3 maggio 2013)


L’articolista ANSA naturalmente mostra di compiacersi della “immediata replica” di Google. Effettivamente, non valeva la pena di dare questa soddisfazione a Google e all’ANSA. Più le Nazioni Unite vanno contro Israele, più la gente ne sottolinea l’importanza. Ma sono le Nazioni Unite ad essere bacate fin dalle origini. Non è meglio continuare a sottolineare questo?


A Gerusalemme una bella mostra racconta l'ultimo viaggio di Erode

Installazione della tomba di Erode

Sarcofago del re Erode

Coppe per bere, in vetro, di epoca augustea

Ha tutte le carte in regola per essere una delle mostre archeologiche più interessanti dell'anno: Erode il Grande, l'ultimo viaggio del Re, è l'esposizione con cui riapre i battenti, dopo i lavori di ammodernamento, il Museo d'Israele a Gerusalemme. Dedicata al sovrano ebreo più famoso (dopo Davide) è anche un omaggio all'archeologo Ehud Netzer che ha speso tutta la vita studiando la storia dell'epoca di Erode il Grande, fino a scoprirne la tomba nel 2007 e a trovare la morte tre anni dopo, per le ferite riportate in una rovinosa caduta proprio all'Herodion.
Netzer aveva partecipato alle campagne di scavi di Masada con il mitico di Yigael Yadin (e qui l'aggettivo "mitico" condensa l'importanza dell'opera pionieristica di Yadin come archeologo ma anche la sua enorme influenza nell'immaginario collettivo israeliano attraverso l'esaltazione dell'estrema difesa della fortezza da parte di un gruppo di resistenti all'occupazione romana, giunta fino al suicidio collettivo, stando all'intenso racconto dello storico ebreo - ma filo romano - Flavio Giuseppe).
Il percorso espositivo raccoglie circa 250 reperti provenienti da siti archeologici che raccontano quel periodo cruciale per la storia della regione e dell'intero Mediterraneo: Erode, nato attorno al 73 a.C., fu re dal 37 al 4 a.C. Ci sono per esempio affreschi e tre sarcofagi rinvenuti nella tomba del re all'Herodion, la vasca privata del re ritrovata nella fortezza di Cipro e un'altra vasca in marmo che gli studiosi ritengono offerta in dono ad Erode dall'imperatore Augusto. Pannelli illustrativi, modellini (come quello del mausoleo del sovrano) e ricostruzioni virtuali consentono ai visitatori di immergersi nella storia del primo secolo avanti Cristo.
"Il professor Ehud Netzer, con la scoperta della tomba di Erode, ha coronato gli scavi intrapresi nel sito dell'Herodion nel 2007. Gli importanti reperti riportati alla luce dagli archeologi che hanno lavorato nel sito in questi ultimi cinque anni hanno accresciuto la nostra riconoscenza per le grandi scoperte del prof. Netzer, contribuendo ad arricchire la nostra comprensione di Erode, del suo regno e del suo ruolo nella storia della regione. - ha dichiarato James S. Snyder, direttore del Museo - Siamo fieri del restauro completo della tomba effettuato dall'équipe dei conservatori del Museo e raggianti di emozione di presentare per la prima volta al pubblico questi resti impressionanti in occasione di una mostra che fa luce su un periodo cruciale della storia della Terra di Israele."
La mostra, aperta lo scorso 13 febbraio, avrebbe dovuto chiudersi il 5 ottobre, ma è stata prorogata fino al 4 gennaio dell'anno prossimo.

(@libi online, 3 maggio 2013)


Troppa nebbia in Israele: stop ai voli

Anche passeggeri italiani bloccati all'aeroporto Ben Gurion

TEL AVIV, 3 mag - La forte nebbia che da ieri e' scesa sulla costa centrale israeliana ha procurato disagi e ritardi nei voli in partenza e in arrivo dall'aeroporto Ben Gurion la notte appena passata. Alcuni di questi - i media parlano di 5 aeromobili - sono dovuti atterrare a Larnaca a Cipro, viste le condizioni di visibilita' dello scalo israeliano. Tra essi il volo dell'Alitalia - con diversi italiani tra i passeggeri - che sarebbe dovuto arrivare durante la notte e poi ripartire alle 05,15.

(ANSA, 3 maggio 2013)


«La sharia viene applicata ampiamente in Gran Bretagna tutti i giorni»

In Inghilterra ci sono 85 corti legali della sharia, che dettano legge tra le comunità musulmane. La Bbc svela cosa avviene al loro interno.

Poligamia e mutilazioni genitali, ripudio della moglie, prevenzione dei matrimoni misti e accettazione delle violenze domestiche. Non parliamo dell'Afghanistan ma del Regno Unito. Oggi il Foglio riporta l'impresa di una giornalista della Bbc, che è riuscita per la prima volta a entrare e filmare l'operato delle corti della sharia, che in Inghilterra rappresentano un sistema legale parallelo alla Common Law. «Di corti della sharia in Inghilterra ne esistono 85 - scrive il Foglio - Poi c'è una vasta rete di "consigli" informali islamici, che operano esternamente alle moschee, occupandosi di divorzi e di custodia dei figli».

CORTI DELLA SHARIA. «Giudici e corti, formati all'interno di moschee, centri islamici e scuole, hanno già emesso decine di migliaia di sentenze relative allo stato civile e famigliare dei musulmani inglesi. L'alta corte britannica di recente ha sentenziato, nel caso di una coppia di ebrei ortodossi, che le corti religiose hanno il diritto di gestire i casi di divorzio, aprendo così direttamente alla possibilità di una legislazione autonoma delle corti della sharia».

COMANDA IL CORANO. Che cosa avviene nelle corti? Il filmato della Bbc mostra una donna di nome Sonia che dopo avere ottenuto l'affidamento dei figli in un processo civile, perché il marito era violento, si è rivolta in quanto osservante a una corte della sharia, che in ossequio al Corano ha affidato i figli al marito. La donna ha accettato. Come spiega ancora il Foglio, «in Inghilterra l'evoluzione di questo sistema giudiziario "alieno" è stata possibile grazie al British Arbitration Act, che classifica le corti della sharia come "tribunali arbitrali"», previsti dalla legge per dirimere controversie tra due soggetti. Ma secondo il Daily Telegraph «i tribunali islamici si fondano sul rifiuto del principio di inviolabilità dei diritti umani, dei valori di libertà e di uguaglianza che sono alla base delle democrazie europee».

EREDITÀ AI MASCHI. In un altro caso, a Nuneaton, l'eredità di un padre non è stata divisa equamente tra le figlie femmine e i due maschi, come prevede la sharia. E ancora: «In sei casi di violenza domestica, nei quali le donne denunciavano maltrattamenti da parte dei mariti, i giudici si sono espressi in termini estremamente miti, condannando gli uomini a seguire corsi per la "gestione della rabbia". Le donne hanno ritirato le denunce fatte alla polizia» perché «"la famiglia è più importante della polizia"».

POLIGAMIA. Infine, le corti della sharia introducono di fatto alla "via inglese alla poligamia": «Poiché il matrimonio siglato dalle corti non è riconosciuto dalla legge, i contratti islamici consentono a un uomo di convivere con più donne. (…) Il decano delle corti filmato dalla Bbc, Suhaib Hasan, lancia una previsione: "La sharia viene applicata ampiamente in Gran Bretagna tutti i giorni. Anche se la fustigazione degli ubriachi e dei fornicatori sembra orribile, una volta applicata diventa un deterrente efficace per l'intera società"».

(Tempi.it, 3 maggio 2013)


La Germania ha chiuso gli ebrei dentro il muro del ghetto di Varsavia, e per decine di anni ha avuto un muro nella sua capitale. L’Inghilterra, contravvenendo alle disposizioni del Mandato Britannico ha appoggiato gli arabi contro gli ebrei, e adesso ha l’islam in casa.

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A Budapest con il WJC contro il razzismo e l'antisemitismo

Manifestare concretamente solidarietà agli ebrei ungheresi, costruire sinergicamente progetti di futuro. Questa la sfida della riunione del World Jewish Congress in programma a Budapest nei prossimi giorni con la partecipazione di oltre 500 delegati da tutto il mondo. Parte attiva una delegazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane composta da Roberto Jarach e Cobi Benatoff e con Eva Ruth Palmieri in qualità di osservatrice.
"La costituzione di questa delegazione - afferma il presidente UCEI Renzo Gattegna (nella foto) - vuol essere il nostro segnale di vicinanza agli ebrei ungheresi e a tutte le altre identità sotto attacco in seguito alla crescente limitazione delle libertà individuali in atto nel paese. Una situazione intollerabile alimentata dalla recrudescenza del linguaggio e dei comportamenti del partito estremista Jobbik ma anche dalla miopia delle autorità governative che contribuiscono a questo clima con provvedimenti inadeguati che facilitano il proliferare di gruppi apertamente razzisti e antisemiti. Nell'Europa multiculturale e multietnica in cui pacificamente coesistono popoli, identità ed etnie molto diverse tra loro riteniamo non possano essere più tollerabili spinte e pulsioni che vanno nell'esatto senso contrario. La Storia ci ha insegnato, a prezzo di tragedie incommensurabili, quanto questo sia sbagliato e pericoloso". Indetta dal presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder, la riunione sarà inaugurata con l'intervento del discusso premier magiaro Viktor Orban, tornato nelle scorse ore a respingere le accuse mossegli da più fronti. "Siamo in prima fila contro Jobbik", ha affermato il controverso leader del partito conservatore Fidesz. Dall'Italia ha annunciato la propria presenza ai lavori anche il presidente della Comunità ebraica di Roma e consigliere UCEI Riccardo Pacifici.

(Notiziario Ucei, 3 maggio 2013)


Mashaal boccia lo scambio di terre con Israele proposto da Lega Araba

Il leader politico di Hamas Khaled Mashaal ha respinto la proposta della Lega Araba di scambio di terreni tra Israele e Territori palestinesi. In un'intervista all'emittente satellitare 'al-Jazeera', Mashaal ha sostenuto che qualsiasi concessione metterebbe a rischio la causa palestinese. La proposta della Lega Araba è stata formulata lunedì dopo un incontro di rappresentanti dell'organizzazione pan-araba con il Segretario di Stato Usa John Kerry. Secondo Mashaal, il piano ha come unico obiettivo quello di giungere a una pace di tipo economico tra gli Stati arabi e Israele integrandolo nella regione.
Il leader di Hamas ha invece annunciato che il movimento islamico palestinese è pronto a usare tutti i mezzi per liberare i Territori palestinesi occupati e che intende farlo nei prossimi quattro anni. Altro obiettivo è liberare tutti i detenuti palestinesi attualmente nelle carceri israeliane, ha aggiutno Mashaal.
Sul fronte interno, Mashaal ha annunciato che Hamas è anche pronto a implementare un accordo di unita' nazionale con la fazione rivale di Fatah che attualmente governa l'Autorita' nazionale palestinese. L'accordo, ha spiegato, deve essere basato sul principio di partnership e di indire elezioni.

(Aki, 2 maggio 2013)


Boston - Un eroe normale

di Simone Somekh

  
Bruce Mendelsohn
Bruce Mendelsohn ha 44 anni, vive a Boston e si occupa di pubbliche relazioni. Nel primo pomeriggio di quel fatidico 15 aprile si trova nel suo ufficio, che affaccia su Boylston Street, a due passi dalla centralissima Copley Square, dove i maratoneti stanno raggiungendo uno dopo l'altro il traguardo. Sta festeggiando insieme a suo fratello, che ha appena corso la maratona, e a diversi amici e colleghi, quando sente una forte esplosione provenire dalla strada. Tutto si ferma.
Bruce grida a suo fratello: "Fai allontanare tutti dalla finestra. Potrebbe essercene un'altra." Non ha idea di cosa sia accaduto, ma le sue parole sono provvidenziali, perché nel giro di quei venti secondi in cui tutti i presenti si ammassano verso l'interno del locale, ecco una seconda esplosione. Le persone hanno paura, nessuno sa che fare. Ma Bruce, agendo quasi d'impulso, scende precipitosamente le scale e corre in strada. In mezzo a grida, disordine e un'enorme quantità di fumo, si avvicina ai numerosi feriti.
Nel giro di pochi minuti, prima che nuovi rinforzi di soccorritori arrivino, Bruce è già in azione. Aiuta una madre sconvolta a ritrovare suo figlio, soccorre alcuni feriti caduti che si sono ammassati gli uni sugli altri. Ma soprattutto, lega una maglietta intorno alla gamba di una studentessa universitaria bloccandone l'emorragia - gesto che, stando a quanto hanno riferito i medici, le ha probabilmente salvato la vita.
A pochi giorni dall'attentato, Bruce è diventato uno dei numerosi eroi della tragedia. Attivissimo su Twitter - non a caso fa proprio il PR di lavoro - ha descritto la scena dell'attentato "come una scena da Tel Aviv, o dal Pakistan, o da Baghdad… non da Boston". Tutti però gli chiedono cosa lo abbia spinto a scendere in strada e a soccorrere i feriti in un momento altamente rischioso per tutti i presenti. "Non so cosa io abbia pensato, dev'essere stata una reazione legata al modo in cui sono stato cresciuto", risponde lui.
Bruce è ebreo, ma non è particolarmente osservante. Eppure in una situazione così grave come l'attentato terroristico di Boston, ha agito anche in funzione delle sue radici. L'uomo ha infatti dichiarato che, in quei dodici minuti trascorsi in Boylston Street (prima che un poliziotto lo invitasse ad allontanarsi), ha pensato anche alla sua identità religiosa. "Non l'ho fatto perché sono ebreo, ma quando ci penso so che c'era qualcosa di implicito nella mia fede che mi ha spinto ad aiutare le persone".
Ora si gode il suo momento di gloria. È stato recentemente invitato al Today Show insieme al pompiere Jimmy Plourde, con cui ha salvato Victoria McGrath, la giovane studentessa della Northeastern University. Ma non è solo la fama ad aver cambiato la vita di Bruce. Adesso vive ogni emozione - che sia tristezza, rabbia o gioia - in modo più forte e amplificato. "Noi ebrei studiamo molto sul pikuach nefesh", ha dichiarato, riferendosi al permesso di violare quasi ogni legge ebraica pur di salvare una vita. "C'è una differenza tra l'ebraismo teorico e l'ebraismo pratico".
Bruce Mendelsohn oggi ha una maggiore conoscenza di se stesso - non solo come uomo, ma anche come ebreo. E cambiando la vita di altri, ha cambiato anche la propria.

(Notiziario Ucei, 2 maggio 2013)


Il cedro "sacro" è qui. E a luglio arrivano i rabbini

Da Cetraro a Diamante fino ad arrivare a Santa Maria: il fiore del cedro, bianco dai contorni violacei, lo vedi già nei racconti di chi le cedriere le ha vissute da bambino. [...]
Citato per ben settanta volte dalla Bibbia, è per la religione ebraica, il frutto più prezioso. Non è un caso se i rabbini di tutto il modo, ogni estate, tra luglio e agosto, si danno appuntamento proprio a Santa Maria del Cedro. E insieme ai contadini del posto selezionano ad uno a uno i cedri migliori per la festa delle Capanne (Sukkoth). La Calabria dei contadini delle mani callose, della comunità greco-ortodosse e dei santuari cristiani che si specchiano nel mare si scopre ancora più multiculturale. Crocevia di popoli e culture. Culture diverse che nei secoli hanno trovato su questo nostro terreno un humus fecondo. Sembrerebbe, infatti, che a introdurre questa coltivazione siano stati proprio gli ebrei ellenizzati durante le loro migrazioni. La qualità più pregiata - il liscio di diamante - fiorì proprio alle foci del fiume Abatemarco, dopo la caduta di Gerusalemme....

(Calabrie.it, 2 maggio 2013)


Contro il negazionismo. Ecco l'ultimo libro di Claudio Vercelli

di Claudia De Benedetti

Domenica 5 maggio alle 17 nel Cortile delle Api della Comunità Ebraica di Casale Monferrato Claudio Vercelli presenterà il suo volume "Il negazionismo, storia di una menzogna" edito da Laterza.
Ricercatore di storia contemporanea presso l'Istituto di studi storici Salvemini di Torino presieduto da Valerio Castronovo dove coordina il progetto didattico pluriennale Usi della storia, usi della memoria è membro del comitato scientifico del medesimo istituto Durante l'incontro l'autore ricostruirà storicamente il fenomeno negazionista, ne descriverà i protagonisti e gli ideologi, raccontandone la mappa concettuale. "Il negazionismo - dice Vercelli - è un piccolo universo autoreferenziato, per alcuni aspetti quasi un genere letterario a sé, che non viene scalfito dalla ragione poiché ha una sua ragione, che riposa sulla negazione": soprattutto è un fenomeno carsico, perché a intervalli più o meno regolari, si ripresenta con inquietante costanza negando l'evidenza dello sterminio degli ebrei e, con esso, delle condotte criminali assunte dalla Germania nazista. "La totalità della menzogna non sta nelle singole affermazioni ma nel loro utilizzo in sequenza, all'interno di un universo di significati che è menzognero poiché perviene a negare la realtà dei fatti. Il negazionismo, sul piano dei concetti, non è propriamente un'ideologia compiuta così come, sul versante di coloro che lo professano e lo condividono, non costituisce una setta, anche se molte delle sue manifestazioni e dei comportamenti di coloro che si riconoscono in esso farebbero pensare altrimenti. Si tratta piuttosto di un atteggiamento mentale che si traduce in un modo di essere nei confronti del passato. Al giorno d'oggi si presenta come il prodotto della stratificazione e dell'interazione di tre elementi: il neofascismo, il radicalismo di alcuni piccoli gruppi della sinistra più estrema e il viscerale antisionismo militante delle frange islamiste".

(Comunità Ebraica di Roma, 2 maggio 2013)


Israele-Svizzera: Burkhalter a Gerusalemme

Didier Burkhalter è da ieri sera in Israele per una visita di lavoro che prevede anche uno spostamento nei Territori. È previsto un incontro nella mattinata di oggi col presidente e il primo ministro dello Stato ebraico, Shimon Peres e Benjamin Netanyahu. In serata, il capo della diplomazia elvetica vedrà il presidente dell'Autorità palestinese Mahmud Abbas e il ministro degli esteri Salam Fayyad.
Il Consigliere federale ribadirà la posizione elvetica a favore di due Stati indipendenti uno a fianco all'altro. I colloqui con gli esponenti del governo israeliano verteranno anche sull'approfondimento delle relazioni bilaterali, sulla situazione attuale nella regione e sui contributi elvetici a favore del processo di pace nel Vicino Oriente.
In Israele, indica una nota del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), Burkhalter visiterà anche diverse istituzioni, tra cui il Centro svizzero per lo studio dei conflitti ospitato nei locali della Hebrew University e il memoriale delle vittime dell'Olocausto Yad Vashem di Gerusalemme.
Il processo di pace mediorientale sarà anche al centro delle discussioni che il ministro avrà con le autorità palestinesi a Ramallah. Nei Territori il capo del DFAE incontrerà anche i responsabili della Cooperazione svizzera allo sviluppo in Cisgiordania e della "Temporary international presence in the city of Hebron", una forza di osservatori internazionale alla quale partecipa anche la Confederazione.

(ticinonews, 2 maggio 2013)

*

Sulla pace Netanyahu sta pensando a un referendum

Israele sta pensando di sottoporre eventuali accordi di pace con i Palestinesi ad un referendum, una prassi politica che ancora non esiste nello Stato ebraico. Lo ha anticipato oggi il premier Benyamin Netanyahu al Consigliere federale Didier Burkhalter, in visita a Gerusalemme fino a sabato.
"Se arriveremo ad accordi di pace con i Palestinesi potrei essere interessato a sottoporli ad un referendum: un tema in cui voi avete grande esperienza", ha detto il primo ministro israeliano rivolgendosi a capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) Burkhalter.
Quest'ultimo ha preso subito la palla al balzo, invitando Netanyahu in Svizzera "dove vi consiglieremo sul modo migliore di organizzare una consultazione popolare".
Sull'ipotesi di introdurre la prassi del referendum, in seno al governo israeliano vi sono già opinioni diverse. Secondo la leader centrista Tzipi Livni (ministra della giustizia e coordinatrice delle trattative di pace) "il mandato da noi ricevuto dagli elettori il giorno del voto alle politiche è più che sufficiente": un referendum sarebbe dunque superfluo.

(swissinfo.dh, 2 maggio 2013)


Israele - Palestina: nessuna possibilità di pace. Prendiamone atto

E' arrivato il momento di parlare chiaro e di superare la retorica della pace a tutti i costi tra Israele e Palestina. Nessuno da parte araba vuole veramente la pace con Israele. Ogni volta che gli israeliani concedono qualcosa ai palestinesi questi alzano la posta. E' un circolo vizioso senza fine al quale va imposto uno stop.
Lo ha capito da tempo il Premier israeliano, Benjamin Netanyahu, tanto da arrivare a sovvertire il concetto di "terra in cambio di pace", chiaramente fallito come dimostra Gaza, con il concetto di "pace in cambio di pace". Tutto il resto viene dopo....

(Rights Reporter, 2 maggio 2013)


I suoni del deserto di Giuda

Magico mix di musica ed atmosfere mozzafiato nella splendida cornice del deserto israeliano, sospesi tra il silenzio e il ritmo di questo angolo di quiete. Benvenuti al PlugFest.

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Un caldo soffocante, un paesaggio arido dipinto dalle sfumature dell'oro della sua sabbia che brilla giocando con intensità e luminosità dei più roventi raggi del sole: siamo nel deserto di Giuda, nel nulla più totale, nel silenzio più assoluto che caratterizza questa vasta distesa di dune in terra d'Israele. Il suo aspetto, nonostante si presenti così ostile, ha comunque il suo fascino, quello di un luogo dal sapore storico là dove un pulsare di emozioni e suggestioni invadono l'animo di chiunque si appresti a calpestare il suo spazio. La banalità non gli appartiene, non il solito e anonimo deserto, il colpo di scena è pronto a mozzare il fiato dietro l'angolo, una soave folata di vento che alza la sabbia e offusca momentaneamente l'immagine per trovarsi faccia a faccia con un nuovo scenario, non un miraggio dettato da colpi di caldo ma una pura realtà, quella di uno scrigno di tesori in continuo divenire che, in quei 1500 km quadrati che lo caratterizzano, vede alternarsi sorgenti minerali che sgorgano dalle montagne della Giudea, canyons profondi fino a 500 metri scavati dai fiumi che attraversano il deserto, siti storici e monasteri, come le rovine di Maar Saba e Maar Jirias.
   Tra questi scenari dal fascino primordiale regalati da madre natura, grazie all'unicità del territorio, in epoche passato trovarono nascondiglio ribelli ed isolamento monaci ed eremiti; si ricordi inoltre che la sua pace fu anche il luogo in cui vi trascorse 40 giorni di ritiro spirituale Gesù. L'orecchio abituato ai rumori del silenzio potrà presto percepire altre sonorità, di una diversa intensità, quelle del festival di musica internazionale PlugFest che, per la prima volta in assoluto, avrà come palcoscenico il villaggio di Kfar Hanokdim, situato tra Arad e l'antica fortezza di Masada, non lontano dal Mar Morto. L'appuntamento è in calendario dal 9 al 14 maggio per intense giornate musicali allietate dalla presenza di oltre 15 gruppi internazionali e con rappresentanti delle più nuove tendenze della musica israeliana come Azealia Banks, il gruppo dance-punk Chk Chk Chk (!), la cantante inglese Jessie Ware, il gruppo Tinariwen, proveniente dal deserto del Sahara e ancora CSS, Lee Scratch Perry, 2ManyDJ un gruppo alternative rock belga, John Talabot, uno dei principali dj e produttore spagnolo e tanti altri ancora.
   I turisti che desiderano scoprire la magia del posto possono avventurarsi alla scoperta del territorio effettuando escursioni in compagnia di guide esperte, onde evitare di perdersi, a piedi, in bicicletta o in fuoristrada e, per vivere a pieno il deserto, vale la pena accamparsi in tende beduine sotto le stelle, magari nella verde oasi di Kfar Hanokdim; in alternativa sistemazioni più significative in legno e pietra o alloggi appositamente progettati e strutturati con i lati di lana spessi, pavimenti in legno e letti in stile "futon", un ottimo modo per esplorare la bellezza del deserto della Giudea e la zona del Mar Morto.

(La Stampa, 2 maggio 2013)


Il grazie del Meis

FERRARA - Il Consiglio della Fondazione MEIS (Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah) ringrazia tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito, appoggiato e fornito la loro collaborazione per la buona riuscita della quarta edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia.
La Festa del Libro Ebraico in Italia non avrebbe potuto svolgersi senza il fondamentale supporto organizzativo di Ferrara Fiere Congressi.
Un particolare ringraziamento va alle istituzioni che hanno concesso il loro patrocinio: Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), Regione Emilia-Romagna, Provincia e Comune di Ferrara, Università degli Studi di Ferrara,Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Comunità Ebraica di Ferrara.
L'evento ha potuto avvalersi del prezioso contributo e della collaborazione del Comune di Cento, dell'Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, della Fondazione Giorgio Bassani e del Conservatorio "Frescobaldi" di Ferrara.
La Fondazione ringrazia altresì Gianfranco Moscati, la cui preziosa donazione ha consentito l'allestimento della mostra Testa e Cuore, e Serena di Nepi, curatrice della mostra.
Un ringraziamento va a tutti i partecipanti che hanno animato i molti appuntamenti in programma, alle case editrici che hanno fornito i volumi per la libreria della Festa e, naturalmente, a tutti i collaboratori che, a vario titolo e con diverse competenze, hanno contribuito all'ideazione, allestimento, creazione, diffusione della Festa.
Grazie soprattutto alla città di Ferrara e ai suoi cittadini che ancora una volta hanno accolto con partecipazione e interesse questo evento.
Il Consiglio della Fondazione MEIS

(estense.com, 2 maggio 2013)


Il ministro dell'edilizia israeliano: non fermeremo le costruzioni a Gerusalemme

Israele non fermerà la costruzione di case a Gerusalemme. Lo ha detto il ministro dell'edilizia Uri Ariel (nazionalista di 'Focolare ebraico') che - citato dai media - ha spiegato: "non c'è paese al mondo che congeli le costruzioni a meno che questo non sia dovuto a considerazioni di pianificazione, e certamente non nella capitale".
"Noi, ed io come ministro dell'edilizia - ha proseguito - non fermeremo le costruzioni a Gerusalemme". Ed ha aggiunto di ritenere incomprensibile la parola 'congelare'.

(ticinonews, 1 maggio 2013)


Firenze - Una festa di sport. Sognando le Maccabiadi

Sport, identità, valori. Concetti che in queste ore animano il grande raduno fiorentino del Maccabi in vista delle prossime Maccabiadi (17-30 luglio). Due gli sport su cui è focalizzata l'attenzione dello staff e dei dirigenti: calcio a cinque (categoria Open, under 18 e under 16) e volley femminile (under 16). Quasi un centinaio i partecipanti dalle diverse realtà dell'Italia ebraica. Punto di incontro una struttura d'eccellenza (il centro Virgin Active in riva all'Arno) per una giornata di festa ma anche di affinamento tecnico delle diverse compagini che parteciperanno ai giochi. "La partecipazione numericamente significativa di ragazzi da tutta Italia - afferma il presidente del Maccabi e consigliere UCEI Vittorio Pavoncello - testimonia come i valori e le sfide che portiamo avanti ogni giorno siano sempre attuali per i nostri giovani. Un impegno importante per il quale auspico maggiore collaborazione dagli altri enti che orbitano attorno al nostro mondo". A portare i saluti della Comunità ebraica, in apertura di raduno, il presidente Sara Cividalli e l'assessore allo sport Ariet Lea Jelinek. Nel pomeriggio, oltre ai vari momenti agonistici, previsti incontri con alcuni protagonisti della realtà istituzionale cittadina come il presidente del consiglio comunale ed ex assessore allo sport Eugenio Giani. "Un programma denso - spiega Pavoncello - per il quale ringrazio come sempre i tanti volontari del Maccabi ma anche la Virgin Active, la Comunità ebraica, il presidente dell'Opera del Tempio Renzo Funaro e Mauro Di Castro. Il loro prezioso lavoro ha permesso il successo dell'iniziativa".

(Notiziario Ucei, 1 maggio 2013)


L'ombra di Hezbollah riappare sul conflitto in Siria

Hassan Nasrallah
Hezbollah in Siria combatte a fianco delle milizie di Assad contro i ribelli anti-regime. Hassan Nasrallah, il leader del movimento libanese ha riconosciuto per la prima volta la partecipazione del suo gruppo. Lo ha fatto nel corso di un discorso alla tv al-Manar "'La battaglia non è finita, l'opposizione non vincerà" ha promesso con tono minaccioso"
''I veri amici della Siria nella regione non consentiranno che il Paese cada nelle mani degli Stati Uniti, di Israele e degli estremisti sunniti" - ha dichiarato. "In Siria sono presenti da una decina di anni degli esperti iraniani, che però non sono militari, ma non è esclusa la partecipazione di Stati e movimenti di resistenza e di altre forze.''
Hezbollah è filoiraniano e appoggiato dalla Siria di Bashar al Assad. Il leader del partito fondamentalista islamico sciita aveva ammesso in passato il coinvolgimento di miliziani nel conflitto siriano ma solo a titolo personale non con le insegne del partito.
Ora ha confermato la sua discesa tra le fila dell'esercito di Damasco, in particolare nei combattimenti di Qussair, regione nel centro del Paese.

(Euronews, 1 maggio 2013)


Israele ha ucciso a Gaza un terrorista

L'Aeronautica Militare d'Israele ha ucciso a Gaza un terrorista, legato allo jihad globale. Il colpo diretto è stato confermato dalla fotogrammetria aerea. L'azione è stata la risposta al colpo missilistico su territorio israeliano.
Il terrorista ucciso è stato una figura chiave nella preparazione e commercio di diversi tipi di munizioni a Gaza ed è stato complice diretto del colpo missilistico sparato sul sito turistico residenziale israeliano di Eilat, eseguito il 17 aprile. "La liquidazione del terrorista dimostra la fermezza delle Forze di Difesa Israeliana nel prevenire gli attacchi terroristici contro lo stato Israele" si dice nella dichiarazione, diffusa dall'ufficio stampa militare.

(La Voce della Russia, 1 maggio 2013)


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