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Notizie su Israele 199 - 2 ottobre 2003 |
1. Buon anno, Israele! 2. Raccondo mediorientale 3. Abu Ala: sintetico profilo politico del Primo Ministro palestinese 4. I rapporti tra ebrei americani e cristiani evangelici 5. Bambini mandati allo sbaraglio dai terroristi palestinesi 6. Notizie in breve 7. Libri 8. Musica e immagini 9. Indirizzi internet |
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1. BUON ANNO, ISRAELE!
Shanà Tovà di Deborah Fait Alcuni anni fa, prima che incominciasse questa terribile guerra chiamata "seconda intifada", la televisione israeliana, tra un programma e l'altro, mandava in onda il visetto di una bellissima bambina che con un sorriso pieno di fossette augurava "Shana' Tova' Israel". Era un periodo di tranquillita' anche se non di pace, era un periodo pieno di speranze poi crollate miseramente e tragicamente, era un periodo in cui gli israeliani si sentivano generosamente pronti ad accettare qualsiasi concessione pur di poter incominciare una vita normale, senza paura di andare in autobus o al bar sotto casa. Quel visetto e quel sorriso pieno di fossette sono scomparsi nel terrore che ci ha colpiti e oggi, a pochi giorni dal nuovo anno ebraico, 5764, non c'e' gioia, non c'e' aspettativa, siamo tristi, stanchi, mortalmente stanchi e viviamo nella paura che i terroristi palestinesi approfittino, come sempre fanno, delle nostre feste per colpirci, ricoprire ancora una volta le nostre strade di sangue e di fuoco e sommergere la nostra gente di lacrime e dolore. Dopo tre anni di guerra e nessuna speranza all'orizzonte, il mondo ci condanna perche' vogliamo espellere il responsabile della nostra tragedia, il nostro mortale nemico. Dopo tre anni di guerra abbiamo dovuto vedere ancora una volta i pacifisti duri e puri correre ad abbracciare Arafat mentre i corpi delle nostre ultime vittime ancora bruciavano sull'asfalto e lui, il nostro nemico, mandava baci e sorrisi a tutti quelli che lo acclamavano. Ma perche' poi lo acclamavano? Quale puo' essere il motivo per cui un terrorista viene acclamato? Quindici morti tra noi, gli ultimi, 900 milioni di dollari rubati ai palestinesi e messi sui suoi conti privati eppure il mondo lo acclama. Incredibile! 116 paesi su 133 votano contro Israele in suo favore, si leggono articoli pieni di livore: Arafat e' il leader eletto dei palestinesi, non si tocca! Nelle dittature arabe, compresa quella palestinese, le presidenze durano a vita ma questo non disturba il democratico occidente. Sembra sia normale cosi'. Arafat e' stato eletto nel 1996, con elezioni imposte e truccate. Fino a quando sara' "presidente democraticamente eletto" come hanno la sfrontatezza di dire i suoi ammiratori? Quanti oppositori politici potra' ancora appendere per i piedi ai pali della luce, esposti, dopo averli sventrati, al ludibrio della folla? Quanti miliardi di dollari potra' ancora rubare? Quanti ebrei potra' ancora far ammazzare? Quante porcherie sara' ancora libero di fare questo vecchio acclamato dal mondo e difeso dalle nazioni? Ci ha negato la pace e ci ha rubato la speranza per la sua sete di potere eppure dopo tre anni di guerra dobbiamo assistere ancora e soltanto alla diffamazione di Israele. Cosa avete in testa, Signori del mondo? e cosa avete nel cuore? Fra due giorni in Israele festeggeremo il nuovo anno e tutti speriamo di poterlo fare senza lacrime e sangue. Quella bella bambina col sorriso a fossette non si vede piu', al posto suo ci sono invece migliaia di bambini negli ospedali, bambini feriti, bruciati, bambini sopravissuti con biglie nel cervello, le biglie che i terroristi mescolano all'esplosivo per fare piu' male, bambini su sedie a rotelle, bambini morti anche se respirano. Mamme e papa' che piangono. A tutti questi piccoli figli di Israele rovinati dal vecchio che il mondo acclama e a tutti noi che siamo qui a soffrire nel nostro amato Paese , io dico: "SHANA TOVA' ISRAEL - BUON ANNO ISRAELE" 2. RACCONTO MEDIORIENTALE La vera storia di OLA
di Avshalom Kor 3. ABU ALA: SINTETICO PROFILO POLITICO DEL PRIMO MINISTRO PALESTINESE Il 7 settembre 2003, il Comitato centrale del movimento Fatah e il Comitato esecutivo dell'OLP hanno approvato la nomina del presidente del Consiglio legislativo palestinese, Ahmad Qurei', conosciuto anche come Abu Ala, all'incarico di primo ministro palestinese. La nomina di Abu Ala è avvenuta alcuni giorni dopo le dimissioni di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), a causa di gravi dissidi all'interno di Fatah. A differenza della nomina di Abu Mazen, avvenuta in conseguenza a pressioni esterne e non gradita da Yasser Arafat, il nome di Abu Ala è stato scelto da Arafat. Segue un breve profilo politico di Abu Ala, che mette a fuoco il suo atteggiamento nei confronti del conflitto con Israele, del processo di pace e dello status finale. Il processo politico. Gli accordi di Oslo Abu Ala, uno degli artefici degli accordi di Oslo, ritiene che "la prima Intifada ha determinato Oslo, che rappresenta un risultato importante perché ha portato a diverse conquiste senza dover dare niente in cambio."(1) Nonostante l'Intifada Al-Aqsa, ha spiegato, gli accordi di Oslo sono ancora validi: "Il problema non è Oslo, ma la politica israeliana, che è incapace di mettere in pratica Oslo e di conseguenza non può attenersi alle risoluzioni dell'ONU " "Oslo non è morto e non è concluso, perché se fosse morto o concluso, sarebbe scomparsa ogni sua traccia. E' vero che Israele sta cercando, e ha già cercato in passato, di sottrarsi a tutti i suoi doveri, ma [Oslo] è ancora fonte autorevole e base ancora esistente che influenza le relazioni israelo-palestinesi, nonostante l'aggressione e le violazioni israeliane."(2) Camp David e il piano Clinton
In qualità di membro del gruppo negoziale palestinese, Abu Ala ha parlato del summit di Camp David del luglio 2000 in diverse occasioni. In un'intervista con il quotidiano dell'ANP, Al-Ayyam, Abu Ala ha affermato: "Nei negoziati di Camp David non è stata presentata nessuna nuova posizione israeliana. Al contrario, le stesse inaccettabili posizioni presentate nei negoziati [precedenti] sono state riproposte."(3) La posizione di Abu Ala riguardo alla questione dei profughi
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palestinesi è che devono ritornare alle loro case e che "il principio struttura politica, sociale ed economica, l'interruzione del corso delle loro vite e lo sfruttamento delle loro terre e delle loro case, nel corso degli ultimi cinque decenni."(18) In qualità di membro del gruppo negoziale palestinese, Abu Ala ha inoltre richiesto che Israele dovesse prima riconoscere il principio del diritto dei palestinesi a tornare alle proprie case e che solo a quel punto si sarebbe potuto cominciare a parlare dei metodi di attuazione: "Gli israeliani devono riconoscere la propria responsabilità politica, legale e morale per la tragedia dei profughi e devono riconoscere il diritto al ritorno dei profughi. Dopo che Israele avrà riconosciuto la risoluzione 194, si potranno discutere il meccanismo e i programmi per [attuare] il ritorno e, in seguito, il diritto dei profughi a ricevere un risarcimento " (19) L'Intifada di Al-Aqsa e la lotta contro Israele. Sostegno alla resistenza all'occupazione e opposizione agli attentati suicidi Abu Ala ha rilasciato dichiarazioni a sostegno della resistenza palestinese all'occupazione, ma si è anche opposto agli attacchi suicidi all'interno di Israele. Durante una conferenza stampa a Ramallah, nell'ottobre 2000, ha dichiarato: "La resistenza del nostro popolo continuerà finché Israele non rispetterà la legge, le risoluzioni internazionali e i diritti nazionali palestinesi."(20) Nel novembre 2001 ha spiegato "Tutti gli sforzi per fermare l'Intifada falliranno, perché Israele e le altre parti affrontano la crisi come un problema di sicurezza, invitando a fermare le sparatorie e le azioni dimostrative e a tornare a un coordinamento sulla sicurezza, e non come un problema politico per il quale è necessario trovare una soluzione politica."(21)
Nel 1998 ha rilasciato una dichiarazione simile: "La leadership che lanciava le pietre è pronta a tornare a usarle per liberare il popolo e la terra."(23) Nel corso dell'Intifada Al-Aqsa, Abu Ala ha espresso la propria opposizione agli attacchi suicidi all'interno d'Israele, sostenendo al tempo stesso che l'Intifada aveva portato ai palestinesi risultati politici e che ne dovevano approfittare. A una domanda del quotidiano libanese Al-Nahar riguardante gli attacchi suicidi, ha risposto: "Personalmente, sostengo che sia necessario interrompere queste operazioni e dare una possibilità al processo di pace di tornare al suo percorso naturale. Questo perché credo che l'attuale Intifada abbia ottenuto molto e noi dobbiamo approfittarne."(24) Sostegno della soluzione politica Accanto al suo sostegno alla 'resistenza', Abu Ala ha spesso invitato a risolvere il conflitto attraverso la politica. In un'intervista con il quotidiano libanese Al-Nahar, ha spiegato: "Non dico che l'attuale Intifada debba finire, ma deve intraprendere un'altra strada e in un'altra direzione. Ci sono diversi modi in cui il nostro popolo può impegnarsi per esprimere la propria assoluta resistenza all'occupazione."(25) Abu Ala ha inoltre affermato: "Il sangue non è l'unico mezzo per raggiungere i nostri obiettivi. C'è anche la lotta politica, culturale e sociale, e questi pure sono elementi della lotta per la nostra causa."(26) Nel gennaio 2002, durante la visita di una delegazione di membri del Congresso Usa nel suo ufficio ad Abu Dis, ha sostenuto: "L'Autorità Palestinese capisce perfettamente che il mondo è entrato in una nuova era dopo gli eventi dell'11 settembre e per questo sta potenziando i propri sforzi per fermare la violenza e per riportare il processo di pace sulla sua rotta". (27) Durante una visita a Parigi, Abu Ala ha affermato: "L'unico modo per ottenere un'effettiva apertura, che ci faccia uscire dall'attuale crisi, è una soluzione politica C'è bisogno di un cambiamento nella mentalità di palestinesi e israeliani, come il cambiamento prodotto dalla firma dell'accordo di principio del 1993 fra Israele e i palestinesi. In quel momento, Israele dichiarò di riconoscere lo Stato di Palestina [che si sarebbe trovato all'interno] della linea di confine del 4 giugno 1967, Gerusalemme compresa, e la Palestina riconobbe lo Stato di Israele all'interno dei confini precedenti al 4 giugno 1967, il che significava la soluzione del 70% del problema."(28) Negazione dell'identità ebraica di Israele Abu Ala rifiuta l'identità ebraica d'Israele. Ha reso nota la sua opinione al quotidiano libanese Al-Nahar, riguardo le dichiarazioni sull'argomento del presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, nel giugno 2003 al summit di Aqaba: "Il discorso del presidente Bush, secondo il quale Israele è uno stato ebraico, ha destato una grande preoccupazione fra noi. Queste parole non avrebbero dovuto essere pronunciate. Il summit ha avuto dei risvolti positivi, come il risalto dato al fatto che lo stato palestinese è un diritto del popolo palestinese. Ma le questioni riguardanti la natura [di questo stato] verranno definite durante i negoziati
" (1) Al-Nahar (Libano), 12 giugno 2003. 4. I RAPPORTI TRA EBREI AMERICANI E CRISTIANI EVANGELICI Gli ebrei americani esitano ad allearsi con gli evangelici, che tuttavia restano i loro più fedeli alleati del rabbino Yechiel Eckstein Per cinismo o per ignoranza, gli ebrei americani sono ancora riluttanti ad allearsi con i cristiani evangelici fondamentalisti, che tuttavia, sono i più fedeli alleati d'Israele, afferma il rabbino Yechiel Eckstein. Se c'è un argomento che merita un'attenzione tutta particolare da parte della comunità ebraica degli Stati Uniti, questo è proprio il sostegno dei cristiani evangelici a Israele e al popolo ebraico. Tuttavia, se c'è un punto che è vistosamente assente dall'ordine del giorno della comunità ebraica, è proprio questo. Io sono ebreo, e da venticinque anni opero per le buone relazioni tra ebrei e cristiani evangelici. A questo proposito, sono testimone della cura che la comunità ebraica mette nell'evitare di occuparsi della questione. Risultato: nonostante l'impegno attivo della destra cristiana negli ultimi due decenni, molti ebrei continuano a rifiutare sistematicamente questa preziosa amicizia. Questo rigetto è dovuto al cinismo, all'ignoranza, alla paura, agli stereotipi e ai pregiudizi semplicistici verso i cristiani evangelici e le loro motivazioni. Si teme che questi sedicenti amici d'Israele cerchino unicamente di evangelizzare l'America, di promuovere una politica di estrema destra e di affrettare la "seconda venuta" [di Gesù Cristo] spedendo il più presto possibile tutti gli ebrei in Israele. In quanto rabbino ortodosso, non avrei molto interesse a difendere una comunità d'individui che mi vogliono convertire alla loro religione. Essendo il primo, e molto spesso il solo ebreo che ha costruito dei ponti con la comunità cristiana di destra, godo di una posizione favorevole per comprendere l'impegno pro-israeliano. E' evidente che la maggioranza degli evangelici è appassionatamente pro-israeliana perché l'amore e il sostegno al popolo ebraico fanno parte della loro religione. Secondo la loro interpretazione delle Sacre Scritture, gli ebrei sono in effetti il popolo eletto di Dio. Nel corso degli ultimi venti anni, la comunità evangelica ha fatto dono di più di 60 milioni di dollari all'Associazione di amicizia ebraico-cristiana che ho creata per sostenere Israele e gli ebrei più sprovvisti del pianeta. Questo denaro ha permesso di organizzare delle mense popolari a Gerusalemme, di fornire delle automobili blindate agli scolari israeliani, di nutrire persone anziane delle comunità ebraiche dell'ex Unione sovietica e di pagare dei corsi di formazione professionale a degli immigrati ebrei etiopi. I doni hanno anche assicurato l'aiuto e l'alià di ebrei d'Argentina e d'Etiopia e, recentemente, 400 ebrei americani hanno potuto stabilirsi in Israele [Notizie su Israele 104], il che rappresenta il più grande flusso d'immigrazione di ebrei americani verso la Terra promessa degli ultimi tempi. Secondo Sallai Meridor, presidente dell'Agenzia Ebraica per Israele, il sostegno della comunità cristiana evangelica ha permesso a più di 200.000 ebrei di fare la loro alià. In Israele, dove io stesso sono emigrato, questo aiuto è assolutamente benvenuto, mentre suscita diffidenza e critiche nella comunità ebraica degli Stati Uniti. Mentre altre chiese cristiane sono rimaste scandalosamente mute quando Israele è stato colpito in pieno dagli attacchi terroristi degli ultimi anni, la comunità evangelica ha investito somme enormi nella lotta contro il terrorismo, ha condannato senza appello quegli attentati ed è letteralmente scesa nelle strade di tutto il mondo per sostenere Israele. In paesi in cui il fatto di radunarsi in luoghi pubblici può far rischiare la vita, è sconvolgente vedere questi cristiani sfilare per sostenere Israele. Perfino i miei amici israeliani più ostili agli evangelici si sono rimessi in questione dopo aver assistito a queste scene. Lungi dall'essere antidemocratici, come dicono alcuni, i cristiani evangelici hanno saputo manifestare le loro idee in modo pienamente legale. La loro presenza e le loro possibilità sulla scena politica sono immense. E sono nostri amici fedeli. E' tempo che la comunità ebraica non sia più riluttante a un conveniente avvicinamento con loro. (The Jewish Journal/ Courrier International, 16.09.2003) ---------------------------------- Altre informazioni si possono trovare su Notizie su Israele, numeri 103, 104, 123, 132, 133, 144. 5. BAMBINI MANDATI ALLO SBARAGLIO DAI TERRORISTI PALESTINESI Una pattuglia delle Forze di Difesa israeliane ha arrestato venerdi' sera due adolescenti palestinesi di 15 e 16 anni che avevano tentato di superare a nord del passaggio di Sufa la barriera di sicurezza che separa la striscia di Gaza da Israele. Interrogati, i due hanno rivelato di essere stati mandati da un adulto palestinese a prelevare armi e altri materiali illegali. L'uomo aveva promesso del denaro ai due ragazzini se fossero riusciti ad attraversare il "confine", strettamente sorvegliato, e a portare all'interno della striscia di Gaza delle borse che erano state lasciate vicino alla barriera. Le borse dovevano contenere armi, un cellulare (spesso usato per fabbricare ordigni comandati a distanza) e altro materiale per attivita' aggressive. Successive ricerche nella zona hanno portato alla scoperta di due grossi ordigni da 40-50 kg l'uno, piazzati sulla strada solitamente usata dalle pattuglie israeliane. Fonti militari israeliane sottolineano che quello di venerdi' scorso non e' il primo caso in cui emerge in modo palese lo sfruttamento di bambini palestinesi mandati allo sbaraglio in azioni "paramilitari" da gruppi terroristici palestinesi. Solo un paio di settimane fa, il 14 settembre, due bambini palestinesi di 8 e 10 anni erano stati catturati dalle forze di sicurezza israeliane vicino alla barriera difensiva, presso il passaggio di Kissufim. I due avevano spiegato d'essere stati mandati da un adulto palestinese ad attraversare la barriera per "testare" la reazione delle Forze di Difesa israeliane. Lo scorso gennaio, due giovani fratelli palestinesi di 14 e 17 anni armati di coltelli vennero arrestati, e uno leggermente ferito, dopo che erano penetrati nell'abitato di Netzarim. Una settimana prima, tre adolescenti palestinesi di 15 e 16 anni, armati di coltelli, avevano tentato di introdursi nell'abitato di Alei Sinai. "Questi episodi sono la prova dell'uso cinico di ragazzini e bambini innocenti che le organizzazioni terroristiche palestinesi non esitano a fare pur di compiere attentati contro la popolazione israeliana", ha commentato una fonte militare israeliana, sottolineando che i casi di coinvolgimento di bambini e ragazzi nelle attivita' terroristiche sono in aumento, fino a includere persino il tentativo di usarli come attentatori suicidi. "E' il frutto dell'indottrinamento all'odio e della continua istigazione alla violenza contro Israele e gli israeliani cui questi giovanissimi palestinesi sono sottoposti", ha aggiunto la fonte. (Jerusalem Post, 28.09.2003 - israele.net) NOTIZIE IN BREVE Il sindaco di Gerusalemme è ancora contrario alle visite al Tempio Il sindaco di Gerusalemme, Lupolianski, un ebreo ortodosso, si è dichiarato ancora contrario alla visita di ebrei e cristiani alla spianata del Tempio, per ragioni politiche e religiose. Il compromesso raggiunto tra Israele e i musulmani, secondo cui i non musulmani non possono entrare nella spianata del Tempio, mostra che i musulmani sono ancora i padroni dei luoghi del Tempio. *
Palestinese ucciso come collaboratore Un palestinese che avrebbe collaborato con Israele è stato gravemente ferito da altri palestinesi e trasportato nell'ospedale di Ramallah. Là i palestinesi lo hanno finito. *
Un altro pilota prende le distanze Un altro pilota ha ritirato la sua firma dalla dichiarazione di rifiuto fatta qualche giorno fa da 27 piloti israeliani. Questo è il terzo pilota che cambia opinione in un secondo momento. In compenso, si è associato ai renitenti un altro pilota: Moshe Bokai, eroe della guerra del Sinai del 1956, che da 20 anni non è più attivo. (NAI-Stimme aus Jerusalem, 02.10.2003) 7. LIBRI LUCA PULEO, "Israele-Palestina, Storia, Giudizi e Pregiudizi", Proedi Editore, Rho (Milano), maggio 2003, € 15. Il libro si presenta come un "Album visivo del conflitto arabo-israeliano, con prefazioni di Piero Ostellino e Angelo Pezzana. E'un lavoro molto ben fatto, sia storicamente che graficamente. Con pochi tratti, accompagnati da molte cartine e fotografie, agevolate dal grande formato del libro, espone tutti i nodi essenziali del conflitto arabo-israeliano. Può essere letto in un paio d'ore, ma è tutt'altro che superficiale. E' particolarmente adatto per tutti coloro che hanno le idee confuse anche sui dati storici elementari della situazione mediorientale, ma può essere utile anche a chi è già familiare con l'argomento. 8. MUSICA E IMMAGINI Lo Eamer Lach 9. INDIRIZZI INTERNET The Jewish Journal For the Sake of Zion Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte. | ||||||||