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Notizie su Israele 232 - 2 aprile 2004

1. Colloquio tra un sopravvissuto all'Olocausto e due tedeschi
2. Due storie palestinesi
3. Le prossime generazioni dei palestinesi sono pronte
3. Una società costruita sull'amore per la morte
4. Abu Abbas incolpa Yasser Arafat
5. «Non tutti gli ebrei sono cattivi»
6. Rabbino israeliano scrive una preghiera per studenti
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Geremia 31:1-4. «In quel tempo», dice il Signore, «io sarò il Dio di tutte le famiglie d’Israele, ed esse saranno il mio popolo». Così parla il Signore: «Il popolo scampato dalla spada ha trovato grazia nel deserto; io sto per dar riposo a Israele». Da tempi lontani il Signore mi è apparso. «Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà. Io ti ricostruirò, e tu sarai ricostruita, vergine d’Israele! Tu sarai di nuovo adorna dei tuoi tamburelli, e uscirai in mezzo alle danze di quelli che gioiscono.
1. COLLOQUIO TRA UN SOPRAVVISSUTO ALL'OLOCAUSTO E DUE TEDESCHI




“Perché gli Europei considerano Israele un pericolo”

di Solly Ganor

Circa una settimana fa ho riceuto un invito dal mio editore tedesco, Fischer Verlag, che mi chiedeva di tenere una conferenza a Francoforte sul tema dell’olocausto. Qualche anno fa è stato pubblicato il mio libro
Solly Ganor
“Light One Candle” in tedesco, e da allora quel testo è diventato parte integrante del programma scolastico delle scuole superiori in Germania.
    La mia conferenza, a giudicare dal vasto pubblico di uditori che mi stava davanti, doveva essere piuttosto interessante. Quella stessa sera, a cena, gli ospiti mi fecero notare che la conferenza non era stata importante soltanto perché aveva informato le nuove generazioni sugli orrori dell’olocausto, ma anche perché aveva messo in rilievo le bugie e la disinformazione della stampa europea a riguardo di Israele. Quella notte non riuscii a dormire bene. Quando sono in Germania non dormo mai bene.
    Dal momento che il mio volo di ritorno in Israele era programmato per le otto di sera del giorno successivo, avevo un intero giorno per riposare. Gli ospiti si offrirono di portarmi in giro per la città. Dopo pranzo, al termine di una breve camminata, ci siamo salutati e io sono ritornato in albergo. Era ancora molto presto e così ho deciso di prendermi un caffè. Vicino a dove stavo seduto, vidi due uomini sui trent'anni che bevevano birra. Uno di loro aveva sembianze familiari.
    “Ciao”, mi dice, “tu sei Solly Ganor da Israele. La tua conferenza di ieri sera mi è rimasta impressa”.
    “Grazie”, rispondo.
    “Ti presento Kurt, un mio amico, e io sono Manfred. Insieme andiamo in giro a vendere software per computer”, dice con con un sorriso.
    A giudicare dal costoso vestiario che indossavano e dall’aria di soldi che spirava intorno a loro, avevo l'impressione che non se la passassero troppo male.
    “A dire il vero, è stata la mia fidanzata a convincermi a venire alla tua conferenza, e sono contento di essere venuto, perché ho imparato molte cose sull’Olocausto, di cui non avevo la minima idea. So che la generazione dei miei nonni è stata così stupida da seguire Hitler, tuttavia la brutalità e la crudeltà dei tedeschi che hai descritto nella conferenza, mi ha lasciato un po' sorpreso. Comunque, anche il vostro esercito non mi sembra molto diverso da quello nazista. Non ti pare?”
    “Che vuoi dire?” Chiedo in modo calmo, cercando di controllare la rabbia.
    “Da quello che leggiamo sui giornali e vediamo in televisione, il vostro esercito sta reprimendo la popolazione civile palestinese in modo molto brutale. Alla stampa qualche volta non si può credere, ma non si possono dimenticare facilmente le immagini che si vedono alla televisione. Vediamo continuamente carri armati israeliani che puntano i cannoni contro bambini palestinesi che tirano sassi agli israeliani. Non è una bella vista, e ci ricorda i tempi nazisti”.
    “Tanto per cominciare, chi pensi che siano i cameramen che prendono quelle immagini televisive?” Chiedo.
    “Perché? Per le televisioni tedesche, i cameramen sono tedeschi, per la BBC sono inglesi, e per la CNN americani, noi li vediamo tutti via cavo”.
    “Li è dove ti sbagli. Più del 90% dei cameramen sono palestinesi presi a nolo dalle stazioni televisive che hai appena citato. I tedeschi, gli inglesi e gli americani non se la sentono di andare in quei luoghi perché sono troppo pericolosi. Inoltre, se ti azzardi a trasmettere qualcosa che a loro non piace, la tua vita è in pericolo, e qualche volta anche quella della tua famiglia. Sapevi tutto questo? Sicuramente no. Israele è un paese democratico e i nostri corrispondenti non hanno nulla da temere, indipendentemente da quanto Israele venga diffamato. Non osano fare cose simili con i palestinesi.
    Immagina poi che cosa sarebbe successo a me e alla mia famiglia se durante la seconda guerra mondiale avessi osato gettare un sasso contro i vostri carri armati nazisti? Non avrebbero sprecato una pallottola per me; mi avrebbero appeso insieme alla mia famiglia, senza tanta misericordia. E cosa succederà ai bambini che tirano i sassi ai carri armati? Niente! Se guardi le sparatorie in televisione, noterai che i carri armati non stanno assolutamente sparando verso di loro. L’intero scenario è chiaramente rappresentato dal cameramen, per scopi propagandistici.”
    Dopo un breve silenzio, durante il quale i due si guardano l’un l’altro, Manfred dice: “Già ieri mi sono accorto dei tuoi poteri persuasivi. Qui sono in svantaggio. Non sono bene informato su come stanno veramente le cose. Forse dovremmo tenere presente che la regione sta diventando sempre di più un posto pericoloso per la pace mondiale.”
    “Ti riferisci ad Israele, vero?
    “Sì, molti di noi pensano questo. Lascia che ti spieghi. Non credo che qualcuno pensi veramente che sia Israele a costituire un pericolo per l’Europa. Pensiamo invece che se scoppia di nuovo una grande guerra fra Israele e gli stati arabi e l’esistenza d’Israele ne è minacciata, si potrebbe incendiare il mondo con il vostro arsenale nucleare.”
    Mi stavo veramente arrabbiando con quei due.
    “Se vuoi dire che questa volta, non andremo alle camere a gas come bravi piccoli ebrei, hai perfettamente ragione ", rispondo bruscamente. "Non ci andremo, anche se per questo dovessimo utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione. Se all’Europa questo dispiace, tanto peggio. In ogni caso, il vostro continente è impregnato di sangue ebreo. Ci starebbe bene un po’ di pulizia”.
    Ci fu un breve silenzio. I tedeschi sembravano imbarazzati.
    “Veramente, quello che Manfred voleva dire è questo: “Come mai non risolvete una volta per tutte il problema con la Palestina? E se non ci riuscite, perché non lasciate perdere tutto. Vivete in un mare di arabi che vogliono la vostra distruzione. Forse i cinquant’anni di esperimento dello Stato d’Israele è stato sfortunato e adesso sta giungendo al termine. Forse dovremmo convincerci tutti che non ha funzionato. Perché non date un taglio alle vostre perdite ed emigrate verso luoghi dove potreste essere apprezzati e dove a vostra volta potreste essere un beneficio per chi vi ospita, come avete sempre fatto in passato? Guarda la nostra Europa. Per centinaia di generazioni siamo stati coinvolti in continue, rovinose e sanguinose guerre gli uni contro gli altri. Quando oggi guardiamo indietro alla carneficina che è avvenuta senza interruzione per centinaia di anni, possiamo soltanto maledire la totale stupidità delle precedenti generazioni. Non potevano mettersi d’accordo prima che centinaia di milioni di persone morissero in guerra? Hitler è giunto al potere a causa della devastante sconfitta dei tedeschi nella prima guerra mondiale. Se non fosse stato per quella guerra, a Hitler gli avrebbero semplicemente riso in faccia. L'unica cosa ovvia e ragionevole che potete fare è qualcosa di simile a quello che abbiamo fatto noi qui in Europa. Tutto il resto è pazzia e rovina."
     Era stato il secondo tedesco, Kurt, a tenere quel discorso appassionato. Si era perfino alzato in piedi per dirmene quattro.
    "Innanzitutto, che noi abbiamo portato del bene in questo mondo, come tu hai detto, non è stato proprio avvertito dai nostri nonni, dal momento che hanno cercato di toglierci dalla faccia della terra mandandoci nelle camere a gas. Penso che non ti sorprenderai se abbiamo qualche perplessità a tornare a vivere in Europa.
    Secondo, sembra che tu continui a vederci come ebrei erranti che vivono “in valigia” e ogni volta che si presenta un pericolo si alzano e se ne vanno. Mi sembra che quello che tu non afferri siano le profonde radici che noi abbiamo nel nostro paese. Queste radici vanno indietro per migliaia di anni, quando i vostri antenati erano semplicemente delle tribù barbariche. Sono migliaia di anni che preghiamo: “Il prossimo anno a Gerusalemme”. Ed ora che ci siamo arrivati, non ce ne andremo più! E’ stato lì che abbiamo messo le fondamenta di una civiltà mondiale. E’ stato lì che abbiamo portato al mondo il gioiello della civiltà, i dieci Comandamenti, ed è stato lì che abbiamo portato la nostra Bibbia perché diventasse la base della civiltà occidentale. Secondo il primo ministro malesiano Mahatir Mohammad, siamo stati noi ebrei ad aver inventato i diritti umani e la democrazia, le due cose più odiate dai fanatici musulmani.
    Quindi ti stai rivolgendo alle persone sbagliate. Dovresti rivolgerti ai fanatici islamici. O sei cieco o antisemita, per accusarci di essere il più grande pericolo per la pace, quando le bombe suicide islamiche si fanno saltare in aria a Istambul, New York, Bali, Mosca, le Filippine e dozzine di altri posti nell mondo, quando un capo dello stato iraniano fa pubblicare un editto in cui ordina di uccidere uno scrittore con cui non si trova d’accordo su quello che ha scritto sul corano.
    Se ne infischiano di quello che avete ottenuto in Europa. Pensano che la vostra civiltà occidentale sia un’abominazione della terra, decadente e completamente marcia, che dovrebbe essere sostituita dalla purezza dell’Islam. Sono convinti che dal momento che hanno scoperto un’economica arma strategica, la bomba-suicidio, possono mettere in ginocchio l’economia occidentale.
    L’undici settembre, oltre alle migliaia di vittime che sono morte a New York e Washington, con quell'attacco è costato all’economia americana undici bilioni di dollari, secondo una stima moderata . Quanto verrà a costare la prossima mega esplosione in Occidente? Sarebbe interessante saperlo. Il loro obiettivo di mandare in rovina l’economia occidentale è quasi raggiunto. Gli americani se ne sono accorti, ma voi in Europa state mettendo in scena il secondo atto di Chamberlain. Invece di vedere il reale pericolo del mondo, il fondamentalismo islamico, accusate Israele e gli ebrei!”
    “Che cosa dovremmo fare secondo te? Queste persone sono nascoste dappertutto nel mondo. E’ una lotta contro i mulini a vento” replica Manfred. Sembrava preso alla sprovvista dal mio intervento.
    “Sai che cosa significa in arabo ‘El-Quaida’? Significa ‘La Base’. Gli hanno dato il nome della base che hanno in Afghanistan. Ora, le loro basi sono gli stati fondamentalisti islamici che danno il loro pieno supporto nella guerra contro l’occidente. Presto o tardi dovremo entrare in guerra con loro, che ci piaccia o no. In Medio Oriente i pirati di alto mare minacciarono di far sprofondare l’economia mondiale. C’è voluto uno sforzo mondiale combinato per sventare quella minaccia. Oggi i fondamentalisti islamici sono i pirati del ventunesimo secolo, solo che sono molto più pericolosi di quelli di una volta.”
    “Credo tu stia esagerando il loro pericolo. Il fatto è che se li lasciamo stare, anche loro ci lasciano in pace. Nessuno di loro si fa esplodere in Europa, no?” [oggi non si può più dire, n.d.r.]
    “Questo è il vostro problema in Europa. Fate una bella vita pensando che vi lasceranno stare. Permettimi che ti faccia notare che per loro voi fate parte del mondo occidentale, siete gli stessi crociati e l’abominazione della terra. Sai, mi fai venire in mente il pastore Martin Niemöller, che è stato prigioniero come noi a Dachau, e una volta disse: Prima sono venuti per i comunisti e io non ho parlato perché non ero un comunista. Poi sono venuti per gli ebrei e io non ho parlato perché non ero un ebreo. Poi sono venuti per quelli della Trade Union e io non ho parlato perché non ero uno di loro. Poi sono venuti per i cattolici e io non ho parlato perché non ero cattolico. Poi sono venuti per me, ma allora non era rimasto nessuno che potesse parlare.” Dai loro sguardi impauriti capii che avevo fatto centro.
    "Come ho già detto, hai poteri persuasivi. Forse dobbiamo riflettere su quello che hai detto, soprattutto riguardo a Israele. C’è una cosa comunque che non capiamo: il muro di Berlino è crollato nel 1989, e ora voi state costruendo un nuovo muro di Berlino in Israele”.
    “C’è una grande differenza fra il vostro muro di Berlino e il muro che stiamo costruendo noi”
    “Sì? quale?”
    “Il muro di Berlino è stato costruito per tenere dentro tutti quelli che volevano scappare dal brutale sistema politico della Germania Est, mentre il nostro muro è stato progettato per tenere fuori gli assassini che vogliono far saltare per aria i nostri figli. Questa è la differenza.”
    Per un po’ ci siamo guardati l’un l’altro in silenzio.
    “Bene, sembra che tu abbia sempre la risposta giusta. Forse Israele non è così cattivo, come siamo informati dai media…”
    “Sì, forse”, risposi con calma. “Forse non ci sono molti di noi che difendono la nostra causa in un'Europa così ostile…Forse il nostro ufficio per stranieri dovrebbe fare un lavoro migliore nel dare informazioni agli europei… Forse non sono in numero sufficiente e non ci sono abbastanza fondi”, pensai tristemente.
    Due giovani uomini giapponesi vestiti in un formale abito scuro entrarono nell'atrio e si avvicinarono ai due tedeschi. Fecero un profondo inchino e poi si strinsero la mano. I due tedeschi alzarono i boccali di birra alla loro salute e mi sorrisero. Poi si misero a parlare d’affari con i due giapponesi.
    Per un po' di tempo la conversazione con i due tedeschi mi lasciò depresso, ma poi mi ricordai che presto sarei rientrato a casa in Israele. Fu un pensiero molto confortevole. Grazie a Dio per Israele.
    Sulla strada per l’aeroporto vidi gli enormi, moderni edifici di Francoforte che torreggiavano nella zona commerciale e pensai ai due tedeschi nell'atrio. Mi venne di pensare che l’unico momento in cui si risveglieranno e apriranno gli occhi sul pericolo dell’Islam sarà quando qualcuno di questi edifici sarà polverizzato, come è avvenuto per le torri gemelle a Manhattan, l’undici settembre.

(ricevuto per posta elettronica)

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Solly Ganor è un ebreo nato in Lituania nel 1928, sopravvissuto all'Olocausto. Attualmente abita a Herzliya, Israele.
Altri suoi articoli si possono trovare in
"Notizie su Israele" nn. 145, 167, 215.
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2. DUE STORIE PALESTINESI




Quando l'Intifada sbaglia mira e uccide palestinesi innocenti

di Angelo Pezzana

George Khoury e Hussam Abdo, due giovani palestinesi i cui nomi non dicono più di tanto al lettore italiano. Le loro storie, già archiviate con il passare dei giorni, sono però quanto mai illuminanti se si vuole capire la società palestinese, e il fanatismo di cui è impregnata, al di là dei resoconti di guerra quotidiani.
    Il primo, George Khouri,21 anni, studente all'università ebraica, è stato ucciso a colpi di pistola il 19 marzo scorso mentre faceva jogging a French Hill, un quartiere residenziale molto elegante di Gerusalemme. Era un venerdì, le strade deserte per l'inizio di Shabbat, George con tuta sportiva e auricolare si allenava a correre per le strade di una delle più belle colline della capitale, quando una macchina gli si accosta e dal vetro abbassato si sporge la mano che lo ucciderà con una raffica di colpi andati perfettamente a segno. Segue il solito comunicato delle Brigate Al Aqsa (il braccio armato di Arafat) che rivendicano la responsabilità dell'attentato. Ma i terroristi questa volta hanno commesso un errore. George non era ebreo ma palestinese, figlio - ironia della sorte- di un facoltoso avvocato famoso per difendere i terroristi nei tribunali israeliani. Gli assassini rilasciano allora un secondo comunicato nel quale si "scusano per l'errore", George si trovava in un quartiere prevalentemente ebraico, chi poteva immaginare, e poi inviano sentite condoglianze alla famiglia, quasi complimentandosi per avergli dato l'opportunità di avere un figlio "shaid",martire. Al funerale la reazione della madre è stata molto forte. " Mio figlio non è uno shaid" ha urlato, "ma un angelo e me l'avete ucciso". " E' stata un tragedia che dimostra quanto il terrorismo sia cieco e non distingua tra arabi ed ebrei" è stato Il cinico commento dei colleghi avvocati del padre.
    Hussam Abdo è un po' meno sconosciuto di George, se non altro perchè il suo caso è dell'altro ieri e la sua vicenda ha riempito giornali e TV. E' il ragazzino che stava per farsi saltare ad un posto di blocco ma che i militari israeliani hanno salvato impedendogli di azionare il giubbotto esplosivo. La famiglia ha cercato di difenderlo dichiarandolo debole di mente, incapace di capire cosa stesse facendo. Ma la famiglia mentiva, sapevano benissimo quel che Hussam stava per compiere. L'indignazione dei genitori, il loro dichiararsi all'oscuro di tutto, era preparata per non avere grane con le autorità israeliane. L'ha rivelato, senza volerlo, la madre, che si è fatta riprendere dai giornalisti con la fotografia del figlio fra le mani. Hussam appare con i capelli rasati, esattamente come fanno tutti gli shaid prima di compiere il folle gesto. Lasciano di sè un'immagine alla famiglia, ed il taglio dei capelli a zero è uno dei compiti cui devono sottostare. Era tutto predisposto quindi, con la famiglia già pronta a farsi riprendere con la foto del figlio "eroe" morto per la causa. E con in tasca i dollari che ancora oggi vengono elargiti alle famiglie dei terroristi suicidi. Nessun ragazzo celebrerebbe un normale taglio di capelli regalando il suo ritratto in grande formato alla madre. Qualcosa non ha funzionato. Hussam era troppo imbottito per non destare sospetti. Una volta scoperto, si è inventato la storia dei venti euro che gli avevano dato degli sconosciuti. Ma la foto già pronta per il macabro rituale di sempre ha smascherato l'imbroglio. Peccato che ci siano cascati tutti e che Hussam sia stato fatto passare per un povero ragazzino impaurito. Era invece il prodotto del fanatismo islamico, che induce persino i genitori a sacrificare un proprio figlio pur di obbedire ai quei "leader spirituali" alla Yassin, che tanto mondo occidentale ha ipocritamente commemorato.
    A differenza di George, Hussam è vivo. Non per merito dei suoi, che sarebbero stati orgogliosi della sua morte, ma grazie ai soldati israeliani. A loro dovrà dire grazie domani, se mai ne avrà la libertà di farlo.

(Libero 28 marzo 2004 - da Informazione Corretta)




3. LE PROSSIME GENERAZIONI DEI PALESTINESI SONO PRONTE




Bambini d'Israele

di Deborah Fait

Vivo in Israele da nove anni e guardo ancora a questo Paese con gli occhi dell'amore, anzi piu' lo conosco e piu' lo amo.
     Leggo quello che scrivono i buoni d' Europa e lo amo ancora di piu' per la sua forza morale scevra di retorica, di mielismo e di ipocrisia. Per la sua solitudine.
     Se la mia attenzione si sposta a 0riente vedo buio, odio, crudelta', donne velate urlanti per le strade, bambini violati e allora devo uscire, prendere aria, guardarmi in giro e ammirare i nostri bambini israeliani gioiosi, puliti, sfrenati, la maggior parte di essi nipoti di sopravissuti, pronipoti degli ebrei bruciati sui roghi o di quelli che strisciavano lungo i muri dei ghetti per non farsi notare dai gentili e rischiare la pelle. Bambini con la sofferenza nel DNA che pero' sanno ridere e giocare e soprattutto non sanno odiare.
     Sì, gli psichiatri dicono che molti fanno la pipi' a letto per la tensione, che molti hanno paura di non rivedere i genitori la sera, altri quando c'e' il telegiornale si mettono a cantare a voce altissima per esorcizzare le notizie e non sentire, non sentire niente.
     Purtroppo pero' molti bambini israeliani avranno sentito la notizia che un loro coetaneo palestinese di 11 anni stava per diventare una bomba umana perche' "i grandi" del suo popolo avevano deciso di preparare per lui un giubbotto esplosivo e di mandarlo a farsi saltare in aria in mezzo ai soldati. Se il piano avesse funzionato di Abdullah non sarebbe rimasto niente, neanche le lacrime di sua madre che avrebbe ballato e distribuito caramelle in nome del suo piccolo martire, eroe della cultura della morte gettonata in tutto il mondo islamico e in particolare nella societa' palestinese.
     I buoni italiani non hanno dato molta importanza alla spaventosa

prosegue ->
notizia, e' passata quasi inosservata. Le organizzazioni per i diritti dell'uomo sono silenziose, quelle per i diritti del bambino sono mute. Amnesty International che protesta se ai check point i soldati israeliani fermano ambulanze della Mezzaluna rossa cariche di armi, sta fischiettando distratta.
     Quello che succede da queste parti e' sempre sotto l'occhio dei riflettori eppure , stranamente, incredibilmente, scandalosamente nessuno parla dell'abuso cui sono sottoposti i bambini palestinesi: nella versione locale dello Zecchino d'Oro una bambina canta un motivetto del tipo "sarò una martire, spargerò il sangue nella terra di Sion", corsi in cui viene insegnato ai bambini il corretto montaggio e funzionamento di un mitra. La pubblicita'-progresso della televisione controllata da Arafat in cui si invitano i pargoli palestinesi a gettare via i giocattoli e a imbracciare un kalashnikov, spot dell'amato raiss che sputacchia davanti alla macchina da presa di voler milioni di bambini martiri. Scuole materne con bambini inkaffiati come tanti piccoli cloni di Arafat, che urlano impettiti di odiare gli ebrei, scimmie e maiali. Campeggi in cui insegnano a ragazzini di otto anni l'uso del coltello per lo sgozzamento.
     Le prossime generazioni di palestinesi sono pronte.
     Tutto passa sotto silenzio mentre i buoni italiani, francesi, tedeschi sono impegnati a condannare "il muro della vergogna" che dovrebbe servire a proteggere i bambini israeliani.
     Allora, presa da un improvviso senso di disgusto, ho bisogno di ossigeno e devo uscire di casa per mescolarmi in mezzo ai miei israeliani e respirare coraggio e persino serenita', guardare le mamme spingere le carrozzine , vedere i bambini nei parchi giochi pieni di attrezzature coloratissime, trenini, scivoli e buche della sabbia. Bambini che fanno i bambini, che nessuno usa, cui nessuno insegna ad odiare. Bambini spaventati ma non avvelenati. Bambini coraggiosi che hanno vissuto anni di terrore e di morte, che hanno visto autobus polverizzati, che hanno perso nel fuoco dell'odio fratelli o compagni di banco, che vedono i loro genitori piangere perche' ormai in Israele non c'e' piu' famiglia che non sia toccata direttamente o indirettamente dal terrorismo.
     Bambini che giocano nei campi col loro cane e che alla scuola materna disegnano e cantano.
     Solo bambini, l'ossigeno di cui ho bisogno per andare avanti e sperare.

(Informazione Corretta, 21-03-2004)




4. UNA SOCIETA' COSTRUITA SULL'AMORE PER LA MORTE




Per una educazione alla vita

di Eytan Ellenberg

L'Antico Testamento racconta che quando Mosè volle mettere fine alla schiavitù del suo popolo, si scontrò con un Faraone che aveva il cuore così indurito da preferire di sacrificare delle vite egiziane piuttosto che concedere questa liberazione, cadendo così inevitabilmente sotto la forza delle piaghe inflitte dal Dio d'Israele.
    Millenni più tardi, il cuore dei palestinesi si è talmente indurito nell'odio che si esercitano a darsi la morte per assassinare il massimo numero d'innocenti, donne, bambini, vecchi, purché siano israeliani, ebrei o arabi. L'aggressività maligna che manifestano non è al servizio della vita che si difende da un'eventuale oppressione, ma al servizio della morte. Questa distruttività suicida è provocata dall'amore per la morte, la necrofilia.
         Questa necrofilia rode come una cancrena la società palestinese dal basso della scala sociale fino all'alto. Si ritrova nell'insegnamento, nei discorsi dello sceicco Yassin o di Yasser Arafat. La necrofilia sarebbe quindi una specie di latte materno, di coscienza collettiva di tutta la società islamista o secolare?
    Poco importa: il martirio è più che un atto religioso: è diventato un atto sociale che si desidera. Nelle nostre classi di scuola i ragazzi si scambiano le figurine dei giocatori di calcio o degli eroi dei cartoni animati; a Ramallah ci sono le figurine dei martiri morti per la causa.
    Perché si permette ad Arafat di dire che milioni di martiri sono pronti a morire per la Palestina? Per quanto tempo si resterà di pietra davanti alla sfilata di ragazzi e ragazze cinturati d'esplosivo? Perché finanziare dei manuali scolastici in cui ai ragazzi palestinesi s'insegna "come fare il plurale della parola martire"? Perché, perfino nei campi estivi, s'insegna ai ragazzi il maneggio delle armi o la tecnica dell'imboscata? Perché lasciar esultare una folla in delirio davanti al linciaggio di due soldati riservisti che avevano sbagliato strada? Se l'odio è contro il nemico ebreo, perché dei "presunti collaboratori" sono picchiati a morte, linciati anche loro, mutilati e trascinati per le strade di Nablus o di Jenin?
    E' fin troppo facile lasciar fare, pensando che questo popolo è immaturo e che l'accesso alla sovranità cambierà la cosa. Ci sono fatti innegabili.
    Sapete allora che le future bombe umane passano la notte, la vigilia della loro esplosione, dentro le tombe di un cimitero per impregnarsi della morte e non avere più paura?
    Sapete che ci sono madri palestinesi che cantano e ballano con il loro figlio prima che vada a farsi esplodere? Sapete come i capi di Hamas spiegano l'efficacità psicologica dei loro attentati suicidi? "Perché gli ebrei amano la vita quanto noi amiamo la morte"!
    Amano tanto la morte che il loro parco dei divertimenti è una ricostruzione degli attentati come quello della pizzeria Sbarro, con macchie di sangue e pezzi di carne a piacimento. E l'ornamento dei bambini (perfino dei bebè) è un kamikaze riempito d'esplosivo! Come chiamate tutto questo? Disperazione? Umiliazione? Io lo chiamo necrofilia.
    Non parlare di necrofilia significa nascondere la verità di una società che va verso l'annientamento. E' nascondere il fatto che si utilizzano dei bambini come carne da cannone, come tecnica terroristica, per dire, alla fine, che soltanto l'ideologia fanatica è buona - la vita ormai non conta più niente da molto tempo.
    L'essere umano che si fa esplodere non ha più obiettivi, non è che un mezzo, una cosa. Non sono attentati suicidi, ma attentati all'uomo imbrogliato. Che si farà delle migliaia di giovani pronti a morire? Si ha consapevolezza dell'illusione e della pericolosità di uno stato palestinese che si fonda su una tale società? Si può credere che dall'oggi al domani dei ragazzi manipolati da un terrorismo educativo saranno adatti a vivere con i loro nemici che odiano così tanto?
    Bisogna proporre una bio-educazione, cioè un'educazione in cui non si glorifichi più la morte e i martiri, ma la vita e la pace. Un'educazione dove i ragazzi non seguiranno più dei programmi di apprendimento alla guerriglia e in cui non li si obbligherà più a portare come un costume da carnevale l'orrificante cintura esplosiva.
    Da decine di anni, sotto i nostri occhi, i palestinesi stanno costruendo instancabilmente una società demente in cui ogni ragazzo è stato educato in modo che un giorno possa onorare la sua famiglia facendo esplodersi nelle strade di Gerusalemme o di Tel Aviv, e diventare a sua volta un'immagine su una figurina che altri ragazzi si scambieranno fra loro. Bisogna rompere questo circolo altamente vizioso.
    Se la necrofilia è l'amore per la morte, la biofilia è l'amore per la vita. Essa è associata all'amore per l'umanità, per l'altro in quanto simile. Come si può guardare la prossima vittima da viso a viso, avvicinarsi a lei, guardarla ancora una volta negli occhi e poi azionare la bomba che si porta? Com'è che si è spinti ad agire in questo modo?
    La speranza della biofilia è debole, ma deve essere ricercata ad ogni costo. Il cammino verso la vita e la pace è ancora possibile, ma passa attraverso una ricostruzione completa e fondamentale della società palestinese.

(Guysen Israël News)

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Come conferma si può visitare il sito
"Ask for Death!"
The Indoctrination of Palestinian Children
to Seek Death for Allah – Shahada





5. ABU ABBAS INCOLPA YASSER ARAFAT




L'ex primo ministro palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), parlando con giornalisti locali a Ramallah, ha smentito l'opinione secondo cui sarebbe stata la mancanza di gesti conciliatori da parte di Sharon a provocare le sue dimissioni, lasciando intendere invece che furono il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat e il suo circolo che "frustrarono" la sua impresa.
    Abu Abbas, che diede le dimissioni l'anno scorso dopo un infuocato scontro con Arafat, accusa l'Autorita' Palestinese di non far rispettare la legge e di non applicare riforme su sicurezza, amministrazione e gestione delle finanze. "L'Autorita' Palestinese deve dimostrare di esistere - ha detto Abu Abbas - e non c'e' nulla che le impedisca di farlo. Ci sono cose che deve fare, prima di tutto l'unificazione di tutte le forze di sicurezza palestinesi sotto un unico comando. Abbiamo accettato la Road Map e dobbiamo applicarla se vogliamo reclamare i nostri diritti".
    Alla domanda se sia disposto ad accettare un nuovo incarico come primo ministro, Abu Abbas ha risposto: "Non ho intenzione di ripetere questa esperienza amara e dolorosa".

(Jerusalem Post, 29.03.2004 - israele.net)




6. «NON TUTTI GLI EBREI SONO CATTIVI»




L'anteprima organizzata dal prete.

di William Beccaro

Anteprima speciale per le chiese di New York e dintorni di "La passione di Cristo", l'ultimo film di Mel Gibson. Per i fedeli più assidui tra i banchi delle parrocchie, per soli undici dollari, il film era visibile con ben due giorni di anticipo rispetto all'uscita nelle sale statunitensi del 25 febbraio. I biglietti per l'anteprima del 23 sono andati a ruba, ma grazie a un prete italoamericano di Long Island sono riuscito ad accaparrarmene uno.
    Il parroco è stato tanto disponibile da trovarmi pure un passaggio in una monovolume a sei posti di una delle tante famiglie della sua Chiesa: padre, quattro figli e io. Salito sulla macchina ho subito palpato l'eccitazione: «Normale» ho pensato guardando i ragazzini. Ma mi sbagliavo di grosso: in questa speciale anteprima non ci sarebbe stato nulla di ordinario.
    Mentre ancora stavo cercando di imparare il nome dei miei ospiti, perentoria è cominciata la preghiera ad alta voce del più vecchio dei ragazzi. In un quarto d'ora, il giovane è riuscito a ringraziare tutti: da Mel Gibson per aver speso i suoi soldi per girare la pellicola, agli scenografi, ai costumisti, agli attori, all'Italia per aver ospitato il set. Tutti, nessuno escluso, anche il cinema per aver concesso la sala. Chiunque c'entrasse minimamente con il film, avesse partecipato alla produzione o alla post produzione, è stato menzionato nella litania, terminata con un «Grazie Dio per aver favorito la realizzazione di questo capolavoro, amen». Una sorta di atto di fede: il film era, nel comune sentire, il più bello della storia del cinema, ispirato direttamente dal Signore. Una benevola recensione preventiva.
    Io, unica voce stonata. non mi sono unito al coro degli amen. «Come mai Non preghi per ringraziare Dio di questo incredibile film?». «Aspetto di vederlo» ho glissato. «Vedrai che è bellissimo», mi ha rassicurato, conciliante, un altro ragazzino. Quindi ha preso la parola il padre e stentoreo ha declamato «Così come è successo, così è nel film. Lo ha detto il Papa». «Ma lui, il Santo Padre mica c'era duemila anni fa», mi sono permesso di far notare con il sorriso tra le labbra. Dieci occhi mi hanno raggelato nel tacito rimprovero per la blasfemia.
    Il prete ci aveva anticipato un cinema parrocchiale di periferia e invece, con meraviglia di tutti, siamo stati incolonnati nel parcheggio di un'enorme multisala. La meraviglia si è fatta incredula sorpresa quando abbiamo scoperto che tutte le sale proiettavano, per esclusivo appannaggio dei fedeli muniti di invito, La passione di Cristo.
    All'entrata ci è stato distribuito un volantino giallo canarino con stampate in nero alcune notizie utili: la prima, che dopo il film «un team di persone è disponibile in sala per parlare,rispondere a domande, confrontarsi e pregare se qualcuno ne sente bisogno»; la seconda, che una serie sconfinata di pubblicazioni sulla Passione di Cristo - non era chiaro se quella delle Scritture o quella del film - era disponibile all'uscita. nella hall del cinema.
    Alle 19 e 30 un prete ha preso in mano il microfono e ha di nuovo sollecitato alla preghiera dopo la proiezione, quindi ha ripetuto le informazioni del volantino. Infine ha aggiunto che all'uscita sarebbe stata disponibile per pochi dollari una versione moderna della Bibbia, utile per tutti coloro che volessero sapere il resto della storia, quella che Mel Gibson nella sua pellicola non racconta. Era la prima volta che sentivo una presentazione tanto bizzarra delle Sacre Scritture.
    Ancora pochi minuti per sistemarsi e scambiare due battute con i vicini. Di fianco al mio posto un tale Matt che, allungandosi nel darmi la mano durante le presentazioni, ha scoperto l'avambraccio sul quale c'era tatuata una grossa croce bizantina.
    Buio in sala, lo show è iniziato. Immancabili i tanti che hanno cominciato a sgranocchiare pop corn e a sorbire mezzi litri di coke. Tutto come nelle normali proiezioni. Ma la normalità è stata subito turbata: con evidente disappunto da parte del pubblico, il film ha i sottotitoli, perché Gibson ha voluto che gli attori recitassero in aramaico e nel latino di Cicerone, che non era certo quello dei legionari in Palestina. Ma nel film, attenzione alla ricostruzione storica ce n'è poca o niente, la Passione di Cristo è, o per lo meno vorrebbe essere, un atto di fede!
    Tra i mugugni, in molti hanno dovuto armeggiare con borsette e giacconi, in cerca di lenti a contatto o occhiali per leggere che cosa gli attori si dicevano. Quindi, messo a fuoco lo schermo, sono tornati a cibi e bevande. L'allegria gastronomica però è durata poco; il film infatti è gratuitamente violento e crudo. In pratica Gibson ritrae, per due ore, la tortura di un uomo, nella fattispecie Gesù Cristo, ne segue fotogramma in fotogramma la morte. Del film non c'è da dire altro, perché altro non c'è.
    Sangue, sangue e sangue del Figlio di Dio, litri di sangue che schizzano ovunque per ore. Oltre al sangue, litri di odio: innanzitutto quello degli ebrei per Gesù, quindi quello dei legionari romani che sadicamente stremano il condannato alla crocifissione. La tortura, quando proprio diventa inaccettabile per la durezza con cui è ritratta, è inframmezzata da flash back della vita del Messia: riprese cupi e tristi, ma apprezzata tregua dalla violenza: per alcuni minuti almeno non si sentono le frustate, i pugni o le martellate usate per crocifiggere il Cristo.
    Il film, in sintesi, difficilmente potrebbe essere peggiore. Gratuita violenza, inspiegabile iniezione d'odio. Costumi e sceneggiatura inverosimili, un'infantile visione della Palestina di duemila anni fa che fa capolino oltre gli ettolitri di sangue versati dal Figlio di Dio. La pellicola però ottiene il suo effetto: fa montare, fotogramma dopo fotogramma, l'odio nello spettatore che, impotente, assiste all'esecuzione. L'odio è ovviamente per i sacerdoti ebrei del Tempio e per i legionari che, con battute in un latino da liceo, si accaniscono sul condannato a morte e gliene fanno una più del Diavolo. Tra gli spettatori, i meno forti di spirito irrompono in lacrime dopo la prima mezz'ora e da quel momento in poi è un continuo tirare su col naso e passarsi fazzoletti. Il supplizio, per lo spettatore e per il Cristo, dura circa due ore. Quando le luci si sono accese, il clima era funereo, tutti storditi, l'uscita dalla sala quasi una silenziosa processione. Chi si conosce si abbraccia, si bacia, quasi si facciano le condoglianze per la morte del Messia.
    Torno alla macchina della famiglia. Tutti sono scioccati. Poi il più piccolo comincia a parlare. Nessuna preghiera questa volta. Ripete le scene del film, come spesso fanno i ragazzini dopo averne visto uno. «Hai visto papà quando... ». Poi, dopo averci pensato un po', rivolto al fratello seduto a fianco, ha aggiunto: «Io se ero lì salvavo Gesù uccidendo tutti gli ebrei». «Queste cose non si dicono», ha rimproverato senza convinzione il padre dal posto di guida, poi ha continuato, «anche Gesù era giudeo, anche alcuni suoi amici lo erano», quindi ha concluso didascalico: «Non tutti gli ebrei sono cattivi, ci sono anche quelli buoni».

(Newsletter morasha.it, 30.03.2004)




7. RABBINO ISRAELIANO SCRIVE UNA PREGHIERA PER STUDENTI




ZEFAT - Il Rabbino della città di Zefat (Safed) in Galilea ha preparato una speciale preghiera per gli ebrei che devono sostenere l'esame di ammissione all'Università. L'iniziativa è dovuta alla richiesta di una giovane israeliana che si sta preparando all'esame di accesso, il cosiddetto "test psicometrico".
    Come riporta il quotidiano "Ma´ariv" di mercoledì scorso, la preghiera di Rabbi Schmuel Eliah comincia così: "Ti prego, Signore, aiutami a superare il test psicometrico che devo affrontare. Aiutami a ricordare bene le cose che ho imparato. Fa' che restino ben ancorate nel mio cervello, in modo che non possa dimenticarle."
    Come già riferito, la richiesta è stata fatta da una giovane donna del nord di Israele che ha chiamato il Rabbino e gli ha detto: "Devo affrontare un test psicometrico e devo superarlo per essere ammessa all'Università. Perché soltanto così in seguito potrò avere un buon guadagno e il mio (futuro) marito potrà studiare in pace la Torah." Ha quindi pregato Rabbi Schmuel Eliah di scrivere una preghiera adatta.
    Questi ha acconsentito alla richiesta. Ha però sottolineato che la preghiera non può sostituire una basilare preparazione all'esame.
    Rabbi Schmuel Eliah era già noto in precedenza per le sue "originali" preghiere. All'inizio del 2003 aveva compilato una "preghiera per la polizia stradale", dopo che i poliziotti l'avevano fermato per un'azzardata manovra di sorpasso. Nel settembre scorso aveva incoraggiato i giovani israeliani a rinunciare al consumo di televisione, e per tutti quelli che si sono dichiarati disposti ha compilato una speciale benedizione.
    
(Isralenetz Nachrichten, 31.03.2004)




8. MUSICA E IMMAGINI




Pesach




9. INDIRIZZI INTERNET




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