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Notizie maggio 2009
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Israele boccia la legge sul giuramento di lealtà allo Stato ebraico
La proposta presentata dal partito ultranazionalista di Lieberman
Il governo israeliano ha respinto un progetto di legge presentato dal partito ultra-nazionalista del capo della diplomazia Avigdor Lieberman che prevedeva l'obbligo per tutti i cittadini che intendessero mantenere la cittadinanza israeliana di giurare fedeltà ad Israele come Stato "ebraico", "sionista" e "democratico", alla sua bandiera e all'inno nazionale. Tzvi Hauser, segretario di gabinetto, ha precisato che la proposta è stata bocciata dalla commissione ministeriale legislativa con otto voti contro tre. La decisione assesta un colpo a Yisrael Beitenu, il partito di Lieberman, che era giunto in terza posizione alle elezioni di febbraio insistendo sulla mancanza di lealtà da parte degli arabo-israeliani che costituiscono circa un quinto della popolazione di Israele. Yisrael Beitenu ha presentato altri due progetti relativi alla questione della lealtà allo Stato di Israele da parte soprattutto dei suoi cittadini di origine araba: il primo impone il divieto agli arabo-israeliani di celebrare la 'Nakba' (Catastrofe), termine con cui gli arabi chiamano il giorno dell'indipendenza israeliana (14 maggio 1948); il secondo invece impone il divieto di pubblicare qualsiasi testo in cui venga negato il diritto all'esistenza di Israele come Stato ebraico.
(Apcom, 31 maggio 2009)
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«Fare chiarezza su quelle esecuzioni»
Il sindaco di Tarvisio: un'inchiesta dopo le rivelazioni di Chaim Miller su "Operazione Vendetta".
Sorpresa in Valcanale per le notizie sui nazisti uccisi dalla Brigata ebraica.
di Alessandro Cesare
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Chaim Miller |
TARVISIO - Ha suscitato sensazione e sorpresa a Tarvisio e in Valcanale l'intervista che abbiamo pubblicato ieri nella quale il giornalista Marco Di Blas ha riportato il racconto di Chaim Miller, ebreo di 88 anni, originario di Vienna, che ora vive in Israele [ Notizie su Israele 464]. Dopo decenni Miller è tornato in Carinzia e nell'Alto Friuli, nelle zone in cui fra maggio e luglio 1945 avvenne la cosiddetta Operazione Nakam (che in ebraico significa Vendetta), condotta dalla Brigata ebraica per dare la caccia a criminali nazisti. Ne vennero catturati e giustiziati molti, anche se il numero non è mai stato precisato. Forse oltre 120 secondo alcune testimonianze. La vicenda non è inedita, ma finora nessuno aveva affermato che i corpi erano stati sepolti in Valcanale. E il sindaco Carlantoni chiede adesso l'apertura di un'inchiesta.
In queste zone è ancora vivo il ricordo della Brigata ebraica. Per esperienza diretta o per sentito dire, i racconti di quello che accadde a Tarvisio e Malborghetto tra il maggio e il luglio 1945, sono ancora piuttosto nitidi. Nessuno però fa riferimento a esecuzioni compiute nei boschi della zona, come riportato da Chaim Miller, ma per molti rievocare la Brigata ebraica è motivo di angoscia e rancore. Sono tante, infatti, le famiglie che per il solo fatto di avere un cognome tedesco o di parlare correntemente la lingua del Reich sono state oggetto di pestaggi o minacce da parte dei soldati contraddistinti dalla stella di Davide. Ecco perché le parole di Miller, raccolte in esclusiva dal Messaggero Veneto, hanno suscitato diverse reazioni in Valcanale, richiamando alla mente alcuni degli episodi che hanno contraddistinto i mesi successivi alla fine della seconda guerra mondiale.
Miller, in particolare, ha parlato dell'Operazione "Nakam" ("Vendetta" in lingua ebraica), che ha portato alla ricerca, alla cattura e all'uccisione, da parte della Brigata ebraica, di numerose persone legate al nazionalsocialismo. Gruppi di 8-10 persone rastrellavano ex gerarchi del Terzo Reich o persone che in qualche modo avevano collaborato con i nazisti, operando in tutta la Carinzia, dal Tirolo orientale (Lienz) a Vienna. Ricevevano le informazioni sulla presenza di ex nazisti dai partigiani jugoslavi. Di giorno facevano sopralluoghi per localizzare le persone, la notte le prelevavano dalle case. Le conducevano nelle baite tra Tarvisio e Malborghetto e, dopo un interrogatorio, se le accuse trovavano conferma, le giustiziavano. Stando alle parole di Miller, di fosse nei boschi della Valcanale ce ne sarebbero parecchie. Episodi che hanno avuto qualche eco nel Tarvisiano, ma di cui pochi hanno voglia di parlare. Per essere presi di mira da queste cellule "occulte" della Brigata ebraica, non era necessario aver fatto parte dell'esercito nazista, ma soltanto essere tacciati di collaborazionismo con gli apparati del Terzo Reich. Se lo ricorda ancora bene Beppi Martinz, di Coccau, quello che la Brigata fece a suo zio Giuseppe, classe 1906: «Mio zio, alla metà del 1945, lavorava per la costruzione della strada forestale del Rio dei Carri. Per questo teneva in casa esplosivo, forse tritolo. Una notte - racconta - una squadra della Brigata bussò alla sua porta, perquisì la casa e trovò l'esplosivo. Mio zio fu riempito di botte e poi fu arrestato e detenuto per 18 mesi a Belluno. Rammento altri casi simili in valle - aggiunge - e sono convinto che gli appartenenti alla Brigata andassero a colpo sicuro per l'individuazione dei bersagli, forse informati da qualcuno del posto».
Una versione condivisa anche dallo storico locale Raimondo Domenig: «Gli uomini della Brigata ricevevano le informazioni dai partigiani. Arrivavano nelle case, le perquisivano e se trovavano armi o munizioni poteva accadere il peggio. E spesso a farne le spese non erano soltanto ex militari nazisti, ma persone comuni». Per sentito dire, alcuni ricordano di uomini uccisi in seguito a questi rastrellamenti, a Rutte e a Camporosso, ma non sono in grado di fornire dettagli precisi. Probabilmente, quindi, le azioni della Brigata furono compiute nel massimo riserbo, da professionisti in grado di non lasciare tracce. Una versione confermata da un altro appartenente dell'esercito con la stella di Davide, arrivato a Tarvisio nel marzo 2006. Si tratta di Johanan Peltz, colonnello della Brigata ebraica. Peltz in quell'occasione, ricordando come il suo accampamento si trovasse nella zona di Camporosso, raccontò che al di là dell'Operazione Vendetta, uno dei loro compiti era stato quello di rimpatriare in Palestina i sopravvissuti alla Shoah. Come detto, però, almeno inizialmente, questa azione passò in secondo piano, come rivelò lo stesso Peltz a Tarvisio: «Al suo arrivo a Tarvisio la Brigata non doveva svolgere alcuna missione vendicativa. Poi però, dopo aver sentito i racconti dei profughi scampati ai campi di sterminio, abbiamo deciso di scovare i nazisti (si parla di 124 esecuzioni). Rifarei tutto quello che ho fatto, uccidendo i nazisti che contro gli ebrei non hanno usato armi, ma gas e forni. Perché dovrei provare qualche emozione positiva nei loro confronti?».
Questa duplice "missione" della Brigata è evidenziata anche dal consigliere regionale Franco Baritussio, sindaco di Tarvisio per otto anni: «Ben presto, dopo la fase della vendetta, queste cellule dell'esercito britannico passarono alla fase due, a quella della ricostruzione dello Stato di Israele. Ricordo bene il racconto di Peltz in merito, che ricordava come, in quel frangente, nacquero contrasti con gli stessi alleati». Invece poco o nulla si ricorda in merito Josef Treu, che nel 1945 si trovava nelle vicinanze di Berlino a combattere: «Non ho mai sentito di azioni di repressione da parte della Brigata ebraica, se non di una o due persone uccise. Io non ero presente, però all'epoca mio padre era sindaco di Tarvisio e l'unico episodio che mi ha riferito risale al 4 maggio 1945, quando consegnò la cassa del Comune agli alleati».
Ed ecco infine, molto interessante, il commento del sindaco di Tarvisio, Renato Carlantoni: «Siamo rimasti sorpresi dalle affermazioni di Miller. Anche se si sapeva che il passaggio della Brigata ebraica non era stato indolore per questo territorio, non avrei mai pensato che fosse stata compiuta una serie di esecuzioni nella nostra valle. Ora, se questa posizione di Miller sarà ufficializzata, spero si possa andare fino in fondo e approfondire la questione con le autorità preposte. Mi auguro di riuscire a portare a Tarvisio Chaim Miller e, con lui, provare a individuare i luoghi delle esecuzioni. Dopo una denuncia di questo tipo - conclude il sindaco - credo sia doveroso un seguito giuridico».
(Il Giornale del Friuli Libero, 31 maggio 2009)
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Il discorso di Netanyahu tradotto in italiano
Qualche giorno fa (22 maggio) avevamo riportato una breve notizia riguardante il discorso tenuto da Netanyahu in occasione del Giorno di Gerusalemme. Avevamo indicato dove si poteva trovare il testo inglese del discorso e avevamo anche detto che sarebbe stato bello se qualcuno lo avesse tradotto in italiano. Questo è avvenuto, tramite il contributo di Gabriele Monacis (Torino) che qui vivamente ringraziamo. Mettiamo a disposizione dei lettori la traduzione del discorso che ci è pervenuta in formato pdf.
(Notizie su Israele, 31 maggio 2009)
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Scontro Hamas-polizia: 6 morti
Conflitto a fuoco in Cisgiordania
Tre poliziotti, due attivisti di Hamas e un civile palestinese sono rimasti uccisi nello scontro a fuoco tra agenti di polizia dell'Anp e militanti del movimento radicale islamico avvenuto a Qalqilya, nel nord della Cisgiordania. Lo hanno riferito funzionari delle forze di sicurezza palestinesi. Lo scontro è avvenuto quando forze di polizia fedeli ad al Fatah hanno fatto incursione nel quartiere per arrestare militanti di Hamas.
Gli integralisti palestinesi di Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, hanno accusato le forze di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), e personalmente il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas), di collusione con "il nemico sionista" per il sanguinoso scontro di Qalqilya. Lo si legge in una nota diffusa a Gaza dal portavoce Fawzi Barhum nella quale si sostiene che in queste condizioni il dialogo interpalestinese mediato dall'Egitto (fra le forze moderate capeggiate da Fatah, il partito di Abu Mazen, e gli islamici radicali raccolti attorno ad Hamas) "non ha senso".
"Ciò che è accaduto, ad appena 48 ore dall'uccisione (in un'incursione israeliana) di Abdel Majid Dudin (uno dei capi del braccio armato di Hamas in Cisgiordania, ricercato per terrorismo), dimostra che la missione principale delle forze di sicurezza dell'Anp è complementare a quella del nemico sionista e mira a colpire la resistenza palestinese", tuona Barhum nella nota. "Abu Mazen - prosegue - porta la responsabilità personale di questo crimine, come i leader di Fatah che lo assecondano, e il dialogo interpalestinese non ha senso fintanto che continuerà la pericolosa escalation di violenze contro Hamas e i suoi membri in Cisgiordania". "L'Anp deve scegliere, o il dialogo o l'abbraccio con il nemico sionista", conclude Barhum, annunciando un raduno di protesta a Gaza anti-Abu Mazen e ribadendo la volontà di Hamas di "proteggere da chiunque i suoi mujaheddin (attivi) in Cisgiordania".
I moderati palestinesi di Fatah, il partito del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas), hanno replicato con durezza alle accuse degli integralisti: "Hamas sta ammassando armi, ma noi non permetteremo mai che in Cisgiordania si ripeta quanto accaduto nella Striscia di Gaza (dove due anni fa gli integralisti si impadronirono del pieno controllo della situazione dopo aver sbaragliato le forze dell'Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen e di Fatah, ndr)", si legge in una nota diffusa a Ramallah in risposta a quella rimbalzata da Gaza in cui Hamas accusava Abu Mazen e i suoi di collusione con "il nemico sionista". "Romperemo il silenzio ogni volta che si verificheranno violazioni" allo status quo, ha avvertito Fatah, ribaltando sui rivali l'accusa d'aver innescato un nuovo ciclo di violenze e di voler "sabotare il dialogo" interpalestinese promosso in questi mesi tra continui intoppi dall'Egitto.
(TGCOM.it, 31 maggio 2009)
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Israele, al via esercitazione senza precedenti contro l'eventualità di attacchi
Sullo sfondo dello spettro dei missili iraniani - e dei piani nucleari del regime degli ayatollah - Israele è chiamato da domani a un'esercitazione senza precedenti, organizzata dal ministero della Difesa e con il coinvolgimento di massa della popolazione civile. Un test di allerta e mobilitazione, denominato Turning Point 3 (Punto di Svolta 3), durante il quale - per 5 giorni di fila - saranno simulati scenari di attacchi missilistici e bombardamenti aerei a tappeto, oltre che di ipotetiche catastrofi naturali.
Si tratta di misurare la capacità di risposta e autotutela del Paese di fronte ai lanci di missili degli integralisti di Hamas o di Hezbollah (rispettivamente dalla Striscia di Gaza e dal sud del Libano), ma anche a potenziali minacce su più ampia scala (convenzionali e non) da parte di Siria o Iran, ha spiegato il portavoce della Difesa, Shlomo Dror.
Il momento culminante sarà martedì 2 giugno, quando le sirene degli allarmi antiaerei suoneranno a distesa in tutto Israele, e centinaia di migliaia di persone saranno invitate a testare la capacità di raggiungere rifugi (o luoghi di minor esposizione al rischio) nel tempo record massimo di 3 minuti. Parallelamente verranno mobilitati i servizi di soccorso, civili e militari, mentre governo e stato maggiore sperimenteranno comunicazioni e processi decisionali di una reazione d'emergenza.
«Ci eserciteremo per uno scenario catastrofico di attacchi da tutti i fronti» (anche chimici o batteriologici), ha detto Dror, pur puntualizzando che - in tali termini - la prospettiva resta «altamente improbabile». Probabile, o almeno possibile, è viceversa l'ipotesi di un attacco singolo, ma di elevato potenziale, ha osservato il viceministro della Difesa, Matan Vilnai, coordinatore dell'organizzazione di Turning Point 3. Senza fare il nome dell'Iran, ma lasciando intendere chiaramente il riferimento a Teheran.
Ecco dunque spiegati gli avvisi comparsi fin dai giorni scorsi sulle porte di casa di molta gente con l'elenco delle precauzioni da prendere in caso di attacco, dei luoghi più sicuri, di quelli da evitare (bagno, cucina, stanze esterne), la mappa dei rifugi più vicini, i tempi di percorrenza, i consigli sulle scorte da portare con sé. Uno sforzo che qualcuno, tuttavia, non esita a commentare con sarcasmo e spirito polemico. Come Doron Rosenblum, columnist del sito del giornale liberal Haaretz, il quale, in un articolo intitolato "Tutto quello che avreste voluto sapere sugli attacchi missilistici e non avete mai osato chiedere", liquida Turning Point 3 come test non di un sistema di difesa civile, ma di mero allarme preventivo e indicazioni d'ordine.
E si domanda - riflettendo sul nome dell'esercitazione - dove sia il risultato delle «due svolte precedenti» se, «dopo 60 anni di massima sicurezza, di rinnovamento del nostro potenziale di deterrenza, di sviluppo di munizioni brillanti e genio militare finanziato a colpi di trilioni» ci si rende conto «che i missili non possono essere fermati sulla porta come le cameriere e si inculca la "cultura dell'emergenza" solo perché, almeno, non arrivino di sorpresa». Un approccio - accusa Rosenblum - che è lo specchio di una classe dirigente impegnata «non gi a prevenire le prossime guerre, ma a pensare a come estrarci dalle macerie».
(ilsussidiario.net, 30 maggio 2009)
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Cisgiordania: retata di membri di Hamas
Blitz in diverse citta', la maggior parte degli arresti a Hebron
RAMALLAH, 30 mag - Le forze di sicurezza dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) hanno arrestato 19 uomini di Hamas in Cisgiordania. Le operazioni sono avvenute in varie localita', come Qalqiliya, Nablus e Tulkarem, dove tra gli altri e' stato fermato il direttore della tv via satellite al-Aqsa, megafono degli integralisti, Muhammad Shteiwi. Il grosso degli arresti e' avvenuto tuttavia a Hebron, focolaio permanente di tensioni in Cisgiordania.
(ANSA, 30 maggio 2009)
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Israele si prepara a grandi manovre militari
Dal 2 al 6 giugno, a pochi giorni dalle elezioni in Libano (il 7 giugno) ed in Iran (il 12 giugno), Israele darà avvio ad importanti manovre militari, che riguarderanno le forze marine, aeree e terrestri. Un ampio dispiegamento di materiale bellico la cui finalità non ha mancato di stupire l'opinione pubblica.
Nei confronti della stampa, al momento di spiegare il motivo delle esercitazioni, il portavoce di Tsahal (le forze armate israeliane, ndr) è stato di poche parole.
Eppure non vi sarebbe nulla di strano, in Israele le esercitazioni militari con l'impiego di vere munizioni non sono di certo quelle che mancano, in un paese sotto la costante minaccia degli Scuds iracheni, dei missili Katiuscia di Hezbollah e di quelli, nel sud del paese, lanciati da Hamas.
La stampa israeliana non mette in dubbio la necessità di queste manovre, ma si interroga sui motivi, sul messaggio che queste esercitazioni vogliono mandare all'esterno del paese. E soprattutto si chiedono chi sia il destinatario di questo messaggio.
L'Iran, con il suo presidente in perenne delirio anti-israeliano? Le milizie islamiche che non nascondono il loro disprezzo per l'intera popolazione ebraica?
O magari gli Stati Uniti, il cui presidente sembra essersi schierato dalla parte del nemico e al quale è bene ricordare che, se volesse, Israele potrebbe farsi un baffo delle opinioni di Barack Obama e nuovamente bombardare a tappeto l'intera Striscia di Gaza?
Che quelle della prossima settimana saranno esercitazioni a sfondo notevolmente psicologico pare chiaro. Israele vuole evidentemente lanciare un monito chiaro, vuole magari anche destabilizzare la popolazione palestinese ed impressionare i governi dei paesi arabi, vuole lanciare un messaggio chiaro.
Del resto, durante l'incontro a Washington, Benyamin Netanyahu aveva detto al presidente statunitense che se questi non si fosse chiaramente e pubblicamente opposto al regime del presidente iraniano Ahmadinejad, Israele avrebbe corso da sola certo, ma lo avrebbe fatto a suo modo, senza più accettare alcuna ingerenza.
(Ticino Libero, 30 maggio 2009)
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Israele al 24mo posto per competitività
In base ad un nuovo studio della business school IMD, ripreso dall'Istituto Israeliano per le Esportazioni e la Cooperazione Internazionale, Israele è sceso di tre posti rispetto al 2008 per quanto riguarda la competitività.
L'Annuario Mondiale della Competitività della IMD è il più rinomato e completo resoconto annuale sulla competitività delle nazioni, e analizza come l'ambiente di una nazione crea e sostiene la competitività delle imprese.
Il resoconto analizza la competitività in base a 329 variabili, raggruppate in quattro categorie: stabilità economica, efficienza governativa, affari, infrastrutture. Il ranking di Israele è sceso in tutte e quattro le categorie.
(Portalino, 29 maggio 2009)
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Il bello di Israele
Il Cts, in collaborazione con l'Ufficio del Turismo di Israele e il vettore El Al, lancia l'iniziativa 'Il bello di Israele' per promuovere il Paese come destinazione affascinante e adatta ai giovani. Il Centro Turistico Studentesco e Giovanile sta selezionando quattro 'giromani', due ragazze e due ragazzi, che saranno i testimonial della prossima campagna pubblicitaria della destinazione.
I prescelti partiranno il 7 giugno per un viaggio in Israele insieme a un videomaker e un fotografo che realizzerà lo shooting fotografico per la destination campaign. Altre informazioni sul sito.
(LAgenzia di Viaggi, 29 maggio 2009)
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Israele: non collaboriamo con l'inchiesta Onu su Gaza
GERUSALEMME, 29 mag. (Adnkronos/Dpa)- Israele non intende collaborare con la missione Onu che indaghera' su eventuali crimini di guerra commessi durante l'operazione militare a Gaza "piombo fuso". "Questo comitato ha ricevuto istruzioni per trovare Israele colpevole in ogni caso e non ha senso collaborare con questa pagliacciata", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Yigal Palmor all'agenzia stampa tedesca Dpa.
La risoluzione del Consiglio Onu sui Diritti Umani che ha approvato il mandato della missione "e' profondamente prevenuta", ha detto Palmor , sottolineando che e' stata decisa un'inchiesta solo sulle presunti violazioni israeliane, ignorando le responsabilita' di Hamas. La risoluzione fu approvata in gennaio con 33 voti a favore, uno contrario e 13 astensioni.
Intanto la commissione diritti umani ha annunciato oggi a Ginevra che la missione di quattro persone, guidata dal procuratore sudafricano Richard Goldstone, partira' questo fine settimana per il Medio Oriente. Goldstone aveva gia' annunciato di voler portare a termine il suo compito, con o senza la collaborazione d'Israele. E aveva detto che se non potra' entrare a Gaza da Israele, tentera' di farlo dall'Egitto.
(Libero-news.it, 29 maggio 2009)
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La festa di Shavu'ot
di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Questa sera inizia la festa di Shavu'ot, festa delle primizie e del dono della Torà. Shavu'ot significa settimane, dato che la festa cade dopo sette settimane dall'inizio di Pesach. Ma le sorprese della lingua ebraica sono infinite. Dalla stessa radice, comune anche a lingue indoeuropee, che indica il numero sette (sheva') e di qui settimana (shavu'a) deriva anche shevu'à, che vuol dire giuramento. Che rapporto vi sia tra le due cose è difficile dirlo. Forse, come suggerisce il racconto di Avraham (Bereshit 20:28), è perché inizialmente la shevu'à non era un giuramento qualsiasi ma un particolare tipo di impegno che si assumeva con una cerimonia solenne che richiedeva il sacrificio di sette animali. In ogni caso questo strano accostamento fa sì che la festa delle settimane possa significare, con una piccola variazione di vocale (Shevu'ot invece di Shavu'ot), la festa dei giuramenti. Al plurale, perché sono due le parti che si impegnano solennemente e per sempre, con tutto ciò che la cosa comporta: Colui che dà la Torà e il popolo che la riceve.
(Notiziario Ucei, 28 maggio 2009)
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Egitto-Israele: un gesto per la distensione
Il Ministro egiziano Farouk Hosni ritira le sue frasi contro Israele
di Stefano Maria Torelli
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Farouk Hosni |
Farouk Hosni, Ministro della Cultura del governo egiziano, è candidato per la Presidenza dell'UNESCO (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura), le cui elezioni si terranno il prossimo ottobre. Ad avanzare l'ipotesi di una sua candidatura è stato proprio il Presidente egiziano Mubarak. Per l'importanza che riveste, sia a livello politico, che sociale e simbolico, la carica per la quale concorre Hosni, molte associazioni culturale ebraiche europee e lo Stato di Israele stesso si sono opposto, alla luce di una dichiarazione del Ministro egiziano risalente al maggio scorso.
"Se avessi in mano adesso dei libri israeliani, li brucerei io stesso davanti a voi", aveva detto nell'occasione in risposta ad un parlamentare che aveva chiesto chiarimenti sulla presenza di testi israeliani nella nuova Biblioteca di Alessandria, o meno. Nella lettera inviata al quotidiano francese Le Monde per chiedere scusa, Hosni dichiara di voler "tornare sulle parole che io ho usato quel 10 maggio che sono state prese come un appello a bruciare i libri israeliani. Quelle parole hanno sconvolto qualcuno e io lo capisco".
È legittimo che il gesto di Hosni possa essere letto come un tentativo di scrollarsi di dosso la macchia di accuse di antisemitismo, con lo scopo di arrivare dirigere l'UNESCO; altresì è vero che le scuse del Ministro egiziano non basteranno a sopire le tensioni politiche tra il governo israeliano e il mondo arabo in generale; altrettanto vero è che si tratta pur sempre di una dichiarazione ufficiale rilasciata da un membro del governo egiziano, molto vicino al Presidente Mubarak.
Rimane dunque un segnale di apertura agli Israeliani, dopo le dure reazioni da parte del Ministro degli Esteri dell'Egitto Abu al-Gheit alla controparte israeliana Liberman. Quest'ultimo, in carica nel governo ultra-conservatore insediatosi tre mesi fa e guidato da Benjamin Netanyahu, aveva chiuso le porte al dialogo con i Palestinesi e costretto Il Cairo a negargli un colloqui ufficiale. Egitto e Israele, anche nella gestione della Striscia di Gaza, si trovano a rivivere delle tensioni, nonostante gli accordi di pace risalenti ormai a trent'anni fa (l'unico altro attore arabo che ha normalizzato i rapporti diplomatici con Israele è la Giordania)
Seppure alcuni le ritengano soltanto scuse di facciata, quelle di Hosni possono risultare come una tattica diplomatica, che possa spingere la completa normalizzazione dei rapporti israele-egiziani. Israele dal suo canto ha già ritirato il proprio voto all'elezione di Hosni alla guida dell'UNESCO e, in questo modo, potrebbe nascere un meccanismo che porti a gesti sempre più concreti, sebbene sia una strada difficilissima da percorrere. L'Egitto potrebbe avere la capacità di trascinare una buone parte del mondo arabo verso un dialogo con Israele. La sfida è quella di diventare un Paese più democratico al proprio interno, per acquisire fiducia a livello internazionale. Anche il gesto di Hosni, in piccolo, contribuisce ad andare in questa direzione, anche se i fatti si attendono da anni.
(Buone Notizie.it, 28 maggio 2009)
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Israele: "Non fermeremo l'espansione delle colonie in Cisgiordania"
Nonostante i recenti appelli degli Stati Uniti, Israele non fermerà la costruzione di nuove abitazioni all'interno delle colonie ebraiche esistenti in Cisgiordania.
A renderlo noto è il portavoce del governo di Tel Aviv, Mark Regev, secondo cui la questione dovrà essere discussa nell'ambito dei negoziati di pace con i palestinesi.
Pochi giorni fa, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton aveva esortato lo Stato ebraico a "congelare" la sua attività di colonizzazione nei Territori palestinesi occupati.
Parlando ai giornalisti al termine di una vista ufficiale in Egitto, Clinton aveva dichiarato che il presidente (Obama) era stato "molto chiaro" con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sottolineando la necessità di porre fine alla costruzione di colonie, senza "eccezioni".
L'esortazione di Washington è stata respinta oggi da Regev, che ha rinviato tutto a dei futuri negoziati israelo-palestinesi. "In questa fase di interim - ha dichiarato il portavoce - dobbiamo consentire che in quelle comunità continui una vita normale".
Prima di lui, lo stesso Netanyahu aveva chiarito che non sarebbero stati costruiti nuovi insediamenti, ma che sarebbe stata consentita la "naturale crescita" di quelli già esistenti.
Attualmente, all'interno delle oltre 100 colonie costruite nei territori palestinesi occupati vivono circa 500mila ebrei.
(Osservatorio Iraq, 28 maggio 2009)
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Azienda di diamanti israeliana crea un sito internet in russo
Il gruppo di aziende israeliano IDI del settore dei diamanti ha lanciato una versione russa del suo Portale dell'Industria Israeliana dei Diamanti. Lo rivela l'Istituto per le Esportazioni e la Cooperazione Internazionale di Israele sul suo sito internet.
Il sito, l'unico del suo genere gestito da un centro di diamanti, è sorto a due anni dal lancio della versione cinese da parte della stessa IDI, che è stato il primo tentativo del genere, e ha avuto successo. Le versioni inglese ed ebraica erano state lanciate nel 2003....
(Portalino, 28 maggio 2009)
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Ucciso militante di Hamas ricercato per attentati del '95
HEBRON, 28 mag - Un militante di Hamas, ricercato con l'accusa di aver organizzato diversi attentati suicidi sul territorio israeliano, e' stato ucciso oggi dall'esercito di Tel Aviv. Abdel al-Majid Dudin, 45 anni, e' morto in una sparatoria con i soldati e la polizia nel villaggio di Deir al-Assel al-Tahta, vicino alla citta' di Hebron in Cisgiordania.
Secondo quanto riferito da fonti militari, Dudin era all'interno di un'abitazione che era stata circondata dalle forze di sicurezza israeliane ed avrebbe aperto il fuoco rifiutando di arrendersi.
Dudin, esponente di spicco delle Brigate Ezzedine Al-Qassam Brigades, il braccio armato di Hamas, era ricercato dal 1995 per due attentati compiuti quell'anno a Gerusalemme e nei pressi di Tel Aviv, con un bilancio di dieci morti e decine di feriti. L'uomo era stato arrestato dalla stessa Autorita' palestinese, ma era stato in seguito rilasciato dopo l'inizio della seconda intifada, nel settembre del 2000.
Da allora, secondo l'esercito israeliano, aveva continuato a pianificare attentati.
(ASCA-AFP, 28 maggio 2009)
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La stella gialla non è una bandiera
di Elena Loewenthal
La stella gialla non era come quella che Marco Pannella ha deciso di usare per dare voce alla sua campagna elettorale. Non era ritagliata nel cartoncino ma stava cucita al vestito, là dove meglio e prima si vedeva: non potevi attaccarla e toglierla a piacimento. Non era una bandiera, bensì un marchio. Lo imposero i nazisti agli ebrei dell'Europa occupata, mentre li rinchiudevano nei ghetti: invivibili anticamere dei treni merci, degli smistamenti all'ingresso del campo di sterminio, delle camere a gas, dei forni crematori. I nazisti hanno inventato la soluzione finale, ma non la stella gialla, che si sono limitati a riesumare dalle ceneri ancora calde di una storia millenaria: la nostra, quella dell'Europa, che per secoli ha imposto ai figli d'Israele un segno di riconoscimento - banda, stella, cappello a punta - sì da poterli individuare, segregare, evitare, e non di rado cacciar via....
(La Stampa, 28 maggio 2009)
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Iran, Internet per confinare le donne all'angolo
di Gaia Bottà
ROMA - Teheran chiude al dialogo, non ammette che i cittadini usino la rete per smuovere le coscienze, per informare gli iraniani che può esistere una società civile che abbracci i diritti di tutti. Gli ISP hanno fatto calare un velo sulla rete locale: numerosi siti che si discostano dalla cultura ufficiale, pagine web e blog di gruppi femministi e di attivisti non sono più accessibili entro i confini dello stato.
Tutto è scaturito da una direttiva diramata dalla commissione che in Iran si occupa di individuare contenuti illegali ospitati sui media tradizionali e pagine web che divergono rispetto alla morale di stato. Una commissione che dipende dal Consiglio Supremo della Rivoluzione Culturale, una commissione di 36 membri che individua e decreta della sopravvivenza dei media che deragliano dai binari culturali, sociali e educativi gettati dal Consiglio supremo.
L'obiettivo? In questo frangente sono nel mirino gli spazi web dei movimenti che si battono per i diritti delle donne del paese islamico. "Vogliono ridurci al silenzio" ha avvertito Parvin Ardalan, attivista che opera in Change4equality, un'organizzazione che sta tentando di raccogliere un milione di firme per scuotere le coscienze delle donne iraniane, per dimostrare al governo che esiste la parità fra i sessi, per chiedere che vengano abrogate le leggi locali che discriminano le donne.
(punto-informatico.it, 22 maggio 2009)
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Israele - Verso una legge contro chi nega lo Stato ebraico
La Knesset ha approvato oggi in lettura preliminare una proposta di legge che imporrà un anno di reclusione a chi dovesse pubblicare appelli contro il carattere ebraico e democratico di Israele tali da istigare «atti di odio, disprezzo e slealtà allo stato».
Per divenire legge la proposta dovrà essere approvata in tre letture. La proposta di legge, che è stata approvata con 47 voti favorevoli e 34 contrari, è stata presentata dal deputato Zevulum Orlev, del partito HaBait HaYehudi (Casa Ebraica) membro della coalizione di governo.
Durante il dibattito in aula ci sono state furibonde proteste di deputati arabi, uno dei quali, Jamal Zahalka, è stato poi espulso dopo aver ignorato ripetuti richiami all'ordine.
(ilsussidiario.net, 27 maggio 2009)
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Hariri: Follath (Der Spiegel) conferma le accuse a Hezbollah
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Erich Follath |
ROMA, 27 mag - "I documenti da me analizzati per la stesura del mio articolo erano originali, non copie". Con queste parole Erich Follath, corrispondente diplomatico del settimanale tedesco Der Spiegel, ha difeso un suo recente articolo che ha suscitato vibrate proteste in Libano e reazioni in molti altri paesi. Foliath ha scritto che dietro all'omicidio dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, ucciso il 14 febbraio 2005 a Beirut assieme a 14 persone del suo seguito, ci sarebbe la formazione libanese sciita Hezbollah. Sull'attentato sta indagando un tribunale internazionale indipendente istituito dalle Nazioni Unite. Dopo la morte del premier filo-occidentale in molti parlarono di una regia siriana e la successiva sollevazione popolare dei libanesi obbligò Damasco a ritirare di lì a pochi mesi i 30mila militari che stazionavano in Libano da oltre 30 anni. Il giornalista tedesco ha difeso il suo operato nel corso di una intervista telefonica con Asharq Al-Awsat, quotidiano panarabo pubblicato a Londra.
"Ho verificato ogni parola prima di pubblicarlo", ha spiegato. Foliath ha anche confermato di ave rincontrato qualche mese fa a Damasco il presidente siriano Bashar Assad, spiegando però che l'incontro "non aveva nulla a che fare con il pezzo uscito lo scorso fine settimana". Nell'intervista con Asharq Al-Awsat, il reporter ha anche dichiarato di essere un professionista libero e coscienzioso, di non lavorare per alcun servizio di intelligence e di avere più volte "personalmente" criticato Israele - il cui ministro degli Esteri Avigdor Lieberman ha chiesto un mandato di cattura internazionale per il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah - per le sue violazioni dei diritti dei palestinesi nei Territori. Foliath si è pure detto "felice" di essere stato attaccato da Nasrallah aggiungendo di "non essere sorpreso dalle sue parole. Me le aspettavo". Il numero uno di Hezbollah ha definito il pezzo "più pericoloso dello stesso incidente che fece scoppiare la guerra civile libanese nel 1975" per poi aggiungere che "verrà considerato alla stregua di una accusa di Israele contro Hezbollah". Il giornalista ha anche detto che l'assalto verbale dello sceicco sciita ha migliorato il suo proprio status e di essere convinto della veridicità del proprio articolo "oggi più che mai".
Secondo quanto scritto da Foliath, il tribunale guidato dal procuratore canadese Daniel Bellemare avrebbe raggiunto le proprie conclusioni sul coinvolgimento di Hezbollah nella morte di Hariri circa un mese fa. Il giorno della strage gli attentatori avrebbero comprato otto telefoni cellulari a nord di Tripoli. E uno di loro ne avrebbe usato uno per chiamare la fidanzata, tradendo così la propria identità. Bellemare da parte sua ha rifiutato di commentare l'articolo del giornale, ma il suo ufficio ha diramato una nota nella quale si legge che il procuratore "ha sempre dato e continuerà a dare grande importanza al sostegno dell'integrità delle indagini e in particolare alla loro segretezza". Nel frattempo il quotidiano libanese As Safir ha scritto che il pezzo di Foliath altro non è che la ripresa di un articolo apparso sul giornale siriano di opposizione al Hakika cinque mesi fa.
(il Velino, 27 maggio 2009)
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Il ministro della cultura egiziano si scusa per le sue dichiarazioni anti-israeliane
GERUSALEMME, 27 mag. - Il ministro egiziano della Cultura, Farouk Hosni, si e' scusato oggi per aver dichiarato in passato di voler bruciare i libri israeliani. Hosni, ministro della Cultura dal 1987, e' ora candidato alla guida dell'Unesco, l'agenzia Onu per la scienza e la cultura. "Niente e' piu' lontano da me dal razzismo, la negazione degli altri o il desiderio di colpire la cultura ebraica o un'altra cultura", ha detto Hosni a le Monde, dicendo di rimpiangere le sue parole.
(Adnkronos, 27 maggio 2009)
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Israele: da domenica esercitazione d'allarme senza precedenti
GERUSALEMME, 27 mag - Israele organizzera' a partire da domenica un'esercitazione d'allarme senza precedenti in tutto il suo territorio, simulando attacchi missilistici, massicci bombardamenti aerei e catastrofi naturali.
Secondo quanto riferito all'Afp da un portavoce del ministero della Difesa, l'esercitazione, che durera' cinque giorni, consentira' di testare le capacita' del Paese di rispondere a lanci di razzi dal Libano e dalla Striscia di Gaza e di missili dall'Iran o la Siria.
Gli attacchi, di tipo convenzionale, chimico o batteriologico, ''colpiranno'' grandi centri urbani.
Il momento forte si svolgera' martedi', quando le sirene suoneranno in tutto il Paese per avvertire dell'imminenza di un raid aereo, esortando la popolazione a scendere nei bunker in un tempo record, non oltre i tre minuti.
L'esercitazione, intitolata ''Turning point 3'', dovra' inoltre consentire di testare la risposta dei servizi di soccorso di fronte a un terremoto o a delle epidemie.
Da parte sua, il governo israeliano simulera' delle riunioni di gabinetto nel corso delle quali i ministri dovranno prendere delle decisioni di fronte a tali scenari.
''Ci eserciteremo per uno scenario catastrofico di attacchi contro Israele su tutti i fronti e con diversi mezzi'', ha precisato il portavoce, osservando tuttavia che ''tale scenario e' altamente improbabile''.
(ASCA-AFP, 27 maggio 2009)
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Morto Amos Elon, giornalista e storico «sionista»
Giornalista e storico: in queste due attività è racchiusa la vita pubblica di Amos Elon morto ieri a 83 anni in Toscana, a Ponte Buggione (Pistoia), dove aveva scelto di vivere dal 2004. Un «sionista contro», ma indissolubilmente legato ad Israele, l'ha definito Tom Segev, come lui storico e giornalista di Haaretz, quotidiano progressista, dove hanno tutti e due lavorato a lungo. Elon era nato a Vienna nel 1926 ed era emigrato con la famiglia nel 1933, all'avvento del nazismo, in Palestina allora sotto mandato inglese.
(il Giornale, 27 maggio 2009)
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Triangolazioni: l'uranio a Teheran, l'aiuto di Chàveze la rete di Hezbollah
Da mesi il Venezuela si sarebbe trasformato in una testa di ponte con il movimento libanese filo-iraniano
di Guido Olimpio
WASHINGTON Israele, come ha ribadito il suo premier «Bibi» Netanyahu, per fermare l'atomica iraniana è pronto ad agire da solo. E per spiegare il perché delle sue mosse getta luce sulle attività di Teheran anche in regioni lontane dal suo cortile di casa. Con un mini-dossier, Gerusalemme ha rivelato che Venezuela e Bolivia forniscono ai mullah l'uranio necessario per alimentare il progetto Bomba. Entrambi i paesi possiedono riserve del materiale, non hanno rapporti con Israele (rottura motivata con la sanguinosa offensiva su Gaza), sono protagonisti di una lunga marcia di avvicinamento alla Repubblica Islamica. E, soprattutto, fanno da sponda a triangolazioni che possono portare tecnologia a Teheran. In cambio del presunto aiuto sul nucleare, gli iraniani garantiscono l'assistenza militare. Un intreccio di rapporti, aggiungono gli israeliani, che non si limita al terreno tradizionale.
Da mesi il Venezuela si sarebbe trasformato in una testa di ponte dell'Hezbollah, il movimento libanese filo-iraniano. Diversi elementi sarebbero arrivati nel paese dove è presente da oltre un decennio un'agile network. Una base che raccoglie fondi per i guerriglieri e tiene d'occhio possibili obiettivi insieme ad emissari iraniani. La rete ha estensioni interessanti in diverse località: Isola Margarita (Venezuela), Curitiba, San Paolo (Brasile), Ciudad del Este (Paraguay) e alcune cittadine su punti di frontiera (Ecuador, Panama, Uruguay). Molti militanti hanno la doppia cittadinanza e sono stati in contatto con Hussein Karaki, «direttore» del dipartimento Sud America dell'Hezbollah. Altro risvolto intrigante è quello dell'assistenza fornita da consiglieri mediorientali a una milizia formata dal presidente Hugo Chàvez e ospitata nella regione di Zulia in un centro che gli oppositori interni chiamano la «città perduta». Alla fine di aprile è poi emersa la coca-connection quando la polizia di Curacao (Antille olandesi) ha arrestato un gruppo di trafficanti. Tra loro c'erano alcuni Hezbollah che dirottavano i guadagni illeciti verso il proprio partito. Gli episodi seguiti da puntuali smentite segnalano come il Sud America, con tutte le sue tensioni, si stia trasformando in un pericoloso terreno di scontro. Non sarebbe la prima volta. Il commesso viaggiatore dell'Hezbollah, Karaki, sarebbe stato coinvolto nell'attentato contro l'ambasciata d'Israele in Argentina (1992). Usando gli alias di Abu Ali Kamil e Said Ezzedin ha partecipato alla preparazione del complotto costato la vita a 29 persone.
(Corriere della Sera, 27 maggio 2009)
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L'obiettivo di Israele è distruggere l'infrastruttura nucleare iraniana
di Pietro Batacchi
Nell'ottimo rapporto del CSIS la questione di un eventuale attacco all'Iran è analizzata molto nel dettaglio. Un lavoro ben fatto che mette in luce le varie implicazioni tecniche e operative e le possibili conseguenze. Nella prima parte si analizzano le capacità del programma nucleare iraniano, mentre la seconda parte è dedicata all'analisi delle possibili opzioni in mano israeliana. Seguiremo anche noi questo filo logico entrando nel merito della questione partendo proprio dell'attuale stato del programma nucleare iraniano e chiudendo poi il tutto con un prossimo articolo dedicato alle opzioni israeliane....
(l'Occidentale, 27 maggio 2009)
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Ahmadinejad: con Roma buoni rapporti
TEHERAN - Le relazioni tra l'Iran e l'Italia «sono buone». Lo ha assicurato il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad dopo l'annullamento della visita del ministro degli Esteri Franco Frattini in Iran, il 20 e 21 maggio scorsi, che però secondo Teheran è solo «rinviata».
Tuttavia, allo stesso tempo Ahmadinejad ha lasciato intendere di ritenere che la missione sia saltata per pressioni dall'estero sull'Italia, probabilmente riferendosi agli Usa.
«Sappiamo che alcuni Paesi europei sono sotto la pressione di altri, ma non ce ne preoccupiamo molto», ha sottolineato Ahmadinejad. Frattini aveva negato poco prima che la visita fosse saltata a causa di pressioni esterne, rispondendo ad un analogo commento del portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hassan Qashqavi, secondo il quale «l'Italia ha una grande civiltà e non dovrebbe lasciarsi influenzare da altri».
«Non ci facciamo condizionare, abbiamo le nostre profonde convinzioni - ha detto il capo della Farnesina - ma abbiamo anche degli obblighi internazionali ed europei che dobbiamo mantenere».
Ahmadinejad ha dato la sua versione del mancato arrivo in Iran di Frattini dicendo che il ministro italiano chiedeva di vederlo. «Poiché ero impegnato in una visita regionale, la missione di Frattini è rinviata, ma non è un problema grave», ha detto il presidente iraniano.
Frattini aveva motivato l'annullamento del suo viaggio con la richiesta di Ahmadinejad di spostare l'incontro da Teheran a Semnan, la città dove il presidente si trovava in visita e dalla cui provincia, poche ore prima del previsto arrivo di Frattini, l'Iran aveva effettuato il lancio sperimentale di un nuovo missile in grado, potenzialmente, di colpire Israele. Una circostanza confermata in una intervista alla Cnn del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Da parte sua, Frattini ha detto che l'Italia continua a «ritenere che l'Iran sia un partner importante per la stabilizzazione in Pakistan e Afghanistan». Sullo sfondo il G8 allargato di Trieste a fine giugno.
(Il Gazzettino.it, 26 maggio 2009)
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Iran, Netanyahu: solo Israele può eliminare la minaccia atomica
Premier israeliano: "Il nostro Paese non è come gli altri"
ROMA, 26 maggio - "Se Israle non eliminerà la minaccia iraniana non lo farà nessun altro": è quanto ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nel corso di un incontro ieri con i membri del Likud, il suo partito, a una settimana dal suo faccia a faccia con il presidente americano Barack Obama a Washington. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz.
"Israele non è come gli altri Paesi", ha detto Netanyahu, che già nel 1996, quando per la prima volta guidò israeliano, indico l'Iran come il principale pericolo per l'esistenza dello Stato ebraico. "Ci troviamo di fronte a sfide per la nostra sicurezza che nessun altro paese ha; dobbiamo dare una risposta e noi lo stiamo facendo", ha aggiunto.
Quelli che stiamo vivendo "non sono tempi normali", ha proseguito Netanyahu, e il vero pericolo è "sottostimare la minaccia" di un Iran dotato dell'arma atomica. "Il mio lavoro è quello di garantire prima di tutto il futuro dello Stato di Israele, il lavoro del leader è quello di eliminare il pericolo.
Chi lo eliminerà? O noi o nessuno".
(ParmaOK.it, 26 maggio 2009)
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Israele : Venezuela e Bolivia vendono uranio all'Iran per la sua bomba atomica
L'accusa di Gerusalemme: collaborazione estesa anche ad altri settori militari
di Guido Olimpio
WASHINGTON (USA) - Israele alza il volume delle accuse contro gli amici dell'Iran. In un rapporto diffuso lunedì, Gerusalemme afferma che Venezuela e Bolivia aiutano Teheran fornendo uranio per il programma atomico. Una collaborazione estesa anche ad altri settori militari. Inoltre, sempre secondo gli israeliani, il presidente venezuelano Chavez avrebbe ordinato di appoggiare il movimento libanese Hezbollah che, da anni, è presente con sue cellule in tutto il Sud America. In base alle informazioni raccolte dal ministero degli Esteri di Israele la cooperazione è cresciuta negli ultimi mesi, ma non è chiaro se l'uranio provenga dalle riserve dei due paesi o sia frutto di una triangolazione.
IL COMPLOTTO - Fonti dell'opposizione venezuelana in esilio hanno anche aggiunto che Chavez avrebbe affidato a consiglieri mediorientali - probabilmente iraniani e libanesi - il compito di addestrare una milizia speciale nascosta in una località ribattezzata - con un po' di fantasia - «la città perduta». Quanto ai legami con l'Hezbollah non rappresentano un fatto inedito. Il Corriere ha raccontato, oltre un anno fa l'attività clandestina di Hussein Karaki, responsabile operativo per il Sud America all'interno del movimento libanese. La sua presenza è stata più volte segnalata in diversi paesi: un'attività mirata alla creazione di una nuova infrastruttura dell'Hezbollah da affiancare a quella già esistente. Gli sciiti filo-iraniani agiscono nella regione per finanziarsi - con commerci leciti e illeciti - e reclutano elementi locali. Di solito creano "uffici" in città di confine o in quelle aree dove ci sono facilitazioni commerciali. L'Isola Margarita in Venezuela, Ciudad del Est (Paraguay), San Paolo e Curitiba (Brasile), Panama sono alcuni degli avamposti Hezbollah. Nel giugno 2008, poi, le autorità statunitensi hanno denunciato la presenza in Venezuela di due Hezbollah, Gazi Al Din e Fawzi Kanan, che sotto la copertura di un'agenzia di viaggio raccoglievano fondo destinati ai militanti libanesi. Le accuse israeliane si inquadrano in un rapporto difficile con Bolivia e Venezuela. I due paesi hanno, infatti, troncato i rapporti con Gerusalemme dopo l'offensiva militare su Gaza. Una rottura accompagnata dai sempre più stretti legami - anche bellici - con gli iraniani.
(Corriere della Sera, 26 maggio 2009)
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Hezbollah, il libanese Partito di Dio, al centro dell'inchiesta sull'assassinio di Hariri
L'ex premier anti-siriano del Libano fu ucciso da un attentatio, con altre 22 persone, il 14 febbraio 2005.
La nuova direzione delle indagini del tribunale speciale delle Nazioni Unite, istituito per fare chiarezza sulla morte di Hariri, è stata rivelata dal sito internet del settimanale tedesco Der Spiegel.
I sospetti avevano sempre guardato alla Siria come il mandante dell'attentato, riservando al movimento scita Hezbollah, alleato della Siria, il ruolo di esecutore materiale.
Ma secondo quanto rivela Der Spiegel, citando alcuni documenti dell'inchiesta, Hezbollah avrebbe avuto una parte primaria anche nella pianificazione dell'uccisione di Hariri: dunque, il ruolo di mandante....
(euronews, 25 maggio 2009)
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L'articolo di Der Spiegel:
Una pista calda conduce al "Partito di Dio"
E' un intrigo internazionale o gli indagatori hanno soltanto paura? Secondo informazioni di Der Spiegel il tribunale speciale dell'Onu che indaga sugli attacchi omicidi all'ex premier libanese Rafik al-Hariri ha ottenuto nuovi sorprendenti risultati - e li nasconde. La colpa era da attribuire a Hezbollah.
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Attentato a Beirut 2005 - Chiamate su un "cellulare caldo" |
14 febbraio 2005 - Davanti all'hotel St. Georges in Beirut esplode una potente bomba proprio quando sta passando la colonna di auto dell'allora presidente Rafik al-Hariri. Oltre ad Hariri nell'esplosione muoiono le guardie del corpo e dei passanti, 22 persone in tutto.
Perché Hariri doveva morire? Un'indagine decisa dalle Nazioni unite alla fine del 2005 riscontrò che dell'omicidio erano responsabili sia le forze di sicurezza siriane sia dei libanesi di alto grado. Quattro persone sospette furono arrestate. Ma la prova decisiva non fu trovata. Nell'aprile del 2009 un nuovo tribunale speciale dell'Onu ha deciso la liberazione di quelle persone.
Adesso ci sono indizi di nuovi e scottanti risultati delle indagini. Secondo quello che Der Spiegel è venuto a sapere dall'entourage del tribunale, e che trova riscontri nella visione di documenti interni, il caso si trova davanti a una svolta. Secondo le nuove conoscenze non sono stati i siriani a progettare ed eseguire l'attacco, ma le forze operative speciali dell'organizzazione libanese sciita Hezbollah ("Partito di Dio").
Evidentemente il capo del tribunale, Bellemare, e i suoi giudici non vogliono rendere pubblici questi risultati, che a loro sono noti già da un mese.
Il fatto che il caso sia "sgusciato fuori" si deve, secondo le informazioni ricevute da Der Spiegel, al fiuto e alla tecnologia. Un'unità speciale delle forze di sicurezza libanesi avrebbe filtrato (herausgefiltert) i numeri di cellulari che nei giorni prima dell'attentato e nel giorno stesso dell'omicidio sono stati localizzati perfino nella cerchia di Hariri.
Le scoperte sui presunti mandanti dell'omicidio di Hariri potrebbero danneggiare Hezbollah. Il capo del movimento che negli USA, nonostante le sue formali dichiarazioni di stare alle regole di gioco democratiche, si trova sulla lista delle organizzazioni terroristiche, immagina bene che arriveranno problemi. In un suo discorso a Beirut Nasrallah ha parlato di "intenzioni di congiura".
Sui motivi per cui il Tribunale-Hariri tiene per sé queste conoscenze si può soltanto speculare. Può darsi che gli indagatori temano di poter surriscaldare la situazione in Libano. Ad una richiesta scritta di Der Spiegel l'ufficio stampa ha risposto che su "dettagli operativi" non è possibile esprimersi.
(Der Spiegel, 23 maggio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Israele lancia volantini su Gaza: state lontani dal confine
GAZA, 25 mag. - (Adnkronos/aki) - A una settimana dal lancio di razzi Kassam vicino al centro abitato di Sderot e a tre giorni da due falliti attacchi terroristici lungo la linea di confine, l'esercito israeliano ha inviato questa mattina un avvertimento agli abitanti di Gaza, lanciando dagli elicotteri un gran numero di volantini che invitano a mantenersi lontani dal confine. Sui volantini scritti in arabo si legge: "Siete avvisati: chiediamo ai residenti della Striscia di mantenersi a 300 metri di distanza dal confine".
(IGN, 25 maggio 2009)
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Israele: insediamenti illegali fuorilegge, Bibi blinda gli altri
ROMA, 25 mag - Nuovo giro di vite del governo israeliano contro gli insediamenti non autorizzati in Cisgiordania e i loro abitanti. L'amministrazione civile israeliana in Cisgiordania ha dichiarato "fuorilegge" i coloni israeliani che abitano tali insediamenti. Ai coloni è permesso un ricorso contro la decisione. La notifica non equivale a un ordine di sgombero ma ne pone le premesse tant'è che è stata accolta dai coloni con lanci di pietre contro veicoli palestinesi. La polizia israeliana ha fermato sei attivisti di destra in località Yitzhar. Sono nove - scrive Yedioth Ahronoth - gli insediamenti colpiti dal provvedimento: Mitzpe Yitzhar, Mitzpe Assad, Givat Hadegel (Ramat Gilad), Givat Haroe, Ma'ale Rehavam, Mitzpe Lachish, Yitzhar South, Hazon David e Kiryat Arba-Hebron mentre la stessa amministrazione si accingerebbe ad aggiungere alla lista sei altre località della West Bank.
Il graduale smantellamento degli avamposti illegali - nei giorni scorsi tre insediamenti analoghi sono stati sgomberati -, viene considerato dal governo israeliano un passo a favore del rilancio del dialogo con i palestinesi. Tuttavia nelle stesse ore il primo ministro israeliano Benjamin (Bibi) Netanyahu ha ribadito quanto anticipato la settimana scorsa al presidente degli Stati Uniti Barack Obama che chiedeva il congelamento di tutte gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, e cioè che "mentre non ne costruiremo di nuovi, non sarebbe giusto impedire la crescita naturale della popolazione in quelli esistenti". Al premier si è poi aggiunto il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman secondo il quale "se Israele deve evacuare degli insediamenti, questo deve essere fatto nel quadro di iniziativa complessiva e secondo un piano prefissato".
(il Velino, 25 maggio 2009)
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La Calabria e il passato ebraico.
di Luigi Palamara
REGGIO CALABRIA 25 maggio 2009. Il Presidente del Consiglio Provinciale Giuseppe Giordano e il consigliere Giovanni Barone hanno incontrato lo storico ed esperto di cultura ebraica Bruno Portaleone che, in questi giorni, è impegnato ad approfondire gli studi sulla comunità ebraica calabrese.
Portaleone, accompagnato dalla moglie e dal dott. Roque Pugliese, dopo aver evidenziato che la Calabria custodisce un passato ebraico poco conosciuto che solo negli ultimi anni sta emergendo, ha ricordato come a Reggio Calabria sia stata stampata la prima Bibbia in lingua ebraica, nel 1454, e siano presenti, nella toponomastica e all'anagrafe comunale, chiari riferimenti a questa tradizione.
"Sono contento di essere qui - ha dichiarato Portaleone - in questi giorni ho capito che i calabresi sono molto ospitali, aperti al dialogo e hanno tutte le potenzialità per svolgere un ruolo importante per le sorti del Mediterraneo. La Calabria ha sempre rappresentato un porto sicuro per gli ebrei, non ci sono mai stati ghetti in questa terra che, anzi, ha rappresentato un rifugio anche per quanti risiedevano nelle regioni vicine. Il mio auspicio - ha poi concluso - è quello che si possano incrementare i legami tra le comunità della provincia reggina ed Israele".
Il Presidente Giordano e il consigliere Barone, espressa la volontà di incentivare i rapporti con Israele, hanno accettato l'invito di organizzare un incontro istituzionale a Gerusalemme per rinsaldare i vincoli di fratellanza ed organizzare un sistema di cooperazione tra le sponde del Mediterraneo.
A conclusione dell'incontro, il Presidente Giordano ha donato allo studioso israeliano una medaglia che riproduce l'immagine de "La testa del filosofo" e delle pubblicazioni che racchiudono le bellezze naturali, artistiche e culturali del territorio provinciale.
(MELITO online, 25 maggio 2009)
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Israele: la destra vuole il giuramento
Ministro interno puo' non rilasciare documenti a chi non firma
GERUSALEMME, 25 mag - Una proposta di legge che imporra' a tutti gli abitanti un giuramento di fedelta' allo stato israeliano. E' l'idea del partito di estrema destra Israel Beitenu (IB), che deve essere sottoposta a governo e knesset. Imporra' agli abitanti di dichiarare la loro fedelta' ''allo stato di Israele ebraico e sionista''. Dara' al ministro dell'interno la facolta' di non rilasciare documenti d'identita' a chi non firmera'.
(ANSA, 25 maggio 2009)
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Israele: gli Stati Uniti non detteranno la nostra politica
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Moshe Yaalon |
Il governo israeliano non permettera' agli Stati Uniti di dettare la sua politica, e la "costruzione degli insediamenti non sara' fermata": e' quanto ha detto il ministro israeliano per gli Affari strategici, Moshe Yaalon, parlando al secondo canale della Tv israeliana, secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz.
"Gli insediamenti non sono la ragione del fallimento del processo di pace, non sono mai stati un ostacolo, in nessuna fase", ha detto Yaalon. "Anche quando Israele si e' ritirato dai territori palestinesi il terrorismo e' continuato. Yaalon, ex capo di stato maggiore dell'esercito israeliano, ha comunque ribadito che il governo smantellera' gli insediamenti illegali in Cisgiordania, come annunciato nei giorni scorsi.
Nell'incontro dello scorso lunedi' alla Casa Bianca, il presidente americano Barack Obama ha chiesto al premier israeliano Benjamin Netanyahu di bloccare le costruzioni negli insediamenti in Cisgiordania.
(RaiNews24, 24 maggio 2009)
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Liberman: impossibile tornare ai confini del 1967
Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, esclude che Israele possa tornare alle sue frontiere precedenti alla 'guerra dei sei giorni', nel giugno 19667. Lo ha detto oggi ai giornalisti lo stesso Lieberman.
"Oggi, un ritorno alle frontiere del 1967, come ci esortano a fare, non metterebbe fine al conflitto e non garantirebbe né la pace e né la sicurezza", ha detto Lieberman oggi a Gerusalemme prima della seduta settimanale del governo. "Ciò avrebbe come effetto solo quello di spostare il conflitto all'interno delle frontiere del 1967", ha aggiunto.
(ilsussidiario.net, 24 maggio 2009)
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Der Spiegel contro Hezbollah: responsabili dell'omicidio Hariri.
L'Hezbollah libanese ha bollato oggi come "affabulazioni" rivelazioni del settimanale tedesco Der Spiegel sulla presunta responsabilità delle forze speciali del partito sciita nell'assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafic Hariri.
"Sono affabulazioni tese ad influenzare la campagna elettorale (per le politiche del 7 giugno) e a far dimenticare le informazioni sullo smantellamento delle reti di spionaggio al soldo di Israele", è scritto in un comunicato dell'ufficio stampa di Hezbollah.
Tali rivelazioni intaccano "la credibilità del tribunale speciale per il Libano (Tls) e noi chiediamo a questo tribunale ad agire con fermezza per smascherare gli autori di tali menzogne", aggiunge il partito sciita filosiriano e filoiraniano.
Secondo Der Spiegel la commissione d'inchiesta chiamata a fare luce sull'assassinio di Hariri punterebbe su una pista che chiama in causa Hezbollah, dopo la scarcerazione per insufficienza di prove, a fine aprile, di quattro generali libanesi, due dei quali considerati filo-siriani.
Dal canto suo, il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha auspicato oggi un mandato di arresto internazionale contro Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah libanesi, sulla base delle anticipazioni secondo cui le indagini sull'uccisione dell'ex premier del Libano Rafik Hariri si starebbero indirizzando proprio verso Hezbollah.
Queste informazioni - ha detto Lieberman - "ci confermano con chi abbiamo a che fare". "Se le conclusioni degli investigatori sono queste, un mandato di arresto internazionale (contro Nasrallah) deve essere emesso immediatamente", ha proseguito, aggiungendo che se le autorità di Beirut non dovessero puoi muoversi "l'arresto andrebbe eseguito con la forza".
(ilsussidiario.net, 24 maggio 2009)
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Lavrov ha incontrato a Damasco capo Hamas in esilio Meshaal
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Sergei Lavrov |
DAMASCO, 23 mag. - Il ministro degli Affari Esteri russo Sergei Lavrov ha incontrato a Damasco il capo in esilio di Hamas, Khaled Meshaal. Lo riferisce un responsabile del movimento islamico palestinese. Lavrov, che è atterrato oggi nella capitale siriana, ha in programma domani un incontro con il presidente siriano Bashar al Assad, secondo una fonte diplomatica russa.
Il ministro russo ha incontrato in serata Meshaal, che è di base a Damasco, ha indicato la fonte di Hamas, senza fornire ulteriori dettagli.
Mosca continua a mantenere contatti con Hamas - ritenuta un'organizzazione terroristica da Israele, gli Stati Uniti e l'Unione Europea - nell'intento di aiutare il movimento radicale islamico, al potere a Gaza, e il suo rivale Fatah, del presidente Abu Mazen, a superare le loro divergenze.
A Damasco, il ministro russo intende discutere del progetto di organizzare a Mosca una conferenza internazionale sul Medio Oriente, secondo un portavoce della diplomazia russa. Lavrov, che lunedì proseguirà il suo viaggio verso il Libano, dovrà inoltre partecipare a una conferenza dell'Organizzazione della conferenza islamica (Oci) che si è aperta oggi nella capitale siriana e durerà tre giorni.
(Apcom, 23 maggio 2009)
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Vogliamo che Israele si estingua sotto la minaccia atomica?
di Stefano Magni
Spesso si tende a sottovalutare il pericolo esistenziale che corre Israele. In Europa si dà per scontato che lo Stato militarmente più potente del Medio Oriente continuerà a garantire la propria sopravvivenza. L'affanno della diplomazia occidentale consiste, semmai, nel contenerlo. Eppure, secondo una drammatica previsione (fatta dalla Cia, anche se mai pubblicata ufficialmente) lo Stato ebraico potrebbe estinguersi entro il 2020. Estinzione che verrebbe causata da un basso tasso di natalità e da una «emigrazione alla rovescia» degli ebrei israeliani verso i Paesi europei e l'America, a fronte, invece, di un altissimo tasso di natalità della popolazione arabo-israeliana e palestinese.
Esponenti di alto livello di Hamas hanno dichiarato esplicitamente che il continuo lancio di razzi contro Sderot e Ashkelon è parte di una strategia di logoramento volta a cacciare gli ebrei dalla loro terra. Tuttavia questo metodo terroristico sinora non ha scoraggiato gli ebrei di Israele: continuano ad abitare nelle loro case e a ricevere nuovi immigrati dai Paesi dell'ex Urss soprattutto, ma anche dagli Stati Uniti e dall'Europa. Tuttavia, una minaccia più grave come l'atomica iraniana potrebbe invertire il flusso. La possibilità di un'emigrazione massiccia causata dalla minaccia nucleare è il dato scioccante di un sondaggio commissionato dal Centro Studi iraniani dell'università di Tel Aviv i cui risultati sono stati pubblicati ieri.
Dal rilevamento risulta che ad aver più paura siano le donne, gli anziani e l'elettorato di sinistra: rispettivamente l'81%, l'89% e l'80% di essi teme fortemente lo scenario di un Iran nucleare che minaccia l'esistenza dello Stato ebraico. Questo timore è condiviso in modo appena leggermente inferiore da uomini, giovani ed elettori di destra: rispettivamente il 78%, il 61% e il 67%, ha paura della bomba islamica.
Quanto alla possibilità di abbandonare Israele alla notizia del primo test nucleare iraniano, questa opzione è presa seriamente in considerazione dal 23% della popolazione. Anche qui la percentuale cresce fra le donne (39%), più pronte a cambiar paese per salvare la vita propria e della famiglia. Per quanto riguarda la prospettiva a breve termine, l'85% pensa che l'Iran riesca a dotarsi di armi nucleari, il 57% è convinto che l'iniziativa diplomatica di Barack Obama sia destinata a fallire. Il 41% vorrebbe che Israele attaccasse l'Iran prima che sia troppo tardi.
«Queste percentuali sono tanto più preoccupanti quanto riflettono una paura non necessaria ed esagerata», dichiarava ieri al quotidiano Haaretz David Menashari, direttore del Centro. Il quale è leggermente più ottimista della media sulle intenzioni di Teheran, affermando che queste ultime siano: «Estremiste dal punto di vista religioso, ma politicamente pragmatiche». Perché: «(La leadership iraniana, ndr) capisce che un attacco con armi di distruzione di massa su Israele è un atto di follia che porterebbe alla distruzione dell'Iran stesso. Tristemente il sondaggio mostra quanto la minaccia di Teheran funzioni bene, anche senza avere l'atomica, perché migliaia di israeliani già vivono nel terrore e prendono in considerazione l'idea di abbandonare il Paese».
Se per Israele questi dati sono scoraggianti, per la comunità internazionale dovrebbero far suonare un campanello d'allarme. Vogliamo veramente che Israele, un pezzo di cultura europea in Medio Oriente, si estingua sotto la minaccia di un bombardamento atomico? Vogliamo veramente che l'unica democrazia mediorientale sparisca? Vogliamo regalare la più grande vittoria storica all'islamismo più radicale?
(Ragionpolitica.it, 23 maggio 2009)
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Il nuovo nemico di Obama è Israele. L'America flirta con il regime iraniano
di Arduino Paniccia
Una cosa salta subito agli occhi osservando il fiume di articoli ed i notiziari che hanno seguito il meeting Obama-Netanyahu, un tour de force di ben quattro ore che in sostanza ha lasciato le cose come stavano, ovvero male.
Tutti i media, più o meno implicitamente, tendono a far fare a Netanyahu la figura dell'intransigente. Obama ha ripetutamente citato la necessità di addivenire alla creazione di due stati per due popoli e Netanyahu ha fatto finta di non sentire, ammettendo al massimo di poter garantire ai Palestinesi ampia autonomia. In conclusione i due leader si sono trovati d'accordo sul non essere d'accordo.
Il rischio, però, è che a questo punto Israele potrebbe finire per apparire attore contrario allo sviluppo del processo di pace in Medio Oriente. Il sospetto che questa visione da parte della stampa e dei media possa avere nella stessa Amministrazione Obama uno degli ispiratori è forte. Infatti una ipotesi da considerare è che in effetti possa esistere l'intento da parte di Washington di mettere alle corde il proprio alleato storico per forzarlo a digerire la prospettiva dei due stati a dispetto di una concreta opposizione interna israeliana, costituita proprio dall'elettorato di centro destra e di destra che ha recentemente votato per Netanyahu. Il primo ministro israeliano in missione a Washington infatti non poteva accettare di dibattere questo tema a rischio di destabilizzare il suo stesso governo, i cui esponenti più radicali non intendono in alcun modo sentir parlare di due Stati.
Ma altri temi approfondiscono il solco tra USA ed Israele: la disponibilità americana a trattare con l'Iran in materia di arsenale nucleare irrita molto gli israeliani, soprattutto ora che Teheran, subito dopo il meeting di Washington, ha collaudato con successo il nuovo missile a lunga gittata Sejjil-2, un missile a combustibile solido che entra nello spazio per poi rientrare nell'atmosfera e colpire il bersaglio. Con l'occasione è stato testato anche un nuovo vettore, lo Shahab-3, che con la sua gittata di 2.000 chilometri e' in grado di raggiungere Israele. Non esattamente il tipo di notizia che dopo un summit infruttuoso pone Israele nelle migliori condizioni per dibattere all'infinito della propria sicurezza con interlocutori poco ricettivi a capirne da rilevanza.
Fonti di intelligence israeliana riportano che Obama starebbe considerando percorribile la proposta anglo-tedesca per un monitoraggio multinazionale molto stretto che impedisca la produzione di ordigni nucleari iraniani, ma secondo gli esperti militari e di intelligence israeliani il piano sarebbe alla fine solo una eccellente copertura per dissimulare la corsa iraniana alla bomba. Nel complesso, il disegno di Obama a riguardo prevede di dare all'Iran ancora molti mesi prima di minacciare sanzioni, mesi nel corso dei quali il programma nucleare potrebbe procedere senza ostacoli. Netanyahu, lapidariamente, ha dichiarato che "Israele si difenderà" e che "un Iran nucleare fornirebbe al terrorismo un ombrello atomico".
(Affaritaliani, 23 maggio 2009)
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Turchia - Da Israele in arrivo aerei senza pilota
Costo della commessa oltre 180 milioni di euro
ISTANBUL, 22 mag. - Israele da agosto inizierà l'invio di aerei senza pilota (Uav). L'ha detto il sottosegretario alla Difesa turco Murad Bayar, spiegando che i droni che arriveranno in Turchia saranno dotati a bordo di una tecnologia ancora più sofisticata di quella prevista dal modello in questione. L'invio è frutto di una commessa di tre anni fa con la quale l'Industria israeliana aerospaziale (Iai) e la Elbit System si sono impegnati a fornire al governo turco 10 Uav Heron per un totale di circa 180 milioni di dollari. Il termine delle consegne è fissato per ottobre. Israele ha accumulato dei ritardi nella consegna tanto che la stampa israeliana aveva pubblicato la notizia che la Turchia sembrava intenzionata a bloccare il contratto. È stato il ministro della Difesa in persona Mehmet Vecdi Gonul a smentire la notizia.
(Apcom, 22 maggio 2009)
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Nucleare: allarme Israele per Iran, c'è chi evoca esodo
di Alessandro Logroscino
TEL AVIV - A girare nelle strade non sembra che l'allarme tra gli israeliani per i programmi nucleari dell'Iran, per quanto diffuso, sia sul punto di tracimare nel panico. Né che la fiducia sulla capacità di deterrenza delle forze con la Stella di Davide - sottolineata in questi giorni da esercitazioni aeree in grande stile - stia venendo meno. Ma lo spettro aleggia e c'é chi, come un istituto di sondaggi, non esclude che la conferma di una bomba atomica nelle mani degli ayatollah possa in futuro scatenare la 'grande fuga'. Evocare un nuovo esodo biblico per il popolo ebraico, davanti a un Mahmud Ahmadinejad nelle improbabili vesti di faraone, sarebbe francamente eccessivo. E tuttavia, a credere ai risultati di una rilevazione condotta per conto del Centro studi iraniani dell'Università di Tel Aviv, esiste un buon 30% d'israeliani disposto a prendere oggi in considerazione l'abbandono del proprio Paese laddove Teheran riuscisse davvero a raggiungere l'obiettivo che secondo la leadership d'Israele si prefigge: dotarsi di armi non convenzionali. Cosa che per l'81% degli intervistati è senza dubbio destinata ad accadere malgrado gli sforzi diplomatici dell'amministrazione Usa di Barack Obama o di qualunque altro attore internazionale. Il sondaggio non risente degli umori generati dall'ultima intimidazione riecheggiata due giorni or sono dall'Iran: il lancio del nuovo missile a medio-lungo raggio Sajjil-2, pensato proprio per colpire all'occorrenza il 'nemico sionista'. E tuttavia accredita un'inquietudine crescente: soprattutto fra le donne, gli anziani e coloro che votano a sinistra, spiegano i ricercatori. "Se Ahmadinejad intendeva creare apprensione in Israele è certamente riuscito nei suoi intenti", ha commentato alla Radio militare uno degli esperti del Centro studi, Uzi Rabi, pur aggiungendo di ritenere che "la dirigenza dell'Iran, estremista dal punto di vista religioso, non manchi d'una certa misura a livello politico". A contrastare le voci più allarmistiche si levano d'altronde considerazioni di analisti autorevoli. Come Yitzhak Ben Yisrael, generale della riserva ed ex capo dell'Amministrazione israeliana per lo sviluppo degli armamenti, il quale giudica sì "preoccupante" che l'Iran abbia accresciuto la sua tecnologia militare fino a pensare di poter "raggiungere l'Europa e l'Occidente" con la gittata del Sajjil-2. Ma resta prudente sulle capacità operative immediate di Teheran e sottolinea in ogni caso come il nuovo missile non aggravi "in nulla la minaccia ai cittadini israeliani". Una minaccia che lo Stato ebraico - puntualizza Uzi Rubin, ex alto funzionario del ministero della Difesa e cervello del progetto missilistico Arrow - è del resto "preparato a fronteggiare". Per dimostrarlo può servire un'esibizione di muscoli come l'esercitazione aerea - fra le più imponenti di sempre - conclusasi ieri. E interpretata dagli hezbollah (filoiraniani) libanesi come presunta prova generale di un possibile raid per l'uccisione del loro leader, Sayyed Hassan Nasrallah. Manovre pianificate per simulare "situazioni estreme" - si è limitato a far sapere lo stato maggiore israeliano - e confermare il "pieno affidamento" attribuito dal ministro della Difesa, Ehud Barak, al potenziale di risposta dell'aviazione. In attesa che un nuovo, inedito test, allargato alle "retrovie d'Israele", si svolga a giugno: quando - paure o non paure - alla popolazione civile sarà chiesto di sperimentare la corsa ai rifugi, immaginandosi sotto attacco missilistico. Senza bisogno di spiegare da parte di chi.
(ANSA, 22 maggio 2009)
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Mostra dedicata a Carlo Levi
La mostra in sinagoga dedicata a Carlo Levi costituisce un evento rilevante sia sotto il profilo artistico-espositivo sia nell'ottica sempre attuale di una straordinaria testimonianza morale e civile.
Carlo Levi è conosciuto infatti come pittore e scrittore,e come uomo che ha vissuto-e pagato di persona-il lungo impegno in difesa dei valori di libertà e di riscatto etico-politico nella lotta antifascista....
(Il Monferrato, 22 maggio 2009)
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Torino e i libri - "pagine ebraiche", la grande sfida di parlare alla gente
di Simone Disegni
"Buongiorno signora! Prego prenda pure la sua copia!".
"Che cos'è?". "Si tratta di pagine ebraiche la nuova pubblicazione nazionale dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Fresco di stampa.". "Ah ehm.. no mi scusi ma ho lasciato il gatto in forno e il pollo fuori di casa.. cioè volevo dire il pollo in forno e il gatto fuori di.. Insomma devo scappare"!
Succede davvero un po' di tutto in questo grande esperimento antropologico che è la distribuzione a decine di migliaia di persone di un nuovo giornale. La sfida è sicuramente nobile: dare voce ad una minoranza che ha una certa visibilità mediatica, ma di cui si conosce senza dubbio troppo poco. Eppure è solo attraverso la conoscenza che si possono prevenire o combattere i germi dell'intolleranza. Le reazioni all'iniziativa, però, sono le più svariate. C'è il vecchietto che, entrato al Salone del Libro per assistere a qualche incontro letterario, s'imbatte in questo nuovo foglio, chiede, s'interessa, prende la sua copia e non se ne stacca più, dimenticandosi di andare a sentire quella conferenza in Sala Azzurra.
C'è l'espositore ben vestito che allunga il passo facendo elegantemente finta di non vedere quella lieve montagna di decine di migliaia di giornali, ma anche quello che sin dal primo giorno della Fiera non gira senza le sue pagine ebraiche sottobraccio insieme con i grandi quotidiani nazionali.
La distribuzione, a conti fatti, è certamente un successo: il punto dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane allestito all'ingresso del Lingotto è un passaggio obbligato per tutti e permette di regalare il giornale praticamente ad ogni singolo visitatore della Fiera, che giorno dopo giorno chiude i battenti a tarda ora invasa di Pagine.
Molti son ben disposti ad accettare il giornale, non fosse altro che perché è gratuito (ma che fatica spiegare che non si tratta né di Leggo né di Metro!). Ma non mancano neanche i diffidenti, quelli che proprio non ne vogliono sapere, e qui ogni scusa è valida. C'è chi in ottima fede si lamenta della quantità eccessiva di materiale con cui si esce regolarmente dalla Fiera, chi declina cortesemente e chi si dilegua temendo di avere a che fare con il solito scocciatore, chi infine si scusa dicendo di avere le mani troppo piene, salvo che abbassando lo sguardo le si vedono comodamente posate nelle tasche.
L'esempio più bello, invece, è forse quello di una professoressa di una delle migliaia di scolaresche in visita che, visto il giornale, chiede ad ognuno dei suoi alunni di prenderne una copia e li invita a portarla a scuola il giorno successivo per leggerlo e analizzarlo insieme. L'augurio migliore, per pagine ebraiche, arriva da quella classe.
(Notiziario Ucei, 22 maggio 2009)
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Netanyahu: Gerusalemme è degli israeliani
Gerusalemme sarà per sempre d'Israele. Nel Jerusalem Day, il giorno in cui lo Stato ebraico festeggia la riunificazione della città, nel 1967, il Premier Benyamin Netanyahu ha pronunciato parole che non lasciano spazio a dubbi sulla posizione del governo. "Gerusalemme unita è la capitale di Israele. Gerusalemme era e sarà sempre nostra. Gerusalemme non sarà mai più divisa".
Netanyahu ha inviato il suo messaggio dalla Collina delle Munizioni, luogo simbolo della battaglia fra arabi e israeliani che portò alla riconquista di Gerusalemme Est. Un discorso che arriva dopo l'incontro con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama a Washington, nel quale aveva già espresso la contrarietà alla creazione di uno Stato autonomo palestinese. Nel frattempo però, con un gesto che appare poco più che simbolico, il Premier israeliano ha ordinato lo smantellamento di una piccola colonia in Cisgiordania.
"Ho promesso che per ogni volta che demoliscono le nostre case qui costruiremo cinque volte di più" assicura tuttavia un giovane colono.
La road map per la pace del 2003, poneva la fine della colonizzazione della Cisgiordania come obbligo da parte dello Stato ebraico.
(euronews, 22 maggio 2009)
COMMENTO - La stampa italiana naturalmente ha riportato solo quello che poteva essere usato per mettere in cattiva luce Israele. Si consiglia di leggere tutto il discorso di Netanyahu in inglese. Sarebbe bello anzi se qualcuno ne pubblicasse la traduzione in italiano.
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Per Obama si potrebbe disarmare l'ANP e dare all'Onu Gerusalemme
di Carlo Panella
Un progetto avventurista, e per di più, vecchio di 50 anni: questo è il minimo che si possa dire delle linee strategiche dei piani di Obama per la soluzione della crisi israelo-palestinese che stamane hanno dilagato sui giornali israeliani.
Il cuore della proposta è sconcertante: lo Stato palestinese dovrebbe essere privo di forze armate, mentre Gerusalemme dovrebbe passare sotto la sovranità delle Nazioni Unite. Vi sono poi altre idee -non male quella di un risarcimento economico a carico della Ue e degli Usa per i milioni di profughi - ma questi due capisaldi hanno dell'incredibile perché dimostrano una totale mancanza di rapporto con la realtà....
(l'Occidentale, 22 maggio 2009)
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L'atomica iraniana fa paura, gli israeliani pronti a una nuova diaspora
Il sondaggio del Centro di studi iraniani dell'Università di Tel Aviv lascia poco spazio ai dubbi: gli israeliani sono convinti che l'Iran riuscirà ad arrivare all'atomica. E per questo uno su quattro confida che in quel caso prenderà in considerazione l' abbandono del proprio Paese.
L'opinione di un esperto
"Se il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad intendeva creare apprensione in Israele è certamente riuscito nei suoi intenti", ha detto alla radio un esperto del Centro di ricerche, il dottor Uzi Rabi. A suo parere, i timori degli israeliani sono tuttavia esagerati perché "la leadership dell'Iran è certamente estremista da un punta di vista religioso, ma è abbastanza calcolata da quello politico". Molte delle minacce antisemite di Ahmadinejad, inoltre, secondo accreditati analisti internazionali rispondono ad esigenze di politica interna, con l'Iran avviato alle elezioni e una situazione economica a dir poco problematica.
Teheran fa paura
L'81% degli israeliani è persuaso che l'Iran riuscirà a completare i propri progetti nucleari. Oltre la metà degli intervistati pensa che Israele dovrebbe agire con la forza per rimuovere questa minaccia, senza attendere l'esito di sforzi diplomatici che agli occhi di molti sembrano destinati a fallire.
Esercitazioni
"La nostra aviazione mantiene un elevato stato di allerta e fa un buon lavoro. Possiamo fare in essa pieno affidamento". E' soddisfatto, il ministro della Difesa Ehud Barak nel commentare la conclusione ieri di una grande esercitazione in cui l'aviazione ha simulato "situazioni estreme". Fra queste, secondo la stampa: un conflitto su piu' fronti; estesi attacchi missilistici nelle retrovie israeliane; e anche raid a grande distanza dallo Stato ebraico.
Un portavoce militare ha precisato che manovre del genere hanno carattere di periodicità e sono progettate con grande anticipo. Ma nei commenti della stampa l'esercitazione dei giorni scorsi è stata interpretata come un implicito messaggio all'Iran.
All'inizio di giugno sarà condotta una grande esercitazione nelle retrovie di Israele. Per la prima volta vi prenderà parte attiva l'intera popolazione a cui sarà richiesto di raggiungere brevemente i rifugi pubblici o le stanze di sicurezza negli appartamenti privati, mentre i responsabili militari simuleranno violenti attacchi missilistici sulle principali città del Paese.
(RaiNews24, 22 maggio 2009)
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Consegna del Riconoscimento di "Giusto tra le Nazioni" ad Aldo e Francesca Faina.
di Jacopo Teodori
SAN VENANZO (TR) - Lo scorso mercoledì 20 maggio 2009, nella mattina presso il Centro congressi "La Serra" di San Venanzo, si è svolta la toccante cerimonia di consegna del Riconoscimento di Giusto tra le Nazioni ad Aldo e Francesca Faina, che durante la persecuzione nazista contro gli ebrei, ospitarono e salvarono la famiglia Krachmalnicoff.
Il riconoscimento è stato ritirato dalla figlia Teresa Faina. Alla cerimonia, a cui hanno partecipato gli alunni dell'Istituto Comprensivo Statale di San Venanzo e rappresentanti dell'ISUC (Istituto per la Storia dell'Umbria Contemporanea), hanno presenziato il Sindaco di San Venanzo, Francesca Valentini, e Alberto Krachmalnicoff, Presidente dell'Associazione Italia - Israele.
Durante la breve e significativa cerimonia di consegna del riconoscimento, hanno riportato le loro testimonianze Marisa Krachmalnicoff e Teresa Faina. Molto interesse ha destato l'intervento di Rami Hatan, Consigliere dell'Ambasciata di Israele a Roma. E' stata quindi effettuata una visita a Collelungo dei luoghi dove sono stati ospitati i membri della famiglia Krachmalnicoff.
(OrvietoNews.it, 22 maggio 2009)
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Tel Aviv entra nella rete internazionale Air Berlin
Air Berlin espande il network dei collegamenti internazionali in partenza da Berlino, aprendo un volo per Tel Aviv, che sarà operativo dal prossimo 7 luglio. L'annuncio arriva dalla compagnia aerea low cost tedesca a poco più di un mese dal lancio dei 4 voli settimanali Lufthansa da Monaco e del nuovo bigiornaliero da Francoforte per il principale scalo israeliano. L'intensificazione degli operativi tra Germania e Israele sono frutto di nuovi accordi bilaterali grazie ai quali sono stati concessi più slot a El Al sugli scali tedeschi e viceversa.
(TTG, 21 maggio 2009)
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Netanyahu su Gerusalemme: "Unita e per sempre nostra"
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha dichiarato oggi che "Gerusalemmme unita è capitale di Israele. Gerusalemme è sempre stata nostra e così sarà per sempre e mai più sarà divisa".
"Solo sotto la sovranità di Israele a Gerusalemme unita sarà assicurata la continuazione della libertà di fede e di accesso ai Luoghi Santi delle tre religioni e solo così potranno vivere in sicurezza a Gerusalemme i fedeli di ogni religione e tutte le minoranze e etnie". Netanyahu si è così espresso nel corso di una cerimonia di stato in occasione dei festeggiamenti per la riunificazione della città, 41 anni fa, in seguito al conflitto del 1967 vinto da Israele.
(L'Unione Sarda, 21 maggio 2009)
COMMENTO - Finalmente parole nette e chiare.
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Professore «negazionista» porta in aula gli accusatori
Insegnante di liceo sospeso per aver proposto le teorie di Irving porta a processo i rappresentanti dei genitori
PADOVA - Li ha trascinati in aula, di fronte al giudice di pace, per mettere fine a un capitolo spiacevole e chiedere i danni, giustificando il suo modo di insegnare. Così ieri a mezzogiorno si è aperto ieri il processo a carico di Maurizio Segato e Ivana Slaviero, i due rappresentanti dei genitori in una classe al liceo scientifico Rolando da Piazzola. Accusati di diffamazione dal professore Franco Damiani, sospeso dall'insegnamento perché a sua volta accusato di aver insegnato le teorie negazioniste sull'Olocausto e sulla tragedia degli ebrei, portate avanti dallo storico David Irving.
Ieri in aula è toccato proprio al professor Damiani dire la sua. Ha detto di avere portato quelle teorie in classe «per insinuare dubbi e fare riflettere gli studenti». Nel 2004 durante il consiglio di classe Slaviero, rappresentante dei genitori e Segato, presidente del comitato genitori, dissero che Damiano: «Giudica fatti ed eventi storici in modo personale senza accettare critiche, vuole fare proselitismo. Giudica il popolo ebreo in modo offensivo dicendo che gli ebrei sono nemici perché lavorano per portare scompiglio nella religione cattolica. Denigra il libro di storia perché scritto da un ebreo». Accuse che portarono alla sospensione del professore per sei mesi e al suo trasferimento al liceo Newton di Camposampiero. Denunciati per diffamazione dallo stesso insegnante i due genitori, processati ieri. Prossimo appuntamento il 10 giugno, quando a parlare saranno i due imputati. Poi spazio alla decisione del giudice.
(Corriere del Veneto, 21 maggio 2009)
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A Gerusalemme trovata una traccia di archeologia biblica
Durante uno scavo a Gerusalemme, nei pressi del Monte degli Ulivi, gli archeologi hanno rinvenuto il manico di un vaso databile all'Età del ferro (nella zona mediterranea, l'Età del ferro inizia attorno all'anno 1200 a.C.).
La particolarità di questo reperto è la parola che vi appare incisa a caratteri ebraici, ossia "Menachem". Gli archeologi pensano che possa essere un riferimento a Menachem Ben Gadi, il re che viene citato anche nella Bibbia:
Nell'anno trentanove di Azaria re di Giuda, Menachem figlio di Gadi divenne re d'Israele e regnò dieci anni in Samaria. Fece ciò che è male agli occhi del Signore; non si allontanò dai peccati che Geroboamo figlio di Nebat aveva fatto commettere a Israele.
Durante il suo regno Pul re d'Assiria invase il paese. Menachem diede a Pul mille talenti d'argento perché l'aiutasse a consolidare la regalità.
Menachem impose una tassa, per quel denaro, su Israele, sulle persone facoltose, sì da poterlo dare al re d'Assiria; da ognuno richiese cinquanta sicli. Così il re d'Assiria se ne andò e non rimase là nel paese.
Le altre gesta di Menachem e tutte le sue azioni, ecco, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele. Menachem si addormentò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Pekachia.
(ticinolibero.ch, 21 maggio 2009)
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Il piano di pace di Obama: Gerusalemme sotto il controllo dell'Onu
Il presidente Usa Barack Obama «ha messo a punto un piano di pace che sarà da lui illustrato il 4 giugno al Cairo». Questi i titoli a tutta pagina dei tabloid di Tel Aviv. Forse alla Casa Bianca il diretto interessato ancora non ha definito nessun piano, eppure i giornali israeliani hanno già oggi notizie e dettagli. E gli articoli hanno destato scompiglio fra i dirigenti israeliani. Con una curiosa sintonia (e forse imbeccati da una «gola profonda») Yediot Ahronot, Maariv ed Israel ha-Yom - un giornale gratuito vicino al Likud - hanno parlato ieri di un piano di pace che si articolerebbe sulla falsariga di quello saudita del 2002. L'idea centrale è che il mondo arabo sostenga concretamente negoziati di pace israelo-palestinesi attraverso una graduale normalizzazione delle relazioni con lo Stato ebraico. L'obiettivo è di costituire in quattro anni accanto ad Israele uno Stato palestinese indipendente, democratico, geograficamente omogeneo e smilitarizzato. Ai profughi palestinesi verrebbe offerta la scelta tra l'acquisizione della cittadinanza nei Paesi dove risiedono, oppure stabilirsi entro i confini del futuro Stato palestinese. La Città vecchia di Gerusalemme passerebbe sotto l'autorità delle Nazioni Unite. Ma Israele, ha commentato il viceministro degli esteri israeliano Dany Ayalon ha «linee rosse» che non potranno essere mai valicate ed una di queste è la sovranità su Gerusalemme.
(il Giornale, 21 maggio 2009)
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Cisgiordania - Israele rimuove un avamposto di coloni
La polizia israeliana ha sgomberato oggi un avamposto di coloni ebrei in Cisgiordania (territorio palestinese) formato da sette baracche e realizzato senza alcuna autorizzazione presso l'insediamento di Maoz Ester. Lo riferiscono i media online locali, precisando che lo sgombero è avvenuto senza alcuna resistenza. L'operazione, secondo i media, rappresenta un gesto di buona volontà verso gli Usa deciso dal governo del premier Benyamin Netanyahu, reduce da un difficile vertice col presidente americano Barack Obama durante il quale il leader della Casa Bianca ha rilanciato la richiesta della comunità internazionale di congelare gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e Gerusalemme est e di sbaraccare almeno gli avamposti. Sempre ieri, incontrando una delegazione di coloni, il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, aveva annunciato loro a muso duro che gli avamposti sarebbero stati rimossi, con l'accordo o con la forza. Le autorità israeliane riconoscono l'illegittimità di questi avamposti anche rispetto alle leggi interne. Mentre la comunità internazionale considera illegali tutti gli insediamenti ebraici creati e ampliati nei territori palestinesi occupati dopo il 1967.
(L'Unione Sarda, 21 maggio 2009)
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La versione israeliana di South Park fa infuriare i musulmani
di Antonio Prudenzano
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Gli autori del cartone animato |
Due giovanissimi autori israeliani, Tom Trager e Or Paz, hanno creato un esilarante cartone animato in dissacrante "stile South Park", senza immaginare che la loro operazione satirica avrebbe causato un vero e proprio caso diplomatico. Su YouTube, i sei episodi di "Ahmed and Salim" hanno avuto centinaia di migliaia di visite da tutto il mondo nonostante i protagonisti del cartone (politicamente scorretto) in questione siano due teenager musulmani. Ma dove sta la provocazione? Il padre dei due ragazzi cerca di avvicinarli alla Jihad, mentre loro sono molto più interessati a hobby decisamente più occidentali come i videogame e i social network. Nonostante la loro ritrosia per le guerre di religione, i due provano comunque ad accontentare il padre "dandosi da fare", con risultati decisamente poco esaltanti: tra le altre cose, fanno esplodere un autobus palestinese al posto di quello israeliano
Inutile dire che i due autori fanno satira, e che quindi non hanno intenzione di discriminare i musulmani, anzi: "Ahmed and Salim" fa ridere e riflettere, è stato scritto proprio con questo intento. Il problema è che, e forse già lo si sapeva in partenza, nel mondo musulmano più intransigente il cartone animato (firmato da due ventenni israeliani
) non è affatto piaciuto, scatenando una vera e propria rivolta virtuale e non solo: negli Emirati Arabi è stato oscurato, e anche alcuni israeliani lo hanno definito "controproducente". La risposta di Tom Trager e Or Paz non si è fatta attendere: "Faremo satira anche su Israele". Niente sconti. "In caso di domande, minacce di morte o commenti entrate in contatto con noi", hanno detto dopo le polemiche i due autori, lasciando agli utenti la loro mail: sugarzaza@gmail.com. Ora tutti attendono il settimo episodio.
(Affaritaliani.it, 21 maggio 2009)
Video
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New York, sventato attentato contro obiettivi ebraici e militari
L'operazione e' stata possibile grazie a un infiltrato dell'Fbi che li ha forniti di esplosivo innocuo
di Giambattista Salis
NEW YORK - Sono quattro gli uomini arrestati a New York con l'accusa di mettere in atto attentati contro una sinagoga, un centro ebraico e aerei militari in volo. Sono stati arrestati nel Bronx, davanti alla sinagoga di Riverdale e al vicino Riverdale Jewish Center non sapendo che le bombe -ottenute grazie ad un informatore dell' Fbi- erano in realtà innocue.
Sono tutti musumalmi e cittadini americani: James Cromitie (detto Abdul Rahman), David Williams (detto Daoud o DL), Onta Williams (detto Hamza) e Laguerre Payen (detto Amin e Almondo). Vivono a Newburgh. Il primo è di orgine afgana, gli altri sono di origine araba e haitiana.
Sono sotto indagine dal 2008 e l'informatore che teneva i rapporti con loro pare abbia scoperto dei contatti con il gruppo terroristico pachistano Jaish-e-Mohammed. Per il commissario di polizia Raymond Kelly, si intendevano piazzare auto imbottite di esplosivo davanti ai due obiettivi ebraici e azionarli a distanza con un telefono cellulare.
Il tutto mentre i tre lanciavano missili a spalla terra-aria Stinger contro aerei della base della Air National Guard a Newburgh, dove sostano aerei usati per il trasporto di uomini e di rifornimenti per i conflitti in Iraq e Afghanistan. I quattro uomini compariranno oggi davanti a un tribunale federale e rischiano pene fra i 25 anni di carcere e l'ergastolo.
(La Voce, 21 maggio 2009)
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Ebrei che trovarono scampo in Svizzera nel 1945 si trovano a Tirano con chi allora li aiutò
di Bruno Ciapponi Landi (*)
Domenica prossima 24 maggio un gruppo di superstiti della comunità ebraica che nel 1945 , dopo la permanenza di due anni all'Aprica, trovò scampo in Svizzera con l'aiuto di carabinieri, finanzieri, partigiani e sacerdoti della zona, ripercorrerà idealmente la "strada della salvezza" con un pellegrinaggio che partendo dalla chiesa di S. Rocco (via Rasica, Madonna di Tirano), raggiungerà Viano in Valle di Poschiavo.
L'iniziativa è di Vera Neufeld, ebrea croata che attualmente vive in Australia e di Alan Poletti, docente universitario a riposo della Nuova Zelanda, oriundo di Villa di Tirano, che hanno raggiunto altri superstiti e organizzato la manifestazione che si concluderà domenica sera con una cena alla quale i promotori hanno invitato quanti hanno rintracciato fra coloro che ebbero parte all'iniziativa che li pose in salvo in Svizzera.
La prof. Fausta Messa, direttrice dell'ISSREC (Istituto sondriese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea) che collabora all'iniziativa, mi incarica di informare che nella mattinata di sabato 23 maggio (ore 9,30) presso l'Hotel Bernina, Alan Poletti, Vera Neufeld con i suoi familiari ed altri superstiti coinvolti nella manifestazione, saranno a disposizione dei giornalisti.
(*) Assessore all'istruzione e alla cultura del Comune di Tirano
(La Gazzetta di Sondrio, 21 maggio 2009)
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Italia-Iran, Teheran pone condizioni e Frattini annulla la sua visita
ROMA (20 maggio) - Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha annullato la visita prevista per oggi in Iran come conseguenza della richiesta di Teheran di tenere l'incontro con Ahmadinejad in una località diversa da Teheran, per la precisione a Semnan, dove stamani è stato sperimentato un nuovo missile a lunga gittata.
La richiesta iraniana, giunta oggi, non è stata accolta dal ministro degli Esteri il quale ha inteso esprimere il suo forte rammarico per un'occasione perduta di approfondimento della possibilità e delle modalità di coinvolgimento dell'Iran per la stabilizzazione di Afghanistan e Pakistan. La Farnesina ha dunque ritenuto di comunicare alla parte iraniana l'impossibilità di effettuare la visita.
Ahmadinejad oggi ha sottolineato l'esito positivo del test sul missile terra-terra con gittata di 2000 chilometri. Il Sejil 2, aveva affermato il presidente iraniano, citato dall'Irna, è più avanzato ed è dotato di un migliore sistema carburante rispetto alle precedenti versioni. Secondo l'Irna, il Sejil 2 ha una gittata superiore a quella del Shabab 3, considerato il più potente missile a media gittata di cui il paese è in possesso.
(Il Messaggero, 20 maggio 2009)
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Israele: la soluzione dei due Stati è "stupida e infantile"
GERUSALEMME, 20 mag. (Ap) - La soluzione dei "due Stati" al conflitto israelo-palestinese è "stupida e infantile" perché il problema "è molto più complesso": lo hanno affermato due collaboratori del premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando ai giornalisti sull'aereo di ritorno da Washington. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha ricevuto Netanyahu alla Casa Bianca, ha messo in chiaro che la soluzione dei due Stati prevista dal vertice di Annapolis rimane quella sostenuta dall'Amminsitrazione; il premier israeliano non l'ha menzionata esplicitamente nella sua conferenza stampa, alludendo solo a un "autogoverno" palestinese.
(La Provincia di Lecco, 20 maggio 2009)
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Tel Aviv: «Se dialogo con Usa fallisce, all'Iran penserà Israele»
Un alto funzionario israeliano ha avvertito che Tel Aviv sarà costretta ad affrontare da sola il controverso programma nucleare iraniano qualora dovesse fallire l'apertura al dialogo con Teheran fatta dal presidente americano Barack Obama. La fonte, riferisce l'edizione on-line del quotidiano israeliano Haaretz, ha parlato con l'emittente Channel 10 affermando che l'insistenza di Obama sull'impegno al dialogo con l'Iran spingerà Israele a prendere una «decisione difficile» sulla questione alla fine di quest'anno.
(L'Unione Sarda, 20 maggio 2009)
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Palestina smilitarizzata, Gerusalemme internazionale
Anticipazioni del Jerusalem Post, il piano e' stato messo a punto da Obama e Abdallah nel corso del loro recente incontro alla Casa Bianca.
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Obama con re Abdallah II |
Il nuovo piano di pace per il Medio Oriente messo a punto dal presidente americano Barack Obama con la collaborazione del re giordano Abdallah II prevederebbe la
nascita di uno Stato palestinese smilitarizzato, con Gerusalemme Est come capitale. Lo riporta l'edizione online del Jerusalem Post. La questione dei confini sarà risolta con scambi territoriali tra Israele e Autorità Palestinese, mentre la Città Vecchia di Gerusalemme sarà internazionalizzata. Il piano riconosce anche un "diritto al ritorno" limitato per i rifugiati palestinesi.
Come precisa il Jerusalem Post, il piano è stato messo a punto da Obama e Abdallah nel corso del loro recente incontro alla Casa Bianca. Il re giordano è stato il primo leader mediorientale ricevuto dal presidente Usa a Washington. Obama presenterà molto probabilmente la sua iniziativa in occasione del discorso che rivolgerà al mondo musulmano il prossimo 4 giugno al Cairo.
Parlando con i giornalisti israeliani dopo il suo incontro di lunedì con Obama alla Casa Bianca, anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che il presidente Usa presenterà presto un nuovo piano di pace: un piano "interessante", ha osservato Netanyahu, che non coinvolgerà solo israeliani e palestinesi, ma anche diversi Stati arabi moderati della regione.
(RaiNews24, 20 maggio 2009)
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Il ghost writer di Obama laureato in 'fiction writing'.
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Abbiamo letto sui giornali che il presidente Obama ha un'intera squadra di redattori per i suoi discorsi (una volta si chiamavano in maniera più fantasiosa "ghost writers", e in italiano "negri", absit injuria verbis). Il principale scrittore fantasma del presidente americano si chiama Ben Rhodes, è un ragazzo di trentun'anni bianco e un po' calvo, specializzato in politica estera. Obama si fida di luii "ciecamente" per i discorsi diretti al mondo fuori dall'America e, a giudizio del Corriere della Sera, "finora non ha sbagliato nulla". C'è una cosa che colpisce nel suo curriculum: è laureato alla New York University in "fiction writing", cioè in "scrittura creativa" o piuttosto "di fantasia". Ecco, sia detto senza arroganza: ce lo aspettavamo. La competenza giusta al posto giusto. Basterebbe che Obama, avvicinandosi al podio delle sue presentazioni internazionali, invece di sottintendere "adesso vi faccio un discorso", si presentasse così: "C'era una volta, in un paese lontano lontano..."
(Informazione Corretta, 20 maggio 2009)
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Perchè i civili Tamil contano meno di quelli palestinesi?
Dallo scorso gennaio l'esercito singalese ha ucciso circa 7.000 civili Tamil provocando solo qualche rigurgito di compassione nelle tv e sui giornali italiani e nemmeno una manifestazione all'università. Oltre 2.500 "Tigri" combattenti, compreso il capo supremo dei terroristi, sono morte. "Nelle ultime 24 ore più di 3.000 cadaveri sono stati abbandonati nelle strade", ha detto un portavoce delle Tigri.
Alla fine i ribelli si sono arresi, a differenza di Hamas che è ancora lì pronta a trascinare all'inferno i palestinesi. Ma dov'è finita l'indignazione di Michele Santoro in una puntata di Anno Zero degna di Al Jazeera? Ogni vittima Tamil vale si è no un centesimo di un palestinese, mediaticamente parlando.
Quando Israele ha invaso Gaza si è ritrovato isolato da tutta la comunità internazionale. Le riunioni e le mozioni al Consiglio di Sicurezza dell'Onu si susseguivano freneticamente. Alla fine il governo Olmert ha desistito. Nel caso dello Sri Lanka il governo "aggressore" è andato fino in fondo, forse troppo. C'è stata solo una riunione informale del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Consigliamo a Santoro di mandare uno dei suoi embedded a Palermo, dove un centinaio di Tamil stazionano protestando davanti alla prefettura.
Siamo uomini di mondo e comprendiamo che quella dei Tamil è una guerra dimenticata, ma sarebbe bello sapere che ne pensa la sinistra di un post apparso giorni fa sul sito di Indymedia: "Se il governo di Israele facesse fuori in una settimana migliaia di persone saremmo giustamente incazzati neri - scrive un anonimo antagonista - Possibile che il nostro internazionalismo si limiti alla questione palestinese e si tralascino massacri addirittura peggiori?". Possibilissimo.
(l'Occidentale, 19 maggio 2009)
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Razzo kassam su Sderot. Alemanno visita la zona colpita
TEL AVIV, 19 mag - Si sta chiudendo con la visita alla cittadina israeliana di Sderot, nei pressi della striscia di Gaza, il viaggio del sindaco di Roma in Israele.
La stessa cittadina, piu' volte colpita dai missili lanciati da Hamas e che ha visto rapito un soldato ancora nelle mani del gruppo palestinese, e' stata fatta oggetto di un nuovo attacco con un missile kassam che ha colpito un giardino di una abitazione provocando un ferito e la distruzione di parte dello stesso edificio. Un attacco che e' avvenuto poco prima dell'arrivo del sindaco Alemanno in elicottero. Una visita che prevedeva un incontro con il sindaco della citta' e con i familiari del rapito. Lo stesso Alemanno, appena giunto a Sderot si e' subito recato sul luogo dell'attentato, che ha provocato un grande cratere nel terreno, portando la solidarieta' alle persone colpite.
Intanto il caso del soldato rapito era stato affrontato anche nel corso dell'incontro a Gerusalemme tra la stessa delegazione romana e il patriarca latino, Fouad Twal, presso la sede del Patriarcato. ''Ho chiesto al Patriarcato - ha poi rivelato Alemanno ai giornalisti - una mediazione e di mettere in campo ogni iniziativa per la liberazione del cittadino israeliano ricevendo, naturalmente, una risposta positiva''.
(ASCA, 19 maggio 2009)
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Ebrei messianici aggrediti in Israele
Un gruppo di ebrei messianici che la settimana scorsa distribuivano volantini a Rehovot è stato brutalmente aggredito da ultra-ortodossi locali, ha riferito Ynet. Un certo numero di passanti laici si sono uniti alla rissa e hanno distrutto la maggior parte della letteratura messianica. Diverse persone che hanno assistito o hanno preso parte allo scontro hanno dichiarato a Ynet di essere irritati dalla presenza di missionari nella loro città. Molti ebrei israeliani considerano gli ebrei messianici come membri di una religione straniera e considerano i loro sforzi di diffusione dell'Evangelo come un tentativo di convertire gli ebrei alla fede straniera del cristianesimo. Quelli che aggrediscono gli evangelisti messianici spesso dichiarano falsamente che l'azione missionaria è illegale in Israele. In realtà è illegale soltanto offrire soldi in cambio di una conversione ad un'altra fede, come anche "missionare" un minorenne. Condividere la propria fede con adulti che sono d'accordo non è illegale in Israele.
(israel heute, 19 maggio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Barriera, non escluso stop ai lavori
A condizione che l'esercito israeliano resti in Cisgiordania
GERUSALEMME, 19 mag - Il congelamento della costruzione della Barriera di separazione in Cisgiordania ''puo' anche essere preso in considerazione''. Lo ha affermato oggi in parlamento il capo dello Shin Bet (servizi di sicurezza) Yuval Diskin. Ma a condizione che l'esercito israeliano resti dislocato in Cisgiordania. Diskin ha rilevato che, in Cisgiordania, i servizi di sicurezza israeliani sono riusciti a mantenere, assieme con quelli palestinesi, una situazione sostanziale di stabilita'.
(ANSA, 19 maggio 2009)
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Allarme Facebook in Israele, il social network usato per reclutare spie
Secondo lo Shin Bet, i servizi segreti interni dello Stato ebraico, 'gruppi terroristici' cercherebbero di avvicinare cittadini israeliani tramite la piattaforma per ottenere informazioni riservate e sensibili in cambio di denaro
Gerusalemme, 19 mag. - (Adnkronos/aki)- In Israele è allarme Facebook. Tramite la piattaforma che consente di essere sempre in contatto con amici e conoscenti di tutto il mondo e attraverso altri social network alla moda, infatti, 'gruppi terroristici' starebbero cercando di avvicinare cittadini israeliani da utilizzare come una preziosa rete di spionaggio, ottenendo informazioni in cambio di denaro. L'allarme è arrivato oggi pomeriggio dallo Shin Bet, i servizi segreti interni dello Stato ebraico, ed è stato subito rilanciato dall'edizione online del quotidiano israeliano 'The Jerusalem Post'.
Lo Shin Bet teme che gli israeliani possano cadere in trappola e diffondere informazioni riservate e sensibili, ma anche che, attirati dalle promesse di denaro, possano essere spinti a recarsi all'estero, dove sarebbero a rischio di sequestro. Stando ai servizi interni israeliani, di recente un cittadino dello Stato ebraico sarebbe stato contattato tramite Facebook da un uomo che si è identificato come un libanese e che gli avrebbe chiesto informazioni sensibili. Molti altri casi simili a questo, si legge sul sito web del 'Jerusalem Post', sono stati documentati.
E così lo Shin Bet ha iniziato a chiedere ai cittadini dello Stato ebraico di usare con moderazione i social network, evitando di inserirvi informazioni private, come indirizzi e numeri di telefono. Secondo i servizi interni israeliani, inoltre, i "terroristi" starebbero tracciando le navigazioni in Internet, su siti e forum, effettuate dai soldati e dai riservisti dello Stato ebraico e dai riservisti sempre allo scopo di raccogliere preziose informazioni.
(IGN, 19 maggio 2009)
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Museo della Shoa in tre anni
Gerusalemme: Il sindaco Gianni Alemanno ha siglato un accordo di collaborazione con lo Yad Vashem per fare a Villa Torlonia il sito più importante d'Europa.
Si è posata ieri la prima pietra «virtuale» del Museo della Shoah della capitale, l'ultimo d'Europa. Lo ha fatto ieri il sindaco Alemanno e non a caso lo ha fatto dal Museo dell'Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, siglando un accordo di collaborazione che punta a fare del museo capitolino il più importante d'Europa. «Il lavoro è già iniziato - spiega il direttore del museo che nascerà a Villa Torlonia, Marcello Pezzetti - stiamo raccogliendo la documentazione e strutturando l'archivio. Sarà un museo di storia nazionale». I tempi per la realizzazione del museo, alla quale partecipano anche la Provincia di Roma e la Regione, sono di circa tre anni. «Due anni per la costruzione, un anno per l'allestimento», precisa Pezzetti. La collaborazione con il Museo Yad Vashem rientra in un rapporto ben più ampio di Roma con Gerusalemme, sancito ieri con l'inaugurazione di «Piazza Roma», vicino la sinagoga italiana.
Una manifestazione di amicizia che verrà ricambiata nella visita a Roma del sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, il 26 e il 27 maggio. Un rapporto, quello tra le due città imprenditoriale e culturale. La delegazione del sindaco, infatti, è composta da circa 80 persone, la maggior parte delle quali sono imprenditori capitolini, mentre il sindaco di Gerusalemme ha sottolineato l'importanza del turismo tra le due città più importanti per storia, religione, architettura. «Da questa piazza - ha commentato Alemanno - comincia un lungo percorso di amicizia tra Roma e Gerusalemme, due città uniche al mondo per ciò che rappresentano. Un'amicizia che può e deve diventare punto di riferimento per tutto il Mediterraneo, perché se la politica spetta agli Stati, le città possono lavorare sulla cultura e sull'educazione affinché identità e tolleranza possano finalmente convivere».
(Il Tempo, 19 maggio 2009)
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Considerazioni finali (ma non troppo) sul viaggio del Papa in Terra Santa
di Giorgio Israel
Nel mio precedente intervento su L'Occidentale che aveva come oggetto il viaggio del Papa in Terrasanta osservavo che sarebbe stato necessario attendere qualche giorno, e forse anche di più, per poter fare una valutazione equilibrata. Mi pare che i fatti confermino ulteriormente l'opportunità di avere un quadro completo. In quell'intervento avevo parlato di due fasi molto diverse: la prima essenzialmente religiosa e spirituale e la seconda più propriamente politica, che suscitavano - quantomeno a mio giudizio - una diversa valutazione. Ad esse si è aggiunta la fase conclusiva rappresentata dall'ultimo discorso tenuto dal Papa e pubblicato per intero da alcuni quotidiani e dalle interviste da lui fatte nel corso del viaggio di ritorno. Ho letto e riletto con attenzione quest'ultimo discorso e le dichiarazioni e ne ho ricavato l'impressione di un equilibrio ineccepibile....
(l'Occidentale, 18 maggio 2009)
COMMENTO - Giorgio Israel persevera nell'illusione di riuscire a interpretare le azioni e le intenzioni di un papa passando al microscopio il testo dei suoi discorsi.
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La Santa Sede nel Medio Oriente
di Sergio Minerbi
Sergio Minerbi, il più illustre storico dei rapporti fra Vaticano e Israele, ha scritto per informazione corretta, una lucida analisi del viaggio di B-XVI nella cosiddetta Terra Santa. Questi sono i fatti, incontrovertibili.
Papa Benedetto XVI e` ripartito da Israele, la paralisi del traffico a Gerusalemme e` finita, ma e` rimasto in bocca agli Israeliani un sapore amaro. Durante il suo soggiorno in Israele il Papa non ha nemmeno tentato l'inizio di un dialogo politico che porti a una migliore comprensione reciproca. No, le sue idee ostili a Israele, erano chiare prima ancora di venire nella nostra regione e tali sono rimaste. Egli riconosce le radici comuni con l'Ebraismo nella speranza di convertire gli Ebrei al Cristianesimo come dimostra l'uso della parola "riconciliazione", che come e` noto fu usata da San Paolo nel senso di convertire Ebrei e Pagani riconciliandoli nel segno della Croce (Lettera agli Efesini).. Ma sul piano politico la Santa Sede ha accolto in pieno le tesi dei Palestinesi e non ne deflette di un millimetro....
(Informazione Corretta, 18 maggio 2009)
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Netanyahu: palestinesi devono riconoscere stato Israele
Lo ha detto alla conferenza stampa con presidente Usa Obama
"I palestinesi devono riconoscere Israele come stato ebraico". E' quanto ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu, nella conferenza stampa indetta alla Casa Bianca, dove si è recato per visitare per la prima volta il presidente americano Barack Obama.
(Virgilio Notizie, 18 maggio 2009)
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Netanyahu: autogoverno palestinese ma non Stato
Israele non prende in considerazione lo spazio politico e territoriale per la nascita di uno Stato palestinese. Benjamin Netanyahu lo ha detto direttamente a Barack Obama nel corso dell'incontro negli Stati Uniti. Il premier dello Stato ebraico si è detto invece favorevole a una forma di autogoverno dei palestinesi.
(la Repubblica, 18 maggio 2009)
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Italia-Israele: Alemanno inaugura bosco dei giusti
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Gianni Alemanno |
GERUSALEMME, 18 mag. - (Adnkronos) - Nel secondo giorno della sua visita ufficiale in Terra Santa, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, dopo essere stato allo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto di Gerusalemme, ha inaugurato oggi due importanti luoghi simbolo della citta'. Nel pomeriggio i sindaci delle due citta' hanno tagliato insieme il nastro di Piazza Roma, nei pressi della Sinagoga italiana. Un evento che segue di soli dieci giorni la decisione della giunta capitolina di intitolare a Gerusalemme una piazza dell'Urbe, iniziativa realizzata proprio in vista di questo viaggio.
Successivamente Alemanno ha partecipato all'inaugurazione organizzata dal Karen Kayemeth LeIsrael del bosco dedicato alla memoria dei Giusti tra le Nazioni italiani, proprio come quello che il sindaco ha voluto realizzare a Roma. ''Il Keren Kayemeth LeIsrael da sempre utilizza gli alberi, simbolo di vita nella tradizione ebraica e cattolica, come elemento per la memoria del passato e omaggio a chi ha agito per il bene nel mondo'', ha spiegato Raffaele Sassun, presidente del Kkl Italia nel discorso tenuto durante la toccante cerimonia d'inaugurazione.
''Come ha sottolineato questa mattina il sindaco di Gerusalemme - continua Sassun - l'opera di rimboschimento va al di la' della tutela ambientale e dello sviluppo del verde. La vita portata avanti da un nuovo albero, infatti, ci aiuta a ricordare e a migliorare''. Raffaele Sassun ha inoltre aggiunto che ''coloro che si sacrificarono per salvare anche solo un ebreo, hanno dimostrato con i fatti che l'anima, la nobilta' e la dignita' umana non erano scomparse nemmeno nei tempi piu' bui della storia''.
(Libero-news.it, 18 maggio 2009)
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Calcio: Roma e Gerusalemme per ''Shalom league'' con palestinesi
GERUSALEMME, 18 mag - C'e stata anche una scia calcistica nella seconda giornata di visita del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in Israele. Nel pomeriggio, infatti, inaugurando a Gerusalemme la nuova ''Piazza Roma'', nella zona centrale della citta', gli e' stata consegnata una lettera di richiesta per il patrocinio della nuova edizione della '''Shalom league'' tra rappresentative italiane, israeliane e palestinesi.
Una iniziativa nata dal locale Roma club di Gerusalemme che ha voluto cosi' dare una impronta sportiva al cammino di pace e riconciliazione tra i due popoli. Un torneo nel nome della pace che, in realta', si e' gia' tenuto quest'anno con la '''Shalom cup'' assegnata, pero' dopo un torneo giocato solo a Gerusalemme e vinto dai nostri Carabinieri che operano in Israele.
''La nostra richiesta ora - ha spiegato il presidente del Roma club Gerusalemme, Sergio Del Monte - e' di estendere l'iniziativa con partite anche a Roma''.
(ASCA, 18 maggio 2009)
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Israele: servizi "facebook mezzo per reclutare spie"
GERUSALEMME, 18 mag. - I servizi israeliani hanno messo i propri cittadini in guardia da Facebook. Secondo lo Shin Bet, l'intelligence per gli affari interni, sul social network sono in atto tentativi di estremisti islamici di reclutare spie. Un utente di facebook ha allertato i servizi, dicendo di essere stato contattato da un presunto agente segreto libanese che gli aveva offero denaro in cambio di alcune informazioni. L'agenzia ha quindi raccomandato agli utenti israeliani di non divulgare informazioni sensibili online. "Non e' un rischio di fuoriuscita di informazioni, ma temiamo anche per la vita degli israeliani, che potrebbero essere tentati dalle offerte in denaro e incontrarsi all'estero con esponenti di organizzazioni terroristiche, rischiando di essere sequestrati", ha avvertito lo Shin Bet.
(AGI, 18 maggio 2009)
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I deliri di Ahmadinejad? Hanno il megafono Onu
L'Alto Commissario che oggi accusa l'Italia di razzismo, Navi Pillay, ha organizzato la conferenza di Ginevra, Durban 2, finita nello scandalo per l'intervento di Mahmoud Ahmadinejad contro Israele. Nel pregare l'Italia, e i Paesi che non ne volevano sapere di apologia antisemita, la signora aveva garantito «la piattaforma più ampia per combattere l'intolleranza». Come volevasi dimostrare.
(il Giornale, 18 maggio 2009)
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Mons. Paglia: i respingimenti degli immigrati sono come il muro di Palestina
GUBBIO, 16 mag. - ''Certe scelte verso gli immigrati, fanno pensare alle parole tristi del Papa di fronte al muro che separa israeliani e palestinesi''. A fare questo collegamento e' il vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, che ha criticato la scelta del Governo di ''rispedire indietro coloro che cercano una vita piu' serena'' nell'omelia di una messa celebrata a Gubbio per la ricorrenza liturgica di sant'Ubaldo.
''Penso anche ai tanti muri interiori che alziamo spesso anche tra noi'', ha aggiunto il presule che e' anche presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso e assistente ecclesiastico della Comunita' di Sant'Egidio.
(AGI, 16 maggio 2009)
COMMENTO - Quanto a ''certe scelte verso gli immigrati, sul giornale cattolico "Avvenire" del 14 maggio scorso un lettore ha scritto:
«Caro direttore, al Vaticano che critica la politica dei 'respingimenti' dei clandestini, la risposta migliore l'ha data il funzionario del governo libico che ha trattato l'accordo con l'Italia: 'Se volete, possiamo portare a piazza San Pietro tutti gli stranieri che le navi italiane hanno portato qui'. Che fa il Vaticano? Accetta? Se li prendono tutti loro, questi e quelli che verranno?»
Quanto alle parole tristi del Papa di fronte al muro che separa israeliani e palestinesi, su Informazione Corretta del 14 maggio scorso Ugo Volli ha scritto:
«Ma che bisogna fare di questo "rimando" allo "scacco delle relazioni", volgarmente detto "muro"? E' chiaro. Abbatterlo, perbacco, tirarlo giù, "i muri non durano per sempre", come ha detto il nostro papa e architetto onorario, soprattutto perché "il muro si introduce nei vostri territori - ha continuato - separando i vicini e dividendo le famiglie, circondando il vicino campo e nascondendo molta parte di Betlemme". Certamente: perché un muro che quando "separa" lo fa coi "vicini" (e non con gli obiettivi terroristici) ma inoltre "si insinua", "circonda" e "nasconde" solo allo scopo futile di fare "un forte rimando", be' è proprio un crimine urbanistico, non ha senso, va certamente "abbattuto", anche per ragioni di visibilità.
Ma come fare per evitare che, invece di esercitare il loro "naturale diritto a sposarsi, a formarsi una famiglia e avere accesso al lavoro, all'istruzione e all'assistenza sanitaria," che "il muro" "insinuandosi" e "separando" impedirebbe, i bravi martiri palestinesi interpretino la loro bellissima religione come l'obbligo di farsi esplodere in una pizzeria, magari in un pranzo di matrimonio? E' un vizietto che hanno a lungo esercitato con successo, contribuendo anche loro - ammettiamolo - al "trambusto" e che non hanno proprio perduto, ogni tanto ci riprovano, avrebbero tanto piacere dello spettacolo di un'esplosione per consolarsi delle loro "sofferenze" - solo che quel maledetto "muro", "insinuandosi", lo impedisce. E però riflettiamo, disturbare la quiete pubblica non è bene, la violenza è sempre male, sempre. E allora come si fa a impedirla senza muro? Caspita, con "una maggiore fiducia". Dev'essere per quello che intorno al Vaticano ci sono gendarmi e portoni e muraglioni e telecamere e cancellate di ferro: per suggerire "fiducia". Ma essendo vaticani, questi dispositivi non si "insinuano", non "separano" i vicini, non "circondano" e non "nascondono". Insomma, sono buoni. Cattivi sono solo quelli israeliani, ogni bravo eurarabo lo sa.»
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Di Pietro: oggi c'è la caccia allimmigrato come una volta c'era la caccia allebreo
BOLOGNA, 16 mag. - Oggi in Italia "c'è la caccia all'immigrato come una volta c'era la caccia all'ebreo" e le dichiarazioni del ministro della Difesa Ignazio La Russa per il quale l'Alto commissariato non conta un fico secco sono tipiche "del Ventennio". Così Antonio Di Pietro oggi a Bologna per un comizio elettorale in piazza Maggiore. Le dichirazioni di La Russa sono "come nel Ventennio" dove "tutte le organizzazioni internazionali non contavano un fico secco - commenta Di Pietro - ed oggi c'è la caccia all'immigrato come una volta c'era la caccia all'ebreo". "Noi dell'Italia dei valori - continua il leader - contestiamo e contrastiamo il criminale se è immigrato e se è nostrano... Quello deve andare in galera. Una persona se è immigrata ma è perbene è uguale a noi".
(Apcom, 16 maggio 2009)
COMMENTO - Si noti la sequenza dei paralleli storici:
Gli immigrati di oggi sono come gli ebrei (buoni) di ieri.
L'azione che li tiene lontani è come il muro di Palestina eretto dagli ebrei (cattivi) di oggi.
Risultato: gli ebrei di oggi sono come i persecutori degli ebrei di ieri.
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San Nicandro-Sefat un film sulle origini dell'ebraismo garganico
Le riprese. La storia di Myriam, Eti e Yossi. Il documentario si sta girando in questi giorni, tre generazioni di ebrei nella cittadina del Promontorio
di Anna Lucia Sticozzi
SAN NICANDRO. Si stanno girando in questi giorni sul territorio di San Nicandro le riprese, dirette dal regista Vincenzo Condorelli, per il film-documentario "San Nicandro-Sefat (il viaggio di Eti)" che ripercorre la storia della comunità ebraica sannicandrese attraverso la narrazione della storia personale di tre protagonisti (Eti, Myriam e Yossi) che rappresentano le tre generazioni degli ebrei di origine sannicandrese.
Dopo le riprese girate a Sefat in Israele, la troupe dei cineoperatori è impegnata dall'11 al 17 maggio sul Gargano e a San Nicandro in particolare per ricostruire le origini della comunità ebraica, nel viaggio fisico e spirituale che i protagonisti intraprendono alla ricerca della propria identità, nei luoghi in cui tutto ha avuto origine ed attraverso le testimonianze della comunità ebraica locale. Fra i protagonisti sannicandresi del film-documentario Grazia Gualano, membro della comunità ebraica locale, giovane ricercatrice di storia dell'ebraismo sannicandrese: "Per la comunità ebraica sannicandrese si tratta di un'esperienza molto importante, unica - spiega -. E' stato molto emozionante poter incontrare ed abbracciare Myriam, che partì da San Nicandro all'età di 10 anni e che da 60 vive in Israele, ma anche Eti che ha più o meno la mia età e che per la prima volta vede i luoghi e il contesto in cui vissero i suoi avi. Un 'esperienza che ci ha arricchiti tutti reciprocamente, entusiasmante anche per loro che hanno potuto rendersi conto di come la nostra comunità sia straordinariamente viva, nonostante le tante difficoltà e diffidenze che negli anni hanno accompagnato la nostra storia." Il centro storico, la sede della comunità ebraica sannicandrese, Torre Mileto, Capojale e le Isole Tremiti le principali location garganiche del film-documentario che sarà presentato domani, 14 maggio a Bari presso la sede dell'Apulia Film Commission che ne ha sostenuto la produzione, con la partecipazione dei co-produttori (associazione culturale "Antonello Branca" e la società di produzioni cineaudiovisive Medinet Audiodivuals), l'assessore regionale al Mediterraneo Silvia Godelli, l'assessore alla cultura del comune di San Nicandro, Riccardo Tricarico. "Il tema principale del film-documentario è il viaggio-fisico, psicologico e storico, dei tre protagonisti (Eti, Yossi e Myriam) alla ricerca delle loro origini - spiega l'assessore Riccardo Tricarico -. Insieme, rappresentano le tre generazioni della comunità di San Nicandro e le loro interazioni mostreranno le dinamiche attraverso le quali storia, memoria e identità diventano i poli tematici della narrazione. Ognuno dei tre protagonisti ha una propria storia personale, una propria personalità e motivazioni specifiche, ma tutti e tre condivideranno un percorso comune di ricerca.
(San Marco in Lamis, 16 maggio 2009)
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La comunità ebraica di Toronto tende la mano all'Abruzzo
Walter Arbib: «Occasione unica per ricambiare l'assistenza che l'Italia mi ha offerto»
TORONTO - La comunità ebraica di Toronto si è unita alla corsa di solidarietà a sostegno dei terremotati dell'Abruzzo. Diverse associazioni ebraiche - Skylink Aviation, UJA Federation of Greater Toronto, Canadian Jewish Congress Charities Committee - hanno preso parte alla sfida lanciata dall'Abruzzo Earthquake Relief Fund (AERF), iniziativa voluta dalla comunità italiana di Toronto.
La terribile scossa di terremoto che il 6 aprile ha avuto come epicentro la zona de L'Aquila, ma che è stata percepita in ben 49 comuni, si è lasciata alle spalle 295 vittime, circa 1.500 feriti, 55mila sfollati e 15mila edifici danneggiati o distrutti - tra i quali ricordiamo l'ospedale San Salvatore dell'Aquila, crollato nel sisma dopo soli 9 anni di vita.
Solo due giorni più tardi, l'8 aprile, numerose organizzazioni italiane si sono unite sotto l'unica voce dell'AERF per poter dare il proprio contributo ad un paese ferito che, per quanto lontano fisicamente, riesce sempre a smuovere coscienze.
Vi ha preso parte poi anche la comunità ebraica, perché in questi casi l'unione fa la forza, e non si è mai troppi a tendere una mano a chi ha bisogno d'aiuto.
Questa collaborazione ha raccolto finora ben 360mila dollari, utilizzati per l'acquisto di medicinali che sono già stati spediti in Italia ed approvati dal Governo Italiano, e che verranno utilizzati dalla Protezione Civile Nazionale nelle zone colpite dal sisma.
«Mi considero equamente italiano, ebreo e canadese», ha detto Waltre Arbib di Skylink Aviation, promotore della fusione delle due comunità a favore dell'Abruzzo. «Questo progetto è un'occasione unica per ricambiare l'assistenza che l'Italia ha offerto a me e alla comunità ebraica quando il Libano ha espulso gli ebrei dal Paese nel 1967». Walter Arbib ha infatti vissuto in Italia per diversi anni, dopo essersi rifugiato lì in tenera età, e solo successivamente si è trasferito in Israele e poi in Canada. Contemporaneamente a questa fusione nata nella Gta, la comunità ebraica italiana ha devoluto altri 360mila dollari, anch'essi destinati sotto forma di medicinali alla popolazione dell'Abruzzo, con il patrocinio di SkyLink Air.
La comunità ebraica si è detta soddisfatta dei risultati ottenuti dalla collaborazione con le organizzazioni italiane, successo che deriva dalla condivisione di risorse e da valori comuni che hanno sempre fatto parte della tradizione di queste due comunità, sempre pronte, in ogni momento storico, a tendere una mano alle popolazioni in difficoltà. E si è infine augurata che le risorse raccolte possano offrire qualche sollievo a tutti coloro che sono stati coinvolti nel terremoto.
L'AERF, da parte sua, ha infine ringraziato la generosità e solidarietà della comunità ebraica, grazie alla quale «migliaia di persone potranno guarire meglio e più velocemente».
Ma la missione dell'AERF non si ferma qui, numerosi eventi - annunciati nel sito www.abruzzoearthquakerelieffund.ca - sono in calendario per mantenere alta l'attenzione sullo stato d'emergenza che 55mila italiani stanno fronteggiando, e per raccogliere fondi che verranno utilizzati negli anni a venire per ricostruite case, ospedali, scuole, ma soprattutto speranza e futuro.
(Corriere Canadese, 16 maggio 2009)
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La strategia di Hamas: 10 anni di tregua prima di distruggere Israele
di Charles Krauthammer
Il Times ha realizzato un'intervista di cinque ore al leader di Hamas nel suo quartier generale a Damasco. Incredibile a dirsi, sembrerebbe che intenda offrire un piano di pace con una soluzione a due-stati. Ma con un'eccezione. L'offerta non prevede la pace vera e propria, quanto piuttosto una tregua con una scadenza di dieci anni. E ciò significherebbe che dopo che Israele si sarà irrimediabilmente indebolito, a causa dell'insediamento al suo interno di milioni di rifugiati arabi ostili, e dopo un decennio in cui Hamas avrà affinato le proprie armi entro uno stato palestinese che restringerebbe il territorio di Israele ad un'ampiezza di otto miglia - Hamas darebbe nuovamente inizio alla guerra contro uno stato che rimane decisa a voler estirpare.
Esiste una definizione adatta per una pace di questo genere: la pace della tomba....
(l'Occidentale, 16 maggio 2009)
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Si espande il museo ebraico di Berlino
L'espansione a lungo auspicata del Museo Ebraico di Berlino diventerà finalmente una realtà. È stata concessa al Museo la sua necessaria espansione nell'area dall'altra parte della strada dove è attualmente ospitato il mercato centrale dei fiori di Berlino ed il progetto è stato affidato allo Studio Daniel Libeskind. Questo spazio provvederà a soddisfare le necessità urgenti di sistemazione dei programmi didattici, degli archivi, della biblioteca e delle strutture di ricerca....
(Architectour.net, 15 maggio 2009)
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LAutorità Palestinese continua a ricercare la distruzione di Israele
Un alto funzionario dellAutorità Palestinese ha ammesso che la soluzione dei due stati in realtà serve allo scopo di far crollare Israele e che le truppe palestinesi attualmente addestrate dal generale americano Keith Dayton diventeranno lesercito dellAP che attaccherà Israele. Il rappresentante dellAP in Libano, Abbas Zaki, ha dichiarato in un colloquio con lemittente libanese ANB che lui personalmente non aspira a nessuna pace con Israele, ma ha detto che la formazione di uno stato palestinese in Giudea-Samaria con Gerusalemme Est come capitale sarebbe un passo avanti verso la distruzione di Israele.
(israel heute, 15 maggio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
COMMENTO - Dichiarare la propria adesione alla soluzione dei due stati è ormai la formula rituale richiesta per essere ammessi nei circoli della corretta politica. Strano che non molti si chiedano che relazione cè tra questa soluzione e la pace. E da secoli che Francia e Inghilterra sono due stati, ma non per questo sono vissuti in pace. Si può davvero pensare che due stati combinati geograficamente, storicamente e politicamente come Israele e Palestina, con una capitale come Gerusalemme divisa in due, sarebbero davvero nelle condizioni di poter vivere in pace? M.C.
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Quello che il papa ha insegnato al mondo
di Naomi Ragen
GERUSALEMME - La recente visita del papa a Betlemme è stata uno dei più sfacciati spettacoli di capitolazione al terrorismo che siano avvenuti negli ultimi anni. Ricordo molto bene il modo in cui i cristiani sono stati trattati dagli scagnozzi di Arafat, incluso il suo braccio destro Mahmoud Abbas, durante l'intifada. La comunità cristiana è stata decimata e adesso è soltanto il venti per cento della popolazione, mentre una volta era la maggioranza. Ragazze cristiane sono state rapite, stuprate e costrette a convertirsi all'Islam. Dei cristiani sono stati tirati fuori dalle loro case da uomini armati che usavano i quartieri dei cristiani per sistemarvi i loro nidi di cecchini da cui sparavano sulle case ebraiche del quartiere Gilo di Gerusalemme e sulle auto che passavano per strada.
C'è stato poi l'assalto alla Chiesa della Natività. Preti e ragazzi tenuti in ostaggio dagli uomini armati di Arafat. La chiesa dissacrata. Preti che facevano segni dalle finestre ai soldati israeliani: "Per favore, aiutateci!"
Il papa, stando fianco a fianco con Abbas, ha preferito dimenticare queste cose.
Le sue parole:
«Signor Presidente, la Santa Sede appoggia il diritto del vostro popolo a uno Stato sovrano palestinese nella terra dei vostri padri, sicuro e in pace con i suoi vicini, con confini internazionalmente riconosciuti."
E' questa la voce di un leader religioso, di un'autorità morale nel mondo? Scegliendo di dimenticare quello che è accaduto ai cristiani in un luogo santo della cristianità ha scelto la via della pacificazione (appeasement), non della pace, la via della codarda acquiescenza al male, invece del risoluto sostegno agli indifesi. Non ha niente da insegnare a noi ebrei. Infatti, non ha niente da insegnare neanche ai cattolici. Le sole persone che possono imparare qualcosa da lui sono i terroristi musulmani. E la lezione è chiara. Il capo del mondo cattolico - ancora una volta - di fronte al male ha deciso di stare dalla parte degli oppressori invece che dalla parte degli oppressi. Qualcuno forse poteva pensare che un papa tedesco avrebbe avuto qualcosa di più saggio da insegnare.
Ogni benedizione,
Naomi
(newsletter di Naomi Ragen, 14 maggio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Gli ebrei si lascino ammazzare, senza tumulti, senza parapiglia, grazie Santità
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Un colpo al cerchio e uno alla botte, onorare gli ebrei ammazzati (senza mettere in discussione le responsabilità cattoliche, per carità) ma solidarizzare corposamente coi palestinesi vivi e combattivi... Com'è bravo questo papa, com'è diventato perfettamente eurarabo dopo l'incidente di Ratisbona, com'è "classicamente vaticana" la sua posizione (così Alberto Bobbio su "Famiglia Cristiana"). Ha ragione lui, è opportuno essere commossi sulla Shoà, si può arrivare a proibire di negarla (poi, se capita un Williamson che non ci sta, niente di grave, lo si ammonisce, ma non lo si butta fuori)....
(Informazione Corretta, 14 maggio 2009)
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II Papa si è conquistato un'occasione storica ma ha perso quella politica
di Giorgio Israel
Occorreva attendere qualche giorno per poter fare una valutazione equilibrata del viaggio del Papa in Terrasanta, e forse occorrerà attenderne altri. Tuttavia già da ora è possibile avanzare un giudizio che conferma impressioni maturate in altre situazioni e in altre vicende. Potrei riassumerlo in questo modo: fino a che Benedetto XVI si muove sul piano prettamente spirituale, religioso, teologico, dottrinario, egli appare mosso da una lucidità e da una chiarezza di intenti assolutamente trasparenti; sul terreno prettamente politico le cose vanno in tutt'altro modo. Difatti, giunti alla tappa di Betlemme il suo viaggio appare spaccato come una mela in due parti che hanno una portata diametralmente opposta nei rapporti con Israele e l'ebraismo.
Nella prima fase del suo viaggio, essenzialmente dedicata ai temi del dialogo interreligioso e del rapporto tra cristianesimo (cattolicesimo, in particolare) ed ebraismo, il pensiero di Benedetto XVI è apparso trasparente e soprattutto equilibrato. Egli ha saputo usare un linguaggio aperto e ineccepibile sia nei confronti dei musulmani che degli ebrei. In particolare, dopo l'incidente dei propositi negazionisti del vescovo Williamson e le polemiche sulla preghiera del Venerdì santo, la questione del rapporto con l'ebraismo era centrale e le attese erano grandi. A mio avviso, la scommessa è stata vinta.
[...]
Ma quando il discorso è passato sul terreno politico le cose sono andate in una direzione ben diversa. E' difficile dire se questo sia avvenuto perché il Papa si muove a disagio sul terreno politico o perché si affida ai consigli e all'organizzazione di collaboratori che hanno già mostrato nel caso Williamson un livello di goffaggine sconcertante, ma di certo quel che è avvenuto mercoledì rischia di distruggere i risultati delle giornate precedenti.
[...]
In questo contesto a dir poco difficile, se il discorso fosse rimasto sul terreno prettamente religioso-teologico, nulla da dire. Ma esso è sceso sul terreno politico, e su tale terreno ha messo in luce un disequilibrio sconcertante che, lo ripetiamo, rischia di distruggere in un sol colpo tutti gli effetti positivi della prima fase del viaggio....
(l'Occidentale, 14 maggio 2009)
COMMENTO - Qualche giorno fa era un rabbino ad essere sconcertato dalle scelte del papa, adesso è un intellettuale ebreo laico. Non sarebbe il caso di cominciare a chiedersi se i criteri con cui si esaminano e giudicano i fatti papali siano inadeguati all'oggetto del proprio studio? Pensare di poter distinguere, nelle azioni papali, tra discorso religioso-teologico e pratica politica significa non aver capito che cosa è il cattolicesimo e chi pretende di essere il papa. Non ci sarebbe niente di male in sé, ma allora, perché continuare a parlarne? perché continuare a sorprendersi? Non sarebbe meglio fermarsi e interrogarsi? Voler dividere un intervento del papa preparato da mesi con la collaborazione di chissà quanti consulenti in una parte buona e in una cattiva, parlare in un caso di "lucidità e chiarezza di intenti assolutamente trasparenti" e nell'altro di "livello di goffaggine sconcertante" e "disequilibrio sconcertante" (due volte ripetuto questo aggettivo che dovrebbe suonare come un'autocritica), significa non aver capito che l'equilibrio cattolico sta proprio in quello che ad altri, soprattutto se sono laici dalla mente troppo cartesiana, appare come disequilibrio. Non ci sono state due parti nella scenggiata papale, ce n'è stata una sola. Altro che disequilibrio: di sperimentato equilibrismo si è trattato. Non c'è stata una parte religiosa buona e una parte politica cattiva, ce n'è stata una sola: due facce (almeno) appartenenti alla medesima testa. La parte religiosa sostiene quella politica e la parte politica invera quella religiosa. C'è stata apparente opposizione, ma non contraddizione perché la complexio oppositorum appartiene all'anima profonda dell'ideologia cattolica. Non sarà il caso di cominciare a pensarci in un modo un po meno distratto? M.C.
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La stampa araba esalta il sostegno del papa ai due stati
BEIRUT - "Il papa a favore di uno stato indipendente palestinese e all'abbattimento del muro di separazione": questo è un titolo comune oggi per molti dei quotidiani arabi, gran parte dei quali pubblicano la foto del pontefice che parla davanti alla barriera che Israele ha costruito attorno alla Cisgiordania. "Davanti alla chiesa della natività a Betlemme, culla della cristianità, il papa ha detto ai palestinesi che comprende la loro sofferenza e ha espresso il suo più aperto e significativo sostegno ad una patria per i palestinesi nella terra dei loro avi", ha scritto il libanese an Nahar. "Il papa afferma che il muro (di separazione) può essere abbattuto", ha scritto il saudita al Ryadh, che fino ad ora aveva ignorato la visita di Benedetto XVI in Terrasanta. Anche la stampa governativa siriana ha rotto oggi il suo lungo silenzio sul viaggio papale. "Il papa definisce 'tragico' il muro di separazione", ha scritto al Thawra in prima pagina. "Il papa chiede la fine del blocco di Gaza", ha scritto Tishtrin, a sua volta in prima pagina. "Il papa chiede la creazione di uno Stato palestinese e prega alla natività per la fine dell'embargo a Gaza", gli fa eco il quotidiano internazionale arabo Asharq al Awsat, di proprietà saudita. Il giornale al Jazira del Qatar ha avviato oggi un sondaggio chiedendo ai suoi lettori se ritengono che il viaggio del papa abbia raggiunto il suo obiettivo dichiarato di favorire il riavvicinamento tra religioni e come considerino la visita.
(ANSA, 14 maggio 2009)
COMMENTO - Dunque il papa ha dato un contentino a tutti. Un successo per lui. Vengono in mente le parole programmatiche di quel re che voleva tenere buoni i suoi sudditi:
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Stato palestinese, sondaggio: la maggioranza degli israeliani favorevole
NAZARETH (14 maggio) - La maggioranza assoluta degli israeliani resta favorevole - a dispetto dei tentennamenti di parte dell'establishment politico - alla prospettiva di uno Stato palestinese in coesistenza pacifica con Israele, nel quadro di una soluzione del processo di pace basata sulla formula due Stati per due popoli.
Lo rivela un sondaggio pubblicato oggi, all'indomani del discorso fatto da Benedetto XVI a Betlemme (Cisgiordania) nel quale il papa ha rilanciato l'appello in favore di una «patria palestinese».
Il sondaggio - realizzato nei giorni scorsi, indipendentemente dalla visita papale - è pubblicato sul sito del giornale Yediot Ahronot a cura dell'Istituto demoscopico Smith. Esso indica che il 58% degli israeliani non è contrario all'idea dei due Stati, contro un 37% che vi si oppone. Il campione appare tuttavia spaccato fra gli intervistati di estrazione religiosa ultraortodossa (al 70% ostili a una qualsiasi ipotesi di Stato palestinese) e quelli laici o moderati (al 73% favorevoli).
Da notare, in ogni caso, che anche un 63% di elettori che si dichiarano di destra o di centro auspica l'accordo con i palestinesi sul punto. Sondaggi recenti di altri istituto hanno accreditato maggioranze ancora più ampie - sia tra gli israeliani sia tra i palestinesi - a favore dei 'due Statì. Ma anche una opposizione pressochè unanime degli israeliani al 'diritto al ritornò dei 4 milioni di profughi palestinesi censiti, il cui afflusso - si teme - comprometterebbe i fragili equilibri demografici della regione e l'esistenza stessa d'Israele in quanto entità di radice ebraica. Il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu (Likud, destra) - tornato da poche settimane alla guida del governo e atteso oggi da un incontro informale a Nazareth con Benedetto XVI, prima del delicato vertice di lunedì 18 a Washington col presidente degli Usa, Barack Obama - ha sempre evitato, negli ultimi tempi, di aderire a qualsiasi impegno esplicito sulla soluzione dei due Stati.
(Il Messaggero, 14 maggio 2009)
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Zehut. Le acquisizioni del Museo Ebraico di Bologna nei suoi primi 10 anni di attività
a cura di Franco Bonilauri e Vincenza Maugeri,
La mostra intende presentare al pubblico le acquisizioni librarie, documentarie e storico-artistiche dei primi dieci anni dalla sua istituzione.
Inaugurato nel maggio 1999, la Fondazione Museo Ebraico di Bologna - unico nel suo genere tra i musei ebraici italiani come istituzione a carattere pubblico - nel corso di questi anni ha assunto sempre più le connotazioni anche di centro culturale vivo e propositivo.
Il museo organizza e ospita numerose attività ed eventi di divulgazione e ricerca su temi legati all'identità ebraica, che messe in fila ci permettono di parlare ormai di una certa "tradizione" culturale cittadina che si sta facendo strada tra le principali istituzioni.
Infatti, proprio in rispetto alla sua missione di conservare e valorizzare il ricco patrimonio culturale ebraico locale e regionale, il museo si è impegnato anche in una oculata e attenta politica di ampliamento dei fondi librari e documentari avvenuta tramite donazioni di privati con il duplice obiettivo di ricomporre almeno qualche elemento del complesso mosaico del patrimonio ebraico del territorio emiliano-romagnolo disperso nei secoli e di aggiungere ulteriore valore non solamente al patrimonio della Fondazione, ma anche al tessuto culturale locale....
(Museo Ebraico di Bologna, 14 maggio 2009)
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Abbiamo riportato (11 maggio 2009) la reazione di alcuni ebrei ultraordossi gerosolimitani alla visita del papa. Riportiamo adesso l'opinione di un'ebrea laica della diaspora.
ll grido di Abele che sale dalla terra
di Anna Foa
Quella del papa al Memoriale di Yad Vashem è stata ben più che la visita di prammatica di un capo di Stato al luogo simbolo dello Stato israeliano. Essa ha posto infatti con forza il tema della Shoah e della sua memoria al centro del viaggio del papa, attribuendo a questo momento una priorità assoluta rispetto ad altri temi pur fondamentali, come quello della pace nel conflitto israelo-palestinese.
Le parole pronunciate da Benedetto XVI sono state una condanna nettissima del negazionismo e dell'antisemitismo. Sul negazionismo - tema che avremmo potuto pensare marginale fino a che le parole del vescovo lefebvriano non sono venute a portarlo per un attimo al centro dei rapporti ebraico-cristiani - il pontefice si era già espresso con chiarezza da Roma, e con la stessa chiarezza si è espresso ieri.
Ma tutto il suo discorso nel Memoriale di Yad Vashem è stato caratterizzato dalla necessità della memoria: dalla citazione iniziale del profeta Isaia: "Un monumento e un nome", al toccante ricordo dei nomi degli scomparsi. Nomi di cui nemmeno i carnefici hanno potuto derubare le loro vittime, pur cercando con tutte le loro forze di farlo, come quando imponevano agli ebrei tedeschi di apporre ai loro nomi il nome Israel e Sara, destinato a palesarne la "razza", o come quando Mussolini vietava, nel 1938, agli ebrei di avere un necrologio sui giornali.
Insistendo così sul nome, il papa si è posto in stretta vicinanza alla modulazione ebraica di questo tema, secondo cui ciascuna delle vittime, in quanto persona, portava un nome che rappresentava - come per Abramo e Giacobbe - la "sua missione unica", il suo "dono speciale". Come non ricordare la lettura in sinagoga dei nomi delle vittime nel giorno della Shoah, nella volontà di ridare voce e identità agli scomparsi?
Parole sulla memoria, quindi, ma anche parole su Dio e sugli imperscrutabili "disegni dell'Onnipotente".
Un discorso tutto religioso, che riprende le parole del libro delle Lamentazioni sulle misericordie di Dio che "non sono finite", che ripropone, nel luogo in cui si ricorda il massimo degli orrori, la domanda eterna sul male, rispondendovi, in chiave tutta religiosa, con fiducia e speranza.
Ma c'è anche altro, nelle parole pronunciate a Yad Vashem. C'è il proposito di legare l'evento specifico e storicamente irripetibile della Shoah a tutte le persecuzioni, trasformando il grido delle vittime della Shoah nel "grido di Abele che sale dalla terra verso l'Onnipotente". Una lettura quindi in chiave universalistica della memoria della Shoah, che non deve offendere anche se forse ha potuto generare turbamento in quanti vi hanno letto insensibilità verso la sofferenza propria e specifica degli ebrei assassinati in quanto ebrei.
Il conflitto tra una lettura "aperta" della Shoah e una lettura tutta interna all'ebraismo non è di oggi. E non è stata la Chiesa per prima, ma i filosofi, gli storici, i docenti - sia ebrei che non ebrei - a individuare la possibilità di gettare un ponte tra la Shoah e la comprensione di tutti i genocidi, i massacri, i razzismi: a vedere, quindi, nell'esercizio di questa memoria un momento di catarsi dell'essere umano che davanti a quel dolore può, e deve, cambiare.
Che questo sia stato detto da Benedetto XVI lì, nel Memoriale, può avere alimentato le diffidenze di quanti, in Israele, hanno visto nelle parole del papa soprattutto le assenze: carenza di dolore, mancanza di autocritica del secolare "insegnamento del disprezzo", o di quanti hanno confrontato le parole pacate di Benedetto XVI con la "teshuvà" emozionata di Giovanni Paolo II.
Ma questo è solo il segno, da una parte, del fatto che le ferite ancora non sono - e come potrebbero esserlo? - rimarginate. E dall'altra dell'aspettativa gigantesca e incolmabile creata da questa visita del papa.
(L'Espresso, 13 maggio 2009)
COMMENTO - L'incomprensione dei laici verso certi fenomeni religiosi è difficilmente scalfibile. Non si può che ripetere quanto scritto qualche tempo fa a proposito della visita del papa ad Auschwitz. "Il commentatore laico dei discorsi del papa è paragonabile a un non credente che ha assistito a una messa cattolica e crede di poter valutare quello che ha visto commentando le parole dette dal prete nell'omelia. E' destinato a non capire niente, perché non tiene conto del fatto che nel cattolicesimo la cosa più importante non è la parola, ma il gesto simbolico-sacramentale" (Notizie su Israele 349). La visita del papa in Israele è stata un altro gesto simbolico-sacramentale-mediatico con lo scopo di ottenere una ricaduta politica ad esclusivo vantaggio dello stato del Vaticano, senza nessun contributo reale alla risoluzione dei problemi esistenti. Quello che si può dire ancora è che certamente questo papa è un gran volpone. E senza tema di smentite si può aggiungere che sull'argomento "papa" molti evangelici si sentono più vicini agli ebrei ultra-ortodossi che ai laici illuminati. Certe cose, gli ebrei che sono in posizione di responsabilità, anche se le pensano, si capisce che facciano fatica a dirle. Per questo, anche se sembra servire a poco, è bene che le dicano i cristiani che non contano niente. M.C.
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Papa: Abu Mazen denuncia l'occupazione
Per Erekat le parole del Papa sono un appello alla fine dell'occupazione
BETLEMME, 13 mag - Il presidente palestinese Abu Mazen ricevendo il papa Benedetto XVI a Betlemme ha denunciato l'occupazione israeliana in Cisgiordania. ''In questa Terra Santa - ha detto Abu Mazen al papa - c'e' chi continua a costruire muri di separazione e non ponti di coesistenza''. Il capo negoziatore palestinese, Saeb Erekat, ha interpretato le parole pronunciate da papa Benedetto XVI come ''un appello per la fine dell'occupazione'' dei territori palestinesi a opera di Israele e dei coloni.
(ANSA. 13 maggio 2009)
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Il Papa ai palestinesi: la vostra sia terra sovrana
BETLEMME - Il Papa in Terra Santa. Da Betlemme, dove ha celebrato la messa sulla piazza della mangiatoia, Benedetto sedicesimo ha lanciato un appello per la ricostruzione di Gaza e la fine dell'embargo nei confronti del territorio palestinese controllato da Hamas. Ai pellegrini provenienti dalla striscia di Gaza ha detto: "Il mio cuore è con voi, vi chiedo di portare alle vostre comunità le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto affrontare".
(Giornale Radio Rai, 13 maggio 2009)
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Papa: Abbas denuncia occupazione israeliana, ''Basta sofferenze''
BETLEMME, 13 mag - Il presidente palestinese Mahmud Abbas e' tornato a denunciare l'occupazione israeliana ringraziando Papa Benedetto XVI, in visita a Betlemme, per la comprensione delle ''sofferenze'' subite dal popolo palestinese.
''In questa Terra Santa c'e' chi ancora continua a costruire muri di separazione e non ponti e tenta, con la forza dell'occupazione, di costringere musulmani e cristiani a lasciare il Paese'', ha detto il leader chiedendo allo stesso Papa di lavorare insieme verso una risoluzione del conflitto e criticando con forza l'occupazione israeliana e i muri separatori della Cisgiordania.
''Sua santita' e' del tutto consapevole della situzione a Gerusalemme circondata dal muro dell'apartheid che impedisce alla nostra gente della Cisgiordania di raggiungere la Basilica del Santo Sepolcro o la Moschea di Al Aqsa'', ha spiegato Abbas riferendosi ai principali siti cristiani e musulmani di Gerusalemme.
''E' tempo che le sofferenze finiscano e vengano sostituite dall'amore e dalla pace'', ha aggiunto Abbas che ha definito il messaggio del Papa ricco ''di speranza per un domani senza piu' occupazione, profughi o prigionieri, ma basato sulla coesistenza pacifica e sulla prosperita'''.
(ASCA-AFP, 13 maggio 2009)
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Papa: è tragico il muro che divide israeliani e palestinesi
''Ci sovrasta come per ricordarci del punto morto a cui sembrano giunte le relazioni tra israeliani e palestinesi: il muro''. Cosi' Papa Benedetto XVI ha commentato la barriera israeliana di cemento al campo profughi palestinese di Aida, nei pressi di Betlemme.
''In un mondo in cui sempre piu' confini vengono aperti, per commercio, per turismo, per scambi culturali e per trasferimenti, e' tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri'', ha sottolineato Papa Ratzinger.
''Preghiamo seriamente per la fine delle ostilita' che hanno causato la costruzione di questo muro'', ha aggiunto.
In precedenza, Benedetto XVI nel corso della messa celebrata a Betlemme aveva detto che ''La Santa Sede sostiene il diritto della vostra gente ad avere uno Stato sovrano nella terra dei vostri antenati, in pace e sicurezza con i vicini e all'interno di confini internazionalmente riconosciuti''. Il papa ha poi supplicato che l'embargo israeliano nella Striscia di Gaza venga presto rimosso. Dalla piazza della Mangiatoia, Ratzinger si e' rivolto ai pellegrini provenienti dai territori palestinesi assicurando la propria ''solidarieta' nell'immensa opera di ricostruzione che ora vi sta davanti e le mie preghiere affinche' l'embargo sia presto tolto''. ''In maniera speciale il mio cuore si volge ai pellegrini provenienti da Gaza, martoriata dalla guerra. Vi chiedo di portare alle vostre famiglie e alle vostre comunita' il mio caloroso abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversita' e le sofferenze che avete subito'', ha aggiunto.
Il papa ha pero' esortato i palestinesi a resistere a ogni tentazione di ricorrere ''ad atti di violenza o di terrorismo'', ribadendo di voler lanciare questo appello soprattutto ai ''giovani'' dei territori palestinesi. ''Non lasciate che la morte e la distruzione di cui siete stati testimoni possano rendere i vostri cuori colmi di amarezza e risentimento'', ha sottolineato. ''Abbiate il coraggio di resistere ad ogni tentazione che potreste provare di ricorrere ad atti di violenza e terrorismo''.
''Fate in modo che quanto avete sperimentato rinnovi la vostra determinazione a costruire la pace'', ha concluso.
Benedetto XVI ha offerto la piu' ''profonda compassione'' alle vittime della recente guerra a Gaza ricordando che spesso rivolge le proprie preghiere a coloro che hanno perso la vita o un proprio familiare nelle ostilita'.
''A quelli che tra voi piangono la perdita di familiari o di loro cari nelle ostilita', in particolare nel recente conflitto a Gaza, offro l'assicurazione della piu' profonda compassione e del frequente ricordo nella preghiera'', ha detto il Papa. Infine, Benedetto XVI ha lanciato un appello alla comunita' internazionale affinche' utilizzi la propria influenza a favore di una soluzione per il conflitto in Medio Oriente.
(ASCA, 13 maggio 2009)
COMMENTO - Come volevasi dimostrare, nelle parole del papa c'è un po' di tutto e ognuno può trovare qualcosa che gli sembra confermare quello che già pensa. E non deve temere brusche smentite, perché al papa quello che interessa è che si accetti la sua posizione di autorità morale al di sopra delle parti e lo si prenda in considerazione come supremo esortatore alla pace. Idealismo? No, le ricadute pratiche ci sono, ma vanno ricercate da altre parti e in altri momenti.
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Hezbollah ammette aiuti ad Hamas
Qassem:sostegno anche di tipo "militare"
Hezbollah fornisce "da qualche tempo" alle milizie palestinesi nella Striscia di Gaza "ogni genere di sostegno": lo ha affermato il numero due del partito-milizia sciita libanese, Naim Qassem, intervistato dal quotidiano britannico The Financial Times. Si tratta della prima ammissione dell'appoggio di Hezbollah ad Hamas, che non mancherà di sollevare inquietudini in Israele e nell'Amministrazione statunitense, specie in vista del prevedibile successo elettorale del partito sciita e dei suoi alleati filosiriani nelle prossime elezioni politiche libanesi. Qassem ha rivelato che parte del sostegno è di tipo "militare", senza tuttavia specificarne i dettagli: "Basti dire che stiamo fornendo loro ogni mezzo che possa aiutare la resistenza palestinese, ogni mezzo possibile", ha sottolineato Qassem, che ha criticato l'Occidente perché applica suo dire un doppio metro di giudizio: "Ci chiedono del nostro specifico e limitato sostegno a Gaza ma nessuno si occupa degli Stati Uniti e del loro totale sostegno a Israele".
(Virgilio Notizie, 13 maggio 2009)
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Roma, ulivi provenienti da Gerusalemme tagliati: compare la scritta Free Palestina
ROMA (12 maggio) - Nel parco Egerio di Roma non ci sono più i dieci ulivi piantati il 25 marzo. Provenivano da Gerusalemme ed erano un simbolo di pace e di rispetto dell'ambiente. Sono stati tagliati e sul muro dell'area è comparsa la scritta "Free Palestina".
Per l'assessore capitolino all'Ambiente Fabio De Lillo si tratta di «un grave episodio di intolleranza assolutamente da condannare». De Lillo ha assicurato che gli ulivi saranno ripiantati al più presto.
Gli alberi vennero piantati durante un'iniziativa promossa dall'assessorato all'Ambiente in collaborazione con l'associazione Keren Kayemeth Leisrael che si occupa di tematiche ambientali da oltre 100 anni. Alla cerimonia avevano partecipato i bambini dell'Istituto Regina Margherita e degli asili infantili israelitici.
(Il Messaggero, 12 maggio 2009)
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Nucleare. Israele: "Iran vicino all'utilizzo per fini militari"
Il capo dell' intelligence militare israeliano, generale Amos Yadlin, ha affermato oggi che l'Iran "è molto vicino ad acquisire la tecnologia nucleare a fini militari". Ha anche stimato bassa la probabilità di un conflitto nella regione nel 2009 anche se la situazione potrebbe divenire "critica" a partire dal 2010.
In una relazione alla commissione esteri e difesa della Knesset, Yadlin, secondo i media locali, ha affermato che "nel lungo periodo l'obiettivo dell' Iran è di ottenere una capacità militare nucleare". Al tempo stesso però Teheran, pur continuando a perseguire tenacemente questo obiettivo, senza lasciarsi dissuadere dagli ostacoli "è molto attenta a non superare linee rosse internazionali".
Secondo l'ufficiale indipendentemente da chi sarà eletto nuovo presidente dell'Iran la politica militare di questo paese non cambierà. Nell'analisi di Yadlin il Medio Oriente non è prioritario nell' agenda della nuova amministrazione americana del presidente Barak Obama mentre lo sono l' Afghanistan, l' Iraq e il Pakistan. L' Iran e il conflitto israelo-arabo hanno invece una priorità più bassa.
(l'Occidentale, 12 maggio 2009)
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Germania, il boia di Sobibor rinchiuso a Monaco nel carcere di Hitler
John Demjanjuk, 89 anni, espulso dagli Usa e, è stato consegnato alle autorità tedesche. E' accusato per lo sterminio di 29mila ebrei nel campo di concentramento polacco
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John Demjanjuk |
MONACO, 12 mag. - (Adnkronos/Ign) - John Demjanjuk, l'89enne accusato di aver avviato migliaia di ebrei nelle camere a gas del lager di Sobibor, in Polonia, e' stato arrestato oggi al suo arrivo a Monaco, dopo essere stato espulso dagli Stati Uniti e privato della cittadinanza americana. Agenti federali statunitensi lo hanno accompagnato in volo e consegnato alle autorita' tedesche.
Demjanjuk e' stato portato a bordo di un'ambulanza al carcere di Stadelheim, dove e' stato sottoposto ad un controllo medico. Ironia della sorte, è lo stesso carcere dove venne rinchiuso Adolf Hitler per poco più di un mese nel 1922.
Il vice direttore del penitenziario, Jochen Menzel, ha definito "stabili" le sue condizioni di salute. La procura tedesca intende interrogare il presunto criminale nazista prima di decidere se incriminarlo per il suo ruolo nello sterminio di 29mila ebrei nel lager di Sobibor, presso Lublino, nella Polonia allora occupata dai nazisti. Per motivi anagrafici, quello contro Demjajuk potrebbe essere l'ultimo grande processo contro un presunto criminale nazista.
"Possiamo emettere un'incriminazione nelle prossime settimane se non potra' fornire prove a sua discolpa", ha dichiarato il procuratore di Monaco Anton Winkler. Kurt Schrimm , il procuratore alla guida dell'ufficio crimini di guerra di Ludwigsburg, afferma che esistono diverse prove documentali a carico, fra cui una carta d'identita' nazista che prova l'assegnazione al campo di Sobibor di un uomo chiamato Ivan Demjanjuk, per vari mesi nel 1943.
Nato in Ucraina, Demjanjuk fu catturato dai nazisti nel 1942, quando era un soldato sovietico, e accetto' di entrare nei Travniki, un corpo di ausiliari delle SS. Secondo le accuse, prima lavoro' come guardiano al lager di Sobibor, poi a quello di Flossenbuerg. Fra il 1945 e il 1952 visse in Germania, poi emigro' negli Stati Uniti, nascondendo il suo passato.
Negli Stati Uniti, Demjanjuk si costrui' una nuova vita come operaio in una fabbrica automobilistica di Cleveland, in Ohio, cambiando il suo nome da Ivan a John. Il suo caso si apri' nel 1977, quando il dipartimento di Stato americano inizio' la procedura per la revoca della cittadinanza dopo la scoperta del suo passato nazista.
Trasferito in Israele, nel 1988 vi fu condannato a morte, con l'accusa di essere stato un guardiano del lager di Treblinka, tristemente noto come "Ivan il terribile". Ma nel 1993 la Corte Suprema israeliana lo assolse, stabilendo che vi era stato uno scambio di persona. Demjanjuk torno' negli Stati Uniti, ma il suo caso fu poi riaperto dalle nuove accuse relative a Sobibor. Il presunto criminale di guerra, che ora e' apolide e si dichiara innocente, ha tentato di opporsi in tutti modi all'espulsione dagli Stati Uniti, in ragione dell'eta' avanzata e delle pretese cattive condizioni di salute.
(IGN, 12 maggio 2009)
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Lag BaOmer
di Roberto Della Rocca, rabbino
Oggi e' Lag Baomer, il trentatresimo giorno dell'Omer, periodo che ci traghetta da Pesach a Shavuot. Come in altre ricorrenze anche in questo giorno, nel quale si interrompono le manifestazioni del lutto, si mischiano significati storici, nazionali e religiosi. Uno tra i motivi che conferiscono carattere semifestivo a questa giornata è la cessazione della pestilenza che colpì le 12.000 coppie di discepoli di Rabbi Akiwa. Secondo la tesi, riportata nel Talmud, questi valorosi allievi, indicati significativamente come coppie, sono stati puniti perché non si rispettavano adeguatamente l'uno con l'altro. Il grande paradosso è che erano i discepoli di quel Maestro, Akiwa ben Josef, che forse ha insistito più di ogni altro Rabbino sulla importanza fondamentale del rispetto per il prossimo. Talvolta i piu grandi fallimenti sopraggiungono proprio laddove vi sono maggiori aspettative. A noi oggi il lutto per questa pestilenza, avvenuta durante l'Omer e che precede la festa di Shavuot, viene a ribadirci come non può esserci un'appropriata ricezione della Torà se non impariamo a rispettare il nostro prossimo. Questi giorni che precedono il Tempo del Dono della Torà costituiscono quindi una sorta di bonifica del nostro terreno interiore sul quale dobbiamo piantare quell'albero della Vita rappresentato dalla Torà che non potrà crescere bene se non vi sono i presupposti etici e le qualità comportamentali che vanno sotto il nome di derekh eretz.
(Notiziario Ucei, 12 maggio 2009)
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Ebrei tedeschi contro il discorso del Papa a Yad Vashem: "poco entusiasmante"
Critiche del Consiglio centrale degli ebrei: ci aspettavamo chiare parole
BERLINO, 12 mag. (Apcom) - La presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Charlotte Knobloch, ha criticato il discorso tenuto ieri dal Papa al memoriale dell'Olocausto Yad Vashem di Gerusalemme. Col suo appello a combattere l'antisemitismo Benedetto XVI ha sì lanciato un "segnale positivo al mondo ebraico", ha detto la Knobloch al quotidiano Bild. Tuttavia si tratta di un gesto "poco entusiasmante", ha aggiunto, visto che il Papa non ha ancora preso nettamente le distanze dai vescovi lefebvriani. Knobloch ha detto che si aspettava dal pontefice delle "parole chiare" sul caso del vescovo negazionista Williamson. Intervistata ieri sera dalla tv pubblica tedesca Ard, la presidente del consiglio centrale degli ebrei tedeschi aveva parlato di un "fossato tra gli ebrei e il Vaticano".
(Il Giornale di Vicenza, 12 maggio 2009)
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I barconi di immigrati
di Giorgio Israel
Se diciamo che i barconi di immigrati respinti dal governo italiano sono come la nave St. Louis non bisognerà lamentarsi quando qualcuno dirà che Gaza è come Auschwitz. I due paragoni hanno lo stesso grado di fondatezza. Cioè zero. Ed entrambi contribuiscono allo stesso modo alla banalizzazione della Shoah.
(Notiziario Ucei, 12 maggio 2009)
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Mostra sulle leggi razziali
Sarà aperta fino alla fine di maggio la mostra sulle leggi razziali che si è inaugurata domenica 10 maggio alla sala mostre della Comunità Ebraica di Casale. Un'occasione unica per ripercorrere un periodo della storia su cui l'Italia deve fare ancora ammenda, come ha ricordato il curatore della mostra Franco Debenedetti Taglio leggendo il passo del 'Main Kampf' in cui Hitler nove anni prima di prendere il potere citava il fascismo italiano come un progresso verso l'antisemitismo. Passo puntualmente ripreso dal Corriere della Sera del 1938 per annunciare insieme alle leggi raziali la primogenitura del'italia nelle politiche di purezza dell'Italia.
I pannelli della mostra partono da quella data per ricostruire le storie di uomini e donne comuni: medici, sportivi, insegnanti, letterati, che da quel momento cessarono di lavorare, di avere diritti civili e in definitiva di esistere. All'inaugurazione della mostra domenica mattina, oltre al curatore, anche la Dott.sa Daniela Rana, il presidente della Comunità Ebraica Giorgio Ottolenghi, l'Assessore alla cultura del Comune di Casale Monferrato Riccardo Calvo e Gianni Calvi in rappresentanza di Orizzonti Casale e del Parco di Crea.
La mostra si svolge nell'ambito del festival di Cultura ebraica Oyoyoy! che la prossima domenica vedrà, sempre alla Sinagoga di Casale Monferrato, alle ore 16,30: "La prigione rosa". Incontro con l'autrice Eva Schwarzwald intervistata da Roberto Vitale e alle ore 18,00: "Pane contro pane". Il pane della tradizione mediterranea, a cura di Laura Pulieri, degustazioni accompagnate da vini israeliani e piemontesi kasher.
(Il Monferrato, 11 maggio 2009)
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Mea Shearim, i suoi falò - e la visita di papa Benedetto XVI
Un giornalista evangelico tenta di intervistare qualche ebreo di Mea Shearim, il quartiere ortodosso di Gerusalemme, per sapere che cosa pensano della visita del papa in Israele.
di Johannes Gerloff
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Più che alla visita del papa, gli ebrei ortodossi si interessano ai fuochi di Lag BaOmer (foto Johannes Gerloff)
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«Il centro del mondo è Israele: Il centro di Israele è Gerusalemme. Il centro di Gerusalemme è Mea Shearim....» L'ultra-ortodosso vestito di nero mi guarda con occhio scrutatore per vedere se seguo, e continua: «... e il centro di Mea Shearim sono gli "Stüblach". Così pensano questi bambini che vedi qui. Questo devi sapere, se vuoi capire le persone che sono qui.» Un turbine di ragazzini dai 13 ai 14 anni sfreccia davanti a noi gridando forte. Si trascinano dietro, strepitando, un paio di intelaiature di porta. Le successive spiegazioni si perdono sotto il rumore.
Tutti gli abitanti ultra-ortodossi del quartiere Mea Shearim sono vestiti di nero, proprio come gli ebrei dell'Europa dell'Est nel 18esimo e 19esimo secolo. Nissim, così si chiama il mio interlocutore, non è cresciuto in questo mondo. Come il suo amico Elasar, è venuto qui per studiare nel "Bet Midrash", la casa di studio del Rebbe di Breslavia. A dire il vero, qui si parla soltanto yiddish. E gli "Stüblach" in questa lingua di tedesco antico sono le innumerevoli minisinagoghe in cui i devoti si immergono giorno e notte nei loro studi. "Mea Shearim" significa precisamente "Cento porte", ma queste per il mondo esterno sono chiuse. Mea Shearim è un mondo a sé, a cui il papa non ha alcun accesso, anche se visita la Città Santa passando soltanto poche centinaia di metri più in là.
Il papa, che roba è?
Nissim e Elasar sono i primi che si mostrano disposti a rispondere alla mia domanda: «Che cosa pensa della visita del papa?» Poco fa mi trovavo davanti a una di quelle pareti di manifesti che agli abitanti di Mea Shearim servono da giornale. Radio e televisione sono malvisti, perché potenziali porte d'ingressso per la decadenza secolare. Un vecchio Rabbino con una lunga barba bianca interiorizza l'esortazione ad evitare gli autobus della società Egged nel caso non sia disposta ad offrire linee separate per sesso. Anche la società di stile medievale di Mea Shearim sa fare opinione e esercitare pressione economica. Alla mia domanda sulla visita del papa fa un gesto di rifiuto. Poi con voce in falsetto mi dà la sua risposta: «Che? Che c'è?? Che roba è??? Nessuno! Niente!!» E nel dirlo neanche mi guarda.
Poco prima uno dei suoi correligionari mi aveva fissato senza capire: «Papa? Che cos'è?!?» Dopo avergli spiegato che il signor Ratzinger è un personaggio molto rappresentativo della cristianità, ha risposto seccamente: «Io non ho tempo da perdere per queste cose.» Interviene il suo compagno. Il ventenne Israel a dire il vero parla soltanto yiddish e inglese, ma proviene «come tutti i veri ebrei» da Brooklin e quindi ha un ampio orizzonte. «Very good», dice a commento della visita del "santo padre": «Si è deciso a pentirsi per quello che il Cristo ha fatto nell'Olocausto [sic!]. Per questo protesta. Per questo viene, no?!»
Avraham Stern è immigrato in Israele dalla Romania nel 1951. Anche lui non ha tempo da perdere per pensare alla visita del papa. Annoiato, osserva il trambusto di auto e persone. Sto lì vicino a lui, un po' indeciso, e penso a come fare per cavargli di bocca una parola di commento. E' difficile strappare un'opinione da persone che non ne hanno. Bruscamente il settantenne mi guarda diretto in viso: «Sì, ma almeno porta soldi? Baruch HaBa', venga pure. Io non ho niente in contrario. Non mi disturba.»
Dietro l'angolo siede Mustafà sotto un pericolante tetto di latta, e vende frutta e verdura, e questo da 40 anni! Mustafà ha 45 anni e abita nel quartiere arabo della città vecchia di Gerusalemme. Alla mia domanda sul papa fa l'indaffarato: «Conosco uno che sa tutto!» «Ma io vorrei sapere quello che pensi tu», insisto. «Non ho idea» risponde l'arabo mentre sorseggia un tè caldo da un bicchiere di plastica che mostra pericolosi rigonfiamenti. E grida: «Uuuusi!» - «No», obietto io energicamente, «mi interessa la tua opinione!» «Sette shekel e settanta», risponde a una donna ultra-ortodossa che gli mostra un sacchetto di plastica pieno d'insalata.
«Chi è, il papa?!» mormora poi rivolgendosi di nuovo a me. «Lui viene.. e poi se ne rivà...» Non demordo. «Viene soltanto per la politica...» Mustafà svicola. «Ja'ani, Ke'ilu..." frammischia parole di imbarazzo arabe ed ebree. «Non ho un'idea, ma figurati un po' quello che costa: 80.000 poliziotti per proteggerlo! Se questo non è uno spreco di soldi, che cos'è??! - Cinque shekel e quaranta", comunica alla ultra-ortodossa, che ignora del tutto me e la mia domanda sul papa, come si addice a una costumata donna che appartiene a Mea Shearim. E' stata una sfacciataggine da parte mia l'averle rivolto la parola.
«Alla visita del papa io non ci penso proprio» risponde caparbiamente Nissim: «Perché, ci devo pensare?!??» Mentre mi chiedo perché mai gli ebrei debbano sempre rispondere ad una domanda con una controdomanda, il suo amico Elasar prende la parola: «Ho sentito dire che per il papa chiuderanno il "Kotel" - così chiamano gli ebrei il "Muro del pianto". Figurati un po', per dodici ore non possiamo pregare! Loro chiuderebbero forse il Vaticano per dodici ore, se il nostro Rabbino Capo andasse in Italia?!»
Possibilmente non avere contatti con stranieri e cristiani
Queste persone evitano per quanto possibile ogni straniero, e soprattutto i cristiani. Per poter entrare in contatto con loro mi sono messo sul capo una Jarmulke. Elasar adesso viene a sapere che vengo dalla Germania. Si entusiasma: «L'anno scorso ero a Michelstadt, nell'Odenwald, e ho visitato la tomba del Baal Shem di Michelstadt, per tutta una notte: E poi siamo andati a Warmsea (così si dice in yiddish la città di Worms sul Reno), nel Bet Midrash di Rashi.» Evidentemente gli ebrei di Mea Shearim hanno in Europa un mondo di cui gli abitanti locali non sanno quasi niente.
Il suo amico Nissim ritorna sul tema: «Che Benedetto porti gioia, non è una cosa che proprio si può dire. Ma io ho un Padre lassù» e il giovane vestito di nero punta l'indice contro il cielo, «che dirige ogni cosa. Il papa non m'interessa. Che faccia quello che gli pare. E poi Giovanni Paolo era migliore.» «Perché?» vuole sapere il suo amico. «Perché non era un negatore dell'Olocausto!» «Ma ha detto che gli dispiace», osa obiettare Elasar. «E' tutto un bluff. Lui ha appoggiato Durban II, capisci?! Ma la cosa comunque non m'interessa", dice voltandosi in modo dimostrativo: «Io studio la Gemarah (Talmud).»
«Lo sai che gli attrezzi del Tempio sono nei sotterranei del Vaticano», dice Elasar, trovando infine qualcosa che ancora fa interessare le persone del loro mondo al mondo del cattolicesimo. Al mio sconcertato sguardo incredulo l'ultra-ortodosso discepolo del Talmud risponde: «L'ha detto il Rav Lau.» «E loro dicono soltanto cose che già sanno che sono vere», aggiunge Nissim, confermando il suo amico e i loro rabbini, «e inoltre lo si vede anche dall'arco [di Tito, ndt] a Roma, come i romani hanno portato lì la Menorah (il candelabro a sette bracci)." Un'altra orda di ragazzini passa gridando davanti a noi trascinando pezzi di legno di tutti i tipi, e questo provoca la brusca fine del nostro colloquio.
Una paio di vicoli più avanti siede Israel (un altro con lo stesso nome, ma non proveniente da Brooklin) nel suo sudicio, impolverato negozio di cartoleria. Da Israel c'è tutto quello di cui la persona (ebrea) ha bisogno per scrivere, leggere e pregare. «Qui tutto è "saporito"» commenta il cinquantenne, riferendosi alla merce messa in vendita. In mano tiene un logoro, ingiallito libro di preghiere.
Il Lag BaOmer comincia lunedì sera
«Quando avverrà?» risponde alla mia domanda con una controdomanda. «La prossima settimana», gli comunico doverosamente. «Quando, la prossima settimana?» vuole sapere con precisione. «Solo lunedì, martedì, mercoledì...» «Allora io sarò al Meron...» mi interrompe tranquillo, «lì il papa certamente non ci verrà.» Centinaia di ebrei ortodossi si radunano per il "Lag BaOmer", il 33esimo giorno del Conteggio dell'Omer, sul monte Meron in Galilea e ricordano il giorno della morte di Rabbi Shimon Bar Yochai.
Il Conteggio dell'Omer comincia con la festa di Pasqua e finisce il 50esimo giorno (in greco "pentekosta") con la Festa delle Settimane, "Shavuot", che i cristiani festeggiano come Pentecoste (cfr. Levitico 23:9-16). A Rabbi Shimon Bar Yochai viene attribuita la compilazione del Sohar, un libro fondamentale per la dottrina ebraica della Cabala. Gli ebrei però celebrano il Lag BaOmer soprattutto come una gioiosa festa dei saggi. Secondo la tradizione talmudica, 24.000 discepoli del Rabbi Akiva (secondo secolo dopo Cristo) morirono in un'epidemia perché non si erano dati il giusto onore l'uno con l'altro. Il 33esimo giorno del Conteggio dell'Omer l'epidemia cessò di imperversare. Per questo dopo il 33esimo Omer gli ebrei ortodossi possono di nuovo rasarsi, possono sposarsi e celebrare altre feste gioiose, cosa che prima era interdetta.
«Che porterà di buono per Israele il papa?» riprende a dire Israel, il cartolaio con il libro delle preghiere in mano. «Tu naturalmente sai come sono i cristiani, quello che ci hanno fatto per interi anni, tutta la violenza, la menzogna e l'imbroglio. Che cosa abbiamo a che fare noi con i cristiani? Che cosa fanno qui in Israele tutto l'anno?? Io non ho nessun rapporto con loro, non so chi e che cosa sono.» Mi fissa negli occhi con sguardo scrutatore. «Io non sono ebreo», confesso. «Sì, sì», mi interrompe: «ci sono anche non ebrei che al tempo dell'Olocausto, per esempio, sono stati buoni con gli ebrei. Tu lo sai, ci sono i "Giusti tra le nazioni'..." Parliamo ancora un po' su quello che ha caratterizzato la storia di queste persone nei paesi cristiani: pogrom, espulsione, persecuzione, omicidio e umiliazione. «Spero che non sei offeso» mi dice prima che io vada via. No, non sono offeso, volevo soltanto sapere qualcosa su quello che muove queste persone.
"Fuori i sionisti"
Sulle pareti dei muri di sasso di Mea Shearim si può leggere, in colori vivaci: «Via i sionisti e i loro collaboratori!» E: «I sionisti non sono ebrei, gli ebrei non sono sionisti!» Elijah, un nero barbuto, mi dice: «Tutti i problemi del popolo d'Israele provengono dal fatto che noi non ascoltiamo i saggi e i grandi della Torà. Per questo anche i gentili devono soffrire.» Ho dimenticato la mia domanda sulla visita del papa e ascolto quello che muove quest'uomo: «Guarda per esempio l'Olocausto. Il popolo d'Israele ha sofferto molto. Ma anche i gentili hanno sofferto, e sofferto molto di più. Adesso non si parla di questo. L'irreligiosità del popolo ebraico è la causa della miseria di questo mondo. Soltanto quando riconosceremo il Creatore del mondo qualcosa si cambierà.»
Elijahu appartiene ai Neturei Karta, un gruppo di ebrei ultra-ortodossi che rifiuta lo Stato d'Israele nella sua forma attuale. «Noi siamo i veri sionisti», sottolinea. «A quale scopo la terra d'Israele è stata
data al popolo d'Israele? Il Santo, sia Egli benedetto, voleva che noi vivessimo qui sotto la Torà e sotto i precetti. Se camminiamo sulla via della Torà, non abbiamo nient'altro da desiderare. Qui è la Terra Santa, la Casa di Dio.» Ai sionisti secolari rimprovera di aver derubato la Terra Santa. Ma anche i suoi stessi genitori sono immigrati in Israele nel 1951, «perché gli arabi in Iraq li hanno buttati fuori. Non avevano altra scelta che venire qui.»
Mentre lo Stato d'Israele investe milioni nella visita del papa, Mea Shearim si prepara al Lag BaOmer. Nei manifesti sui muri vengono annunciati i dettagli logistici. Molti partono per la Galilea, la maggior parte però rimane a casa la sera dell'11 maggio, la sera prima del 33esimo giorno del Conteggio dell'Omer, accendendo i tradizionali fuochi. Quindi la Gerusalemme ortodossa - e anche larghi strati della popolazione - è invasa dal fumo dei falò, per i quali i bambini già mesi prima raccolgono tutto il legno (e tutto quello che può bruciare) che si può portare via. Vicino a me si apre una porta. Un falegname getta un paio di tavole sulla strada. Da tutte le parti si precipitano sul legno i bianco-neri ragazzini e si azzuffano per la preda. Da dove provenga la tradizione dei falò, nessuno lo sa veramente. Ma diverte un mucchio! Molto più che stare a pensare alla visita del vecchio uomo che viene da Roma.
(Israelnetz Nachrichten, 10 maggio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Shoah: Il museo di Roma sarà multimediale con foto e documenti
Sarà un museo multimediale, arricchito con lettere, fotografie e diari. Il museo della Shoah, che sorgerà a Villa Torlonia sarà un laboratorio di studio e di ricerca per studenti ed adulti: al suo interno sarà realizzato un percorso costruito attorno a fonti di diversa origine come oggetti e documenti originali, informazioni storiche, filmati d'epoca, plastici e grafici. Punto focale dell'esposizione museale sarà un plastico di grandi dimensioni che ricostruisce il campo di sterminio di Aushwitz-Birkenau, inoltre saranno attivati corsi di storia della Shoah per studenti e di formazione per gli insegnanti. Per quanto riguarda i tempi, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, durante la presentazione del progetto, ha spiegato che "abbiamo espletato alcuni adempimenti pratici importanti come l'entrata di Provincia di Roma e Regione Lazio e contiamo di mettere velocemente la prima pietra una volta superato qualche piccolo impedimento burocratico che c'è ancora". Alemanno ha ricordato il rapporto con Gerusalemme e la collaborazione economica, politica e culturale tra le due città. Alla presentazione del futuro museo hanno partecipato l'ex leader del Pd ed ex sindaco di Roma Walter Veltroni, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e il rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni e il presidente della fondazione del museo della Shoah Leone Paserman.
(L'Unione Sarda, 10 maggio 2009)
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Austria: un albergo nega la camera a turisti ebrei
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Haus Sonnenhof |
Gravi episodi di antisemitismo in Austria: un gruppo di neonazisti incappucciati ha urlato 'Heil Hitler' alla cerimonia in ricordo della liberazione del campo di concentramento di Mauthausen e un albergatore tirolese non ha accettato la prenotazione di una famiglia ebrea di Vienna. Le notizie, pubblicate dalla stampa austriaca, hanno avuto una vasta eco sui siti online di media europei e israeliani. Secondo la versione del quotidiano Tiroler Tageszeitung, Irmgard Monz, proprietaria del residence 'Haus Sonnenhof' di Serfaus, località a circa 30 chilometri dal confine con l'Italia, ha rifiutato la prenotazione di un nucleo familiare di sette persone sostenendo di aver avuto «cattive esperienze» in passato con clienti ebrei. Serfaus, spiega il giornale tirolese, è diventata negli ultimi anni una meta turistica privilegiata per le famiglie ebree austriache, tanto che molti alberghi offrono cucina kosher. Il turista, padre di cinque figli, ha dichiarato al giornale che non intende trascorrere le vacanze «in un posto di razzisti». La proprietaria di un altro albergo, Petra Micheluzzi, ha detto che un incidente del genere rischia di «danneggiare l'immagine» di tutta Serfaus. La comunità ebraica del Tirolo ha stigmatizzato l'episodio. «È terribile», ha detto la presidente Esther Fritsch. «Fino ad ora non c'erano stati episodi del genere», ha aggiunto. L'Austria si è macchiata oggi di un altro episodio di antisemitismo: un gruppo di neonazisti incappucciati ha fatto irruzione alla cerimonia per la commemorazione della liberazione del campo di concentramento di Mauthausen gridando 'Heil Hitler'. Circa 7.000 persone hanno partecipato oggi ad un'altra cerimonia organizzata al campo principale di Mauthausen, alla presenza del presidente della Repubblica austriaca, Heinz Fischer, e rappresentanti di diverse comunità religiose.
(Leggo Online, 10 maggio 2009)
Chi volesse chiedere o dire qualcosa agli albergatori in questione, può cliccare qui.
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Alemanno: "Contro gli ebrei la condotta del fascismo fu ripugnante"
ROMA - "Da italiano, provo un profondo senso di partecipazione al dramma dei cittadini italiani di religione ebraica che subirono le leggi razziali imposte dal regime fascista e provo rammarico, dolore e ripugnanza per la condotta disumana del fascismo nei confronti di questa comunità". Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno intervenendo a Villa Piccolomini alla presentazione dei progetti didattici di cui il Museo della Shoah sara' promotore.
"Non è in nostro potere cambiare il passato - ha detto Alemanno - ma lo è invece forgiare il futuro, stigmatizzando ogni ricordo di quelle azioni criminose e respingendo con assoluta fermezza qualsiasi segnale di rigurgito, ai nostri giorni, di odio verso l'altro in genere e di antisemitismo in particolare. La Shoah degli ebrei d'Europa - ha detto - è stata senza dubbio uno degli eventi più tragici e aberranti che il genere umano abbia mai conosciuto e i regimi in qualsiasi maniera coinvolti in essa, o che collaborarono con la macchina dello sterminio, meritano perennemente la massima condanna possibile".
(la Repubblica, 10 maggio 2009)
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Hamas dice no alla soluzione dei due Stati
Lo ha dichiarato Meshal dalla Siria
ROMA, 10 mag. - Il movimento islamista palestinese Hamas ha fatto sapere, per bocca del capo Khaled Meshal che si trova a Damasco in Siria, che non intende riconoscere la soluzione dei due Stati come mezzo per terminare il conflitto con Israele. Meshal ha affermato che Hamas potrebbe comunque partecipare a un governo di unità nazionale se si dovesse costituire uno stato palestinese strutturato entro i confini del 1967. E' quanto scrive nella sua edizione online il quotidiano Haaretz.
(Apcom, 10 maggio 2009)
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Gerusalemme avra' un parco biblico
Il governo mira a rafforzare il carattere ebraico della citta'
GERUSALEMME, 10 mag - Il governo israeliano progetta attorno alla Citta' Vecchia di Gerusalemme la creazione di una catena di parchi di carattere biblico.Obiettivo rafforzare il carattere prevalentemente ebraico della citta'. Lo sostiene una Ong israeliana che dice di aver visto i piani ufficiali non ancora divulgati. La catena partira' nella vallata di Hinnom (la 'Geenna'), proseguira' sul Monte Sion e nel rione di Silwan (Citta' di Davide), lambira' il Monte degli Ulivi e finira' nella zona del Monte Scopus.
(ANSA, 10 maggio 2009)
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Legge di mercato - Segni di risveglio alla Borsa di Tel Aviv
di Benjamin Oskar
Le buone notizie si sono fatte attendere, ma finalmente sono arrivate: sono infatti usciti i dati inerenti all'andamento delle borse nel mese di aprile e per la prima volta da un po' di tempo a questa parte si sono visti larghi sorrisi tra gli operatori del mercato di Tel Aviv.
L'indice TA-25 (cioè l'indice che riguarda le 25 società con maggiore capitalizzazione), è cresciuto giovedì del 2,2%, toccando quota 812. Se si considera che quota 800 non veniva superata da ottobre scorso, non può che essere considerato un ottimo inizio di ripresa. E se a questo si aggiunge il dato complessivo da inizio dell'anno, che vede un rialzo complessivo di tutti gli indici azionari del 24%, non può che essere un dato fortemente soddisfacente e di fiducia per gli investitori.
Più in generale, per il Tase (Tel Aviv Stock Exchange), aprile si è appunto rivelato quale miglior mese degli ultimi due anni, con i maggiori indici che sono cresciuti tutti con cifre intorno al 10%, ovviamente sulla scia delle aspettative di ripresa dell'America.
Nei vari comparti si segnalano i titoli bancari, con un recupero ad aprile del 24%, (solo giovedì 30 aprile del 3%) dettato dai recuperi di Bank Leumi (+4,2%) e Bank Hapoalim (+3,4%) che ha avuto un upgrade dagli analisti di Deutsche Bank. Ottime prestazioni si segnalano anche nel settore chimico (+2,8%) e nel Real Estate (+20%). L'effetto positivo si è registrato anche nei cambi dove lo Shekel ha recuperato contro il Dollaro portandosi a 4,163 e contro l'Euro a 5,52.
Il peggio è passato? Domanda inevitabile ancora giustamente senza risposta, ma che pian piano, visti i numeri, anche l'economia israeliana si stia lentamente riprendendo, questo è sicuramente un dato di fatto. Insomma, come si suol dire: se son rose
(ma per ora forse conviene dirlo ancora sottovoce!).
(Notiziario Ucei, 10 maggio 2009)
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Meshaal: Abu Mazen non formi il governo senza Hamas
Secondo fonte di Abu Mazen sarebbero falliti colloqui con Hamas
DAMASCO, 9 mag. - Il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal, ha messo in guardia il presidente palestinese Abu Mazen dal formare un nuovo governo senza i membri del movimento integralista palestinese che controlla la Striscia di Gaza. "Un tale atto unilaterale sarebbe privo di legittimità", ha dichiarato il leader di Hamas nel corso di un incontro con i gruppi palestinesi la cui base è a Damasco, in Siria. Oggi un collaboratore di Abu Mazen ha lasciato intendere che i negoziati fra Hamas e Fatah, in corso da mesi e mediati dall'Egitto, sono falliti e che il presidente chiederà al suo primo ministro Salim Fayyad di formare un nuovo governo senza Hamas.
(Apcom, 9 maggio 2009)
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Abu Mazen: Ahmadinejad non parla a nome dei palestinesi
Il presidente palestinese intervistato al Tg1
ROMA, 9 mag. - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad non parla a nome dei palestinesi. E' quanto ha detto il presidente dell'Autorità Palestinese, Abu Mazen, in una intervista concessa al Tg1. "Noi non abbiamo dato al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad alcun mandato di parlare a nome del popolo palestinese - ha detto Abu Mazen -, noi riconosciamo Israele, non vogliamo distruggere Israele, vogliamo costruire uno Stato palestinese che viva al fianco di quello Israeliano".
(Apcom, 9 maggio 2009)
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Netanyahu: Israele non si ritirerà mai dal Golan
ROMA, 9 mag. - Israele non si ritirerà mai dalle alture del Golan: lo ha affermato il premier dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, nel corso di un briefing con dei giornalisti russi. Come riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, Netanyahu ha sottolineato che "rimanere nel Golan assicurerà un vantaggio strategico nell'eventualità di un conflitto con la Siria": a pochi gironi dalla sua visita a Washington, il premier ha inoltre ribadito di non voler accettare compromessi su questioni che riguardano la sicurezza nazionale di Israele, in primo luogo il dossier nucleare iraniano. "Se l'Iran dovesse diventare una potenza nucleare obbligherà i Paesi arabi ad un'alleanza e non permetterà che questi normalizzino le proprie relazioni con Israele", ha concluso Netanyahu, che ha definito "un errore" le forniture belliche di Mosca a Teheran.
(Apcom, 9 maggio 2009)
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La politica delle "mani tese" rappresenta una minaccia per Israele?
di Luca Meneghel
L'amministrazione Obama rappresenta una minaccia per la sicurezza di Israele? In occasione delle recenti elezioni presidenziali, sono molti gli analisti che hanno dibattuto intorno a questo tema. A riprenderlo sull'ultimo numero di "Commentary Magazine" - in concomitanza con la scadenza dei primi 100 giorni di Obama alla Casa Bianca - è ora Norman B. Podhoretz, tra i massimi esponenti del pensiero neoconservatore.
Podhoretz ricorda innanzitutto due passate frequentazioni del presidente, origine delle prime apprensioni da parte degli ebrei: Jeremiah Wright e Rashid Khalidi. Reverendo il primo e professore della Columbia il secondo, i due sono accomunati da una buona dose di odio anti-israeliano e da una grande vicinanza con Barack Obama: Wright ha sposato il neopresidente, mentre Khalidi lo avrebbe influenzato sul piano politico e intellettuale. Col passare dei mesi però, ricorda Podhoretz, "Obama si è distaccato da entrambi e ha ripudiato le loro idee". E l'operazione è perfettamente riuscita: il 78% degli ebrei americani ha votato per il candidato democratico, anche grazie al supporto di intellettuali liberal vicini ad Israele come il celebre giurista di Harvard Alan Dershowitz....
(l'Occidentale, 9 maggio 2009)
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Secondo il giornale israeliano Haaretz, Obama rinnoverà le sanzioni a Damasco
di Alessandro Marchetti
Gli Stati Uniti non sono ancora pronti per dei buoni rapporti con la Siria. È il giudizio riportato dal quotidiano israeliano Haaretz nel dare la notizia del rinnovo delle sanzioni alla Siria da parte della Casa Bianca. La decisione, ratificata dal Presidente Usa con una lettera al Congresso, giunge il giorno dopo i colloqui diplomatici nella capitale siriana fra Jeffrey Feltman, capo degli inviati del dipartimento di Stato per il MedioOriente, e i rappresentanti del governo siriano.
Secondo il quotidiano vicino ai laburisti, si rivela lungo e difficoltoso per Barack Obama il processo di "sdoganamento" dei Paesi mediorientali a lungo osteggiati dalla precedente amministrazione: l'embargo alla Siria, voluto da George W. Bush, riguarda la vendita di armamenti e il traffico aereo da Damasco agli Usa.
«La Siria continua a supportare il terrorismo, a cercare di ottenere armi di distruzione di massa e perseguire programmi missilistici, ma soprattutto boicotta gli sforzi americani e internazionali rispetto alla ricostruzione e stabilità interna dell'Iraq», ha affermato il presidente Obama nella lettera al Congresso Usa.
Secondo Haaretz, il diplomatico americano David Hale avrebbe detto al presidente libanese Michel Suleiman, durante i colloqui conclusi venerdì, che gli Stati Uniti non intendono mettere a repentaglio i buoni rapporti con il Libano per avvicinarsi a Damasco. Non a caso lo stesso quotidiano libanese an-Nahar ha riportato gli esiti del colloquio fra Hale e il presidente libanese, a margine della visita degli inviati a Damasco. «La Siria è stata un alleato molto potente del Libano per 30 anni, e malgrado abbia ritirato le sue truppe dal paese confinante nel 2005 ha ancora alleati influenti nell'opposizione», secondo Haaretz.
(Blitz quotidiano, 9 maggio 2009)
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Inviato Onu: le armi di Hezbollah minacciano il Libano e la stabilità della regione
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Terje Roed-Larsen |
ROMA, 8 mag - Terje Roed-Larsen, inviato speciale per il Libano del segretario generale delle Nazioni Unite, ha espresso la propria preoccupazione per le attività condotte da Hezbollah al di fuori del Libano e ha definito "una minaccia per la stabilità regionale" l'arsenale della milizia sciita. In particolare Roed-Larsen ha fatto riferimento ai recenti durissimi scontri verbali tra il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e la dirigenza egiziana seguiti all'arresto nel Sinai di alcuni esponenti del gruppo libanese accusati di preparare azioni terroristiche. Le parole di Nasrallah, ha spiegato l'inviato di Ban Ki-moon, hanno "preoccupato il segretario generale dell'Onu che le ha condannate come una interferenza negli affari interni di uno Stato membro". "Ugualmente allarmante - ha proseguito Roed-Larsen - il fatto che Hezbollah abbia pubblicamente ammesso di sostenere i militanti di Gaza a partire dal territorio egiziano".
Il diplomatico norvegese incaricato di seguire l'implementazione della risoluzione 1559 del 2004 del Consiglio di Sicurezza ha quindi definito "una continua violazione della risoluzione" la proliferazione di armi e gruppi armati che operano in Libano e ha ricordato l'obbligo imposto dall'Onu di smantellare tutte le milizie e di procedere a elezioni libere. Una necessità resa tanto più urgente dall'approssimarsi delle legislative in Libano, fissate per il 7 giugno. Secondo Roed-Larsen la presenza delle milizie nuoce al consolidamento democratico del Paese dei cedri mentre "l'ultima e più significativa milizia libanese esistente è la componente armata di Hezbollah" e il suo arsenale rappresenta "una sfida alla sovranità nazionale e una minaccia alla stabilità regionale". L'inviato di Ban Ki-moon ha fatto anche riferimento alla recente ondata di arresti in Libano di presunte spie israeliane, gli ultimi due sospetti sono stati fermati venerdì mattina nei pressi di Sidone, affermando che se le accuse saranno provate il fatto costituisce una violazione della sovranità del Libano.
(il Velino, 8 maggio 2009)
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Estremisti ebrei vogliono fare causa al Vaticano per beni rubati
GERUSALEMME, 8 mag - Due estremisti di destra israeliani intendono avviare un'azione legale contro Papa Benedetto XVI in occasione della sua visita, affermando che il Vaticano possiede dei tesori che sono stati sottratti al popolo ebraico nel corso dei secoli.
Baruch Marzel e Itamar Ben Gvir hannno presentato una denuncia a un tribunale di Gerusalemme lunedi' scorso in cui si fa menzione di alcuni tesori che sarebbero stati sottratti agli ebrei e tenuti in Vaticano, tra cui una Menorah d'oro sottratta dal Tempio di Gerusalemme dai soldati romani agli ordini del generale Tito durante la distruzione del tempio nel 70 D.C.
I due sostengono, inoltre, che documenti religiosi ebraici, cosi' come migliaia di opere filosofiche e scientifiche che sarebbero state rubate in diverse occasioni centinaia di anni dopo, sono tenuti nella biblioteca vaticana.
I rabbini capo di Israele, Yonah Metzger e Shloma Amar, sono citati tra i testimoni.
(ASCA-AFP, 8 maggio 2009)
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Usa: negato ad Israele accesso ai computer degli F-35
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F35 |
GERUSALEMME, 8 mag. - (Adnkronos) - Gli Stati Uniti hanno negato ad Israele l'accesso al sistema dei computer che regolano i Joint Strike Fighter, i caccia di quinta generazione noti anche come F35. Lo rivela oggi il Jerusalem Post, sottolineando come il diniego da parte del Pentagono sta bloccando l'acquisizione, decisa dal governo israeliano, di 75 caccia nell'ambito di un accordo da 20 miliardi di dollari.
Gli israeliani - spiega il quotidiano - affermano che per ragioni operative e' necessario che venga data loro la possibilita' di riparare "in tempo reale" eventuali guasti all'interno del sistema dei computer che regolano gli F35. Sarebbe impossibile, sostengono, spedire un computer a riparare negli Stati Uniti nel mezzo di una guerra. Argomenti che non convincono gli americani che non vogliono mettere nelle mani delle forze armate israeliane la tecnologica segreta usata per costruire i modernissimi Stealth che sta realizzando la Lockheed Martin.
Per uscire dall'impasse gli americani hanno offerto, nei negoziati in corso al Pentagono con una delegazione del ministero della Difesa israeliano, di fornire una serie di computer di scorta, in modo da poter sostituire rapidamente dai velivoli le macchine danneggiata da spedire poi negli Stati Uniti per le riparazioni. Il disaccordo pero' non sembra superato: "noi abbiamo delle enormi limitazioni operative ed abbiamo bisogno di riparare da soli i sistemi" ha affermato una fonte della Difesa al Post. Il braccio di ferro sui computer, ha spinto il governo israeliano a chiedere dettagli alla Boeing sui nuovi F15 Silent Eagle, una nuova configurazione degli F15 gia' in dotazione dell'aeronautica israeliana.
(Libero-news.it, 8 maggio 2009)
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Fonti israeliane: con Obama è in declino il dialogo speciale
GERUSALEMME, 8 mag. - (Adnkronos) - Dall'insediamento di Barack Obama c'e' stata una netta diminuzione del coordinamento e della cooperazione politica tra Israele e Stati Uniti, soprattutto dopo la formazione del nuovo governo Netanyahu. E' la "preoccupazione" che fonti ufficiali israeliane esprimono ad Haaretz, sottolineando che i membri dell'amministrazione Obama "si consultano con le loro controparti israeliane sulle questioni di sicurezza e sulla politica in Medio Oriente molto meno rispetto ai tempi dell'amministrazione Bush".
Inoltre, aggiungono le stesse fonti, quando gli americani parlano CON gli israeliani non si consultano o coordinano le loro dichiarazioni, provocando cosi' diversi "intoppi" nelle relazioni tra i due stati, mancanze o problemi di comunicazioni dovuti anche al fatto che in entrambi paesi si e' insediato un nuovo governo. Tra gli incidenti citati, la dichiarazione dell'assistente segretario di Stato, Rose Gottemoeller, con cui veniva chiesto che Israele firmasse il Tnp senza prima consultare gli isareliani. Oppure il fatto che Dennis Ross, inviato Usa per le questioni iraniane, sia partito per una missione nei paesi del Golfo senza consultarsi in precedenza, o al termine del viaggio, con gli israeliani.
Piccole, ma importanti, disattenzioni sufficienti a far dire ad alcune delle fonti del Post che la nuova amministrazione americania non considera piu' Israele come uno stato "speciale" o "straordinario" in Medio Oriente con cui gli Stati Uniti debbano avere un canale preferenziale di dialogo. "La sensazione e' che il dialogo ed il coordinamento con i paesi arabi e con l'Europa oggi non sia meno importante per gli Stati Uniti, e forse e' piu' importante, del dialogo con Israele".
(Libero-news.it, 8 maggio 2009)
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Frattini in Usa: "L'amicizia con Israele, è pilastro della politica italiana"
Il ministro degli esteri Franco Frattini, in un discorso giovedì sera a Washington all'American Jewish Committee, ha ribadito che "l'amicizia con Israele e col suo popolo è un asse portante della politica estera dell'Italia".
Frattini, ospite d'onore alla conferenza della associazione ebraica, ha ricordato la decisione "chiara e non ambigua" dell'Italia di non partecipare alla Conferenza di Ginevra sul Razzismo rivelatasi una piattaforma per affermazioni anti-semitiche. "Su certe questioni fondamentali non siamo disposti ad accettare compromessi", ha detto Frattini, raccogliendo un lungo applauso. "I fatti hanno dimostrato che la scelta dell'Italia era stata la scelta giusta", ha aggiunto Frattini.
Il ministro degli esteri ha detto che per l'Unione Europea, apparsa divisa ed esitante, quella di Ginevra è stata una occasione mancata: "L'Unione Europea deve imparare a parlare con una voce unica e senza accettare alcun compromesso".
Parlando del processo di pace in Medio Oriente Frattini ha detto che la nuova amministrazione Obama appare intenzionata ad avere "un impegno diretto e profondo" nei colloqui di pace. Inoltre, adesso che Usa e Europa appaiono essere sulla stessa lunghezza d'onda sulle prospettive politiche della regione, "l'Unione Europea ha la possibilità di giocare un ruolo attivo, in particolare l'Italia, nel rilancio del processo di pace". Circa il ruolo dell'Iran, Frattini ha detto che "è inaccettabile" che Teheran acquisisca ordigni nucleari ma che nello stesso tempo "non c'è alternativa" al tentativo di incoraggiare l'Iran "a giocare un ruolo positivo nella regione".
Il ministro ha anche aprofittato dell'occasione per ringraziare il segretario di stato Hillary Clinton per la generosità mostrata dall'America in occasione del terremoto che ha colpito l'Abruzzo. "È stato un incontro molto cordiale.- ha detto Frattini al termine del colloquio - Ho espresso il ringraziamento del nostro paese per la grande generosità manifestata nei confronti dell'Italia per l'emergenza dovuta al terremoto in Abruzzo". Il ministro Frattini ha detto di avere inoltre ringraziato "l'amministrazione statunitense per l'impegno di aiutare a finanziare la ricostruzione dell'Università dell'Aquila".
(l'Occidentale, 8 maggio 2009)
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Usa - Paura tra gli ebrei di Middletown dopo il caso di omicidio
La polizia ha lanciato l'allarme. La sinagoga rimane chiusa
MIDDLETOWN,CONNECTIC, 7 mag. - Forti timori per l'incolumità dei cittadini e studenti ebrei di Middletown, località del Connecticut, dopo l'omicidio di una studentessa ebrea dell'Università di Wesleyan da parte di un uomo, che ha fatto perdere le sue tracce. Secondo la polizia l'omicida, che negli anni precedenti aveva minacciato la ragazza di 21 anni, vorrebbe colpire infatti sia l'istituto che gli ebrei. L'allarme è tale che le forze dell'ordine hanno chiuso l'unica sinagoga della città, e hanno invitato gli studenti a rimanere chiusi nelle loro stanze. La caccia all'uomo, identificato nel 29enne Stephen Morgan, è iniziata ieri, quando Johanna Justin Jinich è stata raggiunta da un colpo di pistola mortale mentre stava lavorando in una caffetteria situata nella libreria Broad Street Books. La ragazza è stata trasportata immediatamente in ospedale, ma i tentativi di salvarla si sono rivelati inutili. Lynn Baldoni, capo della polizia di Middletown, ha reso noto che "le forze dell'ordine, che sono in contatto sia con la Wesleyan University che con i leader della comunità ebraica, hanno lanciato un appello a entrambi affinché rimangano estremamente vigili". Morgan e Justin-Jinich si conoscevano, in quanto entrambi avevano frequentato la New York University. L'uomo aveva minacciato la sua vittima già nel 2007. La ragazza aveva sporto così denuncia il 10 luglio del 2007; nella causa avviata per molestie, Justin-Jinich accusava Morgan di averla chiamata con troppa insistenza, e di averle inviato anche mail piene di insulti. "Avrai ancora più problemi andando in avanti, se non riuscirai a tollerare alcuna forma esplicita di critiche, Johanna", recita il testo di una email reso noto dalla polizia. L'uomo si era però trasferito nel frattempo a Boston, e nessuna misura era stata presa per fermarlo. Rimane chiusa nel frattempo la Congregation Adath Israel, ovvero la sinagoga di Middletown. Eliot Meadow, presidente della sinagoga, ha affermato che la polizia non ha fornito alcun dettaglio sulle minacce. La congregazione potrebbe rimanere chiusa anche nella serata di domani, cancellando così la funzione dello Sabbath, e dopodomani, a meno che l'uomo non venga arrestato.
(Apcom, 7 maggio 2009)
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Il livello di natalità in Israele
di Sergio Della Pergola
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Sergio Della Pergola |
Questa settimana [Lode al Signore] è nato a Gerusalemme il nostro ottavo nipotino. Le mamme in Israele sono in buona parte laureate, la maggior parte lavorano. Ci si può chiedere allora come mai il livello della natalità sia cosí differente in Israele (2,8 figli) e in Italia (1,2). La spiegazione sta chiaramente nell'ambito dei valori, più che dell'economia. Valori religiosi, sì, ma non solo. Il numero ideale di figli fra gli ebrei in Israele è fisso da 30 anni attorno ai 4, dunque superiore al numero reale che non cambia da 50 anni. Ma anche gli strati più secolarizzati ne vorrebbero 3. La spiegazione che le persone danno delle loro preferenze è lontana dalla retorica nazionalista ma gravita semmai nell'ambito del privato: i figli sono sentiti un primo luogo come un elemento essenziale nella vita della coppia e del nucleo familiare, non come uno strumento per potenziare lo Stato o la sua difesa. Si è dunque creata una relazione positiva fra sviluppo sociale e dimensioni della famiglia. Chi ha maggiori risorse può meglio realizzare le proprie aspirazioni riproduttive. E poi ci sono istituzioni in grado di recepire i segnali che provengono dalla società. L'ultima sentenza della Corte Suprema stabilisce che, dall'anno prossimo, nella dichiarazione dei redditi le donne lavoratrici potranno dedurre la spese sostenute per la governante dei bimbi o per l'asilo nido. Indicazioni per l'Europa.
(Notiziario Ucei, 7 maggio 2009)
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Il killer degli ebrei, terrore nel college
Freddata in biblioteca una studentessa di 21 anni. Scatta l'allarme. «Presa di mira la comunità ebraica»
di Alessandra Farkas
NEW YORK - Terrore in uno dei più prestigiosi college americani: Wesleyan, l'università di circa 3000 studenti (oltre il 30 % di origine ebraica) nel cuore del Connecticut fondata nel 1831. Ieri la 21enne studentessa Johanna Justin-Jinich è stata freddata nel caffè dell'affollata biblioteca del campus dove lavorava part-time e adesso la polizia dello stato ha lanciato l'allarme, diffondendo le immagini del presunto killer che avrebbe preso di mira la comunità ebraica dell'università. «Esortiamo la Wesleyan University e i leader della locale comunità ebraica a rimanere nella massima allerta», ha spiegato un portavoce dell'FBI che ha lanciato una serrata caccia all'uomo su scala nazionale. Nel mirino delle autorità: il 29enne Stephen Morgan, descritto come «un giovane armato e molto pericoloso».
CACCIA AL KILLER - Sarebbe lui, infatti, l'uomo in parrucca scura, immortalato dalle tv a circuito chiuso della biblioteca di Wesleyan, subito dopo il delitto. Gli investigatori hanno scoperto un legame tra Morgan e la sua vittima, che era di origine ebraica. «Abbiamo concluso che il delitto non è affatto un atto fortuito - ha spiegato il portavoce della polizia di Middletown, Lynn Baldoni - Esistono prove che Morgan ha preso di mira il campus di Wesleyan e soprattutto la sua comunità ebraica». Morgan avrebbe minacciato la Justin-Jinich già nel 2007, quando erano entrambi iscritti alla New York University. La ragazza aveva sporto denuncia contro Morgan nel luglio di quell'anno, accusandolo di ripetute molestie telefoniche e via e mail. «Se non puoi tollerare le mie critiche, in futuro te la farò pagare, Johanna», recitava una di queste e mail che si concludeva con un impubblicabile insulto. Per tutta la mattina un massiccio dispiegamento di forze dell'ordine ha perlustrato il campus semideserto dove molti studenti si sono barricati nei dormitori chiusi a chiave. Come nelle altre università Usa, anche a Wesleyan i corsi sono appena terminati e gli studenti stanno preparandosi a sostenere gli esami finali. «Siamo certi di poter vigilare sull'incolumità dei nostri studenti», ha rassicurato il rettore Michael Roth, che è stato inondato di e-mail e telefonate di genitori terrorizzati. L'unica sinagoga del campus, la Congregation Adath Israel, dirimpetto alla libreria, rimarrà chiusa anche per il Sabbath, il giorno del riposo.
(La Stampa, 7 maggio 2009)
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Peres furioso «Scandaloso il rapporto Onu su Gaza»
Il presidente israeliano Shimon Peres ha bocciato il rapporto delle Nazioni Unite sull'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza dello scorso dicembre bollandolo come «scandaloso» e «fazioso». Il documento accusa lo Stato ebraico di aver colpito civili indiscriminatamente. «È scandaloso, non l'accetteremo mai, pensiamo che non ci dobbiamo scusare perché abbiamo il diritto di difendere la vita delle nostre donne e dei nostri bambini» anche perché, ha spiegato Peres, il rapporto «non fa alcuna menzione di Hamas» e questo «ci rende furiosi». Il premio Nobel per la Pace 1993 ha ricordato che se il movimento islamista non avesse lanciato razzi sul territorio israeliano, l'esercito israeliano non avrebbe lanciato l'operazione Piombo Fuso. Peres ha comunque sottolineato, come aveva già fatto il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, che il rapporto non comporta una condanna dell'Onu perché è stato preparato da una commissione d'inchiesta indipendente creata dall'Onu per indagare sui bombardamenti a edifici Onu a Gaza.
(il Giornale, 7 maggio 2009)
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'Amici di Israele': Franceschini sbaglia sulle leggi razziali
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Dario Franceschini |
ROMA, 7 mag. - (Adnkronos) - "Riguardo alle recenti dichiarazioni del segretario del Pd, invito Dario Franceschini a non evocare troppo facilmente tragedie che hanno segnato la vita e la memoria della comunita' ebraica e del nostro Paese". Lo dichiara Davide Romano, segretario dell'associazione 'Amici di Israele'. "Sono dispiaciuto del fatto che da anni si utilizzi la shoah come strumento del dibattito politico. In passato ho dovuto polemizzare con il Pdci e, in misura minore, con il Prc, per i paragoni deliranti tra Israele e i nazisti. Da tali immondi paragoni alle bandiere bruciate il passo e' stato purtroppo breve", dice Romano.
"Oggi devo constatare con dispiacere che anche da pulpiti saldamente democratici, amici indiscussi del popolo ebraico, qualche eccesso nei paragoni, seppure con toni e motivazioni ben piu' tenui -prosegue-. Ora non sono piu' gli israeliani a fare la parte dei nazisti, ma il governo italiano ad essere paragonato al regime fascista, teso come sarebbe al ritorno delle 'leggi razziali'. Faccio un appello ad abbassare i toni ed a pesare le parole, oltre che ad un maggiore rispetto per chi tali leggi le ha vissute sulla propria pelle. Si puo' essere in disaccordo con le misure proposte dal governo (io per primo sono profondamente contrario a quelle sui medici-spia e presidi-spia, saggiamente ritirate) ma -prosegue Romano- reputo fuori luogo qualsiasi paragone tra le politiche del ministro Maroni e quelle del regime di Mussolini".
"Premesso che gli ebrei nel 1938 erano cittadini italiani a pieno titolo e non immigrati (cosa purtroppo non ancora del tutto chiara all'opinione pubblica), tali paragoni sono comunque sbagliati e fuorvianti, sia nel merito dei provvedimenti (su cui, ripeto, si puo' non essere d'accordo, ma senza necessariamente demonizzare chi li prende) che nel metodo (le leggi sono votate da un Parlamento regolarmente eletto). Leonardo Sciascia diceva che se tutto e' mafia, nulla e' mafia. Credo allo stesso modo che se applichiamo l'etichetta di fascista con troppa facilita' a chiunque, da un lato si fa un torto storico, e dall'altro si rischia di banalizzare quella che e' stata una grande tragedia", conclude Romano.
(Libero-news.it, 7 maggio 2009)
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Il papa va in Israele per parlare di pace e di tolleranza... ma anche di sconti fiscali
[...] Dietro questa visita e la sua missione straordinaria, ci sono molti altri aspetti, alcuni forse poco conosciuti, ma di grande rilevanza. Nel rapporto fra la Santa Sede e lo Stato d'Israele in primo piano ci sono gli accordi economici e fiscali fra la Chiesa cattolica e Tel Aviv.
[...] Le delegazioni stanno negoziando un trattato che dovrebbe riconoscere alla Chiesa le storiche esenzioni dalle tasse nella Terra Santa (più o meno simili a quelle esistenti negli Usa e in altre nazioni occidentali), fissare regole per la protezione delle proprietà della Chiesa, specialmente i Luoghi santi, e ottenere il ritorno di alcune proprietà, in particolare alcuni luoghi sacri, come il santuario di Cesarea, espropriato e raso al suolo negli anni Cinquanta. I negoziati sono iniziati l'11 marzo 1999....
(il Giornale, 7 maggio 2009)
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Insulti e gravi offese al papa da radio dei coloni israeliani alla vigilia della visita
CITTA' DEL VATICANO, 7 mag. (Adnkronos) - Pesanti e violenti insulti contro Benedetto XVI sono stati lanciati dall'emittente radiofonica Israel national Radio dei coloni israeliani che fa parte dell'agenzia informativa ''Arutz Sheva''. Nel programma dei due conduttori Tovia Singer e Tamara Yonah del Papa vengono date diverse definizioni offensive: Benedetto XVI viene chiamato ''il ragazzo di Roma, l'ex giovane nazista'', si afferma che viene in Israele da ''crociato'' per chiedere agli ebrei ''di svendere parte della Terra Santa alla sua Chiesa''. Fra le cose che non vanno giu' ai coloni il possibile accordo fra Israele e Santa Sede in base al quale alcuni luoghi santi sarebbero ceduti al Vaticano, l'agenzia dei coloni lancia l'allarme per la richiesta di sovranita' del Papa sui luoghi sacri sulla Terra Santa.
(IGN, 7 maggio 2009)
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Abu Mazen intende formare un nuovo governo Anp senza Hamas
I colloqui di riconciliazione al Cairo sono in una fase di stallo
RAMALLAH, 7 mag. - Il presidente palestinese Abu Mazen intende chiedere al suo primo ministro Salam Fayyad di formare un nuovo governo senza Hamas, il gruppo estremista che controlla la Striscia di Gaza, mentre i colloqui di riconciliazione nazionale tra le fazioni palestinesi si trovano in una situazione di stallo. Lo ha detto oggi Yasser Abed Rabbo, un consigliere di Abu Mazen. Da mesi sono ripresi al Cairo i colloqui tra al Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e Hamas, ma un'intesa sulla formazione di un governo di unità nazionale ancora non è stata raggiunta. Permangono le divergenze tra i due principali gruppi palestinesi, e se Hamas "continuerà così - ha detto Abed Rabbo - (i colloqui) potranno andare avanti per anni". La formazione del nuovo governo - ha aggiunto - ha un "appoggio esterno", riferendosi all'Egitto. Nessun commento è però giunto dal Cairo. Anche Mahmoud Ramahi, un esponente di Hamas, conferma che i colloqui si trovano in una situazione critica. "Non ci sono segnali all'orizzonte di un accordo per un governo di unità nazionale". Fatah vuole che Hamas accetti le condizioni poste dalla comunità internazionale per un suo riconoscimento: la rinuncia alla violenza e l'accettazione degli accordi firmati tra israeliani e palestinesi, oltre al riconoscimento dello Stato di Israele, ma il gruppo integralista "non intende accettare nessuna condizione", ha precisato Ramahi, aggiungendo che la formazione di un nuovo governo palestinese "minerà" ulteriormente i colloqui.
(Apcom, 7 maggio 2009)
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Bando per progetti di ricerca Italia-Israele
Nell'ambito delle attività previste dall'accordo di cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico tra Italia e Israele, l'Ufficio II della Direzione generale per i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente del Ministero degli Affari esteri per la parte italiana, e l'Office of the chief scientist (Ocs) del Ministero dell'Industria e commercio per la parte israeliana, hanno istituito un bando per la raccolta di progetti congiunti di ricerca per l'anno 2009, sulla base dell'accordo di cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo industriale, scientifico e tecnologico tra Italia e Israele....
(La Sicilia.it, 6 maggio 2009)
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Tutto il mondo è paese
di Yitzhak
Si è conclusa a Roma la contestata visita del Ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che ha incontrato, tra gli altri, il suo omologo italiano e il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. L'ironia del vignettista di Yediot Aharonot, Yotam Fiszbein, corre sul filo delle recenti polemiche di casa nostra sulle candidature del PDL alle prossime europee e su trascorse vicende israeliane che presentano punti in comune con quelle italiane.
Berlusconi a Lieberman: - Hai il numero di telefono di Orli Levi? *
* Orli Levi è un'ex modella e presentatrice televisiva israeliana, attualmente deputata alla Knesset proprio tra le file del partito Yisraèl Beitènu, di Avigdor Lieberman.
(Limes, 6 maggio 2009)
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Peres: Oltraggioso il rapporto Onu su Gaza
NEW YORK, 6 mag. - Il presidente israeliano Shimon Peres ha definito oggi "oltraggioso" il rapporto dell'Onu che accusa l'esercito israeliano dei morti e dei danni contro obiettivi delle Nazioni Unite colpiti durante l'operazione "piombo fuso" a Gaza. "Abbiamo alta considerazione per il segretario generale - ha detto Peres dopo aver incontrato Ban Ki Moon al quartier generale dell'Onu a New York - ma non possiamo accettare nemmeno una parola del rapporto, che e' ingiusto e unilaterale".
(Adnkronos/Dpa, 6 maggio 2009)
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No a canzoni tedesche in radio
È la singolare proposta di un deputato israeliano
TEL AVIV - Infastidito da un ritornello del complesso musicale tedesco Polarkreis 18, Allein Allein, un deputato nazionalista israeliano ha scritto una lettera perentoria alla radio militare per sollecitarla a non trasmetterlo mai più.
Nella lettera il deputato Israel Eldad (Unione nazionale, opposizione) spiega che quella canzone, registrata in parte in lingua tedesca, risulta insopportabile ai sopravvissuti alla Shoah. «Finché in Israele vivono ebrei ai quali le urla in tedesco fanno tornare in mente il periodo della Shoah in Europa, non è possibile calpestare i loro sentimenti», sostiene Eldad che in passato aveva obiettato anche al permesso elargito al cancelliere Angela Merkel di esprimersi in tedesco alla Knesset (parlamento).
Ma la radio militare è stata irremovibile. «Le canzoni sono trasmesse sulla base del loro valore musicale e non della lingua in cui sono eseguite» ha spiegato la emittente. «Ci sforziamo di proporre ai nostri ascoltatori il meglio della produzione locale ed internazionale».
(Corriere del Ticino, 6 maggio 2009)
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La stampa araba svela un piano di Obama per pacificare il Medio Oriente
Fitta consultazione tra leader arabi moderati per accoglierlo
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Abdallah II |
ROMA, 6 mag. - Un piano del presidente americano Barack Obama per risolvere il conflitto arabo-israeliano sarebbe stato affidato al Re giordano Abdallah II che starebbe facendo la spola tra i leader arabi moderati per raggiungere una piattaforma comune - che non esclude la Siria - che dovrebbe culminare con l'annuncio di una nuova iniziativa di pace con Israele magari con un vertice straordinario dei capi di stato arabi. E' quanto emerge da indiscrezioni raccolte dal quotidiano arabo al Quds al Arabi. Citando fonti palestinesi che definisce di 'alto profilo', Il giornale arabo edito a Londra, titola oggi che "sulla base di una richiesta americana trasmessa dal sovrano giordano Abdallah II ai capi di stato egiziano e saudita, i leader arabi stanno discutendo la rielaborazione dell'iniziativa di pace (approvata nel summit della Lega araba a Beirut nel 2002) per far cadere il diritto di ritorno e accelerare la normalizzazione" con lo stato ebraico". Secondo il quotidiano, il re giordano, reduce dal recente viaggio a Washington, avrebbe parlato delle "richieste americane" al presidente dell'Anp Abu Mazen e anche al ministro degli Esteri siriano Walid al Muallem nella sua visita ad Amman di lunedi scorso. Lo stesso Abdallah è stato ricevuto dal sovrano saudita a Riad ed oggi è previsto un suo incontro con il presidente egiziano Hosni Mubarak al quale si dovrebbe aggiungere anche Abu Mazen. Secondo le fonti palestinesi il piano che i leader arabi stanno elaborando dietro le richiesta dell'amministrazione Usa prevede tra l'altro: "la dislocazione dei profughi palestinesi in vari paesi arabi permettendo a chi vuole rientrare di farlo nei soli territori palestinesi sui quali dovrebbe sorgere uno stato palestinesi disarmato". La definizione dei confini (del 1967) dovrebbe avvenire "dopo uno scambio di territori tra le autorità palestinesi e Israele". Nel frattempo, l'amministrazione Usa avrebbe chiesto agli stati arabi di "fissare un calendario temporale per la normalizzazione e l'istituzione di relazioni diplomatiche con lo stato ebraico in modo da incoraggiare Israele a compiere passi pratici che permettono la costituzione dello stato palestinese". Il piano, che i leader arabi dovrebbero secondo le fonti palestinesi, approvare "magari in un vertice straordinario dei capi di stato arabi", prevede anche che "in tutte le capitali arabe sia alzata la bandiera di Israele": In cambio "la bandiera palestinese sventolerà sui quartieri arabi di Geruslemme est che sarà proclamata capitale dello stato palestinese". Mentre "sulla città vecchia e nei luoghi di culto comuni a musulmani, ebrei e cristiani sarà issata la bandiera dell'Onu. Ma è la questione dei profughi che Israele rifiuta il loro ritorno che sembra ad essere decisiva: "fitte consultazioni" sarebbero in corso tra i leader arabi per raggiungere l'intesa che "fissi un tetto temporale alla normalizzazione e risolva il problema dei profughi che è nell'ordine dell'impossibile farli ritornare nei territori palestinesi occupati nel 1948 in quanto costituisce una minaccia seria al futuro dello stato ebraico", come avrebbe fatto presente l'amministrazione Obama.
(Apcom, 6 maggio 2009)
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Gaza, proiettili di mortaio contro Israele: nessun ferito
Ma Ezzedine al Qassam rivendicano solo attacco a El Bureij
GAZA, 6 mag. - Un gruppo di attivisti palestinesi ha lanciato oggi proiettili di mortaio contro obiettivi israeliani dalla Striscia di Gaza. Le brigate Ezzedine al Qassam, braccio armato del movimento islamico Hamas, hanno rivendicato l'offensiva contro truppe israeliane impegnate in un'incursione al campo profughi di el Bureij, ma un portavoce dell'esercito israeliano ha affermato che cinque proiettili di mortaio sono stati lanciati da Gaza verso il territorio d'Israele, senza fare vittime né danni. Secondo l'esercito israeliano, più di 200 razzi e granate sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza verso Israele dalla fine dell'offensiva israeliana, il 18 gennaio scorso. (fonte afp)
(Apcom, 6 maggio 2009)
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Israele, imminente scissione tra i laburisti
Ieri si e' dimesso segretario Cabel oppositore Barak
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Eitan Cabel |
GERUSALEMME, 6 mag. - Sarebbe imminente, secondo la stampa israeliana, una scissione nel Partito laburista, spaccato in due lo scorso marzo dalla decisione del leader e ministro della Difesa Ehud Barak di far entrare il partito nel governo di centrodestra di Benyamin Netanyahu. Le dimissioni presentate ieri dal segretario laburista Eitan Cabel sembrano aver accellerato i tempi dell'uscita dal partito dei deputati (almeno quattro dei 13 presenti alla Knesset) e dei dirigenti che avevano chiesto a Barak di lasciare il Labour all'opposizione e di non partecipare ad un governo dominato dalle destre. Tra i dissidenti spiccano l'ex leader laburista Amir Peretz, l'ex segretario generale Ophir Pines Paz e l'ex ministro dell'istruzione Yuli Tamir. A questi dovrebbe aggiungersi anche Shelly Yachimovich, una ex giornalista nota per i suoi attacchi al vetriolo alla leadership di Barak che gode di molti sostenitori tra i giovani laburisti. Secondo il quotidiano Haaretz, gli oppositori di Barak avrebbero dalla loro parte almeno 1/3 del partito e, in caso di scissione, dovrebbero formare una nuova forza politica. Nelle settimane passate si era ipotizzata una possibile fusione tra l'ala dissidente laburista e il Meretz (sinistra sionista). Una eventuale scissione darebbe un ulteriore colpo all'immagine del Partito laburista precipitato alle elezioni del 10 febbraio al suo punto piu' basso. Da principale forza politica di Israele appena 10 anni, oggi i laburisti sono il quarto partito per numero di rappresentanti alla Knesset, dietro Kadima, Likud e Yisrael Beitenu, il partito ultranazionalista del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman.
(Apcom, 6 maggio 2009)
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"Tendenzioso e prevenuto" il rapporto Onu sulle strutture UNRWA a Gaza
Forte irritazione a Gerusalemme per le conclusioni dell'ispezione Onu sull'incidente che vide le Forze di Difesa israeliane fare fuoco verso un edificio dell'agenzia UNRWA nella striscia di Gaza durante la controffensiva anti-Hamas del gennaio scorso. Israele respinge totalmente il rapporto definendolo "tendenzioso, evidentemente prevenuto e indifferente ai fatti, nella lettera e nello spirito".
"Il rapporto - si legge in un severo comunicato diffuso a Gerusalemme - ignora completamente i fatti presentati alla commissione Onu, che si è chiaramente basata sulla versione di Hamas, un'organizzazione terroristica, traendo così in inganno l'opinione pubblica internazionale....
(israele.net, 6 maggio 2009)
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Rassegna stampa araba
Titoli delle prime pagine
ROMA, 6 mag. - L'intervista rilasciata dal leader di Hamas Khaled Meshaal New York Times, in primo piano sulla stampa araba di oggi. In evidenza anche il viaggio mediorientale del segretario alla Difesa americano, Robert Gates. Al Quds al Arabi rivela che "dietro richiesta Usa, i leader arabi moderati stanno rielaborando l'iniziativa di pace panaraba, in modo da far cadere il diritto di ritorno dei profughi" respinto da Israele.
AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, apre sull'intervista al New York Times del capo di Hamas, "facendo la corte a Washington Khaled Meshaal: abbiamo fermato i missili su Israele... mentre gli Usa vogliono liberare Shalit e fermare gli insediamenti". Il presidente iraniano "Ahmadinejad aDamasco: la vittoria è già avvenuta in Siria e Iran e le circostanze vanno a nostro favore". "48 ore prima di siglare il loro settimo accordo di pace, il Ciad dichiara guerra al Sudan". Usa, "nei suoi primi 100 giorni fuori dalla Casa Bianca, George Bush raccoglie 100 milioni di dollari". Iraq, "Barzani annuncia che le elezioni della ragione autonoma del Kurdistan si svolgeranno il 25 luglio prossimo".
AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, "Meshaal al Nyt: appoggiamo la costituzione di uno stato palestinese sul confine del 1967"; e "ha promesso all'amministrazione americana e ai suoi alleati occidentali che Hamas farà parte della soluzione" di pace". Intanto "Hamas disloca le sue forze a Gaza per impedire il lancio di missili su Israele". Fonti palestinesi, "di alto profilo" affermano che "dietro ad una richiesta Usa trasmessa ai capi di stato saudita e egiziano tramite il re giordano Abdallah II (reduce di un viaggio a Washington), "i leader arabi moderati discutono per rielaborare l'iniziativa di pace panaraba in modo da far cadere il diritto di ritorno dei profughi e accelerare la normalizzazione" con lo stato ebraico. Arabia saudita, il primo imam nero della Mecca lancia un attacco senza precedenti contro sciiti e le altre religioni monoteistiche: "Gli Ulema sciiti sono tutti apostati"; "ha assicurato che le campane delle chiese non suoneranno mai nel Regno" wahabita; e che è guidato dall'editto del Profeta che recita: "Cacciate ebrei e cristiani dalla penisola araba". Febbre suina, "guerra ai maiali dell'Egitto: una pandemia ucciderebbe 18 milioni di egiziani". Iraq, l'avvocato di Tareq Aziz scrive ad Obama: "vergognoso dare fiducia ad al Maliki". Responsabile Usa delle carceri in Iraq: "abbiamo 100 detenuti condannati a morte".
AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, dedica quasi l'intera prima pagina ad argomenti attinenti all'Iran: titola in apertura sulle dichiarazioni del segretario della Difesa Usa, "Robert Gates: nessuno scambio Usa-Iran e il dialogo con Teheran non è ancora iniziato"; sulla visita in Siria del presidente, iraniano "Ahmadinejad: il sistema mondiale è giunto alla sua fine"; e Assad: "i cambiamenti dimostrano che avevamo ragione noi"; ed infine, l'annuncio dei leader dei paesi del Golfo: "non accettiamo che l'avvicinamento all'Iran avvenga a spese nostre".
AL SABAH - quotidiano di stato iracheno, apre sul ritorno in patria del premier al Maliki dal suo "positivo" tour europeo e titola: "cento miliardi di dollari è la somma dei valori dei progetti d'investimenti stranieri nel paese per la prossima fase". Ministro degli Esteri: "l'Iraq protesta ufficialmente contro i bombardamenti iraniani" alle zone di confine. "Irbil, al via oggi la Conferenza di Riconciliazione nazionale: partecipano 200 personalità, presenti i rappresentanti del governo italiano e greco". Secondo una denuncia della Commissione trasparenza irachena, il "36% è l'incidenza delle tangenti nei ministeri e negli uffici pubblici".
AL AHARAM - giornale egiziano semi-ufficiale apre sul vertice egiziano-giordano di ieri: "accordo per trattative dirette e serie per la costituzione di uno stato palestinese"; e "per la prima volta gli Stati Uniti hanno capito che la questione palestinese è l'assenza del conflitto mediorientale". Il segretario alla Difesa Usa, "Gates, dopo il suo incontro con il rais: le forze armate egiziane sono tra le più importanti, capaci e rispettabile dell'area... E la nostra politica di mano tesa all'Iran non è in contrasto con i solidi legami con Egitto e Arabia saudita". "Martedi prossimo, vertice Mubarak-Berlusconi a Sharm al Sheikh".
(Apcom, 6 maggio 2009)
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Israele non cede alla minaccia dellIran
Peres critica gli Usa: "Non dialoghino"
Il presidente israeliano Shimon Peres ha assicurato a Washington che Israele non cederà alla minaccia nucleare iraniana. Peres ha anche criticato la volontà di dialogo della Casa Bianca con l'Iran perché rappresenta una fonte di divisione tra Stati Uniti e Israele. "Sfortunatamente, il Medioriente si trova sotto la minaccia nucleare. Noi non cederemo. Noi non ci arrenderemo", ha detto Peres davanti a circa seimila persone.
(TGCOM.it, 5 maggio 2009)
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Assad discute con Ahmadinejad il trasferimento degli uffici di Hamas
Presidente oggi a Damasco sarebbe disponibile a ospitarli
ROMA, 5 mag. - Il trasferimento degli Uffici di Hamas da Damasco sarebbe uno degli degli argomenti dei colloqui tra il presidente siriano, Bashar Assad, e il suo omologo iraniano, Mahmoud Ahamdinejad atteso per oggi nella capitale siriana per una visita ufficiale in Siria. Lo hanno sostenuto fonti iraniane citate oggi dal quotidiano saudita, Okaz. Le stesse fonti hanno affermato che il presidente iraniano esprimerà la disponibilità di Teheran a "ospitare la leadership" del movimento radicale islamico palestinese esiliata in Damasco, ivi compreso il capo del suo ufficio politico Khaled Meshaal. Secondo il giornale saudita, nell'agenda dei colloqui che affronterà "le relazioni bilaterali", si discuterà anche dell'"attuale crisi nei rapporti tra l'Egitto e gli Hezbollah" sciiti libanesi accusati dal Cairo di avere organizzato una 'cellula di spie' che avrebbe tentato di destabilizzare l'Egitto. Accusa, ovviamente, respinta dal leader del partito di Dio, Hassan Nasrallah.
(Apcom, 5 maggio 2009)
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Meshaal: Hamas vuole uno Stato palestinese sui confini del '67
Pronti a "una tregua di dieci anni" con Israele
In una intervista concessa al New York Times il leader di Hamas in esilio Khaled Meshaal afferma che l'obiettivo del suo gruppo è quello di giungere alla costituzione di uno Stato palestinese sui confini del 1967, per mezzo di una tregua di dieci anni con Israele. "Prometto all'amministrazione americana e alla comunità internazionale che saremo parte della soluzione", dice Meshaal. Riguardo alla soluzione dei due Stati - palestinese e israeliano - coesistenti in pace, considerata l'unica possibile per l'amministrazione Obama, il leader di Hamas chiarisce: "Noi siamo per uno Stato sui confini del 1967, basato su una tregua di lungo periodo" di 10 anni. Ciò includerà "Gerusalemme Est, lo smantellamento degli insediamenti e il diritto al ritorno dei rifugiati" aggiunge. Meshaal ribadisce comunque il suo rifiuto a riconoscere la legittimità di Israele, e sottolinea come sia Arafat che Abu Mazen - che lo hanno riconosciuto - non ne abbiano tratto alla fine alcun vantaggio: "Questo riconoscimento ha portato alla fine dell'occupazione? E' solo un pretesto usato dagli Stati Uniti e Israele per non affrontare le questioni concrete e lasciare la palla nel campo arabo e palestinese". Meshaal, che vive in esilio a Damasco, riserva parole di apprezzamento per il presidente americano Obama e per il nuovo approccio che mostra di avere in Medio Oriente, che la disponibilità ad aprire dei colloqui diretti con i principali rivali regionali, Iran e Siria. "Il suo linguaggio è diverso e positivo", osserva, mentre quello del nuovo segretario di Stato Hillary Clinton "riflette le politiche della vecchia amministrazione". Il leader di Hamas nell'intervista fa notare anche che al momento non vengono sparati razzi da Gaza verso il sud di Israele, e assicura che "il sostegno dell'Iran (ad Hamas) non è condizionato. Nessuno controlla o influenza le nostre politiche". Il suo gruppo - conclude - vuole solo un accordo di cessate il fuoco con Israele e un accordo per la scarcerazione dei detenuti palestinesi in cambio della liberazione del caporale Gilad Shalit. La "priorità" per Hamas è dunque "la fine dell'occupazione" e la nascita di uno Stato palestinese, la cui "natura, sarà decisa dai palestinesi".
(Virgilio Notizie, 5 maggio 2009)
COMMENTO - In pratica Meshaal ha illustrato al Presidente Obama, per cui ha speso parole di apprezzamento, l'ultima versione del programma di distruzione di Israele per gradi. Dieci anni evidentemente sono considerati sufficienti per poter passare poi alla fase finale, a cui Meshaal ha preferito non accennare. Può darsi che il nuovo Presidente USA ricambierà l'apprezzamento.
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«Io, colono di Cisgiordania, cederei casa per una pace vera»
di Fiamma Nirenstein
È senz'altro molto assertivo, ma statelo a sentire, perché sa molto bene quel che si dice, e il messaggio che ha portato all'Italia è fiduciosamente innovativo, ma non alieno dalla pace. Solo che lui vuole farla con la certezza che il nemico non userà il processo di pace o lo sgombero di terra come un'arma. Lo dice chiaro, a costo di apparire un falco, come lo descrivono quasi tutti.
«Io, che sono un colono di un piccolo insediamento del West Bank...»: il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, detto "Yvette", ama mostrare sovente questa sua inusitata carta d'identità, gli piace far balenare all'interlocutore italiano (che sovente fa una faccia di circostanza alla notizia) la sua casa di Nokdim, con la moglie e i tre figli che lo aspettano nel cuore della Giudea ogni notte...
(il Giornale, 5 maggio 2009)
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Ingiuriato lambasciatore d'Israele
Spagna, aggredito fuori dallo stadio
Dopo aver assistito alla partita tra Real Madrid e Barcellona, l'ambasciatore di Israele in Spagna, Rafi Shotz, è stato ingiuriato all'uscita dallo stadio di Madrid da tifosi antisemiti. "Cane ebreo" e "sporco ebreo" sono alcuni degli insulti che gli sono stati rivolti, mentre altre ingiurie sono "irripetibili". Shotz era scortato da guardie del corpo che hanno fatto scudo e hanno provveduto ad allontanarlo incolume.
"Si è trattato di un episodio disgustoso" ha aggiunto l'ambasciatore secondo cui in Spagna spira un'atmosfera di ostilità nei confronti di Israele. La stampa israeliana odierna commenta peraltro con toni indignati la decisione di un magistrato spagnolo di indagare sull'uccisione del comandante militare di Hamas, Sallah Shehade, avvenuta nel 2002 a Gaza in un bombardamento israeliano che provocò anche numerose vittime civili. Secondo diversi commentatori non compete alla giustizia spagnola discutere i metodi di lotta usati da Israele contro il terrorismo di Hamas, di cui Shehade fu protagonista per diversi anni.
(TGCOM.it, 5 maggio 2009)
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Mostra sul razzismo
Italia 1938: il regime fascista promulga le Leggi Razziali, cancellando la parità dei diritti introdotta da Carlo Alberto e segregando di fatto nel proprio paese milioni di Ebrei. Un capitolo di storia su cui non si è dibattuto ancora abbastanza, come ha dimostrato il bel volume 'La difesa della razza' presentato di recente alla comunità ebraica di Casale Monferrato da Francesco Cassata perché resiste l'idea di considerare quella politica come una delle nefaste conseguenze dell'alleanza con la Germania. Per approfondire ulteriormente questa pagina di storia, la Comunità Ebraica di Casale allestisce a partire dal 10 maggio la mostra 'Le leggi razziali'.
L'iniziativa è nell'ambito del Festival di Cultura ebraica Oyoyoy! che ha avuto il proprio clou nell'ultimo fine settimana di aprile, ma sotto la cui egida si svilupperanno tutta una serie di attività fino a giugno (attesissima la mostra di Carlo Levi che si inaugura il 31 maggio).
La mostra sulle Leggi razziali nella sala esposizioni della Comunità è curata da Franco Debenedetti Teglio ed espone tutta una serie di interessanti documenti d'epoca: giornali, manifesti, libri, foto. La parte che però permette di rivivere maggiormente il periodo sono i pannelli che riassumono le peripezie di alcune note famiglie ebree dopo l'emanazione delle leggi razziali (prima fra tutte quella dei Teglio).
L'inaugurazione della mostra sarà domenica 10 maggio alle ore 11,00 presso la sala mostre della comunità con il curatore Franco De Benedetti Teglio e la dott.sa Daniela Rana dell'Università del Piemonte Orientale. Rimarrà aperta fino al 29 maggio tutte le domeniche con orario 10-12,30 14,30 18.30 gli altri giorni su prenotazione telefonando al 0142 71807.
(Il Monferrato, 5 maggio 2009)
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Fonti israeliane accusano: la Siria continua ad armare Hezbollah
Mentre è impegnata a migliorare i suoi rapporti con gli Stati Uniti, la Siria continua a trasferire armi a Hezbollah. L'accusa arriva da fonti israeliane della sicurezza citate del sito del quotidinao Haaretz, le quali aggiungono che l'invio di armi al gruppo sciita libanese sarebbe finalizzato a garantirgli una sufficiente disponibilità di mezzi nell'ipotesi di un nuovo confronto militare con Israele.
Portando la forza militare di Hezbollah sopra ai livelli del 2006, quando ci fu la Seconda guerra del Libano, Damasco intenderebbe costringere Israele a combattere su un secondo fronte nel caso di conflitto regionale, evitando tuttavia di portare gli scontri sulle alture del Golan. Le fonti israeliane ritengono che la Siria, per garantire il successo del suo piano, stia acquisendo sistemi sofisticati di difesa, tra cui sistemi anti-aereo e anti-tank. Parallelamente la Siria si starebbe procurando missili in grado di colpire il territorio israeliano, da usare nel caso in cui un eventuale scontro con Hezbollah dovesse tirarla in ballo.
Questa strategia sarebbe portata avanti mentre si registrano miglioramenti sensibili nei rapporti tra Siria e Stati Uniti. Fonti diplomatiche hanno riferito a Haaretz che la Siria ha reso sicuri i suoi confini con l'Iraq, rispondendo così a una richiesta Usa, e ha impedito che gruppi di jihadisti attraversassero la frontiera per compiere attacchi contro le truppe americane in Iraq. Damasco avrebbe inoltre dato la sua disponibilità a mediare tra Hamas e Fatah, nell'ambito del processo di riconciliazione interpalestinese, ma avrebbe avanzato alcune richieste in cambio di questo impegno.
(l'Occidentale, 5 maggio 2009)
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Bandiere di Israele bruciate. Reibman non diffamo' Diliberto
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Oliviero Diliberto e Yasha Reibman |
Oliviero Diliberto sconfitto al Tribunale Civile: aveva querelato per un milione di euro Yasha Reibman, portavoce degli ebrei milanesi, che dopo un corteo pro Palestina con bandiere d'Israele bruciate, nel 2006, aveva accostato il leader del Pdci a quello della Fiamma Tricolore, parlando di "spacciatori di antisemitismo" e di "diffusione, magari inconsapevole, di pregiudizi". Parole che rientrano nel diritto di critica: il giudice ha respinto la richiesta di danni perché Reibman "non ha offeso la persona, ma ne ha criticato l'operato politico", spiega il suo avvocato Marco Teardo. "Per fortuna, in Italia si può dissentire, anche da un ex Guardasigilli", commenta Reibman. Diliberto si era sentito "offeso" per l'accostamento all'antisemitismo e aveva definito "imbecilli" gli autori del rogo. "Ancorché sbagliata, rispetto la sentenza".
(Corriere della Sera, 4 maggio 2009)
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Redattori israeliani di Wikipedia: difficile coprire il conflitto
Conferenza ieri a Tel Aviv
ROMA, 4 mag. - Per i redattori israeliani di Wikipedia, la grande encliclopedia multilingue online gestita da volontari, scrivere di argomenti relativi al conflitto israelo-palestinese rappresenta un "problema". Lo hanno affermato ieri i diretti interessati, riuniti a Tel Aviv in una conferenza organizzata dal gruppo locale di Wikipedia e dal Netvision Institute for Internet Studies dell'Università di Tel Aviv, secondo quanto riporta il sito web di Haaretz. Il direttore del Netvision Institute, Eli Hacohen, ha mostrato ad esempio come sul sito inglese di Wikipedia il gruppo estremista palestinese Hamas non sia definito come un'organizzazione terroristica nel primo paragrafo della voce. Hacohen ha raccontato anche come gli sia risultato impossibile qualificare il presidente iraniano Mahmoud Ahamdinejad come un "negazionista", nonostate lo stesso abbia più volte negato pubblicamente l'Olocausto compiuto dai nazisti, poiché ogni volta gli utenti o altri redattori hanno cancellato questo riferimento. Hacohen ha fatto quindi notare come anche David Irving, il noto negazionista britannico, sia presentato come uno storico sebbene sia ormai completamente screditato di fronte alla comunità scientifica. Inoltre, il direttore del Netvision Institute for Internet Studies ha evidenziato anche come nella voce relativa all'Operazione Piombo Fuso, condotta dall'esercito israeliano a Gaza lo scorso gennaio, si parli di "intensi bombardamenti" israeliani sulla popolazione civile.
(Apcom, 4 maggio 2009)
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Dershowitz |
Dershowitz: libro sui nemici di Israele
ROMA, 4 mag -'Sono un liberal, ho appoggiato Obama, sono per due popoli due stati, ma non accetto la demonizzazione dello Stato ebraico', cosi' Alan Dershowitz. Il celebre penalista (casi O.J.Simpson e Tyson), presenta il libro 'Processo ai nemici di Israele', domani alla Camera. Sul papa dice: 'Se andra' in Israele con chiarezza morale, agira' per la pace. Ma quando parla di Israele diventa confuso e mette sullo stesso piano Hamas che uccide di proposito bambini israeliani e lo stato ebraico che si difende
(ANSA, 4 maggio 2009)
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Lieberman, il viaggio in Europa è cominciato bene
L'Italia è un "paese molto amico" e il viaggio in Europa "comincia bene". Così il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman, secondo il racconto del presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, si è rivolto ad una delegazione delle Comunità ebraiche italiane in un breve incontro svoltosi nel pomeriggio nella casa dell'ambasciatore in Italia Gideon Meir. All'incontro amichevole - durato circa una mezzora - oltre lo stesso Pacifici, hanno partecipato il presidente dell'Unione delle comunità (Ucei) Renzo Gattegna, il rabbino capo di Roma Ricardo Di Segni e una rappresentanza dei presidenti delle varie comunità italiane. "Era curioso di conoscerci e di sapere - ha riferito Pacifici - il nostro giudizio sulle vicende. Ci è sembrato un uomo molto pragmatico e deciso". "Ci ha detto di aver giudicato molto positivamente gli incontri con Frattini e Fini - ha aggiunto Gattegna - ed ha riscontrato la loro profonda conoscenza della situazione. Ha esposto l'impostazione alla politica estera israeliana, precisando tuttavia che essa ancora non è definitiva. Il viaggio in Europa è il primo passo nei suoi contatti internazionali che proseguiranno prossimamente con gli Usa. Ci è apparso una persona molto realista che pensa più ai fatti che alle parole: Israele, a suo dire, è rimasta sempre delusa dalle trattative che, quando sembravano ad un buon punto, sono state poi vanificate".
(L'Unione Sarda, 4 maggio 2009)
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Buon Compleanno, Israele!!
Festa per il 61o Anno di fondazione dello Stato di Israele
di Gianmaria Italia
MILANO - Domenica 3 maggio un migliaio di persone si è radunata nei Giardini della Guastalla, davanti alla sinagoga di Milano, per la ricorrenza dello YOM HAATZMAUTH, la festa del 61o di Fondazione dello stato d'Israele organizzata dall'Associazione Amici d'Israele.
Un'iniziativa che, come ha voluto ben rimarcare il suo presidente Eyal Mizrahi, è rivolta a tutti, ebrei e non, in una costante azione di dialogo.
Malgrado la concomitanza del lungo week end la risposta dei presenti è stata significativa.
Insieme ai massimi esponenti della Comunità ebraica si è avuta la visita del rabbino capo Alfonso Arbib ed hanno portato il saluto Manfredo Palmeri, presidente del consiglio comunale di Milano, e i candidati alla presidenza della Provincia Guido Podestà e Filippo Penati (tramite Benedetta Tobagi la figlia di Walter, il giornalista che fu assassinato dalle BR)
La splendida verde cornice della Guastalla ha ospitato una festa gioiosa allietata da balli tradizionali ebraici e dalle musiche del repertorio israeliano presentate magnificamente dalla voce della soprano israeliana Yevgenya Kimiagar, accompagnata dai musicisti Emanuele Garro (contrabbasso) e Manuel BUDA (chitarra)
C'è stata la possibilità di degustare piatti cibi tipici ebraici, frutta e vini d'Israele. In una decina di gazebo erano ospitate varie associazioni culturali ed espressioni di varie correnti religiose ebraiche.
E' stata anche organizzata un'estrazione a premi che ha riscosso un particolare successo di adesioni perché, oltre ad una cinquantina di splendidi doni offerti da negozianti della Comunità ebraica milanese, erano in palio due biglietti andata e ritorno per Israele.
Molto gradita la presenza della troupe di BrianzaChannel che ha ripreso i significativi momenti della bella giornata.
(Brianza News, 4 maggio 2009)
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Israeliani favorevoli ad un attacco contro l'Iran
Anche contro il parere degli Stati Uniti
TEL AVIV, 4 mag - Due terzi degli israeliani sono favorevoli a un attacco della loro aviazione contro le infrastrutture nucleari dell'Iran. Lo rileva un sondaggio del Centro di studi strategici BeSa dell'Universita' Bar Ilan e della Lega contro la diffamazione (Usa). Solo il 15% degli intervistati si e' espresso contro un'operazione del genere. Fra quanti sostengono invece un intervento militare israeliano in Iran, tre quarti pensano che dovrebbe essere condotto anche contro il parere degli Usa.
(ANSA, 4 maggio 2009)
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Sondaggio: l'apertura di Obama all'Islam preoccupa gli israeliani
Tuttavia, il presidente Usa, piace al 60% degli intervistati
Un nuovo sondaggio d'opinione condotto in Israele rivela che una solida maggioranza degli ebrei israeliani sono preoccupati che le aperture del presidente americano, Barack Obama, verso il mondo musulmano e arabo possa avvenire a loro spese. Nell'indagine risulta anche che gli israeliani sono fortemente favorevoli al blocco del programma nucleare iraniano anche se Israele dovesse attaccare Teheran senza l'approvazione di Washington. Il 60% delle persone intervistate pensano che Israele soffrirà per le dichiarate intenzioni di Obama di riconciliazione con il mondo arabo e musulmano. Tuttavia, il 60% delle risposte vedono il presidente Usa, favorevolmente oppure molto favorevolmente. Il professor, Eytan Giboa, dell'Università di at Bar Ilan che ha diretto il sondaggio, ha detto che "Agli israeliani, Obama piace ma hanno anche delle riserve circa la sua politica e la sua abilità di trattare con il Medio Oriente".
(Virgilio Notizie, 4 maggio 2009)
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Michael Oren |
Israele conferma: Michael Oren ambasciatore Israele in Usa
Favorevole a un ritiro unilaterale di Israele dalla Cisgiordania
GERUSALEMME, 4 mag. - Michael Oren sarà il prossimo ambasciatore isreliano negli Stati uniti. La notizia, trapelata la settimana scorsa, è stata ufficialmente confermata questa mattina dall'ufficio del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Prenderà il posto di Salai Meridor. Nato nel 1955, Oren, che ha ottenuto un Ph.D. in studi Mediorientali alla Princeton University, ha recentemente difeso la politica di un ritiro unilaterale israeliano dalla Cisgiordania.
(Apcom, 4 maggio 2009)
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Papa, preghiamo per i palestinesi vittime di grandi sofferenze
CITTA' DEL VATICANO, 3 mag. - Alla vigilia del suo prossimo viaggio in Giordania e Israele che comincera' venerdi' prossimo, il Papa ha chiesto ai fedeli una speciale preghiera per il popolo palestinese che ''ha sopportato grandi privazioni e sofferenze''. Benedetto XVI ha rivolto il suo appello questa mattina nel corso della celebrazione del Regina Coeli che si e' svolto in Piazza San Pietro.
Rivolgendosi ai pellegrini di lingua inglese Ratzinger ha affermato: ''Questo venerdi' parto per il mio pellegrinaggio in Terra Santa, dove gli uomini e le donne per la prima volta hanno ascoltato la voce del buon pastore''.
''Io chiedo a tutti - ha aggiunto - di unirsi a me in preghiera per le popolazioni afflitte della regione. In modo speciale vi chiedo di ricordare il popolo palestinese che ha sopportato grandi privazioni e sofferenze''. ''Possa il Signore benedire loro e tutti coloro che vivono in Terra Santa con i doni dell'unita' e della pace'', ha continuato.
(Adnkronos, 4 maggio 2009)
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Una Chiesa per noi ebrei
Alla vigilia del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa il francescano israeliano David Jaeger auspica la creazione di «una diocesi capace di parlare con il nostro Stato e la nostra società nella nostra stessa lingua»
di Rodolfo Casadei
Una Chiesa cattolica israeliana così come esistono la Chiesa cattolica italiana, francese, tedesca, indiana, nigeriana, eccetera. Una diocesi per i cristiani di espressione ebraica che vivono in Israele. È questo l'auspicio più sentito di padre David Jaeger, sacerdote francescano, israeliano di famiglia ebraica, alla vigilia del viaggio in Terra Santa di Benedetto XVI. «La Chiesa cattolica ha una presenza specifica in ogni nazione, persino in Mongolia c'è una struttura locale di Chiesa propria per la Mongolia. L'unica nazione libera che io conosca dove non c'è una Chiesa cattolica della nazione e della sua lingua è Israele. Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II sono stati fatti passi in questa direzione, ora spero che il cammino verrà ripreso....
(Tempi.it, 4 maggio 2009)
COMMENTO - Essere cattolici non significa essere cristiani. Si spera che tutti, soprattutto gli ebrei israeliani, lo ricordino sempre.
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Ahmadinejad in Siria, vedra' Assad e i leader di Hamas
GERUSALEMME, 3 mag. - Mahmoud Ahmadinejad teme che le aperture di Barack Obama a Damasco, tese a rompere l'alleanza siro-iraniana, facciano breccia in Bashar el Assad. Per questo il presidente iraniano sara' martedi' a Damasco dove incontrera' oltre all'omologo siriano anche i leader di Hamas, Khaled Meshaal e della Jihad islamica, Ramadan Shalah. E' quanto riferisce il sito web del Jerusalem Post sottolineando che in settimana torneranno a Damasco due alti funzionari del dipartimento di Stato americano per continuare i colloqui con il regime siriano.
(AGI, 3 maggio 2009)
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L'ambasciatore israeliano a Berna rilancia le critiche
A causa della "politica iraniana" perseguita dalla Svizzera, le relazioni tra la Confederazione e Israele non sono mai state così pessime come ora. È quanto afferma l'ambasciatore dello Stato ebraico a Berna Ilan Elgar, in un'intervista pubblicata dal giornale domenicale "NZZ am Sonntag".
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L'ambasciatore Ilan Elgar |
Il diplomatico paragona addirittura l'approccio elvetico nei confronti dell'Iran con il cosiddetto "appeasement", ossia la politica adottata da Inghilterra e Francia negli anni Trenta per placare le mire espansionistiche di Hitler. Oggi come nel 1938 - quando la gli accordi di Monaco decretarono di fatto l'annessione della Cecoslovacchia allo Stato tedesco - non è possibile fare concessioni per calmare un regime pericoloso, sostiene l'ambasciatore israeliano.
Al centro delle critiche lanciate da Elgar figura l'incontro tra il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz e il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, avvenuto a Ginevra il 19 aprile a margine della conferenza dell'Onu contro il razzismo. A detta del diplomatico, questo incontro assomiglia molto alla politica di "appeasement" condotta nei confronti di Hitler. "Con persone come Hitler o Ahmadinejad non si ottiene niente con questi metodi", afferma Elgar.
Secondo l'ambasciatore, Israele non impedisce a nessun paese di avere contatti con l'Iran. "Nessuna persona importante degli Stati occidentali ha però incontrato Ahmadinejad, ad eccezione dei consiglieri federali svizzeri", rileva Elgar. A suo avviso, i contenuti dell'incontro tra Merz e Ahmadinejad non hanno nessuna importanza: conta molto di più il valore simbolico dell'incontro.
Dopo l'incontro tra il presidente della Confederazione e il presidente iraniano, Israele aveva richiamato in patria il proprio ambasciatore. È solo la seconda volta che un provvedimento di questo tipo viene adottato nei confronti di un paese europeo, ha ricordato Elgar. "Le relazioni tra Svizzera e Israele, purtroppo, non sono mai state così cattive", sostiene il diplomatico israeliano.
Le autorità svizzere avevano spiegato che l'incontro rientra nella politica dei "buoni uffici" condotti tradizionalmente dalla Svizzera per favorire il dialogo tra Washington e Teheran. Dal 1980 la Confederazione rappresenta infatti in Iran gli interessi diplomatici degli Stati uniti.
(swissinfo.ch, 3 maggio 2009)
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Israele-Libano; Netanyahu per il ritiro da un villaggio
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu (Likud) si accinge ad annunciare il ritiro da un villaggio conteso al confine con il Libano per lanciare un segnale distensivo sia agli Stati Uniti sia alle forze moderate che in Libano fanno riferimento al premier Fuad Siniora. La notizia, che compare sul quotidiano Haaretz, non ha per ora altra conferma.
Il villaggio in questione è quello di Rajar, che si estende in parte in territorio libanese e in parte nelle alture occupate del Golan, e quindi dal 1967 è sotto controllo militare israeliano. Netanyahu, afferma Haaretz, è disposto a consegnare il suo settore meridionale all'Unifil, la forza delle Nazioni Unite nel Libano Sud.
Una delle considerazioni dei dirigenti israeliani, secondo il giornale, è che un provvedimento del genere potrebbe aiutare la forze pragmatiche in Libano, nell'imminenza di decisive elezioni politiche.
Haaretz sottolinea d'altra parte che Netanyahu non ha in merito una libertà di decisione assoluta, anche perché gli abitanti del settore meridionale di Rajar potrebbero ricorrere in appello alla Corte Suprema di Gerusalemme per impedire il ritiro.
(swisscom, 3 maggio 2009)
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Nominato nuovo ambasciatore d'Israele a Washington
Si tratta del noto editorialista Oren
GERUSALEMME, 2 mag. - Michael Oren, americano di nascita e noto editorialista sul Medio Oriente, sarà il nuovo ambasciatore dello Stato di Israele a Washington. Lo ha anticipato una fonte governativa israeliana sotto anonimato perchè la notizia non è ancora ufficiale, sottolineando che la nomina di Oren è frutto di un accordo fra il Primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Gli editoriali di Oren sono apparsi sui principali quotidiani americani e sull'emittente televisiva Cbc. E' un membro dello Shalem Center, uno think tank di Gerusalemme considerato relativamente vicina ai "falchi" sul conflitto mediorientale.
(Apcom, 2 maggio 2009)
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Video del premier di Hamas, Haniyeh, alla conferenza dei palestinesi in Europa: ovazioni
Tutto il Palalido di Milano si è alzato in piedi esplodendo in un lungo applauso quando sul megaschermo è apparso il volto di Ismail Haniyeh, il premier del governo di Hamas nella Striscia di Gaza. Il videomessaggio è stato trasmesso durante la VII Conferenza a Milano dei palestinesi in Europa, centrata sul tema del Diritto al ritorno, che ha fatto arrivare centinaia di palestinesi da tutto il continente.
«Bisogna far fronte alla prepotenza dell'occupante», ha detto nel messaggio il numero uno del governo di Gaza, riferendosi allo Stato di Israele. Haniyeh ha poi ricordato l'attacco, tra dicembre e gennaio, alla Striscia che ha visto la «resistenza eroica» degli abitanti di Gaza e i «crimini dell'esercito israeliano per cui dovranno essere giudicati».
Parlando dell'Europa, invece, il leader di Hamas ha chiesto la fine «della politica dei 'due pesi e due misure' e di rispettare la vittoria democratica di Hamas che deve essere tolta dalla lista delle organizzazioni terroristiche». Infine, Haniyeh ha fatto riferimento «al dialogo con Al Fatah per trovare un'intesa per un governo di unità nazionale».
(ilsussidiario.net, 2 maggio 2009)
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"Sterminate gli Ebrei e avrete la pace!"
di Emanuel Baroz
Nella consueta predica del venerdì effettuata qualche settimana fa, questo Imam appartenente a Hamas ha invitato a sterminare gli ebrei, odiati secondo lui perfino da Maometto a causa della loro natura malefica. Il video è stato trasmesso dalla tv Al-Aqsa, che dipende direttamente da Hamas.
Tra tutte le frasi segnaliamo la seguente:
"Il tempo verrà, secondo la volontà di Allah, che tutte le loro proprietà saranno distrutte ed i loro bambini saranno sterminati, e nessun Ebreo o sionista rimarrà vivo sulla faccia di questa terra."
(FocusOnIsrael.org, 1 maggio 2009)
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Due razzi Qassam contro Israele
Nuovo lancio dalla Striscia di Gaza
Ancora due razzi Qassam sparati dalla Striscia di Gaza sono caduti stamattina nel sud di Israele, senza fare vittime o feriti. Lo riporta il sito web del Jerusalem Post. Se confermato, si tratta del secondo attacco con razzi Qassam da giovedì. Ieri l'aviazione israeliana ha effettuato un raid contro i tunnel scavati sotto il confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto, usati dai gruppi armati locali per il contrabbando di armi e altre merci.
(TGCOM.it, 2 maggio 2009)
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Italia-Israele - Lieberman a Roma lunedì dai 'migliori amici' Ue
Ministro degli esteri ultranazionalista da Berlusconi e Frattini
ROMA, 2 mag. - Sarà ricevuto anche dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal presidente della Camera Gianfranco Fini oltre che dal collega capo della diplomazia Franco Frattini, il nuovo ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman che lunedì inizia a Roma la sua prima missione europea dall'insediamento in aprile. Il suo recente e preventivo boicottaggio della conferenza internazionale sul razzismo ('Durban 2'), giudicata antisemita, è valso all'Italia il primato di "principale amico in Israele in Europa", come fanno notare fonti diplomatiche, che citano anche - sulla stessa linea - le nette prese di posizione degli esponenti del governo italiano contro Hamas e l'importante impegno nella stabilizzazione del sud del Libano con l'Unifil. Nella mattinata di lunedì, Lieberman (leader del partito di destra ultranazionalista Yisrael Beitenu) sarà impegnato in un evento simbolico con il sindaco della capitale Gianni Alemanno, poi vedrà Frattini alla Farnesina e il presidente Fini alla Camera. In agenda c'è anche un incontro con esponenti della comunità ebraica italiana. Il giorno dopo il capo della diplomazia israeliana ha in programma colloqui col leader del Partito democratico Dario Franceschini, con esponenti dell'Associazione parlamentare Italia-Israele e, infine, con Berlusconi a palazzo Chigi intorno alle 11.30. Da quando è in carica, Lieberman ha fatto molto parlare di sé: nel suo discorso di investitura al ministero degli Esteri ha esordito affossando il processo di pace rilanciato dall'amministrazione Bush ad Annapolis nel novembre 2007; successivamente ha definito "inaccettabile" e "pericoloso" il piano di pace arabo, e ha bocciato la Siria come partner affidabile per la pace, almeno fino a quando Damasco continuerà a ospitare gruppi terroristici come Hamas e la Jihad islamica. Ma in altre occasioni il 'falco' ha d'altronde dimostrato di avere anche una visione pragmatica, dichiarandosi pronto a seguire passo passo la Road map, il piano di pace formulato dal Quartetto dei mediatori per il Medio Oriente - Stati Uniti, Russia, Onu e Ue - che prevede la nascita di uno Stato palestinese indipendente al fianco di Israele, a condizione però che l'Autorità Palestinese si impegni concretamente a smantellare i gruppi terroristici e a riprendere il controllo della Striscia di Gaza. "Non ci sarà alcun 'Israbluff' con me", ha assicurato Lieberman. "Israele ha assunto degli obblighi con la Road map, e li onorerà, ma ci deve essere reciprocità". Roma sta cercando di valorizzare, con un atteggiamento di fiducia, il coté pragmatico e per questo precederà Parigi, Berlino e Praga nelle tappe del primo tour diplomatico del ministro, nel momento in cui sono in corso le 'policy review' di Washington e Gerusalemme due settimane prima della cruciale visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu negli Usa (18 maggio). L'Italia e l'Europa contano molto su un impegno diretto e attivo da parte dell'amministrazione Obama, oltre a insistere sulla necessità di un impulso per gli altri binari negoziali, come quello Israele-Siria. Per Lieberman è in ogni caso l'Iran il principale ostacolo per la pace in Medio Oriente, e per questo ha invitato i leader mondiali a smettere di parlare con slogan del tipo "terra in cambio di pace" oppure "soluzione dei due Stati", e di darsi invece da fare per bloccare il programma nucleare degli ayatollah. I vertici politici italiani gli ribadiranno che il governo prende "molto seriamente la minaccia iraniana" secondo le fonti. Si mette però l'accento sul fatto che "il problema iraniano e quello israele-palestinese debbano essere affrontati simultaneamente. Per cementare il sostegno a Israele e l'unità della comunità internazionale, compreso il mondo arabo moderato, di fronte al pericolo nucleare c'è - insomma - bisogno di risolvere quanto prima il problema palestinese". L'esecutivo di Netanyahu non si è finora espresso ufficialmente in favore della nascita di uno Stato palestinese indipendente come soluzione di pace. Sia il premier che lo stesso Lieberman hanno detto più volte che è necessario promuovere uno sviluppo economico dei territori palestinesi prima di poter dare vita a istituzioni politiche solide. Il ministro della Difesa Ehud Barak ha comunque garantito in una recente intervista ad Haaretz che alla fine Netanyahu accoglierà il principio dei due Stati. Su questo punto insisterà anche Frattini in occasione del suo faccia a faccia con Lieberman: ribadiremo che per l'Italia "la sicurezza di Israele non è negoziabile", ha detto nei giorni scorsi il ministro, ma sosterremo anche che è "nell'interesse di Israele chiarire la volontà di riprendere i negoziati" sulla base dell'obiettivo dei "due Stati indipendenti".
(Apcom, 2 maggio 2009)
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Il Consiglio di Zona 1 in collaborazione con l'Associazione Amici d'Isralele invita a
ISRAELE: 61 ANNI DI VITA
Open Day con ingresso libero
In occasione del
61o Anniversario della
fondazione dello Stato d'Israele
Con il patrocinio di:
Comunità Ebraica di Milano
Keren Hayesod
Federazione delle Associazioni Italia Israele
GIARDINI DELLA GUASTALLA
Milano, Domenica 3 Maggio 2009 dalle 11.30 alle 19
Stand giudaica, libri, cosmetica Ahava
Gastronomia israeliana
Musica e danze
Attività per bambini
11.30 Apertura
12.30 Saluto delle autorità
13.15 Degustazione prodotti tipici
14.00 Canzoni israeliane con Yevgenya Kimiagar e Manuel Buda
15.30 Danze con Hashomer Hazair
17.00 Lotteria 2 biglietti AR Israele
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In Israele coi cori razzisti non si scherza, ne sa qualcosa il Beitar...
I tifosi del club israeliano avevano rivolto cori poco carini rivolti ai tifosi arabi del Maccabi.
In Italia si è fatto un gran parlare dei cori, ritenuti di stampo razzista, rivolti all'attaccante dell'Inter Mario Balotelli dai tifosi della Juventus durante l'ultimo match giocato fra i due club all'Olimpico di Torino. La squalifica di un turno per lo stadio juventino inflitta in prima istanza è stata ieri sospesa, in attesa di un giudizio definitivo. Grande clamore ha suscitato la notizia anche in Israele, dove si è verificato un episodio simile, seppure con una sentenza decisamente diversa.
Il Beitar Gerusalemme è andato, infatti, sotto inchiesta della Disciplinare a causa dei cori dei propri tifosi durante il match col Maccabi Petah Tikva. In particolare, il direttore di gara aveva scritto a referto che i tifosi del Beitar avevano rivolto ai tifosi arabi del Maccabi un coro che diceva "Maometto è morto", cosa che avrebbe potuto scatenare il pandemonio.
La tifoseria del Beitar tra l'altro non è nuova ad episodi negativi che danneggiano la propria squadra, in questa stagione ad esempio il club di Gerusalemme ha iniziato la stagione con due punti di penalizzazione a causa di un'invasione di campo dei propri tifosi in una delle ultime gare dello scorso campionato.
Forse anche per questi precedenti la sentenza della Disciplinare non è stata tenera: il Beitar è stato penalizzato di 1 punto in classifica e dovrà disputare a porte chiuse la prossima gara.
Il Beitar è ora a sette punti di distanza dalla capolista Maccabi Haifa e, a cinque giornate dal termine, sembra difficile che possa conquistare il titolo per la terza volta consecutiva.
(Goal.com, 1 maggio 2009)
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Un presepe contro gli ebrei. Venezia prenda le distanze
Leggo sul "Gazzettino" con sconcerto, dolore e rabbia, di una mostra, supportata dal Centro Pace (!) del Comune di Venezia, nella quale campeggia un presepe che presenta la natività di Gesù in una Betlemme odierna, circondata dalle macerie di Gaza (?), assediata dai soldati israeliani, rinchiusa da un muro le cui porte, serrate all'imbrunire, la separano dal mondo, impenetrabile "persino" ai Re Magi, che attendono dagli israeliani un lasciapassare. Il messaggio è chiaro: gli israeliani - cattivi - ostacolano la natività del povero palestinese Gesù! Per giunta, monsignor Capovilla, esponente di una religione che fa dell'amore il suo messaggio principe, annuncia che questo presepe è veritiero, perché mostra "come si vive oggi in Palestina".
Al di là della semplice osservazione che non mi risulta sia compito della Chiesa rappresentare la versione di una delle due parti di un qualsivoglia conflitto, e men che meno tramite un simbolo religioso quale il presepe, tale realizzazione ingenera confusione ed odio gratuito verso una delle parti in causa.
1. Le macerie di Gaza non hanno niente a che fare con Betlemme: al di là della distanza geografica, Gaza è governata da Hamas, che usa i soldi degli aiuti umanitari non per sfamare la sua popolazione, ma per acquistare armi di contrabbando, con le quali martellare i civili israeliani; Betlemme è governata dall'Anp, che da anni cerca di ottenere il consenso dei palestinesi per proseguire il dialogo con Israele.
2. Betlemme non è assediata dagli israeliani.
3. Al di là del fatto che si fa finta di dimenticare che fino a pochi anni fa nella civilissima Italia un muro divideva in due la città di Gorizia, si fa finta di dimenticare anche che quel muro, che di fatto riconosce la sovranità palestinese sulla Cisgiordania, impedisce il proliferarsi di attentati kamikaze.
Pretendo ufficialmente che il Comune si dissoci dalla manifestazione e che il Patriarca ristabilisca il vero ruolo della Chiesa richiamando i sacerdoti al sincero amore per tutte le creature e soprattutto alla verità.
Enrica Orvieto
(Un'ebrea preoccupata)
(Il Gazzettino, 1 maggio 2009)
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Achille Lauro, libero il terrorista. Le figlie di Klinghoffer sdegnate
Protesta la famiglia dell'ebreo americano ucciso nell'85
di Guido Olimpio
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Abu Abbas, accusato di essere l'organizzatore del sequestro
della nave. E' sepolto a Damasco |
WASHINGTON - «Siamo indignate». E' stato questo il primo commento delle figlie di Leo Klinghoffer, il passeggero assassinato sulla Achille Lauro, alla liberazione del palestinese Al Youssef Al Molqi. «E' il terrorista responsabile della morte di nostro padre. Un'azione a sangue freddo. Eravamo furiose all'epoca per la breve pena detentiva alla quale era stato condannato e oggi siamo indignate nell'apprendere che ha lasciato il carcere per buona condotta », sono state le parole affidate ad un comunicato da Lisa e Ilsa Klinghoffer.
Non dovrebbe esserci una norma di buona condotta per un terrorista assassino », hanno aggiunto rafforzando il sentimento di rabbia davanti a quello che considerano uno sconto di pena ingiusto. La liberazione di Al Molqi - ma è pura coincidenza - è avvenuta lo stesso giorno della pubblicazione del rapporto del Dipartimento di Stato sul terrorismo internazionale.
Nel dossier il governo statunitense esprime il suo apprezzamento per l'approccio italiano alla lotta all'eversione. Nelle tre pagine dedicate al nostro paese, gli americani rilevano che l'Italia conduce «indagini e inchieste in modo aggressivo», smantellando cellule legate al terrore islamista e mantenendo una stretta collaborazione con i partner alleati. Una valutazione positiva che deriva dall'attenta strategia seguita da magistrature e forze di polizia nel contrastare la minaccia dei gruppi qaedisti. Il rilascio anticipato di Al Molqi non cambierà questo giudizio ma riaccenderà, probabilmente, delle polemiche. In ambienti statunitensi, in passato, si è guardato con una diffidenza alla linea assunta da diversi paesi europei, ritenuti troppo deboli o permissivi nei confronti di esponenti legati al terrorismo. Una crisi di fiducia nata proprio con la vicenda Lauro e poi alimentata da altri casi. L'Italia, la Francia, la Grecia, la Germania - tanto per citare alcuni paesi - all'epoca degli attacchi delle fazioni palestinesi in Occidente sono state accusate di non agire con la dovuta determinazione. Oppure di aver stabilito dei «patti con il diavolo». Ossia lasciavano fare e in cambio ottenevano di non essere colpiti.
Il quadro è però mutato dopo l'11 settembre. In seguito alla minaccia rappresentata dai seguaci di Bin Laden, la collaborazione tra Europa e Stati Uniti è cresciuta, si è agito per diverso tempo mantenendosi sulla stessa lunghezza d'onda. Un'unità di intenti che ha permesso agli americani di usare il territorio alleato per missioni segrete anti-terrore. A cominciare dalle controverse renditions, ossia il trasferimento di presunti estremisti verso paesi terzi a bordo di jet della Cia che hanno fatto scalo in molti stati dell'Europa occidentale. E in questo quadro non sono mancati casi clamorosi, come quello dell'imam egiziano Abu Omar sequestrato a Milano da un commando della Cia. Un intrigo che ha creato tensioni tra Italia e Stati Uniti.
(Corriere della Sera, 1 maggio 2009)
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Il capo del Mossad confermato fino al 2010
Il premier Benyamin Netanyahu ha prolungato per un altro anno, fino al termine del 2010, l'incarico di Meir Dagan alla guida del Mossad, il servizio di spionaggio israeliano. Lo ha reso noto la radio militare. Dagan comanda il Mossad dal 2002 e, secondo la emittente, si è distinto per una serie di successi operativi che scaturiscono da un netto rafforzamento del suo "braccio operativo". La decisione di Netanyahu, viene affermato, è legata alla necessità di evitare avvicendamenti ai vertici dei servizi segreti in un periodo critico in cui Israele moltiplica gli sforzi per contrastare i progetti nucleari iraniani. Da parte sua il Mossad pubblica oggi sulla stampa vistosi annunci in cui propone ai giovani israeliani incarichi particolarmente complessi. Fra le qualità necessarie sono menzionate "una facoltà mentale elastica e creativa, curiosità, maturità e rigore morale".
(L'Unione Sarda, 1 maggio 2009)
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Notizie archiviate
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