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Notizie marzo 2012

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Esce in Italia la prima antologia narrativa ebraica moderna

Scritto dal critico Gershon Shaked

ROMA - Esce per la prima volta in italiano una storia della letteratura ebraica moderna e contemporanea.
''Narrativa ebraica moderna, una letteratura nonostante tutto'' e' il titolo del libro scritto dal critico letterario Gershon Shaked e pubblicato dalla casa editrice ETS 'Edizioni Terra Santa' .
Sono ormai molti gli autori israeliani tradotti anche in Italia, da Grossman ad Amos Oz, a Yehoshua. Ma sinora mancava un'opera che li inserisse nel più ampio e articolato panorama della letteratura ebraica, con i suoi tremila anni di storia.
Il presente volume, sintesi di una monumentale opera in cinque tomi, colma una grande lacuna e permette di seguire più da vicino gli sviluppi più recenti (dalla fine del XIX secolo) della narrativa ebraica moderna e della grande sfida che ha rappresentato la rinascita della lingua ebraica.
Un'opera per appassionati e curiosi di letteratura.
Ma anche per chi vuol conoscere da un diverso punto di vista le vicende del popolo ebraico durante e dopo la seconda guerra mondiale.
Gershon Shaked (1929-2006), autore e critico letterario, è stato definito il "cartografo della letteratura ebraica" per la sua preziosa opera di recensione e analisi. Nato a Vienna, si trasferì in Palestina con la famiglia nel 1939 per fuggire alla persecuzione nazista, laureato in Letteratura ebraica, ne divenne docente prima all'Universita' di Gerusalemme, poi a Tel Aviv e infine all'ateneo Ben Gurion nel Negev.

(ANSAmed, 31 marzo 2012)

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Giornata della Terra: Hamas contro gli jihadisti filo Iran

Gaza. Battaglia sanguinosa evitata grazie all'intervento congiunto di israeliani, palestinesi e Hamas, allo scopo comune di isolare la milizia filo-iraniana Jihad Islami.

La battaglia è scoppiata a Bethlem, Gerusalemme, Gaza e altrove. La giornata per la Terra di venerdi 30 è stata particolarmente violenta nella Striscia di Gaza, dove è morto un palestinese che non si è fermato a un posto di blocco al confine di Erez (14 i feriti).
La battaglia è esplosa tra l'esercito israeliano e la milizia Jihad Islami, legata a doppio filo con l'Iran. C'è stata una discreta collaborazione tra israeliani e palestinesi, inclusa Hamas (che ha anch'essa paura delle bombe iraniane).
Non si capisce se la collaborazione è stata pianificata dalle due parti o è avvenuta sul campo, visto lo sforzo comune di bloccare sul nascere la violenza di Jihad Islami e far scendere la tensione di modo che da una manifestazione non si arrivasse a una vera battaglia.
Lancio di pietre e molotov anche a Gerusalemme e nei Territori, ma in generale la giornata da "un milione di dimostranti" è fallita e si è dimostrata un'operazione gestita da siriani e iraniani, che evidentemente non aveva possibilità di successo in una terra che resta sunnita e legata all'Arabia.
I vertici militari israeliani, pur avvertendo che l'allarme non è finito, si dichiarano "soddisfatti". Ieri è arrivata una dichiarazione del governo di Gerusalemme, secondo il quale il gas proveniente dai nuovi giacimenti scoperti tra la costa di Israele, Libano e Cipro, andrà in primo luogo a coprire le necessità dei palestinesi e dei giordani.

(La pulce di Voltaire, 31 marzo 2012)

Video

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L'articolo che segue è da leggere con molta attenzione. Sembrerebbe all’inizio che l’articolista Marco Cesario sia preoccupato per la situazione degli ebrei in Francia davanti al dilagare dell’antisemitismo nel paese. Sembrerebbe, ma non è così. Leggere per credere (il colore rosso nell'articolo è stato aggiunto).

Tolosa è solo l'ultima, gli ebrei in Francia hanno paura

«Non c'è avvenire per gli ebrei in Francia» ha detto un parlamentare israeliano dopo la strage di Tolosa. E anche Sharon disse che l'antisemitismo francese è uno dei peggiori e consigliò agli ebrei francesi di fuggire in Israele. Anni fa un sondaggio mostrò che uno su quattro voleva fare la valige e fuggire dalla patria dell'Illuminismo. E secondo diverse agenzie immobiliari israeliane il numero di acquisto di appartamenti da parte di ebrei francesi in Israele è in netto aumento.

di Marco Cesario

  
Eva Sandler
PARIGI - «Non c'è avvenire per gli ebrei in Francia». Un po' per lo stato di shock dovuto al massacro di Tolosa, un po' perché addormentata da una campagna presidenziale in cui mancano contenuti ed in cui si assiste ad una deriva islamofoba e liberticida, le parole pronunciate con disinvoltura da Yaakov Katz, membro della Knesset (il Parlamento israeliano) all'indomani della terribile strage della scuola Ozar Atorah non hanno prodotto in Francia la reazione che ci si aspettava. Anche Danny Danon, del partito Likud, ha potuto indisturbatamente rincarare la dose mentre riuniva d'urgenza il Comitato dell'Immigrazione e degli Affari della Diaspora (che egli stesso presiede): «Israele non permetterà che i pogrom che si sono svolti all'inizio del XX secolo ricomincino in Europa».
  Eppure non è la prima volta che in Israele si tuona contro la virulenza antisemita della Francia, una virulenza che, dall'affaire Dreyfus e dal famoso "J'accuse" di Zola in poi, si è sempre manifestata anche se spesso in maniera subdolamente latente. La mente ritorna al 18 Luglio del 2004 quando l'allora primo ministro israeliano Ariel Sharon, davanti ai membri di un'associazione di ebrei americani, definiva l'antisemitismo francese dei più selvaggi («wildest»). Sharon, senza peli sulla lingua, additava la responsabilità al fatto di vivere «in un paese dove il 10% della popolazione è musulmana ed il sentimento anti-israeliano è dunque forte». E chiudeva, nel clamore generale: «Se dovessi dare un consiglio ai miei fratelli ebrei di Francia? Ecco cosa consiglierei loro: immigrate in Israele». E giù le risposte piccate e sdegnate del governo francese e della comunità ebraica. Come si può dare un consiglio simile? In qualche modo significava ammettere la disfatta di una delle più illuminate democrazie europee e del suo sistema d'integrazione etnico-religiosa (all'epoca di Voltaire c'era un solo Dio, la Ragione, oggi c'è il laicismo di stato). La riposta sembra evidente oggi, dopo i fatti di Tolosa, ma all'epoca non lo era.
  Subito dopo il massacro alla scuola Ozar Atorah anche il Jerusalem Post, in un editoriale preoccupato e preoccupante, ha denunciato il fatto che dal 2000 in poi gli ebrei di Francia - la cui comunità, che conta oltre mezzo milione di persone, è la seconda più vasta al mondo dopo quella degli Usa - è esposta alla più violenta ondata antisemita dall'Olocausto. Parole che pesano come macigni. Per suffragare la sua tesi il JP cita addirittura un sondaggio condotto nel 2004 dall'Israel Project secondo il quale il 26% degli ebrei francesi starebbe seriamente pensando di emigrare in Israele. Nel 2002 un sondaggio simile del Fondo sociale ebreo unificato quantificava ad oltre 30mila il numero di ebrei pronti a effettuare l'aliya, il pellegrinaggio a Gerusalemme, però per restarci. Ma qual è la vera realtà delle cose?
  Dopo il periodo buio degli anni Ottanta, in cui la Francia era diventato il paese europeo più colpito da attentati terroristici a sfondo antisemita, le cose erano sembrate mettersi per il meglio negli anni '90. Poi, all'inizio degli anni 2000, con l'esplosione della seconda Intifada, un'ondata di attacchi antisemiti senza precedenti si è abbattuta sulla Francia. I dati, da questo punto di vista sono inoppugnabili. Nel 2002, il Consiglio Rappresentativo degli Ebrei di Francia (Crif) pubblicava per la prima volta il computo degli atti antisemiti su suolo francese. Ad esserne vittima, un ebreo su cinque. Anche il filosofo Alain Finkielkraut gettava olio sul fuoco: «Ci vuole coraggio per portare la kippà nel metrò di Parigi». Ma non aveva tutti i torti. In quell'anno Sébastien Guéry-Sellam, deejay di 22 anni, veniva assassinato da un maghrebino della Cité.
  Dopo questi fatti, nel 2003, l'Assemblea Nazionale francese ha approvato una legge che impone dure pene per i colpevoli di atti razzistici o prettamente antisemiti e, nel 2004, una norma per rafforzare la sicurezza attorno ad obbiettivi sensibili quali istituzioni religiose e culturali ebraiche e sinagoghe. In quell'anno Jean-Christophe Rufin, presidente dell'associazione Action contre la faim ed ex-vicepresidente di Medici senza frontiere, ha pubblicato un nuovo rapporto su base semestrale: 180 atti antisemiti, inclusa la violazione di tombe. Le leggi protettive servivano a poco, l'antisemitismo non calava. Nel 2006 è esploso il caso della "gang dei barbari" di Yussuf Fofana. Un gruppo di giovani arabi delle banlieue parigine rapiscono, torturano e massacrano un giovane ebreo francese di 23 anni, Ilan Halimi, che diventa il primo ebreo dalla fine della seconda guerra mondiale ad essere ucciso su suolo europeo solo perché ebreo.
  Qualche anno dopo la situazione precipita, se possibile, ulteriormente. L'esercito israeliano lancia l'operazione Piombo Fuso contro la Striscia di Gaza. In Francia l'Ufficio Nazionale di vigilanza contro l'antisemitismo (Bnvca), il Concistoro centrale di Francia e Sos Racisme condannano le diverse aggressioni antisemite che si moltiplicano sin dall'inizio dell'offensiva terrestre delle Tsahal, le forze di difesa israeliane. A Parigi vengono infranti i vetri di un appartamento dove si trovavano riuniti dei fedeli con la kippa, a Bordeaux due negozi kasher vengono distrutti, a Tolone un'auto incendiata viene lanciata a tutta velocità contro il portone di una sinagoga. Insomma atti degni di una guerra civile anche se diluiti nei mesi. Tutto ciò senza contare tutti quegli atti "invisibili" - perchè mescolati e diluiti nella quotidianità violenta delle periferie, una quotidianità fatta di un antisemitismo latente ma continuo - come le sassaiole contro giovani ebrei che escono di scuola, gli sputi, gli insulti, le minacce, le aggressioni di bande contro individui e le scritte razziste sui muri delle case e delle scuole.
  Gli autori? Quasi sempre giovani d'origine maghrebina provenienti dalle banlieue, giovani francesi di seconda o terza generazione il cui malcontento è ben raccolto e aizzato da rampanti mullah locali (e da gruppuscoli di salafisti quali Forsane Alizza, poi sciolto da Claude Guéant, il ministro dell'Interno) che riescono così a dirigere la violenza repressa coltro un nemico totale, quasi assoluto: Israele. E l'equazione ebreo-Israele è immediata. «L'intifada delle periferie», l'aveva chiamata all'epoca il controverso filosofo islamico Tariq Ramadan. Nel 2004 un collettivo di professori pubblicava un libro terrificante intitolato "I Territori perduti della Repubblica" che nasceva dallo sgomento di alcuni docenti di fronte alle reazioni del loro allievi musulmani quando in classe si parlava della Shoah. Testimonianze agghiaccianti in cui si affermava, tra l'altro, che «Hitler, sarebbe stato un buon musulmano».
  Insomma l'antisemitismo in Francia si è nutrito di sentimenti profondemente anti-israeliani, odio religioso mescolato ad un malessere sociale profondo al quale la Francia non ha saputo dare una risposta (una riprova ne sono state le rivolte nelle banlieue). Nel 2009 l'impennata: 1129 casi di antisemitismo in un solo anno. Un bollettino di guerra. Nel 2010 gli atti antisemiti diminuiscono sensibilmente, ma un ebreo di 42 anni viene pugnalato da due musulmani in una via di Strasburgo. Nel 2011 l'antisemitismo in Francia cala ancora (-16,5% rispetto al 2010), toccando il tasso più basso degli ultimi dieci anni. Insomma, prima del massacro alla scuola Ozar Atorah, le cose sembravano migliorare.
  Parallelamente però, negli anni di buio antisemitismo si assiste ad un fenomeno parallelo ed altrettanto inquietante: l'esodo degli ebrei francesi verso Israele. Un fenomeno costante dall'inizio degli anni Duemila fino ad oggi, con una media di circa 2mila 500 ebrei francesi all'anno. Il picco nel 2005 (3mila persone), il più basso nel 2009 (1.909). Non solo. Secondo diverse agenzie immobiliari israeliane il numero di acquisto di appartamenti da parte di ebrei francesi in Israele è in netto aumento. Oltre il 50% degli appartamenti nuovi recentemente acquistati nelle città costiere d'Israele sono stati acquistati da ebrei francesi. Alcuni appartamenti vengono acquistati e rimangono vuoti in attesa dell'arrivo dei proprietari dalla Francia, segno che ci si prepara con accuratezza e per tempo all'esodo con diversi sopralluoghi. Le mete più ambite Gerusalemme, Ashdod, Netanya, Eilat e Tel Aviv. Il fenomeno è talmente diffuso da aver provocato un aumento vertiginoso dei prezzi degli immobili. Nuovo interesse anche per città più piccole come Rishon, LeTzion, Rehovot, Lod, Hedera e Naharya dove le comuntà sono piccole e l'integrazione è più facile rispetto alle grandi città. Di fronte ad un esodo di tale portata, l'Agenzia ebraica ha deciso di potenziare le sue strutture aprendo uffici a Lione, Parigi e Nizza. Ma, mentre ai più ricchi si propongono le grandi città o le citta costiere, ad altri meno abbienti vengono offerti appartamenti addirittura nelle colonie dove gli affitti sono più bassi (in media 150 euro al mese per un appartemento di circa 80 mq). Sorge un dubbio. Che l'antisemitsmo in Francia sia sapientemente sfruttato da Israele per popolare le colonie nei Territori Occupati? 
  A fugarlo ci pensa Cécilia Gabizon, giornalista a Le Figaro, che con Johan Weisz ha pubblicato un libro dal titolo provocatorio: "Opa sugli ebrei di Francia". Un'inchiesta fatta nel cuore della comunità ebraica, nelle associazioni e presso gli intellettuali che svela l'esistenza d'una operazione degna dei periodi più bui della guerra fredda. Agli inizi del 2004 l'Agenzia ebraica viene riattivata. L'antisemitismo è in netta ascesa soprattutto in Francia che sembra la più colpita. L'Agenzia ebraica pianifica ed organizza la partenza di circa 30mila ebrei tra cui quelli della comunità di Sarcelles, particolarmente esposta al fuoco dell'antisemtismo di banlieue. Nome in codice dell'operazione: "Innanzitutto Sarcelles". Delegati israeliani entrano nelle "cités", facendo il porta a porta e predicando il ritorno alle origini, il ritorno in Israele.
  Contemporaneamente su quotidiani, alla radio ed alla televisione cominciano a fioccare discorsi da parte d'intellettuali ebrei che fustigano una Francia troppo antisemita e pro-araba. Si agita addirittura lo spettro di un'islamizzazione del paese di Voltaire e Rousseau. Tutto questo fa il gioco dell'Agenzia Ebraica che ha in mente un solo obbiettivo: l'immigrazione continua dall'Europa senza la quale lo stato ebraico non può rimanere a maggioranza ebraica e dunque non può sopravvivere. Una nuova offensiva parte nel 2005. Sionismo e tecniche di marketing s'alleano in un connubio inquietante. Spuntano personaggi oscuri come Pierre Besnainou, giovane miliardario della net-economy eletto presidente del Congresso ebraico europeo. Alla fine gli ebrei francesi diventano tutti potenziali clienti che occorre sedurre e convincere a trasferirsi in Israele. Alla luce di questa incredibile inchiesta è lecito porsi una domanda: le parole che Sharon pronunciò nel lontano 2004 erano realmente dettate dalla preoccupazione per la recrudescenza d'antisemitismo in Francia?

(LINKIESTA, 31 marzo 2012)


Capito la morale dell’articolo? Tutto questo parlare di antisemitismo in Francia serve a Israele per far venire immigrati che vadano a popolare i “Territori occupati”. Sono i palestinesi di Cisgiordania ad essere le vere vittime, non gli ebrei di Francia! E lo scandalo non è l’antisemitismo degli antisemiti francesi, musulmani e no, ma il gran parlare di antisemitismo che fanno gli ebrei israeliani per raggiungere i loro obiettivi. Naturalmente loschi, come sempre! M.C.

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"Gli ebrei nel Tirolo": conferenza stampa il 3 aprile

BOLZANO - Si svolgerà martedì 3 aprile, alle ore 16,00, la conferenza stampa indetta dal presidente della Provincia, Luis Durnwalder, nel corso della quale saranno presentate le numerose iniziative previste nei prossimi mesi in Alto Adige sul tema "Gli ebrei in Tirolo".
Avrà luogo martedì 3 aprile, alle ore 16,00, nella sala stampa di Palazzo Widmann, in via Crispi,3 a Bolzano, la conferenza stampa indetta dal presidente della Giunta provinciale, Luis Durnwalder, nel corso della quale saranno presentate le numerose iniziative previste nei prossimi mesi in Alto Adige sul tema "Gli ebrei in Tirolo".
Tra le altre iniziative saranno presentate, ad esempio, le due mostre che saranno allestite a Castel Tirolo nel prossimo mese di luglio e la mostra "Simone e Sarah" che sarà inaugurata il 3 maggio a Castel Roncolo.
Saranno presenti alla conferenza stampa, oltre al presidente Lusi Durnwalder, Federico Steinhaus ed Elisabetta Rossi della Comunità ebraica di Merano, Gerhard Milchram del Museo Ebraico di Vienna, il direttore delle settimane musicali meranesi, Andreas Cappello, ed il direttore del Touriseum, Paul Rösch.

(Provincia Autonoma di Bolzano-Alto Adige. 30 marzo 2012)

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Tolosa - Amore e speranza contro l'orrore

Già pubblicata su l'Unione informa negli scorsi giorni, la lettera inviata da Eva Sandler, vedova del rabbino Jonathan Sandler, dopo i funerali delle vittime dell'agguato mortale alla scuola ebraica Ozar Hatorah di Tolosa, approda oggi anche sulle pagine del Corriere della sera.
L'iniziativa è del Movimento Culturale Studenti Ebrei, che ha voluto divulgare questa straordinaria testimonianza di dolore, coraggio e umanità, acquistando uno spazio a pagamento sulle colonne di uno dei più autorevoli quotidiani italiani.
"Oggi - spiega il presidente Daniel Funaro - chi sfoglierà le pagine del Corriere, tra tante notizie di cronaca, avrà l'occasione di soffermarsi un minuto in riflessione e capire come la risposta ebraica di fronte all'ennesima violenza sia raccolta in una lezione di amore e di speranza, un messaggio di cui siamo orgogliosi e che volevamo condividere con tutta la società civile". L'auspicio di Daniel è adesso quello di incontrare l'adesione all'iniziativa del mondo politico e delle forze sociali così da poter inviare i vari messaggi raccolti da più voci e più movimenti alla vedova Sandler.

(Notiziario Ucei, 30 marzo 2012)

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Luzzatto, fermo orgoglio di appartenere alla tradizione ebraica

Amos Luzzatto
VENEZIA, 30 mar. - "La vita pubblica italiana ha assistito nelle ultime settimane a una ricomparsa di manifestazioni - in parte solo verbali, ma in parte anche violente - di razzismo e antisemitismo; ritengo che siamo in presenza tanto di atteggiamenti personali quanto di possibili organizzazioni che tengono ad aumentare la tensione e la avversione per gruppi di minoranza, come gli ebrei ma non solo, creando non solo la falsa indicazione di una ossessiva ricerca di capri espiatori per le situazioni di crisi che ci colpiscono, ma piuttosto una tensione crescente che possa costituire in un futuro piu' o meno vicino la cornice nella quale favorire irresponsabili azioni discriminatorie o anche solamente minacciose''.Lo sottolinea, in una nota, il presidente della Comunita' Ebraica di Venezia, Amos Luzzatto in riferimento alle recenti manifestazioni razziste e antisemite
''Reagire a questa situazione e' necessario, opportuno, di stretta attualita' o e' preferibile astenersi dal fornire una cassa di risonanza a questi fenomeni? Questa domanda va rivolta al tempo stesso a ebrei e a non ebrei, ai singoli individui come alle strutture della societa', alle sue istituzioni, alle sue associazioni - sottolinea Luzzatto - L'esperienza del passato ci insegna che non si ottiene mai alcuna prevenzione astenendosi da assumere posizioni chiare. Indubbiamente anche l'inverso non e' una garanzia e tuttavia bisogna ricordare che se e' vero che durante la seconda guerra mondiale gli ebrei, gli zingari e altre minoranze hanno pagato un debito di sangue fuori dal comune, e' anche vero che non sono stati gli unici ad essere colpiti dalla furia nazifascista''.

(Adnkronos, 30 marzo 2012)

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All'insegna di Bassani la prossima Festa del libro ebraico

Uscito il ricco programma di eventi dal 28 aprile all'1 maggio Filo conduttore il romanzo "Il Giardino dei Finzi Contini"

FERRARA - Sono trascorsi cinquant'anni dalla pubblicazione de Il Giardino dei Finzi Contini", il romanzo di Giorgio Bassani diventato uno dei caposaldi della letteratura italiana del Novecento. Anniversario importante, che seguirà di pari passo la nuova edizione della Festa del libro ebraico in Italia, che si aprirà sabato 28 aprile nella nostra città. La manifestazione fino all'1 maggio proporrà un fitto calendario di incontri, mostre e appuntamenti artistici, oltre ovviamente a tantissimi libri a tema ebraico.
In attesa della presentazione alla stampa, è già stato diramato il programma che prevede il 28 alle 21.30 "E fu sera... E fu mattina", la Notte bianca che tanto successo ha riscosso lo scorso anno. In programma l'inaugurazione, al Chiostro di San Paolo, della mostra fotografica "Tracce del tempo" a cura di Norme Picciotto.
Domenica 29, alle 11.30, al Meis-Museo dell'ebraismo italiano e della Shoah si apre la mostra "Che bel romanzo", promossa dalla Fondazione Meis in collaborazione col Cdec e l'Istituto di Storia contemporanea di Ferrara e curata da Raffaella Mortara. L'esposizione, visitabile fino al 17 giugno, celebra i 50 anni della pubblicazione del "Giardino dei Finzi Contini" attraverso un mosaico di immagini e parole tratte dalle recensioni uscite allora sulla stampa e dalle interviste televisive a Bassani. Ricco di appuntamenti il pomeriggio con dibattito su questioni ebraiche aperto a grandi firme del giornalismo italiano. In serata concerto di Die Goldene Pave e, in memoria di Primo Levi, si proietta il film di Francesco Rosi "La tregua" (1997).
Anche la giornata di lunedì 30 è piena di appuntamenti, spicca nel pomeriggio la storia della propria vita raccontata da Shel Shapiro ed in serata l'incontro con tanti autori di libri dedicati all'ebraismo.
Infine, martedì 1 maggio nuova giornata suddivisa tra Ridotto del teatro e Chiostro di San Paolo e gli ultimi incontri con popolari scrittori.

(la Nuova Ferrara, 30 marzo 2012)

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L'esercito di Israele chiude la Cisgiordania per proteste

I militari hanno bloccato l'accesso alla Cisgiordiania per le proteste in occasione del giorno della Terra, contro la politica territoriale dello Stato ebraico e la colonizzazione, giudicate discriminatorie.

GERUSALEMME - L'esercito israeliano ha bloccato l'accesso alla Cisgiordania in vista delle manifestazioni arabe previste per oggi nell'ambito delle celebrazioni della cosiddetta 'Giornata della terra', protesta annuale contro la politica territoriale dello Stato ebraico e la colonizzazione, giudicate discriminatorie. La chiusura significa che i palestinesi che abitano in Cisgiordania non possono entrare in Israele, salvo che per motivi umanitari. Migliaia di soldati e poliziotti sono stati dispiegati per rispondere a eventuali violenze. La chiusura della Cisgiordania, ha fatto sapere l'esercito, è stata decisa "in conformità alle valutazioni della situazione di sicurezza". Proteste di solidarietà con i palestinesi sono previste anche nei vicini Paesi arabi. L'anno scorso durante le manifestazioni sono scoppiati disordini e sono morte alcune persone.

(tg1online, 30 marzo 2012)

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Chi vuole la fine di Israele?

di David Harris *

Highslide JS
Ci risiamo. Prima, fu la variegata "Flottiglia della Libertà" che tentò di entrare via mare nella Gaza controllata da Hamas. Ora c'è la "Marcia Mondiale su Gerusalemme" (GMJ), prevista per oggi. O per mare, o per terra, gli obiettivi sono gli stessi: provocare scontri con Israele, dare una cattiva reputazione a Israele nel mondo mediatico e perseguire una strategia per delegittimare il diritto stesso di esistere di Israele. Per chiunque voglia andare a fondo e capire il loro linguaggio e simbolismo, gli organizzatori della GMJ sono abbastanza trasparenti circa le loro prospettive e i loro obiettivi.
  Quando parlano nel loro manifesto di liberare la "Palestina", non intendono solo la Cisgiordania e Gaza, ma Israele stesso. Quando mostrano il loro logo, Israele è davvero circondato e avvolto dal movimento. Quando parlano di «difesa di Gerusalemme e la sua liberazione», intendono l'intera città, che sia stata parte di Israele prima del 1967 o meno. Quando parlano di «territori occupati» non intendono quelli successivamente alla guerra del 1967, quando Israele fu minacciata di essere annientata e ne uscì vittoriosa, ma dal 1948, quando Israele fu istituita.
  Quando parlano di «tutela dei luoghi sacri», intendono i luoghi sacri musulmani, non quelli ebrei, perché non riconoscono affatto il millenario collegamento della città con il popolo ebraico. Per quanto riguarda i siti cristiani, io non ci scommetterei, a prescindere dalla retorica. Quando affermano che Israele cerca di «distruggere la presenza cristiana e musulmana» in Gerusalemme, stanno cercando di capovolgere la verità, perché mai come oggi tutti i siti religiosi sono protetti.
  Quando richiamano il termine «pulizia etnica» per descrivere la «campagna sionistica» in «Gerusalemme e nel resto della Palestina», ignorano in modo palese le cifre demografiche, che mostrano forti aumenti della popolazione araba sin dal 1967 in Gerusalemme, nella Cisgiordania e in quello che loro chiamano «il resto della Palestina».
  Quando parlano di "apartheid" stanno evocando una situazione che non esiste, come chiunque capisca il significato specifico del termine coniato nel Sud Africa governato dai bianchi, compreso addirittura il giudice Richard Goldstone nel suo editoriale del New York Times, prontamente afferra. E quando parlano dei «diritti non negoziabili e inalienabili del popolo palestinese, comprese le loro famiglie, per ritornare nelle loro case e nelle loro terre...», intendono inondare Israele con milioni di Palestinesi e quattro generazioni di figliolanza, semplicemente ponendo fine ad Israele come stato.
  Basta guardare alcuni di coloro che approvano la GMJ. Ricordate il Reverendo Jeremiah Wright?
Lo stesso Jeremiah Wright che inveisce contro l'America, disprezza Israele e sembra non avere molte cose buone da dire sugli ebrei. Egli è membro del Comitato Consultivo del GMJ (la Marcia Globale su Gerusalemme). Così come George Galloway. Si, lo stesso George Galloway che fu espulso dal Partito Laburista britannico, che aveva legami piuttosto stretti con l'Iraq di Saddam Hussein ed è considerato un amico da alcuni "pacifici" gruppi come Hezbollah ed Hamas.
  C'è Hilarion Capucci della Chiesa Greco-Melchita, che è stato arrestato nel 1974 per contrabbando di armi per l'Esercito della Liberazione della Palestina e condannato da Israele a 12 anni di carcere. C'è Greta Duisenberg, la donna olandese che notoriamente disse in televisione, nel 2005, che «capiva» gli attentatori suicidi palestinesi, responsabili per l'uccisione di tanti israeliani.
  C'è Judith Butler, un membro della facoltà di Berkeley e dichiarata anti-sionista. Lei respinge l'idea stessa di Israele, credendo invece in un lieto fine di stato "binazionale", e sostiene il movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) contro Israele. E c'è Richard Falk, un relatore ufficiale delle Nazioni Unite, meglio conosciuto per la sua affermazione che l'11 Settembre è da considerare un affare interno americano. Le sue opinioni circa Israele, sulle quali c'è molto materiale cartaceo, non sono più convincenti.
  La lista continua, ma il punto ormai dovrebbe essere chiaro circa la mentalità del GMJ. Per coloro che veramente ci credono e che sono promotori di questa iniziativa, a cui si sono uniti alcuni ingenui seguaci che non si rendono conto di essere solo manipolati, il punto centrale non è la pace, ne la coesistenza e nemmeno i diritti umani. Dopo tutto se la promozione della pace, della convivenza e dei diritti umani fossero veramente l'obiettivo, avrebbero potuto, tanto per cominciare, prendere in considerazione alcune altre marce in quella zona.
  Per esempio c'è una "carovana" proveniente dall'Asia che sta andando al GMJ. Stanno viaggiando via terra, attraverso l'Iran dove, secondo il sito, i 120 partecipanti stanno incontrando «importanti personalità iraniane». Una delegazione iraniana di «artisti, poeti, studenti e attivisti, così come alcuni membri del Parlamento, si uniranno successivamente alla carovana». Ecco, questo è interessante. Non una parola, per esempio, sul come affrontare il problema dei diritti umani in Iran, sebbene la Nazione soffra parecchio della loro mancanza.
  Inoltre, se gli iraniani si stanno aggiungendo alla" carovana", che cosa vuol dire il coinvolgimento di Teheran nella GMJ? Dopo tutto, in un paese strettamente controllato come l'Iran, carovane politicamente motivate non arrivano, non si incontrano e non partono per puro caso. Né i gruppi locali si uniscono spontaneamente alle file senza il via libera da parte della leadership politica - una leadership che cerca un mondo senza Israele. Quindi nelle spirito della verità nella pubblicità, la GMJ dovrebbe semplificare quanto dichiarato come propria missione riducendolo a: «Con le buone o con le cattive, noi siamo un movimento creato per smantellare Israele. Non abbiamo alcun interesse in un accordo bilaterale tra Israeliani e Palestinesi. Accogliamo assolutamente chiunque condivida il nostro unico obiettivo. Non ce ne importa nulla di ciò che accade in qualsiasi altro paese della regione, siano essi assassini di stato sponsorizzati, repressioni, torture, persecuzioni religiose o discriminazioni sessuali. Dopo tutto, se non si tratta di Israele, non ci riguarda».


* direttore esecutivo
  American Jewish Committee

(l'Opinione, 30 marzo 2012 - trad. Carmine Monaco)

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Francia, blitz contro militanti islamici in diverse città

PARIGI - Le forze speciali della polizia francese hanno arrestato 19 persone e sequestrato armi oggi all'alba in un'operazione contro presunti militanti islamici in diverse città tra cui Tolosa, dove questo mese un 23enne di origine algerina ha ucciso tre bambini e un rabbino in una scuola ebraica e tre soldati.
Il presidente Nicolas Sarkozy, in corsa per la rielezione, ha detto che ci saranno altri raid.
"Ci saranno altre operazioni, che ci consentiranno di espellere un numero di persone che non hanno niente a che fare con il paese", ha detto in una intervista alla radio Europe 1.
Una fonte della polizia ha detto che gli arresti sono stati effettuati a Tolosa, nel sudovest, a Nantes e Le Mans, nell'ovest, nel sudest della Francia e nella regione di Parigi.
Secondo la fonte, però, i raid realizzati dalla forze speciali non sono direttamente legati alla strage messa a segno da Mohamed Merah, francese di origine algerine, il cui fratello Abdelkader è sotto inchiesta.

(Reuters, 30 marzo 2012)

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Israele: il Technion compie 100 anni, ma non li dimostra

Nell'Istituto di tecnologia inventate wi-fi e la pillola-telecamera

Highslide JS
Il Technion di Haifa
ROMA, 30 mar - Forgia gli ingegni migliori d'Israele e sforna premi Nobel: il Technion compie cento anni, ma non li dimostra. La prima pietra del prestigioso Istituto israeliano della Tecnologia fu posta l'11 aprile 1912, vale a dire 36 anni prima della fondazione d'Israele. A Haifa, non a Gerusalemme, scartata a causa del suo carattere spiccatamente religioso. Sono nate qui alcune delle invenzioni che hanno rivoluzionato il mondo: dalla wi-fi alla pillola-telecamera intestinale utilizzata in medicina; dal Re-walk (esoscheletro meccanico che permette di camminare a chi ha gli arti inferiori paralizzati) alle tecnologie di desalinizzazione.
Per le porte dell'istituto sono passati nel corso di questo secolo diversi premi Nobel. L'ultimo a ricevere il riconoscimento dall'Accademia di Oslo è stato nel 2011 Daniel Shechtman, docente al Technion di scienza dei materiali. Ma il nome che spicca su tutti è quello di Albert Einstein.
- Albert Einstein, primo presidente della Technion Society.
  Fu proprio il fisico ebreo tedesco a dichiarare: "Israele può vincere la battaglia della sopravvivenza solo scommettendo sull'innovazione tecnologica". Era il 1923, ed Einstein stava viaggiando nell'allora Palestina: con il tempo, le sue parole si rivelarono profetiche. Nel corso dei decenni, Israele ha fatto dell'eccellenza dei suoi centri di ricerca un valore rinomato e uno dei motori fondamentali della sua crescita economica, capace di attrarre investimenti stranieri. E il fiore all'occhiello di questa "Start-up Nation" è appunto il Technion, battezzato inizialmente Technikum. Attualmente, il Technion conta circa 13mila studenti, un terzo donne. In tutto, finora si sono diplomati qui in 93mila: tra di essi, vi è il 70% degli ingegneri del Paese, soprannominato "la Silicon Valley del Mediterraneo", e l'80% dei dirigenti delle compagnie israeliane quotate nel Nasdaq, il listino dei titoli tecnologici.

(ANSAmed, 30 marzo 2012)

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Gaza, la crisi energetica spegne gli ospedali

Decine di tassisti arrestati per alcune "voci" diffuse sulla peggiore crisi energetica degli ultimi anni. A Gaza tutto si ferma, tranne lo Shifa Hospital, che ora dipende solo dal sole.

Lo scorso martedì, a Gaza, la polizia di Hamas, ha arrestato alcune decine di tassisti con l'accusa di diffondere "voci" tendenziose rispetto alla crisi energetica in corso, la peggiore degli ultimi anni.
Gli arresti, che sono iniziati prima dello scorso weekend, indicano che il movimento islamico è sempre più preoccupato per la ricaduta politica legata alla mancanza di carburante ed elettricità.
Le autorità non hanno ancora motivato le accuse contro i tassisti, salvo ribadire che hanno a che fare con la crisi energetica. Certo è che anche tra la popolazione di Gaza si va diffondendo la convinzione che Hamas stia requisendo le scorte di carburante per il suo governo e i suoi collaboratori, nonostante le smentite.
All'origine di questa crisi che dura ormai da due mesi, la mancanza di un accordo tra Hamas e il confinante Egitto sulla consegna e il pagamento del carburante contrabbandato attraverso i tunnel e che rappresenta la maggiore fonte di energia di Gaza, insieme all'unica centrale elettrica della Striscia che provvede al 60% del fabbisogno.
Adesso Hamas vorrebbe indurre l'Egitto a creare una rotta commerciale ufficiale e riconosciuta.
Dal canto suo, l'Egitto teme invece che un tale accordo potrebbe essere interpretato come un modo per assolvere dalle sue responsabilità Israele, che da anni occupa Gaza. Nonostante il ritiro del 2005, Tel Aviv continua infatti a controllare tutti gli accessi via aria, terra e mare.
Inoltre le autorità del Cairo si rifiutano di far passare alcune merci attraverso il territorio israeliano e insistono nel voler vendere il carburante a prezzi di mercato, tanto che Hamas sta cercando delle sovvenzioni per poter acquistare il carburante da altri paesi arabi.
Al momento la situazione è ancora in stallo, e la centrale elettrica di Gaza resta inattiva dal 10 febbraio, con blackout di 18 ore al giorno. Il ministero della Sanità ha annunciato che le scorte di carburante per i generatori degli ospedali dureranno solo fino a giovedì (ndr ieri).
L'orario di lavoro negli ambulatori è stato ridotto, il 60% delle ambulanze sono ferme e gli interventi di chirurgia non urgenti sono stati rimandati.
I pazienti in terapia intensiva in cura allo Shifa Hospital, la più grande struttura ospedaliera della Striscia, hanno meno ragioni di preoccuparsi. I funzionari dell'ospedale hanno dichiarato che circa un mese fa, un'associazione italiana ha donato dei pannelli solari che provvedono a generare corrente elettrica per 5 posti letto su 15.


Da un articolo di Hareetz del 26 marzo 2012.

(Osservatorio Iraq, 30 marzo 2012 - trad. Marta Paganelli)

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Israele: bloccate 90 scimmie da sperimentare

Il video dalla cattura alla destinazione finale

Bloccata in Israele la spedizione di 90 macachi coda lunga diretti negli USA presso i laboratori dello Shin Nippon Biomedical Laboratories, quelli della presunta scimmietta finita con tutta la gabbia nella macchina di lavaggio ad acqua bollente (vedi articolo GeaPress). L'Alta Corte di Giustizia dello Stato di Israele ha emesso martedì scorso un provvedimento cautelare che sospende la spedizione, chiedendo al Procuratore Generale un parere legale sull'intricata questione legale che ha ora portato al provvedimento in questione.
Sulla vicenda ha avuto un peso considerevole l'Associazione Ten Lehayot Lihiyot, la quale ha sollevato alcune eccezioni alla legge che regolamenta il settore. In particolare il prelievo in natura di settanta delle novanta scimmiette, oltre al fatto che presso il luogo di destinazione non sarebbero compiuti esperimenti utili alla salute umana. Fatto questo che in Israele deve evidentemente costituire una pregiudiziale.
Le scimmiette sono allevate presso la Mazor Farm, aperta nel 1991 nel centro del paese. Circa 1000 scimmie, inviate soprattutto negli Stati Uniti e Regno Unito. I fondatori sono tre israeliani ed un australiano, quest'ultimo co-fondatore di Bioculture Mauritius, grande esportatore di scimmie da sperimentare. Nel video è possibile vedere l'intera trafila alla quale sono sottoposte le scimmiette. Dai luoghi di prelievo fino all'arrivo nei luoghi di destinazione.

Video

(GeaPress, 29 marzo 2012)

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Come muoversi sui mercati per anticipare l'attacco in Iran

NEW YORK - Ormai non e' piu' una questione di se, ma di quando. L'attacco di Israele e Stati Uniti all'Iran pare ormai inevitabile, anche a giudicare dalle ultime mosse strategiche militari dei due paesi.
Le ultime notizie fanno tutte propendere per un attacco ai siti nucleari della Repubblica Islamica gia' da quest'anno. L'Azerbajan ha garantito a Israele l'accesso alle sue basi aerospaziali. Intanto venerdi' il consiglio di sicurezza del Knesset, il parlamento israeliano, ha votato a maggioranza a favore di un'eventuale operazione in Iran "quando sara' necessario".
Avendo risposto alla domanda "se" un raid si materializzera', rimane solo da vedere "quando". Secondo analisti e politilogi l'operazione militare si terra' tra il secondo trimestre del 2012 e la fine dell'anno.
Da una ricerca di Rapidan Group emerge che ci siano solo 10 giorni di Luna Nuova rimasti nell'anno in corso. Eliminando dal calendario lunare i mesi a rischio tempeste di sabbia - aprile, luglio e settembre - rimangono sette periodi in cui l'esercito israeliano potrebbe realisticamente lanciare un raid.
Il tutto mentre la portaerei CVN 65, che si muove a passo di lumaca, e' giunta all'altezza dello Stretto di Gibilterra. Prima che si possa tenere un attacco di questo tipo e' necessaria la presenza di tre portaerei nelle vicinanze, si puo' scartare anche la finestra ipotetica del 17-27 marzo.
Restano dunque sei possibilita'. Il consiglio di investimento e' quello di acquistare le opzioni call OTM sui futures sul greggio scambiati al Brent londinese nei giorni precedenti l'inizio delle date possibili rimanenti. Un qualsiasi attacco a "sorpresa" avra' infatti un impatto mostruoso su tutti gli asset energetici a combustione. Nonche' sugli equilibri mondiali, destabilizzando tutti i mercati.
Il vero catalizzatore da tenere d'occhio sara' l'arrivo della portaerei USS Enterprise in quello che sara' l'ultimo luogo di ancoraggio - in prossimita' del Mare Arabico, a stretta distanza delle imbarcazioni CVN 70 e CVN 72, entrambe le quali sono in fase di pattugliamento nello Stretto di Hormuz.
Come si vede in allegato, l'Enterprise sta per attraversare il Canale di Suez: da quel momento in pochi giorni potrebbe arrivare nel luogo "catalizzatore" sopra citato, perche' sarebbe in grado di dare man forte all'Air Force israeliana. Anche per il semplice motivo che gli Stati Uniti non hanno mai avuto tre portaerei in prossimita' dell'Iran prima d'ora.




(Wall Street Italia, 29 marzo 2012)

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Israele ha intenzione di esportare gas verso Giordania e Territori palestinesi

TEL AVIV, 29 mar. - Israele ha intenzione di esportare il gas naturale ai propri vicini arabi, e prioritariamente a Giordania e Palestina, nella speranza che questo possa contribuire a migliorare le relazioni e promuovere la pace nella regione. Lo ha dichiarato il ministro dell'Energia e dell'Acqua, Uzi Landau, a margine della conferenza, tenutasi ieri ad Atene, dal titolo "Investment Energy Summit: Greece, Cyprus, Israel". Secondo Landau, le esportazioni di gas dovrebbero iniziare nell'arco di 5-10 anni ed aggirarsi intorno ai 5-7 miliardi di metri cubi ogni anno.

(AGI, 29 marzo 2012)

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SAS annuncia un nuovo volo da Copenhagen a Tel Aviv

Dal prossimo 4 giugno, SAS attiverà un collegamento diretto da Copenhagen a Tel Aviv. La rotta è una delle ventotto che SAS attiverà nel 2012 ed è in linea con la strategia di rafforzamento del prodotto della compagnia scandinava.
"Vediamo una domanda in crescita per i voli da e per il Medio Oriente. Siamo quindi molto felici di offrire ora ai nostri clienti l'opzione di volare direttamente a Tel Aviv per tutto l'anno con tariffe competitive." Ha spiegato Per Moeller Jensen, responsabile Brand, Marketing e programma EuroBonus di SAS. "Tel Aviv, che si trova nella costa mediterranea, è l'hub finanziario e commerciale e sta crescendo in fretta."
In un primo momento il volo avrà una frequenza settimanale, il lunedì, ma da luglio la capacità crescerà con un nuovo volo in partenza il giovedì. Dal 28 ottobre infine la compagnia opererà tre voli ogni settimana "Non c'è dubbio che un volo diretto da e per Tel Aviv attrarrà sia turisti che viaggiatori d'affari dall'aerea scandinava. Non vediamo l'ora di lanciare la rotta e poter accogliere a bordo i nostri passeggeri," ha detto Per Moeller Jensen.

(ilVolo.it, 29 marzo 2012)

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Accordo tra Israele e Azerbaigian

"Israele ha acquistato un aeroporto" e questo "aeroporto si chiama Azerbaigian", così un importante analista della rivista statunitense Foreign Policy ha riassunto i recenti accordi raggiunti tra Baku e Tel Aviv in merito di accesso dei jet israeliani alle basi aeree dell'Azerbaigian al confine settentrionale con l'Iran. Secondo il report i funzionari dell'intelligence statunitense sono preoccupati che i movimenti militari d'Israele in Azerbaigian possano aumentare le tensioni tra l'Iran e lo Stato ebraico fino a renderle difficilmente controllabili. Negli scorsi mesi Israele e l'Azerbaigian hanno firmato accordi militari per un valore di almeno 1,6 miliardi di dollari. Tel Aviv si è impegnata a vendere droni e sistemi di difesa missilistici anti-aerei in cambio ad un silenzioso accordo politico e militare di poter usare liberamente le basi aeree del nord dell'Azerbaigian. L'uso della basi aeree faciliterebbe il compito dei militari israeliani nel caso in cui fosse dato loro l'ordine di attaccare le strutture nucleari dell'Iran.

(FocusMO, 29 marzo 2012)

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Ferrari inaugura il primo concessionario in Israele

  
Prosegue l'espansione commerciale della Ferrari con l'inaugurazione del primo concessionario ufficiale in Israele, a Tel Aviv, con il quale il Cavallino Rampante estende la sua presenza a 59 Paesi in tutto il mondo.
Situato nel cuore della zona commerciale della città, nei pressi di Ayalon Highway, lo showroom si estende su 2.000 metri quadrati, ed è uno dei più grandi del suo genere. Oltre allo showroom e al centro assistenza, i locali ospitano anche un museo Ferrari, novità assoluta per una dealership della Casa di Maranello, e una caffetteria italiana.
Il museo Ferrari, aperto gratuitamente al pubblico, illustra la storia delle Ferrari GT e delle vetture da competizione. Oltre alla vasta collezione di memorabilia presente, i visitatori possono ammirare una 166 MM del 1951 e la 248 F1 del 2006, la monoposto pilotata da Michael Schumacher nella sua ultima stagione con la Scuderia Ferrari.
Presenti alla cerimonia d'inaugurazione il Direttore Commerciale e Marketing della Ferrari, Enrico Galliera, affiancato dal management di Auto Italia Israel, rappresentato da Zohar Alon, Amministratore Delegato, Eitan Rechter, Amministratore Delegato di Kardan, Yoav Horowitz, Presidente di Auto Italia e Amministratore Delegato di Avis Israel . All'evento ha preso parte anche l'ambasciatore d'Italia in Israele, Luigi Mattiolo.

(Il Sole 24 Ore, 29 marzo 2012)

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Maserati, show room da Modena a Israele

Si chiama "Auto Italy Israel" ed è stata aperta questa mattina a Tel Aviv: è la prima concessionaria Maserati in Israele - il 65o mercato al mondo per la Casa del Tridente. La nuova concessionaria Maserati di Tel Aviv sorge nel cuore finanziario della città. Situata nei pressi della Ayalon Highway, la concessionaria copre un'area complessiva di 2000 metri quadrati. Al suo interno sarà operativo un centro assistenza e aprirà presto anche un Caffè italiano.
All'inaugurazione ha presenziato l'Ambasciatore italiano in Israele Luigi Mattiolo insieme al management di Auto Italia Israel - Zohar Alon, CEO; Eitan Rechter, CEO of Kardan; Yoav Horowitz, Chairman di Auto Italia e CEO of Avis Israel - e il management Maserati arrivato da Modena.


(la Repubblica, 29 marzo 2012)

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Israele in stato di massima allerta anche a Pasqua

Per la prima volta da diversi anni, le forze di difesa d'Israele manterranno l'allerta massima anche durante le vacanze di Pasqua, lo rivela in esclusiva il sito web del giornale israeliano Yedioth Ahronoth. La decisione è stata presa dal Capo di Stato Maggiore dello Stato ebraico, Benny Gantz, specificando che egli non accetta l'idea di un esercito in "stato di vacanza" durante il periodo pasquale Sebbene i funzionari dell'IDF (Israel Defence Force) hanno negato che la decisione sia legata a preparativi di manovre militari o a particolari minacce incombenti, le speculazioni che la mossa possa essere collegabile alla crescente tensione tra lo Stato ebraico e l'Iran si stanno moltiplicando. Oltre alla questione iraniana, Israele si trova di fronte ad una serie di minacce lungo tutti i suoi confini. Il conflitto in Siria tra le forze del regime e i ribelli è una forte preoccupazione per la sicurezza israeliana che teme sia un gesto disperato di Damasco che potrebbe messo alle strette tentare di fomentare un conflitto con Tel Aviv; sia il possibile esodo di rifugiati siriani in caso di escalation delle violenze in Siria. Altro motivo di angoscia per Israele rimangono i confini con il Libano sempre più territorio esclusivo dei militanti sciiti filo-iraniani di Hezbollah. I gruppi armati della Striscia di Gaza, l'aumento degli attriti con l'Egitto del post-Mubarak e il crescente malcontento palestinese in Cisgiordania, completano la lunga serie di minacce con le quali Israele sembra destinato a convivere nei prossimi mesi.

(FocusMO, 29 marzo 2012)

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Intervista a Pierre-André Taguieff

"Ecco perché la Francia non riconosce di essere un'incubatrice del jihadismo.

di Marina Valensise

Il caso Merah, rivelatore dell'identità civile di una moderna democrazia che ha inglobato l'islam, con cinque milioni di musulmani, ma coltiva l'equivoco del lupo solitario paranoico pur di salvare la tolleranza o la faccia. L'idea inquieta la Francia, dove la guerra contro il jihad è il tema dirimente della campagna per le presidenziali, ma anche l'oggetto di una sorta di rimozione diffusa.
"L'antisemitismo in calo e l'islamismo radicale come infima minoranza sociale sono i due dogmi dominanti nel discorso politico", dice al Foglio Pierre-André Taguieff, lo storico del razzismo che da anni si batte in prima linea per uscire dalla palude del politicamente corretto.
"Entrambi servono a minimizzare l'islamismo radicale, a costo però di farci perdere il senso della realtà", insiste Taguieff. Eppure il presidente Nicolas Sarkozy e il suo sfidante socialista, François Hollande, non hanno reagito male alla strage di Tolosa.
"Non hanno avuto l'ignominia di fare ricorso alla teoria climatologica, alla brutta aria islamofobica e razzista che si respira nella società francese, come il centrista François Bayrou o il candidato del Fronte della sinistra Jean-Luc Mélenchon, che hanno finito per avvolgere in vaghe cause generali la responsabilità di un assassino, col tipico uso cartesiano e giacobino dell'astrazione dissolvente. Almeno Sarkozy e Hollande hanno riconosciuto il fondamentalismo radicale come componente chiave dell'islam francese, pur insistendo sul carattere ultraminoritario dell'islamismo salafita, che resta in larga parte sconosciuto agli inquirenti edotti da esperti politicamente corretti come Gilles Kepel e Olivier Roy".
Meglio così allora?
"Meglio di questi studiosi che passano la vita a minimizzare l'islamismo radicale pur di non nuocere ai loro amici e continuare a insegnare nei paesi arabi, anche al rischio di innescare effetti perversi".
Gli effetti perversi però ora sono sotto gli occhi di tutti. I francesi voltano lo sguardo da un'altra parte, dicono di voler girare pagina, come ha fatto Hollande, e stendono un pietoso velo sui pasticci dei servizi o sul fallimento del multiculturalismo.
"Le élite dirigenti e buona parte delle élite mediatiche, in effetti, sono disposte ad ammettere il barbaro fatto di cronaca isolato, ma si rifiutano di riconoscere che la società francese è percorsa da focolai di islamismo radicale. Certo, non bisogna ridurre tutto al jihad, ma il jihad è una componente essenziale dell'islamismo, e questa novità, negativa per i liberaldemocratici progressisti sempre in allerta sul pericolo fascista, è la novità geopolitica degli ultimi vent'anni".
Come mai i francesi stentano a farsene carico? Perché mette i crisi i principi dell'universalismo democratico o per motivi elettorali?
"I francesi sanno anche essere critici verso l'universalismo democratico, quando denunciano per esempio l'interventismo americano, ma in questo caso si rifiutano di ammettere la banalità di certi effetti perversi imprevedibili di quell'interventismo (come gli agenti doppi e tripli che di colpo si mettono a sparare contro i civili o i bambini ebrei di Tolosa). Prevale un forte etnocentrismo. La Francia si considera al di sopra di tutto: l'esercito, i politici, i servizi segreti sono i migliori del mondo. Così, persino gli antipatrioti come Eva Joly si scoprono patriottici. A quest'ondata di sciovinismo si accompagna una sistematica cecità nei confronti di una realtà che può dare fastidio. Michel Wieviorka insiste sul Monde e Libération nel dire che l'antisemitismo è in calo, ma lo fa solo per tenere un discorso accettabile per le élite. In realtà, è vero il contrario. Dal 2000 la giudeofobia in Francia ha toccato picchi di 500-600 episodi di violenza l'anno, facendo un salto rispetto agli anni Novanta. Il caso Merah ora provoca reazioni attutite. Lo stesso accadde col caso Ilan Halimi, il giovane ebreo sequestrato, torturato e ucciso da Youssouf Fofana, quando si parlò di un mostro degenerato, di un delinquente di banlieue. L'unica differenza è che allora il fondamentalista islamico era un nero, mentre oggi è un maghrebino, ma oggi come allora prevale la stessa volontà di fare di quel caso un'eccezione. L'unica che dice il contrario del politicamente corretto - prosegue Taguieff - è Marine Le Pen, che però demonizza i problemi, senza aiutare a risolverli. E certo, il contesto elettorale non aiuta, perché tutti denunciano la strumentalizazione, e strumentalizzano il caso. Ci vorrebbe un coraggio politico che però la cultura democratica non favorisce, perché un politico selezionato dai partiti il coraggio oggi non se lo può dare. Ci vorrebbero un De Gaulle o un Mendès France per difendere la democrazia senza farsi illusioni".

(Il Foglio, 29 marzo 2012 - da Informazione Corretta)


Piccoli antisemiti musulmani

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Dieci ragazzi israeliani e palestinesi in Valle per il progetto "Voci di pace"

di Marco Camilli

I giovani hanno incontrato i loro coetanei valdostani, condividendo la proprie esperienza



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AOSTA. Si conclude oggi il soggiorno in Valle d'Aosta di un gruppo di ragazzi israeliani e palestinesi, ospiti della Cure di Gressan nell'ambito del progetto "Voci di pace" nato per facilitare il dialogo ed il confronto in un "territorio neutro" e promosso dalla sezione valdostana del Movimento internazionale della riconciliazione e dall'Istituto pace sviluppo e innovazione delle Acli di Aosta, in collaborazione con il Consiglio Valle, l'Assessorato regionale istruzione e cultura della Regione autonoma Valle d'Aosta, la Presidenza del Consiglio comunale di Aosta e il patrocinio dell'Università della Valle d'Aosta.
Il gruppo, formato da dieci giovani, ha incontrato i ragazzi del liceo Maria Adelaide di Aosta e del liceo scientifico di Saint-Vincent per condividere momenti ricreativi e riflessioni sul conflitto israelo-palestinese. Nella giornata di martedì hanno inoltre partecipato ad un incontro pubblico alla Cittadella dei Giovani e hanno incontrato il Consiglio regionale ed il Consiglio comunale di Aosta accompagnati dallo psicoterapeuta Mustafa Qossaqsi.
«Il valore aggiunto di questa esperienza - ha spiegato Mustafa Qossaqsi - è innanzitutto quello di riumanizzare questi ragazzi l'uno agli occhi dell'altro e non lasciarli intrappolati in un ruolo di rappresentanti astratti di un'idea di nemico. Conoscersi e umanizzarsi non vuol dire naturalmente negare le ragioni del conflitto - prosegue lo psicoterapeuta -, anzi è un modo per approcciare il conflitto in maniera più schietta, più vera, però sempre in un luogo sicuro, in una condizione che non ferisca l'umanità né degli uni né degli altri».
Nel corso della serata sono emersi in particolare i cambiamenti di pensiero che l'incontro con gli altri ha generato in loro. Lo ha confermato Rasha, giovane palestinese: «porto con me tante idee sulla pace e una buona volontà: sono cose che ho imparato dai ragazzi israeliani e valdostani. Valori che vorrò tenere con me tornando a casa». Ma anche il sentimento di speranza, così come indicato da Karin, israeliana: «da questo viaggio porto con me la sicurezza, la capacità di esprimere di più e meglio quello che penso e quello che sento e anche un po' più di speranza rispetto alla possibilità di farcela».
Il progetto "Voci di pace" ha avuto riflessi anche sui giovani valdostani che hanno avuto la possibilità di conoscere, con un'esperienza reale, una situazione che normalmente è vissuta da lontano, attraverso la televisione ed i giornali. «Per noi ora il conflitto in quella parte del mondo avrà dei volti e dei sentimenti molto precisi» sottolinea Giada.

(Aostaoggi.it, 29 marzo 2012)

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Da Gerusalemme la natura che popola il mondo

Il KKL, il Keren Kayemeth LeIsrael, e' una delle piu' antiche fondazioni ecologiche. Il 26 marzo 2012 un ulivo piantato dal KKL Italia lo scorso 27 gennaio alla scuola elementare "Franco Cesana" di Roma, in occasione del Giorno della Memoria, e' stato in parte divelto e incendiato da persone che poi hanno imbrattato i luoghi ''con scritte offensive e svastiche''. Lo rende noto Raffaele Sassun presidente del KKL, che denuncia il ''gravissimo atto vandalico di impronta antisemita''. L'ulivo, piantato per ricordare le vittime della Shoah, sarà ripiantato il 24 aprile: ad assicurarlo e' il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo . Valeria Pannuti parla in studio con il Presidente del KKL Italia Raffaele Sassun di questo fatto di cronaca e delle attivita' del KKL. Una onlus che ha piantato più di 200 milioni di alberi, costruito bacini idrici, facendo indietreggiare il deserto. L'accesso all'acqua e' anche un requisito importante per la pace.

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(RaiNews24, 28 marzo 2012)

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Open Sky tra Unione europea e Israele: accordo vicino

Dopo tre anni di negoziazione l'Open sky tra Unione europea e Israele potrebbe prendere forma. Sebbene i dettagli siano ancora in fase di definizione, l'accordo, una volta siglato, permetterebbe alle compagnie aeree israeliane ed europee di volare tra i Paesi dell'Unione e Israele liberamente.
Tuttavia non sarebbero pochi i nodi da sciogliere. Le perplessità arrivano soprattutto dai vettori israeliani che con il ceo di El Al, Eliezer Shkedi, apertamente schierato contro l'accordo e il presidente dell'unione sindacale di El Al, Asher Edrey, che ha impugnato la penna e ha scritto al ministro Katz le sue preoccupazioni: "Ci aspettiamo che il ministro mantenga le su promesse per tutelare i lavoratori delle compagnie israeliane. Inoltre, ci riserviamo il diritto di manifestare il nostro dissenso in futuro".
Ma alle perplessità delle compagnie si contrappone l'entusiasmo delle associazioni turistiche israeliane. Il presidente della Israel Hotel Association, Ami Federmann e il presidente di Israel Incoming tour operator association, Shmuel Marom, hanno a loro volta scritto al ministro Katz, spiegando che "l'accordo permetterebbe una crescita notevole dell'inbound in Israele. L'Europa è la fonte principale per il nostro incoming e l'accordo creerebbe nuove opportunità di mercato".

(TTG Italia, 28 marzo 2012)

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Gerusalemme: "ripulito" il Muro del Pianto

Accade due volte all'anno. Tutti i messaggi e le preghiere lasciati tra le pietre del "Muro del pianto" a Gerusalemme vengono raccolti e sepolti in cimitero. Impossibile contarli. Le lettere e i foglietti arrivano da tutto il mondo, via posta, fax e email. Proprio per questo, dice il rabbino del sito, si deve far posto ai nuovi messaggi.


(euronews, 28 marzo 2012)

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Il boom del cioccolato in Israele

Mentre in Europa e negli Stati Uniti il consumo scende a causa della crisi, in Israele è cresciuto del 40 per cento in pochi anni

Israele conta per circa l'1,5 per cento nella domanda mondiale di cioccolato, ma il suo mercato nazionale è in crescita costante negli ultimi anni, aiutata dalla crescita economica del paese: le previsioni parlano di un aumento del 5-10 per cento in termini di valore assoluto soltanto per il 2012, dopo che negli ultimi cinque anni il settore è cresciuto complessivamente di poco meno del 40 per cento.
Come scrive il Wall Street Journal, la crescita del mercato del cioccolato in Israele sta facendo aumentare gli investimenti delle maggiori multinazionali del settore, la svizzera Nestlé e la statunitense Kraft Foods (che ha da poco annunciato una prossima divisione al suo interno, con nuovo nome e nuovo marchio per la sua sezione snack), aiutate dalle recenti difficoltà delle società israeliane del settore e con la speranza di inserirsi nel mercato mediorientale.
La crisi economica ha portato a una diminuzione della domanda in mercati tradizionalmente "forti" come gli Stati Uniti e l'Europa, ma Israele è da alcuni anni in piena ripresa: il suo prodotto interno lordo è aumentato del 3,2 per cento nell'ultimo trimestre del 2011, secondo i dati ufficiali, e per il 2012 le previsioni sono ancora migliori (di poco sopra il 4 per cento), anche se gli analisti avvertono che molto dipenderà dalla stabilità della regione mediorientale. Allo stesso tempo, una delle principali aziende del settore alimentare, Strauss Group (che controlla oltre la metà del mercato israeliano della cioccolata), ha riportato oggi una netta diminuzione dei profitti e sta affrontando un periodo di scioperi e lotte sindacali. Recentemente, Strauss Group è stata accusata da un gruppo di consumatori (che hanno sporto denuncia all'autorità di controllo per la concorrenza) di imporre un prezzo troppo alto per la propria cioccolata: il momento di difficoltà di Strauss favorisce l'aumento degli investimenti in Israele delle multinazionali straniere.
Il consumo di cioccolato in Israele è in grande crescita da oltre dieci anni, partendo però da quantità molto basse: nel 2005 la media per abitante era di solo 3 chilogrammi l'anno (due terzi dei quali in inverno), una quantità doppia rispetto a quella di cinque anni prima ma molto inferiore alla media europea, che è di circa il doppio.

(il Post, 28 marzo 2012)

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Il Ministro dell’Agricoltura riceve l'Ambasciatore israeliano Naor Gilon

Il Ministro Mario Catania
ROMA, 28 mar - Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania ha ricevuto oggi l'Ambasciatore dello Stato di Israele in Italia, Naor Gilon.
Nel corso dell'incontro, spiega il ministero dell'Agricoltura, sono state affrontate le principali tematiche relative alle relazioni tra i due Paesi in ambito agricolo, con particolare riferimento alla cooperazione bilaterale, nello specifico, per la ricerca e l'innovazione tecnologica nella produzione agroalimentare.
L'Ambasciatore israeliano ha inoltre consegnato al ministro l'invito della sua omologa israeliana, Orit Noked, alla fiera 'Agritech', principale appuntamento nella regione mediorientale per l'innovazione e la tecnologia applicata all'agricoltura, che si terra' in Israele dal 15 al 17 maggio e al quale e' prevista la partecipazione di imprese italiane del settore. com-dab/mau/bra

(ASCA, 28 marzo 2012)

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Antisemitismo a Parigi

Un ragazzino di 12 anni è stato picchiato da un gruppo di giovani davanti alla sua scuola ebraica Ozar Hatorah di Parigi. Lo riferisce Jean-Paul Amoyelle, presidente della rete di istituti Ozar Hatorah in Francia, spiegando che gli assalitori hanno aggredito il 12enne appena terminate le lezioni, urlando slogan antisemiti. Il pestaggio è avvenuto nonostante l'alta sicurezza intorno alle scuole ebraiche e sinagoghe in Francia, in seguito alla strage di Tolosa in cui sono morti un rabbino e tre bambini ebrei. Amoyelle spiega che il ragazzino è stato pestato a circa 100 metri dall'entrata dell'istituto, fuori dalla visuale degli ufficiali di polizia. Il giovane non ha riportato gravi ferite nell'aggressione, mentre al momento non è ancora chiaro chi siano gli autori del pestaggio.

(il Giornale, 28 marzo 2012)

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Abolire Dante

di Francesco Lucrezi, storico

Tra tante le tante notizie brutte, bruttissime e orrende che, con assoluta puntualità, ci dispensa, ogni mattina, la stampa quotidiana, non manca, ogni tanto, qualche informazione decisamente grottesca, come un intervallo satirico in un lugubre, interminabile film d'orrore. È il caso, per esempio, della recente richiesta, avanzata da alcuni, come il movimento Gherush92, di abolire l'insegnamento della Divina Commedia dalle scuole italiane, in ragione dell'antisemitismo che la pervaderebbe. La Commedia, spiega la presidente, Valentina Sereni, "presenta contenuti offensivi e discriminatori", "viene proposta senza che vi sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all'antisemitismo e al razzismo", per cui si chiede "di espungerla dai programmi scolastici ministeriali o, almeno, di inserire i necessari commenti e chiarimenti".
  Dunque. Che nella Commedia il popolo ebraico, nel suo insieme, venga considerato responsabile della morte di Cristo, e perciò condannato alla giusta punizione, è cosa nota (Tito, col distruggere Gerusalemme, avrebbe realizzato "la vendetta de la vendetta del peccato antico" [Par. 6.92-93], ossia la riparazione del deicidio, a sua volta riparatore del peccato originale). Era questa la visione del Medioevo, nessun teologo se ne poteva discostare, e il povero Dante ha avuto la sfortuna di essere medioevale. Se fosse nato ai nostri giorni, col suo carattere ribelle, non lo immagineremmo tanto conservatore. Ma così non è stato. Si potrebbe ricordare che, nell'inferno, ci sono molti più papi e sacerdoti che ebrei (tutti i padri di Israele, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ecc., sono in paradiso [Inf. 4.56-61]) - per non parlare dei musulmani (il povero Maometto va girando con le budella in mano: "la corata pareva, e 'l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia" [Inf. 28.26-27]) - e che, in fondo, Giuda Iscariota, che il Poeta mette nella bocca di Lucifero (Inf. 34.62-63), non è che sia considerato proprio un eroe della storia ebraica, neanche dagli ebrei. Ma è inutile sottilizzare. Il deicidio, nella Commedia, c'è, quindi la richiesta di Gherush92 va presa in considerazione. I nostri insegnanti, apprendiamo, non operano alcun 'filtro', propongono i versi danteschi così come sono, alla lettera (oddio, come siamo ridotti!), quindi, o insegniamo loro a inserire "i necessari commenti e chiarimenti", o aboliamo Dante. Ma, siamo seri: se fino ad oggi, dalla riforma Gentile ad oggi, nessun nostro insegnante ha imparato a "fare il filtro", come potremmo mai sperare che, all'improvviso, imparino oggi? Impossibile, è evidente, per cui l'unica soluzione praticabile è quella, più spiccia, dell'abolizione. Tanto più che, se il filtro non c'è nella teologia, non ci sarà neanche, immaginiamo, nella geografia, nell'astronomia, nella medicina ecc., e allora il rischio è molto più grave. I nostri studenti possono pure crescere antisemiti, ma che imparino a scuola che la terra è ancora al centro dell'universo, che al di là delle colonne d'Ercole c'è solo il purgatorio ecc., è francamente inopportuno.
  Aboliamo Dante, dunque. Però, forse tale abolizione non sarebbe poi sufficiente, se, come abbiamo ricordato, il deicidio non è che l'abbia inventato lui (il primo a parlarne è Origene, e poi Eusebio, Agostino e tutti gli altri). Che facciamo con questi? Li lasciamo? E perché mai? Aboliamo, dunque, non il solo Dante, ma tutto il Medio Evo. È facile. Lasciamo solo la storia precedente a Costantino. Però, a pensarci bene, neanche questo sarebbe poi giusto, perché anche lì ci sono non pochi 'cattivi'. Vespasiano e Tito, per esempio. Prima di loro, Nabuccodonosor, Antioco Epifane ecc. Resterebbe la storia moderna, ma lì è peggio che andar di notte, con Hitler, Mussolini, Stalin ecc. Facciamo così, aboliamo tutta la storia, e non se ne parla più. Le ore recuperate potremmo dedicarle, per esempio, alla geografia. Però, però, anche così non è che vada tanto bene: non sarebbe diseducativo parlare della Germania, o della Polonia, o dell'Iran? La filosofia? Men che meno, è zeppa di antisemiti, da Kant e Hegel in giù. La musica? E come facciamo con Wagner? E la letteratura moderna, con Valery, Céline, Dostojevskij e tanti altri?
  È inutile, tutte le arti e le scienze umane, "senza filtri", sono pericolose. Non le insegniamo più. Possiamo insegnare, però, le scienze esatte e naturali: matematica, fisica, chimica, botanica ecc. Lì, non c'è dubbio, di ebrei non si parla. Niente ebrei, niente antisemiti. Ed ecco che la proposta di Gherush92 comincia ad apparire interessante. I nostri giovani, impegnati, da bambini, unicamente nei numeri, nei calcoli e negli esperimenti di laboratorio, diventeranno dei veri geni, altamente competitivi sul mercato internazionale, perfettamente in linea con i moderni standard ministeriali di ispirazione americana. E immuni, soprattutto, dalla benché minima traccia di antisemitismo.

(Notiziario Ucei, 28 marzo 2012)

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Shaul Mofaz alla guida di Kadima

L'ex ministro israeliano della Difesa si è preso una rivincita a distanza di quattro anni dall'ultimo scontro. La travolgente vittoria, 61% di consensi, di Mofaz potrebbe spingere l'ex leader a lasciare la politica attiva.

  
Shaul Mofaz
GERUSALEMME, 28 marzo 2012 - L'ex ministro israeliano della Difesa, Shaul Mofaz, è stato eletto ieri sera leader del partito centrista Kadima, la principale formazione d'opposizione in Israele. Mofaz ha sconfitto alle primarie la leader uscente Tzipi Livni con il 61,7% delle preferenze. L'affluenza è stata del 45% fra i 95.0000 membri di Kadima.
Nel discorso tenuto dopo la vittoria, Mofaz ha esortato il partito a restare unito, esortando la rivale sconfitta a restare al suo fianco per "riportare Israele sulla strada giusta": "Tzipi, il tuo posto è con noi", ha detto Shaul Mofaz, secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz.
Anche Livni ha parlato ieri sera. L'ex ministro degli Esteri ha ringraziato i membri di Kadima e i cittadini israeliani per il loro sostegno, e ha poi detto di aver telefonato a Mofaz per congratularsi con lui per la vittoria: "Queste sono le elezioni, questi sono i risultati, vado a dormire", ha affermato Livni, che non ha voluto rispondere ad alcuna domanda.
Il nuovo leader del partito centrista è convinto di poter vincere le prossime elezioni. "Voglio vincere le elezioni generali e far cadere (il primo ministro Benjamin) Netanyahu", ha detto Mofaz. "Il nostro paese si merita una nuova agenda sociale, un diverso sistema di governo, eguaglianza dei doveri civici e un piu serio tentativo di raggiungere la pace nella nostra regione".

- Livni potrebbe lasciare la politica
  Dopo la bruciante sconfitta nelle elezioni primarie del partito centrista Kadima (opposizione), la ex leader Tzipi Livni sta considerando la possibilità di lasciare la politica attiva. Lo afferma il quotidiano Yediot Ahronot, secondo cui non pare probabile che essa accetti di restare in posizione gregaria dietro al vincitore del confronto, l'ex ministro della difesa Shaul Mofaz.
In passato diversi analisti avevano ipotizzato che, in caso di una sconfitta di misura, la Livni avrebbe forse puntato ad una scissione del partito. Ma oggi, visto lo scarto di voti, vi è la convinzione diffusa che l'ipotesi di una scissione sia tramontata e che alla Livni non resti che la scelta fra accettare una posizione di ripiego all'interno di Kadima, oppure tornare a vita privata.

(Quotidiano.net, 28 marzo 2012

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Shampoo nazista, dove sono i pubblicitari?

Che i neonazisti siano in aumento in Europa, grazie al fallimento di governi di sinistra e alla corruzione di quelli di destra, è un dato di fatto. Ma qui la politica non c'entra niente. C'entra, casomai, l'imperizia di pubblicitari dell'ultima ora. Nella fattispecie, le ultime generazioni di creativi di paesi che, pubblicitariamente parlando, consideravamo "terzo mondo". E forse lo sono ancora.
C'è uno spot andato in onda nei giorni scorsi sulla tv turca. Il testimonial si agita, urla come un isterico: "Se non indossate vestiti da donna, allora non dovreste usare neanche uno shampoo da donna! Eccolo, un vero shampoo da uomo", Poi, sul packshot (cioè, in termini tecnici, l'immagine del prodotto) dello shampoo Biomen, conclude: "I veri uomini lo usano". Fin qui tutto abbastanza banale, se non fosse per il fatto che il testimonial è Adolf Hitler.
Cosa volevano dimostrare i colleghi turchi? Che il loro shampoo è uno shampoo maschile? Forse il maschio medio turco è abituato a usare lo shampoo della moglie? O forse in Turchia, per un maschio, lavarsi i capelli è considerato un sintomo di effeminatezza? Se volevano dire questo, che c'entra Hitler? O forse il modello di virilità che si sta affermando in Turchia, complice la mollezza politica di centrodestra e centrosinistra, è proprio quello neonazista?
Mentre scrivo, lo spot è stato ritirato per le ovvie, immediate, proteste. Il rabbino capo della comunità ebraica turca, Ishak Haleva, ha commentato solo con "È un enorme insulto". Stessa posizione è stata espressa da Abraham H. Foxman, direttore della Anti-Defamation League (ADL), organizzazione che combatte l'antisemitismo. Ma prima di loro mi sarei aspettato che protestassero indignati i professionisti che ancora fanno questo mestiere con serietà, pochi ma autorevoli in tutto il mondo.
Diciamocelo francamente: se il mestiere del pubblicitario è uno dei più disprezzati, questi episodi non aiutano certo a ridargli una dignità. Sarebbe ora di rimettere mano ad un protocollo d'intesa fra pubblicitari ed editori, che sancisca una volta per tutte che non solo i pubblicitari non devono infrangere un rigido codice deontologico (anche più rigido di quello attuale), ma che nemmeno le concessionarie di spazi e gli editori dovrebbero permettere che vada in onda certa merda.
Una sola apparizione di Hitler fa sicuramente meno danni di quanto non ne stia già facendo tutta la pubblicità stupida a cui ci siamo abituati. E attenzione che quando il livello di istupidimento supera una certa soglia, allora sì che tornano veramente fascismo e nazismo. Molto meglio imparare a boicottare sistematicamente tutti i prodotti che offendono la nostra intelligenza di consumatori. Qualcosa cambierà.

(Quotidiano.net, 28 marzo 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Continuano i giornali a parlare di quanto succede dopo la strage di Tolosa, ed è opportuno aprire anche noi una ampia discussione sull'argomento.
  Mentre il padre del Mahmoud assassino si ripromette di portare in giudizio la Francia che ha ucciso suo figlio (che non dovesse essere impossibile prenderlo vivo è opinione di molti, ma se l'azione di questo inconsolabile padre possa essere accettabile, beh, lasciamo andare), è arrivata, negli uffici di al Jazeera di Parigi, una chiavetta contenente le riprese della strage fatte dall'assassino con una telecamera appesa al collo. Le riprese, inframmezzate da preghiere e da letture di versetti del corano, sono anche tecnicamente buone, e c'è voluto un forte intervento di entrambi i candidati principali alla presidenza della Repubblica per convincere i dirigenti della televisione (e anche i signori del Qatar che tanti interessi economici hanno in Francia dove hanno acquistato coi nostri petrodollari tante grandi società) a non divulgare le immagini della strage. Se poi queste immagini non giungeranno, per altri canali, nelle mani degli arruolatori di altri assassini fondamentalisti, questo sarà tutto da vedere. Ne parlano, tra gli altri, Stefano Montefiori sul Corriere e Daniele Zappalà su Avvenire. Nicolas Sarkozy, frattanto, dichiara persona non grata l'imam al Qaradawi che era stato invitato a parlare in Francia; il Presidente si è accorto delle sue dichiarazioni chiaramente antisemite (ma solo lui è colpevole di ciò tra coloro che sono invitati in Francia con tutti gli onori?), ed ha preso un provvedimento per il quale staremo a vedere quanto tempo resterà in vigore.
  Sotto il titolo (che da solo dice già purtroppo tante cose): Israele dopo Tolosa, Andrea Luchetta scrive un articolo pubblicato su Giorno, Nazione e Resto del Carlino; Signor Fontana, la Shoah NON è "l'evento fondante dello Stato di Israele", come lei scrive, con l'aggiunta che sarebbe "una semplice verità". Sono pronto a regalare all'autore di questo articolo i libri di Georges Bensoussan che lo smentiscono chiaramente (e non solo i suoi!), ma temo che non li leggerebbe, visto che poi aggiunge che è "grave che gli ebrei non possano intendere le ragioni di altri che oggi sono a loro volta oppressi". Chiara affermazione di un suo credo politico preciso. Nell'articolo, per chi lo vorrà leggere, si parla di errori e colpe di Israele, e, ricordo, questo compare sotto il titolo: Israele dopo Tolosa.
  Intanto, a dimostrazione dell'aria che tira oggi in Europa, si legga la breve riportata solo dal Corriere: un ragazzino ebreo è stato colpito alle spalle all'uscita da scuola, mentre veniva apostrofato con le ben note parole di "sporco ebreo". Registro, a questo punto, con grande dolore (ed altro) la lettera inviata al manifesto da Rete Ebrei Contro l'Occupazione, nella quale si legge, tra l'altro: "ci auguriamo che questa ennesima tragedia non venga utilizzata per diffondere tra gli ebrei, in Israele e fuori, il senso di paura utile a far loro accettare anche l'idea di una guerra preventiva contro l'Iran". A qualcuno, evidentemente, la storia non ha insegnato proprio niente. Ed infatti, come riporta Repubblica Roma, la Comunità di Roma è stata scossa ieri dalla notizia che nella scuola elementare Franco Cesana l'ulivo piantato dagli alunni lo scorso 27 gennaio è stato divelto e bruciato. Chiaro esempio dei pericoli che oggi corre di nuovo l'Europa.
  Analogamente, come sempre, è in primo piano Rinascita dove, oltre ad una breve vergognosa su chi si dichiara amico di Israele, pubblicata sotto il titolo "Circoncisioni", fa bella mostra di sé un articolo del noto Renato Pallavidini che lascio a coloro che desiderano leggerselo; personalmente condivido solo la frase finale, dove l'autore scrive che "la nostra civiltà è forse in crisi irreversibile"; Pallavidini ne è una chiara dimostrazione.
  Disappunto, ma non stupore, provo poi alla lettura su Avvenire dell'articolo firmato dal vice presidente MCL che affronta ancora la situazione dei cristiani in Israele, tema à la une da parecchi giorni; "nessuno ha scritto che in Israele non c'è libertà religiosa, o che i cristiani vengano discriminati o maltrattati", si legge, e forse dovremmo ringraziarlo per tale riconoscimento? Perché, al contrario, non si ha il coraggio di dire dove questa è la realtà che proprio i cristiani devono vivere tutti i giorni? L'autore scrive poi che "il giovane (cristiano) se ne va per non stare sempre (metaforicamente) con l'elmetto in testa". Signor vice presidente, mi consenta di farle notare che ci saranno dei giovani che lasciano Israele, ma la popolazione cristiana, in Israele, e solo in Israele tra le terre della zona, è in aumento, e sarebbe doveroso scriverlo, contemporaneamente alla denuncia, mai fatta, della fuga in massa dalla Palestina (dobbiamo forse ricordare i numeri?). Se manca il coraggio di affrontare questa realtà, la sconfitta sarà inevitabile e definitiva.
  Il Foglio pubblica un editoriale dedicato alla marcia organizzata dal regime iraniano per andare alla conquista di Gerusalemme, arrivando da tutti i confini; non solo dal Libano, ma anche dall'Egitto, da Gaza, dalla Giordania e dalla Siria di Assad, subito riammesso nel salotto "buono". Purtroppo anche alcuni giovani ebrei di Teheran sono stati precettati da Khamenei per rompere le linee difensive di Israele.
  Assad, nel frattempo, con la complicità della Russia (e non solo di essa) riesce a trovare un accordo con l'inviato dell'ONU Kofi Annan; rimane al suo posto, va perfino a visitare Homs promettendo di ricostruirla più bella di prima, ma continua ad uccidere con di fronte un'opposizione che sembra essere rimasta senza armi e con poche possibilità concrete.
  Si preannuncia poi la classica riunione che si terrà in Turchia, ma va sottolineato che non saranno presenti né i curdi, pur importanti nella zona, né i laici, e neanche la Russia, che sembrerebbe essere la vera vincitrice della guerra che sta terminando.
  Di questo ne parlano, tra gli altri, Flavio Pompetti sul Messaggero e Federico Zoja su Avvenire. E proprio Avvenire titola Libano, esempio di dialogo, un articolo a margine della visita del ministro Riccardi, ma quelle parole non compaiono nel testo. E il sottoscritto, pur conscio delle difficoltà di quel paese, si chiede se si possa davvero dire del Libano di oggi che è "un paese modello di democrazia e di convivenza tra etnie e religioni".
  Infine da sottolineare l'articolo del Secolo XIX che intervista el Baradei, che sarebbe invece meglio lasciare nel dimenticatoio dopo i danni che ha procurato al mondo intero; oggi afferma che, se Israele attaccasse l'Iran, alimenterebbe la determinazione di Teheran a sviluppare un arsenale nucleare (sic). La solita storiella di Israele che è colpevole e che, se si difende, è la causa della altrui volontà di distruggerlo. Strana poi l'affermazione che. se Israele attaccasse l'Iran, tutti aiuterebbero l'Iran a sviluppare l'arma nucleare. Urge verifica, ad esempio, in Arabia Saudita, signor el Baradei, premio Nobel per la pace!

(Notiziario Ucei, 28 marzo 2012)

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La Germania dà l'esempio. La nazionale ad Auschwitz

Mossa del presidente della federcalcio tedesca Niersbach in risposta agli insulti antisemiti all'israeliano del Kaiserslautern, Schechter: la delegazione andrà in visita al campo di concentramento più famoso del mondo (ora in Polonia) nell'immediata vigilia degli Europei 2012

Itay Schechter
BERLINO - Scelta di tempo perfetta. Dopo gli insulti antisemiti al calciatore israeliano Itay Schechter, attaccante del Kaiserslautern e i vari episodi della recrudescenza appunto dell'antisemitismo in mezza Europa (Turchia e Italia in primis) una delegazione della Federcalcio tedesca (Dfb) informa che visiterà Auschwitz. L'annuncio è stato del presidente della Dfb, Wolfgang Niersbach, in un'intervista al settimanale Juedische Zeitung, rimbalzato poi su diversi media tedeschi.
SI FARA' PRIMA DEGLI EUROPEI - La decisione arriva dopo una proposta del presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania Dieter Graumann, che ha chiesto un gesto simbolico della Nazionale tedesca, dopo l'aggressione razzista subita da Schechter alla fine di una partita a Magonza: una visita al lager di Auschwitz che oggi si trova in Polonia - dove furono sterminate oltre un milione di persone, perlopiù ebrei - durante gli Europei 2012. I dettagli della visita saranno resi noti nei prossimi giorni, ma a quanto pare il viaggio avverrà prima del torneo, in programma in Polonia e Ucraina fra l'8 giugno e l'1 luglio.
"MA NON DEVE ESSERE UNO SPETTACOLO" - "Siamo tutti d'accordo sul fatto che questa visita non debba diventare uno spettacolo - ha detto Niersbach -.Io stesso sono già stato ad Auschwitz e so per mia esperienza personale quanto sia importante la memoria dell'Olocausto".
NIERSBACH: "COLPITO DALLA SOBRIETA' DI SHECHTER" - "Mi ha personalmente colpito molto come Shechter abbia tenuto fronte alla situazione in modo sobrio. E come i tifosi abbiano dimostrato sostegno nei suoi riguardi", ha detto fra l'altro Niersbach, tornando sull'episodio che ha scatenato le polemiche. "Una chiara reazione dela Dfb era importante, ma naturalmente da sola non sarà sufficiente. La battaglia contro l'antisemitismo deve essere un impegno della società duraturo nel tempo, e questo riguarda anche noi nel calcio", ha concluso.

(la Repubblica, 27 marzo 2012)

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Gatto compare in campo. E il 'cane' lo insegue

E' successo in un match di basket a Tel Aviv

Un cane che insegue un gatto. E fin qui nulla di strano. Se non fosse che il 'cane' in questione è in realtà la mascotte del Maccabi Electra Tel Aviv ed il gatto in questione è comparso in campo nel bel mezzo di un match in corso.
E' successo tre giorni fa alla Yad Eliyahu Arena, dove i padroni di casa sfidavano il Bnei Hasharon di Herzliya (92-75).
Donny the Dog ce la mette tutta, ma il felino è più veloce. E come era apparso, il gatto riscompare.

(ANSA, 27 marzo 2012)

Video

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L'India pianifica una visita in Israele per trattative sul gas

NUOVA DELHI, 27 mar. - La compagnia indiana Ongc inviera' ad aprile alcuni funzionari in Israele per verificare le opportunita' di investimento nel settore energetico del Paese, in particolare nella esplorazione e produzione di gas. La recente scoperta di grandi giacimenti di gas nelle acque del Mediterraneo tra Israele e Cipro sta attraendo molteplici compagnie internazionali, inclusa la cinese Cnooc. Durante la visita di due giorni, che segue quella del ministro israeliano dell'energia in India avvenuta a febbraio, i rappresentanti della Ongc incontreranno le controparti delle compagnie di esplorazione e produzione insieme a funzionari governativi israeliani.

(AGI, 27 marzo 2012)

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Israele firma un nuovo contratto per il sesto sottomarino tedesco Dolphin

Il sottomarino Dolphin
Il Ministro della Difesa, Ehud Barak, ha firmato un contratto per l'acquisto del sesto sottomarino dalla Germania per la Marina Israeliana. La cerimonia si e' tenuta alla residenza dell'Ambasciatore Israeliano a Berlino. La Germania iniziera' la costruzione del sottomarino Dolphin e lo consegnera' alla Marina Israeliana nel 2018. Alla consegna sara' uno dei piu' avanzati sottomarini al mondo e costera' all'Israeli Defence Force 400 milioni di Euro. La Germania finanziera' un terzo del costo.
Attualmente Israele dispone di tre sottomarini nella sua flotta. Il quarto e quinto sottomarino Dolphin sono in avanzato stato di costruzione in Germania e saranno consegnati a meta' 2013 e nella seconda meta' del 2014.

(Tribuna Economica, 27 marzo 2012)

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Di fronte ai nuovi dati sull'antisemitismo

di Lucilla Efrati

A otto giorni dai gravissimi fatti di Tolosa, in cui hanno perso la vita il rav Yonathan Sandler due dei suoi figli Arieh e Gabriel e una terza bambina, Miriam Monsonego, analizzare i dati emersi dall'indagine conoscitiva sull'antisemitismo condotta dalla Camera con il lavoro durato due anni di un comitato, presieduto dall'onorevole Fiamma Nirenstein, istituto su mandato della Presidenza della Camera e composto da 26 deputati di tutte le parti politiche provenienti dalla Commissione Affari Costituzionali e dalla Commissione Affari Esteri e Comunitari, non può che destare maggiore attenzione e preoccupazione. A evidenziare i dati emersi dal documento l'assessore alle Politiche Culturali dell Municipio Roma XI, Carla Di Veroli. organizzatrice dell'incontro, assieme alla Comunità Ebraica di Roma e a Equality Italia cui hanno preso parte gli onorevoli Fiamma Nirenstein e Jéan-Léonard Touadì, Riccardo Pacifici presidente della Comunità ebraica di Roma, il presidente del Municipio Roma XI Andrea Catarci e il direttore dell'Istituto Superiore Antincendi Marco Ghimenti coordinati da Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia.
Il Documento, frutto dei dati e delle considerazioni ricavati nel corso delle decine di audizioni tenute dal Comitato, descrive numerosi aspetti dell'antisemitismo esaminandoli da tutti i punti vista: si parte dal dato secondo il quale il 44 per cento degli italiani dichiara di non provare simpatia per gli ebrei, per arrivare al nuovo dilagante fenomeno dell'antisemitismo online, che è probabilmente responsabile del fatto che il 22 per cento dei giovani italiani ha un atteggiamento variamente ostile verso gli ebrei. Un documento allarmante e innovativo, come ha puntualizzato Fiamma Nirenstein che ha sottolineato come varie forme di antisemitismo siano state sottovalutate in Francia negli ultimi anni e non solo rispetto ai fatti di Tolosa, ma anche riguardo alla tragica morte di Ilan Halimi il giovane ventitreenne rapito il 21 gennaio 2006 nella periferia di Parigi e torturato per le seguenti tre settimane nella zona di Bagneux perché ebreo. "In quella circostanza - ha osservato l'onorevole Nirenstein - la polizia ha battuto tutte le piste tranne quella dell'antisemitismo che continuava a negare". Di Ilan Halimi e per tornare in Italia, dei due senegalesi uccisi qualche mese fa a Firenze ha parlato anche Pacifici precisando che "uno dei pericoli peggiori che corriamo è quello di pensare che questo sia solo un problema ebraico" e che quello che lo Stato dovrebbe fare è mettere in atto politiche di accoglienza per gli immigrati che aiutino nell'integrazione.

(Notiziario Ucei, 27 marzo 2012)


Il riferimento a quello che "lo Stato dovrebbe fare" è esattamente quello che in questi casi non si dovrebbe fare: fornire un'attenuante sociologica agli esecutori di questi crimini. In un articolo in francese Jean Szlamowicz accusa la stampa francese di aver fatto proprio una cosa simile dopo i fatti di Tolosa:
"Molto rapidamente si è messo avanti un discorso di scusa. Si dice che la Francia è colpevole di non aver integrato i "suoi" immigrati. La scusa sociologica è un vero insulto per tutti coloro che, condividendo le medesime origini sociali e culturali, non diventano né islamisti, né terroristi, Questa scusa inverte anche la responsabilità, rendendo la Francia colpevole del Jihad e dei Talebani."

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Oggi verrà scelto il nuovo leader del partito Kadima

GERUSALEMME, 27 mar. - Il partito israeliano Kadima sceglierà oggi la sua nuova guida fra l'attuale leader Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri, e Shaul Mofaz, ex ministro della Difesa. I due candidati avevano corso uno contro l'altra per la leadership del partito già nel 2008 e la lotta per quest'anno promette di essere molto accesa. Il Kadima governò dal 2006 all'inizio del 2009, quando le elezioni di febbraio portarono al potere Benjamin Netanyahu, leader del Likud, Kadima avesse ottenuto la maggior parte dei posti in Parlamento, 28 sui 120 disponibili. La Livni non fu infatti in grado di mettere insieme un governo di coalizione e l'incarico di primo ministro venne dato a Netayahu. Il Kadima passò quindi all'opposizione. I sondaggi mostrano che il partito otterrebbe una dozzina circa di seggi se le elezioni parlamentari si tenessero oggi.

(LaPresse, 27 marzo 2012)

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La crisi energetica alimenta la protesta sociale a Gaza

GAZA - Una giornata di protesta per il protrarsi della crisi energetica e' stata indetta per giovedi' a Gaza da attivisti anonimi che si avvalgono di Facebook per diffondere i loro messaggi. In questi appelli viene perorata una mobilitazione popolare, in particolare negli istituti scolastici.
Il fermento sul web, precisano fonti di Gaza, si e' manifestato dopo che sulla stampa sono apparse informazioni che addossavano all'esecutivo di Hamas gravi responsabilita' per la crisi energetica che si avverte nella Striscia. Da tempo nella Striscia le stazioni di benzina sono chiuse, la energia elettrica viene razionata per alcune ore al giorno e vi e' inoltre grave penuria nei rifornimenti del gas per cucina.

(ANSAmed, 27 marzo 2012)

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Profumo: "L’albero nella scuola di Roma sarà ripiantato"

E' stato divelto ieri sera. Il ministro dell'istruzione in visita all'istituto ebraico 'Renzo Levi': ''Credo che questi segnali debbano essere estirpati con un'azione decisa. Sono elemento di preoccupazione e di mio personale disagio. Fra i banchi si dovrebbe imparare il rispetto e il confronto con il diverso''
L'albero divelto ieri sera alla scuola "Franco Cesana", in via Napoleone Parboni 9 a RomA, sarà ripiantato il prossimo 24 aprile. Lo ha annunciato stamani il ministro dell'istruzione Francesco Profumo, in visita alla scuola ebraica romana "Renzo Levi", accompagnato dal presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna , dal presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, da quello di Milano Roberto Jarach e dai presidenti delle comunità di Torino e Trieste.
''Credo che questi segnali - ha detto il ministro - debbano essere estirpati con un'azione decisa, evitando che si ripetano''. Il Ministro ha poi definito l'episodio di ieri sera ''elemento di preoccupazione e anche di mio personale disagio. La scuola è un luogo dove si impara il rispetto, si cresce, e si impara a confrontarci con il diverso''.

(la Repubblica - Roma, 27 marzo 2012)

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Turchia: polemica per l'uso di Hitler in una pubblicità di Shampoo

  
Una pubblicità in Turchia "per uomini veri" con immagini di Adolf Hitler ha suscitato l'ira della comunità ebrea locale e di altri Paesi. "E' totalmente inaccettabile usare Hitler per una pubblicità, esempio massimo di crudeltà per differenziarsi o suscitare interesse" ha denunciato sabato la comunità ebrea turca, che ha apertamente criticato la pubblicità dopo i tragici fatti della settimana scorsa in Francia. La pubblicità che dura appena 12 secondi si ascolta in turco con sottotitoli in tedesco mostra un "Führer" entusiasta durante un intervento in pubblico. Nel discorso il leader del III Reich incita i clienti uomini a comprare un prodotto che è per "uomini veri". "Perché usare un shampoo da donna se non si indossano vestiti da donna?" Dice Hitler in turco. La comunità ebrea della Turchia ha segnalato che si è rivolta all'agenzia per far si che si ritiri la pubblicità e per esigere delle scuse pubbliche. Fuori dalla Turchia la Lega Antidiffamazione (ADL) con sede in Europa ha dichiarato di essere "disgustata"dall'uso di Hitler in questo spot pubblicitario. L'uso dell'immagine di Hitler "responsabile dell'assassinio di sei milioni di ebrei e di alti milioni di persone per vendere shampoo e una strategia di marketing ripugnante e deplorevole" ha dichiarato Abraham H. Foxman, direttore nazionale del ADL e sopravissuto all'Olocausto. Foxman ha sottolineato che è particolarmente preoccupante che questo tipo di pubblicità sia stata creata in Turchia. Paese "giustamente molto orgoglioso del suo passato come rifugio per il popolo ebreo". Il creatore del controverso annuncio, Hulusi Derici, ha difeso nella rivista 'Marketing Turkiye' in un intervista la sua pubblicità . "Se la gente parla della pubblicità di un prodotto , questo fa si che il prodotto esista" ha assicurato. "Se non capiscono lo scherzo è un problema loro".

(FocusMO, 26 marzo 2012)

Video

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Antisemitismo: divelto un albero piantato a Roma nel Giorno della Memoria

ROMA, 26 MAR - Un ulivo piantato lo scorso 27 gennaio in occasione del Giorno della Memoria e' stato ''in parte divelto e incendiato per mano di ignoti'' che poi hanno imbrattato i luoghi ''con scritte offensive e svastiche''. Lo rende noto Raffaele Sassun presidente del KKL (Keren Kayemeth Le Israel) Italia Onlus, tra le piu' antiche fondazioni ecologiche del mondo: il fatto e' avvenuto nel plesso "Franco Cesana"del 121/o Circolo Didattico, in Via Napoleone Parboni 9 a Roma.
''Un gravissimo atto vandalico di impronta antisemita'' ha spiegato Sassun, annunciando che al posto dell'ulivo divelto ne sara' piantato un altro "in risposta a coloro che, vigliaccamente, si trincerano dietro l'anonimato per compiere atti di violenza contro il pensiero e contro la religione. Un atto a cui si può rispondere con un opposto atto di pace, fratellanza e educazione verso la natura".
"Il gesto per il quale il KKL è piu' famoso - ha aggiunto Sassun - e' proprio, piantare un albero. Anche quest'anno la piantagione è stata effettuata nei giardini di una scuola romana, a voler trasmettere il testimone alle generazioni più giovani, sempre nel cuore del KKL. Era stata scelta la Scuola perché Franco Cesana è stato un partigiano italiano, insignito poi della Medaglia di Bronzo al Valor militare, adolescente di soli 13 anni che pieno di slancio e di spirito patriottico è stato colpito a morte proprio durante un'azione di guerra. A lui era stata dedicata la Scuola che - ha concluso Sassun - da quest'anno avrebbe dovuto essere custode dell'albero di ulivo del KKL Italia Onlus che ricorda la Memoria della Shoah''.
L'albero era stato piantato alla presenza della Dirigente Scolastica Tiziana Sallusti, del Presidente del XVI Municipio Fabio Bellini, del rappresentante del KKL Italia Onlus Aldo Anav e Bruno Di Gioacchino.

(Blitz quotidiano, 26 marzo 2012)

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Israele interrompe i rapporti di lavoro con il Consiglio per i diritti umani dell'Onu

GERUSALEMME, 26 mar. - Israele ha interrotto i rapporti di lavoro con il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite. Lo ha fatto sapere il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, precisando che la decisione è stata annunciata oggi dal ministro degli Affari esteri, Avigdor Lieberman. La settimana scorsa il Consiglio aveva votato per inviare un team che indagasse sulla costruzione di insediamenti in Cisgiordania e Gerusalemme est, condannando l'attività in una risoluzione. Dopo aver interrotto i rapporti di lavoro con l'agenzia, lo Stato ebraico non permetterà ai membri del team di entrare nel Paese. Tel Aviv accusa il Consiglio di avere pregiudizi nei confronti di Israele, sostenendo che l'organizzazione si concentra in maniera sproporzionata sulle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi. Secondo lo Stato ebraico, il Consiglio ha ignorato gli abusi dei diritti umani commessi in Iran e in alcuni Paesi arabi.

(LaPresse, 26 marzo 2012)

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Ricerca: Trentino ed Israele, alleanza strategica

TRENTO, 26 mar - Stamattina e' partita la missione del Trentino in Israele con la firma tra il presidente della Provincia autonoma di Trento, Lorenzo Dellai e il ministro dell'industria del Commercio e del Lavoro del governo israeliano, Shalom Simhon, di un importante accordo per la cooperazione nel campo della ricerca industriale. Come ricordato dal ministro Shalom Simhon, l'accordo siglato oggi viene solitamente firmato con Stati nazionali e il Trentino e' una delle poche ''regioni'' al mondo con cui e' stato sottoscritto. Cio' rappresenta un importante riconoscimento del livello raggiunto dal sistema di ricerca trentino e della qualita' dei rapporti con il sistema della ricerca israeliano.
In parallelo sono iniziati stamattina gli incontri di business di 10 aziende high tech trentine impegnate in una due giorni di meeting di alto livello con alcuni tra i principali players commerciali e tecnologici israeliani. Strutturare ulteriormente i rapporti scientifici e tecnologici con Israele e rafforzare la cooperazione nel campo commerciale e della ricerca industriale attraverso progetti bilaterali che vedano coinvolti in via congiunta centri di ricerca e imprese trentini e israeliani. E' questo l'obiettivo primario della visita iniziata stamattina da una delegazione presieduta dal presidente Dellai che vede coinvolti rappresentanti dell'universita' degli studi di Trento, della fondazione Edmund Mach, della fondazione Bruno Kessler, di Create Net e ben 10 aziende (start up e spin off) trentine presenti per un programma personalizzato di incontri di business. Lo stesso obiettivo muove la firma dell'accordo tra Israele e Provincia autonoma di Trento siglato stamane dal presidente Dellai e dal ministro dell'industria del commercio e del lavoro del governo israeliano Shalom Simhon alla presenza del Chief Scientist del Matimop (l'agenzia di governo per la ricerca e lo sviluppo industriale) Havi Hasson e di S.E. Luigi Mattiolo, ambasciatore d'Italia in Israele.
A margine della firma dell'accordo il presidente Dellai ha dichiarato: ''L'accordo siglato oggi con una tra le realta' piu' dinamiche al mondo sul fronte dell'innovazione e della ricerca industriale rappresenta motivo d'orgoglio per il nostro sistema e il coronamento di un rapporto di collaborazione scientifica ed istituzionale con Israele che e' cresciuto nel tempo e che potra' crescere ulteriormente grazie alle opportunita' operative aperte dalla firma di oggi''.
La missione segue la precedente del novembre 2010 culminata nell'incontro tra il presidente Dellai e il presidente Shimon Peres e rappresenta una ulteriore tappa della fitta rete di relazioni e progetti di cooperazione che vedono impegnati ricercatori del sistema trentino e di quello israeliano. ''Un elemento particolarmente importante - ha proseguito il presidente Dellai - e' la presenza in questa missione e nei progetti da attivare attraverso l'accordo del sistema d'impresa trentino e israeliano: siamo convinti infatti che l'innovazione e la ricerca debbano sempre piu' porsi al servizio dello sviluppo del sistema produttivo per innalzarne la competitivita' e migliorarne le prospettive di crescita''. L'accordo fornira' la possibilita' di attivare bandi congiunti per la realizzazione di progetti di ricerca industriale che vedranno coinvolti centri di ricerca e imprese tecnologiche trentine israeliane in settori quali l'Ict; le Biotecnologie, le energie rinnovabili.
Tra gli incontri previsti oggi dalla delegazione scientifica e istituzionale (che include Carla Locatelli per l'Universita' di Trento, Francesco Salamini per la Fondazione Mach; Oliviero Stock per FBK, Imrich Chlamtac per Create-Net) trentina, la visita alla Medic4all, una delle principali realta' imprenditoriali al mondo nel campo della Telemedicina, all'Incubatore Tecnologico Lab One e le riunioni di lavoro con Avi Hasson, Chief Scientist del Matimop e con l'Ambasciatore Mattiolo e con i Consiglieri commerciale e scientifico dell'Ambasciata italiana, rispettivamente, Lorenzo Ortona e Alessandro Treves.

(ASCA, 26 marzo 2012)

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Unione europea e Israele siglano accordo sul trasporto aereo

L'Unione europea e Israele hanno raggiunto un accordo sullo sviluppo di un mercato unico nel settore del trasporto aereo. Lo riferisce la Commissione Ue, che ha chiuso i negoziati oggi a Tel Aviv. Prima di entrare in vigore, l'intesa dovrà attendere i via libera delle procedure interne alle due parti. L'accordo si basa sull'adozione di regole comuni, dalla sicurezza alla protezione dei consumatori, e segue l'esempio di quelli già stipulati con altri paesi, come Marocco e Giordania, con la prospettiva di arrivare un giorno ad uno spazio aereo euro-mediterraneo. Grazie a questo accordo sull'aviazione, le linee aree Ue potranno operare voli diretti con Israele da qualsiasi località nell'Unione e le compagnie israeliane potranno operare senza restrizioni in tutti gli aeroporti dell'Ue. Secondo la tabella di marcia, l'apertura del mercato comune sarà progressiva e sarà completata nell'estate del 2017. Nel 2010 il mercato complessivo del trasporto aereo fra Ue e Israele è stato di 6,75 milioni di passeggeri, con una crescita del 13,4% rispetto al 2009.

(Travel, 26 marzo 2012)

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Festeggiamenti nella piccola comunità ebraica sudcoreana

di Elena Fuoridalghetto

Highslide JS
Per la prima volta è arrivato a Seoul un rotolo della Torah (i primi cinque libri della Bibbia). Alla presenza dell'ambasciatore israeliano, Tuvia Israeli, e del rabbino capo della comunità, Osher Litzman, gli ebrei locali, che sono poco più di un centinaio, hanno inaugurato la nuova sinagoga.
Secondo l'ebraismo, infatti, una luogo di culto non può essere ufficializzato se il suo Libro sacro non è stato scritto a mano da uno scriba di Israele (sofer): quello coreano è giunto nei primi giorni di febbraio, e l'ultima parte del rotolo è stata lasciata in bianco. Gli ebrei coreani, durante la cerimonia, hanno scritto le ultime lettere che compongono la fine del Libro.
La copertura del rotolo raffigura una menorah (la lampada ebraica a sette braccia) con la torre di Seoul.
Gli esponenti della comunità hanno definito il loro Paese come uno dei più aperti e tolleranti al mondo.

(fuori dal ghetto, 26 marzo 2012)

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Crisi energetica a Gaza, frizioni Anp-Hamas

GAZA, 25 MAR - La crisi energetica che da oltre due mesi colpisce la popolazione della Striscia di Gaza ha innescato nuove tensioni fra i vertici dell'Anp di Abu Mazen (Mahmud Abbas) e l'esecutivo di Hamas nella Striscia. Il premier Salam Fayad ha affermato che l'Anp non e' piu' in grado di sovvenzionare il 70% delle necessita' energetiche della Striscia e ha accusato Hamas di aver frapposto ''ostacoli''. Un dirigente di Hamas, Halil al-Haya, ha accusato l'Anp di aver ''cospirato con il Mossad israeliano.

(ANSA, 26 marzo 2012)

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I giovani, il futuro

di Francesca Matalon

MILANO - Quando si parla di giovani, i problemi da affrontare non mancano. Forse perché quello più grande sta a monte: come si fa a definire cos'è la goventù? La letteratura ebraica, attraverso l'uso di vari termini per indicare questo concetto, la identifica come un periodo pieno di travagli legati alle scelte di vita che si devono compiere. Questa la risposta di Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, intervenuto ieri pomeriggio a Milano al dibattito "Un secolo di gioventù ebraica in Italia", organizzato dalla Comunità ebraica di Milano e dall'Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, per presentare la ricerca sui giovani ebrei italiani condotta da quest'ultima. Gli altri protagonisti: Cobi Benatoff, che da presidente dell'European Council of Jewish Communities sostenne la nasciata di Hans Jonas, Saul Meghnagi, direttore scientifico dell'associazione e curatore della ricerca, Tobia Zevi, presidente di Hans Jonas e David Piazza, consigliere della Comunità ebraica di Milano. A moderare il dibattito, davanti a un pubblico con molti giovani e rappresentanti dei movimenti giovanili, il consigliere della Comunità e membro del consiglio direttivo di Hans Jonas Simone Mortara. Senza dimenticare che se i giovani rappresentano il futuro dell'ebraismo italiano, i loro problemi sono anche quelli delle comunità, come sottolineato dai vari interventi, a partire da quello di rav Della Rocca, che ha posto in modo forte la domanda se il modello di istituzione comunitaria esistente oggi sia quello più appropriato in prospettiva futura.
   "Cittadini del mondo, un po' preoccupati. Una ricerca sui giovani ebrei italiani" (la Giuntina, 2011) il titolo dello studio promosso da Hans Jonas. Cittadini del mondo, perché i giovani ebrei italiani sono forti e coraggiosi, non hanno paura di viaggiare, studiare all'estero, confrontarsi con il diverso. Un po' preoccupati però, e non solo per il loro stesso futuro, che appare loro abbastanza incerto, come d'altra parte emerge dai dibattiti che fioriscono anche al di fuori del mondo ebraico: c'è timore anche per il futuro dell'ebraismo italiano e delle comunità ebraiche, legato anche alla consapevolezza che l'antisemitismo esiste e cresce.
   Una contraddizione? Probabilmente no. Anzi, forse le due cose sono più legate di quanto non sembri: nel momento in cui ci si trova a non avere certezze, nel presente e ancor meno proiettate nel futuro, l'unico punto fermo sembra rimanere la propria identità religiosa. E in virtù di questo è possibile spiegare alcuni dati emersi dalla ricerca: la grandissima importanza attribuita dai giovani non solo a Israele, ma anche alla presenza delle Comunità ebraiche sia sul territorio italiano, sia in eventuali mete estere di trasferimento per motivi di studio o lavoro, un atteggiamento di generale diffidenza nei confronti dell'ebraismo riformato, la tendenza a evitare il matrimonio misto. E in questa chiave si può spiegare anche la massiccia adesione ai movimenti giovanili: è stato evidenziato come essi siano la culla dei futuri rabbini e leader comunitari, che al loro interno acquisiscono molte delle conoscenze di cui si serviranno nello svolgere queste funzioni. Ed è proprio per questo bisogno di rafforzare la propria identità religiosa che, quando ormai diciottenni i giovani devono abbandonare l'Hashomer Hatzair o il Benè Akiva, somigliano un po' a pecorelle smarrite. E se è vero, come è stato sottolineato, che non esistono movimenti equivalenti per i più grandi, nei quali sia richiesto un impegno così quotidiano, il successo delle iniziative di associazioni come l'Ugei è grande. Perché mentre infiamma questo dibattito metacomunitario, che è sempre utile e sano alimentare, i giovani ebrei si riuniscono proprio a Milano in occasione del weekend di Purim organizzato dall'Unione Giovani Ebrei d'Italia con Efes2. Un modo per non smettere di vivere il proprio ebraismo con fierezza e gioia, nonostante i tragici eventi delle ultime settimane, che costituisce una possibile risposta pratica e concreta a tutti questi problemi e a queste preoccupazioni. E allora forse Lorenzo il Magnifico aveva proprio colto questo spirito: "Quant'è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto sia, del doman non c'è certezza".

(Notiziario Ucei, 26 marzo 2012)

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Vedere l'odio per quello che è

di Hanoch Daum

Ci sono momenti nella vita in cui bisogna definire con precisione se stessi e cosa ci si trova ad affrontare. E quello che ci troviamo ad affrontare in questo momento è l'odio.
Odio puro e ardente contro gli ebrei. Quel genere di odio contro gli ebrei che non conosce nessuna motivazione politica o diplomatica: anzi, quello con cui abbiamo a che fare è un odio contro gli ebrei che non ha nulla a che fare con la realtà degli ebrei. È il genere di odio cui si riferivano i nostri saggi quando parlavano dell'odio di Esaù per Giacobbe.
Non ci sono insediamenti al di là della ex linea armistiziale, né raid delle Forze di Difesa israeliane contro sospetti di terrorismo nella striscia di Gaza, né alcun tipo di circostanza o impasse diplomatica che possa spiegare il gesto di uccidere a sangue freddo una bambina con tanto di colpo di grazia sparato a bruciapelo, come è accaduto a Tolosa, né quello di sgozzare col coltello dei bambini che dormono, come è avvenuto a Itamar.
In questi momenti difficili e terribili, quando bambini ebrei vengono trucidati dai loro assassini, bisognare tenere a mente che questo odio non è in alcun modo causato dalla condotta o dal comportamento degli ebrei.
È causato dal fatto stesso che gli ebrei esistono.

(israele.net, 26 marzo 2012)

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Ricerca israeliana: la Marijuana medica lenisce il dolore ai malati terminali

Highslide JS
Sheba Medical Center di Tel Hashomer
TEL AVIV- Più di due terzi dei pazienti malati di cancro si è detta soddisfatta del trattamento a base di marijuana ricevuto in Israele. A renderlo noto è un autorevole studio medico condotto dalla Sheba Medical Center di Tel Hashomer, in collaborazione con l'Israel Cancer Association che per la prima volta ha esaminato dei pazienti israeliani.
La ricerche dell'équipe israeliana è stata condotta su 264 malati terminali di cancro, a cui è stato somministrato un quantitativo esiguo di marijuana medica. Il 61% dei pazienti intervistati ha spiegato che con il dosaggio di marijuana prescritto, ha constatato un sensibile miglioramento qualitativo della vita, mentre il 56% ha affermato che con questo trattamento hanno migliorato la loro capacità nel gestire il dolore. Lo studio ha poi rivelato che il 67% dei pazienti è favorevole a continuare il trattamento e il 65% di essi lo consiglierebbe anche ad altre persone che versano nelle stesse condizioni di salute.
I risultati delle ricerche sono stati presentati all'inizio di questo mese da un medico israeliano nella conferenza dell'Unione oncologica, ad Eilat nel profondo sud dello stato israeliano. Il relatore è stato il Dr. Ido Wolf, direttore di oncologia presso il Cancer Sheba Center, assistito dai suoi collaboratori: Yasmin Leshem, Damien Urbach, Adato Berliz, Tamar Ben Efraim e Meital Gerty.
Secondo lo studio, i tipi più comuni di cancro per i quali è prescritta la marijuana medica sono il cancro ai polmoni (21 per cento), il cancro al seno (12 per cento) e il cancro al pancreas (10 per cento). La maggior parte dei pazienti affetti da cancro che sono stati sottoposti al suddetto trattamento, consiglia l'uso di marijuana solo nella fase più acuta della malattia. Ma secondo gli osservatori "il trattamento deve essere effettuato nelle fasi precedenti al cancro" e non nelle fasi finali.
Lo studio ha osservato che il 39% dei pazienti non è venuto a conoscenza del trattamento dai medici, bensì da amici, altri pazienti o dai media israeliani. Le ricerche hanno definito gli effetti collaterali derivanti dall'uso regolare di marijuana medica come "moderati", i quali hanno causato alcune vertigini ma soltanto in alcuni casi.
Secondo Miri Ziv, direttore del Cancer Association Israele , intervistato dal quotidiano Haaretz: "la marijuana medica è diventata negli ultimi anni uno dei trattamenti più gettonati dai malati di cancro in Israele [e perciò ndr] l'associazione ritiene che la questione dovrebbe essere regolamentata da professionisti del settore". Negli ultimi anni in Israele, il numero di coloro che hanno adoperato la marijuana medica è aumentato del 66% all'anno. Stando a quanto affermato nello studio, ad oggi la marijuana medica è stata concessa a circa 6.000 israeliani.
Mentre molti aspetti legali al consumo di marijuana medica rimangono tutt'ora irrisolti, i funzionari del Ministero della Sanità ritengono che una volta che il trattamento sarà stato completamente regolamentato, il numero di pazienti trattati potrebbe raggiugere le 40mila unità. Delle 12 piantagioni autorizzate in Israele, secondo il rapporto almeno sette sono attualmente attive.

(ilmediterraneo.it, 26 marzo 2012)

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Inchiesta su teppismo sportivo a Gerusalemme

Squadra di calcio di Gerusalemme di nuovo nella bufera

GERUSALEMME, 25 MAR - La polizia israeliana ha aperto un'inchiesta per far luce su un episodio di teppismo sportivo verificatosi lunedi' quando centinaia di tifosi del Betar Gerusalemme - una squadra legata ad una ideologia nazionalista - hanno dato la caccia ad alcuni manovali arabi in un centro commerciale cittadino. L'episodio e' stato denunciato venerdi' dal quotidiano Haaretz, dopo aver preso visione delle immagini delle telecamere di sicurezza e dopo aver raccolte numerose testimonianze.

(ANSA, 26 marzo 2012)

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60% di israeliani favorevole alla guerra con l'Iran

Il 60 per cento degli israeliani ritiene che solo con un attacco militare si potrà fermare il programma atomico iraniano. E' quanto rivela un sondaggio condotto dal professore Camil Fuchs per il Jerusalem Center for Public Affairs, secondo quanto riporta il sito web del quotidiano Haaretz.
Secondo il 65 per cento degli israeliani, il prezzo che Israele pagherebbe per convivere con la minaccia atomica iraniana sarebbe di gran lunga più alto di quanto pagherebbe per attaccare i siti nucleari iraniani. Solo il 26 per cento si dice in disaccordo con questa posizione, mentre il nove per cento afferma di non essere sicuro al riguardo.

(Affaritaliani.it, 26 marzo 2012)

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Lady Ashton, "Apologise or resign"

TOLOSA - Scuse o dimissioni. È questa la richiesta congiunta formulata dallo European Jewish Parliament e dalla European Jewish Union a Catherine Ashton, alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione Europea che, all'indomani dei sanguinosi fatti di Tolosa, aveva equiparato le quattro vittime dell'attacco antisemita alla Ozar HaTorah ai bambini palestinesi morti durante le operazioni di risposta al terrorismo operate dall'esercito israeliano a Gaza. Un paragone poi smentito dalla stessa Ashton con giustificazioni molto vaghe che non avevano convinto e che anzi avevano suscitato ulteriore sdegno nell'opinione pubblica internazionale, nel mondo ebraico, in Israele. Si è così arrivati, alle porte dello Shabbat, al lancio della campagna "Scuse o dimissioni". Un'iniziativa che è rivolta alle Comunità ebraiche e non, ai singoli così come alle associazioni. Tra le sue anime Vittorio Pavoncello, consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e rappresentante italiano al Parlamento ebraico europeo, che parla, riferendosi alle infelici esternazioni pubbliche di Lady Ashton, di affermazioni "vergognose" e "che distorcono la realtà". Durissimi anche gli interventi di alcuni tra i massimi rappresentanti dell'ebraismo europeo, che stanno in queste ore raccogliendo ulteriori adesioni e idee su come procedere. "Le parole della Ashton - spiega Tomer Orni, direttore generale della European Jewish Union - rappresentano un'offesa gravissima alla memoria delle vittime e potrebbero essere indirettamente interpretate come una giustificazione all'assassinio di ebrei in Europa. Ci aspettiamo al più presto delle scuse o un doveroso passo indietro". Sulla stessa lunghezza d'onda Joel Rubinfeld, copresidente dello European Jewish Parliament, secondo il quale si è in presenza allo stesso tempo di un "errore politico" e di un "torto morale" di ingiustificabile gravità. Quindi, Miss Ashton, "Apologise or resign".

(Notiziario Ucei, 25 marzo 2012)

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Non solo Tolosa, 30 anni fa l'attacco alla sinagoga di Roma

di Alessandro Marzo Magno

Nel 1982, un attentato sconvolse la sinagoga di Roma: quattro granate e diverse raffiche di mitra contro la folla. Era la festa del Miganin Bat Mitzvah, rituale per i bambini della comunità. E l'unico morto fu proprio un bambino, Stefano Gay Taché. L'attacco provocò 37 feriti. Poco si fece per bloccare i responsabili, e molto fu accusata la politica filoaraba del Psi. L'unico individuato riuscì a rifugiarsi in Libia con Gheddafi. Ed è ancora lì. Forse il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata potrebbe testare l'amicizia delle nuove autorità di Tripoli chiedendo finalmente la consegna del terrorista che ammazzò il piccolo Stefano Gay Taché.

Highslide JS
   Folla fuori dalla sinagoga di Roma dopo l'attentato del 1982
Si chiamava Stefano Gay Taché, aveva due anni. Era un bimbetto biondo, con la maglietta a righe e i pantaloncini blu. Chissà, durante la cerimonia religiosa avrà pure costretto i suoi genitori a zittirlo: i bambini con quelle cose lì si annoiano mortalmente. Erano le 11.56 del 9 ottobre 1982 e stava uscendo dalla sinagoga di Roma. Un'ora più tardi moriva nella sala di rianimazione del vicino ospedale Fatebenefratelli.
  Il piccolo Stefano rimane vittima dell'attentato al tempio ebraico di Roma (e i morti avrebbero potuto essere molti di più, visto che i terroristi hanno lanciato quattro granate a mano e sparato raffiche di mitra tra la folla). Si contano 37 feriti, almeno otto in condizioni molto gravi. Tra questi ultimi c'è pure Gadiel, quattro anni, fratello maggiore di Stefano, una scheggia gli ha trapassato l'occhio destro. Un elicottero lo trasporta al San Camillo, dove sarà strappato alla morte. «Fui sottoposto a trenta interventi chirurgici nel corso di un anno e mezzo, alla testa, all'occhio, all'arteria femorale che doveva essere riallacciata, dappertutto. Poi, mica è finita, un'altra ventina di interventi negli anni successivi. Non sono mai guarito. Ancora adesso mi fa male sempre qualcosa», ha dichiarato in ottobre, in occasione del ventinovesimo anniversario dell'attentato. Oggi, dopo essersi laureato in lettere, fa il broker assicurativo.
  La madre, Daniela Gay, è pure lei ferita gravemente, mentre subisce solo alcune fratture il padre, Josef Taché, che non gli impediscono di spaccare una vetrata dell'ospedale con un pugno subito dopo aver appreso della morte del figlio. Al di fuori della famiglia Taché, il ferito più grave è Emanuele Pacifici, padre dell'attuale presidente della Comunità ebraica romana, Riccardo. «Ha avuto il ventre, la milza e il torace spappolati», spiegavano alla direzione sanitaria del Fatebenefratelli e dovranno passare alcuni giorni prima che sia dichiarato fuori pericolo.
  Ecco come Giuseppe Zaccaria, nella Stampa del giorno dopo, descrive l'episodio. «Per cinque, terribili minuti dinanzi al tempio israelita la gente ieri mattina ha urlato, si è gettata per terra, si è calpestata. Pochi minuti prima di mezzogiorno, in una mattinata di sole, il rabbino Elio Toaff aveva appena finito di celebrare, col rito del sabato, anche l'ingresso di alcune decine di tredicenni nella comunità religiosa. Era la cerimonia del Miganin Bat Mitzvah: un po' quella che per i cattolici è la cresima. Nella sinagoga, dunque, più di cinquanta bambini; poi padri, madri, parenti. Fino all'altra sera dinanzi alla sinagoga stazionava di continuo un blindato della polizia con a bordo dieci agenti. Ma la tensione (almeno secondo i responsabili dell'ordine pubblico a Roma) da qualche tempo si era allentata. Ieri a mezzogiorno di agenti davanti alla sinagoga non ce n'erano. E i cinque, sei terroristi che hanno organizzato l'agguato hanno potuto agire senza alcun intralcio».
  L'azione ricalca, pari pari, quella dell'attentato alla sinagoga di Vienna (29 agosto 1981, due morti e 19 feriti). «All'uscita dei fedeli nel cortile», scrive ancora Zaccaria, «proprio mentre i primi stavano varcando la cancellata che dà sulla strada, uno dei terroristi ha lanciato le bombe a mano, lasciando sul selciato le linguette di sicurezza, subito dopo altri due hanno cominciato a sparare con i mitra. Molti colpi hanno attraversato il cortile, forando vetri e lamiere di auto parcheggiare a cinquanta metri di distanza. Altri hanno ridotto in brandelli le vetture parcheggiate dinanzi all'uscita di via Catalana. Tutti i feriti - è riuscita a comunicare in tarda sera la polizia - sono stati raggiunti da schegge, segno che gli attentatori hanno usato i mitra soprattutto per coprirsi la fuga».
  A terra rimangono quattro linguette di granate a mano di fabbricazione sovietica e una trentina di bossoli calibro nove (ovvero di armi da guerra) di un colore rossiccio, tipico dei proiettili per kalashnikov usati in Medio Oriente. Gli attentatori utilizzano per arrivare e andarsene una Golf amaranto targata Salerno.
  L'allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, esprimerà la volontà di partecipare ai funerali del piccolo Stefano Taché, ma Elio Toaff, il rabbino capo di Roma, lo inviterà a lasciar perdere, perché non potrebbe garantire la sua incolumità. La rabbia nella comunità ebraica romana è enorme: in quell'aver ritirato la sorveglianza delle forze dell'ordine si scorge una sorta di abbandono da parte dello Stato e si contestano apertamente il presidente del Consiglio, Giovanni Spadolini, e i partiti di governo, primo fra tutti il Psi, per una politica considerata eccessivamente filo-araba.
  Quello dei terroristi è un capitolo particolarmente oscuro. Non si sa neanche esattamente quanti fossero, cinque-sei, come scrivono i giornali all'indomani dell'attentato, o addirittura una decina. Fuggono e non vengono mai nemmeno identificati, salvo uno: Osama Abdel al Zomar, che viene pure condannato all'ergastolo in contumacia, nel 1988. Qualche tempo dopo si consegna alla polizia di Atene, forse per sfuggire alle armi del Mossad che stava per fare giustizia a modo suo. Ma la Grecia, molto attenta a non inimicarsi i palestinesi, non estrada il condannato in Italia, bensì in Libia dove lo stesso al Zomar aveva chiesto di andare. Inutile dire che il regime di Gheddafi si guarda bene dal sbatterlo in galera. Roma protesta con Atene, ma molto blandamente: avere quell'uomo in carcere in Italia avrebbe potuto provocare attentati da parte dei palestinesi.
  Il nome di al Zomar torna in primo piano nel 2009, in occasione della visita in Libia del presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi. Riccardo Pacifici chiede che l'uomo, su cui continua a pendere una condanna all'ergastolo, sia consegnato alle autorità italiane. Ma Franco Frattini, allora ministro degli Esteri italiano, annuncia che non se ne farà nulla. «La Libia ci ha fatto sapere che questa persona non sarà estradata», dichiara ai microfoni di SkyTg24. Naturalmente il fatto non intacca per nulla la trionfale parata berlusconiana nel regno gheddafiano, con tanto di esibizione delle Frecce Tricolori, mentre un anno prima era stata restituita la statua della venere di Cirene. Osama Abdel al Zomar, a quanto risulta, si trova ancora in Libia e il ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Santagata, potrebbe testare l'amicizia delle nuove autorità di Tripoli chiedendo finalmente la consegna del terrorista che ammazzò Stefano Taché.

(LINKIESTA, 25 marzo 2012)

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Tunisia, scontri salafiti-laici: "Pronti a uccidere ebrei"

TUNISI, 25 MAR - Avenue Bourghiba, la strada piu' importante di Tunisi, e' stata teatro dalla tarda mattinata al pomeriggio di scontri tra salafiti, che intendevano tenervi una manifestazione a sostegno della sharia, e gli appartenenti all'Associazione tunisina del Teatro, che oggi celebravano appunto la Giornata del Teatro. I salafiti volevano fare partire la loro manifestazione dalla scalinata antistante il teatro municipale, dove era gia' in corso quella dell'associazione.
Gli integralisti si sono prima allontanati, per poi tornare davanti all'edificio chiedendo all'Associazione tunisina del Teatro di lasciare libera la scalinata. Dopo uno scambio di insulti, sono scoppiati dei tafferugli. I salafiti hanno quindi cominciato una sassaiola e, quando hanno finito le pietre - riferisce il sito Tunisie Numerique -, hanno usato come proiettili delle uova arrivate a decine addosso ai sostenitori del teatro. Le forze dell'ordine, intanto, hanno cercato di interporsi tra i due schieramenti, in cui la preponderanza dei salafiti (presenti in migliaia di persone) era netta.
La manifestazione dei salafiti nel cuore di Tunisi a sostegno della sharia e durante la quale ci sono stati scontri innescati dagli integralisti islamici, ha avuto anche una forte connotazione anti-ebraica. Uno ''sceicco'' del movimento integralista, che indossava la veste lunga e bianca della tradizione tunisina, salito su un palco improvvisato in piazza 14 Gennaio, ha arringato la folla a ''prepararsi per uccidere gli ebrei''. Alle incitazioni dello sceicco, la folla ha risposto affermativamente a gran voce.
In Tunisia, da secoli, vive una comunita' ebraica rispettata e che non ha mai avuto problemi con i musulmani.
Il corteo degli integralisti ha quindi lasciato la parte piu' alta di avenue BOurghiba dirigendosi verso la piazza 14 Gennaio, che ospita l'Orologio, uno dei simboli della citta', ai piedi del quale, gli uomini da una parte, le donne dall'altra, hanno pregato. Durante la preghiera e' stata fatta sventolare, sull'Orologio, una bandiera del partito salafita Hizb Ettahrir che, sebbene non autorizzato, svolge attivita' politica alla luce del sole senza che nei confornti dei suoi attivisti sia presa alcuna iniziativa da parte dell'autorita' giudiziaria.

(Blitz quotidiano, 25 marzo 2012)

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Goodbye Lenin a Tel Aviv, ecco gli ultimi bundisti

Ottantenni irriducibili, fra yiddish e internazionalismo

di Aldo Baquis

Yitzhak Luden
TEL AVIV - Il 'Bund', movimento operaio che nel secolo scorso elettrizzava le masse ebraiche in Russia e Polonia e che per decenni fu uno dei pilastri dell'internazionalismo proletario in Europa, e' ancora attivo (all'insaputa di quasi tutti gli israeliani) in un 'covo' di Tel Aviv. A rompere il silenzio su questi incalliti professionisti della lotta sociale (alcune decine di ottantenni che frequentano un circolo dove ci si esprime solo in 'yiddish', l'idioma degli ebrei dell'Europa centro-orientale) e' stato di recente, con un film su di loro, il giovane documentarista Eran Torbiner.
Da oltre mezzo secolo in Israele, lo scrittore Yitzhak Luden - 88 anni portati con piglio battagliero, indomito senso dell'umorismo e lucidita' - ne incarna oggi la leadership. Spiega d'essere rimasto un convinto fautore del bundismo - ideologia socialista rivoluzionaria che mosse i primi passi alla fine dell'Ottocento, entrando rapidamente in conflitto tanto con i bolscevichi (per la sua impronta umanitaria) quanto con i fratelli separati sionisti (per il rifiuto del culto nazionale della terra d'Israele) - poiche', fatti alla mano, lo Stato israeliano ''non ha rappresentato una soluzione della questione ebraica''. Non solo non ha sconfitto l'antisemitismo, ma per certi versi - accusa - ha contribuito a rinfocolare sentimenti d'ostilita' che mettono a repentaglio gli ebrei della Diaspora. Luden riceve l'ANSA nel suo appartamentino di periferia.
Trovarlo non e' difficile: e' una traversa di Rehov ha-Maavak, ossia Via della Lotta. Nato in una Varsavia dove il Bund garantiva alle masse ebraiche (allora un terzo della popolazione cittadina) istruzione, cultura e assistenza sindacale, Luden avrebbe visto il suo mondo crollare con l'invasione tedesca. Il movimento fu infatti stritolato dallo sterminio nazista. Piu' tardi, ai superstiti, sarebbe toccata anche la persecuzione degli stalinisti: ''Per loro eravamo fumo negli occhi, eretici da sradicare, un po' come i trotzkisti'', ricorda lo scampato. Rimasto solo al mondo dopo la II guerra mondiale, egli sarebbe approdato a Tel Aviv con poche altre centinaia di Bundisti. Tutti si sentivano in transito: speravano testardamente che dalle ceneri del conflitto e dell'Olocausto sarebbe potuta risorgere presto una nuova Polonia dove riprendere la lotta sociale. Ma il sedimentarsi d'un regime comunista totalitario (e di nuove forme d'antisemitismo) li indussero a restare infine in Israele, malgrado il credo irriducibilmente avverso al Sionismo. C'era d'altronde un'altra battaglia da combattere: quella per la lingua yiddish, osteggiata dai laburisti di David Ben Gurion perche' vista come espressione della ''odiata Diaspora''.
Gli scrittori yiddish di Tel Aviv si sentirono costretti in un ghetto virtuale. Ma era gente di acciaio. Malgrado le difficolta', militanti come J. Artusky e Ben-Zion Zalevic avrebbero tenacemente pubblicato un giornale nella lingua degli ebrei della Mitteleuropa: i lettori erano pochi, ma con le idee chiare, ispirate a istanze radicali sul fronte sociale e a un pacifismo senza compromessi su quello della politica regionale. ''Da sempre il Bund e' stato per una soluzione equa della questione palestinese: due Stati sovrani, in buon vicinato'', rivendica Luden.
Egli stesso ha prodotto migliaia di articoli, in parte raccolti ora in due ponderosi volumi in yiddish: e dunque incomprensibili all'israeliano della strada. Questa settimana, nel suo ultimo editoriale (riservato forse a una platea di 800 persone), Luden strapazza da par suo il premier destrorso Benyamin Netanyahu per la ''retorica bellicista, che - denuncia - rischia di scatenare un conflitto con l'Iran''. Viene allora da chiedergli cosa ne pensi - lui, sopravvissuto della Shoah e custode della memoria di una famiglia di vittime e di un mondo di ombre - dell'accostamento azzardato di recente da Netanyahu fra gli ebrei massacrati ad Auschwitz e i rischi che incombono su Israele da parte di Teheran? ''Por-no-gra-fia politica'', sillaba a scatto, fremente d'indignazione, l'ultimo Bundista di Tel Aviv.
Oltre agli ultraortodossi, anche i bundisti! Nemici esterni e nemici interni. Non è questa un’altra prova che lo Stato d’Israele, così com’è, è un miracolo di Dio?


(ANSA, 24 marzo 2012)

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Apre i battenti la prima sinagoga coreana

di Joseph Yun Li-sun

Dopo circa 60 anni, la comunità ebraica residente nel Paese inaugura il suo primo luogo di culto. Il rabbino: "Mai come qui ho trovato rispetto per la nostra religione".

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  Rav Osher Litzman
SEOUL - Dopo circa 60 anni, la comunità ebraica della Corea del Sud ha inaugurato la sua prima sinagoga. Lo scorso 4 marzo i fedeli sparsi per il Paese, i rabbini delle nazioni vicine e l'ambasciatore israeliano a Seoul hanno infatti assistito alla posa della Torah che segna l'apertura ufficiale del luogo di culto. La comunità ha lodato la popolazione e la società coreana, "una fra le più tolleranti di tutto il mondo".
In Corea del Sud gli ebrei sono arrivati con la Guerra di Corea. Nel 1950, inviati dagli Stati Uniti, circa 200 soldati di religione ebraica si sono stabiliti nel Paese e qui sono rimasti anche dopo la fine delle ostilità, firmata nel 1953. Oggi gli ebrei residenti sono circa 500, e la metà di loro è di nascita coreana: sono i figli e i nipoti di quei soldati, sposati poi con donne locali.
La sinagoga ha aperto i battenti a Seoul. Negli ultimi 6 decenni, infatti, la comunità si è riunita in una "Casa Chabad": questa prende il nome da un'organizzazione israeliana, forse la più grande del Paese mediorientale, che aiuta e sostiene le comunità religiose nel mondo. Le "Case Chabad" non hanno soltanto la funzione di sinagoghe temporanee, ma sono anche le residenze dei rabbini.
Guidata dal rabbino Osher Litzman, la posa della Torah ha aperto i festeggiamenti. Secondo il culto ebraico, infatti, una sinagoga non può aprire i battenti se il suo Libro sacro non è stato scritto a mano da uno scriba di Israele: quello coreano è giunto nei primi giorni di febbraio, e l'ultima parte del rotolo è stata lasciata in bianco. Gli ebrei coreani, durante la cerimonia, hanno scritto le ultime lettere (in yiddish) che compongono la fine del Libro.
Secondo la comunità, la Corea del Sud "è uno dei migliori Paesi al mondo per quanto riguarda la tolleranza e la libertà religiosa". Il Paese, spiega rabbi Litzman, "è il contrario dell'anti-semitismo. È una benedizione essere qui: ho viaggiato in tutto il mondo, ma soltanto qui ho trovato rispetto e null'altro".

(AsiaNews, 24 marzo 2012)

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Tolosa e Mohammed Merah

di Paola Farina

«C'è questa tendenza malata a cercare precostruiti profili psicologici, congegnati ad arte, per sminuire l'attuale clima antiebraico e anti israeliano, una perversione interiore quasi a cercare assoluzione e giustificazione nel paragone.» Riceviamo direttamente dall'autrice questo articolo che compare oggi sul giornale locale "VicenzaPiù". M.C.


Mohammed Merah, 24 anni, francese di origini algerine si è autodefinito mujaheddin, cioè patriota combattente per la sua religione e qaedista (l'aggettivo che riguarda l'organizzazione fondamentalista islamista di Al Qaeda). Vestito con la tuta da meccanico, aspetto da carrozziere gentile ed educato, in realtà era uno jihadista che per lungo tempo ha beffato l'intelligence francese (e quanti stanno beffando la nostra intelligence?), ma era schedato, pare, dai servizi segreti americani.
   Aveva pensato bene di arruolarsi tra i gruppi di terroristi operativi al confine tra Pakistan e Afghanistan e si è battuto a fianco dei talebani. Alcune fonti sostengono che l'uomo era evaso dalla prigione di Kandahar, in Afghanistan, dove scontava una condanna a 3 anni per aver piazzato delle bombe insieme a un gruppo di talebani nel 2008. In Francia il suo nome era legato invece solo a piccoli reati, guida senza patente, furto, scippi. Precedenti penali che gli hanno valso, nel 2010, il rifiuto alla Legione Straniera. Questo curriculum porta a un momento di riflessione... giacché negli anni passati tra i talebani sono stati trovati anche islamiti che sono transitati per Vicenza e pure il figlio di un noto legale americano... Il nemico è ovunque, tra l'operaio e l'ingegnere, tra un venditore di fiori e quello di aranciata... tra di noi, purtroppo.
   Il suo avvocato ha definito Mohammed Merah "discreto, ben educato, non era né violento, né fanatico... chissà cosa gli deve essere passato per la testa" e secondo alcuni psicologici, il giovane psicopatico non aveva il profilo del martire "non vuole morire, preferisce uccidere e aveva individuato le sue prossime vittime". Affermazioni che tendono ad abbassare il suo ruolo di terrorista... ma siamo sclerati? Persino in un caso come questo c'è voglia di minimizzare e del resto esempio di scorrette affermazioni, le ha esternate la baronessa Ashton, (la stessa che qualche giorno fa aveva definito i marò italiani detenuti in India, "guardie private") improprio Ministro della Comunità Europea, che parlando in un convegno sulla gioventù palestinese a Bruxelles, non ha perso occasione di accennare alla strage di Tolosa e subito dopo si è sentita in dovere di ricordare i bambini "che perdono la vita a Gaza", ovviamente per mano degli israeliani... accostamenti ingiusti e pericolosissimi data la circostanza.
   C'è questa tendenza malata a cercare precostruiti profili psicologici, congegnati ad arte, per sminuire l'attuale clima antiebraico e anti israeliano, una perversione interiore quasi a cercare assoluzione e giustificazione nel paragone. Sembra che parte degli europei faccia colazione con una spremuta di veleno contro qualsiasi persona o cosa possa in qualche modo rappresentare l'Ebraismo e Israele.
   Credo che il mondo sia pervaso da un revisionato sentimento antiebraico, non sempre fondato sulle radici della Germania nazista (anche questo può essere un alibi), non sempre fondato sulla diversità religiosa o sull'etnia, ma anche sulla capacità di Israele di aver saputo vincere, di aver creato benessere e occupazione, di aver trasformato il deserto in una fucina di fiori, frutta e verdura, di aver saputo convertire l'ignoranza in eccellenza, la povertà in ricchezza, di aver brevettato e immesso sul mercato i migliori farmaci anticancro, le migliori cure mediche in generale, i migliori sistemi di sicurezza, tecnologia e risparmio idrico e così via, perché non c'è campo in cui Israele non abbia saputo affermarsi, esclusa ovviamente l'industria pesante perché è un Paese talmente piccolo che non può permettersi grandi strutture industriali. Un mix di elementi che moltiplicano le tradizionali valenze antisemite generando un cocktail di esplosivo ad alta distruzione.
   E di questo revisionato antisemitismo-antiebraico io non smetterò mai di accusare un certo tipo di stampa, indipendente e finanziata dal Governo, che spesso e volentieri ha dato e dà immagini distorte sulla complicata questione medio-orientale (spesso senza averne titolo, merito e competenza), un certo tipo di pacifinti che non nulla hanno a vedere con i veri pacifisti (ammesso che ne esistano ancora), tutti quelli che si ostinano a far passare per umanitarie certe operazioni che di umanitario hanno solo le bombe costruite con manodopera umana e quanti si ostinano a profondere la cultura dell'ignoranza!
   L'ennesima violenza alla quale abbiamo assistito è accaduta a Tolosa, nel marzo del 2012 e milioni di persone la condannano, esprimono sentimenti di solidarietà, si pongono domande e cercano risposte che non sapranno mai darsi... Tutti solidali con gli ebrei... tutti in sinagoga, perché ieri sera in tutte le Comunità Ebraiche del mondo si sono ricordate le vittime di questa ennesima atrocità... tutti fratelli, candidati e gente comune... sempre la storica invocazione "mai più"... invocazione che ricorre da troppi anni, ma che nel corso degli stessi è sempre stata disattesa.
   Quando, dove e a chi toccherà la prossima volta?

(VicenzaPiù, 24 marzo 2012)

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«Noi ebrei costretti a vivere nella paura»

Dopo la pubblicazione dei mille nomi di famiglie livornesi un sito neonazista diffonde l'indirizzo di un asilo e una macelleria

di Giulio Corsi

LIVORNO. «La paura è dentro di noi, sempre». Piero Cassuto è livornese da generazioni, erede di quel Dario Cassuto prosindaco di Livorno eletto nel 1919 primo senatore ebreo della città, a sua volta erede di una famiglia di agiati commercianti che dal 1700 si era trasferita in quella che un tempo era chiamata la Nazione Ebraica d'Italia.
   Ex manager specializzato in franchising per marchi internazionali di moda, ex presidente della comunità ebraica, numero uno di B'nai B'rith, organizzazione umanitaria giudaica diffusa in tutto il mondo, anche il cognome della sua famiglia, come quello di mille altri livornesi, è finito nella lista di proscrizione pubblicata due giorni fa da Holy War, sito delirante in cui si professa la difesa della cristianità dalla mafia ebraica. E ieri, quando ha scoperto che su un altro sito americano, Stormfront.org, comunità virtuale di nazionalisti bianchi bazzicata da estremisti di tutto il mondo, era pubblicato addirittura l'indirizzo della scuola materna ebraica e di una macelleria israeliana, il suo cuore ha avuto un altro sussulto e nei suoi occhi si sono accesi sentimenti di dolore e di rabbia, immagini viste da bambino che 70 anni dopo hanno ancora i colori nitidi della tragedia. «Eravamo cinque, vivevamo in Toscana, io i miei genitori i miei fratelli. C'era un'altra famiglia accanto alla nostra: cinque anche loro, Cassuto anche loro. Loro padre si chiamava Davide. Era mio zio. Li portarono via. Non sono più tornati». Si ferma un attimo, si asciuga una lacrima. Chiede addirittura scusa per aver ceduto al sentimento. Poi continua: «Da quando avevo 11 anni, ogni volta che sento parlare di antiebraismo o di antisemitismo un brivido mi corre sulla pelle. E subito dopo il brivido, un'eruzione di bontà alla rovescia. Capite che cosa intendo dire...».
   Cases, Cassan, Cassato, Cassuto, Castel Franco, Castelfranco. Piero Cassuto ascolta la parte che lo riguarda del lunghissimo "elenco dei cognomi più frequenti degli ebrei e dei falsi convertiti di Livorno" pubblicato da Holy War in una pagina intitolata "Il problema della sinagoga di Satana". E' un viaggio nel tempo, dal 1938 al 2012, in altre liste che per gli ebrei sembrano non finire. «La nostra memoria ricorda tutto: avevamo quattro, cinque anni, i figli dei nazifascisti non volevano giocare con noi, ci chiamavano sporchi, ebrei spie degli inglesi. I loro genitori gli facevano la lista di chi dovevano emarginare, anche nei giochi. Quella lista, anche per noi bambini è continuata ad esistere a scuola, dove non siamo potuti andare fino al 1944. Pensare che c'è ancora qualcuno che compila una lista con i nostri nomi, forse più dettagliata di quella che ha la comunità ebraica è terribile». E spaventoso. Ma il sentimento della paura ha contorni particolari per gli ebrei. «La paura è dentro di noi, ma purtroppo siamo abituati a quello che sta succedendo. Noi vecchi che siamo passati dalla Shoah ci conviviamo da quando siamo bambini, e ai nostri figli, ai nostri nipoti insegniamo quotidianamente che devono sapere, studiare, ma devono anche lottare. Perché il pericolo c'è sempre, è in agguato». Vivere così, col terrore di una nuova Tolosa, di un criminale accecato da falsi miti, che una mattina prende una lista da internet e punta il mirino del suo fucile su una scuola livornese o su una macelleria o su un cognome preso da una lista, è angoscia. Ma gli ebrei non si sono mai fermati davanti alla paura. «Ebrei da tutto il mondo partirono per Israele per la guerra dei sei giorni. E un mese dopo tutti erano di nuovo al lavoro, alla loro vita». E' per questo che Cassuto dice che i suoi figli, i suoi nipoti devono lottare, continuando a vivere la loro vita, con la paura e senza paura. E lottare significa due cose: prima di tutto pensare a Israele, difenderla in tutti i modi. E poi non minimizzare mai certi fatti. «Israele va difesa, va lasciata ai nostri figli e i nostri figli dovranno lasciarla ai loro - continua Cassuto -. Se ci fosse stata ai tempi della Shoah, avremmo vissuto tutti lì. Ma fuori da Israele è fondamentale che l'attenzione sia sempre massima, che si capisca che è un pericolo chi nega la Shoah, che tutti, noi ebrei per primi, siamo molto determinati per far capire che ogni gesto ha un significato e per ricordare che anche in Italia, prima delle leggi razziali, molti erano convinti che qui mai sarebbero accaduti certi fatti».

(Il Tirreno, 24 marzo 2012)

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Iron Dome si rivela un successo per la difesa dai razzi palestinesi

di: Andrea Bizzarri

  
Il sistema Iron Dome, progettato e voluto da Israele per contrastare il lancio di razzi non guidati dalla striscia di Gaza, ha provato la sua versatilità e capacità all'inizio di marzo. Innescata dall'attacco aereo israeliano contro Zuhair al-Qaissi, militante palestinese, la risposta di Gaza ha portato al lancio di almeno trecento missili non guidati Grad verso le città che circondano la striscia.
Tel Aviv ha annunciato che la risposta palestinese, durata quasi una settimana, ha raggiunto la ragguardevole intensità di 50 missili al giorno. Da parte sua il Ministero della Difesa ha confermato che il sistema Iron Dome è stato utilizzato per intercettare almeno 75 attacchi e che 60 missili Grad sono stati efficacemente abbattuti. Iron Dome ha quindi raggiunto, ad un anno dalla sua completa operatività, un 80% di chance di intercettazione.
Iron Dome è un sistema antimissile integrato, composto da un radar individuazione & tracciamento, un'unità per la gestione e controllo ed almeno un'unità di lancio. Tutto il pacchetto è montato su veicoli ruotati per permetterne il dispiegamento veloce in caso di necessità. Il radar è in grado di localizzare il lancio di missili da territorio palestinese, ne comunica la posizione e traiettoria al sistema di controllo che provvede a lanciare un missile più veloce. Se il tracciamento non subisce problemi, allora il missile sparato da Iron Dome sarà in grado di colpire il suo bersaglio.
Il processo è abbastanza semplice da descrivere, molto più complesso nella sua esecuzione. Vi sono un numero elevato di parametri che devono essere controllati e rispettati, non ultimo il fatto che i missili Grad sparati dai palestinesi non sono guidati e spesso deviano dalla traiettoria prestabilita.
La Rafael, l'azienda israeliana che produce Iron Dome, afferma che il sistema è in grado di intercettare anche proiettili da artiglieria di calibro 155 mm o superiore. Una capacità, questa, che interessa altri Paesi oltre ad Israele e che Tel Aviv sta cercando di sfruttare per esportare il sistema. Tra i possibili importatori vi sono molti paesi NATO oggi impegnati in Afghanistan, compresi gli Stati Uniti, che hanno sviluppato un sistema complementare, denominato Phalanx, in grado di intercettare anche proiettili da mortaio. Anche la Corea del Sud ha mostrato interesse nella piattaforma: un sistema come l'Iron Dome, integrato con l'americano Phalanx, permetterebbe a Seoul di contrastare l'onnipresente minaccia dell'artiglieria nordcoreana. La buona prova data dal sistema in questi giorni potrebbe convincere alcuni dei possibili acquirenti.

(Meridiani Relazioni Internazionali, 24 marzo 2012)

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Inchiesta Onu su impatto colonie in Palestina

Per Israele è «Ipocrisia». 36 voti a favore, Italia si astiene, Usa contro.

Con il via libera alla prima missione di inchiesta sull'impatto degli insediamenti sui territori palestinesi occupati, tra cui Gerusalemme Est, è emersa la chiara distanza di posizioni del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu e di quelle di Nabil Abou Roudeina, portavoce di Abu Mazen.
La decisione dell'Onu è stata infatti definita come «un'ipocrisia» per Israele, e una «vittoria» per l'autorità nazionale palestinese.
L'ufficio di Nenyahu ha infatto precisato in una nota: «Questo Consiglio, con una maggioranza ostile a Israele, è ipocrita e deve vergognarsi di se stesso. Ha preso 91 decisioni, di cui 39 relative a Israele, 3 sulla Siria e una sull'Iran».
Da parte sua l'Anp ha fatto sapere: «la nuova decisione internazionale è una nuova vittoria per la causa palestinese che sostiene i diritti del popolo di fronte all'occupazione e alla colonizzazione israeliana».

RISOLUZIONE ADOTTATA CON 36 VOTI A FAVORE - I 47 Stati membri del Consiglio hanno infatti adottato con 36 voti a favore, uno contrario e dieci astenuti, tra cui l'Italia, la risoluzione presentata dai palestinesi. La proposta mira alla creazione di una «missione di inchiesta internazionale indipendente per indagare sulle conseguenze degli insediamenti israeliani dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale del popolo palestinese».
È la prima volta che una missione di questo tipo viene messa in piedi, ha precisato un portavoce del Consiglio. Presentando la risoluzione il rappresentante del Pakistan ha affermato che le «colonie israeliane ostacolano la realizzazione della soluzione a due Stati» e ha raccomandato agli Stati membri del Consiglio, dove l'Anp ha lo statuto di osservatore, di adottare il testo.
«Questa risoluzione cerca di rispondere alle sfide umane e umanitarie che le pratiche illegali di Israele hanno creato nei territori occupati» ha aggiunto.

SPAGNA E ITALIA ASTENUTE, USA CONTRO - Spagna e Italia si sono astenute, mentre gli Stati Uniti sono stati gli unici a votare contro il progetto di risoluzione. Il rappresentante Usa ha spiegato: «la posizione americana di fronte agli insediamenti è chiara e non è cambiata», sottoineando che le negoziazioni dirette sono la sola soluzione.
Opponendosi fermamente alla proposta di una missione di inchiesta il rappresentante Usa ha precisato: «Misure di questo tipo non fanno nulla per promuovere una pace giusta e duratura».
Nei giorni scorsi l'Alto Commissario ai diritti umani, Navi Pillay, aveva ancora una volta denunciato gli insediamenti israeliani e chiesto al governo di «fermare immediatamente il trasferimento della sua popolazione civile nei territori occupati».
La risoluzione adottata ha affrontato anche la questione della presunta violenza dei coloni e ha chiesto a Israele di «mettere in campo delle misure serie, come la confisca di armi e di imporre delle sanzioni penali».

(Lettera43, 23 marzo 2012)


Nonostante le apparenze, il pericolo più grande per Israele, e quindi per tutto il mondo ebraico, e quindi per tutto il mondo, non viene dalla “cattiveria” degli islamisti che vogliono le stragi, ma dalla “bontà” degli internazionalisti che vogliono la “pace”. I veri amici d’Israele dovrebbero rifiutarsi di accettare che si parli di colonie e continuare a dire la verità: cioè che quella terra appartiene tutta al popolo ebraico, non solo per diritto biblico, ma anche per diritto internazionale. Ma la verità interessa? o anche ai difensori d’Israele interessa soprattutto la “pace”? cioè di essere lasciati in pace. M.C.

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Ex capo della polizia di Israele: il blitz di Tolosa dimostrazione di stupidità

GERUSALEMME, 23 mar - L'operazione lanciata dalle teste di cuoio francesi per catturare il killer di Tolosa e' ''una evidente dimostrazione di stupidita'''.Cosi', l'ex capo dell'Unita' di Intervento della Polizia di Israele e delle Forze Speciali paracadutiste Ron Alik, affonda sulle dinamiche del blitz che ha portato all'uccisione di Mohamed Merah, l'autore del massacro della scuola ebraica Ozar Hatorah durante il quale hanno perso la vita quattro persone, tra cui tre bambini.''Attendere 30 ore per catturarlo quando non erano presenti ostaggi appare come un'evidente dimostrazione di stupidita''', ha detto l'ufficiale, citato dal quotidiano Maariv. ''Suppongo che l'ordine era quello di prenderlo vivo, ma c'e' un limitea tutto. Non si puo' lasciare un assassino in 'liberta'' per 32 ore con un telefono e trasformarlo in uno 'shahid' (martire in lingua araba, ndr) e un eroe'', ha rincarato Alik.

(ASCA, 24 marzo 2012)

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Pravda: responsabilità della chiesa nella Shoah

di Francesco Quintano

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Jozef Tiso incontra Adolf Hitler a Berlino
In occasione del 70esimo anniversario della deportazione degli ebrei slovacchi, il quotidiano Pravda, sul suo numero di giovedì, ha pubblicato un circostanziato articolo riguardante l'oscuro periodo del governo filo-nazista che si rese responsabile dello sterminio di decine di migliaia di ebrei slovacchi nei campi di concentramento tedeschi.
Pravda si sofferma soprattutto sul ruolo attivo ricoperto dalla chiesa cattolica, la quale, nonostante abbia espresso già in passato orrore e rammarico per la sorte degli ebrei slovacchi deportati, non ha mai ammesso pubblicamente ed in via ufficiale la responsabilità diretta di alcuni degli esponenti di punta del clero slovacco nel massacro.
Basta aprire un libro di storia per sapere che dal 1939 al 1945 la Repubblica Slovacca, proclamatasi indipendente, fu guidata dal prete cattolico Jozef Tiso con l'arcivescovo Jan Vojtasak nella carica di vice-presidente.
Tiso aveva ricevuto l'incarico di governare direttamente da Hitler, che voleva utilizzare i territori slovacchi come avamposto del Reich per condurre l'invasione della Polonia.
Nel 1941 il Partito Popolare Slovacco, di cui Tiso era Presidente, dotò il paese di leggi razziali, ispirate alle famigerate Leggi di Norimberga, con cui si obbligavano gli ebrei slovacchi a portare segni di riconoscimento e si impediva loro di partecipare pienamente alla vita politica ed economica del Paese.
Infine, sempre guidata dal governo conservatore nazionalista e religioso di Tiso che godeva di ampio appoggio nella devota popolazione slovacca dell'epoca, la Repubblica chiese formalmente alla Germania di farsi carico dell'eliminazione fisica degli ebrei presenti nel Paese.
Addirittura la Slovacchia accettò di pagare un tributo al Fürer per ogni ebreo deportato in cambio della garanzia che questi non avrebbero mai più fatto ritorno sul territorio nazionale.
Inizialmente l'accordo prevedeva la deportazione di 20,000 ebrei "giovani e forti" da destinare ai campi di lavoro (principalmente Auschwitz) ma con l'adozione della cosiddetta "soluzione finale" i tedeschi decisero di forzare la mano deportando in pratica tutti gli ebrei slovacchi: si trattò di circa 70,000 persone di cui almeno 65,000 trovarono la morte nei campi di sterminio.
Contrariamente a quanto fatto dalle autorità ecclesiastiche di altri paesi, gli arcivescovi slovacchi si sono sempre rifiutati di ammettere una responsabilità diretta nell'Olocausto; la posizione ufficiale delle autorità ecclesiastiche di Bratislava, ribadita anche in questa occasione, è che la voce di molti esponenti del clero slovacco che chiedevano la pace ed il rispetto dei diritti umani fu ignorata e calpestata.
Jaroslav Frànek, portavoce dell'Associazione delle Comunità Religiose Ebraiche, ha speso parole di conciliazione per commentare le dichiarazioni degli arcivescovi slovacchi, affermando di ritenerle quantomeno un primo passo verso l'apertura di un dialogo.
Frànek ha tuttavia sottolineato come lo stesso Vaticano abbia accettato di farsi carico delle responsabilità morali e materiali della Chiesa nell'Olocausto, mentre nel caso della Slovacchia questo non sia ancora esplicitamente avvenuto.

(La Voce della Slovacchia, 22 marzo 2012)

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Messaggio della vedova del rav assassinato a Tolosa

In un messaggio diffuso dall'organizzazione Chabad Lubavitch, la vedova del rav Jonathan Sandler assassinato con due dei suoi figli e un'altra bambina a Tolosa, si rivolge agli ebrei di tutto il mondo con queste parole:

"Il mio cuore è spezzato. Non riesco a parlare. Non c'è un modo per esprimere il dolore divorante che risulta dall'assassinio del mio caro marito rav Jonathan e i nostri figli, Aryeh e Gavriel e di Miriam Monsonego, figlia del preside della scuola Ozar Hatorah rav Yaakov.
Che nessuno debba più soffrire in questa maniera.
Molti di voi, cari fratelli e sorelle in Francia e nel mondo, state chiedendo cosa potete fare per me, per la mia figlia Liora e per le anime dei miei cari marito e figli, e sento che per quanto possa essere difficile, ho il dovere di rispondere alle vostre richieste.
La vita del mio marito era dedicata all'insegnamento della Torah. Siamo tornati al suo paese di nascita
  
Chava Sandler
per aiutare la gioventù a scoprire la bellezza della Torah. Era un uomo veramente buono, affettuoso e altruista. Era sensibile a tutte le creature di D-o, sempre cercando il modo per scoprire la bontà negli altri.
Lui ed io abbiamo allevato Aryeh e Gavriel a vivere le vie della Torah. Chi avrebbe potuto sapere quanto brevemente sarebbero vissuti su questa terra, quanto breve sarebbe stato il tempo in cui sarei stata la loro madre?
Non so come io, i miei suoceri e la sorella di mio marito troveremo la consolazione e la forza per continuare, ma so che le vie di D-o sono buone e che Lui ci dimostrerà la strada e ci darà la forza per andare avanti. So che le loro anime sacre rimarranno con noi per sempre e so che molto presto arriverà il momento in cui ci riuniremo con la venuta del Mashiach.
Credo con tutto il cuore alle parole del verso "D-o ha dato, D-o ha preso; benedetto sia il nome di D-o". Ringrazio D-o per il privilegio, quanto breve fosse, di poter allevare i miei figli assieme al mio marito. Ora il Sign-re li vuole vicino a Lui.
A tutti coloro che desiderano portare consolazione alla nostra famiglia e compiacimento alle anime di coloro che ci hanno lasciato: Portiamo avanti la loro vita su questa terra.
Genitori, baciate i vostri figli. Dite loro quanto li amate e quanto è vicino al vostro cuore il desiderio che siano degli esempi viventi della Torah, impregnati del timore del Cielo e l'amore del prossimo.
Aumentate il vostro studio della Torah, da soli o con parenti e amici. Aiutate coloro che hanno difficoltà a studiare da soli.
Aumentate la luce nel mondo tramite l'accensione dei lumi di Shabbat questo e ogni venerdì sera. Anticipate un po' l'orario pubblicato per aumentare ancora i momenti di santità nel mondo.
Si avvicina la festa di Pesach. Invitate un'altra persona nelle vostre case per far sì che tutti abbiano un posto ad un Seder per celebrare la festa della nostra libertà.
Assieme al ricordo amaro delle difficoltà in Egitto tanti anni fa, raccontiamo ancora quanto "in ogni generazione si sono messi contro di noi per annientarci". E tutti insieme annunceremo con voce alta e chiara: "D-o ci salva dalle loro mani".
Lo spirito del popolo ebraico non può mai essere spento, il suo legame con la Torah e le mitzvòt non potrà mai essere distrutto.
Che sia la volontà di D-o che da questo momento in poi si possa conoscere solo la gioia.
Invio le mie sentite condoglianze alla famiglia Monsonego per la perdita della loro figlia Miriam, e prego per la guarigione di Aharon ben Leah, che è rimasto ferito durante l'attacco.
Vi ringrazio del vostro supporto e del vostro amore".
Chava Sandler

(Notiziario Ucei, 23 marzo 2012)

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Perché Al-Qaeda e i nazisti non si sparano tra di loro?

Questa non è solo una domanda ingenua, un'ipotesi quasi banale, è solo una costatazione ovvia di chi combattono costoro e per ché uccidono.
Loro colpiscono gli innocenti a caso, nel mucchio, per far provare terrore nella gente, per provocare reazioni.
Probabilmente, anzi sicuramente, le loro aspettative e i loro calcoli folli, quando esistono, risulteranno tutti errati.
E' certo che il terrorismo ricade sui suoi esecutori, ma è anche vero che questi atti criminali, oltre al dolore, al lutto, al terrore, provocano conseguenze disastrose: provocano timori, pregiudizi verso questi e quelli.
I mussulmani hanno subito discriminazioni, con meno possibilità di trovare casa e lavoro da quando c'è il terrorismo.
Il danno economico poi ricade sulle loro famiglie in Occidente, in Europa e su quelle che attendono in Patria, provocando un danno economico che come al solito si ripercuote sui più poveri.

(Notizie News, 23 marzo 2012)

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Asthon e Camilleri protagonisti del fallimento dell’Unione Europea

di Chantal Cresta

Catherine Asthon e Andrea Camilleri. A chi si stesse domandando cosa abbia a che fare il responsabile Ue agli Esteri con uno dei più arguti romanzieri del panorama italiano, è presto detto: nulla. Salvo il fatto che entrambi sono interpreti di due diversi episodi che chiariscono bene quale fallimento sia l'Unione europea.

ASTHON - Rivela Secondo Protocollo, organizzazione per la difesa dei Diritti Umani: due giorni fa la baronessa britannica ha partecipato a Bruxelles ad una conferenza stampa dell'Unrwa, l'Agenzie delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi del Vicino Oriente. Dovendo commentare la vicenda di Mohamed Merah - il 24enne francese affiliato ad AlQaeda che ha sterminato 7 persone tra cui 3 militari, l'insegnate di una scuola ebraica a Tolosa e 3 bimbi della stessa, finendo ucciso in uno scontro con le teste di cuoio - la Asthon l'ha sparata più grossa che poteva accostando le morti di bambini palestinesi nella Striscia di Gaza, vittime del conflitto bellico tra i terroristi di Hamas ed Israele, con il massacro della scuola di Tolosa.
Le dichiarazioni sono state applaudite da Hamas. Il resto del Palazzo Ue è rimasto ammutolito. Israele in compenso - la stessa nazione che ha appena seppellito le 4 vittime di Merah - ha urlato allo scandalo. Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Liebermann ha ricordato alla Asthon che: «i bambini d'Israele vivono nel continuo timore dei razzi sparati contro di loro da Gaza», senza contare - ha continuato Liebermann - che i «terroristi si annidano tra la popolazione» e che «l'esercito israeliano fa di tutto per non colpire i civili».
Pare che la baronessa abbia passato la giornata seguente a smentire se stessa, assicurando di essere stata malintesa. Tuttavia il suo passato non depone a favore. Tra gli anni '70 e '80, la signora era impegnata nella Campagna di disarmo nucleare, un'associazione filocomunista in sospetto di essere finanziata dall'ex Unione sovietica, stato molto vicino ad Arafat a e quindi ai terroristi. Nel 2010, la Asthon ha finanziato alcuni progetti dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) per il recupero di Gaza. Roba meritevole di lodi se non fosse che, tra le altre cose, Asthon ha stanziato 35 milioni di euro per la riapetura del valico alla frontiera di Gaza, linea di confine con Israele dalla quale confluiscono le armi che foraggiano Hamas nella sua lotta alla distruzione del paese limitrofo. Roba poco meritevole.
Ora, che la baronessa non sia un genio diplomatico è un fatto. Può anche darsi che alla signora sfugga che i fondamentalisti usino erigere le proprie basi accanto alle case dei civili palestinesi o che lancino razzi nei campi da gioco per colpire innanzitutto i bambini o che lo slogan più in voga tra gli estremisti sia quello di Khaled Meshaal, leader di Hamas: «ogni civile ucciso è una vittoria per Hamas». Può darsi. E allora vien da chiedersi cosa ci stia a fare agli Esteri. Il punto però è un altro: la signora filopalestinese sembra anche molto antisemita. Se la prima dinamica è lecita, la seconda non lo è di sicuro e poiché ogni parola della Asthon in sede istituzionale è parola dell'Ue, possibile mai che quest'ultima non intervenga? Che non provveda con immediate richieste di dimissioni? Fosse solo per salvare la faccia? No, alla Ue va bene così.

CAMILLERI - Questa è da ridere. Maria Damanaki è il commissario Ue per la Pesca. Recentemente la signora ha scritto a Camilleri per esprimergli il suo sconcerto. Motivo: Montalbano - celebre personaggio uscito dalla penna dello scrittore siciliano - commissario anche lui ma più serio della Damanaki, ha pessime abitudini alimentari. Tra esse, quella di abbuffarsi di novellame, piccoli pesciolini tipici del Mediterraneo, che però sono specie protetta. Secondo il funzionario Ue è intollerabile che una persona inventata faccia scorpacciate con specie quasi estinte la cui sola citazione tra le pagine di un libro, dovrebbe essere cancellata. Camilleri pare sia rimasto di sasso. Tanto più che il suo Montelbano preferisce da sempre la triglia allo scoglio. Torniamo a monte.

Ecco l'Unione europea: una massa di burocrati supponenti e sciocchi pronti a fare delle dimensioni dei cetrioli ragione di Stati e dei gusti gastronomici di un personaggio immaginario questione di diritto internazionale. Con il ditino morale perennemente alzato, si capisce. Sempre pronto ad impartire lenzioni salvo poi, dietro di esso, nascondere l'intolleranza etnica, la vigliaccheria del silenzio-assenso o l'inutilità del proprio ruolo. Poco importa, poi, se ci si rende ridicoli o indecorosi. Poco male se si dimostra quanto vana incapacità, insensibilità ed assenza di un qualsiasi significato vi sia dietro questo papocchio di Unione dove ognuno parla per sé a nome di tutti. E' sufficiente avvolgersi nella bandiera a 12 stelle. Tanto basta a dar valore a quel che non ne ha.

(Wakeupnews, 23 marzo 2012)

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Atene più vicina a Tel Aviv

di Elena Fuoridalghetto

In periodi recenti sembrava che anche la Grecia non fosse mediamente ben disposta nei confronti di Israele. Invece, sarà per la rivalità storica con la Turchia il cui governo pare si stia allontanando da quella laicità che lo rendeva un Paese collaborativo con Israele e con le democrazie "occidentali", ora sembra che la Grecia desideri intensificare i rapporti con Gerusalemme. Almeno dal punto di vista commerciale e turistico.
Pochi giorni fa, infatti, un apparecchio A320 dell'Olympic Air ha (ri)collegato per la prima volta (dopo tanti anni) Atene a Tel Aviv. Di voli diretti ce n'erano già, sia dell'El Al (la compagnia di bandiera israeliana), sia dell'Aegean, ma questo è il primo dell'Olympic. La frequenza per ora sarà di tre volte a settimana: lunedì, venerdì e domenica. Nei periodi di alta stagione, però, si aggiungerà un quarto volo di giovedì.
L'obiettivo di Atene è sia quello di rinforzare la propria presenza nel Mediterraneo orientale, sia quella di favorire il turismo religioso, visto che entrambi i Paesi sono due mete importantissime per la Cristianità.

(fuori dal ghetto, 23 marzo 2012)

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A Roma "Scrittura e testimonianza" con symposium in memoria di Primo Levi

ROMA - Dal 27 al 30 marzo si terrà a Roma un simposio internazionale in memoria di Primo Levi a venticinque anni dalla morte. Il convegno è promosso dal Master internazionale di II livello in didattica della Shoah dell'Università Roma Tre, diretto dal professor David Meghnagi, con la partecipazione di Europa Ricerca Onlus ed i patrocini del Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca, del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Il Symposium si articola in quattro giornate e sette sessioni ospitate il 27 e 28 marzo 2012 dalla Casa delle Letterature (Piazza dell'Orologio, 3) e il 29 e 30 marzo 2012 dalla Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (via Santa Maria in via, 37).
Il convegno romano partecipa e in parte anticipa le numerose iniziative che a livello internazionale mondiale indagano il lascito dello scrittore torinese.
Nel corso delle 4 giornate porteranno il loro contributo 31 relatori, studiosi dell'opera di Levi, provenenti da Argentina, Francia, Regno Unito, Repubblica Federale Tedesca, Romania, Israele e Stati Uniti che affronteranno temi quali l'antropologia filosofica di Levi, il rapporto di Primo Levi con le lingue, il contributo di Primo Levi alla elaborazione del lutto tra i sopravvissuti alla dittatura militare in Argentina, la recezione di Primo Levi in Germania e Romania, Stati Uniti, le stilizzazioni dell'amore nella sua opera, il contributo allo sviluppo del sentimento di una cittadinanza condivisa e alla ricerca psicologica, etnologica e filosofica. Tutti gli studiosi stranieri hanno scelto di esprimersi in Italiano in omaggio alla lingua di Primo Levi.
Gli studiosi italiani provengono da 10 diversi atenei e indagheranno temi inerenti la linguistica così come il contesto storico, gli aspetti peculiari della scrittura di Levi. Il convegno raccoglierà i contributi di persone con le professionalità più diverse ma che hanno dedicato una parte importante della loro attività allo studio dell'opera di Levi.
Coordinatore scientifico del progetto è David Meghnagi Direttore del Master internazionale di II livello in didattica della Shoah di Roma Tre e Presidente della Commissione convegni del Dipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Università Roma Tre. Una collaborazione preziosa è pervenuta dallo staff della Casa delle letterature guidato dalla dottoressa Maria Ida Gaeta e dallo staff guidato dalla Consigliere Anna Nardini del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Comitato d'onore per la promozione dell'evento è composto da: Edith Bruck, scrittrice; Riccardo Di Segni, Rabbino capo della Comunità ebraica di Roma; Guido Fabiani, Rettore dell'Università Roma Tre; Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte costituzionale; Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane; Giuseppe Laras, già Presidente dell'Assemblea rabbinica italiana; Amos Luzzatto, già presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane; Dina Porat, Head of the Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry, Tel Aviv University; Francesco Profumo, Ministro dell'Istruzione Università e Ricerca; Luciano Violante, Presidente emerito della Camera dei Deputati.
Il Comitato scientifico è composto da: Riccardo Calimani, Presidente del Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara; Roberto Cipriani, Direttore del Dipartimento di Scienze dell'educazione, Roma Tre; Rino Caputo, Preside della Facoltà di Lettere, Università Tor Vergata; Giovanna Grenga docente al Master internazionale di II livello in didattica della Shoah; Claudia Hassan, docente all'Università di Roma di Tor Vergata; Maria Ida Gaeta, Direttore della Casa della Letterature di Roma; Natalia Indrimi, Executive Director del Centro Primo Levi di New York; Fabio Levi, Direttore del Centro Primo Levi di Torino; Brunello Mantelli, professore associato all'Università di Torino; Stefano Petrucciani, Direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Università La Sapienza; Frediano Sessi, docente all'Università di Brescia.
La sessione del 27 pomeriggio presso la Casa delle Letterature sarà un omaggio delle scuole romane all'opera di Levi attraverso le letture di testi da parte degli allievi e dei loro docenti. Alcuni testimoni leggeranno pagine dall'opera di Levi con l'accompagnamento di un ensemble giovanile di flauti. A conclusione della sessione del 29 marzo presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, la cantante Miriam Meghnagi presenterà la sua performance dal titolo "Verso dove viaggio" con i versi di Primo Levi e Paul Celan.

(CINQUEW.it, 23 marzo 2012)

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Ingegneri israeliani collaudano un innovativo sistema di controllo strutturale per elicotteri

Tel Aviv - "L'esperienza del pilota è spesso insufficiente"

Highslide JS
L'Air Force israeliana (Iaf) sta sviluppando un ingegnoso sistema automatico di rilevamento dei cedimenti strutturali per gli elicotteri della propria flotta. L'upgrade tecnologico consiste nell'applicazione di microsensori lungo le parti 'Sensibili' agli sforzi fisici di fusoliere e componenti aggiuntivi.
Fino ad oggi il rilevare tali incertezze strutturali è sempre stato compito e responsabilità dei piloti, addestrati a riconoscere tutte le manovre che potrebbero indurre stress fisici critici all'elicottero. Il piano, come riferito da fonti interne all'Iaf, consisterà nel dotare di questi sensori tutti gli aeromobili in servizio presso la forza aerea militare.
Gli ingegneri di Tel Aviv hanno già in precedenza sviluppato un sistema di controllo simile, sempre costituito da piccoli sensori applicati su punti particolari delle fusoliere, in grando di preannunciare al pilota il raggiungimento o meno di uno stress elevato su quel determinato punto dell'elicottero, così da prevenire emergenze strutturali.
Ricordiamo che l'Israeli Air Force ha in dotazione un vasto arsenale elicotteristico, che include macchine tattiche Black Hawk, Chinook e Sikorsky così come una grossa disponibilità d'elicotteri d'attacco, tra i quali gli ultimi derivate dell'NH-500 ed il pacchetto Kiowa Warrior/AH-64 Apache, tutti completamente riequipaggiati dagli israeliani con sistemi nazionali come è consuetudine.

(Avionews, 22 marzo 2012)

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Israele, intesa con Gazprom sul giacimento Tamar

TEL AVIV, 22 mar. - I partner del giacimento di gas Tamar - Noble Energy, Delek, Avner, Isramco, Dor - hanno riferito di aver firmato una lettera d'intenti non vincolante per la vendita di Gnl al gigante russo Gazprom. Le parti si sono accordate per portare avanti trattative non esclusive relative alla vendita di Gnl da un'unita' flottante di produzione e stoccaggio. L'installazione, che sara' costruita dalla sud coreana Daewoo, avviera' la produzione di 2-3 milioni di tonnellate all'anno nel 2017 per un periodo di 15-20 anni. L'accordo con Gazprom prevede che il prezzo del gas venga stabilito in base al prezzo del gas in Asia. I partner di Tamar hanno sottolineato che tale intesa non impattera' sugli impegni presi con Israele per soddisfare la domanda interna di gas.

(AGI, 22 marzo 2012)

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Ue-Israele, raggiunto un accordo sul mercato unico

BRUXELLES, 22 mar - Ue e Israele hanno appena raggiunto un accordo sullo sviluppo di un mercato unico nel settore del trasporto aereo. Lo riferisce la Commissione Ue, che ha chiuso i negoziati oggi a Tel Aviv. Prima di entrare in vigore, l'intesa dovra' attendere i via libera delle procedure interne alle due parti.
L'accordo di oggi si basa sull'adozione di regole comuni, dalla sicurezza alla protezione dei consumatori, e segue l'esempio di quelli gia' stipulati con altri paesi, come Marocco e Giordania, con la prospettiva di arrivare un giorno ad uno spazio aereo euro-mediterraneo. ''L'accordo sull'aviazione - afferma il commissario Ue ai Trasporti, Siim Kallas - raggiunto oggi a Tel Aviv e' molto importante per un futuro rafforzamento delle relazioni economiche, commerciali e per il turismo, fra Ue e Israele''. Grazie a questo accordo sull'aviazione, le linee aree Ue potranno operare voli diretti con Israele da qualsiasi localita' nell'Unione e le compagnie israeliane potranno operare senza restrizioni in tutti gli aeroporti dell'Ue. Secondo la tabella di marcia, l'apertura del mercato comune sara' progressiva e sara' completata nell'estate del 2017. Nel 2010 il mercato complessivo del trasporto aereo fra Ue e Israele e' stato di 6,75 milioni di passeggeri, con una crescita del 13,4% rispetto al 2009. Il 57% dei movimenti passeggeri da e per Israele sono con l'Unione europea, in particolare con 16 Stati membri, fra cui l'Italia.

(ANSAmed, 22 marzo 2012)

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Hamas ricorda Yassin: "Lotta armata contro Israele unica via"

  
GAZA, 22 mar. - Il movimento islamico di Hamas ha ribadito il valore della resistenza armata contro Israele come unica strada ''valida'' per liberare le terre palestinesi, mentre qualsiasi altra scelta è una "scommessa perdente". Parlando all'ottavo anniversario della morte del fondatore del gruppo, Sheikh Ahmed Yassin, ucciso il 22 marzo del 2004 dai missili israeliani che colpirono la sua auto a Gaza, Hamas ha chiesto al presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmoud Abbas) di evitare nuovi negoziati con lo Stato ebraico. Il nemico sionista, hanno detto gli esponenti islamici che governano Gaza, usa i negoziati come una copertura alla continua costruzione di insediamenti e alla giuidizzazione di Gerusalemme.
Intanto Hamas punta il dito contro Israele per la crisi energetica e la mancanza di carburante nella Striscia di Gaza. Il ministro degli Esteri di Hamas, Mohamed Awad, ha detto che "Israele è direttamente responsabile della crisi energetica", "La crisi deve finire presto", ha sottolineato, auspicando "il contributo di tutte le parti per risolverla". "Israele e l'Autorità nazionale palestinese sono al 100% responsabili per la crisi energetica in corso", ha ribadito anche Mahmoud al-Zahar, esponente di spicco di Hamas, secondo cui "c'è una cospirazione per rovesciare il governo di Hamas a Gaza". Al-Zahar ha quindi chiesto all'Egitto di aiutare "i palestinesi a risolvere la crisi".

(Adnkronos, 22 marzo 2012)

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L'Europa che flirta con le idee del killer

di Fiamma Nirenstein

L'assassino di Al Qaida che ha ammazzato tre bambini ebrei e il loro papà a Tolosa, l'ha subito spiegata con una logica ineccepibile: i bambini ebrei morti sono il prezzo che gli ebrei devono pagare per i bambini uccisi a Gaza. A una persona normale questa logica risulta demenziale non solo perché considerare che lo scambio di bambini scannati sia inconcepibile, ma anche perché non c'è un briciolo di verità in ciò che il criminale ha detto: l'esercito israeliano non ha mai colpito intenzionalmente un solo bambino, anzi ha sospeso infinite operazioni quandosi è delineata una vittima incolpevole. Ciò non ha evitato che a Gaza i bambini siano usati come scudi umani insieme al resto della popolazione civile, o che vengano uccisi per sbaglio in qualche azione per cui poi Israele si scusa e per cui, sovente, processa. Ma l'Europa non è normale. È impazzita, stordita infragilita.
   Perché purtroppo il terrorista ha forse ragione, almeno talvolta, e ha comunque dei punti a suo sostegno. Infatti gli ha dato ragione la baronessa Ashton, che ha rivelato con un'uscita che poi si è rimangiata goffamente, la sua vera anima, e quel che è più pericoloso la vera anima dell'Europa che l'ha eletta suo ministro degli Esteri: la Ashton infatti nel rimpiangere i bambini ebrei uccisi li ha comparati ai bambini uccisi a Gaza, che lei già precedentemente aveva definito un'immensa prigione. Un'osservazione stolta, che delinea un'incontenibile antipatia per Israele. E questo non è permesso quando si parla di bambini ebrei uccisi da un terrorista, e in generale quando l'Europa parla di terrorismo, il mortale nemico che nel 2011 ha ucciso 549 persone. La posizione della Ashton su Israele è pericolosa per tutti, poiché è di fatto amichevole verso il terrorismo, come dimostra il benvenuto che ha ricevuto da Hamas.
   L'odio contro gli ebrei, e di conseguenza contro Israele, conduce a una quantità di aberrazioni che riempiono l'Europa di pericolosissime Ashton che scambiano un Paese democratico per un'organizzazione terroristica e una strage cercata con il diritto all'autodifesa. Conducono anche a continue condanne, comitati d'indagini, sciocchezze istituzionalizzate dall'Ue e dall'Onu, come quando poche settimane fa la Ashton ha protestato per una detenzione di un palestinese, mentre una situazione analoga in Arabia Saudita non le faceva alzare un sopracciglio.
   I sostenitori europei della Ashton, ovvero quelli che dicono bugie su Israele sono masse di ultra destra, islamiste o di sinistra estrema. La colpevolizzazione di Israele a scapito di ogni verità è parte della più evidente decadenza europea. Nel 2009 il parlamentare laburista britannico Gerald Kaufmann sosteneva che gli ebrei usano il senso di colpa dei gentili «come giustificazione delle loro stragi di palestinesi». Apartheid, ferocia, violazione del diritto internazionale. L'Europa la pensa così contro ogni discussione sensata, e pensa che i bambini uccisi dal terrorista di Tolosa siano comparabili a quelli palestinesi periti nello scontro armato che da anni insanguina l'area. Lo sfondo ideologico è quello dell'antisemitismo classico, per cui un intellettuale leader norvegese, il famoso autore del «Mondo di Sofia», Jostein Gaarder, tradotto in 53 lingue, ha comparato gli israeliani ai talibani e al Sud Africa dell'apartheid. Anche lui come la Ashton, criticava dei gruppi terroristi, e poi subito dopo attaccava Israele dicendo che «vuole una soluzione finale (sic) per i palestinesi».
   Questa è la civile Europa, e ne avremmo per molte pagine ancora, anche perché l'Onu ne accompagna il cammino verso la perdita di se stessa, di ogni ragionevolezza, e quindi di sostanziale simpatia verso il peggiore dei mali contemporanei, il terrorismo. Il membro della House of Lords Jenny Tonge, nel 2004 (in piena Intifada) lo disse chiaro: «Se io vivessi in questa situazione, potrei considerare di diventare io stessa un terrorista suicida ». Nel 2003 l'artista greco Alexandros Psycolghoulis mise in mostra il ritratto di una donna palestinese che si era fatta esplodere in un mercato israeliano. E la parlamentare belga Veronique De Keyser parlando dell'ingiustificabile controllo in termini di terrorismo dei check point da parte israeliana disse «Se l'ambasciatore israeliano mi parla ancora della sicurezza israeliana, sento che lo vorrò strangolare». Questa è l'Europa della Ashton, pericolosa per tutti.

(il Giornale, 22 marzo 2012)

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«Allah, uccidi cristiani ed ebrei fino all'ultimo uomo»

Bisogna "smettere di sfruttare il nome della Palestina per compiere azioni terroristiche" ha detto il ministro palestinese Salam Fayyad riferendosi all’attentato di Tolosa. Ma perché si dovrebbe smettere, se gli stessi dirigenti palestinesi mostrano di approvare questi fatti? Riproponiamo un video uffciale della TV di Hamas in cui si invoca Allah chiedendogli di uccidere ebrei, cristiani, comunisti e i loro sostenitori. E si richiede "di contarli e ucciderli tutti fino all'ultimo, e di non lasciarne in vita nemmeno uno".




Come Palestinian Media Watch (PMW) ha più volte riportato, questa invocazione all'uccisione di non-musulmani è un invito che leader politici e religiosi sia dell'Autorità Palestinese (Fatah) sia di Hamas fanno da molti anni, a partire dal luglio 2000.
Per anni sermoni tenuti da leader religiosi sulla TV ufficiale dell'Autorità Palestinese governata da Yasser Arafat hanno presentato l'uccisione degli ebrei come un obbligo religioso e un adempimento dell'ideale islamico.

(Palestinian Media Watch, 8 dicembre 2010)


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Un altro esempio

Sulla TV dell'Autonomia Palestinese si può vedere una bambina che dedica un canto di glorificazione del martirio al suo zio terrorista, Sha'aban Hasssuna, comandante della Jihad islamica che sta scontando una condanna all'ergastolo.

TESTO
Se diventiamo martiri andremo in Paradiso.
Non dite che siamo giovani.
Questo modo di vivere ci ha reso adulti.
...
Senza la Palestina, che senso ha l'infanzia?
Bambini, voi osservate il dovere (religioso) e la Sunna (tradizione islamica):
Non c'è altro Dio se non Allah, e lo Shahid (martire) è il prediletto di Allah.
Tu ci hai insegnato il significato dell'eroismo.
...
Anche se ci dessero questo mondo e tutti i suoi tesori,
no, questo non ci farebbe dimenticare [la Palestina]. Niente affatto.
E' il mio paese e io [do] il mio sangue per amor suo.

Video

(Palestinian Media Watch, aprile 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Tolosa, stasera in Sinagoga il ricordo della comunità ebraica romana

Stasera alle 20 anche il ministro Andrea Riccardi parteciperà alla veglia di preghiera in ricordo delle vittime di Tolosa organizzata dalla Comunità ebraica romana presso il Tempio maggiore di Roma. Ieri il presidente della Comunità Riccardo Pacifici aveva lanciato l'allarme xenofobia: "La strage di Tolosa è il frutto avvelenato della saldatura tra gruppi dell'estrema destra e fondamentalismo islamico che sta prendendo piede in tutta Europa". Il ricordo dell'attentato alla sinagoga di Roma 30 anni fa si intreccia quindi con la notizia dei morti nella scuola ebraica francese.

(Online-News, 22 marzo 2012)

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L'archeologo di Gerusalemme Dan Bahat spiega il Santo Sepolcro

Il prof. Dan Bahat
FIRENZE - Si chiama Dan Bahat, per gli appassionati di archeologia è una leggenda: per molti anni archeologo ufficiale di Gerusalemme, ha diretto gli scavi al Muro del Pianto e in molti luoghi sacri della città cercando le tracce della storia di Israele, ma anche della storia islamica e cristiana. È professore emerito all'Università Barllan a Ramat Gan, in Israele, e docente all'Università dei gesuiti St. Michael a Toronto.
Lunedì 26 marzo sarà a Firenze, per un incontro organizzato dalla Facoltà Teologica dell'Italia Centrale: alle 15, nella Sala Teatina del Centro La Pira (via dei Pescioni 3, a pochi passi da piazza Duomo) parlerà del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Un'occasione preziosa, a pochi giorni dalla Pasqua, per conoscere la verità storica sulla sepoltura di Gesù che ci viene rivelata dagli studi archeologici sul luogo che, per i cristiani, è lo spazio fisico in cui è avvenuta la resurrezione.
Insieme al professor Bahat interverranno don Stefano Tarocchi, Preside della Facoltà Teologica dell'Italia Centrale, e Ida Zatelli, insegnante di lingua e letteratura ebraica all'Università di Firenze. Alle 17 la visita al Tempietto del Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti, nel vicino museo Marino Marini. L'incontro è organizzato in collaborazione con l'Amicizia Ebraico-Cristiana di Firenze e il Centro internazionale studenti Giorgio La Pira.

(Toscana Oggi, 22 marzo 2012)


Dal 26 aprile al 6 maggio 2012 il prof. Dan Bahat (che parla italiano) sarà la guida di eccezione di un viaggio in Israele organizzato da EDIPI (a cui, sia detto per inciso, parteciperà anche il curatore di queste note). Forse c'è ancora qualche posto a disposizione, chi è interessato farà bene ad affrettarsi. Per informazioni

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L'archivio di Albert Einstein

Si aggiornano gli Albert Einstein Archives dell'Università Ebrea di Gerusalemme, con l'imminente digitalizzazione di oltre 80.000 documenti originali.

Tutta la conoscenza di Albert Einstein finisce in un ricchissimo archivio online. L'Università Ebrea di Gerusalemme ha infatti lanciato una versione aggiornata dell'Einstein Archives Website, un progetto in collaborazione con l'Einstein Papers Project dell'Istituto di Tecnologia della California dell'Università di Princeton, contente oltre 80.000 documenti, inclusi 40.000 scritti personali e oltre 30.000 appunti scoperti a partire dagli anni '80.
L'ambizioso archivio, iniziato nel 2003, ha contenuto fino ad oggi 43.000 documenti, molti dei quali in versione manoscritto originale dello stesso Einstein. Suddivisa in cinque categorie in base alla cronologia di vita fino al 1921 - attività scientifica, persone ebree, l'università ebrea, attività pubblica e vita privata - la straordinaria collezione ora si aggiorna non solo con nuovi file, ma anche con una nuova modalità di ricerca e una rinnovata esperienza d'uso.
L'utente può ora cercare i singoli manoscritti per soggetto o, nel caso si trattasse di una missiva, per mittente e destinatario. Su ogni foglio, poi, viene ora mostrata la provenienza, il periodo storico e la cronologia di pubblicazione, compresi altri dettagli a seconda si tratti di un documento già reso pubblico o di recente scoperta. Per parti particolarmente corpose, o non ancora completamente presenti in versione digitale, il pubblico dovrà però contattare direttamente l'Università Ebrea di Gerusalemme, ottenendo così uno scan del materiale desiderato.
Hanoch Gutfreund, ex presidente dell'Università e attuale dirigente degli Einstein Archives, ha così commentato il miglioramento del progetto:
«Il sito rinnovato è un'altra espressione dell'intento dell'Università Ebrea di condividere con l'intero mondo culturale questa vasta proprietà intellettuale, donata nelle sue mani dallo stesso Einstein.»
Il legame tra l'università e lo scienziato è stato sempre molto forte, considerato come Einstein figuri fra i fondatori e i sostenitori più fedeli. Per il pubblico ammaliato dalla genialità dell'uomo più importante del '900 - senza alcune sue intuizioni il Pianeta non avrebbe mai goduto del livello di avanzamento tecnologico attuale - il sito rappresenta un'opportunità unica per scoprire la sensibilità di un uomo, oltre che l'essere visionario di un accademico. Constantemente fuori dagli schemi, spesso considerato un pazzo, Einstein ha tramandato alle generazioni future quel pizzico di follia necessaria alle scoperte più incredibili, perché «la mente che si apre a una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente».

(web news, 22 marzo 2012

Video

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Liste antisemite, nel mirino dei neonazisti anche il professor Calimani di Ca' Foscari

Il docente di letteratura nell'elenco del sito "Holywar"

VENEZIA - Accusati di essere complici di Israele, di collaborare con i servizi segreti israeliani, considerate "molto pericolose". Sono i 163 professori, storici, economisti, e letterati inseriti nella lista nera pubblicata sul sito neonazista "Holywar". Tra loro c'è anche il professor Dario Calimani, cattedra di letteratura inglese all'Università di Ca' Foscari di Venezia.
«Le conseguenze di questi mostri del pensiero si vedono a Tolosa». È il commento del professore. «So di essere nella lista - prosegue - è quella che gira da tempo e che si rimpallano: ci sono dentro ebrei e non ebrei, è una lista presa da un appello firmato anni fa contro il boicottaggio delle università israeliane da parte di alcuni istituti accademici inglesi».
«Era un appello nel quale si protestava perché il boicottaggio culturale non aveva alcun senso, non era certo una questione di lobby: c'erano firme di accademici ebrei e non ebrei, c'è perfino un famoso pianista russo - aggiunge Calimani -, dichiararli tutti ebrei è anche un bel segno di ignoranza, oltre che di antisemitismo e razzismo».
Il sito, rileva, «riprende in primis questa lista vecchia, sotto hanno aggiunto una lista di "complici volenterosi" e sotto ce n'è una terza in cui mi hanno riaggiunto: è una vecchia composizione di cinque o sei anni fa del Consiglio nazionale dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane più alcuni consulenti, uditori e quant'altro, hanno messo insieme liste trovate in rete e le spacciano con grande banalità».
«È un falso ad esempio che l'Unione delle Comunità sia una delle "organizzazioni sioniste più estremiste fra quelle che intruppano gli ebrei italiani": l'Unione è la federazione delle comunità ebraiche italiane, non intruppa niente, non è statutariamente sionista. Ma questa confusione - conclude - fa parte del loro lavoro razzista di deformare la realtà e farci tornare al luogo comune nefasto degli ebrei detentori delle finanze, e che ha portato la nostra storia nel baratro che conosciamo».
Il modo raffazzonato in cui sono compilate liste di questo tipo fa pensare che l’obiettivo di chi le diffonde è soprattutto quello di far sentire la sua presenza, intimidire e creare un adeguato clima di suspense. Pur comprendendo il disagio di chi vi ritrova scritto il suo nome, sarebbe meglio restare silenziosamente vigili ma non assecondare queste provocazioni, e quindi non dare la soddisfazione di mostrarsi troppo allarmati.


(Il Gazzettino.it, 21 marzo 2012)

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Giovani israeliani, palestinesi e valdostani a confronto

di Massimiliano Riccio

Highslide JS
AOSTA - Il progetto “Voci di Pace” offrirà agli studenti l'opportunità d'incontrarsi al di fuori degli schemi di pregiudizio, in un clima che faciliti l'incontro e la comprensione. Il loro soggiorno a Gressan durerà fino a giovedì 29 marzo.
Dai fiori alle voci, dai germogli al dialogo. Dopo il successo dello scorso anno torna il progetto, promosso dalla sezione valdostana del Movimento internazionale della riconciliazione e dall'Istituto pace sviluppo e innovazione delle Acli di Aosta, che offre a un gruppo di dieci studenti israeliani e palestinesi l'opportunità d'incontrarsi al di fuori degli schemi di pregiudizio, in un clima di tolleranza e comprensione, grazie anche alla mediazione e all'amicizia di un gruppo di coetanei valdostani.
I giovani provenienti dalla comunità di Nevé Shalom-Wahat al-Salam, dislocata nella "zona rossa" di Gaza, sono arrivati in Valle lunedì scorso. Fino al 29 marzo saranno ospitati nella struttura di accoglienza de La Cure de Chevrot, a Gressan, dove hanno trovato ad accoglierli 16 studenti del Liceo Maria Adelaide di Aosta e del Liceo scientifico di Saint-Vincent.
Il gruppo è seguito da un'équipe formata da educatori e psicologi che assicurano il migliore svolgimento dei momenti e la convivenza tra i giovani. Inoltre, il progetto di quest'anno è oggetto di ricerca di tesi da parte di un laureando in psicologia all'Università della Valle d'Aosta. L'edizione 2012 di "Voci di Pace", infatti, oltre alla collaborazione del Consiglio Valle, dell'Assessorato regionale all'Istruzione e Cultura e del Consiglio comunale di Aosta, ha incassato anche il patrocinio dell'Università della Valle d'Aosta.
"Crediamo che sia possibile promuovere una diplomazia parallela dei popoli - ha commentato il presidente del Consiglio Valle, Alberto Cerise - che passi attraverso l'instaurarsi di contatti sempre più stretti tra giovani israeliani e palestinesi per creare occasioni di dialogo e per superare gli antichi rancori che hanno caratterizzato i protagonisti del periodo post proclamazione dello stato di Israele."
Sulla stessa lunghezza d'onda anche l'assessore Viérin, secondo il quale "da una storia segnata da tragedie, come quella dell'aera mediorientale, e ancora oggi i fatti di sangue di Toulouse ce lo ricordano tristemente, crediamo si possa lanciare un messaggio di pace dalla Valle d'Aosta, terra di accoglienza, di integrazione e di dialogo fra culture diverse".
Durante il loro soggiorno, che durerà sino a giovedì 29 marzo, è prevista una serata pubblica sul tema "Voci di pace in tempi di guerra", in programma martedì 27 marzo, alle ore 21, alla Cittadella dei Giovani di Aosta, durante la quale i giovani israeliani e palestinesi, supportati dallo psicoterapeuta Mustafa Qossaqsi, si racconteranno per far conoscere la loro realtà e condividere la loro esperienza.
Lunedì 26 marzo, alle ore 15, i ragazzi saranno in visita al Consiglio regionale della Valle d'Aosta. Martedì 27 marzo, alle ore 15, assisteranno alla seduta del Consiglio comunale di Aosta.

(AostaSera, 21 marzo 2012)

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Secondo una ricerca israeliana, molti farmaci comuni aumentano la pressione sanguigna

WASHINGTON, 21 mar. - Gli antidolorifici come l'ibuprofene possono aumentare la pressione sanguigna. Non solo. Stando alla ricerca della Tel Aviv University of Medicine, i contraccettivi orali, gli antidepressivi, gli anti-infiammatori, e alcuni antibiotici, oltre agli analgesici, possono causare ipertensione, ma sia i pazienti che i medici sono pericolosamente disinformati. Lo studio, pubblicato sull'American Journal of Medicine, sottolinea che e' ben noto che l'alta pressione sia un effetto collaterale di molti di questi farmaci, ma il personale medico non sempre ne tiene conto nelle terapie che propone e non informa i pazienti dei rischi potenziali associati a questi farmaci. "E' responsabilita' del medico valutare le opzioni di trattamento.
Molti medici non ne tengono conto, e alcuni non ne sono nemmeno informati", ha dichiarato Ehud Grossman, autore della ricerca.

(AGI, 21 marzo 2012)

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Expo 2015, Israele pronta a investire nel progetto Milano

L'investimento «Ci hanno promesso un investimento superiore del 50 per cento a quello che già fecero a Shangai»

di Francesco Battistini

GERUSALEMME - «Chi l'ha detto che l'Italia non attrae?». Nei corridoi del potere israeliano, ieri mattina s'è presentata una piccola delegazione con grandi ambizioni: vendere l'Expo a un Paese che, quando investe, non s'accontenta di qualche brochure. Due ore d'incontro «politico» con la direzione generale del ministero degli Esteri, presente l'ufficio economico-commerciale dell'ambasciata italiana a Tel Aviv, più una serie di riunioni tecniche. I milanesi hanno spiegato perché l'Italia sia uno dei posti migliori per parlare di nutrizione del pianeta. E perché, a Milano, vogliono chi è più avanti nelle tecniche di produzione del cibo in condizioni estreme. Gl'israeliani, già ben disposti a negoziare con uno dei pochi popoli europei che considerano amico vero, hanno detto sì: «Ci hanno promesso un investimento superiore del 50% a quello che già fecero a Shangai - dice Stefano Gatti, il direttore degli affari internazionali Expo, in missione per tre giorni col direttore delle tecnologie Valerio Zingarelli -. È la stessa cosa che ci hanno detto alcune settimane fa gl'indiani, i tedeschi, gli svizzeri... Credo che a questo punto raggiungeremo piuttosto facilmente il nostro obiettivo: un miliardo d'investimenti solo dall'estero». Israele all'Expo è un tema delicato, dopo le polemiche milanesi che l'anno scorso coinvolsero il neoeletto sindaco Pisapia. Anche l'argomento - l'acqua, l'agricoltura, il cibo: temi su cui s'arena sempre il negoziato di pace - è di quelli sensibili. «In realtà, non abbiamo trovato alcuna obiezione - spiega Gatti -, né in Italia, né da altri espositori. Si figuri che ci sarà anche l'Iran. Abbiamo spedito un invito all'Autorità palestinese, da cui attendiamo risposta e per la quale è pronto un pacchetto d'aiuti per allestire il padiglione. Noi restiamo sempre sul tema della manifestazione. E nella produzione di cibo con poca acqua, gl'israeliani sottoporranno progetti anche a Paesi come l'Egitto, il Kuwait e l'Arabia Saudita». Il cibo per far pace: la collaborazione Milano-Israele porterà a inserire la ristorazione kosher, e la scuola gastronomica Kadmor, nella rete delle cucine mondiali censite da Gualtiero Marchesi: «Abbiamo offerto un piatto di carciofi alla giudia. Non saranno molto milanesi, ma rendono l'idea dei legami con la cultura ebraica: sa che molti, qui, non li conoscevano?».

(Corriere della Sera, 21 marzo 2012)

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L'Eterno Vizio di «Minimizzare» e la Solitudine dei Bersagli dell'Odio

di Pierluigi Battista

Non solo in Francia. Anche in Italia hanno ucciso bambini ebrei solo perché erano bambini ebrei. Anche in Italia, su una nave italiana che è territorio italiano, hanno ucciso un vecchio ebreo in carrozzella, solo perché era un ebreo. Non nell'epoca nera dello sterminio. Non nella pagina più vergognosa della storia italiana. Ma negli ultimi trent'anni. Come in Europa, dove la caccia all'ebreo, l'ebreo come bersaglio da annientare, da schiacciare sotto il peso dell'odio, non ha mai conosciuto requie. Fino all'orrenda strage di Tolosa.
   Si tende sempre a non crederci, a non prendere atto della realtà. A non evocare l'antisemitismo come veleno permanente, reso ancora più aggressivo quando si traveste da verbo antisionista. Contro l'ebreo si incontrano tutti gli estremisti, tutti i fanatici, tutti quelli che considerano la democrazia un vizio da sradicare. Quando nel 1982 vennero presi di mira in tutta Europa i cimiteri ebraici, le sinagoghe, le scuole israelitiche, i luoghi di culto degli ebrei, gli eredi del nazismo trovarono convergenze e appoggi tra chi, durante la guerra del Libano, predicava insieme la distruzione dello Stato di Israele e degli ebrei, fisicamente. Fu in quei giorni che in Italia, il 9 ottobre del 1984, un piccolo bambino ebreo, Stefano Gay Taché, venne assassinato da un commando di terroristi mediorientali mentre usciva insieme alla sua famiglia dalla sinagoga Maggiore di Roma per celebrare l'ultimo giorno della festa di Sukkot. Assassinato perché era un ebreo: vittima di un odio assoluto e inestinguibile. E altri bambini ebrei feriti, altri adulti ebrei tra la vita e la morte. Una ferita nella coscienza nazionale che non si è ancora rimarginata.
   Pochi anni dopo, sull'Achille Lauro , nave italiana, un vecchio signore paralitico di nome Leon Klinghoffer venne ucciso da un commando di terroristi palestinesi. Non stava bombardando Gaza, stava in crociera con sua moglie. Ma doveva essere «punito» perché ebreo. Tutta l'«epopea» di Sigonella che ne seguì, quanto tenne in conto che sul territorio italiano alcuni terroristi avevano trucidato un vecchio ebreo, e quanto venne considerato il fatto che lasciar andar via i terroristi significava lasciare impunito il gesto mostruoso di una banda di antisemiti? E invece si tende sempre a minimizzare. Se non a giustificare, per carità, almeno a ridimensionare la portata simbolica di un delitto contro gli ebrei. Chiunque sia l'assassino: un fanatico nazi o un fanatico islamista che nella sua guerra santa contro «l'entità sionista» prevede anche il massacro degli ebrei, ovunque si trovino.
   Quando nel 2006 venne rapito a Parigi un giovane ebreo, Ilan Halimi, la polizia francese si affannava a non dare troppo credito alla pista antisemita. Poi si seppe che Ilan, durante i 24 giorni di prigionia, venne torturato, orrendamente seviziato mentre le sue urla, forse, potevano essere captate nella banlieue a maggioranza musulmana dove l'ostaggio era stato rinchiuso, prima di essere arso vivo e gettato come immondizia lungo la ferrovia. Poi, quando vennero scoperti gli aguzzini e gli assassini, si tenne un processo. E durante il processo il capo della banda, dopo aver iniziato il discorso con «Allah Akbar», definì gli ebrei «nemici da combattere per il bene dell'umanità». Perché la polizia francese non imboccò allora la pista giusta da subito, perché aveva tanta paura nel riconoscere che l'antisemitismo aveva assunto un nuovo volto nel cuore di Parigi e che un giovane ebreo poteva essere sottoposto a sevizie per giorni e giorni nel cuore popoloso della città?
   Gli ebrei continuano a essere un bersaglio dell'odio razziale, religioso e politico nell'Europa degli ultimi decenni del Novecento e nei primi del Duemila. Quando negli anni Settanta i terroristi dirottarono l'aereo di linea Parigi-Tel Aviv dell'Air France e atterrarono a Entebbe, nell'Uganda del tiranno Idi Amin Dada, divisero gli ostaggi, dopo averne controllato l'identità e i passaporti, in due colonne: quella su cui si poteva trattare e quella da condannare senza indugi. La colonna senza speranza era composta da ebrei, da condannare perché ebrei. C'erano dei terroristi tedeschi, tra i dirottatori, e un vecchio ebreo mostrò a uno dei figli dei «volenterosi carnefici di Hitler» i numeri che gli avevano tatuato sul braccio nel campo di sterminio. Non ebbero pietà nemmeno di lui, e solo il tempismo del blitz israeliano impedì il massacro di ebrei che si stava preparando con scientifica precisione.
   La violenza antisemita, punto di incrocio di deliri ideologici di matrice diversa ma di identica capacità di odio, ha conosciuto una recrudescenza significativa negli ultimi decenni. Con un'opinione pubblica impaurita e sgomenta, mai interamente solidale con gli ebrei colpiti dal fanatismo. Un'altra strage. Un altro massacro. Un'altra invocazione di «mai più». Un'altra volta, l'ennesima, disattesa.

(Corriere della Sera, 21 marzo 2012)

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«Sottovalutato da troppi il terrorismo anti-ebraico»

di Paola Farina

La scuola di Tolosa
Le uccisioni di Tolosa.
Accade con tanta facilità ed empietà perché ormai l'Europa è minacciata da gruppi e da individui pronti a colpire e a uccidere le minoranze. Parlo di minoranze, e non di ebrei, perché questo non è un fenomeno che colpisce solo gli ebrei.
È un progetto tanto ingegnoso quanto malato, rivolto alla distruzione della libertà, della democrazia e della pacifica convivenza nel nostro continente.
L'attentato di Tolosa è un delitto quanto mai sacrilego, crudele e aberrante perché, nell'attaccare la Scuola ebraica e bambini significa, in primis, voler l'annientamento di allievi e maestri, di un'istituzione e di una prosecuzione di vita e educazione. Significa tentar di assassinare contemporaneamente passato, presente e futuro di una comunità. La sua storia, la sua cultura, la trasmissione di pensieri e valori.
Quest'attentato non è dissimile di quello che ha visto morire a Roma il piccolo Stefano Taché, anni tre, colpevole solo di essere ebreo, era il 9 ottobre 1982. L'autore del delitto di Stefano Tachè è Abul Nidal, deceduto nel 2002 in misteriose circostanze, terrorista in proprio e conto terzi con almeno mille vittime sulla coscienza e il suo storico protettore si chiamava Muammar Ghedaffi. Cambiano gli attentatori, ma non cambia il sistema, ci si trova davanti a un dejà vu, ma non per questo meno doloroso.
E davanti alla scuola di Tolosa si assiste a un pellegrinaggio di politici e gente comune, alcuni amici degli ebrei e di Israele, altri solo amici degli ebrei, soprattutto di quelli morti, o meglio caduti perché colpevoli di essere ebrei. Già la morte di un ebreo fuori di Israele diventa un fatto mediatico, un'occasione alla quale non si può mancare. E anche questo è un dejà vu. Mi domando quanti partecipino al dolore con il cuore o con il corpo. Un minuto di silenzio in Francia per ricordare Jonathan Sandl! er, trent'anni, i suoi bambini Ariel di 3 anni e Gabriel! di 6 e Miriam di otto, figlia del direttore della scuola.
Un minuto di vergogna nelle parole del capo della diplomazia europea, Catherine Ashton che paragona i bambini ebrei uccisi ieri a Tolosa ai bambini palestinesi di Gaza. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, ha condannato l'accostamento fatto dal capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. «Il ministro ritiene che le dichiarazioni di Catherine Ashton siano inadeguate e ha espresso la speranza che la funzionaria possa correggersi», si legge in una nota diramata dal suo ufficio. Invece io, spero che l'Europa voglia rimuovere una ministra già colpevole di altre dichiarazioni improprie.
Accosto queste nuove vittime bianche del terrorismo antiebraico ai tanti bambini assassinati in Israele, alle tante vittime di religione ebraica e ricordo ai media occidentali, le Ong, i vari forum legali, all'Onu, ad alcune chiese e all'opinione pubblica in generale, che molto s! pesso sono proprio le dichiarazioni contorte, imparziali, prive di ragione e conoscenza dei fatti a far vedere nell'individuo ebreo quell'anima malefica che non è insita nel cuore e nel pensiero religioso e filosofico ebraico. E a diventare complici involontari, ma diretti di un già in essere terrorismo antiebraico, spesso sottovalutato.

(Lettera pubblicata su "Il Giornale di Vicenza", 21 marzo 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

  Dove vai, ancora una volta, Europa?
  La baronesa inglese (già, inglese...) Catherine Ashton, ministro degli esteri dell'Europa, paragona la "sparatoia" di Tolosa a quelle della Siria, della Norvegia e di Gaza! Non è certamente casuale se lady Ashton, della quale si conosce bene il pensiero personale nelle questioni che riguardano Israele, ha "dimenticato" di citare, ad esempio, anche i bambini di Israele uccisi in anni di terrorismo; mi permetta il lettore di ricordare qui, al posto del ministro, tra tutti questi, i tre bambini di Itamar uccisi nella loro casa dall'odio antisemita più vergognoso.
  E sono tante, oggi, le parole di circostanza di troppi personaggi, anche di casa nostra, che non perdono occasione, giorno dopo giorno, di parlare di quanto succede in Medio Oriente solo per il bisogno di farsi sentire, ma senza conoscere a fondo i fatti; una parola, una lacrima per gli ebrei morti non si nega mai, ma a quelli vivi non si permette di difendersi. Per questo chiediamo: dove vai, Europa?
  Mentre scriviamo questa rassegna i GR ed i TG della mattina fanno sapere che sparatorie sono in corso per arrestare colui che sembra essere il colpevole: un immigrato algerino, affiliatosi ad al Qaeda nei suoi viaggi in Oriente (Afghanistan, Pakistan e dintorni). Questo è la conferma di quanto ieri persone esperte di quei lontani paesi dicevano (inascoltati da tutti i nostri giornalisti): i soldati uccisi potrebbero rispondere ad una ben precisa logica, quella di colpire immigrati islamici che, arruolandosi nell'esercito francese, hanno tradito l'Islam.
  Nulla di tutto questo, al contrario, si legge ancora oggi. Al contrario, volendo partire dagli odiatori tout court, segnaliamo sul manifesto l'articolo sotto il titolo: Razzisti organizzati e lupi solitari. Sullo stesso quotidiano, che, è bene ricordarlo, vive grazie ai contributi dello Stato Italiano, si continua ad incolpare con sicurezza (articolo di Annamaria Rivera) la destra neonazista, la xenofobia unita all'islamofobia, e a spiegare che tutto sarebbe il risultato dei discorsi anti halal e anti kosher, per di più legato alla crisi economico-finanziaria. Per El Pais serve adesso in Francia un atto come quello di De Gaulle del '45 per l'unità del paese. Precise come sempre le cifre di Giulio Meotti che, sul Foglio, scrive che il 6% dei francesi ebrei (30-33000) sarebbero pronti a trasferirsi in Eretz Israel (per altri addirittura il 26%); colpiscono comunque i numeri di ebrei che ogni anno scelgono di fare la aliya.
  Fr. Pie sul Messaggero annuncia la marcia organizzata da Marc Knobel per domenica a Parigi di ebrei e musulmani insieme; giustamente, a tal proposito, Stefano Magni su l'Opinione si chiede se sia un immenso passo in avanti o un'ennesima ipocrisia ad uso e consumo politico. Stéphanie Le Bars sul Figaro considera, nel frattempo, che in Francia l'antisemitismo sia meno presente di quanto non fosse 15 anni fa; è una tesi portata avanti in questi giorni da numerosi opinionisti, ma contraddetta da alcune statistiche.
  Alla crisi finanziaria si ricollega anche Amos Luzzatto intervistato per l'Unità da De Giovannangeli; tale crisi, legata anche alle problematiche sociali e culturali, farebbe uscire allo scoperto quanto è rimasto a lungo sommerso. Questa tesi, da chi scrive non affatto condivisa, è contraddetta anche da Elie Wiesel, intervistato per il Corriere da Alessandra Farkas: sarà necessario un profondo esame di coscienza, dopo la cattura dei colpevoli, per fare in modo che non accada mai più. Enrico Singer su Liberal scrive una attenta analisi della situazione politica francese, dove vi è il pericolo che la strage di Tolosa, nelle immediate vicinanze delle elezioni politiche, abbia il risultato di sconvolgerle come avvenne nella Spagna del 2004 dopo le bombe alla stazione di Madrid. Nella sua analisi Singer riprende inoltre molti degli argomenti esposti ieri da Bernard Henry Levy e ripresi da questa rubrica.
  Nicholas Farrell su Libero scrive una breve analisi storica dell'antisemitismo in Francia, con anche un parallelismo di quanto avvenne in Italia. Ed all'Italia guarda, come sempre con precise parole, Souad Sbai che, su Libero, denuncia che la Consulta, creata da Pisanu, Amato e Maroni e fatta diventare un importante organo operativo ed un riferimento assoluto, viene ora accantonata per dare spazio a parole vuote di significato. Pessimista sull'immediato futuro la Sbai, che tuttavia si augura che, alla lunga, la goccia riesca ad erodere la roccia.
  Rob. Zun, per il Fatto Quotidiano intervista Moni Ovadia che, anche lui, mette l'accento sull'odio uguale verso tutte le minoranze, perché l'odio razzista non è settoriale. Ovadia protesta contro le Comunità Ebraiche che dovrebbero urlare molto più forte quando avvengono episodi verso altre minoranze, come quelle dei rom. Come vice-presidente della Comunità Ebraica di Torino devo invitare Ovadia a informarsi di quello che succede, visto quanto a Torino la Comunità ha fatto proprio dopo il recente incendio appiccato al campo dei rom.
  Criticabile per il sottoscritto è anche l'intervista pubblicata sul Mattino di Michele Giorgio al professor Klein: bisogna evitare che un conflitto di natura politica e territoriale (è solo questo? ndr) possa diventare uno scontro tra religiosi e razze (sic).
  Molti giornali ritornano sulle parole della Ashton, ma solo Andrea Morigi scrive che quelle parole sono state applaudite da Izzat al Rishq, leader di Hamas. Su International Herald Tribune Steven Erlanger, dal canto suo, sembra non opporsi alla Ashton in un articolo nel quale riporta le posizioni dei principali leader politici francesi. Intanto la lady ministro degli esteri dell'Europa fa stanziare altri 35 milioni di euro per opere, come sottolinea Morigi, ad uso e consumo dei terroristi. La lady si dice angosciata (Nicole Neveh su Avvenire e Battistini sul Corriere) per come le sue parole sono state "interpretate", ma un editoriale del Foglio chiede che venga dimessa in mancanza di un suo atto di costrizione. Baquis su la Stampa si allarga a ricordare che proprio l'altro giorno il Consiglio dell'ONU per i diritti civili aveva invitato Hamas a dialogare proprio su quel tema; nuova vergogna per l'ONU (ndr).
  Barbara Spinelli su Repubblica scrive un articolo (dei suoi soliti) smentito dalle ultime notizie del mattino; scomodando la cultura malese la Spinelli parla di "sparo nel deserto", di "uno squilibrato", di "un fatto criminale isolato"; non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire. La Shoah è figlia del trionfo dello stato nazione sugli imperi, scrive poi la Spinelli, e non si accorge che ora è proprio un nuovo impero che taluni vogliono far rinascere, quello islamico, erede dei califfati del passato. E questo potrebbe essere la causa di quella terza guerra mondiale che viene menzionata nella lettera al Mattino di Mantero.
  Infine, fatto anch'esso molto grave, il sito Holywar (guerra santa) pubblica in rete i nomi di 163 professori legati ad Israele ed all'ebraismo; Mario Pasqua su Avvenire e Fabrizio Caccia sul Corriere (tra tanti) ricordano che proprio quel sito è stato l'ispiratore della strage in Norvegia; e sul forum Stormfront si legge che a Tolosa ci hanno tolto un po' di spazzatura di torno.
  Torno a chiedere: dove vai, ancora una volta, Europa?

(Notiziario Ucei, 21 marzo 2012)

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Samuel Modiano racconta la sua Shoah

di Rocco Fatibene

  
Samuel Modiano
AVELLINO - Samuel Modiano è uno dei pochissimi sopravvissuti del lager di sterminio di Auschwitz- Birkenau. Uno degli ultimi testimoni di un dramma umano e psicologico che le giovani generazioni hanno il dovere di conoscere per riflettere e valutare sul perché la crudeltà possa impadronirsi dell'animo umano al punto da ledere fisicamente e moralmente il proprio prossimo. E' stato lo stesso Modiano a raccontarlo, ieri mattina, agli studenti del Liceo Colletta di Avellino, riuniti nella palestra della scuola per celebrare, e dunque ricordare, la Giornata della Memoria.
«La mia è una vera e propria missione», ha affermato il testimone dello sterminio nazista, nato a Rodi nel 1930 e finito nel lager di Auschwitz-Birkenau quando aveva appena 13 anni. «E' stato lì che ho visto morire mio padre e mia sorella», ha raccontato, «è stato lì che ho capito che per sopravvivere bisognava solamente affidarsi al Padreterno». Nelle parole di Modiano non c'è solo il racconto personale dell'Olocausto, ma anche e soprattutto un messaggio di speranza alle giovani generazioni, quello che instancabilmente da anni promuove attraverso incontri pubblici, specialmente con i ragazzi.
«Come in tante altre occasioni in questi anni, ho cercato di trasmettere un preciso messaggio: vorrei che i giovani, i ragazzi non possano mai vedere quello che hanno visto drammaticamente i miei occhi. Scene che nonostante il trascorrere del tempo non vanno via dalla testa. Ho visto cose orribili, inenarrabili. Credo che la mia salvezza attiene ad una volontà divina, quella di vivere i miei anni per raccontare l'immane tragedia per far sì che essa non possa più ripetersi. Ecco, credo che in realtà questo sia il mio compito».
Il testimone della Shoah, pertanto, con dovizia di particolari ha ripercorso la sua terribile esperienza nel campo di concentramento nazista, dove era finito insieme ad altri 2500 ebrei. Di quel gruppo tornarono a casa solo 140. «Sul treno diretto ad Auschwitz- Birkenau eravamo ammassati come topi - racconta - Ricordo che eravamo in 90 all'interno di un solo vagone. Uno addosso all'altro, uomini, donne e bambini. Abbiamo viaggiato in condizioni abnormi e sovrumane. Una volta arrivati nel lager mi hanno anche costretto a scaricare qualche cadavere. Sono arrivato lì con mio padre e mia sorella Lucia, che però non ne usciranno mai vivi. Lavoravo 12 ore al giorno. Portavo finanche i cadaveri all'interno dei forni crematori. La morte però non mi ha voluto. Oggi so il perché: qualcuno in cielo ha voluto che io rimanessi in vita per raccontare l'inferno vissuto e far capire alle giovani generazioni quanto devono necessariamente apprezzare le conquiste su cui oggi possono contare: la scuola, la famiglia, lo studio e la libertà. Cose che a me furono rovinosamente negate». Tante le domande che gli studenti del Colletta hanno rivolto a Modiano. Per ognuna di esse pacate e sensate risposte. Alla fine, un caloroso e commovente applauso ha abbracciato Modiano che, ancora una volta, torna a casa nella consapevolezza di aver assolto la sua "missione".

(Ottopagine.it, 21 marzo 2012)

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«Dietro l'ipocrisia della politica resistono conflitti latenti»

Memoria L'ossessione antisemita è aggravata dalla demonizzazione sistematica di Israele

di Maria Serena Natale

«La Francia non è un Paese antisemita ma l'ultimo decennio ha visto montare l'ostilità verso gli ebrei, la politica non ha saputo riconoscere e condannare il fenomeno». Per Georges Bensoussan, storico ebreo francese di origini marocchine, tra i massimi studiosi di antisemitismo ieri a Milano per il seminario sulla banalizzazione della memoria organizzato dall'Associazione Figli della Shoah, «l'ossessione antisemita sopravvive in quella parte del mondo arabo musulmano ferma a modelli arcaici e trova terreno fertile nei Paesi occidentali dove la demonizzazione sistematica di Israele è diventata un modo di esorcizzare il senso di colpa per gli orrori del passato». Come spiega la nuova ondata in Francia? «C'è un forte legame con la massiccia immigrazione dal Maghreb dei primi anni Duemila. L'estremismo è una reazione nei confronti di quella modernità con la quale il mondo arabo musulmano mantiene un rapporto di attrazione e repulsione, per questo attecchisce tra le comunità di immigrati più che nei Paesi d'origine. La generale radicalizzazione rilancia vecchi temi come il complotto ebraico e rianima l'antisemitismo al quale la Shoah non ci ha reso immuni». L'attentatore potrebbe essere lo stesso che una settimana fa ha attaccato militari musulmani di colore: una follia omicida non specificamente antisemita. «Sappiamo ancora poco. Posso dire che il fanatismo si nutre di simboli, che ieri ricorreva il 50esimo anniversario della fine della Guerra d'Algeria, che in un clima di scontro e violenza latente una mente squilibrata può più facilmente inseguire i suoi fantasmi». Violenza latente e scontro, il fallimento della «laìcité» repubblicana? «Il laicismo è un principio positivo con effetti perversi. Impedisce di individuare problematicità specifiche di una comunità culturale e religiosa. In Francia il linguaggio politico è dominato da una profonda ipocrisia, il conflitto e le divisioni sono rimossi in superficie ma resistono in profondità. Uno Stato con un'identità indebolita dal credo multiculturalista è destinato a veder crescere separazioni e risentimenti, a detrimento di un'autentica integrazione». Partiti come il Front National non favoriscono la distensione. «Una formazione con una componente violentemente antisemita, che danneggerà la credibilità conquistata da Marine Le Pen».

(Corriere della Sera, 21 marzo 2012)

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Antisemitismo: sul web i nomi di 163 docenti universitari

ROMA, 20 mar. - Una vera "lista di proscrizione", con l'elenco di 163 docenti universitari da tutta Italia, indicati come "colpevoli" di appartenere, o di essere vicini, ai servizi segreti israeliani. E' quanto compare sul sito neonazista Holy War, che definisce i docenti elencati "Sayanim", ossia "persone liete di servire Israele, pur vivendo in uno stato diverso da quello ebraico". Una pagina grondante antisemitismo, in cui gli estensori dell'articolo spiegano che "i Sayanim nelle nostre universita' collaborano con l'intelligence israeliana che ha, proprio nella piu' grande universita' dello stato ebraico, il centro nevralgico della raccolta dati. Essi sono per questo da considerare persone molto pericolose". Seguono i nomi di 163 illustri cattedratici di 26 atenei italiani. "Naturalmente - ammette lo stesso sito antisemita - non e' sicuro che tutti coloro che vedete nella lista siano Sayanim, ma su di essi grava un ragionevole sospetto, visto che hanno collaborato attivamente con la lobby che ci ha infeudato". Il sito presenta anche un lungo elenco di giornalisti, scrittori, parlamentari, accusati di "voler mettere il bavaglio a internet", e un altro minaccioso elenco di nomi definiti "attivisti dell'unione delle comunita' ebraiche italiane, una delle organizzazioni sioniste .

(AGI, 20 marzo 2012)

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Le priorità contorte del Vaticano

di Giulio Meotti

Invece di concentrarsi sul declino della cristianità araba, la Chiesa Cattolica sceglie di demonizzare Israele.

Fouad Twal, Patriarca Latino di Gerusalemme
nominato da Papa Benedetto rappresentante
del Vaticano nello Stato Ebraico
In una speciale intervista rilasciata a "Die Tagespost" la settimana scorsa, il Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal, nominato da Papa Benedetto rappresentante del Vaticano nello Stato Ebraico, ha dichiarato che " l'esistenza di Israele in quanto tale non ha nulla a che fare con la Bibbia". Poi ha paragonato la condizione dei Cristiani nella Gerusalemme di oggi alla passione di Gesù. " Noi Cristiani mai dimentichiamo che anche nostro Signore ha sofferto ed è stato deriso a Gerusalemme".
  La posizione di Twal su Israele e la Bibbia è stata accettata dalle massime cariche della Chiesa Cattolica. Il Sinodo del Vaticano nel 2010 aveva dichiarato che Israele non può usare il concetto biblico di una terra promessa o di un popolo eletto. " Noi Cristiani non possiamo parlare della terra promessa per il popolo ebraico", dice il documento del Sinodo. "Non c'è più un popolo eletto. Il concetto di terra promessa non può essere utilizzato come base per giustificare il ritorno degli Ebrei in Israele, da cui la diaspora palestinese ".
  Pochi giorni fa, il Patriarca Twal ha accolto con entusiasmo l'accordo raggiunto tra Hamas e Fatah. Ha anche denunciato "la giudaizzazione di Gerusalemme" e attaccato Israele per " cercare di trasformarla in una città solo ebraico-giudaica con l'esclusione di altre fedi". Altrove, in Iraq, l'arcivescovo Louis Sako, ha chiesto di "distinguere tra Ebraismo e Sionismo". Infatti, ai livelli più alti e influenti della Cristianità, gli ebrei sono tuttora considerati come un gruppo di apostati che non ha diritto a un suo Stato sovrano.
  Sostenuti dal clero cattolico, per la prima volta nella storia, i palestinesi hanno chiesto all' UNESCO di registrare la Chiesa della Natività di Betlemme sotto il nome di "Palestina". Secondo Omar Awadallah, capo del Dipartimento delle Nazioni Unite nel Ministero degli Esteri per l'Autorità Palestinese, "Gesù è il principe palestinese di speranza e di pace, e tutti i Cristiani del mondo vogliono che questa chiesa sia un sito considerato Patrimonio dell'Umanità".
  In un periodo in cui la preoccupazione del Vaticano per il declino catastrofico del cristianesimo arabo dovrebbe essere visibile, la Chiesa cattolica sceglie di demonizzare Israele e di rafforzare la sua collaborazione con l'OLP. La conferma viene dalla frequenza degli incontri delle ultime settimane, tutti di alto profilo, con la partecipazione di vescovi provenienti non solo dai paesi arabi, ma anche dall' Europa e dagli Stati Uniti.

- Sionismo come esclusività razziale
  Una delegazione vaticana composta da Ettore Balestrero, Sottosegretario della Santa Sede per le Relazioni con gli Stati, e dall'Arcivescovo Antonio Franco, delegato apostolico in Israele, si è incontrata a Ramallah con Ministri e funzionari palestinesi per un accordo con l'OLP. Il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Concilio Pontificio per il Dialogo Inter-religioso, in una prima intervista assoluta da parte di un Cardinale a al-Jazeera, ha dichiarato che Israele deve adottare "uno statuto riconosciuto a livello internazionale, per quella parte di Gerusalemme in cui i Luoghi Santi delle tre religioni monoteistiche sono aperte ai credenti"
  Nel frattempo, prelati cattolici e dignitari musulmani si sono incontrati a Beit Sahour per una conferenza su "Come vivere insieme in un futuro Stato palestinese". Il Patriarca Emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah, e il Grand Muftì di Gerusalemme, Muhammad Ahmad Hussein, hanno partecipato alla manifestazione organizzata da Al-Liqa, un centro ecumenico vaticano. Sabbah ha firmato un documento in cui si condanna il Sionismo come "esclusività razziale" e "ideologia dell'impero e del colonialismo".
  Nello scorso gennaio, otto vescovi cattolici d'Europa e del Nord America, compreso l'Arcivescovo inglese Patrick Kelly e l'Arcivescovo francese Michel Dubost, hanno visitato Gaza. "Ho chiesto ai prigionieri della più vasta prigione d'Europa, a Evry, di pregare per voi", ha detto Dubost agli abitanti di Gaza. Il messaggio era chiaro: i palestinesi vivono in una grande prigione, terrorizzati da Israele. Nello stesso periodo, Padre Manuel Musalam, capo dei cattolici di Gaza, ha incontrato il leader di Hamas, Mahmoud al Zahar, e ha dichiarato che "i cristiani non sono minacciati dai musulmani" ma che tutti affrontano lo stesso problema, quello dell' "umilazione" di Israele.
  Lo scorso novembre, il patriarca maronita Besara Rai, capo della Chiesa Cattolica libanese, ha mandato il suo inviato, Padre Abdo Abou Kassem a una conferenza a Teheran per sostenere un "Medio Oriente libero da sionisti". Alla conferenza hanno partecipato anche l'ideologo hezbollah Mahammad Raad e il leader di Hamas, Khaled Mashaal.
  Se nel periodo di guerra il Vaticano avesse assunto una posizione morale contro il Nazismo, il risultato sarebbe stato diverso per il popolo ebraico. Ma era il 1943. Nel 2012 la Chiesa dovrebbe sapere cosa fare. Eppure sembra che, come avvenne nella Seconda Guerra Mondiale, il Vaticano stia ancora perseguendo una causa comune con le forze del male per garantirsi la benevolenza del supposto vincitore.
  La criminalizzazione del Sionismo da parte del Vaticano, che le Chiese arabe hanno messo come condizione fondamentale per un avvicinamento tra musulmani e cristiani, garantisce l'eliminazione della priorità dello Stato ebraico per difendere i diritti delle comunità cristiane nei paesi arabi. Dopo che il nazionalismo arabo non è riuscito a eliminare Israele, la cristianità araba e il Vaticano collaborano ora a costruire un'identità palestinese ostile a Israele e agli ebrei.

trad. da Ynetnews di Yehudit Weisz

(Informazione Corretta 20 marzo 2012)

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Solidarietà di EDIPI alla comunità ebraica di Padova

Domani 21 marzo alle 12 e 30 una delegazione di EDIPI presieduta dal presidente di Evangelici d'Italia per Israele, Ivan Basana, si recherà in concomitanza della visita del Sindaco di Padova e di altre autorità della città, in Sinagoga, Bet Hakeneset, per portare un messaggio di solidarietà per il vile e atroce attacco alla scuola ebraica di Tolosa Ozar Hatorah.
Ricordiamo che hanno perso la vita il rabbino Jonathan Sandler, i suoi due figli Arieh e Gabriel, oltre la figlia del direttire scolastico Miriam.
Per l'occasione il presidente EDIPI consegnerà al rabbino capo di Padova, Adolfo Aronne Locci, e alle autorità presenti il libro di Marcello Cicchese "La superbia dei Gentili - alle origini dell'odio antigiudaico".

(EDIPI, 20 marzo 2012)

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Se succedesse a mio figlio?

di Emanuele Fiano

  
Emanuele Fiano
E se invece che a Tolosa fosse successo a Milano, alla scuola ebraica dove io porto mio figlio? E se invece che 3 i bambini morti fossero 10? E se il ragazzo marocchino arrestato a Brescia fosse arrivato fino in fondo al suo lavoro e si fosse magari fatto esplodere di fronte alla sinagoga di Milano?
E se invece che speranza, fiducia nel dialogo, desiderio di convivenza, i nostri cuori di uomini e donne democratiche, e di ebrei italiani educati dalla Resistenza al culto della libertà e della democrazia si facessero prendere dallo sconforto, dalla frustrazione e dalla rabbia, e scegliessimo la via della chiusura e dell'odio contro odio, o della fuga dai luoghi meno sicuri dell'occidente?
Allora, solo allora, i kamikaze, i neonazisti, i terroristi che studiano le dislocazioni delle comunità ebraiche, i nemici degli ebrei e della pace, allora sì, avrebbero vinto, e ci avrebbero spinto a ritroso nella storia quando ci si nascondeva e si aveva paura. Ma nessuna vittoria può essere concessa a tavolino ai violenti e ai fondamentalisti. Noi non dobbiamo fermare la passione e la speranza per una società migliore.
Nessuno di noi sa ancora con certezza se il terrorista di Tolosa si sia mosso da solo, animato da follia antisemita, o se fosse il terminale di un'organizzazione neonazista e xenofoba, ma certezze ce ne sono già. Per noi genitori ebrei del mondo, questa mattina non sarà la stessa mattina. Saranno ancora di più le camionette della polizia, dei carabinieri o dell'esercito intorno alle scuole dove portiamo i nostri figli ebrei, saranno di più i controlli e di più la nostra paura, più guardinghi e più di fretta i nostri saluti.
Insomma, paura, incertezza, rabbia, impotenza, sono i sentimenti che si affastellano mentre proviamo a ragionare su cosa fare, su come si reagisce. E un sentimento di sfiducia riaffiora, nella testa di chi come me pensa che un mondo migliore possa sempre sorgere. C'è un destino di morte per il mondo? Ce ne è uno di paura e di fuga perenne che attraversa i secoli per gli ebrei? Ci sono strade per combattere l'odio? Non sono questi i momenti per darsi risposte convincenti, questo è il momento della solidarietà, come fu a suo tempo per la famiglia Tachè a Roma nel 1982, e non dobbiamo avere paura, anche se è umano, la paura deve dare il suo posto al ragionamento.
Il nostro posto nel mondo, per noi ebrei, sarà sempre scomodo, noi che testardamente coltiviamo le radici lontane contro l'ingiuria del tempo, noi che vogliamo essere sentinelle dell'ingiustizia e della discriminazione; ma io non mi piego ad occuparmi solo del nemico mortale, che esiste, è forte e vuole ucciderci. Io voglio vivere il mio ebraismo con passione e con amore per il mio popolo e per la nostra storia, voglio vivere il mio essere orgogliosamente italiano con serenità, voglio essere all'altezza dei valori di convivenza, di apertura e di lungimiranza che l'ebraismo nei secoli ha dimostrato, ebraismo che è sopravvissuto perchè ha saputo essere se stesso, il popolo della Torà prima e anche l'ebraismo laico poi, senza mai perdersi, convivendo con tutti.
Ecco, io ho paura dei nemici sì, ma ho anche paura che ci si chiuda in noi stessi, tradendo la forza della nostra storia. Come disse Izhak Rabin parlando delle trattative di pace in Medio Oriente bisogna continuare il dialogo come se i terroristi non esistessero e bisogna continuare a combattere i terroristi come se il dialogo non esistesse. Sia benedetto il ricordo di coloro che sono stati uccisi ieri a Tolosa perché ebrei, ma non permetteremo ai terroristi di averla vinta sulla nostra storia.

(Europa, 20 marzo 2012)

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Basta!

La facilità di essere antisemiti

di Alan D. Baumann

Non ho voluto redigere un articolo appena ricevuta la notizia del massacro di Tolosa. Ho preferito aspettare una giornata intera, sperando di scrivere pensieri meno a caldo. Le mie sensazioni rimangono però ardenti, restano la rabbia, il dolore, il timore per nuovi atti crudeli, l'angoscia di un padre per le persone che ama.
   Quanto è avvenuto davanti la scuola ebraica non è purtroppo un fatto isolato. Innumerevoli gli attacchi antisemiti contro i vivi ed i morti, purché "ebrei": dalla profanazione dei cimiteri francesi agli attacchi terroristici contro le discoteche di Tel Aviv, contro le comunità ebraiche argentine o turche, all'uscita dal Tempio Maggiore di Roma nel 1982.
   Dietro a tutto questo il forte sentimento antisemita, mascherato dall'antisionismo, l'antiisraelianismo, l'anticultura. I media possono trovarne infinite cause, prediligendo quell'invasione per opera del brutale stato ebraico, o ancora i responsabili del tradimento che portò alla morte Gesù. Ovviamente suggerirei a tutti di rileggere la storia di quelle e di altre terre e semmai di prendersela contro i romani e contro gli arabi che da sempre uccidono altri arabi facendolo ricadere a scapito degli ebrei.
   Un essere umano non può abituarsi ed i fatti del ventesimo secolo lo provano. La memoria deve resistere, sconfiggere ogni negazione possibile. Siamo in pieno XXI secolo ed i nostri figli, tutti quanti, devono vivere sotto la protezione delle autorità pubbliche solo perché "ebrei".
   Non è giusto. Non importa se si tratta dei gesti di un folle, di un neonazista libero di agire, della Jihad, dei poveri palestinesi che inviano centinaia di missili sulle città israeliane e per questo l'Egitto si offende per le reazioni "ebraiche, oppure della mamma di Arrigoni - amministratore pubblico, sindaco di Bulciago - che non ha voluto che la salma del figlio passasse per il territorio israeliano ed ovviamente non se l'è presa con i palestinesi che le hanno ucciso il figlio. Tutto questo non è giusto e di questo mi accuso non perché ebreo ma perché europeo e "occidentale".
   Siamo noi europei desiderosi di migliorare i rapporti economici, che aspettiamo con ansia la guerra dall'altro lato del Mediterraneo, tanto è che la Francia ci stava due settimane prima dello scatenarsi della guerra civile e per anni ha voluto dimenticare che Gilad Shalit non era solo un soldato rapito, ma anche un ragazzo francese.
   Questa lunga primavera araba si è scatenata e perdura sotto la nostra egida.
   Solo pochi giorni fa pensavo a quanto la sinistra europea - in particolare quella italiana - spinga la grande maggioranza dell'ebraismo a non potersi più schierare "a gauche": non capisco perché all'entrata della redazione di un giornale vi sia una bandiera palestinese e non posso ascoltare il discorso di un ex onorevole notando che non sono riusciti a pensare all'Italia - poi si chiedono il motivo della mancata rielezione - perché preferiscono investire le forze a fianco dei gruppi di liberazione della Palestina, anzi liberazione dall'ebraismo. Ho visto in questi anni le manifestazioni contro chi osa difendersi, ma nulla ieri sera al fianco dei bambini morti in Francia. Mi chiedo come avrebbe reagito l'Europa se l'attentatore fosse stato arabo: tre dei quattro uccisi avrebbero sempre avuto 3,6 e 8 anni e sarebbero stati visti come francoisraeliani o israelofrancesi, francesi di religione ebraica o ebrei stabilitesi in Francia o peggio ancora: esponenti di uno stato aggressore? Non sopporto di non poter essere di sinistra se non filo palestinese. Non accetto che per essere filo qualcuno si debba automaticamente essere contro qualcun altro.
   Mi permetto un suggerimento a questi grandi uomini di Stato: suggerite agli egiziani di riprendersi Gaza, chiedete ai Giordani di rivolere la Cisgiordania e di non continuare tutti quanti ad utilizzare i loro fratelli come pretesto per arricchire il loro antiebraismo del benestare occidentale, nazifascista, estremista cristiano o semplicemente servo del petrolio. L'antisemitismo non è sempre latente e va tenuto d'occhio in ogni istante, dagli episodi nelle scuole, alle legittimazioni politiche.
   Frequentavo il quinto liceo quando in un bagno dell'istituto scolastico apparve la scritta "Juden Raus" e chiaramente ero l'unico ebreo. Immediatamente il preside entrò nella classe e fece un lungo discorso contro il razzismo, fissando - non potendolo accusare perché privo di prove - l'unico che, visto il cognome che sembrava di chiare origini tedesche, poteva sembrare il responsabile: l'alunno si chiamava Baumann.

(l'ideale, 20 marzo 2012)

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"La Memoria minaccia i valori del sionismo"

di Rossella Tercatin

Georges Bensoussan
MILANO - Perché è errato e pericoloso affermare che Israele sia nato come conseguenza della Shoah? Per rispondere a questa complessa domanda è intervenuto a Milano Georges Bensoussan, tra i più noti studiosi europei di antisemitismo e di Shoah, in un incontro organizzato dall'assessorato alla cultura della Comunità ebraica e dal Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in collaborazione con la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, l'Associazione Figli della Shoah e il Keren Hayesod. Ad accompagnare le riflessioni di Bensoussan, introdotte dal giornalista Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura dell'Unione delle Comunità ebraiche Italiane, sono stati lo storico David Bidussa, e il rav Roberto Della Rocca, direttore del dipartimento Educazione e cultura dell'UCEI.
Una serata ospitata nella scuola ebraica di Milano non poteva che aprirsi rivolgendo un pensiero alla strage della città francese di Tolosa. "Ancora troppe poche informazioni abbiamo sull'accaduto per formulare giudizi. Di certo dobbiamo però interrogarci su quanto accade nella nostra Europa sempre più percorsa da pulsioni di intolleranza e violenza e partecipiamo a questo momento di grande dolore" ha dichiarato il presidente della Comunità Roberto Jarach. E prima di immergersi nelle riflessioni della serata, un Salmo per le vittime di Tolosa recitato da rav Della Rocca ha raccolto il pubblico in un momento di grande commozione. Una commozione condivisa dalle istituzioni della città di Milano che hanno fatto pervenire un messaggio di partecipazione attraverso Paola Bocci presidente della Commissione cultura del Comune, presente in sala insieme al consigliere Ruggero Gabbai.
   "Se siete venuti per una serata rilassante forse avete sbagliato indirizzo" ha sottolineato con ironia Guido Vitale, chiamato anche a tradurre l'intervento di Bensoussan, dopo l'introduzione dell'assessore alla cultura della Comunità Daniele Cohen. Lo storico francese infatti ha affrontato temi complessi e realtà scomode, partendo dall'assunto che l'affermazione che Israele costituisca una compensazione del mondo al popolo ebraico per ciò che subì durante la Shoah rappresenta una mistificazione e un pericolo tanto per lo Stato ebraico quanto per la Diaspora. "L'idea che dopo un disastro debba seguire una redenzione è propria di una cultura cristiana che è diventata sentire comune - ha spiegato - Il rapporto di causa-effetto fra Shoah e nascita di Israele è un concetto di cui troviamo traccia nel pensiero di molti, ma anche Israele stessa ha delle responsabilità. Dimenticando invece che la Shoah ha messo in pericolo uno Stato che de facto esisteva già ben prima in tutte le sue strutture essenziali (apparati politici, sistema scolastico e universitario, stampa…), distruggendo coloro per cui quello Stato era stato immaginato dal sionismo: le popolazioni ebraiche che vivevano nell'Europa orientale in condizione di grande disagio". Bensoussan ha ricordato come, all'indomani del secondo conflitto mondiale, la percezione della Shoah tanto dei non ebrei quanto degli ebrei, fosse molto diversa da quella di oggi e ha invitato a non equivocare il ruolo del sionismo, giudicando il passato con le cognizioni del presente. Proprio dalle riflessioni sul sionismo ha preso spunto l'intervento di David Bidussa, che citando l'opera di Bensoussan "Il sionismo. Una storia politica e intellettuale" (Einaudi 2007), ha spiegato come sia un grave errore percepire la storia come storia dell'antisemitismo "Il sionismo non è nato a scopo umanitario, ma come movimento nazionale, che prendeva spunto dall'idea che fondare e andare vivere in Israele costituisse la scelta per una vita migliore. Quella del sionismo è la storia di un contrasto in seno allo stesso mondo ebraico, perché questa idea fu inizialmente condivisa solo da una minoranza: non dobbiamo dimenticare che fino al 1939 la maggior parte degli ebrei che lasciarono l'Europa scelse di andare altrove".
   "Rashì, il più grande esegeta della Bibbia, si domanda perché, se la Torah è la legge del popolo ebraico, essa non inizia con la formulazione dei precetti, ma racconta prima tutta la Creazione - la riflessione conclusiva di rav Della Rocca - La risposta che si dà è che la Torah vuole raccontare che D. ha creato la terra, e ha voluto dare al popolo ebraico Eretz Israel. Questo ci deve far capire che cercare una giustificazione alla presenza del popolo ebraico in Israele in qualcosa che gli altri hanno compiuto nei suoi confronti è un grave errore. Israele fu un patriarca che lottò con un angelo, ma in realtà con se stesso, per salire una scala che congiungeva il Cielo e la Terra, il trascendente e l'immanente. Un'immagine che ben rappresenta anche ciò che Israele è oggi".

(Notiziario Ucei, 20 marzo 2012)

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Israele vieta modelle anoressiche in pubblicità

GERUSALEMME, 20 mar. - Il Parlamento israeliano ha approvato una legge per combattere l'anoressia e i disordini alimentari vietando a modelle troppo magre di apparire nelle pubblicità locali. È la prima volta che un governo usa il proprio potere legislativo per intervenire sull'industria della moda, accusata di provocare disordini alimentari idealizzando una magrezza estrema. I sostenitori della legge sperano che questa diventi un modello per tutti quei Paesi che faticano con la diffusione di anoressia e bulimia, soprattutto tra le giovanissime. Il principale promotore della norma, il medico Rachel Adato, ha paragonato la lotta all'anoressia a quella contro il fumo. Oltre a vietare l'uso di modelle visibilmente sotto peso per le pubblicità, la legge prevede che le agenzie indichino l'utilizzo di programmi grafici per alterare le immagini e rendere ancora più magre le modelle. I critici della norma sostengono che questa avrebbe dovuto concentrarsi sulla salute delle modelle, non sul loro peso.

(LaPresse, 20 marzo 2012)

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Hezbollah riceve missili da Damasco, Israele corre ai ripari

di Luca Pistone

"La Siria fornisce ad Hezbollah sistemi missilistici antiaerei, di fabbricazione russa, e istruttori militari", riferisce il quotidiano israeliano Haaretz. La consegna dei missili siriani al gruppo libanese ha messo in allerta l'Israeli Defense Force (Idf). Un simile arsenale potrebbe "cambiare gli equilibri di potere nella regione e mettere in pericolo la supremazia aerea di Israele".
"Il potenziale di escalation in Libano è enorme, ed Hezbollah costituisce una minaccia continua con le sue armi a medio e lungo raggio", ha detto ad Haaretz un alto funzionario dell'Idf, rimasto anonimo.
L'Idf non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma i sistemi missilistici russi in questione potrebbero essere il Buk M1 o il Buk M2, entrambi con una gittata a medio raggio.
La fonte riferisce che la Siria "ha iniziato regolari trasferimenti di armi verso il Libano ancora prima dell'inizio della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad", cominciata lo scorso anno. "Quanto più Assad perde la presa, tanto più aumenteranno le consegne. Saremo costretti ad agire più severamente contro queste forniture".
Douglas Barrie, analista dell'International Institute for Strategic Studies di Londra, spiega che i sistemi missilistici antiaerei russi "richiedono un lungo addestramento. Questi missili hanno una gittata massima di 30 chilometri. Il sistema include anche un sofisticato radar che permette di raccogliere informazioni di intelligence".
Secondo Haaretz, l'Idf sarebbe già corsa ai ripari, modificando "la strategia di difesa al confine settentrionale, per paura dei missili terra-aria in mano ad Hezbollah".

(Atlas, 20 marzo 2012)

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Nasce a Torino il Memoriale dei poeti della Shoah

In occasione del 21 marzo, Giornata Mondiale della Poesia

TORINO, 20 marzo 2012 - Sarà realizzato in Italia, a Torino, il Memoriale dedicato ai poeti assassinati nei campi di sterminio nazisti, durante la Shoah. L'Associazione Onlus "Nessun uomo è un Isola" e il Gruppo EveryOne annunciano in occasione del 21 marzo, Giornata Mondiale della Poesia (istituita nel 1999 dall'UNESCO), l'imminente realizzazione del progetto, che onorerà la memoria di poeti come Benjamin Fondane, Itzhak Katzenelson, Gertrud Kolmar, Max Jacob, i cui versi - scritti poco prima della deportazione o in alcuni casi addirittura nei ghetti e nei lager - hanno consegnato all'umanità, attraverso l'arte e il martirio, la memoria di milioni di vittime dell'odio razziale. Il Memoriale sarà installato, a imperitura memoria, nel "cortile dell'ora d'aria" del Museo del Carcere Le Nuove di Torino. "E' un grande mosaico a parete," spiegano i promotori del progetto, "cui stanno lavorando gli artisti Dario Picciau, Roberto Malini e Liana Sopelsa in collaborazione con l'ingegner Thomas Gazit, sopravvissuto all'Olocausto in Ungheria. Gli autori hanno scelto la tecnica del mosaico poiché essa consente di realizzare opere dalla durata illimitata, capaci di resistere agli agenti atmosferici attraverso i secoli". Il grande mosaico parietale sarà creato attraverso l'impiego di diversi materiali, fra i quali vetro e cemento. "Siamo orgogliosi di quest'opera," afferma l'artista e poeta Roberto Malini," perché è innegabile che i poeti hanno da sempre un ruolo centrale nella cultura e nella Storia umana, cantando la libertà e il valore della vita e ricevendo spesso, a causa della loro espressione artistica, persecuzione, carcerazione, tortura e morte. Ecco perché il Museo del Carcere le Nuove di Torino ci sembra una sede ideale per il Memoriale. Lì furono internati ebrei e dissidenti. Fra di loro, Emanuele Artom, partigiano ebreo che fu anche un sensibile poeta. Casi recenti come quelli del poeta cinese Zhu Yu Fu o di quello arabo Hamza Kashgari, che rischiano rispettivamente sette anni di prigione e il patibolo, a causa delle loro liriche che celebrano l'importanza della libertà civile e religiosa, sono emblematici di come l'umanità non abbia ancora compreso il ruolo della poesia e dello spirito di libertà". Il Memoriale ricorderà anche Primo Levi (Torino, 31 luglio 1919 - 11 aprile 1987) e tutti i poeti sopravvissuti ai campi di sterminio per testimoniare l'orrore delle persecuzioni. "Oltre ai nomi di alcuni poeti morti nelle camere a gas," prosegue l'artista Dario Picciau, "il Memoriale riporterà l'incipit di una composizione di Paul Celan, poeta e testimone dell'Olocausto: 'Latte nero dell'alba'. Nella poetica di Celan, il 'latte nero' è un concetto che esprime la necessità di alimentare la Memoria della Shoah". La nota mosaicista Liana Sopelsa sta coordinando il lavoro ai cartoni preparatori e alla scelta dei materiali. "L'opera presenterà una visione simbolica di Auschwitz," dice l'artista, "e di altri drammatici scenari in cui si svolse lo sterminio degli ebrei, dei Rom, dei Testimoni di Geova, dei gay e di tutte le minoranze che il nazismo voleva cancellare dalla faccia della terra. Associare materiali come cemento, vetro e pietra significa anche rammentare alle nuove generazioni la tenacia e la forza del male, il valore della memoria, la fragilità dei diritti umani".

(il Mezzogiorno, 20 marzo 2012)

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In Francia tentazioni antisemite?

di Elena Lattes

C'è chi sostiene che l'attentato di ieri alla scuola ebraica di Tolosa sia stato perpetrato da un serial killer che poco ha a che vedere con l'antisemitismo. Di questo non si può essere certi, come non si può essere certi del contrario. Le indagini, ci si augura, potrebbero far luce sulla verità. Di sicuro però c'è che in Francia l'atmosfera generale non è tra le più amichevoli verso gli ebrei.
Già qualche anno fa Ariel Sharon portò all'attenzione mediatica il problema (perché fa più notizia la dichiarazione di un politico che la realtà sul terreno, per quanto possa essere drammatica), invitando gli ebrei francesi a trasferirsi in Israele per fuggire dall'antisemitismo d'oltralpe.
Da allora l'antisemitismo non è affatto diminuito. Anzi, gli ebrei a Parigi e in molte altre città, soprattutto se sono giovani e osservanti, sono alla mercé di aggressori di vario tipo, specialmente da parte dei loro coetanei maghrebini.
L'ultimo episodio si è verificato all'inizio della scorsa settimana quando un gruppetto di liceali con in testa la kippà (la "papalina") all'uscita da scuola sono stati avvicinati da due giovani di origine africana che, con una scusa hanno cominciato a colpirli violentemente sul viso, supportati poi da altri otto coetanei. Una delle vittime è finita a terra, con la testa rotta e soltanto l'intervento di due assistenti sociali che passavano lì per caso, ha evitato il peggio.
Questi attacchi in genere vengono seguiti da riunioni delle autorità locali e da relative dichiarazioni di buone intenzioni per prevenirle e contrastarle, ma in pratica poi poco o nulla viene fatto.
Alla fine di febbraio la giornalista Audrey Pulvar e il suo compagno, il deputato socialista Arnaud De Montebourg furono aggrediti da giovani di estrema destra al grido di slogan razzisti e antisemiti.
Ci sono voluti quasi due anni perché il gruppo "Forsane Alizza", fondato nel 2010 e capeggiato da Achamlane Moahmed, che allenava i propri adepti alla lotta armata, venisse chiuso nel 2012.
L'università di Parigi ha deciso addirittura la chiusura amministrativa per due giorni dell'ateneo a fine febbraio, in seguito alle minacce ricevute dal Collettivo Palestinese, organizzatore di una conferenza sull'"apartheid" e sul boicottaggio dei prodotti israeliani che avrebbe voluto occupare tutto il campus.
E poi: Youssouf Fofana, il capo della "Banda dei barbari" che nel 2006 rapì, torturò e uccise il 23enne Ilan Halimi, dal carcere dove è detenuto ha potuto tranquillamente girare una quindicina di filmati nei quali, avvolto in una kefià con lo sfondo della parete della sua cella, incita alla guerra santa e pubblicarli su Youtube.
Per non parlare di Emma, la ragazza appartenente alla stessa banda, che fece da esca per intrappolare il ragazzo ebreo e che sedusse il direttore del carcere nel quale scontava la pena. Condannata a 9 anni nel 2010, nel gennaio scorso (a poco più di 12 mesi dalla sentenza della Corte d'appello) è stata liberata.
La direttrice dell'Istituto per la Giustizia, Laurence Havel, ha scritto: "Nonostante l'assenza di rimorsi e l'atrocità del crimine, gran parte dei colpevoli oggi sono liberi e la Giustizia ha cominciato a scarcerare i maggiori responsabili".
Scrisse la mamma di Ilan Halimi, nel diario di quei terribili 24 giorni durante i quali il figlio venne torturato e ucciso, quando volle trasferire la salma di suo figlio in Israele un anno dopo, nel 2007: "l'ho fatto uscire di qui perché un giorno voi sarete liberi, e sareste potuti venire a sputare sulla sua tomba." Da allora pare che nulla sia cambiato: gli ebrei sono un obiettivo facile e appetibile.

(Agenzia Radicale, 20 marzo 2012)

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Lettonia, orgoglio nazista

Proposta choc alla Duma: onorificenza alle ex Ss baltiche

di Alessia Candito

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   Veterani lettoni delle Waffen Ss naziste
 celebrano la giornata del 16 marzo a
 Riga davanti al monumento della libertà
Una proposta choc ha agitato il parlamento di Riga: i reduci delle Waffen Ss lettoni, le legioni di volontari non tedeschi fedeli al nazismo, potrebbero ottenere ufficialmente la nomina di «combattenti per la libertà». Un riconoscimento non semplicemente onorifico: ai sopravvissuti tra gli oltre 140 mila che volontariamente si arruolarono nella XV e la XIX legione delle Ss straniere, dovrebbe anche essere corrisposto un corposo vitalizio. Si tratta delle truppe che dal 1943 in poi hanno agito al diretto comando di Heinrich Himmler e si sono fatte conoscere per i crimini perpetrati contro la popolazione civile. Ma che per il partito ultranazionalista Visu Latvijai (Tutto per la Lettonia) alfieri della libertà. E come tali vanno riconosciuti.
NEONAZISTI IN PIAZZA - Il problema è che il partito è l'ago della bilancia della coalizione di governo: nell'esecutivo può contare sui ministri della Giustizia, Gaidis Berzins e dell'Educazione, Jaunzeme-Grende. E ha disegnato la proposta di legge su misura per il proprio zoccolo duro, composto in larga parte da nazionalisti ed ex militari. Gli stessi che il 16 marzo scorso, in occasione del tradizionale corteo di reduci e simpatizzanti neonazisti, sono scesi in piazza per la «giornata del legionario». Un appuntamento controverso, dedicato al ricordo della giornata del marzo 1944 in cui per la prima volta, le truppe delle Ss lettoni, schierate a fianco dell'esercito nazista, combatterono contro l'Armata rossa sul fronte orientale, nei pressi del fiume Ve?ikajas.
LA POLEMICA SULLA GIORNATA DEL LEGIONARIO - L'amministrazione della capitale, su pressione dei gruppi antifascisti e della locale comunità ebraica, aveva tentato di vietare l'appuntamento. «Proibite la manifestazione» era stato l'appello di Efraim Zuroff, direttore del Centro culturale ebraico Simon Wiesental, «spiegate alla gente che anche se all'epoca queste persone pensavano di combattere per la Lettonia, il vero beneficiario dei loro servigi e del loro coraggio è stata la Germania nazista».
Il 5 marzo scorso, la Duma di Riga aveva votato con una maggioranza schiacciante la cancellazione sia del tradizionale corteo, sia di iniziative, dibattiti e cerimonie che celebrassero la fondazione delle Waffen Ss lettoni. Eppure il tribunale amministrativo non è stato del medesimo avviso. Interpellati dai nazionalisti di Daugavas Vanagi, una delle associazioni di ex combattenti lettoni, promotrici della manifestazione, i giudici hanno dichiarato nullo il divieto disposto dalla Duma cittadina.
CELEBRAZIONE DELLE SS BALTICHE - Così a Riga, capitale del Paese, il 16 marzo nazisti vecchi e nuovi, sono tornati in piazza. Bandiere con la croce uncinata, uniformi militari, braccia tese. Oltre 2 mila persone hanno sfilato al suono di marce militari. A rendere omaggio alle Ss baltiche non c'erano solo militanti dell'estrema desta e nostalgici della croce uncinata, ma anche parlamentari e amministratori locali, mentre il presidente lettone Andris Berzins difendeva a spada tratta sulle tivù nazionali la manifestazione. «Questi cortei non sono mai stati aggressivi e diretti contro qualcuno, sono atti di omaggio ai combattenti», ha dichiarato Berzins, che ha sottolineato «bisogna inchinarsi ai veterani lettoni delle Waffen Ss perché hanno lottato per la patria». Dichiarazioni pesantissime, ma non nuove in un Paese come la Lettonia, che già due anni fa ha riconosciuto la svastica come patrimonio storico e non come simbolo nazista.
NESSUNA CENSURA DA PARTE DEL PARLAMENTO EUROPEO - Nonostante la formale condanna di fascismo e nazismo, così come delle organizzazioni che a queste esperienze si richiamano, nessuna voce critica contro la Lettonia si è levata dai banchi del Parlamento Europeo. «Lo spaventoso silenzio dei Paesi dell'Unione europea è un crimine contro milioni di persone che sono morte ai tempi della Seconda Guerra mondiale» ha dichiarato con rammarico il deputato lettone a Bruxelles, Alexander Mirski, che ha esortato i propri colleghi a condannare organizzazioni e partiti di chiara matrice nazista che imperversano in tutta Europa.

(Lettera43, 20 marzo 2012)


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Ahmadinejad: "Israele è un insulto alla libertà delle nazioni"

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, citato dai media locali, sostiene che l'occupazione della Palestina sia "un problema storico", mentre l'esistenza di Israele "un insulto alla libertà, alla giustizia e all'indipendenza delle nazioni".
"L'Europa e gli Stati Unito spendono ogni anno miliardi di dollari per aiutare il regime criminale sionista, mentre questo continua l'occupazione della Palestina", ha dichiarato domenica Ahmadinejad, in un intervento a Teheran dinanzi ad un gruppo di attivisti filo-palestinesi.
"Nonostante tutte le rivendicazioni liberali degli stati occidentali, nessuno di loro si è mai permesso di fare una domanda o di condurre una ricerca su come il regime sionista venne creato".
Effettivamente sarebbe utile che si studiasse davvero come è nato lo Stato d’Israele per mettere in evidenza i furti legali commessi dalla Gran Bretagna con il sostegno delle “Nazioni Unite” e l'invenzione a tavolino dello "Stato palestinese".

"Lo stato sionista mira a mettere gli stati gli uni contro gli altri, i governi gli uni contro gli altri, i popoli gli uni contro gli altri, facendo così terrorismo internazionale".
La stessa cosa diceva Hitler degli ebrei.

Il gruppo di attivisti filo-palestinesi, giunto sabato a Teheran, è diretto a Gerusalemme Est per celebrare il 36esimo anniversario della Giornata della Terra in Palestina, il prossimo 30 marzo.
La Giornata della Terra in Palestina commemora l'anniversario dell'uccisione di sei giovani palestinesi, cittadini di Israele, da parte delle forze di sicurezza israeliane nel 1976, durante una protesta contro l'espropriazione di terre palestinesi.
Oggi, la Giornata della Terra simbolizza "la resistenza palestinese contro l'espropriazione, la colonizzazione, l'occupazione e l'apartheid tuttora in corso in Israele", spiegano gli organizzatori dell'evento.

(Atlas, 20 marzo 2012)

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Israele accusa: esperti iraniani a Gaza

E la Siria dota Hezbollah di sistemi anti-aerei...

Israele conferma oggi i rumor che circolavano nelle settimane scorse: esperti militari iraniani sarebbero attivi sul territorio della Striscia di Gaza e in quello desertico del Sinai, dopo esservi penetrati clandestinamente attraverso l'Egitto e il Sudan. Queste parole espresse da un alto funzionario di Gerusalemme e riportate dal tabloid israeliano "Haaretz" sono confermate anche dal fatto che nonostante il recente cessate il fuoco, da quei territori continuano a partire razzi verso Israele, ad opera di gruppi di resistenza popolare istigati degli esperti iraniani.
Questi militari starebbero anche cercando di reclutare e addestrare futuri militanti della Jihad non solo fra i beduini, ma in tutto il Sinai, in Egitto e in Palestina. Insieme a loro agirebbero in forma globale militanti della Jihad in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen ed in Arabia Saudita, ha continuato a dichiarare il funzionario, aggiungendo che Israele ed Egitto hanno un interesse comune nella lotta contro questi elementi terroristi. "Molte organizzazioni palestinesi utilizzano la penisola del Sinai come area strategica per le loro attività", e la Libia nel frattempo è stata trasformata in un enorme deposito di armi, che vendute finiscono in Egitto e nella Striscia di Gaza, si legge ancora sul quotidiano. Inoltre Teheran avrebbe anche trasferito ingenti fondi per impedire che i colloqui di pace, o quanto meno di tregua, falliscano.
E ce n'è anche per la Siria, accusata di armare Hezbollah, il movimento di resistenza libanese oggi al potere, e i suoi combattenti. A renderlo noto al tabloid fonti delle forze della difesa israeliana. Inoltre un alto ufficiale del Northern Command riporta come un centinaio di esperti abbiano insegnato in Siria ed in Iran al braccio armato di Hamas come usare missili superficie-aria contro gli aerei e gli elicotteri con la Stella di David, e che potrebbero mettere a repentaglio la supremazia aerea di Israele.
Alcuni ufficiali delle forze della difesa si sono detti molto preoccupati per due fattori che coinvolgono Siria ed Hezbollah, perché potrebbero cambiare gli equilibri di potere nella regione: il trasferimento di enormi quantità di missili superficie-aria e di armi chimiche e biologiche dalla Siria verso i territori dove Hezbollah opera. Inoltre, hanno proseguito gli ufficiali, da quando il presidente siriano Assad ha perso il controllo completo del Paese, il trasferimento di armi è sensibilmente aumentato, arrivando a comprendere aerei Uav (Unmanned aerial vehicle, velivoli senza pilota a controllo remoto), e missili terra-terra e terra-mare, ma anche gli SA-17, missili a medio-lungo raggio di costruzione russa. "Più Assad perderà la sua presa, più il traffico aumenterà".
Per concludere uno degli ufficiali ha anche riferito che Damasco è in possesso anche di un enorme arsenale di missili superficie-superficie a lungo raggio, fra i quali gli Scud e gli M-600, che potrebbero essere già in mani libanesi. Ed enorme inoltre è il traffico di armi chimiche e biologiche che confluiscono in Siria perlopiù provenienti dall'Europa dell'Est.

(Avionews, 19 marzo 2012)

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Ebrei qualsiasi

di Daniele Liberanome

Stamani a Tolosa sono stati uccisi alcuni bambini e un papà. Il nostro divieto di fare immagini, ci deve venire qui in aiuto per ricordarli nel modo giusto: focalizziamoci poco sui loro volti, sfumiamoli, e pensiamo al fatto che erano bimbi e un papà ebrei qualsiasi, come potrei essere io - e voi - con i miei - e i vostri - figli.

(Notiziario Ucei, 19 marzo 2012)

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Un piccolo, prezioso manuale da leggere e diffondere

Daniel Taub, ABC per conoscere l'Ebraismo, ed. San Paolo, p. 64, € 3,50

Presentazione dell’autore

Quattromila anni or sono un popolo piccolissimo si fece portavoce di una nuova tradizione religiosa: l'Ebraismo. Nei millenni successivi, gli Ebrei hanno assistito alla caduta e alla nascita di molti imperi e al sorgere di nuove tradizioni religiose. Essi hanno abitato a contatto con molte società e culture e l'Ebraismo stesso ne è stato influenzato. Nonostante ciò, lungo i secoli, gli elementi portanti dell'Ebraismo sono rimasti gli stessi: un monoteismo convinto dell'esistenza di un solo Dio e della sua alleanza con il popolo ebraico; un impegno a seguire la Torah quale guida per vivere secondo chiari principi etici e religiosi; una forte sensibilità nei confronti degli altri Ebrei nella condivisione di ogni responsabilità; una chiara percezione di essere depositari di una missione volta a perfezionare il mondo alla luce del regno di Dio.
In questa breve guida prenderemo in considerazione i principi e le pratiche basilari dell'Ebraismo, raccogliendoli attorno a quattro sezioni.
  • L'identità ebraica. Nella prima sezione vedremo in che modo gli Ebrei formano una sola famiglia dove i legami sono più forti dei comuni vincoli religiosi o di razza. Prenderemo in esame gli elementi costitutivi dell'Ebraismo insieme agli insegnamenti e alle pratiche di base, come il sabato, le norme alimentari (Kashrut) e il legame atavico con la terra di Israele.

  • Il ciclo della vita. La seconda sezione approfondirà il modo in cui l'Ebraismo dà un significato alle diverse fasi dell'esistenza: dalla nascita e dal Bar/Bat mitzvah fino alla morte e al dolore per un lutto.

  • Il calendario. AI calendario ebraico dedicheremo la terza sezione. L'anno ebraico si apre con il giorno solenne di Rosh Hashanah e Yom Kippur ed è scandito da tre festività maggiori: Pesach o festa di Pasqua, Shavuot o festa delle Settimane, e Sukkot o festa delle Capanne, che richiamano rispettivamente l'esodo dall'Egitto, il dono della Torah e il viaggio attraverso il deserto fino alla terra promessa. Lungo l'anno, altre festività evocano ulteriori episodi della storia ebraica, dall'esilio a Babilonia alla ricostruzione dello Stato di Israele.

  • I volti dell'Ebraismo. L'ultima sezione sosterà sui variegati volti dell'Ebraismo, nati in seguito alle diverse esperienze che le comunità ebraiche hanno vissuto lungo la storia: ciò ha dato vita a tradizioni come quella Askenazita e Sefardita, e a diversi movimenti interni all'Ebraismo che portano a distinguere gli Ebrei in ortodossi, conservativi e riformati.
L'Ebraismo ha sempre nutrito un profondo rispetto verso le altre fedi. il fatto che Mosè abbia seguito i consigli del suocero madianita letro, per i rabbini rappresenta un'importante lezione che invita ad essere aperti alla sapienza di quanti non sono Ebrei. Allo stesso tempo, però, ogni Ebreo si sente depositario di una particolare missione: quella di diffondere nel mondo valori universali, grazie all'esperienza del Sinai e al dono della Torah.
Ci auguriamo che questo piccolo strumento aiuti a comprendere meglio l'Ebraismo e i suoi insegnamenti, comunicando tali valori a tutti i popoli e a tutte le fedi.


Daniel Taub è un diplomatico, consulente legale presso il Ministero degli Esteri israeliano, impegnato nei negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi. Ebreo ortodosso, insegna e scrive su Israele e sul Giudaismo. È autore dei testi di una popolare serie televisiva che presenta la vita degli Ebrei e i loro valori religiosi. Vive a Gerusalemme con la moglie e sei figli.

(Notizie su Israele, 19 marzo 2012)

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Da Gaza ancora un razzo sul Neghev, nessuna vittima

TEL AVIV, 19 mar - Non ha provocato vittime un razzo Qassam sparato in mattinata da miliziani palestinesi della striscia di Gaza in direzione di un vicino villaggio israeliano, nel Neghev occidentale. Fonti locali precisano che il razzo e' esploso in una serra, dove ancora pochi minuti prima si trovavano diversi manovali. Ingenti i danni materiali. Nella zona e' in vigore da una settimana una precaria tregua, mediata dall'Egitto, fra Israele e le milizie palestinesi attive a Gaza.
“Nessuna vittima” si dice nel titolo, “Non ha provocato vittime” si dice come prima cosa nella notizia. Deve servire da attenuante per i lanciatori di razzi? Le omicide intenzioni terroristiche, i danni materiali alle cose, i danni morali alle persone provocati da paura e incertezza sono cose che non meritano di essere sottolineate dai cronisti di agenzia.


(ANSA, 19 marzo 2012)

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Agguato a una scuola ebraica di Tolosa: tre bambini tra le vittime

Francia sotto shock per l'assassinio di un professore e di tre giovanissimi alunni di un istituto ebraico a Tolosa, nel sud-ovest del paese.
La sparatoria è avvenuta alle otto del mattino, quando insegnanti e studenti stavano entrando a scuola. Il killer, alla guida di uno scooter di grossa cilindrata, ha inseguito le sue vittime fin dentro l'edificio, prima di darsi alla fuga. A terra, ha lasciato un professore di 30 anni, i suoi due figli di tre e sei anni, e un terzo bambino. Un ragazzo diciassettenne è rimasto gravemente ferito.
Il procuratore di Tolosa, Michel Valet, ipotizza un collegamento con gli omicidi di alcuni militari francesi avvenuti di recente nella stessa regione.
Giovedì scorso a Montauban, un paracadutista era stato attirato con il pretesto della vendita di una moto e poi ucciso. Altri due erano stati freddati a Tolosa il 12 marzo. In entrambi i casi, i testimoni dicono che a sparare sia stato un motociclista con il volto coperto da un casco integrale.
Il ministro dell'Interno, atteso a Tolosa, così come il presidente Sarkozy e il candidato socialista alle presidenziali Hollande, ha disposto una sorveglianza rafforzata nei pressi di tutte le scuole ebraiche di Francia.


(euronews, 19 marzo 2012)

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Antisemitismo, in Svizzera la situazione non migliora

Croci uncinate su sinagoghe, pietre tombali ebraiche divelte, ma pure violenze fisiche e numerose esternazioni preoccupanti su internet: anche nel 2011 in Svizzera sono state registrate parecchie decine di casi di antisemitismo.

BERNA - Croci uncinate su sinagoghe, pietre tombali ebraiche divelte, ma pure violenze fisiche e numerose esternazioni preoccupanti su internet: anche nel 2011 in Svizzera sono state registrate parecchie decine di casi di antisemitismo. Le associazioni che si occupano del fenomeno sottolineano in un comunicato odierno che negli ultimi anni "la situazione non è fondamentalmente cambiata".
Fra gli atti più gravi in assoluto figurano l'aggressione da parte di minorenni dell'assistente di un rabbino a Losanna in febbraio e l'accoltellamento di un ebreo ortodosso a Ginevra in dicembre.
In Svizzera romanda il Coordinamento intercomunitario contro l'antisemitismo e la diffamazione (CICAD) nel 2011 è venuto a conoscenza di 130 casi di antisemitismo, di cui 5 definiti "gravi", 6 "seri" e 119 "preoccupanti". Nel 2010 erano stati registrati 104 casi, contro un massimo di 153 l'anno prima.
In Svizzera tedesca ne sono stati registrati altri 112, di cui 76 su internet, in base ai dati della Fondazione contro il razzismo e l'antisemitismo (GRA) e della Federazione svizzera delle comunità israelitiche (FSCI), che per la prima volta ha indagato anche sui casi nel web. Fuori rete il numero di atti di antisemitismo è passato dai 29 del 2010 ai 36 dell'anno scorso.
L'incidente più grave in Svizzera tedesca è avvenuto a Zurigo in marzo, quando uno sconosciuto ha lanciato biglie metalliche contro le finestra di una scuola ebraica, al momento vuota. Sulle sinagoghe di Zurigo e Basilea sono state tracciate croci uncinate a più riprese. A Zurigo militanti di estrema destra hanno distribuito volantini in cui si imputava agli ebrei la responsabilità della crisi finanziaria. A Basilea sono state divelte pietre tombali del cimitero ebraico. FSCI e GRA hanno registrato anche numerose lettere o telefonate ingiuriose ricevute da istituzioni o persone ebree.

(www.tio.ch, 19 marzo 2012)

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Innovativa piattaforma israeliana offrirà cure più appropriate a diverse patologie

di Elena Fuoridalghetto

I ricercatori israeliani dell'IBM di Haifa hanno sviluppato una piattaforma tecnologica innovativa per l'analisi delle informazioni cliniche che permetterà ai medici di offrire nuove prospettive per le cure di una vasta gamma di patologie, dal cancro all'AIDS, passando per l'ipetensione e tante altre ancora.
I ricercatori italiani dell'IBM, in collaborazione con la Fondazione IRCCS, stanno ora mettendo a punto questa piattaforma che verrà testata dai medici dell'Istituto Nazionale dei Tumori nei prossimi mesi.
Lo scopo è personalizzare la cura basandosi, oltre che sull'analisi automatizzata delle linee guida stabilite per la specifica patologia, anche sulle informazioni cliniche provenienti dai casi archiviati nei sistemi informativi dell'ospedale.
La piattaforma, attualmente messa a punto come prototipo, è in grado di integrare la conoscenza clinica di una malattia con i dati relativi al paziente, quali il profilo genetico, l'età, il peso, l'anamnesi familiare, lo stadio attuale della patologia e le condizioni di salute generali.
Clinical Genomics, questo il nome della piattaforma, usata in altri contesti ha già dato dei risultati come per esempio, la dimostrazione che statisticamente i medici, a parità di quadro clinico, tendono a prescrivere trattamenti più aggressivi alle donne in confronto agli uomini. In altri casi, per alcuni pazienti anziani sono stati ottenuti esiti migliori quando non sono stati sottoposto ad alcun trattamento.
Naturalmente i dati raccolti saranno resi anonimi per rispettare i termini della legge sulla privacy.

(fuori dal ghetto, 19 marzo 2012)

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Tel Aviv si accende per l'Art Weekend

Artisti, addetti ed appassionati convergono su città israeliana

ROMA, 19 mar - Amanti dell'arte da tutto il mondo stanno confluendo a Tel Aviv in vista del prossimo finesettimana. La citta' israeliana, fucina della scena artistica nazionale, ha lanciato l'iniziativa ''2012 Anno dell'Arte'' e i prossimi giorni ne costituiranno l'evento di apertura. Un lunghissimo Art Weekend partira' gia' da mercoledi' 21 (concludendosi il sabato successivo) e fara' di Tel Aviv ''the place to be'' per promotori culturali, artisti, esperti e mercanti d'arte, ma anche semplici turisti. In calendario ci sono happening, installazioni, spettacoli, conferenze, visite gratuite e una maratona di 24 ore al Museo di Tel Aviv. "Amanti dell'arte, preparatevi all'overdose!", scrivono i giornali locali. "L'Art Year - spiega ad ANSAmed Tania Coen-Uzzielli, curatrice del Museo Israele ed esperta di arte israeliana - e' un modo per celebrare il rinnovo delle tre principali istituzioni culturali di Tel Aviv: il Museo di Tel Aviv, la Cinemateca e il Teatro Habima. Tre luoghi-chiave della geografia artistica e storica della citta': addirittura il museo e il teatro sono sorti prima ancora della fondazione dello Stato ebraico". Non sorprende dunque che una simile iniziativa sia nata a Tel Aviv. Ma non solo per questo. A Tel Aviv c'e' una concentrazione di gallerie tra le piu' alte al mondo. Qui il confine tra le arti e' labile e il melting pot e' una pratica diffusa: il che rispecchia l'anima di questa citta', aperta a tutti e a tutte le ore. Un fermento di cui a Gerusalemme, che dista circa 60 chilometri, non arriva alcuna eco. Eppure, paradossalmente, la gran parte degli artisti israeliani che oggi riscuotono successo in patria e all'estero si e' formata all'accademia gerosolimitana di Betzalel. Ma la storia e l'atmosfera di Gerusalemme inibiscono gli artisti, che per essere liberi di creare si trasferiscono a Tel Aviv, soprannominata non a caso ''la bolla''. La citta' vive il dramma politico israeliana con distacco: e questo permette agli artisti di respirare e rielaborare il quotidiano senza essere schiacciati dal conflitto quotidiano. La capacita' di attrazione che la citta' costiera esercita sugli artisti dipende anche da un altro fattore: il pubblico. "Tel Aviv offre una platea molto maggiore rispetto a Gerusalemme - spiega Coen-Uzzielli -. Ebrei ultra-ortodossi e arabi, che costituiscono circa i due terzi della popolazione della citta' santa, fruiscono poco l'arte. Al contrario, il pubblico giovane, piu' facoltoso (e spesso single) di Tel Aviv partecipa della vita culturale della citta' con entusiasmo".

(ANSAmed, 19 marzo 2012)

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Israele: accordo con Cipro per la posa di un cavo elettrico sottomarino

Israele e Cipro hanno firmato nei giorni scorsi un accordo per la posa di un cavo elettrico sottomarino, nel quadro di un più ampio progetto focalizzato al trasferimento di elettricità tra lo Stato Israeliano e l‘Europa.
Il cavo si snoderà per una lunghezza di 287 chilometri circa ad una profondità di 2.000 metri; i lavori di posa dovrebbero terminare entro il 2016; il progetto, battezzato ‘‘Euro-Asia Interconnect‘‘ avrà una capacità di trasferimento di circa 2.000 MegaWatt‘‘; altri progetti di questo tipo collegheranno Cipro all‘Europa attraverso la Grecia, anch‘essa parte dell‘accordo.
Israele sarà così in grado sia di ricevere elettricità dall‘Europa sia, in futuro, di erogarne verso il Vecchio Continente; la connessione renderà Israele lo Stato più stabile della regione sotto questo punto di vista.
Anche la Grecia trarrà significativi benefici, soprattutto sotto il profilo dell‘efficienza energetica, mentre Cipro vedrà finire il proprio isolamento energetico, diventando uno snodo - cardine nei flussi energetici nel Mediterraneo.
Israele e Cipro hanno tra l‘altro scoperto recentemente rilevanti giacimenti di gas proprio nel sottosuolo della zona del Mediterraneo compresa tra di loro, e stanno attivamente discutendo della cooperazione possibile nella distribuzione di tali risorse sui mercati europei ed asiatici.
L‘accordo firmato nei giorni scorsi dovrà essere ratificato definitivamente dai Parlamenti dei tre Stati, approvazione che arriverà una volta delineato lo studio di fattibilità del progetto, previsto entro un anno.

(Portalino.it, 19 marzo 2012)

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Scoprire Gerusalemme in un weekend a 290 euro

'We Love Gerusalemme' è la nuova iniziativa di Viaggidea e dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo in Italia per promuovere la destinazione con un prezzo molto accessibile e con un pacchetto weekend sia da Milano che da Roma. L'offerta sarà venduta e attraverso le adv Welcome Travel - Honeymoon Planet e BravoNet e agenzie Viaggidea Premium. Inoltre, spazio anche agli adv per i quali è in programma un Fam Trip mesi di maggio ed ottobre.
"Abbiamo spinto per realizzare questa iniziativa - afferma Glauco Auteri, di Alpitour World - per dare la notorietà che merita alla destinazione, per dare impulso al mercato e per dare stimoli al trade e siamo certi che, se le agenzie coinvolte sapranno dare il giusto sprint, potremo anche realizzare numeri interessanti".
La promozione è valida dal 12 aprile al 29 ottobre con partenze ogni giovedì da Roma (partenza alle 10 e ritorno domenica da Tel Aviv-Ben Gurion alle 17.50) e ogni venerdì da Milano Malpensa con voli diretti El Al Israel Airlines (partenza alle 12 e ritorno lunedì da Tel Aviv-Ben Gurion alle 18.10). Previste 3 notti a Gerusalemme con pernottamento al Jerusalem Gold Hotel in alloggio DBL b&b e quote da 390 euro per persona con trasferimento a/r da Tel Aviv Ben Gurion o a 290 euro per persona con inclusa auto a noleggio in aeroporto. Inclusi anche: il City Tour della Città Vecchia di Gerusalemme e lo spettacolo 'Suoni e Luci' alla Torre di Davide.

(travelnostop, 19 marzo 2012)

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La testimonianza di Pupa Garribba, sopravvissuta della Shoah

di Martina Gonnella

  
Pupa Garribba
TERMOLI (CB) - Vite parallele, storie di fughe, catture, violenze e cuori che battono all'unisono al ritmo del terrore, quelle quanti hanno guardato negli occhi il mostro del razzismo e hanno testato la sua ferocia sulla propria pelle, chiedendosi, con l'ingenuità di bambini, di quale colpa si fossero mai macchiati per vedersi puntare una pistola contro, portar via i genitori o condurre in quel posto chiamato campo di concentramento. Sono queste le storie che Carla Dello Strologo, meglio conosciuta come Pupa Garribba, ha raccolto e comparato con la sua dal momento in cui, nel 1998, è divenuta una ricercatrice di memoria orale per la Shoah Foundation e ha cominciato a collaborare con scuole e giornali. Parole che ha inteso raccontare agli studenti del Liceo Classico Gennaro Perrotta, nella mattinata del 17 marzo, durante un incontro organizzato con le classi dell'Istituto. «Talvolta mi trovo dinanzi ad una gioventù un po' fragile, che tende ad avere ancora paura del diverso», ha affermato la ricercatrice, da anni impegnata a portare la sua testimonianza nelle scuole, con una serie di documenti del tempo, tra pagelle, visti, e carte d'identità.
L'obiettivo fondamentale è quello di mantener vivo il ricordo di uno spaccato di storia che ha devastato un intero popolo ma deve essere il punto di partenza per un percorso di maturazione personale e sociale nei confronti della varietà culturale ed entica che caratterizza la società odierna. Con un documentario e la sua totale disponibilità di rispondere alle numerose domande, i ragazzi hanno avuto modo di "toccare direttamente la storia", attraverso una testimonianza diretta, presa da chi questa stessa storia l'ha vissuta sulla sua pelle e su quella della propria famiglia. Un modo diverso di fare lezione, conoscendo così ciò che di solito si apprende attraverso le pagine dei libri di storia. toccare con mano la sofferenza di quel passato che ci apparterrà sempre.

(primonumero, 18 marzo 2012)

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CIA e Mossad concordano: l'Iran non sta costruendo un'arma nucleare

di Federico Artizzu

Sulla scia delle nuove sanzioni imposte contro l'Iran e delle importanti dichiarazioni del Premier britannico David Cameron che si è dichiaratamente opposto ad un intervento militare d'Israele contro le strutture nucleari della Repubblica Islamica, il New York Times ha pubblicato oggi un report nel quale si evidenzia che, nonostante i leader politici israeliani stiano spingendo per una rapida azione armata atta a bloccare il programma nucleare iraniano, sia i servizi segreti di Tel Aviv che quelli di Washington concordano sul fatto che non vi siano ancora prove sufficienti per stabilire che l'Iran sta costruendo una bomba nucleare.
Il report del New York Times sembra allontanare quella che appare come una differente visione del pericolo iraniano, tra il Presidente statunitense Barack Obama, sempre più disposto a dare tempo alla diplomazia per risolvere la crisi con Teheran, ed il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu che almeno pubblicamente sembra stia preparando l'opinione pubblica del suo Paese ad una possibile resa dei conti militare con la Repubblica Islamica. La differente aggressività nella retorica contro Teheran ha portato gli analisti ad ipotizzare un vero e proprio gap tra Israele e la Casa Bianca. Alcuni di questi, tuttavia, ritengono che il Premier israeliano Netanyahu stia giocando la parte del poliziotto cattivo solo per esercitare pressioni sulla comunità internazionale e convincerla ad isolare economicamente l'Iran. In effetti, giovedì scorso, SWIFT, il maggiore fornitore globale di servizi finanziari, ha annunciato che taglierà fuori le banche iraniane dai suoi sistemi informatici. Questa mossa costringerà il Governo iraniano a condurre la maggior parte delle sue transazioni commerciali in contanti, colpendo drammaticamente la già debole economia di Teheran. Fonti vicine al Primo Ministro israeliano hanno salutato calorosamente la mossa di SWIFT, affermando che questa era stata espressamente richiesta da Netanyahu ad Obama il 5 marzo scorso a Washington.

(International Business Times, 18 marzo 2012)

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Israeliani su Facebook agli iraniani: “Vi amiamo”

Creata una pagina, 'non vi bombarderemo mai', centinaia di adesioni

TEL AVIV, 18 mar - Mentre i rispettivi dirigenti si scambiano minacce quasi ogni giorno, vi sono in Israele, ed anche in Iran, semplici cittadini che vorrebbero invece allacciare legami di amicizia ed esorcizzare il rischio di un conflitto. Fra questi due grafici di Tel Aviv, Roni Edri e Michal Tamir, che ieri hanno creato la pagina Facebook 'Iraniani, vi amiamo. Non bombarderemo mai il vostro Paese'.
Subito centinaia di adesioni da Israele e dall'Iran sono giunti messaggi di compiacimento e di elogio.

(ANSA, 18 marzo 2012)

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Anche una liceale indagata per la sinagoga

di Paola Fucilieri

E anche a Gorla Minore, in casa, genitori e fratelli (appartiene a una famiglia di 8 persone, ndr) hanno notato che lo portava, seppur di rado, solo negli ultimi tempi. Eppure, davanti agli investigatori della Digos che l'altra mattina, visto che la considerano una fiancheggiatrice del terrorismo islamico, sono piombati nella sua camera da letto per visionare i file scaricati sul suo computer, la giovane si è irrigidita e si è chiusa nel silenzio più totale. Quindi ha preso il velo e se lo è messo davanti al viso, tenendolo per tutto il tempo in cui la polizia è rimasta lì. Quasi temesse di venire contaminata dagli «infedeli».
«Questa 19enne è stata perquisita e poi semplicemente indagata perch', tramite web e chat di social forum, quindi solo in maniera virtuale, aveva condiviso tematiche a sfondo ideologico e religioso con Mohamed Jarmoune, il giovane marocchino che abbiamo arrestato giovedì. Tuttavia dai file che la ragazza ha scaricato e dalla documentazione informatica trovata in suo possesso non è emerso nulla che faccia pensare al progetto di un atto terroristico vero e proprio, almeno da parte sua» spiega il questore di Brescia Lucio Carluccio che ha coordinato le indagini sul presunto terrorista islamico finito in manette qualche giorno fa a Niardo (Bs) con l'accusa, invece, di voler proprio realizzare degli attentati dinamitardi in piena regola contro la sinagoga di via della Guastalla e la scuola ebraica di via Arzaga a Milano.
«L'evidenza parla chiaro: molti di questi giovani di seconda- terza generazione, nonostante un comportamento formale che non faccia pensare al fanatismo religioso, conservano nell'intimo un astio radicato verso l'Occidente» conclude il questore di Brescia.

(il Giornale, 18 marzo 2012)

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Bersagli

di Ugo Volli

Il progetto di attentato alla sinagoga centrale di Milano non è stato oggetto di grande attenzione pubblica né dai giornali, né dalle autorità, né dal mondo ebraico. Probabilmente è giusto che sia così, l'argomento è così delicato che non è bene "strillarlo", per non creare deleteri effetti di panico o di imitazione. E però merita una riflessione seria e pacata. Bisogna partire dalla considerazione che il piano era abbastanza serio da giustificare degli arresti, che era opera di una persona tutt'altro che sprovveduta in materia di violenza (anzi le fonti lo qualificano come un "istruttore").
   Vale appena la pena di precisare che la Sinagoga è una sede di preghiera, non di propaganda politica o di reclutamento, che accoglie di solito ebrei italiani pacati e per lo più maturi e in nessun modo costituisce un bersaglio militare ragionevole. Non si tratta neppure di una rappresentanza dello Stato di Israele, ma di un luogo di preghiera. Sono precisazioni inutili per qualunque persona ragionevole; infatti neppure le istituzioni israeliane sono bersagli legittimi di azioni militari; ma l'ambasciata è pesantemente protetta, ma macchine di militari stazionano da anni davanti a sinagoghe, case di riposo, scuole ebraiche per difenderle. Tutto ciò significa che i luoghi ebraici sono bersagli in quanto tali, che c'è un pericolo antisemita in corso talmente continuo che si rischia di darlo per scontato, salvo risvegliarsi di fronte all'annuncio di un pericolo imminente. Che io sappia questo tipo di pericolo riguarda in sostanza solo i luoghi ebraici. Non vi sono scorte davanti ai centri islamici, ma neanche alle chiese ortodosse, ai centri turchi o spagnoli o britannici o di tutti gli altri gruppi che sono coinvolti in conflitti. Vi è un'eccezione ebraica, di cui faremmo naturalmente ben volentieri a meno.
   La seconda considerazione è che questa minaccia non proviene (almeno non direttamente) da quei circoli di estrema destra che negano la Shoah, dai siti che pubblicano elenchi di ebrei o dai giornali che usano il finanziamento pubblico per pubblicare articoli negazionisti e revisionisti. Il pericolo ormai da decenni, dall'attentato di Roma che costò la vita al piccolo Gaj Taché, viene da ambienti islamisti: terroristi palestinesi, loro sostenitori arabi, servizi iraniani ecc. Costoro non fanno solo la guerra a Israele col terrorismo in Medio Oriente e altrove (come nei recenti attentati a diplomatici israeliani in India, Thailandia, Georgia). Dirigono la loro violenza anche sugli ebrei in quanto tali, come nei terribili attentati di Buenos Aires (il cui principale mandante, imputato dalla magistratura argentina oggi fa di mestiere, non dimentichiamolo, il ministro della difesa dell'Iran), e negli atti antisemiti che si succedono in mezza Europa, per esempio di recente in Francia, con l'omicidioo Halimi, non lo fanno per sbaglio, ma per una determinazione chiara: gli slogan delle piazze arabe e le predicazioni degli imam se la prendono con gli "Jahud", gli ebrei come identità religiose e storica, non tanto con l'entità politica di Israele.
   La terza considerazione è che gli assassini non sono affatto soli o isolati, che godono di ampia solidarietà nei loro fini se non nei loro mezzi. Esiste un'opinione pubblica (di sinistra assai più che di destra) e una stampa (di sinistra assai più che di destra, forze politiche e sindacali (di sinistra assai più che di destra) che non solo appoggiano la "lotta" palestinese contro Israele, ma attribuiscono a quest'ultimo tali nefandezze da giustificare in pieno la "resistenza" anche se esagera un pochino. Se Gaza è come Auschwitz e "gli ebrei, dopo essere stati vittime dei nazisti, stanno facendo loro stessi ai palestinesi quello che hanno subito", come ha affermato in occasione dela giornata della memoria l'esponente del'Anpi di una località vicina a Milano, suscitando per fortuna reazioni e polemiche, la conclusione non può che essere simile a quella che Jean Paul Sartre trasse dopo la strage di Monaco: "Il terrorismo è un'arma terribile, ma i popoli oppressi non ne hanno altre". O come mi ha scritto di recente qualcuno su Facebook, "voi sionisti dovete sparire dalla faccia della terra".
   Non bisogna pensare che gli attentatori siano pazzi isolati, anche se spesso per certi versi lo sono. Quel che conta è la rete di complicità materiale e anche ideale di cui dispongono. Difendere la legittimità di Israele e delle sue azioni, smascherare le scorrettezze e i doppi criteri di giudizio, la delegittimazione e la demonizzazione di Israele a opera della stampa e di forze politiche, sindacali, intellettuali (oggi più di sinistra che di destra) significa anche difendersi da questi tentativi di violenza, renderli evidenti all'opinione pubblica per quel che sono: atti criminali di terrorismo e non "resistenza" o "solidarietà con gli oppressi".

(Notiziario Ucei, 18 marzo 2012)

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Mostra "La partecipazione degli ebrei al Risorgimento in Emilia Romagna (1815-1870)"

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Prosegue a Palazzo Trisi, fino al prossimo 21 marzo, l'esposizione "La partecipazione degli ebrei al Risorgimento in Emilia-Romagna [1815-1870]", che è stata curata da Franco Bonilauri e Vincenza Maugeri del Museo Ebraico di Bologna; tra i diversi studiosi che hanno collaborato alla redazione Ines Miriam Marach, che ha realizzato la sezione lughese.
La mostra storico-didattica, costituita da 15 pannelli, propone l'apporto e la partecipazione degli ebrei del territorio emiliano-romagnolo agli eventi che determinarono il Risorgimento e la successiva nascita dello Stato unitario. Nell'occasione sono stati esposti anche documenti originali e immagini provenienti dalle raccolte della Biblioteca Trisi e dall'Archivio storico comunale di Lugo.

(Faenzanotizie.it, 18 marzo 2012)

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Social network e antisemitismo

Il progetto di attacco alla sinagoga

di Sergio Harari

L a notizia dell' arresto del giovane fanatico della jiihad islamica che preparava un attentato alla sinagoga milanese di via della Guastalla preoccupa e solleva molti problemi, tra i tanti anche quello sempre crescente dell' antisemitismo via web. Un recente rapporto del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano descrive un mondo inquietante: forum, chat, social network che ripropongono la mistica più vecchia e ritrita dell' odio antisemita in versione 2.0, per non parlare delle liste di proscrizione: elenchi a uso e consumo di tutti e dei neonazisti in particolare per «scovare l' ebreo camuffato... in modo che il giudeo possa risultare in qualche modo evidenziato a vita». Oggi sono più di ottomila i siti antisemiti presenti nel web, la crescita negli ultimi anni è stata esponenziale, nel 1995 ne esisteva uno solo. A questi vanno aggiunti quelli razzisti, xenofobi, omofobi, e altri ancora. In rete si trovano senza difficoltà i «protocolli dei Savi anziani di Sion» tradotti in tutte le lingue possibili, film come «Suss l' ebreo», capolavoro artistico del nazionalsocialismo prediletto da Himmler che ne impose la visione a tutti i membri delle SS, video sulla mafia russa in mano agli ebrei e notiziole varie del tipo «il traffico di organi umani in mano ai rabbini» oppure «Israele paradiso dei pedofili». Naturalmente in rete non manca la possibilità di procurarsi testi fondamentali che spiegano il funzionamento dell' industria dell' Olocausto sfruttata dagli ebrei a loro vantaggio. Come pure abbondano i testi negazionisti. Il peggio dell' immaginabile e dell' inimmaginabile. Purtroppo l' impatto dei social media è considerato di gran lunga maggiore di quello della carta stampata, basti pensare che ogni mese YouTube è visitato da circa 70 milioni di persone e che ogni giorno vi accede il 17,7 per cento degli utilizzatori di Internet. I risultati si vedono: nel 2009 sono stati registrati in tutto il mondo 1.129 episodi violenti di antisemitismo, il doppio di quelli avvenuti nel 2008 (559). Facebook, YouTube, Myspace diventano così pericolose incubatrici d' odio, luoghi visitati da navigatori dell' «orgoglio bianco», solo a scriverlo provo ribrezzo. Il social web diventa social antisemitismo. L' «antisemitismo 2.0», come è stato definito da uno dei più importanti studiosi del fenomeno, Andre Oboler, costituisce una pericolosa miscela di moderna tecnologia e neorazzismo, favorito dalle mutate condizioni socioculturali di questi ultimi anni che vedono riconoscere nuovi spazi politici a movimenti xenofobi e razzisti in tutto il mondo, Europa compresa. Nel web i problemi di accettabilità sociale dei contenuti vengono facilmente superati e aggirati, l' odio e le mistificazioni si diffondono senza problemi tra i diversi social network. L' antisemitismo, il razzismo e la xenofobia hanno trovato una nuova efficacissima e potente via di diffusione sfruttando i nuovi media e una delle più gravi malattie dell' umanità, l' indifferenza. E da questa, neanche l' Olocausto è riuscito a guarire il mondo.

(Corriere della Sera, 18 marzo 2012)

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Gerusalemme, la corsa più dura nel luogo più santo

Impressioni di un partecipante

di Manlio Gasparotto

Tre giorni a Gerusalemme e in Israele. Un'esperienza davvero strana. Non tanto per la corsa, per le sue difficoltà. O per il Paese con tutte le sue difficoltà ma anche con la voglia di superarle. O per la religione, le religioni che qui si incrociano e si respirano ad ogni passo. O per la storia, che qui come in pochi altri posti al mondo - e noi italiani ne sappiamo qualcosa - si respira ad ogni passo. Credo per tutte queste cose insieme.
Correre, girare, parlare, mangiare e fare foto in questo groviglio di sensazioni e di emozioni rende più difficile dipanare quello che ti resta dentro, perché pure i tuoi pensieri tendono ad aggrovigliarsi. Io sono già complicato di mio, per questo sto provando a vivere queste ore e questa occasione con tutta la calma necessaria per sentire nel profondo quello che ora provo a raccontarvi. In breve, per capitoli. Con la corsa come sfondo e come punto di partenza. Ma anche come sempre, come scusa per parlare di noi, del mondo, della vita.

La sera prima della gara
- La gara?
  Qui si corre il venerdì, perché poi dall'imbrunire comincia lo shabat che è uno dei cardini della religione israelità e prevede lo stop di qualsiasi attività che abbia a che fare con la modifica dell'esistente. La semplifico, ma non è facile. Non si può cucinare sulla fiamma perché non si può accendere il fuoco. Non si può scrivere, né lavare, disegnare, costruire. Insomma provate a immaginare la vostra vita così, perché non potreste neppure accendere la tv o la radio. Se volete musica, potete cantare. Se volete giocare potete farlo con gli amici perché lo shabat alla fine è anche il tempo preso, recuperato per dedicarlo agli altri. Non è facile, prevede grande organizzazione nella vita di ogni giorno, ma ha risvolti positivi nel guardarlo alla luce della distanza che ormai molti di noi hanno messo con molte persone alle quali comunque e nonostante tutto vogliono bene. Però, questo era o voleva essere il capitolo della gara, che per me è cominciata con una fantastica orchestrina a suonare nei pressi della partenza, dal charleston al gospel… con un When the Saints go marchin' in che sotto la pioggia mi faceva ballare e saltare.
  Spiegato perché si corre il venerdì c'è da dire che tutta la giornata e la città sono dedicate alla maratona (che scatta alle 7, un'ora dopo il blocco totale della circolazione delle auto - come sarà a Milano il mese prossimo - splendido) ed alla mezza che parte 90 minuti dopo. Sentiti anche i colleghi, posso dire che sia la più dura e difficile che si possa correre su strada e in città (Boston è una passeggiata con la sua Heartbreak Hill nel finale).

- Perché si sale sempre.
  E' vero, c'è anche la discesa, ma sembra poca e l'alternarsi delle pendenze rende comunque davvero difficile impostare un qualsiasi ritmo e il rischio di spingere troppo - magari anche solo in discesa per recuperare - dura quanto dura la corsa. Io non avevo alcun obiettivo se non correre sempre e stare sotto le due ore, credo di averci messo 1.50¢ e considerato pure che in questi giorni qui l'inverno si fa sentire con vento (sempre presente e spesso violento), pioggia (venerdì ne ho contati 7 scrosci, due durante la corsa) e grandine (pure durante la gara) sono davvero soddisfatto. Domenico, collega del Sole24Ore, alla sua 17esima maratona ha corso in un massacrante 4.30¢ aggiungendo quasi un'ora al suo medio personale che ormai gli viene senza problemi. Era davvero provatissimo, ma credo molto molto soddisfatto. Perché, detto che la difficoltà aumenta anche il rispetto per chi arriva in fondo, correre a Gerusalemme ha comunque un significato che va oltre il fatto tecnico. Entrare nella città vecchia, sfiorare i luoghi santi, passarci quasi attraverso, sentirli… non può non farvi battere il cuore in un modo diverso e intenso, già indimenticabile che si trasforma in qualcosa di ancora più pieno perché vi colpisce quando siete più aperti, nel pieno dello sforzo. Come non immaginare e pensare alle mille storie della Bibbia, ai Vangeli, a tutto quello che abbiamo imparato da bambini. Come non fare due conti vedendo il cartello Betlemme e tornare indietro di duemila anni. Nella corsa siamo quasi come loro che avevano i sandali. Stesso posto, stesso mezzo di locomozione così l'anima esce allo scoperto e si fa un giretto con voi guardando oltre la punta delle scarpe ma verso l'orizzonte. La collina degli Ulivi e tutto quel che vi circonda. Questo è stata la mia corsa. La gestione dello sforzo (mi sentivo come in tapasciata tra le colline della Brianza, un po' come a Perego per intenderci: il 19o era tutto una durissima salita…) e del pensiero. Non avevo gps o crono. Avevo in mano il cellulare e scattavo foto sperando che la pioggia non rovinasse tutto. Andavo verso il traguardo e mi gustavo i visi dei bambini a bordo strada, loro entusiasti e sorridenti come sempre e come ovunque. Il mondo è così piccolo quando guardi gli occhi di un bambino. Che bello sentirsi per un attimo come loro.

- Il culto
  Poi spazio alla visita della Old Jerusalem, attraversata di corsa al mattino e vissuta da turista il pomeriggio. Se ci venite organizzatevi per entrare prima del venerdì perché da lunedì a giovedì non avrete problemi nonostante i diversi culti e le molte cerimonie, siete i benvenuti e potete vivere l'emozione in diretta. Il venerdì e il sabato come la domenica da noi sono i giorni della preghiera: ebrei e musulmani chiedono il rispetto delle loro tradizioni e dei loro spazi. Porta chiusa, ed è giusto così. Io torno a casa con la sorpresa della visita al Santo Sepolcro e la scoperta - ammetto l'ignoranza - che tutto si sia svolto allora nello spazio di pochi metri. Non parlo di prigione, flagellazione e Crucis. Bensì di crocifissione, morte, deposizione e sepoltura. Il Golgota è poco più di un sasso ai piedi del quale c'è la pietra dove si ritiene sia stato adagiato e ripulito il corpo di Gesù che poi fu deposto in una grotta a due passi (dieci metri? non di più) pure sparita perché demolita per costruire un luogo di culto che contiene la stanza e la pietra dove restò prima della resurrezione. Vedi tutto in uno spazio che è meno di metà del Duomo di Milano per capirci. Non lo sapevo, mi ha colpito. Ho immaginato come doveva essere duemila anni fa, uno spazio aperto e una roccia esposta sulla quale i romani giustiziavano la gente, nei pressi del cimitero stesso (qui semplifico molto e me ne rendo conto) appena fuori da quella che era la Gerusalemme di allora. Vivere tutto questo, capirlo, sentire le preghiere in latino dei frati davanti al luogo della crocifissione e poi della sepoltura ha dato un senso speciale al viaggio.

- I canti e gli abbracci
  Ma non solo, perché la gioia di tanti mi ha colpito. L'ho vista tra i ragazzi di una scolaresca in gita che cantavano sotto la pioggia un motivetto, chiusi in cerchio accompagnando ogni volta uno di loro che si gettava nel mezzo per poi fermarsi davanti a un altro e farsi dare il cambio. E l'ho vista al Muro, dove il venerdì una parte della città si è raccolta in preghiera e dove tutti - pur separati, uomini a sinistra e donne a destra - ancora hanno preso a cantare lodi al Signore. Abbracciati e contenti di farlo mentre poco dopo ha cominciato a risuonare la chiamata alla preghiera per i musulmani. Un incanto. Un modo di pregare e di stare insieme che mi riporto a Milano. Dove so che succede comunque, ma dove non mi era mai capitato di poterlo apprezzare. Come tante altre cose della vita che scopro ogni giorno limando via, un po' alla volta tutta l'ignoranza con la quale sono nato.

(Gazzetta dello Sport, 17 marzo 2012)

Video

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Ferrara - Svastica sul muro del museo ebraico

L'allarme in mattinata. La scritta è stata subito rimossa dal servizio comunale

di Benedetta Salsi

  
FERRARA, 17 marzo 2012 - Una svastica, a imbrattare la memoria semita. Questa l'amara sorpresa che gli agenti della polizia municipale hanno trovato in mattinata davanti al Meis, museo nazionale dell'Ebraismo e della Shoah. Vandali che hanno agito approfittando del buio della notte, imbrattando il muro di recinzione esterno di via Piangipane.
Dopo l'allarme, sul posto sono intervenuti i poliziotti della Digos e la scritta è stata subito rimossa da parte del servizio comunale.

(il Resto del Carlino, 17 marzo 2012)

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È morto Demjanjuk, il 'boia di Sobibor'

Aveva 91 anni, partecipò allo sterminio di 29 mila persone

Ivan Demjanjuk
Rosenheim, 14 marzo 2012 - E' morto Ivan Demjanjuk, il boia di Sobibor. E' deceduto in Germania, a Rosenheim, all'età di 91 anni. A darne notizia l'emittente radiofonica Bayerischen Rundfunk, la polizia locale ha confermato la morte. Demjanjuk era una ex guardia carceraria di un campo di sterminio nazista di Sobibor, in Polonia.
IL BOIA DI SOBIBOR - Demjanjuk era accusato di aver partecipato alla morte di circa 29.000 persone nel campo di sterminio di Sobibor, in Polonia, fra il marzo ed il settembre del 1943. Lui ha sempre negato il suo coinvolgimento.
LA STORIA - Inizialmente Demjanjuk fece parte dell'Armata Rossa; catturato dalle forze dell'Asse nel 1942 a seguito dell'operazione Barbarossa, venne reclutato dai nazisti come guardia nel campo di concentramento di Sobibor. Nel 1945 si arruolò nell'armata di Andrej Andreevi? Vlasov, con cui combatté gli ultimi mesi di guerra in favore del Terzo Reich e contro l'URSS. Terminato il secondo conflitto mondiale, nel 1951 si recò insieme alla moglie e ai figli negli Stati Uniti ottenendo la cittadinanza statunitense nel 1958.
I PROCESSI - Nel 1983 il governo israeliano chiese che Demjanjuk fosse estradato nel loro paese per essere sottoposto ad un giudizio come previsto dalla legge di castigo di nazisti e collaboratori del 1950. Fu estradato il 28 febbraio del 1986 e fu sottoposto a giudizio il 26 novembre dello stesso anno.
Il 18 aprile 1988 viene dichiarato colpevole di tutti i reati dei quali era accusato, e una settimana dopo venne condannato a morte. Il verdetto venne tuttavia revocato il 29 luglio 1993 da cinque giudici della Corte Suprema israeliana, sulla base di dichiarazioni scritte da ex-guardie di Treblinka, secondo i quali il vero cognome di Ivan il Terribile era Marchenko, e non Demjanjuk.
Nel 1993 venne dunque scarcerato e riportato negli Stati Uniti, dove gli venne riconcessa la cittadinanza. Dopo una nuova estradizione dagli Usa verso la Germania, nel 2011, dopo 90 sedute in 18 mesi, fu condannato per associazione con i nazisti. Ma per l'età avanzata Demjanjuk in carcere non c'è mai andato.

(Quotidiano.net, 17 marzo 2012)

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Domenica, 25 marzo 2012, ore 16.30

Bologna - Via D'Azeglio, 55
Teatro Guardassoni - Collegio San Luigi


      presentato da Giorgio Comaschi
      letture bibliche Giuseppe Messina

      preceduto da breve proiezione video
      su "La via della pace"
      in ricordo della scrittrice ebrea Manuela Sadun Paggi

      Duo Amaduzzi-Peli

      Astrea Amaduzzi
      Soprano, flauto e tamburello a sonagli

      Mattia Peli
      Pianoforte

      Musiche di Bach, Monteverdi, Rossini,
      Milhaud, N.Shemer, Liszt, Castello,
      Mozart, Haendel, Verdi, Perosi, Vivaldi

      PROGRAMMA

    Per informazioni:
    Collegio San Luigi - Via D'Azeglio, 55 - 40123 Bologna
    Tel. 051-6449552/ Fax 051-581690
    Sito Web: www.collegiosluigi.it/aec.htm
    E-Mail: amicaebraicocristianabo@virgilio.it
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Gli Arrigoni amano Hamas, non la sua giustizia

di Fiamma Nirenstein

  
C'è qualcosa di fatale e triste, come chiedere che un racconto mal concluso trovi almeno un baleno di luce, nella richiesta di verità rivolta soprattutto allo Stato italiano che proviene dalla famiglia, dagli avvocati, dagli amici di Vittorio Arrigoni, il giovane attivista filopalestinese ucciso per mano di coloro che considerava i suoi migliori amici nella striscia di Gaza.
   Là, prodigandosi per i palestinesi e spargendo dal suo blog parole di fuoco contro Israele, faceva il volontario. Purtroppo fu rapito e ucciso un anno fa da un gruppo definito «salafita», ormai una specie di patente di assoluzione per tutti i loro amici appena di un grado al di sotto nella scala dei tagliagole, come Hamas e la Fratellanza Musulmana, appunto. Il dramma dell'uccisione di Arrigoni adesso continua nel rifiuto del tribunale di Gaza di celebrare il processo, nel continuo rinvio delle sedute, nella strana latitanza di alcuni accusati su un territorio minuscolo come la Striscia, e nella pesante ironia dei barbuti killer che sghignazzano in aula. C'è di che stupirsi? Certo che no in una situazione come quella di un territorio governato da un gruppo terrorista. Ed ecco che la delusione della famiglia e dei sodali di Arrigoni diventa, a sorpresa, quella che ti è stata iniettata nel sangue dall'educazione democratica e borghese. Quella della certezza del diritto. Perché, allora, chiede la famiglia, il governo italiano non interviene? Perché gli interrogatori sono ridicoli? Perché non si conosce la lista dei testimoni? Perché non si ammette che gli italiani si costituiscano parte civile? E qui, si suggerisce, non dipenderà dal fatto che l'Italia non riconosce Hamas come potere legale? Perché non si fa un processo in absentia ora che si pensa che uno dei principali accusati sia in Egitto? Si capisce bene che la signora Egidia Beretta e il suo avvocato abbiano scritto a Napolitano, ai ministri degli Esteri, della Giustizia, e chiedano conto della loro «indifferenza». Ma è qui che le due parti della questione, la richiesta di legalità e l'indifferenza verso il fatto che Hamas sia un gruppo terrorista e illegale, stridono nel toccarsi, non si incontrano. Gli alleati naturali non dovrebbero essere i rappresentanti del governo, ma, per esempio i talkshow filopalestinesi senza se e senza ma; quelli che dovrebbero avere fiducia in un processo di Hamas potrebbero essere per esempio coloro che mostrano propensione per quell'organizzazione, l'arcipelago filopalestinese che ama la Flottilla, che dice che Israele non ha diritto a difendersi... in Italia ce ne sono tanti, per esempio, che so, Michele Santoro, o altri giornalisti da talk show. Vorremmo certo vedere un processo fair. Ma chi pensa di poter interagire, parlare con Hamas vive in una bolla ideologica che è la stessa che ha condannato a morte Arrigoni. L'Italia infatti l'ha messa nella sua lista di organizzazioni terroristiche, insieme all'Europa e agli Usa. Chi mai può aspettarsi un processo giusto da Hamas? Con tutto il rispetto per il suo lutto, sembra il caso che la famiglia di Arrigoni si renda conto che Arrigoni è stato ucciso per fanatismo islamista, come Daniel Pearl a Karachi, come Nick Berg in Iraq, come Fabrizio Quattrocchi, perché per gli integralisti islamici era «nemico di Dio e di Allah» e diffondeva a Gaza «il malcostume occidentale» e perché «l'Italia combatte i Paesi Musulmani». Hamas sa cosa fare ai nemici, nel periodo intorno al 2007 quando prese il potere a Gaza (luglio), furono uccisi 353 palestinesi. Svariati uomini di Fatah furono, ricordano orrificati testimoni, buttati giù dai tetti, 86 dei morti di cui 26 bambini erano passanti, le torture si sprecarono.
   Di Hamas è il rapimento di Shalit, i duecento missili lanciati dal 9 al 13 marzo su Israele, la distruzione del campo di ricreazione dell'Onu i cui criteri non erano confacenti ai criteri islamisti, l'arresto di 150 donne con l'accusa di stregoneria, l'uccisione del libraio cristiano che vendeva Bibbie, Rami Khader Ayyad, la rimozione dei corpi dei cristiani dai cimiteri. Che cosa può avere a che fare la giustizia con un processo celebrato in un simile ambito?

(il Giornale, 17 marzo 2012)

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Si aprono prospettive di scambio sulla razionalizzazione idrica con Israele

Enrico Rossi ha incontrato il neo ambasciatore di Israele Naor Gilon. Ricordata la collaborazione con il Centro per la Pace di Tel Aviv

16 marzo - Dare il via a un programma di scambio tra la Regione Toscana e lo Stato di Israele che abbia al centro il grande tema dell'acqua e della razionalizzazione dei suoi usi, per fronteggiare i cambiamenti climatici e gli effetti di desertificazione. Con questa prospettiva si è concluso oggi l'incontro del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi con il neo ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon.
"Di fronte ai cambiamenti climatici che hanno forti effetti anche in Toscana - ha detto il presidente Rossi - dobbiamo attrezzarci per affrontare nuove situazioni di scarsità d'acqua e di vera e propria desertificazione. Da questo punto di vista lo stato di Israele, forte delle sue esperienze di sottrazione di terra al deserto, può dare un contributo importante anche a livello di innovazione tecnologica".
Nel corso dell'incontro con l'ambasciatore israeliano, che ha trascorso in passato un periodo di studio proprio a Firenze, affascinato dalla "culla del Rinascimento", il presidente Rossi ha ricordato la collaborazione, riconfermata dalla Regione Toscana ogni anno, con il Centro Peres per la Pace di Tel Aviv per un progetto che provvede a far curare negli ospedali israeliani dei bambini palestinesi gravemente ammalati.
Progetti di scambio e collaborazione sono in atto tra Italia e Israele soprattutto a livello commerciale, turistico, e di innnovazione tecnologica. Un ambito in cui la Toscana intende inserirsi, e ciò contribuirà, come ha sottolineato Rossi, a rinsaldare i rapporti reciproci.

(gonews.it, 16 marzo 2012)

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La corte federale tedesca ordina la restituzione di opere confiscate dai nazisti

Si è conclusa oggi con una sentenza della corte federale tedesca, dopo sette anni di contenzioso, la battaglia giudiziaria della famiglia Sachs: il Museo storico tedesco dovrà restituire ai legittimi proprietari la collezione di manifesti espropriata durante il regime nazista.
La corte ha riconosciuto agli eredi dell'allora noto dentista ebreo Hans Sachs, che vivono negli Stati Uniti, la proprietà su una collezione di oltre 4mila manifesti, del valore stimato in circa 4 milioni di euro, nonostante in passato per l'esproprio fosse stato pagato un indennizzo.

(swissinfoch., 16 marzo 2012)

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Sanità digitale, il modello italiano a Gerusalemme

GERUSALEMME, 16 mar. - L'eccellenza italiana nel campo dell'informatica sale in cattedra in Israele dove, il prossimo 19 marzo, si svolgera' un convegno internazionale dedicato alla tecnologia del cloud computing in campo sanitario. Protagonista dell'evento, organizzato a Gerusalemme con la collaborazione dell'ambasciata italiana, e' il modello della Ulss 8 di Asolo (Treviso) che, negli ultimi mesi, si e' distinta in campo nazionale per l'utilizzo del cloud computing come strumento informativo per i cittadini sulle attivita' cliniche. In particolare l'unita' socio-sanitaria veneta, che fa parte del team tecnico di Digit Pa, l'ente nazionale per la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, e' stata invitata a presentare la sua esperienza della nuvola 'Pic' e le sue applicazioni in campo gestionale e clinico per lo sviluppo della sanita' digitale. "L'Italia e Israele hanno sistemi sanitari differenti - spiegano dall'ambasciata italiana - ma i rapporti scientifici e tecnologici tra i due Paesi sono particolarmente intensi e, pertanto, gli sviluppi e i progetti nel campo dell'Itc che sono allo studio sulle due sponde del Mediterrano possono sostenere l'evoluzione della sanita' digitale in entrambi i Paesi". Da questo punto di vista, "la conferenza rappresenta un'eccellente opportunita' per migliorare le prospettive di lavoro, grazie anche alla possibilita' di scambi e confronti a livello internazionale".
All'appuntamento di Gerusalemme, realizzato in collaborazione con il Forum PA, parteciperanno l'organizzazione sanitaria israeliana Kupat Holim Maccabi, l'Hadassah University Hospitals di Gerusalemme e alcuni dei principali istituti di ricerca dello stato ebraico, come il Gertner Institute e lo Sheba Medical Center. L'evento, sottolineano gli organizzatori, sara' anche un'occasione di incontro tra importanti provider internazionali, come IBM, Microsoft, Accenture, Imaging MD, eWave MD e Medic4all, e provider italiani dal consolidato profilo internazionale, tra i quali Dedalus, Noemalife, Telecom. Da parte italiana, e' prevista anche la presenza di organismi come Infocert, l'universita' Ca' Foscari di Venezia, Digit Pa e l'Istituto italiano privacy, partner della Ulss di Asolo nello sviluppo del cloud computing.

(AGI, 16 marzo 2012)

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Razzi da Gaza nel Neghev, scuole chiuse

TEL AVIV - Un milione di abitanti israeliani del Neghev hanno trascorso anche oggi una giornata di tensione nel timore di tornare ad essere bersagliati da razzi palestinesi sparati da Gaza. Mercoledi' e' entrata in vigore una tregua informale che prevede la sospensione di lanci di razzi sul Neghev e quella dei raid aerei israeliani sulla Striscia. Ma ieri e la scorsa notte razzi sono stati sparati verso Ashdod e Beer Sheva. In diverse citta' israeliane della zona le scuole sono rimaste chiuse.

(ANSA, 16 marzo 2012)

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Lo Shabbat

  
 
Shabbat, settimo giorno della settimana contando da domenica, sebbene si presenti oltre 50 volte in un anno, insieme a Yom Kippur rappresenta una delle festività e delle giornate sacre più importanti del calendario ebraico, l'unica ad essere citata nei Dieci Comandamenti. L'osservanza di Shabbat è da sempre uno dei punti di riferimento dell'esistenza e dello stile di vita del popolo ebraico e, come afferma una nota citazione, non è tanto il popolo ebraico ad aver preservato Shabbat quanto Shabbat ad aver preservato il popolo ebraico.
Secondo la tradizione, Shabbat possiede una profonda connessione con la creazione del mondo, dopo la quale Dio, giunto al settimo giorno, decise di fermarsi ("shabat" in ebraico significa "smettere"), e per questo motivo, anche gli uomini, durante questa giornata, si astengono da ogni attività produttiva.
L'idea dello Shabbat è uno dei maggiori contributi dell'Ebraismo alla cultura di tutto il mondo, rappresenta la base della concezione ciclica settimanale come unità di tempo, ed è divenuta un modello per Cristiani e Musulmani, che rispettivamente hanno stabilito la domenica e il venerdì come giorno di sacro riposo settimanale.
Nel calendario ebraico, i giorni trascorrono da tramonto a tramonto, per cui Shabbat inizia la sera del venerdì, chiamata Erev Shabbat, per terminare la sera del sabato, Motsa'ei Shabbat. La durata precisa della festività è determinata dalle differenze di orario nel corso dell'anno e da luogo a luogo.
Le consuetudini legate a questa festa sono molte e molto differenti, la principale è comunque il divieto di effettuare ogni attività produttiva. Secondo la legge ebraica, che prevede la proibizione di una precisa serie di azioni, anche ogni attività legata ad accensione e spegnimento del fuoco è vietata, motivo per cui gli ebrei religiosi non accendono alcun tipo di apparato elettrico e non viaggiano. Vi sono poi ebrei definiti tradizionali, e moderatamente religiosi, che osservano parzialmente la restrizione di viaggiare, utilizzare la corrente elettrica o svolgere altre attività, ma che comunque durante Shabbat non rispondono al telefono.
Per i religiosi, è una giornata dedicata alla preghiera, in cui si trascorrono diverse ore in sinagoga in parte dedicate alla lettura della Torah, l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia, Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, suddiviso in sezioni lette settimanalmente nel corso dell'anno. Casualmente, la suddivisione della Torah in brani corrispondenti alle settimane dell'anno coincide con la più antica e originale, prima che venisse organizzata la ripartizione in capitoli. In questo modo, la lettura della Torah viene completata nel corso dell'anno, e la giornata che ne celebra il termine, e il successivo nuovo inizio, non cade necessariamente di Shabbat ma coincide con l'ottavo giorno di Sukkot, chiamato Shmini Atseret, in cui si celebra la festa di Simcha Torah, Gioia della Torah, citato nel Talmud come "secondo giorno di Shmini Atseret". Per chi vive in Diaspora, Simcha Torah cade nel nono giorno di Sukkot, costituendo invece una ricorrenza a parte da Shmini Atseret.

(da Israel Wonders)

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Maratona internazionale a Gerusalemme

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Si è corsa a Gerusalemme la seconda maratona internazionale. Tra guardie armate e contingenti di polizia dispiegati lungo i 42 chilometri del percorso, 15mila atleti hanno messo alla prova la propria resistenza. La vittoria è andata al keniano David Toniok, 27 anni, che ha tagliato il traguardo in 2 ore, 19 minuti e 52 secondi. Prima donna l'etiope Mihriet Anamo (2,48,38). Pioggia e vento forte non hanno scoraggiato gli atleti, 1.500 dei quali si provenienza straniera. La grande maggioranza - incluso il sindaco Nir Barkat - ha però scelto di correre la mezza maratona (21 chilometri), o il percorso «breve» di 10 chilometri, tra luoghi sacri e monumenti millenari.

(Reuters, 16 marzo 2012)

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Un altro antisemita musulmano: l'Europa si svegli

di Fiamma Nirenstein

Il ragazzo marocchino di 20 anni che voleva ammazzare centinaia di ebrei milanesi della sinagoga di via Guastalla a Milano non era ispirato dalla politica d'Israele, di conseguenza con risvolti antisemiti. No, J. M. era antisemita, voleva colpire gli ebrei in sinagoga.
   Episodi del genere sono già successi tante volte, cerchiamo di trarne qualche senso logico. J. M. è antisemita come tanti musulmani in Europa, nei Paesi Arabi, in Iran, in Oriente, persone che negano la Shoah, che vogliono distruggere Israele, che pensano che uccidere gli ebrei sia un dovere. È una realtà documentata da volumi, da numerosissime riedizioni dei Protocolli dei Savi di Sion, da serial televisivi di largo ascolto in Europa in cui gli ebrei strappano gli occhi ai bambini arabi, o raccolgono i soldi per fondare Israele nei bordelli. A questo violento antisemitismo vi sono in parte motivi teologici: la copertura coranica che proviene dalle moschee è potentissima. Il padre della Fratellanza Musulmana Sayyd Qutb chiamava un suo saggio basilare: «La nostra guerra contro gli ebrei». Oggi, tutte le diramazioni della Fratellanza presenti in Europa, sempre in aumento, promettono guerra agli ebrei, non agli israeliani. Anche il musulmano laico è sottoposto a questo bombardamento ideologico: gli ebrei sono riprodotti nelle frequenti vignette, nella tv, nei libri di testo, e negli scritti di origine araba o islamica in genere (iraniana ma anche per esempio dalla Malesia o dal Pakistan..) che poi ritroviamo nella case europee. Sono demoni e assassini, che, come dice il grande studioso dell'antisemitismo Robert Wistrich, devono essere temuti, evitati. Sono visti sempre, e così si insegnava probabilmente anche a questo ragazzo terrorista che viveva in Italia dall'età di sei anni, come cospiratori che pianificano la distruzione della società musulmana e degli arabi in particolare per dominare il mondo. In genere, agli ebrei sono attribuite le responsabilità della corruzione della cultura occidentale, l'amore per il denaro, la corruzione dei costumi sessuali. Essi vengono identificati col potere americano. E lo scopo è quello di disumanizzarli, fino a renderli oggetto di distruzione. Così fa Ahmadinejad con Israele, con una potentissima macchina di propaganda.
   Quando nel 2003 l'Unione Europea affidò un rapporto all'Eumc (Centro di monitoraggio europeo contro il razzismo e la xenofobia), e si vide che la crescita verticale dell'antisemitismo europeo era legato a ambienti musulmani (senza sottovalutare la destra e la sinistra estreme), Xavier Solana lo fece sparire, sostenendo che la ricerca non rispondeva agli standard richiesti. In realtà era solo terribilmente imbarazzante, così come lo è tutta la storia del rapporto fra mondo musulmano e antisemitismo: spesso si è nascosto sotto l'apparente quiete che per alcuni secoli, fra cacciate, stragi, persecuzioni varie, fu dovuta a uno condizione di inferiorità statuita (quella di dhimmi) che gli ebrei erano costretti a sopportare. Più avanti, nessuno ha mai avuto voglia di scavare nella furiosa commistione del mufti di Gerusalemme Haj Amin Al Husseini con Hitler, cui il mufti chiese di consentirgli, in caso di vittoria, di attuare su suolo asiatico gli stessi metodi europei.
   L'antisemitismo musulmano è un fenomeno enorme, che l'Europa autrice della Shoah non può permettersi. L'unica obiezione odierna è quella da ignoranti per cui si chiede come possa un semita (l'arabo) essere antisemita: ma l'aggettivo «semita» si riferisce solo alla radice linguistica comune, non a un'inesistente razza. I casi di persecuzioni e aggressioni antisemite crescono appena succede qualcosa in Israele: allora si attaccano per strada gli ebrei con la kippà o nella metropolitana ragazze con la stella di David al collo (specie a Parigi o a Londra).
   Ma un apice resta la vicenda di Ilan Halimi, rapito a Parigi nel gennaio del 2006 da un gruppo di giovani teppisti musulmani con motivazioni antisemite e anche di estorsione (per loro il ragazzo, un commesso figlio di modesta famiglia, poiché ebreo era un capitalista) fu torturato quattro settimane mentre gli leggevano pagine del Corano, e poi gettato in una discarica coperto di ferite mortali. Uno dei suoi assassini, dal carcere, tale Fofana, ha postato su internet l'8 marzo foto antisemite. Ma allora la polizia francese non trovò Halimi, perché non credeva alla pista antisemita. Lo sentiremo dire anche di questo ultimo episodio italiano: non è antisemitismo, è un delinquente isolato, una minoranza insignificante.

(il Giornale, 16 marzo 2012)

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Come possiamo studiare Torah?

di Ilana Bahbout

  
Rav Michel Monheit
ROMA - Certo, un po' spiazzante il finale della lezione di ieri con Rav Michel Monheit al Centro Bibliografico dell'Ucei, in occasione del quarto incontro del ciclo "Quale identità ebraica. Generazioni a confronto": dopo un'ora e mezza di analisi sul testo ha interrotto la lezione sul più bello. "Ci lascia così?!" ha esclamato più di una persona tra il pubblico. Un pubblico variegato, eterogeneo per interessi, formazione e provenienza, colorito dalla presenza di alcuni rabbini come Gianfranco Di Segni e Roberto Colombo. Monheit ha risposto: "Si, vi lascio così.. proprio così!". Ma non è solo questo aspetto a suscitare dei vivaci interrogativi: il continuo ribadire in modo determinato, da parte del rav, che quando lui studia Torah non vuole fare sociologia, psicologia o altro - ovvero utilizzare o prendere in prestito concetti e visioni del mondo da altri sistemi di riferimento e conoscenza - ha posto non poche questioni, sicuramente interessanti. Al di là dei contenuti trattati - che chi vuole continuare ad approfondire potrà farlo in altre occasioni in questi giorni a Roma - chi conosce rav Monheit sa che qui non è in questione se lasciare fuori o meno dalla propria vita o formazione la Cultura, dato che lui in primis ha studiato filosofia. Si tratta piuttosto di due metodi di studio a cui si può approcciare quando si studia Torah. C'è chi studia Torah per entrarci dentro, immergendosi nel suo linguaggio e i suoi personaggi, le sue storie, lasciandosi trasportare dai percorsi che incontra, dove ogni parola fa risuonare altre parole all'interno, e solo all'interno, di questo sistema: questi sembra non lasciare fuori nulla e quando entra non sa dove o quando finisce. C'è chi invece studia Torah per interesse e curiosità, consapevole del fatto che la tradizione ebraica fa parte della propria cultura: questi lascia sempre fuori uno sguardo alla ricerca di una visione di insieme, si fa trasportare dalle suggestioni che riceve da dentro e da fuori, le mette a confronto e tenta di creare ponti tra questo dentro e questo fuori. Questi si pone sui margini. Chi ha ragione? E - citando il titolo del ciclo di incontri suddetto di cui la lezione di rav Monheit fa parte - quale approccio è proprio dell'identità ebraica? Non possiamo rispondere che forse rappresentano due posizioni da cui guardare diversamente le cose? Due esperienze diverse, come sono l'esperienza d'amore da una parte e il desiderio di capire il mondo dall'altra? Forse che queste non appartengono a ognuno di noi? "Vai e studia" diceva Hillel. Forse è stato proprio questo l'insegnamento ieri: aldilà delle singole posizioni, la cosa importante è sapere che quando si comincia a studiare è come inaugurare un viaggio che non sempre sai dove ti porta, in cui ti metti in gioco. E' un'esperienza che ti cambia e da cui sicuramente "non ne ne esci come sei entrato".

(Notiziario Ucei, 16 marzo 2012)

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Israele, nuove bombe e aerei cisterna con un occhio rivolto a Teheran

di: Andrea Bizzarri

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Multi Purpose Bomb MPR-500
La scorsa settimana Israele ha rilasciato maggiori informazioni su un nuovo tipo di munizioni per aereo ad alta penetrazione: si tratta di una bomba di precisione a guida elettro ottica, laser o JDAM prodotta dall'Israel Military Industries - IMI, denominata MPR-500. La bomba è stata progettata con una struttura tale da garantire la penetrazione di pareti o pavimentazioni in cemento armato a doppio rinforzo.
In un video di test operativi mostrato alla stampa specializzata, l'MPR-500 è riuscita a perforare quattro pareti verticali rinforzate, riducendo al minimo la frammentazione dei detriti. Fattore quest'ultimo di importanza rilevante: maggiore è la capacità penetrativa, minore è il danno da impatto e quindi la deformazione della struttura del proiettile.
L'MPR-500 è stata progettata come naturale aggiornamento/adattamento della bomba americana Mk82. L'ordigno, del peso di 500 libbre (227 kg) contiene una testata ad alto esplosivo da 197 kg. Più che sufficiente a distruggere un bunker di medie dimensioni, anche considerando l'effetto devastante dell'onda d'urto in ambiente confinato. Inoltre, l'MPR-500 chiude il gap tra la GBU-39, mini-bomba da 113 kg troppo poco potente, e la massiccia GBU-28 da 2268 kg, adattissima nel ruolo anti-bunker, ma trasportabile in un unico esemplare dagli F-15 israeliani.
I progettisti dell'IMI hanno inoltre confermato che la nuova bomba è completamente compatibile con tutti i sistemi di guida attualmente in uso dalle forze aeree israeliane. In particolare, sarà possibile dotarla del sistema L-JDAM a guida satellitare e laser: il sistema permette di colpire obiettivi prestabiliti conoscendone la posizione, ma con la flessibilità ulteriore di guida laser che permette la modifica del punto da colpire durante la caduta.
Oltre alla notizia sull'MPR, le forze aeree israeliane hanno confermato di voler aumentare la propria flotta di aerei cisterna basata sui Boeing 707. È abbastanza evidente che lo scopo di queste acquisizioni è espandere la capacità dell'Israeli Air Force di effettuare bombardamenti strategici a lunghe distanze, colpendo obiettivi multipli. L'occhio è rivolto al nucleare iraniano in primis.
Oggi le forze aeree israeliane avrebbero la capacità di colpire la vasta rete di bunker iraniani, ma non la certezza di infliggere danni irreparabili. Espandere la capacità di rifornimento significherebbe poter utilizzare più cacciabombardieri e aerei di scorta in un'unica missione. Cacciabombardieri che potrebbero trasportare quattro/sei nuove MPR-500 l'uno - a seconda della configurazione - e dunque colpire più obiettivi, o lo stesso obiettivo più volte, per aumentare la probabilità di distruzione.
Notizie non certo rassicuranti per Teheran, ma neppure per Obama, che teme un attacco a sorpresa al nucleare iraniano entro l'estate. Sarà per questo motivo che gli Stati Uniti, che forniranno i nuovi 707 a Israele, hanno dichiarato che le aerocisterne saranno consegnate previa assicurazione di Tel Aviv di non intervenire unilateralmente. Sempre che gli israeliani decidano di rispettare i patti.

(mri, 16 marzo 2012)

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Missili, satelliti e aerei d'Israele per le forze armate italiane

di Antonio Mazzeo

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MESSINA - Può essere equipaggiato con tre differenti tipologie di testata bellica a seconda dell'uso: anticarro, antifanteria e per la distruzione di bunker.
Lo "Spike" è l'ultimo gioiello di morte prodotto da Rafael, una delle più importanti industrie militari israeliane. Si tratta di un missile aria-terra a corto raggio destinato agli elicotteri d'attacco. La prima versione, denominata "Er", è capace di colpire bersagli fino a una distanza di 8 chilometri. Gli israeliani però hanno in produzione un modello con una gittata superiore ai 25 chilometri, lo "Spike Nlos", dotato di un sensore elettro-ottico e infrarossi e di un apparato di ricerca laser.
Secondo la World Aeronautical Press Agency i nuovi missili made in Israele saranno utilizzati dagli Eurocopter Tiger e Puma e dagli AW-129 Mangusta prodotti da AgustaWestland (gruppo Finmeccanica). I Mangusta sono quelli dei raid dell'esercito italiano nei principali teatri di guerra (prima in Iraq, adesso in Afghanistan). Gli elicotteri, in numero di 60, sono in dotazione al 5o reggimento AVES "Rigel" di Casarsa della Delizia (Pn) e del 7o "Vega" di Rimini, inquadrati nella Brigata Aeromobile "Friuli". I Mangusta vantano già una terribile potenza di fuoco: mitragliatrici FN da 12,5 mm, cannoni da 200 mm a canne rotanti e missili AGM-114 "Hellefire", BGM-71 "Tow" anti-carro, FIM-92 Stinger" ed MBDA "Mistral" antiaerei. Con gli "Spike" si amplierà il ventaglio operativo degli elicotteri d'assalto mentre ne uscirà ulteriormente rafforzato l'interscambio bellico Roma-Tel Aviv e la partnership strategica tra le rispettive forze armate.
  Dopo le recenti esercitazioni in Sardegna e nel deserto del Negev in compagnia dei cacciabombardieri d'Israele, l'Aeronautica militare italiana ha deciso d'installare a bordo degli elicotteri EH101 e degli aerei da trasporto C27J Spartan e C130 Hercules un nuovo sistema di contromisure a raggi infrarossi, denominato "Dircm - Directional infrared countermeasures". Il sistema sarà sviluppato e prodotto dalla società Elettronica Spa di Roma assieme all'israeliana Elbit e comporterà una spesa di 25,4 milioni di euro. "Le prime consegne sono previste per la fine del 2013", spiegano al ministero della difesa. "Con il Dircm, l'Aeronautica italiana sarà la prima forza armata europea a dotarsi di un sistema con tecnologia non americana per la difesa dai Manpads (Man-portable air-defense systems), missili che possono essere lanciati con sistemi a spalla e che rappresentano oggi una delle minacce più pericolose in fase di decollo ed atterraggio".
  Il contratto con Elettronica-Elbit ha preceduto di qualche mese l'ordine del governo israeliano di 30 caccia-addestratori "avanzati" M-346 Master di Alenia Aermacchi (altra azienda Finmeccanica). I velivoli sostituiranno entro il 2015 i vecchi A-4 Skyhawk utilizzati dalle Tigri volanti del 102o squadrone dell'aeronautica israeliana per formare i nuovi piloti dei cacciabombardieri e come mezzo di supporto alla guerra elettronica. L'M-346 potrà essere utilizzato pure per attacchi al suolo con bombe e missili aria-terra o antinave e comporterà un giro d'affari di circa un miliardo di dollari. La manutenzione dei velivoli, per una durata di venti anni, sarà invece affidata alla joint venture TOR costituita dall'industria aerospaziale israeliana IAI e da Elbit Systems.
  Secondo quanto trapelato sui media statunitensi, per l'acquisizione dei caccia-addestratori italiani, Washington potrebbe offrire ad Israele una somma pari al 25% del valore della commessa nell'ambito degli aiuti militari previsti dal fondo US foreign military financing (FMF). Il Pentagono avrebbe confermato che l'Agenzia statunitense per la cooperazione alla difesa e alla sicurezza avrebbe avviato colloqui ufficiali con il ministero della difesa israeliano per concordare che alcune componenti degli M-346 Master prodotte negli USA (come ad esempio i motori turbo F124 di Honeywell e altri sistemi avionici) siano acquisite con i fondi FMF. Un "aiuto", dunque, condizionato a favorire il complesso militare industriale statunitense.
  Non altrettanto vantaggioso per l'Italia il contratto firmato tra il governo israeliano ed Alenia Aermacchi. Esso prevede infatti come contropartita che il nostro paese acquisti materiali bellici in Israele per un valore non inferiore al miliardo di dollari, in particolare sistemi satellitari spia e aerei radar. Per il memorandum of agreement che sarà firmato entro la fine del mese tra il premier Monti e le autorità israeliane, in cambio degli M-346, l'Italia si doterà innanzitutto di due satelliti elettro-ottici di seconda generazione "Ofeq" il cui costo è stimato in 200 milioni di dollari. dovrebbero essere lanciati entro il 2014. Gli Ofeq, prodotti dalle Israel Aerospace Industries (IAI) ed Elbit, "verranno lanciati entro il 2014, saranno al 100% italiani e verranno gestiti da una stazione terrestre italiana", scrivono in Israele.
  Alle forze armate italiane giungeranno poi due velivoli di pronto allarme (Early warning and control - AEW&C) Gulfstream 550 con relativi centri di comando e controllo, prodotti dalle aziende IAI ed Elta Systems. Il costo complessivo dei due velivoli è stimato in 760 milioni di dollari, più del doppio di quanto era stato previsto nel 2009 dall'allora ministro della difesa Ignazio La Russa per la messa a punto del sistema "multi-sensore e multi-missione" JAMMS (Joint airborne multisensor multimission system), incentrato sui Gulfstream 550. "Il costo stimato del programma ammonta a 280 milioni di euro a valere sul bilancio ordinario della difesa e avrà durata di sette anni", aveva spiegato La Russa ai parlamentari della Commissione difesa alla vigilia del voto (unanime) a favore del JAMMS. "Esso supporterà le operazioni delle forze nazionali e alleate impegnate in operazioni militari in Patria e fuori dai confini nazionali nel controllo e nella sorveglianza dello spazio aereo". Dei 760 milioni previsti, quasi 500 andranno all'acquisto dei due velivoli AEW&C e i restanti 260 per finanziarne i costi logistici e la manutenzione per un periodo di 15 anni dalla loro consegna, fissata tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015.

(DazevaoNews.it, 16 marzo 2012)

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Il padre di Shalit: «Se fossi palestinese, rapirei un soldato israeliano»

Dichiarazioni choc alla televisione di Gerusalemme: «Pronto a trattare con chi ha sequestrato mio figlio»

di Matteo Cruccu

MILANO - Per cinque lunghi anni è diventato un volto familiare per gli israeliani e non solo. Noam Shalit, il padre di Gilad, il soldato rapito da Hamas, si è visto tante volte mentre perorava la causa della liberazione del figlio, una sorta di «papà coraggio».
«L'ABBIAMO FATTO ANCHE NOI» - Ora che Gilad è stato liberato, a ottobre nell'ambito di uno scambio con prigionieri palestinesi, Noam, come riporta il Guardian, ha rilasciato diverse dichiarazioni alla tv israeliana. Che hanno scatenato un vero terremoto a Gerusalemme: «Se io fossi palestinese, rapirei un soldato israeliano». Adducendo ragioni di natura storica: le tecniche dei paramilitari sionisti al tempo della guerriglia contro l'occupazione britannica, non erano molto dissimili da quelle dei militanti di Hamas, sostiene Noam: «Anche noi rapivamo i soldati inglesi quando stavamo combattendo per la nostra libertà».
CANDIDATO PER I LABURISTI - Noam, che si candiderà tra le file dell'opposizione laburista alle prossime politiche, ha dichiarato pure di «esser pronto a parlare con chiunque abbia intenzione di parlare con noi». Tradotto, anche con Hamas, cosa che Israele al momento si rifiuta di fare. E sarebbe pronto a stringere la mano del rapitore di suo figlio, qualora questi diventasse il capo del governo palestinese, se servisse:« Se [Hamas] cambia la sua visione ed è disposta a riconoscere l'esistenza di Israele, sì, gli stringerei la mano». Non c'è che dire, un vero terremoto.
La figura del padre di Gilad non è certo un esempio di nobiltà d’animo, la cosa era riconoscibile anche prima che il figlio fosse liberato. La vigliaccheria dei rapitori palestinesi ha avuto purtroppo una risonanza in Israele.


(Corriere della Sera, 15 marzo 2012)
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IEC firma un accordo per la fornitura di gas a Israele

TEL AVIV, 15 mar. - La compagnia statunitense Noble Energy e gli altri operatori del giacimento offshore Tamar hanno firmato un accordo per la vendita di gas con la Israel Electric Corporation. L'intesa, che ha una durata di 15 anni, e' stimata raggiungere il valore di 23 miliardi di dollari. L'operatore israeliano si e' impegnato a prelevare circa 2,7 trilioni di piedi cubi di gas naturale per un valore minimo di 18 miliardi di dollari, un quantitativo che puo' essere aumentato fino a raggiungere i 3,5 trilioni di piedi cubi. L'accordo e' soggetto all'approvazione del governo israeliano che, stando alle dichiarazioni del Ceo di Noble Energy, Charles Davidson, e' attesa a breve. Noble Energy controlla il 36% dei diritti minerari del giacimento; a seguire, Isramco Negec 2 che detiene una quota del 28,7%, Delek e Avner con una quota paritetica di 15,6% e Dor Gas con il restante 4%.

(AGI, 15 marzo 2012)

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'Israele come l'Apartheid', gaffe del segretario dei socialdemocratici tedeschi

Scivolone del segretario dei socialdemocratici tedeschi, Sigmar Gabriel, che sulla sua pagina di Facebook ha paragonato la politica israeliana in Cisgiordania al regime dell'Apartheid in Sudafrica. La Cdu, il partito di Angela Merkel, ha chiesto al leader dell'opposizione di scusarsi immediatamente. Gabriel, che si trova in visita in Medio Oriente, ha scritto sul suo profilo: "Sono appena stato ad Hebron. E' un campo senza diritti per i palestinesi.
E' un regime di Apartheid, per il quale non esiste alcuna giustificazione". Il segretario generale della Cdu, Hermann Groehe, ha replicato duramente a Gabriel: "Questo paragone è uno scandalo e una vergogna per il presidente di un partito popolare", ha detto Groehe alla Welt-online, chiedendo al segretario Spd di scusarsi il più in fretta possibile.
Dopo centinaia di commenti negativi sulla sua pagina di Facebook, Gabriel ha precisato: "Sono consapevole che si tratti di una definizione drastica. Ma è proprio così che i palestinesi vivono la loro situazione a Hebron". Il segretario Spd ha poi sottolineato che non intendeva paragonare Israele e la sua politica al vecchio regime di Apartheid rimasto in vigore in Sudafrica fino al 1990. Ciò sarebbe "nei confronti di Israele ingiusto, mentre sminuirebbe ciò che è avvenuto nel vecchio Sudafrica", si è corretto Gabriel, ribadendo di essere amico di Israele, ma di non essere d'accordo con la sua politica di colonizzazione.
Chi dice di essere amico d'Israele
e parla di "colonizzazione"
si prepara a diventare nemico d'Israele.



(Affaritaliani.it, 15 marzo 2012)

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Nel muro di Gerusalemme i rondoni non piangono. Nidificano

  
Negli ultimi 2000 anni, intere popolazioni di rondoni hanno continuato a nidificare nelle zone della citta' vecchia di Gerusalemme. Israele e' un crocevia mondiale delle rotte migratorie. Gli esperti hanno finora mappato 88 nidi tra le pietre giganti che compongono il Muro del Pianto, che faceva parte del perimetro del secondo Tempio biblico distrutto dai romani al momento della conquista di Gerusalemme nel 70 d.C. Il team di scienziati che si sta occupando della ricerca e' capeggiato da Yossi Leshem, direttore del Centro Internazionale per lo Studio della Migrazione degli Uccelli dell'Universita' di Tel Aviv, che in futuro avviera' collaborazioni anche con colleghi palestinesi e della Giordania.. Pare che il numero dei rondoni sia diminuito globalmente del 50%. Grazie al lavoro del gruppo, ogni lavoro di restauro del Muro dovra' tenere conto della presenza dei nidi di rondone, che saranno anche monitorati da telecamere.

(Corriere della Sera, 15 marzo 2012)

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Fiano: «Non sottovalutare i casi di terroristi isolati»

La preoccupazione del responsabile della sicurezza del Pd

«Un episodio da non sottovalutare quello emerso dall'arresto del giovane marocchino che progettava un attentato contro la sinagoga della comunità ebraica di Milano. Mi complimento con la polizia di stato e la questura di Brescia per la brillante operazione». È quanto dichiara Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Partito democratico. «Purtroppo l'episodio dimostra - ha aggiunto Fiano - che potrebbero essere in azione nel nostro paese singoli individui legati, anche solo virtualmente, alla rete del terrorismo islamico, e potenzialmente in grado di colpire, con conseguenze tragiche, obiettivi sensibili sul nostro territorio. Per questo è bene che la magistratura e le forze dell'ordine continuino a tenere alta la guardia nei confronti del terrorismo internazionale di matrice islamica che cambia le forme della propria azione mantenendo alte le potenzialità di colpire. Esprimo anche a nome del Partito democratico la nostra solidarietà alla comunità ebraica di Milano».

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Jarach: «Non credo sia un'iniziativa individuale»

«Metodica e documenti non sembrano frutto di un folle isolato»

«Dubito che sia una iniziativa individuale, la metodica e la mole della documentazione acquisita non sembrano frutto del lavoro di un folle isolato». Così Roberto Jarach, presidente della comunità ebraica milanese, commenta l'arresto, oggi a Brescia, del giovane marocchino che secondo gli inquirenti stava progettando un attentato alla sinagoga di Milano. «La notizia - aggiunge Jarach - ci ha colto di sorpresa. Da circa due mesi c'era stato un generico rialzo del livello di attenzione, segnalato dalle Forze dell'ordine, ma non sembravano esserci elementi specifici di preoccupazione». «Per ora - spiega il presidente - conosco il nome solo della persona arrestata, ma mi hanno riferito che potrebbero esserci legami con l'Inghilterra. Stiamo facendo anche noi delle verifiche per capire la consistenza di eventuali cellule terroristiche». «Quello che giunge oggi - conclude Jarach - è uno dei segnali più inquietanti per la comunità ebraica di Milano, città in cui in passato ci sono stati pochi momenti di tensione legati a segnalazioni specifiche».

(Corriere della Sera - Brescia, 15 marzo 2012)

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Azerbaigian: sventati attentati contro ambasciate di Israele e Usa

Si preparavano a compiere attentati contro le ambasciate di Israele e Stati Uniti a Baku, in Azerbaigian. Dietro di loro i Pasdaran iraniani, i Guardiani della rivoluzione.
È l'accusa mossa contro 22 azeri arrestati.
Secondo il Ministero della Sicurezza queste persone sono state addestrate all'uso delle armi e alle tecniche di spionaggio, in campi militari non lontani da Teheran.
La tv azera ha trasmesso le immagini di telecamere di sorveglianza che hanno ripreso i movimenti degli arrestati.
Le relazioni tra i due paesi sono peggiorate negli ultimi mesi. L'Iran ha accusato l'Azerbaigian di aver aiutato l'intelligence israeliana negli attentati contro gli scienziati nucleari iraniani.

(euronews, 15 marzo 2012)

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La vedova di Arafat vuole darsi alla politica

La donna, descritta come la "Maria Antonietta" del mondo arabo, dopo sette anni parla sui dubbi dell'avvelenamento del marito

L'ipotesi di scendere in politica, i dubbi sull'avvelenamento di Yasser Arafat da parte di Israele, l'ammissione di aver sposato l'ex leader dell'Autorità nazionale palestinese per la sua posizione e di averlo abbandonato nel momento più duro della sua vita, costretta a farlo. E' così che Suha Arafat, vedova dell'ex leader palestinese, si confessa in una rara intervista alla 'Cnn' a sette anni dalla scomparsa di Yasser Arafat, morto di una misteriosa malattia nel 2004.
La decisione di parlare dopo anni di silenzio deriva "dalle ingiustizie perpetrate contro mio marito e contro di me in tutto questo tempo. Questo mi ha spinto ha parlare degli ultimi giorni di Yasser, gli ultimi di cui sapete, dopo che io e lui siamo stati descritti come il diavolo. Io sono stata descritta come la Maria Antonietta del mondo arabo".
Alla domanda se considerasse Arafat un terrorista, Suha risponde che "no, un terrorista non sarebbe mai stato insignito del Premio Nobel per la Pace. Sapete qual è la differenza tra un combattente per la libertà e un terrorista. Mio marito non è mai stato un terrorista, era un combattente per la libertà". La vedova di Arafat parla poi della sua "coscienza" e lo definisce il "Mandela del mondo arabo, il Mandela della Palestina". Riguardo al processo di pace tra israeliani e palestinesi e alla possibilità di entrare in politica, Suha dice "non adesso. Forse dopo che Zahwa (la figlia, ndr) si è sposata e allora sì, potrei entrare in politica, perchè Yasser Arafat deve avere una continuità".
E racconta di aver "vissuto 20 anni con questo uomo. So come lavorava e come sapeva raccogliere con il suo fascino e la sua personalità tutte le persone attorno a lui, tutte le fazioni, tutto il mondo arabo. Vedo la primavera araba e come le persone si stanno liberando dei loro leader, in Siria, in Egitto, in Tunisia, in Yemen, dappertutto, ma ancora oggi il popolo palestinese piange la perdita di Arafat, la democrazia che aveva portato nonostante l'occupazione" israeliana. "Era un grande leader e il solo che era rispettato e amato veramente dal suo popolo", afferma Suha. Per la causa palestinese, prosegue, Arafat "ha speso la sua vita. Anche se non è stato avvelenato, ha pagato con la vita. Non ha più visto sua figlia. Ci disse di andare via perchè non voleva che noi stessimo in Palestina. Diceva 'non voglio essere protetto da una donna e da una bambina, diranno che sono un codardo e che mi sto proteggendo usando mia figlia. Tutti dissero 'lei lo ha lasciato', ma io ho dovuto farlo perchè lui mi aveva obbligato ad andare".
Accettare in modo giornalisticamente neutro, senza commenti, che si parli in questo modo di un abietto personaggio come Arafat, che per amore di verità e giustizia dovrebbe soltanto provocare ripugnanza, è già una scelta.


(Libero-news.it, 15 marzo 2012)

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Il nuovo ambasciatore d'Israele a Roma: "Uniamo democrazia, ecologia e innovazione"

Naor Gilon sostituisce Meir a Roma: "Molti hanno un'idea distorta del nostro paese, ma non c'è solo la guerra"

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La presentazione ufficiale delle credenziali avverrà giovedì prossimo al Quirinale, ma intanto ieri sera il nuovo ambasciatore d'Israele in Italia ha fatto il suo ingresso nella società romana. Naor Gilon subentra a Gideon Meir, che tornerà in Israele per un nuovo prestigioso incarico al Ministero degli Esteri, in qualità di direttore generale per la «public diplomacy», la diplomazia pubblica di Israele nel mondo dell'informazione e della cultura. Gilon è intervenuto ad una cena nella casa romana di Raffaele Sassun - Presidente del KKL Keren Kayemeth LeIsrael Italia, la più antica organizzazione ecologica del mondo che si occupa dello sviluppo, della bonifica e del rimboschimento della Terra di Israele. Un coloratissimo dinner party organizzato dal press agent Emilio Sturla Furnò. Tra gli invitati: Livia Azzariti con Paolo Pavone, Patrizia Mirigliani col marito Sandro Sassoli, Livio Beshir con Valeria Oppenheimer, Eleonora Brigliadori col marito Claudio Gilbo, Anadela Serra Visconti, Valeria Mangani - reduce dal successo del Premio Venere Capitolina - col marito Adolfo Panfili, Maria Grazia Nazzari col marito Guido Ripandelli, Roly Kornblit, Samya Abbary, Elena Bonelli col marito Adriano Cerasi, Fanny Cadeo, Marta Flavi, Maria Monsè, Vincenzo Bocciarelli, Francesca Barbi Marinetti, la senatrice Maria Rizzotti e il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri. Tra gli ospiti, i maggiori sostenitori dell'Ente, amici di Israele e del KKL: Rafi Ovadia, Procuratore della Fondazione dalla sede centrale di Israele, Yechiel Eyni, Direttore della compagnia di volo El Al.
"Sono davvero lieto di accogliere nella mia casa l'Ambasciatore Gilon e tanti amici uniti dell'amore verso la natura e l'educazione delle nuove generazioni alla pace e alla concordia tra i popoli", ha aperto così il discorso di benvenuto Sassun. "Ho avuto occasione di conoscerlo in Israele ed è nata immediatamente stima reciproca. Con il sostegno dell'Ambasciatore d'Israele, il KKL Italia proporrà interventi nel nostro paese in tema di salvaguardia e dell' ambiente. Molti saranno gli appuntamenti a Roma in cui ci troveremo a lavorare assieme in questi prossimi cinque anni". "Grazie al mio incarico precedente come Direttore Generale per gli Affari Europei al Ministero degli Esteri di Gerusalemme", ha affermato Gilon nel suo discorso in italiano, "avevo un'immagine molto ampia delle realtà europea e, in particolare, delle relazioni fra Italia e Israele. Tra questi due Paesi esiste un legame speciale. Un italiano medio che non è mai stato in Israele riceve, spesso, un'immagine parziale o distorta della realtà attraverso i mass media: quella del conflitto. In verità, Israele ha molto da offrire al mondo e all'Italia: è una democrazia salda, un paese sviluppato, attento a innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo. I nostri due popoli sono molto simili. Stessi ideali e valori". Gilon ha ricordato i recenti accordi per uno scambio di aerei e ha sottolineato che solo nell'ultimo anno lo scambio commerciale tra Italia e Israele è stato di oltre 4,2 miliardi di dollari. Fra i 3 e i 4% gli israeliani che sono venuti in Italia per turismo.

(Libero-news.it, 15 marzo 2012)

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Attentato alla sinagoga di Milano, arrestato marocchino: addestrava terroristi

L'arresto si è reso necessario perché sono stati acquisiti "preoccupanti elementi su una progettualità terroristica" che aveva in animo di realizzare contro obiettivi sensibili

Progettava attentati contro obiettivi ebraici. tra questi la sinagoga di Milano. Per questo oggi è finito in carcere J. M., 20 anni, ritenuto coinvolto in attività di addestramento all'uso di armi e di esplosivi per finalita' di terrorismo. L'operazione, coordinata dalla Procura Distrettuale di Cagliari, è stata condotta dal Servizio Centrale Antiterrorismo della Dcpp/Ucigos e dalle Digos delle Questure di Cagliari e Brescia e ha permesso di far luce sul giovane, che vive in provincia di Brescia dall'età di 6 anni, attraverso la costante attivita' di monitoraggio dei numerosi siti web che ospitano discussioni e diffondono documenti su tematiche jihadiste.
Il marocchino arrestato questa mattina dall'Antiterrorismo della Polizia di Stato si era distinto per l'attenzione compulsiva che mostrava verso gli aspetti 'operativì del jihad. Le indagini, rese particolarmente difficili dagli accorgimenti tecnici che lo straniero adottava grazie alle eccezionali conoscenze informatiche di cui era in possesso, hanno documentato, tra le altre cose, come J. M. avesse creato dei gruppi Facebook 'segretì in cui gli iscritti potevano condividere istruzioni sull'assemblaggio di ordigni esplosivi di circostanza (ricavabili da composti chimici reperibili in commercio) e sull'uso di armi. Tra le regole imposte dal giovane jihadista marocchino per l'adesione a uno di questi gruppi Facebook vi era quella che imponeva: "Nessun video su canti religiosi, solo armi ed esplosivi".
L'arresto si è resa necessario anche perché, di recente, sono stati acquisiti "preoccupanti elementi su una progettualità terroristica" (una missione jihad, come lo stesso indagato ha confidato in un messaggio intercettato) che aveva in animo di realizzare contro 'obiettivi sensibilì. Tra questi, spicca per importanza un reperto sequestrato dagli investigatori della Digos di Brescia relativo ad un dettagliato "sopralluogo virtuale" della sinagoga di Via della Guastalla a Milano. Nel documento, salvato sul proprio computer, il giovane marocchino si sofferma in particolare sulle misure di sicurezza adottate a salvaguardia del tempio ebraico di Milano (personale di polizia, manufatti interdittivi, possibili vie di accesso). Le indagini continuano anche in ambito internazionale in stretto raccordo con le autorità di Polizia statunitensi e britanniche che stanno conducendo indagini parallele a quella coordinata dalla Dcpp/Ucigos. Per quanto accertato finora, infatti, gli internauti in contatto con l'arrestato sono perlopiù presenti all'estero. In questo quadro, contestualmente all'arresto operato oggi a Brescia, la Metropolitan Police di Londra ha posto in stato di fermo una donna risultata in contatto con il giovane marocchino. (Mac/Ct/Adnkronos) 15-MAR-12 08:08

(il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2012)

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Calunniate, calunniate, resterà sempre qualcosa...

14 marzo 2012 - Un bambino palestinese è morto oggi in conseguenza delle ferite riportate. In una prima versione, l'agenzia di stampa internazionale AP ha accusato erroneamente l'esercito israeliano di essere responsabile della morte del ragazzo, colpito secondo loro da un aereo israeliano che mirava a un deposito di armi a Gaza.
Un responsabile palestinese della salute pubblica, ripreso da tutte le agenzie di stampa, ha annunciato per primo la morte di al-Barka Mugrahbi, di otto anni, dicendo che aveva ceduto alle ferite provocate dall'esercito israeliano.
Molto presto Tsahal ha formalmente risposto a queste accuse dicendo che nessuno dei suoi attacchi aerei mirati sono avvenuti nel momento e nel luogo in cui il bambino è stato ferito. Le verifiche dell'agenzia AP e le testimonianze della famiglia del bambino hanno confermato le dichiarazioni di Tsahal.
Di conseguenza l'AP, dopo aver fatto controlli sul posto, ha pubblicato questa sera un comunicato in cui si smentisce la versione del mattino.
Le dichiarazioni della famiglia del bambino e di testimoni presentano dunque una versione diversa da quella all'inizio annunciata. Lunedì scorso le cose sono andate così: a Gaza si svolge il funerale di un terrorista palestinese; Barka al-Mugrahbi fa parte del corteo funebre; degli uomini armati sparano colpi in aria; il bambino viene colpito incidentalmente da un proiettile vagante.
Pertanto, il bilancio di questi ultimi giorni a Gaza è in realtà di 26 morti, di cui 22 terroristi uccisi dalle Forze di Difesa israeliane, tre civili colpiti per errore negli attacchi mirati in aree urbane dove bande armate palestinesi operano tra gli abitanti di Gaza, e un bambino palestinese ucciso dai terroristi stessi che pretendono di difendere il popolo di Gaza contro Israele, presentato come aggressore. Va riconosciuta in questo caso la capacità di ammettere l'errore commesso. E la velocità con cui i media hanno puntato il dito contro l'esercito israeliano.

(Armée de Défense d'Israël, 14 marzo 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Un pianetino intitolato a Primo Levi a 25 anni dalla morte

TORINO, 14 mar. - Sei incontri per rendere omaggio a Primo Levi a venticinque abnni dalla scomparsa, nell'aprile del 1987. A promuovere le iniziative, che si svolgeranno a Torino dal 26 marzo al 20 novembre prossimi, il Centro internazionale di studi Primo Levi con il patrocinio delle Citta' di Torino. Si comincia lunedi' 26 marzo al teatro Gobetti con la presentazione di una nuova edizione commentata di 'Se questo e' un uomo'. Nel corso della serata ai figli dello scrittore, Renzo e Lisa, sara' consegnato l'attestato dell'intitolazione all'autore del pianetino 4545 scoperto tra Marte e Giove 23 anni fa, nel 1989.
Il 3 e 4 aprile alle Fonderie Limone di Moncalieri andra', invece, in scena 'Il segno del chimico', una lettura teatrale che ripercorre, attraverso un montaggio di brani tratti dalle opere di levi, i momenti piu' rappresentativi di un percorso esistenziale in cui si intrecciano la vocazione dello scienziato e quella dell'umanista. Il 6 maggio alla Comunita' ebraica di Torino studiosi di diversa formazione si confronteranno sul tema 'Primo Levi ebreo', mentre l'11 maggio Stefano Bartezzaghi presentera' al Salone del Libro il volume tratto dalla Terza lezione Primo Levi, in cui sono descritti gli interessi linguistici dello scrittore.
Infine, l'8 novembre alla facolta' di Scienze di terra' la Quarta Lezione Primo Levi incentrata sull'interrogativo 'Perche' crediamo in Primo Levi' e il 20 novembre verra' proposto agli studenti delle scuole torinesi un dvd con letture da 'se questo e' un uomo' in dieci lingue. (segue)

(Adnkronos, 14 marzo 2012)

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La Tunisia blocca 50 farmaci perché vengono da laboratori israeliani

TUNISI, 14 mar - Il Ministero della Salute tunisino ha bloccato l'importazione di una cinquantina di farmaci che sono prodotti da laboratori la cui proprieta' e' in mano israeliana. La notizia e' stata confermata dal Ministero al sito Tunisie Numerique, che ne era venuto a conoscenza. Pare non ci siano motivi legati alla qualita' dei farmaci alla base della decisione del Ministero, che peraltro giunge in un periodo in cui in Tunisia c'e' qualche carenza di specialita', anche a causa del fatto che molte vengono vendute a Paesi vicini, a prezzi naturalmente piu' alti di quelli tunisini.

(ANSA, 14 marzo 2012)

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Apple assume lavoratori in Israele per un centro di ricerca e sviluppo

Un nuovo rapporto sostiene che Apple, tramite la neo acquisita società israeliana Anobit, sia attivamente impegnata all'assunzione di lavoratori per le operazioni di ricerca e sviluppo della società in Israele.
Il giornale israeliano Calcalist sostiene che Anobit, che è stata acquisita da Apple lo scorso anno, è ora alle prese con nuove assunzioni dopo aver effettuato un giro di licenziamenti nella prima parte dell'anno.
Il downsizing era un'operazione già concordata ai tempi dell'acquisizione da parte di Apple in quanto alcuni dipendenti non sarebbero più stati necessari per la società. In particolare i settori vendite, marketing e la divisione Enterprise Server, come riferito, sono stati tagliati da Anobit non essendo più necessari dal momento dell'acquisizione.
Stando al rapporto la società israeliana avrebbe cambiato il proprio nome in HDC (che in ebraico sta proprio per Ricerca & Sviluppo). Il precedente presidente della compagnia, Airel Maislos, dovrebbe essere il senior executive incaricato di dirigere la compagnia per conto di Apple. Cupertino starebbe cercando esperti di programmazione di algoritmi, oltre che ingegneri software e hardware.
Il rapporto inoltre ha notato come Apple stesse già ricercando ingegneri per un centro di sviluppo a nord di Haifa che sarebbe dovuto essere operativo entro la fine di febbraio.
Queste due strutture in terra israeliana ad Haifa ed Herzliya dovrebbero avere diversi obiettivi. Ad Herzilya si dovrebbero mettere a punto dispositivi di memoria, mentre il centro "Technion" ad Haifa probabilmente sarà destinato allo sviluppo di una serie di componenti che andranno poi ad equipaggiare i prossimi iPhone ed iPad.
Lo scorso dicembre emersero rumors riguardo l'acquisizione effettuata da parte di Apple che, aveva acquistato Anobit, per 500 milioni di dollari. Apple ha confermato l'accordo ai primi di gennaio, ma senza specificare quanto ha pagato per l'azienda. Anobit dovrebbe contribuire a aumentare la capacità produttiva di Apple in fatto di memoria flash riducendo i costi e mantenendo affidabilità e longevità.

(ispazio, 14 marzo 2012)

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L'Istituto Nazionale Tumori testa una nuova piattaforma di analisi dell'IBM di Haifa

ROMA, 14 mar - Il centro di Ricerca IBM di Haifa (Israele) ha sviluppato un'innovativa piattaforma tecnologica per l'analisi di informazioni cliniche che consentira' al medico di disporre di ulteriore conoscenza utile a decidere il miglior percorso terapeutico per il paziente. La soluzione potra' offrire nuove prospettive per cure piu' appropriate e personalizzate in una vasta gamma di patologie tra cui il trattamento oncologico, l'ipertensione e la cura dell'AIDS.
I ricercatori IBM stanno collaborando con la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, centro d'eccellenza in Italia per la cura e la ricerca oncologica, alla messa a punto di questa piattaforma tecnologica che verra' testata dai medici dell'Istituto nei prossimi mesi. Obiettivo e' sempre piu' personalizzare il trattamento clinico per il Paziente sulla base dell'analisi automatizzata delle linee guida stabilite per la specifica patologia e delle informazioni cliniche provenienti dai casi documentati nei sistemi informativi dell'ospedale.

(ASCA, 14 marzo 2012)

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Israele, record di turisti nel mese di febbraio

Lo scorso mese hanno visitato Israele circa 232.000 turisti stranieri, il 6% in piu' rispetto a febbraio 2011 e il 4% in piu' rispetto a febbraio 2010. Particolarmente interessante e' il numero di turisti entrati in Israele "via terra", il 55% in piu' rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Lo scorso anno questo dato aveva subito una sensibile flessione a causa delle agitazioni in Egitto. Il flusso dal confine Egiziano, quest'anno, ha infatti fatto registrare il passaggio di 8.100 visitatori che da Taba sono passati per la frontiera di Eilat, cinque volte in piu' rispetto a Febbraio 2011.
Il Ministro del Turismo, Stas Misezhnikov, ha dichiarato di voler continuare a promuovere il turismo in Israele nel mondo, rivolgendosi in particolare a paesi quali Cina, India, Corea del Sud, Russia e Sud America.

(Tribuna Economica, 14 marzo 2012)

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La Jihad islamica esulta dopo la sfida a Israele

Rapporti complessi fra il movimento filo-iraniano e Hamas

  
Ramadan Abdullah Shallah
GAZA, 14 mar - Migliaia di sostenitori della Jihad islamica sono sfilati la scorsa notte nella centrale via Omar al-Mukhtar di Gaza esultando per il ''successo'' conseguito in quattro giorni di confronto armato con Israele, conclusosi con una tregua mediata dall'Egitto. I dimostranti - che sventolavano le bandiere nere della organizzazione ed ostentavano armi - hanno poi sentito un messaggio di congratulazioni del loro leader Ramadan Shallah, che parlava al telefono da Damasco. La 'Jihad' (la guerra santa islamica) proseguira' senza esitazioni fino alla liberazione dell'intera Palestina, ha ribadito. Shallah si e' richiamato alla ideologia della organizzazione, fondata nel 1978 da Fathi Shkaki su ispirazione della rivoluzione khomeinista in Iran e in dissidio con i Fratelli musulmani egiziani, da cui in seguito sarebbe scaturito Hamas. Una delle differenze fra queste formazioni, ha spiegato ad ANSAmed l'analista Muhammed Hijazi, e' che negli anni di formazione, mentre i Fratelli musulmani erano impegnati a disseminare l'Islam nelle societa' in cui operavano (mediante scuole, moschee, societa' caritatevoli), la Jihad islamica metteva gia' l'accento sulla necessita' di una lotta armata ad oltranza contro la occupazione israeliana, ed organizzava prime cellule armate. Solo a partire dalla prima intifada (1987), prosegue Hijazi, Hamas avrebbe pure avvertito la necessita' di dotarsi di un proprio braccio armato: le Brigate Ezzedin al-Qassam, che oggi sono forti di 15 mila uomini.
Costruito secondo il modello degli Hezbollah libanesi, il braccio armato della Jihad islamica (Brigate al-Quds) conta 5.000 uomini ben addestrati, malgrado non dispongano di basi permanenti e siano costretti ad esercitarsi in zone aperte, scelte in base alla loro disponibilita'. Secondo l'intelligence di Israele, si tratta di una formazione comunque da non sottovalutare, capace teoricamente di colpire da Gaza anche la periferia di Tel Aviv con missili al-Fajr. La identita' del suo comandante e' segreta. Il controllo organizzativo sulle Brigate al-Quds e' gestito da Khaled al-Batash, mentre il leader politico della organizzazione a Gaza e' Nafez Azzam.
Per ragioni ideologico-religiose, i rapporti con Hamas non sono facili. Hamas vede nella Jihad islamica una organizzazione insidiosa: un 'veicolo' usato dall'Iran per diffondere nella Striscia l'Islam sciita. Questo fenomeno finora coinvolge poche centinaia di individui, ma gli uomini di Ismail Haniyeh sono determinati a debellarlo, anche con la forza se necessario. I membri della Jihad islamica continuano a professarsi sunniti, ma talvolta esprimono tolleranza verso quanti vogliano abbracciare la corrente sciita.
Adesso a Gaza Jihad islamica e Hamas sono impegnati a riesaminare i rispettivi rapporti di forza, dopo quattro giorni di violenze in cui i primi hanno lanciato almeno 200 razzi verso Israele (e perduto una ventina di miliziani) mentre i secondi si sono limitati a seguire a distanza gli sviluppi.

(ANSAmed, 14 marzo 2012)

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Cronologia dei razzi lanciati negli ultimi mesi dalla striscia di Gaza contro Israele

Ad opera delle organizzazioni palestinesi che oggi accusano Israele d'aver "scatenato l'escalation" venerdì scorso.

Gennaio 2011 39 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Febbraio 2011 28 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Marzo 2011 105 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Aprile 2011 140 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele, dopo che le Forze di Difesa israeliane avevano colpito una cellula terroristica di Hamas
Maggio 2011 1 razzo sparato dalla striscia di Gaza su Israele
Giugno 2011 nessun razzo sparato dalla striscia di Gaza su Israele
Luglio 2011 27 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Agosto 2011 171 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele, dopo che un attentato palestinese proveniente dal Sinai aveva causato 8 morti israeliani nella regione di Eilat
Settembre 2011 13 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Ottobre 2011 56 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele come reazione al rilascio dell'ostaggio Gilad Shalit
Novembre 2011 9 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Dicembre 2011 42 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Gennaio 2012 18 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Febbraio 201230 razzi sparati dalla striscia di Gaza su Israele
Marzo 2012circa 200 razzi sparati dalla striscia di Gaza, su Israele dopo l'eliminazione del capo terrorista Zuhair al-Qaissi che stava preparando una replica dell'attentato di agosto.

(israele.net, 14 marzo 2012)

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LETTERA AL CORRIERE DELLA SERA

«La società civile sostenga il futuro Museo della Shoah»

Caro Conti,
ho letto con sincera partecipazione la lettera in cui un lettore sollecita la proclamazione del 16 ottobre come giorno di lutto cittadino a ricordo della grande retata di oltre mille concittadini ebrei avvenuta a Roma nel 1943: di essi, tornarono dai campi di concentramento solo in sedici. Già da parecchi anni, per iniziativa della Comunità di Sant' Egidio, ogni anno si svolge una marcia silenziosa dalla piazza di Sant' Egidio fino a largo 16 Ottobre nell' Antico Ghetto ripercorrendo a ritroso il percorso dei camion nazisti che trasportarono gli ebrei al Colleg1o militare in via della Lungara. Alla marcia partecipano molti giovani, anche extracomunitari, che desiderano non solo condividere con noi il ricordo di quella tragedia ma anche confermare l' impegno perché non abba a ripetersi "mai più". Dopo quasi settant' anni, purtroppo, razzismo e antisemitismo non sono scomparsi, come dimostra il risorgere di tante forme di intolleranza politica, etnica e religiosa e di cui i recenti cori razzisti negli stadi sono solo le manifestazioni più becere. Allora, desidero rivolgere alla società civile più sensibile un appello perchè solleciti l' effettiva realizzazione del Museo della Shoah quale strumento più efficace per mantenere viva e presente la memoria della Shoah, contribuendo alla promozione e diffusione dei valori dell' eguaglianza tra i popoli, contro ogni forma di razzismo e discriminazione. La formazione delle nuove generazioni, per una duratura azione di contrasto, è essenziale: e, in quest' ambito, è centrale il ruolo educativo che può svolgere il Museo della Shoah.

Leone Paserman
Presidente Fondazione Museo della Shoah

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Caro Presidente,
accogliamo questo appello, e lo facciamo nostro.
Paolo Conti

(Corriere della Sera, 14 marzo 2012)

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Melograno al posto dei vigneti: a Mazara il modello israeliano

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Da sinistra: Dino Bellussi, agronomo e proponente
l'iniziativa, Yeuda Karon, tecnico israeliano e Uzi Cairo,
rappresentante in Italia di società ibridatrici israeliane.
I giovani siciliani nel Trapanese stanno ritornando alla terra che avevano abbandonato per colpa di una crisi che non dà respiro. In provincia di Trapani al posto dei vigneti stanno spuntando alberi di melograno. Sono quasi 30 gli agricoltori tra Marsala e Mazara del Vallo che hanno adottato il melograno. «Inizialmente - spiega uno di loro, Peppe Messina-vogliamo provare a capire se davvero può essere per noi un'opportunità». L'idea viene da Israele: la varietà coltivata ora è stata brevettata da alcuni genetisti e si tratta di tre tipi di cultivar che danno un frutto di qualità superiore alla media, che può arrivare a pesare anche un chilo. «Durante un viaggio in Israele - spiega l'agronomo Dino Bellussi, che ha lanciato l'iniziativa-ho visitato i centri di ricerca e qui mi hanno spiegato che solo alcune zone del pianeta hanno le caratteristiche climatiche e morfologiche ideali perla coltivazione della pianta. E la Sicilia occidentale era tra queste zone e così abbiamo avuto l'idea di provare ad importare la pianta ed a lanciare queste nuove coltivazioni in alcuni impianti dedicati». II mercato di riferimento è quello italiano. «La domanda di melograno è in espansione - spiega Bellussi - e la produzione è insufficiente». Con Bellussi lavora l'agronomo israeliano Yehuda Karon, responsabile tecnico del progetto che prevede inizialmente l'impianto di 100 ettari e una produzione a regime di 3omila quintali. II costo è di iomila euro a ettaro, per un investimento di circa un milione. La produzione dovrebbe rendere a regime intorno ai 18mila euro per ettaro. La produzione lorda a regime (5 anni dopo l'avviamento) è stimata in 3omila quintali, 300 quintali per ettaro. Tra una anno, nel 2013, la prova generale, con la prima produzione di un certo rilievo, utile per testare le capacità delle aziende e per creare il primo stabilimento per la lavorazione e il confezionamento dei frutti. L'obiettivo è di arrivare anche all'estrazione del succo e dell'olio dai semi di melograni essiccati, molto richiesto per le proprietà farmacologiche e cosmetiche. Basti pensare che il prezzo dell'olio di semi di melograno è intorno ai 700 dollari al litro.

(Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Anche questa settimana i lettori mi permetteranno di iniziare la mia rassegna con una domanda che è opportuno che ci si ponga tutti quanti: che cosa succede nella nostra Europa? Siamo proprio sicuri che quella storia che credevamo chiusa per sempre e relegata nei manuali scolastici non si ripresenterà in futuro? Giulio Meotti ha pubblicato un articolo in inglese che invito i lettori a leggere, perché attira l'attenzione sul rischio, un po' ovunque, di ritrovarsi con un Quisling del XXI secolo, magari ancora una volta norvegese. I fatti sono, giorno dopo giorno, sempre più evidenti.
  In mancanza oggi, nel circuito che mi fornisce gli articoli da recensire, dei giornali stranieri, l'attenzione maggiore dei commentatori è rivolta agli ultimi avvenimenti in Siria dove forse il regime sta aumentando il controllo sul territorio, ma a costo di terribili sofferenze per i "ribelli". Cecilia Zecchinelli sul Corriere (così come Alberto Stabile su Repubblica e Umberto De Giovannangeli su l'Unità) descrive i vergognosi metodi usati da Assad per torturare i detenuti. Sicuramente gran parte di queste affermazioni, che provengono anche da documenti di Amnesty International, sono corrette, ma viene da chiedersi come mai oggi ci si scaglia solo contro i crimini siriani, preferendo non vedere quelli, non molto diversi, dei regimi usciti dalle recenti rivoluzioni, o di quelli che da queste, al momento, non sono state toccate.
  Daniele Raineri sul Foglio riprende uno scoop di Al Jazeera che ha sorpreso il direttore della CIA Petraeus in un albergo di Ankara in una missione che avrebbe, forse, dovuto restare segreta; evidentemente poco o nulla si può sapere su quanto USA e Turchia stanno architettando insieme, ma dalla lettura di questo articolo (e di altri dei giorni scorsi) viene da chiedersi come un paese come la Siria possa davvero creare difficoltà agli USA anche solo se si volesse imporre una no fly zone; è difficile dire se sarebbe utile, ma è difficile pure ammettere una simile realtà.
  Susan Dabbous, in un altro articolo sul Foglio, dà spazio a voci secondo le quali gli alawiti potrebbero decidere di ritirarsi nel nord ovest del paese, sulla costa mediterranea, in una zona ricca e ben difesa dalle montagne circostanti; già se ne era parlato (Daniel Pipes) durante la crisi del regime degli anni '90, ma appare una strada comunque pericolosa per un Assad che non potrebbe poi resistere ad attacchi (che sicuramente sarebbero violentissimi) portati dai sunniti sostenuti da sauditi e turchi, una volta che avesse perso il controllo del paese.
  Di grande interesse è l'articolo di Maurizio Molinari su La Stampa: se si dovessero interrompere le forniture di greggio iraniano (4 milioni di barili al giorno), solo l'Arabia Saudita sarebbe oggi in grado di aumentare la propria produzione, ma non abbastanza per supplire a questa mancanza; in tale pericolosa situazione la Cina sta aumentando le proprie riserve e ciò, insieme al rischio di crisi, fa schizzare verso l'alto il costo del petrolio, sempre più vicino ai 130 $/barile. L'aumento del costo del petrolio sta, da parte sua, causando un forte calo di popolarità per Obama (in un mese scesa dal 50 al 41%), colpevole di aver bloccato provvedimenti che avrebbero ridotto la dipendenza petrolifera degli USA dall'estero.
  Un editoriale pubblicato su Tempo riporta le dichiarazioni di Obama e del primo ministro britannico Cameron che, al termine del loro incontro, si sono dichiarati contrari ad un eventuale attacco israeliano contro l'Iran, e fiduciosi nel successo della loro diplomazia e delle loro sanzioni; ma quando poi i due si dicono orgogliosi dei loro successi militari e del freno all'avanzata dei talebani grazie alle loro strategie, viene da domandarsi quale realtà stiano raccontandoci.
  Una breve su Avvenire (e su numerosi altri quotidiani) riporta la delibera del Parlamento egiziano che dichiara Israele nemico dell'Egitto e sollecita il rientro in patria degli ambasciatori dei due paesi; il Parlamento egiziano non ha potere decisionale sulla politica estera, ma certo il futuro delle relazioni israelo-egiziane corre il serio rischio di un ulteriore grave peggioramento.
  Non manca, anche oggi, una serie di criticabilissimi articoli su Rinascita; in particolare, in un editoriale, si legge che i problemi dei cristiani nei diversi paesi del Medio Oriente deriverebbero dall'intromissione militare di stati stranieri (sembrerebbe quella israeliana e quella americana in Iraq). Limitandomi a quanto succede in Israele, osservo che per Rinascita i cristiani hanno dovuto abbandonare Gerusalemme a causa dell'occupazione militare israeliana. Il fatto che i numeri dicano l'esatto contrario, e proprio solo per i cristiani di Israele, non deve interessare ai lettori (pochi per fortuna) di Rinascita.
  Anna Foa pubblica su Avvenire una recensione dell'ultimo libro di Fiamma Nirenstein, e fa specie leggere che l'affermazione di Fiamma secondo la quale gli ebrei non si sono mai allontanati da Gerusalemme e non vi hanno fatto ritorno sarebbe, in quei termini, "eccessiva ma non priva di una parte di verità". Anna Foa vuole forse accentuare l'importanza del ritorno dalla diaspora, ma non si può negare la verità delle parole di Fiamma, oggi purtroppo negate da troppi per biechi scopi religioso-politici.
  Arrigo Petacco su Nazione Carlino Giorno riporta i risultati delle ricerche fatte dal duca Amedeo d'Aosta per trovare una terra per gli ebrei in Etiopia all'epoca dell'occupazione italiana; una zona "ideale", salubre e senza troppe moschee né chiese, era stata trovata in una zona con delle montagne vicino al Kenya.
  Infine Giovanni Preziosi su l'Osservatore Romano cerca, ancora una volta, di dimostrare che anche a fianco di monsignor Palatucci (come di tanti altri religiosi cattolici) Pio XII si adoperò per aiutare gli ebrei.

(Notiziario Ucei, 14 marzo 2012)

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Tregua tra Israele e "militanti"
Le virgolette sono aggiunte
di Gaza


GAZA - Una tregua mediata dall'Egitto tra Israele e gruppi militanti nella Striscia di Gaza è in vigore da oggi dopo quattro giorni di violenze in cui hanno perso la vita 25 palestinesi e sono stati lanciati su Israele 200 razzi.
Il numero di attacchi con razzi da parte dei palestinesi è calato drasticamente dopo che è entrato in vigore il cessate-il-fuoco nella notte. I militari israeliani dicono che sono caduti tre razzi, senza provocare vittime, e che non ci sono stati attacchi aerei da parte loro nella Striscia di Gaza.
Un alto funzionario della sicurezza egiziana al Cairo ha detto a Reuters al telefono che entrambe le parti si sono "accordate sulla fine delle attuali operazioni", che Israele ha acconsentito a "fermare gli omicidi" e che l'accordo "darà il via a (un periodo di) calma diffusa e reciproca".
L'accordo sulla tregua è arrivato in seguito agli appelli fatti a entrambe le parti dalle potenze mondiali - Stati Uniti, Nazioni Unite, Francia, Unione Europea e Lega Araba.
Una fonte palestinese vicina ai colloqui ha detto che "le fazioni sono impegnate", riferendosi alla Jihad Islamica e ai Comitati di Resistenza Popolare, i più attivi nella lotta, ma che questi gruppi aspettano per vedere la risposta di Israele.
La leadership di Hamas a Gaza si è tenuta fuori dalla lotta e sembra voler evitare un più ampio conflitto con Israele.
Amos Gilad, alto rappresentante della difesa israeliana, ha detto che Israele si sentirà libero di assumere "azioni preventive" se vite israeliane fossero in pericolo - un riferimento a eventuali futuri attacchi contro i militanti palestinesi che si teme preparino altre azioni.
Ma, ha detto a Radio Israele, se "c'è calma dalla loro parte, ci sarà calma dalla nostra".

(Reuters, 13 marzo 2012)

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Gherush 92 contro la Divina Commedia di Dante

"Vietatela, è omofoba è razzista e contro l'Islam"

  
La 'Gherush 92', organizzazione di ricercatori e professionisti accreditata alle Nazioni Unite come consulente speciale per il Consiglio Economico e Sociale, chiede di vietare la diffusione della Divina Commedia, perché contiene "contenuti antisemiti, razzisti, omofobici e contro l'Islam'.
La presidente di Gherush92, Valentina Sereni, ha spiegato, in una intervista all'Adnkronos, che l'associazione di intellettuali si è schierata contro la "Divina Commedia" perché "presenta contenuti offensivi e discriminatori sia nel lessico che nella sostanza e viene proposta senza che vi sia alcun filtro o che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all'antisemitismo e il razzismo".
Nel mirino degli intellettuali l'uso che Dante fa della parola Giuda e giudaico, evidente riferimento agli ebrei, la decisione di relegare Maometto nell'Inferno, che va contro l'Islam, e il trattamento che riserva agli omosessuali, condannati a non fermarsi mai sotto una pioggia di fuoco. Perciò la Sereni chiede la rimozione della Divina Commedia dai programmi scolastici.
"Il razzismo - conclude la Sereni - è considerato un crimine ed esistono leggi e convenzioni internazionali che tutelano la diversità culturale, che preservano dalla discriminazione e dal'odio (…); questi contenuti,m se insegnati nelle scuole o declamati in pubblico, contravvengono a queste leggi, soprattutto se in presenza di una delle categorie discriminate. Chiediamo quindi di espungere la Divina Commedia dai programmi scolastici o almeno di inserire i necessari commenti e chiarimenti".
Si oppone alla richiesta dell'associazione il presidente di Gaynet, Franco Grillini. "La Divina Commedia va contestualizzata - puntualizza Grillini - io che sono un fautore del politicamente corretto credo che in questo caso si esageri, che ci sia un eccesso di politically correct".

(Corriereweb.net, 13 marzo 2012)

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E’ scoppiata la guerra dei divieti

Bisogna vietare la Divina Commedia perché usa parole come “Giuda” e “giudaico” in tono manifestamente spregiativo e dunque razzista, dichiara “Gherush 92”, “organizzazione di ricercatori e professionisti accreditata alle Nazioni Unite”, anche lei, dunque, espressione di quell’Onu che vorrebbe mettere ordine in tutto il mondo. Se questo avverrà, è chiaro che poi toccherà al Nuovo Testamento, che di termini come quelli fa abbondante uso. A questo punto gli atei naturalmente chiederanno di estendere il divieto all’Antico Testamento, che secondo loro si espone scandalosamente all’accusa di diffusione del razzismo: “Sterminerai dunque tutti i popoli che l’Eterno, l’Iddio tuo, sta per dare in tuo potere; l’occhio tuo non abbia pietà” (Deuteronomio 7:16), sono parole di Mosè che certamente non suoneranno bene alle sensibili orecchie degli antirazzisti odierni, accreditati all’Onu oppure no. Qualcuno chiederà allora di guardare dentro con attenzione anche alla poderosa mole dei tomi del Talmud, perché si dice che anche lì, disperse tra le multilingui serpentine di parole, si trovino inaccettabili istigazioni all’odio razziale. E se la verifica sarà lunga, nel frattempo si dovrà ordinare il divieto di diffusione, anche parziale, nelle scuole di ogni ordine e grado, ivi comprese naturalmente quelle ebraiche. A questo punto bisognerà aspettarsi la reazione dei religiosi, e partiranno richieste di divieto per opere di razzisti laici come Voltaire, Marx e altri.
L'unico che forse riuscirà a salvarsi sarà il Corano, che potrebbe presentarsi anzi come efficace sostituto di tutte le opere vietate. Gli imam infatti assicurano che l’Islam è una religione d’amore e Maometto è un predicatore di pace. E poiché a qualcuno che ha osato metterlo in dubbio è capitato di essere sgozzato, è conveniente crederci. M.C.

(Notizie su Israele, 13 marzo 2012)

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Egitto: il Parlamento chiede l’espulsione dell’ambasciatore di Israele

IL CAIRO, 13 mar - L'Assemblea del Popolo, la camera bassa egiziana, ha approvato all'unanimita' una mozione in cui si chiede l'espulsione dall'Egitto dell'ambasciatore israeliano, Yaakov Amital, ed il ritiro di quello egiziano da Tel Aviv, per protesta contro i recenti raid aerei israeliani sulla striscia di Gaza, considerati una''violazione flagrante dei diritti umani''.
Il documento approvato era stato predisposto dalla commissione affari arabi del parlamento, e contiene anche la richiesta di bloccare l'esportazione di gas egiziano verso Israele. Il presidente dell'Assemblea, Saad el Katatny, ha chiesto ad uno specifico comitato di seguire presso il governo l'iter per l'applicazione delle richieste contenute nel documento.
''Dopo la rivoluzione - e' scritto nel testo, secondo fonti di stampa - l'Egitto non sara' mai piu' amico dell'entita' sionista, primo nemico dell'Egitto e della nazione araba''. Si chiede quindi la revisione ''di tutti i rapporti e gli accordi'' con quel ''nemico''.
Il parlamento ha chiesto infine che sia riattivato il boicottaggio arabo contro Israele e le societa' internazionali che trattano con il paese, considerando questo strumento un sostegno deciso alla ''scelta di resistenza'', ''opzione strategica per la liberazione dei territori occupati''.

(ANSAmed, 13 marzo 2012)

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Le ragazze che salvarono la Svizzera

di Mario Avagliano

Il libro di Silvana Calvo
A proposito di Giusti e della proposta di Gabriele Nissim e di altri intellettuali di istituire una giornata europea per ricordare il loro coraggio (il 6 marzo?), c'è una storia poco conosciuta che arriva dalla vicina Svizzera. Può il gesto di un gruppo di ragazzi cambiare il mondo? Nell'estate del 1942 questo fu possibile. Almeno in parte.
Il 7 settembre di quell'anno, 22 allieve quattordicenni (su 32) della II C della cittadina di Rorschach, nel canton San Gallo, vicina al confine con Germania e Austria, sulle rive del lago di Costanza, scrissero una lettera al governo svizzero: "Egregi Signori Consiglieri Federali, Non possiamo fare a meno di dirvi che noi alunne siamo profondamente indignate che i profughi vengano ricacciati così spietatamente verso una sorte tragica (...) Se continueremo così, possiamo essere certi che il castigo ricadrà su di noi. E' possibile che voi abbiate ricevuto l'ordine di non accogliere ebrei, ma questa non è certamente la volontà di Dio, e noi dobbiamo ubbidire più a Lui che agli uomini...".
   La loro lettera non passò inosservata. Il Consigliere federale Eduard von Steiger non esitò a trasformare quel breve scritto in una "questione di Stato", aprendo consultazioni con colleghi di governo e con parlamentari autorevoli nonché interpellando il Ministero pubblico della Confederazione con l'intento di punire un docente della classe sospettato di essere stato l'istigatore della lettera.
   È il tema del bel libro di Silvana Calvo, A un passo dalla salvezza. La politica svizzera di respingimento degli ebrei durante le persecuzioni 1933-1945 (Silvio Zamorani Editore, Torino 2010), che ho presentato la scorsa settimana alla Casa della Memoria e della Storia a Roma, assieme a Giacomo Kahn e Grazia Di Veroli, in un'iniziativa organizzata dall'Aned e dall'Anpi. Fu grazie al caso sollevato da quella lettera che la Svizzera aprì finalmente agli ebrei le sue frontiere, pur con molte cautele e limitazioni (vennero accettate solo le famiglie con bambini, gli anziani oltre i 65 anni, le persone "manifestamente" ammalate, le donne incinte e poche altre categorie di bisognosi), dopo la chiusura quasi totale degli anni precedenti (a quanto risulta dai dati ufficiali, dall'ottobre del '40 all'aprile del '42 furono accolti in Svizzera solo 176 ebrei!).
   Fu grazie al coraggio di quelle ragazze, e anche - bisogna ammetterlo - alla capacità delle istituzioni svizzere di aprire un dibattito su questo tema, che poterono trovare ospitalità in Svizzera oltre 21 mila ebrei, tra i quali 3.600 italiani, ai quali vanno aggiunti altri 1.833 ebrei di varie nazionalità che fuggirono dall'Italia. Si potrebbero citare Umberto Terracini, Gianfranco Moscati, Pupa Garribba, Lea Ottolenghi, Susanna Colombo (che ha raccontato la sua esperienza alla presentazione del libro)...Certo, la politica di asilo della Svizzera non fu priva di errori e di contraddizioni: migliaia di ebrei vennero respinti alle frontiere perché non rientravano nelle categorie dei bisognosi, nonostante fin dal 1942 le autorità svizzere fossero a conoscenza delle uccisioni degli ebrei e del trattamento inumano subito da parte dei nazisti. Non tutti furono accolti e, a causa di questo diniego, in molti casi la loro sorte fu la deportazione e la morte, come avvenne per Alberto Segre, Jolanda De Benedetti, Rino e Giulio Ravenna e tanti altri.
   Resta il gesto di quelle ragazze, che si ribellarono all'indifferenza del governo svizzero nei confronti delle povere famiglie di ebrei che fuggivano dall'Europa occupata dai tedeschi e sognavano la Svizzera come il Paradiso delle libertà. Non meriterebbero anche loro il riconoscimento di Giusti fra le Nazioni?
   E il loro esempio, come ha sottolineato Giacomo Kahn, non dovrebbe insegnare qualcosa anche a noi italiani di oggi - con le dovute differenze, per carità - quando si affronta la questione delle politiche di respingimento degli immigrati, soprattutto quelli provenienti da Paesi dove non c'è libertà e le minoranze etniche e religiose vengono perseguitate?

(Notiziario Ucei, 13 marzo 2012)

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Famiglia e identità

MILANO - Identità ebraica nel XXI secolo. Quale significato attribuirle? Quale il ruolo della famiglia e della Comunità nel trasmetterla? Un incontro organizzato dal Rabbinato centrale di Milano nella serata di mercoledì discuterà quello che è oggi uno dei temi più delicati con cui l'ebraismo italiano è chiamato a confrontarsi, l'approccio che le istituzioni comunitarie mantengono nei confronti del matrimonio misto e i risvolti che questa scelta può avere nella vita comunitaria. Per affrontare la questione interverranno al Noam, centro di riferimento della keillah persiana, sei rabbini con diverse esperienze e background, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, quello di Roma Riccardo Di Segni, il presidente dell'Assemblea rabbinica italiana Elia Richetti, il direttore del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane rav Roberto Della Rocca, il padrone di casa rav Yakov Simantov, e il rabbino Chabad Moshe Lazar.

(Notiziario Ucei, 13 marzo 2012)

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Nuovo volo Atene-Tel Aviv con Olympic Air

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Olympic Air A320
E' stato inaugurato pochi giorni fa il primo collegamento aereo diretto tra Grecia ed Israele: la Olympic Air infatti ha fatto decollare un velivolo A320 che è volato dalla capitale greca Atene fino a Tel Aviv. Per ora la frequenza sarà frequenza trisettimanale, il lunedì, venerdì e domenica, ma nei mesi estivi si prevede un rafforzamento del collegamento che vedrà l'implementazione di un quarto volo settimanale che sarà operato il giovedì.
L'obiettivo della compagnia aerea greca, che ha come hub l'aeroporto internazionale di Atene, è non solo quello di rafforzare la propria presenza verso la parte est del Mediterraneo ma anche quella di implementare la sua programmazione strategica in Medioriente. Il volo è stato pensato sia per business man che per il turismo culturale verso la Grecia e religioso verso Israele. D'altronde Atene e lo Stato ebraico sono due importanti mete per la Cristianità. Ma Israele è punto di riferimento per le tre religioni monoteiste e l'afflusso turistico verso il Paese è da sempre molto forte.

(Viaggiando in Europa, 12 marzo 2012)

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Missile da Gaza centra un edificio a Ashdod

Superato il sistema di difesa Iron Dome

TEL AVIV, 12 mar - Superando il sistema di difesa 'Iron Dome', un razzo Grad sparato da Gaza ha centrato un edificio nella citta' israeliana di Ashdod. Fonti locali riferiscono che sul posto si notano ingenti danni materiali al palazzo, a negozi ed automobili in sosta, ma non vittime. Diverse persone risultano essere in stato di shock.

(ANSA, 12 marzo 2012)

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L'acqua del futuro è hi-tech

di Paolo Cagnan

Al meeting mondiale di Marsiglia si discute di emergenza idrica. Ma soluzioni tecnologiche sono possibili: sensori per ridurre i consumi, razzi per favorire la pioggia, supertrivelle nel deserto. Ecco le novità dal Watec di Tel Aviv

Keep the planet blu: recita uno dei quattro orientamenti strategici del World Water Forum, il meeting mondiale sull'acqua in programma a Marsiglia dal 12 al 17 marzo.
Cioè: cerchiamo di fare rapidamente il possibile affinché il pianeta azzurro resti tale, e non si trasformi in una palla tristemente giallognola, desertica e quasi disabitata. Al Forum, 140 delegazioni ministeriali e oltre 30 mila partecipanti affronteranno l'emergenza-acqua, il più urgente dei problemi, e anche uno dei più complicati da affrontare. Al Watec di Tel Aviv, mostra biennale su tutte le novità del settore, sono andate in scena le soluzioni del futuro. Noi siamo andati a dare un'occhiata. E ci siamo fatti consigliare dagli esperti le magnifiche sette risorse per un mondo sempre più assetato.

- Acquedotti colabrodo
  Le falle della rete idrica sono uno dei maggiori problemi delle nostre città. Acquedotti che perdono, tombini che saltano, strade che si allagano. Guasti, ma non solo: spesso, è il calcolo errato della pressione delle tubazioni a provocare le perdite maggiori. La Takadu ha messo a punto un software di monitoraggio delle reti di distribuzione che consente un controllo sugli eventi in tempo reale: i punti problematici e le falle vengono individuati attraverso algoritmi, senza dover effettuare controlli in loco e avvalendosi anche di una potente infrastruttura di cloud-computing. Una start-up, la Curapipe System, ha invece brevettato un sistema, il Talr (Trenchless Automated Leakage Repair), che verrà testato nel 2012 sulla rete idrica del Tamigi a Londra. Si tratta di un cilindro intelligente che, muovendosi all'interno delle condutture, individua gli eventuali guasti tramite un sistema di sensori e li ripara all'istante. Un'altra tecnologia prevede l'utilizzo di una rete di sensori acustici attivati dalle vibrazioni create dai guasti e gestiti attraverso un software che riduce il numero dei falsi allarmi.

- Se la doccia è smart
  L'acqua diventerà un bene sempre più prezioso, ma quanti di noi se ne sono accorti? A casa, la facciamo scorrere senza nemmeno pensarci su, solo perché è troppo calda o troppo fredda. Una start-up del fondo di venture capital Terra VP ha ideato SmarTap, un sistema che riduce drasticamente lo spreco d'acqua domestico. Un pannello di controllo con un software di semplice gestione e con possibilità di collegamento a una rete wi-fi consente di regolare la temperatura dell'acqua desiderata, azionando docce e vasche solo quando questa viene raggiunta. Se ad esempio volete fare una doccia a 37 gradi utilizzando 15 litri, basta settare il pannello, che prenderà l'acqua fredda dal condotto e la riscalderà sino a raggiungere la temperatura voluta: a quel punto, si schiaccerà il pulsante play e la doccia sarà pronta. Stesso discorso per le vasche da bagno. SmarTap consente anche di verificare se qualcuno ha lasciato un rubinetto aperto. E di chiuderlo dal sistema centrale.

- Il mago della pioggia
  Si chiama "cloud seeding", e consente di aumentare la piovosità agendo direttamente sulle nuvole, "cibandole" di sostanze chimiche che alterano i processi fisici di formazione. Una flotta di piccoli aerei sorvola le nubi più "promettenti" e le bombarda con razzi pieni di ioduro d'argento, che funge da condensatore facendo piovere sopra la zona interessata. La tecnologia non è affatto nuova e la sua efficacia è scientificamente controversa, soprattutto nella sua capacità d'incrementare sensibilmente la quantità di pioggia: la difficoltà sta nel dimostrare che la nuvola non "inseminata" avrebbe comunque prodotto precipitazioni più scarse. Mekorot, la compagnia idrica israeliana di Stato, sta elaborando modelli previsionali sempre più sofisticati per "irrigare dall'alto" le zone più aride. Nella regione della Galilea, questo sistema avrebbe consentito di incrementare del 18 per cento le acque meteoriche. La ricerca in questo campo è orientata alla conoscenza sempre più approfondita della fisica delle nuvole, ovvero la catena di eventi che culmina nelle precipitazioni. Proprio per dimostrare il reale beneficio di questa tecnica, si stanno effettuando molti esperimenti random che dovrebbero dimostrarne incontrovertibilmente l'efficacia. Il "rain enhancement" è molto utilizzato in vaste aree della Cina, in America e Australia.

(l'Espresso, 12 marzo 2012)

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Un milione di dollari per una moneta della Giudea del 1o secolo

Una moneta antica della Giudea è arrivata alla somma record di 1,1 milioni di dollari durante una vendita all'asta a New York, si è appreso venerdì 9 marzo presso la casa di asta Heritage. Questo prototipo del Sekel, che data del 66 dopo Gesù Cristo, era una delle prime monete ad essere prodotta all'inizio della prima grande rivolta ebrea contro i romani nel 1o secolo. Un solo latro esemplare è conosciuto , ha precisato la casa di aste. La moneta è stata venduta giovedì sera ad un collezionista privato della costa est, tramite Steve Rubinger, per 1,105 milioni di dollari, quattro volte il precedente record per una moneta ebrea, secondo la casa di aste. Fa parte di una collezione di 2 200 monete antiche della Giudea appartenenti ad un collezionista americano, la collezione Soshana, che sarà venduta in diverse aste e di cui il valore è stimato a oltre 10 milioni di dollari secondo la case di aste Heritage

(FocusMO, 12 marzo 2012)

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Da Tel Aviv arrivano i transistor biodegradabili

"L'Università di Tel Aviv ha annunciato i risultati di una nuova ricerca che potrebbe portare a realizzare prodotti tecnologici con basso impatto ambientale e a partire da proteine umane."

  
   Netta Handler, Elad Mentovich e
   Bogdn Belgorodosky
L'Università di Tel Aviv (TAU) ha annunciato una novità per quanto ri guarda la tecnologia ecosostenibile (decisamente sotto i riflettori in questo periodo): si tratta della possibilità di realizzare transistor a partire dalla capacità di auto-assemblaggio delle proteine contenute nel sangue, nel latte e nel muco.
L'opera è merito dei ricercatori Elad Mentovich e Neta Hendler del Dipartimento di Chimica e Il Centro per la nanoscienza e delle nanotecnologie che fanno riferimento al Dott. Shachar Richter con la collaborazione del Prof. Michael Gozin e del ricercatore Bogdan Belgorodsky.
Quello che si è arrivati a realizzare sono transistor a base di proteine presenti nel corpo umano che potrebbero essere alla base di nuovi gadget e dispositivi tecnologici flessibili e biodegradabili, con un impatto ambientale decisamente inferiore a quanto avviene attualmente con il silicio.
Il primo passo (portato a termine con successo) è stata la possibilità di realizzare schermi biodegradabili con film di proteine che arrivano allo spessore di circa quattro nanometri. La scelta delle proteine non è poi casuale in quanto quelle del sangue hanno la capacità di assorbire l'ossigeno così da poter permettere il doping dei materiali. Le proteine del latte, formano invece la base strutturale dei transistor, mentre le proteine della mucosa hanno la capacità di mantenere i coloranti rosso, verde e blu (RGB) così da poter realizzare parti ottiche avanzate.

(Tech Station, 12 marzo 2012)

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"Tra Scilla e Cariddi" di Shlomo Simonsohn

di Elena Fuoridalghetto

La presenza ebraica in Sicilia data fin dall'epoca romana e termina nel 1492 con l'espulsione ordinata dai regnanti spagnoli. Le origini di questa comunità sono avvolte nel mistero, sebbene alcune leggende sopravvivano fino ai nostri giorni.
Notizie certe, invece, si hanno a partire dal Medioevo e, con il passare del tempo, sempre più documenti si rendono disponibili, soprattutto relativamente a quel periodo.
L'autore di questo libro, Shlomo Simonsohn, basandosi su circa 40.000 documenti d'archivio, per lo più inediti, ricostruisce le vicende politiche, giuridiche, economiche, sociali e religiose della minoranza ebraica sull'isola e i rapporti che intrattenne di volta in volta con i romani, i musulmani e i cristiani.
Prima dell'Inquisizione gli ebrei in Sicilia erano cittadini a tutti gli effetti, attivi in quasi tutti i settori dell'economia - l'agricoltura e la pesca, le arti e i mestieri, l'edilizia, le manifatture e il commercio - e in diverse professioni; stranamente limitato, anche se non assente, il prestito a interesse, asse portante degli affari per gli ebrei del nord. Nel Quattrocento raggiungevano circa le 25.000 unità e costituivano più della metà della popolazione ebraica presente in Italia.
Tutto questo vide un'improvvisa e rapida fine con l'espulsione ordinata dai Re Cattolici Ferdinando e Isabella: circa l'80% degli ebrei scelse l'esilio, mentre gli altri che preferirono convertirsi al cattolicesimo finirono ben presto nelle mani dell'Inquisizione spagnola.

(fuori dal ghetto, 12 marzo 2012)

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Gerusalemme - Piovono razzi, clima rovente

di Sergio Minerbi

Da alcuni giorni gli abitanti delle zone adiacenti alla Striscia di Gaza sono sottoposti ad attacchi di razzi lanciati dai palestinesi. Venerdì si è offerta agli israeliani un'occasione unica. I servizi di informazione avevano segnalato la presenza a Gaza di Zuhir el-Qassi, Segretario generale del Comitato di resistenza popolare che aveva progettato qualche mese fa l'attentato sulla strada 12 che costeggia la frontiera con l'Egitto verso Eilat. Il suo veicolo a Gaza è stato subito attaccato ed el-Qassi è rimasto ucciso. Per ritorsione i palestinesi hanno aumentato il lancio di razzi e nelle scorse ore e gli israeliani del sud sono stati sottoposti al tiro di un centinaio di razzi contro le città di Ashdod, Ashkelon e Beer Sheba. Più di un milione di israeliani hanno dovuto trascorrere il sabato nei rifugi o nelle stanze corazzate. Otto persone, fra le quali tre lavoratori tailandesi, sono rimaste ferite dai razzi. Nelle tre città citate ha dimostrato la sua efficienza il sistema difensivo "cupola di ferro" che è riuscito ad abbattere circa 30 razzi in volo. Tale sistema lancia un razzo che abbatte il razzo nemico e inoltre sa distinguere ed evitare quei razzi che sono destinati a cadere in zone non abitate. Oggi, domenica, sono sospesi gli studi nelle scuole e nelle università delle tre città prese di mira. Gli aerei israeliani avevano colpito con grande precisione 15 attivisti della Jihad islamica.
Secondo i commentatori israeliani nella Striscia di Gaza Hamas sarebbe disposto ad una convivenza acccanto a Israele, mentre la Jihad islamica e i Comitati di resistenza vogliono conquistare il potere palestinese con la violenza contro Israele. Inoltre l'Egitto con un Parlamento dominato al 75 per cento dai Fratelli Musulmani e dai Salafiti, non è molto propenso ad agire per mantenere la calma a Gaza. Ci vorrà del tempo prima di riuscire a mettere d'accordo i palestinesi fra di loro, e di riflesso a raggiungere un modus vivendi con Israele.

(Notiziario Ucei, 11 marzo 2012)

Video

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Oltre mille giovani a Purim on the rocks

ROMA - Oltre mille ragazzi da tutta Europa. Un successo straordinario per numeri e intensità. La festa in maschera svoltasi ieri sera in un noto locale capitolino, evento centrale dei quattro giorni di Purim on the rocks, il grande raduno/incontro internazionale organizzato a Roma dalla European Center for Jewish Studies (referente italiana Ylenia Tagliacozzo) con il contributo fondamentale dell'assessorato ai giovani - Delet della Comunità ebraica di Roma e dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, ha ribadito la centralità della più antica realtà della Diaspora nel contesto europeo e mondiale. Nel programma di Purim on the rocks tanto divertimento ma anche numerose occasioni di confronto sui temi dell'identità ebraica e di Israele. "Purim on the rocks - spiega l'assessore ai giovani della CER Giordana Moscati - si è rivelato un successo oltre le aspettative più rosee. Nel tracciare un bilancio di questo evento possiamo quindi festeggiare uno dei traguardi più significativi raggiunti a seguito dei grandi investimenti, anche di natura economica, che l'assessorato e i ragazzi del Delet di Roma sotto la responsabilità di Marco Caviglia stanno facendo verso i giovani ebrei di tutta Europa". Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente Ugei Daniele Regard, che dice:"È stato un weekend indimenticabile. Un'esperienza unica che crediamo potrà rappresentare una rampa di lancio per continuare ad organizzare eventi di questo livello. L'Ugei cresce e con noi crescono le nuove generazioni. Grazie a tutti".

(Notiziario Ucei, 11 marzo 2012)

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Ci stanno rubando millenni di storia

di Deborah Fait

Insomma ci stanno depredando! Stanno rubandoci millenni di storia, signore e signori! Ho appena letto sui media israeliani e poi sull'articolo di Giulio Meotti che i signori palestinesi, quelli che stanno occupando territori mai stati loro, territori la cui storia e' stata da sempre storia ebraica, i signori palestinesi dicevo, no, meglio parlare di arabi poiche' e' questo che sono, arabi e basta, si stanno appropriando di tutti i siti ebraici e sacri all'ebraismo che si trovano nei suddetti territori occupati da loro, territori che portano il nome di Giudea e Samaria. A fianco di questi arabi sta complice un crimine, un'organizzazione come l'UNESCO, cioe' a dire, se vogliamo fare i comici: l'organizzazione che dovrebbe occuparsi di educazione, cultura e pace in seno all'ONU.
   ONU? Peggio che andar di notte, direte voi. E lo dico anch'io. Peggio che andar di notte. Si riesce solo ad annaspare pieni di rabbia di fronte alle porcherie che si stanno facendo contro Israele nel silenzio del mondo intero. In un articolo di alcuni anni fa scrivevo dello scempio che gli arabi hanno fatto delle Tombe dei Patriarchi a Hebron. Bene, sia la Grotta dei Patriarchi e delle Matriache di Israele che la Tomba di Rachele, anche a Hebron, sono gia' stati cancellati dall'elenco del patrimonio nazionale di Israele per essere trasferiti a una nazione che non c'e', e sulla Grotta dei Padri e delle Madri del Popolo Ebraico sventola la bandiera palestinese insieme a quella dell'organizzazione malfamata di cui sopra. Dalla Grotta di Hebron in giu', tutti i siti sacri agli ebrei esistenti in territorio occupato dagli arabi, portano ormai il marchio "palestina". Nazione mai esistita, tuttora inesistente, che riesce nonostante tutto a dare tanto fastidio a Israele e al suo popolo e che fa tanta paura al mondo intero, una paura cosi' grande da rendere tutti suoi schiavi, complici del Male che da essa emana.
   Nazione mai esistita, questa fantomatica Palestina, eppure usurpatrice e ladra nei confronti di uno stato sovrano, Israele, dei luoghi piu' sacri al suo Popolo, ladra della pace che non vogliono raggiungere, ladra della giustizia, ladra della morale, ladra di vite umane. Io lo trovo spaventoso e devastante anche perche' nessuno reagisce all'ingiustizia e allo scempio.
   Voi direte giustamente: "cosa fa Israele per impedirlo?" Piu' che protestare all'ONU Israele non puo' far niente di piu'. Potrebbe mandare l'esercito a difendere i propri luoghi santi? No, scoppierebbe una guerra di religione peggiore delle precedenti che hanno insanguinato Israele.
   Io faccio un'altra domanda: "cosa fanno gli ebrei del resto del mondo?" e un'altra ancora: "perche' non protestano?" E ancora chiedo: perche' gli ebrei americani non vanno a manifestare a New York contro le azioni antisemite delle Nazioni Unite e le sue organizzazioni per delinquere? I luoghi santi sono tali per tutti gli ebrei del mondo non solo per quelli di Israele che hanno gia' i loro problemi.
   Tra ieri e oggi sono piombati su Israele oltre 40 missili, 26 colpi di mortaio e 8 Katiuschia che dalla striscia di Gaza hanno colpito le città Israeliane di Sderot, Gan Yavne, Asquelon, e Beer Sheva. Si va avanti cosi' da anni, ogni giorno, ed e' allucinante che non esista una rivolta nel mondo che urli ai palestinesi che basta, che e' troppo, che una nazione sovrana, libera, democratica e civile non puo' essere prigioniera del terrorismo dei propri vicini. L'unica nota positiva e' la notizia dell'uccisione del comandante Zuhair al-Qaissi, leader dell'ala armata dei Comitati popolari di resistenza, gruppo responsabile del rapimento del soldato Gilad Shalit.
   E adesso l'ennesima chicca, la ciliegina avvelenata sulla torta, l'ultimo scandalo dell'ONU, a opera del suo braccio piu' immorale, l'UNESCO, scandalo esagerato, incredibile, amici, sembra di vivere un incubo. Ecco il fattaccio: nonostante il tentativo degli USA di espellere la Siria dal Comitato per i diritti umani, dove incomprensibilmente sedeva da novembre, ieri, 8 marzo, l'UNESCO ha votato affinche' l'assassino Bashar al-Assad possa mantenere la poltrona nel comitato per i diritti civili. 35 persone contro 8 hanno sputato sulle decine di migliaia di vittime del dittatore assassino, offendendo la loro memoria .
   Non dovremmo meravigliarci piu' di niente, il mondo e' in mano ai criminali internazionali, protetti da un ente che fu fondato per difendere i popoli da guerre e soprusi. Il mondo e' alla rovescia, come dico sempre. Sembra di nuotare in una melma che risucchia e toglie la possibilita' di respirare.

(Informazione Corretta, 11 marzo 2012)

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Giaffa: inaugurata la Mostra "Omaggio a Emanuele Luzzati"

Inaugurata presso l'Old Jaffa Museum of Antiquities la Mostra "Omaggio a Emanuele Luzzati".
La Mostra, organizzata dall'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv e dal Museo Umberto Nahon di Arte Ebraica italiana di Gerusalemme, ha avuto il Patrocinio dell'Ambasciata d'Italia in Israele.
Il progetto e coordinamento e' stato della dott.ssa Carmela Callea, Direttore/Addetto per gli Affari Culturali dell'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, insieme alla dott.ssa Tomasa Lotti, Addetto per gli Affari Culturali dell'Istituto Italiano di Cultura..
Emanuele Luzzati, per gli amici Lele, era un artista multiforme, aperto alla sperimentazione ed alla ricerca nei piu' diversi campi della creativita'. Luzzati e' stato capace di sviluppare un linguaggio innovativo ed originale, al punto di divenire una delle figure piu' apprezzate dell'arte italiana contemporanea. I pezzi , unici ed eccezionali, per la loro bellezza e colori, sono stati raccolti da collezioni private o presi in prestito da singoli e famiglie; la Mostra, attraverso modellini di teatrini, maschere , quadric, riproduzioni ed incisioni, ha un percorso espositivo che permette agli spettatori di ritrovare il fantastico mondo del teatro luzzatiano, e inoltre tutta una serie di opera in cui il Maestro Luzzati ritrae le avventure della maschera da lui piu' amata, Pulcinella.
Pezzi di particolare interesse, un Parokhet , Patch-work di tessuti su base di velluto realizzato nel 1998, collezione del Museo di arte Ebraica italiana U. Nahon, e una lettera di auguri di compleanno alla sorella Gabriella con disegni ad acquarello, inviata da Losanna nel 1940.
All'apertura della Mostra presente l'Ambasciatore d'Italia in Israele Luigi Mattiolo; hanno porto messaggi di saluto e auguri , oltre all'Ambasciatore Luigi Mattiolo, la dott.ssa Callea, le Curatrici Andreina Contessa e Noemi Tedeschi Blankett. Folto pubblico per questa apertura, che restera' aperta al pubblico sino al 25 marzo 2012.
Distribuito ai presenti un piccolo Catalogo della Mostra, bilingue, ebraico e italiano. Presenti anche il Giudice Ben Zimra e Angelo Piattelli del Museo U. Nahon, il dott. Pillonca dell'Istituto Italiano di Cultura di Haifa, la sorella dell'artista, Gabriella Luzzati Hadar del kibbuz Ruhama nel Negev, il Presidente del Comites d'Israele Beniamino Lazar, e la responsabile alla Cultura della Hevrat Yehudei Italia, la dott.ssa Cecilia Nizza.

(politicamentecorretto.com, 10 marzo 2012)

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Striscia di Gaza, sale la tensione

GERUSALEMME, 10 mar. - Tensione alle stelle tra Israele e la Striscia di Gaza. Tra missili e raid, l'escalation di violenze, scattata da venerdì, ha provocato la morte di 12 militanti palestinesi e 8 feriti israeliani.
Tutto è cominciato venerdì quando, dopo il lancio di due colpi di mortaio contro Israele, un raid israeliano ha ucciso il leader dei Comitati di Resistenza Popolare, Zuhir al-Qaisi e il genero. Secondo l'esercito, al Qaisi stava preparando un grave attentato in Israele presso il confine con l'Egitto.
I comitati di resistenza popolare della Striscia sono considerati i responsabili del rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, rilasciato a ottobre scorso dopo cinque anni di prigionia.
Da quel momento dalla Striscia sono iniziati a partire missili, 80 quelli sparati verso Israele, che hanno ferito 8 israeliani. La risposta dell'esercito con la stella di Davide è stata durissima: in una serie di raid sono stati uccisi almeno 12 militanti palestinesi.
Al termine di una riunione dei vertici militari, il capo dello stato maggiore dell'esercito israeliano, Benny Gantz, ha promesso di rispondere con determinazione ad ogni lancio di missili contro Israele. Gantz ha anche lodato il sistema anti missile "iron dome" che ha intercettato con successo i razzi sparati contro obiettivi nel sud d'Israele.

(Adnkronos, 10 marzo 2012)


Video dell'esercito israeliano



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Più di 90 razzi palestinesi da Gaza sui civili del sud d'Israele

Ondata di razzi palestinesi lanciati dal nord della striscia di Gaza sulle città israeliane di Beersheba, Ashdod, Gan Yavne e su villaggi e fattorie del sud di Israele.
Secondo la stima delle Forze di Difesa israeliane, da venerdì sera fino a mezzogiorno di sabato i terroristi palestinesi hanno lanciato più di 90 razzi, fra Qassam e Grad a più lunga gittata. Almeno otto i feriti, venerdì sera, nella zona di Eshkol, compresi alcuni lavoranti stranieri. Danni a vetture, tralicci elettrici, finestre delle abitazioni.
Le Forze di Difesa israeliane hanno annunciato che reagiranno con la massima determinazione alla serie di attacchi. Fonti della difesa hanno inoltre elogiato il sistema anti-missile "cupola di ferro" e le squadre che vi operano, che hanno intercettato con successo i 25 razzi sparati dalla striscia di Gaza sulle città di Beersheba, Ashdod e Ashkelon, mentre altri 65 razzi esplodevano in campi aperti. Si tratta della migliore performance del sistema antimissile israeliano finora registrata.
"Le istruzioni date alla popolazione dal Comando della difesa civile - ha detto un ufficiale - si sono dimostrate valide per salvare vite umane, e vanno seguite". Il Comando, fra l'altro, ha dato istruzione a tutti coloro che vivono nel raggio di 40 km dalla striscia di Gaza di restare sempre nelle vicinanze di rifugi e aree protette.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato al telefono col sindaco di Ashkelon, Benny Vakni, esprimendogli solidarietà e appoggio di fronte all'escalation che colpisce gli abitanti della città.
"Questa escalation non può essere ignorata" ha dichiarato il sindaco di Beersheba, Ruvik Danilovich, aggiungendo d'essere totalmente d'accordo con la decisione del governo di autorizzare l'uccisione mirata di capi di cellule terroristiche che preparano attentati contro i cittadini israeliani. "Questi terroristi devono capire che la responsabilità è loro - ha sottolineato Danilovich - Anche se al momento [le uccisioni mirate] aumentano le tensioni, alla lunga producono deterrenza".
Venerdì sera le Forze di Difesa israeliane hanno colpito e ucciso Zuhair al-Qaissi, comandante dell'ala terroristica dei Comitati di Resistenza Popolare, il gruppo terroristico alleato di Hamas responsabile del sequestro di Gilad Shalit (il soldato israeliano trattenuto in ostaggio per più di cinque anni e usato come arma di ricatto per costringere Israele a scarcerare più di mille palestinesi condannati a pene detentive per reati di terrorismo). Nell'esplosione che ha distrutto l'autovettura di al-Qaissi è morto anche suo genero, Mahmoud Hanini, anch'egli un capo terrorista. Secondo il portavoce dell'esercito israeliano, l'azione si è resa necessaria per sventare un grave attentato contro Israele che era ormai giunto alla fase dei preparativi finali e che probabilmente sarebbe stato realizzato a partire dal Sinai (come quello che ha causato 6 morti e 25 feriti nell'agosto scorso, nella zona a nord di Eilat).
Il raid israeliano contro i capi terroristi è stato condannato sia da Hamas che dal presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
Più tardi, nel corso della notte di venerdì notte e della mattinata di sabato, le Forze di Difesa israeliane hanno individuato e colpito a più riprese cellule di terroristi impegnate nel lancio di razzi. Secondo l'agenzia palestinese Ma'an, i raid avrebbero causato la morte di 10 o 12 terroristi della Jihad Islamica.
Le Forze di Difesa israeliane hanno ribadito di non essere in alcun modo interessate a un'escalation, ma di essere determinate a difendere i cittadini d'Israele da ogni attacco e a reagire tempestivamente contro qualunque tentativo di attività terroristica.

(YnetNews, Jerusalem Post, 10 marzo 2012 - da israele.net)

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Israele: non c'è bisogno di un "dibattito pubblico" prima di intervenire in Iran

Israele non ha bisogno di un "dibattito pubblico" prima di intraprendere un'azione militare contro l'Iran, il presidente Shimon Peres ha detto, ribadendo che tutte le opzioni restano sul tavolo. Parlando a Los Angeles Giovedì, ha detto che le sanzioni economiche sono il primo passo per far sì che la repubblica islamica rinunci alle sue ambizioni nucleari e a minacciare lo Stato ebraico, ma questo non è di certo l'unico metodo.
"Prima applichiamo le sanzioni, poi vedremo", ha detto, sottolineando che "nel caso del Sud Africa, le sanzioni ha raggiunto lo scopo", come probabilmente anche in Libia e Ucraina. L'ex primo ministro israeliano sta finendo la sua settimana di visita degli Stati Uniti nella West Coast, sostando nella Silicon Valley, dove ha lanciato la sua pagina di Facebook all'inizio di questa settimana.

(FocusMO, 10 marzo 2012)

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Un ebreo greco traduce l'Odissea in ebraico-ladino

La sua stessa vita, un'Odissea fra Salonicco e Auschwitz

TEL AVIV, 9 set - Dopo quattro anni di sforzi, un israeliano originario di Salonicco, Moshe Ha-Elyion (87), ha completato la traduzione della Odissea di Omero in dialetto ebraico-ladino (Judezmo): un derivato dal castigliano del XV secolo diffuso un tempo fra gli ebrei dei Paesi balcanici e ormai pressoche' scomparso.
Un critico letterario, Avner Peretz, ha detto a Haaretz che la impresa di Ha-Elyion rappresenta ''una delle vette di 500 anni di storia'' di questo dialetto e il suo lavoro va ad accostarsi alla traduzione in ebraico-ladino della Bibbia, portata a termine nel XIX secolo.
Il giornale nota che lo stesso Ha-Elyon sembra un moderno Ulisse: sopravvisse a 21 mesi di reclusione nel campo di sterminio di Auschwitz grazie ai bocconi gli passava un internato cristiano in cambio di lezioni di greco. Dopo la guerra mondiale Moshe cerco' di raggiungere la Palestina (allora sotto Mandato) ma fu imprigionato dagli inglesi. Fu poi ferito nella guerra di indipendenza israeliana (1948-49) per intraprendere infine una brillante carriera militare. Adesso Ha-Elyion passera' alla traduzione dell'Iliade, pur sapendo che ben pochi la prenderanno mai in mano.

(ANSAmed, 9 marzo 2012)

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Israele: crescita del 4,7% nel 2011

Il prodotto interno lordo israeliano ha fatto progressi del 4,7% nel 2011 subendo un rallentamento a fine anno, contro il 4,8% del 2010, secondo i dati aggiornati, pubblicati oggi, dall'ufficio centrale delle statistiche. La crescita annuale dello Stato ebreo è almeno due volte più importante che la media dei 34 Paesi membri dell'Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (OCDE) che a raggiunto solo il 1,9% nel 2011 ha aggiunto l'ufficio. Questa crescita ha pero conosciuto un serio colpo di freno a fine del 2011. Mentre la crescita è stata di 4,8% nel primo trimestre, ha raggiunto solo il 3,2 % durante i tre ultimi mesi dell'anno . Secondo le stime del quotidiano economico The Market , la crescita dovrà essere limitata al 3% nel 2012. Inoltre il prodotto interno lordo per abitante, utilizzato per misurare il livello di vita della popolazione, ha fatto pregressi l'anno scorso di 2,8% contro il 2,9% del 2010. Israele ha fatto ufficialmente il suo ingresso a maggio del 2010 nell'OCDE. Grazie a questa integrazione, Israele è passato per quel che riguarda gli investimenti all'estero, dalla categoria dei Paesi emergenti a quella dei Paesi sviluppati, cosa che si suppone gli permetta di avere accesso a nuove fonti di capitali.

(FocusMO, 9 marzo 2012)

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Israele: mancano milioni di maschere a gas e rifugi

  
Nello stesso momento in cui il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si dichiara pronto ad un intervento militare contro l'Iran dei responsabili mettono in guardia contro la carenza di maschere a gas e rifugi anti bombe per la popolazione israeliana in caso di conflitto. "Attualmente solo il 60% degli israeliani - 4,5 a 5 milioni di persone - dispongono di una maschera a gas" ha indicato mercoledì all'AFP il presidente della commissione parlamentare della difesa passiva, Zeev Bielsky, deputato del partito di opposizione Kadima (centro destra).
"Tra 2,5 e 3 milioni di cittadini non hanno maschere a gas" ha insistito. "Ci sono attualmente 1,7 milioni di cittadini senza protezione contro le bombe ne accesso ad un rifugio" anti bomba ha aggiunto. Il governo israeliano aveva annunciato in gennaio del 2010 che tutta la popolazione sarà equipaggiata di maschere a gas prima della fine del 2013 . "Dobbiamo essere preparati in qualsiasi momento a qualsiasi scenario e oggi siamo del tutto impreparati" ha affermato Bielsky. "Il fatto che il governo non fornisca questo prodotto di base di cui tutti i cittadini dovrebbero disporre è un segno di disprezzo assoluto" ha stimato, menzionando la tensione nella regione, della vicina Siria e dell' Iran. A gennaio un responsabile militare israeliano aveva espresso la sua preoccupazione sul tema della sorte di "enormi depositi di armi chimiche e biologiche" in Siria in caso di caduta del presidente Bashar che giudicava inevitabile. "E' una delle preoccupazioni maggiori perché non so chi ci metterà le mani sopra il giorno dopo (l'eventuale caduta di Assad) " aveva spiegato il generale Amir Eshel, responsabile della divisione di pianificazione dell'esercito israeliano. "Quale è la porzione che sarà trasferita al Hezbollah, alle frazioni siriane?" Un porta voce della Posta israeliana responsabile della distribuzione delle maschere ha indicato martedì all'AFP che oltre 4 milioni di maschere a gas erano state distribuite e che ne restavano 100 000 circa. "E' tutto ciò che abbiamo, non basterà per tutta la popolazione. Quando le riceveremo, le distribuiremo" ha indicato Merav Lapidot riconoscendo ignorare quando gli stock saranno rinnovati. Bielsky ha imputato la penuria di maschere alla mancanza di finanziamenti del governo alle due fabbriche incaricate della produzione, precisando che ci vorranno al meno due anni per rimediarvi, a condizione di sbloccare i fondi necessari, dell'ordine di 1,4 miliardi di Shekel (260 milioni di euro). I ministri della Difesa passiva e delle Finanze hanno respinto la responsabilità di questa carenza. Israele ha già distribuito maschere a gas alla popolazione, in particolare durante la prima Guerra del Golfo (1991). L'Iraq aveva allora lanciato 39 missili Scub contro il territorio israeliano certe anche a Tel Aviv

(FocusMO, 9 marzo 2012)

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Israele regina delle Start-up

di Roberto Bongiorni

Nella «Silicon Wadi» continuano a sbarcare aziende innovative

Per differenziarla dalla sorella maggiore a stelle e strisce, gli israeliani la chiamano "Silicon Wadi". Dove Wadi, il canyon scavato da un fiume ora prosciugato - viene sostituito a valley. Ma in sostanza le differenze tra i due innovativi centri tecnologici sono davvero poche. Perché il fratello della maggiore industria tecnologica californiana sta divenendo grande.
   Per avere un'idea bastano pochi numeri. Nessun Paese al mondo può vantare una simile densità di start-up, vale a dire una ogni 1.844 cittadini. Nessuno, d'altronde, è stato capace di contare un livello di investimenti di venture capital due volte e mezzo più alto di quello registrato negli Stati Uniti, e 30 volte maggiore del livello europeo. Nessun altro Paese, infine, può vantare un così alto numero di imprese quotate al Nasdaq. E se non bastasse, basti pensare che, secondo un rapporto di McKinsey, in questo fazzoletto di terra il settore delle attività connesse a Internet nel 2009 ha contribuito all'economia nazionale con un giro d'affari di 12,6 miliardi di dollari, il 6,5% del Pil. La Silicon Wadi, capace di generare 120mila posti di lavoro (il 4% della forza lavora nazionale), vale più del tradizionale settore delle infrastrutture industriali (6,8% del Pil). Dati evidenziati anche da un libro di successo dal titolo emblematico: "Start-Up Nation".
   Il polo tecnologico israeliano, che si estende da Tel Aviv ad Haifa, si sta internazionalizzando anno dopo anno. Forse per la giovane età, forse per la percentuale di laureati, il 45% della popolazione (la più alta al mondo), quella israeliana è un'industria orientata al capitale di rischio. Che sembra ripagare. Perché giganti come Microsoft, Philips, Google e Cisco hanno scelto Israele per aprire i loro laboratori di ricerca e sviluppo fuori dagli Usa.
   A soli 27 anni Yaron Carni, ha fondato Tel Aviv Angel Group, una società che finanzia start-up e che poi sono spesso rivendute a grandi società. Come è accaduto per Labpixies, piccola società che produce gadget per il web e gli i-phone, finanziata da AngelGroup e rivenduta nel 2010 a Google, secondo indiscrezioni della stampa, per 25 milioni di dollari. È stato il primo acquisto di una società israeliana, che peraltro contava solo 12 dipendenti, da parte di Google Israel. «Noi israeliani - spiega Yoni Carni - siamo sempre alla ricerca del miglioramento. Qui abbiamo dei vantaggi: il periodo di leva (tre anni per gli uomini e due per le donne, Ndr) è una grande occasione perché il nostro settore militare è ad altissima tecnologia. Qui si impara e poi si traferisce nella realtà di tutti i giorni. In secondo luogo Israele è un problem solver: si risolvono i problemi con i mezzi a disposizione. Senza indugiare. Infine l'apporto di ebrei, ma non solo, da tutto il mondo costituisce un formidabile esperimento multiculturale». «Il costo per avviare una start-up - continua - sta consistentemente diminuendo. Per gli incubatori si parla oggi di 10-20mila dollari, per gli Angels 100mila. Il tasso di successo è in deciso aumento».
   Google Israel è un esempio di come un gigante del web possa crescere in un piccolo Paese come Israele. «Siamo partiti dal nulla nel 2005 e ora contiamo già 250 addetti» spiega il Yossi Mathias, direttore Ricerca e Sviluppo di Google Israel. «Il crescente successo di questo settore è dovuto a un cocktail di fattori: in Israele ci si trova di fronte a una numerosa presenza di talenti, è una sistema aperto, un ambiente cosmopolita che agevola la circolazione di idee». «Google Israel sta ora creando un incubatore per le start-up dove le idee migliori possono crescere e maturare rivendendo prodotti e servizi di qualità. È un ambiente aperto. È vero, gli americani sono gli stranieri che hanno investito di più nell'high-tech israeliano, ma spero che gli europei partecipino via via di più alla nostra espansione, inclusi gli italiani». Per ora la presenza italiana in questo settore è molto limitata. «Dal 20 al 23 maggio si svolgerà "Biomed", il più importante appuntamento locale nel settore biomedicale - spiega Marina Scognamiglio, direttrice dell'Ice di Tel Aviv - abbiamo già preso contatto con il coordinatore di tutti gli incubatori e con alcune venture capital israeliane per sondare la possibilità di organizzare un evento congiunto con realtà speculari in Italia. Gli israeliani si sono mostrati interessati».

(Il Sole 24 Ore, 9 marzo 2012)

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Il patriarca di Gerusalemme dice che le scuse per gli sputi ai cristiani non bastano

ROMA, 8 mar - ''Scuse e condanne non sono sufficienti. Da parte ebraica e' necessario capire da dove nascono tali comportamenti. Io credo che le radici siano nella formazione. Ai giovani vengono insegnati nelle scuole religiose'': lo ha dichiarato il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, al settimanale cattolico tedesco Die Tagepost commentando gli attacchi, come sputi, insulti e slogan ingiuriosi, subiti da sacerdoti cristiani da parte di ebrei ultraortodossi e coloni. ''Ho parlato di questi attacchi con il Gran Rabbinato di Israele che condanna cio' che alcuni coloni ultra-ortodossi e ebrei fanno - ha affermato il patriarca - ma le scuse e le condanne non sono sufficienti. Credo che le radici di simili comportamenti sono nella formazione''.
Twal, tuttavia, riconosce che ''esistono relazioni positive con il giudaismo e molti rabbini condannano gesti simili''. Nell'intervista il patriarca latino ha, inoltre, detto di ''non essere d'accordo'' con quei cristiani sionisti che credono che l'attuale Stato di Israele sia un segno dell'alleanza di Dio con il ''Suo popolo': ''lo Stato di Israele - ha ribadito Twal - e' uno dei tanti che appartengono alla comunita' internazionale, esso e' vincolato dal diritto internazionale e la sua esistenza non ha nulla a che vedere con la Bibbia. Dobbiamo tenere separate la religione e la politica''.

(ASCA, 8 marzo 2012)


Il "patriarca latino di Gerusalemme" dovrebbe farsi ritornare alla memoria, come persona che si dice cristiana, la frase del Maestro di cui si dichiara discepolo: "Beati sarete voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli” (Matteo 5:11-12). Chi si offende, si arrabbia e pretende scuse dimostra di voler difendere il proprio onore, non quello del Maestro: Perché il Maestro stesso ha ricevuto sputi in faccia (Matteo 26:67) e non ha reagito. E neppure ha chiesto ai suoi discepoli di difendere il suo onore. E quanto alla frase: “Dobbiamo tenere separate la religione e la politica”, noi italiani potremmo essere anche d’accordo, ma in relazione a un caso a noi più vicino: quante volte molti di noi, osservando e subendo le mosse del Vaticano, che in nome della religione s’intromette continuamente in questioni politiche per portare avanti la sua politica di privilegi, hanno detto e ripetuto che bisogna tenere separata la religione dalla politica. E il risultato è che solo adesso, dopo più di sessant’anni di Repubblica, si comincia a dire che, forse, in una certa misura e a tempo debito, anche la chiesa cattolica dovrà pagare qualcosa in fatto di tasse. E se Israele è uno stato come tutti gli altri, che sorta di stato è lo Stato del Vaticano? Ha qualcosa a che vedere con la religione o è una realtà politica come tutti gli altri? M.C.

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Agricoltura: aziende venete a Roma con l'Ambasciata di Israele

di Paola Farina

Viti nel deserto del Negev
Quasi una decina le aziende venete a Roma ieri - tutte orientate all'innovazione tecnologica - presenti al seminario sulle Ricerche ed Innovazioni Tecnologiche in campo Agricolo, organizzato dall'Ambasciata di Israele in Italia e Confagricoltura nazionale, che si è tenuto a Roma, a Palazzo della Valle. Più che a una conferenza, direi che sembrava di essere ad un Meeting, o meglio a un Melting Pot della Cultura Agricola.
Israele è un paese che si estende su una piccola superficie ai confini con il deserto (photo gallery). E' caratterizzato da condizioni climatiche difficili e scarse risorse idriche, nonostante tutto ciò è riuscito a raggiungere risultati inaspettati grazie alla sinergia creatasi tra agricoltori, ricercatori ed industrie connesse all'agricoltura e all'agrotecnologia. Questa stretta collaborazione ha permesso di studiare, sviluppare e applicare nuovi metodi agricoli in tutti i rami. Così deserto e terreni secchi sono diventati una fucina di vegetali, fiori e frutta creando un'agricoltura moderna e versatile, in un paese, che ha saputo trasformare il deserto in terra produttiva, che investe in know-how e ricerca per rendere fertili quei terreni ancora improduttivi, migliorare la produttività in essere ed ottimizzare la gestione delle acque e delle irrigazioni.
Dopo i saluti di S.E. Naor Gilon, Ambasciatore di Israele in Italia, fresco di nomina, ma non di certo di esperienza e del Dr Giandomenico Consalvo membro della Giunta Esecutiva di Confagricoltura, ha suscitato estremo interessante la presenza del Prof. Yoram Kapulnik, Direttore Generale A.R.O, una delle eccellenze mondiali nella Ricerca in campo agricolo, fiore all'occhiello e braccio destro del Ministero dell'Agricoltura e Sviluppo Rurale Israeliano, con un superbo intervento su "Le sfide attuali nella ricerca Agricola ed orientamenti futuri. Collegamenti tra Ricerca ed Industria". Aro è leader nella ricerca mirata a migliorare gli attuali sistemi di produzione agricola ed a progettare ed introdurre nuovi prodotti, processi ed attrezzature atte ad incrementare ed ottimizzare il sistema agricolo. Agronomia; zootecnia; protezione di terreno; suolo, acqua e scienze ambientali; Tecnologia e magazzinaggio dei prodotti sono alcuni campi di specializzazione.
Il Prof. Giuseppe Alonzo, Presidente del C.R.A il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricola ha presentato "Le Sfide principali nella ricerca Agricola in Italia: Orientamenti Futuri" ed in chiusura il Dr. Yitzhak Kiriati, Direttore Agrotecnologie, Acqua ed Ambiente Israel Export & International Cooperation Institute Israele "Le frontiere dell'innovazione in agricoltura: genomica, greenhousing, irrigazione e zootecnia".
Anche per Luciana Breviglieri, Presidente del Consiglio di Amministrazione della Breviglieri spa, storica azienda veneta, leader nella produzione di macchinari per l'agricoltura, il mercato israeliano presenta delle opportunità straordinarie di cooperazione, soprattutto per quelle aziende rivolte alla ricerca dell'eccellenza, la crescita delle proprie risorse umane ed il confronto costante con i clienti e con il mercato ed hanno la predisposizione a perseguire il miglioramento continuo della qualità del prodotto e del processo produttivo.
Israele desidererebbe che il prossimo appuntamento con l' Agricoltura fosse a Tel Aviv dal 15 al 17 maggio alla fiera internazionale Agritech, perché non andarci?

(VicenzaPiù, 8 marzo 2012)


In allegato il comunicato stampa autorizzato dall'Ufficio Affari Economici e Scientifici dell'Ambasciata di Israele a Roma fattoci pervenire direttamente dall'autrice dell'articolo.

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I nuovi Haman

di Daniel Funaro

Il Rebbe dei Lubavitch spiega come i nostri Saggi ci abbiano comandato di considerare la Torah come eternamente attuale. Un principio ancora più valido per quanto riguarda la festa di Purim. Tanto che, come ricorda il Rebbe, la lettura della Meghillat Ester al contrario non è valida. Per questo, citando il Baal Shem Tov, spiega che una lettura al contrario significa una lettura al passato, cioè, considerando gli avvenimenti di Purim senza un significato attuale. Un errore enorme, in quanto bisognerebbe vivere la festa di Purim come una vittoria dei nostri tempi del bene sul male, la festa dove tutto si trasforma, il momento in cui una tragedia diventa un'occasione di gioia e allegria. Una speranza eterna per il popolo ebraico anche oggi, soprattutto quando novelli Haman della moderna Persia dichiarano di voler distruggere lo Stato d'Israele.

(Notiziario Ucei, 8 marzo 2012

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La festa della donna

di Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli

Per una rara coincidenza, quest'anno l'otto marzo cade proprio di Purim, il giorno in cui leggiamo il rotolo di Ester, la regina che, 2.400 anni or sono, salvò il popolo ebraico dallo sterminio. L'ebraismo non ha mai avuto bisogno di fissare un giorno come "festa della donna", perché lo festeggia ogni venerdì sera quando, attorno al tavolo imbandito, canta "Eshet chail", una lode alla donna di valore. La donna ideale non è l'eroina, la donna "pubblica", ma, come recita Proverbi 31, quella che svolge un ruolo determinante nella casa ebraica, nella strada, nel mondo del lavoro e in quello dell'assistenza ai bisognosi. La tradizione avrebbe potuto "fregiarsi" del ruolo svolto da donne come la regina Ester, le profetesse Miriam e Deborah, Yael. Ha invece lasciato alla donna un ruolo difficile e fondante per la continuità del popolo ebraico, assai più complesso di quello che svolge l'uomo spesso rinchiuso nelle quattro mura della Casa di studio. L'uomo moderno è avvisato: la sfida da vincere è ben più grande.

(Notiziario Ucei, 8 marzo 2012)

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Macfrut «espone» in Israele ed attira visitatori a Cesena

In occasione dell'edizione 2012 (26-28 settembre) Macfrut riceverà una delegazione israeliana - Interesse alla Fiera di Agromashov per il Made in Italy.

  
CESENA - Una delle attività che maggiormente impegnano lo staff di Macfrut durante tutto l'anno, è il continuo sviluppo del processo di internazionalizzazione; una attività che porta risultati e «apre» importanti canali per i rapporti con le varie aree produttive del mondo che contribuisce anche a favorire in questo processo, le aziende ed operatori della filiera ortofrutticola espositori della rassegna cesenate.
Nel panorama mondiale, una notevole rilevanza è ricoperta da Israele che, nonostante sia un Paese di non grandi dimensioni, ha una ortofrutticoltura ed un settore agroindustriale avanzati e con forte capacità espansiva.
Per questo, la responsabile dell'Ufficio estero di Macfrut, Valentina Piraccini, si è recata in Israele alla fiera Agromashov che si è tenuta a Tel Aviv.
Anche questa è stata una delle molteplici «tappe» del programma di internazionalizzazione che Macfrut sta mettendo in campo da anni (all'attivo una ventina di corrispondenti esteri e diverse joint-venture con rassegne fieristiche internazionali tra cui Agromashov), nel quale, oltre a incontri e seminari, si prevede anche la presenza alle maggiori rassegne di settore con spazi espositivi sotto l'egida di Macfrut, dove trovano posto importanti imprese ed operatori del Made in Italy, interessati ad un rapporto più diretto con il Paese dove si tiene la fiera agroalimentare.
La partecipazione alla rassegna di Tel Aviv è avvenuta in collaborazione con la Regione Emilia Romagna ed ha avuto un momento di alto livello con la visita dell'Ambasciatore italiano, Luigi Mattiolo, e del vicepresidente della Camera di Commercio Israele-Italia, Roberto Della Rocca. Una visita che ha concretamente avuto il risultato di vedere, già in questi giorni, al «lavoro» sia l'Ambasciata che la struttura della Camera di Commercio in Israele, per preparare una delegazione ufficiale in visita a Macfrut, che si terrà a Cesena dal 26 al 28 settembre 2012.
Questa azione viene favorita anche dall'interesse riscontrato alla fiera Agromashov sia per le tecnologie che per le produzioni italiane, partendo dal «top» rappresentato da macchinari e packaging.

(Diariodelweb.it, 8 marzo 2012)

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Hamas: non entreremo nel conflitto Israele-Iran

Un portavoce dei governanti di Hamas a Gaza dice che il gruppo non colpirà Israele, se ci sarà una guerra tra l'Iran e lo Stato ebraico. Fawzi Barhoum ha detto che le armi sono "modeste" e servono per difendere i palestinesi. Parlando Mercoledì a The Associated Press, ha detto che Hamas non ha la capacità di essere "parte di una guerra regionale". Questi commenti possono ridurre le preoccupazioni israeliane qualora dovesse scoppiare la guerra visto che Hamas ha cercato di prendere le distanze dall'Iran di recente.

(FocusMO, 8 marzo 2012)

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"Una partnership agricola con Israele per sviluppare tecnologie agricole"

"In Israele sono stati capaci di trasformare i punti deboli della loro agricoltura in punti di forza attraverso innovazioni e tecnologie, declinando l'importanza dell'agricoltura, non solo come fonte di nutrimento, ma come motore economico del Paese".

Lo ha detto Giandomenico Consalvo, componente della giunta di Confagricoltura con delega all'internazionalizzazione, introducendo i lavori del seminario: "Israele-Italia: tecnologie e innovazioni agricole", che si è tenuto oggi, in collaborazione con l' Ambasciata d'Israele, a palazzo della Valle, sede dell'Organizzazione.
Confagricoltura guarda con favore a sinergie italo-israeliane in campo tecnologico. L'innovazione è, infatti, una delle priorità dell'agricoltura.
Israele ha una ridotta superficie coltivabile, per due terzi arida e semi arida con problemi di erosione dei terreni: è stata questa la sfida che gli agricoltori israeliani hanno combattuto e vinto. Un sistema semplice, ma efficiente che ha connesso in modo perfetto il settore primario, con l'industria (serre, semi, fertilizzanti, irrigazione, tecnologie ecc.), il Centro di ricerca in agricoltura del ministero dell'Agricoltura e lo Sviluppo rurale e il Governo. "La necessità è stata la molla che ha spinto il nostro Paese alla tecnologia e all'innovazione, in 63 anni siamo stati capaci di trasformare il deserto in terra coltivabile", ha sottolineato l'ambasciatore Naor Gilon, ricordando le analogie e gli ottimi rapporti con l'Italia.
Il direttore generale del Centro di ricerca in agricoltura del ministero dell'Agricoltura e lo Sviluppo rurale di Israele, Yoram Kapulnik ha presentato i successi della ricerca applicata che ha spinto verso un agribusiness hitech che riesce a moltiplicare di cinque volte le rese (raggiungendo, ad esempio le 500 tonnellate per ettaro di pomodori, le 80 tonnellate per ettaro di agrumi) e di prolungare le stagioni di raccolta.
Dal canto suo Giuseppe Alonzo, presidente del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in Agricoltura in Italia si è soffermato sulle sfide principali dell'innovazione in agricoltura nel nostro Paese, in particolare la tracciabilità e la genomica. Yitzahak Kiriat, direttore per le agrotecnologie, l'acqua e l'ambiente dell'Istituto per l'export e la cooperazione internazionale in Israele ha sottolineato la continua evoluzione dell'agricoltura all'insegna della tecnologia che viene confezionata su misura per rispondere alle esigenze del mercato.
In occasione di Agritech, la fiera internazionale dell'agricoltura che si tiene a Tel Aviv dal 15 al 17 maggio al 2012, si discuterà anche della cooperazione che si può attivare tra i ricercatori israeliani e italiani, per razionalizzare l'apporto idrico delle coltivazioni, evitare l'erosione dei suoli, individuare tecniche produttive a basso consumo d'acqua con le coltivazioni senza terra e migliorare le rese.

(Viniesapori.net, 7 marzo 2012)

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Twitter anche in arabo ed ebraico

Iniziativa di volontari e campagna LetsTweetArabic

ROMA, 7 mar - Twitter ha aggiunto l'arabo, l'ebraico, il persiano e l'urdu alla lista di lingue del servizio usato in particolar modo dai manifestanti durante la Primavera Araba.
Twitter ora infatti disponibile anche nelle lingue che si esprimono scrivendo da destra verso sinistra un'iniziativa elaborata da volontari che vivono in Paesi in cui Twitter ancora ufficialmente bloccato, tra cui un blogger saudita, uno studente universitario egiziano, iraniani e pakistani e cofondatori della campagna LetsTweetArabic.

(ANSA, 7 marzo 2012)

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Israele-India: arrestato un giornalista per l'attentato all'Ambasciata

La polizia in India ha riferito di aver arrestato un giornalista free lance domiciliato a Nuova Delhi, con l'accusa di coinvolgimento nell'attentato che ha colpito l'ambasciata israeliana lo scorso mese, ferendo la moglie di un diplomatico. Il portavoce delle forze dell'ordine indiane sostiene che il reporter sia stato interrogato per diverse ore.
Un motociclista avrebbe piazzato l'ordigno sotto l'automobile dell'ambasciata il 13 febbraio. L'esplosione ha ferito quattro persone, di cui una gravemente. Israele ha subito puntato il dito contro l'Iran per l'attacco, sebbene Theran abbia ripetutamente negato e respinto le accuse. I funzionari indiani tuttavia, non si esprimono più di tanto in quanto l'indagine è ancora in corso. Secondo le fonti il giornalista sarebbe stato in contatto con il responsabile dell'attentato.

(FocusMO, 7 marzo 2012)

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Generali vende l'israeliana Migdal a Shlomo Eliahu per 850 milioni

Generali torna a correre a Piazza Affari dove il titolo a metà giornata sfiora il 2% di rialzo nonostante il taglio delle stime sugli utili 2011 da parte di Jp Morgan e dopo la conferma dell'adesione allo swap sui titoli di stato greci.
A scaldare gli animi degli investitori è in realtà della notizia, data per certa dalla stampa, ma non ancora commentata da Trieste, di un accordo ormai raggiunto con l'uomo d'affari israeliano Shlomo Eliahu per la cessione per l'equivalente di circa 1,1 miliardi di dollari (quasi 850 milioni di euro) in contanti del 69% di Migdal finora in mano al gruppo italiano, che da tempo aveva messo la quota di controllo della compagnia assicuratrice israeliana, ritenuta non più strategica, sul mercato.
L'operazione, che se confermata avverrebbe a valori superiori alle attese (gli analisti di Intermonte pochi giorni fa parlavano di un controvalore tra 700 e 800 milioni di euro) e rafforzerebbe marginalmente il margine di solvibilità di 5-6 punti percentuali circa. Soprattutto dell'operazione, beneficerebbe la liquidità del gruppo triestino, che dunque vedrebbe allontanarsi l'ipotesi di un aumento di capitale poco gradito ai soci principali.
Allo stesso tempo l'operazione potrebbe consentire a Perissinotto di non tagliare eccessivamente il dividendo, che sull'onda del previsto calo degli utili 2011 (a causa in particolare dell'attesa svalutazione sugli investimenti in titoli azionari valutati a prezzi di mercato) dagli 1,7 miliardi del 2010 a 950-1050 milioni attesi dagli analisti in molti non hanno escluso potersi "restringere" sensibilmente rispetto ai 45 centesimi per azione dello scorso anno (Banca Akros, ad esempio, non esclude un taglio fino a 27 centesimi per azione).
In alternativa Perissinotto potrebbe utilizzare i proventi dell'operazione per rafforzare l'investimento nella joint-venture nell'Est Europa con PPF, in cui il partner locale (e consigliere di amministrazione di Generali), l'imprenditore ceco Petr Kellner, dispone di una "put option" sul proprio 49% di capitale e potrebbe dunque uscire di scena chiedendo in cambio sui 2,5-3 miliardi di euro. Soprattutto l'amministratore delegato del colosso triestino darebbe finalmente quel segnale di maggiore "reattività" e capacità di gestione proattiva degli asset in portafoglio che da tempo alcuni soci chiedono per veder estratto maggior valore per gli azionisti dalle partecipazioni non strategiche.

(affaritaliani.it, 7 marzo 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Guerra sì? Guerra no? Guerra quando? I giornali di tutto il mondo si pongono oggi questa terribile domanda.
  Intanto la diplomazia continua per la sua strada. Lady Ashton, senza tenere in alcuna considerazione la richiesta fatta pochi giorni or sono da Netanyahu, in Canada, di trattare con l'Iran solo dopo aver ricevuto un chiaro impegno che non verrà costruita la bomba, ha *offerto" a Teheran la ripresa del dialogo sul nucleare (interrotto nel gennaio del 2011), come scrive un editoriale di Avvenire e Beda Romano sul Sole 24 Ore. Non dubita, chi scrive, che la pavida e debole Europa inizierà nuovamente queste inutili trattative, spinta anche, seppur non solo, dai propri interessi economici.
  Ma intanto guardiamo a quello che succede al di là dell'Atlantico. Bret Stephens sul Wall Street Journal chiede all'America se si deve credere ad un Obama che afferma: "I have Israel's back". Si può credergli quando afferma di tenere tutte le opzioni aperte sul tavolo mentre Hillary Clinton dubita dell'efficacia di quella militare? Osserva inoltre Stephens che i consiglieri militari di Obama fanno di tutto per frenare i piani militari israeliani per un eventuale attacco. In questa interessante analisi sulla figura politica di Obama, Stephens ha voluto andare indietro nel tempo per vedere chi, anche, ma non solo, nel mondo ebraico americano, ha contribuito alla formazione delle idee dell'attuale presidente. La triste conclusione è che ci si deve domandare chi sia Obama oggi, ci si deve domandare se in questo anno pre-elettorale non stia trattenendo la propria lingua dal dire quanto in cuor suo pensa. Ed allora, possiamo credergli quando si dichiara amico di Israele? Per Bret Stephens il suo discorso di fronte all'AIPAC è stato, insomma, solo un lungo esercizio di cinismo politico.
  Diametralmente opposta la tesi di Barbara Spinelli, non da oggi nota per le sue idee mai tenere verso Israele; l'America ha le sue idee chiare, ma stenta ad attuarle perché "un minuscolo stato" ha il potere di condizionarle, dopo avergli già "ceduto per tre anni sullo stato palestinese". La Spinelli arriva a suggerire un arbitrato per risolvere il problema iraniano, che paragona a quello della Corea del Nord; come nulla è successo tra la Corea ed il Giappone dopo che il regime di Pyonyiang si è dotato della bomba, che cosa potrebbe succedere di terribile tra Israele ed Iran se Teheran si costruirà la sua bomba? Netanyahu dovrebbe starsene tranquillo, chiedendosi, come fa la Spinelli, quale amministrazione l'America abbia mai avuto migliore di quella di Obama.
  Ancora oltre queste affermazioni va u.g. su Rinascita, per il quale Shimon Peres è un "falco sionista", Israele è "l'entità sionista" (è meglio non ricordare l'esistenza dello stato, come se ne ignora la capitale e tutti i suoi diritti); per u.g. Obama e Netanyahu sono divisi solo da differenze tattiche da applicare contro il nemico del loro mondo libero; sono, insomma, i vertici atlantici ad essere privi di qualsiasi freno etico. Tristi parole queste che ho citato dalle colonne di Rinascita.
  Obama vincerà le prossime elezioni, scrive Fiamma Nirenstein sul Giornale, "questo è quello che c'è, e con questo bisogna vincere" si dice in Israele, e Netanyahu lo sa bene.
  Giovanni Maria Sanna scrive sul Mattino che Obama insiste nella sua politica convinto che sia vincente; è sufficiente che gli apprendisti stregoni rimangano a dormire (ma non dice chi siano questi stregoni, se cioè siano i repubblicani o gli israeliani). Per Dario Fabbri, poi, sono già iniziate le prove tecniche di tregua, ed Israele rischia di essere tagliato fuori.
  Dal canto suo il giornale economico Il Sole 24 Ore pubblica un articolo di Roberto Bongiorni nel quale si analizza la economia reale dell'Iran; è certo in crisi, ma, osserva l'articolista, dipende dal petrolio solo per il 21% del suo PIL; è una realtà ben diversa da quella degli altri grandi produttori di petrolio. Ma che l'economia sia in grave crisi è evidente, e, scrive Foggy Bottom sul Foglio, la cricca al potere sta trasferendo i propri capitali in Malesia ed in Indonesia; che sia questo un segnale positivo che dimostra l'inizio della fine del regime?
  Ancora sul Foglio Carlo Panella pubblica un nuovo articolo dedicato alla situazione siriana; dopo aver ricordato che iraniani e russi stanno aiutando il regime di Assad, tra l'altro, nella guerra per il controllo dell'etere, guerra questa capace di recare gravi danni all'opposizione come già li creò ad Israele nell'ultima guerra del Libano, Panella prende una dura posizione nei confronti dei cristiani, solidali con Assad, affermando che finiranno col pagarne le conseguenze, come già successe in Iraq. E' una posizione politicamente cieca, quando non apertamente cinica, che avrà pessime conseguenze in futuro, scrive il commentatore, ma non si pone la domanda sulle possibilità future offerte ai cristiani dagli attuali "ribelli"; vorrei ricordare a Panella la frase scritta a Betlemme dai fondamentalisti islamici: prima quelli del sabato, poi quelli della domenica.
  Al contrario Luca Geronico su Avvenire descrive una realtà molto più complessa di quanto si trova nella maggior parte dei giornali, aprendo una finestra su alcune verità siriane spesso taciute dai commentatori.
  Giampiero Martinotti su Repubblica parla della guerra scatenata in Francia da Marine Le Pen contro la carne Halal (e non solo questa); adesso il premier Fillon se la prende anche lui contro le posizioni "ancestrali" di musulmani ed ebrei; è un argomento da seguire da vicino, anche perché pure in Italia si incominciano a fare affermazioni che potrebbero limitare grandemente le esigenze del mondo ebraico osservante.

(Notiziario Ucei, 7 marzo 2012)

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L'ultima demenziale diceria araba: Israele progetta un terremoto per distruggere Al Aqsa

Highslide JS
  La moschea di Al Aqsa nell'Ottocento
Quds Media, uno dei principali istigatori di odio contro gli ebrei e Israele, sostiene che Israele sta pensando di provocare un terremoto artificiale peri distruggere la moschea di Al Aqsa.
Il capo del Consiglio supremo dei tribunali islamici nei territori, Yousef Adeis, ha rilasciato una dichiarazione in cui si dice: "La moschea di Al-Aqsa è entrata ormai in una fase di estremo pericolo per aver dovuto affrontare la feroce guerra condotta contro di essa da parte del governo di occupazione israeliano e dei coloni che cercano di distruggere e costruire un tempio al suo posto ".
Adeis ha aggiunto che recentemente ci sono state molte riunioni segrete e palesi di capi rabbini e di gruppi ebraici, in coordinamento con l'istituzione militare israeliana, miranti a sviluppare una serie di programmi per cercare di demolire la moschea di Al Aqsa. Uno di questi piani consiste nel provocare un terremoto artificiale che farebbe crollare la moschea, dopo aver eseguitp sotto il Monte del Tempio tutti gli scavi necessari per garantire il funzionamento della cosa.
Adeia chiede un vertice di emergenza arabo-islamico per discutere le implicazioni di queste immaginarie minacce alla moschea di Al Aqsa.
Nella zona ci sono stati terremoti gravi e mortali negli anni 1759, 1837 e 1927. Si può supporre che un altro potrebbe accadere nei prossimi anni. Gente come questa vuole essere certa che se succederà, tutti debbano dare la colpa agli ebrei.

(the elder of ziyon, 6 marzo 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Obama sta con Israele, ma solo a parole

Il presidente Usa rassicura Netanyahu: "Vi difenderemo sempre". Ma a novembre si vota e una guerra in Iran non gli conviene...

Apparentemente le ultime 48 ore hanno mostrato al mondo due leader che più d'accordo di così, tra loro, non potrebbero essere, il presidente americano e il primo ministro israeliano. Con discorsi separati all'Aipac (American Israel Public Affairs Committee, la maggiore organizzazione degli ebrei americani), colloqui privati alla Casa Bianca, conferenza stampa a due voci con stretta di mano finale davanti alle telecamere, Barack Obama e Benjamin Netanyahu hanno usato le stesse parole sulla questione d'interesse comune, la corsa del regime iraniano alla bomba nucleare: "Israele ha il diritto sovrano di prendere le proprie decisioni per difendere se stesso", hanno detto entrambi. E Obama non ha esitato, dopo la frase rituale "crediamo che ci sia ancora una finestra aperta per una soluzione diplomatica", nel ricordare che "tutte le opzioni sono sul tavolo, e quando dico tutte le opzioni intendo proprio quello che dico". Teheran sa che "il presidente degli Stati Uniti non bluffa", aveva detto già sabato Obama. E ha ancora ripetuto davanti ai giornalisti lunedì: "Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è solido come una roccia. Gli Usa saranno sempre con Israele quando la questione è la sicurezza di Israele"....

(Libero-news.it, 6 marzo 2012)

Obama ha una soluzione per Israele

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Accordo Cipro-Israele-Grecia per un cavo sottomarino

NICOSIA, 6 mar - I governi della Repubblica di Cipro, Israele e Grecia hanno firmato un accordo domenica ad Haifa per la posa di un cavo elettrico sottomarino tra le due rispettive sponde mediterranee. Lo riferiscono con evidenza i media greco-ciprioti secondo cui la posa del cavo, che dovrebbe essere ultimata entro il 2016, coprira' una lunghezza di 287 chilometri di mare che dividono Cipro da Israele ad una profondità di circa 2.000 metri. La cosiddetta "interconnessione Euro-Asia", con una capacità di trasferire 2.000 MW, è "un evento storico," ha detto un portavoce della compagnia elettrica israeliana. Per collegare Cipro all'Europa continentale e' prevista anche la posa di altri cavi sottomarini tra l'isola e la Grecia passando per Creta. Il presidente della compagnia cipriota DEH Quantum Energy, Ktoridis Athanasios, ha detto che tutti e tre i Paesi trarranno profitto dal progetto. Di recente sia Israele sia Cipro hanno scoperto enormi giacimenti offshore di gas naturale nel Mediterraneo orientale e hanno in progetto una stretta collaborazione per l'estrazione e la successiva fornitura di gas ai mercati europei e asiatici. (ANSAmed).

(ANSAmed, 6 marzo 2012)

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Israele - Insieme grazie all'hockey

  
L'idea di una squadra israeliana di hockey può facilmente suscitare ilarità. Atleti coperti di tutto punto e muniti di mazza inseguire un disco a bordo di pattini che tracciano traiettorie sul ghiaccio. Sembra un'immagine molto distante da Israele. Eppure tutto ciò accade, con crescente interesse tra la gente e persino con una federazione nazionale che si è in qualche modo strutturata e organizzata. In fondo, come ha dimostrato a milioni di telespettatori il celebre film Cool Runnings, se i giamaicani sono riusciti a competere dignitosamente nel bob perché non dovrebbero farcela gli israeliani nell'hockey?
Ma c'è un di più, un qualcosa che va oltre l'agonismo. A Metulla, località settentrionale al confine col Libano, paradigma dell'eterna instabilità della regione, una partita sul ghiaccio ha un valore ancora più significativo: rappresenta infatti un'occasione di incontro, un modo per far crollare i muri della tensione e del pregiudizio. Autori dell'impresa i dirigenti della squadra giovanile locale, che agiscono sotto l'egida di un'organizzazione filantropica ebraica canadese e che sono riusciti con notevole pazienza e determinazione a dare vita a un gruppo misto di atleti ebrei e arabi. Un unicum (o quasi) nel panorama sportivo israeliano che sta attirando sempre più curiosità e clamore.
I primi sono di Metulla, i secondi vengono dal villaggio arabo di Majdal Shams. Nel mezzo appena dodici chilometri di distanza ma un divario comunicativo che andava oltre la pur modesta lontananza geografica. Giovani che non si erano mai incontrati prima hanno così imparato a condividere intere giornate fianco a fianco nelle sfide, nelle gioie e nei dolori della quotidianità di spogliatoio. In alcuni casi sono diventati amici e in questi giorni, ospiti dei loro filantropi in Canada, festeggiano un anno e mezzo di attività. Un piccolo sasso nello stagno, affermano con modestia dallo staff del Metulla Hockey Club, ma è comunque importante che qualcuno lo abbia lanciato.

(Notiziario Ucei, 6 marzo 2012)

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Agricoltura: Veneto ed Israele per nuovi orizzonti di collaborazione

VENEZIA, 6 mar. - ''Le realta' agricole del Veneto e di Israele possiedono conoscenze, progetti e innovazioni il cui scambio aiutera' ancor meglio ad accompagnare verso il mercato le rispettive filiere, dando loro piu' valore, che nel nostro caso significa poter dare piu' reddito ai nostri agricoltori, in linea con quello che e' il nostro principale obiettivo politico''. Lo ha detto l'assessore all'agricoltura del Veneto Franco Manzato, nel portare il saluto della Regione all'incontro dedicato all'innovazione nel settore primario, tenutosi oggi al quale sono intervenuti tra gli altri Jonathan Hadar consigliere per i rapporti commerciali tra Italia e Israele, Ytzhak Kiriati responsabile del settore agricolo dell'Israel Export Institute, Pier Ceresini, consulente per il settore agricolo e nuove tecnologie israeliane del Ministero dell'industria, del commercio e del lavoro israeliano, Jonathan Hadar consigliere per i rapporti commerciali tra Italia e Israele e il Presidente di Confagricoltura Veneto Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi.
''Dando per scontata la qualita' dei nostri prodotti, prerequisito irrinunciabile per le produzioni regionali - ha detto ancora Manzato - ma alle spalle della qualita', un ulteriore elemento di competitivita' e' costituito dall'innovazione dei sistemi, sulla quale puntiamo con la ricerca e le attivita' di sviluppo dell'ente strumentale regionale Veneto Agricoltura. Possiamo e vogliamo fare ancora di piu' e il confronto di oggi rappresenta una buona occasione per creare nuove sinergie utili ai nostri imprenditori e alla nostra economia agricola''.

(Adnkronos, 6 marzo 2012)

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Israele. Convivere con la paura della guerra con l'Iran

Sotto la piazza antistante il teatro Habima di Tel Aviv si stanno dando gli ultimi tocchi a un rifugio che potrà accogliere fino a 2mila persone. In Israele l'aumento della tensione con l'Iran è direttamente proporzionale all'incremento della paura di un eventuale attacco.
"L'amministrazione di Tel Aviv fa ogni sforzo, impiegando tempo, denaro e ore di lavoro per essere pronti una volta venuto il momento, secondo me siamo pronti", dice Moshe Tiomkin, capo del Comitato municipale sicurezza di Tel Aviv.
C'è però chi teme che il paese, invece, non sia in grado di affrontare una guerra. Il rinnovato sostegno degli Stati Uniti è un sollievo ma fino a un certo punto. Un'abitante di Tel Aviv:
"Mi preoccupo perché se ci attaccheranno non ci saranno vie di fuga. Alla fine non potrà vincere nessuno. Che succederà? È inquietante".
Gli israeliani sanno di essere nel mirino della potenza balistica iraniana. Teoricamente i missili lanciati dalla Repubblica islamica possono colpire qualunque obiettivo in Israele.


(euronews, 6 marzo 2012)

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Più sport, meno stress in ufficio

di Alessandra Celentano

Ricercatori israeliani hanno appurato che allenarsi con regolarità aiuta a ricaricarsi e a non soccombere per colpa di forti pressioni lavorative

Cosa fare per non andare in tilt a causa di un lavoro estremamente impegnativo e stressante? Praticare sport. Questo, almeno, è quello che suggeriscono studiosi israeliani dell'Università di Tel Aviv. Secondo gli esperti, chi si allena per circa quattro ore a settimana ha meno probabilità di "scaricarsi" per colpa di un lavoro stancante. E può sperare di non cadere nel cosiddetto "burnout", ovvero quella forma di esaurimento che può colpire i lavoratori sottoposti a forti pressioni.
Lo studio in questione, pubblicato sul "Journal of Applied Psychology", è il frutto di un'analisi condotta su oltre 1.600 lavoratori israeliani. Ed ecco il dato emerso più nel dettaglio: rispetto alle persone dalla vita sedentaria, per quelle abituate a praticare sport la probabilità di andare incontro a un esaurimento o a una forma di depressione risulta dimezzata. Ma quanto tempo bisognerebbe allenarsi di preciso per resistere di fronte allo stress provocato dal lavoro? Secondo i ricercatori, possono dare notevoli benefici anche solo 150 minuti di attività fisica alla settimana.
Alla luce di questi risultati, gli esperti - oltre a invitare i datori di lavoro a creare una palestra all'interno degli stessi uffici e a consentire ai loro dipendenti di allenarsi nel corso della giornata - raccomandano ai tutti i lavoratori di praticare sport. Soprattutto quando la stanchezza è tanta e la voglia di infilarsi le scarpe da ginnastica è pari a zero: perché paradossalmente, precisano gli studiosi, è proprio questo il caso in cui occorre muoversi e scaricare tutte le tensioni accumulate.

(style.it, 6 marzo 2012)

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Cristiani in Israele. Le cifre ufficiali

Come ogni anno, l'ufficio centrale di statistica di Israele ha diffuso i dati riguardanti la popolazione cristiana.
Alla vigilia di Natale del 2011 tra i cittadini di Israele i cristiani erano 154 mila, il 2 per cento della popolazione. Questo senza contare i lavoratori stranieri immigrati, alcune decine di migliaia.
Dei cristiani residenti in Israele, l'80 per cento sono di etnia araba. La maggior parte dei cristiani arabi vivono nel nord del paese, mentre i non arabi sono distribuiti un po' dappertutto.
Le città con il maggior numero di cristiani arabi sono Nazaret con 22000, Haifa con 13800, Gerusalemme con 11600, Shfaram con 9300.
Mentre quelle con più cristiani non arabi sono Haifa con 3300, Gerusalemme con 3000 e Tel Aviv con 2800.
Il tasso di crescita della popolazione cristiana è dello 0,9 per cento. Più basso di quello degli ebrei (1,7) e dei musulmani (2,7).
Nel 2010, in Israele, sono nati a donne cristiane 2511 bambini. Di questi, 1985 hanno la madre araba. Mentre le madri dei restanti 526 sono nate nella ex Unione Sovietica (40 per cento), in Etiopia (15 per cento), in Israele (10 per cento), nelle Filippine (8 per cento), in Romania (7 per cento), in altri paesi (20 per cento).
Il tasso di occupazione medio tra i cristiani con più di 15 anni è del 58 per cento. Tra i cristiani arabi è del 52 per cento. Tra gli ebrei del 60 per cento.
In compenso, i cristiani arabi ottengono il diploma di scuola media superiore e passano l'ammissione all'università più dei musulmani e degli stessi ebrei.
E anche all'università si distinguono. Ottengono la laurea o il dottorato due o tre anni prima della media di tutti gli studenti.
Le facoltà da loro preferite sono nell'ordine: diritto, scienze sociali, assistenza medica, economia, scienze amministrative, elettronica, materie umanistiche, ingegneria, lingua e letteratura inglese.

(l'Espresso, 6 marzo 2012)

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Manifesti antisemiti nell'atrio dell'Università Cattolica a Milano

di Luca De Vito

Highslide JS
Due manifesti che annunciano un convegno, con il volto di Mussolini e la caricatura del 'giudeo' come veniva raffigurato nelle illustrazioni antisemite durante il fascismo. Sono comparsi nell'atrio dell'Università Cattolica, a Milano, negli spazi del gruppo studentesco della Comunità antagonista padana (cellula che si è staccata dal Mup, il movimento universitario padano vicino alla Lega Nord), provocando stupore e indignazione. "Chiediamo all'Università e al rettore che vengano tolti, perché ci offendono in quanto cittadini di religione ebraica - ha detto Daniele Nahum, vice presidente della comunità ebraica milanese - Siamo di fronte a razzismo becero e pericoloso". I cartelloni fanno riferimento a un convegno programmato per il 17 marzo all'Admiral Hotel ('Nazismo, sionismo e altri totalitarismi: alleanze taciute e verità scomode') con la presentazione di due libri L'asse Roma-Berlino-Tel Aviv e Il fez e la kippah di Andrea Giacobazzi. Proprio sulla copertina di uno di questi libri c'è un ebreo con i tratti tipici dello stereotipo razzista: barba, orecchie a punta e naso adunco.

(la Repubblica, 6 marzo 2012)

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Fiano (Pd): a Milano episodio gravissimo

ROMA, 6 mar - "I manifesti antisemiti firmati dalla comunità antagonista padana apparsi oggi nell'atrio dell'Università Cattolica di Milano rappresentano un episodio gravissimo, sul quale mi auguro ci saranno conseguenze in applicazione della cosiddetta legge Mancino. Auspico che gli inquirenti vogliano verificare la natura e le finalità di questo gruppo studentesco e il contenuto del convegno che in questi manifesti si annuncia. Nei prossimi giorni chiederò un incontro al ministro della Giustizia Severino per verificare la possibilità di una approvazione del disegno di legge presentato dal Pd per una revisione che renda più efficace la legge Mancino contro ogni forma di discriminazione e di intolleranza", è quanto ha dichiarato Emanuele Fiano, Responsabile Sicurezza del Partito Democratico.

(AgenParl, 6 marzo 2012)

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Israele-Cina: proseguono gli studi sulla sostenibilità energetica

Agronomi cinesi, ricercatori, professori e uomini d'affari saranno in Israele per effettuare studi finalizzati a garantire la sostenibilità energetica. Già lo scorso Novembre tredici funzionari cinesi sono rimasti sul territorio israeliano per una decina di giorni, allo scopo di apprendere tutte le tecniche e l'esperienza israeliana in materia di gestione idrica e agraria.
La Cina grande potenza emergente, per decenni è stata l'industria del mondo, tuttavia sembra si stia diffondendo nel Paese la moderna idea di sostenibilità. Sia il governo sia i suoi leader sembrano aver acquisito ormai la consapevolezza che, con una popolazione in costante crescita, sia indispensabile usufruire di risorse sostenibili nel settore idrico ed alimentare. Sebbene la Cina e lo Stato ebraico siano diversi sotto molti aspetti, il gigante asiatico prenderà ad esempio Israele, adottando le sue tecniche in campo agricolo. Nel farlo non potrà però sottovalutare il divario enorme esistente tra la popolazione cinese, 1,3 miliardi e quella israeliana, sette milioni. Secondo Yani Xie, il direttore del settore cooperazione presso l'Istituto di management internazionale della Galilea, i due Paesi sono accomunati da una comune passione nel campo dell'innovazione e l'eccellenza. "Questo e la stima reciproca, faciliterà la collaborazione" ha dichiarato il rappresentante.

(FocusMO, 6 marzo 2012)

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Nuovo attacco nel Sinai al gasdotto diretto in Israele

IL CAIRO, 5 mar. - Nuova esplosione nel gasdotto che collega l'Egitto ad Israele. L'attacco, avvenuto oggi nell'area di al-Arish, nella parte settentrionale della penisola egiziana del Sinai, e' stato eseguito da un gruppo di uomini armati a volto coperto. Lo ha riferito l'agenzia d'informazione 'Xinhua', secondo cui non ci sono state rivendicazioni finora per l'esplosione. Sono oltre dieci gli attacchi portati al gasdotto dalla caduta dell'ex rais Hosny Mubarak lo scorso febbraio. Secondo le autorita' egiziane la responsabilita' di questi attacchi e' di militanti locali che protestano contro l'accordo firmato nel 2008 che garantisce per 15 anni esportazioni preferenziali di gas in Israele.

(Adnkronos, 5 marzo 2012)

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Germania, svastiche e intimidazioni: neonazi fanno chiudere un locale ebraico

  
Testa di maiale gettata davanti al Ristorante
BERLINO, 5 mar - Svastiche disegnate. L'insegna ripetutamente infranta. Le gomme del furgoncino squarciate. Una testa di maiale con incisa una stella a cinque punte lanciata contro l'ingresso del locale. Alla fine, dopo 12 anni, Uwe Dziubialla ha ceduto: per colpa delle ripetute aggressioni antisemite, il ristorante ebraico Schalom, al centro della cittadina sassone di Chemnitz, ha chiuso i battenti. Schalom era l'unico ristorante kosher nel Land dell'ex Germania dell'est, scrive il tabloid Bild nel dare la notizia. ''Ho paura per la mia famiglia, qui non mi sento piu' sicuro - ha confidato al quotidiano l'imprenditore 46enne -, i danni sono sempre piu' ingenti e l'assicurazione ha smesso di pagare da tempo. Alla lunga mi hanno rovinato''.
Nulla hanno potuto invece le forze dell'ordine, che nonostante abbiano rafforzato la sorveglianza, in 12 anni di atti intimidatori di matrice antisemita, non sono riuscite a individuare un solo responsabile, ha dovuto ammettere il portavoce della polizia locale Frank Fischer.
Gli attacchi sono stati centinaia. A un certo punto Uwe Dziubialla ha anche smesso di denunciarli. Ma il titolare del ristorante non ha intenzione di arrendersi del tutto: ''Non mi faccio mettere sotto, apriro' da un'altra parte''. E cosi' ad aprile, precisa Bild, sara' inaugurato il nuovo Schalom in un altro quartiere di Chemnitz, piu' popolato: ''Qui mi sento piu' sicuro'', ha dichiarato al tabloid il coraggioso imprenditore.

(Blitz quotidiano, 5 marzo 2012)

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Israele che non vorresti

In Israele un giudice stabilisce che un bimbo avrà due madri e nessun padre.

Una coppia lesbica si è sottoposta nel 2007 alla fecondazione eterologa: una donna ha donato l'ovulo fecondato da uno sconosciuto, l'altra se l'è fatto impiantare e ha partorito. Ma lo Stato israeliano ha riconosciuto solo la seconda come madre. Il giudice Alyssa Miller domenica scorsa, per il «senso comune», ha riconosciuto entrambe le donne come madri del bimbo.

di Leone Grotti

In Israele c'è un bambino che ha due madri e nessun padre. Lo ha stabilito il Tribunale familiare di Ramat Gan, città israeliana a est di Tel Aviv, che domenica scorsa ha sentenziato con un verdetto senza precedenti che entrambe le donne di una coppia lesbica sono madri di un bambino. La coppia lesbica si è sottoposta alla fecondazione eterologa sei anni fa con il permesso del ministero della Salute in modo tale che l'ovulo di una delle due donne fosse fecondato dallo sperma di un donatore anonimo e che venisse impiantato nel grembo della seconda donna.
Il bambino è nato nel 2007 e il ministro degli Interni ha registrato come madre del bambino la donna che l'ha partorito, rifiutandosi di riconoscere lo status genitoriale alla donna che ha donato l'ovulo e consigliandole di chiederlo in adozione. La coppia ha rifiutato la soluzione proposta dal ministero e ha fatto causa chiedendo che la donatrice fosse riconosciuta come seconda madre del bambino.
Lo Stato ha poi fatto presente che non era possibile riconoscere in modo automatico entrambe le donne come madri e che aveva avvisato le due interessate prima dell'inseminazione artificiale che la donatrice non sarebbe stata riconosciuta come madre. Ma il cavillo giusto si può trovare in ogni legge e così il giudice Alyssa Miller, come riporta Haaretz, ha criticato la richiesta dello Stato che la donatrice ("T") dovesse adottare il bambino. «In questo caso, T e il minore sono legati dal sangue. Il minore e T sono carne della stessa carne e sangue dello stesso sangue» ha scritto nel verdetto finale. «Quindi, non c'è nessuna ragione evidente per cui T dovrebbe adottarlo, una possibilità che contraddice il senso comune e la logica coerente». Dopo il verdetto le due donne hanno dichiarato: «È un grande risultato. Questo è un precedente che varrà non solo per Israele ma per tutto il mondo».
Così, per il «senso comune» e la «logica coerente» un bambino si ritrova con due madri e nessun padre.

(Tempi.it, 6 marzo 2012)

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Israele-Cipro: firmato l'accordo per il collegamento elettrico

Israele e Cipro hanno firmato un accordo Domenica per un cavo elettrico sottomarino tra le nazioni del Mediterraneo. Il collegamento, che le parti sperano di completare entro il 2016, si estenderà su 287 km tra Israele e Cipro ad una profondità di circa 2.000 metri. La cosiddetta "interconnessione Euro-Asia", con una capacità di trasferire 2.000 MW, è "un evento storico," ha detto l'Israele Electric Corporation al momento della firma.
Ulteriori cavi sottomarini sono previsti per collegare Cipro e l'Europa continentale attraverso la Grecia. Il presidente della compagnia cipriota DEH Quantum Energy, Ktoridis Athanasios, ha detto che tutti e tre i partecipanti possono trarre profitto dall'affare. Israele e Cipro hanno scoperto enormi giacimenti offshore di gas naturale sotto il Mediterraneo orientale e hanno discusso della cooperazione sulla fornitura di gas ai mercati europei e asiatici.

(FocusMO, 5 marzo 2012)

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Meridiana Fly Air Italy: pasti kosher sui voli per Tel Aviv

Da domani 6 marzo sui collegamenti Milano Malpensa - Tel Aviv di Meridiana Fly Air Italy sarà offerta, ai passeggeri che lo richiederanno, la possibilità di prenotare a bordo il pasto oppure la colazione o lo snack kosher gratuito. Tel Aviv è una destinazione servita da anni dalla compagnia e attualmente è servita con due voli settimanali il martedì e il giovedì. Per maggiori informazioni sui voli visitare i siti www.meridianafly.com e www.airitaly.it.

(ilvolo.it, 5 marzo 2012)

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Hamas incolpa l'Egitto della crisi energetica

Il massimo leader politico di Gaza ha accusato l'Egitto di avere causato una crisi di energia che ha innescato un blackout nell'enclave palestinese. Le interruzioni di corrente sono iniziate a metà febbraio, lasciando le famiglie con solo sei ore di elettricità al giorno. Il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha detto che l'Egitto controlla il flusso di carburante a Gaza e ha suggerito che le autorità del Cairo dovrebbero fare di più per aiutare il paese dopo la caduta dell'ex presidente Hosni Mubarak. Non c'è stato nessun commento immediato dall'Egitto. Israele ha imposto un blocco terra, mare e aria per evitare che i materiali possano essere utilizzati per far sì che le armi raggiungano Hamas, che non riconosce il diritto di Israele ad esistere.
Le forniture di carburante fondamentale dell'unica centrale elettrica di alimentazione di Gaza sono state improvvisamente tagliate il mese scorso dall'Egitto. I funzionari hanno detto che l'Egitto è infuriato dal fatto che Hamas abbia il controllo del carburante destinato al popolo egiziano. Haniyeh ha detto agli abitanti di Gaza che l'Egitto vuole pagare 1 dollaro al litro per il carburante in futuro - più di quello che hanno pagato loro per il gasolio di contrabbando. La crisi di potere è arrivato in un brutto momento per Hamas, che sta lottando per superare le divisioni interne senza precedenti sul sforzi per superare una spaccatura profonda tra sé e il presidente palestinese Mahmoud Abbas, il cui corpo PA gestisce la Cisgiordania. Gli sforzi di riconciliazione sono stati in parte mediati dall'Egitto e alcuni anlisti dei giornali hanno hanno suggerito che il Cairo avesse chiuso i rubinetti del carburante per mettere pressione su Hamas. Haniyeh sembra dare credito alla speculazione. "Alcune parti vogliono continuare a fare pressione su Gaza, Hamas e il governo, credendo di poter ottenere concessioni".

(FocusMO, 5 marzo 2012)

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Boom di arrivi legati alle crociere per Israele

Il turismo religioso cala del 24% mentre aumenta del 35 il comparto crocieristico: il 2011 ha fatto segnare una profonda trasformazione sulle motivazioni del viaggio per gli italiani in Israele.
"Molte aziende del settore crocieristico hanno diminuito le rotte in Egitto e Tunisia favorendo Israele - spiega Tzvi Lotan, consigliere per gli affari turistici dell'Ambasciata d'Israele - e, oltre a fermarsi più giorni sulle nostre coste, l'esperienza induce spesso i turisti a tornare nel nostro Paese". Per quanto riguarda il mercato globale, il 2011 del turismo israeliano si è chiuso con 3,4 milioni di visitatori, in linea con l'anno precedente.
L'ente del Turismo si impegnerà per tutto il 2012 in varie campagne promozionali e su uno spot televisivo che andrà in onda nella seconda metà dell'anno: "Punteremo sulla promozione dei city break, più giovani a Tel Aviv, culturali a Gerusalemme e del turismo ecologico nel deserto. Nel 2010 è stato stanziato un milione e 200mila euro, speriamo la cifra venga confermata".
Israele continua a puntare sulla collaborazione fattiva con gli operatori italiani: "L'anno scorso abbiamo visitato personalmente 1500 agenzie e stiamo implementando il nostro sito web con tutte le offerte e le proposte dei t.o. In più continueramo ad organizzare fam trip e press trip".

(TTG Italia, 5 marzo 2012)

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L'aeroporto di Tel Aviv è tra i migliori del Medio Oriente

Secondo una recente indagine condotta da Airports Council International, l'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv è stato nominato, per il quinto anno consecutivo, uno tra i migliori aeroporti del Medio Oriente. La survey, che si basa su oltre 30 parametri votati da milioni di viaggiatori, descrive le nuove tecnologie del Ben Gurion International Airport come «infrastrutture assolutamente all'avanguardia per la sicurezza internazionale» e «conforme agli elevati standard internazionali». Nel 2011 sono stati oltre 12.2 milioni i viaggiatori che sono transitati dal Ben Gurion International Airport.

(Travel, 5 marzo 2012)

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Lo sguardo della borghesia antisemita

di Daniele Liberanome, critico d'arte

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Santa Felicita e il martirio dei Maccabei  
Camminando la scorsa settimana per Firenze, sono entrato in Santa Felicita, uno dei tanti tesori sconosciuti della città. E' un interessante guazzabuglio di diverse epoche, con un affresco fondamentale di Pontormo, resti di età romana, paleocristiana, gotica e poi un curioso dipinto dal titolo "Santa Felicita e il martirio dei Maccabei" datato 1863. L'opera è di per sé abbastanza interessante, frutto dell'influenza di Jean-Auguste Ingres (1780-1867), con la luce intensa che emana dal centro della tela, e del tardo rinascimento italiano, con forme monumentali e precise quasi michelangiolesche; del resto l'autore è Antonio Ciseri, vissuto a metà fra Firenze e la Svizzera e molto noto ai suoi tempi. Ma quel che più interessa è il soggetto del quadro. La chiesa cattolica, già nei suoi primi secoli in Europa, aveva fatto propria la storia dei Maccabei, che aveva nominato santi (con ricorrenza l'1 Agosto) come simboli della lotta contro l'idolatria. Ma, già nel IV secolo e.v., si diffuse anche il culto di Felicita, nobildonna romana uccisa dall'imperatore Antonino Pio (II secolo e.v.) insieme ai suoi sette figli, per essersi dichiarata cristiana. Molto presto le due storie incredibilmente si mischiano. I figli di Felicita, prima assorbono i caratteri dei Maccabei, come simbolo della lotta anti-pagana, poi addirittura li sostituiscono (come se i Maccabei fossero stati uccisi da Antonino Pio - e così sembra nel quadro), e finiscono in secondo piano rispetto a Felicita, che è cristiana. Siamo difronte a un racconto tipico di vetero-cattolicesimo, che rilegge l'ebraismo, si appropria di quel che gli pare meglio, e lo mette comunque ai margini. Ma il dipinto di Firenze è de 1863, dopo l'apertura dei ghetti, ed è stato realizzato dopo una gestazione di quasi 10 anni; il Ciseri, poi, era un signore che frequentava i salotti della nobità e buona borghesia del tempo, non uno zotico qualsiasi. Possibile che non si sia reso conto del falso storico? Che i suoi amici di salotto non l'avessero avvertito? Mi pare, invece, che quel dipinto dimostri il persistente antisemitismo di parte della buona borghesia italiana dell'Ottocento, poco soddisfatta dell'apertura dei ghetti. Ciseri stesso, era retrogrado anche come artista perché si oppose alle nuove correnti artistiche, come l'impressionismo, tanto da smettere di dipingere. L'arte è una chiave fondamentale per capire lo sviluppo dei movimenti e delle idee, anche quelle che ci piacciono meno.

(Notiziario Ucei, 5 marzo 2012)

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Una giornata europea per ricordare i Giusti del mondo

L'iniziativa dell'associazione Gariwo di Gabriele Nissim ha raccolto l'adesione di cento parlamentari Ue e il sostegno di Fo e Veronesi

di
Antonio Carioti

MILANO - Siamo a quota 109 adesioni e bisogna arrivare a 369, la maggioranza assoluta, perché la mozione passi al Parlamento europeo. Se così sarà, verrà istituita in tutta Europa una Giornata dei Giusti, per celebrare coloro che si opposero ai totalitarismi e ai crimini contro l'umanità, salvando vite innocenti.
La data proposta è il 6 marzo, giorno della scomparsa di Moshe Bejski, il magistrato israeliano che fu presidente della commissione dei Giusti di Yad Vashem, il sacrario della Shoah a Gerusalemme, dove sono ricordati personaggi come Giorgio Perlasca e Oskar Schindler. Proprio il 6 marzo, domani, si tiene una grossa manifestazione al Teatro Parenti di Milano per appoggiare l'iniziativa.
La proposta è partita su impulso dell'associazione Gariwo (sigla che sta per Gardens of the Righteous Worldwide, «Giardini dei Giusti di tutto il mondo»), diretta da Gabriele Nissim, cui si deve la creazione del Giardino dei Giusti milanese. A presentare la mozione sono stati tre deputati europei eletti in Italia, Gabriele Albertini (Pdl), Niccolò Rinaldi (Idv) e David Maria Sassoli (Pd), e una parlamentare polacca, Lena Kolarska-Bobinska. Migliaia di persone hanno sottoscritto il relativo appello: tra loro Dario Fo, Franca Rame, Andrée Ruth Shammah, Tadeusz Mazowiecki, Umberto Eco e Umberto Veronesi.
L'incontro al Teatro Parenti è una maratona aperta a tutti, dalle ore 16 alle 20. Ci saranno racconti di testimoni, proiezioni di filmati, letture di testi, contributi di Ferruccio de Bortoli, Antonio Ferrari, Stefano Levi della Torre, Salvatore Natoli, Vittorio Emanuele Parsi. Infine l'esibizione del jazzista Gaetano Liguori.
L'appuntamento milanese fa seguito a un convegno organizzato da Gariwo in febbraio a Praga con i dissidenti di Charta 77, che hanno aderito all'idea della Giornata dei Giusti, mentre un grande concerto si svolgerà il 30 marzo al Palazzo Reale di Varsavia.
Vi sono però, tra gli storici, voci che avanzano delle riserve su questa iniziativa, che si aggiunge alle numerose giornate celebrative, ufficiali o no, già esistenti in Italia e altrove. «Un problema - osserva Marcello Flores, studioso dei genocidi - è chi sceglie i Giusti. Per la Shoah ci pensa lo Stato d'Israele, mentre un'iniziativa a più vasto raggio può incontrare delle difficoltà, anche perché a volte chi salvò delle vittime aveva appoggiato in precedenza i regimi totalitari. Più in generale queste iniziative non aiutano molto a cogliere la complessità della storia, anche se resta utile far conoscere esempi di alto valore etico».
«Io sono allergico a tutti gli eventi celebrativi - dichiara invece Aldo Giannuli, autore del libro L'abuso pubblico della storia (Guanda) - e temo soprattutto l'effetto saturazione. Con troppe giornate dedicate alle diverse memorie si finisce per banalizzare la storia e paradossalmente si favorisce l'oblio, perché alla fine la gente non se ne accorge più».
Nissim replica che si tratta di un'iniziativa diversa dalle altre: «Non vogliamo coltivare il ricordo del male ma quello del bene, per alimentare la speranza, soprattutto nei giovani. E abbiamo dato alla proposta un respiro universale, legato a tutte le grandi tragedie: la Shoah come il genocidio armeno e il Gulag denunciato da Solzenicyn. L'intento è evitare le strumentalizzazioni e superare la concorrenza tra memorie diverse».

(Corriere della Sera, 5 marzo 2012)

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Samsung Israele: aggiornamento ad ICS per il Galaxy S II il 15 marzo

  
È giunto il momento della grande attesa, per i possessori di Galaxy S II: l'aggiornamento ad Ice Cream Sandwich è sicuramente alle porte, ma quando arriverà esattamente? Non possiamo dirvi cosa accadrà in Italia, ma in Israele si assaggerà un po' di biscotto gelato il 15 di questo mese.
I più ottimisti lo aspettavano già tre giorni fa, ma è un dato di fatto che l'agognato update avverrà entro la fine di marzo: per quanto ne sappiamo, la divisione israeliana è stata la prima a comunicare una data certa, sbilanciandosi su Facebook con questo post: se volete provare a leggerlo, difficilmente ci capirete qualcosa, ma il numero 15 e "ICS 4? sono comprensibili per tutti e facendo due più due il risultato è chiaro (e poi ci siamo noi qui a confermarvelo!).
Quando arriverà anche nel nostro Bel Paese non possiamo dirvelo, ma se ancora non l'avevate fatto guardate la nostra videorecensione della beta leaked del firmware ufficiale.
L'attesa è grande e dall'azienda produttrice dello smartphone premiato come il migliore dell'anno al MWC 2012 ci si aspetta veramente un lavoro impeccabile.

(androworld.it, 5 marzo 2012)

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Libia - Sbai: dopo i massacri dissacrano anche i morti

ROMA, 5 mar - "Onorare i defunti e la loro sepoltura è un principio che nessuna religione o usanza ha mai pensato stravolgere, perché è un principio di umanità. Dal video in cui vengono ritratti islamisti in Libia intenti a sradicare le lapidi dalle tombe cristiane e ebraiche, si comprende cosa è il salafismo militante. È lo sfregio dell'umanità stessa. E' l'estremismo nella sua faccia più feroce, che non ha nulla a che fare con alcuna religione, si fa spregio anche della vita umana, della sua sacralità da vivi e da morti, che strappa libertà e anima a donne e intellettuali", così l'On. Souad Sbai (Pdl) commenta il video che ritrae islamisti libici intenti a distruggere le lapidi e a strappare dalla terra le tombe di cristiani ed ebrei. "Una scena come quella descritta dal video in questione - prosegue Sbai - non è solo disumana ma supera ogni concezione di malvagità. Strappare dalla terra le tombe dei cristiani e degli ebrei è un gesto di sfregio totale, di vilipendio della vita nella sua essenza. Ma del resto - dice Sbai - se massacrano donne e moderati senza pietà, non c'è da stupirsi se dissacrano anche i morti. Ecco con chi abbiamo a che fare, con la manovalanza radicalista di Jalil e compari, pronti a sguinzagliarla per massacrare chiunque abbia il coraggio di parlare. Faccio appello, dopo questo scempio e quello della gabbia, affinché il Ministro degli Esteri relazioni il Parlamento su cosa sta accadendo davvero in Libia, visto che nessuno - conclude Sbai - ci racconta più quella malvagità che il web invece ha il coraggio di denunciare e la polizia, ormai religiosa, sta facendo strage non solo dei vivi ma anche dei morti".

(AgenParl, 5 marzo 2012)

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Peres: Israele vincerà se saremo costretti a combattere

WASHINGTON, 4 mar. - Il regime iraniano è "diabolico, crudele, moralmente corrotto" e Israele "vincerà" se sarà costretto a combatterlo. E' quanto ha dichiarato il Presidente israeliano Shimon Peres, stando al testo del suo intervento davanti alla principale lobby americana filo-israeliana, American Israel Public Affairs Committee (Aipac). "La pace rimane la nostra prima opzione, ma se saremmo costretti a combattere, credetemi: vinceremo", ha detto il Presidente.

(TMNews, 4 marzo 2012)

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Ester, da Regina a Donna

CASALE MONFERRATO - Per dare l'avvio ai festeggiamenti di Purim, le attività culturali alla Comunità Ebraica di Casale Monferrato nel pomeriggio di oggi propongono un appuntamento particolarmente atteso: l'incontro "Ester da Regina a Donna - Un simbolo di solidarietà, modernità e riscatto nel proprio ruolo di genere" con Daniela Sironi e Sonia Brunetti, presentate dal vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti.
Sonia Brunetti Luzzati dirige le Scuole Ebraiche di Torino e ha collaborato per anni con il Dipartimento di Studi Politici dell'Università di Torino. Laureata in Pedagogia, ha tenuto corsi sulla didattica della Shoah e sul tema razzismo/antirazzismo. Autrice di articoli e pubblicazioni, ha scritto con il rav Roberto Della Rocca il "Dizionario dell'Ebraismo" edito da Electa Mondadori. È inoltre collaboratrice del notiziario quotidiano l'UnioneInforma
Daniela Sironi, laureata in Lettere Moderne, ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia contemporanea presso l'Università di Sassari. Ha fondato la Comunità di Sant'Egidio a Novara nel 1981. Nel 1985 ha ricevuto dal vescovo monsignor Aldo Del Monte il premio Cortinovis per la bontà cristiana. Per l'impegno della Comunità nella vita cittadina ha ricevuto nel 2008 il riconoscimento di "Novarese dell'Anno". Dal 1992 è responsabile regionale della Comunità di Sant'Egidio e dal 1998 è il referente per il nord Italia a tempo pieno. La rappresenta nelle sedi congressuali, nei rapporti istituzionali, presso la stampa. Per l'impegno internazionale vissuto nella Comunità di Sant'Egidio, dal 2005 al 2010 è stata delegata del vescovo di Novara per l'ecumenismo e il dialogo. Dall'aprile 2009 è presidente della "Comunità di Sant'Egidio - Piemonte - Onlus".
Claudia De Benedetti presenta così le due ospiti del pomeriggio casalese: "Le conosco da tempo, ho imparato dalle loro parole le lezioni della vita e dell'impegno. Dicono spesso con semplicità, con il linguaggio chiaro e asciutto appreso dal loro vivere quotidiano in prima linea, con la modestia piemontese che le contraddistingue, che aiutare gli altri è un obbiettivo primario, che vogliono far sentire sempre l' impegno delle donne. La parola solidarietà ha il più alto e nobile significato, è la scintilla del credere nel Dio dei nostri Padri e delle nostre Madri, delle nostre passioni inestinguibili, dei nostri sogni immutabili, delle nostre tradizioni, dello Shemà Israel che ripetiamo percorrendo i sentieri della vita. Una solidarietà così radicata e moderna, una fierezza che è una lezione per tutti. Oggi riaffermiamo l'esempio della Regina Ester - conclude Claudia De Benedetti - delle tante Ester, delle vite vissute diversamente, dall'uscita dei ghetti, all'unità d'Italia, alle persecuzioni, all'oggi. Donne il cui esempio resta indelebile, il cui ricordo è pietra miliare per le generazioni presenti accanto a noi, per i nostri figli e nipoti, affinché sappiano sempre da dove provengono e non trovino impedite le strade della propria vita; affinché gli anelli della catena generazionale non vengano mai spezzati né diventino per nessuno guinzagli nel lungo cammino dell'Hatikvà, della speranza del genere umano."

(Notiziario Ucei, 4 marzo 2012)

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Israele e Irak: il nuovo eldorado energetico

di Matteo Cazzulani

Nel 2010, presso le coste israeliane del Mar Mediterraneo è stato individuato un bacino di gas naturale battezzato Leviathan - come il celebre mostro biblico - che, secondo le stime degli esperti, potrebbe scombinare gli equilibri geopolitici europei. Come rilevato dall'autorevole Globes, il Leviatano non gode di una capacità cospicua, ma i suoi 450 miliardi di metri cubi sarebbero sufficienti a fare di Israele un Paese esportatore in grado di fornire un'alternativa ai rifornimenti russi e centro-asiatici da cui l'Unione Europea è rimasta finora dipendente.
Questa, stando alla fonte ben informata, sarebbe l'intenzione del consorzio deputato allo sfruttamento del Leviatano, compartecipato al 39,65% dalla compagnia statunitense Noble Energy e al 22,67% dall'israeliana Delek Drilling: l'avvio dell'emissione di oro blu verso il mercato UE potrebbe incrementare il peso geopolitico di Tel Aviv.
   Sulla stessa linea, ma con minori potenzialità di riuscita, per lo meno nel breve termine, si è posto l'Irak, che, venerdì, 2 marzo, ha messo i propri giacimenti a disposizione del Nabucco. Questo gasdotto, progettato inizialmente per condurre in Europa, direttamente dal Bacino del Caspio, gas acquistato dall'Unione Europea in Azerbajdzhan, è stato il punto forte della politica di autonomia energetica voluta dalla Commissione Barroso, ma è entrato in crisi in seguito alla decisione di Baku di sfruttare il gasdotto Transanatolico - TANAP - e quello Transadriatico - TAP - per rifornire il Vecchio Continente di oro blu: de facto, rendendo inutile la realizzazione del progetto dalla verdiana denominazione.
   Come dichiarato dal Ministro dell'Energia iracheno, Asym Jihad, il gas di Bagdad potrebbe riattivare il Nabucco come conduttura deputata al trasporto di oro blu proveniente da una fonte differente rispetto a quella centro-asiatica. Tuttavia, come ha ammesso lo stesso esponente politico, tale piano non potrà essere realizzato nell'immediato a causa dei problemi di distribuzione del gas interni a un Paese in cui sono ancora in corso azioni militari.
   Conferma del valore posseduto dall'offerta energetica di Israele e Irak è provenuta dall'interessamento espresso da Cipro, che, proprio con Tel Aviv, da tempo ha avviato consultazioni per il rafforzamento di un partnership energetica cipriota-israeliana. Seppur ancora tutta da definire, questa cooperazione potrebbe portare qualche beneficio all'Europa, sopratutto considerando che, dopo la scadenza dell'attuale Presidenza di turno della Danimarca, sarà proprio Nicosia a guidare l'Unione Europea.
   Il condizionale è d'obbligo dal momento in cui a rompere le uova nel paniere è arrivata la Russia, che considera il ruolo di Israele e Irak, al pari di quello di Azerbajdzhan e Turkmenistan, un ostacolo al mantenimento dell'egemonia energetica di Mosca sul Vecchio Continente. Come riportato dall'altrettanto autorevole Newsland, e confermato da diversi enti di informazione israeliani, il monopolista russo, Gazprom, ha aperto le trattative con il consorzio Leviathan per la compartecipazione del Cremlino nel progetto.
   Secondo le fonti, Gazprom potrebbe entrare nel consorzio come membro associato della Delek Drilling e della Noble Energy, oppure rilevando i diritti di esportazione del gas estratto dal giacimento mediterraneo. Con quest'ultima soluzione, i russi non solo neutralizzerebbero l'ennesima possibile via per la realizzazione di una politica energetica dell'Unione Europea il quanto più autonoma da Mosca, ma conferirebbero al Cremlino un ruolo importante anche nelle forniture di gas al Medio Oriente.

- La Russia monopolista avanza anche in Asia
  Non è un caso se, venerdì 2 Marzo, sul solco di tale progetto, il Presidente russo, Dmitrij Medvedev, ha dedicato una delle sue ultime visite all'estero da Capo dello Stato proprio in Irak, al cui Primo Ministro, Nuri Al-Maliki, ha promesso il rafforzamento della collaborazione sul piano agricolo, industriale e energetico.
   All'offensiva della Russia, e al palesarsi dell'opzione irachena, una risposta è stata data da Azerbajdzhan e Turkmenistan, le quali, mercoledì, 29 Febbraio, hanno consegnato all'Unione Europea la documentazione necessaria per certificare i diritti di sfruttamento dei propri giacimenti da parte di Bruxelles, ed il trasporto dell'oro blu di provenienza azera e turkmena in Europa attraverso la TANAP.
   In contemporanea, il governo turkmeno - che con la Russia concorre non solo sul versante europeo, ma anche su quello asiatico - ha lanciato il progetto TAPI: un gasdotto varato per esportare gas dal Turkmenistan ad Afghanistan, Pakistan, e India, a cui ha aderito anche la Turchia.

(il legno storto, 4 marzo 2012)

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Al cimitero ebraico per ricordare Bassani

Incontro pubblico per celebrare il 96esimo anniversario della nascita dell'autore ferrarese

  
Il cimitero ebraico di Ferrara
Oggi, domenica 4 marzo 2012, alle ore 15, in occasione del 96esimo anniversario della nascita di Giorgio Bassani, l'appuntamento è al Cimitero ebraico di via delle Vigne con Paola Bassani, Claudio Cazzola e Silvana Onofri. L'incontro, aperto al pubblico, verterà sul tema "La tomba era grande, massiccia, davvero imponente" e rientra nelle iniziative organizzate congiuntamente dall'Università agli Studi di Ferrara, dalla Fondazione Giorgio Bassani e dall' Associazione Culturale Arch'è.
Così Giorgio Bassani, in "Il romanzo di Ferrara" descrive la tomba di famiglia dei Finzi-Contini: "La tomba era grande, massiccia, davvero imponente: una specie di tempio tra l'antico e l'orientale, come se ne vedeva nelle scenografie dell'Aida e del Nabucco in voga nei nostri teatri d'opera fino a pochi anni fa. In qualsiasi altro cimitero, l'attiguo Camposanto Comunale compreso, un sepolcro di tali pretese non avrebbe affatto stupito, ed anzi, confuso nella massa, sarebbe forse passato inosservato. Ma nel nostro era l'unico. E così, sebbene sorgesse assai lontano dal cancello d'ingresso, in fondo a un campo abbandonato dove da oltre mezzo secolo non veniva sepolto più nessuno, faceva spicco."
Il brano riportato è frutto di quel "labor limae" che caratterizza la scrittura bassaniana e che è documentata dalle numerose varianti presenti nei manoscritti e proprio per questo ai partecipanti verrà donato il facsimile di una pagina con varianti relative alla descrizione della tomba, dall'Archivio della Fondazione Giorgio Bassani.

(estense.com, 4 marzo 2012)

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Gli ebrei russi pronti a votare Putin

MOSCA - La maggior parte degli ebrei russi voteranno presumibilmente per Vladimir Putin alle elezioni presidenziali di domani: questa la previsione espressa all'inviata a Mosca del quotidiano Haaretz dal rabbino capo russo Berel Lazar.
«Non ho incontrato finora un solo ebreo - ha aggiunto - che intenda votare per Mikhail Prokhorov», uno degli sfidanti di Putin. Gli altri due - Gennady Zyuganov e Vladimir Zhirinovsky - «sono solo vecchi volti», ha aggiunto. Secondo un censimento recente, gli ebrei in Russia risultano essere 150 mila.

(Il Tempo, 3 marzo 2012)

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Il volto di Natalie Portman fa arrabbiare i blogger libanesi

Natalie Portman
«Che ci fa lei, un'ebrea, in un maxiposter nel centro di Beirut?». La domanda, scritta un po' ovunque sul mondo dei blog libanesi, è arrivata immediata. Così come la richiesta di rimuovere la pubblicità dell'ennesimo profumo firmato Dior. Perché lei, «l'ebrea», è Natalie Portman, 30 anni, attrice, vincitrice di un Oscar, testimonial delle essenze, cittadina americana, ma anche israeliana. «Tant'è vero che il suo vero cognome è Hershlag», scrivono i blogger. Che tirano in ballo la città di nascita (Gerusalemme), il Sionismo, l'odio degli ebrei nei confronti dei «fratelli musulmani», «la violazione dei diritti umani e la negazione dello Stato palestinese».
Il problema non è cosa da poco, in Libano. Da quando dopo la prima guerra, è arrivata la seconda, quella del 2006. E sempre contro gl'israeliani. E da quando non c'è nessun contatto tra i due Paesi, se non un odio reciproco che ogni tanto sfocia in provocazioni lungo il confine.
Il cartellone pubblicitario grande quindici metri per nove, compare nei pressi dell'edificio del "Forum de Beirut", la sede che ospita gli eventi culturali in Libano in Charles Helou Avenue, a due passi dal mare. È diventato oggetto di critiche da subito. Da quando i dipendenti di una società hanno iniziato a srotolare il volto della Portman.
«Visto che in Libano ogni contatto con gli occupanti israeliani è considerato un crimine, a nessuno è venuto in mente che un maxiposter con una sionista di Gerusalemme possa essere illegale?», s'è chiesto un blogger. E proprio per quanto riguarda il cognome vero della Portman (cioè Hershlag), un altro libanese ha scritto che l'attrice è «molto attiva nei gruppi sionisti».
Di qui, la richiesta. Nemmeno tanto velata. «Quel cartellone va tolto subito», hanno scritto quasi tutti. «Non possiamo permettere che il nemico faccia promozione nella nostra terra». «Almeno questa invasione possiamo risparmiarcela», ha ironizzato un altro utente.
«Come ha fatto quella pubblicità ad avere l'approvazione delle autorità centrali?», si chiede "Blog Baladi", il sito collettivo libanese. Che poi elenca anche tutte le volte che la Portman è stata fatta vedere nel Paese. A partire dal 1994, con il film "Leon" («pellicola proiettata in tutto il Libano»), poi nel 1997 ("Star Wars"), 2000 ("Star Wars", secondo episodio), 2006 ("V per Vendetta"), 2010 ("Black Swan").
Per ora, il maxiposter resiste lì. E la verità è che questa della Dior con la Portman non è la prima pubblicità mostrata in Libano. Il volto comparve a giugno del 2011 proprio a Beirut e nelle altre grandi città. Ma allora, forse complice anche l'estate, nessuno ebbe nulla da dire.

(Falafel Cafè, 3 marzo 2012)

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Maradona: sono tifoso numero 1 della Palestina

DUBAI, 3 mar. - ''Sono il tifoso numero 1 della Palestina''. Diego Armando Maradona esprime il desiderio di ''far visita alla nazionale palestinese per portare un saluto. Visitare la Palestina sarebbe come se mio nipote Benjamin mi desse un bacio'', dice il Pibe dopo la vittoria che la sua squadra, l'Al Wasl, ha ottenuto a Baniyas per 4-3 sull'Al Jazira qualificandosi per le semifinali della Coppa Etisalat degli Emirati. ''Il popolo palestinese ha bisogno dell'aiuto di tutti e io sono a disposizione. Sono il tifoso numero 1'', ripete.

(Adnkronos, 3 marzo 2012)


Alcunii sbandierano Lucio Dalla come sostenitore di Israele, altri presentano Diego Armando Maradona come sostenitore della “Palestina”. Che cosa vale di più? il parere di un cantante o quello di un calciatore? A parte le indicazioni che si possono avere sulle persone, che cosa aggiungono al problema queste sottolineature? M.C.

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Israele collabora con l'Italia sulla sicurezza alimentare

di Marcello Berlich

Israele e Italia hanno firmato nei giorni scorsi un accordo riguardante la sicurezza alimentare, frutto della richiesta da parte di Tel Aviv di un sostegno nella revisione della normativa interna relativa a tale settore, allineando i propri standard con quelli richiesti dall‘UE, informa Pmi Servizi.
L‘accordo firmato nella capitale israeliana prevede un supporto da parte del Ministero della Salute italiano che permetta al Ministero dell‘Agricoltura israeliano di migliorare oltre che aggiornare e rinnovare tutte le leggi e le procedure del loro stato per quanto riguarda gli ambiti appunto della sicurezza alimentare e della gestione di allevamenti in base a concrete ed efficienti norme veterinarie.
Tra le varie attività previste dall‘accordo vi sono anche percorsi di formazione a cui farà capo il dottor Federigo Santini, referente locale del progetto, in programma dunque un consulenza sulla sicurezza alimentare continuativa e costante della durata prevista di 18 mesi durante i quali la delegazione apporterà allo stato ospite nozioni, consigli, formazione e informazione per migliorare in generale tutto ciò che riguarda il settore alimentare, dagli allevamenti alla gestione degli alimenti nel pieno rispetto della normativa europea proprio per tutelare al massimo i cittadini israeliani e tutte le persone che si recano per qualunque motivo in questa terra magnifica.

(Portalino.it, 2 marzo 2012)

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In centinaia alla maratona nella Striscia di Gaza

In centinaia hanno preso parte alla maratona svoltasi nella Striscia di Gaza giovedì primo marzo. Il maratoneta palestinese Nader al-Masri ha vinto per la seconda volta, battendo gareggianti da tutto il mondo. Altri partecipanti, prevalentemente bambini, hanno corso invece per un breve tratto del tracciato che ripercorreva tutta la lingua di terra, all'incirca 42 km .
Gli atleti più coraggiosi hanno resistito all'acqua fredda e al vento gelido proveniente dal mare. "Sono molto contento" ha riferito Masri dopo aver concluso il tratto da Beit Hanun e Rafah. "Con quest'iniziativa speriamo di aver lanciato un chiaro messaggio al mondo. E' un passo importante verso lo sviluppo di una coscienza universale sulla tragedia del popolo palestinese" ha poi aggiunto il corridore.

(FocusMO, 2 marzo 2012)

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Forte nevicata a Gerusalemme, la prima in quattro anni

ROMA, 2 mar. - Scenario da presepio a Gerusalemme dove per la prima volta da quattro anni una forte nevicata ha coperto la cittadina. Il quotidiano Haaretz dà la notizia e spiega che le autorità comunali stanno predisponendo un piano per ripulire le strade entro la giornata di oggi, prima dell'inizio di shabbath. La neve è caduta anche sulle altura di Golan in particolare nella zona di Safar, dove è stato chiesto alla popolazione di non lasciare le abitazioni se non strettamente necessario. precipitazioni nevose anche sul monte Hermon e in Galilea. Neve, freddo, e tempeste di vento stanno colpendo varie parti di Israele da ieri e la giornata di oggi, secondo i meteorologi, dovrebbe essere la più fredda dell'anno. Difficolta anche a Tel Aviv in particolare per il vento e all'aeroporto internazionale Ben.Gurion.

(TMNews, 2 marzo 2012)

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Primo museo israeliano dedicato all'architettura

Israele è uno dei paesi con il maggior numero di musei al mondo eppure non aveva mai avuto un museo dedicato all'architettura fino a che Amos Gitai si è reso protagonista di questa impresa. L'inaugurazione del Museo di Architettura di Haifa è previsto per il 16 marzo 2012, compleanno del defunto padre di Gitai, Munio Gitai Weinraub. Il museo è situato in quello che era lo studio di suo padre, uno dei principali architetti della storia israeliana. Oltre ad una mostra permanente sui progetti di Weinraub, un spettacolo di apertura si concentrerà sulle case popolari in Israele dal 1940 ad oggi. "Il museo è un omaggio a questa generazione di architetti, come mio padre ei suoi amici della Bauhaus, ma allo stesso tempo, vogliamo richiamare l'attenzione sul fatto che l'architettura deve guardare a questioni sociali", dice Gitai.
L'apertura museo servirà anche come sede per la premiere del nuovo film di Gitai, dedicato al padre. "Ho lavorato per diversi anni sulla biografia di mio padre e lungo la strada scoperto documenti molto interessanti", dice Gitai, la cui carriera è stata segnata da numerosi riconoscimenti come regista. A 18 anni il padre di Gitai ha lasciato casa facendo la conoscenza di importanti tardo 1920 artisti d'avanguardia, come Kandinsky e Klee.Ma i nazisti salirono al potere e chiusero la Bauhaus nel 1932. A seguito delle leggi razziali emanate nel mese di aprile 1933, Weinraub e altri tre ex studenti ebrei Bauhaus furono arrestati. Il quartetto fuggito in Svizzera dovette scegliere se trasferirsi in Palestina e negli Stati Uniti. "Penso che mio padre decise per la Palestina perché era molto commosso da parte di tutti gli esperimenti sociali di quel periodo, come i kibbutz e l'alloggio sociale". Questi rifugiati hanno contribuito a trasformare Tel Aviv in stile Bauhaus. Una video installazione su Munio Weinraub Gitai, Amos Gitai, è stata fatta l' 8 Gennaio 2012 presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino, in Italia. "Gli italiani hanno deciso di fare una retrospettiva molto grande presentando 18 dei miei film, e mi hanno invitato a fare una mostra parallela al museo", dice Gitai , che vive ad Haifa e a Parigi. Il museo, che sarà situato nel quartiere centrale di Carmel, non si concentrerà esclusivamente sullo stile Bauhaus. Il museo avrà un archivio e una piccola area per lo studio e la lettura, oltre a spazi espositivi e di screening. Gitai prevede che il museo sarà un luogo che raccoglierà visitatori di tutte le età.

(FocusMO, 2 marzo 2012)

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Il Comitato per la Conservzione dei Cimiteri Ebraici d'Europa incontra il comune di Oria

ORIA (BR). Il prossimo 13 marzo una delegazione rabbinica del Comitato per la Conservzione dei Cimiteri Ebraici d'Europa incontrerà l'Amministrazione Comunale di Oria per avviare un protocollo d'intesa in merito alla definizione e successiva valorizzazione dell'area necropolare posta tra Viale Ippocrate, Via Curtatone e Montanara e Via caduti di Montelungo. Il pendio della collina nell'area mercatale infatti è stata da decine d'anni individuata quale antico cimitero della comunità ebraica oritana, risalente al IX secolo D.C. ed ottimamente conservato.
La visita della delegazione londinese è soltanto il prosieguo dei rilievi professionali sul campo effettuati da rabbini esperti già nel gennaio del 2009 che non si sono limitati soltanto ad una definizione dell'area cimiteriale, ma anche nella raccolta di informazioni storiche e verbali da parte dei residenti nella zona interessata.

(Giornale di Puglia, 2 marzo 2012)

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La guerra Israele-Iran è davvero inevitabile?

Quando e come Israele potrebbe attaccare l'Iran
spiegato in una cartina. Non tramite Turchia o
Giordania, bensi' attraverso la Siria.
NEW YORK - Per alcuni osservatori una guerra tra Iran e Israele sembra ormai inevitabile. E' di questa idea Bruce Krasting, un noto ex gestore di hedge fund, secondo cui il rischio più grande che deriverebbe da un conflitto tra i due paesi è che ci si finisca per trovare di fronte al più grande attacco aereo di tutti i tempi.
"Gli iraniani hanno sofisticati radar acquistati dalla Cina". Non saranno percio' un target semplice. Anzi. "Sarebbe un grosso errore pensare che un'aggressione a Teheran possa concludersi senza grosse perdite".
Per Corrado Stefanachi, docente e ricercatore presso la facoltà di Scienze Politiche di Milano, "Le autorità iraniane sembrano ormai determinate a fare del loro paese (almeno) una potenza nucleare "virtuale" (cioè, nel gergo degli specialisti di proliferazione, una potenza dotata di tutto ciò che serve, sul piano della tecnologia, degli impianti e del materiale fissile, per munirsi rapidamente di un arsenale nucleare, qualora lo ritenga necessario).
"Non è dato sapere invece se Teheran abbia già deciso di allestire un vero e pro-prio arsenale atomico o se - una volta acquisita la capacità di metterlo in campo - si asterrà dall'oltrepassare la soglia", secondo l'analista.
La questione più importante - dice Stefanachi - da affrontare è sapere perché Teheran persegue una capacità nucleare. Che intende farsene veramente? Vuole avere una maggiore leva diplomatica, mettendosi sullo stesso piano di chi, come Tel Aviv, gia' possiede un arsenale nucleare? Vuole servirsene per scopi energetici e bisogni civili o vuole veramente - come sostengono i detrattori del regime iraniano - usarla a scopi bellici?
"Il dibattito tra gli analisti vede ai due estremi dello spettro delle opinioni (e previsioni) gli apocalittici e i minimalisti: per i primi la nuclearizzazione dell'Iran determinerebbe una vera e propria rivoluzione geopolitica nel Golfo Persico, con ricadute drammaticamente negative sulla sicurezza e i fondamentali interessi americani, occidentali e israeliani".
"Per i secondi, anche nel caso di proliferazione iraniana (comunque non auspicabile) prevarrebbero gli elementi di continuità - e l'impatto di un Iran nucleare potrebbe essere «sterilizzato» da adeguate contromisure diplomatiche e militari, capaci di rafforzare la camicia di forza della deterrenza".

(Wall Street Italia, 2 marzo 2012)

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Gaza, seconda maratona Unrwa per raccogliere fondi per campi estivi

KHAN YOUNIS (Striscia di Gaza) - Circa 2.200 studenti e 300 adulti hanno partecipato a una staffetta organizzata nella Striscia di Gaza con l'obiettivo di raccogliere fondi per campi estivi delle Nazioni unite. La corsa, dalla distanza simile a quella della maratona olimpica, è stata organizzata dall'Unrwa (Agenzia delle Nazioni unite per i profughi palestinesi nel Vicino Oriente). I bambini, ha riferito il portavoce dell'Unrwa, Adnan Abu Hassna, hanno corso per frazioni lunghe un chilometro, mentre alcuni adulti hanno proseguito per tutta la distanza della maratona. È stata la seconda gara a Gaza in due anni. Il vincitore dell'anno scorso, Nader al-Masri, ha trionfato anche in questa edizione, ma a causa del maltempo ha raggiunto il traguardo solo dopo 3 ore e 20 minuti, un risultato di un'ora peggiore rispetto a quello dell'anno scorso. Alla gara hanno partecipato anche atleti francesi e statunitensi. La maratona, ha spiegato Abu Hassna, è un'opportunità per mettere in rilievo le difficili condizioni di vita nella Striscia di Gaza e raccogliere fondi per i campi estivi.

(LaPresse, 1 marzo 2012)

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Provera in Israele: «Avete già pagato un prezzo troppo alto»

L'europarlamentare ha parlato della minaccia di un nuovo Olocausto da parte dell'Iran.

Fiorello Provera e il ministro degli Interni
israeliano Eli Yishai
Missione in Israele per il vicepresidente della Commissione affari esteri del Parlamento europeo Fiorello Provera che ha avuto l'onore, sin qui riservato a pochissimi esponenti politici italiani, di parlare alla Knesset, il parlamento israeliano. Durante il suo viaggio, accompagnato da un rappresentante del governo regionale della Samaria, nella zona centrale del Paese, Provera si è recato presso l'abitazione nella quale proprio un anno fa furono trucidati i cinque membri della famiglia Vogel, i genitori e i tre figli di tre mesi, tre e 11 anni, da due terroristi islamici: una strage che ha colpito duramente il popolo ebraico.

- Rapporti UE
  Nel suo discorso a Gerusalemme Provera si è soffermato sui rapporti tra l'Unione europea e Israele, sui quali pesano antichi pregiudizi che boicottano e discriminano ingiustamente un Paese all'avanguardia in campo medico, scientifico, tecnologico e agricolo. Nell'occasione ha presentato ai parlamentari israeliani la neonata Fondazione per l'Europa della Libertà e della Democrazia, di cui è stato eletto presidente, che riunisce, insieme alla Lega Nord, altri partiti politici di centrodestra di sette Paesi: "Attraverso questa fondazione vorremmo lavorare insieme per migliorare la cooperazione in Europa - ha detto -. Le porte sono aperte: siamo pronti ad ascoltarvi e ad affrontare con voi la sfida di far riconoscere Israele quale alleato dell'Unione europea". Provera ha concluso il suo discorso con un riferimento diretto alla minaccia di un nuovo Olocausto che viene dall'Iran, a torto sottovalutata, che il popolo d'Israele non può ignorare, nonostante abbia già pagato un prezzo troppo alto.

- Incontri
  Durante la visita, Provera ha incontrato i maggiori esponenti politici dello Stato d'Israele: il presidente della Knesset Reuven Rivlin, il ministro degli Interni Eli Yshai, il ministro dell'Informazione e della Diaspora Yuli Edelstein, il viceministro degli Esteri Danny Ayalon, la deputata Lia Shemtov, il governatore della Regione della Samaria Gershon Mesika, i capi della tribù beduina Al Krinawi.

(Vaol.it, 1 marzo 2012)

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Gazprom in Israele per un'eventuale cooperazione

TEL AVIV, 1 mar. - Dirigenti del gigante del gas Gazprom sono stati nei giorni scorsi in visita in Israele per valutare una possibile cooperazione con rappresentanti di Delek, operatore dei giacimenti di gas al largo delle coste israeliane. I rappresentanti russi stanno valutando la possibilita' di comprare gas o di stabilire una partnership per lo sfruttamento del giacimento Leviathan; tuttavia, non sembra ancora chiaro quali siano gli obiettivi di Gazprom. Se da un lato l'entrata della compagnia russa potrebbe avere implicazioni strategiche e politiche significative per Israele, dall'altro il rischio che Gazprom possa bloccare l'eventuale export di gas israeliano verso l'Europa desta preoccupazioni. Infatti, nonostante Leviathan non possa competere con i grandi bacini russi, i prezzi e le tipologie di contratti firmati dalle compagnie israeliane potrebbero creare spiacevoli precedenti per Gazprom

(AGI, 1 marzo 2012)

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Zevadia, ambasciatrice del riscatto

  
     Belaynesh Zevadia
"Un messaggio forte e chiaro contro ogni forma di razzismo e discriminazione nella nostra società". Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri non particolarmente amato dall'opinione pubblica internazionale, commenta così la nomina di Belaynesh Zevadia ad ambasciatrice di Israele in Etiopia. È un giorno storico per Israele e per la sua folta comunità etiope: è la prima volta infatti che un esponente dei Beta Israel (i molti etiopi emigrati nel paese dagli anni Settanta del secolo scorso) viene scelto come rappresentante diplomatico dello Stato ebraico. La decisione arriva sulla scia di recenti episodi di intolleranza che hanno fatto discutere sullo stato di integrazione di una realtà che, a distanza di circa un trentennio dal suo primo insediamento, non sembra ancora perfettamente amalgamata con le tante anime e identità di Israele. Tra i casi più eclatanti riportati dai media nazionali, la pubblicazione di un rapporto secondo il quale alcuni abitanti di Kiryat Gan, città del Distretto Sud, si sarebbero rifiutati di affittare i propri appartamenti a famiglie Beta Israel. Un episodio che aveva suscitato lo sdegno di molti e a cui era seguita una partecipata manifestazione di protesta davanti al Parlamento.
In Israele vivono oggi oltre 100mila ebrei falascià. Frequenti sono purtroppo i casi di degrado e di alienazione anche se con lo scorrere del tempo, nel passaggio da una società tribale a un mondo decisamente più moderno e tecnologizzato, la strada percorsa dalle nuove generazioni, dai più giovani, fa ben sperare. La nomina della 43enne Zevadia, emigrata in Israele in età adolescenziale, è in questo senso esemplare. Ricco curriculum di studi, esperienze professionali in Texas e Illinois, la neo ambasciatrice è consapevole di aver aperto una breccia decisiva. "La mia nomina - ha commentato emozionata - è la prova che lo Stato di Israele dà opportunità a tutti, anche agli immigrati".

(Notiziario Ucei, 1 marzo 2012)

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In Israele ne succedono di tutte

Il primato di più clamoroso autogol della storia, conseguito a Tel Aviv solo venti giorni fa , è stato superato da un altro autogol, avvenuto ieri a Haifa. Questa volta è stato il portiere stesso ad esserne l'autore.
L'israeliana Maccabi Haifa gioca in amichevole contro l'ucraina Dynamo Kiev. Spira un vento fortissimo. Il portiere israeliano gioca una rimessa di piede "sottovento", il pallone vola alto e il vento lo trasforma in un boomerang. Tutto poteva aspettarsi il portiere tranne che vedersi ritornare indietro il pallone verso la sua porta. Quando se ne accorge cerca di fermarlo, ma invano.
Primato di autogol battuto: Haifa batte Tel Aviv 1-0.



(Notizie su Israele, 1 marzo 2012

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Israele compra 30 aerei a Finmeccanica ma il governo Monti fa finta di nulla

di Menachem Gantz

Una settimana e mezzo fa il direttore generale del ministero della Difesa israeliano, Udi Shani, ha annunciato che lo Stato d'Israele acquisterà 30 aerei da addestramento M-346 dell'italiana Alenia-Aermacchi. Per anni in Italia diplomatici, militari e imprenditori hanno operato per promuovere la proposta italiana che ha condotto al più grosso affare nel campo militare mai firmato tra Israele e lo Stivale. Secondo fonti coinvolte nelle trattative, l'affare si è concluso con una decisione a favore dell'Italia, piuttosto che della Corea, grazie all'impegno di reciprocità assunto dagli italiani: l'acquisto di aerei d'intelligence fabbricati dalla IAI, oltre allo sviluppo ed alla produzione di un satellite d'avanguardia sempre in campo d'intelligence. Il valore complessivo dell'affare si aggira intorno a due miliardi di dollari....

(l'Occidentale, 1 marzo 2012)

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Sinagoga di Trani, da domani sera si terranno le tefilloth dello Shabbath Zachor

Presso la Sinagoga Scolanova di Trani si terranno le tefilloth dello Shabbath Zachor da venerdi sera 2 marzo (ingresso dello Shabbath a Trani alle ore 17:28) a sabato sera 3 marzo (uscita dello Shabbath a Trani alle ore 18:29); le tefilloth saranno tenute dal Maskil Marco Dell'Ariccia.
Durante lo Shabbath Zachor (che è il Sabato precedente la festa di Purim) si legge, oltre alla parashà (parte della Torà) della settimana, anche il brano dal Deuteronomio (25;17-19) in cui si racconta dell'attacco subito dagli ebrei in fuga dall'Egitto da parte della tribù di Amalek, avo del perfido Amàn.
Anche nella Haftarà (ossia il Salmo che si legge dopo la parashà) la lettura richiama Amàn; essa, infatti, narra infatti la lotta tra Re Saul e Agag, re di Amalek.
Lo Shabbath Zachor è molto importante per prepararsi degnamente al Purìm; tutti gli ebrei sono tenuti ad ascoltare la lettura del Sefer nello Shabbath Zachor.

(il Giornale di Trani, 1 marzo 2012)

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Calcio - Israele-Ucraina 2-3

Non sono serviti gli ottimi 45 minuti di Eran Zahavi ad evitare alla nazionale israeliana l'ennesima sconfitta. L'esordio del nuovo tecnico Eli Gutman è terminato con uno scoppiettante 3-2 per l'Ucraina, in cui i padroni di casa di Israele hanno faticato notevolmente a tenere il passo di Gusev e compagni. L'ingresso in campo di Zahavi all'inizio della ripresa ha dato un po' di vivacità alla manovra, col trequartista rosanero impiegato prima in posizione centrale e poi da seconda punta. L'impatto di Zahavi con la gara è stato positivo, il fantasista ha creato diversi pericoli alla porta avversaria, pur non entrando direttamente nelle azioni dei due gol.

(Mediagol, 1 marzo 2012)

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Notizie archiviate

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