Caritas Jerusalem: colonie e muro mine al processo di pace
CITTA' DEL VATICANO, 31 lug - La ripresa del processo di pace tra israeliani e palestinesi ''è un fatto positivo, perché l'unico modo di risolvere i problemi è negoziare''. Ma le condizioni in cui avviene non lasciano spazio a troppe aspettative, perché ''ci sono troppi ostacoli alla soluzione dei 'due popoli-due Stati', a partire dagli insediamenti di coloni che Israele continua a costruire nei Territori palestinesi''.
Cosi il sacerdote palestinese Raed Abusahliah, direttore generale di Caritas Jerusalem, riporta all'agenzia vaticana Fides le considerazioni diffuse tra i cristiani arabi di Terra Santa rispetto alle nuove trattative in corso tra Israele e Autorità palestinese su impulso dell'amministrazione Usa. Secondo padre Raed, l'inizio di un negoziato è sempre una buona notizia, ed è appropriata ''anche la decisione di porsi una scadenza, nove mesi, per arrivare a un accordo''. D'altro canto, ''la parte palestinese appare debole: il presidente Abu Mazen non ha l'appoggio di Hamas, e anche alcuni gruppi dell'Olp contestano la base su cui si è iniziato a discutere''.
In particolare, ogni eccessiva aspettativa sull'esito dei nuovi negoziati secondo il sacerdote arabo viene fatalmente contraddetta dalla politica dei fatti compiuti portata avanti dal governo israeliano. ''Temo che la soluzione 'due Stati per due popoli' - spiega padre Raed - venga resa impraticabile dai fatti: dentro i Territori palestinesi ci sono già centinaia di insediamenti abitati da migliaia di coloni ideologicamente orientati, e continuano a costruirne di nuovi. Chi ha la forza e l'intenzione di convincerli a andarsene? E poi c'è il muro di separazione che gli israeliani stanno costruendo e che proveranno a proporre come nuovo confine, anche se non corrisponde alla frontiera stabilita dall'Onu nel 1967 e comprende parecchi Territori palestinesi''.
Dal punto di vista delle Chiese e delle altre comunità religiose - sottolinea il direttore di Caritas Jerusalem - ''l'accordo dovrebbe tutelare la libertà di movimento e di accesso ai Luoghi Santi che è incredibilmente diminuita dall'inizio delle trattative israeliano-palestinesi. Dopo gli accordi di Oslo la libertà d'accesso ai Luoghi Santi non è più garantita. Tante città, compresa Ramallah, sono circondate da posti di blocco. Occorrono garanzie internazionali per l'applicazione di ogni eventuale accordo, soprattutto per quanto riguarda la libertà di accesso ai Luoghi Santi''.
(ANSAmed, 31 luglio 2013)
E il solito atteggiamento della Chiesa Cattolica istituzionale: un insieme di compassionevoli discorsi moralistici miranti a fini interessati e sostenuti con argomenti di menzogna. Non vale nemmeno la pena di provare a contrastarli. M.C.
Ha suscitato ampio e rinnovato interesse l'annuncio dell'edizione 2013 della manifestazione Lech Lechà - Settimana di Arte, Cultura e Letteratura Ebraica in programma dal 25 agosto al 2 settembre prossimi nelle città pugliesi di Trani, Barletta, Brindisi, Manfredonia, San Nicandro Garganico, Sogliano Cavour; in calendario anche un appuntamento romano. E proprio nella Capitale si è tenuta questa mattina (31 luglio) la conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa presso il Centro Bibliografico dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane, sul Lungotevere Sanzio. Alla conferenza erano presenti l'avv. Renzo Gattegna, Presidente dell'UCEI (Unione Comunità Ebraiche Italiane), Pier Luigi Campagnano, Presidente della Comunità Ebraica di Napoli, l'avv. Cosimo Yehuda Pagliara, esponente di spicco della comunità ebraica pugliese, e Francesco Lotoro, direttore artistico della manifestazione.
Dalla conferenza è emerso chiaramente come gli obiettivi principali della Settimana di arte, cultura e letteratura ebraica Lech Lechà 2013 siano il ritorno, la diffusione e la conoscenza dell'ebraismo e dei suoi valori nel Sud muovendo dalla recente 'rinascita' della storica comunità ebraica di Trani, riappropriatasi dopo secoli dell'antica sinagoga di Scolanova. A tal proposito - come ha ricordato il Presidente Gattegna - "anni fa riscoprire le radici ebraiche in diverse regioni d'Italia sembrava a molti solo un sogno. In tanti hanno però accolto con noi la sfida di tale riscoperta e oggi quel sogno è diventato realtà in quanto è cresciuta l'attenzione nei confronti della cultura ebraica. Abbiamo riaperto la sinagoga a Trani, diventata punto di riferimento per gli ebrei di Puglia e per tutti coloro che vogliono conoscere la cultura ebraica. Voglio però precisare che la nostra non vuole essere opera di proselitismo, ma soltanto la scoperta di una cultura che per molti anni è stata dimenticata anche nelle scuole, forse perché ricorda momenti tragici della storia d'Italia. La finalità di iniziative come Lech Lechà è dunque quella di far emergere una realtà che merita di essere portata a conoscenza di tutti, soprattutto dei giovani."
La conferenza romana ha quindi dato eco ai saluti e agli apprezzamenti di Pasquale Cascella, sindaco di Barletta, una delle città che ospitano e patrocinano la Settimana di arte, cultura e letteratura ebraica. Gattegna ha infatti voluto ringraziare Cascella "sindaco di Barletta ed ex portavoce e primo consigliere dell'attuale Presidente della Repubblica, che ha riservato grande attenzione alla comunità ebraica di Roma durante il primo settennato di Napolitano. Oggi, anche se non presente a questa conferenza, ha voluto farci arrivare un suo messaggio ". Si è quindi proceduto alla lettura del messaggio di Cascella il quale ha sottolineato come "riscoprire e valorizzare la presenza ebraica nelle regioni meridionali d'Italia significa tornare alle antiche radici che affondano in queste nostre terre. In particolare, in Puglia trovano testimonianze preziose nel tessuto urbano, nel patrimonio artistico e culturale, nella stessa lingua e nelle diverse identità delle nostre comunità. Una manifestazione come la Settimana dell'arte, cultura e letteratura ebraica rappresenta sicuramente un'occasione per ritrovarsi e riflettere. Ognuna delle nostre città che partecipano alla rassegna, come Barletta, può e deve fornire il suo contributo affinché si possano riannodare i fili della pace e della collaborazione tra i popoli."
Su questo punto l'avv. Cosimo Yehuda Pagliara, che ha moderato l'incontro, ha ribadito come sia in atto "un risveglio dell'ebraismo in Puglia Lo notiamo perché in questi 10 anni abbiamo visto crescere l'interesse per qualcosa che non riguarda solo il passato, incrementarsi l'attenzione per qualcosa che 'esiste', che è presente e che fa parte della vita, della quotidianità degli ebrei. In passato tutto ciò sembrava solo un sogno, oggi è realtà. La presenza ebraica in a dire il vero non è mai scomparsa del tutto, ma questo risveglio di memoria e di interesse fa si che la vita ebraica torni ad essere percepita come un aspetto della quotidianità".
La parola è quindi passata al direttore artistico della manifestazione, Francesco Lotoro, il quale ha illustrato alcuni dei ben 111 eventi che compongono il cartellone di Lech Lechà 2013: "fra gli altri eventi che compongono il ricco cartellone di questa edizione, posso citare i convegni Ebraismo e Islam con l'imam Yahya Pallavicini e Presupposti di giustizia nella disobbedienza civile con il magistrato Ferdinando Imposimato, Luigi Pannarale e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, in programma per il 27 e 29 agosto presso la Biblioteca G. Bovio di Trani; poi la presentazione del libro di Anna Foa 'Diaspora' (edito da Laterza) in programma il 26 agosto presso la Sala Rossa del Castello di Barletta; la conferenza Il Dibbuk nella tradizione mistica ebraica con Tullio Levi e Fabrizio Lelli, in programma il 27 agosto presso il Palazzo Nervegna di Brindisi; sempre Tullio Levi sarà protagonista con Ugo Volli e Rav Scialom Bahbout dell'incontro Israele e la Diaspora previsto per il 28 agosto alla Biblioteca 'Bovio' di Trani. Importante anche l'allestimento dell'opera lirica Der Kaiser von Atlantis scritta nel campo di Terezin da Viktor Ullmann, che sarà rappresentata domenica 25 agosto per la prima volta nella sua versione definitiva presso il Cineteatro Impero di Trani, con la regia di Gianluigi Belsito. E poi il Corso di Ebraismo articolato in corso-base (la mattina) e corso avanzato (il pomeriggio), nell'ambito di un vasto programma generale che prevede anche visite guidate, proiezione di film (fra gli altri 'Yentl', di Barbra Streisand e 'The Believer' di Henry Bean saranno due fra i capolavori in programma per la rassegna 'Un ebreo a Hollywood'), appuntamenti con la cucina Kasher presso il ristorante Il Marchese del Brillo di Trani, Shabbat all'aperto con una serie di eventi in piazza. La seconda edizione di Lech Lechà si avvierà a conclusione il 31 agosto a Trani con una lezione sulla Cabalà tenuta da Daniel Eldar e introdotta da Rav Scialom Bahbout; seguirà La Notte dell'Ebraismo Tranese con danze e musiche per tutti coloro che vorranno partecipare, promenade su Via La Giudea (antico quartiere ebraico di Trani) accompagnati da animatori in abiti d'epoca e grigliata finale di carne kasher. Gli eventi pugliesi, saranno seguiti dall'appuntamento romano dell'1 settembre presso la Sala Consiglio Comunità Ebraica, dove alle 18,30 si terrà la conferenza Economia e Cabalà, due mondi incredibilmente vicini con Rav Scialom Bahbout e Daniel Eldar. Lech lechà 2013 si concluderà lunedì 2 settembre a Roma presso la Sala Protomoteca del Campidoglio, dove alle 20,00 si terrà il concerto-spettacolo Bravo! Da Capo! Il Cabaret nei Lager durante la 2a
Guerra Mondiale con l'Orchestra Musica Concentrationaria diretta dal Mo Paolo Candido."
Promosso e sostenuto dall'Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, dalla Comunità ebraica di Napoli e dal Comune di Trani (che ha inserito Lech Lechà nelle iniziative del 950mo anniversario della promulgazione degli Statuti Marittimi), Lech Lechà 2013 è patrocinato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dai Comuni di Barletta, Brindisi, Manfredonia, San Nicandro Garganico, Sogliano Cavour, attestandosi come uno dei più importanti eventi dell'ebraismo italiano e momento ideale per la promozione dei valori dell'interculturalità.
(Puglia live, 31 luglio 2013)
Sei mesi di carcere a un negazionista
Un 55.enne di Ginevra ha pubblicato 50 articoli antisemiti sul web: pena sospesa
GINEVRA - Un 55.enne è stato condannato oggi a Ginevra a sei mesi di carcere con la sospensione condizionale per aver pubblicato in internet una cinquantina di articoli a carattere antisemita. Già in passato, l'uomo si era distinto per aver diffuso scritti negazionisti.
L'individuo è stato riconosciuto colpevole di discriminazione razziale nonché di calunnia, per aver qualificato di "organizzazione ignobile" il Coordinamento intercomunitario contro l'antisemitismo e la diffamazione (Cicad).
Il ginevrino è pure stato condannato per disobbedienza a decisioni dell'autorità per aver rifiutato a svariate riprese di ritirare gli articoli incriminati.
Infine, l'imputato è stato riconosciuto colpevole di impedimento di atti dell'autorità: irritato per il procedimento avviato nei suoi confronti e umiliato per essere stato costretto a subire una perquisizione corporale, l'uomo aveva sputato contro una giudice, provocando la sospensione di una precedente udienza.
Il Tribunale di polizia non ha seguito la richiesta del Ministero pubblico, che sollecitava una condanna a quattro mesi di carcere. Il ginevrino dovrà tuttavia sottoporsi ad un periodo di prova di tre anni. Gli articoli in causa erano stati diffusi fra gennaio 2010 e maggio 2013.
(Corriere del Ticino, 31 luglio 2013)
Arkady Gendler, 90 anni da yiddish rockstar
di Gianluca Grossi
Ha attraversato l'intero '900 con la sua musica, diffondendo il verbo yiddish in tutta Europa. E cantando per far felici le persone senza pensare mai ad un ritorno economico o d'immagine.
C'è una piccola regione, dove Ucraina e Moldavia s'incontrano, si chiama Bessarabia. Qui nel 1921, a Soroke, nasce uno dei più leggendari cantanti yiddish: Avrom (Arkady) Gendler. E' il decimo figlio di una famiglia poco abbiente ma culturalmente molto ricca, dove la musica regna sovrana. I fratelli maggiori organizzano periodicamente rassegne teatrali, incentrate sulla cosiddetta musica "yiddish".
E' una realtà musicale tipica degli ebrei askenaziti, riconducibili alla Renania del X secolo, che si diffusero in gran parte dell'Europa dell'Est, portando in giro musica e lingua, con rimandi alla lessicologia gotica. Puntualizza il musicologo italiano Enrico Fubini, nel suo saggio La musica nella tradizione ebraica: "Si potrebbe affermare che tutto l'ebraismo, la sua stessa essenza, è una musica, o meglio una forma di musica, o, in altre parole, un tentativo di imporre una forma al tempo".
YIDDISH, NON KLEZMER
La canzone yiddish, però, non va confusa con la musica klezmer, altro nome che circola molto spesso quando si parla di musica askenazita, rappresentando, infatti, un genere diverso, basato su un vasto repertorio vocale che include testi religiosi, profani, alcuni relativamente antichi, altri poetici e modernisti.
La musica klezmer e la canzone yiddish si sono semplicemente trovate a condividere il palcoscenico in parte nel teatro yiddish (in Europa, e nelle Americhe), e soprattutto nel "revival" della musica ebraica di origine est-europea che ha preso piede soprattutto negli anni Ottanta negli USA; ci sono peraltro casi particolari, come Erev shel shoshanim, una canzone notissima israeliana, in ebraico, che nulla ha a che vedere con la musica klezmer, con la canzone yiddish, o con il revival della klezmer music.
DA SARTO A SOLDATO
Gendler cresce nutrendosi anche della cultura rumena, poiché, al tempo, Soroke era parte dello stato facente capo a Bucarest. Ma in casa si parla esclusivamente yiddish e ogni momento è buono per riportare in auge antiche tradizioni e retaggi musicali: il piccolo Avrom cresce ascoltando tutte le sere dai genitori e dai fratelli filastrocche per bambini, canti, poesie, parodie teatrali, inni religiosi e addirittura brani a sfondo politico. Frequenta intanto la scuola elementare ebraica e i primi due anni delle medie; in seguito per via delle ristrettezze economiche della famiglia è costretto ad abbandonare gli studi per aiutare il padre nell'attività sartoriale.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale combatte nell'esercito russo. Nei momenti liberi è invitato dagli altri commilitoni a cantare brani yiddish per sollevare il morale delle truppe. Per lui è un onore, lo fa con grande piacere, mostrando l'eccezionale dimestichezza con il repertorio askenazita e dando prova della sua immensa cultura. Il ritorno a casa, però, è tutt'altro che gioioso. Alla fine del conflitto sopravvivono solo lui, un fratello e una sorella; agli altri del "clan" l'Olocausto non lascia scampo.
Dopo la guerra torna a scuola, frequentando dei corsi serali gratuiti. Continua l''attività di sarto che gli permette di autofinanziarsi gli studi superiori e infine diplomarsi in chimica. Lascia la Bessarabia per trasferirsi in Ucraina, a Zaporozhye, dove viene impiegato in un centro specializzato nello studio dei polimeri, macromolecole che si pensa possano rivoluzionare il mondo tecnologico. Finalmente può godere di una certa comodità finanziaria, mettere su famiglia e iniziare, ufficialmente, la sua "missione" musicale.
VERBO YIDDISH
Comincia a girare il mondo diffondendo un po' ovunque il verbo yiddish. Cantando, suonando e insegnando. La sua carriera musicale, benché lontana dal professionismo, continua imperterrita ancora oggi che ha appena compiuto 91 anni. "E' una risorsa infinita, per le nostre vite e culture", scrive Vladislav Davidzon su "Tablet Magazine", "una persona saggia, radiosa, di grande spessore umano".
Davidzon è andato a fargli visita in Ucraina, dove abita dal 1952, in un appartamento sommerso da libri, giornali, dischi e piccoli oggetti d'arte e cita anche il parere di artisti in voga come Socalled, rapper e produttore discografico canadese (all'attivo ottimi dischi come "Ghetto-Blaster"), abituato all'hip hop quanto alla musica klezmer. "Socalled è innamorato di Gendler e piange tutte le volte che ascolta un suo brano". Gendler colpisce anche per la sua umiltà. "Ha sempre cantato per fare felici le persone, senza mai pensare a un ritorno economico o d'immagine", chiude Davidzon.
SALVAGUARDIA DALL'OBLIO
Ma oggi, finalmente, chiunque può godere dell'eccezionale bagaglio culturale maturato nella sua lunga vita da Arkady, grazie a un cd uscito di recente per la Golden Horn Records, intitolato "Yidishe Lider". Non avrebbe visto la luce senza l'aiuto del clarinettista Christian Dawid, che ha lanciato e appoggiato il progetto, registrando canzoni che non erano mai finite su disco e salvaguardando un mondo destinato all'oblio.
Le registrazioni sono avvenute a Vienna nel 2011, presso l'Home-music studios di Georg Luksch. Accompagnano la voce di Arkady, il piano e la fisarmonica di Alan Bern, il violino di Nandor Szederkenyi e, naturalmente, il clarinetto e il sassofono di Christian Dawid. ""Yidishe Lider" è il frutto di uno straordinario progetto per onorare la vita e il lavoro di Arkady Gendler", racconta Helen Beer su "Songlines". "Il cd comprende brani antichissimi imparati dall'autore durante l'infanzia, di cui non si conoscono le origini, e altri composti dal maestro negli ultimi anni, la maggior parte dei quali mai proposti dal vivo". Un cd di "amore, speranza e malinconia", lo definiscono i critici, dove convergono i respiri di migliaia e migliaia di vite che hanno fatto la storia d'Europa degli ultimi secoli. Rimandi alla musica mitteleuropea come l'emozionante "Es shvebt a lid iber Parizh", un valzer delicato e incalzante con una melodia struggente che parafrasa l'intero Novecento.
(Osservatorio Balcani & Caucaso, 31 luglio 2013)
Lo Stato nega pure il vitalizio agli ebrei perseguitati
di Clemente Pistilli
Rappresentanti delle istituzioni in prima fila nel giorno della memoria, impegnati a organizzare viaggi ad Auschwitz per le scolaresche e presenti in ogni dibattito per dire mai più a un orrore come quello della Shoah. Tutti compatti persino per condannare il compleanno del centenario Priebke. Quando si tratta però di riconoscere un minimo di sostegno a chi la persecuzione razziale l'ha vissuta sulla propria pelle ed è ancora in vita, trascorsi 75 anni dalla promulgazione delle leggi razziali e cresciuta notevolmente la sensibilità pubblica per la ferita mai rimarginata dei campi di sterminio, le cose sembrano cambiare. Lo stesso Stato dà battaglia sul fronte legale per negare quel minimo di sostegno economico agli ebrei vittime della persecuzione nazifascista, sostegno previsto da leggi dello Stato stesso. Sempre più spesso, a distanza di così tanti anni, anziani che hanno dovuto fare i conti con discriminazioni di ogni tipo e rastrellamenti delle SS sono così costretti a varcare la soglia di un tribunale, a bussare al Tar o alla Corte dei Conti per vedersi concedere quei minimi benefici loro dovuti per legge.
L'ULTIMA SENTENZA
Il pronunciamento più recente su tale fronte è quello della III sezione del Tar del Lazio, che ha accolto i ricorsi presentati da una studiosa, Giuliana Piperno Beer, contro la Commissione per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e contro il Ministero dell'Economia e Finanze, che le avevano negato il riconoscimento della qualifica di perseguitato razziale e il relativo vitalizio. Il motivo? Per Palazzo Chigi e per il Mef, essendo la donna nata a Roma il 22 gennaio 1944 ed essendo la Capitale stata liberata dagli Alleati il 4 giugno dello stesso anno, la donna non aveva riportato alcun pregiudizio fisico, economico o morale per vedersi riconoscere la qualifica e il beneficio richiesti. Tesi che Presidenza del Consiglio e Ministero, tramite l'avvocatura dello Stato, sono tornati a sostenere davanti al Tribunale amministrativo, dando battaglia contro quei contenziosi portati avanti dalla 69enne assistita, come tanti altri nelle sue stesse condizioni, dall'avvocato romano Raffaele Pendibene. Per lo Stato non avrebbe avuto alcun pregio quanto documentato da Giuliana Piperno Beer, ovvero di essere nata in condizioni di grandi difficoltà, in una "clinica di fortuna", con le false generalità di Giuliana Marini, e di essersi vista scrivere sulla certificazione anagrafica "razza ebraica". Niente benefici nonostante la legge sugli ex perseguitati razziali preveda che «il pregiudizio morale è comprovato anche dalla avvenuta annotazione di razza ebraica sui certificati anagrafici». Entrambi i ricorsi sono stati accolti dal Tar, che ha annullato i provvedimenti impugnati. I giudici hanno specificato che, «in considerazione della drammaticità degli eventi storici considerati, tali da aver più volte postulato l'intervento normativo in favore di coloro che di quegli eventi sono stati vittime, l'accertamento dei presupposti, cui le norme fanno conseguire l'attribuzione di determinati benefici, al quale pure l'amministrazione deve provvedere, non può che essere parametrato alla drammaticità delle condizioni evocate, alla natura delle circostanze, ed ora anche al notevole lasso di tempo trascorso». E ancora: «Ciò significa che la prova in ordine alla sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio di legge, lungi dall'ancorarsi ad un rigido dato documentale, deve essere conseguita attraverso ogni possibile valutazione, anche secondo il criterio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, del cosiddetto "più probabile che non". La prova della sussistenza dei requisiti di legge non incombe solo sul richiedente il beneficio, ma anche sulla stessa pubblica amministrazione, che non può limitarsi a riscontrare un difetto o insufficienza di prova fornita dall'interessato, ma deve essa stessa accertare, anche in base alla mera valutazione dei fatti e in via presuntiva, tale sussistenza».
IL MONITO DEI GIUDICI
Due sentenze quelle emesse dal Tar che suonano come monito alle istituzioni. I giudici sostengono che «il presupposto cui la norma ricollega l'attribuzione di determinati benefici è costituito da uno dei maggiori drammi della storia che, nella sua negativa incommensurabilità, rende anche lo stesso sindacato giurisdizionale, e prima ancora l'esercizio di potestà amministrativa, consapevole della propria sostanziale inadeguatezza di fronte ad esso e alle conseguenze sui soggetti coinvolti». I provvedimenti annullati sono stati ritenuti dal Tar illogici e irrazionali: «Tenuto conto che la ricorrente è nata il 22 gennaio 1944 e Roma è stata liberata dal regime nazifascista il 4 giugno 1944, la parte ricorrente è stata assoggettata ad un regime e relative leggi persecutorie di carattere razziale, come dimostra al di là di qualsiasi possibile o ragionevole dubbio il certificato suddetto e l'avvenuta nascita della ricorrente in condizioni certamente di emergenza, in un convento romano che all'epoca forniva rifugio e assistenza agli ebrei di Roma durante l'occupazione nazista della città». Il danno subito? Di natura morale, il «più grave e odioso proprio quando rivolto contro soggetti minori e indifesi».
LA BATTAGLIA DELLA CENTENARIA
Numerosi i contenziosi del genere, con lo Stato sempre pronto a dire no e a fare appello contro sentenze favorevoli agli ex perseguitati. Emblematico il caso di Adele Drutter, che a fine giugno, all'età di 103 anni, è tornata a bussare alla porta dei giudici, chiedendo al Tar di annullare il provvedimento con cui le è stato negato il beneficio quale orfana della perseguitata Sara Papo, arrestata a Roma e morta ad Auschwitz. Nel 2007, accogliendo il ricorso del Mef, la Corte dei Conti aveva tolto alla donna l'assegno di 430 euro, sostenendo che Adele Drutter aveva «subito discriminazioni che furono comuni a tutti i cittadini di religione ebraica». Come dire: nulla di speciale.
(La Notizia, 31 luglio 2013)
Leo Leiderman a capo della Banca d'Israele
GERUSALEMME - L'economista israeliano di origine argentina Leo Leiderman sarà il nuovo governatore della Banca d'Israele. Lo hanno annunciato il premier Benyamin Netanyahu e il ministro delle Finanze Yair Lapid. La sua scelta giunge due giorni dopo la rinuncia dell'economista Yaakov Frenkel di rivestire quella carica, in seguito alle polemiche per un "malinteso" di cui era stato protagonista anni fa al duty-free di Hong Kong.
(Corriere del Ticino, 31 luglio 2013)
"Su Israele e l'Italia gravissime farneticazioni"
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
«Suscitano indignazione e inquietudine, le recenti gravissime affermazioni di Manlio Di Stefano, parlamentare del Movimento Cinque Stelle, secondo il quale "il problema israeliano" rischia di "ledere la comunità ebraica" e che aggiunge "noi non abbiamo nulla contro di loro, ma la loro immagine a livello internazionale è compromessa da eventuali violazioni dei diritti".
In questo caso è necessaria una risposta molto chiara. Qui non ci si trova solo di fronte a farneticazioni infondate e ingiustificate sotto il profilo dei rapporti internazionali, rivolte contro un Paese da sempre amico dell'Italia e contro l'unica isola di democrazia e di progresso nel mezzo di una regione devastata dalle dittature e afflitta da quotidiane violazioni dei diritti fondamentali.
Si tratta del vergognoso tentativo di dividere il destino del popolo ebraico da quello dello Stato di Israele. E' una minaccia che tutti gli ebrei italiani e con essi tutti gli italiani che conoscono la storia e hanno a cuore gli ideali della libertà e della democrazia, devono respingere con sdegno.»
(Notiziario Ucei, 31 luglio 2013)
Nonostante le minacce, Eric Burdon canterà in Israele
Il leggendario rocker britannico Eric Burdon canterà domani, 1o
agosto, in Israele. Il suo manager in un primo tempo aveva annullato il concerto a causa delle minacce ricevute.
Secondo il servizio di notizie "The Times of Israel", Burdon è arrivato in Israele lunedì, in modo da poter fare la rappresentazione, come previsto, giovedi prossimo a Binjamina-Giv'at_Ada. La scorsa settimana il manager del cantante aveva annunciato che Burdon non sarebbe venuto in Israele a causa dei messaggi di minacce che arrivavano tutti i giorni.
Non si sa che cosa abbia convinto Burdon e la sua band "The Animals" a dare ugualmente il concerto in Israele. La data della rappresentazione è apparsa di nuovo senza commenti sulla homepage del cantante.
(israelnetz.com, 31 luglio 2013 - trad. www.ilvangelo-israele)
Basel - Maccabi Tel-Aviv 1-0
I campioni di Svizzera creano molte occasioni ma devono accontentarsi del gol di Valentin Stocker.
di Mark Bennett
Il gol al 39' di Valentin Stocker permette all'FC Basel 1893 di battere con il minimo scarto il Maccabi Tel-Aviv FC. La squadra svizzera domina per lunghi tratti ma trova solo il gol del 24enne che batte Juan Pablo con un rasoterra sul servizio di Marcelo Díaz. Sembra il primo di molti gol, ma Mohamed Salah si oppone alla grande sul 'tentativo' di autogol di Yoav Ziv sul pericoloso cross di Mohamed Salah. Lo stess Salah spreca mandando a lato un pallonetto da ottima posizione.
L'unica chance per gli ospiti arriva a 20 minuti dalla fine quando l'esperto centrocampista svedese Rade Prica entra in area da sinistra e fredda Yann Sommer, ma il pallone si stampa sulla traversa.
IL RAMMARICO DI PRICA
"Probabilmente questa notte non dormirò", ha ammesso l'attaccante del Maccabi Tel-Aviv FC Rade Prica dopo aver colpito la traversa nella sfida persa 1-0 dalla sua squadra contro l'FC Basel 1893. Ma devo dimenticarla il prima possibile e un'altra opportunità arriverà anche nella prossima partita. Siamo una squadra forte in casa, sostenuti da un pubblico fantastico. Sembrava che avessimo paura nel primo tempo e non abbiamo giocato bene. Abbiamo fatto decisamente meglio nella ripresa e meritavamo il gol.
SHERAN YEINI, CAPITANO MACCABI
Penso che abbiamo un'ottima opportunità, considerando la nostra forza in casa. Non riesco a spiegarmi la nostra prestazione del primo tempo. Il mio migliore amico Rade avrebbe dovuto segnare oggi. E' un grande attaccante e segnerà nella prossima partita.
FABIAN FREI, CENTROCAMPISTA BASILEA
Abbiamo giocato bene nel primo tempo ma non è stato lo stesso nella ripresa. Non siamo dei robot e non possiamo giocare pressando per tutti e 90 i minuti. Tuttavia sappiamo che avremmo dovuto gestire meglio la partita perchè il Maccabi è una buona squadra.
(UEFA.com, 31 luglio 2013)
Saviano: "Mosè per me era un amico immaginario, un alleato, un supereroe"
di Gisella Ruccia
"Non ho mai visto Mosè come una una severa figura, la pi importante dell'ebraismo, ma l'ho visto quasi come un alleato, una di quelle figure a cui parlare come un amico immaginario". Sono le parole di Roberto Saviano ai microfoni di "Sorgente di vita", il programma di Rai Due curato dall'Unione delle Comunit Ebraiche Italiane e dedicato alla cultura ebraica. Lo scrittore, che ha aperto quest'anno il Festival internazionale della letteratura e cultura ebraica di Roma, racconta il suo amore e la sua ammirazione per l'ebraismo. "La cultura ebraica non mi ha semplicemente attratto, ma formato" - afferma - "Gli scrittori ebrei mi hanno insegnato a non disperare, a cercare sempre una via d'uscita". E rivela: "I racconti biblici di mio nonno per me sono stati fondamentali. Quando ero bambino, Mosè era davvero un supereroe. Accanto a Batman, Superman, Spiderman, l'Uomo Tigre, c'era Mosè. Lui era il balbuziente che guida un intero popolo, sbaglia di continuo, viene punito sempre per il minimo errore". Saviano aggiunge: "Ci penso spesso a Mosè e penso spesso a me bambino che guardava a Mosè come qualcuno che, anche se sbagliava, sapeva che poteva farcela e poteva farcela a trovare un senso alle cose".
(il Fatto Quotidiano, 31 luglio 2013)
Il dialogo costruttivo per Abbas: "Niente israeliani in Palestina"
Ieri, parlando al Cairo, il presidente palestinese Abbas avrebbe detto, secondo Times of Israel, "Nella risoluzione finale, non vogliamo vedere la presenza neppure di un singolo israeliano, civile o militare, sulle nostre terre". Parlando dei talks, il presidente palestinese avrebbe rimarcato il congelamento totale degli insediamenti israeliani in via di costruzione, stoppando qualsiasi ipotesi di nuove costruzioni dei coloni nei "blocchi" già esistenti.
(l'Occidentale, 30 luglio 2013)
A Jewish Opera, video performance di Davide Casali alla Sinagoga di Siena
Una stanza, della musica che risuona nello spazio e dei monitor dove scorrono le immagini di vita quotidiana di un ebreo, suddivise secondo le tre preghiere giornaliere: Shachrit, Minchà, Arvit. Dopo aver fatto tappa a Trieste e al Museo Ebraico di Venezia, A Jewish Opera di Davide Casali arriva anche a Siena, negli spazi dell'antico matroneo della Sinagoga. L'inaugurazione è per mercoledì 31 luglio alle ore 21.00, con una esibizione live dei musicisti che interpreteranno la musica/colonna sonora della videoarte ideata da Davide Casali. Sarà presente l'artista.
Obiettivo del progetto artistico, che in autunno sarà anche presso il Museo Ebraico di Firenze, è mostrare come gli ebrei vivano la propria vita religiosa in costante rapporto con la società che li circonda, evidenziando la "normalità" dell'agire quotidiano misto alla ritualità.
La vita ebraica è scandita dalle preghiere, che ne ritmano i tempi all'interno della giornata, e accompagnata dalla musica: le preghiere e lo studio sono, infatti, cantate e ritmate con i movimenti del corpo.
La video installazione, attraverso avvolgenti immagini e suoni, permetterà al pubblico di immergersi nella vivida atmosfera della quotidianità ebraica.
La video performance è prodotta dall'Associazione Musica Libera e da "La Stanza" e realizzata grazie al contributo di Regione Friuli Venezia Giulia e CoopCulture.
Davide Casali, triestino, compositore, direttore d'orchestra e di coro, clarinettista, si occupa da sempre di musica e cultura ebraica. Ha fondato nel 1993 The Original Klezmer Ensemble con cui ha inciso diversi Cd e suonato in Europa, Stati Uniti, Giappone e Italia. Da un paio d'anni la videoart è diventata la sua passione realizzando cortometraggi, film, video. Attualmente si esibisce con la Jewish Opera Band suonando il clarinetto con Samuele Orlando (tastiere) e Saverio Gaglianese (basso).
L'installazione è visitabile presso la sinagoga di Siena dal 1 al 31 agosto nei seguenti orari: da lunedì a venerdì 10.30 -15.00; domenica 10.30 -17.30; sabato chiuso.
Sinagoga di Siena
Vicolo delle Scotte, 14
Tel. 0577-271345
sinagoga.siena@coopculture.it
(SienaFree.it, 30 luglio 2013)
Possibile legame tra cancro ed uso intensivo del cellulare
Un nuovo studio condotto da ricercatori israeliani ha scoperto segni di importante stress ossidativo nella saliva di chi usa il cellulare intensivamente.
TEL AVIV - Del legame tra uso del telefono cellulare e possibilità di ammalarsi di cancro negli ambienti scientifici si discute da molto tempo, sebbene i numerosi studi condotti in tutto il mondo non abbiano ancora dimostrato effettivamente un rapporto di causa-effetto. Attualmente i campi magnetici a radiofrequenza alla stregua di quelli prodotti da smartphone e tablet sono classificati come "potenzialmente cancerogeni" (Gruppo 2B) dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC). Un nuovo studio condotto da ricercatori israeliani dell'Università di Tel Aviv, tuttavia, ha trovato un preoccupante indizio che potrebbe in futuro confermare tale eventualità. Analizzando la saliva di un gruppo di volontari, considerati assidui utilizzatori del telefono cellulare (dalle 8 ore mensili in su, sebbene la media era di 30/40), è emerso che le loro cellule presentavano un grado maggiore di stress ossidativo, uno dei fattori di rischio più noti per il cancro. E' stato scelto di analizzare le cellule della saliva poiché le ghiandole salivari sono particolarmente vicine al telefono durante le conversazioni, inoltre il grado di stress ossidativo rilevato era significativamente superiore rispetto a quello del gruppo di controllo, composto da persone che utilizzavano di rado il cellulare o semplicemente per le funzioni non verbali (come l'invio di messaggi, social network et similia). "Questi risultati suggeriscono - ha sottolineato ai margini di una conferenza il professor Yaniv Hamzany, coordinatore della ricerca e capo del dipartimento di otorinolaringoiatria dell'Università di Tel Aviv - che vi è un notevole stress ossidativo nei tessuti e nelle ghiandole che sono prossimi al telefono cellulare quando esso è in uso". Sebbene anche questo studio non abbia presentato un vero e proprio rapporto di causa-effetto, i suoi risultati riflettono le preoccupazioni che da tempo riguardano l'utilizzo di tali dispositivi o le linee Wi-Fi. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Antioxidants & Redox Signaling.
(Net1News, 30 luglio 2013)
"La crisi egiziana terminera' con la distruzione d'Israele"
Il generale di brigata Mohammad Reza Naqdi, comandante della milizia Basij dell'Iran, ha condiviso la sua visione della situazione in Egitto con la stampa.
Naqdi ha detto: "Proprio come dopo la crisi in Libano e' nato Hezbollah e dopo la crisi in Palestina Hamas, si formera' un gruppo di resistenza a seguito dell'attuale crisi in Egitto e tutti i movimenti distruggeranno Israele."
Il generale ha detto che dopo la distruzione di Israele nella regione passera' nel silenzio: "I sionisti devono sapere che, così come e' stato per l'apartheid in passato, il regime sionista diventerà parte della storia."
(La Voce della Russia, 30 luglio 2013)
SkyTran: trasporto cittadino con levitazione magnetica
Trasporto pubblico con veicoli a due posti con levitazione magnetica progettato da SkyTran e NASA.
Sarà Tel Aviv la prima città al mondo con il sistema per il trasporto di massa SkyTran con veicoli a levitazione magnetica. Progettato per ridurre la congestione del traffico urbano, SkyTran dovrebbe consentire la trasformazione delle città in ambienti più verdi, e al contempo offrire alla popolazione un sistema di trasporto cittadino meno costoso per l'amministrazione comunale, più veloce e più comodo.
Il sistema è stato co-sviluppato da ingegneri della NASA e dalla società privata Skytran presso il centro di ricerca di Ames in California, dov'è attualmente in fase di costruzione un modello su larga scala. Alla base del progetto ci sono vetture a due posti che prestano servizio point-to-point, in cui imbarcarsi cioè per raggiungere direttamente la destinazione desiderata, senza le fermate intermedie che caratterizzano autobus, tram e metropolitane.
I veicoli (baccelli nella dicitura originaria) si possono prenotare via web o tramite un'app mobile appositamente progettata, e l'ottima notizia è che, stando al progetto, arriveranno a prendervi quasi istantaneamente. I binari di SkyTran tengono infatti i veicoli sospesi a circa 6 metri a terra, e il traffico congestionato non influenza in alcun modo il loro procedere. L'alimentazione prende ispirazione dal modello dei tram, quindi avviene tramite corrente elettrica dall'alto. L'amministratore delegato di Skytran Jerry Sanders ha però spiegato che il sistema contempla eventualmente anche l'impiego di pannelli solari, in modo da rendere il sistema ecologico.
Il collegamento fra i baccelli e il binario avviene tramite levitazione magnetica (maglev), attivata dalla presenza di un magnete in ciascuna navicella e di una bobina di induzione all'interno della ferrovia. Il maglev è una tecnologia già rodata, per esempio con alcuni treni in Germania e Giappone, ma non in questa modalità.
Video
(Tom'sHardware, 30 luglio 2013)
"Partecipazione per opporsi all'odio"
ROMA - "E' una questione europea, non romana: serve una forte partecipazione contro l'indifferenza per sconfiggere questi nostalgici del nazismo" così il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici parla, intervistato dal quotidiano free press Leggo all'indomani del centesimo compleanno di Erich Priebke. Una giornata che è stata segnata da momenti di tensione, a cominciare dalla comparsa nella notte di alcune scritte inneggianti al nazismo e di minacce nei confronti del leader comunitario, e poi nel corso della manifestazione sotto la casa in cui l'ex capitano delle SS responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine sta scontando l'ergastolo agli arresti domiciliari. Al sit in, Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi Italia e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, tiene a sottolineare la necessità di un maggiore coinvolgimento della società civile, come riportato dal Messaggero: "I nazisti hanno sporcato Roma, hanno ucciso carabinieri, preti, semplici cittadini e, solo in minima parte, ebrei. Perché sembra che l'argomento Fosse Ardeatine riguardi soltanto gli ebrei? Perché sempre e soltanto gli ebrei?". "Un quarto delle vittime erano ebrei, ma gli altri 3/4 no. Dovrebbero esserci anche i romani non ebrei a manifestare" ricorda anche il portavoce comunitario Fabio Perugia sul Corriere a proposito di quanto avvenne alle Fosse ardeatine, commentando la forte prevalenza degli iscritti alla Comunità tra i partecipanti.
"È evidente che nel nostro paese, come nel resto d'Europa, c'è un preoccupante riavvicinamento a idee neonaziste. Non so se sia per moda o per convinzione, ma è necessario combattere queste forme di odio. Contro questo allarme dobbiamo opporci - rimarca Pacifici su Leggo - È necessario riportare con fermezza la cultura della memoria".
(Notiziario Ucei, 30 luglio 2013)
L'ira di Gerusalemme contro i grillini: 'nella loro missione ci hanno snobbati'
di Tommaso Ciriaco
Naor Gilon
ROMA Poco diplomatico e ben assestato, lo schiaffo ai grillini è annunciato su carta intestata dell'ambasciatore israeliano Naor Gilon. Ed è diretto ai sei deputati del Movimento cinque stelle volati solo pochi giorni fa in Israele e nei territori dell'Anp. «Quando si vuole affrontare una situazione complessa è sempre opportuno ascoltare le posizioni di entrambe le parti. Purtroppo è il rimprovero rivolto agli uomini di Grillo dall'ambasciatore così non è stato in questo caso». L'accusa, pesante, è di aver dato retta solo alle ragioni dei palestinesi. Di non aver neanche tentato di incontrare i parlamentari israeliani. E di avere per di più viaggiato al fianco di un'attivista che nega «lo stesso diritto all'esistenza dello Stato d'Israele».
La missiva che certifica il caso diplomatico è diretta al capogruppo del M5S Riccardo Nuti. E, per conoscenza, anche alla Presidenza della Camera. Nel testo, l'ambasciatore Gilon ricorda di aver appreso dai media della missione dei sei grillini. Li elenca uno ad uno: Carlo Sibilia, Alessandro Di Battista, Manlio Di Stefano, Stefano Vignaroli, Paola Carinelli e Maria Edera Spadoni. Poi parte l'affondo: se si è trattato di «un viaggio di lavoro, al fine di conoscere la realtà sul campo, non mi resta che esprimere rammarico per l'occasione sprecata».
Ma il passaggio più duro arriva qualche riga dopo: «Il viaggio è stato organizzato dalla signora Luisa Morgantini, attivista ben nota per le sue posizioni estremiste », che negano allo Stato d'Israele il diritto ad esistere. «È superfluo dire aggiunge con ironico rammarico l'ambasciatore che il viaggio da lei organizzato non prevedeva alcun incontro con alcun esponente ufficiale o non ufficiale» israeliano. Neanche l'ombra di un summit con i parlamentari israeliani della Knesset, rimprovera Gilon.
Un focus è dedicato al deputato Paolo Bernini. Il cinquestelle che però della delegazione non ha fatto parte è messo sul banco degli imputati a causa di alcune dichiarazioni pubblicate sabato scorso, nelle quali si indica il sionismo come «una piaga».
«Una simile affermazione, che nasce probabilmente dalla mancanza delle minime nozioni di storia si infuria
... si infuria ...: si noti la non necessaria, maliziosa sottolineatura con cui larticolista di Repubblica vuol forse evitare di far credere che condivide le parole di Naor Gilon. Non cè nessuna furia in quelle parole, ma soltanto riferimenti alla conoscenza dei fatti, alla coerenza e al comune buon senso.
l'esponente della diplomazia israeliana supera la linea rossa che costituisce il discrimen tra una critica costruttiva e una vera e propria istigazione e negazione della legittimità di esistenza dello Stato d'Israele ».
Difficile che la frattura possa ricomporsi. Gilon, comunque, ricorda l'incontro avuto con i grillini di palazzo Madama, poi invita i deputati a un «viaggio conoscitivo in Israele». Ma l'ultimo monito suona definitivo. E senza appello: «In questo momento storico è importante incoraggiare proprio le forze che sostengono la pace e il dialogo, evitando invece di fiancheggiare esponenti estremisti, aventi come obiettivo quello di infiammare l'odio e la violenza».
(la Repubblica, 30 luglio 2013)
Colloqui Israele - Palestina: un controsenso storico
di Miriam Bolaffi
A leggere la stragrande maggioranza dei media mondiali i colloqui tra Israele e Palestina che riprendono oggi a Washington sono una eccezionale opportunità per raggiungere la tanto agognata pace. Il problema che però tutti questi ottimisti non vedono sta proprio in quella parolina magica: pace.
Mi sono sempre sentita dire che "la pace si fa con il nemico", un concetto sacrosanto quando di fronte ci sono due nemici che, pur odiandosi, si riconoscono reciprocamente. La storia è piena di casi in cui nemici storici hanno raggiunto la pace anche dopo lunghissimi e sanguinosi conflitti. Ma al momento di mettersi ad un tavolo a trattare la pace (o quantomeno la fine delle ostilità) vi è sempre stato come base fondamentale il reciproco riconoscimento. Un caso emblematico in tal senso è stato il lunghissimo conflitto tra il Sudan e il Sud Sudan, oltre 22 anni di guerra, milioni di morti e di sfollati. Ebbene, la pace è scoppiata quando il Sudan ha riconosciuto il Sud Sudan come una entità, uno stato, un popolo. Non un secondo prima. Solo allora, quando cioè Khartoum ha riconosciuto nella controparte una nazione vera e propria, ci si è potuti sedere e trattare....
(Right Reporters, 30 luglio 2013)
I telefonini aumentano il rischio di cancro. La conferma dell'Università di Tel Aviv
I telefonini aumentano il rischio di ammalarsi di cancro. L'allarme arriva da una nuova ricerca condotta da Yaniv Hamzany della Sackler Faculty of Medicine dell'Universita' di Tel Aviv che ha cercato nella saliva degli utenti indizi dell'associazione uso frequente dei telefonini-pericolo di sviluppare tumori. Lo studio e' partito da una premessa: dal momento che il cellulare e' posizionato vicino alla ghiandola salivare quando e' in uso e' possibile che i contenuti della saliva possano rivelare una propensione all'insorgenza del cancro. Dalle indagini e' emerso che la saliva degli utenti che utilizzano con estrema frequenza il telefonino mostra segnali di maggiore stress ossidativo rispetto alla saliva dei non utenti. Lo stress ossidativo e' un processo che danneggia tutti gli aspetti di una cellula umana - DNA compreso - mediante lo sviluppo di tossici radicali perossidi ed e' considerato uno dei maggiori fattori di rischio per il cancro. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Antioxidants and Redox Signaling.
(MeteoWeb, 30 luglio 2013)
Riflettori sulle banche centrali: Israele lascia i tassi invariati
Riflettori puntati sulle banche centrali, nella settimana che si è appena aperta sui mercati.
A svelare tassi e mosse di politica monetaria, la Fed che mercoledì prossimo, toglierà i dubbi a quanti si chiedono se la politica della banca centrale rimarrà accomodante o meno, anche se il governatore della Fed, Ben Bernanke, ha ribadito il suo impegno a mantenerla tale per il prossimo futuro.
Anche la Banca Centrale Europea e la Banca d'Inghilterra sveleranno il costo del denaro e i loro programmi giovedì prossimo. Oggi invece è stata la volta della Banca Centrale d' Israele che, senza alcuna mossa a sorpresa, ha lasciato i tassi invariati, all'1,25%.
La banca nel report che accompagna la decisione spiega che gli indicatori sull'economia che del mese passato mostrano una crescita continua delle attività economiche ad un tasso simile a quello degli ultimi due anni.
Sullo sfondo rimane un arresto virtuale della domanda dall'estero, che è stata in qualche modo compensata dalla crescita in ambito domestico.
(teleborsa, 29 luglio 2013)
Bambini israeliani meno fortunati ospiti a Gardaland
di Novella Candeo
Gardaland accoglie 46 bambini e volontari della Fondazione israeliana Simcha Layeled - La Gioia del Bambino grazie alla generosità di Merlin's Magic Wand
Per il 9o anno consecutivo, 46 bambini e volontari (giovani accompagnatori e personale medico) appartenenti alla Fondazione benefica israeliana Simcha Layeled - La Gioia del Bambino che assiste bambini affetti da malattie croniche invalidanti, reduci da incidenti o da attentati terroristici, hanno ritrovato il sorriso e tanta spensieratezza nella magica e allegra atmosfera di Gardaland. I piccoli Ospiti, accompagnati dai volontari della fondazione, hanno potuto dimenticare le proprie difficoltà ritrovando così nuova energia per affrontare le impegnative cure alle quali sono costantemente sottoposti.
Da anni, la Fondazione Simcha Layeled organizza occasioni di svago per permettere ai bimbi di vivere esperienze al di fuori dell'ambiente ospedaliero che garantiscano un miglioramento della qualità della vita, un rafforzamento delle relazioni, una maggiore partecipazione e integrazione alla vita sociale e comunitaria. "Simcha Layeled - afferma Ron Fremder, Responsabile in Italia della Fondazione - si pone lo scopo di aiutare bambini con gravi patologie. Giornate come questa trascorsa a Gardaland rientrano in tale obiettivo perché offrono la possibilità di svolgere attività di svago, provare nuove emozioni e acquisire energia positiva e nuovo entusiasmo."
L'iniziativa intrapresa da Gardaland rientra nelle attività di Merlin's Magic Wand, la fondazione di beneficienza, appositamente creata da Merlin Entertainments Group, per offrire magiche esperienze ai bambini meno fortunati in tutto il mondo. Da quando è stata istituita, nel 2008, più di 110.000 bambini hanno potuto trarne beneficio insieme alle loro famiglie. Molti bambini, siano essi affetti da gravi malattie, disabili o con altri svantaggi, non sono in grado di godersi le gite fuori casa che risultano invece essere scontate per altri.
Attraverso il supporto fornito, sia in termini di biglietti d'ingresso che di contributo economico, in relazione alle spese di viaggio, Merlin's Magic Wand punta ad assicurare che questi bambini possano godere di una magica giornata con la famiglia e con gli amici presso uno dei numerosi siti di Merlin Entertainments Group dislocati nel mondo, tra cui anche Gardaland.
A tal proposito Danilo Santi, Direttore Generale Parchi di Gardaland Resort, sottolinea: "Siamo davvero lieti di aver ospitato i bambini di Simcha Layeled attraverso la nostra fondazione Merlin's Magic Wand. Gardaland infatti, ha da sempre a cuore la felicità dei più piccoli. Per tale motivo siamo convinti che questa magica esperienza abbia regalato a questi bambini tutta la spensieratezza e l'allegria che meritano e abbia offerto loro una nuova carica di energia positiva per lottare con ancora più grinta".
Quella della fondazione israeliana Simcha Layeled è ormai una visita consolidata, ma da Israele, e più in generale, dal Medio Oriente, sono in continua crescita i turisti in visita a Gardaland Resort. Le tre realtà che compongono il celebre Resort - Parco, Hotel e Acquario - hanno infatti assistito ad un rilevante incremento di presenze straniere che, nell'ultimo, anno hanno raggiunto il 25% del totale. In particolare, oltre ad un turismo ormai storico come quello proveniente da Germania, Svizzera, Austria, Olanda, Slovenia, Croazia e Danimarca, si registrano presenze da tutta Europa ed anche da nazioni extra europee, in particolare dalla Russia.
Gardaland Resort si conferma quindi destinazione amatissima non solo dagli italiani ma anche dagli stranieri.
(affaritaliani.it, 29 luglio 2013)
70o
Anniversario della Strage degli Ebrei sul Lago Maggiore
Raccolta di fondi per un monumento sul lungolago
Nel mese di settembre ricorrerà il 70o
anniversario della Strage degli Ebrei sul Lago Maggiore. A Baveno 14 furono le vittime. Famiglie ebree, in gran parte residenti, che nel settembre 1943 furono trucidate dalle SS della Divisione Leibstandarte Adolf Hitler.
L'Amministrazione Comunale di Baveno e l'Unità Pastorale di Baveno, in collaborazione con la Comunità Ebraica di Vercelli, intendono programmare alcune iniziative che non solo abbiano il doveroso significato di rendere onore alle vittime ed al loro ricordo, ma soprattutto rafforzino il segno della memoria e costituiscano patrimonio duraturo nella coscienza individuale e collettiva della nostra comunità.
Per questo, il 22 settembre, abbiamo intenzione di posare sul lungolago di Baveno un monumento in granito rosa, opera dei fratelli Marchi, che possa rappresentare uno stimolo a tramandare la memoria ed alimenti la necessità di mantenere vigili le coscienze contro un riaffiorante pregiudizio antiebraico che ancora alimenta forme di razzismo e di odio.
Ci sembra per questo importante che l'opera non sia solo frutto di iniziativa istituzionale, ma che possa sorgere con il contributo, anche economico, di tutti i cittadini per rafforzarne il significato di partecipazione civile e collettiva.
Per questo motivo promuoviamo una raccolta di fondi. Il contributo economico che ogni cittadino vorrà dare e che potrà essere consegnato alle nostre Parrocchie, che si sono rese disponibili quale riferimento cittadino per la raccolta, sarà segno non solo di sensibilità materiale, ma soprattutto sarà personale testimonianza di rifiuto di ogni forma di violenza e sopraffazione.
(Verbania Notizie, 29 luglio 2013)
Drone armato tenta di violare lo spazio aereo di Israele: 'terminato'
di Franco Iacch
Un Uav ostile ha tentato di violare lo spazio aereo di Israele, ma è stato 'terminato' poco prima che iniziasse a trasmettere dati al suo operatore in remoto (rimasto sconosciuto).
Il velivolo senza pilota è stato rintracciato dalle forze terrestri e di sorveglianza aerea e monitorato per l'intera durata del suo percorso di volo, in quanto in rotta verso la costa di Israele.
Due secondi dopo aver violato lo spazio aereo di Israele, a cinque miglia nautiche al largo della costa nord della città di Haifa, l'Uav è stato abbattuto dai caccia F-16.
Questa è la seconda volta che un Uav ostile viene distrutto nello spazio aereo israeliano. Gli Uav costituiscono una grave minaccia per la sicurezza dello stato di Israele. L'Idf non tollererà qualsiasi tentativo di violare la sovranità di Israele o che possa mettere a rischio la sua sicurezza.
Nell'ottobre dello scorso anno, la Idf ha abbattuto un Uav sopra il Negev settentrionale.
(teleradiosciacca.it, 28 luglio 2013)
Decisioni difficili e dolorose per dare un'altra possibilità alla pace
di Benjamin Netanyahu
Quello che segue è il testo di una lettera aperta del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ai cittadini di Israele in vista della proposta di riprendere i colloqui di pace con i palestinesi, sottoposta domenica al voto del governo.
Dall' Ufficio del Primo Ministro:
«A volte, quando una questione è fondamentale per il bene del paese, i primi ministri sono chiamati a prendere decisioni che vanno contro i sentimenti dell'opinione pubblica. I primi ministri non servono per prendere le decisioni che il pubblico già appoggia.
In questo momento ritengo che sia della massima importanza per lo Stato d'Israele avviare un processo diplomatico. È importante sia per tentare fino in fondo ogni possibilità di porre fine al conflitto con i palestinesi, sia per stabilire la posizione di Israele nella complessa realtà internazionale che ci circonda. I grandi cambiamenti nella nostra regione - in Egitto, in Siria, in Iran - non solo costituiscono una sfida per lo Stato d'Israele, ma rappresentano anche per noi importanti opportunità. Per queste ragioni, sono convinto che sia importante per lo Stato di Israele prendere parte a un processo diplomatico di almeno nove mesi: per vedere se è possibile arrivare a un accordo con i palestinesi in questo lasso di tempo.
Ma pur attribuendo grande importanza al processo diplomatico, non ero disposto ad accettare le pretese dei palestinesi circa ritiri [sulle linee pre-'67] e congelamenti [delle attività edilizie ebraiche in Cisgiordania] come pre-condizioni per l'avvio delle trattative. Né ero disposto ad accettare la loro richiesta di scarcerare detenuti palestinesi prima dell'inizio dei negoziati. Ho accettato, invece, di rilasciare 104 palestinesi solo dopo l'inizio dei negoziati, e in più fasi in rapporto ai progressi nei negoziati.
Si tratta di una decisione straordinariamente difficile da prendere: dolorosa per le famiglie in lutto, dolorosa per l'intera nazione, e molto dolorosa anche per me personalmente. Essa entra in conflitto con un valore di eccezionale importanza, il valore della giustizia. È infatti una evidente ingiustizia che delle persone immorali - anche se la maggior parte di loro, come in questo caso, ha già trascorso più di vent'anni in carcere - vengano rimesse in libertà prima che abbiano finito di scontare la pena. Una decisione tanto più difficile per me dal momento che la mia famiglia, ed io personalmente, conosciamo di prima mano il lutto per colpa del terrorismo. Conosco molto bene questo dolore, col quale convivo ogni giorno da 37 anni [dall'uccisione del fratello Yoni Netanyahu nell'operazione anti-terrorismo di Entebbe del 1976]. Il fatto che precedenti governi israeliani abbiano scarcerato più di 10.000 terroristi non mi rende più facile farlo oggi, né me lo rese più facile quando decisi di riportare a casa Gilad Shalit. Anche per riportare a casa di Gilad Shalit ho dovuto prendere questa decisione incredibilmente difficile: rimettere in libertà dei terroristi. Ma ero convinto che il valore di riportare a casa i nostri figli esigeva che io sormontassi questa difficoltà.
Le persone che hanno posizioni di leadership sono costrette a fare scelte complicate e talvolta, quando la maggior parte della gente vi si oppone, la decisione necessaria è quella più difficile. È così che decisi di porre fine all'operazione Colonna di Nube Difensiva dopo l'eliminazione del super-terrorista Ahmed Jabari e i severi colpi che le Forze di Difesa israeliane aveva inferto a Hamas e alle altre organizzazioni terroristiche. Presi la decisione di porre fine all'operazione anche se la maggior parte dell'opinione pubblica ne sosteneva il proseguimento, cosa che avrebbe richiesto di entrare nella striscia di Gaza con forze di terra. Come primo ministro, ho ritenuto che l'obiettivo di ripristinare la nostra deterrenza era stato in gran parte raggiunto grazie alle risolute azioni che avevamo effettuato. Oggi, a quasi un anno dalla fine dell'operazione Colonna di Nube Difensiva, abbiamo nel sud del paese la situazione più tranquilla da più di un decennio a questa parte. Naturalmente questa tranquillità può andare in frantumi da un momento all'altro, ma la mia politica rimane chiara su tutti i fronti: continueremo, al meglio delle nostre capacità, a contrastare in modo tempestivo le minacce contro di noi e continueremo a reagire con forza a qualsiasi tentativo di colpire la nostra popolazione.
Nei prossimi nove mesi vedremo se esiste, dall'altra parte, un soggetto palestinese che, come noi, vuole veramente porre fine a questo conflitto. Tale conclusione sarà possibile solo in condizioni che garantiscano la sicurezza dei cittadini d'Israele e dei nostri interessi nazionali vitali. Se riusciremo a raggiungere un tale accordo di pace, lo sottoporrò a un referendum. Una decisione così fatidica non può essere presa con un voto di stretta maggioranza alla Knesset. Su un tema così cruciale ogni cittadino deve avere la facoltà di influire direttamente sul nostro futuro e sul nostro destino.
La migliore risposta che possiamo dare a quegli assassini che cercavano di sconfiggerci col terrorismo è che, durante i decenni che loro hanno trascorso in carcere, noi abbiamo costruito un paese magnifico, facendone uno dei paesi più prosperi, evoluti e forti di tutto il mondo. Vi prometto che continueremo a farlo.»
Firmato: Benjamin Netanyahu
(israele.net, 29 luglio 2013)
Hamas e Jihad Islamica: grandi manovre a Teheran. Allarme in Israele
C'è un gran via vai di terroristi in questi giorni a Teheran. Visite ufficiali e ufficiose di esponenti di Hamas e della Jihad Islamica venuti in pellegrinaggio in Iran per chiedere sostegno armato al nuovo Presidente iraniano, Hassan Rohani, che si insedierà il prossimo 3 agosto.
Partiamo dalle visite ufficiali. Alcuni alti esponenti della Jihad Islamica sono riusciti a uscire dalla Striscia di Gaza e sono arrivati nei giorni scorsi a Teheran, ufficialmente per partecipare alla cerimonia di insediamento di Hassan Rohani alla presidenza dell'Iran, ufficiosamente per trovare il sistema di aggirare il nuovo problema creato dall'esercito egiziano che ha letteralmente blindato il Sinai impedendo di fatto che le armi iraniane giungano a Gaza. Guidati dal rappresentante permanente della Jihad Islamica a Teheran, Abu Sharif, il gruppo di terroristi ha incontrato i vertici dei servizi segreti iraniani e quelli dei Pasdaran con i quali hanno studiato il sistema di far giungere i carichi di morte nella Striscia di Gaza. Alla fine degli incontri non è mancata la canonica conferenza stampa nella quale lo stesso Abu Sharif ha ribadito che la Jihad Islamica non riconosce alcun colloquio di pace tra Israele e Palestinesi e che il loro obbiettivo rimane "il totale annientamento dell'entità sionista" ....
(Right Reporters, 29 luglio 2013)
I cento anni di Priebke e le polemiche
Momenti di tensione sotto casa di Erik Priebke a Roma per un sit in organizzato dell'associazione Dreyfus e da membri della comunità ebraica romana. Un ragazzo, indicato dai manifestanti come un parente del capitano delle Ss, si è presentato con una bottiglia di champagne sotto l'abitazione.
ROMA - Almeno 200 persone hanno partecipato a una manifestazione organizzata dell'associazione Dreyfus e da membri della comunità ebraica romana sotto l'abitazione romana, in via Cardinal San Felice, n. 5, dell'ex capitano delle SS Erich Priebke. Priebke oggi compie 100 anni e si trova agli arresti domiciliari nell'appartamento per scontare l'ergastolo inflitto dalla corte d'appello militare di Roma nel 1998 per l'eccidio delle Fosse Ardeatine, dove sono morte 335 persone. Un ragazzo, indicato dai manifestanti come un parente del capitano delle Ss, si è presentato con una bottiglia di champagne sotto l'abitazione. Il giovane ha avuto uno "scontro" con una manifestante e poi è stato aggredito. E' dovuta intervenire al polizia che ha caricato il giovane su una volante sottraendolo ai manifestanti.
CONTESTAZIONI - E' stato inoltre esposto uno striscione con scritti i nomi dei 335 martiri delle Fosse Ardeatine e la frase: 'Questi i nomi delle 335 vittime delle Fosse Ardeatine. Di loro solo 75 erano ebrei. Italiani dove siete?' Intanto il criminale festeggia alla faccia di tutti noi'. Qualcuno ha esposto anche una bandiera di Israele, mentre le forze dell'ordine hanno creato un cordone di sicurezza all'ingresso della palazzina.
AUGURI IN TUTTA ROMA - Striscioni in tutta Roma per il compleanno di Erik Priebke, l'ex Ss condannato per la strage delle Fosse Ardeatine. Uno striscione è spuntato vicino casa di Priebke all'Aurelio, oltre agli auguri, anche un'invettiva " "Dio stamaledica i tuoi accusatori". Il tutto firmato Comunità militante Tiburtina. Altro striscione con la stessa firma a piazza Augusto Imperatore: "Pacifici arrivaci tu a 100 anni". Striscione anche davanti ad una sede dell'Anpi e del Pd.
(tg1online, 29 luglio 2013)
Carfagna: M5S chiarisca in parlamento la sua posizione. Intollerabile antisionismo
ROMA, 29 lug - Quello del parlamentare cinquestelle Paolo Bernini ("Io sono antisionista. Per me il sionismo è una piaga") "Non è il delirio del signor qualunque origliato di nascosto in un bar di periferia", bensì la "dichiarazione, mai smentita" di un componente della Camera dei deputati. Così la portavoce del gruppo Pdl alla Camera dei deputati Mara Carfagna, nell'ultimo post del suo blog (www.maracarfagna.net), commenta la presa di posizione antisemita del segretario della Commissione Giustizia Paolo Bernini (M5S) pubblicata nei giorni scorsi dal Corriere della Sera.
"Tra i banchi del Parlamento italiano - aggiunge Carfagna - siede un rappresentante del popolo che si oppone al diritto di esistere dello Stato d'Israele. Tutto questo è aberrante. Antistorico. Pericoloso. Napolitano docet. Negare la Patria a un popolo che ha subito la Shoah, conosciuto i campi di concentramento nazisti e i Gulag comunisti, significa essere portatori sani dei germi più pericolosi che il genere umano ha avuto modo di conoscere".
"Urge un chiarimento in Parlamento. Chi è portatore di queste tesi, oltre a dover essere isolato e condannato fermamente, non è credibile quando si candida come forza di governo. L'Italia è un amico di Israele, non è tollerabile che ciò possa essere messo in discussione da chi ricopre una carica istituzionale", conclude Carfagna.
(AgenParl, 29 luglio 2013)
Oltremare - Il tempo a Tel Aviv
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
Avventure templari
di Daniela Fubini, Tel Aviv
La sinestesia di bello e brutto, nuovo e vecchio, pulito e sporco, naturale in ogni città, raggiunge a Tel Aviv lo status di istituzione. Semplicemente Tel Aviv nel 2013 non sarebbe sé stessa, se non ci fossero ancora nella stessa strada, nello stesso isolato, palazzi cadenti, scrostati, smangiati ai bordi, che stanno in piedi per evidente miracolo della gravità, e subito accanto piccoli gioielli del restauro conservativo oppure costruzioni del tutto nuove. La cosa può essere osservata in ogni quartiere, dove palazzi vecchi di a malapena cent'anni (bazzeccole, per noi europei) portano addosso segni profondi del tempo, e dell'aria di mare. Ma non solo quello. Altre stranezze, in parte tipicamente mediorientali, saltano al nostro occhio occidentale. Per esempio, fili elettrici e cavi che escono da ogni piano, camminano per spigoli e lungo finestre e poi con un salto si raccolgono in delicate coccarde arrotolate, con ordine si direbbe astratto, intorno ai pali della luce. Assicurati con ganci, graffette, a volte con lo spago. Un fotografo potrebbe fare fortuna solo fotografando questi improbabili agglomerati di fili che, fra l'altro, sono in larga parte funzionanti, nonostante siano da sempre esposti alle intemperie (e sale e vento del deserto non sono cosa da poco). E poi i tubi dell'acqua, corredati di estetici contatori colorati, che escono da terra per trenta o quaranta centimetri ai lati degli edifici, e sono utilizzati allegramente come: cavalletti per attaccare le biciclette, stenditoio per gli stracci bagnati, riparo temporaneo o stabile per i gatti, veri padroni della città. In alto, i tetti bianchi e piatti, pensati per essere dei comodi spazi dove stendere il bucato al sole, sono stati gradualmente occupati in modo disordinato e incoerente da pannelli solari obliqui e da grossi cilindri bianchi che contengono l'acqua. Siamo tutti grati per l'acqua calda che grazie a questa occupazione dei tetti qui non manca mai, anche se a guardarla dall'alto Tel Aviv pare una selva surreale di birilli giganti e scivoli di vetro. Tanto, a vedere la velocità con la quale questa città si rinnova e si ricostruisce, queste eredità del secolo scorso saranno presto archiviate in mostre fotografiche della "Tel Aviv di un tempo". O così si spera.
(Notiziario Ucei, 29 luglio 2013)
Israele rilascia 104 terroristi palestinesi. Chi altri lo farebbe?
Sotto la pressione di Kerry
di Bernardino Ferrero
Israele ha rilasciato 104 detenuti palestinesi con l'intenzione di riprendere i negoziati di pace. E' stato un dibattito drammatico, in parlamento e fuori, con Netanyahu costretto a trovare una mediazione tra l'opposizione interna e le pressioni esercitate dal segretario di stato americano Kerry.
In realtà i "detenuti", come li chiama la stampa italiana, sono in buona parte terroristi con le mani lorde di sangue israeliano, come ha raccontato il New York Times. Eppure, Netanyahu ha preso questa difficile decisione che non aiuta il Governo in carica dal punto di vista della politica interna.
Chiediamoci se, in nome di un fantomatico processo di pace, di cui si parla da anni ma che non fa mai sostanziali passi avanti, altre democrazie occidentali avrebbero compiuto lo stesso gesto coraggioso di Israele. Gli Stati Uniti di Obama e di Kerry, per esempio. Avrebbero liberato qualche decina di terroristi implicati nell'11 Settembre? Improbabile.
(l'Occidentale, 28 luglio 2013)
Sulla pace si dovrà votare
Qualsiasi accordo di pace con i palestinesi dovrà essere sottoposto a referendum popolare in Israele: è quanto prevede un progetto di legge adottato oggi dal Governo Netanyahu, a due giorni dall'annunciata (ma non ancora confermata) ripresa a Washington dei colloqui, fermi da tre anni.
"Ogni cittadino deve poter dire la sua su una decisione che riguarda il futuro del paese", secondo il premier, citato in un comunicato.
Il testo potrebbe essere sottoposto in prima lettura al Parlamento già questa settimana.
(RSI.ch, 28 luglio 2013)
Rav Isakov ha ripreso conoscenza, dopo un intervento riuscito in modo miracoloso
Rav Isakov, che era stato colpito giovedì mattina da alcuni terroristi, è stato trasportato giovedì sera in Israele con un aereo medico e venerdì è stato operato. I medici hanno fermato tutte le emorragie interne causate dai proiettili e, in modo alquanto miracoloso, la sua situazione sta migliorando, sicuramente grazie anche a tutte le preghiere degli ebrei in tutto il mondo. Dopo l'intervento, il rabbino ha ripreso conoscenza, proprio prima dell'entrata dello Shabbat.
L'operazione di trasporto e la coordinazione del tutto è stata organizzata dal rabbino Firer di Ezra Lamarpe, un'associazione non-profit israeliana, ed è stata finanziata dal presidente della Federazione Ebraica delle Comunità degli Stati Indipendenti, il sig. Levi Levaiov.
La famiglia del rabbino ha trascorso lo Shabbat a Mosca e ora sta raggiungendo Israele. Intanto, a Motzei Shabbat, il nuovo rabbino capo askenazita di Israele, Rav David Lau, ha visitato il rabbino Isakov all'ospedale e gli ha promesso che andrà a visitare la sua comunità a Derbent.
Nel frattempo, a Derbent, il rabbino Aharon Gurevitz, che è il rabbino per i soldati russi, ha incontrato il presidente della Repubblica del Dagestan, che ha promesso di fare tutto il possibile per portare davanti al tribunale i terroristi.
(Chabad.Italia, 28 luglio 2013)
L'onorevole Bernini impari cos'è il Sionismo
di Renzo Gattegna,
Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
"Io sono antisionista. Per me il sionismo è una piaga". Lo ha affermato, in una dichiarazione riportata dal Corriere della Sera, il deputato del Movimento Cinquestelle Paolo Bernini.
Al cittadino Bernini, che tanto orgogliosamente si definisce antisionista, non possiamo che consigliare un approfondimento della storia del popolo ebraico e delle complesse vicende che hanno riguardato il Medio Oriente negli ultimi 150 anni, con l'umiltà necessaria per vincere un pregiudizio che sembra radicato e profondo.
Il Sionismo nacque sul finire del diciannovesimo secolo, in un'Europa a lungo ostile agli ebrei. Ispirato dal giornalista viennese Theodor Herzl, rappresentò per molte comunità ebraiche e per singoli individui l'unico modo per arrivare a una condizione di vita libera e al tempo stesso la concretizzazione dell'aspirazione plurimillenaria di tornare a vivere nella terra dei loro padri.
Il Sionismo fu uno straordinario movimento di liberazione, paragonabile al Risorgimento italiano, che raccolse attorno a sé le migliori energie intellettuali dell'epoca e che andò a saldarsi con la componente ebraica che aveva continuato a vivere nella regione mediorientale contribuendo alla nascita del moderno Stato di Israele, unica nazione nella quale hanno sempre convissuto e continuano a convivere pacificamente e democraticamente ebrei, cristiani e musulmani.
Esprimiamo l'auspicio che il deputato Bernini riveda le proprie posizioni storiche e ideologiche e che i vertici del movimento al quale egli appartiene, a partire dal suo fondatore, assumano una posizione chiara, netta ed equilibrata.
(Notiziario Ucei, 28 luglio 2013)
Egitto: l'esercito lancia l'operazione "desert storm" nel Sinai
Si chiama come l'operazione alleata contro Saddam Hussein, Desert Storm, la vasta operazione militare lanciata dall'esercito egiziano nella penisola del Sinai volta a riprendere il controllo di quella importantissima striscia di terra da mesi diventata un rifugio per i gruppi terroristi islamici.
Le forze d'elite egiziane supportate da mezzi blindati ed elicotteri da combattimento, da questa notte hanno dato il via al rastrellamento dell'intera regione del Sinai dopo che nei giorni scorsi i gruppi terroristi avevano attaccato a più riprese diversi posti di controllo dell'esercito e della polizia egiziana uccidendo decine di militari....
(Right Reporters, 28 luglio 2013)
Addio Anna Blayer, fu un ponte tra gli studenti romani e il Museo Ebraico
ROMA, 28 lug. - La Comunità Ebraica di Roma piange la scomparsa di Anna Blayer all'età di 78 anni. I funerali si svolgeranno domani pomeriggio all'interno del cimitero ebraico del Verano. Donna forte e di grande cultura fu direttrice del Museo Ebraico di Roma nello scorso secolo, fino al 2005 quando Daniela Di Castro la succedette inaugurando il nuovo allestimento. Anna Blayer, durante la sua direzione, rivoluzionò le sale del Museo, ideando i percorsi con criteri innovativi. "Era una donna di grande spessore culturale, sensibilità aperta e fu la prima a portare il Museo al livello di una istituzione degna della Comunità Ebraica", racconta Gianni Ascarelli, Assessore alla Cultura della Cer. "Lo staff del Museo - spiega Alessandra Di Castro, attuale direttrice del Museo Ebraico di Roma - la ricorda con grande affetto, aveva una immensa capacità di attrarre gli alunni delle scuole e il lavoro fatto con i giovani lo ritroviamo ancora oggi nelle numerose visite effettuate dai ragazzi degli istituti scolastici. Se oggi il Museo è una tappa fondamentale nei percorsi culturali della Capitale è anche grazie a lei".
(Comunità Ebraica di Roma, 28 luglio 2013)
Turchia: liberato l' "uccello spia israeliano"
Un uccello "sospettato" di essere una spia di Israele, catturato oltre un anno fa dagli abitanti di un villaggio dell'Anatolia Orientale e consegnato alle autorità, è riuscito "dimostrare la propria innocenza" ed è stato rimesso in libertà, riferisce oggi la stampa turca. Un gheppio con un anello metallico su una zampa, con la scritta ''24311 TelAvivunia Israel'' era stato avvistato e subito catturato dai contadini del villaggio di Altinvya vicino a Elazig convinti fosse un pericolo agente dell'intelligence israeliana. Da anni circolano voci circa l'uso da parte degli 007 del Mossad di animali imbottiti di micro-chip come spie da inviare contro il "nemico". Da 3 anni i rapporti fra Israele e la Turchia del premier islamico Recvep Tayyip Erdogan sono gelidi in seguito all'assalto del Mavi Marmara al largo delle coste di Gaza da parte delle teste di cuoio di Tsahal e dell'uccisione di nove attivisti turchi filo-palestinesi. Il povero volatile è stato quindi trasferito sotto scorta a Elazig dove è stato consegnato agli uffici del governatore. Poi è stato sottoposto a severi controlli alla locale Università Firat. Qui è stato registrato come "Spia Israeliana" scrive Hurriyet online, che pubblica anche la foto della radiografia cui è stato sottoposto per verificare che non nascondesse armi letali o telecamere. Il volatile è risultato alla fine assolutamente "pulito" e l'anello "sospetto" un semplice segnale di identificazione ornitologico. Così il governatorato di Elazig si è rassegnato e ha messo il gheppio in libertà.
(TGCOM24, 27 luglio 2013)
Israele smette di sostenere l'Unione Europea nei Territori palestinesi
L'Israele smette di sostenere i progetti delle organizzazioni dell'Unione Europea, avviati sulla riva Occidentale del Giordano e nella striscia di Gaza. L'ordine è stato intimato dal Ministro della Difesa dello Stato ebraico Moshe Ya'alon in risposta alla recente direttiva dell'UE sul divieto di cooperazione con i sobborghi israeliani, comunicano i mass media del Paese.
In particolare si tratta di progetti dell'UE per lo sviluppo delle infrastrutture sui territori palestinesi.
(La Voce della Russia, 27 luglio 2013)
Eilat, divertimento sopra e sotto il mare
La città più esotica di Israele offre svaghi di giorno e di notte senza mai fermarsi, fino all'incredibile pista di pattinaggio su ghiaccio.
di Rebecca Mieli
La pista di pattinaggio su ghiaccio di Eilat
Decidere di passare parte della propria vacanza in Israele escludendo Eilat dall'itinerario è una vera sciocchezza. Anche se questo può voler significare fare qualche chilometro in più, ne vale la pena, soprattutto per i giovani che cercano un luogo dove divertirsi.
La mattina, quando il sole è alto e i soliti quarantuno gradi di massima rischiano di stroncarti il fiato, si presentano innumerevoli attività all'aperto, immersi nella natura, o sdraiati su una spiaggia perfetta. Obbligatorio visitare il
"CoraI WorId Underwater Observatory Marine Park",
un osservatorio subacqueo, con tanto di tartarughe, squali e pesci variopinti di ogni genere, a contatto ravvicinato con la meravigliosa barriera corallina.
Per gli appassionati di subacquea, la riserva naturale di Coral Beach offre la possibilità di fare snorkeling tra alcune delle più spettacolari specie acquatiche del mondo, un incontro ancora più ravvicinato della barriera corallina. Nel distretto sud della città si trova la spiaggia "Dolphin Reef", una gigantesca area per famiglie in cui è d'obbligo nuotare tra i delfini o almeno osservarli a pochi metri di distanza mentre giocano. E se un bagno sopra la barriera corallina tra pesci variopinti, tartarughe marine e delfini non soddisfano ancora, il sud d'Israele può stupire ancora, con i centri di Birdwatching, il meraviglioso parco Geologico di Timna e le esotiche escursioni all'interno del Red Canyon.
Ma Eilat non è solo una città immersa nella natura. C'è il Parco dei divertimenti a tema "Kings City", un miscuglio perfetto tra l'antichità della storia biblica e i moderni roller coaster; oppure si può passare una serata in una sala Imax per provare l'esperienza del cinema 3D; o ancora tentare di trovare l'uscita del "Nightmare Eilat" un labirinto del terrore che regala un'esperienza all'insegna della paura.
Quando arriva l'ora di cena la città presenta una vasta gamma di scelte, ristoranti tipici israeliani, cibo etnico e una zona chiamata "Fast Food Heaven" dove trovare i classici ristoranti Low Cost (da KFC, a Pizza Hut, al classico Burger King). Inoltre, fino a tarda notte, è aperto da poco un nuovissimo centro commerciale, "Ice Space", i cui negozi circondano ad anello una divertentissima pista di pattinaggio sul ghiaccio incredibilmente utilizzabile anche nei mesi più caldi. E' possibile cenare lì, oppure optare per un pasto tipico, più costoso ma decisamente apprezzabile come quelli serviti al "Boston Fish e Grill". Il "Marina Grill" a pochi passi dalla spiaggia è considerato il miglior ristorante di Eilat, per una cena a base di pesce in un luogo estremamente raffinato. E poi ancora il "Pago Pago" l'unico ristorante galleggiante della città che serve cucina asiatica e l'immancabile "El Gaucho" per gli amanti della cucina sudamericana e del vino argentino.
Ma è di notte che Eilat da il meglio di sé, con una "Movida" che non ha nulla da invidiare ad Ibiza. I night club di Eilat offrono musica di ogni tipo, superalcolici e divertimento per giovani provenienti da tutto il mondo. Sono cinque i locali da non perdere. Il "Dizengoff 211" è una discoteca all'aperto con una grande pista da ballo in legno, ma alle cui feste non possono partecipare i minori di venticinque anni. "Pentagon", aperto anche d'inverno offre una vista panoramica straordinaria del Golfo di Eilat, inoltre ospita i migliori DJ israeliani ed è straordinariamente curato dal punto di vista del design. Sul lungomare del King Solomon è situato il "Club HaMoadon" all'interno del quale si mischiano i generi musicali, creando un sound in parte proveniente dallo stile dance afro-americano, in parte da quello orientale (Mizrahi music) e in parte dalla classica immancabile House music. Se si sta cercando un locale esclusivo in stile VIP, il "Joya Night Club" è perfetto e situato proprio nel nuovo centro turistico della città, se invece si preferisce ascoltare musica dal vivo e, perché no, abbuffarsi in uno spuntino di mezzanotte, un pub molto inglese sul promontorio della Royal Beach, "The Three Monkeys", è l'ideale per una serata leggermente più soft.
(Shalom, luglio 2013)
Israele: boicottaggio UE - 60.000 famiglie palestinesi sul lastrico
La recente decisione dell'Unione Europea di boicottare i prodotti israeliani provenienti dalla West Bank e da Gerusalemme Est, una decisione fortemente voluta da un manipolo di pacivendoli guidato da Catherine Ashton, più che danneggiare Israele rischia seriamente di gettare sul lastrico una grandissima quantità di famiglie palestinesi.
Già al varo della disposizione anche alcuni dirigenti palestinesi avevano espresso perplessità in quanto avrebbe colpito un gran numero di famiglie palestinesi che lavorano nelle aziende in Giudea, Samaria, Golan e Gerusalemme Est o che lavorano in Palestina per le aziende israeliane (il cosiddetto indotto). Tuttavia in un primo momento non erano ben chiari i numeri di questo vero e proprio disastro. Così abbiamo deciso di approfondire la questione andando direttamente alle fonti che nella fattispecie sono il Ministero del Lavoro della ANP (Autorità Nazionale Palestinese), quello dello Stato di Israele, l'ufficio che si occupa di fornire ai palestinesi i permessi di ingresso per lavorare in territorio israeliano e infine il Ministero dell'Economia della ANP....
(Right Reporters, 27 luglio 2013)
Rabbino colpito da terroristi islamici radicali a Derbent in Russia
Rav Ovadia Isakov con la famiglia
DERBENT, 25 lug. - Rav Ovadia Isakov, 41, sposato con quattro figli, rabbino capo e Shliach Chabad della città di Derbent nella Repubblica Autonoma del Dagestan, è stato colpito in modo grave stamane mentre tornava dalla Shechità, la macellazione rituale.
La Federazione Ebraica delle Comunità degli Stati Indipendenti ha mandato un aereo-ospedale con a bordo dei medici per portare il rabbino in Israele.
Il rabbino capo della Russia, Rav Berel Lazar, ha dichiarato che i terroristi non fanno parte della razza umana. Il loro obiettivo è colpire innocenti, fra i quali anche diversi Mufti che predicano per un islam moderato.
Il Presidente del Dagestan ha espresso la sua condanna verso l'azione terroristica e ha promesso che i colpevoli verranno arrestati.
Si prega di pregare per Ovadia ben Zahava Chaya per un completa guarigione.
(Chabad.Italia, 25 luglio 2013)
Google ha speso 966 milioni per comprare Waze
di Simone Ziggiotto
Google ha acquisito 16 aziende nei primi sei mesi del 2013 per una somma di 1.310 milioni dollari.
La start-up di mappatura sociale Waze non è costata poco a Google per farla sua. Il gigante della ricerca sul web ha rivelato Giovedi quanto ha pagato per acquistare la società con sede in Israele sviluppatrice dell'app Waze: una somma di 966 milioni di dollari.
Questo è quanto emerge da un rapporto trimestrale che Google ha depositato presso la Securities and Exchange Commission Giovedi. A quanto pare, il gigante del Web ha speso 847 milioni di dollari in goodwill, 188 milioni dollari in beni immateriali e quindi meno 69 milioni di dollari in passività nette.
Al momento in cui era stato annunciato l'acquisto, si era ipotizzato che Google ha pagato un oltre 1 miliardo di dollari per Waze. La previsione era dunque sovrastimata visto che Google ha poi effettivamente pagato 'soli' 966 milioni anche se la cifra si avvicina di molto al miliardo.
"Nel mese di giugno 2013, abbiamo completato la nostra acquisizione di Waze Limited (Waze), un fornitore di una applicazione mobile di mappe che fornisce aggiornamenti sul traffico in tempo reale causati da incidenti stradali e informazioni raccolte da una comunità di utenti, per un ammontare totale di 966 milioni di dollari," Google ha scritto nel comunicato. "L'acquisizione si prevede servirà per migliorare la user experience dei nostri clienti, offrendo informazioni sul traffico in tempo reale in base alle esigenze quotidiane di navigazione degli utenti."
Google ha acquisito Waze sei settimane fa, dopo che indiscrezioni avevano detto che sia Facebook che Apple erano interessate all'acquisto. Il modo in cui funziona Waze è semplice: sfrutta una comunità di autisti che inviano segnalazioni sul traffico per avvisare gli altri membri che percorrono lo stesso itinerario, in modo che l'app è quindi in grado consigliare una strada diversa nel caso di incidenti o congestioni di traffico.
Oltre a spendere 966 milioni dollari per Waze, Google ha anche completato 15 altre acquisizioni nel primo semestre del 2013, tra cui l'acquisto di Makani Power, Behavio, e Wavii. Per queste altre acquisizioni, il gigante del Web ha speso 344 milionidi dollari nel complesso. Il conteggio per tutte le 16 acquisizioni, che comprende Waze, ci porta ad un investimento di 1,31 miliardi di dollari sborsati da Google.
(pianetacellulare, 26 luglio 2013)
Roger Waters e il maiale antisemita con la stella di David
di Dario Ferri
L'ex bassista dei Pink Floyd nei guai per il "palloncino" apparso in un concerto in Belgio
L'ex bassista e cantante dei Pink Floyd Roger Waters è stato accusato di antisemitismo dopo un concerto celebrato sabato 20 luglio in Belgio. La comunità ebraica è insorta contro la rockstar in particolare per un enorme maiale gonfiabile decorato con stella di David, e alcuni simboli dittatoriali, che sono comparsi durante l'esibizione.
"DISGUSTOSA CARICATURA ANTISEMITA" - A riferire dei messaggi antisemiti lanciati da Water è stata soprattutto l'Agenzia Telegrafica Ebrea, che ha sottolineato che l'abbigliamento del cantante consisteva in una lunga giacca di pelle nera con fascia al braccio rossa e nera, una mise "che ricorda una divisa nazista". "Sono andato al concerto perché mi piace molto la sua musica, senza riferimento alla sua posizione politica nei confronti di Israele. Mi sono divertito molto, fino a quando ho notato la stella di David sul maiale gonfiabile", ha spiegato lo spettatore Alon Onfus Asif, israeliano che vive in Belgio, al quotidiano d'Israele Yediot Ahronot". "Era quello l'unico simbolo religioso - ha continuato - apparso tra gli altri simboli su fascismo, dittature e oppressione delle persone". Abraham Copper, un rabbino decano del Simon Wiesenthal Center, organizzazione ebraica mondiale per i diritti umani, ha inoltre definito il maiale una "classica disgustosa e medioevale caricatura antisemita ampiamente utilizzata dalla propaganda sia nazista che sovietica per incitare all'odio contro gli ebrei".
LE VECCHIE POLEMICHE - In passato Water ha apertamente espresso il suo dissenso verso la Barriera di separazione israeliana, definendola "un'oscenità" che "andrebbe abbattuta". Nel 2009 ha sostenuto la Marcia per la Libertà di Gaza. Stando a quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz, in una lettera aperta del 2011 la rockstar ha invitato altri artisti a combattere contro l'occupazione della Palestina aderendo ad un boicottaggio anti-Israele. Nel 2010, infine, l'Anti-Defamation League ha contestato a Waters la proiezione durante una sua performance di immagini di aerei dalle quali cadevano bombe a forma di stella di David.
(Giornalettismo, 26 luglio 2013)
Portano un nome che non è nuovo i neoeletti rabbini capo d'Israele Lau e Yosef
Sono David Lau e Yitzhak Yosef i nuovi rabbini capo ashkenazita e sefardita d'Israele. A eleggerli, un'assemblea composta da rabbini e rappresentanti del pubblico. Entrambi hanno conquistato 68 voti sui 147 votanti, entrambi sono figli di precedenti rabbini capo, rispettivamente Yisrael Meir Lau e Ovadia Yosef. Rav Lau, 47 anni, ricopriva l'incarico di rabbino capo di Modiin, rav Yosef ha diretto la Yeshiva Hazon Ovadia. Tra le numerose reazioni a quella che è stata da più parti definita la più drammatica e lacerante campagna per il rinnovo del Rabbinato della storia di Israele, si segnalano anche quella di istituzioni ebraiche della Diaspora, tra cui l'American Jewish Committee (AJC), che ha rivolto un appello a rav Lau e rav Yosef per il rilancio dell'istituzione del Rabbinato. "L'AJC sottolinea l'importanza di trasformare l'ufficio nel senso di esercizio di autorità morale invece che coercitiva - si legge nel testo, in cui vengono segnalate le numerose criticità delle funzioni del Rabbinato, dal matrimonio alle conversioni, e l'impatto delle sue decisioni sull'ebraismo mondiale. "Le elezioni di oggi - conclude - offrono un'opportunità di intraprendere passi importanti nel rendere il Rabbinato più consono ai valori umanistici del popolo ebraico. E' nostro fervente desiderio e speranza che sia rav Lau sia rav Yosef possano rilanciare la dignità dell'incarico, offrire leadership spirituale, e mettersi al servizio dei bisogni delle diverse anime della società israeliana".
(Notiziario Ucei, 25 luglio 2013)
Avvertimenti sanitari per viaggiare in Israele
L'Organizzazione Mondiale per la Sanità ha recentemente rilevato la presenza del virus della poliomielite in acque reflue nel sud di Israele. Al momento, nessun individuo risulta contagiato dal virus e queste Autorità assicurano che il rispetto delle normali regole igieniche è sufficiente ad escludere ipotesi di contagio. Non è al momento prevista una campagna di vaccinazione aggiuntiva per gli adulti. In attesa di maggiori indicazioni operative anticipate dalle competenti Autorità israeliane ed internazionali, si raccomanda ai cittadini italiani residenti in Israele ed ai viaggiatori di attenersi alle consuete norme igieniche ed assicurarsi che la completa profilassi sia stata impartita ai minori.
(Viaggiare Sicuri, 25 luglio 2013)
Natalie Portman: Primo ciak da regista in Israele
Natalie Portman
Primo ciak da regista per l'attrice newyorkese Natalie Portman.
Dopo numerosi riconoscimenti per le sue interpretazioni, tra cui il Golden Globe per Closer e l'Oscar per Black Swan, la Portman, nome d'arte di Natalie Hershlag, di origini Israeliane, girerà il suo film a Gerusalemme e sarà tratto dal romanzo autobiografico dell'autore anch'esso israeliano Amos Oz, "Una storia di amore e di tenebra", pubblicato nel 2002.
La Yoran Honig Film Fund di Gerusalemme che rappresenta il film e lo finanzierà con 400 mila dollari, ha spiegato che la Portman, oltre che regista e autrice della sceneggiatura, sarà anche interprete di uno dei ruoli principali, quello della madre tormentata di Oz.
La lavorazione del film dovrebbe iniziare a ottobre quando l'attrice e regista effettuerà i primi casting in Israele per scegliere attori del posto, mentre le riprese inizieranno nei primi giorni del 2014. Ancora non si sa se il film sarà girato in inglese o in ebraico.
(ilsussidiario.net, 26 luglio 2013)
A proposito della manifestazione per Sherif Azer che si è svolta a Torino
Un partecipante alla manifestazione ci scrive:
«Che vergogna l'assenza di tutti coloro che sono sempre pronti a manifestare per tutto ciò che è politically correct. Nessun'associazione è venuta, non c'era nessun prete cattolico, nessun rappresentante della sinistra (il sindaco Fassino ha inviato un messaggio letto da una consigliera, ma era una presenza istituzionale), nessuna femminista e nessun gruppo interessato a ciò che avviene in Medio Oriente.»
Il che - come diceva Giovannino Guareschi - è bello e istruttivo.
(Notizie su Israele, 25 luglio 2013)
Spadolini: coerenza pro Israele
In uscita un libro dello storico Valentino Baldacci. Intervista all'autore: gli scontri con Fanfani e Craxi.
Spadolini con Napolitano e Craxi
«Il sionismo sta al risorgimento nazionale ebraico così come il mazzinianesimo sta al risorgimento nazionale italiano. Herzl si formò in larghissima parte sul pensiero di Mazzini, e tutta la corrente sionista operante nell'ultimo ventennio dell'ottocento si ispirò ai principi dell'autonomia nazionale nella linea di una visione religiosa della democrazia».
Sono parole di Giovanni Spadolini, storico, giornalista e politico, che dimostrò sempre, anche a rischio di aperte polemiche con leader Dc e Psi, una sua estrema vicinanza allo stato di Israele.
A ridisegnare l'intera vicenda spadoliniana rispetto a queste tematiche arriva oggi per i tipi Polistampa "Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo stato d'Israele. Una lunga coerenza" con prefazione di Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche italiane.
A scriverlo lo storico Valentino Baldacci ricorrendo alla ricerca alla gran mole di carte della Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Il volume intersecando le vicende dello Stato di Israele con quelle di Spadolini ricostruisce passo passo questo rapporto mai interrotto e che anzi portò il segretario del partito repubblicano a gesti decisi e di rifiuto dell'Olp finché Yasser Arafat non arrivò a riconoscere lo Stato di Israele.
Una storia che parte da lontano e che mostra l'interesse di Spadolini per la questione ebraica già in veste di giovane direttore de 'Il Resto del Carlino' sulle cui colonne comparivano veementi editoriali in cui si criticava la politica estera perseguita «da Amintore Fanfani di concerto con la politica petrolifera di Enrico Mattei».
Spadolini teme e si batte contro il panarabismo veicolato dall'egiziano Nasser e dalla sua dirompente decisione di nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez.
Le sue posizioni in difesa dello Stato d'Israele e del suo popolo lo misero più volte in urto con personaggi quali Amintore Fanfani, Bettino Craxi o Giulio Andreotti, facendo allo stesso tempo di lui un interlocutore privilegiato della comunità ebraica.
Senz'altro di interesse il parallelismo Mazzini-Herzl.
«Per quanto riguardava il legame fra il Risorgimento e l'emancipazione ebraica - scrive Baldacci nel suo libro - Spadolini dedicava naturalmente ampio spazio alle interdizioni israelitiche, pubblicate nel 1837, ricordando però che anche Mazzini, nello stesso periodo e ignaro di quello che stava scrivendo Cattaneo, aveva pubblicato sulla «Jeune Suisse» due articoli sulla vicenda dei fratelli Wahl ai quali, in quanto ebrei, era stato interdetto l'acquisto di terreni da parte del cantone di Basilea-Campagna, mentre, in quanto cittadini francesi, avevano pieno diritto all'acquisto.
Poiché la vicenda ebbe rilievo europeo, l'opera di Cattaneo e gli articoli di Mazzini contribuirono alla definitiva affermazione del principio dell'emancipazione degli ebrei, che fu conquistata nella maggior parte dei paesi europei occidentali nel 1848. la conclusione di Spadolini riportava all'attualità politica: parlando del suo incontro con Begin e della popolarità dei personaggi del Risorgimento italiano, che anche in questa occasione aveva potuto riscontrare, concludeva scrivendo: "Israele sa di essere anche un po' figlia della vittoria laica sulle "interdizioni israelitiche""».
Spadolini accanto alla nascita del sionismo indagava sull'ascesa dell'antisemitismo e - scrive Baldacci «non rinunciava a una frecciata polemica nei confronti di Craxi, che qualche anno prima, nel 1978, in polemica con Berlinguer aveva rilanciato la figura di Proudhon: "Quanti sanno per esempio che Proudhon - l'idolo di un socialismo umanistico cui si voleva tornare qualche anno fa in antitesi a Marx - appartiene alla legione non onoranda dei profeti dell'antisemitismo? Press'a poco negli stessi anni in cui Mazzini difendeva i fratelli Wahl, gli israeliti svizzeri bloccati in un acquisto di terreni dalla legge discriminatrice del Cantone locale, Proudhon sottolineava che "l'ebreo non è né un agricoltore, né un commerciante, è un anti-produttore" e aggiungeva: "Si deve rimandare questa razza in Asia, o sterminarla"».
E sempre con Craxi la polemica per i fatti Sigonella conseguenti all'arresto della nave Achille Lauro. Il Partito Repubblicano il 16 ottobre si ritira dal governo. «L'episodio aveva mostrato che Craxi e Spadolini rappresentavano due modi alternativi di affrontare i problemi del Medio oriente e quello dei rapporti con i palestinesi e con lo stesso Stato d'Israele. Anche questo volume è uno strumento prezioso per analizzare le vicende della prima Repubblica e non solo. Spadolini già in precedenza si era mostrato in polemica con tutta "la sinistra democristiana" criticando anche posizioni di "neutralismo" che volevano distanziare, in piena guerra fredda, l'Italia dai suoi alleati atlantici».
- Valentino Baldacci, nel libro da lei scritto pone in evidenza la coerenza di Spadolini nel sostenere a spada tratta il sostegno filoisraeliano. Tra gli altri si cita il caso della visita di Arafat che il senatore non volle ricevere. Da cosa gli derivava questa netta presa di posizione? Arafat fu poi ricevuto da Spadolini ma solo quando l'OLP accettò formalmente l'esistenza dello Stato d'Israele. Questa era la condizione per incontrare Arafat.
- "Più volte Spadolini - scrive nel suo libro - mette in luce l'influenza che su Theodor Herzl ha avuto il pensiero di Mazzini, mentre un altro costante riferimento è costituito dalle "Interdizioni israelitiche" di Carlo Cattaneo". Si parla di un vero e proprio parallelismo. Quali i punti di contatto? Secondo Spadolini il sionismo rappresentava la lotta del popolo ebraico per riconquistare la propria patria. In questo trovava la somiglianza con il pensiero e l'azione di Mazzini. Inoltre Spadolini sosteneva che Herzl era stato fortemente influenzato da Mazzini.
- L'appoggio aperto ad Israele portò Spadolini, a più riprese, a scontrarsi con Dc e Psi. Quali furono in particolare gli episodi di maggiore impatto? Due soprattutto: il primo l'attentato palestinese alla sinagoga di Roma, che era stato preveduto da una serie di episodi di appoggio delle forze politiche italiane all'OLP il secondo la vicenda dell'Achille Lauro.
- Col tempo, specie dopo l'Urss di Gorbaciov, Spadolini divenne più comprensivo rispetto alla causa palestinese. Cosa lo portò a questo cambiamento? Come ho già sottolineato l'accettazione da parte di Arafat, almeno a parole, dell'esistenza dello Stato d'Israele.
- A Pian dei Giullari, nella "casa dei libri", ci sono carte inedite scottanti per la ricostruzione della politica italiana? Non credo proprio. Spadolini agì sempre alla luce del sole e le sue polemiche con Craxi e con la sinistra DC sono tutte leggibili sui giornali.
- Lei fu studente di Spadolini, che genere di professore era Spadolini? E da giornalista quale era il suo stile? Come professore, Spadolini era puntualissimo, anche quando era direttore de 'ilResto del Carlino' non saltava mai una lezione. Aveva, come è noto, un eloquio molto fluido, e le sue lezioni era molto seguite. Come giornalista, manteneva lo stesso stile che usava nelle lezioni: molto documentato e molto fluido.
(L'Indro, 25 luglio 2013)
Sinai nel caos. Israele in allerta
(ANSA, 25 luglio 2013)
L'occupazione di cui in pochi parlano
Si sente molto discutere di "occupazione", di questi tempi. Il segretario di Stato americano John Kerry sta facendo del suo meglio per convincere i leader palestinesi a riprendere a dialogare di pace con Israele; ma essi chiedono che i negoziati si basino sulle linee armistiziali del 1949.
Di recente l'Unione Europea ha rilasciato le linee guide per gli investimenti per i 28 stati membri. Anche di questo si è parlato molto negli ultimi tempi. Ecco cosa ha riferito l'agenzia France Press: «le linee guida vietano di intraprendere relazioni o finanziare entità israeliane che si collochino al di là della cosiddetta Green Line del 1967: vale a dire, nel West Bank, a Gerusalemme est, a Gaza e sulle Alture del Golan. Esse esplicitamente prevedono che ogni futuro accordo preveda che queste zone non siano parte dello stato ebraico. Ciò crea un dilemma per Israele: continuare ad occupare il West Bank, a rischio di compromettere le relazioni con la comunità internazionale (per non parlare dei rapporti commerciali); o disimpegnarsi appieno»....
(Il Borghesino, 25 luglio 2013)
Bulgaria - Identificati due complici dell'attentato anti-israeliano
ROMA, 25 lug - Il Ministero dell'Interno bulgaro ha diffuso le foto di due sospetti complici dell'attentatore che un anno fa si fece esplodere all'interno di un bus pieno di turisti israeliani a Burgas. I due sono un cittadino australiano di 32 anni, Maliad Farah, conosciuto anche come Hussein Hussein e il 25enne canadese Hassan El Hajj Hassan. Le autorita' bulgare hanno riferito che i due uomini sono stati notati in diverse localita' turistiche del Mar Nero fra il 28 giugno e il 18 luglio del 2012, data in cui i sospetti avrebbero aiutato il kamikaze morto sulla scena dell'attentato presso l'aeroporto di Burgas. Secondo gli inquirenti, il canadese e l'australiano si sarebbero registrati presso alcuni alberghi e avrebbero preso in affitto delle autovetture sotto tre false indentita', Brian Jeremiah Jameson, Jacque Philippe Martin e Ralph William Rico. Due patenti di guida americane contraffate a nome di Martin e Rico furono ritrovate dopo l'attentato ed entrambe recavano tracce del dna dell'attentatore. Israele aveva accusato immediatamente gli Hezbollah libanesi di aver organizzato l'attacco, il peggiore avvenuto contro lo stato ebraico all'estero dal 2004, il primo in un paese della Ue. Il precedente governo bulgaro del conservatore Boyko Borissov aveva confermato le accuse, ma il neoministro degli Esteri, il socialista Kristian Vighenin, aveva espresso un mese fa della riserve sul presunto coinvolgimento dell'organizzazione libanese nell'attentato in cui morirono, oltre al terrorista, cinque turisti israeliani appena giunti con un volo in Bulgaria e l'autista del loro pullman. L'inchiesta e' ancora in alto mare, a causa delle lunghe procedure per la raccolta delle testimonianze da Israele e per l'assistenza legale all'estero. Il caso ha comunque giocato un ruolo determinante nella decisione dell'Unione Europea di inserire nella lista dei gruppi terrostici il braccio armato di Hezbollah.
(ASCA, 25 luglio 2013)
Israele vuole costruire una ferrovia in Giudea-Samaria
L'amministrazione militare israeliana ha dato il via libera al progetto di costruzione di una rete di 473 chilometri di linea ferroviaria in Giudea-Samaria. Lo ha annunciato oggi un funzionario del ministero della Difesa.
"L'amministrazione degli affari civili della Giudea-Samaria ha deciso mercoledì di pubblicare il piano in modo che la popolazione possa presentare le proprie obiezioni entro un periodo di 60 giorni", ha detto la fonte, ricordando che l'Autorità palestinese si è rifiutata di collaborare al progetto.
Stando a quanto precisato dal quotidiano Haaretz, l'amministrazione militare e il ministero dei Trasporti prevedono di costruire 30 stazioni, decine di ponti e gallerie, oltre a 11 linee ferroviarie che dovrebbero collegare le principali città della Giudea-Samaria e grandi insediamenti israeliani.
(Fonte: Today, 25 luglio 2013)
Festival cultura ebraica: Rutu Modan, fumettista, si racconta
In romanzo 'The property', la ricerca delle radici in Polonia
ROMA, 25 lug - E pensare che c'è ancora qualcuno che le chiede: ''Ma i fumetti non dovrebbero fare ridere?''.
Rutu Modan, classe 1966, israeliana di Tel Aviv, è una degli autori di fumetti più famosa al mondo, pubblicata da giornali come il 'New York Times', il 'New Yorker', 'Le Monde'.
Pluripremiata, è diventata una stella del fumetto impegnato nel 2007, con il suo primo graphic novel 'Exit Wounds'. In questi giorni è a Roma per il Festival di cultura e letteratura ebraica, dove ha presentato il suo ultimo romanzo: 'The Property', 'la proprietà'. ''Per realizzarlo ci sono voluti quattro anni - racconta l'artista ad ANSAmed -: sei mesi di ricerche e altri tre anni e mezzo per scriverlo e illustrarlo''. Del resto, il piglio con cui Modan ha lavorato è quello dell'artigiano che conosce la materia e pretende la perfezione.
''Per rendere le mie illustrazioni più reali, più credibili ho deciso di fare ricorso ad attori che, fotogramma dopo fotogramma, hanno recitato tutto il libro. Li ho selezionati, vestiti, diretti e fotografati personalmente. E visto che nei fumetti un po' di esagerazione funziona, ho chiesto loro di recitare come si faceva nei film muti''. Il risultato è un piccolo capolavoro, che racconta una storia familiare: simile, per certi versi, a quella dell'autrice.
'''The Property' parla di una ragazza israeliana, Mika, e di Regina, sua nonna. Le due partono insieme da Israele per la Polonia, il Paese dove Regina è nata e che è stata costretta a lasciare per scampare alla persecuzione antisemita. La loro missione - almeno in apparenza - è quella di riscattare la proprietà di famiglia, prima espropriata dai nazisti e poi nazionalizzata dai comunisti. Ma la nonna ha un obiettivo segreto...''. ''Come Regina - racconta Modan -, anche mia nonna è nata in Polonia; e anche lei, dopo essere fuggita, non ha mai più voluto metterci piede. La chiamava 'il grande cimitero', un appellativo usato anche dal personaggio della nonna nel libro. Io stessa non ho mai sentito parlare di Polonia: quando ho deciso di scrivere questo libro, il primo passo è stato vedere la voce 'Polonia' su Wikipedia''. Ma le analogie autobiografiche non finiscono qui: ''Da sempre nella mia famiglia, come in tante altre, si vagheggia di proprietà lasciate indietro. Gli ebrei polacchi sopravvissuti all'Olocausto - aggiunge l'artista - non avevano case a cui fare ritorno: tutto è andato distrutto o nazionalizzato dai comunisti. C'è una grossa differenza rispetto a quello che è successo in Francia o in Italia: per esempio, Primo Levi nei sui libri parla di una 'casa' a cui fare ritorno''. La tematica della 'proprietà' nasce qui: ''Facendo ricerche per il libro, ho scoperto che si tratta di una questione politica molto sentita, sia in Polonia che in Israele.
E soprattutto mi sono resa conto della evidente analogia che c'è tra le storie degli ebrei polacchi e quelle dei palestinesi, che conservano le chiavi di case sottratte loro da tempo''.
Tuttavia, sottolinea l'artista, ''non sarebbe corretto definire 'The Property' un libro politico: non in prima istanza, quanto meno. Quella che volevo raccontare è soprattutto una storia familiare, che può arrivare a tutti: giapponesi, coreani, italiani''.
(ANSAmed, 25 luglio 2013)
Esordio del prototipo israeliano ai Solar Decathlon China
Prima edizione per i Solar Decathlon China ed esordio della squadra israeliana che per la prima volta si presenta con un prototipo ad energia zero ispirato alla tradizione.
Mancano ormai pochi giorni alla prima edizione dei Solar Decathlon China 2013 che prenderanno il via a Datong il 2 Agosto per terminare il 13 con l'elezione del prototipo ad energia zero dalle prestazioni migliori.
Saranno 22 le squadre partecipanti, provenienti da 35 differenti Paesi di tutti e 6 i continenti, che si sfideranno per raggiungere l'ambito titolo ideato dal U.S. Department of Energy nel 2002. Per la prima volta anche la Cina ospiterà la kermesse internazionale, dando spazio alle piccole eccellenze dell'architettura ad "energia zero" elaborate dai team universitari.
Ai Solar Decathlon China 2013 ci sarà inoltre l'esordio della squadra di Israele che per la prima volta gareggerà al concorso con All [e] Land, un edificio ispirato alle tecniche costruttive tradizionali che fonde le potenzialità dell'architettura passiva con le tecnologie sostenibili.
L'edificio ad energia zero che parteciperà ai Solar Decathlon China per Israele si ispira all'archetipo mediterraneo della "Casa Israeliana a 4 stanze", organizzata a partire da un patio centrale vivibile attorno al quale si sviluppano tutti gli altri ambienti della casa. La progettazione passiva, l'efficienza dell'involucro, le finestre ed i sistemi ombreggianti, riducono al minimo l'esigenza di ricorrere a sistemi meccanici per la gestione dell'efficienza termica, abbattendo i consumi.
I pannelli fotovoltaici, l'impianto solare termico, l'impianto di stoccaggio a Phase Changing Material, il Solar Cooling ed il sistema di raffrescamento notturno per radiazione, concorrono insieme a garantire al prototipo israeliano in gara per i Solar Decathlon China 2013 la massima efficienza al minor costo ambientale ed energetico.
In poco più di due settimane, l'edificio Net Zero Energy può essere completato e pronto per essere abitato, servendosi solo di materiali ecologici come le travi in acciaio riciclate rivestite dai pannelli in fibra di cemento.
(Rinnovabili.it, 25 luglio 2013)
Israele - Trovato il virus della poliomielite nell'acqua: l'Oms lancia l'allerta
Casi clinici in Kenya e Somalia. Il ministero della Sanità invita chi viaggia in questi Paesi a fare un richiamo del vaccino
L'infezione si considerava superata dal 2002, anno in cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò lo Stato di Israele libero dal poliovirus. Nessun problema per i due lustri successivi, fino al riscontro delle scorse settimane: trenta i campioni di acque reflue, prelevati in dieci diversi siti di misurazione, risultati positivi per il virus. In tutti i casi è stata rilevata la presenza del sierotipo 1 - definito Brunhilde, dal nome dello scimpanzé in cui fu identificato -, responsabile dell'85% dei casi di malattia paralizzante, in grado di colpire gli arti inferiori e superiori.
ERADICAZIONE DIFFICILE - L'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva l'obiettivo di arrivare all'eradicazione del virus entro il 2000, ma i focolai emersi nell'ultimo decennio hanno dimostrato come il risultato sia ancora lontano dall'essere raggiunto. Israele, al pari dell'Italia, era considerato un Paese libero dal poliovirus selvaggio, diffuso per via oro-fecale (tramite acqua e alimenti contaminati) e attraverso le secrezioni respiratorie (nella fase acuta della malattia). Oggi, invece, si ritrova sotto gli occhi dei principali epidemiologi. «Il rilevamento del virus in tutto il Paese indica un aumento dell'area geografica di diffusione per un prolungato periodo di tempo - fa sapere l'Organizzazione Mondiale della Sanità -. Pertanto il rischio di ulteriore espansione internazionale passa da moderato a elevato». Epidemie, nell'anno in corso, sono segnalate anche in Somalia (65 casi) e in Kenya (otto casi), che si aggiungono ad Afghanistan, Nigeria e Pakistan, i tre Stati in cui la diffusione del poliovirus è ancora endemica.
VACCINO OBBLIGATORIO - La copertura vaccinale in Israele raggiunge il 94% ed è soltanto di poco inferiore al dato italiano. Ciò nonostante le autorità sanitarie locali hanno deciso di avviare un'attività di vaccinazione supplementare attraverso la somministrazione del virus vivo per via orale, secondo il protocollo messo a punto da Albert Sabin. In Italia la profilassi contro il poliovirus è obbligatoria, così come quelle per la difterite, l'epatite B e il tetano. «La prevenzione si basa sull'utilizzo di un vaccino inattivato (di Salk, ndr) che favorisce lo sviluppo di anticorpi efficaci contro i tre tipi di virus - spiega Claudio Droghetti, responsabile degli ambulatori vaccinali e di medicina dei viaggi del Centro Diagnostico Italiano di Milano -. Il protocollo prevede la somministrazione della prima dose al terzo mese di vita, della seconda al quinto e della terza all'undicesimo. L'ultima viene effettuata al compimento del sesto anno». Si stima che lungo la Penisola 120mila persone, tra i 50 e i 60 anni, convivano con l'esito dell'infezione da poliovirus. Chi è nato a partire dagli anni '60, invece, non è sfuggito alla vaccinazione. Ma adesso, alla luce delle ultime segnalazioni, il Ministero della Salute raccomanda a chi ha in programma viaggi verso le mete a rischio «la somministrazione di una ulteriore dose booster, se è stato completato il ciclo vaccinale di base con una dose di richiamo». Diverso il discorso per i non vaccinati o per chi lo è in maniera incompleta: il consiglio è di effettuare un ciclo completo a tre dosi prima della partenza.
ITALIA A RISCHIO? - Il poliovirus, nella maggior parte dei casi, infetta in maniera asintomatica. Ma la possibilità che la diffusione lambisca l'Europa c'è, altrimenti dal quartier generale di Ginevra non si sarebbero preoccupati di ribadire che «in tutti i Paesi, in particolare in quelli che hanno frequenti scambi con Israele, è necessario rafforzare la sorveglianza dei casi di paralisi flaccida acuta, al fine di individuare nuovi focolai e facilitare una rapida risposta». L'identificazione della paralisi - esito riscontrabile in un paziente su 200 casi di infezione - è la spia della forma di poliomielite più grave, causata dalla diffusione del virus nel torrente circolatorio e dal contagio delle corna anteriori del midollo spinale, responsabili del controllo motorio della muscolatura. «Il dato israeliano non è sorprendente, dal momento che il poliovirus circola ancora in alcuni Paesi e non è improbabile che venga diffuso in altri ritenuti indenni - precisa Massimo Galli, ordinario di malattie infettive all'Università di Milano e direttore della divisione universitaria di malattie infettive dell'ospedale Luigi Sacco -. L'assenza di casi di malattia, così come il mancato riscontro nell'acqua potabile, sono però aspetti da sottolineare, determinati dall'alto tasso di vaccinati che ha impedito la comparsa di nuovi casi di poliomielite paralitica. Gli standard igienico-sanitari di Israele non sono inferiori a quelli dell'Europa occidentale, come dimostrano i frequenti controlli da cui sono stati ottenuti questi risultati». Il consiglio, esteso alla prevenzione di altre malattie infettive, riguarda l'assunzione di alimenti e acqua di origine sicura ed esenti da contaminazioni.
(Corriere della Sera, 25 luglio 2013)
Hilla Ben Ari: da Tel Aviv a Roma
Abbiamo intervistato Hilla Ben Ari, artista israeliana selezionata per il progetto di residenze del Macro di Roma per il periodo agosto-novembre 2013. Progetti, aspettative e riflessioni su questa nuova esperienza. E qualche domanda sul panorama israeliano contemporaneo.
di Giorgia Calò
Hilla Ben Ari, Veduta della mostra Diana, Herzliya Museum of Contemporary Art, Israele 2004
Sono stati annunciati pochi giorni fa i nomi degli otto vincitori del concorso internazionale per il programma Artisti in residenza del Macro di Roma per il 2013-2014, selezionati tra oltre 150 candidature. I primi quattro, sotto il coordinamento di Rossana Miele, lavoreranno nella sede del Museo da agosto a novembre di quest'anno, per poi concludere la loro esperienza con una mostra in sede della durata di due mesi. Gli artisti scelti dal comitato, formato da Bartolomeo Pietromarchi, Maria Alicata, Éric de Chassey e Maurizio Nannucci, sono l'israeliana Hilla Ben Ari, gli italiani Riccardo Beretta e Jacopo Milani, a cui si aggiunge l'indiano Sahej Rahal, la cui selezione rientra nell'ambito di Public, progetto promosso, ideato e organizzato da ZegnArt.
Abbiamo intervistato uno di loro, Hilla Ben Ari, nata nel Kibbutz Yagur, a pochi chilometri da Haifa, un'artista molto attiva in ambito nazionale e internazionale, come dimostrano le sue partecipazioni nei più importanti musei israeliani, e all'estero a Berlino, Pechino, Taiwan, New York, Bruxelles, Barcellona e Roma. Dalle risposte si evincono le sue impressioni e le sue aspettative in merito alla residenza al Macro, le opportunità, non solo in termini di visibilità e curriculum, ma anche per fini prettamente formativi, di crescita professionale e di sviluppo relazionale.
- Sono stata spesso nel tuo studio a Tel Aviv, e l'ho trovato ogni volta un luogo molto accogliente e luminoso. Tuttavia non è uno spazio enorm", malgrado tu lavori su progetti complessi ed elaborati per un lungo tempo che si risolvono quasi sempre in grandi installazioni site specific. Che effetto ti fa sapere che per i prossimi mesi sarai in uno studio di circa 120 mq, per giunta museale? Questo cambierà la tua processualità creativa? In primo luogo vorrei dire che sono entusiasta di prendere parte al progetto di residenza presso il Macro; è una grande opportunità per me. Penso che avere uno studio all'interno del museo che funziona da spazio di lavoro e spazio espositivo, renderà sicuramente il mio processo creativo diverso. Sono molto curiosa.
Il luogo dove creo è certamente un'ulteriore fonte d'ispirazione. In passato ho avuto diversi studi, sia piccoli che grandi, uno spostamento per me affascinante, forse perché sto giocando con questa tensione tra piccolo e grande anche nei miei lavori.
Hilla Ben Ari, veduta della mostra Regulator, Tel Aviv Museum of Art, 2005
- La tua ricerca segue un percorso binario che riesce a coniugare mezzi apparentemente antitetici. Infatti, alla tua produzione video si affianca la realizzazione di grandi installazioni che spesso hanno come protagonista la carta. Come intendi contestualizzare per la residenza al Macro il tuo lavoro? Realizzerai anche per il museo romano un progetto in cui video e carta dialogano all'interno di una ricerca comune? Sì, il mio piano è quello di continuare a lavorare su questo dialogo tra video e carta. Entrambi i mezzi mi permettono di sollevare questioni a me care come il corpo, i suoi confini, la sua violazione, la forza e la debolezza, il sostegno, il controllo, il potere e la violenza. In questo progetto desidero esplorare il punto di incontro di questi due medium attraverso il rapporto tra corpo e struttura, tema costantemente presente nei miei lavori, ma credo che questa volta sarà ancora più estremo.
- La tua intera ricerca si è sempre concentrata sul corpo femminile inteso come materia espressiva, come metafora di un processo di ridefinizione identitaria, o viceversa come rappresentazione materiale di un imprigionamento fisico e mentale. Inoltre sia i tuoi video che le tue installazioni sono caratterizzati da una forte staticità. Penso ai video Seedling, Dusk, o Horizontal Standing, in cui, in maniera quasi warholiana, l'inquadratura è fissa mentre riprende soggetti che si muovono impercettibilmente. Un'idea di congelamento che ritroviamo anche nelle tue installazioni (penso a Lacuna, The Left Shoulder e Diana) che interagiscono con il pubblico e con l'ambiente ma sempre in modo "immobile" direi. Dunque continuerai a lavorare su queste tematiche? Desidero continuare a lavorare su questi temi e vorrei esplorarli anche da diverse angolazioni. Nei miei lavori indago i limiti e i confini del corpo femminile, mettendolo a confronto con altri corpi o oggetti minacciosi che hanno la capacità di infierire sul corpo ma allo stesso tempo lo sostengono, esprimendo così la tensione senza fine tra fragilità e aggressività.
Questo concetto si manifesta anche nei miei lavori su carta, che sono spesso ripetitivi, legati uno all'altro. Quando lavoro con la carta provo a verificare come un materiale bidimensionale e fragile può sostenersi da solo nello spazio. Infatti, in molti dei miei lavori la carta imita materiali più resistenti e solidi come il metallo ad esempio. Questa dualità è presente anche nelle mie opere video che mettono in risalto il corpo nella sua fragilità, e allo stesso tempo ne evidenziano la forza che si evince dalla postura in continua tensione ed equilibrio. Eppure i lievi tremori prodotti proprio da questa costante tensione ne accentuano sistematicamente i suoi limiti.
Hilla Ben Ari, veduta della mostra The Left Shoulder, Gallery 39 for Contemporary Art, Tel Aviv 2008
- Sei nata in un kibbutz, una delle tante piccole comunità fondate su ideali socialisti agli inizi del Novecento. Ti faccio la stessa domanda che ti ho posto la prima volta che ci siamo conosciute: in che modo il contesto geografico ha influenzato la tua arte? C'è una sorta di "israelianità" nel tuo lavoro, o pensi che non avrebbe fatto differenza nascere in un altro paese? La mia identità di donna, di israeliana, di donna cresciuta in un kibbutz, è un elemento centrale nelle mie opere, a volte è più latente altre volte invece è più diretto, ma è sempre lì. Sicuramente è parte integrante del mio lavoro sul corpo, delle sue funzioni all'interno delle strutture e della sua identità.
- Oltre due anni fa, quando ti ho chiesto cosa pensavi del panorama attuale dell'arte israeliana, mi hai risposto che si sarebbero visti sempre di più artisti del luogo lavorare fuori dal proprio Paese perché ora c'è una presa di coscienza della realtà e della propria identità più forte rispetto a prima. Effettivamente tu hai esposto molto all'estero e ora questa residenza ti vedrà per i prossimi mesi lontano da casa. Sei ancora dello stesso parere? Sono felice di poter creare queste "finestre" aperte sul mondo. Allo stesso tempo però, è ancora molto importante per me per mantenere una relazione con Israele, che è un Paese attivo e vivace, benché sia così piccolo. Negli ultimi anni molti artisti israeliani si sono affermati a livello internazionale, ma credo che anche per molti di loro sia fondamentale mantenere un contatto tra Israele e l'estero.
(Artribune, 24 luglio 2013)
Tunnel chiusi, perdite milionarie per l'economia di Gaza
di Luca Pistone
Nel mese di giugno, a causa della chiusura dei tunnel transfrontalieri da parte delle autorità egiziane, l'economia della Striscia di Gaza ha perso una cifra pari 174 milioni di euro.
Lo riferisce il ministro dell'Economia di Gaza, Alaa Rafati, citato dall'agenzia di notizie palestinese Ma'an, secondo il quale oltre 20 mila operai del settore edile hanno perso il posto di lavoro per la carenza dei materiali necessari alla costruzione, che arrivano a Gaza attraverso il tunnel di contrabbando che passano sotto il confine con l'Egitto.
Inoltre, dal 15 giugno, quasi il 90% dei progetti finanziati da Qatar e Turchia sono stati sospesi per le mancate forniture nella Striscia.
Secondo Rafati, le forniture autorizzate da Israele, attraverso il valico di Kerem Shalom, coprono solo il 30% delle necessità della popolazione.
"Non ci opponiamo alla chiusura dei tunnel, ma in alternativa per l'ingresso delle merci va riaperto il valico di Rafah", ha aggiunto il ministro.
Da agosto l'Egitto ha distrutto decine di tunnel per l'uccisione di 16 soldati egiziani durante un'offensiva di militanti nei pressi della recinzione di Gaza.
Il 5 giugno l'Egitto ha chiuso per cinque giorni il valico di Rafah per una serie di disordini registrati nel Sinai dopo la destituzione del presidente Mohamed Morsi.
Israele ha indurito il blocco su Gaza dopo che Hamas ha preso il potere nel 2007. Gaza non dispone attualmente né di aeroporti né di porti e la sua economia è fortemente dipendente dai finanziamenti esteri e dal contrabbando attraverso i tunnel transfrontalieri.
(Atlas, 24 luglio 2013)
Levi e il concerto Shuk chiudono il Festival della cultura ebraica a Roma
Due repliche "Se questo è un uomo", alle 22 la band israeliana
Yoni Avital
ROMA, 24 lug. - Per la serata conclusiva del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica, curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, domani 25 luglio, i Giardini del Tempio Maggiore e il Museo Ebraico di Roma ospiteranno due repliche (alle 19.30 e alle 20.30) dello spettacolo "Se questo è un uomo" nel ricordo di Primo Levi di e con Maria Rosaria Omaggio, con le coreografie di Mario Piazza, le danzatrici Sonia Bertin, Serena Carassai, Monika Lepisto e le musiche di L. Bacalov, Subliminal, J. Massenet.
Seguirà, alle 22, il concerto degli Shuk, band israeliana internazionale guidata da Yoni Avital, presso il Palazzo della Cultura, una prima assoluta italiana. Nato a New York, Yoni Avital è un musicista e un cantante che negli anni ha aperto i concerti dei più famosi cantanti israeliani. Laureato in Psicologia e Musica all'Università di Haifa, Avital è anche direttore della Kibbutz Contemporary Dance Company (KCDC), una delle compagnie più famose al mondo e ha fondato la Ride4Food, un'organizzazione che raccoglie fondi per i meno abbienti.
(TMNews, 24 luglio 2013)
Un vile distinguo
di Francesco Lucrezi
La decisione dell'Unione Europea di boicottare attività e istituzioni israeliane situate al di là della cd. "linea verde" si rivela l'ennesimo cieco e vile attacco non solo contro lo Stato ebraico, ma anche - che è poi la stessa cosa - contro ogni flebile, ipotetica, lontanissima speranza di una soluzione negoziata al conflitto. Essa non trova alcuna plausibile giustificazione, sul piano giuridico, politico e morale, al di là dell'antica passione della vecchia Europa per il suo sport preferito, colpire gli ebrei.
Sul piano giuridico, la risoluzione sulla presunta illegittimità della presenza ebraica al di là di tale limite ignora completamente il macroscopico dato di fatto che la tanto invocata soluzione dei "due popoli due stati" - già delineata, durante il Mandato britannico, nel 1937, dalla cd. Commissione Peel, e poi ufficialmente sancita dalla Risoluzione delle Nazioni Unite del 1947 - è stata sempre disattesa dal rifiuto arabo, la cui guerra di aggressione del 1948 ha portato alla definizione di una fragile e precaria linea armistiziale, assolutamente non riconosciuta dagli arabi come legittimo 'confine', come ben dimostrano le successive guerre del 1967 e poi del 1973 (per non parlare degli innumerevoli attacchi terroristici). Ora quel presunto confine, imposto dalla guerra voluta dagli arabi, e rifiutato dagli stessi arabi, viene nuovamente imposto (unilateralmente, senza nessuna garanzia, nessuna argomentazione, nessuna trattativa) con la forza del diritto. Credo che si tratti dell'unico caso della storia in cui un Paese deve subire, contemporaneamente, la durezza delle armi e della legge. "Silent leges inter arma", diceva Cicerone, "tra le armi il diritto tace". Ma ciò non vale per Israele, perché 'leges' e 'arma' sono semplicemente due strumenti per colpirlo, si usa quello più a portata di mano. L'Europa si duole della violazione di quel sacro confine: quali sanzioni, quali boicottaggi sono stati presi contro quei Paesi che, per primi, lo hanno calpestato, determinando la situazione attuale?
Sul piano politico, nel momento in cui, faticosamente, l'America pare riuscita a portare i due contendenti al tavola del negoziato diretto, l'Europa apre con un calcio la porta della stanza dei colloqui, ed entra gridando: "ci sono anch'io!", per poi correre a baciare e abbracciare l'amatissimo fratello palestinese, riservando all'interlocutore israeliano una smorfia ringhiosa, e al mediatore americano un sorriso di scherno, con l'aria di che pensa "lo so io come si fa". Non c'è che dire, certo un grande contributo alla causa del negoziato: tutti e tre i partner ne ricaveranno certamente un grande incoraggiamento a fare presto e bene. I palestinesi, qualsiasi cosa gli sarà offerta, penseranno sempre che l'Europa gli avrebbe dato di più, e avrebbero ragione. Gli israeliani saranno ancora più consapevoli delle loro solitudine, e necessariamente più cauti e prudenti nell'abbassare la guardia. Gli americani sempre meno desiderosi di sobbarcarsi un'ingrata fatica, senza il minimo sostegno da parte dei loro alleati.
Sul piano morale, niente da dire. E' l'Europa di sempre, la stessa che si prepara a organizzare la prossima Giornata della Memoria, in occasione della quale tanti autorevoli politici, professori, artisti, sacerdoti, diranno, con voce emozionata: "come è potuto accadere, quel che è accaduto, nel cuore dell'Europa?".
(Notiziario Ucei, 24 luglio 2013)
Due razzi dalla striscia di Gaza su Israele
GERUSALEMME, 24 lug. - Il possibile riavvio dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi dell'AP non piace ad Hamas che controlla la striscia di Gaza. Enclave da cui oggi sono stati sparati due razzi contro Israele dove non hanno causato ne' danni o feriti. Ne ha dato notizia un portavoce della polizia, specificando che gli ordigni sono caduti nella regione di Eshkol.
(AGI, 24 luglio 2013)
"Oggi nella regione di Eshkol sono caduti due fulmini senza provocare né danni né feriti". E' una notizia che, se fosse vera, non meriterebbe altri commenti, se non un sospiro di sollievo: "Grazie al cielo non è successo nulla (di male, sottinteso). Qui però non si tratta di fulmini caduti dal cielo, ma di razzi lanciati da un'entità politica: Gaza. La solerte precisazione dell'articolista: "non hanno causato né danni né feriti", non basta allora a far trarre un sospiro di sollievo, perché non è vero che non è accaduto nulla di male. Nella messa cattolica a un certo punto l'officiante dice ai fedeli: "Scambiatevi un segno di pace!" e i fedeli si stringono la mano o fanno qualcosa del genere. Non si sono scambiati né soldi né favori, ma si sono scambiati un segno. Ecco allora, con i suoi due "innocui" razzi la hamassiana Gaza ha voluto mandare a Israele un segno, ma non di pace. Anzi, di guerra. Però nella lontana America, sotto lo sguardo buono del mediatore Kerry, tra i presenti si parlerà moltissimo di pace. E certamente si starà molto attenti a calibrare le parole con cui si dovranno sottoscrivere gli accordi, ma il linguaggio dei segni, quello con cui Hamas vuole essere presente ai colloqui, saranno capaci di interpretarlo? M.C.
Accordi con Israele come cavalli di Troia
Alla vigilia della ripresa dei colloqui di pace con Israele, il ministro degli affari religiosi dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Al-Habbash, nel suo sermone di venerdì scorso pronunciato alla presenza del presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) e trasmesso dalla televisione ufficiale dell'Autorità Palestinese, per giustificare la scelta della dirigenza dell'Olp di scendere a patti ha affermato che i leader palestinesi, quando firmano accordi con Israele, sanno di "percorrere la strada giusta, che porta al successo, esattamente come fece il Profeta [Maometto] con il Trattato di Hudaybiyyah"....
(israele.net, 24 luglio 2013)
Nella casbah di Torino Sherif, predicatore cristiano, rischia la vita tra gli islamici
di Magdi Cristiano Allam
Sherif Azer
Sherif Azer, cittadino italiano, cristiano copto nato in Egitto, ha il coraggio di fare ciò che il Papa, i cardinali, i vescovi e i sacerdoti dovrebbero fare ma non fanno: l'evangelizzazione pubblicamente in piazza e l'offerta del cristianesimo ai musulmani residenti in Italia. La straordinaria testimonianza della fede in Gesù la fa nel quartiere più islamizzato d'Italia, Porta Palazzo nel centro storico di Torino, al punto da scontrarsi con ronde islamiche che impongono l'applicazione della sharia, la legge coranica, come se fossimo alla Mecca. E' così che giovedì scorso, 18 luglio, Sherif è stato selvaggiamente aggredito con catene, pugni e calci da una decina di fanatici di Allah al grido "Noi ti ammazziamo cristiano di merda", dopo aver ammesso di non osservare il Ramadan, il digiuno islamico, ed essersi rifiutato di ripetere una formula rituale identificativa dell'appartenenza all'islam "Salli ala al Nabi" (Glorifica il profeta Maometto).
Sherif ha il coraggio di fare ciò che il Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio, il Parlamento, la Magistratura, le Forze dell'ordine, i Presidenti delle Regioni e delle Province e infine i sindaci dovrebbero fare ma non fanno: salvaguardare la sovranità italiana su ogni pollice del territorio nazionale e far rispettare le nostre leggi a tutti i residenti a prescindere dalla loro nazionalità, cultura o fede. La testimonianza cristiana di Sherif corrisponde a un impegno civile contro l'arbitrio, l'arroganza e la violenza che imperversano a Porta Palazzo al punto da essere stata trasformata in una zona extraterritoriale, la casbah di Torino, a rischio per gli italiani, costretti a svendere le loro case a prezzi stracciati dopo essere state messe fuori mercato per il degrado e l'insicurezza.
L'evangelizzazione di Sherif, 54 anni, moglie e quattro figlie con cittadinanza italiana, ha successo per due ragioni: mostra un profondo rispetto dei musulmani come persone, anche aiutandoli materialmente grazie alla sua attività di imprenditore edile (pur essendo laureato in Lettere e Filosofia), e conosce a memoria il Corano ciò che lo accredita come un'autorità anche nei confronti dei musulmani che in maggioranza non è neppure in grado di leggere l'arabo classico antico.
La barbara aggressione a Sherif, che ammette di essere vivo per miracolo dopo essere stato colpito alla testa con pesanti catene, impone alla Chiesa di riflettere sulla sostanziale legittimazione dell'islam reiterando la litania delle "tre grandi religioni rivelate, monoteiste e abramitiche", e che emerge puntuale con la santificazione del Ramadan espressa anche da Papa Francesco a Lampedusa l'8 luglio: "Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che oggi, alla sera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l'augurio di abbondanti frutti spirituali". Lo sa il Papa che quasi tutti i Paesi islamici obbligano non solo i musulmani ma anche i non musulmani residenti a osservare il Ramadan pena il carcere per oltraggio alla religione? Ebbene ora sappiamo che lo stesso accade anche in Italia laddove i musulmani hanno il controllo del territorio. La legittimazione istituzionale dell'islam è stata riconfermata anche quest'anno con l'iftar offerto al Ministro degli Esteri da Emma Bonino ai Capi Missione dei 42 Paesi membri dell'Organizzazione della Conferenza Islamica e della Lega Araba.
Ebbene Chiesa e Stato imparino la lezione di Porta Palazzo: in una terra islamizzata la sharia viene imposta con la forza perché evidentemente l'islam non è una religione paragonabile al cristianesimo bensì un'ideologia che dal settimo secolo viene diffusa con le guerre e il terrorismo. I musulmani possono essere moderati come persone ma l'islam del Corano e di Maometto è intrinsecamente violento.
Mercoledì 24 luglio alle ore 19 si terrà una manifestazione a Porta Palazzo a Torino di solidarietà a Sherif Azer e per dire "No alla sharia a Porta Palazzo". Sono invitati il sindaco Piero Fassino, il presidente della Provincia Antonio Saitta e il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota. L'augurio è che vi partecipino per condannare il vile attacco a un cittadino italiano cristiano copto nel centro di Torino, per assumere tutti i provvedimenti politici e amministrativi atti a prevenire il ripetersi di simili attentati di stampo terroristico, per restituire alla legalità e all'italianità Porta Palazzo che è stata trasformata in una zona extraterritoriale dove imperversano l'arbitrio e la sharia.
Manifestazione di solidarietà a Sherif Azer
(Io Amo l'Italia, 22 luglio 2013)
Abbiamo ricevuro soltanto questa notte, da amici, la segnalazione di questo articolo, e ci sembra che sia di una gravità eccezionale, non soltanto per laggressione ricevuta da Sherif ma anche per il fatto che sia passata sotto silenzio dalla grande stampa nazionale. Si paragoni questo con il clamore sollevato dallinsulto verbale, odioso e stupido quanto si vuole, fatto al ministro Cécile Kyenge. M.C.
Israele - Boom dell'export di armi nel 2012
Israele nel 2012 ha esportato prodotti della propria industria bellica per un ammontare record di 7,47 miliardi di dollari
Quasi la metà delle esportazioni di armi israeliane erano rappresentate da radar, missili e sistemi di difesa aerea. I droni rappresentano il 3% delle vendite totali.
I principali Paesi acquirenti sono quelli della regione asiatico-pacifica e dell'Asia.
"Il valore di 7,47 miliardi di dollari ha sorpreso anche noi. Israele e' tra i primi dieci esportatori di armi al mondo, mentre e' tra i primi cinque secondo alcuni segmenti," - ha detto il capo del dipartimento di esportazione delle armi del ministero della Difesa Shmaya Avieli.
(La Voce della Russia, 24 luglio 2013)
Priebke compie 100 anni. La Comunità Ebraica: evitare celebrazioni
ROMA, 23 lug. - Il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, lancia un appello al governo e alle istituzioni locali affinché "vigilino" perché nessuno celebri i 100 anni di Erich Priebke, l'ex ufficiale delle SS condannato all'ergastolo per l'eccidio delle Fosse Ardeatine e agli arresti domiciliari a Roma. Priebke, nato il 29 luglio 1913, toccherà l'età di un secolo lunedì prossimo. Aderisce immediatamente all'appello il sindaco di Roma, Ignazio Marino.
PACIFICI: "EVITARE CHE ESPLODA LA RABBIA DEI FAMILIARI DELLE VITTIME" - "Lanciamo un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al premier Enrico Letta, al ministro Annamaria Cancellieri, al sindaco di Roma Ignazio Marino e al neogovernatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti, affinché vigilino", afferma Pacifici. "Il pomo della discordia non è il centenario di Priebke - spiega - ma l'omaggio che in molti vanno a fargli a casa. E' nei loro confronti che esprimiamo la nostra indignazione, non solo come ebrei ma come italiani. Alle Fosse Ardeatine vennero trucidate persone comuni, militari, carabinieri, preti, non solo ebrei: 10 per ogni tedesco ucciso nella rappresaglia di via Rasella". "Priebke - continua Pacifici - è un uomo, condannato per crimini di guerra, che non si è mai pentito, che non ha mai chiesto scusa, che non ha mai avuto pietà dei familiari delle vittime o delle persone che ha torturato a via Tasso". Secondo il presidente della Comunità Ebraica "c'è poco da festeggiare", "non vogliamo che Roma venga offesa con questa azione. Le autorità si adoperino affinché non esploda la rabbia dei familiari delle vittime".
MARINO: "ROMA HA IL DOVERE DI RICORDARE" - "Faccio mio l'appello del Presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici e vigilerò personalmente affinché nessuna festa pubblica sia autorizzata in occasione dei 100 anni di Erich Priebke, l'ex ufficiale delle SS. Come più volte ricordato, Roma ha il dovere di ricordare chi ha combattuto per liberare la città dall'occupazione nazifascista e chi per mano di questa ha perduto la propria vita. Roma è stata insignita della Medaglia d'Oro della Resistenza e nessuno può festeggiare uno dei responsabili dell'eccidio delle Fosse Ardeatine". Così in una nota il Sindaco di Roma, Ignazio Marino.
Ecco come alcuni tifosi della Roma, sempre una minoranza da non confondere con i veri romanisti, hanno imbrattato e deturbato i muri del Testaccio, un famoso quartiere di Roma, con delle scritte antisemite.
Le immagini hanno già fatto il giro del web. Una vera e propria vergogna senza scusanti fatta con il solo pretesto della festa di compleanno della Roma.
(globalist, 23 luglio 2013)
Strage di Bologna - Raisi: troppe coincidenze ignorate sulla pista palestinese
BOLOGNA, 23 lug. - "Studiando i documenti riconducibili alla pista palestinese ci sono troppe coincidenze che sono state tutte ignorate dopo indagini finite in breve tempo e credo, al contrario, andrebbero approfondite". E' quanto sostiene l'ex parlamentare e attuale consigliere provinciale di Fli Bologna, Enzo Raisi, che torna a insistere affinche' la Procura emiliana scandagli alcuni aspetti della pista legata ai terroristi palestinesi in merito alla strage alla Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. Raisi, che si occupa da sempre del caso e lo scorso anno ha scritto su questo il libro 'Bomba non bomba', e' tornato a spulciare gli atti di quasi 30 anni fa depositati in Tribunale, sotto le Due Torri. Oggi, in conferenza stampa a Palazzo Malvezzi accanto al giornalista Gabriele Paradisi, ha ripercorso alcuni dettagli emersi dai verbali delle indagini e degli accertamenti fatti negli anni successivi alla strage, da cui emerge la presenza in citta', il 2 agosto, di un nuovo personaggio. Si tratta di un professore sardo di Aritzo, in provincia di Nuoro, "legato alla sinistra extraparlamentare", il cui passaporto e' stato trovato sotto le macerie della stazione. Oltre a tornare a chiedere approfondimenti sulla presenza di Mauro Di Vittorio, una delle vittime della strage, "poiche' - spiega Raisi - dalla lettura del suo diario pubblicato da Lotta Continua senza omissioni, si apprende che e' arrivato davanti alle scogliere di Dover e quindi non e' mai stato respinto alla frontiera ingelese", l'esponente di Fli chiede delucidazioni anche sul professore della Barbagia e sul brigatista Francesco Marra.
Gli inquirenti mirano a verificare il presunto collegamento tra Kram, (che pernotto' a Bologna in un hotel nella notte precedente alla strage) con il terrorista internazionale Carlos (conosciuto anche come lo 'Sciacallo') il quale, a sua volta, potrebbe aver avuto legami con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp). Secondo la ricostruzione della Commissione Mitrokhin, nel periodo precedente alla strage di Bologna, vi era tensione tra l'Fplp e l'Italia per l'arresto del suo rappresentante nel nostro paese, Abu Anzeh Saleh. Raisi, durante una conferenza stampa, ha ribadito la validita' della pista palestinese in cui si ipotizza uno scenario di ritorsione dei palestinesi verso l'Italia per la rottura del "lodo Moro", un patto ufficioso in base al quale i palestinesi avrebbero potuto condurre in Italia le loro attivita' clandestine senza pero' arrecare danni ai cittadini. Partendo da cio', l'ex deputato Fli ha chiesto di approfondire alcuni elementi mai chiariti legati alla presenza a Bologna, nei giorni a ridosso della strage, di alcuni personaggi presumibilmente legati ad ambienti di estrema sinistra. "Chiedo ulteriori chiarimenti anche se - ha spiegato Raisi - la mia vittoria l'ho gia' ottenuta perche' sono anni che si indaga sulla pista palestinese. Se fosse stata una pista 'sciocca' non si sarebbe indagato cosi' a lungo. Ho molta fiducia - ha concluso - nella Procura di Bologna".
(AGI, 23 luglio 2013)
Hamas respinge le accuse dell'Egitto
GAZA, 23 lug - "Non abbiamo avuto alcun ruolo nella crisi politica in Egitto. La stampa egiziana deve cessare di lanciare accuse nei nostri confronti": lo ha ribadito oggi il leader di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, dopo che la stampa egiziana ha sostenuto che nella Striscia si rifugiano esponenti dei Fratelli Musulmani. Secondo media egiziani, infatti, un dirigente dei Fratelli Musulmani egiziani avrebbe trovato riparo a Gaza e sarebbe protetto da miliziani di Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. Inoltre, vi sarebbe un legame diretto fra la striscia di Gaza e i miliziani islamici che nelle ultime settimane hanno condotto nel Sinai una serie di attacchi armati. Haniyeh ha poi ribadito che Hamas non ha inviato propri miliziani nel Sinai e ha lamentato che i palestinesi si trovano ora in difficoltà in Egitto per il tono astioso verso di loro assunto da mass media locali. Negli ultimi tempi le forze egiziane hanno distrutto molti dei tunnel sotto la frontiera con Gaza attraverso i quali Hamas si garantisce il passaggio di armi, merci e persone. E un ulteriore stretta sui tunnel ha anche fatto seguito alla destituzione del presidente Mohammed Morsi dopo il 30 giugno.
D'altra parte lo stesso Morsi aveva deluso le aspettative di Gaza sull'apertura della frontiera, nonostante i legami anche ideologici tra i Fratelli musulmani egiziani e Hamas.
L'esercito egiziano ha comunque allentato da ieri la chiusura del confine fra il Sinai e Gaza. Lo ha constatato un giornalista dell'ANSA, secondo cui da ieri sono tornati in funzione alcuni tunnel dai quali vengono introdotte nella Striscia quantità, peraltro modeste, di combustibile e materiale per la costruzione.
Mentre nella linea di confine regna oggi la calma, nella Striscia resta elevata la tensione dopo che ieri elicotteri militari egiziani hanno sorvolato la sua zona meridionale.
(ANSAmed, 23 luglio 2013)
Israele - Elezione dei Rabbini Capo tra insulti e veleni
di Aldo Baquis
Yona Metzger e Shlomo Moshe Amar
GERUSALEMME - Al termine di una campagna elettorale tempestosa ed emotivamente forte, un convegno di 150 personalità sarà convocato mercoledì 24 a Gerusalemme per eleggere i due nuovi Rabbini Capo di Israele: quello sefardita, ossia delle comunità originarie dei Paesi arabi, e quello ashkenazita, espressione delle comunità dell'Europa dell'Est e dell'Occidente.
I sette candidati (tre ashekenaziti, quattro sefarditi) si sono contesi - anche con colpi sotto la cintura e con scambi di insulti - i favori dei 150 elettori che includono rabbini, giudici di tribunali rabbinici, sindaci, due ministri e cinque deputati della Knesset. Fra questi elettori, dieci sono donne. La storia del Grande Rabbinato di Gerusalemme nasce negli anni Venti del secolo scorso. Furono le autorità del Mandato Britannico a stabilire che gli ebrei di Palestina avessero due capi religiosi. Una distinzione che molti oggi in Israele giudicano arcaica, ma che resta egualmente in vigore per una fitta rete di legami, non tutti spirituali, fra il mondo politico e le istituzioni religiose.
Il voto quest'anno giunge in un momento in cui tocca un minimo storico la popolarità del Rabbinato di Gerusalemme, che non è molto amato dagli israeliani laici e che è considerato addirittura insignificante dagli ebrei ortodossi.
Nel giugno scorso al rabbino capo ashkenazita uscente Yona Metzger sono stati imposti gli arresti domiciliari dopo che un'indagine della polizia aveva fatto emergere gravi sospetti di corruzione. In seguito i candidati stessi hanno contribuito a vivacizzare la campagna scambiandosi invettive. Fra queste: "scellerato" ed "Amalecco" (ossia incarnazione metafisica del Male). Un candidato è stato attaccato per aver partecipato a un rito buddista. Un altro ha esclamato: "Le elezioni sono degenerate in campagna pubblicitaria, come per la Coca Cola". Ad aggravare la situazione è sopraggiunta, nelle battute finali, la candidatura del rabbino di Safed (Galilea) Shmuel Eliahu, che in passato ha fatto dichiarazioni fortemente anti-arabe. Il consigliere legale del governo, dopo molte riflessioni, gli ha consentito di candidarsi ma ha chiarito che se fosse eletto e se qualcuno si appellasse alla Corte suprema contro la nomina, non potrebbe essere difeso da un rappresentante dello Stato.
Fra i rabbini ashkenaziti al filo di lana sono giunti David Lau e David Stav. Il primo è considerato più aperto, il secondo più conservatore ideologicamente, anche se determinato a gettare nuovi ponti fra il mondo laico e il Rabbinato, che gestisce tra l'altro i matrimoni, i funerali, la supervisione della confezione dei generi alimentari. Fra i rabbini sefarditi la sfida è più di carattere personale e, come in una soap opera, mette in discussione l'impero religioso-economico guidato dal novantenne rabbino Ovadia Yossef, leader del partito Shas. Se prevarrà suo figlio, Yitzhak Yossef, l'impero sarà salvo. Se vincerà uno dei suoi antagonisti - Zion Buaron o Shmuel Eliahu - nel mondo sefardita si avvertirà un terremoto.
Nel pomeriggio i 150 elettori si riuniranno in un albergo di Gerusalemme, dove riceveranno due schede di voto. I risultati dovrebbero essere resi noti in serata.
(ANSAmed, 23 luglio 2013)
Hezbollah minaccia Europa e Israele
«Hezbollah ritiene la decisione dell'Unione Europea di includere il Partito di Dio nella lista nera dei gruppi terroristici un errore che avrà gravi ripercussioni nei rapporti con gli Sati europei». A fare questa dichiarazione, piuttosto allarmante e sottilmente minacciosa, sono stati i vertici di Hezbollah attraverso il loro sito ufficiale, Al-Manar, dopo che ieri l'Unione Europea aveva annunciato l'inserimento dell'ala militare di Hezbollah nella black list dei gruppi terroristici.
Secondo i vertici del gruppo terrorista libanese la decisione della UE sarebbe ingiusta e aggressiva basata sul nulla e senza alcuna prova, il frutto delle forti pressioni di Israele e degli Stati Uniti. Gli Hezbollah non mancano di prendersela anche con la Gran Bretagna che avrebbe spinto per far assumere questa decisione all'Unione Europea. «La decisione europea è stata scritta con le mani americane e l'inchiostro israeliano» dicono ancora i leader di Hezbollah ad Al-Manar. Il portavoce di Hezbollah ha detto che il gruppo terrorista valuterà nelle prossime ore come rispondere a questo attacco che arriva dall'Europa. Una minaccia neppure tanto velata....
(Right Reporters, 23 luglio 2013)
"Tardi, ma non troppo tardi", caccia agli ultimi criminali nazisti
di Beatrice Manzato
La campagna pubblicitaria del centro Simon Wiesenthal
"Spät, aber nicht zu spät", "Tardi, ma non troppo tardi". E' questo lo slogan scelto dal centro Simon Wiesenthal per la campagna pubblicitaria volta a stanare gli ultimi criminali del Nazismo ancora in vita, liberi e impuniti che conducono naturalmente il corso della loro vita celando la giovinezza nella macchina della morte e del delirio hitleriano.
La campagna che verrà condotta nelle principali città della Germania, come Berlino, Amburgo e Colonia consisterà nell'affissione di circa duemila manifesti pubblicitari, il cui obbiettivo è spingere i cittadini a collaborare alla ricerca di gerarchi, funzionari, ufficiali e militari impiegati nei campi di concentramento, fornendo informazioni rilevanti per la loro cattura. Per incentivare la collaborazione, il centro fa leva sulle ricompense pecuniarie e promette somme fino a 25mila euro.
Il Presidente del Centro Wiesenthal Efraim Zuroff ha spiegato, da Israele, che lo spunto per questa campagna viene proprio dalla recente cattura e condanna di Ivan Demjanjuk guadagnatosi l'appellativo di "boia di Sobibor", corresponsabile insieme ad altri nazisti di aver perpetrato l'eccidio di oltre 28mila ebrei reclusi nel lager di Sobibor. Demjanjuk è morto all'età di 91 anni il 17 marzo scorso, dopo essere stato infine condannato a 5 anni di carcere a distanza di 70 anni dal reato di sterminio commesso. L'efficacia della campagna che portò alla cattura Del boia nel 2011, denominata "Operation last chance", ha spinto la dirigenza del centro leader per la punizione dei criminali nazisti a rilanciare con "Operation last chance II" che si propone di ottenere i medesimi risultati della precedente.
"Demjanjuk prima del 2011 non era stato catturato a causa dell'avanzata età" spiega il Presidente Zuroff, ma l'età non dev'essere una scusante per i crimini commessi, che nel tempo rimangono della stessa gravità, e il tempo non può essere una scusante a non procedere. Il caso di Demjanjuk è rilevante anche per il fatto che si tratta della prima pena inflitta principalmente sulla base della presenza del condannato nel campo di sterminio. Dopo il precedente del nazista ucraino, tale colpa è diventata una condizione necessaria e sufficiente per la condanna.
L'attività del Centro Wiesenthal, oltre a ricercare giustizia per le vittime del genocidio, è un monito al recente ricrearsi nella società odierna di sentimenti e movimenti neonazisti e antisemiti nonché alle distorsioni e all'inaccettabile negazionismo dell'Olocausto.
(ilReferendum, 23 luglio 2013)
L'Egitto allenta la chiusura del confine con Gaza
Preoccupazione per voli di elicotteri dellesercito egiziano
GAZA, 23 lug - L'esercito egiziano ha allentato nelle ultime ore la chiusura del confine fra il Sinai e Gaza. Da ieri sono tornati in funzione alcuni tunnel di contrabbando dai quali vengono introdotte nella Striscia quantita', peraltro modeste, di combustibile e di materiale per la costruzione. Mentre nella linea di confine regna oggi la calma, nella Striscia resta elevata la tensione dopo che ieri elicotteri militari egiziani hanno sorvolato la sua zona meridionale.
(ANSA, 23 luglio 2013)
Israele apre una "ambasciata virtuale" per gli stati del Golfo
Il ministero degli Esteri israeliano ha aperto la scorso settimana la sua prima "ambasciata virtuale", un account Twitter attraverso il quale spera di avviare il dialogo con i cittadini di Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman, Kuwait e Bahrain.
Il nome dell'account è "Israel in the Gcc" (Consiglio di Cooperazione del Golfo).
L'ambasciata virtuale, riporta il quotidiano locale Haaretz, nasce su spinta di Gary Koren, veterano della diplomazia israeliana che per lunghi anni ha gestito le relazioni con gli Stati del Golfo.
Anni fa il Dipartimento di Stato Usa aveva adottato una simile iniziativa nei confronti dell'Iran e della Siria. Queste "ambasciate" sono siti web che forniscono informazioni agli iraniani e ai siriani sugli Stati Uniti e le sue politiche, in particolare questioni consolari.
Un anno e mezzo fa Israele ha aperto un ufficio diplomatico in uno stato del Golfo. La notizia, che doveva rimanere segreta, è stata inavvertitamente rivelata mediante la recente pubblicazione di una serie di documenti del ministero delle Finanze, in cui però non viene menzionato il nome del paese ospite. Il ministero degli Esteri si è rifiutato di rilasciare commenti.
Israele ha avuto uffici diplomatici in Oman e Qatar, chiusi rispettivamente nel 2000 e nel 2009 in seguito a scontri tra israeliani e palestinesi in Cisgiordania e Striscia di Gaza.
(Atlas, 23 luglio 2013)
L'allattamento al seno riduce il rischio iperattivita' bimbi
TEL AVIV, 23 lug. - L'allattamento al seno protegge il bambino dallo sviluppo della sindrome da deficit di attenzione e iperattivita'. La scoperta e' di un nuovo studio dell'Universita' di Tel Aviv che ha rilevato un'associazione tra l'assunzione di latte materno e la riduzione del rischio di ammalarsi del disordine comportamentale piu' comunemente diagnosticato ai bimbi e agli adolescenti. L'indagine, condotta da Aviva Mimouni-Bloch, e' stata pubblicata sul sito www.aftau.org e su Breastfeeding Medicine.
I ricercatori hanno scoperto un chiaro legame tra i tassi di allattamento al seno e il pericolo di sviluppare la sindrome da deficit di attenzione e iperattivita'. Correlazione rimasta significativa anche quando sono stati presi in considerazione fattori di rischio considerati tipici del disturbo. I bambini che sono stati allattati artificialmente nei primi tre mesi hanno, stando ai risultati dello studio, tre volte in piu' le probabilita' di ammalarsi dei bimbi allattati al senso per lo stesso periodo di tempo.
Cosa si provava, nel secolo scorso, ad abbandonare la propria terra d'origine? Ansia di scoperta, certo, ma anche nostalgia e volontà di appropriarsi al più presto dei simboli del paese adottivo. Di questo si occupa la mostra "Displaced Visions Emigré Photographers of the 20th Century" ora esposta al museo di Israele a Gerusalemme - ma anche del rapporto fra Israele e diaspora. Già, perché sistemare una accanto all'altra fotografie di olim e di immigrati a Parigi, o a Londra o a New York, significa voler inserire il fenomeno dell'aliyah prima e dopo la Shoah, all'interno di un contesto più generale, e quindi farla scendere dal piedistallo in cui era stata posta dal sionismo. I curatori vogliono dirci che abbandonare l'Europa per andare in Israele, anche dopo la Shoah, anche dopo aver visto gli aguzzini europei all'opera, comportava un dolore e una sensazione di perdita di riferimento che non era poi così dissimile a quella degli emigrati nel Nuovo Mondo. "Nipote e nonna in viaggio verso la patria" di Schweig racconta tutto questo, con le due donne, di generazioni lontane, che mantengono gli occhi ancorati alla terra che abbandonano. Lo stesso per "I biglietti dell'autobus" di Gerard Alon, con la strana importanza attribuita a simboli della vita quotidiana israeliana; appartiene allo stesso filone delle fotografie - molto interessanti - di Inge Morath a Londra o di Germaine Krull a Parigi. Osservare le emozioni della aliyah senza la lente ideologica del sionismo, ha a che fare anche con il diverso significato psicologico dell'immigrazione di oggi rispetto a quella del secolo scorso: allora si trattava di una scelta pressoché irrevocabile, e tornare stabilmente in patria era un sogno o poco più. Oggi, fare l'aliyah non comporta tagli traumatici e facilmente, in poco tempo, si può tornare fisicamente e mentalmente da dove si era partiti. O forse non staccarsene mai. Lo testimoniano gli immigrati russi, ma anche i cosiddetti "Olim fiscali" che "immigrano" in Israele per godere di vantaggi sull'esportazione valutaria. Non sono certo dei trapiantati in Israele.
(Notiziario Ucei, 22 luglio 2013)
Il Comandante Generale della GDF in visita alla Comunità Ebraica di Roma
ROMA, 22 lug. - I vertici della Guardia di Finanza sono stati in visita alla Comunità Ebraica di Roma questo pomeriggio. Rinnovare la sinergia con le forze dell'ordine è stato uno degli obiettivi dell'incontro coordinato da Gianni Zarfati, capo della Sicurezza delle Comunità Ebraiche, a cui hanno partecipato il Presidente Cer, Riccardo Pacifici, e il Rabbino Capo, Riccardo Di Segni. Dopo la visita al Museo Ebraico, i vertici delle Fiamme Gialle si sono soffermati a commentare gli ottimi risultati del lavoro effettuato nelle scuole ebraiche e Pacific ha auspicato il proseguo della collaborazione anche nel prossimo anno scolastico.
E' stata la prima visita ufficiale nei luoghi dell'ebraismo romano per il Comandante Generale della Gdf, Saverio Capolupo, il Comandante Interregionale, Pasquale De Bidda, il Comandante Ragionale, Carmine Lopez, e il Comandate Provinciale, Ivano Maccani. Il meeting è poi proseguito nel Tempio Maggiore dove Rav Di Segni ha accolto gli ospiti raccontato aneddoti sulla storia delle Cinque Scole e dell'attuale Sinagoga di largo Stefano Gaj Taché. A conclusione, un cocktail nei giardini del Tempio ha terminato la piacevole visita con la consegna di un omaggio da parte della nostra Comunità al comandante generale, simbolo di un legame destinato a perdurare nel tempo e del quale l'incontro di oggi ne ufficializza la costanza.
(Comunità Ebraica di Roma, 22 luglio 2013)
Qatar, Turchia e Hamas i veri sconfitti dalla rivoluzione egiziana
Uno ha lasciato abdicando al figlio, l'altro è in serie difficoltà di consenso e urla e braita a destra e a manca contro la rivoluzione popolare egiziana che ha deposto il regime di Mohamed Morsi e dei Fratelli Musulmani. Parliamo dell'emiro del Qatar, lo sceicco Hamad bin Khalifa Al Thani, e del Premier turco, Recep Tayyip Erdogan. Sono loro i due veri sconfitti dalla rivoluzione egiziana.
I due avevano programmato il delitto perfetto per il Medio Oriente: deporre i regimi laici per sostituirli con regimi islamici guidati dalla Fratellanza Musulmana in Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Giordania. A sostenerli incredibilmente e a prestarsi da complice, Barack Hussein Obama, che ha sempre visto nei Fratelli Musulmani la sponda perfetta per introdurre il concetto di "Islam moderato", un concetto che in effetti non esiste ma che ha offuscato la mente di moltissime persone tanto da far parlare di "primavera araba" ciò che ben presto si è trasformato in un "inverno islamista"....
(Right Reporters, 22 luglio 2013)
"Avoda Aravit", la sit-com che unisce palestinesi e israeliani
di Francesca Paci.
In tv la vita di condominio di arabi ed ebrei.
Mentre il segretario di Stato americano John Kerry suda sette camicie per riportarli al tavolo dei negoziati, israeliani e palestinesi siedono già da tempo alla stessa ora davanti alla medesima sit-com di Channel 2 «Avoda Aravit», le avventure tragicomiche di un condominio in cui gli arci-nemici condividono una normalissima routine che sono ormai un appuntamento cult per i telespettatori senza frontiere. «Ho scritto il testo sulla base della mia esperienza e quindi ruota intorno ad Amjad, un giornalista palestinese che lavora in un periodico israeliano, proprio come facevo io» racconta lo sceneggiatore arabo-israeliano Sayed Kashua che si appresta a battezzare la quarta serie in prima serata dopo aver vinto i maggiori premi del piccolo schermo.
Sul piano politico israeliani e palestinesi concordano solo sul discordare completamente, paladini entrambi della propria narrativa irriducibilmente inconciliabile con quella dell'altra parte. La vita di tutti i giorni però, racconta una storia differente di cui, che piaccia o meno ai rispettivi schieramenti, «Avoda Aravit» con il suo 30% di share è la testimonianza più tangibile. Da principio, come prevedibile, la sit-com ha fatto storcere più d'un naso. La scena artistica di Tel Aviv pullula di attori, scrittori e performer di origini palestinesi ma quasi tutti preferiscono tenere un profilo basso anziché fare della propria carriera una bandiera del dialogo. E anche i giornalisti israeliani come Amira Hass che hanno scelto di lavorare dalla parte di Ramallah non sono esattamente ben visti a casa. Lo spettacolo di uomini e donne che parlano arabo su una delle principali emittenti israeliane al di fuori del tg ha sfidato parecchi tabù al suo debutto nel 2007, mentre Hamas capitalizzava la vittoria elettorale del 2005 occupando manu militari la Striscia Gaza.
«All'inizio la gente non apprezzava molto perché "Avada Aravit" parla di loro, ma poi l'umorismo nel trattare gli stereotipi ha preso il sopravvento» spiega il protagonista Norman Issa al quotidiano «YNet». Secondo lui la chiave del successo di pubblico è proprio nel mettere a fuoco le similitudini invece delle sempre troppo rimarcate differenze: «Sia gli ebrei che gli arabi hanno paura gli uni degli altri, la nostra sitcom li porta a guardarsi da vicino ridendoci su anziché affrontando temi seri». I cambiamenti politici, a volerli davvero, si realizzano assai prima di quelli culturali.
(La Stampa, 22 luglio 2013)
Abu Mazen: in caso di accordo con Israele faremo un referendum
Intervista a un giornale giordano. Anche Netanyahu lo vuole
TEL AVIV, 22 lug - Un eventuale accordo di pace con Israele dovrà essere sottoposto a un referendum: lo ha precisato il presidente palestinese Abu Mazen in un'intervista al giornale giordano Al-Rai, citata oggi dai mezzi di comunicazione israeliani. Ieri anche il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, aveva anticipato la propria intenzione di sottoporre a un referendum un accordo di pace che fosse raggiunto con i palestinesi. La settimana prossima i negoziatori delle due parti - gli israeliani Tzipi Livni e Yitzhak Molcho e il palestinese Saeb Erekat - si incontreranno negli Stati Uniti per definire le modalità delle trattative. Un consigliere di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina, ha rilevato che prima dell'avvio di negoziati veri e propri sarà comunque necessario concordare ancora alcune questioni importanti.
Nei prossimi giorni Netanyahu chiederà intanto al suo governo il nulla osta per la liberazione di una ottantina di palestinesi detenuti da oltre 20 anni nelle carceri israeliane per aver partecipato a spargimenti di sangue.
(ANSAmed, 22 luglio 2013)
Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica (6a
edizione)
Gli appuntamenti di lunedì 22 luglio all'Isola Tiberina, Roma
Lunedì 22 luglio, per il Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica, curato da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, all'Isola Tiberina, presso l'Isola del Cinema, avrà luogo alle ore 19 l'incontro Il settimo giorno riposerai con il Capo Rabbino della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Di Segni, il Rev. Prof. Giulio Maspero e la conduttrice radiofonica e autrice Gabriella Caramore.Introdurrà Antonio Napolitano,direttore generale Inail Lazio. Il lavoro è uno dei temi più attuali in Italia e rappresenta un problema dalla soluzione improrogabile ma anche il principale potenziale di sviluppo e progresso per il nostro paese.
Nella costituzione, al lavoro è riservato un posto d'onore nel primo articolo che stabilisce come l'Italia sia una Repubblica democratica fondata sul lavoro. I padri costituenti avevano inteso che una buona organizzazione del lavoro è la prerogativa per il costituirsi di una società giusta e pacifica. Al tempo stesso, il lavoro è anche il perno su cui deve fondarsi la vita di ogni individuo. Dal lavoro una persona può trarre le energie, le prospettive, i significati che daranno un senso e indipendenza alla propria vita, oltreché una sicurezza economica per la propria famiglia.
L'idea dell'evento è di affrontare il tema del lavoro partendo dai riferimenti biblici e dagli insegnamenti nelle religioni ebraica e cristiana. Del resto, nella Bibbia sono numerose le storie che ci possono insegnare molto sulle problematiche della gestione del lavoro, in particolare rispetto ai temi dell'etica e della giustizia. Si partirà naturalmente dai sei giorni di lavoro in cui Dio creò il mondo e dal giorno di riposo che a quel mondo fu da principio consegnato. Per poi passare alle norme sul lavoro nel Talmud e in altri testi della tradizione ebraica e alla realtà della Pastorale per i problemi sociali e del lavoro all'interno della Chiesa.
Se le questioni del lavoro paiono a volte irrisolvibili e se i ritmi della società contemporanea sembrano non consentire di coniugare una vita lavorativa dignitosa con una vita "di tutti i giorni" da gestire con serenità, forse dalle tradizioni religiose è possibile trarre suggerimenti o anche ammonimenti che se presi in attenta considerazione potrebbero fornire l'ispirazione per trovare nuove forme, maggiormente vicine alle necessità delle persone, di affrontare i temi del lavoro.
Seguirà alle 21.30 la proiezione del documentario La buona stella di Sergio Basso, con il regista e Paolo Sabbadini, e alle 22.30 la proiezione del film Il figlio dell'altra di Lorraine Lévy.
(Teatri Online, 22 luglio 2013)
A Gaza continua la mattanza dei condannati a morte
di Elleci
La scorsa settimana il sistema giudiziario di Hamas a Gaza ha pronunciato altre due condanne alla pena di morte: la Corte Suprema ha comminato la pena dell'impiccagione ad un uomo considerato colpevole di un duplice omicidio mentre la seconda condanna è stata inflitta ad un abitante della località di Khan Yunis, giudicato autore dell'assassinio di un cambiavalute.
Prima di loro era stato condannato a morte un ragazzo accusato di collaborare con Israele. Secondo il rapporto 2013 delle associazioni Nessuno tocchi Caino e Amnesty International, dall'inizio dell'anno sono almeno sei le persone condannate ufficialmente alla pena di morte dalla Corte Suprema di Gaza, prevalentemente per motivi politici. A questi sono da aggiungere decine di palestinesi giustiziati, senza alcun processo, per strada dagli uomini di Hamas che, come da tradizione, trascinano il corpo per le strade con una corda legata ad una motocicletta per mostrare al popolo lo strazio delle carni in brandelli.
No comment
Spesso le esecuzioni sommarie sono inflitte a presunti collaborazionisti di Israele, a fiancheggiatori di Fatah e ad omosessuali. Di solito il numero delle esecuzioni, ufficiali e non, tende a crescere indiscrimatamente in occasione di tensioni politiche o sociali nel territorio governato da Hamas.
(Giustizia Giusta, 22 luglio 2013)
Oltremare - Avventure templari
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
di Daniela Fubini, Tel Aviv
Per noi nuovi israeliani che arriviamo da comunità diasporiche piccole e forti (nel senso dell'identità, perlomeno), l'alyiah coincide anche con la perdita della Comunità, come luogo fisico di attività sia sociali che religiose. Ovvio: in Israele siamo a casa, fra ebrei. Non c'è più bisogno di radunarsi in un luogo ebraico perché tutto intorno le nostre vite si svolgono in un ambiente non ebraico.
Però, chi è sempre andato al tempio deve pur trovare un tempio locale dove andare per shabbat e Feste. E a seconda di dove ci si è stabiliti, iniziano avventure templari più o meno di successo. Intanto, la divisione fra Sfarad e Ashkenaz si ripropone con forza nella tradizione sinagogale. Ed è inutile sottolineare quanto noi italiani siamo un mondo a parte, e anche parecchio frastagliato. Ci sono quelli che si innamorano della musicalità dei templi Carlebach, ma le melodie composte da Carlebach sono troppo soggette all'interpretazione, e spesso prendono chine melodico-depressive, oppure simili a musical americani (che forse non erano previste dall'autore). Alla lunga, a noi italiani il Carlebach viene a noia. C'è chi tenta la via decisamente sefardita, per poi trovarsi in templi marocchini con il rabbino vestito in completo nero e cappello Borsalino: i templi sefarditi non "charedizzati" si contano sulle dita di una mano. Prima di passare alla ritirata però, a Gerusalemme e a Ramat Gan si può andare al Tempio Italiano, dove anche per ragioni estetiche ci si sente un po' come nel tempio della comunità che abbiamo lasciato; e a Tel Aviv c'è il nuovo tempio degli Italkim, giovane e veramente in larga parte tripolino, ma italiano nella lingua delle chiacchiere al kiddush.
Direi che chi pensava che in Israele fosse possibile riunificare Sfarad e Ashkenaz (se non a tavola, almeno nella preghiera) in un nuovo rito "Yerushalmi" è rimasto deluso. E noi italiani in questo non diamo il buon esempio, con il nostro attaccamento alle musiche e alle tradizioni italiane. E' un fatto: il modello "melting pot" con noi buoni ebrei non funziona. Preferiamo il patchwork.
(Notiziario Ucei, 22 luglio 2013)
Saviano: scrittori ebrei mi hanno salvato dalla depressione
A Roma per il Festival della Cultura ebraica
di Virginia Di Marco
ROMA, 22 lug - "Gli scrittori della tradizione ebraica mi hanno salvato dalla depressione". Roberto Saviano ha un debito di riconoscenza nei confronti della cultura ebraica: e ieri lo scrittore ha voluto celebrare il suo rapporto con questa tradizione millenaria partecipando alla serata inaugurale del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura ebraica di Roma. Il suo contributo alla sesta edizione della rassegna (che si concluderà il 25 luglio) è stato uno spettacolo intitolato 'Il ghetto sul Tevere': monologhi di Saviano sulle storie degli ebrei di Roma e musica di Raiz, ex leader degli Almamegretta convertito all'ebraismo, che ha cantato insieme al gruppo pugliese Radicanto. "Io sono cresciuto in una famiglia mischiata", racconta lo scrittore all' ANSA. "Mia madre del nord Italia, famiglia ligure con ascendenze ebraiche. Mio padre, cattolicissimo. E' una storia di convertiti, di ritorni e abbandoni. Per me la cultura ebraica ha significato sempre moltissimo in termini di formazione, fin da quando ero ragazzino. Ma la mia presenza qui vuole celebrare gli ultimi anni della mia vita, in cui la cultura ebraica mi ha un po' teso una mano: scrittori come Martin Buber o Singer mi hanno aiutato nelle fasi più complicate. Io non sono religioso; nei momenti di buio maggiore avrei voluto esserlo, per trovare un senso a tutto quello che di strano e assurdo stava accadendo. Invece, mi sono arrivati in soccorso questi testi e le storie bibliche che mi raccontava mio nonno, e tutto questo mi ha appassionato davvero: al punto tale da farmi sentire grato a tutte queste pagine perché mi hanno come tirato fuori dall'acqua in cui stavo affondando. La cultura religiosa, in particolare quella ebraica, mi ha aiutato nella disciplina di me stesso: mi ha spinto a interpretare, riflettere, studiare e a non farmi soccombere alla depressione, che è il vero nemico da combattere".
Del resto, la vita che Roberto Saviano conduce da anni, da quando 26enne scrisse 'Gomorra', la conosce tutta Italia: guardie del corpo, prudenza estrema, uno stato di tensione costante. C'è chi lo reputa un eroe e chi lo accusa di speculare sulla sua condizione. "Chi non mi ama - spiega lui - pensa: 'Prima non era nessuno, questo ragazzino. Ora guadagna, ha la fama'. Chi invece crede in quello che faccio si chiede: 'Ma non soffre?'. La verità sta a metà tra l'accusa e la comprensione: da un lato lo faccio perché credo profondamente nella mia battaglia e nel potere della condivisione delle parole; dall'altro, per ambizione. Io penso che con i miei libri posso cambiare le cose: è molto di più che vendere bene un libro o fare share e avere copertine - tutte cose che io voglio per arrivare alle persone. Questa ambizione è una sorta di demone: in nome di questo rinuncio a una vita decente e costringo anche chi mi vuole bene a rinunciarvi. Alla fine del giorno, l'unico pensiero va alla speranza, all'idea che la mia scelta non si stata vana. Quello che mi fa prendere sonno la sera è la consapevolezza che non posso evitare di essere chi sono, anche se a volte mi piacerebbe tanto".
(ANSA, 22 luglio 2013)
Netanyahu: la caduta di Morsi dimostra il fallimento dell'Islam
BERLINO, 21 lug - La caduta del presidente egiziano Mohamed Morsi, deposto di recente dai militari, appare conseguenza del fallimento dei Fratelli Musulmani nel dare risposte alle aspirazioni delle 'Primavere arabe'. Lo ha affermato il premier israeliano Netanyahu, commentando la situazione nel vicino Egitto in una rara deviazione dalla linea del silenzio. ''Io credo che alla lunga i regimi islamico-radicali siano destinati a fallire perche' non offrono il rinnovamento necessario'', ha detto Netanyahu.
(ANSA, 21 luglio 2013)
Obama avrebbe comprato dai Fratelli Musulmani mezzo Sinai per darlo ad Hamas
Dal corollario di quanto avvenuto in Egitto spunta un'ipotesi dai toni sconvolgenti, la quale è ripresa non solo dai media arabi, ma anche da quelli dell'area conservatrice che si oppone a Barak Obama: si parla infatti da più parti di un accordo segreto tra l'amministrazione Obama ed i Fratelli Musulmani, quindi non direttamente con il governo del Cairo, per cedere il 40% del Sinai ed annetterlo alla Striscia di Gaza, al fine di dare più terra ad Hamas e quindi di facilitare il processo di pace e di stabilizzazione della regione.
La terra sarebbe già stata acquistata al prezzo di 8 miliardi di dollari, soldi versati, a quanto pare, da Israele e dagli Stati Uniti al partito dell'ex presidente Mohammed Morsi, poco prima della sua caduta.
Fonti della tv online Tv14Vip, riprese dai media, darebbero come firmatario dell'accordo Khairat el,Shater, numero due dei Fratelli Musulmani e Guida suprema della Fratellanza stessa, per cui si spiegherebbero sia gli arresti della dirigenza della Fratellanza, operati dall'esercito, sia la richiesta di Obama di lasciare libero Morsi.
In Egitto le persone coinvolte in tale trattativa rischierebbero la pena di morte per alto tradimento, mentre negli Stati Uniti i membri repubblicani del Congresso stanno indagando per controllare la veridicità della cosa, che comporterebbe l'impeachment di Obama.
(Notizie Geopolitiche, 21 luglio 2013)
Ebrei soddisfatti per lo shabbaton a Brindisi
L'avvocato Cosimo Yehuda Pagliara
Newspuglia.it pubblica l'intervento dell'avvocato Cosimo Yehuda Pagliara per spiegare i "tre giorni" a Brindisi delle comunità ebraiche.
Shabbat Nachamù a Brindisi, in Puglia: quali ragioni "di consolazione" per convocare uno shabbaton in una città dove gli ebrei, se pur banditi agli inizi del '500, di fatto sono stati sempre presenti fintanto che il porto era il centro delle attività economiche dell'intero comprensorio di quella parte di Adriatico? Forse la presenza, sempre più attiva, di un gruppo ristretto di ebrei, in pratica la somma di pochi nuclei familiari? Forse, ma la risposta non appare sufficiente.
Eppure, a Brindisi, dallo scorso 17 luglio (10 di Av) e sino a tutto settembre, la compagnia aerea israeliana Arkia effettua voli settimanali (di mercoledì) sull'inedita tratta Brindisi-Tel Aviv. Peraltro a prezzi molto contenuti. Non a caso, a proposito di consolazioni, dal giorno successivo Tish'à B'Av, momento in cui - in Eretz Israel - comincia il periodo di vacanza per molti.
Ma non solo. Appena insediata, nel maggio dello scorso anno, la giunta municipale guidata dal sindaco Consales assunse l'impegno di garantire alla piccola presenza ebraica della città di destinare un immobile, tra quelli di proprietà comunale, per lo studio e per la preghiera. Proprio alla viglia di Shabbat Nachamù, il sindaco e il suo vice Ecclesie, entusiasta sostenitore dell'iniziativa, hanno incontrato i vertici della comunità ebraica di Napoli e del Mezzogiorno, con il presidente Pierluigi Campagnano in testa e con il rabbino capo Scialom Bahbout, per redigere un protocollo d'intesa che formalizzi da un lato la richiesta di parte ebraica e, dall'altro, l'impegno della civica amministrazione a soddisfarla.
A tanto si aggiunga la presenza del rappresentante in Italia, rav Pierpaolo Punturello, dell'associazione Shavei Israel che ha voluto, con il dipartimento Educazione e Cultura dell'UCEI in posizione dominante, garantire il successo dello shabbaton intitolato " aspettando Tu B'Av".
Ed ancora, dopo gli incontri con la rabbanut tenutisi lo scorso novembre, in occasione dello Shabbaton Vajierà, potrebbe partire, dalla vendemmia delle prossime settimane, la produzione di vino rosso brindisino, del tipo "negramaro" rigorosamente kosher. Destinato, nei primi anni, a soddisfare le esigenze del mercato italiano.
Sembra proprio che ci sia più di una ragione per "consolarsi" in riva all'Adriatico, in attesa che la luna, simbolo del popolo di Israele, raggiunga la pienezza propria del 15 di un mese che riassume, dopo le tre settimane, la consolazione e poi l'avverarsi di un sogno condiviso. Hag B'Avahà!
(News Puglia, 21 luglio 2013)
"Israele voleva fermare il kazako. Ma il blitz ha fatto saltare tutto"
Tel Aviv è a caccia dei sei miliardi di dollari che Ablyazov si è portato in esilio. Il mediatore con gli 007 italiani: "Non sanno ancora come sia potuto sparire"
di Fausto Biloslavo
Il nome di Paolo Sabbadini e la pista israeliana saltano fuori da uno degli allegati alla relazione del capo della polizia, Alessandro Pansa, sul pasticcio kazako. Un consulente finanziario «per conto di due banche di investimento, una con sede a Parigi (in realtà a Londra, nda), l'altra a Tel Aviv», si legge nell'appunto della questura di Roma del 12 luglio, fa da trait d'union fra la società di investigazione israeliana, Gadot Information Service di Amit Forlit e gli 007 privati italiani della «Sira srl».
Stiamo parlando di Gaetano Ferro, pensionato probabilmente ex dei servizi, con tessera di Palazzo Chigi del 2009, Mario Trotta, brigadiere in congedo e Marco Monferà, che il 28 maggio, prima del blitz, sorvegliano Mukhtar Ablyazov dopo averlo identificato più volte a Casal Palocco e dintorni.
Il Giornale ha raggiunto telefonicamente Sabbadini. «Sono un uomo d'affari. Opero nel mondo della finanza in una banca di investimento inglese e israeliana e mi occupo di fusioni e acquisizione di aziende in particolare quelle israeliane ed italiane specializzata nel settore defence security - spiega premettendo di non voler rilasciare interviste - Ho solo messo in contatto le due agenzie di investigazione grazie a rapporti di amicizia e fiducia».
La «Gadot information service» di Amit Forlit ha ricevuto un incarico dal governo kazako ad Astana di rintracciare Ablyazov, l'oligarca «dissidente» ricercato dall'Interpol per gravi reati finanziari. Gli israeliani con sistemi tecnologici non ben identificati scoprono che il latitante vive alle porte di Roma, ma hanno bisogno di una controparte italiana per individuarlo e sorvegliarlo. Sabbadini fa da collegamento con la Sira Investigazioni di Roma ed il suo proprietario, Mario Trotta, che sul primo momento lo indica genericamente alla polizia come «Paolo».
Gli investigatori privati italiani individuano Ablyazov, grazie a delle foto fornite da Tel Aviv. «Non usciva molto di casa, ma ogni tanto andava in palestra con la moglie e al ristorante. Lo hanno visto, come mi è stato riferito dalla Sira, anche qualche mattina prima del blitz della polizia fare ginnastica sul terrazzo della villa», conferma Sabbadini. Il 26 maggio il ricercato va con la moglie al ristorante della località Infernetto e non ha alcun sospetto.
Gli israeliani pretendono dagli investigatori italiani rapporti quotidiani, che poi vengono girati ad Astana. A Roma sembrano all'oscuro che sul pesce grosso si sta muovendo anche l'ambasciatore kazako Adrian Yelemessov.
Il compito degli 007 privati è identificare il latitante, la sua rete d'appoggio e scoprire dove sono finiti i 6 miliardi di dollari che Ablyazov si è portato in esilio. «Il contratto prevedeva almeno due mesi di attività», conferma Sabbadini. Non c'è alcun interesse sulla moglie e la figlia poi vergognosamente spedite in Kazakhstan.
Gli israeliani sarebbero stati interessati ad Ablyazov solo per i suoi problemi con il regime kazako e non per i personaggi che gli hanno dimostrato solidarietà in Europa legati alla «Flottilla» finita male davanti alle coste di Gaza e ad Hamas.
Il blitz della polizia coglie tutti di sorpresa. E ancor più le rivelazioni sulle pressioni esercitate dai diplomatici kazaki. Secondo l'incarico degli israeliani la cattura non era prevista in tempi brevi e con questo clamore.
Ancora più sorprendente risulta il mancato arresto del latitante. Gli investigatori privati di Roma sorvegliano la villetta di Casal Palocco, quando vengono sorpresi dalla polizia, convinti che ci fosse Ablyazov. Sabbadini è lapidario: «Ce lo chiediamo anche noi come abbia potuto dileguarsi».
(il Giornale, 21 luglio 2013)
Il nuovo presidente "moderato" dell'Iran ha ingannato l'Occidente
di Struan Stevenson*
Struan Stevenson
BRUXELLES, 12 lug. - L'Occidente si lascia facilmente ingannare ripetutamente dai capi fascisti religiosi dell'Iran! I maestri nell'arte dell'inganno, hanno sfidato l'opinione mondiale negli ultimi dieci anni nella loro corsa per costruire armi nucleari, ma dopo otto anni con instabile governo di Mahmoud Ahmadinejad , la Guida Suprema Ali Khamenei, infine, si è reso conto che l'unico modo per guadagnare più tempo era quello di convincere l'Occidente che un Iran moderato è possibile, anche grazie al nuovo presidente dell'Iran.
La vittoria del religioso Hassan Rohani con le recenti elezioni presidenziali in Iran, ha apparentemente soddisfatto tutte le aspettative. I media occidentali hanno detto che il nuovo presidente "moderato" sarebbe aperto ad un dialogo sull'arresto del programma nucleare e questo sarebbe un presagio di cambiamento positivo per le masse oppresse in Iran, garantirebbe il miglioramento dei diritti umani fondamentali, la libertà di espressione, e ci sarebbe la possibilità di azzerare tutte le esecuzioni pubbliche di prigionieri politici.
Purtroppo, nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Esecuzioni pubbliche, che erano state temporaneamente arrestate, durante le presidenziali sono riprese con una foga ancora più feroce. Più di 75 prigionieri, tra cui sei donne, sono stati impiccati in pubblico nelle ultime due settimane. In uno spettacolo orribile, 21 prigionieri sono stati impiccati insieme.
Questa è una barbarie e accade sotto la presidenza "moderato" Hassan Rohani! Se lui è un moderato, ringrazio Dio che l'Iran non abbia ancora eletto un conservatore!
Il regime dei mullah ricorre a una ondata di esecuzioni e misure repressive per rafforzare il clima di paura e repressione e lo fa anche per contenere l'opposizione e prevenire le proteste, soprattutto in tutti quei giovani iraniani che aspirano alla libertà e alla democrazia e combattono per la fine di questa teocrazia selvaggia. Gli studenti arrabbiati e frustrati e una crescente ondata di giovani disoccupati sanno che non devono guardare al Presidente Rohani per la moderizazione.
Il ruolo di presidente in Iran è puramente cerimoniale. La potenza totale data dalla costituzione iraniana dipende dal non eletto "leader supremo" l'ayatollah Ali Khamenei, successore del defunto Ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica. Il leader supremo sostiene di essere il rappresentante di Dio e, come tale, può respingere le leggi del parlamento e anche scegliere quale i candidati possono presentarsi alle elezioni.
Ai sensi dell'articolo 110 della Costituzione iraniana, il leader supremo può licenziare il presidente e nominare e revocare i capi delle Guardie Rivoluzionarie e l'esercito, il capo della giustizia, il presidente della radiodiffusione e altri ancora. LA guida ha anche il potere di emettere un "ordine di stato" che aggira tutte le decisioni adottate da qualsiasi persona o istituzione nel paese.
Esso ha il pieno controllo e l' ultima parola su questioni cruciali come il programma nucleare e il supporto per Bashar al-Assad in Siria
Si tratta di un segreto di Pulcinella che l'elezione presidenziale iraniana è un disturbo casuale del cerchio dirigente e anche allora le donne sono escluse, lasciando la metà della popolazione del diritto alla rappresentanza delle donne.
La vera opposizione in Iran è stato sistematicamente braccata, arrestata, torturata e giustiziata. Colpevoli di aver ucciso più di 120.000 membri e sostenitori dei Mojahedin del Popolo Iraniano, tutte queste persone sono state giustiziate nel 1980 solo per aver contrastato i mullah, e i sopravvissuti sono fuggiti all'estero e 3200 di essi sono attualmente detenuti in condizioni spaventose in una ex base militare statunitense nei pressi dell'aeroporto di Baghdad, noto ironicamente come il Campo Liberty. Come la linea del fronte dell'opposizione contro i mullah di Teheran, sono costantemente sotto attacco, anche se sono classificati come rifugiati dalle Nazioni Unite.
Colluso con il loro regime fantoccio in Iraq, il regime dei mullah iraniani ha lanciato tre razzi contro Camp Liberty, uccidendo 10 residenti inermi e ferendone centinaia, mentre le Nazioni Unite, l'Unione europea e gli Stati Uniti non ha fatto nulla, lodando l'arrivo del cosiddetto "moderato" alla presidenza.
Hassan Rohani ha rilasciato una lista di otto candidati selezionati con cura, che erano o consulenti, assistenti o rappresentanti di Khamenei.
Rohani è parte dell'istituzione da tre decenni. Ha ricoperto la carica di segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale per 16 anni ed è stato nominato da Khamenei come membro del Consiglio per il potere.
Egli è stato, fino al mese scorso, rappresentante di Khamenei nel Consiglio supremo di sicurezza nazionale. Egli fu anche il capo negoziatore sul nucleare con la troika dell'UE, dove in seguito si vantò di aver conseguito con successo un importante traguardo per far avanzare il programma nucleare dell'Iran, mentre i leader europei erano impegnati nei negoziati.
L'approvazione di Rohani da parte del Consiglio dei Guardiani era un segno della sua fedeltà totale alla Guida Suprema.
Ora, il ruolo di Rohani è principalmente quello di guadagnare il tempo per gli obiettivi nucleari da parte del regime dei mullah
Esperti internazionali ritengono che in un solo anno da ora, i mullah possono avere abbastanza uranio militare per costruire un missile nucleare. OMPI ha appena rivelato un nuovo sito nucleare segreto nel nord dell'Iran, dove si dice che Rohani ha svolto un ruolo chiave.
Ma Rohani è ora di fronte a due problemi principali che costituiscono una seria minaccia i suoi tentativi di corteggiare l'Occidente. Il primo è la guerra in Siria e il secondo è l'entità delle sanzioni economiche che devastano l'Iran.
Il regime è in bilico sul bordo. Ma come tutti i regimi fascisti, la sua sopravvivenza, è basata sulla nozione del potere assoluto del leader supremo, e richiede il mantenimento di un clima di paura e di terrore.
L'illusione è che ora l'Iran abbia un presidente "moderato" e che voglia prolungare l'agonia del popolo iraniano.
Non possiamo permetterci di esitare mentre l'Iran sta costruendo un arsenale di armi nucleari. Non saranno mai i Mullah a garantire la pace, la democrazia e la libertà.
* Struan Stevenson è un eurodeputato conservatore scozzese, è il presidente della delegazione del
Parlamento europeo per le relazioni con l'Iraq.
(Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 21 luglio 2013)
Saluti da Gaza
Mentre John Kerry cerca prodigiosamente di portare a casa una promessa di riapertura di dialogo fra israeliani e palestinesi, conseguendo apparentemente il primo successo della politica estera americana di Obama; poco lontano da Amman, dove il consorte della signora Heinz ha faticosamente triangolato fra Gerusalemme e Tel Aviv, si continua a morire per impiccagione. A Gaza, qualche giorno fa, il boia ha eseguito la sesta sentenza di condanna a morte di questo sanguinoso 2013. Costa carissimo, fino alla vita, essere sospettati di collaborare con il nemico. Un mese fa un palestinese ha subito la stessa sorte poiché sospettato vagamente di collaborare con lo stato israeliano.
A questo punto, Ismail Haniyeh starà sudando freddo. Il leader di Hamas infatti, nel tentativo di rispolverare la sua immagine pubblica piuttosto appannato, ha visitato una scuola elementare della Striscia di Gaza, dove ha dispensato bevande e snack ai bambini ivi ospitati. Non si è accorto, il tapino, che gli yogurt somministrati sono prodotti proprio da una ditta isr... oops, sionista, come evidenzia bene la foto. Una evidente manifestazione di collaborazionismo con il nemico che potrebbe costar cara al boss di Hamas. [...]
(Il Borghesino, 20 luglio 2013)
Hamas: no a colloqui di pace con Israele
"Abu Mazen non è legittimato a negoziare"
Il movimento islamico palestinese Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, respinge la ripresa dei negoziati con Israele negando che il presidente dell'Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen), abbia la legittimità di rappresentare i palestinesi. Lo ha affermato il portavoce Sami Abu Zuhri, dopo l'annuncio del segretario di Stato Usa, John Kerry, di un'apertura per il riavvio dei colloqui.
(ANSA, 20 luglio 2013)
Ma certamente John Kerry, imperterrito, proseguirà.
Tutta la gran fuffa che l'Unione europea sta per annunciare su Hezbollah
Sarà inserita nella lista del terrorismo soltanto "l'ala militare", che non esiste. In pratica: "Nessun effetto concreto".
BRUXELLES - L'Unione europea vuole poter dire di aver inserito Hezbollah nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, senza dover spingersi fino a bollare Hezbollah come organizzazione terroristica. E' questo, in sostanza, il compromesso molto bruxellese che si delinea in vista della riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue di lunedì. "Ci stiamo muovendo verso l'inserimento dell'ala militare di Hezbollah nella lista nera, ma non di Hezbollah in quanto tale", ha spiegato ieri un alto responsabile europeo: "Questa decisione non porterà alla sospensione del dialogo con tutte le forze politiche libanesi e dell'assistenza finanziaria e umanitaria che fornisce l'Ue". Inoltre, ci vorrà "molto più tempo per adottare il regolamento" sulle sanzioni: divieto di ingresso sul territorio europeo e congelamento degli asset finanziari. Solo alcuni individui "legati agli attacchi terroristici perpetrati in Bulgaria e Cipro" saranno presi di mira, ha aggiunto l'alto responsabile: non c'è alcun altro "legame", nemmeno con la Siria, dove i combattenti di Hezbollah fiancheggiano il regime di Bashar el Assad.
Jonathan Stevenson, ex direttore per gli affari politico-militari in medio oriente del National Security Council di Obama, ha scritto sul New York Times che per "cacciare Assad" occorre "fare pressione su Hezbollah", convincendo la milizia sciita che i suoi interessi saranno preservati. Lo stesso governo di Beirut ha chiesto all'Ue di rinunciare, perché Hezbollah è "parte essenziale della società libanese". L'annuncio di lunedì dell'Ue sarà "più un segnale politico che una misura con effetti concreti", spiega al Foglio un ambasciatore di un grande paese. "Non esiste un'ala militare di Hezbollah che ha depositato il suo statuto al tribunale di Beirut" ed è praticamente impossibile distinguere tra i diversi gruppi interni. Alcuni paesi scettici - compresa l'Italia - frenano, a causa dei rischi per la stabilità politica libanese e il pericolo di rappresaglia contro le truppe europee in Unifil. Il ministro degli Esteri, Emma Bonino, non ha dato il via libera a una decisione già questa settimana, perché ha voluto portare "la discussione" al livello politico per valutare "l'impatto sulla stabilità della regione", dice una fonte diplomatica.
(Il Foglio, 20 luglio 2013)
Rivoluzione tecnologica: Israele cambia la vita ai ciechi!
Questi occhiali sono muniti di un sensore che permette alla persona di capire quando il semaforo diventa verde o di riconoscere i volti delle persone di sua conoscenza.
Riesce anche a far leggere quelli che hanno qualche deficienza visiva! Basta puntare un dito sulle righe di un articolo di giornale, o di un libro, un menù di ristorante, una fattura, per attivare una voce che automaticamente legge il testo in questione.
E un'altra invenzione del "Made in Israel" che può migliorare la vita di molte persone in tutto il mondo. Il prezzo di questo paio di occhiali è fissato a 2000 euro (un cane guida per ciechi costa circa 15000 euro).
Sarebbe interessante conoscere le reazioni degli ipovedenti che sostengono la campagna BDS per boicottare Israele. Usciranno infine dalla loro cecità?
I media non ne parlano: informate i vostri amici!
(You Tube, trad. www.ilvangelo-israele.it)
Iran - Otto cristiani arrestati mentre erano in preghiera
"Attività contro la sicurezza nazionale e propaganda contro l'ordine sociale": queste le accuse che hanno portato all'arresto di otto cristiani evangelici a Shiraz, in Iran, che stavano conducendo una preghiera comunitaria. La denuncia di quanto è avvenuto è giunta all'agenzia Fides dall'organizzazione Christian Solidarity Worldwide, impegnata nella difesa della libertà religiosa. Le condanne comminate, che variano da uno a sei anni di reclusione, sono state emesse tre giorni fa, ma si prevede che i condannati ricorrano in appello. Per il National Council of the church in Iran - cui appartenevano gli arrestati - le accuse sono "totalmente infondate", in quanto, "in conformità al Vangelo, la Chiesa è completamente apolitica". "Come leali cittadini, concludono, continueremo a pregare per i nostri leader e per la pace e la riconciliazione della nostra nazione".
(Radio Vaticana, 19 luglio 2013)
Indonesia - Foto di Hitler e svastiche: polemica per un bar nazista
BANDUNG - Ritratti di Hitler, bandiere con svastiche, manifesti di propaganda. E' il "SoldatenKaffee", locale dall'estetica nazista aperto in Indonesia nella città di Bandung nel 2011 e passato inosservato fino all'uscita di un articolo inglese sul Jakarta Globe che ha fatto scoppiare il caso e una marea di polemiche.Le autorità cittadine hanno convocato il proprietario che si è giustificato affermando di non aver alcun attrazione per l'ideologia del regime tedesco ma di essere solo interessato all'oggettistica militare e soprattutto ai suoi affari. Anzi, ha anche riferito di volerne aprire uno simile ma più grande a Bali, isola fra le mete preferite dei turisti occidentali.Dopo la diffusione in tutto il mondo delle immagini degli interni del bar e le condanne arrivate da numerose comunità ebraiche, il proprietario ha deciso di chiudere temporaneamente il locale, senza dare però spiegazioni più dettagliate.
Video
(TMNews, 20 luglio 2013)
Nega la Shoah: e allora niente hotel
Gli albergatori di Berlino: "Non ci sono letti per lo storico David Irving"
BERLINO - Non ci sono letti, a Berlino, per gli estremisti di destra. Il messaggio, forte e chiaro, l'ha lanciato l'associazione degli albergatori della capitale tedesca, che su invito di un politico dei Verdi ha diffuso un appello ai suoi membri affinché rifiutino ospitalità a David Irving, lo storico negazionista britannico che a settembre dovrebbe essere a Berlino per una conferenza.
"Per favore, non date spazio alla propaganda di estrema destra", si legge nel messaggio dell'associazione (che gioca con la parola Raum, che in tedesco significa sia spazio che stanza). Sul sito internet degli albergatori si può inoltre leggere il messaggio lanciato da Volker Beck, politico dei Grünen, il quale invita i proprietari di hotel a "mandare già ora un segnale inequivocabile a Irving: lui e i suoi seguaci pieni d'odio non sono graditi a Berlino".
Secondo quanto riportato da Beck, Irving dovrebbe essere a nella capitale tedesca il prossimo 10 settembre per tenere una conferenza "nel cuore" della città, come ha annunciato lo stesso negazionista. Il britannico, cui la giustizia tedesca aveva interdetto l'ingresso nel Paese fino al 2022, può di nuovo recarsi in Germania dopo che la corte amministrativa di Monaco ha recentemente cancellato il provvedimento.
(Corriere del Ticino, 19 luglio 2013)
Israele convoca gli ambasciatori dell'Unione Europea
Rischio di una grave crisi diplomatica
ROMA - Si rischia una ''grave crisi'' diplomatica fra Israele e Unione Europea, dopo le intenzioni annunciate dalla UE di vietare ai suoi 20 Stati membri di avere rapporti con gli insediamenti ebraici nei territori palestinesi occupati. Il Ministero degli Esteri israeliano ha convocato i rappresentanti di Gran Bretagna, Germania e Francia per comunicare che ''nessun governo israeliano potrebbe accettare queste condizioni'', che potrebbero provocare ''una grave crisi con Israele'', ha detto un funzionario del Ministero.
(Fonte: ASCA, 19 luglio 2013)
Sono iniziate le Maccabiadi
Giovedì 18 luglio 2013 è iniziata la diciannovesima edizione dei Maccabiah games, i giochi olimpici ebraici. La cerimonia di apertura si è tenuta allo stadio Teddy di Gerusalemme. All'evento ha preso parte anche il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Presidente Shimon Peres. Oltre alla sfilata dei 9000 atleti rappresentanti di 71 paesi e all'accensione della torcia Maccabiah, allo stadio Teddy si sono esibiti alcuni dei maggiori cantanti nati in Israele o ebrei per nascita.
I giochi Maccabiah si tengono ogni quattro anni in Israele e sono il più importante evento sportivo ebraico. Alla competizione possono partecipare tutti gli atleti ebrei e i cittadini di Israele di qualsiasi religione (anche atleti arabi israeliani hanno preso parte ai Maccabiah). La prima edizione dei giochi venne tenuta nel 1932. La terza edizione, prevista per l'estate del 1938, venne posticipata al 1950 a causa del'avvento del nazismo in Europa e dello scoppio della seconda guerra mondiale.
(MRI, 19 luglio 2013)
I boicottaggi UE di Israele danneggiano i palestinesi
di Dimitri Buffa
Il boicottaggio Ue ai prodotti israeliani manufatti agricoli di Giudea e Samaria metterà a rischio quasi tre mila posti di lavoro di operai e agricoltori palestinesi. Gli altri tre mila sono israeliani e quindi nell'ottica politically correct e vagamente anti israeliana della Commissione europea non meritano tutela. Però i palestinesi sul lastrico sarebbero un vero boomerang. La notizia è tanto ovvia da apparire eccezionale in un paese come l'Italia e in un continente come l'Europa abituati da anni al ragionamento all'incontrario. Eppure questo taglio annunciato di finanziamenti all'area delle cosiddette colonie in questione pari a circa 600 milioni di euro potrebbe pesare. Così pare che la stessa Anp abbia preso carta e penna per dire ai cervelloni europei che forse non è il caso di fare la sparata mediatica a costo di aggravare le condizioni di vita di tre mila famiglie palestinesi. A dare la notizia del non gradimento palestinese all'ennesima trovata europea per fare pressioni indebite sullo stato di Israele sinora è stata solo "la Stampa" di Torino. Presto però la notizia verrà fuori con la forza di quella in cui è l'uomo a mordere il cane. In Israele e nella Cisgiordania da più di tre anni la crescita del pil farebbe concorrenza a quella cinese. Inoltre a Ramallah si pagano cinque volte meno tasse che a Tel Aviv. La parte più saggia dei palestinesi da mo' che non ne può più della lotta armata da terrorismo islamico tipo hamas. Ora comincia a non poterne più neanche dell'Europa e della sua maniera di tenerla sotto tutela.
(ThinksNews, 19 luglio 2013)
Trecento studenti della yeshivà "in libera uscita" per le vacanze estive
Nel 1948 Leibel Posner decise di trascorrere cinque settimane in cammino, viaggiando per tutta la campagna, i paesi e le città del New Jersey, Dalawere e Pennsilvanya. Alcuni studenti di diciannove anni della yeshivà, vennero incaricati di viaggiare con quello che veniva definito "milk train", che si fermava in ogni stazione locale, nelle quali essi scendevano per incontrare gli ebrei di ogni comunità, e offrire loro libri ebraici e abbonamenti a riviste di argomento ebraico.
Nello stesso tempo, suo fratello maggiore Zalman, insieme al suo allievo Mendel Baumgarten, vennero mandati in Europa per aiutare i sopravvissuti dell'Olocausto, e i rifugiati scappati dalla oppressione stalinista, che vivevano nei campi profughi sparsi per il continente.
Prima di partire, Posner ebbe un'udienza con il sesto Rebbe di Lubavitch, Rabbi Yosef Yitzchak Schneersohn z"l. Malato e sofferente, il Rebbe venne aiutato a sedersi, poi gli disse: "Quando incontri una persona, cerca in lui i suoi punti forti ma, nello stesso tempo, non trascurare i suoi punti deboli. La Torà contiene lettere grandi e piccole. I Chassidim sono soliti affermare: dobbiamo vedere le buone qualità di un individuo come le lettere grandi della Torà, mentre i suoi difetti come le lettere piccole" con lo scopo di aiutarlo a correggerli. Il Rebbe lo benedì e gli augurò di avere successo; Posnen partì.
Gli studenti usciti dalle scuole di Talmud americane furono i primi ad aderire a questo importante programma estivo conosciuto come "Merkòs Shlichut", Shlichut significa "missione" o "ambasciatore", il quale venne accettato come parte del metodo educativo del Rebbe: il Merkos L'Inyionei Chinuch, meglio noto come Merkos.
Divenne un rito estivo quello del passaggio degli studenti delle yeshivot Chabad Lubavitch, salvezza di molte piccole comunità e di ebrei isolati. Ogni estate, coppie di studenti venivano inviate in ogni parte del globo dal genero del Rebbe, Rabbi Menachem Schneersohn z"l, con il compito di diffondere in mezzo agli ebrei la conoscenza della Legge e l'osservanza delle mitzvòt. Egli fu il direttore del Merkòs L'Inyonei Chinuch e, successivamente, succedette al suocero come leader del movimento Chabad Lubavitch.
Nei suoi anni migliori, il Rebbe elaborava gli itinerari che i suoi studenti avrebbero dovuto percorrere, concentrandosi sulle comunità lontane con particolari bisogni o richieste, e su persone sparse un po' ovunque, anch'esse bisognose di consigli o di incoraggiamento. Anche decenni dopo, il Rebbe teneva a volte dei discorsi rivolti ai suoi studenti, per ammonirli, incoraggiarli e benedirli con il successo prima che questi partissero per la loro missione estiva.
Al giorno d'oggi, anche se abbiamo gli aerei, la navigazione GPS e le videoconferenze e molte altre tecniche moderne, i temi della Torà, dell'amore per il popolo ebraico, dell'altruismo rimangono gli stessi.
Quest'anno, circa sessantasei anni dopo, trecento studenti di yeshivà si sono messi in viaggio per destinazioni lontane come la Grecia, il Nepal e il Perù, con tefillìn, mezuzòt, scorte e tanta Torà.
Rabbi Moshe Kotlarsky, che coordina il programma come vicedirettore del Merkos, ha aperto la sessione annuale di lavoro la settimana scorsa nel Crown Heights, un quartiere di Brooklyn, New York. Egli ha esposto particolari di alcuni colloqui avvenuti fra gli studenti e il Rebbe, e ha proposto uno speciale "clip" del 1970 rivolto dal Rebbe agli emissari del Merkos Shlichut. In questo video, il Rebbe insiste sull'importanza di poter arrivare a ogni singolo ebreo, ovunque egli viva, e della responsabilità di ogni emissario di agire come un faro, che riluce di conoscenza della Torà e di entusiasmo.
Rabbi Yehuda Krinsky, direttore del Merkos, ha condiviso delle sue esperienze personali, incluso il periodo trascorso come "Roving Rabbi" ("Rabbino errante"), dal 1951 al 1957. Egli ha raccontato di quando, giovani uomini, partivano avendo con sé solo un elenco di città, senza numeri di telefono, senza contatti, e con "Talks and Tales" una rivista Lubavitch in inglese e yiddish. A volte dormivano sulle panche delle sinagoghe o sul pavimento; a volte lavoravano nel loro cammino attraverso le campagne dell'America.
Da allora, ovviamente, l'organizzazione del Merkos è cambiata. Il cellulare e la posta elettronica hanno sopperito al problema dell'isolamento e hanno consentito una migliore pianificazione e organizzazione. Molti studenti hanno come base dei centri Chabad, molti dei quali istituiti dai precedenti "Roving Rabbis".
Nonostante il cambiare dei tempi, ancora oggi gli studenti sono tenuti a mantenere lo stesso rigore dei loro antenati.
L'emissario Chabad del Portorico, Rabbi Mendel Zarchi, che dirige i "Roving Rabbis" che abitualmente si dirigono nelle varie isole dei Caraibi, ha citato il Rebbe, che invitava gli studenti a portare con sé dei suoi personali scritti sulla Torà. Li incoraggiava anche a scrivere un rapporto dettagliato dei loro incontri, e ha ricordato che il Rebbe era solito studiare attentamente questi resoconti, facendoli a volte seguire da lettere o telegrammi inviati alle persone incontrate dagli studenti.
Dopo quello di Zarchi, è seguito l'intervento di Rabbi Efraim Mintz, che ha operato come "Roving Rabbi" in California nel 1990. Mintz, direttore del Rohr Jewish Learning Institute, ha dato consigli su come aumentare la diffusione della Torà, proponendo un livello più alto di pensieri di Torà, per diffonderli durante i loro viaggi.
Rabbi Dov Greenber direttore del Rohr Chabad House della Stanford University a Palo Alto, California, ha esposto idee su come avere un nuovo modo di portare la Torà. E' importante che gli studenti vadano al di là dei loro limiti di percezione: "Nel momento stesso in cui tu pensi di aver compiuto il tuo dovere, assicurati di aver bussato all'ultima porta e di aver parlato con l'ultima persona".
"In un primo momento, quello che traggo da queste parole è che 'Questo non fa per te'" ha detto Eli Nachum Block, direttore a San Antonio, Texas. "E' un lavoro duro, fisicamente e psicologicamente. Prendere il telefono, chiamare e incontrare le persone giorno dopo giorno può essere logorante. Il punto è che, però, noi siamo parte di qualcosa di più grande di noi stessi, e che siamo qui per servire la comunità e ogni singolo individuo".
Kotlarsky ha sottolineato nella sua presentazione alcuni importanti "benefici" per gli studenti rabbinici.
"Essi non devono solo istruire, ma anche ascoltare" ha detto. "Molti di questi giovani studenti diventeranno degli emissari Chabad a tempo pieno, e questa esperienza darà loro una visione inestimabile delle diversità delle nostre nazioni e del mondo".
Nelle file ci sono anche diversi italiani, Mendi Minkowitz e Mendi Labi negli Stati Uniti mentre due ragazzi, Binyamin Forza e Yosef Hadad saranno a Roma.
(Chabad.Italia, 19 luglio 2013 - trad. Elisheva Bassi)
Hapoel Tel Aviv: gol capolavoro di Lucas Sasha
Lucas Sasha mette in discesa la qualificazione dell'Hapoel Tel Aviv al terzo turno preliminare di Europa League. Il centrocampista brasiliano è stato protagonista di un gol spettacolare nella vittoria sul Beroe.
Il gol
Martedì 23 luglio, porte aperte alla sinagoga di Siena per un doppio evento: alle 21, incontro con l'artista israeliana Avital Cnaani, ospite del Siena Art Institute per il mese di luglio in qualità di resident artist, che presenterà il suo lavoro alla comunità cittadina; dalle 20, visite guidate gratuite della sinagoga, in italiano e in inglese. Ingresso libero
Una serata all'insegna dell'arte e dell'incontro con la cultura ebraica: è quella in programma martedì 23 luglio alla Sinagoga di Siena (Siena, vicolo delle Scotte 14, ingresso libero). Un evento che nasce dalla collaborazione tra Siena Art Institute, Comunità Ebraica di Firenze - Sezione di Siena e CoopCulture e che, a partire dalle 20, aprirà le porte della sinagoga a tutta la comunità cittadina per un doppio appuntamento.
Alle 21, l'artista israeliana Avital Cnaani, ospite del Siena Art Institute per il mese di luglio in qualità di resident artist, si racconterà al pubblico senese ripercorrendo le principali tappe della sua ricerca artistica: un itinerario, a metà tra scultura e disegno, che ruota intorno a temi come il corpo, la materia, il concetto di "luogo", inteso non solo come ambiente naturale ma anche come spazio politico carico di conflitti, contraddizioni ed elementi di complessità. Un lavoro che indaga il legame tra un oggetto e il suo ambiente circostante per esplorare la dialettica tra civiltà e natura, tra paesaggio incontaminato, selvaggio, e spazio fisico plasmato, e spesso violato, dalla mano dell'uomo.
Prima dell'incontro con l'artista, a partire dalle ore 20, sarà possibile visitare la sinagoga grazie a tour guidati, in italiano e in inglese. Nel corso della serata, sarà offerto un aperitivo a base di vini Kosher.
Una serata di condivisione di percorsi ed esperienze, un'occasione per incontrare un'artista internazionale e vederla dialogare con la comunità ebraica senese e con tutta la città, un'opportunità per entrare in contatto con la cultura ebraica nel luogo che, a Siena, custodisce la sua storia e le sue tradizioni.
L'ingresso a tutti gli appuntamenti è libero e gratuito.
Per maggiori informazioni, Siena Art Institute, tel. 0577 247739, www.sienaart.org; CoopCulture, tel. 0577 271345, www.coopculture.it
Avital Cnaani è un'artista israeliana che vive e lavora a Tel Aviv. Dopo gli studi alla Hamidrasha School of Art, ha conseguito un MFA alla Bezalel Academy of Art and Design.
Nel 2009 è stata insignita dal Ministero della Cultura Israeliano dell'Award for Young Artists e, nel 2004, 2005 e 2008, ha ricevuto una borsa di studio dalla America-Israel Cultural Foundation.
Dopo la prima personale nel 2004, Cnaani è stata protagonista di 4 mostre in Israele, all'Herzelia Museum, al Petach-Tikva Museum e alla Gallery 39. I suoi lavori sono stati esposti a livello internazionale in spazi come il George Kolbe Museum di Berlino, il Kuandu Museum di Taiwan e l'Harlem Studio di New York.
(SienaFree.it, 19 luglio 2013)
Il massimo dell'ipocrisia
"Notizie su Israele" ha pubblicato recentemente una breve riflessione dal titolo "Ipocrisia laica". Un esempio politico di questo tipo di ipocrisia è stato espresso nei giorni scorsi dall'Unione Europea con la sua ultima manifestazione di ostilità contro Israele. Come tutte le esternazioni di organismi internazionali di questo tipo, pretenderebbe di avere alte motivazioni di moralità politica, ed è proprio questo che ne mette in mostra la più alta ipocrisia. Riprendiamo a questo riguardo due articoli presenti oggi sul sito "israele.net".
Scrive Matan Peleg, su Israel HaYom:
«Suleiman, dodici anni, è fuggito da solo dalla Siria fino a un campo profughi in Turchia dopo che tutta la sua famiglia è stata sterminata dall'esercito del presidente siriano Bashar Assad nel massacro Aleppo. Il destino della sua famiglia non è un caso isolato: è lo specchio della storia di una nazione intera. Circa centomila persone sono state uccise dal marzo 2011 nella guerra civile siriana. Ma la voce dell'Europa non si è sentita.
Alla ragazza pakistana Malala Yousafzai, 16 anni, spararono alla testa lo scorso ottobre perché guidava una resistenza sociale contro i talebani. Recentemente ha parlato alle Nazioni Unite delle studentesse che vengono uccise per la determinazione degli estremisti islamisti di impedire alle donne di completare gli studi. Ma la voce dell'Europa non si è sentita.
Il recente sovvertimento egiziano ha visto 57 sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi ammazzati in un solo giorno al Cairo. In Arabia Saudita le donne si battono per il diritto di guidare la macchina, ma pare che anche questa volta dovranno rinunciare. Intanto l'Iran, dove le donne adultere vengono lapidate, sta costruendo una base navale in Sudan per inviare armamenti ad Assad e Hezbollah. Ma la voce dell'Europa non si fa sentire.
Il conflitto fra islamici sciiti e islamici sunniti miete centinaia di vite innocenti ogni mese non solo in Siria, ma anche in Iraq, in Libano, nel Bahrain. La guerra scatenata dagli estremisti islamisti contro il progresso intellettuale miete un pesante prezzo di vittime fra donne e ragazze. Ma la voce dell'Europa non si fa sentire.
L'unico luogo in tutto il Medio Oriente dove si possono trovare reali diritti umani è Israele. Si può sempre discutere il grado di rispetto di tali diritti e i casi in cui non vengono rispettati, e si può farlo in Israele. Così come si può sempre discutere, in Israele, il grado di responsabilità di questo o quel governo per lo stallo nei colloqui di pace. Ma i diritti civili e umani esistono, in Israele, ed esistono leggi, tribunali, progresso civile, cultura della critica al governo, diritto internazionale. Ma l'Europa ha deciso di esercitare il proprio diritto di detestare Israele.
In un mondo mediorientale che trabocca di stragi indiscriminate, l'Unione Europea ha deciso di cessare ogni cooperazione con gli enti israeliani che operano al di là della ex linea armistiziale del 1949, cioè in Giudea e Samaria (Cisgiordania), nei quartieri ebraici di Gerusalemme est occupati dai giordani fino al '67, sulle alture del Golan rivendicate dal regime siriano. Ventotto paesi civili ed evoluti hanno deciso che gli insediamenti sulle alture del Golan sono peggiori e più meritevoli di condanna dei massacri che si consumano a pochi chilometri di distanza, dall'altra parte del confine. Insomma, il massimo dell'ipocrisia».
(Israel HaYom, 18 luglio 2013 - da israele.net)
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Scrive Tomas Sandell, su Times of Israel:
«Nel maggio 2007 la nostra organizzazione, European Coalition for Israel, ha infranto la legge. In aperta violazione della raccomandazione politica dell'Unione Europea di non organizzare eventi ufficiali europei a Gerusalemme, abbiamo tenuto il nostro ricevimento ufficiale "Europe Day" al King David Hotel, nel cuore di Gerusalemme. Tra le tante autorità presenziarono anche diversi ambasciatori dell'UE, così come membri del Parlamento Europeo e di diversi parlamenti nazionali. Se eravamo dei fuorilegge, eravamo certamente in ottima compagnia. Ed è andato tutto benissimo. Il prossimo anno abbiamo intenzione di farlo di nuovo, e questa volta contiamo di organizzare anche alcuni piacevoli eventi collaterali a Gerusalemme est. Curerò personalmente di fare in modo che il vino servito provenga dalle alture del Golan. La perniciosa mossa con cui l'UE cerca di predeterminare i confini di una futura soluzione a due stati, non ci lascia altra scelta che violare l'odiosa direttiva. Gli ebrei che vivono e operano a Gerusalemme est e nei territori al di là della ex linea armistiziale hanno tutto il diritto di farlo. Illegale fu l'occupazione di quei territori e la divisione di Gerusalemme ad opera della Legione Araba nel 1948-'49. Illegale sarebbe dividere di nuovo Gerusalemme ed espellere gli ebrei che vi abitano.
Sia ben chiaro. Come cittadini europei non intendiamo interferire nella politica interna israeliana. Non spetta a noi decidere come israeliani e palestinesi vorranno risolvere, attraverso negoziati bilaterali, le loro controversie per vivere insieme in pace. E non spetta nemmeno all'Unione Europea. La quale oltretutto ha controfirmato gli Accordi di Oslo in cui si afferma, all'articolo 31, che "in attesa del risultato dei negoziati sullo status definitivo, nessuna delle parti deve prendere alcuna iniziativa volta a modificare lo status giuridico di Cisgiordania e striscia di Gaza". In quanto interlocutori esterni, quello che dobbiamo fare è contribuire a promuovere un'atmosfera in cui possa crescere la fiducia e si renda possibile la coesistenza tra israeliani e palestinesi. Ma l'UE sta facendo esattamente il contrario.
Perché mai gli ebrei che operano e vivono al di là delle linee armistiziali del '49 rappresenterebbero una minaccia per la coesistenza e la pace? Non vi sono forse non-ebrei che vivono e operano al di qua di quella linea? Non dovrebbero, ebrei e palestinesi, attrezzarsi a convivere fianco a fianco? E quale sarà il prossimo provvedimento dell'Unione Europea, premio Nobel per la pace? Forse vieterà l'ingresso nei paesi europei agli ebrei che vivono al di là di quella linea? In quanto cittadino europeo, mi corre un brivido gelido solo a pensarlo. Come European Coalition for Israel, è chiaro che protesteremo contro le interferenze dell'UE che cerca di predeterminare i confini definitivi di una soluzione a due stati, rendendo sostanzialmente vacui e inutili i negoziati tra israeliani e palestinesi che tutti auspichiamo. Se i palestinesi possono ottenere quello che chiedono tramite i loro portaborse europei, perché mai dovrebbero tornare al tavolo a trattare? Mentre tutto il Medio Oriente è una polveriera, l'UE sembra investire ogni sforzo ed energia nel destabilizzare l'unico stato democratico che condivide i nostri valori e dà speranza alla regione, vale a dire Israele.
Fino a non molto tempo fa era di moda affermare, nei circoli di Bruxelles, che "bisogna risolvere il conflitto palestinese se si vuole dare pace e stabilità a tutto il Medio Oriente". Oggi anche per i burocrati di Bruxelles è piuttosto difficile spiegare cosa abbiano a che fare il bagno di sangue in Siria o le turbolenze in Egitto con l'irrisolto contenzioso tra israeliani e palestinesi. Una cosa è certa. Non ce ne staremo zitti se i nostri leader continueranno a intensificare la loro guerra diplomatica contro lo stato ebraico. Gli ebrei che vivono ad Ariel e a Gerusalemme est non sono un ostacolo alla pace. Oggi lo è, piuttosto, l'Unione Europea.
(Times of Israel, 17 luglio 2013 - da israele.net)
Si rafforza la collaborazione tra Lombardia e Israele in vista di EXPO 2015
Fabrizio Sala e Paola Burbarelli hanno incontrato il sindaco della città israeliana di Tu'ran, Yakov Zohar
MILANO, 18 luglio 2013 - Cibo, acqua ed energia. Sono questi i pilastri su cui poggerà l'Expo 2015 e i temi dei quali si è discusso oggi durante l'incontro fra l'assessore regionale alla Casa, Housing sociale e Pari opportunità, Paola Bulbarelli, il sottosegretario con delega all'Expo Fabrizio Sala e il sindaco della città israeliana di Tu'ran, Yakov Zohar. Un momento di lavoro che è servito anche a rafforzare la collaborazione che Regione Lombardia e Israele intrattengono da anni, sancito anche dalla recente visita che l'ambasciatore Naor Gilon ha fatto al presidente Roberto Maroni.
Ha partecipato all'incontro anche Fabrizio Novari, sindaco di Mottegiana (Mantova) città gemellata con Tu'ran.
AGRICOLTURA D'ECCELLENZA - "Abbiamo tante cose in comune - ha esordito Bulbarelli - tante eccellenze, a partire da un'agricoltura che è di altissima qualità in entrambi i Paesi".
L'assessore ha ricordato poi il lavoro comune "molto forte" in campo sanitario e farmaceutico. "Ciò significa - ha spiegato - che la nostra collaborazione così fruttuosa non può che essere rafforzata e valorizzata come modello da esportare". Il sindaco, ritrovandosi completamente nella parole dell'assessore Bulbarelli, si è detto "felice dell'incontro con un assessore che ha la delega alle pari opportunità" perché questo è uno dei suoi temi cari, essendosene occupato in prima persona e avendo nominato una giunta dove le donne sono più degli uomini.
I RAPPORTI IN VISTA DI EXPO - Il sottosegretario Sala ha spiegato che "L'acqua - è uno dei cardini di Expo e noi, quindi, siamo molto interessati ad approfondire lo studio delle tecnologie ad essa applicate, così pure nuovi modi per sfruttarla al meglio anche grazie all'energia". Sempre parlando di Expo, Sala ha detto che si tratterà di "un evento politico internazionale di altissimo livello che, già oggi, vanta 131 Paesi aderenti". "L'Onu - ha fatto notare - ne ha 139 e questo significa che ospiteremo per 6 mesi il mondo intero". "Insieme - ha concluso - dobbiamo fare un grande miracolo di natura economica, perché da qui nasce la pace fra i popoli".
MANTOVA PROTAGONISTA - L'assessore Bulbarelli consegnando una scultura al sindaco Zohar ha lodato, ricordando le sue origini mantovane, il gemellaggio con Motteggiana. Nei prossimi giorni, infatti, nella città dei Gonzaga e nei comuni limitrofi si terranno dimostrazioni enogastronomiche con esibizioni chef israeliani e lombardi. Sono in programma poi una visita a Sabbioneta e una manifestazione di danza di un gruppo di giovani del Comune di Tur'an.
(MI-Lorenteggio.com, 18 luglio 2013)
Di Segni: "I nostri atleti si faranno onore alle Maccabiadi"
"E' un orgoglio sapere che 55 giovani delle nostre Comunità, molti dei quali romani, sono partiti per le Maccabiadi con la voglia di riportare in Italia tante medaglie. Alle ragazze e ai ragazzi del Maccabi che si sfideranno nelle 7 discipline sportive va la mia più grande berachà [benedizione], so che si faranno onore e porteranno alti i valori ebraici e i colori italiani".
Lo dichiara in una nota il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Di Segni.
(Comunità Ebraica di Roma, 18 luglio 2013)
Roma - Al Festival della cultura ebraica "Notte Cabbalà" con Saviano
Dal 20 al 25 luglio con ospiti, incontri e numerosi scrittori israeliani
ROMA, 18 lug. - Si apre sabato 20 luglio a Roma il Festival internazionale di letteratura e cultura ebraica, giunto alla sua sesta edizione, che nella prima serata vedrà protagonista la "Notte della Cabbalà", grande kermesse notturna di eventi culturali che animerà la zona del vecchio Ghetto demolito fino alle prime ore del mattino. Ospiti speciali della serata, al palazzo della Cultura alle 22.30, Roberto Saviano, Raiz e Radicanto, in uno spettacolo creato appositamente per il festival - intitolato "Il ghetto sul Tevere" - tra monologhi e musiche dalla storia degli ebrei romani.
Quasi in contemporanea, alle 22, presso i Giardini del Tempio Maggiore, si svolgerà l'incontro "La stella di David. Storia di un simbolo", con il giovane filosofo Saverio Campanini e il direttore dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Della Rocca. Alle 23.30, seguirà una "lezione" con Yarona Pinhas, una delle poche donne al mondo che si occupa di Cabbalà, sulla forza e il significato della preghiera, nell'incontro "Toccare il cielo con un dito". Il Museo Ebraico di via Catalana e la grande Sinagoga saranno aperti tutta la notte per visite guidate, con possibilità di visitare la mostra: "Survivor. Primo Levi nei ritratti di Larry Rivers".
"La Notte della Cabbalà è ispirata alla Notte bianca di Tel Aviv", ha spiegato Ariela Piattelli, una delle curatrici, assieme a Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, dell'evento promosso dalla Comunità ebraica di Roma e presentato questa mattina al Museo Ebraico. "Essere giovani è la capacità di avere uno spirito giovane", ha aggiunto Vogelmann per spiegare il tema scelto quest'anno "Un paese per giovani", sottolineando che molti ospiti sono esordienti, altri affermati, meno noti in Italia, ma conosciuti nel resto del mondo. "L'argomento mi sta molto a cuore - ha dichiarato la neo-assessore alla Cultura di Roma, Flavia Barca, che di figli ne ha due, aggiungendo - bisogna fare in modo che la cultura sia strumento di crescita fondamentale per i giovani".
Tra gli artisti degli incontri - letterari, proiezioni di film, concerti, mostre etc. - che proseguiranno fino al 25 luglio, spiccano l'editor di gialli Dror A.Mishani, il giornalista Edoardo Camurri, il collega Gigi Riva e lo scrittore Assaf Gavron, quest'ultimo considerato una delle voci più originali di Israele, nonché la corrispondente del New York Times Rachel Donadio, lo scrittore inglese Benjiamin Markovits (autore di "Un gioco da grandi"), Francesca Segal (autrice de "La cugina americana"), Raphael Jerusalmy (suo il libro "Salvare Mozart" uscito con E/O), Rutu Modan, giornalista del New York Times e fra le più note autrici di graphic novel, il concerto degli Shuk (band israeliana internazionale guidato da Yoni Avital) e lo spettacolo "Se questo è un uomo" nel ricordo di Primo Levi di e con Maria Rosaria Omaggio, con le coreografie di Mario Piazza.
(TMnews, 18 luglio 2013)
Bambini
di Daniel Funaro
A quanto pare, basta essere un bambino e palestinese per avere la licenza di tirare sassi contro chiunque tu desideri. E poco importa che quei sassi colpiscano altri bambini della stessa età come Adele Bitton che per quelle pietre ha passato quattro mesi in ospedale rischiando di morire, perché se i sassi li tiri contro un israeliano - per dirla alla Amira Hass - questo non è più un atto di violenza, ma una metafora di resistenza. Così ci ritroviamo sui giornali italiani strane lezioni di civiltà sul fatto che Israele ha addirittura fermato un bambino che tirava sassi per riconsegnarlo ai genitori senza che nessuno, ovviamente, gli torcesse un dito. Ma per Israele neanche l'ovvio è più sufficiente e oltre a doverci sorbire i predicozzi di alcuni giornalisti che dimenticano che in Italia, a Padova, è accaduto ben di peggio senza che nessuno sparasse a zero sull'intera civiltà di un intero paese, a noi ebrei italiani ci tocca ascoltare pure gli intellettuali alla Gad Lerner che su Twitter ci informa che quel bambino di Hebron in lui provoca una profonda vergogna. Non si capisce se come italiano o come ebreo lui provi vergogna, in entrambi i casi non ce n'era bisogno. Però si sa, che al contrario di come diceva un vecchio adagio a parlar male d'Israele non si fa peccato, ma spesso neanche ci si azzecca.
(Notiziario Ucei, 18 luglio 2013)
Laccanimento moralistico con cui giornali e agenzie di stampa si sono gettati su una notizia che riguarda un fatto di semplice ordine pubblico, è disgustoso. Per valutarlo non occorrono categorie di ordine storico e politico: in certi casi la valutazione delle viscere è la più esatta e veritiera. M.C.
Netanyahu smentisce voci sui negoziati con l'Autorità Palestinese
GERUSALEMME, 18 lug. - Il premier Benjamin Netanyahu ha smentito le indiscrezioni secondo cui Israele avrebbe accettato di riprendere i negoziati di pace con l'Autorità Palestinese sulla base di un ritorno ai confini internazionali
Quelli non sono confini internazionali. Chi continua a scrivere questo o è ignorante o è in malafede.
precedenti la Guerra dei Sei Giorni del 1967, in conseguenza della quale furono annesse tra l'altro Gerusalemme Est, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. "La notizia non e' veritiera", ha dichiarato il portavoce del premier , attraverso il proprio portavoce Mark Regev, dopo che in un primo momento aveva evitato di rilasciare commenti.
(AGI, 18 luglio 2013)
Al via la catena charter tra Tel Aviv e Brindisi
Ha preso il via - e si protrarrà sino a tutto il mese di settembre - la catena charter tra Tel Aviv e Brindisi. Questi collegamenti, una novità assoluta per la Puglia, sono operati con gli Embraer95 da 120 posti di Arkia, che opera quindi nella doppia veste di tour operator e di compagnia aerea. Al momento sono 11 le rotazioni previste, ogni mercoledì, sull'aeroporto del Salento.
«Il risultato raggiunto - afferma l'assessore regionale al Mediterraneo, Cultura e Turismo, Silvia Godelli - ci entusiasma per le notevoli potenzialità del mercato turistico israeliano, notoriamente molto dinamico, e per l'importanza strategica di Arkia, la seconda compagnia aerea israeliana, che vola in numerosi Paesi mediterranei ed europei e che con grande entusiasmo ha scelto la Puglia come nuova destinazione».
Grazie alla nuova programmazione la Puglia si affaccia a un mercato caratterizzato da oggettive potenzialità di crescita, anche per la naturale propensione al viaggio aereo per turismo da parte degli israeliani.
L'iniziativa nasce dalla collaborazione tra l'agenzia regionale Pugliapromozione, che ha realizzato una campagna di comunicazione destinata al mercato israeliano, e Aeroporti di Puglia, il cui contributo ha riguardato i costi operativi dell'iniziativa e il supporto marketing.
«Un'operazione di marketing e di sistema, che ci ha visto agire velocemente e con successo, attraendo un investimento altrimenti destinato altrove - commenta il direttore di Pugliapromozione, Giancarlo Piccirillo - Un anno di eventi, campagne di comunicazione e azioni di promozione in Israele accompagnano l'apertura di un mercato per noi nuovo ma molto conveniente».
«Si tratta di un progetto commerciale di estremo interesse che per la prima volta riguarda un mercato turistico del tutto nuovo e non riconducibile ad aree più tradizionalmente legate alla Puglia - dichiara Giuseppe Acierno, amministratore unico di Aeroporti di Puglia - L'auspicio è che i risultati di questa prima fase di attività possano favorire non solo la riproposizione dell'iniziativa, ma una sua estensione, sia in termini di periodo di operatività che di incremento del numero di frequenze».
(Agenzia di Viaggi, 18 luglio 2013)
L'Europa taglia fuori Israele e allontana ancora la pace
di Fiamma Nirenstein
Finalmente tutto l'irragionevole livore dell'Europa contro Israele ha superato i confini delle solite condanne, e si è rovesciata in un documento bilioso, degno di una ong di attivisti filopalestinesi, e che porterà grandi danni economici e morali: li porterà a Israele perché ne delegittima la politica e infine la stessa capacità di decidere che cosa sia necessario alla sua sopravvivenza; all'Ue perché la rende un corpo squilibrato e quindi escluso da eventuali colloqui di pace cui invece John Kerry, alla sua quinta visita in Medio Oriente, sembra avvicinarsi; ai palestinesi perché il numero di coloro che hanno interessi primari nella convivenza con gli ebrei anche nei territori oltre la Linea Verde è certo molto maggiore di quello dei loro politici. Abu Mazen esprime la maggiore soddisfazione: l'Unione europea gli fornisce l'ennesima ragione per rifiutare il processo di pace che gli Usa faticosamente cercano di reinstaurare, tanto quello che vogliono lo ottengono comunque. Non è peregrino immaginare che il documento europeo, particolarmente brutale e misero, non sia stato stilato ai massimi livelli, ma da funzionari abituati a sguazzare nel politically correct antisraeliano: esso dice che «l'Ue si impegna a che tutti gli accordi fra l'Ue stessa e lo Stato d'Israele debbano inequivocabilmente ed esplicitamente indicare la loro inapplicabilità ai territori occupati da Israele nel 1967, ovvero le alture del Golan, la West bank, Gerusalemme Est o la Striscia di Gaza». E allarga il suo raggio a tutti coloro che anche dentro la Green Line svolgano attività comuni con i Territori. Un intervento di boicottaggio plenario. A parte che Gaza non è più occupata da tempo, che il Golan è stato annesso (e meno male altrimenti chissà cosa ne farebbe oggi Bashar Assad, dato che il territorio era siriano, non palestinese, ma l'Ue pensa affettuosamente anche a lui, pare), per la West Bank la volontà di compiere un gesto di esplicita ostilità verso Israele è evidente. Il fatto che vi siano implicate tutte le istituzioni e le persone che in un modo o nell'altro hanno a che fare con i Territori, e proibisca di avere a che fare con loro, significa per esempio che non sarà più possibile proseguire i progetti di ricerca comune con l'Università di Gerusalemme, o di Ariel, o di altri istituti di ricerca siti al di là della Linea Verde. Significherà che improvvisamente 500mila persone, con i loro annessi e connessi dentro la Linea Verde (esportatori, distributori..) verranno intrappolate, discriminate, impoverite. Che Gerusalemme domani dovrebbe essere, secondo l'Ue, divisa, magari con un muro come a Berlino. Nei Territori vivono contadini, vinai, piccoli fabbricanti, professori e scienziati che collaborano produttivamente con i palestinesi. Ma la fantasia dell'Ue è che in Giudea e Samaria, si aggiri una schiera di 500mila fanatici a cavallo, che impediscono la pace. Ma la pace si farà, secondo la risoluzione dell'Onu 242 quando il confine fra i due stati sia disegnato anche in base alla sicurezza di Israele. Nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza definisce illegale l'occupazione dei territori conquistati dopo la guerra di difesa del '67, e tutti i documenti rilevanti sugli agglomerati abitati a ovest del fiume Giordano, dal 1920 in poi dimostrano che la cosiddetta illegalità internazionale è un'invenzione politica senza fondamento. L'Ue sembra aver già compiuto la trattativa, e ha posto il confine lungo la Linea Verde. Ma essa è solo la linea armistiziale del '49, che non esiste più dai tempi della pace con la Giordania. Stabilire un confine lungo quella linea, l'Ue sa che cosa significherebbe? Vorrebbe dire consentire che l'aereoporto Ben Gurion fosse preda di possibili attacchi, e lo stesso avverrebbe con molte altre zone di importanza vitale, compresa Gerusalemme. L'Ue sa benissimo che Abu Mazen ha dichiarato che una volta stabilito uno stato esso dovrebbe essere completamente judenrein. Si tratta di un messaggio razzista, in linea coll'antisemitismo che domina l'Autorità Palestinese nei libri di testo scolastico, alla tv, sulla stampa... e che prelude allo spostamento forzato di 500mila persone che vivono e lavorano nelle zone che l'Europa considera già stato palestinese, e quindi judenrein, secondo le dichiarazioni dei suoi leader. Perché l'Europa fa questo? E proprio adesso? Di certo, il più irritato non è Netanyahu, è Kerry: l'Europa gli sta distruggendo ogni possibilità di convincere i palestinesi a intraprendere la normale strada della trattativa.
(il Giornale, 18 luglio 2013)
Nessuno silluda: lEuropa, ivi compresa la nostra Italia, è fondamentalmente contro Israele. Lantisionismo europeo non è teatrale come quello iraniano o truce come quello hamassiano, ma ha radici più profonde. E antisemitismo civilizzato e universalista, cristianizzato e progressista: ben mimetizzato dunque, e destinato alla lunga a portare i frutti peggiori. M.C.
Giorgos Katidis
Quel talento greco tradito da un saluto romano
Prima conferenza stampa, con maglia del Novara, per il centrocampista Giorgos Katidis, arrivato in Italia tra le polemiche per un saluto fascista, rivolto ai tifosi dell'Aek. È stato un gesto che l'ha fatto bandire da tutte le nazionali elleniche. Il ragazzo ha ammesso: «Ho fatto un errore che mi peserà per tutta la vita». Per giustificarsi ulteriormente ha detto di non occuparsi di politica e di non conoscere neppure il significato dell'azione che ha compiuto. Sulla tibia si è fatto un tatuaggio: "My mistake", con la data del giorno dell'errore e probabilmente gli faranno anche inaugurare una lapide dedicata ad un allenatore ebreo deportato dai nazisti. Ha vent'anni, ha ammesso l'errore, ha dovuto sopportarne le conseguenze (difficile venga recuperato nella nazionale giovanile) e sa che troverà sempre qualcuno pronto a rinfacciarglielo... In fondo non è che un giocatore di calcio - e sembra pure simpatico - non un ministro o un vice presidente del Senato.
(La Stampa, 18 luglio 2013)
Apple guarda al 3D: pronta lacquisizione della startup israeliana PrimeSense
Apple guarda al futuro, e spera che sia in 3D. L'azienda di Cupertino sarebbe pronta ad acquistare PrimeSense, startup israeliana esperta nella produzione di chip che consentono la visione tridimensionale dei dispositivi digitali.
Apple, al momento, non conferma la notizia che è arrivata dal quotidiano di Tel Aviv "Calcalist". Secondo quanto si legge i primi contatti tra le due società sarebbero già partiti e sul tavolo della trattativa ci sarebbero stati 280 milioni di dollari.
A rilanciare l'indiscrezione anche il sito tecnologico TechCrunch che avrebbe contattato una fonte anonima interna al gruppo israeliano che avrebbe, però, smentito la cifra: "280 milioni? Valiamo almeno dieci volte di più".
PrimeSense ha raccolto 50 milioni di dollari da diversi investitori e continua a sviluppare i propri progetti. La società è famosa, soprattutto, per aver sviluppato la tecnologia che sta dietro a Microsoft Kinect, la periferica in grado di rilevare i movimenti del corpo delle persone.
Per ora, comunque, nessuno conferma o smentisce, ma rumors dell'ultima ora parlano anche di un interesse da parte Samsung e Google all'affare.
Se l'accordo, davvero, dovesse realizzarsi Apple potrebbe sfruttare il know-how di PrimeSense per migliorare alcuni servizi legati, ad esempio, al futuro della Apple Tv.
Dopo Google che, nel giugno scorso, per 1,1 miliardi di dollari ha acquistato l'applicazione di navigazione Gps dell'israeliana Waze, dunque, anche Apple guarda a Oriente e l'operazione, a detta dei diretti interessati, potrebbe anche raggiungere le cifre già spese dall'azienda di Mountain View.
(excite, 17 luglio 2013)
Israele: notizie 24 ore al giorno. Oggi esordio di tv I24
Da Jaffa si rivolge alla Regione in arabo, francese e inglese
di Aldo Baquis
TEL AVIV, 17 lug - Da oggi chi ha necessita' di informarsi in profondita' sul Medio Oriente ha una freccia in piu' nel proprio arco: alle stagionate al-Jazira, France24, Bbc e Cnn si affianca una nuova emittente, I24, che trasmettera' aggiornamenti 24 ore al giorno in inglese, francese ed arabo. La sede centrale della televisione si trova in Lussemburgo, ma gli studi sono situati nel porto di Jaffa, a ridosso di Tel Aviv. ''Chi si sintonizzera' sulla nostra stazione vedra' alle nostre spalle il mare di Jaffa ed un panorama mediterraneo'' ha anticipato all'ANSA la portavoce Irit Segev a poche ore dal primo telegiornale.
La stazione (che ha 250 dipendenti, di cui 150 giornalisti e ricercatori) e' stata voluta dall'ex diplomatico francese Frank Melloul ed e' finanziata dall'uomo d'affari franco-israeliano Patrick Drahi. Nei giorni scorsi Melloul ha detto alla stampa che la nuova emittente si basa solo su fondi privati e che non ha ricevuto aiuti dal governo israeliano. I24 dispone gia' di una rete di inviati e di collaboratori in varie localita' regionali, fra cui Gerusalemme, Gaza, Nazareth e il Cairo. Ciascuno dei suoi tre canali (inglese, francese e arabo) dispone a sua volta di tre troupes incaricate di inviare materiale ad una redazione congiunta, che provvedera' anche ad aggiornare il sito web. Materiali di archivio saranno forniti dalla televisione commerciale israeliana Canale 2.
Proprio un giornalista venuto alla ribalta in Canale 2, Suleiman a-Shafi (ex corrispondente da Gaza) e' una delle figure di punta della nuova emittente. Secondo a-Shafi di pari passo con la Primavera araba si aprono nuovi spazi in cui la I24 intende muoversi. Da un lato esiste la necessita' di comprendere processi complessi ed avvincenti nei Paesi vicini, ma dall'altro, spiega, esistono ancora elementi che finora non sono venuti alla luce. I24 cerchera' di metterli in luce, senza idee preconcette. Nelle dichiarazioni dei suoi responsabili, I24 si prefigge di incrinare pregiudizi negativi riguardo Israele, ma non di fare da portavoce delle sue autorita'. La sua ambizione, spiega a-Shafi, ''e' di allargare il ventaglio di opinioni, di dare spazio ai diritti umani, a posizioni di sinistra come di destra, ad idee liberali''. In Europa I24 potra' essere seguita via satellite, o mediante il proprio sito web: I24news.tv.
(ANSAmed, 17 luglio 2013)
Eretz: un omaggio al Salento dell'artista ebrea Nicole Blau
"Il Salento, una terra solidale, arricchita d'amore e da un profondo senso di accoglienza. Un messaggio di speranza nell'oscurità del ricordo che diventa luce, vita, tolleranza religiosa e culturale".
Nicole Blau
L'alba di un giorno che illumina il cuore, il verde dei prati che nutre l'anima, il calore della luna vegliata dalle stelle mentre il vento accarezza i cipressi dolcemente.
Sono immagini intense e ricche di emozioni quelle che trasmettono le opere di Nicole Blau, un viaggio assopito dalla magia di mille sogni che conduce con incredibile virtù alla scoperta di luoghi e posti gelosamente custoditi da paesaggi inebriati di colori e di profumi. Il Salento, terra di accoglienza e solidarietà, ospiterà dal prossimo 18 luglio 2013, inaugurazione alle ore 19,00, la mostra "Eretz" (Terra, in ebraico) dell'artista Nicole Blau, ebrea d'origini, statunitense e salentina d'azione.
L'esposizione della Blau, promossa con il patrocinio del Comune di Nardò e in collaborazione con TIC TAC - Talenti Innovativi Creativi Territorio Arte Cultura, ha trovato collocazione in uno spazio che non è a caso ma racconta indirettamente quello che Nicole sente nel profondo dell'anima: il Museo della Memoria e dell'Accoglienza (realizzato in un edificio scolastico anni Sessanta su progetto dell'architetto Luca Zevi) di Santa Maria al Bagno, in provincia di Lecce, la testimonianza reale del passaggio a Nardò (Lecce), tra il 1943 e il 1947, di circa 150.000 ebrei.
E' il primo museo in Italia, con materiale fotografico e video sulla tragedia vissuta dagli ebrei scampati ai lager nazisti e in viaggio verso il nascente Stato di Israele. Per questa sua storia di accoglienza, il comune salentino nel 2005 ha anche ricevuto dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, la medaglia d'oro al merito civile. Nel Museo della Memoria trovano collocazione anche tre murales che sono stati ritrovati in grave stato di degrado in un immobile cadente nella vicina località di Santa Maria al Bagno, staccati e restaurati dopo anni di abbandono. Furono realizzati dall'ebreo rumeno Zivi Miller, reduce dei campi di concentramento dove aveva perduto moglie e figlia. Si tratta di opere uniche nel panorama dei reperti legati a quel periodo, realizzati in nero sull'intonaco del muro scrostato. Un filo conduttore tra Zivi Miller e la pittrice Nicole Blau molto forte che ha trovato nella pittrice un segno di condivisione segnato dal passare dei secoli, ieri come oggi, opere che trasmettono il senso del viaggio verso la speranza di una nuova vita, un incontro generoso solcato da intensi squarci di luce nel buio della memoria affievolita.
"La mia mostra Eretz - spiega Nicole Blau - che vuol dire Terra in ebraico è un richiamo alla terra amata e sognata dagli ebrei, ma non solo, è anche la terra di tutti noi, alla ricchezza e generosità del Salento dove hanno trovato rifugio i profughi. Io sento la terra dentro di me profondamente, come una cosa carnale".
Locandina
(Puglialive, 17 luglio 2013)
Ribelli siriani si infiltrano in un avamposto israeliano sulle alture del Golan
BEIRUT, 17 lug - Per la prima volta dallo scoppio delle violenze in Siria oltre due anni fa, miliziani siriani ostili al regime del presidente Bashar al Assad si sono infiltrati nelle ultime ore in un avamposto israeliano non presidiato sulle alture del Golan e situato all'interno del territorio controllato da Israele. Lo riferisce la tv panaraba al Arabiya, in un servizio dal suo corrispondente Ziad Halabi dalle Alture siriane occupate dallo Stato ebraico nel 1967 e annesse nel 1981. Nella tarda serata di ieri il sito Internet israeliano Ynet aveva riferito di una sparatoria tra membri di una pattuglia israeliana, ribelli e forze lealiste siriane. I soldati israeliani - affermava Ynet - erano accorsi nei pressi dell'avamposto dopo aver notato un movimento sospetto di uomini armati. Secondo al Arabiya e Ynet, almeno due ribelli siriani nella notte hanno raggiunto l'avamposto israeliano nella località di Tal Fares (Har Peres), che si trova all'interno del Golan controllato da Israele e a pochi chilometri dalla linea occidentale di demarcazione della striscia di territorio controllata dalla missione Onu.
(ANSAmed, 17 luglio 2013)
Pugnalato religioso ebreo a Gerusalemme
GERUSALEMME, 17 lug - Giornata di tensione oggi a Gerusalemme dopo che la scorsa notte, ad una uscita dalla Citta' vecchia, un religioso ebreo e' stato pugnalato a piu' riprese da due assalitori palestinesi al grido di 'Allah-u-Akhbar' (Allah e' grande). L'uomo, un padre di famiglia con quattro figli, e' stato ricoverato in ospedale in condizioni non gravi. I suoi aggressori sono riusciti a fuggire.
(ANSA, 17 luglio 2013)
Il Kinect israeliano potrebbe costare caro ad Apple
di Manolo De Agostini
PrimeSense respinge le indiscrezioni sul possibile acquisto da parte di Apple.
PrimeSense, l'azienda israeliana impegnata nel campo delle interfacce naturali (ovvero sensori di movimento come il Kinect e non solo), rigetta le voci di corridoio secondo cui Apple sarebbe intenzionata ad acquisirla per una cifra vicina ai 280 milioni di dollari.
Secondo TechCrunch, una fonte vicina all'azienda mediorientale avrebbe dipinto l'indiscrezione come infondata e basata su indizi non verificati. L'ignota "gola profonda" avrebbe anche affermato che PrimeSense varebbe 10 volte tanto i 280 milioni di cui si parla in queste ore, quindi si parla di almeno 2,8 miliardi di dollari.
Il giornale israeliano Calcalist, fonte della notizia, sembra però godere di buona credibilità, dato che nel tardo 2011 diede notizia dell'imminente accordo tra Apple e Anobit, azienda impegnata nel settore delle memorie NAND Flash. A ogni modo è sceso in campo anche l'amministratore delegato di Primesense, Inon Beracha, sottolineando al sito Mashable che l'azienda non commenta su ciò che fanno "partner, clienti o potenziali clienti" e che l'azienda non si esprime voci di corridoio.
La sensazione è che le due parti abbiano avuto effettivamente dei contatti (molti danno per sicure le trattative per un'acquisizione/partnership risalenti al 2010), ma che i tempi non siano ancora maturi per mettere tutto in piazza. Forse l'accordo è in divenire e si sta trattando sulle cifre (280 milioni sembrano effettivamente pochi), oppure più semplicemente PrimeSense vuole continuare a lavorare come entità a sé stante, concedendo in licenza le proprie tecnologie.
Di certo ad Apple un'azienda come quella israeliana farebbe molto comodo. Dispositivi mobile, computer e una potenziale TV potrebbero davvero avere una marcia in più con le possibilità d'interazione basate su avanzati sistemi di movimento.
Apple sta comunque lavorando internamente a tecnologie di questo tipo e ha alcuni brevetti registrati. L'acquisizione di PrimeSense potrebbe accelerare lo sviluppo di nuovi prodotti, nonché portare alla casa di Cupertino preziose proprietà intellettuali utili in futuro (anche in caso di eventuali denunce).
(tom'sHardware, 17 luglio 2013)
La Turchia nega la partecipazione al raid israeliano in Siria
Il ministero degli Esteri turco ha negato le notizie circolate sulla stampa relative al recente attacco missilistico contro la Siria di Israele, partito da una base militare turca.
In un'intervista con un media locale, il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu ha affermato che la Turchia non ha alcuna relazione con il raid che Israele presumibilmente avrebbe perpetrato in un deposito militare in Siria. Il ministro ha sottolineato che la Turchia non collaborera' mai con Israele in qualsiasi operazione militare. Tuttavia gli analisti ritengono che la Turchia rimanga il principale alleato di Israele nella regione.
(La Voce della Russia, 17 luglio 2013)
Netanyahu all'Unione Europea: non accettiamo ultimatum su confini
GERUSALEMME - "Non accettiamo ultimatum esterni circa i nostri confini": lo ha affermato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, dopo consultazioni sulle nuove linee guida dell'Unione Europea riguardo gli insediamenti.
"In quanto Primo ministro di Israele - ha affermato Netanyahu in un comunicato - non posso consentire che si colpiscano centinaia di migliaia di israeliani che vivono in Giudea-Samaria, nelle alture del Golan e a Gerusalemme, nostra capitale riunificata".
Dopo consultazioni con i ministri Tzipi Livni e Naftali Bennett e col viceministro degli esteri Zeev Elkin, il premier ha ribadito che i confini definitivi di Israele saranno definiti solo mediante trattative dirette fra le parti interessate.
(Fonte: ANSAmed, 16 luglio 2013)
Medicina d'urgenza Intesa Abruzzo-Israele
Chiodi: «Nel campo delle emergenze collaboreremo con esperti mondiali»
Chiodi con l'ambasciatore Gilon
PESCARA Un gruppo di camici bianchi abruzzesi che operano nella medicina d'urgenza voleranno nelle prossime settimane in Israele per studiare sul posto i percorsi salvavita più moderni ed efficienti. «Vogliamo collaborare con quelli che sono considerati i maggiori esperti mondiali nel campo delle emergenze», ha spiegato ieri il presidente della Regione Gianni Chiodi nell'illustrare il progetto «Abruzzo 2020 sanità sicura», elaborato da uno specifico gruppo di lavoro. «Il progetto si svolgerà in partnership con lo Stato di Israele, il cui sistema sanitario è considerato uno dei più avanzati al mondo - ha ricordato il governatore -. Una delle criticità che abbiamo rilevato nella rete dell'emergenza-urgenza abruzzese è proprio la mancanza di un programma di formazione aggiornato e omogeneo, esteso a tutti gli operatori». Chiodi si è detto sicuro che, dopo la full-immersion nelle strutture sanitarie israeliane, il gruppo di medici abruzzesi inviato in missione sarà in grado, una volta rientrato, di formare i colleghi, così da garantire su tutto il territorio regionale «uniformità, nonchè eccellenza nella gestione di eventuali emergenze».
Il governatore si è poi soffermato sulla necessità «di dare concretezza in Abruzzo all'integrazione strategica tra ospedale e territorio, con cure idonee da prestare nelle sedi più adatte, garantendo la qualità e l'appropriatezza dell'assistenza. Oggi, con i conti in ordine, attraverso una ridistribuzione più equa delle risorse e un sistema sanitario che sta prendendo forma attraverso regole che non ci sono mai state, possiamo guardare al futuro con ottimismo - ha proseguito il presidente -. Bisogna dire basta ai tagli lineari, eliminare la spesa improduttiva e reinvestire le risorse recuperate nella qualità dei servizi». Una qualità che si ottiene «combinando attrezzature d'avanguardia e personale qualificato, formato adeguatamente anche grazie a corsi come quello che oggi vogliamo offrire ai nostri operatori. Questa partnership con Israele spero possa servire anche a rafforzare le relazioni tra Paesi così vicini per tradizioni e cultura come quello italiano e quello israeliano». All'incontro, coordinato dal responsabile del progetto, Gabriele Rossi, hanno partecipato il direttore dell'Agenzia sanitaria regionale, Amedeo Baudassi, l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, e, in videoconferenza, il direttore generale del ministero della sanità israeliana, Arnon Afek. Quest'ultimo ha sottolineato che «il legame che il sistema sanitario israeliano avrà con la Regione Abruzzo è estremamente importante». Il direttore ha poi invitato Chiodi a visitare Israele nel mese di ottobre e si è offerto di accompagnarlo personalmente dal ministro della sanità per la firma dell'accordo. «Io sono sicuro - ha concluso - che grazie a questo corso noi potremmo interscambiare tra i nostri esperti nozioni e dati, non solo sugli attacchi terroristici e sulle maxiemergenze, ma su molti altri versanti per la crescita dei nostri sistemi sanitari». Del progetto «Abruzzo 2020 sanità sicura» si parlerà oggi anche in Consiglio regionale. I consiglieri del Pd Giovanni D'Amico e Camillo D'Alessandro hanno infatti presentato un'interrogazione sull'incarico di consulenza affidato al dottor Gabriele Rossi. «Il progetto, di durata triennale, ha come soggetto capofila la Asl di Pescara e il gruppo di lavoro è composto dalle quattro aziende sanitarie regionali, dalle Facoltà di Medicina delle Università di Chieti-Pescara e L'Aquila, dall'Azienda sanitaria regionale e dal dr Gabriele Rossi in qualità di project manager - scrivono i due consiglieri -. Quello che chiediamo di conoscere attraverso l'interrogazione è se l'incarico oneroso al dottor Rossi (ammonta a un totale di euro annui pari a 72.000 più Iva, a carico delle quattro aziende sanitarie abruzzesi) appare opportuno dal punto di vista professionale e curriculare e trasparente dal punto di vista procedurale».
(Il Tempo, 16 luglio 2013)
Rassegna 'Terra Territorio'. Serata nella Sinagoga di Pesaro
PESARO - La presenza e il contributo degli Ebrei alle lotte risorgimentali nel territorio pesarese. Sarà dedicato a questa pagina di storia, pressoché sconosciuta, l'incontro in programma mercoledì 17 luglio alle ore 21 presso la Sinagoga di Pesaro, nell'ambito della rassegna di storia, arte e cultura "Terra Territorio", promossa dall'associazione di volontariato Speciale Donna in collaborazione con la Provincia di Pesaro e Urbino - Presidenza del Consiglio (ingresso libero). La relatrice ospite della conferenza sarà Maria Luisa Moscati Benigni, esperta di storia e cultura ebraica, con l'intervento intitolato "Gli ebrei e il Risorgimento nelle terre dell'ex Ducato", in cui evidenzierà la grande partecipazione delle comunità ebraiche del territorio alla causa del Risorgimento, soffermandosi in particolare su due figure, Sara Levi Nathan e Vittoria della Riva.
Saggista, la Moscati Benigni, ha pubblicato in numerose riviste di storia studi su ricerche effettuate negli archivi delle principali biblioteche delle Marche riscoprendo i siti di antiche sinagoghe e di insediamenti ebraici. Insegna all'Unilit (Università della Terza età presso l'Università degli Studi di Urbino) storia e cultura ebraica, tema su cui ha curato diverse pubblicazioni e numerosi articoli su quotidiani e riviste.
Dopo il successo del primo incontro condotto dalla storica dell'arte Silvia Cuppini nel salone degli affreschi di Villa Caprile, si arricchisce dunque di una nuova tappa la rassegna culturale estiva curata dalla onlus Speciale Donna, un progetto innovativo che guarda alla conoscenza e valorizzazione del binomio terra e territorio, dal punto di vista della natura, della storia, della cultura, dell'arte.
(ViverePesaro, 16 luglio 2013)
Israele acconsente al dislocamento di due battaglioni egiziani in Sinai
Al fine di fronteggiare i gruppi qaedisti che si sono stanziati nel Sinai e che spesso muovono attacchi al gasdotto Arabico, che porta il gas dalla Siria in Israele passando per la Giordania fino ad Aqaba, e che si sono resi più volte protagonisti di attacchi contro militari e Forze di polizia, Israele ha consentito al Cairo la dislocazione nella Penisola di due nuovi battaglioni in un'ulteriore deroga agli accordi di smilitarizzazione, previsti con gli accordi di Camp David del 1978.
Un battaglione sarà dislocato ad al-Arish, dove, appunto, arriva il gasdotto Arabico per poi entrare in mare e riaffiorare a Ashkelon, in Israele, mentre l'altro sarà a Sharm el-Sheikh, importante zona turistica ed importante entrata economica per il paese.
Durante uno scavo nella zona antica di Ophel, vicino al Monte del Tempio di Gerusalemme, un team di archeologi ha scoperto una piccola grotta rivestita di gesso che dà accesso ad una vasta rete di tunnel sotterranei.
Sotto la direzione di Eilat Mazar, dell'Università Ebraica, gli archeologi hanno rimosso la considerevole quantità di terreno e rocce che riempiva la grotta. La rete di tunnel è collegata ad una struttura che gli archeologi datano intorno al periodo del Primo Tempio (dal decimo a sesto secolo a.C.).
Facendo delle prime ipotesi, data la posizione non inusuale della struttura, i ricercatori credono si tratti di un'antica cisterna destinata alla raccolta dell'acqua piovana.
"Ci sono tre percorsi separati che portano nella parte superiore della grotta, sino a raggiungere la superficie", spiega Brent Nagtegaal, supervisore dello scavo. "Potrebbe trattarsi di canali ricavati nella roccia per raccogliere l'acqua nella cisterna". Ma lo scavo ha riservato altre sorprese.
"Abbiamo individuato un livello corrispondente al periodo del regno di Erode il Grande", spiega Nagtegaal. "Siamo rimasti molto sorpresi nello scoprire una successiva stratificazione all'interno della cisterna. Abbiamo trovato mura che sono state costruite dopo che la cisterna non è stata più utilizzata per lo stoccaggio dell'acqua".
Ma le pareti del periodo erodiano sono correlate anche un'altra caratteristica fondamentale: un sistema di gallerie sotterranee scavate nella roccia, abbastanza grandi da permettere il passaggio di persone da un luogo all'altro.
"Si possono notare i segni degli scalpelli utilizzati per scavare le gallerie e i fori nei quali, molto probabilmente, venivano inserite le candele", continua Nagtegaal. Nei tunnel sono stati rinvenuti numerosi cocci di ceramica del periodo erodiano, frammenti utilizzati per la datazione della galleria e dei pozzi.
Gli archeologi credono che il sistema di gallerie sia stato utilizzato dagli abitanti del luogo per rifugiarsi dall'assedio romano di Gerusalemme, nel corso della prima rivolta giudaica, un evento ben documentato dallo storico ebreo Giuseppe Flavio.
Nei suoi scritti, Flavio descrive la creazione di caverne sotterranee scavate nella roccia, utilizzate per fuggire all'assedio dei soldati romani. Alla fine, tuttavia, i loro sforzi furono vani in quanto furono scoperti e catturati.
"E' davvero emozionante visitare questi tunnel", dice Nagtegaal. "Alcuni di essi sono incompleti. Probabilmente, quando i romani trovarono i nascondigli, gli ebrei si resero conto che ormai non c'era più tempo per completare l'opera".
Gli archeologi dicono che c'è ancora molto lavoro da fare per avere un quadro più completo della scoperta e il preciso utilizzo dei tunnel.
Gli scavi, di cui la cisterna è solo una parte, hanno mostrano delle parti molto più antiche. Secondo Mazar, alcune parti del sito potrebbero risalire addirittura al periodo del re Salomone, ovvero al decimo secolo a.C.
Le costruzioni successive hanno inglobato una sezione di un muro di grosse dimensioni, con pietre che formano una struttura lunga 70 metri e alta 6 metri.
Inoltre, è stata individuata una struttura che si pensa essere una torre d'angolo, lunga 8 metri per lato e alta 6 metri, costruito con pietre scolpite.
(Il Navigatore Curioso, 16 luglio 2013)
La crisi pesa e l'esercito israeliano vende gli armamenti più obsoleti
L'esercito israeliano metterà in vendita carri armati, aerei e navi da guerra usati per far fronte ai tagli al bilancio. Lo rivela il quotidiano digitale Ynet, secondo il quale nei prossimi due anni le forze armate israeliane venderanno ad altri paesi - principalmente in America Latina, Asia e Africa - le attrezzature più obsolete e investiranno i profitti nello sviluppo di capacità tecnologiche.
Si venderanno carri armati, veicoli blindati per il trasporto delle truppe, navi da guerra, aerei da combattimento, accessori di veicoli logistici, cannoni e sistemi balistici aerei.
Oltre a fare i conti con i tagli al budget della difesa, con questo rinnovamento l'esercito mira a diventare una forza più flessibile, piccola, leggera e meglio equipaggiata tecnologicamente.
Tra i potenziali clienti, i paesi che in passato hanno già fatto la spesa (aerei ed elicotteri) nei magazzini dell'esercito israeliano, come Cile, Ecuador e Sri Lanka.
Ciò che non si venderà sarà fuso per riutilizzare l'acciaio o, nel caso dei carri armati, potranno essere utilizzati come "ornamento" fuori dalle basi e in piazze e viali del paese.
I giorni scorsi il capo di stato maggiore israeliano, il generale Benny Gantz, ha annunciato un piano per ridurre gli effettivi, che è ancora in attesa di approvazione da parte del governo.
La ristrutturazione su larga scala prevede la riduzione di unità militari di terra, aria e mare, sia in servizio regolare che di riserva, inclusi i suoi componenti logistici e la chiusura delle squadre di caccia aerei, unità di carri armati e artiglieria.
In totale, l'esercito farà a meno di un numero che oscilla tra i 3 mila e i 5 mila ufficiali di carriera e riservisti, con l'obiettivo di ridurre le sue spese.
Parte dei risparmi sarà destinata ad altri settori, come le capacità di intelligence, la guerra cibernetica o il potenziamento delle capacità di manovra a terra, oltre ai continui investimenti negli scudi difensivi Iron Dome, Magic Wand e Arrow 3.
(Atlas, 16 luglio 2013)
Basilicata Innovazione promuove lo "Start-Up Tel Aviv Boot-Camp"
L'entusiasmo e le idee brillanti dei gruppi di sviluppo insediati in BI CUBE, l'incubatore di Basilicata Innovazione, ma anche quelle al setaccio della seconda edizione di NIDI|TecNOfrontiere (business plan competion promossa da Basilicata Innovazione e Unioncamere Basilicata e conclusasi lo scorso 25 giugno), hanno riecheggiato oltre i confini regionali per catturare l'interesse dell'Ambasciata d'Israele in Italia: Basilicata Innovazione ha accolto con grande entusiasmo l'invito rivoltole dall'ente nel promuovere la seconda edizione di "Start-Up Tel Aviv Boot-Camp", a Tel Aviv dal 12 al 17 ottobre. Perché non dare infatti agli startupper lucani l'opportunità di apprendere e "portare a casa" know-how e metodologie da una città che si distingue, nel panorama internazionale, per le strategie imprenditoriali?
Lo Start-Up Tel Aviv Boot-Camp è un concorso internazionale, che coinvolge 14 Paesi del mondo (Regno Unito, Germania, Danimarca, Francia, Italia, Spagna, Svezia, Irlanda, Lituania, India, Cina - Shangai, Corea, Messico e Colombia) e aperto a giovani imprenditori, tra i 25 e i 40 anni, che hanno già ottenuto il finanziamento dell'idea, nella fase embrionale (seed-money), per creare una start up nei settori web, mobile e security. Le candidature dovranno pervenire entro le ore 24 del 31 agosto 2013, inviando via mail, all'indirizzo startelaviv@roma.mfa.gov, del materiale in lingua inglese: il link ad un video-pitch (presentazione del progetto d'impresa) della durata massima di 5 minuti; un executive summary di 500 parole, il curriculum vitae del fondatore della start up e il link ad una demo del prodotto (opzionale).
L'edizione 2013 del boot-camp (letteralmente "campo di addestramento") è organizzata dal Ministero degli Affari Esteri israeliano, la città di Tel-Aviv e Google Israel e promossa in Italia dall'Ambasciata d'Israele e da LUISS ENLABS - la fabbrica delle startup, in collaborazione con ItaliaCamp. Dal 12 al 17 ottobre, le migliori startup di 14 Stati avranno la possibilità di partecipare a conferenze, workshop formativi e di incontrare imprenditori, professionisti, ma anche esponenti di aziende multinazionali che hanno aperto centri di ricerca in Israele e investitori in cerca di buone idee da finanziare.
Per informazioni
(basilicatanet.it, 16 luglio 2013)
Il Rabbino capo di Russia cammina otto ore per non profanare lo Shabbàt
di Elisheva Bassi
Rav Berel Lazar con Vladimir Putin
Il Rabbino capo di Russia non aveva altra scelta che camminare 30 chilometri dall'aeroporto di Mosca, dopo che l'aereo su cui viaggiava era atterrato alcuni minuti prima dell'entrata dello Shabbàt.
Rav Berel Lazar ha camminato dall'aeroporto fino a casa sua dopo che l'atterraggio era avvenuto solo dieci minuti prima di Shabbàt.
Venerdì, il rabbino aveva presenziato nella città di Belgrado a una manifestazione per commemorare i settant'anni della vittoria sulla Germania nazista. All'evento avevano partecipato i massimi dirigenti della Russia, fra cui il presidente Vladimir Putin.
Rav Lazar era stato invitato direttamente dall'Ufficio del Presidente, anche se aveva espresso il suo timore di non riuscire a rientrare a casa in tempo per lo Shabbat.
Il Cremlino aveva promesso a rav Lazar che il rientro era stato fissato in modo tale da essere a Mosca due ore prima del tramonto.
Tuttavia, problemi legati a ritardi in aeroporto hanno fatto sì che il rientro avvenisse solo dieci minuti prima dello Shabbat.
Il Rabbino, a quel punto, ha informato la moglie del suo atterraggio, aggiungendo che avrebbe fatto ritorno a casa a piedi.
Molti responsabili del Governo gli hanno offerto di accompagnarlo, guidando essi stessi l'automobile, ma rav Lazar ha spiegato loro che le regole dello Shabbat gli impedivano di accettare.
Dopo aver percorso 30 chilometri, il Rabbino è arrivato finalmente a casa alle 6.00 del mattino: ha mangiato il pasto della cena di Shabbat e si è avviato alla Sinagoga per assistere alla preghiera di Shachrìt.
(Chabad Italia, 16 luglio 2013)
Israele contro il divieto di macellazione kosher in Polonia
Il Parlamento polacco ha respinto una legge, promossa dal Governo, che avrebbe riammesso la macellazione kosher nel paese.
Israele ha fortemente criticato il divieto polacco della macellazione kosher, definendo come "totalmente inaccettabile" questa decisione. Dal primo gennaio era stata vietata la macellazione kosher dalla Corte Costituzionale, poiché ritenuta incompatibile con il diritto internazionale dei diritti degli animali. Venerdì il Parlamento ha respinto una legge appoggiata dal governo con la quale si riammetteva la macellazione rituale ebraica. Il primo ministro Donald Tusk, anche attraverso questa legge, stava tentando di rafforzare i rapporti con Israele. Secondo il rito ebraico, la macellazione prevede che venga tagliata la gola all'animale mentre quest'ultimo è ancora in vita. L'animale muore così dissanguato; nei macelli non kosher o halal, invece, gli animali vengono prima storditi e poi uccisi. Anche la carne halal, mangiata dai musulmani, prevede una macellazione simile a quella kosher. La decisione però non ha fatto infuriare solamente la comunità ebraica, ma anche gli agricoltori e le aziende che esportano carne kosher in Israele e carne halal nei paesi musulmani.
"La storia della Polonia si intreccia con la storia del popolo ebraico. Questa decisione danneggia gravemente il processo di ripristino della vita ebraica in Polonia", ha dichiarato il ministro degli esteri israeliano. "Israele è deluso - ha continuato il ministro - dalla decisione del parlamento polacco di vietare un importante rito religioso che è stata pratica comune tra i milioni di ebrei fin dai tempi antichi".
(fanpage.it, 16 luglio 2013)
Così l'Egitto sconvolge il Medio Oriente
L'addio forzato di Morsi al potere assesta un duro colpo all'ambizioso Qatar e rilancia Arabia ed Emirati.
di Fiamma Nirenstein
Abbiamo esaurito le esclamazioni di stupore. Quello che (a quanto sembra) è successo il 5 luglio, quando notizie non confermate ci dicono che Israele abbia attaccato un deposito siriano di armi, trascende le sorprese cui ormai il Medio Oriente ci ha abituato.
Non solo Israele avrebbe eliminato a Latakia, sulla costa siriana, missili Yakhont di fabbricazione russa che, se in mano di Assad o degli Hezbollah, cambierebbero l'equilibrio strategico della zona. Il fatto è che, secondo il Sunday Times, gli aerei israeliani, e qui possiamo spalancare la bocca, sarebbero decollati da una base turca.
Questo significherebbe che l'inimicizia della Turchia verso la Siria e anche il suo distacco dalla Russia, sono più forti dello scontro micidiale con Israele di cui Erdogan ha fatto una bandiera. La Turchia nega e Netanyahu, come sempre gli israeliani, non parla: questo non cambia l'impressione che un Medio Oriente davvero nuovo e contrario a ogni aspettativa stia emergendo con la guerra siriana e la rivoluzione egiziana. La mappa oggi ci mostra un Medio Oriente fatto di vincitori e vinti tutti nuovi, e persino la consueta divisione tra sunniti e sciiti non funziona più. La danza è aperta.
L'ex presidente egiziano Morsi tentò un'alleanza inusitata con l'Iran, visitò Teheran nell'agosto 2012, e Ahmadinejad lo ricambiò nel febbraio successivo, la prima volta dal 1979, anno della pace con Israele e della rivoluzione iraniana. Ma la grande avventura era destinata a una rapida conclusione. L'Iran ha condannato la cacciata di Morsi, e ha suggerito che sia frutto di «mani straniere»; ma il nuovo Egitto gli ha espresso «estremo disappunto.. che dimostrano la mancanza di conoscenza precisa» degli eventi. Eguali rimbrotti ha ricevuto la Turchia per la disapprovazione espressa dal governo per la soppressione del potere costituito. Altra alleanza svanita, dopo che Erdogan si è fatto sostenitore aperto dei Fratelli Musulmani.
I Sauditi, dopo un periodo di gelo, riformano il famoso «blocco pragmatico»: il Golfo, con l'Egitto, torna a far fronte, spiega Mazel, contro l'Iran. I sauditi adesso sono i maggiori sponsor. La settimana scorsa hanno concesso al Paese del Nilo un finanziamento di 8 miliardi di dollari. Risvegliati alla consueta lotta del loro reame per l'egemonia del mondo arabo, sono certo contenti della grande novità: la messa fuori giuoco del Qatar, che ha sostenuto con grandi somme e con il trapano ideologico di Al Jazeera tutte le rivoluzioni di cui i Fratelli Musulmani hanno portato la bandiera. Il Qatar è stato in questi anni rivoluzionari il bambino prodigio, lo spirito moderno dell'islamismo smart. Ha travestito l'islamismo da rivoluzione democratica. Un genio dei media a galla su un mare di petrolio. L'Arabia Saudita non l'ha presa bene, Al Jazeera ha reso sexy la Fratellanza musulmana in Tunisia, in Libia, in Egitto e anche in situazioni più periferiche.
Il Qatar ha finanziato con 7 miliardi anche Hamas, ma l'investimento non funziona più: l'organizzazione di Gaza subisce i colpi del nuovo governo militare egiziano che gli dà la caccia nel Sinai, che non gli consente più di esportare armi e uomini in Egitto. Hamas, membro dei Fratelli, ha perso il fratellone egiziano, e il Qatar non si sente tanto bene. Anche Hezbollah non è più l'asso pigliatutto in Libano: avendo combattuto con migliaia di uomini a fianco di Assad, di fatto ha creato disgusto all'interno del Libano. I ribelli siriani raggiungono con attentati la Milizia Sciita amica di Assad fino a Beirut, e si ricompongono vecchie amicizie sunnite-cristiane anti Hezbollah e Siria. Per Assad vedremo. Ogni giorno una sorpresa nuova.
(il Giornale, 16 luglio 2013)
Banche svizzere hanno rimborsato 1,24 miliardi di dollari a sopravvissuti dell'Olocausto
Accusate di aver conservato per decenni i depositi di ebrei
GINEVRA, 15 lug. - Il giudice americano Edward Korman ha presentato un primo bilancio provvisorio degli esiti dello storico accordo siglato nel 1998 tra le banche svizzere e il Congresso ebraico mondiale sulla restituzione dei beni degli ebrei. Secondo il rapporto, pubblicato dalla rivista elvetica Tachles, finora sono stati distribuiti 1,24 miliardi di dollari alle vittime dell'Olocausto.
Accusate di aver conservato nel silenzio per decenni i depositi degli ebrei, le banche svizzere avevano versato nel 1998 un risarcimento una tantum collettivo per 1,25 miliardi di dollari al COngresso mondiale ebraico e il giudice aveva investito questi fondi, in attesa di essere distribuiti, in obbligazioni di stato americane. Secondo il rapporto del giudice Korman finora circa 457.000 sopravvissuti all'Olocausto e loro eredi hanno percepito questi fondi.
Il giornale di Zurigo, che fornisce una dettagliata descrizione dei gruppi di destinatari della distribuzione dei fondi, indica anche che nel rapporto non è stata fornita alcuna informazione sul montante degli interessi maturati dai fondi stessa in attesa della loro distribuzione.
(TMnews, 15 luglio 2013)
Oltremare - Sei quel che mangi
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
di Daniela Fubini, Tel Aviv
Quando ancora non immaginavo che sarei diventata un'israeliana, mi divertiva molto vedere gli amici che ritornavano da periodi medio-lunghi in Israele ingrassati di diversi chili. All'epoca pensavo che fosse perché, come ho già avuto modo di raccontare le porzioni qui sono enormi. Vivendo qui da anni, ho invece imparato che molti visitatori vengono proprio presi dall'inarrestabile smania di mangiare, appena toccano il suolo israeliano; soprattutto quelli che mangiano kasher, che come sbarcano si buttano su qualsiasi forma di carne a pranzo e a cena, e se proponi un pasto a base di pesce o (orrore!) latticini fanno i vaghi, finchè non ti convincono ad accompagnarli a mangiar bistecche o spiedini. Bisogna capirli: la carne kasher all'estero è limitata e non esaltante. Però siccome siamo ebrei, e per ogni due ebrei tre opinioni, ti pareva che non mi emergeva anche qui l'atavica frattura Sfarad/Ashkenaz? Gli amici sefarditi o mizrachi (provenienti dai paesi arabi e dalla Persia) preferiscono spiedini e carne molto aromatica e piccante; amano i sapori forti in generale, e hanno proverbialmente stomaci forti per digerirli. L'ashkenazita tipico lo si trova invece davanti ad una bistecca alta due dita a qualunque ora sia sceso dall'aereo. Ma non gli mettere in tavola pepe o peperoncino: la sola vista dei merguez, le salciccie rosse nord africane, gli provoca il bruciore di stomaco. Esiste un solo luogo di incontro dei due mondi ebraici: l'americanissimo hamburger. Che chiamarlo carne è un complimento, così macinato e annegato nel ketchup. Però contenti loro. Io comunque come ebrea italiana sono non-denominational (e incompresa, gastronomicamente parlando), anche se per semplicità dico che sono sefardita - ma, aggiungo, proprio dalla cacciata di Spagna. Gli askenaziti di solito allora chiedono preoccupati "e che cosa mangiate?" Oh, centinaia di piatti diversi. A differenza di altri, vorrei dire.. Insomma: come quando ero piccola e a Torino mi si chiedeva Juve o Toro? E io rispondevo: Padova, la squadra del nonno! Come allora, tertium datur, ma bisogna difenderlo.
((Notiziario Ucei, 15 luglio 2013)
Beny Gantz: "Nel Sinai il terrorismo si rafforza"
"Nel Sinai le organizzazioni terroristiche stanno mettendo radici e si stanno rafforzando. Noi seguiamo gli sviluppi di giorno in giorno": lo ha affermato il capo di Stato Maggiore, gen. Beny Gantz, all'indomani di una sparatoria notturna lungo il confine israelo-egiziano in cui non si avute vittime. La scorsa notte, nel Sinai settentrionale, tre manovali egiziani sono rimasti uccisi in un attentato.
(Notizie Geopolitiche, 15 luglio 2013)
Al Nova Yardinia Resort di Castellaneta Marina in arrivo duecento israeliani
Nova Yardinia Resort
CASTELLANETA MARINA (TA) - L'accordo tra il Nova Yardinia Resort di Castellaneta Marina e il tour operator israeliano Arkia Israeli Airlines sottoscritto a inizio maggio inizia a produrre i primi risultati. A partire dal 17 luglio arriveranno nelle quattro strutture del resort i primi 200 israeliani che hanno deciso di trascorrere in Puglia e, in particolare, a Nova Yardinia, un periodo di vacanze. Si tratta di prenotazioni di famiglie che trascorreranno le proprie ferie tra luglio e settembre, godendo del sole e del mare della costa jonica, con programmazione di tour nell'entroterra, alla scoperta di cultura, storia e tradizioni regionali.
Decisivo per il successo dell'operazione è stato l'educational trip organizzato a Nova Yardinia dallo stesso vettore israeliano in co-marketing con PugliaPromozione, dal 28 al 31 maggio, che ha consentito, agli operatori e giornalisti del settore turistico del Vicino Oriente, di verificare direttamente le potenzialità dell'offerta di Nova Yardinia per la varietà dei prodotti e servizi offerti, nonché di scoprire il fascino della Puglia, estremamente seducente nei confronti dei turisti israeliani. Il tutto facilitato dal nuovo collegamento diretto tra gli aeroporti di Tel Aviv e di Brindisi.
Gli arrivi da Israele confermano Nova Yardinia come destinazione sempre più apprezzata dagli stranieri; dopo la positiva esperienza vissuta con i gruppi di pensionati provenienti dall'Austria, con oltre 7.000 arrivi in cinque settimane tra aprile e maggio, le strutture di Castellaneta Marina hanno ospitato diversi gruppi di tedeschi e bielorussi, nonché clientela russa e francese attirata dalle cure benessere della Thalasso SPA del Kalidria. Si sono inoltre già avviate trattative commerciali per convogliare in Puglia clientela belga e canadese per il 2014.
«La crescita delle presenze straniere - conferma Vincenzo Gentile, Amministratore Delegato del Nova Yardinia Resort - è uno dei nostri principali obiettivi per poter allungare la stagione da aprile ad ottobre: nei primi sei mesi del 2013 il numero di camere occupate da clientela estera ha rappresentato circa il 40% del totale, a fronte del 15% circa dello scorso anno. Durante i tre mesi estivi, durante i quali vorremmo centrare l'obiettivo di 180.000 presenze, stimiamo di poter consolidare un 20% di arrivi dall'estero».
«A differenza dei dati critici ripresi dai media in questi giorni, noi stiamo riuscendo a contrastare la crisi - aggiunge Gentile - e in questi giorni, grazie a efficaci strategie e azioni commerciali e di marketing, le nostre strutture operano a pieno regime, con oltre 2.200 ospiti. Nel corso del primo semestre abbiamo una conferma del numero di arrivi dall'Italia e una crescita di arrivi dall'estero, cui bisogna aggiungere un buon numero di eventi nazionali e internazionali legati al settore congressuale che si confermerà anche nel prossimo autunno, nel corso del quale sono previsti grandi eventi nazionali e internazionali».
«Per la stagione estiva - conclude Gentile - sulla base delle prenotazioni già ricevute e comparate alla stessa data dello scorso anno, verifichiamo sinora un sostanziale pareggio con i numeri del 2012. Oltre a un mutamento delle provenienze assistiamo anche a un'evoluzione nei comportamenti del turista che prenota sempre più frequentemente last minute. Ormai il 20% delle prenotazioni arriva nelle ultime due settimane prima dell'inizio della vacanza, cosa inusuale nel passato; ma grazie al rapporto qualità-prezzo e alle nostre politiche di marketing e commerciali riusciamo a mantenere alta la percentuale di occupazione. Evidenziamo anche la positiva collaborazione con la Regione Puglia che, attraverso le attività di promozione turistica messe in atto dall'agenzia PugliaPromozione, ha favorito l'instaurarsi di nuovi rapporti commerciali e ha sviluppato nuove opportunità di business, che le aziende interessate devono ovviamente saper cogliere al meglio».
Greenblu Srl è impegnata nella gestione delle quattro strutture di Nova Yardinia di Castellaneta Marina (Kalidria Thalasso SPA Resort, Alborea Eco Lodge Suites, Calanè Hotel Village e Valentino Grand Village), nelle quali lavorano nei mesi estivi circa 500 persone. Sono circa 2.200 le presenze giornaliere nel periodo estivo con un'occupazione media delle 790 camere di Nova Yardinia Resort superiore al 90%.
(Giornale di Puglia, 15 luglio 2013)
Dal 17 luglio il nuovo collegamento charter Tel Aviv /Brindisi
Prenderà ufficialmente il via il prossimo 17 luglio - e si protrarrà sino a tutto il mese di settembre - la catena charter tra Tel Aviv e Brindisi.
I collegamenti charter da Israele, che rappresentano una novità assoluta per la Puglia, verranno effettuati con aeromobili Embraer95 da 120 posti di Arkia, che opera quindi nella doppia veste di Tour Operator e di compagnia aerea.
Undici, al momento, le rotazioni previste, ogni mercoledì, sull'Aeroporto del Salento.
"Abbiamo lavorato di gran lena per mesi per intercettare questo nuovo mercato turistico - dichiara l'Assessore regionale al Mediterraneo, Cultura e Turismo, Silvia Godelli - Un risultato, questo raggiunto, che ci entusiasma per le notevoli potenzialità del mercato turistico israeliano, notoriamente molto dinamico, e per l'importanza strategica di Arkia, la seconda compagnia aerea israeliana, che vola in molti Paesi mediterranei ed europei e che con grande entusiasmo ha scelto la Puglia come nuova destinazione".
Grazie alla nuova programmazione la Puglia si affaccia ad un mercato di grande interesse e caratterizzato da oggettive potenzialità di crescita, anche in virtù della naturale propensione al viaggio aereo per turismo da parte degli Israeliani.
L'iniziativa nasce dalla collaborazione tra l'agenzia regionale Pugliapromozione, che ha realizzato una campagna di comunicazione destinata al mercato israeliano, e Aeroporti di Puglia il cui contributo ha riguardato i costi operativi dell'iniziativa ed il supporto marketing.
"La Puglia ha avuto la capacita di superare i nostri competitor nell'intercettare Israele, alla ricerca di una nuova destinazione nel Mediterraneo - commenta il Direttore di Pugliapromozione, Giancarlo Piccirillo - Una operazione di marketing e di sistema, che ci ha visto agire velocemente e con successo, attraendo un investimento altrimenti destinato altrove. Un anno di eventi, campagne di comunicazione e azioni di promozione in Israele accompagnano l'apertura di un mercato per noi nuovo ma molto conveniente".
"Ci troviamo in presenza di un progetto commerciale di estremo interesse che per la prima volta riguarda un mercato turistico del tutto nuovo e non riconducibile ad aree più tradizionalmente legate alla Puglia - afferma Giuseppe Acierno, Amministratore Unico di Aeroporti di Puglia -. L'auspicio è che i risultati di questa prima fase di attività possano favorire non solo la riproposizione dell'iniziativa ma una sua estensione, sia in termini di periodo di operatività che di incremento del numero di frequenze".
(Puglialive, 15 luglio 2013)
Nazismo e deportazione. Sacerdoti racconta la storia della sua famiglia
Il 18 luglio il docente della Bocconi presenterà il libro che raccoglie le testimonianze della persecuzione. Dibattito con Piergaetano Marchetti e Ulrico Hoepli
di Davide Ripamonti
Un libro di memorie familiari e di uno dei periodi più drammatici della storia recente verrà presentato, giovedì 18 luglio, alle 18, nell'aula 3 di via Sarfatti 25 dell'Università Bocconi. Giorgio Sacerdoti, docente di Diritto internazionale all'Università Bocconi, ha infatti raccolto e pubblicato nel volume Nel caso non ci rivedessimo - Una famiglia tra deportazione e salvezza 1938-1945, edizioni Archinto, con prefazione di Arrigo Levi, le circa 100 lettere che corrono fra Germania, Olanda, Francia, Svizzera e Italia e che documentano le tristi vicende della parte materna della sua famiglia, ebrei tedeschi perseguitati dal regime nazista.
"Mia madre riuscì miracolosamente a salvarsi e a Parigi conobbe mio padre, Piero Sacerdoti,", racconta il docente della Bocconi, "con il quale si rifugiò in Svizzera. Ma gran parte della famiglia, compresi i miei nonni, non ce la fecero. Il libro, che è già stato pubblicato in Germania nel 2010, oltre alle lettere, raccoglie anche molti importanti documenti storici".
Con l'autore, discuteranno Piergaetano Marchetti (Dipartimento di studi giuridici, Università Bocconi) e Ulrico Hoepli (Casa editrice Hoepli).
(Sarfatti25, 15 luglio 2013)
La storia e le immagini dell'apice del male
di Anna Foa
Che i nazisti avessero l'abitudine di documentare fotograficamente le loro "imprese" è cosa nota. Abbiamo molte foto dei massacri di ebrei effettuati dai tedeschi, soprattutto di quelli avvenuti all'Est, in Russia e in Polonia. Non possediamo solo le fotografie della distruzione del ghetto di Varsavia, ma abbiamo immagini prese addirittura mentre i soldati nazisti, sull'orlo della fossa, fucilavano donne, vecchi e bambini ebrei dei villaggi polacchi e russi. Abbiamo anche foto prese dai soldati stessi per avere un ricordo delle loro imprese, immagini che venivano inviate alle famiglie e conservate con orgoglio.
Ho sempre pensato che con queste foto i nazisti abbiano raggiunto l'apice del male. Infatti, come non considerare queste fotografie come il segno stesso del fatto che quei soldati non consideravano i massacri che stavano compiendo un delitto, ma un atto del tutto lecito? Che se i nazisti avessero vinto nessuno di loro si sarebbe mai pentito? Due storici hanno spiegato e contestualizzato la famosa foto del bambino con le braccia alzate, che appartiene all'album della distruzione del ghetto di Varsavia. Perché è vero che le foto da sole non ci dicono molto, o almeno non ci dicono tutto. Così, Dan Porat ha dato un nome ai suoi protagonisti, tutti uomini comuni, come già ci ha spiegato in un libro degli anni Novanta lo storico Christopher Browning: impiegati del catasto, come il comandante Stroop che diresse la repressione della rivolta del ghetto, piccoli borghesi, contadini. Jürgen Stroop fu a capo successivamente delle Ss naziste in Grecia contro ebrei e partigiani. Condannato a morte dai polacchi, fu impiccato nel 1952 nel luogo dove c'era stato il ghetto di Varsavia. E quel nazista con il mitra in mano puntato sul bambino non è la comparsa di un film, ma aveva un nome, Josef Blösche, aveva fatto il contadino, era entrato nelle Ss, era stato prigioniero in Unione Sovietica, era tornato in Germania, si era sposato e aveva avuto dei figli. È stato processato in Germania nel 1969 per crimini di guerra e messo a morte. Vite reali.
Un altro storico, Frédéric Rousseau, ci ha invece spiegato la genesi dell'album e la fortuna della foto del bambino con le mani alzate, che non fu neppure mostrata al processo di Norimberga, dove pure alcune delle foto di quell'album furono presentate come prove, e che poi negli anni Novanta divenne il simbolo più famoso della Shoah, fu posta come copertina in molti libri, conosciuta ovunque. In Italia, Ernesto Galli della Loggia propose che fosse appesa in tutte le classi di ogni scuola italiana, ma non se ne fece nulla.
Anche delle vittime si è ricostruita la storia. Non di tutte, lo sappiamo, di molti si sono perduti anche i nomi. Di tutti quelli andati direttamente al gas ad Auschwitz, non uno è stato registrato, immatricolato. Da una parte abbiamo così la perdita definitiva non solo del volto ma anche del nome, dall'altra la trasformazione di un nome, come quello di Anna Frank, o di un'immagine, come questa del bambino di Varsavia, in simbolo della Shoah. Ha ragione Giovanni Ruggiero, quando dice che proprio il fatto di essere diventato un simbolo rende più difficile la sua identificazione con un bambino reale. Del resto, lo ha detto anche il sopravvissuto con cui il bambino del ghetto è stato non senza incertezze identificato: «I bambini ebrei a cui fu ordinato di alzare le mani furono un milione e mezzo».
(Avvenire.it, 15 luglio 2013)
Tishà beAv a Scolanova
Si ricordano alcuni eventi tragici della storia ebraica
TRANI - Al tramonto, presso la Sinagoga Scolanova si svolgeranno i riti di Tishà beAv (9 di Av) che proseguiranno sino al tramonto del giorno successivo.
Tishà beAv ricorda la distruzione del primo e secondo Tempio di Gerusalemme e altri tragici eventi della storia ebraica. Durante Tishà beAv è proibito studiare la Torà; si possono leggere Giobbe, i capitoli di Geremia che annunciano disgrazie, la Meghillàth Echà (Lamentazioni di Geremia) e i relativi commentarii; è ammesso rispondere al saluto ma a bassa voce, lavorare anche se è preferibile astenersi dal lavoro. Prima del tramonto, dopo aver fatto un pasto abbondante, è tradizione mangiare un uovo sodo con del pane e possibilmente da soli per evitare il Zimmun (invito a benedire). Questo pasto con chiaro riferimento al lutto è chiamato seudàth hamafsèket (pasto di interruzione). Da 20 minuti prima del tramonto della vigilia (al comparire di tre stelle) è proibito mangiare e bere. Non si dice Tachannun a Minchà della vigilia di Tishà beAv.
In questo giorno è proibito: lavarsi (si possono lavare solo le dita e gli occhi), spalmarsi il corpo con creme e profumi; calzare scarpe di cuoio; avere rapporti coniugali.
(TraniViva.it, 15 luglio 2013)
Israele non conferma l'attacco al deposito militare siriano di Latakia
Il portavoce della forze armate della Difesa di Israele, il generale Yoav Mordechai, ha rifiutato di commentare le voci sul nuovo attacco israeliano in Siria.
Nel corso di una conferenza stampa, Mordechai ha detto: "Mi ricordo di quello che siamo stati accusati in passato: abbiamo bombardato Damasco, poi Aleppo, abbiamo messo una bomba a Beirut, e anche mandato nelle acque di Gaza squali dotati di apparecchiature spia. Credo che non dobbiamo stare dietro e commentare ogni notizia della stampa internazionale".
In precedenza i media avevano riferito che a seguito di un raid, condotto con missili da crociera lanciati da un sottomarino israeliano, nel porto di Latakia erano stati distrutti 50 missili anti-nave Yakhont P-800" di fabbricazione russa.
(La Voce della Russia, 15 luglio 2013)
Gerusalemme: sensazionale scoperta archeologica
Ritrovata un'iscrizione risalente al X secolo a.C. che svela le origini della Città Santa
L'Università Ebraica di Gerusalemme, insieme all'archeologa Eilat Mazar, ha annunciato la scoperta del più antico testo alfabetico scritto mai trovato prima.
Si tratta di un'iscrizione incisa su un pithos (ossia un contenitore in ceramica) di grandi dimensioni, recuperato insieme ad altri sei esemplari durante gli scavi archeologici in corso nell'area del Monte del Tempio a Gerusalemme.
Il testo è redatto in lingua cananea e, secondo l'archeologa Mazar, si tratta di un'iscrizione unica nel suo genere, che rappresenta un documento fondamentale per la storia della città. Risalente al X secolo a.C., questa iscrizione precede di circa 250 anni quella più antica in ebraico, che è datata invece alla fine dell'VIII secolo a.C., all'epoca del re Ezechia.
L'iscrizione è stata incisa accanto al bordo del pithos, del quale è stato recuperato un solo frammento, insieme con parti di altri sei grandi vasi della stessa tipologia, utilizzati in antico per stabilizzare il terreno di riempimento sotto il secondo piano del palazzo. Tutti i frammenti recuperati negli scavi sono datati al X secolo a.C., delle medesima fattura, ed originare della regione montuosa centrale, nelle vicinanze di Gerusalemme.
Il testo dell'iscrizione, che probabilmente correva lungo tutto il bordo del contenitore, è pervenuto incompleto, ed è redatto in lingua cananea, risalente al periodo compreso tra l'XI e il X secolo a.C., precedente all'idioma ebraico. Le lettere che sono individuate nell'iscrizione, non hanno trovato riscontri nelle altre lingue semitiche conosciute. Pertanto il significato della scritta non è stato interpretato.
Secondo gli archeologi è plausibile che l'iscrizione specifichi il contenuto del vaso o forse il nome del proprietario. E dal momento che la lingua utilizzata non è l'ebraico, è probabile che sia stata scritta da residenti non israeliani di Gerusalemme, forse i Gebusei, una tribù canaanita che, secondo la Bibbia ebraica, facevano parte della popolazione della città al tempo di Davide e Salomone.
(DaringToDo, 14 luglio 2013)
LAutorità Palestinese protesta per limmagine di Morsi nella spianata delle moschee
Reazioni indignate dell' Anp per l'esposizione nella spianata delle moschee di Gerusalemme, venerdì, di un grande ritratto del deposto presidente egiziano Mohammed Morsi. Secondo il ministro per le questioni di Gerusalemme Adnan Husseini la manifestazione pro-Morsi era fuori luogo perché, ha spiegato all'agenzia di stampa Wafa, i palestinesi non devono interferire nelle vicende interne dei Paesi arabi.
Analoga posizione è stata adottata dal ministro dell'Anp per le questioni religiose Mahmud Habbash secondo cui la moschea al-Aqsa e Gerusalemme devono restare un simbolo di unità araba. Habbash ha accusato Hamas di aver esposto il controverso ritratto di Morsi, che portava la scritta: "Gerusalemme: con la legittimità, contro il putsch". Secondo la stampa, venerdì una parte dei fedeli della Spianata delle Moschee ha inscenato una manifestazione politica in cui ha scandito slogan contro diversi Paesi occidentali e ha invocato la instaurazione di un vasto Califfato nella Regione. La Wafa aggiunge che da parte sua il presidente dell'Anp Abu Mazen ha avuto una conversazione con il presidente egiziano Adli Mansur, per estendergli gli auguri tradizionali del Ramadan, il mese di digiuno islamico, e per confermare che l'Egitto resta un punto di riferimento obbligato per i palestinesi. Intanto il Movimento islamico in Israele ha organizzato ieri in Galilea una marcia in sostegno di Morsi a cui hanno preso parte migliaia di persone.
(ANSA, 14 luglio 2013)
Abbandoni estivi
di Francesca Matalon
Gli ebrei sono particolarmente appassionati di animali? Questa è una delle varie domande a cui la mostra The Whole Truth del Museo ebraico di Berlino, di cui parla il numero di maggio di Pagine Ebraiche, sottopone i visitatori per cercare di svelare misteri e sfatare pregiudizi sugli ebrei. Certo, ci sono alcuni elementi per avvalorare questa tesi. Un'azienda israeliana di televisione via cavo ha appena lanciato DogTV, un canale di follia fatto apposta per i cani, con musiche rilassanti e colori primari, testato in California e da poco disponibile anche nella sua patria. Ma senza arrivare a queste idee strampalate anche per i fan più accaniti dei gadget canini (il cioccolato per cani è la dolce apoteosi), è sufficiente rilevare l'innalzamento di qualche ottava sopra la norma della voce dei membri della propria famiglia ogni volta che il cucciolone entra in una stanza. Un'incontrastabile metamorfosi in quattro mammolette, in questo periodo per giunta particolarmente commosse dall'alto numero di storie orribili di animali abbandonati che ogni anno colorano l'estate di disgusto. Occhi lucidi di veline e attori di telefilm che si prestano come nobili testimonial sembrano non fermare la pigra insensibilità di chi parte in vacanza. Ma una vittima dello stordimento da cane in fase avanzata non può fare a meno di domandarsi: come si fa? Perché alla fine l'animale domestico diventa parte della famiglia, un fratellino piccolo, morbido e peloso. Come con tutti i fratellini, naturalmente a volte si battibecca: quando rosicchia tre scarpe stando ben attento a sceglierle appartenenti a tre paia diverse, quando si butta a fare il bagno in un canale fangoso e poi pretende di risalire in macchina, quando mentre si studia disperatamente lui è lì davanti a dormire tutto il giorno sospirando di tanto in tanto e poi decide che alle cinque di mattina è ora di svegliarsi, per tutti. Ma a nessuno verrebbe mai in mente di lasciare il proprio fratello dispettoso sul ciglio di una strada. E anche se alla fine in realtà la domanda della mostra è un trabocchetto per dimostrare quanto poco fondati possano essere i pregiudizi e dunque la fama di animalisti degli ebrei è un'invenzione, è sicuro che nessuna religione tollererebbe mai simili atti di disumanità. Che tristezza, vado a comprare un po' di cioccolato per cani.
(Notiziario Ucei, 14 luglio 2013)
Egitto - Interrogatorio di Morsi mentre si profila il nuovo governo
Spionaggio, incitamento all'uccisione di manifestanti e danni all'economia: sono queste le accuse che pendono sul capo dell'ex presidente egiziano Morsi interrogato oggi dagli inquirenti che mirano anche ad accertare il coinvolgimento di Hamas nella sua fuga dal carcere durante la rivoluzione contro Mubarak. Intanto si profila la composizione del nuovo governo del premier El Beblawi.
di Roberta Barbi
La Procura egiziana ha confermato di aver avviato le indagini sull'ex presidente Morsi e alcuni esponenti dei Fratelli Musulmani accusati di spionaggio, incitamento all'uccisione di dimostranti e danni all'economia. Ma i magistrati che oggi stanno interrogando il deposto presidente nella località segreta dove è detenuto, mirano ad accertare anche eventuali complicità di Hamas nella fuga di Morsi dal carcere il 29 gennaio 2011, in piena rivoluzione, ipotesi che se confermata farebbe scattare per lui anche l'accusa di tradimento. Sul fronte della politica interna, intanto, solo Nabil Fahmy, ex ambasciatore egiziano negli Usa ha accettato di diventare ministro degli Esteri nel prossimo governo El Beblawi, che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana e che dovrà riportare il Paese nel solco della democrazia. Tra gli altri nomi circolati ci sono l'economista El Din, nominato vicepremier con delega alla Sicurezza dello Stato, Ashraf al-Araby che dovrebbe tornare ad essere ministro per la Pianificazione e Hany Kadri Dlmian alle Finanze. Intanto la Fratellanza musulmana fa sapere che non accetterà nulla dal nuovo governo e invita i suoi sostenitori a tornare in piazza fino al ritorno del "legittimo presidente".
(Radio Vaticana, 14 luglio 2013)
Siria - Attacco sottomarino israeliano alla città di Latakia
Londra, 14 lug. - - L'attacco all'arsenale della citta' siriana di Latakia il 5 luglio scorso e' stato condotto da Israele non con i caccia, ma con un sottomarino. Lo rivela il Sunday Times, secondo cui il missile da crociera lanciato per distruggere i 50 missili Yakhont P-800 di produzione russa e' partito da un sottomarino 'dolphin class'. Secondo il quotidiano, l'attacco e' stato realizzato in stretto coordinamento con Washington. Se fosse confermato, si tratterebbe del primo intervento navale israeliano in Siria dall'inizio della guerra civile.
(AGI, 14 luglio 2013)
Viaggio nel ghetto di Nicastro
di Antonio Cannone
Il rosone della facciata della chiesa di S. Agazio potrebbe essere una stella di David modificata su alcune delle punte nascoste da un semicerchio
LAMEZIA - Fra le città calabresi in cui la presenza degli ebrei ha lasciato segni tangibili vi è senza dubbio Lamezia Terme. In particolare, un intero quartiere del centro storico, il Timpone, un tempo era l'antica Judeca. E sulla presenza ebraica a Lamezia si è soffermato uno fra i maggiori storici della città, Vincenzo Villella, autore di saggi sulla storia locale e del testo sul Timpone, ovvero "La Judeca di Nicastro" tradotto anche in inglese.
Villella da tempo ha studiato il fenomeno degli ebrei a Lamezia, soffermandosi su vari aspetti: dalle costruzioni delle case e di un chiesa in particolare (S.Agazio) una vera e propria sinagoga, fino a studiare i mestieri che, nel ghetto, svolgevano gli ebrei. "Detestati, ricercati e perseguitati - sostiene Villella - ma anche lusingati sia dall'Università che dai vescovi che si contendevano le cospicue tasse che dovevano pagare, gli ebrei hanno avuto una presenza silenziosa, ma certamente importante nella società lametina almeno per tre secoli, ed è giusto che si faccia di tutto per ricostruirla, anche partendo dal nulla". Barbara Irit Aiello, primo rabbino donna in Italia della sinagoga Lev Chadash di Milano e leader nazionale dell'ebraismo progressivo, nel corso di una sua vista al Timpone, ha chiaramente ammesso la stretta connessione tra la chiesa di S. Agazio alla sinagoga di origini ebree: "Alcuni elementi architettonici nell'attuale chiesa di S. Agazio come le vecchie tegole che si intravedono nei muri laterali esterni, farebbero pensare ad un edificio più basso, sul quale si sarebbe ricostruito l'attuale edificio religioso.
Emblematico, più di tutto, è il rosone della facciata che potrebbe essere il risultato di una stella di David probabilmente modificata su alcune delle punte nascoste da un semicerchio per evitare riferimenti alla sinagoga. Elementi architettonici sicuramente da sottoporre al vaglio di esperti e della Soprintendenza dei Beni culturali della Calabria per decretare la storicità. Ciò renderebbe un valore immenso al centro storico e alla città di Lamezia Terme. Il Timpone del quartiere Nicastro, a Lamezia est, per la sua conformazione e collocazione a ridosso di una collinetta ha suscitato enorme stupore tra i gruppi di ebrei in visita alla Judeca, che, secondo la ricostruzione storica, riportata da Vincenzo Villella nel suo "La Judeca di Nicastro e la storia degli Ebrei in Calabria" (tradotto anche negli Usa: The Jews of Nicastro and the history of the Jews in Calabria) era sorta intorno alla piccola sinagoga tra i torrenti Barisco e Canne, dove oggi è situato il Timpone.
L'acqua abbondante dei ruscelli garantiva alla comunità ebraica lo sviluppo d'attività tipiche come conciatori di pelli, tintori, cestai, barili, pettinai, lavoratori della cera, del miele, della seta e cultori del gelso. Nel corso della visita, tra le viuzze del ghetto e lo scroscio dell'acqua, la rabbina Barbara Aiello e i suoi ospiti sono rimasti affascinati dalle condizioni dei luoghi che sembrano rimasti intatti nonostante il susseguirsi dei secoli. La Judeca di Nicastro, oltre che essere circondata da due torrenti - osserva Villella - poteva sfruttare anche le sorgenti d'acqua presenti, garantendo approvvigionamento idrico e servizio per i rituali di purificazione. Purtroppo, dopo la drammatica espulsione dell'Inquisizione Spagnola nel 1510, la Judeca non solo fu abbandonata, ma fu cancellata anche dall'interesse degli storici locali per paura di ripercussioni. Inoltre, nessuno tra gli appartenenti alle poche famiglie rimaste, convertite al cristianesimo, poteva nutrire interesse per stabilire legami con la Judeca, perché se fosse stato scoperto a "giudaizzare", osserva Villella, sarebbe stato denunciato, spoliato e condannato al rogo".
(Calabrie.it, 13 luglio 2013)
L'ambulatorio del medico neonazista con il busto di Hitler e i libri antisemiti
Gianantonio Valli, medico di base a Cuveglio, nel Varesotto, riceve i pazienti fra testi a articoli contro il 'flagello delle immigrazioni' e le 'lobby giudaiche'. E le riviste con i suoi articoli che negano l'Olocausto.
di Paolo Berizzi
CUVEGLIO (Varese) - Diceva Ippocrate che «è dovere del medico analizzare attentamente le cose sgradevoli e avere a che fare con le cose ripugnanti». E fin qui ci siamo. Ma può un medico di base (o di famiglia), e cioè l'ufficiale sanitario di primo livello del Servizio sanitario nazionale, andare fiero del suo busto di Hitler e sottoporre i pazienti in ambulatorio alla visione di testi e articoli contro il «flagello delle immigrazioni», le «invasioni terzomondiali», il «mondialismo capitanato dalle lobby giudaiche», e ancora scritti su Benito Mussolini e i pilastri del nazionalsocialismo hitleriano? Il tutto condito da periodici (con i quali collabora) che irridono o smentiscono l'Olocausto. Benvenuti nello studio del dottor Gianantonio Valli, medico chirurgo di Cuveglio, 3.400 anime nella varesotta Valcuvia.
Per i cuvegliesi, Valli, 64 anni, origini valtellinesi, è il camice bianco "di fiducia"- termine con il quale si indica il medico di medicina generale che, per conto della sanità pubblica garantita dallo Stato, presta il primo livello di assistenza sul territorio. Per i camerati nazionalsocialisti e antisemiti Valli è invece e prima di tutto una camicia nera, e molto di più: è un autore (e pensatore) di riferimento. Uno degli ideologi, come ama definirsi lui, più prolifici nell'ambito della polemistica antisemita. Titoli di alcuni volumi al suo attivo: Colori e immagini del nazionalsocialismo, Holocaustica religio, La razza nel nazionalsocialismo, Note sui campi di sterminio, L'ambigua evidenza, l'identità ebraica tra razza e nazione, Invasione - giudaismo e immigrazione.
Quando non è alle prese con visite, diagnosi e ricette, Valli dedica il suo tempo alla diffusione delle sue idee razziste e revisioniste. Collabora, fra le altre, con l'associazione Thule Italia e Olodogma (una biblioteca di testi revisionisti sulla 'Menzogna di Auschwitz'), scrive saggi e partecipa a convegni. Nell'estate 2012 è protagonista di un'aspra polemica con Stefano Gatti (rappresentante del Centro di documentazione ebraica contemporanea), polemica nata in seguito all'intervento dello stesso Valli a una manifestazione (14 luglio) in largo Cairoli a Milano in solidarietà con il popolo siriano. «Un comizio neonazista», scrisse Gatti su romaebraica.it. «Sono stato in Siria con la delegazione del governo italiano», raccontò al microfono Valli snocciolando le sue tesi contro il mondialismo e il potere politico-finanziario giudaico.
A chi lo accusa di essere nazista, offre una risposta che richiede come minimo una poltrona: «Sono compiutamente fascista, ovvero nazionalsocialista. Mi riconosco nel solco del realismo pagano (visione del mondo elleno-romana, machiavellico-vichiana, nietzscheana e infine compiutamente fascista)... e sono in radicale opposizione a ogni allucinazione filosofico-religiosa giudaica e giudaicodiscesa...». Questo è il Valli studioso. Poi c'è il dottor Valli, il medico. Come tutti i medici di famiglia riceve cinque giorni la settimana. Milletrecento pazienti in carico. Due locali in via Vidoletti, nel centro di Cuveglio. Ma il luogo di lavoro di Valli non è anonimo. Riflette le idee del medico.
E' tutto lì, in bella mostra, incorniciato in sala d'aspetto e in sala visite. Il programma del Fronte nazionale di Franco Freda (movimento politico sciolto nel 2000 per decreto del ministero dell'Interno i cui componenti furono arrestati e condannati per ricostituzione del partito fascista e incitamento all'odio e alla discriminazione razziale); una collezione di articoli contro le invasioni degli immigrati che mettono a rischio la «razza europea»; un poster del Pd di Ravenna con «quattro negri» - sempre parole di Valli - e la scritta "l'Italia siamo noi"; una medaglia d'argento per la commemorazione di un combattente repubblichino di Cuveglio.
In sala d'aspetto, una bella pila di riviste "d'area" nazionalsocialista sono "a disposizione" dei pazienti malati. Alcune: Thoule Italia, un'associazione revisionista che diffonde «idee scomode»; Olodogma, «biblioteca di testi revisionisti sulla 'Menzogna di Auschwitz'» dove trovano spazio pagine tipo "Auschwitz spa, industria dell'Olocausto dal 1945" corredata dalla foto di una nave rovesciata su un fianco e la scritta "affondata".
E poi i busti: alcuni pazienti giurano che Valli ha sempre fatto bella mostra di quello di Mussolini, lui nega e dice che «ho solo quello di Hitler e adesso l'ho messo al piano sopra, in biblioteca». Che cosa tutto questo ci azzecchi con la medicina generale e con il Servizio sanitario nazionale è ancora da scoprire. Qualcuno si è lamentato per gli arredi dello studio del medico antisemita e per la sfacciata ostentazione delle sue idee razziste e xenofobe. Gennaro Gatto, Osservatorio democratico sulle Nuove destre di Varese, ha segnalato il caso.
Lui, Valli, non sembra preoccupato. «Non mi sono mai nascosto, ho le mie idee». Uno abituato a risultare "scomodo". Prima ancora dello scambio di accuse con Stefano Gatti (Centro di documentazione ebraica contemporanea), le cronache locali lo avevano visto contrapporsi a Romeo Ciglia, ex sindaco di Cuveglio. Anche qui tutto era partito dall'esuberanza cameratesca di Valli. Forse aveva ragione Ippocrate: «E' dovere del medico analizzare attentamente le cose sgradevoli e avere a che fare con le cose ripugnanti».
(la Repubblica, 13 luglio 2013)
Raid aereo di Israele su un deposito di missili russi in Siria
Gli Stati Uniti hanno riferito che l'Aviazione israeliana ha distrutto un magazzino di missili anti-nave russi in Siria, perche' queste armi avrebbero potuto minacciare la Marina israeliana, ha riferito la CNN citando tre fonti anonime nel governo degli Stati Uniti.
Secondo le fonti, il raid sul deposito "Yakhont" si è svolto a Latakia, sulla costa siriana, il 5 luglio scorso. Durante l'attacco sono rimasti uccisi diversi soldati.
Nel frattempo il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon ha negato queste voci, ribadendo che Israele non interferisce nel conflitto siriano. "Dappertutto in Medio Oriente, anche senza raid o attacchi, c'e' sempre un buon motivo per accusarci," - ha commentato il ministro.
(La Voce della Russia, 13 luglio 2013)
Israele non è un mostro che arresta i bimbi
di Fiamma Nirenstein
Adel Bitton con la mamma
Ieri è stata dimessa per il fine settimana dall'ospedale Adel Bitton, una bambina israeliana di 3 anni, dopo 4 mesi passati all'ospedale in condizioni gravissime: la macchina guidata dalla mamma era stata colpita da pietre lanciate da palestinesi, e Adel ha subito ferite alla testa che ancora creano conseguenze critiche. È un puro scandalo morale e intellettuale trovare in prima pagina di Repubblica la virtuosa requisitoria di Adriano Sofri sul bambino palestinese fermato dall'esercito israeliano. È un gesto irresponsabile, una mossa oculata di incitamento antisraeliano e antiebraico che dipinge l'Idf e Israele come un mostro persecutore di bambini quando:
Migliaia di bambini palestinesi ogni anno vengono salvati e curati con amore negli ospedali israeliani.
I fatti, e anche il video di You tube, dicono che un bambino che lanciava pietre, gesto letale e collettivo che ferisce e uccide in massa, scoperto dall'esercito, è stato preso per mano da un ragazzo palestinese e condotto alla sua famiglia. Il padre col bambino è stato portato alla polizia palestinese, non israeliana, e trattenuto da quest'ultima per poche ore. Il figlio nel video ovviamente si ribella e piange, ma non perché abbia subito insulti fisici. Certo si è sentito accusato e avrebbe preferito continuare a lanciare le pietre. Ma non è stato toccato in alcun modo.
I soldati, secondo il video, non hanno mai toccato il bambino, sempre per mano a un ragazzo palestinese che lo accompagna o col padre. Tuttavia l'esercito ha aperto un'inchiesta, perché un errore probabilmente c'è stato, ed è quello di aver brevemente bendato il padre.
Si sa benissimo che i bambini palestinesi vengono indottrinati e utilizzati dalla loro parte: chi lo tace, non li protegge. Durante la battaglia di Jenin una bambina di pochi anni fu scoperta con una borsa carica di tritolo. Tutti forse ricordano le immagini di un bambino scoperto con una cintura esplosiva al check point di Gaza. L'indottrinamento è micidiale e permanente, il bambino non giocava: sono tipici gli show tv come quello di Farfur, una specie di Topolino palestinese che in un spettacolo tv incitava a uccidere gli ebrei e che poi moriva ucciso dagli israeliani, oppure del recentissimo serial Khaibar tutte le sere del Ramadan, cominciato ieri, che porta in tutto il mondo arabo l'incitamento a uccidere gli ebrei.
Non si è mai visto su Repubblica un pezzo di orrore per i tre bambini, fra cui un neonato, sgozzati a Itamar nel 2010 con i loro genitori. Non si è mai visto un pezzo di puro orrore per la morte dei tanti bambini siriani. Qui non c'è morte, non ci sono botte, non c'è sangue, c'è solo per l'ennesima volta un gesto di autodifesa compiuto con una certa delicatezza, una misura di prevenzione che i palestinesi avrebbero potuto attuare loro stessi.
Ma sono in giuoco gli ebrei, è un giuoco facile, è un giuoco per conformisti e ignoranti.
Betzelem, che Adriano Sofri definisce preziosa, lo è moltissimo per chiunque ami inchiodare Israele alla colpa dell'autodifesa e cerchi di delegittimarlo. Per esempio, fornì al giudice Goldstone molte delle informazioni per il rapporto sulla guerra di Gaza che egli poi ha disconosciuto, avendole verificate putroppo solo dopo che avevano creato la solita ondata d'odio. Un'ondata di odio irresponsabile, che giustifica l'incitamento che impedisce la pace.
Una cellula armata di Hamas, il movimento radicale palestinese affiliato alla Fratellanza musulmana, è stata smantellata dall'esercito egiziano nel Sinai al confine con Israele.
Lo riferiscono fonti della sicurezza egiziane che confermano quanto apparso stamani su quotidiani egiziani e panarabi.
(Gazzetta del Sud, 13 luglio 2013)
Israele e Abruzzo per un progetto sulla medicina d'urgenza
Gianni Chiodi
PESCARA - Il progetto "Abruzzo 2020 Sanità Sicura" sarà presentato lunedì 15 luglio 2013 a Pescara (Sala Corradino D'Ascanio, in piazza Unione) nel corso di un incontro al quale parteciperà il presidente della Regione Gianni Chiodi.
Il progetto sarà elaborato da uno specifico gruppo di lavoro che dal 1o giugno scorso è coordinato da Gabriele Rossi ed è finalizzato a soddisfare la richiesta di formazione che proviene dagli operatori della medicina di urgenza e di emergenza di tutto il sistema sanitario abruzzese.
Il progetto si svolgerà in partnership con lo Stato di Israele, il cui sistema sanitario è considerato uno dei più avanzati al mondo.
La giornata si svolgerà in due momenti. Nella prima parte, che avrà inizio a partire dalle ore 10.30, si terrà un incontro tra i direttori generali delle Asl d'Abruzzo, il direttore della Agenzia sanitaria regionale e la direzione sanitaria regionale con i referenti di tutto il sistema dell'emergenza-urgenza abruzzese (capi delle centrali operative del 118, pronto soccorso, medici anestesisti e rianimatori).
È prevista la partecipazione del direttore dell'Agenzia regionale emergenza urgenza (Areu) della Regione Lombardia Enrico Mairov, in qualità di presidente della "Monte Sinai" e, in videoconferenza, del direttore generale del ministero della Sanità d'Israele.
Nella seconda parte della mattinata, a partire dalle ore 12, si terrà un incontro, aperto alla stampa, al quale parteciperà il direttore dell'Agenzia sanitaria regionale, Amedeo Budassi e l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, che annuncerà l'avvio del progetto e la sigla dell'accordo di collaborazione tra il governo di Israele e la Regione Abruzzo che sarà operativo subito dopo l'estate.
A Chiodi saranno affidate le conclusioni.
(AbruzzoWeb, 13 luglio 2013)
Israele voterà per vietare l'importazione di fois gras
Il Parlamento israeliano voterà una legge per vietare l'importazione commerciale del fois gras. Già dal 2003 il metodo di alimentazione forzata degli animali con cui si produce è illegale.
Secondo una nota pubblicata sul sito del Knesset, il Parlamento israeliano, questa settimana discuteranno il divieto dell'importazione commerciale di foie gras. Mercoledì era stata approvata in lettura preliminare "una legge che vieta l'importanza e la vendita di fegato di animali che hanno subito tortura". Israele è stato il quarto produttore mondiale di fois gras, finché nel 2003 la Corte Suprema israeliana aveva stabilito che il sistema di alimentazione degli animali utilizzati per la produzione di questo paté andava contro le leggi di protezione sugli animali. Infatti, gli animali vengono nutriti a forza fino, talvolta, a portarli alla morte. Il deputato Dov Lipman ha spiegati all'AFP che "gli uccelli soffrono di disfunzioni del fegato e degli arti, di problemi respiratori, di difficoltà di movimento e di terrore dell'alimentazione forzata. Gli uccelli che non muoiono - continua il deputato - durante questo processo [di alimentazione forzata] sono abbattuti quando stanno per esplodere". Lipman ha spiegato come funziona il gavage, l'alimentazione forzata e di come "i fegati malati sono ottenuti alimentando gli uccelli con quantitativi di amido che superano quello che gli uccelli abitualmente mangiano".
(fanpage, 13 luglio 2013)
A Gerusalemme un film sugli ebrei di Rodi
Commozione alla presentazione del documentario di Ruggero Gabbai
GERUSALEMME - Commozione a Gerusalemme alla presentazione del film documentario italiano di Ruggero Gabbai 'Il viaggio più lungo - Gli ebrei di Rodi'.
Attraverso le testimonianze dei sopravvissuti Stella Levi, Samy Modiano e Albert Israel, il film ripercorre le vicende degli ebrei di Rodi, dagli anni dell'amministrazione italiana fascista all'introduzione delle leggi antiebraiche nel 1938, fino all'occupazione nazista e alla tragica deportazione nei campi di stermino.
(ANSA, 12 luglio 2013)
Il 30% degli israeliani è favorevole a un nuovo Tempio sulla spianata delle moschee
GERUSALEMME - Il 30% degli israeliani, secondo un sondaggio del quotidiano Makor Rishon, è a favore dell'edificazione di un nuovo maestoso Tempio di Gerusalemme nella spianata delle moschee.
Nel medesimo perimetro sorgeva il Tempio ebraico descritto dallo storico Giuseppe Flavio e distrutto dalle legioni romane nel 70 d.C.
Giornale vicino al movimento dei pionieri, Makor Rishon pubblica il risultato di un sondaggio condotto dall'agenzia Màagar Mohot su un campione di 523 israeliani ebrei, ortodossi, laici e nazional-religiosi. Questi ultimi appaiono nettamente i più determinati a lottare per l'edificazione del Tempio di Gerusalemme. Anche in sua assenza, quasi la metà degli intervistati ha affermato che ad ogni modo dovrebbe essere adesso consentito agli ebrei di recitare preghiere nella spianata.
(Fonte: ANSAmed, 12 luglio 2013)
Il nostro obiettivo fondamentale sarà la distruzione di Israele
Nasser butta a mare Israele con un calcio
Egitto, Siria, Giordania e Libano attaccano Israele
Israele schiacciato come un insetto dagli eserciti arabi
Pile di crani ebraici sotto le rovine di Tel Aviv
Vignette apparse sulla stampa araba prima della guerra dei sei giorni
Queste parole sono state pronunciate dal presidente egiziano Gamel Abdel Nasser, il 3 maggio 1967, un mese prima che scoppiasse la guerra dei sei giorni. In quel tempo, lEgitto occupava la striscia di Gaza e la Giordania occupava lattuale Giudea-Samaria, detta anche Cisgiordania o West-Bank. Entrambe le occupazioni erano del tutto illegali dal punto di vista del diritto internazionale, perché su quel terreno avrebbe dovuto nascere, secondo la risoluzione 181 dellOnu, il futuro stato arabo palestinese. Ma a quel tempo non si parlava di territori occupati. Per 19 anni gli arabi hanno avuto la possibilità di fondare su quella terra uno stato palestinese, e se non lhanno fatto è perché allora, come adesso, non ne avevano nessuna voglia. Quello che volevano, allora come adesso, non era la costituzione di uno stato arabo, ma la sparizione dello stato ebraico. Non ci sono riusciti. Anzi, nella sua guerra di sopravvivenza Israele è riuscito a cacciare Egitto e Giordania dai territori che occupavano illegalmente. E da quel momento che i territori conquistati da Israele sono diventati per tutti territori occupati. Esattamente il contrario bisogna dire: dopo la guerra dei sei giorni quei territori occupati sono stati liberati, cioè resi liberi di essere legittimamente destinati, sia pure dopo una giuridica contesa, a chi ne avesse il diritto. Per questo la dizione giuridicamente corretta è quella di territori contesi, dopo essere stati "liberati" da unoccupazione illegale. Con la guerra dei sei giorni le nazioni arabe avrebbero voluto estendere la loro occupazione a tutta la terra dal Giordano al mare distruggendo definitivamente lo stato ebraico. Non ci sono riuscite. E fu soltanto da quel momento che per la comunità internazionale è diventato importante il popolo palestinese. Perché - penseranno molti - un altro modo per cacciare gli ebrei da quella terra si dovrà pur trovare.
Per sottolineare visivamente la storia, abbiamo raccolto alcune vignette comparse su giornali arabi pochi giorni prima che scoppiasse la guerra dei sei giorni. Sono tratte dal sito www.sixdaywar.co.uk. M.C.
(Notizie su Israele, 12 luglio 2013)
Francia - Twitter concede laccesso ai dati su messaggi antisemiti
Avevano dilagato in ottobre. Lngiunzione dei giudici finora era stata ignorata
PARIGI, 12 lug - Twitter ha annunciato di aver fornito alla giustizia francese i dati necessari a consentire l'identificazione di alcuni autori dei messaggi antisemiti che avevano inondato il social network nell'ottobre scorso, e spinto l'Unione degli studenti ebrei di Francia (Uejf) a sporgere denuncia.
La diatriba giudiziaria era iniziata a ottobre scorso, con una segnalazione dell'Uejf, indignata per una lunga serie di tweet con violenti toni antisemiti, accompagnati dagli hashtag #unbonjuif (un buon ebreo) e #unjuifmort (un ebreo morto). Questi 'cinguettii' erano rapidamente passati da qualche decina a diverse migliaia, tanto da far arrivare i due hashtag nella lista dei più utilizzati dagli utenti francesi. L'Uejf si è quindi rivolta alla giustizia, chiedendo al tribunale di imporre a Twitter di cancellare i messaggi e di fornire i dati necessari ad identificarne gli autori, e ha chiesto ufficialmente al governo di Parigi di sostenere la sua mossa, in nome della lotta al razzismo. Appello subito raccolto dal ministro alle Pari opportunità e portavoce del governo, Najat Valhaud-Belkacem, che ha invitato a "smettere di considerare il web come una zona di non-diritto", aggiungendo che "è nostro dovere fare qualcosa per tutelare le vittime" di questi attacchi "rivoltanti".
A fine gennaio, un tribunale di Parigi ha dato ragione all'Uejf, intimando a Twitter di rimuovere i messaggi incriminati e di mettere a disposizione degli inquirenti i dati necessari a identificarne gli autori, colpevoli di incitazione all'odio razziale. La società non aveva però finora ottemperato alla richiesta, sostenendo di non essere soggetta alla giurisdizione francese ma solo a quella americana.
(ANSAmed, 12 luglio 2013)
Ricercatori israeliani creano la prima pelle artificiale
Hossam Haick
Arriva da Israele una buona notizia per quanto riguarda il campo dei trapianti. Un gruppo di ricercatori israeliani appartenenti al Technion-Israel Institute of Technology, coordinati dal dottor Hossam Haick ha realizzato un campione di pelle artificiale che è stato definito come il più sensibile del mondo.
Il trapianto di pelle viene usato in medicina già da molto tempo, specialmente nei casi che presentano gravi malformazioni o anche amputazioni, e oltre ad avere una applicazione dolorosissima ed un costo molto elevato, è limitato dal fatto che è sensibile solamente al tatto.
Gli studi condotti dal team di ricerca israeliano cercavano di superare proprio questo limite ed i risultati ottenuti, pubblicati in dettaglio sulla rivista scientifica ACS Applied Materials & Interfaces, sembrano dare ragione al lavoro dei ricercatori. Secondo i dati riportati nell'articolo il gruppo israeliano è riuscito a produrre una pelle artificiale, la cui sensibilità è risultata essere dieci volte maggiore di quelle attualmente utilizzate per i trapianti, e si pensa possa essere prodotta ad un costo inferiore.
Per ottenere questo risultato, il dottor Hossam Haick ed i suoi collaboratori hanno impiegato nuovi sensori flessibili, costituiti da microparticelle d'oro fissate su uno strato di polietilene tereflatato flessifile, lo stesso materiale con il quale sono realizzate le comuni bottiglie di plastica: il diametro di queste microparticelle è di 5/8 nanometri. Il substrato formato dal polietilene tereflatato flessibile, come dice anche il suo nome, è applicabile su tutte le superfici, senza dipendere dalla forma delle stesse, ed è in grado di mantenere le proprietà elettriche delle microparticelle che vi sono applicate senza richiedere una grande quantità di energia per il funzionamento.
Nell'articolo il dottor Haick ed i suoi collaboratori dichiarano che questo nuovo tipo di sensori utilizzati, sono in grado di rilevare anche la presenza di sostanze chimiche, e cambiamenti della temperatura e dell'umidità, oltre a dare la possibilità di provare diversi livelli di pressione tattile, in modo da permettere ai pazienti di riprovare quasi del tutto le sensazioni della pelle umana.
Questa scoperta, oltre ad essere utile nel campo dei trapianti, apre anche la strada alla realizzazione di nuovi tipi di guanti per molteplici usi, come il controllo della solidità dei materiali toccati ed analizzarli. Le ricerche che in tutto il mondo si effettuano nel campo della nanotecnologia stanno dunque ottenendo grandi risultati e questo ulteriore passo in avanti dovuto alla realizzazione di una pelle artificiale dieci volte più sensibile è stato definito di primaria importanza dal dottor Nir Peled, del Thoracic Cancer Research and Detection Center di Tel Aviv.
Naturalmente gli studi del gruppo di ricerca israeliano non si fermeranno a questo primo passo ed il responsabile, dottor Hossam Haick ha confermato di voler continuare lo sviluppo di questa tecnologia, perfezionando la pelle artificiale e cercando di abbassare ancora il costo di produzione, anche attraverso degli esperimenti che saranno condotti con l'aiuto delle persone.
(WebSec, 12 luglio 2013)
Bambini palestinesi: i falsi scoop a tempo di B'Tselem
Questa mattina il giornale La Repubblica riporta in prima pagina (cartacea e online) la notizia del presunto arresto di un bambino palestinese di appena 5 anni. Nel farlo propone un video distribuito ieri da B'Tselem, una Ong filo-palestinese israeliana che,sempre la Repubblica, definisce "una delle Ong più importanti di Israele" ma che in realtà si è spesso distinta per rapporti falsi e tendenziosi, non certo imparziali, rapporti o scoop che guarda caso vengono distribuiti sempre in prossimità delle attribuzioni dei fondi alle Ong in Medio Oriente da parte dell'Unione Europea.
Ma andiamo con ordine. Secondo quanto scrive La Repubblica, "nelle immagini, risalenti a due giorni fa, un bambino palestinese di cinque anni viene fermato dall'esercito israeliano a Hebron e tenuto in custodia assieme al padre (l'uomo bendato che compare all'inizio del video) per due ore. Il ragazzino è stato arrestato per aver lanciato un sasso contro un'automobile di coloni" . Prima falsità tendenziosa. Il bambino non è stato affatto arrestato. I soldati dell'IDF lo hanno semplicemente fatto salire in un loro mezzo e lo hanno portato a casa sua dato che il padre era in arresto. A confermarlo non sono i militari israeliani ma la polizia palestinese alla quale è stato affidato il padre del ragazzino che, per la cronaca, è stato multato (dai palestinesi) di 5.000 dinari per aver messo il sasso in mano al bambino e averlo incitato a lanciarlo. Bastava che La Repubblica avesse appurato i fatti per rendersene conto in appena due nanosecondi. Certo, il bambino piange perché non vuole entrare nel mezzo militare, cosa del tutto normale, ma i militari israeliani sono stati più giudiziosi del padre che, al contrario, ha messo il sasso in mano al ragazzino....
(Rights Reporter, 12 luglio 2013)
Novara - Katidis si pente del saluto nazista
Con il suo saluto nazista Giorgios Katidis, nuovo acquisto del Novara, aveva suscitato polemiche. Per il suo gesto a marzo fu sospeso dalla sua ex squadra, l'Aek Atene, ed espulso dalla nazionale greca. Il suo caso era finito perfino in Parlamento e qualcuno aveva chiesto l'intervento della Figc. A mesi di distanza da quel grave episodio, Katidis ha deciso di fare un pubblico gesto di pentimento. E' stato infatti confermato, come riferisce Repubblica.it, che Katidis prenderà apertamente le distanze dal suo gesto partecipando alla posa allo stadio azzurro della targa dedicata ad Arpad Weisz, l'allenatore ebreo di Inter, Bologna e Novara morto in campo di concentramento.
(calciomercato.com, 12 luglio 2013)
Israele rafforza la presenza militare nelle Alture del Golan
Le truppe israeliane stanno rafforzando le misure di sicurezza nelle Alture del Golan in prossimità del territorio siriano, scrive il quotidiano israeliano Jerusalem Post.
Secondo il giornale, la decisione è stata presa relativamente all'attivazione dei combattenti del movimento radicale sciita libanese Hezbollah nella zona.
Nel mese di maggio il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva dichiarato che le Alture del Golan si sarebbero trasformate in un nuovo fronte della lotta armata contro Israele.
(La Voce della Russia, 11 luglio 2013)
Orrore in Siria. Bambine vendute ai ricchi sauditi
Pelle candida e occhi chiari. Questo vogliono i ricchi emiri del Golfo, che con tremila euro comprano spose bambine negli affollati campi dei rifugiati siriani.
di Anna Mazzone
Il conflitto siriano prosegue e con la guerra aumentano i rifugiati. Sono quasi due milioni, sparpagliati tra Giordania, Libano e Turchia. Vivono ammassati nei campi, dopo aver lasciato tutto dietro le loro spalle. E l'orrore del conflitto per loro assume anche un'ulteriore, tragica venatura. Molti vendono le loro bambine (tra i 12 e i 14 anni) a ricchi sauditi (tra i 50 e gli 80 anni) che le sposano e abusano di loro.
E' una questione di sopravvivenza, dicono, e intanto nelle aree di nessuno, i campi dei profughi lungo i confini siriani, nasce la nuova figura del procacciatore di matrimoni, e tante bambine diventano oggetto dell'infame compravendita.
Secondo i dati dell'Unicef e delle principali Ong in campo, solo in Libano il 78 per cento dei rifugiati è costituito da donne e bambini. E' ovvio; gli uomini o sono stati uccisi in guerra o hanno scelto di restare in Siria per combattere contro il regime di Bashar al Assad.
L'allarme che lanciano le diverse organizzazioni che si occupano dei rifugiati siriani è che le donne e le bambine sono spesso oggetto di violenze e abusi sessuali. Così, per "salvarle", i genitori preferiscono venderle al miglior offerente, che garantisca la loro sopravvivenza. La cifra massima incassata finora per la compravendita di una sposa bambina siriana è di 5.000 euro, ma la maggior parte delle transazioni solitamente non supera i 3.100 euro.
I sauditi chiedono ragazze dalla pelle candida, non più grandi dei 16 anni e con occhi azzurri o verdi. In Siria non c'è penuria di bambine con occhi chiari, vista la straordinaria mescolanza di etnie. Ed ecco che molte madri preferiscono vendere le loro figlie piuttosto che rischiare che vengano stuprate nei campi o che muoiano di stenti. Tremila euro per un profugo senza più nulla sono una cifra da capogiro.
La minaccia di violenze sessuali, combinata con un'estrema povertà, sono la miccia che scatena l'aumento vistoso del fenomeno delle spose bambine tra i rifugiati siriani. A dichiararlo è Jihane Larous, specialista dell'Unicef per le violenze di genere. Secondo Larous "Con l'emergenza che caratterizza il conflitto in Siria, il trend dei matrimoni delle bambine è aumentato". "Ma - continua l'esperta in una intervista per la rivista The Atlantic - allo stesso tempo le ragioni del fenomeno delle spose bambine sono cambiate. Oltre al fattore economico per i rifugiati siriani è diventato cruciale il fattore protezione. Protezione dell'onore della bambina e di quello della sua famiglia".
Insomma, viste le violenze sessuali all'ordine del giorno nei campi dei siriani in Libano come in Giordania, molte famiglie preferiscono mettere le bambine sotto la protezione di un singolo, ricco uomo, così non sono a rischio di assalti sessuali da parte di altri uomini.
E le bambine cosa dicono? I loro occhi sono velati di disperazione. Alcune resistono fino alla maggiore età e poi chiedono il divorzio. Altre vengono subito messe incinta dai mariti - aguzzini e sono condannate a vivere una vita d'inferno, costrette a ubbidire come delle schiave ai padroni che le hanno comprate.
Un destino infame per decine e decine di bambine, che sognavano, come tutte le bimbe del mondo, di sposare un giorno il principe azzurro, e che invece si ritrovano al fianco un vecchio riccone saudita, pronto ad abusare di loro non appena concluso l'affare. Un altro tragico aspetto della guerra in Siria.
(Panorama, 11 luglio 2013)
La prioritaria questione morale per cui indignarsi continua ad essere il muro dellapartheid o il progetto israeliano di nuovi appartamenti per coloni in Gerusalemme Est?
A Gaza festa in tono minore per il Ramadan. Il valico di Rafah resta chiuso
Scontri a fuoco fra esercito egiziano e miliziani nel Sinai
GAZA - Il Ramadan sarà quest'anno celebrato in tono minore dagli abitanti di Gaza (1,8 milioni di persone). A rendere più gravoso il mese di digiuno islamico iniziato ieri contribuisce il forte caldo che incombe sulla Striscia, accompagnato da frequenti interruzioni dell'erogazione della corrente elettrica per una persistente penuria di combustibile.
Mentre nel Sinai si susseguono gli scontri a fuoco fra l'esercito egiziano e gruppi di miliziani armati, le autorità del Cairo tengono chiuso anche oggi il valico di transito di Rafah, che ieri è stato aperto in via eccezionale per quattro ore. Appelli di Hamas alle autorità del Cairo affinché quel valico sia riaperto in maniera incondizionata non hanno per ora sortito l'effetto sperato. La chiusura dei tunnel di contrabbando ha peraltro messo in difficoltà le stazioni di benzina. Nei mercati, precisano fonti locali, la merce abbonda ma molti avventori lamentano di non potersi permettere gli acquisti tradizionali della festa.
(ANSAmed, 11 luglio 2013)
Museo della Storia degli Ebrei in Polonia
Apre a Varsavia il museo dedicato al popolo ebraico. Nel 2014 la prima mostra
A distanza di settant'anni dalla fine dell'occupazione tedesca nella primavera del 1943, è stato inaugurato lo scorso 19 aprile a Varsavia il primo Museo della Storia degli Ebrei in Polonia. L'edificio è stato realizzato su progetto dello studio finlandese Lahdelma e Malmäki, che si è aggiudicato il concorso internazionale nell'estate del 2005.
Posizionato davanti al monumento degli Eroi del Ghetto, nel quartiere Muranów di Varsavia, la nuova sede espositiva occupa più di 12 mila metri quadrati e ospita otto sezioni tematiche, allestite con il supporto di sale multimediali, laboratori, sale da concerto. La prima mostra sarà aperta al pubblico verso gli inizi del 2014.
L'intero edificio, realizzato in cemento e vetro, è attraversato al suo interno da una grande fenditura, il cui profilo, ispirandosi alle parole del Vecchio Testamento, allude alle linee di un tunnel naturale lungo il quale scorre, proiettata, la storia del popolo ebraico, quale metafora della tragica storia della comunità e del passaggio attraverso il Mar Rosso.
Dopo aver vinto la competizione internazionale, battendo oltre 100 studi di progettazione, tra cui quelli di Daniel Libeskind, Peter Eisenman e Kengo Kuma, il duo Lahdelma e Malmäki ha tenuto la posa della prima pietra del museo nel giugno del 2009, mentre entro il prossimo gennaio 2014 saranno ultimati i lavori di allestimento della prima esposizione.
(archiportale, 10 luglio 2013)
Missili sauditi puntati su Israele
Missili balistici sauditi posizionati nel deserto profondo sarebbero puntati verso Israele e verso l'Iran. Ad affermarlo è il Telegraph che cita immagini satellitari di cui è venuto in possesso.
Si tratterebbe di missili di produzione cinese DF3 che hanno un raggio di azione di 1.500/2.500 Km e sono in grado di trasportare testate convenzionali con due tonnellate di esplosivo. Le rampe sono posizionate su camion e i missili non possono essere teleguidati quindi è fondamentale puntarli sugli obbiettivi prima del lancio.
Secondo gli esperti del IHS Jane's Intelligence Review, sentiti dal Telegraph, le rampe di missili punterebbero a nord-ovest in direzione di Israele (presumibilmente su Tel Aviv) e a nord-est in direzione dell'Iran (presumibilmente verso Teheran)....
(Rights Reporter, 11 luglio 2013)
Sapori a confronto
FIRENZE - La sfida è aperta e si annuncia particolarmente saporita. Da una parte tartine con aringa affumicata e marinata con cipolle, rafano e uva passa. E ancora gefilte fish, carpa farcita in salsa agrodolce e il cholent, lo stufato tipico dello Shabbat. Dall'altra prospettiva e sapori molto diversi: bocconcini di melanzane in concia, pasticci con bietola, filetti di baccalà fritti alla romana. Cucina ashkenazita e italo-sefardita a confronto nel nuovo incontro del Balagan Cafè, la rassegna culturale ideata dall'artista Enrico Fink e proposta dalla Comunità ebraica di Firenze a tutta la cittadinanza nei giardini del Tempio. Appuntamento fisso ogni giovedì pomeriggio. Quest'oggi, a partire dalle 20, la sfida ai fornelli sarà tra Giuseppe Burschtein (ashkenazita) e Ugo Caffaz (italo-sefardita). Dirimerà la controversia gastronomica una giuria popolare guidata da Renzo Funaro. In precedenza (ore 19) Wlodek Goldkorn, responsabile delle pagine culturali dell'Espresso, presenterà l'ultimo libro del filosofo Sergio Givone, Metafisica della peste. In conclusione di serata un intervento di Francesco Spagnolo (Università della California, Berkeley) su "Musica ed esilio: le tradizioni ebraiche fra storia e memoria" e il concerto di Sharon Bernstein, tra le più importanti voci della canzone yiddish negli Stati Uniti.
(Notiziario Ucei, 11 luglio 2013)
Antiche lapidi ebraiche dissotterrate nel cimitero di Vienna
VIENNA, 10 lug. - Almeno 20 antiche lapidi ebraiche, alcune delle quali risalgono al XVI secolo, sono state dissotterrate a Vienna. Lo ha fatto sapere Raimund Fastenbauer della comunità ebraica locale, aggiungendo che le tombe hanno "un alto valore storico". Secondo Fastenbauer, il significato della scoperta è paragonabile alle tombe dell'antico cimitero ebraico di Praga, uno dei luoghi più visitati nella capitale della Repubblica Ceca. Le lapidi, ha spiegato l'uomo, furono sepolte dai pochi ebrei rimasti a Vienna nel 1943 che le vollero nascondere dai nazisti e sono state scoperte recentemente durante lavori di rinnovamento nel piccolo cimitero in cui si trovavano in origine. Secondo le autorità di Vienna, è possibile che sotto terra vi siano altre centinaia di lapidi antiche.
(LaPresse, 10 luglio 2013)
Tisha Beav 5773
Tisha Beav è celebrato quest'anno (2013) il 16 luglio (dal 15 luglio sera al 16 luglio sera).
Il digiuno è da lunedì 15 luglio ore 20.57 a martedì 16 luglio agosto ore 21.32.
Il 9 del mese di Av nel calendario ebraico cade la giornata di lutto Tisha Beav. E' uno dei maggiori digiuni del giudaismo dopo quello di Yom Kippur. Non è un giorno di espiazione come Yom Kippur ma un giorno di lutto. Alcuni hanno detto che Tisha Beav era il giorno più triste della storia ebraica.
Il 9 di Av dell'anno 586 dell'era cristiana, Nabucodonosor II marcia su Gerusalemme e distrugge la città e il primo Tempio, cacciando parte del popolo ebraico in Babilonia.
Il 9 di Av, 656 anni più tardi, Tito distrugge il secondo Tempio, brucia Gerusalemme e caccia gli ebrei fuori dalla Palestina.
Il 9 Av è per questa ragione considerata l'inizio dei due esili.
Il digiuno dura 25 ore dal tramonto del sole all'apparizione delle prime tre stelle il giorno successivo.
Come a Yom Kippur, si osserva un digiuno completo (no cibo e no bibite).
(Comunità Ebraica di Bologna, luglio 2013)
*
In relazione a questa giornata, abbiamo ricevuto la seguente comunicazione che volentieri pubblichiamo:
«Per la prima volta, quest'anno, 'Cristiani per Israele-Italia' ha proclamato un ciclo di giorni di preghiera, insegnamento e digiuno per far sentire la nostra solidarietà al popolo d'Israele nel ricordo del 9 del mese di AV. Un giorno nel quale, nella storia del popolo d'Israele, si sono realizzate tragedie che ne hanno marcato il ricordo e il cuore.
Unitevi a noi!
Shalom,
Edda Fogarollo
Presidente 'Cristiani Per Israele - Italia'»
Locandina Per informazioni
Blatter: "Lasciate giocatori liberi nei Territori". Netanyahu: «Il calcio non va strumentalizzato»
Fate circolare liberamente i calciatori palestinesi dai Territori: la richiesta della Fifa rischia di aprire un caso diplomatico con Israele. Il presidente della Federcalcio mondiale Sepp Blatter, come promesso dopo la sua visita nei Territori palestinesi, ha infatti incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu per chiedere maggiore libertà di movimento per i palestinesi. «Abbiamo avuto il via libera», ha detto Blatter dopo l'incontro a Tel Aviv. Ma la versione del governo è diversa. «Non consentite che il calcio sia strumentalizzato ad altri scopi», le parole di Netanyahu, che nell'incontro ha anche mostrato le foto satellitari del campo di calcio di Gaza da cui sono partiti razzi contro Israele.
Il resoconto dell'incontro viene riportato anche dal sito della Fifa. «Ho spiegato a Netanyahu - le parole di Blatter - che fra i contenuti del mio mandato c'è quello di facilitare i rapporti e la libertà di movimento di squadre, arbitri e materiale calcistico, da e per la Palestina. Ho chiesto aiuto al Premier, e lui mi ha detto di sì, nell'ambito della verità e del fair-play. Lui a sua volta mi ha chiesto appoggio sul fatto che il calcio non deve essere strumentalizzato a fini politici». Blatter ha suggerito a Netanyahu che «la Fifa organizzi una task-force con i presidenti della Fifa, dell'Uefa, della confederazione asiatica e delle federazioni calcistiche di Israele e Palestina». Prima riunione prevista, a ottobre a Zurigo.
Ben diversa è invece la versione di Netanyahu, che afferma di aver mostrato a Blatter «la concreta evidenza dell'uso dei palestinesi dei campi di calcio», sostenendo che li usano «come basi per lanciare razzi sulla popolazione civile in Israele». A questo scopo gli ha mostrato, «in risposta ai commenti da lui pronunciati» nel corso della visita, le foto che mostrano tra l'altro «i missili lanciati su Israele dal cuore della popolazione civile a Gaza; fotografie aeree del 16 novembre del 2012 che mostrano un sito di lancio di missili Fajr-5 nello Stadio di calcio di Gaza; la fotografia di un palazzo colpito dai missili a Rishon Lezion e il video clip preso da civili il 10 marzo del 2012 con la partita di calcio tra il Beer Sheva e l'Um Al-Fahm sospesa all'improvviso a causa del lancio di razzi sull'area dello stadio». Per il premier israeliano si tratta di «un doppio crimine il loro tirare sui civili e nascondersi dietro i civili».
Nell'incontro Netanyhau si è anche riferito alle recenti interviste ai media del presidente dell'Associazione calcio palestinese Jibril Rajoub nelle quali quest'ultimo ha detto che «se i palestinesi avessero una bomba atomica, l'avrebbero già buttata su Israele e che Israele è il nemico del popolo palestinese». Israele ha chiesto che «la Fifa assicuri questo `fair play' e che non consenta che essa stessa e lo sport siano usati per lo spargimento di propaganda mendace contro Israele». Insomma, la questione è ancora completamente aperta.
(La Stampa, 10 luglio 2013)
"Music for peace" bloccata in Egitto
"Music for Peace" ha lanciato una petizione per invogliare le ambasciate egiziane a dare una mano ai volontari bloccati ad Alessandria d'Egitto
E in corso una raccolta di firme per aiutare i volontari di "Music for Peace" bloccati ormai da 17 giorni in Egitto, per via degli scontri scoppiati nel Paese nordafricano. L'associazione genovese si sta mettendo in moto per chiedere una petizione che solleciti le ambasciate locali e sblocchi i 5 volontari della Onlus e i 6 container destinati alla striscia di Gaza.
E' dal 22 giugno che il convoglio di Music for Peace è bloccato in Alessandria d'Egitto con sei container e due mezzi destinati alla striscia di Gaza. I cinque volontari sono stati bloccati dai disordini conseguenti la ribellione del popolo egiziano.
(Fonte: genovatoday, 10 luglio 2013)
Dopo i fatti accaduti in Egitto, e non solo, la stupidità di azioni musicali-umanitarie come questa non poteva essere più evidente.
Scoperti piedi di Sfinge egiziana in Israele
Gli archeologi israeliani hanno trovato le tracce, in Israele, di un antico leader egiziano. In un sito del Tel Hazor National Park, a nord del Mare di Galilea, gli archeologi dell'Università Ebraica di Gerusalemme hanno portato alla luce parte di una sfinge appartenente ad uno degli antichi costruttori di piramidi.
Gli scavi a Tel Hazor sono condotti dal professor Ammon Ben-Tor, dal professor Yadin Yigael e dal dottor Sharon Zuckerman. La sfinge è stata portata qui dall'Egitto e reca un'iscrizione geroglifica tra le zampe che menziona Menkaura (Micerino), faraone che regnò in Egitto nel III millennio a.C., uno dei costruttori delle famose piramidi di Giza.
La scoperta di Tel Hazor giunge inaspettata. Con il nome del faraone, la sfinge reca la descrizione "Amato dalla manifestazione divina...che gli ha dato vita eterna". Il testo sembra alludere al fatto che la sfinge era originaria, probabilmente, dell'antica città di Heliopolis, a nord del moderno Cairo. Gli archeologi ritengono altamente improbabile che la sfinge sia stata portata in Israele all'epoca di Micerino, poiché non vi è alcuna traccia di qualsiasi rapporto tra Egitto ed Israele nel III millennio a.C.. Forse la statua è stata portata in Israele nel II millennio a.C., quando in Egitto governavano gli Hyksos, originari di Canaan.
Hazor è il più grande sito biblico d'Israele e copre una superficie di circa 200 ettari. La popolazione del luogo, nel II millennio a.C., è stata stimata a circa 20.000 abitanti, il che la rende la città più grande ed importante della regione, unitamente al fatto che si trovava sulla strada che collegava l'Egitto a Babilonia. La sua conquista da parte degli Israeliti aprì la strada per la conquista e l'insediamento di questi ultimi in Canaan. La città fu ricostruita e fortificata da re Salomone e rimase attiva fino alla sua distruzione, operata dagli Assiri nel 732 a.C.
Documenti scoperti sia ad Hazor che in Egitto ed in Iraq attestano che la città cananea mantenne rapporti culturali e commerciali sia con l'Egitto che con Babilonia.
(Le Nebbie del Tempo, 9 luglio 2013)
Sanità in Israele: noi ce la sogniamo
Cari Italians, non ho mai amato particolarmente i dottori, e tutto quello che ne è collegato. Sicuramente per esperienze passate, o forse perché semplicemente non sono mai stato particolarmente fortunato. Qui è diverso, un po' come quella pubblicità che diceva "la mia banca é diversa". A Tel Aviv, l'appuntamento col mio dottore lo prendo per email, attraverso un'interfaccia studiata per i propri pazienti. Gli esami del sangue che faccio alle 8 del mattino, vedono i risultati dalle 6 ore successive in poi, attraverso un accesso al proprio sistema della mutua, online. Il sistema tiene in memoria tutta la storia del paziente, con gli esami fatti in precedenza e quant'altro. Il sistema controlla i valori migliorati o peggiorati, e rispettivamente in verde o rosso li evidenzia. Se ho fretta posso accedere dal mio smartphone, con un'app dedicata, e verificare la mia situazione, o prendere appuntamenti. Un numero verde ti da' supporto per qualunque cosa, dal suggerimento di medici per visite specialistiche nella tua zona, a qualunque altro aspetto sia necessario sapere relativamente agli aspetti medici necessari. Naturalmente, in quattro lingue. Ebraico, Arabo, Russo, Inglese. Vogliamo parlare dei due ospedali che ho visto? Uno sembra un'astronave, tutto elettronico, negozi e shopping malls all'interno, per far si' che anche il malato, mobile, possa comunque girare o incontrare parenti e amici all'interno di una struttura accogliente, e non triste e decrepita come quelli che ho visto a Milano. Vogliamo parlare della ricerca medica? Delle soluzioni che Israele ha dato all'umanità? Magari per questo dedicherò un giorno un post.
Gabriele Bauer
(Corriere della Sera - blog di Beppe Severgnini, 10 luglio 2013)
Non solo bevande fredde, ghiaccioli e granite. Nelle spiagge di Tel Aviv, Israele, è anche possibile rifornirsi di libri, grazie al classico sistema "mobile" (furgoni che raggiungono le destinazioni strategiche nel momento della necessità). "The People of the Book" fornisce libri in diverse lingue e anche l'opzione lettura online, grazie al libero accesso alla rete, a disposizione nelle spiagge della città.
(la Repubblica, 10 luglio 2013)
La Knesset è intervenuta contro l'antisemitismo in Ucraina
Trenta deputati del Parlamento israeliano hanno sottoscritto una lettera aperta al Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz dove hanno espresso una profonda preoccupazione degli umori crescenti fascisti dell'Ucraina e dell'attività nazionalista del partito "Libertà".
"Sappiamo delle minacce e degli insulti che i suoi membri mostrano verso ebrei, russi e gli altri popoli. Queste persone prendono esempio dai fascisti e apertamente rendono celebri gli omicidi di massa, eseguiti dal dipartimento ucraino delle SS" si dice nella lettera.
Il deputato Nissim Ze'ev ha detto nell'intervista a "La Voce della Russia" dopo la sottoscrizione dell'appello al Parlamento Europeo: "Se non cominciamo ad agire ora, scorreranno fiumi di sangue. Dobbiamo fermare il nazismo finché non sarà tardi".
(La Voce della Russia, 10 luglio 2013)
«Oh figli di Sion, scimmie barbare, miserabili maiali»
da un articolo di Ruthie Blum
L'Egitto è sull'orlo di una sanguinosa guerra civile, la popolazione siriana continua ad essere massacrata giorno dopo giorno, la conflittualità in Turchia non accenna a placarsi, la corsa dell'Iran alle armi nucleari accelera anziché rallentare. È chiaro che nulla di tutto questo risponde agli interessi americani e occidentali. Eppure nulla di tutto questo è anche solo lontanamente legato agli obiettivi delle reiterate visite del segretario di stato americano John Kerry in questa regione.
No, l'ossessione del capo della diplomazia americana è mediare tra Israele e Autorità Palestinese. E poiché l'obiettivo del movimento nazionale palestinese è eliminare Israele, l'unico possibile progresso che Kerry può fare comporta esercitare pressioni su Israele affinché accetti una sfilza di pre-condizioni palestinesi: non per fare la pace, si badi bene, ma solo per avviare "colloqui di pace".
Quand'anche tali pre-condizioni (ammettere come "confini" le linee armistiziali del 1949 che confini non sono mai state, scarcerare un massiccio numero di terroristi e stragisti detenuti in Israele, ecc.) non prefigurassero mosse suicide per lo stato ebraico, in ogni caso accettarle non porterebbe a nulla che assomigli alla pace.
La settimana scorsa, mentre i rappresentanti del Dipartimento di stato americano si trattenevano in Israele per continuare l'opera di persuasione "su entrambe le parti" affinché si siedano al tavolo delle trattative, e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ribadiva d'essere pronto a farlo senza nessuna pre-condizione, la televisione ufficiale dell'Autorità Palestinese di Mahmoud Abbas (Abu Mazen) pensava bene di dilettare i suoi spettatori con una vera chicca, in vista del mese islamico del Ramadan che inizia in questi giorni: ha mandato in onda una trasmissione in cui due bambine palestinesi, introdotte da una conduttrice compiacente e rintontita, venivano fatte recitare a memoria una ineffabile "poesiola".
L'impagabile spezzone è stato sottotitolato in inglese e diffuso domenica scorsa da Palestinian Media Watch.
Eccone la trascrizione:
Prima bambina:
«Io non temo il fucile perché le vostre moltitudini sono mandrie illuse e ignoranti
Gerusalemme è la mia terra, Gerusalemme è il mio onore
Gerusalemme è i miei giorni e i miei sogni più ardenti
Oh, voi che avete ucciso i devoti profeti di Allah
Oh, voi che siete stati allevati versando sangue
"Voi siete stati condannati all'umiliazione e agli stenti
"Oh figli di Sion, oh i più malvagi fra tutte le creature
"Oh scimmie barbare, miserabili maiali».
Seconda bambina:
«Gerusalemme non è la vostra tana
Gerusalemme si oppone alle vostre moltitudini
Gerusalemme vomita fuori la vostra impurità
Perché Gerusalemme, o impuri, è devota, immacolata
E Gerusalemme, o voi che siete immondizia, è pulita e pura
Io non temo la barbarie
Fino a quando il mio cuore è il mio Corano e la mia città
Finché ho il mio braccio e le mie pietre
Fino a quando sarò libera e non baratterò la mia causa
Non temerò le vostre moltitudini
Non temerò il fucile.»
(trasmesso dalla Tv dell'Autorità Palestinese-Fatah il 3 luglio 2013)
Non è una novità. Esponenti ed emittenti palestinesi ci hanno abituati a queste continue e compiaciute manifestazioni di feroce indottrinamento all'odio, alla disumanizzazione di ebrei e Israele, alla "teologia della condanna e della sostituzione": manifestazioni che spiegano meglio d'ogni altra cosa come mai l'opinione pubblica israeliana resta tanto scettica circa le prospettive di un vero accordo di pace nel futuro prevedibile.
E infatti, secondo il più recente sondaggio del Peace Index, che viene aggiornato mensilmente dall'Israel Democracy Institute e dell'Università di Tel Aviv, benché il 64% degli ebrei israeliani sia favorevole a negoziati di pace con i palestinesi (e la maggior parte di loro sia teoricamente favorevole alla soluzione "due stati per due popoli"), solo il 22% crede che Kerry possa farcela davvero.
Se gli sforzi di Kerry fossero solo un esercizio futile potrebbero essere liquidati come l'ennesimo esempio della totale impotenza in politica estera dell'amministrazione americana. Il guaio è che Israele è l'unico paese della regione alla cui porta gli Stati Uniti possono sempre bussare. E quello che la Casa Bianca e il Dipartimento di stato non capiscono è che un'entità palestinese che parla dei "figli di Sion" come della "più malvagia delle creature" e insegna ai propri figli a paragonarli a "scimmie barbariche e miserabili maiali" non è avviata sulla strada della democrazia e della pace più di quanto non lo siano la Siria o l'Egitto.
Finché Washington non aprirà gli occhi su questa realtà, Kerry può fare tutte i viaggi che vuole: sarà come se restasse a casa sua.
(Israel HaYom - da israele.net, 9 luglio 2013)
La polizia israeliana avverte i bambini ebrei: niente inchini sul Monte del Tempio
La polizia avverte i bambini israeliani: niente inchini sul Monte del Tempio
Dove una volta c'era il Tempio ebraico adesso si trovano la Cupola della Roccia e la Moschea di Al Aqsa. Tutta la zona sopra il cosiddetto Muro del Pianto è sotto amministrazione musulmana. Gli ebrei non possono pregare o eseguire altri atti religiosi, e la polizia israeliana è fermamente determinata a far rispettare tale disposizione. La cosa si è fatta chiara lunedì scorso, quando circa 150 bambini della scuola ebraica hanno visitato il Monte del Tempio. Testimoni oculari hanno riferito che alcuni bambini si sono inchinati in segno di rispetto per il luogo sacro, e immediatamente sono intervenuti alcuni agenti di polizia che hanno sgridato i bambini e minacciato di arrestare la guida turistica.
I bambini avevano dovuto aspettare un'ora al caldo prima di ottenere il permesso di accesso al Monte del Tempio. Si sono dovuti dividere in tre gruppi - sembrerebbe perché gruppi troppo grandi di fedeli potrebbero disturbare i fedeli musulmani. In passato ci sono stati gruppi di musulmani che hanno espresso il loro disappunto per la visita di gruppi ebraici, ed ebrei sorpresi a pregare sul Monte del Tempio sono stati arrestati dalla polizia. Gruppi di musulmani hanno minacciato di fare disordini se tali incidenti dovessero ripetersi.
(israel heute, 9 luglio 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Attentato annunciato, è guerra tra sunniti ed Hezbollah
L'autobomba in un parcheggio nel quartiere roccaforte della milizia del Partito di Dio vicino al Centro di cooperazione islamica è rivelatore della polemica tra la maggiore formazione militare sciita e gli estremisti sunniti che contestano a Hezbollah l'intervento militare in Siria al fianco del regime di Assad. L'analisi dell'inviato Alberto Stabile.
Video
(la Repubblica, 9 luglio 2013)
Il ritorno dopo la dispersione
di Giulia Levi
Una conferenza di Michael Freund si è tenuta il 2 giugno 2013 presso la sede dell'Associazione Italia-Israele di Vercelli.
Sconfiggere l'antisemitismo con la cultura. Se Goebbels, Ministro per la Propaganda del terzo Reich, ci mise anni e anni per fomentare l'odio contro gli ebrei noi, da anni ed anni, diffondiamo la cultura ebraica per fare in modo che anche Israele - Nazione democratica, accerchiata da Paesi che non conoscono democrazia - possa essere compresa ed amata fino in fondo".
Queste le parole introduttive della Prof.ssa Edda Fogarollo, Presidente del Movimento Cristiani per Israele, che ha collaborato nell'organizzazione della conferenza tenuta dal giornalista e studioso israelo-newyorkese Michael Freund. Ed è nelle parole del relatore che emerge il significato più profondo del tema trattato, gli ebrei "nascosti". "Qualcuno ha accusato Israele di essere uno Stato apartheid, ma è l'esatto opposto. Siamo una Nazione multi-culturale, aperta, e - se secondo alcuni questo elemento costituisce una debolezza - dal nostro punto di vista, questa, è la nostra più grande forza».
L'attività di Shavei Israel - associazione, fondata da Freund, che si occupa di "scovare" i discendenti di ebrei sparsi per il mondo e di favorire, eventualmente, la loro aliyah in Israele - ha infatti portato Freund a trovare radici ebraiche nei luoghi più impensabili. «Tutto è cominciato più di dieci anni fa - ha spiegato - con una lettera arrivata negli Uffici del Primo Ministro Netanyahu, una lettera tutta stropicciata e proveniente dal Nord Est dell'India». I mittenti erano i membri della tribù dei Bnei Menashe, i quali sostenevano di essere diretti discendenti di una delle Dieci Tribù perdute d'Israele e chiedevano al Governo di ritornare a Sion. Quando - nel 1600 a.C. (?!)
Come si fa a scrivere una sciocchezza così grossa senza che nessuno la corregga? Nel 1600 a.C. gli ebrei stavano ancora in Egitto. Gli Assiri conquistarono Samaria nel 722 a.C.
- gli assiri invasero Israele, le Tribù furono disperse e i Bnei Menashe sarebbero stati i discendenti di coloro che riuscirono a spingersi fino alla regione indiana. «Come spesso accade con i politici, non ricevettero risposta. Ma io decisi di incontrarli, nonostante fossi molto scettico riguardo ciò che affermavano». Una volta raggiunti, Freund si trovò di fronte a qualcosa di inaspettato. I Bnei Menashe credono in un unico Dio ed hanno tradizioni simili a quelle ebraiche: durante una delle loro feste, ad esempio, il sacerdote sacrifica un animale prendendone il sangue e spargendolo sulle porte come fecero gli ebrei, uscendo dall'Egitto. Una delle loro preghiere, la "Canzone di Miriam", narra di antenati schiavi in Egitto. In caso di catastrofe naturale, inoltre, i membri della tribù escono dal villaggio e intonano - alzando le mani al cielo - una strofa: "noi figli di Menashe siamo ancora qui", come a voler ribadire una tradizione ancestrale. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato Freund - abbiamo "riportato a casa" più di duemila membri dei Bnei Menashe. Ed abbiamo appena ottenuto il permesso di portarne in Israele altri 900». Dai filmati trasmessi durante la conferenza era ben visibile la commozione nei loro volti.
Parte dell'attività di Freund consiste anche nel trovare gli "ebrei nascosti" della Polonia. Nascosti, perché - durante la Shoah - molti genitori affidarono i figli ebrei ad istituzioni cattoliche per salvarli. Molti dei genitori perirono durante lo sterminio, i figli invece divennero sopravvissuti. Ma, nemmeno durante il regime comunista, fu loro consigliabile svelare la propria identità dato il forte odio anti ebraico. «Pochi mesi fa ho organizzato un incontro con questi "ebrei nascosti" della Polonia. La storia di uno di loro, Mariush, fu particolarmente commovente». Arrivati ai cancelli di Aushwitz, infatti, Mariush si rifiutò di entrare e cominciò a piangere. «Raccontò di essere un Cohen - discendente dei sacerdoti - e di non poter quindi entrare in quello che, di fatto, era diventato un cimitero. Mariush aveva più di 60 anni, ma aveva scoperto di essere ebreo solo quando ne aveva 51. Sul letto di morte, la madre gli aveva spiegato che la loro era una famiglia ebrea e che - cinque dei suoi zii - erano morti proprio ad Auschwitz». Avendo scoperto a 51 anni di essere ebreo, dunque, Mariush non aveva ancora avuto la possibilità di celebrare il suo Bar Mitzvah. «Nonostante abbia continuato a ripetere, per molto tempo, di essere vecchio e di non aver bisogno della celebrazione Mariush ha finalmente celebrato il suo Bar Mitzvah, in mia compagnia, ed è stata un'esperienza emozionante per entrambi». Shavei Israel opera anche nel Sud Italia, dove si è scoperto che molte famiglie continuano a tramandare usanze appartenenti alla tradizione ebraica; ad esempio, l'accensione delle candele in concomitanza dell'inizio dello Shabbat. Non solo: l'Associazione è operativa anche in Sud America ed in Cina. Ad avere un'ascendenza ebraica, infatti, ci sono gli Bnei Anousim della Colombia ed i cinesi dell'area di Kaifeng. Di tradizione ebraica anche alcuni abitanti dell'Amazzonia, discendenti da alcune famiglie nordafricane trasferitesi in Sudamerica in cerca di fortuna; alcuni portano ancora nomi come Cohen, Ben-Zaken o Ben-Shimon. Una comunità che, invece, non vanta origini ebraiche ma - a metà del Novecento - decise di convertirsi all'ebraismo... si trova nella città peruviana del Nord Cajamarca.
«Ogni volta che incontro persone come i membri di Bnei Menashe dell'India del Nord-Est, o uomini come Mariush - ha concluso Freund - sento, dentro di me, crescere una grande soddisfazione. Sento un forte trasporto, derivante dal fatto che qualsiasi malvagio progetto di distruzione del popolo ebraico, dalle persecuzioni susseguitesi nel corso dei secoli, alla grande tragedia perpetrata da Hitler nella Seconda Guerra Mondiale, nient'altro sono stati se non progetti fallimentari. Hitler ha fallito, perché gli ebrei sono ancora qui in ogni parte del mondo, a volte nascosti, ma desiderosi di recuperare le proprie radici».
(Informazione Corretta, 9 luglio 2013)
Israele chiede alla Russia il blocco della fornitura di missili S-300
Il Ministro della Giustizia Livni, in vista a Mosca, incontrerà Lavrov
GERUSALEMME 9 lug. - Il ministro della Giustizia israeliano Tzipi Livni si recherà oggi in Russia per cercare di ottenere il blocco delle forniture di missili antiaerei russi S-300 alla Siria: lo ha reso noto la radio di Stato israeliana, precisando che Livni incontrerà il ministro degli Esteri israeliano, Sergey Lavrov.
La fornitura del sistema di difesa aerea complicherebbe eventuali operazioni aeree sulla Siria e Israele teme inoltre che le armi possano finire nelle mani delle milizie sciite libanesi di Hezbollah o di altri gruppi terroristici. Il 4 giugno scorso il presidente russo Vladimir Putin aveva confermato che i missili non erano stati ancora consegnati a Damasco "per non alterare l'equilibrio delle forze".
(TMNews, 9 luglio 2013)
Stand Fami Storage Systems a Tel Aviv per la Fiera internazionale Technology
A Tel Aviv, dal 18 al 20 giugno 2013, si è svolta "Technology", la fiera internazionale per la tecnologia industriale, evento di grande interesse dedicato ai vari ambiti dell'industria israeliana e al ramo hi-tech, in continuo sviluppo.
La massiccia adesione alla kermesse, con conseguente arricchimento della proposta espositiva, ha incoraggiato il contatto tra aziende, buyers e fornitori, che hanno accolto le soluzioni innovative proposte come stimoli da elaborare!
Anche Hermon Asherr, distributore degli arredamenti industriali Fami Storage Systems per il mercato israeliano, era presente con uno stand allestito con il meglio della produzione del marchio italiano: banchi da lavoro, carrelli e armadi industriali proposti in varie dimensioni e combinazioni con cassetti, ante scorrevoli e battenti per la custodia degli oli. Tantissimi visitatori hanno transitato per lo stand sostando ripetutamente davanti a questo o quell'articolo della gamma.
(A-Zeta.it, 9 luglio 2013)
Condannati tre minori ebrei per attacchi ad arabi
TEL AVIV - Il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha condannato al carcere, con pene tra i 3 e i 6 mesi, tre minori ebrei israeliani colpevoli di una serie di attacchi razzisti contro arabi avvenuti l'estate scorsa nel centro della città.
I tre imputati, insieme a quattro uomini, avevano assalito e cacciato gli arabi da una piazza del centro, poi - hanno ricordato i media - avevano individuato un altro gruppo e lo avevano attaccato senza alcuna provocazione in quello che il giudice del tribunale ha definito "un linciaggio motivato razzialmente".
Tra i colpiti un ragazzo di 17, Jamal Jalani, ricoverato in serie condizioni in ospedale.
All'epoca dei fatti, sia il primo ministro Benyamin Netanyahu sia il presidente Shimon Peres avevano condannato con forza l'episodio e l'allora presidente del parlamento Reuven Rivlin si era recato in visita al ragazzo in ospedale.
(Ticinonline, 9 luglio 2013)
Giornata Europea della Cultura Ebraica: Napoli in italia 'capofila'
ROMA, 8 lug. - Quest'anno l'appuntamento, che avra' luogo alla fine e non come di consueto all'inizio di settembre per evitare la concomitanza con il Capodanno ebraico, coinvolgera' ventinove Paesi europei e ben sessantasei localita' in Italia: numeri importanti e in costante crescita, per un evento a cui partecipano in media oltre duecentomila visitatori in Europa, circa cinquantamila solo nel nostro Paese.
Il tema "Ebraismo e natura" sara' il filo conduttore delle tante iniziative: il rispetto per l'ambiente e il comportamento che l'uomo deve assumere nei confronti del mondo circostante sono argomenti di fondamentale importanza nella cultura ebraica, che in occasione della Giornata saranno approfonditi in tutte le numerose, e complesse, sfaccettature. Da nord a sud, tra visite guidate e concerti, spettacoli ed enogastronomia, incontri e confronti con scrittori, artisti e personalita' del mondo ebraico e non, un'occasione per conoscere una cultura presente nella penisola da oltre duemila anni, oggi parte integrante della societa' e in grado di offrire un importante contributo in termini di valori e di contenuti.
In Italia la Giornata Europea della Cultura Ebraica gode dell'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed e' patrocinata dal Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, dal Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, dal Ministro per le Politiche Europee e dall'ANCI - Associazione Nazionale Comuni Italiani. La manifestazione e' inoltre riconosciuta dal Consiglio d'Europa.
Un sito internet dedicato alla Giornata sara' disponibile a breve all'indirizzo www.ucei.it/giornatadellacultura, e fungera' da supporto all'iniziativa. Le iniziative dei ventinove Paesi europei sono consultabili su: www.jewisheritage.org, il sito dell'AEPJ, l'organizzazione che promuove e coordina l'iniziativa in Europa e che nasce per preservare il patrimonio culturale ebraico del Vecchio Continente.
(AGI, 8 luglio 2013)
Elia Valori: lacqua è loro del nuovo millennio
Il professore presenta in Israele il suo libro dopo un incontro con Shimon Peres
di Massimo Lomonaco
Elia Valori
TEL AVIV, 8 lug - L'acqua e' ''l'oro del nuovo millennio'' e se la comunita' internazionale non si muovera' per concertarne ''un efficace regolamentazione politica'' a livello mondiale, attraverso Authority ad hoc, il rischio e' che essa diventi ''fonte di instabilita' economia e politica'', come successe per il petrolio. Ne e' convinto il professore Giancarlo Elia Valori che ieri sera nella residenza dell'ambasciatore italiano in Israele, Francesco Maria Talo', ha presentato il suo libro 'Geopolitica dell'acqua' (Rizzoli) in un panel di esperti. Valori - che in mattinata ha incontrato il presidente Shimon Peres con il quale ha detto di aver discusso il tema dell'acqua, che e' anche uno degli 'asset' importanti di Israele - ha sottolineato che ''il mondo ha sempre piu' sete'', ricordando il 12% della popolazione mondiale utilizza l'85% del ''bene piu' prezioso del pianeta''.
Se uno statunitense - ha aggiunto - adopera 425 litri di acqua al giorno, un italiano 237 e un francese 150, mentre in Madagascar ''non supera i 10 litri'' la disponibilita' pro capite. ''Uno scenario fatto - ha osservato - di sprechi inauditi da un lato e da penurie incolmabili dall'altro''. Nel 2025 - secondo alcuni studi - saranno 3,5 miliardi le persone senza accesso diretto all'acqua provocando una ''crisi idrica enorme''. Tra le cause: la devastazione ecologica, l'inquinamento; la diminuzione di precipitazioni, la deforestazione desertificazione, le privatizzazioni, gli sprechi.
Per questo - ha detto ancora Valori - ci sara' una ''corsa all'oro'', con rischio emarginazione per il sud del mondo e i poveri. Ma come intervenire? ''Una delle strade - ha spiegato - e' la dissalazione delle acque del mare''. La stessa intrapresa da Israele, come ha spiegato il guru dell'acqua israeliana, Booky Oren, presidente e ad della 'Global Water tecnologies', ribandendo che quella dell'acqua e' ''una sfida globale'' come indicano gia' i conflitti in materia tra ''Usa e Messico, Iran e Turchia, Cina e Russia''. Anche Israele ha avuto grandi problemi in passato e in parte ancora oggi con i suoi vicini (come ha sottolineato nel suo intervento l'ex ambasciatore in Italia Avi Pazner), ma - ha obiettato Oren - ''non sara' l'acqua a causare in questo caso nuovi conflitti''. ''In Israele siamo passati dalla raccolta dell'acqua - ha spiegato, forte del fatto che la sua societa' fornisce il 70% di acqua del paese grazie anche a 30 dissalatori - alla sua produzione grazie alle tecnologie di avanguardia''. Tecnologie che possono rappresentare una grande opportunita' se l'Italia - secondo partner di Israele - assumesse la leadership in questo settore in Europa. ''E Israele - ha proposto - puo' supportare l'Italia in questo campo''. Una idea che Talo' ha detto di apprezzare e sulla quale bisognerebbe lavorare perche' diventi tema di confronto tra i due paesi. Nel frattempo Valori ha annunciato il suo prossimo libro, dedicato questa volta al vero petrolio del mondo, il cibo. Un elemento indispensabile, i cui prezzi stanno salendo cosi' tanto che, se non fermati, potrebbero portare - ha concluso il professore - al collasso il sistema mondiale.
(ANSAmed, 8 luglio 2013)
Expo 2015: Maroni incontra lambasciatore di Israele
MILANO, 8 lug. - Expo 2015 e l'intensificazione della collaborazione fra Israele e la Lombardia. Questi alcuni dei temi affrontati nell'incontro fra il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, il sottosegretario regionale all'Expo e all'Internazionalizzazione delle imprese, Fabrizio Sala, e l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, accompagnato dall'ex rappresentante dello Stato ebraico a Roma, Gideon Meir. "L'ambasciatore Naor -ha detto Maroni- ha confermato la presenza e l'impegno di Israele in Expo e ha riconosciuto l'importanza del lavoro fatto da Regione Lombardia per questa grande manifestazione".
Durante l'incontro, ha riferito Maroni, "si e' parlato a lungo degli accordi bilaterali in essere fra le nostre realta', soprattutto di quello su ricerca e sviluppo. Fra i Paesi Ocse Israele e' quello che investe di piu' in questo campo, quasi il 5% del Pil. E la Lombardia e' la Regione che investe di piu' in ricerca e sviluppo, 1,6%. Ho confermato il mio interesse a intensificare i rapporti su questo terreno. Entro la fine dell'anno - ha fatto sapere Maroni - organizzeremo una visita in Israele con le imprese lombarde interessate ad approfondire e rafforzare i rapporti fra Lombardia e Israele".
Altro tema affrontato e' stata la collaborazione fra Stato ebraico e Lombardia in materia sanitaria. "Esistono gia' degli accordi fra ospedali lombardi e ospedali israeliani - ha ricordato Maroni - e abbiamo convenuto sul reciproco interesse ad intensificare questa importante collaborazione scientifica".
(Adnkronos , 8 luglio 2013)
Indifferenza palestinese
di Amira Hass
Sono le tre del pomeriggio, e il mio caffè preferito a Ramallah è vuoto. Il ragazzo che ho appena intervistato se n'è andato dopo una lunga chiacchierata sulla ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi. La tendenza tra i giovani è di rifiutarsi di parlarne, perché tanto per loro è tutta una farsa. Per fortuna alcuni accettano di parlare con me a condizione di mantenere l'anonimato.
Il caffè è vuoto a causa della crisi economica? Le sue bibite alcoliche e analcoliche sono più care rispetto ai bar israeliani, ma le insalate e le zuppe costano meno. In ogni caso le tariffe sono inaccessibili per un lavoratore palestinese. I clienti sono membri delle ong (che guadagnano bene), stranieri e giovani che sorseggiano lentamente una birra per passare il tempo. Ogni mattina viene anche un vecchio funzionario dell'Olp, che osserva per ore il mondo esterno.
Avevo chiesto al mio ospite come mai i giovani non manifestano contro la ripresa dei negoziati. "Abbiamo altre priorità", mi ha risposto. "Sappiamo che in ogni caso non porteranno a niente, quindi perché perdere tempo?". Ho chiesto ad alcuni analisti e osservatori più anziani se si aspettano una nuova intifada. Mi hanno risposto di no, perché i ragazzi sono consapevoli di quello che succede negli stati arabi vicini (Siria, Giordania, Egitto) e considerano la loro situazione migliore. "Almeno non rischiamo di morire ogni giorno e siamo meno poveri degli egiziani", mi ha spiegato un'amica, implorandomi di non citare il suo nome.
(Internazionale, 8 luglio 2013 - trad. Andrea Sparacino)
Perfino una giornalista filopalestinese come Amira Hass, nota per il suo livore antisionista, si piega infine a riportare una semplice, evidente realtà: gli arabi che vivono in Israele o nei territori contesi sono quelli che vivono meglio di tutti gli altri in Medio Oriente. Ma non si può dire. Non può dirlo apertamente quellamica araba di Amira Hass per non rischiare la pelle, e non possono dirlo i giornalisti pro-pace di sinistra per non rischiare il posto di lavoro. M.C.
Oltremare - Decimo: un castello sulla sabbia
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
di Daniela Fubini, Tel Aviv
Ogni volta che a Tel Aviv càpito vicino a lavori stradali, mi fermo a notare quanto sottile è lo strato di manto stradale, e quanto poco si deve scavare perché affiori la sabbia. Penso sempre a quando si studiava che le rovine di Troia erano state trovate sotto, mi pare, sei o sette stratificazioni di altri periodi storici, riconoscibili e databili. Da noi: sabbia. Non facilissima da datare. Ma la sabbia che trova il modo di emergere ci ricorda che questa città è stata costruita sulle dune allungate verso il mare che nel 1909 erano tutto il panorama del visibile, a nord di Jafo. E adesso sarebbe facile partire con la retorica del paese che abbiamo costruito a mani quasi nude, in meno di un secolo, largamente sul nulla (dune dorate e sassi).
Invece mi piace molto di più l'immagine di quel gruppetto di distinti signori europei che, nel 1909, vestiti in completi scuri del tutto incompatibili con la temperatura locale, se ne stanno radunati in una piccola massa informe in mezzo ad un mare di sabbia, coi cappelli inizio Novecento in testa, con i panciotti, e gli orologi d'oro appuntati al taschino. C'è un accenno di ironia nei loro sguardi, un misto di sfida e di troppe letture di romanzi d'avventura. Un ragazzino pesca una conchiglia bianca da un cappello, una grigia dal secondo cappello, e poi legge quel che c'è scritto sulle coppie di conchiglie ad alta voce: "Meir e Zina Dizengoff" e "Lotto 43? (di 66). Tutto qui. Ma davvero, tutto qui: dal concepimento, Tel Aviv ha il carattere pragmatico e diritto al risultato dei suoi sessantasei accaldati fondatori. Forse, dopo quei primi 66 palazzi lungo l'attuale Rothschild, la città si è imborghesita: ha perso qualcosa di quello sguardo ironico e adesso si prende un po' troppo sul serio, con tutte queste arie di città che non dorme mai, e lungomare curato al millimetro da Bat Yam a Herzlyia. Ma basta piantare i piedi nella sabbia e alzare il naso verso la città, e quella foto sbiadita di inizio Novecento prende di nuovo vita. Grattacieli compresi.
(Moked, 8 luglio 2013)
Egitto - Una nuova guerra in nome della Sharia?
di Rossana Miranda
In Egitto sembra essere cominciata una guerra. Di carattere religioso. I Fratelli Musulmani hanno comunicato un primo bilancio di 35 sostenitori uccisi negli scontri di questa mattina davanti alla sede delle Guardie Rivoluzionarie al Cairo. Tutti difensori del presidente deposto Mohamed Morsi che partecipavano a una manifestazione davanti al quartier generale delle Guardie egiziane.
Il partito Giustizia e libertà dei Fratelli Musulmani ha lanciato un appello alla "rivolta del grande popolo d'Egitto contro coloro che stanno cercando di soffocare la rivoluzione con i carri armati". Un richiamo alla comunità internazionale, i gruppi internazionali e "tutti gli uomini liberi del mondo" a intervenire per impedire altri massacri e l'emergere di una nuova Siria nel mondo arabo.
UNA COSTITUZIONE ISLAMICA
Ma cosa difendono i sostenitori di Morsi? Una Costituzione "costata letteralmente sangue e lacrime". Gli scontri che oggi provoca potevano intuirsi da come era nata. Sembra essere fatta da e per gli islamici.
Quando è stata scritta questa Costituzione, altre sensibilità politico-religiose avevano abbandonato l'Assemblea Costituente argomentando che non erano ascoltati né presi in considerazione. La maggioranza dei Fratelli musulmani e i salafiti era schiacciante.
La polemica è arrivata al punto massimo quando grazie ad un decreto presidenziale (il cosiddetto pacchetto "Super Morsi") il presidente si è aggiudicato le decisioni fino a quando non sarebbe stata pronta la Costituzione, costringendo gli egiziani ad accettare qualunque proposta.
I RISCHI DELLA SHARIA
Secondo il sito Foreing Policy, l'aspetto più controverso della Costituzione egiziana è quello della Sharia, il diritto islamico. Per i non-islamici la nuova Costituzione egiziana lasciava aperta la porta alle interpretazioni più radicali. Tutti i riferimenti alla legge islamica era generici e potevano avere multiplici usi. Per esempio, la Costituzione attuale ripete nell'articolo numero due un principio di quella del 1971 che considera la legge coranica "fonte principale di qualsiasi legislazione". E la questione si complica quando per decidere i principi si consegna il potere all'Università di Al Azhar unica autorità che può interpretarla. Un'istituzione dominata dai Fratelli Musulmani.
IL POTERE MILITARE
Sono anche significativi gli articoli che riguardano i rapporti con l'esercito. L'articolo 197 lascia fuori da qualsiasi controllo le spese militari. Le competenze a riguardo sono nelle mani del Consiglio nazionale di difesa. L'articolo 198, invece, permette il giudizio di civili da parte del tribunale militare quando le accuse danneggiano l'esercito.
L'articolo 48 stabilisce che "la libertà di stampa è garantita, ma sempre che sia d'accordo con i principi base dello Stato e della società". Una precisazione preoccupante perché la sua interpretazione rischia di sfociare nel radicalismo.
«La caduta di Mohamed Morsi dimostra che con gli infedeli non si può usare la parola ma bisogna usare la spada». A parlare così ad una radio libanese è il presunto portavoce dello "Stato Islamico di Siria e Iraq", un gruppo estremista legato ad Al Qaeda che combatte in Siria e che ha come obbiettivo quello di trasformare i due Stati in emirati islamici.
«Noi per raggiungere i nostri obbiettivi abbiamo scelto la scatola di munizioni invece delle urne» ha detto ancora il presunto portavoce di cui non si conosce il nome. «I nostri negoziati avvengono in trincea non in Hotel» ha concluso infine l'estremista islamico alludendo ai tentativi di risolvere la questione siriana con colloqui di pace....
(Rights Reporter, 8 luglio 2013)
Una cittadina sammarinese prese il treno per Auschwitz
Frajda Ciacci compare sul Muro dei Nomi del Memoriale della Shoah di Parigi
di Francesco De Luigi
A partire dal 1935, la persecuzione nazifascista verso gli Ebrei ha attraversato con inaudita violenza l'Europa, colpendo con ferocia bambine e bambini, uomini e donne di ogni età. Una persecuzione basata sull'irragionevole concetto di "razza", che non ha alcun fondamento scientifico. Cittadine e cittadini di varie nazionalità - francesi, tedeschi, polacchi, italiani... - e di religione ebraica sono stati travolti da un progetto di distruzione ed annientamento che ha generato il genocidio di milioni di Ebrei, lasciando l'Europa indelebilmente segnata dalla vergogna dei pregiudizi e dell'odio razziale. La Segreteria di Sato per l'istruzione e Cultura sta proseguendo - attraverso le attività di ricerca di Patrizia Di Luca, responsabile del Museo dell'Emigrante -Centro di ricerca sull'emigrazione - lo studio della protezione offerta dalla Repubblica di San Marino agli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Da documenti recentemente individuati, emergono elementi finora sconosciuti che purtroppo dimostrano che anche una cittadina sammarinese ha subito le conseguenze delle persecuzioni razziali. E' questo il caso di Frajda Fligelman, una giovane sarta ebrea nata a Varsavia il 16 dicembre 1919 e divenuta cittadina sammarinese in seguito al matrimonio contratto a Parigi nel luglio 1942 con cittadino sammarinese nato in Svizzera ed emigrato in Francia. Riziero Facchin, Console generale di San Marino in Francia, consapevole del rischio a cui era esposta un'ebrea polacca nella Parigi occupata dai nazisti, l'11 agosto 1942 richiede per la "connazionale" (cosi la definisce) Frajda Fligelman il passaporto sammarinese. Il 23 febbraio 1943 la Segreteria di Stato per gli Affari Esteri rilascia il passaporto richiesto, nonostante la Legge che proibisce l'unione di Sammarinesi con "persone di altra razza" e pur senza l'adeguata documentazione poiché la Fligelman non risulta essere iscritta al registro di stato civile, non essendo pervenuto l'atto di matrimonio, celebrato inoltre senza il necessario nulla osta sammarinese. Frajda Fligelman diviene dunque ufficialmente cittadina sammarinese, ma purtroppo l'appartenenza ad un Paese neutrale è una protezione insufficiente; viene infatti arrestata da soldati tedeschi di stanza a Parigi il 5 gennaio 1944 ed internata nel Campo di concentramento di Drancy, a pochi km dalla capitale francese.
(San Marino Oggi, 8 luglio 2013)
Giornata tutta sammarinese per il rabbino capo di Ferrara Luciano Caro
SAN MARINO, 7 luglio - Il rabbino Luciano Caro è ormai quasi di casa a San Marino. Numerose le sue visite in Repubblica nell'ultimo periodo a conferma delle buone relazioni che intrattiene con le istituzioni e con i sammarinesi. La prima parte della visita odierna è stata dedicata ad un incontro a Serravalle sulla cucina ebraica. Nel pomeriggio il rabbino si è poi intrattenuto a colloquio col segretario di Stato alla Cultura Giuseppe Morganti. E durante l'incontro, la Responsabile del Museo dell'Emigrante Patrizia Di Luca ha esposto i risultati di una sua recente scoperta: tra i deportati nei campi di concentramento, all'epoca della Shoa, c'era anche una sammarinese ed era ebrea
Nel video le interviste a Luciano Caro, Rabbino Capo di Ferrara e Patrizia Di Luca, Responsabile Museo dell'Emigrante.
(SMTV San Marino, 7 luglio 2013)
L'inutile mediatore americano
di Hagai Segal
Persino il New York Times ha espresso sconcerto nel constatare la quantità di tempo e di energie che il segretario di stato americano John Kerry sta investendo nel tentativo di organizzare un incontro tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). L'Egitto è in fiamme, la Siria sta seppellendo morti a decine di migliaia, ma Kerry vuole a tutti i costi portare la pace "nella tranquillissima Tel Aviv", come scrive l'autorevole quotidiano americano. "Il conflitto israelo-palestinese - dice l'editoriale - un tempo simbolo forte e fonte di risentimento nel mondo arabo, è ormai un fatto quasi marginale in un Medio Oriente consumato da conflitti settari e miseria economica. Eppure il signor Kerry, sostenuto da Barack Obama, crede ancora che valga la pena affannarsi su questo tema".
Nei pochi mesi da quando è entrato in carica, il segretario di stato americano ha visitato la regione più volte di quante l'avesse fatto il suo predecessore Hillary Clinton durante tutto il suo mandato. Il che può avere a che fare con problemi nella programmazione dell'agenda personale di Kerry, ma la frequenza di queste sue visite fa pensare piuttosto a un serio problema a livello di amministrazione federale. La grande quantità di energia che Kerry sta investendo nel tentativo di vincere le sfide di Sisifo qui, fra israeliani e palestinesi, sta mettendo francamente in ridicolo la politica estera americana. Gli Stati Uniti non riescono a fare la pace fra arabi e arabi e però credono di poter fare la pace tra israeliani e palestinesi. Washington ha ripetutamente e clamorosamente fallito nell'afferrare cosa stesse accadendo in Egitto e in Siria, ma pensa di poter capire perfettamente quello che accadrà a Gerusalemme e a Ramallah.
Dobbiamo pensare che John Kerry abbia molto più talento di tutti i mediatori americani che lo hanno preceduto? Non credo proprio. Egli ha anzi rivelato la sua ignoranza in questioni mediorientali quando, da senatore anziano, volle ad ogni costo riammettere Bashar al-Assad nella famiglia delle nazioni, e per due volte andò a incontrare il dittatore siriano a Damasco subissandolo di complimenti.
Tutta l'abilità da mediatore di Kerry si limita al fatto di esercitare le solite pressioni su Israele perché faccia concessioni arrischiate come prezzo da pagare per far ripartire dei negoziati che non porteranno da nessuna parte. Gli manca la capacità intellettuale e diplomatica per pensare fuori dagli schemi e concepire un accordo permanente che sia in grado di soddisfare entrambe le parti. In realtà non fa che riproporre ciecamente una visione irrealizzabile, e la sua propria candidatura al Premio Nobel per la Pace.
Se dovesse accadere un miracolo e Kerry riuscisse a creare uno stato palestinese, questo si trasformerebbe ben presto in una nuova Siria o, nel migliore dei casi, in un nuovo Egitto. È ciò che è già successo nella striscia di Gaza dopo che gli israeliani si sono ritirati con l'incoraggiamento degli Stati Uniti. E senza dubbio accadrà anche a Ramallah.
Vista la velocità con cui precipitano gli eventi della "primavera araba", non è affatto detto che Kerry riesca a ottenere il suo ambito premio prima che la "primavera araba" raggiunga la Palestina.
(YnetNews, 7 luglio 2013 - da israele.net)
Il governo israeliano spinge per il servizio militare agli ultraortodossi
Dopo decenni di rifiuti e contestazioni, gli ultraortodossi israeliani potrebbero presto essere costretti a prestare il servizio militare o, quantomeno, quello civile.
E' stata approvata domenica, dal gabinetto del primo ministro Netanyahu, la bozza del provvedimento di legge che avvia gli studenti della comunità ultraortodossa agli stessi obblighi dei loro coetanei.
Ai tradizionalisti dell'ebraismo, come pure ai cittadini arabi, l'esenzione dal servizio militare è garantita sin dalla fondazione dello Stato di Israele, nel 1948.
"Il cambiamento sarà graduale, considerando le loro esigenze", dice il premier. "Miriamo a integrare i giovani ortodossi nell'esercito e nel servizio civile. Ma anche nel mercato del lavoro".
Ora il disegno di legge dovrà essere discusso dal Parlamento, un percorso non in discesa. Intanto, tra gli esponenti della comunità interessata è allarme. "Questa legge vuole distribuire tra tutti l'onere di difenere il Paese: noi siamo d'accordo, ognuno deve contribuire", argomenta uno studente di una scuola religiosa. "Ma crediamo anche - aggiunge - che ciascuno abbia il suo modo di proteggere la nazione".
Da sempre l'ipotesi del servizio militare suscita proteste tra gli ultraortodossi. Ora ci riprova Netanyahu. Nelle elezioni dello scorso gennaio, l'abolizione dei privilegi per questa comunità è entrata di prepotenza nella campagna elettorale.
(euronews, 7 luglio 2013)
Soldato ucciso nel Sinai, a quaranta chilometri dalla striscia di Gaza
IL CAIRO - Mentre al Cairo i manifestanti pro e anti-Morsi sono tornati a manifestare - finora pacificamente - si registra un ennesima vittima nella sterminata 'terra di nessuna' della penisola del Sinai. Uomini armati hanno ucciso un altro soldato. Nella citta' di el Arish, a nord, si erano registrate numerose vittime negli ultimi giorni subito dopo il golpe che ha deposto Mohamed Morsi. In realta' e' dalla meta' del 2011 che il Sinai e' teatro di agguati contro i soldati egiziani ad opera di bande di beduini che trafficano in armi e droga e formazioni jihadiste. Anche la vittima di oggi e' stata uccisa a el Arish, citta' costiera' a 40 km dal confine con la Striscia di Gaza, ad un posto di controllo. Venerdi' scorso 5 soldati egiziani erano stati uccisi nell'assalto al palazzo del governatore su cui poi fu innalzata la bandiera di miliziani islamisti.
(AGI, 7 luglio 2013)
Quei manoscritti sfuggiti alla razzia dei nazisti
Il rabbino Amedeo Spagnoletto, maneggia con cura le pergamene raccolte nel volume dalla copertina verde che reca sul frontespizio solo la scritta "Scuola castigliana". L'uomo è l'unico sofer, cioè copista, che negli ultimi 150 anni a Roma abbia trascritto a mano il Sefer Torah, una copia in pergamena del Pentateuco utilizzata nelle funzioni religiose.
di Gabriele Isman
Rav Amedeo Spagnoletto
ROMA - "Quando alla fine di settembre del '43 i nazisti vennero a rubare i 7 mila volumi del Talmud Torah di Roma, questo e altri libri più preziosi erano stati nascosti prima all'interno della Sinagoga, nella stanza del tesoro blindata, in un'intercapedine nella sala del bagno rituale e soltanto nell'agosto del 1944 rientrarono in comunità". Il rabbino Amedeo Spagnoletto 44 anni, docente di letteratura rabbinica ed esegesi biblica al corso di laurea in Studi ebraici maneggia con cura le pergamene raccolte nel volume dalla copertina verde che reca sul frontespizio solo la scritta "Scuola castigliana".
Spagnoletto è l'unico sofer, cioè copista, che negli ultimi 150 anni a Roma abbia trascritto a mano il Sefer Torah, una copia in pergamena del Pentateuco utilizzata nelle funzioni religiose. "Questa raccolta d'ausilio al lavoro del sofer è del 1325, come si legge chiaramente, è ben conservato ed è composto di pergamene di agnello pregiate" spiega nelle stanze del dipartimento Cultura della comunità ebraica. "Sono testi che fanno fede per copiare manualmente la Torah, perché non manchi neppure una lettera, per evitare che il rotolo sia inutilizzabile nelle funzioni religiose, non sia pasul, ovvero fasullo" dice il direttore del Dipartimento Claudio Procaccia.
"A rendere questo volume prezioso è anche la presenza delle micrografie, disegni composti a loro volta da lettere in ebraico miniaturizzate che raffigurano gli oggetti che erano nel tempio di Gerusalemme distrutto dai Babilonesi nel 586 avanti Cristo e dai Romani nel 70 dopo Cristo: "Quegli oggetti, come la Menorah, l'Arpa di Davide, il contenitore della manna, sono in parte raffigurati anche sull'Arco di Tito, e rappresentano l'identità del popolo ebraico" dice Procaccia. "Il sofer di Maiorca spiega Spagnoletto ha concluso il suo lavoro di trascrizione tra aprile e maggio del 1325. Nel 1391 le comunità di Barcellona e Maiorca subirono i progrom più duri tra uccisioni, conversioni ed esilio. Poi gli ebrei furono richiamati per essere definitivamente espulsi dalla Spagna nel 1492". E quel libro arrivò in Italia, a Roma, portato da esuli spagnoli. "Tra queste pergamene dice il rav si trova anche l'elenco delle famiglie che a turno conservavano nell'Ottocento la raccolta: Volterra, Spizzichino, Modigliani, tra gli altri".
"Questo è uno dei 30 manoscritti più importanti tra quelli che custodiamo qui, e probabilmente uno dei più notevoli tra le raccolte conservate a livello italiano. Per restaurarli tutti, servirebbero circa 120 mila euro" dice Procaccia. E Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, conclude: "Non vogliamo essere ricordati soltanto per la grande tragedia della Shoah ma anche per l'immensa produzione culturale del nostro popolo che a Roma si cristallizza anche nello studio di questi antichi testi. E l'archivio è la nostra punta di diamante".
(la Repubblica, 7 luglio 2013)
Egitto - Attentato al gasdotto arabico, che porta il gas in Israele
Ennesimo attentato al gasdotto arabico questa notte, nella penisola egiziana del Sinai: il condotto è importante perché, raccogliendo il gas in Siria, lo porta fino in Israele, scendendo la Giordania fino ad Aqaba e risalendo il Sinai, fino ad al-Arish, teatro di forti scontri in questi giorni fra l'esercito egiziano e gli jihadisti, anche di al-Qaeda, che si annidano nella Penisola; proprio ieri le forze egiziane hanno ripreso il controllo dell'aeroporto della città e di una stazione di polizia, sul cui pennone era stata issata la bandiera nera di al-Qaeda.
Dalla caduta di Mubarak sono stati almeno una dozzina di attentati al gasdotto, specialmente quando Israele, per ritorsione, aveva sospeso due anni fa, in pieno inverno, la fornitura di energia alla Striscia di Gaza.
(Notizie Geopolitiche, 7 luglio 2013)
Germania - Trovate enormi svastiche di alberi
Negli anni '30, diverse piantagioni a forma di svastica furono coltivate sul territorio tedesco. Sono state abbattute per evitare che diventassero luoghi di pellegrinaggio per i neonazisti
Nessuno se n'era accorto fino al 1992. Fu necessario lo spirito di osservazione di uno stagista, Ökoland Dederow, appena assunto in una compagnia privata specializzata nell'architettura del paesaggio, per portare alla luce ad uno degli ultimi segni lasciati dal nazismo sul territorio tedesco non ancora scoperti.
Siamo nell'area di Uckermark, Germania Nord Orientale. Mentre sfoglia una serie di foto aree della zona circostante, nell'ambito di un lavoro di progettazione per canali di irrigazione, il giovane Dederow si imbatte in una forma geometrica inaspettata: nel mezzo di una foresta vicino al centro urbano di Zernikow, alcuni alberi formano una svastica.
Il simbolo, adottato da Hitler e dal nazionalsocialismo, è composto da quattro filari di larici che, durante l'autunno, non appena le foglie cambiano colore, disegnano in mezzo al verde dei pini circostanti una enorme svastica gialla, visibile dal cielo. Per decenni, con il divieto dell'aviazione privata attuato dalla Germania Est, l'esistenza di questo inquietante tributo naturale era rimasta sconosciuta a tutti.
L'origine della curiosa formazione geometrica, poi oggetto di diverse indagini e ricostruzioni storiche, rimane ad oggi incerta. Un agricoltore locale ha affermato di aver piantato i semi di quei larici, sotto la misera paga (pochi centesimi) di un forestiero; alcuni, invece, sostengono fosse stato il vicino villaggio di Sachsenhausen a piantare la svastica, per dimostrare lealtà e fedeltà al regime nazista. Altre ipotesi, infine, sostengono che gli alberi siano stati voluti da un gerarca, e che siano stati posizionati lì in omaggio al Führer nel giorno del suo compleanno. L'unica certezza è che - come ricostruito dai primi sopralluoghi, nel '92 - l'età degli alberi fosse di circa 55 anni, il che confermava come essi fossero stati piantati nel momento di massima potenza del nazismo, la seconda metà degli anni '30.
Non è l'unico ritrovamento di questo tipo avvenuto in Germania negli ultimi decenni. Ad Asterode, Hessen, negli anni '70 venne individuata un'immensa svastica composta da alberi che sovrastava un'altrettanto grande scritta "1933", anno dell'ascesa al potere di Hitler. E altri casi simili sono stati segnalati più o meno recentemente, suscitando grande clamore mediatico e provocando l'immediato intervento di guardie forestali e vigili del fuoco. Tutti questi "regali" non richiesti del nazionalsocialismo, infatti, sono prontamente stati abbattuti. Il timore, da parte delle autorità tedesche, era che potessero diventare dei veri e propri luoghi di culto per i neonazisti. I quali, ancora oggi, - come testimonia la presenza di vari movimenti tra cui un partito fuorilegge, l'NPD - ingombrano l'orizzonte politico e sociale in Germania.
(TGCOM, 7 luglio 2013)
Studentessa scrive nel tema "Gli ebrei sono una razza inferiore": bocciata
Una vicenda verificatasi a giugno, ma resa pubblica soltanto pochi giorni fa. Durante il compito di fine anno, una ragazza ha scritto sul proprio tema che gli ebrei sono una razza inferiore. Punita con un'insufficienza, ha insultato pubblicamente l'insegnante, fino a che non è stata bocciata.
I semi dell'antisemitismo, purtroppo, sembrano non voler morire mai. E così ecco l'ennesima dimostrazione di ignoranza e odio razziale, avvenuta quando ancora la scuola era aperta ma resa pubblica soltanto recentemente.
A Sassari, una docente ha assegnato come esercitazione quella di svolgere un tema sul razzismo. Un compito che, in fondo, è un must in tutte le scuole: a chiunque sarà capitato di dover scrivere qualcosa al riguardo, tra i banchi. Raramente, però, sia studenti che insegnanti, si son ritrovati a fare i conti con una frase che pesa come un macigno, che riporta in auge la folle ideologia hitleriana: "Gli ebrei sono una razza inferiore".
E' questo, infatti, ciò che ha scritto sul proprio tema una studentessa. Una dichiarazione d'odio puro, che si basa su assiomi e ideali che la ragazza ha accolto, rielaborando, però, la storia. L'insegnate, di fronte a ciò, ha sottolineato gli errori storici del compito, le citazioni sbagliate trasposte nel testo. E infine ha deciso di assegnare un'insufficienza. Non contenta, la ragazza ha deciso di dar battaglia e si è presentata successivamente a scuola con una serie di opuscoli dai quali avrebbe estratto le idee di base del suo tema, ma per la professoressa si trattavano di fondamenta del tutto inconsistenti e inadeguate.
Tornata a casa, la ragazza, ha dunque fotografato il proprio compito e lo ha pubblicato sul suo profilo Facebook, corredando il tutto con una serie di insulti nei confronti dell'insegnate, definita "comunista del c che difende gli ebrei". Un'immagine che è stata in fretta scoperta dalla docente. E così ecco che sono scattati i provvedimenti: la scuola ha deciso all'unanimità di dare il 5 in condotta alla ragazza. Un voto che si traduce semplicemente in bocciatura.
(ArticoloTre, 7 luglio 2013)
Cucina ashkenazita e sefardita a confronto
FIRENZE - Una nuova puntata di Balagan Café, un nuovo successo di pubblico e contenuti per la rassegna culturale, organizzata dalla Comunità ebraica, che si sta sempre più affermando come baricentro dell'estate fiorentina. Ad aprire la serata, svoltasi come di consueto nei giardini del Tempio, il dialogo a due voci tra il giornalista Wlodek Goldkorn e l'archistar Massimiliano Fuksas (a destra nella foto). A seguire il secondo concerto in memoria di Ruth Pardo e Lara D'Angelo con i musicisti Massimo Nesi (violino) e Stefano Bezziccheri (pianoforte) che hanno proposto al folto pubblico accorso in via Farini, svariate centinaia di persone, un repertorio che ha spaziato da Mozart a Schumann a Frank. Grande curiosità intanto per il prossimo appuntamento (giovedì 11 luglio) che vedrà due modi di vivere l'ebraismo, anche sul versante culinario-gastronomico, a confronto: la tradizione sefardita, peculiare dell'area mediterranea, e quella del mondo ashkenazita che porta invece con sé i sapori e i profumi dell'Europa centro-orientale. Meglio il carciofo alla giudia o il cholent? Alla giuria popolare il compito di sciogliere l'amletico dubbio. Come "contorno", inoltre, una nuova conversazione letteraria con Goldkorn che intervisterà il filosofo Sergio Givone e due momenti musicali con Francesco Spagnolo e Sharon Bernstein.
(Notiziario Ucei, 7 luglio 2013)
L'Iran ottimizza i sistemi antimissile S-200
L'industria bellica dell'Iran ha condotto l'ottimizzazione dei sistemi missilistici antiaerei S-200 di fabbricazione sovietica, riducendo il loro tempo di risposta. Grazie ai miglioramenti e' stato ridotto significativamente il tempo richiesto per il lancio del razzo dopo il rilevamento di un bersaglio aereo.
La versione modificata iraniana è anche ora in grado di distruggere non solo obiettivi strategici e molteplici, ma anche di trasmettere i parametri per l'abbattimento di nuovi target. I sistemi antimissile sono in grado di abbattere bersagli aerei fino a distanze di 200-350 chilometri.
(La Voce della Russia, 6 luglio 2013)
Egitto: clima da resa dei conti. Il pericolo Al Qaeda
Non si è fatta attendere la temuta reazione della Fratellanza Musulmana. Quella di ieri è stata una giornata campale che solo al Cairo ha lasciato sul terreno una ventina di morti e centinaia di feriti a causa degli scontri tra i Fratelli Musulmani e il libero popolo egiziano.
Ma gli scontri si sono avuti in tutto il Paese. Feriti ad Alessandria e a Luxor dove gli islamisti hanno attaccato i cristiani copti. E proprio i fedeli cristiani sembrano essere entrati nel mirini degli islamisti. A Delgia, a 60 chilometri da Minya, la parrocchia di San Giorgio è stata data alle fiamme insieme ad alcune abitazioni appartenenti ai cristiani copti. Abitazioni di cristiani date alle fiamme anche in altre località dell'Egitto. Gli islamisti sembrano seguire un preciso copione che mira a colpire i cristiani, tipico punto di sfogo dei Fratelli Musulmani e accusati di essere parte attiva della rivolta che ha deposto Mohamed Morsi....
(Rights Reporter, 6 luglio 2013)
Entra nella Knesset con una pistola stampata in 3D
di Tiziano Toniutti
Nel video di Haaretz.com, si vede l'arma pronta a sparare il suo singolo proiettile. Ma è sufficiente ad uccidere. L'arma è una pistola stampata in 3D, che ha eluso completamente i controlli di sicurezza del Parlamento israeliano. Come non accade invece per altri possibili oggetti offensivi, da armi bianche oltre, naturalmente, a quelle da fuoco. Un video che insieme dimostra come la tecnologia della stampa 3D, ormai accessibile economicamente, rappresenti una rivoluzione industriale, permettendo di produrre addirittura armi funzionanti in casa. E insieme agli utilizzi di interesse collettivo, ci sono anche quelli criminali.
Video
(la Repubblica, 6 luglio 2013)
Iran, riflessioni post-elettorali
di David Harris (*)
David Harris
Alcuni osservatori, tra cui il "New York Times", hanno esultato per il risultato delle recenti elezioni presidenziali in Iran che avrebbero portato al potere un "moderato", Hassan Rouhani. Ci dicono che ciò potrebbe segnare l'inizio di una nuova Era nella politica iraniana. Può darsi, ma noi crediamo di no. Quando si tratta dell'Iran, è ingenuo consentire alla speranza di sostituire l'esperienza. Teniamo a mente tre fatti importanti. In primo luogo, per candidarsi alla presidenza, Rouhani è dovuto passare al vaglio ideologico della guida suprema Ali Hosseini Khamenei e del suo entourage. Tra decine di candidati, solo sei sono arrivati al ballottaggio. Questo ci dice qualcosa su chi sia veramente Rouhani. Se le sue posizioni si fossero discostate più di tanto da quelle del regime, gli sarebbe stato impedito di partecipare.
In effetti, potrebbe essere stato proprio il suo aspetto "moderato", rispetto al suo predecessore Mahmoud Ahmadinejad, a sembrare così attraente per coloro che detengono le redini del potere. Dopo tutto, le buffonate di Ahmadinejad hanno reso particolarmente difficile anche per chi è più incline a minimizzare i comportamenti iraniani a farlo in maniera convincente. In secondo luogo, il presidente ha poteri limitati nel sistema iraniano. Khamenei ha il pieno potere. Pertanto, la capacità di Rouhani di introdurre un cambiamento, anche supponendo che volesse farlo, è fortemente circoscritto. A riguardo, è da notare l'impatto limitato che ebbe l'ultimo presidente iraniano moderato, Mohammad Khatami, che rimase in carica dal 1997 al 2005. E in terzo luogo, Rouhani è stato parte integrante del sistema iraniano post-1979, non è stato uno spirito ribelle. Tanto per fare un esempio, sarebbe stato presente nel 1993 al fatidico incontro del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale iraniano, del quale era segretario all'epoca in cui fu presa la decisione di bombardare l'edificio dell'Amia nel centro di Buenos Aires. Questo incontro è stato documentato dal procuratore argentino Alberto Nisman, che si è occupato del caso.
L'attacco vero e proprio avvenne nel luglio 1994. Ottantacinque persone morirono e centinaia furono ferite in uno dei più sanguinosi attentati in America Latina degli ultimi decenni. Guardando al futuro, se Rouhani vuole davvero contribuire a cambiare l'orientamento dell'Iran verso una direzione più pacifica, ci sono quattro punti da dove iniziare. È giunto il momento di porre fine al sostegno iraniano al terrorismo internazionale. Gruppi jihadisti come Hezbollah, che operano in Europa, Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente, sarebbero seriamente indeboliti senza le armi, la formazione, e i finanziamenti iraniani. E quasi 20 anni dopo il bombardamento Amia in Argentina, l'Iran dovrebbe ammettere il proprio coinvolgimento nell'attacco e consegnare quei funzionari, tra cui l'attuale ministro della difesa, ricercati dall'Interpol e dalle autorità argentine. L'Iran continua a sostenere il regime assassino di Assad in Siria. Più di 90mila persone sono state uccise in una guerra civile giunta ormai al terzo anno. L'Iran gioca un ruolo chiave: l'Iran di Rouhani smetterà di essere continuamente coinvolta in crimini contro l'umanità? L'Iran è noto per il mancato rispetto dei diritti umani.
Non solo le elezioni presidenziali sono perversioni della democrazia, visto che solo i candidati approvati dall'alto possono parteciparvi, ma rispettate Ong per i diritti umani hanno catalogato una lunga serie di violazioni delle libertà fondamentali. Immaginiamo cosa possa voler dire oggi in Iran essere baha'i, o una leader femminista, o un attivista gay, o uno studente che partecipa a manifestazioni, o un giornalista investigativo. Inoltre l'Iran applica la pena di morte in maniera indiscriminata, addirittura, come è stato documentato, sui bambini. E se Rouhani cerca migliori relazioni con il mondo, allora l'Iran deve terminare il suo programma militare nucleare, così come gli è stato più volte richiesto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dall'International Atomic Energy Agency. Per anni, l'Iran da un lato ha preso in giro i negoziatori europei e americani che cercavano un accordo sul suo programma nucleare, mentre dall'altro continuava a sviluppare ulteriormente il programma. Rouhani stesso era parte di quel processo, arrivando a vantarsi a proposito della sua capacità di avere la meglio sui diplomatici occidentali. È cambiato? Se è così, questo è un buon posto per dimostrarlo. La storia del secolo scorso ci mostra in maniera dolorosa l'infinita capacità di alcuni politici ed esperti di sicurezza occidentali ad ingannare se stessi, con risultati devastanti. La posta in gioco con l'Iran non potrebbe essere più alta. Ci vogliono fatti tangibili per misurare il cambiamento reale del paese. In caso contrario, continueremmo pericolosamente a rincorrere una illusione.
(*) David Harris è direttore esecutivo dell'American Jewish Committee
(L'Opinione, 6 luglio 2013)
Chiusa la frontiera Egitto-Gaza
La situazione al Cairo si riflette anche sui palestinesi nella Striscia di Gaza. Il valico di Rafah è stato chiuso dalle autorità egiziane fino a nuovo ordine. La decisione è arrivata qualche ora dopo che islamisti armati avevano assaltato con razzi e granate tre check-point egiziani. Chi vuole passare dall'altra parte è costretto ad attendere e nessuno sa per quanto tempo. Un dramma per molte famiglie, che da Gaza non hanno modo di entrare in Egitto.
"Spero che la gente non faccia le spese dei problemi politici interni dell'Egitto, perché questo è l'unico passaggio verso Gaza. Sanno che andiamo in Egitto e torniamo senza causare problemi. Non dovremmo pagarne le conseguenze."
Nonostante i Fratelli Musulmani, al governo in Egitto fino a pochi giorni fa, siano intervenuti per fermare il contrabbando verso la Striscia di Gaza, sono sempre considerati vicini a Hamas.
"Hamas sarà colpita negativamente da questi sviluppi politici in Egitto. Hamas fa parte dell'organizzazione dei Fratelli Musulmani e ha avuto una collaborazione molto stretta con loro e con Morsi nell'ultimo anno."
Giovedì sono stati assaltati tre check point militari vicini alla frontiera con la Striscia di Gaza e Israele. Un soldato egiziano è morto e due sono stati feriti.
Video
(Euronews, 5 luglio 2013)
Iran: liberato il Pastore Asserian
E' stato rilasciato su cauzione il pastore pentecostale Robert Asserian, membro delle Assemblee di Dio presenti nella capitale iraniana. La liberazione, avvenuta martedì 2 luglio, è stata resa nota dall'organizzazione Middle East Concern. Il leader cristiano - riferisce l'agenzia Fides - era stato arrestato lo scorso 21 maggio mentre guidava un incontro di preghiera. La sua casa era stata perquisita e il suo computer e i suoi libri erano stati confiscati. Secondo quanto riportato da Middle East Concern, in Iran anche le comunità cristiane legalmente riconosciute vengono poste sotto pressione per far cessare l'uso della lingua Farsi nei loro incontri di preghiera e nelle celebrazioni religiose.
(Radio Vaticana, 5 luglio 2013)
Quando un aiuto fa la differenza
Assistenza e volontariato per la Protezione Civile, lo scopo dell'Associazione "Gilad Shalit"
Quando l'attenzione per il prossimo, si esemplifica ogni giorno. E' questa la storia dell'Associazione di Protezione Civile "Gilad Shalit", chiamata così in ricordo del giovane soldato israeliano tenutoprigioniero per oltre cinque anni dai terroristi. Costituita il 7 luglio 2011 dal presidente
Alberto Pontecorvo, si prepone come fine la tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente.
L'Associazione Gilad Shalit nasce ed opera nel segno dei valori e della tradizione ebraica, con lo spirito di promuovere ulteriormente l'associazionismo tra i giovani ebrei romani, per stimolarne l'impegno in questo importante settore che riguarda la vita del nostro Paese. Vuole offrire ai suoi iscritti, inoltre, l'opportunità di conoscere e confrontarsi con altre istituzioni del paese che non rientrano nel settore della protezione civile, al fine di comprenderne, dall'interno, la complessa realtà. Per conferirsi una maggiore "forza incisiva", si è federata con l'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco in Congedo (ANVVFC), Associazione di volontariato di rilevanza nazionale, che svolge una funzione di coordinamento e di orientamento per tutte le attività delle Organizzazioni federate e rappresenta un'opportunità per favorire la formazione e operare in sinergia nelle attività di emergenza o di esercitazione. Attualmente, "Gilad Shalit" è accreditata in due ambiti territoriali (Comune di Roma e Regione Lazio), è in tutto il territorio nazionale, tramite l'ANVVFC.
Numerosi i coinvolgimenti ad attività, eventi ed emergenze, tra cui il sisma in Emilia Romagna nel 2012.
Gli iscritti all'Associazione partecipano a corsi gratuiti di formazione, come: Addetti
Antincendio per Attività a Rischio Elevato, Corso di Primo Soccorso, Patenti Guida, Lotta agli Incendi Boschivi, per i quali vengono rilasciati degli attestati.
Ruben Moscato, volontario di 22 anni, ci racconta: "Fin da piccolo ho sempre avuto l'istinto di aiutare il prossimo e soprattutto essere presente per chiunque fosse stato in difficoltà sia moralmente che fisicamente.
Attualmente per me è un volontariato, per il futuro non so, potrebbe anche diventare un lavoro; di esperienza se ne fa tanta e i corsi di specializzazione che vengono proposti aprono porte su un mondo di lavoro ancora insaturo!" Secondo molti basta poco, basta anche un aiuto, che queste persone danno ogni giorno, per fare la differenza nelle loro vite. Una reale differenza. Un aspetto da non sottovalutare oggi.
(Shalom, giugno 2013)
Una start up per Israele, al via il Tel Aviv Boot Camp
ROMA - Se avete una start up nel settore dell'information technology, l'occasione che fa per voi: una settimana in Israele, in ottobre, per incontri con esperti e investitori. E' il premio in paolo per la start up che vincerà il Tel Aviv Boot.
Video
(TMNews, luglio 2013)
Religioso arabo invita a fare il servizio militare. Adesso la sua vita è in pericolo
Poiché l'arabo cristiano Gabriel Nadaf ha invitato i suoi connazionali arabi a servire nell'esercito israeliano, in una commissione del Parlamento israeliano si sono avuti disordini. Anche la Procura generale sta indagando. Parlamentari del Likud hanno accusato i loro colleghi dei partiti arabi di aver inviato lettere minatorie a Nadaf. Per questo anche la Polizia criminale è stata mobilitata . Le accuse sono dirette, tra le altre, contro la deputata Hanin Zoabi, che a dire il vero siede nel parlamento israeliano, ma si presenta come forte opposittrice dello stato ebraico ed è stata già più volte notata per le sue azioni anti-israeliane.
Durante l'udienza Miri Regev (Likud), presidente della commissione, ha detto: "Non possiamo permettere ai parlamentari arabi di diventare cavalli di Troia nella Knesset, o consentire loro di inviare lettere minatorie ad un religioso cristiano che incoraggia i giovani cristiani a entrare nell'esercito." Regev ha aggiunto che a causa delle minacce la polizia israeliana ha dovuto prendere misure di protezione per Nadaf e la sua famiglia. Shadi Halul, portavoce di un Forum cristiano, ha sottolineato che le minacce dei deputati arabi equivalgono a "terrorismo interno"
Gabriel Nadaf (39 anni) è un sacerdote greco-ortodosso di Nazareth. Nadaf sostiene che Israele si preoccupa della sicurezza della minoranza araba cristiana e quindi in contraccambio i cristiani arabi dovrebbero servire nell'esercito. Per queste sue dichiarazioni è stato scomunicato dalla leadership della sua chiesa. Da quel momento è stato minacciato e insultato come "agente sionista e traditore." Può avventurarsi in strada solo con la protezione di guardie del corpo.
(israel heute, 5 luglio 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Alicia Keys conquista Tel Aviv con la musica e un messaggio di pace
di Simone Somekh
Alicia Keys
È stato uno show magico quello proposto da Alicia Keys al Nokia Stadium di Tel Aviv. Un concerto intenso ed emozionante, epilogo di settimane di lotte e incertezze: a causa delle proteste del movimento BDS (Boycott, Divestment and Sanctions), che ha a lungo tentato di convincere la Keys ad annullare la tappa del suo Set The World On Fire Tour per boicottare Israele, fino a poche settimane fa i fan israeliani temevano di non poter assistere al live della regina della musica soul. Se da un lato la scrittrice Alice Walker e il musicista Roger Waters, insieme a molti altri nomi più o meno conosciuti del mondo della cultura e dello spettacolo, hanno inviato alla cantautrice una lettera aperta intimandola di non legittimare le politiche "illegali di apartheid e di occupazione" del governo israeliano, su Facebook invece molti fan si sono mobilitati per appoggiare il concerto. Ci ha pensato la stessa Alicia mettere a tacere le voci contrastanti con un comunicato ufficiale inviato al New York Times. L'artista, all'inizio di giugno, ha infatti dichiarato che "la musica è un linguaggio universale e ha lo scopo di unificare il pubblico in pace e amore e questo è lo spirito del mio spettacolo". Il concerto si è infatti svolto nella totale regolarità, lasciando estasiato il pubblico, accorso da tutta Israele per assistere a uno degli eventi più attesi dell'anno. La Keys è salita sul palco salutando la folla al grido di Ma koreh, Tel Aviv? e ha regalato quasi due ore di musica, energia e carisma. Le coreografie, quasi inesistenti, hanno lasciato spazio al vero protagonista del concerto, uno dei fidati pianoforti della cantautrice newyorchese, che ha suonato e cantato alcuni dei suoi più grandi successi, come Brand New Me e If I Ain't Got You. E come se già la sua presenza in Israele non fosse abbastanza, Alicia ha voluto fare un'ulteriore sorpresa ai fan invitando a duettare con lei sul palco uno dei performer mediorientali più amati, Idan Raichel, mandando il pubblico in delirio. E poi ancora, ha suscitato calorosi applausi la presenza del figlio Egypt, tre anni ad ottobre, che l'ha aiutata ad esibirsi con la sua intramontabile hit No One. Immancabili infine i festeggiamenti per il 4 luglio, Independence Day per gli Stati Uniti. Grazie al suo fascino semplice ma essenziale, al suo talento e alla sua voce soul, Alicia Keys ha dimostrato non solo di essere una delle artiste più genuine e a loro agio sul palco, ma anche una figura pubblica in grado di unire folle immense e di far battere il suo cuore a ritmo con la musica e non con accuse false e infamanti.
(moked, 5 luglio 2013)
Bibbia e cucina: la Fondazione Italia-Israele debutta alla Mole con sette specialità bibliche
Avi Levy
Germogli di grano affumicato, miele sul pollo con le mandorle, lenticchie rosse, foglie di vite, semolino, fichi, melograno e fave. Sono alcuni degli ingredienti citati nella Bibbia che stanno alla base della 'esperienza di storia e cultura gastronomica' presentata stamane a Roma, al Fooxia Space, dalla Fondazione Italia-Israele per la cultura e le arti e da martedì prossimo a Torino alla Mole Antonelliana.
Ai fornelli i vincitori di Masterchef Italia: Tiziana Stefanelli, avvocato e Avi Levy, talentuoso ristoratore di Gerusalemme con trascorsi in carcere. Due differenti percorsi di vita, uniti però dalla stessa passione per il cibo e la cultura ebraica. I loro menù infatti traggono ispirazione da una serie di studi sulle specialità bibliche contenute nel Genesi e nei racconti di Giacobbe condotti da Simonetta Della Seta, direttore della neonata Fondazione Italia-Israele. Eccezion fatta per alcuni prodotti appartenenti alla 'modernità' quali caffè patate e pomodori, le proposte dei due maghi dei fornelli s'inseriscono nella consolidata tradizione della dieta mediterranea. "Un menu con la solennità dei piatti rituali- spiega lo chef Levy- a partire dalla Pastilla ripiena di galletto, noci, mandorle, uva passa e pistacchi, e i Fichi ripieni di carne in salsa di melograno con carciofo gerosolomitano". Che ha poi aggiunto. "Mi piacciono le sfide e non ero mai stato in Italia. Desidero conoscere questa cultura''.
L'iniziativa, che a Roma ha visto tra gli altri la partecipazione dell'ambasciatore d'Israele Naor Gilaon e l'ex ministro Terzi, è stata sostenuta da un parterre di Giusti ''in una bella dimostrazione di amicizia e generosita''' per finanziare le prime iniziative della Fondazione che, come sottolineato dal direttore Della Seta, ''mette insieme forze governative e private soprattutto in favore dei talenti dei due Paesi con borse di studio, un docu-film, mostre, e una Casa Italia in Israele e una Casa Israele in Italia''.
(ANSA, 5 luglio 2013)
Per oltre il 70% degli israeliani non si troverà un accordo di pace con lAnp
ROMA, 5 lug - Quasi tre quarti degli israeliani credono che non sara' possibile raggiungere un accordo di pace con i palestinesi anche se i negoziati tra le parti dovessero ripartire. Secondo un sondaggio del quotidiano Israel Hayom, il 71,6% di loro ritiene che anche con una ripresa della trattativa non si riuscira' a trovare un'intesa. Solo il 21,7% si dice ottimista. Ben il 50,9% ritiene invece che i negoziati con l'Anp ripartiranno.
(ASCA, 5 luglio 2013)
La forza di Israele è nella Silicon Wadi: il caso Waze
di Beniamino Andrea Piccone
Nel lontano marzo del 2000, in pieno boom della New Economy, col Nasdaq sui massimi storici, lavoravo come equity sales per Lehman Brothers. Col mercato impazzito alla ricerca di nuove società high tech dove investire, organizzammo un viaggio in Israele con alcuni dei gestori italiani a capo dei fondi azionari azionari europei.
Milano-Tel Aviv volo diretto con Alitalia. Disbrigo complesso delle pratiche doganali - dove veniamo invitati dai funzionari israeliani a documentarci meticolosamente per ragioni di sicurezza in occasione del viaggio di ritorno, dove saremo interrogati per ore.
Il giorno dopo siamo partiti subito di buona lena verso la Silicon Wadi - la Silicon Valley israeliana - per visitare le maggiori società israeliane quotate sui mercati europei o americani.
La forza di Israele sta nella combinazione tra clima favorevole all'impresa, centri di ricerca universitari di livello eccelso e presenza forte dei capitalisti di ventura, alias venture capital. L'Economist ha riassunto così: "When it comes to entrepreneurial infrastructure, the similarities between the Valley and the Wadi are certainly striking. In both places corporate hierarchies are despised, risk-taking is rewarded and failure tolerated. Israel also boasts several elite universities, such as Technion in Haifa, and research centres run by big technology firms such as Cisco and Intel. Entrepreneurs have their pick of providers if they need legal or other services. And, as in California, there are plenty of well-funded venture-capital (VC) firms providing cash".
Ogni giorno nascono nuove start-up ch ein poco tempo vengono quotate sul Nasdaq e diventano colossi mondiali. Qualche esempio? Checkpoint Software, colosso della sicurezza dei software; Broadcom, leader nel settore dei semiconduttori; Teva Pharmaceutical, leader mondiale dei farmaci generici.
Pochi giorni fa mi ha colpito la notizia dell'acquisizione da parte di Google di una start-up israeliana, Waze, per un miliardo di dollari. Waze è nata nel 2008, 5 anni fa, e vale 1 miliardo $! Waze ha sviluppato una app che ti dice in tempo reale lo stato del traffico sule strade grazie alle segnalazioni inviate con il telefoninodagli utenti.
Appena si entra sul sito web di Waze, si legge: "Waze è l'applicazione gps per evitare il traffico, basata sulla community più diffusa e in veloce crescita nel mondo! Presto, unisciti agli altri guidatori nel tuo territorio, per condividere in tempo reale informazioni sul traffico e aiutare tutti a risparmiare tempo e benzina, durante la guida di tutti i giorni".
Non per caso Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del MIt di Boston, uno dei più grandi esperti di smart cities, ha detto: "Ogni volta che mi chiamano per un progetto vedo che sono tutti lì che aspettano un finanziamento di Roma o di Bruxelles per cambiare le cose e invece la storia di Waze dimostra che per migliorare la vita nelle città non bisogna aspettare niente e nessuno. u>La vera innovazione parte dal basso e non ha bisogno di grandi investimenti, anzi, è un generatore di ricchezza che va attivato nei momenti di crisi come questo". La cultura dell'aiuto pubblico distoglie le energie dal prodotto, dall'innovazione, dal focus sul cliente. Molto meglio il venture capital e l'innovazione dal basso. Il successo dell'economia israeliana parte da qui.
(LINKIESTA, 4 luglio 2013)
Unione giovani ebrei: rimuovere il professore negazionista
Sollevato dallincarico in un istituto Padova a cinque giorni da esami
PADOVA, 4 lug - La richiesta di "sollevare dall'incarico" un insegnante che nega la Shoah è stata avanzata dalla presidente dell'Unione giovani ebrei d'Italia, Alessandra Ortona, al ministro dell'Università. La vicenda riguarda gli esami del Liceo scientifico Curiel di Padova, nel quale un professore, Franco Damiani, era stato chiamato a presiedere la commissione di maturita'. A cinque giorni dall'avvio è stato sollevato dall'incarico per le affermazioni su Facebook sull'errata didattica della Curiel.
(ANSA, 4 luglio 2013)
Si faccia attenzione a non creare dei martiri: colpire personalmente il diffusore di unidea sbagliata in certi casi può contribuire a diffonderla. M.C.
A Tel Aviv a tavola con il design. E sotto le lampade di Foscarini
Nel contesto raffinato ed esotico del nuovo ristorante Taizu, progettato dall'architetto israeliano Pitsou Kedem, non è difficile notarle subito, appena si entra. Sono le coreografiche Allegro e Allegretto di Atelier Oi. All'insegna del design, in un sapiente mix di arredi a misura si riconoscono anche lampade Vibia, sedie Vitra ed elettrodomestici Boffi.
Bisogna dirlo subito. Anche se si è aggiudicato cinque premi dell'Israeli Design Award, in soli tre mesi dall'apertura, non è il ristorante dove la qualità del design prevale su quella del cibo. Ispirato alla cucina di strada dei Paesi del sud-est asiatico - India, Cina, Thailandia, Cambogia e Vietnam - il menù proposto dallo chef Yuval Ben Neria è invitante e ottimo. Inoltre è suggerito con competenza e simpatia da un personale giovane e attento che bada a un'ospitalità informale, ma mai invadente.
Siamo a Tel Aviv, città affascinante e misteriosa, dove inciampi di continuo nella contraddizione degli opposti: il passato e il futuro, la tradizione e l'hi-tech, l'architettura anonima e quella del Bauhaus, il cemento di facciate fatiscenti che mostra le conchiglie di un impasto fatto con la sabbia e le finiture spinte dei musei firmati da rinomati progettisti contemporanei. L'allegria dei locali notturni e un indefinito senso di nostalgia. E dove tutto è sempre in movimento e in trasformazione.
Cinque gli ambienti e cinque gli elementi cui sono ispirati, Fuoco, Acqua, Metallo, Legno e Terra, traslati dalla filosofia cinese. Una zona "salotto" ritagliata intorno a un ampio tavolo in ardesia corredato di alti sgabelli, alle cui spalle c'è un'intera parete-frigorifero. La sala da pranzo e la zona bar open space sulla cucina a vista separata dal resto solo da porte girevoli di vetro. E una zona più intima riparata da due pareti rivestite con blocchi di bambù. Le diverse aree sono divise e unite da pareti mobili di legno che riprendono le venature delle foglie di banano. Il locale prosegue anche all'esterno con una terrazza arredata con tavoli in ardesia e delimitata da piante di citronella.
Nonostante i segni riconoscibili e l'indirizzo di Tel Aviv-Yafo (Levistein Tower, Derech Menachem, Begin 23) quando si entra nel ristorante Taiku, può capitare di perdere le coordinate. L'arredo studiato in modo così armonico con il cibo riesce, almeno per un attimo, a catapultarti dall'altra parte del mondo. O, meglio, in un luogo indefinito dove le culture sono miscelate e le posizioni geografiche hanno solo un senso per l'orientamento sulla carta.
(AT Casa, 4 luglio 2013)
Al Cairo la Borsa sale dopo l'uscita del presidente Morsi
La destituzione del presidente Morsi continua a sostenere la Borsa del Cairo, che segna un progresso del 7,3% dell'indice Egx-30 a 5.336 punti. Gli investitori nazionali hanno accolto con favore il colpo di Stato dei militari, afferma un analista, perche' "si sentono garantiti e sicuri quando i militari sono al potere". Il capo dell'esercito Abdel Fatah al-Sissi ha annunciato la formazione di un Governo di esperti, mentre la costituzione verra' rielaborata e si terranno al piu' presto nuove elezioni presidenziali.
(Corriere della Sera, 4 luglio 2013)
Assad: La destituzione di Morsi è la caduta dell'islam politico
BEIRUT - Il presidente siriano Bashar Assad loda le proteste del popolo egiziano contro Mohammed Morsi e sottolinea come il suo rovesciamento da parte dell'esercito sia "la caduta del cosiddetto islam politico". Gli egiziani, afferma in un'intervista con il giornale di Stato Al-Thawra che uscirà domani in versione integrale, hanno scoperto le "bugie" dei Fratelli musulmani. "Questo è il destino di chiunque nel mondo provi a usare la religione per interessi politici o di parte", prosegue ancora Assad, che poi aggiunge: "L'esperienza di governo dei Fratelli musulmani è fallita prima ancora di cominciare, perché va contro la natura del popolo". Alcuni estratti dell'intervista sono stati pubblicati in serata sulla pagina Facebook della presidenza siriana.
Questa mattina, il ministro dell'Informazione siriano Omran al-Zoubi aveva esortato Morsi a lasciare il potere, in linea con le richieste del popolo. Parlando con i giornalisti a Damasco, il ministro ha definito i Fratelli musulmani un'organizzazione "terroristica" e uno "strumento degli Usa". Lo scorso mese Morsi aveva annunciato l'interruzione dei legami con Damasco e la chiusura dell'ambasciata egiziana nella capitale siriana. Il padre di Bashar Assad, l'ex presidente Hafez Assad, represse una rivolta guidata dai Fratelli musulmani nella città settentrionale di Hama nel 1982. In quell'occasione le forze armate colpirono gran parte della città in una serie di raid aerei e attacchi di terra durati tre settimane, in cui morirono tra le 10mila e le 20mila persone.
(LaPresse, 4 luglio 2013)
Quelli che entrano nel parlamento con le pistole stampate in 3D
Succede in Israele
L'idea è venuta a quelli del canale televisivo Channel 10, che si sono costruiti una pistola con una stampante 3D e l'hanno portata dentro alla Knesset senza che se ne accorgesse nessuno.
UN'INCHIESTA TELEVISIVA - Sono stati quelli della trasmissione "Tzinor Layla" (Linea Notte) a realizzare l'exploit per ben due volte, e uno dei suoi reporter è riuscito persino ad arrivare vicino a Netanyahu senza che l'altissimo livello delle precauzioni prese per difendere il parlamento israeliano potesse impedirlo.
LA PISTOLA UCCIDE - Tutte le fasi dell'impresa sono state filmate ed è anche stato eseguito un test di tiro sotto la supervisione di un ex ufficiale di polizia, che che confermato il perfetto funzionamento, e la pericolosità dell'arma, la riproduzione di una pistola automatica, che è passata inosservata anche ai magnetometri piazzati all'ingresso dell'edificio del parlamento, essendo che la stampante impiega particolari polimeri plastici per realizzare gli oggetti tridimensionali dediderati.
STIAMO STUDIANDO IL PROBLEMA - Uno smacco per la sicurezza israeliana, anche se è meglio scoprire questo genere di vulnerabilità così che dopo che sono state sfruttate dai malintenzionati. Yosef Grif, uno degli incaricati della sicurezza della Knesset ha detto a Channel 10: " Questo è un nuovo fenomeno che impegna tutti i sistemi di sicurezza, in Israele come all'estero, con una serie tutta nuova di sfide. Alla Knesset, come in tutti i ministeri e le pubbliche istituzioni, si sta ora studiando la questione per fornire una soluzione al più presto possibile. Per parte sua il governo israeliano si è limitato a dire che è al corrente del problema e che "l'irresponsabile" condotta degli uomini della televisione ha messo in pericolo il reporter che l'ha condotta a termine
(Giornalettismo, 4 luglio 2013)
Summit in Israele dei migliori startupper
Mancano solo poche ore alla presentazione della seconda edizione dello Startup Tel Aviv Bootcamp, che porterà in Israele i migliori startupper di alcuni paesi europei - e tra questi l'Italia -, asiatici e sudamericani.
L'appuntamento è per il 18, nella sede dell'acceleratore d'impresa Luiss EnLabs, partner dell'Ambasciata d'Israele, insieme all'associazione Italia Camp, in questa iniziativa. Il Bootcamp, che si terrà dal 12 al 17 ottobre di quest'anno, è parte di un fitto calendario di eventi sull'innovazione ospitati dalla città di Tel Aviv nella stessa settimana: Conferenza sul Digital Life Design, Cities Summit e Open Startup.
(BuongiornoAlghero.it, 4 luglio 2013)
Egitto - La Turchia condanna la svolta. Elogi invece dal Golfo
Per Ankara golpe 'inaccettabile', congratulazioni da Abu Mazen
ROMA, 4 lug - La destituzione del presidente Morsi da parte delle forze armate è "inaccettabile", ed è un "colpo di stato militare". Dalla Turchia giunge una netta condanna dell'intervento delle forze armate in Egitto: ad esprimerla il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu, rappresentante di un governo islamico che nelle scorse settimane ha dovuto fare i conti con grandi manifestazioni di piazza. Dall'Emirato del Qatar, che pur in questi mesi ha dato un forte supporto finanziario al governo del presidente Morsi, giungono invece dischiarazioni di sostegno alla ''volontà'' del popolo egiziano che, con l'aiuto delle forze armate, lo ha appena rovesciato. Il Qatar, riferisce Al Jazira citando una fonte del ministero degli Esteri dell'emirato, ''continuerà a rispettare la volontà dell'Egitto e del suo popolo a 360 gradi".
A favore della svolta si schierano anche gli Emirati arabi uniti e il Kuwait, che si sono congratulati con il giudice Adly Mansour, designato dai militari a succedere a Morsi come capo dello stato ad interim.
"Abbiamo seguito con attenzione e soddisfazione il consenso nazione che il paese nostro fratello sta riscontando e che ha svolto un ruolo di primo piano nel condurre l'Egitto pacificamente fuori dalla crisi", ha detto il presidente degli Emirati arabi uniti Sheikh Khalifa bin Zayed al-Nahayan.
Il leader del Kuwait Sheikh Sabah al-Ahmad al-Sabah ha elogiato "il ruolo positivo e storico" svolto dalle forze armate nel mantenere la stabilità. Congratulazioni al nuovo presidente ad interim anche dal re saudita Abdallah, che gli ha mandato un telegrammo - citato dall'agenzia ufficiale Spa - in cui gli si rvolte come ''presidente della repubblica sorella araba d'Egitto''. Anche il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmoud Abbas) si è congratulato con Adly Mansour, nuovo presidente ad interim egiziano che ha preso il posto di Mohammed Morsi. Lo riporta l'agenzia ufficiale palestinese Wafa.
"A nome del popolo palestinese e della sua leadership mi congratulo - ha detto Abu Mazen in una lettera - con quella egiziana in questa fase di transizione della sua storia".
(ANSAmed, 4 luglio 2013)
Samsung Electronics conferma l'acquisizione della start-up Boxee con sede a Tel-Aviv
Continua l'ondata di acquisizioni degli ultimi mesi da parte di alcune importanti aziende del settore tecnologico, e dopo i recenti acquisti di Yahoo! è il momento di Samsung Electronics, colosso sudcoreano alla guida del mercato smartphone a livello mondiale, che proprio in questi giorni ha portato a termine una importante acquisizione.
Dopo alcune indiscrezioni trapelate in rete, infatti, Samsung ha rivelato di aver comprato la start-up Boxee, con sede a Tel-Aviv, che tra i suoi servizi permette agli utenti di guardare in diretta programmi televisivi e commentarli attraverso l'apposita rete social messa a disposizione.
Una conferma ufficiale del costo totale di questa transazione non è stato rivelato, ma le solite indiscrezioni parlano di almeno 30 milioni di dollari che Samsung avrebbe offerto per trovare l'accordo.
Boxee può contare sul lavoro di circa 40 dipendenti, che continueranno a lavorare all'interno dell'azienda per migliorare ulteriormente i servizi e offrire agli utenti una esperienza sempre migliore.
Il colosso sudcoreano, invece, ha rivelato che l'acquisizione è stata portata a termine per consentire all'azienda di migliorare ulteriormente i propri servizi ed offrire agli utenti una maggiore interazione tra tutti i dispositivi.
Non resta quindi che attendere prossimi aggiornamenti per saperne di più.
(Hi-Tech Italy, 4 luglio 2013
Firmato l'accordo di Open Skies fra Israele e la Unione Europea
Permetterà alle compagnie aeree israeliane di operare in tutti i Paesi europei e alle compagnie europee di attivare voli diretti verso Israele da varie destinazioni
Lo scorso 10 giugno, dopo anni di negoziazioni, è stato firmato l'accordo Open Skies fra Israele e l'Unione Europea che permetterà alle compagnie aeree israeliane di operare in tutti i Paesi europei e alle compagnie europee di attivare voli diretti verso Israele da varie destinazioni.
La prima ad usufruire di questo accordo è easyJet, che volerò tra Roma e Tel Aviv dal prossimo 24 settembre. Il vettore intende poi aggiungere le linee Tel Aviv - Parigi e Tel Aviv - Amsterdam.
(Guida Viaggi, 4 luglio 2013)
Percorsi animati e visite guidate alla Sinagoga di Pesaro
La Sinagoga di Pesaro
PESARO - Martedì 9 luglio alle 21 si terrà il primo appuntamento dedicato alla storia e alla cultura ebraica. Tra visite guidate, percorsi teatrali e letture sceniche che avranno come punto di partenza o di arrivo la Sinagoga di Pesaro, saranno davvero tante le opportunità per conoscere meglio un mondo che sembra ormai perduto ma che tante tracce ha lasciato dietro di sé.
Si comincia con il percorso teatrale itinerante nelle vie del ghetto intitolato Oltre il muro. Voci e volti dimenticati dal ghetto di Pesaro. L'appuntamento è per le ore 21 davanti alla Sinagoga, il percorso è rivolto ad adulti e bambini sopra i 10 anni.
DESCRIZIONE
Cosa rimane dell'antico ghetto ebraico di Pesaro? Quasi nulla in apparenza: un perimetro tracciato con mano incerta su di una vecchia mappa, scarni documenti d'archivio, nomi dalla sbiadita memoria che aleggiano tra piccole strade cittadine Sarà proprio percorrendo le strette vie che circondano la sinagoga sefardita nella sospesa atmosfera serale che riporteremo in vita - grazie ad un imprevisto percorso animato - quel piccolo mondo perduto tra le pieghe del tempo, evocandone voci e volti, vicissitudini ed emozioni.
Costo: 4,00 euro
Durata: 60 min. circa
Prenotazione obbligatoria allo 0721 387 541
(negli orari di apertura dei Musei Civici di Palazzo Mosca)
Call center 199 151 123
(dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17)
GLI ALTRI APPUNTAMENTI
Martedì 30 luglio 2013 - Ritorno a Sepharad. Alle radici della comunità ebraica di Pesaro
Suoni, odori, sapori, colori hanno il potere di condurci lontano, di farci abbandonare le nostre certezze per avviarci lungo strade sconosciute. Questo viaggio narrato e animato attraverso i nostri sensi ci condurrà oltre il tempo e lo spazio per ritrovare le più antiche radici della comunità ebraica di Pesaro. Una visita insolita alla sinagoga sefardita che prende la forma di un travagliato cammino tra i secoli, percorso dalle note gioiose delle cultura mediterranea e dai tristi echi della persecuzione.
Martedì 20 agosto 2013 - Mettimi come un sigillo sul tuo cuore
Oscuro e luminosissimo, sfuggente e avvolgente, nitido e metaforico, non c'è forse testo della tradizione ebraica che come il Cantico dei Cantici sia capace di incarnare così tante anime, di fondere nel suo suggestivo linguaggio poetico contraddizioni e passioni contrastanti. Il suadente canto di re Salomone sarà filo conduttore della lettura animata proposta in sinagoga e allo stesso tempo orizzonte entro il quale incastonare e leggere alcune storie antiche e moderne di ispirazione ebraica.
Previste visite guidate nei giorni di Giovedì 18 luglio, 22 agosto e 12 settembre.
L'appuntamento è sempre per le ore 21 davanti alla Sinagoga
Costo: 3,00 euro
Durata: 45 min. circa
Le visite saranno garantite solo al raggiungimento di un numero minimo di 15 partecipanti;
Prenotazione obbligatoria Organizzazione: Comune di Pesaro_Assessorato alla Cultura, Sistema Museo Informazioni: Tel 0721 387 541 da martedì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16:30- 19:30 Email: pesaro@sistemamuseo.it
(fanoinforma.it, 4 luglio 2013)
Guide, non propagandisti
di Francesco Lucrezi
Nel mio articoletto pubblicato due settimane fa, mercoledì 19 giugno, ho avuto modo di commentare le osservazioni di Sergio Minerbi, relative all'influenza decisamente negativa sulle relazioni israelo-palestinesi che svolgerebbero le istituzioni ecclesiastiche presenti sul territorio. La tesi di Minerbi, nell'essenza, sarebbe che, mentre, a livello di vertice, i rappresentanti della Santa Sede e dello Stato di Israele perderebbero tempo in un dialogo teologico sostanzialmente inutile, ci si sarebbe ormai abituati allo spettacolo di un clero, in Israele e in Palestina, sistematicamente impegnato in una costante opera di criminalizzazione dello Stato d'Israele, cosicché l'apparente 'normalizzazione' a livello teologico sarebbe pagata, in realtà, con l'accettazione tacita di una continua ostilità (non verso gli ebrei nel loro complesso ma) verso lo Stato ebraico.
Scrissi, il 19 giugno, che Minerbi, purtroppo, ha ragione. Alle considerazioni allora espresse vorrei solo aggiungere una piccola postilla, ossia la presa d'atto di come a tale ostilità contribuisca attivamente la potente macchina dei pellegrinaggi religiosi in Terra Santa, le cui guide, con rare eccezioni, appaiono scientificamente impegnate in una capillare attività di propaganda anti-israeliana, nella quale i torti e le ragioni tra le due parti appaiono divisi con elementare semplicità: tutto il bene di qua, tutto il male di là.
Certo, è difficile, su questo terreno, ottenere statistiche precise, ma basta chiedere a chiunque abbia partecipato a uno dei pellegrinaggi religiosi per avere un quadro della situazione: la visita al "muro" di divisione, per esempio, è diventata una delle tappe obbligatorie del viaggio, e le guide illustrano minuziosamente le innumerevoli privazioni e sofferenze che da esso deriverebbe alla popolazione civile, nell'assoluto silenzio sulle ragioni che ne hanno imposto la costruzione. Ma gli esempi sarebbero innumerevoli.
Ma anche Israele, si dirà, ha le sue organizzazioni turistiche, e magari anche le guide israeliane daranno una rappresentazione non imparziale delle cose. Ribadendo la difficoltà di formulare statistiche precise, posso, però, al riguardo - avendo conosciuto di persona molte guide israeliane -, affermare con decisione (oltre all'ammirazione per la loro grande competenza e professionalità) quello che mi pare un dato di fatto: non fanno propaganda. Ognuno di loro ha le proprie idee, e, quando capita, le possono comunicare, ascoltando il parere delle persone a loro affidate. Ma non hanno nessuna missione 'educatrice', non vogliono inculcare negli 'scolari' le loro convinzioni, ma semplicemente aiutarli a comprendere la realtà e la complessità di una terra di così grande bellezza. Come ogni bravo 'maestro' dovrebbe fare.
(Notiziario Ucei, 3 luglio 2013)
Turchia - Il vicepremier accusa gli ebrei di tutto
Il vicepremier della Turchia ha accusato la diaspora ebrea e gli Stati stranieri nel rinfocolamento dei disordini che si sono abbattuti sul Paese il mese scorso, comunica martedì il giornale Hurriyet.
Il giornale cita le parole del vicepremier Besir Atalay: "Ci sono alcuni che invidiano la crescita della Turchia. Tutti coloro sono legati alla diaspora ebraica. Avete visto l'atteggiamento dei mass media stranieri durante i disordini sul parco Gezi, loro (la diaspora ebraica) li hanno comprati ed hanno avviato una interpretazione dei fatti senza fare una valutazione adeguata dell'avvenuto".
(La Voce della Russia, 3 luglio 2013)
Ron Arad: "L'Italia mi ha aiutato"
Il designer israeliano sta esponendo al Design Museum di Holon dei lavori che hanno come protagonista la Fiat 500. Noi lo abbiamo intervistato.
di Gaetano Prisciantelli
Al centro della sala ci sono due oggetti dalla forma familiare. Uno è il prototipo originale in legno della Fiat 500, firmato da Dante Giacosa, utilizzato a Torino tra il 1956 e il 1964 per dare forma all'utilitaria. L'altro è il suo gemello, creato da Ron Arad nel 2013, realizzato assemblando fili d'acciaio spessi poco meno di un dito. Le due Fiat si trovano una di fronte all'altra, come se volessero dirsi qualcosa. "Sarebbe bello fare una foto alle due auto e chiedere ai lettori di Wired cosa, secondo loro, si stanno dicendo", scherza Ron Arad, classe 1951, nato in Israele e creatore del Museo del design di Holon, a dieci minuti di macchina dal centro di Tel Aviv, inaugurato tre anni fa, che adesso lo ospita con una mostra dal titolo In Reverse.
Alle pareti la sala espone le carrozzerie di sei Fiat 500 schiacciate da presse idrauliche e pale meccaniche, fino ad assumere forme quasi bidimensionali. Ci sono ancora ruote e sedili e una delle sei auto ha ancora le chiavi attaccate al quadro. Sono certamente ridotte male, ma non hanno l'aria inquietante delle carcasse da demolire. Arad ha avuto cura di pressarle in modo da salvarne la grazia e di esaltare, nelle curve del metallo sottoposto alla forza meccanica, la bellezza di forme inedite. La mostra trasmette, in effetti, il divertimento e il senso di sperimentazione di un gioco da bambini.
"Sia il museo che le Fiat sono figli della stessa curiosità e della stessa domanda: 'che succede se ...?' Quando ho creato il museo mi sono chiesto: 'Che succede se sovrappongo dei nastri colorati e trasformo questa idea in un edificio?', quindi stavolta mi sono chiesto: 'Che succede se prendo un'automobile e la schiaccio fino a farla diventare un quadro da appendere alla parete?'. E a quel punto serve tanta energia e serve il tempo di parecchie persone per riuscire a servire questa curiosità e a soddisfarla".
Per quante Fiat 500 siano ancora in circolazione, utilizzarne sei in questo modo può far stringere il cuore ai cultori delle auto d'epoca e ai nostalgici del modernariato italiano. D'altro canto, spiega Lydia Yee, curatrice della mostra, l'intervento di un artista consegna un oggetto all'eternità. L'altro paradosso è che Ron Arad, come designer, dovrebbe dare una funzione agli oggetti. Mentre in questo caso fa il contrario: prende un'automobile utile e la schiaccia fino a farla diventare un quadro privo di funzioni pratiche ma pronto a restituire l'energia e il divertimento che l'hanno originato. Del resto, la mostra ha come titolo "In Reverse": "al contrario".
- Come è cambiato il tuo modo di lavorare da quando usi i computer? "Non sono un grande amico del mouse e del pulsante destro e sinistro, ma sono un grande fan della light pen ad esempio, perché mi permette di disegnare esattamente come se fosse la carta. Al termine di una giornata di lavoro accumulo tanti disegni e appunti, che prima avrebbero assunto la forma di una montagna di fogli e di ritagli da mettere in ordine. Non era male all'epoca, ma ora è tutto più ordinato e gli strumenti a nostra disposizione stanno migliorando. I colori, il tratto, tutto finalmente si connette. Posso cambiare i file, i modelli. Posso fare di più. Non è necessariamente un fatto positivo, ma in assoluto è diventato più facile produrre di più. In Cina c'è gente che progetta un grattacielo usando solo un pc portatile. Prima serviva uno studio di 50 persone. Diciamo che una parte di questa evoluzione è positiva. Ma se parliamo di architettura, c'è stato un periodo in cui guardando un progetto la prima cosa che si riconosceva era il programma con cui era stato realizzato, e poi magari si riconosceva anche la mano dell'architetto che lo firmava. Un periodo veramente noioso per l'architettura - parlo di circa cinque biennali dell'architettura fa. Negli studi degli architetti più anziani erano arrivati tutti questi geek, gli architetti erano entusiasti di poter fare tante forme nuove, tanti "blob". Ma erano lavori terribili, firmati da persone che fino ad allora rispettavo, presi in ostaggio da gente che fino al giorno prima passava le giornate a giocare al Nintendo. Poi le cose sono migliorate. Oggi finalmente si torna a vedere il progetto oltre alla macchina con cui è stato realizzato.
Per il mio lavoro mi affido a persone che sono brave coi computer, mi affido completamente a loro. Ma spero che sia reciproco. Spero che si fidino della mia capacità di disegnare e creare. Più le macchine si evolvono, meno i loro prodotti somigliano alle macchine che li hanno creati. Un mio ex allievo, Roland Lamb, ha creato la Seabord, una tastiera touch. Si può dare al suono l'effetto vibrato, o imitare il suono di un altro strumento, usando solo le mani - mentre un organo tradizionale ha bisogno dei pedali per creare un effetto diverso. Questo uso del design rende la macchina meno "macchina". La fonte della musica in questo caso è la mano. Non un programma, non una funzione, ma il modo di suonare".
- Cosa lega le due auto esposte al centro della mostra? "Le due auto non sono così lontane tra loro. Entrambe sono state realizzate da artigiani italiani straordinari. Una a Torino, l'altra in Brianza. I due lavori girano intorno alla stessa idea. C'è un pezzo che è l'equivalente di quello in legno, che ho esposto alla Royal Academy, che è lo strumento che abbiamo realizzato per fare poi il pezzo in acciaio. La Fiat originale è stata scannerizzata e assemblata ed è bellissima, sembra il prototipo di Dante Giacosa, ma è fatta al computer. Quello è il suo vero gemello. Non l'ho potuta portare qui perché all'inizio non era previsto. Per questo l'ho lasciata a Londra, purtroppo, col titolo "blame the tools" (date la colpa alle macchine). Se vai su Google e metti quel titolo insieme a "Royal Academy" l'immagine appare subito".
- La Fiat 500 è l'icona di un passato in cui noi italiani guardavamo con ottimismo al futuro. Secondo te lo facciamo ancora? "L'Italia è tra i posti migliori se uno cerca persone capaci di realizzare delle cose complicate. A un certo punto durante gli anni Ottanta l'Italia aprì le porte a designer stranieri, come me, o Philippe Starck, e c'è stato un momento in cui tutti i maestri del design erano italiani e i designer erano quasi tutti stranieri, al servizio dell'industria italiana. L'Italia è ancora un posto dove la cultura del lavoro manuale, della manifattura, è forte e non teme concorrenza. C'è la concorrenza tedesca, ma con altre connotazioni e altri obiettivi. Milano è ancora la capitale di quello strano mondo che è il design, non sappiamo per quanto ancora. Tuttavia, la nostalgia di quel passato è un sentimento a buon mercato. Lo viviamo anche in Inghilterra, la culla della civiltà industriale che oggi vive soprattutto di servizi bancari, mentre quasi nessuno degli oggetti materiali con cui abbiamo a che fare è fatto in patria. E pensa al rock and roll, al teatro, all'arte. Per un certo periodo l'arte britannica era scomparsa, ma poi ha riscoperto sé stessa. Tutto sommato stiamo parlando di arte, di design: non stiamo parlando di calcio. L'arte, la cultura e il design non sono una competizione tra nazioni. C'è un periodo in cui un luogo è florido, poi le cose cambiano. Se fossi italiano non mi preoccuperei. Il cibo è ancora buono. E l'Italia è ancora una fonte di piacere, di gioia. Con questa mostra ho sofferto parecchio perché non riuscivo a trovare il modo per realizzarla, sembrava impossibile. Sono dovuto andare a prendere le auto italiane a Londra, le ho portate in Olanda, ma alla fine sono finite in Italia. L'Italia mi ha aiutato, a cominciare dalla Fiat. E uno studio in Italia, grazie a Roberto Travaglio, mi ha aiutato a realizzare la Roddy Giacosa [la copia della Fiat 500 fatta di tondini in acciaio - rod in inglese - battezzata così in onore di Dante Giacosa, NdI]. In Inghilterra non sarei riuscito a farla. Questo lavoro è stato possibile solo grazie all'approccio italiano. A proposito di Italia: se potete, andate alla Biennale di Venezia a vedere Last Train, una macchina che disegna sul vetro con una punta di diamante e segue comandi che arrivano in wireless ... molto Wired, no?"
3 luglio - 15 settembre. Al via una mostra per celebrare la Amy Winehouse inedita, famigliare e soprattutto legata all'ebraismo.
Amy Winehouse
Abiti, libri, cd, scarpe e fotografie. Tutto questo, appartenuto ad Amy Winehouse, sarà in mostra al museo ebraico di Camden fino a settembre. "Amy Winehouse: A Family Portrait" il titolo della curiosa mostra, che porterà su 'piazza' gli effetti personali della cantante, scomparsa ormai da due anni. A curare la mostra il fratello di Amy, Alex, e sua moglie Riva, insieme a Liz Selby.
"Abbiamo voluto mostrare Amy in una luce leggermente diversa da come lei è sempre stata percepita dai media". Queste le parole della Selby, rilasciate al The Guardian, a cui sono seguite quelle di Alex Winehouse: "Amy era una persona incredibilmente orgogliosa delle sue radici ebraiche. Spero che il mondo venga non solo a vedere questo lato di Amy, ma anche ciò che è stata la nostra famiglia".
Tra i tanti oggetti esposti decine di foto riguardanti l'adolescenza di Amy, ma anche la chitarra che la cantante e il fratello Alex condivisero da giovani, o il libro di Snoopy che la Winehouse rubò al fratellino quando erano più piccoli. Abigail Morris, amministratrice delegata del museo, si è detta convinta che la mostra emozionerà il pubblico, perché ad esplodere sarà un'immagine diversa di Amy. Quella più intima e famigliare.
La Winehouse, lo ricordiamo, è morta il 23 luglio del 2011, per avvelenamento da alcool. In totale solitudine. "Amy Winehouse: A Family Portrait" si terrà dal 3 luglio al prossimo 15 settembre.
(Gossipblog, 3 luglio 2013)
Asta record in Israele per un dipinto di Modigliani
Il 'Ritratto di Annie Bjarne' della collezione del miliardario Meshulam Riklis è l'opera più costosa mai venduta a un'asta in Israele
TEL AVIV, 3 lug. - Un dipinto di Amedeo Modigliani è stato venduto all'asta in Israele per 31,4 milioni di schekel (6,7 milioni di euro, 8,7 milioni di dollari), segnando il nuovo record israeliano in materia di aste di opere d'arte.
Il miliardario israeliano Meshulam Riklis ha venduto per questa somma a un uomo d'affari francese il 'Ritratto di Annie Bjarne',
realizzato da Modigliani nel 1919. Il quadro è andato in asta, curata da Matsart in simultanea fra Israele, Parigi e New York, con una valutazione di poco superiore ai 6 milioni di euro.
Un portavoce della Matsart ha confermato la vendita. "Questa è l'opera più costosa che sia mai stata venduta in Israele fino ad oggi", ha sottolineato al quotidiano un collaboratore della casa d'aste, aggiungendo che questo "è un segno che il mercato dell'arte attrae investitori da tutto il mondo". L'opera, che secondo il quotidiano 'Yediot Ahronot' era stata acquistata da Riklis circa 30 anni fa a New York per una somma vicina a un milione di dollari, è rimasta per il momento a New York, per evitare aggravi fiscali nell'operazione di vendita.
(Adnkronos, 3 luglio 2013)
Archeologi israeliani affermano di aver scoperto il Tabernacolo di Mosè
di Deborah Partouche
I resti del biblico Tabernacolo degli ebrei sono stati scoperti sul luogo della ex Shilo. Il Tabernacolo precede i templi e le date del periodo compreso tra la conquista della terra di Israele da parte di Giosuè e l'ascesa del re Davide.
Secondo quanto pubblicato da Israele Hayom, gli archeologi presenteranno i loro risultati questa settimana sul luogo di Shilo, in Samaria, in una prossima conferenza.
"Sono stati scoperti sul sito fori scavati nella roccia. Avrebbero potuto essere usati per sostenere delle travi in legno utilizzate in una struttura temporanea come il Tabernacolo. Le travi erano parte delle mura del Tabernacolo" hanno spiegato gli archeologi. Accanto ai fori, nella parte nord di Tel Shilo, sono state scoperte delle strutture risalenti al periodo tra Giosuè e il re Davide.
In una delle strutture sono state trovate anche tre pentole di grandi dimensioni. I ricercatori hanno detto che questi oggetti non erano destinati ad un uso domestico perché le strutture facevano parte di un ente pubblico centrale.
Inoltre, i resti del muro trovato sembrano essere l'angolo sud-ovest del muro che circondava la città di Shilo. Sulla base di questi risultati, i ricercatori hanno anche valutato dov'era l'ingresso alla porta della città, perché è noto che il Tabernacolo è situato vicino alla porta d'ingresso.
Sulle colline che circondano il sito, i ricercatori hanno anche scoperto le ossa di animali sacrificati mangiati dagli ebrei venuti a Shilo. La datazione delle ossa corrisponde con le date bibliche dell'attività del Tabernacolo di Shilo.
(Le Monde Juif, 2 luglio 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Sionismo: una parola che non tutti capiscono
I distinguo e le differenze del mondo ebraico nel giudicare il valore assoluto di Israele
di Ugo Volli
Come tutti sanno, lo Stato di Israele non solo da sempre è sottoposto ad attacchi sul piano militare e terroristico e delle manifestazioni violente sul suo territorio, ma anche a una campagna infinita di delegittimazione e demonizzazione in tutto il mondo, che mira a boicottarlo sul piano economico e culturale, a isolarlo su quello politico e diplomatico, a metterlo sotto accusa su quello legale. Le due cose sono evidentemente legate. La guerra politica e propagandistica legittima le azioni violente, e queste ultime, presentandosi come "resistenza" e dando luogo alle reazioni difensive di Israele, alimentano la campagna di stampa, le prese di posizioni politiche, i boicottaggi soprattutto nel mondo islamico ma anche in Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Talvolta i due piani si incrociano e ci troviamo ad assistere alla "degenerazione" delle manifestazioni antisraeliane in terrorismo anche nel resto del mondo. Questo terrorismo è di solito rivolto contro le comunità ebraiche e i singoli ebrei. I terroristi non combattono infatti gli israeliani, sia perché non riconoscono l'identità dell'entità sionista", sia perché non ce l'hanno con i cittadini israeliani di fede islamica, ma proprio con gli ebrei (secondo un linguaggio eufemistico: i sionisti) che "occuperebbero" Haifa e Tiberiade e Ashkelon non meno di Gerusalemme. Ariel o Maalè Adumin. "Gli ebrei", tutti gli ebrei, sono il loro nemico. Per questa ragione non vi è distinzione fondamentale fra antisionismo e antisemitismo, fra odio per Israele e per gli ebrei. Tutto questo è ben noto e non vale la pena di spiegarlo qui in maggiori dettagli.
Quel che di solito si considera di meno, ma su cui vale la pena di riflettere, è che la guerra diplomatica, politica, legale e dell'informazione non è limitata agli ambienti islamici, ad ambienti tradizionalmente nemici dell'ebraismo come certe frange cristiane di estrema destra (Iefebvriani) o di estrema sinistra (pax Christi, certe organizzazioni protestanti che non si sono veramente staccate dalla tradizione violentemente antigiudaica di Lutero) o a forze politiche dell'estrema destra o di sinistra, eredi queste ultime dell'antisionismo dell'Urss e del Pci. Benché assolutamente minoritari, vi sono personaggi e ambienti ebraici, o almeno di origine ebraica, più o meno esplicitamente antisionisti che diventano uno strumento preziosissimo per i nemici di Israele.
Anche in questo caso, è opportuno distinguere una "destra" che si definisce conservatrice dei valori ebraici e una "sinistra" che si dice motivata da universalismo e passione per la giustizia tali da superare le linee ristrette dell'appartenenza a un popolo. E in entrambe le ali vale la pena di distinguere tra frange ultra-estremiste e ali più sfumate, che spesso rifiutano l'etichetta antisionismo per rifugiarsi (a sinistra) in qualifiche più ambigue: a-sionismo, post-sionismo. sionismo sì, ma "diverso" dalla politica "reazionaria e fascista" del governo di Israele eccetera eccetera.
Non è il caso di analizzare qui nei dettagli le diverse posizioni, ma vale la pena di dire che "a destra" gli antisionisti più estremi sono il piccolo gruppo dei Naturei Karta, noto per le sue visite ad Ahmadinejad e per la partecipazione ai governi di Arafat, e il molto più esteso gruppo dei chassidim di Satmar, mentre buona parte (ma non proprio tutto) il mondo dei charedim è indifferente se non contrario all'esistenza dello Stato di Israele in quanto laico e perché realizzato trasgredendo ad antiche interpretazioni rnidrashiche, che proibirebbero il rientro in massa degli ebrei in Eretz Israel.
A sinistra ci sono intellettuali molto noti di origine ebraica attivamente schierati contro l'esistenza di Israele, da Chomski a Pappe a Judith Butler; giuristi attivi contro Israele come Falk e Goldstone, attivisti come Hassel, militanti pro-palestinesi e navigatori di flotille, in genere assai isolati. Ma anche qui c'è un alone in cui queste posizioni si stemperano in forme meno aggressive ma più insinuanti, dalla lobby americana di sinistra J Street con la sua appendice europea J Call, fino agli ambienti vicini al quotidiano Haaretz (che di recente ha pubblicato un articolo di Amira Hass per approvare gli attentati palestinesi a sassate, spesso mortali, contro le automobili, sulla base del "diritto alla resistenza") e ad ambienti intellettuali dell'estrema sinistra.
Perché citare questi fenomeni, che a destra come a sinistra sono estremamente minoritari nell'elettorato israeliano e anche nelle comunità della diaspora? Vi sono due ragioni. La prima è che queste posizioni, sia pure minori e in decrescita sul piano dell'opinione pubblica israeliana ed ebraica, hanno un grande appoggio non solo dalla propaganda pro-palestinese, ma anche della stampa "autorevole", Per esempio le ultime deliranti prese di posizione di Richard Falk, che la solita maggioranza pro-palestinese ha nominato consulente dell'Onu per i diritti umani in Palestina, in cui si dava a Israele e all'America la colpa dell'attentato islamista di Boston, sono state largamente diffuse e non denunciate come illogiche e fanatiche. La seconda ragione è che anche nel mondo ebraico queste posizioni non sono isolate come dovrebbero. Il numero di maggio di "Pagine ebraiche", che è l'organo dell'Ucei, contiene due articoli di queste tendenze: uno di "destra", in cui il rabbino Paolo Sciunnach giustifica il rifiuto dei charedim in Israele di fare il servizio militare come tutti gli altri cittadini con gli argomenti teologici contro !'istituzione dello stato ebraico cui ho accennato prima; e l'altro di "sinistra", a firma di Simon Levis Sullam che prende spunto dall'attentato al Tempio di Roma del 1982 per una pesante delegittimazione di Israele, "della sua leadership e delle sue disastrose politiche".
Non è il caso di discutere qui le ragioni per cui posizioni come queste (e altre non troppo diverse) trovino espressione negli organi dell'ebraismo italiano, mentre, come ammette lo stesso Sullam, per la grandissima maggioranza degli ebrei italiani Israele resta un ideale e un patrimonio da difendere. Bisogna però farci caso e non lasciarle mai senza risposta. Perché purtroppo non si può dare per scontato il sionismo neanche negli organi ufficiali dell'ebraismo, ma bisogna continuamente argomentarlo e difenderlo.
(Shalom, giugno 2013)
Protesta degli ebrei ortodossi a Bruxelles
Centinaia di ebrei ortodossi si sono riuniti davanti alla sede della Commissione europea, a Bruxelles, per protestare contro il trattamento riservato da Israele agli ebrei ortodossi.
A euronews, crediamo nell'intelligenza umana e siamo convinti che il ruolo di un canale d'informazione sia fornire ad ogni individuo materia sufficiente perché possa forgiarsi la propria opinione sul mondo.
Anche noi pensiamo che le immagini, delle volte, non abbiano bisogno di spiegazioni o di commenti. Per questo abbiamo creato "No comment" e No Comment TV: per mostrare il mondo da una prospettiva diversa.
Video
(euronews, 2 luglio 2013)
Scoperte a Gerusalemme tre brocche e una lampada risalenti all'assedio romano del 70 d.C.
GERUSALEMME, 2 lug. - Una piccola cisterna annessa a un edificio e' stata portata alla luce di recente durante uno scavo archeologico che la Israel Antiquities Authority sta conducendo nei pressi del Muro del Pianto, vicino all'Arco di Robinson, nel parco archeologico di Gerusalemme. Dentro la cisterna c'erano tre brocche da cucina intatte e una piccola lampada a olio di ceramica che risalgono ai tempi della prima guerra giudaica (66-70 d.C.).
Il vasellame, informa il sito Israele.net, e' stato rinvenuto nel canale di drenaggio che e' stato interamente portato alla luce, dalla Vasca di Siloe, nella Citta' di David, all'inizio dell'Arco di Robinson. Secondo Eli Shukron, direttore degli scavi per la Israel Antiquities Authority, ''questa e' la prima volta che siamo in grado di collegare dei reperti archeologici con la carestia che ebbe luogo durante l'assedio di Gerusalemme al tempo della rivolta anti-romana''.
Le brocche da cucina intatte e la lampada a olio in ceramica indicano, secondo gli archeologi, che la gente scendeva nella cisterna dove mangiava di nascosto il cibo contenuto nelle brocche senza farsi vedere da nessuno, il che corrisponde al racconto fornito da Giuseppe Flavio. Nel suo libro ''La guerra giudaica'', Giuseppe Flavio descrive l'assedio romano a Gerusalemme e la tremenda fame che esso provoco' all'interno della citta' accerchiata. Nella sua drammatica descrizione della carestia a Gerusalemme, egli racconta dei ribelli ebrei che cercavano il cibo nelle case dei loro fratelli. Costoro, scrive Giuseppe Flavio, nascondevano il cibo che possedevano per timore che venisse rubato dai ribelli e lo mangiavano negli angoli piu' nascosti delle loro case.
(Adnkronos, 2 luglio 2013)
La donna, l'ebraismo. Il dibattito sul Corriere della Sera
MILANO - "La mia libertà? La ritrovo nella famiglia e nelle tradizioni religiose". Sul blog al femminile del Corriere della Sera, la 27esima ora, un articolo di Gheula Canarutto Nemni, autrice di "(Non) si può avere tutto" (ebook) e collaboratrice di Pagine Ebraiche accende il dibattito sullo stile di vita degli ebrei haredim, e in particolare delle donne harediot. "In questo stile di vita che in ogni secondo ti richiede un esame di coscienza per diventare una persona migliore e i salti mortali per trovare una gonna che non sia troppo corta, in queste figure di donne che racconto ai miei figli (maschi e femmine) prima di andare a dormire, trovo rinnovata la mia libertà di essere umano" scrive, raccontandosi in quanto "donna ebrea ortodossa": nella biografia che accompagna l'articolo spiega anche di avere una laurea all'Università Bocconi, un master e alcuni anni di docenza alle spalle, prima di scoprire una grande passione per la scrittura. A completare il quadro, la scelta del Corriere di accompagnare l'articolo a un'immagine tratta dal film "La sposa promessa" che ha di recente portato il mondo haredi all'attenzione del grande pubblico oltre tanti stereotipi. E i lettori del Corriere hanno dimostrato un forte interesse per l'argomento. L'articolo compare nella classifica dei più letti del blog e sono numerosissimi i commenti. Se Jackie82 sottolinea che quello di Gheula è "il vero anticonformismo" ("L'essere ribelle è volersi dissociare dalle masse, e oggi le masse non desiderano, per l'appunto, attaccarsi ad alcun valore, definito sorpassato, vecchio"). Zenobia si chiede se tuttavia, "pur evidenziando il ruolo della donna (il fatto che la religione viene trasmessa dalla madre), tuttavia, mi sembra che alla fine la donna forse subisca tale ruolo, più che sceglierlo?". C'è chi ha dichiarato di condividere quanto scritto in quanto cattolico, e chi invece contesta l'attribuzione di un valore morale alla modestia nel vestirsi. Numerose poi le interpretazioni circa il ruolo della donna nelle varie religioni, qualche critica infine, anche molto dura all'ebraismo haredì in quanto tale.
Canarutto legge e ringrazia tutti per gli spunti. Auspicando magari, di organizzare presto "una tavola rotonda di domande e risposte sull'ebraismo".
(Notiziario Ucei, 2 luglio 2013)
L'elezione di Rohani vista dagli ebrei iraniani
Ciamak Morsadegh
TEHERAN - L'elezione del nuovo Presidente iraniano Hassan Rohani rappresenta per gli ebrei iraniani la conferma che "l'Iran è un Paese democratico, dove è del tutto normale cambiare il Presidente e i membri del Parlamento secondo le esigenze del momento". Lo dichiara all'Agenzia Fides il dottor Ciamak Morsadegh, rappresentante della comunità ebraica al Parlamento di Teheran. Secondo Morsadegh, la vittoria sorprendente del "moderato" Rohani al primo turno delle elezioni presidenziali non comporta una discontinuità radicale nelle prospettive geo-politiche della Repubblica islamica dell'Iran: "Le strategie e gli interessi di fondo del Paese non cambiano. I cambiamenti opportuni vanno introdotti sempre con gradualità e tenendo conto dell'interesse generale della Nazione. Altrimenti un Paese entra in vertigine e rischia di destabilizzarsi", nota Morsadegh.
Gli ebrei in Iran sono 25mila. Le sinagoghe e i luoghi di culto ebraici sono più di cento in tutto il Paese. Alla comunità ebraica iraniana è riservato un seggio nel Parlamento di Teheran (dove due seggi spettano per legge ai cristiani e uno ai zoroastriani). Secondo Morsadegh, che dirige l'ospedale ebraico della Capitale, l'Iran attuale garantisce pieno esercizio di cittadinanza ai membri delle minoranze religiose: "Prima della rivoluzione islamica" riferisce il parlamentare" la Costituzione ci definiva come ebrei, cristiani e zoroastriani residenti in Iran. Nell'attuale Carta costituzionale siamo definiti come iraniani ebrei, cristiani e zoroastriani. I problemi più gravi che ci troviamo davanti sono gli stessi affrontati dai nostri connazionali musulmani: inflazione, disoccupazione, problemi economici. Capita a volte che qualche funzionario di basso livello negli uffici governativi si mostri riluttante a impiegare personale ebraico. Ma quasi tutti questi episodi incresciosi sono stati risolti con il ricorso alle istanze competenti. In Iran non ci sono mai stati ghetti ebraici, neanche nei secoli passati. E dopo la Rivoluzione non si è verificato nemmeno un episodio di antisemitismo organizzato". Secondo il deputato ebreo, la non permeabilità tra le diverse comunità confessionali e la contrarietà alle conversioni in Iran accomuna tutti i gruppi religiosi, e non è un tratto esclusivo della maggioranza sciita: "Da noi" spiega Morsadegh "il tasso di matrimoni interreligiosi in seno alla comunità ebraica è bassissimo, meno dello 0,1 per cento. Siamo ebrei, vogliamo rimanere ebrei, e non consideriamo le comunità religiose come dei club che si possono cambiare a piacimento. In Iran chiunque fa propaganda contro una delle religioni monoteistiche viene punito. Le punizioni previste sono le stesse per chi offende Mohammad, Mosè o Gesù".
Riguardo alle relazioni con le nazioni e le potenze circostanti, Morsadegh afferma con decisione che la comunità ebraica iraniana ha come unico criterio di giudizio delle vicende geo-politiche l'interesse generale del Paese: "Nella guerra tra Iran e Iraq sono andato a combattere come volontario. In Iran nessuno vuole le guerre. Negli ultimi trecento anni noi iraniani non abbiamo iniziato nessuna guerra, ci siamo solo difesi dagli attacchi degli altri. Anche adesso, se qualche pazzo - chiunque sia - si mette in testa di attaccare il nostro Paese, noi ebrei iraniani faremo tutto il possibile per difendere la nostra Patria".
(agenzia fides, 2 luglio 2013)
Il lato mondano di Gerusalemme
Gerusalemme antica, bellissima e indaffarata. Qui si fa business: scienza e tecnologia sono campi in cui Israele eccelle, e a Gerusalemme si organizzano spesso incontri ed eventi su queste tematiche. La città è dinamica, ricca di appuntamenti culturali, musei, spa e ristoranti - non solo per pellegrini
Gerusalemme è antica e moderna, guidata da un sindaco dinamico, Nir Barkat, che vuole renderla una città ancora più attraente per turisti e uomini d'affari. In città ci sono 11.000 camere d'albergo che coprono tutti gli stili possibili, contemporaneo, di design, minimal o di lusso. Solo a Gerusalemme è possibile organizzare un meeting con vista sulla Cupola della Roccia e visitare circa 150 musei....
(Data Manager Online, 2 luglio 2013)
La sfinge imbizzarrita
Lunedì l'esercito egiziano ha dato al presidente Morsi un ultimatum di 48 ore per risolvere la crisi. In questi giorni sono state organizzate manifestazioni in tutto il paese per invocare le dimissioni del capo di Stato. Piazza Tahrir, al Cairo, è tornata a riempirsi come due anni fa, ai tempi della rivolta contro Mubarak.
Negli scontri tra oppositori (che si sono ribattezzati tamarod, "ribelli") e sostenitori di Morsi (questi ultimi provenienti in gran parte dalle fila dei Fratelli musulmani, il partito islamico del presidente) ci sono stati dei morti.
Morsi ha rifiutato l'ultimatum dei militari dicendosi impegnato a lavorare per la riconciliazione nazionale. Intanto cinque ministri si sono dimessi.
Nell'immagine del vignettista Shlomo Cohen il paese è raffigurato come una Sfinge imbizzarrita che cerca di disarcionare Morsi - primo presidente eletto in maniera democratica, appena un anno fa - mentre questi la imbriglia e tenta di domarla.
(limes, 2 luglio 2013)
Al via la seconda edizione di Startup Tel Aviv Boot Camp
Il concorso è dedicato ai giovani startupper, ed è promosso dall'Ambasciata di Israele in Italia, e dall'acceleratore Luiss Enlabs in collaborazione con l'associazione Italia Camp.
di Ilaria Orrù
Buone notizie per i giovani innovatori. Fra pochi giorni parte la seconda edizione di Startup Tel Aviv Boot Camp, il consorso promosso dall'Ambasciata d'Israele in Italia e dall'acceleratore Luiss EnLabs in collaborazione con l'associazione
Italia Camp, che si rivolge agli startupper alle prime armi. Il contest si rivolge infatti agli imprenditori fra i 25 e i 40 anni che abbiano fondato una startup, finanziata per la fase del seed-money, nei settori web, mobile e security.
Il 4 luglio alle 18 si terrà l'evento di lancio. Per l'occasione interverranno il founder dell'acceleratore di startup Luiss EnLabs Luigi Capello, l'Ambasciatore d'Israele in Italia, Naor Gilon, e i membri della giuria chiamata a selezionare la migliore startup attiva sulla scena italiana quest'anno.
Il vincitore, che verrà selezionato da una giuria di esperti del settore, potrà partecipare al bootcamp che si terrà a Tel Aviv dal 12 al 17 ottobre. Ma non è tutto. Durante il loro soggiorno a Tel Aviv, i vincitori del concorso potranno confrontarsi con importanti advisors e mentors del mondo delle startup israeliane, con esponenti di aziende multinazionali, business angels e venture capital in cerca di buone idee da finanziare.
Come partecipare? Bisogna inviare una presentazione video del progetto, un executive summary e il curriculum del founder della startup. Maggiori informazioni saranno disponibili sul sito tutte le informazioni per la partecipazione saranno disponibili dal 4 luglio sul sito dei
Luiss EnLabs alla sezione eventi.
(Italian Valley, 2 luglio 2013)
"America, nuova terra promessa"
Primo libro sulla storia degli ebrei italiani fuggiti in Usa durante il fascismo
di Alessandra Farkas
Gianna Pontecorboli
NEW YORK - E' il primo libro interamente dedicato alla storia degli ebrei italiani fuggiti in Usa dal 1938 al 1940 a causa delle leggi razziali del regime fascista. L'autrice Gianna Pontecorboli, giornalista genovese con una lunga carriera come corrispondente dall'estero di periodici e quotidiani italiani, ha impiegato oltre cinque anni per raccogliere la trentina di testimonianze contenute in
"America, nuova terra promessa" recentemente pubblicato in Italia da Brioschi Editore (con una prefazione di Furio Colombo). "L'idea di questo libro mi è venuta non appena sbarcai negli Stati Uniti, 35 anni fa", spiega l'autrice, "e conobbi diversi ebrei emigrati dall'Italia subito prima della Seconda Guerra Mondiale. Mi hanno subito incuriosita e affascinata perché erano perfettamente integrati sia con l'ambiente americano, ebraico e non, sia con la comunità italiana, ma al tempo stesso continuavano a essere 'diversi'. Anche se capii subito che la loro storia meritava di essere raccontata, i tempi non erano maturi perché il trauma dell'esilio bruciava ancora troppo sulla pelle di molti".
- Chi sono i protagonisti del suo libro e con quale criterio li ha scelti? "Gli esuli che scelsero l'America appartenevano soprattutto all'alta borghesia ebraica dei professionisti e intellettuali che avevano i soldi e i contatti necessari per fare un vero e proprio salto nel buio. In un gruppo di circa 2000 persone non mancavano però i giovani, oltre a qualche rappresentante della piccola e media borghesia. Nel libro volevo includere tutti e per questo ho cercato, nei limiti del possibile, di diversificare le testimonianze".
- Come furono accolti questi esuli dall'America e soprattutto dagli ebrei americani? "Non è stato facile, perché gli italoamericani li consideravano ebrei e gli ebrei li vedevano come italiani. Per di più, all'epoca, nella società Wasp i pregiudizi contro gli ebrei e contro gli italiani erano ancora molto forti. Credo che a pesare sui nuovi arrivati fosse soprattutto la freddezza degli ebrei americani, askenaziti dell'Europa Orientale sconcertati da questi strani correligionari che non parlavano una parola di Yiddish".
- Quali difficoltà hanno incontrato nell'integrarsi? "Il problema maggiore è stato ricostruirsi una stabilità economica e professionale, perché molti hanno dovuto cambiare lavoro o reinventarsi in qualche modo. Gli avvocati e i medici hanno dovuto dare gli esami per avere la licenza per esercitare la professione. I professori hanno trovato molte porte chiuse perché erano già arrivati tanti docenti dalla Germania e dagli altri paesi già sotto il tallone dei nazisti. I più anziani ne hanno risentito molto, mentre i più giovani hanno trovato abbastanza presto la loro strada".
- In quali città americane si è registrato il più alto tasso di esuli ebrei italiani? "Il primo porto d'arrivo è stato New York, dove tutti sono sbarcati e dove tutti si sono fermati almeno temporaneamente. Solo in un secondo momento gli esuli si sono trasferiti, diversi sono andati a Boston, qualcuno a Washington, a Chicago, in California o in Florida. Ancora alla fine degli anni settanta, però, la maggioranza abitava a New York e nei suoi sobborghi".
- Questi esuli erano in qualche modo in contatto tra di loro?
"Formarono un circolo molto stretto e affiatato, in cui tutti si aiutavano come potevano. Per superare il senso di estraniamento e la nostalgia, cercavano di andare ad abitare vicino alle famiglie amiche, spesso nel West Side di Manhattan. Un grosso aiuto lo dava anche la Spanish and Portuguese Synagogue, la storica sinagoga sefardita di Central Park West, che organizzava incontri e conferenze soprattutto per i giovani".
- La maggior parte di loro ha chiuso con l'Italia che li ha respinti o ha mantenuto un legame con la madrepatria? "Quasi nessuno ha chiuso completamente i rapporti. Anzi gli italiani sono rimasti più legati al loro paese d'origine di gran parte degli altri esuli europei. Una delle ragioni che mi hanno spinta a scrivere questo libro è stata proprio la realizzazione di quanto siano stati importanti gli ebrei italiani nell'aprire le porte dell'America all'Italia del dopoguerra".
- Tra tutte queste straordinarie storie umane, quali l'hanno colpita di più e perché? "Quelle degli scienziati Robert Fano e Andrew Viterbi e del giudice Guido Calabresi sono storie di successi straordinari. Ma anche le testimonianze più semplici, delle mogli rimaste nell'ombra o di quelli che hanno fatto una carriera più modesta mi hanno mostrato l'incredibile coraggio e la determinazione di un piccolo gruppo deciso a superare ogni difficoltà". Molti degli esuli italiani del fascismo sono morti.
- La sua è stata anche una lotta contro il tempo? "No, perché come ho spiegato all'inizio, cominciai a raccogliere le testimonianze già diversi anni fa. Adesso, purtroppo, molti sono morti, ma le loro voci sono ancora vive sul mio registratore "
(Corriere della Sera - blog, 2 luglio 2013)
I tesori del ghetto di Venezia
La mostra alla Galleria Franchetti sino al 29 settembre
Entrare nelle sale di Ca D'Oro e visitare la mostra attigua sul Tesoro del Ghetto è davvero una esperienza emozionante. Contemplare la Custodia per il Sefer (rotolo) del XVIII sec., la coppia dei Rimmonim (puntali), o l'Afarà, corona per il Rotolo della Torà del 1809 , teche lignee per la Torah, portaprofumi, ed osservare i mille altri oggetti in argento che sono stati restaurati dai laboratori di Ca D'oro è davvero un'esperienza unica, ma lo è ancor di più se si conosce la storia che si cela dietro questi oggetti.
La storia della Comunità ebraica del ghetto di Venezia muove dal lontano 1516 quando il Senato della Repubblica concede agli ebrei un'area di residenza là dove si trovavano le pubbliche fonderie. Tale luogo aggregò persone provenienti dai luoghi più disparati, e ad ogni comunità venne consentito di erigere le proprie sinagoghe. La più importante fu la Scola Spagnola.
Nel 1797, con la pace di Campoformio, gli Ebrei ricevettero finalmente la libertà e parteciparono alle lotte risorgimentali e alla prima guerra mondiale. Ma col Nazismo la vita nel ghetto divenne impossibile, arrivarono le retate e nel settembre del 1943, durante una di queste, i custodi del tesoro della Sinagoga Spagnola, la più lussuosa delle Sinagoghe di Venezia, decisero di nascondere in un sottoscala tali preziosi oggetti. I due uomini poi vennero condotti nei campi di concentramento e non fecero più ritorno, così il tesoro rimase nascosto sino al suo casuale rinvenimento. Pochi anni fa, durante il restauro della Sinagoga Spagnola venne ritrovato. Affidato ai laboratori del restauro ora è stato portato alla sua bellezza primigenia e può essere ammirato grazie al contributo di Venetian Heritage (organizzazione americana no profit per la salvaguardia del patrimonio di Venezia) e all'aiuto di Vhernier (marchio di alta gioielleria) . Ora accanto agli argenti, le cui fasi del restauro sono testimoniate con accuratezza, è possibile ammirare un anello di grande caratura e di un cesello perfetto.
Ca d'Oro insieme alle due collezioni Franchetti presenta dunque un altro tesoro da ammirare, e si ripropone come uno dei luoghi più attrattivi di questa stagione 2013.
(The Blasting News, 1 luglio 2013)
Trentino e Israele: sei progetti di ricerca applicata
Il bando si propone di finanziare progetti congiunti di ricerca applicata tra imprese operanti in Trentino e imprese operanti nello Stato di Israele
Sono sei le proposte progettuali ammesse alla seconda fase del «Bando n. 1/2012 - Progetti congiunti di ricerca applicata tra imprese operanti in provincia di Trento e nello Stato di Israele».
Il bando, valorizzando le collaborazioni già in corso da diversi anni sul piano scientifico, si propone di finanziare progetti congiunti di ricerca applicata tra imprese operanti sul territorio della provincia di Trento e imprese operanti nello Stato di Israele.
Il Bando prevede la suddivisione in due fasi della procedura di selezione e valutazione dei progetti.
La prima fase ha comportato la presentazione da parte delle imprese di proposte progettuali, mentre la seconda fase riguarda progetti di ricerca applicata redatti in coerenza con le proposte precedentemente ammesse.
La valutazione spetta a un Comitato di Valutazione misto paritetico, che include un delegato della National Joint Commission on Industrial and Scientific Research and Development, nominato dal Ministero degli affari esteri italiano, come previsto dall'Accordo per la cooperazione nel campo della ricerca industriale tra la Provincia autonoma di Trento e lo Stato di Israele firmato il 27 marzo 2012 a Tel Aviv.
Tale Accordo - il primo del suo genere firmato da Israele con una entità territoriale europea - ha costituito la premessa per l'attivazione del Bando n. 1/2012, che oltre a favorire ulteriori sviluppi della collaborazione con soggetti dell'innovazione e della ricerca israeliana potrà dare una rilevante e concreta opportunità alle imprese trentine, che avranno la possibilità di accedere a un sistema di conoscenze e di tecnologie tra le più avanzate al mondo.
(l'Adigetto, 1 luglio 2013)
Oltremare - Nono: tutti in prima linea
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
di Daniela Fubini, Tel Aviv
Dall'arrivo in Israele, nel mio caso da oltre cinque anni, una delle cose che capitano a molti è di diventare la prima linea dell'informazione (ok, ammettiamolo: contro-informazione) su Israele nei circoli italiani o internazionali frequentati prima della aliyah. Facebook, Twitter e gli altri mezzi per veicolare informazioni dirette, dal testimone al lettore, fanno il miracolo quotidiano di collegare in diretta le nostre reti di conoscenze e si allargano fino agli emeriti sconosciuti che ci hanno chiesto l' "amicizia" o che ci "seguono". Ragnatele che anche grazie alla famosa fuga italiana dei cervelli, toccano facilmente tutti e cinque i continenti.
Succede che nei momenti di tensione vecchi amici si facciano vivi sulla bacheca di Facebook, chiedendo se va tutto bene: "ma l'hai sentito davvero l'allarme antimissile?" era la domanda lo scorso novembre. Occasione eccellente per rispondere e raccontare. Succede che conoscenti si scoccino di certi commenti o video che noi condividiamo per fare uno straccio di contrasto ai media internazionali, e ci cancellino dai loro contatti. Si perde poco forse, ma colpisce. In certi casi fa proprio male. Succede anche che amici che non si erano mai espressi politicamente prima, comincino ad appassionarsi alle avventure di chi vive in Israele, ci riempiano di "mi piace" e prendano a condividere i nostri status sulla loro, di bacheca. Rendendoci virali.
Naturalmente ognuno di noi nuovi israeliani in questa prima linea virtuale ha un suo stile e un suo modo di porsi nella divulgazione. Che poi mica siamo giornalisti di carta stampata: siamo gente che qui ci vive, e affronta ogni parte della vita israeliana in modo del tutto personale. Il comune denominatore è la consapevolezza che solo da qui si può davvero raccontare, e che nel momento in cui Israele è diventata casa nostra, certi parametri una volta accettabili, di discussione sulle modalità di reazione del governo per esempio, perdono ogni significato. E' molto più urgente sapere chi ha le chiavi del rifugio antimissile nel sotterraneo di casa propria. Dopo, discutiamo pure di politica.
(Notiziario Ucei, 1 luglio 2013)
L'imbroglio britannico continua a produrre effetti funesti
di Marcello Cicchese
Finalmente, tra gli innumerevoli articoli che oggi trattano il problema arabo-israeliano, ne compare uno che pone l'attenzione non sull'Olocausto, la risoluzione 181 dell'Onu, la guerra dei sei giorni, gli accordi di Oslo, ma sugli accadimenti successivi alla Prima guerra mondiale. L'autore è Giovanni Quer, che tratta l'argomento sul sito "Informazione Corretta" in un articolo del 28 giugno 2013:
"Conflitto arabo-israeliano, breve storia dalle origini". Peccato che su un tema in cui occorrerebbe avere la massima precisione e chiarezza, l'articolo di Quer contribuisce, se mai ce ne fosse stato bisogno, ad aumentare ambiguità e confusione. Dopo aver cercato di seguire l'autore nel groviglio accavallato dei fatti riportati, il lettore si chiede: ma che cosa ha detto? Quali conclusioni se ne devono trarre? Lo Stato d'Israele è nel suo diritto o no? Lo Stato palestinese esiste o no? I "territori occupati" sono davvero occupati, e da chi? E naturalmente si apre il consueto ventaglio delle possibili interpretazioni, in cui ciascuno può trarre quella che gli piace di più. Ma se fosse così, anche se le cose scritte fossero esatte, a che servono articoli come questo?
Ma il fatto più serio è che nell'articolo ci sono alcune affermazioni che non sono esatte, o almeno, se l'autore in seguito dovesse precisarle, bisognerebbe dire che sono state scritte in modo inaccettabilmente confuso.
PRIMA AFFERMAZIONE - "Il termine Palestina fu introdotto in seguito per denominare quella zona assegnata ai britannici in mandato, che non era Giordania e non doveva essere Siria (rimasta sotto influenza francese)."
Il termine "Palestina" è diventato un termine giuridicamente significativo nel diritto internazionale nel momento stesso in cui è stato assegnato alla Gran Bretagna il "Mandato per la Palestina", il cui territorio nella formulazione originaria e nella conferenza di Sanremo del 21-25 luglio 1920 comprendeva anche la transgiordania, in seguito chiamata semplicemente Giordania. L'imbroglio britannico è cominciato subito dopo questa conferenza, quando la Gran Bretagna, per suoi interessi "coloniali" che nulla avevano a che fare con il nobile principio dell'autodeterminazione dei popoli, ha trasformato la zona ad Est del Giordano in una terra disponibile per una nazione nuova, priva di storia e di motiviazioni specifiche, che in seguito si chiamerà Stato di Giordania. Se c'è una nazione che non ha alcuna legittimità né etnica, né storica, né giuridica è l'attuale Giordania. Ma di questo nessuno parla.
SECONDA AFFERMAZIONE - "La risoluzione adottata il 25 aprile 1920, componendo gli interessi contrastanti delle potenze e delle popolazioni coinvolte, riconosce l'indipendenza degli Stati arabi, il diritto degli ebrei a fondare una patria nazionale, il mandato della Gran Bretagna sulla Palestina e la Mesopotamia, l'influenza della Francia sulla Siria e il ruolo francese di protezione delle minoranze cristiane e druse."
E' difficile raccogliere tante ambiguità in una frase breve come questa. "Riconosce l'indipendenza degli Stati arabi". Quali? Di stati arabi, in quel momento non ce n'era nessuno. Si poteva parlare di popoli arabi aspiranti a costituirsi in nazione, ma allora, quali erano questi popoli? Come si potevano distinguere l'uno dall'altro? "Riconosce il diritto degli ebrei a fondare una patria nazionale?" Su quale terra? Da soli o in condominio con altri? "... il mandato della Gran Bretagna sulla Palestina e la Mesopotamia". Ma un mandato simile non esiste. Usando l'espressione sintetica e non giuridica "Mandato britannico" si corre il rischio di fondere in uno quelli che sono due mandati ben distinti: il Mandato per la Palestina e il Mandato per la Mesopotamia. L'attuale Giordania era compresa nel Mandato per la Palestina, mentre il Mandato per la Mesopotamia comprendeva soltanto l'attuale Iraq. Il fatto che avessero lo stesso mandatario non li fa diventare un unico Mandato, perché le formulazioni giuridiche dei due Mandati erano staccate e ben diverse fra loro. Sono stati gli interessi "coloniali" della Gran Bretagna a indurla a manovrare in modo fraudolento riuscendo a far approvare dal Consiglio della Lega delle Nazioni, il 23 settembre 1922, quindi due anni dopo la Conferenza di Sanremo, un articolo aggiuntivo (l'articolo 25) in cui si concedeva al Mandatario la possibilità di amministrare (non staccare) la cosiddetta transgiordania (in minuscolo, come padania) in modo diverso dal resto. Cosa che la Gran Bretagna ha fatto in modo giuridicamente illegale, togliendo ai sionisti la possibilità, tenuta in considerazione fin dall'inizio delle trattative, di estendere il loro focolare nazionale anche ad est del Giordano.
TERZA AFFERMAZIONE - "La denominazione "Palestina" è stata introdotta anche per distinguere il territorio, sotto Mandato britannico, dallo Stato indipendente di Mesopotamia che comprendeva Giordania e Iraq".
Questo è falso. Anzitutto, non si sa da dove trae l'autore l'idea di uno "Stato indipendente di Mesopotamia che comprendeva Giordania e Iraq". Come già detto, le due zone riguardavano due Mandati diversi e il Mandatario, con grande attenzione alle aspirazioni dei popoli arabi, ha assegnato il governo delle due zone a due fratelli: Feisal Hussein per l'Iraq e Abdullah Hussein per la Giordania. Due nazioni arabe sono nate dal nulla per due popoli rappresentati da due fratelli. In secondo luogo, la denominazione Palestina non è stata "introdotta" per distinguere, ma è stata illegalmente "limitata", dopo che era già stata introdotta, per staccare una parte del territorio che doveva essere assegnato allo Stato ebraico.
QUARTA AFFERMAZIONE - "L'idea di uno Stato indipendente per gli arabi in Palestina nacque successivamente, durante il Mandato britannico, che non menziona un futuro Stato arabo, ma idea una sorta di confederazione di comunità nazionali e religiose basate sull'idea di autonomia, che potesse garantire la costituzione di una patria per gli ebrei e l'indipendenza degli arabi musulmani e cristiani."
Anche in questo caso l'ambiguità è grande. Da una parte si dice che il Mandato britannico non menziona un futuro Stato arabo, e questo è assolutamente vero, ma non se ne traggono le conclusioni. Se in un trattato legale un termine non compare, chi lo fa comparire in seguito dice il falso, commette un imbroglio. Ed è quello che ha fatto la Gran Bretagna. Il testo del Mandato per la Palestina non parla mai di comunità nazionali che non siano lo Stato ebraico. Si parla di diritti civili e religiosi individuali, non di comunità con diritti di autonomia, figuriamoci di nazionalità. Non esiste qualcosa di simile alla dizione Autorità Palestinese o Comunità di arabi. Lo stesso aggettivo "arabo" viene usato in tutto tre volte, e soltanto per questioni linguistiche: l'arabo come una delle tre lingue ufficiali, francobolli e iscrizioni anche in lingua araba.
Non è possibile trattare un argomento serio come questo in modo approssimativo. Sulle origini giuridiche dello Stato ebraico l'associazione evangelica EDIPI ha organizzato diversi eventi e "Notizie su Israele" ha pubblicato diversi articoli. Eccone alcuni:
VASANELLO (VT) - Dall'11 al 14 luglio il palco di Piazza Ortaccio ospiterà quattro serate di grande jazz italiano da ascoltare nella splendida piazzetta del centro storico di Vasanello.
Di particolare interesse sarà la serata di venerdì 12 luglio, in cui si esibirà Gabriele Coen accompagnato dalla Jewish experience con Pietro Lussu al piano, Lutte Berg alla chitarra elettrica, Marco Loddo al contrabbasso e Luca Caponi alla batteria. Una prima assoluta sul palco dell'OJ le sonorità della musica yiddish incontrano i ritmi e le cadenze dell'improvvisazione jazzistica.
"Yiddish melodies in jazz" punta dritto al cuore del rapporto tra la musica ebraica e il jazz americano, esplorando l'influenza dell'eredità ebraica sul jazz e conduce alla scoperta della penetrazione delle sonorità ebraiche nel mainstream americano, presentando per la prima volta in chiave contemporanea una manciata di brani tratti dal repertorio tradizionale della musica klezmer e della canzone yiddish.
"Con "Yiddish Melodies in Jazz", dice Gabriele Coen, ho voluto raccontare, reinterpetandola e giocando con la cifra stilistica che appartiene a me e ai musicisti che mi accompagnano, una parte importante del jazz moderno, il suo debito segreto alla musicalità ebraica annidata nelle sonorità del mainsteam americano." Un appuntamento da non perdere, una serata sicuramente divertente e originale.
(Fonte: NewTuscia, 1 luglio 2013)
Gaza - Tunnel quasi fermi. Carburante e cemento in esaurimento
Fonti palestinesi hanno reso noto che la maggior parte dei tunnel sotterranei tra la Striscia di Gaza e l'Egitto è chiusa, mentre da giorni, il traffico di merci è praticamente fermo.
Le fonti hanno riferito che le autorità egiziane hanno chiuso la maggior parte delle gallerie adibite al trasporto di merci e carburante nella Striscia di Gaza.
Hanno aggiunto che il settore dei trasporti ha subito ingenti danni alla luce della mancanza di carburante, così come quello dell'edilizia, per la mancanza di cemento e materiali da costruzione.
Negli ultimi giorni, le strade di Gaza sembravano deserte, tranne per la presenza dei pedoni e di alcune vetture, con le ultime riserve di carburante rimasto.
Ieri, domenica 30 giugno, il valico di Rafah, sempre tra tra l'Egitto e Gaza, ha funzionato parzialmente a causa della riduzione del numero di passeggeri, imposta dalle autorità egiziane.
I residenti della Striscia di Gaza osservano con ansia la situazione in Egitto, e attendono le conseguenze delle proteste in atto in tutto il paese. La situazione attuale in Egitto influenza notevolmente le condizioni dei palestinesi a Gaza.
(InfoPal, 1 luglio 2013)
Stranamente, per questo fatto il sito pro Hamas InfoPal non è ancora riuscito a trovare il modo di indicare Israele come causa determinamte. Ma forse ci riuscirà in seguito: sono molto bravi in questo.
L'olocausto al festival Teatrika di Castelnuovo Magra
VAL DI MAGRA - VAL DI VARA - Dopo la serata d'esordio, il festival Teatrika conosce il secondo appuntamento del cartellone. Sarà ancora una volta l'area verde del Centro Sociale di Molicciara ad ospitare la seconda compagnia in concorso. Si tratta de "La Cattiva Compagnia" di Lucca che questa sera presenterà lo spettacolo "23 giugno '44 - Visita a Terezin", per la regia di Giovanni Fedele. E' la storia dell'olocausto raccontata attraverso un fatto realmente accaduto nel ghetto di Terezin, vicino a Praga. Quel giorno gli ispettori della Croce Rossa Internazionale ottengono il permesso per visitare e verificare le condizioni dei prigionieri. Quello che i nazisti attuarono e i delegati videro fu una messa in scena ad uso e consumo della propaganda interna finalizzato, per ordine di Himmler, a far tacere la "cattiva coscienza" occidentale. La rielaborazione di questo avvenimento è la messa in scena della preparazione, dei deportati del ghetto, all?imminente arrivo di un delegato della Croce Rossa. Gli ebrei deportati saranno costretti a recitare un copione prestabilito che prevede una vita normale e umana, affinché il delegato della Croce Rossa faccia un resoconto per l'opinione internazionale che dia dei campi un'immagine idilliaca. Però nell'incedere dell'opera, la quale segue il flusso di coscienza del delegato coi suoi rimorsi e il suo drammatico senso di colpa per aver visto ma non aver capito, il pubblico vedrà il meccanismo incepparsi, assisterà alle prove che per mesi i deportati avevano dovuto sostenere, in cambio della vita. Ecco che questo "teatro-nel-teatro" diventa un grande paradosso dell'arte e della violenza potente e singolare.