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Notizie novembre 2013
L'accordo di Ginevra con l'Iran: un disastro in politica estera
di Daniel Pipes
"Per la prima volta in quasi un decennio abbiano fermato i progressi del programma nucleare iraniano e alcune sue componenti saranno smantellate", ha annunciato un giubilante Barack Obama dopo la notizia dell'accordo interinale di sei mesi con l'Iran appena firmato a Ginevra.
Ma l'obiettivo americano per l'accordo era impedire agli iraniani di "andare avanti con il loro programma" di costruire una bomba nucleare all'uranio (e forse anche una bomba al plutonio); l'accordo permette proprio questi progressi, inoltre, l'alleggerimento delle sanzioni varrà a Teheran circa 9 miliardi di dollari.
Questo sciagurato accordo offre un confronto con l'accordo siglato da Neville Chamberlain a Monaco di Baviera nel 1938. Un governo occidentale eccessivamente zelante, incapace di vedere la bieca astuzia del regime tanto da voler lavorare con esso lo rabbonisce facendo concessioni che gli si ritorceranno contro. L'accordo di Ginevra e il 24 novembre 2013 saranno ricordati insieme all'accordo di Monaco e al 29 settembre 1938.
Negli ultimi cinque anni Barack Obama ha commesso molti errori in politica estera, ma questo è il primo da considerare un disastro. Insieme alla riforma sanitaria, questa è una delle peggiori misure mai prese. John Kerry è un cucciolo troppo impaziente di perseguire un accordo a tutti costi.
Con il governo Usa che sta perdendo il suo ruolo di leadership, gli israeliani, i sauditi e forse anche altri sono stati lasciati soli a fronteggiare una brutta situazione che si è aggravata. La guerra è ormai diventata una prospettiva molto più probabile. Noi americani dovremmo vergognarci di aver rieletto Barack Obama.
(Archivio italiano di Daniel Pipes, novembre 2013)
Sondaggio israeliano, per 76% Iran non rispetterà accordo
Per il 57% gli Usa hanno leso interessi israeliani
Il 76% degli israeliani non crede che l'Iran fermerà i propri programmi nucleari malgrado l'accordo raggiunto a Ginevra con i Paesi del 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e la Germania): è quanto risulta da un sondaggio pubblicato dal quotidiano israeliano Israel Hayom.
Solo il 12,6% è convinto che Teheran rispetterà i termini dell'intesa mentre il 57,8% degli intervistati ritiene che gli Stati Uniti firmando l'accordo "abbiano leso gli interessi di Israele". Quanto a un eventuale attacco militare israeliano i siti nucleari iraniani, le opinioni sono divise: il 45,8% è favorevole mentre il 37,9% è contrario.
Il sondaggio è stato effettuato su un campione di 500 persone (campione che non comprendeva arabi israeliani) con un margine di errore del 4,4%.
(Shalom7, 22-29 novembre 2013)
L'accordo nucleare di Ginevra? E' peggio di Monaco '38
Ecco perchè l'Iran festeggia. E Israele, sempre più isolata, è messa sullo stesso piano di chi vuole estinguerla.
di Giulio Meotti
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva visto giusto. L'occidente si è fatto ingannare dall'Iran e la minaccia militare americana non è mai stata credibile. Accordo peggiore non poteva essere firmato a Ginevra, dove a una rivoluzione messianica e antisemita è stato riconosciuto il diritto ad arricchire l'uranio sul proprio territorio. Ginevra ha fornito una grande legittimità all'Iran, banchiere del terrore e proliferatore atomico, che così ha spezzato l'assedio attorno al regime. "Ginevra 2013 è peggio di Monaco 1938", ha scritto sul Wall Street Journal il premio Pulitzer Bret Stephens, in riferimento a quando le democrazie s'illusero d'aver domato senza combattere gli appetiti hitleriani. "Il vento di Monaco soffia a Ginevra", scandiscono i ministri israeliani della Sicurezza. Ginevra ha garantito alla dittatura iraniana una sorta di "ambiguità nucleare".
L'architetto del tanto minacciato strike israeliano, Ehud Barak, lo aveva capito per tempo, imponendo alla comunità internazionale il termine "immunità". E' questo il risultato letale dell'accordo. Gli iraniani non violeranno l'accordo. Non subito, almeno. Gli ayatollah non dovevano ottenere la Bomba, ma un allentamento delle sanzioni. Prendere fiato. Entrare nel club delle potenze. Il risultato, un giorno, sarà una seconda Corea del nord nuclearizzata, non una seconda Libia che dieci anni fa accettò di smantellare il programma nucleare.
Le sanzioni all'Iran non torneranno se ora vengono allentate, perché sono state il frutto di un decennio di lobbying presso le cancellerie occidentali, affamate di appalti con Teheran. E se cadono le sanzioni, l'Iran non abbandonerà i suoi piani diabolici. Le buone maniere per la Rivoluzione si sono sempre dimostrate un invito all'offensiva. Ginevra eccita il riarmo. L'accordo si basa su una menzogna. Il programma nucleare iraniano non è mai stato progettato per fini civili. Ai turbanti non interessa curare il cancro di una popolazione che massacrano da trent'anni. Perché il regime vuole arricchire l'uranio, produrre plutonio e impedire le ispezioni? Perché vuole la Bomba. Vuole dominare il medio oriente. Vuole liquidare Israele. Ginevra li spinge sulla strada giusta. Israele ha molte ragioni per denunciare Ginevra: lo smantellamento del bunker di Fordo non è stato soddisfatto; l'accordo non contempla il programma militare, la ricerca sul device atomico e la balistica; grazie a Ginevra, l'Iran conserva quattro mesi di tempo per completare lo sviluppo di un congegno atomico nel caso in cui lo volesse; l'accordo non smantella i progressi tecnologici che ha compiuto l'Iran negli ultimi cinque anni, e le centrifughe, che erano qualche migliaio quando si insediava Barack Obama, sono salite a 18 mila e non saranno smantellate. Vero, l'Iran ha accettato di non arricchire l'uranio oltre il cinque per cento, ma Teheran manterrà la capacità di produrre combustibile di livello superiore se solo lo desidera. L'Iran ha già otto tonnellate di uranio arricchito, abbastanza per cinque bombe come Hiroshima. E potrà farlo clandestinamente: nell'accordo non è previsto il monitoraggio dei siti clandestini dove Cia e Israele sospettano che l'Iran stia conducendo i test. Non è previsto lo smantellamento del reattore di Arak, impianto che ha l'unico scopo di produrre un'arma atomica.
Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti hanno creato un sistema globale di sicurezza. Obama lo sta archiviando. A Ginevra gli Stati Uniti hanno preferito una soluzione a breve termine che a lungo termine diventerà un pericolo alla pace mondiale. Intanto, sul volto di Netanyahu c'è tutto il senso di abbandono da parte del suo alleato. Israele, isolata e sorvegliata a vista nel feroce Levante, fa la voce grossa, ma dopo Ginevra è moralmente sullo stesso piano di chi vuole estinguerla.
Un giornalista a Ginevra ha chiesto allo spokesman di Lady Ashton di commentare l'ayatollah Khamenei, secondo cui gli israeliani sono "cani rabbiosi e illegittimi" da sterminare. Stizzito, il giovane ha detto di non averne intenzione. Silenzio da parte del dipartimento di stato. Tira una brutta aria in occidente.
(Il Foglio, 30 novembre 2013)
A Trapani la festa ebraica. La Giudecca rinasce per un giorno
L'antico quartiere ebraico della Giudecca di Trapani è tornato a vivere seppur per uno solo giorno. Giovani studenti, riti, degustazioni, musiche e danze della tradizione ebraica hanno riacceso le luci sul quartiere su cui si fonda la storia e la cultura della città. Salvare la Giudecca, il quartiere con edifici in pessime condizioni e dove il basolato è ancora coperto dall'asfalto, è quanto stanno cercando di fare diversi cittadini che partendo dal gruppo facebook "Cosa ne facciamo a Trapani..." hanno dato vita al gruppo dedicato a "Via Giudecca". Così ieri, in occasione del primo giorno della festività ebraica Chanukkah, la festa delle luci, in tanti si sono ritrovati e riappropriati, da mattina a sera, della Giudecca con un'iniziativa organizzata, tra gli altri, anche da Italia Nostra, Legambiente Sicilia, Salvalarte Sicilia e con la collaborazione delle antiche botteghe della zona.
"Questa iniziativa - ha detto Renato Alongi, tra i promotori di Salviamo il quartiere della Giudecca - non resterà isolata ma è l'inizio di un percorso che sarà portato avanti da un costituendo comitato, per la riqualificazione e valorizzazione della Giudecca. Ciò che chiederemo sarà, tra le altre cose, il recupero del basolato e incentivi per aprire botteghe artigianali e spazi dedicati alle diverse espressioni artistiche" (Testo e foto di Maria Emanuela Ingoglia).
(la Repubblica - Palermo, 30 novembre 2013)
Italia-Israele: intervista allambasciatore Naor Gilon
ROMA, 29 nov. - Un vertice per riaffermare "la grande intimita'" tra Italia e Israele, con la firma di una dozzina di accordi e un patto sulle 'start up' nel campo dell'innovazione tecnologica e della ricerca, il fiore all'occhiello dell'economia israeliana di cui Roma vuole conoscere i segreti.
Cosi' l'ambasciatore israeliano a Roma, Naor Gilon, presenta il quarto summit bilaterale in programma lunedi' a Villa Madama, alla presenza dei due premier, Enrico Letta e Benjamin Netanyahu, e di cinque ministri italiani e sei israeliani. In un'intervista all'Agi, il diplomatico ha illustrato i temi del vertice in cui saranno firmati "11 o 12 accordi bilaterali", per rafforzare ulteriormente un legame attestato anche dall'interscambio di 4,5 miliardi di dollari del 2012, fatto per due terzi dall'export italiano. Si va da "un importante memorandum d'intesa sull'energia, che favorira' un coinvolgimento italiano nelle esplorazioni e nelle esportazioni" per l'enorme giacimento di gas scoperto nel Bacino del Levante, ad accordi nel campo della medicina (formazione dei medici con i simulatori di invenzione israeliana), dell'istruzione (progetti sull'Olocausto), della cultura (coproduzione di film). Ci sara' anche un'intesa tra i rispettivi servizi sulla cyber-sicurezza, tema quanto mai attuale e delicato. Letta ha gia' detto di voler sfruttare il summit soprattutto per capire come trasformare anche l'Italia in "una start up nation". Israele ha piu' 'start up' di aziende d'avanguardia di tutta l'Europa messa insieme e persino piu' degli Usa rispetto alla sua popolazione. "Al vertice sara' istituito un Gruppo di lavoro sulle 'start up' con cabine di regia nei due Paesi che prevedera' scambi di informazioni e di esperti", ha spiegato l'ambasciatore israeliano. L'Italia, del resto, e' gia' il secondo partner europeo per la ricerca e lo sviluppo di Israele, Paese che in questo settore investe il 4,5% del suo Pil. Il summit sara' preceduto domenica dalla visita di Letta e Netanyahu al Tempio Maggiore per l'accensione delle candele di Channukka e lunedi' mattina dall'udienza del premier israeliano in Vaticano. "Non e' la mia competenza ma Papa Francesco e' una figura estremamente importante nel mondo e saremmo onorati di poterlo ospitare in Israele l'anno prossimo", ha assicurato Gilon, alludendo alla visita in Terra Santa che dalle ultime indiscrezioni giornalistiche potrebbe avvenire a fine maggio. Il faccia a faccia tra Letta e Netanyahu sara' anche l'occasione per affrontare i principali temi dell'attualita' internazionale. "L'Italia puo' aiutarci a comprendere cosa sta accadendo in Libia e noi possiamo fornire informazioni sulla situazione nei Paesi a noi piu' vicini", ha osservato Gilon. Sulla Siria, l'ambasciatore non e' ottimista: "E' una tragedia umana, e' iniziata come una genuina rivolta dei siriani contro Assad ma ormai e' diventata una guerra in cui sono coinvolti gruppi armati e Paesi di tutta la regione.
Difficile prevedere una soluzione politica e sono scettico che l'Iran possa dare un contributo, specie ora che ha incassato l'accordo sul nucleare non vedo perche' dovrebbe scaricare Assad per fare un piacere all'Occidente". L'Iran resta la maggiore preoccupazione per Israele e l'accordo di Ginevra con il 5+1 rischia di complicare le cose, ha fatto capire l'ambasciatore. "L'Iran e' un Paese sulla soglia della bomba atomica e l'accordo ha rinviato solo di settimane, non di mesi, la sua capacita' di dotarsi di 4-5 testate nucleari", ha sottolineato Gilon. "Se vogliamo che Teheran abbia interesse a trasformare questo accordo transitorio in un'intesa definitiva bisogna far capire agli iraniani che devono fare molto di piu'" per garantire che non mirano all'atomica, ha insistito il diplomatico, auspicando "un'applicazione rigorosa delle sanzioni che resteranno in vigore".
(AGI, 30 novembre 2013)
Momenti critici della vicenda ebraica nell'Italia del dopoguerra
Per iniziativa e a cura di "Nuova Associazione Amici di Quaderni Radicali" è stato presentato giovedì 28 novembre a Roma, al Palazzo Sant Chiara, "Ebraismo - Ricostruzione dalle macerie" edito da Stampa alternativa e da Nuovi equilibri, lavoro nel quale sono raccolte le ricerche dei due autori, Andrea Maori, accanito ricercatore di archivi, in particolare quelli del Ministero dell'Interno, e di Marta Brachini, giornalista e amante della storia, quella vera, che nasce sui documenti, le testimonianze, le tradizioni, i monumenti.
Maori rovista tra i resoconti della Polizia conservati nell'Archivio di stato di Roma, che gli consentono la ricostruzione di momenti significativi della storia degli ebrei italiani, a partire da quelli di Roma dal 4 giugno 1944, quando la capitale fu liberata dagli alleati: una storia che inizia il giorno stesso, quando i circa diecimila scampati alla deportazione attuata con la razzia dei nazisti del 16 ottobre 1943 e all'eccidio delle Fosse ardeatine e che avevano trovato rifugio presso amici o negli istituti religiosi della capitale cercarono do rientrare nelle loro case, nel frattempo occupate da sfollati e superstiti ai bombardamenti e che le autorità non sapevano dove collocare; dalla ricerca emergono così diversi momenti salienti nel percorso della ricostruzione delle comunità ebraiche in Italia: la ripresa delle pubblicazioni, l'emigrazione verso la Terra promessa, la nascita dello stato di Israele, lo sviluppo delle varie associazioni.
Marta Brachini affronta invece un problema che attiene direttamente alla storia della sinistra comunista italiana: l'atteggiamento verso lo stato di Israele nel periodo che va dal 1982 al 1991 e lo fa attraverso un'accurata consultazione di dieci e più anni dell'Unità e del Manifesto (siamo sugli ottomila quotidiani sfogliati e spulciati pagina per pagina!) e dalla sua ricerca emerge un percorso tutt'altro che trascurabile. I comunisti non lo hanno mai visto bene questo nuovo stato che considerano un intruso piantato in Palestina, avamposto capitalistico, di stampo colonialista, sfruttatore e praticante l' apartheid, soprattutto poi a partire dal tempo delle guerre degli anni sessanta.
Tuttavia con l'invasione del Libano del 6 giugno 1982 (occasionata dalla rappresaglia contro l'attentato palestinese all'ambasciata israeliana a Londra) la loro avversione assume il rilievo di una campagna con l'Appello per il Libano, che intellettuali ebrei di spicco rifiutano di sottoscrivere, anche perché ormai non si tratta più di critiche al governo di Israele, ma alla stessa esistenza dello stato. Posizione questa che si attenua, guarda caso, a partire dal 1991, cioè dopo il crollo dell'Unione sovietica.
Hanno presentato il libro, oltre agli autori, Silvia Haia Antonucci (Segretaria dell'Archivio storico della Comunità Ebraica di Roma - che ha portato un ricco contributo sui caratteri e l'evoluzione della Comunità di Roma), Giuseppe Rippa (direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, che ha messo in rilievo i tratti essenziali dell'attualità della ricerca dei due storici) e Silvio Pergameno (presidente del Club Ernesto Rossi, attento in particolare al senso stesso dello stato di Israele); ha moderato Elena Lattes (per l'Associazione romana Amici di Israele). Vivace e prolungato il dibattito animato dai presenti.
(Agenzia Radicale, 29 novembre 2013)
La lezione di rav Alfonso Arbib. rabbino capo di Milano
Una densa lezione sul significato di Chanukkah e sull'attualità dei valori connessi a questa ricorrenza. È quanto propone l'associazione per il dialogo interculturale e interreligioso Lech Lechà con una video-intervista al rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib.
Video
(Notiziario Ucei, 29 novembre 2013)
"Io, ebreo cacciato da scuola ho la laurea 75 anni dopo"
La storia di Sami Modiano
di Umberto Gentiloni
«Ero tra i primi della classe, tra i più bravi, benvoluto dall'insegnante che non teneva conto della religione. Che fossi ebreo non importava a nessuno, almeno fino a quel giorno del 1938». L'infanzia negata in un tempo lontano, nell'isola di Rodi, passata sotto il controllo italiano nel 1912.
Sami Modiano ha otto anni e mezzo, frequenta la scuola elementare maschile. «L'anno scolastico era appena iniziato quando una mattina il maestro mi chiamò. Ero contento, mi ero preparato all'interrogazione, convinto che mi avessero chiamato per questo. Invece il maestro mi disse che ero stato espulso dalla scuola.
Non capii, rimasi senza parole. Mi mise una mano sulla testa dicendomi che mio padre mi avrebbe spiegato i motivi dell'espulsione. Ricordo come fosse oggi la mano sul capo, il tentativo di rassicurarmi e la successiva conversazione con mio padre che mi parlò di Mussolini e dell'esistenza di una razza ebraica di cui facevamo parte. Ero troppo piccolo per capire, provai a consolarmi così.
Ma il dispiacere era enorme. Fino a quel momento ero contento, libero, sereno. Non mi sentivo diverso dagli altri bambini, dai miei amici. Ora era finita l'infanzia. Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La sera mi addormentai come un ebreo».
Attimi scolpiti nella memoria in un tornante della sua esistenza. Un punto di non ritorno che condurrà quel bambino in un lungo viaggio attraverso le tenebre del Novecento. Con la sua comunità viene deportato il 23 luglio 1944: destinazione Auschwitz. In pochi degli oltre duemila sopravvivono. Sami è solo al mondo, riesce a ricominciare: prima alle porte di Roma, poi in Congo belga per tornare a Rodi molti anni dopo, quando l'isola delle rose aveva cancellato le tracce dell'antica comunità ebraica.
Il rammarico più grande è di non aver potuto studiare, «di non avere conseguito un'educazione, una cultura degna di questo nome». Questa mattina, settant'anni dopo quella espulsione la Sapienza Università di Roma ha deciso di inaugurare l'anno accademico 2013-2014 conferendo a Samuel Modiano il Diploma di Dottorato di ricerca honoris causa «Storia, Antropologia, Religioni».
La motivazione dà conto della fatica e del senso di una vita: «Per l'instancabile impegno con cui si dedica a testimoniare la sua tragica esperienza, segnata dall'espulsione da scuola, a Rodi, all'età di otto anni - ordinata in ottemperanza al dettato delle Leggi razziste - e dalla deportazione ad Auschwitz-Birkenau nell'estate del 1944, nella ricorrenza del Settantacinquesimo anniversario dell'emanazione delle Leggi del 1938; per proseguire al più alto livello l'azione di promozione della Memoria e di sostegno alla ricerca storica». Il dottorato di norma viene attribuito per alti meriti scientifici nel campo della ricerca o dell'innovazione. Per chi non ha finito la scuola elementare e non si è potuto avvicinare a un corso universitario il titolo di studio più elevato a livello internazionale è un segnale preciso, un sigillo a una instancabile attività di testimone e maestro per le giovani generazioni.
Certo un debito di riconoscenza dell'Italia tutta nei confronti di chi pagò il prezzo più alto alle logiche dell'odio, ma anche un riconoscimento a un impegno incessante nelle scuole, nelle università nei luoghi dove si formano i nuovi italiani. Sami Modiano diviene così un illustre membro della comunità scientifica, impegnato a diffondere saperi e costruire conoscenze. «Non mi sento pronto né adeguato» aggiunge sorridendo, colto da un'emozione che non immaginava: «Dico sempre ai ragazzi di non perdere tempo, o buttare via anni preziosi. Nessuno può restituirli; lo studio costruisce libertà, ci aiuta a guardare al futuro con fiducia».
(La Stampa, 29 novembre 2013)
Il «vero Gesù» era più islamico di Maometto
Secondo una fatwa voleva la sharia e la sottomissione dei cristiani. Come riporta El Watan, la fatwa è stata emessa da un potente leader salafita: «È impossibile che il Messia, sia pace su di lui, abbia chiesto la separazione tra Stato e religione».
Gesù era più islamico di Maometto. Almeno stando a quanto sancisce una nuova fatwa emessa pochi giorni fa da Sheikh Yusuf Burhami, secondo leader più importanti in Egitto del movimento estremista islamico salafita.
CORANO E TEOCRAZIA - La fatwa, pubblicata da El Watan, argomenta a partire dal versetto biblico: "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Secondo il religioso, questa frase non sostiene in nessun modo la separazione che ci deve essere tra Stato e Chiesa, perché «la separazione tra Stato e religione contraddice il testo del Corano». L'islam non riconosce Gesù come figlio di Dio, ma come il più grande dei profeti prima di Maometto, autore di numerosi miracoli.
GESÙ VUOLE LA SHARIA - Siccome anche Gesù è profeta del Corano e di Allah è dunque impossibile che si sia espresso a favore della separazione tra Stato e religione: «È impossibile che il Messia, sia pace su di lui, abbia chiesto la separazione, come se dicesse che la politica deve essere governata senza la sharia di Allah». Piuttosto, il «vero Gesù», che è un sostenitore della sharia, come scrive Burhami, ha pronunciato quelle parole per affermare che la gente del Libro, ebrei e cristiani, devono pagare ai musulmani la gizya, il tributo umiliante, in cambio della protezione e del mantenimento della propria fede.
POTERE SALAFITA - I salafiti sono sempre più influenti in Egitto. Per accattivarsi il loro appoggio, il nuovo governo provvisorio ha accolto nella bozza della nuova Costituzione le loro richieste: specificare meglio che in Egitto comanda la sharia ed eliminare dal testo il termine «civile» collegato allo Stato. Che, sottinteso, sarebbe teocratico.
(Tempi, 29 novembre 2013)
La Chanukkà domenica accenderà il vertice Italia-Israele
ROMA, 29 nov. - Iniziera' domenica alla Sinagoga di Roma con l'accensione dei lumi di Chanukka', il candelabro a nove braccia ebraico, il vertice tra Italia e Israele. Prima dell'incontro istituzionale di lunedi' a Villa Madama, il presidente del Consiglio Enrico Letta e il premier israeliano Benjamin Netanyahu si recheranno insieme al Tempio Maggiore per la tradizionale cerimonia ebraica. La festa di Chanukka', iniziata lo scorso mercoledi', fu istituita per celebrare la vittoria dei Maccabei, guidati da Giuda Maccabeo, sugli ellenici Seleucidi nel 165 a.c., e celebrare il miracolo dell'ampolla d'olio. Nel Tempio di Gerusalemme, ormai sconsacrato dagli invasori, gli ebrei trovarono un'ampollina d'olio ancora sigillata e di conseguenza non profanata.
Poterono cosi' accendere la Menorah (il candelabro a sette braccia) e fu allora che accadde il miracolo: l'olio che normalmente sarebbe bastato per un giorno, duro' otto giorni, il tempo necessario per prepararne del nuovo e poter cosi' riconsacrare il Tempio. La ricorrenza di Chanukka' cade il 25esimo giorno del mese ebraico di Kislev. Il termine letteralmente significa inaugurazione e fu a suo tempo stabilito che tutti gli ebrei celebrassero la festivita' per otto giorni, tanti quanti duro' l'ampolla di olio. I due premier saranno ricevuti da Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunita' ebraica, e da Riccardo Pacifici, presidente della Comunita' ebraica di Roma.
(AGI, 29 novembre 2013)
Una grande centrale solare, nel deserto del Neghev
Inizieranno a breve i lavori per la costruzione di un grande parco solare nel deserto del Neghev
Nei primi mesi del 2014 inizieranno, in Israele, i lavori per la costruzione di una grande centrale solare nel deserto del Neghev, a sud della città di Be'er Sheva. La centrale sarà una delle più grandi al mondo grazie ai suoi 121 Megawatt, che, secondo progetto, saranno tutti installati entro il 2016.
La centrale solare, un progetto portato avanti presso Ashalim, garantirà l'elettricità a 40.000 abitazioni di Israele. Il progetto è stato avviato dalla società Megalim Solar Power costituita dalla partnership fra Alstom (un'azienda di trasporti) e BrightSource Energy. Il rapporto tra Israele e l'energia solare non è cosa nuova. Già 30 anni fa l'azienda Luz, oggi divenuta BrightSource e passata in mano ad investitori statunitensi, aveva intravisto in questi territori assolati un'enorme potenziale per il settore delle rinnovabili. A diversi anni di distanza il solare rappresenta per il Paese un'importante fonte di energia.
(Ecoseven, 29 novembre 2013)
Il Mossad dice: ora potremmo marciare su Damasco in un giorno
Un rapporto dei servizi spiega che per ora Israele è più sicuro di prima perché i nemici sono occupati da guerre interne
di Daniele Raineri
Martedì il gabinetto di sicurezza israeliano è andato in una sede del Mossad per ascoltare il rapporto annuale sulla sicurezza di Israele in medio oriente, scrive il quotidiano Yedioth Ahronoth.
Il gabinetto di sicurezza è un Consiglio dei ministri ristretto a Difesa, Sicurezza interna, Finanze e Giustizia, con qualche aggiunta facoltativa. Secondo il rapporto del Mossad che è stato presentato al comitato, la posizione di Israele è migliorata perché molti stati arabi che sono suoi nemici tradizionali o potenziali in questo momento sono alle prese con sconvolgimenti interni.
La Siria è stata costretta a cedere il suo arsenale di armi chimiche, oltre a essere indebolita da una guerra civile violenta. Secondo gli analisti dei servizi segreti, se prima l'esercito israeliano avrebbe avuto bisogno di una settimana per arrivare fino alla capitale Damasco in caso di guerra, ora potrebbe arrivare a Damasco in meno di un giorno. Pure il Libano soffre della stessa situazione, in misura molto minore. L'Egitto è impegnato anch'esso con la situazione interna e sebbene i generali stiano esercitando il massimo del potere l'esercito del Cairo non investe e non si evolve.
I servizi segreti hanno spiegato ai ministri israeliani che il presidente dell'Autorità palestinese, Abu Mazen, sta guadagnando legittimità dai negoziati e dalle relazioni diplomatiche con Gerusalemme, ma non è affatto certo che firmerà un accordo con Israele. Su Gaza hanno detto che c'è parecchio malcontento tra la popolazione della Striscia, ma che Hamas governa con pugno di ferro e non si farà cacciare.
- L'Egitto ora è durissimo con Hamas
Il Mossad sottolinea che grazie al caos in Siria ci sono gruppi terroristici che stanno diventando più forti e come anche Hezbollah in Libano stia diventando più forte, ma il nemico più pericoloso per Israele è sempre l'Iran per il suo programma nucleare.
Il rapporto del Mossad conferma quel che da tempo si va osservando in medio oriente. Se prima c'era preoccupazione per le ribellioni che tra la fine del 2010 e il 2011 hanno sconvolto il mondo arabo - perché si temeva che l'esito finale delle primavere arabe fosse un grande califfato islamista, semplificando - ora si vive in un'età di mezzo, in cui ogni avvenimento va seguito senza più il lusso delle interpretazioni troppo generiche o delle previsioni a lungo termine. Senza Mubarak, si diceva, l'Egitto cadrà subito sotto il controllo dei Fratelli musulmani. E' sembrato vero per un anno, ma poi sono arrivati i generali. Dal punto di vista di Israele, la situazione è migliorata. Il governo del Cairo non si era mai mostrato così duro con i vicini di Hamas: oggi distrugge i tunnel di contrabbando allagandoli con acqua di fogna e fa persino sorvolare la Striscia dai suoi droni, "per scegliere possibili bersagli in caso di guerra" - che è un comportamento di routine per quanto riguarda gli israeliani, non per un paese arabo che soltanto fino a luglio era governato dalla Fratellanza. Il Cairo ha pure perso una parte degli aiuti militari americani, che formano la frazione più avanzata e sofisticata del suo equipaggiamento.
Il caso della Siria è ancora più eloquente: non si sa cosa succederà in futuro, ma per ora l'esercito di Bashar el Assad è impegnato a sopravvivere nella lotta quotidiana contro una guerriglia eterogenea che include i gruppi più pericolosi dell'islam militante internazionale. In questo scenario dagli orizzonti molto stretti, i decenni passati dai generali siriani ad addestrare ed equipaggiare le Forze armate per l'eventualità di una guerra contro Israele non contano più. Le preoccupazioni maggiori riguardavano l'arsenale chimico: un esercito anche allo stremo è pur sempre capace di piazzare un colpo estremamente duro se dispone di armi di distruzione di massa. Inoltre, se Assad avesse perso il controllo delle basi, le armi chimiche sarebbero passate nelle mani della guerriglia sunnita che potrebbe rivelarsi non meno pericolosa. Ora però è in corso lo smantellamento dell'arsenale chimico (se funziona).
L'impressione da lontano è che la Siria sia diventata un enorme caso-studio per i servizi segreti israeliani. Si sa che osservano i lanci di missili balistici - tipo gli Scud - contro le città controllate dai ribelli, perché si è trasformata in un'occasione unica per vedere come funziona l'apparato militare siriano (mentre è impegnato ad attaccare la sua stessa popolazione). Si sospetta che siano coinvolti in alcuni casi di lotta contro gli iraniani in campo terzo, come sarebbe accaduto nell'uccisione vicino Aleppo del generale al Shateri, inviato delle forze speciali dei Guardiani della rivoluzione. Si sa per certo, infine, che tengono d'occhio tutto il traffico di armi tra l'esterno - russi, soprattutto - il governo siriano e il gruppo libanese Hezbollah. Da febbraio in poi ci sono stati almeno sei raid per bombardare armi sofisticate - missili - prima che fossero spostate in Libano.
Un discorso analogo vale per il problema Libano, che va inteso come "Hezbollah". Il gruppo ha scelto di gettarsi nella mischia siriana e per questo è sottoposto a una torsione brutale sia dal punto di vista materiale - centinaia di perdite - sia dal punto di vista ideologico: è difficile dire di essere la "muqawama", la resistenza, intesa contro Israele, e invece andare al di là del confine a combattere contro altri arabi. Se non rispolverando il motivo settario - noi sciiti contro loro sunniti - che non promette nulla di buono per il Libano, costruito sopra un volenteroso equilibrio fra fedi e tradizioni diverse.
- "Meglio i sunniti che gli sciiti"
A settembre Reuters ha pubblicato un'intervista informata con il generale israeliano Yair Golan, che comanda il settore nord della Difesa, quindi quello che si occupa anche della frontiera con la Siria (ormai senza più la preoccupazione immediata delle armi chimiche). Anche Golan sostiene che non c'è da preoccuparsi delle forze terrestri di Assad, messe troppo a dura prova dal conflitto interno, e con Reuters ha aggiunto un parere interessante: per lui sarebbe preferibile una vittoria dei gruppi ribelli sunniti della guerriglia anti Assad che una permanenza al potere dell'attuale apparato (vale a dire gli assadisti appoggiati dall'Iran e aiutati dagli hezbollah). I ribelli sunniti includono anche gruppi dichiaratamente nemici di Israele, ma sono comunque più arretrati dell'asse tra alawiti e sciiti, che è un'alleanza tra stati ed eserciti.
(Il Foglio, 29 novembre 2013)
Giovanni Spadolini, amico di israele
Presentazione del libro a Palazzo Vecchio
FIRENZE - Sarà presentato martedì 3 dicembre alle 17.00 nel Salone de Dugento di Palazzo Vecchio il libro di Valentino Baldacci Giovanni Spadolini: la questione ebraica e lo stato di Israele, edito da Polistampa. Interverranno Cosimo Ceccuti, Sandro Rogari, Giancarlo Elia Valori e Giulio Terzi di SantAgata, e saranno presenti lautore e leditore.
Lo storico Valentino Baldacci ripercorre e analizza per la prima volta i molti episodi che legano la figura dello statista fiorentino alla questione ebraica. Le sue posizioni in difesa dello Stato dIsraele e del suo popolo lo misero più volte in urto con personaggi quali Fanfani, Craxi o Andreotti, facendo allo stesso tempo di lui un interlocutore privilegiato della comunità ebraica. Lopera, frutto di una lunga e accurata ricerca, esce in prossimità del XX anniversario della morte di Spadolini.
(met, 29 novembre 2013)
La Comunità ebraica di Trieste cerca un sostituto del rabbino licenziato
TRIESTE - La Comunità ebraica di Trieste è ancora alla ricerca del nuovo rabbino, dopo che il precedente è stato licenziato, anche se il presidente della Comunità, Alessandro Salonichio, con l'Adnkronos preferisce parlare di ''sollevamento dall'incarico''. La vicenda, accaduta di recente, ha fatto scalpore, anche perché non usuale.
''Stiamo facendo delle valutazioni - spiega Salonichio - su chi potrà essere il nuovo rabbino, che sarà il meglio che riusciremo a trovare. Valuteremo molto bene, per non dover affrontare altri problemi nel futuro. Non credo cha la questione abbia una soluzione imminente'', ha concluso Salonichio.
La Comunità è alla ricerca di un capo religioso dal profilo alto e soprattutto si attende che il nuovo rabbino adempia ai suoi doveri. Doveri ai quali, da quanto trapelato da altri membri della Comunità, il rabbino ''sollevato'' non sempre adempiva. E questi erano dei problemi. Il rabbino capo era Rav Itzhak David Margalit, 64 anni, nato in Israele, a Trieste dal 2007.
(Adnkronos, 28 novembre 2013)
Il momento peggiore per un ateo è quando si sente grato e non sa chi ringraziare.
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L'antisemitismo sta perdendo la guerra
Gentile redazione di "Il Borghesino",
congratulazioni per lo splendido blog. Vorrei esprimere un immenso ringraziamento per avermi aiutato in questi giorni a cambiare completamente la mia visione del conflitto medio-orientale. Da circa un anno ho cominciato a poco a poco a rivedere totalmente i miei (pre)giudizi su Israele, con una forte accelerazione in questi giorni grazie anche al vostro eccellente sito. Sto provando una rabbia e un senso di colpa tremendo, perchè mi sento ingannato dalla cattiva informazione su Israele, Palestina & dintorni che per anni ha intossicato e ottenebrato la mia capacità di giudizio.
Volevo porvi alcune domande in merito all'occupazione della Palestina, ma prima sento il bisogno di descrivervi il mio percorso di "cambiamento di prospettiva", che può essere molto istruttivo....
(Il Borghesino, 28 novembre 2013)
Chanukkah 5774. Luci nelle piazze d'Italia
L'Italia si riempie della luce di Chanukkah. Brillano nelle case, brillano nelle piazze le fiammelle accese per celebrare la prima sera della festa che dura otto giorni e si concluderà nella giornata del 5 dicembre.
A Roma, celebrazioni che si sono svolte nella residenza dell'ambasciatore di Israele, Naor Gilon, alla presenza, tra gli altri, del rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. Sempre nella Capitale, ormai tradizionale è l'accensione della chanukkiah di piazza Barberini che ha raccolto l'interesse dei cittadini romani, tra sufganyiot e canti in un'iniziativa organizzata dal movimento chassidico Chabad-Lubavitch.
Accensione in strada organizzata dai Chabad anche a Milano, nella centralissima piazza San Carlo a pochi passi dal Duomo. A partecipare tra gli altri il sindaco Giuliano Pisapia e l'assessore alle Scuole del Comune Francesco Cappelli, il rabbino capo Alfonso Arbib, il vicepresidente UCEI Roberto Jarach, il presidente della Comunità Walker Meghnagi: a condurre l'evento rav Levi Hazan. Dopo l'accensione balli e dolci, per la gioia dei bambini presenti e anche di tanti adulti.
A Firenze prima accensione sotto il porticato della sinagoga, in una cerimonia condotta dal rabbino capo Joseph Levi e, a seguire, grande festa dei ragazzi del Talmud Torah . Oggi un nuovo appuntamento con performance artistica della Balagan Cafè Orkestar, che si esibirà dopo la seconda accensione.
Festa in famiglia a Trieste. Il coro della Scuola Primaria, assieme ai più grandi della Scuola per l'Infanzia, ha cantato per amici e parenti nella sala grande del Tempio Maggiore. Il tradizionale concerto si ripete di anno in anno ed è atteso anche da chi, più grande, frequenta ora le scuole medie. C'erano infatti tra il pubblico anche tanti ex-allievi che hanno colto così l'occasione per rivedere i compagni più piccoli e i morim (maestri) di un tempo.
(Notiziario Ucei, 28 novembre 2013)
Quando il tuo nemico cade
di Marcello Cicchese
Quando il tuo nemico cade, non ti rallegrare;
quand'è rovesciato, il cuor tuo non ne gioisca,
ché l'Eterno non lo veda e gli dispiaccia
e non distolga l'ira sua da lui.
Proverbi 24:17-18
In tedesco esiste una parola sintetica e incisiva che non ha un corrispondente in italiano: "Schadenfreude". E' la gioia per il male altrui: un sentimento indubbiamente molto diffuso e in cui chiunque può cadere. Non è strano quindi che anche la Bibbia ne parli. Giobbe, nella sua tenace e commovente autodifesa, elencando tutti i peccati che non ha mai fatto, dice con foga (Giobbe, 31:29-30):
se mi son rallegrato della sciagura del mio nemico
ed ho esultato quando l'ha colpito la sventura,
io, che non ho permesso alle mie labbra di peccare
chiedendo la sua morte con imprecazione....
E dice anche il motivo di questo suo trattenersi (Giobbe, 31:23):
perché mi speventava il castigo di Dio
ed ero trattenuto dalla maestà di lui.
Anche sul piano puramente sociale, manifestare troppo vistosamente la propria soddisfazione per il male che colpisce un altro, anche se nemico, anche se sembra esserselo più che meritato, non è considerato un segno di buona educazione. E' disdicevole. Bisogna accontentarsi di gioire in privato, nel proprio intimo, abbozzando magari qualche parola di dispiacere e commiserazione.
Il testo biblico però va più in profondità: fa intervenire Dio in prima persona. Giobbe è spaventato dal castigo di Dio. Perché Dio vede. E non vede soltanto quello che si svolge sul pubblico palcoscenico, ma anche quello che si muove nell'intimo del cuore. Per questo, nello stesso passo (v.27) Giobbe dice a sua difesa: "... se il mio cuore, in segreto, si è lasciato sedurre..."
Dal passo dei Proverbi si può capire meglio il motivo di questo spavento: l'Eterno potrebbe vedere questa maligna gioia del cuore e dispiacersene; e decidere di distogliere l'ira sua da colui che è caduto per rivolgerla verso colui che se ne rallegra.
Questo è particolarmente vero per chi pensa di potersi rallegrare per motivi di giustizia. Una giustizia forse non divina, perché non si crede in Dio o non si crede che Dio s'interessi a queste cose, ma pur sempre una giustizia come superiore istanza di universale moralità a cui tutti dovrebbero piegarsi, e a cui naturalmente colui che si rallegra pensa di piegarsi. Ma non esiste una neutra, anonima giustizia universale. Esiste Dio, che è giustizia e fonte di diritto, e chi si richiama con disinvoltura a motivi di superiore giustizia deve sapere che anche di questo un giorno dovrà rispondere.
Silvio Berlusconi è politicamente caduto, come da tempo si sapeva e si aspettava. Probabilmente in modo definitivo. Anche lui si è richiamato spesso e si richiama ancora a superiori valori universali a cui dice di ispirarsi. Anche lui dovrà risponderne, e forse questo è già cominciato. Ma la sua caduta non può mancare di essere motivo di riflessione, sia in privato che in pubblico.
Tralasciando il privato, su cui qualcosa si è già detto, diciamo qualcosa sul pubblico.
Qualunque cosa si pensi di Berlusconi, la nazione Italia non ha motivo di rallegrarsi della svolta politica che seguirà la sua caduta. Non perché si debba rimpiangere un roseo passato, ma perché il modo in cui la svolta avviene fa presagire un torbido futuro. Senza aggiungere altre analisi politiche a quelle, innumerevoli, che si fanno in Italia e in tutto il mondo, diciamo soltanto poche cose riguardanti il nostro oggetto di interesse.
Il governo Berlusconi, indipendentemente dai motivi personali che spingevano il suo presidente, è stato quello che più di tutti nella storia politica italiana del dopo guerra, e più di tutti tra i governi in Europa, ha avuto un atteggiamento amichevole verso lo Stato ebraico d'Israele. Al contrario, uno dei primi atti compiuti nel novembre 2011 dal governo Monti, pochi giorni dopo che Berlusconi fu convinto a dare le dimissioni, è stato invece quello di modificare la politica italiana fino a quel momento tenuta verso Israele, appoggiando l'Assemblea Generale dell'Onu nella sua decisione di accordare all'Autorità Palestinese lo status di Paese osservatore non membro. Qualcuno dirà che le cose non stanno proprio così, e che comunque questo non è un fatto di primaria importanza. Crediamo esattamente il contrario.
Le profezie bibliche s'interessano estesamente di politica internazionale, e da esse si può capire che l'atteggiamento verso Israele è un segnale di importanza decisiva. Soltanto un esempio di attualità. Molti studiosi di profezie si sono sempre chiesti come si potesse far entrare nel quadro biblico una potenza di grandezza mondiale come gli Stati Uniti. E' indubbio: l'America non compare nelle profezie. Conseguenza: negli ultimi tempi l'America dovrà sparire dall'orizzonte, cioè diventerà politicamente irrilevante. E questo forse è già cominciato con Barack Obama. E come è cominciato? Con l'allontanamento da Israele. Viceversa, le nazioni di cui la Bibbia dice che avranno un posto nel futuro, e che si schiereranno contro il popolo ebraico, si trovano a est e a nord di Israele, come Russia, Cina, Iran, che oggi stanno acquistando sempre più importanza. Nessuno può e vuole fare calcoli precisi, ma le linee di lento movimento della politica internazionale si possono intravedere abbastanza bene leggendo la Bibbia.
Tornando allora alla nostra nazione, si può dire che gli italiani non hanno motivo di festeggiare la caduta di Silvio Berlusconi. Per due ragioni:
- sul piano privato, perché a colui che si rallegra potrebbero arrivare addosso sciagure maggiori di quella di cui si rallegra;
- sul piano politico, perché il segnale costituito dall'attuale e prevedibile allontanamento da Israele dei prossimi governi non fa presagire nulla di buono per la nostra nazione. O perlomeno, nulla di migliore di quanto abbiamo finora avuto.
(Notizie su Israele, 28 novembre 2013)
Tel Aviv regina dell'innovazione
Ci sono 1.200 imprese tecnologiche su 400 mila abitanti
di Ettore Bianchi
Ha 400 mila abitanti, ma le imprese dell'alta tecnologia sono 1.200. Tel Aviv, la Milano israeliana, è il polmone economico della nazione mediorientale, simboleggiato dal Viale Rothschild: una lunga arteria nel centro storico, definita «la strada start-up della città start-up della nazione start-up».
L'innovazione è in fermento e queste giovani aziende sono circa 700.
Non è soltanto una promessa per il futuro, perché i colossi americani hi-tech hanno cominciato una campagna di acquisizioni a suon di dollari. È il caso di Soluto, attiva nell'assistenza a distanza per le attrezzature informatiche: a cinque anni dalla nascita è stata rilevata per 100 milioni di dollari (73,7 mln euro) da Asurion, specializzata nell'assicurazione di beni tecnologici. Oppure di Trusteer, attiva nella sicurezza, comprata da Ibm per 650 mln di dollari (479 mln euro).
A fine 2012 il sito americano Startup Genome ha piazzato Tel Aviv al secondo posto tra gli ecosistemi più favorevoli alle start-up a livello mondiale, dietro la Silicon Valley californiana e prima di New York, Londra e Chicago. Quello che si respira nella città israeliana è un clima di entusiasmo e voglia di fare. Non soltanto Tel Aviv attira frotte di giovani per motivi professionali e di divertimento (si dice che la città sia aperta 24 ore su 24), ma offre un ambiente accogliente ai nuovi imprenditori. La municipalità sta allestendo un'efficiente rete di collegamento wi-fi a internet che funzionerà ovunque. I locali di una biblioteca pubblica sono stati trasformati in uno spazio a disposizione delle giovani promesse del business.
Inoltre gli amministratori stanno cercando di convincere il governo israeliano a facilitare l'attività degli investitori stranieri interessati al settore tecnologico. L'obiettivo è fare di Tel Aviv un contesto più internazionale: a differenza di quanto avviene nella Silicon Valley, dove metà degli imprenditori è di origine straniera, in Israele quasi tutti sono locali.
Loro, i giovani, si sentono protagonisti di una svolta epocale e non conoscono il clima di smarrimento e incertezza che ha avvolto molte economie occidentali. Si buttano in un'avventura imprenditoriale con un'audacia che rasenta l'incoscienza, consapevoli che bisogna mettere in conto un eventuale fallimento. Poi è fondamentale il ruolo degli incubatori o acceleratori: fondi di investimento o società che accompagnano le start-up, sostenendole sia finanziariamente, sia attraverso la consulenza. A Tel Aviv se ne trova qualche decina e il loro sviluppo si è intensificato negli ultimi due anni. Rispetto a un decennio fa, per i giovani imprenditori è tutto più facile: trovare soldi, uffici, contatti, soci in affari. Nel terzo trimestre le società hi-tech hanno raccolto 660 milioni di dollari (486 mln euro) di capitali freschi: un record che non si vedeva dal 2000.
Tuttavia, come evidenziano i dati ufficiali, il comparto tecnologico sta crescendo meno velocemente rispetto all'industria nel suo complesso: la produzione è rimasta praticamente invariata tra il 2009 e il 2011 a fronte di un +5% messo a segno dal resto dell'economia. L'alta tecnologia copre circa metà delle esportazioni di Israele, ma impiega meno del 10% della popolazione attiva. C'è chi sostiene che questo comparto è più una vetrina che un motore. Ma negli Stati Uniti ci sono fior di colossi dell'informatica nati dall'idea di giovani neolaureati in un sottoscala.
(ItaliaOggi, 28 novembre 2013)
Probabili formazioni e pronostico di Apoel - Maccabi Tel Aviv.
Per il Gruppo F dell'Europa League si disputa la quinta giornata con i seguenti incontri: Bordeaux-Eintracht Francoforte e Apoel-Maccabi Tel Aviv (21:05).
APOEL: Questo turno sembra favorevole alla squadra cipriota che tenterà la rimonta sulla formazione israeliana: vincendo, infatti, riuscirebbe ad agganciarla in classifica. Questa sera i ciprioti faranno a meno di Budimir, espulso nell'ultimo match.
MACCABI TEL AVIV: Il discorso vale anche per gli israeliani che dovranno però difendersi se vogliono mantenere il secondo posto solitario. Al Maccabi basta un pareggio per poi giocarsi la qualificazione nell'ultimo match davanti ai propri spettatori.
PROBABILI FORMAZIONI:
Apoel (4-2-3-1): Pardo, Sergio, Oliveira, Borda, Cabral, Oliveira, Morais, Charalambidis, Alexandrou, Aloneftis, Benachour.
Maccabi Tel Aviv (4-3-2-1): Pablo, Yeini, Tibi, Garcia, Ben Harush, Einbinder, Zehavi, Mitrovic, Altman, Itzhaki, Dabbur.
PRONOSTICO: Questa partita vede favorita la squadra di casa, dimostratasi molto solida tra le mura amiche.
(Te La Do Io L'America, 28 novembre 2013)
Dà dell'"ebreo" al collega in aula: esposto contro l'avvocato Turco
Stava difendendo il capogruppo della Lega Nord di Trieste dall'accusa d'istigazione all'odio razziale. Segnalazione all'Ordine: lesivo della mia persona e della dignità dell'intera classe forense.
di Luana de Francisco
TRIESTE - Si era presentato in aula per difendere il proprio assistito dall'accusa di istigazione all'odio razziale, ma, dopo avere ripetutamente dato dell'"ebreo" al collega della controparte, l'avvocato Giuseppe Turco si è ritrovato a propria volta al centro di un esposto all'Ordine forense. Insomma, in un mare di guai o, quantomeno, di fastidi.
Tutto comincia lunedì mattina, quando al tribunale di Trieste prende il via il processo a carico di Paolo Polidori, capogruppo della Lega Nord della Provincia giuliana chiamato a rispondere di violazione della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Ad assisterlo è l'avvocato Turco, noto in regione per i suoi trascorsi nelle file del Carroccio. L'episodio al centro del procedimento risale alla primavera dell'anno scorso, quando, in occasione del congresso del partito all'hotel Excelsior, Polidori affermò che «il presidente del Consiglio, Mario Monti, e il governo in carica sono espressioni del potere giudaico-massone».
Da qui, la reazione della comunità ebraica e del suo legale, avvocato Alberto Kostoris, e l'ulteriore dose di "provocazioni" del capogruppo leghista. «Anziché scusarsi per le proprie asserzioni - si legge nella denuncia sporta di lì a poco dall'avvocato Kostoris -, replicava alle critiche della comunità ebraica e ribadiva consapevolmente che il potere finanziario mondiale è in mano a un sistema giudaico-massone». Finita sui tavoli della Procura di Trieste, a settembre la vicenda aveva superato lo scoglio dell'udienza preliminare, con il rinvio a giudizio dell'imputato su richiesta del pm Antonio Miggiani.
Lunedì, a gettare benzina sul fuoco, nel processo cominciato davanti al giudice Giorgio Nicoli, è stato lo stesso difensore di Polidori, l'avvocato udinese a sua volta animato da pulsioni leghiste. «L'ebreo non ha firmato la querela - ha affermato l'avvocato Turco, riferendosi al collega Kostoris e lasciando a bocca aperta magistrati, cancellieri e legali -. L'ebreo dice nella querela che è orgoglioso di essere ebreo». In aula, seduti in fondo per seguire l'udienza, in silenzio, anche alcuni "aficionados" di Polidori. Invitato più volte dal giudice Nicoli ad adoperare un linguaggio più consono all'aula di un palazzo di giustizia, il difensore ha replicato di non trovare nulla di strano in quel che stava dicendo. «C'è chi è ebreo - ha obiettato - e chi è slovacco». Tra le espressioni "coniate" per l'occasione, anche quella di «ebreo querelante".
Immediata la reazione dell'avvocato Kostoris, che, attraverso la collega Maria Genovese, il giorno successivo ha provveduto a presentare sul caso un esposto. «Il comportamento tenuto dall'avvocato Turco - si legge nel documento - è ritenuto gravemente lesivo della mia persona, così come della dignità dell'intera classe forense». L'esposto chiede all'Ordine di «procedere disciplinarmente nei suoi confronti per tutti gli illeciti».
A segnalare il caso al presidente dell'Ordine degli avvocati di Udine, Andrea Galimberti, intanto, ci hanno pensato anche alcuni colleghi friulani, che, appresa la notizia di quanto avvenuto a inizio settimana a Trieste, si sono dichiarati «sconcertati» dalle affermazioni usate dall'avvocato Turco nel corso del processo. Quanto alla vicenda giudiziaria di Polidori, martedì il giudice ha ordinato al pm Miggiani di riprendere in mano il fascicolo, trattandosi di reato - l'istigazione all'odio razziale, appunto - particolarmente grave e, quindi, di competenza del tribunale in composizione collegiale.
(Messaggero Veneto, 28 novembre 2013)
Diecimila mila anni fa sorgevano i centri urbani in Israele
In Israele un gruppo di archeologi ha riportato alla luce un antico insediamento neolitico che potrebbe risalire a diecimila anni fa. Il lavori per la realizzazione di un'autostrada hanno permesso di far riemergere questo tesoro tra i campi di Eshta'ol, nel centro sud del Paese.
Tra i reperti ci sono tracce di utensili utilizzati per lavorare la terra e curare gli animali, e cosa ancor più sorprendete gli albori di una pianificazione urbanistica.
Secondo l'archeologo Amir Golani, sono chiari i segni della strutturazione della società: "Tutti questi edifici formano un piano completo . In questo piano si vede l'origine della società, e la transizione dal villaggio al centro urbano"
Tra i manufatti più antichi attribuiti al periodo neolitico ci sono un coltello di pietra e diversi esempi di ceramica. "Tra le cose più interessanti che abbiamo trovato qui a Eshta'ol ci sono edifici e una grossa pietra - racconta Golani - una pietra enorme, lavorata su tutti e sei i lati, che si erge su uno di questi, crediamo fosse utilizzata per celebrazioni religiose".
Gli archeologi hanno rilevato che gli edifici hanno attraversato diverse fasi di costruzione e riparazione, fasi che fanno intuire la loro importanza, tra le vestigia anche alcune colonne che fanno supporre l'esistenza di un tempio.
(euronews, 27 novembre 2013)
Sorpresa nel parco: scimmie fotoreporter
Chiaramente annoiate di essere sempre i soggetti ritratti dai fotografi, due scimmiette di un parco nel nord di Israele hanno scelto di passare dall'altra parte della lente. Le immagini catturate da Jacki Soikis mostrano tutta la curiosità dei piccoli primati. "Per diverse ore ho mostrato loro come uso la camera, così hanno deciso di darci un'occhiata più da vicino" ha commentato Jacki. Il reporter naturalista ha aspettato diverse ore prima che i simpatici mammiferi si avvicinassero alla macchina fotografica ma alla fine è stato premiato con questi
divertenti scatti.
(la Repubblica, 27 novembre 2013)
Roma nel Piatto con le guide enogastronomiche di La Pecora Nera
Per la prima volta nelle tre guide capitoline sono stati individuati alcuni esercizi aderenti all'iniziativa kosher a Roma, per orientare gli osservanti della kasherut e i tanti interessati a conoscere la cucina giudaica-romanesca e tripolina.
- ROMA - Cucina romanesca d'autore, indirizzi per shopping goloso a Roma e a Milano, e i ristoranti etnici di qualità, quartiere per quartiere nella capitale. Arriva un vademecum alla buona tavola di Roma e del Lazio con una digressione in Lombardia con le guide enogastronomiche 2014 de La Pecora Nera editore, presentate al Centro Servizi Tipici e Tradizionali dell'Azienda Romana Mercati. Al vertice, anche in questa guida, la cucina di Heinz Beck a La Pergola del Rome Cavalieri, seguito da Il Pagliaccio e La Trota di Rivodutri (Rieti). Tra gli etnici, Green T per la cucina cinese e Hamasei e Zen Sushi per quella giapponese.
''Il nostro - ha sottolineato il curatore della guida Roma nel Piatto Simone Cargiani - è un approccio integralista nel giudizio che si traduce in visite ai locali effettuate in anonimato, pagando il conto come clienti qualsiasi, e nel rifiuto di vendere spazi pubblicitari ai ristoratori, così evitiamo conflitti di interesse con le categorie valutate". Quest'anno la Regione Lazio ha scelto "Roma nel Piatto" per istituire premi ai ristoratori che hanno contribuito alla valorizzazione del patrimonio enogastronomico del Lazio, realizzando ricette tradizionali basate su prodotti tipici.
Premiati: 13 gradi a Viterbo, Angeli a Magliano Sabina (Rieti), Da Cesare, Il Quinto Quarto, Iotto a Campagnano di Roma, La Briciola e L'Oste della Bon'Ora a Grottaferrata, La Locanda a Supino (Frosinone), La Locanda di Saturno a Sutri (Viterbo), Osteria del Vicolo Fatato a Piglio (Frosinone), Osteria Persei a Prossedi (Latina), Tito a Rieti, Vicolo di M'blò a Fondi (Latina), e Vino e Camino a Bracciano.
"Il criterio della qualità nella scelta delle materie prime, nell'elaborazione delle pietanze, nella capacità di esaltare le nostre tradizioni o di sperimentare sono alla base delle scelte fatte in questa guida", commenta Antonio Rosati, commissario Arsial. "Ed è questo lo stesso criterio che ci ha orientato nell'istituzione di premi destinati ai migliori ristoratori della Capitale e del Lazio. Un riconoscimento per chi promuove la buona cucina nella nostra regione, e crea idee di sviluppo economico, un'economia di prossimità che porta qualità di vita e ed è un motore per lo sviluppo del turismo".
Le edizioni 2014 si distinguono inoltre per l'attenzione riservata alla Roma Kosher. Per la prima volta nelle tre guide capitoline, grazie al contributo dell'Azienda Romana Mercati (Arm), azienda speciale della Camera di Commercio di Roma, sono stati individuati alcuni esercizi aderenti all'iniziativa kosher a Roma, per orientare gli osservanti della kasherut e i tanti interessati a conoscere la cucina giudaica-romanesca e tripolina, la più antica cucina di Roma, ha detto il direttore Carlo Hausmann.
"Il Centro Agroalimentare Roma - conclude Fabio Massimo Pallottini, amministratore delegato del Car Gest - è da sempre interessato ed attento alla buona ristorazione come elemento di promozione e diffusione dei nostri prodotti. Perciò ha voluto sostenere questa iniziativa, in quanto occorre una grande "alleanza" che percorra l'intera filiera, da chi produce a chi distribuisce, da chi vende a chi somministra il prodotto agricolo. Anche per questo è nato e si propone elemento utile il marchio 'Cuor di Car'".
(ANSA, 27 novembre 2013)
Cosa c'è dietro il video "americano" di Hassan Rowhani?
Il presidente iraniano diffonde un video ispirato alla campagna di Obama del 2008. Dietro la produzione c'è un regista legato ai servizi di sicurezza dell'Iran.
Dal momento del suo insediamento in agosto, Hassan Rowhani si è fatto latore, assieme a diversi suoi ministri, di uno stile di comunicazione inedito per l'austera Repubblica islamica. Incurante del filtraggio dei principali social network che vige dal 13 giugno 2009, la data dell'inizio della contestazione di massa alle elezioni presidenziali del giorno precedente, il presidente iraniano ha fatto uso massiccio di Twitter per mantenere i contatti con la sua "core constituency", quella borghesia urbana assai attiva su internet che già fece uso di Twitter e Facebook per coordinare le proteste del 2009-2010.
Fu un account tuttora ufficiosamente attribuito al neo-presidente, @HassanRouhani, a rivelare, il 27 settembre, che Barack Obama aveva appena terminato la sua storica telefonata all'omologo iraniano.
A cento giorni esatti dall'inizio del dopo-Ahmadinejad, un breve filmato prodotto da un documentarista già parte dello staff di Rowhani, Hossein Dehbashi, ha sottolineato il forte cambiamento nello stile tra i due capi di stato iraniani. Il filmato, dalla durata di quasi cinque minuti e distribuito tramite un altro degli strumenti centrali dell'arsenale informatico-comunicativo di Rowhani, YouTube, e sul nuovo portale video non censurato aparat.com, è fortemente influenzato dal clip prodotto dalla campagna elettorale di Barack Obama durante le presidenziali Usa del 2008 e mantiene pressappoco lo stesso formato.
Un discorso pubblico del protagonista politico - in questo caso, spezzoni del discorso d'inaugurazione fatto da Rowhani al cospetto della Guida Suprema Ali Khamenei e di altre autorità statali, il 4 agosto - viene coadiuvato dalla ripetizione delle stesse parole da uno stuolo di celebrità e comuni cittadini. Mentre Scarlett Johansson fece da "ripetitrice" per le parole di Obama nel 2008, il noto attore e cantante Amir Hossein Modarres fa parte del coro del video prodotto da Dehbashi, che ha curato in precedenza i due documentari elettorali di Rowhani trasmessi dalla tv di stato prima del voto di giugno.
Il tema del filmato dedicato ai primi cento giorni di Rowhani sembra esser dedicato all'unità nazionale, e si avvia con l'esortazione del presidente a dare modo a «chiunque ha a cuore le sorti di questo paese» di contribuire ad allentare i vari "nodi" che ne ostacolano il progresso. La presenza di uomini e donne di vari strati sociali in egual misura, di alcuni frammenti recitati in lingue utilizzate da minoranze linguistiche, come il curdo e l'arabo, e pure nel linguaggio dei segni per i sordomuti, evidenzia la direttrice delle primissima fase della presidenza di Rowhani, imperniata sulla necessità di generare una riconciliazione nazionale dopo gli anni di tensione e laceranti divisioni interne della seconda presidenza Ahmadinejad.
Il sollievo generale che ha fatto seguito alla stesura degli accordi preliminari di Ginevra sul nucleare ha così amplificato il "Yes, We Can" che risuona, anche se non cantato con le ormai celeberrime parole inglesi, nel filmato preparato da Dehbashi. Quest'ultimo fu probabilmente ispirato dal suo soggiorno negli Stati Uniti, che finì bruscamente nel 2010, quando fu espulso dopo esser stato accusato d'aver contraffatto alcuni documenti per la propria residenza.
Dehbashi è considerato vicino a quello stuolo di funzionari dei servizi di sicurezza iraniani legati a Rowhani tramite il Consiglio per la sicurezza nazionale, guidato dall'attuale presidente tra il 1989 e il 2005, e ora al governo con lui. Dalle loro osservazioni sull'evoluzione della società iraniana e dalla necessità di reagire efficacemente alla sua emotività e alla sua crescente modernità è scaturito il cambio di marcia dalle adunate di piazza di Ahmadinejad degli anni scorsi ai messaggi tecno-patriottici di oggi, per sostenere così un presidente che ha ridato pur fragilmente e preliminarmente, ottimismo e speranza a un paese che ne era privo da diverso tempo.
(Europa, 27 novembre 2013)
Addio a Arik Einstein
Arik Einstein, una delle figure più importanti del panorama musicale israeliano, è morto questa mattina all'età di 77 anni dopo essere stato colpito da un aneurisma aortico: secondo quanto riferito dai primi lanci d'agenzia, l'artista si sarebbe sentito male nella sua abitazione di Tel Aviv. Immediatamente portato al vicino ospedale Sourasky Medical Center, il cantante è stato dichiarato morto dai medici poco dopo l'arrivo nella struttura.
Titolare di oltre quaranta album da studio nel corso della sua carriera, noto anche per aver preso parte alle riprese di film e produzioni televisive, Einstein ha collaborato con alcuni dei personaggi più noti del paese come Shalom Hanoch, Miki Gabrielov e Yoni Rechter, consegnando agli annali successi come "Ani veata", "Uf gozal" e "Sa leat". Ritiratosi dalle scene nel 1980 dopo essere rimasto vittima di un grave incidente stradale, la voce era rimasta sporadicamente attiva fino al 2011, quando aveva diffuso un brano inedito in occasione del rilascio di Gilad Shalit, soldato dell'esercito israeliano rimasto ostaggio di Hamas dal 2006.
"Arik è stato il più grande", lo ha ricordato il primo ministro Benjamin Netanyahu: "Siamo tutti cresciuti con le sue canzoni. Lui era Israele. Era un ottimo cantante e una splendida persona. Oggi piangiamo la scomparsa di un gigante". "Le sue canzoni sono state la colonna sonora di un paese", gli ha fatto eco il presidente Shimon Peres.
(rockol.it, 27 novembre 2013)
Netanyahu e Letta domenica alla Sinagoga di Roma
Accensione della Candela Hannukkà
GERUSALEMME, 27 nov - Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, visiterà nel tardo pomeriggio di domenica primo dicembre con il premier israeliano Benyamin Netanyahu il Tempio Maggiore di Roma per la cerimonia d'accensione delle candele della festività ebraica di Hannukka'. Lo riferisce il sito della Comunità ebraica romana 'Roma ebraica'.
L'appuntamento è a margine della missione di Netanyahu in Italia che sfocerà nel summit bilaterale italo-israeliano in agenda per il 2 dicembre.
Letta e Netanyahu saranno ricevuti dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e dal presidente della Comunità Ebraica romana Riccardo Pacifici. "L'occasione sarà lieta - aggiunge il sito - per ascoltare i discorsi delle due autorità presenti".
(ANSAmed, 27 novembre 2013)
Le confessioni del produttore di Pretty Woman: "Io, spia per Israele"
Arnon Milchan ammette in Tv: «Lo ammetto, ero nel Mossad. Non mi pento, l'ho fatto per il Paese»
di Piero Negri
Sergio Leone, che era un gran raccontatore, e che non permetteva quasi mai alla realtà di interferire con le belle storie, diceva di avere incontrato per caso Arnon Milchan, il produttore israeliano che gli permise di realizzare il film della sua vita, «C'era una volta in America», sulla terrazza di un hotel di Cannes, nei giorni del festival del 1980. «Ci veniva ogni anno, nella speranza di incontrarmi», aggiungeva poi.
Ma Milchan, 68 anni, produttore di 120 film, quarto uomo più ricco di Israele (secondo «Forbes» vale 4,2 miliardi di dollari), ex studente della London School of Economics, ex calciatore ed ex scienziato, amante delle scommesse forti, delle auto veloci e della bella vita («Solo la storia delle auto non è vera», ci tiene a precisare), non ha alcun bisogno di essere romanzato. Soprattutto ora che ha detto pubblicamente, dopo infinite chiacchiere, insinuazioni e leggende metropolitane, di essere stato «per anni» un agente segreto israeliano.
Nel 2011, i giornalisti Meir Doron e Joseph Gelman avevano pubblicato il libro « Confindential» (sottotitolo: Vita di Arnon Milchan, l'agente segreto che si è trasformato in un tycoon di Hollywood), ma mai, finora, Milchan aveva ammesso di aver lavorato per il Mossad. Lunedì sera, nella trasmissione «Uvda» del secondo canale israeliano, l'ha fatto. «Potete immaginare cosa significa quando hai poco più di vent'anni e il tuo Paese ti chiede di essere James Bond? Wow! Azione vera! È stato bellissimo», ha detto.
Politicamente vicino a Shimon Peres, il giovane Milchan tra gli Anni 60 e 70 fa affari negli Stati Uniti con l'azienda di fertilizzanti di famiglia e contribuisce allo sviluppo del misterioso rettore nucleare di Dimona con l'agenzia segreta Lakam (Ufficio delle relazioni scientifiche). Negli Anni 70 acquista per Israele elicotteri, missili e altri armamenti per milioni di dollari, e - ha garantito in tv - non trattiene per sé neppure un centesimo delle provvigioni. Arriva a guidare 30 società in 17 Paesi del mondo, e intorno alla metà degli Anni Ottanta, proprio quando finalmente esce «C'era una volta in America», che è tuttora il suo film prediletto, viene coinvolto in un traffico di interruttori per ordigni nucleari passati illegalmente in Israele. Il caso scoppia nel 1985, quando un'azienda di Milchan, la Milco, viene scoperta a trafficare in queste valvole a gas che possono innescare bombe atomiche, e il suo presidente (Richard Kelly Smith) fugge in Spagna, dove sarà arrestato solo nel 2001.
Nel 1986 negli Usa viene fermata la spia israeliana Jonathan Pollard e in Israele sciolta l'agenzia Lakam, ma niente sembra poter rallentare l'ascesa di Milchan, almeno per quanto riguarda il cinema. Dopo il film di Leone, un successo in tutto il mondo ma non in America, dove la Warner Bros lo distribuisce in una versione tagliata e rimontata da cui Leone non si riavrà più (morirà cinque anni dopo per un attacco di cuore) e che per Milchan è una ferita ancora aperta, inanella uno dopo l'altro «Brazil», «La guerra dei Roses», «Pretty Woman», «Nei panni di una bionda», «JFK - Un caso ancora aperto», «Un giorno di ordinaria follia», la serie di «Free Willy», «Sei gradi di separazione», «Il cliente», «Natural Born Killers», «Heat», «L.A. Confidential», «L'avvocato del diavolo», «Fight Club», solo per fermarsi al 2000.
«Sapete - ha raccontato Milchan l'altra sera in tv - alla gente di Hollywood non piace l'idea di avere a che fare con un mercante d'armi, per cui a ogni incontro dovevo sprecare mezz'ora per spiegare che non era quello il mio vero lavoro. Se solo avessero saputo quante volte ho rischiato la vita... Avrei dovuto dire, semplicemente: pensate quello che volete, lo faccio per il mio Paese e sono fiero di quello che faccio».
Tra le rivelazioni più sorprendenti di Milchan c'è anche quella che il regista Sydney Pollack (ha firmato, tra i tanti, «Tootsie» e «La mia Africa»), morto nel 2008, era suo socio in più d'una società: «Sapeva tutto - ha spiegato - e di volta in volta doveva decidere se ci stava oppure no. Ha detto molti no, ma anche molti sì».
Milchan ha poi ammesso di avere anche usato una star del cinema, di cui non ha fatto il nome, per convincere lo scienziato americano Arthur Biehl a lavorare per lui: «L'ho invitato a casa di questo grande attore dicendogli che aveva bisogno di una consulenza per il suo prossimo film. Non c'è nessuno in California che possa resistere al fascino di una star di Hollywood».
Sa bene di cosa parla, la passione per il cinema l'ha provata sulla sua pelle: «Se lo fai per i soldi - ha detto - hai sbagliato mestiere». L'ha provata, certamente, a quel festival di Cannes di tanti anni fa: «Ho visto Leone sulla terrazza del Carlton, mi sono avvicinato e mi sono presentato. "È un onore per me incontrarla", gli ho detto, e gli ho chiesto: "A cosa sta lavorando?". E lui ha cominciato a raccontarmi il suo film, che definì una saga americana, scena per scena, battuta per battuta, dettaglio per dettaglio, spiegando ogni movimento di camera. Dopo quattro ore di questo racconto, il sole era già sceso dietro il mare, mi ha chiesto solo: "Sarebbe disposto a mettere i soldi per fare questo film?" Gli ho risposto solo: sì, quanto serve? "Ventidue milioni di dollari". Era tutto ciò che avevo ma non ho esitato un istante, su "C'era una volta in America" ho scommesso tutta la mia vita».
(La Stampa, 27 novembre 2013)
Palermo: dopo 500 anni torna festa ebraica di Chanukka
''Abbiamo voluto accogliere quest'iniziativa - dice il rettore dell'Ateneo di Palermo, Roberto Lagalla - per ricordare gli ebrei siciliani che furono uccisi o costretti a fuggire e, con loro, tutte le vittime di una spaventosa macchina di malagiustizia, che stritolò migliaia di innocenti. Il carcere dell'Inquisizione, con le sue testimonianze arrivate a noi attraverso i secoli, è un monumento universale contro l'intolleranza''. Da domani al 4, quindi, ogni giorno alle 17 (con l'eccezione di venerdì 29, quando la cerimonia avverrà alle 16.15, e di sabato 30, quando avverrà alle 17.45) la comunità ebraica palermitana ripeterà la cerimonia di accensione delle luci. Durante la settimana ci saranno due occasioni speciali. Giovedì prossimo alle 17 la cerimonia avverrà alla presenza del rabbino capo di Napoli Shalom Bahbout e del rettore e sarà accompagnata da musiche sefardite, mentre mercoledì 4 dicembre alle 16.30 allo Steri è in programma un incontro pubblico sugli ebrei in Sicilia.
(Adnkronos, 26 novembre 2013)
Tutti pazzi per il 'Thanksgivukkah', doppia festa degli ebrei americani
WASHINGTON - Tutti pazzi per "Thanksgivukkah". Fra gli ebrei americani è scoppiata una vera e propria febbre in vista di giovedì, 28 novembre, quando si festeggerà sia la tradizionale festa americana di Thanksgiving che l'inizio di Hanukkah, la festa ebraica delle luci. A rendere più straordinaria la coincidenza è la sua rarità: era già accaduto nel 1888 ma la prossima volta, secondo i calcoli del fisico ebreo americano Jonathan Mizrhai, accadrà fra 77mila anni. Le cucine delle case sono già sottosopra per preparare un menù degno dell'occasione mischiando le due tradizioni: tacchini con un ripieno di challah (il pane ebraico dello shabbat), latkes (frittelle di patate della tradizione ebraica) con la salsa di mirtilli di thanksgiving e mille altre ricette ibride che stanno inondando il web. Non mancano naturalmente i gadget: il più gettonato è la la menurkey, un candelabro ebraico (menorah) a forma di tacchino. Ideato da un bambino di nove anni, Asher Weintraub, è stato poi commercializzato dai genitori e viene venduto a 50 dollari su ModernTribe.com, un sito web di oggetti ebraici. Vanno forte anche le magliette con la scritta "life, liberty and latkes", in riferimento al diritto alla vita, la libertà e il perseguimento della felicità garantiti dalla costituzione americana, così come la riproduzione del classico quadro "American Gothic" di Grant Wood, dove al posto del contadino americano col forcone e la giovane moglie si vede una coppia di ebrei ortodossi.
(Adnkronos/Ign, 26 novembre 2013)
Ebrei: Il sentimento e la regola, convegno dell'Associazione Hans Jonas
ROMA - In occasione del quarantesimo anniversario dalla morte di David Ben Gurion, primo presidente del Consiglio dello Stato d'Israele, l'Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, insieme al centro ebraico italiano "Il Pitigliani", promuove il convegno internazionale "Il sentimento e la regola. Percorsi dell'identità a quaranta anni dalla morte di Ben Gurion". L'iniziativa si svolgerà a Roma domenica 8 dicembre (dalle 10 alle 17) presso "Il Pitigliani", in via Arco de' Tolomei.
All'incontro parteciperanno Naor Gilon, ambasciatore d'Israele in Italia, Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Renzo Gattegna presidente Unione comunità ebraiche italiane, Ugo Limentani, presidente Centro culturale ebraico "Pitigliani". L'apertura è affidata a Eliezer Ben Rafael con la relazione "Israele 1958: le risposte dei 'Saggi d'Israele'. Sul tema cittadini, cittadinanza e identità parleranno, invece, David Bidussa, Benedetto Carucci, Ernesto Galli Della Loggia, con il coordinamento di Tobia Zevi. Nel pomeriggio si discute su "Italia 2013: gli sviluppi di un'indagine sui giovani ebrei italiani", curata da Valeria Milano. Intervengono Roberto Della Rocca, Luigi Manconi, Mario Toscano, mentre coordina e conclude Saul Meghnagi.
A partire dal 6 dicembre sarà scaricabile gratuitamente (www.proedieditore.it) l'ebook del libro "Cosa significa essere ebreo", curato da Eliezer Ben Rafael ("Qu'est-ce qu'être Juif ? Cinquante sages répondent à Ben Gourion", 2001), fatto tradurre dall'Associazione Hans Jonas e contenente le cinquanta lettere (inedite in italiano) inviate a Ben Gurion dai cinquanta "Saggi d'Israele" da lui interpellati.
(Adnkronos, 26 novembre 2013)
Apple acquista Primesense e la tecnologia 3d di Kinect
Apple ha fatto il grande passo procedendo all'acquisto del gruppo israeliano proprietario della tecnologia Kinect
Cupertino non ha perso tempo: PrimeSense, l'azienda che ha ideato e sviluppato il core che costituisce il sistema di Kinect, ovvero il sensore che consente di comandare la Xbox con gesti e voce, è stata acquisita dagli eredi di Steve Jobs. Come confermano le voci di corridoio alla fine gli israeliani hanno ceduto all'offerta di Apple. Primesense, dunque adesso passa dunque sotto l'ala protettiva di Cupertino, che punta ad integrare i prodotti realizzati dall'azienda israeliana con i suoi iphone. Come è noto dopo aver contribuito al al successo della console di casa Microsoft, PrimeSense potrebbe garantire una svolta per i prodotti della mela. Secondo gli esperti, infatti, Apple potrebbe integrare al piu presto i sensori che interpretano il movimento delle mani e la voce, all'interno di Mac e iPhone e, quindi, realizzare una nuova Apple TV, un centro multimediale da comandare con voce e gesti. Vedremo d si muoveranno a Cupertino: di certo l'azienda che fu di Bill Gates ha monitorato per molti anni la società israeliana, e se si è arrivato ad un acquisto vero e proprio c'è da attendersi grandi cose in futuro.
La notizia avrà messo in apprensione la concorrenza che adesso deve mettersi a lavoro per trovare un nuovo partner commerciale capace di sfornare prodotti tecnologici all'altezza di Primesense. Lo scotto da pagare, in alternativa, sarebbe rimanere fuori dal prezioso mercato.
(Meteo Magazine, 26 novembre 2013)
Ferrara - Alla ricerca di un sogno: il giardino dei Finzi Contini
Il grande scultore israeliano Dani Karavan ha visitato ieri molti luoghi caratteristici della città. «Sono qui in cerca di ispirazione per gettare le basi al progetto monumentale»
FERRARA - Alla ricerca di un sogno: il giardino dei Finzi Contini. Anche il sole, insolito a Ferrara in questo periodo di fine novembre, ha voluto illuminare meglio ieri mattina i luoghi bassaniani visitati da un artista d'eccezione. Dani Karavan, israeliano, 83 anni - uno dei più grandi scultori viventi - è venuto a Ferrara per trarre l'ispirazione ad un progetto ferrarese che da tempo stava lavorando con Paolo Ravenna, probabilmente l'ultimo prima della morte dell'avvocato avvenuta lo scorso anno l'11 novembre. Ravenna, una delle figure più alte della cultura ferrarese, aveva messo in piedi un carteggio con Karavan, con l'idea di fare un monumento dedicato all'opera letteraria del giardino dei Finzi Contini e alla Ferrara di Bassani.
Proprio per onorare la memoria di Ravenna, la trattativa in questi mesi è ripresa ancor più in maniera incisiva, portata avanti dall'architetto Andrea Malacarne, referente ferrarese di Italia Nostra e dallo stesso figlio di Ravenna, Daniele, che pur vivendo a Roma è rimasto profondamente legato alla sua città e al progetto del padre. La visita di Karavan è stata accolta con entusiasmo anche da parte dell'amministrazione comunale. A riceverlo ieri mattina davanti a Palazzo Diamanti c'erano infatti l'assessore all'urbanistica Roberta Fusari, il dirigente dei servizi culturali e capi di Gabinetto Giovanni Lenzerini, la direttrice delle gallerie civiche d'arte moderna Maria Luisa Pacelli e l'architetto Natascia Frasson per i beni monumentali. Karavan era accompagnato dalla figlia, da Daniele Ravenna e Andrea Malacarne.
Puntualissimo alle 9.30 davanti al portone di Palazzo Diamanti, lo scultore ha visionato una serie di spazi caratteristici, inseriti negli appunti di Paolo Ravenna, per identificare un luogo dove collocare il monumento bassaniano.
«Sono qui per trovare spunti sui luoghi bassaniani - afferma con un buon italiano - il giardino dei Finzi Contini era un luogo immaginario, ben presente nella mente di Bassani, non mi interessa trovare uno spazio materiale predefinito, ma qualcosa che si ricolleghi al sogno, alla visione del grande scrittore, si tratta di trovare un vuoto da riempire ed è un problema che devo cercare di risolvere. Questo progetto di un monumento ha attirato la mia curiosità, me ne ha tanto parlato Ravenna. Eccomi qua a vedere cosa si può fare. Al momento sono solo in cerca di ispirazione, ancora non c'è nulla».
Ed ecco le opzioni presentate da Malacarne sottoposte all'attenzione di Karavan. Si è partiti dal giardino interno di Palazzo Diamanti, dove c'è la passerella esterna che collega il percorso espositivo e poi si è proseguito per il vicino palazzo Prosperi, struttura ancora in fase di ristrutturazione. All'interno c'è un bello spazio verde, nonostante il degrado dovuta alla prolungata inattività e Karavan ha fatto molte domande sul giardino esterno, quello che è di proprietà della Provincia. Non è mancata una puntata al parco Massari, che ha destato interesse anche se la zona è molta frequentata. Con un passo da mezzofondista Karavan ha percorso a piedi poi tutta Ercole d'Este fino allo spiazzo del "Tiro a segno" davanti alla Porta degli Angeli. Ha voluto guardare dalla Mura settentrionali anche il parco urbano, l'addizione verde intitolata proprio a Bassani. Nel percorso era inserito anche un giardino interno in via Palestro, ma l'artista ha scartato l'ipotesi. Una full immersion durata una mattina e Ferrara si è confermata stupenda per ispirare l'arte.
In chiusura della sua visita a Ferrara lo scultore si è recato a rendere omaggio alle tombe di Paolo Ravenna e Giorgio Bassani,
Video - Un giorno bellissimo
Video - La visita al cimitero ebraico
(la Nuova Ferrara, 26 novembre 2013)
Iran nucleare. Zarif conferma i colloqui segreti con Washington
ROMA - Il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha confermato lo svolgimento di colloqui segreti con gli Stati Uniti, avvenuti prima dell'accordo sul nucleare siglato domenica a Ginevra.
Zarif, che ha guidato la delegazione iraniana in Svizzera nelle trattative con i Paesi del Gruppo 5+1, non ha fornito dettagli sui colloqui segreti, ne' sulla data in cui sono iniziati.
"Nei colloqui bilaterali erano presenti diversi Paesi, tra cui anche gli Stati Uniti", ha spiegato Zarif nel corso di una conferenza stampa convocata a Teheran.
"Abbiamo detto chiaramente che l'Iran non aveva problemi a parlare con tutte le controparti per trovare la soluzione alla questione nucleare", ha aggiunto il capo della diplomazia di Teheran.
Poco dopo la firma dell'accordo di Ginevra, un diplomatico statunitense aveva rivelato che gli Stati Uniti avevano avuto "colloqui con l'Iran fin dall'elezione del presidente Hassan Rohani", colloqui volti a "rafforzare il negoziato con i Paesi del Gruppo 5+1?.
Zarif ha confermato che si e' trattato di colloqui "circoscritti alla questione nucleare" e che "non hanno portato a un sostanziale avvicinamento" nei rapporti tra i due Paesi.
Le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Iran sono ufficialmente interrotte dal 1979, anche se il recente contatto telefonico tra Barack Obama e Hassan Rohani ha portato ad un miglioramento nei rapporti tra Washington e Teheran.
(ASCA, 26 novembre 2013)
Il premier israeliano si sente tradito: troppi segreti negli accordi con Teheran
di Fiamma Nirenstein
È stato dall'Air Force One, andando a Seattle, uno dei più spettacolari bastioni del potere americano, che Obama ieri ha chiamato Bibi Netanyahu a Gerusalemme. Non è stata una conversazione semplice, ma l'indispensabile incontro di una coppia che non può, almeno non può ancora, vivere separata. Israele e gli USA solo qualche mese facevano mostra di un'alleanza sostanziale, fatta di valori, di ricordi, di canzoni, di film, di pacche sulle spalle fra i due leader senza giacca. Che l'Iran fosse il peggiore di tutti i nemici era credo comune, che forse si sarebbe dovuto usare i jet contro le centrifughe, una formula ripetuta da ambedue. Era inteso un Paese che odia gli ebrei e ne minaccia l'estinzione, che vuole soggiogare il mondo e a casa sua impicca gli omosessuali e rinchiude i dissidenti non debba arricchire l'uranio.
L'America e Israele sono due Paesi di frontiera, due fortini assediati dagli indiani dove vivono i cowboy contro il terrorismo e la dittatura. Tutto questo, dopo l'accordo con l'Iran, cambia. Si apre un futuro in cui Netanyahu indosserà, come ha fatto in questi mesi, l'eroica casacca del dissidente, di commesso viaggiatore dell'accordo definitivo che dovrà essere ricontrattato fra sei mesi, in cui Bibi pretende la distruzione del programma nucleare.
(il Giornale, 26 novembre 2013)
Questi sei mesi saranno utili. Ma l'Occidente agisce da ingenuo
di Francesco Battistini
GERUSALEMME Dia un parere da tecnico: questo accordo nucleare con l'Iran ha qualcosa di buono per Israele?
«Immagini un righello: non troverà un'unita di misura né militare, né politica che possa dirci adesso fin dove arriva l'accordo. Israele è un Paese abituato a conquistarsi il suo diritto d'esistere. E con un obbiettivo: far fuori tutte le strutture nucleari iraniane. Se uno viene a dirmi che l'Iran per sei mesi ferma il suo progetto atomico, beh, il conforto degli stupidi è che sono sei mesi per fare qualcosa e tenere l'Iran sotto controllo, che le centrifughe restano spente
Ma il rischio è che un accordo temporaneo diventi permanente».
In una spoglia stanza al neon poco fuori Tel Aviv, Shabtai Shavit studia da anni il terrorismo internazionale e l'Iran. Per sette, ha diretto il Mossad e gl'importa poco leggere le dichiarazioni ufficiali: «Sto studiando questo documento di Ginevra. In una visione strategica, non risolverà il problema nucleare. Ma cambierà molti equilibri».
- È vero disgelo?
«Non credo a una parola di quel che dicono gl'iraniani. In Occidente, però, rimane un mix di naìveté e di machiavellismo che rallenta certe decisioni. Alla fine, non si potrà prescindere da un obbiettivo che è lo stesso d'Israele: fermare gli ayatollah».
- Che cosa cambia nei piani militari d'Israele?
«Niente. Perché si basano sulla prontezza di reazione e sulla sorpresa. Queste cose non vengono messe da parte perché c'è un accordo politico».
- Un primo effetto, però, sono i colloqui di pace sulla Siria.
«Da Israele, non si sa per che cosa tifare. Se sia meglio che Assad se ne vada o resti dov'è. È come risposarsi: la prima moglie non la sopportavi più, ma almeno sapevi chi era».
- Si prepara un'alleanza con l'Arabia e le monarchie del Golfo, scornate quanto Israele dall'accordo con l'Iran? Il nemico del mio nemico diventa mio amico
«Non potrà mai esistere un blocco arabo alleato d'Israele. Il nemico è lo stesso, ma gl'interessi sono diversi: Israele teme l'atomica, loro l'espansionismo sciita. Forse succederanno cose utili a tutti, ma senza vere alleanze: si lavora insieme sottotraccia, mica si firmano accordi o si aprono ambasciate».
- C'è uno sconfitto assoluto di questo accordo?
«Hamas. Ha sbagliato tutte le alleanze, dalla Siria all'Iran, e i tempi per uscirne. Oggi non ha un solo alleato nell'area. Deve stare immobile».
- L'Egitto ha avuto un percorso tortuoso, nei rapporti con l'Iran
«Col governo militare del Cairo, si collabora nella guerra al jihadismo del Sinai. Però non si sa mai: con la Siria, è lo scenario più imprevedibile»
.
- E l'atomica israeliana? Non è l'ora di chiudere con la politica dell'ambiguità e ammettere che esiste?
«La politica nucleare israeliana è la stessa da quarant'anni. E sarà la stessa nei prossimi quaranta».
(Corriere della Sera, 26 novembre 2013)
Israele, nuove prospettive di sviluppo per l'imprenditoria europea
Maggiore cooperazione nei settori d'industria, innovazione, spazio e turismo. Uno dei principali punti di forza di Israele consiste nella sua capacità di innovazione tecnologica, che la posiziona tra le economie a maggior crescita. Per tale motivo, Israele e l'UE hanno un forte interesse
reciproco ad accrescere le relazioni commerciali bilaterali e l'integrazione dei loro mercati per promuovere ulteriormente l'innovazione, dare impulso alla crescita sostenibile e creare posti di lavoro. Tale interesse alla cooperazione è stato ribadito in occasione della visita in Israele del vicepresidente Antonio Tajani, commissario responsabile per l'Industria e le Imprese dell'UE. In particolare sono stati identificati i settori focus sui quali fondare i futuri interventi tra UE ed Israele, quali le tecnologie spaziali, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, il turismo e le tecnologie innovative e ambientali. La visita ha portato alla conclusione di tre lettere di intenti sulla cooperazione industriale, la cooperazione tra PMI (piccole e medie imprese) e la navigazione satellitare. Le azioni intraprese dall'UE sono volte a dare impulso alla crescita e alla competitività delle industrie europee esplorando più a fondo le potenzialità di crescita dell'economia israeliana caratterizzata da uno spiccato dinamismo.
Da ricordare come nel settembre 2012, dopo anni di negoziati e tra numerosissime critiche dal mondo politico, la commissione commercio internazionale del Parlamento Europeo abbia dato il via libera alla conclusione del protocollo di eliminazione le barriere tecniche al commercio industriale fra UE e Israele, a partire dal settore farmaceutico.
Con molta probabilità il protocollo verrà gradualmente esteso ai settori industriali di maggiore interesse, aprendo grandissime opportunità per le imprese europee. Un ulteriore supporto alle aziende offerto dalla Commissione Europea, arriverà anche dai due nuovi programmi europei di finanziamento: HORIZON 2020, per la ricerca e l'innovazione, con una dotazione finanziaria di circa 70 miliardi di euro, e COSME, interamente dedicato al mondo delle PMI e con una dotazione finanziaria di 2.3 miliardi di euro. Questi programmi accompagneranno le imprese nel rilancio dell'economia europea. (ICE TEL AVIV)
(Tribuna Economica, 26 novembre 2013)
Maxi- esercitazione aerea di Israele con Usa, Italia e Grecia
Ha preso il via la scorsa notte nella base aerea di Uvda, nel Neghev, "Blue Flag", la più grande esercitazione multinazionale di aerei da combattimento mai ospitata da Israele, con la partecipazione di Stati Uniti, Italia e Grecia. All'evento - che durerà fino a giovedì - doveva prendere parte anche la aviazione militare della Polonia, che ha però dovuto rinunciare per motivi economici. Blue Flag è stata pianificata da oltre un anno e, secondo quanto ha precisato un responsabile della difesa israeliano, non ha l'intento di simulare alcuno scenario geopolitico mediorientale. Alle grandi manovre partecipano un sessantina di aerei da combattimento fra cui F-15, F-16, Tornado, Amx e B-152.
(L'Unione Sarda, 25 novembre 2013)
Rav Di Segni: "Oggi l'antisemitismo parla la lingua del Diritto"
ROMA, 25 nov. - Stamattina il rettore de La Sapienza, Luigi Frati, e il direttore dell'Isgap, Charles Small, hanno presentato l'accordo di collaborazione scientifica e culturale tra i due istituti. Si tratta del primo programma internazionale realizzato a livello universitario sui temi dell'antisemitismo e delle molteplici scienze collegate alle vicende dell'ebraismo, di cui La Sapienza è il primo ateneo a farne parte.
L'evento è stato accompagnato da una tavola rotonda dal titolo "L'antisemitismo nella prospettiva comparata" a cui hanno partecipato, oltre a Chalers Small, Marina Caffiero, coordinatore del dottorato di ricerca in storia, antropologia e religioni della Sapienza, Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma, Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale.
E' stato l'intervento di Rav Di Segni a indicare i linguaggi dell'antisemitismo e con quale forma si presenta oggi. Il ragionamento del Rabbino Capo è partito da lontano, concentrandosi sul caso italiano che è particolarissimo in riferimento alla tematica dibattuta. "Uno degli aspetti fondamentali dell'antisemitismo è il massacro. Ma in Italia si è verificato poco - spiega Di Segni - c'è stato ma in misura minore. Bisogna arrivare a metà del Quattrocento per citare i primi esempi. In Italia, dunque, la vita è stata meno minacciata ma di sicuro perennemente umiliata. Non a caso è qui che nasce il ghetto. In Italia le persecuzioni sono state effettuate sotto le limitazioni giuridiche. Bisogna arrivare alla Shoah per trovare una 'vera' strage di ebrei italiani". Certo, lungo la storia, si sono verificate espulsioni. Il Sud della Penisola rigettò gli ebrei "e se il Sud oggi ha un certo tipo di destino - dice Di Segni - è anche a causa della mancanza di ebrei. A questi elementi di limitazioni" fisiche o giuridiche "va aggiunto l'aspetto dell'oppressione della cultura ebraica". Un esempio per tutti: il rogo dei libri e testi sacri a iniziare dal Talmud.
Negli interventi precedenti a quelli del Rabbino Capo si era dibattuto su come l'antisemitismo colpisca anche i non ebrei. "Ma in che modo - si chiede il Rabbino Capo - l'antisemitismo colpisce gli ebrei? Ci sono due motivi: intanto l'ebreo deve sopportarne le conseguenze; poi l'antisemitismo genera un cambio di identità nell'ebreo, tanto che molti riscoprono la propria identità solo in occasioni di autodifesa contro l'antisemitismo stesso". Cos'è e come si manifesta, dunque, questo fenomeno? Per il Rabbino Capo l'antisemitismo è una bestia antica che si veste di volta in volta con abiti differenti. Oggi può essere identificabile con il negazionismo, la comicità che rispolvera stereotipi negativi, si manifesta sugli striscioni negli stadi e sui muri nelle strade, è infine iniettato attraverso la propaganda antisionista "che mira a criticare Israele ma nasconde sempre altro, confondendo i piani politico e religioso". "Rav Sacks - conclude Di Segni - ha detto che l'antisemitismo si appropria di concetti predominanti e condivisi nella società. Oggi l'antisemitismo parla la lingua dei diritti e colpisce al cuore l'identità ebraica e i suoi riti". Ne sono un chiaro esempio le battaglie in sedi istituzionali europee contro la macellazione rituale e la circoncisione.t per sette anni ha diretto il Mossad e dell'accordo sul nucleare con l'Iran non si fida: "Non credo a una parola di quel che dicono gl'iraniani. In Occidente, però, rimane un mix di naìveté e di machiavellismo che rallenta certe decisioni. Alla fine, non si potrà prescindere da un obbiettivo che è lo stesso d'Israele: fermare gli ayatollah".
(Comunità Ebraica di Roma, 25 novembre 2013)
Israele potrebbe legalizzare la pirateria informatica
La riflessione su come affrontare il problema della pirateria informatica riguarda un numero sempre più ampio di paesi e non solo in Nord America o in Europa. Anche Israele, per esempio, si domanda come affrontare la questione.
Adesso, un disegno di legge potrebbe legalizzare lo scaricamento di file protetti da copyright dalla rete. In cambio, gli utenti dovrebbero pagare una una tassa sui prodotti high-tech.
Nella Knesset, il parlamento israeliano, potrebbe essere messo presto in discussione un disegno di legge a favore della legalizzazione dello scaricamento di file (in particolare musica e film) da Internet.
Naturalmente, nella legalizzazione sarebbe contemplato solo l'uso privato.
Il disegno di legge si deve all'iniziativa di Meir Chetrit del partito Hatnuah, un influente uomo politico che ha già ricoperto numerosi incarichi ministeriali, tra cui quello Giustizia e delle Finanze.
Il provvedimento potrebbe aprire la strada a leggi simili Negli Stati Uniti e in Europa? Lo scopriremo presto
(Gizmondo, 25 novembre 2013)
Ricordato lo sterminio degli ebrei goriziani
Organizzata dall'associazione Amici di Israele si è svolta la commemorazione della deportazione della comunità ebraica di Gorizia. Sono passati 70 anni dalla notte del 23 novembre 1943, quando una squadra delle SS caricò su un camion tutti gli ebrei che riuscì a trovare nell'ex-ghetto di via Ascoli e trasferirli momentaneamente nelle carceri di via Barzellini, e nei giorni seguenti deportarli nel campo di concentramento di Auschwitz. Tornarono soltanto in pochi e una comunità ebraica non riuscì più a ristabilirsi nella nostra città, determinando una grave perdita del tessuto sociale, culturale ed economico. Alla lettura dei nomi delle persone deportate nei rastrellamenti avvenuti in quei giorni, è seguita la deposizione della corona ai piedi della lapide, affissa nella corte della sinagoga, con un minuto di teso e commosso silenzio. Si è poi svolta nella sala Europa dell'istituto Galilei un incontro rivolto agli studenti organizzato dalla Provincia in collaborazione con le associazioni 47/04 e Amici di Israele. La storica Silva Bon ha spiegato agli studenti le motivazioni e le tappe storiche che hanno portato anche in Italia ad attuare la politica di sterminio nazista: dalla promulgazione delle Leggi razziali del 1938, annunciate 75 anni fa proprio a Trieste, all'istituzione della Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento e sterminio in Italia. L'incontro è stato propedeutico al progetto Memobus che, per il 10o anno, porterà circa 80 studenti della classi superiori, dopo un percorso formativo, in viaggio/visita ad Auschwitz-Birkenau. Gli eventi, organizzati da Amici di Israele, per la commemorazione del 70o anniversario della deportazione della comunità ebraica di Gorizia, si concluderanno giovedì con il racconto scritto e musicato da Enrico Fink "Akkiaia. Benzion a Gorizia" in sinagoga alle 20.30.
(Il Piccolo, 25 novembre 2013)
Sondaggio: per 76% degli israeliani Teheran non rispetterà gli accordi
ROMA, 25 nov - Il 76% degli israeliani crede che l'Iran "non fermera' il proprio programma nucleare" malgrado l'accordo temporaneo raggiunto domenica a Ginevra con i Paesi del Gruppo 5+1 (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania).
E' il risultato di un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano israeliano 'Israel Hayom'.
Solo il 12,6% degli intervistati e' convinto che Teheran "rispettera' i termini dell'intesa sul nucleare" mentre il 57,8% del campione ritiene che gli Stati Uniti, firmando l'accordo a Ginevra con l'Iran, "abbiano leso l'interesse nazionale di Israele".
Quanto a un eventuale attacco militare israeliano ai siti nucleari iraniani, le opinioni degli intervistati restano divise: il 45,8% e' favorevole mentre il 37,9% e' contrario.
Il sondaggio del quotidiano Israel Hayom e' stato effettuato su un campione di 1000 persone (che non comprende arabi israeliani) con un margine di errore del 4,4%.
(ASCA, 25 novembre 2013)
Netanyahu: ''Laccordo di Ginevra è un errore storico''
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha definito l'accordo sul programma nucleare iraniano raggiunto a Ginevra nella notte un "errore storico". L'accordo "rende il mondo un posto molto più pericoloso, perchè ora il regime più pericoloso del mondo potrà fare passi significativi per acquisire l'arma più pericolosa", ha affermato in una riunione del suo governo. "Israele non è tenuta a rispettare questo accordo, ha il diritto di proteggersi di fronte a minacce di qualsiasi tipo", ha aggiunto sottolineando che "Israele non consentirà all'Iran di sviluppare capacità nucleari militari".
(la Repubblica, 24 novembre 2013)
Forse non è un errore, ma un passo avanti nel compimento di un progetto nel nome della pace, termine che in certe bocche agli israeliani può far venire i brividi.
Putin: l'accordo sul nucleare è un primo passo di un lungo processo
ROMA, 25 nov - L'accordo raggiunto ieri a Ginevra sul programma nucleare iraniano e' ''un passo in avanti, ma solo il primo di un lungo processo''. Lo ha dichiarato il presidente russo, Vladimir Putin, esprimendo la sua ''soddisfazione'' per l'intesa. ''E' stato fatto un importante passo in avanti, ma solo il primo di un lungo e difficile cammino'', ha aggiunto il capo del Cremlino. ''Come risultato dei negoziati, siamo riusciti ad avvicinarci alla soluzione di uno dei nodi piu' difficili della politica internazionale'', ha concluso Vladimir Putin.
(ASCA, 25 novembre 2013)
Per Putin dunque l'intesa non è un errore, e dal suo punto di vista ha ragione. E per Obama? Beh, forse sul piano personale anche per lui non è un errore. Qualcuno ha scritto: "Per Obama, la cui credibilità internazionale è inciampata prima nello scandalo del datagate e poi sulla armi chimiche in Siria, riuscire a siglare un accordo con l'Iran sul nucleare rappresenterebbe il più importante risultato in politica estera del suo secondo mandato." Certo, lo Stato ebraico potrebbe riceverne un danno mortale, ma dai potenti della terra le decisioni che danneggiano gli ebrei non sono mai state considerate un errore. Fino a che non sono state messe in pratica. M.C.
Israele progetta una enorme centrale solare nel deserto del Neghev
Forse non tutti lo sanno, ma Israele è stato uno dei pionieri dell'energia solare. Già 30 anni fa l'azienda Luz, oggi divenuta BrightSource e passata in mano ad investitori statunitensi, aveva intravisto in questi territori assolati un'enorme potenziale per il settore delle rinnovabili.
Nei primi mesi del 2014, Israele sarà protagonista di un importante evento che gli consentirà di raggiungere i primi posti tra le centrali solari più grandi del mondo. Presso Ashalim, nel deserto del Neghev, a sud della città di Be'er Sheva, inizieranno i lavori per la costruzione di una centrale solare da 121 MegaWatt.
Il termine è previsto per il 2016 ed allora Israele potrà vantare una centrale solare capace di garantire l'elettricità a 40.000 abitazioni.
Il progetto è stato avviato dalla società Megalim Solar Power costituita dalla partnership fra Alstom (un'azienda di trasporti) e BrightSource Energy.
Per Brightsource non è la prima volta che si cimenta in opere di tale portata: infatti è attualmente impegnata nella realizzazione di una centrale solare da 377 Megawatt nel deserto del Mojave in California.
L'impianto è solo uno dei tre progetti portati avanti presso Ashalim. Alla fine l'intero sito sarà in grado di generare 250 MW di energia elettrica sufficiente a coprire il 2,5 % del fabbisogno energetico di Israele.
Quando tutti e tre i progetti saranno terminati, Ashalim diventerà la quinta centrale solare del mondo.
La tecnologia della centrale sfrutta un sistema di specchi che raccolgono i raggi e li convogliano su una torre solare, la quale a sua volta genera vapore che va ad alimentare le turbine. Il progetto darà lavoro a 400 persone, di cui 300 saranno ingegneri e operai di Gerusalemme che per la prima volta avranno l'opportunità di far parte di un team innovativo senza essere costretti ad allontanarsi dalla loro terra.
L'impianto costerà 1,1 miliardi di dollari ma metterà Israele in una situazione di assoluta evidenza nel settore dell'energia solare, mostrando l'intenzione del paese di divenire uno dei leader dell'economia verde e pulita.
(TuttoGreen, 25 novembre 2013)
Oltremare - Il verde
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
Avventure templari
Il tempo a Tel Aviv
Il centro del mondo
Kaveret, significa alveare ma è una band
Shabbat & The City
Tempo di Festival
Rosh haShanah e i venti di guerra
Tashlich
Yom Kippur su due o più ruote
Benedetto autunno
Politiche del guardaroba
Suoni italiani
Autunno
Niente applausi per Bethlehem
La terra trema
Cartina in mano
Ode al navigatore
La bolla
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di Daniela Fubini, Tel Aviv
La strada verso nord, se percorsa in autobus di linea, è tutta verde sia fuori che dentro. Sfilano chilometri di palme e bouganville sempre in fiore arrampicate su ogni spalletta e ponte e muretto, erba corta ai bordi dell'autostrada, palazzi nuovi e gru al lavoro; si indovina il mare là a sinistra, e per qualche istante lo si vede, mischiato al cielo incerto della mattina.
Verde è l'autobus, il classico Egged non proprio fiammante, con autista burbero e spiccio che se però deve aiutarti a scendere alla fermata giusta è capace di telefonare alla centrale o al cugino della sorella che vive proprio nella zona che attraversiamo. Una benedizione, la totale mancanza di codice nei comportamenti: per definizione, tira fuori il meglio dalle persone.
Verdi i compagni di viaggio, quasi tutti soldati in trasferimento da casa a base o da base a base. Assonnati e rassegnati ad un altro viaggio, ad una prima occhiata paiono tutti uguali, ma a guardare bene gli scarponi o i mezzi stivali hanno colori diversi, il cappello appuntato alla spallina sinistra è arancione, rosso scarlatto, verde in varie tonalità, e naturalmente le mostrine dovrebbero essere l'indicazione principale di appartenenza ad un corpo o ad un altro. Non per gli analfabeti come me però. A me rimane una vaga memoria di una tabella in bianco e nero con i disegni delle mostrine, studiata senza grande trasporto all'ulpan (e i quasi sei anni di distanza da allora si sentono).
Dicono i genitori dei soldati ventenni di oggi, che ai loro tempi ce n'erano molti di più di soldati sugli autobus. Erano molte meno le famiglie che potevano permettersi una macchina e con essa anche il tempo per fare da tassisti ai figli militari. Oggi tutti hanno la macchina e molti lavorano con una flessibilità di orari e di luoghi che vent'anni fa era impensabile.
Israele vista dall'autostrada, il bianco delle case, il verde di tutto il resto.
(Notiziario Ucei, 25 novembre 2013)
L'esercito simula l'ingresso a Gaza City
TEL AVIV - Ingenti reparti militari israeliani sono confluiti presso la città di Ashqelon (120'000 abitanti, a sud di Tel Aviv) per partecipare a tre giorni di esercitazioni che simuleranno l'ingresso in forze a Gaza City. Lo ha riferito Radio Gerusalemme secondo cui alle manovra, piuttosto insolita, prenderanno parte anche l'aviazione e la marina.
Fra gli scenari che saranno simulati, anche combattimenti a distanza ravvicinata in aree sotterranee simili a quelle adibite a bunker dal braccio armato di Hamas, Brigate Ezzedin al-Qassam.
"I militari dovranno far fronte a scenari molto impegnativi", ha detto all'emittente un alto ufficiale, secondo cui l'esercitazione era prevista da tempo e non è dunque da collegarsi ad alcun sviluppo recente.
(TicinOnline.ch, 24 novembre 2013)
Dal rigattiere di parole: Scalogno e scalogna
di Paolo Stefanato
Quella specie di "cipolla gentile" (Panzini), "più piccola e men forte della comune" (Rigutini-Fanfani) è stata riportata dai dizionari più antichi prevalentemente al maschile, Scalogno, che oggi è infatti la parola usata per indicare l'"erba simile alla cipolla con bulbi a spicchi aggregati rivestiti da tuniche intere, ovati e oblunghi" (Treccani).
L'origine del suo nome è Ascalona, antico porto del Mediterraneo, situato nella parte meridionale dell'odierna Israele, poco a Nord di Gaza; da qui venne quella che i latini chiamarono "caepa escalonia" o anche "allium escalonium", sinonimi che fanno ben intendere come lo scalogno stia a mezza via, per forma e per sapore, tra la cipolla e l'aglio. Nell'Ottocento alla voce Scalogno il Panlessico rinvia al nome Ascalonia; ma è l'unico.
Almeno due dizionari (il Cardinali-Borrelli e il D'Alberti di Villanuova) indicano lo Scalogno come "una specie d'agrume"; ma all'epoca Agrume era anche (citiamo il CB) il "nome generico d'alcuni ortaggi, che hanno sapor forte, o acuto, come cipolle, agli, porri e simili. Fortume. Per metafora si dice di cosa noiosa, rincrescevole e fastidiosa. Oggi (1846, ndr) diciamo agrume a' limoni, melarance, cederni e altri frutti di questa specie". Fortume a sua volta significa "Cosa di sapor forte". Il cederno è il cedro. Tornando a scalogno, altri vocabolari (Masi, Tommaseo) citano anche i fichi scalogni, pure essi provenienti da Ascalona.
Ma la scalogna come la intendiamo noi - sfortuna, disdetta, iettatura, iella - che cosa c'entra con la cipolla? Secondo alcuni, nulla: perché viene fatta risalire al latino calumnia, che oltre a falsa accusa significa anche raggiro, frode, macchinazione. Ma stando ad altri autori, la Scalogna (lo Scalogno) è "una pianta che la superstizione ritiene portatrice di iella" (Treccani). Bisogna subito avvertire: mentre il termine botanico è sempre esistito, quest'ultimo significato è apparso tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso, quando cipolle e scalogne/i erano cibi di mense povere, sinonimo di miseria. Da qui, forse, la convinzione popolare che la sfortuna al gioco perseguitasse chi quel giorno avesse toccato cipolle (riferita dallo studioso friulano Valentino Osterman). La scalogna è infatti "sfortuna nel gioco e in altre contingenze di poco peso" (Dir), "portare scalogna" significa avere cattiva influenza sulla sorte, mentre "scalognato" è chi è perseguitato dalla cattiva sorte.Merita di non essere dimenticata la gustosa descrizione dell'intera famiglia di questi ortaggi fatta nel Cinquecento da Luigi Alamanni, che riporta una bella gamma di sfumature: "La piangente cipolla, l'aglio olente, il mordente scalogno, il fragil porro".
(il Giornale, 24 novembre 2013)
Nucleare Iran: ebrei americani cauti, "vigilare attentamente"
NEW YORK - L'American Jewish Committee (Ajc), organizzazione degli ebrei usa, esprime apprezzamento per gli sforzi degli Stati Uniti e delle altre cinque potenze per trovare un accordo con l'Iran, ma al tempo stesso esorta i Paesi di 5+1 a mantenere la massima vigilanza sulle reali intenzioni di Teheran.
L'accordo annunciato oggi, ha scritto in un comunicato il direttore esecutivo dell'Ajc, David Harris, "è potenzialmente uno sviluppo importante", anche se "dobbiamo ancora comprendere pienamente gli elementi dell'accordo e se davvero porterà alla meta finale prevenendo all'Iran di ottenere la capacità di costruire armi nucleari".
Una soluzione diplomatica, aggiunge Harris, è indubbiamente "l'approccio preferibile per risolvere la questione iraniana. Ma per anni l'Iran ha mantenuto un indiscutibile atteggiamento di inganno e di sfida verso le Nazioni Unite e l'Agenzia internazionale per l'Energia atomica".
Per questo i Paesi del 5+1 dovranno essere "vigili nel determinare se i leader iraniani sono davvero sinceri e adempiranno alla loro parte dell'accordo, piuttosto che cercare di guadagnare tempo per mentre tentano di far progredire il loro programma nucleare".
Elencando una serie di elementi ancora da chiarire, Harris afferma infine di ritenere che le sanzioni imposte all' Iran dovrebbero rimanere in vigore, e che "fatti tangibili e non parole poetiche determineranno se davvero se l'Iran si è avviato su un nuovo cammino di cooperazione o se continua con le stesse politiche aggressive e destabilizzanti".
(TicinOnline.ch, 24 novembre 2013)
Menta, cedro, cannella, ecco il vino primordiale
Che gusto ha un vino di 3.700 anni fa? Sa di menta, cedro, miele, resina e cannella. Sono questi gli ingredienti che conteneva. Un cocktail oggi impensabile. Ma per i vignaioli antichi era una necessità. La scoperta che il vino del passato era sofisticato e non puro non è nuova, ma ora arriva una conferma importante. Nel nord di Israele, a Nahariya, sono state trovate quaranta anfore all'interno della cantina di un palazzo. Era la scorta di vino della famiglia, il vino migliore, da bere nei momenti importanti, durante i banchetti.
"Non è certo il vino che una persona vorrebbe bere per rilassarsi dopo una giornata di lavoro" spiega Andrew Koh della Brandeis University, uno degli archeologi che hanno presentato due giorni fa i risultati del ritrovamento e delle analisi chimiche sui resti nelle anfore. Assieme a lui c'erano Eric Cline della George Washington University e Assaf Yasur-Landau della Haifa University in Israele.
Mettere a fermentare assieme frutta diversa e uva era utile sia per rendere più dolce possibile il vino, sia perchè alcuni ingredienti avevano una funzione antibatterica. Così veniva preparato il vino della tradizione biblica e quello che venne fatto servire da Gesù alle nozze di Caana.
"Un paragone con un vino attuale? Il più vicino può essere il Moscato di Pantelleria - ipotizza il professor Attilio Scienza, docente di Viticoltura a Milano, l'Indiana Jones del vino, che gira il mondo per trovare le tracce genetiche delle piante antiche -. Il vino un tempo era solo dolce, anche i Romani aggiungevano la mirra. Il Moscato di Pantelleria è il vino che ancora oggi viene fatto con la stessa tecnica consigliata da Esiodo, viene aggiunta uva passa al vino base".
Secondo lo storico della viticoltura Patrick McGovern, dell'università della Pennsylvania, la scoperta fatta nel Nord di Israele "getta una nuova luce sui percorsi del vino che da lì si diffuse in tutto il Mediterraneo". I più antichi residui di vino sono stati trovati in Iraq, all'interno di una sola anfora, qualche anno fa, da una spedizione americana: risale a 6.000 anni fa. Anche in quel caso non era un liquido ricavato da sola uva.
Il vino puro, ricorda Scienza, è un sogno moderno, degli ultimi tre secoli. Prima lo si sofisticava anche con spezie e frutti usati come conservanti e aromatizzanti o come antisettici per evitare il proliferare dei batteri. Gli assiro-babilonesi aggiungevano miele e mosto cotto, serviva per bloccare la fermentazione in un epoca senza solforosa e con poca igiene.
"Era essenziale - dice il professore - dare gradevolezza al vino. A quell'epoca non era un alimento ma un liquido per i rituali, per l'estasi dionisiaca, una droga sociale, insomma".
E quindi, nelle anfore israeliane simili a quelle antiche che sono state trovate anche in Georgia, si metteva un po' di tutto. Le susine appena erano mature, poi arrivavano albicocche, pere, mele e alla fine l'uva, tutte assieme. Secondo Scienza "i Greci usavano invece solo uva, ma perché il clima secco non faceva crescere molte altre piante da frutto". Il vino dell'antichità era sempre rosso, il bianco arriva dopo il grande freddo del 1300, quando vitigni allora rossi mutarono, come accadde con lo Chardonnay.
La scoperta e le analisi del gruppo israeliano e statunitense, indicano anche che già 3.700 anni fa si cercava di far riconoscere il proprio vino, producendolo con la stessa ricetta. Curtis Runnels, archeologo di Boston, dice che le analisi chimiche hanno chiarito che il contenuto di ogni anfora è molto simile a quello delle altre, "dimostrando coerenza e controllo produttivo che ci si aspetta da ogni cantina".
(Corriere della Sera, 24 novembre 2013)
Di ebrei antisemiti, antisionisti e neonazisti. E di ebrei redenti
di Daniel Mosseri
Ebrei che odiano altri ebrei. Oppure che "si limitano" a odiare Israele, come se negare il diritto all'autodeterminazione del popolo ebraico non fosse una palese forma di antisemitismo. I funerali fuori Roma del boia delle FossebArdeatine, Erich Priebke - osannato e rimpianto dai tanti neonazisti - e l'ennesimo caso di un sedicente atleta arabo, tunisino questa volta, che ha rifiutato di gareggiare con un rivale israeliano hanno ricordato al popolo del Libro due delle principali fonti da cui sgorga l'odio antisemita: gli ambienti dell'estrema destra orfana del nazionalsocialismo e tanta parte del mondo arabo e islamico che non ha mai digerito la creazione dello Stato d'Israele.
Tuttavia le cronache recenti restituiscono anche il ritratto di un odio per lo Stato e per tutto il popolo ebraico, i cui protagonisti sono essi stessi ebrei. La Anti Defamation League ha aggiornato la lista delle organizzazioni americane "fissate con la delegittimazione di Israele". Gruppi che, spiega il presidente dell'Adl Abraham H. Foxman, "lavorano per convincere l'opinione pubblica americana che Israele è il 'cattivo' internazionale che merita di essere ostracizzato e isolato". Non si può ignorare come nella top ten stilata da Adl ci siano ben due organizzazioni ebraiche. Fra i più accaniti odiatori dello Stato ebraico fa il suo debutto il movimento Naturei Kartai, formazione ultraortodossa e pervicacemente antisionista, assurta in anni passati agli onori delle cronache per aver partecipato a uno dei tanti convegni organizzati dall'ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad per demonizzare Israele e contestarne il diritto all'esistenza. L'Adl, che ha compilato la lista basandosi sulla capacità dei singoli gruppi di organizzare o sponsorizzare le azioni di boicottaggio e di disinvestimento da Israele così come sull'impegno profuso a fare opera di lobbying contro lo Stato ebraico, osserva poi come la Jewish Voice for Peace "sfrutti intenzionalmente i riti e la cultura ebraica allo scopo di convincere altri ebrei che opporsi a Israele non solo non contraddice ma è addirittura coerente con i valori ebraici".
Come spiegare questo odio di sé di parte del mondo ebraico? "È un prodotto che non dobbiamo demonizzare della violenza e della visceralità dell'antisemitismo", risponde David Meghnagi, psicanalista e docente di Psicologia clinica a Roma Tre, "per cui il conflitto non è più con l'esterno ma è interno, intrapsichico, soprattutto per chi non ha sviluppato un'identità ebraica sul piano culturale e di conseguenza non ha gli anticorpi per interpretare la realtà". In altre parole "l'impatto violento della discriminazione e il bisogno di farsi accettare producono un conflitto interiore dove uno cerca di scappare da se stesso o da una parte di se stesso". Attenzione, aggiunge Meghnagi "questo è uno sdoppiamento che si è consolidato sul piano storico dopo l'emancipazione e prima della quale l'identità degli ebrei era declinata solo sul piano religioso". Nel caso di Naturei Karta, spiega ancora, "si attribuisce al sionismo una colpa ontologica che ha prodotto la catastrofe della Shoah. E c'è tutta una corrente dell'ebraismo che identifica nel sionismo il responsabile delle persecuzioni per aver osato affrettare i tempi del Messia". Una corrente centro ed est europea, visto che sostanzialmente "l'ebraismo italiano e sefardita ha accettato con più facilità il sionismo senza viverlo come un conflitto con la tradizione religiosa".
Per Meghnagi, che a Roma Tre dirige anche un Master in didattica della Shoah, è però importante che tutti capiscano l'origine di quell'odio: "È, paradossalmente, un barlume di identificazione ancora vivente di chi cerca di giustificarsi con l'esterno antisemita e cerca di spiegare - come se ce ne fosse il bisogno - l'universalismo dei valori ebraici. È un barlume di resistenza, anche nascosta e inconsapevole, in chi altrimenti potrebbe tagliare del tutto i ponti con l'ebraismo. Ecco perché - sottolinea - occorre sempre declinare in positivo l'identità e capire che quell'odio di sé viene dall'esterno. E non si deve dimenticare che il ritorno, la teshuvah, è sempre possibile". Il caso più eclatante? Quello di Csanàd Szegedi, eurodeputato e numero due del partito neonazista ungherese Jobbik che, dopo aver speso metà della sua vita ad accusare gli ebrei di ogni infamia, ha scoperto che l'odio antisemita inculcatogli in famiglia era lo "scudo" inventato dai propri nonni per rinnegare se stessi e tentare di sfuggire alle discriminazioni. Riscoperta la propria origine ebraica, Szegedi ha lasciato lo Jobbik per avvicinarsi, con l'aiuto di un rabbino di Budapest, alla cultura e alle tradizioni delle proprie origini.
(Shalom, novembre 2013)
Il ristorante di Gerusalemme dove ti fanno il 50% di sconto se spegni il telefonino
Saggezza mediorientale. Il ristorante di Gerusalemme arabo-israeliano gestito dal ristoratore Jawdat Ibrahim
offre il 50% di sconto ai clienti che spengono i loro telefoni cellulari durante il pasto.
Niente suonerie tra il primo e il secondo, foto di piatti inviati su Instagram, post su Facebook che descrivono il ristorante, cinguetii su Twitter che elogiano il cuscus o check-in su Foursquare. Ma vuoi mettere? Tanta tranquillità e metà prezzo sul conto.
Ibrahim ha dichiarato all'agenzia AP che ha deciso di cambiare "la cultura del mangiare" dopo aver visto i suoi clienti ossessionati dai cellulari e dopo che molti avventori gli facevano riscaldare i cibi che si erano raffreddati. Un'idea quella di Ibrahim, che appoggiamo in pieno.
(Spy Twins, 24 novembre 2013)
Il 5+1 si accorda con l'Iran. Netanyahu: "Errore storico"
di Rossella Tercatin
"Un errore storico". Così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu definisce l'accordo raggiunto nella notte a Ginevra tra i membri del cosiddetto 5 + 1 (i cinque membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, e Regno Unito, più la Germania) e l'Iran sulla questione del nucleare.
"Oggi il mondo è un luogo più pericoloso, perché il più pericoloso dei regimi ha compiuto un passo significativo verso l'obiettivo di acquisire la più pericolosa delle armi" ha sottolineato il premier, ricordando come la Repubblica degli Ayatollah abbia la distruzione dello Stato ebraico tra i suoi obiettivi, e che Israele dal canto suo non sia vincolato all'intesa e abbia il diritto di difendersi da qualunque minaccia.
I termini della questione sono stati diffusi tramite un documento di quattro pagine in lingua inglese (clicca qui per scaricarlo).
"L'obiettivo di questi negoziati è raggiungere un accordo di lungo termine sottoscritto reciprocamente per una soluzione che assicuri che il programma nucleare iraniano si mantenga esclusivamente pacifico. L'Iran ribadisce che in nessuna circostanza cercherà o svilupperà qualunque tipo di arma nucleare. Questa soluzione verrà raggiunta partendo da queste prime misure - si legge nel preambolo - L'intesa finale consentirà all'Iran di godere pienamente del suo diritto all'energia nucleare per scopi pacifici, secondo quanto previsto dal Trattato di non-proliferazione e in conformità con i suoi obblighi in base ad esso. La soluzione finale comprenderà un programma di arricchimento reciprocamente concordato con limiti pratici e misure volte alla trasparenza per assicurare la natura pacifica del programma, e costituirà un unico corpus in cui nulla è concordato, fino a che tutto non sia concordato".
Nella finestra temporale prevista da questa prima intesa (sei mesi), l'Iran si impegna tra l'altro a riconvertire la metà dell'uranio convertito al 20% in uranio arricchito al 5%, a non arricchire ulteriore uranio oltre il 5%, a consentire e cooperare pienamente con gli ispettori internazionali, a fermare la produzione in determinati reattori, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche imposte da Stati Uniti ed Europa.
"Giudicheremo l'accordo dai fatti e non dalle parole" il commento del presidente israeliano Shimon Peres. "Voi non siete i nostri nemici, e noi non siamo i vostri. Esiste la possibilità di dirimere la questione per via diplomatica. È nelle vostre mani. Rifiutate il terrorismo. Fermate il programma nucleare e lo sviluppo di missili a lungo raggio. Israele, come gli altri membri della comunità internazionale, vuole una soluzione diplomatica. La comunità internazionale non tollererà un Iran nucleare. E se la via diplomatica fallisce, si ricorrerà ad altri mezzi. L'alternativa è assai peggiore".
(Notiziario Ucei, 24 novembre 2013)
"Voi non siete i nostri nemici, e noi non siamo i vostri, dice il Presidente Peres con commovente ottimismo. Se chi dice: Israele è un cane rabbioso destinato a sparire non è nemico, è chiaro che Israele non ha nemici, dunque può dormire sonni tranquilli. Peres una volta ha detto: La differenza tra lottimista e il pessimista è che tutti e due muoiono, ma lottimista vive meglio. Se parole come quelle che ha dette laiutano a vivere meglio, ne siamo tutti felici e continui pure, ma certo non saranno di grande aiuto per coloro che devono affrontare i problemi veri della realtà politica internazionale. M.C.
Finalmente l'Iran diventerà una potenza atomica
Dunque è ufficiale: gli Stati Uniti di Hussein Obama infliggono al mondo un'ulteriore dolorosa automutilazione, accettando il programma di arricchimento dell'uranio della repubblica iraniana, e in premio offriranno agli ayatollah alcuni miliardi di dollari all'anno, mediante allentamento delle sanzioni esistenti e sblocco delle entrate congelate in alcune banche europee. L'ex senatore junior dell'Illinois, esemplare emulo di Chamberlain - il 30 settembre 1938 non è così lontano... - si appresta così a vincere un secondo premio Nobel per la pace; magari, questa volta ex aequo con il suo sodale Hassan Rowhani, che da Teheran ha benedetto l'intesa....
(Il Borghesino, 24 novembre 2013)
Trani - Chanukkà dell'anno ebraico 5774
Nella sinagoga Scolanova di Trani ha luogo la celebrazione della festa di Chanukkà dell'anno ebraico 5774. La festa di Chanukkà dura otto giorni (quest'anno comincia al tramonto di lunedì 2 dicembre) e venne istituita 2.200 anni or sono per ricordare la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Maccabei dopo che gli ellenisti di Siria avevano conquistato la città santa, profanandone l'altare con culto idolatrico. La prima azione dei Maccabei (la famiglia sacerdotale che aveva guidato la rivolta) fu quella di accendere la Menorà, il candelabro a sette braccia; ma per fare questa operazione era necessario disporre di olio incontaminato.
La tradizione afferma che dopo meticolose e affannose ricerche fu trovata una piccola ampolla contenente olio puro, che per quanto fosse sufficiente per un solo giorno, durò ben otto giorni. E' questa l'origine dell'uso di accendere nelle case e nelle sinagoghe lumi dopo l'uscita delle stelle di lunedì 2 dicembre per otto giorni consecutivi, ponendo i lumi all'esterno o alla finestra, in modo che i passanti possano vederli. Negli ultimi anni è invalso l'uso di accendere questi lumi anche in una delle piazze principali della città, quest'anno l'accensione avverrà pubblicamente in quattro città del Meridione: Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Trani, unica città in tutta la Puglia. Dopo la preghiera della sera si procederà all'accensione del terzo lume di Chanukkà.
Presso la Sinagoga Scolanova.
Lunedì 2 dicembre 2013 - ore 17.00
Ingresso libero
(Traniviva, 23 novembre 2013)
Nucleare, Iran a un passo dall'accordo
La notizia arriva da Teheran dopo tre giorni intensi di negoziati a Ginevra. Colloqui anche domani
"Siamo vicini a un accordo". Arriva da Teheran la notizia che, dopo tre giorni intensi di negoziati a Ginevra, l'Iran e le potenze occidentali avrebbero trovato un accordo sullo spinoso dossier nucleare. In serata il viceministro iraniano Abbas Araqchi, secondo quanto ha riferito l'agenzia stampa Mehr ha soffiato sul fuoco della speranza di un'intesa dopo che a innescare le aspettative erano stati poco prima gli Stati Uniti annunciando che il segretario di Stato John Kerry era in partenza per Ginevra. Secondo quanto poi aveva riferito la Press Tv, sulla base di fonti negoziali, la questione si sarebbe sbloccata quando i delegati del 5+1 avrebbero accettato di riconoscere il diritto di Teheran ad arricchire in proprio l'uranio. Un tam-tam di voci seguite anche alle dichiarazioni del ministro degli Esteri Mohammad Kavad Zarif che, ancora prima da Ginevra, aveva parlato di progressi "del 90 per cento", anche se restano da risolvere "una o due questioni". Dal Dipartimento di Stato Usa comunque resta un filo di cautela sulla questione: "Il segretario si rechera' a Ginevra oggi stesso, con l'obiettivo di continuare a dare una mano per far ridurre le divergenze, e progredire sempre di piu' verso un accordo", ha spiegato il portavoce Jen Psaki spiegando che Kerry si sarebbe consultato con l'alto rappresentante dell'Unione Europea, Catherine Ashton, e con la delegazione di negoziatori sul posto e che comunque la sua partenza in ogni caso "non costituisce una previsione sull'esito" dei negoziati. Oggi a Ginevra era arrivato anche il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov per unirsi ai coloqui dopo aver avuto un incontro con il pari grado iraniano, Mohammad Javad Zarif e non e' escluso nemmeno l'arrivo del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi. Secondo quanto trapelato negli ultimi giorni, si lavora a un'intesa transitoria di sei mesi che prevede da parte di Teheran il congelamento della produzione di uranio arricchito al 20 per cento, l'impegno a non attivare nuove centrifughe per arricchire l'uranio al 3,5 per cento, e l'accettazione di un piu' rigido sistema di ispezioni internazionali nei propri siti nucleari. In cambio l'Iran otterrebbe un alleggerimento delle sanzioni che gli garantirebbe introiti supplementari per almeno 20 miliardi di dollari.
(Il Tempo, 23 novembre 2013)
In un altro giornale che riportava, anche lui in modo ottimistico, il progresso dei colloqui, l'autore a un certo punto fa questo commento:
I colloqui di Ginevra vanno avanti nonostante sia noto a tutti che acclamando Khamenei le milizie Basij urlassero "morte agli Usa" e "morte a Israele". Questo elemento passa in secondo piano come aspetto quasi coreografico, un rituale di forma, più che di sostanza per un regime che non può sopravvivere a sè stesso nelle condizioni socio-economiche, ma anche politiche in cui si trova.
Come al tempo della Germania di Hitler, si svalutano i proclami pubblici contro gli ebrei, rappresentati oggi dallo Stato dIsraele. I potenti della terra hanno cose più importanti a cui pensare. Il morte agli Usa può essere lasciato cadere, ma il morte a Israele deve restare. Ma questo per i potenti della terra, come già si è visto nel passato, non è un fatto di rilevante interesse. M.C.
Israele, paradiso del venture capital
Israele, culla dell'high tech mondiale. Il 2013 non sarà ricordato soltanto per l'acquisizione miliardaria (966 milioni di dollari, per l'esattezza) di Waze da parte di Google. Secondo un articolo apparso ieri sul Wall Street Journal, nei primi nove mesi di quest'anno sono state concluse ben 1183 transazioni, per un controvalore di 8,64 miliardi di dollari. È un dato impressionante sotto diversi punti di vista...
(Il Borghesino, 23 novembre 2013)
I laburisti puntano su Herzog per la riscossa
GERUSALEMME - Dopo aver defenestrato sette leader in dieci anni, i membri del partito laburista israeliano hanno oggi rimosso anche l'ottavo: l'ex giornalista televisiva Shelly Yechimovic. Ora provano con l'ex ministro Yitzhak Herzog, 53 anni, che nelle elezioni interne ha battuto la collega di partito con un successo perentorio: 16.600 preferenze contro 11.800.
In un primo incontro con gli attivisti, Herzog ha promesso che cercherà di "compattare il partito" e di "far tornare a casa i delusi" per poter affrontare uniti le sfide future e tornare a dare la scalata al potere. Nella Knesset (parlamento) attuale i laburisti sono uno sparuto drappello di 15 deputati su 120 (erano 42 nel governo di Yitzhak Rabin, vent'anni fa) e guidano l'opposizione a Benyamin Netanyahu. Herzog ha anche invocato l'adozione di "passi concreti" per rilanciare il processo di pace con i palestinesi. Il governo guidato da Likud-Beitenu, a suo dire, non vi annette la necessaria importanza.
Una critica simile è stata rivolta da Herzog anche alla Yechimovic che - constatato lo stallo nei rapporti fra Israele e Anp - aveva piuttosto concentrato la propria attenzione sulle lotte sociali (anche sulla scia della proteste degli 'indignatì nell'estate del 2011) e sulla conduzione in parlamento di una serrata 'guerriglià contro lo strapotere degli oligarchi locali.
Due anni fa la Yechimovic aveva ricevuto in eredità da Ehud Barak un partito moribondo e, per rivitalizzarlo, vi aveva inserito elementi giovani e radicali. Ma oggi, con la vittoria di Herzog, i quadri anziani del partito da lei emarginati si sono concessi una rivincita. La figlia del muratore comunista, immigrato in Israele dopo essere sopravvissuto alla Shoah in Polonia, è stata messa in castigo per far spazio al rivale che proviene dall'equivalente israeliano di una famiglia 'aristocraticà: il nonno Yizhak ha-Levy Herzog fu rabbino capo in Irlanda, e il padre Haim Herzog generale nelle forze armate di Israele e poi Capo di stato. Da bambino, nel salotto di casa, si imbatteva sovente in Abba Eban: il più celebre diplomatico nella storia di Israele.
(TicinOnline, 22 novembre 2013)
Kerry & Obama: i più amati da terroristi e Stati canaglia
Ieri su Yenet è uscito un articolo fantastico di Guy Bechor, articolo che tra parentesi porta un titolo italianissimo: "Persona non grata". Quell'articolo, riferito al segretario di Stato americano, John Kerry, fotografa alla perfezione il diffuso sentimento di antipatia che c'è in tutto il Medio Oriente verso lo stesso Kerry e il suo capo, Barack Obama....
(Right Reporters, 23 novembre 2013)
Sono già morti i due leoncini a Gaza
BEIT LAHIYA - La nascita di due cuccioli di leone nella striscia di Gaza governata dal movimento islamico Hamas si è diffusa in tutto il mondo come una notizia sensazionale. Ma dopo tre giorni i cuccioli di leone, nati malati e senza voglia di mangiare, ieri sono morti. Inoltre, il padre del leone era diventato "aggressivo" verso i suoi figli.
(israelenetz.com, 22 novembre 2013)
Scoperta in Israele una cantina di 3.700 anni fa, con giare di vino bianco e rosso
Conteneva quaranta orci di vino bianco e rosso dolce e speziato la cantina più antica e grande mai conservata: ha 3.700 anni ed è stata scoperta tra le rovine di una città cananea chiamata Tel Kabri, nel nord di Israele. La scoperta si deve a un gruppo statunitense e israeliano della George Washington University, Brandeis University e università di Haifa. Il risultato è stato presentato a Baltimora durante il convegno annuale delle Scuole Americane di Ricerche Orientali. Le giare hanno una capacità di 50 litri ognuna, in totale l'equivalente di circa 3.000 bottiglie di vino, e sono rimaste sepolte sotto una coltre di fango, mattoni e intonaco a causa del crollo della cantina, probabilmente per un terremoto.
(L'Unione Sarda, 22 novembre 2013)
Tunisia - Gannouchi tende la mano alla comunità ebraica
di Diego Minuti
TUNISI, 22 nov - Un incontro a quattr'occhi, ma su cui Ennahda, il partito islamico di governo in Tunisia, ha voluto la massima attenzione mediatica. Nel suo sobrio ufficio, nella sede di Ennahda, nel centro di Tunisi, il presidente e leader del partito, Rached Gannouchi ha incontrato il gran rabbino di Tunisia, Ham Bittan. Un incontro dalla fortissima valenza simbolica, perché giunge dopo un lungo periodo in cui la comunità ebraica tunisina, radicata da secoli e secoli nella storia e nella cultura del Paese, è stata bersaglio di minacce e anche di intimidazioni da parte degli integralisti islamici. Sull'avvenimento ha voluto intervenire, direttamente in termini di pubblicizzazione, lo stesso Gannouchi che ha scelto la sua pagina su Facebook per spiegare di avere voluto incontrare Bittan per comprendere, direttamente dal gran rabbino, quali siano le preoccupazioni della comunità ebraica nel Paese. Di essa Gannouchi ha scritto che "fa parte integrante del popolo tunisino e che il denominatore comune di tutti i tunisini è l'amore per la nazione che ne preserva la dignità e la partecipazione alla sua costruzione, soprattutto grazie alla loro diversità intellettuale e confessionale e questo nel quadro dell'unità nazionale, della coesistenza e dell'accettazione dell'altro". Parole inequivocabili che, pur se indirettamente, segnano la determinazione di Ennahda di disinnescare possibili tensioni tra le due comunità, tra quella dominante (in Tunisia i musulmani sono circa il 98 per cento della popolazione) e quella degli ebrei che, seppure fortemente ridimensionata nel corso degli ultimi decenni e ridotta a poco più di duemila persone, resta parte integrante della storia del Paese.
Una presa di posizione che sottolinea anche la distanza che c'è tra Ennahda e quelle frange del radicalismo musulmano, come la corrente salafita, che colgono spesso l'occasione per scagliarsi contro gli ebrei, considerati come una quinta colonna del sionismo. A nulla sono valse le prese di posizione di esponenti importanti della comunità israelita tunisina, a rimarcare che, dal momento che è insediata nel Paese da migliaia di anni (a Djerba c'è la più antica sinagoga d'Africa), essa è parte integrante della società e della cultura tunisina. Ma ai salafiti questo non basta e Gannouchi (uomo profondamente religioso, di cui s'è anche ventilata la possibile nomina a capo della potentissima ed influente associazione internazionale degli ulema) ha voluto ribadire che, ai suoi occhi, tutti i tunisini sono eguali, quale che sia il Dio in cui credono. Ma, in un periodo in cui i rapporti tra Ennahda e salafiti sono molto tesi (dopo i recenti episodi di terrorismo), la presa di posizione di Gannouchi potrebbe essere anche rivolta al fronte interno, cioè verso quelle posizioni estreme che vi si sono manifestate e che per lui potrebbero risolversi in un boomerang politico. Cosa che Ennahda, in netto calo di consensi, secondo i sondaggi, non può permettersi.
(ANSAmed, 22 novembre 2013)
Isaac Herzog leader dei laburisti israeliani
GERUSALEMME - I laburisti israeliani hanno un nuovo leader: è Isaac Herzog che ha vinto le elezioni del partito. Anche se lo scrutinio (oltre il 70%) non è ancora completo, tuttavia la presidente uscente Shelly Yacimovich, visto lo scarto di voti tra i due, ha ammesso, secondo i media, la sconfitta ed ha telefonato stamattina allo sfidante per congratularsi della vittoria.
I voti a favore di Herzog sono finora oltre il 60%. Nato nel 1960, membro del parlamento dal 2003, figlio del sesto presidente di Israele, Herzog è stato più volte ministro in passati governi. Dal 2001 i laburisti - che attualmente guidano l'opposizione al governo di Benyamin Netanyahu - hanno cambiato leader otto volte.
(TicinOnline, 22 novembre 2013)
Lo show dei pellicani sul lago di Tel Aviv
E' uno spettacolo che si ripete ogni anno ma che non finisce di affascinare. Il passaggio di migliaia, se non decine di migliai, di pellicani (Pellicano comune o (grande) pellicano bianco), in rotta verso i tepori africani, dall'Europa Orientale, in generale dal versante ovest del Mar Nero. Eccoli nella loro consueta tappa, su un lago artificiale situaato nella Emek Efer Valley, a nord di Tel Aviv. Una delle ragioni di questa tappa è la certezza di trovare cibo. Da tempo, infatti, i pescatori locali mettono a disposizione di questi grandi uccelli (apertura alare fino a 180 cm) centinaia di chili di pesce - per prevenire che i pennuti prendano di mira quello, più pregiato, destinato alla vendita.
(la Repubblica, 22 novembre 2013)
Nessiah: festival di musica e cultura ebraica
PISA - Torna anche quest'anno il festival di musica e cultura ebraica Nessiah, organizzato dalla Comunità ebraica di Pisa e diretto dal Mo Andrea Gottfried. L'edizione di quest'anno - la 17esima, come sempre ad ingresso libero - è dedicata alla figura femminile nell'universo ebraico. Primo appuntamento il 1 dicembre alle 21 al teatro Sant'Andrea: ospite sarà Tania Vinokur, violino danza e voce. Ma tra gli artisti quest'anno ci sarà anche Raiz, voce degli Almamegretta, recentemente convertito alla religione ebraica. Sarà lui il protagonista del concerto del 4 dicembre al cinema Lumiere di vicolo del Tidi. E poi ancora musica e cinema fino al 15 dicembre. Tutto il programma su www.nessiah.it e sulla pagina facebook Festival Nessiah 2013.
(PisaToday, 22 novembre 2013)
Gaza: ONU e ONG complici di Hamas e Jihad Islamica
Dall'Onu e dalle Ong ci si aspetterebbe sempre una posizione imparziale e soprattutto volta alla protezione dei più deboli. Nel caso della Striscia di Gaza (come in altri casi simili) questo nono solo non avviene ma si assiste all'esatto contrario, cioè si assiste alla difesa di Hamas e dei suoi traffici mafiosi a scapito della popolazione.
L'ultimo lampante esempio si è avuto ieri durante le commemorazioni dedicate all'anniversario della fine dell'operazione "Pillar of defense" che lo scorso anno Israele fu costretto a iniziare per fermare il lancio di centinaia di missili dalla Striscia di Gaza sul suo territorio. Ebbene durante questa commemorazione ha parlato James Rawley, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per i territori palestinesi il quale ha detto che «la situazione umanitaria a Gaza è peggiorata a causa della distruzione dei tunnel gestiti da Hamas da parte dell'Egitto e di Israele»....
(Right Reporters, 22 novembre 2013)
Firenze Marathon, Israele protagonista
Un piccolo esercito di runner, pronti a scatenarsi sulle strade di Firenze in quella che sta diventando una delle più importanti maratone a livello europeo. Sono 150, vengono da Israele. In Italia li ha portati l'associazione torinese Enzo B, specializzata nella promozione del dialogo tra etnie e popoli differenti attraverso lo sport.
In attesa di essere protagonisti in corsa, gli atleti israeliani - probabilmente il blocco straniero più numeroso in questa Firenze Marathon 2013 - si apprestano a il saluto della città che li ospita.
A Palazzo Vecchio, dove nelle prossime ore incontreranno il vicesindaco Saccardi e altri esponenti istituzionali. In sinagoga, dove sono stati invitati - domani al tramonto - a un kiddush organizzato dalla Comunità ebraica.
Un'iniziativa fortemente caldeggiata dalla Federazione Italiana Maccabi nella figura del suo presidente Vittorio Pavoncello, dal presidente dell'Opera del Tempio Ebraico di Firenze Renzo Funaro e dalla Comunità stessa, che già l'anno scorso - su impulso dell'associazione Enzo B - avevano promosso una simbolica corsa per la pace dal Tempio di via Farini alla moschea di piazza dei Ciompi.
Ad accogliere gli ospiti in sinagoga il presidente della Comunità ebraica Sara Cividalli.
(Notiziario Ucei, 21 novembre 2013)
Shoah: sarà restaurata locomotiva che deportò ebrei triestini
TRIESTE, 21 nov. - La conservazione e il restauro della locomotiva "Modello 52", che servì per trasportare molti ebrei triestini verso i campi di concentramento e di sterminio, sarà garantita dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dalle istituzioni locali. E' quanto stabilito dall'Accordo firmato a Trieste dall'assessore regionale alla Cultura Gianni Torrenti con il direttore regionale per i Beni culturali Giangiacomo Martines, assieme ai rappresentanti di Comune e Provincia.
La locomotiva venne costruita in Germania nel 1943 dalla Fabbrica Mba ed è custodita nel Museo Ferroviario di Campo Marzio a Trieste. A sottoscrivere l'intesa sono stati anche i responsabili della Comunità ebraica di Trieste, dell'Associazione Dopolavoro Ferroviario, che gestisce il Museo di Campo Marzio, e del Rotary Club di Trieste, che ha finanziato un primo intervento di valorizzazione del Museo.
"Questa locomotiva ha davvero un valore speciale - ha commentato Torrenti - perché rappresenta una testimonianza dell'Olocausto, e in particolare della deportazione e dello sterminio della comunità ebraica di Trieste, una tragedia di cui dobbiamo conservare viva la memoria. L'Accordo sottoscritto oggi è nello stesso tempo un riconoscimento del grande lavoro che gli appassionati del Museo di Campo Marzio hanno svolto in tutti questi anni".
(Adnkronos, 21 novembre 2013)
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Ascolta, Israele! Oggi tu stai per passare il Giordano per andare a impadronirti di nazioni più grandi e più potenti di te, di città grandi e fortificate fino al cielo, di un popolo grande e alto di statura, dei figli degli Anakim che tu conosci, e dei quali hai sentito dire: 'Chi mai può stare a fronte dei figli di Anak?' Sappi dunque oggi che l'Eterno, il tuo Dio, è colui che marcerà alla tua testa, come un fuoco divorante; egli li distruggerà e li abbatterà davanti a te; tu li scaccerai e li farai perire in un attimo, come l'Eterno ti ha detto. Quando l'Eterno, il tuo Dio, li avrà cacciati via d'innanzi a te, non dire nel tuo cuore: 'A causa della mia giustizia l'Eterno mi ha fatto entrare in possesso di questo paese'; poiché l'Eterno caccia d'innanzi a te queste nazioni, per la loro malvagità. No, tu non entri in possesso del loro paese a motivo della tua giustizia, né a motivo della rettitudine del tuo cuore; ma l'Eterno, il tuo Dio, sta per cacciare quelle nazioni d'innanzi a te per la loro malvagità e per mantenere la parola giurata ai tuoi padri, ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che, non a motivo della tua giustizia l'Eterno, il tuo Dio, ti dà il possesso di questo buon paese; poiché tu sei un popolo di collo duro. Deuteronomio 9:1-6
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Netanyahu: "Prometto che Teheran non avrà la bomba"
"Vi prometto che l'Iran non avrà armi nucleari". A ribadirlo, parlando a Mosca, è stato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, parlando nel corso di un incontro con un gruppo di leader ebrei russi.
Lo riferisce il quotidiano israeliano Jerusalem Post, secondo cui Netanyahu ha sottolineato come il "vero" volto dell'Iran non è il film propagandistico del ministro degli Esteri Javad Zarif che sorride e parla di pace, ma quello del leader Supremo Ali Khamenei che mercoledì ha definito Israele "un regime illegittimo" guidato "da cani rabbiosi intoccabili".
(T-Mag, 21 novembre 2013)
Centotremila palestinesi lavorano in Israele, ventimila negli insediamenti
Alta disoccupazione in Giudea-Samaria e a Gaza, al 43% tra i giovani
RAMALLAH - Sono oltre centomila i palestinesi che lavorano in Israele e circa 20.000 quelli che lavorano nefli insediamenti israeliani in Giudea-Samaria. Le cifre sono state rese note dall'Ufficio Centrale Palestinese di Statistica (Pcbs), nell'ambito di un'indagine sul lavoro nei territori contesi e nella striscia di Gaza. Secondo i dati più di 103.000 palestinesi hanno trovato un impiego in Israele tra luglio e settembre 2013. Di questi, oltre il 60% nel settore dell'edilizia e circa un terzo di loro e' impiegato senza un regolare permesso. Dei restanti, 51.100 hanno ricevuto un'autorizzazione israeliana mentre 17.600 sono in possesso della carta d'identità israeliana o di un passaporto straniero. Secondo il rapporto, la forza lavoro complessiva in Giudea-Samaria raggiunge il 44,9% della popolazione e il 41,4% nella striscia di Gaza. Il divario tra la partecipazione maschile e quella femminile alla forza lavoro è vasto, con una media del 69,5% cento degli uomini contro il 17,1% delle donne. Il tasso di disoccupazione nella striscia di Gaza è del 32,5% rispetto al 19,1% in Giudea-Samaria. La disoccupazione giovanile si attesta al 43% tra i giovani di età compresa tra i 20 ed i 24. Preoccupante anche la situazione del lavoro minorile che vede una media del 4% di adolescenti di età compresa tra 10-17 anni: il 5,7% in Giudea-Samaria e 1,3% nella striscia di Gaza. Le retribuzioni medie in Giudea-Samaria - indica il rapporto - si aggirano sui mille shekel (200 euro circa) mentre a Gaza sono intorno agli ottocento shekel (160 euro circa).
(ANSAmed, 21 novembre 2013)
Aumenta la dermatite atopica fra i bimbi, colpa dell'inquinamento
Importante e' la cura della pelle e la dieta
Emissioni di metalli pesanti da marmitte catalitiche e acqua troppo dura e calcarea: sono i nuovi fattori che hanno accresciuto del 10%, negli ultimi dieci anni, il rischio di dermatite atopica, soprattutto tra i 2 e i 5 anni, incrementando numeri già triplicati nelle ultime tre decadi. A rilevarlo è Paidoss, l'Osservatorio Nazionale sulla salute dell'infanzia e adolescenza durante l'International Network on Children's Health, Environment and Safety in Israele.
Irritazioni cutanee, eczemi, eritemi, desquamazioni colpiscono il 63% dei piccoli, ma nonostante nella maggior parte dei casi la dermatite atopica si risolva spontaneamente entro il terzo anno di vita, a portarne ancora i segni a 7 anni è quasi il 20% dei ragazzini, soprattutto chi vive nelle aree industrializzate e nelle grandi città. Ad influire sono anche fattori determinati dai cambiamenti domestici, come polveri, acari, contatto con la pelle del gatto e cibi meno salutari e più allergenici, che si assommano alla mutazione e perdita di funzionalità del gene per la Filaggrina (Flg), il principale fattore di rischio conosciuto la dermatite atopica. Nonostante questa componente sia inscritta nel dna, il 40% dei bambini portatori non manifesterà la malattia: segno dell'influenza ambientale. E i costi di gestione della malattia superano in media ogni anno i 1200 euro a famiglia. ''Ad oggi le mutazioni con perdita di funzione del gene per l'Flg - spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidoss - sono il fattore di rischio più elevato per la dermatite atopica, la cui prevalenza in età pediatrica è del 10-15%''. Per far fronte a questo problema, bisogna ''prevenire - aggiunge Giuseppe Ruggiero, Coordinatore Scientifico di Paidoss - o lenire i disturbi della dermatite già sulla pelle sana, con l'uso costante di creme emollienti e di olii durante il bagno, che deve durare al massimo 5 minuti''. Importante soprattutto d'inverno, la dieta, con più frutta e verdure, pesce, fibre e cereali, molta acqua e poche bevande zuccherate.
(ANSA, 21 novembre 2013)
Cresce il numero degli arrivi in Israele: ottobre segna un +12%
Positivi anche gli arrivi dall'Italia, con un +5%
ROMA, 21 nov - Cresce il numero di visitatori in Israele. A dirlo sono gli ultimi dati diffusi dall'Ufficio Centrale di statistica secondo cui, nel mese di ottobre, si sono registrati 339.000 arrivi. Il 12% in piu' rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Anche per quanto riguarda il flusso di turisti dall'Italia, rende noto l'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo di Milano, ''ottobre ha rappresentato un mese eccezionale con 21.691 arrivi dall'Italia, un +5% rispetto anche a un anno molto buono come il 2012''. Anche se in generale ''dall'inizio dell'anno fino a ottobre abbiamo una flessione del 2%, contiamo di chiudere questo 2013 comunque sulla scia dell'anno precedente'', fa sapere il direttore dell'Ufficio, Tzvi Lotan. A trainare il flusso non è più soltanto il turismo religioso, spiega. ''Molti sono interessati ai suoi luoghi ricchi di storia, archeologia e cultura e anche divertimento e natura. Una parola anche per i croceristi, che sono un pubblico ben definito per noi e con un buon potenziale di spesa, molto spesso infatti tornano per una visita più approfondita in Israele dopo averne 'assaggiato' la bellezza''.
(ANSAmed, 21 novembre 2013)
Colloqui nucleare iraniano: Teheran alza il prezzo
Come era prevedibile, se a Teheran dai un dito loro cercano di prenderti il braccio e di portarselo via. I colloqui sul nucleare iraniano che si stanno tenendo a Ginevra sono di nuovo a un punto morto, almeno stando a quanto riferisce la stampa iraniana vicina al Grande Ayatollah Ali Khamenei, il tutto perché l'Iran ha alzato il prezzo e ha posto alcune condizioni irrinunciabili.
Secondo quanto riferisce la ISNA (Iranian Student News Agency) nella sua versione in persiano, il Grande Ayatollah Khamenei avrebbe ordinato al Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, di porre quattro condizioni irrinunciabili per l'Iran affinché si giunga a un compromesso....
(Right Reporters, 21 novembre 2013)
Non c'è da meravigliarsi. Teheran ha visto che a Obama l'affare interessa molto e quindi, come tutti i bravi venditori in questi casi, alza il prezzo. Il Grande Ayatollah Ali Khamenei ha capito che da Obama può ottenere tutto o quasi tutto in cambio di qualche parola. E se dovessero accusarlo di voler distruggere Israele, lui risponderebbe: Non è vero, non ho mai detto di voler distruggere Israele. Dico soltanto che mi riservo di farlo. E questo certamente accontanterebbe Obama. M.C.
I leoni appena nati nella Striscia di Gaza
I genitori sono stati importati clandestinamente dall'Egitto, i piccoli hanno nomi di ispirazione bellica
Domenica sera nello zoo di Besan a Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, sono nati due piccoli di leone. È la prima volta che dei leoni nascono nella Striscia: i genitori sono stati importati clandestinamente quattro anni fa, attraverso i tunnel sotterranei dall'Egitto. Il maschio è stato chiamato Fajer, come i razzi iraniani usati negli otto giorni di combattimento tra i militanti di Gaza e Israele nel 2012, e la femmina Sejeel, dal nome con cui venne definita da Hamas l'offensiva militare.
Izz ad-Din al-Qassam, l'ala militare di Hamas, ha festeggiato l'evento scrivendo su Twitter che «nonostante l'ingiusto assedio di Israele, i palestinesi sono riusciti a importare questi due leoni per portare un sorriso sulle facce dei bambini di Gaza».
(ilPost, 21 novembre 2013)
L'antisemitismo nella prospettiva comparata all'Università degli Studi di Roma La Sapienza
Presentazione dell'accordo di cooperazione tra la Sapienza e l'Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy (ISGAP).
Per la prima volta un accordo sancisce la collaborazione scientifica-culturale sui temi dell'antisemitismo e sulle vicende storiche, politiche, giuridiche e sociali dell'ebraismo.
Lunedì 25 novembre il Rettore dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza Luigi Frati e il Direttore dell'ISGAP - The Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy - Charles Small, presenteranno l'accordo di collaborazione scientifica e culturale tra le due istituzioni. Si tratta in assoluto del primo programma internazionale realizzato a livello interuniversitario sui temi dell'antisemitismo e delle molteplici scienze collegate alle vicende dell'ebraismo, di cui la Sapienza è il primo ateneo italiano a farne parte. Alla cerimonia saranno presenti il prorettore per la cooperazione e i rapporti internazionali dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza, Antonello Biagini, il coordinatore per l'Italia e l'Europa dell'ISGAP, Robert Hassan, Ambasciatori e autorità del mondo istituzionale, religioso, oltre a docenti, ricercatori e studenti.
L'evento sarà accompagnato da una tavola rotonda dal titolo "L'antisemitismo nella prospettiva comparata" a cui parteciperanno oltre a Charles Small, Marina Caffiero, coordinatore del dottorato di storia, antropologia, religioni dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza; Riccardo Di Segni, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma; Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale.
The Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy (ISGAP) si occupa in ambito accademico delle origini, dei processi e delle manifestazioni associate all'antisemitismo, oltre ad altre forme di pregiudizio, incluso il razzismo. Fondato nel 2004 l'ISGAP è il primo centro di ricerca interdisciplinare e interuniversitario dedicato allo studio dell'antisemitismo con sede in Nord America e presieduto dal Premio Nobel Elie Wiesel. Oggetto di studio sono in particolare le mutevoli fasi storiche dell'antisemitismo, le modalità con le quali questo si relaziona con altre forme di odio, quali migliori prassi sviluppare per contrastarlo. L'ISAGP invita regolarmente eminenti studiosi e ricercatori a presentare documenti ed a partecipare a progetti di ricerca su tali temi. Obiettivi centrali includono lo sviluppo di un curriculum inter-disciplinare e la pubblicazione di studi analitici che esaminino l'antisemitismo, un pregiudizio che rimane diffuso e ricorrente. L'ISGAP ambisce a creare uno spazio vibrante in cui possano fiorire lo studio, la discussione e il dibattito di alto livello. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
(Controcampus.it, 20 novembre 2013)
Proseguono i collaudi dei sistemi "David's Sling"
Il Ministero della Difesa israeliano ha comunicato che i militari israeliani e americani stanno collaudando i nuovi sistemi antimissilistici "David's Sling". Nell'ambito delle esercitazioni sono stati sparati alcuni colpi di prova. Questo tipo di sistemi antimissilistici sono stati creati per intercettare missili a corto raggio.
Nelle comunicazioni del dipartimento si sottolinea che "il nuovo sistema riempie una falla fino ad ora esistente nei sistemi antimissilistici iraniani". Attualmente i sistemi antimissilistici di Israele comprendono i complessi antimissilistici "Arrow", che servono per intercettare i missili balistici, e gli "Iron Dome", dei sistemi che servono a neutralizzare i missili a corto e medio raggio.
(La Voce della Russia, 20 novembre 2013)
La solidarietà ai sardi dell'ambasciatore di Israele in Italia
Questa la sintesi del messaggio con il quale l'Ambasciatore Naor Gilon ha espresso, con una lettera indirizzata al Presidente della Regione Ugo Cappellacci, la vicinanza d'Israele a una popolazione e a un territorio gravemente colpiti dal nubifragio che si è abbattuto sulla Sardegna nelle ultime 24 ore:
"A nome mio personale e dello Stato d'Israele, desidero esprimerLe i più sinceri sentimenti di solidarietà per i gravi effetti ed il doloroso bilancio di vite umane causati dalla violenta alluvione che si è abbattuta ieri sulla Sardegna. In queste ore difficili per la Sua Regione, ci stringiamo con commossa partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e manifestiamo la più sentita vicinanza alle comunità coinvolte. Ci consideri a disposizione per eventuali necessità".
L'ambasciatore Gilon è stato recentemente ad Alghero in occasione della inaugurazione della piazza della Juharia, l'antico borgo ebraico della città murata collegato direttamente con il vecchio porto a ridosso delle mura aragonesi.
(Buongiorno Alghero, 20 novembre 2013)
Gusto Kosher: il "derby" lo vince il menù giudaico romanesco
Quasi tremila persone al Portico d'Ottavia per Gusto Kosher, per assaggiare e scoprire le affinità e le differenze tra Roma e Tel Aviv, tra sacro e profano.
Cortile affollatissimo nel Palazzo della Cultura al Portico D'Ottavia domenica scorsa, per la manifestazione 'Gusto Kosher', un evento di Lebonton Catering in collaborazione con il Creativity Lab ICPO.
I numeri fanno impressione: in 9 ore di manifestazione, i visitatori hanno degustato vino per oltre 650 bottiglie delle cantine Cantina Sant'Andrea, Golan Heights Winery, Recanati Winery, Teperberg 1870, Jerusalem Winery.
Sono stati cucinati 40 kg di ceci (alla base del piatto 'Modello Giudia': pasata e ceci de Piazza), 30 kg di cous cous (cucinato 'Modello Harmony' ai sapori mediorientali), 50 kg di concia (che farcivano le focaccine del Ghetto), 1500 polpettine di carne con sedano e cannella (nel menù per il tipo 'de Piazza'). E sono state consumate 3000 pizzarelle con il miele.
Il pubblico di Gusto Kosher 2013 poteva scegliere fra tre menu - mediorientale, giudaico-romanesco o street food. Alla fine ha premiato la tradizione, il sacro, la piazza. La maggior parte degli assaggi provati erano quelli proposti nel menu per il tipo 'de Piazza'.
Tanti gli ospiti all'incontro invitati da Nerina di Nunzio di Food Confindetial alla presenza del Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni. Come l'Ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale Michela Di Biase, lo chef stellato Roy Salomon Caceres, il Food Photographer israeliano Dan Lev, il Food Designer Marco Pietrosante, la Responsabile Formazione e Alta Formazione del Gambero Rosso Francesca Riganati, la giornalista e critica gastronomica Elisia Menduni, gli storici osti romani Claudio Gargioli e Arcangelo Dandini, lo Chef Claudio Favale, lo Chef responsabile della formazione in cucina presso il Rome Sustainable Food Project dell'American Academy in Rome Chris Boswell. Un messaggio di saluto è giunto anche dallo chef israeliano Yotam Ottolenghi, da Londra.
Molto interessante il tema della tavola rotonda Parannanza e Pannolini a cura di Yael Finzi per il Creativity Lab ICPO. Al fianco della scrittrice e psicoterapeuta di bambini, adolescenti e adulti Masal Pas Bagdadi, del responsabile UO Dietologia Clinica Ospedale Pediatrico Bambin Gesù Giuseppe Morino, del rabbino e medico gastroenterologo presso l'Ospedale Israelitico di Roma Cesare Efrati, sono intervenute la blogger di ricette per bambini e ragazzi Natalia Cattelani e la Jewish Mama Flaminia Hannuna. A completare la tavola rotonda anche la Chef Slow Food e patron del ristorante "Spirito Divino" di Roma Eliana Vigneti Catalani.
Anche il Museo Ebraico di Roma ha raccolto l'invito di Gusto Kosher proponendo il giorno dopo in esposizione il video del making of della mostra 'ColorFood | Fotografie di Dan Lev'. Il video, realizzato in esclusiva per Gusto Kosher, presenta per la prima volta al pubblico italiano il progetto del fotografo israeliano Dan Lev.
(BLOGO, 19 novembre 2013)
Ali Khamenei contro Israele: "E' destinato a scomparire"
La guida suprema iraniana ha inoltre escluso qualunque passo indietro sui "diritti nucleari" dell'Iran, a poche ore dai negoziati con le grandi potenze a Ginevra.
Israele "è destinato a scomparire". Lo ha affermato la guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, davanti a 50mila miliziani della forza Basij, in un discorso trasmesso in diretta dalla tv di stato.
"Le fondamenta del regime sionista sono state notevolmente indebolite ed è destinato a scomparire. Nessun fenomeno imposto con la forza può durare", ha dichiarato Khamenei, il cui discorso è stato trasmesso in diretta dalla televisione di stato.
L'Iran non riconosce l'esistenza dello stato di Israele e sostiene i movimenti armati che lottano contro lo stato ebraico.
La guida suprema iraniana ha inoltre escluso qualunque passo indietro sui "diritti nucleari" dell'Iran, a poche ore dai negoziati con le grandi potenze a Ginevra. "Ho insistito sul consolidamento dei diritti nucleari dell'Iran", ha dichiarato Khamenei.
La guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, ha poi chiesto ai negoziatori iraniani di rispettare le "linee rosse" sul programma nucleare di Teheran. "Non intervengo nel dettaglio dei negoziati, ma esistono delle linee rosse che i responsabili devono rispettare senza timore del trambusto dei nemici", ha detto Khamenei. Queste "linee rosse", ha aggiunto, sono in particolare l'arricchimento di uranio e il rifiuto di fermare il sito di arricchimento sotterraneo di Fordo.
(Today, 20 novembre 2013)
Israele è destinato a scomparire. Poiché si suppone che Israele non sparirà di sua propria volontà, questo significa che qualcuno si propone di farlo scomparire. La cosa evidentemente non preoccupa Obama.
Per Aamal, oltre le barriere
di Daniel Reichel
Tra i 200 bambini palestinesi che ogni anno l'ospedale di Petah Tikva prende in cura, la scorsa domenica è arrivata anche la nipote di Ismail Hanyeh, primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese e al vertice dell'organizzazione terroristica Hamas. Ricoverata a causa di gravi infiammazioni gastrointestinali che hanno danneggiato il sistema nervoso, Aamal Hanyeh, un anno, è arrivata all'ospedale israeliano in condizioni critiche. I medici dello Schneider Children Hospital non hanno potuto fare nulla per lei e hanno dovuto dimetterla perché incurabile.
Nelle stesse ore in cui la bambina veniva visitata dagli specialisti israeliani, Hamas diffondeva la notizia di aver migliorato la propria potenza di fuoco e la gittata dei missili. Ora, dichiarava con orgoglio l'ufficiale di Gaza Salah Bardawil (come riporta il quotidiano online Times of Israel), quei missili potrebbero colpire la zona di Tel Aviv. Per esempio potrebbero arrivare a Petah Tikva, che si trova a nord della metropoli israeliana. E non è un caso se l'ospedale Schneider, l'ospedale che ha ospitato Aamal Hanyeh, abbia rinforzato negli ultimi anni la sua struttura, prendendo precauzioni contro eventuali attacchi missilistici.
Secondo quanto riportano i media israeliani, la bambina è stata ricoverata dopo che da Gaza è arrivata una telefonata dell'Autorità palestinese in cui si chiedeva di ammettere in un ospedale israeliano la piccola. Il Cogat (Coordinatore delle attività governatrici nei territori), era all'altro capo del telefono e ha indicato lo Schneider Hospital. Aamal, cui condizioni erano in continuo peggioramento, è stata immediatamente trasferita in Israele, accompagnata dalla nonna. Dopo le visite, però, è dovuta tornata dalla famiglia a Gaza, ormai impossibile per i medici di Petah Tikva intervenire sulla situazione.
Come Aamal, sono centinaia i palestinesi ammessi ogni mese negli ospedali israeliani. Nel mese di settembre, riporta l'organizzazione medica per i diritti umani di Israele, sono stati 395 i pazienti palestinesi visitati nelle strutture israeliane. Un numero in crescita a causa della situazione egiziana, con il valico di Rafah praticamente sigillato dalle autorità del Cairo. Il passaggio oltreconfine è possibile solo raramente.
(Notiziario Ucei, 20 novembre 2013)
Aymen Saadi, il tunisino diciannovenne arrestato un istante prima di farsi esplodere
La madre racconta il cambiamento del suo ragazzo plagiato dai salafiti. Che sfruttano la "primavera araba" come «un'ottima occasione di formare uno Stato islamico».
di Leone Grotti
Aymen Saadi è un ragazzo tunisino che è passato da giocare come attaccante per la squadra di calcio della sua città, Zarghouan, a cercare di farsi esplodere il mese scorso a Tunisi per «la sharia e il jihad». Subito prima che Saadi venisse fermato, un altro attentatore suicida si faceva esplodere lungo una spiaggia in quello che è il primo attentato nel paese da quando nel 2011 Ben Ali è stato costretto a fuggire.
PLAGIATO DAGLI ISLAMISTI - L'obiettivo originario di Saadi non era attaccare la Tunisia ma andare in Siria a combattere: «Mio figlio parlava della Siria ma mai della Tunisia. È stato manipolato da criminali, terroristi. Lui era solo un adolescente che parlava del jihad», dichiara a Reuters la madre di Saadi, Hayet. «Aymen prendeva buoni voti, ascoltava la musica poi è cambiato l'anno scorso, quando ha iniziato a spendere molto tempo leggendo siti radicali islamici e parlando con religiosi ultraconservatori in moschea».
«VOGLIAMO LO STATO ISLAMICO» - In Tunisia la fazione dei radicali islamici salafiti è molto forte. Dopo il successo delle rivolte del 2011, hanno cercato di instaurare la sharia nel paese tenendo sermoni nelle moschee, distruggendo negozi troppo "occidentali" e impedendo manifestazioni culturali ed esposizioni artistiche considerate come un male di derivazione occidentale da sradicare. «Vogliamo che la Tunisia diventi uno Stato islamico - dichiara uno di loro, Abu Salah, a Reuters - ma il primo passo deve essere fatto in Siria per poi allargarci in tutta la regione. Sono orgoglioso di quanto stanno facendo i miei fratelli in Siria e anch'io andrò là a combattere».
BARBA LUNGA E NIENTE JEANS - Dopo essere entrato in contatto con gli estremisti, anche Saadi è cambiato. «Si è fatto crescere la barba, ha buttato via tutti i suoi jeans per vestire il jilbeb», il vestito tradizionale lungo favorito dai salafiti. A marzo, grazie all'aiuto delle autorità, i genitori sono riusciti ad impedire al ragazzo di andare in Siria a combattere ma Saadi è sparito ad agosto, quando si è recato di nascosto in Libia per addestrarsi con gli altri guerriglieri. «Lui voleva andare in Siria. Quando è stato arrestato, mio figlio ha detto alla polizia che il leader del campo gli aveva chiesto invece di attaccare sul suolo tunisino. Lui ha esitato ma poi si è convinto, temendo che altrimenti l'avrebbero ucciso».
RISULTATO DELLA PRIMAVERA ARABA - Saadi è stato fermato prima di farsi esplodere in mezzo alla folla ma tanti come lui sono pronti a portare avanti la sua missione: «Dopo la Siria toccherà alla Tunisia», dichiara a Reuters un altro membro dei salafiti. «La "primavera araba" in Tunisia, Egitto, Yemen e Libia ci ha dato un'ottima occasione di formare uno Stato islamico dove applicare la sharia». Dopo essere stato arrestato, il ragazzo si è pentito: «Quando l'abbiamo visto in prigione ha chiesto a suo padre di perdonarlo. Ha detto di essere stato manipolato ed è così: usano i ragazzi che credono nell'islam come bombe per raggiungere i loro scopi».
(Tempi, 20 novembre 2013)
1943, l'orrore passa per Padova: «Sentivo le urla dal treno dei deportati»
Cerimonia ieri in stazione, al binario 1, per ricordare il passaggio del treno che deportava gli ebrei italiani nei campi di concentramento: scoperta una lapide. Lo straziante ricordo di Walter Chillin che oggi ha 90 anni.
di Elvira Scigliano
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La cerimonia e la targa sul binario 1 |
PADOVA - Walter Chillin, oggi gentile nonno di 90 anni, è un breve ma commovente tratto dell'inchiostro con cui il 19 novembre 1943 fu scritta, nella stazione padovana, una drammatica giornata della Shoah.
Quella mattina 1023 ebrei prigionieri, stipati in un treno merci, fermarono al primo binario. Walter aveva 19 anni e, insieme agli altri ferrovieri, sentì urlare e piangere: «È un giorno che non voglio ricordare perché è ancora una ferita aperta», rivela, commosso dopo 70 anni. «Avevo 19 anni, quel giorno mi era toccato il turno 13-20 e dovevo seguire proprio la marcia del treno tedesco, considerato maledettamente importante per i nazisti. Quando le ferraglie hanno smesso di fischiare abbiamo sentito delle urla provenire dall'interno: c'erano donne e bambini. Non potevamo credere ai nostri occhi: pensavamo ci fossero prigionieri di guerra catturati al fronte, mai avrei pensato a bambini anche molto piccoli con le mamme. Alcuni erano pietrificati, altri piangevano, altri ancora urlavano. I più ci supplicavano di dargli un goccio d'acqua, non tanto da mangiare. Quel giorno ho visto in faccia una verità così dura da non riuscire mai più a dimenticare».
Walter e gli altri ferrovieri furono allontanati dai tedeschi, pistole automatiche e molto convincenti in pugno, ma non hanno desistito: nel cuore il bisogno impellente di alleviare la sofferenza di quella gente. «Non c'era da fare gli eroi», continua Walter, «con i tedeschi non si scherzava. Allora abbiamo escogitato di portare il convoglio allo scalo per cercare di guadagnare tempo, dicendo che era necessaria una revisione alla locomotiva. Siamo riusciti così ad avvicinare alcune di quelle persone e, a turno, abbiamo portato acqua e quel poco che riuscivamo a procurare di cibo, ma eravamo una goccia in mezzo al male». Alla sera il treno è ripartito verso Trieste, direzione campo di concentramento di Auschwitz. Degli ebrei sul treno fermato a Padova, ne sono tornati solo 16.
La storia raccontata da Walter, con gli occhi umidi e la voce rotta dalle lacrime, ha commosso i partecipanti alla cerimonia con la quale ieri mattina è stata scoperta una lapide che ricorda il gesto di umana pietà dei ferrovieri in servizio alla stazione di Padova il 19 ottobre del 1943 assieme ad alcune crocerossine. Su quel treno erano stipati oltre mille ebrei deportati dal Ghetto di Roma. Ieri erano presenti anche Roberto Zanovello, consigliere comunale e sindaco di Vigodarzere; Riccardo Pacifici, presidente Comunità ebraica di Roma; Davide Romanin Jacur, presidente Comunità ebraica di Padova; Adolfo Locci, rabbino capo cittadino e il sindaco reggente Ivo Rossi con l'assessore alle Politiche scolastiche Claudio Piron. I ricordi personali dei protagonisti della commemorazione hanno finito per intrecciarsi tra sentimenti e storia: «Su quel treno», confida il rabbino Locci, «c'era la sorella di mio suocero», mentre Pacifici condivide con Padova il ricordo di suo padre curato ad Abano da un «amorevole» medico padovano. Ieri si è «santificata la vita» grazie alle piccole ma giuste azioni dei giusti.
(il Mattino di Padova, 20 novembre 2013)
Mosca - Putin accoglie Netanyahu
Oggi il presidente della Russia Vladimir Putin riceverà nel Cremlino il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il quale si tratterà a Mosca per una breve visita di lavoro.
Si presume che durante l'incontro verranno discusse alcune questione d'attualità legate alla politica internazionale e ai rapporti bilaterali.
I rapporti diplomatici fra i due politici vengono svolti con cadenza regolare, a novembre, su iniziativa di Israele, fra Putin e Netanyahu si svolse una conversazione telefonica durante la quale vennero trattate le più scottanti questioni d'attualità.
(La Voce della Russia, 20 novembre 2013)
Israele, una terra promessa per spiritualità e movida
Un viaggio in auto lungo le strade di Israele, partendo da Tel Aviv, è facile, sicuro e riserva piacevoli sorprese, sia per chi ama la natura sia per chi cerca i luoghi sacri del Cristianesimo.
di Sabrina Talarico
In poco più di 500 chilometri si passa dalla vivace ed eclettica Tel Aviv alla mistica Gerusalemme, per proseguire fino al Mar Morto e risalire in Galilea fino alle alture del Golan.
Dall'imperdibile Gerusalemme, capitale di Davide e Salomone dove ebbe luogo il martirio di Gesù, si raggiunge dopo soli 10 chilometri l'antica Betlemme in Cisgiordania. Accompagnati da una guida palestinese, che si trova facilmente anche in hotel, è possibile visitare la Basilica della Natività, alla quale si accede da un impervio passaggio sino ad arrivare alla grotta, oggi Patrimonio UNESCO, dove nacque Gesù. Uno spazio lungo e stretto di proprietà di tre Chiese: apostolica armena, greco-ortodossa e cattolica dei Padri Francescani, Custodi della Terra Santa.
Si prosegue verso il Mar Morto, il mare chiuso più salino e basso della terra, per raggiungere uno degli alberghi nella zona di Ein Bokek, rilassarsi e immergersi nelle curative acque ricche di ossigeno e minerali. Non prima di aver fatto tappa nella riserva naturale En Gedi, uno dei più ricchi ecosistemi del Paese, e a Masada, rocca isolata che spunta dal deserto e sulla cui cima piatta, raggiungibile con una funivia mozzafiato, si vedono i resti della città romana di Erode, con i suoi preziosi colonnati e mosaici. Una città dove vissero il loro tragico destino 1.000 ebrei zeloti, che per non cadere nelle mani nemiche dei romani si suicidarono in massa.
Nel risalire il Mar Morto si visita il monte Gerico in Cisgiordania, dove si narra Gesù sia stato tentato per tre volte dal diavolo. Si prosegue lungo il fiume Giordano alla volta dell'antica Tiberiade, oggi vivace meta turistica. Il percorso fa capire quanto il paesaggio di Israele sia variabile e quanto fertile sia ora la sua terra. Distese infinite di serre coltivate si alternano a vigneti e frutteti. Siamo nella verde Galilea, dove ebbe origine il Cristianesimo e dove si trovano i principali luoghi di culto: da Tabga, dove avvenne la moltiplicazione dei pani e dei pesci, a Cafarnao dove Gesù iniziò la predicazione; da Safed, una delle quattro città sante ebraiche, ad Hazor città natale di Pietro che custodisce i reperti archeologici più grandi e preziosi di Israele, divenuti nel 2005 Patrimonio UNESCO; da Cana, dove avvenne il miracolo di trasformazione dell'acqua in vino a Nazaret, casa di Maria e Giuseppe e luogo dell'Annunciazione. Una città grande e caotica con il classico souk nei cui vicoli gustare fresche spremute di melograno. Nella moderna Basilica dell'Annunciazione vale la pena visitare la cripta e i resti di due chiese bizantine e crociate.
In Galilea è consigliabile dormire in kibbutz, comunità fondate sulla proprietà comune, l'eguaglianza e il lavoro senza salario, che oggi accolgono turisti (in piccoli numeri). Chi alloggia in questi non-alberghi può «viverne» le regole e le attività. Uno tra i più antichi e accoglienti è il Lavi Oth, diretto dall'italiano Guido Sasson, con camere semplici e funzionali, una mensa dove gustare cibo kosher, un bel giardino e una splendida vista sulla Galilea.
Da Nazaret si torna verso Tel Aviv, dove girare in auto è facile e comodo. Qui si cambia scenario. La storia antica si mescola con modernità, movida e frenetico desiderio di vita, in un frullatore che restituisce un prodotto di qualità dal sapore dolce e autentico.
Per volare in Israele: www elal.co.
Per maggiori informazioni sul Paese: www.goisrael.it.
(il Giornale, 20 novembre 2013)
Israele, terra promessa della creatività
L'interesse per l'arte e la cultura in Israele risale a molto tempo prima della stessa fondazione dello Stato nel 1948 e affonda le sue radici tanto in Occidente quanto in Oriente, assorbendo influenze sociali e culturali provenienti da ogni parte del mondo. Ciononostante, Israele ha cercato da sempre di maturare una propria identità artistica, anche attraverso la creazione di spazi museali e privati, di accademie e scuole d'arte, come la Bezalel Academy of Art and Design fondata nel 1906, il Beit Berl College nato nel 1944 e all'interno del quale si trova la Hamidrasha School of Art, e il più giovane Shenkar College of Engineering and Design, fondato nel 1970 con l'obiettivo di formare l'industria israeliana dedicata al design e all'ingegneria....
(Artribune, 20 novembre 2013)
Danimarca - Aggredito il poeta palestinese che critica l'islam
Si trovava alla stazione di Copenhagen. Pugni e insulti. Noto per le sue critiche alla comunità musulmana, non è la prima volta che riceve minacce di morte.
COPENHAGEN, 19 nov - Lo ha colpito alla testa con un pugno poi gli ha gridato: "Sei un infedele, devi morire". E' stato aggredito così ieri sera, su una banchina della stazione di Copenhagen Yahya Hassan, il poeta 18enne danese figlio di immigrati palestinesi, noto per le critiche alla comunità musulmana della Danimarca.
L'aggressore è già stato identificato dalla polizia. Ha confessato quasi subito Isaac Meyer, 24 anni, secondo il tabloid danese Ekstra Bladet ha precedenti per terrorismo e nel 2007 è stato condannato a sette anni di carcere. Ora ne rischia altri tre per aver picchiato e insultato Yahya Hassan.
Non è la prima volta che il poeta diciottenne riceve minacce di morte. Era già successo in ottobre, dopo la sua partecipazione al programma della TV danese Deadline. Aveva raccontato lo spaesamento delle seconde generazioni, puntando il dito contro l'incapacità dei genitori immigrati di educare i figli in un altro Paese.
A farlo conoscere al pubblico danese e alla stampa internazionale un'intervista rilasciata al sito Politiken dove sosteneva che se molti figli di immigrati prendono la strada della criminalità la colpa non è dello Stato ma della famiglia d'origine.
Cresciuto in una famiglia violenta, Hassan è stato allontanato dai genitori, ha lasciato la scuola a 13 anni ed è stato affidato ai servizi sociali danesi. Rapper per passione, ora frequenta una scuola di scrittura.
A quasi dieci anni dalle contestate vignette in cui Maometto era raffigurato con una bomba al posto del turbante (anche l'autore Kurt Westerggard aveva ricevuto minacce di morte e ora vive sotto protezione ad Aarus, la stessa città di Hassan) il diabattito sull'Islam torna ad essere un tema di primo piano in Daminarca. Al centro, ora Yahya Hassan, più che per l'aggressione, per la sua prima raccolta di poesie.
Il libro - che per titolo sceglie il suo nome - è diventato in breve un fenomeno letterario e politico: in meno di due settimane ha venduto 32 mila copie.
(RaiNews24, 19 novembre 2013)
Rising Star: il nuovo talent made in Israele che cambia le regole del gioco
diI Simone Rausi
RISING STAR: NOVITA DA ISRAELE - In materia di talent show ne abbiamo viste davvero di tutti i colori: cantanti, ballerini, attori, talenti vari in stile Corrida, giudicati dal pubblico, da giudici di spalle, da professori esterni. Insomma, quando sembrava che nulla di nuovo potesse essere ancora inventato ecco arrivare Rising Star. Un format nuovo, innovativo e al passo coi tempi. Penserete che Rising Star arrivi dritto dritto dagli Usa o al massimo dai nostri cugini inglesi. E invece no, trattasi di un prodotto made in Israele, una terra dove la connessione internet è un lusso. E pensare che Rising Star fonda tutto su quello. Rising Star infatti è un talent show "social", molto più di X Factor. "Nei talent di oggi non c'è drama" ha detto Avi Nir, a capo di Keshet, che produce e vende il format. "L'unico elemento drama che c'è è la reazione dei giudici, ma è diventata troppo banale e prevedibile. Volevamo riportare il drama in ogni voto". Ma vediamo come funziona.
LE REGOLE DI RISING STAR - Il meccanismo è semplice semplice ma geniale. Gli artisti di turno si posizionano davanti a un enorme videowall e non appena cominciano a cantare ecco spuntare una serie di facce. Sono i profili social delle persone che stanno votando l'esibizione. Chiunque, scaricando l'app gratuita di Rising Star, può scegliere in tempo reale se l'artista può passare il turno o meno. Man mano che il cantante canta il contatore accumula punti. Basta il 70% dei consensi positivi per fare alzare il videowall, un enorme muro che scherma i cantanti dal pubblico, e concludere la performance davanti agli applausi. Chi non raggiunge la soglia prevista resta dietro il muro e viene eliminato. I tre giurati votano allo stesso modo ma il loro voto ha un peso maggiore. Resta però il pubblico il sovrano assoluto del programma.
E IN ITALIA? - Il format ha raggiunto numeri altissimi in Israele (ben il 49% di share, numeroni). Rising Star andrà in onda questa estate negli Usa (la ABC lo ha già acquistato) mentre in Europa è scattata la corsa all'acquisto. Per l'Italia si è fatta avanti la Toro Produzioni, la stessa di The Voice, ma le possibilità che il talent possa scontrarsi con il diretto competitor della stessa famiglia sono remote. Dove e quando andrà in onda Rising Star? Presto aggiornamenti.
(LaNostraTV.it, 19 novembre 2013)
"Prima di diventare numeri". In mostra il rastrellamento del ghetto di Roma
Prima di diventare numeri nei lager nazisti, furono uomini, donne e bambini. I loro 1022 nomi sono scritti sul muro che precede l'entrata alla mostra "16 ottobre 1943. La razzia degli ebrei di Roma", visibile gratuitamente fino al 30 novembre al Complesso del Vittoriano.
Le Schutz-Staffeln (SS) quel sabato mattina, diedero agli ebrei meno di mezz'ora per prepararsi ad una partenza dalla destinazione sconosciuta. "Che voi che ce fanno, mica c'ammazzeranno. Andiamo a lavorare." così rassicurò le figlie, la mamma di Settimia Spizzichino, ignara come molti nella comunità, dei crimini efferati di cui i nazisti si sarebbero presto macchiati. Della sua numerosa famiglia rimase in vita solo Settimia, unica donna tra i sedici sopravvissuti del ghetto di Roma, che tornò dopo l'internamento, gli esperimenti di Mengele e la "Marcia della Morte". Scomparsa nel 2000, dopo una vita spesa a testimoniare l'inimmaginabile esperienza dei lager, la Spizzichino fa parte della pluralità di voci che hanno tramandato anche il ricordo del rastrellamento, l'attimo in cui "il dramma entrava nella vita" (Giacomo Debenedetti).
La mostra trova il suo fulcro proprio nella storia orale che gli scampati ed i sopravvissuti hanno tramandato in questi 70 anni. Oltre infatti, alla ricca documentazione sulla storia della comunità ebraica di Roma, che mette in evidenza il complesso rapporto con la chiesa e l'importante contributo degli ebrei alle attività politiche e sociali della città, la mostra propone un video della durata di 45 minuti con le testimonianze di chi visse il rastrellamento del ghetto. Storie terribili di cittadini strappati un giorno qualunque alla propria vita, l'ultima testimonianza di una memoria collettiva che si interruppe il 16 ottobre 1943, lasciando spazio alla solitudine dell'esperienza individuale.
L'avvocato Dante Calò quel giorno lo segnò sul calendario. Il piccolo foglio ingiallito, esposto in una teca della sala superiore, riporta la data del rastrellamento e la frase manoscritta "Infamia Tedesca". Due parole che macchiano indelebilmente le giubbe degli ufficiali, ritratti nella loro perfezione ariana, sulle foto appese alle pareti. Sotto, tra i documenti in mostra, spicca la scheda personale di Herbert Kappler, condannato all'ergastolo per l'eccidio delle Fosse Ardeatine e a 15 anni di carcere per l'estorsione dell'oro della comunità ebraica di Roma. Nella sua valutazione si legge "privo di difetti e debolezze".
Le foto delle vittime sono invece una moltitudine, ammassate sulle pareti del piano inferiore, cristallizzate nella gioia del passato, della vita che non tornerà più. I loro ritratti chiudono la sezione dedicata alla deportazione, ricca di documenti, lettere ed oggetti appartenuti alle famiglie scomparse.
Le leggi razziali fasciste del 1938, complice la tiepida reazione della Chiesa a riguardo, trasformarono gli ebrei, cittadini italiani dal 1870, di nuovo in una minoranza.
L'isolamento della comunità spianò la strada ai nazisti che, all'alba del 16 ottobre 1943, prelevarono 1022 romani dalle loro case, trasportandoli due giorni dopo, in vagoni piombati ai campi di sterminio.
Roma si svegliò quel sabato mattina, derubata di un pezzo della sua storia.
(Euroma.it, 19 novembre 2013)
Ricoverata in Israele la nipote del primo ministro di Hamas
Secondo i medici non ci sono speranze di salvare la vita alla nipote di Ismayel Haniyeh. La bimba, colpita da una gravissima malattia gastrointestinale, è stata portata in ospedale a Tel Aviv. Dopo alcune ore, considerate le sue condizioni, è tornata insieme alla madre nella Striscia di Gaza.
GAZA, 19 Nov - La nipote del capo del governo di Hamas a Gaza, Ismayel Haniyeh, è stata ricoverata in Israele. La bambina è in condizioni critiche: soffre di una grave malattia gastrointestinale e sabato pomeriggio è stata portata nell'ospedale Petah Tikva a Tel Aviv. Dopo che i medici israeliani hanno stabilito che le sue possibilità di sopravvivenza sono nulle, la piccola è però tornata insieme alla mamma nella Striscia di Gaza.
Il sito del quotidiano Yedioth Ahronoth scrive che Amaal Haniyeh soffre di una grave infezione del sistema digestivo che ha attaccato il suo sistema nervoso e il suo cervello. Non era un segreto perché il figlio di Haniyeh, Abdessalam Haniyeh, sulla sua pagina Facebook, ha scritto "Fratelli cari, Amaal ha oltrepassato la linea verde (cioè la frontiera con Israele) e io prego Dio che l'aiuti e faccia guarire mia figlia, che si trova in una condizione di morte clinica".
(RaiNews24, 19 novembre 2013)
Kirill racconta
L'evangelista ebreo russo Kirill Swiderski sarà fra pochi giorni in Italia . Da uno degli ultimi numeri del periodico in lingua tedesca che dirige, "Kol Hesed", riportiamo due estratti. Nel primo, ambientato a Mosca, Kirill descrive le singolari ed impreviste circostanze che l'hanno condotto alla fede personale in Gesù, cosa che ha cambiato radicalmente la sua vita. Nel secondo, ambientato in Germania, racconta l'effetto provocato nella sua comunità ebreo-messianica dall'inaspettata visita di un arabo palestinese.
Un mio zio, cugino di mia madre, all'età di dieci anni arrivò a Mosca. Non poteva tornare al suo paese d'origine perché tutti i suoi familiari erano stati uccisi nelle camere a gas tedesche. Di lui si prese cura la sorella di sua madre, che viveva a Mosca. Arrivato all'età adulta, mio zio sposò una russa-tedesca, e dopo un certo tempo si trasferì in Germania. Questo solo fatto provocò un'ondata di indignazione nella nostra parentela: alcuni troncarono ogni contatto con lui; sua zia non riuscì a sopportare la cosa e poco dopo semplicemente ne morì.
Nelle discussioni che facevamo in famiglia, come sempre in cucina, soppesavamo i pro e i contra della faccenda, pendendo piuttosto dalla parte dei contra. La nostra opinione però si modificò lentamente a favore del nostro zio in Germania dopo il primo, e poi il secondo, e poi il terzo pacco pieno di buona roba che ci arrivava da parte sua. Dopo un po' di tempo a casa nostra nessuno più si meravigliava se qualcuno, alzando il ricevitore del telefono che squillava, sentiva la lontana voce del nostro zio - un parente tedesco!
In una occasione il motivo della sua chiamata fu molto particolare. Una giovane famiglia (due adulti e due bambini), vicini di casa del nostro zio in Germania, si trovavano momentaneamente a Mosca, in viaggio verso il Kirgistan. Non avevano comprato in tempo il biglietto per il successivo volo e quindi adesso erano costretti a cercare un posto dove passare la notte in quella città con milioni di abitanti a loro sconosciuta. Non trovammo la forza di dire "no", e così dopo poche ore quella famiglia si trovava a casa nostra.
Qui bisogna dire che a quel tempo il nostro appartamento assomigliava da una parte a una biblioteca comunale e dall'altra a un deposito di smistamento di materie prime. Dove non c'erano scaffali pieni di libri si trovavano mucchi di vecchi giornali e riviste in attesa di diventare in un lontano futuro carta di riciclaggio. Non riesco a ricordare i miei genitori senza un libro in mano. La lettura e la cosiddetta autoformazione erano per noi fatti fondamentali. Oltre a questo, andavamo regolarmente a teatro, sentivamo concerti di musica classica e ci circondavamo di persone di rango adeguato, i cosiddetti intellettuali, tra i quali naturalmente pensavamo di trovarci anche noi. Il resto del mondo non ci interessava: lì c'era soltanto roba di scarto.
Bene, la famiglia entrata a casa nostra veniva dalla Germania e voleva andare in Kirgistan con la speranza di poter vivere lì almeno un paio d'anni. Cosa che già in sé era strana. Conoscevamo persone che si erano mosse nella direzione opposta, e per decisioni di questo tipo avevamo comprensione. In più venimmo a sapere che il capo di quella strana famiglia era un elettricista. "E già", mi dissi ironico, "fa parte certamente dello stile di vita di un elettricista prendere tutta la sua famiglia dall'Europa e trasportarla in Kirgistan!"
Dopo aver fatto una lunga fila al supermarket, sedevamo tutti insieme intorno al tavolo da pranzo. "Posso pregare?" chiese improvvisamente l'elettricista, cosa che quasi mi mozzò il respiro. Ci fu un minuto di silenzio. Una cosa simile non me l'aveva chiesta mai nessuno. "Prega", mi venne fuori, e pensai: "Che cosa può fare un elettricista in viaggio per il Kirgistan se non pregare?" E Andrej, così si chiamava, pregò: "Signore, ti ringrazio per questo pane..." "Che preghiera ingenua!" pensai. "Che elettricista ingenuo! Invece di ringraziare me per il cibo che è sul tavolo - del resto, non solo pane - e anche per tutte le altre cose che io, con i miei soldi, ho comprato in quel sudicio supermarket dopo aver fatto la fila per ore, lui ringrazia Dio, e non solo Dio, ma anche Gesù, che dice di averlo salvato da qualche cosa!"
Dopo che tutti in coro avevano detto "Amen!", la situazione intorno al tavolo improvvisamente si distese, e inaspettatamente ci rallegrammo con quella strana famiglia in viaggio verso il Kirgistan.
Rimasero a casa nostra non uno o due giorni, ma circa due settimane. Ci intrattenevamo a lungo la sera e - quale che ne sia il motivo - trovavamo piacevole la cosa. Il fatto prodigioso fu che della loro presenza in casa nostra non ci stancammo, anzi alla fine non volevamo neanche più separarci. Partirono, e sullo scaffale rimase il loro regalo: una Bibbia nera. "Voi leggete così volentieri!" disse Andrej salutandoci.
Un giorno, mentre mia moglie ed io discutevamo su quello che ci era accaduto negli ultimi tempi, arrivammo a questa conclusione: qualcosa era cambiato nella nostra vita: chiaramente, ci mancava quello strano elettricista con la sua famiglia. Non avevamo abbastanza... pace, shalom, e per ottenerla in realtà eravamo disposti ad abbandonare tutte le nostre convinzioni, quella pseudocultura, quella maschera dietro alla quale il nostro vero e, per dirla sinceramente, brutto io era nascosto.
Proprio in quel giorno ci trovavamo in uno stato di eccitazione perché stavamo aspettando un'altra famiglia missionaria dalla Germania, che avrebbe dovuto raggiungere Andrej a Naryn. La sera, come sempre in cucina, letteralmente lo bombardammo con ogni tipo di domande su fatti e temi biblici. Quando il nostro fuoco di fila finì, lui sorrise: "Vi ho capiti - disse -, preghiamo insieme!" Questa proposta suscitò improvvisamente nel mio cuore un insieme di emozioni positive. Chiudemmo gli occhi... Non ricordo più le parole della mia prima preghiera, ma soltanto che quando riaprimmo gli occhi lacrime scorrevano sulle guance di mia moglie, e anch'io dovetti trattenermi per non scoppiare a piangere. Per la prima volta in vita mia provavo una pace che mi riempiva completamente. Ero in pace con me stesso. Così bene non mi ero mai sentito.
Jeshua è questa pace. Jeshua significa soprattutto pace. Egli ci ha riconciliati con il Padre, e Lui con noi. Il nostro nome Israel (Dio combatte per te) non dipende dal fatto che siamo nati da genitori ebrei, ma dal fatto che Dio ha smesso di combattere contro di noi, anzi, si è messo dalla nostra parte. In questo consiste la pienezza del popolo ebraico, il vero significato della circoncisione, la Torà, l'intero Tanach, tutta la Bibbia.
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Poco tempo fa è arrivato un arabo nella nostra comunità. Palestinese, 22 anni, cristiano. Mi chiese il permesso di avere a disposizione dieci minuti per dare la sua testimonianza. Non è stato facile per me dire "sì". E' risaputo che la Palestina è piena di religiosi cristiani che per motivi teologici sognano di poter distruggere lo Stato ebraico. Ma la mia curiosità è stata più forte: un giovane arabo era disposto a condividere le sue esperienze in una comunità ebraica. Dissi: "Okay, ma solo dieci minuti." Appena cominciò a parlare nella sala calò il silenzio. "Sono un arabo, un palestinese", disse, "ma ho un cuore ebreo. Dopo che sono arrivato alla fede nel Messia ebreo, Dio ha cambiato il mio cuore. Me ne ha dato uno nuovo, ebraico. E io amo Israele, e prego ogni giorno per la pace in questo paese e per questo popolo."
Ha parlato poi dei problemi che gli vengono dai connazionali della sua comunità, che lo considerano un traditore della causa palestinese; e ha parlato delle meravigliose benedizioni di gioia e pace che lo riempiono per ventiquattro ore al giorno. Alla fine ha detto: "Se Dio ama noi, quanto grande deve essere il suo amore per voi! Se Dio benedice noi, quanto grandi devono essere le benedizioni per voi!" Ho guardato nella sala, ho visto persone piangere. Improvvisamente mi è divenuto chiaro: noi possiamo non solo vivere insieme agli arabi, ma possiamo anche amarli di tutto cuore se Jeshua è in mezzo a noi. Non è possibile capire questo, spiegarlo: si può soltanto viverlo.
L'ho abbracciato e l'ho benedetto in lingua russa. Lui ha chiesto di poter pregare per la nostra comunità, e l'ha benedetta in lingua ebraica.
"Perché Egli è la nostra pace, Egli che dei due ne ha fatto uno..." ha scritto Paolo dalla prigione. Lui conosceva la pace, l'aveva sperimentata perfino in una prigione romana, e più tardi nel luogo della sua uccisione. Potevano togliergli la libertà di movimento, perfino la vita stessa, ma non la pace, il cui valore il grande apostolo delle genti ben conosceva.
(Kos Hesed, Nr. 1(29) 2013, trad. www.ilvangelo-israele.it)
In quel tempo Gesù prese a dire: Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli fanciulli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre, e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo ed imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero.
Matteo 11:25-30
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Dov'è Guy Hever, il soldato israeliano scomparso da sedici anni?
C'è una storia misteriosa della quale non parla più nessuno da anni: quella del soldato israeliano, Guy Hever.
Aveva finito il suo turno di guardia in una torretta al confine con la Siria. Era l'estate del 1997. Da quel momento di Guy Hever, all'epoca 20 anni, soldato dell'esercito israeliano è scomparso. Nessuno sa niente di lui e non c'è niente che possa far capire cosa gli è successo. Ne parla oggi sul Corriere, Elisabetta Rosaspina
Sarà un uomo e non più il ragazzo di 20 anni che mal sopportava la disciplina militare della base israeliana di Haraam (il «Tuono»), all'epoca segreta, cui era stato assegnato al secondo anno di servizio di leva.
Sarà un uomo, e non un redivivo come lo riterrà il resto di Israele e del mondo, perché, per Rina Hever, Guy non è morto. Non si è ucciso, come insinuarono a suo tempo le inchieste militari. Non è precipitato in un burrone. Non si è perso negli anfratti del Golan. È semplicemente scomparso alle 9 di una domenica mattina, il 17 agosto 1997. Il giorno prima aveva ricevuto la visita dei genitori e gli oggetti che aveva chiesto loro: libri di fantascienza, la sua passione; accessori per il computer, un paio di forbici. «Oggetti normali - ricorda sua madre -. Ci aveva telefonato il venerdì, cinque volte, sempre per aggiungere qualcosa che gli mancava. E questa è sembrata una stranezza agli investigatori, quasi il preambolo di una fuga. Ma che c'è di strano in un libro o in un paio di forbici?».
Nulla, in confronto alla smaterializzazione di un soldato in divisa d'ordinanza, a piedi, con il suo fucile a tracolla, in un'area assai poco popolata, al confine con il territorio siriano: «È stato rapito - ripete, senza stancarsi, Rina -. Di lui non è stato ritrovato più nulla. Né l'arma, né la piastrina di riconoscimento, i documenti, niente di niente.
(Journal, 19 novembre 2013)
Apple compra l'israeliana PrimeSense
Suo il sensore 3D del controller Kinect della Xbox
di Gianni Rusconi
Se ne parla da luglio, ora siamo vicini all'annuncio ufficiale. Apple, secondo il quotidiano finanziario israeliano Calcalist, ha comprato per 345 milioni di dollari PrimeSense, azienda di Tel-Aviv specializzata in tecnologie per i sensori di movimento 3D. La casa di Cupertino dovrebbe rendere pubblica l'operazione nelle prossime settimane anche se dalla società direttamente interessata arrivano smentite in proposito. Perchè è importante questo nuovo investimento della Mela in Israele, dopo l'acquisizione per circa 400 milioni di dollari di Anobit (memorie flash) a inizio 2012?
Per vari motivi, e il primo di questi è il seguente: PrimeSense è nota agli addetti ai lavori soprattutto perchè ha realizzato il sensore del controller Kinect della Xbox 360. Nel curriculum della start up ci sono quindi progetti realizzati nel campo della robotica (Ava di iRobot), degli scanner 3D e dei gadget per l'home entertainment (Asus Xtion).
- La tecnologia motion sensing per iTV e iWatch?
Apple, questa la prima possibile conseguenza dell'acquisizione, potrebbe integrare sensori simili a quelli creati per la console di di Microsoft nella sua fantomatica iTV o nei suoi futuri "wereable device" (l'attrettanto fantomatico iWatch) per garantire il controllo dell'apparecchio tramite i movimenti del corpo e senza toccare alcuno schermo touch.
La stessa tecnologia a infrarossi invisibile all'occhio umano, che lavora in combinazione con un system on chip sviluppato dalla stessa PrimeSense, sarebbe ovviamente portata a bordo di iPhone, iPad e MacBook. Stando ai bene informati, a Cupertino sarebbero inoltre intenzionati anche a proporre tale tecnologia sul mercato in licenza d'uso, e tale ipotesi apre ovviamente la porta a nuovi scenari nel campo dei sistemi di motion sensing e di interazione naturale applicati ai prodotti di gaming e di computing.
PrimeSense, questo è certo secondo il Calcalist, ha saputo raccogliere finanziamenti per 85 milioni di dollari da venture capitalist israeliani e americani (fra cui Canaan Partners Global, Gemini Israel e Genesis Partners) e avrebbe rifiutato una prima offerta arrivata da Cupertino di 280 milioni di dollari. Alzando la posta a 345 milioni, ecco che il deal sarebbe in dirittura d'arrivo.
(Il Sole 24 Ore, 18 novembre 2013)
Netanyahu chiede ad Abu Mazen di venire alla Knesset
GERUSALEMME, 18 nov - ''Chiedo al presidente Abu Mazen di venire qui alla Knesset e di riconoscere la relazione tra gli ebrei e la terra d'Israele''. Lo ha detto Benyamin Netanyahu, citato da Haaretz, intervenendo in parlamento davanti a François Hollande. Il premier ha poi invitato Abu Mazen ''a metter fine allo stallo'' e si e' detto pronto ad andare a Ramallah.
(ANSA, 18 novembre 2013)
Qui la cultura del gusto è senza latte
All'Alef di San Salvario una sorpresa continua
di Luca Ferrua
TORINO - Siamo nel cuore di San Salvario a due passi dalla Sinagoga e si scopre qui una delle più interessanti rivelazioni della nuova ristorazione torinese, il ristorante ebraico Alef.
La vera rivelazione però non sono pranzi e cene ma le colazioni dove ogni golosità e assolutamente priva di latte ovvero rigorosamente kasher. Un grande regalo della cultura ebraica che regala una naturale leggerezza di ingredienti, perfetta per cominciare la giornata.
Alcune delle parole chiave sono strudel di mele con pasta lievitata e ripieno di uvetta e cannella come si fa in Polonia; torta di miele (dolce tipico del capodanno ebraico); il «Farsburg» (un pasta lievitata ripiena di semi di papavero) e ancora le rose di pasta lievitata con crema alle mandorle e pere. Sono dolci - ci spiace per chi parte con il salato - che sanno sorprendere per consistenza e sapore.
Qui ogni piatto, ogni specialità viene offerta con l'orgoglio di che mette a disposizione un pezzo della sua cultura. Ogni sapore è un viaggio. Anche fermandosi soltanto al bancone, come può accadere con la colazione, si riceve in dono la spiegazione di ogni ricetta, il dettaglio di ogni ingrediente, la sua storia e il migliore abbinamento. Sono tanti i locali in città che fanno cultura del gusto e questo angolo di San Salvario - e dove poteva essere altrimenti - merita un posto con i migliori.
(La Stampa, 18 novembre 2013)
Il ministro degli Esteri iraniano in visita a Roma
Zarif incontrerà Emma Bonino sulla strada di Ginevra. Non gradimento dellambasciata israeliana a Roma.
ROMA, 18 NOV - Passa per Roma la strada che porterà il ministro degli Esteri iraniano Mohammed Javad Zarif per il terzo atteso round di negoziati con le potenze del '5+1' sul dossier nucleare di Teheran. Zarif vedrà domani alla Farnesina la collega Emma Bonino, per un incontro già previsto l'8 novembre scorso in una pausa nei precedenti colloqui di Ginevra, ma poi rinviato proprio per la convulsa girandola dell'iraniano ai tavoli dei diversi protagonisti della trattativa.
Una visita che però non è gradita all'ambasciata di Israele in Italia, che attraverso fonti diplomatiche fa sapere di giudicarla "prematura": "L'Iran è entrato nel negoziato con i '5+1' solo sotto le pressioni internazionali". "Queste visite e il corteggiamento del business con l'Iran prima della fine dei negoziati - proseguono le stesse fonti - rafforzano la sua percezione di potere nei negoziati e influenzano negativamente le opzioni per il raggiungimento di un buon accordo". Per Israele, inoltre, Teheran "ha una grossa responsabilità per le migliaia di morti in Siria, con il sostegno diretto del regime di Assad".
In un'intervista al Corriere della Sera, la scorsa settimana, il ministro Bonino ha annunciato che con l'Iran l'Italia sta "mettendo a punto un piano di scambi e cooperazioni, non solo in campo energetico". Pur mettendo in guardia da un "eccessivo ottimismo" sulle aperture del nuovo presidente Hassan Rohani sul nucleare e sul disgelo con gli Stati Uniti dopo 30 anni, e invitando a basarsi "sui fatti e non solo sulle dichiarazioni", la titolare della Farnesina ha infatti più volte rivendicato per l'Italia il primato di aver aperto un dialogo con Teheran all'indomani della vittoria di Rohani.
Il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli si recò in visita a Teheran in agosto, appena tre giorni dopo il giuramento del presidente, al quale consegnò una lettera del premier Enrico Letta con l'obiettivo di "manifestare l'attenzione del governo italiano". "Siamo stati come Italia e come italiani antesignani di un'apertura di dialogo con la nuova amministrazione iraniana", ha ribadito ancora Bonino nei giorni scorsi, spiegando di aver voluto "anche mostrare rispetto verso un popolo che ha partecipato enormemente all'ultima tornata elettorale e che voleva voltare pagina".
A non gradire la visita di Zarif è anche il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana in Italia.
(ANSAmed, 18 novembre 2013)
Il ministro degli Esteri dei mullà a Roma
Negli ultimi cinque mesi dall'elezione di Rouhani a oggi sono stati impiccati piu di 320 prigionieri
La vista di Javad Zarif, domani 19 novembre 2013, non ha altro scopo che fomentare le supposizione sul moderatismo inesistente di Rouhani e conquistare il tempo prezioso per potere seguire la sua politica dell'oppressione interna, dell'espansionismo nella Regione e l'ottenimento delle armi nucleari.
Questa vista avrà luogo a Roma, mentre negli ultimi 5 mesi dopo elezione di Rouhani a oggi, sono state impiccate piu di 320 prigionieri ( anche politici ) in Iran; una persona ogni 7 ore!
L'oppressione e la censura integrale comprende tutto il paese. Scrittori e artisti finiscono in carcere. L'internet è fortemente controllato ed è sotto la censura, l'uso delle TV satellitare è proibito. Il progresso del governo di Rouhani consiste, per ora solo nel frantumare le parabole satellitari sotto i cingolati dei carri armati dei pasdaran.
Nonostante gli insignificanti sorrisi di Javad Zarif, il progetto della produzione delle armi nucleari prosegue con la massima velocità.
Il governo iracheno, sull'ordine del regime iraniano oppressore, ha effettuato un genocidio, il 1o settembre, al campo Ashraf in Iraq, trucidando 52 persone su 100 residenti. Passano 79 giorni da quando i sette ostaggi, di cui 6 donne sono nelle mani delle forze irachene.
Le ingerenze del regime iraniano in Siria, ormai hanno dimensioni vastissimi, dove questo paese è sotto l'occupazione latente del regime dei mullà. secondo le dichiarazioni delle autorità iraniane in Siria ci sono decine battaglioni dei pasdaran che difendono la sopravvivenza di Bashar Assad e massacrano la popolazione siriana.
L'unico risultato del viaggio di Zarif in Italia è celare la natura e il comportamento del regime teocratico, sciogliere le sue mani nella repressione della popolazione iraniana, incitarlo a proseguire l'espansionismo nella Regione, in particolare in Siria e trovare tempo per completare la costruzione delle armi nucleari; il che metterà il mondo intero in una situazione catastrofica.
(Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 18 novembre 2013)
A lezione di ebraico coi graffiti di Tel Aviv
Lungo strade di Florentine, il metodo 'ambulante' di Guy Sharett
di Massimo Lomonaco
TEL AVIV - Imparare l'ebraico per strada, studiando graffiti murali, placche e insegne a Florentine, quartiere un tempo degradato di Tel Aviv e ora, invece, luogo della movida notturna della citta'. L'idea - che da due anni a questa parte gode di un crescente successo - e' di Guy Sharett, appassionato linguista e insegnante che sembra aver scoperto una buona formula per lo studio di un idioma a prima vista piuttosto arduo. E cosi' ogni settimana - di norma il venerdi' pomeriggio - gruppi di studenti di tutte l'eta' e nazionalita' (compresi alcuni italiani) si aggirano per le storiche strade di Florentine, sostando davanti a graffiti e scritte accuratamente selezionati per capire "attraverso i segni e la cultura popolare la societa' israeliana". "La rivoluzione - spiega Sharett in un buon italiano, studiato a Firenze - non e' ancora entrata nell'insegnamento delle lingue. E' ora di uscire dal chiuso delle scuole e da dietro i banchi". E quelli che lui chiama i "sopravvissuti all'Ulpan" (il corso classico per chi vuole imparare l'ebraico) sembrano dargli ragione. "Ho cominciato con un avviso su Facebook - racconta Sharett, discendente della famiglia di Moshe' Sharett, leader laburista che fu tra i padri della patria e primo ministro di Israele dal 1953 al 1955 - Con mia grande sorpresa al primo appuntamento c'erano 20 persone. Poi, sempre di piu"'. Il tour 'linguistico' di Sharett - che varia di giorno in giorno - qualche volta arriva a un graffito, su un muro del quartiere, con il profilo inconfondibile di Theodor Herzl, il fondatore del sionismo. Il suo famoso slogan - che appare sotto il ritratto - sulla nascita dello stato ebraico 'Se lo vuoi, non e' un sogno' e' stato trasformato in 'Se non lo vuoi, non ne hai bisogno'. Munito di lavagna di plastica, davanti agli studenti, Sharett spiega le parole ebraiche, ne richiama le connessioni linguistiche, l'uso dei tempi, ma, al contempo, insegna anche il "senso politico" di quel graffito. Altro esempio di questa nuova didattica sono addirittura i tombini comunali: quelli piu' vecchi del 1937 dove non appare, accanto a Tel Aviv, il nome di Yafo (Giaffa) e quelli piu' recenti in cui invece appare accanto secondo la dizione attuale del comune. Se Florentine e' il 'must' delle lezioni di Sharett, la sua scuola ambulante d'ebraico, alla ricerca dei "segni", non si esaurisce pero' nel quartiere .
"I termini legati al mondo del mare - aggiunge con soddisfazione - li spiego al porto di Giaffa; l'uso passivo del verbo invece al cimitero monumentale di Trumpeldor, nel cuore di Tel Aviv. Attraverso le parole, risaliamo il corso della storia". Molti degli studenti rimangono poi colpiti dai versetti della Bibbia disegnati con lo spray sui muri: "per loro, stranieri, e' del tutto inusuale, ma qui invece - prosegue - e' comune e il piu' delle volte ha un vero e proprio richiamo politico"." Invece di sgobbare su testi noiosi fatti per gli studenti, il nostro vagabondare per la citta' - insiste Sharett - ci fa usare occhi e orecchie. E cosi' siamo portati a ricordare nuove parole, espressioni e nozioni". Anche quelle piu' problematiche: come nel caso - ricorda l'insegnante - di 'Tsahal über alles', un graffito malizioso, apposto da militanti pacifisti in occasione dell'ultima guerra a Gaza: che accosta l'acronimo 'Tsahal' (esercito israeliano) a 'Über alles' (sopra tutti), strofa dell'inno tedesco usato con grande pompa dai nazisti e ora proibita. Critica politica estrema, attraverso la lingua, che Sharett non manca di spiegare ai suoi studenti.
(ANSAmed, 18 novembre 2013)
Firenze si inchina al coraggio di Bartali
di Adam Smulevic
A una settimana dalla solenne cerimonia organizzata nel 70esimo anniversario della deportazione di ebrei dalla Toscana la sinagoga di Firenze torna a riempirsi di gente, emozioni, testimonianze. Oggi si racconta un'altra storia, di genere diametralmente opposto: la storia di Gino Bartali il Giusto, che lo Yad Vashem celebra con il tributo più significativo per il suo impegno come staffetta clandestina e protettori di ebrei durante il nazifascismo.
Tra gli ospiti della Comunità ebraica di Firenze, del suo presidente Sara Cividalli e del rabbino capo Joseph Levi, alcuni testimoni del coraggio di Gino: Giorgio Goldenberg, l'ebreo fiumano nascosto in una cantina di via del Bandino; suo cugino Aurelio Klein, che in quella casa trovò rifugio prima di espatriare in Svizzera; Aldo Baquis, che legge un breve ma intenso messaggio della madre Giulia Donati. A distanza interviene anche Renzo Ventura che ricorda come, grazie a Bartali, la sua famiglia abbia potuto vivere "attraverso le generazioni".
Le corse del coraggio tra Toscana, Liguria e Umbria. I mesi della clandestinità in zona Gavinana. I rapporti con la Curia e con i vertici della Delasem. Tanti i cassetti che si aprono, un racconto che emoziona e commuove. .
"La scorsa settimana abbiamo parlato di delazioni. Oggi invece ricordiamo chi ha gettato luce in un periodo buio. A Gino Bartali e agli altri Giusti la nostra eterna riconoscenza", spiega Cividalli.
"Siamo qui riuniti - incalza il rabbino capo Joseph Levi - per celebrare un uomo che si è sempre ispirato a valori 'alti'. Un traguardo, quello dello Yad Vashem, cui è stato possibile arrivare grazie allo sforzo congiunto di varie persone. Una grande prova della nostra società nel senso più esteso del termine".
A rendere omaggio a Ginettaccio anche il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che spiega come a fare grande una città non siano solo le pietre "ma anche le persone, le persone come Bartali", e dall'ambasciatore d'Israele a Roma Naor Gilon, che si sofferma sugli ingranaggi della rete di assistenza clandestina in cui il ciclista prestò servizio a rischio della propria vita.
A dare il senso di un eroismo che fu silenzioso e schivo ma anche profondamente consapevole sono le parole pronunciate da Andrea Bartali, uno dei tre figli del campione. "Mio padre - sottolinea - ce lo ha sempre insegnato. Lo sport, se non è lezione di vita, non serve a niente".
(Notiziario Ucei, 18 novembre 2013)
Turismo: gli israeliani amano il Garda e la Toscana, ma guardano al Sud
Alla Borsa di Paestum buyers da Israele per scoprire nuove mete
PAESTUM, 18 NOV - Amano le destinazioni del nord Italia, dal Lago di Garda a Venezia e Verona, ma ora stanno allargando il loro sguardo anche al Sud, verso Napoli, le isole del Golfo e i tesori archeologici di Pompei e Paestum. Sono i turisti israeliani che, stando ai dati del 2012, hanno girato il mondo in 4.387.200 di cui 492.000 hanno pernottato almeno una notte in Italia. Un mercato a cui ha guardato con attenzione la Borsa Mediterranea del turismo archeologico che si è svolta fino a domenica a Paestum, invitando otto tra i maggiori tour operators del Paese a paryecipare ai workshop b2b con gli enti turistici, i promotori e gli operatori del Mezzogiorno.
"Le novità per la prossima stagione turistica riguardano proprio il sud Italia con due nuovi tour, da Napoli a Roma e Napoli e le isole del Golfo e la costiera amalfitana", spiega ad Ansamed Chayuta Markovitz, dirigente del tour operator Isst che ha sede a Tel Aviv e 15 agenzie sparse in tutta Israele. La clientela è quella standard, con gruppi di famiglie e giovani: "Le mete a cui gli israeliani sono più legati - conferma - sono il lago di Garda, i tour sulle coste della liguria e della costa Azzurra in Francia e le Cinque Terre. Per questo i charter estivi più numerosi vanno verso Verona. Ma anche Roma è una meta ambita e proprio da questa destinazione partiamo per allargare lo sguardo verso il sud. Anche verso la Scilia con il mare e i monumenti".
Roma è anche al top delle preferenze degli israeliano per portare a casa un po' di Made in Italy. "Nella capitale gli israeliani amano molto i monumenti ma soprattutto lo shopping", spiega Tali Benyishay dell'agenzia Ophirrtours di Gerusalemme che ricorda anche quanto sia importante l'offerta del prodotto turistico da parte dei territori: "Gli Israeliani amano l'Italia - dice - e amano molto anche la gastronomia italiana. Molti vanno infatti in Toscana dove ai monumenti e allo splendido paesaggio si uniscono anche percorsi di degustazione dei prodotti e della cucina tipica locale". E proprio su questa scia sono nate alla Borsa di Paestum idee e proposte per un percorso di degustazione costruito intorno all'area degli Scavi di Paestum o un tour di cinque giorni tra i monumenti della Provincia di Salerno abbinato ai luoghi del buon mangiare della regione.
(ANSAmed, 18 novembre 2013)
Arrestato l'ex rabbino capo di Israele
GERUSALEMME - L'ex rabbino capo askenazita di Israele Yona Metzger - per dieci anni al vertice del Gran Rabbinato di Gerusalemme, istituzione di riferimento per gli ebrei osservanti assai influente nella vita pubblica del Paese - e' stato arrestato per corruzione e altri reati che avrebbe commesso nel periodo in cui ricoperto la sua carica. Secondo gli inquirenti, Metzger avrebbe accettato bustarelle e benefici vari dai vertici di varie associazioni no profit in cambio di favori.
(ANSA, 18 novembre 2013)
L'Iran svela un drone d'attacco con gittata di 2.000 km
Durata di volo dalle 16 alle 30 ore
TEHERAN, 18 nov. - L'Iran ha svelato oggi di aver costruito un drone - Fotros - in grado di essere equipaggiato con dei missili con una gittata di 2.000 chilometri, vale a dire capaci di raggiungere Israele. Lo ha reso noto oggi l'agenzia Irna.
"Il drone Fotros ha un raggio d'azione di 2.000 chilometri e può volare a un'altezza di 25.000 piedi con una durata di volo dalle 16 alle 30 ore", ha affermato nel corso di una cerimonia inaugurale il ministro della Difesa, Mohammad Dehgan. "Può svolgere operazioni di monitoraggio o portare missili aria-terra per operazioni militari", ha aggiunto il ministro.
L'apparecchio è stato testato con successo e "dimostra che le sanzioni imposte dai nemici non sono un ostacolo al progresso dell'industria della difesa", ha assicurato il ministro.
(TMNews, 18 novembre 2013)
Oltremare - La bolla
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
Avventure templari
Il tempo a Tel Aviv
Il centro del mondo
Kaveret, significa alveare ma è una band
Shabbat & The City
Tempo di Festival
Rosh haShanah e i venti di guerra
Tashlich
Yom Kippur su due o più ruote
Benedetto autunno
Politiche del guardaroba
Suoni italiani
Autunno
Niente applausi per Bethlehem
La terra trema
Cartina in mano
Ode al navigatore
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di Daniela Fubini, Tel Aviv
Basta avere occasione di uscire da Tel Aviv per pochi giorni, per rendersi conto di quanto siamo autoreferenziali noi della "grande città". Che poi, meno di mezzo milione di abitanti in tutto, come "grande" siamo scarsini in paragone a qualunque altra capitale economica del mondo. Tutto è relativo, in un paese di 8 milioni di abitanti. E Tel Aviv più prima che poi dovrà smetterla di darsi le arie di centro di tutto, in Israele: oramai buona parte della costa fino a Herzlyia e Ra'anana è un pullulare di industria, high-tech e quartieri di uffici e di abitazioni nuovi di zecca o in costruzione.
Noi telavivesi la chiamiamo ancora "la bolla", ottusi a tutto quel che succede fuori, oltre l'autostrada Ayalon e il parco HaYarkon - ma è una bolla che fa acqua da tutte le parti, soprattutto verso nord: in tanti lasciano la città cara e caotica e crescono le famiglie lontano ma non troppo. Perchè a Tel Aviv hanno ancora gli amici e il teatro e le gallerie e la spiaggia.
Forse però questa è una storia mono-generazionale: in fondo fino a trent'anni fa Tel Aviv era una città di vecchietti. L'Israele cool era altrove. Poi l'high-tech e i gay hanno cambiato tutto. In meglio? In meglio. Corsa alla pianura, per dividere il tempo fra il lavoro e la tayelet (il lungomare). Il bello che avanza. Restauri massicci di strade, case e musei, gallerie e locali "in" che aprono in ogni angolo, servizi mai pensati prima come internet in wi-fi gratis in tutto il centro.
I vecchietti più coriacei o longevi sono rimasti impassibili a guardare le novità passare, l'arrivo dei single giovani professionisti, i gay-pride e la partenza delle famiglie verso luoghi più economicamente sostenibili. Li vedo come il proverbiale cinese sulla riva del fiume, o come tanti Clint Eastwood con cappello e occhi affilati verso l'orizzonte, che masticano un filo d'erba (l'erba la curano benissimo di recente, a Tel Aviv), e senza muovere un muscolo ci lasciano passare, noi tutti, sulla pista ciclabile nuova fiammante, seduti sulle panchine messe apposta per loro subito accanto. Il futuro, non lo sappiamo ancora, ma sono loro.
(Notiziario Ucei, 18 novembre 2013)
Il premier israeliano ribadisce la sua opposizione all'accordo parziale tra i sei paesi e l'Iran
Il 17 novembre, in occasione del ripristino dei colloqui di pace a Ginevra tra i sei paesi interessati al problema nucleare iraniano (Gran Bretagna, Cina, Francia, Russia, Usa e Germania) e l'Iran, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito la sua opposizione al raggiungimento solamente di un accordo parziale tra i sei paesi e l'Iran.
Nell'intervista concessa lo stesso giorno alla CNN, Netanyahu ha affermato che il problema del raggiungimento di un accordo parziale sta nel fatto che bisogna ridurre le sanzioni e la pressione verso l'Iran, mentre l'Iran da parte sua "in realtà non ha dato nulla".
Netanyahu ha sollecitato a rafforzare le sanzioni sull'Iran. Egli ha affermato che se i sei paesi insistono nell'accordo parziale, l'accordo finale deve soddisfare le disposizioni previste nelle risoluzioni interessate del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, cioè che l'Iran rimuova tutte le centrifughe e i reattori al plutonio che sono utilizzati nella produzione delle armi chimiche.
(CRI online, 18 novembre 2013)
Quando anche le interpreti non ne possono più della faziosità anti-israeliana
Non sono molti i momenti lieti per lo Stato di Israele, nei forum delle organizzazioni internazionali. Ma una piccola, significativa soddisfazione l'ha avuta di recente quando un'interprete delle Nazioni Unite, non essendosi accorta che il microfono era rimasto acceso, ha fatto un commento ingenuamente onesto sul trattamento spudoratamente fazioso che Israele stava subendo durante una conferenza sui diritti umani.
Domenica mattina il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha voluto rendere noto, con tanto di filmato, il "fuori-onda" dell'interprete che ha avuto luogo giovedì sera in una conferenza in corso a New York durante la quale, come osserva la stessa interprete, venivano votate a stragrande maggioranza una decina di risoluzioni di condanna di Israele e nessuna sul resto del mondo. Un dato che l'interprete, non pensando di essere udita, si è chiesta se non fosse francamente "un peu trop" (un po' troppo), visto che "ci sono altre str
zate veramente brutte che succedono, ma nessuno dice niente delle altre cose".
Accortasi d'essere amplificata, la donna ha immediatamente e ripetutamente chiesto scusa (fra gli sghignazzi dei presenti), mentre la segreteria della presidenza, definito l'incidente "un problema con la traduzione", riprendeva i lavori come previsto.
"Chi avrebbe dovuto chiedere scusa, in realtà, è l'Onu - ha commentato su Times of Israel Hillel Neuer, direttore di "UN Watch" - Fondato su nobili ideali, l'organismo mondiale sta trasformando in un incubo il sogno degli internazionalisti amanti della libertà. Il prossimo mese, alla fine di questa sessione annuale, l'Assemblea Generale avrà adottato un totale di 22 risoluzioni che condannano Israele, e solo quattro su tutto il resto del mondo. L'ipocrisia, la faziosità e la politicizzazione sono sconcertanti".
Tanto per dire, una delle nove risoluzioni adottate giovedì dalla Quarta Commissione dell'Assemblea Generale, composta da tutti i 193 stati membri delle Nazioni Unite, condanna Israele per aver violato i diritti umani dei siriani sulle alture del Golan, senza spendere una parola sul massacro che sta avvenendo in Siria, gas compreso. "Come ha giustamente detto l'interprete - conclude Neuer - ci sono un sacco di cose terribili che accadono in tutto il mondo, ma purtroppo alle Nazioni Unite nessuno dice niente delle altre cose. Troppo occupate a prendersela con Israele, le Nazioni Unite semplicemente non trovano il tempo per occuparsene".
Mostrando il video ai ministri nella riunione di governo di domenica mattina, Netanyahu ha commentato: "Spero che non succederà nulla all'interprete, ma per fugare ogni dubbio posso garantirle un lavoro in Israele, se dovesse esserci qualche conseguenza in questo senso. Accade a volte che tutto a un tratto sia possibile strappare l'ipocrisia degli incessanti attacchi contro di noi, ed è quello che ha fatto questa coraggiosa e onesta interprete". Insomma, ancora una volta è bastato che qualcuno dicesse "il re è nudo".
Video
Le parole esatte dell'interprete: |
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