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Notizie dicembre 2013


Ghigno francese

di Giulio Meotti

Quando ha presentato la sua lista politica "antisionista" alle elezioni quattro anni fa, Dieudonné M'bala M'bala ha scelto un manifesto in cui una ventina di persone ridono, spensierate, fissando l'obiettivo, e lui fa il saluto romano all'incontrario. Adesso quel gesto, la "quenelle" che spopola in Francia e sui campi da calcio, rischia di essere messo fuori legge dal ministro dell'Interno, Manuel Valls. Ma sarebbe un errore bollare di "nazismo" Dieudonné, come fanno molti. Il comico parigino è infatti un campione dell'"islamo-progressismo" della Francia, secondo la categoria coniata da Catherine Kintzler. I suoi monologhi fanno il tutto esaurito e la star Dieudonné viene sempre accolta da folle che gridano "viva Dieudonné, viva la libertà d'espressione".
C'è chi lo chiama "il Malcolm X francese". La chiave del suo successo sta innanzi tutto nel meticciato: etnico prima di tutto, perché Dieudonné ha madre bretone e padre camerunense; ma soprattutto religioso ("io sono un islamico-cristiano", dice di sé il cabarettista). Dunque il comico è "l'indigeno de la République". Poi, anche fisicamente, Dieudonné rende pop il disprezzo per gli ebrei. Sarà la sua faccia paffuta, tosta, barbuta, dilatata su una perenne e crassa risata che affascina l'alta aristocrazia parigina. Dieudonné è un pezzo importante della Francia musulmana e militante "di sinistra". Almeno secondo "La galaxie Dieudonné" (Editions Syllepse), il libro-inchiesta di tre giornalisti: "Nonostante le provocazioni, Dieudonné continua a beneficiare di un capitale di simpatia non trascurabile. Tanto più pericoloso perché il suo è un progetto politico ambizioso".
Il problema di Dieudonné è che con lui l'antisemitismo fa ridere. Prima diventa una boutade e un paradosso. Poi si trasforma in un gesto dadaista e di rifiuto del sistema. Infine si muta in un capo di accusa contro il mittente ("ero schiavo, non datemi del razzista"). Dieudonné fa ridere quando va in prima serata tivù a dire che "con la bandiera israeliana mi ci pulisco il culo". Fa ridere quando vola a Teheran per incontrare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e raccoglie fondi per un nuovo film che "sbeffeggia l'Olocausto". Fa ridere quando, al rientro in Francia, si permette di dire di aver "strappato dal libro di storia di mia figlia le pagine sull'Olocausto" e definisce il sionismo "l'Aids del giudaismo". Fa ridere quando allo Zénith, la megasala nel centro di Parigi con una capienza di 6.000 posti, invita sul palco il negazionista Robert Faurisson, noto per aver negato le camere a gas, e lo fa premiare da un finto deportato nei campi di concentramento con tanto di stella gialla.
Poi c'è che Dieudonné accontenta tutti: al pubblico di sinistra getta in pasto il discorso sullo schiavismo bianco, l'antiamericanismo e il colonialismo, dunque il mai sopito senso di colpa; nei giovani eccita il risentimento delle periferie, degli esclusi, dei paria; ammicca alla destra di Alain Soral con il nazionalismo antieuropeista, e soprattutto nei musulmani scalda il turpiloquio contro lo stato ebraico.
La "quenelle" di Dieudonné incarna un rancore, un livore, una passione occulta, quella del povero contro il ricco, dell'immigrato contro il nativo, dei non ebrei contro gli ebrei, di tutti contro Israele. Quando Dieudonné dice che il suo gesto è "un simbolo di disobbedienza al sistema", lui si riferisce a un sistema giudaico. Quando Dieudonné va in tivù a dire al giornalista ebreo Eric Zemmour: "Ti sei mai visto in faccia? Sembri un dromedario", aggiungendo: "Avete tradito il Maghreb e tu continui a farlo", la gente ride, perché un po', sotto sotto, la pensa così. Infine, si crepa dalle risate quando Dieudonné evoca "le camere a gas" per il giornalista di France Inter, Patrick Cohen. In quel ghigno, in questo cabaret creolo, c'è il segreto della popolarità dell'antisemitismo.

(Il Foglio, 31 dicembre 2013)


Israele - Kasher, più controlli per la qualità

 
rav Eli Ben-Danan
La guerra ai prodotti scadenti e fuorilegge coinvolge il mondo della ristorazione da sempre. Si pensi ad esempio al caso esploso in Inghilterra sulla carne di cavallo, dove ai consumatori venivano spacciati hambuger di vitello a cui in realtà veniva mischiata della carne equina. Oppure ancora l'eterna battaglia contro le imitazioni, vedasi il caso del Parmigiano Reggiano. In Israele c'è un'altra guerra che sta a cuore a clienti e consumatori, la verifica che il cibo sia realmente kasher, ovvero "adatto" o "conforme" alla legge alimentare ebraica. E per contrastare il fenomeno della contraffazione del marchio kasher, che costituisce una vera e propria truffa, il governo israeliano ha proposto una legge per potenziare i poteri di chi è preposto al controllo della kasherut: gli ispettori del Rabbinato centrale di Israele. O, come li ha definiti la stampa israeliana in questa nuova formulazione, la polizia della kasherut.
Fino a ora i funzionari, che fanno parte dell'unità di prevenzione dalle frodi in materia di cibo kasher, non potevano fare le verifiche senza il permesso preventivo dei ristoratori né prendere campioni di cibo per esaminarli - controlli necessari onde evitare la presenza di prodotti non conformi ai precetti ebraici, come l'utilizzo di derivati di latte in piatti di carne. Ora, tra i poteri che la nuova legge garantirà agli ispettori, c'è la possibilità di chiedere ogni informazione o documentazione utile per la verifica della carne kasher; entrare, senza previa autorizzazione dei titolari, nei ristoranti o nelle aziende alimentari; confiscare prodotti privi della certificazione kasher. I funzionari, per poter compiere il proprio lavoro ed esercitare i citati poteri, dovranno vestire in uniforme e presentare un distintivo in cui sono indicate posizioni e generalità.
La norma, criticata da alcuni ristoratori, preoccupati che le leggi più stringenti li trasformino di fatto in veri e propri criminali, è "essenziale e necessaria", secondo il ministro firmatario rav Eli Ben-Danan. "La proposta servirà a ridare fiducia alle persone nel marchio kasher, che ha sofferto in questi ultimi anni di una cattiva immagine dovuta a comportamenti scorretti dei singoli", ha affermato il ministro. Secondo Ben-Danan "gli ispettori hanno dovuto confrontarsi fino ad ora con la propria mancanza di autorità e come risultato sono stati percepiti come deboli dai criminali, che uscivano impuniti dalle frodi, mentre agli occhi della gente non avevano gli strumenti per compiere il proprio dovere". Questa legge vorrebbe cambiare, quindi, la situazione perché i prodotti siano di qualità e "adatti".

(Notiziario Ucei, 31 dicembre 2013)


Terroristi liberi in cambio di alloggi. Uno scambio assurdo

Le autorità israeliane hanno rilasciato il terzo gruppo di terroristi palestinesi nel quadro di un accordo con ANP e Stati Uniti per la ripresa dei colloqui di pace. In totale sono stati rilasciati altri 26 terroristi, tutti condannati per omicidio di civili o militari israeliani.
I terroristi, dei quali 23 sono stati trasferiti in Cisgiordania e tre a Gaza attraverso il valico Erez, sono stati accolti come eroi dai loro famigliari e da una discreta folla di fanatici. Di contro i famigliari delle vittime israeliane hanno manifestato contro la loro liberazione fino all'ultimo momento senza però ottenere che la scarcerazione dei terroristi venisse sospesa....

(Right Reporters, 31 dicembre 2013)


L'alternativa tra il boicottaggio e i razzi

"Se l'alternativa è tra il boicottaggio europeo e razzi sparati da Nablus, Jenin e Ramallah sulle città nel cuore d'Israele e sull'aeroporto Ben Gurion, allora preferisco il boicottaggio europeo". Lo ha detto lunedì il Ministro della difesa israeliano Moshe Ya'alon intervenendo alla conferenza della testata economica Calcalist,e ha aggiunto: "Chi pensa che il conflitto si possa concludere sulle linee del '67 si sbaglia". Ya'alon ha dato del "paternalista" all'Occidente che "viene a spiegare a noi, con tutta l'esperienza che abbiamo sul campo, dove fraintendiamo il conflitto israelo-palestinese, mentre dovremmo spiegare noi all'Europa dove sbagliano". Secondo Ya'alon, alcuni in Occidente sono ossessionati dalla soluzione del conflitto israelo-palestinese come se fosse la soluzione a tutti i problemi del Medio Oriente, quando la realtà dimostra che i problemi in Tunisia, Siria, Egitto "non hanno nulla a che fare con Israele". "Noi non vogliamo governare sui palestinesi" ha concluso, ma l'attenzione dovrebbe concentrarsi su "aiutare i palestinesi a migliorare economia, governo, istituzioni, tribunali e soprattutto l'istruzione".

(israele.net, 31 dicembre 2013)


Capodanno a Tel Aviv: una giornata senza fine

E' una delle città più divertenti del mondo. Ideale per passarci la fine dell'anno. Ecco come si vive un 31 dicembre tipico a Tel Aviv.

 
Se compare tra le 10 città più divertenti del mondo un motivo ci sarà. Tel Aviv è giovane, internazionale, ricca, cosmopolita.

 
Il clima mite (forse non quest'ultimo anno, visto che ha nevicato persino a Gerusalemme) ed il mare le garantiscono condizioni ideali. Tanto che ci sono i surfisti tutto l'anno.

 
La serata dell'ultimo dell'anno può cominciare con un buon aperitivo, magari proprio nei locali sul lungo mare. Molto Lounge. Oppure avventurandosi in zone più interne e già più "caotiche".

 
Per una cena ideale, una bella scorpacciata di carne nei pressi di Neve Tzedek, accompagnata da vino israeliano, più o meno kosher, ma sempre squisito.

 
Poi per ballare c'è l'imbarazzo della scelta. Ci sono locali di tutti i tipi. Come il Gossip, o il folle The Cat and The Dog, dove sembra letteralmente di essere a New York.

 
Per poi proseguire sulle strade della movida come Sheinkin Street fino al ricco e pulsante Rothschild Boulevard. Grattacieli,luci e traffico come se fosse giorno.

 
Ma se si vuole un po' di riparo, un po' di tranquillità e di romanticismo, basta tornare sulle passeggiate ondulate che si affacciano sul lungo mare.

 
Oppure scendere verso Old Jaffa, la città vecchia, e perdersi nei sui vicoli affascinanti. Insomma. E' proprio per tutti i gusti. Buon Anno Tel Aviv!

(travelblog, 31 dicembre 2013)


Iran - Cristiani arrestati mentre celebravano la Messa di Natale

Secondo quanto riporta il sito Mohabat News, notizia ripresa poi da altre testate online, cinque cristiani iraniani sono stati arrestati la notte di Natale mentre stavano celebrando la liturgia nell'abitazione di uno di loro nella capitale Teheran. Gli agenti avrebbero fatto irruzione nella casa proprio mentre si teneva la Messa. Agli arresti sono finiti il signor Hosseini, Ahmad Bazyar, Faegheh Nasrollahi, Mastaneh Rastegari, e Amir-Hossein Ne'matollahi. Oltre all'arresto, la polizia ha sequestrato computer, libri cd e un ricevitore satellitare. Un vicino di casa, che stava osservando quello che avveniva, è stato minacciato se non fosse rimasto in silenzio, ma non ha potuto evitare che la sua abitazione venisse perquisita e fosse anche picchiato per imporgli di rimanere in silenzio. Al momento non si ha alcuna notizia di dove siano stati incarcerati i cinque cristiani e in che condizioni siano. Non è la prima volta che dei cristiani vengono arrestati in Iran durante il periodo natalizio, anzi è consuetudine di tutti gli anni.

(ilsussidiario.net, 31 dicembre 2013)


Video
Israele - Punizione da 35 metri: la parabola è perfetta

Complice il portiere colpevolmente fuori dai pali, David Solari - fratello del Santiago Solari che ha giocato nel Real Madrid dal 2000 al 2005 - mette a segno una punizione pazzesca da poco più di 35 metri di distanza dalla porta del Maccabi Haifa. La parabola del calciatore dell'F.C. Ashdod è perfetta ma inutile: la sua squadra perderà per 2-1 l'incontro valido per la massima serie del campionato israeliano.

(la Repubblica, 31 dicembre 2013)


"Le violenze contro i cristiani saranno punite", dice il presidente Peres

Importante riconoscimento, quello rilasciato dal presidente israeliano Simon Peres durante un incontro con il patriarca greco Teofilo III e i leader delle altre minoranze cristiane residenti in Israele. Peres ha promesso che tutti coloro che effettueranno attacchi o atti di vandalismo contro i cristiani e i loro edifici religiosi, saranno perseguitati e puniti dalla giustizia. In particolare, Peres ha voluto sottolineare come lo stato israeliano continuerà a garantire il pieno accesso ai tutti i siti religiosi cristiani. Lo stato di Israele, ha detto, non tollererà alcuna aggressione contro i membri del clero e i fedeli né alcun crimine di tipo religioso: "coloro che se ne renderanno artefici saranno portati a giudizio della legge". In particolare, si è detto particolarmente irato per gli insulti a membri del clero cristiano che si sono registrati negli ultimi mesi. Protagonisti di questi atti così come di attacchi nei fronti di proprietà cristiane, sono in particolare i giovani nazionalisti ebrei. Costoro, è stato detto, non rappresentano gli autentici valori ebraici. Da parte sua, il patriarca di rito greco Teofilo ha ringraziato, seppur aggiungendo che si deve fare di più, soprattutto per la protezione dei luoghi di culto.

(ilsussidiario.net, 30 dicembre 2013)


Sanità, autismo: Israele indaga i processi neuro-emozionali

A Roma l'11 e il 12 gennaio il convegno Ido-Milman Center per nuove prospettive di ricerca.

 
'Verso una mente binoculare: una prospettiva psicodinamica dello sviluppo nell'autismo'. Da qui parte la ricerca scientifica israeliana del Milman center di Haifa, che sarà presentata l'11 e 12 gennaio a Roma nell'ambito della conferenza internazionale promossa dall'Istituto di Ortofonologia (IdO) su 'La nascita del simbolismo nella terapia diadica con il bambino autistico', presso l'Aula magna dell'Istituto comprensivo Regina Elena in via Puglie 6,dalle ore 9 alle 18.30. Il concetto di "mente binoculare - spiega Ayelet Erez, psicologa clinica dell'età evolutiva e dell'educazione (Israele) - fa riferimento ai processi neuro-emozionali nell'autismo all'interno di sistemi complessi e dinamici. È un nuovo approccio integrativo nel campo della scienza che unisce i processi e le idee di fisica, biologia, ecc.". La ricerca indaga da tempo sui "misteriosi sintomi del disturbo autistico - prosegue l'analista - intrecciando lo studio dello sviluppo infantile e le teorie relative al disturbo dello spettro autistico all'esperienza clinica. Ne è derivata una nuova comprensione dei fattori alla base del disturbo e del loro potenziale di cambiamento non lineare all'interno di una terapia" che sarà presentata nella due giorni romana. L'approccio "interculturale, che deriva dalla profonda cooperazione scientifica israelo-italiana, ci ha consentito di dare vita ad una prospettiva più ampia sul tema dell'autismo - sottolinea la psicoterapeuta - portandoci a definire metodi unici per la sue diagnosi e trattamenti nella prima infanzia".
  Ayelet Erez ha conseguito un dottorato di ricerca alla Leiden University con il professor VanIJendoorn sull'attaccamento e la sensibilità materna. Ha inoltre insegnato all'Università di Haifa, dopo essersi specializzata in psicoterapia psicodinamica, con una particolare attenzione al rapporto genitore-bambino nell'autismo precoce. La studiosa mantiene ben unite le due dimensioni della ricerca e della clinica nell'autismo e lo fa insieme ai colleghi israeliani Hanna Kaminer, Yaniv Edelstein e Motti Gini, psicologi clinici e dello sviluppo che lavorano in uno dei principali centri per l'autismo in Israele. "Ad Haifa adoperiamo per l'autismo un modello di lavoro basato su una prospettiva intersoggettiva, attraver so una psicoterapia genitore-bambino. Questa conferenza internazionale - conclude Erez - è un altro importante passo per la nostra cooperazione reciproca". I relatori del convegno saranno Ayelet Erez, psicologa clinica dell'età evolutiva e dell'educazione (Israele); Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell'età evolutiva; Hanna Kaminer, psicologa clinica e dello sviluppo (Israele); Motti Gini, psicologo dello sviluppo (Israele); Yaniv Dolev Edelstein, psicologo clinico (Israele). Al termine del convegno verrà rilasciato un attestato di partecipazione ma, dato il numero limitato di posti, è necessario registrarsi.

(il Velino, 30 dicembre 2013)


Germania - Scoperti al Bundestag due quadri rubati dai nazisti ad ebrei

BERLINO, 30 dic. - Scandalo al Bundestag dove uno storico dell'arte ha trovato tra le opere d'arte esposte nel Parlamento tedesco due dipinti che risultano essere parte dell'enorme bottino trafugato dai gerarchi nazisti a collezionisti ebrei. Non solo. Uno dei due quadri faceva parte del tesoro di Corneliu Gurlitt, il collezionista che aveva ottenuto le opere d'arte moderna, confiscate agli ebrei, in quanto "arte denegerata" (Entartete Kunst) secondo i dettami di Adolph Hitler. Collezione scoperta lo scorso mese nell'appartamento a Monaco del figlio e stimata 1 miliardo di euro.
A dare la notizia il tabloid Bild, il quotidiano piu' letto in Germania con 3 milioni di copie. L'ufficio stampa del Bundestag ha sottolineato che al momento si tratta solo di "un caso sospetto" e che le verifiche sui capolavori del Bundestag, iniziata del 2012, non e' ancora completata. I quadri rappresentano 'Il cancelliere Buelow che parla al Reichstag (il vecchio nome dell'attuale Bundestag), opera del 1905 di Georg Waltenberger ed un litografia 'Strada di Koenigsberg' di Lovis Corinth.
La collezione d'arte del Parlamento tedesco comprende 4.000 oggetti e di 108 non si e' ancora riusciti a ricostruire la provenienza.

(AGI, 31 dicembre 2013)


I violini 'deportati' suoneranno insieme per non dimenticare la Shoah

Il prossimo 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, si terrà all'Auditorium Parco della Musica di Roma, un concerto in cui saranno suonati dodici violini e un violoncello salvati dai campi di concentramento.

Il liutaio ebreo Amnon Weinstein con uno dei suoi violini
Il prossimo mese, in occasione della Giornata della Memoria, l'Auditorium Parco della Musica di Roma ha organizzato un evento concertistico molto particolare e toccante che vedrà sul palco un violoncello e dodici violini scampati alla Shoah. Gli strumenti a corda, che sono stati restaurati dal liutaio ebreo che li ha ritrovati, Amnon Weinstein, saranno suonati per la prima volta insieme.
La giornata del 27 gennaio 2014, organizzata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dall'Università Ebraica di Gerusalemme e dall'Associazione BrainCircleItalia, sotto l'egida della Presidenza del Consiglio, rappresenterà il 69mo anniversario della liberazione degli ebrei deportati nei campi di concentramento nazista.
Tra i violini che suoneranno all'Auditorium ci sarà quello che veniva usato da una delle piccole orchestre di Auschwitz come accompagnamento per i deportati nelle camere a gas, quello che venne lanciato fuori da un treno diretto nei campi di concentramento (raccolto e conservato da un contadino polacco); ci saranno i violini usati dall'Orchestra Filarmonica della Palestina (successivamente diventata l'Orchestra di Israele) e quelli degli ebrei che fuggirono negli Stati Uniti.
Nella Sala Sinopoli dell'Auditorium si esibirà la Juni Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia (composta dai musicisti dai 14 ai 21 anni) diretta dal maestro Yoel Levi della Symphony Orchestra di Seoul. Tra gli ospiti della serata, inoltre, ci saranno numerosi violinisti come Cihat Askin, Shlomo Mintz, Francesca Dego (46 componenti della sua famiglia non sopravvissero ai lager) e Ermir Abeshi. Simbolica ed importante sarà anche la presenza del musicista tedesco Alexander Hülshoff che farà suonare il violoncello di David Popper, figlio del Cantore del Ghetto di Praga ucciso brutalmente il 19 gennaio 1945.
La serata sarà presentata dall'attrice Manuela Kustermann che racconterà agli spettatori la storia di ogni strumento musicale e degli artisti ebrei che li possedevano. Il concerto sarà ad ingresso gratuito e verrà trasmesso in diretta su Canale 5. Sarà un momento eccezionale da non perdere per mantenere vivi il ricordo e la speranza.

(bloglive, 30 dicembre 2013)


Ricerca israeliana scopre il meccanismo di resistenza dei batteri "persistenti"

ROMA 30 dic. - I ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme hanno scoperto uno dei meccanismi con cui i batteri "persistenti" riescono a resistere agli antibiotici: è quanto riporta il sito di Science Daily.
I batteri persistenti non sono propriamente resistenti agli antibiotici: piuttosto, entrano in una fase latente per poi risvegliarsi una volta terminata la terapia e riprendere la loro attività.
La ricorca ha dimostrato che quando gli antibiotici attaccano questo tipo di batteri una tossina contenuta nei batteri stessi e denominata HipA disabilita il meccanismo per la costruzione delle proteine: ciò viene interpretato come un segnale di "carestia" da parte dei batteri, che entrano in una fase latente nella quale sono in grado di sopravvivere.

(TMNews, 30 dicembre 2013)


I legami tra Chewin-gum e mal di testa in uno studio israeliano

Dall'Università di Tel Aviv arriva uno studio sui legami tra Chewin-gum e mal di testa. Masticare troppo può causare cefalea, un problema che può diventare molto pericoloso sopratutto per bambini e teenagers che masticano gomme di giorno e di notte. Secondo i ricercatori israeliani, inoltre, il Chewin-gum sarebbe da evitare per chi soffre di emicrania.
Lo studio condotto su un campione di 30 ragazzi che sofforno di cefalea intensiva è stato pubblicato dalla rivista Pediatrics Neurology. I ragazzi presi come campione sono stati osservati masticare chewin-gum per molte ore al giorno, una media superiore alle 4 ore. Sospendendo l'uso di gomme da masticare è stato riscontrata una notevole riduzione del mal di testa.
Masticando per molte ore infatti sia la mandibola che la zona temporale del cranio vengono sottoposti ad uno stress continuo che causa attacchi di cefalea che possono risultare sempre più gravi.

(ConsulenzaBenessere, 30 dicembre 2013)


Incidenti a casa di Netanyahu per la liberazione di detenuti palestinesi

Decine di ebrei hanno superato la scorsa notte i recinti di protezione della residenza del premier Benyamin Netanyahu a Gerusalemme per protestare contro l'imminente liberazione di 26 detenuti palestinesi, nel contesto degli sforzi di pace intrapresi dal segretario di Stato Usa John Kerry. "'Bibi' (Netanyahu), e' ora che tu ti svegli", hanno scandito per circa mezz'ora, prima di essere dispersi dalla polizia, colta di sorpresa dalla manifestazione notturna. Nelle stesse ore altri gruppi di manifestanti hanno dato fuoco a pneumatici in uno dei principali ingressi di Gerusalemme e hanno brevemente interrotto il traffico. La liberazione di quei detenuti (terzo scaglione di quattro concordati fra Israele e Anp) e' particolarmente traumatica per la popolazione israeliana perche' si tratta di palestinesi condannati per gravi atti di terrorismo. Fra questi, il lancio di una bottiglia incendiaria che nel 1987 provoco' il rogo di un autobus civile in cui bruciarono una madre con i suoi tre figli ed un soldato che aveva cercato di trarli in salvo. La liberazione dei detenuti avverra' nella nottata di oggi.

(Fonte: Rtv SanMarino, 30 dicembre 2013)


Oltremare - L'arancione
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

I miei ritorni in Israele dopo vacanze italiane sono spesso notturni, e all'arrivo sopra Tel Aviv tutta la città, anzi tutto il Gush Dan almeno, la macrocittà agglomerata, è una fitta ragnatela arancione di luci. Da terra, giuro, sono bianche, ma dall'altezza dei dieci minuti prima dell'atterraggio tutti i lampioni e l'illuminazione delle autostrade prendono una tonalità di tenue arancio, che pare estendersi da Haifa a Gaza senza soluzione di continuità.
L'alba è ancora molto lontana, è il momento più buio e più freddo della notte, ma la notte per me di solito non c'è proprio stata. Il check-in è sempre più remoto e notturno a Malpensa, dove El Al è un appestato in quarantena permanente, senza più alcun contatto con il resto dell'aeroporto. Un corridoio lunghissimo porta ai banchi dei check-in molto pericolosi o molto protetti, non so che cosa mi piace di meno. Ghetto effettivo se non dichiarato.
Per fortuna, dall'alto del mio passaporto israeliano, il passaggio della sicurezza è da anni ormai una chiacchierata spensierata con un/una giovane che si annoia tremendamente a fare le stesse quattro domande a tutti i passeggeri, e mi diverto a fare il contro interrogatorio. E' spesso la prima volta che posso parlare in ebraico, dopo la sospensione nello spazio e nel tempo che è la vacanza. Ta'anug (un piacere)!
Ora che si parte sarebbe davvero ora di dormire, ma è raro che io ci riesca. Quindi all'arrivo le luci arancioni di casa sono molto benvenute perché significano l'avvicinarsi del mio proprio cuscino. E anche una sola ora di sonno a quel punto è un miraggio. Soprattutto se il volo è stato un coro di pianti di peraltro adorabili bambini, e chiacchiere del personale di bordo, e qualche scossone sopra la Grecia, e il vicino di sedile che russa sonoramente.
Viva l'arancione, colore prima dell'alba, che vuole dire che sono tornata a casa mia.

(Notiziario Ucei, 30 dicembre 2013)


Immigrati in Israele nel 2013

Secondo i dati diffusi dall’Agenzia Ebraica e dal Ministero per l'immigrazione e l'assorbimento, nel 2013 si sono stabiliti in Israele circa 19.200 nuovi immigrati, marcando un lieve incremento rispetto ai 18.940 ebrei immigrati nel 2012. Il 2013 ha visto un incremento complessivo del 35% degli immigrati dall'Europa occidentale.
L' aumento più notevole è stato quello dalla Francia: 3.120 immigrati rispetto ai 1.916 del 2012 (+63%).
Il più consistente gruppo di immigrati nel 2013 è arrivato dai paesi dell'ex Unione Sovietica (7.520) e dall'Europa orientale.
In aumento anche gli immigrati da Australia e Nuova Zelanda (+46%) e dal Sud Africa (+19%).
Nel 2013 sono giunti in Israele anche 245 ebrei da paesi del Medio Oriente (+4% rispetto allo scorso anno), e 74 dalla Turchia.
In calo, invece, del 44% l'immigrazione dall'Etiopia per via della conclusione dell'Operazione "Ali di Colomba" che ha portato in Israele 1.360 ebrei nel 2013 contro i 2.432 dell'anno precedente.
Calati anche gli immigrati da Stati Uniti e Regno Unito.
Circa il 60% degli immigrati nel 2013 hanno meno di 35 anni d'età. Come l'anno scorso, si registra una lieve maggioranza donne rispetto agli uomini. L'immigrato più anziano è stato un ebreo di 103 anni proveniente dagli Stati Uniti, mentre il più giovane, sempre dagli Stati Uniti, aveva cinque settimane di vita.

(israele.net, 30 dicembre 2013)


Mar Morto, l'ultima frontiera del ciclismo

Cresce l'attesa, tra gli appassionati israeliani di ciclismo, per la Gran Fondo che si svolgerà nel fine settimana nella regione del Mar Morto. Un evento unico nel suo genere che porterà oltre cinquecento sportivi, tra cui alcuni italiani, su strade mai esplorate in una corsa ufficiale (anche se non professionistica). Partenza e arrivo a Ein Bokek. In tutto 155 chilometri all'ombra della Fortezza di Masada, delle grotte di Qumran, delle gole desertiche e dei luoghi in cui è stata scritta la storia dell'umanità intera.
Prevista inizialmente a metà dicembre, la corsa è stata rinviata a gennaio a causa della fitta nevicata delle scorse settimane che ha reso impossibile il completamento della fase organizzativa e logistica.
Per i cultori del ciclismo un nuovo appuntamento indimenticabile a pochi mesi dalla Gran Fondo organizzata a Gerusalemme dal Giro d'Italia in autunno.

(Notiziario Ucei, 30 dicembre 2013)


Mosca passa all'incasso in Siria: i russi si aggiudicano concessioni di gas e petrolio

di Gianandrea Gaiani

  
La mappa dei giacimenti off shore siriani
Dopo aver scongiurato i raids aerei e missilistici franco-americani sui Damasco, rifornito di armi l'esercito di Bashar Assad e sostenuto il suo regime al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la Russia passa all'incasso in Siria aggiudicandosi i diritti di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio off-shore. Damasco ha firmato mercoledì un accordo che concede alla società russa Soyuzneftegaz (già attiva nello sfruttamento del greggio nel sud dell'Iraq) l'esclusiva per 25 anni dello sfruttamento del primo giacimento off-shore di gas e petrolio siriano. L'intesa è stata siglata dal ministro del Petrolio siriano, Suleiman Abbas, dalla società statale siriana General Petroleum e dalla compagnia russa. L'area assegnata a Soyuzneftegaz. Comprende di 2.190 chilometri quadrati al largo delle coste siriane di fronte ai porti di Banias e Tartus, dove si estenderebbero le propaggini settentrionali dei giganteschi giacimenti rilevati lungo tutta la costa di Israele e Libano.
La società russa, fondata nel 2000 e guidata dall'ex ministro dell'energia Yury Shafranik, si farà carico dei costi di esplorazione, stimati in circa 90 milioni di dollari e, se i giacimenti verranno confermati, dei successivi investimenti per le infrastrutture necessarie all'estrazione di gas e petrolio. Il valore politico dell'accordo tra Mosca e Damasco non è sfuggito ai ribelli della Coalizione Nazionale Siriana che ha bocciato l'accordo con un comunicato in cui si denuncia "lo scambio tra le ricchezze del Paese e le armi russe che uccidono il popolo siriano". In prospettiva lo sfruttamento dei nuovi giacimenti siriani off-shore potrebbe garantire un forte supporto alla ricostruzione post bellica del Paese sia in termini di disponibilità energetica sia finanziaria grazie all'export di gas e petrolio. Colpita duramente dalla sanzioni internazionali e dal conflitto civile, la produzione di gas scesa a 16,7 milioni di metri cubi al giorno dai 30 milioni del marzo 2011mentre l'estrazione di greggio è crollata del 95 per cento, da 380 mila barili al giorno ad appena 20mila, dall'inizio del conflitto che in quasi tre anni ha provocato secondo le stime 126 mila morti.
Nonostante le riserve stimate nel Paese raggiungano i 2,4 miliardi di barili la gran parte dei pozzi petroliferi si trova nelle regioni orientali e settentrionali sotto il controllo dei ribelli costringendo Damasco a importare petrolio per le esigenze interne incluse quelle militari. Nonostante le sanzioni internazionali tra febbraio e ottobre sarebbero entrati in Siria 17 milioni di barili di petrolio iracheno trasportato da petroliere iraniane con contratti gestiti da società di comodo egiziane e libanesi. Un triangolazione emersa da un'inchiesta giornalistica della Reuters che cita documenti di carico e i pagamenti che coinvolgono "l'asse sciita" Iran-Iraq-Siria. Le forniture di greggio sono arrivate in Siria per metà direttamente dall'Iran e il resto attraverso il porto egiziano di Sidi Kerir. Protagoniste dell'operazione sono la società petrolifera di Stato di Damasco Sytrol e l'iraniana National Iranian Tanker Co. (NITC), entrambe sottoposte a sanzioni da Stati Uniti e Unione Europea. Le petroliere Camellia, Daisy, Lantana e Clove dell'iraniana Nitc sono state ribattezzate e battono bandiera della Tanzania e secondo i documenti di traffico hanno portato petrolio iracheno dal porto egiziano di Sidi Kerir alla Siria.
Una società di transito libanese, la Overseas Petroleum Trading di Beirut, ha spedito almeno due carichi di greggio alla raffineria della siriana Sytrol di Banias per 250 milioni di dollari tra marzo e maggio ed è stata coinvolta in una terza spedizione attraverso la società egiziana Tri-Ocean Energy. Tutte le società coinvolte nell'inchiesta hanno negato ogni addebito.

(Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2013)


Israele ridurrà del 60% l'uso della benzina entro il 2025

Gas naturale, biocarburanti ed e-car sono la nuova ricetta israeliana per ridurre la propria dipendenza dal petrolio nel settore trasporti.

Israele è pronta a trasformarsi in un nuovo modello di sviluppo per la mobilità mondiale. La nazione ha in programma di ridurre la propria dipendenza dalla benzina tagliando il consumo di petrolio nel settore trasporti del 60 per cento entro il 2025; un obiettivo ambizioso, soprattutto se raffrontato agli standard mondiali, che potrà essere raggiunto secondo il Governo soprattutto attingendo ai nuovi depositi di gas naturale. Il progetto statale, ribattezzato Fuel Choices Initiative, disporrà di un bilancio di 430 milioni di dollari che serviranno per i prossimi 10 anni anche a supportare le start up nello sviluppo di innovative tecnologie di produzione dei biocarburanti e della mobilità elettrica.
"L'intento è quello di rendere Israele un fulcro energetico sia dal punto di vista tecnologico che produttivo, fungendo da catalizzatore per il resto del mondo nel passaggio dal petrolio a forme di alimentazione alternative", ha spiegato Eyal Rosner, uomo di punta del programma. L'intenzione di Israele non è tanto puntare su un singolo sostituto per il diesel o la benzina, quanto incentivare scelte alternative, attraverso benefici fiscali e la realizzazione di adeguate infrastrutture, lasciando che sia il mercato stesso a decidere in che direzione puntare. La Fuel Choices Initiative offrirà anche un premio annuale del valore di un milione di dollari ai migliori innovatori nel campo della mobilità. "Israele - ha commentato Francois Cuenot, analista presso l'Agenzia Internazionale per l'Energia - sta certamente dimostrando un grande impegno, e questo è sicuramente un obiettivo molto ambizioso da raggiungere in poco più di un decennio".

(Rinnovabili.it, 30 dicembre 2013)


L’Iran: in trattative con la Russia per quattro nuovi reattori nucleari

Mosca ha già realizzato l'impianto di Bushehr

ROMA, 30 dic. - L'Iran sta trattando con la Russia la costruzione di quattro nuovi reattori nucleari. Lo ha reso noto il direttore dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, in un'intervista rilasciata ieri all'emittente iraniana Channel 1 e riportata oggi dall'agenzia di stampa Fars.
Salehi ha precisato che i nuovi impianti dovrebbero garantire 20.000 megawatt di elettricità.
Lo scorso novembre, il numero uno dell'agenzia iraniana aveva espresso l'auspicio di avviare i lavori di costruzione di una seconda centrale già all'inizio del 2014. La Russia ha già costruito l'impianto di Bushehr, la cui gestione è stata affidata alle autorità iraniane lo scorso sttembre.

(TMNews, 30 dicembre 2013)


Radicali "Per La Grande Napoli" solidali con la comunità ebraica di Napoli

Dopo l'ennesimo schiaffo del sindaco de Magistris

COMUNICATO STAMPA - Napoli, 29 dicembre 2013

"Ancora una volta il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha interpretato in maniera faziosa e arbitraria le pulsioni della cittadinanza in rapporto all'annosa questione israelo-palestinese. A distanza di un anno dall'adesione del Comune all'iniziativa Freedom Flotilla, pro-Palestina e pro-Hamas in chiave smaccatamente anti-israeliana, de Magistris si è fatto immortalare in un abbraccio con il presidente Abu Mazen, che gli ha fruttato la cittadinanza onoraria palestinese. Una posizione chiara quella del sindaco e unicamente rivolta al sostegno di chi non ammette l'esistenza di Israele e, ancora pochi giorni fa, onorava gli assassini di 125 israeliani con medaglie al valore.
L'associazione radicale Per La Grande Napoli manifesta la propria solidarietà e vicinanza alla Comunità Ebraica di Napoli e al suo presidente, Pier Luigi Campagnano. I Radicali napoletani, inoltre, sostengono l'iniziativa di Campagnano che, nello stigmatizzare il comportamento del Sindaco, ha ricordato come la prossima occasione del Forum del Mediterraneo del 2014, previsto a Napoli, possa essere il luogo giusto per avviare non solo un dialogo costruttivo ma anche per riequilibrare posizioni ritenute inaccetabili da larga parte della cittadinanza.
Tutto ciò non può prescindere, come ricordato da Campagnano, da una corretta opera di informazione su quanto davvero accade nella striscia di Gaza, in Cisgiordania e nello stato di Israele. Un contesto per il quale i Radicali rivendicano la loro posizione "altra" rispetto al conflitto e alla soluzione falsamente pacifica dei "due popoli due stati". Solo con un ragionamento "euro-mediterraneo" e un progressivo avvicinamento di uno stato federale multietnico e multireligioso in "Terra Santa" verso un'Europa che si apra al medio-oriente e al Nord-Africa, si può realisticamente ambire alla conclusione del conflitto. L'associazione, dunque, fa appello al sindaco affinché la Napoli "città della pace", diventi innanzitutto città del dialogo e non dell'adesione all'una o all'altra fazione in lotta."

Giuseppe Alterio, segretario dell'associazione e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
Fabrizio Ferrante, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani

(Radicali Italiani, 29 dicembre 2013)


Israele ha ripreso le forniture di carburante verso la Striscia di Gaza

Israele ha ripreso le forniture di carburante ad una centrale elettrica nella Striscia di Gaza dopo una pausa di due giorni causata dall'ennesimo incidente con il settore di confine.
L'unica centrale elettrica di Gaza soddisfa le esigenze del settore del 30 %, e il suo arresto ha portato a gravi limitazioni nell'alimentazione. Il resto dell'energia consumato dalla Striscia viene da Israele e dall'Egitto.
La scorsa settimana, le forze israeliane hanno sottoposto la Striscia di Gaza al più potente bombardamento degli ultimi 13 mesi, utilizzando la fanteria, i carri armati e gli aerei per distruggere gli oggetti utilizzati dai militanti.

(La Voce della Russia, 30 dicembre 2013)


Requiem rock per Arik voce di Israele

di Daria Gorodisky

  
C'erano nonni, nipoti, e la generazione che unisce questi a quelli. Era piena, proprio un mese fa, piazza Rabin, quella che a Tel Aviv ospita le manifestazioni più imponenti. Arik Einstein se n'era andato all'improvviso, a 74 anni, e tutti volevano rendere omaggio all'uomo che è stato «la colonna sonora della nazione», per dirla con Shimon Peres. Un'icona, perché Arik Einstein ha scritto e cantato per decenni la storia e le emozioni di Israele. Voce e sguardo profondi, bello, atletico come sa esserlo un ex campione di salto in alto, alla fine degli anni Cinquanta ha regalato il rock al suo giovanissimo Paese: «...io e te cambieremo il mondo...», urlava. Però, con poesia e naturale eleganza. La stessa cifra di tutto il suo repertorio successivo, melodico e intimistico anche quando legato agli eventi. Ha raccontato quella quotidianità israeliana che fa coesistere la necessità di difendersi militarmente per sopravvivere e la «normalità» della vita occidentale (S'a le'àt, Vai piano). Ha pianto l'assassinio di Yitzhak Rabin con la famosa Shalom haver (Shalom, amico) e dedicando alla sua vedova, Lea, la splendida Ze pit'òm nafài alea (All'improvviso le è accaduto). Ed è indimenticabile la sua versione di Ahshav sheatà kan (Ora che sei qui) per celebrare la liberazione di Gil'ad Shalit, il soldato che Hamas ha tenuto in ostaggio per 5 anni: «Sarai sempre un eroe/Ti è consentito piangere/Non è affatto semplice/Perdonare il destino». Già, in Israele ogni figlio è o sarà soldato e ogni soldato è figlio di tutti. Ma Arik Einstein ha cullato anche quei sentimenti che superano le frontiere perché, semplicemente, appartengono all'Uomo. Ha fatto divertire i bambini con strofe che catturavano anche i genitori; la sua voce ha accompagnato le serate dei ragazzi, le feste, i falò sulla spiaggia... Ha narrato le paure che tutti incontriamo; e l'amore, molto amore, quello della gioventù come quello imbiancato insieme ai capelli:«...Adesso siamo rimasti soli nel nido/Però noi siamo insieme/Abbracciarti forte dimmi sì/Non preoccuparti insieme è divertente invecchiare...» (Uf gozàl, Vola pulcino). Passioni e nostalgie narrate in musica, ma sempre con delicatezza e una pennellata di ironia. Con l'anima, insomma.

(Corriere della Sera, 29 dicembre 2013)


Missili tra Israele ed il Libano

Scambio di missili questa mattina tra l'artiglieria israeliana nella zona della Galilea ed il Libano del sud da dove sarebbero partiti i primi razzi che hanno acceso la mattinata.

Questa mattina la radio militare israeliana ha riferito che due razzi Katuyscia sono stati sparati dal Libano meridionale sono esplosi nei pressi della città israeliana di Kiryat Shmona, in Galilea, senza provocare vittime.
L'emittente ha aggiunto che complessivamente sono stati sparati dal Libano verso Israele quattro razzi Katyuscia: ma due, forse difettosi, sono esplosi nel Libano meridionale.
In risposta a questi lanci, diversi obici sono stati sparati dall'artiglieria israeliana - "a scopo deterrente" - verso la zona del Libano meridionale. Ci sono degli elicotteri militari che sorvolano la zona.
Si tratta del terzo incidente questo mese sul confine israelo-libanese. Il 12 dicembre alcuni spari sono stati esplosi verso una pattuglia militare israeliana, secondo quanto riferito da cacciatori libanesi. Quattro giorni dopo un militare libanese ha ucciso un tecnico militare israeliano a Rosh ha-Niqra, a ridosso del confine con il Libano.

(il Journal, 29 dicembre 2013)


Pallamano - Israele batte Italia 28-23

L'amichevole di pallamano tra Italia e Israele a Rishon LeZion
La Nazionale U18 maschile alla sconfitta nella seconda amichevole contro i coetanei di Israele, disputata a Rishon LeZion, in preparazione delle qualificazioni agli Europei 2014 di gennaio.
Il match termina 28-23 in favore della squadra padrone di casa, ma azzurrini che nella storia dell'incontro partono bene e al 10o sono avanti 6-2. Merito, soprattutto, di una grande prova difensiva di Bacher e compagni.
Il match è equilibrato, come dimostra il 12-12 in chiusura di primo tempo. Nella ripresa, però, sono troppi i palloni gettati dall'Italia. Israele ne approfitta e mette la freccia. Al 50o gli azzurrini sbagliano due contropiedi e falliscono nel tentativo di ridurre il divario. Al fischio finale la differenza è di cinque reti, Israele vince 28-23.

(Il Giornale dello Sport, 29 dicembre 2013)


Arrestati a Teheran cinque convertiti al cristianesimo

TEHERAN - Sono stati arrestati a Teheran cinque cittadini iraniani convertiti dall'Islam alla religione cristiana. Lo riferisce il sito d'informazione 'Iranpressnews' che riporta i nomi delle persone finite in manette: Ahmad Baziar, Faheqeh Nasrollahi, Mastane Rastegari, Amir Hossein Nehmatollahi e Hosseini.
Secondo il sito, gli agenti dell'intelligence iraniana hanno fatto irruzione in una 'chiesa privata', situata nella zona est di Teheran, nella quale i cinque convertiti stavano celebrando i riti per il Natale. Gli agenti hanno sequestrato gli effetti personali, i computer e diversi documenti dei cinque cristiani, dei quali al momento non si conosce il luogo di detenzione.
Negli ultimi anni, durante le festivita' natalizie, le pressioni dell'intelligence iraniana nei confronti dei convertiti al cristianesimo si sono incrementate in modo considerevole. Secondo un rapporto pubblicato lo scorso mese dal sito d'informazione 'Mohebbatnews', le condizioni dei cristiani iraniani, sotto il governo del presidente Hassan Rohani, si sono ulteriormente aggravate.

(Adnkronos, 29 dicembre 2013)


L'annuncio (insolito) dello Shin Bet: cercasi aspiranti 007 che sappiano benissimo il cinese

«A.A.A. cercasi aspiranti 007 che parlino cinese in modo perfetto e che lavorino a tutte le ore». Firmato: Shin Bet. Ora, che sia il Mossad a richiedere agenti segreti da mandare in giro e con capacità comunicative senza falle, si può anche capire. Ma che la richiesta venga dall'agenzia israeliana che si occupa della sicurezza interna, lo Shin Bet appunto, questo è particolare. I cinesi stanno minacciando, da dentro i confini, lo Stato ebraico?
La domanda, dopo la pubblicazione dell'annuncio sul sito ufficiale, se l'è posta il quotidiano Ma'ariv. Ed è arrivata a una conclusione: Gerusalemme è preoccupata dai cittadini cinesi presenti nel Paese e teme che qualcuno di questi riesca a captare un bel po' di segreti da passare a Pechino che, a sua volta, ci metterebbe poco, pochissimo a rivenderli a Teheran.
La spiegazione sembra credibile. Ma fino a un certo punto. Come fa notare più di un analista «la Cina non ci pensa per niente ad avere problemi con Israele e difficilmente manderebbe suoi agenti, almeno ufficialmente, a rovistare tra i segreti dello Stato ebraico. Pechino sa che se venisse scoperto anche un solo uomo loro verrebbe interrotta qualsiasi relazione». Resta, quindi, un altro livello di spionaggio. Quello non ufficiale. Quello che fa affidamento a persone che nulla c'entrano con l'intelligence cinese. E che lavorano a «cottimo».

(Falafel Café, 29 dicembre 2013)


Gli anglicani della chiesa di Londra celebrano il Natale, ma contro Israele

di Giulio Meotti

 
La cattedrale di San Giacomo a Piccadilly
Siamo a Piccadilly, Londra, la sera di Natale, quando una dozzina di operai innalzano un grande pannello alto otto metri di fronte alla cattedrale di San Giacomo, una gloria della Church of England. In cima al pannello c'è del filo spinato e fari puntati sulla strada. Si tratta di una replica fedele del "fence", la barriera anti terrorismo eretta in Cisgiordania da Israele, il "muro". La decisione delle gerarchie anglicane di portare nel cuore di Londra la denuncia di questo simbolo del conflitto mediorientale, che ha fermato i kamikaze, non è piaciuta agli israeliani, che accusano di antisemitismo i segmenti della chiesa responsabile del gesto.
Due anni fa la stessa chiesa di San Giacomo aveva attirato le ire della comunità ebraica inglese, quando in un servizio religioso erano state eseguite diverse canzoni natalizie, che però di natalizio avevano sostanzialmente soltanto le note musicali. Una di esse, chiamata "I dodici giorni di Natale", aveva un testo che diceva: "Dodici assassini / Undici case demolite / Dieci pozzi ostruiti / Nove torri per i cecchini / Otto cannoniere che sparano / Sette checkpoints a bloccare / Sei carri armati che avanzano / Cinque anelli di coloni / Quattro bombe che cadono / Tre cannoni da trincea / Due colombe schiacciate / E un albero d'olivo sradicato".
Non è la prima volta che la Church of England attacca Israele. Nel 2006 la chiesa rivide i suoi investimenti in compagnie israeliani presenti nei Territori palestinesi, come la Veolia, che costruisce la ferrovia di Gerusalemme est. Nel 2010 la Machester Cathedral, sede del vescovo anglicano, ospitò un seminario in cui si accusava Israele di "crimini contro l'umanità". Altrove, Barry Morgan, arcivescovo capo della chiesa anglicana in Scozia, ha paragonato lo stato ebraico all'apartheid in Sud Africa. La notte scorsa l'inaugurazione del monumento anti israeliano di fronte alla cattedrale è avvenuto con la partecipazione della baronessa Jenny Tonge, espulsa dalla "front bench" dei liberaldemocratici dopo che aveva detto che se fosse stata palestinese sarebbe forse diventata una "kamikaze". "Israele è una minaccia alla pace mondiale", ha ripetuto la notte di Natale la baronessa Tonge. Ma a causare le polemiche più vistose è stato un altro membro liberale del Parlamento inglese, David Ward, il quale ha detto di fronte al pubblico accorso: "Israele non avrebbe mai dovuto essere stato creato". Lo scorso febbraio Ward aveva scatenato un altro putiferio con queste parole: "Avendo visitato Auschwitz due volte - una volta con la mia famiglia e una volta con le scuole della mia zona - mi rattrista il fatto che gli ebrei, che pure hanno sofferto incredibili livelli di persecuzione durante l'Olocausto, abbiano potuto, pochi anni dopo la liberazione dai campi di sterminio, commettere simili atrocità nei confronti dei palestinesi nel nuovo stato di Israele". Si era poi dovuto scusare.
Il giorno stesso in cui la chiesa di St. James inaugurava la copia della barriera israeliana, un contractor israeliano, Salah Abu Latif, un beduino, veniva ucciso da terroristi palestinesi mentre riparava una parte della barriera. Sì, c'è un popolo sotto assedio in medio oriente, uno che deve costruire muri per proteggere se stesso. Ma non sono gli arabi di Betlemme, quanto gli israeliani. Nella cattedrale di San Giacomo non si sono mai sentite parole di misericordia per loro.

(Il Foglio, 28 dicembre 2013)

*
Una degna risposta

Una degna risposta a questa indegna iniziativa è arrivata da Michael Dickson, a Gerusalemme, direttore per StandWithUs, che ha inviato una lettera aperta alle autorità della chiesa di San Giacomo in cui tra l'altro si dice:

"Che trovata fantasiosa, partigiana e provocatoria avete scelto per politicizzare la vostra chiesa in questo Natale!
In un mondo ideale non ci sarebbero muri.
In un mondo ideale non ci sarebbero neanche attentatori suicidi, né radicali islamici palestinesi che odiano gli ebrei che vivono talmente vicini a loro da poterli uccidere indiscriminatamente, in un centro commerciale, in una discoteca, in un ristorante, in una pizzeria o mentre si trovano seduti intorno al Seder di Pessach.
E' evidente che Israele ha costruito una barriera di sicurezza solo dopo aver sopportato una terribile ondata di terrorismo che ha lasciato migliaia di morti e mutilati.
La vostra rappresentazione del tutto parziale della situazione trascura questa perdita di vite e manifesta grande insensibilità verso le loro famiglie, e per estensione verso tutti gli israeliani e verso i membri della comunità ebraica nel Regno Unito, nessuno dei quali è rimasto non toccato da questi omicidi."

(Daphne Anson, 29 dicembre 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it


Volley A1 Femminile - Conegliano, amichevole con Israele

Domani le ragazze di Gaspari alle 17.30 al Palaverde affrontano in un'amichevole internazionale la
nazionale di Israele, in tour in Italia. Ingresso gratuito per il pubblico.


CONEGLIANO (TV) - Ultimo giorno di lavoro dell'anno domani per l'Imoco Conegliano che, prima di qualche giorno di riposo (si rientrerà in palestra il 2 pomeriggio) affronta domani, domenica 29, alle 17.30 al Palaverde un'amichevole internazionale con la nazionale di Israele, in tour in Italia. Sarà l'occasione per tenere alto il ritmo nelle gambe della squadra dopo la bella vittoria di Santo Stefano
L'ingresso alla gara amichevole di domani è libero e gratuito, per motivi di ordine pubblico verranno aperti soltanto due ingressi, l'ingresso atleti sotto la curva sud e un ingresso dal lato di Via Marconi.

(Corriere dello Sport, 28 dicembre 2013)


Breve ricovero per Netanyahu nella notte

Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu è stato ricoverato per due ore nella notte a causa di un'infezione. Lo riferiscono i media locali. Netanyahu è stato ricoverato in un ospedale di Hadera (nel nord del paese), a seguito di un problema ai condotti nasali e un "forte mal di testa", ma è stato dimesso dopo due ore "senza alcuna conseguenza", riportano le stesse fonti. Il premier israeliano, 64 anni, ad agosto era stato operato a Gerusalemme per un ernia del disco.

(L'Unione Sarda, 28 dicembre 2013)


La sindrome di Gerusalemme colpisce durante le feste

di Francesco Montorsi

GERUSALEMME - Circa 200 visitatori di Gerusalemme ogni anno credono di essere dei personaggi della Bibbia, dalla Maddalena a Pietro, da Gesù a Mosè. Una parte di questi sono ricoverati nell'ospedale psichiatrico di Kfar Shaul dove un reparto è consacrato a questi sedicenti santi dell'Antica e Nuova legge.
Se durante il Natale i cristiani pensano alla nascita, più di duemila anni fa, del bambin Gesù, alcuni di essi, afflitti da gravi disturbi psichici, sono invece convinti di essere essi stessi il figlio di Dio. Così per esempio Hermann S., la cui storia è stata seguita di recente dal settimanale tedesco die Zeit. Il fisico tondeggiante e la barba bianca da Santa Klaus, la chiacchiera facile ed una passione per l'heavy metal, questo giardiniere pensionato della Sassonia non sembra avere il physique du rôle del Messia. Eppure, Hermann S. dice di essere il figlio di Dio. In persona. Vuole portare la pace nel mondo, e lo annuncia per strada e mandando sms che firma con il cristogramma IHS. Quest'anno è la decima volta che viene a Gerusalemme ma non sarà di certo l'ultima. «Siamo tutti seguaci di Gesù, ricorda Hermann, ma solo uno può occupare il posto. Io condurrò a termine la missione».
Mentre conduce a termine la sua missione nella città santa, Hermann rischia però di scontrarsi con sua madre Maria, sul suo lontano antenato il re Davide, su Mosè, Isacco, Giacobbe oppure, per un inquietante scherzo del destino, su un secondo Gesù in missione negli stessi giorni. Eppure nessuna sfilata in maschera attraversa la città santa in questi giorni, che non è nemmeno il set di un film storico. Semplicemente, il numero di afflitti da Sindrome di Gerusalemme aumenta considerevolmente in prossimità delle grandi feste cristiane.
In Israele si assiste ogni anno per strada allo spettacolo vario di questa religiosa follia: un turista autoproclamatosi Mosè passeggia per le strade con le tavole della legge, un altro pellegrino annuncia la fine del mondo, un terzo ascende al Calvario portando sulle spalle una croce di legno oppure predica coperto da un lenzuolo d'hotel. Tra i più straordinari casi mai segnalati d'identificazioni c'è senz'altro quello di una donna che nella Chiesa del Sepolcro ha cercato invano di mettere al mondo Gesù e quello, passato alla storia, dell'australiano Michael Rohan che nel 1969 cercò di bruciare la spianata delle moschee per favorire, ben inteso, l'avvento del Messia.
La Sindrome di Gerusalemme, di cui si conoscono casi anche in epoca medievale, è una forma di disturbo psicotico a sfondo religioso che si manifesta, spesso in forme temporanee, nel visitatore della città santa. Questa sindrome colpisce più spesso gli uomini che le donne, e specialmente gli uomini single educati in rigide famiglie protestanti, come Hermann S, il giardiniere sassone.
La città del Medio Oriente è dall'alba dei tempi sinonimo di presenza divina e qui, ogni anno, sono in milioni gli uomini e le donne che vengono a cercare una risposta al senso della loro fede o della loro vita. E così, alla vista della città da cui si attendono la redenzione, la divina ispirazione o chissà quale messaggio sovrannaturale, alcuni uomini, delusi, frustrati o semplicemente scossi, perdono il controllo con la realtà e sviluppano appassionati e improvvisi sentimenti religiosi, che sfociano a volte in allucinazioni o identificazioni deliranti. Nella maggior parte dei casi, per fortuna, basta aspettare qualche giorno, magari tra le mura dell'ospedale psichiatrico, perché si smetta di credere di essere il figlio di Dio.

(blitz quotidiano, 28 dicembre 2013)


Mar Morto salvo grazie al Mar Rosso

di Angelica Ratti

Una condotta di 180 chilometri collegherà il Mar Rosso con il Mar Morto. La pipeline trasferirà parte delle acque pompate dal Mar Rosso (200 milioni di metri cubi l'anno) nel salatissimo Mar Morto, approfittando del dislivello (si trova a meno 420 metri sotto il livello del mare). L'obiettivo è salvarlo dalla siccità, evitandone la scomparsa e la cancellazione dalle cartine geografiche. Anche se la mescolanza delle acque potrebbe provocare la proliferazione di alghe rosse nel Mar Morto e la modifica della composizione minerale delle sue acque. L'accordo sulla pipeline fra israeliani giordani e palestinesi è stato trovato dopo tre anni di trattative e dopo l'accantonamento del progetto faraonico per la costruzione di un canale tra i due mari dal costo stimato di 7,78 miliardi di euro. La pipeline tra i due mari è diventato un progetto pilota che costerà 300-400 milioni di dollari (218 milioni di euro), e tre anni di lavori. È patrocinato dalla Banca mondiale. L'accordo tra Israele, Giordania e Autorità palestinese, è stato siglato il mese scorso negli Stati Uniti e prevede anche la costruzione di un impianto di dissalazione dell'acqua ad Aquaba, in Giordania. Ciascun paese interessato dall'accordo ha la sua priorità. Per Israele: salvare il Mar Morto, il cui livello si abbassa di un metro l'anno. Giordani e palestinesi hanno interesse a risolvere la loro cronica mancanza di acqua: il regno è il quarto più povero d'acqua al mondo e la Cisgiordania sconta una penuria idrica strutturale per ragioni politiche legate all'occupazione israeliana dal momento che i palestinesi non hanno ottenuto l'accesso al Mar Morto che pure reclamano da tempo.
Forse che dal Mar Morto avrebbero potuto avere acqua usabile per qualche uso?
L'accordo sulla pipeline permetterà una migliore distribuzione d'acqua nella regione. Israele recupererà da 30 a 50 milioni di metri cubi d'acqua distribuiti fra la città costiera di Eilat e la regione d'Arava, nel deserto del Neguev, mentre la Giordania potrà disporre di 30 metri cubi di acqua desalinizzata. Un'operazione non senza rischi e incognite: l'Autorità palestinese è molto probabile che potrà acquistare 20 milioni di metri cubi di acqua l'anno dalla compagnia israeliana Mékorot a un prezzo da concordare. A breve, nel 2014 i bandi di gara per la costruzione della pipeline.

(Italia Oggi, 28 dicembre 2013)


Smentita la tesi del complotto contro Arafat. I russi: "Non fu avvelenato"

Dopo i tecnici francesi anche per i colleghi russi Yasser Arafat non mori' avvelenato dall'isotopo radioattivo Polonio 210 ma per cause naturali. E' quanto ha riferito il terzo team internazionale cui era stata affidata l'analisi dei resti delll'ex leader dell'Olp, deceduto nel 2004. Finora erano stati solo i tecnici svizzeri, pur senza attribuire direttamente il decesso all'avvelenamento, a dare notizia dell'alto livello di polonio nei campioni prelevati lo scorso anno dalla salma. Secondo la ricostruzione condivisa degli eventi Arafat si ammalo' dopo aver assunto un pasto nel suo rifugio a Ramallah. Una settimana dopo fu trasferito in un ospedale militare francese dove gli fu diagnosticato una grave disturbo del sangue e mori per un ictus l'8 novembre 2004. Ad alimentare le voci di un avvelenamento la rete al Jazira spinta dalla vedova Suha Arafat.

(affaritaliani, 27 dicembre 2013)


Shoah: all’Auditorium di Roma rivivranno i violini dei sopravvissuti

  
ROMA, 27 dic - Il 27 gennaio 2014, in occasione del sessantanovesimo anniversario della liberazione dei deportati dal lager di Auschwitz, l'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane insieme all'Universita' Ebraica di Gerusalemme e all'Associazione 'BrainCircleItalia', sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, organizza un evento di grande portata simbolica. Un'iniziativa che, dalla memoria della Shoah, vuole costituire un momento di riflessione collettiva su tutti i genocidi e i crimini contro l'umanita', ma soprattutto un invito alla pace e alla speranza. Per l'occasione suoneranno insieme, per la prima volta in Italia, dodici violini e un violoncello sopravvissuti alla Shoah, ciascuno con la sua storia drammatica, ritrovati e restaurati dal liutaio israeliano Amnon Weinstein. Il concerto avra' luogo nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica di Roma con inizio alle ore 20.00. Tra gli strumenti c'e' il violino che faceva parte di una delle orchestrine di Auschwitz che accompagnavano i deportati nelle camere a gas, quello che fu gettato da un treno in viaggio verso i lager, e venne raccolto e conservato da un contadino polacco; ma ci sono anche i violini dei musicisti ebrei che nel '36 lasciarono la Germania per andare a formare l'Orchestra Filarmonica della Palestina (poi di Israele) voluta fortemente da Toscanini e Huberman per salvarli dalla deportazione. Per ricordare le vittime delle persecuzioni, nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica di Roma il Maestro Yoel Levi, Direttore della Symphony Orchestra di Seoul, dirigera' la JuniOrchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.

(ASCA, 27 dicembre 2013)


Fiumicino, oggi il 28o anniversario della strage che costò la vita a tredici persone

La mattina del 27 dicembre un commando formato da quattro terroristi palestinesi, dopo aver lanciato delle bombe, ammazzò a colpi di mitra alcuni passeggeri: tra loro due italiani. La Siria è stata condannata a gennaio di quest'anno al pagamento di un miliardo di dollari come risarcimento ai familiari delle vittime.

di Maria Grazia Stella

FIUMICINO - Ricorre oggi, 27 dicembre, l'anniversario della strage consumata la mattina di quel lontano giorno del 1985 intorno alle ore 9.15 quando un commando di quattro terroristi palestinesi compì un sanguinoso blitz all'aeroporto di Fiumicino. Dopo aver lanciato alcune bombe a mano, armati di mitra, aprirono il fuoco sui passeggeri in coda per il check-in ai banchi della compagnia aerea israeliana El Al e della americana Twa. In pochi minuti furono ammazzate 13 persone: quattro americani, quattro greci, due messicani, un algerino e due italiani. Tre terroristi furono uccisi dalle guardie della sicurezza israeliane nel corso dell'azione e uno, il capo del commando, Mohammed Sharam, fu catturato vivo. I feriti furono una settantina. Contemporaneamente altri terroristi attaccarono l'aeroporto di Vienna: altri morti, altri feriti. Gli agguati, attribuiti ad Abu Nidal, furono in seguito esaminati. Secondo quanto riferì l'ammiraglio Fulvio Martini, allora direttore del Sismi, i servizi segreti italiani erano stati informati della possibilità di un attentato. Sembra addirittura che l'attacco fosse stato previsto sotto le festività natalizie allo scalo romano. Perché, allora, non fu possibile impedirlo? Su questo non è ancora stata fatta chiarezza. Anzi, lo stesso attentato non è ricordato. Una pagina buia della nostra storia recente della quale poco si sa. Il 17 dicembre del 1973 in un altro attentato di un gruppo palestinese al Leonardo da Vinci fu ammazzato un militare della guardia di finanza, Antonio Zara, al quale è stata dedicata la locale caserma delle Fiamme gialle di Fiumicino. Nei giorni scorsi la solenne cerimonia commemorativa in occasione del 40o anniversario della strage.
A gennaio del 2013 la Siria è stata condannata dal giudice federale americano John Facciola al pagamento di un miliardo di dollari come risarcimento danni ai parenti delle 25 vittime degli attentati terroristici del 1985 negli aeroporti di Roma e Vienna. Per il magistrato, l'autore di quelle stragi, ossia la cellula del terrorista Abu Nidal, morto nel 2002, non avrebbe potuto organizzare l'azione "senza l'appoggio diretto del governo siriano". L'Italia e l'Austria furono colpite - secondo quanto si è potuto scoprire in questi anni - in un quadro in cui Abu Nidal voleva screditare Arafat nel suo percorso politico di lotta per l'autodeterminazione del popolo palestinese attraverso politiche di dialogo. Ecco perché gli attentati furono eseguiti nelle due nazioni ritenute tra le artefici maggiori del processo di pace. Roma e Vienna, infatti, avevano stabilito rapporti con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e con il leader palestinese, poiché considerati più responsabili delle altre organizzazioni presenti sul territorio palestinese. Nella strage persero la vita Paternia Fotiadi di 24 anni, Meidani Efrosini, 50 anni, Demetrio Arghiropulos, 72 anni, Adam Meletios di 58 anni, Donato Miranda Acosta di 53 anni e Genoveva Jaime Cisneros di 25 anni, Frederick Cage, Don Melend di 31 anni, Natascia Sophie Simpson di 12 anni e John Buonocore di 20 anni, Mustaphà Diedda di 21 anni e gli italiani Francesco Della Scala di 57 anni e Elena Tommarello.

(OstiaTV, 27 dicembre 2013)


Napoli - La Comunità ebraica a De Magistris: "Sul Medio Oriente posizione non equilibrata"
    "È nostra opinione che il sindaco De Magistris dovrebbe chiedere ad Abu Mazen, al quale ha già conferito la cittadinanza onoraria, perché ha decorato con medaglia al valore i responsabili della morte di 125 israeliani; la ritrattazione di quanto esposto nella sua tesi di dottorato in Storia presso il Collegio orientale di Mosca in cui, bontà sua, ritiene che si possa ridurre il numero delle vittime del nazismo a poche centinaia di migliaia; la rinuncia al terrorismo come arma di pressione e condannare l'uso che ne fa Hamas con il lancio di oltre 15mila missili da Gaza verso Israele; il riconoscimento al diritto all'esistenza dello Stato d'Israele; di fare una campagna di informazione interna alle nuove generazioni di arabi palestinesi per spiegare come ha avuto inizio il conflitto una vera pacificazione inizia, infatti, dalla conoscenza dei fatti a tutti i livelli e a tutte le latitudini".
È quanto scrive il presidente della Comunità ebraica di Napoli Pier Luigi Campagnano in una lettera aperta inviata al sindaco della città partenopea Luigi De Magistris in occasione del conferimento della cittadinanza palestinese da parte del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen. Nella lettera, in vista del Forum Internazionale delle città del Mediterraneo del 2014, Campagnano sollecita De Magistris a prendere alcune iniziative che un sindaco "veramente amante della pace" dovrebbe intraprendere: innanzitutto offrire la cittadinanza onoraria a una personalità dello Stato di Israele che occupi un ruolo politico omologo a quello di Abu Mazen. Quindi, organizzare una vasta campagna di informazione, con la presenza di studiosi e persone coinvolte, sul conflitto arabo-israeliano nelle scuole e nelle istituzioni; organizzare una visita da parte dell'amministrazione napoletana nello Stato d'Israele; organizzare con le scuole della città una visita degli alunni nello Stato d'Israele, in Cisgiordania e a Gaza; ricercare con la sua amministrazione che l'informazione sia la più ampia ed obbiettiva possibile, perché è nell'interesse di tutti conoscere la verità per poter costruire un futuro di pace lungo e duraturo. Infine, assumere una posizione "non di parte ma equilibrata".
Ieri intanto, a conferma ulteriore della sua parzialità, il sindaco della città partenopea ha dichiarato: "A Napoli consideriamo la Palestina uno Stato e Gerusalemme una città nevralgica della Palestina. Ci batteremo sino a quando lo Stato di Palestina non sarà liberato e tutti i prigionieri politici saranno liberi. Dobbiamo far crescere la mobilitazione e lavorare perchè siano abbattuti i muri".

(moked, 27 dicembre 2013)


Tangenti, scontri, ministri licenziati. Il «rais» Erdogan ora trema davvero

di Carlo Panella

Fethullah Gülen contro Tayyp Erdogan
«Cade un impero»: con queste parole Francis J. Ricciardone, ambasciatore Usa ad Ankara, ha ben colto il senso del tempesta giudiziaria che coinvolge non solo tre ministri del governo turco, ma anche Tayyp Erdogan personalmente. Un'inchiesta scottante per tangenti milionarie ha infatti coinvolto il figlio di Erdogan, Bilal, che però non è stato incriminato e ha portato la settimana scorsa all'arresto di 24 personaggi di primo piano legati al regime, tra questi i figli del ministro degli Interni Baris Guler, del ministro dell'Economia Zafer Caglayan e del ministro dell'Ambiente Bayaraktar. Sono stati anche arrestati personaggi legati personalmente a Erdogan: l'uomo d'affari iraniano Reza Zarrab, coinvolto in traffico di valuta assieme al ministro per i rapporti con l'Ue Egeman Bagis (che avrebbe ricevuto da lui cospicue mazzette) e l'amministratore di Halbank, Suleyman Aslan, nella cui casa sono stati trovati 4,5 milioni di dollari nascosti in scatole da scarpe.

POLIZIOTTI CACCIATI
La reazione di Erdogan è stata - al solito - rabbiosa e tracotante: ha accusato i magistrati e gli agenti di polizia che hanno condotto l'inchiesta di essere parte di «una cospirazione che si sviluppa con la scusa della corruzione agli ordini di interessi stranieri, in un contesto molto sporco». Poi è passato alle minacce: «Chi vuole creare una struttura parallela dentro lo Stato e si è infiltrato nelle nostre istituzioni, si accorgerà che penetreremo nella sua tana e la distruggeremo». Infine è passato ai fatti: ha licenziato in tronco il capo della polizia di Istanbul e una cinquantina di ufficiali di polizia che avevano condotto l'inchiesta e ha tolto al vice Procuratore di Istanbul il fascicolo giudiziario dell'inchiesta. Ma tutto questo non gli è servito per assorbire il colpo, soprattutto dopo che il presidente della repubblica Abdullah Gul, suo avversario politico, ma leader, come lui, del suo stesso partito, l'Akp, ha chiesto a gran voce le dimissioni dei ministri coinvolti, ministri che invece Erdogan intendeva mantenere ai propri posti. Il giorno di Natale, che ovviamente in Turchia non è festivo, Erdogan è stato quindi costretto a fare dimissionare tutti i ministri coinvolti e a procedere a un maxi rimpasto, sostituendo ben 10 ministri. Il suo problema principale infatti è che la "Mani Pulite in salsa ottomana" non è cavalcata solo dall'opposizione parlamentare (e dal presidente Gül), ma anche dal teologo Fethullah Gülen e dalla sua confraternita Hizmet, per anni fondamentale punto di riferimento di Erdogan stesso, a cui ha sempre portato gran parte del consenso riscosso nelle elezioni attraverso le mille moschee che controlla in Turchia e nel mondo e i suoi potenti media. Erdogan denuncia oggi una "cospirazione" perché è convinto, probabilmente a ragione, che i magistrati e i dirigenti della polizia che hanno dato vita all'inchiesta sulla corruzione siano legati alla confraternita di Gülen e agiscano su sua ispirazione. Sospetti avvalorati dalle parole di Gülen stesso che ha "maledetto", pur senza citarlo, Erdogan per la decisione di licenziare i dirigenti di polizia che avevano operato gli arresti.

ISLAMISTI DIVISI
Tutto questo a quattro mesi dalle elezioni amministrative, in un contesto che vede ormai da mesi i vertici dell'Akp e dello stesso Stato fortemente dilaniati. Il presidente Gül e il teologo islamico Gülen, infatti, hanno duramente criticato sia la durezza con cui Erdogan ha represso il movimento di Gezi Park, così come i provvedimenti islamisti da lui imposti - repressione dell'uso degli alcoolici, separazione rigidissima di maschi e femmine nelle case dello studente - e Gülen (ma non Gül) ha anche criticato la politica antisraeliana di Erdogan. Sulle rive del Bosforo è dunque in atto uno scontro al calor bianco dentro il movimento islamista, che ha un risvolto sconcertante. Da 30 anni la Turchia è il paese più stabile, democratico e in sviluppo della sponda sud del Mediterraneo, tanto che in 10 anni il Pil è addirittura duplicato. Ma ora la probabile caduta rovinosa di Erdogan mette fine a quest'unica isola di stabilità nel mondo musulmano.

(Libero, 27 dicembre 2013)


Nel 2014 voli low cost Parigi-Tel Aviv

Easyjet secondo vettore straniero più importante in Israele

ROMA, 27 dic - Easyjet continua a consolidare la propria presenza in Israele. La compagnia aerea low cost ha annunciato che, a partire dall'estate dal prossimo anno, saranno attivati sei collegamenti settimanali tra gli aeroporti di Tel Aviv Ben Gurion e Parigi Charles de Gaulle. La notizia è stata accolta con soddisfazione dalla cospicua comunità francese che abita in Israele, cresciuta significativamente nel corso degli ultimi anni. Oltre a Parigi, nel corso del 2014 saranno inaugurati altri tre collegamenti europei: Berlino (a febbraio), Londra Gatwick (aprile) e Milano (maggio). Mentre attualmente sono già attivi quelli per Roma, Ginevra, Manchester, Londra Luton e Basilea.
Con l'aggiunta dei nuovi scali già annunciati, la low cost britannica diventerà il secondo vettore straniero più importante in Israele.
La recente abbondanza di nuovi voli da e per Israele è un risultato della firma dell'accordo 'Open Skies' tra lo Stato ebraico e l'Unione Europea, avvenuta a giugno di quest'anno, che punta a liberalizzare gradualmente il settore dell'aviazione commerciale: e i voli low cost già oggi risultano più che raddoppiati.

(ANSAmed, 27 dicembre 2013)


Teatro alla Carta TLV

Il 29 dicembre al ristorante Sardinia, Giaffa

 
Arriva per la prima volta in Israele Teatro alla Carta TLV, l'evento organizzato dal Creativity Lab ICPO in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv che porta brani e scene di letteratura, teatro e cinema italiani sotto forma di monologhi recitati in lingua originale in sei selezionati ristoranti di cucina italiana di Tel Aviv, per sette piacevolissime serate da dicembre 2013 a gennaio 2014.
Apertamente ispirato alle iniziative italiane e tedesche di Teatro alla Carta (proposta a partire dal 2011 in Italia dalle associazioni culturali milanesi ComunicaMente e Gheroartè e nel 2013 in Liguria da PubbliCare in collaborazione con la scuola di recitazione LiguriAttori di Federica Ruggero) e Theater am Tisch (Teatro ai Tavoli, dal 2012 a Berlino), Teatro alla Carta TLV vuole avvicinare il pubblico israeliano e quello internazionale di Tel Aviv alla lingua e alla cultura italiane attraverso testi, suoni e sapori… prendendolo per la gola!
Nelle serate Teatro alla Carta TLV, gli ospiti ricevono un "menu teatrale" con monologhi tratti dalla letteratura, dal teatro e dal cinema italiani e sono invitati a sceglierne uno o più. Durante la cena l'attrice Yael Sztulman, studentessa della Nissan Nativ School of Performance Arts di Gerusalemme, reciterà in lingua italiana i brani selezionati dal pubblico presente.

IL MENU
Per la prima edizione di Teatro alla Carta TLV i monologhi sono a tema gastronomico, perché il cibo fornisce da sempre snodi narrativi essenziali per le trame di romanzi, pièce teatrali e cinema.
Si può iniziare con un "antipasto" gustando le parole dello scrittore, pedagogista e giornalista Gianni Rodari in Cucina spaziale, da Favole al Telefono, 1962. Vincitore nel 1970 del prestigioso Premio Hans Christian Andersen, Rodari fu uno tra i maggiori interpreti del tema "fantastico" ed uno fra i principali teorici dell'arte di inventare storie.
Due sono le "portate principali": il brano La suocera. Monologo sulla kasherut, 2013 della giornalista di Radio 24 e drammaturga esordiente Elisabetta Fiorito, appositamente scritto per Teatro alla Carta TLV, in cui l'autrice racconta, in tono spiritoso, le difficoltà di una donna, non ebrea, alle prese con le tradizioni gastronomiche tripoline della famiglia, ebraica, del marito; il divertente racconto dello scrittore Stefano Benni, Il ristorante rustico, da Bar Sport, 1976, anche giornalista, sceneggiatore, poeta, drammaturgo e umorista, autore di vari romanzi e antologie di racconti di successo.
Come "contorno" una vera chicca: il surreale monologo I crauti interpretatao nel 1972 in televisione da Monica Vitti, poliedrica e versatile attrice di teatro e di cinema per fare la parodia ai pomposi letterati di professione.
Chi non sa resistere alla cioccolata potrà gustare per "dessert" il monologo cinematografico Piccoli momenti d'estasi, da Lezioni di Cioccolato del 2007 recitato da Neri Marcorè attore, comico, imitatore, doppiatore, conduttore televisivo e cantante italiano: una professionalità davvero completa e apprezzata da un pubblico trasversale.
Il menù di Teatro alla Carta TLV si conclude con l'immancabile "caffè" di Eduardo De Filippo drammaturgo, attore, regista e poeta nella sua magistrale interpretazione nel II atto di Questi fantasmi del 1946.

Per informazioni e prenotazioni
Creativity Lab ICPO // Fabiana Magrì
+972 (0) 528752945 (Israel)
fabianamagri@icloud.com

(Teatri Online, 27 dicembre 2013)


Il bel volto d'Israele all'Expo 2015

Moran Atias scelta per rappresentare l'accattivante volto dell'innovazione israeliana in agricoltura

Moran Atias, nata a Haifa nel 1981 da genitori ebrei marocchini: attrice, modella e conduttrice televisiva israeliana
Video
L'israeliana Moran Atias, che siamo abituati a vedere in pubblicità, riviste e film, ben presto diventerà il volto dell'innovazione agricola israeliana.
Avvalendosi della popolarità raggiunta da Moran Atias in Italia, dove nel decennio scorso ha avuto inizio la sua carriera come modella, il Ministero degli esteri israeliano ha scelto l'attrice, modella e star televisiva per rappresentare Israele all'Expo 2015 di Milano, l'esposizione internazionale intitolata "Nutrire il pianeta - Energia per la vita", un evento su cui Israele punta molto, focalizzando la propria presenza sul tema dell'innovazione.
Anche se manca ancora un po' di tempo, il Ministero degli esteri ha già realizzato un video-clip promozionale con il rendering dell'avveniristico padiglione israeliano e la star Moran Atias che dice: "Allo stand israeliano dell'Expo 2015 di Milano vi racconterò di ciò di cui noi israeliani siamo più orgogliosi: i nostri agricoltori. E delle innovazioni nate in Israele che hanno cambiato il mondo".
Il tema dell'esposizione 2015, la prima dopo l'Expo 2012 in Corea del Sud, è l'innovazione e il suo rapporto con la produzione alimentare e i costumi gastronomici.

(israele.net, 26 dicembre 2013)


Bagnara: Sabato 28 la "Presenza ebraica nella storia reggina"

Si svolgerà sabato 28 dicembre, alle ore 18:00, presso la Sala Conferenze della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Bagnara Calabra, la presentazione del libro "La presenza ebraica nella storia reggina" di Felice Delfino (Disoblio Edizioni). Nel corso dela presentazione, moderata da Maria Francesca Fassari (Redattrice), interverranno: Mimma Garoffolo (Presidente SOMS), Giuseppe Spoleti (Assessore alla Cultura di Bagnara Calabra), Saverio Verduci (Storico e Giornalista), Natale Zappalà (Redattore), Salvatore Bellantone (Disoblio Edizioni). Sarà presente l'autore.
La presenza ebraica nella storia reggina ripercorre la storia del popolo ebraico nel territorio della provincia di Reggio Calabria, dalla diaspora (VIII-VI sec.) alla cacciata del 1541. Analizzando i rapporti degli ebrei con i vari dominatori (Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi), l'opera mette a fuoco le principali tracce ebraiche antiche rimaste in terra reggina e le principali località reggine in cui le comunità ebraiche hanno trovato dimora. Evidenziando le influenze ebraiche nell'onomastica e nella lingua locale, l'opera traccia poi un excursus delle condizioni economiche della società calabrese dall'età tardo-antica al periodo borbonico, ricalcando l'incisività delle comunità ebraiche sull'economia calabrese, per mezzo delle arti, dei mestieri e delle attività nelle quali gli ebrei si sono dimostrati dei maestri.
Felice Francesco Delfino è nato nel 1979 a Oppido Mamertina (RC). Nel 2009 ha conseguito il Magistero presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Mons. Zoccali" di Reggio Calabria e per due anni ha insegnato religione e cultura storico-sociale presso la Do.Mi. di Villa San Giovanni. Da anni collabora con alcune riviste di storia locale, religiosa ed ebraica, per le quali pubblica alcuni articoli e saggi. Attualmente vive a Catona (RC).
A seguire, in collaborazione con l'Associazione Culturale "Fenice dello Stretto", Reading Aperto dal tema: cosa ci attende nel 2014?

(CMnews, 26 dicembre 2013)


Attentato al Cairo, vicino alla città universitaria

Esplosione al passaggio di un autobus. Disinnescati altri ordigni

Una bomba è esplosa nei giardinetti della città universitaria di Al Azhar, provocando cinque feriti, uno dei quali molto grave. La bomba è esplosa mentre passava un autobus. I feriti non erano a bordo ma in strada. Secondo fonti della sicurezza, nei giardinetti gli artificieri della polizia hanno disinnescato altri tre ordigni pronti ad esplodere.
Torna a salire la tensione fra Gaza e le forze armate egiziane dopo che queste ultime hanno arrestato nel Sinai un palestinese, sospettato di essere in procinto di compiere un attentato per conto di Hamas. Un portavoce di Hamas, Fawzi Barhum, ha ribadito alla stampa locale che la sua organizzazione non prende parte in alcun modo alle violenze in corso in Egitto. ''La nostra unica battaglia e' rivolta contro l'occupazione israeliana'', ha assicurato Barhum. Secondo la stampa di Gaza, l'Egitto ha anche minacciato una ''reazione militare'' verso la Striscia se giungesse alla conclusione che Hamas ''continua a violare'' la sua sicurezza nazionale. Barhum, da parte sua, ha negato che l'uomo arrestato nel Sinai (Jum'ah Khamis Bureika) sia residente nella Striscia di Gaza. Secondo osservatori locali, la tensione fra il Cairo e i dirigenti di Gaza e' destinata a crescere ulteriormente in seguito alla qualifica dei Fratelli musulmani egiziani - a cui Hamas e' ideologicamente vicino - come organizzazione terroristica. Fonti locali aggiungono che negli ultimi mesi l'esercito egiziano ha messo fuori uso i tunnel di contrabbando fra il Sinai e Gaza e ha anche dislocato mezzi blindati a ridosso della Striscia.
Governo dichiara Fratelli musulmani terroristi - L'Egitto ha ufficialmente dichiarato "organizzazione terrorista" i Fratelli musulmani del deposto presidente Mohamed Morsi, vietando loro di manifestare. Lo ha reso noto oggi il governo, che ha anche accusato la Fratellanza dell'attentato di ieri a Mansoura ad una centrale di polizia con numerosi morti.

(ANSA, 26 dicembre 2013)


Giovane araba accoltella una guardia israeliana a un check point

Ripresa dalle telecamere di sorveglianza

Era stata fermata al checkpoint di un aeroporto per un controllo sul suo bagaglio. A un certo punto, ha estratto un coltello e ha colpito alla pancia una delle guardie. Il tutto ripreso da una telecamera di sorveglianza. E' successo in Israele: protagonista una donna araba di 25 anni. Fermata a un posto di controllo all'aeroporto ha accoltellato una delle guardie israeliane addette ai controlli. Subito per lei sono scattate le manette. La guardia ferita non è in pericolo di vita.

(CorriereTV, 26 dicembre 2013)


Le monarchie del Golfo Persico si preparano a una grande guerra

di Serghei Duz

 
Le monarchie del Golfo Persico stanno formando delle forze di difesa collettiva per un numero che tocca le centomila persone. La questione è in che misura questa decisione è stata dettata dalla crescente minaccia da parte dell'Iran.A metà dicembre, il Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo Persico, che comprende le sei monarchie arabe Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman e Arabia Saudita, ha annunciato la creazione di un comando militare unificato con sede a Riyad.
   Come previsto, capeggerà il gruppo l'esercito saudita. A rigore di termini, una combinazione delle forze di reazione rapida di questo gruppo di paesi esisteva già prima; ma la questione ora riguarda un nuovo livello di cooperazione militare e politica, spiega il professore del Dipartimento dell'oriente Moderno presso l'Università statale russa di scienze umane, Elena Melkumjan.
   Ora il numero di queste forze si sta espandendo, sta aumentando, e, comunque, ora le monarchie del Golfo hanno cominciato a concentrarsi maggiormente sulla cooperazione militare. Da un lato, questa è una continuazione di quanto fatto in passato. Dall'altro, le nuove circostanze stanno portando le monarchie a concentrarsi sulla questione della difesa: queste vedono, infatti, come minaccia principale quella da parte dell'Iran, e ora quest'ultimo ha avviato i colloqui con gli Stati Uniti, ha concluso un accordo preliminare a Ginevra sul suo programma nucleare, e gli Stati del Golfo Persico hanno capito che la situazione sta cambiando. Se prima facevano affidamento sul ruolo di moderatori degli Stati Uniti con l'Iran, ora devono fare maggiore affidamento sulle proprie forze.
   Non dobbiamo pensare che le monarchie del Golfo Persico siano un monolite politico- militare. In misura diversa, sono uniti dalla forma di governo, quella dell'Islam sunnita, e dall'esistenza grazie alla vendita di idrocarburi. Ma le differenze tra i partecipanti del blocco sono piuttosto grandi. In un'altra situazione, queste avrebbero addirittura potuto diventare un ostacolo per un'ulteriore integrazione. Ma di fronte all'Iran che sta raccogliendo le sue forze, le monarchie sono pronte a dimenticare molte cose, afferma il ricercatore presso l'Istituto di Studi Orientali, Vasilij Kuznetsov.
   È chiaro che la situazione nella regione del Golfo Persico si sta aggravando sono sempre di più. Ci sono due uguali poteri in competizione: l'Arabia Saudita e l'Iran. Il Consiglio di cooperazione è sempre stata un'organizzazione che avrebbe dovuto unire le monarchie del Golfo Persico contro l'Iran. La minaccia è reale, ed è una lotta seria. Un'altra cosa è che, in termini di prontezza, nessuno degli eserciti del Golfo Persico ha alcuna possibilità contro l'Iran.
   Qualunque sia la loro dotazione tecnica, gli iraniani combattono ancora meglio. Tuttavia, la probabilità dello scoppio delle ostilità tra i due paesi è molto bassa, e per diversi motivi, ma principalmente a causa dell'elevato grado di pragmatismo dei regimi iraniani e sauditi. Piuttosto, vorrei considerare l'istituzione di questa forza di difesa comune come una mossa politica positiva per le stesse monarchie arabe, che così stanno dimostrando la loro capacità di trovare un accordo, ma non come la risposta a un reale cambiamento nel settore della sicurezza.
   Forse la creazione di una forza di difesa congiunta da parte delle monarchie del Golfo Persico è un'allusione agli americani, che, secondo Riyad, sono troppo assorbiti nell'impostare le relazioni con l'Iran. Tutti sanno che la politica estera indipendente dei sauditi finisce a un metro dalla linea di discontinuità della partnership strategica con Washington. Gli Stati Uniti sono l'unico garante della sicurezza dell'Arabia Saudita nella regione.
   Sia come sia, ma l'alleanza militare delle monarchie del Golfo Persico, i contorni della quale stanno diventando sempre più chiari, sarebbe potenzialmente in grado di avere un impatto negativo sulla regione, contribuendo a un aumento della tensione nella linea Riyad- Teheran.

(La Voce della Russia, 26 dicembre 2013)


La calma apparente

di Daniel Reichel

Gaza Escalation, non intifada, inciampo nel processo di pace. Diverse le definizioni per le violenze di questi giorni sul confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Tra attacchi di fazioni terroristiche palestinesi e reazioni dell'esercito israeliano, il 2013 si sta concludendo con un preoccupante riacuirsi del conflitto dovuto, secondo il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, alla volontà di Hamas di intralciare il colloqui di pace avviati egli ultimi mesi con i rappresentanti palestinesi della West Bank grazie alla mediazione americana. Intanto si contano già due vittime tra i civili, con l'uccisione da parte di cecchini palestinesi di un ragazzo di 22 anni, Salah Abu Latif. Una bambina palestinese di tre anni è invece rimasta vittima della risposta israeliana a Gaza.
Secondo Amos Harel, analista militare di Haaretz, per il momento le due parti deporranno le armi perché nessuna a interesse nell'aggravarsi del conflitto. Per palestinese, lo dimostrerebbe la relativa calma che si respira nella Striscia, con l'organizzazione terroristica Hamas al momento poco propensa a rispondere ai colpi dell'Idf. Ancora Harel sostiene che dietro a questa momentanea sospensione degli attacchi (con una rinuncia nelle ultime ore a sparare razzi sul territorio israeliano) ci sarebbe una riorganizzazione compiuta da Hamas, che per il lungo periodo starebbe preparando l'ampliamento della sua batteria di missili, in grado di raggiungere Tel Aviv.
Intanto l'Idf ha schierato una sua batteria, parte del sistema di difesa Iron Dome, nella zona di Sderot per prevenire l'eventuale lancio di razzi qassam dalla Striscia. Israele guarda con attenzione al confine con il territorio sotto controllo di Hamas mentre ha avviato i colloqui di pace con la Cisgiordania, grazie all'impulso del segretario di Stato Usa John Kerry. E' proprio far saltare il banco di questi primi tentativi per una conciliazione, sarebbe stato l'obiettivo dell'escalation di violenza di questi giorni, secondo quanto ha affermato al Times of Israel Gadi Shamni, ex generale dell'esercito israeliano. "Hamas vuole mettere i bastoni tra le ruote del processo di pace", ha sottolineato l'ex generale. Un attacco invece per destabilizzare il nemico Mahmud Abbas, presidente dell'Autorità palestinesi, sarebbe il vero obiettivo di Hamas, secondo il veterano dell'Idf Shalom Harari.
Quali che siano le motivazioni Hamas è in una situazione complicata, con la distruzione dei tunnel che portavano viveri e armi dall'Egitto, la Striscia è sempre più isolata. Anche con la Siria i rapporti sono stati tagliati e comunque praticamente impossibili vista la guerra civile che sta scuotendo il paese. Per questo Hamas starebbe autonomamente costruendo armi capaci di colpire efficacemente Israele nel prossimo futuro. Una situazione che esercito e governo israeliano guardano con attenzione, tenendo alta la guardia come dimostrano le dure parole del ministro Yaalon, "se non ci sarà calma da noi, non ci sarà neanche nella Striscia di Gaza. In ogni caso siamo preparati alla possibile escalation".

(Notiziario Ucei, 26 dicembre 2013)


Arrestato dalle forze di sicurezza egiziane un palestinese nel Sinai

Dopo la serie di attentati che, nelle ultime settimane, hanno insanguinato l'Egitto e per i quali l'esercito del paese nordafricano ha messo sotto accusa i partiti di ispirazione islamica, quali i Fratelli musulmani, è stato oggi arrestato dalle forze di sicurezza egiziane un palestinese, fermato nella penisola del Sinai e sospettato di preparare un altro attacco terroristico, questa volta per conto di Hamas.
Subito è stato diffuso un comunicato da parte di Fawzi Barhum, portavoce del partito islamico palestinese, che ha negato ogni coinvolgimento di Hamas nelle violenze avvenute nelle città egiziane, aggiungendo che l'unica battaglia che loro combattono è finalizzata alla liberazione del loro paese da quella che viene definita "l'occupazione israeliana".

(Notizie Geopolitiche, 26 dicembre 2013)


Unione Europea: "Inaccettabili gli attacchi di Hamas"

"Inaccettabili" gli attacchi di Hamas contro Israele. Questa la posizione dell'Unione europea.
L'Ue chiede a Israele che "la risposta sia proporzionata". "Israele ha il diritto di proteggere la sua popolazione" afferma Ashton, capo della politica estera Ue, che "deplora la perdita di vite civili da entrambe le parti". Ashton si augura che l'Egitto aiuti a giungere alla pace. Lo auspica anche la cancelliera tedesca, Merkel, che accusa Hamas di aver dato inizio alla violenza.

(Affari sul Web, 25 dicembre 2013)


Iran - Mohaddessin: "Più fermezza con Rohani poteva fermare il nucleare"
   
di Gabriel Bertinetto

Mohammad Mohaddessin
«Se a Ginevra gli Usa e il club 5+1 avessero mostrato maggiore fermezza, avrebbero potuto ottenere molto di più nel negoziato sul nucleare, perché il regime è in gravi difficoltà. Invece Teheran ha incamerato l'attenuazione delle sanzioni a un prezzo molto basso».
Così Mohammad Mohaddessin, responsabile affari internazionali del Consiglio nazionale della resistenza (l'opposizione iraniana in esilio legata ai Mujaheddin del popolo). Mohaddessin è a Roma per denunciare la situazione di tremila suoi compagni trattenuti in Iraq in una condizione a metà fra rifugiato e prigioniero. Oltre cento sono stati uccisi negli ultimi due anni nelle incursioni di forze speciali irachene a Camp Ashraf, vicino al confine con l'Iran.
Lei critica gli accordi dl Ginevra, ma le sanzioni saranno reintrodotte o accentuate se Teheran nonne rispetterà le condizioni...
«Il punto è che sarà molto complicato rimettere in moto il meccanismo delle sanzioni dopo un'interruzione di mesi. Su questo giocano i dirigenti iraniani, che sono maestri nell'arte dell'inganno, come i governi stranieri hanno già sperimentato più volte. Si sono piegati a trattare solo perché le misure punitive internazionali e la crisi economica interna avevano messo il Paese in ginocchio, e perché temono che il diffuso malcontento inneschi una rivolta come nel 2009. Era l'occasione buona per costringerli ad arrestare completamente e non solo a ridurre l'arricchimento dell'uranio, e a chiudere l'impianto al plutonio, rinunciando così del tutto ai fini militari del programma. Aggiungo anche che se il mondo si preoccupa a ragione che l'Iran cerchi di costruire bombe atomiche, noi siamo contrari anche al nucleare per usi civili, a causa dei suoi altissimi costi. Con le stesse somme (cento miliardi di dollari) potremmo valorizzare meglio i giacimenti di greggio e di gas, e avviare grandi programmi di sviluppo industriale e infrastrutturale».
Obama e altri leader hanno fiducia In Rohani. Pensano che ci sia della sostanza nei mutamenti politici in atto e valga la pena verificare se può venime fuori qualcosa di positivo. Che ne pensa?
«Quando Rohani fu eletto, la nostra leader Maryam Rajavi dichiarò che avremmo accolto con favore l'evento se ne fossero derivati miglioramenti, non solo per quanto riguarda il nucleare, ma anche nel campo dei diritti umani, civili e politici, e nei rapporti con l'estero. Purtroppo a sei mesi dal voto di giugno, vediamo crescere il numero delle esecuzioni capitali, le minoranze etniche sono sempre discriminate, le carceri piene di oppositori. Teheran continua a esportare il terrorismo, a cominciare dalla Siria. Qualcuno dirà che ,tutto ciò non dipende da Rohani, perché il potere vero resta in mano alla Guida suprema Ali Khamenei. Ma se Rohani non può, e forse nemmeno vuole, decidere, dov'è il cambiamento sostanziale? Ai protagonisti del negoziato nucleare noi diciamo: quando discutete con i rappresentanti di Teheran non dimenticatevi di porre sul tappeto anche la questione dei diritti umani».
Rohani è stato eletto a larghissima maggioranza. Molti cittadini l'hanno preferito ad altri candidati ultraconservatori. Sarà anche lui parte dell'élite dirigente, ma non è meglio per voi approfondire le loro divisioni Interne?
«Sicuramente, ed è quello che facciamo da tempo. Il regime è vicino al crollo e le spaccature fra le sue varie componenti ne sono un sintomo. Esse sono il frutto della crescente ostilità popolare. Se Khamenei nell'ultima campagna elettorale non si è opposto a Rohani (a differenza del 2009 quando aveva appoggiato la riconferma di Ahmadinejad e contrastato apertamente Moussavi) è stato solo per minimizzare i rischi di una nuova sollevazione sociale. Fra tutti i concorrenti Rohani era quello che gli piaceva di meno, ma gli serviva di più.

(Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 25 dicembre 2013)


Torna la calma in Medio Oriente

Dopo la fiammata di violenze di ieri, è tornata la calma fra Gaza ed Israele. Innescata dall'uccisione di un civile israeliano da parte di un cecchino palestinese, l'escalation aveva visto poi una serie di raid aerei israeliani in cui era rimasta uccisa una bambina palestinese di quattro anni. La stampa di Gaza aggiunge che anche un giovane è stato colpito a morte sul confine: ma ancora non c'è una conferma definitiva.
Oggi il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha convocato i principali ministri per fare il punto della situazione. Alla luce delle nuove tensioni alcuni ministri esigono di rinviare la liberazione di decine di detenuti palestinesi, che dovrebbe avvenire a giorni nel contesto delle trattative di pace mediate dal segretario di Stato Usa John Kerry.

(RaiNews, 25 dicembre 2013)


Ente israeliano del Turismo: settantacinquemila visitatori attesi in Israele a Natale

ROMA - Sono 75 mila i visitatori attesi in Israele per le festività natalizie. A renderlo noto è l'Ente nazionale israeliano del Turismo.
Durante le festività il ministero del Turismo Israeliano offrirà il trasporto gratuito tra Gerusalemme e Betlemme ai pellegrini: dal monastero di Mar Elias partiranno autobus diretti alla Chiesa della Natività a Betlemme, e viceversa. Dal 2011 il ministero del Turismo ha investito molte risorse nello sviluppo e nel mantenimento delle infrastrutture dei siti cristiani. Questi siti includono, tra gli altri, il sito del battesimo di Qasr el Yahud, vicino al Mar Morto, il Monte Sion e Ein Karem a Gerusalemme e il Sentiero del Vangelo in Galilea. Altri progetti includono il lungomare da Tiberiade a Cafarnao, Korazim e Monte del Precipizio. Progetti di infrastrutture future sui siti cristiani comprendono anche Tel Megiddo, la Città Vecchia di Gerusalemme, Sussita e altri siti nella regione di Tiberiade e della Galilea.
Il ministero del Turismo ha investito oltre 3.5 milioni di shekel (valuta ufficiale israeliana) pari ad oltre 700.000 euro, in infrastrutture ed promozione di eventi come la recente Giornata Internazionale della Fede che si che si è tenuta a Nazareth lo scorso 17 novembre che ha visto la partecipazione di oltre 7.000 fedeli.

(Giornale di Sicilia, 25 dicembre 2013)


ll vero volto di Cristo nei settanta libri della Giordania?

Un ritrovamento che può cambiare la storia. Gli antichi libri in metallo ritrovati in Giordania rappresentano un tassello importante della storia, tanto da competere in importanza con i Rotoli del Mar Morto rinvenuti nel 1947.

di Giuseppe Genova

Hassan Saeda, l'israeliano che vive nel villaggio arabo di Shibli-Umm al-Ghanam (nei pressi del Monte Tabor) ed ha acquistato i preziosi reperti da un beduino giordano.
I libri metallici
Si tratta di 70 piccoli libri scoperti alcuni anni fa in una caverna da un beduino giordano. Ciascun libricino era nella sua nicchia. Sembra che in seguito questo tesoro sia stato acquistato da un Israeliano, che lo ha portato in Israele, dove si trova adesso.
Il governo giordano è in trattative per rimpatriare e salvaguardare la collezione, soprattutto in virtù del fatto che alcuni elementi sembrano dimostrare l'autenticità dei reperti. L'israeliano che li ha in possesso ha fatto pervenire, con l'aiuto di due archeologi, alcuni reperti alla Oxford University, affinché li esaminasse.
E' proprio dopo questo esame che l'interesse della Giordania per riavere i libri si è attivato e che i due archeologi britannici pare abbiano avuto minacce ed avvisi di morte dai trafficanti del mercato nero, oltre che pressioni dal governo giordano.
I libri, in piombo e rame, furono trovati in una remota grotta in Giordania orientale, in una regione nella quale si pensa che i Cristiani siano fuggiti e si siano rifugiati, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. La zona del ritrovamento si chiama Saham e si trova lungo il confine tra Giordania, Siria ed Israele.Dalle analisi che si sono potute effettuare ad Oxford, su pochi reperti, sembra che l'ossidazione del piombo risalga proprio al I secolo d.C. e che sia autentica.Anche alcuni test fatti in Svizzera, dal National Materials Laboratory di Dubendorf, confermano questi risultati.
Le pagine libri metallici, molti di essi della grandezza di una carta di credito, sono tenute insieme da anelli, anch'essi metallici, di piombo. Ogni libro è composto da cinque a quindici pagine.
Sulla prima pagina di uno di essi sembra sia scolpita l'immagine di Gesù, riprodotta, quindi, da suoi contemporanei. Questo è un elemento di origine cristiana, poiché per l'Ebraismo sarebbe idolatria raffigurare una divinità. Su altre pagine si leggono iscrizioni come "Salvatore di Israele" e "Yahweh - Dio". Si suppone che si tratti di lingua fenicia o ebraico antico. Sono le uniche parole tradotte, visto che finora non si è avuta la possibilità di esaminare in laboratorio l'intero materiale rinvenuto.
Altro particolare che sarebbe molto importante è l'incisione, su una delle pagine, che pare raffiguri una cartina della città santa di Gerusalemme, con alcune croci al di fuori delle mura.
Ziad al-Saad, direttore del Department of Antiquities della Giordania, si lancia ad affermare la sua convinzione dell'autenticità dei reperti, che sarebbero stati realizzati dai seguaci di Gesù pochi anni dopo la sua crocefissione. In effetti, una delle indicazioni, oltre alla datazione, che sembra far propendere per l'autenticità dei libri in metallo, è proprio la raffigurazione della mappa della città di Gerusalemme cristiana.
Gli storici e studiosi della Bibbia cercano di accertare se il volto raffigurato è quello del Cristo e se lo fosse, sarebbe il primo ritratto del Messia giunto fino a noi.L'esistenza di un testo sigillato che contiene informazioni sacre è menzionato nella Bibbia, ed anche questo elemento fa sperare nella veridicità del ritrovamento.
Lo scoperta dei piccoli libri metallici in Giordania, se confermata autentica, è assolutamente rivoluzionaria. Un ritrovamento importantissimo e fondamentale, che si spera possa essere completamente ed accuratamente esaminato perchè patrimonio dell'intera umanità.

(befan, 25 dicembre 2013)


L’Europa ufficialmente contro la circoncisione religiosa

Pronta la reazione di Israele che ha condannato la risoluzione. Tra libertà religiosa e tutela dell'integrità fisica quale scelta?

di Salvatore Viglia

Israele venerdì scorso ha condannato una risoluzione del Consiglio d'Europa che ha definito la circoncisione dei ragazzi, per motivi religiosi, praticati nel giudaismo e l'islam, come una "violazione dell'integrità fisica".
Il portavoce del Ministero degli esteri israeliano in una dichiarazione ha detto che "Israele invita il Consiglio a rivedere immediatamente questa risoluzione".
L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato martedì scorso (78 voti a favore, 13 contro, 15 astensioni) una risoluzione invitando gli Stati membri a prendere misure contro "violazioni dell'integrità fisica dei bambini". E ha esplicitato di "condannare pubblicamente le pratiche dannose come la mutilazione genitale femminile e adottare la legislazione che le vieta", nonché "definire chiaramente le condizioni mediche, salute e gli altri a rispettare in materia di pratiche che sono oggi ampiamente utilizzate in alcune comunità religiose, come la circoncisione, medicalmente ingiustificate, su giovani ragazzi".
Nel ricordare che la circoncisione è un'antica tradizione nell'ebraismo, islam e di una parte del cristianesimo, il Ministero affari esteri israeliano ha affermato che questo provvedimento "alimenta tendenze razziste e odio in Europa". Ed ha precisato che "Qualsiasi confronto di questa tradizione con la pratica barbarica e condannabile delle mutilazioni genitali femminili è al meglio una profonda ignoranza e alla diffamazione peggiore e l'odio anti-religioso", enfatizzando i benefici medici scientificamente riconosciuti alla circoncisione.
La risoluzione consiglia di "adottare disposizioni giuridiche specifiche per determinati interventi e pratiche affinché non vengono effettuate fino a quando un bambino non sia nell'età giusta per essere consultato". Tra gli ebrei e i musulmani, la circoncisione è generalmente praticata nella settimana dopo la nascita.
Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" la risoluzione in questione pone seri problemi in ordine alla scelta se prediligere le libertà, quale quella religiosa e la tutela dell'integrità fisica e morali specie quando si tratta di bambini.

(politicamentecorretto.com, 25 dicembre 2013)


Splendide sculture di neve a Gerusalemme

La neve si è quasi del tutto sciolta a Gerusalemme, anche se qua e là è rimasto qualche mucchio.
Il comune di Gerusalemme ha tenuto un concorso di sculture di neve lo scorso fine settimana, invitando la gente a presentare i loro migliori lavori sulla loro pagina di Facebook. Ecco i risultati.

(Elder of Zion, 24 dicembre 2013)


Anche il sangue, in Israele, fa notizia

Il sangue, nella religione ebraica, è tabù. Divieto assoluto di consumarne, ragione per la quale gli animali destinati all'alimentazione sono uccisi mediante sgozzamento e tutto il sangue è fatto defluire. Il sangue rappresenta la vita e la vita non è nelle mani dell'uomo. Il senso è più o meno questo.
"L'accusa del sangue" è anche una delle più note tra le accuse antisemite, di quelle che sembrano cosi radicate da non morire mai ma, al contrario, continuano a ripresentarsi nelle loro varianti nel corso dei secoli, a partire dall'XI secolo. Secondo questa "tesi", gli Ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. L'accusa è stata usata nel corso della storia, fino a tempi recenti (vedi il pogrom di Kielce del 1946), per sfruttare l'emozione popolare e i sentimenti antisemiti, sostenendo in diverse occasioni che bambini cristiani fossero rapiti e uccisi per poterne usare il sangue. In seguito a queste accuse era frequente il verificarsi di pogrom, con linciaggi e stermini di Ebrei. L'ultimo processo basato sull'accusa del sangue fu celebrato a Kiev nel 1913, contro Menachem Mendel Teviev Beilis. In seguito l'accusa del sangue fu usata dalla propaganda nazista. Attualmente anche da quella iraniana....

(Federazione Sionistica Italiana, dicembre 2013)


Memoria della Shoah, sì o no?

… ABOLIZIONI
Nessuno sembra essersi accorto che un editoriale del Foglio di venerdì propone nientedimeno che di abolire la memoria della Shoah. Basta musei, memoriali, scrive l'articolo, e pensiamo non agli ebrei morti, ma a quelli vivi: cioè agli israeliani, che per Il Foglio e i suoi amici gli ebrei sono solo gli israeliani. La proposta è, direi, radicale, perché non si riferisce solo all'impegno dello Stato nelle opere di costruzione dei memoriali e dei musei, come già aveva fatto Brunetta, ma rimette proprio in discussione la necessità di ricordare, di fare storia, di ricostruire fatti ed eventi, di trasformarli in pietre d'inciampo dell'indifferenza e dell'ignoranza dei più. E' la prima volta, a quanto mi consta, a parte naturalmente il caso dei neonazisti o dei negazionisti, che una simile proposta di abolire la memoria viene avanzata. Ma forse non sarà l'ultima.
Anna Foa

*

"SEPOLCRI IMBIANCATI DELLA MEMORIA"
Evidentemente Anna Foa ignora, o le piace ignorare, che oggi i memoriali dell'Olocausto sono sempre più occasioni per una lingua di legno, ipocrita e insidiosa, con cui agli ebrei viene chiesto di dissociarsi da Israele e che perpetua lo stereotipo dell'ebreo come vittima, docile, debole, assimilato, diasporico. Mi pare che l'editoriale del Foglio intendesse dire questo, che i sepolcri imbiancati della memoria spesso fanno il gioco dei nemici del popolo ebraico. La Shoah è sacra, i memoriali no.
Emanuel Segre Amar

(moked, 24 settembre 2013)


Ricercatori israeliani trovano una potenziale falla nel sistema di sicurezza Knox per smartphone

Oltre al mercato consumer di dispositivi portatili composto da tutti noi utenti privati esiste un enorme mercato di utenti aziendali che usa smartphone e tablet per lavoro e necessita quindi di più stringenti sistemi di sicurezza per proteggere i contenuti che gestisce.
Sono in molti ad essere interessati a questa fascia di mercato un tempo dominata da Blackberry, fra questi c'è Samsung che ha sviluppato un insieme di misure di sicurezza denominato Knox. Dei ricercatori israeliani hanno però trovato una possibile falla in Knox.
I ricercatori dell'Università di Negev hanno scoperto una falla che permetterebbe di tracciare sia dati che email, i dati potrebbero essere modificati e si potrebbero installare e lanciare applicazioni senza il permesso dell'utente.
Questa falla è stata individuata su un Samsung Galaxy S4 che non aveva Knox installato di fabbrica. Samsung da parte sua si è limitata a dire che la falla sarebbe equivalente a quella di altri attacchi ben noti, minimizzandone quindi la gravità ma non negandone l'esistenza.
Samsung inoltre ha fatto notare che il dispositivo testato non possedeva le ulteriori misure di sicurezza che le varie compagnie aggiungerebbero normalmente per un uso aziendale, implicando in questo modo che il Knox da solo non sarebbe sufficiente a rendere il dispositivo sicuro.

(AndroidItaly, 24 dicembre 2013)


Il rabbino delle porte aperte

Limmud Conference 2013

di Rossella Tercatin

Ha passeggiato per i corridoi, incontrato i bambini, gli adolescenti, gli educatori. Ha tenuto due lezioni di grande successo, catturando il pubblico e coinvolgendolo attivamente nella sua esposizione dedicata a "La guida della Torah nella risoluzione dei conflitti". E non ha evitato neppure i momenti di socializzazione, parlando con chi lo cercava e aggregandosi a gruppi di giovani intenti a bere una birra e scambiare considerazioni sulla giornata. Il rabbino capo del Commonwealth Mirvis (o semplicemente Ephraim, come riportava il cartellino che ha diligentemente appeso al collo come tutti, una targhetta che mette in evidenza il nome, senza differenze di titolo, status o provenienza) ha fatto parte della Limmud Conference fino in fondo. Una partecipazione che ha segnato la prima volta di un rabbino capo a quello che rappresenta oggi uno dei più importanti momenti di ritrovo collettivo dell'ebraismo britannico e internazionale in tutte le sue denominazioni, ed è stata accolta con emozione ed entusiasmo.
Dalla parashah, la porzione di Torah di Shemot, rav Mirvis ha tratto un messaggio di dialogo, unità e solidarietà, tanto nella comunità ebraica, ponendo l'accento sull'importanza di coinvolgere "tutte le comunità", quanto a livello universale, nel dovere di preoccuparsi di tutto il genere umano secondo il principio del Tikkun Olam.
"Quando esistiamo soltanto per noi stessi, quando ignoriamo i membri di altre comunità… questo può essere un modo pio di condurre la propria vita, ma è anche un modo taref (non kasher ndr) di condurre la propria vita" ha dichiarato.
Risolvere i conflitti, traendo ispirazione dalla Torah, l'argomento scelto dal rav per la seconda lezione al Limmud. Otto metodi per affrontare i contrasti arrivando a una soluzione positiva, o comunque migliore del punto di partenza, illustrati attraverso insegnamenti biblici e rabbinici spesso suggeriti dal pubblico. Solo una, la strada che nell'opinione di rav Mirvis ancora non è stata tentata per il conflitto israelo-palestinese: quella della cooperazione, del riflettere insieme, fuori dagli schemi, per arrivare a una soluzione diversa dal punto di partenza di entrambe le parti, e migliore.
"La cooperazione è l'unica via che israeliani e palestinesi, a mio parere, non hanno ancora percorso. E sono convinto che sarà attraverso la cooperazione che presto, se D-o vuole, si arriverà alla pace".

(Notiziario Ucei, 24 dicembre 2013)


Estremisti islamici vietano le feste di Capodanno a Banda Aceh

di Mathias Hariyadi

Un rinomato hotel della provincia di Aceh ha annullato una serata speciale di danze e concerti a causa delle minacce fondamentaliste. Al governatore e alla polizia il compito di far applicare le norme, fra cui il divieto di consumare alcolici. Concerti e balli "in qualunque altro giorno dell'anno", ma non per una "festa cristiana".

JAKARTA - A causa della massiccia campagna di protesta lanciata da gruppi estremisti islamici nei giorni scorsi, i vertici dell'Hermes Palace - hotel pluristellato a Banda Aceh (Indonesia) - hanno cancellato il veglione in programma per la notte di Capodanno. Le celebrazioni per l'ultimo giorno dell'anno erano in programma da tempo; tuttavia, la pressione esercitata dai movimenti fondamentalisti di Aceh, la sola provincia indonesiana in cui vige la Sharia, la legge islamica, ha portato all'annullamento per motivi di sicurezza e ordine pubblico. Del resto già nei giorni scorsi il Consiglio consultivo degli ulema di Banda Aceh (Mpu) ha intimato alla comunità musulmana di non "celebrare" Natale e Capodanno perché "non sono feste islamiche".
Octowandi, general manager della struttura, conferma la sospensione delle danze e del concerto prevista per la sera, nonostante l'evento - secondo il proposito degli organizzatori - fosse finalizzato alla valorizzazione di artisti locali. Una vetrina pensata per gruppi e band locali, perché potessero usufruire di una vetrina per mettersi in mostra e conquistare un pubblico più ampio e internazionale.
La decisione è giunta al termine di un incontro con i leader islamici, che si sono autoproclamati i "guardiani della Sharia ad Aceh". I responsabili della struttura sono stati costretti a diffondere un documento scritto, nel quale confermano la cancellazione di tutte le iniziative in programma per la serata, fra cui musica e danze. L'hotel, in ogni caso, potrà organizzare simili spettacoli in una qualsiasi serata del 2014, ma non la notte di Capodanno perché essa "non deriva dal calendario islamico, ma è figlia della tradizione cristiana".
I movimenti fondamentalisti promettono inoltre raid e azioni punitive contro chiunque organizzi feste o celebrazioni per l'ultima notte dell'anno. Al governatore di Aceh e al capo della polizia il compito di far applicare le norme islamiche, come il bando agli alcolici, l'esplosione di fuochi d'artificio e altre cose che non sono connaturate con la cultura musulmana
L'Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, è sempre più spesso teatro di attacchi o episodi di intolleranza contro le minoranze, siano essi cristiani, musulmani ahmadi o di altre fedi. Nella provincia di Aceh - unica nell'Arcipelago - vige la legge islamica (sharia), in seguito a un accordo di pace fra governo centrale e Movimento per la liberazione di Aceh (Gam), e in molte altre aree si fa sempre più radicale ed estrema la visione dell'islam fra i cittadini. Inoltre, alcune norme come il permesso di costruzione - il famigerato Imb - vengono sfruttate per impedire l'edificazione o mettere i sigilli a luoghi di culto, come è avvenuto nel West Java, contro la Yasmin Church.
I cattolici sono una piccola minoranza composta da circa sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione. Nella sola arcidiocesi di Jakarta, i fedeli raggiungono il 3,6% della popolazione. Essi sono una parte attiva nella società e contribuiscono allo sviluppo della nazione o all'opera di aiuti durante le emergenze, come avvenuto per in occasione della devastante alluvione del gennaio scorso. La Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità è vittima di episodi di violenze e abusi.

(AsiaNews, 24 dicembre 2013)


Nel messaggio di Natale, Abu Mazen definisce Gesù "messaggero palestinese"

L'intenzionale confusione fra espressione geografica e identità arabo-palestinese serve a negare la storia ebraica e delegittimare Israele
    Una moneta della serie "Judea Capta" con cui i Romani celebravano la vittoria nella "guerra giudaica" (66-70 e.v.). Gesù di Nazareth non si sarebbe mai definito "palestinese" in nessuna accezione di un termine che venne imposto dai Romani solo un secolo più tardi.
    In un suo messaggio di auguri per Natale diffuso lunedì via internet, il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha nuovamente definito Gesù di Nazareth "palestinese", nel contesto di una frase che implica l'esistenza di una persecuzione dei cristiani da parte dello stato ebraico d'Israele.
    Facendo riferimento a Gesù come a un "messaggero palestinese destinato a diventare un faro per milioni di persone", Abu Mazen ha affermato che "duemila anni dopo, noi palestinesi ci sforziamo di seguire il suo esempio mentre ci battiamo per la nostra libertà".
    Nel comunicato natalizio, Abu Mazen indica come obiettivo dei palestinesi "la fine dell'occupazione della Terra Santa" e fa riferimento a Gerusalemme come "la nostra capitale occupata".

    (Da: Times of Israel, Ha'aretz, YnetNews, 23.12.13)
 
Una moneta della serie "Judea Capta" con cui i Romani celebravano la vittoria nella "guerra giudaica" (66-70 e.v.). Gesù di Nazareth non si sarebbe mai definito "palestinese" in nessuna accezione di un termine che venne imposto dai Romani solo un secolo più tardi.
«Riferirsi sistematicamente al paese in questione col termine Palestina anziché col nome Terra d'Israele (Eretz Israel), o per lo meno con entrambi, veicola e rafforza l'idea che quella terra sia naturalmente e da sempre una Palestina sopra alla quale in un imprecisato momento successivo sia stato sovrimposto il concetto e il fatto Israele. Mentre - come sappiamo - è vero semmai il contrario. Non aiuta il fatto che gli studiosi antichisti abbiano adottato la consuetudine, pure in sede accademica, di parlare di Palestina anche in riferimento ai periodi che precedono il II secolo e.v. Così, ad esempio, si dice e si scrive che Gesù di Nazareth nacque e visse in Palestina il che, mutatis mutandis, suona un po' come dire che Giulio Cesare conquistò la Francia. Dopodiché non ci si può stupire se Gesù viene definito "palestinese", con un uso malizioso del termine giocato sul filo dell'equivoco fra palestinese nell'accezione di "nato in una terra che noi oggi convenzionalmente chiamiamo Palestina sebbene Gesù stesso non la conoscesse con questo nome", e palestinese nell'accezione di "abitante della Palestina di lingua e cultura araba, dopo la conquista islamica del VII secolo e.v.". Pare consumarsi qui un ennesimo esproprio semantico ai danni del patrimonio culturale ebraico».

(israele.net, 24 dicembre 2013)


Gesù Nazareno, di madre palestinese

Dal direttore di "Evangelici d'Italia per Israele" riceviamo:
    Nell'ultima trasmissione radiofonica su Radio 1 di domenica 22 dicembre per il Culto Evangelico, nella predicazione del pastore [valdese] Giuseppe Platone su Luca 1:46-55, riferendosi a Maria, madre di Gesù, la definisce donna ... palestinese.
    Ho già mandato una nota di protesta al direttore della trasmissione pastore [valdese] Luca Baratto (culto.radio@fcei.it) e vi invito a fare altrettanto.
    Ivan Basana
Di solito gli ebrei italiani quando parlano di cristiani pensano ai cattolici. Ogni tanto s'imbattono in quegli strani cristiani che sono gli evangelici, e magari vorrebbero capirne qualcosa di più. L'impresa è ardua, ve l'assicura uno che ci vive in mezzo da più di cinquant'anni. Ma per gli ebrei potrebbe anche essere una cosa interessante perché vi scoprirebbero inaspettate somiglianze, nel bene e nel male, con il loro mondo. Per esempio, il famoso detto "due ebrei, tre opinioni", potrebbe benissimo essere applicato - magari con qualche approssimazione numerica - agli evangelici. Se gli ebrei si distinguono in ortodossi, conservatori, riformati, con una pletora di sottodivisioni finemente sfumate, qualcosa di simile si può dire degli evangelici, che secondo linee teologiche grossolanamente abbozzate si possono articolare in riformati, calvinisti, dispensazionalisti, pentecostali, carismatici, fondamentalisti, liberali, e altre dizioni di nuovo conio non ancora familiari a chi scrive. Quindi attenzione: chi ascolta la trasmissione "Culto Evangelico" deve sapere che essa è in mano a una parte del mondo evangelico del tutto minoritaria, anche se con radici storiche di lunga data, come i Valdesi. E' una parte ben visibile e organizzata nella cosiddetta "Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia", nome alquanto improprio che dovrebbe essere modificato in "Federazione di Chiese Evangeliche in Italia", perché in essa le chiese evangeliche che vi appartengono o vi si riconoscono sono ben poche. Ma fanno parte del "Consiglio Ecumenico delle Chiese", che è una specie di Onu ecclesiastico che, come l'Onu, ha una vocazione universalistica e di conseguenza anti-israeliana. Ma che un pastore valdese arrivi a dire che Maria è una "donna palestinese" è qualcosa che stringe il cuore, non solo per lo sconsolante appiattimento politico, ma anche e soprattutto per l'uso che si fa del testo biblico. L'avvilimento è maggiore in chi sa che il pastore Platone e il pastore Baratto provengono da famiglie appartenenti in passato a un ambiente evangelico che aveva con la Bibbia un rapporto di fedeltà ben diverso e ben maggiore di quello che hanno oggi le attuali chiese valdesi. M.C.

(Notizie su Israele, 24 dicembre 2013)


L'intuizione e l'inchino della Bonino a Teheran

di Esmail Mohades

che bello...
Il regime confessionale al potere in Iran per la sua natura cammina su fragili zampe. Se una di queste viene a mancare, la pressione - per legge fisica - necessariamente si scarica sulle altre. Sin dalla nascita il regime teocratico - che non è figlio dei nostri tempi - per poter governare un popolo che vanta un'antica cultura come quello iraniano, ha dovuto basare la sua propria esistenza sulla guerra con l'Iraq e su una feroce repressione interna. Quando, ad esempio, nel 1988 dovette accettare la risoluzione 598 del Consiglio di sicurezza dell'Onu e firmare il cessate il fuoco con l'Iraq, per la sua sopravvivenza e bloccare la rabbia popolare contro una guerra catastrofica per la popolazione che il regime aveva voluto proseguire a tutti i costi, eliminò più di 30mila prigionieri politici in poche settimane. I democratici governanti occidentali non hanno battuto ciglia.
  Al regime islamico l'idea di produrre armi nucleari nacque proprio in quel periodo insieme al desiderio e alla necessità di costruire una sorta di unione sovietica islamica come condizione necessaria per la propria sopravvivenza. Solo espandendo la sua influenza negli Stati vicini con la creazione di regimi teocratici simili e con la minaccia nucleare, il regime iraniano avrebbe potuto ridurre all'obbedienza, con l'indottrinamento e con la repressione, la sua popolazione. Con la complicità dell'Occidente questo disegno è riuscito in parte in Iraq, Siria e Libano. Guardando alla feroce oppressione e all'altissimo numero di impiccagioni, che si sono intensificate dall'insediamento di Rouhani, e puntualmente denunciate da "Nessuno tocchi Caino" - associazione vicina ai Radicali italiani - si capisce come il regime non sia stato mai accettato dalla popolazione iraniana e per questo non si sia mai sentito stabile.
  Paradossalmente questa stabilità inesistente gli viene riconosciuta dai Paesi occidentali, ovviamente non senza un tornaconto. L'ultimo invaghito della dittatura teocratica è la ministra degli Esteri italiana che, con il velo obbligatorio sulla testa, nella sua visita a Teheran osanna le libertà delle donne iraniane. La ministra, presa dal timore che il suo viaggio possa essere percepito come una semplice formale visita politica, dichiara subito: "A Teheran ci sarà anche spazio per discutere di rapporti economici e commerciali soprattutto in vista di un alleggerimento delle sanzioni dopo l'accordo di Ginevra. L'auspicio è che quando l'intesa sarà in vigore, fra sei mesi, si aprano spazi per le imprese italiane nel settore dei metalli e della tecnologia. D'altronde l'Iran ha nell'Italia il suo primo sbocco commerciale fra i Paesi dell'Ue e il secondo esportatore europeo dopo la Germania, rimanendo comunque il primo partner commerciale in ambito europeo".
  Ma la ministra, con i suoi precedenti di paladina dei diritti, deve sapere che quel suo magari divertito foulard sul capo diventerà il bastone sulle teste di milioni di iraniane che rifiutano l'obbligatorietà del velo. A meno che non vogliamo dar credito a quelle dichiarazioni e quei reportage che dipingono le donne iraniane come le più libere del mondo, mentre non possono scegliere neanche come vestirsi o viaggiare senza il permesso di un uomo. Anche l'ex ministro degli Esteri D'Alema, in visita a Teheran prima della Bonino, s'era precipitato a precisare: "Le imprese italiane tradizionalmente attive in Iran sono pronte a impegnarsi di nuovo a rilanciare la propria presenza'". Queste visite erano state precedute da quella del viceministro Lapo Pistelli che, in ottimi rapporti da sempre con gli uomini del regime, s'è precipitato a Teheran non appena due giorni dopo l'insediamento di Rouhani a giuragli fedeltà.
  Tredici anni prima era stato il turno di un altro ministro degli Esteri, Lamberto Dini, che in Iran era di casa con le sue frequentissime visite e al di fuori dei protocolli; anch'egli inseguiva la solita intuizione italiana andando ad inchinarsi all'eclatante novità che all'epoca era Khatami. Proprio in quegli anni il regime massacrava gli studenti e galoppava verso la costruzione delle armi atomiche. Quindi l'intuizione italiana, di cui si vanta la Bonino, è datata e soprattutto infondata, lasciando solo trasparire del dilettantismo affaristico. Tutti quegli inchini - che neanche fanno parte della cultura persiana - con la testa coperta sono fuori luogo e sicuramente offensivi per le donne e gli uomini di dignità. La ministra italiana si compiace molto e si sorprende non poco di "aver trovato gli iraniani assai disponibili sulle questioni riguardanti i diritti umani mentre a quanto pare l'Italia potrebbe fornire assistenza giuridica all'Iran sulla Carta dei diritti del cittadino, un'iniziativa varata dal governo di Rouhani".
  La Bonino elogia la Carta di Rouhani - un derivato della Costituzione confessionale del regime islamico - che solo se ne accennasse in una riunione del suo partito, i suoi compagni radicali crederebbero che sia stata folgorata sulla via di Damasco (leggi Teheran). Nel suo ultimo viaggio Lamberto Dini rinfacciava all'Italia di imparare dal regime iraniano su come trattare le donne ed ora la ministra di origine Radicale trova affinità tra le sue vedute e lo Stato teocratico iraniano (il passo da gambero non è male!). Sulla situazione siriana la ministra ha idee ancora più chiare e risolutive, che applicate in Italia suonerebbero così: per risolvere il problema della mafia nominiamo Totò Riina a capo della polizia. Con buona pace della Bonino, il regime teocratico iraniano, da molti anni il primo della classe per il numero delle esecuzioni capitali in relazione alla sua popolazione - dati ufficiali di Nessuno tocchi Caino - non ha proprio la democrazia e i diritti naturali dell'uomo nelle sue corde, essendo la fonte del diritto non il popolo ma il veli-e faghi.
  Il rito delle elezioni non è incompatibile con l'assenza di libertà; il complesso sistema del velayat-e faqih sovrintende tutte le istituzioni che solo in apparenza possono vagamente assomigliare ad organismi democratici. La Repubblica islamica è l'antitesi della democrazia, mancando dei principi fondamentali quali la libertà di pensiero, di critica, di dissidenza, di partecipazione, di organizzazione sociale e politica oltre alla coincidenza tra Stato e religione. Spunteranno pure devoti analisti che dipingeranno il regime islamico come tra i più democratici al mondo, ma il foulard della Bonino rimane il documento inequivocabile che spiega tutto.

(L'Opinione, 24 dicembre 2013)


Iran: 32 esecuzioni in cinque giorni
   
Queste esecuzioni sono avvenute in concomitanza con la visita di alcuni membri del Parlamento Europeo in Iran.

  
L'ondata di esecuzioni in diverse città della nazione continua. Proprio dal 14 al 18 Dicembre, sono state pubblicate le notizie di 32 esecuzioni che hanno portato la media del numero delle esecuzioni ad oltre sei al giorno.
E ciò nonostante molte delle esecuzioni, che avvengono nelle prigioni del regime, vengano condotte in segreto e la notizia non trapeli mai. Due dei condannati erano minorenni al momento del loro arresto.
Nella prigione di Ghezel Hessar a Karaj otto prigionieri sono stati giustiziati collettivemente giovedi 18 Dicembre.
A Shiraz il 14 Dicembre, tre prigionieri sono stati impiccati nella prigione di Adel Abad. Secondo gli aguzzini della prigione, altri 39 prigionieri verranno giustiziati nei prossimi giorni. Nemat Parakandeh, un giovane detenuto, ha perso la capacità di parlare a causa dello shock subito dopo aver sentito la notizia ed una atmosfera di orrore ha sopraffatto i prigionieri.
A Rasht, dal 14 al 16 Dicembre sono stati impiccati quattro prigionieri.
Ad Urumiyah, in due gruppi di esecuzioni il 16 e il 18 Dicembre sono stati giustiziati sette prigionieri i cui nomi erano Payman Mohammadi, Mehdi Agir Kaffash, Hossein Aghazadeh, Qader Neikandish, Eraj Nassirei, Changiz Salehi e Ahad Shakouri. Eraj Nassirei aveva meno di quindici anni all'epoca del suo arresto.
A Tabriz, sono stati giustiziati quattro giovani detenuti il 18 Dicembre.
A Zahedan, dal 16 al 18 Dicembre sono stati giustiziati tre prigionieri. Quello giustiziato il 16 Dicembre aveva 24 anni e meno di 18 anni all'epoca del suo arresto. Gli altri due, Nasser Gomshadzehi e Mehdi Javanmard avevano rispettivamente 31 e 28 anni.
A Semnan, due prigionieri di 31 e 34 anni e a Qazvin uno di 46 anni, sono stati giustiziati rispettivamente il 17 e il 15 Dicembre.
Parvin Garavand, 52 anni, madre di Feraydoun Khanjari, si è suicidata il 18 Dicembre, tre giorni dopo l'esecuzione di suo figlio avvenuta nella prigione di Diesel Abad a Kermanshah e a causa del dolore provocatole da questa atrocità ha perso la vita.
Il ricorso ad un aumento del trend repressivo, in particolare dell'uso della pena di morte, da parte del disumano regime teocratico, è dovuto alla sua incapacità di contrastare le crescenti crisi interna ed internazionale e alla sua paura di rivolte del popolo iraniano che si trova a subire una grande pressione.
Queste esecuzioni, concomitanti alla visita di alcuni rappresentanti del Parlamento Europeo all'Iran dei mullah, è il benvenuto che questi hanno tributato a questo viaggio al quale si erano opposti la grande maggioranza del membri del Parlamento Europeo.
Il mortale silenzio di questi pochi rappresentanti riguardo alle barbare e sistematiche violazioni dei diritti umani in Iran e il loro stringere le mani degli assassini del popolo iraniano, non ha alcun significato se non quello di complicità in queste atrocità.

(Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 21 dicembre 2013)


Iran: la denuncia dell'opposizione: Rohani mente

Solo una marionetta al servizio della Guida Suprema e le esecuzioni proseguono

Il giorno dopo la prima visita di un ministro degli Esteri europeo e occidentale a Teheran da dieci anni a questa parte, quella di Emma Bonino, cui seguirà a breve quella del collega britannico, si levano dall'opposizione iraniana all'estero nuove voci di sospetto e denuncia sul regime in procinto di essere se non riabilitato, almeno sdoganato dalla comunità internazionale, con la ripresa del dialogo sul nucleare e la ventilata fine delle sanzioni economiche o almeno con una loro riduzione Al centro delle polemiche stavolta soprattutto la credibilità del presidente "del cambiamento", Rohani, accusato di non essere così moderato come vuole apparire e di proseguire, con altri mezzi, la campagna antisemita di Ahmadinejad.
   Sul sito No pasdaran, infatti, si afferma che: "Al contrario di quanto è stato scritto in Occidente, il Presidente Rohani non ha mai veramente riconosciuto la veridicità storica della Shoah, ma si è limitato a una vaga e generale condanna di tutti crimini commessi dai nazisti,anche quelli contro gli Ebrei. Hassan Rohani, parlando negli Stati Uniti, si premura però di aggiungere che, per quanto concerne le camere a gas, si trattadi un tema di responsabilità degli storici". Prova di questo doppio registro sarebbe, tra le altre, il "cinguettio" inviato dalla stessa Guida Suprema Ali Khamenei dal suo account su twitter il 16 dicembre, per ricordare la data della condanna al carcere dello scrittore negazionista Roger Garaudy, da lui incontrato in passato, e per ribadire il paragone tra sionisti e nazisti. C'è poi il triste capitolo delle esecuzioni - ogni anno l'Iran risulta ai primi posti nel mondo per numero di condanne a morte - che continua sottotraccia durante gli incontri distensivi e il riavviato dialogo con l'Europa. Spesso con il pretesto della lotta alla droga, ma in realtà usate come strumento di repressione e controllo politico. "Proprio dal 14 al 18 Dicembre - denunciano gli oppositori - sono state pubblicate le notizie di 32 condanne a morte in tutto il Paese, che hanno portato la media del numero delle esecuzioni a oltre sei al giorno. Tantissime, soprattutto considerando che molte vengono portate a termine in segreto e la notizia non trapela mai. Due dei condannati erano minorenni al momento del loro arresto".
   Esecuzioni collettive, suicidi sospetti, parenti disperati, quindicenni giustiziati senza sconto alcuno per la giovane età, l'elenco è lungo e testimonia la volontà di un controllo sempre più stretto su ogni forma di dissidenza. E infine, di nuovo, il rilancio delle accuse già formulate da Israele e dagli Usa sul ruolo dell'Iran nel sostegno fornito al presidente siriano Assad per eludere le sanzioni internazionali e l'embargo sui prodotti petroliferi e nel rifornimento delle famose e discusse armi chimiche. Saranno ascoltati nel momento in cui tutti vogliono credere all'Iran?

(La Stampa, 24 dicembre 2013)


Il governo israeliano indignato per lo spionaggio di Washington

Video
Israele chiede spiegazioni agli Stati Uniti dopo le ultime rivelazioni sulle attività della National Security Agency che, avrebbe spiato le email di alti funzionari israeliani, tra i quali l'ex premier Ehud Olmert e l'ex ministro della Difesa Ehud Barak.
Questo lunedi' si è espresso il premier Benjamin Netanyahu che ha definito la cosa come inaccettabile: "Circa le notizie apparse nei giorni scorsi le stiamo esaminando. Ci sono forti e buone relazioni con gli Stati Uniti, ma certe cose non sono accettabili da parte nostra".
Sono solo le ultime reazioni, in ordine di tempo, dopo le rivelazioni dell'esperto informatico Edward Snowden questo weekend. L'uomo, che starebbe trattando un asilo in Germania, ha consegnato ad alcuni media ulteerori prove di come gli americani abbiano spiato milioni di conversazioni in paesi come Germania, Inghilterra, Spagna o Francia. Oltre agli alleati sarebbero stati 60 i paesi controllati.
A far infuriare gli alleati il fatto che sarebbero state spiate anche le comunicazioni di aziende private.
Alcuni media europei parlano dunque di spionaggio industriale e non di protezione degli interessi americani. Un'accusa che Washington respinge spiegando che il controllo dei flussi finanziari è spesso necessario per comprendere il finanziamento illecito delle reti terroristiche.


(euronews, 23 dicembre 2013)


Il format israeliano 'Rising Star' anche in Portogallo nel 2014

di Francesco Marchesi

Nel 2014 anche il Portogallo avrà la sua versione del programma


Prosegue l'invasione degli schermi televisivi di tutto il mondo di Rising Star, il format israeliano della Keshet International che sembra promettere successi sia sul web che in termini di audience televisiva.
Nel 2014 anche il Portogallo avrà la sua versione del programma. E' la TVI che ha dato il via alla produzione del talent canoro che in Israele ha segnato un record di ascolti e che già USA, Brasile, Germania, Francia, Italia, Russia vogliono produrre per il loro mercato nazionale.
L'intero show è una diretta, che inizia con una audizione, dove oltre a 'soliti' quattro giudici, c'è la possibilità per il pubblico a casa di essere il quinto e fondamentale giudice. Grazie ad una app infatti è il pubblico seduto a casa che con il voto in diretta e palese - nel senso che chi vota vedrà la propria immagine presa da facebook apparire su di un muro di schermi televisivi nello studio televisivo - determina circa il 70% dell'esito del giudizio della performance, decidendo chi passerà o non passerà la selezione, chi andrà avanti e chi sarà eliminato.

(tvzoom, 23 dicembre 2013)


"Il 2014 per la dignità umana"

Il messaggio augurale del presidente Ucei

Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
    "Desidero rivolgere a tutti gli italiani i più fervidi e calorosi auguri per le festività che si andranno a celebrare.
    Auspico che il nuovo anno porti in dote un futuro migliore per le nostre famiglie e per le persone che abbiamo più care.
    Ciascuno di noi è chiamato a contribuire al bene comune mettendo al servizio della collettività le migliori energie fisiche e intellettuali con la consapevolezza che ogni individualità è parte di un tutto e che quel tutto rappresenta un sistema di valori irrinunciabile per chi crede nell'Italia democratica e plurale.
    Il mio auspicio, anche alla luce del crescente disagio sociale, è che sia soprattutto un 2014 all'insegna dell'Altro: l'Altro come valore, l'Altro come essere umano da rispettare nella sua dignità così da rendere le diversità fonti di ricchezza e non di conflitto".
(Notiziario Ucei, 23 dicembre 2013)


Se l'Italia diventa la porta dell'Iran

di Fiamma Nirenstein

la porta Europa dell'Iran
Onestamente, e con la convinzione che il ministro Emma Bonino, che è, per storia politica, pacifista, abbia gestito un ruolo di avanguardia per l'Italia nell'ondata di eccitazione che ha pervaso il mondo dopo il primo accordo fra l'Iran e i P5+1, vorrei suggerire un brivido profondo per tutti gli italiani quando un personaggio come il presidente iraniano Hassan Rohani dichiara che "l'Italia ha giuocato il ruolo di partner importante della Repubblica islamica ed è la nostra porta Europa". In realtà, se ci resta qualche senso della nostra storia, della nostra civiltà e anche dei nostri interessi strategici,deve riempirci di sgomento l'idea che la storia potrà giudicarci per avere aperto una porta tanto pericolosa, e che non basta la speranza che l'Iran intenda davvero rinunciare all'uso militare dell'arricchimento atomico, quando l'attuale accordo, della durata di sei mesi, è da tutti, compreso gli USA, visto come incerto e traballante rispetto a un rinnovo positivo. La questione iraniana non è soltanto quella atomica: siamo di fronte a un Paese problematico da ogni punto di vista, pericoloso per il genere umano perchè guidato da criteri integralisti e imperialisti. E' il maggiore esportatore di terrorismo su almeno tre continenti, fiancheggia e finanzia i peggiori assassini di Bashar Assad, è il burattinaio degli Hezbollah, un'organizzazione terrorista che combatte per Assad e agisce in tutto il mondo. L'Iran è un paese che da quando Rohani è presidente ha giustiziato 400 persone, che impicca gli omosessuali e perseguita dissidenti e donne. Rohani è il presidente che sfoltendo una lunga lista, il leader supremo Khamenei, il capo che ha appena chiamato Israele "un cane rabbioso da eliminare" e ha fatto scandire ai suoi "morte all'America" ha spinto avanti fino all'elezione. Dai tempi di Khomeini è uno dei più fedeli funzionari del regime. La stampa internazionale ha sempre amato definirlo un moderato. Rohani, quando nel 2003 l'Iran decise di nascondere lo sviluppo del nucleare e il missile Shahab 3 divenne operativo, era consigliere per la sicurezza nazionale. Ha dichiarato nel 2006: "Mentre parlavamo agli europei a Teheran, istallavamo parti degli impianti di Ishfahan". Non è forse giusto sospettare che stia facendo lo stesso mentre parla all'Italia?

(il Giornale, 23 dicembre 2013)


Il governo israeliano limiterà le transazioni in contanti

La Commissione Locker, istituita al fine di combattere il riciclaggio di denaro in Israele, ha previsto un nuovo tetto massimo per le transazioni in contanti. La norma, che per la prima volta includera' anche i privati, pone come limite massimo 5000 shekel. Secondo il quotidiano finanziario Calcalist la Commissione, istituita per volere del primo ministro Netanyahu per combattere l'economia sommersa del paese, ha consigliato di porre questo limite a qualsiasi transizione economica compresi assegni, bonifici bancari o pagamenti con carte di credito, con eccezioni come l'acquisto di automobili, in cui il tetto massimo sara' adattato agli attuali prezzi di mercato.
La legge attuale limita i pagamenti in contanti fino ai 20 mila shekel, ma la restrizione riguarda solo le transazioni tra imprese. La Commissione Locker intende invece applicare il nuovo limite anche alle operazioni tra soggetti privati. Il gruppo di studio dovrebbe inoltre presentare le sue raccomandazioni per istituire un quadro giurdico al fine di far rispettare i limiti imposti alle imprese e agli individui.

(Tribuna Economica, 23 dicembre 2013)


Oltremare - Il rosso
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

In Israele, il rosso non tiene. Provateci pure, le magliette scolorano, la bandiera non lo comprende, e i tramonti virano invariabilmente all'arancio acceso. Una specie di rifiuto intrinseco della tinta forte, o del colore primario.
Nel periodo in cui ho vissuto a Gerusalemme, il breve inverno nevoso di sei anni fa, proprio come quello corrente, la mia coinquilina israeliana lavorava fra Gerusalemme e Tel Aviv e si spostava in macchina. Oddìo, macchina: diciamo quattro ruote e un motore, incartati in una carrozzeria di dubbia forma e ancora più dubbio colore che doveva esser stato parente del rosso, in qualche momento dell'era moderna.
Un giorno mi raccontò che aveva scelto un'auto rossa (conferma: fu rosso) perché è un colore che in Israele per via del sole non si mantiene molto bene e quindi il concessionario le aveva fatto un forte sconto "cromatico". In effetti, soprattutto sul cofano, la macchina sembrava superstite di una tremenda varicella, o in alternativa vittima di un bambino sadico armato di pelapatate. Non c'era un centimetro quadrato dello stesso colore di quello accanto e le aree scrostate si estendevano a vista d'occhio.
Vorrei poter trarre un insegnamento o una morale forte, ma la verità è che quel che fa questi danni (al rosso ma anche ad altri colori) è davvero banalmente il sole. Forse però l'insegnamento è che in Israele vale ancora abbastanza la vecchia regola che se una cosa funziona la si usa finché proprio non cade in pezzi. Il consumismo para-americano, di cui tutti parlano come di una nuova piaga nazionale, si innesta comunque su di uno stile di vita che in partenza era talmente semplice e frugale, che dovrà fare ancora molta strada per arrivare ai livelli europei pre-crisi.
Nonostante ciò, c'è un tipo di "rosso" che proverbialmente non sbiadisce mai: quello dei conti in banca. Essere "in rosso" è la condizione normale dell'israeliano: vissuta con spirito e rassegnazione, come le scorticature del sole sul cofano dell'auto. Ihiè beseder - andrà tutto bene.

(Notiziario Ucei, 23 dicembre 2013)


La fine conoscenza di Hamas dell'economia

I palestinesi, si sa, con l'economia sono in confidenza. Ci sanno fare. Soltanto l'UNRWA, la mastodontica ed elefantiaca agenzia ONU che si occupa di quella truffa storica nota con il nome di "rifugiati palestinesi", in tutta la sua esistenza ha beneficiato di fondi pari a 25 volte gli aiuti finanziari ricevuti dagli europei dopo il Secondo Conflitto Mondiale, nell'ambito del Piano Marshall (in termini reali, s'intende). I parlamentari beneficiano di un gettone di presenza pari a 24 volte il reddito medio di un cittadino palestinese. Lo stesso Abu Mazen da' il buon esempio, ammassando una ricchezza sconsiderata, fra una missione all'estero e un incontro con l'adorante sindaco di Napoli. E ancora a Gaza riescono a farsi fornire benzina sussidiata, per alimentare le centrali elettriche, fra una crisi energetica e l'altra; autoprodotta, s'intende....

(Il Borghesino, 23 dicembre 2013)


La finanza che fa bene agli altri

di Gabriele Barbati

Il social è diventato davvero sociale in Israele, nello scorso aprile, con la vendita di Waze. La popolare applicazione di informazioni sul traffico aggiornate via cellulare dagli stessi automobilisti, sviluppata a Ra'anana e comprata da Google per circa un miliardo di dollari, ha fruttato 1,5 milioni per cinque associazioni caritatevoli israeliane. Il tutto grazie a Tmura (www.tmura.org), un fondo che raccoglie donazioni da parte di startup israeliane, sotto forma di stock option. Queste garantiscono, in caso di successo della startup e di conseguente vendita o quotazione in Borsa, il diritto per Tmura di liquidare la quota societaria su cui ha l'opzione, girandone poi il ricavato in beneficenza.
   Insomma non si chiede denaro a nessuno, eppure ne compare alla fine, e tanto. Sembra una magia e invece questa volta è la finanza a mettersi al servizio della società, con un uso sapiente del venture capital, il capitale che un investitore mette tipicamente in un'azienda appena nata, ma con grande potenziale di crescita, nella prospettiva di realizzare maggiori guadagni. In questo caso, tuttavia, il rischio non c'è. Sono le stesse startup, infatti, a devolvere una quota del proprio capitale, normalmente inferiore all'1 per cento. In questo modo, oltre a Waze, Tmura ha realizzato solo quest'anno ben tre colpi con Intucell, Soluto e PrimeSense, startup israeliane rilevate rispettivamente da Cisco, Asurion e Apple.
«In una decina d'anni, su 316 compagnie che ci hanno fatto donazioni, abbiamo avuto successo in 51 casi, raccogliendo in tutto 9,4 miliardi di dollari», spiega il direttore esecutivo di Tmura, Baruch Lipner. Ma anche quando l'idea o la tecnologia di una startup donatrice non decolla, assicura Lipner, il risultato è comunque positivo: «Il nostro obiettivo è diffondere il principio che il successo va condiviso con gli altri. È per questo che cerchiamo di lavorare con più imprese possibile, indipendentemente dalle loro probabilità di sfondare».
 
Yadin Kaufmann
   A importare il modello della filantropia finanziata dal mercato in Israele, un Paese dove nascono migliaia di startup ogni anno, è stato un imprenditore di lungo corso dell'hi-tech locale, Yadin Kaufmann. Era il 2002, subito dopo lo scoppio della bolla finanziaria di internet, e serviva ripartire con un'etica differente. L'ispirazione gli venne dalla culla della tecnologia, dalla Silicon Valley, dove da un paio d'anni la Enterpreneurs Foundation stava dimostrando che profitto e beneficenza non erano inversamente proporzionali.
   Anzi, a guardare attentamente, fare del bene alla società fa bene in fin dei conti anche a un'azienda. «Se tutti sanno che l'obiettivo è anche la beneficenza, oltre che fare soldi, si finisce per lavorare di più e meglio», dice Jacob Ner-David, amministratore delegato e co-fondatore di Zula (www.zulaapp.com), applicazione per il telelavoro creata un anno fa.
   Il segreto insomma è nella corporate responsibility, un principio di sostenibilità ormai diffuso nel mondo del business. «La consapevolezza che parte degli eventuali guadagni di una startup finiranno nel sociale aumenta le motivazioni degli impiegati, i fornitori ci mettono più attenzione e anche i clienti vogliono aiutare», spiega Eyal Gura, partner in Pitango (www.pitango.com), il maggiore fondo di venture capital in Israele. «Impegnarsi nel sociale accresce di cinque volte le probabilità di successo di una startup. Lo dimostrano i fatti. La percentuale di exit favorevoli da compagnie incluse nel portafoglio investimenti di Pitango - rivela Gura - neanche si avvicina a quella di Tmura».
   I soldi raccolti negli anni sono stati devoluti a un centinaio di organizzazioni partner di Tmura o individuate dallo stesso donatore. Nel caso di Waze, i proventi sono andati a tre associazione attive nell'assistenza e nell'educazione dei bambini (Chinuch L'Psagot, Krembo Wings e Tzeva), a un centro per le vittime di abusi sessuali (Tel Aviv sexual assault crisis center) e a una fondazione dedicata a una grave forma di autismo (Israeli Rett Syndrome Foundation). «Per noi 1,5 milioni di shekel (circa 300mila euro, ndr) sono un contributo importantissimo, vale un quarto del nostro budget annuale», dice Merav Boaz, vicedirettore di Krembo Wings (www.krembo.org.il), un movimento giovanile che mette insieme 2.400 tra giovani volontari, bambini e ragazzi diversamente abili o provenienti da famiglie disagiate: «Le attività educative e ricreative che organizziamo una volta alla settimana sono spesso la sola occasione per queste persone di socializzare. E il fatto di affidarle completamente ai ragazzi, che in questo modo si aiutano tra di loro, è un modello unico in Israele».
   Si potrebbe dire che l'eccellenza dell'hi-tech ha incontrato l'eccellenza del volontariato. Come continuerà il sodalizio nel 2014? Nel portafoglio di Tmura ci sono vari cavalli vincenti. A cominciare da Outbrain, una piattaforma per il marketing online.

(Il Sole 24 Ore, 23 dicembre 2013)


Mandela addestrato dal Mossad

Dopo le anticipazioni del quotidiano Haaretz, l'archivio di Stato di Israele rende pubblico il documento intitolato «La primula nera».

L'Archivio di Stato israeliano ha reso pubblico il documento che rivela l'addestramento di Nelson Mandela da parte del Mossad nel 1962 in Etiopia, poco prima del ritorno di Madiba in Sud Africa dove venne poi arrestato.
Il documento, intitolato "La primula nera", fu inviato da un ufficiale del Mossad al ministero degli esteri israeliano e dava conto dell'addestramento del giovane leader all'uso delle armi e della guerriglia.
Ma in quel momento il Mossad era all'oscuro della vera identità di Mandela che, invece, accertò solo quando questi, pochi mesi dopo, venne appunto incarcerato in Sud Africa.

(globalist, 23 dicembre 2013)


Caso Nsa - Israele: contro di noi attivita' illegittime

GERUSALEMME, 22 dic. - Israele chiede spiegazioni agli Stati Uniti dopo le ultime rivelazioni sulle attività della National Security Agency che, secondo i documenti resi pubblici dall'ex contractor Edward Snowden, in passato avrebbe spiato le email di alti funzionari israeliani, tra i quali l'ex premier Ehud Olmert e l'ex ministro della Difesa Ehud Barak. Si è trattato di una attività "illegittima", ha detto il ministro dell'Intelligence Yuval Steinitz parlando con la radio israeliana. "Non non spiamo il presidente degli Stati Uniti, la Casa Bianca o il segretario alla Difesa", ha aggiunto Steinitz, per il quale Israele e Stati Uniti dovrebbero siglare un accordo per "prevenire lo spionaggio reciproco".

(Adnkronos/dpa, 22 dicembre 2013)


Ordigno esplode su autobus a Tel Aviv

La bomba si trovava all'interno di una borsa. I passeggeri sono riusciti tutti a scendere prima dell'esplosione

  
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Torna la paura attentati in Israele, dopo che un ordigno è esploso a bordo di un autobus che transitava a Bat Yam, sobborgo situato nella parte meridionale di Tel Aviv, la capitale. Per fortuna, l'esplosione non ha provocato vittime e soltanto un ferito.
A informare i media su quanto accaduto è stato il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld. Stando a quanto riportato dalle autorità, l'esplosivo si trovava all'interno di una borsa; non appena le persone a bordo se ne sono accorte tutti i passeggeri sono stati fatti scendere dall'autobus. La bomba è poi esplosa mentre il personale della polizia stava facendo gli esami del caso.
Da parte della polizia di Tel Aviv nessun dubbio: si è trattato di un attentato terroristico; tesi che sarebbe confermata dal tipo di esplosivo utilizzato.
Il sito web Ynet ha ricostruito quanto accaduto, facendo riferimento al resoconto fatto dal portavoce della compagnia di trasporti Dan: l'ordigno è esploso, ha detto il portavoce, "mentre la polizia stava cercando di far allontanare gli spettatori". Nel corso dell'evacuazione e della successiva esplosione «una persona è stata ferita e trasportata in ospedale».
Prima di quello di oggi, l'ultimo attentato su un autobus in Israele risaliva a più di un anno fa: era infatti il novembre dell'anno scorso, nell'ultimo giorno della guerra con Gaza, quando un ordigno esplose sopra un pullman. In quel caso, il responsabile fu individuato in un cittadino arabo israeliano. Si attendono ora eventuali reazioni del governo israeliano a commento di quanto accaduto.

(Ultime Notizie Flash, 22 dicembre 2013)


Filarmonica di Vienna, i conti col passato

di Ada Treves

Per molti Capodanno è anche seguire il concerto dell'orchestra filarmonica di Vienna, una tradizione che si rinnova da più di settant'anni, forse il concerto di musica classica più seguito al mondo: viene trasmesso in settantacinque paesi e sono in milioni ad aspettarlo ogni anno. Si tratta di un'orchestra storica, fondata nel 1842 e considerata una delle migliori al mondo, che però da qualche anno combatte contro un'immagine offuscata dal suo passato. E ci sono voluti più di settant'anni perché si decidesse a ritirare le onorificenze con cui aveva nel 1942 reso omaggio a sei leader nazisti, fra cui Arthur Seyss-Inquart, governatore prima dell'Austria e poi dell'Olanda occupata dai nazisti e il suo successore Baldur Von Schirach, corresponsabile di circa 65mila deportazioni. Pochi sanno che il primo concerto di Capodanno si tenne il 31 dicembre del 1939 (venne spostato alla mattina del primo gennaio negli anni successivi) ed era patrocinato dalle autorità naziste, che lo consideravano uno strumento di propaganda. L'orchestra, al contrario di quella di Berlino che aveva solo nove membri su 117 iscritti al partito nazista, era decisamente politicizzata: gli iscritti erano inizialmente 45 su 117, per poi salire fino a circa la metà. E al momento dell'Anschluss, nel '38, i 13 musicisti ebrei vennero cacciati. Una sorta di storia ufficiale della famosissima formazione è stata pubblicata qualche anno fa, ma il libro è stato accusato di trascurare proprio i legami dell'orchestra col nazismo. E da allora ci sono state molte le pressioni perché si facesse chiarezza su una storia dai contorni molto poco chiari. L'episodio più controverso è certamente quello legato al centenario dell'orchestra, quando nel 1942 furono fatti alcuni anelli d'oro che vennero offerti ad alcune "importanti personalità". Ma negli scorsi giorni lo storico Oliver Rathkolb, docente di Storia contemporanea all'Università di Vienna, che ha lavorato con l'orchestra sulla documentazione del passato, ha confermato che durante la riunione annuale svoltasi a fine ottobre i membri dell'orchestra hanno votato unanimemente una revoca delle contestate onorificenze. Tra cui la Nicolai medal che doveva essere offerta a Hitler stesso, ma che non è chiaro se sia mai stata consegnata. Sono stati fatti molti passi avanti: dalle ricerche storiche che hanno permesso di ricostruire un, seppure incompleto, raccordo della storia della filarmonica, all'apertura degli archivi dell'orchestra. Una decisione dal grande valore simbolico, certo, ma per allontanare l'orchestra dal suo passato poco limpido è troppo tardi, forse anche troppo poco.

(Notiziario Ucei, 22 dicembre 2013)


Ugo Foà e la sua storia

Ricordo e testimonianza delle leggi razziali e della Shoah ad Acquapendente

Ugo Foà
ACQUAPENDENTE (VT) - Mercoledì 18 dicembre al Teatro Boni di Acquapendente, l'IISS Leonardo da Vinci ha organizzato per i suoi alunni un incontro importante e formativo con uno dei pochi testimoni rimasti delle persecuzioni Nazi-Fasciste e delle leggi razziali del 1938: il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma Ugo Foà.
L'incontro ha avuto inizio con il Professor Sergio Natali che ha presentato ai ragazzi l'illustre ospite e ha condotto una riflessione iniziale sull'importanza dell'argomento trattato che riguarda la più triste pagina della storia italiana. La parola è stata poi ceduta ad un alunno del quinto anno, Luca Ceccolungo, che ha presentato brevemente la situazione del nostro paese al momento dell'emanazione delle leggi razziali che avrebbero cambiato per sempre la storia di un popolo, dando inizio ad una sanguinosa persecuzione.
Ugo Foà ha raccontato ai ragazzi che nel 1938, ad appena dieci anni, mentre viveva a Napoli con la sua famiglia e si preparava ad affrontare il ginnasio con i suoi fratelli, furono varate le Leggi che gli avrebbero cambiato la vita per sempre, segnandolo indelebilmente nell'anima.
"Mi fu negato di andare a scuola e di vivere quindi una parte importante della mia infanzia, la mia prima reazione fu il pianto", ha detto ai ragazzi, non era infatti concesso a nessun ebreo frequentare le scuole pubbliche, né come insegnate, né come alunno. "A Napoli a quel tempo c'erano circa 300 ebrei, decisi di organizzarmi con un altro mio coetaneo e iniziammo a studiare a casa, al termine di ogni anno facevamo gli esami da privatisti. Al momento dell'appello, il mio nome era accompagnato dall'apostrofe 'di razza ebraica'. Non potevo sedermi dove volevo, dovevo sedermi in un banco da solo, in fondo all'aula, in disparte". Foà con le sue parole ha commosso e interessato l'intera platea di giovani, ha ricordato inoltre l'incontro con una professoressa, che al momento dell'esame con una pacca sulla spalla lo aveva incoraggiato e gli aveva dato forza e sostegno morale in un momento di sofferenza e privazione.
All'incontro ha partecipato anche Elena Servi, invitata dall'Istituto per l'occasione. La signora Servi, che nel 1938 aveva otto anni, era un'abitante della "Piccola Gerusalemme", così è chiamata la comunità Ebraica di Pitigliano (Gr), e come Foà era stata sottoposta alle Leggi Razziali.
I due ospiti hanno confrontato le proprie esperienze e lasciato un'indelebile impronta nella moralità dei ragazzi che al termine dell'incontro hanno potuto porgere domande: parlando di storia, delle posizioni della Chiesa riguardo la Shoah, di razzismo, di negazionismo e infine di tolleranza. Il messaggio che Foà ha voluto lanciare ai ragazzi alla fine dell'incontro è stato quello di essere tolleranti verso chi è diverso da noi, per cultura o religione, soprattutto in un momento storico come quello attuale, caratterizzato da una sempre crescente immigrazione verso l'Europa.

(OnTuscia, 22 dicembre 2013)


Morto Edgar Bronfman, ex presidente Congresso ebraico mondiale

BERN - Edgar Bronfman, presidente del Congresso ebraico mondiale (WJC) dal 1981 al 2007, è morto ieri nella sua abitazione di New York all'età di 84 anni. Ne dà notizia oggi il New York Times. Bronfman era conosciuto in Svizzera per il ruolo avuto nella vertenza sugli averi ebraici in giacenza.
Negli anni novanta il WJC si era impegnato per il versamento di un risarcimento da parte della Confederazione alle vittime dell'Olocausto e ai loro famigliari nella questione dei beni ebraici depositati in banche svizzere durante il regime nazista.
Bronfman era stato in prima linea nella vertenza che si era conclusa nel 1998 con un accordo tra le banche svizzere e le organizzazioni ebraiche che prevedeva il versamento complessivo di 1,25 miliardi di dollari.
Figlio di emigranti ebrei europei, Bronfman era nato a Montreal, in Canada nel 1929. Era direttore generale della società canadese di vini e liquori Seagram, ereditata dal padre.

(tio.ch, 22 dicembre 2013)


Obama ha spiato Israele e lo ha venduto all'Iran

Sinceramente la notizia che Obama, attraverso la NSA, spiasse anche Israele non ci sorprende più di tanto. Le nuove rivelazioni della talpa Snowden non fanno altro che confermare la fissazione del Presidente americano verso lo Stato Ebraico. Invece di spiare l'Iran, Obama preferisce spiare Israele.
A dire il vero le recenti rivelazioni pubblicate dal New York Times, The Guardian e Der Spiegel parlano di intercettazioni verso l'ex Primo Ministro israeliano Ehud Olmert e l'Ex Ministro della Difesa Ehud Barak e non fanno cenno a intercettazioni verso Netanyahu, tuttavia è più che plausibile che anche l'attuale premier israeliano sia stato intercettato. Bisognerà aspettare il nuovo e ben più vasto database in mano a Snowden per averne le prove. Tra gli obbiettivi della NSA ci sono anche diverse ambasciate israeliane....

(Right Reporters, 21 dicembre 2013)


È allarme: l'antisemitismo è planetario

di Alessandra Farkas

La vera globalizzazione del XXI secolo è l'odio per gli ebrei. Lo denuncia Daniel Goldhagen nel suo ultimo libro.

NEW YORK - "Dopo un periodo di calma apparente, il diavolo è riapparso tra noi. Ha mostrato ancora una volta i suoi muscoli e sta braccando l'umanità con più persuasione, più vigore e più seguaci di sempre. Questo diavolo è l'antisemitismo". Daniel Goldhagen, autore di best-seller quali I volenterosi carnefici di Hitler e Una questione morale: la Chiesa cattolica e l'Olocausto, torna in libreria con The Devil That Never Dies (Little, Brown and Company) dove afferma che l'antisemitismo oggi è drammaticamente più pericoloso del passato "perché globale, politico ed eliminazionista".
"I tabù antisemiti post-Olocausto sono andati in frantumi con la fine della Guerra Fredda che ha riconfigurato il panorama sociale e politico mondiale", racconta l'autore a Shalom. "Vecchi fantasmi rimasti sopiti durante il comunismo sono stati riesumati. L'avvento delle tecnologie digitali e dei social media ne ha amplificato la diffusione con una capillarità un tempo impensabile. Allo stesso tempo, l'Occidente ha iniziato a dare ascolto ai deliri dei leader arabi e islamici".

- Che cosa l'ha stupita di più nella sua ricerca?
"Secondo un sondaggio, è antisemita il 50% dei brasiliani, il 43% dei nigeriani e il 55% dei cinesi: tutti paesi con comunità ebraiche esigue o addirittura inesistenti. In Europa, dove gli ebrei costituiscono l'1% o meno della popolazione e dove milioni di ebrei sono stati trucidati e cacciati, è antisemita oltre la metà degli abitanti".

- Lei scrive che gli islamisti sono più efferati di Hitler.
"Gli islamisti politici arringano le folle con un'oratoria violenta e raccapricciante, tipica degli sterminatori di popoli. Che sia un sermone tv o un comizio online, il desiderio è sempre lo stesso: uccidere gli ebrei e annientare Israele. I nazisti erano altrettanto spietati per intenti e azioni ma più guardinghi nei loro discorsi pubblici".

- Nel libro cita più volte il leader di Hamas Khaled Mesh'al.
"Nel 2006, poco dopo la vittoria di Hamas a Gaza, Mesh'al tenne un discorso nella Moschea degli Omayyadi a Damasco. Dinanzi alle telecamere di Al Jazeera che lo catapultarono nelle case del mondo intero, affermò che l'obiettivo di Hamas era distruggere Israele. Quando i fedeli adunati risposero intonando lo slogan 'A morte Israele, a morte gli Usa', precisò che lo sterminio non era una punizione sufficiente. Era prima necessario mortificare Israele e far perdere occhi e cervello agli ebrei".

- Come spiega il boom dell'antisemitismo nel Nord Europa?
"Nessun paese europeo è immune al contagio per almeno due motivi. Il primo è la crescente presenza di immigrati di origine islamica, alcuni dei quali responsabili delle violenze contro gli ebrei europei. In secondo luogo, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, i movimenti politici progressisti, soprattutto nei paesi scandinavi, sono andati in cerca di una nuova causa che mobilitasse le masse, trovandola nella demonizzazione di Israele e nel massiccio sostegno ai palestinesi".

- Gli Stati Uniti sono immuni a questo cancro?
"No, però in America esso affligge una percentuale di popolazione assai ridotta, anche perché gli ebrei sono parte integrante della società Usa. La sfera pubblica qui non è avvelenata dalla tesi condivisa dalla maggioranza degli europei secondo cui gli ebrei d'Israele sono i nazisti di oggi, perpetratori dello sterminio dei palestinesi. Non c'è nulla di male nel criticare la politica del governo di Gerusalemme, ma è criminale affermare, come molti fanno, che gli ebrei sono l'unico popolo al mondo a non aver diritto a uno Stato".

- Le Nazioni Unite hanno delle colpe?
"Quando il Sudan sterminava la popolazione in Darfur, l'Onu censurava Israele sei volte più dello stato africano e tre volte più di tutti gli altri brutali regimi islamici messi insieme: dittature nefaste e assassine che, con la primavera araba e i suoi tragici risvolti, hanno mostrato il loro vero volto. L'Onu ha sostenuto regimi criminali del Medio Oriente e ha legittimato, spacciandoli per politiche anti-Israele, virulenti attacchi antisemiti contro l'unica democrazia della regione".

- Papa Francesco può aiutare a combattere il nuovo antisemitismo?
"La chiesa ha il dovere morale di intervenire. L'aver definito l'antisemitismo come un 'peccato' non è bastato, come dimostra Giulio Meotti nel suo nuovo libro The Vatican Against Israel. Il Pontefice, i vescovi e i preti devono parlare al loro gregge e spiegare che i pregiudizi contro gli ebrei e Israele non hanno fondamenta. Non dimentichiamo che ancora oggi circa 100 milioni di europei continuano a considerare gli ebrei responsabili della morte di Gesù".

- Qual è il paese oggi più pericoloso per un ebreo?
"E' il caso di chiedere quale non lo sia. In Europa e America Latina le istituzioni ebraiche sono blindate, gli ebrei nascondono in pubblico la propria identità ed evitano di manifestare il proprio sostegno a Israele per paura di ritorsioni. Sono sempre di più coloro che scappano o pensano di andar via. Persino in Canada imperversa l'intolleranza e i paesi arabi e islamici sono praticamente Judenrein. L'eccezione, oggi, sono gli Stati Uniti".

(Shalom, dicembre 2013)


Shoah: le indicazioni della Provincia Trento per il progetto educativo

A cura di Gianluca Teobaldo

TRENTO, 20 dic 2013 - Un progetto educativo sulla Seconda guerra mondiale e la Shoah, rivolto a 450 giovani del Trentino, che si articolerà in una serie di incontri di formazione, con esperti, in diverse località della provincia, un viaggio in Polonia, che toccherà anche Auschwitz, e una nuova serie di incontri sul territorio al termine dell'esperienza, per rielaborare e "restituire" quanto appreso e quanto vissuto in prima persona.
Questo il progetto sostenuto anche quest'anno dalla Provincia autonoma, attraverso l'Agenzia per la famiglia e il Fondo per le politiche giovanili, per il quale è stata avviata oggi una procedura di confronto concorrenziale, al fine di individuare il soggetto più idoneo alla sua organizzazione e gestione. L'impegno di spesa è di 148.500 euro. Il progetto impegnerà il soggetto organizzatore per sette mesi.
La memoria della Seconda guerra mondiale e della Shoah sono al centro del progetto educativo che, sulla scorta di analoghe esperienze già maturate sul territorio, coinvolgerà, nel 2014, 415 giovani trentini e 35 giovani educatori.
Il percorso prevede un'attività di formazione iniziale, articolata in quattro incontri con altrettanti testimoni ed esperti dei temi trattati. Seguirà un viaggio in Polonia, un "treno della memoria" che porterà i giovani trentini a Cracovia, dove verranno visitate fra l'altro il quartiere ebraico e la fabbrica di Schindler, e i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau. Il viaggio si svolgerà indicativamente a marzo e durerà una settimana.
Al ritorno, come è tradizione in questo tipo di esperienze, la "restituzione" al territorio, ovvero una nuova serie di incontri durante i quali i partecipanti al progetto trasmetteranno alla popolazione quanto hanno appreso e quanto hanno anche sperimentato in prima persona: impressioni ed emozioni che un viaggio come questo, nel cuore delle lacerazioni prodotte dalla storia nel XX secolo, non potrà non avere generato in quanti vi hanno preso parte.
Con la decisione di oggi la Provincia, su proposta dell'assessore alle politiche giovanili Sara Ferrari, ha dato il via libera ad una trattativa privata per l'affidamento dell'organizzazione del progetto attraverso un confronto concorrenziale. La scelta del contraente avverrà con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

(infoOggi, 20 dicembre 2013)


"Brunetta venga al Memoriale"

Il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e vicepresidente Fondazione Memoriale della Shoah di Milano Roberto Jarach ha rivolto a Renato Brunetta il seguente messaggio:

Egr. Onorevole Brunetta,
le scrivo nella veste di Vicepresidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano ONLUS in relazione alla sua dichiarazione alla stampa sugli emendamenti alla Legge di Stabilità. Credo che le reazioni del Presidente UCEI Gattegna e della Comunità Ebraica di Milano le abbiano già fatto comprendere che l'aver inserito il Memoriale tra quei finanziamenti che Lei ha definito "marchette", ha toccato molte persone che da anni dedicano tempo, intelligenza ed energie, per vedere completare un'opera che diventerà un patrimonio della Città di Milano e un importante centro di ricerca storica e formazione delle coscienze dei giovani. Personalmente sono portato a considerare questo inserimento frutto di una insufficiente attenzione ai contenuti dell'elenco dei destinatari dei fondi e, forse, alla non conoscenza da parte Sua del progetto. Sarei quindi molto lieto se lei volesse accettare l'invito a visitare il Memoriale, che già da questo mese è visitato da numerose scolaresche, per rendersi conto della sua valenza di salvaguardia della Memoria e di strumento formativo. Attendo fiducioso un suo cortese accoglimento dell'invito appena passate le prossime festività, per le quali le formulo i miei più sinceri auguri.
Roberto Jarach
Vicepresidente Fondazione Memoriale della Shoah di Milano
Vicepresidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

(Notiziario Ucei, 20 dicembre 2013)


Quotidiano israeliano dedica una pagina intera alla città di Salerno

Secondo la traduzione pervenuta in redazione per tramite dell'ambasciata italiana a Tel Aviv, il quotidiano israeliano cita Salerno come culla della prima Facoltà di Medicina del mondo e come centro culturale, accademico ed artistico che nel Seicento attirava molti intellettuali. Dell'odierna Salerno, invece, è un misto di antico e nuovo, innovazione e tradizione.

TRADUZIONE DELL'ARTICOLO

"Sorpresa in Campania”

di Daniel Bettini
L'autore è stato ospite di Alitalia e della Camera di Commercio di Salerno


 
Questa foto è una pagina di giornale relativa ad un articolo interamente dedicato alla città di Salerno pubblicato, il 9 dicembre scorso, sul principale quotidiano Israeliano, lo Yedioth Ahronot. Il testo dell'articolo è lusinghiero verso Salerno ed è stato scritto dal caporedattore esteri del giornale, Daniel Bettini, di chiare origini italiane.
L'Italia per me è casa, anima e spirito. Sono nato in Svizzera, ma il mio defunto padre era italiano ed abbiamo parenti in Italia. Pertanto, quando il Direttore di Alitalia in Israele, Aldo D'Elia, mi ha invitato a venire con lui e con un gruppo di operatori turistici nella sua città natale, Salerno, non potevo rifiutare, e le mie aspettative erano al cielo. Salerno, ubicata nella Regione Campania nel sud-ovest del Paese, è una città di circa 150.000 abitanti situata nel Golfo di Salerno sul Mare Tirreno, e separa la tanto celebre Costiera dal Cilento più a sud. Paragonata alla Costiera Amalfitana, di cui le città di Amalfi, Positano, Ravello e Sorrento sono considerate l'apice del turismo di lusso - la costa del Cilento è molto meno nota, ma non meno stupefacente.
   Il viaggio comincia con un volo per Roma ed una coincidenza molto funzionale per Napoli, capoluogo della Campania. Il volo è cortissimo - a malapena l'aereo fa in tempo di decollare che già è in fase d'atterraggio - ma risparmia tempo e snervamento negli ingorghi. Mezz'ora di macchina ci porta al punto di partenza della gita: l'incantevole Vietri sul Mare, nei pressi di Salerno, nella punta della Costiera Amalfitana.
   A Vietri ci sono molte fabbriche di ceramica di primissima qualità. Una che vale la pena di visitare è Solimene, una delle prime aziende del mondo in questo campo. I proprietari sono fieri di raccontare che i coniugi Yitzhak e Lea Rabin erano tra i loro clienti abituali, e vi compravano piatti e ciotole. Salerno in sé si scopre come una lucente perla italiana. La sera gli abitanti affluiscono sul lungomare per sorbire l'aria di mare e l'atmosfera natalizia del centro, già illuminato per le feste.
   A Salerno fu fondata nel Cinquecento la prima Facoltà di Medicina del mondo e, nel Seicento, la città divenne un centro culturale, accademico ed artistico che attirava molti intellettuali. Questa ricchezza storica è ben evidente. L'odierna Salerno è un misto di antico e nuovo, innovazione e tradizione.
   È bello recarsi a visitare il medievale Castello di Arecchi, che domina la città e tutto il golfo da un'altitudine di 300 metri, e da lì proseguire per il museo archeologico. Strada facendo, potrete gustare il miglior caffè del mondo, il gelato artigianale in una delle gelaterie di quartiere, e la sera non lasciatevi sfuggire una gustosa cena all'Osteria di Nonna Maria.
   Ad affiancare i piatti forti della cucina italiana - pasta fresca, pesce e frutti di mare, olio d'oliva e vino - c'è la stella di Salerno e di tutto il Cilento: la locale favolosa mozzarella di bufala. Morbida e fresca, questa mozzarella viene servita quasi ad ogni pasto - prima colazione, pranzo e cena - di solito con olio d'oliva, pomodori e basilico. E si può anche gustare il Provolone, campano d'origine.
   Con mezz'ora di macchina lungo la costa verso sud si arriva a Paestum, i cui tesori archeologici non sono noti agli israeliani. L'acropoli di Atene? Ripensateci. A Paestum esiste il maggior numero di templi greci conservati nel mondo. Il viaggio lungo la costa, con una macchina che potrete noleggiare a Napoli o a Salerno, vi assicura un'esperienza da brivido. Le strade, quelle lungo la costa e quelle che vanno su per i colli, sono strette e tortuose.
   Dopo Paestum conviene visitare Agropoli, una città incantevole con monasteri e chiese importanti, viste mozzafiato ed una spiaggia che è tra le più amate della zona. Ad Agropoli ci sono una stazione ferroviaria molto comoda ed un porto con traghetti per Salerno, Napoli, Ischia e Capri.
   Di seguito, a 65 km a sud di Salerno, si trova la cittadina di Castellabate, ubicata in cima alla montagna a centinaia di metri sopra il livello del mare. Il viaggio lento e serpeggiante in su e la vista mozzafiato dal centro verso l'omonimo golfo fanno della visita un'esperienza unica. La cittadina ha anche accesso ad una spiaggia tutta sua, Santa Maria. Le spiagge e l'acqua del mare da queste parti sono tra le più pulite in tutta Italia, e gli abitanti ne sono molto fieri.
   Un altro po' di strada verso sud e ci troviamo a Palinuro. Per arrivarci si passa per Acciaroli e Ascea, i cui abitanti sono per lo più pescatori. Poco sorprende, quindi, che vi abbiamo gustato piatti di pesce e frutti di mare tra i miglio del mondo. La costa a sud di Salerno non ha il marchio di lusso che ha fatto diventare la Costiera Amalfitana una mecca per i ricchi ed i famosi. Ma proprio questo è il segreto del suo fascino.

(SalernoNotizie, 20 dicembre 2013)


Sarà costruito a Salonicco un Museo dell'Olocausto

Furono quarantaseimila gli ebrei deportati durante seconda guerra mondiale

ATENE, 20 dic - Nella città di Salonicco (Grecia settentrionale), dalla quale durante la seconda guerra mondiale i nazisti deportarono nei campi di concentramento circa 46.000 ebrei greci che vi risiedevano, sarà costruito un Museo dell'Olocausto dedicato alla loro memoria.
Lo ha annunciato oggi, come riferiscono i media locali, il sindaco di Salonicco, Yiannis Boutaris, secondo cui in questo modo "la nostrà città compirà il proprio dovere nei confronti della Storia". A causa della foltà comunità ebraica che vi abitava prima del secondo conflitto mondiale (circa 50.000 persone), Salonicco era nota come "la Gerusalemme dei Balcani".
La costruzione del Museo sarà avviata nel 2020 e l'edificio sorgerà su un'estensione di un ettaro proprio dove in passato si trovava la vecchia stazione ferroviaria da cui, a cominciare dal 15 marzo 1943, partirono i treni carichi di ebrei diretti ai campi di concentramento in Polonia.
L'annuncio della costruzione del Museo dell'Olocausto a Salonicco arriva in un momento in cui in Grecia sta aumentando la preoccupazione delle forze politiche dell'arco democratico per la crescente popolarità del partito filo-nazista Chrysi Avgì (Alba Dorata) che alle politiche dell'anno scorso si aggiudicò 18 deputati in Parlamento e a tutt'oggi nei sondaggi è il terzo partito del Paese.
Nei confronti di Alba Dorata la magistratura greca ha di recente aperto un'inchiesta dopo l'uccisione del rapper antifascista Pavlos Fyssas, 36 anni, avvenuta ad Atene il 18 settembre scorso per mano di Georgios Roupakias, militante del partito reo confesso. Nell'ambito di tale inchiesta, a otto deputati di Alba Dorata è stata revocata l'immunità e tre di essi - fra cui il fondatore e leader del gruppo Nikos Michaloliakos - sono detenuti in attesa di processo con l'accusa di appartenenza a banda criminale.

(ANSAmed, 21 dicembre 2013)


Rosh Pina in Israele e San Casciano Val di Pesa comuni gemelli

GERUSALEMME, 20 dic - Da oggi Rosh Pina - nel nord di Israele - e il comune toscano di San Casciano Val di Pesa sono gemellati: la cerimonia si e' svolta oggi nella citta' israeliana alla presenza dei due rispettivi sindaci, Avihud Rasky e Massimiliano Pescini.
L'iniziativa - sostenuta sin dall'inizio dall'ambasciata italiana in Israele, rappresentata oggi dall'Incaricato d'Affari Gianluigi Vassallo - segue una visita in Israele nel 2011 da parte di una delegazione guidata da Pescini e consolida il connubio tra il Comune italiano, noto per gli agriturismi nell'area, e il centro israeliano piu' attivo nel settore. Il gemellaggio segna anche la collaborazione tra le due nazioni in questo settore, confermata dal fatto che l'Italia si e' aggiudicata il 'twinning Ue' in Israele sulla diversificazione rurale (agriturismi) e dal sostegno ad Israele per l'elaborazione di una nuova legislazione favorevole allo sviluppo degli agriturismi in linea con quella europea.

(ANSAmed, 20 dicembre 2013)


Mandela fu addestrato dal Mossad

GERUSALEMME - Nelson Mandela fu addestrato all'uso delle armi e al sabotaggio dal Mossad nel 1962, pochi mesi prima che fosse arrestato in Sud Africa. Lo rivela, in esclusiva, il quotidiano Haaretz che cita un documento dell'Archivio di stato israeliano classificato come 'Top secret'. Nel corso dell'addestramento - il documento dice che avvenne in Etiopia - Mandela mostro' interesse ai metodi dell'Haganah, l'esercito clandestino pre stato ebraico, e fu giudicato dal Mossad ''tendente'' al comunismo.

(ANSA, 20 dicembre 2013)


I nuovi sei milioni di ebrei

Più che ai modellini di Birkenau, si pensi al nuovo antisemitismo

L'inutile polemica fra Renato Brunetta e la comunità ebraica sul memoriale della Shoah a Milano è un "classico dell'antisemitismo del passato", come è stato definito dagli storici. Poi c'è "l'antisemitismo fattivo", l'odio politico, morale e religioso per gli ebrei vivi, la Shoah che lancia riverberi agghiaccianti sul presente. A Gaza, Hamas ha cancellato letteralmente lo stato ebraico dai suoi libri di testo scolastici. La Torah e il Talmud vengono definiti come "falsi" e Israele come un usurpatore da annientare. Tutta la storia ebraica viene bollata come un "mito", una cospirazione, una impostura che crollerà assieme alle linee di difesa dell'esercito israeliano. Attraversiamo una fase molto critica per la sopravvivenza dello stato ebraico, mentre si avvertono i segni di una ripresa fulminante dell'antisemitismo in Europa occidentale, nelle sue capitali, università e redazioni dei giornali. Non c'è più l'indifferenza morale della cosiddetta società civile. Ma c'è qualcosa di più. Si tratta della deformazione ideologica della verità in tempo e in tema di guerra e di pace, con la fatale separazione fra ebrei e Israele su cui giocano gli ayatollah. Questi ultimi costruiscono l'assedio a Israele e a quel che resta della diaspora europea tramite un movimento molto più robusto e ampio di quanto non sembri: il fronte della menzogna. E' questo che ci dice la decisione di Hamas sui libri di scuola. Su questo dovrebbero riflettere e scaldarsi i nostri custodi della memoria. Perché la retorica pseudoeducativa sull'antisemitismo è spesso evocata per impedire, proibire, riconoscere la realtà attuale, di chiamare le cose con il loro nome. Mentre tutta la nostra vigilanza morale veglia sui sei milioni di ebrei morti, esponiamo i sei milioni di ebrei vivi alla violenza genocida. La Birkenau virtuale, museale e di plastica che stanno riproducendo nel cuore di Roma serve a poco. C'è quella vera, a Oswiecim, per chi volesse comprendere, con tanto di camere a gas diroccate. Occupiamoci, invece, della Birkenau nucleare che l'Iran e i suoi sodali vogliono costruire in medio oriente e dei rimpalli schiamazzanti dell'antigiudaismo nel nostro tempo.

(Il Foglio, 20 dicembre 2013)


La burocrazia tedesca e gli ebrei

Si riconsegnano i quadri sottratti (fa pubblicità) ma in altre vertenze si usa il freno.

di Roberto Giardina

 
Negli anni 1870 i fratelli ebrei-tedeschi Maximilian e Albert Sabersky acquistarono il podere Seehof in Teltow e vi fecero costruire questo bell'edificio in stile italiano. Dopo il 1933 i loro eredi furono costretti a cedere la proprietà al comune di Teltow. Dal 1990 è in corso un'interminabile contesa legale con le autorità tedesche sulla restituzione del bene alla famiglia dei proprietari originari.
BERLINO - Hanno fatto sensazione la scoperta e il sequestro di 1.280 capolavori del Ventesimo secolo a casa di un anziano signore a Monaco. Cornelius Gurlitt, 80 anni, è il figlio di un grande esperto e mercante d'arte nella Germania nazista. Il padre si era appropriato con pochi marchi delle opere di proprietà di famiglie ebree costrette alla fuga o finite nei forni crematori? E dei quadri dei musei tedeschi condannati da Hitler come arte degenerata? Probabile, ma difficile da dimostrare, e il procuratore ha già deciso di cominciare a restituire almeno 300 tele a Herr Gurlitt.
   Suo padre non comprò sempre in modo illegale, e provare un acquisto illecito oggi non è facile. Comunque, prima o poi, la collezione tornerà allo stato tedesco, perché Gurlitt non ha eredi, e non pensa di alienare i capolavori.
   Ma la burocrazia tedesca non è sempre così attenta nel rendere giustizia alle vittime del III Reich, come denuncia lo Spiegel nel suo ultimo numero: Die Schande von Teltow, è il titolo dell'articolo, la vergogna di Teltow, zona alla periferia di Berlino. Da 22 anni gli eredi della famiglia Sabersky si battono invano per riavere un vastissimo terreno edificabile, che furono costretti a svendere prima di fuggire all'estero. Accertare i loro diritti dovrebbe essere molto più semplice che trovare i legittimi proprietari di un quadro, anzi la situazione giuridica sembra evidente, ma la zona, in totale oltre mille appezzamenti edificabili su 84 ettari, ha un enorme valore e l'amministrazione pubblica è decisa a non perderne il controllo.
   I Sabersky sono ebrei ed erano una delle famiglie più note e abbienti nella Germania tra le due guerre. Oltre a proprietà terriere, possedevano partecipazioni nelle principali industrie dell'epoca, e anche nell'azienda elettrica della metropoli. Fin dai primi mesi dopo la presa di potere di Hitler, nel 1933, è vietato ai Sabersky esercitare le loro attività imprenditoriali, e sono costretti a cedere i terreni alla cittadina di Teltow, che oggi dipende da Potsdam, la capitale del Brandeburgo, il Land che circonda Berlino.
   I Sabersky riescono a fuggire in tempo e emigrano negli Stati Uniti. Con la divisione della Germania, dopo la guerra, i loro terreni finiscono a ridosso del «muro», ma dalla parte sbagliata, nella Ddr: Gli eredi si rassegnano. Con la riunificazione, nel 1991, possono tornare a far valere i loro diritti. Peter Sonnenthal, nipote di un Sabersky berlinese, all'epoca 37 anni, è uno dei più noti avvocati americani, e decide di chiedere, a nome della famiglia, la restituzione dei beni. «Ma ho sottovalutato la burocrazia e la giustizia tedesca», denuncia. Si è dovuto trasferire a Berlino, e da 22 anni si batte contro cavilli assurdi: «Vengono negati fatti storici, il diritto è violato, e si dà ragione ai nazisti di Teltow contro le loro vittime».
   Due giudici di Potsdam, sempre gli stessi da 16 anni, giocano tra loro per perdere tempo, annullando quel che decide uno per fare il contrario, e prolungare la vertenza all'infinito. Con motivazioni a volte assurde: in questi anni nella zona sono cresciuti alberi che non si possono abbattere, ma la fascia intorno al muro era di fatto abbandonata. Oppure si pretende che la zona sia edificabile purché si rispettino le regole edilizie del III Reich. Robert Unger, l'avvocato berlinese che assiste i Sabersky, denuncia: «Asserire che questa famiglia ebrea vendette le sue proprietà ai nazisti di propria volontà è assurdo e grottesco. È una vergogna». La città di Teltow in una lapide ricorda «i concittadini ebrei vittime dei nazisti», ma i soldi sono un'altra cosa. Oggi la metropoli si è estesa e quei terreni valgono miliardi di euro.

(ItaliaOggi, 20 dicembre 2013)


Oracolo, parola dell'Eterno, riguardo a Israele.
Parola dell'Eterno che ha disteso i cieli e fondata la terra, e che ha formato lo spirito dell'uomo dentro di lui: Ecco, io farò di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli all'intorno; e questo concernerà anche Giuda, quando si cingerà d'assedio Gerusalemme. In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti, e tutte le nazioni della terra s'aduneranno contro di lei. In quel giorno, dice l'Eterno, io colpirò di terrore tutti i cavalli e di pazzia quelli che li montano; io aprirò i miei occhi sulla casa di Giuda, ma colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli. E i capi di Giuda diranno in cuor loro: 'Gli abitanti di Gerusalemme sono la mia forza nell'Eterno degli eserciti, loro Dio'.
Zaccaria 12:1-5







 

Shimon Peres: la Cina, paese delle opportunità e della speranza per il mondo intero

Il 19 dicembre a Gerusalemme, il presidente israeliano Shimon Peres ha affermato durante un incontro con il ministro degli Esteri cinese WangYi, che la Cina non è una minaccia, al contrario è un paese di opportunità e speranza per il mondo.
Egli ha riferito che la parte israeliana ammira molto la Cina per il gigantesco sviluppo economico e sociale ottenuto tramite i propri sforzi, e apprezza l'amministrazione dello Stato del nuovo governo della Cina, ritenendo che la parte cinese non sia una minaccia, ma al contrario un paese di opportunità e speranza per il mondo. Inoltre lo sviluppo vigoroso della cooperazione tra i due paesi in vari settori come l'economia e il commercio, la scienza e la tecnologia, l'educazione, la cultura, il turismo ecc., ottenerà risultati ancora più fruttuosi in futuro. In questa occasione, WangYi ha anche apprezzato gli sforzi di Peres, di lungo termine, per promuovere positivamente lo sviluppo delle relazioni Cina-Israele, e ha detto che, in questa nuova fase, la parte cinese approfondirà la cooperazione di mutuo vantaggio tra i due paesi, per il bene del popolo dei due paesi.

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Il premier israeliano Netanyahu incontra il ministro cinese Wang Yi

Il 18 dicembre, ora locale, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato a Gerusalemme il ministro degli Esteri cinese Wang Yi.
Netanyahu ha affermato che la parte israeliana intende combinare il proprio vantaggio tecnologico con il grande mercato e i ricchi capitali della Cina, realizzando al più presto il raddoppiamento della quota commerciale bilaterale, rafforzando la cooperazione nei settori della gestione delle risorse idriche, mediche, dell'agricoltura e delle risorse dell'energia verde. La parte israeliana tratta i colloqui di pace israelo-palestinese in modo serio, al fine di promuovere il processo di pace.
Wang Yi ha affermato a sua volta che la base delle relazioni sino-israeliane è solida, caratterizzata da rapido sviluppo e grandi potenzialità, e fornisce ai due popoli reali benefici. La Cina presta sempre attenzione allo sviluppo delle relazioni con Israele, desiderando promuovere e implementare gli importanti consensi raggiunti dai leader dei due paesi nel corso della visita del premier Netanyahu a maggio in Cina; inoltre consolidando l'amicizia tradizionale sino-isrealiana, approfondendo le pratiche di collaborazione in vari settori, in modo da promuovere, da un nuovo punto di inizio, uno sviluppo ulteriore nelle relazioni sino-israeliane.

(CRIonline, 20 dicembre 2013)


Nuove sanzioni contro l'Iran: arriva la bozza dei senatori democratici

Potrebbe essere votata a gennaio e sarà resa pubblica oggi. Rappresenta una netta rottura con la linea di Obama che ha più volte chiesto al Congresso di non imporre nuove misure contro Teheran.

di Angelo Paura

Tre senatori americani, tra cui due democratici, hanno iniziato a far circolare una bozza di un documento che prevede nuove sanzioni per l'Iran. La mossa violerebbe i termini dell'accordo raggiunto con Teheran a Ginevra da parte del gruppo 5+1, i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Regno Uniti) più Germania sulla non proliferazione nucleare del Paese.
Non solo. Andrebbe contro le molteplici richieste avanzate dall'amministrazione Obama che ha più volte fatto pressioni sul Congresso affinché blocchi ogni nuova decisione sulla questione: il presidente infatti teme che una risoluzione possa far saltare l'intesa raggiunta con l'Iran. La notizia è stata data in esclusiva dalla rivista di relazioni internazionali americana, Foreign Policy, che ha ottenuto una copia del documento: non sarà messo ai voti prima della pausa di Natale e invece dovrebbe essere sottoposto all'assemblea dopo il sei gennaio 2014.
Secondo i sostenitori delle sanzioni le nuove misure rappresenterebbero una sorta di "assicurazione" nel caso l'accordo temporaneo (6 mesi) non si trasformasse in un'intesa a lungo termine. La pubblicazione del documento è prevista per oggi e darebbe un anno di tempo all'Iran prima che le misure diventino attive.
Le sanzioni, insomma, sarebbero l'unica via efficace per spingere il presidente Hassan Rohani a negoziare secondo il gruppo di senatori, guidati dal democratico Robert Menendez (New Jersey), a capo della commissione Esteri del Senato, dal repubblicano Mark Kirk (Illinois) e dal democratico Chuck Schumer (New York). Per la rivista statunitense la decisione rappresenterebbe una netta rottura con le linee guida dettate dalla Casa Bianca.
La bozza prevede di ampliare le sanzioni già in atto nei confronti di Teheran, espandendo le restrizioni al settore energetico che colpirebbero tutti gli aspetti delle esportazioni di petrolio dal Paese.
Il documento permette anche a Obama di ritardare le sanzioni ogni trenta giorni controllando che l'Iran rispetti gli accordi di Ginevra e sia disposto ad arrivare a un'intesa finale entro un anno.
Inoltre Teheran - per far sì che le restrizioni non siano messe in atto - dovrà dare prove di non sostenere o finanziare atti di terrorismo contro gli Stati Uniti.

(america24, 19 dicembre 2013)

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Obama porrà il veto a nuove sanzioni contro l'Iran

Lo ha detto la Casa Bianca commentando la decisione di tre senatori di presentare una bozza che ponga nuove limitazioni a Teheran. Per il presidente potrebbe far naufragare gli accordi sul nucleare

di Angelo Paura

Il presidente americano Barack Obama mette le mani avanti e si dice pronto a porre il veto nel caso in cui il Congresso dovesse approvare nuove sanzioni contro l'Iran. Lo ha fatto sapere la Casa Bianca, dopo che oggi la rivista Foreign Policy ha pubblicato la bozza di legge che tre senatori Usa hanno iniziato a far circolare, riguardanti nuove misure contro Teheran.
"Se verranno adottate - ha detto il portavoce Jay Carney - il presidente è pronto a porre il suo veto". La Casa Bianca ha più volte espresso la propria opposizione a tale iniziativa, sottolineando il rischio di far fallire i negoziati in corso con il governo iraniano sul suo programma nucleare. Il docuemtno dovrebbe essere presentato in queste ore al Sentato, ma sarà votato dopo il sei gennaio.
La notizia mette in luce una frattura tra la Casa Bianca e alcuni senatori democratici: la bozza infatti è stata promossa dal democratico Robert Menendez (New Jersey), a capo della commissione Esteri del Senato, insieme al repubblicano Mark Kirk (Illinois) e dal democratico Chuck Schumer (New York).

(america24, 20 dicembre 2013)


Il Grande Ayatollah Barack Hussein Obama

La farsa di Obama sul nucleare iraniano continua e ogni giorno si arricchisce di nuovi episodi che se non fossero così drammatici sarebbero pure comici. Ora il Presidente americano minaccia di mettere il veto su una legge bipartisan del Congresso che chiede sanzioni su 24 aziende iraniane legate al programma nucleare di Teheran e sanzioni automatiche se gli Ayatollah iraniani non rispetteranno gli accordi farsa presi lo scorso 24 novembre....

(Right Reporters, 20 dicembre 2013)


Adesso studiare in Israele è più facile

di Roberta Lunghini

Buone notizie per i giovani del Bel Paese che vogliono studiare in Israele: l'esame psicometrico, ossia il test di Ingresso per l'ammissione all'università, sarà anche in Italiano. Grazie a un accordo tra l'Unione delle comunità ebraiche in Italia e il Nite, l'Istituto Israeliano per la Verifica e la Valutazione, infatti, già dal 10 aprile prossimo gli studenti del quarto e del quinto anno e coloro che hanno superato l'esame di maturità nel 2013, potranno sostenere la prova anche a Milano e Roma. Unica condizione: per potere beneficiare di questa opportunità, gli italiani iscritti a sostenere l'esame devono essere un numero minimo di 100. Una cifra che per quest'anno è già stata ampiamente raggiunta.

(West, 19 dicembre 2013)


Di pura razza italiana

Ovvero quando gli italiani si scoprirono tanto antisemiti

di Angelo Martino

Il libro che intendiamo segnalare ai nostri lettori è il nuovo testo di Mario Avagliano, scritto con Roberto Palmieri, il cui titolo è Di pura Razza Italiana, pubblicato da circa un mese dalla casa editrice Baldini & Castoldi. Il testo comunica il dramma conseguente alle leggi razziali approvate nel 1938 dal regime fascista, che furono fatte proprie dalla massa della popolazione, dopo un periodo di indifferenza. Ciò che tristemente emerge nel testo è l'interiorizzazione di tali leggi da parte del popolo italiano a tal punto che agli stessi amici ebrei furono voltate le spalle, oltre a determinare una vero ostracismo degli ebrei italiani da tutti i gangli della vita civile
Non mancarono l'espulsione dei ragazzi dalle scuole, divieto di matrimonio con ebrei e altre brutture, per cui la ricca documentazione fornita degli autori ci presenta un ritratto di italiani tutto altro che " brava gente", ma che si mostrarono invece nella loro piccolezza determinati ad appoggiare ed interiorizzare il razzismo di stato.
Quindi è una maggioranza consistente di italiani che fanno proprie le parole del Manifesto della razza che proclama che " è tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti". Ciò emerge da una documentazione rigorosa composta da diari, lettere, carteggi vari, rapporti della polizia di regime e dello stesso Partito Nazionale Fascista. Inizialmente si pensava che tali leggi fossero state approvate per compiacere Hitler, ma nel prosieguo, con qualche sorpresa e meraviglia, tali leggi furono applicate nella loro valenza di crudeltà e ciò che desta non poco stupore è che tanti intellettuali furono i primi a farsi portatori di una campagna antisemita in Italia.
La libertà, l'emancipazione che aveva apportato il glorioso Risorgimento agli ebrei, come ai protestanti, non solo svaniva, ma riemergeva la triste realtà del ghetto.
Il fior fior della gioventù fascista di allora rappresentò l'avanguardia di tale propaganda. Di alcuni di loro già se ne conoscevano i nomi: Giorgio Bocca, Indro Montanelli, Eugenio Scalfari, Guido Piovene, a cui, secondo la ricerca archivistica, bisogna aggiungere i nomi di Enzo Biagi, Antonio Ghirelli, Giulio Carlo Argan, Concetto Pettinato, Giovanni Spadolini, Mario Missiroli, Maria Luisa Astaldi, Aldo Capasso, Alfio Russo.
Non solo. Il testo comunica come anche il mondo cattolico fosse sedotto da tale misure antisemite, ad iniziare da Padre Agostino Gemelli e con il consenso di cardinali, vescovi e mondo intellettuale cattolico.
Si pone l'interrogativo sul perché tali intellettuali laici e cattolici ritennero giusta la legislazione antisemita, in che misura la convinzione a sostenere le tesi razziste fosse penetrate nel proprio io. Abbiamo focalizzato l'attenzione sugli intellettuali noti, ma ovviamente al loro fianco trovarono funzionari statali, magistrati, imprenditori, avvocati, per cui l'antisemitismo italiano assume tutt'altro che una valenza banale. Si tratta davvero di una cronaca triste, a tratti implacabile nel descrivere tale consenso degli italiani, che, come evidenziano gli autori, portava non solo a denunciare il collega, il vicino, ma a pubblicare lettere in cui si chiedeva al Duce di eliminare la razza ebraica dal suolo della Patria.
Quindi un testo che non solo intende analizzare l'approvazione di leggi antisemite da parte del regime fascista, ma in particolare il consenso che esse provocarono in maniera dirompente nella società civile italiana.

(ComuneDiPignataro.it, 19 dicembre 2013)


Palestinesi di Gaza vanno a combattere con i salafiti in Siria

Decine di palestinesi di Gaza sono andati in Siria per combattere a fianco dei ribelli salafiti-jihadisti, e il loro numero è in crescita. Lo afferma un rapporto da poco pubblicato dall'Intelligence and Terrorism Information Center di Tel Aviv. Entrano in Siria attraverso la Turchia come fa la maggior parte dei volontari stranieri, spiega il rapporto. Alcuni si dirigono in Arabia Saudita col pretesto del pellegrinaggio alla Mecca e poi si spostano in Turchia. In Siria di solito si uniscono al Fronte Al-Nusra o ad altre organizzazioni qaediste. Reuven Erlich, direttore del Centro, ha detto mercoledì al Jerusalem Post che la Siria è diventata "un'accademia di terrorismo", aggiungendo che sono almeno 100 i palestinesi attualmente nel paese in preda alla guerra civile, per la maggior parte provenienti da Libano, Giordania e Gaza.

(israele.net, 19 dicembre 2013)


Ritrovati i diari del braccio destro di Hitler

Erano stati trafugati dopo il processo di Norimberga: a oltre settant'anni di distanza gli agenti della dogana e dell'immigrazione americani a Wilmington, in Delaware. Le quattrocento pagine sono state consegnate al museo dell'Olocausto di Washington.
Video

(la RepubblicaTV, 19 dicembre 2013)


Quei giorni in cui ho fotografato Gerusalemme sotto la neve

La fotografa italiana si trova nella Città Santa. Qui racconta come, a partire dalla nevicata di una settimana fa, ha puntato il suo obiettivo su abitanti e luoghi simbolo: dagli ebrei osservanti che si recano ugualmente a pregare al Muro del Pianto, ai bambini gerosolimitani che giocano nei vicoli, felici della sorpresa del manto nevoso. Ecco il suo racconto e le sue immagini.

di Giulia Bianchi
Giulia Bianchi è una fotografa freelance. Si è diplomata in fotogiornalismo all'International Center of Photography nel 2010 e successivamente ha lavorato a New York come fotografa, insegnante, photo editor e video editor. Si trova in Israele da ottobre e sta preparando un libro in collaborazione con lo scrittore Nello Brunelli. Il libro è un viaggio alla ricerca di simboli e sogni nell'intricata situazione storica e religiosa di Israele e dei Territori Contesi.


Fotogalleria
E' notte fonda.
Ho messo due paia di guanti da cucina sulle mani e un paio di calzini infilati sopra.
La macchina fotografica è montata sopra il treppiede, già settata per la lunga esposizione e l'autoscatto, poi fasciata dentro un asciugamano e un sacchetto di plastica.
Scendo le scale di casa. La luce del portone si accende e si spegne a intermittenza per il neon rotto.
Le palme del giardino si stagliano innevate contro un cielo che è sceso cosi vicino alla terra da riflettere le luci della città, come un soffitto arancione pesante esso abbraccia nebbioso una distesa di neve e alberi caduti.
Inizio a camminare sola verso il Mt. Zion.
Ripetitivamente un piede dopo l'altro sprofonda nella neve fresca. Il suono degli allarmi di negozi e garage non si interrompe mai, è una musica assordante a cui si unisce solo la sirena di una solitaria volante della polizia e il continuo spezzarsi e cadere dei rami degli alberi per il peso imprevisto della neve.
Solo poche settimane fa c'erano 27 gradi e Gerusalemme intera appariva ancora bruciata dalla siccità estiva.
Coprivo la mia testa con un velo e bagnavo i miei polsi con l'acqua osservando centinaia di soldati israeliani venuti a pregare davanti al muro del pianto.
Camminando per la città nella calura, vidi una cartolina che mostrava la dorata Cupola della Roccia timidamente spolverata di bianco.
Mi parve un sogno, e iniziai a desiderare la neve. "Giulia, arriverà a febbraio forse" ma io la aspettavo ogni giorno, finchè è arrivata.
Tutti i negozi sono chiusi e tutte le vie sono diventate impraticabili, il mio appartamento senza riscaldamento è diventato gelido e blu, e gli sconosciuti hanno iniziato a costruire pupazzi nella coltre bianca e a giocare a palle di neve tra di loro. Persino a me che giravo con la mia macchina fotografica un po' timidamente e un po' in segreto, sono arrivati assalti felici di vecchi e bambini che con qualche parola in inglese, qualcuna in ebraico e altre in arabo, mi ricoprivano di urletti e neve.
Mi dirigo verso Jaffa Gate per incontrare gli ebrei piùosservanti che nemmeno in questa tempesta rinunciano alla preghiera nei loro luoghi sacri.
Indossano sacchetti di plastica trasparente sopra i loro vestiti e cappelli tradizionali, gli stessi modelli che hanno indossato i loro padri e i loro nonni prima di loro per generazioni.
Vorrei camminare fino al sorgere del sole senza mai smettere di guardare.
Vorrei vedere la nebbia andare via e le nuvole aprirsi sulla distesa di neve per far spazio al sole.
Immagino me stessa incontrare nel primo mattino altri pellegrini e fotografi che sono usciti coraggiosi per documentare questo evento: la nevicata piùforte degli ultimi 60 anni, Alexa è il nome che le hanno dato.
Potrei fotografare i lavoratori aspettare un bus che non arriverà, altri pulire le strade, la gente portare fuori il cane, i bambini giocare.
Potrei camminare fino al cimitero ebraico sul monte degli ulivi e poi mangiare la neve che si è posata immacolata sulla Tomba di Zaccaria, da lì arrivare fino a Gerusalemme Est e vedere se c'è ancora il soldato israeliano con due mitra a controllare i palestinesi che entrano nella moschea Ras Al'Amud.
Vorrei guardare il cielo e la città dall'alto, per abbracciare tutti.
Forse oggi sarà l'unico giorno di pace in questa terra.

(l'Espresso, 19 dicembre 2013)


Scandalo: Israele allaga la Striscia di Gaza!

Il maltempo che ha investito il Vicino Oriente è praticamente senza precedenti. Da almeno cento anni non si registravano nevicate così' intense in Israele, in Egitto, in Giordania e nei territori palestinesi. Danni e disagi si sono accumulati, ma buon senso e organizzazione hanno evitato il peggio. Persino la decisione del governo di Gerusalemme di far circolare i mezzi pubblici di sabato, pur urtando la comunità religiosa, è servita a ridurre la paralisi delle grandi città e le difficoltà in cui si è imbattuta una popolazione non del tutto avezza alla neve.
Non sono mancati episodi di grande umanità. Come riportava ieri La Stampa, «Altre barriere sono cadute con la neve e l'emergenza. I valichi di Gaza sono stata aperti per consentire rifornimenti. L'esercito israeliano ha portato soccorsi ovunque, senza distinzioni di etnie, fedi, fronti. Ha spalato e spinto ambulanze impantanate nella neve di Betlemme, ha portato viveri e liberato famiglie intrappolate in auto nelle città e per le strade, israeliane o palestinesi che fossero. Magari si risolvessero sempre così, le emergenze»....

(Il Borghesino, 18 dicembre 2013)


La Chanukkià in Piazza Bologna a Roma

  
Fotogalleria
Per il secondo anno consecutivo, nel giardino di piazza Bologna è stata collocata la grande chanukkhià, che ha attirato molte persone. Ogni serata è stata dedicata alla memoria di membri della comunità ebraica, e familiari e amici sono venuti per celebrare insieme.
La prima serata è stata dedicata alla memoria di Elsa Ruth Magiar z"l, mancata di recente, la seconda alla memoria di Raffi Bedussa z"l, un uomo molto amato dalla comunità, la terza serata alla memoria di David e Silvio Halfon e Giulia Barda z"l.
La quarta serata è stata dedicata alla memoria di Shmuel e Sarina Naman z"l pilastri della comunità ebraica proveniente dalla Libia, e fondatori della prima sinagoga libica di Roma. La serata è stata onorata dalla presenza del vicepresidente del consiglio comunale di Roma, Emanuele Gisci, e da altri membri come Guido Capraro e Andrea Alemanni.
Rav Menachem Lazar ha ringraziato tutti coloro che hanno reso possibile il progetto e ha invitato Rav Hazan, Capo Shliach Chabad di Roma a spiegare le caratteristiche della festività. I fratelli Naman sono stati onorati con l'accensione di candele, mentre il resto della serata è stata allietata da musica, e cibi come i bomboloni e il sushi, gentilmente offerti da Kosher Daruma Sushi di piazza Bologna.
La quinta serata è stata dedicata alla memoria di Israel ben Sara e Israel ben Emma z"l; la sesta serata a Renato Di Nepi e Norma Zarfati z"l; la settima serata è stata dedicata a Elia Mimmo Fadlun z"l, dalla famiglia che continua a portare avanti il suo interesse per le cause ebraiche. L'ottava serata è stata dedicata alla memoria di Rachel Tesciuba (nata Fellah) z"l, moglie del presidente della sinagoga libica Bet El, e in memoria della quale è stata costruita la chanukkià.

(Chabad.Italia, 19 dicembre 2013)


Morsi rinviato a giudizio per attività terroristiche in favore di Hamas e Hezbollah

di Federico Tagliacozzo

E' un Egitto che divora i propri ex leader. Mohammed Morsi ex numero uno del paese arabo è stato rinviato a giudizio con l'accusa di colalborazionismo con Hamas, Hezbollah e altre organizzazioni per compiere atti di terrorismo in Egitto. Lo riferiscono autorità giudiziarie del Cairo. Il leader deposto e altri 35 imputati, inculsi alcuni esponenti di spicco dei Fratelli Musulmani andranno a giudizio «per colleaborazionismo con organizzazioni straniere per compiere atti terroristici all'interno del paese».
Gli accusati dovranno difendersi anche dall'accusa di aver divulgato a un paese straniero segreti sensibili riguardanti la difesa egiziana: «I leaders dei Fratelli Musulmani hanno collaborato con gruppi islamisti palestinesi come Hamas, con il gruppo sciita libanese Hezbollah e con altre organizzazioni con lo scopo di contrabbandare armi in Egitto, organizare campi di addestramento nella Striscia di Gaza e fomentare il caos in Egitto, minacciando la sicurezza nazionale.
I pubblici minsteri accusano inoltre il gruppo, di sostenere l'instabilità e il terrorismo nella penisola del Sinai, zona che dopo la pace con Israele, deve restare smilitarizzata.

(Il Messaggero, 18 dicembre 2013)


Il servizio militare in Israele, donne incluse

di Annalisa Chirico

 
In Israele le donne fanno il servizio militare. Per loro dura 24 mesi a fronte dei 36 obbligatori per gli uomini, e in questi giorni la Knesset discute una proposta di legge volta ad aumentare il periodo di leva per le donne portandolo a 28 mesi. Nel contempo, quello obbligatorio per gli uomini scenderebbe a 32 mesi.
Non e' soltanto un fatto di numeri. Israele e' una nazione che ti incanta. L'unica democrazia del Medio Oriente conosce un tasso di crescita, anche in tempi di crisi economica mondiale, che e' superiore alla media dei Paesi europei. Patria dell'high tech e delle start up di mezzo mondo, il miracolo della vitalita' economica e della portata innovatrice di questo Paese e' attribuita a molteplici fattori. 'Start up Nation' e' un libro imperdibile al riguardo. Tra i fattori che favoriscono crescita e inventiva c'e' il servizio militare, che costituisce una incredibile palestra di vita. Finita la scuola superiore e prima di intraprendere gli studi universitari, i giovani e le giovani israeliane indossano la tuta grigio verde, imparano ad usare le armi, apprendono l'etica della disciplina e del rigore.
Nei pressi del Muro del Pianto a Gerusalemme puo' capitarti di vedere un battaglione di giovani soldati che prendono ordini da un colonnello donna. Una loro quasi coetanea che impartisce istruzioni con piglio militaresco. Nella stessa citta' di notte un folto popolo di ventenni e trentenni animano i bar e i club che puntellano le vie del centro; quei giovani sono bramosi di distrazioni e leggerezza. E' uno dei chiaroscuri piu' affascinanti di questo incredibile Paese, dove la minaccia costante della guerra, lo stato di vero e proprio accerchiamento non impedisce alle persone di vivere una vita 'normale'. Al contrario, il pericolo permanente infonde una incredibile voglia di vivere ogni istante, di intraprendere, di assaporare ogni sfumatura di un paesaggio artistico e umano senza eguali. In un Paese dove le pari opportunita' non sono un orpello corporativo per reclamare privilegi rosa, ne' un recinto auto ghettizzante, ma uno straordinario banco di prova per l'emancipazione del gentil sesso. Che armato fa anche piu' paura.
Video

(Panorama, 17 dicembre 2013)


Il governo libanese promette di punire il soldato che ha ucciso un israeliano

GERUSALEMME - Il governo libanese ha promesso a Israele di punire il proprio militare che domenica sera, al valico di confine di Rosh Hanikra'-Ras Naqoura, ha ucciso un sergente israeliano. Lo ha riferito il ministro della Difesa dello Stato ebraico, Moshe' Yaalon, secondo cui assicurazioni in tal senso sono state fornite martedi' durante un incontro tra rappresentanti delle due forze armate organizzato dall'Unifil, il contingente Onu comandato dal generale italiano Paolo Serra.

(AGI, 18 dicembre 2013)


Autismo: faccia a faccia Italia-Israele sulle relazioni primarie

di Rachele Bombace

ROMA - Sull'autismo la ricerca scientifica deve essere aperta e pluridisciplinare. E a dare concretezza a questa necessità è l'Istituto di Ortofonologia (IdO), che l'11 e 12 gennaio promuoverà a Roma la conferenza internazionale su 'La nascita del simbolismo nella terapia diadica con il bambino autistico', in collaborazione con il Milman center di Haifa (Israele) con il quale ormai esiste un confronto durevole. La due giorni dedicata allo studio delle relazioni primarie, per favorire quella comunicazione tra la madre e il bambino volta a mettere in moto i processi di sintonizzazione che mancano nel soggetto autistico, avrà luogo nella Capitale presso l'Aula magna dell'Istituto comprensivo Regina Elena in via Puglie 6, a partire dalle ore 9.
"Vogliamo scambiare dati e verificare in modo incrociato i vari interventi- spiega Magda Di Renzo, responsabile del Servizio terapie dell'IdO- ad esempio noi abbiamo portato in Israele il nostro Test sul contagio emotivo (Tce) per valutare il livello di empatia dei bambini seguiti all'interno del Milman center. D'altro canto- chiarisce la psicoterapeuta dell'età evolutiva- ad Haifa stanno conducendo studi approfonditi sul Manuale diagnostico psicodinamico per mettere in comune invece le conoscenze specifiche di ciascuno".
Un filo conduttore è stato dunque teso tra l'Italia e Israele cercando di "impostare osservazioni comuni per verificare la possibile efficacia delle terapie attraverso uno scambio di strumenti di valutazione". Nel Milman center si segue un approccio diadico di stampo psicoanalitico: "Per dimensione diadica si intende la relazione primaria- spiega l'esperta- perché nel modello israeliano la terapia funziona attraverso incontri madre-figlio, padre-figlio e genitori-figlio così da trovare quella sintonia primaria di ciascun genitore con il bambino e poi della coppia genitoriale con il figlio. Questo approccio favorisce l'attenzione congiunta- conclude Di Renzo- e mette in moto nel piccolo quel processo di simbolizzazione della capacità cognitiva che nasce dalla dimensione affettiva".
Al termine del convegno verrà rilasciato un attestato di partecipazione ma, dato il numero limitato di posti, è necessario registrarsi. Per avere tutte le informazioni sulle modalità di iscrizione è possibile scrivere a scuolapsicoterapia@ortofonologia.it.

(Dire.it, 18 dicembre 2013)


Chanukà per le partenze da Malpensa

Anche quest'anno, come consuetudine, dei volontari del Bet Chabad di Milano, si sono recati ogni sera all'aeroporto di Malpensa, zona partenze El Al, per offrire la possibilità ai molti viaggiatori ebrei, specie israeliani di ritorno a casa, di poter fare la mitzvà di "Leadlik Ner Channukà" prima di imbarcarsi.
La partecipazione è sempre stata molto alta. Non son mancati i "Lechaim" e ovviamente le abbuffate di sufganiòt. Un sentito ringraziamento va ai ragazzi che lavorano per l'El Al, per aver aiutato nell'organizzazione tecnica e logistica, e alle Forze dell'Ordine per aver permesso di accendere così tante belle channukiòt all'interno dell'area aeroportuale.

(Chabad.Italia, 18 dicembre 2013)


Unifil fra Israele e Libano

Il soldato libanese responsabile della morte del sergente Shlomi Cohen si è riconsegnato ed è stato arrestato. A confermarlo è lo stesso esercito di Beirut. Israele ha rivolto una dura protesta contro le autorità militari libanesi e verso le forze di interposizione delle Nazioni Unite della missione Unifil. A oltre 24 ore dall'accaduto, che è stato condannato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la dinamica e le motivazioni che hanno spinto un membro dell'esercito libanese a sparare contro l'auto civile che Cohen guidava a pochi metri dal confine rimangono oscure.
Il confine a nord d'Israele rimane però un fronte caldo, con la Siria dilaniata dalla guerra civile in cui stanno concentrando i propri sforzi anche le milizie libanesi di Hezbollah.
In questa situazione caotica, rimane difficile individuare le responsabilità.
Intanto rappresentanti dell'esercito israeliano, libanese e della missione Unifil si sono incontrati nelle scorse ore. Il generale italiano Paolo Serra ha indicato in una nota che i primi risultati dell'inchiesta indicano che il cecchino libanese avrebbe agito da solo. "Ho trovato incoraggiante il confronto emerso durante la riunione trilaterale - si legge ancora - Tutti hanno confermato il proprio pieno impegno alla cessazione delle ostilità".

(Notiziario Ucei, 17 dicembre 2013)


'Il rapimento di Edgardo Mortara' in mano a un collezionista privato

Vendita record da Sotheby's New York

di Rossella Tercatin

È stata una gara che ha sorpreso gli esperti e tenuto con il fiato sospeso i più prestigiosi musei ebraici. E sugli esiti non è ancora possibile pronunciarsi compiutamente. Il dipinto di Moritz Oppenheim
"Il rapimento di Edgardo Mortara", dall'alto valore artistico, ma soprattutto dall'altissimo valore simbolico per la storia e le drammatiche vicende dell'ebraismo italiano, nonostante gli sforzi del Museo ebraico di New York che ha tentato di assicurarsi l'opera, mettendo a disposizione grazie a una cordata di benefattori raccoltasi in tutta fretta, circa 400mila dollari (equivalenti al doppio della base d'asta), è infine stato assegnato a un collezionista privato di cui per ora non è dato conoscere l'identità.
L'asta tenutasi da Sotheby's a New York per assicurarsi il dipinto risalente al 1862 ha superato le previsioni di molti esperti.
"Dato il valore dell'artista e dell'opera non mi stupisce affatto che sia andata in questo modo" commenta per il giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche Eva Atlan, fra i massimi conoscitori dell'opera del grande pittore tedesco e responsabile del dipartimento di Arte del Museo ebraico di Francoforte (Oppenheim era nato nel 1800 ad Hanau, a pochi chilometri dalla città sul Meno, e a Francoforte morì nel 1882). In molti ora si augurano che il quadro possa trovare definitiva collocazione in un prestigioso museo ebraico.
Il dipinto è stato considerato perduto per decenni: se ne conosceva l'esistenza solo grazie a un lavoro preparatorio custodito proprio al Museo di Francoforte. In esso si vede il piccolo Edgardo che viene sottratto alla famiglia da emissari papali. Era il 1858 e le leggi dello Stato pontificio, allora al potere a Bologna, cancellavano la potestà dei genitori sul bambino in quanto segretamente battezzato dalla domestica cattolica durante una malattia. L'episodio assunse le proporzioni di uno scandalo internazionale, ma nemmeno l'intervento di Napoleone III convinse Pio IX a restituire il bambino.
Nel 1962 a Liverpool, una signora in cerca del regalo di compleanno per il marito, scelse in un antiquario un portasigarette d'oro, pagandolo cento sterline. Quando arrivò a casa, il marito le annunciò che aveva smesso di fumare, e così lei tornò indietro a cercare qualcos'altro. Trovò il quadro di Oppenheim.
Secondo Jennifer Roth, vicepresidente di Sotheby's e a capo del dipartimento di Judaica, è ipotizzabile che il dipinto sia stato portato in Inghilterra da ebrei tedeschi, già nel XIX secolo, passato di generazione in generazione e poi venduto.
Qualche giorno fa, una discendente della famiglia Elèna Mortara, docente di Letteratura anglo-americana all'Università di Roma Tor Vergata, aveva lanciato attraverso Pagine Ebraiche un appello perché l'opera potesse tornare in Italia.

(Notiziario Ucei, 18 dicembre 2013)


Quarant’anni dall'attentato terroristico all'aeroporto di Fiumicino

di Giulia Iemma

  
MILANO, 18 dicembre - Sono trascorsi 40 anni da quel 17 dicembre del 1973, giorno dell'attentato terroristico all'aeroporto di Fiumicino in cui persero la vita 32 persone. L'attacco portava la firma di 5 uomini palestinesi appartenenti all'organizzazione Settembre Nero. Fu la più grave strage terroristica fino a quella di Bologna 1980. Ma oggi sembra essere dimenticata del tutto.
All'epoca dei fatti, il governo italiano fu duramente criticato per la sua politica "filo-araba", tanto che alcuni insinuarono la presenza di spie all'interno dei servizi segreti italiani.
L'attacco avvenne alle 12 circa, quando il gruppo dei 5 palestinesi scese all'aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino da un aereo appena arrivato da Madrid. Una volta arrivati alla barriera dei controlli, i cinque tirarono fuori le armi e presero in ostaggio sei agenti di polizia. Il gruppo si divise: quelli con gli ostaggi si diressero verso il gate 14, mentre altri cominciarono a sparare contro delle vetrate per poter uscire direttamente sulla pista. Alle 13.10 il volo Pan Am 110 si preparava al decollo, in ritardo di circa 25 minuti. Il capitano Andrew Erbeck e gli altri membri dell'equipaggio nella cabina di pilotaggio videro nel terminal la gente che scappava e che cercava riparo mentre i terroristi sparavano per aprirsi una strada. Erbeck avvertì i passeggeri che stava succedendo qualcosa nel terminal e ordinò che tutti si sdraiassero in terra.
Uno dei due gruppi di terroristi stava raggiungendo l'aereo proprio in quell'istante. Alcuni di loro salirono sulla scala mobile che era ancora poggiata alla fiancata dell'aereo e lanciarono all'interno tra le due e le cinque granate al fosforo, un materiale incendiario che procura ustioni particolarmente gravi e genera fiamme molto difficili da spegnere. L'onda d'urto stordì numerosi passeggeri, mentre le fiamme si propagarono rapidamente al carburante nei serbatoi.
Mentre il primo gruppo attaccava il Pan Am 110, il secondo, insieme a sei ostaggi italiani, raggiunse l'altro aereo che si trovava in quella parte della pista: un Boeing 737 della Lufthansa. Sotto l'aereo si trovarono davanti ad un agente della Guardia di Finanza, Antonio Zara, 20 anni. I terroristi gli immobilizzarono le braccia e dopo avergli detto di allontanarsi gli spararono alla schiena. Dopo aver preso altri due ostaggi dal personale di terra dell'aeroporto ed essersi riuniti con il primo gruppo, i terroristi salirono a bordo dell'aereo Lufthansa e obbligarono l'equipaggio a decollare. Alle 13.32, 40 minuti dopo l'inizio dell'attacco, l'aereo partì diretto ad Atene.
In Italia, il ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani fu duramente contestato dai deputati del MSI e del Partito Liberale. Il governo venne accusato di aver adottato una politica "filo-araba" - sia la corrente di Andreotti che parte del PSI, alleato della DC, avevano orientamento filo-palestinese - di aver sottoscritto un patto segreto con le organizzazioni terroristiche palestinesi. Secondo le accuse, il governo aveva fatto sì che i terroristi potessero circolare tranquillamente per il Paese e in cambio i terroristi avevano promesso di non attaccare l'Italia. Lo stesso Francesco Cossiga - illustre esponente della Dc - affermava di avere «sempre saputo - benché non sulla base di documenti o informazioni ufficiali, sempre tenuti celati nei miei confronti - dell'esistenza di un accordo sulla base della formula "tu non mi colpisci, io non ti colpisco" tra lo Stato italiano ed organizzazione come l'OLP ed il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina». Il Governo però ha sempre smentito ogni possibile accordo.
Dopo la strage del '73 vi fu quella del 1985 quando un gruppo di terroristi palestinesi attaccò il terminal di Fiumicino della compagnia aerea israeliana El Al uccidendo venti persone e ferendone altre cento.
Un ricordo quindi per le vittime delle stragi e per il dolore dei loro familiari. I morti non hanno colore politico o ideologia, per loro semplicemente rispetto e cordoglio.

(MilanoPost, 18 dicembre 2013)


Hamas ad Abu Mazen: aderiamo al governo di unità nazionale

RAMALLAH, 17 dic. - Hamas ha comunicato ufficialmente al presidente dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen (Mahmoud Abbas) la decisione del movimento islamico di aderire a un governo di unita' nazionale con Fatah, allo scopo di preparare le prossime elezioni presidenziali e parlamentari. Lo rifersicono fonti all'agenzia di stampa palestinese Ma'an, secondo cui il capo politico di Hamas Khalid Mashaal e il primo ministro della Striscia di Gaza Ismail Haniyeh hanno telefonato ad Abu Mazen per comunicargli la posizione del movimento.

(Adnkronos, 17 dicembre 2013)


Cittadinanza onoraria del Comune di Molfetta a Piero Terracina

Piero Terracina
MOLFETTA, 17 dic. - Al testimone della Shoah, sopravvissuto alle persecuzioni razziali e alla deportazione nel campo di sterminio Auschwitz-Birkenau, domani il conferimento in Consiglio Comunale. Il primo incontro a Molfetta negli anni Novanta, poi nel 2003 e a maggio sempre per accompagnare i più giovani nel cammino della memoria
    "A Piero Terracina, testimone instancabile della Shoah che, sopravvissuto alle persecuzioni razziali e alla deportazione nel campo di sterminio Auschwitz-Birkenau, ha trovato la forza di raccontare l'orrore, portando in tutta Italia, in Europa e nella nostra Molfetta la sua testimonianza, rivolta soprattutto ai giovani e trasformata nel dialogo costante con loro in memoria attiva, educazione civica e costruzione di un futuro libero dalla barbarie del nazifascismo".
Con questa motivazione domani, mercoledì 18 dicembre 2013, alle ore 10 in un Consiglio Comunale aperto alle scuole della città nell'aula di Palazzo Giovene sarà conferita la cittadinanza onoraria a Piero Terracina.
"Piero - spiega il sindaco di Molfetta Paola Natalicchio - in più occasioni, ha voluto far dono della sua memoria e dei suoi insegnamenti agli studenti e agli abitanti di Molfetta, instaurando con la nostra città un legame profondo e radicato nel tempo. A quasi vent'anni dalla sua prima visita a Molfetta, abbiamo deciso perciò di conferirgli la cittadinanza non solo per onorare i suoi meriti ma anche per raccogliere il testimone che ci ha voluto consegnare con il racconto della sua vicenda e dell'orrore di cui è stato vittima".
   Per la prima volta Piero Terracina fu ospite a Molfetta a metà degli anni Novanta, in occasione di un convegno organizzato dalla casa editrice "la meridiana". Era quella una delle prime "uscite" pubbliche di Terracina, che, ancora preso dalla sua attività lavorativa di dirigente d'azienda, proprio in quegli anni iniziava la sua generosa e paziente attività di testimonianza. L'occasione era stata data da un convegno rivolto ad educatori e studenti della scuola media superiore sul tema: il bisogno di guardare al futuro partendo dalle radici della nostra storia repubblicana e della nostra democrazia.
   La testimonianza di Terracina fu particolarmente toccante. La scelta di raccontare pubblicamente la sua vicenda era ancora recente. Il pudore e il timore dell'indifferenza erano forti. Ma l'incontro con i giovani di Molfetta spinse Piero ad andare avanti. Da allora Terracina è stato invitato a ripetere la sua testimonianza davanti alle platee più illustri, ha visitato centinaia di scuole e ha accompagnato migliaia di ragazzi in visita ad Auschwitz-Birkenau. Ma con Molfetta nel tempo ha conservato un legame speciale.
   Nel 2003 Piero fu protagonista di una serie di incontri con le scuole di questa città e di Bisceglie. In quell'occasione i ragazzi gli chiesero di vedere il numero con cui da prigioniero era registrato nel campo di Auschwitz, Piero mostrò il braccio con il pudore, che ancora oggi, lo accompagna quando parla e mostra l'orrore di cui è stato vittima. Appena pochi mesi fa, a maggio scorso, Piero Terracina ha regalato a Molfetta un altro incontro in piazza e con le scuole.
   La sua storia è stata segnata a partire dal 1938 con l'emanazione delle leggi razziali. Fu espulso dalla scuola perchè ebreo, mentre a suo padre, Giovanni, fu tolta la possibilità di esercitare la professione di rappresentante di commercio; quando, cinque anni dopo, il 16 ottobre 1943, giorno del rastrellamento degli ebrei romani (oltre mille furono catturati più il bambino che nacque dopo la cattura, tornarono solo 15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino), dovette lasciare la sua casa e nascondersi in un alloggio di fortuna; e infine quando, il 7 aprile 1944, le SS accompagnate da due fascisti vennero a prendere anche lui e tutta la sua famiglia. Erano stati venduti da quegli italiani per cinquemila lire. Tanto pagavano i tedeschi gli italiani che collaboravano alla cattura di un ebreo. C'era anche lo zio paterno, Amedeo Terracina, che quella sera si era fermato a celebrare la Pasqua ebraica con loro. Furono tutti arrestati, portati a Regina Coeli, messi sui vagoni diretti al campo di Fossoli, vicino Carpi, e di lì deportati ad Auschwitz. Di otto che erano, solo Piero è ritornato. Sua madre, Lidia Ascoli, suo padre, Giovanni, sua sorella, Anna, la più grande di quattro figli, nata nel 1921, i suoi fratelli, Leo, nato nel 1923 e Cesare, nato nel 1924, il nonno paterno, Leone, e lo zio, Amedeo Terracina, furono tutti sterminati ad Auschwitz. "Un fiore ai miei cari non posso che gettarlo nel vento", dice spesso Piero.
   "Consegnandogli la cittadinanza - aggiunge il sindaco Natalicchio - vogliamo dire anche a Piero che qui a Molfetta avremo sempre un fiore da gettare nel vento per i suoi cari. E che i suoi morti resteranno per sempre nella memoria di questa città, insieme alle migliaia di ebrei italiani sterminati nei campi di concentramento durante la Shoah. Conferire la cittadinanza onoraria è un gesto solenne, con cui vogliamo iscrivere nella memoria ufficiale di Molfetta l'incontro con Piero Terracina come momento tra i più alti e fondanti lo spirito di solidarietà, partecipazione e condivisione dei valori di democrazia, uguaglianza e libertà, che sempre devono ispirare il nostro agire".
   Nel conferirgli la cittadinanza, il Comune di Molfetta si impegna a proseguire il percorso di memoria e di formazione civica iniziato con lui. Per questo, all'inizio del prossimo anno, in preparazione della giornata della Memoria che si celebrerà il 27 gennaio 2014, organizzeremo un primo viaggio con gli studenti delle scuole superiori che avrà come destinazione Roma. In questo modo, vogliamo far conoscere direttamente ai ragazzi delle scuole superiori di Molfetta i luoghi in cui Piero è cresciuto, quelli in cui si è consumata la segregazione e la deportazione degli ebrei romani e quelli in cui nel dopoguerra lentamente è ricominciata per i superstiti la vita. Visiteremo la sinagoga o Tempio Maggiore, il Museo ebraico, il ghetto di Roma. Ma anche il quartiere di Monteverde in cui Piero è cresciuto e dove sono ancora incisi i segni della deportazione e dello sterminio dei Terracina. Per ciascuno di loro, una pietra d'inciampo con inciso il loro nome è stata incastonata nel selciato, davanti all'abitazione da cui i Terracina furono portati via quella sera del 7 aprile 1944. Sarà una delle tappe della nostra visita a Roma, sulle orme di Piero Terracina, cittadino di Roma e del mondo e da domani anche cittadino onorario di Molfetta.

(l'altramolfetta.it, 17 dicembre 2013)


Due opere tornano a splendere in Piazza Barberini

  
Fotogalleria
ROMA - Piazza Barberini ospita la Fontana del Tritone, il cui restauro si è concluso a ridosso di Chanukà, proprio quando è stata eretta la restaurata Chanukià di Chabad Roma.
Mentre la fontana, opera di Gian Lorenzo Bernini, adorna la Piazza da oltre cinque secoli, la Chanukià progettata dal Ing. Daniel Raccah, e restaurata da Angelo e Daniele Di Segni, viene esposta nel periodo della festività di Chanukà da oltre un quarto di secolo.
Quest'anno, mentre ogni sera di Chanukà decine di persone si sono riunite per assistere all'accensione, la quinta sera è stata allietata da musica e bomboloni e dagli gli interventi del Presidente del Senato, On. Pietro Grasso, del sindaco di Roma, Ignazio Marino e del capo rabbino di Chabad a Roma, Rav Itzchak Hazan. L'accensione è stata compiuta da Vito Arbib in memoria della suocera Doris Barda z"l. Inoltre, si è tenuto un concorso a premi per tutti i bambini che hanno portato le Chanukiot da loro preparate.

(Chabad.Italia, 17 dicembre 2013)


Certificazioni

di Mosè Silvera

In tempi in cui il kasher sembra diventato, almeno in Italia, un argomento da Bar dello Sport, di cui tutti parlano e pochi capiscono, è importante segnalare che da fine ottobre, sui voli Alitalia di medio e corto raggio, vengono serviti salatini kasher, con tanto di certificazione in bella vista sulla confezione. Cos'è successo? Nuova sensibilità verso dettami religiosi diversi, peraltro mai ben recepita dalla compagnia di bandiera, da anni leader incontrastato nel servire i peggiori pasti kosher, spesso ancora surgelati?
No, la questione è molto diversa: un'importante azienda di panificazione pugliese, da anni fornitrice della CAI-Nuova Alitalia, ha deciso autonomamente di dotarsi della certificazione kosher che, nello specifico del suo prodotto, le ha automaticamente permesso di accontentare contemporaneamente chi consuma kosher, halal, vegetariano.

(Notiziario Ucei, 17 dicembre 2013)


L'Ungheria si sente indifesa e spera in Israele

L'Ungheria ripone grandi speranze in Israele e nel gas naturale trovato nel suo territorio, capace di liberare Budapest dalla dipendenza della Russia, ha dichiarato Péteral Szijjàrtó, Segretario di Stato per gli affari esteri e per i rapporti con l'economia estera, al giornale Jerusalem Post.
"L'Ungheria dipende molto dal gas russo. Riscaldiamo con il gas l'80 % delle nostre case, intanto il 90% dei nostri fabbisogni di gas si coprono grazie all'importazione dalla Russia. Tale dipendenza significa una estrema fragilità", ha detto Szijjàrtó.
"Potremmo diventare il centro principale della distribuzione del gas israeliano", ha espresso l'aspettativa il ministro.

(La Voce della Russia, 17 dicembre 2013)


In Israele aumenta del 30% l'utilizzo di cannabis terapeutica

È allarme per le case farmaceutiche

La canapa, ma anche molte altre sostanze di derivazione naturale considerate psicoattive, come il cubensis - un fungo allucinogeno - sono da tempo oggetto di continue ricerche e studi scientifici approfonditi, che ne hanno dimostrato l'efficacia e l'affidabilità nella cura di diverse patologie gravi. E Israele è uno dei Paesi più aperti e favorevoli all'utilizzo della canapa medicinale, oltre ad essere una delle sedi principali di numerosi e importanti studi sulla marijuana. Il popolo israeliano detiene inoltre il primato del numero di pazienti che utilizzano la cannabis (in rapporto alla popolazione), e in più è uno tra i primi Paesi al mondo ad averne consentito l'utilizzo a scopo terapeutico. Oltre a ciò, fu israeliano il ricercatore che per primo identificò il principio attivo della cannabis, il THC. Ma oggi in Isreale è scattato l'allarme: pare che nell'ultimo anno i pazienti che richiedono cure con la cannabis terapeutica siano aumentati del 30%, raggiungendo quota 13.000 (10.000 nel 2012). Un dato che, secondo il presidente della commissione del Lavoro, del Welfare e della Salute Haim Katz, starebbe spingendo le case farmaceutiche, guidate da scopi meramente economici, a lavorare per limitare la concessione di permessi per l'utilizzo di cannabis terapeutica. Intanto nel Paese i ministeri della Salute, dell'Agricoltura e della Sicurezza stanno collaborando per mettere a punto una regolamentazione per la cannabis medica, per garantire le cure a tutti i pazienti e il controllo dei produttori. Quanto all'Italia, la situazione è molto diversa da quella israeliana. Contro i 13.000 pazienti in Israele curati con la cannabis, i malati italiani autorizzati ad usarla sono solo poche centinaia. La marijuana è ancora percepita dall'opinione comune come sostanza illegale, spesso protagonista di notizie di cronaca: ad esempio, è recente la notizia da noi documentata dell'arresto di 3 baby pusher fermati dalla Guardia di Finanzia nei pressi del casello autostradale di Marotta, lo scorso ottobre. Anche forse a causa della percezione negativa che si ha della sostanza, sono ancora pochi i medici che la prescrivono. Tuttavia sono molte le associazioni no-profit che lottano per la legalizzazione e perché i trattamenti con la cannabis terapeutica siano disponibili per tutti i malati che la necessitano.

(FanoInforma.it, 17 dicembre 2013)


Il profilo legale di Giudea e Samaria

Da anni, il mondo considera Giudea e Samaria un territorio palestinese occupato illegalmente da Israele. Ma ora un gruppo di giuristi israeliani e di tutto il mondo sta combattendo una battaglia legale per il riconoscimento della verità storica e giuridica.
Se la legittimità internazionale dell'impresa degli insediamenti fosse un cavallo, si potrebbe affermare è che rimasto troppo tempo fuori dalla stalla. Chi occupa le stanze del potere in tutto il mondo - dalla Casa Bianca di Barack Obama e John Kerry, alle Nazioni Unite - ha per anni liquidato Giudea e Samaria come territori palestinesi attualmente sotto occupazione.
L'atteggiamento ostile verso gli insediamenti è una conseguenza diretta e immediata di questa logica. Se dovessimo compiere una generalizzazione, dovremmo dire che il mondo ha adottato la retorica palestinese per definire lo status legale dei Territori. Anche chi negozia per conto dello stato israeliano, uomini e donne che ufficialmente sottoscrivono la tesi secondo cui Giudea e Samaria - la culla della civiltà e del popolo ebraico - non siano territori occupati; hanno da tempo cessato di affermarlo in pubblico, per non sopportare la seccatura di elencare la lunga lista di considerazione legali e storiche che supportano questa tesi.
Sebbene possa sembrare che questo treno ha lasciato da tempo la stazione, siamo sorpresi nell'apprendere d'un tratto che da alcuni mesi è stata promossa una campagna finalizzata a svelare la "verità storica e legale". È un'iniziativa promossa da centinaia di giuristi da Israele e da tutto il mondo, che nulla a che vedere con le argomentazioni "dei diritti dei nostri avi", o del "sionismo", che trovano scarsi sostenitori a livello internazionale e nell'Alta Corte di Giustizia....

(Il Borghesino, 17 dicembre 2013)


Segnaliamo volentieri questo articolo che va nella direzione in cui “Notizie su Iraele” si muove da tempo: quella giuridica. I commenti sulla situazione di Israele oscillano tra realpolitik contingente e moralità universale. Alla contingente realpolitik di Israele che parla di sicurezza si risponde con la trascendente morale universale che parla di oppressione, apartheid e genocidio. Il discorso giuridico invece ruota intorno al concetto di verità. A chi appartengono veramente quei territori, secondo i patti stipulati? Quando l’Onu parla di occupazioni illegali, costruzioni illegittime e cose simili, usa un linguaggio giuridico che li trasforma in strumenti politici e morali contro Israele perché sono riferimenti errati, e in molti casi fraudolentemente errati, e quindi l’accusa di immoralità a Israele dovrebbe essere respinta e rinviata al mittente. Ma si troverà in Italia qualche voce autorevole che non si limiti a scrivere lunghi e dotti articoli destinati ad essere letti soltanto da coloro (pochi) che fin dall’inizio sono già d’accordo su quasi tutto, ma continui a dire e ripetere in tutti i modi possibili a coloro che ancora non lo sanno che Giudea e Samaria non sono territori occupati, Giudea e Samaria non sono territori occupati, Giudea e Samaria non sono territori occupati...? M.C.


I pazienti in stato vegetativo riconoscono i propri cari?

I ricercatori dell'Università di Tel Aviv hanno scoperto che i pazienti che sono in stato vegetativo possono riconoscere le fotografie di familiari e amici.
I pazienti in stato vegetativo sono svegli, respirano autonomamente e sembrano oscillare fra uno stato di veglia e uno di sonno. Ma non rispondono a ciò che accade intorno a loro e non mostrano segni di consapevolezza cosciente. Per questo i famigliari si domandano se effettivamente i pazienti abbiano consapevolezza di essere in quel luogo.
Usando la risonanza magnetica funzionale ( fMRI ), il Dott. Aggeo Sharon e il Dr. Yotam Pasternak dell'Università di Tel Aviv, della Sackler Faculty of Medicine e del Tel Aviv Sourasky Medical Center hanno dimostrato che il cervello dei pazienti in stato vegetativo reagisce emotivamente alle fotografie delle persone che conoscono personalmente come se le stessero effettivamente riconoscendo.
"Quello che abbiamo mostrato nei pazienti in stato vegetativo è che possono reagire in modo diverso a diversi stimoli nell'ambiente a seconda del loro valore emotivo", ha affermato Sharon. "Non è una cosa generica, qualcosa di personale ed autobiografico. Abbiamo coinvolto la persona, l'individuo, all'interno del paziente."
I risultati, pubblicati sulla rivista PLoS ONE, approfondiscono la nostra comprensione dello stato vegetativo e possono offrire speranza per una migliore assistenza e per lo sviluppo di nuovi trattamenti.
Per molti anni si è creduto che i pazienti in stato vegetativo non avessero consapevolezza di sé e dell'ambiente. Ma negli ultimi anni i medici hanno fatto uso della risonanza magnetica per esaminare l'attività cerebrale in questi pazienti. Essi hanno scoperto che alcuni pazienti in stato vegetativo possono eseguire compiti cognitivi complessi a comando, come immaginare una attività fisicao, in un caso, anche rispondere sì o no alle domande. Questi casi sono rari, ma forniscono indicazioni sul fatto che i pazienti stiano avendo esperienze emotive in uno stato personale.
Al fine di conoscere "come ci si sente ad essere in uno stato vegetativo", i ricercatori hanno lavorato con quattro pazienti in uno stato vegetativo persistente o permanente. I ricercatori hanno mostrato loro le fotografie di persone sia di familiari che di sconosciuti. Grazie alla risonanza magnetica hanno potuto constatare che i pazienti hanno attivato il cervello nelle aree deputate al riconoscimento dei visi.
Ma in risposta alle fotografie di familiari stretti e degli amici si sono attivate regioni del cervello coinvolte nei significati emotivi, come se conoscessero le persone nelle fotografie. I risultati suggeriscono che i pazienti in stato vegetativo possono registrare e classificare complesse informazioni visive e collegarle ai ricordi: secondo gli scienziati si tratta di una scoperta rivoluzionaria.
Tuttavia i ricercatori non potevano essere sicuri che i pazienti erano consapevoli delle loro emozioni o semplicemente che fosse una reazione spontanea. Così hanno poi verbalmente chiesto ai pazienti di immaginare i volti dei loro genitori. Sorprendentemente, un paziente, di 60 anni, insegnante di scuola materna che è stato investito da un'auto mentre attraversava la strada, ha esposto con un'attività cerebrale complessa delle regioni cerebrali specifiche per l'emozione, identiche alle attività cerebrali delle persone sane. I ricercatori sostengono che questa risposta sia una prova ancora più forte che i pazienti in stato vegetativo possano essere "emotivamente consapevoli". Un secondo paziente, una donna di 23 anni, ha attivato gli stessi centri. Significativamente, entrambi i pazienti si sono svegliato dopo due mesi dalle prove, non ricordandosi di essere stati in stato vegetativo.
La ricerca incentrata sulla "consapevolezza emotiva" dei pazienti in stato vegetativo ha solo pochi anni I ricercatori sperano che il loro lavoro possa contribuire a migliorare la cura e il trattamento. Hanno iniziato a lavorare anche con i pazienti in stato di minima coscienza per capire meglio come le regioni del cervello interagiscano in risposta agli stimoli familiari. Le emozioni, dicono, potrebbero contribuire a sbloccare i segreti della coscienza.

(Gaianews.it, 17 dicembre 2013)


Gaza - Hamas cancella Israele dai libri di testo

Il movimento islamista al potere nella Striscia di Gaza ha adottato nuovi testi per le scuole, in cui la storia è rivista in chiave anti-ebraica.

di Luca Pierattini

  
Gaza: una bandiera palestinese e il nome di Muhammed Elabsi in una classe di bambini che, tornati a scuola dopo i bombardamenti, ricordano un loro compagno ucciso
I libri di testo insegneranno ai ragazzi di Gaza che lo stato di Israele non esiste. I nuovi manuali di "educazione alla nazione", resi obbligatori dal governo del movimento sunnita di Hamas raccontano la storia della Palestina dai Moti del 1929 ad oggi come la "resistenza contro l'occupazione sionista", ma senza fare alcun accenno allo Stato ebraico. Sparito, cancellato, mai esistito. Gli ultimi 60 anni, fatti di guerra e violenza, ma anche di negoziati di pace e tregue, sono stati riscritti in una versione che non menziona gli accordi di pace di Oslo del 1993 firmati da Israele con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) dell'allora presidente Yasser Arafat.
Questa è la svolta in senso nazionalista impressa da Hamas, al potere nella Striscia di Gaza dal 2007. Il cambiamento del piano di studi è significativo perché quello in corso è il primo anno in cui Gaza ha un programma scolastico diverso da quello approvato dall'Autorità palestinese in Cisgiordania. Da quest'anno 55mila ragazzi palestinesi dell'ottava, nona e decima classe (dai 13 ai 16 anni circa) impareranno una storia della Palestina, al netto della presenza di Israele: uno stato che va dal fiume Giordano al mar Mediterraneo, dal Libano fino all'Egitto e che contiene al suo interno città come Haifa, Beersheba o Acre, tutte entro i confini di Israele fin dal 1948. "Siamo un popolo occupato e dobbiamo insegnare ai nostri figli la resistenza", afferma a El Pais il portavoce del governo di Gaza, Israa al Modallal.
Munir Qataef, un insegnante di Gaza intervistato dal New York Times, ha definito l'adozione del nuovo libro "una grande novità per gli studenti: è molto politicizzato, ma è una lezione di nazionalismo e appartenenza". Al centro c'è il contrasto con lo stato ebraico. Fin dalla copertina, dove sono raffigurate le immagini della moschea di Al Aqsa e della Tomba dei patriarchi a Hebron, in Cisgiordania, due simboli di continui scontri tra ebrei e musulmani per la rivendicazione di appartenenza del luogo di culto.
La Torah e il Talmud vengono definiti come "falsi" e il sionismo, inteso come il movimento che rivendica il diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico, è descritto come un movimento razzista, il cui unico obiettivo è spingere gli arabi fuori dalla Palestina. Sulle rivendicazioni israeliane nei confronti del territorio, il libro è chiarissimo: "Gli ebrei e il movimento sionista non sono collegati a Israele", perché lo Stato ebraico "è stato annichilito" migliaia di anni fa.
Israele ha commentato con disprezzo l'adozione dei nuovi testi, che alcuni commentatori hanno definito apertamente antisemiti, e l'ha bollata come l'ennesimo annuncio pericoloso che si diffonde nelle scuole e nei media palestinesi. Il direttore generale del ministero degli Affari strategici di Israele, Yosef Kuperwasser, ha detto al New York Times: "La vera pace si può costruire solo se verrà cambiata la cultura dell'odio nei nostri confronti".
La strumentalizzazione dei manuali di testo non è una novità introdotta da Hamas. Una ricerca presentata dal Consiglio delle istituzioni religiose in Terra Santa lo scorso febbraio, finanziata dal Dipartimento di Stato americano, denunciava la parzialità dei manuali di storia e geografia adottati sia da Israele che dalla Palestina nei confronti dell'avversario. Per tre anni una equipe di esperti ha studiato e analizzato circa 640 manuali scolastici (492 israeliani e 148 palestinesi) e oltre 3mila testi in arabo ed ebraico, utilizzati in istituti pubblici, privati, laici e religiosi. Ad esempio in alcuni testi scolastici israeliani non viene mai utilizzata la parola "palestinese", se non quando si tratta di associarlo al terrorismo. Da entrambe le parti i testi contengono stereotipi su religione e stile di vita in modo da demonizzare il nemico. Un modo per insegnare ai bambini ad odiarsi gli uni con gli altri. Una cultura dell'odio che difficilmente potrà mai facilitare la conciliazione tra i due paesi.

(la Repubblica, 16 dicembre 2013)


Non è strano che nei colloqui di pace fra Israele e “Palestina” non si inserica mai tra i problemi da risolvere la presenza in “Palestina” di un “governo” come quello di Hamas che ha come obiettivo intermedio di disturbare e impedire ogni colloquio di pace con una “entità” che neppure nominano, e come obiettivo finale di far sparire dalla terra la suddetta entità? Il problema preliminare di cui Kerry, Abu Mazen e Netanyahu dovrebbero prima di tutto discutere potrebbe avere questo titolo: “In che modo si può togliere ad Hamas il governo di Gaza?” Obama e Abu Mazen certamente non approverebbero che il problema fosse risolto con l’invasione armata di Gaza da parte dell’esercito israeliano, ma allora, in alternativa, quali sono le loro proposte di soluzione? Se non propongono niente, vuol dire che la volontà di Hamas di distruggere Israele non disturba molto i solerti interlocutori dei colloqui di pace. O forse non disturba affatto. Di Hamas, di quello che fa, di quello che dice di voler fare, non si discute: Hamas è fuori discussione. Non è strano? No, purtroppo non è strano. M.C.


Anche Israele vuole il suo aereo "Air Force One"

Il governo israeliano ha approvato la creazione di una commissione incaricata di verificare il possibile acquisto di un aereo riservato agli spostamenti del primo ministro e del presidente del Paese medio-orientale. La decisione arriva dopo una lunga serie di polemiche sulle spese effettuate dall'ufficio del premier Benjamin Netanyahu. Ad esempio, a maggio di quest'anno il primo ministro è stato molto criticato per l'installazione di una camera da letto doppia (ad un costo di circa 92.000 Euro) sull'aereo che, dopo un volo di appena cinque ore, lo avrebbe dovuto portare a Londra per i funerali di Margaret Thatcher.
Netanyahu ha rinunciato a recarsi in Sudafrica per la commemorazione di Nelson Mandela dal momento che i costi di trasporto e sicurezza sarebbero arrivati intorno ai 7 milioni di shekel (circa 1,45 milioni di Euro).
Per questo motivo il governo sta prendendo in considerazione l'acquisto di una versione israeliana del celebre "Air Force One", l'aereo che trasporta il presidente degli Stati Uniti, destinato ai viaggi di Netanyahu e del presidente Shimon Peres, "Come è tipico in altri Paesi", spiegano da Gerusalemme in un comunicato.
"Attualmente, gli aerei vengono noleggiati da compagnie commerciali, ed i costi sono frequentemente intorno ai vari milioni di shekel per viaggio". Il segretario di gabinetto Avichai Mandelblit ha precisato che non si tratta solamente di una questione finanziaria: "È una necessità di sicurezza nazionale, che riguarderà lo Stato di Israele almeno per vari decenni. Inoltre, oggi l'aereo del primo ministro manca di un appropriato equipaggiamento di comunicazione, cosa che invece ha quasi ogni capo di Stato di ogni Paese avanzato".

(Avionews, 16 dicembre 2013)


Strage di Bologna. La vera pista è quella "palestinese"

di Elleci

La verità ufficiale sulla strage di Bologna è quella della matrice interna fascista. E' una verità di Stato, giudiziaria ed indiscutibile, portata avanti da una parte politica sin da un secondo dopo lo scoppio della bomba: sono stati i neo-fascisti! Scrivevano tutti i giornali dopo poche ore.
Quella che presto divenne la verita' ufficiale non corrisponde, però, alla realtà. La verità ufficiale nasce da una speculazione politica, personale (carriere politiche e libri venduti grazie a questa versione) ed ideologica che ad ogni ricorrenza trova, nelle celebrazioni, la sua messa in scena. I fatti, invece, sono questi: Thomas Kram, trascorsi decenni, conferma alla stessa Procura di Bologna che subito dopo lo scoppio, quella stessa mattina, si allontanava di corsa da luogo della strage. Il suo ingresso all'albergo Centrale di Bologna è datato 1 agosto 1980, era arrivato con il rapido 307 delle 12:08 da Karlsruhe a Milano il primo giorno di agosto e, quella sera stessa, arriva a Bologna. Il check out dall'albergo e' previsto per la mattina del 2 agosto 1980. All'incalzare delle domande dei Pm sulle ragioni della sua presenza a Bologna e ad ogni altra domanda, Kram rifiuta di rispondere e si allontana.
Thomas Kram è un terrorista dell'ultra-sinistra tedesca. Con lui, quella notte, nello stesso albergo c'e' una donna, arrivata in treno anche lei, si chiama Christa Margot Frohlich, e' la terrorista tedesca filo-palestinese legata a Ilich Ramírez, meglio conosciuto come Carlos, lo Sciacallo, il terrorista sudamericano, islamico e comunista del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina. Il gruppo Carlos, strettamente legato al terrorismo arabo, era l'unico che poteva disporre di quella quantità di esplosivo e l'Italia era il centro logistico dove transitavano, grazie al Lodo Moro, armi ed esplosivi destinati a tutti i gruppi terroristici affiliati in Europa e Sudamerica. Lo stesso Carlos, attualmente detenuto in Francia, avrebbe confermato che quell'esplosivo era suo salvo poi aggiungere che i veri responsabili sono stati gli americani, gli israeliani e i fascisti italiani. Gianni De Gennaro, futuro capo della Polizia, segnalo' subito della presenza di uomini di Carlos quel 2 agosto a Bologna ma l'indagine su questa pista fu fatta chiudere il 16.08.1980.
Questi sono i fatti. La verità fu denunciata, dopo molti anni, dall'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga a cui fu dato del pazzo non appena svelò questa realtà, dal parlamentare Vincenzo Fragalà, ucciso il 23 febbraio 2010, dopo le sue dichiarazioni, con modalita' sicuramente estranee al contesto mafioso a cui la stampa progressista attribui' l'origine (fu massacrato da tre uomini a bastonate) del delitto, infine, puo' considerarsi una certezza che Mambro e Fioravanti non avevano minimamente i mezzi, la rete e i motivi per compiere quella strage.
Quelli sopra esposti sono fatti. Le conclusioni sono demandate all'intelligenza e all'onesta' intellettuale di ciascuno.

(Giustizia Giusta, 16 dicembre 2013)


Ucciso un soldato israeliano al confine con il Libano

Israele: "Risponderemo"

L'inevitabile è successo. Sono giorni che dalla parte libanese provano a uccidere soldati israeliani e adesso ci sono riusciti. Prima gli ordigni esplosivi lungo la frontiera con il Golan, poi una serie di episodi inquietanti lungo il confine con il Libano, infine l'omicidio a sangue freddo di ieri quando un cecchino libanese ha sparato a sangue freddo sei colpi contro un soldato israeliano, Shlomi Cohen, 31 anni, uccidendolo sul colpo.
Non è chiaro se a sparare contro il soldato israeliano sia stato un soldato libanese o un miliziano di Hezbollah, la differenza è poca o nulla visto che la maggioranza dei militari libanesi che operano nel sud del Libano sono sciiti e membri di Hezbollah. Quello che invece è certo è che da diverso tempo Hezbollah sta cercando in tutti i modi di provocare un incidente con Israele nel tentativo di coinvolgere lo Stato Ebraico nel conflitto in corso in Siria o quantomeno di alzare la tensione lungo il confine con il Libano....

(Right Reporters, 16 dicembre 2013)


Oltremare - Il blu
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Qualunque cosa stiate pensando, dai colori della bandiera (blu e bianco), al mare (di un gran bel bleu), al cielo, a variazioni cromatiche sul tema dell'azzurro scuro: sbagliato. Blu, nel senso di freddo blu. O freddo cane, che ho appena scoperto si dice anche in ebraico (suona: kor klavìm), grazie alla nevicata dei giorni scorsi. Inutile indorare la pillola: anche senza neve, in Israele d'inverno noi che siamo cresciuti in Europa battiamo i denti. L'inverno qui inizia solo a dicembre e finisce già a marzo, quindi la sofferenza dura relativamente poco. Però l'impatto con un mondo in cui c'è lo stesso freschetto fuori e dentro casa, e non esistono i riscaldamenti attaccati ai muri di ogni stanza, ci riempie di confusione. Primo: com'è che in Israele non si è mai sviluppato un sistema per stare bene in casa anche nel breve inverno, visto che per la lunghissima estate invece sono tutti super-organizzati? Secondo (curiosità personale): ma come fanno i zabar a girare in camicia anche a 8 gradi centigradi? Mica tutti avranno servito nel Golan e si saran fatti tre anni su e giù per il monte Hermon, acquisendo come noto uno strato di amianto sottopelle che li protegge poi a vita da ogni escursione termica da -5 a +42 Co? Mistero. Quello che è invece chiarissimo è che tutto questo israelianissimo sottovalutare il freddo e scherzarci sopra non ha aiutato le oltre 35mila famiglie che durante la tempesta di neve sono rimaste senza elettricità per anche tre giorni, Shabbat compreso, soprattutto a Gerusalemme e dintorni, e in tutto il nord del Paese. Pochi, troppo pochi si erano organizzati con riserve di cibo e di acqua e generatori di emergenza. I condizionatori usati come riscaldamento sono un rimedio blando contro gli zero gradi, e appena la neve ha cominciato ad abbattere alberi e a rompere cavi elettrici, oltre alla luce è spesso mancata anche l'unica fonte di riscaldamento. Pare che una tempesta come quella appena passata arrivi in questa zona una volta ogni cento/centovent'anni. E sarà meglio. Intanto, freddo blu; perfino a Tel Aviv.

(Notiziario Ucei, 16 dicembre 2013)


Roger Waters paragona Israele alla Germania nazista: 'Immorale e inumano'

La chiamata al boicottaggio di Tel Aviv rivolta ai colleghi musicisti o la discussa trovata scenografica della proiezione della stella a sei punte su un maiale gonfiabile - che già, comunque, la dicevano piuttosto lunga sulle sue opinioni in merito - da oggi in poi passeranno agli atti come timidi gesti di protesta, se paragonati alle sue ultime dichiarazioni raccolte dal mensile politico statunitense CounterPunch: tracciando parallelismi con la Germania di Hitler e con la Repubblica di Vichy - lo stato satellite del Terzo Reich istituito nel sud della Francia durante la Seconda Guerra Mondiale tra il '40 e il '44 - Roger Waters ha paragonato la politica di Israele nei confronti della comunità palestinese a quella adottata dai nazisti nel confronti degli ebrei durante l'ultimo grande conflitto.
"La situazione israelo-palestinese, con l'occupazione, la pulizia etnica e il sistematico regime di apartheid imposto dal regime di Tel Aviv è inaccettabile", ha commentato l'ex Pink Floyd: "Non avrei mai suonato per il governo di Vichy nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale, così come - nello stesso periodo - non mi sarei mai sognato di suonare a Berlino. Considerate che ancora oggi siano in diversi a sostenere che tra il '33 e il '46 non sia stata attuata nessuna oppressione nei confronti degli ebrei: bene, oggi lo scenario è cambiato. Solo che questa volta sono i palestinesi a venire sterminati". Secondo Waters, il parallelismo è "evidente", soprattutto considerando le politiche adottate nei territori occupati: "Trovo bizzarra l'opinione di alcuni rabbini ultraconservatori per la quale persone che dal '48 vengono esplulse dalla propria regione nativa siano da considerare sub-umane".
Pronta, dalle colonne del New York Observer, è arrivata la prima replica, sotto forma di una durissima lettera aperta del rabbino Shmuley Boteach: "Quello nazista è stato un regime che ha sistematicamente ucciso sei milioni di ebrei", osserva il religioso, "Il paragone che ha impostato tra gli ebrei e gli stessi che li hanno sterminati dimostra come lei non abbia né decenza, né cuore, né tantomeno anima. Lei ha disonorato sè stesso paragonando sei milioni di vittime, inclusi un milione e mezzo di bambini uccisi a sangue freddo nelle camere a gas, a organizzazioni terroristiche come Hamas, che come scopo hanno quello di cancellare Israele dalle carte geografiche".
"Non conosco il rabbino Boteach, e non sono preparato per ingaggiare un duello con lui", ha controbattuto Waters al Daily Mail: "Vorrei solo precisare: non ho nulla nè contro gli ebrei nè contro Israele, e non sono antisemita. Semplicemente, deploro le politiche adottate dal governo di Tel Aviv nella striscia di Gaza, perché lo trovo immorale, inumano e illegale. Continuerò la mia protesta non violenta finché Israele continuerà a adottare queste politiche".

(rockol.it, 16 dicembre 2013)


"Pulizia etnica, apartheid, palestinesi che vengono sterminati", davanti a simili macroscopiche falsità, ossessivamente ripetute con criminale leggerenza, frasi auto assolutorie come "non ho nulla né contro gli ebrei né contro Israele, e non sono antisemita" non dovrebbero più essere accettate da persone che hanno un minimo di onestà intellettuale, se non morale. Voler continuare a mantenere la distinzione tra antisionismo e antisemitismo significa oggi favorire l'ambiente culturale più adatto alla proliferazione del bacillo antisemita. M.C.


Sorrisi

di Rachel Silvera, studentessa/stagista

 
Mossa suicida: decido di uscire appena finito Shabbat e imbarcarmi per le vie del centro. Come vecchie imbellettate, le palazzine rimandano lucine al neon (un pesante ombretto blu) e gialli canarino squillanti. Mi districo tra la folla ed è sempre la stessa scena da giorni: quattordicenni che si sbaciucchiano sotto le guglie del Duomo, un Winnie The Pooh travestito che inquieta i bambini, gli onnipresenti gadget di Peppa Pig, le castagne fumanti, la musica perforante. Mi sento improvvisamente una stagista solitaria. Sarà che mi sono giocata il mio stipendio per comprarmi una borsa, sarà che la follia natalizia non ha alcuna presa su di me. Sarà che ho fame. Non so bene di cosa, se di rivincita o panino kasher in Piazza da prendere al volo prima di incontrare qualcuno che non ti vorrà salutare. Sarà che mi manca la mia Feltrinelli di Largo Argentina, con i libri al posto giusto e il bar al piano di sopra. Ho sempre sognato di essere una Tamara Drewe; tornare nel mio paesino con l'aria diversa, di chi ce l'ha fatta. La realtà è che sono sempre io: anche in una grande azienda, anche con una scrivania. Non ostento sicurezza che non ho e passo le mie giornate a tediare i colleghi con kasherut e Shabbat. Sospetto che prima o poi mi stordiranno con un prosciutto in testa per porre fine a questa ossessione ebraica. Nonostante sembriamo una coppia in crisi, mi appiglio continuamente al mio ebraismo. Quelle regole che mi isolano dagli altri mi fanno paradossalmente sentire anche meno sola. Non so davvero se tornerò a casa come Audrey Hepburn in Sabrina, con un nuovo taglio di capelli e completi francesi. Non so se farò la scena alla Diavolo veste Prada di buttare il cellulare in una fontana. So però che nonostante tutto non sarò più la stessa a differenza di quanto ho scritto sopra. E per una volta, questo pensiero mi strappa un sorriso.
Persino di fronte a Peppa Pig.

(Notiziario Ucei, 16 dicembre 2013)


Centoquaranta tour operator esteri alla convention 'Where Else' di Israele

Circa centoquaranta tour operator provenienti da tutto il mondo hanno partecipato in Israele alla convention 'Where Else' edizione 201, che si è svolta dal 5 all'11 dicembre. La maggior parte degli ospiti rappresentavano TO che si stanno affacciando al mercato Israele e la maggior parte non avevano mai visitato Israele prima. Obiettivo fondamentale è stato quello di presentare l'offerta del prodotto turistico israeliano, le opportunità di svago e di intrattenimento, così come i diversi pacchetti turistici di nicchia.
Il programma ha avuto inizio con Tel Aviv, prima che i gruppi si dividessero a secondo delle preferenze e della tipologia di clienti a cui indirizzare la proposta, così da visitare un nord più tradizionale e spirituale tra Nazareth, Haifa, Acri e Cesarea ed il Lago di Galilea ed un sud sempre sorprendente alla scoperta di Masada, il Mar Morto e Eilat. Infine tutti insieme a Gerusalemme alla scoperta anche di importanti novità, come un'apertura inedita per il gruppo dello splendido Waldorf Astoria che sarà ufficialmente inaugurato il prossimo aprile 2014.
Il gruppo degli italiani, il più numeroso, si è dimostrato attivo ed interessato, accogliendo con grande interesse tutte le novità di programmazione e le possibilità di promozione e collaborazione anche a seguito dell'interessante incontro organizzato con rappresentanti di TO e catene alberghiere israeliani.
Si è anche concluso poche settimane fa un importante viaggio dedicato al gruppo GIST, Gruppo italiano Stampa Turistica che ancora una volta ha scelto Israele per approfondirne differenti ed inediti aspetti. Diciassette colleghi della stampa turistica italiana, ospiti del Ministero del Turismo di Israele, saranno ora ambasciatori di una Israele sempre rinnovata nell'offerta e nei contenuti.

(Travelnostop, 16 dicembre 2013)


Nella fabbrica segreta dei super droni di Israele

In capannoni sorvegliatissimi vicino a Tel Aviv si producono aerei senza pilota. Compreso Eitan, il velivolo gigante che potrebbe distruggere le batterie iraniane

di Gian Micalessin

Il satellite spia israeliano «OptSat3000»
Il drone israeliano «Ghost»
Il super drone israeliano «Eitan»
«I soldati italiani soffrivano in passato di cattiva fama. Le vostre Forze Armate dispiegate in Libano sono, invece, un condensato di alta qualità e geniale creatività.
Quel che fate lì, parola di soldato israeliano, è un capolavoro». Il «soldato» israeliano in questione si chiama Amos Gilad e non è l'ultimo dei marmittoni. L'ufficio all'ultimo piano del ministero della Difesa di Tel Aviv dove lo incontriamo è proprio accanto a quello del ministro. E non a caso. Dalla scrivania del generale Gilad, direttore dell'Ufficio Affari Politico-militari del ministero passano le decisioni più importanti. Come quella per l'acquisto di 30 aerei italiani M 346 Alenia Aermacchi al costo di 850 milioni di dollari per l'addestramento dei piloti israeliani. Un super contratto analogo a quello sottoscritto dall'Italia per l'acquisto dell'avanzatissimo satellite spia OptSat3000, il grande occhio con cui seguiremo le missioni delle nostre forze armate impegnate a livello globale. Per capire l'importanza di questo secondo contratto bisogna scendere verso i sorvegliatissimi capannoni dell'«Israel Aerospace Industries» disseminati attorno all'aeroporto Ben Gurion. Lì, dietro posti di blocco, sensori e nugoli di guardie pronte a bloccare visitatori indesiderati, si celano alcuni dei più importanti segreti militari d'Israele. Tra questi l'OptSat 3000. Il satellite, come spiega Ofer Doron, responsabile commerciale del settore Missili e Spazio, è un piccolo condensato della strategia economica e militare d'Israele. «Quello che costruiamo qui è un prodotto di elevate qualità tecnologiche dai costi contenuti», spiega Doron che - dopo averci obbligato a vestire camice bianco, cuffietta e soprascarpe - ci accompagna nella sala sterile dove prende forma il primo satellite per usi militari acquistato dall'Italia. «Vi costa 182 milioni di dollari, ma per voi è un buon affare perché la vostra agenzia spaziale ne sviluppa il sistema radar a visione spettrografica da 250 colori che l'Italia potrà vendere separatamente a noi e altri Paesi».
Il padiglione delle meraviglie di quest'area industriale supersorvegliata è però quello dove si progettano e realizzano i «droni», gli aerei senza pilota. «Vedi questo? Si chiama Ghost (fantasma) vola senza fare il minimo rumore, s'infila ovunque e con il buio è praticamente invisibile. È studiato per le forze speciali. Con lui cambieremo le regole del combattimento nelle aree urbane. Grazie a lui il nemico non avrà più nascondigli», spiega Nir Salomon, il responsabile commerciale dei droni israeliani di ultima generazione. «Ghost», un elicotterino nero da un metro e mezzo pesante quattro chili, è la versione bonsai del Ch47 Chinook, l'elicottero da trasporto a due rotori usato da Stati Uniti e paesi Nato. A differenza del fratellone maggiore questo silenzioso calabrone può volare tutto solo, infiltrarsi dentro un edificio, attraversare - grazie ad un programma computerizzato - scale, porte e finestre, trasmettere le immagini sullo schermo di un computer e al caso anche abbattere un soldato nemico.
Per chi ama far le cose in grande Nir Salomon ha invece pronto Eitan, ovvero il «risoluto», un gigante da quattro tonnellate e mezzo di peso, 14 metri di lunghezza e 26 di apertura alare, capace di volare per 36 ore portandosi dietro mille chili di attrezzature fra bombe, missili e sistemi d'osservazione. Grazie a questo gigante «risoluto» già utilizzato cinque anni fa per distruggere un convoglio di missili partiti dal Sudan e destinati ai militanti di Hamas a Gaza, Israele potrebbe cambiare le regole della partita con l'Iran. Oggi una flotta di Eitan sarebbe già dispiegata in due basi segrete affittate dall'Azerbaigian. Da lì, in caso di raid sulle infrastrutture nucleari di Teheran, i droni israeliani potrebbero colpire le batterie missilistiche iraniane annullando ogni possibilità di rappresaglia. In attesa di una nuova guerra i Ghost, gli Eitan e gli altri droni restano comunque una potentissima arma commerciale. Un'arma richiestissima in tutto il mondo e capace di garantire, da qui al 2020, fatturati per decine di miliardi.

(il Giornale, 16 dicembre 2013)


Il moderno ‘saluto nazista‘ si diffonde in Europa

Nuovo saluto neonazista si diffonde in Europa. Il moderno 'Saluto nazista' guadagna slancio tra gli anti-semiti. Neonazi in posa per farsi fotografare nei siti sensibili in tutto il mondo e in Israele, persino al fianco di soldati delle Forze di Difesa Israeliane, che non sono a conoscenza del significato del gesto La mano destra e le dita tese verso il basso lungo il corpo, mentre la mano sinistra esegue un movimento di "saluto" sul braccio opposto. Sembrerebbe un esercizio aerobico per principianti. Ed in realtà, secondo i ricercatori di antisemitismo, è un chiaro simbolo antisemita, un moderno saluto nazista, che si sta diffondendo in tutta Europa tra coloro che vogliono manifestare odio nei confronti degli ebrei. Negli ultimi mesi, a parer di autorevoli studiosi, gli antisemiti stanno approfittando della mancanza di consapevolezza pubblica del nuovo tipo di "saluto" e scattano foto di se stessi eseguendo il saluto in luoghi particolarmente simbolici e sensibili del mondo come il campo di sterminio di Treblinka. Il fenomeno è stato rivelato in una conferenza tenuta all'inizio di questa settimana a New York dal reparto dell'Organizzazione Sionista mondiale per contrastare l'antisemitismo (WZO), in presenza di alti funzionari coinvolti nella ricerca e nella lotta contro l'antisemitismo in Israele e negli Stati Uniti. Al fine di far conoscere al pubblico il nuovo gesto, che molti avrebbero già incontrato, senza conoscerne il significato, gli organizzatori della conferenza hanno presentato immagini e video di neo-nazisti documentando come essi si esibiscano in diversi luoghi del mondo. Come parte di un impegno più concreto, è stato chiesto al Ministero della Difesa israeliano di avvertire i soldati dell'IDF (Forze di Difesa Israeliane) del fenomeno nel tentativo di impedire loro di partecipare inconsapevolmente alle fotografie. Il nuovo saluto, basato su un simbolo nazista inverso, è stato creato da un comico francese chiamato Dieudonné, che è noto per i suoi atti antisemiti e dichiarazioni e che è stato persino condannato dai tribunali in Francia diverse volte in passato. Il gesto fisico, si è diffuso nel paese, ma il governo non lo ha ancora definito illegale. Diverse fonti hanno discusso se è visto come gesto antisemita in tutti i casi. Ci sono coloro che affermano che alcuni tra quelli che si fanno fotografare, fanno il gesto per motivi di "anti-establishment" che non sono necessariamente antisemiti. Tra anti-semiti, tuttavia, come indica il WZO, è un comune gesto antisemita, e alcuni mezzi di comunicazione si sono scusanti di averlo esposto al pubblico erroneamente. Fatto sta che tale movimento sta guadagnando sempre più slancio e diffusione su Internet e tra i social network trasformandosi in un simbolo chiaramente nazista, e non sembra essere un fenomeno di passaggio, come ha voluto sostenere Yaakov Haguel, capo del dipartimento del WZO per contrastare l'antisemitismo e l'organizzatore della conferenza. Il classico saluto nazi-fascista della mano destra sollevata è vietato nei Paesi UE tant'è che non poche persone sono state anche arrestate per questo. Ed è forse questo il principale motivo per cui si stia diffondendo questo nuovo "trucco". Un'apposita pagina di Facebook viene aggiornata molto frequentemente, specialmente con foto da tutto il mondo che documentano il nuovo saluto in luoghi che hanno un significato religioso e nazionale per gli ebrei. La pagina ha accumulato decine di migliaia di seguaci regolari, e quasi il 100% di loro sono attivi - attraverso "like", condivisioni e commenti. Un sito web, inoltre, risulta essere stato lanciato anche per lo stesso scopo. Un fenomeno inquietante e da censurare, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti". Poiché non vi è dubbio, che in Europa, ma anche in Italia vi sia una recrudescenza dell'antisemitismo, male della società mai assopito, ma che probabilmente è acuito dalla crisi economica.

(PositanoNews, 15 dicembre 2013)


Israele - Migliaia di persone senza elettricità

Al terzo giorno dell'ondata di neve senza precedenti che ha investito il Medio Oriente, imbiancando il Cairo per la prima volta in oltre 100 anni, sono 35mila le famiglie ancora senza elettricita' in Israele, soprattutto a Gerusalemme e nel nord del Paese. Lo ha riferito il capo della polizia di Gerusalemme, Miki Rosenfeld. Altre decine di migliaia di case palestinesi sono nella stessa situazione in Cisgiordania. La compagnia elettrica israeliana e' ancora impegnata ripristinare i cavi travolti dagli alberi abbattuti e anche l'esercito ha fornito veicoli per i soccorsi. Almeno quattro persone sono morte in Israele per il maltempo - un uomo caduto dal tetto, due persone travolte da un'inondazione nel deserto del Negev, una bimba ustionata da una stufetta- e un uomo e' morto per una caduta in Cisgiordania. La neve e' caduta sui rilievi, imbiancando Gerusalemme, Safed, Nablus ed Hebron, mentre in altre aree vi sono state forte piogge, che hanno provocato allagamenti nella sovrappopolata striscia di Gaza. La principale arteria stradale fra Gerusalemme e Tel Aviv e' stata chiusa al traffico e molte automobili sono state abbandonate sulle strade innevate. Per questo ieri, per la prima volta nella storia d'Israele, i treni sono rimasti in funzione anche durante il riposo dello shabbat. Oggi, giornata lavorativa in Israele, le scuole sono rimaste chiuse. Alcuni animali sono morti nello Zoo di Gerusalemme, fra cui due fenicotteri travolti dal crollo di una palma.

(MeteoWeb, 15 dicembre 2013)


Gerusalemme città bianca. E' stata la tempesta del secolo

È tornato il sole a Gerusalemme, dopo i tre giorni di quella che è stata definita la "tempesta del secolo", con la neve che ha raggiunto i 40/60 centimetri. Mentre riaprono le strade e inizia nuovamente a funzionare il trasporto pubblico, si contano gli ingenti danni che l'eccezionale evento atmosferico ha portato con sé, insieme ai paesaggi da cartolina finiti sui giornali di tutto il mondo.
Il presidente Shimon Peres ha ringraziato tutti i cittadini per la pazienza e la disciplina dimostrata durante la tempesta, e in particolar modo i volontari che si sono attivati per aiutare a sgomberare la neve e prestare soccorso a chi si trovava in difficoltà.

(Notiziario Ucei, 15 dicembre 2013)


Luna: dopo la Cina ci prova Israele

Nel 2015 il lancio di SpaceIl, il più piccolo satellite mai inviato sulla superficie lunare. E in Israele scoppia l'Apollo-effect.

Dopo la Cina, il quarto Paese al mondo a toccare il suolo lunare potrebbe essere Israele. O almeno così pensano a Tel Aviv, dove studenti, professori e imprenditori privati lavorano in questi mesi alla realizzazione del progetto SpaceIl. La data prevista per l'allunaggio è il 2015 e il prossimo sarà l'anno decisivo per la buona riuscita di un progetto che sta entusiasmando Israele.
«Vogliamo ricreare anche qui un Apollo effect: rinforzare l'immagine di Startup Nation e diffondere tra i giovani israeliani una cultura delle scienze per far fare un salto in avanti al Paese. Siamo convinti che la buona riuscita di questa missione infatti possa stimolare le future generazioni a lavorare nell'ambito scientifico e stimolare sempre di più le imprese tecnologiche israeliane», spiegano all'Università di Tel Aviv Oshrat Slama e Adam Green, due giovanissimi componenti del team, la prima Marcom manager e il secondo Head of mission analysis.
Il modulo lunare israeliano partecipa alla Google Lunar X-Prize, competition mondiale per inviare spacecraft sulla Luna che prevede l'obbligo di atterrare sulla sua superficie, percorrere 500 metri, e quindi inviare immagini Hd alla Terra. Per compiere questo tragitto di 500 metri, il modulo israeliano, che sarà il più piccolo mai inviato sulla luna (è alto meno di una persona media) e il cui budget complessivo è di appena 30 milioni di dollari, non utilizzerà un rover ma prevede di fare, dopo il primo atterraggio, un «hop», quindi un salto, che gli permetta di volare a bassissima quota e riprendere la superficie lunare.
«Ma la nostra caratteristica principale - spiega Oshrat Slama - è quella di essere una non profit organization. Abbiamo 250 volontari che stanno battendo a tappeto le scuole di Israele per spiegare il progetto ai bambini». «Questo - spiega Enon Landenberg, Ceo di Infinity Augmented Reality, uno dei tanti imprenditori che presta volontariamente il suo operato al progetto - è forse il risvolto più importante della missione, educare una nuova generazione di israeliani desiderosi di sognare lo spazio a occuparsi di tecnologia e scienza». Per promuovere il progetto e coinvolgere tutta la popolazione è stato anche ideato uno spot che viene trasmesso gratuitamente in tv.
Attualmente nella classifica del Google Lunar X-Prize, SpaceIl occupa il primo posto e si contende la vittoria con due moduli americani. In palio ci sono 20 milioni di dollari, che copriranno parte delle spese (il contributo del governo è stato minimo) assieme ai privati, ai tre fondatori Yonatan Winetraub, Yariv Bash, Kfir Damari (imprenditori con lunghe esperienze negli Stati Uniti che hanno ideato la missione durante un incontro al bar) e alle donazioni di cittadini israeliani. Tra i sostenitori più accaniti della missione anche Shimon Perez, presidente israeliano che partecipa in modo intensivo agli appuntamenti pubblici. Ma uno dei fattori determinanti per la riuscita del progetto sarà sicuramente la tecnologia già sviluppata in Israele per la costruzione di microsatelliti militari: tolti i tank di combustibile, infatti, il cuore elettronico del satellite occupa lo spazio di tre smartphone.
Video

(CorriereInnovazione, 15 dicembre 2013)


Retrò kitsch

di Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche

Le Andrews Sisters
Una giovane, vecchia dentro. Va bene, ennesima conferma per mio fratello che la sua tipica descrizione acidamente ossimorica è fondata. Ma lo spettacolo della musicista Tali Tadmor che ha debuttato ieri sera a Los Angeles dev'essere carinissimo. Si tratta di un musical che riporta in scena il cosiddetto Yiddish swing, fiorito negli anni '30 e '40 mescolando lo shtetl con le danze di tutta l'America dell'epoca. Il titolo è "Ella Fitzgeraldberg", perché Ella Fitzgerald aveva cantato una cover di "Bei Mir Bistu Shein", la canzone simbolo dello swing in yiddish resa famosissima dalle Andrews Sisters. Raccontando questa cultura parallela sotto forma di flashback, un'attrice ne impersona una protagonista di fama internazionale ormai anziana, che ripensa alle luccicanti glorie del passato. Intanto sul palco si balla e si canta, e rigorosamente in yiddish, perché Tali è un'irriducibile. Ha scritto le musiche, e poi preso i testi da un giornale in yiddish ormai chiuso che si chiamava Keshbn, i cui contenuti erano contributi dei lettori. "Ho scelto dei testi in poesia, che sembravano in rima, e li ho portati in una casa di riposo ebraica, per farmeli tradurre e capire cosa dicessero prima di usarli", ha raccontato. "Spero che si apprezzi la ricchezza della cultura yiddish e si veda che ci sono ancora giovani interessati a tenere la lingua in vita". Ma la cosa migliore dello spettacolo, che si svolge sotto forma di cabaret in un locale, è che viene ricreata al suo interno tutta l'atmosfera di quegli anni. Sul muro è proiettato un film muto, sui tavoli ci sono giornali dell'epoca, al calare del sipario si balla. Ma soprattutto il pubblico deve andare vestito a tema. Che meraviglia, sarebbe l'occasione perfetta per poter finalmente mettere le stupende scarpe da tip tap nere col cinturino e un po' di tacco per andare in giro, per indossare ampie gonne e cappellini buffi, oppure una quantità esagerata piume e lustrini alla Ginger Rogers senza sembrare ridicola, e magari anche le lunghe collane di pregiatissime perle distribuite come gadget qualche mese fa a un matrimonio, di cui mamma in preda all'entusiasmo ha preso sei esemplari. Peccato, e a meno di andare a Los Angeles non si può nemmeno sapere se lo spettacolo sia bello o meno. Ma la verità è che in tutto questo tripudio retrò-kitsch sarebbe del tutto irrilevante.

(Notiziario Ucei, 15 dicembre 2013)


Israele, Anp e Giordania: storico accordo sull'acqua

Intesa sul progetto che prevede un nuovo impianto di dissalazione ad Aqaba.

L'acqua "potente" quanto il petrolio: succede soprattutto in Medio Oriente, dove scarseggia ed è stata determinante per i destini dei popoli della regione.
Ma ora Israele, Giordania e Autorità nazionale palestinese hanno trovato un accordo per l'utilizzo dei bacini dell'area. L'intesa ruota intorno a un progetto per alzare il livello dell'acqua nel Mar Morto, pompandone altra dal Mar Rosso.
L'accordo, frutto di mediazioni avviate nel 2005, prevede la costruzione di un impianto di desalinizzazione ad Aqaba, in Giordania. Il livello del salatissimo Mar Morto è calato ultimamente di un metro all'anno a causa dei cambiamenti climatici e alla deviazione del Fiume Giordano per necessità dei singoli Paesi.
E da quando Israele ha occupato la Cisgiordania al termine della Guerra dei sei giorni, nel 1967, la Palestina non ha più potuto fare rifornimento delle sue acque. Il futuro della regione è quindi strettamente legato alla gestione e al controllo dell'acqua che garantisce lo sviluppo e dà una posizione di vantaggio nei negoziati con gli avversari.
Dal punto di vista economico e sociale, la situazione oggi è fortemente squilibrata: nei Territori palestinesi occupati, la popolazione è quasi la metà di quella israeliana, ma consuma soltanto il 10-15% dell'acqua che viene utilizzata in Israele.
In Medio Oriente il problema dell'approvvigionamento idrico riguarda anche altre realtà. Nel bacino del Tigri e dell'Eufrate, che si trova nell'area di confine tra Siria, Turchia e Iraq, la costruzione di numerose dighe ha provocato inondazioni e il conseguente spostamento delle popolazioni locali, peggiorandone le condizioni di vita.
Le associazioni ambientaliste e di difesa dei diritti umani contestano i pesanti impatti sociali, ambientali e culturali dei progetti di grandi opere nella regione, che spesso si ergono solo con l'obiettivo di inglobarne le risorse idriche principali.

(Cadoinpiedi, 15 dicembre 2013)


August Landmesser: l'uomo che rifiutò il saluto nazista

di Tommaso Moro

La famiglia Landmesser
Un paese, il mondo, hanno sempre bisogno di eroi, come ci dimostra in questi giorni l'eco e il riverbero morale nei nostri cuori lasciati da Nelson Mandela.
La sua storia e la sua scelta di guardare al domani del suo popolo, piuttosto che alla sofferenza ingiusta a cui egli fu costretto, ci indicano con chiarezza la strada per il progresso della sua nazione, ma anche di tutte le nostre singole vite.
Un'altra storia, che ho conosciuto in questi giorni, mi fa vedere come abbiamo un bisogno continuo di persone che hanno seguito fino in fondo i valori in cui credono. Il suo nome era August Landmesser. Un giorno del 1936 a Amburgo rifiutò di alzare il braccio nel saluto nazista, come invece faceva la folla attorno a lui.
La fotografia si trova esposta al centro di documentazione "Topografia del terrore" presso il vecchio quartier generale della Gestapo a Berlino: era stata scattata nel 1936 e ritrae la folla che faceva il saluto nazista per celebrare la partenza dal porto della nave Blohm & Voss.
La fotografia simboleggia il coraggio di August Landmesser nel dire "no". Nel 1936 l'uomo lavorava come operaio ai cantieri navali di Amburgo. Alla cerimonia era presente anche Adolf Hitler, si legge nel testo che al centro di Berlino accompagna la fotografia.
"August Landmesser aveva le sue buone ragioni per non fare il saluto nazista - si legge sull'edizione online del Washington Post -. Nel 1935 il giovane aveva sposato una ragazza ebrea, Irma Eckler. La loro unione era vietata dalla legge nazista. Landmesser era stato escluso dal partito, al quale aveva aderito nel 1931.
Lui e la moglie erano stati arrestati nel 1938 e condotti in carcere per aver disonorato la razza. Nel 1941 l'uomo era stato mandato a combattere al fronte e di lui non si avevano più avute notizie, così come della moglie, morta forse in carcere o in un campo di concentramento. Le loro due bambine, Ingrid e Irene, erano state chiuse in un orfanotrofio ed erano sopravvissute alla guerra. Nel 1991 Irene aveva visto la fotografia pubblicata da un giornale tedesco e vi aveva riconosciuto suo padre.
Abbiamo tutti bisogno di eroi, che diano coraggio alle nostre giornate.

(leggilanotizia.it, 14 dicembre 2013)


Siria - Imposta la sharia a un villaggio cristiano

DAMASCO - I terroristi salafiti e i qaedisti di Jabhat al Nousra si sono presentati al Parroco del villaggio cristiano di Kanaye', villaggio sulle rive del fiume Oronte, nel Governatorato di Idlib, nord Siria, ed hanno imposto di non suonare le campane. Hanno proibito alle donne di uscire per le strade, neppure per andare in chiesa. Se volessero uscire sono obbligate a portare il velo islamico. Nel caso non ottemperassero a quanto sopra passerebbero dalle minacce ai fatti trucidandoli tutti'. E' quanto hanno riferito all'Agi fonti della comunita' cristiana siriana aggiungendo che 'la stessa situazione i cristiani di quei villaggi l'hanno gia' sperimentata oltre un anno fa'.

(la Repubblica, 14 dicembre 2013)


Fra vent'anni l'esercito israeliano sarà composto da robot

Fra circa vent'anni, dal 70% al 80 % delle attività dell'esercito di Israele, la Tzahal, ricognizione, combattimento, squadra, analisi, logistica e altro verrà svolta da robot, hanno detto gli esperti dell'Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale (INSS) riuniti a Tel Aviv.
Attualmente, oltre ai velivoli senza pilota, l'esercito israeliano è dotato di autopilota su autoblindo e navi ma le loro capacità sono limitate. Un passo avanti importante in questo settore avverrà nei prossmi 20 anni, dicono gli esperti. La tecnologia dei robot, poi, se controllata, può efficacemente svolgere vari lavori e proteggere l'incolumità delle persone.

(La Voce della Russia, 14 dicembre 2013)


Abu Mazen respinge le proposte di John Kerry sulla sicurezza delle frontiere

Il presidente palestinese Abu Mazen ha respinto le ultime proposte presentate dal segretario di Stato Usa, John Kerry, sulla sicurezza delle frontiere del futuro Stato palestinese, che prevedono il mantenimento di una presenza militare israeliana: lo ha confermato una fonte palestinese vicina al dossier, all'indomani del colloquio di due ore tra Kerry e il leader dell'Anp.
"Il presidente Abu Mazen ha respinto le idee presentate dal segretario di stato Kerry, poiché prevedono la presenza dell'esercito israeliano", ha commentato la fonte, confermando che Abu Mazen ha consegnato una lettera che precisa quali sono "le linee rosse palestinesi".

(L'Huffington Post, 14 dicembre 2013)


Medio Oriente nel caos: dalle tormente di neve alle inondazioni

di Ivan Gaddari

 
Gaza
L'ondata di maltempo che ha investito il Medio Oriente ha sorpreso milioni di persone ed anche i meteorologi locali, che certo non prevedevano un'ondata di gelo e neve così vivace tanto meno le piogge torrenziali abbattutesi in alcune zone.
A Gerusalemme, ad esempio, si è verificata la più grande nevicata dicembrina da oltre 50 anni, mentre Gaza è alle prese con piogge torrenziali e inondazioni. Sempre più scuole, uffici istituzionali e arterie stradali della regione sono chiusi.
"La neve a Gerusalemme non è un evento così raro come molti potrebbero pensare. In media, nevica 1-2 volte ogni 2-3 anni, ma spesso le fioccate si presentano ogni inverno. Ma è senz'altro senza precedenti l'accumulo registrato", spiega il Dott. Amos Porat, direttore del Dipartimento di Israele del Servizio Climatico e Meteorologico.
A causa delle cattive condizioni del manto stradale, la polizia ha deciso di limitare il traffico sulla strada che collega Beirut a Damasco. Da mercoledì scorso, il traffico su questa strada è consentito soltanto ai veicoli muniti di catene. Giovedì il traffico è stato sospeso per diverse ore, mentre venerdì la strada è rimasta bloccata per quasi l'intera giornata.
Le pesanti nevicate hanno paralizzato non solo la rete di comunicazioni, hanno anche causato un significativo aumento dei livello dei principali corsi d'acqua e a conseguenti vaste inondazioni. Lo straripamento di un fiume nella regioni di Eshkol, sud di Israele, ha travolto un bus che trasportava bambini. Anche a Gaza l'acqua ha inondato strade e case. Va detto che affinché si verifichino inondazioni e alluvioni, data la conformazione del territorio, non v'è necessità di precipitazioni ingenti.
Il maltempo ha costretto le autorità alla chiusura di molte scuole anche in Cisgiordania. Secondo i meteorologi locali vaste zone del Medio Oriente, tra cui Israele, Giordania e Libano, hanno emesso un'allerta per la più grande tormenta di neve degli ultimi 20 anni tormenta di neve. Non solo, le tendenza stagionali indicherebbero la persistenza di pesanti ondate di maltempo anche nei prossimi 2-3 mesi.

(MeteoGiornale, 14 dicembre 2013)


Israele, da alleato a ostacolo delle strategie americane

L'accordo sul nucleare iraniano, voluto da Obama, cambia radicalmente gli equilibri. È la premessa per un possibile isolamento ed indebolimento dello Stato ebraico. È in gioco il suo futuro e quello di tutti gli ebrei della diaspora.

di Ugo Volli

Dobbiamo prepararci. La svolta repentina compiuta dell'America di Obama sottoscrivendo un accordo con l'Iran non solo autorizza in pratica il regime degli ayatollah a mantenere pronto l'apparato che permetterebbe loro, quando ne avessero l'occasione, di realizzare una bomba atomica in poche settimane; ma affida loro in pratica l'egemonia regionale sul Medio Oriente. Con questo accordo si compie uno sviluppo politico pericolosissimo non solo per Israele, ma anche per gli ebrei di tutto il mondo (e anche per l'Europa e l'America, in prospettiva, ma questo è un discorso più lungo). Israele, da alleato che era, diventa un ostacolo, un avversario della politica americana. Come si è visto con l'Egitto, Obama non ha remore ad abbandonare gli ex alleati che non seguono la sua linea, anzi sembra farlo volentieri, con spirito di vendetta, senza badare ai propri impegni precedenti né alla convenienza strategica di lungo periodo. Israele non è disposto a partecipare al giubilo generale per l'appeasement con l'Iran; ed è difficile capire come potrebbe farlo, dato che l'obiettivo ufficiale della repubblica islamica è di "cancellarlo dalla carta geografica": mentre erano in corso le trattative finali per l'accordo la "Guida Suprema" Khamenei ha dichiarato che si tratta di "un cane rabbioso che deve essere abbattuto". Anzi, lo stato ebraico si è messo di traverso rispetto alla politica dell'amministrazione americana e rischia di continuare a farlo. E' probabile che Obama reagisca a modo suo, rompendo un'alleanza antica e fondamentale, schierandosi con l'Iran e l'asse sciita, contando sull'ambiguo appoggio russo, contro Israele e l'asse sunnita. Vediamo uno scenario possibile, anzi probabile. L'occasione per punire Israele potrebbe arrivare presto, anzi è già sul tappeto, sono le trattative con l'Autorità Palestinese. Un paio di settimane prima dell'accordo con l'Iran, quando la svolta si profilava ma non era compiuta, il segretario di stato Kerry ha già compiuto una mossa in questo senso, attaccando con violenza inedita la posizione israeliana su Giudea e Samaria. Si è parlato anche della proposta di una soluzione che sarebbe stata presentata come un ultimatum alle parti del negoziato, evidentemente non in grado di trovare un accordo in questo momento. Se le proposte dell'America saranno modellate sul discorso di Kerry, somiglieranno molto alle richieste palestinesi sui confini, anche se forse non sulla questione dei "rifugiati". Non terranno conto cioè delle esigenze di sicurezza israeliane, concederanno qualche aggiustamento minore alle linee armistiziali del '49 (quelle che i filopalestinesi chiamano impropriamente "confini del '67"), magari includendo anche la divisione di Gerusalemme. Non comprenderanno il riconoscimento del carattere ebraico di Israele, né una dichiarazione di fine del conflitto. Accetteranno la pretesa dell'Anp di uno stato Judenrein (senza ebrei, ndr.), richiedendo a Israele lo sgombero forzato della popolazione, proprio quel gesto di pulizia etnica che le convenzioni dell'Aia proibiscono e che comunque comporterebbe una lacerazione intollerabile del suo tessuto sociale ed economico. Israele dovrà rifiutare, forse lo faranno anche i dirigenti dell'Autorità Palestinese. Ma è chiaro che se non vi sarà stata una rottura precedente, questa sarà l'occasione dello scontro cruciale fra amministrazione Obama e Israele. Il che comporterà danni molto gravi: la fine della copertura politica americana all'Onu e negli organismi internazionali, delle difficoltà alla collaborazione economica, con la cessazione degli aiuti, se non dell'attrattività dell'economia e della tecnologia israeliana. Forse anche la fine della collaborazione militare, essenziale per Israele dato che buona parte dei progetti concepiti in Israele, come per esempio Iron Dome sono ingegnerizzati insieme agli Usa per ragioni di costo, e molti apparati, per esempio gli aerei, sono acquistati dall'industria americana e hanno bisogno di pezzi di ricambio. Un paese piccolo come Israele, anche se molto avanzato tecnologicamente, non può giocare da solo la grande partita dello sviluppo militare. E' possibile che un tale vistoso distacco dall'America incoraggi dei tentativi terroristi o militari contro Israele, è praticamente sicuro che si scatenerà una campagna di opinione pubblica, di guerriglia legale e diplomatica, insomma che la demonizzazione di Israele raggiungerà nuovi apici. Resistere non sarà facile. Sarebbe da illusi pensare che questa crisi riguardi solo Israele e non gli ebrei della diaspora. La battaglia di opinione pubblica si farà soprattutto nei paesi occidentali, non in Israele e non certo nel mondo musulmano o nei paesi terzi, dove l'antisemitismo è già dominante. Già oggi siamo in una situazione in cui i segni di antisemitismo violento o ideologico si moltiplicano. La polemica araba e iraniana non è contro lo stato che essi non riconoscono, ma contro direttamente gli ebrei o i sionisti", quelli che continuamente gli iraniani e i palestinesi, seguendo una tradizione antisemita che ha radici nel Corano, dichiarano non debbano essere considerati davvero umani. C'è però anche una crescente polemica nel cuore dell'Occidente, in Europa e in America.
   Chi non approva la resa all'Iran, viene spiegato oggi, (e in futuro si dirà: chi si oppone alla resa richiesta all'Autorità Palestinese, chi non si fida dell'America di Obama), è nemico della pace, anzi vuole la guerra. E questa propaganda non è diretta solo contro Israele, interpella gli ebrei e il loro legame col sionismo, come già accadde trent'anni fa ai tempi della guerra del Libano. La teoria della lobby ebraica filoisraeliana, che è una delle basi dell'antisemitismo contemporaneo, se questo scenario si realizzasse anche solo in parte sarebbe esaltata anche a livello ufficiale. Bisogna prepararsi. Ma è necessario anche rendersi conto che non esistevano strade alternative.
   Non era possibile per il governo di Israele partecipare alla resa obamiana. L'America è grande ed è lontana, può anche illudersi di potersi rinchiudere nella sua fortezza insulare e ignorare i pericoli del mondo. Ma Israele è piccolo, è relativamente vicino all'Iran e vicinissimo ai suoi satelliti Hamas e Hezbollah, è oggetto diretto dell'odio degli islamisti e minacciato quotidianamente dagli ayatollah: come fai ad autorizzare che vuole ucciderti ad armarsi? Né Israele potrà cedere all'Autorità Palestinese Giudea e Samaria, inclusi i confini orientali che controllano il passaggio di armi e terroristi e le vette delle colline che dominano da vicino il cuore industriale del paese, l'aeroporto, la maggiore zona urbana intorno a Tel Aviv, o accettare di fare pulizia etnica sulla popolazione ebraica insediata oltre le linee armistiziali del '49.
Come nel caso iraniano un cattivo accordo, fatto per stanchezza cedendo alla pressione di nemici, sarebbe la premessa non della pace ma di una guerra da condurre in situazioni di maggiore difficoltà. E' possibile e naturalmente sperabile che lo scenario che ho tratteggiato non si realizzi. Ci può essere una resistenza del congresso americano alle rese di Obama, sulla base della percezione di quanto esse danneggino il ruolo degli Stati Uniti. Ci possono essere alleanze nuove che tolgano Israele dall'isolamento, con l'asse sunnita (ma le rivendicazioni palestinesi rendono difficile questo sviluppo, al di là di contingenti schieramenti militari). Vi può essere un nuovo ruolo della Cina, che però si è sempre schierata in una posizione terzomondista che la rende ideologicamente vicina alle politiche di Obama. Le velleità europee, come il soprassalto di dignità della Francia, durano solo qualche giorno. E dunque bisogna prepararsi a un periodo molto difficile, che sarà probabilmente peggiorato dalla speranza delle frange minoritarie più spregiudicate della politica israeliana e del mondo ebraico di ricavare vantaggi schierandosi col movimento obamiano, come già si è visto. Ma è difficile che queste posizioni disfattiste prevalgono. Come ha sempre fatto, il popolo ebraico sceglierà di resistere, di non piegarsi all'inimicizia del mondo. E questa scelta riguarderà ciascuno di noi.

(Shalom, dicembre 2013)


Sono "Giusti fra le nazioni" due anghiaresi

Ospitarono una famiglia ebrea con due figli durante la II guerra mondiale. Il racconto di Yosef Saghi. Il prestigioso riconoscimento attribuito dallo Stato di Israele a Giocondo e Annina Marconi, ma loro sono morti da mezzo secolo. Il telegramma alla nipote, infermiera in pensione. La testimonianza del ragazzo salvato.

Giocondo e Annina Marconi
AREZZO - Nascosero una famiglia di ebrei durante il turbinoso periodo della seconda guerra mondiale, quando un gesto del genere poteva costare loro la vita mentre abbandonare i fuggitivi al loro destino significa consegnarli alla deportazione e forse allo sterminio. Per questo sono stati premiati con il prestigioso riconoscimento di Giusti fra le Nazioni dallo stato di Israele.
Giocondo e Annina Marconi sono morti ormai da tanti anni. La lettera che comunica il riconoscimento è arrivata alla bisnipote Anna Maria Francalanci, ex infermiera dell'ospedale di Arezzo, e al fratello, maresciallo della marina in pensione. Il nome degli zii sarà iscritto nel muro dell'apposito giardino dei Giusti di Gerusalemme. Un tempo veniva piantato anche un albero a perenne memoria ma ormai non c'è più spazio, resta solo il simbolo.
Giocondo, militante del partito comunista in contatto con la Resistenza, e Annina ospitarono la famiglia di ebrei nella loro casa di Anghiari, nel cuore del centro, in piazza del Popolo, la piazza principale del paese. Loro che non avevano figli si tennero per mesi padre, madre e due figli piccoli, un maschio e una femmina.
Il bimbo è emigrato in Israele dopo la guerra ma si è sempre mantenuto in contatto con chi lo aveva salvato, dopo la morte di Giocondo e Annina, con la signora Francalanci e il fratello. Yosef, così si chiama, si è battuto a lungo perchè quelli che lo avevano ospitato venissero riconosciuti come Giusti e alla fine ha ottenuto che lo fossero. Sulla loro storia sta anche scrivendo un libro.
E' lo stesso Yosef Saghi a ricordare quelle pagine si storia: ''Gli devo la vita, ancora oggi non ho parole per ringraziarli''. Yosef Saghi torna con il pensiero agli anni delle persecuzioni antiebraiche in cui fu salvato, insieme alla sua famiglia, da Giocondo e Annina Marconi. In un italiano ancora buono, appreso allora, Saghi racconta che la decisione di questi giorni di Yad Vashem e' la fine di una lunga storia. Cominciata - dopo la salvezza - nel lontano 1997 quando grazie ad Internet si imbatte' sul sito del Centro tecnologico del restauro di Anghiari. Uno scambio di messaggi sulla posta elettronica basto' a dare un nome, un indirizzo e un numero di telefono ai suoi benefattori di mezzo secolo prima. Quella stessa notte telefono' a Pasquale, il nipote di Giocondo (morto nel 1960) e gli disse che sarebbe andato a ringraziarlo di persona. E cosi' fece. Da allora non ha mai smesso di far si' che Giocondo ed Annina fossero nominati 'Giusti tra le nazioni'.
I Saghi - padre, madre e due figli - erano una famiglia di ebrei tedeschi, Schaufeld, di origine polacca. Nel 1940 riuscirono a scappare da Amburgo nella Germania nazista e ad arrivare a Trieste quando ancora l'Italia non era entrata in guerra. Li' volevano imbarcarsi su una nave diretta a Shanghai in Cina, ma non riuscirono a salire a bordo. E fu una fortuna perche' - come racconta oggi Yosef che all'epoca aveva intorno ai 10 anni - quella nava salto' poi su una mina.
Da Trieste la famiglia comincio' una serie di peregrinazioni: prima a Genova, poi a Nervi, quindi l'internamento forzato vicino Eboli e a Potenza. Infine la fuga ad Anghiari e gli studi dalle suore dell'Istituto Aliotti.
Appena arrivato ad Anghiari, il padre di Yosef fu fermato nella trattoria del paese da un gendarme che lo porto' via.
''Per mia madre - dice ancora oggi - furono ore di panico''. Ma quel gendarme non era l'Angelo della morte bensi' l'Angelo custode, che forni' la famiglia di documenti falsi e tessere annonarie. Fu cosi' che tutti divennero 'Scapelli', Yosef 'Giuseppe' e la sorella 'Lucia'. Per tre anni gli Scapelli vissero al terzo piano della casa dei Marconi in Piazza del Popolo numero 15, ''nascosti sotto il tetto''. Ma i Marconi non furono gli unici benefattori: ''anche altri abitanti di Anghiari - spiega Yosef - ci aiutarono. Ad esempio Varo Paci, nonno di Luca Paci, che falsifico' per noi le carte di identita' con i nuovi nomi''.
Quando nella 'stagione delle ciliegie', i tedeschi invasero la zona di Anghiari, gli 'Scapelli', grazie alla complicita' di molti, furono portati a Verrazzano, vicino Massa Carrara, dove furono nascosti nella casa del curato.
Per anni Yosef Saghi ha pensato che il suo salvatore si chiamasse Giovanni, solo dopo, grazie ad Internet, ha saputo il vero nome del suo salvatore. Nei prossimi mesi - ha scritto Yad Vashem - sara' organizzata la cerimonia pubblica durante la quale sara' assegnata la medaglia e il diploma di 'Giusti tra le Nazioni' a Giocondo e Annina Marconi: due italiani con la schiena dritta. Oggi Yosef Saghi racconta ai giovani la sua storia e quel racconto lo intitola sempre: 'gli Italiani sono buona gente'.

(La Nazione, 13 dicembre 2013)


Maltempo: da Israele aiuti ai palestinesi di Gaza e Giudea-Samaria

GERUSALEMME, 13 dic - In seguito ad una richiesta giunta dalle Nazioni Unite, Israele ha deciso di inviare aiuti umanitari a Gaza e di fornire assistenza alle operazioni di soccorso delle popolazioni colpite in Giudea-Samaria dall'ondata di maltempo.
Un portavoce militare ha precisato che il Coordinatore israeliano delle attivita' nei Territori, gen. Eitan Dangot, ha fatto aprire il valico di Kerem Shalom (da dove si accede al sud della striscia) per farvi transitare aiuti umanitari: fra questi scorte di gas per il riscaldamento di abitazioni e pompe per il prosciugamento dell'acqua. Dangot ha anche promesso di verificare la possibilita' di inoltrare energia elettrica addizionale da Israele verso Gaza. Dangot ha quindi istituito una sala operativa comune con l'Autorita' palestinese per far fronte a situazioni di emergenza in Giudea-Samaria, legate in particolare a problemi nei trasporti e alla erogazione di corrente elettrica.

(ANSAmed, 13 dicembre 2013)


Foto di Gerusalemme sotto la neve


(Sky TG24, 13 dicembre 2013)


Israele e i palestinesi insieme per "combattere" la neve: nevicata record

GERUSALEMME, 13 dic. - Israele e i palestinesi si sono trovati oggi a fronteggiare un nemico comune: un'ondata straordinaria di maltempo che ha messo in ginocchio Gerusalemme - isolata dal resto del Paese da una nevicata record -, ha creato difficoltà in Giudea-Samaria, e ha sprofondato la striscia di Gaza in uno stato di emergenza. Secondo un portavoce di Hamas, centinaia di abitazioni sono adesso inabitabili e migliaia di persone sono state costrette a sfollare.
A completare il quadro disastroso nella striscia la forte penuria di corrente elettrica e di combustibili per il riscaldamento. Di fronte alle difficoltà, l'esercito israeliano si è messo in moto per soccorrere la popolazione (israeliana ed araba) di Gerusalemme, e anche per alleviare le condizioni dei palestinesi nei Territori. A Gerusalemme è caduto da ieri oltre mezzo metro di neve, e altre precipitazioni sono previste per domani. Le autorità sono perentorie ed esigono dalla popolazione che non si avventuri fuori di casa. La scorsa notte infatti centinaia di automobilisti si sono fatti sorprendere dalle intemperie mentre erano in viaggio sulle due principali arterie di accesso a Gerusalemme. Molti di loro hanno dovuto trascorrere l'intera nottata nei propri veicoli, mentre di ora in ora la morsa del freddo si faceva sempre più stringente. Solo dopo dodici ore di attività la polizia e l'esercito hanno annunciato di aver completato i soccorsi, avendo tratto in salvo oltre duemila persone, parte delle quali con sintomi iniziali di assideramento.
Da decine di anni a Gerusalemme non si vedeva una nevicata tanto abbondante, tanto più rara in quanto verificatasi all'inizio di dicembre. Il municipio e i suoi apparati di emergenza sono stati colti di sorpresa e il sindaco ha dovuto chiedere l'intervento delle forze armate, mentre decine di migliaia di abitanti restavano prigionieri nelle proprie abitazioni rimaste senza corrente elettrica per il crollo di alberi e di tralicci della luce. Gerusalemme - la città più popolosa di Israele - si è trovata così come in assedio. Come in tempi di guerra, per raggiungerla o lasciarla è rimasta solo la ferrovia: che è stata presa letteralmente d'assalto da migliaia di persone e che (cosa di per sé eccezionale) ha proseguito a funzionare anche in serata, dopo l'inizio del riposo sabbatico. La 'questione neve', molto insolita per questa città dove è massiccia la presenza di religiosi, è stata affrontata da importanti rabbini che hanno stabilito che anche domani sarà obbligatorio presenziare alle preghiere sabbatiche nelle sinagoghe: a meno che in terra non si siano formate lastre di ghiaccio. In quel caso sarà lecito recitare preghiere in casa.
Intanto a Gaza un milione e 700 mila abitanti sono pure chiusi in casa, sia per il freddo intenso (appena tre gradi centigradi) sia per l'allagamento di numerose strade dovuto alla crisi della rete fognaria. In alcuni rioni gli spostamenti avvengono mediante barche o altri galleggianti. In serata il coordinatore israeliano per le attività nei Territori ha autorizzato l'inoltro a Gaza di primi aiuti umanitari. Ma a quanto pare le necessità immediate della striscia sono molto superiori.

(Primocanale, 13 dicembre 2013)


Israele - La peggiore tempesta di neve dal 1953

  
Fotogalleria
Il maltempo in Israele probabilmente persisterà anche nel fine settimana, con la neve che venerdì dovrebbe raggiungere anche le zone più elevate verso sud, fino al Deserto del Negev: i primi fiocchi sono caduti sul Monte Hermon, e sono attesi anche in alcune aree a nord e in Galilea, come anche in altitudine nella zona più centrale del Paese. La Municipalità di Gerusalemme ha diramato l'allerta in virtù della quale le scuole sono state chiuse nell'area metropolitana. I corsi alla Hebrew University sono stati sospesi.
"La neve a Gerusalemme è motivo di festa per i gerosolimitani e per i numerosi visitatori che vengono a vedere la città più bella del mondo dipinta di bianco," ha dichiarato il Sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat. "Speriamo che la neve non deluda, soprattutto per i bambini emozionati che non vedono l'ora."
Moltissime arterie stradali sono state chiuse in tutto il Paese nella giornata di giovedì, incluse quelle che collegano Gerusalemme ad Hebron e fino al Mar Morto. Secondo le previsioni, le temperature dovrebbero rimanere più basse della norma per il resto della settimana, diminuendo in maniera costante ogni giorno. I forti venti stanno creando disagi al Ben Gurion International Airport e al Sde Dov Airport di Tel Aviv, dove strade e marciapiedi si sono trasformati in piccoli corsi d'acqua a causa delle forti piogge.
Di conseguenza, si è dovuta riprogrammare data e ora del meeting del Segretario di Stato statunitense John Kerry con il Presidente Shimon Peres ed il Primo Ministro Brenjamin Netanyahu che doveva tenersi nella capitale.

(MeteoWeb, 13 dicembre 2013)


Smart city, cooperazione Ue-Israele per l'ITS e la mobilità elettrica

Il vp della Commissione europea, Siim Kallas, è volato a Tel Aviv per parlare di mobilità sostenibile, eMobility e trasporti pubblici intelligenti in ambito urbano. Israele è partner del programma Ue 'CIVITAS'.

SMART CITY - Il vice presidente della Commissione europea e attuale commissario ai Trasporti, Siim Kallas, è volato in Medio Oriente per definire la collaborazione tra Unione europea ed Israele finalizzata allo sviluppo nuovi servizi di trasporto nel settore aereo, marittimo, ferroviario e urbano.
Le città del Mediterraneo, quindi di diversi Stati partner dell'Unione e di Israele, si dovranno dotare di nuovi sistemi di trasporto, più puliti e sostenibili, e di infrastrutture tecnologicamente avanzate, sicure ed efficienti. Un'intesa finalizzata alla nascita di nuovi accordi commerciali ed economici tra aziende europee ed israeliane attive nell'automotive, nella mobilità urbana, nell'aviazione, nel settore marittimo (porti), ferroviario, nei servizi IT e turistici.
Nello specifico, la mobilità urbana è stata oggetto di un accordo siglato tra il vice presidente della Commissione europea Kallas e il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, per l'implementazione dei programmi europei 'CIVITAS' e '2MOVE2'. All'incontro hanno partecipato anche i partner europei di Germania, Repubblica Ceca e Spagna, mentre per Israele c'era l'Istituto di tecnologia Technion.
Il progetto CIVITAS, acronimo inglese di 'Cities, Vitality, Sustainability', ha lo scopo di sostenere e promuovere tutte quelle iniziative in ambito urbano per la mobilità sostenibile, l'eMobility, la smart mobility e lo sviluppo di sistemi di trasporto intelligente (ITS), per assicurare un basso impatto ambientale e il taglio consistente delle emissioni di inquinanti.
Tra i settori interessati dalla cooperazione troviamo i trasporti elettrici, la logistica, i sistemi di trasporto intermodali, il trasporto pubblico di nuova generazione e la green mobility. La Commissione ha deciso di rilanciare il programma CIVITAS inserendolo all'interno della piattaforma Horizon 2020 e dotandolo, per il biennio 2014-2015, di altri 100 milioni di euro.
Al centro dei colloqui, tra l'Unione europea e Israele, anche le nuove tecnologie ICT applicate alla sicurezza stradale. Il Paese mediorientale è infatti partner del Settimo Programma Quadro dell'Ue per la ricerca e lo sviluppo e di Horizon 2020.

(Key4biz, 13 dicembre 2013)


Le cinque tecnologie che mantengono Israele all'avanguardia

di Franco Iacch

"Tecnologie innovative stanno potenziando le capacità dell'IDF nel combattere ed eliminare le minacce. Con questi strumenti avanzati, l'esercito protegge il popolo di Israele".
Il Capo di Stato Maggiore dell'esercito Israeliano, il tenente generale Benny Gantz, ha descritto le minacce che Israele dovrà affrontare nel prossimo futuro. Secondo Gantz, l'esercito israeliano potrebbe essere costretto a lottare contro qualsiasi cosa: dagli attacchi missilistici a quelli informatici che potrebbero paralizzare le infrastrutture di Israele.
Ma dopo aver esaminato una serie di scenari apocalittici, il generale Gantz ha concluso il suo discorso con un messaggio di speranza e di ottimismo:
"Siamo abbastanza forti da affrontare ogni sfida, immaginabile ed inimmaginabile".
Ma quali sarebbero le attuali tecnologie in possesso agli israeliani? E' proprio l'IDF che risponde alla nostra domanda con cinque delle migliori tecnologie al momento impiegate.

1) Il Super Simulator
 
    Il nuovo simulatore dell'Israel Air Force ricrea missioni di volo con una precisione senza precedenti. Ad oggi, è il miglior simulatore del mondo, in grado di generare immagini realistiche delle capacità nemiche.
Il simulatore inoltre, può gestire fino ad otto piloti da caccia, consentendo diverse tipologie di combattimenti. Il nuovo simulatore consente a piloti e navigatori di svolgere più missioni, aumentando la loro forza operativa.

2) Mid -Flight Refueling
    Lo scorso mese di ottobre, in una missione a lungo raggio, squadriglie di caccia dalla Israel Air Force sono state rifornite in volo. La manovra tecnologica consente loro di volare per un tempo indefinito. In ogni momento, l'IDF ha la resistenza per effettuare qualsiasi operazione necessaria.

3) Il Sistema Trophy
 
    Nonostante la loro corazza, i carri armati tradizionali sono vulnerabili ai missili anticarro guidati, come le granate con propulsione a razzo. Questi missili guidati possono penetrare anche la corazza più spessa, mettendo in pericolo i membri dell'equipaggio. Per difendere i veicoli blindati dalle minacce anti-carro, il Ministero della Difesa israeliano e la Rafael Defense Systems hanno sviluppato il sistema Trophy.
Il sistema Trophy crea una cupola protettiva. E' formato da un sistema ADS, un computer in grado di tracciare la rotta del missile anticarro ed un cannoncino automatizzato. L'intero sistema protegge il veicolo dagli attacchi multipli. Il missile è intercettato propagando l'esplosione verso l'esterno, riducendo al minimo i danni collaterali per l'equipaggio del carro armato.

4) Cyber Warfare e Realtà Virtuale
 
    I dispositivi per la "realtà aumentata" forniscono informazioni sulle caratteristiche fisiche degli oggetti sul campo. Il reparto "Lotem", divisione dell'IDF, garantisce ad Israele un vantaggio tecnologico costante rispetto ai nemici. L'unità sta espandendo le capacità di difesa informatica di Israele, proteggendo dagli hacker nemici gli apparati di comunicazione, gestione e controllo. Pochi mesi fa, l'IDF ha creato una divisione dedicata esclusivamente alla Cyber Defense.

5) Lo Skylark
 
    Il drone Skylark è piccolo, leggero e praticamente impercettibile al radar. E' abbastanza leggero da essere trasportato da una sola persona e può essere pronto al volare in meno di otto minuti. Ha un'autonomia di tre ore e può volare con ogni condizione atmosferica.

(teleradiosciacca.it, 12 dicembre 2013)


Concerto per Botticelli Gerusalemme

Concerto davanti all'Annunciazione esposta al Museo di Israele

GERUSALEMME, 12 dic. - Botticelli celebrato in musica: l'evento si e' svolto ieri sera a Gerusalemme al Museo di Israele di fronte il famoso affresco dell'Annunciazione dipinto dal Maestro (prestito della Galleria Uffizi) in mostra fino al 10 gennaio. Diplomatici, tra cui l'ambasciatore italiano in Israele Francesco Maria Talo', imprenditori, artisti e uomini di cultura, si sono incontrati, nonostante il maltempo e l'annunciata nevicata su Gerusalemme, nella sala dove e' esposto il capolavoro del Botticelli per assistere ad un concerto - unico nel suo genere - organizzato dalla Fondazione Italia Israele per la Cultura e le Arti (che ha permesso l'arrivo del capolavoro in Israele), assieme all'Ambasciata d'Italia e all'Istituto Italiano di Cultura. La serata, dal titolo 'Dal Rinascimento alla Preghiera' e' stata un omaggio all'affresco, con la musica come collegamento, tra l'opera e la Terra di Israele. Ad aprire la manifestazione, la voce dell'artista israeliano David D'Or che ha interpretato il brano 'Kol Mehashamaim' ('Una voce dal cielo'), preghiera a un angelo, in riferimento all'Arcangelo Gabriele che nel dipinto annuncia il lieto evento a Maria. Poi, le note dell''Ave Maria' di Schubert, cantate dal soprano Alla Vasilevitski, dell'Opera di Israele, accompagnata dagli archi della 'European Musicians Youth Orchestra'. I due brani sono serviti alla curatrice del Museo Shlomit Steinberg per far risaltare al meglio il significato dell'affresco ambientato a Nazareth. Infine l'esibizione del quintetto d'archi, presentato dal Maestro Paolo Olmi - che questa sera dirige il Concerto di Natale a Betlemme - con 'Antiche Danze e Arie per Liuto', di Ottorino Respighi, ispirate alla musica rinascimentale. Gran finale con la 'Sonata a preghiera' di Niccolò Paganini, variazioni sul tema 'Dal tuo stellato soglio' dal Mosè in Egitto di Gioachino Rossini, interpretata dal violino solista Roman Kim. L' ambasciatore israeliano Raphael Gamzou, vice Presidente della Fondazione, ha ringraziato tutti coloro che hanno permesso di esporre l'opera, in particolare la Banca Intesa Sanpaolo, nonché il profumiere fiorentino Lorenzo Villoresi che ha sponsorizzato l'evento musicale di fronte all'affresco.

(ANSAmed, 12 dicembre 2013)


Israele ammesso al Cern

Sarà il ventunesimo Paese membro

 
Il globo del Cern illuminato nella notte a Ginevra
ROMA - Israele è stato ammesso nel Cern ed è il primo Paese membro ad entrare nell'Organizzazione europea per la ricerca nucleare dal 1999. La decisione è stata presa oggi dal Consiglio del Cern. Non appena l'accordo sarà ratificato, Israele diventerà il 21. membro del Cern.
La collaborazione fra Israele e Cern è cominciata nel 1991 e nel 2011 il Paese è diventato membro associato dell'Organizzazione. "L'ingresso fra i Paesi membri permetterà adesso di intensificare ulteriormente la collaborazione", ha commentato in una nota il direttore generale del Cern, Rolf Heuer. Soddisfatto anche il direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci, "positivamente impressionato dalla qualità della ricerca condotta dai ricercatori israeliani".
Per il direttore del Comitato nazionale per la fisica delle alte energie dell'Accademia israeliana delle scienze, Eliezer Rabinovici, "è particolarmente esaltante diventare membri del Cern nel momento in cui la fisica si prepara ad esplorare nuovi orizzonti".

(Corriere del Ticino, 12 dicembre 2013)


easyJet annuncia il nuovo volo Milano - Tel Aviv

Dopo aver annunciato la sua espansione su Roma Fiumicino, easyJet oggi ha annunciato anche la prossima apertura di un nuovo collegamento dall'aeroporto di Milano Malpensa a Tel Aviv, in Israele. A partire dalla primavera 2014 infatti, la compagnia inglese, che già opera la tratta da Roma Fiumicino, offrirà quattro voli settimanali da Milano a Israele.
Frances Ouseley, Direttore di easyJet per l'Italia, ha commentato: "easyJet è particolarmente orgogliosa di poter offrire un nuovo collegamento per Tel Aviv. La meta, già molto richiesta, si aggiunge alla sempre più ricca offerta di destinazioni servite da Milano Malpensa, un'offerta ampia e particolarmente attraente sia per i passeggeri che viaggiano per piacere che per affari. Abbiamo condotto di recente una ricerca per capire perché i passeggeri scelgono Tel Aviv e i motivi per cui hanno apprezzato il loro viaggio. I risultati hanno evidenziato che la destinazione sta diventando sempre più attrattiva anche tra i giovani viaggiatori, che scelgono Tel Aviv come meta balneare da visitare. Siamo certi che anche Milano si rivelerà una destinazione attraente per i viaggiatori provenienti da Israele, che contribuiranno allo sviluppo dell'economia locale."
easyJet è stata la prima compagnia aerea low fare ad entrare nel mercato israeliano, nel novembre 2009. Da allora la domanda è cresciuta costantemente e Milano Malpensa rappresenta l'ottava destinazione del network in cui easyJet opera collegamenti da e per Israele.

(ilVolo.it, 12 dicembre 2013)


Chanukkah celebrata a Palermo cinquecento anni dopo la cacciata degli ebrei

Dopo cinquecento anni dalla cacciata degli ebrei dalla Sicilia, dal 27 novembre al 4 dicembre si è svolta, a Palermo, la celebrazione della festività ebraica di Chanukkah.
Di grande valore simbolico il luogo che ha ospitato l'evento: lo Steri, palazzo dell'Inquisizione.
La Chanukkia, il candelabro a nove braccia utilizzato solo per questa festività, è stata accesa proprio nelle celle dove furono imprigionati, torturati e mandati al rogo dall'Inquisizione Spagnola, i siciliani ebrei e non.
Si è voluto, così, ricordare una pagina della storia siciliana e dar memoria a tutte le vittime di questo periodo buio.
La festività di Chanukka rappresenta per gli Ebrei la vittoria di pochi che con l'aiuto della loro fede riuscirono a sconfiggere il potente esercito siriano. Cosi riacquistarono la libertà di osservare le proprie leggi e le proprie usanze: il diritto di essere Ebrei.
La cerimonia finale del 4 dicembre si è svolta in presenza del Magnifico Rettore dell'Università degli Studi di Palermo, Roberto Lagalla, del Vice Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiana,
Ing. Roberto Jarach, del rappresentante per l'Italia di Shavei Israel, Rav. Pier Paolo Pinhas Punturello, e di tanti altri relatori che hanno intrattenuto un numeroso pubblico curioso, attento e anche emozionato.
Un piccolo finale con musiche antiche ebraiche e giudeo-spagnolo ha concluso l'interessante incontro.
Questa manifestazione è stata organizzata dal Rettorato dell'Università degli Studi di Palermo, dall'Istituto Siciliano di Studi Ebraici e da Shavei Israel.
La speranza è che tale evento sia l'inizio di una nuova vita ebraica in Sicilia.
Articolo a cura di Evelyne Aouate, Luciana Pepi, Myriam Ancona, Angelo Leone

(BlogSicilia, 12 dicembre 2013)


Romania: canto di natale antisemita, polemiche

È uno scandalo ormai di proporzioni internazionali, quello partito una settimana fa dalla Romania, dove la tv di stato ha trasmesso un canto di natale antisemita.
"Giudei, maledetti giudei, Dio non dovrebbe tollerarli né in Terra né in Paradiso", perché gli ebrei sono "buoni" solo per "per fare fumo attraverso i camini". E non si tratta del testo del discorso di un nazista convinto o di un antisemita senza vergogna, ma di quello di una canzone di Natale composta negli Anni Quaranta e trasmessa una settimana fa in Romania dal canale televisivo pubblico regionale "TVR3", dedicato alle comunità rurali e agricole e alle minoranze.
La canzone ha provocato, seppur a scoppio ritardato, un coro di critiche e di proteste da ogni dove, dopo che i media israeliani hanno denunciato la messa in onda della canzone. Canzone, ha raccontato la Jewish Telegraphic Agency, cantata dal coro tradizionale "Dor transilvan" nell'ambito di un programma ideato dal Centro per la conservazione e promozione della cultura tradizionale della città di Cluj, su cui il canale TVR3 non avrebbe esercitato adeguati controlli.
TVR3 ha definito ieri "infelice" e ha preso "le distanze" dalla scelta della canzone, oltre a dirsi "dispiaciuta per l'incidente". Israele, hanno specificato i media di Bucarest, si è detta molto preoccupata per la trasmissione della canzone e ha protestato vivacemente per l'accaduto attraverso la propria ambasciata in Romania. Al coro delle critiche si sono aggiunti gruppi ebraici, media e politici rumeni, e l'ambasciata degli Stati Uniti in Romania, che ha condannato la diffusione del canto natalizio antisemita per mezzo della televisione di stato.
La sede diplomatica Usa ha definito il fatto "un'espressione inaccettabile di antisemitismo che deve essere condannata con la massima fermezza e nei termini più inequivocabili".
"L'intolleranza e l'odio sono inaccettabili e non dovrebbero essere condonati, soprattutto non per mezzo di trasmissione pubblico". Secondo i dati dello Yad Vashem, il memorial ufficiale dell'Olocausto, 380.000-400.000 ebrei su una popolazione di oltre 700mila furono sterminati durante la Seconda guerra mondiale nelle aree sotto il controllo della dittatura filonazista di Ion Antonescu.

(swissinfo.ch, 12 dicembre 2013)


Il rapimento di Edgardo Mortara, opera di grande valore simbolico

di Rossella Tercatin

 
Moritz Oppenhein: "Il rapimento di Edgardo Mortara"
"Il ritorno in Italia dell'opera di Oppenheim avrebbe un grande valore e significato culturale. In quell'opera infatti viene rappresentata una delle vicende più dolorose e laceranti dell'Italia preunitaria. Una pagina ancora poco conosciuta che parla di diritti e libertà negati e dalla quale è possibile trarre un insegnamento valido per ogni generazione affinché sopraffazione, violenza e integralismo religioso e non trovino più spazio nell'Europa dei popoli e delle culture in dialogo". Così il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna commenta l'appello lanciato su Pagine Ebraiche 24 da Elèna Mortara Di Veroli, docente di Letteratura anglo-americana all'Università di Roma Tor Vergata circa le vicende del dipinto "Il rapimento di Edgardo Mortara", firmato dal pittore ebreo Moritz Oppenhein.
"Il ritrovamento del quadro è un fatto di per sé importantissimo. Il Museo ebraico di Roma però non dispone dei fondi necessari per acquisirlo" spiega la direttrice del Museo ebraico di Roma Alessandra Di Castro, che però tiene a sottolineare i benefici dell'aver riportato alla luce l'opera del 1862, ritenuta perduta per oltre un secolo, che verrà messa all'asta da Sotheby's a New York il prossimo 17 dicembre (la stima è un valore compreso fra i 200 e i 300mila dollari).
Il quadro offre appunto una vivida testimonianza di ciò che avvenne nella giornata del 24 giugno 1858, quando il piccolo bolognese Edgardo Mortara fu sottratto alla famiglia dalle guardie di Pio IX, perché, battezzato segretamente da una domestica, secondo le leggi dello Stato pontificio non poteva essere cresciuto da genitori ebrei. "L'opera è fondamentale, non solo per il catalogo di Oppenheim, ma per l'iconografia, che racconta l'impatto di ciò che accadde a Bologna: lo Stato pontificio era ancora al potere, gli ebrei italiani diventano un caso internazionale facendo luce su una prassi diffusa all'epoca. E nessuno in Italia avrebbe potuto permettersi un'opera di denuncia come quella che firmò Oppenheim, tedesco e uno dei primi pittori ebrei che si identificavano come tali".
Nonostante l'impossibilità per il Museo di acquisire il dipinto, Di Castro è comunque positiva. "Che il quadro sia tornato alla luce dopo tanto tempo è straordinario, e oggi esiste, molto più che in passato, la possibilità di ottenere fotografie e riproduzioni, che per noi già sarebbero molto importanti. Anche perché bisogna dire che l'opera in sé è un po' fuori contesto nella nostra collezione, che comprende più oggettistica che arte figurativa" sottolinea.
Fondamentale sarà comunque assistere all'esito dell'asta la prossima settimana.
"Oppenheim è molto apprezzato in Germania, ma ritengo che un quadro del genere, più che un privato, possa interessare qualche istituzione, con cui magari si potrà collaborare anche per portare il dipinto in Italia in prestito" conclude la direttrice.
Sul fatto che l'opera sarà probabilmente apprezzata più da un museo che da un collezionista concorda anche la storica dell'arte Sharon Reichel che definisce "Il rapimento di Edgardo Mortara" un dipinto non facile da vendere. "Nel mercato di oggi è ricercata soprattutto l'arte contemporanea o moderna. I quadri ottocenteschi così come i soggetti religiosi sono molto meno popolari di un tempo".

(Notiziario Ucei, 12 dicembre 2013)


Gerusalemme - La Capitale si sveglia sotto la neve

Il silenzio della neve ha coperto nella notte Gerusalemme. Fatto raro, la Capitale di Israele si è infatti svegliata questa mattina immersa nel bianco invernale. Su internet si susseguono le fotografie scattate dai cittadini, tra stupore e divertimento, che immortalano la città vecchia, il muro del pianto, coperti da un manto nevoso imprevisto. "La neve a Gerusalemme è motivo di festa per i cittadini e i molti turisti che vengono a visitare la più bella città del mondo dipinta di bianco", ha dichiarato il sindaco Nir Barkat. "Speriamo che la neve non deluda, in particolare l'entusiasmo dei bambini di Gerusalemme che non vedevano l'ora che arrivasse". Le scuole intanto sono state chiuse e la neve ha creato qualche disagio nella circolazione, con previsioni che sembrano confermare maltempo anche per domani. Novanta tonnellate di sale sono state preparate dalle autorità della capitale israeliana e gli spazzaneve sono in allerta, misure analoghe stanno prendendo altri comuni in Galilea e del Golan.
Da alcuni giorni Israele è stata investita da un'ondata di maltempo con piogge torrenziali su gran parte della regione che hanno provocato diversi incidenti e disagi. Si sono registrati danni ad alcune arterie principali del paese con la protezione civile e le squadre di soccorso in allerta. Pronti a intervenire anche gli ospedali per far fronte a eventuali emergenze che la tempesta potrebbe causare.

(Notiziario Ucei, 12 dicembre 2013)


Corte dei Conti europea: Rivedere gli aiuti diretti all’Autorità palestinese

BRUXELLES - Il sostegno finanziario diretto dell'Unione europea all'Autorità palestinese «deve essere rivisto». È quanto conclude la Corte dei conti europea in una relazione pubblicata oggi.
In particolare, secondo la Corte, l'Autorità palestinese deve essere incoraggiata ad attuare alcune riforme, in particolare della sua funzione pubblica, e Israele deve essere convinta ad adottare le misure per l'attuare l'Sfd Pegase, il meccanismo palestinese-europeo di gestione e aiuto socio-economico.
Per Hans Gustaf Wessberg, membro della Corte responsabile della relazione, «sebbene la Commissione e il Seas, il Servizio europeo per l'azione esterna, siano riusciti ad attuare il sostegno all'Autorità palestinese in circostanze difficili, vi sono una serie di aspetti dell'attuale approccio che sempre più necessitano di essere rivisti».
In particolare «vi è la necessità di apportare revisioni rilevanti come, ad esempio, incoraggiare l'Ap ad intraprendere una serie di riforme, in particolare per quel che riguarda la sua funzione pubblica. Occorre inoltre trovare un modo per convincere Israele ad adottare le misure necessarie volte a garantire l'efficacia dell'Sfd Pegase».
Dal 1994 l'Unione europea ha fornito assistenza per oltre 5,6 miliardi di euro al popolo palestinese e dal 2008 al 2012 l'Sfd Pegase ha erogato finanziamenti per circa 1 miliardo di euro.
Dalla relazione, presentata oggi a Bruxelles, emerge che «numerosi aspetti legati alla programmazione dei finanziamenti necessitano di essere rafforzati», che «vi è la possibilità di ottenere risparmi facendo maggiormente ricorso alle gare d'appalto» e che «è necessario semplificare il complesso sistema di gestione vigente». Il programma di aiuti della Ue, riconosce la Corte dei conti, ha contribuito «in maniera significativa a coprire la massa salariale dell'Autorità palestinese».
Tuttavia, a fronte di un aumento del numero di beneficiari e di una diminuzione dei finanziamenti da parte degli altri donatori tramite l'Sfd Pegase, l'Ap ha registrato nel 2012 «gravi ritardi nel pagamento dei salari che sono stati all'origine di disordini tra la popolazione palestinese».
Il meccanismo, sostiene la Corte dei conti nel rapporto, ha contribuito al funzionamento dei servizi pubblici essenziali, ma a Gaza, a causa della situazione politica, «un numero considerevole di pubblici dipendenti veniva pagato senza recarsi al lavoro e senza fornire un servizio pubblico». La Commissione e il Seae «non hanno affrontato in maniera sufficiente tale problema».
Infine, nonostante i finanziamenti, l'Ap ha registrato nel 2012 «un grave disavanzo di bilancio che ha anche minacciato di incidere negativamente sulle riforme della gestione delle finanze pubbliche».
Secondo la relazione, le minacce alla sostenibilità finanziaria dell'Ap «possono essere ricondotte in misura considerevole ai molteplici ostacoli frapposti dal governo d'Israele allo sviluppo economico dei Territori palestinesi occupati che minano anche l'efficacia dell'Sfd Pegase».

(Adnkronos, 11 dicembre 2013)


L'Europa stipendia i "fannulloni pubblici" negli uffici palestinesi

La Corte dei conti europea denuncia: per sei anni retribuiti funzionari che non hanno mai lavorato

di Fiamma Nirenstein

Che la marea di denari destinata nel mondo ai palestinesi fosse un vortice oscuro si sapeva, ma adesso il Financial Times almeno per una parte ne ha rese pubbliche e circostanziate le ragioni: l'European Court of Auditors, ovvero la Corte dei Conti Europea fondata nel 1975, ha emesso un documento dei suoi 28 membri in cui si prova che l'Ue ha pagato per sei anni stipendi a impiegati delle istituzioni palestinesi a Gaza nell'ambito di un piano di nation building, ma i destinatari non sono mai neppure andati in ufficio.
Temendo che le sue conclusioni non soddisfino il politically correct europeo, tuttavia ora la Corte dei Conti difende i pagamenti come un «utile strumento politico». Dal febbraio 2008 è nato nell'Ue Pegase, il seguito del vecchio «Tim» nato col primo ministro della Pa Salam Fayyad, bravo economista e modernizzatore che non piaceva ad Abu Mazen, infatti adesso non è più in carica. Tim voleva rafforzare con fondi diretti i funzionari di Fatah contro Hamas, peraltro nella lista terrorista europea. Pegase ha due scopi: rafforzare le istituzioni e i servizi pubblici, finanziando direttamente agli imprenditori le opere infrastrutturali utili (scuole, ospedali, elettricità, acqua ecc.) Il secondo scopo è quello di pagare direttamente i funzionari. Si può immaginare, forse, come mai non ci siano funzionari di Fatah nelle istituzioni di Gaza: ma gli stipendi sono stati pagati, e i funzionari non c'erano. Dal 2007 Pegase ha erogato la grossa somma di 3 miliardi di cui uno e mezzo in finanziamenti diretti (stipendi) di funzionari che non lavorano dal 2006. E dal 2011 almeno 2000 funzionari del settore educazione e sanità vengono pagati senza che siano al lavoro. Sempre soldi del contribuente europeo. La responsabilità è palestinese quando non si è avvertito che i funzionari non erano al lavoro. Ovvero, sono state intascate ingenti somme senza che le finalità del progetto fossero realizzate.
Ma questo è un uso vasto quanto devastante: se ci si guarda intorno, si vede per esempio che i 2 miliardi europei sono stati spesi per la cooperazione in Congo ma i progetti non sono stati realizzati; le autorità hanno dichiarato che i progetti erano al di là della loro portata. Lo stesso accade per un miliardo donato all'Egitto per «rafforzare la tutela dei diritti umani e democratici». «Il titolo è bello, ma non è stato realizzato niente - spiega Giovanni Quer, visiting fellow al Forum Europa dell'Università di Gerusalemme - e dall'episodio egiziano si vede come l'Ue, abbandonando nell'incuria i propri fondi, ne faccia un mezzo massiccio di corruzione e anche di terrorismo».
Le istituzioni internazionali hanno sempre sentito un dovere particolare verso i palestinesi, sin dai tempi della Guerra Fredda. Si creò l'idea, allora, che essi fossero l'epitome della sofferenza causata dall'imperialismo. Così, a differenza di tutti gli altri profughi del mondo, fino alla quarta generazione, per sempre, i palestinesi usufruiscono dei servizi dell'Unrwa, la potente agenzia ad hoc; l'Onu in tutte le sue organizzazioni ha un occhio di riguardo per le loro richieste; le Ong, le organizzazioni per i diritti umani, per l'assistenza sanitaria, creano con finanziamenti statali e locali, flussi di milioni. La gestione di questi miliardi alla fine fa capo all'Anp, ovvero ad Abu Mazen. Racconta il giornalista palestinese Khaled Abu Toameh che solo pochi giorni fa Mohammed al Sabawi, un magnate palestino-canadese che investe immense somme nell'Anp, è stato arrestato perchè aveva criticato Abu Mazen. Suo figlio Khaled ha commentato: «Kerry invita gli imprenditori privati americani a investire qui 4 miliardi. Con quale garanzia? Quale rassicurazione?».
Video

(il Giornale, 12 dicembre 2013)


Come Hamas affama la Striscia di Gaza con sistemi mafiosi

Hamas sta letteralmente affamando la Striscia di Gaza. E' quanto emerge da una serie di testimonianze raccolte ieri in Egitto da Rights Reporter, testimonianze offerte dalla popolazione di Gaza che dopo tanto tempo è potuta entrare in Egitto per fare spese, una possibilità data dal Governo Egiziano che ha riaperto il valico di Rafah per tre giorni (da domenica a ieri).
A dire il vero a Rafah non c'è stata la ressa che gli egiziani si aspettavano (solo qualche punta di forte afflusso). Molte macchine di grossa cilindrata (probabilmente membri di Hamas), diversi malati e non troppe famiglie. Così ci siamo chiesti il motivo di questo "scarso afflusso" e abbiamo iniziato a fare domande. In molti non parlavano per paura. Il timore che ci fossero agenti di Hamas in incognito era fortissimo. I pochi che però hanno parlato, rigorosamente lontano da qualsiasi mezzo di ripresa, ci hanno descritto una situazione davvero drammatica....

(Right Reporters, 11 dicembre 2013)


La Casa Bianca pronta a nominare Stanley Fischer vicepresidente della Federal Reserve

NEW YORK, 11 dic. - La Casa Bianca si starebbe preparando a nominare Stanley Fischer il futuro vicepresidente della Federal Reserve. Lo riferisce il canale tv israeliano Channel 2. La scelta è legata al fatto che l'attuale numero due della banca centrale americana, Janet Yellen, salirà al vertice dell'istituto dal 31 gennaio prossimo. In quella data termina il mandato dell'attuale governatore Ben Bernanke. La poltrona del secondo più importante incarico all'interno della Fed resterebbe così scoperta.
Lo scorso giugno Fischer ha terminato il suo mandato alla banca centrale israliana. In passato è stato capo economista della Banca Mondiale e ha lavorato anche al Fondo Monetario Internazionale.

(TMNews, 11 dicembre 2013)


Chagall trovato a Monaco trafugato da nazisti a ebrei di Riga

Sequestrato nel 1941, durante l'invasione tedesca dell'Unione sovietica

 
Marc Chagall: "Scena allegorica"
BERLINO, 11 dic. Il meraviglioso quadro di Marc Chagall "Scena allegorica", tra le 1.500 opere ritrovate in un appartamento di Monaco di Baviera, è stato sottratto dai nazisti a una famiglia ebrea-tedesca di Riga. Lo ha scritto Bild, il popolare tabloid tedesco, che ha ritracciato la storia dell'opera, che sarebbe stata di proprietà della famiglia Blumstein, la cui abitazione, comprese tutte le opere d'arte e i preziosi, era stata sequestrata dalla Gestapo nel 1941, durante l'invasione tedesca dell'Unione sovietica.
Secondo il giornale di Springer, Savely Blumstein, che è riuscito a fuggire ai nazisti rifugiandosi negli States, ha fatto richiesta di indennizzo nel 1957 per lo Chagall che varrebbe più di un milione di euro e per altre tele appartenute alla sua famiglia; nel 1981 - ha scoperto Bild - ha ricevuto 25mila marchi da parte del governo tedesco.
Il quotidiano tedesco ha ritrovato inoltre i due figli di Savely Blumstein, morto nel 2009, e li ha informati del ritrovamento. Neil e Philip Blumstein, rispettivamente 57 e 53 anni, hanno detto a Bild: "Nostro padre parlava spesso di un quadro di Chagall e di altre opere d'arte, che erano state sottratte dai nazisti. Siamo contenti che Bild ci abbia ritrovato".
Il padre di Cornelius Gurlitt, l'ultraottantenne presso il quale sono state ritrovate le circa 1.400 opere d'arte durante una perquisizione nel febbraio 2012, aveva sempre raccontato di avere ricevuto la tela del pittore russo naturalizzato francese d'origini ebraica in regalo nel 1943. Hildebrand Gurlitt era un collezionista e mercante d'arte che collaborò con i nazisti, aiutandoli a portare all'estero le opere ritenute "arte degenerata" o rubate agli ebrei.

(TMNews, 11 dicembre 2013)


Firenze - Ricordo della retata nazista nel convento di piazza del Carmine nel '43

"Una serata davvero emozionante, in memoria di un tragico episodio della storia della città che tutti i fiorentini dovrebbero conoscere. Una vicenda dolorosa, ma fatta anche di accoglienza e solidarietà". L'assessore Elisabetta Meucci ha partecipato ieri sera, nel convento di piazza del Carmine, all'incontro per ricordare la retata della notte tra il 26 e il 27 novembre 1943, quando nazisti e fascisti irruppero nella comunità delle suore Missionarie di Maria per catturare decine di mamme ebree con i loro bambini che le religiose avevano accolto, nascosto e accudito da 60 giorni. Pochi di loro tornarono dai campi di sterminio: tra questi Lea Reuveni, che all'epoca aveva 14 anni e che ieri sera ha portato la sua toccante testimonianza. Insieme all'assessore Meucci, che rappresentava l'amministrazione comunale, erano presenti il cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, la superiora provinciale suor Giuliana, il Rabbino capo di Firenze Joseph Levi, la presidente della Comunità ebraica fiorentina Sara Cividalli e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che per l'occasione ha portato un prezioso cd con l'inedita testimonianza di madre Sandra, colei che nel '43 gestì l'accoglienza delle madri ebree nel convento. Un racconto raccolto proprio dal padre di Pacifici, che dedicò la sua vita a registrare e fotografare testimonianze di ogni tipo con la storia di chi si è salvato. "Purtroppo, in quella tragica notte di 70 anni fa, furono pochi a scampare alla retata di nazisti e fascisti - afferma l'assessore Meucci - Ma questa vicenda, che nel suo epilogo colpì al cuore la comunità ebraica e l'intera città, è comunque una prova di grande umana solidartietà, una memoria che non deve andare perduta".

(La Prima Pagina, 11 dicembre 2013)


Jerusalem Post: presto negoziati con Mosca su un accordo di libero scambio

ROMA, 11 dic - Israele e Russia "inizieranno presto i negoziati su un accordo di libero scambio".
Lo scrive oggi il Jerusalem Post, precisando che l'accordo "e' finalizzato ad aumentare il volume degli scambi commerciali bilaterali".
Il via libera per avviare i negoziati e' stato dato la scorsa settimana in un incontro tra il ministro dell'Economia di Israele, Naftali Bennett, e il ministro russo dello Sviluppo Economico, Alexei Ulyukayev, in occasione del summit dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) a Bali.
Nel 2012 gli scambi commerciali tra Israele e Russia hanno toccato i 2 miliardi di dollari, secondo i dati del Wto.
Come scrive oggi il Jerusalem Post, Israele "e' anche interessata a negoziare un accordo di libero scambio con la Cina, e la questione e' stata sollevata durante la visita del primo ministro Benjamin Netanyahu a Pechino", lo scorso maggio, anche se "nessuna data e' stata fissata per l'avvio dei negoziati".
L'anno scorso il commercio tra Tel Aviv e Pechino ha raggiunto 8 miliardi di dollari, secondo i dati del Wto.

(Internazionale, 11 dicembre 2013)


Sotheby's e 'Il rapimento di Edgardo Mortara'

La pronipote: "Riportiamo il quadro in Italia"

Un dipinto a lungo perduto, una rappresentazione così vicina all'epoca dei fatti da costituire una testimonianza unica di quella che fu l'emozionalità ebraica in una stagione buia della storia d'Italia e dei tormentati rapporti degli ebrei con la Chiesa. "Il rapimento di Edgardo Mortara", firmato da Moritz Oppenheim (Hanau 1800, Francoforte 1882), considerato il primo pittore ebreo dell'età moderna, è stato ritrovato di recente in Inghilterra (in precedenza erano conosciuti soltanto i suoi lavori preparatori) e verrà messo all'asta il 17 dicembre da Sotheby's a New York, dopo alcuni giorni in esposizione....

(Notiziario Ucei, 11 dicembre 2013)


Tra i medici di Israele che curano anche i nemici

di Fabio Scuto

Aggrappata sui contrafforti dell'Alta Galilea, Safed spunta su una montagna coperta di verde, dove lo sguardo si può perdere fino al mare. L'ospedale di questa tranquilla e pittoresca città, avvolta dal misticismo e da un'atmosfera cabalistica, si è trasformato negli ultimi mesi in un presidio chirurgico di "prima linea", dove feriti di guerra arrivano a ogni ora del giorno e della notte. Le cinque sale operatorie sono sempre piene, così come la terapia d'urgenza. Una presenza discreta di militari israeliani, nei parcheggi e nella struttura, rivela che nello Ziv Medical Hospital i feriti che arrivano scortati dall'esercito sono molto particolari: perché è qui che i medici israeliani curano i siriani, che hanno oltrepassato il confine con Israele in cerca di aiuto. «All'inizio erano solo uomini che militavano nella rivolta», racconta a Repubblica il dottor Calin Shapira, vicedirettore dell'ospedale, «adesso la maggior parte dei pazienti che riceviamo sono civili, donne, ragazzi », nell'ultimo mese sono nati anche due bambini. Sulle alture del Golan siriano attorno a Quneitra infuria la battaglia fra i ribelli e i fedeli di Assad che si contendono la zona di frontiera con Israele, e dallo scorso febbraio il capo di stato maggiore dell'esercito israeliano, il generale Benny Gantz, ha dato ordine alle pattuglie israeliane di aiutare e assistere tutti coloro riescono ad arrivare alle linee israeliane per chiedere aiuto. Una decisione che non ha precedenti; con la Siria, Israele è ancora formalmente in guerra. E da allora, oltre trecento siriani sono stati "prelevati" sul confine, caricati sulle jeep e sulle ambulanze dell'esercito con la Stella di Davide per essere curati in Israele; la maggior parte in questo ospedale specializzato nei traumi gravi e con una scuola ortopedica famosa anche in America, ma anche perché è uno dei più vicini alla linea del fronte con la Siria.
   Negli ultimi otto mesi lo spazioso trauma center della struttura - che ha poco più di 300 posti letto - ha ricevuto un flusso costante di vittime della guerra civile siriana. «I nostri chirurghi si trovano di fronte a ferite così gravi che nemmeno i veterani ospedalieri della guerra in Libano del 2006 avevano mai visto». «Arrivano con lesioni gravi causate da esplosioni, ferite ad alta energia e danni ingenti, hanno perso molto sangue», spiega il capo del dipartimento della terapia d'urgenza, «spesso hanno più ferite: sono pazienti difficili che necessitano spesso di due, tre interventi nell'arco di poche ore». Molti hanno solo i vestiti carbonizzati addosso e i medici devono lavorare senza informazioni di base sul paziente. Altri vengono lasciati sul confine su una barella improvvisata, con un foglio di carta insanguinato spillato sui vestiti, dove il medico di qualche ospedale da campo della rivolta in Siria ha annotato in inglese diagnosi e primi trattamenti. Una di queste note che ci mostrano recita: «Auguri collega chirurgo, questo ragazzo di 28 anni è stato ferito al petto da un proiettile che ha frantumato alcune costole e le schegge hanno investito fegato e diaframma. Vi prego di fare ciò che è necessario e vi ringrazio in anticipo».
I 250 medici dello Ziv si prodigano molto e con grande dispendio di risorse, protesi, trazioni mobili, sedie a rotelle elettriche. Nel giardino interno dell'ospedale, G., che ha 15 anni, spinge sulla carrozzina suo fratello di 13. Sono saltati su una mina mentre si spostavano con un trattore. È stato il padre a metterli in macchina e portarli fino al confine con Israele. I ragazzi non ricordano quasi nulla dell'accaduto se non il momento del risveglio e poi lo shock. Non è facile per molti superare l'impatto di risvegliarsi in un Paese straniero, considerato nemico per giunta, senza qualche arto e immobilizzati in ospedale. Per questo l'ospedale ha approntato un sostegno psicologico, con un team che parla arabo.
   «Noi gli curiamo il corpo come possiamo, li rimettiamo in piedi, ma dobbiamo aiutarli anche a superare le ferite dell'anima», ci spiega sempre il dottor Shapira.
Ha un bel volto sorridente da attore, Fares L., l'assistente sociale che è un arabo-israeliano, e che ha preso in carico molti di questi "strani" pazienti, diventando per loro genitore, amico, traduttore. La nostalgia per la famiglia e la casa - racconta - sono più forti della paura di tornare, e forse di non trovare più nulla. Poi finita la convalescenza viene il momento del distacco che è straziante anche per il personale di questo piccolo ospedale e anche i bambini vengono riaccompagnati dalle pattuglie israeliane sul Golan, in attesa che dall'altra parte arrivi chi si prodigherà di aiutarli nel raggiungere le loro case, se hanno la fortuna di averne una ancora. «È un dolore vederli andare via così, gli abbiamo salvato la vita, ma non sapremo più nulla di loro, se le ferite si rimargineranno, se l'arto artificiale funziona bene, se potranno essere assistiti. Vanno a stare peggio in un Paese sconvolto dalla guerra civile, con centinaia di migliaia di morti, quattro milioni di sfollati, un milione di feriti di guerra. Chi potrà occuparsi di loro in quella immensa tragedia?».
Ma chi sono questi siriani? Da dove arrivano? Da quale parte combattevano gli adulti feriti? «Noi non chiediamo nulla ai nostri pazienti, e fra loro ho notato anche qualche barba salafita, il nostro dovere è di aiutarli e basta. Non c'è tempo per le domande in terapia d'urgenza», ci spiega il dottor Calin Shapira mentre ci riaccompagna verso l'uscita, «siamo medici, prima di essere israeliani».

(la Repubblica, 11 dicembre 2013)

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Grossman: "Questi dottori sono il nostro volto migliore"

Lo scrittore israeliano pacifista convinto: "Spero che riescano a far cadere gli stereotipi"

di Fabio Scuto

 
Un ferito siriano viene trasportato nel Ziv Medical Center
"Nelle esperienze come quelle di Safed, Israele si rivela nella sua parte migliore, con la capacità di offrire sostegno non solo ai Paesi amici, come è successo ultimamente nelle Filippine, ma anche ai suoi peggiori nemici, senza fare conti economici". David Grossman, lo scrittore israeliano pacifista convinto, spesso critico con l'establishment e con le scelte dei governi di centrodestra, plaude alla decisione di aiutare i cittadini siriani che chiedono aiuto a Israele, al nemico. "Oltre all'atto morale e umano rappresentato dalla cura di persone che ne hanno bisogno senza tener conto di chi sono o del loro atteggiamento ostile nei confronti di Israele, ho sempre la speranza che fra le centinaia di feriti che assistiamo per almeno uno di loro l'incontro con un medico israeliano o un'infermiera o un vicino di letto, riesca a infrangere l'immagine stereotipatache hanno di Israele".

- È stato sorpreso dall'ordine del generale Gantz di dare assistenza ai siriani?
  "È il segno più evidente della disponibilità a superare lo stato di guerra esistente fra i due Paesi ed essere semplicementeumani".

- I medici non chiedono nulla ai pazienti ma raccontano di aver curato anche adulti con la barba da salafita che probabilmente combattevano con i gruppi filo-qaedisti...
  "Sì e magari questi promettono che dopo aver finito la guerra santa con Assad si "occuperanno" anche di Israele, ma nonostante ciò riconoscono che Israele è l'unico posto che può e vuole salvare la loro vita, l'unico luogo dove saranno trattati con umanità".

- Un atteggiamento singolare...
  "So che ciò che sto dicendo può sembrare realmente assurdo, che Israele si sforzi tanto in favore di gente che lo vede come la personificazione del male, ma forse è proprio qui, adesso, che c'è la possibilità di iniziare una forma di "tikkun" (parola ebraica che significa "riparazione di qualcosa di spezzato, strappato, rovinato", ndr), di un'esperienza riparatrice col mondo che ci circonda".

- Ha notato che nessuno dei feriti trasportati in Israele ha chiesto asilo politico, tutti hanno chiesto di tornare in Siria, verso l'ignoto, senza sapere cosa li aspetta?
  "Bisogna tener conto del fatto che sono molto spaventati di trovarsi in Israele. Per tutto ciò che hanno sentito sono terrorizzati. È chiaro che in una situazione del genere si vuole star vicino ai propri cari. Inoltre c'è la possibilità che il fatto di essere stati curati in Israele si possa ripercuotere negativamente su di loro. Potrebbero subire delle rappresaglie per essersi fatti curare dal nemico".

- I feriti siriani a Safed descrivono situazioni drammatiche appena oltre le colline del Golan...
  "Una tragedia umanitaria di proporzioni disastrose che si ripercuoterà per generazioni in tutta la regione. I profughi specie in Libano e Giordania sono milioni, numeri che destabilizzano anche i Paesi che li ospitano".

- I campi profughi sono pieni di donne e bambini...
  "È già la prima generazione perduta, questi ragazzi da quasi tre anni non vanno a scuola. Sono buttati lì in campi sparsi in Turchia, Libano e Giordania. Dobbiamo mettere in piedi una grande operazione internazionale per dare loro un insegnamento scolastico, altrimenti li avremmo persi".

(la Repubblica, 11 dicembre 2013)


Ondata di gelo in arrivo in Israele: allerta neve a Gerusalemme

Il municipio di Gerusalemme e' stato posto in stato di emergenza mentre le previsioni meteo indicano la possibilita' che in nottata la citta' sia investita da una nevicata. A causa delle forti avversita' climatiche che dalla scorsa notte si sono abbattute su Israele, il premier Benyamin Netanyahu ha preferito rinviare un incontro con la stampa, fissato in origine per domani. Dalla scorsa notte nevica sul Monte Hermon e sulle alture occupate del Golan. In seguito la neve potrebbe cadere anche in Galilea e in alcune zone elevate della Cisgiordania. Piogge abbondanti e forti venti sono segnalati in varie localita' di Israele. A Tel Aviv diverse strade sono allagate. A causa della particolare topografia le precipitazioni cadute a Gerusalemme (750 metri di altezza) stanno rapidamente dirigendosi, attraverso le venature della terra, verso la valle del Giordano e verso il Mar Morto (400 metri sotto il livello del mare). Di conseguenza in quella zona si temono vasti allagamenti. L'ondata di maltempo sta coinvolgendo anche la Cisgiordania con le autorita' municipali palestinesi hanno proclamato lo stato di allerta. In via precauzionale, molte scuole hanno chiuso i battenti e hanno chiesto ai genitori di tenere i bambini in casa. Molte scuole sono chiuse peraltro anche a Gaza dove fonti locali parlano di una atmosfera come un "coprifuoco" per le strade della citta', rimaste oggi deserte perche" spazzate da forti venti e da una pioggia insistente. Ma la pioggia, aggiungono fonti locali, e' vista peraltro come una benedizione da parte degli strati piu' umili della popolazione che hanno provveduto a disporre suitetti delle abitazioni contenitori di varie grandezze per raccogliere la maggiore quantita' possibile di acqua piovana. L'acqua che viene erogata dai rubinetti e' infatti razionata e di cattiva qualita'. Anche se nelle strade di Gaza provoca allagamenti e danni, l'acqua piovana rappresenta, secondo fonti locali, un indubbio sollievo per le famiglie piu' bisognose.

(MeteoWeb, 11 dicembre 2013)


Da Israele alla Valtellina per "studiare" i rifiuti

L'impianto a biogas di Postalesio inaugurato nell'ottobre scorso
Fiorello Provera con il premier israeliano Benyamin Netanyahu
Da Israele alla Valtellina per studiare i progetti innovativi di Secam in tema di rifiuti. È iniziata ieri la visita in provincia di Sondrio di una delegazione della regione israeliana della Samaria, arrivata in Italia per una settimana di incontri e confronto con l'azienda pubblica valtellinese e con A2a, partner di Secam in diversi progetti varati in questi anni.
A mettere in contatto Samaria e Valtellina è stato l'ex presidente della Provincia Fiorello Provera, che da vicepresidente della commissione Affari esteri del Parlamento europeo in questi anni ha costruito rapporti sempre più stretti con il governo di Israele. Proprio l'europarlamentare della Lega ieri ha accompagnato a Sondrio Rami Shenvald, direttore del Dipartimento per il riciclaggio dei rifiuti della Regione Samaria, protagonista della visita insieme ad un gruppo di collaboratori.
«Ho pensato di approfittare della posizione istituzionale al Parlamento europeo per mettere in contatto due realtà apparentemente distanti come la Valtellina e Israele - ha spiegato ieri mattina Provera presentando gli ospiti della Samaria -, due territori che in realtà condividono difficoltà e opportunità che li avvicinano. Una di queste, che mi ha subito colpito, è l'agricoltura eroica, con i nostri terrazzamenti e l'incredibile viticoltura israeliana che usa tecnologie all'avanguardia. Nei mesi scorsi ci sono stati incontri fra i viticoltori valtellinesi e i loro colleghi israeliani, questa volta il territorio ospita una delegazione che è venuta a conoscere l'esperienza costruita in questi anni di lavoro da Secam in tema di raccolta, riciclo e gestione dei rifiuti».
Al centro dell'attenzione, ha spiegato l'amministratore delegato di Secam Gildo De Gianni, ci saranno le ultime strutture realizzate dall'azienda come il bioessiccatore di Cedrasco e l'impianto a biogas di Postalesio, ma anche la filosofia complessiva del lavoro sul territorio: «La nostra sfida è trasformare i rifiuti da problema in risorsa - ha ricordato De Gianni -, facendo business nel rispetto dell'ambiente, come ci chiedono i Comuni nostri azionisti». Per svolgere questo compito, ha ricordato De Gianni, Secam ha trovato un partner importante in A2a. E così accanto agli impianti valtellinesi, ha spiegato Roberto Corona a nome della multiutility, il programma della visita comprenderà anche i termovalorizzatori di Brescia e di Filago, e la discarica di Montichiari.
«Siamo felici di questa opportunità promossa da Provera - ha spiegato Rami Shenvald -, perché confrontandoci con Secam potremo studiare i metodi più avanzati per il riciclo dei rifiuti e il loro utilizzo per la produzione di energia, temi molti sentiti anche nel territorio della Samaria. Il nostro Dipartimento si occupa della gestione dei rifiuti domestici e industriali, quindi sarà importante poter imparare soluzioni innovative dai nostri colleghi italiani».

(La Provincia di Sondrio, 11 dicembre 2013)


In un sito web settemila nomi della Shoah Italiana

Oggi al Meis la presentazione del memoriale delle vittime della persecuzione

Oggi, mercoledì 11 dicembre alle ore 16 presso la sala Polivalente del Meis, via Piangipane 81, verrà presentato da Liliana Picciotto del Cdec (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano) il sito web "I Nomi della Shoah Italiana. Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica 1943-1945"
Si tratta del memoriale digitale dedicato alle vittime della Shoah italiana. Contiene più di 7000 nomi rintracciati da Liliana Picciotto nel corso della sua pluriennale ricerca, che fu pubblicata per la prima volta nel 1991 ne "Il Libro della Memoria". Il sito ripropone quei nomi in versione digitale. Per ciascuno di essi, grazie ad un motore di ricerca, è possibile trovare i dati anagrafici, il luogo di arresto e di deportazione e il destino finale.
La Fondazione Cdec ha voluto dar vita al sito per creare un memoriale virtuale delle vittime della Shoah italiana, ma anche per permettere a chi lo desideri, di ritrovare notizie e informazioni su parenti e cari scomparsi nella deportazione. Nel sito sono inclusi i nomi dei deportati deceduti nei campi di sterminio, i morti negli eccidi italiani e i sopravvissuti. Molti sono i nomi dei ferraresi di religione ebraica.
Sempre oggi, alle ore 11.30, Liliana Picciotto presenterà il sito agli studenti del Liceo classico "Ariosto".
L'evento è organizzato dall'Istituto di Storia Contemporanea, dall'Associazione "Il Fiume" con il patrocinio del Meis.

(estense.com, 11 dicembre 2013)


Nuova sala pax low cost all'aeroporto di Ben Gurion

Servizi in crescita all'aeroporto internazionale di Ben Gurion dove è stata appena inaugurata una nuova sala passeggeri per i voli low cost al Terminal 1 in conseguenza del previsto aumento dei voli low cost per e da Israele, a seguito dell'accordo Open Skies, firmato con l'Ue ad aprile e che gradualmente avrà affetto nei prossimi 5 anni. Attualmente sono 15 le compagnie aeree che operano con voli low cost da Israele; quelle che utilizzano il Terminal 1 sono easyjet; Jet2; Wizz Air; Norwegian Air.
Durante la stagione invernale 2013/2014 il numero di voli settimanali low cot che operano dall'aeroporto Ben Gurion è aumentato da 22 a 55.
Inoltre, dal mese di marzo, 5 Boeing 737 saranno operativi su Budapest, Berlino e Praga con la speranza di estendere i voli su Cipro e Grecia nel prossimo futuro.
Anche EL AL prevede nuovi voli low cost. La compagnia ha deciso che commercializzerà i voli anche attraverso le adv. I voli EL AL avranno anche le condizioni di cancellazione e saranno soggetti alla Regolamentazione Aerea Israeliana.
Si prevede che l'accordo Open Skies avrà un impatto positivo sul numero d turisti che visitano Israele, soprattutto dall'Europa, con una stima di incremento di 250 mila turisti durante il primo anno di attività.

(Travelnostop, 11 dicembre 2013)


Un casinò nel deserto del Negev?

  
Il Beresheet Hotel
La clamorosa indiscrezione arriva dal Las Vegas Review-Journal, al quale David Siegel, console generale di Israele, avrebbe rivelato i piani per la costruzione di un casinò nel deserto del Negev.
Il governatore del Nevada, Brian Sandoval, ha parlato con i leader politici di Israele di una possibilità che avrebbe del clamoroso: introdurre il gioco d'azzardo nello stato ebraico. Quella che sembrava essere una notizia campata in aria ha trovato conferma nelle parole del console generale, che qualche giorno fa ha ammesso che i contatti ci sono stati eccome.
Le discussioni, a quanto pare, sono cominciate lo scorso ottobre, quando Sandoval ha visitato Israele a margine di una serie di iniziative atte a diversificare l'economia del Nevada. Una cinquantina di businessman hanno accompagnato Sandoval, concentrandosi su varie opportunità quali conservazione dell'acqua e alta tecnologia.
David Siegel, console generale che risiede a Los Angeles, ha affermato come Sandoval abbia parlato anche di gaming, nel suo incontro con i leader di Israele, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il Presidente Shimon Peres. Il console è stato intervistato dal Las Vegas Review-Journal, spiegando che il discorso-gaming in Israele è ancora nelle sue fasi preliminari.
Il console generale ha inoltre indicato una cittadina nel cuore del deserto del Negev come potenziale sito per aprire un casinò. A Mitzpe Ramon, il governo ha recentemente costruito un hotel di lusso, il Beresheet Hotel. La cittadina si affaccia sul più grosso cratere della Terra, lungo 25 miglia, largo 5 e profondo 1.300 piedi. L'area si trova a due ore di macchina da Tel Aviv.

(Casinò Italia Web, 11 dicembre 2013)


Perplessità e timori sauditi sul nucleare iraniano

L'accordo sul nucleare iraniano rischia di provocare una corsa agli armamenti con effetto domino su tutto il Medio Oriente. Ne è convinto John Hannah - dal 2001 al 2009 consigliere dell'ex vice presidente Dick Cheney - che in un articolo pubblicato su Foreign Policy ha proposto un'analisi degli effetti dell'accordo G5+1 siglato a Ginevra il 23 novembre scorso.
Hannah si pone una questione molto chiara: l'Arabia Saudita non si fida delle intenzioni dell'Iran di uno sviluppo del nucleare per ragioni pacifiche e sarebbe pronta a dotarsi della bomba atomica ed eventualmente rispolverare un classico da Guerra Fredda: la deterrenza, la pace armata che si fonda sulla predisposizioni di misure tali da scoraggiare l'avversario a schiacciare per primo il bottone.
Secondo Hannah l'Arabia Saudita non si fida dell'Iran sostanzialmente per due motivi. Il primo è quello della possibilità da qui a sei mesi di rinegoziare i termini dell'accordo, con la possibilità di lasciare all'Iran la capacità permanente di arricchimento dell'uranio, la componente chiave di qualsiasi programma di sviluppo nucleare. In secondo luogo, i sauditi temono che le restrizioni imposte sul programma nucleare iraniano non saranno permanenti, e che una volta alleggerite ulteriormente le sanzioni all'Iran vengano riconosciuti i diritti imposti nell'ambito del Trattato di Non Proliferazione Nucleare del 1968.
In Arabia Saudita risultano oscure le ragioni di un'apertura tale ad un paese, l'Iran, che nelle parole di Hannah "mira a distruggere Israele, buttare fuori l'America dal Medio Oriente e abbattere la dinastia saudita". I timori sauditi vanno ben oltre i quattro punti previsti dall'accordo sul nucleare, in gioco c'è molto di più: Teheran mira a rovesciare l'attuale scacchiere geopolitico del Medio Oriente e punta all'egemonia dell'area. La destabilizzazione e l'indebolimento dell'Arabia Saudita - la più grande economia del mondo arabo - è assolutamente centrale per questo progetto, e agli occhi dei sauditi è stata manifestata in uno sforzo sistematico dal Corpo delle Guardie Rivoluzionarie dell'Iran - l'IRGC voluto dall'ayatollah Khomeini nel 1979 - di estendere la sua influenza seminando il terrore attraverso le insurrezioni in Bahrain, Iraq, Libano, Yemen così come il massiccio intervento dell'IRGC in Siria a fianco di Bashar al-Assad.
Ma c'è di più, i sauditi non si sentono più protetti a sufficienza da questa minaccia perché cominciano seriamente a diffidare degli Stati Uniti. I due paesi da quando è stata fondato il Regno di Arabia Saudita - 1932 - sono sempre stati legati da una forte alleanza vincolata reciprocamente dal binomio sicurezza e petrolio. Basti pensare che nel 1990 alla vigilia della prima Guerra del Golfo 400.000 soldati americani arrivarono in Arabia Saudita pronti a fronteggiare la presunta minaccia di invasione dal Kuwait da parte dell'esercito di Saddam Hussein.
Oggi le cose sono diverse e le relazioni politiche tra i due paesi sono state definite dalla Reuters "al punto più basso degli ultimi anni". Al Re Abdullah è andata di traverso la dichiarazione dell'ottobre scorso con cui Susan Rice - Consigliere per la Sicurezza Nazionale - ha ridimensionato l'impegno americano in Medio Oriente sostenendo come "ci sia un mondo intero" che merita attenzione.
Qualunque sia la ragione di questa ritirata - sostiene John Hannah - "a Riyadh c'è una crescente convinzione che Stati Uniti arrivino con il fiato corto in soccorso dei loro alleati in Medio Oriente", mentre per il New Yorker i due Paesi hanno "stessi obiettivi nel Golfo ma divergenze su come raggiungerli". La questione poi è diventata personale in occasione del mancato intervento degli Stati Uniti in Siria.
Nei giorni immediatamente successivi all'attacco con armi chimiche del 21 agosto scorso, ci fu un filo diretto tra le più alte cariche saudite e il Segretario di Stato John Kerry, che li rassicurò di una risposta militare certa per punire Assad. Indiscrezione che in Arabia Saudita fu accolta con grande entusiasmo, con il re Abdullah pronto a partecipare attivamente nel conflitto.
Si disse anche che abbia ordinato ai suoi fedelissimi di prepararsi per l'equivalente saudita del DEFCON 2 , ultimo livello di allerta prima della guerra. In Siria Obama scelse poi la soluzione politica, rimettendosi al volere del Congresso, ma stavolta non ci fu nessun filo diretto. A dare la notizia ai sauditi fu la CNN. E dal canale satellitare all news i sauditi appresero anche la notizia dell'intesa Russia-Usa sulle armi chimiche di Assad.
Decisione non digerita dai sauditi al punto che nell'ottobre scorso venne presa l'inedita decisione di rifiutare un seggio al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, proprio in segno di protesta per il mancato intervento in Siria. E il 4 novembre scorso il Segretario di Stato Kerry si è recato in Arabia Saudita proprio per ricucire lo strappo in merito alla questione siriana, ma il governo di Riyadh ha appreso ancora una volta dalla CNN dei lavori che avrebbero portato all'accordo dei G5 +1.
A condire il tutto, la notizia del 26 novembre scorso che gli Stati Uniti avrebbero aperto un canale diplomatico segreto con l'Iran ha messo ulteriormente in imbarazzo i sauditi. E le posizioni rimangono distanti anche in altre questioni come Egitto, Iraq e dipendenza energetica, così come riportato dal Washington Post. Se così stanno le cose l'Arabia Saudita potrebbe decidere di puntare sull'autodifesa e - citando ancora una volta le parole di Hallah - "nessuno dovrebbe dubitare del fatto che i sauditi faranno quello che credono necessario per assicurare la propria sopravvivenza". E non è utopia pensare che messi alle strette, i sauditi sviluppino - come si sospetta stiano già facendo in Pakistan - ambizioni nucleari. Due anni fa un alto funzionario saudita è stato chiarissimo: Se l'Iran ottiene la bomba, noi otterremo la bomba.

(Meridiani Relazioni Internazionali, 11 dicembre 2013)


Una suora di Foligno ottiene il premio mondiale di 'Giusto fra le Nazioni'

Salvò ebrei dall'Olocausto

La cerimonia di consegna
FOLIGNO, 10 dic. - Cerimonia di consegna, questa mattina, della medaglia di 'Giusto fra le Nazioni' alla memoria di suor Maria Giuseppina Biviglia, che si adoperò durante la seconda guerra mondiale, come badessa del monastero di San Quirico ad Assisi, per prestare aiuto a tanti ebrei. Il riconoscimento viene assegnato dall'Istituto per la memoria dei martiri e degli eroi dell'olocausto Yad Vashém a coloro che, pur non essendo ebrei, hanno agito in modo eroico per salvare gli ebrei dal genocidio nazista.

STORIA DA FILM - La suora, nata a Serrone, frazione del Comune di Foligno nel 1897, dopo essere entrata, a 25 anni, nel monastero di San Quirico in Assisi, vi trascorse il resto della sua vita. Nel suo intervento il sindaco di Foligno Nando Mismetti, ha ricordato che la suora 'non esitò ad aprire le porte del monastero di cui era divenuta badessa per prestare aiuto agli ebrei, ai perseguitati, agli evasi dai campi di concentramento braccati dalla follia sterminatrice dei nazifascisti. Chi bussava a San Quirico veniva nascosto sotto false spoglie, indossando gli abiti delle suore. La rete di aiuti allestita dalle religiose rischiò di essere scoperta il 27 febbraio del 1944, a causa di una soffiata che portò a San Quirico i funzionari della Gestapo e della Repubblica Sociale, ai quali Suor Biviglia - seppure impaurita e sotto la minaccia d'arresto - oppose strenua e disperata resistenza fino a scacciarli. Grazie a questo gesto eroico, tutti gli ebrei rifugiati a San Quirico riuscirono a salvarsi. Dobbiamo dire grazie a Suor Biviglia per non aver fatto finta di non vedere e di non sentire e aver così salvato la vita alle famiglie Kropf, Gelp e Maionica'.

ASSISI PRESENTE - Il sindaco di Assisi Claudio Ricci, ha sottolineato 'l'attenzione per la persona che c'era ad Assisi tra il 1943-44' ricordando l'unicità di Assisi che 'riuscì a salvare tutti gli ebrei che si erano rifugiati in città dove si creò una sorta di arca dell'accoglienza, un porto sicuro, anticipando il nuovo umanesimo. E' importante mettere in evidenza il rispetto per la persona che consente di vedere il valore dell'altro'.
Riconoscimento mondiale - Sara Ghilad, prima assistente dell'ufficio affari pubblici e politici dell'ambasciata d'Israele a Roma, ha ricordato la nascita dell'organismo dell'istituto dall'Istituto per la memoria dei martiri e degli eroi dell'olocausto Yad Vashém, nato per volontà del Parlamento israeliano nel 1953 per commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti e sottolineare l'opera di chi si adoperò per aiutare i rifugiati, oltre all'attività di ricerca e documentazione.

OMAGGIO AL MONASTERO - Per il vescovo di Foligno Monsignor Gualtiero Sigismondi, 'ricordare è l'espressione più alta di gratitudine' mentre la badessa del monastero di San Quirico di Assisi, Chiara Benedetta Gonetti, ha messo in evidenza 'l'esempio di tante sorelle'. E' intervenuta anche Maria Biviglia, pronipote di suor Maria Giuseppina Biviglia, che ha ricordato come la sua parente 'non volesse parlare di quanto avvenuto. Aveva tanta fede e serenità. Si rammaricava solo di aver detto tante bugie. Che mi dirà il Signore quando mi presenterò davanti a Lui?'. Ricordati anche i protagonisti della vicenda, a cura di Rita Fanelli Marini e di Enrico Sciamanna. I familiari di suor Biviglia hanno deciso di donare la medaglia di 'Giusto fra la Nazioni' consegnata loro da Sara Ghilad, al monastero di San Quirico di Assisi, perché proprio lì sono stati salvati tanti ebrei.

(Tuttoggi.info, 10 dicembre 2013)


La Germania deve restituire le opere d'arte sequestrate agli ebrei

Gli Stati Uniti e Israele stanno intensificando la pressione sulla Germania per rivedere il modo con cui gestisce la restituzione delle opere d'arte sequestrate dai nazisti agli ebrei, prima di avviarli ai compi di sterminio. I funzionari americani e israeliani stanno spingendo la Germania ad attuare una politica globale per una restituzione più veloce e più trasparente, ampliando la ricerca al di là del recente caso di 1.400 opere ritrovate in un appartamento di Monaco. L'invito rivolto a Berlino è quello di intensificare la ricerca anche nelle collezioni private esposte nei musei tedeschi.
Esperti internazionali di spicco nel mondo dell'arte, dicono da tempo che le procedure attuate dalla Germania per questa restituzione non sono affatto chiare. Pretese avanzate al governo tedesco da parte di funzionari americani e israeliani sono state ostacolate ed infine respinte. L'ufficio del governo tedesco per le richieste di restituzione , noto come BADV, non ha risposto alle ripetute e-mail che chiedevano un commento alla vicenda. Un portavoce della cancelliera Angela Merkel ha rifiutato di commentare.

(teleborsa, 10 dicembre 2013)


L'artista israeliana Ilana Goor racconta la sua Jaffa

In una casa-museo le opere di Rietveld e Moore

di Cristiana Missori

 
Il Museo Ilana Goor
JAFFA, 10 dic - Nell'antica città di Jaffa, in continuo mutamento, c'è un angolo che merita di essere visitato. Tra una sedia iconica realizzata da Gerrit Rietveld, architetto olandese tra i più importanti del Novecento, e le sculture del britannico Henry Moore o dello svizzero Diego Giacometti, o tra una tela di Yaacov Agam (tra i più importanti esponenti dell'arte cinetica internazionale) e i lavori di tanti altri artisti israeliani contemporanei quali Yaakov Dorchin e Uri Lifshitz, si mischiano le creazioni di Ilana Goor. Lavori in ferro, legno, pietra, vetro, cuoio realizzati da una donna eclettica, artista autodidatta che da oltre 50 anni lavora la materia trasformandola. A ospitare tutti questi oggetti, tele, sculture, luminarie, la sua casa-museo: un edificio di tre piani di epoca ottomana, costruito nel 1740 e da cui si domina l'intero golfo. Originariamente, la costruzione ospitava i pellegrini ebrei diretti a Gerusalemme, mentre nel XIX secolo era stato trasformato in fabbrica di saponi e profumi a base di olio di oliva. Entrando al piano terra, sulla sinistra una intera parete del museo accoglie decine di foto che ritraggono l'artista israeliana con varie personalità. Capi di Stato e di governo, attori, intellettuali. Da Bill Clinton, ad Ariel Sharon e Yitzhak Rabin, fino al Dalai Lama. Persino Enrico Letta, lo scorso mese di luglio, è passato per di qui insieme alla moglie, che la Goor definisce ''una donna molto discreta''. A comprare le sue creazioni che si vendono a migliaia di dollari, ci sono stiliste e cantanti quali Donna Karan e Diana Ross e fino a qualche anno fa, anche Michael Jackson. Quando viveva a New York, Ilana Goor aveva come vicino di casa Andy Warhol.
''Eravamo molto amici - racconta quasi con nonchalance - e andavamo a pranzo assieme due volte a settimana''. Eppure Ilana Goor è una donna molto semplice, priva di qualsivoglia formazione artistica e che si definisce in continua evoluzione.
La sua carriera nasce infatti per pura casualità. Nel 1957 lascia Israele e sposa un americano. Lui nell'industria teatrale, lei molto giovane e senza lavoro. ''Per riempire il mio tempo ho iniziato a lavorare con la terracotta. Un giorno il direttore di uno dei più importanti musei di Los Angeles, dove ci eravamo da poco trasferiti, vide a casa i miei lavori e non sapendo chi li avesse realizzati mi chiese da dove provenissero.
Da li', mi diede un anno per preparare la mia prima esposizione''. Da quella personale, nacque la sua fortuna. Era la fine degli anni'60. Pur vivendo negli Stati Uniti, Ilana Goor tiene sempre un piede in Israele e a inizio degli anni Settanta acquista due edifici nella vecchia Jaffa per cui nutre un vero amore. La sua Jaffa, è quella del vecchio porto - tra i più antichi di tutto il Mediterraneo - dei rigattieri (ancora pochi per la verità), degli artisti e delle gallerie. Racconta di come la cittadina portuale sia cambiata nel corso dei decenni. ''Nel 1972, acquistai il mio primo appartamento. All'epoca di ebrei ce ne erano pochissimi. Oggi tutto è mutato''. Secondo lei in peggio. ''Al posto dei vecchi hangar del porto ci sono caffè, ristoranti e negozietti, mentre parte della magnifica costa la stanno distruggendo. Le vecchie case degli arabi sono state acquistate a due soldi dagli arabi da ricchi ebrei che vivono in Europa e che temono un ritorno dell'antisemitismo. Oggi i prezzi sono decuplicati''. Eppure, afferma, ''i palestinesi fanno parte di questo territorio e non devono andare via. Sono il colore di questo Paese''. All'interno del suo museo trovano spazio anche artisti emergenti. Non soltanto israeliani ma anche arabi. A gennaio vi sarà la prima personale di un giovane palestinese. In Israele, sostiene, ''in questo momento non ci sono grandi idee, né grande ispirazione artistica. A salvare questo Paese, sono stati i russi, soprattutto scultori, che sono stati utilizzati dagli stessi artisti israeliani''.

(ANSAmed, 10 dicembre 2013)


Interroga pure i tempi antichi che furono prima di te, dal giorno che Dio creò l'uomo sulla terra. Da un'estremità dei cieli fino all'altra ci fu mai una cosa grande come questa, e s'udì mai una cosa simile a questa? Ci fu mai un popolo che udisse la voce di Dio che parlava in mezzo al fuoco come l'hai udita tu, e rimanesse in vita? Ci fu mai un dio che provasse a venire a prendersi una nazione di mezzo a un'altra nazione mediante prove, segni, miracoli e battaglie, con mano potente e con braccio steso, e con grandi terrori, come fece per voi l'Eterno, l'Iddio vostro, in Egitto, sotto i vostri occhi? Tu sei stato fatto testimone di queste cose affinché tu riconosca che l'Eterno è Dio, e che non ve n'è altri fuori di lui. Dal cielo t'ha fatto udire la sua voce per ammaestrarti, e sulla terra t'ha fatto vedere il suo gran fuoco, e tu hai udito le sue parole di mezzo al fuoco. Poiché egli ha amato i tuoi padri, ha scelto la loro progenie dopo di loro, ed egli stesso, in persona, ti ha tratto fuori dall'Egitto con la sua gran potenza, per cacciare d'innanzi a te nazioni più grandi e più potenti di te, per farti entrare nel loro paese e dartene il possesso, come oggi si vede. Sappi dunque oggi e ritieni bene in cuor tuo che l'Eterno è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e che non ve n'è alcun altro.
Deuteronomio 4:32-39







 

In crescita l'industria dei diamanti in Israele

Le recenti statistiche rivelano come nei primi nove mesi del 2013 le esportazioni israeliane di diamanti lavorati sono aumentate del 8,7% rispetto al 2012. Le cifre mostrano infatti come l'intera industria dei diamanti abbia registrato un incremento: tra gennaio e settembre 2013 sono stati
esportati diamanti lavorati per un valore di 4,659 miliardi dollari rispetto ai 4,287 miliardi dollari esportati da Israele tra gennaio e settembre 2012.
Nel primo, secondo e terzo trimestre del 2013, Israele ha inoltre esportato 2,243 miliardi dollari in diamanti grezzi, con un aumento dell' 8,5% rispetto allo scorso anno. Da gennaio a settembre 2013, sono stati invece importati 2,893 miliardi dollari in diamanti grezzi, con un incremento del 9,4% rispetto al totale dello scorso anno. Delle esportazioni israeliane al primo posto troviamo gli Stati Uniti, che rappresentano il 35% del totale con 1,639 miliardi dollari, segue Hong Kong con il 28%, o 1,305 miliardi di dollari, la Svizzera con il 9,6% o 447 milioni di dollari e il Belgio, con il 7,6% o 350 milioni di dollari.

(Tribuna Economica, 10 dicembre 2013)


Centrella in visita in Israele insieme a una delegazione Ugl

ROMA, 10 dic -Una delegazione guidata dal segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella, sarà in visita in Israele da domani, mercoledì 11, a domenica 15 dicembre per incontrare diversi esponenti del mondo sindacale e istituzionale e rafforzare le collaborazioni già attive tra il sindacato e le organizzazioni operanti sul territorio, nell'ambito della cooperazione internazionale e del mondo del lavoro.
"Riteniamo importante - ha spiegato il segretario generale - approfondire e dare seguito a un percorso virtuoso già avviato in passato, attraverso la nostra Ong Ciscos, che ci ha permesso di dare il nostro sostegno a scuole e ospedali cattolici del Paese, fornendo anche aiuti concreti come la dotazione di personal computer per la sala informatica della Beith Wizo Italia, un'associazione senza scopo di lucro che lavora per l'integrazione sociale a Jaffa, quartiere di Tel Aviv". Centrella sarà accompagnato da Patrizia Del Ninno, presidente del Ciscos-Ugl, il Centro Internazionale Sindacale per la Cooperazione allo Sviluppo dell'Ugl. Il soggiorno in Israele avrà inizio l'11 dicembre alle ore 17.30, con una visita alla Beith Wizo di Jaffa, alla presenza del Console Gianluigi Vassallo, Vice Capo Missione dell'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv.
Il giorno successivo, alle ore 10.00, la delegazione guidata da Centrella incontrerà il presidente del Comites d'Israele, Beniamino Lazar, per essere successivamente ricevuta dal Segretario Generale della Camera di Commercio Italia-Israel, Clelia Di Consiglio, e, in seguito, dall'Ambasciatore italiano in Israele, Francesco Maria Talò. Nel pomeriggio, a partire dalle 15.30, Centrella incontrerà alcuni importanti esponenti del sindacato israeliano, Histadrut, tra cui il Direttore del Dipartimento Relazioni Internazionali, Avital Shapira, al fine di rafforzare la collaborazione intersindacale sui temi delle pari opportunità, della conciliazione, del lavoro dignitoso.
Venerdì 13 dicembre, nella mattinata, la delegazione visiterà la Scuola multi religiosa di Terra Santa in San Giovanni D'Acri guidata da Padre Quirico Calella, che si occupa della formazione e dell'integrazione di giovani ebrei, cristiani e musulmani, e alla quale l'Ugl attraverso il Ciscos ha già dato il suo sostegno in passato. Nel pomeriggio la delegazione sarà in visita ufficiale presso la residenza dell'ambasciatore Francesco Maria Talò per assistere al concerto di Natale per le comunità religiose.
Infine, sabato 14 e domenica 15 il segretario generale dell'Ugl sarà in visita a Betlemme e Gerusalemme.

(AgenParl, 10 dicembre 2013)


Obama e l'Iran, i sauditi si irritano

di Daniel Pipes

Il principe saudita Alwaleed bin Talal: «L'impero persiano è stato sempre contro l'impero arabo musulmano, in particolare contro i sunniti. La minaccia arriva dalla Persia e non da Israele».
Il piano d'azione comune siglato con l'Iran dal cosiddetto gruppo dei 5+1 (Cina, Francia, Germania, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti), il 24 novembre a Ginevra, è stato motivo di giubilo per gli arabi sciiti, di preoccupazione per i sunniti e di panico per i sauditi. La reazione saudita avrà delle conseguenze di vasta portata e imprevedibili. Poiché il capo-negoziatore iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha portato a casa un accordo del valore di circa 23 miliardi di dollari, gli arabi sciiti si sono conformati a Teheran.
Il premier iracheno Nouri al-Maliki ha espresso il suo "pieno sostegno per questo passo avanti". Il presidente siriano Bashar al-Assad ha accolto con favore l'accordo come "la via migliore per assicurare la pace e la stabilità". Il presidente del parlamento libanese Nabih Berry l'ha definito "l'accordo del secolo". E Hezbollah ritiene che l'intesa sia "una grande vittoria per l'Iran". Al contrario, fra i sunniti arabofoni, le reazioni sono state variegate e contraddittorie spaziando dal cortese consenso a quelle dai toni dispiaciuti e perfino allarmati. Forse la reazione più entusiasta è stata quella di Al Ahram, il quotidiano egiziano più vicino al governo, che ha definito l'accordo "storico". La maggior parte dei Paesi è rimasta in silenzio.
I sauditi hanno espresso le maggiori preoccupazioni. Sì, è vero, il Consiglio dei ministri saudita ha dichiarato ufficialmente che "se c'è buona volontà, allora questo accordo potrebbe essere un primo passo verso il raggiungimento di una soluzione credibile ed efficace al programma nucleare iraniano", ma va notato che lo scetticismo trapela dalle prime quattro parole. Se questa è stata la reazione più contenuta, forse il commento più sincero è arrivato da Alwaleed bin Talal, un principe saudita che ogni tanto si fa portavoce del pensiero della famiglia reale. Egli ha definito l'Iran "una grande minaccia" e ha osservato che storicamente parlando "l'impero persiano è stato sempre contro l'impero arabo musulmano, in particolare contro i sunniti. La minaccia arriva dalla Persia e non da Israele", e questa è una dichiarazione pubblica innovativa e memorabile.
Alwaleed è poi entrato nei dettagli spiegando come gli iraniani siano presenti "in Bahrein, in Iraq, in Siria, in Libano a fianco di Hezbollah e a Gaza accanto a Hamas, che è sunnita". Come si può capire da ciò, i sauditi sono fissati sul pericolo di essere circondati da agenti iraniani e temono maggiormente le conseguenze non-nucleari offerte dal piano congiunto che non quelle prettamente attinenti al programma nucleare. Gregory Gause dell'Università del Vermont ritiene che i sauditi abbiano paura che l'accordo apra all'Iran la strada, "rimuovendo ogni ostacolo", per conseguire una posizione dominante nella regione.
(Ciò contrasta con la posizione israeliana e occidentale, che si concentra sul pericolo nucleare.) Abdullah al-Askar, a capo della commissione affari esteri del consiglio della Shura, organo designato dal sovrano saudita, dice di "temere che l'Iran abbia più spazio o che abbia una mano più libera nella regione. Il governo iraniano, mese dopo mese, dimostra di avere dei terribili programmi per la regione, e a questo riguardo nessuno nella regione dormirà sonni tranquilli né potrà pensare che tutto andrà bene. (…) La gente della regione (…) sa che l'Iran interferirà nella politica di molti Paesi".
I media sauditi hanno confermato questa linea di analisi. Al-Watan, un quotidiano vicino al governo, ha avvertito che il regime iraniano, "che invia i suoi tentacoli in altri paesi della regione o tenta di farlo con tutti i mezzi necessari", non sarà impastoiato dall'accordo. Un altro quotidiano, Al-Sharq, ha pubblicato un editoriale sul timore che "l'Iran ha fatto delle concessioni nel dossier nucleare in cambio di una maggiore libertà di azione nella regione". Qualche analista, soprattutto nei più piccoli Stati del Golfo Persico, è andato oltre. Jaber Mohammad, un analista politico del Bahrein, ha previsto che "l'Iran e l'Occidente ora raggiungeranno un accordo su come spartirsi l'influenza nel Golfo". Al-Quds Al-Arabi, il quotidiano qatariano in mano al governo si è detto preoccupato di "un'alleanza tra gli Usa e l'Iran con il sostegno russo".
Le voci che Obama voglia recarsi in visita in Iran non fanno che confermare questi sospetti. L'ambasciatore saudita a Londra, il principe Mohammed bin Nawaf bin Abdulaziz, ha tratto la conclusione più palese, minacciando che "non resteremo con le mani in mano di fronte a una minaccia e non ci soffermeremo a pensare come meglio difendere il nostro paese e la nostra regione". Per non dire altro, non è così che i diplomatici sauditi in genere parlano dei loro fratelli musulmani. Come interpretare questa insolita retorica? La bellicosità di Teheran e le politiche filo-iraniane dell'amministrazione Obama si sono unite per porre fine a molti decenni di dipendenza strategica dei sauditi da Washington e per cominciare a pensare come proteggersi.
Questo è importante, perché come può a giusto titolo vantarsi Alwaleed, il suo Paese è il leader degli arabi, godendo di un maggiore peso internazionale, regionale, culturale e religioso. Gli effetti di questo ritrovato spirito di affermazione - combattere contro i fratelli islamisti, allearsi tacitamente con Israele, forse acquisire armi nucleari pakistane e perfino un'apertura diplomatica con Teheran - segnano un'altra conseguenza della disastrosa politica estera di Barack Obama.

(L'Opinione, 10 dicembre 2013 - trad. Angelita La Spada)


Secondo incontro del ciclo di seminari per docenti sulla didattica della Shoah

NAPOLI - "Centralità educativa dello studio della Shoah" è il titolo del secondo incontro all'interno del ciclo di seminari per i docenti italiani di ogni ordine e grado sulla didattica della Shoah organizzato dalla Fondazione Valenzi, l'istituzioneinternazionale dedicata a Maurizio Valenzi, l'ex parlamentare italiano ed europeo, sindaco a Napoli dal 1975 al 1983.
La giornata di studi e attività laboratoriali è in programma per mercoledi 11 Dicembre dalle 15 al Maschio Angioino.
Nel corso dell'incontro sono previsti i contributi del docente di bioetica Gianluca Attedemo su "Shoah e coscienza europea" e del docente supervisore nei corsi di specializzazione post laurea per l'insegnamento secondario Nicola Rizzuti su "Educazione e formazione alla Shoah nei manuali di storia".
Il ciclo di seminari rappresenta per la Fondazione l'inizio del programma della quinta edizione del progetto "Memoriae" promosso in questi anni su tutto il territorio della Campania in collaborazione con le istituzioni locali, le scuole e il mondo associativo.
Per ulteriori informazioni sul ciclo di seminari e per l'iscrizione è possibile scrivere a segreteria@fondazionevalenzi.it.
Il prossimo incontro è previsto per martedi 14 Gennaio dalle 15 al Maschio Angioino.

(Julie News, 9 dicembre 2013)


Shoah, bocciati i testi scolastici

di Alex Corlazzoli

Ricordare nelle scuole, lo sterminio degli ebrei, solo il 27 gennaio non serve. La commemorazione è il funerale della memoria. L'allarme arriva dal seminario "Insegnare oggi la Shoah" promosso nei giorni scorsi al memoriale Binario 21 a Milano dall'associazione "Figli della Shoah" e dal Centro di documentazione ebraica contemporanea. Gli esperti intervenuti hanno bocciato i manuali delle secondarie di primo e secondo grado considerati "per lo più reticenti".
La scuola italiana, dopo aver costretto con la riforma Berlinguer nel 1996 a rivedere tutti i manuali, sembra aver recintato la memoria di quella drammatica vicenda, alla giornata del 27 gennaio, lasciando ai lacunosi testi il compito di ricostruire dei passaggi storici complessi. "La storia del genocidio ebraico - ha spiegato Francesca Costantini - non viene collegata all'antigiudaismo cristiano, né viene inserita all'interno dell'antisemitismo laico, che si sviluppa con la critica della modernità e l'insorgere del nazionalismo. Per quanto riguarda le leggi razziste antiebraiche del '38 in Italia, generalmente i manuali delle scuole secondarie di primo e secondo grado le attribuiscono alla sudditanza di Mussolini nei confronti di Hitler, sostenendo che per l'Italia si tratta di un fenomeno marginale".
Siamo di fronte ad un oscurantismo che non dovrebbe esistere nel 2013. Secondo Alessandra Minerbi manca una visione d'insieme dello sterminio ed appare inquietante e grave che lo spazio dedicato alle leggi razziali italiane e alla deportazione dall'Italia sia marginale.
Dall'altro canto basta prendere in mano un testo delle scuole medie e superiori per scoprire che il capitolo dedicato alla Germania nazista parla del crescente antisemitismo, delle leggi di Norimberga, della notte dei cristalli, ma raramente si coglie una linea di continuità con quanto avvenne poi durante la guerra quasi si trattasse di due fasi non collegate. Le leggi razziali non vengono mai citate nei sommari. Non solo: anche dal punto di vista iconografico le immagini sono sempre le stesse.
Provate a chiedere notizie delle leggi razziali in Italia a dei ragazzini di 12,13 anni: spesso fanno ancora confusione tra i campi di concentramento e i campi di sterminio. Ma ancor più, provate a chiedere che strumenti usano i docenti per insegnare ai giovani la Shoah.
Abbiamo bisogno di formare i formatori su questo tema. Non abbiamo bisogno di generazioni che studiano la Shoah solo perché obbligati dall'insegnante senza sapere a che serve oggi ripercorrere quella drammatica stagione. Dobbiamo uscire dalle nostre aule e ad andare in quei luoghi, come il Binario 21 da dove sono partiti quindici convogli verso i campi di sterminio, perché quegli spazi sacri della nostra storia fanno parte delle nostre città.La memoria della Shoah, dello sterminio degli ebrei ma anche degli omosessuali, dei prigionieri politici, dei diversamente abili e del popolo rom, dev'essere viva, vissuta nella quotidianità delle nostre lezioni.
Forse il 27 gennaio non serve più. Forse dovremmo iniziare ad abolire le giornate della memoria con le quali molti docenti si puliscono la coscienza e scrivono sulle programmazioni: fatta!

(il Fatto Scuola, 10 dicembre 2013)


Le mamme del Mossad

  
Netanyahu, Peres e Pardo premiano i 12 agenti speciali
Ricevimento speciale l'altra sera nella residenza del presidente Shimon Peres nel cuore di Gerusalemme. Perché il capo dello Stato, il premier Benjamin Netanyahu e il capo del Mossad, Tamir Pardo, hanno premiato 12 agenti speciali del servizio segreto di Israele che si sono distinti nel 2012. Segretissime missioni che hanno salvato da Israele da molteplici minacce, "quella delle armi non convenzionali e il terrorismo". Ma la sorpresa per tutti è stato però il fatto che quattro dei premiati sono donne e madri. Sono le mamme del Mossad.
Alla piccola cerimonia sono stati invitati anche parte dei familiari degli agenti e nel pubblico ristretto si sono visti per la prima volta anche dei bambini piccoli. "Non posso capire come si sente una madre che deve allevare dei figli ed anche essere una combattente nel Mossad (gli agenti dei servizi in Israele sono chiamati "combattenti")" - ha detto Peres rivolto alle 007 - Ma sono fiero di vedervi qui: voi difendete non solo i vostri figli, ma anche a tutto il popolo d'Israele". Non si può raccontare (e scrivere) quasi nulla sui dodici premiati del Mossad: si può rivelare che uno di loro è un "agente sul campo", cui è stata conferita l'onorificenza per avere creato un protocollo operativo che ha portato ad una lunga serie di successi. Due delle super-mamme, una di loro ha tre figli, sono audaci combattenti che mettono in pericolo la propria vita. Di una, agente operativo, i suoi capi raccontano che abbia abbandonato una carriere promettente, per dedicarsi completamente ad un lavoro sul fronte più minaccioso per Israele. La creatività di cui ha dato prova ha portato alla soluzione di problemi molto complessi che il Mossad ha dovuto affrontare.
"I cittadini di Israele non hanno idea di quali siano i vostri compiti, ma io so quali cose grandiose fate per la sicurezza del Paese - ha detto Netanyahu - quando devo apporre quando devo apporre la mia firma alle vostre operazioni, non posso non entusiasmarmi della vostra audacia e delle vostra immaginazione che non conosce limiti".
Il commento di Tamir Pardo - "ramsad" del servizio segreto esterno di Israele - è certamente la miglior spiegazione della fama di efficienza di cui il Mossad gode in tutto il mondo: "La nostra forza siete voi, persone che agiscono con intraprendenza, devozione e pensiero creativo, accanto umiltà ed integrità, tutti elementi attraverso i quali le battaglie possono essere vinte, comprese quelle che sembrano impossibili".

(la Repubblica, 9 dicembre 2013)


Oltremare - Il bianco
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Il bianco è ovunque, a Tel Aviv, specie nel vecchio centro che adesso è quasi sud. Case bianche a cubetti con i balconi arrotondati, ripennellate di bianco di recente, tutte pulite e smaglianti come i denti perfetti di un lungo sorriso obliquo. E quel nome tedesco - Bauhaus - che stonerebbe proprio non si sapesse che sono stati gli Yekim, i tedeschi, a costruire buona parte di questa città. Mi son sempre domandata perché, se c'era dell'ordine diciamolo pure, crucco, alle origini della Città Bianca, le strade non sono tutte come in centro, a griglia e belle ordinate. Qualcuno mi ha fatto vedere la cartina di Tel Aviv e dintorni e mi ha fatto notare che almeno in un quartiere (Neve Sha'anan) si possono ancora vedere tracce chiare di piano regolatore a forma di menorah (candelabro, come quello del Tempio). Sionismo e piano regolatore, accoppiata ammazza-traffico. Altrove, fu semplicemente la fretta a regolare un modo ben poco pianificato la città.
Altri due bianchi spiccano, in questa stagione. Primo il mare, mosso e finalmente pronto alla prima tempesta invernale, che si rompe in onde bianchissime contro l'acqua grigio-verde. È dicembre, ma lo stesso qualche ardito nuota in mezzo a tutto quel biancore e non si può che invidiarlo.
E poi gli stormi immensi di uccelli che attraversano il nostro stretto cielo e puntano verso sud. Bianchi o neri a seconda della luce, del vento - e si può supporre - a seconda della specie. Ma il bianco prevale largamente. Compaiono da Sde Dov a nord, in arrivo dalla Emek Achula, girano sopra Tel Aviv un piano sotto gli aerei (bianchi anche loro), si ricompattano in stormi larghi, come meduse del cielo, oppure in file ordinate a forma di freccia a indicare il sud.
Bianco in terra, in mare e in cielo, ecco Tel Aviv d'inverno.

(Notiziario Ucei, 9 dicembre 2013)


Sion Segre-Amàr risponde a Primo Levi

Nel 1982, l'anno in cui Israele invase il Libano per porre fine agli attacchi dei palestinesi dell'OLP, un gruppo di ebrei italiani autodefinitisi "democratici", tra cui Primo Levi, sottoscrissero un manifesto di pubblica condanna contro il governo israeliano dal titolo "Perché Israele si ritiri". A questo manifesto, e precisamente alla persona di Primo Levi, rispose pubblicamente il suo allora amico Sion Segre-Amàr con una lettera su "Shalom" del giugno 1982, che qui riportiamo integralmente. Riportiamo anche un'altra risposta al gruppo, breve ma molto incisiva, comparsa sulla stessa pagina del mensile ebraico.

LETTERA APERTA A PRIMO LEVI
Caro Primo,
quando un uomo, per merito d'ingegno o di più preziose personali virtù, assurge a simbolo di un'idea o di una comunità, più non appartiene solo a sé stesso. Diventa patrimonio comune di quella società di uomini che si sente in lui identificata e da lui idealmente rappresentata.
Il tuo riscoperto ebraismo, nei suoi aspetti più nobili e più profondi, più eroici ed anche più teneri, nello studio delle sue radici più lontane e in quello dei suoi più recenti processi evolutivi, aiuta anche noi che ti leggiamo a divenire sempre più consapevoli della nostra stessa tormentata e complessa essenza ebraica. E quindi anche del peso orgoglioso delle nostre responsabilità.
E' per questo che ti scrivo; ed anche perché ritengo che altri, come me, possa essere rimasto deluso, e fors'anche in parte offeso, nel vedere la tua firma apposta in calce alla lettera pubblicata da «La Repubblica».
Aìtri ebrei ed altri «democratici» possono infatti avere opinioni diverse dalle vostre - e non meno legittime - sui tragici avvenimenti dei quali siamo spettatori in questi giorni. Neppure la lontananza dei tempi, quando le passioni e le mode - anche intellettuali - saranno sopite o cambiate, potrà assicurare la corrispondenza del proprio personaìe giudizio alla verità oggettiva del fatto. L'espressione di tale giudizio a caìdo, nella immediatezza dell'accaduto, deve quindi essere formulata con particolare cautela, soprattutto da chi porta su di sé il peso e la responsabìlìta di essere divenuto il simbolo di un'idea e della storia di una comunità di suoi simili.
Non ritengo sia possibile qui, diffondersi sui dettagli della vostra lettera, che merita meditazione, ma vorrebbe anche lunga ed approfondita discussione. La maggior parte dei vostri giudizi, nella Ioro astrattezza ed ovvietà, trova certo consenzienti la maggior parte di coloro le cui opinioni sono dettate dalla Ragione. Ma certa confusione tra OLP e popolo palestinese, certa allusione ad una «Resistenza Palestinese» che avrebbe assunto in qualche momento posizioni diverse da quelle che partorirono la strage di Monaco, certa asserita e non dimostrata connivenza delle (tutte, dunque?) forze israeliane che pur si dicono di opposizione interna», certa preoccupazione per un «nuovo antisemitismo» i cui «germi» si potrebbero combattere combattendo «la politica del governo Begin in questo momento tragico per il popolo palestinese» sono solo alcuni degli argomenti che non possono essere passati sotto silenzio. Così come formulati, essi non possono comunque essere accettati da chiunque, oltre ai firmatari della vostra lettera, non rinunci ad essere etichettato non solo come ebreo, ma anche come «democratico».
Nella «cornice atta a riunire chi sia interessato ad un'equa pace tra i popoli della Regione» sia dunque consentito di includere anche chi, oltre a voi, viva l'angoscia di queste ore, e proprio per questo, più che in definite «posizioni politiche» voglia inquadrare la propria sofferenza nella storia tutta del popolo ebraico. Che è sì, prima di tutto, e per nostra felice ventura, storia di giustizia e di pace; ma anche - purtroppo - di ingiustizie e di guerre, come è la storia di ogni popolo.
Tutti sognereranno che almeno la nostra storia fosse diversa: che da ingiustizie portate ad altrui fosse del tutto immune. Il sogno, è quanto di più intimo la nostra mente possiede; per questo, matura nel silenzio e fuori della materia. Questo nostro sogno, di pace, ad essere espresso, tramutato in parole o segni, rischia di venire tradito. Anche perché qui, nella Galuth, ad essere gridato ad alta voce richiede meno coraggio che non là, dove da sempre si soffre.
Sion Segre-Amàr
*

AGLI SCRITTORI E UOMINI DI CULTURA ITALIANA
Cari colleghi, rispondo a quelli tra voi che hanno lanciato l'appello: «Perché Israele si ritiri»! Che cosa esso significa? Voi forse siete strateghi che sapete quando Israele si debba ritirere? Che ne sapete voi? Forse avete costruito voi Israele, modello di stato democratico e moderno? No, sono stati gli ebrei russi e polacchi!
Quando i terroristi di Arafat buttarono le bombe in un autobus pieno di bambini israeliani avete taciuto! Quando i terroristi palestinesi hanno ucciso diplomatici israeliani, non ho sentito la vostra voce! Quando i siriani hanno installato in Libano i SAM sovietici, puntandoli su Israele, neanche allora ho sentito la vostra protesta! Quando i terroristi palestinesi hanno sparato le Katiushe sui Kibbuz israeliani, uccidendo uomini, donne e bambini, voi avete taciuto.
Nessuno Stato che si rispetti avrebbe tollerato un tale oltraggio! Ma voi avete taciuto, perché avete la psicologia degli ebrei del Ghetto, che hanna paura! Hanno paura che l'antisemitismo, non voglia Iddio, si possa ripercuotere sugli ebrei italiani. Ma voi non dovete temere, perché c'è lo Stato d'Israele, che vi raccoglierà e vi permetterà di vivere con dignità, perdonando la vostra ignoranza o il vostro tradimento!
Nel momento in cui Israele lotta per la propria sopravvivenza e quando i ragazzi israeliani muoiono, e muoiono anche per voi, voi lanciate appelli che pugnalano alle spalle il popolo israeliano, appelli che fuorviano l'opinione pubblica italiana e sono d'aiuto soltanto ai terroristi arabi. Dovrebbe esservi chiaro che Israele non lotta contro ii popolo palestinese, ma solamente contro le bande armate arabe che rappresentano una continua minaccia al popolo ebraico nella sua terra e fuori.
Allora: ricordino tutti gli ebrei, qualunque sia il paese in cui vivono, che la loro unica patria rimane nei secoli Israele e che il loro dovere è di amarla e difenderla in tutte le vicende e specie in quelle tragiche.
Mita Kaplan

(Notizie su Israele, 9 dicembre 2013)


Il pianista israeliano Shai Maestro presenta a Sacile il suo nuovo lavoro

di Alessia Liberti

 
Il pianista israeliano Shai Maestro
Shai Maestro nasce in Israele il 5 febbraio 1987. Inizia a suonare il pianoforte classico all'età di cinque anni. Si avvicina al Jazz all'età di otto anni, dopo l'ascolto di un album di Oscar Peterson "Gerhswin Songbook".
In seguito ammesso all'istituto "Thelma Yellin High School of performing Arts" conclude i propri studi con il massimo dei voti.
Pur seguendo le lezioni di letteratura, Shai Maestro prosegue diligentemente lo studio della musica jazz e classica. E' tra i pochi studenti ad ottenere risultati sorprendenti in entrambe le materie.
Studia il pianoforte jazz seguendo per due anni la tecnica RTC (Real Time Composition) con Opher Brayer. Gli studi classici sono seguiti dal professor Benjamin Oren dell'Accademia di Musica di Gerusalemme.
Nel 2004 vince una borsa di studio in piano jazz elargita dal Fondo Culturale Stati Uniti/Israele. Vince inoltre il concorso nazionale "Jazz Signs" per due volte consecutive (2002 e 2003).
Attualmente risiede tra Parigi e New York e rappresenta una figura tra le più interessanti del panorama jazzistico contemporaneo.
Shai Maestro ha suonato con musicisti internazionali come Jimmy Green, Jorge Rossy, Myron Walden, Ari Hoenig, Gilad Hekselman, Jonathan Blake, Harish Rhagavan, Mark Giuliana, Edouard Perez e Anthony Hart.
Dal 2006 al 2012 fa parte della tournée mondiale del bassista Avishai Cohen che lo definisce come "il musicista più importante della band" (Blue Note NY, Ronnie Scott, La Olympia Hall). Suonerà con Avishai fino al 2011, anno in cui Shai decide di proseguire la propria carriera da solista.
Da qui l'inizio di un percorso che sta ottenendo consensi sempre maggiori e ottime recensioni (soprattutto per quanto riguarda le ultime performance live).
Ha collaborato alla registrazione di tre dischi di Avishai Cohen "Gently Disturbed" (2008), "Aurora" (2009) e "Seven Seas" (2011) - EMI Records / Blue Note.
SACILE (PN) - La rassegna 'Sacile: Il Volo del Jazz' chiuderà la sua nona edizione con un weekend ricco di appuntamenti assolutamente da non perdere. Sabato 14 dicembre alle 21 si esibirà sul palco dello Zancanaro il pianista israeliano Shai Maestro, accompagnato da musicisti con cui collabora con successo da un paio d'anni, per presentare per la prima volta in assoluto in Italia il suo ultimo lavoro, il disco 'The Road to Itaca'.
Maestro è uno dei volti emergenti più interessanti nel panorama jazzistico contemporaneo e fa parte di quel gruppo di jazzisti israeliani che sta scrivendo una nuova pagina del jazz newyorkese.
Nella musica di questo giovane pianista c'è una chiara impronta classica, ma allo stesso tempo è in grado di rimanere ben radicato all'interno del jazz, che studia da quando aveva solo otto anni, grazie ad una strepitosa e innata vena improvvisativa. In 'The road to Itaca' Shai Maestro, che per sei anni ha fatto parte stabilmente dei trio di Avishai Cohen, sarà affiancato nuovamente dal bassista peruviano Jorge Roeder e dal batterista israeliano Ziv Ravitz, insieme a lui dal 2010, in una formazione che ha già rivelato tutto il proprio talento nel sensazionale album di debutto 'Shai Maestro Trio', nel quale il pianista ha messo in mostra, oltre alla straordinaria abilità al piano, anche le notevoli doti di compositore.
"The Road to Ithaca, il titolo del mio nuovo album uscito in Italia a fine ottobre 2013, si riferisce a una poesia di Constantin P. Cavafy, un autore greco che è stato ispirato dall'epica omerica. - racconta lo stesso Maestro - Dopo la guerra di Troia, Ulisse torna a Itaca e salva la moglie Penelope e suo figlio Telemaco dai pretendenti. Durante il suo viaggio vede più volte Itaca dal ponte della sua nave, ma ogni volta, mentre si avvicinava ad essa, Itaca scompare. Cavafy sembra consigliare a Ulisse di considerare il viaggio verso Itaca come un percorso molto più lungo e introspettivo, non come un premio ma come il raggiungimento della meta intesa come scoperta di se stessi. Mio padre mi ha consegnato questa poesia a 19 anni, prima di partire per il mio primo tour. Era il suo modo per dirmi che la vita è un lungo viaggio e che la vera ricchezza sta nel viaggio stesso. Questo concetto è diventato parte di ciò che sono".
Da allora Shai Maestro ha già percorso una lunga strada, e nel suo secondo album come band leader si conferma un grande protagonista del jazz moderno, come sono stati gli E.S.T. o Brad Mehldau. Come i suoi predecessori, Shai Maestro compone i suoi temi e preferisce "l'ignoto alla ripetizione di motivi noti". In questa nuova registrazione, la sua musica spazia tra l'immediatezza del pop, la libertà del jazz e un'esposizione lirica ordinata, ereditata dal suo apprendimento della musica classica fin dall'età di cinque anni. "La semplicità è probabilmente la cosa più difficile da raggiungere" commenta lo stesso Maestro.
Domenica 15 dicembre alle 18 il progetto Flight Big Band, che nasce dalla volontà di coinvolgere tutte le realtà scolastiche musicali che propongono un'attività permanente e continuativa nel territorio di Sacile, della Provincia e del Friuli Venezia Giulia, con la partecipazione dei due conservatori regionali, il Tomadini e il Tartini, chiuderà ufficialmente la rassegna. L'obiettivo di questo evento finale è quello di dare visibilità, sullo stesso palco che ha ospitato i big della rassegna Il Volo del Jazz, all'esibizione di giovani musicisti, affiancati da artisti di chiara fama, che qualifichino lo spettacolo e diano lustro al lavoro dei giovani promettenti. In quest'edizione de Il Volo del Jazz ad affiancare i giovani talenti ci saranno Barbara Casini, una delle più importanti cantanti jazz italiane, ed il noto pianista Bruno Cesselli.
Prima di ogni concerto dei"Sacile. Il Volo del Jazz" gli spettatori in sala potranno assistere per alcuni minuti a un'esecuzione che mescola ironia, fumetto e jazz: live sul grande schermo dalla matita di Marco Tonus, cartoonist satirico, prenderanno forma personaggi e situazioni che introdurranno tutte le serate.

(Trieste All News, 9 dicembre 2013)


Da domani riprenderà l'arrivo a Gaza di materiali da costruzione

Rifornimenti destinati a progetti Unrwa

GERUSALEMME, 9 dic - Israele permetterà nuovamente a partire da domani l'entrata nella Striscia di materiale da costruzione destinato ai progetti previsti dall'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi. Lo dice l'agenzia Maan che cita Nathmi Muhanna, direttore per l'Autorità palestinese dei valichi di frontiera.
Uno dei motivi di difficoltà dell'economia della Striscia, è la decisione israeliana - come ammesso da esponenti militari dello stesso Israele - di bloccare l'ingresso di materiale edile nella Striscia dopo la scoperta di un lungo tunnel scavato da Hamas verso Israele "con fini terroristici". A Gaza, secondo stime recenti, settantamila palestinesi vivono di attività legate all'edilizia.

(ANSAmed, 9 dicembre 2013)


Accordo tra Israele, Giordania e Autorità Palestines su Mar Rosso e Mar Morto

Per la desalinizzazione dell'acqua marina

Il Mar Morto
GERUSALEMME, 9 dic - Israele, Giordania ed Autorita' Palestinese firmeranno oggi a Washington, nella sede della Banca Mondiale, un accordo di grande portata per la desalinizzazione dell'acqua del Mar Rosso e per il salvataggio del Mar Morto, che da decenni va restringendosi. Dopo oltre un anno e mezzo di trattative segrete, il ministro israeliano per la cooperazione regionale Silvan Shalom ha svelato oggi, in un'intervista, i dettagli dell'accordo, che prevede la costruzione nei prossimi anni (in territorio giordano) di quattro condutture che porteranno acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, ossia a 400 metri sotto al livello del mare. Alle cerimonia della firma parteciperanno anche il ministro giordano Hassam al-Nasser e il palestinese Shadad Attili. Negli anni Novanta nella stessa zona era stato progettato un canale: ma il progetto era rientrato sia per gli alti costi di realizzazione sia per la opposizione di gruppi di ambientalisti. In base al piu' modesto progetto attuale ogni anno saranno risucchiati dal Mar Rosso 200 milioni di metri cubici di acqua. Ottanta milioni saranno desalinizzati ad Aqaba (Giordania) e quindi inoltrati a Nord, a beneficio degli agricoltori israeliani e giordani. La quantita' rimanente sara' destinata ad elevare il livello del Mar Morto. Da parte loro i palestinesi riceveranno da Israele 30 milioni di metri cubici di acqua provenienti dal Lago di Tiberiade. Il progetto - che prevede anche la realizzazione di due laghi turistici - dovrebbe entrare in funzione fra quattro-cinque anni.

(ANSAmed, 9 dicembre 2013)


Netanyau: con un Iran atomico niente pace con i palestinesi

GERUSALEMME - Un Iran dotato della bomba nucleare precluderà ogni accordo di pace tra israeliani e palestinesi. Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu in videoconferenza con il convegno Saban a Washington. Gli sforzi per raggiungere la pace con i palestinesi "saranno inutili se l'Iran raggiunge la bomba atomica", ha poi aggiunto il premier perchè questo rafforzerebbe gli elementi radicali che si oppongono ai negoziati.
E tutto ciò "minerebbe anche gli accordi di pace che abbiamo con due dei nostri vicini", Egitto e Giordania. Mentre si negozia con l'Iran sul suo programma nucleare, la comunità internazionale dovrebbe anche porre la domanda a Teheran di "cambiare le sue politiche di genocidio. Non è solo su Israele. L'Iran continua a calpestare i diritti del suo popolo e a supportare il massacro in Siria".
"La pace con i palestinesi vitale", ha detto ancora il premier. "Ma il cuore del conflitto non riguarda i confini e le colonie, bens il loro rifiuto di accettare Israele come Stato ebraico". Netanyahu ha poi confermato di essere "pronto ad un compromesso storico e che questo un obiettivo importante di Israele e del suo governo".

(blitz quotidiano, 8 dicembre 2013)


Perché la comunità ebraica non si preoccupa dei deboli e dei poveri?

A questa domanda, posta ieri da un lettore di "Notizie su Israele", risponde Deborah Fait, ebrea italiana che da molti anni vive in Israele.

Non capisco il senso di questa lettera, l'unica cosa chiara è che questo signore, di tutte le comunità esistenti in Italia, se la prende con quella ebraica. Gli ebrei italiani sono cittadini di questo paese e se ne occupano individualmente, non come comunità. Votano, protestano insieme agli altri, pagano le tasse come gli altri, criticano i politici come gli altri. Cosa c'entra la comunità? I Valdesi parlano come comunità sulla politica italiana? I musulmani lo fanno? La comunità ebraica non è un monolite, ognuno pensa colla propria testa e, da italiano, vota per chi gli pare e critica chi gli pare, non è la comunità a suggerirgli quello che deve fare e come deve agire. Stiamo scherzando? Sarebbe una cosa gravissima se il Presidente dell'Unione delle Comunità indirizzasse il pensiero politico degli ebrei, di qualsiasi paese siano cittadini e sarebbe altrettanto grave se il Presidente di detta comunità esprimesse una critica al governo a nome della stessa! Sarebbe dittatura. Il Presidente esprime, se gli va, il proprio pensiero personale e lo deve anche ribadire "Io parlo per me!".
Il Presidente della comunità ebraica ha il diritto e il dovere di esprimersi a "nome della Comunità" soltanto in casi di antisemitismo, se ebrei vengono aggrediti, se si leggono scritte insultanti sui muri delle città, se qualche membro del governo, come è accaduto in passato, si esprime contro gli ebrei o contro Israele.
Chi lo dice a questo signore che gli ebrei sono indifferenti agli accadimenti del paese?
Quali ebrei? Esiste un portavoce degli "ebrei" che gli ha confidato che siamo indifferenti?
Devo, e sono molto spiacente di farlo perché significa che siamo sempre alle solite, mettere in rilievo questa vergognosa frase del signore in questione:
    "La mia opinione è basata sul fatto che come comunità Ebraica con un certo peso economico politico mediatico in Italia".
Vorrei mi dicesse dove sta il potere economico degli ebrei italiani? Sono forse ebrei i più ricchi in Italia? Non mi risultano cognomi ebrei negli elenchi che ogni tanto vengono resi pubblici.
Potere mediatico? Prima dice che non parliamo, poi che abbiamo potere mediatico. Dove sono gli ebrei padroni dei media in Italia? Vorrei dei nomi, per cortesia.
Il signore in questione ha le idee un po' confuse, sono evidenti invece i vecchi pregiudizi del tipo "ebrei ricchi e potenti conquisteranno il mondo."
Non mi risulta che in più di 2000 anni di storia lo abbiano ancora fatto.
Saluti,
Deborah Fait

(Notizie su Israele, 8 dicembre 2013)


Identità e modelli di convivenza

 
Saul Meghnagi, direttore scientifico di Hans Jonas
ROMA - "La domanda su chi sia ebreo è sempre più urgente e impone una riflessione su modelli di convivenza e integrazione che stiano al passo coi tempi. Per questo, a 40 anni dalla morte, abbiamo deciso di rendere omaggio a David Ben Gurion valorizzando un testo straordinario che è di grande utilità per il nostro presente". Così Tobia Zevi, presidente dell'associazione di cultura ebraica Hans Jonas, nell'introdurre i lavori del convegno "Il sentimento e la regola", apertosi questa mattina al Centro ebraico Pitigliani di Roma.
Identità ebraica, cittadinanza, diritti dei singoli al centro di due lavori che si presentano oggi: la traduzione in italiano del saggio "Israele 1958: le risposte dei 'Saggi di Israele'" (ed. Proedi) in cui Eliezer Ben Rafael raccoglie le risposte di cinquanta 'saggi' di fama internazionale, tra cui i tre rabbini italiani Elio Toaff, Alfredo Sabato Toaff e Dante Lattes, alla domanda formulata nel 1958 da David Ben Gurion su chi, appunto, "sia ebreo"; un approfondimento sugli sviluppi dell'indagine sui giovani ebrei italiani aggiornata per quanto concerne l'anno 2013 (ad esporre i risultati Valeria Milano).
"La nostra idea è quella di aprire uno spazio di confronto su queste tematiche, assolutamente centrali e decisive per il futuro delle nostre Comunità. L'intera discussione - sottolinea Saul Meghnagi, direttore scientifico di Hans Jonas - è finalizzata proprio alla sopravvivenza e al futuro dell'ebraismo italiano".
Numerosi gli interventi ad animare la giornata. Nella mattinata, protagonisti della prima sessione di confronto lo storico sociale delle idee David Bidussa, il rabbino Roberto Della Rocca, il giornalista e storico Ernesto Galli Della Loggia. Nel pomeriggio interverranno invece lo storico Mario Toscano, il sociologo Luigi Manconi e il rabbino Benedetto Carucci Viterbi.
Un saluto ai partecipanti è stato portato da Livia Link dell'ambasciata d'Israele a Roma, del rabbino capo Riccardo Di Segni, del presidente del Pitigliani Ugo Limentani. Letto inoltre un messaggio del presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.

(Notiziario Ucei, 8 dicembre 2013)


Smascherato il bluff di Obama sul nucleare iraniano

Nulla è cambiato in Iran dopo gli accordi di Ginevra, anzi, il programma nucleare iraniano va avanti come e più di prima. A dirlo alla IRNA è Behrouz Kamalvandi, portavoce iraniano presso l'Agenzia Atomica Internazionale (AIEA).
Behrouz Kamalvandi ha esposto i progressi fatti in Iran con le nuove generazioni di centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. «Stiamo collaudando una nuova generazione di centrifughe con una capacità di arricchimento 8/10 volte superiore alle già veloci IR-2M». E quando gli è stato fatto notare che questi progressi iraniani contraddicono i patti di Ginevra Behrouz Kamalvandi ha risposto che «sono perfettamente in linea con quanto stabilito a Ginevra e con l'AIEA»....

(Right Reporters, 8 dicembre 2013)


Iran - Sperimentate nuove centrifughe per l'arricchimento dell'uranio

DUBAI, 7 dic. - Nonostante l'intesa di massima sullo stop al programma nucleare iraniano raggiunta il 24 novembre a Ginevra, Teheran continua a sperimentare nuove centrifughe piu' moderne di quelle gia installate ed in grado di arricchire l'uranio piu' efficacemente. Lo ha annunciato il portavoce dell'agenzia atomica iraniana, Behrouz Kamalvandi, citato dall'agenzia ufficiale Irna, secondo il quale il funzionario ha parlato esplicitamente della fine dei test iniziali di centrifughe di nuova generazione, sottolineando l'intenzione, mai taciuta peraltro da Teheran di proseguire con l'arricchimento dell'iranio. Mentre i "5+1" (Russia, Usa, Gran Bretagna, Cina, Francia e Germania) sono convinti che il testo blocchi tutto. In se' queste operazioni non contrastano all'intesa ma contribuira' ad allarmare gli occidentali e fornira' nuove armi ai i'falchi', a partuire da Israele e Arabia Saudita, che diffidano totalmente degli aytollah L'Iran gia' all'inizio dell'anno aveva iniziato ad installare nel laboratorio di Natanz nuove centrifughe 'IR-2m' ma Kamalvandi non ha chiarito se si riferisse ad altri modelli ancora piu' moderni. Inizialmente Teheran usava il modello IR1 risalente agli anni 70. Le IR-2m possono arricchire l'uranio 2-3 volte piu' velocemente.

(AGI, 7 dicembre 2013)


Cosa significa essere ebreo

di Daria Gorodisky

David Ben Gurion
A 40 anni dalla morte di David Ben Gurion, lo statista che proclamò l'indipendenza dello Stato di Israele nel 1948 e che ne diventò primo premier e responsabile della Difesa, viene presentato un libro-documento di eccezionale interesse e finora inedito in italiano. Si tratta delle lettere che, nel 1958, cinquanta rappresentanti dell'intellighenzia ebraica internazionale inviarono al governo israeliano in risposta alla questione su chi possa essere considerato ebreo, con particolare riguardo ai figli di madre non israelita. Non una pura discussione accademica, ma una consultazione per applicare al meglio una norma del giovane Stato, quella Legge del Ritorno secondo la quale ogni ebreo ha diritto di stabilirsi in Israele. E da lì la domanda: che cosa significa essere ebreo?
Anche se finora la cittadinanza israeliana è concessa a chiunque abbia almeno un nonno ebreo, il tema rimane ancora del tutto attuale e il dibattito continua sulle stesse tesi che contrapponevano anche all'epoca le autorità religiose più osservanti ai portatori (non solo laici) di una visione nazionale più aperta: il Rabbinato ortodosso riconosce esclusivamente la discendenza matrilinea, mentre un'ampia componente dell'ebraismo riformato la equipara a quella per via paterna.
Ben Gurion, Primo ministro, inventò allora un metodo modernissimo: sondare l'opinione di un gruppo di saggi per poter formulare direttive «conformi alla tradizione riconosciuta da tutti gli ambiti dell'ebraismo, gli ortodossi, i liberi pensatori e le loro diverse correnti; conformi anche alle specifiche condizioni di Israele in quanto stato ebraico sovrano, dove è garantita la libertà di coscienza e di culto e che costituisce il focolare degli esili».
Tra gli interpellati troviamo letterati come Shmuel Yosef Agnon (premio Nobel nel 1966), o il nostro Dante Lattes; scienziati come Henry Baruk (era docente alla Sorbona e presidente della Società francese di neurologia); filosofi quali Isahiah Berlin; e rabbini di tutto il mondo, compresi Alfredo Sabato Toaff e suo figlio, Elio Raffaele, che Roma ben conosce; Shlomo Goren, che fra l'altro è stato Rabbino militare-generale di Tzahal; Zeharya Hacohen, Rabbino della Confederazione generale dei sindacati e appartenente al partito socialdemocratico Mapai. Ma anche personalità alla Felix Frankfurter: membro della Corte suprema degli Stati Uniti, rispose che non era «capace di affrontare il problema».
Tutto il materiale è raccolto nell'e-book Cosa significa essere ebreo (Proedi editore) e introdotto da un'ampia analisi del professor Eliezer Ben Rafael, sociologo dell'Università di Gerusalemme.

(Corriere della Sera, 7 dicembre 2013)


Gli Usa mantengono la presenza militare nel Golfo nonostante l'accordo con l'Iran

Gli Stati Uniti manterranno la loro presenza militare, di circa 35 mila uomini, nella regione del Golfo Persico, nonostante l'accordo con l'Iran sul programma nucleare. È quanto affermato dal segretario americano alla Difesa, Chuck Hagel, intervenendo a un forum sulla sicurezza regionale che si è tenuto in Bahrein. Hagel ha voluto così rassicurare gli alleati arabi, dopo l'apertura diplomatica statunitense alla Repubblica islamica, circa il mantenimento di una presenza militare composta anche da una nutrita flotta di navi e aerei da guerra. Il ministro della Difesa Usa ha quindi spiegato che la diplomazia deve essere sostenuta dalla potenza militare: "Il nostro successo continuerà a dipendere dalla potenza militare americana e dalla credibilità delle nostre garanzie agli alleai e partner in Medio Oriente".

(Radio Vaticana, 7 dicembre 2013)


Perché la comunità ebraica non si preoccupa dei deboli e dei poveri?

Da un lettore che si firma con nome e cognome riceviamo:
    «Leggendo la newsletter mi accorgo che si alza subito un coro di protesta per qualunque cosa venga scritta che possa in qualche modo, velato o meno, gettare ombre di antisemitismo contro gli Ebrei. Ma non ho letto nessuna voce critica da parte della comunità Ebraica, o una vera e propria indignazione contro l'operato dei leader politici in Italia. Forse è meglio rimanere nel limbo per paura di infastidire? Anche loro sono italiani e partecipano al bene del paese o no? La difesa del più deboli non è più così importante? E diciamocela tutta in Italia i poveri e deboli non scarseggiano .
    La mia opinione è basata sul fatto che come comunità Ebraica con un certo peso economico politico mediatico in Italia, se esprimesse pareri anche critici verso alcune scelte politiche, forse e dico forse, i nostri leader acquisirebbero saggezza. Non parlo di manipolazione ma di suggerimenti o dir si voglia consigli a volte anche pressioni (come fanno alcune lobby nel bene e nel male). Non è ''luce'' far intendere agli altri che la via che si va percorrendo conduce alla rovina? Non si potrebbe creare un certo malumore nell'uomo vedendo che i problemi interni nel paese non vengono presi in considerazione? La sensazione che traspare, il distacco dagli eventi che si susseguono non è dannoso anche per loro? Prendere posizione in difesa dei più deboli, tutti i deboli ... non è forse giustizia? L'indifferenza al male altrui è un cancro e loro sanno bene quali siano le sue conseguenze. Se chi ha voce per poter essere ascoltato si gira dall'altra parte, sarà ritenuto per colpevole (sillogismo?).»
Come redazione abbiamo già dato al lettore una nostra risposta in forma privata, ma se qualche esponente della comunità ebraica volesse farlo in forma pubblica, saremmo ben lieti di pubblicare il suo intervento.

(Notizie su Israele, 7 dicembre 2013)


Un fucile accanto al letto: le camerette dei soldati israeliani

a cura di Pier Luigi Pisa

Fotogalleria
In Israele il servizio militare è obbligatorio. Interessa uomini e donne che abbiano compiuto i diciotto anni e dura due anni. Un arco di tempo in cui i soldati non si separano mai dalla loro arma. Nel corso del suo recente soggiorno a Tel Aviv, il fotografo londinese Jasper White ha documentato, con i suoi scatti, come i fucili d'assalto M4 convivano - nelle camerette dei giovani combattenti israeliani tra i 18 e i 22 anni - con poster, pesi, strumenti musicali, giradischi e PC. "In Israele le armi fanno parte della vita quotidiana - racconta il fotografo - E per questo nessuno ci fa più caso. Per diversi giovani avere il fucile più moderno costituisce uno status invidiabile".

(la Repubblica, 7 dicembre 2013)


Un viaggio tra Betlemme, Nazaret, Gerusalemme e Tel Aviv

Che cosa non perdere tra eventi e luoghi sacri

di Evelina Marchesini

Di luminarie, addobbi, alberi di Natale giganteschi e bancarelle natalizie in ogni vicolo non ne troverete molti. Ma ogni pietra che si calpesti è un viaggio nell'Antico e nuovo Testamento e il Natale "vero" non ha un luogo più appropriato in cui incasellarsi, come una tessera di un puzzle unico al mondo. Entrare nella Chiesa della Natività a Betlemme all'approssimarsi del Natale è un'esperienza senza paragoni, per poi passare da lì alla magica e controversa Gerusalemme e, ancora, a Nazaret, alla Galilea delle meditazioni e dai paesaggi mozzafiato: che si sia credenti o no, cattolici praticanti o meno, il solo pronunciare questi nomi evoca memorie,a volte forti ma a volte impalpabili, incise indelebilmente nel nostro inconscio. La grotta in cui secondo i cristiani nacque Gesù, la casa di Maria a Nazaret, il Santo Sepolcro e il Golgota e la Via Dolorosa a Gerusalemme, il Monte degli Ulivi, il Monte delle Beatitudini e il lago di Tiberiade sono solo le principali tessere che rendono un viaggio in Israele un'esperienza da fare almeno una volta nella vita. E, anzi, a giudicare dai dati del Ministero del Turismo di Israele, una volta che ci si va, nella maggior parte dei casi poi vi si ritorna. Perché la prima e più grande sorpresa è scoprire che non ci si sente in pericolo: il timore di percepire una morsa di conflitti corrisponde poco alla realtà. Tanto che la Terra Santa macina record in termini di turismo. Nel 2012 i turisti provenienti da tutto il mondo sono stati 3,5 milioni, di cui il 60% dall'Europa: il 35% viaggia per pellegrinaggio, il 25% per divertimento, il 15% per affari. Quanto agli italiani, in 40 anni hanno raggiunto i 3 milioni, con una brusca frenata dopo l'attentato alle Torri gemelle e una decisa ripresa negli ultimi anni, a quota circa 180mila turisti l'anno e con l'obiettivo, da parte israeliana, di portarli a 200mila nei prossimi anni. In ogni caso, Israele è il Paese al mondo con la più alta percentuale di "repeaters", dopo una prima visita: il 40% ritorna.

- Il viaggio
  Di itinerari organizzati ce ne sono parecchi, sia leisure sia a prevalente profilo religioso. Ma Israele è uno di quei posti in cui è facile organizzarsi da sé, facendo base nell'affascinante e sempre sveglia Tel Aviv (letteralmente "collina della primavera"), per godersi anche le spiagge, oppure a Gerusalemme. La compagnia di bandiera El Al vola sia da Milano sia da Roma sia da Venezia a Tel Aviv con voli non stop, con l'eccezione del sabato (shabbat), giornata in cui non ci sono voli di El Al. Escludendo il periodo natalizio, per tutto l'inverno sono in vigore tariffe promozionali a partire da 199 euro a/. Per gli hotel c'è l'imbarazzo della scelta, pur considerando che Tel Aviv e Gerusalemme non sono a buon mercato. Per muoversi nel Paese ci si può rivolgere ai vari tour organizzati che prevedono viaggi in giornata praticamente ovunque, prenotabili negli hotel e presso gli Uffici turistici.

(Il Sole 24 Ore, 7 dicembre 2013)


Israele - Siria: sale la tensione lungo il confine del Golan

Sale vertiginosamente la tensione lungo il confine tra Siria e Israele. Ieri un ordigno è stato fatto esplodere al passaggio di una pattuglia di frontiera dell'esercito israeliano e successive indagini hanno stabilito che era proprio la pattuglia israeliana l'obbiettivo degli attentatori....

(Right Reporters, 7 dicembre 2013)


Se questo è uno Stato

di Giulio Meotti

Primo Levi
Il 7 giugno 1967 lo stato d'Israele si trova sotto minaccia di morte e lancia un blitz militare per respingere l'accerchiamento di Egitto e Siria. E' la Guerra dei sei giorni e anche nelle piazze d'Italia, dove la militanza a favore dello stato ebraico si porta ancora bene, si dona il sangue. Per gli ebrei sotto assedio. Primo Levi si fa fotografare dalla Stampa di Torino con il tatuaggio di deportato ad Auschwitz mentre, disteso sul lettino, dona il suo plasma rosso. "Parecchi vorrebbero aprire le loro case ai bimbi israeliani", recita un articolo della Stampa, oggi impensabile. "Un piccolo popolo coraggioso difende il suo diritto all'esistenza". E ancora: "Il sangue dei torinesi nella terra dove i superstiti del ghetto di Varsavia e dei campi di sterminio lottano perché i loro figli, nati e cresciuti in Palestina, non conoscano più l'antico dolore di una gente mille volte perseguitata e mille volte dispersa".
   Quindici anni dopo, l'autore di "Se questo è un uomo" e "La tregua" avrebbe abbracciato il più radicale e sofferto dei pregiudizi contro Israele. Per dirla con due bravi ricercatori come Guri Schwarz e Arturo Marzano, autori di un libro sull'attentato alla sinagoga di Roma del 1982, "gli scritti e le interviste di Primo Levi costituirono dei punti di riferimento cruciali, nonché una fonte cui attingere - magari forzando il senso delle sue parole e del suo pensiero - per ribadire e legittimare la formula della corruzione del popolo ebraico che da vittima idealtipica si era fatto carnefice". Il professor Berel Lang è autore di un nuovo libro su Levi intitolato "The matter of a life", in uscita per la Yale University Press e in cui compare un capitolo dedicato alla "questione ebraica" in Primo Levi. Perché si è trattata di una autentica abiura da parte del simbolo della sopravvivenza ad Auschwitz. Berel Lang scrive che fin dall'inizio per Levi l'identità ebraica era un "fatto curioso" e Auschwitz in questo senso aveva rappresentato "un'università", come disse Levi stesso, dalla scoperta della lingua yiddish al contatto con gli ebrei religiosi. L'identità ebraica, scrive Lang, fu per Levi una "estraniazione", tanto che rimase sempre sconcertato dal fatto di essere presentato come "uno scrittore ebreo" nei suoi tour letterari all'estero. Lang riporta che Levi fu attratto fin dall'inizio dalla nascita dello stato d'Israele: "Dal 1935 al 1940, rimasi affascinato dalla propaganda sionista, ammiravo il paese e il futuro che stava pianificando, di uguaglianza e fratellanza".
   La successiva, finale apostasia di Primo Levi è indispensabile per capire lo scollamento che si è imposto nelle comunità ebraiche italiane a proposito di Israele, le umilianti giaculatorie dei suoi intellettuali più illustri, le arroganti richieste di dissociazione da Israele avanzate dal mondo esterno, l'accostamento dello stato ebraico al nazismo. Un paradosso doloroso che acquistò forza e legittimità grazie alla parola del grande sopravvissuto, lo scrittore Einaudi, l'autore del capolavoro della letteratura dell'Olocausto (sull'evoluzione delle posizioni di Primo Levi nei riguardi d'Israele ci sono anche "The Double Bond: Primo Levi, a Biography" di C. Angier, New York, Farrar, Straus and Giroux, e "Primo Levi" di I. Thomson, Hutchinson). Grazie a Levi, la "nazificazione" di Israele, per il tramite dell'ampia esagerazione del numero delle vittime, dell'idea della predeterminazione di un disegno sterminazionista, della rappresentazione di un'ideologia composta da un tratto fascista, è diventata moneta corrente in tutta l'Europa occidentale e in Italia soprattutto. Da allora, le società europee con i loro intellettuali sono state sempre predisposte a schierarsi contro la potenza militare e a parteggiare spontaneamente per coloro che erano percepiti come vittime deboli e indifese, minacciate da un potente aggressore. Dopo e con Levi, Israele è stato percepito come una costola dell'occidente coloniale, e nello specifico come l'incarnazione dei lati più oscuri della civiltà europea. L'abiura di Primo Levi è dominata dall'attrazione morbosa per le "vittime che si fanno carnefici". Con la sua potenza evocativa, con il suo talento e prestigio, con la sua mitezza tragica di sopravvissuto, Primo Levi ha scelto di diventare la fonte più autorevole che ha legittimato quel tipo di bugie che da allora sono diventate, purtroppo, verità correnti. Per questo a Gerusalemme, dove la traduzione ebraica di "Se questo è un uomo" apparirà soltanto nel 1989, dunque molto dopo la morte per suicidio dello scrittore, nessuno ha mai voluto pubblicare la "Conversazione" di Levi con Ferdinando Camon. Sul testo, offerto gratis agli editori israeliani, sono state avanzate forti riserve politiche.
   Ma cosa diceva Levi nei punti più controversi? "Lo stato d'Israele avrebbe dovuto cambiare la storia del popolo ebraico, avrebbe dovuto essere un zattera di salvataggio, il santuario a cui sarebbero dovuti accorrere gli ebrei minacciati negli altri paesi", scriveva Levi. "L'idea dei padri fondatori era questa, ed era antecedente alla tragedia nazista: la tragedia nazista l'ha moltiplicata per mille. Non poteva più mancare quel paese della salvezza. Che ci fossero gli arabi in quel paese, non ci pensava nessuno. Ed era considerato un fatto trascurabile di fronte a questa gigantesca 'vis a tergo', che spingeva là gli ebrei da tutta Europa. Secondo me, Israele sta assumendo il carattere e il comportamento dei suoi vicini. Lo dico con dolore, con collera. Non c'è differenza tra Begin e Khomeini". Per Levi, dunque, non c'era differenza fra il primo ministro d'Israele, un sopravvissuto come lui alla Shoah, e il fondatore della Repubblica islamica dell'Iran, un noto antisemita. Questi testi antisraeliani di Levi sarebbero diventati popolarissimi fra i militanti. La "Conversazione con Primo Levi", opera teatrale tratta dal testo di Ferdinando Camon, in scena al teatro Fernando de Rojas di Madrid in coincidenza della Giornata della memoria del 2006, per esempio, ha provocato la protesta dell'ambasciatore di Israele in Spagna, Victor Harel, che ha definito "chiaramente antisemita" la rappresentazione di Levi, che "disonora Israele". Il 16 giugno 1982 la Repubblica pubblica un grande appello scritto da Primo Levi "Perché Israele si ritiri", le cui righe di esordio hanno un'eco dirompente, perfino sinistra: "Facciamo appello, in quanto democratici ed ebrei, perché il governo israeliano ritiri immediatamente le sue truppe dal Libano". Il testo raccoglie millecinquecento adesioni.
   Ciò che però colpisce l'opinione pubblica non è l'analisi politica di quel documento, ma l'inciso della prima riga: "In quanto democratici ed ebrei". Tra i firmatari di quel manifesto c'erano Franco Belgrado, Edith Bruck, Ugo Caffaz, Miriam Cohen e Natalia Ginzburg. Affermarono che "la soluzione militare" scelta da Israele evocava "un linguaggio di triste memoria per ogni ebreo", facendo così una storica concessione alla retorica dei "nazi-sionisti" e dichiararono di intervenire anche nella speranza di "combattere i germi potenziali di un nuovo antisemitismo che si verrebbe ad aggiungere alle vecchie e mai scomparse tendenze antiebraiche in seno alla società civile". "Quell'appello a mio avviso fu un argine contro la strumentalizzazione degli ebrei italiani nella campagna contro Israele", ribatte David Meghnagi, che firmò il testo di Primo Levi. "Si trattava di aprire una discussione in Italia". Spicca fra i firmatari il nome di Natalia Ginzburg, che dopo la strage degli atleti israeliani a Monaco 1972 scrisse che negli ebrei che andavano in Israele "abbiamo amato le memorie del dolore, la fragilità, il passo randagio e le spalle oppresse dagli spaventi", ma "non eravamo affatto preparati a vederli diventare una nazione potente, aggressiva e vendicativa". Era il tempo in cui Rossana Rossanda firmava articoli dal titolo "Voglio essere ebrea", rivendicando l'ebraismo dei deboli, degli oppressi. Il tenore delle accuse di Primo Levi contro Israele si fa anche più forte. Lo scrittore dice di provare "vergogna" per Israele, e in quei mesi esce il suo primo vero e proprio romanzo: "Se non ora, quando?". La Stampa pubblica in prima pagina una geremiade contro Israele dopo la partenza di Levi per un viaggio ad Auschwitz, dove si è recato insieme a una scolaresca fiorentina. Lo scrittore concede poi un'intervista al Secolo XIX, in cui esprime il suo "orrore" per una "rappresaglia sbilanciata che assume forme e dimensioni barbariche". Alla domanda maliziosa dell'intervistatore sul perché il "popolo erede delle generazioni bruciate a Dachau e a Mauthausen rischia di apparire agli occhi del mondo civile come carnefice", Levi replica: "Non c'è dubbio che l'immagine di Israele si stia deteriorando".
   Il 24 giugno 1982, sulla prima pagina della Stampa, stabilisce poi il collegamento fatale tra la persecuzione nazista e le guerre di Israele. Scrive Levi: "Il caso ha voluto che la notizia dell'attacco israeliano in Libano coincidesse per me con un ritorno ad Auschwitz in veste di guida per un gruppo di visitatori". Il risultato è che "le due esperienze si sono sovrapposte tormentosamente". E ancora: "I segni della strage di quarant'anni addietro, sul luogo ove essa si svolse, sono tuttora presenti: colpiscono come una mazzata". L'articolo è un capo di accusa poderosa da parte di un intellettuale emblematico per l'Olocausto: "Israele, sempre meno Terra Santa, sempre più paese militare, va acquisendo i comportamenti degli altri paesi del medio oriente, il loro radicalismo, la loro sfiducia nella trattativa". Quanto a chi frettolosamente assimila i generali israeliani ai generali nazisti, "devo ammettere che Begin questi giudizi se li sta tirando addosso".
   Da Gerusalemme gli scrivono, indignati, alcuni amici di sempre. Leonardo Segre fa notare a Levi che in tempo di guerra si devono serrare i ranghi. L'amicizia fra i due si romperà sul terreno della denuncia a Israele. Lo stesso avviene con Nardo De Benedetti. La Repubblica viene rapidamente inondata di adesioni, ma anche di tante lettere di protesta. E' come se l'appello di Primo Levi avesse dato libero sfogo a tensioni e turbamenti identitari profondi. Il 12 giugno 1982 Levi prosegue con una intervista a Giorgio Calcagno della Stampa. E' lì che spiega perché non sta più con Israele. "Ho giudicato il sionismo una forza e una necessità politica. Questa gente non poteva che seguire un verbo che aveva una forma biblica. Oggi la questione si è complicata, perché la Palestina è in un nodo geografico sotto tensioni spaventose, costretta a una difesa costosissima e logorante, che spinge anche ad azioni temerarie o politicamente sbagliate. Il sionismo di allora pensava a un paese contadino. Israele, oggi è diventato un paese militare e industriale". In un'intervista del 27 giugno 1982 rilasciata ad Alberto Stabile di Repubblica, Levi infine denuncia che tra le persecuzioni subite dagli ebrei quarant'anni prima e la tragedia dei palestinesi c'è "qualche analogia". E in un'intervista del 24 settembre 1982, sempre su Repubblica, commenta così la strage di Sabra e Chatila: "Io non ho mai reazioni istintive. Se le ho, le reprimo. All'inizio, ho avuto il dubbio che fosse davvero accaduto. Poi ho compreso che era tutto vero. Allora la strage in quei campi mi ha ricordato da vicino quello che hanno fatto i russi a Varsavia nell'agosto del 1944: stavano fermi sulla Vistola mentre i nazisti sterminavano i partigiani polacchi". E' soltanto uno dei molti accostamenti che Levi compie fra Israele e i totalitarismi. Il 30 settembre 1984 arriva un'intervista sull'Espresso. Titolo emblematico e primoleviano, "Se questo è uno stato". "Credo che stia a noi, ebrei della Diaspora, combattere", dichiara Levi. "Ricordare ai nostri amici israeliani che essere ebrei vuol dire un'altra cosa". L'Espresso gli fa notare che dal 1948 Israele reclama il primato della vita ebraica nel mondo. La risposta di Levi ci fa capire fino a che punto si è consumata la rottura: "No, ci ho meditato a lungo: il baricentro è nella Diaspora, torna a essere nella Diaspora. Io, ebreo diasporico, molto più italiano che ebreo, preferirei che il baricentro dell'ebraismo rimanesse fuori d'Israele".
   C'è chi ricorda, infine, che Levi si sarebbe riconciliato con Israele in quel capolavoro che è la sua ultima opera, "I sommersi e i salvati". Ma anche in questo libro non c'è traccia dello stato ebraico, se non un breve, e molto equivoco, riferimento a Israele come "pretesto per un odio rinnovato". La risposta più dura e autentica alle posizioni antisraeliane di Levi venne da un leader della comunità ebraica torinese, Sion Segre Amar, un "giellista", un militante di Giustizia e Libertà, arrestato nel 1934 mentre tornava in Italia alla frontiera di Ponte Tresa. Con lui c'era un figlio di Giuseppe Levi, Mario, che si salvò buttandosi nel fiume. Sion Segre Amar rimase in carcere un anno, dove divise la cella con Leone Ginzburg. In risposta agli attacchi di Primo Levi e all'appello contro Israele pubblicato da Repubblica, Segre Amar gli scrisse una lettera aperta, dimenticata negli archivi.
    "Caro Primo, non ritengo sia possibile qui, diffondersi sui dettagli della vostra lettera, che merita meditazione, ma vorrebbe anche lunga e approfondita discussione. La maggior parte dei vostri giudizi, nella loro astrattezza e ovvietà, trova certo consenzienti la maggior parte di coloro le cui opinioni sono dettate dalla ragione. Ma certa confusione fra Olp e popolo palestinese, certa allusione a una 'resistenza palestinese' che avrebbe assunto in qualche momento posizioni diverse da quelle che partorirono Monaco, certa asserita e non dimostrata connivenza delle (tutte, dunque?) forze israeliane, certa preoccupazione per un 'nuovo antisemitismo' i cui 'germi' si potrebbero combattere combattendo 'la politica del governo Begin in questo momento tragico per il popolo palestinese', sono solo alcuni degli argomenti che non possono essere passati sotto silenzio (…). Tutti sogneremmo che almeno la nostra storia fosse diversa: che fosse immune da ingiustizie portate ad altri. Il sogno, è quanto di più intimo la nostra mente possiede; per questo matura nel silenzio e fuori della materia. Questo nostro sogno, di pace, a essere espresso, tramutato in parole e segni, rischia di venire tradito. Anche perché qui, nella Galuth, a essere gridato ad alta voce richiede meno coraggio che non là, dove da sempre si soffre".
   Mendel, il protagonista di "Se non ora quando?", attraversa tutta l'Europa combattendo con un gruppo di coraggiosi partigiani ebrei sostenuti dal sogno di arrivare in Italia, e da lì imbarcarsi per l'allora Palestina sotto mandato britannico. Quando però la terra "del latte e del miele" è a portata di mano, Mendel si ferma, dubita, si angoscia, arretra e non segue i compagni nella loro ultima tappa, fino a Tel Aviv, dove imbracceranno le armi per difendersi, di nuovo. Per Primo Levi, l'ebraismo non consisteva in una meta, ma nel viaggio. Ma è una concezione, avrebbe detto un altro ebreo antisionista come George Steiner, "sconfitta dalla Shoah".

(Il Foglio, 7 dicembre 2013)


Il Congresso ebraico mondiale su Mandela: era un costruttore di ponti

ANCONA, 6 dic - "Nelson Mandela è stato uno di quei rari leader stimati non solo dal proprio popolo, ma universalmente, al di là di tutte le divisioni politiche e nazionali", scrive Ronald S. Lauder, presidente del Congresso ebraico mondiale, in un messaggio per la morte di Nelson Mandela. Lauder ricorda del leader africano l'"enorme carisma, la saggezza, le convinzioni democratiche e la straordinaria determinazione": "come costruttore di ponti, non era secondo a nessuno". Per Lauder "Mandela sarà per sempre ricordato come uno dei leader politici più importanti del secolo scorso, non da ultimo perché è riuscito a riunificare le diverse comunità etniche e religiose del suo paese d'origine". E aggiunge "I Sudafricani hanno tutte le ragioni per essere orgogliosi di questo grande figlio loro Paese". Mervyn Smith che è stato responsabile del congresso ebraico africano, ha ricordato come fin da giovane Mandela avesse avuto strette relazioni con gli ebrei in Sud Africa e durante il suo processo tra il 1956 e il 1961 fosse stato difeso da molti avvocati ebrei. Le sue relazioni cordiali e le sue amicizie personali con membri della comunità ebraica continuarono dopo la sua scarcerazione.

(AgenParl, 6 dicembre 2013)


Parata di Chanukiot sulle Automobili

Fotogalleria
MILANO - Martedì 3 dicembre, rosh chodesh Tevèt, verso le 18.00, una quindicina di auto e una settantina di persone, tra cui anche molti bambini, si sono ritrovati per partecipare alla tradizionale Parata di Chanukà.
Dopo aver fissato le chanukiòt sopra i tetti delle auto, il corteo è partito per portare gioia, musica e allegria per le strade principali di Milano. Ma, soprattutto, è stato reso pubblico ancora una volta il miracolo di Chanukà. Molte persone si sono avvicinate per chiedere informazioni, incuriosite e interessate a partecipare ai festeggiamenti. La parata, organizzata dal Beit Chabad di Milano, si è conclusa alle 19.45 davanti al Bet Hatalmùd dove si è pregato Arvit.

(Chabad.Italia, 6 dicembre 2013)


La Ferrara ebraica di metà '800 rivive nel romanzo di Franco Mari

Sono ambientate nel ghetto ebraico di Ferrara a metà '800 le vicende raccontate da Franco Mari nel suo romanzo 'Il marrano' che lunedì 9 dicembre alle 17 sarà presentato nella sala Agnelli della biblioteca Ariostea. Nel corso dell'incontro, aperto a tutti gli interessati, dialogherà con l'autore Riccardo Roversi.
In un'epoca poco conosciuta e meno ancora documentata, all'inizio della seconda guerra di Indipendenza, che porterà nel 1861, attraverso una sanguinosa "geografia", all'Unità d'Italia, si sviluppa in Ferrara una vicenda privata che tocca tangenzialmente temi di dolorosa attualità. Nel 1848, all'interno del ghetto ebraico della città di Ferrara, Ezechiel Vita, un commerciante ebreo, viene fatto ripetutamente oggetto di numerose vessazioni e illecite richieste di denaro da parte del legato pontificio, il conte Filippo Folicaldi. Viene inoltre costretto ad abiurare la propria religione. Le vicende di Ezechiel Vita e degli altri protagonisti del romanzo si congiungono, loro malgrado, con quegli avvenimenti storici del Risorgimento Italiano di cui essi non riescono a comprendere, in quei momenti, la portata e le conseguenze.
Franco Mari è nato a Portomaggiore nel 1956 e vive a Ferrara, dove esercita la professione di medico chirurgo. Nel novembre 2011 ha pubblicato il suo primo romanzo "Il tesoro di San Leo" e nel 2012 "La Gilda" (Este Edition).

(CronacaComune, 6 dicembre 2013)


Onorificenze a quattro mamme, 'super-spie' del Mossad

In prima linea contro armi non convenzionali e terrorismo'

GERUSALEMME, 6 dic - Accompagnate dai loro figli, quattro mamme israeliane hanno partecipato ieri nella residenza del capo dello Stato Shimon Peres a una cerimonia segreta in cui il Mossad, il servizio di spionaggio israeliano, ha reso onore al loro contributo alla difesa del Paese.
''Avete partecipato in prima linea ad azioni volte a sventare la minaccia delle armi non-convenzionali, del terrorismo e di altre minacce ancora che incombono sullo Stato di Israele'' e' stato detto alle super-spie del Mossad che, secondo la stampa, hanno messo a repentaglio la propria vita e rinunciato a incarichi meno avventurosi per il bene del Paese.
Sulle attivita' concrete a cui le quattro agenti scelte del Mossad hanno preso parte Peres e Benyamin Netanyahu hanno steso un velo di discrezione. ''Non so come facciate ad essere al tempo stesso madri di bambini e combattenti del Mossad'' ha esclamato Peres, con ammirazione. E Netanyahu, riferendosi ad una notizia di questi giorni secondo cui l'attrice-modella israeliana Gal Gadot e' stata scelta a Hollywood per interpretare il personaggio dei comics 'Wonderwoman', ha rincarato: ''Quello che Gal fara' nel film, voi lo fate davvero nella realta' ''. Con loro sono stati decorati anche otto agenti maschi del Mossad, che hanno dato un contributo significativo (e non precisato nei dettagli) alla sicurezza d'Israele.

(ANSAmed, 6 dicembre 2013)


I rabbini dance di Tel Aviv

La storia di una particolare e popolare comunità di giovani ebrei ultra-ortodossi.

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Ogni giovedì sera a Tel Aviv e nelle principali città di Israele si tiene una curiosa e non convenzionale forma di preghiera: quella dei nanach, una comunità di giovani ebrei ultra-ortodossi che viaggia a bordo di furgoni colorati, con le casse di un potente stereo montate sul tetto per incontrare altri giovani ebrei laici e incoraggiarli a unirsi al loro movimento. Il canto, il ballo e la musica techno sono i loro strumenti di conversione: sulle note di una vecchia canzone da discoteca ("Dragostea din tei") la voce di uno di loro ripete, come un mantra, la frase: "Na Nach Nachma, Nachman Me'Uman", dal nome del loro fondatore (il rabbino Nachman) e del posto dov'è stato sepolto (Uman, in Ucraina). Ma il repertorio è piuttosto vasto e include, per esempio, anche "Gangnam Style" di Psy (dove il ritornello diventa: "Oppa Nanach style").
I nanach si fermano per le strade ma anche davanti alle sinagoghe, partecipano alle feste private, ai festival di musica elettronica, si trovano anche in altri paesi e nelle grandi capitali: Stati Uniti, Canada, Ucraina, Parigi. I passanti si fermano attorno al furgone, li guardano, ridono, alcuni ballano con loro: «Li adorano tutti», ha detto una ragazza intervistata da Le Monde, «e a differenza di tutti gli altri ultra-ortodossi, che rifiutano la compagnia dei laici, i nanach non hanno paura di venire da noi… ballano anche con le donne!».
I nanach hanno costruito la loro comunità attorno a una specie di marchio, la frase "Na Nach Nachma, Nachman Me'Uman" ripetuta nei poster e negli adesivi, negli opuscoli e nelle spillette, nei CD e nei DVD. Lungo le strade israeliane non è raro vedere le loro scritte o trovare adesivi sui vetri degli autobus. Sono anche molto attivi sui social network, hanno più di un canale su Youtube, riproducono il loro logo sulle lattine di Coca-Cola, sulle magliette, sulle tazze o sulle cover dei telefoni. La loro popolarità è tale che in Israele una celebre serie televisiva, Eretz Nehederet ("Un paese meraviglioso"), ne fa spesso la parodia.
A differenza degli altri ortodossi, i nanach vestono con camicie o magliette bianche, portano jeans neri, quasi tutti hanno la barba, alcuni hanno i tradizionali payot lunghi (boccoli), altri hanno la testa rasata. Il loro stile di vita segue comunque la tradizione ultra-ortodossa: gli uomini non lavorano, si dedicano alla preghiera e allo studio della Torah, mentre la famiglia vive grazie al lavoro delle donne, di alcune organizzazioni di beneficenza o di sussidi governativi. Dicono, in generale, di avere poca familiarità con la cultura secolare: Simcha Hochman, un nanach di Gerusalemme, confessa ad esempio che per lungo tempo ha pensato che la canzone "I am sexy and I know it" di LMFAO fosse in realtà ispirata alla loro "I am Nanach and I know it".

(ilPost, 6 dicembre 2013)


Il fondatore di Nanach, Rabbi Yisrael Dov Ber-Odesser (1888-1994), detto anche anche Reb Odesser o Sabba, è il Nr. 4 di una serie di "Messia" presentati in Notizie su Israele 498.


Euroleague Basket - Il Maccabi Tel Aviv soffre ma batte in rimonta il Lokomotiv Kuban

Il Maccabi Elektra Tel Aviv batte, non senza patemi, i russi del Lokomotiv Kuban e li aggancia in testa al Girone D.
Dopo un primo tempo di grande equilibrio in cui le due squadre rimangono distanziate di un punto a vicenda, sono gli israeliani a piazzare l'allungo con Pnini, Ohayon e Blu fino a al 63-53 a 10' dalla fine.
Finita qui? Neanche per idea. Gli ospiti reagiscono e trovano prima la parità con Kalnietis e l'ex milanese Hendrix, poi sorpassano fino a toccare il +6 grazie a Simon. Blu sveglia tutti con una tripla che da nuova linfa ai suoi. Pnini pareggia e Schortsanitis firma il canestro del definitivo 75-73 ad un minuto dalla fine.
La mano dei russi trema per ben tre volte in lunetta ed il Maccabi non può che ringraziare e portare a casa un sudato successo.
Maccabi Electra Tel Aviv - Lokomotiv Kuban 75-73 (18-17; 39-40; 63-53).

(Basketnet.it, 6 dicembre 2013)


Blitz dei corpi speciali israeliani, in sei secondi bloccano rapitore

Entrano in azione per salvare una bambina in ostaggio

L'emergenza è scattata in una casa di Ashekelon, in Israele: un uomo di 30 anni con disturbi mentali ha preso in ostaggio la sua nipotina di quattro anni, barricandosi in casa con la piccola. La polizia ha tentato prima di mettersi in contatto con l'uomo, ma senza risultati. A quel punto sono entrati in azione le teste di cuoio che hanno fatto irruzione nell'appartamento al settimo piano di un palazzo calandosi dall'alto. Nel giro di sei secondi era già tutto finito. L'uomo è stato catturato e la bimba liberata senza spargimento di sangue.
Video

(CorriereTV, 6 dicembre 2013)


Quando il tifo diventa aberrante. Insultato il dramma di Anna Frank

Negli ultimi giorni per le strade della Capitale sono comparsi alcuni adesivi che ritraggono la ragazzina ebrea, morta in un campo di concentramento nazista, con la maglia della Roma. E' l'ennesimo indegno episodio di antisemitismo che ormai da anni contraddistingue il tifo romano.

di Matteo Monti

 
L'adesivo di Anna Frank con la maglia della Roma
ROMA - Ennesimo episodio antisemita nel cuore della capitale. Non stupisce che, ancora una volta, il pretesto sia quello calcistico. Negli ultimi giorni, affissi su molti semafori e muri di Roma, sono comparsi alcuni adesivi che ritraggono Anna Frank con la maglia della Roma. L'ulteriore conferma di come i confini tra sport e razzismo si siano fatti sempre più labili, e pericolosi.
Sui muri, sui semafori e sulla segnaletica stradale di molte zone della capitale, alcuni adesivi che ritraggono la ragazzina ebrea, che morì in un campo di sterminio nazista, con la maglietta della Roma. La zona maggiormente colpita è quella di Rione Monti, una delle più centrali della capitale, dove gli adesivi campeggiano tutt'oggi, fortunatamente in numero più esiguo rispetto a quello riscontrabile ad inizio settimana. Lo sdegno si è poi trasformato nella pronta rimozione degli stessi: "Non riusciamo a capire il perché di questo tipo di azioni - hanno dichiarato alcuni commercianti di via Leonina-. Il rione viene riempito quasi quotidianamente di scritte e adesivi, ma mai si era arrivato a tanto. Passanti e turisti restavano impietriti davanti i segnali stradali: le persone sono rimaste impressionate da quel tipo di immagine". Pronta anche la reazione da parte della Comunità ebraica.

- Un passato fatto di "stelle" e di insulti
  Era lo scorso 26 maggio, data della finale di Coppa Italia vinta dalla Lazio sui giallorossi grazie alla rete di Lulic. Quelli che credevano potesse essere l'occasione affinché lo sfottò si limitasse alla supremazia di campo, hanno dovuto fare i conti con messaggi ad alto contenuto offensivo e razzista. Striscioni in curva ("La storia è sempre quella, sul petto vuoi la stella"), accompagnati da scritte sui muri dei quartieri popolari della città: "Romanista ebreo", "Ecco la tua stella". La reazione era avvenuta ad un mese di distanza, in occasione della ricorrenza dell'86esimo compleanno della società giallorossa quando alcuni tifosi della Roma avevano lasciato sui muri di Testaccio scritte come "Anna Frank tifa Lazio" e "Laziale sionista". Molti, purtroppo, i precedenti: 29 aprile 2001, durante il derby Roma-Lazio venne esposto uno striscione indirizzato ai tifosi giallorossi con su scritto "Squadra di negri, curva di ebrei". Il 29 gennaio 2006, in occasione della gara tra Roma e Livorno, nella settimana di commemorazione della tragedia della Shoah, dalla Curva Sud venne issato uno striscione che provocò le reazioni dell'allora presidente Franco Sensi e delle istituzioni tutte: "Lazio-Livorno: stessa iniziale, stesso forno". Poi i cori del derby del 16 ottobre 2011, anniversario della deportazione di oltre mille ebrei romani, quando, dalla Curva biancoceleste, si udì inveire contro gli avversari romanisti gli slogan "Giallorosso ebreo" e "As Roma Juden Club". Ancora. Derby del 29 Novembre 1998, dalla Curva nord, un altro striscione: "Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case". Una lista infinita di offese ad un passato su cui dovrebbe vigere l'imperativo del rispetto e del continuo ricordo, a cui si va ad aggiungere il nuovo episodio a cui hanno assistito sgomenti i cittadini romani.

(la Repubblica, 5 dicembre 2013)


Il "riformista" iraniano Rouhani ha di nuovo preso in giro l'Occidente
   
di Christopher Booker

Una delle più pericolose favole del nostro tempo, popolare tra politici e giornalisti, è che il nuovo presidente dell'Iran, Hassan Rouhani, sia in qualche modo un "riformista moderato" con il quale si possano fare affari, come l'accordo della scorsa settimana con il quale l'Iran avrebbe accettato di non continuare a sviluppare armi nucleari in cambio di una riduzione delle sanzioni delle Nazioni Unite che stanno danneggiando la sua economia.
Ciò che è sfuggito ai più è che il regime di Rouhani sta imponendo il più crudele regno del terrore di tutti i tempi al suo infelice popolo. Quasi 400 impiccagioni dalla sua elezione; ragazzi a cui vengono cavati gli occhi pubblicamente; le Guardie Rivoluzionarie di Tehran che diffondono il terrore in tutto il Medio Oriente giocano un ruolo cruciale nell'aiutare il presidente siriano Assad a fare la guerra al suo popolo. E il tanto vantato accordo sul nucleare non vale di più della carta su cui fu scritto un accordo simile nel 2004, quando Rouhani era il capo dei negoziatori dell'Iran che in seguito si vantò di aver preso in giro l'Occidente mentre in realtà l'Iran stava segretamente lavorando alla bomba atomica. Come burattino del vero "Leader Supremo" dell'Iran, l'Ayatollah Khamenei, Rouhani potrà gioire di avere ancora una volta ingannato l'Occidente. Ma la parziale rimozione delle sanzioni ha fatto guadagnare a Tehran ben poco tempo per sostenere una vacillante dittatura che Rouhani non ha più intenzioni di "riformare" di quante non ne avesse qualunque suo predecessore.

(Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 5 dicembre 2013)


Da Israele una proposta di legge anti pirateria

Un gruppo di legislatori israeliani sta lavorando a un progetto normativo che affrancherebbe i consumatori di musica illegale e di altri contenuti piratati (film, giochi, e-book, ecc.) da ogni responsabilità civile e penale spostando il bersaglio sugli uploader di massa. Ne dà notizia, sulla base di quanto pubblicato di recente dalla stampa locale, il sito statunitense Digital Music News, aggiungendo che la bozza prevede anche l'introduzione di una nuova tassa - già in vigore in molti altri Paesi, Italia inclusa - a carico di produttori, distributori e importatori di apparecchiature e supporti di registrazione utilizzabili per la copia e la duplicazione di musica registrata. Il denaro raccolto in questo modo andrebbe ad alimentare un fondo destinato a remunerare artisti, musicisti e produttori.
"In base al progetto di legge proposto", scrive il fondatore ed editore di Digital Music News Paul Resnikoff, "praticamente qualunque cosa verrebbe giudicata legittima, dal procurarsi intere discografie sui siti torrent al masterizzare cd e scambiarsi hard drive". Il promotore del progetto è il parlamentare Meir Shitreet, e secondo quanto scrive la stampa israeliana la sua iniziativa è appoggiata da altri membri del Knesset e coordinata con l'organizzazione locale di gestione dei diritti musicali AKUM.

(rockol.it, 5 dicembre 2013)


King Holidays: anteprima sulla programmazione 2014 dedicata a Israele

Investimenti sui city break, potenziamento dei circuiti e sviluppo di proposte a tema. Sono i progetti che King Holidays ha svelato in anteprima sulla programmazione 2014 dedicata a Israele.
Tra le novità, un pacchetto organizzato in occasione della messa in scena della Traviata di Verdi alle pendici del Masada, in programma dal 12 al 17 giugno.
Novità anche per chi ama viaggiare in libertà. Dal 2014 il circuito in self drive Shalom Israel offrirà al cliente la possibilità di scegliere la tipologia di sistemazione: alberghi tradizionali, romantici boutique hotel o kibbutz, per vivere un'esperienza autentica, in sintonia con le tradizioni locali.
Particolare attenzione è stata prestata anche ai city break: soggiorni di 4/5 giorni a Tel Aviv e Gerusalemme con volo da Roma e da Milano, proposti a con formula King Light, che prevede partenze a date fisse e disponibilità garantita. Riconfermatoil tour di gruppo 'La Terra Promessa' di 8 giorni con partenze a date fisse, ideale per una prima visita della destinazione.
"A seguito dei buoni risultati ottenuti - commenta Giancarlo Brunamonti, outgoing division manager King Holidays - per il 2014 abbiamo potenziato l'offerta di viaggi in Israele, investendo in modo trasversale su tutte le tipologie di prodotto: dal tour di gruppo al city break, dal circuito individuale al soggiorno balneare. Il risultato è un mix di proposte, alcune classiche altre più innovative, pensate per valorizzare tutti gli 'highlights' che la destinazione è in grado di offrire".

(Travelnostop, 5 dicembre 2013)


Tel Aviv: accesa la più grande Menorah della storia

Uno dei più grandi simboli della religione ebraica è stato riprodotto su larga scala grazie alle piattaforme meccaniche della società elettrica israeliana, alte 28 metri e illuminate a festa. L'iniziativa per celebrare la festa di Hannukah.
Video

(la Repubblica, 5 dicembre 2013)


Voli low cost per Israele

Aerei ? Come ormai la maggior parte delle compagnie aeree nazionali europee, l'israeliana El Al avrà presto una filiale low cost. Up, questo il nome, sarà lanciato a marzo e offrirà voli verso diverse destinazioni in Europa. Ma nell'immediato futuro l'Italia non è nel programma.

La compagnia aerea israeliana El Al lancerà la sua filiale low cost il 30 marzo 2014. Up offrirà biglietti aerei low cost per Israele da cinque destinazioni europee, le prime saranno: Berlino, Praga, Budapest, Larnaca e Kiev. Con sede a Tel Aviv Ben Gurion, come la sua società madre, Up propone un modello puramente low-cost, con tariffe base (per il lancio sono previsti 69 dollari per un biglietto di sola andata) e numerose opzioni a pagamento per i bagagli, pasto in volo ... ma anche biglietti chiamati "smart" con i quali sono inclusi i servizi di base.
Con questa filiale low cost, El Al risponde all'apertura dei cieli israeliani che ha permesso a compagnie aeree europee come Easyjet di offrire voli per Tel Aviv a prezzi competitivi e di aumentare il numero delle destinazioni europee da Israele. Anche Ryanair esaminerà la possibilità di atterrare sul suolo israeliano a partire dall'estate 2014. Per cominciare, Up dispone di cinque Boeing 737-800 per effettuare 55 rotazioni a settimana verso le sue cinque destinazioni europee.

(Easy Viaggio, 5 dicembre 2013)


Fotogalleria
La Shoah disegnata da una dodicenne

Helga Weissovà è sopravvissuta allOlocausto. Nata a Praga nel 1929, lo stesso anno di Anne Franck, alletà di 12 anni fu deportata ad Auschwitz e Mauthausen. Fu durante questo periodo che cominciò a disegnare quello che vedevano i suoi occhi di bambina. Alla fine della guerra, riuscì a tornare a Praga con la madre e ad avere, negli anni, una brillante carriera artistica. Ma solo oggi, a 84 anni, ha deciso di pubblicare i suoi disegni di quegli anni atroci.

(Rai Storia, 5 dicembre 2013)


Ministro israeliano in Turchia per una conferenza sull’ambiente

E' la prima visita di un membro del governo dai fatti della Navi Marmara

ISTANBUL, 5 dic. - Il ministro dell'Ambiente israeliano, Amir Peretz, partecipa questa mattina ad Istanbul a una conferenza per la protezione del Mediterraneo, prima visita in Turchia di un membro del governo israeliano dopo la vicenda della Navi Marmara del 2010.
Arrivato ieri sera nella più grande città turca, Peretz si è unito questa mattina ai rappresentanti degli altri venti paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, firmatari della COnvenzione di Barcellona sulla protezione dell'ambiente marino, riuniti per questa 18esima sessione sotto la presidentza del ministro turco dell'Ambiente, Erdogan Bayraktar.
Stretti alleati per un lungo periodo, Turchia e Israele sono stati protagonisti di un serrato confronto nel 2010 a causa di una missione di aiuti umanitari diretti nella Striscia di Gaza dalla Turchia a bordo della Navi Marmara. La reazione militare di Israele per impedire alla nave di raggiungere la sua meta costò la vita a 9 cittadini turchi. Israele ha presentato le sue scuse formali nel maggio scorso, ma la normalizzazione dei rapporti diplomatici fra i due paesi è ancora in itinere.

(TMNews, 5 dicembre 2013)


Le magiche sorprese di Gerusalemme, il fascino non viene solo dal passato

Scavano, rovistano, gli archeologi di Gerusalemme. Non di rado trovano, e sono oggetti di grande interesse.

di Stefano Ardito

Chiodi romani, monete ellenistiche, punte di freccia babilonesi, tessere di mosaici bizantini. Soprattutto, dal punto di vista israeliano, sigilli del primo Tempio, quello di re Salomone. E monete da mezzo shekel, che gli Ebrei di duemila anni fa offrivano quando visitavano il secondo Tempio. Siamo sulla piana di Emek Tzurim, ai piedi del Monte degli Ulivi, in vista delle mura della Città Vecchia. I giovani archeologi al lavoro, protetti da un tendone, setacciano da più di otto anni una montagna di detriti (400 camion, quasi diecimila tonnellate) estratte a partire dal 1999 dal Wakf, l'amministrazione religiosa islamica, dalle viscere del Monte del Tempio, su cui troneggia da tredici secoli e più la Moschea di Al Aqsa.
Terminati gli scavi, i detriti e il loro contenuto sono stati abbandonati dal Wakf, e poi recuperati dall'Autorità Archeologica dello Stato ebraico. Come tutto in Israele, anche questo lavoro ha una valenza politica. Nelle intenzioni dei promotori vuol dimostrare il predominio degli Ebrei sul Monte del Tempio. Ma il tendone è aperto al pubblico, e osservare gli archeologi al lavoro, comunque la si pensi, è un'esperienza affascinante.

IL LUOGO COMUNE
Vuole un luogo comune che nell'antica Gerusalemme non ci sia nulla di nuovo da vedere. Ci si viene a pregare, a seconda della propria fede, nella Basilica del Santo Sepolcro o davanti al Muro del Pianto. A soffrire lungo la Via Dolorosa, che segue le stazioni del Calvario. A piangere nello Yad Vashem, il memoriale dell'Olocausto. Si viene a Gerusalemme per emozionarsi di bellezza al tramonto, davanti alla Porta di Giaffa e alle mura. Oppure all'alba, guardando la città dal Monte degli Ulivi. Ci si viene a fare shopping, nelle botteghe di souvenir dei quartieri arabo e armeno. O in quelle, più care, che si allineano lungo il Cardo romano restaurato. Invece Gerusalemme, come altre mete che possono sembrare scontate, è anche una città di sorprese.
Chi preferisce l'architettura di oggi, può raggiungere l'altro capo della città, tra la stazione dei bus e il Mount Herzl. E scoprire il gigantesco (116 metri di altezza) ponte progettato dall'architetto spagnolo Santiago Calatrava, inaugurato nel 2008, ma completato tre anni dopo con l'apertura della linea di tram che lo scavalca. Per il suo ponte l'archistar di Valencia si è ispirato all'arpa di re Davide.

I MUSEI
All'interno dell'Israel Museum, grande raccolta di archeologia e di arte, è stata prorogata fino al 4 gennaio la straordinaria mostra su Erode il Grande, che fu re degli Ebrei tra il 37 e il 34 avanti Cristo. Accanto a numerosi reperti provenienti da Gerico, sono statue, colonne, mosaici e affreschi provenienti dall'Herodium, il palazzo del re, che sorgeva su un'altura artificiale a una dozzina di chilometri da Gerusalemme. C'è anche il sarcofago del sovrano, scoperto solo nel 2010 dopo quasi quarant'anni di scavi. Un altro museo archeologico, il Bible Lands Museum (Museo delle Terre della Bibbia) ha come tema centrale il confronto tra i popoli e le fedi del Mediterraneo antico. Al suo interno, è aperta fino a febbraio la mostra Book of the Books, (il Libro dei Libri), dedicata alle Sacre Scritture ebraiche e cristiane.

VADEMECUM
Notizie in italiano su Israele, e naturalmente su Gerusalemme, si trovano sul sito www.goisrael.it. Il telefono dell'Ufficio del Turismo di Israele in Italia è 02.804905. Il principale ufficio turistico della città (00972.02.6271422, www.tourism.gov.il) è presso la Porta di Giaffa. Il sito dell'Israel Museum è www.imj.org.il, quello del Bible Lands Museum www.blmj.org. Tra le novità più interessanti di quest'anno sono i voli Roma Fiumicino-Tel Aviv operati il martedì e il sabato da EasyJet. I biglietti, con tariffe a partire da €43.80 a tratta, tasse incluse, si possono acquistare sul sito www.easyjet.com, sulla easyJet mobile app e sui canali GDS.

(Il Messaggero, 5 dicembre 2013)


Channuka, gli ebrei di Sicilia in festa: "Torniamo comunità"

di Veronica Femminino

  
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Luci per rischiarare le tenebre e riscoprire un'identità culturale e spirituale che proprio in Sicilia ha importanti radici. Dopo oltre 500 anni, la comunità ebraica della nostra Isola, che nel XV secolo contava 100 mila esponenti, ha potuto celebrare a Palermo Channuka, la festa delle luci in un luogo simbolo di persecuzione, le Carceri dell'Inquisizione allo Steri. Proprio lì, dopo l'editto del 1492 che li cacciò da tutti i territori dominati dagli spagnoli, vennero rinchiusi migliaia di ebrei che rifiutarono l'esilio o la conversione.
"E' un momento molto importante per gli ebrei - dice Roque Pugliese, referente della comunità ebraica per la Calabria - . Ma questa è anche una festa laica, le luci simboleggiano la libertà dell'uomo di essere quello che desidera. Dio ci ha creati diversi e liberi di esprimere la nostra diversità, anche di culto".
Una festa che è divenuta occasione di incontro per gli ebrei di Sicilia che hanno resistito alla tentazione di oblio dettata dalla storia e che oggi vogliono essere protagonisti di una fase di ricostruzione, caratterizzata dal confronto con le comunità ebraiche straniere, e dal pieno riconoscimento della libertà di culto a partire dai luoghi di preghiera. In Sicilia ad esempio, non esiste una vera e propria sinagoga.
"Siamo pochi, circa 40 mila in tutta Italia - spiega Alessandro Yoron Scuderi dell'Istituto internazionale di Cultura Ebraica che ha sede a Catania - e stiamo cercando tenacemente di ridiventare comunità nel senso vero del termine. Uno dei nostri obiettivi prioritari è la costruzione di un grande Tempio in Sicilia. Non esiste una sinagoga a Palermo né a Catania, ma solo una stanza adibita a tempio".
La comunità ebraica di Sicilia ha firmato un protocollo con l'Università Kore di Enna, che si apprestano a firmare anche l'Ateneo catanese e quello palermitano, che dà il via ad una serie di accordi con Israele per iniziative di gemellaggio culturale, turistico, economico.

(BlogSicilia, 5 dicembre 2013)


La verità sulla crisi energetica nella Striscia di Gaza

L'antefatto: Amnesy International (l'omissione di una consonante non è da giudicarsi necessariamente un refuso) ha sempre avuto un atteggiamento parziale e tutt'altro che obiettivo nei confronti di Israele. Priva di equilibrio, sforna rapporti in cui immancabilmente colloca sul banco degli imputati lo stato ebraico, sebbene Gerusalemme non evidenzi alcuna responsabilità.
Da tempo Hamas a Gaza importa il combustibile egiziano per far girare le proprie centrali elettriche. Poiché il regime di Mubarak sussidiava massicciamente le fonti di energia per smorzare le tensioni sociali, è sempre convenuto all'enclave palestinese approvvigionarsi dal vicino Egitto; specie quando al Cairo sono saliti al potere i Fratelli Musulmani, di cui Hamas è una specie di succursale....

(Il Borghesino, 5 dicembre 2013)


Studenti israeliani ospiti dei ragazzi di un Istituto Tecnico di Busto Arsizio

BUSTO ARSIZIO - Settimana di scambio per alcune famiglie degli alunni di viale Stelvio che ospitano i ragazzi conosciuti la scorsa primavera durante il congresso internazionale dei giovani leader
Sono pronti ormai al rientro gli studenti israeliani ospiti dei ragazzi dell'Ite Tosi di Busto dallo scorso 28 novembre.
Da quando negli anni Novanta l'ITE Tosi ha avviato i primi scambi con scuole europee, molte sono state le relazioni costruite con scuole di tutto il mondo e ora sono ben 60 gli istituti con cui l'istituto intrattiene rapporti intensi e costruttivi. Tra queste la Hakfar Hayarok School di Israele.
Lo scorso marzo un gruppo di alunni dell'ITE ha partecipato al congresso internazionale per giovani leader che si è tenuto proprio alla Hakfar Hayarok School di Israele. La condivisione di un progetto nuovo che ha messo in gioco le capacità relazionali e di integrazione dei ragazzi è stata un'esperienza così coinvolgente che è continuata oltre l'evento. I contatti, vivaci e spontanei su facebook, sono diventati legami anche istituzionali e hanno dato vita allo scambio iniziato lo scorso 28 novembre e che si concluderà domani, giovedì 5 dicembre
I giovani di Israele stanno condividendo le attività scolastiche e la vita in famiglia; sono stati guidati in Busto dai loro compagni e accolti dal Sindaco; hanno visitato Como, Venezia e Milano.
A marzo voleranno in Israele gli alunni del Tosi per continuare la reciproca conoscenza di usi, tradizioni e cultura diversi e nel contempo capaci di integrazione e rispetto.
"Internazionalizzazione, infatti, è soprattutto intercultura - commenta la preside - : la condivisione ed il confronto con giovani di altri paesi sono sempre un arricchimento vicendevole; la loro curiosità, la loro allegria, il loro desiderio di reciproca conoscenza sono un laboratorio per una società nuova, multiculturale e pacifica che va coltivato e protetto. La scuola può e deve essere anche questo".
Hakfar Hayarok School

(VareseNews, 4 dicembre 2013)


Nella sinagoga di Rodi, tempio e monito

E' la più antica del Paese, memoria della comunità annientata dall’Olocausto

di Patrizio Nissirio

L'interno della sinagoga Kahal Shalom
RODI, 4 dic - E' lì dal 1577, quando fu edificata da ebrei sefarditi cacciati dalla Spagna e finiti nel Dodecaneso, e ha servito quella comunità per cinquecento anni, fino a quando la persecuzione nazifascista ha cancellato quell'antica presenza - e quella degli ebrei nella vicina isola di Kos - nell'orrore dell'Olocausto. Dei 1673 cittadini italiani di religione ebraica - l'isola era sotto il dominio italiano dal 1912 - deportati nei lager, solo 151 sopravvissero, e quasi tutti se ne andarono. La sinagoga Kahal Shalom è la più antica di tutta la Grecia.
Oggi è quasi sempre chiusa, e viene aperta per la preghiera del venerdì sera solo quando ex residenti o familiari visitano l'isola, o per le festività o occasioni speciali. Visitarla è un'esperienza intensa e rara.
Gli ebrei di Rodi, grandi commercianti, artisti, musicisti, parlavano il ladino e dal loro quartiere della città vecchia, chiamato La Juderia, avevano rapporti con tutto il Mediterraneo orientale e con le grandi comunità ebraiche di Salonicco, Istanbul e Smirne. Fino alle leggi razziali varate dal fascismo nel 1938, i cittadini italiani di religione ebraica dell'isola vivevano una vita tranquilla e attiva: come ricorda il sito Mosaico-cem.it, il governatore italiano Mario Lago (1922-1936) fu tra i più convinti promotori e sostenitori della creazione di quel Collegio rabbinico di Rodi che, inaugurato nel 1928, ospitò alcune tra le figure più illustri dell'ebraismo italiano dell'epoca, da Riccardo Pacifici (che diresse il Collegio dal 1932 fino alla chiusura nel 1938) a David Prato - assertore anch'esso fra gli altri, della "grandezza" italiana (ed ebraica) nel Mediterraneo. Quando nel 1929 il re Vittorio Emauele III si recò in visita a Rodi, a proposito del Collegio rabbinico disse: "Sono lieto di vedere quest'importante centro di cultura ebraica in terra italiana". Tutto cambiò nel 1938, appunto, aprendo la porta all'Olocausto, quando i tedeschi nel 1943-44 presero il controllo del Dodecaneso.
Kahal Shalom - un tempo c'erano cinque templi ebraici nella zona - è costruita in stile sefardita che predeve la Tevah (altare col tavolo di lettura della preghiera) rivolto a sudest verso Gerusalemme. Un tempo c'era anche una ricca biblioteca che fu distrutta dai nazisti.
Oggi, la piccola comunità ebraica di Rodi è formata quasi esclusivamente da ebrei venuti dal resto della Grecia - la presidente, signora Cohen, è originaria di Volos - e ha come missione mantenere viva la memoria e il ricordo dei Rhodesli (questo il nome degli ebrei di Rodi). Grazie anche a un piccolo museo che racconta con documenti, abiti e foto, la lunga e tragicamente spezzata storia della comunità. Una targa in francese nel cortile ricorda i nomi delle famiglie assassinate nei lager, così com'è incessante l'opera di conservazione della memoria dell'italiano Sami Modiano, nato a Rodi nel 1930, superstite dell'Olocausto che è spesso nell'isola per partecipare a programmi per le scuole. Per il visitatore, un viaggio nella memoria straordinario che, proseguendo di pochi passi, lo porta nella Piazza dei martiri ebrei, dove un monumento ricorda quel che è stato.

(ANSAmed, 4 dicembre 2013)


Prato: gli ebrei italiani partecipano oggi alla giornata di lutto

ROMA, 4 dic -Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato: "Il rogo di Prato ha posto sotto gli occhi di tutti la realtà delle condizioni disumane e terribilmente umilianti nelle quali è costretta a vivere una parte dei cittadini cinesi che lavorano in Italia. Non è esagerato parlare di una vera e propria segregazione forzata e riduzione in schiavitù dal momento che le povere vittime non hanno avuto la possibilità di mettersi in salvo e sono bruciate vive trovandosi in locali con porte e finestre sbarrate. A nome di tutti gli ebrei italiani annuncio la partecipazione all'odierna giornata di lutto ed esprimo ai familiari delle vittime e a tutta la comunità cinese la più sentita vicinanza e partecipazione al dolore. Rispetto a questo episodio da parte del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sono state usate espressioni di solidarietà che sentiamo di condividere totalmente; vorremmo tuttavia richiamare la sua attenzione sull'inopportunità di qualsiasi accostamento con la realtà dei campi di sterminio nazisti, non solo perché obiettivamente diversa ma anche perché il frequente utilizzo di Auschwitz come puro termine di paragone produce un effetto di assuefazione e di banalizzazione che siamo costantemente impegnati a contrastare".

(AgenParl, 4 dicembre 2013)


A novantotto anni riceve la medaglia di 'Giusto fra le Nazioni'

FIRENZE, 4 dic. - Si svolgera' domani, giovedi' 5 dicembre, alle ore 11, nella sinagoga di Firenze, la cerimonia per la consegna della medaglia e dell'attestato di "Giusto fra le Nazioni" a Vittoria Valacchi, 98 anni, e alla memoria di sua zia, Elena Cecchini. Durante gli anni della seconda guerra mondiale zia e nipote salvarono la vita alla famiglia ebraica dei Salamon, che fu 'nascosta' nella villa di Samprugnano, tra
 
La presidente della Comunità Ebraica di Firenze, Sara Cividalli
Rignano e Pontassieve (Firenze). La cerimonia, straordinaria perche' il riconoscimento viene dato ad una persona in vita, e' organizzata dalla Comunita' ebraica di Firenze e dall'Ambasciata d'Israele a Roma.
Il progranna prevede i saluti della presidente della Comunità Ebraica, Sara Cividalli, e dei rappresentanti delle autorità civili e religiose. E' previsto l'intervento di Sara Gilad, prima assistente agli affari pubblici e politici dell'Ambasciata di Israele . Quindi tocchera' alle testimonianza dei salvati (famiglia di Elio e Clara Salmon) e dei salvatori (famiglia Valacchi). Dopo la consegna delle onorificenze dei "Giusti fra le Nazioni", si terranno alcune letture a cura della Compagnia Teatri d'Imbarco tratte dall"'Armadio di famiglia" di Nicola Zavagli con Beatrice Visibelli e Giovanni Esposito.
L'Istituito per la Memoria dei Martiri e degli Eroi dell'Olocausto Yad Vashem è stato istituito dal Parlamento Israeliano nel 1953 al fine di commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori. I compiti principali di Yad Vashem sono la commemorazione e la documentazione tramandando la memoria dell'Olocausto alle future generazioni affinché il mondo non ne dimentichi l'orrore e la crudeltà degli eventi dell'Olocausto, la ricerca e l'educazione.

(Adnkronos, 4 dicembre 2013)


Hezbollah: Israele è responsabile dell'uccisione di Lakkis

Hezbollah ha puntato il dito contro Israele per l'uccisione del suo dirigente Hassan al-Lakkis, avvenuta nella notte di fronte alla sua abitazione a Hadath, sud di Beirut. "Il nemico israeliano aveva gia' provato a uccidere Lakkis molte volte - si legge in un comunicato del movimento sciita libanese - ma i suoi tentativi erano falliti fino all'orrendo assassinio di questa notte". "Questo nemico - si legge ancora - dovrebbe essere considerato responsabile e dovrebbe farsi carico di tutte le conseguenze di questo crimine odioso".

(Aki, 4 dicembre 2013)
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Gruppo sunnita rivendica l'uccisione di Lakkis

BEIRUT, 4 dic. - Un gruppo sunnita il cui nome era finora sconosciuto, le Brigate Ahrar al-Sunna-Baalbek, ha rivendicato l'uccisione del comandante di Hezbollah, Hassan al-Lakkis, avvenuta la scorsa notte a Hadath, sobborgo meridionale di Beirut. La rivendicazione e' arrivata con un messaggio postato su Twitter, rilanciato dall'agenzia ufficiale libanese. In un primo momento, Hezbollah aveva puntato il dito contro Israele per l'omicidio.
Lo Stato ebraico, tuttavia, ha subito negato ogni responsabilita'. "Israele non ha nulla a che fare con quanto e' accaduto", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, citato dai siti del paese. Per Palmor, "le accuse automatiche (a Israele, ndr) sono un riflesso innato di Hezbollah", che "non ha bisogno di prove o fatti e imputa qualsiasi cosa a Israele".

(Adnkronos/Aki, 4 dicembre 2013)


Israele, l'Iran e l'amico americano

di Daniele Raineri

Avigdor Lieberman
ROMA - Domenica il New York Times ha dedicato un ritratto al ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, per due motivi. Il primo è che è appena tornato al suo incarico dopo essere stato undici mesi fuori dai giochi per un'accusa di corruzione da cui è stato assolto. Il secondo è che Lieberman adesso è "irriconoscibile rispetto a prima", quando era considerato il più duro e aggressivo tra i membri del governo, con una tendenza all'eccesso e a uscire dai limiti consentiti della diplomazia (si ricordano i litigi pubblici con Hillary Clinton, quando lei era segretario di stato). "Quello stile abrasivo ora è assente - nota il New York Times (che scrive di avere chiesto inutilmente un'intervista al ministro). "Non ho letto l'articolo", dice Lieberman al Foglio. "Penso che in passato ci siano stati molti misunderstanding e un sacco di pregiudizi sulla mia persona. Tento di parlare in modo diretto e senza essere politically correct, di non ingannare nessuno, di non essere ambiguo o furbetto. Il New York Times è stato buono?".
   Lieberman è tornato al ministero nel mezzo di una crisi di fiducia tra Israele e Washington, provocata dall'accordo di Ginevra sul nucleare iraniano. Il primo giorno del suo reinsediamento a Gerusalemme è andato a incontrare l'ambasciatore americano e dopo Roma andrà a Washington, per parlare con il segretario di stato John Kerry. "La mia posizione sulle relazioni con la comunità internazionale e con gli Stati Uniti è molto chiara. Penso davvero che il nostro principale partner strategico oggi e per il futuro siano gli Stati Uniti, e che sia impossibile rimpiazzarli con qualcun altro, ma che non sia nemmeno possibile chiedere loro aiuto tutti i giorni. Il nostro errore con l'America è che ogni giorno abbiamo una nuova richiesta, una nuova domanda. Un giorno è l'Iran, un altro giorno è la questione palestinese, il terzo giorno è la Corte internazionale di giustizia, un altro ancora è il loro veto in Consiglio di sicurezza, poi le nostre relazioni con l'Unione europea eccetera eccetera. Penso che sia cruciale per noi non chiedere soltanto, ma anche portare qualcosa al tavolo, al tavolo comune con gli americani. Non dobbiamo più essere quelli che si lamentano soltanto. Dobbiamo imboccare nuove direzioni in politica estera per dimostrare agli americani che non siamo soltanto quelli che chiedono, ma che siamo un partner".
   Kerry dice che il pre-accordo di Ginevra con l'Iran rende anche Israele più sicuro di prima. "Non siamo d'accordo, ma non è necessario discutere di questo disaccordo in pubblico. Penso che ogni paese abbia diritto alla sua opinione e a un suo approccio, ma il nostro in questo caso è completamente differente. Noi abbiamo appoggiato l'intesa sulla Siria perché è stata davvero diversa. Tanto per capire cosa intendo, facciamo il confronto tra il patto iraniano e il patto siriano: in Siria il punto principale e più importante dell'accordo è stato lo smantellamento dei depositi di armi chimiche assieme alla completa distruzione dei mezzi per la produzione di armi chimiche, e il secondo punto è stato un agreement con il regime siriano su tutto il materiale chimico, che ora è destinato a essere portato fuori dalla Siria e a essere distrutto. E invece cosa abbiamo in Iran? Loro si tengono la tecnologia nucleare, le centrifughe continuano a funzionare, almeno 9.400, e tutto il materiale nucleare, tutto quell'uranio arricchito resta in Iran. C'è davvero una differenza enorme tra i due accordi in Siria e in Iran. Eravamo a favore completo del primo e siamo contro quello con gli iraniani".
   Contro Teheran c'è la minaccia delle sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale. "Le sanzioni economiche sono collassate completamente. Tutti stanno correndo verso l'Iran, europei, giapponesi, indiani, cercano di arrivare tutti per primi, pensano al loro utile e a comprare greggio e gas a prezzo più basso che sul mercato internazionale. Contano sul beneficio economico a breve termine e sono pronti a sacrificare i problemi a lungo termine. Pensano alle loro primarie, alle loro elezioni, all'opinione pubblica". Che cosa pensa della posizione dell'Italia con il governo di Teheran? "Penso che tutta l'Unione europea, quindi anche l'Italia, sia troppo morbida con l'Iran e penso che stiano fraintendendo le conseguenze di questo accordo. Non si tratta di noi, perché siamo un paese forte in grado di difenderci e di affrontare le minacce iraniane; quello che abbiamo è l'inizio di una corsa pazza all'armamento nucleare per Egitto, Arabia Saudita, Turchia e pure altri paesi, ma soprattutto questi tre.
   C'è anche un altro punto che non capiamo e non possiamo accettare: prima della firma di questo accordo c'è stato un discorso trasmesso in tv della Guida suprema Khamenei, ha parlato degli ebrei come di 'porci' e 'cani' e di Israele 'che scomparirà'. Non abbiamo visto nessuna protesta, nessuna condanna da parte di politici europei contro quel discorso in stile Hitler. Questo è un fatto. Dal governo italiano ci aspettiamo che capisca che è un problema anche vostro: avrete sempre più instabilità, più profughi dalla Siria, più guai in Libia, la situazione vi coinvolge".
   Colpisce la differenza di tono tra le parole del ministro Lieberman e del premier, Benjamin Netanyahu, e quelle dell'establishment militare israeliano. I generali che non sono più in servizio attivo, gli unici autorizzati a parlare, ostentano calma e distacco sulla questione del nucleare iraniano. "Penso che sia soltanto una questione di caratteri diversi, di diverso approccio alle cose. Tutti in Israele pensiamo che quello con l'Iran sia un cattivo accordo, anche la sinistra e l'opposizione. La mia posizione su questi discorsi è 'se devi colpire colpisci, non stare a parlare'. Sappiamo che alla fine possiamo contare soltanto su noi stessi, sulle nostre capacità e sulla responsabilità che ha il governo israeliano, dare sicurezza e un futuro ai propri cittadini". Il governo israeliano chi vorrebbe vedere uscire vincente dalla guerra civile in Siria? Il presidente Bashar el Assad, che è alleato con l'Iran e con il gruppo libanese Hezbollah, o i ribelli, che hanno legami con gruppi di al Qaida? "Preferiamo restare fuori dal conflitto e mantenere la nostra posizione: che è non permettere nessun trasferimento di armi chimiche o di armi di alta qualità verso il Libano e quindi verso Hezbollah. Il resto non sono affari nostri. E intanto assistiamo al massacro di 116 mila persone in Siria e notiamo che la comunità internazionale non è capace di risolvere il conflitto: tengono conferenze, incontri, negoziati, ma senza alcun risultato.
   E quando si parla di Israele tutti ci dicono: 'Potete stare tranquilli che noi garantiamo la vostra sicurezza, non preoccupatevi, siamo con voi'. Guardate cosa succede in Siria, noi lo vediamo con i nostri occhi, a duecento metri dal confine. Diamo assistenza medica a molti siriani feriti sulla frontiera e sappiamo esattamente cosa sta succedendo: come possiamo fidarci delle garanzie della comunità internazionale?".
   In questa sua nuova incarnazione più fredda e temperata, pronta secondo alcuni editorialisti a puntare al posto di Netanyahu, Lieberman dice anche che: "Dobbiamo costruire un'economia per i palestinesi per spianare la strada a un accordo". "La ragione delle ribellioni che vediamo nei paesi arabi non c'entra con il sionismo o con Israele, è il forte senso di ingiustizia. E' la disparità tra alcuni oligarchi molto ricchi e la miseria e povertà del 99 per cento della popolazione. Anche tra noi e i palestinesi il problema non è il territorio, o il sionismo: è ancora una volta e prima di tutto un problema economico, perché il nostro pil pro capite è 33 mila dollari e il loro è 3 mila dollari. Non è possibile imporre la pace, finisce come in Iraq o in Libia. E' possibile però crearla, e per crearla le condizioni sono: sicurezza per Israele e prosperità per la Palestina. I palestinesi sono gente normale, si preoccupano di come portare a tavola il cibo per la famiglia e di come dare ai bambini cure sanitarie e istruzione migliori. Con il sessanta per cento di disoccupazione e redditi da 100 dollari per famiglia non può funzionare. La sequenza è chiara: sicurezza per noi, crescita economica per loro, e soltanto allora si potrà parlare di una soluzione". "Per i loro leader - continua Lieberman con il Foglio - è più facile aizzare i palestinesi contro di noi che risolvere questi problemi: la famiglia di Mahmoud Abbas è impegnata in business redditizi, si è arricchita, non è così preoccupata per le sorti della gente. In Siria c'è un campo profughi palestinese vicino Damasco, si chiama al Yarmouk. Lì negli ultimi mesi il regime siriano ha ucciso 1.600 palestinesi, ma non ho visto nessun articolo in Europa, non ho visto alcuna risoluzione del Consiglio di sicurezza, e anche Mahmoud Abbas tace. Lo stesso vale per i settlement. Per dovere di trasparenza, io sono un settler ok? I settlement non sono un ostacolo alla pace, come si dice: sono l'opposto. Abbiamo firmato due trattati di pace con Egitto e Giordania e i settlement non hanno rappresentato un ostacolo. Ci siamo ritirati da Gaza, per farlo abbiamo abbandonato ventuno settlement, e da quel momento è stata la guerra".

(Il Foglio, 4 dicembre 2013)


Per i leader palestinesi - dice Lieberman - “è più facile aizzare i palestinesi contro di noi che risolvere questi problemi”. La stessa cosa si può dire di molti antisionisti occidentali: è più facile per loro esprimere un nobile anelito morale alla giustizia universale aizzando i palestinesi contro Israele che chiedersi davvero quale potrebbe essere il bene reale di quella gente. E il bene reale di quella gente sarebbe di smettere di piangere e lamentarsi, di riconoscere il diritto dello Stato ebraico al governo di quella terra, e poi rivendicare il diritto a vivervi anche loro in modo degno, come la stessa Torah richiede e come in tanti casi già avviene. Ma per gli antisionisti moraleggianti questo non può essere: i palestinesi devono continuare a vivere male dentro quella terra per dare la possibilità a quelli che vivono bene fuori di quella terra di sublimare il loro odio per gli ebrei con nobilissimi riferimenti alla giustizia universale. M.C.


Scoperto un edificio del II secolo a.C.. È la prima volta a Gerusalemme

Risalente alla dinastia degli Asmonei che segnò l'inizio del regno di Giudea

 
GERUSALEMME, 3 dic. - Un edificio risalente all'epoca della dinastia degli Asmonei (II secolo a. C.) è stato scoperto per la prima volta a Gerusalemme. Lo ha annunciato oggi l'Ufficio delle antichità israeliane in un comunicato. "Dei lavori in corso da diversi mesi hanno portato alla luce un edificio dell'epoca asmonea nella Città di David, nei pressi delle mura della Città vecchia di Gerusalemme", ha precisato.
L'edificio, quattro metri di altezza per 64 metri quadrati, è caratteristico dell'architettura dell'epoca, secondo gli archeologi israeliani. Delle monete rinvenute durante gli stessi scavi risalgono al medesimo periodo.
La dinastia degli Asmonei (da Asmon, il nome di un antenato) fu fondata da Simone Maccabeo e segnò l'inizio del regno di Giudea, a partire dal 140 a.C., e mantenne il potere civile e religioso fino alla conquista romana, nel 37 a.C. che pose a governo della regione Erode il Grande.
"E' la prima volta che scopriamo un edificio di quell'epoca a Gerusalemme", hanno sottolineato gli archeologi che hanno guidato gli scavi. Per contro, numerose vestigia asmonee sono state rinvenute fuori Gerusalemme.
"Questa scoperta rende improvvisamente più reale la descrizione della città in epoca asmonea fatta da Giuseppe Flavio", storiografo di origini ebraiche che visse a Gerusalemme, autore delle Antichità giudaiche, la storia del popolo ebraico dalle origini fino all'epoca subito precedente la guerra giudaica del 66-70, ha sottolineato l'Ufficio delle antichità.
Le autorità israeliane progettano di sviluppare la Città di David, un sito archeologico visitato ogni anno da centinaia di migliaia di israeliani. Contestato dai Palestinesi, il sito sorge nel cuore del quartiere arabo di Silwan.

(TMNews, 3 dicembre 2013)


Cristiani e Olocausto

Il Caspari Center di Gerusalemme invia ogni settimana brevi riassunti in inglese di articoli comparsi sulla stampa israeliana che trattano argomenti collegati con il mondo cristiano. Ne abbiamo tradotto uno. Altri pensiamo di tradurne in seguito.

da Maariv, 25, 27 novembre 2013

Zvika Klein riferisce di un gruppo di 31 anabattisti, compresi mennoniti e Amish, che è arrivato in Israele questa settimana per "ristabilire il contatto con il popolo ebraico" e chiedere scusa per le sofferenze fatte subire dai cristiani agli ebrei nel corso dei secoli. "Siamo venuti per modificare questo atteggiamento", ha detto il leader del gruppo, "e per esprimere il nostro amore e la benedizione sul popolo ebraico e sullo Stato ebraico." Il gruppo è particolarmente desideroso di esprimere il suo rimorso per l'Olocausto. "Mi dispiace dire che durante l'Olocausto siamo stati in silenzio, non abbiamo solidarizzato con il popolo ebraico nel momento della loro difficoltà, e ci vergogniamo", ha detto il rappresentante del gruppo." Il nostro primo compito è chiedere perdono ai sopravvissuti per non essere stati con loro, per dire loro che ci dispiace."
In un secondo articolo Klein spiega che il gruppo crede nel ripristino delle relazioni tra cristiani ed ebrei. Alcuni di questi Amish, tuttavia, sono stati espulsi dalle loro comunità per il loro sostegno a Israele. Quando gli hanno chiesto perché è venuto a Israele, un partecipante ha detto: "Il nostro cuore è qui in Israele. Venire a contatto con il popolo ebraico è una benedizione. Quando ripartiremo e torneremo a casa saremo persone migliori, più vicine a Dio".

(Caspari Center, 4 dicembre 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Tunisia - Salafiti minacciano di morte insegnanti senza velo

Ultimatum: se non obbediranno le linceremo in strada

TUNISI, 4 dic - Se entro una settimana non indosseranno il velo le uccideremo, linciandole in strada: è questa la minaccia formulata da un sedicente gruppo salafiti all'indirizzo delle istitutrici di una scuola primaria (riservata ai bambini più piccoli) di Djerba.
In una lettera, che porta il logo di Ansar al Sharia, gruppo salafita estremista in odore di terrorismo messo fuori legge dal governo di Tunisi, le istitutrici sono messe nel mirino di una organizzazione che si definisce Cellula di repressione nella regione. A denunciare l'accaduto, consegnando la lettera alla polizia, è stato il direttore della scuola. Da tempo la scuola, soprattutto quella che si occupa dei primi cicli di istruzione, è nel mirino degli estremisti islamici, nell'ambito di quel che appare un progetto generale, in cui trova posto l'istituzione, spesso senza alcuna autorizzazione, di decine di scuole coraniche destinate ai bambini, con programmi antitetici a quelli ufficiali.

(ANSAmed, 4 dicembre 2013)


Séguita a dì Barucabbà

di Alberto Cavaglion

A 150 dalla morte del poeta, il Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli organizza in questi giorni a Roma, presso la Fondazione Besso, un convegno sulla "Bibbia del Belli", per adoperare il titolo dell'antologia curata mirabilmente da Pietro Gibellini (Adelphi, 1974). Nella mia libreria questo volumetto trova posto, e non sfigura, accanto alla Bibbia di Sciaddàl o di Diodati. Andrò al convegno per ricordare che la ricezione del grande poeta si prolunga fino al più belliano dei personaggi di Primo Levi: Piero Sonnino (Cesare in "La tregua"). Il suo vero nome era Lello Perugia, ma il nome d'arte potrebbe essere Barucabbà, il comico-trasteverino che nel sonetto "Le scuse de Ghetto", a proposito della morte di Gesù, seguita a ripetere ("séguita a dì") la cosa più arguta che sia mai stata scritta contro l'accusa di deicidio: "Sùbbito che lui venne per morì/ quarchiduno l'aveva da ammazzà".
Per più di un secolo Belli "ha seguitato a dire" cose importanti anche ai suoi lettori ebrei. Il grande buggeratore dei primi libri di Levi lo dimostra e pone allo studioso del rapporto ebraismo-letteratura una domanda finora rimasta senza risposta. Barucabbà aveva le carte in regola per diventare un Arlecchino o un Pulcinella ebreo, ma non ce l'ha fatta. Perché? Come mai non esiste una maschera ebraico-italiana? Esistono le macchiette caricaturali, i luoghi comuni s'incarnano soprattutto in figure femminili (l'orfana del ghetto!), ma non si materializzano in una maschera. Un problema serio, non può essere affrontato nella ventina di righe di un Ticketless. Riguarda i limiti di una cultura popolare che è stata molto feconda nei prestiti lessicali (Barucabbà-Benedictus qui venit) meno nel folklore. A Roma si è arrivati quasi a trovarla una maschera. La sua forza comica varca i secoli perché, come in ogni Bibbia, s'intreccia con la sofferenza umana.

(Notiziario Ucei, 4 dicembre 2013)


Un famoso sonetto di Giuseppe Gioachino Belli


Israele invia aiuti umanitari alla popolazione civile siriana

ROMA, 3 dic - Il governo israeliano ''ha inviato degli aiuti umanitari destinati alla popolazione civile siriana''. Lo ha dichiarato il ministro della Difesa dello Stato ebraico, Moshe Yaalon, ai media israeliani. ''Non possiamo rimanere a braccia conserte quando dei civili devono affrontare una crisi umanitaria'' ha spiegato Yaalon, all'indomani di uno scontro a fuoco tra militari israeliani e siriani scoppiato sulle alture del Golan, territorio occupato da Israele dal 1967.
Lo scontro a fuoco sulle alture del Golan ''e' stato dovuto all'iniziativa di un soldato dell'esercito di Damasco, che ha sparato ad una postazione militare israeliana: chi cerca di mettere in discussione la nostra sovranita' ne paghera' il prezzo'', ha concluso il ministro israeliano della Difesa.

(ASCA, 3 dicembre 2013)


Per Israele il rapporto francese sulla morte di Arafat "non è una sorpresa"

GERUSALEMME, 3 dic - Israele ha giudicato ''prevedibile'' l'annuncio degli esperti della commissione di inchiesta francese sulla morte dell'ex leader dell'Olp, Yasser Arafat, morto in un ospedale di Parigi nel novembre 2004.
Secondo gli esperti francesi, l'ex presidente palestinese non sarebbe deceduto a causa di un avvelenamento al polonio, bensi' ''per una morte legata a cause naturali''.
''La notizia non e' affatto una sorpresa'', ha commentato alla Afp il portavoce del ministro degli Esteri israeliano, Yigal Palmor.

(ASCA, 3 dicembre 2013)


L'Abruzzo a lezione in Israele per migliorare la rete delle emergenze sanitarie

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"Sono convinto che la collaborazione tra il sistema sanitario israeliano e quello abruzzese, ci consentira' di affrontare al meglio le criticita' e le sfide presenti e future della nostra realta' sanitaria. Vogliamo collaborare con quelli che sono considerati i maggiori esperti mondiali in campo delle emergenze facendo studiare al nostro personale i percorsi salvavita piu' moderni ed efficienti.
Israele e' un punto di riferimento internazionale nel settore della sanita' un vero e proprio benchmark, punto di riferimento per tutti i paesi aderenti all'Organizzazione Mondiale della Sanita'. Con questo spirito abbiamo avviato una collaborazione sulla rete di emergenza-urgenza".
Sono parole del presidente della Regione Gianni Chiodi dopo la firma dell'accordo con lo stato di Israele avvenuto ieri a Roma nell'ambito del vertice intergovernativo alla presenza del del presidente del Consiglio Enrico Letta e del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Con la firma del protocollo, l'Abruzzo ha ribadito l'interesse e l'impegno della Regione Abruzzo a collaborare con lo Stato d'Israele secondo una partnership socio-sanitaria come previsto nell'intesa di collaborazione tra i sistemi sanitari della Repubblica Italiana e dello Stato di Israele firmata gia' nel 2002.
L'OCSE, nella Review of Health Care Quality del dicembre 2012 ha definito Israele come Raising Standards e il Direttore Generale dell'OMS, Margaret Chan, nell'aprile 2013 ha indicato il sistema sanitario dello Stato di Israele come benchmark per tutti i paesi aderenti all'OMS stessa.
"La nostra ambizione - ha aggiunto Chiodi - e' creare, dopo il risanamento, una rete di emergenza/urgenza di grandissima qualita'. Per questo collaboreremo con il sistema sanitario di Israele che in questo settore e' il migliore al mondo".
"Siamo stati l'unica regione italiana - ha quindi osservato il presidente a partecipare al vertice intergovernativo tra Italia e Israele e a sottoscrivere un accordo di collaborazione.
Una delle criticita' che abbiamo rilevato nella rete dell'emergenza urgenza abruzzese era proprio la mancanza di un programma di formazione aggiornato ed omogeneo diffuso a tutti gli operatori della rete dell'emergenza.
E dato che l'economia insegna che quando le risorse sono poche vanno ottimizzate e che quando non si ha la possibilita' per crescere individualmente bisogna creare sinergie, abbiamo deciso di dar vita a questa collaborazione con Israele.
Importante per noi sara' acquisire le tecniche sulla gestione delle emergenze: il sistema di Israele e' considerato tra i piu' innovativi e tecnologicamente avanzati al mondo".
Attualmente Israele possiede un servizio sanitario di alta qualita' quanto a risorse e ricerca, moderne strutture ospedaliere e un buon rapporto di medici e specialisti rispetto alla popolazione.
Questa situazione ottimale si riflette nella bassa mortalita' infantile e una lunga aspettativa di vita. La popolazione puo' quindi contare su ospedali, ambulatori e centri per la medicina preventiva e la riabilitazione.
I servizi ospedalieri includono procedure e tecniche molto avanzate.
L'Abruzzo ha partecipato ufficialmente all'incontro intergovernativo sulla cooperazione bilaterale Italia-Israele
Un' occasione per il nostro governo di stringere una ancora più stretta alleanza nel miglioramento delle relazioni politico, economico-commerciali, scientifiche, tecnologiche e culturali tra i due Paesi con l'obiettivo di rafforzare le relazioni e gli stretti legami tra Italia ed Israele nei vari settori.
L'Accordo con Israele prevede l'elaborazione di un programma di formazione triennale che comprende, complessivamente, tre corsi di formazione in una struttura israeliana di eccellenza per un totale di no 120 operatori medici e infermieri selezionati della Rete di Emergenza-Urgenza del Sistema Sanitario Regionale Abruzzese.
Tale programma denominato "Abruzzo 2020 Sanità Sicura" mira all'attuazione anche in Abruzzo di un "livello di formazione permanente di tutto il personale operante nel sistema di emergenza/urgenza" della sanita' abruzzese, che ormai da dieci anni e' uno degli obiettivi specifici delle Regioni indicato nelle "Linee guida su formazione, aggiornamento e addestramento permanente del personale operante nel sistema emergenza/urgenza", pubblicate nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 25/08/2003.
Tale documento ribadisce che la formazione permanente - strutturata in programmi stabili e duraturi - e' garanzia di qualita' del sistema, misurata in base ai parametri relativi alla riduzione delle morti evitabili e delle gravi disabilità conseguenti a situazioni di emergenza-urgenza, con tutte le pesanti ripercussioni sulla spesa sanitaria per la cura delle disabilità permanenti.
Dopo aver frequentato questo corso, i nostri operatori saranno chiamati a formare gli altri nostri professionisti del sistema di emergenza e urgenza, cosi' da garantire su tutto il territorio regionale uniformita' di qualita' e eccellenza nella gestione di eventuali emergenze. Oggetto dell'intesa e' lo scambio di informazioni, conoscenze e documentazioni sulla medicina di emergenza e del trauma.

(Abruzzo24ore.tv, 3 dicembre 2013)


Acceso il lume di Chanukkà dell'anno ebraico 5774

Le foto delle celebrazioni nella Sinagoga Scolanova di Trani

di Sergio Tatulli

  
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Nella sinagoga Scolanova di Trani ha avuto luogo la celebrazione della festa di Chanukkà dell'anno ebraico 5774. La festa di Chanukkà dura otto giorni (quest'anno comincia al tramonto di lunedì 2 dicembre) e venne istituita 2.200 anni or sono per ricordare la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme ad opera dei Maccabei dopo che gli ellenisti di Siria avevano conquistato la città santa, profanandone l'altare con culto idolatrico. La prima azione dei Maccabei (la famiglia sacerdotale che aveva guidato la rivolta) fu quella di accendere la Menorà, il candelabro a sette braccia; ma per fare questa operazione era necessario disporre di olio incontaminato. La tradizione afferma che dopo meticolose e affannose ricerche fu trovata una piccola ampolla contenente olio puro, che per quanto fosse sufficiente per un solo giorno, durò ben otto giorni. E' questa l'origine dell'uso di accendere nelle case e nelle sinagoghe lumi dopo l'uscita delle stelle di lunedì 2 dicembre per otto giorni consecutivi, ponendo i lumi all'esterno o alla finestra, in modo che i passanti possano vederli. Negli ultimi anni è invalso l'uso di accendere questi lumi anche in una delle piazze principali della città, quest'anno l'accensione è avvenuta pubblicamente in quattro città del Meridione: Napoli, Reggio Calabria, Palermo e Trani, unica città in tutta la Puglia. Dopo la preghiera della sera è stato acceso il terzo lume di Chanukkà.

(TraniViva, 3 dicembre 2013)


La sinfonia delle scuole suona unita per la Shoah

CASALE MONFERRATO — Emozionante. Così si può definire "Shemà Israel" interpretata musicalmente dagli studenti monferrini del Balbo, della Pascoli e del Don Milani. Venerdì, all'interno della sinagoga di Casale, il gruppo ha registrato i tracciati audio e video per partecipare ad un concorso dedicato alla Shoah indetto dal Miur.
Hanno seguito i lavori il sindaco di Occimiano Ernesto Berra e i presidi Roberto Viale (Don Milani) e Maurizio Carandini (Pascoli). Il coro del Lanza è stato diretto da Enrico Pesce che ha anche musicato la preghiera; Daniela Liparota, invece, ha diretto il coro "Fiori Musicali" della primaria e media di Occimiano mentre l'orchestra (composta da una decina di violini, cinque clarinetti, quattro chitarre e altrettante tastiere) ha seguito il maestro Gabriele Pandiani. Canto affidato alla voce soave di Sabina Ganora.
La registrazione video è stata affidata a Giorgio Chiarolanza mentre quella audio a Gianfranco Leporati.
«Sono rimasto colpito - ha raccontato Pesce - dalla qualità e dalla capacità che i ragazzi hanno dimostrato durante questo lavoro. Sinceramente non speravo in riuscita simile del nostro lavoro». «È un bel progetto - ha detto Carandini - che lega il nostro territorio».
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(Il Monferrato.it, 3 dicembre 2013)


Minaccia hacker: in Israele nasce l'accademia dei cyber wsrrior

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GERUSALEMME - I cyber warrior israeliani in addestramento sembrano usciti da un videogioco dalle atmosfere gotiche. L'iniziativa di assumere gli hacker più esperti del paese per difendersi dagli attacchi informatici è partita dall' Israel electric corporation, un'azienda che subisce 10mila cyber attack all'ora, in un paese che viene considerato tra i più esposti a questo genere di assalti. La Cybergym, la palestra di addestramento anti hacker, si trova ad Hadera, sulla costa settentrionale israeliana, e intende preparare personale addestrato per rispondere in tempo reale a intrusioni nei confronti di infrastrutture sensibili come aeroporti, strade, impianti elettrici, acquedotti, treni e aziende strategiche.Ofir Hason, direttore della Cybergym, spiega: "Riteniamo che ci saranno sempre più attacchi informatici, rispetto a quelli militari convenzionali. È molto meno costoso, più elegante ed è in grado di infliggere gli stessi danni. In certi casi anche peggiori".Gli istruttori sono tutti professionisti reclutati dalle forze armate israeliane, dai servizi segreti e di sicurezza e dalle università. I corsi simulano situazioni di emergenza con livelli di stress elevati per proporre allarmi che rispecchino da vicino la realtà. I cyber warrior israeliani devono rispondere in tempo zero a ogni minaccia. Fallire non può essere considerata un'opzione.

(TMNews, 3 dicembre 2013)


Complicata (e costosa) raccolta rifiuti porta a porta, mentre a Tel Aviv...

CUNEO - Vedo che la gente oggi produce un'enorme quantità di rifiuti, quasi 5 quintali e mezzo per persona all'anno. Una massa che si è cercato da qualche tempo di ridurre trattandola a monte, cioè facendola collocare dai cittadini in appositi contenitori sparsi per la città e le frazioni e sempre più differenziata (carta, vetro e lattine di alluminio, plastica, organico, pile, farmaci, tutto il resto ecc.). Dal prossimo anno anche a Cuneo arriverà addirittura il porta a porta, cioè ogni condomino o villetta sarà dotata di cassonetti propri e altrettanto differenziati, raccolti dagli appositi mezzi in giorni diversi. Un bel guaio per il nostro centro storico che ha palazzi da scarsi o inesistenti cortili e strade strette. E pensare che in Israele, Paese all'avanguardia in molte cose, un'azienda pubblica (la ESC - Environmental Service Company Ltd) opera dagli anni '90 nelle vicinanze di Tel Aviv per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani senza la necessità di raccolta differenziata. La società riceve ogni giorno circa 3.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati provenienti dalla regione del Gush Dan che comprende Tel Aviv ed altre municipalità, per un totale di circa 3,5 milioni di abitanti. Il trattamento di queste tonnellate e tonnellate di rifiuti indifferenziati prevede la separazione dei materiali che li compongono per recuperare e riciclare tutto - plastica, vetro, legno, metalli, umido - ottenendo inoltre fertilizzanti, metano, biogas, energia elettrica (circa 4 megawatt di potenza, che alimentano un'azienda tessile ubicata a qualche chilometro di distanza). E senza alcuna raccolta differenziata con tutte le sue complicazioni (e i suoi costi, che ricadono sulle famiglie). Ah, averci mandato in visita i nostri amministratori!

(targatocn.it, 2 dicembre 2013)


Expo 2015: Il padiglione di Israele sarà un granaio di innovazioni

di Massimo Lomonaco

  
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"Mostrare il vero carattere di Israele e non quello che di norma appare sui giornali": così Elazar Cohen ha sintetizzato l'obiettivo del Padiglione dello Stato ebraico all'Esposizione universale di Milano del 2015 presentando ufficialmente il progetto oggi nel vertice bilaterale tra Italia e Israele in corso a Roma.
"Il nome scelto per il Padiglione - dice il Commissario di Israele e ideatore del progetto in un'intervista in cui racconta all'ANSA la struttura dal piano - sarà 'Fields of tomorrow' (Campi di domani) che a nostro avviso rappresenta bene la sua essenza. Ma insieme al primo obiettivo, vogliamo anche dare conto degli ottimi rapporti che esistono tra Israele e l'Italia e, infine, aggiungere un altro tassello a queste relazioni d'eccellenza. Ecco, sono questi i nostri tre obiettivi principali".
Il Padiglione avrà un'estensione di 2400 metri quadrati e sarà accanto a 'Palazzo Italia' all'incrocio - spiega Cohen, che a lungo ha fatto parte della rappresentanza diplomatica israeliana a Roma - delle due assi principali dell'Esposizione: il Decumano e il Cardo. "La metà della nostra struttura - aggiunge - sarà completamente verde a testimonianza dei temi di fondo dell'Esposizione: agricoltura, sostenibilità, alimentazione".
E le soluzioni - realizzate dalla società 'Avs', vincitrice della gara per il progetto e dall'architetto David Knafo, insieme a molti altri - saranno, promette Cohen, "avveniristiche, in linea con la forte spinta innovativa che caratterizza Israele". Del resto l'impegno economico varato dal governo israeliano per l'intero progetto è di 11 milioni di euro: una cifra che "non è da meno di quella stanziata da altri Paesi europei". 'Fields of tomorrow' è costruito, racconta Cohen, "per avvolgere completamente il visitatore. Anche la sala iniziale, quella dell'attesa, è senza tempi morti: gli ospiti saranno intrattenuti da una serie di ragazzi che useranno la tecnologia come 'magia'. Poi ci sarà un filmato, ambientato in una foresta piantata dal Kkl (l'associazione che si occupa del rimboschimento in Israele), dove con tecnologia tridimensionale si mostrerà la storia di tre generazioni di una stessa famiglia, dal tempo della Palestina pre-stato di Israele ad oggi, e il loro progressivo sviluppo di mezzi innovativi nell'agricoltura".
Del resto, sottolinea Cohen, se Israele non è un grande produttore agricolo, al tempo stesso le sue invenzioni, come 'l'irrigazione goccia a goccia', hanno dato forte impulso a livello mondiale. Le innovazioni in questo campo introdotte da alcune società israeliane, come ad esempio 'Kaiima', hanno permesso di elevare del 50% la produttività del terreno. Terzo passo nel percorso del Padiglione, prosegue, è "una sala buia illuminata da 'statue di luce' dedicate ognuna ad un elemento dell'agricoltura e del suo processo: una danza di luci e di informazioni". Infine il ristorante e la cucina israeliana, "fusion delle mille immigrazioni ebraiche che compongono Israele oggi: dal Marocco all'Iran, dalla Russia alla Polonia".
Ma ci sarà spazio, precisa, anche per la gastronomia ebraico italiana, con in testa quella giudaico-romanesca. Fiore all'occhiello del Padiglione, una parete lunga 70 metri e alta 12 ornata interamente di piante che "cambieranno i loro colori e i fiori con il passare delle stagioni". Senza dimenticare ovviamente il turismo, "vera perla di Israele. Sono previste tantissime esibizioni, tutte incentrate sulle grandi attrattive del Paese. Una quota di queste dedicate al pubblico, un'altra parte ai professionisti del settore". "Lo spirito che anima il nostro Padiglione - conclude Cohen - è quello del 'pensare positivo': un 'win-win game', dove tutti partecipano e approfittano l'un dell'altro. Un 'granaio' di innovazioni".

(ANSA, 2 dicembre 2013)


Le startup israeliane fanno il pieno di investimenti esteri

Il denaro arriva soprattutto dagli USA e quest'anno ammonta già a 660 milioni di dollari, segnando una crescita del 34% rispetto al 2012. Ma qual è il segreto del successo israeliano?

di Raffaella Natale

L'Istituto Technion a Haifa
INTERNET - Le startup israeliane sono finite nel mirino degli investitori esteri, soprattutto americani. Un movimento simile non avveniva dal 2000, dallo scoppio della bolla internet. Nel terzo trimestre 2013, le aziende innovative israeliane hanno ricevuto 660 milioni di dollari, segnando una crescita del 34% rispetto al 2012, secondo IVC Research Center, il principale centro di ricerca in Israele dedicato al settore.
Tra il 2003 e il 2011, sono state vendute nove startup a investitori esteri per oltre 400 milioni di dollari. Quest'anno sono già sei. L'interesse dei giganti americani dell'hi-tech, in particolare americani, continua a rimanere alto.
L'ultima acquisizione in ordine di tempo è di PrimeSense, l'azienda dei creatori di Kinect, comprata a fine novembre da Apple per 360 milioni di dollari.
Qualche settimana prima, Facebook ha rilevato Onavo, per oltre 150 milioni di dollari.
A settembre, IBM ha completato l'acquisizione del fornitore di servizi di sicurezza informatica Trusteer per un miliardo di dollari e ad agosto Google ha integrato l'applicazione GPS mobile Waze al proprio servizio di mapping.
Nel frattempo sempre più aziende hi-tech di origine israeliana hanno deciso di quotarsi sui mercati esteri, in particolare al Nasdaq o al London Stock Exchange.
Yossi Vardi, uno dei primi imprenditori hi-tech israeliani, osserva che "il settore è in piena espansione, specie negli USA, dove importanti fondi stanno investendo nelle tecnologie. I grandi attori del mercato sono in forte competizione, alla ricerca di nuove aziende innovative, e vengono in Israele per trovarle e acquistarle".
"La maggior parte degli investimenti arrivano dall'estero e soprattutto dai fondi di venture capital americani", sottolinea Koby Simana, direttore del centro di ricerche IVC.
La stretta collaborazione tra le startup e le università israeliane come il Technion (Istituto di tecnologie), spiega in gran parte il successo di Israele in questo campo.
Lo scorso anno anche l'Italia ha stretto un accordo con il governo israeliano per una più forte collaborazione nel settore dell'innovazione tecnologica.
Una zona situata tra Haifa e il nord di Tel Aviv, che si estende per un centinaio di km, è stata soprannominata la 'seconda Silicon Valley', per via dell'alta concentrazione di startup, centri di ricerca e sviluppo che arrivano a quasi 300. Aziende come Intel, IBM, Microsoft e Yahoo! hanno aperto i loro uffici introno al Technion e reclutano direttamente gli studenti anche prima che abbiano finito il loro corso di studi.

- Ma qual è la chiave del successo israeliano?
  "Questi giovani sono ambiziosi, non hanno paura di correre dei rischi, vogliono continuamente innovare. E' questo tipo di mentalità, ancora di più rispetto ad altri fattori citati solitamente - progresso tecnologico, dotazioni informatiche, afflusso di capitali pubblici e stranieri - che spiega ampiamente il successo del modello israeliano", indica Vardi, uno dei membri del consiglio d'amministrazione di Technion.
Alcuni analisti ritengono tuttavia che gli acquisti massici di startup israeliane da parte di grandi gruppi stranieri limitino le ricadute positive del settore per l'economia israeliana nel suo insieme.
"E' vero che ci sono state alcune 'uscite' (acquisti per somme notevoli da parte di grosse multinazionali) spettacolari, ma nella maggior parte dei casi, gli imprenditori che sono riusciti a mettere queste startup in piedi, ne hanno create altre e ricominciato il ciclo, creando ricadute positive per l'economia israeliana", replica Koby Simana.
In aggiunta: "Non conosco altri settori economici in Israele che attirano investitori stranieri dai mercati americani, europei e asiatici".

(Key4biz, 2 dicembre 2013)


Italia-Israele: da energia a sicurezza, firmate dodici intese

 
Flavio Zanonato e Silvan Shalom
ROMA, 2 dic. - Dall'energia alla sanita', alla sicurezza fino alla cultura e alla ricerca: questi alcuni dei dossier che Italia e Israele hanno firmato oggi durante il vertice bilaterale di Villa Madama. "Siamo riusciti con grande successo a finalizzare 12 accordi molto concreti e importanti - ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta - che dimostrano come la nostra collaborazione e' finalizzata a intenti e obiettivi concreti, perche' noi dobbiamo ai nostri cittadini risposte concrete". Letta ha aggiunto che "Israele e' all'avanguardia su molti contenuti. Dall'energia alla sanita', alla ricerca alla cultura, sono tanti i temi che riguardano le questioni economiche". Letta ha ricordato che i due Paesi hanno avviato un comitato congiunto "creato per lanciare le start up, questo e' un obiettivo cambiamento importante utile e positivo.
Accanto alle 12 intese - ha concluso Letta - abbiamo messo altri importanti dossier, li abbiamo aperti e cominceremo a collaborare". Nel dettaglio Italia e Israle hanno siglato un accordo sulla pubblica sicurezza, firmato dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano e il ministro della sicurezza di Israele pubblica Izak Aharonovitch, un memorandum d'intesa sulla Protezione civile, un memorandum nel settore dell'energia e dell'acqua, firmato da Flavio Zanonato per il governo italiano e dal ministro per l'energia israeliano, Silvan Shalom. Siglate anche due dichiarazioni congiunte sull'istruzione e l'high-tech, un accordo di cooperazione e coproduzione cinematografica, un protocollo sanitario tra la Regione Abruzzo e il governo israeliano, una lettera d'intenti tra il policlino Gemelli e due istituti israeliani. Firmati anche un memorandum d'intesa tra il Politecnico di Torino e l'Israel institute of technology e un memorandum d'intesa che ha coinvolto Acea.

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Allo studio lo sfruttamento di nuovi giacimenti di gas

ROMA, 2 dic. - Italia e Israele coopereranno per mettere a punto una serie di studi sul mercato energetico israeliano "che prevedano soluzioni per lo sfruttamento dei nuovi giacimenti di gas e dei relativi sistemi di trasporto verso i Paesi dell'Unione Europea, in cui l'Italia sia un punto nodale". Lo prevede una dichiarazione congiunta tra il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato e il ministro israeliano per l'Energia, Silvan Shalom, firmata a villa Madama durante il bilaterale tra i due Paesi. - La dichiarazione "mira a condividere le esperienze, anche in collaborazione con altri Paesi della regione, per lo sviluppo delle risorse naturali presenti nel bacino del Mediterraneo e, in particolare: delle infrastrutture energetiche, della ricerca in campo energetico; degli studi relativi al mercato energetico israeliano che prevedano soluzioni per lo sfruttamento dei nuovi giacimenti di gas e dei relativi sistemi di trasporto verso i Paesi dell'Unione Europea, in cui l'Italia sia un punto nodale; della protezione dell'ambiente". Il documento "si prefigge inoltre l'obiettivo di potenziare i rapporti tra i servizi pubblici e le aziende dei rispettivi Paesi operanti nei settori della gestione delle risorse idriche e della desalinizzazione".

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Intese su sicurezza, lotta al crimine e cyberspazio

ROMA 2 dic. - Scambio di informazioni per prevenire e reprimere la criminalita' organizzata e missioni periodiche di funzionari e tecnici degli enti dei due Paesi in materia di sicurezza informatica. E' quanto previsto da due accordi raggiunti tra Italia e Israele durante il vertice bilaterale che si e' svolto oggi a Villa Madama. L'accordo in materia di pubblica sicurezza tra il Viminale e il Ministero della Sicurezza Pubblica di Israele, firmato da Angelino Alfano e dal ministro della Sicurezza Pubblica israeliano, Yitzhak Aharonovitz "ha lo scopo di disciplinare la cooperazione bilaterale per la prevenzione e la repressione della criminalita' nelle sue varie manifestazioni. Le attivita' finalizzate all'attuazione dell'Accordo prevedono lo scambio di informazioni e di esperienze, lo svolgimento di operazioni congiunte e di programmi di formazione e aggiornamento professionale". La dichiarazione congiunta sulla cooperazione in materia di cyberspace invece prevede missioni periodiche di funzionari e tecnici degli enti competenti in materia di sicurezza informatica dei rispettivi Paesi, nonche' la partecipazione ad eventi ed incontri a livello di esperti e funzionari governativi. L'intesa inoltre ha l'obiettivo "di promuovere il dialogo, lo scambio di informazioni e i progetti tra imprese e esponenti del mondo accademico dei due paesi.
Sara' inoltre istituito un advisory group composto , tra gli altri, da aziende e start up di questo settore nonche' istituzioni accademiche ed enti di ricerca dei rispettivi Paesi. Hanno firmato la dichiarazione il commissario incaricato dell'esecuzione dell'Agenda digitale italiana, Francesco Caio e il capo del National Cybersecurity Bureau, Eviatar Matania. Firmato anche un memorandum d'intesa sulla Protezione civile che "mira a facilitare la cooperazione bilaterale nel campo della prevenzione e della lotta ai disastri naturali e causati dall'uomo nei territori dei due Paesi", una dichiarazione congiunta tra il Miur e il Ministero dell'Istruzione israeliano sulla cooperazione in materia di tecnologia per l'istruzione e un memorandum di intesa tra il Miur, l'Istituto 'Yad Vashem' sulla Shoah e il Ministero dell'Istruzione. Siglato infine un memorandum di Intesa tra Acea e Mekorot, firmatod all'ad di Acea, Paolo Gallo e dal direttore Generale della societa' israeliana, Shimon Ben Hamo.

(AGI, 2 dicembre 2013)


Italia-Israele: Acea sigla un accordo con Mekorot sulle risorse idriche

ROMA, 2 dic - Acea e Mekorot WC hanno sottoscritto oggi, alla presenza del Primo Ministro italiano Enrico Letta e dell'omologo israeliano Benjamin Netanyahu, un Memorandum of Understanding che ha come oggetto la collaborazione nel settore delle risorse idriche.
In particolare, spiega Acea, la collaborazione tra le due aziende ''si sviluppera' nello scambio di esperienze e competenze nel settore del trattamento delle acque reflue, nella ricerca di soluzioni comuni per una gestione innovativa e sempre piu' efficiente delle reti di distribuzione di acqua potabile, oltre allo studio di soluzioni per la protezione e la sicurezza dei sistemi di approvvigionamento idrico.
Inoltre, l'accordo sottoscritto oggi, comprende anche la cooperazione nel campo del trattamento dei fanghi di depurazione delle acque reflue, oltre alla condivisione di conoscenza nel settore dell'incenerimento dei rifiuti''.
Acea e Mekorot potranno valutare anche la possibilita' di sostegno congiunto allo sviluppo e alla sperimentazione di tecnologie all'avanguardia nei settori indicati nell'accordo, al fine di ottimizzare gli investimenti nella commercializzazione delle stesse tecnologie con vantaggi per le due aziende.

(ASCA, 2 dicembre 2013)


Oltremare - Il rosa
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

I mini-blindati color rosa pallido che salutavano i nostri arrivi a Gerusalemme, all'altezza di Shoresh per essere precisi, dalla settimana scorsa sono stati retrocessi. Da pilastri della Storia tangibile e visibile nel quotidiano, a oggetti da museo.
Vero, forse in un museo (anche se all'aperto, nel parco di Shaar HaGai) saranno conservati meglio e non sarà più necessario dar loro mani di vernice ogni volta diversa: in soli sei anni da israeliana li ho visti beige, color crema, rosa pallido appunto, e grigio/verde. Vero, messi lì in fila come le macchinine giocattolo di un piccolo gigante, occupavano lo spazio di una intera carreggiata della già stretta salita a Gerusalemme, ed è una benedizione l'allargamento di quel tratto di strada.
Però da adesso in poi mancherà uno dei fondamentali monumenti vivi dell'epopea della guerra del 1948. Quei veicoli blindati che oggi paiono poco più che giocattoli sono quelli che percorrevano l'allora pericolosa strada per Gerusalemme, trasportavano persone, viveri, armi, con perdite di molte vite e racconti che tutti sanno da queste parti: le imboscate, i cecchini. E sono stati spostati proprio nella settimana del 29 novembre, anniversario (un tempo festeggiato in pompa magna nelle scuole israeliane) della risoluzione dell'ONU nel 1947 che ratificava l'esistenza dello Stato d'Israele - e dava inizio alla guerrra. I testimoni ancora vivi di quei mesi sono tutti ultra-ottantenni, e non potranno raccontarci quelle storie per molti anni ancora. Loro non avevano bisogno dei mini-blindati ad eterna memoria: noi sì.
Ma erano i giorni del lutto nazionale non dichiarato per la morte improvvisa del "cantante nazionale" Arik Einstein, e tutti stavamo con le orecchie appiccicate a qualsiasi radio, alla musica diffusa nei grandi magazzini e perfino nei parcheggi, a gruppetti di ragazzini con chitarre che ripetevano come un mantra - o come preghiera laica - le parole del poeta, attore, cantante, spilungone spiritoso appena scomparso.
Sapremo sempre dove eravamo quando è arrivata la notizia della morte di Arik Einstein. Non sapremo invece dove eravamo quando un pezzo di Storia di Israele è andato in pensione. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

(Notiziario Ucei, 2 dicembre 2013)


Cinica strumentalizzazione dei problemi dei beduini

Manifestazioni violente che rispondono a un'agenda politica che nulla ha a che fare con la sanatoria degli abusivismi edilizi nel Negev.

Il governo di Israele - si legge in una nota dell'Autorità del Ministero dell'edilizia israeliano per gli insediamenti beduini nel Negev - si rammarica che degli estremisti, molti dei quali non sono beduini, abbiano scelto di trasformare in uno scontro il libero e aperto dibattito in merito a una causa puramente sociale e umanitaria, collegandola falsamente alla questione palestinese. Dietro alle recenti proteste violente vi sono interessi estranei a una sincera preoccupazione per i diritti dei beduini ad una migliore qualità della vita. I beduini del Negev, in quanto cittadini con pari diritti, meritano abitazioni adeguate, servizi pubblici e un futuro migliore per i loro figli. Chiediamo al beduini del Negev di schierarsi dalla parte del loro futuro, e di non lasciare che nessuno abusi e manipoli questo processo per cause estranee....

(israele.net, 2 dicembre 2013)


Zeev Elkin: Il tesoro di Hitler spetta a noi

 
Zeev Elkin
GERUSALEMME - Il Tesoro di Hitler fa ancora parlare di sè, questa volta a rivolere indietro parte della collezione ritrovata all'ottantenne collezionista Cornelius Gurlitt, è addirittura il museo di Gerusalemme. La proposta del vice ministro degli esteri israeliano Zeev Elkin è chiara e semplice: molte di quelle opere sono state rubate agli ebrei, se queste o i loro parenti, non le rivogliono indietro, devono entrare a far parte della collezione del museo di Gerusalemme. Il problema è che ancora poco chiara è la paternità degli oltre 1,400 dipinti ritrovati. Alcuni addirittura sembrano essere stati acquistati regolarmente e quindi dovrebbero tornare al suo proprietario, altri invece, si ipotizza, siano stati sottratti agli ebrei durante la seconda guerra mondiale, fatto che però il collezionista nega del tutto. Insomma, la questione è ancora poco chiara, ma la proposta di Elkin non fa una piega.

(insideart, 2 dicembre 2013)


L'auto scommette sul mercato iraniano: potenzialità considerevoli

L'obiettivo dei costruttori è di produrre 1,6 milioni di veicoli l'anno

TEHERAN, 2 dic. - Una settimana dopo lo storico accordo tra il Gruppo 5+1 e l'Iran
quello che Netanyahu ha definito "un errore storico"
sul programma nucleare iraniano, i principali costruttori automobilistici del mondo si sono riuniti sabato a Teheran per esplorare le possibilità del mercato iraniano, le cui potenzialità sono ritenute "considerevoli". La Conferenza internazionale dell'industria dell'automobile, la prima di questo genere in Iran, ha riunito più di 150 società del settore con l'obiettivo di "un ritorno alla normalità" nella Repubblica islamica.
Il ministro iraniano dell'Industria Mohammad Reza Nematzadeh ha manifestato la speranza che possa esserci una revoca delle sanzioni "entro dicembre" per favorire "una maggiore cooperazione con le aziende straniere".
L'Iran è stato l'undicesimo mercato mondiale e il tredicesimo produttore di automobili nel 2011 ed ha "un potenziale considerevole che dal 2012 è stato poco esplorato", ha ricordato il presidente dell'Organizzazione internazionale dei costruttori di automobili, Patrick Blain.
L'obiettivo è quello di fare in modo che "i partner" dell'Iran possano raggiungere "una produzione di 1,6 milioni di veicoli all'anno come nel 2011", puntando anche a toccare "i due milioni", ha sottolineato Blain.

(TMNews, 2 dicembre 2013)


Netanyahu: l'Iran vuole la bomba atomica, non lo permetteremo

Letta: resisteremo alle spinte della violenza verbale e fisica

Fotogalleria
«Cancellate le illusioni: l'Iran cerca la bomba atomica ed è un regime che supporta il terrorismo. Noi non permetteremo che l'Iran abbia una forza atomica da usare contro di noi» e «di fronte alle minacce risponderemo quando ce ne sarà bisogno». Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu parlando alla sinagoga di Roma in occasione della festività ebraica dell'Hannukà.
«Resisteremo sempre alle spinte della violenza, prima verbale e poi fisica, dell'intolleranza, della xenofobia e del razzismo» che in Italia «stanno crescendo in maniera preoccupante», ha detto il premier Enrico Letta alla Sinagoga. Il premier non lo cita mai, ma il riferimento sembra essere rivolto anche alle parole di Grillo a Genova.
L'eliminazione delle sanzioni contro l'Iran per il suo programma nucleare farà «crollare tutti gli sforzi compiuti in questi anni», ha detto il primo ministro israeliano. «Come abbiamo già detto, purtroppo le sanzioni stanno iniziando a diradarsi e se non verranno presi provvedimenti immediati, questo sistema crollerà e tutti gli sforzi di questi anni crolleranno in poco tempo», ha affermato.
Tra Italia e Israele ci sono «rapporti eccezionali», ha poi aggiunto il premier israeliano. «A Gerusalemme e Roma sono state costruite le basi della cultura occidentale», ha aggiunto.
Gli Stati Uniti, però, «sono stati, sono e saranno sempre un amico sincero di Israele», ha detto Netanhyau, nonostante le evidenti differenze di approccio alla questione del nucleare iraniano con l'amministrazione guidata da Barck Obama.
Anche il premier Enrico Letta era alla sinagoga ebraica di Roma per partecipare alla cerimonia dell'Hannukà. Il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, arrivato oggi a Roma, è accompagnato da una folta delegazione dei suoi ministri per una due giorni che domani lo vedrà impegnato nel vertice italo-israeliano a Villa Madama. Alla sinagoga presenti anche il ministro degli esteri israeliano, Avigdor Liberman, quello per la sicurezza pubblica Yitzhak Aharonovitich, quello dell'energia e risorse idriche Silvan Shalom, dell'educazione Shai Piron e quello della cultura e dello sport Limor Livnat.

(Fonti: Il Sole 24 Ore, TGCom24, 1 dicembre 2013)


Venti salafiti arrestati in Giudea-Samaria

RAMALLAH - Venti militanti salafiti sono stati arrestati in Giudea-Samaria dai servizi segreti palestinesi, secondo quanto riferito alla France Presse. ''Negli ultimi giorni, circa venti persone, che avevano adottato un 'ideologia salafita, senza però essere direttamente affiliati ad Al Qaida, sono stati arrestati a Nablus, Jenin e Qalquiliya, nel nord della Giudea-Samaria'', ha affermato un responsabile della sicurezza palestinese che ha voluto mantenere l'anonimato.

(ANSA, 1 dicembre 2013)


Mostre, "Daughters of the King" di Federica Valabrega

Dal 26 novembre al 15 gennaio nella Capitale

 
Federica Valabrega è nata a Roma nel 1983. Vive e lavora tra Roma e New York. Dopo un master in Giornalismo presso l'American University di Washington DC nel 2008, l'anno dopo comincia ad intraprendere la carriera di fotoreporter freelance. Le sue fotografie sono apparse anche sul "New York Times Magazine", sulla rivista online "Burn Magazine", su "The Jewish Week", sulla rete televisiva "JNOne" e sui più importanti quotidiani italiani, tra cui "La Repubblica", "Il Corriere della Sera" e "La Stampa".
Fotogalleria
Un work in progress da esplorare attraverso decine di scatti fotografici puntanto l'obiettivo sul ruolo delle donne ebree ortodosse all'interno delle loro comunita'. E' questo il tema della mostra fotografica di Federica Valabrega alla Ermanno Tedeschi Gallery di Roma dal titolo “Daughters of the King”. Un percorso, tanto artistico quanto personale della giovane fotografa. “Daughters of the King”, che in ebraico suona come "Benot Melech" mette in rilievo i luoghi fino ad ora visitati dall'artista. Dall'America (New York - Brooklyn), le città sacre di Israele (tra cui Gerusalemme), Francia (Parigi), Tunisia (Gerba) e alcune città del Marocco (tra cui Casablanca).
Col suo occhio-obiettivo Valabrega restituisce una visione diversa dagli stereotipi a cui siamo abituati, le sue fotografie permettono di vedere queste donne in un altro modo, pur non trascurando mai la loro carica spirituale. "Daughters of the King - spiega l'artista - è un cammino tramite il quale, dopo tre anni di scatti, di incontri e di amicizie, ho avuto modo di conoscere nel profondo la bellezza spirituale di queste donne così preziose e segrete, seppur all'interno di una società estremamente rigida e regolata da leggi severe sulla privacy e sul rispetto dell'immagine sacra".
Le immagini si presentano come interviste mute che vanno ad imprimersi lungo le pareti della galleria. L'artista si attiene a scelte interpretative che raccontano, attraverso una costruzione d'immagini popolata da dettagli, momenti "rubati" da un contesto privato, intimo, quanto può essere il rapporto tra una persona e la propria religione. Così nascono le fotografie, caratterizzate anche da un sapiente uso di luci essenziali una visione secca dell'immagine che diventa luogo, o meglio "lo specchio" dove riconoscere non una nuova realtà ma un'apparizione autoreferenziale.

(ANSA, novembre 2013)


La Festa delle luci (Chanukkah) a Cosenza

Per quasi 1500 anni le comunità ebraiche residenti in Calabria hanno acceso le luci di Chanukkah, ma dal 1541 i lumi sono rimasti spenti e gli ebrei sono stati costretti a convertirsi, ad andar via oppure a nascondersi. Dopo circa 500 anni, la festa delle luci ha di nuovo illuminato nel 2012 Reggio Calabria. Quest'anno, Chanukkah si celebrerà anche a Cosenza: il 2 dicembre, alle 19.30, in Piazza XI settembre, nel cuore dell'isola pedonale, le luci del candelabro si accenderanno; a condurre il rituale sarà il Rabbino Valter Di Castro, alla presenza di diverse Autorità. Un'accensione che è simbolo di riparazione, come pure di salvaguardia della dignità e della libertà di tutti gli uomini, sia da un punto di vista religioso che civile.

- La storia di Chanukkah
  Chanukkah, o Festa delle Luci, è la festa ebraica che ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme dopo la sua profanazione a opera di Antioco IV Epifane, della dinastia dei Seleucidi. Questi, dominatori della Giudea nel II secolo a.e.v., imposero agli Ebrei di abbandonare le proprie tradizioni, in particolare lo studio e i precetti della Torah. Molti ebrei si assimilarono alla cultura dominante, ma una rivolta armata guidata da un anziano sacerdote della famiglia degli Asmonei portò alla vittoria contro un nemico militarmente molto più forte.
Nei confronti di coloro che minacciavano Israele nella sua vita religiosa e spirituale e costituivano un serio pericolo di perdita della propria identità gli Ebrei seppero reagire e riportare una vittoria che traeva origine proprio dall'adesione ai principi ebraici.
La durata della festa (otto giorni) è spiegata così nel Talmud: quando gli Ebrei riconquistarono Gerusalemme, cercarono l'olio puro per alimentare il candelabro, trovandone, però, solo una piccola ampolla, sufficiente appena per un giorno; tuttavia, per un miracolo, quella piccola scorta d'olio bastò per otto giorni.
A questa storia è legato il simbolo della festa, lo speciale candelabro a otto bracci (più lo shammash, che reca il lume con cui si accendono gli altri) chiamato chanukkiah; le luci vengono accese progressivamente, una in più ogni sera, cosicché solo all'ottavo giorno ardono tutte insieme.
Chanukkah si celebra negli otto giorni dal 25 Kislev al 2 o al 3 Tevet (quest'anno dal 25 Kislev al 2 Tevet, periodo che corrisponde a quello che va dal 28 novembre al 5 dicembre); la sera del 27 novembre (il giorno ebraico comincia, infatti, al tramonto) è stata accesa la prima luce, la sera del 4 dicembre l'ultima.

- Il significato di Chanukkah
  La chanukkiah dev'essere accesa in casa, ma in modo tale che il suo chiarore sia visibile dall'esterno e la luce del Santo, Benedetto Egli sia, possa illuminare tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità o di religione. Per esprimere ancora meglio questa simbologia, da molti anni è tradizione che uno o più di questi candelabri vengano accesi in piazze e luoghi pubblici di molte città.
Gli ebrei credono che ogni anno, nel momento in cui si accende il lume, accada di nuovo il miracolo: quello della sopravvivenza di una minoranza in un mondo che non ha ancora accettato l'idea che si possa essere diversi, ma godendo di uguali diritti. Infatti, Chanukkah ha un significato anche laico, ovvero quello di esprimere pubblicamente la liberta dell'uomo di professare i propri valori.

(strettoweb.com, 1 dicembre 2013)


I limiti del dialogo e una sinfonia stonata

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Il rabbino David Rosen
L'Osservatore Romano del 15 novembre ha pubblicato un'intervista al rabbino David Rosen ("Perché non possiamo essere nemici") nella quale tra l'altro appare questa domanda: "Alla fine di giugno Auschwitz ha ospitato una celebrazione in memoria delle vittime dell'Olocausto a cui hanno partecipato importanti rabbini, cardinali e vescovi e dove è stata eseguita una sinfonia sulla sofferenza. Anche lei era presente. Che cosa ha significato questo atto per gli ebrei?".
Il rabbino Rosen risponde: "Concerti simili sono stati organizzati anche in altri luoghi, ma quello di Auschwitz è stato la testimonianza più potente dell'amore che c'è tra noi".
Ritengo necessario spiegare di cosa si è trattato e per quali motivi mi trovo in dissenso con il rabbino Rosen e gli altri rabbini presenti. Il 23 giugno, nel piazzale antistante l'ingresso di Auschwitz-Birkenau, il Cammino Neocatecumenale ha organizzato la rappresentazione di una sinfonia corale con il titolo significativo "La sofferenza degli innocenti" composta da Kiko Arguello, leader del movimento. Erano presenti sei cardinali, numerosi vescovi ma anche circa 35 rabbini di varie denominazioni, con una discreta rappresentanza ortodossa. Secondo le parole dell'autore, in quest'opera "si presenta la Vergine Maria sotto la croce, contemplando il supplizio di suo figlio, sottomessa allo scandalo della sofferenza degli innocenti nella sua carne, nella carne del suo figlio: 'Ahi che dolore', canta una voce mentre una spada attraversa la sua anima. La sofferenza degli innocenti: uomini gettati per la strada…bambini abbandonati… quella donna … malata di Parkinson abbandonata dal marito… file di donne e bambini nudi che vanno verso le camere a gas".
La Sinfonia è divisa in vari movimenti, con titoli molto indicativi della commistione di simboli e significati: "Getsemani, Lamento, Perdonali, Spada, Shemà Israel, Resurrexit". In precedenza la Sinfonia era stata rappresentata in varie località, tra l'altro a New York e in Israele, sempre davanti a prelati, rabbini e vasto pubblico. Nella scelta delle porte di Auschwitz come sede di una nuova rappresentazione c'era l'intenzione dell'autore e leader di esprimere solidarietà al popolo ebraico vittima della Shoah, nel suo luogo più simbolico, e di sensibilizzare la Chiesa polacca su questo tema. La rappresentazione di Auschwitz e le altre che l'hanno preceduta, sono state accompagnate e seguite da commenti soddisfatti, talora commossi ed entusiastici di alcuni ebrei presenti. Il rabbino David Rosen ha detto: "Abbiamo sperimentato qualcosa di veramente magnifico… questo magnifico opus ha dimostrato una profonda risonanza con l'identità ebraica, con la sofferenza ebraica e con la speranza ebraica". Qualcuno ha mandato un messaggio di saluto in cui si recita nella formula completa, con il nome divino, la benedizione "Shehecheyanu", in cui si ringrazia il Signore di averci fatto arrivare a questo momento. Più cauto il commento del rabbino Naftali Brawer, che non ha mancato di segnalare con un certo imbarazzo le differenze di codici e sensibilità, ma ha scritto "sono stato capace di apprezzare, se non di afferrare interamente, ciò che questi Cattolici premurosi e pieni di compassione cercavano di comunicarmi nel loro linguaggio… Per un breve momento ho afferrato questo senso sfuggente di comunanza quando cattolici ed ebrei sono stati insieme dove un tempo c'erano le porte dell'inferno per ascoltare musica sublime che invocava solidarietà, compassione e anelito universale al cielo".
Benchè invitato all'evento non ho voluto parteciparvi e desidero spiegare le ragioni delle mie perplessità e del mio dissenso. Quest'opera sinfonica, piena di compassione per le vittime innocenti, esprime in forma musicale alcuni temi fondamentali della fede cristiana; alla luce della passione, della sofferenza di Gesù e di sua madre, viene data un'interpretazione alle sofferenze del mondo.
E' sempre in questa chiave di lettura che viene letta e interpretata la sofferenza della Shoah. Dice Kiko Arguello: "Alcuni dicono che dopo l'orrore di Auschwitz ormai non si può credere in Dio… No! Non è vero! Dio si è fatto uomo per caricarsi della sofferenza di tutti gli innocenti…. Questo è quello che ha fatto Gesù: Lui è l'innocente, completamente innocente, l'agnello portato al macello senza aprire bocca, lui si carica con il peccato di tutti". Esprimere questi concetti in rapporto alla Shoah non è una novità per il cattolicesimo; già Giovanni Paolo II nella sua visita ad Auschwitz la definì "Golgota dei nostri tempi", omologando Passione e Shoah. Ma nel caso della Sinfonia di Kiko, questa linea teologica cristiana si accentua per la speciale attenzione all'elemento ebraico che è particolarmente forte nel Cammino Neocatecumenale; nel panorama dei movimenti cattolici il Cammino si distingue proprio per l'amicizia nei confronti del popolo ebraico, la sottolineatura delle radici ebraiche del cristianesimo e l'utilizzo sistematico di elementi ebraici (cosa che lo espone alle critiche di chi nel mondo cristiano denuncia questa "ebraizzazione" del cattolicesimo). Come spiega il musicologo Ignacio Prats Arolas nel sito del Cammino, "la Sinfonia di Kiko Arguello è la prima in cui su un linguaggio musicale ispirato a elementi melodici, timbrici e, in alcuni punti, sintattici del mondo sonoro del giudaismo, si comunicano esplicitamente contenuti cristiani, ovvero la Passione e Resurrezione … in un contesto performativo paraliturgico nel quale si riuniscono ebrei e cristiani… sono proprio certe qualità musicali che hanno spinto la lettura di questa celebrazione in chiave di una 'riconciliazione'".
Sono proprio queste spiegazioni a motivare il mio personale dissenso, che sembrerebbe stonato davanti a una manifestazione così intensa di simpatia e condivisione; un dissenso che si basa su vari argomenti.
La Sinfonia esprime in forma musicale, e con particolare intensità emotiva, un'interpretazione teologica della Shoah. Prima di tutto è una interpretazione, lecita nel campo della fede e della libera ideazione, ma che va contro "il mistero" della Shoah, la sua esclusività, la sua sfida alla ragione, il rischio di dare a tutto questo un senso, soprattutto se di senso sacrificale si tratta; il contesto generale e la specifica collocazione dell'evento (all'ingresso di Auschwitz) dovrebbero imporre la massima cautela, se non il silenzio.
In secondo luogo è una spiegazione teologica basata sui principi della fede cristiana e come tale del tutto aliena, estranea e antitetica all'ebraismo: chi accetta questa interpretazione è già cristiano, fuori dall'ebraismo (e non un ebreo che corona il suo cammino…).
Sempre dal punto di vista teologico questa lettura nei confronti dell'ebraismo è per gli ebrei rischiosa, in quanto riduttiva e sostitutiva del ruolo indipendente dell'ebraismo e del suo autonomo percorso storico e di fede, con particolare riguardo alla sua storia di sofferenza millenaria. E infine, dal punto di vista storico e politico, questa rappresentazione è sfumatura e perdita dei confini, con la preferenza della teologia al tema morale della giustizia, l'elusione del tema della responsabilità, la mancata definizione dell'identità dei carnefici, e la cultura di odio che li aveva formati; evitando, sublimando e interpretando cristianamente si trasforma la Shoah in un evento cristiano. E' questa una delle varie modalità in cui si esprime oggi il processo di cristianizzazione della Shoah. Per tutti questi motivi non riesco francamente a capire quei rabbini che hanno partecipato all'evento, incapaci di distinguere la dovuta gratitudine per la solidarietà espressa dalla lezione teologica e dalla celebrazione paraliturgica, inclusiva e sostitutiva. Non condivido l'opinione di chi ha provato nella Sinfonia "una profonda risonanza con l'identità ebraica, con la sofferenza ebraica e con la speranza ebraica", quando l'identità ebraica è confusa con l'alterità totale, la sofferenza ebraica interpretata e condizionata da categorie inaccettabili per l'ebraismo e la speranza ebraica diventa speranza cristiana.
Immaginiamoci le moltitudini di dannati ebrei reclusi oltre i cancelli del piazzale del concerto, che cosa avrebbero pensato dei rabbini che oggi là davanti si sono commossi per la spada che trafigge la Vergine Maria per i peccati del suo popolo.
Questo evento rappresenta un caso molto emblematico delle difficoltà e dei limiti del dialogo ebraico cristiano, perché ha scoperto, mettendoli insieme, due punti estremamente sensibili: la Shoah e la storia della Passione. Il paradosso del legame speciale tra ebrei e cristiani è che il punto di collegamento, la figura ebraica di Gesù, è anche il punto di rottura.
La costruzione di una nuova fraternità, l'auspicabile comunanza tra ebrei e cristiani nell'orrore di fronte ai mali del mondo, e la 'riconciliazione' tra le due fedi devono passare per il rispetto delle differenze e non per l'accettazione del pensiero e della fede dell'altro, soprattutto quando vengono impiegati per interpretare le memorie più dolorose.

(Pagine Ebraiche, dicembre 2013)


Alcune osservazioni.
 - Anzitutto, per mantenere ben distinti cattolicesimo e cristianesimo, diciamo subito che molti evangelici, tra cui chi scrive, avrebbero potuto tranquillamente visitare Auschwitz insieme a dei rabbini, ma mai l’avrebbero fatto insieme a cardinali o vescovi nell’esercizio delle loro funzioni.
 - Gli incontri istituzionali ad alto livello tra ebraismo e cattolicesimo non possono che essere di tipo politico, cioè basati su polisemiche dichiarazioni di concordia in cui ciascuna delle parti dice di essere d’accordo con l’altra su qualche cosa, riservandosi in caso di necessità di dare l’interpretazione autentica di quello che è stato detto. Interpretazione che alla fine quasi sempre si rivela non essere coincidente con quella dell’altra parte.
 - Rimproverare a personalità ufficiali della Chiesa Cattolica di aver dato la preferenza alla “teologia” invece che al “tema morale della giustizia” significa non aver capito che cos’è il cattolicesimo. Quando la Chiesa Cattolica si muove in modo ufficiale, lo fa sempre in forma teologica. Non può essere diversamente, fa parte dell’autocoscienza della sua identità. Se qualcuno pensa di poter parlare con un papa, o un cardinale, o un vescovo mentre è “in uniforme”, cioè nell’esercizio delle sue funzioni, sperando che in quel momento il suo interlocutore si separi dalla sua autocoscienza teologica e parli e agisca come semplice cittadino del mondo, fraintende in modo grave la persona che gli sta davanti, e in un certo senso gli fa torto, perché si aspetta da lui qualcosa che non gli ha promesso e neppure gli può dare.
 - Il fatto che in questa occasione la teologia della Chiesa Cattolica sia emersa in modo più evidente ha disturbato il rabbino Di Segni, ma bisogna dire che è sempre stato così, anche in precedenti occasioni. E’ stato così nell’ultima visita del papa alla Sinagoga di Roma, il 17 gennaio 2010, quando Ratzinger pensò di trovare un terreno comune sul piano della morale facendo riferimento ai dieci comandamenti, come se questo non fosse un tema altamente teologico, come se non dividesse i cattolici dagli ebrei, dato che la Chiesa Cattolica ne ha tolto uno, quello che vieta le immagini, e ha trasformato il precetto dello Shabbat in un generico “Ricordati di santificare le feste”, dove per feste intende ricorrenze come domenica, Natale, Capodanno, Assunzione di Maria, Ognissanti, Immacolata Concezione e altre ancora.
 - La Chiesa Cattolica si muove sempre in modo teologico, ma molti non sanno capire le varie forme del suo linguaggio. Una di queste forme è il linguaggio dei gesti. La Chiesa Cattolica si autocomprende come un’istituzione sacramentale, non solo e non tanto per quello che dice, ma per i gesti che compie, che sono intesi come strumento di universale salvezza e benedizione per il mondo. Dall’alto del Vaticano il papa impartisce la sua benedizione “Urbi et Orbi” e questo è sufficiente a far sì che essa arrivi a tutti, che lo si voglia o no. Ma in qualche caso, per far giungere la cattolica benedizione è necessario andare di persona sul posto, come nel caso di Auschwitz. Un problema simile, anche se in forma più sfumata, si era già posto nel 2006 con la visita di Ratzinger al campo di sterminio polacco. “Notizie su Israele” ne parlò a suo tempo con un articolo dal titolo “La Cattedra di San Pietro sta al centro del mondo”.
 - Il rabbino Di Segni dice inoltre: “Il paradosso del legame speciale tra ebrei e cristiani è che il punto di collegamento, la figura ebraica di Gesù, è anche il punto di rottura”. Questo è storicamente vero se si parla, appunto, di “figura” di Gesù. Ma la figura è un’immagine, e come gli ebrei ben sanno, le immagini, anche quelle ideali che gli uomini si costruiscono con grande fantasia, sono idoli. Nessuna difficoltà quindi a riconoscere che una certa “figura” di Gesù sia idolatrica, e quindi divida gli ebrei dai cristiani; ma ad operare la divisione è una “figura” di Gesù costruita dalla storia della cristianità, non la Persona di Gesù. Non è nella storia della cristianità o nella politica che si incontra la Persona di Gesù, ma soltanto nei testi biblici comunemente detti dai cristiani Antico e Nuovo Testamento. Gli evangelici non riconoscono nessuna “figura” di Gesù che non emerga direttamente dai testi sacri. E se è qui che nasce la divisione, perché non si cerca un confronto su quei testi? M.C.


Avellino - Vedere l'Altro, vedere la Shoah.

Alla Perna-Alighieri c'è Paolo Coen

 
Paolo Coen
Martedì 3 dicembre 2013, presso l'Istituto Comprensivo "Perna-Alighieri " di Avellino, diretto dalla professoressa Ida Grella, il professor Paolo Coen incontra gli alunni della Scuola Secondaria di I grado sul tema "Vedere l'Altro, vedere la Shoah", titolo dell'ultima sua pubblicazione .
Paolo Coen si è formato nel corso degli anni con studiosi come Giuliano Briganti, Mino Gabriele, Marisa Dalai, Bruno Toscano ed Enrico Castelnuovo. Dal 2007 è uno degli organizzatori della Giornata della Memoria dell'Università della Calabria e dal 2009 direttore scientifico del Corso in storia e didattica della Shoah per insegnanti delle scuole medie e superiori. Specialista negli studi di iconologia, di museologia e di sociologia dell'arte, Paolo Coen ha al suo attivo alcune decine fra libri, saggi e articoli, pubblicati in Italia e all'estero. Nel 2011 è stato l'ideatore e poi organizzatore, con Luciano Violante e David Meghnagi, della Rete Universitaria per il Giorno della Memoria, presentata ufficialmente a Montecitorio il 24 gennaio 2012.
Nel corso della giornata sarà esposta , nell'auditorium dell'Istituto sito in via Maffucci n.5 ad Avellino una mostra patrocinata all'ambasciata di Israele a Roma.
Gli alunni impegnati in un progetto dal titolo " Vivere la memoria " presenteranno i loro lavori alla presenza agli illustri ospiti della manifestazione.

(il Ciriaco, 1 dicembre 2013)


Fitch Ratings aumenta l'outlook di Israele da 'stabile' a 'positivo'

GERUSALEMME, 1 dic. - Fitch ha rivisto l'outlook sul rating di Israele a 'positivo' da 'stabile'.La revisione delle prospettive riflette il miglioramento delle finanze pubbliche da parte del nuovo governo. Fitch ha osservato che il governo è impegnato in un programma credibile a medio termine per una ulteriore riduzione del deficit di bilancio.

(Adnkronos, 1 dicembre 2013)


La presenza ebraica nella storia reggina

di Luigi Palamara

Si svolgerà giovedì 5 dicembre 2013, alle ore 17:00, presso la Sala Conferenze dell'Archivio di Stato di Reggio Calabria, la presentazione del libro "La presenza ebraica nella storia reggina" di Felice Delfino (Disoblio Edizioni). Nel corso dela presentazione, moderata da Maria Francesca Fassari (Redattrice), interverranno: Mirella Marra (Direttrice Archivio di Stato di Reggio Calabria), Eduardo Lamberti Castronovo (Assessore alla Cultura e Legalità Provincia di Reggio Calabria), Riccardo Consoli (Ricercatore Università Mediterranea di Reggio Calabria), Natale Zapalà (Ricercatore Università degli Studi di Messina), Salvatore Bellantone (Disoblio Edizioni). Sarà presente l'autore.
La presenza ebraica nella storia reggina ripercorre la storia del popolo ebraico nel territorio della provincia di Reggio Calabria, dalla diaspora (VIII-VI sec.) alla cacciata del 1541. Analizzando i rapporti degli ebrei con i vari dominatori (Romani, Bizantini, Normani, Svevi, Angioini, Aragonesi), l'opera mette a fuoco le principali tracce ebraiche antiche rimaste in terra reggina e le principali località reggine in cui le comunità ebraiche hanno trovato dimora. Evidenziando le influenze ebraiche nell'onomastica e nella lingua locale, l'opera traccia poi un excursus delle condizioni economiche della società calabrese dall'età tardo-antica al periodo borbonico, ricalcando l'incisività delle comunità ebraiche sull'economia calabrese, per mezzo delle arti, dei mestieri e delle attività nelle quali gli ebrei si sono dimostrati dei maestri.
Felice Francesco Delfino è nato nel 1979 a Oppido Mamertina (RC). Nel 2009 ha conseguito il Magistero presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Mons. Zoccali" di Reggio Calabria e per due anni ha insegnato religione e cultura storico-sociale presso la Do.Mi. di Villa San Giovanni. Da anni collabora con alcune riviste di storia locale, religiosa ed ebraica, per le quali pubblica alcuni articoli e saggi. Attualmente vive a Catona (RC).

(Mnews.it, 1 dicembre 2013)


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