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Notizie dicembre 2013
Ghigno francese
di Giulio Meotti
Quando ha presentato la sua lista politica "antisionista" alle elezioni quattro anni fa, Dieudonné M'bala M'bala ha scelto un manifesto in cui una ventina di persone ridono, spensierate, fissando l'obiettivo, e lui fa il saluto romano all'incontrario. Adesso quel gesto, la "quenelle" che spopola in Francia e sui campi da calcio, rischia di essere messo fuori legge dal ministro dell'Interno, Manuel Valls. Ma sarebbe un errore bollare di "nazismo" Dieudonné, come fanno molti. Il comico parigino è infatti un campione dell'"islamo-progressismo" della Francia, secondo la categoria coniata da Catherine Kintzler. I suoi monologhi fanno il tutto esaurito e la star Dieudonné viene sempre accolta da folle che gridano "viva Dieudonné, viva la libertà d'espressione".
C'è chi lo chiama "il Malcolm X francese". La chiave del suo successo sta innanzi tutto nel meticciato: etnico prima di tutto, perché Dieudonné ha madre bretone e padre camerunense; ma soprattutto religioso ("io sono un islamico-cristiano", dice di sé il cabarettista). Dunque il comico è "l'indigeno de la République". Poi, anche fisicamente, Dieudonné rende pop il disprezzo per gli ebrei. Sarà la sua faccia paffuta, tosta, barbuta, dilatata su una perenne e crassa risata che affascina l'alta aristocrazia parigina. Dieudonné è un pezzo importante della Francia musulmana e militante "di sinistra". Almeno secondo "La galaxie Dieudonné" (Editions Syllepse), il libro-inchiesta di tre giornalisti: "Nonostante le provocazioni, Dieudonné continua a beneficiare di un capitale di simpatia non trascurabile. Tanto più pericoloso perché il suo è un progetto politico ambizioso".
Il problema di Dieudonné è che con lui l'antisemitismo fa ridere. Prima diventa una boutade e un paradosso. Poi si trasforma in un gesto dadaista e di rifiuto del sistema. Infine si muta in un capo di accusa contro il mittente ("ero schiavo, non datemi del razzista"). Dieudonné fa ridere quando va in prima serata tivù a dire che "con la bandiera israeliana mi ci pulisco il culo". Fa ridere quando vola a Teheran per incontrare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e raccoglie fondi per un nuovo film che "sbeffeggia l'Olocausto". Fa ridere quando, al rientro in Francia, si permette di dire di aver "strappato dal libro di storia di mia figlia le pagine sull'Olocausto" e definisce il sionismo "l'Aids del giudaismo". Fa ridere quando allo Zénith, la megasala nel centro di Parigi con una capienza di 6.000 posti, invita sul palco il negazionista Robert Faurisson, noto per aver negato le camere a gas, e lo fa premiare da un finto deportato nei campi di concentramento con tanto di stella gialla.
Poi c'è che Dieudonné accontenta tutti: al pubblico di sinistra getta in pasto il discorso sullo schiavismo bianco, l'antiamericanismo e il colonialismo, dunque il mai sopito senso di colpa; nei giovani eccita il risentimento delle periferie, degli esclusi, dei paria; ammicca alla destra di Alain Soral con il nazionalismo antieuropeista, e soprattutto nei musulmani scalda il turpiloquio contro lo stato ebraico.
La "quenelle" di Dieudonné incarna un rancore, un livore, una passione occulta, quella del povero contro il ricco, dell'immigrato contro il nativo, dei non ebrei contro gli ebrei, di tutti contro Israele. Quando Dieudonné dice che il suo gesto è "un simbolo di disobbedienza al sistema", lui si riferisce a un sistema giudaico. Quando Dieudonné va in tivù a dire al giornalista ebreo Eric Zemmour: "Ti sei mai visto in faccia? Sembri un dromedario", aggiungendo: "Avete tradito il Maghreb e tu continui a farlo", la gente ride, perché un po', sotto sotto, la pensa così. Infine, si crepa dalle risate quando Dieudonné evoca "le camere a gas" per il giornalista di France Inter, Patrick Cohen. In quel ghigno, in questo cabaret creolo, c'è il segreto della popolarità dell'antisemitismo.
(Il Foglio, 31 dicembre 2013)
Israele - Kasher, più controlli per la qualità
La guerra ai prodotti scadenti e fuorilegge coinvolge il mondo della ristorazione da sempre. Si pensi ad esempio al caso esploso in Inghilterra sulla carne di cavallo, dove ai consumatori venivano spacciati hambuger di vitello a cui in realtà veniva mischiata della carne equina. Oppure ancora l'eterna battaglia contro le imitazioni, vedasi il caso del Parmigiano Reggiano. In Israele c'è un'altra guerra che sta a cuore a clienti e consumatori, la verifica che il cibo sia realmente kasher, ovvero "adatto" o "conforme" alla legge alimentare ebraica. E per contrastare il fenomeno della contraffazione del marchio kasher, che costituisce una vera e propria truffa, il governo israeliano ha proposto una legge per potenziare i poteri di chi è preposto al controllo della kasherut: gli ispettori del Rabbinato centrale di Israele. O, come li ha definiti la stampa israeliana in questa nuova formulazione, la polizia della kasherut.
Fino a ora i funzionari, che fanno parte dell'unità di prevenzione dalle frodi in materia di cibo kasher, non potevano fare le verifiche senza il permesso preventivo dei ristoratori né prendere campioni di cibo per esaminarli - controlli necessari onde evitare la presenza di prodotti non conformi ai precetti ebraici, come l'utilizzo di derivati di latte in piatti di carne. Ora, tra i poteri che la nuova legge garantirà agli ispettori, c'è la possibilità di chiedere ogni informazione o documentazione utile per la verifica della carne kasher; entrare, senza previa autorizzazione dei titolari, nei ristoranti o nelle aziende alimentari; confiscare prodotti privi della certificazione kasher. I funzionari, per poter compiere il proprio lavoro ed esercitare i citati poteri, dovranno vestire in uniforme e presentare un distintivo in cui sono indicate posizioni e generalità.
La norma, criticata da alcuni ristoratori, preoccupati che le leggi più stringenti li trasformino di fatto in veri e propri criminali, è "essenziale e necessaria", secondo il ministro firmatario rav Eli Ben-Danan. "La proposta servirà a ridare fiducia alle persone nel marchio kasher, che ha sofferto in questi ultimi anni di una cattiva immagine dovuta a comportamenti scorretti dei singoli", ha affermato il ministro. Secondo Ben-Danan "gli ispettori hanno dovuto confrontarsi fino ad ora con la propria mancanza di autorità e come risultato sono stati percepiti come deboli dai criminali, che uscivano impuniti dalle frodi, mentre agli occhi della gente non avevano gli strumenti per compiere il proprio dovere". Questa legge vorrebbe cambiare, quindi, la situazione perché i prodotti siano di qualità e "adatti".
(Notiziario Ucei, 31 dicembre 2013)
Terroristi liberi in cambio di alloggi. Uno scambio assurdo
Le autorità israeliane hanno rilasciato il terzo gruppo di terroristi palestinesi nel quadro di un accordo con ANP e Stati Uniti per la ripresa dei colloqui di pace. In totale sono stati rilasciati altri 26 terroristi, tutti condannati per omicidio di civili o militari israeliani.
I terroristi, dei quali 23 sono stati trasferiti in Cisgiordania e tre a Gaza attraverso il valico Erez, sono stati accolti come eroi dai loro famigliari e da una discreta folla di fanatici. Di contro i famigliari delle vittime israeliane hanno manifestato contro la loro liberazione fino all'ultimo momento senza però ottenere che la scarcerazione dei terroristi venisse sospesa....
(Right Reporters, 31 dicembre 2013)
L'alternativa tra il boicottaggio e i razzi
"Se l'alternativa è tra il boicottaggio europeo e razzi sparati da Nablus, Jenin e Ramallah sulle città nel cuore d'Israele e sull'aeroporto Ben Gurion, allora preferisco il boicottaggio europeo". Lo ha detto lunedì il Ministro della difesa israeliano Moshe Ya'alon intervenendo alla conferenza della testata economica Calcalist,e ha aggiunto: "Chi pensa che il conflitto si possa concludere sulle linee del '67 si sbaglia". Ya'alon ha dato del "paternalista" all'Occidente che "viene a spiegare a noi, con tutta l'esperienza che abbiamo sul campo, dove fraintendiamo il conflitto israelo-palestinese, mentre dovremmo spiegare noi all'Europa dove sbagliano". Secondo Ya'alon, alcuni in Occidente sono ossessionati dalla soluzione del conflitto israelo-palestinese come se fosse la soluzione a tutti i problemi del Medio Oriente, quando la realtà dimostra che i problemi in Tunisia, Siria, Egitto "non hanno nulla a che fare con Israele". "Noi non vogliamo governare sui palestinesi" ha concluso, ma l'attenzione dovrebbe concentrarsi su "aiutare i palestinesi a migliorare economia, governo, istituzioni, tribunali e soprattutto l'istruzione".
(israele.net, 31 dicembre 2013)
Capodanno a Tel Aviv: una giornata senza fine
E' una delle città più divertenti del mondo. Ideale per passarci la fine dell'anno. Ecco come si vive un 31 dicembre tipico a Tel Aviv.
Se compare tra le 10 città più divertenti del mondo un motivo ci sarà. Tel Aviv è giovane, internazionale, ricca, cosmopolita.
Il clima mite (forse non quest'ultimo anno, visto che ha nevicato persino a Gerusalemme) ed il mare le garantiscono condizioni ideali. Tanto che ci sono i surfisti tutto l'anno.
La serata dell'ultimo dell'anno può cominciare con un buon aperitivo, magari proprio nei locali sul lungo mare. Molto Lounge. Oppure avventurandosi in zone più interne e già più "caotiche".
Per una cena ideale, una bella scorpacciata di carne nei pressi di Neve Tzedek, accompagnata da vino israeliano, più o meno kosher, ma sempre squisito.
Poi per ballare c'è l'imbarazzo della scelta. Ci sono locali di tutti i tipi. Come il Gossip, o il folle The Cat and The Dog, dove sembra letteralmente di essere a New York.
Per poi proseguire sulle strade della movida come Sheinkin Street fino al ricco e pulsante Rothschild Boulevard. Grattacieli,luci e traffico come se fosse giorno.
Ma se si vuole un po' di riparo, un po' di tranquillità e di romanticismo, basta tornare sulle passeggiate ondulate che si affacciano sul lungo mare.
Oppure scendere verso Old Jaffa, la città vecchia, e perdersi nei sui vicoli affascinanti. Insomma. E' proprio per tutti i gusti. Buon Anno Tel Aviv!
(travelblog, 31 dicembre 2013)
Iran - Cristiani arrestati mentre celebravano la Messa di Natale
Secondo quanto riporta il sito Mohabat News, notizia ripresa poi da altre testate online, cinque cristiani iraniani sono stati arrestati la notte di Natale mentre stavano celebrando la liturgia nell'abitazione di uno di loro nella capitale Teheran. Gli agenti avrebbero fatto irruzione nella casa proprio mentre si teneva la Messa. Agli arresti sono finiti il signor Hosseini, Ahmad Bazyar, Faegheh Nasrollahi, Mastaneh Rastegari, e Amir-Hossein Ne'matollahi. Oltre all'arresto, la polizia ha sequestrato computer, libri cd e un ricevitore satellitare. Un vicino di casa, che stava osservando quello che avveniva, è stato minacciato se non fosse rimasto in silenzio, ma non ha potuto evitare che la sua abitazione venisse perquisita e fosse anche picchiato per imporgli di rimanere in silenzio. Al momento non si ha alcuna notizia di dove siano stati incarcerati i cinque cristiani e in che condizioni siano. Non è la prima volta che dei cristiani vengono arrestati in Iran durante il periodo natalizio, anzi è consuetudine di tutti gli anni.
(ilsussidiario.net, 31 dicembre 2013)
Israele - Punizione da 35 metri: la parabola è perfetta
Complice il portiere colpevolmente fuori dai pali, David Solari - fratello del Santiago Solari che ha giocato nel Real Madrid dal 2000 al 2005 - mette a segno una punizione pazzesca da poco più di 35 metri di distanza dalla porta del Maccabi Haifa. La parabola del calciatore dell'F.C. Ashdod è perfetta ma inutile: la sua squadra perderà per 2-1 l'incontro valido per la massima serie del campionato israeliano.
(la Repubblica, 31 dicembre 2013)
"Le violenze contro i cristiani saranno punite", dice il presidente Peres
Importante riconoscimento, quello rilasciato dal presidente israeliano Simon Peres durante un incontro con il patriarca greco Teofilo III e i leader delle altre minoranze cristiane residenti in Israele. Peres ha promesso che tutti coloro che effettueranno attacchi o atti di vandalismo contro i cristiani e i loro edifici religiosi, saranno perseguitati e puniti dalla giustizia. In particolare, Peres ha voluto sottolineare come lo stato israeliano continuerà a garantire il pieno accesso ai tutti i siti religiosi cristiani. Lo stato di Israele, ha detto, non tollererà alcuna aggressione contro i membri del clero e i fedeli né alcun crimine di tipo religioso: "coloro che se ne renderanno artefici saranno portati a giudizio della legge". In particolare, si è detto particolarmente irato per gli insulti a membri del clero cristiano che si sono registrati negli ultimi mesi. Protagonisti di questi atti così come di attacchi nei fronti di proprietà cristiane, sono in particolare i giovani nazionalisti ebrei. Costoro, è stato detto, non rappresentano gli autentici valori ebraici. Da parte sua, il patriarca di rito greco Teofilo ha ringraziato, seppur aggiungendo che si deve fare di più, soprattutto per la protezione dei luoghi di culto.
(ilsussidiario.net, 30 dicembre 2013)
Sanità, autismo: Israele indaga i processi neuro-emozionali
A Roma l'11 e il 12 gennaio il convegno Ido-Milman Center per nuove prospettive di ricerca.
'Verso una mente binoculare: una prospettiva psicodinamica dello sviluppo nell'autismo'. Da qui parte la ricerca scientifica israeliana del Milman center di Haifa, che sarà presentata l'11 e 12 gennaio a Roma nell'ambito della conferenza internazionale promossa dall'Istituto di Ortofonologia (IdO) su 'La nascita del simbolismo nella terapia diadica con il bambino autistico', presso l'Aula magna dell'Istituto comprensivo Regina Elena in via Puglie 6,dalle ore 9 alle 18.30. Il concetto di "mente binoculare - spiega Ayelet Erez, psicologa clinica dell'età evolutiva e dell'educazione (Israele) - fa riferimento ai processi neuro-emozionali nell'autismo all'interno di sistemi complessi e dinamici. È un nuovo approccio integrativo nel campo della scienza che unisce i processi e le idee di fisica, biologia, ecc.". La ricerca indaga da tempo sui "misteriosi sintomi del disturbo autistico - prosegue l'analista - intrecciando lo studio dello sviluppo infantile e le teorie relative al disturbo dello spettro autistico all'esperienza clinica. Ne è derivata una nuova comprensione dei fattori alla base del disturbo e del loro potenziale di cambiamento non lineare all'interno di una terapia" che sarà presentata nella due giorni romana. L'approccio "interculturale, che deriva dalla profonda cooperazione scientifica israelo-italiana, ci ha consentito di dare vita ad una prospettiva più ampia sul tema dell'autismo - sottolinea la psicoterapeuta - portandoci a definire metodi unici per la sue diagnosi e trattamenti nella prima infanzia".
Ayelet Erez ha conseguito un dottorato di ricerca alla Leiden University con il professor VanIJendoorn sull'attaccamento e la sensibilità materna. Ha inoltre insegnato all'Università di Haifa, dopo essersi specializzata in psicoterapia psicodinamica, con una particolare attenzione al rapporto genitore-bambino nell'autismo precoce. La studiosa mantiene ben unite le due dimensioni della ricerca e della clinica nell'autismo e lo fa insieme ai colleghi israeliani Hanna Kaminer, Yaniv Edelstein e Motti Gini, psicologi clinici e dello sviluppo che lavorano in uno dei principali centri per l'autismo in Israele. "Ad Haifa adoperiamo per l'autismo un modello di lavoro basato su una prospettiva intersoggettiva, attraver so una psicoterapia genitore-bambino. Questa conferenza internazionale - conclude Erez - è un altro importante passo per la nostra cooperazione reciproca". I relatori del convegno saranno Ayelet Erez, psicologa clinica dell'età evolutiva e dell'educazione (Israele); Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell'età evolutiva; Hanna Kaminer, psicologa clinica e dello sviluppo (Israele); Motti Gini, psicologo dello sviluppo (Israele); Yaniv Dolev Edelstein, psicologo clinico (Israele). Al termine del convegno verrà rilasciato un attestato di partecipazione ma, dato il numero limitato di posti, è necessario registrarsi.
(il Velino, 30 dicembre 2013)
Germania - Scoperti al Bundestag due quadri rubati dai nazisti ad ebrei
BERLINO, 30 dic. - Scandalo al Bundestag dove uno storico dell'arte ha trovato tra le opere d'arte esposte nel Parlamento tedesco due dipinti che risultano essere parte dell'enorme bottino trafugato dai gerarchi nazisti a collezionisti ebrei. Non solo. Uno dei due quadri faceva parte del tesoro di Corneliu Gurlitt, il collezionista che aveva ottenuto le opere d'arte moderna, confiscate agli ebrei, in quanto "arte denegerata" (Entartete Kunst) secondo i dettami di Adolph Hitler. Collezione scoperta lo scorso mese nell'appartamento a Monaco del figlio e stimata 1 miliardo di euro.
A dare la notizia il tabloid Bild, il quotidiano piu' letto in Germania con 3 milioni di copie. L'ufficio stampa del Bundestag ha sottolineato che al momento si tratta solo di "un caso sospetto" e che le verifiche sui capolavori del Bundestag, iniziata del 2012, non e' ancora completata. I quadri rappresentano 'Il cancelliere Buelow che parla al Reichstag (il vecchio nome dell'attuale Bundestag), opera del 1905 di Georg Waltenberger ed un litografia 'Strada di Koenigsberg' di Lovis Corinth.
La collezione d'arte del Parlamento tedesco comprende 4.000 oggetti e di 108 non si e' ancora riusciti a ricostruire la provenienza.
(AGI, 31 dicembre 2013)
I violini 'deportati' suoneranno insieme per non dimenticare la Shoah
Il prossimo 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, si terrà all'Auditorium Parco della Musica di Roma, un concerto in cui saranno suonati dodici violini e un violoncello salvati dai campi di concentramento.
Il prossimo mese, in occasione della Giornata della Memoria, l'Auditorium Parco della Musica di Roma ha organizzato un evento concertistico molto particolare e toccante che vedrà sul palco un violoncello e dodici violini scampati alla Shoah. Gli strumenti a corda, che sono stati restaurati dal liutaio ebreo che li ha ritrovati, Amnon Weinstein, saranno suonati per la prima volta insieme.
La giornata del 27 gennaio 2014, organizzata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dall'Università Ebraica di Gerusalemme e dall'Associazione BrainCircleItalia, sotto l'egida della Presidenza del Consiglio, rappresenterà il 69mo anniversario della liberazione degli ebrei deportati nei campi di concentramento nazista.
Tra i violini che suoneranno all'Auditorium ci sarà quello che veniva usato da una delle piccole orchestre di Auschwitz come accompagnamento per i deportati nelle camere a gas, quello che venne lanciato fuori da un treno diretto nei campi di concentramento (raccolto e conservato da un contadino polacco); ci saranno i violini usati dall'Orchestra Filarmonica della Palestina (successivamente diventata l'Orchestra di Israele) e quelli degli ebrei che fuggirono negli Stati Uniti.
Nella Sala Sinopoli dell'Auditorium si esibirà la Juni Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia (composta dai musicisti dai 14 ai 21 anni) diretta dal maestro Yoel Levi della Symphony Orchestra di Seoul. Tra gli ospiti della serata, inoltre, ci saranno numerosi violinisti come Cihat Askin, Shlomo Mintz, Francesca Dego (46 componenti della sua famiglia non sopravvissero ai lager) e Ermir Abeshi. Simbolica ed importante sarà anche la presenza del musicista tedesco Alexander Hülshoff che farà suonare il violoncello di David Popper, figlio del Cantore del Ghetto di Praga ucciso brutalmente il 19 gennaio 1945.
La serata sarà presentata dall'attrice Manuela Kustermann che racconterà agli spettatori la storia di ogni strumento musicale e degli artisti ebrei che li possedevano. Il concerto sarà ad ingresso gratuito e verrà trasmesso in diretta su Canale 5. Sarà un momento eccezionale da non perdere per mantenere vivi il ricordo e la speranza.
(bloglive, 30 dicembre 2013)
Ricerca israeliana scopre il meccanismo di resistenza dei batteri "persistenti"
ROMA 30 dic. - I ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme hanno scoperto uno dei meccanismi con cui i batteri "persistenti" riescono a resistere agli antibiotici: è quanto riporta il sito di Science Daily.
I batteri persistenti non sono propriamente resistenti agli antibiotici: piuttosto, entrano in una fase latente per poi risvegliarsi una volta terminata la terapia e riprendere la loro attività.
La ricorca ha dimostrato che quando gli antibiotici attaccano questo tipo di batteri una tossina contenuta nei batteri stessi e denominata HipA disabilita il meccanismo per la costruzione delle proteine: ciò viene interpretato come un segnale di "carestia" da parte dei batteri, che entrano in una fase latente nella quale sono in grado di sopravvivere.
(TMNews, 30 dicembre 2013)
I legami tra Chewin-gum e mal di testa in uno studio israeliano
Dall'Università di Tel Aviv arriva uno studio sui legami tra Chewin-gum e mal di testa. Masticare troppo può causare cefalea, un problema che può diventare molto pericoloso sopratutto per bambini e teenagers che masticano gomme di giorno e di notte. Secondo i ricercatori israeliani, inoltre, il Chewin-gum sarebbe da evitare per chi soffre di emicrania.
Lo studio condotto su un campione di 30 ragazzi che sofforno di cefalea intensiva è stato pubblicato dalla rivista Pediatrics Neurology. I ragazzi presi come campione sono stati osservati masticare chewin-gum per molte ore al giorno, una media superiore alle 4 ore. Sospendendo l'uso di gomme da masticare è stato riscontrata una notevole riduzione del mal di testa.
Masticando per molte ore infatti sia la mandibola che la zona temporale del cranio vengono sottoposti ad uno stress continuo che causa attacchi di cefalea che possono risultare sempre più gravi.
(ConsulenzaBenessere, 30 dicembre 2013)
Incidenti a casa di Netanyahu per la liberazione di detenuti palestinesi
Decine di ebrei hanno superato la scorsa notte i recinti di protezione della residenza del premier Benyamin Netanyahu a Gerusalemme per protestare contro l'imminente liberazione di 26 detenuti palestinesi, nel contesto degli sforzi di pace intrapresi dal segretario di Stato Usa John Kerry. "'Bibi' (Netanyahu), e' ora che tu ti svegli", hanno scandito per circa mezz'ora, prima di essere dispersi dalla polizia, colta di sorpresa dalla manifestazione notturna. Nelle stesse ore altri gruppi di manifestanti hanno dato fuoco a pneumatici in uno dei principali ingressi di Gerusalemme e hanno brevemente interrotto il traffico. La liberazione di quei detenuti (terzo scaglione di quattro concordati fra Israele e Anp) e' particolarmente traumatica per la popolazione israeliana perche' si tratta di palestinesi condannati per gravi atti di terrorismo. Fra questi, il lancio di una bottiglia incendiaria che nel 1987 provoco' il rogo di un autobus civile in cui bruciarono una madre con i suoi tre figli ed un soldato che aveva cercato di trarli in salvo. La liberazione dei detenuti avverra' nella nottata di oggi.
(Fonte: Rtv SanMarino, 30 dicembre 2013)
Oltremare - L'arancione
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
Avventure templari
Il tempo a Tel Aviv
Il centro del mondo
Kaveret, significa alveare ma è una band
Shabbat & The City
Tempo di Festival
Rosh haShanah e i venti di guerra
Tashlich
Yom Kippur su due o più ruote
Benedetto autunno
Politiche del guardaroba
Suoni italiani
Autunno
Niente applausi per Bethlehem
La terra trema
Cartina in mano
Ode al navigatore
La bolla
Il verde
Il rosa
Il bianco
Il blu
Il rosso
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di Daniela Fubini, Tel Aviv
I miei ritorni in Israele dopo vacanze italiane sono spesso notturni, e all'arrivo sopra Tel Aviv tutta la città, anzi tutto il Gush Dan almeno, la macrocittà agglomerata, è una fitta ragnatela arancione di luci. Da terra, giuro, sono bianche, ma dall'altezza dei dieci minuti prima dell'atterraggio tutti i lampioni e l'illuminazione delle autostrade prendono una tonalità di tenue arancio, che pare estendersi da Haifa a Gaza senza soluzione di continuità.
L'alba è ancora molto lontana, è il momento più buio e più freddo della notte, ma la notte per me di solito non c'è proprio stata. Il check-in è sempre più remoto e notturno a Malpensa, dove El Al è un appestato in quarantena permanente, senza più alcun contatto con il resto dell'aeroporto. Un corridoio lunghissimo porta ai banchi dei check-in molto pericolosi o molto protetti, non so che cosa mi piace di meno. Ghetto effettivo se non dichiarato.
Per fortuna, dall'alto del mio passaporto israeliano, il passaggio della sicurezza è da anni ormai una chiacchierata spensierata con un/una giovane che si annoia tremendamente a fare le stesse quattro domande a tutti i passeggeri, e mi diverto a fare il contro interrogatorio. E' spesso la prima volta che posso parlare in ebraico, dopo la sospensione nello spazio e nel tempo che è la vacanza. Ta'anug (un piacere)!
Ora che si parte sarebbe davvero ora di dormire, ma è raro che io ci riesca. Quindi all'arrivo le luci arancioni di casa sono molto benvenute perché significano l'avvicinarsi del mio proprio cuscino. E anche una sola ora di sonno a quel punto è un miraggio. Soprattutto se il volo è stato un coro di pianti di peraltro adorabili bambini, e chiacchiere del personale di bordo, e qualche scossone sopra la Grecia, e il vicino di sedile che russa sonoramente.
Viva l'arancione, colore prima dell'alba, che vuole dire che sono tornata a casa mia.
(Notiziario Ucei, 30 dicembre 2013)
Immigrati in Israele nel 2013
Secondo i dati diffusi dallAgenzia Ebraica e dal Ministero per l'immigrazione e l'assorbimento, nel 2013 si sono stabiliti in Israele circa 19.200 nuovi immigrati, marcando un lieve incremento rispetto ai 18.940 ebrei immigrati nel 2012. Il 2013 ha visto un incremento complessivo del 35% degli immigrati dall'Europa occidentale.
L' aumento più notevole è stato quello dalla Francia: 3.120 immigrati rispetto ai 1.916 del 2012 (+63%).
Il più consistente gruppo di immigrati nel 2013 è arrivato dai paesi dell'ex Unione Sovietica (7.520) e dall'Europa orientale.
In aumento anche gli immigrati da Australia e Nuova Zelanda (+46%) e dal Sud Africa (+19%).
Nel 2013 sono giunti in Israele anche 245 ebrei da paesi del Medio Oriente (+4% rispetto allo scorso anno), e 74 dalla Turchia.
In calo, invece, del 44% l'immigrazione dall'Etiopia per via della conclusione dell'Operazione "Ali di Colomba" che ha portato in Israele 1.360 ebrei nel 2013 contro i 2.432 dell'anno precedente.
Calati anche gli immigrati da Stati Uniti e Regno Unito.
Circa il 60% degli immigrati nel 2013 hanno meno di 35 anni d'età. Come l'anno scorso, si registra una lieve maggioranza donne rispetto agli uomini. L'immigrato più anziano è stato un ebreo di 103 anni proveniente dagli Stati Uniti, mentre il più giovane, sempre dagli Stati Uniti, aveva cinque settimane di vita.
(israele.net, 30 dicembre 2013)
Mar Morto, l'ultima frontiera del ciclismo
Cresce l'attesa, tra gli appassionati israeliani di ciclismo, per la Gran Fondo che si svolgerà nel fine settimana nella regione del Mar Morto. Un evento unico nel suo genere che porterà oltre cinquecento sportivi, tra cui alcuni italiani, su strade mai esplorate in una corsa ufficiale (anche se non professionistica). Partenza e arrivo a Ein Bokek. In tutto 155 chilometri all'ombra della Fortezza di Masada, delle grotte di Qumran, delle gole desertiche e dei luoghi in cui è stata scritta la storia dell'umanità intera.
Prevista inizialmente a metà dicembre, la corsa è stata rinviata a gennaio a causa della fitta nevicata delle scorse settimane che ha reso impossibile il completamento della fase organizzativa e logistica.
Per i cultori del ciclismo un nuovo appuntamento indimenticabile a pochi mesi dalla Gran Fondo organizzata a Gerusalemme dal Giro d'Italia in autunno.
(Notiziario Ucei, 30 dicembre 2013)
Mosca passa all'incasso in Siria: i russi si aggiudicano concessioni di gas e petrolio
di Gianandrea Gaiani
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La mappa dei giacimenti off shore siriani |
Dopo aver scongiurato i raids aerei e missilistici franco-americani sui Damasco, rifornito di armi l'esercito di Bashar Assad e sostenuto il suo regime al Consiglio di Sicurezza dell'Onu la Russia passa all'incasso in Siria aggiudicandosi i diritti di sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio off-shore. Damasco ha firmato mercoledì un accordo che concede alla società russa Soyuzneftegaz (già attiva nello sfruttamento del greggio nel sud dell'Iraq) l'esclusiva per 25 anni dello sfruttamento del primo giacimento off-shore di gas e petrolio siriano. L'intesa è stata siglata dal ministro del Petrolio siriano, Suleiman Abbas, dalla società statale siriana General Petroleum e dalla compagnia russa. L'area assegnata a Soyuzneftegaz. Comprende di 2.190 chilometri quadrati al largo delle coste siriane di fronte ai porti di Banias e Tartus, dove si estenderebbero le propaggini settentrionali dei giganteschi giacimenti rilevati lungo tutta la costa di Israele e Libano.
La società russa, fondata nel 2000 e guidata dall'ex ministro dell'energia Yury Shafranik, si farà carico dei costi di esplorazione, stimati in circa 90 milioni di dollari e, se i giacimenti verranno confermati, dei successivi investimenti per le infrastrutture necessarie all'estrazione di gas e petrolio. Il valore politico dell'accordo tra Mosca e Damasco non è sfuggito ai ribelli della Coalizione Nazionale Siriana che ha bocciato l'accordo con un comunicato in cui si denuncia "lo scambio tra le ricchezze del Paese e le armi russe che uccidono il popolo siriano". In prospettiva lo sfruttamento dei nuovi giacimenti siriani off-shore potrebbe garantire un forte supporto alla ricostruzione post bellica del Paese sia in termini di disponibilità energetica sia finanziaria grazie all'export di gas e petrolio. Colpita duramente dalla sanzioni internazionali e dal conflitto civile, la produzione di gas scesa a 16,7 milioni di metri cubi al giorno dai 30 milioni del marzo 2011mentre l'estrazione di greggio è crollata del 95 per cento, da 380 mila barili al giorno ad appena 20mila, dall'inizio del conflitto che in quasi tre anni ha provocato secondo le stime 126 mila morti.
Nonostante le riserve stimate nel Paese raggiungano i 2,4 miliardi di barili la gran parte dei pozzi petroliferi si trova nelle regioni orientali e settentrionali sotto il controllo dei ribelli costringendo Damasco a importare petrolio per le esigenze interne incluse quelle militari. Nonostante le sanzioni internazionali tra febbraio e ottobre sarebbero entrati in Siria 17 milioni di barili di petrolio iracheno trasportato da petroliere iraniane con contratti gestiti da società di comodo egiziane e libanesi. Un triangolazione emersa da un'inchiesta giornalistica della Reuters che cita documenti di carico e i pagamenti che coinvolgono "l'asse sciita" Iran-Iraq-Siria. Le forniture di greggio sono arrivate in Siria per metà direttamente dall'Iran e il resto attraverso il porto egiziano di Sidi Kerir. Protagoniste dell'operazione sono la società petrolifera di Stato di Damasco Sytrol e l'iraniana National Iranian Tanker Co. (NITC), entrambe sottoposte a sanzioni da Stati Uniti e Unione Europea. Le petroliere Camellia, Daisy, Lantana e Clove dell'iraniana Nitc sono state ribattezzate e battono bandiera della Tanzania e secondo i documenti di traffico hanno portato petrolio iracheno dal porto egiziano di Sidi Kerir alla Siria.
Una società di transito libanese, la Overseas Petroleum Trading di Beirut, ha spedito almeno due carichi di greggio alla raffineria della siriana Sytrol di Banias per 250 milioni di dollari tra marzo e maggio ed è stata coinvolta in una terza spedizione attraverso la società egiziana Tri-Ocean Energy. Tutte le società coinvolte nell'inchiesta hanno negato ogni addebito.
(Il Sole 24 Ore, 30 dicembre 2013)
Israele ridurrà del 60% l'uso della benzina entro il 2025
Gas naturale, biocarburanti ed e-car sono la nuova ricetta israeliana per ridurre la propria dipendenza dal petrolio nel settore trasporti.
Israele è pronta a trasformarsi in un nuovo modello di sviluppo per la mobilità mondiale. La nazione ha in programma di ridurre la propria dipendenza dalla benzina tagliando il consumo di petrolio nel settore trasporti del 60 per cento entro il 2025; un obiettivo ambizioso, soprattutto se raffrontato agli standard mondiali, che potrà essere raggiunto secondo il Governo soprattutto attingendo ai nuovi depositi di gas naturale. Il progetto statale, ribattezzato Fuel Choices Initiative, disporrà di un bilancio di 430 milioni di dollari che serviranno per i prossimi 10 anni anche a supportare le start up nello sviluppo di innovative tecnologie di produzione dei biocarburanti e della mobilità elettrica.
"L'intento è quello di rendere Israele un fulcro energetico sia dal punto di vista tecnologico che produttivo, fungendo da catalizzatore per il resto del mondo nel passaggio dal petrolio a forme di alimentazione alternative", ha spiegato Eyal Rosner, uomo di punta del programma. L'intenzione di Israele non è tanto puntare su un singolo sostituto per il diesel o la benzina, quanto incentivare scelte alternative, attraverso benefici fiscali e la realizzazione di adeguate infrastrutture, lasciando che sia il mercato stesso a decidere in che direzione puntare. La Fuel Choices Initiative offrirà anche un premio annuale del valore di un milione di dollari ai migliori innovatori nel campo della mobilità. "Israele - ha commentato Francois Cuenot, analista presso l'Agenzia Internazionale per l'Energia - sta certamente dimostrando un grande impegno, e questo è sicuramente un obiettivo molto ambizioso da raggiungere in poco più di un decennio".
(Rinnovabili.it, 30 dicembre 2013)
LIran: in trattative con la Russia per quattro nuovi reattori nucleari
Mosca ha già realizzato l'impianto di Bushehr
ROMA, 30 dic. - L'Iran sta trattando con la Russia la costruzione di quattro nuovi reattori nucleari. Lo ha reso noto il direttore dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, in un'intervista rilasciata ieri all'emittente iraniana Channel 1 e riportata oggi dall'agenzia di stampa Fars.
Salehi ha precisato che i nuovi impianti dovrebbero garantire 20.000 megawatt di elettricità.
Lo scorso novembre, il numero uno dell'agenzia iraniana aveva espresso l'auspicio di avviare i lavori di costruzione di una seconda centrale già all'inizio del 2014. La Russia ha già costruito l'impianto di Bushehr, la cui gestione è stata affidata alle autorità iraniane lo scorso sttembre.
(TMNews, 30 dicembre 2013)
Radicali "Per La Grande Napoli" solidali con la comunità ebraica di Napoli
Dopo l'ennesimo schiaffo del sindaco de Magistris
COMUNICATO STAMPA - Napoli, 29 dicembre 2013
"Ancora una volta il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha interpretato in maniera faziosa e arbitraria le pulsioni della cittadinanza in rapporto all'annosa questione israelo-palestinese. A distanza di un anno dall'adesione del Comune all'iniziativa Freedom Flotilla, pro-Palestina e pro-Hamas in chiave smaccatamente anti-israeliana, de Magistris si è fatto immortalare in un abbraccio con il presidente Abu Mazen, che gli ha fruttato la cittadinanza onoraria palestinese. Una posizione chiara quella del sindaco e unicamente rivolta al sostegno di chi non ammette l'esistenza di Israele e, ancora pochi giorni fa, onorava gli assassini di 125 israeliani con medaglie al valore.
L'associazione radicale Per La Grande Napoli manifesta la propria solidarietà e vicinanza alla Comunità Ebraica di Napoli e al suo presidente, Pier Luigi Campagnano. I Radicali napoletani, inoltre, sostengono l'iniziativa di Campagnano che, nello stigmatizzare il comportamento del Sindaco, ha ricordato come la prossima occasione del Forum del Mediterraneo del 2014, previsto a Napoli, possa essere il luogo giusto per avviare non solo un dialogo costruttivo ma anche per riequilibrare posizioni ritenute inaccetabili da larga parte della cittadinanza.
Tutto ciò non può prescindere, come ricordato da Campagnano, da una corretta opera di informazione su quanto davvero accade nella striscia di Gaza, in Cisgiordania e nello stato di Israele. Un contesto per il quale i Radicali rivendicano la loro posizione "altra" rispetto al conflitto e alla soluzione falsamente pacifica dei "due popoli due stati". Solo con un ragionamento "euro-mediterraneo" e un progressivo avvicinamento di uno stato federale multietnico e multireligioso in "Terra Santa" verso un'Europa che si apra al medio-oriente e al Nord-Africa, si può realisticamente ambire alla conclusione del conflitto. L'associazione, dunque, fa appello al sindaco affinché la Napoli "città della pace", diventi innanzitutto città del dialogo e non dell'adesione all'una o all'altra fazione in lotta."
Giuseppe Alterio, segretario dell'associazione e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
Fabrizio Ferrante, membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
(Radicali Italiani, 29 dicembre 2013)
Israele ha ripreso le forniture di carburante verso la Striscia di Gaza
Israele ha ripreso le forniture di carburante ad una centrale elettrica nella Striscia di Gaza dopo una pausa di due giorni causata dall'ennesimo incidente con il settore di confine.
L'unica centrale elettrica di Gaza soddisfa le esigenze del settore del 30 %, e il suo arresto ha portato a gravi limitazioni nell'alimentazione. Il resto dell'energia consumato dalla Striscia viene da Israele e dall'Egitto.
La scorsa settimana, le forze israeliane hanno sottoposto la Striscia di Gaza al più potente bombardamento degli ultimi 13 mesi, utilizzando la fanteria, i carri armati e gli aerei per distruggere gli oggetti utilizzati dai militanti.
(La Voce della Russia, 30 dicembre 2013)
Requiem rock per Arik voce di Israele
di Daria Gorodisky
C'erano nonni, nipoti, e la generazione che unisce questi a quelli. Era piena, proprio un mese fa, piazza Rabin, quella che a Tel Aviv ospita le manifestazioni più imponenti. Arik Einstein se n'era andato all'improvviso, a 74 anni, e tutti volevano rendere omaggio all'uomo che è stato «la colonna sonora della nazione», per dirla con Shimon Peres. Un'icona, perché Arik Einstein ha scritto e cantato per decenni la storia e le emozioni di Israele. Voce e sguardo profondi, bello, atletico come sa esserlo un ex campione di salto in alto, alla fine degli anni Cinquanta ha regalato il rock al suo giovanissimo Paese: «...io e te cambieremo il mondo...», urlava. Però, con poesia e naturale eleganza. La stessa cifra di tutto il suo repertorio successivo, melodico e intimistico anche quando legato agli eventi. Ha raccontato quella quotidianità israeliana che fa coesistere la necessità di difendersi militarmente per sopravvivere e la «normalità» della vita occidentale (S'a le'àt, Vai piano). Ha pianto l'assassinio di Yitzhak Rabin con la famosa Shalom haver (Shalom, amico) e dedicando alla sua vedova, Lea, la splendida Ze pit'òm nafài alea (All'improvviso le è accaduto). Ed è indimenticabile la sua versione di Ahshav sheatà kan (Ora che sei qui) per celebrare la liberazione di Gil'ad Shalit, il soldato che Hamas ha tenuto in ostaggio per 5 anni: «Sarai sempre un eroe/Ti è consentito piangere/Non è affatto semplice/Perdonare il destino». Già, in Israele ogni figlio è o sarà soldato e ogni soldato è figlio di tutti. Ma Arik Einstein ha cullato anche quei sentimenti che superano le frontiere perché, semplicemente, appartengono all'Uomo. Ha fatto divertire i bambini con strofe che catturavano anche i genitori; la sua voce ha accompagnato le serate dei ragazzi, le feste, i falò sulla spiaggia... Ha narrato le paure che tutti incontriamo; e l'amore, molto amore, quello della gioventù come quello imbiancato insieme ai capelli:«...Adesso siamo rimasti soli nel nido/Però noi siamo insieme/Abbracciarti forte dimmi sì/Non preoccuparti insieme è divertente invecchiare...» (Uf gozàl, Vola pulcino). Passioni e nostalgie narrate in musica, ma sempre con delicatezza e una pennellata di ironia. Con l'anima, insomma.
(Corriere della Sera, 29 dicembre 2013)
Missili tra Israele ed il Libano
Scambio di missili questa mattina tra l'artiglieria israeliana nella zona della Galilea ed il Libano del sud da dove sarebbero partiti i primi razzi che hanno acceso la mattinata.
Questa mattina la radio militare israeliana ha riferito che due razzi Katuyscia sono stati sparati dal Libano meridionale sono esplosi nei pressi della città israeliana di Kiryat Shmona, in Galilea, senza provocare vittime.
L'emittente ha aggiunto che complessivamente sono stati sparati dal Libano verso Israele quattro razzi Katyuscia: ma due, forse difettosi, sono esplosi nel Libano meridionale.
In risposta a questi lanci, diversi obici sono stati sparati dall'artiglieria israeliana - "a scopo deterrente" - verso la zona del Libano meridionale. Ci sono degli elicotteri militari che sorvolano la zona.
Si tratta del terzo incidente questo mese sul confine israelo-libanese. Il 12 dicembre alcuni spari sono stati esplosi verso una pattuglia militare israeliana, secondo quanto riferito da cacciatori libanesi. Quattro giorni dopo un militare libanese ha ucciso un tecnico militare israeliano a Rosh ha-Niqra, a ridosso del confine con il Libano.
(il Journal, 29 dicembre 2013)
Pallamano - Israele batte Italia 28-23
La Nazionale U18 maschile alla sconfitta nella seconda amichevole contro i coetanei di Israele, disputata a Rishon LeZion, in preparazione delle qualificazioni agli Europei 2014 di gennaio.
Il match termina 28-23 in favore della squadra padrone di casa, ma azzurrini che nella storia dell'incontro partono bene e al 10o sono avanti 6-2. Merito, soprattutto, di una grande prova difensiva di Bacher e compagni.
Il match è equilibrato, come dimostra il 12-12 in chiusura di primo tempo. Nella ripresa, però, sono troppi i palloni gettati dall'Italia. Israele ne approfitta e mette la freccia. Al 50o gli azzurrini sbagliano due contropiedi e falliscono nel tentativo di ridurre il divario. Al fischio finale la differenza è di cinque reti, Israele vince 28-23.
(Il Giornale dello Sport, 29 dicembre 2013)
Arrestati a Teheran cinque convertiti al cristianesimo
TEHERAN - Sono stati arrestati a Teheran cinque cittadini iraniani convertiti dall'Islam alla religione cristiana. Lo riferisce il sito d'informazione 'Iranpressnews' che riporta i nomi delle persone finite in manette: Ahmad Baziar, Faheqeh Nasrollahi, Mastane Rastegari, Amir Hossein Nehmatollahi e Hosseini.
Secondo il sito, gli agenti dell'intelligence iraniana hanno fatto irruzione in una 'chiesa privata', situata nella zona est di Teheran, nella quale i cinque convertiti stavano celebrando i riti per il Natale. Gli agenti hanno sequestrato gli effetti personali, i computer e diversi documenti dei cinque cristiani, dei quali al momento non si conosce il luogo di detenzione.
Negli ultimi anni, durante le festivita' natalizie, le pressioni dell'intelligence iraniana nei confronti dei convertiti al cristianesimo si sono incrementate in modo considerevole. Secondo un rapporto pubblicato lo scorso mese dal sito d'informazione 'Mohebbatnews', le condizioni dei cristiani iraniani, sotto il governo del presidente Hassan Rohani, si sono ulteriormente aggravate.
(Adnkronos, 29 dicembre 2013)
L'annuncio (insolito) dello Shin Bet: cercasi aspiranti 007 che sappiano benissimo il cinese
«A.A.A. cercasi aspiranti 007 che parlino cinese in modo perfetto e che lavorino a tutte le ore». Firmato: Shin Bet. Ora, che sia il Mossad a richiedere agenti segreti da mandare in giro e con capacità comunicative senza falle, si può anche capire. Ma che la richiesta venga dall'agenzia israeliana che si occupa della sicurezza interna, lo Shin Bet appunto, questo è particolare. I cinesi stanno minacciando, da dentro i confini, lo Stato ebraico?
La domanda, dopo la pubblicazione dell'annuncio sul sito ufficiale, se l'è posta il quotidiano Ma'ariv. Ed è arrivata a una conclusione: Gerusalemme è preoccupata dai cittadini cinesi presenti nel Paese e teme che qualcuno di questi riesca a captare un bel po' di segreti da passare a Pechino che, a sua volta, ci metterebbe poco, pochissimo a rivenderli a Teheran.
La spiegazione sembra credibile. Ma fino a un certo punto. Come fa notare più di un analista «la Cina non ci pensa per niente ad avere problemi con Israele e difficilmente manderebbe suoi agenti, almeno ufficialmente, a rovistare tra i segreti dello Stato ebraico. Pechino sa che se venisse scoperto anche un solo uomo loro verrebbe interrotta qualsiasi relazione». Resta, quindi, un altro livello di spionaggio. Quello non ufficiale. Quello che fa affidamento a persone che nulla c'entrano con l'intelligence cinese. E che lavorano a «cottimo».
(Falafel Café, 29 dicembre 2013)
Gli anglicani della chiesa di Londra celebrano il Natale, ma contro Israele
di Giulio Meotti
Siamo a Piccadilly, Londra, la sera di Natale, quando una dozzina di operai innalzano un grande pannello alto otto metri di fronte alla cattedrale di San Giacomo, una gloria della Church of England. In cima al pannello c'è del filo spinato e fari puntati sulla strada. Si tratta di una replica fedele del "fence", la barriera anti terrorismo eretta in Cisgiordania da Israele, il "muro". La decisione delle gerarchie anglicane di portare nel cuore di Londra la denuncia di questo simbolo del conflitto mediorientale, che ha fermato i kamikaze, non è piaciuta agli israeliani, che accusano di antisemitismo i segmenti della chiesa responsabile del gesto.
Due anni fa la stessa chiesa di San Giacomo aveva attirato le ire della comunità ebraica inglese, quando in un servizio religioso erano state eseguite diverse canzoni natalizie, che però di natalizio avevano sostanzialmente soltanto le note musicali. Una di esse, chiamata "I dodici giorni di Natale", aveva un testo che diceva: "Dodici assassini / Undici case demolite / Dieci pozzi ostruiti / Nove torri per i cecchini / Otto cannoniere che sparano / Sette checkpoints a bloccare / Sei carri armati che avanzano / Cinque anelli di coloni / Quattro bombe che cadono / Tre cannoni da trincea / Due colombe schiacciate / E un albero d'olivo sradicato".
Non è la prima volta che la Church of England attacca Israele. Nel 2006 la chiesa rivide i suoi investimenti in compagnie israeliani presenti nei Territori palestinesi, come la Veolia, che costruisce la ferrovia di Gerusalemme est. Nel 2010 la Machester Cathedral, sede del vescovo anglicano, ospitò un seminario in cui si accusava Israele di "crimini contro l'umanità". Altrove, Barry Morgan, arcivescovo capo della chiesa anglicana in Scozia, ha paragonato lo stato ebraico all'apartheid in Sud Africa. La notte scorsa l'inaugurazione del monumento anti israeliano di fronte alla cattedrale è avvenuto con la partecipazione della baronessa Jenny Tonge, espulsa dalla "front bench" dei liberaldemocratici dopo che aveva detto che se fosse stata palestinese sarebbe forse diventata una "kamikaze". "Israele è una minaccia alla pace mondiale", ha ripetuto la notte di Natale la baronessa Tonge. Ma a causare le polemiche più vistose è stato un altro membro liberale del Parlamento inglese, David Ward, il quale ha detto di fronte al pubblico accorso: "Israele non avrebbe mai dovuto essere stato creato". Lo scorso febbraio Ward aveva scatenato un altro putiferio con queste parole: "Avendo visitato Auschwitz due volte - una volta con la mia famiglia e una volta con le scuole della mia zona - mi rattrista il fatto che gli ebrei, che pure hanno sofferto incredibili livelli di persecuzione durante l'Olocausto, abbiano potuto, pochi anni dopo la liberazione dai campi di sterminio, commettere simili atrocità nei confronti dei palestinesi nel nuovo stato di Israele". Si era poi dovuto scusare.
Il giorno stesso in cui la chiesa di St. James inaugurava la copia della barriera israeliana, un contractor israeliano, Salah Abu Latif, un beduino, veniva ucciso da terroristi palestinesi mentre riparava una parte della barriera. Sì, c'è un popolo sotto assedio in medio oriente, uno che deve costruire muri per proteggere se stesso. Ma non sono gli arabi di Betlemme, quanto gli israeliani. Nella cattedrale di San Giacomo non si sono mai sentite parole di misericordia per loro.
(Il Foglio, 28 dicembre 2013)
*
Una degna risposta
Una degna risposta a questa indegna iniziativa è arrivata da Michael Dickson, a Gerusalemme, direttore per StandWithUs, che ha inviato una lettera aperta alle autorità della chiesa di San Giacomo in cui tra l'altro si dice:
"Che trovata fantasiosa, partigiana e provocatoria avete scelto per politicizzare la vostra chiesa in questo Natale!
In un mondo ideale non ci sarebbero muri.
In un mondo ideale non ci sarebbero neanche attentatori suicidi, né radicali islamici palestinesi che odiano gli ebrei che vivono talmente vicini a loro da poterli uccidere indiscriminatamente, in un centro commerciale, in una discoteca, in un ristorante, in una pizzeria o mentre si trovano seduti intorno al Seder di Pessach.
E' evidente che Israele ha costruito una barriera di sicurezza solo dopo aver sopportato una terribile ondata di terrorismo che ha lasciato migliaia di morti e mutilati.
La vostra rappresentazione del tutto parziale della situazione trascura questa perdita di vite e manifesta grande insensibilità verso le loro famiglie, e per estensione verso tutti gli israeliani e verso i membri della comunità ebraica nel Regno Unito, nessuno dei quali è rimasto non toccato da questi omicidi."
(Daphne Anson, 29 dicembre 2013 - trad. www.ilvangelo-israele.it
Volley A1 Femminile - Conegliano, amichevole con Israele
Domani le ragazze di Gaspari
alle 17.30 al Palaverde affrontano in un'amichevole internazionale la
nazionale di Israele, in tour in Italia. Ingresso gratuito per il pubblico.
CONEGLIANO (TV) - Ultimo giorno di lavoro dell'anno domani per l'Imoco Conegliano che, prima di qualche giorno di riposo (si rientrerà in palestra il 2 pomeriggio) affronta domani, domenica 29, alle 17.30 al Palaverde un'amichevole internazionale con la nazionale di Israele, in tour in Italia. Sarà l'occasione per tenere alto il ritmo nelle gambe della squadra dopo la bella vittoria di Santo Stefano
L'ingresso alla gara amichevole di domani è libero e gratuito, per motivi di ordine pubblico verranno aperti soltanto due ingressi, l'ingresso atleti sotto la curva sud e un ingresso dal lato di Via Marconi.
(Corriere dello Sport, 28 dicembre 2013)
Breve ricovero per Netanyahu nella notte
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu è stato ricoverato per due ore nella notte a causa di un'infezione. Lo riferiscono i media locali. Netanyahu è stato ricoverato in un ospedale di Hadera (nel nord del paese), a seguito di un problema ai condotti nasali e un "forte mal di testa", ma è stato dimesso dopo due ore "senza alcuna conseguenza", riportano le stesse fonti. Il premier israeliano, 64 anni, ad agosto era stato operato a Gerusalemme per un ernia del disco.
(L'Unione Sarda, 28 dicembre 2013)
La sindrome di Gerusalemme colpisce durante le feste
di Francesco Montorsi
GERUSALEMME - Circa 200 visitatori di Gerusalemme ogni anno credono di essere dei personaggi della Bibbia, dalla Maddalena a Pietro, da Gesù a Mosè. Una parte di questi sono ricoverati nell'ospedale psichiatrico di Kfar Shaul dove un reparto è consacrato a questi sedicenti santi dell'Antica e Nuova legge.
Se durante il Natale i cristiani pensano alla nascita, più di duemila anni fa, del bambin Gesù, alcuni di essi, afflitti da gravi disturbi psichici, sono invece convinti di essere essi stessi il figlio di Dio. Così per esempio Hermann S., la cui storia è stata seguita di recente dal settimanale tedesco die Zeit. Il fisico tondeggiante e la barba bianca da Santa Klaus, la chiacchiera facile ed una passione per l'heavy metal, questo giardiniere pensionato della Sassonia non sembra avere il physique du rôle del Messia. Eppure, Hermann S. dice di essere il figlio di Dio. In persona. Vuole portare la pace nel mondo, e lo annuncia per strada e mandando sms che firma con il cristogramma IHS. Quest'anno è la decima volta che viene a Gerusalemme ma non sarà di certo l'ultima. «Siamo tutti seguaci di Gesù, ricorda Hermann, ma solo uno può occupare il posto. Io condurrò a termine la missione».
Mentre conduce a termine la sua missione nella città santa, Hermann rischia però di scontrarsi con sua madre Maria, sul suo lontano antenato il re Davide, su Mosè, Isacco, Giacobbe oppure, per un inquietante scherzo del destino, su un secondo Gesù in missione negli stessi giorni. Eppure nessuna sfilata in maschera attraversa la città santa in questi giorni, che non è nemmeno il set di un film storico. Semplicemente, il numero di afflitti da Sindrome di Gerusalemme aumenta considerevolmente in prossimità delle grandi feste cristiane.
In Israele si assiste ogni anno per strada allo spettacolo vario di questa religiosa follia: un turista autoproclamatosi Mosè passeggia per le strade con le tavole della legge, un altro pellegrino annuncia la fine del mondo, un terzo ascende al Calvario portando sulle spalle una croce di legno oppure predica coperto da un lenzuolo d'hotel. Tra i più straordinari casi mai segnalati d'identificazioni c'è senz'altro quello di una donna che nella Chiesa del Sepolcro ha cercato invano di mettere al mondo Gesù e quello, passato alla storia, dell'australiano Michael Rohan che nel 1969 cercò di bruciare la spianata delle moschee per favorire, ben inteso, l'avvento del Messia.
La Sindrome di Gerusalemme, di cui si conoscono casi anche in epoca medievale, è una forma di disturbo psicotico a sfondo religioso che si manifesta, spesso in forme temporanee, nel visitatore della città santa. Questa sindrome colpisce più spesso gli uomini che le donne, e specialmente gli uomini single educati in rigide famiglie protestanti, come Hermann S, il giardiniere sassone.
La città del Medio Oriente è dall'alba dei tempi sinonimo di presenza divina e qui, ogni anno, sono in milioni gli uomini e le donne che vengono a cercare una risposta al senso della loro fede o della loro vita. E così, alla vista della città da cui si attendono la redenzione, la divina ispirazione o chissà quale messaggio sovrannaturale, alcuni uomini, delusi, frustrati o semplicemente scossi, perdono il controllo con la realtà e sviluppano appassionati e improvvisi sentimenti religiosi, che sfociano a volte in allucinazioni o identificazioni deliranti. Nella maggior parte dei casi, per fortuna, basta aspettare qualche giorno, magari tra le mura dell'ospedale psichiatrico, perché si smetta di credere di essere il figlio di Dio.
(blitz quotidiano, 28 dicembre 2013)
Mar Morto salvo grazie al Mar Rosso
di Angelica Ratti
Una condotta di 180 chilometri collegherà il Mar Rosso con il Mar Morto. La pipeline trasferirà parte delle acque pompate dal Mar Rosso (200 milioni di metri cubi l'anno) nel salatissimo Mar Morto, approfittando del dislivello (si trova a meno 420 metri sotto il livello del mare). L'obiettivo è salvarlo dalla siccità, evitandone la scomparsa e la cancellazione dalle cartine geografiche. Anche se la mescolanza delle acque potrebbe provocare la proliferazione di alghe rosse nel Mar Morto e la modifica della composizione minerale delle sue acque. L'accordo sulla pipeline fra israeliani giordani e palestinesi è stato trovato dopo tre anni di trattative e dopo l'accantonamento del progetto faraonico per la costruzione di un canale tra i due mari dal costo stimato di 7,78 miliardi di euro. La pipeline tra i due mari è diventato un progetto pilota che costerà 300-400 milioni di dollari (218 milioni di euro), e tre anni di lavori. È patrocinato dalla Banca mondiale. L'accordo tra Israele, Giordania e Autorità palestinese, è stato siglato il mese scorso negli Stati Uniti e prevede anche la costruzione di un impianto di dissalazione dell'acqua ad Aquaba, in Giordania. Ciascun paese interessato dall'accordo ha la sua priorità. Per Israele: salvare il Mar Morto, il cui livello si abbassa di un metro l'anno. Giordani e palestinesi hanno interesse a risolvere la loro cronica mancanza di acqua: il regno è il quarto più povero d'acqua al mondo e la Cisgiordania sconta una penuria idrica strutturale per ragioni politiche legate all'occupazione israeliana dal momento che i palestinesi non hanno ottenuto l'accesso al Mar Morto che pure reclamano da tempo.
Forse che dal Mar Morto avrebbero potuto avere acqua usabile per qualche uso?
L'accordo sulla pipeline permetterà una migliore distribuzione d'acqua nella regione. Israele recupererà da 30 a 50 milioni di metri cubi d'acqua distribuiti fra la città costiera di Eilat e la regione d'Arava, nel deserto del Neguev, mentre la Giordania potrà disporre di 30 metri cubi di acqua desalinizzata. Un'operazione non senza rischi e incognite: l'Autorità palestinese è molto probabile che potrà acquistare 20 milioni di metri cubi di acqua l'anno dalla compagnia israeliana Mékorot a un prezzo da concordare. A breve, nel 2014 i bandi di gara per la costruzione della pipeline.
(Italia Oggi, 28 dicembre 2013)
Smentita la tesi del complotto contro Arafat. I russi: "Non fu avvelenato"
Dopo i tecnici francesi anche per i colleghi russi Yasser Arafat non mori' avvelenato dall'isotopo radioattivo Polonio 210 ma per cause naturali. E' quanto ha riferito il terzo team internazionale cui era stata affidata l'analisi dei resti delll'ex leader dell'Olp, deceduto nel 2004. Finora erano stati solo i tecnici svizzeri, pur senza attribuire direttamente il decesso all'avvelenamento, a dare notizia dell'alto livello di polonio nei campioni prelevati lo scorso anno dalla salma. Secondo la ricostruzione condivisa degli eventi Arafat si ammalo' dopo aver assunto un pasto nel suo rifugio a Ramallah. Una settimana dopo fu trasferito in un ospedale militare francese dove gli fu diagnosticato una grave disturbo del sangue e mori per un ictus l'8 novembre 2004. Ad alimentare le voci di un avvelenamento la rete al Jazira spinta dalla vedova Suha Arafat.
(affaritaliani, 27 dicembre 2013)
Shoah: allAuditorium di Roma rivivranno i violini dei sopravvissuti
ROMA, 27 dic - Il 27 gennaio 2014, in occasione del sessantanovesimo anniversario della liberazione dei deportati dal lager di Auschwitz, l'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane insieme all'Universita' Ebraica di Gerusalemme e all'Associazione 'BrainCircleItalia', sotto l'egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, organizza un evento di grande portata simbolica. Un'iniziativa che, dalla memoria della Shoah, vuole costituire un momento di riflessione collettiva su tutti i genocidi e i crimini contro l'umanita', ma soprattutto un invito alla pace e alla speranza. Per l'occasione suoneranno insieme, per la prima volta in Italia, dodici violini e un violoncello sopravvissuti alla Shoah, ciascuno con la sua storia drammatica, ritrovati e restaurati dal liutaio israeliano Amnon Weinstein. Il concerto avra' luogo nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica di Roma con inizio alle ore 20.00. Tra gli strumenti c'e' il violino che faceva parte di una delle orchestrine di Auschwitz che accompagnavano i deportati nelle camere a gas, quello che fu gettato da un treno in viaggio verso i lager, e venne raccolto e conservato da un contadino polacco; ma ci sono anche i violini dei musicisti ebrei che nel '36 lasciarono la Germania per andare a formare l'Orchestra Filarmonica della Palestina (poi di Israele) voluta fortemente da Toscanini e Huberman per salvarli dalla deportazione. Per ricordare le vittime delle persecuzioni, nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parco della Musica di Roma il Maestro Yoel Levi, Direttore della Symphony Orchestra di Seoul, dirigera' la JuniOrchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
(ASCA, 27 dicembre 2013)
Fiumicino, oggi il 28o anniversario della strage che costò la vita a tredici persone
La mattina del 27 dicembre un commando formato da quattro terroristi palestinesi, dopo aver lanciato delle bombe, ammazzò a colpi di mitra alcuni passeggeri: tra loro due italiani. La Siria è stata condannata a gennaio di quest'anno al pagamento di un miliardo di dollari come risarcimento ai familiari delle vittime.
di Maria Grazia Stella
FIUMICINO - Ricorre oggi, 27 dicembre, l'anniversario della strage consumata la mattina di quel lontano giorno del 1985 intorno alle ore 9.15 quando un commando di quattro terroristi palestinesi compì un sanguinoso blitz all'aeroporto di Fiumicino. Dopo aver lanciato alcune bombe a mano, armati di mitra, aprirono il fuoco sui passeggeri in coda per il check-in ai banchi della compagnia aerea israeliana El Al e della americana Twa. In pochi minuti furono ammazzate 13 persone: quattro americani, quattro greci, due messicani, un algerino e due italiani. Tre terroristi furono uccisi dalle guardie della sicurezza israeliane nel corso dell'azione e uno, il capo del commando, Mohammed Sharam, fu catturato vivo. I feriti furono una settantina. Contemporaneamente altri terroristi attaccarono l'aeroporto di Vienna: altri morti, altri feriti. Gli agguati, attribuiti ad Abu Nidal, furono in seguito esaminati. Secondo quanto riferì l'ammiraglio Fulvio Martini, allora direttore del Sismi, i servizi segreti italiani erano stati informati della possibilità di un attentato. Sembra addirittura che l'attacco fosse stato previsto sotto le festività natalizie allo scalo romano. Perché, allora, non fu possibile impedirlo? Su questo non è ancora stata fatta chiarezza. Anzi, lo stesso attentato non è ricordato. Una pagina buia della nostra storia recente della quale poco si sa. Il 17 dicembre del 1973 in un altro attentato di un gruppo palestinese al Leonardo da Vinci fu ammazzato un militare della guardia di finanza, Antonio Zara, al quale è stata dedicata la locale caserma delle Fiamme gialle di Fiumicino. Nei giorni scorsi la solenne cerimonia commemorativa in occasione del 40o anniversario della strage.
A gennaio del 2013 la Siria è stata condannata dal giudice federale americano John Facciola al pagamento di un miliardo di dollari come risarcimento danni ai parenti delle 25 vittime degli attentati terroristici del 1985 negli aeroporti di Roma e Vienna. Per il magistrato, l'autore di quelle stragi, ossia la cellula del terrorista Abu Nidal, morto nel 2002, non avrebbe potuto organizzare l'azione "senza l'appoggio diretto del governo siriano". L'Italia e l'Austria furono colpite - secondo quanto si è potuto scoprire in questi anni - in un quadro in cui Abu Nidal voleva screditare Arafat nel suo percorso politico di lotta per l'autodeterminazione del popolo palestinese attraverso politiche di dialogo. Ecco perché gli attentati furono eseguiti nelle due nazioni ritenute tra le artefici maggiori del processo di pace. Roma e Vienna, infatti, avevano stabilito rapporti con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e con il leader palestinese, poiché considerati più responsabili delle altre organizzazioni presenti sul territorio palestinese. Nella strage persero la vita Paternia Fotiadi di 24 anni, Meidani Efrosini, 50 anni, Demetrio Arghiropulos, 72 anni, Adam Meletios di 58 anni, Donato Miranda Acosta di 53 anni e Genoveva Jaime Cisneros di 25 anni, Frederick Cage, Don Melend di 31 anni, Natascia Sophie Simpson di 12 anni e John Buonocore di 20 anni, Mustaphà Diedda di 21 anni e gli italiani Francesco Della Scala di 57 anni e Elena Tommarello.
(OstiaTV, 27 dicembre 2013)
Napoli - La Comunità ebraica a De Magistris: "Sul Medio Oriente posizione non equilibrata"
"È nostra opinione che il sindaco De Magistris dovrebbe chiedere ad Abu Mazen, al quale ha già conferito la cittadinanza onoraria, perché ha decorato con medaglia al valore i responsabili della morte di 125 israeliani; la ritrattazione di quanto esposto nella sua tesi di dottorato in Storia presso il Collegio orientale di Mosca in cui, bontà sua, ritiene che si possa ridurre il numero delle vittime del nazismo a poche centinaia di migliaia; la rinuncia al terrorismo come arma di pressione e condannare l'uso che ne fa Hamas con il lancio di oltre 15mila missili da Gaza verso Israele; il riconoscimento al diritto all'esistenza dello Stato d'Israele; di fare una campagna di informazione interna alle nuove generazioni di arabi palestinesi per spiegare come ha avuto inizio il conflitto una vera pacificazione inizia, infatti, dalla conoscenza dei fatti a tutti i livelli e a tutte le latitudini".
È quanto scrive il presidente della Comunità ebraica di Napoli Pier Luigi Campagnano in una lettera aperta inviata al sindaco della città partenopea Luigi De Magistris in occasione del conferimento della cittadinanza palestinese da parte del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen. Nella lettera, in vista del Forum Internazionale delle città del Mediterraneo del 2014, Campagnano sollecita De Magistris a prendere alcune iniziative che un sindaco "veramente amante della pace" dovrebbe intraprendere: innanzitutto offrire la cittadinanza onoraria a una personalità dello Stato di Israele che occupi un ruolo politico omologo a quello di Abu Mazen. Quindi, organizzare una vasta campagna di informazione, con la presenza di studiosi e persone coinvolte, sul conflitto arabo-israeliano nelle scuole e nelle istituzioni; organizzare una visita da parte dell'amministrazione napoletana nello Stato d'Israele; organizzare con le scuole della città una visita degli alunni nello Stato d'Israele, in Cisgiordania e a Gaza; ricercare con la sua amministrazione che l'informazione sia la più ampia ed obbiettiva possibile, perché è nell'interesse di tutti conoscere la verità per poter costruire un futuro di pace lungo e duraturo. Infine, assumere una posizione "non di parte ma equilibrata".
Ieri intanto, a conferma ulteriore della sua parzialità, il sindaco della città partenopea ha dichiarato: "A Napoli consideriamo la Palestina uno Stato e Gerusalemme una città nevralgica della Palestina. Ci batteremo sino a quando lo Stato di Palestina non sarà liberato e tutti i prigionieri politici saranno liberi. Dobbiamo far crescere la mobilitazione e lavorare perchè siano abbattuti i muri".
(moked, 27 dicembre 2013)
Tangenti, scontri, ministri licenziati. Il «rais» Erdogan ora trema davvero
di Carlo Panella
«Cade un impero»: con queste parole Francis J. Ricciardone, ambasciatore Usa ad Ankara, ha ben colto il senso del tempesta giudiziaria che coinvolge non solo tre ministri del governo turco, ma anche Tayyp Erdogan personalmente. Un'inchiesta scottante per tangenti milionarie ha infatti coinvolto il figlio di Erdogan, Bilal, che però non è stato incriminato e ha portato la settimana scorsa all'arresto di 24 personaggi di primo piano legati al regime, tra questi i figli del ministro degli Interni Baris Guler, del ministro dell'Economia Zafer Caglayan e del ministro dell'Ambiente Bayaraktar. Sono stati anche arrestati personaggi legati personalmente a Erdogan: l'uomo d'affari iraniano Reza Zarrab, coinvolto in traffico di valuta assieme al ministro per i rapporti con l'Ue Egeman Bagis (che avrebbe ricevuto da lui cospicue mazzette) e l'amministratore di Halbank, Suleyman Aslan, nella cui casa sono stati trovati 4,5 milioni di dollari nascosti in scatole da scarpe.
POLIZIOTTI CACCIATI
La reazione di Erdogan è stata - al solito - rabbiosa e tracotante: ha accusato i magistrati e gli agenti di polizia che hanno condotto l'inchiesta di essere parte di «una cospirazione che si sviluppa con la scusa della corruzione agli ordini di interessi stranieri, in un contesto molto sporco». Poi è passato alle minacce: «Chi vuole creare una struttura parallela dentro lo Stato e si è infiltrato nelle nostre istituzioni, si accorgerà che penetreremo nella sua tana e la distruggeremo». Infine è passato ai fatti: ha licenziato in tronco il capo della polizia di Istanbul e una cinquantina di ufficiali di polizia che avevano condotto l'inchiesta e ha tolto al vice Procuratore di Istanbul il fascicolo giudiziario dell'inchiesta. Ma tutto questo non gli è servito per assorbire il colpo, soprattutto dopo che il presidente della repubblica Abdullah Gul, suo avversario politico, ma leader, come lui, del suo stesso partito, l'Akp, ha chiesto a gran voce le dimissioni dei ministri coinvolti, ministri che invece Erdogan intendeva mantenere ai propri posti. Il giorno di Natale, che ovviamente in Turchia non è festivo, Erdogan è stato quindi costretto a fare dimissionare tutti i ministri coinvolti e a procedere a un maxi rimpasto, sostituendo ben 10 ministri. Il suo problema principale infatti è che la "Mani Pulite in salsa ottomana" non è cavalcata solo dall'opposizione parlamentare (e dal presidente Gül), ma anche dal teologo Fethullah Gülen e dalla sua confraternita Hizmet, per anni fondamentale punto di riferimento di Erdogan stesso, a cui ha sempre portato gran parte del consenso riscosso nelle elezioni attraverso le mille moschee che controlla in Turchia e nel mondo e i suoi potenti media. Erdogan denuncia oggi una "cospirazione" perché è convinto, probabilmente a ragione, che i magistrati e i dirigenti della polizia che hanno dato vita all'inchiesta sulla corruzione siano legati alla confraternita di Gülen e agiscano su sua ispirazione. Sospetti avvalorati dalle parole di Gülen stesso che ha "maledetto", pur senza citarlo, Erdogan per la decisione di licenziare i dirigenti di polizia che avevano operato gli arresti.
ISLAMISTI DIVISI
Tutto questo a quattro mesi dalle elezioni amministrative, in un contesto che vede ormai da mesi i vertici dell'Akp e dello stesso Stato fortemente dilaniati. Il presidente Gül e il teologo islamico Gülen, infatti, hanno duramente criticato sia la durezza con cui Erdogan ha represso il movimento di Gezi Park, così come i provvedimenti islamisti da lui imposti - repressione dell'uso degli alcoolici, separazione rigidissima di maschi e femmine nelle case dello studente - e Gülen (ma non Gül) ha anche criticato la politica antisraeliana di Erdogan. Sulle rive del Bosforo è dunque in atto uno scontro al calor bianco dentro il movimento islamista, che ha un risvolto sconcertante. Da 30 anni la Turchia è il paese più stabile, democratico e in sviluppo della sponda sud del Mediterraneo, tanto che in 10 anni il Pil è addirittura duplicato. Ma ora la probabile caduta rovinosa di Erdogan mette fine a quest'unica isola di stabilità nel mondo musulmano.
(Libero, 27 dicembre 2013)
Nel 2014 voli low cost Parigi-Tel Aviv
Easyjet secondo vettore straniero più importante in Israele
ROMA, 27 dic - Easyjet continua a consolidare la propria presenza in Israele. La compagnia aerea low cost ha annunciato che, a partire dall'estate dal prossimo anno, saranno attivati sei collegamenti settimanali tra gli aeroporti di Tel Aviv Ben Gurion e Parigi Charles de Gaulle. La notizia è stata accolta con soddisfazione dalla cospicua comunità francese che abita in Israele, cresciuta significativamente nel corso degli ultimi anni. Oltre a Parigi, nel corso del 2014 saranno inaugurati altri tre collegamenti europei: Berlino (a febbraio), Londra Gatwick (aprile) e Milano (maggio). Mentre attualmente sono già attivi quelli per Roma, Ginevra, Manchester, Londra Luton e Basilea.
Con l'aggiunta dei nuovi scali già annunciati, la low cost britannica diventerà il secondo vettore straniero più importante in Israele.
La recente abbondanza di nuovi voli da e per Israele è un risultato della firma dell'accordo 'Open Skies' tra lo Stato ebraico e l'Unione Europea, avvenuta a giugno di quest'anno, che punta a liberalizzare gradualmente il settore dell'aviazione commerciale: e i voli low cost già oggi risultano più che raddoppiati.
(ANSAmed, 27 dicembre 2013)
Teatro alla Carta TLV
Il 29 dicembre al ristorante Sardinia, Giaffa
Arriva per la prima volta in Israele Teatro alla Carta TLV, l'evento organizzato dal Creativity Lab ICPO in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv che porta brani e scene di letteratura, teatro e cinema italiani sotto forma di monologhi recitati in lingua originale in sei selezionati ristoranti di cucina italiana di Tel Aviv, per sette piacevolissime serate da dicembre 2013 a gennaio 2014.
Apertamente ispirato alle iniziative italiane e tedesche di Teatro alla Carta (proposta a partire dal 2011 in Italia dalle associazioni culturali milanesi ComunicaMente e Gheroartè e nel 2013 in Liguria da PubbliCare in collaborazione con la scuola di recitazione LiguriAttori di Federica Ruggero) e Theater am Tisch (Teatro ai Tavoli, dal 2012 a Berlino), Teatro alla Carta TLV vuole avvicinare il pubblico israeliano e quello internazionale di Tel Aviv alla lingua e alla cultura italiane attraverso testi, suoni e sapori
prendendolo per la gola!
Nelle serate Teatro alla Carta TLV, gli ospiti ricevono un "menu teatrale" con monologhi tratti dalla letteratura, dal teatro e dal cinema italiani e sono invitati a sceglierne uno o più. Durante la cena l'attrice Yael Sztulman, studentessa della Nissan Nativ School of Performance Arts di Gerusalemme, reciterà in lingua italiana i brani selezionati dal pubblico presente.
IL MENU
Per la prima edizione di Teatro alla Carta TLV i monologhi sono a tema gastronomico, perché il cibo fornisce da sempre snodi narrativi essenziali per le trame di romanzi, pièce teatrali e cinema.
Si può iniziare con un "antipasto" gustando le parole dello scrittore, pedagogista e giornalista Gianni Rodari in Cucina spaziale, da Favole al Telefono, 1962. Vincitore nel 1970 del prestigioso Premio Hans Christian Andersen, Rodari fu uno tra i maggiori interpreti del tema "fantastico" ed uno fra i principali teorici dell'arte di inventare storie.
Due sono le "portate principali": il brano La suocera. Monologo sulla kasherut, 2013 della giornalista di Radio 24 e drammaturga esordiente Elisabetta Fiorito, appositamente scritto per Teatro alla Carta TLV, in cui l'autrice racconta, in tono spiritoso, le difficoltà di una donna, non ebrea, alle prese con le tradizioni gastronomiche tripoline della famiglia, ebraica, del marito; il divertente racconto dello scrittore Stefano Benni, Il ristorante rustico, da Bar Sport, 1976, anche giornalista, sceneggiatore, poeta, drammaturgo e umorista, autore di vari romanzi e antologie di racconti di successo.
Come "contorno" una vera chicca: il surreale monologo I crauti interpretatao nel 1972 in televisione da Monica Vitti, poliedrica e versatile attrice di teatro e di cinema per fare la parodia ai pomposi letterati di professione.
Chi non sa resistere alla cioccolata potrà gustare per "dessert" il monologo cinematografico Piccoli momenti d'estasi, da Lezioni di Cioccolato del 2007 recitato da Neri Marcorè attore, comico, imitatore, doppiatore, conduttore televisivo e cantante italiano: una professionalità davvero completa e apprezzata da un pubblico trasversale.
Il menù di Teatro alla Carta TLV si conclude con l'immancabile "caffè" di Eduardo De Filippo drammaturgo, attore, regista e poeta nella sua magistrale interpretazione nel II atto di Questi fantasmi del 1946.
Per informazioni e prenotazioni
Creativity Lab ICPO // Fabiana Magrì
+972 (0) 528752945 (Israel)
fabianamagri@icloud.com
(Teatri Online, 27 dicembre 2013)
Il bel volto d'Israele all'Expo 2015
Moran Atias scelta per rappresentare l'accattivante volto dell'innovazione israeliana in agricoltura
L'israeliana Moran Atias, che siamo abituati a vedere in pubblicità, riviste e film, ben presto diventerà il volto dell'innovazione agricola israeliana.
Avvalendosi della popolarità raggiunta da Moran Atias in Italia, dove nel decennio scorso ha avuto inizio la sua carriera come modella, il Ministero degli esteri israeliano ha scelto l'attrice, modella e star televisiva per rappresentare Israele all'Expo 2015 di Milano, l'esposizione internazionale intitolata "Nutrire il pianeta - Energia per la vita", un evento su cui Israele punta molto, focalizzando la propria presenza sul tema dell'innovazione.
Anche se manca ancora un po' di tempo, il Ministero degli esteri ha già realizzato un video-clip promozionale con il rendering dell'avveniristico padiglione israeliano e la star Moran Atias che dice: "Allo stand israeliano dell'Expo 2015 di Milano vi racconterò di ciò di cui noi israeliani siamo più orgogliosi: i nostri agricoltori. E delle innovazioni nate in Israele che hanno cambiato il mondo".
Il tema dell'esposizione 2015, la prima dopo l'Expo 2012 in Corea del Sud, è l'innovazione e il suo rapporto con la produzione alimentare e i costumi gastronomici.
(israele.net, 26 dicembre 2013)
Bagnara: Sabato 28 la "Presenza ebraica nella storia reggina"
Si svolgerà sabato 28 dicembre, alle ore 18:00, presso la Sala Conferenze della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Bagnara Calabra, la presentazione del libro "La presenza ebraica nella storia reggina" di Felice Delfino (Disoblio Edizioni). Nel corso dela presentazione, moderata da Maria Francesca Fassari (Redattrice), interverranno: Mimma Garoffolo (Presidente SOMS), Giuseppe Spoleti (Assessore alla Cultura di Bagnara Calabra), Saverio Verduci (Storico e Giornalista), Natale Zappalà (Redattore), Salvatore Bellantone (Disoblio Edizioni). Sarà presente l'autore.
La presenza ebraica nella storia reggina ripercorre la storia del popolo ebraico nel territorio della provincia di Reggio Calabria, dalla diaspora (VIII-VI sec.) alla cacciata del 1541. Analizzando i rapporti degli ebrei con i vari dominatori (Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi), l'opera mette a fuoco le principali tracce ebraiche antiche rimaste in terra reggina e le principali località reggine in cui le comunità ebraiche hanno trovato dimora. Evidenziando le influenze ebraiche nell'onomastica e nella lingua locale, l'opera traccia poi un excursus delle condizioni economiche della società calabrese dall'età tardo-antica al periodo borbonico, ricalcando l'incisività delle comunità ebraiche sull'economia calabrese, per mezzo delle arti, dei mestieri e delle attività nelle quali gli ebrei si sono dimostrati dei maestri.
Felice Francesco Delfino è nato nel 1979 a Oppido Mamertina (RC). Nel 2009 ha conseguito il Magistero presso l'Istituto Superiore di Scienze Religiose "Mons. Zoccali" di Reggio Calabria e per due anni ha insegnato religione e cultura storico-sociale presso la Do.Mi. di Villa San Giovanni. Da anni collabora con alcune riviste di storia locale, religiosa ed ebraica, per le quali pubblica alcuni articoli e saggi. Attualmente vive a Catona (RC).
A seguire, in collaborazione con l'Associazione Culturale "Fenice dello Stretto", Reading Aperto dal tema: cosa ci attende nel 2014?
(CMnews, 26 dicembre 2013)
Attentato al Cairo, vicino alla città universitaria
Esplosione al passaggio di un autobus. Disinnescati altri ordigni
Una bomba è esplosa nei giardinetti della città universitaria di Al Azhar, provocando cinque feriti, uno dei quali molto grave. La bomba è esplosa mentre passava un autobus. I feriti non erano a bordo ma in strada. Secondo fonti della sicurezza, nei giardinetti gli artificieri della polizia hanno disinnescato altri tre ordigni pronti ad esplodere.
Torna a salire la tensione fra Gaza e le forze armate egiziane dopo che queste ultime hanno arrestato nel Sinai un palestinese, sospettato di essere in procinto di compiere un attentato per conto di Hamas. Un portavoce di Hamas, Fawzi Barhum, ha ribadito alla stampa locale che la sua organizzazione non prende parte in alcun modo alle violenze in corso in Egitto. ''La nostra unica battaglia e' rivolta contro l'occupazione israeliana'', ha assicurato Barhum. Secondo la stampa di Gaza, l'Egitto ha anche minacciato una ''reazione militare'' verso la Striscia se giungesse alla conclusione che Hamas ''continua a violare'' la sua sicurezza nazionale. Barhum, da parte sua, ha negato che l'uomo arrestato nel Sinai (Jum'ah Khamis Bureika) sia residente nella Striscia di Gaza. Secondo osservatori locali, la tensione fra il Cairo e i dirigenti di Gaza e' destinata a crescere ulteriormente in seguito alla qualifica dei Fratelli musulmani egiziani - a cui Hamas e' ideologicamente vicino - come organizzazione terroristica. Fonti locali aggiungono che negli ultimi mesi l'esercito egiziano ha messo fuori uso i tunnel di contrabbando fra il Sinai e Gaza e ha anche dislocato mezzi blindati a ridosso della Striscia.
Governo dichiara Fratelli musulmani terroristi - L'Egitto ha ufficialmente dichiarato "organizzazione terrorista" i Fratelli musulmani del deposto presidente Mohamed Morsi, vietando loro di manifestare. Lo ha reso noto oggi il governo, che ha anche accusato la Fratellanza dell'attentato di ieri a Mansoura ad una centrale di polizia con numerosi morti.
(ANSA, 26 dicembre 2013)
Giovane araba accoltella una guardia israeliana a un check point
Ripresa dalle telecamere di sorveglianza
Era stata fermata al checkpoint di un aeroporto per un controllo sul suo bagaglio. A un certo punto, ha estratto un coltello e ha colpito alla pancia una delle guardie. Il tutto ripreso da una telecamera di sorveglianza. E' successo in Israele: protagonista una donna araba di 25 anni. Fermata a un posto di controllo all'aeroporto ha accoltellato una delle guardie israeliane addette ai controlli. Subito per lei sono scattate le manette. La guardia ferita non è in pericolo di vita.
(CorriereTV, 26 dicembre 2013)
Le monarchie del Golfo Persico si preparano a una grande guerra
di Serghei Duz
Le monarchie del Golfo Persico stanno formando delle forze di difesa collettiva per un numero che tocca le centomila persone. La questione è in che misura questa decisione è stata dettata dalla crescente minaccia da parte dell'Iran.A metà dicembre, il Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo Persico, che comprende le sei monarchie arabe Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Oman e Arabia Saudita, ha annunciato la creazione di un comando militare unificato con sede a Riyad.
Come previsto, capeggerà il gruppo l'esercito saudita. A rigore di termini, una combinazione delle forze di reazione rapida di questo gruppo di paesi esisteva già prima; ma la questione ora riguarda un nuovo livello di cooperazione militare e politica, spiega il professore del Dipartimento dell'oriente Moderno presso l'Università statale russa di scienze umane, Elena Melkumjan.
Ora il numero di queste forze si sta espandendo, sta aumentando, e, comunque, ora le monarchie del Golfo hanno cominciato a concentrarsi maggiormente sulla cooperazione militare. Da un lato, questa è una continuazione di quanto fatto in passato. Dall'altro, le nuove circostanze stanno portando le monarchie a concentrarsi sulla questione della difesa: queste vedono, infatti, come minaccia principale quella da parte dell'Iran, e ora quest'ultimo ha avviato i colloqui con gli Stati Uniti, ha concluso un accordo preliminare a Ginevra sul suo programma nucleare, e gli Stati del Golfo Persico hanno capito che la situazione sta cambiando. Se prima facevano affidamento sul ruolo di moderatori degli Stati Uniti con l'Iran, ora devono fare maggiore affidamento sulle proprie forze.
Non dobbiamo pensare che le monarchie del Golfo Persico siano un monolite politico- militare. In misura diversa, sono uniti dalla forma di governo, quella dell'Islam sunnita, e dall'esistenza grazie alla vendita di idrocarburi. Ma le differenze tra i partecipanti del blocco sono piuttosto grandi. In un'altra situazione, queste avrebbero addirittura potuto diventare un ostacolo per un'ulteriore integrazione. Ma di fronte all'Iran che sta raccogliendo le sue forze, le monarchie sono pronte a dimenticare molte cose, afferma il ricercatore presso l'Istituto di Studi Orientali, Vasilij Kuznetsov.
È chiaro che la situazione nella regione del Golfo Persico si sta aggravando sono sempre di più. Ci sono due uguali poteri in competizione: l'Arabia Saudita e l'Iran. Il Consiglio di cooperazione è sempre stata un'organizzazione che avrebbe dovuto unire le monarchie del Golfo Persico contro l'Iran. La minaccia è reale, ed è una lotta seria. Un'altra cosa è che, in termini di prontezza, nessuno degli eserciti del Golfo Persico ha alcuna possibilità contro l'Iran.
Qualunque sia la loro dotazione tecnica, gli iraniani combattono ancora meglio. Tuttavia, la probabilità dello scoppio delle ostilità tra i due paesi è molto bassa, e per diversi motivi, ma principalmente a causa dell'elevato grado di pragmatismo dei regimi iraniani e sauditi. Piuttosto, vorrei considerare l'istituzione di questa forza di difesa comune come una mossa politica positiva per le stesse monarchie arabe, che così stanno dimostrando la loro capacità di trovare un accordo, ma non come la risposta a un reale cambiamento nel settore della sicurezza.
Forse la creazione di una forza di difesa congiunta da parte delle monarchie del Golfo Persico è un'allusione agli americani, che, secondo Riyad, sono troppo assorbiti nell'impostare le relazioni con l'Iran. Tutti sanno che la politica estera indipendente dei sauditi finisce a un metro dalla linea di discontinuità della partnership strategica con Washington. Gli Stati Uniti sono l'unico garante della sicurezza dell'Arabia Saudita nella regione.
Sia come sia, ma l'alleanza militare delle monarchie del Golfo Persico, i contorni della quale stanno diventando sempre più chiari, sarebbe potenzialmente in grado di avere un impatto negativo sulla regione, contribuendo a un aumento della tensione nella linea Riyad- Teheran.
(La Voce della Russia, 26 dicembre 2013)
La calma apparente
di Daniel Reichel
Gaza Escalation, non intifada, inciampo nel processo di pace. Diverse le definizioni per le violenze di questi giorni sul confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Tra attacchi di fazioni terroristiche palestinesi e reazioni dell'esercito israeliano, il 2013 si sta concludendo con un preoccupante riacuirsi del conflitto dovuto, secondo il ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, alla volontà di Hamas di intralciare il colloqui di pace avviati egli ultimi mesi con i rappresentanti palestinesi della West Bank grazie alla mediazione americana. Intanto si contano già due vittime tra i civili, con l'uccisione da parte di cecchini palestinesi di un ragazzo di 22 anni, Salah Abu Latif. Una bambina palestinese di tre anni è invece rimasta vittima della risposta israeliana a Gaza.
Secondo Amos Harel, analista militare di Haaretz, per il momento le due parti deporranno le armi perché nessuna a interesse nell'aggravarsi del conflitto. Per palestinese, lo dimostrerebbe la relativa calma che si respira nella Striscia, con l'organizzazione terroristica Hamas al momento poco propensa a rispondere ai colpi dell'Idf. Ancora Harel sostiene che dietro a questa momentanea sospensione degli attacchi (con una rinuncia nelle ultime ore a sparare razzi sul territorio israeliano) ci sarebbe una riorganizzazione compiuta da Hamas, che per il lungo periodo starebbe preparando l'ampliamento della sua batteria di missili, in grado di raggiungere Tel Aviv.
Intanto l'Idf ha schierato una sua batteria, parte del sistema di difesa Iron Dome, nella zona di Sderot per prevenire l'eventuale lancio di razzi qassam dalla Striscia. Israele guarda con attenzione al confine con il territorio sotto controllo di Hamas mentre ha avviato i colloqui di pace con la Cisgiordania, grazie all'impulso del segretario di Stato Usa John Kerry. E' proprio far saltare il banco di questi primi tentativi per una conciliazione, sarebbe stato l'obiettivo dell'escalation di violenza di questi giorni, secondo quanto ha affermato al Times of Israel Gadi Shamni, ex generale dell'esercito israeliano. "Hamas vuole mettere i bastoni tra le ruote del processo di pace", ha sottolineato l'ex generale. Un attacco invece per destabilizzare il nemico Mahmud Abbas, presidente dell'Autorità palestinesi, sarebbe il vero obiettivo di Hamas, secondo il veterano dell'Idf Shalom Harari.
Quali che siano le motivazioni Hamas è in una situazione complicata, con la distruzione dei tunnel che portavano viveri e armi dall'Egitto, la Striscia è sempre più isolata. Anche con la Siria i rapporti sono stati tagliati e comunque praticamente impossibili vista la guerra civile che sta scuotendo il paese. Per questo Hamas starebbe autonomamente costruendo armi capaci di colpire efficacemente Israele nel prossimo futuro. Una situazione che esercito e governo israeliano guardano con attenzione, tenendo alta la guardia come dimostrano le dure parole del ministro Yaalon, "se non ci sarà calma da noi, non ci sarà neanche nella Striscia di Gaza. In ogni caso siamo preparati alla possibile escalation".
(Notiziario Ucei, 26 dicembre 2013)
Arrestato dalle forze di sicurezza egiziane un palestinese nel Sinai
Dopo la serie di attentati che, nelle ultime settimane, hanno insanguinato l'Egitto e per i quali l'esercito del paese nordafricano ha messo sotto accusa i partiti di ispirazione islamica, quali i Fratelli musulmani, è stato oggi arrestato dalle forze di sicurezza egiziane un palestinese, fermato nella penisola del Sinai e sospettato di preparare un altro attacco terroristico, questa volta per conto di Hamas.
Subito è stato diffuso un comunicato da parte di Fawzi Barhum, portavoce del partito islamico palestinese, che ha negato ogni coinvolgimento di Hamas nelle violenze avvenute nelle città egiziane, aggiungendo che l'unica battaglia che loro combattono è finalizzata alla liberazione del loro paese da quella che viene definita "l'occupazione israeliana".
(Notizie Geopolitiche, 26 dicembre 2013)
Unione Europea: "Inaccettabili gli attacchi di Hamas"
"Inaccettabili" gli attacchi di Hamas contro Israele. Questa la posizione dell'Unione europea.
L'Ue chiede a Israele che "la risposta sia proporzionata". "Israele ha il diritto di proteggere la sua popolazione" afferma Ashton, capo della politica estera Ue, che "deplora la perdita di vite civili da entrambe le parti". Ashton si augura che l'Egitto aiuti a giungere alla pace. Lo auspica anche la cancelliera tedesca, Merkel, che accusa Hamas di aver dato inizio alla violenza.
(Affari sul Web, 25 dicembre 2013)
Iran - Mohaddessin: "Più fermezza con Rohani poteva fermare il nucleare"
di Gabriel Bertinetto
«Se a Ginevra gli Usa e il club 5+1 avessero mostrato maggiore fermezza, avrebbero potuto ottenere molto di più nel negoziato sul nucleare, perché il regime è in gravi difficoltà. Invece Teheran ha incamerato l'attenuazione delle sanzioni a un prezzo molto basso».
Così Mohammad Mohaddessin, responsabile affari internazionali del Consiglio nazionale della resistenza (l'opposizione iraniana in esilio legata ai Mujaheddin del popolo). Mohaddessin è a Roma per denunciare la situazione di tremila suoi compagni trattenuti in Iraq in una condizione a metà fra rifugiato e prigioniero. Oltre cento sono stati uccisi negli ultimi due anni nelle incursioni di forze speciali irachene a Camp Ashraf, vicino al confine con l'Iran.
Lei critica gli accordi dl Ginevra, ma le sanzioni saranno reintrodotte o accentuate se Teheran nonne rispetterà le condizioni...
«Il punto è che sarà molto complicato rimettere in moto il meccanismo delle sanzioni dopo un'interruzione di mesi. Su questo giocano i dirigenti iraniani, che sono maestri nell'arte dell'inganno, come i governi stranieri hanno già sperimentato più volte. Si sono piegati a trattare solo perché le misure punitive internazionali e la crisi economica interna avevano messo il Paese in ginocchio, e perché temono che il diffuso malcontento inneschi una rivolta come nel 2009. Era l'occasione buona per costringerli ad arrestare completamente e non solo a ridurre l'arricchimento dell'uranio, e a chiudere l'impianto al plutonio, rinunciando così del tutto ai fini militari del programma. Aggiungo anche che se il mondo si preoccupa a ragione che l'Iran cerchi di costruire bombe atomiche, noi siamo contrari anche al nucleare per usi civili, a causa dei suoi altissimi costi. Con le stesse somme (cento miliardi di dollari) potremmo valorizzare meglio i giacimenti di greggio e di gas, e avviare grandi programmi di sviluppo industriale e infrastrutturale».
Obama e altri leader hanno fiducia In Rohani. Pensano che ci sia della sostanza nei mutamenti politici in atto e valga la pena verificare se può venime fuori qualcosa di positivo. Che ne pensa?
«Quando Rohani fu eletto, la nostra leader Maryam Rajavi dichiarò che avremmo accolto con favore l'evento se ne fossero derivati miglioramenti, non solo per quanto riguarda il nucleare, ma anche nel campo dei diritti umani, civili e politici, e nei rapporti con l'estero. Purtroppo a sei mesi dal voto di giugno, vediamo crescere il numero delle esecuzioni capitali, le minoranze etniche sono sempre discriminate, le carceri piene di oppositori. Teheran continua a esportare il terrorismo, a cominciare dalla Siria. Qualcuno dirà che ,tutto ciò non dipende da Rohani, perché il potere vero resta in mano alla Guida suprema Ali Khamenei. Ma se Rohani non può, e forse nemmeno vuole, decidere, dov'è il cambiamento sostanziale? Ai protagonisti del negoziato nucleare noi diciamo: quando discutete con i rappresentanti di Teheran non dimenticatevi di porre sul tappeto anche la questione dei diritti umani».
Rohani è stato eletto a larghissima maggioranza. Molti cittadini l'hanno preferito ad altri candidati ultraconservatori. Sarà anche lui parte dell'élite dirigente, ma non è meglio per voi approfondire le loro divisioni Interne?
«Sicuramente, ed è quello che facciamo da tempo. Il regime è vicino al crollo e le spaccature fra le sue varie componenti ne sono un sintomo. Esse sono il frutto della crescente ostilità popolare. Se Khamenei nell'ultima campagna elettorale non si è opposto a Rohani (a differenza del 2009 quando aveva appoggiato la riconferma di Ahmadinejad e contrastato apertamente Moussavi) è stato solo per minimizzare i rischi di una nuova sollevazione sociale. Fra tutti i concorrenti Rohani era quello che gli piaceva di meno, ma gli serviva di più.
(Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, 25 dicembre 2013)
Torna la calma in Medio Oriente
Dopo la fiammata di violenze di ieri, è tornata la calma fra Gaza ed Israele. Innescata dall'uccisione di un civile israeliano da parte di un cecchino palestinese, l'escalation aveva visto poi una serie di raid aerei israeliani in cui era rimasta uccisa una bambina palestinese di quattro anni. La stampa di Gaza aggiunge che anche un giovane è stato colpito a morte sul confine: ma ancora non c'è una conferma definitiva.
Oggi il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha convocato i principali ministri per fare il punto della situazione. Alla luce delle nuove tensioni alcuni ministri esigono di rinviare la liberazione di decine di detenuti palestinesi, che dovrebbe avvenire a giorni nel contesto delle trattative di pace mediate dal segretario di Stato Usa John Kerry.
(RaiNews, 25 dicembre 2013)
Ente israeliano del Turismo: settantacinquemila visitatori attesi in Israele a Natale
ROMA - Sono 75 mila i visitatori attesi in Israele per le festività natalizie. A renderlo noto è l'Ente nazionale israeliano del Turismo.
Durante le festività il ministero del Turismo Israeliano offrirà il trasporto gratuito tra Gerusalemme e Betlemme ai pellegrini: dal monastero di Mar Elias partiranno autobus diretti alla Chiesa della Natività a Betlemme, e viceversa. Dal 2011 il ministero del Turismo ha investito molte risorse nello sviluppo e nel mantenimento delle infrastrutture dei siti cristiani. Questi siti includono, tra gli altri, il sito del battesimo di Qasr el Yahud, vicino al Mar Morto, il Monte Sion e Ein Karem a Gerusalemme e il Sentiero del Vangelo in Galilea. Altri progetti includono il lungomare da Tiberiade a Cafarnao, Korazim e Monte del Precipizio. Progetti di infrastrutture future sui siti cristiani comprendono anche Tel Megiddo, la Città Vecchia di Gerusalemme, Sussita e altri siti nella regione di Tiberiade e della Galilea.
Il ministero del Turismo ha investito oltre 3.5 milioni di shekel (valuta ufficiale israeliana) pari ad oltre 700.000 euro, in infrastrutture ed promozione di eventi come la recente Giornata Internazionale della Fede che si che si è tenuta a Nazareth lo scorso 17 novembre che ha visto la partecipazione di oltre 7.000 fedeli.
(Giornale di Sicilia, 25 dicembre 2013)
ll vero volto di Cristo nei settanta libri della Giordania?
Un ritrovamento che può cambiare la storia. Gli antichi libri in metallo ritrovati in Giordania rappresentano un tassello importante della storia, tanto da competere in importanza con i Rotoli del Mar Morto rinvenuti nel 1947.
di Giuseppe Genova
Si tratta di 70 piccoli libri scoperti alcuni anni fa in una caverna da un beduino giordano. Ciascun libricino era nella sua nicchia. Sembra che in seguito questo tesoro sia stato acquistato da un Israeliano, che lo ha portato in Israele, dove si trova adesso.
Il governo giordano è in trattative per rimpatriare e salvaguardare la collezione, soprattutto in virtù del fatto che alcuni elementi sembrano dimostrare l'autenticità dei reperti. L'israeliano che li ha in possesso ha fatto pervenire, con l'aiuto di due archeologi, alcuni reperti alla Oxford University, affinché li esaminasse.
E' proprio dopo questo esame che l'interesse della Giordania per riavere i libri si è attivato e che i due archeologi britannici pare abbiano avuto minacce ed avvisi di morte dai trafficanti del mercato nero, oltre che pressioni dal governo giordano.
I libri, in piombo e rame, furono trovati in una remota grotta in Giordania orientale, in una regione nella quale si pensa che i Cristiani siano fuggiti e si siano rifugiati, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. La zona del ritrovamento si chiama Saham e si trova lungo il confine tra Giordania, Siria ed Israele.Dalle analisi che si sono potute effettuare ad Oxford, su pochi reperti, sembra che l'ossidazione del piombo risalga proprio al I secolo d.C. e che sia autentica.Anche alcuni test fatti in Svizzera, dal National Materials Laboratory di Dubendorf, confermano questi risultati.
Le pagine libri metallici, molti di essi della grandezza di una carta di credito, sono tenute insieme da anelli, anch'essi metallici, di piombo. Ogni libro è composto da cinque a quindici pagine.
Sulla prima pagina di uno di essi sembra sia scolpita l'immagine di Gesù, riprodotta, quindi, da suoi contemporanei. Questo è un elemento di origine cristiana, poiché per l'Ebraismo sarebbe idolatria raffigurare una divinità. Su altre pagine si leggono iscrizioni come "Salvatore di Israele" e "Yahweh - Dio". Si suppone che si tratti di lingua fenicia o ebraico antico. Sono le uniche parole tradotte, visto che finora non si è avuta la possibilità di esaminare in laboratorio l'intero materiale rinvenuto.
Altro particolare che sarebbe molto importante è l'incisione, su una delle pagine, che pare raffiguri una cartina della città santa di Gerusalemme, con alcune croci al di fuori delle mura.
Ziad al-Saad, direttore del Department of Antiquities della Giordania, si lancia ad affermare la sua convinzione dell'autenticità dei reperti, che sarebbero stati realizzati dai seguaci di Gesù pochi anni dopo la sua crocefissione. In effetti, una delle indicazioni, oltre alla datazione, che sembra far propendere per l'autenticità dei libri in metallo, è proprio la raffigurazione della mappa della città di Gerusalemme cristiana.
Gli storici e studiosi della Bibbia cercano di accertare se il volto raffigurato è quello del Cristo e se lo fosse, sarebbe il primo ritratto del Messia giunto fino a noi.L'esistenza di un testo sigillato che contiene informazioni sacre è menzionato nella Bibbia, ed anche questo elemento fa sperare nella veridicità del ritrovamento.
Lo scoperta dei piccoli libri metallici in Giordania, se confermata autentica, è assolutamente rivoluzionaria. Un ritrovamento importantissimo e fondamentale, che si spera possa essere completamente ed accuratamente esaminato perchè patrimonio dell'intera umanità.
(befan, 25 dicembre 2013)
LEuropa ufficialmente contro la circoncisione religiosa
Pronta la reazione di Israele che ha condannato la risoluzione. Tra libertà religiosa e tutela dell'integrità fisica quale scelta?
di Salvatore Viglia
Israele venerdì scorso ha condannato una risoluzione del Consiglio d'Europa che ha definito la circoncisione dei ragazzi, per motivi religiosi, praticati nel giudaismo e l'islam, come una "violazione dell'integrità fisica".
Il portavoce del Ministero degli esteri israeliano in una dichiarazione ha detto che "Israele invita il Consiglio a rivedere immediatamente questa risoluzione".
L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato martedì scorso (78 voti a favore, 13 contro, 15 astensioni) una risoluzione invitando gli Stati membri a prendere misure contro "violazioni dell'integrità fisica dei bambini". E ha esplicitato di "condannare pubblicamente le pratiche dannose come la mutilazione genitale femminile e adottare la legislazione che le vieta", nonché "definire chiaramente le condizioni mediche, salute e gli altri a rispettare in materia di pratiche che sono oggi ampiamente utilizzate in alcune comunità religiose, come la circoncisione, medicalmente ingiustificate, su giovani ragazzi".
Nel ricordare che la circoncisione è un'antica tradizione nell'ebraismo, islam e di una parte del cristianesimo, il Ministero affari esteri israeliano ha affermato che questo provvedimento "alimenta tendenze razziste e odio in Europa". Ed ha precisato che "Qualsiasi confronto di questa tradizione con la pratica barbarica e condannabile delle mutilazioni genitali femminili è al meglio una profonda ignoranza e alla diffamazione peggiore e l'odio anti-religioso", enfatizzando i benefici medici scientificamente riconosciuti alla circoncisione.
La risoluzione consiglia di "adottare disposizioni giuridiche specifiche per determinati interventi e pratiche affinché non vengono effettuate fino a quando un bambino non sia nell'età giusta per essere consultato". Tra gli ebrei e i musulmani, la circoncisione è generalmente praticata nella settimana dopo la nascita.
Per Giovanni D'Agata, fondatore dello "Sportello dei Diritti" la risoluzione in questione pone seri problemi in ordine alla scelta se prediligere le libertà, quale quella religiosa e la tutela dell'integrità fisica e morali specie quando si tratta di bambini.
(politicamentecorretto.com, 25 dicembre 2013)
Splendide sculture di neve a Gerusalemme
La neve si è quasi del tutto sciolta a Gerusalemme, anche se qua e là è rimasto qualche mucchio.
Il comune di Gerusalemme ha tenuto un concorso di sculture di neve lo scorso fine settimana, invitando la gente a presentare i loro migliori lavori sulla loro pagina di Facebook.
Ecco i risultati.
(Elder of Zion, 24 dicembre 2013)
Anche il sangue, in Israele, fa notizia
Il sangue, nella religione ebraica, è tabù. Divieto assoluto di consumarne, ragione per la quale gli animali destinati all'alimentazione sono uccisi mediante sgozzamento e tutto il sangue è fatto defluire. Il sangue rappresenta la vita e la vita non è nelle mani dell'uomo. Il senso è più o meno questo.
"L'accusa del sangue" è anche una delle più note tra le accuse antisemite, di quelle che sembrano cosi radicate da non morire mai ma, al contrario, continuano a ripresentarsi nelle loro varianti nel corso dei secoli, a partire dall'XI secolo. Secondo questa "tesi", gli Ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. L'accusa è stata usata nel corso della storia, fino a tempi recenti (vedi il pogrom di Kielce del 1946), per sfruttare l'emozione popolare e i sentimenti antisemiti, sostenendo in diverse occasioni che bambini cristiani fossero rapiti e uccisi per poterne usare il sangue. In seguito a queste accuse era frequente il verificarsi di pogrom, con linciaggi e stermini di Ebrei. L'ultimo processo basato sull'accusa del sangue fu celebrato a Kiev nel 1913, contro Menachem Mendel Teviev Beilis. In seguito l'accusa del sangue fu usata dalla propaganda nazista. Attualmente anche da quella iraniana....
(Federazione Sionistica Italiana, dicembre 2013)
Memoria della Shoah, sì o no?
ABOLIZIONI
Nessuno sembra essersi accorto che un editoriale del Foglio di venerdì propone nientedimeno che di abolire la memoria della Shoah. Basta musei, memoriali, scrive l'articolo, e pensiamo non agli ebrei morti, ma a quelli vivi: cioè agli israeliani, che per Il Foglio e i suoi amici gli ebrei sono solo gli israeliani. La proposta è, direi, radicale, perché non si riferisce solo all'impegno dello Stato nelle opere di costruzione dei memoriali e dei musei, come già aveva fatto Brunetta, ma rimette proprio in discussione la necessità di ricordare, di fare storia, di ricostruire fatti ed eventi, di trasformarli in pietre d'inciampo dell'indifferenza e dell'ignoranza dei più. E' la prima volta, a quanto mi consta, a parte naturalmente il caso dei neonazisti o dei negazionisti, che una simile proposta di abolire la memoria viene avanzata. Ma forse non sarà l'ultima.
Anna Foa
*
"SEPOLCRI IMBIANCATI DELLA MEMORIA"
Evidentemente Anna Foa ignora, o le piace ignorare, che oggi i memoriali dell'Olocausto sono sempre più occasioni per una lingua di legno, ipocrita e insidiosa, con cui agli ebrei viene chiesto di dissociarsi da Israele e che perpetua lo stereotipo dell'ebreo come vittima, docile, debole, assimilato, diasporico. Mi pare che l'editoriale del Foglio intendesse dire questo, che i sepolcri imbiancati della memoria spesso fanno il gioco dei nemici del popolo ebraico. La Shoah è sacra, i memoriali no.
Emanuel Segre Amar
(moked, 24 settembre 2013)
Ricercatori israeliani trovano una potenziale falla nel sistema di sicurezza Knox per smartphone
Oltre al mercato consumer di dispositivi portatili composto da tutti noi utenti privati esiste un enorme mercato di utenti aziendali che usa smartphone e tablet per lavoro e necessita quindi di più stringenti sistemi di sicurezza per proteggere i contenuti che gestisce.
Sono in molti ad essere interessati a questa fascia di mercato un tempo dominata da Blackberry, fra questi c'è Samsung che ha sviluppato un insieme di misure di sicurezza denominato Knox. Dei ricercatori israeliani hanno però trovato una possibile falla in Knox.
I ricercatori dell'Università di Negev hanno scoperto una falla che permetterebbe di tracciare sia dati che email, i dati potrebbero essere modificati e si potrebbero installare e lanciare applicazioni senza il permesso dell'utente.
Questa falla è stata individuata su un Samsung Galaxy S4 che non aveva Knox installato di fabbrica. Samsung da parte sua si è limitata a dire che la falla sarebbe equivalente a quella di altri attacchi ben noti, minimizzandone quindi la gravità ma non negandone l'esistenza.
Samsung inoltre ha fatto notare che il dispositivo testato non possedeva le ulteriori misure di sicurezza che le varie compagnie aggiungerebbero normalmente per un uso aziendale, implicando in questo modo che il Knox da solo non sarebbe sufficiente a rendere il dispositivo sicuro.
(AndroidItaly, 24 dicembre 2013)
Il rabbino delle porte aperte
Limmud Conference 2013
di Rossella Tercatin
Ha passeggiato per i corridoi, incontrato i bambini, gli adolescenti, gli educatori. Ha tenuto due lezioni di grande successo, catturando il pubblico e coinvolgendolo attivamente nella sua esposizione dedicata a "La guida della Torah nella risoluzione dei conflitti". E non ha evitato neppure i momenti di socializzazione, parlando con chi lo cercava e aggregandosi a gruppi di giovani intenti a bere una birra e scambiare considerazioni sulla giornata. Il rabbino capo del Commonwealth Mirvis (o semplicemente Ephraim, come riportava il cartellino che ha diligentemente appeso al collo come tutti, una targhetta che mette in evidenza il nome, senza differenze di titolo, status o provenienza) ha fatto parte della Limmud Conference fino in fondo. Una partecipazione che ha segnato la prima volta di un rabbino capo a quello che rappresenta oggi uno dei più importanti momenti di ritrovo collettivo dell'ebraismo britannico e internazionale in tutte le sue denominazioni, ed è stata accolta con emozione ed entusiasmo.
Dalla parashah, la porzione di Torah di Shemot, rav Mirvis ha tratto un messaggio di dialogo, unità e solidarietà, tanto nella comunità ebraica, ponendo l'accento sull'importanza di coinvolgere "tutte le comunità", quanto a livello universale, nel dovere di preoccuparsi di tutto il genere umano secondo il principio del Tikkun Olam.
"Quando esistiamo soltanto per noi stessi, quando ignoriamo i membri di altre comunità
questo può essere un modo pio di condurre la propria vita, ma è anche un modo taref (non kasher ndr) di condurre la propria vita" ha dichiarato.
Risolvere i conflitti, traendo ispirazione dalla Torah, l'argomento scelto dal rav per la seconda lezione al Limmud. Otto metodi per affrontare i contrasti arrivando a una soluzione positiva, o comunque migliore del punto di partenza, illustrati attraverso insegnamenti biblici e rabbinici spesso suggeriti dal pubblico. Solo una, la strada che nell'opinione di rav Mirvis ancora non è stata tentata per il conflitto israelo-palestinese: quella della cooperazione, del riflettere insieme, fuori dagli schemi, per arrivare a una soluzione diversa dal punto di partenza di entrambe le parti, e migliore.
"La cooperazione è l'unica via che israeliani e palestinesi, a mio parere, non hanno ancora percorso. E sono convinto che sarà attraverso la cooperazione che presto, se D-o vuole, si arriverà alla pace". |
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