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Notizie marzo 2014


Turchia-Israele in cerca di normalizzazione

ANKARA - Le manovre turche verso la Siria non piacciono a Netanyahu. I media turchi hanno riferito che l'inviato speciale del Primo Ministro israeliano David Meidan, ha avvertito le autorità turche che ci saranno gravi conseguenze se partirà l'operazione militare in Siria.
Secondo tali informazioni, David Meidan, ha detto al capo dell'intelligence turca, Hakan Fidanu, che Israele è pronto a una dura risposta a tale operazione. Secondo Kol Israel, radio israeliana, la Siria avrebbe la potenza per sparare missili sulla capitale turca.
La testata Newsru.co.il, ha riferito che il 27 marzo i media turchi hanno riferito della recente visita ad Ankara dell'inviato speciale israeliano, David Meidan. La visita finalizzata alla normalizzazione dei rapporti Israele e Turchia ha visto al centro l'incontro tra Meidan e Fidanu. E ancora le parti hanno discusso la proposta di una visita al Primo Ministro di Israele da parte di Recep Tayyip Erdogan, nonché la cooperazione nel settore energetico, tra cui lo sviluppo congiunto dei giacimenti di petrolio e di gas nel Mediterraneo orientale.

(agccommunication, 31 marzo 2014)


Ambasciatore palestinese morto a Praga: aveva esplosivo in mano

Nella sua abitazione il diplomatico deteneva illegalmente diverse armi, tra cui mitra e pistole

La sua morte, il giorno di Capodanno, aveva scatenato le più varie ipotesi di complotto, ma oggi la polizia ceca ha ristabilito la verità: l'ambasciatore dell'Autorità palestinese a Praga, Jamal al Jamal, ucciso da un'esplosione, teneva un esplosivo in mano al momento della tragedia.
"Un'esplosione sperimentale effettuata da esperti conferma questa teoria", ha indicato il portavoce della polizia, Andrea Zoulova. Ha inoltre smentito le notizie precedenti, secondo le quali l'esplosione era stata provocata da un sistema di protezione antifurto collocato su una cassaforte nella residenza dell'ambasciatore.
Jamal al-Jamal, 56 anni, da ottobre ambasciatore in Repubblica Ceca, ha perso la vita il 1 gennaio; è morto poco dopo il suo arrivo in ospedale. "L'esplosivo non era collocato sulla porta o all'interno della cassaforte e non era per la protezione della sicurezza", ha dichiarato Zoulova, precisando che un'inchiesta è ancora in corso. Dopo l'incidente, la polizia aveva scoperto nella residenza dell'ambasciatore diverse armi, tra cui mitra e pistole, che non erano state registrate in Repubblica Ceca.
Secondo la stampa, si trattava di armi fabbricate nella ex Cecoslovacchia e fornite prima della regime comunista a Praga nel 1989 all'Olp, l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Diplomatici palestinesi hanno successivamente chiesto scusa per la detenzione di queste armi illegali.

(Today, 31 marzo 2014)


Il boicottaggio europeo dei prodotti israeliani poggia su argomentazioni viziate

In un mondo turbolento, governi e compagnie europee cercano ancora di boicottare i prodotti realizzati dalle società israeliane nel cosiddetto "West Bank". I boicottatori poggiano le loro argomentazioni sul fatto che il West Bank è un territorio occupato e che la presenza israeliana è un ostacolo ad una pace duratura. Entrambe le tesi sono completamente infondate.
In Occidente, si fa riferimento alla cosiddetta "Green Line" quando si discute del processo di pace. Alcuni sono soliti affermare che Israele dovrebbe ripiegare al di qua della Linea Verde, onde mantenere un profilo di legittimità e legalità. La Linea Verde è citata a proposito dei "confini del 1967"; ma si tratta di un'argomentazione errata. Sostenendo che la Linea Verde coincide con i confini del 1967, si fornisce l'impressione che questa linea sia stata varcata per porre in essere un'operazione militare espansionistica. La verità invece è opposta: la Green Line altro non è che la linea armistiziale del 1949; il punto dove la guerra di sterminio promossa dagli arabi si interruppe e dove Israele alla fine riuscì a neutralizzare il tentativo di genocidio del proprio popolo....

(Il Borghesino, 31 marzo 2014)


Uno spettacolo d'autore

CASALE MONFERRATO — Uno spettacolo d'autore seguito da un pubblico numeroso e particolarmente attento: il pomeriggio di domenica 30 marzo alla Sinagoga di Casale Monferrato ha riservato un incontro con due grandi voci della cultura contemporanea.
Di fronte all'Aron: Laura Fusco, poetessa, regista e grande narratrice e Maurizio Dehò, spesso riconosciuto come il violinista di Moni Ovadia, ma soprattutto un artista che nei suoi vagabondaggi musicali ha fatto proprio tutto il linguaggio della musica tradizionale europea ed è in grado di restituirlo in ogni forma. I due compiono un viaggio alle radici della musica europea, ebraica e non solo, in un delicato gioco di connessioni tra note e parole che grazie ad una regia molto accurata trasforma l'antica sala di preghiera in un luogo fuori dal tempo.

DOMENICA 6
Il prossimo appuntamento culturale domenica 6 aprile è dedicato all'arte e ad uno specifico progetto didattico.
Alle ore 16 in Sala Carmi si inaugura un progetto del pittore casalese Paolo Novelli e viene presentato il filmato realizzato dagli allievi dalla Scuola Media Don Milani di Ticineto che saranno presenti insieme al loro preside Roberto Viale.
Il titolo dell'incontro è "Stella 120477" ed è di fatto un incrocio di ispirazioni tra il cinema e il disegno che ha per tema la Shoah e l'esigenza della sua narrazione man mano che le nuove generazioni sono chiamate a tramandarla.
Per la creazione della storia gli alunni hanno preso spunto da testimonianze ascoltate durante la visita alla Sinagoga e realizzato un cortometraggio dove si raccontano le vicissitudini di una famiglia ebrea di Casale colta di sorpresa dalle leggi razziali imposte dal Fascismo. La seconda fase è stata la realizzazione dei disegni che fanno da scenografia alla storia raccontata, il lavoro artistico è stato supervisionato dal professore Paolo Novelli.
Per questo lavoro sei alunni e due docenti sono stati invitati al Quirinale per partecipare alla Giornata della Memoria.

DAL MONFERRATO DUE COPIE DEL DIARIO DI ANNA FRANK PER IL GIAPPONE
La Comunità Ebraica di Casale è stata recentemente coinvolta in un altro progetto riguardante l'importanza di tramandare la memoria alle giovani generazioni con un interesante risvolto internazionale.
Tutto è partito da un incontro tra Luca Beccaria, vice Presidente dell'ANPI Eusebio Giambone-Banda Lenti di Camagna e Luigi Baracco, tesoriere dell'associazione che si sono sentiti chiamati in causa da un fatto di cronaca avvenuto in una trentina di biblioteca pubbliche di Tokio, dove sono state strappate le pagine di ben 256 copie del diario di Anna Frank.
L'idea condivisa con Luigi Sanlorenzo (presidente dell'ANPI Camagna) e con Elio Carmi, della Comunità ebraica di Casale Monferrato è sfociata nell'acquisto di due copie del diario, una in giapponese una in italiano, la prima per contribuire a ripagare il danno, la seconda come segno di vicinanza ideale di un territorio impegnato nella lotta al nazifascismo ovunque esso si presenti.
Attraverso Ima Ganora, fondatrice dell'Accademia Le Muse con contatti con il Consolato Generale del Giappone a Milano (l'Accdemia ha ospitato di recente una serie di eventi dedicati al Giappone) e alla dott.sa Francesca Prato il progetto sta acquisendo una sua ufficialità, con la speranza che il gesto venga imitato e per ogni copia distrutta ne vengano mandate due.

(Il Monferrato.it, 31 marzo 2014)


Ketav, Sefer, Miktav. Mostra sulla cultura ebraica scritta a Bari e Venosa

 
Fino al 27 aprile (non come inizialmente previsto fino al 1o aprile) resterà visitabile nel Castello svevo di Bari la mostra interregionale Ketav, Sefer, Miktav. La cultura ebraica scritta tra Basilicata e Puglia, a cura di Mariapina Mascolo, con la supervisione scientifica di Mauro Perani. La Mostra, dedicata a Cesare Colafemmina, ha sede anche nel Museo Archeologico Nazionale di Venosa, dove resterà aperta fino al 20 settembre 2014. È organizzata dal CeRDEM-Centro di Ricerche e Documentazione sull'Ebraismo nel Mediterraneo, dal GAL Sviluppo Vulture Alto Bradano e dal MiBACT-Direzioni Regionali di Puglia e Basilicata, e promossa dalla Regione Puglia.
Ideatore dell'allestimento è Tommaso Lagattolla. In occasione della mostra è stata realizzata una catalogazione delle epigrafi presenti nel territorio, con una nuova campagna fotografica, condotta da Beppe Gernone (Soprintendenza BSAE), e i restauri diretti da Michele Savarese (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata). Ketty Vescera e Licia Laviola hanno restaurato la tomba ebraica altomedievale esposta permanentemente nel castello svevo di Bari.
A Bari il percorso espositivo, nel Castello svevo, propone un itinerario attraverso le testimonianze sulla presenza ebraica nel territorio apulo-lucano dal tardo antico fino al Medioevo. Sono in mostra le lucerne rinvenute durante gli scavi di Egnazia, Seppannibale e Taranto e le iscrizioni del Centro Operativo per l'Archeologia di Bari, del Museo Archeologico Nazionale di Taranto-MARTA, del Museo Archeologico Provinciale "Ribezzo" di Brindisi e della Biblioteca Comunale "De Pace-Lombardi" di Oria.
A Venosa, nella sede del Museo Archeologico Nazionale (Castello Del Balzo), sono esposte epigrafi provenienti dal territorio lucano: dalla sede della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata, dal Museo Nazionale "Ridola" di Matera, dal Comune di Lavello.
L'itinerario prevede le sedi decentrate di Taranto, nella sede del MARTA, e di Trani nella Sezione Ebraica del Museo diocesano.
Si tratta della prima mostra che propone un percorso tra epigrafi ebraiche, in parte conservate nei depositi dei musei. Tra le finalità della mostra c'è quella di incentrare l'attenzione sui beni culturali riguardanti le presenze ebraiche del territorio, di modo da incentivare l'apertura di nuove sezioni dedicate all'ebraismo nei musei.
Il catalogo, a cura di Mariapina Mascolo, responsabile scientifico Mauro Perani, pubblicato con Edizioni Di Pagina (Bari, 400 pagine), raccoglie 17 saggi e 101 schede ed è articolato nelle sezioni: Contesto culturale, Epigrafia, Manoscritti e Novecento.
La mostra, promossa da Università degli Studi di Bari e Alma Mater di Bologna, AISG, vede i patrocini: Goldstein-Goren Diaspora Research Center Tel Aviv University, Club UNESCO del Vulture, Centro Primo Levi di New York, Centro Studi Ebraici Università "L'Orientale" di Napoli, Università degli Studi della Basilicata, Presidio del Libro Musiche & Arti, Sezione Ebraica del Museo diocesano di Trani, FAI e FAI Giovani Delegazione di Bari. Sponsor tecnici: Lucia Laviola Restauri.

Orari apertura Mostra:
Bari, Castello svevo, piazza Federico II.
Apertura ore 8.30-19.00 tutti i giorni esclusi i mercoledì.
Info: tel. 080.5286261/219/210 -- http://www.sbap-ba.beniculturali.it/
Venosa, Museo Archeologico Nazionale, Castello del Balzo, piazza Umberto I.
Apertura ore 9.00-20.00 tutti i giorni; martedì ore 14.00-20.00.
Info: tel. 0972.36095 - http://basilicata.beniculturali.it/

(Puglialive, 31 marzo 2014)


Riconoscimento dello stato ebraico: una richiesta respinta da cento anni

Abu Mazen e Lega Araba sono in malafede quando sostengono che la richiesta d'Israele d'essere riconosciuto come "stato ebraico" è una inaspettata novità.

Ora è (di nuovo) ufficiale. La Lega Araba ha coronato il suo summit di due giorni in Kuwait con la seguente affermazione: "Esprimiamo il nostro totale rifiuto della richiesta di considerare Israele uno stato ebraico". In pratica, una ripetizione del secondo dei tre famosi "no" proclamati della Lega Araba nel vertice di Khartoum nel 1967 ("no alla pace, no al riconoscimento, no al negoziato con Israele").
Ora il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha il pieno appoggio di cui aveva bisogno per continuare a respingere la richiesta israeliana che lo stato di Israele venga riconosciuto come la patria del popolo ebraico. Abu Mazen si è sempre opposto a tale riconoscimento, presentandolo come una condizione israeliana completamente nuova, di cui non si era mai fatta menzione prima d'ora....

(israele.net, 31 marzo 2014)


Pierre Krähenbühl alla guida di UNRWA

GINEVRA - Lo svizzero Pierre Krähenbühl, 48 anni, già direttore operativo del CICR, è da oggi alla guida dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA). E' intenzionato a costruire relazioni approfondite con tutte le parti in causa.
"Per me è un onore dirigere un ente che svolge un ruolo cruciale in Medio Oriente in questo momento, al servizio di una popolazione così numerosa", ha dichiarato Krähenbühl citato in un comunicato diffuso a Gerusalemme est. "Gli avvenimenti in questa regione hanno un impatto profondo sulle vite di quanti dipendono dall'aiuto di UNRWA, e che stanno attraversando una delle crisi più gravi della loro storia".
"E' una sfida - ha aggiunto - che voglio accettare con determinazione, realismo e umiltà". E' stato nominato a questa delicata carica dal segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon lo scorso novembre. Succede all'italiano Filippo Grandi. In dichiarazioni riportate oggi dal quotidiano romando "Le Temps", Krähenbühl afferma di volersi ispirare, in questo suo nuovo compito, alla prassi del dialogo con tutte le parti in conflitto portata avanti dal Comitato internazionale della Croce Rossa, per il quale ha svolto varie missioni in diverse zone "calde" del pianeta.
L'UNRWA, che sta per Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione, è stata istituita a seguito della guerra arabo-israeliana nel 1948 da parte dell'assemblea delle Nazioni Unite. Si occupa di proteggere cinque milioni di rifugiati palestinesi in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Gaza. Gestisce 600 scuole dove studiano mezzo milione di bambini e ragazzi e dispone di 150 cliniche e presidi sanitari.

(Ticinonline, 31 marzo 2014)


"I palestinesi sono gli unici al mondo ad avere una loro "agenzia delle Nazioni Unite" del tutto personalizzata e con regole proprie che vanno in molti casi completamente al di fuori del diritto internazionale: la UNRWA (The United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East). Tutti gli altri profughi di tutto il resto del mondo devono accontentarsi della UNHCR (The United Nations High Commissioner Refugees) che invece considera profughi solo coloro che ne hanno realmente diritto e non i loro figli, nipoti e pronipoti. In sostanza i palestinesi che non vivono a Gaza o nei Territori sono gli unici al mondo a produrre ogni giorno (semplicemente partorendoli) nuovi profughi."


Israele propone ad Abbas di prolungare i colloqui di pace

ROMA - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha inviato ieri una nuova proposta al presidente palestinese Mahumd Abbas per prolungare i colloqui di pace oltre la scadenza fissata al 29 aprile.
"O la questione verra' risolta o saltera' tutto in aria", ha dichiarato Netanyahu, sottolineando comunque che "non ci sara' nessun accordo senza che Israele sappia con chiarezza che cosa ottera' in cambio".
Secondo fonti palestinesi, Abbas ha esaminato il testo israeliano nel corso della notte e adesso si attende una sua risposta.

(ASCA, 31 marzo 2014)


Carla Bruni sul palco a Tel Aviv

di Simone Somekh

Carla Bruni - "La valse posthume"
L'artista italo-francese Carla Bruni si esibirà in Israele il prossimo maggio in occasione di una tournée internazionale volta a promuovere il suo ultimo album "Little French Songs".
La cantautrice, anche conosciuta per il suo passato da modella, è intenzionata a tornare sotto i riflettori dopo un periodo di scarsa attività artistica dovuto, stando a quanto riferito dal suo agente, ad un blocco creativo. Secondo tali dichiarazioni, a fianco del suo ex marito nonché ex premier francese Nicolas Sarkozy, Bruni avrebbe avuto difficoltà a dedicarsi alla sua carriera musicale.
Carla Bruni, torinese nata nel 1967, è ora pronta ad avventurarsi in un nuovo tour durante il quale presenterà diversi pezzi tratti dal suo disco più recente, come "La valse posthume", ma anche vecchi successi come "Quelqu'un m'a dit". L'apparizione israeliana dell'ex premiere dame avverrà il 25 maggio nel teatro Habima di Tel Aviv.
Questa non sarà la prima volta in Israele per la Bruni, che ha già visitato lo Stato Ebraico quattro anni fa in occasione di una visita ufficiale a fianco dell'ex marito Sarkozy. I dati di vendita dei biglietti saranno monitorizzati con attenzione dal management dell'artista in seguito al fallimento della sua tournée americana, che era prevista per i primi mesi del 2014 e che non ha mai visto la luce.

(moked, 31 marzo 2014)


Niente pioggia? Meno male che ci siamo preparati!

di Semadàr Bat Adàm
Ex Capo Dipartimento Ministero Energia e Acqua d'Israele.

Il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz avrebbe fatto meglio a chiedere all'ultimo dei suoi assistenti di fare un piccolo controllo, prima di tenere il suo discorso alla Knesset, durante il quale ha trasmesso la falsa denuncia di un ragazzo di Ramallah, secondo cui Israele assegna ai palestinesi 17 litri di acqua al giorno pro capite. Con una telefonata all'Autorità Palestinese dell'Acqua avrebbe sentito, anche con palese orgoglio, che ogni palestinese riceve attualmente 110 litri al giorno.
   E se avesse approfondito un po', avrebbe scoperto che se l'Autorità Palestinese si fosse impegnata maggiormente nel suo compito di fornire tutti i requisiti del settore idrico ai suoi cittadini, più di quanto investe nel fabbricare storie di frode e di calunnie contro Israele, avrebbe potuto, con i fondi dei paesi donatori e con i mezzi e il know-how che Israele mette a disposizione dei palestinesi, eguagliare da tempo facilmente la sua fornitura di acqua a quella di Israele. L'Autorità avrebbe potuto depurare acque reflue e liquami, utilizzabili in agricoltura, evitando sia le trivellazioni illegali, le cui acque, gratuite in quanto illegali, vengono sprecate, sia di danneggiare la falda acquifera di tutti.
   Oltre a scoprire il segreto che l'Autorità palestinese può fornire l'attuale la quantità di acqua solo grazie alla corretta distribuzione e alla gestione efficiente del settore idrico in Israele, Schultz avrebbe anche scoperto che Israele si occupa anche della Giordania, che soffre di carenze idriche gravi, fornendo decine di milioni di metri cubi, ben al di là di quanto stabilito dagli accordi tra i due Paesi. Se Schultz avesse cercato la verità, invece di riempirsi la bocca con una questione calunniosa nei confronti di Israele, l'avrebbe riempita di lodi per la nostra politica delle acque.
   Come tutti sanno, nella nostra regione arida e asciutta, grandi profluvi di acqua corrente non sono un fenomeno frequente. Basti ricordare come nel 2009 misuravamo ogni giorno preoccupati il calo del livello del lago di Tiberiade al di sotto della linea nera, abbiamo dovuto vietare o limitare l'irrigazione dei giardini e pagare un'imposta aggiuntiva di siccità nelle nostre bollette di fornitura. Quest'anno, a parte le brevi piogge e nevicate di metà dicembre, stiamo vivendo un inverno la cui siccità, in gennaio e febbraio, è la più grave degli ultimi decenni .
   Ma non tutto è asciutto. Ecco alcune cose buone che accadono in questo Stato in campo idrico: l'Autorità delle Acque ha imparato dall'esperienza, ha studiato progetti e ha preso e condotto le azioni necessarie per garantire la sicurezza di approvvigionamento idrico dello Stato d'Israele. La siccità non è più una minaccia per il nostro fabbisogno idrico. Si chiama "gestione integrata delle acque", e si dovrebbe conoscere e tenere a mente prima della prossima calunnia.
   Oggi godiamo i frutti della riduzione del consumo di acqua e l'interiorizzazione di comportamenti intelligenti sia nell'industria sia nelle famiglie. La quantità di acqua per il giardinaggio è stata ridotta significativamente, mantenendo il verde. Trattiamo le acque reflue e le riutilizziamo per l'irrigazione fino a circa l'87% del totale dei liquami depurati. Per fare un confronto, il Paese secondo a noi è la Spagna con circa solo il 25%.
   Dopo anni di tagli di acqua per l'agricoltura, oggi manteniamo una larga distribuzione crescente di decine di punti percentuali, come stabilito dal Consiglio dell'Autorità delle Acque. Gli agricoltori, dal canto loro, stanno adottando metodi di irrigazione avanzati, che permettono un calcolo preciso del fabbisogno per ogni tipo di produzione.
   Oggi reimmettiamo acqua nell'ambiente naturale per un ordine di grandezza doppio o triplo rispetto al 2011. In California, per esempio, la penuria di piogge ha portato alla decisione di tagli di acqua per l'agricoltura e all'annuncio di imminenti riduzioni di acqua per l'industria e le esigenze domestiche.
   E non ho menzionato i nuovi depuratori, che già si avvicinano a circa 600 milioni di metri cubi, pari al fabbisogno del consumo domestico. Non solo: lo Stato ha fatto accordi con società private di depurazioni per 350 milioni di metri cubi, pur mantenendo la stabilità economica e la loro motivazione a investire per i prossimi anni.
   E non ho menzionato la riduzione del 5,1% delle tariffe delle bollette di fornitura dell'acqua. A chi si lamenta consiglio di leggere il controllo comparativo condotto dal Dipartimento Scienza e Ricerca della Knesset, che dimostra che il costo dell'acqua nelle case nel Paese è meno della metà rispetto ai paesi dell'UE, che ricevono acqua in abbondanza e gratis dal Creatore.

(Israel Ha-Yom, 31 marzo 2014 - trad. dall'ebraico di Sergio HaDar Tezza)


Il viaggio

Cartoline da Israele, di Ugo Volli

 
Un viaggio in Israele inizia sempre dall'aereo. Una volta erano le navi a portare gli immigrati al porto di Haifa e a tenerli collegati con l'Europa, ma oggi l'ingresso nello stato ebraico avviene dall'aeroporto Ben Gurion, o, se uno vola con El Al, dal primo contatto con la compagnia di bandiera israeliana. Questo avviene ben prima dell'imbarco, in quel rituale dell'interrogatorio di sicurezza che non manca mai all'uscita dal Ben Gurion e anche al check in degli aerei El Al. Chi fa le domande sono per lo più ragazzi e ragazze, dall'aria un po' ispida un po' cordiale, a tratti severa, a tratti apparentemente ingenua. Chiedono le cose più ovvie per scoprire un pericolo, se hai fatto la valigia da solo o qualcuno ci ha messo le mani e avrebbe potuto magari infilarci una bomba, o se qualcuno ti ha affibbiato un pacchetto da portare in Israele. Ma poi vogliono sapere da dove vieni, che scuole hai fatto, che percorso farai in Israele. Cose così, che sembrano chiacchiere e invece sono sondaggi psicologici per vedere se vien fuori la tensione di chi mente. Se esamini la procedura, capisci di essere già sotto la protezione dell'antiterrorismo israeliano. Quando poi sali sull'aereo ti accoglie un'ospitalità calorosa e concreta e il senso di essere già in Israele.
  Dopo tre ore o poco più d'improvviso appare la costa, una striscia di sabbia con dietro i grattacieli di Tel Aviv. L'aereo si abbassa con virate strette sulle colline. Appena più in là si vedono i territori amministrati dall'Autorità Palestinese, con un confine netto che segue la discontinuità fra boschi e campi e capannoni industriali e le colline brulle punteggiate da villaggi bianchi. Non si può non pensare che ci sono meno di otto chilometri in linea d'aria fra l'unica porta internazionale di Israele e gli avamposti che potrebbero essere occupati domani dai terroristi, se non glielo impedisse la sicurezza israeliana: due ore a piedi, dieci minuti di macchina, pochi secondi di un razzo che si può lanciare anche da un'arma a spalla.
  Sono riflessioni allarmanti e si è già nel grande spazio bianco del Terminal: colonne ramificate in alto come l'attacco di una chioma di un albero, l'affaccio sulla fontana che rallegra la grande hall delle partenze, la discesa quasi ripida che ti invita a correre verso Israele, poi la coda dei passaporti, disciplinata e disordinata assieme, in cui viene naturale guardare la grande differenza di chi arriva: qualche prete, qualche "ultraortodosso" tutto nero con moglie e pargoli al seguito, un rabbino elegante col suo borsalino, turisti americani troppo nutriti, orientali, arabi, parecchi francesi, naturalmente moltissimi israeliani con l'aria un po' sollevata di chi torna a casa... Non c'è più l'interrogazione di sicurezza, anche il visto è diventato un foglietto a parte, tutto è computerizzato, si arriva in fretta fra la folla in attesa, che fa a gara ad attirare l'attenzione un po' vaga di chi arriva e cerca facce amiche, ma è sperduto per la stanchezza, il rumore, la barriera fitta della gente.
  Dieci chilometri dopo l'aeroporto ecco Tel Aviv, ancora una scossa di vita quasi troppo affollata: la grande mole dei grattacieli, ma sotto i negozietti, i marciapiedi un po' sconnessi e pieni di gente, l'autostrada a otto corsie che ti lascia in un dedalo di viuzze con case bianche Bauhaus, alberi, fiori, ancora gente, qualche scorcio conosciuto o riconosciuto. Finalmente rivedi il mare, che dal basso è un grande animale scuro e vivo con la striscia rossa del sole al tramonto. C'è una felicità tutta particolare nel tornare in questa città, il senso di un posto così pieno di traiettorie che anche la tua ci può stare e così ricco di convinzione che ti porta con sé dove vuoi. Ti viene subito voglia di fare una corsa sul lungomare, di comprare delle verdure in uno dei negozietti sempre aperti, magari di sognare la borsa dei diamanti, il museo d'arte contemporanea, la fondazione della città un secolo fa. Ma vai a mangiare, non è difficile trovare humus e felafel. E poi, che tu ne abbia l'età o meno, la tentazione di andare in giro e assorbire un po' dell'incredibile energia di questa città è così forte che è impossibile non cedere almeno un po'.

(Informazione Corretta, 31 marzo 2014)


El Al, internet a bordo sui voli Israele-Europa

Annunciato da El Al un accordo con ViaSat, società specializzata nel settore delle comunicazioni, che garantirà la navigazione in internet a bordo dei suoi aeromobili. Il nuovo servizio sarà attivo entro un anno su tutti i B737 della compagnia in volo tra Israele e l'Europa e andrà ad aggiungersi ai nuovi intrattenimenti di bordo tra cui un sistema video in streaming, operativo già nei prossimi mesi.
I passeggeri che utilizzano il loro computer portatile, tablet, smartphone, potranno navigare in internet utilizzando una connessione di nuova generazione ad alta capacità denominata Ka-band, tecnologia satellitare di ViaSat Inc. Ai clienti El Al saranno offerte più soluzioni per navigare sul web, compresa un'opzione gratuita, che consentiranno loro di restare connessi per piacere o per lavoro durante l'intero volo.
Per il nuovo servizio il presidente di ViaSat, Mark Dankberg, si aspetta un riscontro positivo da parte dei passeggeri El Al esattamente come è avvenuto per il lancio dello stesso servizio negli Stati Uniti.

- Anche un innovativo sistema di intrattenimento di bordo
  Questo annuncio segue quello fatto da El Al diversi mesi fa per l'introduzione di un innovativo sistema di intrattenimento di bordo sui suoi B737 e B767. Il nuovo sistema invia programmi in streming direttamente sui dispositivi personali dei passeggeri quali smartphone, tablet, computer portatili. Denominato Board Connect e operativo nei prossimi mesi, è stato sviluppato da Lufthansa. El Al sarà il primo vettore ad adottarlo nei voli Israele-Europa.

(agenzia di viaggi, 31 marzo 2014)


"Ecco l'altro Singer il re dello Yiddish"

"Cercavo per lui incantesimi quando scriveva di Yoshe Kalb il bigamo che mise in subbuglio i villaggi della Galizia".

di Isaac Bashevis Singer

Israel J. Singer, "Yoshe Kalb", Adelphi pp. 288, € 18
Un giorno mio fratello cominciò a parlarmi di Yoshe Kalb. Quella di Yoshe Kalb è una storia vera; in Galizia era esistito un tale soprannominato così, e ciò che narra questo libro è realmente ciò che gli accadde. Per diversi anni il mondo hassidico fu in subbuglio per causa sua. Molte volte avevo udito mio padre raccontare la sua storia. Yoshe Kalb era vissuto in quella parte della Polonia che era sotto la dominazione austriaca, una regione ben nota a mio fratello. Da un giorno all'altro, smise di pensare alla grammatica tedesca e alle difficoltà dell'ortografia francese. Benché conoscesse la vita hassidica nei minimi particolari, non si stancava mai di raccogliere informazioni d'ogni genere sulle usanze e sui fatti. In questo egli assomigliava a tutti i grandi scrittori realisti, che pensano di non saperne mai abbastanza. Compresi allora quali effetti può avere su uno scrittore la scoperta di un tema a lui congeniale. Mio fratello parve rinascere, non soltanto spiritualmente, ma anche fisicamente. Cominciò ad avere un aspetto migliore, i suoi occhi azzurri erano accesi di nuovo interesse e di grande speranza. Non passò molto, e lo trovai seduto alla scrivania, intento a scrivere su quella particolare carta che usava per i suoi libri, e che nostro padre aveva adoperato per i suoi commentari religiosi: quaderni da componimento a riga unica. Durante il periodo in cui si dedicava alla stesura di Yoshe Kalb, spesso mi leggeva il frutto del suo lavoro, cosa che non aveva mai fatto prima. Ogni tanto, cercava testi di incantesimi o formule magiche, e io glieli scovavo in vecchi libri. In realtà, non aveva alcun bisogno d'aiuto. Il tema di Yoshe Kalb apriva in lui nuove fonti creative. Invece di descrivere un giovane scettico che non sa che cosa fare di se stesso e passa le giornate a fantasticare, egli rappresentava un uomo di intensa fede, di grandi passioni e di profonde tradizioni. La complicata psicologia di Yoshe Kalb, il mistero dei suoi desideri conferivano una rara tensione a questo lavoro. Mio fratello era un narratore nato, e non esagero se dico che trovò se stesso proprio in quest'opera, nella quale la trama è così importante.
   Quando mandò il manoscritto di Yoshe Kalb a Abraham Cahan, non era affatto sicuro che sarebbe stato pubblicato. Il Forward era un giornale mondano, rispetto agli standard ortodossi, e la vita hassidica in Galizia, per Cahan e per molti dei suoi lettori, poteva già apparire abbastanza remota. Chi conosceva Cahan sapeva che o si sarebbe entusiasmato al manoscritto, o l'avrebbe respinto con indignazione e con ira. Io sentivo che lo avrebbe accettato.
   Ciò che accadde superò ogni aspettativa. Non soltanto Cahan si entusiasmò, ma arrivò addirittura a un parossismo di ammirazione. Mio fratello cominciò a ricevere lunghi cablogrammi e lettere infervorate. Mai nella storia del Forward un romanzo era stato oggetto di più alte lodi. Non passava giorno senza un articolo o una lunga nota di Cahan sull'opera, sia prima sia durante la pubblicazione a puntate. Cahan era un grandissimo propagandista. Il suo amore per la letteratura che apprezzava aveva sfumature quasi erotiche. S'innamorava delle opere dei suoi scrittori preferiti, e sapeva come infiammare i suoi lettori. Durante la pubblicazione, sul « Forward » apparvero decine e decine di lettere piene di elogi. I più entusiasti erano i galiziani.
   Fino allora il Forward era stato dominato dai cosiddetti «lituani », e i galiziani erano soprannominati «i castigati». Lo stesso Cahan era un lituano di Vilna. Finalmente gli abbonati galiziani potevano leggere un romanzo che descriveva i loro villaggi, i loro rabbini, i loro mercanti. La fortuna di Yoshe Kalb fu così grande che Maurice Schwartz, il re dello Yiddish Art Theater, avviò subito le trattative per la riduzione teatrale. Mio fratello fu invitato in America, dove fu accolto dall'intera redazione del Forward, e dai circoli teatrali yiddish. Quello straordinario successo, che fu anche un successo personale per Cahan e per il Forward, fu attaccato dagli stalinisti con accanimento. Sembrava che il giornale e i suoi redattori fossero diventati l'unico grande ostacolo all'avvento della rivoluzione.
   Yoshe Kalb fu il più importante successo del teatro yiddish, con la sola eccezione, forse, del Dybbuk. Quando aveva inviato la lettera in cui dichiarava di rinunciare a scrivere in yiddish, mio fratello era conosciuto soltanto negli ambienti yiddish. Ma quando tornò allo yiddish con Yoshe Kalb, divenne famoso in tutto il mondo.
   Liveright, che pubblicò Yoshe Kalb in inglese, pensò che il titolo non avrebbe attirato il lettore americano. E pertanto lo cambiò in Il peccatore, un titolo insipido che tolse al libro molte possibilità di successo, poiché migliaia di lettori lo conoscevano soltanto come Yoshe Kalb. Poi Liveright cessò le pubblicazioni, e quasi l'intera edizione scomparve dalla circolazione. Nemmeno la versione inglese della pièce ebbe successo, forse perché era ancora possibile vederlo in yiddish. A quell'epoca io non stavo in America, ma la mia impressione è che Broadway cercò di trasformare Yoshe Kalb in un vaudeville, con ragazze che ballavano e cantavano, anche se l'eccellente Daniel Frohman, che aveva portato il lavoro sulla scena, fece di tutto per conservare il suo carattere originale.
   Comunque, furono insuccessi temporanei. Mio fratello continuò a scrivere con grande ispirazione. Dopo Yoshe Kalb venne I fratelli Ashkenazi, che fu accolto con molto favore in America, in Inghilterra e in diversi altri paesi. Soltanto in America il libro ebbe non meno di undici edizioni in volume. In seguito, mio fratello pubblicò Khaver Nakhmen [Compagno Nakhman] e The River Breaks Up.
   Nel Talmud è detto: « Un errore si deve sempre correggere». Per i lettori di I.J. Singer, e per me personalmente, è motivo di viva soddisfazione che Harper abbia deciso di iniziare la ristampa delle opere di I.J. Singer con Yoshe Kalb, un libro che rievoca una grande epoca letteraria e descrive un mondo ormai scomparso.
   Secondo la mia modesta opinione, I.J. Singer è uno scrittore che pochi, nella narrativa contemporanea, possono eguagliare, e la sua forza nel costruire un romanzo è ancora fonte di godimento e d'insegnamento per gli appassionati di letteratura.

(La Stampa, 31 marzo 2014)


Leviathan, ecco perché Israele apre a nuovi operatori

di Marco Andrea Ciaccia

  
La crisi energetica che si è aperta sul fronte orientale dell'Europa, tra Ucraina e Russia, sembra offrire potenzialità interessanti al cosiddetto "Triangolo energetico" tra Grecia, Israele e Cipro.

L'ALLEANZA GRECO-ISRAELIANA
Con due conferenze tenute alla fine dell'anno scorso al Woodrow Wilson Institute e all'Hudson Institute, l'alleanza informale greco-israeliana ha ricevuto un importante riconoscimento da parte di Washington. Tel Aviv e Atene hanno siglato un accordo di cooperazione aeronautica e a settembre 2013 ci sono stati colloqui ad alto livello nel campo della difesa tra le due capitali. Ciò è avvenuto in coincidenza con il deterioramento dei rapporti tra Israele e Turchia, ma soprattutto con la scoperta dei giacimenti di idrocarburi nel Mar di Levante, davanti alle coste israeliane e cipriote.

UNA "BENEDIZIONE" PER ISRAELE
In questo triangolo energetico un ruolo non secondario è svolto dagli Stati Uniti. La principale società impegnata nella scoperte e nell'estrazione iniziale è la texana Noble Energy. D'altra parte solo Washington può svolgere un ruolo di mediazione efficace rispetto alla Turchia, la cui tattica competitiva nel Triangolo Energetica è talora giunta a livelli di sfida e provocazione. Il bacino del Levante comprende i due maxi-giacimenti "Leviathan" (19 trilioni di metri cubi) e "Tamar" (10 trilioni di metri cubi). Per Israele, che è presente in Leviathan soprattutto attraverso il gruppo privato Delek Energy, si tratta di una scoperta fondamentale per diversificare la propria economia e diventare un attore energetico medio-orientale, giocando le proprie carte rispetto all'Unione europea.

UNA CONNECTION ISRAELO-EGIZIANA?
Le difficoltà che incontra il sistema energetico egiziano sono sempre più evidenti. L'esplosione dei consumi, facilitata dagli incentivi pubblici, insieme alla mancanza di investimenti in infrastrutture rende possibile la ripresa di intensi rapporti Egitto-Israele, l'eterno incubo dei fondamentalisti, che hanno a più riprese sabotato il gasdotto del Sinai attraverso cui passava il gas egiziano per Israele. Questa volta però saranno gli israeliani a svolgere in prospettiva il ruolo di fornitori. Secondo Bel Trew di Al Monitor, Delek Energy starebbe trattando con Il Cairo per vendere 8 miliardi di metri cubi l'anno ai consumatori: quasi una zattera di salvataggio per il generale Sisi, la cui ascesa politica avverrà nei mesi più caldi (e dunque con maggiore domanda di gas per usi energetici) e che non può permettersi di salire al potere in un Paese accaldato e al buio.

GAS ISRAELIANO PER I VICINI ARABI
Non sarebbe una novità assoluta. Già a febbraio i partner del Giacimento Tamar hanno firmato un accordo con due grandi clienti industriali giordani della durata di 15 anni a partire dal 2016, per un totale di 66 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta di una scelta, quella di esportare il gas israeliano, che non è stata pacifica, tanto che sul punto si è dovuta esprimere la Corte Suprema di Gerusalemme. Nell'ottobre scorso ha decretato che il 40% della produzione dei giacimenti nella propria zona economica esclusiva dovrà essere riservata all'esportazione, lasciando comunque a Israele quantità di gas sufficiente per coprire la domanda interna per 25 anni, ai tassi attuali di consumo.

L'APERTURA DEL LEVIATHAN
Con un'altra decisione significativa, l'Antitrust israeliano all'inizio di quest'anno ha chiesto a Noble Energy e Delek Energy di rinunciare ad alcuni asset di esplorazione per non incorrere in sanzioni anti-monopolistiche. L'accordo è stato definito, ma senza le garanzie di ritorno di investimento richieste dall'acquirente, la società australiana Woodside Petroleum. Ne è derivato uno stallo che ha come posta in gioco la possibilità stessa che gli australiani costruiscano, secondo progetto, un impianto di liquefazione flottante, da cui esportare in Asia Orientale. Su quegli stessi blocchi si era ipotizzato qualche tempo fa un interesse dell'italo-francese Edison. Intanto, Eni e Total scaldano i motori più a nord, nella zona economica speciale cipriota, dove cominceranno le esplorazioni rispettivamente ad agosto 2014 e nel 2015.

(formiche.net, 29 marzo 2014)


Oltremare - Tel Hai
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”
“L'arancione”
“Il nero”
“L'azzurro”
“Il giallo”
“Il grigio”
“Reality”
“Ivn Gviròl”
“Sheinkin”
“HaPalmach”
“Herbert Samuel”
“Derech Bethlechem”
“L'Herzelone”
“Tel Aviv prima di Tel Aviv”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Tel Hai é una di quelle strade che si ripetono in tutta Israele. Se si sale su di un taxi a Tel Aviv e si chiede "Tel Hai 10" senza specificare, il tassista - se onesto - chiede Tel Hai dove? La prima volta si rimane stupiti, ma come questo signore fa il tassista e ha tre diversi accessori che possono fare da GPS in bella vista sul cruscotto, possibile non sappia dove sia una via che dovrebbe essere in pieno centro a Tel Aviv? Di Tel Hai ce ne sono a Tel Aviv, Ramat Gan, Rishon LeZion. Regola aurea salendo su un taxi è dire sempre il nome della strada e della città tutto d'un fiato, per evitare chilometri in direzione opposta alla destinazione.
Tel Hai, prima di essere un nome di strada molto gettonato, è un luogo di pellegrinaggio laico di nuovi immigrati, studenti di Ulpan o scuole secondarie, punto perfetto in cui far combaciare geografia storia e politica.
A Tel Hai (collina della vita, nome tremendamente sfortunato) c'era un kibbutz già dal 1918, appena l'Impero Ottomano dovette ritirarsi dalla zona ora confine fra Israele e Libano. Fortuna e sfortuna di questa lingua di Israele circondata da territorio libanese e strategica per motivi di altitudine e di corsi d'acque, è stato il fatto di essere poco raggiungibile. Gli inglesi e i francesi tentarono di palleggiarsela in classico esercizio di puro colonialismo, e i locali arabi combattevano a turno contro chi capitava.
Si mise di mezzo un sionista russo reduce dalla guerra russo-giapponese (dove aveva lasciato un braccio ma acquisito lo spirito sionista mentre era in prigionia) e dalla Prima Guerra mondiale. Josef Trumpledor uscì ferito a morte dal piccolo kibbutz di Tel Hai che era neutrale nel 1920, ucciso da arabi che erano entrati per controllare se c'erano francesi ospitati o curati nella fattoria. Morì, pare, pronunciando le famose parole "tov lamut be'ad artzenu" (è bello morire per la nostra terra), e mentre la battaglia di Tel Hai fu breve, la dinamica non chiara fino ad oggi, la figura del russo sionista pronto a ogni sacrificio per Eretz Israel entrò in tutti i libri di testo e gite scolastiche israeliane.

(moked, 31 marzo 2014)


Paesi arabi divisi più che mai

KUWAIT - Kuwait City. 30/03/14. I leader arabi si sono riuniti il 27 di marzo per fare il punto sulla situazione politica estera.
Con uno sguardo attento alle vicende dell'Iran, Iraq e Siria. A quanto pare l'unica cosa certa per ora è il mondo arabo è completamente diviso. La rivista Khashoggi ha parlato di «spaccature pubbliche al vertice arabo». Tutto il Medio Oriente sembrerebbe in preda a un panico generale dove per ora la guerra si fa sui media, e dove ogni televisione o radio di stato cerca di oscurare l'altra. Il vertice aveva come principale obiettivo di conciliare le posizioni su Siria, Iran. Paesi che hanno scatenato la rivalità con i paesi più grandi del Medio Oriente come Egitto e Arabia Saudita .
I Capi di Stato riuniti a Kuwaitcity hanno pubblicamente riconosciuto che non c'è bisogno di aggiungere ulteriori conflitti a quelli già esistenti. Come la guerra già catastrofica in Siria e le turbolenze in Egitto e in Iraq. Ma dietro le quinte, segnala la testata, sono apparsi troppo sfilacciati per dare vita a ogni possibilità di azione araba congiunta contro il presidente siriano Bashar al - Assad, o tenere una linea comune su Teheran che cerca la distensione con alcuni vicini del Golfo e il disgelo con gli Stati Uniti .
Il Commentatore saudita Jamal di Khashoggi ha detto alla Reuters che le nazioni arabe non erano mai stati così divise. ha parlato di «Guerra attraverso le onde radio». Un paese diffama l'altro, «è molto sconvolgente», ha detto il corrispondente.
Gli stati membri hanno posizioni differenti non solo per la guerra civile siriana, ma anche l'intera linea della Primavera araba. Alcuni hanno visto le rivolte del 2011 contro il dominio autocratico come negativo per gli arabi, mentre altri pensavano che sia stato «il vero corso della storia».
«Bashar al- Assad e l'Iran stanno beneficiando di questa divisione tra i paesi del Golfo», ha detto Ebtisam al- Qitbi , un professore di scienze politiche presso l'Università Emirates negli Emirati Arabi Uniti. Ha criticato la mancanza di consenso sul sostegno agli avversari politici di Assad . «Non ci sono passi concreti per risolvere la crisi siriana. L'opposizione si sentiva sola in questo vertice», ha detto.
Le dispute inter-arabe che derivano in gran parte dalla primavera araba hanno indebolito leader stati musulmani sunniti mentre il rivale sciita, Iran, cerca di migliorare le sue relazioni con il mondo esterno. L'alleato arabo di Teheran, la Siria, invischiato in una guerra settaria che ha ucciso 140.000 persone e milioni di sfollati, beneficia anche della mancanza di unità.

(agcommunication, 30 marzo 2014)



L'Angelo dell'Eterno le disse ancora: «Ecco, tu sei incinta e partorirai un figlio, e lo chiamerai Ismaele, perché l'Eterno ha dato ascolto alla tua afflizione; egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui; e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli» (Genesi 16:11-12).


Nella Gerusalemme del sottosuolo tra fedeli e turisti Indiana Jones

Viaggio nei cunicoli che dalle fondamenta del Tempio di Erode portano alla fonte di Re David.

 
 
 
Nei cunicoli di Gerusalemme
Per sentir battere il cuore di Gerusalemme bisogna entrare nelle sue viscere ovvero passeggiare nei tunnel sotterranei assieme al popolo di fedeli e curiosi che li frequenta per le ragioni più disparate. Scavati da generazioni di archeologi incuranti di conflitti e conquiste, risalenti alla genesi della città oltre 3000 anni fa e oggetto di roventi diatribe politiche fra israeliani e palestinesi, i tunnel accolgono chiunque desidera immergersi in una dimensione della Storia dove il passato è immanente.
  Sin dalle prime ore del mattino piccoli gruppi di ebrei ortodossi, uomini e donne, scendono i gradini del Minheret HaKote che li portano nel tunnel che costeggia il Muro Occidentale dell'antico Tempio di Erode. È la continuazione del Muro del Pianto. Ma rispetto ai circa 60 metri all'aria aperta questi sono 485 metri scavati sotto il quartiere arabo, consentono di toccare la pietra più grande del Secondo Tempio - circa 570 tonnellate di peso - distrutto dalle legioni di Tito e di arrivare nel luogo più vicino a dove l'archeologo Dan Bahat ritiene che si trovasse il Santuario. È questo il motivo per cui gli ebrei ortodossi hanno ricavato fra le impalcature di legno alcuni piccoli spazi nei quali pregare, separatamente, rivolti verso il luogo considerato più sacro dall'ebraismo. Luci basse, sedie di plastica bianca, piccoli libri di preghiera e un silenzio assordante distinguono questi mini-luoghi di fede, dove gli ortodossi non si accorgono neanche dei gruppi di turisti e appassionati di ogni possibile origine che quasi li toccano fisicamente attraversando con foga, e armati di smartphone, cunicoli angusti e imprevedibili.
  Uscendo dal tunnel ci si ritrova nei pressi della Via Dolorosa, nel quartiere cristiano. Bastano dieci minuti a piedi per uscire dalla Porta di Damasco e trovarsi davanti all'entrata della Grotta di Zedekia. Si tratta di 20 mila mq, che scendono fino ad un massimo di 10 metri sotto il suolo, in un luogo dove la tradizione vuole che re Salomone fece estrarre il calcare necessario per la costruzione del Primo Tempio. Nei secoli queste grotte, forse perché segnate da un'origine misteriosa, sono diventate il punto di incontro dei massoni. Tutto iniziò quando la prima Loggia della Terra Santa vi celebrò la riunione inaugurale, il 7 maggio 1873. Forse non è un caso che lungo questo percorso, segnato dall'acqua che gocciola inarrestabile da soffitti sopra i quali c'è il quartiere musulmano della Città Vecchia, si incontrano le persone più diverse: donne vestite in abiti lunghi bianchi come se dovessero andare a una cena di gala, uomini attempati con i cappelli alla Indiana Jones e giovani un po' disorientati, quasi tutti europei e nordamericani.
  È un angolo della città dove il Medio Oriente sembra restare sull'uscio. Ovvero l'esatto opposto di quanto avviene nel sottosuolo della Città di David, la collina a Sud dell'Antico Monte del Tempio - dove oggi si trova la Spianata della Moschea - sulla quale i gevusei costruirono il primo insediamento fra le valli di Hinnom e Kidron. Qui siamo fuori dalle mura della Città Vecchia e il tunnel cananeo e di Ezechia consentono di scendere, su percorsi asciutti e bagnati, fino all'acqua che sgorga dalla fonte di Gihon ovvero il motivo per cui fu possibile il primo insediamento umano, forse 3500 anni fa. I 70 cm di altezza dell'acqua sotterranea spiegano perché i gevusei si accamparono nel luogo dove il re David avrebbe costruito il suo palazzo dando vita a una sovrapposizione fra fede, tradizione e leggenda che accomuna le tre grandi fedi monoteistiche.
  A popolare questi tunnel angusti dove sembra esserci più acqua che aria è una moltitudine di individui dalle origini più diverse: gli studenti di scuole rabbiniche arrivano dotati di lumini da minatore legati al capo per farsi largo nell'oscurità con un'enfasi che stride con il silenzio impenetrabile dei turisti cinesi cristiani che, uno a uno, con pazienza e meticolosità sembrano voler toccare ogni centimetro delle pareti del tunnel. Quasi per impossessarsene. E poi ci sono i russi. Cristiano-ordodossi o ebrei, uomini e donne, hanno quasi tutti abiti firmati e guide private. Si muovono in gruppi ristretti, spesso di due sole persone. Guardano turisti e scolaresche con evidente distacco. Sembrano vivere il tunnel come una sorta di safari per vip fra i tesori dell'antichità. Al ritorno in superficie i contrasti del Medio Oriente si impongono immediati, mozzafiato: il grappolo di case ebraiche di Shiloach incastonate dentro la moltitudine umana del quartiere arabo di Silwan riassume l'aspro conflitto politico che circonda i tunnel. I leader arabi li considerano uno strumento per imporre la «giudaizzazione» di Gerusalemme mentre per gli archeologi israeliani sono uno strumento teso a recuperare un patrimonio dell'umanità. Quale che sia l'opinione su tale lacerante disputa, il variegato popolo dei tunnel continua incrociarsi sotto il suolo di Gerusalemme, attratto dal mistero di come tutto ebbe inizio.

(La Stampa, 30 marzo 2014)


Tsad Kadima, progetti di futuro

di Alessandro Viterbo

Dani Sanderson e il suo complesso protagonisti all'annuale serata di gala della onlus Tsad Kadim svoltasi al Teatro di Gerusalemme (Sala Sherover). Una festosa serata nel corso della quale abbiamo sottolineato gli sviluppi delle attività educative e riabilitative che l'associazione svolge da più di 26 anni in Israele. Scopo della serata raccogliere fondi per appoggiare i progetti dell'associazione a favore di più di 400 bambini e ragazzi in Israele e in particolare in favore delle attività del nuovo centro diurno per ragazzi dai 21 anni in su attivo dal settembre 2013. Venduti tutti i biglietti, la sala si è riempita con quasi mille persone che hanno risposto all'invito del comitato organizzatore guidato da chi scrive. Gradita la partecipazione da lontano degli Amici di Tsad Kadima in Italia, che hanno contribuito comprando biglietti che poi sono stati distribuiti a giovani, studenti e nuovi olim. Quest'anno la parte del leone l'hanno fatta i ragazzi di Tsad Kadima che hanno affollato con le loro sedie a rotelle e deambulatori ogni angolo libero del teatro. Trascinati dallo spirito del cantante i ragazzi hanno lasciato le sedie a rotelle e hanno ballato assistiti dallo staff, creando una atmosfera di festa e di gioia che da anni non si vedeva in occasioni del genere. Tutti in piedi poi per il gran finale. Alla fine il cantante si e incontrato con alcuni ragazzi e in particolare con Yoel Viterbo (nell'immagine). Presente in sala l'ufficiale cerebroleso Jonathan Cohen, cresciuto a Tsad Kadima, che ha presentato al pubblico la sua futura moglie annunciando il vicino matrimonio. Un'altra importante tappa della storia di Jonathan! Il prossimo appuntamento per gli amici di Tsad Kadima sarà a fine maggio con un concerto di musica classica. Un sentito ringraziamento a tutti i numerosi partecipanti e sostenitori.

(moked, 30 marzo 2014)


Israele emette cinque francobolli con messaggi nella lingua nazionale dei segni

Nel Paese ci sono 750mila sordi, 15mila di loro usano la lingua dei segni. I soggetti si basano su foto scattate da Pini Hamou.

Foglio con due serie dei francobolli emessi
ROMA - A darne notizia è il sito di "filatelia di qualità e editoria specializzata" Vaccarinews.it: cinque concetti sono stati rappresentati in altrettanti francobolli impiegando i sistemi comunicativi di chi non sente, in pratica la lingua dei segni. Succede in Israele, dove l'8 aprile i francobolli in questioni saranno emessi. "Grazie", "bacio", "amicizia", "amore", "arrivederci": sono le cinque parole scelte. In Israele vivono 750mila persone sorde o con hanno difficoltà uditive, e circa 15mila di loro usano la lingua dei segni per comunicare. Impiegano, cioè, principalmente le mani, il viso ed il corpo. "Non si tratta, però, di uno strumento universale: ogni comunità nazionale ha il proprio", come ricorda il portale di filatelia, che aggiunge: "Il rimedio permette loro - dicono gli specialisti - di non sentirsi disabili o ridotti nelle capacità; piuttosto, diventano una collettività con le caratteristiche proprie dei gruppi di minoranza: condividendo storia, attività culturali e sociali: un modo per interfacciarsi".
I soggetti si basano su foto scattate da Pini Hamou, trasformate in cartevalori ordinarie buone per il traffico interno: secondo le indicazioni di settore di Vaccarinews.it, tariffario alla mano, ora il porto corrispondente ammonta a 2,00 shekel. I fogli accolgono due serie.

(Superabile.it, 29 marzo 2014)


L’Egitto riapre per tre giorni il valico di Rafah con Gaza

Per il transito di persone con problemi du salute e casi umanitari

IL CAIRO, 29 mar - Le autorita' egiziane hanno riaperto oggi - dopo circa 50 giorni - il valico di Rafah che collega l'Egitto con la striscia di Gaza, ma solo per tre giorni. Lo scrive l'agenzia Mena precisando che saranno permessi i "transiti delle persone che hanno problemi medici e per i casi umanitari". La scorsa settimana il valico era stato riaperto in via eccezionale per il passaggio dei pellegrini.

(ANSA, 30 marzo 2014)


Un maratoneta foggiano, ambasciatore dell'amicizia in Terra Santa

L'esperienza di Felice Infante, in Israele per la Maratona di Gerusalemme, nella quale ha corso insieme a suo figlio. Una gara diversa da tutte le altre. Dall'accoglienza degli israeliani, all'incontro con Suor Donatella Lessio.

  
Felice Infante
Una maratona come tante altre, non per lui, non questa volta. Felice Infante è un veterano, con le sue 104 maratone all'attivo. Ma l'ultima esperienza, è stata senz'altro quella che ricorderà maggiormente.
Tornato da circa due settimane a Foggia, Infante ha partecipato alla Maratona di Gerusalemme, giunta alla sua quarta edizione.
Una gara, che al di là del suo tortuoso percorso fatto di numerosi saliscendi, Infante, porterà per sempre dentro di sé, soprattutto per le persone che ha incontrato al di fuori del tracciato percorso.
Emozioni, come quella di correre per la prima volta insieme al figlio Vincenzo. 3h, 50', 10'' il tempo impiegato per raggiungere il traguardo, nella gara vinta dal keniano Kimel Kurrat.
Ma, come confessa lui stesso, il momento più toccante è stato la visita a Betlemme, in pieno territorio Palestinese, dove Felice e Vincenzo hanno fatto visita all'ospedale per bambini, "Caritas Baby Hospital", un complesso di 82 posti letto, gestito con tanta passione, amore e professionalità. "Suor Donatella Lessio, la responsabile del centro, ci ha raccontato tutte le attività che loro svolgono, senza grossi aiuti, ma affidandosi solo al lavoro e alla Provvidenza".
"Le mie imprese come maratoneta per una volta finiscono in secondo piano - confessa Infante - perché credo che sia più importante portare l'Italia, e soprattutto il nome di Foggia, in giro per il mondo".
Grande l'affetto e l'amicizia che gli atleti hanno ricevuto dagli israeliani. Un legame che si è instaurato quasi subito, come certifica la straordinaria accoglienza che gli israeliani hanno riservato a tutti i concorrenti, ai quali un funzionario del Mistero del Turismo di Israele, ha consegnato il riconoscimento di Ambasciatore dell'Amicizia verso Israele.

(FoggiaToday, 30 marzo 2014)


Altre due città in mano ai lealisti siriani

BEIRUT - Le forze lealiste siriane, appoggiate dai miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, hanno ripreso oggi il controllo di altre due località vicine al confine con il Libano, nella loro offensiva che mira a interrompere le vie di comunicazione dei ribelli con le loro basi di retroguardia in alcune località sunnite del Paese vicino. Ne dà notizia l'agenzia governativa Sana.
"L'esercito - scrive la Sana - ha riportato oggi la stabilità e la sicurezza nelle cittadine di Ras al Maara e Fleita, nella regione del Qalamun, dopo avere eliminato i terroristi in fuga e distrutto le loro armi". "Terroristi" è il termine abitualmente usato dai media del regime per indicare tutti i ribelli armati.
Il Qalamun, area montagnosa a nord di Damasco, è stata investita a partire da novembre da un'offensiva lealista. Due settimane fa i soldati del presidente Bashar al Assad e i miliziani Hezbollah sono entrati a Yabrud, maggiore centro abitato di questa regione, ad est del confine con il Libano. Qualche giorno dopo si sono impossessati anche del Krak des Chevaliers, una fortezza crociata posta lungo il confine nord che da due anni era una roccaforte degli insorti.

(Corriere del Ticino, 29 marzo 2014)


Gerusalemme, rinasce l'hotel che fu del Gran Muftì

'Waldorf Astoria' sito storico come King David e American Colony

L'Hotel Waldorf Astoria
GERUSALEMME - Il 'King David' e l' 'American Colony' da sempre hanno rappresentato non solo la storica eccellenza alberghiera di Gerusalemme ma anche una tacita divisione di rappresentanza geopolitica della città: il primo saldamente ancorato nella parte ebraica, l'altro ad est, incastonato nella zona araba. Ma, dall'altro ieri, questa diarchia appare sfidata - almeno sotto il profilo storico - da un altro luogo significativo: l'albergo a cinque stelle 'Waldorf Astoria', rinato dalle ceneri del 'Palace Hotel'. Una struttura fondata nel 1929 da Haj Amin al-Husseini, capo del 'Consiglio supremo islamico' di Palestina, Muftì di Gerusalemme e nazionalista arabo approdato successivamente alla corte di Hitler. A lungo in disuso, dopo aver ospitato per anni con la nascita di Israele il ministero dell'Industria e del Lavoro, l'albergo sorge a poca distanza dal 'King David', nel quartiere di Mamilla, da cui si arriva alla Porta di Giaffa, ingresso nella Città Vecchia. Inaugurato l'altro ieri con una sontuosa cerimonia dal sindaco della città Nir Barkat e dal rabbino capo askenazita di Israele David Lau, il 'Malon' (in ebraico albergo) appartiene alla famiglia Reichmann, già attiva nel settore, anche se la gestione è del gruppo Hilton.
Un restauro impeccabile (si parla di 100 milioni di dollari, compreso l'acquisto) che ha ridato nuovo splendore alla struttura originaria in stile neo-moresco - con pietre dai motivi cari all'architettura dei Mamelucchi - voluta all'epoca non a caso dal Muftì. Nel disegno strategico di al-Husseini il suo 'Palace' non aveva infatti soltanto uno scopo di prestigio ma anche un preciso obiettivo politico in una città nella quale il conflitto tra arabi ed ebrei stava crescendo. Appena entrato in carica, Husseini si dette subito da fare per restaurare la Spianata delle Moschee, luogo sacro per i musulmani ma anche per gli ebrei, che la chiamano il Monte del Tempio. Poi volle dare il suo segno e per questo fece erigere il 'Palace': in 11 mesi fu pronto ed era allora un unicum. Il 'King David' sarebbe infatti sorto solo 2 anni dopo, nel 1931, ad opera della famiglia Mosseri, ebrei egiziani del Cairo. E all'epoca, l'American Colony - di proprietà della famiglia americana degli Spafford - era ancora soltanto un'opera pia che dal 1881 assisteva i pellegrini in Terra Santa e i poveri della città. Solo alla fine degli anni '50 sarebbe diventato l'albergo famoso di oggi. Per costruire il 'Palace' Husseini non andò troppo per il sottile: durante gli scavi gli operai arabi trovarono tombe musulmane e relativi resti, visto che il posto era adiacente al cimitero di Mamilla. Il Muftì - impensierito dalle contromosse sui lavori da parte della famiglia rivale e moderata di Raghib Nashashibi, sindaco del comune - dette l'ordine di reinterrare i resti altrove. Ne uscì una disputa religiosa riverberatasi per anni. Ma il 'Palace' alla fine fu eretto al costo di 70.000 sterline dell'epoca: 145 stanze (45 delle quali con bagno) riscaldamento centrale, ascensori e servizio telefonico. Un albergo di lusso raro a Gerusalemme, diretto con piglio dal manager ebreo George Barsky. Nel 1931 il Muftì organizzò nei saloni dell'hotel - all'apice della notorietà - una conferenza panislamica con delegati persino dall'India: obiettivo primario la sfida al dominio britannico. Fu un po' il canto del cigno: nel 1934-35 arrivò la chiusura: il 'King David' stava prendendo il largo e all'orizzonte si intravedeva l'American Colony. Oggi il 'Warldorf Astoria', con la sua bellezza e la sua raffinatezza, sembra rilanciare la sfida.

(ANSA, 29 marzo 2014)


Volantino in arabo al consolato Usa di Milano: "11 settembre colpa del Mossad"

Il biglietto rinvenuto a pochi metri dal consolato Usa a Milano. Sul caso indaga la Digos.

Uno stranissimo volantino in lingua araba è stato trovato questo pomeriggio dalla polizia a Milano nei pressi del consolato degli Stati Uniti d'America durante un normale controllo dell'area. Il biglietto, rivenuto a poche ore dalla visita del Presidente Usa Barack Obama in Italia a Roma, ha messo in allarme le forze dell'ordine che hanno immediatamente avviato un'indagine sul caso. Il bigliettino, fatto tradurre, si è rivelato essere un messaggio sugli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Usa. In particolare il biglietto, che era attaccato ad un palo in largo Donegani a pochi metri dal consolato statunitense di Milano, rilancia una vecchia tesi che dietro gli attentati alle Twin Towers di New York e al Pentagono ci fossero i servizi segreti israeliani. Sul volantino infatti vi era scritto: "Gli attentati dell'11 settembre non sono riconducibili ad Al Qaeda ma al Mossad". Il biglietto è stato consegnato alla Digos per ulteriori accertamenti. La polizia visionerà le telecamere di sorveglianza della zona per risalire a chi lo ha affisso.

(fanpage, 29 marzo 2014)


Identikit degli odiatori di Israele

di Stefano Gatti

Nel nostro Paese il boicottaggio dello Stato ebraico viene promosso da centinaia di associazioni e da piccoli partiti e movimenti, quasi tutti gravitanti all'interno della galassia della sinistra radicale, dell'estremismo islamico-palestinese e della chiesa 'di base'.

di Stefano Gatti

  
Campionario
Il Movimento 5 Stelle agli inizi di febbraio ha presentato una mozione parlamentare in cui chiede che il Gruppo Acea, azienda responsabile del settore idrico di Roma, interrompa il contratto stipulato nel dicembre scorso con la Mekorot compagnia idrica israeliana, poiché gli israeliani forniscono acqua agli insediamenti ebraici presenti nel territorio conteso di Cisgiordania.
   Nel dicembre scorso la campagna di boicottaggio "L'acqua è limpida, gli affari di Sodastream in Palestina, no: boicotta le bollicine dell'Apartheid israeliana" promossa dalle componenti più estremiste dell'antisionismo italiano, ha convinto l'assessore all'ambiente del comune di Trieste Umberto Laureni a non usare i prodotti dell'israeliana Sodastream per i suoi punti di distribuzione di acqua. Questi recenti episodi di boicottaggio anti-Israele sono solo due dei tanti esempi di BDS che si susseguono continuamente ormai da anni in Italia e nel mondo.
   Il BDS italiano viene promosso da centinaia di associazioni e da piccoli partiti e movimenti, quasi tutti gravitanti all'interno della galassia della sinistra radicale, dell'estremismo islamico- palestinese e della chiesa 'di base'. BDS, acronimo di Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, si autodefinisce "contro Israele, costituito da associazioni e gruppi che hanno aderito all'appello della società palestinese del 2005", è un movimento internazionale composto da Organizzazioni Non Governative (NGO) nato il 6 aprile del 2004 a Ramallah su ispirazione arabo-palestinese, che nel luglio 2005 attraverso il web ha lanciato il suo manifesto "Boycott, Divestment and Sanctions against Israel" ispirato al manifesto antisionista stilato dalle organizzazioni NGO durante la famigerata conferenza ONU contro il razzismo di Durban 2001. Il BDS fa uso di un ristretto numero di slogan che si richiamano alla terminologia usata dai movimenti antirazzisti contro l'apartheid in Sud-Africa.
   Questi slogan includono le accuse che Israele è "uno stato colonialista e di apartheid", "un regime discriminatorio e di occupazione", "violatore delle leggi internazionali", "un occupante repressore". Il movimento internazionale per il boicottaggio da un lato sostiene di battersi affinché lo Stato ebraico rispetti la legge internazionale ed i principi universali dei diritti umani, ma dall'altro promuove "l'abolizione di Israele". Il BDS è composto da un numero relativamente basso di militanti anti-Israele attivi a tempo pieno, generosamente finanziati, e che vengono ispirati ed incoraggiati dai più importanti esponenti dell'estremismo palestinese come Omar Barghouti, Mustafa Barghouti, Nabil Sha'att ed altri.
   Anche numerosi studiosi di fama e persone di spettacolo occidentali, per lo più vicini alla sinistra radicale, si sono fatti portabandiera delle campagne contro Israele, uno dei più attivi è l'ex leader dei Pink Floyd Roger Waters che, in una recente intervista, ha inneggiato al BDS contro "il regime israeliano di apartheid razzista". Il BDS si articola in tre sezioni: boicottaggio culturale, boicottaggio commerciale e boicottaggio accademico, e si fa promotore di molteplici iniziative, soprattutto in Europa e Nord America, raccoglie fondi, organizza seminari, conferenze e dimostrazioni in supporto all'isolamento ed al boicottaggio di Israele in ogni modo possibile. Il movimento afferma di godere del sostegno di centinaia di organizzazioni non governative che hanno sottoscritto i suoi documenti di base, tuttavia, ad un attento esame, molte di queste organizzazioni NGO firmatarie sono fasulle, o sono sigle di facciata dietro cui si celano gli estremisti antisemiti di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche arabo-islamiche. Il modus operandi del BDS è di frequente aggressivo, fatto di campagne minacciose e talvolta azioni violente (distruzione di negozi e di merci, pestaggi, etc.) dirette contro associazioni, aziende, marchi e singoli individui associati in qualche modo ai 'sionisti'. A Londra nel 2009 un gruppo di militanti che partecipavano alla campagna di boicottaggio contro la catena internazionale di caffetterie Starbucks, ha assalito e distrutto un negozio di "Starbucks sionista che finanzia l'esercito israeliano".
   Recentemente l'attrice americana Scarlett Johansson ha scelto di rinunciare all'incarico di ambasciatrice per Oxfam, dopo che l'organizzazione umanitaria l'aveva duramente attaccata per aver scelto di diventare testimonial dei prodotti della 'sionista' Sodastream, società con fabbrica nella West Bank. Le campagne BDS usano spesso temi ed immagini dell'antisemitismo, il paradigma più utilizzato è quello cospirativista che si alimenta al famigerato falso antisemita Protocolli dei savi di Sion. Anche il network delle organizzazioni non governative che formano il BDS attinge ampiamente all'archivio antisemitico, nel 2010 la NGO palestinese Badil per una sua campagna ha usato la caricatura di un ebreo ritratto secondo una tipizzazione antisemita seduto sul cadavere straziato di un bambino, e a marzo del 2013 la NGO palestinese Miftah ha pubblicato un articolo in cui gli ebrei vengono accusati di praticare omicidi rituali di non-ebrei. Molti studiosi di antisemitismo ormai, come sottolineato durante il 4o Global Forum for Combating Antisemitism svoltosi a Gerusalemme nel maggio 2013, ritengono il BDS una nuova forma di antisemitismo, ed anche la definizione operativa dell'antisemitismo adottata dall'EUMC/FRA nel 2005 ritiene il disinvestimento una manifestazione di antisemitismo. Da un po' di tempo però la linea del boicottaggio e del disinvestimento non è più solo un mezzo degli estremisti, anche grandi fondi pensione e chiese cristiane specie del Nord-Europa hanno deciso di disinvestire da società e banche israeliane, e negli ultimi mesi persino il Segretario di Stato americano John Kerry, l'ambasciatore dell'Unione Europea in Israele Faaborg-Anderson e certe "guidelines" UE hanno ambiguamente minacciato il boicottaggio dello Stato ebraico. Il BDS si configura come un tentativo di legittimare la delegittimazione di Israele all'interno del discorso politico, e di etichettare i sostenitori dello Stato ebraico come i complici di un'entità maligna.
   
(Shalom, marzo 2014)


Succede in Israele: incredibile canestro da 25 metri

Un canestro incredibile con tiro da 25 metri, proprio sul suono della sirena. Protagonista della spettacolare tripla Devin Smith del Maccabi Tel Aviv. Nella sfida di Eurolega contro il Real Madrid Smith, allo scadere del terzo periodo, ha preso la palla dentro la sua area piccola e senza pensarci due volte ha tentato il tiro. La palla è andata a infilarsi perfettamente facendo esplodere il pubblico di casa. L'impresa di Smith non è bastata però al Maccabi uscito sconfitto 77-76.


(Corriere della Sera, 29 marzo 2014)


Dal restauro alle fonti rinnovabili: progetti congiunti tra Italia e Israele

Restauro, conservazione, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale ed energie rinnovabili per il "sustainable living". Due i maxi-filoni di intervento sui quali si apre il terzo bando per la raccolta di progetti congiunti di ricerca tra Italia e Israele per la cooperazione scientifica e tecnologica ("Track Scientifico 2014"). A promuoverlo sono il sottocomitato Mae-Most per la cooperazione scientifica, il ministero della Scienza, della Tecnologia e dello Spazio per la parte israeliana, e la Direzione generale per gli Affari Politici e di Sicurezza del ministero degli Affari Esteri per la parte italiana. La scadenza per la presentazione dei progetti è il prossimo 15 maggio.

(Il Denaro, 29 marzo 2014)


El Al lancia la connessione internet sui voli da Israele all'Europa

La compagnia aerea El Al è pronta a lanciare internet a bordo dei suoi voli da Israele all'Europa. Il servizio sarà effettivo entro un anno su tutti gli aeromobili B-737 e si affianca ad un nuovo sistema video in streaming che sarà operativo già nei prossimi mesi. I passeggeri che utilizzano il loro computer portatile, tablet o smartphone potranno navigare in internet utilizzando una connessione di nuova generazione ad alta capacità denominata Ka-band, tecnologia satellitare di ViaSat Inc.

(Travel Quotidiano, 28 marzo 2014)


Le sonorità klezmer dei Dreidel l'11 aprile a Roma

Video
ROMA - ''Eyn... Tsvey... Dreidel.... un viaggio musicale da Israele alla mitteleuropa'': tornano l'11 aprile per un appuntamento unico al Caprera by night di Roma i Dreidel, trio di musica Klezmer composto da Marco Valabrega (violino), Marco Camboni (contrabbasso) e Gianluca Casadei (fisarmonica). Il gruppo prende il nome dal Dreidel, una trottola di legno che i rabbini usano durante la festa di Hanukkah per insegnare l'alfabeto ai bambini, e sta ad indicare ''l'avvolgente vorticare delle melodie tratte dal repertorio di musica ebraica, associate a brani di musica klezmer e a composizioni originali, quasi a voler marcare un'affinita' espressiva caratterizzata dalla vivacita' e dalla melanconia in un alternanza di sensazioni sonore, attinte a piene mani dalla tradizione musicale dei klezmorim, musicisti girovaghi ebrei che suonavano durante le feste e le festivita' ebraiche''. Brani classici riproposti con nuovi arrangiamenti molto curati per un viaggio da non perdere.
Caprera By night, piazza Caprera 8 - Roma. Inizio concerto alle 21.

(ASCA, 28 marzo 2014)


L'obesità è questione di stile (di vita)

Uno studio israeliano evidenzia come il ruolo chiave in obesità e sovrappeso sia attribuibile più allo al meccanismo di espansione cellulare di quando si è sedentari che all'alimentazione.

di Deborah Quirinale

TEL AVIV - Uno studio condotto da Amit Gefen, Natan Shaked e Naama Shoham del Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell'Università di Tel Aviv, in collaborazione con ssa Dafna Benayahu, professoressa del TAU's Department of Cell and Developmental Biology individua nel meccanismo di accumulo di grasso a livello cellulare la responsabilità maggiore di obesità e sovrappeso.
TECNOLOGIA AVANZATA - La ricerca si è avvalsa dei più elevati standard di tecnologia per, come spiega Amit Gefen, professore dell'Università di Tel Aviv, «scoprire perché una vita sedentaria provoca obesità, piuttosto che passare tempo a mangiare tanti hamburger. Abbiamo scoperto che le cellule di grasso esposte a forte pressione cronica (come quella che avviene nei glutei quando si è seduti) sperimentano una crescita accelerata delle goccioline lipidiche, che sono molecole che trasportano i grassi».
Con a disposizione un potentissimo microscopio «a forza atomica» (AFM) e tecnologie correlate, gli studiosi hanno potuto verificare la composizione del materiale della cellula di grasso e la sua trasformazione evidenziando come, quando si espande, diventi rigida.
ALTERAZIONE AMBIENTE CELLULARE - Tale condizione di rigidità è proprio ciò che determina l'alterazione dell'ambiente delle cellule circostanti che si deformano fisicamente andando a modificare forma e composizione.
I ricercatori sottolineano, infatti che «quando guadagnano massa e cambiano la loro composizione, le cellule espandendosi deformano quelle limitrofe, costringendole a modificarsi e ampliarsi».
AUMENTO DEI DEPOSITI DI GRASSO - Scoprire che i depositi di grasso, in conseguenza del disuso, aumentano fino al 50% è ritenuta dagli studiosi una scoperta notevole poiché si realizza l'esatto opposto di quanto accade nel tessuto muscolare e osseo che, nelle stesse condizioni, diviene più debole.
Lo studio ha, infatti, evidenziato come la struttura di una cellula e la sua meccanica, si modifichino drasticamente dopo l'accumulo di goccioline lipidiche.
CONCLUSIONI - Le conclusioni della ricerca sottolineano, quindi, che, nell'obesità, un ruolo fondamentale è attribuibile allo stile di vita piuttosto che a ciò che si mangia.
IMPORTANTE PER PREVENZIONE E INTERVENTO - Questo rappresenta un fondamentale punto di partenza per lo studio di meccanismi in grado di prevenire, o, addirittura, intervenire sull'accumulo di grasso.
«Se comprendiamo l'eziologia dell'ingrassare - conclude il professor Gefen -, di come le cellule nei tessuti grassi sintetizzano i componenti nutrizionali in un determinato ambiente meccanico carico, allora possiamo pensare a diverse soluzioni pratiche per l'obesità. Se si può imparare a controllare l'ambiente meccanico delle cellule, è quindi possibile determinare come modulare le cellule di grasso a produrre meno grassi».

(Donna, 28 marzo 2014)


Rav Sacks: i veleni dei cyberbulli distruggono le nostre comunità

  
Rav Lord Jonathan Sacks
Durissimo intervento del rav Lord Jonathan Sacks contro la diffusione della maldicenza e del bullismo elettronico attraverso Internet e i social network.
   Basandosi sul commento alla Parasha Tazria, la porzione biblica dove si illustrano fra l'altro i disastri provocati dalla diffusione di falsità e di malevolenze, il rabbino britannico che ha appena concluso il suo mandato di rabbino capo del Commonwealth ed è considerato fra i maggiori leader spirituali del nostri tempi mette in guardia con estrema severità le comunità ebraiche e invita tutti a prendere le distanze da chi utilizza senza scrupoli la comunicazione elettronica per seminare invidia, arroganza, egoismo e pregiudizio. Il linguaggio malevolo, ricorda il Rav, è da sempre il veleno che rischia di distruggere le nostre comunità e i mezzi di comunicazione elettronica lo rendono quanto mai insidioso. "Il bullismo elettronico - spiega il Rav - è la più aggiornata forma di Lashon Hara (maldicenza). In generale Internet è il più efficace diffusore di linguaggio dell'odio mai escogitato. Non solo rende così facile la comunicazione mirata, ma consente di evitare anche gli incontri a viso aperto, che talvolta inducono moderazione e suscitano sentimenti di vergogna, sensibilità e autocontrollo nei confronti delle proprie azioni".
   "Il linguaggio - si afferma fra l'altro nella lunga lezione dedicata all'argomento - è vita. Le parole creano, ma anche distruggono. Se le parole buone sono sacre, quelle cattive sono una dissacrazione. Un segno di quanto seriamente l'ebraismo prenda la questione, è la preghiera che diciamo al termine di ogni Amidah almeno tre volte al giorno: 'Mio D-o, proteggi la mia lingua dal male, e le mie labbra da parole di inganno. Nei confronti di coloro che mi maledicono fai sì che la mia anima rimanga in silenzio, possa la mia anima essere nei loro confronti come polvere'. Avendo pregato D-o all'inizio di 'aprire le mie labbra così che la mia bocca possa dichiarare le Tue lodi', Lo preghiamo alla fine di aiutarci a chiudere le labbra per non parlare male degli altri, né reagire quando gli altri parlano male di noi".
   "Nonostante tutto, però, nonostante la proibizione del pettegolezzo contenuta nella Torah, nonostante le storie di Giuseppe, Mosè, Miriam, e le spie, nonostante la severità senza pari dei Saggi nei confronti del parlar male, il lashon hara rimane un problema lungo tutto il corso della storia ebraica e lo è anche oggi. Ogni leader è soggetto a esso. I Saggi dissero che quando Mosè lasciava la sua tenda presto al mattino, il popolo mormorava che aveva avuto un litigio con sua moglie. Se la lasciava tardi, che stava complottando contro di loro (cfr. Rashi su Deuteronomio 1:12)".
   "Tutti coloro - aggiunge il Rav - dal manager, al genitore, all'amico, che cercano di essere dei leader, devono affrontare la questione del lashon hara. Prima di tutto ciascuno dovrà accettarlo come il prezzo da pagare per ogni tipo di successo. Alcune persone sono invidiose. Fanno pettegolezzo. Si costruiscono denigrando altre persone. Chi si trova in una posizione di leadership, dovrà probabilmente convivere con il fatto che dietro le spalle, e talvolta anche in faccia, la gente sarà critica, maliziosa, sprezzante, diffamatoria, e talvolta completamente disonesta. Questo può essere difficile da accettare. Avendo conosciuto molti leader, in molti campi, posso testimoniare che non tutti i personaggi pubblici hanno la pelle dura. Molti sono sensibili e sono emotivamente logorati dalle critiche ripetute e ingiuste.
   Se mai doveste trovarvi in questa situazione, il miglior consiglio è lo stesso impartito dal Maimonide: 'Se una persona è scrupolosa nel suo modo di comportarsi, gentile nella conversazione, positiva verso il prossimo, affabile nell'accoglierlo, non risponde neppure se offesa, ma è pronta a mostrare cortesia verso tutti, anche verso coloro che la trattano con disprezzo… questa persona avrà glorificato il nome di D-o e su di lei le Scritture sottolineano ' Sei il mio servo Israele, in cui io sarò glorificato' (Isaia 49:3) (Maimonide, Hilkhot Yesodei ha-Torah 5:11). Questo si applica nel caso in cui il lashon harah sia rivolto nei nostri confronti come singoli".
   "Collettivamente come gruppo, tuttavia, si deve praticare la tolleranza zero verso il lashon hara. Permettere di parlare male uno dell'altro conduce nel lungo termine alla distruzione dell'integrità del gruppo. Il parlar male sprigiona energie negative. All'interno del gruppo sparge i semi della sfiducia e dell'invidia. Diretto fuori dal gruppo, può condurre all'arroganza, all'ipocrisia e autoconvincimento della propria superiorità, al razzismo e al pregiudizio, tutti sentimenti che sono fatali alla credibilità di qualsiasi squadra. Che tu sia o meno il leader di questo gruppo, devi mettere educatamente in chiaro che non avrai nulla a che fare con questo comportamento e che esso non trova posto nelle tue conversazioni".

(moked, 28 marzo 2014)


L’esortazione ad evitare la maldicenza, fatta qui all'interno delle comunità ebraiche, può tranquillamente essere estesa a tante altre comunità, tra cui quelle cristiane. Giacomo, un fratello di Gesù
"fratello", si badi, non cugino o fratellastro, perché contrariamente a quello che insegna la chiesa cattolica, secondo il Nuovo Testamento Maria partorì altri figli dopo Gesù.
che si definisce "servo di Dio e del Signore Gesù Cristo", a questo riguardo rivolge parole molto severe ai suoi fratelli in fede, e quindi a tutti noi che crediamo in Gesù come Signore e Salvatore:
"Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio, poiché manchiamo tutti in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. Se mettiamo il freno in bocca ai cavalli perché ci ubbidiscano, noi possiamo guidare anche tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano così grandi e siano spinte da venti impetuosi, sono guidate da un piccolo timone, dovunque vuole il timoniere. Così anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell'iniquità. Posta com'è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita. Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si può domare, ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non dev'essere così. La sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l'amaro? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce" (Giacomo 3:1-12).


Cambia il relatore Onu sui diritti palestinesi

Da un fazioso anti-israeliano a un anti-israeliano fazioso. Su pressione della Lega Araba, bocciata la candidatura di una qualificata docente di diritto americana

La pressione degli stati arabi ha spinto il presidente del Consiglio Onu per i Diritti Umani a respingere la candidatura di una accademica americana (già approvata dalla Commissione competente) come sostituta dell'uscente Richard Falk nel compito di monitorare i diritti dei palestinesi. E' quanto hanno affermato fonti diplomatiche citate mercoledì in un rapporto di UN Watch.
Ad occupare la elevata posizione di "relatore speciale delle Nazioni Unite" sui diritti umani nei territori palestinesi andrà probabilmente l'ex rappresentante Onu dell'Indonesia Makarim Wibisono, un funzionario dichiaratemene ostile a Israele, stando a quanto riferisce il rapporto....

(israele.net, 28 marzo 2014)


Dai campi sportivi al lager

Sergio Giuntini, "Sport e Shoah", Sedizioni, pag. 96, euro 12,50

di Massimiliano Castellani

 
Era appena il secolo scorso - a volte la memoria dimentica oltre che ingannare - in cui la libertà vissuta su un campo di gioco all'improvviso prese la forma e le misure del campo di torture e di lavoro, chiuso dal resto del mondo da un filo spinato. Il campo era un lager, nazifascista. E lì, tra i sei milioni di vittime dell'Olocausto, tra grida nel vergognoso silenzio, si consumò un ulteriore genocidio che non è mai stato indagato fino in fondo, quello dello sport. Una pagina nera, listata a lutto, che va sotto il nome di Sport e Shoah che ora è anche il titolo del saggio dello storico Sergio Giuntini, il quale parte subito da un dato inquietante e ai più sicuramente ignoto: «Si calcola che tra i sei milioni di vittime del nazifascismo, il martirologio sportivo abbia causato la morte di sessantamila atleti, di cui 220 di alto livello».
   La statalizzazione dello sport nella Germania nazista seguiva il regime spartano, quindi prettamente difensivo e in netto antagonismo con la filosofia classica dell'olimpismo ateniese. Il popolo di Davide, accusato di scarsa attitudine alle attività fisiche, aveva solo in parte recepito la spinta di Max Nordau (alias Maximilian Sudfeld) che a Basilea, nel 1898 al congresso sionista dello sport semita, ammoniva la platea: «Noi dobbiamo aspirare a creare di nuovo una forza ebraica e l'efficienza fisica sembra una delle strade più importanti e feconde da intraprendere. Presso nessun popolo la ginnastica dovrebbe avere un ruolo preminente come tra gli ebrei perché un popolo che vuole liberarsi può aiutarsi solo da sé».
   Era ancora lontana la minaccia del totalitarismo, quando a Vienna, nel 1909, il messaggio di Nordau venne accolto dallo Sport Klub Hakoah (in ebraico hakoah significa "forza") che nacque come società ginnica per aprirsi al nuoto e al calcio. Nella squadra femminile di nuoto figuravano Ruth Langer, Locie Goldner e Judith Deutsch, che passeranno alla storia per essersi rifiutate di gareggiare alle Olimpiadi naziste del 1936.
   Quei Giochi in cui la Germania pur di vincere schierò anche uomini spacciandoli per donne, come Herman Ratjen (la sua storia è stata trasposta cinematograficamente in Berlin 36 di Kaspar Heidelbach) che partecipò al salto in alto come "Dora" e sfiorò il podio, quarto posto. Caduto il nazismo e smessi i panni di Dora, Ratjen avrebbe confessato: «Sono stato costretto dai nazisti a travestirmi da donna. Per tre anni ho vissuto come una ragazza. È stato qualcosa di assurdo». L'assurda banalità del male, quella che ha costretto milioni di esseri umani, vittime innocenti, a diventare «cosa agli occhi degli uomini», come scrive Primo Levi ne I sommersi e i salvati.
   Intere squadre di giovani affiatati e uniti dallo stesso sogno di gloria vennero ridotti a cose e poi cancellati, per sempre. Sorte toccata alla compagine calcistica dell'Hakoah, per cui faceva il tifo Franz Kafka. L'Hakoah, che scendeva in campo con la grande "H" cucita al petto di fianco alla stella di Davide, divenne campione d'Austria nel 1925 ma nel 1938, con l'Anschluss, udì il tragico triplice fischio finale. La federcalcio viennese gli confiscò i trofei vinti e cancellò dall'albo d'oro tutti i risultati conseguiti dalle "H". Ma la penalizzazione indelebile fu che la maggior parte dei suoi calciatori vennero caricati sui vagoni chiodati di un treno di sola andata per il lager di Theresienstadt. Le ultime immagini che rimangono di quei ragazzi sono su un campo di calcio: con la maglia bianca stellata affrontavano la nerissima formazione delle SS.
   Di una partita simile, tra i carnefici delle SS e la squadra speciale dei Sonderkommando (deportati ebrei addetti alla pulizia dei crematori), racconta anche Levi sempre ne I sommersi e i salvati. Anche in un luogo di morte come i lager si continuò a fare sport. «In una recente mostra organizzata al Memoriale dell'Alsazia-Mosella, "Sport dans le camps nazis" - spiega Giuntini - i curatori sottolineano che lo sport occupa uno spazio centrale nell'ideologia nazista: invade le scuole, le organizzazioni giovanili, le fabbriche, i villaggi, le città e per ricaduta anche i campi di sterminio».
   Si trattava di sfide di vita o di morte, come quelle che sostenne il pugile italiano, del ghetto di Roma, Leone Efrati, detto "Lelletto". I suoi aguzzini lo nutrivano solo per tenerlo in piedi per poi massacrarlo di botte sul ring. Lelletto il 16 aprile 1944 stramazzò al tappeto durante il suo ultimo match dopo aver difeso il fratello che era stato picchiato da un kapò. Morì con i guantoni allacciati, coperto dal fango del lager di Neuengamme (Amburgo). A giustiziare ebrei, atleti sinti, omosessuali e tutte quelle "razze" che per il nazismo non avevano diritto di vivere, era stata la ferocia di quelli che il "cannone di Ehrenfeld", Albert Richter, definiva una «banda di criminali».
   Era un asso del ciclismo "ariano" e il suo antinazismo venne tollerato fino a quando, dopo aver vinto il Gran Premio di Berlino del '39, non riparò in Svizzera, nascondendo dei soldi che servivano per aiutare un amico ebreo. Richter venne misteriosamente trovato cadavere nel carcere di Lörrach, così come rimane un mistero la fine della stella più radiosa della nazionale di calcio austriaca, il bomber Matthias Sindelar, ebreo antinazista, morto nella sua casa viennese abbracciato alla compagna, l'ebrea italiana Camilla Castagnola.
   Storie di resistenza, di sommersi e di giustiziati, affiorano anche quando si ricorda la prima medaglia olimpica femminile italiana, l'argento ai Giochi di Amsterdam 1928 conquistato dalle ginnaste dell'Onb di Pavia sconfitte in finale dalle fortissime ebree olandesi: Elka De Lieve, Judeike Simons, Helena Nordheim, Anna Polak ed Estella Agsterribe. Le ultime quattro caddero a Sobibor tra il marzo e il settembre del 1943; solo la De Lieve è riuscita a scampare alla "soluzione finale". A Mauthausen in quello stesso anno ventun ginnaste cecoslovacche del Sokol subirono lo stesso tragico epilogo delle olandesi. Non c'era scampo neppure se eri stata un fiore all'occhiello dell'atletica leggera tedesca come la campionessa (del lancio del peso, del disco, del lungo e della staffetta 4x100) Lili Henoch, che con la madre venne inghiottita dal lager di Riga.
   Julius Hirsch, colonna del Karlsruhe con cui vinse due titoli nazionali, diventò il primo calciatore ebreo convocato dalla nazionale tedesca (sette presenze e quattro gol), ma questo non gli evitò la deportazione ad Auschwitz, dove morì il 2 marzo 1943. Hirsch probabilmente non fece in tempo a incontrare il grande "mister" di Bologna e Inter (sotto il fascismo Ambrosiana), Árpàd Weisz. Ebreo ungherese, dopo la promulgazione delle leggi razziali nel '38 fu costretto ad abbandonare l'Italia e invano cercò di sfuggire alle persecuzioni: finì i suoi giorni con la moglie Elena e i figli Roberto e Clara nell'inferno di Auschwitz nel gennaio del '44.
   Nessun Paese ha pagato lo stesso prezzo alla Shoah quanto la Polonia, con i suoi tre milioni di ebrei sterminati. Tra questi figurava l'asso della sciabola Roman Kantor, oro a Berlino nel '38, che quattro anni dopo perì nel campo di Majdanek. La scia luttuosa si interruppe solo con quel raggio di libertà che rividero gli occhi dei salvati, come il calciatore del Milan Ferdinando Valletti che tornò da Mauthausen, così come il lottatore ungherese Kàroly Kàrpàti, argento alle Olimpiadi di Los Angeles 1932 e oro a Berlino 1936, che poté raccontare la sua vicenda di internato nel campo ucraino di Nadvirna.
   Il giovanissimo Shaul Ladany nel '44 uscì come "merce di scambio" dal lager di Bergen-Belsen e da marciatore partecipò alle Olimpiadi di Messico 1968 e a quelle di Monaco 1972. La sua vicenda di salvato appartiene a quelle esistenze a cui Primo Levi si rivolse quando anche un campo di gioco finalmente non era più un lager: «Vorrei poter dire la forza con cui desiderammo allora. Noi già sommersi, di potere ancora una volta insieme camminare liberi sotto il sole».

(Avvenire, 28 marzo 2014)


Scampò alla deportazione nazista grazie all'aiuto di un parroco

Ugo Bassano incontra gli studenti

Ugo Bassano
GROSSETO - Venerdì 28 marzo, alle 16, al Polo liceale Pietro Aldi di Grosseto, Ugo Bassano incontra gli studenti del liceo classico e scientifico, per raccontare la sua esperienza, vissuta nel 1944, di bambino ebreo scampato alla deportazione grazie all'aiuto di un parroco.
L'iniziativa rientra nel ciclo di incontri "Il tempo della fuga, aspettando di vivere", promossi da Provincia e Isgrec, per preparare studenti e insegnanti al Treno della Memoria. La Regione Toscana, infatti, continua a sostenere i viaggi ad Auschwitz per le scuole medie superiori toscane.
Nel corso degli incontri preparatori verranno ricordate le storie e i luoghi in cui furono ricoverati, nascosti e spesso salvati bambini ebrei tra il 1943 e il 1945. Quest'anno è stata fatta la scelta di lavorare sui bambini e la Shoàh, utilizzando anche il contributo del professor Fabio Cicaloni e delle sue classi, che hanno tradotto le poesie di Halina Birenbaum, bambina ebrea ad Auschwitz, protagonista di uno degli incontri passati.
Gli studenti dedicheranno ad Ugo Bassano un breve concerto.

(Il Giunco.net, 27 marzo 2014)


Perugia - Ebrei, fascismo e antisemitismo

Questa sera con l'Associazione Porta Santa Susanna

Appuntamento culturale con l'Associazione Porta Santa Susanna questa sera, 28 marzo, alle ore 21. Presso la sede di Via Tornetta l'incontro, sempre inerente al periodo del Novecento, prenderà il titolo "Ebrei, fascismo e antisemitismo a Perugia". In veste di relatore, Gabriele Rigano, Docente di Storia Contemporanea all'Università per Stranieri di Perugia.
Uno dei protagonisti del dibattito che si sviluppò negli anni 1936/37 (dunque nell'immediata vigilia delle leggi razziali, che nel '38 introdussero misure discriminatorie e persecutorie nei confronti dei cittadini di religione e, come si disse anche, di razza ebraica) fu Paolo Orano, un intellettuale organico al regime, che in quegli anni si trovò a dirigere come Rettore l'Università (italiana) degli Studi, e a sedere nel consiglio di amministrazione della Stranieri. Orano pubblicò un volumetto intitolato "Gli ebrei in Italia" che, al di là del suo reale e assai contestato valore scientifico, ebbe grande risonanza e suscitò interventi e messe a punto negli ambienti nazionalisti o dichiaratamente antisemiti. Palazzo Gallenga, che accoglieva fra i suoi ospiti numerosi ebrei stranieri, divenne oggetto di attenzione da parte delle autorità di polizia. Il Rettore Astorre Lupattelli cercò all'inizio di mitigare per quanto possibile la portata delle norme, al fine di conservare alla Stranieri il carattere di ponte della cultura italiana nel mondo; ma l'incrudirsi della persecuzione antiebraica in Germania e lo scoppio delle seconda guerra mondiale diminuirono progressivamente in numero degli iscritti di fede israelitica (provenienti dal Teich tedesco, dalla Palestina e da altri paese) fino a farlo sparire del tutto nel 1942.
Un momento conviviale concluderà la serata. Ingresso libero.

(La Goccia, 28 marzo 2014)


I "muri dell'apartheid" di cui non si parla

Da sempre le comunità minacciate da aggressioni esterne si proteggono ereggendo barriere difensive. Nel 1953 il governatore di New Amsterdam, che più tardi avrebbe cambiato nome in New York in onore del duca di York, concluse che si rendeva necessario costruire un muro di legno - alto 3,65 metri e lungo più di 400 metri - che proteggesse i coloni olandesi delle Nuove Olande dalle tribù indigene e dai vicini colonizzatori inglesi. Per ovvie ragioni, la strada che delimitava quella zona fu ribattezzata Wall Street.
Questa sana abitudine non è stata perduta nei secoli successivi, ne' ha quasi mai scatenato ostilità e disapprovazione. Nessuno ha nulla da obiettare nei confronti del muro che separa Stati Uniti e Messico, costruito in funzione anti-immigrazione clandestina; o di quello che protegge l'enclave spagnola di Ceuta nel territorio marocchino....

(Il Borghesino, 28 marzo 2014)


Partito di là, Gesù si ritirò nel territorio di Tiro e di Sidone. Ed ecco una donna cananea di quei luoghi venne fuori e si mise a gridare: «Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è gravemente tormentata da un demonio». Ma egli non le rispose parola. E i suoi discepoli si avvicinarono e lo pregavano dicendo: «Mandala via, perché ci grida dietro». Ma egli rispose: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele». Ella però venne e gli si prostrò davanti, dicendo: «Signore, aiutami!» Gesù rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». Ma ella disse: «Dici bene, Signore, eppure anche i cagnolini mangiano delle brìciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le disse: «Donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come tu vuoi». E da quel momento sua figlia fu guarita.

Dal Vangelo di Matteo, cap. 15







 

Il "tesoro di Gurlitt" sarà restituito

Si sblocca la contesa sulle opere di "arte degenerata" messe al bando dai nazisti

BERLINO - In Germania sembra sbloccarsi la contesa sul tesoro di Hitler, come la stampa ha ribattezzato la collezione di oltre 1400 opere possedute segretamente dal mercante d'arte ottuagenario Cornelius Gurlitt, molte delle quali sarebbero state sottratte ai legittimi proprietari durante il nazismo. Già la prossima settimana Gurlitt potrebbe restituire la 'Donna seduta' di Henri Matisse ai legittimi proprietari, gli eredi del mercante d'arte ebreo Paul Rosenberg.
L'opera del maestro del fauvismo sarebbe stata sottratta a Rosenberg dai nazisti, per finire in possesso di Hermann Goering, e successivamente nella collezione di Gurlitt. Oggi la tela sembra pronta a tornare alle eredi di Rosenberg, la nipote Marianne, un'avvocata di New York, e Anne Sinclair, ex moglie di Dominique Strauss-Kahn.
Secondo Stephan Holzinger, portavoce dell'ottantunenne Gurlitt, da mesi gravemente malato e ricoverato, sarebbe tutto già deciso, e mancherebbero solo alcuni passi formali. Positiva la reazione delle autorità che si stanno occupando del caso, la procura di Augusta, che ha sequestrato la collezione, e la taskforce che sta cercando di fare luce sulla proprietà delle opere.
Il caso del tesoro di Hitler sembra non avere fine. Solo ieri le autorità avevano ritrovato altre 180 opere nella villa di Salisburgo di Gurlitt. La stessa dove, a febbraio, erano state rinvenute altre 60 opere.

(Corriere del Ticino, 27 marzo 2014)


Putin regala una casa a Tel Aviv alla sua insegnante di tedesco, ormai 93enne

MOSCA - Il premier russo Vladimir Putin ha donato alla sua vecchia insegnante di tedesco, Mina Juditskaja Berliner, una donna di origine ucraina da anni residente a Tel Aviv, una casa nella città israeliana. Il ruolo della professoressa, come riporta Immobiliare.it, è stato sicuramente di grande rilevanza per il presidente che, negli anni '80, era agente del Kgb a Dresda.
I due si erano rivisti nel 2005, durante una visita di Putin in Israele e proprio in quell'occasione l'insegnante aveva espresso la sua intenzione di acquistare una casa proprio a Tel Aviv. Un desiderio che si è tramutato in realtà, visto che il presidente ha deciso di omaggiarla con questo insolito dono. Dal Cremlino non confermano né smentiscono.

(Il Ghirlandaio, 27 marzo 2014)


L'ospedale sotto terra


Un ospedale d'emergenza israeliano è stato concepito in un parcheggio sotterraneo. Si tratta di un grande centro sanitario dispiegabile in caso di situazioni gravi visto che il paese potrebbe rischiare pesanti bombardamenti in futuri conflitti.
Concepito per resistere ad attacchi convenzionali e non convenzionali l'ospedale sotterraneo di stanza nella città di Haifa, al nord d'Israele, puo' arrivare a contenere 2000 posti letto in caso di conflitto. In tempi di pace puo' gantire ben 1500 posti auto.

MICHAEL HALBERTHAL, DIRETTORE DEL RAMBAM HEALTH CARE CAMPUS:
"Mettere in campo un ospedale sotterraneo significa poter disporre di una vasta area come questa con una serie di attrezzature e risorse, abbiamo deciso di realizzare anche una cosa di cui si ha bisogno cioè un parcheggio, un parcheggio versatile in caso di emergenza. Un parcheggio che diventa il piu' grande ospedale sotterraneo al mondo".
Stando ai dirigenti della struttura bastano 72 ore per trasformare il parcheggio in ospedale perfettamente funzionante con tutte le sue attrezzature e che sia in grado di soddisfare tutte le prerogative di centro sanitario efficiente con reparti dialisi, oncologia, maternità. Sale operatorie improvvisate e pazienti fittizi sono rientrati nella grande prova generale che è stata inscenata".

AMAL MAADI, COMMANDANTE DI UN OSPEDALE MILITARE ISRAELIANO:
"Questo posto è veramente importante perchè i pazienti pssono ricevere le prime cure senza rischio di essere bombardati o di vedere i proiettili nemici cadere attorno inoltre dà sicurezza alla popolazione che si sente in buone mani".
La realizzazione della struttura presentata nel 2012 è stata una sfida tecnologica. E' cosi' profonda nel sottosuolo da aver preteso uno scavo di moltissimi metri sotto il livello del mare e il pompaggio di milioni di litri d'acqua. Il parcheggio aprirà in maggio.

(euronews, 27 marzo 2014)


J Street sostiene l'ANP nel suo rifiuto di riconoscere Israele come Stato ebraico

Il gruppo lobbistico americano J Street ha nuovamente gettato il suo peso dietro l'Amministrazione Obama e l'Autorità Palestinese, insistendo perché Israele abbandoni la propria richiesta che l'Autorità Palestinese riconosca lo Stato Ebraico come tale.
I leader israeliani sono categorici nel chiedere il riconoscimento d'Israele come Stato Ebraico [che è la definizione delle Nazioni Unite e quella con la quale Israele fu accettato come membro nonostante l'opposizione araba - NdT], sostenendo che, lungi dall'essere un gesto puramente simbolico, tale riconoscimento segnalerebbe la fine di future pretese contro Israele da parte dell'ANP e una fine genuina del conflitto. Alcuni dirigenti dell'ANP hanno dichiarato invece apertamente che, dal loro punto di vista, ogni concessione da loro ottenuta attraverso le trattative correnti, non sarebbe altro che "un primo stadio" nella distruzione dello Stato Ebraico.
Da parte sua, l'Autorità Palestinese ha ripetutamente rifiutato di riconoscere i diritti ebraici alla terra d'Israele e, in quanto tale, il capo dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas [nom de guerre Abu Mazen - NdT] ha ripetutamente detto che non accetterà mai di riconoscere Israele come stato ebraico.
In una dichiarazione sul blog del gruppo, il Presidente di J Street [che è il corrispondente USA di J Call e sua organizzazione gemella - NdT] Jeremy Ben-Ami ha reiterato l'impegno del suo gruppo in favore degli sforzi diplomatici del Segretario di Stato USA John Kerry, comprendente un'ulteriore partizione d'Israele come parte di una "soluzione dei due stati" al conflitto arabo-israeliano, ma ha preso nota che la trattativa tra Israele e l'Autorità Palestinese è a un punto di stallo.
"Per continuare ad andare avanti, entrambi devono ora dare un po', mantenendo lo sguardo sull'obiettivo e riconoscendo che i benefici derivanti dalla risoluzione del conflitto pesano più di ogni considerazione politica e che il prezzo che entrambi i popoli pagheranno sarà immenso", ha scritto Ben-Ami al Primo Ministro Netanyahu e al presidente dell'ANP Abbas.
Tuttavia, in modo forse sorprendente, Ben-Ami non ha spiegato quali concessioni ci si dovrebbe attendere dall'Autorità Palestinese, bollando invece la richiesta israeliana di riconoscimento dello Stato Ebraico come "non realistica" e facendo appello a Israele perché abbandonasse tale richiesta - facendo eco ad affermazioni recenti Del Dipartimento di Stato USA e dello stesso Segretario di Stato Kerry.
J Street - che sostiene di essere "pro-Israele e pro-pace" - è quindi finita sotto le critiche dei gruppi pro-Israele per i suoi legami con gruppi estremisti anti-Israele, compresi alcuni che chiedono di boicottare lo Stato Ebraico. I critici di J Street dicono semplicemente che J Street cela un'agenda anti-Israel dietro una facciata amichevole.
Tuttavia, l'attivista pacifista Yehuda Hakohen dice che il problema è molto più serio e profondo e che J Street mina sul terreno sia gli interessi israeliani sia quelli palestinesi.
"J Street è essenzialmente il megafono ebraico della volontà d'imperio americano in Medio Oriente" dice Hakohen, che dirige il movimento popolare Alternative Action. "J Street promuove l'agenda politica di Washington [in realtà quella di Obama e del suo Dipartimento di Stato - NdT] in Medio Oriente e lavora duro per far credere che codesta agenda sia in qualche modo nell'interesse degli Ebrei e dei Palestinesi sul territorio.
"La realtà, tuttavia, è che le politiche da loro sostenute servono solo ad opprimere ulteriormente entrambi i popoli e ci dividono ulteriormente, rendendo sempre più difficile il raggiungimento di una pace vera."
"Il paradigma dei due stati è destinato a fallire perché non soddisfa le aspirazioni e le rimostranze di nessuno dei due popoli. Crea semplicemente più ingiustizia e oppressione per entrambi, promuovendo l'agenda di poteri estranei alla regione."
"Espellere a forza gli Ebrei dalle loro case nella culla della civiltà ebraica e obbligare i Palestinesi a vivere in uno stato autoritario [e Judenfrei - NdT], uno stato di polizia [per di più reazionario, medievale e oppressivo per minoranze e donne - NdT], non è la strada da seguire per ottenere pace o giustizia, e io non credo proprio che i leader di J Street siano cosí ingenui da credere veramente il contrario".

(Arutz Sheva 7, 23 marzo 2014 - trad. Sergio HaDar Tezza)


Circus Klezmer a Udine

 
Circus Klezmer (Milano 2012)
UDINE - Venerdì 28 e sabato 29 marzo, alle 20.45, al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, spettacolo di Nouveau Cirque, con il Circus Klezmer del regista Adriàn Schvarzstein.
Nel doppio appuntamento udinese ci si troverà rapiti da un gruppo di acrobati e giocolieri che porteranno in scena uno spettacolo travolgente, luminoso, indimenticabile, collocato tra la tradizione clownesca e la comicità surreale propria del linguaggio teatrale, accompagnato da una musica popolare tutta da scoprire. Sarà proprio questo genere di musica Yiddish, che tradizionalmente accompagna le feste di nozze, a fare da colonna sonora a una rappresentazione dove riso, tensione e commozione si alterneranno, incollando alla poltrona gli spettatori e rivelando appieno i caratteri propri del mondo circense.
Spettacolo rivolto a tutti, perché racconta di una storia semplice che fa leva su sentimenti universali, Circus Klezmer è ideale per chi desidera vedere come vola, luminosa di bellezza, una fanciulla di Chagall dai lunghi veli bianchi; per chi vuol vedere come sa cadere un clown che canta in Yiddish e si schianta senza danno; per chi vuole godersi l'esilarante danza di seduzione della zia brontolona che da massaia si trasforma (a modo suo) in pantera delle Folies Bergère; e, infine, per apprezzare una rappresentazione in cui l'ottima padronanza di diverse discipline teatrali e circensi è uno degli strumenti, e non il fine.

(UdineToday, 27 marzo 2014)


La Francia celebra il centenario di Gino Bartali

LOUHANS, 27 mar. - Di Tour de France ne ha vinti due (nel 1938 e nel 1948), dando spesso spettacolo sulle strade d'oltralpe insieme a Fausto Coppi. E in Francia, in occasione del centenario della nascita, non potevano non ricordarsi di "Ginettaccio": dal 25 al 27 aprile, nella città di Louhans, nel sud della Borgogna, si svolgerà il festival "Omaggio a Gino Bartali". Organizzato dal Musée du Vélo e dal Moulin de Bourgchateau, in collaborazione con "La Voce", rivista degli italiani in Francia, l'evento avrà come ospiti d'onore Andrea Bartali e Faustino Coppi, figli degli storici "rivali", Vittorio Seghezzi, gregario di Bartali nel tour vinto nel 1948, Claudio Chiappucci e altri grandi campioni del ciclismo italiano. Prevista anche la presentazione del Giro 2014. Il 26 aprile la manifestazione vedrà l'inaugurazione di una targa commemorativa dedicata alla memoria di Gino Bartali. Esposizioni, rappresentazioni artistiche, dibattiti e conferenze ricorderanno l'atleta toscano scomparso 14 anni fa.

SCHEDA - GINETTACCIO GIUSTO TRA LE NAZIONI
Aveva un carattere un po' burbero e guascone, Gino Bartali, e per questo lo chiamavano "Ginettaccio". Ma in sella alla sua bici aveva già dato insieme al grande rivale Fausto Coppi una delle più grandi dimostrazioni di fair play: la mitica scena del passaggio della borraccia sull'Alpe d'Huez nel 1952. Ma qualcosa di molto più grande, il ciclista toscano l'aveva fatto già qualche anno prima all'insaputa di tutti. Degli occupanti nazisti, soprattutto, che se l'avessero saputo l'avrebbero fatto fucilare. Lo Yad Vashem, il sacrario della Memoria di Gerusalemme, ha nominato nel 2013 Bartali "Giusto tra le Nazioni", un titolo attribuito ai non-ebrei che si distinsero per la loro attività in favore dei perseguitati dal regime nazista, e poi fascista: Ginettaccio nascondeva i documenti falsi da consegnare agli ebrei per farli scappare nella canna della sua bici, "intoccabile" perfino dalla polizia a causa della notorietà del ciclista. "Bartali era un devoto cattolico - ricorda Yad Vashem sul suo sito, centrando anche uno dei punti nodali della rivalità con Coppi, che invece rappresentava l'anima laica dell'Italia anni Quaranta e Cinquanta - A seguito dell'occupazione tedesca in Italia nel settembre del 1943 Bartali, che si impegnò come corriere per la resistenza, giocò un ruolo fondamentale nella protezione degli ebrei, all'interno del network creato dall'arcivescovo Elia Angelo Dalla Costa (già riconosciuto Giusto tra le Nazioni nel 2012, sposò Bartali e la moglie, ndr) e il rabbino Nathan Cassuto". Bartali, spiega lo Yad Vashem, percorreva giornalmente lunghe distanze con la sua bicicletta per allenarsi, approfittandone per trasportare documenti proibiti nascosti nella canna e nel sellino. La sua attività, per il tempo, ricopriva una vasta area. Quando la polizia lo fermava per perquisirlo, egli chiedeva specificamente che non venisse toccata la sua bici perché, spiegava "tutti i pezzi erano assemblati e calibrati con la massima attenzione per raggiungere la massima velocità". Lo Yad Vashem riporta anche le testimonianze di diversi ebrei perseguitati durante l'occupazione nazista, che confermano l'impegno in prima persona di Bartali. In particolare, Shlomo Goldenberg Paz, racconta che durante l'occupazione nazista nel 1943, lui e la sua famiglia furono tenuti nascosti in un appartamento a Firenze di proprietà di Bartali, che li aiutò e li sostenne per tutto il tempo. Dopo la guerra, Bartali non parlò mai del suo impegno in favore degli ebrei, e quindi - conclude il sito dell'organizzazione - molte delle sue azioni coraggiose restano tuttora ignote. Sara Corcos, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, ha raccontato di aver incontrato Bartali dopo la guerra, ma che questi declinò l'invito a farsi intervistare, limitandosi a dire di aver agito spinto solo dalla propria coscienza ma che non voleva che la sua attività venisse documentata.

(9colonne, 27 marzo 2014)


Negoziato di pace verso il flop

di Maurizio Molinari

John Kerry si è allontanato per 18 ore dal viaggio europeo di Obama nel tentativo di evitare il collasso del negoziato di pace in Medio Oriente. La decisione di saltare la tappa di Bruxelles recandosi ad Amman è stata presa assieme a Obama dopo aver letto la trascrizione del discorso pronunciato da Abu Mazen alla Lega Araba riunita in Kuwait. Il presidente palestinese ha infatti detto di non voler riconoscere Israele come «Stato ebraico», di essere pronto a riportare la battaglia sul riconoscimento dell'indipendenza nazionale all'Onu e di non voler prolungare i negoziati in ragione del mancato impegno della controparte, il premier Benjamin Netanyahu. Sono affermazioni che contrastano con le promesse di disponibilità negoziale fatte da Abu Mazen a Obama alla Casa Bianca e descrivono il rischio di un corto circuito nelle prossime 48 ore. Il motivo è che domani il governo israeliano dovrebbe liberare 104 detenuti palestinesi - il quarto e ultimo gruppo concordato con Abu Mazen nove mesi fa - ma Netanyahu non vuole farlo senza avere prima l'impegno dell'Anp a continuare i negoziati dopo la scadenza del 29 aprile, stabilita da Obama. Abu Mazen non sembra avere però intenzione di prolungare i negoziati senza incassare prima la liberazione dei prigionieri e anche l'impegno di Netanyahu a congelare le costruzioni di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Come se non bastasse si aggiunge il disaccordo sui nomi dei detenuti che Israele dovrebbe liberare: Abu Mazen vuole l'inserimento di 14 arabi-israeliani - di cui ha già diffuso i nomi - dicendo che Washington è d'accordo mentre Netanyahu si oppone con fermezza per non legittimare l'Autorità palestinese come rappresentante della minoranza araba nello Stato ebraico. Quantità ed entità dei disaccordi sono tali da far temere a Kerry il fallimento dei negoziati finora condotti ovvero un nuovo smacco per la politica estera di Obama. Da qui il blitz ad Amman, durante il quale il Segretario di Stato ha tentato di prendere tempo proponendo ad Abu Mazen un prolungamento del negoziato di un anno, accompagnato dal rilascio di detenuti in Israele. L'ultima parola spetta al presidente palestinese. Ma, come lo stesso Kerry ha ammesso, deponendo davanti al Senato, il maggior ostacolo agli sforzi negoziali resta «il livello di sfiducia senza precedenti che si registra fra israeliani e palestinesi».

(La Stampa, 27 marzo 2014)


Droni israeliani per i Mondiali brasiliani

Hermes 900
BRASILE - L'aeronautica militare brasiliana (Fab) ha ordinato un sistema Uav di medie dimensioni all'israeliana Elbit Systems Ltd., la consegna dovrà avvenire entro due mesi.
Il sistema acquistato è l'Hermes 900, un drone di sorveglianza dotato di un nuovo e avanzato sistema di raccolta di informazioni, che verrà utilizzato in combinazione con la flotta di Hermes 450 Uas per le missioni di sicurezza e protezione dei prossimi mondiali Fifa. «Siamo molto orgogliosi di fornire il nostro Hermes 900 alle Fab, ottavo cliente ad essere equipaggiato con questa piattaforma», ha detto Elad Aharonson, direttore generale della divisione Uas della Elbit Systems. «Siamo onorati di consentire alla Fab di beneficiare dei vantaggi delle operazioni di volo congiunte, utilizzando sia l'Hermes 450 che Hermes 900, una soluzione unica per missioni di intelligence, protezione delle frontiere, il controllo perimetrale delle infrastrutture e dei siti critici, così come i programmi di sicurezza della città e dei grandi eventi». L'Hermes 900 raggiunge una quota massima di 30mila piedi e può trasportare un carico utile di oltre 600 chili. È in servizio nelle forze aeree israeliane; l'Hermes 900 permette di missioni di volo congiunto con l'Hermes 450 attraverso l'uso della stessa stazione universale di controllo a terra. La controllata della Elbit Systems nel Brasile, la Ael Systemas Sa, fornirà alla Fab, servizi di logistica e di manutenzione tecnica oltre che di supporto ingegneristico.

(agccommunication, 27 marzo 2014)


Una mappa del pensiero ebraico, dal Talmud a Buber

di Maurizio Schoepflin

Per spiegare il significato e le caratteristiche del suo ampio lavoro (Teologia ebraica. Una mappatura, Morcelliana, pagine 294, euro 20), Massimo Giuliani ha preso le mosse dalle seguenti considerazioni di David Bidussa, lo studioso noto per le sue ricerche sul mondo ebraico: «L'ebraismo è dunque un apparato religioso, ma non è solo un apparato religioso. È un insieme di pratiche rituali, normative, pragmatiche, comportamentali, ma non è solo un galateo comportamentale, ovvero un insieme di atti attraverso i quali stabilire e discriminare gli ebrei buoni da quelli cattivi, oppure i continuatori di un sistema o i suoi distruttori. È la costruzione, nel tempo di un'identità culturale». Ecco - scrive Giuliani -, «un saggio di teologia ebraica altro non è che una finestra aperta su quell'identità, o meglio è un certo aspetto di quell'identità che alcuni, che non disdegnano di chiamarsi teologi, sanno più di altri mettere in luce». Senza il benché minimo dubbio, ciò che l'autore riesce a far vedere attraverso quella finestra risulta estremamente interessante. Dopo aver chiarito di non nutrire alcuna pretesa di esaustività, Giuliani svolge un percorso che ha inizio con l'antico Israele e giunge sino all'epoca post-moderna attraverso numerose tappe particolarmente rilevanti che coincidono col pensiero giudeo-ellenistico, con la letteratura rabbinica, con l'epoca post-talmudica compresa fra il VII e il XVI secolo, con lo storicismo ottocentesco, e con numerosi altri momenti, tra i quali spiccano, in tempi più recenti, quelli caratterizzati dalle drammatiche riflessioni suscitate dalla tragedia della Shoah. Il quadro che emerge da tale attenta ricognizione permette al lettore di entrare in contatto con un universo straordinariamente ricco e variegato, dall'esame del quale si apprende che «i t%eologi ebrei fioriscono là dove possono interagire con un contesto (cristiano, soprattutto protestante) che fa e apprezza discorsi teologici e che dunque offre e condivide strumenti gnoseologici ed euristici che aiutano i teologi e i pensatori ebrei a dar conto delle proprie peculiari categorie religiose, soprattutto nella sfera dell'ermeneutica». Per tale motivo, la mappa elaborata da Giuliani non riguarda esclusivamente il pensiero ebraico, ma si allarga sino a diventare uno strumento assai utile per comprendere varie importanti fasi della storia della cultura occidentale. Di sicuro rilievo è il primo capitolo del libro, nel quale l'autore definisce l'ambito disciplinare a cui ha dedicato le sue indagini: si tratta di un'operazione abbastanza complessa perché, nell'ebraismo, il concetto stesso di teologia si presenta in modo alquanto problematico. Giuliani non ha eluso le difficoltà, ma, affrontandole e risolvendole, è riuscito a scrivere un'opera decisamente valida.

(Avvenire, 27 marzo 2014)


Laura Fusco in Sinagoga a Casale Monferrato

Un pomeriggio dedicato alla musica e alle parole

 
Laura Fusco
CASALE MONFERRATO — Dopo una domenica dedicata ai dolci giudaico - monferrini, in cui si sono scoperte curiose coincidenze tra i Krumiri casalesi e le Mazoth Ashiroth, gli appuntamenti culturali della comunità ebraica di Casale Monferrato proseguono domenica 30 marzo con una copia di straordinari artisti per un pomeriggio dedicato alla musica e alle parole.
   Protagonisti alle ore 16 sono la poetessa (ma anche regista, attrice e musicista…) Laura Fusco e il violinista Maurizio Dehò. Titolo dello spettacolo Ur Song, dove il prefisso Ur sembra impiegato, come nella lingua tedesca, per indicare qualcosa di antichissimo e originale. in effetti il propone un viaggio nelle radici della canzone tradizionale con melodie che si perdono nella storia europea e visioni poetiche struggenti e descritte dagli autori come "incandescenti". Una storia in cui Laura usa il suo linguaggio capace di affascinare il pubblico e Dehò la sua conoscenza di tutta la musica popolare europea maturata in decenni di importanti collaborazioni.
   Laura Fusco è poetessa e regista, nasce a Torino. Dopo la Maturità Classica si trasferisce in Francia, a Parigi, e ad Avignone si avvicina al teatro e firma le prime coproduzioni internazionali. Collabora con università, riviste, festival teatrali e rassegne d'arte internazionali (Etée Marseilleise, Laborgras Berlino, ONDA Paris, Festival de Lausanne, Goethe Institut Munchen). In poesia la sua ricerca originale si riallaccia a quella degli aedi e dei bardi e più tardi delle "canzoni": l'idea è di usare un linguaggio alto e non rinunciare a "in-cantare" ma anche di raccontare in modo immediato il quotidiano. E' tradotta in Francia, Germania, USA, Grecia e Quebec. Collabora con Università e riviste nazionali ed internazionali di poesia (Poesia, Semicerchio, Decharge). Ha scritto e fatto parte, per numeri monografici, della redazione di riviste di letteratura della migrazione (El Ghibli). Interessata a portare la poesia al grande pubblico crea readings che rappresenta in Italia e Europa: la parola incontra la musica, la pittura, il teatro e la danza, invade spazi nuovi e si rivolge a grandi platee. Nel 2007 diventa autrice per Iniziative Produzioni Cinematografiche. Nel 2011 pubblica -Aqua nuda-, Kolibris, presentata al Salone Libro di Torino e ristampata dopo pochi mesi con citazione di Maurizio Cucchi. Nel 2012 pubblica Da da da, Kolibris, con prefazione di Paolo Conte. Ha creato progetti di scrittura e teatrali con e per donne migranti e in situazioni di difficoltà o provenienti da paesi in conflitto, ha sostenuto importanti battaglie per la difesa dei diritti a fianco di Amnesty International e Survival e con Libera ha realizzato Parole di Pietra1, una ballata/installazione per la Legalità. Da anni si occupa di ambiente e in particolare dell'acqua, e partecipa come artista a campagne di sensibilizzazione con scritti e spettacoli, da Talking boat per CinemAmbiente 2012 a D'Onde per il Salone Libro dello stesso anno.
   Enzo Dehò proviene da studi classici e di composizione, negli anni '70 entra a far parte dello storico Gruppo Folk Internazionale. Collabora con diversi musicisti e cantanti popolari, tra cui Hana Roth, la più grande interprete vivente del repertorio di canti tradizionali e di lotta della cultura ebraica est-europea (1978), e compone ed esegue le musiche per Le mille e una notte, messo in scena dal Teatro dell' Elfo per la regia di Gabriele Salvatores. Approfondisce intanto la scuola violinistica zigana a Budapest, e studia tecniche di violino indù e raga alla Benares Hindu University (India).
   Nel 1986 riprende la collaborazione con Moni Ovadia, cura le elaborazioni e gli arrangiamenti delle musiche per lo spettacolo di Dalla sabbia, dal tempo, regia di Mara Cantoni (1987), e, insieme a Pietro Marazza, Golem. Continuerà a collaborare con Moni Ovadia, la Theaterorchestra, il CRT Artificio e ilPiccolo Teatro di Milano nei successivi spettacoli: Cabaret Yiddish; Oylem Goylem;Dibbuk (1995); Taibele e il suo demone, con Pamela Villoresi, Madre Coraggio di Sarajevo, ideato da Giorgio Strehler, con Giulia Lazzarini; e Ballata di Fine Millennio (1997), sia come arrangiatore della maggior parte delle musiche eseguite dalla Theaterorchestra, sia come interprete del repertorio Klezmer e brechtiano proposto in quegli spettacoli. Da sempre interessato alla musica contemporanea, negli anni '80 ha partecipato all'esperienza della Democratic Orchestra di Milano, la prima formazione italiana di musica d'avanguardia, composta da 25 elementi e diretta da Dino Mariani; in seguito ha collaborato con Riccardo Sinigaglia ed il gruppo Correnti Magnetiche per proseguire, negli ultimi anni, nei concerti del gruppo Shams, musique de le rencontre Orient-Occident, con Ruggero Tajè e Ahmed Ben Dhiab; e con Alzek Misheff Negli anni 90, in seguito a un approfondimento sulla musica argentina e ad un vivace scambio culturale con i gruppi di Tango Nuevo di Buenos Aires, ha partecipato al progetto della Arrigo Cappelletti New Latin Ensemble, concretizzatosi nel CD Pianure e in numerosi spettacoli di jazz-tango insieme ad Arrigo Cappelletti, Giulio Visibelli, Gianni Coscia. All'attività concertistica ha affiancato una vivace attività didattica, insegnando in vari corsi di pratica strumentale violinistica, nonchè i corsi di violino e musica klezmer tenuti nel Salento nell'estate 2000, organizzati nell'ambito del festival La Notte della Taranta.

(Il Monferrato, 27 marzo 2014)


Antisemitismo: finalmente alla luce i veri scopi del BDS

Ieri l'Unione degli Studenti del King College di Londra (KCLSU) ha deciso si aderire alla campagna BDS (Boycott, Divestment and Sanctions). La decisione è stata presa in quanto, secondo il KCLSU, il BDS adotta una "tattica efficace per educare la società a fare pressione politica contro Israele e delegittimarne la politica".
Nelle motivazioni addotte dagli Studenti del King College c'è tutto quello che c'è da sapere sui veri scopi del movimento BDS, cioè pressione politica contro Israele e delegittimazione. Nel documento finale c'è scritto anche che il KCLSU si impegnerà affinché non solo il King College faccia ricerche per individuare eventuali "contaminazioni" israeliane (dirette indirette) nelle attività del college e più in generale della comunità britannica, ma cercherà di coinvolgere altri istituti in questa "attività"....

(Right Reporters, 27 marzo 2014)


Barcelona Gipsy klezmer orchestra in concerton a Torino

Arriva a Torino la Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra!

La Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra
Sabato 29 marzo al Circolo Arci Bazura di Via Belfiore,1bis andrà in scena il concerto della Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra, un collettivo di musicisti con sede a Barcellona, ma dalle origini più disparate: Serbia, India, Italia, Francia, Spagna, Grecia, Messico, Germania, etc.. Uno straordinario incontro di culture e sonorità di tutto il mondo che ha come filo conduttore la musica e la cultura Gipsy/Klezmer.
Durante i numerosi concerti organizzati in vari locali della scena underground barcellonese, l'energia trascinante di questa formazione e le sue interpretazioni tanto raffinate quanto psichedeliche infiammano gli animi del pubblico, spinto da un'irresistibile energia festiva a vivere serate di ballo memorabili.
La Barcelona Gipsy Klezmer Orchestra ha appena registrato il suo primo disco, intitolato "Imbarca" (dal rumeno "imbarco").
Ingresso riservato con contributo associativo riservato ai soci ARCI.
Cena a tema gipsy, per info e prenotazioni 349-3843499 o think.traditional@gmail.com

(TorinoToday, 27 marzo 2014)


Leader arabi dicono no a riconoscimento di Israele come Stato ebraico

Il vertice arabo ribadisce l'intransigenza a fronte della richiesta israeliana, posta come precondizione al processo di pace con i palestinesi.

I capi di stato arabi hanno opposto un netto rifiuto al riconoscimento di Israele come Stato ebraico, condizione posta dal governo di Tel Aviv per giungere a un accordo di pace con i palestinesi.
"Dichiariamo il nostro assoluto e categorico rifiuto a riconoscere Israele come uno Stato ebraico", si legge nel comunicato finale del vertice in Kuwait, che inoltre attribuisce ad Israele la responsabilità dello stallo del processo di pace.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu continua ad insistere sul riconoscimento da parte dei paesi arabi della connotazione religiosa dello Stato di Israele e ha posto questa rivendicazione come una condizione per l'accordo di pace. Per Netanyahu, "le radici del conflitto" affondano in questo mancato riconoscimento e non nell'occupazione dei territori palestinesi.
Un simile riconoscimento, invece, viene considerato dai leader palestinesi e arabi come una capitolazione e uno schiaffo a ciò che hanno di più sacro, il ricordo della "Nakba" (catastrofe) dei 760.000 palestinesi andati in esilio a seguito della guerra del 1948 e al loro diritto al rientro.

(Today, 26 marzo 2014)


La “catastrofe” (Nakba) per gli arabi consiste nel non essere riusciti a distruggere il neonato Stato ebraico e a massacrarne gli abitanti. Non riconoscere oggi Israele come stato ebraico significa mantenere vivo il proposito di veder scomparire quello Stato dalla faccia della terra. Questo conferma, ancora una volta, che la “questione ebraica” oggi coincide con la “questione israeliana”, e che il volto odierno dell’antisemitismo è l’antisionismo. Le chiacchiere pseudointellettuali o pseudospirituali che girano intorno al tema servono soltanto a coprire e complicare questa semplice realtà di fatto. I discorsi "assoluti e categorici" dei capi di stato arabi richiedono come risposta discorsi altrettanto assoluti e categorici. M.C.


Israele: "Giornata della scienza", i missili in piazza

Una batteria di missili 'Iron Dome' ed alcuni missili 'Arrow' sono stati esposti al pubblico oggi nella centrale piazza Rabin. L'iniziativa e' stata presa nel contesto dell'odierna 'Giornata della scienza', in cui agli israeliani viene consentito di 'toccare con mano' alcune delle piu' importanti realizzazioni della ricerca scientifica locale. Il contributo della ricerca scientifica alla sicurezza nazionale di Israele sara' analizzato dall'ex ministro della difesa Ehud Barak nel Centro di studi strategici di Tel Aviv. In piazza Rabin, oltre ai missili, sono stati esposti alcuni progetti portati a termine dagli studenti della rete educativa tecnologica Ort. In parallelo all'universita' di Gerusalemme saranno illustrati gli ultimi progressi registrati in Israele nella ricerca del cervello umano, mentre all'universita' Bar Ilan (Tel Aviv) si terranno conferenze sulla longevita'. Nel Paese, ha reso noto il ministero per la ricerca scientifica, sono stati organizzati in tutto centinaia di eventi.

(MeteoWeb, 26 marzo 2014)


Il Ministro Bennet: senza Israele Abu Mazen cadrebbe subito

GERUSALEMME - Abu Mazen "deve cessare di lanciare minacce perche' senza Israele non resisterebbe un minuto e mezzo". Lo ha affermato alla radio militare il ministro dell'Economia Naftali Bennett, leader del partito "Focolare ebraico". Il presidente palestinese - ha insistito Bennett, ribadendo il "no" dei falchi del governo Netanyahu alla liberazione di un ulteriore scaglione di detenuti palestinesi - si regge "grazie alle baionette dell'esercito israeliano e degli aiuti Usa". "La pratica in base alla quale noi liberiamo terroristi per negoziare con lui - ha tagliato corto - e' terminata".
Bennett ha rilasciato queste dichiarazioni nell'imminenza di un nuovo incontro, oggi ad Amman, fra Abu Mazen e il Segretario di Stato Usa John Kerry. Nel tentativo di rilanciare le trattative Kerry, secondo la radio militare, potrebbe chiedere ad Israele di liberare altri detenuti palestinesi, inserendo nel prossimo piccolo contingente concordato un certo numero di cittadini arabi d'Israele, come chiede l'Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen. Per superare le prevedibili resistenze dei ministri nazionalisti radicali nel gabinetto di Benyamin Netanyahu gli Stati Uniti, secondo la radio, potrebbero essere disposti a liberare l'ebreo statunitense Jonathan Pollard, condannato all'ergastolo in America alla fine degli anni Ottanta per alto tradimento, per aver spiato a favore di Israele. Ma Bennett ha detto di essere "molto scettico" al riguardo. Finora, a quanto gli risulta, gli Stati Uniti non hanno avanzato una proposta del genere.

(ANSAmed, 26 marzo 2014)


Da Israele all'Italia, fra fotografia e cucina

L'israeliano Dan Lev mette sei chef a creare ispirati da un'immagine simbolo: accade al Resort Vallefredda di Antonello Colonna

di Annalisa Zordan

  
Fotogalleria
Da Tel Aviv a Vallefredda il passo è breve, se parliamo di Dan Lev, food photographer israeliano, ideatore e curatore della mostra fotografica Colorfood, che vede come protagonisti i colori, gli chef e i loro piatti. Colorfood@Expo2015 è un'idea dello Studio Dan Lev con il Creativity Lab ICPO (Italia/Israele), in co-produzione con Antonello Colonna Resort & Spa a Vallefredda e Food Confidential. Un percorso fotografico e culturale patrocinato dall'Ambasciata di Israele in Italia, dal Padiglione Israeliano per Expo2015 e dalla Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti, che vede l'adesione di molti chef italiani, l'esposizione in varie location sia in Italia che in Israele, per approdare a Milano, nel Padiglione israeliano all'Expo2015, dove il tema sarà come noto Nutrire il Pianeta.
Dan Lev lavora come fotografo professionista da oltre vent'anni anni ed è considerato uno dei migliori fotografi di food in Israele, ma ha scelto l'Antonello Colonna Resort & Spa a Vallefredda come location per dar vita al progetto, al quale hanno preso parte sei chef italiani: Heinz Beck, Francesco Apreda, Cristina Bowerman, Francesca Castigliani, Bonetta dell'Oglio, Luigi Taglienti e ovviamente Antonello Colonna. Ma hanno già confermato la loro futura partecipazione anche Moreno Cedroni, Enrico Crippa e Davide Scabin.
Ciascuno chef porta una foto che lo ha ispirato, decide un colore e crea un piatto. Dan Lev invece fotografa le loro creazioni, con l'aiuto della chef israeliana Avivit Priel e della food stylist Dalit Russo. I risultati li vedete nella fotogallery…

(Artribune, 26 marzo 2014)


L’Egitto riapre valico di Rafah per tre giorni

IL CAIRO, 26 mar. - Le autorita' egiziane riapriranno sabato per tre giorni il valico di Rafah, unico collegamento che la popolazione della Striscia di Gaza ha con il mondo estero e che è rimasto chiuso per almeno 46 giorni. Lo riferisce il ministero degli Interni di Gaza, spiegando che il valico restera' aperto per le persone fisiche in entrambe le direzioni. ''Saranno ammessi solo i pazienti e i casi umanitari'', ha spiegato il ministero palestinese.

(Adnkronos, 26 marzo 2014)


Il "piano" dei Fratelli musulmani per prendersi la Gran Bretagna

di Souad Sbai

La Baronessa Cox
Il gioco è sottile ma straordinariamente efficace e si basa sulla democrazia. Sulle sue falle giuridiche e su come esse possano essere facilmente violate grazie anche alla collaborazione, spesso ben "oliata", delle élites e delle lobbies buoniste che ormai sono infiltrate in ogni Paese occidentale. Del resto lo aveva detto chiaramente la guida della Fratellanza egiziana: "Li conquisteremo grazie alla loro democrazia", ma nessuno, come sempre accade quando la carne prevale sul coraggio, aveva voluto ascoltare.
   Ed ecco che ci troviamo a commentare la decisione della Law Society, ovvero l'associazione più importante di avvocati inglesi, di inserire fra le proprie linee guida elementi di diritto islamico, elementi di sharia. "Se un cittadino britannico volesse disporre dei suoi beni, in ottica ereditaria, in osservanza del diritto islamico, nulla osta nella giurisdizione inglese", così recita uno dei punti chiave delle guidelines della Law Society. Insomma, se un cittadino domiciliato in Inghilterra o in Galles, di religione islamica o magari convertitosi in preda ad una "repentina" vocazione, decidesse di escludere le donne della famiglia dalla sua eredità, di ripudiarle al fine di non dar loro una sterlina di ciò che spetta, potrebbe farlo dichiarandosi di religione musulmana. E da qui chissà quante altre cose potrebbe fare, dall'infibulazione alla poligamia passando per i matrimoni forzati e la tassa per gli infedeli.
   Se commentassi subito io questi brevi cenni che portano direttamente all'incorporazione di principi sharitici non renderei bene l'idea di come l'hanno presa a Londra e dintorni.
   I media hanno levato forti critiche a questa scelta, ma voglio riportare le parole di Caroline Cox, meglio conosciuta come la Baronessa Cox che da sempre lotta per i diritti delle donne, la quale ha espresso con una certa durezza il suo pensiero al Sunday Telegraph: "Questo sviluppo (dell'ordinamento inglese, ndr) è profondamente inquietante. Viola palesemente tutto ciò per cui combattiamo. Se prendesse forma le Suffragette si rivolterebbero nella tomba".
   Non stupisce che l'avanzata estremista, lenta ma costante, abbia fatto breccia nel sistema britannico caratterizzato dal common law e non stupisce per due motivi; primo, non vi sussiste una codificazione giuridica generale come da noi e dunque tutto si basa sui "precedenti" e sulla "giurisprudenza". E in secondo luogo in Inghilterra già esistono, dopo un'infiltrazione ormai ventennale, più di novanta "tribunali sharitici" non formalmente istituzionalizzati ma tollerati e molto frequentati dai cittadini di religione islamica.
   Ora, la domanda è: come può uno Stato democratico, in prima linea contro le violazioni dei diritti in tutto il mondo, come Londra si dichiara andando a combattere guerre "umanitarie", introdurre nel suo ordinamento e nelle sue consuetudini principi che violano palesemente i diritti umani e che paradossalmente i Paesi arabi moderati stanno via via eliminando? O il Mediterraneo si è rovesciato e noi non ce ne siamo accorti oppure c'è all'opera qualcosa di molto più potente negli interstizi dell'impalcatura istituzionale in Occidente.

(ilsussidiario.net, 26 marzo 2014)


Negato in Arabia il visto a un cronista del Jerusalem Post. La Casa Bianca protesta

WASHINGTON - ''Siamo profondamente delusi da questa decisione ai danni di un bravo giornalista''. Cosi' una portavoce della Casa Bianca ha ufficialmente protestato contro le autorita' saudite che hanno negato il visto a Micheal Wilner, cronista del Jerusalem Post e cittadino americano che avrebbe dovuto seguire la visita di Barack Obama in Arabia Saudita.
Lo stesso giornale israeliano ha fatto sapere che sia la responsabile della Sicurezza Nazionale Susan Rice, sia il suo vice Tony Blinken hanno espresso il loro dissenso alle autorita' di Ryad. E' noto come l'Arabia non abbia mai riconosciuto lo stato di Israele, tuttavia, come ha ricordato il quotidiano, Wilner e' un ebreo americano che non ha mai vissuto in Israele e non ne ha mai preso la cittadinanza.

(ANSAmed, 25 marzo 2014)


Addio a Marta Ascoli sopravvissuta al lager

di Pietro Spirito

  
È morta domenica a Trieste all'età di 87 anni Marta Ascoli, una delle ultime sopravvissute alla Shoah, autrice del libro "Auschwitz è di tutti" (edito in prima edizione dalla Lint, ora da Rizzoli, tradotto anche il sloveno), una delle memorie più lucide e drammatiche sull'olocausto.
Marta Ascoli venne arrestata a Trieste la notte il 29 e il 30 marzo 1944, a 17 anni, e rinchiusa nella Risiera di San Sabba, insieme a decine di altri triestini. Benché cittadina italiana e cattolica, il suo cognome, tipico delle famiglie d'origine ebraica, convinse i nazisti a deportarla ad Auschwitz. E proprio dal campo di sterminio simbolo della Shoah partì una lettera con cui il 16 agosto le SS informavano la madre che il marito Giovanni e la loro figlia erano morti, vittime di un attentato. Notizia vera per metà, perché se il papà Giovanni era morto, Marta si salvò. Dopo molti anni e un lungo e travagliato silenzio Marta Ascoli prese carta e penna e raccontò le atrocità vissute in quei mesi: la separazione dalla madre, il terribile viaggio in treno verso Auschwitz, sola donna in un convoglio di uomini per non abbandonare il padre, quindi Birkenau, poi Bergen-Belsen; e le malattie, il freddo, la fame, il lavoro massacrante, le sevizie di cui fu testimone, le selezioni per la camera a gas. E quella frase che suonava come una condanna a morte continuamente rinviata: «Tu da qui non uscirai che per il camino».
«Ho sentito il fischio sinistro dei convogli in arrivo - raccontava Marta Ascoli - ho visto buttati al vento in mezzo i binari di Birkenau carte, fotografie, nastri, scarpette, giocattoli, effetti personali degli ebrei portati alla camera a gas; ho sentito nelle narici l'odore indicibile del fumo delle ciminiere; ho superato sei selezioni per il forno crematorio; ho sofferto il freddo polare lungo la Vistola dove ci portavano a lavorare in condizioni disumane; ho affrontato il trasporto verso Bergen Belsen dove la morte mieteva a piene mani le nostre compagne, in preda alla fame, al tifo petecchiale, alla disperazione più nera». La morte era una liberazione, eppure Marta rimase attaccata alla vita con tutte le sue forze. E quando, ormai allo stremo, decise di farla finita lanciandosi contro il filo spinato, la sentinella che la vide non sparò. Fu liberata dagli inglesi il 15 aprile 1945.
Negli anni successivi, dopo essersi sposata nel settembre del 1957 con Onofrio Puzzolo, oggi novantenne (lascia due figli, Davide, 50 anni e Miriam, 53) e dopo un lungo travaglio interiore, Marta Ascoli fece della sua memoria, della sua testimonianza, una bandiera per tutti: «Il Lager - ripeteva sempre - non è mai uscito dal mio cuore e dal mio cervello. Niente potrà riparare la ferita subita, ma sono convinta che noi ex-deportati possiamo fare qualcosa per gli altri, il mio ricordo non può e non deve rimanere chiuso tra le mura di casa, all'interno della famiglia, sento che la mia sventura riguarda tutti, le vittime di ogni violenza, ma anche chi continua a pensare all'altro come nemico da annientare, da liquidare».
Per sua espressa volontà i funerali si svolgeranno in forma strettamente privata.

(Il Piccolo, 25 marzo 2014)


"Perché ancora l'antisemitismo": incontro con il Rabbino Capo di Ferrara

FANO - L'orrore per le immagini, il dolore e lo sdegno provocati dalla Shoah avevano convinto che fatti analoghi non si sarebbero mai più verificati. Se, a prima vista, la previsione sembra oggi essere confermata, dell'antisemitismo, nelle sue varie forme ed espressioni, non si può dire altrettanto.
Queste le premesse dell'incontro "Perché ancora l'antisemitismo", che avrà luogo Giovedì 27 Marzo alle ore 17,00 nella Sala della Concordia della Civica Residenza. L'incontro - organizzato con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Fano - vedrà l'autorevole partecipazione del Rabbino Capo di Ferrara, Luciano Meir Caro, che, con il suo intervento, vuole contribuire all'accrescimento della conoscenza di questo pregiudizio etnico di origini antichissime ma fortemente presente e radicato nella società.
A sostenere questa teoria, il report dell'Agenzia europea per i diritti umani nel quale si denuncia che l'antisemitismo non è sparito ed è ancora molto radicato. L'agenzia, nella sua indagine condotta online da settembre a ottobre 2012, ha intervistato circa seimila ebrei che vivono in Paesi dove risiede il 90% della popolazione ebraica stimata nell'Ue: Belgio, Germania, Francia, Ungheria, Italia, Lettonia, Svezia e Regno Unito. I risultati sono sconfortanti: l'antisemitismo, invece di essere sepolto nella vergogna di una storia ancora recente, è più vivo che mai: il 66 per cento degli intervistati ritiene che l'antisemitismo sia un grosso problema nel suo Paese, il 21 per cento ha subito nell'ultimo anno attacchi antisemiti. Secondo il 75 per cento degli intervistati, soprattutto l'antisemitismo via web è un problema serio e in crescita costante.
Negli ultimi anni, c'è stato un aumento dell'antisemitismo proprio nei ragazzi in età da liceo, contestuale all'aumento di siti e blog antisemiti. L'antisemitismo, oggi, è online. E l'Italia ne detiene il triste primato in Europa. In Italia a partire dal 2008 si è registrato un preoccupante incremento di siti di tipo razzista sulle piattaforme di Internet e nei social network: Facebook e Twitter, in testa, tanto da conquistarsi il primo posto tra i Paesi europei con più ingiurie antisemite sul web. Solo sei anni fa, ad esempio, i siti "razzisti" erano 836 e dodici mesi dopo erano schizzati 1172, con un aumento del 40 per cento. Basti ricordare il sito Stormfront, che a fine 2011 ha pubblicato una lista dei 50 nomi degli ebrei - o presunti tali - italiani più in vista, tra imprenditori, magistrati, artisti e giornalisti.
Possiamo affermare dunque che, dalla fine della Shoah, l'antisemitismo rimane un male tenace e difficile da estirpare, in relazione al quale non possiamo smettere di vigilare.

(Vivere Fano, 25 marzo 2014)


Haredim e divisa - Confronto al Bené Berith Milano

"Ascoltare le ragioni dell'altro"

Rav Avraham Hazan
Haredim e divisa. Un tema da mesi al centro del dibattito pubblico in Israele, e ampiamente trattato anche dalla stampa internazionale. Una questione su cui è facile cadere in stereotipi e semplificazioni eccessive, e che presenta invece molteplici punti di vista e sfumature. E proprio allo scopo di ascoltare una prospettiva differente, la voce di qualcuno che può spiegare quali siano i problemi, la visione, espressi dal mondo haredi, pur nella sua complessità, il Bené Berith Milano ha organizzato una serata per discuterne insieme al rabbino Avraham Hazan, leader del movimento chassidico Chabad-Lubavitch.
   "È giusto e normale che il governo israeliano voglia trovare una soluzione. Ma è importante spiegare il fatto che non ci troviamo davanti a 'cattivi', ma a persone come le altre, con i loro problemi e le loro esigenze, semplicemente portatori di una visione spirituale differente. Il punto non è la mancanza di volontà di dare il proprio contributo alla vita di Israele" ha spiegato rav Hazan all'indomani dell'evento, definito dal presidente del Bené Berith Maurizio Ruben "un momento di confronto davvero interessante e positivo, che ha offerto una visione ben diversa di quello che viene spesso descritto semplicemente come uno scontro a tutto campo fra due parti".
   "Esistono molte ragioni che vengono avanzate nell'ambito nel mondo haredi, per cui ci si oppone a che i giovani prestino al servizio di leva. Il punto più delicato è il timore che si ritrovino in un ambiente non adatto, che li spinga ad allontanarsi dall'osservanza delle mitzvot. Non è quindi una questione di politica o di bandiera - sottolinea il rav - ma di attaccamento ai valori, specialmente per ragazzi così giovani, privi di responsabilità e improvvisamente lontani dalla famiglia, dalla scuola". Possibili soluzioni di compromesso ci sono, innalzare l'età dell'arruolamento, favorire la creazione di compagnie in cui le esigenze di chi proviene dal mondo haredi vengano salvaguardate, come già esistono (con servizio su base volontaria).
Con una necessaria specificazione, ricorda rav Hazan "Superato questo scoglio, il tema fondamentale è quello del ruolo e della valenza dello studio. L'esenzione dall'arruolamento riguarda gli studenti delle yeshivot, chi non studia è sacrosanto debba andare nell'esercito". Il rav sottolinea infatti che un altro degli argomenti con cui viene sostenuto il diritto all'esenzione affonda le radici nel pensiero ebraico: la tesi per cui chi dedica la vita allo studio e alla preghiera svolge per il popolo ebraico un compito di protezione diverso ma altrettanto importante e che su questa base gli studenti di yeshivah dovrebbero essere esentati dal servizio militare (come non dovevano combattere i cohanim, i sacerdoti appartenenti alla tribù di Levi). A maggior ragione considerando il fatto che, a differenza che in passato, non esiste più in Israele il problema di non avere un sufficiente numero di soldati, e dunque non sarebbe necessario estendere anche agli studenti di yeshivah l'obbligo di indossare la divisa.
   "Una soluzione si troverà. Israele è uno Stato e ha un governo che prende decisioni e le realizza - conclude rav Hazan -L'importante è trovare il modo migliore per farlo. Anche perché il mondo haredi non è contento di come viene trattato: ci tiene a partecipare alla vita pubblica in Israele ed è bene trovare le giuste forme per permetterlo sempre più".

(moked, 25 marzo 2014)


La comunità ebraica di Roma espone la bandiera americana per la visita di Obama

ROMA, 25 mar. - La comunità ebraica di Roma "dà il suo benvenuto al presidente degli Stati Uniti d'America" ed espone da questa sera la bandiera Usa sugli edifici più rilevanti per la comunità, a cominciare dalla Sinagoga, per salutare Barack Obama. "Da sempre per l'ebraismo occidentale - si legge in una nota - gli States sono una nazione portatrice dei valori di libertà e democrazia. Ci piace ricordare gli Usa non solo come un paese amico, ma come il paese che liberò Roma dall'occupazione nazista e restituì agli ebrei la possibilità di tornare a essere cittadini al pari di tutti gli altri cittadini".
"Forte e commosso è il ricordo - si legge - di quando il 4 giugno del 1944 un soldato americano arrivò assieme alle truppe alleate di fronte al Tempio Maggiore di Roma e ruppe i sigilli a chiusura delle porte dell'edificio che erano stati posti dai nazisti. Un atto che permise agli ebrei romani di tornare alla normalità e alla professione della propria religione alla luce del giorno. Quest'anno ricorrono i 70 anni da quell'avvenimento e il prossimo 4 giugno celebreremo questa importante ricorrenza con tutte le più alte autorità istituzionali e cittadine, nonché con l'Ambasciatore degli Stati Uniti d'America in Italia. Anche per questo - conclude la nota - abbiamo issato da questa sera la bandiera a stelle e strisce americana fuori dagli edifici della Comunità Ebraica di Roma a iniziare dal Tempio Maggiore, accanto alla bandiera d'Israele, in ricordo della Brigata Ebraica, e della bandiera Italia che con i suoi partigiani si opposero e lottarono contro il nazismo".

(Adnkronos, 25 marzo 2014)


A Israele il primo dei 30 aerei M-346 dell'Alenia Aermacchi

di Matteo Meneghello

 
Israele sceglie la tecnologia italiana per qualificare e rafforzare le competenze del suo esercito. Con la consegna ufficiale del primo di una commessa complessiva di trenta aerei addestratori M-346, Alenia Aermacchi dà concretezza a un accordo che, nel giudizio dei vertici societari, può essere il primo passo di un rapporto di collaborazione più ampio con lo stato israeliano. «Si tratta di una commessa complessa che ha coinvolto nelle forniture anche Honeywell, il governo israeliano e la joint venture Tor - spiega il ceo di Alenia Aermacchi, Giuseppe Giordo -. Per la parte che ci compete, questo ordine vale 450 milioni di euro».
Il primo addestratore dei trenta in corso di produzione per le forze aeree israeliane - che in questa occasione hanno abbandonato per la prima volta la storica partnership con gli Stati Uniti - è stato presentato nei giorni scorsi in una cerimonia all'interno dello stabilimento di Venegono Superiore, in provincia di Varese, alla presenza degli operai, dei vertici societari e delle forze armate italiane ed israeliane. Ad oggi Alenia ha venduto 56 esemplari di M-346 (il modello ha un'apertura alare di circa 10 metri e un peso tra i 7mila e i 10mila kg), entrato in produzione a fine 2009: a regime le linee di Venegono sono in grado di produrne 4 esemplari al mese.
Oltre ai 30 per Israele - che sostituiranno con l'M-346 i TA-4 Skyhawk di produzione Usa, attualmente in servizio - l'azienda del gruppo Finmeccanica ha rifornito con il nuovo addestratore le forze aeree di Italia e Singapore. Recentemente l'azienda ha siglato un contratto da 280 milioni con la Polonia, che ha acquistato otto velivoli. «Il middle east sta diventando sempre più strategico, ma per il futuro - spiega il ceo Giuseppe Giordo - vedo grandi opportunità soprattutto nel nuovo programma americano, il cui lancio è atteso nel 2017-18. È un piano enorme, da 350 aeroplani».
L'azienda ha chiuso l'ultimo esercizio con un ebitda in forte crescita e anche il portafoglio ordini, grazie a queste ultime commesse è saldo. «Singapore, Israele e Polonia: si tratta di tre clienti internazionali in tre mercati importanti - ricorda Giordo -. L'anno scorso abbiamo migliorato la marginalità e anche prodotto di più: i ricavi sono saliti del 15%, a quota 3,3 miliardi. A Venegono, in particolare, abbiamo rafforzato la nostra eccellenza nei sistemi di addestramento». Smorzando le recenti polemiche sindacali per l'impiego di lavoratori temporanei o ex dipendenti, Giordo ricorda che «alcuni picchi produttivi richiedono personale somministrato o esperto. Ho già dato chiarimenti ai sindacati sulle prospettive a lungo termine dello stabilimento - spiega -: quest'anno puntiamo ad assumere cinquanta persone in più, che vanno ad aggiungersi alle 125 entrate in fabbrica a partire dal 2012».

(Il Sole 24 Ore, 25 marzo 2014)


Anp: Israele liberi detenuti, o ci rivolgeremo all'Onu

RAMALLAH, - I palestinesi avvieranno pratiche di adesione alle agenzie dell'ONU e alle corti di giustizia internazionali se Israele non liberasse entro la fine di aprile la quarta tranche di detenuti, concordata nel luglio 2013. Lo ha dichiarato il segretario generale del Comitato esecutivo dell'Olp Yasser Abed Rabbo. "La liberazione dei prigionieri" - ha detto alla radio Voce della Palestina - "e' la contropartita al congelamento dell'adesione alle organizzazioni internazionali".
L'ultimo scaglione di detenuti (26) fa parte di 104 palestinesi incarcerati prima degli Accordi di Oslo (1993), che Israele si e' impegnato l'anno scorso a liberare per favorire il rilancio di trattative con i palestinesi. Le liste in possesso dei dirigenti dell'Anp includono in questo novero 14 cittadini arabi israeliani. In merito in seno al governo di Benyamin Netanyahu si sono pero' create resistenze. Il viceministro della difesa Dany Danon (Likud) ha preannunciato che rassegnerà la dimissioni se cittadini di Israele fossero scarcerati nel contesto di negoziati con l'Anp. Altri ministri condividono la sua contrarietà e chiedono in proposito un voto nel governo.

(ANSAmed, 25 marzo 2014)


Gerusalemme - Ritorna il festival "Suoni e Luci"

Nella Città Vecchia di Gerusalemme avrà luogo dal 31 marzo al 3 aprile il festival "Suoni e Luci", ricco di concerti e spettacoli dal vivo dedicati a diverse tradizioni musicali. Per il terzo anno consecutivo, i musicisti saranno distribuiti nei quattro quartieri della città vecchia, con performance all'interno del quartiere armeno, del quartiere ebraico, del quartiere musulmano e di quello cristiano. In scaletta musica Klezmer, musica persiana, etiope, musica araba, ebraica, country e jazz con personaggi come Eviatar Banai, Danny Robas e la Red Band. L'area della Torre di Davide sarà trasformata nella "Taverna sulle mura" con performance di musica greca che creeranno un'atmosfera da antica taverna, mentre la piazza antistante la Porta di Giaffa sarà trasformata in un viale musicale dove acquistare lp e cd.

(Travel Quotidiano, 25 marzo 2014)


Novanta ragioni per diffidare del futuro stato palestinese

Gaza è diventata la rappresentazione più incisiva di quanto sia pessima l'idea di cedere in blocco la Cisgiordania all'Autorità Palestinese, corrotta e perennemente ostile.

di Moshe Phillips e Benyamin Korn

I novanta razzi e colpi di mortaio sparati l'altra settimana contro Israele da terroristi arabi palestinesi della striscia di Gaza non sono soltanto un ennesimo round delle solite vecchie turbolenze mediorientali a cui il mondo ha fatto disgraziatamente l'abitudine. Essendo stati lanciati proprio quando il Segretario di stato Usa John Kerry sta cercando di concludere un accordo per la creazione di uno stato palestinese, quei razzi rappresentano novanta buone ragioni del perché sia giusto diffidare della creazione di quello stato....

(israele.net, 25 marzo 2014)


Da Khartoum a Washington: i "tre no" dei palestinesi

Era il mese di settembre 1967. Israele era uscito trionfante dalla Guerra dei Sei Giorni, scatenatagli contro tre mesi prima da Egitto, Siria e Giordania. Le speranze di Gerusalemme - di nuovo riunita, dopo l'occupazione giordana durata 19 anni - erano di indurre gli stati arabi confinanti ad una pace duratura, riconsegnando i territori conquistati a giugno. Ma le potenze arabe, riunitesi a Khartoum, in Sudan, decretarono un secco no: no alla pace con Israele, no al riconoscimento di Israele, no a trattative con Israele. Era l'inizio di un'intransigenza che non sarebbe stata smantellata dalla successiva Risoluzione ONU n. 242, che delineava una cornice fra arabi e israeliani, prevedendo il ritiro dello stato ebraico DA (si noti l'enfasi sulla preposizione semplice, e non articolata: non DAI territori, ma DA territori; ovvero, da parte dei territori, e non necessariamente dalla loro interezza) territori occupati durante il conflitto, in cambio della cessazione delle ostilità, del riconoscimento reciproco e del mutuo diritto a vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti....

(Il Borghesino, 25 marzo 2014)


Egitto, la condanna dei Fratelli Musulmani

di Stefano Magni

  
La campagna delle prossime elezioni presidenziali in Egitto inizia con una sentenza-shock: 528 condanne a morte. I condannati sono tutti appartenenti al movimento dei Fratelli Musulmani. La condanna riguarda i gravi disordini dello scorso agosto, quando i militanti del partito e movimento islamico legato all'appena deposto presidente Mohammed Morsi, lanciarono una vera contro-rivoluzione, reagendo con ira funesta ai moti di giugno, che si erano conclusi con la loro cacciata dal potere. Fallito il tentativo, privo di ogni realistica speranza, di riconquistare il vertice o per lo meno di ritagliarsi uno spazio nel nuovo assetto governativo, i Fratelli Musulmani si erano abbandonati ad ogni tipo di violenza e minaccia, soprattutto contro i cristiani d'Egitto, collettivamente accusati di essere i grandi tessitori del complotto contro Morsi. Chiese, negozi, auto e altre proprietà vennero dati alle fiamme in gran numero, mentre i siti internet della Fratellanza negavano ogni responsabilità proprio quando incitavano la folla a continuare l'opera di "giustizia" contro i nemici religiosi, con la tipica doppiezza degli estremisti islamici.
  La popolazione egiziana, stanca del caos creato dalla breve amministrazione Morsi (2012-2013) e atterrita dalla reazione violenta della Fratellanza, ha iniziato a individuare nel generale Al Sisi il proprio nuovo "uomo forte", l'unico in grado di riportare l'ordine in patria. La Fratellanza, invece, ha iniziato a subire un colpo dietro l'altro da parte del nuovo governo provvisorio. Prima è stata bandita la sua Organizzazione Non Governativa. Poi è stato vietato il partito politico. Recentemente è stata revocata la cittadinanza a quei palestinesi che aderiscono a Hamas, movimento islamico armato strettamente legato alla Fratellanza. E, contestualmente, l'esercito egiziano, oltre a chiudere il valico di Rafah (il confine con Gaza, città governata da Hamas), ha anche distrutto quasi tutti i tunnel che collegavano clandestinamente Gaza con l'Egitto. Oltre i confini, i Fratelli Musulmani sono stati banditi ufficialmente anche in Arabia Saudita, dopo decenni di sostegno più o meno ufficiale. Esclusi completamente dai lavori della Commissione dei 50, l'assemblea costituente egiziana, gli islamisti non hanno potuto avere voce in capitolo sulla nuova legge suprema. Che, infatti, risulta essere una delle più laiche e tolleranti dell'intero mondo arabo-musulmano.
  La condanna a morte di massa dei 528 militanti islamisti, dunque, giunge come ultima stazione di una vera e propria via dolorosa percorsa dalla Fratellanza. Tutto ancora da verificare, ovviamente, se si tratta di condanne esecutive (devono essere ancora controfirmate dal Gran Muftì del Cairo), o se saranno commutate in periodi detentivi. Sono, in ogni caso, il simbolo di una sconfitta strategica. E gli effetti sono già lì da vedere. Dei Salafiti non si parla più: erano i più integralisti degli integralisti, il loro partito (Al Nour) è tuttora legale e fa parte del nuovo governo, ma non fa più parlare di sé con proposte di islamizzazione radicale della legge egiziana. In Tunisia, dove i Fratelli Musulmani sono tuttora al governo, la nuova costituzione è ispirata soprattutto a valori secolari. Per lo meno: molto più di quanto non ci si attendesse. Hamas, a Gaza, sta attraversando una crisi che potrebbe porre fine al suo lungo e duro regime: tagliati gli aiuti dalla Siria (per ovvie ragioni) e alienata la simpatia dell'Egitto, resta veramente un'isola di integralismo islamico circondata da nemici.
  Paradossalmente, in questa situazione, ci perdono gli Stati Uniti, poiché l'amministrazione Obama (e la seconda amministrazione Bush negli anni che l'hanno preceduto) aveva puntato incredibilmente sul cavallo della Fratellanza, anti-occidentale e anti-cristiana da sempre, ritenendola la vera espressione del volere popolare. Così facendo, non solo non ha riconosciuto la genuinità dei moti di giugno, alienandosi la simpatia degli egiziani, ma tuttora continua a invitare il Cairo a riammettere i Fratelli Musulmani nel gioco democratico. Anche il 21 marzo scorso, Marie Harf, portavoce del Dipartimento di Stato, ha ammesso l'esistenza di contatti fra Washington e la Fratellanza. Poiché "tutti i partiti hanno bisogno di essere parte del futuro egiziano". Tutti, compresi quelli che hanno cercato di instaurare una dittatura e sono stati cacciati a furor di popolo.

(L'Opinione, 25 marzo 2014)


Video
Amore per i palestinesi o odio per gli israeliani?

Studenti israeliani danno una lezione di dignità alla Francia dell'odio

Pur sapendo come Israele e gli ebrei israeliani sono oggetto di odio e critiche nelle università francesi, questo odio non era mai stato filmato perché prevalgono reticenza e imbarazzo. Tutto questo è cambiato quando venerdì 14 marzo degli studenti israeliani hanno filmato quello che è successo a loro e hanno diffuso il clip in rete. Alla fine sono stati buttati fuori dalla presidente di Paris VIII. Una bella lezione di coraggio e dignità. No, gli ebrei non devono più camminare rasente i muri.

(Riposte Separade, 24 marzo 2014 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Si guardi fino in fondo questo video e si dica se è amore per i palestinesi o odio per gli israeliani.


Università di Padova - Il fascismo e gli ebrei

Presentazione dei libri "Il fascismo e gli ebrei" di Angelo Ventura e "L'università dalle leggi razziali alla Resistenza" a cura di Angelo Ventura.

"Le leggi razziali gettarono lo sconcerto nella comunità universitaria e certo furono accolte con un diffuso quanto tacito sentimento di disapprovazione. Ma nulla lascia intendere che scavassero un solco morale irriducibile nei confronti del fascismo. Da nessuna parte si leva la protesta di una coscienza offesa. Tace anche chi aveva autorità e rango sociale per poter esprimere senza troppo rischio una sia pur cauta voce di dissenso. Del resto, che le leggi razziali segnino l'inizio di un distacco del Paese dal fascismo, è soltanto una tradizione storiografica costruita a posteriori, un feedback della memoria indotto da un processo di rimozione della coscienza collettiva, a sua volta indotto e legittimato dal riconoscimento dell'opera generosa e talvolta eroica dispiegata coralmente dal popolo italiano dopo l'8 settembre per sottrarre gli ebrei all'arresto da parte dei tedeschi e dei fascisti di Salò e, quindi, alla deportazione nei campi di sterminio" , così scrive Angelo Ventura nella quarta di copertina dell'Unipd dalle leggi razziali alla Resistenza (Padova University Press 2014).
Ma è ancor più sono le parole di Sergio Luzzatto nell'introduzione al libro "Il fascismo e gli ebrei" (Donzelli Editore 2013) a illuminare l'accurata analisi dello storico: "E tuttavia il valore aggiunto del lavoro di Ventura deriva dalla padronanza con cui lo storico padovano maneggia il concetto di "svolta" (…) Lavorando sulla genesi della svolta, Ventura ha buon gioco nel sottrarre la questione dell'antisemitismo fascista a un'analisi della congiuntura, diplomatica o culturale che fosse, per instaurare un'analisi della struttura ideologica".
Il fascismo e gli ebrei è il titolo della Tavola rotonda di presentazione dei volumi Il fascismo e gli ebrei di Angelo Ventura e L'università dalle leggi razziali alla Resistenza anch'esso curato dallo storico padovano che si terrà mercoledì 26 marzo alle ore 17.00 in Aula Magna "Galileo Galilei" di Palazzo Bo Unipd, via VIII febbraio 2 a Padova.
Interverranno Giuseppe Zaccaria, Magnifico Rettore dell'Unipd, Adolfo Locci, Rabbino di Padova, Carlo Fumian, dell'Unipd, Roberto Finzi, Università di Bologna, Gadi Luzzatto Voghera, Boston University, e Michele Sarfatti, Direttore del Centro di Documentazione ebraica contemporanea di Milano.

(Controcampus.it, 24 marzo 2014)


La Comunità Ebraica di Roma commemora i settant'anni dell'eccidio delle Fosse Ardeatine

di Micol Debash

 
ROMA, 24 mar. - Questa mattina sono state deposte due corone d'alloro sulla parete esterna del Tempio Maggiore sotto la lapide in memoria dell'eccidio in ricordo dell'eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944. A settant'anni dalla strage, il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il sindaco di Roma, Ignazio Marino, hanno commemorato insieme al Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, il tragico evento che ha coinvolto gli ebrei romani, ma anche cattolici, militari, medici, partigiani e tutta l'Italia intera.
Il 23 marzo 1944 uno studente di medicina travestito da spazzino ha trasportato un carretto della nettezza urbana carico di materiale esplosivo in via Rasella, colpendo 33 membri del battaglione SS Bozen. L'azione partigiana, orchestrata dal comando dei GPA, Gruppi di Azione Patriottica, ha generato la reazione delle truppe tedesche. Berlino ha ordinato così di uccidere dieci italiani per ogni tedesco che aveva perso la vita. Per l'eccidio dettato dalla vendetta, sono state scelte le gallerie sotterranee abbandonate in via Ardeatina. Sotto lo sguardo del colonnello Kappler e del capitano Priebke, gli esecutori hanno superato il numero stabilito di vittime fucilando 335 innocenti. Al termine della procedura, le entrate delle cave sono state sbarrate per seppellire insieme ai corpi quell'orribile segreto.
Oggi, i colpevoli della strage sono allo scoperto e il ricordo dei martiri è un dovere.
Le Fosse Ardeatine non sono più un luogo dimenticato, ma un sacrario monumento nazionale, sedimento del nefasto accadimento storico a testimonianza di un "vuoto" in cui sono stati risucchiati quei camion di innocenti scaricati da Regina Coeli, via Tasso e da altri angoli della città. "Settant'anni non sono una cifra qualunque. Secondo i Libri dei Salmi, salmo 90 verso 10, la vita dell'uomo è di settant'anni - ha spiegato il Rabbino Capo Riccardo Di Segni presente alla commemorazione. - E' come se fosse passata una vita intera dopo gli avvenimenti, eppure li ricordiamo tuttora perché la ferita è aperta ancora oggi e perché la nostra memoria è ancora viva".

(Comunità Ebraica di Roma, 24 marzo 2014)


Basket - Crollo del Maccabi, l'Hapoel passeggia alla Nokia Arena

Clamoroso alla Nokia Arena!

di Alessio Teresi

Nella ventiquattresima giornata del campionato israeliano il Maccabi Tel Aviv subisce in casa una delle più pesanti sconfitte della sua storia, asfaltato 65-93 dall'Hapoel Gerusalemme.
Blatt parte con un quintetto con Pnini, Ohayoun, Smith, Hickman e Schortsanitis e dopo i primi minuti di grande equilibrio, un tecnico sancito contro Big Sofo manda gli ospiti avanti 12-18 ed i canestri di Halperin chiudono il primo quarto sul 19-27.
Cominciano i mugugni dei tifosi gialli presenti alla Nokia Arena e la situazione per il Maccabi precipita nel secondo quarto, che l'Hapoel chiude avanti 34-53.
Malgrado qualche tripla di Pnini ed i canestri di Hickman, la disfatta prende corpo ancora di più negli ultimi venti minuti di gara, con la gara che si chiude con un pesantissimo -28 per il Maccabi.
Blatt ed i giocatori escono dal campo umiliati e subissati dai fischi dei propri tifosi, negli spogliatoi silenzio stampa ed il solo Guy Pnini a spendere poche parole davanti a microfoni e taccuini dei cronisti.

(All Arount, 24 marzo 2014)


Le 10 domande che Renzi dovrebbe fare a Obama

Questa settimana il Presidente USA sarà in Europa e verrà anche in Italia dove incontrerà il Premier, Matteo Renzi. Ora noi vorremmo che per una volta Renzi mettesse da parte la cieca adulazione che nutre verso il Presidente Obama e gli ponesse alcune domande fondamentali.
1 - Obama è convinto che tutti i problemi del mondo dipendano dal conflitto israelo-palestinese quando invece è evidente a tutti che i veri problemi sono da altre parti. Perché Obama la pensa così?
2 - Sempre nell'ottica del conflitto israelo-palestinese, perché Obama continua a portare avanti una politica filo-terrorista invece di difendere uno Stato democratico? Per quale motivo lo fa?...

(Right Reporters, 25 marzo 2014)


Israele - Diplomatici in sciopero

Per la prima volta diplomatici israeliani scioperano ad oltranza per chiedere migliori condizioni salariali e di lavoro. Il ministero e 103 ambasciate si sono fermati, paralizzando tutte le attività. Lo sciopero potrebbe compromettere le visite in Israele di leader stranieri e quella del Papa,prevista a maggio.
I sindacati tuonano contro il ministero delle Finanze, mentre il ministro degli Esteri, Lieberman, parla di decisione "miserabile".

(Rai News, 24 marzo 2014)


Diana Matut
Conferenza a Roma sulla musica ebraica ai tempi del Rinascimento

ROMA, 24 mar. - La sera del mercoledi' 26 marzo, alle ore 20, presso la sede romana di Beth Hillel - Gruppo per il pluralismo ebraico (Via dei Salumi 51), Diana Matut, docente di musica e letteratura ebraica presso il Dipartimento di Giudaistica dell'Universita' di Halle-Wittenberg, terra' una conferenza intitolata "Fra la corte, la sinagoga e la casa. La musica ebraica ai tempi del Rinascimento e del Barocco".
La conferenza si terrà in inglese. Si eseguiranno brani musicali dell'epoca.

(Adnkronos, 24 marzo 2014)


Hamas a Gaza ricorda lo sceicco Yassin: nessun negoziato con Israele

GAZA - Decine di migliaia di sostenitori di Hamas si sono radunati oggi nella Striscia di Gaza per ricordare il fondatore e leader spirituale del movimento, lo sceicco Ahmed Yassin, ucciso 10 anni fa da un attacco aereo mirato israeliano. Il leader di Hamas a Gaza, Ismail Haniya, parlando alla folla ha chiesto al presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbs, di ritirarsi dall'"assurdo" negoziato di pace con Israele. "Nessun negoziato, nessun compromesso, sì alla resistenza", ha detto ancora Haniya, per il quale il negoziato, che scade ad aprile, non deve essere prorogato "per nessuna ragione o pretesto".

(Adnkronos, 24 marzo 2014)


Tolleranza zero di Netanyahu su chi complotta contro Israele

"Israele continuerà a distruggere coloro che attaccano o pianificano attacchi contro lo Stato ebraico."
Questa dichiarazione è stata fatta dal primo ministro Benjamin Netanyahu, commentando l'uccisione di tre palestinesi nel campo profughi sulla sponda occidentale del fiume Giordano.
"La nostra posizione rimane invariata: annienteremo coloro che ci attaccano e coloro che hanno intenzione di attaccarci, - ha detto Netanyahu. - In questo caso sussistono entrambi i pretesti."
Sabato scorso in una sparatoria con i soldati israeliani erano rimasti uccisi 3 militanti palestinesi di Hamas, mentre due soldati israeliani e sette arabi sono stati feriti.

(La Voce della Russia, 24 marzo 2014)


Gerusalemme, un mosaico di quartieri contesi

Ecco perché è difficile ipotizzare una pianta comune nei negoziati in corso tra il premier israeliano Netanyahu e il leader Abu Mazen

di Maurizio Molinari

 
Gerusalemme
Se il Medio Oriente è un mosaico di conflitti con al centro il tassello dei confini contesi fra israeliani e palestinesi, è la città di Gerusalemme ad essere l'argomento più difficile da trattare come dimostra l'impossibilità di arrivare perfino a ipotizzare una pianta comune della città nei negoziati in atto fra Benjamin Netanyahu e Abu Mazen.
  Le foto che vi mostriamo descrivono e riassumono alcuni degli attriti che segnano Gerusalemme e in particolare i suoi quartieri Orientali, occupati da Israele dopo la guerra dei Sei Giorni del 1967 e annessi al resto della città nel 1980, dove oggi vivono circa 370 mila arabi a fronte degli circa 500 mila ebrei che popolano Gerusalemme Ovest.
  Partiamo da Givat Hamatos una collina al di là della linea verde - il confine del cessate il fuoco del 1949 - dove il governo israeliano ha un piano di sviluppo edilizio per realizzare costruzioni a cui i palestinesi si oppongono nel timore che nell'arco di pochi anni si trasformi in un quartiere ebraico in piena regola come la vicina Har Homà che negli anni Novanta fu oggetto di un duro braccio di ferro di Israele con gli Stati Uniti. Per Israele Givat Hamatos e Har Homà compongono assieme a Gilò un blocco di centri abitati che proteggono il fianco Sud-Est di Gerusalemme e saranno presto attraversati dalla "Begin South", un'autostrada a sei corsie che consentirà agli abitanti degli insediamenti ebraici del Gush Etzion, in Cisgiordania, di attraversare rapidamente la città in direzione Nord.
  Attorno ad Har Homà vi sono quartieri o città arabe: Betlemme, Beil Jallah, Bent Sahur in Cisgiordania, Sur Bahar e Jabal Mukaber dentro il perimetro municipale di Gerusalemme. Da Jabal Mukaber si può osservare l'intera Gerusalemme, da Ovest a Est. A ridosso di Jabal Mukaber, appollaiato fra case arabe, c'è il complesso ebraico di Nof Zion costruito dal nulla sulle pendici scoscese, sorvegliato 24 ore su 24 da sicurezza privata, immerso nel quartiere arabo di Abu Tur. Qui è possibile vedere come singole famiglie o istituzioni ebraiche hanno acquistato palazzi, case o anche solo camere di case per conquistare spazi strategici. Oltre Abu Tur si estende Silwan, uno dei quartieri più estesi e popolosi della città araba da dove si ha una prospettiva insolita della moschea di Al Aqsa fino ad arrivare davanti alle mura della Città Vecchia dove sorge il parco archeologico israeliano "City of David" nel quale sono in corso scavi a cui i palestinesi si oppongono considerandoli un tentativo di appropriarsi dell'eredità storica di Gerusalemme. Lasciando Silwan in direzione Est, dopo il Monte degli Olivi, si arriva a Ras al-Amud che confina con Abu Dis, dove il leader palestinese Yasser Arafat alla metà degli anni Novanta immaginò di stabilire la sede del governo del nuovo Stato. Ras al-Amud è dentro i confini di Gerusalemme, dichiarata capitale unica e indivisibile di Israele con una legge del 1980, mentre Abu Dis è in Cisgiordania ed a segnare la separazione fra le due aree è la barriera di cemento oltre la quale si intravedono i palazzi dell'Università Al Quds.
  Poco più a Nord, passato Al-Tur e l'ospedale Victoria - il maggior centro medico palestinese di Gerusalemme Est - si arriva a Monte Scopus, sede dell'Università Ebraica di Gerusalemme da dove si ha una vista mozzafiato verso Est, arrivando con lo sguardo all'orizzonte della Valle del Giordano . E' al centro di questo panorama che si trova la collina più contestata dell'intera Cisgiordania. Il nome topografico è "E1" ed ha causato in più occasioni scintille fra il governo Netanyahu e l'amministrazione Obama. "E1" è di importanza strategica per la presenza ebraica in Cisgiordania perché può creare una continuità geografica fra il Monte Scopus e il più lontano insediamento di Maalei Adumim, dove vivono oltre trentamila persone, creando una vasta area di popolazione ebraica alle spalle dei quartieri arabi di Gerusalemme Est. Per l'Autorità palestinese "E1" cela il progetto di impedire la continuità fra i quartieri arabi e così anche la creazione della capitale del futuro Stato a Gerusalemme Est. L'amministrazione Obama ritiene che qualsiasi forma di sviluppo edilizio a "E1" è capace di far crollare il negoziato israelo-palestinese. Per questo si tratta della collina più monitorata dell'intera Cisgiordania, sulla cui cima gli israeliani hanno costruito una stazione di polizia pronta ad essere usata ma ancora vuota.

(La Stampa, 24 marzo 2014 - Foto di Molinari)


Oltremare - Tel Aviv prima di Tel Aviv
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”
“L'arancione”
“Il nero”
“L'azzurro”
“Il giallo”
“Il grigio”
“Reality”
“Ivn Gviròl”
“Sheinkin”
“HaPalmach”
“Herbert Samuel”
“Derech Bethlechem”
“L'Herzelone”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Achuzat Bayit è stato il nome originale di Tel Aviv, e chissà se la città avrebbe avuto il successo odierno se non avesse cambiato nome. Con subito lì quella lettera "chet" dal suono gutturale raschiato che solo gli Yemeniti sanno ancora pronunciare come si deve, non proprio un invito all'ascolto. E poi la parola bayt, casa, quasi messa a bilanciare, addolcire il senso ed il suono. Però, come per Tel Aviv, anche una Achuzat Bayit sarebbe stata ben difficile da storpiare: altro che la petrosa Zfat che diventa una morbida Safed per il naturale bisogno di vocali delle lingue non semitiche.
Il fatto di usare l'ebraico era così un vanto, all'epoca, che a volte si esagerava un po': la prima bambina nata nella nuova città si è chiamata Achùza, nientemeno. Un bijioux di nome, poverina. D'altra parte in epoche patriottiche bambine italiane si sono chiamate a frotte "Italia" e "Libera" o "Libertà".
Con il passaggio al più solare "Tel Aviv", Achuzat Bayit è rimasta come nome di strada, per inciso l'indirizzo del mio primo lavoro israeliano. Un solo isolato, una stradina stretta che va da sud a nord parallela ad Allenby, schiacciata fra un palazzo anonimo degli anni Sessanta smangiato dal salmastro, e un palazzo in eterna costruzione, eccezione alla velocità supersonica della crescita dei grattacieli da queste parti. Ma è a un passo dal glorioso Kolbo HaShalom, il Numero Uno della collezione, il grattacielo che è stato per decenni l'unico Gulliver nella piatta e bianca Lilliput di casette di massimo tre piani.
Un giorno a qualcuno verrà in mente di riqualificare la storica Achuzat Bayit, e sarà troppo tardi perché del brevissimo isolato non è rimasto neanche un palazzo o casetta degli anni della fondazione. Noi europei questa poca considerazione del passato architettonico non la capiamo: proprio nella terra epicentro del Passato per definizione. Ma a vedere i materiali con i quali è stata tirata su dalle dune questa città, probabilmente non c'era altro da fare che ricostruire: i restauri conservativi sono per luoghi più borghesi, e infatti partono dal Bauhaus in poi. Roba da europei.

(moked, 24 marzo 2014)


La sharia entra nella legge britannica per fare testamento

LONDRA - Visto l'alto tasso di presenze musulmane nel Regno Unito, la sharia, la legge islamica, entra nel sistema legale britannico, almeno per quel che riguarda i testamenti: sono state elaborate nuove linee guida per notai e avvocati con l'obiettivo di mettere a punto documenti riconosciuti dai tribunali britannici ma che abbiano allo stesso tempo specifiche caratteristiche conformi ai dettami musulmani. E' la prima volta che ciò accade, riferisce il Sunday Telegraph.
L'iniziativa parte da 'The Law Society', associazione che rappresenta avvocati e notai in Inghilterra e Galles e, sottolinea il Sunday Telegraph, permetterà di redigere testamenti da cui vengano esclusi i non credenti, oppure che non riconoscano alle donne lo stesso diritto di eredità che agli uomini o, ancora, che possano escludere figli nati fuori dal matrimonio o adottati.
Il presidente dell'associazione, Nicholas Fluck, difende l'iniziativa affermando che è volta ad promuovere "buna pratica". Non manca tuttavia chi si dice quantomeno sorpreso esprimendo timori per l'emergere di un "sistema legale parallelo".
Fino a chi trova la notizia "molto preoccupante, come la baronessa Cox, membro della camera dei Lord impegnata in campagne per la protezione delle donne dalle discriminazioni a sfondo religioso, che sottolinea come questi ultimi sviluppi "farebbero rivoltare le suffragette nella tomba".

(blitz quotidiano, 23 marzo 2014)


Nel ‘48, dopo la costituzione dello Stato d’Israele, l’Inghilterra, tradendendo gli impegni che si era assunti con il Mandato per la Palestina, appoggiò vergognosamente gli arabi nel loro tentativo di far scomparire il neonato Stato ebraico. Adesso gli inglesi hanno gli arabi che dettano legge in casa loro. M.C.


La Cecenia sponsorizza una mega moschea in Israele

In un villaggio i cui abitanti dicono di discendere da musulmani del Caucaso

ABU GHOSH (Israele) - Il presidente ceceno Ramzan Kadyrov ha inaugurato oggi la più grande moschea d'Israele in un villaggio vicino a Gerusalemme i cui abitanti dicono di discendere in parte dai musulmani del Caucaso.
Il luogo di culto è nel villaggio arabo-israeliano di Abu Ghosh, e ha preso il nome del padre di Ramzan, l'ex presidente Akhmad Kadyrov, ucciso dalla guerriglia separatista nel 2004. La Cecenia, regione autonoma della Russia, ha partecipato con 6 milioni di dollari al progetto.

(ANSA, 23 marzo 2014)


Ma secondo Abu Mazen nel futuro stato palestinese non ci dovrà essere nessuna sinagoga, perché non ci dovrà essere nessun ebreo. E questo sembra che vada bene a Kerry e a Obama.


Parigi - Un nuovo caso di violenza antisemita

"Morte agli ebrei", gli urlano prima di aggredirlo, strappargli la camicia e disegnarli sul petto una svastica. Lui, un insegnante 59enne che gira con la kippah in testa e quindi immediatamente riconoscibile come ebreo. Loro, tre giovani di origine maghrebina accecati dall'odio antiebraico. È il nuovo episodio di antisemitismo, avvenuto all'uscita di un ristorante kosher della Capitale, a scuotere l'opinione pubblica francese. Un'azione inquietante avvenuta a poche ore dalla grande manifestazione organizzata dal Crif, il Conseil Représentatif des Institutions juives de France, a Parigi e nelle principali città in occasione del secondo anniversario dell'agguato alla scuola Ozar HaTorah di Tolosa in cui quattro vite furono spezzate sotto i colpi del terrorista franco-algerino Mohammed Merah. Contro l'antisemitismo e per la fratellanza repubblicana", recitava lo slogan dell'iniziativa (che a Parigi ha avuto come scenario piazza del Trocadero). Un messaggio che assume una valenza sempre più attuale alla luce dei numerosi episodi denunciati dal Crif tra cui il rapimento, la tortura e l'assassinio del giovane Ilan Halimi (febbraio 2006), le azioni vandaliche nei confronti di sinagoghe e luoghi ebraici e le manifestazioni di aperto antisemitismo dello scorso gennaio.

(moked, 23 marzo 2014)


Gli ebrei romani e l'eccidio nazista «Ecco come morì il cugino di Zevi»

Lunedì l'anniversario delle Fosse Ardeatine. In una lettera del '44 la prima testimonianza della Comunità: Coen era in contatto con l'intelligence inglese.

di Paolo Brogi

  
Saverio Coen
ROMA - Quattordici settembre 1944. Nella Roma che dal 4 giugno era «amministrata» dagli americani, Silvio Ottolenghi, da poco Commissario straordinario della Comunità Israelitica, si siede alla macchina da scrivere e batte una lettera per l'Egregio signor Coen commendatore Enrico, via Poli 29. «La Comunità ha appreso col più vivo dolore la notizia della morte del vostro diletto Saverio trucidato barbaramente alle Fosse Ardeatine...».

- Un foglio ingiallito
  Questo foglio ingiallito conservato all'Archivio della Comunità ebraica e da poco riscoperto, è il primo documento ufficiale in cui gli ebrei romani parlano della strage. Un tratto a lapis in alto segna 119, l'angolo in basso è mezzo accartocciato, la lettera comunica un vivo senso di tragedia già per come si presenta.
«Il nome del Martire e dei suoi compagni Caduti - prosegue il testo - rimarrà eternamente scolpito nei nostri cuori, ti prego di accettare le più affettuose condoglianze a nome della Comunità Israelitica e mie personali e di rendertene interprete anche verso la desolata vedova ed i suoi piccini. Affettuosamente, il Commissario straordinario».

- La salma «289»
  La pietosa riesumazione dei 335 corpi orrendamente ammassati in due mucchi di cadaveri dentro le gallerie delle cave Ardeatine si era appena conclusa il 6 settembre. Ascarelli era stato nominato a capo del team il 26 luglio, e per 35 giorni aveva lavorato ininterrottamente (salvo le domeniche e ferragosto) per ridare un nome a quei poveri corpi in parte privi perfino della testa. La salma di Saverio Coen era la 289.
L'avevano ritrovato vicino alla parete della galleria, bocconi, col cranio da cui mancava la parte occipitale, nel pugno destro ancora alcune noccioline. I pantaloni erano tenuti su da due fazzoletti legati insieme. Aveva una matita automatica, un portamonete di cuoio, una banconota da 500 lire, un'immagine di Sant'Antonio, un fazzoletto con le iniziali SC.

- Spiato da una donna tedesca
  Ascarelli scrisse nella scheda 289: «Religione cattolica. Commerciante. Sottotenente automobilista, guerra 35-36. Arrestato il 22 febbraio e tradotto a via Tasso e poi a Regina Coeli, al III braccio, dalle SS tedesche». E ancora: «Appartenente alla razza ebraica, presentatosi a via Tasso per ritirare documenti che gli erano stati sei giorni prima trattenuti dalla SS tedesca, fu arrestato. Anche la famiglia fu ricercata».
Saverio Coen era commerciante in via del Tritone, ma frequentava il Partito d'Azione, e aveva rapporti con l'intelligence inglese a Roma. Conosceva una donna, con madre tedesca, che lo spiava. E che forse lui spiava a sua volta. Dallo scoppio della guerra era cercato dai fascisti ma andava in giro intemerato. Laureato alla Sapienza era stato carrista in Abissinia.

- Medaglia d'argento
  Il cenno che ne dà Ascarelli, di religione cattolica, è forse relativo a una conversione di copertura. Ascarelli stesso, che sentiva i parenti per redigere le sue schede, sottolinea che era un ebreo. Era in ogni caso cugino di Bruno Zevi.
Dal carcere scrisse lettere ai suoi bambini Pier Enrico e Giancarlo: «Amatevi fra di voi, aiutatevi, rispettate sempre la vostra cara mamma e prendete moglie simile a Lei e sarete felici. Amen. Vi bacio....».
Alla memoria di Saverio Coen è stata assegnata una medaglia d'argento al valor militare. Nella lettura dei nomi che ogni anno risuona alle Ardeatine il suo nome è quello del 67o caduto.

(Corriere della Sera, 23 marzo 2014)


Hamas invia sms di minaccia agli israeliani

"Se Gaza verrà ancora attaccata, morirete tutti"

Il braccio armato di Hamas ha inviato sms minacciosi a cittadini israeliani per il decimo anniversario della morte del capo spirituale del movimento, lo sceicco Ahmed Yassin, ucciso da Israele durante un raid. "Se Gaza viene attaccata, la vita dei sionisti sarà un inferno", o anche "nella prossima guerra, tutta la terra palestinese sarà riconquistata" si legge nei messaggi che sono stati inviati anche a giornalisti stranieri.
Hamas non ha ufficialmente rivendicato l'invio degli sms, ma una fonte del movimento ha affermato che le Brigate Ezzedin al-Qassam, il suo braccio armato, hanno piratato una rete cellulare israeliana e inviato centinaia di messaggi per dire che "la resistenza continua".

(TGCOM24, 23 marzo 2014)


Contro il negazionismo di Teheran

"L'onnipotente sovrano e suprema autorità dell'Iran, Ali Khamenei, ha contestato l'esistenza sella Shoah. Dimostrando che anche dopo Ahmadinejad, e dopo i sorrisi offensivi del suo successore Hasan Rouhani, sotto alla barba dell'ayatollah si nascondono ancora piccoli baffi hitleriani". È la dura replica di Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri israeliano, di fronte alle inammissibili affermazioni negazioniste della guida spirituale iraniana Khamenei. La scorsa settimana, infatti, mentre l'Iran si apprestava a festeggiare il capodanno persiano, l'ayatollah dichiarava, "l'Olocausto è un evento cui realtà è incerta e se anche è avvenuto, è incerto come sia accaduto". Parole vergognose e al veleno riportate sull'account twitter di Khamenei. E da un altro social network (Facebook) è arrivata la risposta di Lieberman. Non solo una risposta all'Iran ma un promemoria per chi con Teheran si è seduto al tavolo (le famose trattative dei 5+1 in merito al nucleare iraniano). Dietro ai sorrisi di apparenza, nulla è cambiato, sottolinea Lieberman. L'avvicendamento Ahmedinajad - Rouhani, che a giudizio di alcuni aveva dato una nuova direzione a Teheran, non ha portato cambiamenti, perché l'Iran rimane nelle mani di Khamenei e rimane un pericolo per la sicurezza di Israele e non solo. Questo è il punto di Lieberman, condiviso da governo e forze di sicurezza israeliane.
A certificare che nulla è cambiato, l'atteggiamento dell'ayatollah che ricorreva alla più velenosa retorica antisemita proprio nell'ore in cui il presidente di Israele, Shimon Peres, augurava al popolo iraniano "un capodanno di pace".

(moked, 23 marzo 2014)


La cortina di ferro mediorientale

Un documentario di al-Jazeera su Lockerbie dimostra la disperazione araba per la scelta di Obama, capirsi con Tehran. A Tel Aviv invece sanno cosa fare.

La decisione da parte della tv del Qatar, braccio informativo dell'emiro, di trasmettere un documentario su Lockerbie dimostra la disperazione di Doha. Il documentario riprende una vecchia, e credibilissima tesi: la strage di Lockerbie fu voluta da Khomeini ed eseguita dai fidi terroristi del PFLP-GC di Ahmed Jibril, basati a Damasco e sostenuti da Hezbollah. Motivo: vendetta per l'abbattimento da parte della marina militare Usa di un velivolo iraniano con oltre 100 passeggeri a bordo. Quello che Washington definì il "regrettable mistake".
La novità di al-Jazeera è che questa vecchia e fondatissima versione dei fatti non è stata ricostruita da un signore qualsiasi, ma da un top-agent iraniano, fuggito all'estero e ora pronto a spiattellare tutto, nomi, luoghi e ruoli.
Il silenzio americano dimostra che non sarà così che Obama cambierà idea: la scelta strategica di mettersi d'accordo con Teheran è stata presa prima dell'elezione di Rohani, quando Teheran si è precipitata in territorio siriano per prendersi con le cattive tutto quello che le interessa per arrivare al grande negoziato con Obama: io ti do il nucleare, tu riconosci la mia nuova area d'influenza fino al Mediterraneo. Dunque Obama non ha mai pensato a linee rosse o rosa a Damasco, e ora non cambierà per una vecchia verità su Lockerbie.
E Netanyahu? La sua strada sembra già presa e la spiega una bizzarra proposta di legge depositata alla Knesset da un deputato della destra israeliana: questa legge afferma che gli arabi cristiani risiedenti in Israele non sono palestinesi, ma cristiani. I palestinesi sono solo musulmani
Può sembrare curioso, ma non lo è. Ai tempi della guerra del Libano la destra israeliana inseguiva l'alleanza delle minoranze, religiose, contro la maggioranza sunnita. Le tre minoranze, cristiani, ebrei e sciiti, possono stare dalle parti opposte della cortina di ferro mediorientale, senza avere pericoli sunniti tra i piedi.

(Articolo21, 23 marzo 2014)


Iran: i cristiani evangelici sono una "minaccia alla sicurezza nazionale"

di Nick Hallett

   
Il governo iraniano vede i cristiani evangelici come una minaccia alla sicurezza nazionale e ha imprigionato alcuni di loro per un massimo di otto anni, secondo un rapporto delle Nazioni Unite. La relazione sulla situazione dei diritti umani in Iran dice anche che le cose non sono migliorate per le minoranze religiose del Paese dopo l'elezione del presidente Hassan Rouhani, lo scorso anno.
Presentando il suo rapporto al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, il dottor Ahmed Shaheed, relatore speciale sui diritti umani in Iran, ha detto che il presidente Rouhani deve ancora mantenere le promesse fatte di porre fine a pratiche discriminatorie e di concedere più diritti ai cittadini delle minoranze.
La relazione presenta un elenco di noti prigionieri religiosi in Iran, comprese le loro sentenze di condanna e le ragioni.
Tra i cristiani imprigionati c'è Rasoul Abdollahi, condannato a tre anni per "collusione contro il governo e evangelizzazione", Farshid Fathi, condannato a sei anni per "propaganda contro il sistema... e indebolimento della sicurezza nazionale..." e Jamshid Jabari, accusato di "aver insultato l'Islam".
Numerosi cristiani sono accusati di essere membri di gruppi che "mirano a sconvolgere la sicurezza nazionale" e diffondere "propaganda contro il sistema".
Il gruppo più di tutti colpito, tuttavia, è costituito dai membri della fede Baha'i. 136 baha'i sono attualmente in carcere per una serie di reati, tra cui complotto per indebolire il governo e collusione con gruppi stranieri ostili.
Sei sono stati imprigionati per quattro anni per "appartenenza alla setta deviante dei baha'ism, che ha l'obiettivo di agire contro la sicurezza del paese, al fine di promuovere gli obiettivi della setta deviante e quelli di organizzazioni al di fuori del paese."
Un altro Baha'i, il signor Adel Fanaiyan, è stato condannato per "aver formato e organizzato un gruppo con l'intento di attentare alla sicurezza nazionale, e per aver svolto opera di propaganda contro il regime sacro della Repubblica islamica dell'Iran, nell'interesse di gruppi anti-regime e di organizzazioni che diffondono gli insegnamenti e le ideologie della setta dei baha'ism..."
Al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite il dottor Shaheed ha detto: "Secondo il rapporto, centinaia di persone restano in qualche forma di isolamento per aver esercitato i loro diritti fondamentali. Tra questi ci sono 39 giornalisti e blogger, 92 difensori dei diritti umani, 136 baha'i, 90 musulmani sunniti, 50 cristiani, e 19 Dervish musulmani", secondo il Baha'i World News Service.
Il cristianesimo è presente in Iran quasi da quando esiste, e più a lungo della religione di Stato che è l'Islam. I suoi seguaci sono fortemente perseguitati da quando la rivoluzione del 1979 ha portato al potere l'attuale regime.
La più grande denominazione cristiana è la Chiesa apostolica armena, i cui seguaci costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione cristiana del paese. Anche denominazioni più piccole, come la Chiesa assira e la Chiesa cattolica caldea. hanno un certo seguito.

(Breitbard, 23 marzo 2014 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Quell'Europa strabica che guarda Israele

Il Vecchio Continente firma decine di accordi di cooperazione e di ricerca con lo Stato ebraico. Poi impone condizioni e limiti che favoriscono il boicottaggio dei beni israeliani, prodotti su territori i cui confini sono ancora oggetto di trattativa.

di Fiamma Nirenstein

La strada intrapresa dall'Europa nei confronti di Israele non è chiara. Da una parte, non passa giorno senza che nuovi importanti accordi vengano firmati, la visita di Angela Merkel con tutti i suoi ministri dei giorni scorsi è solo uno dei segnali dell'enorme interesse europeo per l'high tech, la medicina, l'innovazione in genere e poi, alla fine, la vitalità che Israele riesce ad esprimere. Ma dall'altra parte le nuove direttive europee, in particolare le cosiddette "guidelines" della signora Ashton promulgate nel luglio scorso, dimostrano una animosità antisraeliana sempre più evidente, che monta come panna montata nella fantasia di chi ama la grande menzogna di "Israele Stato di Apattheid", una eco della risoluzione ONU del 1975 "Sionismo eguale razzismo".
   Il 2012 è stato l'anno di 60 nuovi accordi e di accordi cornice per facilitare l'esportazione in Europa da Israele. Ma il 2013 è stato l'anno orribile in cui le guidelines arbitrariamente hanno scavalcato ogni eventuale futuro accordo fra palestinesi e israeliani, e hanno deciso che la Linea Verde ovvero i confini del '67, dovevano essere il futuro confine dello Stato Palestinese. Le guidelines non incoraggiano solo il boicottaggio contro entità economiche e produttive nel West Bank, ma con tutto ciò che in un Paese piccolo e intrecciato nei commerci, nelle parentele, nelle abitazioni come Israele ha a che fare con l'West Bank. Una posizione persecutoria che deriva, e può allargarsi, a causa di una posizione cornice adottata dal Consiglio per gli affari esteri dell'UE del 2012: "Ogni accordo fra lo Stato d'Israele e l'Unione Europea deve inequivocabilmente ed esplicitamente indicare la sua inapplicabilità ai territori occupati", che come si sa, per l'ONU, sono invece territori disputati. Ma l'Europa la sa più lunga, anche che nel processo di pace non si parla, come invece si parla, dei famosi "swap" territoriali che scavalcheranno, eventualmente, la LInea Verde. Di fatto cioè, i territori sono "disputati" anche oggi al tavolo delle trattative aperto fra Tzipi Livni e Sa'eb Erakat, ma l'UE ha già dettato i suoi confini. Come dicevamo, la sa più lunga.
   Tutti si chiedono se il boicottaggio e il disinvestimento, il BDS, sia un movimento che può veramente incidere sul futuro di Israele oppure sia solo una mossa di propaganda politica destinata al fallimento. La verità è che le guidelines hanno una stretta parentela ideologica con il BDS, e quindi applicano a Israele lo stesso sistema che vanta la guerra antiapartheid in Sud Africa e che ha già avuto un grande successo ideologico nel rendere popolare una menzogna evidente e ignobile: cioè, il movimento per il boicottaggio suggerisce che Israele debba essere punito dalla comunità internazionale per crimini mai commessi, e inventa che Israele sia uno Stato razzista Nulla potrebbe essere più pazzesco per un Paese dove la minoranza araba, nonostante gli svantaggi culturali legati soprattutto alla propria tradizione arcaica sulle donne e sul tribalismo e alla volontà dei suoi capi politici di sfuggire all'integrazione con un atteggiamento molto aggressivo verso lo Stato Ebraico, gode di una perfetta eguaglianza giuridica che si manifesta ovunque, basta guardarsi intorno, alla Knesset, come in tutte le istituzioni dello Stato e della società civile. Un ospedale israeliano è l'esempio patente di come ebrei e musulmani, israeliani e palestinesi, possano giacere come pazienti in letti contigui e operare come medici fianco a fianco nelle corsie.
   Il mondo si è bevuto in larga parte la fandonia di "Israele Paese di apartheid o come quelle ancora più vergognose sull' «ethnic cleansing» dei palestinesi, e altri orrori mai commessi. Il pregiudizio è la base teorica del BDS, ed esso è diffuso in tutto il mondo arabo. Basti pensare che una bambina siriana ha raggiunto Israele, come tanti altri, per farsi curare ma una donna era stata incaricata di sorvegliare i medici israeliani ogni minuto perché "ci hanno detto che le avrebbero rubato gli organi per venderli". Il successo del BDS passa per il rifiuto di alcuni artisti (attori, cantanti) a venire in Israele, per i gruppetti scalmanati che nei supermarket impediscono la vendita di prodotti israeliani, per le università che celebrano la "settimana dell'apartheid", ma soprattutto nella scelta dell'Europa di scegliere le guidelines come linea di compattamento. Esse suggeriscono e permettono il boicottaggio dei terriori ma anche dei rapporti interni di Israele con i Territori, e poi si vedrà.
   Ovvero, il boicottaggio dell'Europa può investire tutta Israele, e non solo i Territori, e di fatto lo sta tacendo, se si pensa che una grande banca come la Bank ha Poalim è stata messa sulla lista nera della Deutsche Bank perché ha qualche succursale nel West Bank.
Soltanto la parte più estremista dei palestinesi, ovvero i finto-liberal Hanan Ashrawi e Ornar Barghouti sono entusiasti del boicottaggio e delle guidelines: Abu Mazen non gradisce l'ondata di aggressività che il movimento per il disinvestimento e il boicottaggio, e con esso l'atteggiamento europeo, hanno saputo sviluppare. Ma ormai non c'è giorno in cui una banca o un'impresa non sviluppi da qualche parte d'Europa il forte sospetto che i suoi commerci, i suoi business, possano essere danneggiati da un'ombra sul politically correct e sui suoi business se si affermasse l'idea che abbiano a che fare con l'economia dei Territori Occupati, non sia mai. Così, mettono questo e quello in una lista nera cui plaudono i movimenti e le ONG estremiste di tutto il mondo. Deutsche Bank, Danske, Nordea, Pggrn cercano di danneggiare le banche che semplicemente hanno le loro succursali o i loro investimenti in quel piccolissimo Paese di sette milioni di abitanti in cui tutto è intrecciato, in zone come Gilo e Pisgat Zee Bank Ha Poalim, Mizrahi Tefabot, Israel Discount BaTIk, non possono, naturalmente, essere assenti.
   Ci sono grandi fondi pensione, come quello olandese Pggm o quelli norvegesi, che ritirano i soldi, c'è l'agenzia UK trade and Investment che scoraggia ogni commercio con aziende israeliane coinvolte con gli insediamenti. Un'operazione con risvolti e prospettive molto aggressivi, data come dicevamo la dimensione di un Paese che mangia e esporta gli stessi pomodori e beve e esporta gli stessi vini di Benyamina o del Galan, per altro molto apprezzati in tutto il mondo.
Più apprezzati ancora sono i medicinali indispensabili ai malati gravi, le ricerche sull'Alzheimer e sul cancro, gli strumenti elettronici come quello che permette a Stephen Hawking di esprimersi, le mille invezioni di high-tech che muovono la comunicazione dei computer di tutto il mondo, le scoperte da Nobel che fanno svoltare le strade della chimica, della fisica, della biologia Tutto questo diventerebbe oggetto di boicottaggio se fosse oggetto di ricerche nell'Università di Har haTzofim, a Gerusalemme est?
   Ma la sconsideratezza del boicottaggio va avanti come un carro armato, proprio come avvenne col boicottaggio dei prodotti, degli affari, dei libri ebraici e dei professori ebrei durante l'attacco antisemita degli anni Trenta. Basta pensare che nelle scorse settimane la Vitens, azienda olandese di erogazione dell'aoqua, ha deciso il boicottaggio dell'omologa israeliana Mekorot che realizza un importantissimo progetto di acqua per Israele, palestinesi e giordani. In Norvegia i supermarket Bama e Coop non forniranno più a i loro virtuosi clienti prodotti degli insediamenti, altre fabbriche abbandonano le loro quote di investimento nei territori, e chi ne viene a soffrire, ancora di più del lavoratori israeliani che comunque possono sperare di ricollocarsi nell'economia interna alla Linea Verde sono i lavoratori palestinesi. Essi godono, nelle fabbriche che popolano il West Bank, di un trattamento identico a quello dei lavoratori ebrei e ciò che significa salari di molto superiori a quelli dei loro compatrioti, assicurazioni, indennità, pensione.
Il boicottaggio è un mezzo immorale, un ricatto che stimola i palestinesi a ottenere i loro scopi senza cedere nulla. a non trattare veramente (infatti rifiutano di riconoscere lo Stato del Popolo Ebraico), a proseguire nella politica di incitamento antiebraico a scuola e su media che esaltano il terrorismo e promuovono l'odio, ad aspettare che la comunità internazionale gli consegni tutto ciò che desidera. Le guidelines sono anche una prova vergognosa di doppio standard perché né la Turchia, né il Marocco, né la Cina. tutti Paesi occupanti e molto meno rispettosi dei diritti umani, vengono sanzionati con boicottaggi dei prodotti nei loro territori occupati. Le guidelines sono anche inutili perché esistono grandi mercati orientali e soprattutto americani pronti a sostituire il mercato europeo, e poi perchè Israele non cederà mai al ricatto del BDS. Quello che l'Europa non capisce è che Israele crede in se stesso e cerca con tutte le sue forze, e da decenni, di raggiungere la pace, ma non può farlo compromettendo la sicurezza e anche l'orgoglio del suo popolo. L'Europa non conosce più bene la parola integrità, ed è per questo che sbaglia: un Paese integro, come una persona, non cede mai a un ricatto, specie se basato su una bugia.

(Shalom, marzo 2014)


Chi aizza l'odio per gli ebrei

di Daniele Raineri

  
Joseph Zissels
Joseph Zissels è il presidente delle comunità ebraiche in Ucraina e racconta al Foglio come prima il governo del presidente Viktor Yanukovich e poi il governo russo stanno sfruttando la carta dell'antisemitismo per i loro obiettivi — nel primo caso l'obiettivo era restare al potere, ma è già fallito. "Yanukovich non era una minaccia per noi, prima della rivolta al Maidan. Non era antisemita, ha accumulato una quantità sufficiente di peccati senza che sia necessario aggiungere anche quello. Però, nella sua relazione con gli ebrei, è stato peggio che antisemita perché non ha esitato a giocarsi la carta dell'odio contro gli ebrei nella lotta per restare al potere e abbiamo le prove. Per esempio, su molti siti legati alle autorità c'era molto materiale antisemita, molto più di quello che è circolato in tutti gli anni precedenti sui siti della destra ucraina. In sintesi, dicevano che la rivolta contro il governo era tutta una cospirazione degli ebrei. Questo materiale antisemita è cominciato a circolare quando sono iniziati gli scontri a Maidan. Abbiamo gli screenshot di quei siti e in alcuni casi il materiale c'è ancora, per esempio sul sito delle forze speciali antisommossa Berkut. Oppure, per fare un altro esempio, c'è materiale simile sul sito di Viktor Medvedchuk, che ha un legame così stretto con il potere di Mosca che Putin stesso è stato il padrino di una delle figlie. Sul sito di Natalya Vitrenko, leader del Partito progressista socialista ucraino, un partito molto filorusso. E anche sui siti di altre, innumerevoli organizzazioni ucraine pro russe. Queste informazioni sono state sparse sui siti per attivare un codice antisemita dormiente nelle forze speciali Berkut e nella popolazione e per instillare odio per gli ebrei nella popolazione".
   Zissels tornerà spesso nella conversazione su questo concetto: l'antisemitismo è un codice dormiente iscritto nella testa della gente, una presenza latente. Il primo a sollevare la questione dell'uso spregiudicato dell'antisemitismo da parte del governo Yanukovich in occidente è stato Timothy Snyder, uno storico specializzato sull'Ucraina, che sulla New York Review of Books ha scritto che Kiev contemporaneamente chiede al mondo di schierarsi contro i rivoltosi antisemiti del Maidan e chiede alla polizia di sventare il complotto ebraico. Nei mesi scorsi ci sono stati atti antisemiti in Ucraina. Ebrei attaccati, sinagoghe imbrattate con svastiche. "Qualcuno ha dipinto svastiche su una sinagoga a Sinferopoli, in Crimea, lo stesso giorno dell'inizio dell'occupazione russa. Per vent'anni non era mai successo nulla — risponde Zissels — In Crimea i nazionalisti ucraini sono praticamente assenti e gli ebrei di Crimea hanno relazioni cordiali con i tatari musulmani. Il rabbino di quella sinagoga pensa che questa sia stata una provocazione e io sono d'accordo perché le uniche forze interessate a destabilizzare la situazione in Crimea sono quelle filorusse. Il rabbino di quella sinagoga imbrattata con le svastiche ha poi firmato un messaggio aperto al mondo chiedendo protezione contro l'invasione russa.
   Non abbiamo prove concrete su quanto è successo, perché laggiù non ci sono state indagini, hanno altre cose a cui badare ora. Ma ci siamo fatti un'opinione al riguardo e corrisponde con l'opinione del rabbino, a proposito di questi atti d'aggressione". A Kiev dall'inizio dell'anno ci sono stati quattro attacchi. L'11 gennaio contro il maestro di una yeshiva, una scuola tradizionale ebraica. Il 17 gennaio contro uno studente di una yeshiva, più grave, perché la vittima ha perso molto sangue. Il 13 marzo il terzo attacco è stato contro un rabbino e non ha quasi provocato danni. E poi ne è arrivato un altro il 15. "I primi tre sono stati molto simili, non possiamo escludere che siano stati compiuti dalla stessa mano. Questa per ora è soltanto speculazione, non abbiamo prove. Il quarto e ultimo è molto differente, contro una donna e non sembra antisemitismo, ma soltanto teppismo". Zissels spiega che non c'è alcuna prova che questi attacchi siano opera di partiti di destra e delle loro frange estremiste che definisce con il termine "radikal", al posto di "fasciste" o "naziste". "Sono passati due mesi dal primo attacco e le indagini non sono ancora arrivate a nulla. Una persona è stata presa e consegnata alla polizia dagli studenti della yeshiva. Si sono accorti che seguiva le persone religiose e si annotava il loro percorso. L'uomo è stato consegnato alla polizia il 20 gennaio, ma ora non risulta che sia mai successo: non c'è alcun documento, alcuna fotografia, le note che stava scrivendo sugli spostamenti degli ebrei non sono state tenute. Non esiste più traccia del suo passaggio al dipartimento di polizia. Questo è accaduto prima del cambio di potere a Kiev. Ci sono state richieste di chiarimenti, per sapere cosa era successo, ma quell'incidente è passato senza nessuna registrazione ufficiale. E' come se questa persona non fosse mai esistita. La sinagoga ha anche provato a motivare la polizia', offrendo soldi, ma nemmeno questo ha funzionato".
   Kiev ha una buona presenza di ebrei, circa cinquantamila, con tre sinagoghe tradizionali e cinque-sei luoghi di culto che non hanno lo status ufficiale. Ci sono due yeshiva e sei scuole ebraiche, considerando la divisione tra studenti e studentesse. Nell'est del paese che potrebbe finire al centro di una contesa tra il governo di Kiev e Putin la presenza di ebrei è buona: trentamila per ciascuna città a Kharkiv, Donetsk e Dnipropetrovsk. In Crimea sono meno. Ci sono gruppi ideologicamente molto di destra nel Maidan, come Praviy Sektor e Svoboda. Ne avete paura? "Seguiamo molto attentamente cosa fanno questi gruppi. Abbiamo un'attività costante di monitoraggio. Analizziamo le loro attività. Sorvegliamo quello che dicono. Ora dopo il cambio di governo interagiamo con i partiti che sono al governo, con l'ufficio del procuratore, con la polizia, con i servizi di sicurezza. Abbiamo più possibilità di fare cose di quanto ne avessimo prima, quando c'era Yanukovich. Non ci aspettiamo attacchi. Ma presumiamo che potrebbero accadere. E siccome abbiamo identificato gli ultimi incidenti come provocazioni, stiamo aspettando le prossime. Perché vediamo che tra tutti i tipi di pericoli, quello maggiore viene dalle provocazioni. Il rischio che arriva dalle folle o dagli estremisti è molto minore di quello che arriva dalle provocazioni". Zissels intende provocazioni filorusse, per preparare il terreno a un intervento dall'esterno? "Intervento dall'esterno? Abbiamo appena avuto un'invasione. La Crimea già non appartiene più all'Ucraina, Putin ha firmato un accordo. E' possibile che i russi intraprendano azioni simili in altre regioni, non possiamo vedere dentro la sua mente, ma lui non parla soltanto di Crimea, parla anche di regioni del sud-est ucraino, quindi non possiamo escludere che lo faccia. Naturalmente, per far muovere le truppe ha bisogno di qualche tipo di disordine, di sommosse, e gli incidenti antisemiti sono necessari, perché Putin ha detto nel suo discorso che l'antisemitismo sta crescendo qui. Questo non è vero. Così, se non ci sono incidenti antisemiti, li dovrà organizzare". Il presidente delle comunità ebraiche ucraine dice che il partito più temuto, il Settore di destra, "non ci ha mai dato segnali sul proprio antisemitismo, abbiamo avuto alcune segnalazioni sulla sua natura neonazista, ma non di natura antisemita. E da parte di Svoboda non abbiamo visto dichiarazioni antisemite da anni. Alcuni dei leader, in discorsi privati e sui loro blog, a volte si permettono di fare alcune dichiarazioni antisemite".
   A questo punto la conversazione si allarga. Tutta questa attenzione sull'antisemitismo ucraino come se si fosse trasformato in un'emergenza nazionale è separata dalla storia recente del paese. "Negli ultimi vent'anni, da quando l'Ucraina per la prima volta nella sua storia è diventata indipendente, almeno nella sua storia recente, abbiamo visto una riduzione dell'antisemitismo. Per esempio nel 2006 e nel 2007 abbiamo contato il numero più alto di atti di antisemitismo: 700. Poi c'è stata una grande riduzione. Nel 2013 sono stati 13. E in Italia? Quanti sono stati in Italia? Per esempio, sappiamo che in Francia ci sono stati 560 incidenti l'anno scorso e fonti francesi dicono che un altro 40 per cento di incidenti non è denunciato perché la gente ha paura di raccontarli. Sapete quanti sono stati in Germania lo scorso anno? 1.300. E in Gran Bretagna circa 600. C'è un ente, si chiama Agenzia dei diritti fondamentali, che fa ricerche sui numeri degli atti e degli attacchi antisemiti, raccolgono i numeri dati dai vari paesi europei e li rendono statisticamente omogenei, lo fanno da dieci anni e alla fine ottengono una tendenza credibile sull'innalzamento o sulla diminuzione dell'antisemitismo — e quindi possono stabilire correlazioni con le eventuali cause, per esempio vedono mutamenti quando c'è un'operazione militare di Israele, una guerra contro i vicini. Si possono fare dei grafici. Ecco, in generale la tendenza nei paesi dell'Europa dell'est è che hanno meno incidenti rispetto all'Europa occidentale. Uno dei fattori a ovest che spiega questa differenza è la presenza di islamisti e c'è anche la tendenza a posizioni anti israeliane tra gli intellettuali di sinistra. Nell'Europa orientale invece non c'è questo fattore islamista e, considerato che siamo passati attraverso l'esperienza comunista, non ci sono così tanti intellettuali di sinistra. Forse, in futuro, anche noi avremo gli stessi problemi, ma per il momento non è così. Tutti i cristiani qui hanno un lontano background antisemita. Penso che questo codice antisemita sia in condizione dormiente — c'è ma non è attivo — e che potrebbe essere risvegliato con attività di propaganda, con campagne mirate di informazione". E potrebbe accadere qui in Ucraina? Una campagna mirata per risvegliare l'antisemitismo? "E' proprio quello che le autorità sotto il comando del presidente Yanukovich hanno tentato di fare. Risvegliare questo codice antisemita. Anche Putin ha parlato dell'antisemitismo in Ucraina. Questo vuol dire che potremmo dover affrontare tentativi del genere". L'antisemitismo era più minaccioso ai tempi dell'Unione sovietica? "Allora l'Ucraina non era indipendente e l'antisemitismo era una linea politica di stato. E l'antisemitismo di base, dal basso, era attivato, lo stato rafforzava quell'antisemitismo. A quale scopo? Gli imperi vivono grazie a stereotipi imperialistici prefissati. Devi sempre avere nemici esterni e interni per tenere assieme un impero. Nei paesi con radici cristiane è molto più facile manipolare il codice antisemita della popolazione, specialmente se si considera che in Ucraina c'era una storia di antisemitismo pregressa. Quando ero uno studente, cinquant'anni fa, una persona ebrea non poteva andare all'università. Non era esattamente impossibile, era molto difficile. Per esempio, dalla mia classe molti sono andati in università russe, dove era molto più facile iscriversi. E quando l'Unione sovietica è collassata, l'Ucraina ha ricevuto un nuovo modello d'ispirazione per il futuro. Quando divenne uno stato indipendente, la linea imperialista (sovietica) divenne sempre più debole all'esterno e all'interno. Anzi, proprio perché era una cosa imposta dall'Unione sovietica, questi stereotipi furono proibiti. Li esclusero dal discorso generale. E c'è da notare che ai tempi sovietici c'era cooperazione tra i dissidenti ucraini e gli ebrei. Ho fatto parte di quella cooperazione. Ho passato sei anni in carcere, come prigioniero politico, e ho preso parte a quell'interazione. Non c'era però un'equivalenza automatica, c'erano anche ebrei comunisti, ebrei antisionisti. C'era un gran numero di ebrei tra i dissidenti, perché gli ebrei sono sempre molto attivi". C'era un clima di sospetto contro gli ebrei? "Sotto l'Unione sovietica c'era un elemento di sfiducia da parte delle autorità perché gli ebrei potevano lasciare il paese per andare in Israele. E il fatto che gli ebrei potessero andarsene risvegliava ancor di più il codice antisemita". E ora? "In Russia non c'è un alto livello di antisemitismo, anche se comunque superiore all'Ucraina. L'anno scorso ci sono stati 50 incidenti. Putin non è antisemita e nemmeno i suoi fedelissimi e le autorità apprezzano l'antisemitismo. Ci sono oligarchi russi ebrei — come in Ucraina, dove sono anche nel governo, ora e prima. Ma penso che in Russia siano pronti a giocare la carta ebrea dopo la caduta di Yanukovich. Per ora non vedono il motivo di farlo dentro la Russia. Ma abbiamo visto come l'hanno fatto, come l'hanno giocata in Ucraina. Nell'ultima settimana Putin ha parlato due volte dell'antisemitismo in Ucraina.

(Il Foglio, 22 marzo 2014)


Scritte antisemite alla Giudea di Fondi, denuncia penale dell'Anpi

di Mirko Macaro

A poco più di un mese dalle oltraggiose scritte antisemite e negazioniste comparse nel quartiere ebraico ed all'esterno dell'auditorium di San Domenico, la sezione di Fondi dell'Anpi intitolata ad 'Angelo De Filippis' ha presentato formale denuncia penale contro ignoti.
"L'episodio appare particolarmente riprovevole, essendo stato realizzato tramite il deturpamento di beni di interesse storico-architettonico per giunta proprio nel quartiere ebraico, in occasione della Giornata internazionale della Memoria", afferma il presidente Marco Fiore. "Un gesto intollerabile, che impone alla magistratura di individuarne gli autori responsabili: per questo la sezione 'De Filippis' ha avvertito come doveroso procedere con una regolare denuncia".
- Due episodi, l'uno dietro l'altro
  "Tale condotta integra il reato di danneggiamento aggravato, trattandosi di deturpamento di beni di interesse storico-culturale situati in un centro storico, ma soprattutto la violazione della legge 205/1993, la comunemente detta Legge Mancino", spiega l'avvocato Guglielmo Raso, che ha curato la denuncia per conto dell'Anpi. "Non vi è dubbio che gli slogan e i simboli apparsi sulle rappresentino un chiaro atto di propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull'odio etnico e razziale, per questo, sanzionate dalla legge".

(h24 notizie, 22 marzo 2014)


Una delegazione del Comune di Milano in visita ad Auschwitz

Vice Sindaco, assessori e consiglieri: "Un'iniziativa per rafforzare i valori della memoria e del rispetto dei diritti di ogni uomo"

MILANO - Una delegazione di assessori e consiglieri del Comune di Milano è partita alla volta di Cracovia per una visita di due giorni al campo di sterminio di Auschwitz. L'iniziativa, promossa dall'assessore al Commercio Franco D'Alfonso e del consigliere comunale Ruggero Gabbai in occasione dell'ultima Giornata della Memoria, vuole contribuire a mantenere vivo tra i rappresentanti delle istituzioni il ricordo della Shoah e delle vittime della ferocia nazifascista.
Fanno parte della delegazione la vice Sindaco Ada Lucia De Cesaris, l'assessore D'Alfonso, il consigliere Gabbai e numerosi altri consiglieri comunali di maggioranza e opposizione.
"Questa visita al campo di Auschwitz - spiegano la vice Sindaco De Cesaris l'assessore D'Alfonso e il consigliere Gabbai - è un vero e proprio percorso di riflessione. Noi tutti, assessori e consiglieri, rappresentanti della città Medaglia d'oro della Resistenza, abbiamo il dovere di mantenere sempre vivo il ricordo di quanto accaduto, affinché Milano continui a essere un esempio di tolleranza e accoglienza. Noi non dimentichiamo e invitiamo tutti i milanesi a fare altrettanto, poiché dove c'è memoria c'è rispetto, conoscenza e contrasto a ogni forma di discriminazione, xenofobia e antisemitismo".
Lo storico Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione Museo della Shoah, accompagnerà la delegazione del Comune di Milano nella due giorni di visita: dall'antico quartiere ebraico di Kezemierz passando per la Sinagoga Remu sino ai luoghi della grande tragedia di Auschwitz.
La visita sarà a costo zero per l'Amministrazione comunale, poiché ogni partecipante sosterrà autonomamente le spese per il viaggio e il soggiorno.

(MI.Lorenteggio.com, 22 marzo 2014)


Blitz israeliano a Jenin

Uccisi quattro palestinesi, tra cui un ricercato di Hamas

L'esercito israeliano ha condotto un blitz notturno nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. L'obiettivo dell'operazione, condotta tra il 21 e il 22 marzo, era Hamza Abu al-Hija, affiliato ad Hamas. Insieme con lui, durante gli scontri scaturiti, sono rimasti uccisi altri tre palestinsi.

LANCI DI PIETRE E BOTTIGLIE - Secondo il portavoce militare israeliano, al-Hija - figlio di un noto esponente locale di Hamas, la fazione islamica palestinese al potere nella Striscia di Gaza - era ricercato per attacchi armati compiuti in passato e per la progettazione di attentati futuri. Vistosi scoperto l'uomo si è barricato in una casa assieme ad alcuni compagni e si è rifiutato di consegnarsi alle forze armate israeliane. Ne è seguito uno scontro a fuoco in cui due militari israeliani sono rimasti feriti. Al-Hija, prosegue il portavoce, ha poi tentato la fuga, ed è stato ucciso.

ATTENTATO SVENTATO - Nella zona circostante si sono sviluppati altri disordini, con lanci di pietre e di bottiglie incendiarie contro le forze israeliane, che hanno risposto colpendo a morte quelli che il portavoce ha definito «altri tre terroristi».
Secondo il ministro della difesa israeliano, Moshe Yaalon, l'operazione è stata condotta per sventare un attentato in fase di preparazione «e ha dunque salvato vite umane».

APPELLO DI ANP AGLI USA. Dura reazione dell'Autorità nazionale palestinese, che ha fatto appello agli Stati Uniti affinché fermino le attività militari israeliane in Cisgiordania. Altrimenti - ha ammonito la leadership palestinese - potrebbero far crollare gli sforzi di pace di Washington.
“Sforzi di pace” per Abu Mazen significa lasciare che hamas continui liberamente a fare “sforzi di terrorismo”.


(Fonte: Lettera43, 22 marzo 2014)


Gli avi furono espulsi dalla corona. La Spagna fa tornare gli ebrei sefarditi

In arrivo migliaia di persone da Turchia e Venezuela. Il ministro della Giustizia: «L'espulsione voluta nel 1492 è stato il più grande errore della nostra storia».

di Maurizio Molinari

GERUSALEMME - Vengono in gran parte da Venezuela e Turchia gli ebrei sefarditi che nelle ultime settimane hanno fatto richiesta della cittadinanza spagnola. A farlo sapere è Alberto Ruiz-Gallardon, il ministro della Giustizia di Madrid, che ha voluto, redatto e presentato al governo la legge con cui la Spagna offre ai discendenti degli ebrei espulsi dalla Spagna di rivendicarne la nazionalità.
Nel 1492 la Corona spagnola, con Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, decise di espellere l'intera popolazione ebraica dando ad ogni singolo ebreo un massimo di quattro mesi di tempo per abbandonare o vendere ogni avere. Il risultato fu un'imponente tragedia per gli ebrei sefarditi - dal termine ebraico Sfarad per Spagna - che si rifugiarono nei Paesi del Mediterraneo, dell'Europa continentale e in Nordamerica. Per Ruiz-Gallardon quello di Isabella e Ferdinando fu "il più grande errore della Storia spagnola" perché si trattò di una persecuzione di massa che, oltre a portare discredito su Madrid, impoverì il Paese come conseguenza della fuga di gran parte del ceto produttivo, degli artisti e letterati che l'avevano fatta grande fino ad allora.
E' per porre rimedio a tale ferita che il ministro della Giustizia ha voluto a tutti i costi la legge ed a meno di un mese dall'annuncio del governo è già in grado di trarre le prime conclusioni: a presentarsi a consolati ed ambasciate "sono stati soprattutto ebrei del Venezuela e della Turchia perché si tratta di due nazioni a rischio, dove i pericoli si manifestano". Gli ebrei turchi sono oltre 20 mila, concentrati in gran parte a Istanbul, mentre a Caracas superano i 24 mila e in tutto il mondo si ritiene che costituiscano circa il 30 per cento del popolo ebraico. La legge Ruiz-Gallardon prevede che i richiedenti possano conservare l'attuale cittadinanza e che l'accertamento delle origini sefardite "sarà facilitato in ogni modo" partendo da "qualasiasi elemento utile" a cominciare dai cognomi.

(La Stampa, 22 marzo 2014)


Ayatollah Khamenei: "In Europa hanno paura di dubitare dell'Olocausto"

Chi lo fa viene arrestato, e poi criticano nostri valori

TEHERAN, 21 mar. - In occasione del nuovo anno iraniano, l'Ayatollah Khamenei ha attaccato i paesi europei, che pretendono di essere "liberi", ma dove "nessuno osa parlare dell'Olocausto".
Secondo la Guida suprema dell'Iran "i paesi che pretendono di essere liberi hanno delle linee rosse e sono molto decisi nel difenderle": "Nei paesi europei nessuno osa parlare dell'Olocausto (...). Non diciamo se è stato reale o meno, se c'è stato come è stato", ha dichiarato nel corso di un intervento a Mashhad, prima città santa dell'Iran dove si trova il Mausoleo dell'Imam Reza, ottavo e più importante imam sciita.
Khamenei ha invitato inoltre alla resistenza di fronte all'"invasione culturale" dell'Occidente, in particolare per quanto riguarda il principio di libertà d'espressione. "Dubitare dell'Olocausto è considerato un grande errore, lo impediscono, arrestano chi lo fa e lo processano e pretendono di essere liberi - ha attaccato l'Ayatollah, sottolineando - e vogliono che noi non difendiamo le nostre linee rosse in termini di fede e valori rivoluzionari?".

(TMNews, 21 marzo 2014)


Volotea, dal 25 giugno al via i collegamenti tra Palermo e Tel Aviv

I voli partiranno ogni mercoledì e dal 1 maggio inoltre la low cost coprirà il vuoto lasciato da Blue express nella tratta Palermo Bari

di Marco Piscopo

 
La voce già girava da qualche settimana oggi l'annuncio ufficiale: dal 25 di giugno Volotea vola da Palermo a Tel Aviv. I Boeing 717 decolleranno, con frequenza settimanale (il mercoledì), dallo scalo di Punta Raisi verso la più divertente ed elettrizzante delle città israeliane.
"Dopo il successo dei collegamenti domestici e delle rotte verso Francia, Spagna e Grecia - afferma Valeria Rebasti, Commercial Country Manager Volotea in Italia - abbiamo deciso di aggiungere Tel Aviv, una città davvero unica nel suo genere, ricca di storia, fascino e cultura che, allo stesso tempo, vanta una vita notturna vivace e glamour. Siamo fiduciosi che il nuovo volo per Tel Aviv possa essere di grande richiamo, non solo per un pubblico più interessato al divertimento, ma anche per chi è alla ricerca di una vacanza all'insegna della cultura e della storia dell'arte".
Inoltre, dal 1 maggio la low cost subentra a Bluexpress.com nell'operativo dei voli tra la Sicilia e Bari. Solo qualche giorno fa infatti la compagnia costola di Blu Panorama aveva annunciato la sospensione delle tratte da Palermo e Catania per Bari. "Per i prossimi mesi - sottolinea Valeria Rebasti - sulle due tratte verso le due città siciliane metteremo in vendita ben 18.500 biglietti declinati su voli a frequenza bisettimanale: il lunedì e il giovedì dal 1o maggio al 19 giugno mentre il martedì e il venerdì dal 24 giugno al 5 settembre".
I nuovi collegamenti riconfermano la volontà del vettore di investire su Palermo: lo scalo siciliano, oltre a poter vantare ben 17 collegamenti, è anche uno dei quattro hub del vettore a livello europeo insieme a Venezia, Nantes e Bordeaux. "L'aeroporto di Palermo continua il suo cammino verso una dimensione sempre più internazionale - dice Fabio Giambrone, presidente della Gesap, la società di gestione dell'aeroporto di Palermo Falcone Borsellino - E questo grazie anche a partner come Volotea, una compagnia che crede nella grande potenzialità del territorio palermitano. Dall'inizio del 2014, lo scalo aereo di Palermo ha invertito la tendenza negativa degli scorsi anni, e adesso viaggia su numeri tutti positivi in termini di voli, passeggeri e bilancio".
Da Palermo Volotea raggiunge 9 destinazioni domestiche (Ancona, Bari, Firenze, Genova, Napoli, Olbia, Torino, Venezia e Verona) e 8 internazionali (Bordeaux, Nantes, Strasburgo, Ibiza, Palma di Maiorca, Mykonos, Santorini e Tel Aviv) per un totale di 17 rotte mente da Catania Volotea vola alla volta di Bari, Ancona, Genova, Firenze e Venezia.
Le nuove rotte sono già in vendita sul sito www.volotea.com, contattando il call center all'895 895 4404 e nelle agenzie di viaggio, con tariffe a partire da 19,99 euro a tratta tasse incluse.

(Il sito di Palermo, 21 marzo 2014)


Bari - Grandi opportunità di collaborazione tra la Fiera del Levante ed Israele

Presto il vice sindaco di Eilat, Eli Lankri, in visita a Bari

Grande soddisfazione per l'esito della visita in Israele è stata espressa dal presidente della Fiera del Levante, Ugo Patroni Griffi, al suo rientro a Bari. Il viaggio, organizzato per partecipare a un Meeting nella ONO Academic College, ha costituito l'occasione anche per incontrare il vice sindaco della città di Eilat, Eli Lankri.
"Abbiamo posto le basi per un rapporto di reciproca collaborazione - ha detto infatti Ugo Patroni Griffi- che potrà dar vita a grandi opportunità di business. Eli Lankri ha assicurato ampia disponibilità ad avviare una proficua cooperazione con la città di Bari, soprattutto nei settori della bio-tecnologia marina, delle energie rinnovabili, del turismo, dell'istruzione, delle smart city. La Fiera del Levante sarà il trait d'union tra la città di Eilat e le Istituzioni cittadine, come parte attiva per la realizzazione dei progetti che saranno messi in cantiere".
Il vice sindaco ha accolto con piacere l'invito rivoltogli dal presidente Patroni Griffi a recarsi quanto prima in visita a Bari. Sarà l'occasione per ammirare le bellezze della città e incontrare i rappresentanti delle Istituzioni con i quali avviare collaborazioni utili tanto alla Puglia quanto ad Eilat.
Grandi intese anche con la Fiera del Levante: "sono certo che potremo annoverare Eilat tra le partecipazioni ufficiali della prossima Campionaria internazionale in programma dal 13 al 21 settembre e per la quale siamo già al lavoro".

(Puglialive.net, 21 marzo 2014)


Basket - IBL 23a giornata: Il Maccabi vince il derby e mantiene la testa

di Sabino Palermo

La partita più emozionante di questo 23esimo turno della Lega Israeliana è stato sicuramente il derby tra le due formazioni di Tel-Aviv: il Maccabi primo in classifica contro l'Hapoel quarto. Alla fine l'hanno spuntata i giallo-blu per 90-75. Altra vittoria molto importante nelle zone alte di classifica è quella dell'Hapoel Jerusalem (2o) contro il Maccabi Haifa detentrice del titolo (3o) con un netto 85-60. Da citare inoltre la sorpresa di giornata: il Maccabi Rishon si scuote e vince in trasferta contro il più quotato Hapoel Holon per 71-86.
Gli altri incontri in programma non hanno avuto particolari sorprese: vittoria per l'Hapoel Eilat sul Netanya; netto successo del Galil sul fanalino di coda Maccabi Ashdod e infine la sconfitta sfortunata del Bnei Hertzeliyya contro l'Ironi di un fantastico Honeycutt (18 punti, 6 rimbalzi e 7 assist) ch'è stato votato miglior giocatore di questo turno.

Maccabi Tel-Aviv 90-75 Hapoel Tel-Aviv
Il derby di Tel-Aviv ha visto uscir vincitori i padroni di casa del Maccabi che, grazie ad una prestazione di forza, hanno dominato i rivali dell'Hapoel e vinto per 90-75.
La partita è stata pressoché controllata per tutti i 40 minuti dai giallo-blu, lasciando la magra consolazione ai "cugini" di vincere l'ultimo parziale per 21-29. E' stato il predominio a rimbalzo (43-26) e l'eccezionale mole di gioco, condita da ben 23 assist all'attivo, a dare la possibilità agli uomini di coach Blatt di controllare agevolmente il match.
I migliori per il Maccabi sono stati Smith (21 punti e 8 rimbalzi) e l'ex centro di Cantù Tyus, autore di una doppia-doppia da 11 punti e 13 rimbalzi; per l'Hapoel da segnalare le prestazioni di Brown (17 punti e 8 rimbalzi) e di Limonad (16 punti e 8 assist).
Maccabi: Smith 21, Landesberg 17, Tyus 11
Hapoel: Brown 17, Limonad 16, Harper 13

(BasketInside.com, 21 marzo 2014)


Il sindaco musulmano di Nazareth: voglio che l'Annunciazione diventi festa civile

"Il mio più grande desiderio che la festa dell'Annunciazione sia proclamata ufficialmente festa civile per tutta Nazareth". Così si è espresso il nuovo sindaco di Nazareth, il musulmano Ali Salam, in un recente incontro con alcuni rappresentanti delle comunità religiose cittadine che erano andati a congratularsi con lui nella sede della municipalità in occasione dell'inizio del suo mandato politico. All'incontro - svoltosi lunedì 17 marzo - era presente anche il vescovo cattolico Giacinto Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele del patriarcato di Gerusalemme dei latini.
Secondo quanto riportato dalle fonti ufficiali del patriarcato latino riprese dall'agenzia Fides, il sindaco Salam ha fatto esplicito riferimento al "precedente" del Libano, la nazione del Medio Oriente dove dal 2010 la solennità dell'Annunciazione è stata proclamata festa nazionale, con l'intento dichiarato di trovare nella devozione a Maria - condivisa anche dai musulmani - un punto di convergenza tra le diverse comunità religiose. "Dal momento che il Corano parla molte volte della Vergine Maria, e che questa festa è divenuta festività nazionale in Libano" così si è espresso il sindaco Salam "perché non proclamarla come festa per tutta la città di Nazareth, dove accadde l'evento dell'Annunciazione?". Tutti i rappresentanti delle delegazioni presenti - cristiani, musulmani e drusi della Galilea - hanno salutato con un applauso comune il proposito espresso dal sindaco.
Il nuovo sindaco Salam ha ottenuto un'ampia maggioranza di consensi (il 62% contro il 38 %) alle elezioni che l'11 marzo lo hanno visto contrapposto al sindaco uscente, Ramez Jarayseh, in carica dal lontano 1994. Un precedente appuntamento elettorale, svoltosi lo scorso ottobre, era stato seguito da ricorsi e da contestazioni dei risultati, con l'intervento finale della Corte Suprema che aveva stabilito di ripetere le elezioni municipali. Ali Salam era sostenuto dalla Lista civica Nassirati ("Mia Nazareth"), da lui stesso fondata, di matrice musulmana moderata.

(Radio Vaticana, 21 marzo 2014)


No comment.


Gaza - Scoperto un tunnel che porta nel Negev

Uno dei più lunghi finora scoperti

GERUSALEMME - L'esercito israeliano ha scoperto un tunnel scavato fra il sud della striscia di Gaza ed il Negev per quelli che la stampa definisce ''fini terroristici''. La sua esistenza e' stata confermata dal braccio armato di Hamas, brigate Ezzedin al-Qassam, secondo cui ''quel tunnel era in disuso''. Lo scorso ottobre Israele scopri' nella stessa zona un altro tunnel, di oltre un chilometro. Fonti militari israeliane hanno stimato che si tratta di uno dei tunnel piu' lunghi mai scoperti finora.

(ANSA, 21 marzo 2014)


Ilanit Melchior: la 'Gerusalemme che non ti aspetti'

di Adriana De Santis

Ilanit Melchior
Un brand millenario quello di Gerusalemme, capitale spirituale per milioni di persone di fedi diverse e ricca di fascino storico e archeologico. In Israele è la città più visitata e suo è il sito più visto, il Muro del Pianto, luogo più sacro dell'Ebraismo, che nella città vecchia coabita con la cristiana Basilica del Santo Sepolcro e la dorata Cupola della Roccia, dove Abramo stava per compiere il sacrificio del figlio e, per i musulmani, punto da cui Maometto ascese al cielo.
Quarto mercato dopo americani, russi e tedeschi, «i turisti italiani sono cresciuti del 10% negli ultimi tre anni - dice Ilanit Melchior (nella foto), direttrice turismo della Jerusalem Development Authority - a quota 200mila nel 2013 e previsti in aumento del 10% quest'anno. Ma è ancora una sfida, c'è bisogno di attrarre altri turisti per far conoscere anche il progetto della città moderna e cosmopolita, oltre a quella vecchia, storica».
La municipalità s'impegna, ad esempio sull'informazione, ora anche in italiano, nel sito e su Facebook, a due anni dall'avvio della rappresentanza in Italia. Continua Melchior: «Chiediamo: cosa volete dal vostro soggiorno? E poi lo facciamo, per aiutare a vivere bene l'esperienza. Di recente, ad esempio, abbiamo proposto alle donne un tour di shopping invece che di musei. È stato un successo, ci sarà anche a Natale».

- L'ANIMA ALTERNATIVA DELLA CITTÀ
  Insospettata, forse, l'anima alternativa della Città Santa nelle sue boutique e negozi (anche di grandi marche internazionali) di moda, scarpe, giocattoli, musica, libri, studi d'arte, ad esempio nel quartiere design del lussuoso viale Mamilla, con ristoranti e caffè all'aperto. O nel mercato-icona di Mahane Yehuda, con le sue stradine zeppe di bancarelle di prodotti, cibo, fiori e localini tipici, da girare anche in un tour di tre ore la domenica, accompagnati da guide locali.
Va in questo senso anche il nuovo progetto La Gerusalemme che non ti aspetti presentato in Bit e nei recenti workshop in tour tra Modena, Brescia e Genova. Focus sul city break: un pacchetto di quattro notti in città e scelta di compagnia aerea e coupon per musei, negozi, ristoranti, nightlife, attività per bambini. Senza dimenticare l'opzione del Jerusalem Night Bike Tour (3-4 ore in giro per i vicoli della città vecchia, 35 euro a persona), wine-tasting nelle cantine dei vicini vigneti di Binyamin o l'escursione al Mar Morto, che si fa in giornata.

- CRESCE ANCHE IL MICE
  «Anche il segmento del Mice è importante - conclude Melchior - Gerusalemme è molto forte nel settore salute e biotecnologie. Negli ultimi cinque anni abbiamo registrato un incremento del 250% per le conferenze mediche, e lavoriamo molto anche con gli incentive. Quest'anno vogliamo fare meglio, promuovendo la destinazione anche come meta giovane, vivace e vibrante».
Per scoprire la "Gerusalemme che non ti aspetti", gli adv (e accompagnatori) hanno a disposizione una promozione speciale valida fino al 15 dicembre, proposta da Meridiana e Associazione Albergatori locale: volo a/r a 99 euro a persona (escluso agosto e dal 15 aprile al 5 maggio) e soggiorno bed&breakfast a partire da 60 euro a notte per persona (dettagli dell'offerta, elenco strutture-partner e loro esclusioni, a italy@itraveljerusalem.com). www.itraveljerusalem.com/it

(agenzia di viaggi, 21 marzo 2014)


Abu Mazen-Obama: altro buco nell'acqua

di Cristofaro Sola

   
Nei giorni scorsi si è tenuto a Washington l'atteso incontro tra Obama e il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp), Abu Mazen. Il colloquio si è incentrato sullo stato dei negoziati di pace israelo- palestinesi.
   L'inquilino della Casa Bianca si è speso per convincere l'interlocutore palestinese della necessità di proseguire nella trattativa anche accettando di prendere qualche rischio nell'assumere "decisioni difficili". Identico invito rivolto due settimane prima all'altro interlocutore, il premier israeliano Netanyahu. Tuttavia, sul punto nodale del negoziato: il riconoscimento di Israele quale Stato nazionale ebraico, non si sono registrati passi in avanti. Abu Mazen ha assunto una posizione molto rigida che non offre spazi alla speranza. Per i palestinesi si valutano già sufficienti le lettere di mutuo riconoscimento, sottoscritte nell'ambito dell'accordo di Oslo del 1993, mediante le quali, da un lato, il governo israeliano accettava l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) come legittimo rappresentante del popolo palestinese, dall'altro l'Olp riconosceva il diritto a esistere dello Stato di Israele rinunciando al terrorismo, alla violenza e cassando dal prorio statuto la finalità della sua distruzione. Cos'altro si vorrebbe dopo tanta generosità, si saranno chiesti i palestinesi?
   Piuttosto, Abu Mazen ha mostrato esclusivo interesse a ricevere il sostegno americano per convincere il governo di Gerusalemme a procedere alla scarcerazione dell'ultimo stock di detenuti palestinesi, come previsto dai patti pre-negoziali. Nulla di strano se non fosse che il diavolo, come si sa, si nasconde nei dettagli. E la "pietra d'inciampo" che Abu Mazen ha sistemato sul già difficile sentiero percorso da Netanyahu ha un nome e cognome ben preciso. Anzi, ne ha due. Si tratta della richiesta di includere tra i "liberandi" due terroristi palestinesi di primo rango, tanto che lo stesso Abu Mazen li definisce "due importanti prigionieri". Di chi si parla? I soggetti in questione sono Marwan Barghouti e Ahmad Sa'adat. Per la propaganda palestinese sono due eroi. Per il codice penale due feroci assassini implicati in atti terroristici di rilevante gravità. Ma conosciamoli meglio.
   Ahmad Sa'adat è il segretario del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (Fplp), organizzazione a struttura politico-militare di ispirazione marxista-leninista. Gemmato nel 1967 da una scissione del Movimento dei Nazionalisti Arabi, il Fronte ha un curriculum omicidiario e stragista di tutto rispetto. I Paesi occidentali e l'Unione Europea lo hanno inserito nell'elenco delle organizzazioni terroristiche più pericolose al mondo. I suoi membri si sono distinti per azioni criminali non solo in terra d'Israele, ma anche in altre aree dell'Occidente. Il compianto presidente Cossiga si diceva convinto, sebbene l'accusa non fosse mai stata provata, che questo gruppo fosse coinvolto, insieme al superterrorista Carlos, nella strage alla stazione di Bologna del 1980. Il suo attuale leader, Ahmad Sa'adat, è detenuto nelle galere israeliane dove è stato condotto a seguito di un blitz delle forze di sicurezza che, nel 2006, lo hanno prelevato dalla prigione di Gerico, in cui era già detenuto per disposizione della stessa Anp. La giustizia israeliana lo ha condannato a trent'anni di carcere per reati contro la sicurezza dello stato, sebbene a lui venga attribuito l'omicidio del ministro del Turismo israeliano, Rehavam Zeevi, avvenuto a Gerusalemme nell'ottobre del 2001.
   Marwan Barghouti è un terrorista molto amato dai palestinesi poiché vedono in lui l'icona dell'eroe e del martire. In passato è stato a capo del Tanz?m-Fath, braccio armato di Fatah. Distintosi nel corso dei combattimenti della Seconda Intifada, per la pianificazione di un gran numero di attentati, "l'eroe" Barghouti ha collezionato condanne a 5 ergastoli, più 40 anni di reclusione per cinque omicidi, un tentato omicidio e altre attività terroristiche. La sua specialità sono le persone inermi: donne, bambini, anziani, preti. Altro che eroe! Un autentico campione di vigliaccheria e un volgare assassino.
   Ecco chi sono i "due importanti prigionieri" che Abu Mazen vorrebbe vedere al più presto in circolazione. E non solo lui. La cosa più indecente è che pure dalle nostre parti una variopinta compagnia di giro messa su dai soliti intellettuali della sinistra radical-chic, tutta salotti e bandiera rossa, ha lanciato un appello per la sua liberazione. Ne parlano come di un Mandela redivivo. Lo acclamano combattente per la libertà contro la discriminazione portata avanti, a loro dire, per anni da Israele, novello Stato dell'Apartheid. Che questo criminale senza scrupoli si rivalga su innocenti civili, non fa effetto alle anime belle della nostra intelligencija. Che siano anche le donne a lasciarci le penne per le imprese di Marwan Barghouti, poco importa. Lì il femminicidio non lo facciamo valere. Forse perché sono ebree? Se poi li si accusa di essere degli insopportabili razzisti, antisemiti, vestiti alla moda "de noantri de sinistra" e con la puzza al naso, si offendono. E sventolano, a mo' di strofinaccio che garrisce al vento, il nome di qualche loro sodale di origini ebraiche che ha firmato l'appello, che ha aderito alla santa causa. E che vuol dire? Dimostrano soltanto che la madre degli utili idioti è sempre incinta, pure di quelli con lo sguardo da asceti.
   Tornando all'argomento (si perdoni l'intemerata, ma quando ci vuole, ci vuole!), la sensazione colta nell'atteggiamento americano di Abu Mazen sia che, consapevole dell'impossibilità di mandare avanti seriamente il negoziato, il leader palestinese, alzando il tiro delle richieste da sottoporre a Netanyahu, abbia, con astuzia, ributtato la palla nel campo israeliano. È evidente che, per come sono messe le cose, il problema sia tutto nelle mani dei governanti israeliani. Essi devono scegliere se accettare, obtorto collo, la richiesta palestinese di rimettere in circolazione due pericolosi assassini, generando ancor maggiore sconcerto e confusione presso l'opinione pubblica del loro Paese o, com'è probabile che accada, respingerla al mittente assumendosi agli occhi del mondo la conseguente responsabilità dell'interruzione del negoziato. É più che chiaro che sia Abu Mazen a voler che le trattative si fermino, ma non desidera assumere il peso del fallimento su di sé. Spera che sia l'altra parte a risolvergli il problema. Ne è prova la dichiarazione di Tareq, figlio minore di Abu Mazen, che ha detto martedì al New York Times di "ritenere che i colloqui di pace con Israele siano del tutto inutili e che la soluzione "ad un unico stato" sia l'unica per risolvere pacificamente il conflitto". Allo stesso modo, Fatah Nabil Shaath, alto dirigente dell'Anp, ha smentito categoricamente la dichiarazione attribuitagli nei giorni scorsi da alcuni media israeliani secondo cui: "una volta appianati i nodi fondamentali del negoziato con Israele, l'Autorità Palestinese potrebbe considerare il riconoscimento di Israele come stato ebraico".
   É chiaro che l'Anp sia uscita allo scoperto, virando decisamente in direzione dell'idea "non più due popoli, due Stati" ma "un solo Stato, arabo-palestinese, dove si tollera la presenza di una comunità etnico- religiosa di fede ebraica". Se è questo il topolino partorito dalla montagna palestinese, siamo belli che fritti. Con il negoziato non si andrà da nessuna parte. Obama forse ha iniziato a comprenderlo, se è vero che ha sventolato sotto il naso della stampa l'unico risultato raggiunto dopo il colloquio con Abu Mazen. È stato deciso di non decidere. In pratica, il termine ultimo del 29 aprile (stabilito per la fine del negoziato) sarà prorogato per consentire alle parti di continuare nel tentativo di trovare un accordo accettabile per entrambe.
   Il bello di essere cittadino del mondo libero sta proprio in questo: puoi credere nell'esistenza di Babbo Natale senza che nessuno te ne faccia una colpa. Al più chiamano un'autoambulanza.

(L'Opinione, 21 marzo 2014)


Il ricordo della Shoah con Matteo Calosci

Matteo Calosci
ANCONA - A 23 anni è uno dei più promettenti violinisti marchigiani. Il suo archetto scorrerà veloce per riprodurre la celebre colonna sonora del film "Schindler's List", passando per virtuosismi romantici a sorpresa, da Rachaminov a Pablo De Sarasate. Oltre un'ora di esibizione che metterà in luce il talento dell'anconetano Matteo Calosci. Il concerto, organizzato dall'associazione culturale "Young Artists Promotion" di Luca Lucarini, si terrà sabato 22 alle 21 al Teatro Sperimentale di Ancona (biglietti a 15 euro, ridotti a 10 euro per gli under 26). Un evento patrocinato dalla Comunità Ebraica e dal Club Unesco di Ancona, col contributo della Regione Marche. Il ricordo della Shoah e delle leggi razziali verrà rinnovato da Calosci, col violino messo a disposizione dal costruttore anconetano Pierfrancesco Pesaola, attraverso le musiche di John William, che ha firmato la splendida colonna sonora del film del '94 di Spielberg. Poi, accompagnato dal pianista Luigi Nicolardi, offrirà un emozionante assaggio delle opere di Rachaminov e delle arie zigane del compositore spagnolo De Sarasate, coronando la sua esibizione con brani virtuosistici a sorpresa.
Calosci, diplomato con lode al conservatorio di Pesaro nel 2011 e specializzato all'istituto "Lettimi" di Rimini, è uno dei talenti più cristallini del panorama marchigiano. Nell'ultimo anno ha debuttato a Madrid con la "Orquesta Filarmonia" in una performance dell'Autunno tratto dalle "Quattro Stagioni" di Vivaldi.

(Corriere Adriatico.it, 20 marzo 2014)


Grecia-Israele: il Ministro degli Esteri Lieberman in visita ad Atene

La cooperazione nel settore energetico in cima all'agenda

ATENE, 20 mar - Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman è oggi in visita ufficiale ad Atene per discutere dell'ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali e della cooperazione tra lo Stato ebraico e la Grecia anche nel campo dell'energia oltre che nei settori della difesa e dell'intelligence. Lieberman, come riferiscono i media locali, ha in programma un incontro con il presidente Karolos Papoulias e con il collega greco, nonché vicepremier, Evangelos Venizelos ed il ministro della Difesa Dimitris Avramopoulos. Il livello di cooperazione tra i due Paesi nei settori della difesa e dello scambio di intelligence è già ad ottimi livelli ed ora Israele vuole estendere le discussioni all'energia, in particolare sul gas naturale liquido e compresso (Lng e Cng). La compagnia energetica israeliana Delek ha di recente preso contatti con aziende greche per discutere dell'esportazione di metano dall'immenso giacimento sottomarino Leviathan scoperto due anni fa. La Grecia è favorevole alla costruzione del gasdotto East-Med che dovrebbe collegare i giacimenti di gas naturale al largo di Israele e di Cipro al mercato europeo ma il coinvolgimento della Turchia, che ha anch'essa necessità di fornirsi di gas, rende per la Grecia le cose più complesse.

(ANSAmed, 20 marzo 2014)


Il ciclo sui cibi kasher: krumiri

di Alberto Angelino

 
I krumiri di Casale Monferrato
Video
CASALE MONFERRATO, SINAGOGA — Alle 15,30 di domenica 23 marzo alla Comunità Ebraica di Casale Monferrato si parla di krumiri nel secondo incontro del ciclo sui cibi kasher monferrini iniziato Il 6 ottobre quando si è parlato di miele nella cucina tradizionale con una piccola conferenza tenuta da Roberto Vitale e Adriana Carmi.
Dopo tanti appuntamenti in cui Krumiri nella loro rigorosa versione kasher sono finiti tra le mani dei più importanti ospiti della comunità (artisti, musicisti, rappresentanti delle istituzioni, la hall of fame è lunghissima) ora avranno un meritatissimo momento tutto per loro.
Ovviamente a presentarli non può mancare la "signora dei Krumiri" per eccellenza, Anna Portinaro che ha ereditato la passione dalla propria madre Tea, a sua volta conservatrice della tradizione di Domenico Rossi, inventore del dolce Casalese nel 1878.
Per chi viene da fuori sarà l'interessante scoperta di un mondo di bontà, per tutti i casalesi un viaggio per ripercorrere la propria storia e magari scoprire ancora qualche segreto legato al dolce di cui sono orgogliosissimi. Ovviamente conoscendo la disponibilità della famiglia Portinaro non ci si limiterà a parlare di Krumiri. Nel suo racconto Anna sarà accompagnata da Adriana Ottolenghi e Adriana Carmi Vitale nella loro veste di esperte di cucina e di dolci della tradizione ebraica. La domenica sarà anche l'occasione per presentare la prossima stagione culturale della Comunità Ebraica.
Una ventina di appuntamenti che come di consueto vedono artisti e intellettuali (una anteprima la poetessa Laura Fusco sarà a Casale domenica 30 marzo) coinvolgere il pubblico nel complesso di vicolo Salomone Olper. Per l'occasione Elio Carmi vicepresidente della Comunità fa il punto di una lunga storia e spiega i temi di questa stagione. "Sono circa vent'anni che alla Comunità di Casale l'offerta museale è affiancata da un programma di incontri culturali. Un'attività determinante per promuovere questo luogo che, ricordiamo, ogni anno totalizza oltre 16.000 visitatori, ma anche per far percepire questa comunità come una parte integrante del tessuto sociale del suo territorio. E' un po' il tema della stagione culturale che stiamo inaugurando e che sarà dedicata all'inclusione. Gli ebrei sono in Italia da 2000 anni: per secoli sono stati, nella migliore delle ipotesi, "tollerati", fino alla concessione dell'equiparazione dei diritti. L'inclusione è un processo ulteriore significa partecipare alla crescita di un paese contribuire alle sue scelte , alla sua cultura e costruire una tradizione comune. Il primo aspetto dell'inclusione che stiamo esplorando è il cibo poi affronteremo il tema della vita civile con alcuni incontri che parleranno dei soldati ebrei nella trincee prima guerra mondiale di cui quest'anno si celebra il centenario. E' un tema attuale oggi che tanti immigrati diventano parte attiva del nostro paese".
L'ingresso a tutte le manifestazioni è gratuito, per informazioni tel. 0142 71807.

(Il Monferrato.it, 20 marzo 2014)


Il "Tesoro Guelfo" resta a Berlino. Bocciata la richiesta di restituzione agli eredi ebrei

Il Governo tedesco: la vendita "fu caso unico non connesso con persecuzioni"

Il Bode Museum a Berlino
Visitatori al Bode Museum
Una preziosa Croce tempestata di gemme del "Tesoro Guelfo"
Uno splendido reliquiario del "Tesoro Guelfo"
BERLINO, 20 mar. - Una commissione governativa tedesca non ha accolto la richiesta di restituzione presentata dagli eredi di quattro collezionisti ebrei in un contenzioso sulla vendita, durante il nazismo, del cosiddetto "Tesoro Guelfo". In ballo c'è una collezione di 44 oggetti preziosi fabbricati fra l'XI e il XV secolo, soprattutto croci e reliquiari tempestati di gemme. Il più pregiato è uno scrigno d'oro del 1100, con minuscole sculture in corno di tricheco. Appartenuta originariamente ai Welf, una delle più antiche dinastie reali europee, la collezione, dopo varie vicissitudini, nel 1929 finì nelle mani di quattro art dealer ebrei che nel 1935 la vendettero per una enorme cifra - quattro milioni e 250 mila marchi - al Land della Prussia, all'epoca guidato da Herman Goering per conto di Adolf Hitler.
Oggi il Tesoro è esposto al Bode Museum nella capitale tedesca. Vale 150 milioni di euro, secondo gli avvocati che lo reclamano per conto degli eredi - Zacharias Hackenbroch, Isaac Rosenbaum, Saemy Rosenberg e Julius Falk Goldschmidt - affermando che la vendita del 1935 fu coartata. Ma non è così per la commissione presieduta dal giudice costituzionale Limbach che oggi ha sostenuto che la vendita del Tesoro Guelfo fu "un caso unico, diverso dagli altri, non connesso con le persecuzioni naziste".

(TMNews, 20 marzo 2014)


Finmeccanica: roll-out del primo addestratore M-346 per Israele

ROMA - Il primo addestratore avanzato M-346 prodotto per la Forza Aerea israeliana e' stato presentato oggi nel corso di una cerimonia tenutasi presso lo stabilimento Alenia Aermacchi di Venegono Superiore. Nel luglio 2012, il Ministero della Difesa israeliano ha siglato con Alenia Aermacchi, societa' del gruppo Finmeccanica, in collaborazione con altre aziende israeliane e internazionali, un contratto per la fornitura di 30 addestratori avanzati a getto M-346 e dei relativi sistemi di addestramento a terra. Gli aerei sono destinati a sostituire i TA-4 Skyhawk attualmente in servizio. La consegna del primo M-346 alla Forza Aerea israeliana e' programmata per la prossima estate. Alla cerimonia di roll-out hanno partecipato ufficiali del Ministero della Difesa e della Forza Aerea israeliani, rappresentanti delle istituzioni italiane, di Alenia Aermacchi e dei partner industriali. ''Si tratta di un momento particolarmente importante per Alenia Aermacchi - informa un comunicato - che in meno di due anni ha firmato il contratto ed effettuato il roll-out del primo aereo per Israele: un risultato, che testimonia il grande lavoro di squadra ottenuto in stretta collaborazione con le controparti industriali TOR e Honeywell. Di recente, anche la Polonia ha ordinato gli M-346 diventando cosi' il quarto cliente dell'aereo dopo Italia, Singapore e Israele. Ad oggi, sono stati ordinati un totale di 56 M-346. L'aereo e' gia' operativo presso le Forze Aeree di Italia e Singapore.

(ASCA, 20 marzo 2014)


Pietre contro un deputato israeliano sulla spianata delle moschee

Il deputato israeliano Moshe Feiglin
GERUSALEMME, 20 mar. - Centinaia di manifestanti arabi hanno protestato stamani sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme contro la visita del deputato israeliano Moshe Feiglin. Sono state lanciate anche pietre, ma nessuno è rimasto ferito, riferisce il sito Ynetnews.
Esponente della destra del Likud del primo ministro Benymain Netanyahu, Feiglin aveva chiesto e ottenuto il mese scorso l'apertura di un dibattito alla Knesset, il parlamento israeliano, sulla sovranità della Spianata, che gli ebrei chiamano Monte del Tempio. Al centro delle discussioni i poteri della Wafq, l'entità islamica che gestisce il luogo sacro, e le restrizioni imposte alle visite dei non musulmani. L'obiettivo è di permettere agli ebrei di recarsi a pregare liberamente sul Monte, dove un tempo sorgeva il tempio biblico.
In quest'ottica la visita di Feiglin è stata considerata da molti arabi una provocazione e anche la polizia israeliana l'aveva criticata. Il deputato ha dichiarato che la sua visita era stata debitamente annunciata e che la protesta è stata "una provocazione araba ben orchestrata".

(Adnkronos, 20 marzo 2014)


Israele bombarda i siriani sul Golan

di Maurizio Molinari

L'aviazione israeliana bersaglia i siriani sul Golan e Nethanyau avverte: «Potremmo colpire ancora». L'escalation sulle Alture catturate da Israele nella guerra del 1967 nasce dalla convinzione di Moshe Yaalon, ministro della Difesa, che «elementi Hezbollah hanno attaccato una nostra pattuglia martedì lungo il confine ferendo 4 soldati, con il sostegno dei siriani». Peter Lerner, portavoce dell'esercito, aggiunge: «Per effetto della guerra civile, Hezbollah ed esercito siriano sono diventati una cosa sola». Da qui il blitz contro postazioni di artiglieria, centri di addestramento e il comando nei pressi di Quneitra con un morto e 7 feriti. È il più esteso attacco israeliano alle truppe di Assad dall'inizio della guerra civile nel 2011. Damasco protesta con l'Onu: «Violato il cessate il fuoco siglato dopo la guerra del 1973». Proprio ieri «Asharq al-Awsat» ha rivelato che nel 2013 Hassan Nasrallah, leader Hezbollah, scelse la Russia per far sapere agli israeliani che «il confine del Libano è sicuro, non vogliamo aggredirvi». All'epoca Hezbollah e siriani erano sulla difensiva davanti ai ribelli ma ora l'equilibrio è cambiato, e le conseguenze si vedono sul Golan.

(La Stampa, 20 marzo 2014)


L'indiscutibile antisemitismo di Heidegger

Che Martin Heidegger fosse un nazista e un antisemita - nel pensiero più ancora che nella attività concreta della sua vita accademica - si era sempre saputo.

di Fabio Della Pergola

 
           Le frasi sottolineate:
           La rivoluzione nazionasocialista porta il totale sconvolgimento del nostro essere tedesco.
           Il Führer stesso e lui soltanto è l'odierna e futura realtà tedesca e la sua legge.
           Heil Hitler!
           Martin Heidegger - Rettore
  
L'avevano già scritto a chiare lettere Massimo Fagioli nel 1980, Victor Farìas nel 1987, Hugo Ott nel 1988. E infine il filosofo francese Emmanuel Faye nel 2005 e con la versione italiana del 2012, L'introduzione del nazismo nella filosofia, cui ha fatto seguito nel nostro paese un acceso dibattitto tra il campione del "pensiero debole" Gianni Vattimo e il suo principale oppositore filosofico, Maurizio Ferraris; sulle pagine de La Stampa il primo ("Heidegger non era razzista") e del Manifesto il secondo ("Equilibrismi ermeneutici per tenere separati nazismo e razzismo"). Tutto da leggere su questo sito.
E proprio l'acceso dibattito sul pensiero di Heidegger - oltre che la sua accettazione in ampi ambiti della cultura contemporanea soprattutto francese - rendeva difficile orientarsi sull'essenza della sua filosofia.
Finalmente la stampa dei Quaderni neri - i quaderni su cui il filosofo annotava i suoi pensieri più intimi (e compromettenti), di cui nessuno sapeva niente fino a pochi mesi fa - sembra porre fine ad ogni dubbio. E la stampa tedesca - Frankfurter Allgemeine Zeitung e Zeit in testa - ci è andata giù pesante: "i Quaderni sono un delirio filosofico e un crimine del pensiero".
Non è che uno si iscrive al partito nazista e poi fa carriera fino a diventare Rettore e filosofo di punta del regime per un puro caso. Ma, appunto, questi aspetti carrieristici, per così dire "utilitaristici", sono stati usati per dire che - ebbene sì - l'uomo aveva fatto uno scivolone e per opportunismo si era aggregato al carro del vincitore, ma che poi se ne era rapidamente allontanato; e ciò dimostrerebbe che la sua scelta fu superficialmente, non intimamente, coinvolta con il nazismo. Insomma l'uomo era debole e cedette, ma il Grande Pensatore era invece ben altra cosa.
E il pensiero heideggeriano - l'esistenzialismo - fu, con questa assoluzione aprioristica, accolto a braccia aperte da Sartre e da lì trasmesso agli ambiti della sinistra, condizionandola pesantemente soprattutto nelle sue frange più radicali. In Italia è stato il già ricordato Gianni (Gianteresio) Vattimo, filosofo e politico piuttosto ondivago (Radicali, Democratici di sinistra, Comunisti Italiani, Italia dei Valori oltre che varie liste civiche), a diventarne l'esponente di punta.
Anche i titoli della stampa italiana, che fanno seguito alla pubblicazione in Germania dei Quaderni neri, sono molto decisi: "Heidegger e gli ebrei: tutto quello che avreste voluto sapere" (La Stampa del 13 marzo); "Heidegger, antisemita e vero nazista" (Corriere della Sera, del 14 marzo); "Disgustose e terribili quelle frasi del mio Heidegger" (di nuovo La Stampa del 18) che riporta le parole di Günter Figal, presidente della Società Heideggeriana.
Tutti articoli che seguono quelli di presentazione della pubblicazione: a partire dall'intervista di Antonio Gnoli alla filosofa Donatella Di Cesare (della comunità ebraica romana e vicepresidente della stessa società di studi, Heidegger Gesellshaft) su Repubblica del 18 dicembre scorso.
In questa intervista ci sono affermazioni molto interessanti quanto poco evidenziate: «Heidegger, secondo la Di Cesare, non parla mai degli ebrei come razza... ne fa un problema filosofico» scrive Gnoli; e la filosofa risponde: «È come se individuasse un nemico sugli altri: l'ebreo... In alcune pagine dei Quaderni parla di Entwurzelung, di sradicamento dell'Essere, e dice che questo "sradicamento" è imputabile agli ebrei. È un'accusa metafisica. Non c'entrano niente il sangue e la razza... L'idea che mi sono fatta è che accanto a una questione filosofica ci sia in Heidegger una questione teologico-politica».
Il che finalmente sposterebbe l'attenzione degli studiosi della Shoah dalla logica "razzista", ritenuta insufficiente a spiegare la vastità e caparbietà dello sterminio, verso una questione filosofica, teologico-politica o, dovremmo forse dire più esattamente "antropologica", capace di andare al di là della "banalità del male". Verso un oltre che di banale non ha proprio niente.
Frasi coerenti con quelle espresse anche dal linguista François Rastier su Alfabeta2: «Paradossalmente Heidegger supera a destra l'hitlerismo, ricorrendo a una radicalizzazione metafisica dell'antisemitismo». In altri termini il filosofo, di cui alcuni si ostinano a negare l'essenza nazista "scommetteva sul superamento di un hitlerismo invecchiato, finalmente vinto da un ultranazismo attualizzato e ormai privo di complessi".
Lo stesso Rastier - di cui conosciamo un assolutamente imperdibile "Heidegger oggi - o il Movimento riaffermato" - se la prese giustamente mesi fa, in un interessante articolo pubblicato su Left, anche con chi «approva l'impegno nazista di Heidegger: "Heidegger, con la sua adesione al nazismo ha fatto un'azione coraggiosa"». Ce l'aveva con il già citato Vattimo, campione dell'heideggerismo di sinistra (sic).
Critiche più approfondite, anche se meno tranchant, dell'apodittico «quel ridicolo filisteo nazionalsocialista coi pantaloni alla zuava» con cui Thomas Bernhard liquidava il "Genio" di Messkirch.
Non meno importante, per quanto meno conosciuta, l'influenza del filosofo tedesco sul pensiero (e sulla politica?) in Oriente e Medio Oriente. In particolare su quell'Iran khomeinista di cui tanto si parla e si è parlato per i pericolosi attriti con Israele. Lo sceicco Umar Ibrahim Vadillo arrivò a scrivere: «Egli è più importante per noi, musulmani, che per chiunque altro. Noi possiamo comprendere Heidegger in un modo che resta fuori dalla portata degli infedeli» (We can understand Heidegger in a way the kaffir never will).
Il che spiega certe manifestazioni antigiudaiche nel mondo islamico che ben poco hanno a che vedere con l'annosa questione israelo-palestinese.
Ma affermare che Heidegger fu antisemita tuttora solleva scandalo: un certo Pili su un blog del Messaggero (ed è solo l'ultimo della schiera dei difensori d'ufficio del "maestro" tedesco) arriva a sostenere che avere per amante proprio un'ebrea - quella Hanna Arendt de La banalità del male, testo tanto famoso quanto criticato (e criticabile) - sarebbe sufficiente a dimostrare senza ombra di dubbio che non fu antisemita. Curioso punto di vista (anche se magari un po' limitato).
Ma, non contento, il baldanzoso Pili butta sul tavolo la sua carta di riserva. Perbacco, sono gli ebrei che
 
vivevano «da più tempo di tutti secondo il principio della razza», tant'è che ancora oggi «sulle carte d'identità israeliane è riportata la "etnia" (...) e lo stato non si fonda sulla cittadinanza ma sull'idea di "nazione ebraica"».
Sarebbe la prova provata che i razzisti in verità erano gli ebrei, non quei poveri tedeschi. Un arzigogolìo mentale per sostenere quello che già il gotha del nazismo blaterava circa il pericolo giudaico che avrebbe "attaccato" il popolo tedesco minando le basi della sua stessa sopravvivenza (e le stesse farneticazioni si possono leggere ancora oggi su certi siti negazionisti).
Anche se questo, bontà sua, «non giustifica le camere a gas», l'esempio servirebbe solo per «spiegare come mai risultano certe frasi di Heidegger, riportandole al loro reale contesto».
Se Heidegger si lancia in terribili invettive antisemite ciò sarebbe conseguenza del loro "reale contesto", cioè del fatto che un popolo viveva "secondo la razza", appartato e secondo le sue tradizioni (ma che dire delle centinaia di migliaia di ebrei europei assolutamente e integralmente assimilati quando non convertiti che pure hanno finito la loro vita in una camera a gas ?).
Se un ragionamento simile fosse fatto oggi - a proposito di rom, cinesi o islamici (che vivono tutti appartati e secondo le loro tradizioni) - non avremmo dubbi di trovarci davanti ad un razzista leghista o neonazista, da rifiutare radicalmente. Ma trattandosi di Heidegger, tanto amato dalla sinistra sartrian-vattimiana, bisogna fare una capriola dialettica per dire che erano loro - le vittime dello sterminio nazista - a portare, allora come oggi, le stigmate del razzismo.
Naturalmente al blogger - che trova nei passaporti israeliani la conferma dell'atavico "razzismo" ebraico - non viene in mente che anche alcuni altri paesi hanno una palese caratterizzazione etnica (sono i paesi che si definiscono ufficialmente repubbliche "arabe") o religiosa (le repubbliche "islamiche"), senza che nessuno abbia mai sollevato quelle stesse accuse di razzismo che lui (e molti altri) lanciano verso l'ebraicità dello stato israeliano. Anche quando viene fatto ben di peggio, come in Giordania dove, per legge, si ha diritto di cittadinanza purché non si sia di religione ebraica (e su questo tutti zitti).
Ma anche queste incoerenze sembrano coerenti con la logica di fondo: ai nazisti non si può sostanzialmente rimproverare nulla perché, secondo la logica del loro tempo, non facevano altro che cercare di liberarsi dal "razzismo" ebraico.
Chiamatelo come vi pare, ma questo è sempre il vecchio antisemitismo d'una volta, anche se a farsene carico sono persone che definendosi "di sinistra", solo per questo si autoassolvono a priori dalle accuse di razzismo.
Come se un'etichetta politica appiccicata sulla fronte fosse una sufficiente garanzia di qualcosa di buono. Ma in verità, lo sappiamo bene, ci vuole ben altro.

(Agora Vox, 20 marzo 2014)


Fatah ribadisce: no allo stato ebraico

Per i palestinesi Israele non è il paese del popolo ebraico, dunque gli ebrei non avranno mai diritto a nessuna porzione di territorio.

Nabil Shaath nel dicembre 1988: "Se otterremo l'indipendenza su una parte della nostra terra, non abbandoneremo il nostro sogno di istituire un singolo stato su tutta la terra palestinese". Domanda: mentiva allora o mente oggi?
L'alto esponente di Fatah Nabil Shaath ha smentito d'aver mai affermato che, una volta appianati i nodi fondamentali del negoziato con Israele, l'Autorità Palestinese potrebbe considerare il riconoscimento di Israele come stato ebraico. L'affermazione era stata riportata martedì da diversi mass-media, tra i quali il Palestine News Network che citava "i media israeliani". Tutto falso, ha dichiarato mercoledì Shaath al sito di notizie palestinese Ma'an sostenendo d'essere stato male interpretato durante un dibattito tenuto lunedì con una delegazione di studenti dell'Università di Harvard. È vero anzi il contrario, ha detto Shaath: i palestinesi non prenderebbero nemmeno in considerazione quel riconoscimento perché esso, a suo dire, "rafforzerebbe l'occupazione" e metterebbe a repentaglio qualunque ipotetico "diritto ritorno" dei profughi palestinesi, così come i diritti "dei palestinesi residenti in Israele"....

(israele.net, 20 marzo 2014)


Roma - Giovani in festa al Delet Purim Party

di Giulia Calderoni

Nottata di festa per i giovani della Comunità Ebraica di Roma che sabato 15 marzo hanno festeggiato Purim all'evento Delet Assessorato alle Politiche giovanili.
L'annuale party in maschera si è svolto presso la Nuit, a due passi da Piazza del Popolo. La location accogliente, il dj professionista e il vocalist Roger Hassan hanno creato l'atmosfera giusta per tutta la serata, facendo ballare e coinvolgendo tutti i 280 ragazzi presenti (tra i quali anche diversi israeliani) che hanno potuto sfoggiare le loro maschere più divertenti e originali. Quest'anno la scelta dei costumi poi è stata ancora più attenta e minuziosa grazie alla gara e ai premi che Delet offriva ai più fantasiosi.
La borsetta di Chanel, la fatina dei denti con il dente, la bustina del the ed Indiana Jones erano tra i più votati. Momenti di esultanza e di gioia al momento delle premiazioni, quando i vincitori Mary Poppins con lo spazzacamino e il travestimento da "juventino ladro" hanno vinto il premio.
L'Assessorato alle Politiche Giovanili, diretto da Giordana Moscati, insieme agli organizzatori Delet, dopo aver riscontrato il grande successo ora sono pronti a dare il via al programma delle iniziative di primavera.

(Comunità Ebraica di Roma, 19 marzo 2014)


Israele c'è, perché Dio c'è. Israele non è Dio, ma è un segno dell’esistenza di Dio. Ed è per questo che i problemi di Israele girano tutti intorno ad un unico problema: la sua esistenza.




 

Italia-Anp: i Carabinieri italiani vanno ad addestrare i poliziotti palestinesi

La missione dei Carabinieri è partita per Gerico

ROMA - Questa mattina (19 mar.) è partita per Gerico, nei Territori palestinesi, la prima aliquota di istruttori dell'Arma dei Carabinieri destinati ad addestrare le Forze di Sicurezza Palestinesi (FSP) nell'ambito di un accordo bilaterale stipulato tra il Ministero della Difesa italiano e il Ministero dell'Interno palestinese. Il corso, rende noto lo Stato Maggiore della Difesa, avra' una durata di dodici settimane, e vedrà coinvolto un team di 30 carabinieri che svolgeranno le loro attività presso il Centro di Addestramento Generale di Gerico con lo scopo di fornire un formazione di base sulle tecniche di polizia, la gestione dell'ordine pubblico, le tecniche investigative e la protezione dei siti di interesse culturale.
L'impegno a favore delle forze di sicurezza nei Territori palestinesi si inserisce nell'impegno delle Forze Armate italiane nelle missioni di "capacity building" che vedono i militari italiani in Afghanistan, Libia, Mali e Somalia contribuire allo sviluppo di Forze di sicurezza locali.

(Fonte: ANSAmed, 19 marzo 2014)


E’ verosimile aspettarsi che dopo questa eccitante esperienza della nostra veneranda Arma il repertorio delle barzellette sui carabinieri risulterà arricchito da un inconsueto materiale. Siamo disposti a pubblicare le migliori.


Anche la Striscia di Gaza sogna di entrare in Russia

Sullo sfondo dell'accordo di annessione stipulato tra la Crimea e la Russia, nella versione russa del sito del Centro di informazione palestinese è apparsa la notizia che a Gaza un gruppo di iniziativa svilupperà una proposta al governo dell'enclave palestinese, situata nel territorio di Israele, per avviare il referendum sull'ingresso nella Federazione Russa.
Del gruppo di iniziativa fanno parte cittadini russi che vivono a Gaza. Nell'enclave vivono circa 50.000 persone, per lo più cittadine russe che hanno coniugi palestinesi, le quali sono in possesso di passaporto russo.
Nel testo del messaggio gli iniziatori non hanno dubbi sull'esito favorevole del referendum.

(La Voce della Russia, 19 marzo 2014)


La prossima superpotenza della cybersecurity sarà Israele

di Luca Mainoldi

Le grandi manovre del premier Netanyahu per rendere Be'er Sheva, nel deserto del Negev, il polo strategico per la difesa e la tecnologia dello Stato ebraico.

 
L'Università Ben Gurion nel Negev
"Oggi lanciamo un'àncora economica che trasformerà Be'er Sheva in un centro nazionale e internazionale per la cibernetica e la cybersecurity. Questo giorno cambierà la storia dello Stato di Israele".
    Così parlava il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla cerimonia di inaugurazione dell'Advanced technology park della Ben Gurion University di Be'er Sheva - la "capitale" del Negev, l'area desertica che il fondatore dello Stato di Israele, Ben Gurion, sognava di far fiorire - il 3 settembre 2013.
    Nelle parole di Netanyahu si coglie la duplice sfida di trasformare Israele in una superpotenza nel campo della cybersicurezza e di spostare il centro delle attività strategiche dall'area costiera al deserto del Negev. Quest'ultimo obiettivo ha lo scopo di sfoltire le sovraffollate aree litoranee, in particolare i centri urbani che gravitano attorno alla "Grande Tel Aviv" e ad Haifa. Il Negev costituisce il 60% del territorio di Israele ma vi vive solo l'8% della popolazione israeliana.
   La dirigenza dello Stato ebraico ha colto da tempo la necessità di valorizzare questo territorio, sia per - eventualmente - ricollocarvi i coloni degli insediamenti da evacuare dai territori palestinesi (nel caso di un accordo di pace), sia per attrarre nuovi immigrati e investimenti stranieri, soprattutto nel campo delle alte tecnologie. Tra queste vi sono le nanotecnologie e la sicurezza cibernetica. L'Università di Be'er Sheva ha costituito alcuni centri di eccellenza, tra cui l'Ilse Katz institute for nano-science and technology (Iki), uno dei sei centri universitari israeliani creati nell'ambito del piano strategico nazionale per le nanotecnologie stabilito nel 2007.
    È soprattutto nel campo della cybersecurity che nelle intenzioni dei decisori israeliani Be'er Sheva diverrà famosa in tutto il mondo. Per ottenere questo risultato, le autorità hanno adottato una partnership tra pubblico e privato, incentrata sul trasferimento nel deserto del Negev di importanti basi e reparti militari che fanno uso delle tecnologie più sofisticate.
   Si prevede di spostare dall'area costiera al deserto circa 30 mila militari, appartenenti all'elite di Tsahal. In particolare, si tratterebbe di squadroni di aerei da combattimento e, soprattutto, della quasi totalità dei reparti dell'intelligence militare (Agaf Ha-Modi'in, spesso abbreviato in Aman, "Ufficio informazioni"). Compresi la Unit 8.200, l'Nsa israeliana, responsabile per le attività offensive nel campo della cyberwarfare, nonché il Center of computing and information systems delle Forze armate. Quest'ultimo è incaricato della cyber sicurezza e dell'analisi dei dati raccolti dai sensori collocati lungo i confini fisici e digitali. Il trasferimento inizierà a partire dal 2015 e si protrarrà per diversi anni. Alla fine del processo l'85% della forza lavoro dell'Aman sarà trasferita nei pressi di Be'er Sheva.
   L'attrazione di investimenti stranieri nel campo della sicurezza informatica, del big data e del cloud computing è l'altro versante della strategia "per far fiorire il deserto". Il gigante dell'industria aerospaziale statunitense Lockheed Martin è già coinvolto nel Progetto 5/9 (del valore di almeno 210 milioni di dollari) per creare a Be'er Sheva il nuovo quartiere generale high tech dell'intelligence militare. Lockheed Martin ha costituito - insieme a Bynet Data Communications - LB Negev, per portare a termine il progetto. A febbraio 2014 l'azienda statunitense ha inoltre annunciato la creazione a Be'er Sheva di un centro di ricerca nel campo della cybersicurezza, in partnership con la Emc, azienda leader nello stoccaggio dei dati, che già dispone in Israele di due centri di ricerca e sviluppo, a Herzliya e proprio a Be'er Sheva.
    Altre multinazionali (come Microsoft, Amazon, General Motors, General Electric, Cisco, Deutsche Telekom, PayPal) hanno annunciato l'intenzione di aumentare i loro investimenti tecnologici in Israele: molte di queste prevedono di creare centri high tech presso il parco tecnologico di Be'er Sheva. L'israeliana Elbit systems, la principale holding privata del complesso militare e industriale israeliano, ha creato nel capoluogo del Negev Incubit, un "incubatore tecnologico" che nei prossimi 8 anni aggregherà altre 20 aziende in progetti relativi all'homeland security e alla cyberdefense.
    Proprio Elbit, l'azienda israeliana che ha più diversificato le sue attività all'estero (con stabilimenti negli Usa e partnership significative in Europa, in Brasile e in alcuni paesi asiatici), serve da esempio ad altre companies israeliane nell'allargare all'estero le proprie alleanze, soprattutto nei campi della sicurezza informatica. È il caso della Iai (Israel aerospace industries), la principale holding ancora in mano pubblica nel settore aerospaziale ed elettronico, che ha creato un centro per la cybersicurezza a Singapore (1). Se a questa se ne aggiungeranno altre è prevedibile che l'industria israeliana potrà disporre in un prossimo futuro di una rete mondiale dedicata alla cybersecurity che ruoti attorno al capoluogo del Negev.
   Occorre predisporre infrastrutture adeguate per attrarre investitori stranieri e incentivare i giovani israeliani a rimanere nelle unità di élite che verranno spostate nel Negev: dalle strade ai centri ricreativi, fino alla ferrovia ad alta velocità che collegherà la sponda mediterranea di Israele a quella del Mar Rosso. Il collegamento ferroviario, nelle intenzioni dei dirigenti israeliani, ha inoltre una valenza strategica perché viene presentato come un'alternativa al Canale di Suez per trasportare le merci dall'Asia all'Europa, e viceversa. Se alla ferrovia venissero associati gasdotti per trasportare il gas dei giacimenti israeliani o addirittura della regione caucasica e collegamenti a fibre ottiche (si veda l'articolo di Giorgio Cuscito, La potenza corre sulla fibra (ottica), su Limes 5/13 "Una certa idea di Israele"), il Negev diverrebbe un concorrente delle vie di trasporto di merci, di energia e di trasmissione dei corrispettivi assi egiziani. Ciò inciderebbe sui rapporti di Israele con diverse potenze asiatiche, in primis Cina e India.
    Nonostante i problemi che i piani di sviluppo del Negev potranno incontrare nel corso degli anni - dalle tensioni con le comunità beduine all'instabilità crescente nel confinante Sinai che potrebbe accrescere il rischio di attività terroristiche nell'area (2) - sembra che una parte importante del futuro di Israele si giocherà in questo deserto.

(limes, 19 marzo 2014)


Il fiume nel deserto del Negev torna a scorrere dopo decine di anni di siccità

Il fiume nel deserto torna a scorrere dopo anni di estrema siccità e l'evento viene catturato in un video dalla popolazione locale! Succede nel deserto del Negev, in Israele. Si tratta del fiume Zin, che ritorna a scorrere grazie a delle intense piogge che si sono abbattute centinaia di chilometri lontano da queste desolate ed aride terre, nelle località montane della regione.
Il deserto del Negev, come è facile pensare, è un posto estremamente secco e dal paesaggio nudo e roccioso, le precipitazioni sono scarsissime ed un fenomeno simile si verifica molto raramente. Nemmeno gli studiosi sanno con certezza quando il tempo di ricorrenza in cui l'acqua percorre questo secco e sabbioso letto ormai prosciugato da anni!


(Centro Meteo Italiano.it, 19 marzo 2014)


Ci hanno scritto

Da una nostra lettrice abbiamo ricevuto la lettera che segue, correttamente firmata con nome e cognome. Abbiamo dato una breve risposta personale, ma è chiaro che la risposta si trova in tutto il lavoro che svolgiamo da tredici anni.
    «Da qualche mese leggo giornalmente le vostre notizie, mossa dal desiderio di capire di più e meglio ciò che succede in Israele e in Cisgiordania, naturalmente non limitandomi solo a queste letture, come è giusto e doveroso per ogni persona.
    La mia sete di conoscenza risale a molto tempo fa, diciamo da quando ho cominciato a leggere libri di scrittori israeliani ed ebrei che ho apprezzato enormemente e che consiglio a tutti gli amici per il loro alto valore letterario, culturale e umano. Non posso che amare questo popolo e, credetemi, sono molto sincera. Tuttavia ci sono alcune cose che non si conciliano con l'idea di un popolo che conosce profondamente la sofferenza e la Parola di Dio. Sono cristiana cattolica, rispetto ogni essere umano di altri fedi, credo che solo la pace tra i popoli possa avviare il cammino verso un mondo migliore e più giusto. La mia domanda è questa: perchè il governo di Israele si permette di compiere molti atti ingiusti nei confronti dei palestinesi dei Territori? perchè difende sempre e comunque alcuni coloni provenienti da altri stati a danno di famiglie innocenti e ridotte all'indigenza e alla fame? Perchè generalizzare e perseguitare ogni villaggio palestinese a causa di qualche individuo che vorrebbe cancellare gli israeliani dalla mappa geografica? Perchè ci sono famiglie di gente semplice e onesta che devono subire umiliazioni continue, confisca di terre, riduzione di spazio vitale? Io sento il dolore degli uomini, di qualunque paese, popolo, terra e in qualunque parte del mondo, fin da quando ero una ragazzina e ora ho quasi 60 anni. La mia fede mi ha insegnato la pace, la giustizia, l'amore. Non parteggio per nessuno in particolare, non mi schiero, ma soffro quando vedo coi miei occhi, è capitato, il disprezzo, l'odio, il rifiuto e la violenza negli occhi di chi si assume il ruolo di giudice e, con le armi, deruba, terrorizza, obbliga gente spesso innocente ad abbandonare il proprio povero campo, la propria piccola casa e si sente presuntuosamente migliore di chi sta rinchiuso dietro un muro. Anche se non appartengo a quelle terre, nè a quei popoli, desidero fortemente una pace che vedo sempre più lontana... Potrei continuare elencando esempi infiniti di storie tristi e tragiche, ma mi fermo qua.
    Che Dio ci protegga, qualsiasi sia il Nome con cui vogliamo chiamarlo. Protegga i giovani militari israeliani obbligati a prestare servizio ai check point, protegga i bambini di Jenin o Ramallah o degli sperduti villaggi tra la Linea Verde e il Muro, protegga i volontari internazionali che si adoperano per la Pace, protegga quella Terra insanguinata, quegli ulivi millenari, quei fiori sbocciati e continui invece a condannare coloro che usano il sopruso e la violenza per affermare un diritto che cessa di essere tale non appena miete vittime tra gli innocenti.»
"L'antisemitismo ecumenico dei buoni", così abbiamo chiamato undici anni fa una posizione simile a questa. Agli articoli scritti in quell'occasione abbiamo rinviato la nostra lettrice: Notizie su Israele 156.

(Notizie su Israele, 19 marzo 2014)


Siria, la guerra arriva sul Golan: attaccata una pattuglia israeliana

di Maurizio Molinari

Fuoco incrociato sulle Alture del Golan. Una pattuglia israeliana è caduta in un agguato a Majdal Shams quando quattro soldati, scesi da una jeep a ridosso del reticolato che segna il confine con la Siria, sono stati investiti dall'esplosione di un ordigno. Per la tv «Al Arabya» l'intento era «rapire almeno un soldato» e la pattuglia era stata attirata sul luogo della trappola da alcuni movimenti sospetti di uomini armati. Ma l'operazione è fallita per il massiccio intervento di truppe ed elicotteri israeliani, seguita da colpi di artiglieria contro una posizione dell'esercito siriano. Si è trattato della più violenta giornata di scontri lungo il confine del Golan da quando, oltre tre anni fa, è iniziata la guerra civile siriana.
I portavoce israeliani evitano di indicare un particolare gruppo come responsabile dell'agguato - che ha causato quattro feriti, di cui uno versa in serie condizioni - ma il premier Benjamin Netanyahu afferma che «il confine con la Siria è pieno di Hezbollah e jihadisti». «Finora siamo riusciti a mantenere la calma e agiremo con fermezza per proteggere i nostri cittadini» aggiunge il premier, preannunciando rafforzamenti lungo i confini settentrionali. D'altra parte negli ultimi dieci giorni gli incidenti si sono ripetuti: alcuni Hezbollah sono stati bersagliati mentre tentavano di depositare un ordigno e una bomba è esplosa vicino Har Dov, al confine con il Libano. Fra gli analisti di sicurezza in Israele prevale la convinzione che Hezbollah, rafforzato dai successi militari contro i ribelli siriani, stia estendendo la propria area di operazioni dal Libano del Sud al Golan, per rivendicarne il controllo.
Proprio il consolidamento del fronte pro-Assad in Siria, grazie alla recente cattura di Yabroud, ha portato l'amministrazione Obama ad una svolta politica: chiudere tutte le sedi diplomatiche del regime di Assad negli Usa affidando i rapporti con la Siria all'inviato speciale Daniel Rubinstein, il cui compito però è, per Washington, «dialogare con l'opposizione» in attesa che «Assad lasci il potere e consenta alla nazione di risollevarsi».

(La Stampa, 19 marzo 2014)


El Al, ambizioni italiane

di Andrea Lovelock

Con 14 voli settimanali da Roma Fiumicino, 13 da Milano Malpensa e tre da Venezia, l'offerta sull'Italia mostra le ambizioni di El Al sul quarto mercato estero più importante dopo Francia, Gran Bretagna e Russia. «Siamo ottimisti sulle possibilità di crescita - afferma Oranit Beithalami Amir (nella foto), managing director della compagnia israeliana per Centro Europa e Africa - Nel 2013 il traffico si è attestato sui 212mila passeggeri dall'Italia, pari al 2% in più. Un risultato di tutto rispetto se si considera la crisi economica globale e la contrazione di consumi turistici». Al miglioramento delle performance, secondo il direttore, «contribuirà il rafforzamento della nostra offerta per il periodo estivo, con il terzo scalo da Venezia che serve tutto il Triveneto».
L'ottimismo di Amir deriva anche dalla diversificazione in atto nell'offerta-domanda turistica d'Israele, non più vincolata solo al segmento religioso: «Molti tour operator italiani specializzati, ma anche altri medio-piccoli, hanno avviato una programmazione che va oltre l'appeal mistico della destinazione. Si tratta di proposte di viaggio che spaziano dal benessere allo sport, dagli eventi musicali al turismo medico». Qualche esempio? Pacchetti costruiti intorno agli spettacoli di opera a Masada, dove nel mese di giugno sarà rappresentata la Traviata; o alla quarta edizione della Maratona di Gerusalemme, in calendario il 21 marzo.
E ancora: tra gli eventi in programma c'è il Festival delle Luci, a metà giugno nella stessa Gerusalemme; oltre agli itinerari legati al circuito golfistico di Cesarea. «Questo vuol dire poter contare sul segmento dei repeater che dopo aver visitato Israele per motivi religiosi, hanno desiderio di scoprire gli altri volti del Paese. Noi come vettore diamo il massimo supporto alle iniziative dell'ente del turismo e alle operazioni mirate degli stessi tour operator», dichiara il managing director.

- Strategie trade
  C'è grande feeling tra la compagnia aerea e la filiera del turismo organizzato: «Siamo molto orientati al canale agenziale - ribadisce Amir - Basti pensare che il 90% delle vendite proviene dalle adv, mentre internet è molto delimitato e utilizzato solo da alcuni turisti repeater». Il valore attribuito al trade è dimostrato anche dalle operazioni messe in campo da El Al: «Abbiamo appena concluso un roadshow nel Veneto per presentare a centinaia di agenti di viaggi l'offerta aerea del vettore da Venezia. Devo dire che l'interesse per Israele è molto alto. C'è la curiosità di verificare il fascino della destinazione al di là dei circuiti religiosi che rimangono ovviamente il nostro punto di forza».
Su questo fronte, è già in agenda per dicembre prossimo un educational per adv. «Continueremo a illustrare alle agenzie italiane le nostre strategie che poggiano su un valido prodotto, l'assistenza personalizzata del nostro staff e una serie di tariffe molto interessanti», spiega Amir.
Intanto per aprile, maggio e giugno è stata lanciata l'offerta Prenota adesso che consente di accedere alla tariffa a/r tutto incluso a 283 euro; e ancora l'operazione El Al Best Deal con tariffe in Business class a partire da 701 euro.
L'ultimo capitolo riguarda l'investimento sulla flotta: sono già entrati in servizio tre dei nove Boeing B737-900 ordinati dal vettore che saranno impiegati sulle rotte europee.

(agenzia di viaggi, 19 marzo 2014)


Israele - Monito alla Siria sull'aiuto ad agenti terroristici

DAMASCO, 19 mar. - Bashar al Assad pagherà "un prezzo molto alto" per il suo aiuto ai nemici di Israele. E' il monito che ha lanciato al regime di Damasco lo Stato ebraico, dopo aver bombardato obiettivi siriani in rappresaglia un'esplosione contro i soldati israeliani nel Golan occupato.
"Consideriamo il regime di Assad responsabile di quanto accade sul suo territorio e se continuerà a collaboratore con agenti terroristici che cercano di nuocere allo Stato di Israele pagherà un prezzo molto alto", ha avvertito in un comunicato il ministro della Difesa israeliano, Moshé Yaalon.

(TMNews, 19 marzo 2014)


La sindrome del pellegrino sulla via di Gerusalemme

Ogni anno almeno cento fedeli finiscono in ospedale durante la visita. Sentono voci e dicono di reincarnarsi in figure bibliche.

di Fabio Scuto

  
GERUSALEMME - Sono oltre cento i pellegrini che ogni anno vengono ricoverati in una clinica specializzata in malattie nervose perché afflitti dalla "sindrome di Gerusalemme", disturbo del comportamento già noto nel mondo antico, nel Medio Evo e nel Rinascimento e che prosegue ancora oggi. La Città santa per le 3 religioni colpisce la psiche più debole - dicono gli specialisti - e attira migliaia che poi percorrendo le strade della Città vecchia sono "folgorate" e sostengono di essere la reincarnazione di figure mistiche e religiose, sentono voci e hanno visioni. Altri credono di essere Dio, il Messia, l'Anticristo, Re Davide, il Profeta Elia, la Vergine Maria o San Giovanni Battista. Un'idea fissa di religiosità tradita o delusa che spinge questi pellegrini a "sentire" di avere una missione da compiere, sono preoccupati per i destini del mondo e vogliono adoperarsi per la sua redenzione e salvezza. Un viaggio che spesso finisce al "Kfar Shaul Medical Centre", l'ospedale psichiatrico alle porte della città, nel quartiere di Givat Shaul, specializzato nella "sindrome di Gerusalemme".
   La storia di questo particolare disagio psichico è raccontata in un libro appena uscito in Israele, "Gerusalemme fra santità e follia, Pellegrini, Messianici e Allucinati" scritto da due autorità sulla materia, il professor Eliezer Witztum e il dottor Moshè KaHan, che dà conto di questi strani visitatori arrivati nel corso dei secoli nella Città Santa, uomini e donne, venuti fin qui rispondendo a una "chiamata" o in cerca della loro identità. Turisti o pellegrini che una volta arrivati perdono temporaneamente - nella maggioranza dei casi - la loro sanità mentale.
   Il comportamento dei pellegrini antichi - già nel Medio Evo il teologo domenicano Felix Fabri racconta episodi analoghi nei suoi dettagliati racconti dei pellegrinaggi in Terra Santa - e dei moderni turisti che arrivano oggi in aereo hanno molti tratti comuni. Le persone che soffrono della sindrome tendono ad essere più religiose della media e hanno grandi preoccupazioni teologiche, sentono voci e hanno visioni, pensano di essere Dio o il Diavolo, personaggi della Bibbia o del NuovoTestamento. La sindrome, scrivono Witztum e Kahan, non rientra nell'ambito di una malattia mentale - che è fra quelle censite nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM) - nel senso medico del termine, ma che sia invece un fenomeno religioso-culturale con caratteristiche mistiche che ruota intorno a un'identificazione religiosa che finisce per sfocare i confini tra il reale e l'immaginario. E nei casi estremi questo offuscamento dei confini porta a una vera e propria crisi emotiva.
   Gerusalemme non è la sola città al mondo a suscitare un turbamento psichico. Alcuni turisti a Firenze vengono ricoverati in ospedale per la «sindrome di Stendhal", sopraffatti emotivamente alla vista di meraviglie dell'Arte rinascimentale, c'è chi influenzato da Thomas Mann decide di mettere fine ai suoi giorni a Venezia o quelli colpiti dalla "sindrome della Casa Bianca" che arrivano a Washington per dare consigli o fare strane richieste al Presidente degli Stati Uniti tentando di oltrepassare i cancelli di Pennsylvania Avenue e finiscono direttamente in un ospedale psichiatrico. Ma nessuna di queste sindromi raggiunge per numero di casi quella della Città Santa.
   Gerusalemme è un posto speciale, un esempio estremo di relazione fra persone e luoghi» , scrivono i due psichiatri, la maggior parte di turisti e pellegrini che arrivano visitano la Città Vecchia, soprattutto il cosiddetto "miglio santo", dove i cristiani seguono le ormedi Gesù di Nazareth, percorrono a piedi la Via Dolorosa e visitano il Santo Sepolcro, gli ebrei si dirigono al Kotel, il Muro del Pianto, ciò che resta del Tempio distrutto dall'imperatore romano Tito. I luoghi, l'odore degli incensi che bruciano, la folla, i suoni e le voci salmodianti delle preghiere, producono una forte suggestione, uno shock emotivo fortissimo e in chi già dispone di un immaginario della "Gerusalemme celeste" finisce per essere devastante. L'ipotesi dei due studiosi israeliani - che hanno analizzato migliaia di casi - è che la maggior parte dei turisti che finiscono al "Kfar Shaul" aveva già avuto qualche ddisagionei Paesi di origine, «ma era stato più o meno equilibrato fintanto che non è arrivato qui». La maggior parte delle persone ricoverate ha creduto di essere l'incarnazione di qualche figura religiosa delle Scritture il 21% era convinto di essere il Messia, il 14% la sua rreincarnazione il 3% di essere il Diavolo. Ma non sempre c'è il bisogno di ricoverare tutti: le viuzze della Città vecchia sono piene di predicatori, uomini e donne, che non fanno male a nessuno e non sono pericolosi né per sé né per gli altri. Uno scrittore israeliano una volta scrisse che era difficile non essere un profeta a Gerusalemme, o per lo meno un poeta. Potrebbe aver davvero avuto ragione.

(la Repubblica, 19 marzo 2014)


Calciomercato Roma, Sabatini guarda un talento israeliano

La Roma continua a puntare su diversi elementi di valore in vista della prossima stagione. Nel mirino dei giallorossi ci sono sicuramente giocatori pronti per fare la differenza. Sabatini ha un raggio d'azione molto elevato, si parla infatti del possibile arrivo di un talento israeliano. Nel mirino della Roma infatti c'è Bibras Natkho, centrocampista israeliano, classe '88, che gioca attualmente nel Paok ex giocatore del Rubin. Sabatini ha spesso messo gli occhi su di lui, si tratta di un giocatore di qualità che potrebbe molto interessare alla Roma.

(CM News, 19 marzo 2014)


Tenuto conto che tra gli ebrei di Roma ci sono molti tifosi romanisti, tra cui lo stesso Presidente della Comunità Ebraica, la notizia potrà essere per loro di un certo interesse.
Per inciso: è romanista di antica data anche il redattore di queste note.



Israel-Video del giorno: gli operai apprezzano SodaStream

La versione online del mensile evangelico in lingua tedesca "Israel Heute", edito a Gerusalemme, presenta oggi un video sulla fabbrica SodaStream. Riportiamo il video, purtroppo in lingua tedesca, con una breve introduzione tradotta in italiano.

L'Unione europea si mobilita contro gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria. Questa terra è rivendicata dai palestinesi, e quindi ci sono numerose iniziative di boicottaggio. L'Europa rifiuta ogni collaborazione con gli ebrei negli insediamenti. Grazie all'impegno dell'attrice Scarlett Johansson la fabbrica SodaStream vicino a Ma'ale Adumim è andata sulle prime pagine dei giornali. La troupe televisiva di Israel Heute ha parlato con i lavoratori palestinesi.


(israel heute, 18 marzo 2014 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Tensioni sul confine israelo-siriano

Martedì sono rimasti feriti tre soldati israeliani dopo esplosioni presso il confine siriano. Netanyahu: "agiremo con determinazione per difendere il paese".

"Oltre il confine sul Golan si ammassano elementi di jihadismo mondiale e di Hezbollah, e ciò rappresenta per noi una nuova sfida". È quanto ha affermato martedì il premier israeliano Benyamin Netanyahu durante un aggiornamento al gruppo parlamentare del suo partito (Likud, destra nazionalista) alla luce dell'odierno incidente avvenuto nei pressi del confine siriano in cui tre soldati israeliani sarebbero rimasti feriti dopo alcune esplosioni.
Ha inoltre aggiunto che negli ultimi anni gli israeliani sono "riusciti a mantenere calma la zona, malgrado la guerra civile in Siria" e ha concluso dichiarando che agiranno "ancora con determinazione per garantire la sicurezza del paese".
La situazione nella zona del Golan è tesa da quando è scoppiato il conflitto in Siria, con la quale Israele è ufficialmente in stato di guerra.

(RSI.ch, 18 marzo 2014)


Obama: «La pace richiede rischi»

II presidente Usa preme per un accordo entro la fine di aprile. Abu Mazen, ieri alla Casa Bianca: «Netanyahu dimostri di fare sul serio liberando subito i prigionieri palestinesi».

WASHINGTON - Per raggiungere la pace in Medio Oriente servono anche «dure scelte politiche» e di «assumersi dei rischi». Il messaggio del presidente americano, Barack Obama, appena terminato il colloquio alla Casa Bianca con il leader dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen non poteva essere più chiaro e pressante.
«Restiamo convinti che c'è un'opportunità», ha detto Obama, con Abu Mazen seduto di fianco a lui nello Studio Ovale. Domenica, durante un incontro con il presidente palestinese, il segretario di Stato John Kerry aveva chiesto all'Anp di approvare "accordo quadro" in modo da permettere ai colloqui di pace, ripresi dopo tre anni di stallo totale, di continuare oltre la data del 29 aprile. Una analoga richiesta era stata fatta due settimane fa al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Obama e Kerry si erano impegnati lo scorso luglio a raggiungere una intesa definitiva «entro nove mesi». Per questo i negoziati stanno entrando in un momento decisivo.
Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha esortato Israele ad andare avanti con il piano di rilascio dei prigionieri, dimostrando così la serietà delle sue intenzioni. Parlando alla stampa al termine del colloquio con il presidente americano, Barack Obama, il leader palestinese ha espresso la speranza che lo Stato ebraico rilasci il quarto gruppo di prigionieri il 29 marzo, come d'accordo.
Centinaia di simpatizzanti di al-Fatah hanno manifestato ieri mattina in piazza al-Manara, a Ramallah, per sostenere il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen prima dell'incontro alla con il presidente americano Barak Obama, in quello che sembra essere un momento cruciale per le trattative tra israeliani e palestinesi.
Ancora pochi i progressi sono stati fatti su uno schema di accordo generale che necessariamente deve includere, oltre ai confini tra Israele e l'Autorità nazionale palestinese, anche lo status di Gerusalemme, il riconoscimento di Israele come stato ebraico e le colonie. I palestinesi chiedono invece che sia garantito il diritto al ritorno dei profughi fuggiti da Israele nelle loro case.

(Avvenire, 18 marzo 2014)


Le trattative continuano al solito modo: Israele deve dare subito qualcosa di concreto oggi (liberazione di prigionieri) in cambio di promesse per il domani: la pace. Parlare di “momento decisivo, momento cruciale” è davvero da ingenui, se non peggio. Dopo che Abu Mazen sarà riuscito a strappare tutto il possibile per accontentare in parte i suoi e mantenersi in sella, il passo successivo consisterà nel far cadere la colpa del fallimento delle trattative su Israele. E il gioco ripartirà con Israele spostato in posizione più arretrata.
Il seguente video, preparato dai palestinesi in vista della visita di Abu Mazen a Obama, fa capire quali possano essere le speranze di una soluzione del conflitto per questa via. M.C.



L'aereo scomparso è stato dirottato con uno smartphone?

La Cina avvia le ricerche, allerta voli in Israele

di Giacomo De Rossi

La Cina ha avviato le ricerche del velivolo sul proprio territorio nazionale. I media britannici tirano in ballo i talebani e Israele alza l'allerta sull'atterraggio dei voli. La dottoressa Sally Leivesley, capo di una società di risk management, sostiene che il dirottamento potrebbe essere avvenuto per mezzo di uno smartphone.

CINA - La Bbc ha reso noto che le autorità cinesi hanno dato il via libera per l'inizio delle ricerche sul proprio territorio dell'aereo MH370 della Malaysia Airlines scomparso lo scorso 8 marzo con 239 passeggeri a bordo. Pechino ha precisato che al momento non ci sono elementi che consentano di instaurare un legame tra i 153 passeggeri cinesi a bordo del volo e l'ipotesi di un dirottamento a fini terroristici del Boeing.

ISRAELE - Le notizie riportate dai media britannici in merito alla natura terroristica del dirottamento dell'aereo scomparso dai cieli malesi lo scorso 8 marzo hanno fatto scattare la massima allerta in Israele, anche alla luce della presunta regia da parte dei talebani nell'operazione. Al termine di una riunione con i responsabili della sicurezza nazionale, il ministro dei Trasporti Israel Katz ha infatti deciso di innalzare le procedure di sicurezza per l'atterraggio dei voli negli scali israeliani.

LE IPOTESI - Al momento l'ipotesi più probabile avanzata dagli investigatori è quella secondo la quale dopo aver disattivato il sistema di tracking il volo di sia diretto o verso nordovest in direzione dell'Asia o verso sudovest in direzione dell'Oceano Indiano e dell'Australia, che infatti sta coordinando le ricerche. L'Independent sostiene però che l'aereo potrebbe essere volato nella zona compresa tra Pakistan e Afghanistan controllata dai talebani. Ipotesi suggestiva ma abbastanza azzardata, considerando che la zona è altamente militarizzata e controllata da potenti radar. Senza contare che per l'atterraggio il Boeing avrebbe bisogno di una pista lunga circa un chilometro e mezzo.

CYBER-DIROTTAMENTO? - La dottoressa Sally Leivesley, direttore della società di risk management Newrisk Limited ed ex Home Office Scientific Adviser britannico, ha avanzato l'ipotesi che quello del Boeing 777-200 sia il primo cyber-dirottamento della storia. In un'intervista al Sunday Express la Leivesley ha infatti spiegato che è molto probabile che "il controllo di alcuni sistemi sia stato preso in modo ingannevole. Manualmente, con qualcuno che ha preso il posto del pilota automatico, o tramite un dispositivo remoto che li ha disattivati". Uno smartphone, o anche una chiavetta USB.

Corriereweb.net, 18 marzo 2014)


Veltri aiuta a capire il significato del Talmud

GENOVA, 18 mar. - "Capire il Talmud" è l'argomento del secondo incontro (domani alle 17.30 alla Biblioteca Universitaria) del ciclo "Temi e immagini del pensiero ebraico", organizzato e promosso dalla Biblioteca Universitaria, dal Dipartimento di lingue dell'Università di Genova, dalla Comunità ebraica, dal Centro culturale Primo Levi, dal Dipartimento educazione dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, con il patrocinio dell'Ufficio scolastico della Liguria.
L'incontro "Capire il Talmud" sarà tenuto da Giuseppe Veltri dell' Università di Wittenberg-Halle e sarà introdotto da Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova Cosa è il Talmud? La letteratura dei primi secoli dell'era comune che costituisce il Talmud è chiamata letteratura rabbinica e si suddivide in due parti: la Aggadà ovvero il Giuseppe Veltri racconto, e la Halakhà, la normativa, la legge. Entrambe formano quella che i rabbini chiamavano Torà orale. Nell'incontro saranno illustrati, con l'ausilio di immagini, alcuni aspetti di questa produzione; ci si chiederà come è possibile leggerla oggi.

(Il Secolo XIX, 18 marzo 2014)


Il presidente della Comunità Ebraica di Roma ad Albano

Insieme a Samy Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz

  
Fotogalleria
E' arrivato ai Castelli nel primo pomeriggio di oggi, con la massima discrezione, il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. A riceverlo presso l'aula consiliare di Albano, dove è stato proiettato il video documentario "Il Lungo Viaggio, da Rodi ad Auschwitz", il sindaco Nicola Marini, il presidente del consiglio comunale Massimiliano Borelli, l'intera giunta comunale e numerosi altri ospiti e studiosi illustri, a partire da Ada Scalchi, Presidente dell'Associazione Vittime del Bombardamento di "Propaganda Fide".
Presente in sala anche Samy Modiano, l'anziano testimone di quei fatti, a cui è ispirato il film documentario, uno degli ultimi sopravvissuti allo sterminio tedesco nei campi di concentramento. Gremita di giovani studenti la sala consigliare di Palazzo Savelli, con gli studenti del Foscolo e del Garrone. L'intera area del Comune è stata circondata e presidiata da un centinaio di uomini e donne di polizia, carabinieri, polizia scientifica, vigili urbani e sicurezza personale della Comunità Ebraica, per evitare eventuali blitz anti semiti.
Soddisfatto il Primo cittadino, che ha così riassunto quanto avvenuto a Palazzo Savelli:
    «A 83 anni e con grandissima lucidità, Sami Modiano ci ha dato una lezione di vita, spiegandoci che molte volte si è chiesto 'perché proprio io sono sopravvisuto' e la risposta è stata che doveva tramandare la memoria dell'Olocausto e le barbarie commesse dal Nazismo affinchè mai più si verificassero tragedie simili. Ha parlato ad una Sala Nobile gremitissima e lo ha fatto soprattutto rivolgendosi ai tanti studenti presenti, molti dei quali a fine mese partiranno per il "Viaggio della Memoria" promosso dalla nostra Amministrazione ad Auschwitz. Compito, quello della testimonianza, necessario ma difficile perché, per chi ha vissuto il dramma della Shoah tacere è proibito, parlare è impossibile. È stato inoltre un immenso piacere e motivo di grande orgoglio - ha aggiunto Marini - ricevere l'inaspettata visita del Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, che ha voluto testimoniare con la sua presenza la vicinanza alla nostra Città. Come ricorderete all'indomani del 15 ottobre dello scorso anno, quando cioè Albano respinse la celebrazione del rito funebre del boia delle Fosse Ardeatine, fummo invitati a presenziare al 70o Anniversario dell'inizio della deportazione degli ebrei da Roma. Riccardo Pacifici ha voluto così testimoniare anche la gratitudine alla nostra Città che, in quell'episodio, ha dimostrato quanto siano ancora vivi nella nostra comunità i valori della Democrazia e dell'Antifascismo. Dobbiamo, tutti insieme, fare in modo che quegli orrori non accadano mai più nella storia, per nessuno, perché proprio come affermava Primo Levi 'chi è disposto a negare o dimenticare Auschwitz è sicuramente pronto a farlo riaccadere'».
(Castelli Notizie, 17 marzo 2014)


Forze straniere a garanzia della pace?

I precedenti non sono incoraggianti: è estremamente improbabile che qualsiasi forza internazionale possa garantire la sicurezza di Israele e la pace.

di Danny Ayalon

La recente serie di attacchi terroristici da Gaza ha riportato alla ribalta la questione dell'eventuale affidamento della sicurezza di Israele a forze internazionali, come è stato proposto per alcune aree della Cisgiordania.
In realtà l'ostinazione con cui la il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) rifiuta la presenza di forze di sicurezza israeliane nella Valle del Giordano dopo la firma di un accordo di pace, non è compatibile con la responsabilità fondamentale che ha Israele di proteggere i propri cittadini....

(israele.net, 18 marzo 2014)


Premio Letterario Adei-Wizo "Adelina Della Pergola": la cerimonia a Parma

Scelti i libri finalisti della XIV edizione del Premio Letterario ADEI-WIZO "Adelina Della Pergola". La cerimonia di Premiazione si terrà a Parma a fine ottobre, in collaborazione con la Comunità Ebraica della città.

Il matroneo della Sinagoga di Parma
Scelti i libri finalisti della XIV edizione del Premio Letterario ADEI-WIZO "Adelina Della Pergola". La Giuria Selezionatrice, composta da donne del mondo della cultura, si è riunita a Milano e ha segnalato per la terna finale le seguenti opere (in ordine alfabetico di autore): Un caso di scomparsa di Dror A. Mishani, Guanda; Quel che resta della vita di Zeruya Shalev, Feltrinelli; Traducendo Hannah di Ronaldo Wrobel, Giuntina. Un caso di scomparsa - opera prima, di Dror A Mishani, che si cimenta nel genere poliziesco, inconsueto per Israele, offrendo una visuale attenta e disincantata dell'attuale società israeliana; Quel che resta della vita - una scrittura pregevole, per narrare le relazioni familiari complesse, dolorose ed affettivamente struggenti. L'ottima traduzione è un valore aggiunto. Traducendo Hannah - dall'Europa al Nuovo Mondo demi-monde ebraico descritto con vivacità ed umorismo.
I libri prescelti verranno ora sottoposti al giudizio della Giuria popolare, composta da più di 250 appassionate lettrici appartenenti al mondo ebraico e no, che designerà il libro vincitore. Nella stessa occasione la Giuria ha anche indicato i due volumi che si contenderanno il Premio Ragazzi. I libri verranno valutati da una giuria composta da studenti provenienti da quindici Scuole Superiori, sparse su tutto il territorio nazionale. Fiori nelle tenebre di Aharon Appelfeld, Guanda, Idromania di Assaf Gavron, Giuntina
Assegnata anche una Menzione speciale a: Non temere e non sperare di Yehoshua Kenaz, Giuntina. Un romanzo di formazione amaro, disincantato, che unisce magistralmente acume descrittivo e mirabile profondità introspettiva.
Il Premio Letterario ADEI-WIZO "Adelina Della Pergola" sarà presente quest'anno al Salone internazionale del libro di Torino domenica 11 maggio ore 13 presso lo Spazio Autori A Lingotto, dove verranno presentati i finalisti. La cerimonia di Premiazione si terrà a Parma a fine ottobre, in collaborazione con la Comunità Ebraica della città.
Il Premio Letterario ADEI-WIZO "Adelina Della Pergola" è stato istituito nel 2001 per far meglio conoscere al grande pubblico le molteplici realtà del mondo ebraico. Sono ammesse al Premio opere di narrativa di argomento ebraico, di autori viventi, pubblicate in Italia nel corso dell'anno. L'ADEI-WIZO (Associazione Donne Ebree d'Italia Federazione italiana della Women International Zionist Organization) è una associazione di promozione sociale fondata nel 1927 che svolge attività di volontariato in ambiti sociali e culturali.

(ParmaToday, 17 marzo 2014)


L'antisemitismo in Italia non si esprime prevalentemente attraverso violenze fisiche come invece accade in altri paesi (vedi la Francia dove i cimiteri ebraici vengono periodicamente e sistematicamente devastati, dove saltano in aria sinagoghe, dove ragazzi ebrei vengono malmenati da scrupolosi compagni di scuola, dove i luoghi ad alta concentrazione ebraica sono costretti a vivere sotto stretta sorveglianza per evitare sgradevoli sorprese). Il nostro antisemitismo si respira, si odora, viaggia attraverso linguaggi spesso non espliciti, in cui ci si imbatte con sconcertante casualità, sgorga inaspettatamente da una magari innocente conversazione. È un sentire poco strutturato, sovente irriflessivo, ma che pure esiste e che, a studiarlo bene, vanta una sua stupefacente saldezza. Raramente, dunque, si trasforma in aggressioni a persone o cose. Raramente assume le fattezze agghiaccianti dello scontro fisico. Ma quando questo succede ha le caratteristiche di un incubo. Quel che è peggio è che, dopo le condanne rituali sociali, dopo che i giornali si sono dichiarati sconcertati, dopo che gli esperti si sono espressi motivando e arzigogolando, dopo che i capi religiosi si sono detti contriti e, ovviamente, disapprovanti, tutto torna come prima. Pronto a ripetersi.

Da "I soliti ebrei" di Daniele Scalise




 

Aaron Fait e il progetto "Irrigate" contro la siccità nei vigneti

di Cinzia Ficco

 
Aaron Fait
Sarebbe potuto rimanere a Berlino, all'Istituto di Fisiologia molecolare delle piante Max Planck, dove lavorava come ricercatore associato. Invece, è nel deserto del Negev, in Israele, a 600 metri sul livello del mare, che ha deciso di lavorare e vivere con la sua famiglia.
Si tratta di Aaron Fait, nato 41 anni fa a Bolzano, da madre ebrea, che da alcuni anni prosegue i suoi studi al Campus di Sede Boqer dell'Università di Ben Gurion. Si occupa di sistemi che possano trasformare un terreno arido in uno fertile. Di recente ha ideato e sviluppato il progetto Irrigate, grazie al quale cominciano a collaborare scienziati italiani, in particolare di Udine e israeliani.
"Ci proponiamo - spiega Aaron sul mio blog - di sviluppare un programma di gestione automatizzata dell'irrigazione in vigneto attraverso sensori che controllino clima, piante e suolo. Obiettivo: gestire l'impatto della siccità sulla produttività della vite e sulla qualità delle uve. Puntiamo ad irrigare la vite in maniera intelligente, valutando lo stato dell'acqua nel suolo - attraverso sensori - e lo stato fisiologico della pianta, oltre a quello dell'atmosfera, anche attraverso previsioni meteo. Stop, quindi, all'irrigazione a naso, basata sulla sensazione ed il giudizio del viticoltore. Ogni strategia d'irrigazione deve essere adattata alla varietà della vite. In Israele la vite viene irrigata a goccia da sempre".
Il progetto in totale è costato circa centomila euro. Lo ha finanziato il Ministero dell'industria in Israele con quello degli Esteri italiano e la società Netafim. Coinvolge l'istituto Blaustein per gli studi nel Deserto dell'Universita' di Ben Gurion (cioè Aaron e il suo collega Naftali Lazarovitch, ndr), l'Universita' di Udine (Castellarin, Peterlunger e Alberti) e l'IGA di Udine (Centro di genomica).
Cosa aspettarsi dal progetto e quindi dalla collaborazione tra Israele e l'Università di Udine? "Irrigate - replica Aaron - rappresenta uno sforzo comune per sfidare i cambiamenti climatici e i processi legati alla desertificazione, oramai evidenti anche in Europa. Il progetto si propone di aiutare il settore vitivinicolo sia in Italia sia in Israele. In Italia la tecnologia applicata alla vite non ha uguali. Israele dal canto suo può dare una mano con le strategie di irrigazione, dell'agro-biotech e con le analisi avanzate dei dati dal meteo al molecolare".
Intanto, a trarre subito benefici da Irrigate saranno i viticoltori. "La prova sul campo di sistemi irrigui più o meno sofisticati - continua lo scienziato - permetterà al viticoltore di testare l'effetto positivo dell'irrigazione regolata sulle piante, introdurrà una sensibilità maggiore nei confronti delle piante e delle componenti organolettiche. Si eviteranno la moria di piante d'estate e gli effetti negativi sulla frutta. Le due nazioni intanto impareranno a conoscersi e trasferirsi conoscenze. I cambiamenti climatici e i processi di desertificazione avanzano. L'unico modo per riuscire a contenerli è sviluppare un'agricoltura più intelligente e adattata alla pianta".

(L'Huffington Post, 17 marzo 2014)


Concreta-Mente: "Roma, una Capitale al centro del Mediterraneo"
    COMUNICATO STAMPA
    "Roma, una Capitale al centro del Mediterraneo". Martedì 18 Marzo 2014 ore 19.30, Via dei Cerchi, 75 Roma (zona Circo Massimo). Con la presentazione di SINISTRA E ISRAELE di Fabio Nicolucci. Intervengono: Alessandro Politi, Francesco De Angelis. Coordina: Leonardo Bertini, Segretario Generale Concreta-Mente A seguire aperitivo di networking offerto da Ville Romane Catering.
Che posizione dovrebbe assumere l'Italia durante il semestre di Presidenza del Consiglio UE nella discussione sul rapporto tra Europa e Israele? Potrebbe essere un'occasione per rendere Roma "Capitale del dialogo nel Mediterraneo"?
La presentazione del libro Sinistra e Israele di Fabio Nicolucci sarà l'occasione per parlare di politica Euro-Mediterranea all'approssimarsi del semestre di Presidenza Italiano del Consiglio Europeo, per discutere e avanzare delle proposte di Concreta-Mente per una Roma Capitale nel Mediterraneo al 2020 e per porre delle riflessioni sul ruolo di spicco che dovrà assumere l'Italia nel panorama delle relazioni internazionali.
In tale contesto, uno dei punti chiave, è rappresentato dal rapporto tra Israele e l'Europa.
Nel processo di costruzione di un occidentalismo democratico, Israele è la chiave di volta. Da un più forte rapporto con Israele l'Europa ha molto da imparare, e con essa la sinistra. Fabio Nicolucci, in questo suo nuovo lavoro, considera Israele parte integrante dell'Occidente: attraverso un excursus delle relazioni tra Israele e la destra neo-conservatrice - diventata sempre più potente a partire dall'11 settembre 2001 - pone l'accento sul complesso legame tra sinistra e occidentalismo e tra sinistra e Israele, ritenendo necessario che la sinistra europea, passando per la ricostruzione di un rapporto identitario con Israele, debba compiere un grande lavoro di rinnovamento politico-culturale. Una nuova lettura della globalizzazione e delle relazioni internazionali nel delicato panorama dei rapporti tra Oriente e Occidente, in grado di offrire una diversa consapevolezza sulle vere sfide nel Medio Oriente e nel mondo.

FABIO NICOLUCCI - Analista strategico, esperto di relazioni internazionali, politica e sicurezza del Medio Oriente, è editorialista de «Il Messaggero» e «Il Mattino». Consulente di istituzioni pubbliche e private, è autore di diverse monografie tra cui I giochi di potere e Le nuove alleanze nel Mediterraneo (2010).

CONCRETA-MENTE - Associazione no profit, indipendente, formata da giovani professionisti che si propongono di offrire soluzioni innovative ai decisori politici ed istituzionali per correggere alcune delle criticità che caratterizzano il Sistema Italia e contribuire a formare una cittadinanza Europea. La loro ambizione tende a un duplice obiettivo: da un lato di sviluppare e valorizzare il capitale umano e le giovani energie e dall'altro quello di metterle in rete.

(RomaToday, 17 marzo 2014)


L'inversione di marcia di Kerry: Israele non deve essere uno Stato ebraico

COERENZA!
In preparazione della visita del presidente palestinese Mahmoud Abbas a Washington, il segretario di Stato americano John Kerry ha effettuato una spettacolare inversione di marcia. Fino a poco fa aveva appoggiato la condizione di Israele che i palestinesi riconoscano Israele come Stato ebraico, al fine di raggiungere un accordo di pace. Adesso ha detto che per Israele è un errore continuare a insistere su questa richiesta.
Gli osservatori considerano il cambiamento del Ministro degli Esteri come un'indicazione del fatto che il presidente Obama ha deciso di cedere alla sollecitazione del presidente Mahmoud Abbas.
Nelle scorse settimane Mahmoud Abbas ha ripetutamente affermato che per lui un riconoscimento di Israele come Stato ebraico è in ogni caso fuori discussione. Anche i palestinesi - secondo lui - hanno il diritto di vivere in questo Stato. Allo stesso tempo però Abbas dice che tutti gli ebrei devono lasciare il futuro Stato di Palestina. E su questo Abbas ha ricevuto il sostegno dei paesi musulmani della Lega Araba.
Per Israele il riconoscimento è importante perché sarebbe l'Autorità palestinese ad ammettere che Israele ha il diritto di esistere in questa regione come Stato. Quindi dovrebbe anche rinunciare al proposito di combattere questo Stato, come invece fa apertamente l'islamica striscia di Gaza governata da Hamas
Quello che effettivamente si pensa nell'Autorità palestinese, è stato portato alla luce da Abbas Zaki, un membro anziano del partito apparentemente moderato Fatah. Zaki è il responsabile ufficiale per il dialogo con il mondo arabo e la Cina. Alla televisione palestinese ha detto che lui è d'accordo con i molti cristiani ed ebrei i quali dicono che gli ebrei sono stati portati in Israele dalla divina provvidenza. "Credo che Allah li abbia riuniti qui affinché noi li uccidiamo", ha detto il rappresentante palestinese. Secondo lui gli ebrei non hanno né religione né principi, sono soltanto uno strumento avanzato del male. Zaki si era già fatto notare nel 2009, quando alla televisione libanese aveva detto che l'obiettivo vero della soluzione a due stati è arrivare alla distruzione di Israele.

(israel heute, 17 marzo 2014 - trad. www.ilvangelo-israele.it)






Il digitale anti-desertificazione. Israele spinge sull'agri-Ict

  
Dici Israele e pensi subito (almeno rimanendo nel perimetro delle attività produttive) a due cose: digital startup e agricoltura ad alto tasso di innovazione. Se il primo settore sta conoscendo un vero e proprio boom grazie alla capacità del paese di cavalcare la rivoluzione digitale, trasformando quella fetta di Medioriente in una succursale della Silicon valley, il secondo rappresenta un caposaldo dello sviluppo israeliano fin dalla nascita della nazione nel 1948.
   Israele ha infatti dovuto combattere costantemente col deserto per strappare ettari da destinare alla produzione di cibo. Oggi i due grandi talenti tendono sempre più a convergere, in un connubio che molto probabilmente farà vedere il meglio dei risultati raggiunti proprio all'Expo 2015, dove non a caso Israele occupe-rà il padiglione più vicino all'area espositiva italiana. Il padiglione, progettato dall'architetto David Knafo, sarà realizzato all'insegna della green architecture: tutti i materiali utilizzati per la messa in opera proverranno dal riciclo, e la struttura sarà contraddistinta da un enorme muro di verde su cui nei sei mesi dell'esposizione universale verranno piantati e fatti crescere i migliori esempi della produzione agricola israeliana.
   All'interno di una sala multimediale, gli ospiti avranno la possibilità di apprendere le tecniche adottate per rendere produttivi i suoli aridi e combattere la desertificazione nel Nord del paese. Il tutto si estenderà su una superficie di 2.370 metri quadrati e impiegherà investimenti per 11 milioni di euro. Ma stando a quel che è stato mostrato a dicembre alla fiera Agrivest di Tel Aviv, possiamo aspettarci di vedere molto di più all'Expo: pomodori e peperoni che crescono senza nemmeno aver bisogno del suolo, coltivati in serre attraverso sistemi di irrigazione e fertilizzazione governati dai computer, software ultraspecializzati per la gestione delle colture in aree a rischio siccità e per la selezione dei semi più utili e resistenti, da realizzarsi in settimane anziché mesi; strategie di difesa olfattivo-mimetiche mutuate da piante del deserto che grazie al loro odore risultano immuni ai parassiti, sviluppate da una società evocativamente chiamata Edenshield, "scudo del Paradiso"; e, naturalmente, i big data. Per ora si tratta solo di una proposta avanzata ai ministeri dell'Economia, delle Finanze e dell'Agricoltura, ma la volontà di costruire un gigantesco database con le best practice del sistema-paese (coltivatori, sviluppatori, versante accademico pubblica amministrazione) è indiscussa. E, in Israele, volere è potere.
   Alla base di questa straordinaria vitalità c'è infatti il Technological Incubators Pro-gram, un progetto varato dal governo centrale, che si assume il rischio del finanziamento delle idee più innovative proposte dagli investitori privati: in media partono 70-80 nuove imprese all'anno. Il programma partì nel 1991, per far fronte all'ondata di immigrati provenienti dalla dissolta Unione sovietica, e ha avuto fin dal principio l'obiettivo di mettere a frutto i profili professionali dei nuovi arrivati: ingegneri, ricercatori, fisici. Gli stessi che qui in Italia sono diventati badanti o addetti alle pulizie. Ma questa è un'altra storia. D.A.

(Corriere Comunicazioni, 17 marzo 2014)


Purim, Gerusalemme in maschera per ricordare Mordechai ed Esther

La città in festa fino all'alba per le celebrazioni che ricordano la salvezza del popolo di Israele da parte del re persiano Assuero.

di Maurizio Molinari

  
Festa nelle strade di Gerusalemme  
CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME - Vestiti da antichi romani e da cowboy, ballando al suono dei tamburi africani e dei rap giamaicani, con indosso sombreri messicani e tuniche arabe: così migliaia di abitanti di Gerusalemme hanno festeggiato nella notte l'arrivo di Purim ritrovandosi dentro il mercato di Machanè Yehuda, dove la mattina si vende ogni sorta di cibo.
Purim è la festa del calendario ebraico che ricorda quanto avvenne nell'Antica Persia, allorché il re Assuero, seguendo i consigli del consigliere Mordechai e della regina Esther salvò il popolo di Israele dalla distruzione perseguita da Amman.
E' la storia di una salvezza arrivata all'ultimora che viene celebrata nelle sinagoghe con la lettura della "Meghillà di Esther" - che racconta proprio la vicenda di Purim - mentre nelle strade e nelle case le persone amano mascherarsi, divertirsi e ballare in un corale, quasi sfrenato, inno alla vita che serve anche per allontanare incubi e minacce che provengono dagli instabili vicini.

(La Stampa, 17 marzo 2014)


Iran - Il pastore evangelico Saed Abedini tra carcere e ospedale

L'American Center for Law and Justice (ACLJ) ritiene che il ricovero in ospedale sia da collegare alla visita in Iran di Catherine Ashton.

TEHERAN - Saed Abedini, il 33.enne pastore irano-statunitense incarcerato in Iran da settembre 2012 e condannato a scontare otto anni, la settimana scorsa è stato brevemente ricoverato in un ospedale privato di Teheran. L'American Center for Law and Justice (ACLJ) segue costantemente le vicissitudini del pastore e riferisce che la sua salute negli ultimi tempi si è molto deteriorata: soffre soprattutto di lesioni interne allo stomaco causate dalle percosse ricevute in prigione.
In ospedale gli sono stati praticati diversi esami, gli è stata data un'alimentazione adeguata e gli sono stati somministrati dei calmanti. Tuttavia i medici hanno negato ad Abedini altre cure, mentre sarebbe stata necessaria un'operazione chirurgica allo stomaco. E non gli hanno neppure comunicato gli esiti degli esami.
ACLJ ritiene che il ricovero in ospedale sia da collegare alla visita in Iran di Catherine Ashton, l'alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue. Non appena Lady Ashton ha lasciato l'Iran, al pastore è stato "notificato" il ritorno in prigione dove un membro della sua famiglia che vive ancora in Iran si è subito recato per chiedere notizie mentre l'attenzione internazionale si stava orientando sulle ultime vicende del giovane pastore e - riporta ACLJ - migliaia di persone invadevano i social e pregavano per Saed Abedini.
Il 13 marzo ACLJ ha diffuso la notizia che il pastore è stato nuovamente trasferito in ospedale dove ha già ricevuto la visita di un famigliare e dove ora si spera che finalmente si provveda al trattamento chirurgico delle lesioni interne subite.

(Evangelici.net, 17 marzo 2014)


Il Maccabi cerca l'allungo nel derby

di Federico Farcomeni

A Tel Aviv oggi vanno in scena due stracittadine. Molto equilibrata nel basket, decisamente meno nel calcio…

  
Logo dell'Hapoel Be'ersheva
Questa sera a Tel Aviv non si vivrà di solo derby nel calcio. Perché poche ore prima volerà in aria la palla a due tra Maccabi e Hapoel alla Nokia Arena. Nella Ligat HaAl, il campionato di basket israeliano, i gialli sono secondi, i rossi quarti, staccati di appena 4 punti. La sfida promette scintille dal primo all'ultimo minuto. Subito dopo, gran parte dei 12.000 spettatori presenti percorreranno i 4,5 km che separano il palazzetto da Bloomfield per assistere al derby di calcio dove però il confronto sul piano tecnico e tattico appare decisamente più impari. Se la stampa locale potesse scegliere tra i due derby, sceglierebbe senza dubbio quello della palla a spicchi perché l'altro sembra quasi scontato.
Eppure, guardando le quote, non si direbbe. Vero è che i bookies devono tenere conto del fatto che ci troviamo di fronte ad un derby e che quindi i padroni di casa potrebbero trarre maggior beneficio e motivazioni dal fattore campo. Ma analizzando i freddi numeri ci pare che il Maccabi sia nettamente favorito: 24 sono i punti di distacco, 5 i posti di differenza in classifica, e la squadra di Paulo Sousa vanta anche il miglior attacco (55, Hapoel 2o con 49) e la miglior difesa (16). L'Hapoel invece ha la sesta peggior difesa del campionato. E i motivi sono presto detti.
Con Colin infortunato e Ilic squalificato, Ben Simon cambierà l'assetto difensivo per la quindicesima volta quest'anno. Considerando che anche in porta le gerarchie non sono mai state chiare (11 presenze per Kleyman, 14 per Amos), significa che il tecnico dell'Hapoel, dopo due terzi di stagione, non ha ancora trovato la quadratura del cerchio. Non sono in pochi a sostenere che se valessero gli errori difensivi, l'Hapoel sarebbe senz'altro primo.
Nei fatti è primo il Maccabi che stasera ha la possibilità concreta di allungare a 7 lunghezze il divario sull'Hapoel Be'er Sheva che ha perso a sorpresa a Ra'anana nel weekend. La squadra di Paulo Sousa (che, fuori dall'Europa League per mano del Basilea, ora deve solo concentrarsi sul campionato) non è prima per caso ovviamente. Se da una parte all'Hapoel vogliono disperatamente riprovare l'ebrezza di giocare in Europa League e stanno parallelamente tentando di vendere il club, dall'altra la programmazione del proprietario canadese Mitchell Goldhar e le conoscenze del direttore sportivo Jordi Cruyff a questi livelli fanno la differenza. Il Maccabi infatti è considerato la squadra più professionale della Super League. È infatti l'unica squadra a fare il ritiro pre-gara, a mangiare e ad allenarsi insieme durante la settimana. Come una squadra europea. La giornata tipo dei giocatori delle altre squadre israeliane invece è: sveglia a mezzogiorno, allenamento di due ore alle 14, discoteca, bagordi vari e ritorno a casa alle 6 del mattino! Sembra assurdo ma da Israele ci giurano sia così. Con queste premesse quindi, nonostante l'inferno di Bloomfield, la vittoria del Maccabi proposta a 1.95 da William Hill ci sembra di assoluto valore.

(Goal, 17 marzo 2014)


Oltremare - L'Herzelone
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”
“L'arancione”
“Il nero”
“L'azzurro”
“Il giallo”
“Il grigio”
“Reality”
“Ivn Gviròl”
“Sheinkin”
“HaPalmach”
“Herbert Samuel”
“Derech Bethlechem”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Si esce da Tel Aviv a metà pomeriggio con addosso la sensazione di aver saltato le ultime due ore di scuola. E appena fuori, a vedere la massa di automobili sguinzagliate per le autostrade si capisce subito che siamo stati proprio pochi oggi a entrarci, in ufficio, in tutta Israele.
È il giorno di Purim, le scuole sono chiuse e molti genitori han preso ferie e dato inizio ad una delle classiche transumanze festive. Da ovunque ad ovunque, purchè altrove, passando per il reticolato di autostrade che a noi paiono strade statali a dirne bene. Dunque meglio armarsi di santa pazienza, noi ultimi a partire per un banchetto di Purim fuori porta dopo un giorno breve di lavoro, muniti di guidatore non bevitore di turno; prima o poi si arriverà.
La voce sicura del Waze ci tiene informati su ogni avvenimento sulle strade (nessuno lo chiama più "gipiesse" oramai, è Waze ed è orgoglio nazionale nonché l'amico migliore di ogni guidatore israeliano). Il Waze, nutrito di segnalazioni di altri automobilisti, è sostanzialmente un dirottatore congenito: decide lui che strade farti fare in base a rallentamenti e incidenti, spesso senza che tu te ne accorga perché in macchina si chiacchiera e ci si distrae tranquilli, sapendo di avere una specie di pilota automatico inserito.
All'altezza di Herzlyia si passa sotto alla sagoma di Theodor Herzl, messa sopra quello che sembra una torre dell'acqua. Enorme e bidimensionale, a braccia conserte il barbuto padre del sionismo guarda - paterno, appunto - il traffico che scorre. La prima volta che l'ho visto ho temuto che nascondesse una pubblicità. Poi mi sono arresa al fatto che è una specie di opera d'arte o eterno monito, o segnale stradale per analfabeti: marca l'entrata ad Herzlyia, e quindi siamo a metà strada, quasi.
Arriveremo, dice Waze serafico, fra altri 26 minuti. Bello avere delle certezze, perfino nel traffico festivo israeliano. L'Herzelone si allontana e noi si procede incolonnati ma andanti, sotto il suo sguardo protettivo.

(moked, 17 marzo 2014)


154 anni fa nasceva il Regno d'Italia

Gerusalemme non lo sapeva, ma nell’800 aveva un Re italiano

Il 17 marzo del 1861, 154 anni fa, nasceva ufficialmente il Regno d'Italia. Nacque con una scarna legge, la numero 4671 del Regno di Sardegna (che poi diventò la numero 1 del Regno d'Italia), pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dopo un breve iter parlamentare, secondo la quale Vittorio Emanuele II, già "re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme", assumeva per sé e per i suoi discendenti il titolo di Re d'Italia. Una legge che, allora come oggi, fu frutto di compromessi, correzioni e assensi a denti stretti: a partire dalla scelta di porre "II" e non "I" accanto al nome del re, come preteso dai Savoia ma contestato da gran parte dell'opinione pubblica, che avrebbe preferito sentirsi parte di uno stato nuovo e non di una gigantesca propaggine del Piemonte conquistatore.
La legge costitutiva del Regno d'Italia fu discussa e votata da un Parlamento composto da 221 senatori nominati dal re e 443 deputati eletti pochi mesi prima, nel gennaio del 1861, dai cittadini di quelle regioni della penisola che l'anno precedente avevano scelto, tramite plebiscito, di unirsi al Regno sabaudo. Il Parlamento si riunì a Palazzo Carignano per la prima volta il 18 febbraio e nel giro di un mese esatto arrivò alla proclamazione del nuovo Regno - tre giorni prima, il 14 marzo, era stato scelto il tricolore cisalpino come bandiera del nuovo stato. La notizia della nascita del Regno d'Italia corse rapidamente per tutta la neonata nazione, generando un'ondata di entusiasmo incontenibile; persino a Roma, ancora sotto il dominio della Chiesa, dove la polizia dello stato vaticano procedette a numerosi arresti. Il Primo Ministro, Camillo Benso conte di Cavour, pronunciò un discorso in cui proclamava Roma capitale d'Italia e il 27 marzo prefigurò apertamente a una futura annessione dell'Urbe tramite azione militare. Cosa che avvenne 9 anni più tardi con la breccia di Porta Pia, quando la terza guerra di indipendenza aveva già guadagnato al nuovo Regno anche il Veneto irredento, e quando il grande tessitore dell'unità d'Italia, il conte di Cavour, era già morto da tempo.

(LeoNews, 17 marzo 2014)


Nuovi lanci di razzi dalla Striscia di Gaza

La scorsa settimana da Gaza sono ripresi massicci lanci di razzi verso il territorio israeliano, mettendo a rischio la già fragile tregua tra le parti. In 3 Sorsi analizziamo gli eventi, le loro possibili motivazioni e la reazione di Israele.

di Emiliano Battisti

  
Un razzo Qassam sulla rampa di lancio
NUOVI LANCI - I razzi del Movimento per il Jihad Islamico in Palestina (Jihad Islamica Palestinese) a sono tornati a colpire Israele. Mercoledì 12 Marzo, secondo fonti ufficiali del governo israeliano, nei territori limitrofi alla Striscia di Gaza sarebbero caduti almeno 40 razzi, dei quali 3 sono stati abbattuti dal sistema anti-missile israeliano, schierato a protezione delle città, mentre 8 hanno colpito centri urbani, tra Ashdot e Sderot, causando lievi danni e nessuna vittima. La zona meridionale del paese è però rimasta paralizzata per ore, a causa dei protocolli di emergenza e delle persone nascostesi nei rifugi anti-aerei. La Jihad islamica rivendica 70 lanci. Secondo le Forze di Difesa Israeliane (Israeli Defense Force - IDF) i lanci del 12 Marzo si vanno ad aggiungere ai circa 60 avvenuti dall'inizio di quest'anno. La maggior parte dei razzi è costituita dai Qassam, che prendono il nome dalle omonime brigate (le Izz ad-Din al-Qassam Brigades) e sono autoprodotti nella Striscia al costo unitario che varia tra i 500 e gli 800 Euro.

LA REAZIONE ISRAELIANA - Il Primo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu aveva subito dichiarato: "Se non ci sarà silenzio nel sud di Israele, presto ci sarà un rumore assordante a Gaza". Inoltre aveva aggiunto che una risposta da parte delle IDF sarebbe avvenuta quanto prima. Poche ore dopo, l'artiglieria ha colpito il nord della Striscia, mentre i caccia dell'Aeronautica israeliana hanno compiuto bombardamenti su campi d'addestramento e basi delle Brigate Al Qods, braccio armato della Jihad Islamica, nei pressi di Rafiah e Khan Yunis. Gli obiettivi colpiti sarebbero stati circa 29. Successivamente, sono stati chiusi tutti i valichi. I vertici delle IDF hanno iniziato a
fare pressioni su Hamas perché riprenda il controllo della situazione e faccia cessare i lanci nel rispetto della tregua. Il Ministro degli Esteri israeliano Avidgor Lieberman, ha dichiarato che se i lanci continuassero, Israele procederebbe a un'occupazione militare della Striscia. Domenica 16 Marzo, le autorità militari Israeliane hanno riaperto il valico commerciale di Karem Shalom per far affluire il gasolio necessario a riavviare la centrale elettrica di Gaza.

IL PERCHE' DELL'ATTACCO - L'escalation di mercoledì 12 Marzo sembra essere una reazione collegata a due fatti avvenuti in precedenza. Il primo rappresentato dall'eliminazione, tramite attacco aereo, di tre miliziani della Jihad Islamica l'11 Marzo. Il secondo sarebbe, invece, il sequestro da parte della Marina israeliana della nave Klos-C nelle acque del Mar Rosso (tra il Sudan e l'Eritrea), a bordo della quale sono stati trovati ingenti quantitativi di armamenti e missili di fabbricazione siriana (gli M-302, con gittata sufficiente a colpire Tel Aviv e Gerusalemme) destinati in clandestinità a Gaza. Queste armi, secondo Israele, proverrebbero dall'Iran.

(Il Caffè Geopolitico, 17 marzo 2014)


Asti - Gli ebrei che lasciarono il teatro alla città

Storia di una comunità che fiorì e si estinse

Leonetto Ottolenghi (Ritratto di Paolo Arri, Fondazione Palazzo Mazzetti). Banchiere ebreo della comunità di Asti, a lui si deve l'ampliamento di piazza Roma con il monumento al Risorgimento
Quella della comunità ebraica di Asti è una storia profondamente legata alle vicende locali, raccontata in modo vivido nel noto "I giorni del mondo" di Guido Artom. La stessa costruzione del Teatro Alfieri e l'attuale aspetto di Palazzo Ottolenghi sono un lascito delle famiglie israelite. Sul tema torna ora un saggio firmato da due astigiane, Maria Luisa Giribaldi e Rose Marie Sardi. La prima, docente di lettere classiche, ha pubblicato nel 1993 "Scuola e vita nella comunità ebraica di Asti. 1800-1930" (Rosenberg & Sellier) e "Asti. Guida alla sinagoga, al museo e al cimitero" (Marsilio, 1999); collabora con l'Israt e ha scritto numerosi saggi per "Il Platano". Rose Marie Sardi è un'insegnante di scuola elementare. Il loro "Bele sì (proprio qui). Ebrei ad Asti" verrà presentato martedì alle 17.30, all'Archivio di Stato di via Govone 9.
«Leggendo nel rotolo della Legge durante il suo bar mitzwah il ragazzino perde il segno; bele sì, gli suggerisce sottovoce il rabbino. Bele sì, proprio qui. Qui, in questa pagina. Qui, in questo luogo.» Da questa espressione prende titolo il libro, che ricostruisce la storia della comunità ebraica di Asti sulla base di un lavoro di ricerca durato anni e oggi condensato nel volume pubblicato dall'Editrice Morcelliana.
Il libro, 256 pagine arricchite da illustrazioni a colori, si apre con la nota introduttiva di Franco Debenedetti, imprenditore e già senatore, che all'Archivio di Stato presenterà l'opera con Alberto Cavaglion, docente universitario e affermato studioso dell'ebraismo italiano, e Paolo De Benedetti, teologo e biblista.
«La pubblicazione narra di persone e di fatti - spiega Franco Debenedetti nella prefazione - descrive la vita della comunità israelitica che in Asti si insediò, ad Asti visse per secoli, crebbe, fiorì e poi si estinse. I suoi membri se ne allontanarono fisicamente, andando a vivere in città più grandi e, culturalmente, andando a far parte di più ampie comunità. C'è un periodo chiave in questa storia, tra l'ultimo decennio dell'800 e il primo del '900. Anche per la comunità di Asti nel suo insieme quello fu un periodo di eccezionale apertura e visibilità nel contesto cittadino: ma fu anche l'inizio della diaspora della comunità, e con essa dell'accelerazione del processo di assimilazione. Nulla lasciava presagire la 'grande carneficina'. La Shoah cambia tutto.»
L'iniziativa è proposta in collaborazione con l'Israt e l'Archivio di Stato.
L'ingresso è libero.

(La nuova provincia.it, 17 marzo 2014)


Da Israele la denuncia: prima ti vendono un auto, quindi ti spiano mentre guidi

Una società israeliana sostiene che le case automobilistiche stiano tenendo d'occhio i loro modelli tramite le schede SIM.

LECCE - Da tempo lo "Sportello dei Diritti", denuncia come la nostra privacy sia sotto attacco in una miriade di forme, raccogliendo le segnalazioni e le denunce che arrivano da ogni parte del mondo e che dimostrano come questa lesione di un diritto fondamentale della persona sia ormai un fatto globale.
E se pensavamo che almeno in auto potevamo stare tranquilli ora, per quanto evidenziato sul giornale Israel Hayom, ciò sarebbe ormai un miraggio.
Una società israeliana che si occupa di tecnologia delle telecomunicazioni ed in particolare di cellulari, sostiene che alcune case automobilistiche starebbero tenendo costantemente sotto osservazione ciò che sta succedendo sotto il cofano, mentre i veicoli sono guidati.
Installando una normale scheda SIM da cellulare nel veicolo, i produttori rileverebbero alcuni dati che riguarderebbero i propri modelli come il consumo, il chilometraggio, lo stato del motore ed ogni altra informazione utile che è possibile monitorare sulle vetture.
E questo processo andrebbe avanti dal 2010, sostengono i funzionari di una società con sede a Ra'anana che ha fatto più di 200 servizi per aziende in circa 130 paesi.
Al momento, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", non esiste alcuna informazione da parte delle case automobilistiche sul se e sul come stiano monitorando i veicoli commercializzati, o quanti di essi siano sotto sorveglianza.
Ma gli addetti del settore azzardano a dire che per il 2025 tutte le nuove auto saranno nel sistema.

(informazione.it, 16 marzo 2014)


Gaza - Israele riapre il valico commerciale

Israele inoltrerà a Gaza 250 mila litri di gasolio destinati alla centrale elettrica, che ieri aveva dovuto sospendere le attività.

Le autorità militari israeliane hanno autorizzato oggi la riapertura del valico commerciale di Kerem Shalom verso la striscia di Gaza dopo aver constatato che nelle ultime due giornate la tregua con i gruppi armati palestinesi ha retto. Di conseguenza oggi Israele inoltrerà a Gaza 250 mila litri di gasolio destinati alla centrale elettrica, che ieri aveva dovuto sospendere le attività. Al valico di Erez il transito di passeggeri è limitato a "casi umanitari".
La chiusura totale dei valichi fra Israele e Gaza era stata ordinata giorni fa dai responsabili alla sicurezza il seguito a nutriti lanci di razzi dalla Striscia verso il Neghev occidentale. Israele aveva reagito con ripetute incursioni aeree.
Successivamente, grazie alla mediazione egiziana, i gruppi armati di Gaza hanno accettato la sospensione delle ostilita' su una base di reciprocita' con Israele.

(RaiNews24, 16 marzo 2014)


Gran parata in scena a Holon

la festa di Purim a Holon
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Maschere e colori, musica, carri e soprattutto tanta allegria nella mattinata di Purim per le strade di Holon, cittadina alle porte di Tel Aviv che ogni anno ospita la più grande parata di carri di Israele. "Adloyada" letteralmente "finché non saprai" (dalla tradizione indicata nel Talmud di bere "fino a che non saprai distinguere tra maledetto Haman e benedetto Mordechai") vanta oltre un secolo di storia (si tenne per la prima volta a Tel Aviv nel 1912) e coinvolge studenti, gruppi sportivi, attori, semplici appassionati e pubblico, in un centro che negli ultimi vent'anni ha fatto della creatività la sua cifra fondamentale, tra la fondazione del Museo del Design, il Museo dei bambini e la Mediateca.

(moked, 16 marzo 2014)


Tunisia - Visti in ritardo per i turisti israeliani

TUNISI - Il ministro del Turismo della Tunisia ha negato che a dei turisti israeliani a bordo di una nave da crociera sia stato impedito di entrare nel paese per motivi religiosi.
Il 14 marzo, il ministro ha detto che si era trattarti di un problema procedurale. La Norwegian Cruise Line (Ncl) con sede a Miami aveva annunciato che un «numero» di passeggeri israeliani su una delle sue navi non erano stati autorizzati a sbarcare a Tunisi «a causa di una decisione del governo tunisino». La Ncl aveva detto detto che il giorno successivo «di aver cancellato tutte le fermate in Tunisia e di non voler tornare in risposta a questo atto discriminatorio». Ma il ministro del Turismo Amel Karboul ha detto ai giornalisti che «come in tutti i paesi del mondo, per alcune nazionalità, sono previsti i visti obbligatori (…) e questo fatto non è legato a una nazionalità». Il ministro ha detto che gli israeliani devono richiedere un "pass" per entrare in Tunisia a causa della mancanza di relazioni diplomatiche tra i paesi. «Questa volta, le procedure non sono state eseguite nei tempi necessari. Gli israeliani non hanno la possibilità di acquistare il visto all'arrivo», ha detto Karboul. Il settore del turismo è la chiave di volta dell'economia della Tunisia ed è in crisi dal 2011; la questione delle relazioni con Israele rimane un argomento tabù in Tunisia, come in altri stati arabi. Karboul ha anche dovuto rispondere a una serie di domande, dopo la sua nomina, sui viaggi fatti in passato in Israele per ragioni professionali. La Tunisia ha ospitato l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina dalla sua espulsione dal Libano nel 1982 fino a quando non è ritornata nei territori occupati da Israele nel 1990 durante il processo di pace di Oslo. Nel 1996, Tunisia e Israele hanno riaperto sedi di rappresentanza, ma Tunisi ha congelato i rapporti nel 2000 per protesta contro la risposta di Israele alla seconda rivolta palestinese. Karboul ha anche detto che il pellegrinaggio annuale alla Ghriba, la sinagoga più antica dell'Africa, sull'isola tunisina di Djerba, si svolgerà regolarmente dal 13 al 18 maggio.

(AGCommunication, 16 marzo 2014)


Gioele Dix: il segreto che mio padre non sapeva confessare

di Annarita Briganti

 
Gioele Dix
La storia siamo noi. Gioele Dix, nome d'arte di David Ottolenghi, nato a Milano nel '56, ha sempre saputo che suo padre Vittorio custodiva un segreto ma solo tre anni fa, dopo un viaggio nei luoghi del suo esilio svizzero, è riuscito a farselo raccontare. Nel suo nuovo libro Quando tutto questo sarà finito (Mondadori) l'attore autore e regista, che conosciamo per la televisione (da Mai dire gol a Zelig), le tournée teatrali e il cinema (sta girando il nuovo film di Claudio Bisio), cambia registro e ricostruisce la storia della sua famiglia perseguitata dalle leggi razziali. II risultato è un toccante memoir per interposta persona, un romanzo dickensiano, con il figlio Gioele che adotta il punto di vista del padre, nel '38 decenne, per narrare l'indicibile: la fuga da Milano alla Svizzera, la malattia di Stefano, il fratello minore di Vittorio, lo sterminio di un popolo.

- Dix, veramente non parlavate mai di quel periodo?
  «Mio nonno Maurizio, il padre di Vittorio, era un signore onesto, perbene, patriota. Nel settembre del '38 furono emanate leggi secondo le quali i cittadini ebrei diventavano italiani di serie B. Fu costretto a espatriare clandestinamente con una moglie e due bambini. Da mia nonna non ho sentito una parola, da mio nonno poco, in maniera approssimativa, da Vittorio un po' di più ma involontariamente. Andavamo in Svizzera a prendere la cioccolata o a sciare e condivideva qualche ricordo. Poi viene un momento, mio padre ha 86 anni, in cui non si può più tacere. Bisogna tramandare la memoria per tenerla viva»

- Quando precipitò la situazione?
  «La loro fuga è avvenuta nel '43, quasi fuori tempo massimo. Chi non ha percepito il limite o ha sottovalutato la gravità del nazismo si è fatto deportare. I tedeschi occupanti chiedevano le liste dei non ariani per trasportarli nei campi di concentramento, toglievano le cattedre ai professori ebrei, sequestravano le radio nelle case. Mio padre si commuove ancora ricordando il commissario che li cacciò da un albergo di Viareggio, dove passavano l'estate, l'ultima prima dei due anni di esilio. Nessuno gli spiegava cosa stava succedendo perché non sapevano come farlo».

- In Svizzera viene evitato il peggio ma succede di tutto: i suoi nonni vengono separati dai figli ei fratellini crescono lontani tra loro, con Stefano in un sanatorio e Vittorio in giro per i cantoni. Come si salva suo padre?
  «Con lo studio matto e disperato. Dopo essere stato accusato ingiustamente di furto da una cartolaia che lo aveva in affidamento, gli svizzeri gli offrirono una borsa di studio per il ginnasio umanistico di Basilea, dove era un privilegio essere ammessi. Nel '45, tornati tutti insieme nella Milano liberata, Vittorio aveva 17 anni e diede la maturità preparando tre anni in uno. Ha fatto l'avvocato. Mi ha trasmesso la saldezza d'animo, il temperamento forte, il senso del dovere».

- Il libro finisce nella Milano postbellica, sventrata ma pronta a rialzarsi. Lei che rapporto ha con la nostra città?
  «Ho bisogno di stare qui. Ho le radici nell'asfalto, sporche di catrame. L'anno prossimo parteciperò all'allestimento del Malato immaginario con la regia di Andrée Ruth Shammah. Da giovane ero una comparsa nello stesso spettacolo, dietro le quinte studiavo Franco Parenti, gli rubavo tutto, l'avevo scelto come maestro. Ora faccio la sua parte. E' un omaggio alla città dove ho cominciato ad amare il teatro».

(Corriere della Sera, 16 marzo 2014)


Oggi festa di Purim tra maschere e sapori tipici

di Paola D'Amico

Le tipiche "orecchiette di Hamman"
MILANO - I «manicotti», le burik, le Hamantaschen, biscotti triangolari ripieni di marmellata, sono alcuni dei dolci tipici di Purim, la festività ebraica che si celebra oggi. Dietro ad ogni forma e sapore non c'è soltanto il desiderio di appagare il gusto ma prima di tutto un significato allegorico che spiega la festa. Il ripieno è uno dei comuni denominatori delle ricette del Purim che si tramandano da secoli nell'Italia ebraica da Nord a Sud, dal mondo ashkenazita e sefardita. Ripieni sono le Hamantaschen, triangoli di pastafrolla con cuore di marmellata o semi di papavero; i travadicos, biscotti al miele e noci di origine greca, i panini con uova sode, le burik tripoline con cuore di mandorle, zucchero e arancia. I manicotti, dolci fritti e ripieni, per esempio, «si presentano come un rotolo simile a quello di una Meghillah in attesa di essere svolta per la lettura», spiega la giornalista Rossella Tercatin su Pagine ebraiche, rimandandoci al blog Dinnerinvenice.com della food writer Alessandra Rovati: «Purim è la festa delle identità nascoste, di ebrei che fingono di non esserlo, di persone che si propongono in modo diverso da quello che sono in realtà. Anche se la realtà poi finisce per essere rivelata», aggiunge. Oltre alla pasta fritta, l'elemento che più attraversa «la tradizione culinaria ebraica italiana per Purim è quello delle mandorle per eccellenza, il marzapane». Purim, festa nella quale ci si deve anche travestire, significa infine «condivisione — conclude Tercatin —. Infatti, due delle quattro mitzvot (comandamenti) principali della festa ruotano attorno alla dimensione del cibo». Nel giorno di Purim bisogna fare dono ai poveri e regalare ad amici e parenti un insieme di cibi che comprendano alimenti di diversa natura.

(Corriere della Sera, 16 marzo 2014)


Alessandria - Le Piccole Voci del Conservatorio in Sinagoga

E' stato presentato in settimana il programma dei lavori di restauro alla Sinagoga di Alessandria.
Si tratta di un ulteriore passo verso il recupero complessivo del monumento che ha già visto il completamento dei lotti di restauro delle coperture, delle facciate e di parte degli ambienti interni (biblioteca, archivio, tempietto invernale e sistema di accessi).
Saranno oggetto dei lavori i matronei che si trovano oggi in condizioni precarie per la necessità di consolidare le strutture ed occuparsi del fissaggio delle stuoie di canniccio e del materiale pittorico.
Il termine dei lavori è previsto per la Giornata della Cultura Ebraica il prossimo 14 settembre 2014; in seguito si predisporranno gli interventi per il restauro filologico della Sala del Tempio che richiederanno, invece, tempi più lunghi.
Il costo complessivo degli interventi sarà finanziato con fondi provenienti da: Comune di Alessandria (residui fondi Legge 15/1989), Comunità per il Recupero della Sinagoga di Alessandria, Compagnia di San Paolo, Consulta per la Valorizzazione dei Beni artistici e Culturali dell'Alessandrino, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e Cassa di Risparmio di Torino.
Per fare conoscere la struttura e mantenere vivo l'interesse, la sezione alessandrina della comunità ebraica di Torino organizza ciclicamente visite guidate per le scuole e promuove la vita della Sinagoga con la celebrazione di festività tradizionali come la festa di Purim o delle Sorti che si svolgerà questa domenica pomeriggio alle ore 17, presso la sala del Tempio della Sinagoga.
La celebrazione sarà allietata dal Coro Piccole Voci del Conservatorio di Musica 'Antonio Vivaldi' di Alessandria, diretto dal Maestro Andrea Basevi, che eseguiranno musiche tratte dalla tradizione ebraica.

(radiogold, 16 marzo 2014)


La cucina Kosher sbarca in Sicilia. Business miliardario nel mondo

A Marsala nasce un progetto per trasformare i prodotti coltivati nell'Isola in ingredienti adatti alla cultura alimentare ebraica, una delle più importanti al mondo.

di Milvia Averna

  
Mangiare kosher in Sicilia e trasformare i prodotti coltivati nell'Isola in ingredienti adatti alla cultura alimentare ebraica, potrebbe consentire alle imprese della Regione di entrare a far parte di un mercato mondiale che vale 45 miliardi di dollari. Si prefigge questo fine il progetto «Sicilian kosher food», presentato all'istituto agrario di Marsala, che è anche all'origine di alcuni gemellaggi tra città siciliane e israeliane.
I promotori sono Massimo Plescia, Andrea Monteleone e Nino Sucameli che, nell'ambito del seminario «Dieta Mediterranea: una nuova opportunità per le imprese dell'agroalimentare», promosso da Sdi con il sostegno di Fondimpresa, hanno invitato David Hassan, esponente della comunità ebraica di Milano che opera nel kosher food trading, a spiegare le caratteristiche della cucina kosher e le rigide regole da seguire. «Kosher significa «idoneo» per coloro che praticano la religione ebraica - chiarisce Hassan -. Cioè il cibo deve rispondere a dei parametri precisi. In genere il 90% dei vegetali è già kosher per default, fanno eccezione le verdure che hanno dei parassiti. Infatti, secondo la nostra religione se una foglia viene contaminata, anche solo da una lumaca, va buttata per intero. Lo stesso vale per la frutta bacata da vermi. Le carni, invece, si possono mangiare sono se bovine e ovine, capriolo e cervo compresi, purché non siano stati cacciati violentemente e solo se hanno subito la macellazione rituale. Quest'ultima comporta che agli animali venga recisa la carotide con un coltello molto affilato, cosicché esca tutto il sangue molto velocemente. Non affluendo più al cervello, e cessando di battere il cuore l'animale va in stato di incoscienza senza patire. È una procedura che si segue da tremila anni e per noi è una garanzia» sottolinea.
Sono banditi il cavallo, il cammello, l'asino e il maiale perché considerati impuri e perché «per la religione ebraica si può mangiare solo l'animale che sia ruminante e abbia l'unghia fessa» che significa che lo zoccolo è spaccato. È scritto nel Pentateuco della Torah, il libro della legge. Un'altra regola è che non si cucina il latte con la carne perché potrebbero essere della madre e del suo vitello e sarebbe quindi un incesto. «Kosher - conclude - si rifà, infatti, all'etica. L'idea è che il corpo sia sacro e ciò che si immette in esso non debba far male né alla carne né allo spirito. Anche l'uovo, quando contiene al suo interno una goccia di sangue non può essere mangiato, perché significa che è fecondato, e cioè che al suo interno c'è vita». Polli e uccelli vanno bene se macellati secondo il rituale. Il pesce è concesso solo quello con lische e squame, non crostacei e non molluschi. Il formaggio si mangia a condizione che la produzione usi caglio vegetale o di animale kosher.
«La dieta mediterranea e quindi le produzioni agroalimentari siciliane sono già adeguatamente pronte per ottemperare alla richiesta di questo mercato, - spiega Massimo Plescia, amministratore di Sdi che partecipa al piano formativo Giara che ha reso possibile il progetto - purché siano adeguatamente certificate. È un'idea in nuce che potrebbe già trovare sponda in un gemellaggio tra il comune di Marsala e la città di Haifa. La Sicilia potrebbe prestarsi perfettamente per i prodotti naturali di cui è ricca, ulivi, legumi, vigne e pesce e le nostre caratteristiche climatiche sono ideali allo scopo. L'organismo garante del rispetto delle regole, della filosofia kosher, sono i rabbini stessi ma serve anche un gruppo professionale in grado di affiancare le imprese siciliane nel percorso di certificazione e perfezionamento. Vogliamo stimolare le aziende dell'Isola alla produzione di ingredienti corretti per la religione ebraica, al fine di estendere la loro rete di vendita ad un mercato mondiale prezioso, che vale ben 45 miliardi di dollari».

(Giornale di Sicilia, 15 marzo 2014)


Rabbino pestato a Kiev

Numerosi episodi violenti contro la comunità ebraica. Un gruppo di ex agenti delle forze speciali dell'esercito israeliano è a Kiev per organizzare corsi di autodifesa.

A Kiev, due sconosciuti hanno aggredito e picchiato brutalmente con dei bastoni il rabbino Gilel Koen. Gli aggressori hanno dapprima ingiuriato la vittima, chiamandolo "giudeo" e poi sono scappati a bordo di un'auto. Il rabbino ha riportato ferite e tagli su un braccio ed una gamba.
Negli ultimi mesi a Kiev c'è stata un'impennata di aggressioni razziste.
Il 17 gennaio, un trentenne appartenente alla comunità ebraica era stato accoltellato e ridotto in fin di vita. Qualche giorno prima era stato aggredito un cittadino israeliano, insegnante di lingua ebraica in una scuola religiosa locale.
Il 18 gennaio, nei pressi di una sinagoga di Kiev, alcuni appartenenti alla comunità ebraica avevano fermato un uomo che pedinava i visitatori e prendeva nota dell'orario e dell'itinerario del loro ritorno a casa. A febbraio era stata profanata la sinagoga Ner-Tamid a Simferopoli con svastiche e scritte antisemite. Qualche giorno prima erano state lanciate bombe molotov contro la sinagoga di Zaporizhia.
Un gruppo di ex agenti delle forze speciali dell'esercito israeliano è giunto di recente a Kiev per organizzare corsi di combattimento corpo a corpo e di autodifesa rivolti alla comunità ebraica locale.

(Rai News, 15 marzo 2014)


I cristiani israeliani alzano la voce

La seguente dichiarazione è una risposta di Shadi Khalloul alla conferenza "Christ at the Checkpoint". Khalloul è presidente dell'Associazione aramaica cristiana in Israele, portavoce del Forum cristiano nell'esercito israeliano e membro dell'antica Chiesa aramaico-maronita siriaca.


Shadi Khalloul
Sempre più cristiani israeliani si pronunciano pubblicamente a favore di un'integrazione nella società ebraica israeliana. Allo stesso tempo, molti di noi vogliono mettere fine al cinico sfruttamento dei cristiani indigeni da parte di palestinesi o altri arabi che cercano di strumentalizzarci come pedine nell'opera di distruzione dello stato democratico di Israele.
   Come la maggioranza dei cristiani israeliani, ho la sensazione che molti capi della chiesa sono infedeli al messaggio cristiano. Essi trascurano i diritti dei loro fratelli e sorelle cristiani in Terra Santa, cosa che in ultima analisi serve soltanto alla propaganda islamica contro il nostro paese di Israele. Vedere i leader della comunità partecipare alla conferenza anti-israeliana "Christ at the Checkpoint " è una cosa che mi fa star male. Mi vergogno dell'ipocrisia di queste persone. In Israele questi cristiani godono pienamente di tutti i diritti dei cittadini. Questo include anche la libertà di criticare pubblicamente lo Stato e senza timore di ritorsioni. Queste persone e le loro famiglie sarebbero state uccise se avessero osato criticare l'Autorità palestinese in questo modo.
   La nostra situazione in Israele è migliore di quella di qualsiasi altra comunità cristiana in Medio Oriente. Ultimamente molti cristiani nella nostra regione sono emigrati, o sono stati costretti a convertirsi all'Islam. Molto tempo fa questi cristiani hanno rinunciato alle proprie radici aramaiche e hanno abbandonato perfino la lingua dei loro antenati, perché per loro era più facile essere accettati dai conquistatori arabi musulmani che sono venuti 1400 anni fa.
   Noi cristiani israeliani siamo preoccupati dal fatto che i cristiani per paura degli arabi si uniscano a quelli che regolarmente maltrattano e uccidono le persone del nostro popolo e poi accusano Israele, che è l'unico paese della regione in cui i cristiani sono davvero tutelati.
   Abbiamo deciso di alzare la nostra voce e di smascherare questa ideologia terrorizzante. I leader cristiani che spediscono Cristo al Checkpoint sono una vera minaccia per i cristiani in Medio Oriente. Alcuni di loro sono stati corrotti da miliardari arabi del Golfo che vogliono arabizzare tutta la regione, altri invece sono spinti dalla paura di quello che potrebbe accadere a loro, alle loro famiglie e alle loro comunità.
   Noi cristiani israeliani di lingua araba, che già una volta abbiamo dovuto abbandonare le nostre radici aramaiche, non accetteremo di nuovo una cosa del genere. Come cristiani dobbiamo dire la verità: Israele è una nazione giusta che riconosce le minoranze.
   E' un fatto storico che Israele è stata la casa degli ebrei e dei primi cristiani. Nessuno qui ha un'origine araba. Solo per la brutalità dei conquistatori furono costretti a convertirsi all'Islam. Questa è l'origine degli arabi in questo paese. Come è possibile dedurre da questo fatto che la "Palestina" è storicamente araba?
   I luoghi santi, i due templi, il Muro del Pianto, le numerose chiese, i sepolcri dei profeti ebrei e dei primi cristiani - tutti questi sono simboli che smentiscono le affermazioni di quelli che vogliono insediare qui uno stato arabo e mandano Cristo al checkpoint.
   Israele continuerà a rimanere un rifugio sicuro e una casa stabile per gli ebrei, ma anche per le sue minoranze cristiane, druse e arabe. Il mondo ha bisogno di sapere e capire che coloro che mettono Cristo ai checkpoint non sono portavoce autorizzati dei cristiani in questa regione, né qui né in nessun'altra parte del mondo.
   Noi tutti desideriamo la pace in Terra Santa, ma non una pace che sia basata sulla menzogna. Possa Dio proteggere Israele e tutti i suoi cittadini!

(israel heute, marzo 2014 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Video (ott 2013)


Missili da Gaza, attentati dal Libano. Una normale giornata in Israele

Dopo decine di missili sparati da Gaza verso il sud di Israele, si infiamma improvvisamente anche il confine nord dello Stato Ebraico. Un IED (Improvised Explosive Device) è stato fatto esplodere dai terroristi di Hezbollah al passaggio di un convoglio militare israeliano che pattugliava il confine con il Libano. Tre militari israeliani sono rimasti lievemente feriti.
La risposta israeliana è stata immediata con il cannoneggiamento di postazioni di Hezbollah da parte di alcuni carri armati. Israele ha avvisato immediatamente i vertici della missione UNIFIL nel tentativo di scongiurare una escalation nella regione. La TV di Hezbollah, Al-Manar, ha riportato la notizia che "resistenti libanesi hanno colpito l'esercito israeliano" e ha parlato di "una vendetta israeliana"con riferimento ai colpi di artiglieria....

(Right Reporters, 15 marzo 2014)


Siria - Appello di trenta artisti all'Onu: aiutare i civili sotto assedio

LONDRA, 15 mar. - Oltre 30 registi, scrittori, attori, artisti e musicisti in un appello alle Nazioni Unite chiedono di chiarire l'impegno a favore dei civili colpiti dal conflitto in Siria, con particolare attenzione per i 500mila rifugiati palestinesi. Il conflitto entra oggi nel quarto anno. I registi Alfonso Cuaron e Ken Loach, Sting, Peter Gabriel e Bryan Adams, l'attore Hugh Grant, l'artista Tracey Emin e la scrittrice Esther Freud, tra gli altri, chiedono un immediato cessate il fuoco e la fine dell'assedio contro zone abitate da civili. La lettera e' stata sottoscritta dall'Agenzia Onu per i rifugiati (Unrwa) e dalla Hoping Foundation.
"Oltre 500mila rifugiati palestinesi vivono in Siria, rifugiati dal 1948, e negli ultimi anni del conflitto in Siria sono diventati profughi per la seconda o persino la terza volta - si legge nella lettera - Chiediamo ai presidenti dell'Assemblea generale e del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, organi che rappresentano i popoli nel mondo, di dirci come intendono creare luoghi sicuri e arrivare a cessate il fuoco locali con effetto immediato". "Vogliamo - conclude la lettera - che le nostre voci siano ascoltate, a nome di coloro che soffrono in Siria, affinche' si evitino altre tragedie".
Christopher Gunness, portavoce dell'Unrwa, ha sottolineato come "ieri e oggi non siamo stati in grado di avere accesso ai 20mila civili di Yarmuk", il campo profughi palestinesi di Damasco sotto assedio dalla scorsa estate, dove la gente e' sempre "piu' affamata e disperata". Gunness ha denunciato la "diffusa malnutrizione tra i bambini" e come molte donne stiano morrendo durante il parto per "mancanza di cure mediche".

(Adnkronos, 15 marzo 2014)


Appena l'Iran otterrà la Bomba, l'Arabia Saudita l'acquisterà dal Pakistan

Non appena l'Iran otterrà la bomba atomica, l'Egitto svilupperà la propria arma nucleare e l'Arabia Saudita ne acquisterà dal Pakistan. Lo ha detto martedì Amos Gilad, direttore degli affari politico-militari presso il Ministero della difesa israeliano.
"Gli arabi non tollereranno che i persiani (i.e. gli iraniani) abbiano la bomba - ha avvertito Gilad, intervenendo a un convegno organizzato dall'Istituto politico-strategico dell'Interdisciplinary Center (IDC) di Herzliya - Dal momento in cui gli iraniani otterranno la Bomba, gli egiziani hanno le risorse, le capacità e il know-how per dotarsi di capacità nucleari, mentre i sauditi si precipiteranno ad acquistare la Bomba dai pakistani con uno 'sconto soci'."...

(israele.net, 14 marzo 2014)


Israele - Raid aereo notturno colpisce siti jihadisti a Gaza

L'operazione sancisce la risposta di Gerusalemme al reiterato lancio di razzi di ieri pomeriggio nonostante l'annunciata tregua. L'esercito dispiega il sistema di difesa antimissili Iron Dome a Beersheba e vicino ad Ashdod

GERUSALEMME, 14 mar. - L'aviazione israeliana ha attaccato durante la notte - dopo il lancio di razzi di ieri pomeriggio nonostante la tregua annunciata dalla Jihad - sette siti ''del terrore'' nella Striscia di Gaza. Lo ha detto il portavoce militare, secondo il quale quattro degli obiettivi erano nel sud e tre nel nord di Gaza. ''Continueremo a rispondere - ha aggiunto il portavoce militare - all'aggressione che arriva da Gaza''. Secondo i media, ieri sera l'esercito ha dispiegato il sistema di difesa antimissili Iron Dome a Beersheba e vicino ad Ashdod in modo da impedire a razzi Grad lanciati dalla Striscia di raggiungere le città.
Video

(Quotidiano.net, 14 marzo 2014)


Il museo recupera i "timbri" usati per marchiare gli ebrei

I timbri di identificazione
II museo del campo di sterminio di Auschwitz è entrato in possesso di uno degli oggetti-simbolo del sistema concentrazionario nazista: i timbri con cui venivano impressi sulla pelle dei prigionieri i numeri di identificazione. Costituiti da aghi rudimentali, intrisi di inchiostro e fissati a piccoli rettangoli di legno, i timbri corrispondono ognuno ad un numero. «Quelli che abbiamo trovato ed esponiamo - spiega Elzbieta Cajzer, a capo della collezione di oggetti del museo di Auschwitz - sono uno 0, due 3 e due 6 o 9». Adoperati solo nei campi di Auschwitz, vennero usati dai nazisti a partire dal 1941 per identificare tutti prigionieri marchiandoli come se fossero delle bestie da macello, privandoli di ogni altro tipo di identità. [M. MOL.]

(La Stampa, 14 marzo 2014)

Venti di guerra a Gaza. Ma Israele non è più solo

Il lancio di razzi dalla Striscia è una disperata reazione all'isolamento dei Fratelli Musulmani, ormai abbandonati da Egitto, sauditi e Emirati.

di Carlo Panella

Un lancio di 70 razzi in 24 ore dal territorio di Gaza su Israele, diretti verso le città di Ashdod e Ashqelon infiamma la situazione israelo-palestinese. Escalation, questa volta, non collegata solo alle tensioni pluridecennali tra israeliani e palestinesi ma prodotta anche - ed è la prima volta da decenni - da una clamorosa spaccatura nel campo arabo. Arabia Saudita ed Egitto, assieme agli Emirati Arabi e al Bahrein capeggiano infatti una offensiva politico militare nei confronti dei Fratelli Musulmani (e quindi di Hamas a Gaza), mentre il Qatar e la Turchia continuano a spalleggiare i Fratelli Musulmani, innanzitutto in Egitto, ma anche in tutte le aree di crisi. A questa crisi hamas risponde a modo suo: sparando razzi.
   Nella notte di giovedì, è stata immediata la risposta israeliana al lancio dei primi razzi caduti sul suo territorio, con raid aerei sulle postazioni di lancio palestinesi di Gaza. Unanime - una volta tanto - la condanna dell'iniziativa palestinese da parte dell'Onu e dell'Ue, per bocca del Segretario Ban Ki Moon e di Katherine Ashton. Sfumata e opportunistica la posizione del palestinese Abu Mazen, fermamente invitato dal premier israeliano Bibi Natanyhau a condannare il lancio di razzi palestinesi, che si è limitato a «condannare ogni escalation militare», evitando di inchiodare i palestinesi di Gaza alle loro responsabilità.
   Nel pomeriggio di ieri pareva che fosse stata siglata una tregua, mediata dal governo egiziano, tra il governo di Gerusalemme e il gruppo Jihad Islamica (legato all'Iran e a potente clan di Gaza), ma il successivo lancio di altri 4 razzi pare avere vanificato il cessate il fuoco. Non ci sono state vittime da parte israeliana ed è fuori di dubbio che questa volta la provocazione palestinese non ha solo motivazioni locali, ma risponde a un tentativo dei palestinesi di Hamas, che governano Gaza e che permettono a Jihad Islamica di effettuare liberamente i suoi lanci di razzi, di portare al calor bianco la situazione con Israele per uscire dall'assedio - questa volta di parte araba - a cui è sottoposta. Poche ore prima del lancio di razzi, l'esercito egiziano aveva infatti annunciato di avere distrutto 1.370 tunnel illegali che collegano Gaza all'Egitto a Rafah, attraverso cui passava un traffico di armi e contrabbando su cui si sosteneva l'economia della Striscia. Pochi giorni fa il Cairo ha addirittura dichiarato la messa fuori legge di Hamas in Egitto, con gravissime conseguenze non solo per i miliziani, ma anche per i dirigenti di Hamas che penetrassero oltre confine. Due mosse di durezza inusitata che corrispondono a una logica politica ma anche militare. Hamas è infatti la sezione palestinese dei Fratelli Musulmani e quindi allargare ai palestinesi la messa fuori legge dell'organizzazione egiziana significa considerarla, come organizzazione terroristica, come è considerata dal Cairo la "casa madre".
   Dal punto di vista militare, l'Egitto - grazie all'intensa collaborazione con l'apparato di sicurezza di Israele - è in possesso di schiaccianti prove sulla collaborazione di Hamas con i gruppi terroristi che operano nel Sinai, che seminano morte da mesi. Ovviamente, il fatto che il più grande paese arabo, l'Egitto, consideri Hamas una organizzazione fuori legge e terroristica, ha un enorme valenza politica. Tra l'altro, la novità, dà pienamente ragione alla posizione di Israele che ha sempre considerato - a piena ragione - Hamas organizzazione terroristica. Le anime belle dei pacifisti europei che protestano contro il blocco israeliano di Gaza, col consenso esplicito di non pochi governi del nord Europa (e della Turchia di Tayyp Erdogan), devono dunque farsi una ragione di questa svolta clamorosa.
   In realtà, l'escalation militare dei palestinesi di Gaza, così come la stretta ferrea nei loro confronti da parte del governo egiziano - come si è detto - è parte del duro e inusitato confronto che sta spaccando in due i Paesi arabi, a iniziare da quelli cruciali - per il loro immenso potenziale petrolifero e economico - del Golfo, Arabia Saudita in testa. Pochi giorni fa, dopo una tempestosa riunione del Consiglio dei Paesi del Golfo, l'Arabia Saudita, il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti hanno annunciato la rottura diplomatica col Qatar e il ritiro degli ambasciatori. Oggetto del contendere è stato, appunto, il sostegno che il Qatar continua a sviluppare nei confronti dei Fratelli Musulmani in Egitto (e di Hamas), considerati ormai dall'Arabia Saudita, dall'Egitto e dai loro alleati nulla più che una organizzazione eversiva di tenoristi. Mai nella storia si era verificata una frattura così grave e su un punto così sensibile nella "Nazione Araba" con consegueuze future gravissime. Come già si vede a Gaza.

(Libero, 14 marzo 2014)


L'odio non si regola. Quanta falsità nei trattati di pace

di Fiamma Nirenstein

Trattati di pace, quanti sacrifici per arrivarci. Nei momenti delle strette di mano i leader sorridono e il mondo con loro. Ma prendiamone uno chiuso e uno da realizzare. Israele-Giordania, del '94: lunedì al confine è stato ucciso un giovane magistrato giordano dai soldati israeliani. Spiegano che aveva strappato l'arma a uno di loro urlando Allahu akhbar , ma i giordani accusano l'Idf di violenza gratuita. La Giordania è in fiamme, il Parlamento chiede al re di rompere il trattato di pace, l'ambasciata israeliana è assediata da manifestanti che urlano «morte agli ebrei», si bruciano le bandiere con la stella. Non si ricorda niente del genere quando 17 anni fa un soldato giordano uccise con l'arma di ordinanza 7 bambine israeliane di 13 anni in visita scolastica al confine. In Israele non si videro manifestazioni di odio. Ieri Netanyahu si è scusato pur la verità è incerta: ragione di stato. La preoccupazione è seria, la pace nel cuore dei giordani non c'è. Il trattato del futuro è quello fra Israele e i palestinesi, si spera. E mentre si discute di confini, dei profughi del '48, di Gerusalemme, non si discute della realtà: 110 missili sono stati lanciati da Gaza sulla gente del sud di Israele. In 15 secondi dalla sirena devono raggiungere i rifugi con i neonati in collo, a scuola si fugge dalla classe. Se anche Abu Mazen volesse la pace, e non sembra, che intende fare con i missili dei fratelli di Hamas? Come impedirà a questi fratelli l'uso del nuovo Stato Palestinese per scopi distruttivi? È triste ma i trattati non regolano l'odio, così essi restano incerti, falsi, pericolosi.

(il Giornale, 14 marzo 2014)


Il presidente del Congresso Ebraico Europeo: il fenomeno ucraino è molto pericoloso

Il presidente del Congresso Ebraico Europeo, il russo Vjaceslav Kantor, questa settimana è stato premiato con la più alta onorificenza dello stato, in Romania: la grande croce dell'ordine della nazione per il merito.

 
La premiazione del russo Vjaceslav Kantor
L'alta onorificenza è stata consegnata a Kantor nel palazzo presidenziale a Bucarest dal presidente della Romania Traian Bèsescu. Il rappresentante del Congresso Ebraico Europeo è stato premiato per il suo contributo nello sviluppo della tolleranza, della pacificazione, del dialogo interreligioso e dei diritti umani in Europa, nonché per la sua battaglia contro la xenofobia e l'antisemitismo. Dopo il conferimento del premio Vjaceslav Kantor ha rilasciato un'intervista esclusiva a "La Voce della Russia":

  «Sono molto contento di aver ricevuto questo riconoscimento, in quanto ritengo che l'Europa non sia un luogo qualunque per gli ebrei. È la nostra casa. Noi vi abbiamo vissuto per millenni e continuiamo a viverci. Noi qui non ci sentiamo stranieri. Noi vogliamo essere considerati cittadini europei. Per questo i miei colleghi del Congresso Ebraico Europeo, nonché io stesso e la mia famiglia, teniamo molto a questo alto riconoscimento. Rappresenta un'autentica amicizia ed un'autentica tolleranza, e questo avvenimento è un autentico gesto di tolleranza da parte della Romania.»

- Il presidente della Romania ha sottolineato come in Europa, che ha vissuto 70 anni fa la tragedia dell'Olocausto, si assiste nuovamente all'aumento di movimenti di destra e di partiti nazionalisti. Come valuta questa situazione il Congresso?
  «Il presidente Bèsescu ha dichiarato che ci sono problemi in Ungheria, in Grecia, in Francia. Ma esiste un problema chiamato "scelte nell'Europarlamento" a maggio. Agli inizi degli anni 30, in Germania gli estremisti di destra fecero tutto il possibile per coalizzarsi, al momento necessario, con gli estremisti di sinistra. Se oggi gli estremisti di destra riusciranno nuovamente ad unirsi agli estremisti di sinistra, ecco che allora potranno raggiungere la soglia del 20% nell'Europarlamento. In conclusione, tutto ciò che ci ha reso felici, e che ha permesso la creazione della democratica Europa unita, è ora minacciato. Perché perfino il budget dell'Unione Europea non sarà approvato se tale coalizione si esprimerà contro.
Con la comparsa di tale partito di coalizione, che vince nelle scelte all'Europarlamento, sarà giocoforza nella Commissione Europea cedere il posto ai rappresentanti delle organizzazioni di estrema destra e di estrema sinistra.
Questo è già insito con la presenza di estremisti nella strutture che dirigono l'Unione Europea. Noi sappiamo quanto questo sia pericoloso non soltanto per gli ebrei, e non solo per le minoranze, che non si considerano nazione dominante. Oggi il mondo non può vivere senza le migrazioni. La migrazione è la base dell'evoluzione della società mondiale, ma è controllata, ed avviene secondo esplicite leggi.»

- L'evoluzione della situazione in Ucraina vi preoccupa?
  «L'Ucraina è ancora un fenomeno molto pericoloso. È vero che c'era l'opposizione nella Piazza dell'Indipendenza a Kiev, per alcuni mesi. Tutto si è svolto secondo uno scenario democratico, ma ecco che nel fervore delle olimpiadi a Sochi, in piazza sono apparse le forze estremiste di destra, assolutamente nazionaliste, anzi, diciamo francamente neonaziste.
Sono una minoranza, forse duemila in tutta l'Ucraina, ma sono armati, molto aggressivi e la forza che li fa agire è davanti i nostri occhi. Tale esempio di comportamento e di estremismo è molto è presente in tutta Europa. Questo è inammissibile non solo per quei paesi che dovrebbero entrare o meno nell'Unione Europea.»

- Come si può risolvere la crisi ucraina?
  «Esorto tutte le parti ad esprimere la massima moderazione e ad mantenere una posizione esclusivamente sulla base di negoziati. Vediamo che tutti sono talmente presi dalla situazione ucraina, da non porre più attenzione alla realtà.
Presto ci sarà il referendum in Scozia, per non parlare di quelli già avvenuti precedentemente, come per esempio nei Balcani. In primo luogo tutti questi problemi, molto dolorosi e criticati da tutti i lati, non sono altro che la decisione della popolazione. Se la popolazione in modo democratico esprime la propria posizione, occorre tenerne conto.»

- Ma la comunità internazionale può prendere decisioni che tengano conto delle nuove realtà?
  «Assolutamente sarà costretta a prendere tali decisioni. Noi siamo tutti sulla stessa barca e ci troviamo sotto il peso di comuni minacce. Il mio punto di vista è questo: l'alleanza nordatlantica e un normale dialogo tra Russia e Stati Uniti devono garantire innanzitutto una maggiore sicurezza nella comunità internazionale. Noi oggi sentiamo la mancanza di un tale dialogo e di una reale mutua comprensione.»

- C'è la possibilità che questo accada?
  «C'è. Si chiama buona volontà.»

(La Voce della Russia, 13 marzo 2014)


La preghiera nella cultura ebraica

Torna per la quinta edizione a Gavardo il corso di cultura e lingua ebraica promosso dall'assessorato alla Cultura e dalla Pro loco del Chiese.

GAVARDO - A che o a chi serve pregare? Perché lo facciamo? Come si deve pregare? Pregare è credere? Per quattro mercoledì - il 19 e il 26 marzo e il 2 e il 9 aprile - a partire dalle ore 17 si approfondirà il tema della "preghiera", valore universale dell'umanità, anche atea, e nel particolare del popolo ebraico.
Torna infatti a Gavardo, presso la sala delle conferenze del Museo Archeologico di Piazza De Medici, "Shalom", quinto corso di cultura e lingua ebraica curato da Flavio Casali con la partecipazione del Rabbino Capo di Ferrara e delle Romagne, Rav Luciano Caro.
Le quattro conferenze, organizzate dall'Assessorato alla Cultura e dalla Pro Loco del Chiese forniranno ai partecipanti la possibilità di confrontarsi su un tema che non è affatto scontato.
Il ciclo di incontri gode anche del patrocinio dell'Associazione Amici di Israele, guidata da Pierluigi Signorini.
Questo il dettaglio delle date e degli argomenti: il 19 marzo "Il valore universale della preghiera e le preghiere d'Israele"; il 26 marzo "Shemà Israel"; il 2 aprile "Una lettura ebraica del Padre Nostro"; il9 aprile "Il tempo del Dolore e il Tempo Benedetto".
La frequenza prevede la corresponsione di una quota di iscrizione di 20 euro.
Le iscrizioni possono essere fatte al momento della conferenza o telefonando al numero 0365.376143.

(Valle Sabbia, 14 marzo 2014)


Ucraina - Fiamma Nirenstein: aiuti Ue e Usa solo senza neonazisti al governo

di Fabio Franchini

Kiev, il poster che invita i russi ad andare a casa
Il governo di Kiev è in mano ai neonazisti? Molti membri dell'esecutivo che ha rovesciato Yanukovich farebbero parte di movimenti ultranazionalistici e antisemiti. Uno su tutti l'Unione Pan-Ucraina "Libertà", nota come Svoboda, il partito nazionalsocialista ucraino. Come dovrebbero muoversi l'Europa e la Nato? Lo abbiamo chiesto a Fiamma Nirenstein, giornalista, vicepresidente della Commissione esteri della Camera con l'ultimo governo Berlusconi.

- Tra le forze che hanno ribaltato Yanukovic, prendendo possesso del nuovo governo ucraino, ci sarebbero elementi neonazisti, antisemiti e perfino personaggi legati al terrorismo ceceno e ad Al-Qaeda.
  Io ora non so se abbiamo legami con il terrorismo ceceno, si dice anche questo, ma credo che in tutta questa vicenda sia fondamentale capire bene la dislocazione delle forze, in maniera da non soggiacere alla propaganda di una parte o dell'altra.

- Ci spieghi.
  Da una parte abbiamo i russi che si presentano come difensori delle minoranze e come una forza che si contrappone a questi neonazisti; una cosa che legittimerebbe, secondo loro, l'invasione della Crimea. Mentre dall'altra parte troviamo un altro tipo di propaganda che tende a vedere i russi come invasori - aggressivi e oppressivi - che mirano a espandersi sempre più.

- Ma lei cosa pensa?
  Io sono a Gerusalemme e ho incontrato una delegazione di ebrei ucraini che sostengono che gli ebrei in Crimea, in gran parte, sono contro la presenza della Russia. Ci sono stati gesti di aggressività nei confronti delle sinagoghe in Crimea. Qui, a Simferopoli, il rabbino Misha Kapuskin ha esposto la bandiera dell'Ucraina insieme a quella israeliana, dopo che sulla sinagoga era stato scritto "morte agli ebrei". Non c'è alcun dubbio che c'è una prolungata presenza antisemita di carattere nazionalistico che, non dimentichiamoci, negli anni del nazismo si è concretizzata in una simpatia verso Hitler delle milizie ucraine, che si unirono ai nazisti nella persecuzione agli ebrei.

- Il partito Svoboda, nato nel 1991 col nome esplicito di Partito nazionalsocialista dell'Ucraina, è antisemita e ha diversi membri al governo.
  
È un fatto strutturalmente molto preoccupante. Nel 2012, quando questo partito si presentò alle elezioni, l'Europa agì concretamente, presentando una carta contro l'antisemitismo. Sono convinta che in quel caso l'Europa giocò un ruolo decisivo nello stoppare un fenomeno che stava diventando gigantesco. Ecco, deve farlo anche oggi.

- In che modo?
  Visto che si vogliono dare forti aiuti economici all'Ucraina bisogna farlo in modo condizionale, a patto che l'Ucraina si impegni a fermare questo fenomeno, agendo coraggiosamente contro questi personaggi che fanno parte del governo: devono essere allontanati. Però...

- Però?
  Dall'altra parte, tutto questo non giustifica il comportamento di Putin. In questa vicende ci sono due poli da prendere in considerazione. Da una parte, bisogna capire le istanze di libertà dell'Ucraina (purché venga attivata una politica condizionale nei confronti dei neonazisti), e dall'altra essere ugualmente severi nei confronti di Putin che non si può permettere di inviare le sue truppe laddove vi sono minoranze di lingua russa. È una politica aggressiva, mentre avremmo bisogno di una Russia pacifica. Si deve stare molto attenti e agire con i guanti.

- E la posizione degli Stati Uniti come la giudica?
  Gli Usa devono esercitare un ruolo di leadership. Obama dovrebbe muoversi con più coraggio e decisione. Noi tutti ripudiamo la guerra, ma bisogna pur difendersi: ne va della libertà e dell'incolumità dei civili. Se la Nato, in cui l'America ha un ruolo predominante, avesse mostrato un po' di muscoli Putin ci avrebbe pensato due volte. Non parlo di armi atomiche, per carità, ma quando uno muove le truppe non si può stare alla finestra a guardare.

- Come muoversi dunque?
  Per quanto riguarda l'Unione Europea, do molta importanza alla prossima riunione in cui si incontreranno tutti i ministri degli Esteri. Spero prendano una posizione decisa contro l'invasione armata di qualsiasi settore territoriale (di lingua russa e non), dimostrando appunto a Putin che non è l'unico ad avere i muscoli. L'Europa non può permettersi di passare per inerme. D'altra parte, ripeto, si deve dire chiaro e tondo al governo ucraino che se vuole godere degli stanziamenti, deve allontanare questi ultranazionalisti, neonazisti e antisemiti ora in Parlamento.

- Cosa pensa del Majdan e della cacciata di Yanukovich?
  L'Ucraina voleva un nuovo governo e c'è stata una buona rivoluzione, che è servita a cacciare un pessimo leader - corrotto, pazzoide e prepotente - ma allo stesso tempo all'interno di questa stessa rivoluzione ci sono degli elementi che devono essere bloccati.

(ilsussidiario.net, 14 marzo 2014)


La deriva sexy della festa di Purim. I genitori al ministro: "Fate qualcosa"

È la celebrazione ebraica che più assomiglia al Carnevale, ma la novità del 2014 è che gran parte dei modelli per bambini più venduti sono "Poliziotta sexy", "Infermiera sexy", "Dottore sexy", "Soldatessa sexy", "Principessa sexy". Mobilitazione delle famiglie: "E' una forma di sfruttamento dei minori".

di Maurizio Molinari

GERUSALEMME - Purim è alle porte con bambini e genitori in fila nei negozi per acquistare i costumi da indossare nella festa ebraica che più assomiglia a Carnevale. Ma la novità del 2014 è che gran parte dei modelli più venduti hanno in comune un aggettivo inequivocabile. "Poliziotta sexy", "Infermiera sexy", "Dottore sexy", "Soldatessa sexy", "Principessa sexy" e molte altre ancora descrivono un'offerta che si caratterizza per abiti succinti, calze a rete e colori sgargianti dal significato assai esplicito. Le famiglie si sentono precipitare in uno shock collettivo, ma non è tutto perché le vendite sul mercato di queste "maschere" vanno talmente bene da aver spinto molti negozi a offrirle in vetrina o sul web solo come "costumi sexy" senza più soffermarsi neanche sulle diverse caratteristica di ciascuna.
E' stata questa la goccia che ha aperto una diga di proteste. Da qui la mobilitazione dei genitori, a cui ha dato voce Roni Aloni Sadovnik, consigliere sui diritti della donna all'Associazione israeliana degli avvocati, scrivendo al ministro dell'Economie e Commercio Naftali Bennet una lettera per chiedere di "porre fine a questa forma di sfruttamento dei minori". "In quanto madre di figli piccoli e come avvocato che rappresenta dei minori vittime di abusi sessuali - ha scritto Aloni Sadovnik - le chiedo di proibire la vendita di costumi di Purim in tutto e per tutto simili a quelli usati da escort, prostitute e massaggiatrici". Bennett ha obiettato di "non avere autorità in materia" e tanto è bastato per moltiplicare su tv, radio e web le obiezioni di chi imputa al governo "passività" nei confronti di un fenomeno commerciale nonché "disgustoso" perché considerato "un incentivo alle aggressioni sessuali contro i minori" aggiunge Sadovnik. Per l'Associazione israeliana anti-stupri ogni anno il 64 per cento delle denunce vengono da minori e il 32 per cento da vittime con meno di 12anni.

(La Stampa, 14 marzo 2014)


“Sappi dunque che non è per la tua giustizia che l'Eterno, il tuo Dio, ti dà in possesso questo buon paese, poiché tu sei un popolo dal collo duro.”.
(Deuteronomio 9:6)


Heidegger, antisemita e vero nazista

Pubblicati i «Quaderni neri» del filosofo, che comprendono gli anni 1931-41
Confessioni che non lasciano dubbi. Deluso dal regime, lo accusò di «americanismo»


di Ranieri Polese

Martin Heidegger
Martin Heidegger fu un nazista? Sì». «Martin Heidegger fu un antisemita? Sì». Sulla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» di ieri, Jürgen Kaube, dopo aver letto le quasi 1300 pagine dei famosi Quaderni neri — detti così per la copertina cerata come si usava una volta — che comprendono gli anni dal 1931 al 1941, da ieri in libreria e a disposizione di tutti, chiude così la questione che ha tormentato la storia della cultura europea dalla fine della guerra a oggi.
Se già era nota l'adesione di Heidegger al Partito nazionalsocialista (primo maggio 1933, poco dopo esser diventato rettore dell'università di Friburgo), finora si era escluso che avesse avuto opinioni antisemite. E invece in quei Quaderni, negli anni di guerra, ricorrono frasi e pesanti considerazioni contro gli ebrei. Ma anche il nazismo di Heidegger, ricorda Kaube, era stato considerato una breve parentesi, visto che il filosofo si dimetteva dall'incarico del rettorato già nell'aprile del 1934. Ora, nelle pagine dei Quaderni, si vede invece che il periodo del ritorno agli studi, lontano da incarichi ufficiali, non fu un drastico ripensamento, l'ammissione di un errore — Heidegger lo disse nell'intervista concessa allo «Spiegel» nel 1966 — ma anzi il frutto di una delusione: i nazisti non erano all'altezza delle speranze che il filosofo nutriva nella loro azione. Sempre ieri, il settimanale «Zeit» pubblicava il lungo articolo di Thomas Assheuer su questo Heidegger non più segreto.
«Se anche in queste pagine fosse riconoscibile un pensiero, i Quaderni sono un delirio filosofico e un crimine del pensiero». Ricorda, Assheuer, i tanti tentativi di cancellare sospetti e dicerie sul coinvolgimento politico di Heidegger, salvando così il filosofo di Essere e tempo da accuse e infamie. Ora però questi taccuini, scritti senza cancellature né correzioni come i testi destinati alla pubblicazione, ci mostrano che il legame tra Heidegger e il nazismo si saldava con le esigenze del suo pensiero, in cerca di un «nuovo avvio», proprio come la Germania di quegli anni.

Le note dei Quaderni cominciano nell'ottobre 1931, anno di crisi per la Germania (6 milioni di disoccupati). Per Heidegger il popolo (Volk) ha bisogno di una rivoluzione nazionale, di una scossa che gli dia un «nuovo inizio». Finalmente arriva Hitler, «il Führer che ha risvegliato una nuova realtà, che dà al nostro pensiero la retta via e la forza d'urto». Nel 1933, dopo la presa del potere di Hitler, Heidegger, che già l'anno prima ha votato per il Partito nazionalsocialista, accetta la nomina a rettore dell'Università di Friburgo (21 aprile). Il primo maggio si iscrive al partito. Nel novembre, infine, partecipa a Lipsia alla riunione dei docenti tedeschi che affermano la loro fede in Adolf Hitler. Nell'aprile del 1934, però, si dimette dall'incarico di rettore. I Quaderni ci mostrano uno Heidegger deluso dal nazismo perché non sembra volere «il nuovo inizio» sperato. Non è il movimento che «supera l'età moderna», ma invece la «conduce a compimento» indulgendo all'«americanismo» della radio e del cinema portati nelle campagne a imbastardire la sana e antica gente contadina. L'orrore per la tecnica diventa così l'identificazione del nemico nel popolo inglese, che ha inventato «le macchine, la democrazia e l'utilitarismo». E la guerra, quando arriva inevitabilmente, per lui segna veramente il nuovo slancio dei tedeschi.

GLI EBREI — È alla fine degli anni Trenta che compaiono nei Quaderni delle riflessioni sugli ebrei, che «non hanno un territorio», che sono dotati di una «spiccata destrezza a contare, a infiltrarsi, a mescolarsi con gli altri». In una nota del 1938-39 si legge: «Gli ebrei vivono, considerato il loro rimarcato talento nel far di conto, da più tempo di tutti secondo il principio della razza, ragion per cui sono quelli che si oppongono più strenuamente alla sua applicazione illimitata». Frase che si comprende appieno tenendo conto del fatto che nel 1938 entravano in vigore ulteriori limitazioni ai diritti civili degli ebrei in Germania, e che ogni protesta, per esempio di imprenditori o negozianti (quelli che fanno di conto) costretti al fallimento, veniva brutalmente repressa. Ma anche — spiega Jürgen Kaube sulla «Faz» — Heidegger vuole difendere le leggi di Norimberga, promulgate nel 1935 per la «difesa del sangue tedesco», rinfacciando agli ebrei la loro secolare pratica della endogamia, del rifiuto cioè di matrimoni misti. Con la guerra, 1939, compare nei Quaderni la categoria del Weltjudentum, l'ebraismo mondiale che sta dietro i Paesi che combattono contro la Germania. «L'ebraismo mondiale, istigato dagli emigranti lasciati uscire dalla Germania, è dovunque imprendibile e non ha la necessità, nonostante tutto lo spiegamento di forze, di partecipare ad azioni militari. Invece a noi non resta che sacrificare il miglior sangue dei migliori figli del popolo» (1941). Dove si legge un chiaro accenno a una sorta di complotto mondiale contro la Germania dietro a cui stanno gli ebrei.

QUEI TERRIBILI INGLESI — Non solo per lo Heidegger dei Quaderni gli inglesi personificano il male assoluto (tecnica, democrazia, utilitarismo). Ma hanno anche un'altra colpa grave. «Ma può essere un caso che il mio pensiero e le mie questioni nell'ultimo decennio siano stati rifiutati proprio in Inghilterra, e che non si sia fatta nessuna traduzione delle mie opere?».

UN'INTERVISTA PER LA STORIA— Heidegger, comunque, continua a far da protagonista. Proprio in questi giorni è uscito un libro sulla famosa intervista concessa dal filosofo a Rudolf Augstein, fondatore e direttore di «Spiegel». Era il 1966, dopo una lunga trattativa, Augstein raggiunge Heidegger nella sua Hütte, nella Foresta nera. Parlano a lungo, l'accordo è che non siano domande accusatorie, Heidegger dà la sua disinvolta versione dei fatti (dopo le dimissioni del '34): il Partito lo avrebbe boicottato. Ricordando quell'incontro, Augstein parlava di Heidegger come di uno «sciamano» che l'aveva incantato e in qualche modo stregato.

(Corriere della Sera, 14 marzo 2014)


Turisti israeliani in crociera respinti a Tunisi

La compagnia di navigazione Norwegian Cruise Line ha denunciato che il governo tunisino ha impedito ai passeggeri di nazionalità israeliana di una sua nave da crociera di sbarcare nel porto di Tunisi domenica scorsa. «È un atto discriminatorio», dice in un comunicato la compagnia, annunciando di aver cancellato tutte le altre tappe in Tunisia. «Vogliamo mandare un messaggio forte alla Tunisia e ai porti di tutto il mondo perchè non tolleriamo e non tollereremo nemmeno in futuro tali atti discriminatori nei confronti dei nostri ospiti,» ha dichiarato Kevin Sheehan, Ceo della compagnia. «Siamo indignati per quello che è successo e per non esserne stati avvisati in anticipo. Ci scusiamo sinceramente con gli ospiti colpiti da questa discriminazione e desideriamo informarli che abbiamo adottato tutte le misure appropriate » ha detto ricordando che la compagnia lavora con uno staff di 90 nazionalità.

(il Giornale, 13 marzo 2014)


A Gerusalemme le maschere più antiche

In mostra undici reperti che risalgono a novemila anni or sono

(Quotidiano.net, 13 marzo 2014)


Pioggia di razzi da Gaza. Israele: Faremo rumore

di Davide Frattini

GERUSALEMME — Almeno una cinquantina tra razzi e colpi di mortaio sparati dalla Striscia di Gaza verso il sud Israele. Il suono delle sirene e il rimbombo dei botti. La risposta — promette da Gerusalemme il premier Benjamin Netanyahu — sarà «assordante»: «Se non verrà garantita la calma per noi, ci sarà rumore dall'altra parte». E in serata, ieri, aerei israeliani hanno iniziato a colpire obiettivi nella Striscia: un campo d'addestramento delle Brigate al Qods, braccio militare della Jihad, e due altri basi dell'organizzazione terroristica.
   L'avvertimento è per gli estremisti della Jihad Islamica — che hanno rivendicato la maggior parte dei lanci — e soprattutto per Hamas che controlla la Striscia e preferirebbe mantenere la tregua: è stata fissata un anno e mezzo fa dopo otto giorni di combattimenti, adesso il ping pong dei bombardamenti la rimette in discussione.
   Il movimento fondamentalista che dal giugno del 2007 domina il corridoio di sabbia tra Israele il mare è in difficoltà. L'Egitto dei generali ha svuotato il sostegno garantito dai Fratelli musulmani e tappato i tunnel che passano sotto la frontiera per alimentare l'approvvigionamento di prodotti (cemento, gasolio, cibo, medicine) e armi. La Jihad vuole dimostrare di essere il vero capo nella «lotta contro l'occupante». È quello che ha proclamato nel documento di rivendicazione e le motivazioni del gruppo sono sostenute anche da Hamas: sarebbe stato l'esercito israeliano a infrangere l'intesa per il cessate il fuoco quando l'altro ieri ha eliminato tre uomini della Jihad.
   È alla fazione più legata all'Iran che erano destinati gli armamenti trasportati dal cargo Klos C intercettato dalla Marina israeliana e scortato nel porto di Eilat. Dove Netanyahu è volato per esibire al mondo i missili che avrebbero dovuto essere recapitati per bersagliare Israele. Uno show (le immagini dei razzi sequestrati sullo sfondo) destinato a smascherare i mandanti più che gli esecutori. Netanyahu — commentano i giornali locali — resta impegnato nella battaglia che considera esistenziale: dimostrare che il regime di Teheran non è cambiato, che l'elezione di Hassan Rouhani a presidente non è la prova di uno slittamento verso la moderazione. «La verità che si cela dietro ai sorrisi», ha dichiarato il primo ministro indicando i quaranta M-302 dalla punta rossa.
   «L'obiettivo dello spettacolo sul Mar Rosso — scrive il quotidiano liberal Haaretz — era anche smascherare il presidente americano Barack Obama e quello che Netanyahu considera la sua relazione amorosa con il nuovo Iran». Il governo e gli strateghi israeliani — pure intellettuali della sinistra come Ari Shavit — continuano a considerare il regime degli ayatollah la minaccia maggiore.

(Corriere della Sera, 13 marzo 2014)


Non è soltanto la tregua di Israele con Hamas ad essere messa in discussione. Che senso hanno ancora i cosiddetti "colloqui di pace" così tenacemente voluti da Obama? Con chi dovrebbe accordarsi Israele per poter vivere in pace? M.C.


\ Gli ebrei in Svezia chiedono più protezione contro l'antisemitismo

di Antonio Scafati

Ronald Lauder
Un misto di sconcerto e paura, ma soprattutto la richiesta di maggiore protezione. La comunità ebraica di Svezia chiede alle autorità del paese di intensificare i controlli per proteggere i siti ebraici nella nazione scandinava. Sono sempre più numerosi gli episodi di antisemitismo. L'ultimo solo poche ore fa, contro una scuola nel centro della capitale.
"Dato l'aumento in Svezia di comportamenti violenti ed antisemiti legati all'estremismo politico, le autorità del paese devono rafforzare la protezione intorno ai siti ebraici" ha dichiarato Ronald Lauder, dal 2007 presidente del Congresso ebraico mondiale, una federazione che riunisce le comunità e le organizzazioni ebraiche sparse nei cinque continenti.
L'ultimo caso in ordine di tempo è di poche ore fa. Una scuola nel centro di Stoccolma è stata imbrattata con svastiche e scritte inneggianti al nazismo. L'istituto offre lezioni di ebraico. È frequentata da oltre 800 adolescenti di età compresa tra gli undici e i quindici anni, alcuni dei quali di religione ebraica. Lunedì mattina sui muri della scuola sono comparse svastiche e scritte come 'ebrei maiali' ed 'ebrei schifosi'. La scuola è rimasta chiusa e il personale ha provveduto a rimuovere le scritte.
Il governo di Stoccolma ha sottolineato la gravità del gesto. "La Svezia dovrebbe essere una società aperta e tollerante, dove ognuno possa sentirsi il benvenuto e dove ognuno abbia il diritto di esprimere la sua opinione" ha affermato il primo ministro Fredrik Reinfeldt. La polizia sta indagando sull'accaduto ma per ora nessuna traccia dei colpevoli. "Ringraziamo le autorità svedesi per la disponibilità dimostrata ad affrontare questi problemi" ha aggiunto Lauder, nella cui dichiarazione è insita però la richiesta di un colpo d'ala: che dalle parole si passi ai fatti.
Perché la ferita resta. E resta anche la paura. Lena Posner-Körösi, al vertice della Comunità ebraica di Stoccolma, ha affermato che è la prima volta che la scuola è oggetto di vandalismo di matrice antisemita, ma in passato c'erano già stati segnali preoccupanti. "Sono più che semplici coincidenze" ha dichiarato alle agenzie di stampa.
Lo scorso dicembre, un corteo antifascista è stato aggredito da alcune decine di neonazisti a Kärrtorp, un sobborgo di Stoccolma. A rivendicare il gesto è stato il Movimento di resistenza svedese, uno dei gruppi più violenti sulla scena. Altre sigle neonaziste sono note, come il Partito degli svedesi. Ideologie e simboli che rimandano all'orrore di settant'anni fa.
L' Agenzia Ue per i diritti fondamentali ha calcolato che il 18 per cento degli ebrei in Svezia percepisce un rischio intorno a sé. Malmö è una delle città dove gli ebrei si sentono meno al sicuro. Nel settembre del 2012, un'esplosione ha danneggiato un centro culturale. Nessun ferito. Nello stesso anno si sono contati a Malmö una sessantina di crimini riconducibili all'antisemitismo. Molte famiglie se ne vanno: secondo il quotidiano Dagens Nyheter, negli anni '70 in città c'erano circa 2000 ebrei. Oggi se ne contano appena un quarto.

(Il Messaggero, 12 marzo 2014)


Morta a 101 anni Marga Spiegel, tra le poche sopravvissute alla Shoah

  
Marga Spiegel
BERLINO - Si era salvata dalla furia sterminatrice della Germania nazista grazie a cinque famiglie di fattori amici, che l'avevano tenuta nascosta fino alla fine della guerra. Martedi Marga Spiegel, una delle più anziane sopravvissute alla Shoah, è morta a Muenster, in Germania, all'età di 101 anni. Lo ha reso noto la comunità ebraica locale.
La storia di Marga Spiegel era diventata particolarmente nota in Germania grazie al film che ne era stato tratto, "Saviors in the Night", uscito nel 2009 in diversi Paesi - ma non in Italia - con la famosa attrice Veronica Ferres nel ruolo della protagonista. Quasi tutta la famiglia di Spiegel è stata deportata e uccisa nei campi di concentramento nazisti.
Lei, insieme al marito e a una figlia, è riuscita a sopravvivere solo grazie alla complicità di cinque famiglie di agricoltori, che a rischio della vita l'hanno salvata dalla follia antisemita del Reich hitleriano nascondendola tra il 1943 e il 1945, quando aveva trent'anni. Spiegel è stata zia di un ex presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Paul Spiegel.
Oggi alla sua memoria hanno reso omaggio numerose personalità del mondo politico e culturale tedesco. La presidente del Nordreno-Vestfalia, la socialdemocratica Hannelore Kraft, ne ha ricordato il ruolo di testimone. "Ha mostrato come il coraggio, l'umanità e l'impegno civile siano importanti per la nostra società", ha detto Kraft. "Nonostante tutte le atrocità che ha dovuto vivere durante il nazismo, non si è mai stancata di portare il suo amore nel mondo", ha detto di lei l'attrice Veronica Ferres.

(blitz quotidiano, 12 marzo 2014)


Cameron: boicottare Israele è ripugnante e la Gran Bretagna si oppone

ROMA - La Gran Bretagna si e' opposta a qualsiasi boicottaggio dello Stato di Israele. E' quanto ha affermato il premier britannico David Cameron di fronte al parlamento israeliano, in riferimento alla campagna internazionale di boicottaggio economico e culturale di Israele come conseguenza dell'occupazione dei Territori palestinesi. ''Delegittimare Israele e' ripugnante. E insieme supereremo questa situazione'', ha dunque promesso ai deputati.

(ASCA, 12 marzo 2014)


Allarme neo-nazismo. Consiglio d'Europa: nessun Paese è esente

Occorre una risposta coordinata a livello internazionale

STRASBURGO, 12 mar - "L'ascesa dei movimenti neo nazisti non è un fenomeno isolato solo ad alcuni Stati membri del Consiglio d'Europa, ma un problema presente in forme diverse e per motivi storici diversi in tutti i Paesi del continente. Ed è per questo che la risposta deve essere coordinata a livello europeo e deve tenere conto delle migliori pratiche adottate sinora per combattere il neo nazismo". L'allarme è stato lanciato dal presidente della commissione affari politici dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Theodora Bakoyannis, al termine dell'audizione che l'organismo ha condotto in vista della stesura di un rapporto sulla lotta ai movimenti neo nazisti. Durante l'audizione sono state presentate le misure, in particolare incentrate sull'educazione, adottate da alcuni Stati per combattere il propagarsi dei movimenti neo nazisti. La Svezia per esempio ha investito 8 milioni di euro nel biennio 2012-14 nel piano nazionale per la salvaguardia della democrazia, sulla base di studi che hanno dimostrato che c'è una chiara correlazione tra il livello di tolleranza mostrato dagli studenti e le ore di lezione dedicate alla democrazia e ai diritti umani.

(ANSA, 12 marzo 2014)


Torino - Negazionismo, serve una legge?

Un interessante convegno interamente ripreso in video

Video
Il negazionismo, cioè la polemica e violenta tendenza a negare la realtà storica della Shoah, sta purtroppo acquisendo forza e diffusione anche in Italia, accompagnato da atti di aperto antisemitismo come quelli recentemente avvenuti a Roma. In tale quadro, ha ripreso vigore l'iniziativa volta a codificare il reato di "negazionismo" all'interno del nostro sistema giuridico, nonché l'acceso dibattito sviluppatosi intorno a un tema così caldo e delicato.
Storici, giuristi, politici, uomini delle istituzioni e comuni cittadini si interrogano sull'opportunità di un simile passo: può costituire uno strumento effettivamente utile a scoraggiare o stroncare sul nascere atteggiamenti che avanzano striscianti sul web e nei social networks per poi esplodere in atti clamorosi e offensivi? Soprattutto, è possibile contribuire concretamente con la forza della legge a bloccare la diffusione di aberrazioni e falsità storiche capaci di distorcere la formazione dei cittadini, particolarmente dei più giovani, e di condurli al pregiudizio o al vero e proprio antisemitismo? Oppure una legge anti-negazionismo rischia di alterare nel fondo quella libertà di opinione e quella circolazione di idee che costituiscono una base insostituibile della nostra democrazia? E se il vietare la diffusione di concezioni e ricostruzioni della realtà indubbiamente aberranti portasse invece involontariamente acqua al mulino dei negazionisti, facendone impropriamente delle vittime in nome della libertà di pensiero, dei martiri di un sempre famigerato "reato d'opinione"?
D'altra parte, è giusto e possibile restare inerti di fronte all'inquietante ripresa di un fenomeno come l'antisemitismo, che sempre si manifesta come patologia sociale facilmente individuabile ma ben difficilmente estirpabile? La risposta deve venire dall'educazione, dalla formazione, si dice; ma troppi episodi ricorrenti dimostrano che la scuola e la conoscenza giungono solo fino a un certo punto, che ci sono settori sociali impermeabili all'azione pedagogica.
Di fronte a questo groviglio di attualissimi problemi l'Associazione culturale ebraica "Anavim" e la Comunità Ebraica di Torino il 17 febbraio scorso - presso il Centro Sociale della Comunità Ebraica di Torino di Piazzetta Primo Levi, 12 - hanno messo intorno a un tavolo alcuni studiosi di formazione e convinzioni differenti, di fronte all'obiettivo condiviso di contrapporsi alla pericolosa diffusione del negazionismo: il giornalista ed ex-deputato Furio Colombo, il giurista Carlo Federico Grosso, gli storici Claudio Vercelli e Paolo Coen, la filosofa Donatella Di Cesare, il rabbino Beniamino Goldstein. Ha moderato il dibattito Giulio Disegni, vicepresidente dell'UCEI.
David Sorani
Presidente di Anavim
Vicepresidente della Comunità Ebraica di Torino

(Kolòt, 12 marzo 2014)


Nazareth, la sfida cristiani-musulmani sul nuovo sindaco

Ieri il voto ha concluso una campagna «cattiva». La partita si gioca tra Jarasi e Salam. Oggi i risultati.

di Susan Dabbous

NAZARETH - Una campagna elettorale aggressiva e piena di colpi di bassi: un incubo per gli abitanti di Nazareth, che oggi vedranno finalmente proclamato il loro sindaco. Gli elettori sono dovuti tomare ieri alle urne dopo che il sindaco uscente, il cristiano Ramez Jarasi, 61 anni, aveva contestato il risultato delle votazioni del 23 ottobre scorso, vinte dallo sfidante musulmano Ali Salam, suo coetaneo. Jarasi e Salam si sono accusati reciprocamente di brogli elettorali, di corruzione e collusione coi poteri forti, ovvero Israele. Contrariamente alla gemella Betlemme, infatti, Nazareth si trova dentro lo stato sionista. Eletto per quattro volte di seguito nelle liste del partito Hadash, alla guida della città dal 1994, Jarasi è quello che in Italia verrebbe chiamato un sindaco "cattocomunista". Salam (che di Jarasi è stato vicesindaco per 14 anni) è invece un indipendente sostenuto comunque dal Movimento islamico e dal Balad, partito nazionalista arabo. Le elezioni di ieri si sono svolte in un clima sereno, ma con scarsa partecipazione da parte dei giovani. «Non è questione di religione - spiega Budour, studentessa 24enne - è che rappresentano tutti e due lo status quo, fanno parte della stessa classe dirigente che ha abbandonato la città a se stessa». Ben oltre il centro storico curato nel dettaglio per accogliere il turismo religioso, Nazareth è una città di 80.000 abitanti preoccupati per la propria sicurezza. E questo è dovuto all'aumento della criminalità degli ultimi anni. Molti cittadini, soprattutto cristiani, si sono trasferiti così a "Upper Nazareth", il nuovo agglomerato urbano israeliano adiacente alla città vecchia. «Non importa chi vince, io resto dove sono - racconta disilluso un abitante di Upper Nazareth -: vivevo nel quartiere musulmano di Jabal Hammudeh ed ero circondato da persone che possedevano armi illegalmente».

(Avvenire, 12 marzo 2014)


Iran - Accordo con Mosca per costruire due nuove centrali nucleari

TEHERAN, 12 mar. - L'Iran ha raggiunto un accordo preliminare con Mosca per costruire almeno due nuove centrali nucleari nella città portuale di Bushehr. Lo ha annunciato oggi il portavoce dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Behrouz Kamalvandi, citato dall'agenzia di stampa Irna.
"Iran e Russia hanno raggiunto un accordo preliminare per costruire almeno due nuove centrali nucleari", ha detto Kamalvandi all'Iran. La Russia ha già completato la costruzione di una prima centrale da 1.000 megawatt a Boushehr, di cui ha affidato ufficialmente il controllo agli iraniani nel settembre 2013.

(TMNews, 12 marzo 2014)


Il Parlamento israeliano approva la legge sull’arruolamento degli ebrei ultraortodossi

GERUSALEMME, 12 mar. - Il Parlamento israeliano ha approvato una controversa legge che prevede l'arruolamento di ebrei ultraortodossi nell'esercito. Il provvedimento è stato adottato dalla Knesset con 67 voti a favore e uno contrario. L'opposizione ha boicottato la votazione, affermando che si tratti di una delle tattiche aggressive della coalizione di governo. Gli ultraortodossi, per anni esentati dal servizio militare, affermano che i loro giovani servano il Paese attraverso preghiere e studio, preservando l'eredità e lo studio ebraico. L'arruolamento, sostengono, minaccia la loro comunità. Le esenzioni hanno tuttavia suscitato il risentimento di israeliani laici e la questione è stata al centro della campagna elettorale dell'anno scorso.

(LaPresse, 12 marzo 2014)


Israele: oscuri presagi di guerra

di Cristofaro Sola

Si vis pacem, para bellum. Se vuoi la pace, prepara la guerra. È un'espressione tipica della saggezza dei nostri progenitori che, oltre duemila anno or sono, civilizzarono il mondo. Oggi potrebbe essere il consiglio che ogni persona di buon senso sentirebbe di dare agli israeliani, vista la piega che stanno prendendo gli eventi. Netanyahu e Abu Mazen hanno assunto l'impegno di negoziare una pace definitiva che fosse fondata sulla coesistenza su una stessa terra di due Stati indipendenti. Israele, in particolare, ha puntato tutte le sue carte migliori sull'esito favorevole del negoziato di pace.
   Per dare prova di assoluta buona fede, le autorità di Gerusalemme hanno provveduto a rilasciare un cospicuo numero di palestinesi detenuti per gravi reati contro la sicurezza dello Stato. La decisione unilaterale di un atto di clemenza così impegnativo ha prodotto divisioni laceranti tra la popolazione ebraica. Nonostante ciò Netanyahu ha tirato dritto per la sua strada nella speranza che un gesto tanto forte potesse convincere l'interlocutore. E i palestinesi? Da subito Abu Mazen e i suoi hanno sostenuto che le proposte di riconoscimento di Israele come Stato ebraico e di frazionamento della capitale Gerusalemme fossero irricevibili. I palestinesi hanno sempre pensato che la città santa fosse cosa loro da non spartire con altri. Nelle fasi iniziali della trattativa si poteva supporre che la pressione internazionale potesse condurre i palestinesi su posizioni più ragionevoli. Ma così non è stato. A poco più di un mese dalla data fissata per la conclusione del negoziato, i dirigenti dell'Anp (Autorità Nazionale Palestinese) hanno reso più aspri i toni della polemica, rilasciando dichiarazioni dai contenuti inequivocabili.
   Le forze fautrici del dialogo contavano sul fatto che i dirigenti dell'Anp avessero perso consensi all'interno del gruppo degli amici storici della causa palestinese. Secondo gli analisti il bisogno di stabilizzare l'area, anche alla luce del catastrofico fallimento delle "primavere arabe", avrebbe dovuto fare aggio sulla rigidità delle posizioni dell'Anp. Invece, la scorsa domenica, la Comunità internazionale ha constatato quanto illusoria fosse l'idea di contare sugli altri Paesi arabi per convincere Abu Mazen e i suoi ad accettare il punto dirimente dell'intera vicenda: il riconoscimento di uno Stato ebraico. Nel corso della riunione dei ministri degli Esteri della Lega Araba, tenutasi al Cairo, i partecipanti hanno votato un documento nel quale si afferma: "Il Consiglio della Lega Araba conferma il proprio sostegno alla dirigenza palestinese nel suo sforzo di porre fine all'occupazione israeliana sulle terre palestinesi e rimarca il suo rifiuto di riconoscere Israele come stato ebraico".
   Si tratta di un colpo micidiale, forse definitivo, alle speranze di veder concluso con successo il negoziato di pace. La verità è che, per l'ennesima volta, la Comunità internazionale va a sbattere contro il muro di arrogante intransigenza del mondo arabo che, francamente, è divenuto insostenibile. La pretesa di Abu Mazen è quella di veder riconosciuto uno Stato, quello palestinese, senza riconoscere l'eguale diritto dell'altra parte. Vi pare che sia cosa tollerabile? La chiusura del leader palestinese sul terreno della trattativa, che non è una notizia, incrocia un'altra non- notizia che, tuttavia, deve allarmare e non poco. La scorsa settimana, grazie a un'efficace azione d'intelligence, le Forze di Difesa Israeliane hanno intercettato e sequestrato un cargo al largo di Porto Sudan, nel mar Rosso, che trasportava clandestinamente missili a lungo raggio, diretti alla Striscia di Gaza. I servizi di sicurezza israeliani hanno stabilito che i razzi, di fabbricazione siriana, erano stati inviati da Teheran per l'approvvigionamento bellico di Hamas.
   Le autorità militari di Gerusalemme si dicono convinte che nel prossimo futuro dovranno prepararsi a fronteggiare attacchi missilistici simultanei da due, forse tre aree diverse: la striscia di Gaza, il Libano meridionale e la Siria. Il fatto che i palestinesi si siano dotati degli M-302, missili a lungo raggio in grado di percorrere fino a 200 chilometri prima di abbattersi sull'obiettivo, mette in pericolo le popolazioni civili delle più grandi città d'Israele. Come stiano realmente le cose lo ha spiegato il generale Shahr Shohat, capo del Comando della Difesa aerea israeliana, nel corso di una conferenza sulla sicurezza tenuta a Tel Aviv, presso l'Istituto per gli Studi sulla Sicurezza Nazionale. "In un'eventuale prossima guerra - ha dichiarato il generale - ci troveremo ad affrontare decine di migliaia di razzi di ogni tipo e decine di droni, verosimilmente su entrambi i fronti"(settentrionale e meridionale, ndr). Per la difesa aerea israeliana ormai è una lotta contro il tempo. Il vecchio ombrello protettivo steso sui cieli del Paese, denominato "cupola di ferro", non è in grado di reggere l'impatto di missili del tipo di quelli sequestrati come l'M-302 in grado di sostenere una testa di 140 chili. Il razzo è classificato come "arma statistica" ovvero arma che colpisce nel mucchio avendo come target affollate comunità di civili. L'arma terroristica per eccellenza.
   Per fronteggiare la minaccia dal cielo, gli israeliani stanno lavorando con gli americani alla messa a punto di un nuovo ombrello di protezione. Si tratta del sistema d'intercettazione missilistica denominato "fionda di David", ancora in fase di realizzazione. Esso non è disponibile in via immediata, cosa nota ai palestinesi e al regime di Teheran. Israele deve prepararsi al peggio. Fidarsi ancora della credibilità dei dirigenti palestinesi equivarrebbe a un suicidio. Sarebbe bene che il governo di Gerusalemme iniziasse a guardarsi intorno per capire su chi può contare e chi no, nell'ambito della Comunità internazionale. A questo proposito, desta preoccupazione la posizione dell'Italia sullo stallo dei negoziati. Posto che il nostro Governo una posizione l'abbia, del che è lecito dubitare, le foto che stanno circolando in queste ore di una giovane Federica Mogherini che fa bella mostra di sé al fianco di Arafat, fanno sorgere il legittimo sospetto che la nuova politica estera italiana sarà quella scritta nei documenti arcobaleno dell'Arci o copiata dai documenti d'archivio della Fgci.
   La sinistra borghese radical chic fecondata da un imperante Veltroni, tutta salotti e kefiah, a cui la giovane ministra è iscritta di diritto, ha l'abitudine di parteggiare per i palestinesi, qualsiasi cosa facciano o dicano. Questo atteggiamento preconcetto potrebbe portare l'Italia a negare decenni di consolidata amicizia con Israele. Sarebbe opportuno che Renzi intervenisse sulla questione e ci spiegasse se ha un'idea chiara della situazione. Desideriamo conoscere dov'è che l'attuale ministro degli Esteri intende collocare il nostro Paese. A quale sponda vuole farci approdare soprattutto se dovessero, non lo auspichiamo ma lo consideriamo possibile, riprendere le ostilità sul campo. Questa volta non avere una linea di politica estera certa non sarebbe soltanto colpevole, peggio, sarebbe criminale. E non pensi il giovane premier di cavarsela con una battuta. Non venga a dirci, Renzi, che la Mogherini in quella foto aveva preso un abbaglio, magari pensava che dietro quella barba ci fosse Franceschini.

(L'Opinione, 12 marzo 2014)


Israele-California: accordo su R&D

Il Primo Ministro Benyamin Netanyahu ha firmato con il Governatore della California Jerry Brown un accordo di cooperazione fra Israele e California. L'accordo interessa varie aree: tecnologie per l'acqua, energia e sicurezza cibernetica attraverso la collaborazione degli istituti di ricerca in Israele e California.
Israele vanta un'alta tecnologia nel reciclaggio dell'acqua, desalinazione e sviluppo di nuove tecnologie per l'acqua potabile. Brown ha sottolineato l'importanza della sicurezza cibernetica e l'abilita' d'Israele in questo campo. Netanyahu ha aggiunto l'importanza di stabilire voli diretti fra Tel Aviv e San Francisco.

(Tribuna Economica, 12 marzo 2014)


Netanyahu mostra le armi dell’Iran destinate a Gaza: "Il mondo si svegli"

Il premier: "Altro che sorrisi, questa la vera faccia di Teheran"


(ANSA, 11 marzo 2014)


In Israele approvata legge elettorale per garantire "stabilità" al governo

Il Parlamento israeliano ha approvato un disegno di legge per alzare lo sbarramento d'ingresso ai partiti che si presentano alle elezioni legislative: la soglia per ottenere seggi alla Knesset è stata portata dal 2% al 3,25%. All'unanimità l'opposizione ha boicottato il voto.
La legge "sulla stabilità di governo" comprende anche la riduzione del numero di ministri nella squadra di governo: i ministeri non dovranno essere più di 18. Sono state imposte anche delle restrizioni per poter presentare la mozione di sfiducia contro l'esecutivo: da ora in poi la sfiducia potrà essere votata solo una volta al mese.
Gli oppositori più accaniti contro la legge sono stati i membri dei tre partiti arabi rappresentati alla Knesset. Per poter conquistare dei seggi al Parlamento israeliano nelle prossime elezioni dovranno necessariamente fondersi.

(La Voce della Russia, 11 marzo 2014)


Netanyahu: nessun accordo se i palestinesi non riconoscono Israele

ROMA - Nessun accordo di pace fra Israele e i palestinesi, se questi ultimi non riconosceranno prima lo Stato ebraico. Lo ha detto parlando alla radio pubblica il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. ''Voglio che sia chiaro che non accettero' alcun accordo che non cancelli il diritto al ritorno dei rifugiati e che non includa il riconoscimento dello Stato ebraico'', ha detto Netanyahu.

(ASCA, 11 marzo 2014)


Una delegazione da Israele ha incontrato il presidente della Provincia autonoma di Trento

Il direttore per gli affari economici del Ministero dell'Economia di Tel Aviv Johnatan Hadar a Trento per approfondire le collaborazioni economiche.

L'incontro del Presidente Rossi con la delegazione israeliana
TRENTO, 11 mar. - Il direttore per gli affari economici, tecnologici e commerciali del Foreign Trade Administration del Ministero dell'Economia di Israele e capo della Rappresentanza diplomatica d'Israele a Milano Johnatan Hadar
Johnatan Hadar
, assieme a Michela Vitulano, Trade Officer del Ministero dell'Economia di Israele, ha incontrato oggi, al termine di una visita di due giorni in Trentino, il presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi.
Obiettivo della visita, confrontarsi con i principali attori territoriali della ricerca e del sistema d'impresa riguardo alle possibili opportunità per accrescere la cooperazione già in corso, in particolare attraverso il Programma europeo di finanziamento della ricerca HORIZON 2020.
Inoltre, verificare le opportunità di presentazione di nuove start-up e tecnologie italiane e trentine in Israele, sulla base dell'accordo che su tali argomenti è stato recentemente firmato tra i Ministeri dello sviluppo economico italiano ed israeliano.
Il Trentino ha già siglato a sua volta nel 2012 un accordo per la ricerca industriale, il primo firmato da Israele con un'entità non statale ma regionale europea.
«Viste le premesse, la nostra intenzione è quella di fare del Trentino un hub per proiettarci sul panorama europeo», ha confermato la delegazione israeliana al termine del cordiale incontro.
La delegazione, accompagnata da Raffaele Farella, dirigente con incarico speciale per la promozione e l'internazionalizzazione della Provincia, ha visitato la Fbk, l'Università di Trento, il centro Microsoft di Povo, il progetto Manifattura a Rovereto, e ha incontrato i responsabili di Trento Rise per il progetto Tech Peaks, che punta alla creazione di nuove start up sul territorio.
Ha inoltre avuto un cordiale incontro di lavoro con l'assessore alla ricerca e all'Università Sara Ferrari.
L'impressione riscontrata è stata molto positiva.
A monte vi è la collaborazione già avviata con l'Accordo sottoscritto due anni fa fra Provincia autonoma e Israele, che ha permesso di attivare nel febbraio 2013 un Bando bilaterale rivolto alle imprese trentine e israeliane che, nella realizzazione di progetti comuni, potranno essere assistite tecnologicamente e scientificamente dalle università e dai centri di ricerca di entrambi i partners.
Le aree sulle quali si è incentrato il bando sono quelle dell'ICT, delle biotecnologie, delle energie rinnovabili, delle tecnologie ambientali e dello sviluppo di dati, software e applicazioni innovative.
In questa prima edizione del Bando sono state 11 le proposte progettuali e 2 quelle ammesse a finanziamento al termine delle due fasi di valutazione; da parte trentina le imprese interessate sono Almax Mori e Algorab.
L'auspicio - fatto proprio dal presidente Rossi - è che il bando possa essere rinnovato, avviando progetti che abbiano una chiara ricaduta economica, conformemente all'orientamento di Israele ma anche agli interessi del sistema economico e della ricerca Trentino.

(L'Adigetto, 11 marzo 2014)


Riapre il valico egiziano di Rafah

Dopo dieci giorni di blocco seguiti alla messa fuorilegge di Hamas

 
Il valico di Rafah
IL CAIRO - Le autorità egiziane hanno riaperto ieri, dopo dieci giorni di blocco, il valico di Rafah che collega l'Egitto con la Striscia di Gaza. Lo scrive il quotidiano «Al Ahram» citando fonti della sicurezza. La riapertura del valico di Rafah — l'unico terminal di confine con il territorio palestinese non controllato da Israele — è stata predisposta solo per due giorni a partire da ieri. Martedì scorso la giustizia egiziana aveva messo fuorilegge Hamas — che controlla la Striscia di Gaza — imponendo un divieto temporaneo delle sue attività all'interno del Paese.
I rapporti tra Il Cairo e Hamas si sono inaspriti dopo la destituzione dell'ex presidente egiziano, Mohammed Mursi. Il nuovo Governo accusa il movimento radicale palestinese di complottare per compiere atti violenti in territorio egiziano e in particolare di fornire sostegno ai militanti islamici nella penisola del Sinai.
La situazione nel Paese resta ancora tesa e un altro poliziotto è stato ucciso sabato in un agguato teso da uomini armati a un posto di blocco stradale nel governatorato di Sharkia. Lo ha reso noto una fonte della sicurezza aggiungendo che gli agenti hanno risposto al fuoco uccidendo un aggressore.
Intanto, il presidente ad interim, Adly Mansour, ha promulgato sabato la nuova legge sulle presidenziali, in programma indicativamente per la metà di aprile. Il provvedimento fissa i requisiti di base per candidarsi alla massima carica istituzionale e rende definitive e non impugnabili tutte le decisioni adottate dalla commissione elettorale centrale, sia prima che dopo la consultazione.
Con l'entrata in vigore della legge, la Commissione stessa potrà finalmente fissare la data precisa della consultazione. Dopo la promulgazione della legge dovrebbe essere ufficializzata la candidatura del maresciallo Abdel Fattah El Sissi, ministro della Difesa e capo dell'esercito.
Tra le caratteristiche prescritte agli aspiranti alla massima carica dello Stato: avere almeno quarant'anni di età, aver conseguito una laurea, aver espletato il servizio militare e essere nati da genitori egiziani. Non sarà candidabile chiunque abbia acquisito una nazionalità straniera e chiunque abbia un coniuge o i genitori cittadini di un altro Stato.

(L'Osservatore Romano, 11 marzo 2014)


Presentato il programma di restauro della Sinagoga di Alessandria

ALESSANDRIA - E' stato presentato questa mattina, in Sala Giunta, il programma dei lavori di restauro alla Sinagoga di Alessandria. Si tratta di un ulteriore passo verso il recupero complessivo del monumento che ha già visto il completamento dei lotti di restauro delle coperture, delle facciate e di parte degli ambienti interni (biblioteca, archivio, tempietto invernale e sistema di accessi).
Saranno oggetto dei lavori i matronei che si trovano oggi in condizioni precarie per la necessità di consolidare le strutture ed occuparsi del fissaggio delle stuoie di canniccio e del materiale pittorico.
Il termine dei lavori è previsto per la Giornata della Cultura Ebraica il prossimo 14 settembre 2014; in seguito si predisporranno gli interventi per il restauro filologico della Sala del Tempio che richiederanno, invece, tempi più lunghi.
Il costo complessivo degli interventi sarà finanziato con fondi provenienti da: Comune di Alessandria (residui fondi Legge 15/1989), Comunità per il Recupero della Sinagoga di Alessandria, Compagnia di San Paolo, Consulta per la Valorizzazione dei Beni artistici e Culturali dell'Alessandrino, Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria e Cassa di Risparmio di Torino.
"Siamo molto orgogliosi di quanto si sta cercando di portare avanti nell'ottica della salvaguardia e della tutela della nostra comunità, della sua storia e delle sue tradizioni - ha commentato l'assessore alla Coesione Sociale, Mauro Cattaneo -. La riscoperta della Sinagoga è stata abbastanza recente, ma il percorso per la sua tutela e valorizzazione è lungo e difficoltoso. Il contributo degli Enti e delle Istituzioni è fondamentale in questo senso e speriamo, al più presto, di poter concludere i lavori per dedicare questo pezzo di storia alla cittadinanza".
Per fare conoscere la struttura e mantenere vivo l'interesse, la sezione alessandrina della comunità ebraica di Torino organizza ciclicamente visite guidate per le scuole e promuove la vita della Sinagoga con la celebrazione di festività tradizionali come la festa di Purim o delle Sorti che si svolgerà domenica 16 marzo, alle ore 17, presso la sala del Tempio della Sinagoga. La celebrazione sarà allietata dal Coro Piccole Voci del Conservatorio di Musica 'Antonio Vivaldi' di Alessandria, diretto dal Maestro Andrea Basevi, che eseguiranno musiche tratte dalla tradizione ebraica.

(Tuono News.it, 11 marzo 2014)


Fatah boccia Israele come Stato ebraico

Il Consiglio rivoluzionario di al Fatah ha approvato per accalamazione il rifiuto di riconoscere Israele come Stato ebraico. "Il presidente Abu Mazen ha voluto ribadire il rifiuto e i membri del Consiglio lo hanno approvato all'unanimità", ha dichiarato un membro del movimento. Mercoledì è atteso in Medioriente il premier britannico Cameron. Nei due giorni di visita, incontrerà l'israeliano Netanyahu, il palestinese Abu Mazen e terrà un discorso alla Knesset.

(Rai News, 11 marzo 2014)


Ucraina - Il direttore del Comitato Ebraico: presi tra due fuochi, pensiamo a emigrare

di Fiamma Nirenstein

Oleksandr Feldman, Presidente del Comitato Ebraico dell'Ucraina
GERUSALEMME - «La verità - Edward Dolinsky, direttore generale del Comitato Ebraico dell'Ucraina, fa un sorriso amaro - è che ogni ebreo in Ucraina, a Kiev, a Odessa, e anche in Crimea si sta chiedendo se non sia il caso di emigrare in Israele. Compreso io stesso». Gli ebrei ucraini di nuovo si sentono minacciati, pesano su di loro memorie feroci (il più famoso l'eccidio di Babi Yar) dell'endogeno antisemitismo del loro Paese, dove pure hanno dimorato da millenni. Già negli anni Novanta 350mila ebrei ucraini sono diventati cittadini israeliani. Adesso ne sono rimasti fra i 300 e i 400mila, di cui 15mila circa in Crimea. Dolinsky confessa di essere venuto a chiedere aiuto insieme al Presidente del Comitato il parlamentare e mecenate Oleksandr Feldman. A pochi passi dalle mura della Città Vecchia, Dolinsky e Feldman sono amari e ironici: il governo israeliano non ci ascolta; la prudenza diplomatica è incomprensibile anche se capiscono che Putin è un argomento delicato specie da quando gli Usa si mostrano freddi; nessuno paga le spese di nove feriti trasportati in un ospedale israeliano; l'Agenzia Ebraica non ha fatto niente; la Knesset doveva per due volte tenere un dibattito in aula, e lo ha cassato... insomma gli ebrei ucraini vorrebbero che Israele, dice Dolinsky, si occupasse di più di «un popolo che lotta per la libertà», che dicesse qualche parola contro Putin: «Se Putin decide di "proteggere", come dice lui, tutti i cittadini di lingua russa, qui ce ne sono più di 2 milioni. Vedrete presto i carri armati», scherza. Secondo Feldman «l'antisemitismo in Ucraina ha fatto paura nel 2012, quando Svoboda ha acquisito potere alle elezioni e si è svegliato l'odio tipico dei Paesi dell'Est. Ma dopo poco, per l'intervento dell'Unione Europea, aggredire, incolpare gli ebrei è diventato vergognoso, in piazza gli ebrei ci sono stati come gli altri, le aggressioni antiebraiche sono ridotte a zero, Putin tenta di affermare che è là con i soldati per difendere le minoranze, ma anche da parte russa gli ebrei non godono certo di una storia tranquilla». Fra due fuochi: in Crimea la comunità ebraica, anche se per una parte si allinea all'opinione degli altri abitanti che a Simferopol vedono come inevitabile tornare nel ventre della Grande Madre Russia, denuncia episodi come quello di una settimana fa: alle 4 di mattina un uomo ha scritto sulla porta di una sinagoga: «Uccidiamo gli ebrei», gli odiati Zhids. Ma in Crimea non c'è mai stato molto antisiemtismo, gli ebrei, dice Dolinsky, in gran parte pensano che non vogliono i russi a salvarli. Per esempio il giovane rabbino Misha Kapuskin tenendo aperta la sinagoga sfregiata l'ha ornata con una bandiera ucraina e una israeliana. Ma gli ultranazionalisti antisemiti in Ucraina arrotano le spade per le elezioni. Più di tutti suscita preoccupazione, oltre a Svoboda, il neonazista Yarosh. Il suo movimento Pravyi Sector ha avuto un ruolo nella cacciata di Viktor Yanukovich e può contare su gruppi paramilitari. Yarosh andrà alle elezioni, forse in Parlamento. In Crimea d'altra parte le nostalgie comuniste antisemite non ci metteranno molto a venire a galla. Sì, forse le agenzie di viaggio possono cominciare a staccare i biglietti Kiev-Tel Aviv a meno di un miracolo, anzi due.

(il Giornale, 11 marzo 2014)


Ricerca: contributi per progetti congiunti Italia-Israele

Al via il terzo bando per la raccolta di progetti congiunti di ricerca per la cooperazione scientifica e tecnologica fra Italia e Israele.
Il bando Track scientifico 2014 si iscrive nell'ambito dell'accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica tra Italia e Israele sottoscritto dal Ministero israeliano della Scienza e dal Ministero degli Affari esteri.
I progetti di ricerca possono riguardare due settori:
   • restauro, conservazione, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale;
   • energie rinnovabili per il sustainable living;
e possono essere presentati da università, centri e istituti di ricerca pubblici e privati italiani, in collaborazione con enti accreditati israeliani.
Ciascun progetto, della durata massima di due anni, potrà essere finanziato fino al 50% dei costi documentati di ricerca. Il sostegno finanziario non potrà superare i 66mila euro per parte.
La domanda per accedere al bando deve essere presentata entro il 15 maggio 2014.

(Fasi, 11 marzo 2014)


Soltanto la morte impedì a Pio XI di andare allo scontro con il Duce

Ma in Vaticano prevalse una linea favorevole al fascismo

di Alberto Melloni

 
La funzione della storia della nostra cultura è cambiata. Nel secondo Novecento essa è stata il pane quotidiano delle classi dirigenti e delle élites politiche, tanto quanto oggi lo è l'utilizzo di abborracciate categorie economiche nel discorso pubblico. Quella stagione è finita, lasciando fame di storia. Essa è spesso soddisfatta dalla forza mediatrice del giornalismo; più di rado — è quello che sta facendo la serie Rai de Il tempo e la storia di Massimo Bernardini — restituendo agli specialisti una funzione davanti al grande pubblico.
   Per quel pubblico, non meno che per le élites dei decenni passati, la storia dei rapporti fra l'Italia e la Chiesa ha avuto un grande buco nero, coincidente col pontificato di Pio XI. Oscurato dalla diatriba fra modesti avvocati e modesti accusatori di Pio XII, schiacciato dalla riduzione di Benedetto XV alla frase sulla «inutile strage», Ratti ha iniziato ad uscire dal cono d'ombra con l'apertura degli archivi vaticani sul suo papato, disposta nel 2006. Con la lentezza propria dei lavori di storia, gli anni di Pio XI, eletto nel 1922 e morto a febbraio del 1939, alla viglia della guerra, sono oggi più studiati.
   Le origini del rapporto col regime sono state esplorate come mai prima da Cattolici e fascisti di Alberto Guasco (Il Mulino), premio Pirovano di quest'anno. La storiografia e le fonti sono state oggetto di due importanti volumi di Lucia Ceci editi da Laterza, Il Papa non deve parlare e L'interesse superiore . Hubert Wolf, vittima della passione a far titoli sanguigni, ha analizzato diversi momenti del pontificato rattiano nel suo Il Papa e il diavolo (Donzelli). E ancor prima Pio XI, Hitler e Mussolini di Emma Fattorini (Einaudi) aveva individuato nel percorso spirituale di Pio XI la ragione del risentimento crescente del Papa brianzolo davanti al Duce.
   Ora David Kertzer, già rettore della Brown University, entra da par suo in questo panorama con Il patto col diavolo , in uscita per Rizzoli. Una ricerca ampia, scritta in uno stile che è quello della docu-fiction: con verve immaginifica — tradotta in modo non impeccabile — Kertzer riempie i molti vuoti che esistono fra le carte. Aggiunge dettagli indispensabili in una «sceneggiatura» e assenti dai documenti. E ricostruisce, come in un set intimo, la dimensione psicologica dei suoi personaggi. Le espressioni del viso, i dolori alle varici, lo stato d'animo dell'uno e dell'altro fanno una trama di «sentiment» sulla quale si dipana però la storia cruda: quella che arriva al patto col diavolo — ma chi sia il diavolo e chi faccia il patto, questo il «film» di Kertzer lo svela solo nelle ultime decine di pagine.
   Prima c'è un libro su Mussolini e Ratti e sulla nebulosa che li circonda: «tirapiedi» e «collaboratori», grazie ai quali comprendere, secondo Kertzer, la riottosa remissività del Papa davanti ad un interlocutore che detesta e di cui capisce gli inganni, ma dal quale non arriva mai a prendere le distanze. Se non in quel discorso che avrebbe dovuto fare nel febbraio 1939: un j'accuse che la morte gli sfila di mano e che il successore metterà in archivio fino alla sua parziale conoscenza nel 1959 e alla sua analisi completa da parte di Emma Fattorini quasi mezzo secolo dopo.
   Al suo lettore Kertzer dice tutto quel che pensa della personalità di Mussolini: ne coglie le descrizioni dalle fonti diplomatiche, ne contabilizza le amanti, dà corpo a patemi e voluttà, inserite in un catalogo del vorace vitalismo che con rapidi versi Malaparte («Sorge il sole, canta il gallo, Mussolini monta a cavallo») imputava all'arcitaliano iperattivismo dei mediocri. Dall'altra parte Kertzer esplora il cortile vaticano: quello di cui il Papa di oggi dice «non siamo una corte», e dal quale cent'anni fa si pretendeva il contrario. Un orticello di dettagli inattesi (Ratti che si fa mandare la pistola a Varsavia, con i bolscevichi alle porte), di sordidi segreti di Pulcinella (come il sanguinoso litigio fra il gesuita Tacchi Venturi, dotto tramite fra Papa e Duce, ed un suo giovane amante), di leggende vaticane (il passo «montanaro» del Papa di Desio). E in questo incornicia tre paure: quella del comunismo, della sottovalutazione del comunismo, e di tutto ciò (ebraismo, modernità, libertà) che ne appare prodromo o frutto.
   In questo scenario Kertzer accompagna un Pio XI che muta: ma per lui non abbastanza da incidere a fondo. Ne sono sensori e corresponsabili, a suo avviso, i segretari di Stato: cioè il cardinal Gasparri — il rampolliano che si lamenterà di essere stato licenziato «come un cane» — e poi il cardinal Pacelli, l'uomo che il fascismo pensa di poter usare per moderare il risentimento pontificio, come sostengono molte carte di regime non sempre sincere. Ma Kertzer (e con tanto di ritratti) individua livelli meno vistosi dell'entourage: come il sullodato Tacchi Venturi, il generale dei gesuiti Ledóchowski, il cui ruolo nella mancata enciclica contro il razzismo è enorme, monsignor Pizzardo o padre Gemelli. In fondo a questo percorso c'è l'ingresso della Chiesa e del papato nell'afasia bellica e nella incapacità di leggere una realtà devastata dal conflitto, nel cui fumo si mescola, e per chi lo vede da lungi si confonde, quello della Shoah. Il principale merito di Kertzer non è però scrivere il fatto come un patto, ma informare anche il lettore più disinformato di tutto ciò che potrebbe ignorare: cosa indispensabile per i lettori americani dell'originale, a forse anche per gli italiani che vivono oggi il paradossale antagonismo fra storia e memoria.
   Sulla memoria, infatti, l'impegno è forte e crescente: ma quanto l'Italia celebra il 27 gennaio — ricorrenza istituita con una legge che tacque la parola fascismo — tanto più ci si trova davanti ad una «sagra della memoria» indispensabile e ambigua: e non meraviglia che spiriti acuti come quello di Elena Löwenthal ne sentano il paradossale contrappasso. La memoria, infatti, è come un grande e pesante vaso, che non può essere poggiato nel vuoto di conoscenze: e oggi, anche Kertzer lo mostra, rischia di essere posato lì, in un vuoto che alla fine non cerca di capire che cosa sia effettivamente accaduto, ma che cosa sia utile dire su ciò che si pensa sia stato.
   In questo vuoto la ricerca italiana ha avuto un'occasione e l'ha persa. Può un Paese come l'Italia, dove la Chiesa ha un peso nel dare significato o nel toglierlo alle istituzioni democratiche (con valori negoziabili o meno), dove il culto del capo si ripresenta puntuale ad ogni passaggio storico, rinunciare ad avere conoscenze su cui posare civismo e memoria? Il libro di Kertzer conferma che la risposta è no: ma mentre se crolla Pompei sentiamo l'onta dell'accidia vanitosa di anni, la negligenza nella ricerca fa fatica, anche per colpa degli storici, a trovare ascolto. Ma i problemi che genera non sono più piccoli.

(Corriere della Sera, 11 marzo 2014)


Ogni sistema teologico che attribuisca a Israele un posto diverso da quello voluto da Dio, inevitabilmente prima o poi si scontra con l'opera che in realtà Dio continua a compiere con il popolo che Egli "si è formato" e "non ha rigettato". Ma poiché all’interno del sistema teologico ovviamente non ci si può mettere contro Dio, l’unico modo per far tornare i conti è mettersi contro Israele. Ed è così che nasce l’antisemitismo teologico "cristiano". Anche quello moderato, equilibrato, “evangelico”.




 

Gerusalemme riposiziona il brand

Da sempre meta del turismo religioso, la città ha grandi potenzialità anche su altri fronti, basti pensare all'offerta culturale. E' una meta per chi ama il design, lo shopping, l'arte. Fermo restando un'offerta alberghiera interessante, con alcune novità. Sul fronte aereo le low cost stanno entrando nel mercato, mentre Meridiana aumenta la frequenza dei voli verso la capitale israeliana.

Waldorf Astoria Jerusalem
Riposizionamento di Gerusalemme. E' ciò a cui lavora il Jerusalem Development Authority con Interface Tourism Italia, che da due anni ne ha la rappresentanza in Italia. "Non solo sacro e turismo religioso - spiega Serena Valle, ceo di Interface Tourism in Italia -, ma una meta oltre le aspettative".
Dal canto suo anche Israele sta cambiando, "è sempre più vicina, facile, proponibile come alternativa a molte destinazioni". Come sottolineato dall'ente del Turismo di Israele, il Paese nel 2007 ha chiuso con 82mila italiani, di cui il 75% per pellegrinaggi, ma Israele non è solo Terra Santa, lo testimonia il fatto che nel 2013 ci sono stati 173mila italiani, di cui il 41% per pellegrinaggi e il 59% per turismo generale.
Dal canto suo il Paese ha diverse carte da giocare, così come la stessa Gerusalemme, ne sono un esempio gli eventi sportivi come la gran fondo, che offre l'opportunità di praticare lo sport in una città millenaria. Inoltre le low cost stanno entrando nel mercato, i vettori incrementano la loro offerta e i t.o. diversificano. "Gerusalemme vive anche da sola come proposta per un weekend lungo, per un ponte - sottolinea Valle -. E' da sempre meta del turismo religioso", ma ha grandi potenzialità, basti pensare "all'offerta culturale, conta per esempio 40 musei, è ricca di eventi, manifestazioni, festival della musica. E' una meta per chi ama il design, lo shopping, l'arte. Fermo restando un'offerta alberghiera interessante". In particolare non mancano le novità su questo fronte, come l'apertura a marzo del Waldorf Astoria Jerusalem.
Fervono inoltre gli investimenti anche sul fronte aereo con Meridiana che aumenta la frequenza dei voli verso la capitale israeliana. Per l'occasione, la compagnia ha pensato di offrire agli agenti di viaggi e ad un accompagnatore un volo a/r a 99 euro per persona con possibilità di acquisto fino al 15 dicembre. A ciò si unisce anche la promozione messa a disposizione dall'Associazione Albergatori di Gerusalemme, che prevede il costo della camera a persona a partire da 60-70 euro a seconda della categoria della struttura ricettiva, a partire dai b&b. Come sottolineato da Ilanit Melchior, direttrice del Jda, Jerusalem Development Authority, "il mercato italiano riveste un'importanza strategica per la città di Gerusalemme, basti pensare che nel 2013 la capitale israeliana è stata la città maggiormente visitata di Israele e il Muro del Pianto, la Basilica del Santo Sepolcro ed altre attrazioni si sono aggiudicate i primi posti dei luoghi imperdibili per i turisti in visita nel nostro Paese. Per il 2014 vogliamo continuare a promuovere la destinazione anche come meta moderna, vivace, giovane, vibrante". s.v.

(Guida Viaggi, 11 marzo 2014)


Ultimata l'ispezione del cargo iraniano: rinvenuto arsenale

di Franco Iacch

L'esercito israeliano ha completato poche ore fa lo scarico e l'ispezione dei container trasportati a bordo della Klos-C destinati alle organizzazioni terroristiche che operano nella Striscia di Gaza. E' quanto comunicano dall'IDF.Le armi erano dentro delle casse di legno e separate dal finto carico da uno spesso muro di cemento. A bordo del cargo sono stati trovati 40 razzi (tipo M - 302) con una gittata massina di 160 km, 180 proiettili da mortaio, circa 400.000 pallottole calibro 7,62 mm.
Il cargo è stato intercettato all'alba del 5 marzo scorso con un dispiegamento di forze impressionante (nella foto il secondo gruppo d'assalto trasportato con elicotteri SA 365 Dauphin con sullo sfondo una delle tre corvette "pesanti" classe Sa'ar 5).

- L'operazione
  A seguito di preliminare intercettazione satellitare confermata dai droni inviati in zona, lo Stato Maggiore dell'Esercito Israeliano ha ordinato alla marina di intercettare il KLOS - C, un cargo in rotta verso il Sudan con all'interno un sospetto carico di armi.
Il cargo è stato abbordato in assoluto silenzio da alcune unità dello Shayetet 13, che hanno raggiunto l'imbarcazione con alcuni gommoni. La prima squadra ha immediatamente messo in sicurezza il ponte così da consentire ad altri due team di raggiungere il battello calandosi dagli elicotteri giunti sul posto. L'equipaggio iraniano non si è reso nemmeno conto di essere stato abbordato ed è stato immobilizzato prima di tentare qualsiasi reazione. Il cargo è stato poi scortato verso le coste israeliane.
Se le organizzazioni terroristiche palestinesi avessero messo le mani su queste armi - commentano da Israele - avrebbero potuto usarle per minacciare milioni di civili. Questa è la quarta nave destinata a Gaza nel corso degli ultimi anni intercettata dalle forze israeliane.

(teleradiosciacca, 11 marzo 2014)


Netanyahu: ignorare la politica dell'Iran è da irresponsabili

 
Netanyahu presenta nella conferenza a Eilat le armi trovate a bordo della Kios-C e fustiga l'ipocrisia della comunità internazionale
EILAT, 10 mar - "La volontà di ignorare la vera politica dell'Iran è da irresponsabili". Lo ha detto il premier israeliano Benyamin Netanyahu alla stampa internazionale, a cui oggi ha mostrato il carico della nave proveniente dall'Iran intercettata di fronte alla costa del Sudan. "Quelli che cadono in questo inganno - ha aggiunto - devono svegliarsi".
La nave Klos-C - intercettata giorni fa nel mar Rosso mentre navigava fra l'Iran e il Sudan - conteneva 40 missili M-302, 181 colpi di mortaio e 400 mila proiettili per armi automatiche.
Armamenti destinati, afferma Israele, ai gruppi armati attivi a Gaza. Una cinquantina di giornalisti sono stati portati ad Eilat su un volo speciale organizzato dall'ufficio stampa governativo.
Il premier ha loro rivelato che l'Iran ha contraffatto il certificato del carico della nave circa i missili che venivano dalla Siria, in modo di occultare la vera natura dello stesso. "Ho sentito poche condanne da parte della comunità internazionale - ha detto ancora Netanyahu - sull'episodio della nave: è l'epoca dell'ipocrisia'".
Il premier ha anche affermato che "i sorrisi del presidente Hassan Rohani" nascondono "la vera strategia del regime di Teheran". "Questi missili erano diretti contro Israele - ha aggiunto - e sono partiti da un porto iraniano. Se un domani l'Iran riuscira' a dotarsi di armi nucleari, altri container con altre armi partiranno da porti iraniani verso il mondo intero". Netanyahu ha poi aggiunto che "continuare a nutrire illusioni che l'Iran cambi e' sbagliato. I fatti dimostrano il contrario".
E ha sottolineato il ruolo di Teheran che "esporta armi e nutre i conflitti in tutto il Medio Oriente, e non solo".
Prima di intervenire, il premier ha visto - accompagnato da un alto ufficiale militare - tutte le armi trovate a bordo. "Se i missili - ha detto il responsabile militare - sono stati costruiti in Siria, i mortai invece sono di fabbricazione iraniana". Da parte sua il ministro della difesa Moshe Yaalon ha detto: "Noi sappiamo difenderci, ed è quello che continueremo a fare agendo come se fossimo da soli". Yaalon ha anche sostenuto che quanto trovato sulla nave Klos-C e' "una piccola dimostrazione" di quello che fa l'Iran, il "maggiore" esportatore, armatore e finanziatore dei conflitti in Medio Oriente, "dall'Afghanistan allo Yemen, all'Iraq, alla Siria, al Libano e a Gaza". Secondo la radio militare, la nave sara' presto autorizzata a salpare da Israele.

(ANSAmed, 10 marzo 2014)


Il terrorismo della "falange bianca"

Le conclusioni dell'inchiesta sull'attentato di Burgas contro i turisti israeliani: a compierlo furono "hezbollah", uno di nazionalita' canadese ed un altro australiana.

Le indagini della polizia bulgara sull'attentato che nell'estate del 2012 stermino' all'aeroporto bulgaro di Burgas un gruppo di turisti israeliani che si stavano recando in vacanza sul Mar Nero adesso ha dei responsabili: con la collaborazione di Cia e Mossad gli inquirenti di Sofia sono arrivati ad isolare le tracce genetiche dei terroristi islamici che si fecero saltare per provocare la morte degli israeliani. Si trattava di guerriglieri libanesi legati ad "Hezbollah" anche se uno di essi aveva la cittadinanza canadese ed un altro il passaporto australiano.
Lo riferisce il quotidiano "Press" citando fonti anonime di investigazione: il portavoce del ministero Rumyana Arnaoudova ha tenuto a sottolineare " l'intensità con cui sono state condotte le indagini" aggiungendo che le conclusioni dell' inchiesta saranno depositate il 22 giugno. Il [b ]procuratore generale bulgaro Sotir Tsatsarov aveva recentemente visitato Israele,e ieri ha fatto sapere che " la procura ha scoperto nuovi fatti e identificato un partecipante diretto che non era ancora conosciuto .
"L' indagine sull'attacco di Bourgas e' giunta all' identificazione del terrorista che portava la bomba e che era rimasto ucciso nell'esplosione , oggi sono disponibili anche se le sue impronte digitali ed il Dna ed il suo identikit è stato pubblicato sul sito dell' Interpol. Il ministero bulgaro dell'Interno ha rivelato l'identità dei due presunti complici di origine libanese : siztratta del cittadino australiano Meliad Ferah , 32 , noto anche come Hussein Hussein e di Hassan el Hajj Hassan, in possesso di un passaporto canadese , 25 anni , appartenente al braccio armato di Hezbollah , il gruppo sciita islamista libanese legato all'Iran.
In Dna ed altre tracce di Hassan sono stati trovati , secondo il giornale , sui tovaglioli e due cappelli nella sua camera d'albergo a Nessebar , a nord di Bourgas . L'uomo e' colui che avrebbe causato l' esplosione di una bomba a distanza nel sacchetto depositato nel vano bagagli dell'autobus dei turisti israeliani. L'altro complice , Meliad Ferah ,ha organizzato l' attentato che ha ucciso cinque turisti israeliani e l'autista del bus bulgaro causando anche 35 feriti . Le prove raccolte dall'indagine hanno contribuito alla decisione dell'Unione europea di inserire il braccio armato di Hezbollah nella lista nera delle organizzazioni terroristiche.

(globalist, 10 marzo 2014)


Gaza - Hamas inaugura un monumento al razzo

Cerimonia in concomitanza con l'esposizione ad Eilat della nave iraniana intercettata da Israele

GAZA, 10 mar - Un monumento dedicato ai razzi di tipo 'M-75' lanciati nel dicembre 2012 dalla Striscia di Gaza verso Tel Aviv e Gerusalemme è stato inaugurato oggi da miliziani del braccio armato di Hamas alla periferia di Jabalya, ai margini di una frequentata arteria che porta a Gaza City. La cerimonia ha avuto luogo mentre ad Eilat Israele esponeva un carico di missili sospettati di essere stati inviati dall'Iran ai gruppi armati di Gaza, ed intercettati in alto mare dalla marina israeliana.

(ANSA, 10 marzo 2014)


Esercito, legge elettorale, pace. Knesset al voto sulle riforme

di Rossella Tercatin

Una settimana per votare sul futuro. A Gerusalemme, la Knesset si prepara a esprimersi su una serie di provvedimenti destinati a un impatto profondo sugli assetti della collettività israeliana.
Dopo quasi un anno dalla formazione del governo arrivano infatti alle fasi finali per l'approvazione due riforme considerate cruciali per la sostenibilità politica, sociale ed economica del paese.
La legge che introduce il servizio di leva obbligatorio per i giovani studenti delle yeshivot haredim (scuole rabbiniche ultraortodosse) è senz'altro quella che ha avuto sin dai primi passi e ancora fino a oggi l'eco mediatico maggiore, con forti proteste di piazza e dichiarazioni roventi da parte di ampi strati dell'ebraismo haredi, suscitando allo stesso tempo le critiche di chi ritiene che la proposta non si sia spinta sufficientemente in là nell'assicurare effettiva pari condivisione del fardello militare.
Tuttavia, in quello che è considerato dalla coalizione guidata da Benjamin Netanyahu un pacchetto di misure da approvare in modo compatto, pena il rischio di frantumazione delle alleanze, ci sono altre novità significative. Innanzitutto, una riforma legata alla forma di governo, che ha tra i punti cardine l'innalzamento della soglia elettorale di sbarramento (unico correttivo al proporzionale puro israeliano) dal 2 al 3,25%. Che tradotta in termini di seggi, impedirebbe ai partiti che non ne conquistano almeno quattro l'ingresso alla Knesset: un punto particolarmente controverso rispetto al destino delle tre formazioni arabe, Ta'al, Hadash e Balad, che siedono attualmente in Parlamento avendo ottenuto alle elezioni di gennaio 2013 rispettivamente il 3,65, 2,99 e 2,56%. A chi teme che in questo modo se ne favorisca la sparizione, si contrappongono tuttavia i molti che suggeriscono come incentivando questi partiti a presentarsi con una voce unica, si favorisce anche un loro ruolo più centrale nella vita politica.
Ancora, tra le misure che dovrebbero essere approvate prima del prossimo Shabbat, una Legge fondamentale (Basic Law), dunque di rango semi-costituzionale, che preveda l'obbligo di sottoporre qualsiasi accordo di pace che includa la rinunzia di Israele a territori sovrani a referendum: l'intento è quello di blindare la norma (riguardante Gerusalemme Est, le alture del Golan e tutto che ciò che si trova all'interno del lato israeliano della Linea verde, non i Territori) che esiste già dal 2010 come legge semplice, rispetto a eventuali interventi della Corte costituzionale. Una riforma voluta dalla destra di Likud e di Habayit Hayehudi ma non vista di buon occhio dai centristi di Hatnua e Yesh Atid, che ha a sua volta invece sponsorizzato con forza le altre due proposte, con un'accoglienza più tiepida da parte di altre forze della coalizione di governo.
Il calendario serrato previsto per l'approvazione di queste riforme, concepito per evitare ulteriori ritardi e imboscate politiche, ha però suscitato una fortissima protesta delle opposizioni, che lamentano la mancanza di spazio di dibattito e hanno minacciato di boicottare i lavori parlamentari, bollando il tour de force come "antidemocratico". Per superare l'impasse si è mosso il presidente della Knesset Yuli Edelstein, che ha ottenuto dalle forze di governo l'aggiunta di una giornata di confronto, un'offerta ritenuta però insufficiente (il leader del partito laburista e dell'opposizione Isaac Herzog ha parlato di "troppo poco, troppo tardi").
Il braccio di ferro quindi prosegue, tra l'altro proprio quando nella sera di mercoledì 12 marzo il premier inglese David Cameron dovrebbe rivolgere un formale discorso alla Knesset durante la sua prima visita di Stato in Israele. Sempre che lo sciopero al Ministero degli Esteri lo permetta. Perché da diversi giorni le posizioni sui social network delle rappresentanze dello Stato ebraico in mezzo mondo recano malinconiche la scritta "attività sospesa per sciopero" su fondo nero e i disagi aumentano.
Una situazione che sicuramente non semplificherà la settimana di fuoco della politica israeliana, al voto sul futuro.

(moked, 10 marzo 2014)


Oltremare - Derech Bethlechem
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”
“L'arancione”
“Il nero”
“L'azzurro”
“Il giallo”
“Il grigio”
“Reality”
“Ivn Gviròl”
“Sheinkin”
“HaPalmach”
“Herbert Samuel”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Derech Bethlechem, cioè Strada Betlemme, ti prende abbastanza alla sprovvista, mentre cammini per le stradine molto pittoresche di Gerusalemme, fra la Cinematheque e la nuova fiammante e leccatina "Rakevet", la zona di ristoranti hip e negozi trendy inventata quasi di sana pianta ai bordi della vecchia stazione dei treni ottomana.
Qui, a non guardare i visitatori, si potrebbe quasi essere alla "Tachana" di Tel Aviv, anch'essa una zona ad alta ristrutturazione, tutta pensata intorno al tema quasi romantico delle stazioni dei treni di una volta, che portavano signori baffuti come imperatori e signore di nero vestite come vedove europee, in lunghe ore, da Gerusalemme a Jafo (Tel Aviv non c'era quasi, all'epoca). Invece basta guardare l'arredo umano e non c'è dubbio: nonostante lo scandalo causato dall'apertura di alcuni negozi di shabbath, è tutto un gonne e parrucche, e teste coperte da kippot di ogni misura possibile dal francobollo al frisbee, frotte di bambini disordinati che fanno capo ad un numero incomprensibilmente piccolo di adulti. Gerusalemme, di certo.
Eppure, ad avventurarsi su Derech Bethlechem verso sud, in quattro e quattr'otto si arriva a Betlemme, mi si diceva, con un pizzico di malizia e con l'invito a non sbagliar strada, quando vivevo e camminavo in su e in giù per queste stradine pietrose e giallastre. Case arabe con gli alberi di limone e melograno, piccoli negozi seminascosti nella canicola accecante. Mica vero, però. La strada finisce molto prima di arrivare a Betlemme.
La parallela Derech Hevron invece, non arriva proprio direttamente a Hevron, ma se provate a seguire col dito una mappa di Israele qualche arzigogolo vi porta al centro della città dei Patriarchi. Pochi chilometri davvero. Bethlechem e Hevron, due mondi altri ed altrui, che non ho mai avuto la possibilità di visitare. Per una curiosa permanente come me, una macchia nera nella personale mappa di luoghi e pensieri in questa terra piccola e densa.

(moked, 10 marzo 2014)


Antisemitismo evangelico: il gioco si fa duro
    Chi per disinteresse avrà evitato di parlare di Israele in modo giusto quando era il momento di farlo, prima o poi sarà costretto dai fatti a parlarne di malavoglia. E lo farà in modo sbagliato.
Per molti anni il mondo evangelico è stato in massima parte indifferente al tema Israele, inteso come tema politico attuale. Naturalmente tutti sanno che nella Bibbia di Israele si parla, e come tale veniva citato, ma ben pochi ponevano in relazione l'Israele biblico con l'attuale Stato ebraico. L'emergere in superficie di quella specie di marziani che avevano scelto di chiamarsi "ebrei messianici", presenti soprattutto in Israele ma anche in altre parti del mondo, tra cui in particolare gli Stati Uniti, ha fatto sorgere il problema. Dapprima come una strana curiosità, poi con un'attenzione sempre maggiore. La crescita dell'interesse era dovuta da una parte all'importanza che Israele veniva assumendo nel quadro della politica mondiale, e dall'altra all'affetto e all'appoggio crescente che lo Stato ebraico trovava in una parte non piccola del mondo evangelico, soprattutto quello statunitense. Il resto della popolazione evangelica ha continuato a mantenersi tra il disinteressato e l'infastidito, con un atteggiamento di benevola tolleranza verso quei credenti che, chissà perché, continuavano ad avere un interessamento particolare per una cosa che a molti non sembrava di grande importanza nella riflessione e nella pratica cristiana. E non mancavano neppure reazioni critiche verso certe formulazioni dottrinali effettivamente devianti o verso certe folcloristiche manifestazioni di emotivo amore per il "popolo eletto".
Le cose stanno cambiando. Settori sempre più ampi del mondo evangelico si stanno attrezzando e organizzando per contrastare in modo attivo il supporto che molti evangelici hanno dato finora, anche se in modi anche molto diversi, allo Stato d'Israele. Una di queste manifestazioni di attiva e subdola opposizione ha inizio proprio oggi a Betlemme con il nome di "Christ at the Checkpoint". Riportiamo apertamente un loro video di presentazione. Se qualcuno resterà convinto da quello che viene detto, vuol dire che è sulla buona strada per passare da un antisemitismo latente e passivo ad un antisemitismo palese e forse attivo. Com'era prevedibile, per i cristiani un tema come quello di Israle non poteva rimanere per molto tempo in una zona trascurata della propria riflessione: era destinato quindi a venire alla ribalta. E’ quello che sta avvenendo adesso. E come purtroppo si è verificato spesso nel passato, c'è la possibilità che si manifesti in una forma drammaticamente sbagliata. M.C.


Jesus at the Check Post

(Notizie su Israele, 10 marzo 2014)


Il mondo realizza la legittimità del blocco di Gaza

Quando Israele impedì ad una flottiglia turca di forzare il blocco navale al largo delle coste di Gaza, molte organizzazioni mondiali definirono l'iniziativa illegale. Il famoso rapporto della Commissione Goldstone pervenne a conclusioni analoghe. D'altro canto la Commissione Palmer, istituita presso le Nazioni Unite, concluse che il blocco era pienamente legale.
Questa settimana (la scorsa, NdT), la marina israeliana ha bloccato un cargo che apparentemente trasportava cemento diretto a Gaza, e condotto da personale turco. In realtà, il contenuto era rappresentato da missili di fabbricazione iraniana. La reazione internazionale è stata del tutto differente: il che suggerisce una definitiva accettazione delle conclusioni della Commissione Palmer, e un definitivo rigetto del Rapporto Goldstone....

(Il Borghesino, 10 marzo 2014)


Gli asili "Rav Elio Toaff" presentano l'Haggadà scritta dai bambini per i bambini

Gli Asili Infantili Israelitici "Rav Elio Toaff" presentano il libro in occasione della festività ebraica Pesach, la Pasqua ebraica, realizzato "dai bambini per i bambini". Dopo un anno intero di preparazione, con illustrazioni e foto, il volume finisce nelle librerie della Capitale. La festività di Pesach ricorda l'uscita del popolo ebraico dalla schiavitù egizia. Si celebra per otto giorni. I primi due sono caratterizzati da un Seder, una cena in cui, secondo un preciso ordine, viene narrata la storia della schiavitù in Egitto, delle dieci piaghe e dell'esodo verso la terra di Israele attraverso un rituale, dove il racconto si miscela con una esperienza culinaria. Questo libro permette ai più piccoli di capire, riflettere, ragionare e mettere in pratica gli insegnamenti ebraici legati alla festività pasquale. In particolare, grazie alle spiegazioni semplici, ai disegni e alle foto, le famiglie possono guidare i propri figli attraverso la storia e i significati della festa di Pesach. Il progetto è dedicato non solo ai bambini ebrei ma anche a quelli non ebrei per rispondere all'interesse delle scuole statali che vogliono spiegare ai propri alunni le festività ebraiche e per promuovere l'interculturalità Alla presentazione sono intervenuti Gavriel Levi, rabbino e neuropsichiatra infantile, il rabbino Roberto Colombo, Chani Coen Hazan, l'insegnate Yudith Di Porto e il vice presidente degli Asili Infantili Israelitici Gino Moscati. "Il progetto è stato finanziato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - ha spiegato Moscati -, questa Haggadà è un supporto per educare i bambini, è scritta in un linguaggio studiato appositamente per far comprendere con gesti e immagini la storia della Pasqua Ebraica anche ai più piccoli. Il libro si può trovare in tutta i Italia, ed è curioso come librerie non ebraiche abbiano voluto inserire il testo tra i propri scaffali: è questo il segno concreto di un lavoro che va nella direzione della conoscenza reciproca tra i popoli. Va inoltre sottolineato come questo sia il primo importante lavoro degli Asili intitolati al Rabbino Capo Emerito, Elio Toaff, che ha per tutta la vita lavorato in funzione delle nuove generazioni", ha concluso Moscati.

(Comunità Ebraica di Roma, 9 marzo 2014)


"Cori antisemiti oggi a Torino". Indignazione e rabbia dell'Ucei

Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e il presidente del Maccabi, l'Associazione sportiva ebraica italiana, Vittorio Pavoncello, invitano a una sdegnata reazione e a rapidi "provvedimenti" contro i colpevoli.

ROMA, 9 marzo 2014 - Cori antisemiti sono stati pronunciati allo Juventus Stadium durante Juventus-Fiorentina. Lo denunciano il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e il presidente del Maccabi, l'associazione sportiva ebraica italiana, Vittorio Pavoncello.
LA RABBIA - "Ancora una volta l'imbecillità di alcune frange del tifo è tornata a palesarsi durante una partita di calcio - afferma Gattegna -. Gli indecenti cori antisemiti pronunciati da un gruppo di tifosi della Juventus nel corso del nono minuto dell'incontro casalingo con la Fiorentina, cori amplificati e propagati anche durante la diretta televisiva, sono la triste conferma di quanto ancora resti da fare per sradicare odio e pregiudizio dove dovrebbero invece albergare valori di lealtà, passione agonistica, amore per lo sport". "L'auspicio - prosegue Gattegna - è che possano essere al più presto presi i provvedimenti più opportuni e che i responsabili di queste azioni siano messi in condizione di non poter frequentare le curve degli stadi per lungo tempo".
QULLE PAROLE - "Fiorentini non italiani, ma soltanto una massa di ebrei". Oggi le frange più reiette del tifo bianconero hanno colpito - scrive Pavoncello -. Sono sicuro che la dirigenza della Juventus e il suo presidente sapranno intervenire, altrimenti il nuovo stadio sarà imbrattato da un nuovo, cupo antisemitismo. Spero, inoltre, che la giustizia sportiva faccia il suo corso, senza sconti".

(Quotidiano.Net, 9 marzo 2014)


Gli studenti israeliani ripuliscono il "loro" museo di villa Venier

di Ferdinando Garavello

 
Villa Contarini Giovannelli Venier
VO' EUGANEO (Padova) - La memoria della Shoah va coltivata tutto l'anno, ogni giorno. Anche e soprattutto quando quel che resta degli orrori della deportazione e dello sterminio degli ebrei rischia di finire nella polvere: scatta oggi a Vo' il "Good deeds day", ovvero la giornata mondiale della solidarietà, che porterà un gruppo di studenti israeliani nell'antica villa Contarini Giovannelli Venier.
L'edificio è tristemente famoso per aver «ospitato» durante la seconda guerra mondiale molti ebrei destinati a finire nel nulla dei campi di sterminio nazisti. La struttura, ora museo della Shoah, verrà sottoposta oggi a un'approfondita operazione di maquillage. 12 studenti israeliani saranno infatti al lavoro a partire dalle 9 nella villa di Vo' vecchio, che necessita di alcuni interventi di sistemazione. Alcuni giovani saranno quindi impegnati nella pulizia degli spazi interni ed esterni del palazzo, che presenta qualche piccola magagna dovuta all'età e alla frequentazione assidua da parte di grandi stormi di piccioni.
I ragazzi lavoreranno all'insegna del motto «mettere in pratica la semplice idea che ogni singola persona può fare qualcosa di buono, grande o piccola che sia». E allora via, tutti a ripulire i muri perimetrali esterni, grazie anche alla collaborazione delle imprese di artigiani del posto, che presteranno gratis la propria esperienza agli israeliani. «L'iniziativa è un'occasione per creare un'unione tra la comunità israeliana in Italia e un luogo che per essa è stato motivo di sofferenza - spiegano i promotori dell'iniziativa - con l'auspicio che possa trasformarsi in una collaborazione solidale e culturale». Villa Giovannelli fu trasformata in uno dei 31 campi di concentramento della Repubblica sociale italiana per radunare gli ebrei prima delle deportazioni di massa: la struttura fu attivata il 3 dicembre del 1943 e rimase in funzione sino al 17 luglio dell'anno successivo. In quel periodo transitarono nella struttura decine di ebrei padovani e rodigini, gran parte dei quali non hanno mai fatto ritorno da Auschwitz.

(Padova - Il Gazzettino, 9 marzo 2014)


Con rastrelli e scope a pulire i giardini

Per il "Good Deeds Day" che promuove il volontariato israeliano.

Un momento della giornata ai giardini di piazza II Reggimento Alpini
CUNEO - Una quindicina di persone, tra cui diversi studenti e i vincitori dell'ultima edizione del concorso Conoscere Israele, ha partecipato questa mattina, nei giardini di piazza II Reggimento Alpini, di fronte alle Scuole Elementari di corso Galileo Ferraris, al ''Good Deeds Day'', la giornata internazionale di promozione del volontariato israeliano, che la Federazione nazionale di Italia-Israele ha fatto propria, nell'ottica di favorire il dialogo e la condivisione, com'è nelle sue finalità.
L'associazione cuneese, d'intesa con il Comune, ha individuato l'area verde cittadina, frequentata quotidianamente da molti bambini, anziani e dagli abitanti del quartiere, per l'intervento dei volontari che, con rastrelli, scope e pale personali e messi a disposizione dall'amministrazione comunale, durante la mattinata hanno contribuito a rimettere in ordine lo spazio.
L'assessore comunale ai Lavori Pubblici, Valter Fantino, si è unito ai soci di Italia-Israele, indossando la maglietta con il logo della manifestazione, e li ha più volte ringraziati per l'iniziativa, sottolineandone, insieme con il presidente dell'associazione, Carlo Benigni e il segretario Luca Gentile, il civico valore educativo. I volontari sono stati attivamente supportati dalla presenza di Giovanni Rossaro del settore aree verdi del Comune. L'iniziativa ha acceso l'interesse e la curiosità di numerosi passanti.

(La Stampa, 9 marzo 2014)


Netanyahu attacca Catherine Ashton

Il premier contro la visita della baronessa a Teheran. Israele mostrerà le prove

di Massimo Lomonaco

 
Iran: 12 prigionieri giustiziati in 6 giorni  
GERUSALEMME - Benyamin Netanyahu attacca il capo della diplomazia estera della Ue Catherine Ashton in missione in Iran. ''Vorrei chiederle - tuona il premier - se durante la visita a Teheran ha chiesto ai suoi ospiti della spedizione di armi alle organizzazioni terroristiche. E se non lo ha chiesto - ha incalzato - perché no?''. Israele quelle armi ha annunciato che le mostrerà domani in un incontro con la stampa internazionale nel porto di Eilat, nell'estremo sud del paese. E' lì che ieri la nave 'Klos-C' e' attraccata dopo essere stata intercettata a largo delle coste sudanesi dall'elite della marina dello stato ebraico con il suo carico di missili balistici M-302 inviati, secondo Israele, dall'Iran (che ha negato) nella Striscia di Gaza.
Secondo quanto si e' appreso dai media, per ora a bordo sono stati rinvenuti 40 missili M-302 a vari gittata (da 90 e da 160 chilometri), 181 colpi di mortaio e 400mila proiettili per khalasnikov.
L'appuntamento di domani - come ha detto nei giorni scorsi Netanyahu - intende mostrare il vero volto dell'Iran: ''conduce trattative sorridendo alla comunità internazionale, mentre - ammonisce - continua ad armare gruppi terroristici''
Un'occasione che Israele intende sfruttare al massimo, grazie ad un'operazione di intelligence e militare in mare molto diversa da quella effettuata contro la Mavi Marmara.
Tant'e' che di fronte ai media internazionali, ma anche agli addetti militari stranieri, sono attesi il ministro della difesa Moshe' Yaalon, il capo di stato maggiore Benny Gantz e lo stesso Netanyahu. L'annuncio della cui presenza e' un po' inusuale rispetto alle rigide regole di sicurezza che governano gli spostamenti del premier.
Non e' un caso che proprio per l'occasione l'esercito abbia dispiegato una batteria di Iron Dome nella zona di Eilat, a pochi chilometri di distanza dal turbolento Sinai. Una decisione di prudenza legata alla presenza dei vertici dello Stato e della difesa ebraici. Del resto a pochi minuti dalla fine dei funerali di Ariel Sharon nello scorso gennaio nel Ranch dei Sicomori, nel Neghev occidentale, dove si trovavano i più alti rappresentanti dello stato ebraico e i personalità internazionali, furono lanciati dalla Striscia di Gaza due razzi.
Oggi Gantz ha detto ai militari protagonisti dell'operazione 'Klose-C' di prepararsi e ''di continuare a lavorare perché ci saranno altre operazioni''.''La nostra lotta per impedire la costruzione di armi e in particolare quelle di importanza strategica - ha spiegato - non termina con l'arrivo'' nel porto di Eilat. Nei giorni scorsi una fonte dell'intelligence israeliana ha rivelato che ''non passa settimana senza che Israele blocchi o impedisca tentativi iraniani di trasmettere armi ad entità terroriste che minacciano la sicurezza del paese''. E il ministro Yaalon non e' stato oggi da meno: ''la cattura della nave mostra il pericolo illimitato del regime di Teheran. E' una lotta complessa contro un nemico crudele, sofisticato e multifaccia''.

(ANSAmed, 9 marzo 2014)


Sannicandro - Insieme guardando a Sud

di Daniel Reichel

Sannicandro, piccolo paese del Gargano, è testimone di una delle storie più straordinarie e vivaci dell'ebraismo moderno. Da qui è iniziata l'avventura di Donato Manduzio, l'autodidatta che portò negli anni Trenta la Torah a Sannicandro. Qui, ottant'anni dopo, la comunità sannicandrese, erede degli insegnamenti di Manduzio, ha festeggiato l'ingresso del Sefer Torah all'interno della sua sinagoga. Una pagina di storia, scritta tra i sorrisi, i canti e la commozione di una realtà più unica che rara. Emozioni condivise, al termine di uno shabbaton organizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche, con i rappresentati dell'ebraismo italiano, e non solo, con la presenza tra gli altri di rav Scialom Bahbout, neo rabbino capo di Venezia; rav Elyahu Birnbaum, rabbino dell'organizzazione internazionale Shavei Israel e il suo presidente Michael Freund; Renzo Gattegna, presidente UCEI; Pier Paolo Gualano, sindaco di Sannicandro; Gadi Piperno del Dipartimento Cultura e Educazione UCEI e rav Punturello. "Un messaggio e un esempio di incrollabile fiducia ci perviene da voi di Sannicandro - ha affermato nell'arco dell'evento il presidente Gattegna - che avete avuto l'orgoglio e il coraggio di rivendicare un'identità ebraica proprio nel periodo in cui nazismo e fascismo si apprestavano a tentare di realizzare lo sterminio, l'annientamento, la Shoah". Perché in questo unicum che è la storia dell'ebraismo sannicandrese (buona parte convertitosi ufficialmente nel dopoguerra e di cui 70 membri fecero l'alyah nel 1949) c'è anche il remare controcorrente. Nel momento più buio per gli ebrei, in cui non solo esserlo era fonte di pericolo ma anche offrirvi aiuto, Manduzio - sulla cui tomba questa mattina il presidente Gattegna, gesto di memoria, ha lasciato un sassolino - gettava i semi della sua conversione. Dall'analfabetismo alla scoperta da autodidatta della Bibbia, regalo di un amico, il capostipite della Comunità di Sannicandro chiese a Remo Cantoni e ai leader del mondo ebraico dell'epoca di iniziare il percorso per la conversione ufficiale. A stupire sono le date: la domanda arrivo a cavallo tra il 1937 e il 1938, all'alba delle leggi razziste. Ma i sannicandresi, ostinati e determinati, non demordono. Non li ferma il razzismo di stato, la diffidenza dei concittadini, le problematiche con le istituzioni. E questa testardaggine - attraverso anche l'incontro tra Manduzio e il partigiano e membro della Brigata ebraica Enzo Sereni - li porta al riconoscimento nel 1946 e alla decisione di lasciare un'allora sperduto paese del Gargano per il sogno da costruire, Eretz Israel. Quattro donne rimasero a presidio della comunità: attraverso di loro la favola sannicandrese non si è sopita, arrivando fino ai giorni nostri. E l'ingresso del Sefer Torah di oggi è la dimostrazione che questo percorso non si è interrotto. "Quello di oggi per questa comunità non deve essere un punto di arrivo ma un punto di partenza", ha sottolineato rav Bahbout ricordando anche come "questo Sefer Torah rappresenta il collegamento con tutto il popolo ebraico". Una gioia, dipinta sui volti dei sannicandresi mentre il Sefer veniva portato tra le vie cittadine, ma anche una responsabilità per il futuro. "Questo non è il primo Sefer di questa città - ha affermato il presidente di Shavei Israel Freund - il primo è stato Donato Manduzio perché ciascun ebreo rappresenta un Sefer Torah vivente e voi siete la sua eredità". Raccolto il testimone, la comunità pugliese guarda avanti. "Quella scritta oggi è un'altra pagina del diario di Donato - ha spiegato Grazia Gualano, spina dorsale della realtà di Sannicandro, raccontata in un libro di John A. Davis per Giuntina - e continueremo a scriverne altre. Grazie a tutti voi di essere qui e all'aiuto dei presenti e non per quanto è stato fatto finora". "Questa comunità è un'insegnamento per tutti noi - ha affermato Gadi Piperno - dove si legge la Torah c'è l'ebraismo". A fare gli onori di casa per Sannicandro il sindaco Pier Paolo Gualano, che si è detto onorato di poter ospitare una tradizione così forte e significativa nella città. "Vorrei riprendere il sindaco - ha detto bonariamente rav Birnbaum - quando afferma che questa comunità è piccola, perché ricordiamoci che non è importante la quantità ma la qualità e questa storia ne è la testimonianza".

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"La gioia di un incontro unico"

In occasione dell'ingresso del Sefer Torah di Sannicandro Garganico il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha pronunciato il seguente intervento:
     
    Care amiche e cari amici,
    non è la prima volta che ci incontriamo.
    Ma è la prima volta che ci incontriamo a Sannicandro Garganico.
    I nostri precedenti incontri sono avvenuti a Bari, a Trani o in Calabria, a Belvedere Marittimo.
    Vederci qui a Sannicandro, nel vostro paese, ha un significato particolare e mi procura una grande gioia.
    La presenza del Sindaco e di altre autorità, che ringrazio a nome di tutti, accentua l'importanza di questa giornata.
    Tutti sappiamo e abbiamo preso coscienza che l'ebraismo, in tutto il Meridione d'Italia, dai tempi antichi fino all'inizio del Sedicesimo secolo, è stato grande e fiorente, fonte di cultura, di civiltà e di benessere materiale e spirituale per tutte le regioni e in particolare per Puglia, Calabria e Sicilia.
    Scopriamo continuamente nuove prove e nuovi reperti archeologici di questa grande realtà.
    L'Inquisizione dal 1492 inferse colpi mortali a centinaia di Comunità sparse in tutto il territorio, ma non riuscì ad annientare totalmente i valori, la cultura e le tradizioni ebraiche che, ancora oggi, miracolosamente dopo oltre 500 anni, sopravvivono in molte famiglie e ancora costituiscono un antico bagaglio di ricordi tramandati, che tendono in questi anni a riemergere.
    Ma Sannicandro ha una storia particolare, speciale, unica.
    Gli ebrei da secoli non praticano alcuna forma di proselitismo, non cercano, né tanto meno esercitano alcuna forma di pressione, per convincere chiunque a convertirsi all'ebraismo.
    Per questo la storia di Donato Manduzio e della nascita spontanea di una comunità ebraica a Sannicandro ha dei connotati in base ai quali, veramente, la realtà supera qualsiasi immaginazione.
    Nel lasso di tempo, relativamente breve, di circa 20 anni, la comunità di Sannicandro ha effettuato un percorso, coronato dall'alyà in Israele nel 1949, simile a quello che il popolo ebraico ha effettuato in 4000 anni.
    Ma evidentemente i sannicandresi sono pieni di vitalità e di risorse e non cessano mai di stupirci, infatti, dopo l'alyà del 1949, rimasero a Sannicandro quattro donne, e gli ebrei da sempre sanno bene di cosa possono essere capaci quattro donne, quattro madri coalizzate fra loro!
    Dalla loro opera concreta e pratica di studio e di insegnamento è ormai risorta una comunità nuova.
    Mi riferisco a voi che siete oggi qui riuniti con noi!
    Voi che avete conquistato la stima e il rispetto sia delle autorità civili che di quelle religiose ebraiche e che siete nuovamente oggi una piccola ma fiorente realtà, con una propria organizzazione, una propria sinagoga e una rete di relazioni con l'ebraismo pugliese, italiano e israeliano.
    Oggi qui festeggiamo, con l'introduzione di un nuovo Sefer Torah, anche, simbolicamente, il forte legame e l'unità fra ebraismo antico, ebraismo nuovo e ebraismo in fase di riscoperta e di rinascita.
    Un messaggio e un esempio di incrollabile fiducia nel futuro ci perviene da voi di Sannicandro che avete avuto l'orgoglio e il coraggio di rivendicare un'identità ebraica proprio nel periodo in cui il fascismo e il nazismo si apprestavano a tentare di realizzare lo sterminio, l'annientamento, la Shoah di tutto il popolo ebraico.
    Non possiamo che esprimere a voi, che idealmente rappresentate anche le generazioni che vi hanno preceduto, tutto il rispetto e l'ammirazione per il vostro eroico coraggio e formulare l'impegno a proseguire insieme lungo un percorso, non facile, ma che sarà sempre rivolto a far prevalere i più alti valori di civiltà, di amicizia e di fratellanza fra i popoli.
    Renzo Gattegna,
    presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(moked, 9 marzo 2014)


Fratelli, cugini, nipoti, lo scudetto un affare di famiglia

I giocatori del Taraji che guida il campionato palestinese sono tutti parenti

di Leonard Berberi

Membri della famiglia di Abu Hammad posano con la “Coppa Yasser Arafat” nel villaggio di Wadi al-Nees
Un minareto, un grande dan e ottocento abitanti lassù, in vetta alla classifica del calcio palestinese. Sopra a formazioni di città da 250 mila residenti. E squadre con alle spalle imprenditori che non hanno problemi a spendere milioni di dollari. D richiamo, biblico, a Davide e Golia sarebbe fin troppo facile. Del resto siamo in Medio oriente. E raccontata così, questa storia avrebbe poco di eccezionale. Se non fosse per un piccolo particolare: nel villaggio di Wadi al-Nees, a sud di Betlemme, da anni le sorti di questa capolista con la maglia blu e le righe bianche — il Taraji - sono un affare di famiglia Letteralmente.
   Basta chiedere a Yousef Abu Hammad, un agricoltore di 75 anni che ha fatto abbastanza prole, dodici, da tirar su una squadra di calcio. E dopo i figli sono arrivati i figli dei figli. E qualche cugino. Così oggi in campo scende la stessa «tribù»: sei creature di Yousef, tre nipoti e cinque altri parenti stretti che si alternano tra erba e panchina. L'unico che con gli Abu Hammad non c'entra nulla è Abdel Fattah Arar, l'allenatore. II quale, a volte, più che da tecnico fa da badante di questi consanguinei che spesso si portano le incomprensioni del campo dentro casa. E deve faticare molto per evitare la fuga di talenti, attirati da team, e ingaggi, della Giordania e dell'Arabia Saudita. Nel villaggio, dicono di aver visto pure un osservatore della Premier League inglese. Piace molto l'attaccante Ashraf Nu'man, 27 anni, un metro e ottantacinque d'altezza e un'«ossessione» per le azioni spettacolari. Anche a costo di non segnare. E non è un caso se negli ultimi tempi centinaia di tifosi-parenti chiedono di non far andare via nessuno. Almeno per quest'anno. Almeno fino alla vittoria del campionato.
   Ma questa è anche una storia di politica. E di geografia. Perché a Wadi al-Nees fino agli inizi degli anni Novanta non c'era nulla. Non l'elettricità. Non l'acqua corrente. Non una scuola. Ora ci sono un po' di cose, compresa questa squadra — il Taraji, appunto — che insegue la palla su un rettangolo verde e un sogno niente male: il titolo di campione della West Bank Premier League, la serie A della Palestina. D Shabab Al Khaleel (la formazione di Hebron) e il Shabab Al Khader sono lì che incombono: il primo a tre punti di distanza, il secondo a cinque. La salvezza, a guardare questo torneo di dodici formazioni, è pratica già archiviata Certo, mancano altri team. Quelli della Striscia di Gaza. Ma spostarsi tra i due pezzetti di Medio oriente è quasi impossibile. E così la Federazione calcistica palestinese ha deciso di sdoppiare il campionato: da un lato la West Bank Premier League, dall'altro — nella Striscia — la Gaza Strip League. In mezzo, Israele.
   «Trent'anni fa, quando ho fondato la squadra, volevo che il mio villaggio fosse riconoscibile su una cartina», ricorda il vecchio Yousef all'Associated Press. «Alla fine degli anni Ottanta sono andato dal sindaco di Bet-lemme e gli ho chiesto l'acqua e l'energia elettrica Ma lui mi ha risposto: non so nemmeno dove sia il tuo paesino. A quel punto gli ho fatto vedere alcuni ritagli di giornale che parlavano della mia formazione, così nel 1986 è arrivata la luce, nel 1988 l'acqua, nel 1993 la scuola». «Qui amiamo tutti il calcio», aggiunge Ahmed Abu Hammad, direttore sportivo del Taraji. «E anche vero che qui c'è poco da fare: il pallone è l'unico svago».
   Tra le tante colline brulle della Cisgiordania il campanilismo — pardon il «minaretismo» — non manca. Ogni sfida è anche una prova d'orgoglio. Per questo non è stato facile digerire la sconfitta del 7 febbraio contro i rivali e dirimpettai geografici del Shabab Al Khader. Si giocava sul campo del «Dora International Stadium» di Hebron, quaranta chilometri più a sud. Perché non tutti possono permettersi uno stadio. Nemmeno il Taraji. Che però, se il presidente palestinese Mahmoud Abbas manterrà la promessa, presto potrebbe avere un suo rettangolo verde nel villaggio. Così dopo la preghiera il capitano Samih, l'attaccante Gehad, i centrocampisti Hassan e Khader, i difensori Mohammed, Walid e Ghaleb, il portiere Tawfiq e gli altri cugini potranno esultare a casa loro. «Essere una squadra a trazione famigliare è un grande vantaggio», sostiene più d'uno degli Abu Hammad. «I giocatori scendono in campo cercando di fare del loro meglio. Soprattutto per la reputazione della famiglia».

(Corriere della Sera, 9 marzo 2014)


Sull'accordo nucleare prevale la diffidenza

Catherine Ashton: "Nessuna garanzia di successo dei colloqui"

TEHERAN - L'alto rappresentante per la politica estera dell'Ue e coordinatrice del gruppo 5+1, Catherine Ashton, ha detto a Teheran che nei negoziati sul nucleare iraniano "non c'è garanzia di successo dei colloqui".
L'alto rappresentante ha aggiunto che "con il sostegno del popolo iraniano e il lavoro che le due parti stanno svolgendo, speriamo di raggiungere un accordo" sul nucleare di Teheran: è "il nostro scopo". Lo riferiscono media iraniani.
"Sono questioni che creano sfide", ha premesso Ashton riferendosi ai negoziati. "E non c'è garanzia per questo", ha aggiunto in relazione alla possibilità di un "accordo finale", più importate di quello "provvisorio" di novembre.
Dal canto suo, il ministro degli Esteri iraniano Moahmmad Javad Zarif, nel sottolineare la "determinazione" politica dell'Iran a raggiungere un accordo sul nucleare, ha sostenuto che l'intesa può essere raggiunta in "4 o 5 mesi" e addirittura "in un periodo di tempo più breve".
Zarif, come riferiscono media iraniani, si è pronunciato in una conferenza stampa tenuta dopo un incontro con l'alto rappresentante per la politica estera dell'Ue e coordinatrice del gruppo 5+1 in visita nella capitale iraniana.

(TicinOnline, 9 marzo 2014)


Suoni trasformati in immagini: così i ciechi potranno "vedere"

L'università ebraica di Gerusalemme sta studiando un programma per il computer che cerca di educare l'orecchio dei non vedenti a ricostruire visivamente nel cervello ciò che ascoltano. Con 70 ore di allenamento.

di Maurizio Molinari

 
BRUXELLES - Viene dall'Università ebraica di Gerusalemme una novità che potrà forse permettere, fra qualche anno, alle persone non vedenti di "vedere" attraverso i suoni. E' un programma al computer che cerca di educare l'orecchio dei ciechi a ricostruire nel cervello una serie di immagini. In un articolo del sito Sciencemag, si spiega come il progetto parta da lontano, dal 1992, quando l'ingegnere olandese Peter Meijer ha creato un algoritmo chiamato vOICE, che convertiva semplici immagini su una scala di grigio in melodie sonore. Per esempio, una retta diagonale da sinistra a destra e dall'alto in basso viene trasformata in una serie di beep , partendo dai più acuti e andando verso i più gravi, che vengono da sinistra verso l'orecchio destro. Una persona che siede su una sedia, invece, è convertita in una serie di rumori molto ma molto più complicata, che però può essere ricostruita da un non vedente dopo un opportuno addestramento.
Così nel 2007, Amir Amedi e i suoi colleghi all'Università ebraica di Gerusalemme hanno ripreso l'idea iniziando un progetto con il quale, dopo sole settanta ore di allenamento, delle persone non vedenti passavano dall'ascoltare semplici punti e linee al vedere vere e proprie immagini come facce e angoli di strade, a una risoluzione di 4500 pixel. Per dare un'idea, il gioco Mario Bross, della Nintendo, aveva una risoluzione di 192 pixel.
I soggetti che hanno partecipato all'esperimento, con una telecamera sulla testa che scattava foto a un intervallo di secondi, collegata a un computer e a delle cuffie, riuscivano a muoversi autonomamente in ambienti a loro sconosciuti.
Uno dei partecipanti al progetto, come riportato su Current Biology, è stato persino in grado di scattare delle foto, aiutandosi con i suoni per mettere bene a fuoco. Inoltre dieci ore sono state dedicate al riconoscimento dei profili umani rappresentati da suoni, e i soggetti sono riusciti a replicare l'esatta postura dei modelli utilizzati.
E il progetto di Amedi potrebbe rappresentare una svolta nella comprensione di come il cervello utilizza i nostri sensi: fino a ora, si credeva generalmente che l'area riservata alla vista venisse usata dai ciechi per acuire ad esempio il loro udito e supplire alla mancanza della vista. Ma i ricercatori dell'università di Gerusalemme hanno dimostrato invece che, quando venivano prodotti i suoni che generavano le immagini, era proprio la parte della corteccia cerebrale responsabile della vista ad attivarsi. Secondo Amedi e il suo team, il modello tradizionale con cui la scienza ha finora studiato i sensi non può spiegare questo fenomeno, e bisogna passare da un modello che considera il cervello un organo con aree apposite destinate a ogni senso a una macchina che invece si comporta in maniera funzionale a seconda degli input che gli vengono dati.
A confermare questa teoria è la neuroscienziata Ione Fine, dell'università di Washington Seattle, che non ha partecipato al progetto: "L'idea che l'organizzazione del cervello delle persone cieche sia la stessa di quella dei vedenti è estrema ma affascinante. Se le ipotesi fatte da Amedi saranno confermate, e non c'è per ora motivo per dubitarne, avremo una conoscenza molto più approfondita su come lavora il cervello umano".
Il team di Amedi ha recentemente messo online un'app per Iphone, chiamata Eyemusic, che produce una serie armoniosa di suoni per replicare le immagini e può dare anche informazioni sui colori, un successore dell'olandese vOICE. Secondo Amedi e i suoi colleghi, Eyemusic e le prossime creature del loro progetto serviranno a migliorare di gran lunga la vita dei non vedenti.

(Redattore Sociale, 8 marzo 2014)


Il pane della Basilicata alla conquista della Palestina

Accordo con i Salesiani per l'uso del forno di Betlemme

di Vincenzo Rutigliano

I panificatori di Migliorino con quelli di Betlemme   
Panificatori lucani in Palestina per rilanciare la filiera del grano duro all'estero. A fare da apripista alcune aziende di panificazione della provincia di Matera e di Potenza che hanno scelto un vecchio forno salesiano di Betlemme (letteralmente "città del pane") per avviare rapporti commerciali mai sviluppati prima e "spingere" sul grano duro della Basilicata.
Il grano duro utilizzato dai forni palestinesi proviene infatti quasi tutto dal Canada o dagli Stati Uniti, viene sbarcato nel porto israeliano di Haifa e da lì trasportato ad Hebron in Palestina e a Betlemme. Non arriva quindi dalla Puglia, né dalla Sicilia, né dalla Basilicata, terza regione italiana produttrice di grano duro, materia prima utilizzata appunto nella panificazione.
Attraverso l'accordo - concluso dai panificatori di Miglionico (nel materano) e di San Costantino Albanese (nel potentino) con i Padri Salesiani che, a Betlemme, aprirono nel 1863 il primo forno pubblico e negli anni successivi hanno fondato anche una scuola professionale per maestri panettieri - si punta perciò all'avvio di rapporti commerciali anche con la Palestina. E aggiungerla così ai paesi esteri con i quali la Basilicata - in particolare 40 aziende della provincia di Potenza - ha già rapporti commerciali ed incrementare così il suo export che, nei prodotti della panetteria, ha raggiunto, nel 2012, quasi 4 milioni di euro. Sull'intesa punta non solo il comune di Miglionico, cui si deve il progetto di internazionalizzazione, ma tutta la regione Basilicata che, con questo primo passo, vuole trovare sbocchi commerciali a tutta la filiera cerealicola che, negli ultimi 10 anni, ha quasi dimezzato il numero delle aziende agricole, da 81.922 a 51.756 (-26,8%),e della superficie agricola utilizzata, da 537.695 a quasi 520.000 ettari (-3,4%). I panificatori che, per primi, sono stati a Betlemme e hanno regalato lievito madre per il pane di grano duro con mollica (che ai palestinesi piace molto), sono dunque una sorta di avanguardia di un distretto appulo-lucano della così detta "arte bianca" (pane, taralli, biscotti) che si sviluppa sia in Lucania che in Puglia. Si va infatti da Potenza a Matera e Miglionico (in Basilicata) per proseguire in Puglia con Altamura (il pane di Altamura è l'unica Dop di prodotti da forno) e Laterza (il suo pane è rinomato sin dal Medio Evo). Questo distretto del pane da grano duro viene alimentato sia dai campi del Tavoliere (in Puglia si contano 100 tipi di pane ottenuti dal frumento duro) che da quelli della Lucania che vanta 62 specie di grano duro, compreso quella del senatore Cappelli, dal nome del marchese abruzzese che ne finanziò la ricerca genetica, che ha una resa minore, ma qualità più alta. L'accordo siglato a Betlemme dalle imprese lucane - giudicato con interesse anche dalla Custodia francescana di Terra Santa che da secoli ha rapporti con la popolazione palestinese - avrà un seguito nel progetto più ampio di valorizzazione del grano duro che la regione Basilicata ha previsto in occasione di Expo 2015.

(Il Sole 24 Ore, 8 marzo 2014)


L'ombra dell'Inquisizione su Civitanova Alta…

di Mauro Torresi

CIVITANOVA - Non rimane più alcuna traccia della comunità ebraica che, in un lontano passato, si formò a Civitanova Alta. La memoria, oggi, viene evocata da una targa affissa all'ingresso di quello che fu il ghetto di vicolo della Luna, un breve tratto di una piccola via nel quale gli ebrei venivano relegati. Oltre ai ricordi, negli ultimi decenni è emersa un'oscura vicenda. Una storia che spedì sei ebrei di Civitanova davanti al tribunale dell'Inquisizione, a Roma, nel 1558. Per saperne di più, L'Indiscreto ha incontrato e intervistato Pier Luigi Cavalieri, docente di inglese all'ITCG 'Corridoni' e studioso di storia locale. "Si sa con esattezza che, nel 1474, il Comune di Civitanova chiamò in città dei banchieri ebrei, per far aprire loro attività di prestito di denaro. - racconta Cavalieri - Questo perché il Comune aveva bisogno di credito. Il primo ebreo di cui si conosce il nome fu Angelo Giudeo da Recanati".
Alla metà del '500, i banchi più importanti erano quelli tenuti da Guglielmo di Deodato e figli, da Angelo di Vitale e da Ventura di Mosè. Dopo la creazione del feudo Cesarini, datata 1551, la comunità si rafforzò. Nel centro di Civitanova Alta era presente anche una sinagoga, posta dietro alla chiesa di San Paolo. Il periodo di 'quiete' non durò molto e la condizione degli ebrei in città iniziò a mutare. Nel 1555, Papa Paolo IV Carafa "impose la restrizione degli ebrei all'interno di appositi quartieri. - prosegue Cavalieri - Il ghetto civitanovese si trovava in un vicolo. L'entrata e l'uscita sono ancora visibili, con un arco ad un'estremità e un voltone ribassato dall'altra. L'area veniva isolata tramite cancelli, chiusi di sera e riaperti di mattina dalla pubblica autorità".
Tra le diverse disposizioni, che riguardavano tutti gli ebrei dello Stato ecclesiastico, c'erano quelle di non poter "possedere e lavorare la terra. In questo modo, venivano esclusi dalla maggior parte delle professioni, considerando la natura quasi totalmente agricola dell'economia del tempo. Erano concesse delle attività, come piccoli commerci e vendita di oggetti usati". Quelle persone, poi, dovevano portare un segno che li distinguesse dagli altri cittadini oppure indossare un cappello giallo. Il peggio, per alcuni ebrei 'civitanovesi', arrivò nel 1558, quando Achille da Montecchio divenne esattore del Comune. Di questo parla Guglielmo di Deodato, uno dei banchieri ebrei della Civitanova di allora, in una cronaca segnalata in un libro uscito a Gerusalemme solo nel 1954 e pubblicata integralmente, nel 1989, da Werther Angelini nel n. 22 di 'Studi Maceratesi'. Nella 'Cronaca di papa Paolo IV', Guglielmo "parla di una provocazione ai danni suoi e di altri 5 israeliti. - spiega Cavalieri - Vennero accusati ingiustamente di aver compiuto dei reati e lo scopo di quella mossa, eseguita da Achille da Montecchio, era quello di farli espellere dalla città". "Illustri e benestanti, imprenditori onesti ed integri, calunniati con menzogne e falsità dai malvagi che volevano la loro rovina" scriveva Guglielmo di Deodato per descrivere sei degli otto ebrei accusati. Sei di loro vennero arrestati il 6 luglio 1558 e, tra questi, c'era anche Guglielmo. "Lui spiega che la popolazione locale si divise tra innocentisti e colpevolisti, con una prevalenza del primo gruppo. - afferma Cavalieri - Il Comune cercò di far celebrare il processo qui e non a Roma, ma non riuscì a ottenere l''agevolazione'". I civitanovesi convinti della non colpevolezza riuscirono solo a far togliere le catene agli arrestati durante il trasferimento a Macerata. "In città non avvennero episodi di intolleranza o di odio razziale verso gli ebrei" dice l'intervistato. Erano anni di feroci persecuzioni, che coinvolsero diverse zone della Marca. Due anni prima, nel 1556, ad Ancona 25 ebrei riconosciuti colpevoli di apostasia dall'Inquisizione erano stati uccisi e gettati in roghi nelle piazze.
L'istituzione del ghetto civitanovese di vicolo della Luna, invece, è del 1559. "Non sappiamo se i sei ebrei siano stati prosciolti, perché i documenti dell'Inquisizione sono ancora oggi di difficile o impossibile accesso. - afferma Cavalieri, che continua - Il ghetto durò una 50ina d'anni, poi si arrivò a un'espulsione definitiva delle famiglie residenti". La presenza ebraica a Civitanova scomparve con la fine del 16esimo secolo. Quello che oggi rimane è una targa, installata dalle autorità cittadine il 27 gennaio 2014, durante la Giornata della Memoria. Così, chi si trova a passare per vicolo della Luna, in passato 'vicolo delli Hebrei', potrà ricordare un piccolo pezzo di storia civitanovese.

(L'Indiscreto, 8 marzo 2014)


Scortata in Israele la nave carica di armi proveniente dall'Iran

Video  
La Klos C è arrivata nel porto israeliano di Eilat.
L'imbarcazione, battente bandiera panamense, era stata intercettata qualche giorno fa nel Mar Rosso con armi iraniane destinate, secondo Israele, ad Hamas.
Tel Aviv ha dichiarato che la 'Klos-C' trasporta una cinquantina di razzi M-302 di fabbricazione siriana. Secondo Israele le armi dovevano arrivare a Gaza passando attraverso la penisola egiziana del Sinai dopo essere state sbarcate a Port-Sudan.
L'Iran e il Sudan smentiscono le accuse. Lo steso hanno fatto Hamas e il gruppo fondamentalista Jihad Islamica, ai quali sarebbero state destinate le armi.
I 17 membri d'equipaggio, sotto interrogatorio, provengono da Turchia, Azerbaigian e Georgia.
L'esercito israeliano ha dichiarato che ci vorranno un paio di giorni per rendere pubblico il contenuto dei 150 container del cargo.

(euronews, 8 marzo 2014)


Incontro Tim Cook-Netanyahu: il video svela l'Executive Briefing Center

di Riccardo Marconi

Il primo ministro israeliano Netanyahu è appena tornato dal suo viaggio negli States volto a sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi del Paese. Tra le visite programmate saltano subito all'occhio quelle legate al mondo della tecnologia. Netanyahu infatti ha incontrato i fondatori di Whatsapp e Tim Cook, CEO di Apple. Non sappiamo esattamente di cosa abbiano parlato nel corso di questo meeting, probabilmente il tema sarà stato incentrato sui futuri investimenti da parte di Apple nel paese.
Ieri lo staff del primo ministro ha caricato su YouTube un breve video che raccoglie i momenti salienti dell'incontro con Tim Cook a Cupertino, ma i più curiosi avranno modo di dare una rapida occhiata ad alcune stanze dell'Executive Briefing Center di Apple. All'ingresso troneggia questa celebre citazione di Steve Jobs:"Se fai qualcosa e risulta abbastanza buona, allora dovresti cominciare a fare qualcosa d'altro di meraviglioso, non soffermarti su di essa per troppo tempo. Basta capire che cosa c'è dopo" frase molto attuale, con la quale il fondatore di Apple incita tutti a continuare sempre ad innovare, senza sedersi sugli allori per via del successo. "Non si può richiedere questo al governo" esordisce Netanyahu, contemplando le parole scritte a caratteri cubitali sulla parete. "No, vorrei fosse possibile" risponde sorridendo Tim Cook, consapevole delle difficoltà in cui versa Israele.
La visita prosegue poi tra gli obiettivi delle fotocamere e i microfoni dei giornalisti, i due raggiungono la sala principale dove pranzano in compagnia di tutti i dirigenti della società. Sul monitor della sala conferenze spicca il messaggio di ben venuto rivolto dalla società di Cupertino nei confronti del primo ministro. Vi lasciamo alla visione del filmato:

(TechGenius, 8 marzo 2014)


Ucraina, Ebrei e Putin

Gli ebrei di Kiev scrivono a Putin. Una lettera aperta, dai toni molto espliciti, è stata rivolta dalla leadership delle comunità ebraiche e del mondo religioso e culturale ebraico al Vladimir Putin, per invitarlo a non agitare lo spauracchio dell'antisemitismo in funzione dell'intervento politico e militare russo in Ucraina.

di Marco Tosatti

Gli ebrei di Kiev scrivono a Putin. Una lettera aperta, dai toni molto espliciti, è stata rivolta dalla leadership delle comunità ebraiche e del mondo religioso e culturale ebraico al Vladimir Putin, per invitarlo a non agitare lo spauracchio dell'antisemitismo in funzione dell'intervento politico e militare russo in Ucraina. Ne pubblichiamo alcuni brani della nostra traduzione, rimandando al documento originale.

"Signor Presidente!
Siamo cittadini ebrei dell'Ucraina: uomini d'affari, dirigenti, figure pubbliche, scienziati e studiosi, artisti e musicisti. Le scriviamo a nome del multinazionale popolo dell'Ucraina, delle minoranze nazionali ucraine e a nome della Comunità ebraica.
Lei ha dichiarato che la Russia vuole proteggere i diritti dei cittadini russofoni della Crimea e di tutta l'Ucraina e che questi diritti sono stati calpestati dall'attuale governo ucraino. Storicamente, la maggioranza degli ebrei di Ucraina sono russofoni. Così la nostra opinione su ciò che accade ha un peso non minore dell'opinione di quelli che La consigliano e informano.
Siamo convinti che Lei non si fa prendere in giro facilmente, Questo significa che Lei coscientemente sceglie e prende menzogne e calunnie dall'intero corpo dell'informazione sull'Ucraina….I cittadini russofoni dell'Ucraina non sono umiliati o discriminati, i loro diritti civili non sono stati violati. Stravaganze sull'"ucrainizzazione forzata" e "divieto dela lingua russa" che sono apparsi così frequentemente sui media russi sono nella testa di quelli che le hanno inventate. La Sua certezza sulla crescita dell'antisemitismo in Ucraina, espresso da Lei in una conferenza stampa, non corrisponde ai fatti. Forse Lei ha confuso l'Ucraina con la Russia, dove le organizzazioni ebraiche hanno notato una crescita di tendenze antisemite l'anno scorso".
Gli ebrei ucraini sono su entrambi i fronti. "Ma viviamo in un Paese democratico e possiamo permetterci differenze di opinioni. Hanno cercato (e continuano a farlo) di spaventarci con i 'Seguaci di Bandera' e i 'Fascisti' che cercherebbero di deviare il corso della società ucraina, con pogrom ebraici imminenti".
Ma, si scrive nella lettera, "nemmeno i più marginali dei gruppi nazionalistici osano mostrare comportamenti antisemiti o xenofobi. E noi siamo sicuri che i nostri pochi nazionalisti sono ben controllati dalla società civile e dal nuovo governo ucraino, il che è più di quanto si possa dire per i neonazisti russi, che sono incoraggiati dai Suoi servizi di sicurezza".
Il pericolo alla stabilità del Paese viene dal governo russo: "e in particolare proprio da Lei, Vladimir Vladimirovich", scrivono i firmatari. "Le chiediamo di non intervenire negli affari interni del Paese, di riportare le truppe russe ai loro alloggiamenti normali, a smetterla di incoraggiare il separatismo pro-russo e di smetterla di destabilizzare la situazione in Ucraina".
Fra i firmatari (si stanno raccogliendo ancora firme) ci sono Josef Zizels,presidente dell'Associazione delle Comunità ebraiche, Aleander Suslensky, vice presidente della Federazione ebraica di Ucraina, Evgen Chervonenko Vice Presidente dell'European Jewish Congress, i rabbini capo delle due maggiori correnti (tradizionale, progressista, i leader del VAAD e del Bna'i B'rith e numerose altre personalità scientifiche e del mondo degli affari e dell'informazione.

(La Stampa, 8 marzo 2014)


Ai bambini epilettici israeliani autorizzata la somministrazione di marijuana

Anche il Ministero della salute del paese mediorientale approva l'uso di cannabis. Ma solo per i pazienti giovani affetti da epilessia e non agli adulti.

  
LECCE - Il Ministero della salute israeliano ha deciso di approvare l'uso di marijuana a scopo terapeutico per i bambini affetti da casi estremi di epilessia, ma solo se altri farmaci sono risultati inefficaci o poco efficaci e quindi per alleviare i sintomi della malattia.
La decisione arriva dopo una lunga battaglia condotta dai genitori dei bambini poiché altri farmaci hanno dimostrato di non portare benefici. Israele è il leader mondiale nell'uso della marijuana medica uso ha detto una madre di nome Simona che ha la figlia di tre anni che soffre di un caso estremo di epilessia, alla radio dell'esercito che il suo di tre anni. Ed ha continuato: "In passato lei aveva 30 attacchi in 24 ore, e oggi ne ha circa 10 sempre nelle 24 ore ed i farmaci non l' hanno aiutata. I suoi attacchi sono spariti solo dopo aver speso una fortuna per una varietà di vitamine, procedure e nuove macchine". Il Ministero della Salute ha comunicato che ha raccolto le raccomandazioni di specialisti della malattia per consentire la somministrazione di marijuana a scopo terapeutico ai bambini in questi casi, e nelle prossime settimane gli specialisti svilupperanno un metodo per fornire la marijuana a quei bambini. Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", rileva quindi che si allarga a macchia d'olio la platea dei paesi in cui la somministrazione di cannabis a scopo medicale é autorizzata, anche se c'è da rimarcare come in Italia la disciplina che ne consente l'utilizzo sia ancora farraginosa e quindi meritevole di un'intervento legislativo che nel rispetto della normativa penalistica vigente in materia, ne renda meno difficoltoso e soprattuto meno dispendioso l'accesso a chi ne ha veramente bisogno.

(informazione.it, 8 marzo 2014)


Euroleague Top 16 - Il Lokomotiv Kuban supera di misura il Maccabi Tel Aviv

Vittoria di 2 punti per i russi.

Il Lokomotiv Kuban batte di misura il Maccabi Tel Aviv che in Russia deve arrendersi per 78-76 alla squadra di Pashutin.
Grande partita per Krunoslav Simon che segna 15 dei suoi 23 punti finali nell'ultimo quarto di gioco. Il Maccabi può mangiarsi le mani per la tripla finale sbagliata da David Blu.
Per il Lokomotiv come detto 23 di Krunoslav Simon, 16 di Derrick Brown e 10 di Mantas Kalnietis.
Per il Maccabi Tel Aviv invece 18 di Sofoklis Schortsanitis e 16 a testa per Ricky Hickman e David Blu.

(Basketnet.it, 8 marzo 2014)


«Sempre di più gli arabi che vedono il terrorismo, e non Israele, come il loro vero nemico»

Il presidente israeliano ha risposto on line alle domande di arabi d'Israele e dell'intero Medio Oriente

Intervistato in diretta da Panet, il sito web di notizie in arabo collegato al settimanale arabo-israeliano Panorama, il presidente d'Israele Shimon Peres si è rivolto giovedì alla comunità degli arabi israeliani e dell'intero Medio Oriente esprimendo la speranza in una migliore cooperazione dal momento che "sono sempre più numerosi i paesi arabi che vedono il terrorismo come il loro vero nemico, e hanno ragione".
Peres ha risposto fra l'altro a molte domande sulla spedizione iraniana di armi intercettata mercoledì dalla Marina israeliana nel mar Rosso, sul "blocco di Gaza" e sui negoziati di pace con i palestinesi....

(israele.net, 8 marzo 2014)


Erdogan minaccia di chiudere Facebook e Youtube dopo le municipali

Video
Ennesimo giro di vite contro il web in Turchia. Il premier Recep Tayip Erdogan ha minacciato di chiudere Facebook e Youtube dopo le elezioni municipali del 30 marzo.
Lo ha fatto durante un intervento a una televisione privata. Su YouTube sono state diffuse telefonate del premier che lo coinvolgono direttamente in un caso di corruzione. In alcune registrazioni si sente una voce attribuita al primo ministro che spiega al figlio come nascondere grandi somme di denaro sporco prima di un'operazione della polizia.
Di tutt'altro avviso le dichiarazioni del presidente Abdullah Gül che ha invece affermato come la cosa sia fuori questione. Il presidente turco non ha poteri esecutivi, ma è innegabile che questa affermazione avrà un valore al momento di un eventuale voto.
Le intercettazioni ai danni di Erdogan sono vere e non montature secondo l'opposizione, e il leader dell'AKP teme di veder naufragare le proprie aspirazioni presidenziali a causa dei social network. La battaglia è appena cominciata.

(euronews, 7 marzo 2014)


Netanyahu: sugli insediamenti saranno necessari compromessi

Ma 'mi occuperò della difesa di ciascun israeliano'

GERUSALEMME - "E' evidente che non tutti gli insediamenti saranno inclusi in un accordo" definitivo di pace con i palestinesi. "Ma io mi adopero affinche' il loro numero sia il piu' ristretto possibile. Se arriveremo a quel punto, mi occupero' di ciascun israeliano... della sua difesa'': questi alcuni brani di un'intervista rilasciata dal premier Benyamin Netanyahu alla televisione commerciale israeliana Canale 2.
Il premier ha dunque lasciato aperte due possibilità: che gli insediamenti esclusi dall'accordo siano smantellati o che restino all'interno di uno stato palestinese sotto protezione israeliana. In un'altra intervista, alla televisione di stato, Netanyahu e' tornato sullo stesso argomento e ha lasciato intendere di essere disposto ad accettare un profondo ritiro israeliano in Cisgiordania, nel contesto di accordi di pace. ''Voglio un accordo - ha detto - che garantisca una maggioranza ebraica solida, all'interno di uno stato ebraico e democratico'', ossia separato dalla popolazione palestinese. Netanyahu ha pero' nuovamente polemizzato con il presidente palestinese Abu Mazen che, a suo parere, non si adopera a sufficienza per preparare l'opinione pubblica dei Territori alla pace con Israele. ''Sto ancora aspettando un suo 'Discorso dell' universita' di Bir Zeit' '' ha detto il premier riferendosi ad un discorso da lui stesso pronunciato anni fa all'Universita' Bar Ilan (Tel Aviv), dove per la prima volta si disse a favore della formula dei 'Due Stati per i due popoli'.
Facendo riferimento infine all'intercettazione in alto mare della nave Klos-C che, secondo Israele, trasportava missili M-302 provenienti dal porto di Bandar Abbas (Iran) e destinati ai gruppi armati di Gaza, Netanyahu ha polemizzato con i dirigenti iraniani secondo cui il loro Paese e' estraneo alla vicenda. Il premier israeliano si e' detto invece certo di poter dimostrare al mondo che quegli armamenti sono stati spediti da responsabili iraniani. ''L'Iran ha spedito missili ad organizzazioni terroristiche. Aspettiamo che la nave arrivi (domani, ndr) al porto di Eilat... e allora vedremo chi mente ''. Un commentatore delle televisione di stato ha aggiunto che e' possibile che il presidente iraniano Hassan Ruhani sia stato tenuto all'oscuro della spedizione dei missili organizzata, a suo parere, dai Guardiani della rivoluzione.
Le interviste hanno suscitato notevole interesse in Israele perche' era oltre un anno che Netanyahu non rispondeva a domande di giornalisti israeliani.

(ANSAmed, 7 marzo 2014)


Tim Cook incontra il primo ministro di Israele a Cupertino

di Mario Petillo

  
Nel corso degli ultimi mesi Tim Cook, CEO della Apple, ha avuto modo di incontrare numerosi capi di stato di Paesi di grande portata economica e politica. Non ultimo l'incontro col primo ministro degli Emirati Arabi, che, così come molti altri Paesi in emergenza economica, ha deciso di avviare il processo di digitalizzazione della propria nazione, inserendo l'iPad maggiormente all'interno del proprio sistema scolastico e amministrativo. L'ultimo incontro di Cook in termini cronologici è avvenuto poche ore fa, sempre con un altro importante politico del medio oriente.
Si tratta del Primo Ministro israeliano, che essendo in visita negli Stati Uniti d'America ha deciso di incontrare Tim Cook per poter valutare insieme future e possibili strategie: l'incontro è avvenuto nel quartier generale della Apple a Cupertino. Già in passato tra le due realtà, Israele e l'azienda della Mela, vi erano stati degli incontri per valutare possibilità e capacità di mercato e di partnership: nonostante non esiste ancora uno Store ufficiale della Apple nel Paese israeliano, è noto che la collaborazione tra le realtà è stata sovente d'esempio per altri paesi, soprattutto perché nel 2012, poco più di un anno fa, a Cupertino sono diventati proprietari della Anobit, azienda che attualmente sviluppa microprocessori per gli iDevice, e proprio in quel frangente si cercò di ottenere il permesso dal Paese mediorientale per la costruzione di un centro di sviluppo e ricerca.
L'incontro, per ora, non ha sortito effetti noti alla stampa, tant'è che il tutto è rimasto abbastanza segreto, senza alcun dettaglio particolare. Indubbiamente però Netanyahu, il primo ministro, con Cook ha cercato di stringere ulteriormente i rapporti attualmente posti in essere e potenziare quindi quella che è una sicuramente prolifica collaborazione, con la speranza di poter raggiungere in futuro degli investimenti in loco.

(iPaddisti, 7 marzo 2014)


Buone azioni nel Ruach Tovà

Un momento del Ruach Tovà 2013 con la visita dell'ambasciatore Gilon alla mensa della Caritas Giovanni Paolo II in zona Colle Oppio
Si chiama Ruach Tovà ed è la giornata delle buone azioni nata in Israele nel 2007 su iniziativa di Shari Arishon. Un fenomeno sempre più globale che è diventato di casa in molti paesi, compresa l'Italia. Per rinnovare lo spirito di questo appuntamento l'ambasciata d'Israele a Roma svolgerà domenica (dalle 10 alle 13) un'attività di volontariato presso il reparto di pediatria del Policlinico Gemelli. Dipendenti e funzionari, con a capo l'ambasciatore Naor Gilon, si intratterranno in compagnia dei bambini ricoverati con giochi, attività, cibo e momenti di lettura (sarà proposto un racconto per bambini in lingua italiana). Inoltre, dato che l'attività cadrà a cavallo tra il Carnevale e la festività ebraica di Purim, celebrazione caratterizzata anch'essa da uno spirito diffuso di gioia e allegria, sono previsti anche alcuni travestimenti. Parteciperà anche il direttore sanitario della struttura.

(moked, 7 marzo 2014)


Abu Mazen: non riconosceremo Israele come Stato ebraico

RAMALLAH - Il presidente dell'Autorita' nazionale palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) ha dichiarato che non riconoscera' ''in alcun modo'' Israele come uno Stato ebraico. Lo ha chiarito lui stesso citato dall'agenzia di stampa Wafa, alla quale ha anche spiegato che non sara' possibile accettare solo una porzione di Gerusalemme Est come capitale del futuro Stato palestinese.

(Adnkronos, 7 marzo 2014)


Si conferma dunque quello che da tempo si sapeva: il nodo fondamentale resta la città di Gerusalemme. La Bibbia lo dice e lo ripete chiaramente, ma i pragmatici non se ne danno cura. I “laici” sono davvero più realisti dei “religiosi”? In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti, e tutte le nazioni della terra s'aduneranno contro di lei (Zaccaria 12:2).


Minacce cibernetiche, l'Italia si difende. E chiede aiuto agli esperti israeliani

Nell'ultima Relazione sulla sicurezza i dettagli di una complessa struttura di protezione dalle armi digitali: "Con Israele una Joint Declaration mirante a tracciare le linee lungo le quali informare future forme di cooperazione di settore tra i due Paesi".

di Francesco Grignetti

ROMA - Per i nostri 007, non sono più la minaccia del futuro, ma del presente. Le cosiddette "armi digitali": così nell'ultima Relazione sulla sicurezza definiscono "l'evoluzione delle procedure e degli strumenti attraverso i quali si concretizza la minaccia cibernetica".
Per difendersi, l'Italia ha creato una complessa struttura di protezione. E siccome trattasi di armi, sia pure virtuali, ma che possono fare molto male a un Paese, è il consigliere militare del presidente del Consiglio, un generale che siede in permanenza a palazzo Chigi, a sovrintendere ad un neonato Nucleo per la Sicurezza Cibernetica.
Il Nucleo è presieduto appunto dal consigliere militare e vede al suo interno i rappresentanti del Dipartimento informazioni e sicurezza (il vertice dei nostri servizi segreti), delle due agenzie AISE e AISI, del ministero degli Affari Esteri, Interno, Difesa, Sviluppo Economico, Economia, della Protezione civile e dell'Agenzia per l'Italia digitale. "Il Nucleo - spiegano - svolge funzioni di raccordo tra le diverse componenti dell'architettura istituzionale, che intervengono a vario titolo nella materia della sicurezza cibernetica, sia nel campo della prevenzione e della preparazione ad eventuali situazioni di crisi cibernetica, sia ai fini dell'attivazione delle azioni di risposta e ripristino rispetto a quest'ultime". Tutto molto bello, sulla carta. Siccome però i nostri 007 sono consapevoli che c'è da recuperare un certo gap tecnologico, gli italiani si sono messi sotto l'ala di chi se ne intende davvero di protezione cibernetica: gli israeliani.
Scorrendo la Relazione, infatti, si legge che "particolare attenzione è stata dedicata ai rapporti di cooperazione bilaterale Italia-Israele. Alla partecipazione di una delegazione nazionale (composta da rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico e delle imprese) alla Conferenza di sicurezza cibernetica tenutasi a Tel Aviv il 9-12 giugno ha fatto seguito un successivo incontro in Italia (2-3 settembre) in vista del rafforzamento delle condizioni per possibili convergenze tra start-up israeliane e piccole e medie imprese nazionali". Non deve meravigliare la capacità di cyber-difesa di Tel Aviv. I suoi siti Internet sono forse i più bersagliati al mondo (e di converso i più protetti): nel novembre di due anni fa, al culmine delle tensioni a Gaza, il governo ammise di avere fronteggiato quarantaquattro milioni di attacchi in quattro giorni. Undici milioni di attacchi al giorno! Furono tutti respinti. Da allora, i cyber-guerrieri israeliani sono universalmente riconosciuti come i migliori.
Tanto corteggiamento da parte italiana nei confronti dei partner israeliani, comunque, ha dato significativi risultati. "Tali incontri, prodromici al vertice bilaterale italo-israeliano svoltosi a Roma il successivo 2 dicembre, - conclude la Relazione - hanno portato alla sottoscrizione di una "Joint Declaration" mirante a tracciare le linee lungo le quali informare future forme di cooperazione di settore tra i due Paesi. Il 27-28 gennaio del 2014, nell'ambito della fiera Cybertech di Tel Aviv, si sono tenuti ulteriori incontri istituzionali e imprenditoriali".

(La Stampa, 7 marzo 2014)


All'ospedale pediatrico di Alba, il 9 marzo, l'annuale Giornata delle Buone Azioni

Promossa dall'associazione Ruach Tova di Tel Aviv

In tutto il mondo, centinaia di migliaia di persone scelgono di fare volontariato e aiutare gli altri, mettendo in pratica la semplice idea che ogni singola persona può fare qualcosa di buono, sia esso grande o piccolo, per migliorare la vita degli altri e positivamente cambiare il mondo.
La sezione Alba Bra Langhe e Roero dell'Associazione Italia-Israele ha organizzato per l'occasione un pomeriggio di festa e gioco con i bambini dell'Ospedale Pediatrico di Alba, la cui amministrazione, che ringraziamo, ha aderito con entusiasmo alla proposta.
Good Day Deeds è un progetto avviato nel 2007 dall'imprenditrice e filantropo, Shari Arison, e lanciato e organizzato da Ruach Tova (ONG), una parte di The Ted Arison Family Foundation, il braccio filantropico del Gruppo Arison.
    "Credo che se le persone sapranno parlare bene, pensare bene e fare del bene, i cerchi di buona volontà cresceranno e il nostro mondo potrà essere un mondo migliore. Good Day Deeds è diventato il giorno principale in cui "dare" e in questo giorno gli individui, scolari, studenti, militari e dipendenti di molte aziende si uniscono per la 7a annuale Giornata buone azioni, con l'obiettivo di fare una buona azione per gli altri - dice Shari Arison, iniziatore di Good Day Deeds -. Dal suo lancio nel 2007, questa tradizione annuale del bene ha attirato un numero sempre crescente di partecipanti, da 7.000 nel 2007 a oltre 250.000 nel 2012, in Israele da solo. Nel 2012, Good Day Deeds è stato più grande mai: circa 250.000 israeliani e altre migliaia in tutto il mondo uniti per fare una buona azione per gli altri. In Israele, quasi tutte le autorità locali, circa 584 scuole, 121 gruppi di adolescenti, 200 militari e 330 aziende commerciali sono stati volontari, partecipando ad una vasta gamma di buoni progetti.
    Oltre 3.600 progetti sono stati organizzati per Good Day Deeds 2012, tra cui la pittura a case di anziani, pulizia spiagge e parchi, ristrutturazione e la creazione di centri di comunità e gardens. Good Day Deeds 2012 si è svolta in 28 comunità di 50 paesi tra cui Stati Uniti, Messico , Panama, Cile, Argentina, Francia, Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Finlandia, Portogallo, Ungheria, Ucraina, Sud Africa e Singapore." G.R.
(targatocn.it, 7 marzo 2014)


Associazione Italia-Israele riordina un'area verde con giochi per bambini

Iniziativa domenica in occasione del Good Deeds Day. Iscrizioni entro venerdì alle 15

di Vanna Pescatori

CUNEO - Domenica, in occasione del Good Deeds Day, giornata internazionale di promozione del volontariato israeliano, l'associazione Italia-Israele di Cuneo si mobiliterà per riordinare l'area verde attrezzata per i giochi dei bambini in piazza II Reggimento Alpini ( corso Galileo Ferrrais), individuata su indicazione del competente assessorato comunale.
Italia-Israele di Cuneo ha aderito all'iniziativa, così come avviene in molte città della penisola, per sottolineare, seppure con piccolo gesto, le finalità di amicizia e condivisione che caratterizzano il sodalizio. La scelta di un luogo dedicato all'infanzia, vuole simboleggiare idealmente l'importanza di operare per le nuove generazioni. L'intervento di pulizia si svolgerà dalle 10 alle 12,30. Ai partecipanti verranno forniti rastrelli, sacchi e guanti, nonché la maglietta con il logo israeliano della manifestazione.
Poiché gli «operatori» volontari devono essere assicurati, è indispensabile comunicare il proprio nominativo e codice fiscale entro le 15 di venerdì 7 marzo, scrivendo a omarkayam@alice.it .

(La Stampa, 6 marzo 2014)


Israele nuova destinazione del Gruppo Bluvacanze

Gruppo Bluvacanze e l'Ufficio Nazionale Israeliano per il Turismo hanno avviato una partnership per promuovere la destinazione nelle oltre 530 adv Bluvacanze e Vivere&Viaggiare.
L'azione di co-marketing si svilupperà in diversi step durante tutto il 2014 che coinvolgeranno gli adv a vari livelli: dalle sessioni di training formativo sulla destinazione tenute dagli esperti dell'Ufficio Nazionale Israeliano per il Turismo nell'ambito dei roadshow del Gruppo Bluvacanze in programma nei mesi di aprile e maggio, alla creazione di materiale promozionale destinato ai punti vendita, fino all'inserimento di 3 tour dedicati a Israele nella programmazione del catalogo Bluvacanze Discovery.
"La collaborazione con l'Ufficio del Turismo Israeliano - dice Alessandro Seghi, direttore marketing e web Gruppo Bluvacanze - permetterà alle nostre adv di conoscere e proporre al meglio il paese ma anche lo stile e la modernità di Tel Aviv, una delle città più trendy del momento, che perfettamente si armonizza con Gerusalemme, la 'bella tra le belle' come la tradizione antica la definisce".
"Formazione è il nostro impegno principale - aggiunge Tzvi Lotan, direttore dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo - e insieme alla formazione la fruibilità. Il network Bluvacanze e Vivere&Viaggiare, grazie alla sua capillare rete di adv, è in grado di raggiungere una clientela eterogenea a cui proporre itinerari 'da sogno' alla scoperta di Israele e far vivere l'emozione di una destinazione per l'anima e per il corpo".

(Travelnostop, 7 marzo 2014)


Il trasporto pubblico si sposta in aria...

Il nuovo trasporto pubblico SkyTran verra' presto realizzato a Tel Aviv, garantendo ai cittadini un nuovo sistema di spostamento in citta' piu' ecologico, veloce e comodo.

di
Matteo Ludovisi

   
SkyTran
Il trasporto pubblico in città, si sposterà presto in aria attraverso le rotaie a levitazione magnetica. E' questo in sintesi, l'ambizioso obiettivo della città di Tel Aviv, dove verrà realizzato il primo sistema per il trasporto di massa 'SkyTran' con veicoli a levitazione magnetica. In pratica, il collegamento fra i veicoli ed il binario avverrà grazie alla presenza di un magnete in ciascuna navicella e di una bobina di induzione all'interno della ferrovia (si tratta di una tecnologia già utilizzata in Giappone ed in Germania, seppur con diverse modalità).
Il nuovo trasporto pubblico 'SkyTran', in particolare, è stato co-sviluppato dalla società omonima e da alcuni ingegneri della NASA presso il centro di ricerca di 'Ames' in California, dove attualmente è in fase di costruzione un modello su larga scala. Progettato per ridurre la congestione del traffico urbano, 'SkyTran' dovrebbe consentire, in pratica, la trasformazione delle città in ambienti più verdi, e al contempo offrire alla popolazione un sistema di trasporto cittadino meno costoso per l'amministrazione comunale, più veloce e comodo.
Il trasporto pubblico 'SkyTran', è stato ideato tenendo conto di alcune caratteristiche ben precise: il progetto prevede infatti la realizzazione di cabine a due posti 'on-demand', che permetteranno agli utenti di imbarcarsi e raggiungere direttamente la destinazione desiderata, senza le fermate intermedie che caratterizzano autobus, tram e metropolitane.
I nuovi veicoli, sospesi a circa 6 metri da terra, si potranno inoltre prenotare via web o tramite un'app mobile appositamente progettata, in modo da ottimizzare ed efficientare al massimo ogni spostamento sulle rotaie a levitazione magnetica.
Il trasporto pubblico 'SkyTran', terrà infine conto della sostenibilità energetica legata al sistema di alimentazione delle rotaie a levitazione magnetica. Secondo quando dichiarato dai responsabili di progetto, l'alimentazione delle rotaie di 'SkyTran' dall'alto, contemplerà anche l'impiego di pannelli solari, in modo da rendere quasi completamente ecologico l'intero sistema di trasporto. Anche se l'amministrazione di Tel Aviv ha già nominato dei consulenti per la supervisione del progetto e l'introduzione di questa rivoluzionaria tecnologia in ambito urbano, non sono ancora stati notificati i tempi di realizzazione dell'innovativo sistema di trasporto pubblico. Maggior informazioni sulle caratteristiche di 'SkyTran', sono comunque disponibili consultando questo sito.
Video

(EcoSeven, 6 marzo 2014)





Nuoto - Europei 2015 in vasca corta a Netanya

Netanya
La Ligue Europeenne de Natation ha assegnato a Netanya (Israele) i campionati europei di nuoto in vasca corta che si terranno dal 15 al 18 gennaio 2015. E' la prima volta che il nuoto internazionale sarà di scena in Israele. Le gare si svolgeranno presso il nuovo complesso dell'Istituto Wingate, centro dello sport nazionale che copre una superficie di 120 ettari sulla spiaggia del Mediterraneo, 20 km a nord di Tel Aviv. Il complesso presso l'Istituto Wingate dispone di una piscina olimpica da 10 corsie e profondità di 3 metri, una piscina olimpica ad 8 corsie e una piscina da 25 metri a 6 corsie. La piscina principale può ospitare 3.000 spettatori.

(Federazione Italiana Nuoto, 6 marzo 2014)


Mostra digitale su Israele alla Casa del Lector di Madrid

Fondi e archivi digitalizzati della Biblioteca Nazionale

MADRID, 6 mar - Dalle lettere di Stefan Zweig agli scritti teologici di Isaac Newton alle mappe di Terra Santa e Gerusalemme, all'incredibile viaggio di una Torà spagnola, alla documentazione di Walter Benjamin o le opere di Frank Kafka. E' la mostra digitale "La Biblioteca nazionale di Israele: deposito di memoria", inaugurata alla Casa del Lector di Madrid, che dà al visitatore accesso virtuale e interattivo, attraverso dispositivi mobili, a fondi digitalizzati per la prima volta, video, archivi sonori e altri contenuti multimediali che narrano la memoria del popolo ebraico.
"Con l'esposizione, la Casa del Lector dà inizio al progetto 'Biblioteca: storia geografica di un'idea', all'interno della Biblioteca Digitale, per essere una finestra delle grandi biblioteche del mondo, che stanno adeguando i propri fondi alla rivoluzione tecnologica, perché siano accessibili e fruibili da tutti", ha spiegato il direttore dell'istituzione culturale, Cesar Antonio Molina, nel corso della presentazione.
L'accesso alla biblioteca sarà possibile sia con il sistema operativo ¡OS come Android che mediante tablets, grazie ai codici QR per la consultazione diretta, in spagnolo e in inglese, dei contenuti multimediali di ognuna delle otto sezioni virtuali che compongono la mostra. Quest'ultima riunisce centinaia di documenti digitalizzati sulla storia del popolo ebraico e le ramificazioni della sua cultura nel mondo, in modo che "ogni visitatore potrà decidere dove vuole cominciare e terminare il proprio percorso e a quale livello esplorare i fondi", ha spiegato Oren Weinberg, direttore della Biblioteca Nazionale di Israele, presente all'inaugurazione, assieme alla curatrice dell'esposizione, Milka Levy-Rubian, responsabile della sezione Umanistica dell'istituzione, e al direttore di Programmi della Casa del Lector, José Vicente Quirante.

(ANSAmed, 6 marzo 2014)


Missoni a Tel Aviv a Gindi fashion week

Tre giorni dedicati al meglio della moda israeliana

TEL AVIV, 6 mar - La Maison Missoni sarà la guest star dell'annuale 'Gindi Fashion week' in programma dal 9 al 12 marzo a Tel Aviv: domenica sera Rosita, Angela e Teresa presenteranno in un gala speciale la collezione primavera-estate 2014 della casa di moda. La manifestazione prevede 22 presentazioni incentrate sul meglio della creatività israeliana: da Daniella Lehavi a Ronen Chen a 'Comme il faut'. Ma anche i giovani stilisti emergenti come Yaron Minkowski, Shenkar school, Karen Oberson.

(ANSA, 6 marzo 2014)


 Nave con missili a medio raggio iraniani diretti a Gaza intercettata da Israele


Una nave piena di missili e altre armi devastanti di fabbricazione iraniana diretta a Gaza è stata intercettata da unità militari israeliane al largo del Sudan.
Le forze speciali israeliane denominate Shayelet 13 (Flottiglia 13) è riuscita ad impadronirsi dell'imbarcazione battente bandiera panamense denominata Klos C, nelle prime ore del mattino. I militari saliti a bordo hanno scoperto dozzine di missili da 302 millimetri identici a quelli che i militanti filoiraniani libanesi Hezbollah avevano usato contro Israele nella seconda guerra del Libano del 2006. Questi dispositivi hanno un raggio di 100 chilometri.
PROVENIENZA IRANIANA - «Abbiamo la prova inconfutabile che questi missili a bordo sono di provenienza iraniana», ha dichiarato un alto ufficiale israeliano, che ha precisato come tali armi provenivano in origine dalla Siria, da lì erano state trasportate in Iran per via aerea. Dalla Repubblica isalmica avevano infine preso la via del mare. Prima di raggiungere Gaza il carico doveva toccare la costa del Sudan. La nave aveva fatto scalo in Iraq dove il carico era stato coperto da cemento per passare eventuali controlli.
NETANYAHU - «Un'operazione perfetta»: così il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha definito l'intercettazione della nave. Il premier si è congratulato con le forze di sicurezza e lancia accuse all'Iran. Netanyahu si è congratulato con il capo del Mossad Tamir Pardo, con i servizi di intelligence e con le forze armate di Israele per l'operazione svolta «in maniera perfetta». Ha poi rilevato: «Mentre l'Iran è impegnato in colloqui con le potenze, lancia sorrisi e diffonde parole di distensione, lo stesso Iran invia armi micidiali ad organizzazioni terroristiche... e fa ciò mediante un vasto sistema di operazioni segrete». «Questa - ha detto ancora Netanyahu, che ha seguito l'operazione dagli Stati Uniti - è il vero Iran. Occorre impedire che quel Paese si doti di armi nucleari».

(Il Messaggero, 5 marzo 2014)


The Course of Iran's Weaponry Shipment to Gaza


Lobby ebraica o lobby araba? Chi controlla veramente il mondo?

Nei momenti di crisi come quello che stiamo attraversando riemerge prepotente il concetto nazi-comunista del controllo dell'economia mondiale da parte della cosiddetta lobby ebraica. Ma è veramente così? A giudicare da quello che accade negli Stati Uniti e in Europa non sembrerebbe proprio.
Prendiamo come esempio la politica americana del Presidente Obama. Mentre tutti pensano che a influenzare la politica USA sia la lobby ebraica che fa capo all'AIPAC in realtà sin dalla sua elezione il Presidente Obama si è fatto fortemente influenzare dalla lobby araba. Non lo ha fatto a caso, buona parte dei finanziamenti per la sua campagna elettorale sono arrivati da miliardari arabi nonostante Obama si vanti del suo sistema di micro-fundraising....

(Right Reporters, 6 marzo 2014)


Minacce agli ebrei, rissa sfiorata in tribunale fra Pacifici e l'imputato di Militia, Schiavulli

di Andrea Ossino

Solo grazie all'intervento dei carabinieri e degli uomini della scorta è stata evitata una rissa in aula tra il presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici e Stefano Schiavulli, esponente del gruppo di estrema destra, Militia.
Durante la testimonianza di Riccardo Pacifici, parte lesa nel processo che vede gli esponenti di Militia accusati di apologia di fascismo per aver imbrattato i muri di Roma con alcune scritte antisemite, tutto sembra essere sotto controllo. Ma terminata la deposizione, mentre il presidente della comunità ebraica usciva dall'aula, Stefano Schiavulli, alzandosi dal banco dove è seduto si è avvicinato al presidente della comunità ebraica romana e guardandolo fisso negli occhi ha detto: "con te ci vediamo presto", a quel punto il testimone lo ha invitato a ripetere.
Così l'esponente di Militia, senza batter ciglio, ha continuato: "ci vediamo presto". Pacifici, sconcertato, ha quindi risposto: "è una minaccia?". Poi, innervosito, il presidente ha provato ad avvicinarsi al suo interlocutore. Solo l'intervento dei carabinieri e degli uomini della scorta ha impedito una rissa all'interno della seconda sezione del tribunale di piazzale Clodio. Ma fuori dall'aula Riccardo Pacifici continua a gridare: "non ho paura, esci fuori, non mi fai paura". Nel frattempo, all'interno dell'aula il presidente redarguisce Schiavulli ricordando che si trova in un tribunale, prima però, il giudice, ha messo a verbale l'accaduto.
La procura di Roma ha aperto un fascicolo in merito allo scontro verbale tra il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, ed un militante di Militia, Stefano Schiavulli, durante l'udienza del processo in cui quest'ultimo è imputato con altri sei esponenti dell'organizzazione di destra.
Il fascicolo, affidato al pm Luca Tescaroli, è stato aperto sulla base di una relazione di servizio dei carabinieri del Nucleo tribunali di Roma e per Schiavulli si profila ora un'iscrizione nel registro degli indagati per minacce. «Al termine della deposizione del teste Riccardo Pacifici - è detto nella relazione - l'imputato Schiavulli proferiva la frase »ci vediamo presto« che ripeteva più volte ad alta voce». «Pacifici - prosegue la nota - visibilmente alterato, rispondeva chiedendo allo Schiavulli se la frase fosse stata una minaccia ed otteneva in risposta dallo stesso la frase: »Lo vedrai, ci vediamo presto, lo vedrai«.

(Il Messaggero, 5 marzo 2014)


La Slovacchia vince in Israele, bene Hamsik

Segnali di ulteriore crescita per il capitano del Napoli, che non segna ma fornisce preziosi assist.

Tutto facile per la Slovacchia che batte Israele per 3-1. Partita dai due volti con un primo tempo privo di sussulti ed una ripresa tutta da vivere. Il match non regala grandi emozioni per quasi mezz'ora con gli ospiti a tenere il pallino del gioco costringendo Israele a colpire in contropiede. È buona l'intesa tra i trequartisti: il terzetto composto da Sestak, Hamsik e Weiss regala velocità ed imprevedibilità al reparto. Proprio dai piedi di Hamsik parte al 20' un buon
traversone mancino ma l'accorrente Pekarik impatta male il pallone. Sulla sinistra Weiss prova spesso il taglio al centro, favorito dai continui cambi di direzione di Hamsik volti a portare via l'uomo: il capitano schierato nella stessa posizione occupa a Napoli da trequartista centrale con movimenti ad appoggiare i compagni sulle corsie laterali. Ci mette il piede nell'azione del vantaggio: al 37' da una sua giocata rimpallata, Pekarik disegna una traiettoria invitante che Jakubho gira in rete di testa. Unica sortita israelita di Zahavi che con una veronica si libera di Gyomber e prova a indovinare l'incrocio ma la conclusione è rimpallata in angolo. Alla ripresa Israele prova a reagire: al 50' Zahavi prova la gran conclusione da fuori messa in corner da Mucha. Il tecnico slovacco Kozak, inserisce Stoch, Mak e Holosko per Weiss, Sestak e Stefanik, rivoluzionando di fatto la trequarti e arretrando Hamsik sulla linea mediana, passando ad un 4- 3-3. Al 69' arriva il raddoppio della Slovacchia. Ancora un colpo di testa ma stavolta da gioco fermo: Durica gira in rete una pennellata di Stoch. Israele non ci sta e prova a ricompattarsi e al 79' Buzeglo trova il gol: collo esterno terrificante sotto la traversa su cui Mucha può poco o nulla. Neanche il tempo di esultare che la Slovacchia all'83' trova il terzo gol ed è ancora Hamsik ad inventare: filtrante in area per Svento che serve l'accorrente Mak e per il numero 20 è facile appoggiare in rete. Non succederà più nulla fino al 90'. Positiva e di spessore la partita di Marek Hamsik, dapprima impiegato da attaccante aggiunto e poi arretrato a schermo davanti la difesa: regista avanzato o arretrato non fa alcuna differenza. In mediana ha accorciato il proprio raggio d'azione permettendo ai compagni di rifiatare nel momento in cui Israele spingeva per trovare il pari. Segnali di ulteriore crescita, dunque, come testimonia la scelta di Kozak di tenerlo in campo per tutti i 94' del match.

(SoloNapoli, 6 marzo 2014)


Gerusalemme nella Top 20 delle destinazioni del 2014

Secondo il Telegraph Travel britannico Gerusalemme è stata selezionata come una delle 20 migliori destinazioni di viaggio per il 2014, descritta come una città "per millenni desiderata , la più santa delle città sante ". Statistiche relative al 2012 diffuse dal ministero del Turismo di Israele dimostrano che Gerusalemme resta la città più visitata del Paese, visitata da tre quarti di tutti i turisti stranieri e città principale nell'itinerario prescelto. Lo scrittore di viaggi per The Telegraph Jolyon Attwool, spiega le ragioni per cui Gerusalemme dovrebbe essere collocata nella top 20 delle città mondiali perché "questo antico luogo esercita ancora lo stesso magnetismo spirituale che la rende forse la città più ricca di scritture e leggende religiose del pianeta. Non si ha bisogno di fede per essere commossi dallo spettacolo delle persone prostrate nella chiesa del Santo Sepolcro o fornire messaggi di profonda speranza in quello che è il luogo più santo per l'ebraismo, il Muro Occidentale o muro della Preghiera , o camminare per i luoghi posti intorno alla Cupola della Roccia". Jolyon Attwool osserva inoltre che vi è stata una rinascita culturale della città antica, tra cui il IV festival di Gerusalemme che include il Festival di Musica Sacra in programma per settembre 2014. Il festival presenterà la musica sacra di tutto il mondo e vedrà luoghi come la Torre di Davide o il tunnel di Zedekiah privilegiati luoghi per l'esecuzione di differenti performance. I siti più visitati: il Muro Occidentale ( 68 % ); il quartiere ebraico di Gerusalemme ( 64 % ); la Chiesa del Santo Sepolcro( 57%); la Via Dolorosa ( 55 % ); il Monte degli Ulivi (53 % ).

(Travel Quotidiano, 5 marzo 2014)


Cinema: Amos Gitai a Roma, tra architettura, estetica e politica

Prossimo film insieme a Aharon Appelfeld, sarà su Memoria

di Cristiana Missori

 
Amos Gitai
ROMA, 5 mar - Arriva a Roma per qualche ora per presentare una delle sue pellicole, Lullaby to my Father (2012), in occasione del quarto appuntamento del programma "Meeting Architecture", organizzato dalla British School at Rome-Accademia Britannica di Archeologia, Storia e Belle Arti, insieme all'Accademia di Francia a Roma-Villa Medici, e tesse parlando al pubblico una interessante trama tra politica, estetica e cinema. Amos Gitai (Haifa, 1950), è senza dubbio il regista israeliano più noto al mondo. Quarant'anni di carriera alle spalle, oltre 80 tra pellicole, corti e documentari all'attivo, dirigendo artiste del calibro di Juliette Binoche, Jeanne Moreau o Natalie Portman. La sua attività artistica ha preso una piega diversa da quella che si aspettava. Architetto sulla carta, con una laurea e un PhD a Barclay, California, ha passato una vita, o quasi, dietro la cinepresa. Il tutto avviene dopo la guerra del Kippur, nel 1973. Le cose cambiano al suo rientro dal fronte, come ha voluto ricordare ieri sera al termine della proiezione. Il suo amore per l'architettura continua però ad esprimerlo con i suoi lavori. In Lullaby to my Father - proiettato alla 69a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - Gitai racconta la storia di suo padre, Munio Weinraub, studente della facoltà di architettura e design della Bauhaus a Dessau, prima che Hitler la chiudesse nel 1933. "Ricordo - rammenta Gitai - che mio padre raccontava con molta nonchalance l'episodio. I tedeschi gli avevano spaccato i denti e lo avevano gettato in prigione prima di espellerlo e lui parlava della cosa minimizzando". Accusato di "tradimento del popolo tedesco" e incarcerato, Weinraub venne espulso dalla Germania. E dalla Svizzera, giunse in Palestina.
Come lui, tanti altri architetti. "L'architettura - sottolinea Gitai - rappresentava una minaccia ai regimi fascisti e nazisti. L'obiettivo era distruggere una scuola estetica".
Eppure, gli architetti fuggiti in Palestina negli anni Trenta "ebbero grandi opportunità. Con la loro architettura minimalista, realizzarono un vero e proprio golpe". Un "golpe" che ha portato a inizio degli anni 2000 l'Unesco a dichiarare la Città Bianca di Tel Aviv, con le sue centinaia di edifici in stile Bauhaus, Patrimonio dell'Umanità. Dopo il 1967, prosegue il regista, tutto cambia. "Dopo la guerra dei sei giorni l'architettura israeliana diventa più brutale, in particolare negli insediamenti, assumendo un vero e proprio stile coloniale britannico". L'architettura, sostiene Gitai, "non fa che seguire la politica". In molti suoi film Gitai ha scelto di scavare nelle stratificazioni della storia del Medio Oriente e oltre, incorporandovi tematiche personali, come madrepatria e esilio, religione, controllo sociale e utopia. Ai suoi lavori, fino a maggio, il Museo Reina Sofia di Madrid dedica una mostra (che a settembre approderà al Palazzo Reale di Milano) dal titolo "Le biografie di Amos Gitai", un progetto che punta ad avvicinare il pubblico ai personaggi, storie, territori, ritratti dal regista nella sua filmografia. Fino a luglio, invece, la Cinémathèque francaise di Parigi gli dedica una retrospettiva. Intanto lui guarda avanti. Il suo prossimo lavoro dovrebbe ultimarlo a giugno, anticipa. "Insieme allo scrittore israeliano Aharon Appelfeld, grande amico di Primo Levi, sto lavorando al mio prossimo film. Parlerà della Memoria".

(ANSAmed, 5 marzo 2014)


In Francia, gli ebrei sono i nuovi nazisti

di Giulio Meotti

Il 21 febbraio 1944 i nazisti giustiziarono un gruppo di partigiani della Resistanza noto come "Manouchian", composto in gran parte da ebrei. Accadeva settant'anni fa, quando quegli ebrei vennero tacciati dai nazisti di essere dei "terroristi". Nei giorni scorsi lo storico francese Benoît Rayski è andato a parlare di questi eroi alla scuola superiore di Mantes-la-Jolie. Prima di entrare in classe, l'insegnante gli ha chiesto di non citare il fatto che fossero ebrei, ma di descriverli come "immigrati" e "stranieri". "Sa, con la Palestina e il resto...", ha detto l'insegnante. Questa è la Francia di oggi, dove i terroristi musulmani in armi diventano "freedom fighters" e gli israeliani "i nuovi nazisti". Lo pensavano così Stephane Hessel e Jacques Vergès, ad esempio. Nei mesi scorsi, il famoso museo parigino degli impressionisti, Jeu de Paume, ha esposto sessanta fotografie di kamikaze palestinesi. La brochure della mostra paragona quei cannibali palestinesi ai membri della Resistenza. La douce France, vecchia signora antisemita.

(Il Foglio, 5 marzo 2014)


San Marino terra di Giusti

San Marino - Castello
Il 6 marzo è dallo scorso anno la giornata europea dei Giusti e di Giusti di questi tempi a San Marino si è parlato molto. Da alcuni anni infatti la Fondazione Valori Tattili di Asset Banca investe importanti risorse nella ricerca intitolata ai Giusti di San Marino che, prendendo le mosse dal libro di Giuseppe Marzi 'Il Viale delle Rose', ha messo in luce la grande storia della piccola Repubblica che durante la Seconda Guerra Mondiale offrì riparo agli ebrei destinati ai campi di concentramento. Segno che qui gli spazi erano piccoli ma gli orizzonti mentali aperti e coraggiosi. Fame di futuro e senso di umanità e fratellanza crearono una felice alchimia umana e partì la gara della solidarietà. Di quei giorni lontani in cui tanti ebrei trovarono rifugio a San Marino sono rimasti segni che fanno ancora battere il cuore. Tanto che qui la memoria non è un atto di fedeltà al passato bensì una procedura perché quel passato parli ancora al nostro presente e abbia significato per dare una qualche ipotesi di futuro. Di qui l'importanza della collaborazione con il Memoriale dell'Olocausto di Israele che ha di recente firmato un accordo con lo Stato di San Marino e chiesto di vagliare i documenti che testimoniano l'aiuto offerto agli ebrei. Collaborazione che potrebbe sfociare nel riconoscimento della Repubblica fra i Giusti della Terra.
   Prima di essere un archivio e un museo lo Yad Vashem di Israele è un bosco dove ogni albero porta il nome di una persona che sotto il nazismo è stata capace di salvare anche "soltanto" una vita. Dunque fra i Giusti della terra ci sono individui, non collettività. Ma sulla collina dove il Memoriale sorge c'è un'eccezione: una piccola barca di legno nero con i remi appoggiati sul fianco simbolo del popolo danese che nel 1943 salvò quasi tutti gli ebrei del Paese traghettandoli nella libera Svezia.
   La storia della Danimarca è del resto entrata nel mito grazie alle dichiarazioni del re Cristiano che interrogato dal primo ministro danese con il Paese invaso dai nazisti pare alla domanda "Cosa faremo, Vostra Maestà, se si dovesse dire che anche i nostri ebrei devono indossare la stella gialla"? abbia risposto con queste parole "Allora probabilmente la indosseremo tutti". Fu dunque l'intero popolo a salvare dallo sterminio migliaia di ebrei e per questo tutta la comunità viene simbolicamente ricordata fra i Giusti della Terra.
   Ciò avvenne poi in un periodo storico veramente 'parco di eroi' così come ebbe a scrivere Roth "Passato è il tempo delle gesta eroiche, questo è il tempo dei diligenti lavori burocratici. Passato è il tempo delle grandi epopee: questo è il tempo delle statistiche".
   Per la prima ed unica volta fu un popolo intero, insieme al suo re, a mobilitarsi per cambiare il corso della storia, per dare riparo alle vite degli ebrei.
   Ma non avvenne questo anche a San Marino? Non fu qui che mentre nel resto d'Europa era buio, una piccola luce di speranza rimase accesa? Non accadde in questa piccola Repubblica che esponenti del governo e la comunità tutta si adoperarono con ogni mezzo e maniera pur di non consegnare mai gli ebrei che vissero sotto l'ala protettrice del Titano? Non fu a San Marino che fu pronunciata quella 'meravigliosa bugia' che risparmiò la vita di tanti ebrei? Oggi a San Marino la storia è un luogo fisico, ci si può camminare dentro facendo rumore sul selciato e ritrovando le case che diedero ospitalità agli ebrei.
   Consultare i documenti è stata operazione lunga e complicata, ne è alla fine risultato che la Repubblica di San Marino non fu mai razzista e che fu protagonista di uno straordinario salvataggio.

(SanMarinoNotizie, 5 marzo 2014)


"Bele sì (proprio qui)", storia degli Ebrei ad Asti", dal 1300 alla Shoah

Il saggio in uscita sarà presentato da Franco Debenedetti (che cura anche la prefazione) insieme a Alberto Cavaglion e Paolo Debenedetti, il 18 marzo al Palazzo dell'Archivio di Stato di Asti.

 
La Sinagoga di Asti
ROMA - "Bele sì (proprio qui)", storia degli Ebrei ad Asti", dal 1300 alla Shoah. Il censimento del 1911 segnalava ad Asti la presenza di 199 ebrei: una storia lunga quella della comunità discendente dai primi askhenaziti insediatisi alla fine del 1300 all'epoca in seguito alle persecuzioni in Francia e Germania. Una storia interrotta di cui, come ha scritto Stefano Jesurum sul Corriere della Sera, rintracciare "le radici nella cenere della Shoah". Lo hanno fatto Maria Luisa Giribaldi e Rose Marie Sardi con il saggio "Bele sì, Ebrei ad Asti" (Ed. Morcelliana), dove viene descritta l'epopea di una comunità coesa, con i suoi costumi, i suoi riti, la peculiarità di una liturgia salmodiata tipicamente askhenazita capace di accogliere e integrare l'arrivo dei sefarditi cacciati dalla Spagna.
Il saggio in uscita sarà presentato da Franco Debenedetti (che cura anche la prefazione) insieme a Alberto Cavaglion e Paolo Debenedetti, il 18 marzo al Palazzo dell'Archivio di Stato di Asti. Non c'è solo ovviamente la restituzione di una storia di integrazione e successo, come quella di Isacco Artom, primo consigliere di Cavour e primo ebreo con incarico diplomatico fuori dal suo paese in Europa: non manca, negli altalenanti rapporti con la comunità cristiana, l'accusa di omicidio rituale, la chiusura del ghetto. Ma è proprio il riconoscere le sorgenti nascoste, il legame indissolubile con un passato sepolto, il filo conduttore del libro e che, attraverso le distanze e le diaspore, restituisce una origine e una originalità viva. E' quel passato che li fa (essere? sentire? rappresentarsi? ricordarsi?) ebrei (…) Lo stimolo per approfondire le ricerche e arricchire i racconti. Perché lì stanno le radici del platano, le memorie e le culture da tramandare (…) Molte sono le strade che hanno preso quelli che sono usciti dalle tante Asti d'Italia e del mondo. Ci sono quelli che ebrei lo sono nel rispetto della ritualità, nella conoscenza della lingua, nell'osservanza delle norme; e ci sono quelli secolarizzati. Ci sono quelli per cui l'essere ebreo è diventare israeliano, altri per cui è avere il mondo come patria. Ci sono ortodossi e riformati. Ci sono cattolici che restaurano la sinagoga, ed ebrei orgogliosi di non averne una (…) Per Lacan, l'ebreo è quello che sa leggere, ed è perché l'ebreo Freud sa leggere che anche noi sappiamo leggere, abbiamo iniziato a leggere, siamo stati iniziati a leggere altrimenti: l'analista segue le vie del midrash , in analisi si leggono, si recitano, si interpretano le Scritture.

(blitz quotidiano, 5 marzo 2014)


Partnership commerciale ente israele-gruppo bluvacanze

La destinazione sarà promossa nelle oltre 530 agenzie bluvacanze e vivere&viaggiare, il co-marketing si sviluppa in diversi step durante tutto il 2014, attraverso una serie di operazioni che coinvolgeranno gli agenti a vari livelli.

È attiva la partnership tra il Gruppo Bluvacanze e l'Ufficio Nazionale Israeliano per il Turismo per promuovere la destinazione Israele nelle oltre 530 agenzie Bluvacanze e Vivere&Viaggiare. L'azione di co-marketing si sviluppa in diversi step durante tutto il 2014, attraverso una serie di operazioni che coinvolgeranno gli agenti di viaggi a vari livelli: dalle sessioni di training formativo sulla destinazione tenute dagli esperti dell'Ufficio Nazionale Israeliano per il Turismo nell'ambito dei roadshow del Gruppo Bluvacanze in programma nei mesi di aprile e maggio, alla creazione di materiale promozionale destinato ai punti vendita, fino all'inserimento di tre tour dedicati a Israele nella programmazione del catalogo Bluvacanze Discovery.
"La collaborazione con l'Ufficio del Turismo Israeliano - afferma Alessandro Seghi, direttore marketing e web Gruppo Bluvacanze - permetterà alle nostre agenzie di conoscere e proporre al meglio il Paese".
"Formazione è il nostro impegno principale - ha dichiarato Tzvi Lotan, direttore dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo - e insieme alla formazione la fruibilità. Il network Bluvacanze e Vivere&Viaggiare, grazie alla sua rete di agenzie di viaggi, è in grado di raggiungere una clientela eterogenea a cui proporre itinerari alla scoperta della destinazione".

(Guida Viaggi, 5 marzo 2014)


Università dell'Aquila: Progetto "Abruzzo 2020 Sanità Sicura"

Primo corso in Emergenza-Urgenza

Lunedì 10 marzo 2013 a Tel Aviv (Israele) si svolgerà la cerimonia di apertura del primo corso in Emergenza-Urgenza nell'ambito del Progetto "Abruzzo 2020 Sanità Sicura" destinato al primo gruppo di medici e infermieri abruzzesi selezionati fra gli operatori dei DEA delle quattro ASL del territorio di riferimento, secondo un piano strategico a medio-lungo termine, condiviso fra ASR e Università regionali tra cui l'Università dell'Aquila.
   Il direttore generale dei corsi in Israele è il professor Kobi Peleg che è anche direttore dell'Israel National Center for Trauma & Emergency Medicine Research presso il Gertner Institute (Chaim Sheba Medical Center di Tel Hashomer) e capo del Department of Disaster Medicine della Sackler Faculty of Medicine della Università di Tel Aviv. L'assistente nei corsi è il dottor Jacob Or, Direttore dell'Emergency Department del Chaim Sheba Medical Center affiliato alla Sackler School of Medicine della Tel Aviv University.
   All'evento dell'Università dell'Aquila sta contribuendo anche l'Ambasciata italiana in Israele.
   "Abruzzo 2020 Sanità Sicura" è un percorso di crescita culturale che ha l'ambizione di voler portare l'Abruzzo ad un elevatissimo standard professionale nell'ambito dell'emergenza sanitaria.
   I Centri di Simulazione attivi per la formazione alla gestione della maxiemergenza in Israele, rappresentano una eccellenza internazionalmente riconosciuta; condividere corsi avanzati, utili alla formazione dei formatori, è strategicamente essenziale per gettare le fondamenta di un nuovo modo "di pensare" dei team del sistema urgenza-emergenza abruzzese.
   Per questo motivo, il corso in Israele è stato pensato come base di una crescita culturale degli operatori sanitari che vedrà sviluppare il Progetto con la successiva attivazione di iniziative coordinate in modo da trasferire alle nostre strutture sanitarie tutte le procedure ed i protocolli assistenziali più avanzati, necessari in pratica all'attivazione di un modello assistenziale adeguato a fabbisogno di un sistema sanitario in evoluzione.
   Sia l'Università dell'Aquila che l'Ateneo G. d'Annunzio di Chieti-Pescara si sono già impegnati a orientare la formazione sanitaria all'emergenza-urgenza. La cooperazione aperta con il Progetto "Abruzzo 2020 Sanità Sicura", insieme alle attività già condivise con società scientifiche di riferimento ed altri centri nazionali, consentirà di implementare iniziative dedicate all'area critica quali Master, Corsi ECM e sessioni in simulazione ad alta fedeltà, che potranno contare anche sulle risorse umane, medici e infermieri, formate in Israele. Per la prima volta nell'ambito dell'emergenza-urgenza, si sviluppa un piano regionale ufficiale di reale collaborazione tra Università e ASL, nonché di mutuo riconoscimento dei ruoli istituzionali, finalizzato a portare ad un effettivo innalzamento della qualità di cura che tocchi tutti i punti essenziali dell'emergenza, dalla gestione del trauma, alla sicurezza delle vie aeree, al trattamento farmacologico, includendo anche la gestione del dolore in emergenza, portando all'applicazione in team di algoritmi e strategie appropriate al paziente critico.
   Il Gruppo di Lavoro "Abruzzo 2020 Sanità Sicura" (costituitosi il 1 giugno 2013 e composto dai due docenti universitari di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva degli Atenei di Chieti-Pescara e L'Aquila, rispettivamente proff. Flavia Petrini e Franco Marinangeli, oltre che dai referenti dei Direttori Generali delle ASL della Regione, Dr. Antonio Caporella, ASL Lanciano - Vasto - Chieti, Dr. Tullio Spina, ASL Pescara, Dr. Angelo Blasetti, ASL L'Aquila - Avezzano - Sulmona e Dr.ssa Rita Rossi, ASL Teramo. nonché dal Dr. Amedeo Budassi, Direttore Generale dell'Agenzia Sanitaria Regionale e dal Dr. Gabriele Rossi, manager coordinatore del Progetto) è infatti già impegnato nell'elaborazione di un Programma di formazione triennale, che recluterà i Medici e gli Infermieri della rete abruzzese con particolari specificità professionali nel settore dell'emergenza. A tali corsi potranno progressivamente afferire tutti i sanitari, oltre a coloro che, avendo vissuto l'esperienza formativa in Israele, potranno dare il via al circuito virtuoso del miglioramento di qualità per dare una risposta più appropriata non solo alle maxiemergenze, ma a tutta la filiera del soccorso della rete abruzzese dell'emergenza, dal territorio all'ospedale.

(Controcampus.it, 5 marzo 2014)


l tempo dei Giusti che non si arresero

L'esempio dell'ebreo polacco sopravvissuto alla Shoah è una terapia capace di dare un senso al nostro presente.

di Dario Fertilio

 
Moshe Bejski con la moglie Erica
Non importa se il nome di Moshe Bejski non vi dice niente: è comunque in suo onore che gran parte del mondo domani celebrerà la Giornata dei Giusti. Forse non tutti risponderanno all'appello dei Comitati sparsi nei vari continenti, ma certo lo farà chi è animato da un ideale preciso: testimoniare che un'alternativa al male e alla violenza è possibile, senza ricorrere a denunce e condanne, affidandosi esclusivamente alla «forza del bene».
   Moshe Bejski, dunque, è l'eroe assai poco chiacchierato di questa storia. Ebreo polacco sfuggito fortunosamente alle persecuzioni naziste dopo l'invasione del 1939, aiutato dal mitico Schindler a rifugiarsi prima in Cecoslovacchia, poi in Italia e infine in Palestina, testimone chiave del processo ad Adolf Eichmann, in seguito giudice della Corte costituzionale israeliana nonché presidente della Commissione dei Giusti, ideale promotore delle celebrazioni di domani. Un uomo che durante la sua esistenza ha sperimentato quasi tutto il male possibile del Novecento; eppure poco noto al pubblico «digitale», che come si sa è concentrato per definizione sul presente. Ma un contributo importante alla sua riscoperta viene ora da un saggio che gli ha dedicato il giornalista, saggista e storico Gabriele Nissim, edito dal Corriere della Sera: II tribunale del bene - La storia di Moshe Bejski, l'uomo che creò il Giardino dei giusti. Titolo impegnativo, quasi paradossale, dal momento che di solito l'idea del giudizio viene considerata inseparabile da quella della colpa.
   Ma lo choc più forte, per il lettore, viene dal rovesciamento della prospettiva che vi è contenuta. Nissim, già amico personale e in seguito continuatore italiano dell'opera di Bejski, qui non si limita ad esporre le ragioni della giustizia e della memoria, non è soltanto un avvocato delle vittime ebraiche, né si confonde con i tanti pubblici ministeri che ripercorrono periodicamente gli orrori della Shoah; è piuttosto l' interprete, un po' missionario, di una originale «religione del bene», che si contrappone frontalmente alla retorica del male, scaduta a manierismo nelle mani di artisti e filosofi abituati a cavalcare il pessimismo, o a percorrere strade già battute.
   Quando propone come ricetta terapeutica «il gusto del bene», quando ripete con Bejski che «non bisogna cercare eroi ma persone normali» capaci «di trasmettere l'idea di un bene possibile», Gabriele Nissim sfida apertamente il senso comune dominante che divide il mondo in buoni e cattivi, facendo dell'appartenenza politica un elemento decisivo di valutazione, e limitando forzatamente all'Olocausto il male assoluto totalitario che i giusti dovrebbero contestare, e i democratici combattere.
   Il tribunale del bene si pone in tutt'altra dimensione, che Nissim da tempo ha fatto propria. Non solo la Shoah, ma anche il genocidio comunista consumato nei lager, quello nazionalista turco ai danni degli armeni, e l'altro dimenticato del Ruanda, e tutti gli altri spesso relegati nelle note a piede di pagina dei libri di storia, sono per lui manifestazioni dello stesso male, cui la risposta dei Giusti è la sola pienamente umana. Ecco perché, non si stanca di ripetere, Giusti possono essere cristiani e non credenti, ebrei e musulmani o appartenenti a qualsiasi altro credo, e addirittura persone originariamente complici del nazionalsocialismo e del bolscevismo, che abbiano trovato però nel corso della loro esistenza la forza di «interrompere la catena del male».
   Così nelle pagine de Il tribunale del bene vengono elencati quattro tipi di Giusti, riconoscibili da segni precisi e oggettivi: chi presta soccorso a una vita in pericolo e chi denuncia un genocidio; chi non accetta
Il giornalista, saggista e storico Gabriele Nissim (foto sopra) è nato a Milano 64 anni fa. Ha fondato nel 1982 «L'Ottavo Giorno», una rivista sul tema del dissenso nei Paesi dell'Est europeo. Collabora con varie testate quotidiane e televisive, e ha realizzato numerosi documentari sull'opposizione clandestina ai regimi comunisti e sulla condizione ebraica nei Paesi dell'Est. Ha pubblicato tra l'altro per la Mondadori «L'uomo che fermò Hitler», la prima edizione de «Il tribunale del bene», «Una bambina contro Stalin» e «La bontà insensata».
II volume «II tribunale del bene», con una nuova introduzione dell'autore, è edito dal Corriere della Sera in occasione della Giornata Europea dei Giusti, ha 312 pagine, e viene venduto per un mese a 9,90, oltre al prezzo del quotidiano.
la delazione e la menzogna difendendo la pluralità umana; chi conserva la propria dignità non accettando di farsi corrompere dalle situazioni estreme; chi difende la memoria di un genocidio di fronte ai negazionisti. Il filtro per il riconoscimento dei Giusti è a maglie larghe, insomma, al punto da infastidire i più arcigni difensori della Memoria e della sua presunta purezza; ma esso permette invece a Nissim di accostare la Giornata dei Giusti, almeno nello spirito, a quella americana del Ringraziamento, dove si celebrano i Padri Pellegrini del 1600 perché si impegnarono a costruire una società giusta e tollerante. Nell'una e nell'altra cerimonia c'è molta gioia per avere conservato la dignità e non avere tradito la propria natura umana, infatti, mentre il cupo officio del lutto resta sullo sfondo.
   L'autore non si limita a riproporre questa interpretazione del Bene, ma vi aggiunge un suo originale contributo: là dove il maestro Bejski faceva della categoria universale dei Giusti una «élite dell'umanità» pur sempre legata alla sola Shoah, lui accomuna il concetto a tutte le altre forme di violenza sistematica e genocidio. Non per negare la specificità dell'Olocausto ebraico, naturalmente, ma convinto di conferirgli più forza accostandolo alle altre forme di sterminio, potenzialmente anche future.
   Per tutti questi motivi la lunga battaglia «di minoranza» combattuta dall'esule polacco Moshe Bejski, senza paura di scontrarsi con gli ortodossi anche su punti fondamentali (basti pensare che si dichiarò contrario alla condanna a morte di Eichmann) è centrale nel libro, proprio come lo è lo sforzo perseverante di Nissim, infine coronato dal successo, per far riconoscere ufficialmente dal Parlamento europeo le celebrazioni del 6 marzo (anniversario della scomparsa di Moshe Bejski).
   L'essere Giusti, insomma, a giudizio dell'autore è una categoria tanto universale da potersi attagliare addirittura — come nel caso limite dell'antisemita polacca Sofia Kossak, che di fronte allo sterminio fondò un movimento di aiuto agli ebrei — a personaggi schierati innegabilmente in campo avverso.
   Ma perché stupirsi? Gabriele Nissim sostiene — sempre sulle orme di Bejski — che la memoria del bene agisce di per sé come una terapia: regala ad ognuno il piacere di attribuire senso alla propria vita, e consente di alleviare, se pure di poco, i mali del mondo. E inoltre, funziona come uno stimolo costante nella esistenza quotidiana, anche in quella di chi non può vantare alcuna speciale vocazione all'eroismo. Se l'«ambiguità», insomma, è parte della vita, più che sognare la purezza del Bene conviene cercarla nel fondo della propria natura umana.

(Corriere della Sera, 5 marzo 2014)


"... più che sognare la purezza del Bene conviene cercarla nel fondo della propria natura umana", dice Gabriele Nissim. Fare del bene agli altri è certamente una buona cosa, ma l'ottimismo antropologico ideologicamente fondato ha quasi sempre conseguenze tragiche. E' proprio "nel fondo della propria natura umana" che si trovano i mostri peggiori.
  • "Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo?" (Geremia 17:9);
  • "È quello che esce dall'uomo che contamina l'uomo; perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l'uomo" (Marco 7:20-23);
  • "Non c'è nessun giusto, neppure uno. Non c'è nessuno che capisca, non c'è nessuno che cerchi Dio" (Romani 3:10-11).
L’unica giusta reazione a questo biblico pessimismo antropologico non è il “pensare positivo” di una certa corrente attuale, ma l’ottimismo teologico che scaturisce dalla storica opera di salvezza che passa attraverso Israele e ha come punto culminante la persona e l’opera di Gesù Cristo. M.C.


«Sono terroristi». L'Egitto mette fuorilegge Hamas

II nuovo corso del Cairo

di Simona Verrazzo

Dopo i Fratelli musulmani, il pugno di ferro dei militari egiziani si abbatte su Hamas, il gruppo terroristico islamista dal 2007 al potere nella Striscia di Gaza. La mossa sta a rimarcare la fine dell'era Morsi, il presidente deposto lo scorso luglio membro della Fratellanza, che con Hamas è sempre stata vicina. La decisione è arrivata dalla Corte egiziana per le questioni urgenti, che ha vietato tutte le attività del gruppo nel Paese nordafricano. Ordinato anche il sequestro della sede di Hamas al Cairo.
   Lo scorso 23 settembre era stato decretato che anche i Fratelli musulmani, vicini ad Hamas, fossero messi fuorilegge in Egitto, ordinando la confisca di tutti i beni dei loro membri. Già banditi sotto il regime di Hosni Mubarak, che però ne tollerava la partecipazione in Parlamento come indipendenti, la Fratellanza era riconosciuta come organizzazione non governativa dal marzo dello scorso anno. La sua riaffermazione era andata di pari passo con l'elezione alla presidenza nel giugno 2012 di un suo membro, Mohammed Morsi, deposto il 3 luglio 2013 dai militari.
   Le ragioni della messa al bando vanno ricercate nell'accusa formulata dal tribunale: il movimento palestinese di Hamas addestrava a Gaza giovani membri dei Fratelli musulmani per condurre attacchi terroristici.
   Lo scorso 18 dicembre, le indagini hanno rivelato che Hamas, durante il primo anno di presidenza del deposto presidente, ha ricevuto giovani esponenti della Fratellanza per addestrarli a compiere azioni contro lo Stato egiziano. Secondo le autorità, Hamas è anche coinvolta nel caso della "grande evasione", nel quale Morsi è accusato di aver organizzato ed eseguito, insieme ad altri 132 imputati, l'assalto del gennaio 2011 al carcere di Wadi el Natrun, nel quale era all'epoca era detenuto il deposto presidente.
   E c'è poi il nodo riguardante la sicurezza nella Penisola del Sinai, alla cui estremità meridionale sorgono i villaggi turistici sul Mar Rosso un tempo principale entrata economica del paese, e dei tunnel che la attraversano, contrabbandando di tutto tra l'Egitto e la Striscia di Gaza. I rapporti tra Hamas, che la controlla, e le autorità egiziane sono peggiorati dalla deposizione di Morsi nel luglio scorso. Il governo ad interim sostenuto dai militari, con il generale Abd al-Fattah Khalil Al Sisi che conferma la sua candidatura alle prossime presidenziali, ha accusato il movimento palestinese di appoggiare i miliziani che, nel dopo Morsi, hanno intensificato i loro attacchi contro le forze della sicurezza egiziana nel Sinai. Il gruppo islamista ha sempre negato ogni coinvolgimento.
   E non si è fatta attendere la risposta di Hamas, che ha tirato in ballo Israele. «Questa decisione è un tentativo di assediare la resistenza e fa gli interessi dell'occupazione israeliana», ha commentato Bassem Naim, esponente del movimento palestinese, citato dal sito web della tv Al Ara-biya. Come sempre, quando le diverse anime del mondo islamico si fronteggiano, la "colpa" è dello Stato ebraico.

(Libero, 5 marzo 2014)


Netanyahu gela Obama: l’Anp riconosca lo Stato ebraico

 
WASHINGTON, 4 mar. - Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha avvertito che sarebbe "un grave errore" lasciare all'Iran la possibilita' di arricchire l'uranio nell'ambito dei negoziati sul programma nucleare di Teheran; e ha esortato i palestinesi a riconoscere Israele come lo Stato ebraico, se vogliono la pace.
Dagli Usa, incontrando a Washington la lobby filo-israeliana dell'Aipac il giorno dopo i colloqui alla Casa Bianca, Netanyahu non ha apportato novita' al dibattito sulle questioni mediorientali, che hanno a tratti teso i suoi rapporti con l'amministrazione americana. Netanyahu ha ribadito la sua opposizione alla possibilita' che l'accordo per fermare il nucleare iraniano possa lasciare agli ayatollah la possibilita' di mantenere alcune tecnologi che potenzialmente danno loro il modo per fabbricare l'atomica.
Tutto questo deve essere fermato, ha ripetuto Netanyahu, insistendo che la pressione diplomatica su Teheran deve aumentare (dunque l'esatto contrario di quanto sta avvenendo al momento, con l'allentamento delle sanzioni offerto a Teheran nel quadro di un accordo ad interim con gli Usa e le altre cinque potenze mondiali). "Purtroppo le potenze mondiali stanno parlando di lasciare all'Iran la capacita' di arricchire l'uranio", ha osservato nel suo intervento dinanzi all'Aipac, "spero che non lo facciano, perche' sarebbe un grave errore e lascerebbe l'Iran sulla soglia della trasformazione in una potenza nucleare". Quanto ai palestinesi, con cui Israele ha riavviato i colloqui di pace nel luglio scorso sotto l'egida Usa, Netanyahu ha ripetuto che vuole un accordo, ma ha detto che spetta ai palestinesi riconoscere Israele, cosa a cui loro sono restii.
"E' tempo che i palestinesi smettano di negare la storia: proprio come Israele e' pronto a riconoscere uno Stato palestinese, i palestinesi devono essere preparati a riconoscere uno Stato ebraico". Il premier israeliano e' poi stato duro con gli attivisti filo-palestinesi che all'estero conducono la campagna per isolare Israele, la campagna cosiddetta BDS, "Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni": "Tutti dovrebbero sapere che l'acronimo BDS sta per 'bigottismo, disonesta', sconcezza'".

(AGI, 4 marzo 2014)


Netanyahu ringrazia Scarlett Johansson

Scarlett Johansson
Benyamin Netanyahu ha ringraziato pubblicamente l'attrice Usa Scarlett Johansson per il suo no al boicottaggio di Israele. ''Quelli che si oppongono al boicottaggio come Scarlet dovrebbero essere applauditi'' ha detto il premier nel suo discorso a Washington all'assemblea dell'Aipac, lobby Usa pro Israele. Johansson di recente non ha accolto la richiesta di rinunciare ad essere il volto di 'Sodastream', azienda israeliana che ha uno stabilimento in un insediamento ebraico in Cisgiordania.

(ANSA, 4 marzo 2014)


Gli ebrei nell'area iblea, studi e seminari a Roma e a Camarina

La presenza degli Ebrei in Sicilia e le testimonianze sulla loro storia nella provincia di Ragusa.

Un'importante ricerca su questa pagina ancora poco nota della storia siciliana è stata avviata dal Museo Regionale di Camarina, in collaborazione con l'Università Romana di Tor Vergata. Il direttore del Centro Studi Ebraici, professor Tommaso Caliò e il Direttore del Museo, l'archeologo Giovanni Distefano, hanno concordato una serie di iniziative di ricerca sugli Ebrei di Sicilia ed in particolare sulle antiche testimonianze dell'area Iblea. Il Centro di Studi Ebraici ha manifestato grande interesse per le testimonianze ebraiche esposte nel Museo di Camarina: "È questa l'unica raccolta permanente in Sicilia di testimonianza ebraiche. Un vero e proprio punto di riferimento a livello nazionale". Si avvieranno una serie di iniziative: studi su materiali ebraici, ricerche sulle antiche giudecche e poi seminari di studi a Roma e a Camarina.

(Quotidiano di Ragusa, 4 marzo 2014)


Rimini intitola una parte della Città ai Giusti

All'intitolazione farà seguito mercoledì 12 marzo, dalle ore 15 nella Sala del Giudizio del Museo della Città, un seminario di studi aperto alla cittadinanza, dal titolo "Insegnare la storia dei Giusti per un'educazione alla responsabilità individuale".

Albero dei Giusti, Yad Vashem, Gerusalemme
RIMINI - Si chiamerà il "Giardino dei Giusti" quella parte del parco XXV Aprile antistante il ponte di Tiberio che, con una cerimonia solenne, il Comune di Rimini in occasione della Giornata europea dei Giusti dedicherà giovedì prossimo a tutti coloro che durante la dittatura nazi-fascista non esitarono a rischiare la propria vita per prestare soccorso agli ebrei perseguitati. In tale occasione l'Amministrazione Comunale apporrà una targa commemorativa in ricordo di Ezio Giorgetti e Osman Carugno, nominati Giusti fra le Nazioni da Yad Vashem in Israele, e in ricordo di tutti coloro, uomini e donne, che tra il 1943 e il 1944 diedero rifugio e protezione sul territorio riminese e il Montefeltro a 41 ebrei stranieri in fuga dalle deportazioni.
"Con questo evento - ha detto l'assessore ai servizi al cittadino Irina Imola che ha promosso questo momento - la città di Rimini conferma il proprio impegno non solo nel preservare la memoria della storia della deportazione e della Shoah a cui ha dedicato da cinquant'anni un progetto specifico di Educazione alla Memoria, ma anche la volontà di promuovere una politica di educazione alla responsabilità individuale, nella convinzione che al racconto del male e dell'orrore dei campi di concentramento e dei genocidi vada affiancato il ricordo del bene e dell'eroismo quotidiano. È necessario ricordare e onorare quella minoranza di uomini e donne comuni, che scelsero di non rimanere indifferenti ed ebbero comportamenti coraggiosi e solidali, per dimostrare che, la scelta secondo coscienza, anche in un contesto di brutale dittatura, è sempre possibile."
Per decisione del Parlamento Europeo, infatti, dal 2012 il 6 marzo è ufficialmente "Giornata Europea dei Giusti", in memoria di tutti coloro che scelsero di opporsi ai crimini contro l'umanità e ai totalitarismi. "Sono orgogliosa - ha proseguito l'assessore Imola - che Rimini possa celebrare per la prima volta la Giornata Europea dei Giusti e che questo sia stato realizzabile perseguendo l'obiettivo che questa Amministrazione ha assunto quando ha deliberato la nascita della Commissione Consultiva di Toponomastica, ovvero quello di riconsegnare alla Città, attraverso le intitolazioni segni e significati storici profondi.
Per questo le celebrazioni del 6 marzo inizieranno con l'inaugurazione di un luogo preciso, che verrà dedicato ai Giusti di tutte le Nazioni, ed in particolare ai Giusti della nostra terra: Ezio Giorgetti, albergatore ed Osman Carugno, Maresciallo dei Carabinieri e a tutti coloro che li aiutarono nel salvataggio dei 41 ebrei stranieri. Luogo che mi piacerebbe divenga simbolo di memoria, di responsabilità morale e di giustizia.
Solo custodendo la memoria particolare - prosegue l'Assessore - si può pensare di costruire una memoria universale. Questo progetto nasce proprio con l'intento di rendere omaggio ai Giusti e di rendere onore al Bene in senso Universale, operazione possibile solo attraverso il recupero della Memoria e che funga ad esempio per le generazioni future."
All'intitolazione farà seguito mercoledì 12 marzo, dalle ore 15 nella Sala del Giudizio del Museo della Città, un seminario di studi aperto alla cittadinanza, dal titolo "Insegnare la storia dei Giusti per un'educazione alla responsabilità individuale". Sono previsti interventi di storici e studiosi come Liliana Picciotto, Patrizia Di Luca e Gabriele Nissim, fondatore di Gariwo, La foresta dei Giusti.
Locandina

(RiminiToday, 4 marzo 2014)


Roma - Ricotta e cioccolato da Oscar

  
Il forno kasher del Portico d'Ottavia
Un dolce che è leggenda, un dolce da grande bellezza. È la torta ricotta e cioccolato di Boccione, il mitico forno kasher del Portico d'Ottavia. A confessare la propria passione per il dessert, magnificato persino sulle pagine del New York Times ("In Rome's Ghetto, a Bakery Stays Sweet", titola un articolo del 2009), è stato il regista della pellicola che ha riportato l'Oscar in Italia. Nelle passeggiate in centro di Paolo Sorrentino e famiglia immancabile sarebbe infatti una sosta nella piccola attività artigianale gestita della famiglia Limentani, autentico pezzo di storia di Roma e della sua comunità ebraica. Pioggia o sole, primavera o inverno: una lunga fila di gente in fila per assaggiare le prelibatezze locali è lo sfondo permanente di questo angolo di quartiere che custodisce - con veracità - storie e passioni degli ebrei romani.
"Il segreto della nostra torta? Che è buona", spiegano senza giri di parole al banco mentre, quasi come una catena di montaggio, vengono serviti i vari clienti in trepidante attesa. Tra questi, non di rado, molti nomi noti. "Grazie a Dio qua passa tanta gente, non ci possiamo proprio lamentare. Tanti personaggi famosi ma di Sorrentino proprio non mi ero accorta. Mi fa piacere", spiega una delle inservienti. Incontri con vip sono all'ordine del giorno. Memorabile l'aneddoto che riguarda uno dei più grandi registi di sempre, Steven Spielberg. "Sembrava uno dei tanti e ricordo ancora quanto si offese quando non lo riconoscemmo. Ma che ci posso fare io, mica lo conosco di faccia. All'americano alla fine ho fatto: lo vuoi il dolce oppure no?".

(moked, 4 marzo 2014)


Basket - Colpo dell'Hapoel in casa Haifa, mentre Maccabi e Jerusalem rimangono in testa

Manca soltanto un turno (l'ultimo) alla fine della Regular Season in Israele.
L'incontro tra il Maccabi Haifa, terzo in classifica, e l'Hapoel Tel-Aviv, quarto, è stato sicuramente il più importante della giornata. Grande vittoria esterna per l'Hapoel che ha battuto 80-86 l'Haifa in una partita dai grande contenuti cestistici.
Il Maccabi Ashdod interrompe la striscia di quattro sconfitte consecutive, vincendo contro il Galil-Gilboa una partita che aveva ben poco da dire in questo turno. 81-74 il risultato finale.
Ancora una vittoria per la capolista Maccabi Tel-Aviv che vince contro il Maccabi Rishon, quinto in classifica, e rimane in testa insieme all'Hapoel Jerusalem; quest'ultima ha vinto agevolmente in casa del Netanya per 64-85. L'Ironi "dei miracoli" vince ancora e questa volta cade sconfitta il Bnei Herteliyya per 81-83 in una gara combattutissima e piena di colpi di scena....

(BasketInside, 4 marzo 2014)


A proposito di apartheid

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(da ElderOfZiyon.com)


Quasi sempre gli antisemiti non ammetterebbero mai di esserlo perché quel termine brucia e li fa vergognare. Dopo la Shoah, l'antisemitismo è stato confinato in una zona desertica. Abbandonato, almeno nominalmente, da tutti. Per poi trovare nuovi e più protetti canali dentro cui scorrere veloce. No, nulla contro gli ebrei ma semmai contro gli israeliani, quelli sì che sono infami. No, nulla contro gli ebrei, ma attenzione alla strapotenza ebraica che governa i processi storici della terra. No, nulla contro gli ebrei, ma come negare che siano avidi, che appartengano a «una razza» dura a morire? Come non riconoscere che formino una setta cosmopolita che non lascia entrare gli estranei, che si autoprotegge, pronta ad avere la meglio su chi non appartiene a quel gigantesco club privé?
Sopravvive perfino un antisemitismo che si suole definire «innocente», risultato irriflessivo di narrazioni leggendarie lontane e magari assorbite per via indiretta. Un modo di ripetere senza capire, senza valutare il peso delle parole. Un'ovvietà, insomma, indiscussa e che non viene nemmeno percepita come maligna, pericolosa, infame. È un sentire vissuto come naturale, non dimostrabile, pieno nella sua semplice e indimostrata rotondità. Ma proprio tale presunta naturalità dovrebbe preoccuparci molto e farci capire che questa società e questa civiltà, e persino questa nostra vita, devono fare ancora i conti con un problema essenziale o irrisolto o non del tutto chiarito.

Da "I soliti ebrei" di Daniele Scalise




 

Netanyahu a Obama: Israele ha fatto la sua parte, i palestinesi no

Il premier israeliano è in visita a Washington

ROMA, 4 mar. - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu lo aveva promesso salendo domenica sull'aereo diretto a Washington: "respingerò le pressioni" come ho sempre fatto. E in effetti i toni con cui ha condotto l'incontro bilaterale alla Casa Bianca con il presidente Barack Obama non lasciavano trapelare molte aperture.
"Israele ha fatto la sua parte, i palestinesi no", ha detto ad Obama discutendo dello stallo dei negoziati di pace con la Palestina. "Lo so che questo non ha presa sull'opinione pubblica, ma è la verità. Tutto quello che vogliamo fortemente è la pace - ha detto Netanyahu - Non un pezzo di carta...ma la pace vera, una pace ancorata al reciproco riconoscimento di due stati che si rispettano".
Obama, da parte sua, ha insistito sul fatto che la convivenza tra i due stati "sia ancora possibile" e ha ricordato che "il tempo che ci si era dati per portare a termine i negoziati sta per scadere ed ora bisogna prendere decisioni difficili". L'obiettivo di Obama è di convincere Israele ad accettare la proposta avanzata dal segretario di Stato americano John Kerry - coordinatore dei negoziati dallo scorso luglio - di portare avanti le trattative di pace con la Palestina fino alla fine del 2014.
Oggi Netanyahu parlerà alla conferenza annuale dell'Aipac, l'American Israel Public Affairs Committee, il più influente gruppo di pressione americano a sostegno di Israele.

(La Stampa, 4 marzo 2014)


Tel Aviv: shopping, vita da spiaggia e una nightlife al top

di Marta Ghelma

 
Il Flea Market di Giaffa
Beato chi sceglie Tel Aviv anche d'inverno. La città israeliana, infatti, vanta un clima gradevole tutto l'anno grazie al quale si può fare vita da spiaggia ben oltre il periodo più «hot» che va da giugno a ottobre. Qui, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Si va dalla religiosa Separated Beach (aperta ad entrambi i sessi solo il sabato) alla gayfriendly Hilton Beach e dalla più affollata Gordon Beach, all'attrezzata (per famiglie) Mezizim Beach.
Tra le 13 spiagge di Tel Aviv, ognuna con il suo mood, c'è anche quella per i patiti del kitesurf - Jerusalem Beach - e i cultori del puro relax, la più intima e solitaria Alma Beach. Su ogni spiaggia impazza il matka, il più gettonato passatempo on the beach di Tel Aviv, simile ai nostri racchettoni. Un altro genere di «tuffo» da non perdere è lo shopping tour tra le boutique di Hatachana (www.hatachana.co.il), un'ex stazione dei treni convertita nell'hub commerciale più trendy di Tel Aviv. Tra i marchi «home made», spuntano le scarpe artigianali di Shoofra (www.shoofra.co.il) e gli eccentrici accessori di Michal Negrin (www.michalnegrin.com). Per gli appassionati di antichità e oggettistica di seconda mano, invece il Flea Market di Giaffa è il paradiso, così come il Carmel Market (tutti i giorni, all'incrocio tra le vie Hacarmel e Allenby) per i patiti di prodotti alimentari d'eccellenza come l'olio extravergine d'oliva israeliano 100% naturale di Olia (www.olia.co.il), le spezie e lo street food locale.
La notte, poi, su scalda la nightlife cittadina, considerata - a buon dire - una delle più divertenti del momento. Con i suoi leggendari party in spiaggia, un nightclubbing da record e i locali aperti fino all'alba, Tel Aviv è davvero una città che non dorme mai. Per scovare i migliori dj in circolazione, i locali da appuntarsi sono il Boootleg, il The Block Club e il Cat & Dog Club. La «gay vibe» cittadina, infine, si respira in ritrovi cult come il Gilda, l'Evita, il Lima Lima e lo Shpagat. Poi, la mattina seguente, un paio di roller sono il mezzo più adatto per smaltire la serata sull'Hatayelet, la promenade che collega il nord di Tel Aviv all'antica città di Giaffa. In alternativa, sono cool anche bici elettriche, monopattini e longboard. Prima di partire, oltre ai classici souvenir religiosi in vendita al mercatino delle pulci (ogni martedì e venerdì, in piazza Dizengoff), è da mettere in valigia anche l'interessante libro sugli edifici Bauhaus di Tel Aviv (soprannominata per la sua particolare architettura «Città Bianca»), in vendita allo shop del Bauhaus Center.

(Il Messaggero, 4 marzo 2014)


Cose da fare 
John Kerry, il mentitore seriale che mette in pericolo Israele

Intervenuto alla conferenza dell'AIPAC (The American Israel Public Affairs Committee) John Kerry ha respinto al mittente le accuse provenienti da Israele secondo le quali sarebbe "ossessionato" dalla pace tra Israele e palestinesi perché "vuole vincere il Premio Nobel per la Pace".
Kerry ha detto che l'America è inequivocabilmente al fianco di Israele e che lavora per la sua sicurezza. Ha sostenuto poi che «non è una faccenda personale (il premio Nobel n.d.r.) ma riguarda i sogni degli israeliani e la dignità dei palestinesi»....

(Right Reporters, 4 marzo 2014)


L'energia degli ospedali di Varese andrà a fare scuola in Israele

VARESE - L'efficientamento energetico degli ospedali della provincia di Varese potrebbe fare scuola in Israele. La società Prima Vera spa che gestisce l'efficientamento energetico dell'Azienda ospedaliera varesina al Circolo, alla Fondazione Macchi e nei presidi di Cittiglio, Luino e Cuasso al Monte, parteciperà ad una gara internazionale per la gestione dell'energia in 11 ospedali governativi israeliani. La Prima Vera spa garantisce il comfort ambientale di 400 mila metri cubi e la manutenzione di oltre 6 mila attrezzature biomedicali anche dell'Azienda ospedaliera Sant'Antonio Abate di Gallarate e dei presidi di Somma Lombardo e Angera. Il contratto con gli ospedali israeliani potrebbe valere 680 milioni di euro, per una durata di 17 anni. La Prima Vera spa è un'azienda italiana leader nei servizi di global service, che con la società Tadiran Group, quotata nella Borsa di Tel Aviv, ha costituito una joint venture per partecipare alla gara internazionale per la gestione e l'efficientamento energetico di 11 ospedali governativi nello Stato d'Israele. Prima Vera spa unica azienda italiana ad essere stata invitata alla gara e Tadiran, si confronteranno con latri tre raggruppamenti internazionali, per aggiudicarsi il conratto da 680 milioni di euro, distribuiti nell'arco di 17 anni. L'obiettivo del ministero della Sanità del Governo israeliano è di tagliare i consumi energetici delle proprie strutture sanitarie. «Tadiran ci ha scelti come partner tecnologici, per le nostre competenze e l'elevato livello di specializzazione nell'ottimizzazione del fabbisogno energetico» spiega Domenico Catanese, presidente di Prima Vera spa. «Il cuore della soluzione che utilizzeremo nasce all'interno del nostro centro di ricerca e sviluppo e si basa su un modello di calcolo predittivo dei consumi» prosegue il presidente. La joint venture con Tadiran segna anche il primo passo del processo di internazionalizzazione dell'azienda. «La prossima tappa - prosegue Catanese - sarà nel mercato russo e nella seconda metà dell'anno punteremo al mercato nord americano, per l'efficientamento energetico, guardando non solo alla sanità ma anche alle grandi catene alberghiere». Prima Vera spa è nata per iniziativa privata nel 2002 ed è riuscita a diventare un punto di riferimento del settore grazie all'eccellenza del lavoro svolto dalle 300 persone che operano su tutto il territorio nazionale; il giro d'affari nel 2013 ha sfiorato i 100 milioni di euro, in crescita rispetto all'anno precedente.

(La Provincia di Varese, 4 marzo 2014)


Al via il Roadshow Israele-El Al organizzato con TTG

Confortato da un flusso di visitatori italiani cresciuto nel 2013 del 2 per cento rispetto all'anno precedente, l'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo inaugura il mese di marzo con due workshop di aggiornamento dedicati ai professionisti del settore del Veneto.
Da questa regione origina infatti il nuovo collegamento aereo Venezia-Tel Aviv operato da El Al, partner di questo ciclo di incontri che ha inizio domani a Verona.
Oltre che delle nuove opportunità offerte dal volo in partenza dallo scalo veneto, si parlerà delle numerose soluzioni di vacanza fruibili dalla clientela italiana: dalla movida di Tel Aviv ai numerosi passatempi per i turisti più giovani, dal wellness all'ecoturismo, agli itinerari di interesse storico-culturale di Gerusalemme: un'ampia carrellata di prodotti sempre abbinabili all'offerta enogastronomica ricca e variegata che contraddistingue i ristoranti e gli hotel del Paese.
I workshop sono riservati esclusivamente ai professionisti del settore, che possono registrarsi gratuitamente all'indirizzo www.ttgroadshow.it.
Il 6 marzo Padova sarà sede della seconda tappa dell'evento.

(TTGItalia, 4 marzo 2014)


Yadin Kaufmann: "Successo e ricchezza non servono se il mondo intorno a te va a rotoli"

Abbiamo incontrato il venture capitalist israeliano al TEDxRoma. Ecco cosa ci ha detto.

di Alessio Jacona

Yadin Kaufmann
Per fare soldi, ci vogliono altri soldi, recita l'adagio. La ricchezza, però, serve a poco se chi la genera non ha la lungimiranza di reinvestirla - almeno in parte - nel miglioramento del contesto sociale in cui vive e lavora: "La comunità hi-tech è parte anch'essa del mondo, e certo non può pensare di vivere in una qualche torre d'avorio, separata dal resto", spiega a tal proposito il venture capitalist israeliano Yadin Kaufmann, ospite al TEDxRoma. "È anzi fondamentale che imprenditori e uomini d'affari tengano bene da conto il resto della società, e si pongano il problema di come migliorare la vita di tutti. Non solo perché questa è la cosa eticamente più giusta da fare, ma anche perché il successo e la ricchezza non servono a nulla se, mentre li ottieni, il mondo intorno a te va a rotoli".
   Kaufmann, 26 anni di esperienza nel settore del Venture Capital, non parla per sentito dire. Tanto per cominciare, negli anni '80 ha letteralmente visto nascere quella che molti chiamano la "Silicon Valley israeliana", mentre già nel 1990 è stato co-fondatore di Veritas Venture Partners, fondo tra i più attivi nel Paese. Poi, nel 2002, una scelta fuori dagli schemi: fonda Tmura, Venture Fund di natura pubblica che raccoglie donazioni da aziende hi-tech (startup incluse) e le reinveste in attività benefiche. Non contento, nove anni dopo Kaufmann si spinge oltre e co-fonda Sadara Ventures, il primo fondo che raccoglie capitali internazionali per investire in società tecnologiche palestinesi.
   La persona giusta con cui parlare di filantropia e di ecosistemi tecnologici, di startup e talento imprenditoriale. E della rivoluzione hi-tech che in meno di trent'anni ha trasformato l'economia e la società israeliane.

- Oggi Israele è considerata da molti la seconda Silicon Valley. Come ci siete riusciti?
  "Le ragioni cui dobbiamo questo successo sono diverse: alcune sono specificamente israeliane, come l'eccellente sistema scolastico, le proficue relazione con le comunità tecnologiche e finanziarie statunitensi, il ruolo svolto dal servizio militare nel formare i giovani a lavorare in gruppo o, ancora, le politiche governative a sostegno dell'imprenditoria. Ma il vero segreto è che, per avere successo, bisogna essere disposti a sbagliare. Molti dei nostri imprenditori falliscono più volte, e in questo modo accumulano esperienza e competenze preziose che poi rimettono a servizio della comunità. Affinché ciò sia possibile, è però necessario che quella stessa comunità sostenga l'imprenditoria che si prende dei rischi e, se quest'ultima fa le cose in regola, non la punisca le cose vanno male. In Israele funziona esattamente così: chi ha un valido sogno imprenditoriale può battersi per realizzarlo, può provare e riprovare fino a quando non riesce nel suo scopo".

- Ci vogliono anche i soldi, e non pochi.
  "Certo, i finanziamenti sono un ingrediente fondamentale in un ecosistema tecnologico. Anche perché parliamo di un mercato mondiale, dove la stessa buona idea può venire a molti, e a quel punto vince chi riesce a realizzarla per primo, che spesso è anche chi trova prima i fondi. Ma i soldi possono essere anche una maledizione, specie quando ne girano troppi e chi li investe lo fa con leggerezza, puntando su aziende che non fanno nulla di eccezionale, o che copiano qualcun altro. Basta pensare a cosa è successo tra il '99 e il 2000. E poi investire male danneggia tutti, compresi gli stessi fondi di venture capital, che perdono la fiducia e il supporto dei loro investitori. Dobbiamo saper individuare il talento e pensare in modo indipendente, invece di limitarci a seguire la folla".

- Ecco: come si individua il talento su cui investire?
  "Si parte scovando una buona idea, che tuttavia da sola non basta. Ancora una volta, ciò che conta davvero è il fattore umano: oltre che capace e preparato, l'imprenditore deve essere mosso dalla passione e dalla dedizione, deve essere pronto a lavorare duro. Deve saper lavorare in gruppo ed essere un leader, ma soprattutto deve essere pronto a sbagliare e ricominciare".

- Che impatto ha avuto il successo del settore hi-tech sulla società israeliana?
  "Ha generato e sta generando uno straordinario cambio culturale. Venticinque anni fa gli eroi mitizzati dai giovani erano per lo più dei militari. Ora molti di loro prendono a esempio gli imprenditori di successo, e sognano di creare un prodotto o un servizio che faccia la differenza. Oggi in Israele il settore della tecnologia è quello che attrae le menti migliori della nostra comunità, che genera risultati capaci di influenzare il mondo intero. Presa nel suo insieme, è stata una fantastica rivoluzione compiuta in un brevissimo periodo di tempo. Ovviamente ciò non vuol dire che abbiamo risolto tutti i problemi della nostra società, anzi c'è ancora molto da fare, ma questa non è che una motivazione in più a fare meglio".

(Wired.it, 3 marzo 2014)


Psoriasi. Tutti i benefici del Mar Morto in Israele. Ecco i risultati delle terapie

Quasi nove pazienti su dieci hanno una significativa riduzione della malattia. Circa sei su dieci raggiungono la remissione. Queste le evidenze scientifiche delle cure offerte dai centri sulle rive del lago salato nella parte israeliana per la cura della psoriasi. In Italia ne soffrono circa 2 milioni e 500 mila persone, di cui il 10% con forme gravi.

di Ester Maragò

 
Trattamenti con esiti particolarmente efficaci: quasi nove pazienti su dieci hanno una significativa riduzione della malattia, circa sei su dieci raggiungono la remissione. Buon profilo di sicurezza e un ottimale rapporto costi benefici. Nessuna evidenza di aumento di neoplasie della pelle. Nessun peggioramento della pressione sanguigna.
   È quanto garantiscono per la cura della psoriasi i trattamenti, rigorosamente naturali, del Mar Morto. Una patologia dalle cause sconosciute che alterna fasi di esacerbazione con fasi di remissione dalla durata variabile, e dalla quale non si guarisce mai. Colpisce oltre 125 milioni di persone in tutto il mondo, circa 2 milioni e 500 mila in Italia, di cui il 10% con forme gravi. Una malattia che causa grandi disagi nella vita quotidiana, con cure continue e spesso costose che richiedono molto tempo, ingenerano sfiducia nei pazienti e disaffezione verso il medico curante.
   Tutte criticità che le terapie offerte dal lago con la più alta concentrazione salina della terra spazzano via, come emerge dalla Systematic Review pubblicata sulla rivista Semin Arthritis Rheum. Una Revisione che ha selezionato - tra le 360 pubblicazioni scientifiche esistenti sugli effetti dei trattamenti terapeutici del Mar Morto - 50 studi su un totale di 5mila pazienti affetti da psoriasi. Con risultati molto incoraggianti: i dati del più ampio studio retrospettivo, condotto su 1.448 pazienti trattati con balneoterapia e fototerapia sul Mar Morto, raccontano una significativa riduzione delle lesioni psoriasiche (tra l'80% e il 100%) nell'88% dei pazienti e una remissione quasi completa nel 58% dei pazienti.
   Quelle del Mar Morto sono caratteristiche uniche e irripetibili. È il lago con la più alta concentrazione salina della terra, da circa 7 a 10 volte quella degli oceani. Collocato a circa 420 m sotto il livello del mare e con un contenuto di sali minerali come cloruro di magnesio, cloruro di calcio, cloruro di potassio, e bromuro di magnesio sorprendentemente elevato. Concentrazioni di sali che favoriscono e migliorano la capacità della pelle di trattenere l'acqua. Non solo, qui si registra la più alta pressione barometrica (circa 800 mm Hg) e una concentrazione di ossigeno superiore del 10 % rispetto a quella presente a livello del mare. Proprietà terapeutiche decantate nella Bibbia e che trovarono, già nel IV secolo AC, il primo divulgatore d'eccellenza in Aristotele.
   Il Mar Morto, di fatto, è un'enorme vasca da bagno con acqua e sali, costantemente sotto il sole per 365 giorni l'anno. E con un microclima unico al mondo: l'evaporazione dell'acqua crea un "filtro" che attenua la radiazione solare UV diminuendo la possibilità di danno solare da eccessiva esposizione. Le ricerche indicano che il totale assorbimento di raggi solari durante un periodo di 4 settimane è circa tra 3.1 e 4.5 jouls/cm2 (unità di radiazione per cm2). Una quantità di radiazione più bassa rispetto ai trattamenti che utilizzano la radiazione artificiale.
   Queste condizioni risultano particolarmente favorevoli per il trattamento della Psoriasi, ma anche per le malattie reumatologiche, tra cui l'artrite reumatoide, l'artrite psoriasica, la spondilite anchilosante e l'osteoartrite del ginocchio che, dal fango e dalla balneoterapia, traggono benefici scientificamente riconosciuti.

I VANTAGGI DELLA TERAPIA
"Sono molti i vantaggi che il Mar Morto offre ai pazienti affetti da psoriasi. Qui si possono avere trattamenti naturali con esiti terapeutici considerevolmente positivi, privi di effetti collaterali e con costi economici favorevoli" ha spiegato a Quotidiano Sanità, Marco Harari direttore sanitario del centro di ricerca DMZ sul Mar Morto in Israele. Un Centro che da più di 25 anni è impegnato - in collaborazione con l'Università di medicina in Israele e l'Ospedale di Hadassa a Gerusalemme - nello studio degli effetti terapeutici delle acque e della climatoterapia del Mar Morto su una varietà di malattie croniche della pelle.
   "Nel Mar Morto - ha spiegato Harari - c'è una combinazione di elementi molto semplice, che definirei "primitiva". Le persone affette da psoriasi ricevono un trattamento naturale, alternativo all'esposizione ai raggi Uva che viene utilizzata in ospedale e senza gli effetti collaterali. Il motivo è legato al fatto che la curva di esposizione ai raggi Uv è attenuata non solo dalla colonna di aria di oltre 400 metri presente sul Mar Morto, ma anche dall'evaporazione dell'acqua che filtrando i raggi li riduce: -15% di raggi Uvb, e - 6% Uva. I pazienti, a seconda del tipo di pelle, possono quindi esporsi al sole senza rischi fino a 3 ore al giorno. In sostanza utilizziamo una fototerapia naturale, mentre per quella artificiale possiamo utilizzare solo Uv A e B filtrati con delle macchine".
   Ma l'unicità del Mar Morto non si ferma qui perché alle condizioni climatiche favorevoli si uniscono poi gli effetti dei sali presenti nell'acqua. "Sono state condotte molte ricerche per capire quali sono gli effetti benefici della combinazione di magnesio, bromo e sali del Mar Morto con fattori climatici come sole, temperature stabili, umidità e ossigeno - ha aggiunto Harari - e i risultati sono molto positivi. Recentemente abbiamo confrontato tre gruppi di pazienti con psoriasi moderata severa sottoponendoli, per quattro settimane a tre differenti tipi di trattamento. Un gruppo è stato trattato solo con esposizione al sole, un altro esclusivamente con bagni, nelle ore serali in mare o in piscina; un terzo gruppo, infine, ha ricevuto un trattamento combinato sole e acqua di mare. Ha avuto una remissione dalla malattia, il 73% dei pazienti trattati solo con esposizione al sole e il 28% di quelli curato con l'acqua del mare. Invece sono entrati in remissione circa il 90% dei pazienti sottoposti a trattamento combinato sole e acqua del mare".
   E il risultato ancor più soddisfacente, ha assicurato Harari, è che la remissione dalla malattia dura in media 33 settimane: "Ci sono tanti trattamenti per la psoriasi, oltre a quella farmacologica: c'è la fototerapia artificiale che consente di raggiungere risultati buoni, ma solo per due tre mesi. Gli effetti benefici raggiunti con le terapie del Mar Morto invece sono prolungati senza effetti collaterali e senza medicine. I pazienti entrano in remissione fino a nove mesi, alcuni anche fino a tre anni. Ma in media i benefici del trattamento si attestano sulle 33 settimane. Il periodo di trattamento ideale, considerando che l'esposizione al sole deve essere graduale, è di quattro settimane, ma anche dopo tre settimane si raggiungono i risultati sperati".

RAPPORTO COSTI/BENEFICI
Non solo risultati positivi in termini di salute, il bilancio della climatoterapia del Mar Morto, a conti fatti, si chiude in positivo anche sul fronte della spesa economica: la spesa del soggiorno per 4 settimane, viaggio compreso è inferiore a quella a cui si espongono i servizi sanitari per curare un paziente con psoriasi, tra ricoveri in ospedale, farmaci spesso dai costi elevati e giornate di lavoro perse. Senza considerare poi le spese legate all'acquisto di presidi non rimborsabili dal Ssn come creme e bendaggi. Costi totali che in Italia si stima arrivino a circa 9mila euro l'anno. "Pensiamo che i pazienti sul mar Morto possono ricevere i trattamenti con una spesa totale di 3.500 euro" ha ricordato Harari.
   I limiti. Certo, i trattamenti sul grande lago salato presentano anche dei limiti. Non tutti le persone affette da psoriasi possono allontanarsi dalla vita quotidiana per affrontare un periodo di cure di più di tre settimane e in un arco temporale che va da marzo a ottobre. Inoltre, almeno in Italia, questi trattamenti non sono riconosciuti dal Ssn e sono quindi a totale carico del paziente. A differenza di quanto avviene invece in Germania, Austria e Danimarca, Svezia, Finlandia, Israele e Olanda che garantiscono ai propri cittadini il rimborso delle cure.

(Scienza e Farmaci, 3 marzo 2014)


Scudo anti-missile per gli aerei di linea israeliani

di Dario d'Elia

MUSIC è il nuovo sistema anti-missile che verrà montato sugli aerei commerciali israeliana. Si tratta di una contromisura direzionale agli infrarossi capace di identificare un missile, attirarlo e fargli cambiare direzione.

 
C-Music
Video
Lo scudo anti-missile per gli aerei di linea è finalmente pronto per essere installato da tutte le compagnie. Il sistema MUSIC (Multi Spettral InfraRed CounterMeasure) non è altro che un Directional InfraRed CounterMeasure (DIRCM), ovvero una contromisura direzionale agli infrarossi capace di identificare un missile, attirarlo e fargli cambiare direzione. Il progetto portato a compimento dalla Elbit Systems, anche grazie alla collaborazione delle istituzioni israeliane, nasce nel 2009 e si ispira alle apparecchiature già in uso in ambito militare.
I DIRCM realizzati dalla Northrop Grumman e dalla BAE Systems, ad esempio, sono montati da diversi anni su McDonnell Douglas C-17 Globemaster III, Lockheed AC-130 e MC-130, etc. Di fatto proteggono - come il MUSIC - dai cosiddetti MANPADS, i sistemi missilistici da spalla a corto raggio spesso usati dai terroristi. Si pensi ai classici Stinger o Igla.
Il montaggio del MUSIC sulla fusoliera di un Boeing 737-800 della principale compagnia israeliana ElAl ha dimostrato in ogni test di essere all'altezza di quanto promesso. Lo stesso è avvenuto sul Boeing 707 da rifornimento in volo del dell'Israel Air Force.
Il ministero dei Trasporti ha deciso di selezionare questa tecnologia come accessorio per tutti i voli commerciali del paese e infatti lo fornirà a tutte le compagnie.

(tom'sHardware, 3 marzo 2014)


La storia degli ebrei perseguitati nell'Agro Pontino

Il libro di Emilio Drudi verrà presentato a Roma l'11 marzo (alle 17,30) presso la libreria ebraica Kiryat Sefer, in via del Tempio 2, a cura del Centro di cultura ebraica.

E' una vicenda sconosciuta, quindi, inedita quella che si consumò, in base alle leggi razziali fasciste, tra il 1938 e i giorni della Liberazione, alla fine di maggio del 1944, verso quaranta ebrei schedati o perseguitati a Littoria e nel resto dell'Agro. Ora quella storia viene alla luce con un libro - "Non ha dato prova di serio ravvedimento", edito dalla Giuntina di Firenze - che verrà presentato a Roma l'11 marzo (ore 17,30), nella libreria Kiryat Sefer, in via del Tempio 2, su iniziativa del Centro di Cultura ebraica. Ne è autore il giornalista Emilio Drudi.
"Quando si fa riferimento all'area pontina in quegli anni - spiega Drudi - prevalgono sempre temi come la bonifica, il prosciugamento della palude, l'appoderamento, la nascita delle città nuove. Vicende, oltre tutto, narrate spesso prestando orecchio alla propaganda e al mito costruito dal regime. Poco emerge del fatto che l'Agro Pontino è stato in realtà un laboratorio volto a creare il 'nuovo italiano fascista', funzionale al 'nuovo ordinè vagheggiato da Mussolini. Un ordine nel quale non c'era posto per gli ebrei. E, infatti, questi ebrei pontini si sono visti cancellare immediatamente dalla vita sociale e civile della 'provincia del duce'. Anche quando, magari, erano arrivati da lontano, appena pochi anni prima, proprio attirati dal mito della bonifica e di Littoria. Sparsi in diversi centri, non costituivano una comunità organica. In generale, anzi, non si conoscevano nemmeno tra di loro. Molti facevano riferimento, piuttosto, alla comunità ebraica di Roma. Tutti, però, erano perfettamente inseriti nel tessuto delle città e dei paesi dove vivevano. Le leggi razziali li hanno isolati e ne hanno travolto l'esistenza, facendoli diventare di colpo "diversi" e relegandoli in un ghetto fatto di divieti e discriminazioni, proibizioni e angherie continue".
Il libro parte dal censimento ordinato da Mussolini nell'agosto 1938 (aggiornato annualmente fino al 1943) e racconta lo sconvolgimento a cui sono stati condannati questi 40 tra uomini, donne e ragazzi, nel loro vivere quotidiano e poi, dopo l'8 settembre, la "caccia all'ebreo", i lunghi mesi passati alla macchia, ogni giorno con il terrore di essere scoperti, arrestati dai tedeschi o dalla polizia fascista di Salò e destinati a morire nei campi di sterminio. Se nessuno di loro è stato assassinato è soltanto grazie all'aiuto di pochi amici fidati e a una serie di circostanze fortunate. "Di ognuno - dice Emilio Drudi - ho cercato di seguire l'avventura personale anno dopo anno, con l'obiettivo però di fondere insieme le varie vicende e arrivare a un racconto corale. Capace magari di superare la realtà locale per diventare una storia tout-court della persecuzione degli ebrei in Italia".
All'incontro parteciperanno, oltre all'autore, Oliviero La Stella, giornalista e scrittore; il docente Giancarlo Onorati; Amedeo Spagnoletto, nipote di una delle famiglie perseguitate.

(la Repubblica - Roma, 3 marzo 2014)


Oltremare - Herbert Samuel
Della stessa serie:

“Primo: non paragonare”
“Secondo: resettare il calendario”
“Terzo: porzioni da dopoguerra”
“Quarto: l'ombra del semaforo”
“Quinto: l'upupa è tridimensionale”
“Sesto: da quattro a due stagioni”
“Settimo: nessuna Babele che tenga”
“Ottavo: Tzàbar si diventa”
“Nono: tutti in prima linea”
“Decimo: un castello sulla sabbia”
“Sei quel che mangi”
“Avventure templari”
“Il tempo a Tel Aviv”
“Il centro del mondo”
“Kaveret, significa alveare ma è una band”
“Shabbat & The City”
“Tempo di Festival”
“Rosh haShanah e i venti di guerra”
“Tashlich”
“Yom Kippur su due o più ruote”
“Benedetto autunno”
“Politiche del guardaroba”
“Suoni italiani”
“Autunno”
“Niente applausi per Bethlehem”
“La terra trema”
“Cartina in mano”
“Ode al navigatore”
“La bolla”
“Il verde”
“Il rosa”
“Il bianco”
“Il blu”
“Il rosso”
“L'arancione”
“Il nero”
“L'azzurro”
“Il giallo”
“Il grigio”
“Reality”
“Ivn Gviròl”
“Sheinkin”
“HaPalmach”



di Daniela Fubini, Tel Aviv

Quando si fa jogging o si cammina sulla Tayelet, la nostra promenade telavivese, a pochi viene in mente di domandarsi se quella specie di autostrada delle Crocs liberalizzate abbia anche un nome. Ma la passeggiata è disseminata da parallelepipedi a base esagonale di un qualche metallo molto ossidato (messi da un qualche amministratore cittadino con pochissimo senso estetico) che descrivono piccoli o grandi eventi storici effettivamente avvenuti là, dove noi oggi sciabattiamo in costumi da bagno coperti o non coperti da pareo. Ed è probabile che uno di quei parallelepipedi ricordi il nome di Herbert Samuel, cui è intitolata una porzione consistente della promenade.
Ma come, un inglese? Con quel che ci han fatto gli inglesi a fine Mandato? Impiccavano previa tortura i rivoltosi delle varie Brigate che si facevano beccare, spesso non essendo proprio degli assi dell'attentato dinamitardo. Ci lasciavano a vedercela con gli Arabi imbufaliti all'alba della dichiarazione di Indipendenza. Tutto vero, ma c'è inglese ed inglese. E questo, era un inglese come si dice qui "mishelànu", cioè dei nostri.
Herbert Samuel era un bravo ragazzo ebreo di Liverpool, cresciuto in ambiente religioso, che aveva perso la fede in Dio e trovato quella per il Sionismo ai tempi dell'Università, ed è stato uno degli ispiratori della Dichiarazione Balfour, che spianò la strada al "Focolare Ebraico" e da lì allo Stato era solo questione di prendere le armi. Contro gli Inglesi, daccordo, ma nel frattempo lui era rientrato in Inghilterra e perciò non se ne è dovuto preoccupare.
Fu Commissario per la Palestina dal 1920 al '25, il che tecnicamente lo rende il primo ebreo a governare la Palestina dopo 2.000 anni di diaspora. Ecco, fosse solo per questo, il suo nome dovrebbe esere tatuato lungo tutta la Tayelet da sud a nord, a caratteri cubitali a mezzo di sampietrini colorati visibili perlomeno dagli aerei che fanno su e giù con Eilat.
In tono con le Crocs, s'intende.

(moked, 3 marzo 2014)


"Colpiti i nostri cimiteri e le nostre case. Gli ebrei ucraini sono sotto attacco"

La denuncia di Yaakov Dov Bleich, già rabbino capo di Kiev: "Grande responsabilità di Yanucovich, che ha finanziato la formazione nazionalista allo scopo di spaccare l'opposizione. L'Unione Europea è stata troppo debole".

di Francesco Semprini

NEW YORK - «In Ucraina c'è un attacco sistematico e continuo nei confronti degli ebrei che rischia di essere dimenticato dalla sbornia della rivolta, dal terrore dell'occupazione russa e dall'immobilismo internazionale». E' questo il monito lanciato da Yaakov Dov Bleich, già rabbino capo di Kiev e dell'Ucraina, una personalità di grande influenza nel Paese, non solo dal punto di vista religioso ma anche politico, sovente chiamato ai tavoli governatori in viste di saggio. Nativo di Brooklyn, ha vissuto 25 anni in Ucraina, dagli ultimi scampoli dell'impero sovietico. Ora fa la sponda con gli Stati Uniti, dove attraverso la «Jewish Community of Eastern Europe e Asia», organizza gli aiuti alla sua comunità e prepara le nuove strategie per la nuova Ucraina.

- Rabbino, lei fa una denuncia ben precisa, quale?
  «La comunità ebraica ucraina è vittima di una serie di attacchi continui e sistematici da parte di criminali che devono essere fermati con ogni mezzo. Noi abbiamo sempre vissuto in un clima di pace e serenità, ma i problemi sono iniziati qualche mese fa, in coincidenza delle dimostrazioni. In una situazione di generale anarchia sono cominciati gli attacchi nei nostri confronti, delle nostre proprietà e dei nostri cimiteri».

- Si parla di estremisti tra le fila degli anti-Yanukovic, è vero?

  «Questo in parte è frutto della campagna di "pubbliche relazioni" con cui Yanukovic e la Russia hanno tentato di screditare l'opposizione. C'è un partito nazionalista, Svoboda, in ucraino libertà, tra i cui militanti ci sono anche persone che definirei neofascisti. Ma occorre dire prima di tutto che il partito in questione ha oggi il 10% grazie proprio a Yanucovic, che ha finanziato la formazione nazionalista. Prima avevano l'1% oggi hanno decuplicato il consenso e questo grazie al sostegno del presidente che aveva lo scopo di spaccare l'opposizione».

- Allora quale connotazione hanno questi attacchi?
  «Non importa da quale parte provengano, il problema è un altro, ci sono persone che aggrediscono sistematicamente la comunità ebraica, la quale non si sente più sicura come prima. E' un fatto che deve essere affrontato e risolto da tutte le parti in causa, gli ebrei non sono il problema dell'Ucraina e non possono essere etichettati e attaccati come tali. Nessun può strumentalizzarci per deviare l'attenzione da quelli che sono i veri problemi e le priorità che il Paese deve affrontare adesso».

- Lei parla di una vera emergenza civile…
  «In questo momento c'è un'emergenza sicurezza, abbiamo bisogno di denaro per finanziare la nostra incolumità, 70 mila dollari al giorno sono necessari per provare e garantire la tutela delle nostre strutture e dei nostri cittadini. Stiamo cercando di raccogliere fondi attraverso i canali attivati dalla comunità».

- Insomma vi dovete blindare?
  «Avete presente le misure di sicurezza adottate, ad esempio, a Roma nelle scuole ebraiche o nei pressi del ghetto, ebbene in Ucraina non ce n'era bisogno, vigeva un clima ideale. Ora tutto questo si è guastato, servono almeno mille dollari al giorno solo per la mia comunità a Kiev che ha nove proprietà. Ce ne sono però altre nella capitale che ne hanno meno, ma devono pagare di più perché sono nel centro storico e quindi più a rischio. Molte di sono chiuse hanno sospeso le attività perché in pericolo».

- Come sono i vostri rapporti con le altre comunità religiose?
  «Molto buoni, ci sentiamo ucraini e lo stesso sentimento è comune alla comunità cattolica, ortodossa, e islamica. Non è nemmeno una questione di appartenenza politica, gli ebrei sono presenti in entrambi gli schieramenti e la comunità ebraica vuole essere parte dell'Europa. Il mio rapporto con Yanukovic da presidente era buono, così come con i capi dell'opposizione, e con tutti gli ex presidenti. Ero tra i saggi chiamati a prendere parte al tavolo di consultazioni assieme al leader della chiesa ortodossa. I veri problemi nel nostro Paese sono la corruzione, la battaglia per l'ingresso in Europa, l'economia e l'unità di popolo dell'Ucraina. Il punto non è chi ci attacca, se è sponsorizzato da questa o da quella fazione, il punto è che tutti devono condannare questi attacchi rivolti verso di noi, i nostri cimiteri, le nostre proprietà e i nostri beni che spesso vengono sottratti durante gli attacchi. Questo vale per ogni altra minoranza».

- Parla di Europa, ma ha qualcosa da recriminare a Bruxelles?
  «L'Unione europea avrebbe dovuto adottare toni assai più duri con Yanukovic e la sua gente, solo ora hanno fatto ricorso alle sanzioni. Avrebbero potuto creare maggiori pressioni per spingere l'Ucraina verso l'Europa, quanto successo non doveva accadere nel 2013, ma sarebbe dovuto succedere molti anni fa. Rimango tuttavia un ottimista, ce la faremo».

- E gli Stati Uniti?
  «Basta guardare Siria o Egitto, gli Usa non hanno una leadership».

- Vogliamo allora parlare delle Nazioni Unite?
  «George W. Bush le definì irrilevanti, io direi mai pervenute».

- Un ultima domanda, alcuni vedono nel problema da lei sollevato l'ombra di Putin, quali sono i rapporti tra il presidente russo e la comunità ebraica?

  «Di questo ne parliamo un'altra volta……».

(La Stampa, 3 marzo 2014)


Israele - Nuove misure per l'importazione di latte e derivati

Il Ministro israeliano dell'Economia e del Commercio, Mr. Naftali Bennett' ha annunciato mercoledi' che i dazi sull'import di una serie di prodotti del settore lattiero caseario saranno sostanzialmente ridotti. Attualmente i dazi sull'import di latte e derivati ammontano a oltre il 100% del valore del prodotto,
pero' con il nuovo ordine, il dazio sara' ridotto al solo 20%. Questo provvedimento fa parte della riforma che il Governo israeliano vuol fare nel mercato del latte, per aumentare la competitività e ridurre i prezzi. I prodotti importati, che usufruiranno di questa riduzione, sono burro confezionato, latte e crema (concentrati e non concentrati), siero del latte e yogurt.

(Tribuna Economica, 3 marzo 2014)


Marcia oceanica a Gerusalemme contro leva ebrei ortodossi


Tra le 250.000 e le 400.000 persone hanno invaso le strade di Gerusalemme. Ebrei ortodossi che si sono mobilitati con una preghiera collettiva contro il progetto di legge destinato ad abolire l'esenzione dal servizio militare obbligatorio per gli studenti di teologia.
"Uno dei punti fondamentali della religione ebraica" dice uno dei manifestanti "è lo studio della Torah. È la parte più importante e ci vogliono imporre una legge che ci impedirà di farlo. Ecco il principale motivo per cui protestiamo oggi".
Gli ebrei ortodossi rappresentano circa il 10% della popolazione israeliana: secondo il controverso testo di legge voluto dal governo di Netanyahu, la coscrizione obbligatoria comincerà nel 2017.

(euronews, 3 marzo 2014)


Film di propaganda nazista su YouTube. Intervengano i gestori

Una serie di video di propaganda nazista quali "Ebreo Suss", "Gioventù hitleriana Quex" o "Io accuso", ancora oggi in Germania sono facilmente accessibili sulla rete. Questi cosiddetti "film" riservati sono per lo più razzisti, antisemiti, ed incitanti all'odio o riportano contenuti di glorificazione della guerra.
In Germania, queste pellicole naziste possono essere visualizzate solo sotto la guida di uno storico e quindi solo in pubblico, in occasione di una lezione scientifica che veda un'introduzione e un dibattito dopo il film. I diritti per i film sono detenuti dalla fondazione Wiesbaden Friedrich-Wilhelm-Murnau-Stiftung.
Per il portale video più famoso al mondo, YouTube, il problema è già noto. Tanto che la portavoce di YouTube, Mounira Latrache ha dichiarato "Siamo in contatto, da lungo tempo con la Fondazione Murnau ".
Ed è alla ricerca di una soluzione al problema con la Fondazione. La questione principale, come già in passato è stata sollevata per altri tipi di contenuti postati è che YouTube non può filtrare in anticipo tali film. "Ogni minuto, in questo momento sono caricati in tutto il mondo 100 ore di video", dice Latrache. Ed è praticamente impossibile, quindi, un filtro preventivo. Fondamentalmente, per YouTube la libertà di espressione è importante. Tuttavia, gli utenti registrati possono segnalare i film che presentano problemi, dopodiché saranno esaminato nel merito ed eventualmente cancellati. Questo è esattamente ciò che la Fondazione Murnau regolarmente sostiene come dice Ernst Szebedits il capo esecutivo.
La "Gioventù hitleriana Quex" è visto più e più volte su YouTube. Questa volta è stato pubblicato da un utente con l'alias "PropagandaleiterBG" e cliccato più di 2000 volte. Anche il famoso film "Jud Suess" di Veit Harlan può essere visto integralmente ed ha ottenuto finora quasi 35 000 visualizzazioni.
La possibilità di accedere online, e quindi in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo della terra, purché si abbia una connessione alla rete, per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti", pone seri problemi quando si tratta della diffusione di momenti della storia così delicati che necessitano di una conoscenza approfondita degli eventi.
Non si può permettere di lasciare alla mercè e senza alcun filtro di chiunque, e quindi di giovani e giovanissimi, un passato così tragico che in momenti della storia quale quello di crisi che stiamo vivendo potrebbe portare a comportamenti emulativi anche nel Nostro Paese dove l'antisemitismo ed il nazifascismo continuano a trovare ancora adepti. Ecco perché chiediamo la massima attenzione ai gestori di YouTube affinchè provvedano alla rimozione immediata di questo tipo di contenuti.

(infoOggi, 3 marzo 2014)


Libano in guerra permanente con Israele per Costituzione

Nei giorni scorsi la stampa internazionale ha salutato con gioia il nuovo Governo di unità nazionale in Libano, governo che in pratica mancava da un anno. Ma nessuno di questi ottimisti ha considerato il costo di un accordo con Hezbollah.
A parte le distanze abissali tra il pensiero di una parte della coalizione ed Hezbollah in merito al conflitto in Siria, quello che si profila per il Libano è uno stato di guerra permanente con Israele sancito dalla nuova Costituzione che Hezbollah vuole (pretende) di introdurre....

(Right Reporters, 3 marzo 2014)


Peter Lantos: "Scrivo del lager per ricordarlo a me stesso"

"Papà è morto a Belsen e solo da adolescente ne parlai con mia madre"

di Alain Elkann

 
Peter Lantos, scrittore e medico
Ho intervistato Peter Lantos alla London Library in St James's Square, a Londra. È un superstite dell'Olocausto originario dell'Ungheria e vive a Londra da 45 anni. Scrive in inglese ed è un medico in pensione.

- Dottor Lantos, è preoccupato per la rinascita dell'antisemitismo nell'Europa dell'Est?
  «Non posso parlare di altri Paesi, ma in Ungheria, dove ora mi reco in visita una volta all'anno, c'è un partito di estrema destra, che si chiama Jobbik ed è antisemita e xenofobo, e che rappresenta il 17% del voto popolare. Hanno chiesto una lista di ebrei ungheresi influenti nella vita pubblica che possono rappresentare un rischio per la sicurezza per il Paese. E questo è successo in Parlamento».

- Lei ha passato l'infanzia a Mako, una città ungherese da dove, nel 1944, è stato deportato dai nazisti insieme ai suoi genitori nel campo di concentramento di Bergen Belsen. Ha scritto di questa esperienza nel bestseller «Parallel Lines»...
  «Ma in realtà fummo deportati dagli ungheresi sotto il controllo dei nazisti: la Germania invase l'Ungheria il 19 marzo 1944 e questo diede il via nel Paese alla Soluzione finale. In Ungheria c'erano già leggi antiebraiche dal 1938, ma iniziammo a indossare la stella gialla solo nel 1944».

- Perché, secondo lei, gli ebrei, in molti Paesi, non sono andati via prima?
  «Perché sembrava incredibile che 11 milioni di ebrei che avevano una vita normale potessero essere uccisi in massa nel bel mezzo dell'Europa. Era impensabile. In Ungheria c'erano 800 mila ebrei: nel maggio 1944, 450 mila furono deportati a Auschwitz e non fecero mai ritorno. Altri 100 mila finirono in altri campi di concentramento. Ne morirono circa 500 mila».

- Dopo la guerra la gente non voleva sapere dei sopravvissuti all'Olocausto?
  «Quando mia madre e io (mio padre morì a Belsen) tornammo in Ungheria non parlammo mai dell'accaduto. Solo da adolescente ho cominciato a fare domande».

- Perché?
  «Dopo la guerra, in Ungheria abbiamo avuto una dittatura comunista e l'intero evento è stato archiviato come un crimine del fascismo. La portata di quello che era accaduto non è stata pienamente compresa fino ai primi Anni Sessanta».

- Pensa che la memoria dell'Olocausto verrà cancellata?
  «Sarà un fatto storico. Questo è il motivo per cui ho deciso di scrivere, per me stesso, una memoria di ciò che è accaduto. Ero un bambino e la mia memoria era limitata: sono tornato in tutti i posti dove eravamo stati nel 1944-1945. E ho conosciuto alcune persone che erano lì allora».

- Il regime comunista era duro come quello nazista?
  «Era molto difficile vivere sotto il regime comunista ma non era la stessa cosa. Solo nel 1954-1955 ha cominciato a mostrarsi più liberale».

- Perché si è trasferito a Londra?
  «Ho avuto la fortuna di avere un incarico come praticante medico nel 1966, ma non ho potuto lasciare l'Ungheria prima del 1968».

- Lì è diventato un ricercatore specializzato nello studio del cervello?
  «Sì, ho iniziato a lavorare sui tumori al cervello e ho ottenuto un dottorato all'Università di Londra nel 1973. Nel 1976 ho avuto la libera docenza come consulente. Nel 1979 ho ottenuto una cattedra all'Istituto di Psichiatria. Sono specializzato in malattie neurodegenerative come l'Alzheimer, il Parkinson e in particolare in una malattia chiamata atrofia multi-sistemica. Con un collega ungherese ho descritto mutamenti nel cervello che ora sono chiamati "Inclusioni Papp-Lantos"».

- Qual è il rapporto con la sua identità ebraica?
  «Mi sono sempre sentito ebreo e il fatto che sono finito a Belsen me l'ha reso ancora più evidente, ma non sono mai stato religioso. Quando sono andato in pensione avevo una lista di cose da fare. Due importanti: una era la memoria di Belsen, cercare di ricostruire quello che era successo; la seconda era celebrare il Bar Mitzvah che non avevo avuto in Ungheria. E ho fatto anche questo, prima del mio settantesimo compleanno».

- Come si sente in Inghilterra?
  «Mi sento come a casa, forse perché in questo Paese ho avuto molte possibilità. I britannici mi hanno dato quello che non avrei avuto in Ungheria, dove non avrei mai avuto una cattedra universitaria, per quanto bravo potessi essere. La mia famiglia era considerata capitalista, perché avevamo un'impresa».

- Cosa la preoccupa oggi?
  «Ci fu un momento di euforia nel 1989, dopo il collasso del comunismo. Si pensava che l'Europa sarebbe stata un luogo più tranquillo e pacifico. Sfortunatamente non è andata così. La Jugoslavia è stato il primo, terribile, esempio, la Georgia e l'Ucraina sono gli altri. Se si vuole essere pessimisti basta dare un'occhiata alla Corea del Nord. È una lista molto lunga, ma comunque bisogna sempre sperare che le cose andranno meglio».

(La Stampa, 2 marzo 2014)


Rolling Stones: dal vivo per la prima volta in Israele a giugno

I Rolling Stones stanno pianificando per la prima volta nella loro carriera un concerto in Israele. Come riportato da The Jewish Voice, la band capitanata da Mick Jagger si dovrebbe esibire dal vivo il prossimo 10 giugno al Ramat Gan Stadium di Ramat Gan, poco lontano da Tel Aviv. Il gruppo, dal canto suo, non ha ancora reso ufficiale la tappa. I Rolling Stones, intanto, hanno debuttato il 21 febbraio con il "14 on Fire" tour ad Abu Dahbi, negli Emirati Arabi.
Per quanto riguarda il concerto israeliano, i promoter Marcel Avraham, Gadi Oron e Shuki Weiss hanno dichiarato di essere in contatto con il management degli Stones per chiudere la data con un cachet di 4. 5 milioni di dollari, il più alto mai offerto in Israele. Inoltre, Jagger e soci stanno pianificando anche alcune tappe europee del "14 on Fire" tour: come riportato da Pollstar, Andrew Zweck, capo della Sensible Event, che si occupa della parte europea del tour dei Rolling Stones, è in trattativa per alcune date della band in Europa. Si fa, dunque, sempre più concreta l'ipotesi che il gruppo venga a suonare anche in Italia.

(rockol.it, 2 marzo 2014)


Adriana Bani Bartali (1919-2014)

Gino e Adriana
"Il neo professionista Gino Bartali con le donne era un po' impacciato ma non quando vide una ragazza, carina, educata, molto schiva, spesso accompagnata al lavoro dal fratello. Pensò che quanto prima si sarebbe dichiarato, ma non sapeva come. Aspettava, come in corsa, il momento giusto per sferrare l'attacco intuendo che lo sport ha delle regole e il cuore altre". È il passaggio in cui Andrea Bartali racconta, in Gino Bartali, mio papà (ed. Lìmina), l'innamoramento dei suoi genitori. Gino e Adriana, Adriana e Gino: un legame indissolubile, un legame d'altri tempi. Ieri, all'età di 94 anni, Adriana ha nuovamente raggiunto Gino. Era la prima custode delle memorie del marito anche se del suo impegno come staffetta clandestina e come nasconditore di ebrei nei mesi della persecuzione venne a sapere soltanto a guerra finita. Tenerla all'oscuro fu una scelta ponderata di Ginettaccio, che temeva per il suo carattere apprensivo.
A sposarli, nel 1940, era stato il cardinale Elia Dalla Costa. Proprio quest'ultimo, ai vertici della rete di assistenza clandestina che agiva al fianco della Delasem, lo avrebbe chiamato nel momento di massima difficoltà ottenendo dall'amico ciclista un immediato sostegno. Il nome di entrambi si trova adesso nell'elenco dei Giusti tra le Nazioni onorati dallo Yad Vashem per il loro coraggio. Un doppio riconoscimento accolto con particolare emozione da Adriana, che anche dopo la scomparsa del marito - avvenuta nel 2000 - ha continuato a vivere nell'appartamento in cui ha condiviso 60 anni di matrimonio. L'appartamento, forse per un segno del destino, si trova in quella che è adesso piazza Elia Dalla Costa.
Adriana lascia tre figli: Andrea, Luigi, Biancamaria.
Che il suo ricordo sia di benedizione.

(moked, 2 marzo 2014)


Commedie di numeri inventati e piazze manovrate dai partiti

di Sergio Della Pergola,

Oggi spero molto che la stampa ebraica in Italia non vorrà cascare nella trappola di un meccanismo, sostantivamente secondario ma molto importante nella politica mediatica: quello dei finti numeri. La grande dimostrazione del pubblico haredi non può essere "la dimostrazione del milione", semplicemente perché non esiste in Israele un milione di haredim, nemmeno includendo donne, vecchi e neonati, così come mai ci furono in passato i 400.000 dimostranti per l'uscita di Israele dal Libano, o gli 800.000 al funerale di Rav Ovadia Yosef. Queste cifre inventate ma di grande effetto pubblicitario vogliono solamente farci sapere da parte degli organizzatori delle grandi dimostrazioni che "tutto il pubblico è con noi", "il nostro messaggio è largamente condiviso", dunque "il nostro messaggio è giusto", e pertanto "bisogna assolutamente tenerne conto". I temi sollevati in queste diverse dimostrazioni di massa sono indubbiamente di grande rilievo pubblico e certamente non possono essere ignorati, in primo luogo dal governo di fronte al quale primariamente queste dimostrazioni vengono inscenate. Ma va anche ben compresa l'unilateralità del messaggio, e vanno attentamente valutate le conseguenze civili di manifestazioni il cui obiettivo principale è quello di sormontare i procedimenti democraticamente stabiliti attraverso il parlamento, l'esecutivo, e il giudiziario.
   Nella fattispecie della proposta (tuttora allo studio, non ancora trasformata in legge operante) di allargare il servizio militare a una parte (solamente) dei giovani haredim, il parlamento vuole stabilire un principio di condivisione della responsabilità da parte dei cittadini nei confronti dell'esistenza dello stato d'Israele, principio che finora non è stato applicato. Non è stato applicato ai haredim, come fino ad oggi non lo è stato nei confronti dei giovani cittadini israeliani di etnia araba. Quello che è in gioco, primariamente attraverso il servizio obbligatorio, è il principio di solidarietà e di cittadinanza condivisa, qualunque siano le ragioni, anche ben comprensibili e in parte difendibili, di chi richiede particolari privilegi ed esenzioni. Il principio della sanzione a carico di chi è renitente alla leva è già oggi applicato a tutti i cittadini, e pertanto può essere applicato anche ai haredim. Il sistema scolastico del settore haredi in Israele è largamente finanziato dallo stato. Lo stato ha quindi pieno diritto di chiedere che i haredim che in quanto cittadini giustamente beneficiano di sostegno alla loro istruzione, condividano con tutti gli altri cittadini l'onere del mantenimento della società collettiva. Questo onere si manifesta in due aspetti fino ad oggi in gran parte elusi.
   Il primo aspetto è quello di un'autosufficienza economica che si acquisisce primariamente attraverso un'istruzione che dia accesso al mondo del lavoro e del reddito. Oggi in realtà la partecipazione di haredim alla forza di lavoro (seppure in aumento) è ancora molto inferiore alla media nazionale, con un conseguente basso livello di redditi e la necessità di maggiori sussidi da parte della previdenza sociale statale finalizzata a ridurre la povertà. Il concetto di povertà, beninteso, è un concetto relativo. Non c'è fame, il minimo necessario arriva a tutti attraverso una rete capillare di organizzazioni pubbliche e private di aiuto mutuo, di gruppi di acquisto a prezzo fortemente scontato, di alloggio ampiamente sotto costo. Certo la ricchezza è limitata a pochi, e ci sono pochi sprechi perché c'è ben poco da sprecare. La crescita demografica del settore, se da un lato può essere fonte di soddisfazione interna, crea un crescente problema perché in prospettiva porta allo squilibrio e al collasso del sistema previdenziale, laddove non vi sia una maggiore autonomia economica da parte del settore stesso.
   Il secondo aspetto è quello del servizio obbligatorio a beneficio del collettivo. I haredim in gran parte hanno rifiutato fino ad oggi non solamente il servizio militare ma anche il servizio civile che potrebbe bene espletarsi all'interno delle loro stesse comunità. Ne emerge una implicita se non esplicita dichiarazione di non appartenenza al collettivo israeliano, e poiché Israele si propone come lo stato del popolo ebraico, in definitiva ne emerge una non solidarietà con il resto del popolo ebraico. È una non solidarietà che viene giustificata con il proprio impegno superiore nel campo degli studi ebraici, ma che comunque va contro lo spirito del valore ebraico fondamentale di Klal Israel, la comunione dei destini di tutti gli ebrei, buoni e cattivi che siano. In cima a tutto questo sta la cinica e demagogica dichiarazione di coloro che hanno detto che se le loro esigenze non saranno accettate, emigreranno da Israele. Emigrino pure, e ci scrivano poi dalle loro nuove residenze se il governo dei loro nuovi paesi di adozione è altrettanto attento alle loro esigenze come lo è fino ad oggi il governo di Israele, se paga integralmente per la loro istruzione, e se li esenta dal servizio militare.
   Nella commedia dei numeri inventati gioca un ruolo primario la demagogia dei quadri di partito e di una certa parte del rabbinato. È ben chiaro a tutti che il pubblico haredi alla base è molto più disponibile a partecipare e a fare sacrifici nell'interesse dell'intera popolazione di Israele, di quanto non lo siano i leaders di partito (oltre a tutto oggi all'opposizione). È facile scherzare cinicamente e dire a Netanyahu: assegna un paio di ministeri, coi relativi fondi e posti di direttore generale e capodivisione, ai partiti haredim, e la grande dimostrazione si fermerà alle soglie di Gerusalemme. Se il complesso e sia pur precario consenso che caratterizza la convivenza fra i vari gruppi costitutivi della società israeliana è come un prezioso vaso, è facile scagliarlo a terra e romperlo in mille pezzi. È molto più difficile dopo ricomporre i cocci. E comunque sia, ancora una giornata di lavoro perduta a causa della paralisi della città. Tanto poi qualcuno paga.

(moked, 2 marzo 2014)


"Due popoli, due Stati? Un'illusione, Israele deve restare in Cisgiordania"

Il ministro "falco" Bennett: "Gli accordi di Oslo hanno portato solo terrorismo"

 
Naftali Bennett
Niente cravatta, in maniche di camicia, l'inglese con accento americano e un marcato ottimismo sul futuro di Israele: così Naftali Bennett si presenta nella sala riunioni della Knesset, il Parlamento, dove guida «HaBayit HaYehudì» (La casa ebraica) alleato-chiave del Likud nella coalizione di Benjamin Netanyahu. I sondaggi danno la sua popolarità in crescita e a 41 anni è considerato una stella nascente della politica, anche perché somma l'esperienza nelle truppe speciali al successo nell'hi-tech. «Molti leader sono meteore, Bennett è sulla scena per rimanervi» assicura Shimon Shiffer, il più apprezzato analista politico.
La scelta di raccontarsi a un ristretto gruppo di giornalisti europei testimonia la volontà di farsi conoscere anche all'estero.

- Da dove viene la sua passione per la politica?
  «Vengo da Haifa. Ero poco più che un ragazzo quando si pensava che con gli accordi di Oslo era arrivata la pace. In realtà sono arrivati i kamikaze della Seconda Intifada, la seconda guerra del Libano e la guerra a Gaza. Siamo stati aggrediti nelle nostre città. Oggi gli Hezbollah hanno 100 mila missili con cui ci minacciano. Israele deve essere difesa, rafforzata».

- Lei ha combattuto in Libano. Ci racconta che mansioni aveva?
  «Appartenevo alle unità che davano la caccia ai lanciamissili degli Hezbollah. Dovevamo trovarli. Poi venivano distrutti».

- Perché ha fondato il partito «HaBayt HaYehudì»?
  «Vengo dal Partito nazional-religioso, aveva appena tre deputati. Credo nella collaborazione religiosi-laici e in un maggior coinvolgimento degli ortodossi nella vita pubblica. Ho sostenuto tali idee, abbiamo preso 12 deputati e possiamo ancora crescere».

- Come ministro dell'Economia che obiettivi si è dato?
  «In Israele non c'è solo il boom dell'hi-tech, c'è anche un'altra economia più debole da rafforzare. Per farlo bisogna spingere gli ebrei ortodossi e le donne arabe a partecipare di più nel mercato del lavoro. Sono le mie più importanti priorità anche se, certo, aver raggiunto il pareggio di bilancio è di indubbio valore. Stiamo andando nella direzione giusta, sono ottimista sul futuro».

- Per l'hi-tech, dal quale lei viene, cosa prevede?
  «Deve puntare sulle frontiere più avanzate: sicurezza alimentare, cybersicurezza, allungamento della vita umana e gestione idrica».

- Come è cambiato il Medio Oriente attorno a Israele?
  «Siamo passati dalla Primavera araba all'Inverno musulmano dominato dall'instabilità e dalla Jihad globale. In tale cornice Israele rappresenta un faro di democrazia».

I- palestinesi di Abu Mazen premono per l'accordo sulla fine del conflitto, è possibile raggiungerlo?
  «Uno Stato palestinese dentro Israele non funzionerà. Troppo spesso ci siamo illusi che bastasse ritirarci per raggiungere la pace. Nel 1994 ci ritirammo dalle città palestinesi e poco dopo da quegli stessi luoghi arrivarono i kamikaze. Nel 2000 ci siamo ritirati dal Sud Libano, dove non abbiamo rivendicazioni, e ci si è insediato Hezbollah lanciandoci razzi. Nel 2005 abbiamo lasciato Gaza e abbiamo avuto altri razzi. Lasciare la terra non basta perché l'Iran ne sfrutta ogni lembo per infiltrarsi, con terroristi e missili. È una strategia. Se dovessimo lasciare la Giudea e Samaria sarebbero gli iraniani ad approfittarne».

- Come pensa di risolvere il conflitto con i palestinesi?
  «Non ho una soluzione immediata ma credo nello sviluppo economico. Per questo sono per l'estensione a Giudea e Samaria - la West Bank - della legge israeliana sul lavoro. Porterebbe a quadruplicare all'istante i salari dei palestinesi. Credo anche in un maggiore coinvolgimento della Giordania».

- Se Netanyahu dovesse firmare l'intesa con Abu Mazen sui due Stati, lascerete la coalizione?
  «Vedremo cosa dirà l'eventuale accordo prima di decidere come reagire. Non voglio cacciare 2 milioni di palestinesi ma ritengo possano esserci soluzioni nuove, migliori, da perseguire».

- Ad esempio?
  «Estendere il controllo di Israele alle intere aree B e C di Giudea e Samaria, dove vive pressoché la totalità dei 400 mila israeliani degli insediamenti. Vi sono anche 70 mila palestinesi in questi territori e potremmo garantirgli la piena cittadinanza. All'Autorità resterebbero i maggiori centri abitati dove si concentra la quasi totalità dei palestinesi. È una strada basata sul rispetto dell'identità degli abitanti».

- Cosa vede nell'immediato futuro di Israele?
  «Abbiamo un governo forte che va nella direzione giusta ma il pericolo è l'atomica iraniana. Teheran ha 19 mila centrifughe e può realizzare una bomba ogni 6 settimane. I negoziati in corso devono obbligare l'Iran a smantellare l'intero programma nucleare».

(La Stampa, 2 marzo 2014)


Memoria: ricordare i Giusti per salvare il presente

di Gianni Barbacetto

Gabriele Nissim da anni sviluppa una riflessione sui "Giusti". Uomini e donne che nel momento della scelta, di fronte a crimini e tragedie, hanno scelto di soccorrere e salvare, anche a rischio della propria vita.
"Giusti dell'umanità" sono i non ebrei che sono intervenuti per salvare uomini e donne dalla Shoah e hanno per questo meritato di essere ricordati per sempre con un albero piantato nel Giardino dei Giusti, in Israele.
La Shoah, con la sua unicità e specificità, resta l'evento più tragico del secolo scorso. Ma "Giusti dell'umanità", dice Gabriele Nissim, sono pure coloro i quali con gesti semplici e concreti hanno scelto di salvare e soccorrere anche in altri contesti tragici, pur imparagonabili alla Shoah, quali il genocidio armeno, quello del Ruanda, o i massacri in Cambogia e in Bosnia.
"Chi salva una vita", è scritto nella Bibbia, "salva il mondo intero". Quello che è successo agli ebrei non deve accadere a nessun altro uomo. Quella terrificante esperienza deve servire a impedire che le atrocità si ripetano. La memoria può diventare universale.
Settimana prossima, il 6 marzo, è la seconda giornata europea dei "Giusti", istituita dal Parlamento di Strasburgo per "ricordare chi ha saputo cercare il bene con la scelta di difendere la dignità umana nei momenti bui", come ha sintetizzatola regista André Ruth Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano. L'espressione "mai più" diventa purtroppo solo retorica, se pensiamo all'indifferenza del mondo davanti a tanti massacri o al silenzio su ciò che è successo in Siria. Ricordare i "Giusti" significa allora cercare di prevenire i genocidi del tempo presente. Così il valore dei "Giusti" della Shoah diventa un valore universale, che si moltiplica nel presente e si proietta nel futuro.
Nissim - storico e autore di libri come Ebrei Invisibili, L'uomo che fermò Hitler, Il Tribunale del Bene, Una bambina contro Stalin, La bontà insensata - ha fondato e presiede Gariwo, il comitato per la Foresta dei Giusti, che organizza iniziative e promuove il ricordo dei "Giusti" nel mondo.
Per la giornata europea ci saranno manifestazioni in molti parti d'Italia.
A Roma, il 3 marzo, presso la Sala del Mappamondo di Montecitorio ci sarà il convegno su "Memoria del bene e prevenzione dei genocidi", in occasione della presentazione di una legge in Parlamento che istituisca la Giornata dei Giusti anche in Italia. Al convegno parteciperanno, tra gli altri, Marina Sereni, Mario Giro, Emanuele Fiano e Gabriele Albertini, mentre sono già un'ottantina i parlamentari di diverse forze politiche che hanno firmato la proposta di legge per istituire la Giornata dei Giusti anche in Italia.
A Milano, il 6 marzo si aprirà con una cerimonia, al mattino, presso il Giardino dei Giusti del Monte Stella, dove saranno ricordati papa Giovanni e Nelson Mandela. La sera ci sarà un concerto ("Musica per la gratitudine") a Palazzo Marino, alla presenza del sindaco Giuliano Pisapia. Ci saranno eventi anche a Praga, Varsavia, Sarajevo e in Ruanda.
Gabriele Nissim sta pensando a ricordare anche i Giusti della legalità, dedicando attenzione e memoria a tutti coloro i quali si sono impegnati contro le mafie.

(il Fatto Quotidiano, 1 marzo 2014)


I chassidim Belz stanno pensando di trasferirsi tutti negli Stati Uniti

La decisione di una "migrazione di massa" sta prendendo piede
all'interno di uno dei gruppi più numerosi di ultra-ortodossi.


di Maurizio Molinari

"I chassidim Belz stanno pensando all'emigrazione di massa verso gli Stati Uniti": è il periodico "Hamachane Hachredì", punto di riferimento della comunità ortodossa in Israele, a svelare quanto sta maturando all'interno di uno dei gruppi più numerosi di "haredim".
Siamo nel mondo dei chassidim, dove si è divisi in gruppi guidati da Grandi Rebbe, e la notizia viene da New York dove nei giorni scorsi il Grande Rebbe di Belz avrebbe incontrato quello di Satmar, che vive a Williamsburg con quasi 300 mila seguaci. Il Rebbe di Belz ha espresso in questo colloquio "sconforto" per le decisioni in arrivo dal Parlamento d'Israele dove è il discussione una nuova legge sulla coscrizione degli ortodossi, a ne seguirà probabilmente un'altra sui curriculum da rispettare nelle scuole ortodosse. "Di questo passo ci sentiremo presto senza alternativa e dovremo emigrare" ha dichiarato il Rebbe di Belz, chiedendo al Rebbe di Satmar la "possibilità di aiutarci in tale integrazione".
I due rabbini carismatici si sentono a proprio agio a New York, "perché oramai abbiamo più problemi in Israele che non negli Stati Uniti" affermano, accusando la Knetter di essere pervalsa da "uno spirito aggressivo nei confronti degli ortodossi". "In America lo studio della Torà sta fiorendo e presto andremo a vederlo di persona" ha detto il Rebbe di Beltz, avversario delle nuove norme e dunque favorevole ad accelerare l'integrazione dei "chassidim" nel nuovo habitat Oltreoceano.

(La Stampa, 1 marzo 2014)


I filosofi di Hitler

di Massimiliano Panarari

Tra le tante, mostruose, operazioni di brainwashing condotte dal nazionalsocialismo ce ne fu anche una realizzata a colpi di «idee filosofiche». La filosofia in Germania è sempre stata una cosa assai seria e importante, e i pensatori, lungo la storia di quella nazione, molto più che altrove, hanno assunto e svolto un ruolo di opinion-leader in grado di influenzare la mentalità collettiva. Perciò si rivela di interesse l'intricata vicenda raccontata dalla ricercatrice dell'Università di Oxford Yvonne Sherratt ne "I filosofi di Hitler", un libro dallo stile fortemente narrativo e avvincente, e a cui l'autrice ha voluto imprimere un andamento simile a quello di una sorta di docudrama. L'adesione o la compromissione con il regime nazista - per ragioni molteplici, dalla xenofobia al narcisismo, dall'ambizione sfrenata al delirio ideologico - di parecchi dei nomi che affollano queste pagine è ampiamente conosciuta, e dunque la particolarità del volume risiede nella restituzione vivida del clima e del contesto della Germania degli anni Trenta (oltre che nel considerevole lavoro di documentazione, compiuto trascorrendo anni all'interno di vari archivi).
Il primattore di questa immane tragedia è il futuro führer, il quale, nei pochi mesi trascorsi in cella nel corso del 1924, prima della sua (probabilmente resistibile) ascesa, si dedicò alla stesura del Mein Kampf (destinato a trasformarsi rapidamente in un nefasto e orrido best-seller), procedendo a un'«invenzione della tradizione» e a una riscrittura manipolatoria della propria biografia e cogitando anche sulla funzione della cultura e, in special modo, della tradizione filosofica nella formazione dell'«autentico spirito germanico», ove svettavano quali suoi «depositari» innanzitutto Kant, Hegel e, naturalmente, Nietzsche. Recluso in carcere come sobillatore di violenze di piazza e agitatore, Hitler aveva divorato i teorici del biologismo e del razzismo allora in voga - de Gobineau, de Lagarde, Langbehn, Houston Stewart Chamberlain - e anche i testi di due figure che brillavano nel firmamento della destra europea come Oswald Spengler e lo storico «militarista» Heinrich von Treitschke. Dopo essersi appropriato di una serie di parole d'ordine di Nietzsche (e anche di vari suoi oggetti personali, consegnatigli dalla novantenne sorella del pensatore defunto), il desiderio di Hitler di atteggiarsi anche a «capo filosofo» dei tedeschi divenne incontenibile. E la strategia culturale del Terzo Reich si sviluppò così nell'intreccio tra l'utilizzo strumentale dei grandi del pensiero tedesco (da Fichte a Schiller, da Schopenhauer a Wagner convertito in musicista ufficiale del regime), il recupero e la promozione massiccia di ogni dottrinario della purezza della «razza ariana» e dell'antisemitismo (di odio nei confronti degli ebrei, per portare un esempio, era pervaso anche il famoso logico, e progenitore de facto della filosofia analitica, Gottlob Frege), la popolarizzazione dell'influente darwinismo sociale dello zoologo (e fan dell'antica Sparta) Ernst Haeckel e il lavoro di una costellazione di intellettuali al servizio della macchina di potere nazista, tra romanticismo pagano e nazionalismo biologico (con correlati giustificazionismi filosofici, per l'appunto, e giuridici).
Alcuni dei suoi interpreti risulteranno (tristemente) noti ai posteri, come Alfred Rosenberg (soprannominato il «filosofo», e teorico per eccellenza del razzismo e della distruzione della democrazia), e altri meno, da Hans Friedrich Karl Giinther all'eugenista Alfred Ploetz, da Alfred Bàumler (l'esegeta n. 1 del nietzscheanesimo «versione nazi») a Ernst Krieck (incaricato del processo di nazificazione delle università), tutti sgomitanti per acquisire benemerenze davanti ai gerarchi e un posto al sole sulla plancia di comando intellettuale, accademica ed editoriale del nuovo ordine hitleriano. E non mancarono, come risaputo, anche le autentiche star della cultura, come i titanici ma collaborazionisti Carl Schmitt e Martin Heidegger, smaniosi di imprimere il loro marchio e di dirigere intellettualmente il nazionalsocialismo. In questa doviziosa genealogia culturale del totalitarismo, l'autrice si occupa inoltre di alcuni intellettuali simbolo, perseguitati e oppressi dal Behemoth nazionalsocialista: Walter Benjamin, Theodor W. Adorno, Hannah Arendt e il martire Kurt Huber (il filosofo e musicologo, componente della resistenza della Rosa Bianca, che venne giustiziato nel '43). E si sofferma anche sulla reazione feroce di porzioni significative degli ambienti culturali alla denazificazione voluta dagli Alleati (di cui furono testimonianza eclatante gli ostacoli frapposti al reintegro di Adorno, che dovette attendere addirittura il 1957 per avere la chiamata da professore ordinario all' Università di Francoforte) e sulla pervicace sopravvivenza (fino ai giorni nostri) di un antisemitismo più o meno occultato in taluni settori - talora dall'apparenza assai «rispettabile» - dell'istituzione accademica.

(La Stampa, 1 marzo 2014)


Tel Aviv: arriva la mostra Da Vinci Alive

E' iniziata a Tel Aviv la mostra dal titolo Da Vinci Live (erede dell'esposizione di successo dello scorso anno Van Gogh Alive).

Se vi trovate dalle parti di Tel Aviv, Israele, non dimenticate che fino al 28 aprile 2014 è aperta la mostra dal titolo Da Vinci Alive. La città di Tel Aviv, forte del successo della precedente esposizione del 2013 Van Gogh Alive, ha deciso di rinnovare questo appuntamento con l'arte realizzando un interessante percorso espositivo all'intero del Padiglione Maxidome dell'Israel Trade Fairs Center di Tel Aviv. Si tratta di una mostra interattiva che permetterà ai visitatori di scoprire la magnificenza dell'arte di Leonardo Da Vinci.

- La mostra Da Vinci Alive
 
Video
 La mostra Da Vinci Alive ci consente di ammirare l'estro di Leonardo Da Vinci, in tutte le sue vesti: artista, studioso, scultore, inventore, musicista, architetto e anche ingegnere. Un genio senza sosta e senza riposo che i visitatori potranno ammirare in tutta la sua completezza. A Tel Aviv la mostra Da Vinci Alive espone più di 200 pezzi fra le opere rinascimentali del Maestro e ci sarà anche la possibilità di analizzare in maniera più approfondita il quadro più celebre, la Gioconda.
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza l'utilizzo della tecnologia del sistema Sensory4: grazie ad esso i visitatori potranno anche interagire con l'arte di Leonardo, in modo da capire meglio i principi scientifici su cui si basano alcune delle sue opere. Per organizzare questa mostra sono intervenuti esperti sia dall'Italia che dalla Francia. La mostra che ne risulta è articolata in 13 aree tematiche e bisogna sottolineare che tutte le invenzioni visibili in Da Vinci Alive sono state create da artigiani italiani, utilizzando nella maggior parte dei casi proprio le tecniche descritte da Leonardo e si è anche cercato di rispettare i materiali utilizzati durante il Rinascimento. Per fare ciò è stato indispensabile scovare gli indizi e le istruzioni nascoste nelle 6000 pagine dei codici personali di Leonardo. E vi ricordo che Leonardo si dilettava a scrivere con la scrittura speculare, quindi non deve essere stato facile.
Come anticipavamo, cuore della mostra sarà l'indagine approfondita della Monna Lisa. Qui ci ha messo del suo l'ingegnere francese Pascal Cotte, esperto d'arte. Pensate che Cotte è riuscito a convincere i curatori del Louvre a staccare temporaneamente la Gioconda dalla sua cornice in modo da consentirgli di condurre un'analisi scientifica approfondita che ha svelato parecchi segreti. Nella mostra Da Vinci Alive seguiremo dunque le tappe degli studi di Cotte e verremo messi a parte di 25 segreti e dettagli.
Fra le altre riproduzioni (perché ovviamente si tratta di riproduzioni di alto valore) abbiamo capolavori indiscussi come La Vergine delle Rocce, L'Annunciazione, la Bella Principessa, i disegni di preparazione de La Battaglia di Anghiari, i disegni tridimensionali de L'Ultima Cena, la presentazione interattiva dell'Uomo Vitruviano e della scultura Il Cavallo Sforza. E sempre per rimanere in tema di interattività, ecco che i visitatori potranno divertirsi con le tecniche di scrittura di Leonardo grazie a una versione touch-screen dei codici. Che ne dite? Tel Aviv e Leonardo Da Vinci vi aspettano.

- Date e orari di apertura
  La mostra Da Vinci Alive rimarrà aperta fino al 28 aprile 2014 presso il Padiglione Maxidome dell'Israel Trade Fairs Center (Rokach Boulevard) di Tel Aviv. Gli orari di apertura e di visita della mostra sono i seguenti:
da domenica a giovedì: dalle 09.00 alle 20.00.
venerdì: dalle 08.30 alle 16.30.
sabato e festivi: dalle 08.30 alle 20.30
Il costo del biglietto di ingresso è di 109 NIS (22 euro e rotti), mentre per una famiglia composta da 4 persone è previsto il biglietto family a 300 NIS (62 euro circa) e il biglietto ridotto per bambini, anziani, militari e diversamente abili è di 85 NIS (poco più di 17 euro).

(travelblog, 1 marzo 2014)


La metamorfosi di Amnesty International

Da Nobel per la pace a marionetta araba

Ormai da diversi anni quella che a detta di tutti sarebbe la più grande e imparziale organizzazione per la difesa dei Diritti Umani, Amnesty International, è diventata una marionetta nelle mani dei regimi arabi del Golfo che la finanziano a grandi mani. Se prima era sospetto ora è una certezza....

(Right Reporters, 1 marzo 2014)


La Farnesina sconsiglia viaggi in Egitto, compresi Sinai e Sharm, e Territori Palestinesi

Secondo il ministero degli Esteri esiste la "reale minaccia terrorismo contro i turisti" anche alla luce dell'attentato del 16 febbraio scorso. Suggerito il rientro dei cittadini ospiti nei resort egiziani anche di Nuweiba, Taba e Dahab. Attenzione anche per Gerusalemme e i luoghi santi. Warning anche per i Territori Palestinesi e Gerusalemme: chi va a Gaza non si attenda assistenza consolare.

ROMA - La Farnesina ha aggiornato il "warning" attivato il 19 Febbraio scorso sul rischio attentati in Egitto. In considerazione del progressivo deterioramento della situazione di sicurezza, il ministero degli Esteri ha aggravato la segnalazione di dieci giorni fa e sconsiglia i viaggi in tutta la penisola del Sinai, comprese le località balneari egiziane della zona, quali Sharm el-Sheik, Dahab, Nuweiba e Taba.
   Sul sito Viaggiare Sicuri (www.viaggiaresicuri.it) si può leggere il "warning" completo emesso ieri, 28 Febbraio 2014 (disponibile qui), ma anche quello emanato il 18 Febbraio scorso. Confrontando in due documenti si capirà come vi sia un errore di aggiornamento, perché nel primo periodo in sostanza si sconsiglia quanto si lascerebbe alle valutazioni delle persone nel secondo.
   Tuttavia la questione centrale che ha spinto il Ministero degli Esteri a elevare il livello di allarme è la percezione che gruppi terroristici nell'area abbiano "dato segnali" importanti di escalation delle azioni contro i turisti, anche nelle zone turistiche sul Mar Rosso, molto frequentate dagli italiani.
   Infatti, oltre a richiamare che "in Egitto un clima di instabilità e turbolenza che spesso sfocia in gravi turbative per la sicurezza", che si traduce nell'aumento del rischio per i turisti, il Ministero degli Esteri ha confermato "la possibilità di azioni ostili di stampo terroristico in tutto il Paese, eventualità di cui ogni connazionale che si rechi in Egitto, anche nelle aree turistiche, deve essere pienamente consapevole, anche alla luce dell'attentato a Taba del 16 febbraio scorso, che ha coinvolto turisti stranieri e delle minacce diffuse di recente da gruppi jihadisti".
   Dalla Farnesina dunque si evidenzia come la situazione appaia "particolarmente problematica nella regione al confine con la Striscia di Gaza, oltre che al Cairo, ad Alessandria, nelle altre principali città del Delta e del Canale di Suez e in tutta la Penisola del Sinai, ove si registra uno stato di tensione significativo dovuto innanzitutto all'attività di cellule terroristiche jihadiste".
   Un altro fattore di rischio nel Sinai è legato alla "presenza di tribù beduine che si sono in passato rese responsabili di atti di intimidazione e di violenza come blocchi stradali (che hanno coinvolto anche gruppi connazionali), ripetuti sequestri, anche di turisti, in particolare nella zona di Nuweiba e in direzione del monastero di Santa Caterina".
   Altro "warning" emesso ieri riguarda i Territori sotto il controllo dell'Autorità Palestinese, con un "allarme" esteso anche a Gerusalemme.
   "I Territori dell'Autonomia Palestinese" - segnala la Farnesina - continuano a costituire un'area di crisi che può comportare rischi per la sicurezza dei viaggiatori". Si fa quindi presente che "alla luce delle tensioni che occasionalmente coinvolgono arabi israeliani e forze di sicurezza israeliane, così come palestinesi e forze di sicurezza israeliane", il Ministero degli Esteri raccomanda di "osservare norme di prudenza nell'area di Gerusalemme, soprattutto nell'uso di mezzi di trasporto pubblico, evitando luoghi di assembramento", ma anche di "non effettuare spostamenti in Cisgiordania che non siano strettamente indispensabili", oltre che "evitare assolutamente l'ingresso nella Striscia di Gaza, nonché spostamenti nelle aree circostanti fino ad un raggio di almeno 45 km".
   Ancora, la Farnesina fa presente che nella "Striscia è in corso una grave crisi umanitaria che sta facendo velocemente precipitare le già precarie condizioni di vita sia sotto il profilo dell'approvvigionamento di beni e servizi anche essenziali, sia sotto il profilo sanitario, con il rischio di diffusione di epidemie", una situazione che consiglia di astenersi del tutto dal recarsi nella Striscia di Gaza, vista la situazione.
   Peraltro, dagli Esteri avvertono con tono perentorio che entrare a Gaza dal mare costituisce una "violazione della vigente normativa israeliana" e che in tali casi l'ambasciata italiana a Tel Aviv "non potrà garantire a detti viaggiatori una adeguata assistenza consolare".
   Il deterioramento delle condizioni socio-economiche potrebbe condurre ad un aumento delle tensioni sociali. Si fanno altresì presenti gli obiettivi rischi che i nostri connazionali si assumono nel caso intendessero recarsi via mare verso la Striscia di Gaza, trattandosi di una iniziativa in violazione della vigente normativa israeliana. L'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv avverte che non potrà garantire a detti viaggiatori una adeguata assistenza consolare.
   Gli avvisi della Farnesina sull'Egitto confermano che l'internazionale del terrore intende mettere in ginocchio uno dei settori attraverso cui il Paese si regge, il turismo. I turisti che da ogni parte del mondo arrivano nel Paese delle Piramidi sono milioni e migliaia di italiani si recano ogni anno sul Mar Rosso per una meritata vacanza.

(The Horsemoon Post, 1 marzo 2014)


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